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1598 Il re di Francia Enrico IV proclama l’editto di Nantes, un decreto che pone fine alle guerre di religione che avevano insanguinato la Francia nella seconda metà del Cinquecento. Muore Filippo II d’Asburgo, re di Spagna dal 1556, il più rappresentativo sovrano della Controriforma. 1603 Muore la regina d’Inghilterra Elisabetta I, uno dei regnanti più popolari della storia dell’Inghilterra moderna. 1613 In Russia ha inizio la potente dinastia dei Romanov (che rimarrà al potere sino al 1917). 1618 Scoppia la Guerra dei Trent’anni, una serie di conflitti che coinvolgono la maggior parte delle potenze europee. 1630 In Italia, nelle regioni settentrionali, dilaga una grave epidemia di peste, che sarà ricordata da Alessandro Manzoni ne I promessi sposi. 1631 Viene firmato il trattato di Cherasco, che pone fine alla guerra di successione del Monferrato. 1642 Ha inizio la rivoluzione inglese mossa dai ribelli puritani capeggiati da Oliver Cromwell. 1647 A Napoli l’oppressione del regime vicereale spagnolo provoca una rivolta popolare guidata da Masaniello. 1648 La pace di Westfalia sancisce la fine della Guerra dei Trent’anni. 1649 Carlo I d’Inghilterra è processato e giustiziato. Viene proclamata la Repubblica Inglese (Commonwealth), guidata da Oliver Cromwell. 1659 Con la Pace dei Pirenei hanno fine i conflitti tra Francia e Spagna. 1660 In Inghilterra, a soli due anni dalla morte di Cromwell, viene restaurata la monarchia. 1661 Sale al trono di Francia Luigi XIV, detto il Re Sole. 1669-1683 Avanzata dell’impero ottomano nell’Europa dell’est. 1685 Luigi XIV, con l’editto di Fontainebleau, revoca l’editto di Nantes: riprendono in Francia le persecuzioni contro i protestanti. 1689 In Inghilterra Guglielmo III d’Orange viene proclamato sovrano e nasce una monarchia di tipo costituzionale e parlamentare. Ha inizio la Guerra della Grande Alleanza, detta Guerra dei Nove anni. 1697 Con la conclusione della Guerra dei Nove anni si interrompono le mire espansionistiche della Francia a vantaggio di Inghilterra e Spagna. Francesco Battaglioli, Danza in un palazzo Barocco Rococ˜, XVIII secolo. Madrid, Real Academia de Bellas Artes de San Fernand.

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1598

Il re di Francia Enrico IVproclama l’editto di Nantes,un decreto che pone finealle guerre di religione cheavevano insanguinato laFrancia nella seconda metàdel Cinquecento.Muore Filippo II d’Asburgo,re di Spagna dal 1556, il piùrappresentativo sovranodella Controriforma.1603

Muore la reginad’Inghilterra Elisabetta I,uno dei regnanti piùpopolari della storiadell’Inghilterra moderna.1613

In Russia ha inizio lapotente dinastia deiRomanov (che rimarrà alpotere sino al 1917).1618

Scoppia la Guerra deiTrent’anni, una serie diconflitti che coinvolgonola maggior parte dellepotenze europee.1630

In Italia, nelle regionisettentrionali, dilaga unagrave epidemia di peste,che sarà ricordata daAlessandro Manzoni neI promessi sposi.1631Viene firmato il trattato diCherasco, che pone finealla guerra di successionedel Monferrato.

1642Ha inizio la rivoluzioneinglese mossa dai ribellipuritani capeggiati daOliver Cromwell.1647A Napoli l’oppressione delregime vicereale spagnoloprovoca una rivoltapopolare guidata daMasaniello.

1648La pace di Westfaliasancisce la fine dellaGuerra dei Trent’anni.1649Carlo I d’Inghilterra èprocessato e giustiziato.Viene proclamata laRepubblica Inglese(Commonwealth), guidatada Oliver Cromwell.

1659Con la Pace dei Pireneihanno fine i conflitti traFrancia e Spagna.1660In Inghilterra, a soli dueanni dalla morte diCromwell, viene restauratala monarchia.1661Sale al trono di FranciaLuigi XIV, detto il Re Sole.1669-1683Avanzata dell’imperoottomano nell’Europadell’est.

1685Luigi XIV, con l’editto diFontainebleau, revocal’editto di Nantes:riprendono in Francia lepersecuzioni contro iprotestanti.1689

In Inghilterra Guglielmo IIId’Orange viene proclamatosovrano e nasce unamonarchia di tipocostituzionale eparlamentare. Ha inizio laGuerra della GrandeAlleanza, detta Guerra deiNove anni.1697

Con la conclusione dellaGuerra dei Nove anni siinterrompono le mireespansionistiche dellaFrancia a vantaggio diInghilterra e Spagna.

Francesco Battaglioli, Danza in un palazzoBarocco Rococ˜, XVIII secolo. Madrid, RealAcademia de Bellas Artes de San Fernand.

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La cultura

del Barocco

IntroduzioneMappa dei contenuti

Capitoli1 William Shakespeare2 Il teatro in Spagna e in Francia3 Giovan Battista Marino4 L’immaginario barocco nella poesia5 Trattatistica: scienza ed eresia

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2 | sezione 6 | La cultura del Barocco |

Il contesto storico

Il Seicento è per l’intera Europa un secolo dilaniato daguerre, sanguinosi conflitti religiosi, crisi economi-che e sociali. Nel decennio a cavallo tra il XVI e XVII

secolo scompaiono dalla scena politica due sovrani cheavevano fortemente condizionato la storia del continen-te: la regina d’Inghilterra Elisabetta I e il re Filippo II diSpagna. Durante la prima metà del Seicento crescono lespinte reazionarie dei paesi ancora sotto il diretto domi-nio delle tre maggiori potenze europee, Spagna, Franciae Inghilterra, sempre più in lotta tra loro per il controllodi vaste aree territoriali nel cuore dell’Europa.

Il primo grande impero cinquecentesco a sprofonda-re in una crisi politica ed economica è il regno di Spa-gna. Morto Filippo II (1598), i successori Filippo III eFilippo IV non riescono a perseguire una politica chetenga conto delle reali condizioni sociali del paese: inSpagna manca un ceto borghese capace di muovere l’e-conomia interna che ancora è prevalentemente affidataall’agricoltura. Tra il 1609 e il 1611, con la cacciata dei“moriscos” |1| – ovvero degli arabi di Spagna, che costi-tuivano una grande risorsa di forza lavoro – la situazio-ne economica precipita, e l’effetto di questa regressioneè l’istituzione di un nuovo sistema sociale di tipo feuda-le, fatto di particolarismi e privilegi.

Anche l’Inghilterra attraversa momenti di dura crisisociale e politica. Con l’ascesa degli Stuart, seguita allamorte della regina Elisabetta (1603), il paese si trova a

Introduzione

|1| Vincent Mestre, Imbarco dei moriscosdal porto di Dènia, 1612-1613. Valencia.

A fronte

|2| Charles André van Loo, Luigi XIII, re diFrancia e di Navarra, dona la chiesa di NostraSignora delle Vittorie alla Vergine. Parigi,Chiesa di Nôtre-Dame-des-Victoires.

|3| Gerard ter Borch, La stesura del trattatodi Münster, 1648. Amsterdam, Rijksmuseum.

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| Introduzione | Il contesto storico | 3

fronteggiare un lungo periodo di lotte civilicausate sia dai contrasti di natura religiosa,che vedono contrapposti cattolici e prote-stanti, sia da quelli politici, dal momen-to che i rapporti tra il parlamento e il resono molto tesi. Carlo I Stuart, sovra-no che cerca di instaurare un regimeassolutistico rompendo definitiva-mente i legami col parlamento, vie-ne decapitato nel gennaio 1649. Hainizio una fase repubblicana chevede a capo dei rivoluzionari OliverCromwell, la cui politica, fino allasua morte nel 1658, si rivela una sortadi dittatura personale. In questo perio-do l’Inghilterra riconquista il suo postotra le grandi potenze europee e promuoveuna politica di espansionismo territoriale, aidanni principalmente degliinteressi dell’Olanda, paeseche nel corso del secolo rag-giunge un grande sviluppoeconomico grazie alle sueredditizie attività commer-ciali, in gran parte sui mari.Dopo la morte di Cromwell,attraverso un lungo e arti-colato processo politico, siarriva a una nuova rivolu-zione che porta al potereGuglielmo III d’Orange. Ilnuovo sovrano accetta la“Dichiarazione dei diritti”(1689), uno statuto che au-torizza il parlamento a sorvegliare l’operato del re: l’In-ghilterra assume una forma di monarchia costituzio-nale e parlamentare, ancora oggi in vigore, e divienepatria del nuovo liberalismo che rinnova radicalmentel’economia del paese.

La Francia resta invece governata da una monarchiadi tipo assolutistico: tutto il controllo del paese è affida-to al re, il cui potere è “assoluto”, cioè svincolato da ogniforma di limitazione e di controllo. Nel corso del Seicen-to questo tipo di monarchia si consolida con la figura diLuigi XIII (1617-1643), sostenuto da due ministri passa-ti alla storia per la loro abilità nel manovrare il potere,Richelieu e Mazzarino |2|. È il suo successore LuigiXIV (1643-1715), tuttavia, a incarnare al meglio la figuradel re assolutista. Il nuovo sovrano, detto “Re Sole”, am-bisce a imporre la Francia come massima potenza euro-pea; ridimensiona il potere dell’aristocrazia e potenzia ilruolo della burocrazia nell’amministrazione dello Stato.Il re affida il controllo dell’economia del paese a un abileministro, Jean-Baptiste Colbert (1619-1683) che pro-pende per una politica economica di forte protezioni-

smo statale. Luigi XIV trascina la Francia indiverse guerre e conflitti civili e religiosi

che portano alla revoca dell’Editto diNantes (decreto che Enrico IV aveva

emanato nel 1589 per porre fine alleguerre di religione che avevano deva-stato la Francia per oltre un trenten-nio), e a una nuova era di persecuzio-ni contro i protestanti di Francia, gliUgonotti.

In un quadro politico così instabi-le, aggravato da problemi sociali irri-solti legati anche a motivi religiosi,

inevitabilmente si producono pesantitensioni tra gli stati egemoni. Ne scatu-

riscono attriti sempre più violenti che fi-niscono per essere la causa di uno scontro

armato di estese dimensioni, la cosiddetta“Guerra dei Trent’anni”:dal 1618 si combattono di-versi conflitti cui viene po-sto un termine con la Pacedi Westfalia |3| del 1648.Questa guerra sancisce l’a-scesa della Francia a prin-cipale potenza europea epone fine al progetto deicattolici Asburgo d’Austria(ancora detentori della co-rona del Sacro Romano Im-pero) di dominare gli statiprotestanti dell’Europa cen-tro-settentrionale. Trent’an-ni di guerra provocano nel

continente danni gravissimi al tessuto economico-so-ciale in paesi già provati da crisi interne.

Nel corso del Seicento l’Italia, in una posizione mar-ginale rispetto alle lotte fra le grandi potenze europee,continua a essere divisa in una moltitudine di stati, qua-si tutti sottoposti all’egemonia della Spagna, che gover-na direttamente la Lombardia, i regni di Napoli, Sicilia eSardegna, e controlla indirettamente gli altri stati dellapenisola, esclusi il Ducato di Savoia, la Repubblica di Ve-nezia e lo Stato della Chiesa. Ciò significa che anche glistati italiani risentono della crisi del regno ispanico.Prima conseguenza dell’influsso ispanico è una maggio-re pressione fiscale; seguono devastazioni belliche, ag-gravate da carestie e pestilenze che decimano la popola-zione soprattutto in area lombarda. Non mancano for-me di ribellione contro il dominio spagnolo, come lacosiddetta “rivolta dei lazzaroni” a Napoli (1647-1648)capeggiata dal popolano Masaniello. L’egemonia spa-gnola comincia a indebolirsi solo negli ultimi decennidel Seicento, quando sarà la Francia a conquistare pro-gressivamente il dominio sugli stati italiani.

