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Analisi economica e di asset allocation Secondo trimestre 2017 Per consulenti qualificati

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Analisi economica e di asset allocation Secondo trimestre 2017

Per consulenti qualificati

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

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Global Market Perspective 2

Aprile 2017 

Indice 

Introduzione ...................................................................................................................................................................................... 3

Analisi di asset allocation: Gruppo Multi-Asset ..................................................................................................... 4

Analisi dei mercati azionari regionali ........................................................................................................................... 6

Analisi del reddito fisso ............................................................................................................................................................. 7

Analisi economica .......................................................................................................................................................................... 8

Disclaimer ................................................................................................................. Ultima pagina

 

 

Redattori: 

Keith Wade e Tina Fong 

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Global Market Perspective 3

Introduzione Gli asset rischiosi hanno chiuso un buon primo trimestre grazie alla reazione positiva degli investitori ai segnali di una ripresa sincronizzata dell’attività mondiale. I mercati si sono inoltre mostrati resilienti all’inasprimento anticipato della Federal Reserve USA (Fed), che il 15 marzo ha alzato i tassi di interesse di 25 punti base. Ma nonostante azioni e mercato del credito abbiano sovraperformato asset più sicuri, gli investitori hanno iniziato ad avanzare qualche dubbio sulle operazioni basate sulla reflazione effettuate dopo l’elezione di Trump.

A nostro parere, i rischi di stagflazione sono amplificati dalle politiche populiste anti-globalizzazione che limitano gli scambi commerciali e l’immigrazione. In questa fase, tuttavia, tali rischi non si sono ancora concretizzati e, dato che la fiducia delle imprese è alta, gli investitori temono innanzitutto che l’amministrazione USA non riesca ad attuare il suo programma pro-crescita. Timori alimentati anche dal ritiro della riforma sanitaria voluta da Obama per via delle divisioni interne al Congresso.

Abbiamo pertanto spostato il sovrappeso azionario dal Giappone (considerato uno dei principali beneficiari del reflation trade) ai mercati emergenti, mentre restiamo neutrali sul listino statunitense. Questa view è sostenuta dai segnali di stabilizzazione del dollaro, che riducono le pressioni sulle valute dei mercati in via di sviluppo e sulla politica monetaria.

Keith Wade 

Chief Economist and Strategist, 11 aprile 2017 

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Global Market Perspective 4

Analisi di asset allocation: Gruppo Multi‐Asset 

Panoramica globale 

Negli USA, in Europa e in Giappone il momentum positivo di fine 2016 è proseguito anche nel 2017. Si assiste inoltre ad un consolidamento della crescita nei Paesi BRIC: quella cinese è stata rivista al rialzo al 6,6% e le nostre previsioni sull’espansione globale nel 2017 sono salite dal 2,8% al 2,9%. Le stime per il 2018 restano invece invariate al 3%, in quanto i modesti progressi di Paesi BRIC, Giappone e Regno Unito sono compensati dalla revisione negativa sugli USA alla luce delle minori attese sull’espansione fiscale.

Al contempo, il rialzo dell’inflazione ci ha indotto ad aumentare le previsioni globali per il 2017 dal 2,4% al 2,7% (2% nel 2016). Gli effetti base dei prezzi delle commodity si stanno infatti trasmettendo ai costi di produzione e ai prezzi al consumo. Tuttavia, la stabilizzazione del petrolio prevista per il 2018 dovrebbe far scendere l’inflazione al 2,3%. La corsa dei prezzi, quindi, non è sostenuta. Fanno eccezione gli Stati Uniti, dove l’inflazione core dovrebbe salire per tutto il periodo considerato.

Quanto ai nostri scenari, i rischi relativi all’ipotesi centrale sono appena più bilanciati rispetto allo scorso trimestre, sebbene tendano maggiormente alla stagflazione. Lo scenario più rischioso è quello di un “aumento del protezionismo” scatenato dalla maggiorazione dei dazi doganali negli USA, che riaprirebbe la guerra delle valute.

Per gli Stati Uniti continuiamo a prevedere un aumento del tasso sui Fed funds all’1,50% entro la fine del 2017. Nel 2018 ci aspettiamo che la Fed attui un ulteriore inasprimento a fronte del sostegno alla crescita proveniente dalla politica fiscale; inoltre, con l’accelerazione dell’inflazione i tassi ufficiali dovrebbero chiudere l’anno al 2,25%. Per contro, i tassi di interesse dovrebbero restare invariati nel Regno Unito, in Giappone e nell’Eurozona. Nel corso del 2018 si attende inoltre una maggior convinzione nel ritiro delle misure di quantitative easing (QE) da parte della Banca Centrale Europea (BCE). Per quanto riguarda le aree emergenti, quest’anno si prevede un nuovo allentamento della politica monetaria in Brasile, Russia e Cina.

In merito alle nostre view sulle asset class, confermiamo il giudizio positivo sulle azioni. Nonostante la recente battuta d’arresto delle operazioni basate sulla reflazione causata dai dubbi circa la capacità della nuova amministrazione USA di attuare l’espansione fiscale, restiamo dell’idea che l’azionario possa guadagnare ancora terreno sulla scia della ripresa sincronizzata dell’economia globale. Tali sviluppi fornirebbero un contesto più favorevole alla crescita degli utili. Anche in caso di temporaneo deterioramento del sentiment, i fondamentali dovrebbero sostenere le borse nel medio periodo. Al contempo, da un confronto con i premi storici per il rischio azionario, risulta che le valutazioni globali tendono a sfiorare il limite superiore del fair value. Sappiamo che questa situazione è attribuibile al contesto di tassi di interesse contenuti. Tuttavia, la nostra analisi suggerisce che il premio per il rischio azionario è in grado di assorbire un moderato aumento dei rendimenti obbligazionari.

In ambito azionario, propendiamo per una rotazione all’interno del tema della reflazione tramite la riduzione del giudizio sul Giappone a livello neutrale e l’assunzione di un giudizio positivo sui mercati emergenti, che dovrebbero trarre maggior beneficio dal rialzo sincronizzato della crescita globale e dalla ripresa degli scambi commerciali. Crediamo inoltre che la robustezza del dollaro non costituisca più un problema e che le piazze emergenti abbiano quindi una concreta possibilità di sovraperformance. Per contro, il rally del Giappone è stato trainato essenzialmente dalla debolezza dello yen. Ora, la sostanziale stabilità della valuta nipponica potrebbe frenare il mercato locale.

Sull’Europa (Regno Unito escluso) confermiamo un giudizio favorevole, poiché la maggiore robustezza dell’economia ha indotto gli analisti a rivedere al rialzo le attese di utili nella regione. Sebbene ultimamente i mercati siano stati dominati dai rischi politici, riteniamo che tali timori siano ormai scontati nelle quotazioni e che scompariranno nel corso dell’anno.

Manteniamo inoltre l’assetto neutrale su Stati Uniti, Regno Unito e Pacifico escluso Giappone. Per quanto la qualità del mercato statunitense sia elevata, le valutazioni iniziano ad essere onerose rispetto alle altre borse mondiali. La normalizzazione della politica monetaria USA comprimerà i margini aziendali, tuttavia la Fed sembra aver optato per un rialzo graduale dei tassi. In tale contesto, il dollaro USA ha perso terreno e i rendimenti obbligazionari sono diminuiti, limitando così l’inasprimento delle condizioni finanziarie da parte della banca centrale.

Panoramica economica

Politica monetaria

Implicazioni per i mercati

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Global Market Perspective 5

Nel Regno Unito, crediamo stia venendo meno il sostegno alla crescita dei ricavi delle multinazionali proveniente dalla debolezza della sterlina, che probabilmente si stabilizzerà.

Quanto alle view sulla duration, confermiamo il giudizio negativo sui titoli di Stato, che rimangono vulnerabili a un mutamento delle aspettative sui tassi di interesse, in quanto le banche centrali sono impegnate a normalizzare le proprie politiche con rialzi dei tassi o condizioni monetarie meno accomodanti. Tra i mercati obbligazionari, abbiamo un giudizio negativo su Treasury USA, Gilt britannici e Bund tedeschi, e neutrale sulle emissioni governative giapponesi. Manteniamo un assetto neutrale anche sul debito sovrano emergente in USD. Preferiamo cogliere il carry delle obbligazioni emergenti in valuta locale, che presentano valutazioni più allettanti. Abbiamo tuttavia ridotto l’esposizione in vista di una modesta sovraperformance, alla luce della netta compressione degli spread osservata negli ultimi mesi.

Passando ai mercati del credito, restiamo neutrali sulle emissioni high yield (HY), ma esprimiamo un giudizio negativo sui titoli investment grade (IG). Sebbene entrambi i segmenti non offrano più valutazioni interessanti, i titoli investment grade sono più sensibili ai cambiamenti nelle aspettative sui tassi d’interesse poiché presentano una minore componente di carry rispetto ai titoli HY. Il mercato IG europeo evidenzia una forte correlazione con quello statunitense che giustifica una view negativa, sia pur in misura minore alla luce di valutazioni più interessanti e di un ciclo di reindebitamento delle aziende meno avanzato rispetto agli USA.

Abbiamo mantenuto il sovrappeso sulle commodity in ragione dei progressi sincronizzati dell’economia mondiale e dei segnali di un significativo adeguamento delle scorte in alcuni settori. Confermiamo il giudizio positivo sull’agricoltura, poiché l’offerta futura dei principali cereali potrebbe risentire del calo dei prezzi. Restiamo ottimisti anche sui metalli industriali, date le previsioni più rosee sul fronte dell’offerta (per il prossimo anno si attende un deficit in molti settori) e su quello della domanda (ripresa della crescita globale e stabilità dell’economia cinese). Nel corso del trimestre abbiamo assunto un giudizio positivo sull’energia, dato che l’importante ribilanciamento delle scorte potrebbe causare la backwardation della curva del petrolio. Restiamo neutrali sui metalli preziosi, in quanto l’oro è ancora vulnerabile ad un contesto di tassi reali più elevati e alla robustezza del dollaro. Tuttavia, l’oro rappresenta un elemento di diversificazione oltre che una copertura contro i rischi politici di quest’anno.