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4 | sezione 6 | La cultura del Barocco |

vole è il contributo di molti gesuiti italiani – come Da-niello Bartoli, Pietro Sforza Pallavicino ed Emanue-le Tesauro > p. 131 | – alla creazione di un nuovo umane-simo che nasce dalla fusione di classicismo rinascimen-tale e di principi cattolici, fortemente caratterizzato daun’attenzione alle potenzialità della retorica e del lin-guaggio. L’Italia del Seicento dà poi un impulso impor-tante all’editoria che, rivolgendosi a un pubblico semprepiù vasto, allarga gli orizzonti di una cultura che divienesempre più di “massa”. Si registra una notevole fiorituranella pubblicazione di repertori di scrittori ecclesiasticie di ordini religiosi, cataloghi di biblioteche, bibliografiedi singole scienze o discipline; appaiono molti atlanti,libri di viaggio e d’attualità. Col regredire del latino siaffermano sempre più i testi redatti nelle lingue nazio-nali, così come prevalgono le opere di autori contempo-ranei rispetto a quelle del passato. Accanto ai libri digrande formato, ha un ruolo fondamentale la produzio-ne di libri popolari di piccole dimensioni e a prezzi ac-cessibili. La Repubblica di Venezia (che garantisce unacerta libertà di pensiero e di espressione) e Padova resta-no punti di riferimento italiano ed europeo per la diffu-sione delle idee.

Nonostante questi ottimi segnali di vivacità cultura-le, altri fattori diminuiscono il peso “europeo” della no-stra cultura, fra cui le continue ingerenze della Chiesa.Nei primi decenni del secolo, infatti, la produzione cul-turale italiana è nel complesso fiorente grazie al contri-buto di intellettuali come Galilei, Tommaso Campanel-la > p. 138 |, Paolo Sarpi > p. 129 |, Giovan Battista Ma-rino > p. 79 |, tutti severamente condannati dalla Chiesaper aver divulgato idee non conformi alla dottrina cat-tolica (è per questo vietata la circolazione delle loroopere e del loro pensiero). La Chiesa, dopo il Concilio diTrento (1545-1563) in cui consolida la propria strutturainterna, sembra essere l’unico organo istituzionale soli-do e duraturo, capace di assumere un ruolo egemone dicontrollo sull’operato degli intellettuali laici. Si va defi-nendo sempre di più il distacco tra la cultura ecclesiasti-co-religiosa e quella laica e mondana, spesso in pesanteconflitto tra loro. Ne consegue una battaglia ideologicadecisamente sbilanciata in favore del potere ecclesiasti-co, che con le armi dell’Inquisizione |5|, con l’istituzio-ne dell’Indice dei libri proibiti (cioè quel registro in cuivengono elencate le opere la cui lettura era proibita aifedeli) mette a tacere buona parte degli intellettuali ita-liani. Questa politica di controllo sociale operata dallaChiesa ha il suo momento di maggiore forza con il dif-fondersi dell’azione degli ordini religiosi nati dopo ilConcilio di Trento, in modo particolare la Compagniadi Gesù fondata nel 1543 dallo spagnolo Ignacio de Lo-yola (1491-1556). I gesuiti, in breve tempo, hanno ac-cesso a quasi tutti gli ambiti sociali, soprattutto graziealla loro rigorosa preparazione culturale e a una spicca-ta capacità persuasiva. Quello dei gesuiti è un vero e

I luoghi della culturae la trasmissione del sapere

Il nuovo quadro politico, unito alla forte crisi econo-mico-sociale, determina rilevanti conseguenze nellavita culturale europea.

L’Italia, che nel corso del Rinascimento era stata ilcentro focale dell’intera cultura europea, diviene sem-pre più subordinata ad altre realtà sociali e culturaliin ascesa, in particolar modo Francia e Inghilterra. No-nostante ciò, alla produzione letteraria e artistica italia-na si guarda ancora con molto interesse. Anzitutto lagrande Roma barocca dei primi anni del secolo divienescenario maestoso di uno sperimentalismo pittorico earchitettonico che richiama intellettuali e artisti da tut-to il continente; basti pensare alle scenografie architet-toniche di Bernini |4| (1598-1680) e di Borromini (1599-1667) o alle tele di Caravaggio (1571-1610) che attraggo-no numerosissimi pittori d’oltralpe. L’Italia del Seicento,inoltre, è il paese in cui nascono e si sviluppano le prin-cipali forme musicali, dal melodramma alla musicastrumentale d’insieme sino ai primi abbozzi del generesinfonico, per il quale è fondamentale la prova musicaledel cremonese Claudio Monteverdi (1567-1643): da quiin avanti l’italiano resterà la lingua della musica sino atutto il Settecento e i primi dell’Ottocento, quando il me-lodramma europeo vivrà una nuova stagione d’oro an-cora una volta grazie all’impulso di compositori italiani> p. 17 |. In questo quadro culturale in Italia emergonoalcune personalità di grandissimo rilievo, capaci di in-fluenzare il sapere europeo: con Galileo Galilei> p. 145 | la scienza muove verso un nuova era segnatadal recupero del razionalismo laico rinascimentale edall’abbandono di ogni dogmatismo aristotelico. Note-

|4| Gian Lorenzo Bernini, Colonnato di Piazza San Pietro, 1657-1665.Città del Vaticano.

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| Introduzione | I luoghi della cultura e la trasmissione del sapere | 5

Gli intellettuali fan-no sempre più riferi-mento a un’istituzione,nata nel secolo prece-dente, che garantisce si-curezza e maggiore li-bertà di confronto ideo-logico: l’accademia. NelSeicento si assiste a unproliferare di queste or-ganizzazioni autonomedi intellettuali che sicostituiscono in quasiogni città italiana. Trale più note è l’Accade-mia dei Lincei (cheebbe tra i membri emi-nenti personalità comeGalileo |6| e altri intel-lettuali stranieri), fon-data a Roma nel 1603 daun giovanissimo scien-ziato romano, il princi-pe Federico Cesi (1585-1630). A Venezia vieneistituita la singolareAccademia degli Inco-gniti: l’ambiente citta-dino, notoriamente piùpermissivo delle altrerealtà italiane per viadella propria fisiono-mia politica repubbli-cana, favorisce l’aggre-gazione di scrittori chesostengono esperienzeletterarie anticonformi-

ste e ribelli. Questa accademia è l’ambiente più vicinoalla cultura dei “libertino”, cioè quella figura, tutta se-centesca, di pensatore libero, ribelle, che professa ideespregiudicate, spesso ritenute immorali. A Firenze,l’Accademia della Crusca nasce con il compito specifi-co di riformulare i canoni di una lingua nazionale per-fetta, separando la “farina” della buona lingua lettera-ria italiana dalle innovazioni inutili apportate dagliscrittori successivi al Trecento (la “crusca”). L’Italiaesporta in Europa questo modello di istituzione cultu-rale. Le accademie degli altri paesi europei, tutte natenel Seicento, non sono molto numerose ma godono diun grosso prestigio e possono disporre di aiuti statali inquanto vengono incaricate dagli stessi monarchi di tro-vare soluzioni a problemi concreti di rilevanza sociale.Nascono con questi scopi la Royal Society for the Advan-cement of Learning (1660) a Londra e l’Académie des scien-ses (1666) a Parigi.

proprio progetto educa-tivo che comporta peròun’estrema limitazionedella libertà di pensieroe un forte condiziona-mento, in direzione eti-co-cattolica, della lettu-ra dei testi classici e, insenso più ampio, dellacomprensione dei feno-meni culturali e sociali.

L’intellettuale laicoitaliano, in questo climaasfissiante di incertezzae di instabilità, nonchéspesso di vera e propriapaura, sente di non ap-partenere più a un’areaculturale e ideologica direspiro internazionaleed è così alla ricerca dinuovi punti di riferi-mento ideologici, dinuovi ambienti cultura-li in cui potersi muove-re. L’uomo di culturacomincia a ritagliarsiuno spazio all’internodell’ambiente culturaledel proprio stato, unospazio che però, a diffe-renza di quanto avveni-va in età rinascimenta-le, non è circoscritto apiccoli centri munici-pali, dato che questinon sono più propulso-ri di spinte culturali rilevanti. L’intellettuale si muovecosì in aree territoriali più ampie, spesso coincidenti conun intero stato regionale, e tende a diventare espressio-ne di una specifica realtà politica e sociale.

Le corti secentesche tendono a differenziarsi moltoda quelle umanistico-rinascimentali. Anzitutto nasceuna nuova figura professionale ben definita, quella delsegretario, cioè un uomo che deve essere specializzatoin precisi compiti burocratici e amministrativi ma chenon può non possedere anche doti artistiche e culturaliindispensabili nell’organizzazione generale della corte.Tende a scomparire, così, la figura tutta rinascimentaledel letterato cortigiano a servizio dello Stato. Anche perquesta ragione molti intellettuali italiani, come peresempio Marino e Campanella, trovano accoglienzain altre corti europee, soprattutto quella francese chegarantiva una certa protezione dalle ingerenze repressi-ve della Chiesa.

|5| Francisco Goya y Lucientes, Tribunale dell’Inquisizione (particolare), 1812-1814. Madrid, Academia de San Fernando.

|6| Galileo mostra il telescopio al Duca di Venezia, XVII secolo. Firenze, Tribuna diGalileo.

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La nascita della scienza modernaNel corso del Seicento la ricerca scientifica acquistaun’importanza straordinaria > p. 127 |. Nei primi decen-ni del secolo si assiste a una vera e propria svolta nelpensiero scientifico moderno, definita come Rivoluzio-ne scientifica, grazie alle opere di Tycho Brahe, di GalileoGalilei > p. 145 | e di Giovanni Keplero relative al sistemasolare e ai movimenti della terra e degli altri pianeti in-torno al sole.È grazie alle nuove scoperte astronomiche, infatti, che laricerca scientifica riceve nuovi impulsi: la teoria eliocen-trica di Copernico, secondo cui è la Terra a ruotare intornoal Sole e non viceversa come si era creduto per secoli, èsempre di più avvalorata da nuove conferme e divienel’argomento primario di tante dispute scientifiche e con-trasti tra scienziati laici e intellettuali religiosi.È soprattutto grazie all’opera e al pensiero di Galileo chela figura dello scienziato cambia fisionomia. Sino a quelmomento, infatti, lo scienziato era colui che diffondevail sapere con un atteggiamento ossequioso nei confrontidelle teorie astronomiche, fisiche, mediche tramandatedall’antichità attraverso la cultura medievale. Galileo, di

contro, introduce la figura del ricercatore attento e scru-poloso che si avvale di nuovi strumenti tecnici di indagi-ne scientifica (come il telescopio, il barometro, il termo-metro, le provette ecc.) per misurare la natura nel suocomplesso, dai fenomeni naturali a quelli astronomici,e formulare così principi matematici rigorosi a sostegnodelle proprie tesi. La scienza cambia volto grazie a questanuova prassi di indagine, definita metodo sperimentale:le ipotesi scientifiche devono essere sottoposte a unaverifica sperimentale riproducibile sostenuta da un ragio-namento di tipo matematico. La ricerca scientifica comin-cia così a rivendicare la propria autonomia rispetto allearti magiche e alla religione, dal momento che è la sola aessere in grado di fornire prove certe in quanto verificabilisulla base di criteri logico-matematici.Questi nuovi atteggiamenti di pensiero si diffondono ve-locemente e acquisiscono una dimensione europea intempi brevissimi: nell’arco di pochi decenni, le teorie diKeplero e di Galileo, insieme a tante altre scoperte scien-tifiche, diventano patrimonio degli scienziati di tutta Eu-ropa ma anche di ampi strati della popolazione colta. Ilsapere scientifico comincia a diventare accessibile a tutti.È evidente che le nuove ambizioni della scienza nonpossono incontrare l’approvazione e il favore dellaChiesa che mai prima d’ora aveva dovuto affrontare ilproblema dell’inconciliabilità tra fede e scienza, datoche quest’ultima si era sempre piegata al servizio delpensiero religioso.