Tabella 1: Asset allocation – Sintesi

Azioni + Obbligazioni - Strumenti alternativi

+ Liquidità 0

Regione Regione Settore Settore

USA 0 Treasury USA - Governativi - Immobiliare Regno Unito

Immobiliare UE

-

+

Europa escluso Regno Unito

+ Gilt britannici - Obbligazioni indicizzate

all’inflazione

0 Materie prime +

Regno Unito 0 Bund Eurozona - - (-) Obbligazioni corporate

investment grade

- Oro 0

Pacifico escluso Giappone

0 Debito emergente (USD)

0 High yield 0

Giappone 0 (+) Debito emergente

(valuta locale)

+ (++)

Mercati emergenti

+ (0)

Legenda: +/- attesa una sovraperformance/sottoperformance del mercato (massimo ++ minimo - -) 0 indica una posizione neutrale. L’asset allocation sopra riportata ha valore puramente illustrativo. I portafogli effettivi dei clienti varieranno in funzione del mandato, del benchmark, del profilo di rischio e della disponibilità e rischiosità delle singole asset class nelle diverse regioni. Per gli investimenti alternativi, data la natura illiquida dell’asset class, l’implementazione di queste view nei portafogli dei clienti è soggetta a limitazioni. Il posizionamento del trimestre precedente è riportato fra parentesi. Fonte: Schroders, aprile 2017.

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Global Market Perspective 6

Analisi dei mercati azionari regionali  

Punti di forza del fondo 

+ Azioni

0 USA Confermiamo un assetto neutrale sugli USA, poiché la qualità del mercato è elevata anche se le valutazioni sono più onerose rispetto al resto del mondo. La normalizzazione della politica monetaria USA comprimerà i margini aziendali, tuttavia la Fed sembra aver optato per un rialzo graduale dei tassi. In tale contesto, il dollaro USA ha perso terreno e i rendimenti obbligazionari sono diminuiti, limitando così l’inasprimento delle condizioni finanziarie da parte della banca centrale.

Detto ciò, c’è ancora la prospettiva delle misure di espansione fiscale ipotizzate da Trump, ad esempio i tagli alle imposte aziendali che potrebbero imprimere un forte slancio agli utili. Tuttavia, rispetto allo scorso trimestre, gli investitori stanno rivalutando la capacità del nuovo governo USA di attuare le promesse elettorali.

0 Regno Unito Abbiamo rivisto al rialzo le previsioni sulla crescita del Regno Unito per quest’anno, anche se continuiamo ad attenderci un rallentamento dell’economia a causa del calo degli investimenti aziendali e dell’indebolimento della spesa al consumo dovuto all’aumento dell’inflazione, entrambi conseguenze della Brexit. Prevediamo che la BoE guarderà oltre l’aumento dell’inflazione e manterrà i tassi invariati.

Ma soprattutto crediamo che l’aumento dei ricavi delle multinazionali inglesi favorito dalla debolezza della sterlina si stia ormai esaurendo, data la probabile stabilità della valuta britannica nell’immediato. Una marcata flessione del GBP indicherebbe che il mercato si attende un esito più sfavorevole dei negoziati sulla Brexit, un’eventualità particolarmente negativa per i titoli maggiormente esposti all’economia interna.

+ Europa ex Regno Unito

La maggiore robustezza dell’economia dell’area euro ha indotto gli analisti a rivedere al rialzo le previsioni di utili nella regione. Sebbene ultimamente i mercati europei siano stati dominati dai rischi politici, riteniamo che tali timori siano ormai scontati nelle quotazioni e che scompariranno nel corso dell’anno.

Detto ciò, prospettive di crescita più rosee potrebbero esercitare pressioni rialziste sulla moneta unica, che probabilmente frenerebbero la performance dell’azionario locale. Siamo tuttavia convinti che gli operatori sapranno guardare oltre e non abbandoneranno gli asset rischiosi del vecchio continente, i quali sono esposti al tema della reflazione ma presentano valutazioni più convenienti rispetto ad altri mercati.

0 (+) Giappone In base ai nostri indicatori del ciclo economico, il recupero del Giappone sembra molto più veloce rispetto a quello di altri Paesi. Per quest’anno prevediamo inoltre un ulteriore stimolo fiscale alla crescita, che dovrebbe favorire l’aumento del fatturato.

Tuttavia, la sovraperformance dell’azionario giapponese è sostenuta essenzialmente dalla debolezza dello yen. Ora, la sostanziale stabilità della valuta nipponica potrebbe frenare il mercato locale. La regione è anche la più esposta ad eventuali delusioni sul tema della reflazione statunitense. Pertanto, abbiamo ridotto a neutrale l’assetto sul mercato nipponico.

0 Pacifico ex Giappone (Australia, Nuova Zelanda, Hong Kong e Singapore)

Siamo neutrali su Australia, Hong Kong e Singapore. Il mercato australiano offre un dividend yield elevato, ma l’indice è esposto a un calo dei prezzi delle commodity dato che le scorte di minerale di ferro cinese sono ai massimi storici. A Singapore, lo slancio degli utili che sostiene le azioni è cresciuto di pari passo con l’economia locale. Tuttavia, poiché la banca centrale importa la politica dei tassi dagli USA, il maggior costo del denaro peggiora la situazione dei crediti inesigibili del tormentato settore energetico.

+ (0) Mercati emergenti Le azioni dei mercati emergenti continuano a offrire uno sconto di valutazione rispetto alle omologhe dei Paesi sviluppati. L’aumento del premio per la crescita dei mercati emergenti favorisce le piazze avanzate, ma l’accelerazione sincronizzata della crescita globale e la ripresa degli scambi dovrebbero avvantaggiare i produttori dei Paesi in via di sviluppo, soprattutto quelli asiatici.

Crediamo inoltre che la robustezza del dollaro non costituisca più un problema e che le piazze emergenti abbiano una concreta possibilità di sovraperformance. Abbiamo quindi assunto una view positiva sui mercati emergenti.

Legenda: +/- attesa una sovraperformance/sottoperformance del mercato (massimo ++ minimo - -) 0 indica una posizione neutrale.

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Global Market Perspective 7

Analisi del reddito fisso 

Punti di forza del fondo 

- Obbligazioni

- Governativi Attualmente, le valutazioni obbligazionarie si confermano poco interessanti, dato che sui principali mercati avanzati i rendimenti reali sono negativi o prossimi allo zero. Con la ripresa dell’attività economica e gli effetti base legati ai prezzi delle commodity si è inoltre registrata un’accelerazione della crescita e dell’inflazione a livello globale. Riteniamo tuttora che i titoli di Stato siano vulnerabili ad un mutamento delle aspettative sui tassi d’interesse, in quanto le banche centrali sono impegnate a normalizzare le proprie politiche con rialzi dei tassi o condizioni monetarie meno accomodanti.

Manteniamo dunque un giudizio negativo sui Treasury USA, poiché il tratto a breve della curva rimane esposto a ulteriori variazioni dei rendimenti legate all’inasprimento che la Fed opererà nel corso dell’anno. Nello specifico, il posizionamento corto su questo mercato è stato ridotto per via dei timori circa la capacità dell’amministrazione Trump di innescare una reflazione tramite gli stimoli fiscali.

Analogamente, abbiamo conservato una posizione di sottopeso sui Gilt britannici. La BoE lascerà probabilmente invariati i tassi di interesse e il programma di QE, dato il miglioramento delle prospettive economiche. Tuttavia, il deprezzamento della sterlina potrebbe comportare un’accelerazione delle aspettative di inflazione a lungo termine, anche se verosimilmente la banca centrale sorvolerà sull’aumento dell’inflazione complessiva.

Siamo invece più pessimisti riguardo ai Bund tedeschi sui quali siamo passati ad un giudizio pienamente negativo, dal momento che i rendimenti a lungo termine sono vulnerabili a dichiarazioni meno accomodanti della BCE e alla diminuzione dei rischi politici. Le valutazioni però sono onerose rispetto a quelle di altri titoli sovrani delle aree avanzate. Sui JGB abbiamo confermato l’assetto neutrale, poiché la Bank of Japan dovrebbe mantenere tassi invariati e rendimenti a lungo termine ben ancorati.

- Obbligazioni corporate investment grade (IG)

Confermiamo la view negativa sulle obbligazioni IG statunitensi per via della scarsa attrattiva delle valutazioni e del deterioramento dei fondamentali, che potrebbero risentire di una maggiore sensibilità a un aumento delle aspettative sui tassi. Inoltre, l’indebitamento continua a crescere, mentre la copertura degli interessi diminuisce.

Passando alle obbligazioni IG europee, l’elevata correlazione degli spread con gli omologhi statunitensi ci induce a una view negativa anche su questo segmento, sia pur in misura minore, alla luce di valutazioni più interessanti e di un ciclo di reindebitamento delle aziende meno avanzato rispetto agli USA.

0 High yield (HY) L’high yield statunitense dovrebbe beneficiare ancora del contesto macroeconomico favorevole, anche se le valutazioni continuano a peggiorare per effetto della compressione degli spread. Inoltre, i fondamentali indicano una fase finale del ciclo con un elevato tasso di indebitamento e un’intensa attività di M&A. Tuttavia, la ripresa degli utili consente tuttora una buona accessibilità al credito. Il nostro giudizio è nel complesso neutrale, poiché il segmento HY offre una minore sensibilità ai tassi e una maggiore componente di carry.

Manteniamo un assetto neutrale sull’high yield europeo. In Europa il ciclo del credito è in ritardo rispetto agli USA e i fondamentali sono più favorevoli; ad esempio, i riacquisti di azioni sono ai minimi decennali. Ciononostante, ai livelli attuali le valutazioni non destano interesse.