Il nuovo sapere tra scienza e filosofiaCosì come Galileo lotta in favore della separazione deicampi d’indagine tra scienza e teologia, allo stesso modoil filosofo e matematico Blaise Pascal (1623-1662), mag-giore esponente del giansenismo (dottrina teologica in-centrata su un’idea di spiritualità che si contrappone allamorale ecclesiastica dominante, quella gesuitica), distin-gue il ruolo della ragione umana, che mira alla conoscenzadella verità della scienza, da quello del cuore, anello dicongiunzione tra l’uomo e Dio. Pascal affida queste ri-flessioni ai suoi Pensieri (Pensées) pubblicati postumi nel1670, manifesto della sua fede giansenista.Nel corso del Seicento, sia la ricerca scientifica chequella filosofica si approcciano in un modo nuovo allatradizione: il sapere precostituito, di cui Aristotele era ilpiù autorevole rappresentante, non è più fonte di veritàassoluta ma deve essere ripercorso con una nuova co-scienza critica. In questa generalizzata esigenza di liber-tà e di autonomia del pensiero nei confronti di ogni tipo dicondizionamento, sia esso di natura storica o religiosa,si può inquadrare tutto il pensiero filosofico e scientificodel secolo. Si assiste a una vera e propria lotta contro idogmi della conoscenza, ora sottoposti al rigoroso giu-dizio di un nuovo razionalismo. Questo problema del me-todo di ricerca viene affrontato soprattutto dal filosofoinglese Bacone (Francis Bacon) nel suo Il nuovo sistema

del sapere (1620) e dal filosofo e matematico franceseCartesio (René Descartes) autore del Discorso sul metodo

(1637). Se il metodo di analisi tradizionale è di tipo de-duttivo (cioè si classifica il reale partendo da leggi astrat-te) il nuovo metodo, teorizzato soprattutto da Bacone,è invece di tipo induttivo: per comprendere i fenomenidella natura bisogna partire dai dati raccolti dalla cono-scenza sensoriale per poi formulare delle regole generali.Con Cartesio inizia il razionalismo moderno: la naturaè svuotata da ogni elemento magico e diviene mate-ria soggetta alle leggi del meccanicismo universale,

ScienzaL’avventodella scienzamoderna

Tyco Brahe e il suo laboratorio, XVII secolo. Parigi, Bibliothèque Nationalede France.

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| Introduzione | Scienza | 7

sempre più conosciute grazieal progresso scientifico. ConCartesio, quindi, si afferma la

centralità della mente e del ra-gionamento – sintetizzata dal-

la celebre locuzione cogito ergo

sum, “penso dunque sono” – chedeve procedere attraverso ideechiare e in modo analitico.

La filosofia secentesca nonvuole limitarsi a discussioni di

tipo teorico ma si apre a pro-blematiche nuove, concrete,legate al mutarsi dell’orga-nizzazione sociale deglistati e al dilatarsi degliorizzonti culturali e geo-grafici: nascono importan-

ti riflessioni intorno al rap-porto tra politica, religione e

morale – discutendo le teoriecinquecentesche espresse da

Machiavelli e da Guicciardini – esi teorizzano nuovi possibili model-

li sociali in cui gli interessi del singolosono in accordo con quelli dell’intera società.

Si sviluppano, in sostanza, due filoni di pensiero: un primo gruppo (tracui emergono le figure di Bacone e Campanella > p. 138 |) s’ispiraalle congetture platoniche della Repubblica rielaborate all’inizio delCinquecento da Tommaso Moro nell’Utopia e si esprime in costruzioniimmaginarie di stati e di città assunti come modelli ideali di società.Gli “utopisti” immaginano paesi in cui la società trovi un equilibrioperfetto: la città ideale di Campanella (La Città del Sole, 1623) disegnauna società che si fonda sui principi della natura nei quali ripone i fon-damenti più autentici della religione cristiana; per Bacone (La Nuova

Atlantide, 1627), la città perfetta è resa tale dal rinnovamento dellascienza e della tecnica. Un secondo gruppo di filosofi (come Hobbes,Locke e Spinoza), parte dall’osservazione realistica delle situazionisociali di particolari realtà nazionali per teorizzare possibili modellipolitici e sociali. Le riflessioni filosofiche di spiccato carattere socio-logico maturano soprattutto in Inghilterra: è inglese, infatti, il filosofoJohn Locke (1632-1704), uno dei maggiori esponenti dell’empirismo,cioè di quel pensiero filosofico che, partendo dai precetti del razio-nalismo cartesiano, pone l’esperienza all’origine di tutte le idee. Sullascia del pensiero politico di fine Seicento, Locke fa una rivisitazionecritica del pensiero di Hobbes e Spinoza – riprendendo anche le teorieavanzate dall’olandese Ugo Grozio (1583-1645) secondo cui esistonodei diritti naturali che ogni uomo deve godere e su cui si deve basareogni forma di società – e formula il principio di “contrattualismo”: lasocietà civile deve basarsi su un contratto sociale che rispetti i dirittinaturali dell’uomo. Locke, nei suoi più importanti trattati Saggio sulla

tolleranza (1667) e Trattati sul governo civile (1690) teorizza così unmodello di stato che ha il dovere di tutelare le libertà individuali diogni singolo cittadino, quali il diritto naturale alla libertà di coscienza (equindi libertà religiosa). Sulla scia del pensiero di Locke si muoverannoil filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679) e l’olandese BaruchSpinoza (1632-1677).

L’isola di Utopia, 1516. Londra, British Library.

Louis Michel Dumesnil, Cristina di Svezia e la sua corte,particolare con la regina e Cartesio che tiene una lezionedi geometria, XVII secolo. Versailles, Châteaux de Versailleset de Trianon.

Frans Hals, Ritratto di Cartesio,1649. Parigi, Musée duLouvre.

Hans Holbein il Giovane,Ritratto di Tommaso Moro,1527. New York, FrickCollection.

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Il Seicento in Inghilterra si apre con il grande teatrodi Shakespeare |7| > p. 29 |, il maggiore drammaturgo ditutti i tempi. La poetica barocca si riflette soprattutto nel-le liriche di John Donne (1572-1631), in modo particolarenelle sue poesie definite “metafisiche”. Il poeta ingleseJohn Milton (1608-1674) è l’autore del più grande poe-ma epico del Seicento europeo > Il poema barocco, p. 18 |,Paradise lost (Paradiso perduto, 1667) opera che raccogliesuggestioni culturali diverse – tra le quali anche la lettu-ra delle opere di Tasso – e le fonde in una scrittura pienadi enfasi e di grande potenza visionaria.

Benché l’Italia del Seicento, sia relegata a ruoli politicisempre più marginali, e di ri-flesso anche lo splendore dellasua cultura rinascimentaleviva la sua fase declinante, an-cora nei primi anni del secolole opere italiane incontrano ilfavore dei lettori di altri paesieuropei, soprattutto in Franciae in Spagna. I modelli letteraridominanti sono sostanzial-mente quelli forniti da Petrar-ca, Tasso e Giovan Battista Gua-rini (con il suo Il pastor fido).L’orizzonte poetico del nostropaese è dominato dalla presen-za di Giovan Battista Marino> p. 79 |, il maggiore autore delBarocco italiano che incarnapresto un modello da imitareper una nutrita schiera di poetiitaliani, detti appunto “marini-sti”, ma anche francesi (Mari-no, infatti, gode di grande fortu-na presso la corte di Franciatanto da condizionarne la coe-va poesia) e ispanici.

Nella prima metà del secolosi assiste inoltre a una straordi-

naria diffusione della prosa narrativa: la novella > La no-vella barocca, p. 21 | di radice boccaccesca sviluppa nuovisuoi tratti caratteristici e al contempo nasce il romanzo,un genere nuovo frutto di contaminazione della novellae del poema cavalleresco. Grazie al nuovo impulso delmercato librario nell’arco di pochi anni vengono stampa-ti centinaia di romanzi subito letti e tradotti anche in pa-esi come la Francia e l’Inghilterra > La nascita del romanzocome genere europeo, p. 21 |.

Iprincipali paesi europei in cui si diffonde la nuovacultura del Barocco sono l’Italia, la Spagna, la Franciae l’Inghilterra. Questo nuovo clima culturale cresce e

si estende grazie al fatto che le diverse produzioni nazio-nali entrano in contatto tra loro e si contaminano, dandocosì luogo a un proficuo confronto di idee filosofiche,spunti letterari, tecniche stilistiche.

La Spagna, per quanto si trovi a fronteggiare grossedifficoltà politiche ed economiche, vive un periodo digrande fioritura culturale e artistica, al punto che l’arcodi tempo che va dalla seconda metà del Cinquecento allaprima metà del Seicento viene chiamato Siglo de oro (“se-colo d’oro”). Le opere del poetaLuis de Góngora rappresenta-no l’espressione più alta dellalirica iberica barocca. Il teatrospagnolo tocca i suoi verticicon le opere dei drammaturghiTirso de Molina, il primo au-tore ad aver dato un volto lette-rario alla figura del libertinoDon Giovanni, o Pedro Cal-derón de la Barca > p. 64 |, au-tore di una delle più affascinan-ti opere teatrali di tutto il Sei-cento, La vita è sogno (1635).Sempre in Spagna ha origine esi sviluppa il picaresco (rac-conto in cui si narrano le av-venture del “picaro”, popolanovagabondo e astuto) > La nascitadel romanzo come genere euro-peo, p. 21 | che raggiunge alti li-velli qualitativi con l’opera delgrande poeta e narratore Fran-cisco de Quevedo, trovandopresto estimatori soprattuttoin Inghilterra.

In Francia la produzione let-teraria di gusto barocco interes-sa soprattutto la prima metà del Seicento. Intorno ai de-cenni centrali del secolo si estende il gusto di una certanobiltà raffinata interessata a una letteratura di intratte-nimento colta ed elegante ma priva di eccessi, che mostradi apprezzare le disquisizioni filosofiche condotte con imodi piacevoli di una garbata conversazione salottiera. Èil primo passo verso il vero e proprio classicismo, che sirealizza compiutamente soprattutto nelle opere teatralidi Corneille, Molière > p. 69 | e Racine > p. 74 |.

|7| James Northcote, William Henry West Betty come Amletodavanti a un busto di Shakespeare, 1805. New Haven, YaleCenter for British Art, Paul Mellon Foundation.

Il panorama letterario europeonell’età del Barocco

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| Introduzione | Il panorama letterario europeo nell’età del Barocco | 9

pura stravaganza. Il lettore, di fronte a una scrittura di talgenere, è stimolato alla comprensione di questi processi,è chiamato cioè in prima persona a decifrare le profondee celate analogie tra le cose ripercorrendo, in un certosenso, il percorso creativo dell’autore. Assistiamo quindia un uso intellettualistico della parola letteraria.L’“ingegno” è infatti visto come il potere dell’intellettoumano di stabilire dei legami fra cose che sembrano cosìdiverse da non poter essere associabili. La capacità di in-terpretare i prodotti dell’ingegno, cioè i concetti, èl’“acutezza”. Uno stile che persegua la metafora ardita, il“concetto”, che usando immagini stravaganti e iperboli-che riesca a indurre nel lettore meraviglia e sorpresa, vie-ne definito “arguto” o “ingegnoso”.

La prosa barocca può essere sfarzosa e abbondante,può ricorrere a un uso ridondante dell’aggettivazione e lasintassi può apparire contorta quasi a disegnare una li-nea vorticosa tanto ricercata da assimilarsi all’arte figura-tiva |8|. La scrittura arguta finisce per essere fine a se stes-sa per tutti quegli autori che spostano la propria attenzio-ne dal contenuto all’artificio retorico in sé, ma può diven-tare uno strumento utile a veicolare un particolare mes-saggio poetico anche di grande spessore. La metafora,quindi, può essere strumento di puro diletto letterarioma, come hanno sostenuto grandi teorici dell’età barocca(a cominciare da Emanuele Tesauro > p. 131 | nel suoIl cannocchiale aristotelico), può essere un vero e propriostrumento di conoscenza perché è in grado di farci co-gliere le corrispondenze più vere che esistono tra le cose.

Il linguaggio del BaroccoCaratteristica precipua dello stile Barocco è sicuramentela ricerca di elementi accattivanti e unici in modo da su-scitare nel lettore quel senso di stupore, quella “mera-viglia” tanto ambita e ricercata dall’estetica secente-sca. Per ottenere questo scopo, l’autore ricorre a tutta unaserie di scelte stilistiche e artifici retorici più o meno in-novativi rispetto alla tradizione letteraria.

Il primo strumento retorico a disposizione del poetabarocco è la metafora, figura retorica che consente di ri-correre a un’immagine per esprimerne un’altra; un espe-diente già in uso ben prima del Seicento, ma che vienemolto indagato e sviluppato nelle sue possibilità espres-sive proprio in questo secolo. La metafora di tipo comu-ne, che avvicina cioè due immagini con qualità e caratte-ristiche molto simili (un po’ come avviene con la sempli-ce similitudine) è certamente poco sorprendente; tutta-via se si aumenta la differenza tra le due immagini messein relazione, l’accostamento derivato diviene più insoli-to, capace di stimolare maggiormente l’interesse del let-tore. In questo caso ci troviamo di fronte al “concetto”,altro principio fondamentale della retorica barocca, cioèuna combinazione – possiamo dire “metaforica” – di ele-menti tra loro molto distanti e totalmente diversi, ma trai quali il poeta riesce a cogliere delle analogie sottili nonosservate prima. Possiamo affermare che il “concetti-smo”, cioè quella tendenza stilistica che predilige l’usodel concetto come figura retorica, sia una forma di meta-forismo difficile e artificioso, che spesso sfocia nella

|8| Pietro da Cortona, Trionfo della Divina Provvidenza, 1632-1639. Roma, Palazzo Barberini.