0 Debito emergente in USD Restiamo neutrali sul debito emergente denominato in USD, poiché le valutazioni continuano a perdere attrattiva; gli spread si collocano infatti nel range del fair value decennale. Preferiamo cogliere il carry delle obbligazioni emergenti in valuta locale, che presentano valutazioni più allettanti. Abbiamo tuttavia ridotto l’esposizione a un modesto sovrappeso, alla luce della netta compressione degli spead osservata negli ultimi mesi.

+(++) Debito emergente in valuta locale

0 Obbligazioni indicizzate all’inflazione

Le attese inflazionistiche dovrebbero godere ancora degli effetti base del prezzo del greggio e di potenziali aumenti salariali. Tuttavia, il sostegno dei tassi breakeven alle valutazioni è ulteriormente diminuito in seguito al netto miglioramento del sentiment.

Legenda: +/- attesa una sovraperformance/sottoperformance del mercato (massimo ++ minimo - -) 0 indica una posizione neutrale .

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o investitori qualificati.

Global Market Perspective 8

Analisi economica La ripresa dell’economia mondiale si scontra con l’inflazione

Negli USA, in Europa e in Giappone il momentum positivo di fine 2016 è proseguito anche nel 2017. Si assiste inoltre ad un consolidamento della crescita nei Paesi BRIC: quella cinese è stata rivista al rialzo al 6,6% e le nostre previsioni sull’espansione globale nel 2017 sono salite dal 2,8% al 2,9%. Le stime per il 2018 restano invece invariate al 3%, in quanto i modesti progressi di Paesi BRIC, Giappone e Regno Unito sono compensati dalla revisione negativa sugli USA alla luce delle minori attese sull’espansione fiscale.

La ripresa dell’attività mondiale nella seconda metà del 2016 si deve in gran parte alla maggiore spesa al consumo e all’andamento del ciclo delle scorte. Prevediamo tuttavia che tali fattori verranno presto meno. Negli USA, il processo di costituzione delle scorte che ha favorito il settore manifatturiero e gli scambi commerciali continuerà probabilmente nel primo trimestre, dopodiché il livello delle scorte tenderà ad essere più in linea con la produzione, con il conseguente rallentamento della crescita. D’altro canto, il rialzo dell’inflazione erode le entrate reali e riduce quindi la spesa al consumo. E il graduale aumento salariale previsto nel periodo in esame non sarà sufficiente a evitare una decelerazione dei redditi reali nel corso dell’anno.

Quanto alle aree emergenti, stimiamo tuttora che le autorità cinesi adotteranno tutte le misure (per lo più fiscali) necessarie per mantenere il target di crescita e offrire al Presidente Xi il giusto sostegno politico alla vigilia del 19° Congresso nazionale del Partito comunista. Le previsioni economiche dell’India sono state ridimensionate a causa dell’impatto negativo della demonetizzazione attuata lo scorso anno. In Brasile e in Russia la crescita beneficia invece del solido profilo degli USA e dell’aumento dei prezzi delle commodity.

Al contempo, il rialzo dell’inflazione ci ha indotto ad aumentare le previsioni globali per il 2017 dal 2,4% al 2,7% (2% nel 2016). Gli effetti base dei prezzi delle commodity si stanno infatti trasmettendo ai costi di produzione e ai prezzi al consumo. La stabilizzazione del petrolio prevista per il 2018 dovrebbe far scendere l’inflazione al 2,3%. La corsa dei prezzi, quindi, non è sostenuta. Fanno eccezione gli Stati Uniti, dove il tasso core dovrebbe salire per tutto il periodo considerato.

Quanto alla politica monetaria, ci attendiamo tuttora una certa divergenza, dato che la Fed dovrebbe alzare i tassi all’1,50% entro fine 2017 e al 2,25% entro fine 2018. Tuttavia, in altre regioni i tassi di interesse resteranno probabilmente invariati, coerentemente con la fase più arretrata del ciclo in cui si trovano Europa e Asia. La BCE probabilmente porterà avanti il quantitative easing nel periodo in esame ma ricomincerà a ridurre gli stimoli nel 2018. La BoJ dovrebbe invece mantenere i tassi invariati, ma con misure di allentamento qualitativo e quantitativo (QQE) volte ad ancorare i rendimenti decennali del JGB in prossimità dello zero. In Cina ci attendiamo una nuova riduzione del costo del denaro, anche se inferiore a quanto previsto per il 2017, date le recenti manovre della banca centrale.

Grafico 1: Crescita globale e previsioni per il 2017 e il 2018

Fonte: Thomson Datastream, Schroders Economics Group. 22 febbraio 2017.

5.0

2.73.2

3.9 5.0 4.7 5.2 5.3

2.4

-0.7

4.93.6

2.7 2.6 3.0 3.0 2.6 2.9 3.0

-3-2-10123456

00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 15 16 17 18

Contributions to World GDP growth (y/y), %

US Europe JapanRest of advanced BRICS Rest of emergingWorld

Forecast

Previsione centrale

Previsione

USA Resto dei Paesi avanzati Mondo

Europa BRIC

GiapponeResto dei Paesi emergenti

5,0 5,0

2,7 3,2

Contributi alla crescita del PIL mondiale (a/a), %

3,9 4,7 5,2 5,3

2,4

4,9

-0,7

3,62,7 2,6 3,0 3,0 2,6 2,9 3,0

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Global Market Perspective 9

Rischi macroeconomici: Analisi degli scenari

Per ulteriori dettagli sugli scenari si rimanda a pagina 11. I rischi per il nostro scenario di base sono sbilanciati verso la stagflazione rispetto alla previsione centrale.