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Diego Velásquez, Las Meninas, 1656. Madrid, Museo del Prado. Antonio De Pereda, Allegoria della Vanità, 1634. Vienna,Kunsthistorishes Museum, Gemaeldegalerie.

Scienza e ArteIl Barocco

Una nuova sensibilità artistica: il baroccoLa parola “barocco”, coniata nel corso del Settecento, de-riva molto probabilmente da un vocabolo, baroco, chenella filosofia scolastica definiva un tipo di sillogismocomplesso, ovvero un ragionamento particolarmente ar-ticolato e contorto (detto appunto “in baroco”). Secondoalcuni studiosi, l’origine del termine sarebbe invece daricercare nel portoghese barroco, sostantivo che indicaun tipo di perla irregolare e imperfetta. In ogni caso, ciòche conta sottolineare è che nel concetto di barocco èinsita l’idea di irregolarità e di artificiosità.Quando si parla di “barocco” non si fa riferimento sol-tanto a una precisa corrente artistica sviluppata nellaprima metà del Seicento ma si indica tutta una temperieculturale che abbraccia la realtà in ogni suo aspetto eriflette la nuova concezione che l’uomo ha di se stessoe del mondo.Come abbiamo visto, il Seicento è per l’Europa un pe-riodo di profonda crisi politica ed economica. Questi de-cenni così tormentati da attriti sociali, guerre devastantiche generano pestilenze ed epidemie, non fanno altroche acuire la visione pessimistica e precaria della realtàe dell’esistenza. L’immaginario poetico barocco riflettepienamente questa dimensione di crisi. Il mondo è cosìvisto come un labirinto folle in cui è impossibile orien-tarsi. L’uomo percepisce se stesso come una creaturafragile gettata in un universo ambiguo, privo di certez-ze, dove ogni cosa si muove e si trasforma. Anche ciòche è ritenuto eterno non è esente da metamorfosi.Tutto ciò che esiste è soggetto al dominio del tempoe inevitabilmente è destinato a scomparire. Il temadella fugacità della vita e quello della trasformazionedi qualunque aspetto del reale divengono così i motivicentrali della visione poetica barocca. Il mondo, poichéin continua mutazione, è soltanto apparenza: ogni cosasi confonde, realtà e finzione, verità e menzogna; ed è

quindi visto come un grande teatro dove tutto è solorappresentazione. L’uomo, in questo mondo illusorio,si affida ai sensi per conoscere la verità: essere, infatti,vuole dire apparire, e la trasformazione della materia èl’unica condizione necessaria alla sua esistenza. Da que-sto deriva la necessità di afferrare l’apparenza sensibilee ingannevole di tutto ciò che esiste per comprendere larealtà più profonda delle cose.È da tali presupposti di carattere culturale che nasce l’e-stetica barocca: il fine di ogni opera umana è lo stuporedei sensi perché è grazie a essi che l’uomo diviene parte-cipe della metamorfosi continua del creato. Per ottenerequesto effetto di meraviglia è necessaria ogni forma diostentazione e di sfarzo. Il desiderio di magnificenzaabbraccia ogni cosa: letteratura, arte, moda; a questoscopo si sperimentano tutte le possibili tecniche artisti-che ed espressive finalizzate a suscitare ammirazione,stupore, incredulità. È un’estetica che coinvolge l’uomoin ogni sua attività, non solo artistica: il Seicento è così ilsecolo in cui tutto diviene spettacolo, in cui abbondanorappresentazioni teatrali dalla scenografia sontuosa, fe-ste di corte dominate dal lusso e dallo sfarzo. Il compitodell’ingegno umano sembra essere quello di individuaresempre nuove e sorprendenti attrazioni.

L’arte baroccaTutte le espressioni artistiche del secolo tendono ver-so i medesimi obiettivi estetici. Le arti figurative sonoquelle che più di tutte danno voce a questo desiderio disfarzo e magnificenza: pittura e scultura sono semprepiù orientate verso la teatralità (si pensi, per esempio,All’estasi di Santa Teresa di Gian Lorenzo Bernini o alTrionfo del nome di Gesù del Baciccio (1639-1709). Inquesto senso è il teatro lo spazio (reale e ideale) chepiù risponde all’estetica barocca (Totus mundus agit hi-

strionem, “tutto il mondo recita” era il motto del Globe

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Gian Lorenzo Bernini, Estasi di Santa Teresa, 1646-1651.Roma, Chiesa di Santa Maria della Vittoria.

Caravaggio, Vocazione di San Matteo, 1599-1600. Roma, Chiesa di San Luigi deiFrancesi, Cappella Contarelli.

Theatre, teatro londinese dove si esibiva la compagniadi Shakespeare): l’oscillazione tra realtà e finzione,insita in ogni rappresentazione drammatica, si sposaspesso con la magnificenza scenografica che accrescelo stupore di chi osserva e genera un senso di smarri-mento attraverso il quale si raggiunge quell’effetto di«maraviglia» cui anelano poeti e artisti. Non a caso, ilSeicento segna la storia del teatro europeo anche gra-zie alle sontuose scenografie costruite con finte pro-spettive, strabilianti trompe-l’oeil, giochi estrosi di luci,spazi e colori. In Italia la Roma nel Seicento diviene unodei centri più significativi del barocco europeo, grazie acomplessi architettonici e scultorei (per mano soprat-tutto di Bernini e Borromini, come citato dagli esempisopra riportati) che conferiscono al tessuto urbano dellacittà forme fastose e monumentali, quasi quinte sce-nografiche di un enorme teatro a cielo aperto. In questoquadro generale l’arte figurativa secentesca presentaal suo interno una diversificazione di stili. Accanto aopere di ispirazione schiettamente classicistica, comequelle del pittore bolognese Guido Reni (1575-1642),o dei francesi Nicolas Poussin (1594-1665) e ClaudeLorrain (1600-1682), nasce una pittura potentemen-te realistica, come evidente nei dipinti dell’olandeseJan Vermeer (1632-1675) in cui la resa del dettagliodiventa cifra stilistica. Per non dimenticare la potenzadelle tele di Caravaggio caratterizzate da un nuovo usodella luce che conferisce una volumetria concreta aglispazi e dona straordinario rilievo alle figure facendoleemergere prepotentemente da un fondale compatto daitoni cromatici scuri.Sulla scorta dell’esempio e dell’influenza italiani vannocitati il fiammingo Peter Paul Rubens (1577-1640), l’o-landese Rembrandt (1606-1669) e lo spagnolo DiegoVelázquez (1559-1660).Di importanza non minore rispetto alle arti figurative e

architettoniche, la musica barocca si impone per la com-plessità di composizione e l’artificio concettuale: si pensiall’opera del più grande compositore del secolo, JohannSebastian Bach (1685-1750), le cui opere sono struttu-rate secondo rigidi criteri compositivi (basati sulle regoledel contrappunto e della fuga). Ma la grande novità delSeicento musicale resta la nascita di un genere di spet-tacolo tutto italiano, che è al tempo stesso teatrale, let-terario e musicale: il melodramma. La prima opera liricacompiuta, l’Euridice di Ottavio Rinuccini (1562-1621),musicata da Jacopo Peri (1561-1633) e Giulio Caccini(1550-1618), è messa in scena a Palazzo Pitti di Firen-ze nel 1602 > Il teatro italiano, p. 17 |. Il melodrammaitaliano diviene presto un modello per tutti i musicistieuropei del Seicento, sebbene nell’arco di pochi decenniin alcuni paesi, e in Francia in particolare, l’opera in mu-sica prenda le distanze dalla tipica cantabilità italianae dia vita a nuovi generi di teatro in musica, come latragédie-lirique e l’opéra-ballet.L’aspetto più interessante del panorama artistico se-centesco consiste nel fatto che i confini tra le diversediscipline diventino sempre più labili. Il Seicento, infatti,è un secolo in cui le arti figurative, la musica e la lette-ratura, accomunate dalla ricerca di meravigliosi effettivirtuosistici, sono straordinariamente vicine tra loro alpunto che avviene spontaneamente una contaminazio-ne tra i diversi linguaggi espressivi. Così la letteraturatende ad assimilare mezzi propri della pittura e vicever-sa: in poesia si descrivono opere figurative e nel farlosi utilizzano termini “pittorici” (per esempio ricorrendoad abbondanti aggettivi coloristici), mentre numerosipittori e scultori tendono alla rappresentazione di scenedal carattere narrativo (come se volessero immortalareun particolare momento di una storia) e i loro soggettisono attinti dalle opere letterarie, soprattutto dai poemidi Ariosto, Tasso e Marino.

L’Euridice di Ottavio Rinuccini,Firenze, 1600.

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La Scritturae la Scena

Anche se raggiunge il culmine dei suoi successi neiprimi decenni del Seicento, la forma di teatropopolare oggi nota con il nome “commediadell’Arte” nasce in Italia già a metà del secoloprecedente e dura, propagandosi in altri paesieuropei, fino a oltre la metà del Settecento.È quasi verso la fine della sua parabola storica chesi attesta per la prima volta, nella pièce di CarloGoldoni Il Teatro comico (1750), il termine«commedia dell’Arte».L’«arte» cui Goldoni fa riferimento va intesa, nellasua accezione medievale e rinascimentale, comecorporazione: quella degli attori di mestiere,organizzati in compagnie itineranti. Precedenti esignificative denominazioni sono “commedia deglizanni”, o “a soggetto”, o “all’improvviso”. In più didue secoli di complessa evoluzione, molteplici evarie sono le manifestazioni della commediadell’Arte, ma permangono alcune suecaratteristiche distintive:- Il professionismo degli attori, le cui compagnie

sono vere e proprie imprese cooperative, nellequali si spartiscono rischi finanziari e profitti.In ciò la commedia dell’Arte si contrappone alteatro delle corti e delle accademie, gestito nellasua totalità da letterati e attori dilettanti, sempre disesso maschile.- Attestata a partire dal 1564, la rivoluzionaria

presenza in scena di attrici, che sovverte laconsuetudine di affidare a uomini anche le partifemminili. Formidabili come elemento d’attrazionedel pubblico pagante, alcune grandi attrici comeIsabella Andreini (1562?-1604) danno vita afenomeni di vero e proprio divismo. D’altra parte,l’emancipazione e la libertà di costumi delle donnedi teatro è una delle principali cause di sospetto odisapprovazione nei confronti dei comici dell’Arteda parte della Chiesa.- All’interno delle compagnie, l’attribuzione a

ciascun attore di un ruolo fisso, che in certi casiinterpreta per tutta la vita, adattandolo via via allevarie commedie presenti in repertorio. Alcuni diquesti ruoli comportano l’uso di maschere in cuoio,che lasciano scoperti solo le labbra e il mento ed

esaltano una recitazione comica basatasoprattutto sulla gestualità.- Uno spiccato plurilinguismo. Al linguaggio

letterario stilizzato, d’impronta petrarchesca, deigiovani “innamorati” si contrappongono i dialetti ogli idiomi stranieri storpiati che caratterizzano lemaschere comiche, come il veneziano del vecchiomercante Pantalone, il bolognese del saccenteDottore, il finto spagnolo dell’arrogante Capitano,il bergamasco e il napoletano di due tra gli “zanni”(ovvero servi) più popolari, Arlecchino e Pulcinella.- Una drammaturgia assemblata e gestita dagli

attori, i quali, dovendo ogni giorno presentare unospettacolo diverso, anziché memorizzare un interotesto si affidano in parte all’improvvisazione,seguendo la traccia di un canovaccio (detto anchescenario o soggetto) che riassume l’intreccio dellacommedia. Ciò non significa che inventino tutte lebattute sul momento: ogni attore conosce amemoria un repertorio di brani adatti al suo ruolo(talvolta riuniti in raccolte dette “zibaldoni”,o generici), che è abile a utilizzare nelle diversesituazioni previste dal soggetto.

Vecchi, zanni e innamoratiLa maggior parte dei canovacci dell’Arte attingonole loro trame dalle stesse fonti dei commediografiletterati rinascimentali: il teatro classico plautino-terenziano e la novellistica romanza tardomedievale. Abbondano vicende, molto simili traloro, di amori contrastati, rivalità erotica edeconomica tra padri e figli, intrighi ed equivocialimentati da servitori. Si punta, anzichésull’approfondimento psicologico, sullacaratterizzazione di tipologie sociali ricorrenti eben riconoscibili dal pubblico. Una tipicacompagnia professionale è composta in media da10-12 elementi. I ruoli fissi seri consistono in duecoppie di giovani innamorati, o “amorosi”; quellicomici in due vecchi (il Magnifico, poi Pantalone,e il Dottore) e due zanni. Di solito il “primo zanni”(per esempio Brighella) è un servitore scaltro eabile nel tessere trame, mentre il “secondo zanni”(per esempio Arlecchino o Pulcinella) è un mattoidequasi sempre affamato di cibo e di sesso. Ci sonopoi altri ruoli “mobili” (il Capitano e una o dueservette) e qualche “generico” per personaggiminori. Solo i ruoli comici e talora il Capitanovengono identificati tramite le maschere: in questefigure si accentua l’espressività fisica, non di radospinta fino all’acrobazia. Stiamo qui proponendouna semplificazione, dato che nel corso dei decennii diversi ruoli si evolvono e arricchiscono, talvoltamutando nome o cambiando caratteristiche nelpassare da un interprete all’altro. Si pensi al

La commediadell’Arte, o il trionfodell’attore/autore

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“secondo zanni” Arlecchino, creato durante unsuo soggiorno a Parigi intorno al 1585 dal grandecomico mantovano Tristano Martinelli (1557-1630): un erede più dinamico e anarcoide dianaloghe figure di servi sciocchi, che l’attorecaratterizza con una maschera nera vagamentediabolica e un costume aderente che ne valorizzala prorompente fisicità e le doti funamboliche.Doti che spiccano anche in un più tardo grandeArlecchino, l’irriverente attore-cantante-ballerinoDomenico Biancolelli (1636-1688), beniamino delpubblico francese negli stessi anni in cui si affermail genio drammaturgico e attorale di Molière>p. 69 |. L’ultimo importante Arlecchino storico,Antonio Sacco (1708-1788), muta il nome dellamaschera in Truffaldino e attraversa i decenni deldeclino della commedia dell’Arte intessendosuccessivamente proficui rapporti con duedrammaturghi tra loro rivali: Carlo Goldoni > p. 237 |,che in gioventù compone per lui diversi scenari, tracui Il servitore di due padroni (1745), e Carlo Gozzi,che a partire dal 1761 affida alla compagnia diSacco le sue nostalgiche Fiabe teatrali.

Capocomici e letteratiNella “preistoria” della commedia dell’Arte c’è unalunga tradizione di teatro popolare di strada,risalente fino al Medioevo; e tra i comici che a metàdel Cinquecento si organizzano in compagnie cisono anche giullari, canterini e saltimbanchi finoa poco prima impegnati in performance individualinelle piazze delle città italiane. Sia che si esibiscanoall’aperto, sia che lo facciano in apposite “stanze”,chiedendo agli spettatori di pagare un modestobiglietto d’ingresso, le prime compagnie dell’Artepuntano più sulle capacità istrioniche dei lorocomponenti che sulla qualità letteraria dei testi,peraltro sempre scomposti e rielaborati secondo leesigenze di scena. Ma col passare dei decennicrescono il prestigio e le ambizioni artistiche dialcuni gruppi di commedianti d’alto livello, chepassano sotto la protezione di principi o di sovranie si confrontano da pari a pari con il teatro“regolare” dei letterati e degli attori dilettanti.Benché prevalga il genere comico, le compagniedell’Arte propongono al loro pubblico anchevicende altamente drammatiche e avventurose,come nell’abbondante repertorio dell’”opera regia”,le cui trame attingono ai poemi cavallereschi,in primis all’Orlando furioso dell’Ariosto. Oltre aimprovvisare sulla base di canovacci, gli attoriprofessionisti sono in grado di apprendere amemoria e mettere in scena con grande efficaciaimpegnative tragedie, commedie e favolepastorali; come dimostra il fatto che Torquato

Tasso nel 1573 affidi la sua Aminta alla Compagniadei Gelosi di Francesco e Isabella Andreini (ancherinomata interprete, quest’ultima, de Il pastor fido

di Battista Guarini). D’altra parte, alcuni capocomicialla guida d’importanti compagnie affinano leproprie capacità di scrittura e, soprattutto a partiredagli inizi del Seicento, danno alle stampecanovacci e commedie. È del 1611 Il teatro delle

favole rappresentative, preziosa raccolta di scenaricurata dal “primo amoroso” Flaminio Scala(1522-1624), autore anche della commedia Il finto

marito (1618). Ma l’attore/autore più interessantedell’epoca è senz’altro Giovan Battista Andreini(1576-1654), figlio di Francesco e Isabella, i cuicinque atti Due comedie in comedia (1623), dallavertiginosa struttura barocca, hanno affascinato unmaestro del teatro dei nostri giorni come il registaLuca Ronconi, che nel 1984 ne cura un allestimentoper la Biennale di Venezia; il vivo interesse diRonconi per la complessa drammaturgiaandreiniana lo porta poi a mettere in scena,rispettivamente nel 2002 e nel 2004, Amor nello

specchio e La centaura (entrambi risalenti al 1622).

Due momenti de La centaura(interprete Mariangela Melato,in alto) di Giovan BattistaAndreini nella messa in scenadi Luca Ronconi del 2004.

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Il teatro europeo del Seicento

Teatro di corte e teatro popolareÈ nel Seicento che nasce il teatro in senso moderno: glispettacoli sono aperti a un pubblico pagante e hannoluogo in appositi edifici costruiti esclusivamente perquesto genere di evento artistico. Tutte le maggiori cittàeuropee vedono nascere grandi teatri popolari, ben in-seriti nel contesto urbano, rivolti anche agli strati piùpoveri della società.

Il teatro di corte continua a esercitare una forte at-trattiva, in modo particolare negli ambienti aristocratici|9|: vi confluiscono artisti di ogni genere che sperimen-tano varie forme di contaminazione artistica, dalla pit-tura all’architettura, dalla musica alla danza ecc. Un’at-tenzione particolare è dedicata alla scenografia: impo-nenti macchine sceniche sono capaci di creare effettispettacolari, come trasformazioni repentine degli sfondie degli ambienti oppure rappresentazioni realistiche divari agenti atmosferici. Anche il teatro secentesco, quin-di, rispecchia il fascino dell’estetica barocca, incentratasul gusto per lo sfarzo e per l’eccesso.

Sono i teatri di città, tuttavia, che vedono allargare ilproprio consenso di pubblico |10|. Gli spettacoli popola-ri che da sempre avevano luogo nelle piazze cittadine,infatti, nel Seicento si trovano a dover soddisfare unaquantità sempre più ampia di spettatori, anche in ragio-ne del fatto che le città diventano sempre più popolose enecessitano di ulteriori momenti di svago collettivo.

In Italia molte compagnie itineranti di attori, abitua-te a vivere in condizioni modeste e a non avere alcun ri-conoscimento sociale (gli attori generalmente godevanodi una pessima reputazione presso le autorità), comin-ciano a investire sulla loro attività sempre più redditizia:nascono in questo modo le compagnie teatrali itineran-ti, costituite da attori di professione che danno a se stessila definizione di “comici dell’arte”, dove “arte” significaappunto “mestiere”. Questi attori gestiscono in primapersona tutta l’operazione teatrale, dall’organizzazionedell’evento alla scenografia sino all’allestimento dellarecita vera e propria.

La commedia dell’Arte > La Scrittura e la Scena, p. 12 |,come nel Settecento si definirà lo spettacolo organizzatodagli attori di queste nuove compagnie itineranti, è unarecitazione in cui convergono tante esperienze teatralidiverse radicate nella tradizione medievale e rinasci-mentale, come il canto, il mimo, l’acrobatismo, la giulla-rata, la rappresentazione oscena, la drammaturgia ari-stocratica. Per incontrare i gusti di un pubblico eteroge-neo, spesso di estrazione sociale modesta, il teatro dellacommedia dell’arte ricorre a una comicità di sicuro ef-fetto che attinge a un repertorio più o meno stabile dibattute e di immagini: nascono così le maschere, cioèdei personaggi fissi con caratteristiche tipiche di unacittà o regione (tra quelle più famose si ricordano Arlec-

chino, Colombina, Balanzone, Pulcinella) |11|. Tutti gliattori sono tenuti a improvvisare molte battute seguen-do una traccia schematica dell’azione scenica, detta ca-novaccio. Questa improvvisazione, tuttavia, è frutto ditanta esperienza e di una continua sperimentazione.

Il teatro popolare degli altri paesi europei presentadelle caratteristiche stilistiche simili a quello italiano: lacontaminazione di generi artistici vari, l’adozione di re-gistri stilistici spesso bassi oppure caricaturali, la mesco-lanza di soggetti realistici, se non proprio tratti da eventidi cronaca quotidiana, a vicende immaginarie e favolose.

|9| Abraham Bosse, Rappresentazione teatrale privata, 1644.

|10| Giovanni Battista Aleotti, Teatro Farnese, 1619. Parma.

|11| Maschere italiane e francesi al Palais Royal con Molière (il primo asinistra) nella parte di Arnolfo de La scuola delle mogli, 1670. Parigi,Comédie Française.

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| Introduzione | Il teatro europeo del Seicento | 15

Shakespeare e il teatro elisabettianoTra il XVI e il XVII secolo lungo la riva meridionale delTamigi sorgono diversi teatri: il Rose (1587), lo Swan(1595), il Globe (1599) |12| e l’Hope (1614). Si tratta gene-ralmente di edifici molto semplici, spesso costruiti inlegno, in cui tutto l’apparato è ridotto all’essenziale (lapiattaforma per gli attori è circondata da balconate e lascenografia è pressoché inesistente); veri e propri teatripopolari, situati in zone periferiche della città ed evi-tati dai ceti dell’alta società, che preferiscono frequen-tare il Blackfriars nella City. Le caratteristiche strutturalidei nuovi spazi dedicati agli spettacoli teatrali condizio-nano in qualche modo le esigenze sceniche e quindi itesti delle rappresentazioni: gli autori devono spesso in-dugiare su descrizioni minuziose di paesaggi e di luoghi,e anche l’uso del monologo sembra essere funzionaleall’angustia degli spazi.

La tradizione teatrale in-glese della seconda metà delCinquecento è molto ricca eraccoglie suggestioni lettera-rie diverse: le rappresentazio-ni sacre medievali, le propo-ste dell’umanesimo letterarioe soprattutto la riscoperta deiclassici, Seneca in particola-re. Il teatro elisabettiano è unteatro a tinte forti, che presen-ta spesso scene truculente disangue e di violenza. Il mag-giore dei drammaturghi pre-shakespeariani è ChristopherMarlowe (1564-1593), classi-cista e ammiratore di Machia-velli, autore di opere moltoimportanti come La tragicastoria del dottor Faust (1588 ca.)ed Edoardo II (1592 ca.).

È tuttavia nell’opera diWilliam Shakespeare (1564-1616) > p. 29 |, consideratoil padre della letteratura inglese, che il teatro secentescoraggiunge i vertici espressivi più alti. La raccolta dellesue opere è tradizionalmente suddivisa per generi: com-medie, tragedie, drammi storici, tragicommedie.

Nelle prime commedie shakesperariane il riferimen-to alle fonti classiche, spesso filtrate attraverso la tradi-zione umanistica, è molto evidente: è il caso, per esem-pio, della Commedia degli errori (1594), basata suiManaechmi di Plauto, o della Bisbetica domata (1594) cheriprende un tema assai noto nell’antichità e nel Medioe-vo. Queste prime opere obbediscono a un senso di mi-sura classicheggiante, così che la trama appare linearee lo stile espressivo controllato. Intorno alla secondametà degli anni Novanta le commedie cominciano adacquisire maggiore intensità, mostrando un intreccio

molto originale di fonti letterarie e folcloriche; l’interarappresentazione tende a essere dominata dai tanti mo-menti lirici, come nella commedia Sogno di una notte dimezza estate scritta intorno al 1595. A partire da questaShakespeare scrisse le sue commedie maggiori: Il mer-cante di Venezia (1596 ca.) ispirata a una novella del Peco-rone di Giovanni Fiorentino; Molto rumore per nulla(1598 ca.) derivata da una novella di Matteo Bandello;La dodicesima notte (1601) e altri testi che traggono spun-to dalla commedia italiana.