Abbiamo rivisto e aggiornato i nostri scenari. Tre di questi riguardano le politiche che potrebbero essere attuate dal Presidente Trump. Due si basano sul potenziale aumento del 10% circa dei dazi doganali USA sulle importazioni dalla Cina. Nel primo scenario, “aumento del protezionismo”, la Cina reagisce svalutando il renminbi (RMB) del 10%. Per tutta risposta il Giappone indebolisce in egual misura lo yen tramite un aumento del QQE. Gli fa eco la BCE che rafforza il proprio programma di QE e fa scendere l’euro. Questa ipotesi prevede quindi protezionismo in ambito commerciale e guerra delle valute. Ne consegue una fase di stagflazione a livello mondiale, in quanto la maggiorazione dei dazi doganali spinge i prezzi al rialzo e la diminuzione degli scambi commerciali rallenta la crescita. Il probabile incremento della volatilità sulle piazze finanziarie frena ulteriormente l’attività economica a causa di un effetto ricchezza negativo e dell’aumento del costo del capitale.

Il secondo scenario, “la Cina affonda i Treasury USA”, prevede una diversa reazione alla maggiorazione dei dazi dognali. Questa ipotesi si è in parte già avverata, dato che Pechino ha ridotto le riserve in valuta estera e le ampie posizioni in Treasury in modo da stabilizzare il RMB a fronte delle fuoriuscite di capitale. Le riserve, pari ad oltre il 12% del mercato nel 2011, sono infatti scese a meno dell’8% a fine 2016. In base a questo scenario la Cina accelera le vendite provocando un netto rialzo dei rendimenti dei Treasury USA, di conseguenza le condizioni finanziarie degli Stati Uniti peggiorano e portano alla recessione. Si tratta di uno scenario deflazionistico poiché, dopo un iniziale rialzo dell’inflazione legato all’aumento dei dazi doganali, la decelerazione degli USA frena la crescita e la corsa dei prezzi nel resto del mondo. La politica monetaria diventa più accomodante tramite una riduzione del tasso sui Fed fund.

Nel terzo scenario, “reflazione fiscale USA”, il Presidente Trump riesce a far approvare al Congresso un sostanzioso o addirittura “fenomenale” pacchetto di stimoli (pari al 3% del PIL contro l’1% dello scenario centrale), che giova all’attività statunitense e, di conseguenza, all’economia mondiale. I prezzi delle commodity salgono e il mercato del lavoro si consolida causando un aumento dell’inflazione. La Fed alza i tassi al 3% entro fine 2018 poiché la crescita del PIL USA raggiunge il 4%.

Questo scenario era presente anche lo scorso trimestre, insieme allo scenario “Le Pen spacca l’Europa” in cui la leader del Front National vince le presidenziali francesi. A seguire, il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo ha la meglio in Italia. L’unità monetaria perde quindi due esponenti di spicco con gravi ripercussioni sui mercati obbligazionari, che evidenziano un forte ampliamento degli spread non solo in Francia e in Italia ma anche in altri Paesi periferici. L’Europa entra in recessione e il resto del mondo attraversa una fase di deflazione. La situazione è probabilmente peggiorata da un netto apprezzamento del dollaro causato dalla fuga di capitali dall’area euro.

Ma ci sono anche due nuovi scenari. La “vecchia norma” ipotizza un’accelerazione della crescita globale al 3% circa, grazie alla sostenibilità del momentum a breve termine sulla scorta del risveglio degli istinti animali e/o degli effetti delle politiche fiscali. Anziché alimentare l'inflazione, tuttavia, i progressi della produttività stabilizzano i prezzi. Il trade-off crescita/inflazione torna ai livelli pre-crisi. Le banche centrali rispondono al maggiore equilibrio dei tassi reali con un aumento del costo del denaro. In base ai nostri standard, questo scenario favorirebbe la produttività.

Il secondo nuovo scenario prevede il “fallimento degli accordi OPEC” a causa delle tensioni fra Arabia Saudita, Iran e Russia: le quote di produzione non vengono rispettate e il prezzo del petrolio crolla a $30/barile. Dopo un primo periodo di debolezza causato da una riduzione della produzione di petrolio, la crescita globale recupera terreno grazie all’aumento della spesa al consumo. L’effetto netto è simile a uno stimolo alla produttività: accelerazione della crescita e riduzione dell’inflazione. All’estremo opposto si colloca lo scenario “crisi russa”: il conflitto ucraino provoca nuove sanzioni e un aumento del prezzo del petrolio a fronte della minore offerta di greggio russo ai Paesi occidentali.

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Global Market Perspective 10

Grafico 2: Analisi degli scenari: effetti sulla crescita e sull’inflazione a livello globale

Fonte: Schroders Economics Group, 22 febbraio 2017.