Le tragedie shakespeariane sono incentrate su sog-getti storici, il più delle volte radicati nella tradizionemedievale, che facilmente potevano incontrare il favoredel pubblico. L’elemento storico è verosimile e i perso-naggi sono caratterizzati da una forte interiorità, spessocomplessa e combattuta, che si dimena tra dubbi meta-fisici sul significato della realtà e della vita; la tragedia

più emblematica in questosenso è l’Amleto, scritto proba-bilmente tra il 1600 e il 1602.Capolavori assoluti sono leceleberrime opere Romeo eGiulietta (1594 ca.), Otello(1604 ca.), Re Lear (1605-1606),Macbeth (1605-1606).

I drammi storici sonoquelle tragedie che celebranoargomenti della storia medie-vale inglese, come Enrico VI(1588-1591), in tre parti, e Ric-cardo III (1592). La storia ap-pare come una serie di eventicruenti e confusi, e non vi èalcuna presenza che dall’altopossa guidare gli avvenimentie dare loro una consequenzia-lità logico-morale.

Le tragicommedie sonoquei drammi in cui è più evi-

dente la coesistenza di fattori stilistici contrapposti: ele-menti propriamente tragici si innestano su un tessu-to tipico della commedia. Per quanto la presenza deldolore e della morte sia una costante in questo genere diopere, il finale è lieto. Rientrano in questa categoriaLa tempesta (1611) e Tutto è bene quel che finisce bene (1602ca.). Quest’alternanza di registri diversi, spesso del tut-to antitetici, all’interno della stessa opera se non addirit-tura dello stesso personaggio, è una caratteristica stili-stica che riguarda in qualche modo tutta la produzioneshakespeariana.

Il teatro di Shakespeare è ormai post-rinascimentale:rifiuta le unità aristoteliche, mescola elementi sublimie grotteschi e, non per ultimo, ricorre a diversi artificilinguistici e formali. Anche sul piano linguistico idrammi shakespeariani presentano elementi di assoluta

|12| Il teatro Globe di Londra.

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16 | sezione 6 | La cultura del Barocco |

attento alle esigenze del pubblico. Le sue opere attingo-no liberamente alle fonti più varie (da temi mitologici ecavallereschi a elementi realistici più aderenti alla quo-tidianità), e mirano all’efficacia scenica della rappresen-tazione. Tra i suoi drammi più famosi si ricordano Il mi-glio giudice è il Re (1620-1623), Il cavaliere di Olmedo (1620-1625) e Il castigo senza vendetta (1631).

Merita di essere menzionato anche lo scrittore Tirsode Molina (1584-1643), conosciuto soprattutto per averscritto un’opera divenuta famosissima specialmente peri tanti rifacimenti sei-settecenteschi: Il beffatore di Sivigliae il convitato di pietra (1639), che per la prima volta mettein scena il celebre personaggio di Don Giovanni.

Come Lope de Vega, anche Pedro Calderón de laBarca (1600-1681) > p. 64 |, il maggiore tragediografodel Seicento spagnolo, scrisse una quantità enorme diopere teatrali, tra cui emerge, per la qualità stilisticanonché per la complessità e la profondità dei temi svolti,il dramma La vita è sogno (1635).

Il teatro in FranciaLa cultura teatrale dominante nei primi tre decenni delsecolo è prevalentemente quella italiana e, in forme su-bordinate, quella spagnola. Sono francesi due tra i piùgrandi autori di teatro di tutto il Seicento: Jean-BaptistePoquelin, noto come Molière (1622-1673) > p. 69 |, PierreCorneille (1606-1684) e Jean Racine (1639-1699) > p. 74 |.

Quello di Molière è un teatro incentrato su temi filo-sofici che investono direttamente la realtà contempo-ranea e mettono in scena alcuni aspetti sociali più evi-denti del suo tempo; la sua satira si nutre di personaggidal carattere emblematico che spesso sono incapaci divedersi per quello che sono, uomini pieni di difetti o diambizioni effimere. La rappresentazione è sempre mol-to fedele ai principi di verosimiglianza, per cui tutto hauna parvenza realistica e convincente. Tra i più famosicapolavori di Molière si ricordano Don Giovanni o il convi-tato di pietra (1665), L’avaro (1668), Il borghese gentiluomo(1670), Il malato immaginario (1673) |13|.

novità rispetto alla letteratura inglese coeva. È anchegrazie alle opere di Shakespeare e di Marlowe che la lin-gua inglese vive una nuova fase di crescita (si parla di“Early Modern English”) verso forme fonetiche, mor-fologiche e ortografiche che saranno le basi dell’attualeBritish English. Quella che Shakespeare eredita, quindi,è una lingua ancora per certi versi immatura, che peral-tro presenta grandi distinzioni su più piani tra lo scritto(letterario e non solo) e il parlato. Ciò che può sembrareuna difficoltà, di fatto, diviene per l’autore una grandeopportunità: Shakespeare codifica usi grammaticali elessicali che assecondino nuove esigenze dramma-turgiche all’insegna di una grande libertà espressiva(per esempio l’uso di sostantivi come verbi o come ag-gettivi, come nel caso di “to description” per “to describe”,“to affect”), conia neologismi e nuove espressioni (al-cune delle quali entrate nell’uso comune), sfrutta laduttilità della lingua per intessere le sue opere con gio-chi di parole ed esplicite allusioni semantiche. I testidrammatici di Shakespeare, così come quelli di tutto ilteatro elisabettiano, sono caratterizzati dall’alternanzadi prosa e di versi che, a differenza della tradizione liricaitaliana, nei primi del Seicento non conservano una po-sizione fissa degli accenti. Shakespeare predilige l’usodi quello che è stato definito Blank verse, ovvero un de-casillabo sciolto non rimato, già utilizzato con granderaffinatezza da Marlowe e che deriva dall’endecasilla-bo sciolto della lirica italiana. La lingua di Shakespea-re, che nel corso degli anni evolve verso forme di mag-giore concisione sintattica, conserva una profonditàespressiva garantita anche dal sapiente uso di figure re-toriche, come la metafora, vero perno stilistico dellasua scrittura e nucleo portante della sua poetica. La me-tafora consente all’autore di generare immagini di gran-de portata evocativa e di immediato impatto sul pubbli-co, che si tingono di toni ora tenui e dolcissimi, ora cupie profondi.

Il teatro in SpagnaIn Spagna i generi teatrali più frequentati sono sostan-zialmente due: la commedia e le rappresentazionidrammatiche di argomento religioso (autos sacramen-tales). Le commedie possono essere di soggetto storico(chiamate “di cappa e spada”) o riguardare avvenimentie temi contemporanei, e sono contraddistinte da un lin-guaggio stilisticamente basso che consente uno spetta-colo vario e accattivante. Al genere tragedia sono affida-ti prevalentemente temi storici inscenati spesso con in-tenti celebrativi ed encomiastici.

Il principale commediografo spagnolo del secolo èFeliz Lope de Vega Carpio (1562-1635): autore incredi-bilmente fecondo (ci restano 426 commedie, anche seprobabilmente ne scrisse più di ottocento, e altre nume-rose opere in prosa e in versi), Lope de Vega incarna lafigura del vero professionista dello spettacolo, sempre

|13| Jean Le Pautre, Rappresentazione del Malato immaginario di Molièreal Teatro dei giardini di Versailles, 1676. Parigi, Biblioth•que Nationale.

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Il maggiore tragediografo italiano del secolo fu l’asti-giano Federigo Della Valle (1560 ca.- 1628), di cui cirestano quattro opere incentrate su personaggi femmi-nili: la tragicommedia Adelonda di Frigia (1595) e le treimportanti tragedie La reina di Scozia, Ester e Judit. La rei-na di Scozia (pubblicata nel 1628, ma la cui prima stesurarisale al 1591) narra le tristi vicende della regina scozze-se Maria Stuarda, fatta decapitare per volontà di Elisa-betta I nel 1587; Ester e Judit (risalenti ai primi anni delSecolo ma stampate nel 1627) sono entrambe incentratesu argomenti biblici. Il capolavoro di Della Valle è la Ju-dit, tragedia in cui si narrano le vicende dell’eroina bibli-ca Giuditta che uccise il capitano nemico Oloferne |15|.Le sue opere sono estranee alla temperie barocca per-ché rinunciano al gusto allora molto diffuso dell’orrido,del truculento, e rifiutano ogni ingegnosità del linguag-gio. Le sue tragedie, tuttavia, non sono più portavoce divalori rinascimentali ma esprimono una serie di temiche sono propri del nuovo secolo, come la fragilità e ildolore dell’esistenza umana, vista come vittima di pas-sioni incontrollabili che rendono l’uomo esposto allevicende dolorose della fortuna.

La vera grande novità del teatro italiano tra il Cin-quecento e il Seicento è la nascita del melodramma.Già nel corso del Quattrocento molti testi composti perla recitazione avevano delle sezioni affidate al canto. Ilgenere tradizionale che più si prestava a questo nuovomodo rappresentativo era la favola pastorale, cioè unasorta di tragicommedia di ambientazione bucolica incui si narravano le tormentate vicende amorose di ninfee pastori. Con l’Aminta del Tasso si consolida questo ge-nere teatrale che avrà tra i maggiori sostenitori BattistaGuarini (1538-1612), autore che proprio sull’esempiotassiano modella la sua favola pastorale intitolata Il pa-stor fido. Guarini affida a quest’opera un intreccio com-

L’opera di maggiore successodel drammaturgo normannoCorneille è senza dubbio Il Cid|14|, dramma rappresentato perla prima volta nel 1637. La trage-dia, che narra le gesta di un eroestorico spagnolo, Rodrigo Diazde Vivar, suscitò numerose pole-miche, anche molto accese (fuaccusata in primo luogo di nonrispettare le unità aristoteli-che), che spinsero l’autore adadottare formule più conformialle regole dettate dalla poeticadrammatica del suo tempo. Un aspetto assai interessantedella sua produzione è la concezione poetica del tragicovisto come conflitto interiore tra volontà e coscienza.

La tragedia di Racine è essenzialmente caratterizza-ta da un gusto classicistico: sono sempre rispettate leunità aristoteliche (di tempo, di luogo e di azione), le tra-me sono semplici e lineari, così come rigorosa ed elegan-te è la sua scelta linguistica, mentre i personaggi sonocaratterizzati da una forte connotazione psicologica. Ilteatro di Racine non è però un teatro che dimentica lepassioni umane: la ragione non è in grado di arginare lapiena dei sentimenti intensi, talvolta contraddittori, cheinvestono personaggi dalla psicologia complessa e spes-so tormentata. Il capolavoro assoluto della produzionedi Racine è la tragedia Fedra (1677).

Il teatro italiano: la nascita del melodrammaIl Seicento italiano vede il trionfo della commediadell’arte, nonostante le ostilità manifestate soprattuttodai vertici ecclesiastici nei confronti degli spettacoli tea-trali organizzati nelle piazze cittadine. La Chiesa, infatti,tacciava di immoralità questo genere di spettacoli popo-lari al punto che, in alcuni casi, pretese limitazioni econtrolli sull’attività delle compagnie.

La commedia regolare continuava l’ormai stanca tra-dizione cinquecentesca a cui tentava di dare nuova linfaaccentuando gli elementi patetici e sentimentali dellatrama o quelli romanzeschi e spettacolari, quindi in os-sequio al gusto imperante del nuovo secolo. A Firenze fuimportante l’attività teatrale svolta da MichelangeloBuonarroti il Giovane (1568-1642), nipote del grandeartista, che scrisse opere destinate agli spettacoli dellacorte medicea.

È la tragedia, tuttavia, il genere a cui si dedicarono imaggiori autori teatrali del Seicento. La tragedia secen-tesca è legata alla tradizione teatrale rinascimentale chevedeva nelle opere di Seneca il più alto modello didrammaturgia classica. È il genere che appare meno pro-penso ad accogliere le nuove tendenze espressive tipi-che del gusto barocco, in primo luogo la spettacolarizza-zione della scena drammatica.

|14| Le Cid, 1637. Parigi, Bibliothèque Nationale.

|15| Orazio Gentileschi, Giuditta e la fantesca con la testa di Oloferne,1621-1624. Wadsworth, Atheneum Museum of Art.

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18 | sezione 6 | La cultura del Barocco |

Il poema barocco

Il genere epicoNel corso del Seicento il poema epico di natura cinque-centesca è avviato a una lenta e naturale decadenza. Mol-ti autori, tuttavia, si confrontano ancora con questo gene-re a cui affidano un fine prettamente educativo e non dievasione letteraria. Il poema epico resta per tutto il Sei-cento in perenne oscillazione tra tendenze conservatrici,secondo le quali il prototipo rinascimentale poteva anco-ra essere valido, e spinte più tese verso l’innovazione.