Il grafico 2 sintetizza l’impatto di ciascuno scenario sulla crescita e sull’inflazione globali rispetto alla previsione centrale. Dopo un lungo periodo in cui hanno prevalso i rischi di deflazione e stagflazione, ora gli esiti sono molto più variegati, grazie all’introduzione di due scenari di stimolo alla produttività e all’eliminazione dello scenario di stagnazione a lungo termine. Quest’ultimo rischio non è scomparso del tutto, ma è decisamente diminuito. Nel complesso, attualmente i rischi sono più bilanciati anche se prevalgono - di poco - gli scenari di stagflazione, tra i quali il più minaccioso sembra essere l’aumento del protezionismo (grafico 3).

Grafico 3: Probabilità degli scenari (che si escludono a vicenda)

Fonte: Schroders Economics Group, 22 febbraio 2017.

60%

10%

5%

4%

4%

7%2%

5% 3% Baseline

Rising protectionism

US fiscal reflation

China dumps Treasuires

Old normal

OPEC deal breaks down

Russian rumble

Le Pen breaks Europe

Other

Aumento del protezionismo

Reflazione fiscale USA

La Cina affonda

i Treasury

Fallimento degli accordi OPEC

Vecchia norma

Previsione centrale

Crisi russa

Le Pen spaccal’Europa

-1,5

-1,0

-0,5

+0,0

+0,5

+1,0

+1,5

-1,5 -1,0 -0,5 +0,0 +0,5 +1,0 +1,5Crescita 2017/18 vs. previsione centrale

Stagflazione Reflazione

Stimolo alla produttivitàDeflazione

Infla

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cent

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Previsione centrale

Aumento del protezionismo

Reflazione fiscale USA

La Cina affonda i Treasury

Vecchia norma

Fallimento degli accordi OPEC

Crisi russa

Le Pen spacca l’Europa

Altro

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Global Market Perspective 11

Tabella 2: Gli scenari in sintesi

Scenario Sintesi Impatto macroeconomico 1. Aumento del protezionismo

Questo scenario prevede una guerra commerciale e valutaria:la prima scatena infatti una serie di svalutazioni con cui i Paesi tentano di compensare gli effetti negativi dei dazi sui prodotti esportati. La prima a rispondere all’incremento delle imposte all’importazione è la Cina, che svaluta il RMB del 10% verso fine anno. Poi è la volta del Giappone che fa scendere parimenti il JPY tramite un rafforzamento del QQE. Dal canto suo, la BCE potenzia il programma di QE, spingendo l’EUR al ribasso del 10% nel 2018. La ripresa della guerra valutaria innervosisce gli investitori che la ritengono sintomo di una stanchezza cronica dell’economia mondiale. La debolezza dei mercati finanziari si ripercuote sull’attività economica attraverso effetti ricchezza negativi, una flessione dei consumi e un calo degli investimenti causati da una diminuzione delle aspettative di crescita.

Stagflazione: L’economia mondiale entra in una fase distagflazione, poiché i dazi doganali spingono l’inflazione al rialzo e riducono il potere di acquisto dei consumatori. La svalutazione monetaria non è sostenibile: i Paesi che adottano questa soluzione ne traggono benefici solo temporanei. Tuttavia, ad ogni svalutazione l’USD si rafforza, favorendo il ritorno di pressioni deflazionistiche negli Stati Uniti; la Fed opera quindi un solo aumento dei tassi nel 2018. Si crea inoltre un effetto deflazionistico generale sull’attività economica a causa dell’accresciuta volatilità sui mercati finanziari.

2. Reflazione fiscale USA

Il Presidente Trump tiene fede alla parola data e ottiene dalCongresso l’approvazione di un imponente pacchetto di stimolo (3% del PIL a fronte dell’1,5% della previsione centrale). Nel 2018 la crescita accelera al 3,7% a livello mondiale e a poco più del 4% negli Stati Uniti. La domanda in eccesso sostiene la crescita nel resto del mondo, mentre il risveglio degli istinti animali stimola ulteriormente l’attività grazie all’aumento degli investimenti tecnici. Tuttavia, il rincaro delle commodity (petrolio prossimo ai 70 dollari al barile) e il consolidamento del mercato del lavoro causano un rialzo dell’inflazione globale a quasi il 3% nel 2018. Il tasso sui Fed funds sale al 3,25% entro la fine del 2018, superando di 100 pb il livello ipotizzato nella previsione centrale.

Reflazione: Le autorità monetarie rispondono alle maggioripressioni inflazionistiche, a partire dagli USA, dove il ciclo economico è più avanzato. La Fed alza i tassi al 3,25% entro la fine del 2018 e comincia ad abbandonare attivamente il QE riducendo il proprio bilancio. Nonostante la scarsa capacità in eccesso, l’accelerazione della crescita di salari e prezzi viene accolta favorevolmente in Giappone, dove l’inflazione si approssima al target del 2%. La BoJ dovrebbe quindi essere indotta a una progressiva riduzione del QQE con un lieve aumento dei tassi d’interesse. L’azione della Fed e i timori per l’inflazione si traducono in una politica monetaria meno accomodante nei Paesi emergenti rispetto alla previsione centrale. Anche la BCE inizia a ridurre il QE e ad alzare i tassi.