Nella produzione epica secentesca si possono distin-guere tre sottogruppi, sempre soggetti a varie forme dicontaminazione:- poema epico fedele al modello tassiano;- poema eroico incentrato sulla scoperta e colonizza-

zione di nuovi paesi, dell’America in particolare;- poema sacro.

Se è vero che alcuni elementi forti dell’estetica baroc-ca influenzano molto l’epica del Seicento (come l’accen-tuazione del tratto patetico, macabro e grottesco), l’im-pianto strutturale complessivo dell’opera e la scelta deisoggetti narrativi ricalcano pienamente i modelli dellatradizione cinquecentesca: molti autori, perlopiù cadutinell’oblio, si riallacciano direttamente al poema tassia-no e si propongono di svilupparne alcuni nodi narrativise non addirittura di proseguirne il racconto (come nelcaso dell’Ermina del 1605 di Gabriello Chiabrera> p. 121 | o del Tancredi del 1636 di Ascanio Grandi, ope-ra che si presenta come un diretto seguito della Gerusa-lemme liberata) oppure di ricalcare fedelmente il modellodi Tasso narrando vicende storiche alle quali si possa at-tribuire una valenza politico-religiosa (come la Babiloniadistrutta (1624) di Scipione Errico o il più interessanteIl Conquisto di Granata (1650) di Girolamo Graziani).

Nel Seicento non mancano poemi di argomento bi-blico-religioso (come la Strage degli innocenti di GiovanBattista Marino), testi in cui la materia religiosa è assi-milata a quella epica e si confronta costantemente con ilcanone tassiano.

Il tema della scoperta dell’America, e più in generaledelle grandi esplorazioni geografiche, diede origine aun sottogenere assai frequentato nel Seicento: alle im-prese di Colombo sono dedicati molti lavori, nella mag-gior parte dei casi presto dimenticati e non più letti persecoli, tra i quali spiccano, per l’interesse di alcuni seg-menti lirici e descrittivi più che per la qualità letterariacomplessiva dell’opera, il Mondo nuovo (1596) di Giovan-ni Giorgini e l’omonimo poema di Tommaso Stiglianipubblicato nel 1617. Anche per quanto riguarda questitesti incentrati sull’epica colombiana |17|, il modelloimperante resta quello di Tasso: l’impresa colonizzatricedi Colombo viene subito identificata con le lotte controgli infedeli, e gli esploratori tendono ad assumere i trattitipici degli eroici capitani delle battaglie epiche.

plesso di modo che l’intera rappresentazione raggiungaeffetti scenici assai coinvolgenti: prevede cambiamentidi scenari, inserisce scene danzate, suggerisce un ac-compagnamento musicale per alcune sezioni del te-sto. Ma era già da tempo che si sperimentavano forme dicontaminazione tra commedia, danza, pittura e musica,per creare un’opera che potesse racchiudere tutte questeespressioni artistiche. Furono soprattutto alcuni poeti emusicisti riuniti nella Camerata fiorentina de’ Bardi*che portarono questi esperimenti a risultati eccellenti:analizzando il rapporto tra parola e musica, convinti delfatto che le antiche tragedie greche fossero accompagna-te dal canto dal primo all’ultimo atto, teorizzarono unanuova tecnica di canto chiamata «recitar cantando», ov-vero una declamazione musicale ritmica di tutte le paroledel verso poetico. Il poeta fiorentino Ottavio Rinuccini(1562-1621) scrisse il testo di quello che è ritenuto il pri-mo vero melodramma della storia: l’Euridice. Si tratta diun testo in versi, sull’esempio tassiano dell’Aminta, in cuil’argomento mitologico, ovvero il mito greco di Orfeo edEuridice, assume la fisionomia tipica della favola pastora-le. Questo testo fu musicato secondo lo stile del recitarcantando da Jacopo Peri (e successivamente da GiulioCaccini) e fu rappresentato a Firenze nel 1600. L’Euridicedi Rinuccini può essere vista come il prodotto di una per-corso di sperimentazione artistica riconducibile alla “po-etica della meraviglia” barocca, ma bisogna tenere contoche essa è il frutto di una cultura classicistica: il testo nonpresenta nessun elemento retorico che lo riconduca all’e-stetica barocca ed è esclusivamente debitore alla lezione

di Tasso e soprattutto diPetrarca, autore letteral-mente saccheggiato dalRinuccini. Il melodram-ma divenne presto un ge-nere di grandissimo suc-cesso, in Italia ma anchein Francia, soprattuttograzie alle opere del com-positore Claudio Monte-verdi che compose operedi straordinario valorecome l’Orfeo |16|, messoin scena per la prima vol-ta a Mantova nel 1607.

* Camerata fiorentina de’ Bardi:Gruppo di nobili fiorentini che nel XVI secolo si incontravano perdiscutere di musica, letteratura, scienza ed arti. È nota per averelaborato gli stilemi che avrebbero portato alla nascita delmelodramma o «recitar cantando». Prende il nome dal conteGiovanni Bardi, nella cui abitazione di Firenze, Palazzo Bardi inVia de’ Benci, si tenevano le riunioni. L’intendimento dellaCamerata era principalmente quello di riportare ai fasti di untempo lo stile drammatico degli antichi greci. Lo sviluppo dellatematica portò, in campo musicale, alla elaborazione di uno stilerecitativo in grado di cadenzare la parlata corrente e il canto.

|16| L’Orfeo di Claudio Monteverdi,1609. Collezione privata.

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| Introduzione | Il poema barocco | 19

Gli autori di questi poemi, che si autodefinivano«eroicomici», mirano alla ripresa del canone tassianoper rovesciarne gli aspetti più nobili e trasformarli inelementi di parodia e di comicità: l’argomento non è piùeroico bensì comico, la narrazione non è regolata più dastrutture di tipo logico-sequenziali bensì avanza in for-me discontinue e irregolari, e soprattutto non ci sonopiù eroi che mostrano negli sforzi bellici i loro esempi divirtù morali, sostituiti da una sorta di controfigura co-mica e bizzarra.

A caratterizzare il poema eroicomico secentesco sonosostanzialmente due fattori:- l’elemento satirico: il poema eroicomico nasce

come reazione all’ambizione rinascimentale di esprime-re attraverso la letteratura valori non soltanto artisticima anche sociali e morali: alle grandi gesta del poemaepico, che elogiavano virtù universali, viene ora con-trapposta una realtà municipale ristretta, sempre rap-presentata con uno sguardo ironico e spesso polemico,che non può offrire pretesti degni di un racconto eroico;

In questo quadro generale L’Adone > p. 93 | rappresentaun caso unico: quest’opera di Marino, infatti, si pone atale distanza dal modello del genere epico allora ritenu-to più autorevole, la Gerusalemme liberata di Tasso, che èimpossibile pensare che ci possa essere un rapporto didiscendenza diretta fra i due testi se non per antitesi,avendo L’Adone rovesciato molti degli elementi tipici delcanone tassiano. Va inoltre ricordato che è l’unico poe-ma del Seicento che abbia conosciuto una fortuna im-mediata e una diffusione ampissima, anche al di fuoridei confini nazionali.

Il poema eroicomicoIl poema eroico del Seicento appare come una prova let-teraria ormai stanca, che tende a ripiegarsi su se stessanel tentativo di mescolare suggestioni nuove a immagi-ni e temi consueti logorati dall’uso continuo e ostinatoche ne fanno i poeti durante tutta la storia dell’epica mo-derna. Un primo vero momento di svolta è segnato dallacomparsa di un genere nuovo, il poema eroicomico.

|17| Johann Theodor de Bry, Uno scontro fra Indios e conquistatori, incisione tratta dal De America, 1592.

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20 | sezione 6 | La cultura del Barocco |

La Secchia rapita fu pubblicata a Parigi, nel 1623, conuna prefazione di Jean Chapelain, stesso prefatore deL’Adone di Marino. Il poema è suddiviso in dodici canti(che corrispondono ai dodici canti dell’Eneide di Virgi-lio) e conserva la struttura in ottave tipica dell’epicacinquecentesca. Il poema racconta la guerra scoppiatatra Modena e Bologna nel 1225 per il possesso di unasemplice «secchia di legno» che i modenesi avevano sot-tratto ai Bolognesi. La materia storica si fonda su ele-menti puramente leggendari riconducibili ad antichidati di cronaca; non mancano immagini anacronistiche,dal momento che sulla scena della battaglia agisconoanche personaggi contemporanei, occasione che con-sente all’autore di sferrare dei poco velati attacchi satiri-ci (nel personaggio stupido e bigotto del Conte di Cula-gna, per esempio, l’autore ha voluto proporre una grot-tesca caricatura di un suo antico avversario, il conteAlessandro Brusantini). L’impalcatura generale dell’ope-ra sembra obbedire al modello tassiano, ma l’obiettivo diTassoni è quello di evocare il gesto eroico di memoriacinquecentesca per svincolarlo da ogni valore civile ereligioso. L’opera si presenta come una sorprendentecommistione di fattori molto diversi tra loro, persinocontrapposti: a immagini prese in prestito fedelmente, esenza intento burlesco, dalla tradizione più alta dell’epi-ca cinquecentesca (come scontri, battaglie, ma anchemomenti lirici e idilliaci) si alternano elementi afferenti

- l’elemento ludico: questo genere può es-sere considerato, senza grandi forzature,come un esercizio letterario finalizzato so-prattutto all’intrattenimento; se è vero chela componente giocosa non era estranea adaltri generi letterari quali la poesia e la narra-tiva, è solo nel Seicento che essa irrompe nelgenere epico.

Dal punto di vista stilistico il poema eroi-comico trova i suoi modelli di riferimentonella tradizione della poesia comico-burle-sca del Quattrocento e del Cinquecento.Esso nasce in un momento in cui la stan-chezza verso molte espressioni del classici-smo cinquecentesco è sempre più diffusa e sitentano nuove sperimentazioni soprattuttoattraverso la contaminazione di diversi ge-neri letterari: l’epica, che si apre alla produ-zione burlesca, può incontrare così l’elemen-to comico-satirico. La poesia giocosa, peral-tro, vive un’esuberante fioritura nel corsodel Seicento, soprattutto a Firenze: è una let-teratura di puro divertimento o intratteni-mento che però sa legarsi spesso a elementipiù propriamente satirici.

La produzione eroicomica nel corso del Seicento saràmolto eterogenea e avrà un grande successo anche oltrei confini nazionali, in modo particolare in Francia e inInghilterra. I precursori di questo genere furono Fran-cesco Bracciolini, che scrisse lo Scherno degli Dei (1618)|18|, e soprattutto Alessandro Tassoni con il suo poemaSecchia rapita (1623), opera di ben più elevato interesseletterario. Bracciolini, per il fatto che il suo poema fupubblicato con qualche anno di anticipo su quello delTassoni, rivendicò la paternità del nuovo genere, ma èpossibile supporre che avesse avuto modo di leggere deibrani dell’opera di Tassoni che allora circolavano in for-me manoscritte. In realtà, le soluzioni prospettate daidue poeti sono completamente diverse.

Nella prima parte dello Scherno degli Dei, strutturata inquattordici canti, si narra la bizzarra storia d’amore traVenere e Vulcano e della vendetta della dea che, per ven-dicare il tradimento dell’amante, lo costringe a una pe-sante umiliazione al cospetto delle altre divinità; la se-conda parte, di sei canti, racconta di litigi fra gli dei chetermineranno con la loro caduta sulla Terra, dove saran-no affrontati in battaglia dagli uomini. Lo Scherno degliDei è un poema in cui non si capovolgono ironicamentegli schemi e gli elementi tipici del poema eroico, ma ètotalmente incentrato su un argomento mitologico de-formato da un intento parodico che si esprime, spesso,attraverso meccanismi comici prevedibili (come la carat-terizzazione caratteriale degli dei volutamente bizzarra),se non addirittura allusioni oscene. Tassoni, come vedre-mo, opterà per soluzioni stilistiche e narrative diverse.

|18| Paris Bordone, Vulcano scopre Marte e Venere, 1548-1550. Berlino,Gemäldegalerie, Staatliche Museen zu Berlin.