3. Vecchia norma La ripresa dell’attività mondiale è sostenuta per tutto il 2017e acquista slancio nel 2018: la crescita globale supera il 3% in entrambi gli anni. Tuttavia, anziché alimentare l’inflazione, i progressi della produttività stabilizzano i prezzi. Il profilo di crescita/inflazione migliora e si avvicina come mai prima d’ora ai livelli precedenti la grande crisi finanziaria.

Stimolo alla produttività: Una crescita più sostenuta e unariduzione dell’inflazione alimentano la produttività. Le banche centrali reagiscono con un inasprimento dei tassi di interesse, avendo constatato che i tassi reali di equilibrio sono saliti in linea con l’accelerazione della produttività. Lo scenario prevede una crescita più elevata e tassi reali più alti, la “vecchia” norma, appunto.

4. La Cina affonda i Treasury

Dopo l’imposizione di dazi doganali negli USA, la Cina decidedi vendere una quota significativa dei Treasury detenuti fra le riserve in valuta estera. I rendimenti obbligazionari evidenziano un consistente aumento, provocando un inasprimento delle condizioni monetarie e una recessione negli USA nel secondo e terzo trimestre del 2017. La fiducia delle imprese subisce un duro colpo e il mercato azionario registra una flessione generalizzata con il conseguente generale ridimensionamento degli investimenti. L’indebolimento della domanda statunitense grava sull’attività economica globale.

Deflazione: Dopo un iniziale rialzo dell’inflazione causatodall’aumento dei dazi doganali, si registra una decelerazione della crescita e dell’inflazione a livello globale rispetto alla previsione centrale, in quanto il calo della domanda USA penalizza l’attività in tutto il mondo. Il calo dell’inflazione viene esacerbato da una diminuzione dei prezzi delle commodity, che penalizza le imprese estrattive e quelle del settore energetico. La Fed taglia il costo del denaro per combattere la recessione ed entro fine periodo i tassi di riferimento risultano generalmente più bassi su scala mondiale, poiché tutte le autorità monetarie optano per un maggiore allentamento.

5. Fallimento degli accordi OPEC

La riduzione dell’offerta è riuscita a sosteneretemporaneamente i prezzi del petrolio a livello mondiale, ma alcuni membri minori dell’OPEC vengono meno ai patti e aumentano nuovamente la produzione. Risentito da tale comportamento e dalla crescente ostilità di Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita, l’Iran decide di recedere dagli accordi OPEC, seguito dalla Russia. A sua volta, l’Arabia Saudita espande la produzione, facendo crollare stabilmente il prezzo del Brent a $30/barile.

Stimolo alla produttività: Il ribasso del greggio aumenta ilreddito disponibile delle famiglie e di gran parte delle aziende a livello globale, ma i Paesi produttori di energia sono fortemente penalizzati. Negli Stati Uniti, dove gli investimenti nell’energia sono nettamente diminuiti negli ultimi anni, l’impatto sul settore non è così forte come nel periodo 2015/16. Tuttavia, le famiglie ne traggono vantaggio con il consueto ritardo. Nel complesso, il PIL accelera ma l’inflazione cala.

6. Crisi russa La Russia invade il resto dell’Ucraina. L’Occidente reagisceinasprendo notevolmente le sanzioni e la Russia taglia le forniture di petrolio e gas all’Europa.

Stagflazione: L’Europa viene penalizzata dall’interruzionedelle forniture energetiche, che provoca una contrazione della produzione a fronte del ricorso a fonti alternative. L’aumento dei prezzi del petrolio alimenta l’inflazione globale e la rottura delle relazioni tra Russia e Occidente genera una significativa volatilità sui mercati. La Fed opera solo un altro aumento dei tassi alla luce della maggiore avversione al rischio e dell’apprezzamento dell’USD.

7. Le Pen spacca l’Europa

Il voto britannico a favore dell’uscita dall’UE galvanizza glieuroscettici in Europa. Seguono proteste ampie e diffuse, con un crescente successo dei partiti anti-establishment. La Francia, uno dei pilastri dell’Unione, elegge alla Presidenza Marine Le Pen, che convoca e vince un referendum sulla “Frexit” nel quarto trimestre 2017. La Francia comincia a negoziare l’uscita dall’UE, ma non l’abbandona nel 2018. Il futuro dell’euro e dell’UE viene messo in discussione.

Crescita più debole rispetto allo scenario di base: Lamoneta unica si ritrova sotto forti pressioni poiché gli investitori temono la dissoluzione dell’UE. Gli spread obbligazionari aumentano repentinamente e la fiducia delle imprese crolla. In Europa si registra un ulteriore allentamento delle politiche monetarie e, a fronte dell’indebolimento delle valute, l’inflazione risulta più elevata rispetto alla previsione centrale. Tuttavia, si tratta in definitiva di uno shock deflazionistico per l’economia mondiale, che risente del calo della domanda in Europa.

Fonte: Schroders Economics Group, 22 febbraio 2017.

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