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| Introduzione | La narrativa in prosa | 21

plare, e sono tanti gli autori che si attengono fedelmentealla lezione di Boccaccio, come nel caso di Celio Male-spini (1531-1609) autore delle Duecento novelle (1609).Non mancano letterati che, tuttavia, pur partendo dallostesso modello boccacciano giungono a soluzioni nuo-ve, originali, in sintonia con l’estetica barocca che esigediverse soluzioni stilistiche.

Una delle raccolte novellistiche più interessanti edemblematica della lenta emancipazione dal canone boc-cacciano è La instabilità de lo ingegno (1635) di Anton Giu-lio Brignole Sale (1605-1662): l’opera, pur conservandolo schema della brigata di giovani che scelgono di stabi-lirsi in un luogo ameno per sfuggire al morbo della pestee dedicarsi all’intrattenimento, presenta una cornice nar-rativa dilatata che finisce per contenere quasi tutti i gene-ri letterari secenteschi, dal poema epico all’oratoria, dallapoesia lirica a quella d’intrattenimento.

La maggiore raccolta di novelle del secolo è costituitadalle Cento novelle amorose degli incogniti (1651): si tratta diuna vera e propria impresa collettiva, realizzata da 46 au-tori i cui lavori vennero coordinati dal fondatore dell’Ac-cademia veneziana degli Incogniti, Giovan FrancescoLoredano (1606-1661). La raccolta fu pubblicata in piùriprese, a partire dal 1635; il volume definitivo che racco-glieva tutte le cento novelle presenta una disposizioneinterna dei racconti assai artificiosa e che di fatto rompeogni legame col modello decameroniano. L’amore costi-tuisce il tema centrale di tutte le novelle della raccolta edè trattato con risvolti sia comici sia seri, talvolta persinoscurrili; le novelle presentano spesso tinte forti e nonescludono elementi di realismo tragico, soprattutto dovefa da sfondo la raffigurazione di una realtà sociale com-plessa, fatta di ingiustizie e di violenza.

Uno degli scrittori che contribuiscono alla stesuradelle Cento novelle amorose è un medico e letterato vero-nese, Francesco Pona (1595-1655), autore di un’operanarrativa tra le più indicative del secolo, situata a metàstrada tra la novella e il romanzo: La lucerna (1625).Quest’opera è ancora una volta una perfetta commistio-ne di generi: si può definire certamente una raccolta dinovelle, ognuna delle quali conserva in qualche modo lapropria autonomia, ma può essere considerata un ro-manzo per il fatto che questi racconti brevi sono tenutiinsieme da un filo unitario che li riconduce a un unicoprotagonista e a un solo nucleo narrativo centrale.

La nascita del romanzo come genere europeoIl romanzo in prosa è un genere letterario che nasce nelSeicento e che riscuote immediatamente un successo dipubblico straordinario al punto da diventare un vero eproprio genere di consumo. Nel corso del secolo si produ-cono romanzi in quantità elevatissime: questi testi, nonsempre di grande profilo qualitativo, solitamente vengo-no stampati in alte tirature e riediti più volte anchenell’arco di pochi anni. La diffusione di questo nuovo

alla sfera del comico o piegati a esigenze ironiche (comeaneddoti curiosi o parodie mitologiche). Anche la lin-gua che il Tassoni utilizza è segnata dalla mescolanzadi due stili solitamente contrapposti, il grave e il buf-fonesco: nella Secchia rapita vi sono momenti in cui lanarrazione procede per toni sostenuti, se non addirittu-ra enfatici e magniloquenti, alternati a segmenti narra-tivi e descrittivi in cui l’autore adotta uno stile voluta-mente basso nutrito da un lessico semplice e popolare.La Secchia rapita è un prodotto della cultura baroccaperché nasce da un desiderio di sperimentazione, tipi-camente secentesco, e produce una mescolanza di fatto-ri diversi, su più fronti, con l’obiettivo primario di crea-re quel senso di stupore cui l’estetica secentesca anela-va costantemente.

L’opera di Tassoni aprì la strada a una schiera di imita-tori che ripresero gli elementi essenziali del nuovo gene-re; tra i più dotati furono il tragediografo Carlo de’ Dot-tori, che scrisse L’Asino (1652), e soprattutto Giovan Bat-tista Lalli con la sua Eneide travestita (1633), parodiadell’opera virgiliana.

La narrativa in prosa

Nel Seicento si assiste a un enorme sviluppo dellaprosa narrativa, reso possibile da una serie difattori di natura storico-culturale che interessa-

rono il nostro paese. Il primo fenomeno che coinvolgedirettamente questo genere di produzione letteraria èl’estensione progressiva del mercato librario. Nel Sei-cento, infatti, viene a consolidarsi una fitta rete d’im-prese di stampatori e di editori che, volendo approfitta-re di un possibile ricco circuito di consumo, incentivanola diffusione dei libri. Molte opere letterarie vengonocontinuamente stampate anche in edizioni di basso pre-stigio tipografico, spesso composte in tempi brevissimi,talvolta poco fedeli al testo dell’autore e piene di refusidi ogni genere. Il libro diviene così quasi un oggetto diconsumo che sempre più persone possono permettersidi acquistare, un oggetto che però, per garantire profittiagli editori, deve appagare il gusto di un pubblico vastoe culturalmente eterogeneo.

La novella baroccaQuesto nuovo meccanismo di produzione investe dap-principio la novella, ovvero il genere della prosa narrati-va italiana più diffuso a partire dal Trecento sino a tuttoil Cinquecento. Nel Seicento il racconto breve perde lasua compattezza strutturale e tende sempre di più a esse-re contaminato da altri generi, dalla letteratura politico-storiografica a quella di carattere religioso. Non è uncaso, infatti, che il novelliere barocco sia spesso ancheuno storiografo, poeta, drammaturgo. La raccolta di no-velle secentesca, nel suo impianto generale, è ancora le-gata al modello strutturale del Decameron ritenuto esem-

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contemporanea, e quello morale. Accade spesso chequesti elementi caratterizzanti così diversi coesistanoall’interno della stessa opera. Anche il romanzo baroc-co, come gli altri generi, tende a raggiungere il fine dellameraviglia: il racconto deve stupire, deve sorprenderecon colpi di scena inattesi, con immagini sfarzose, conambientazioni esotiche, con storie dalle tinte forti, espesso ricorre al tema barocco del travestimento, dell’i-dentità nascosta e continuamente sfuggente.

I centri della produzione narrativa:Bologna, Genova e VeneziaL’esplosione del genere romanzo avviene a partire daglianni Venti del Seicento. La produzione romanzesca è lo-calizzata soprattutto nell’Italia settentrionale, in parti-colare in tre grossi centri culturali: Venezia, Genova eBologna. Molti anni prima della comparsa del romanzobarocco, proprio in ambiente bolognese Giulio CesareCroce (1550-1609) aveva pubblicato Le sottilissime astu-zie di Bertoldo (1606) |19| seguite, dopo pochi anni, da Lepiacevoli e ridicolose semplicità di Bertoldino (1609). Sonoracconti in prosa del tutto particolari, espressione tra lepiù interessanti di letteratura popolare: non si può par-lare di raccolte novellistiche in senso proprio né tanto-meno possono essere considerati dei romanzi, per quan-to esista un filo narrativo che lega i diversi momentidella storia e li riconduca a un unico personaggio cen-trale. Croce è una figura peculiare nel panorama lettera-rio italiano del secolo: era un poeta popolare di profes-sione, una sorta di cantastorie che viveva della venditadelle stampe dei propri testi. Per queste ragioni è com-prensibile che la sua opera faccia uso di un registro lin-guistico volutamente basso e popolare, una lingua ametà strada tra l’italiano e il dialetto bolognese. I rac-conti, incentrati sul personaggio di Bertoldo, contadinorozzo ma di grande prontezza di spirito, per conquistareun veloce consenso popolare fanno ricorso a una comi-cità immediata, fatta di giochi di parole, di doppi sensi,di storielle da saltimbanchi; il tessuto narrativo risultaeterogeneo e frammentario e la narrazione si esauriscein un gioco burlesco di botte e risposte, seguendo mo-delli propri della tradizione teatrale delle rappresenta-zioni di piazza.

VeneziaÈ a Venezia, nei primi anni Venti, che nasce il romanzobarocco. Vi sono diversi fattori, legati alla particolare si-tuazione politico-culturale della città, che hanno favori-to la nascita e lo sviluppo del nuovo genere. Venezia,anzitutto, continuava a essere uno dei centri più im-portanti dell’editoria in Italia; era poi una città checonsentiva una maggiore libertà di espressione rispet-to ad altre realtà regionali italiane, e ciò rendeva possibi-le un confronto di idee più schietto e anche più aperto asuggestioni culturali provenienti da altri paesi europei.

genere letterario assume dimensioni europee: i romanzivarcano i confini nazionali, vengono letti in lingua otradotti, si contaminano sul piano tematico e stilistico.

In Italia il romanzo si configura soltanto come provanarrativa di piacevole intrattenimento, spesso con po-che pretese d’arte, mentre nel resto d’Europa il nuovogenere propone alcuni capolavori che fondano real-mente le basi su cui in seguito si impianterà e si svilup-perà il romanzo moderno.

In Spagna prende forma il cosiddetto romanzo pica-resco, in cui un personaggio di bassa estrazione socialenarra in prima persona le avventure che gli hanno con-sentito di crescere e di conquistare un ruolo di successonella società. Il genere picaresco, che in Spagna dà origi-ne a capolavori quali El Buscón (1626) di Francisco deQuevedo y Villegas (1580-1645), si diffonde velocemen-te in Europa, ma in Italia non produrrà opere di interesse.

Anche in Francia il genere romanzo vede opere im-portanti e di grande bellezza, come La principessa diClèves (1678) di Madame de la Fayette (1634-1693), con-siderato il capostipite del romanzo psicologico moder-no. Proprio i romanzi prodotti in Francia sono le opereche più incidono sul romanzo barocco italiano e sugge-riscono molti spunti tematici e soggetti adatti alla narra-zione romanzesca: tra i più influenti vi sono il romanzopastorale Astrae, scritto da Honoré d’Urfé (1568-1625)tra il 1607 e il 1619, che a sua volta risente di tutta la tra-dizione pastorale italiana, e il romanzo di John Barclay(1582-1621) l’Argenis, scritto in latino, lingua europeaper eccellenza, pubblicato a Parigi nel 1621 e subito lettoe tradotto anche in Italia.

Con la comparsa del romanzo si assiste, per la primavolta nella storia del libro, alla straordinaria diffusionedi un genere che non si rivolge esclusivamente alla clas-se colta dei lettori ma si indirizza a un pubblico differen-ziato culturalmente e socialmente, che ricerca una seriedi ingredienti narrativi che appartengono ad altri generiantichi e moderni, come il poema cavalleresco, la novel-la, la poesia lirica. Il romanzo secentesco si presentaquindi come una commistione eterogenea di elementinarrativi, descrittivi, lirici, ridimensionati e mescolatinella prosa estesa di un racconto lungo e complesso cheappare confacente alla versatilità e alla fantasia dell’in-gegno barocco.

Il romanzo del Seicento italiano nasce sostanzial-mente dall’evoluzione di due generi di grande tradi-zione: la novella e soprattutto il poema cavalleresco. Èper questa ragione che i primi romanzi barocchi affron-tano temi avventurosi e cavallereschi propri della tra-dizione epica moderna. In un arco di tempo breve, tutta-via, la narrativa si apre a nuovi temi: accanto al romanzocavalleresco prendono forma altre tipologie narrative,come il romanzo eroico-galante, incentrato su avven-ture amorose spesso dai toni licenziosi, quello storico-politico, talvolta fitto di riferimenti velati alla realtà

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GenovaIn Liguria la fioritura del ro-manzo avviene decisamente

in ritardo rispetto a Venezia.Se la narrativa veneta si stabi-

lizza su determinati temi (so-prattutto storico-politici) e non

produce opere di grande origi-nalità, in Liguria il nuovo gene-re narrativo conserva una pro-pria specificità e propone un’in-

teressante varietà di sottogeneri.Il romanzo ligure appare tenden-

zialmente più attento alla caratte-rizzazione psicologica dei perso-naggi rispetto al modello venezia-

no. È proprio in ambito ligure che nasce l’opera più rap-presentativa di questo nuovo genere barocco, Il Calloan-dro fedele (1640) di Giovanni Ambrogio Marini (1594ca.–1662 ca.), romanzo cavalleresco-sentimentale dallatrama intricatissima che sviluppa temi cari al gusto ba-rocco: il gioco di somiglianze, gli scambi di identità.

È di un altro genovese, Francesco Fulvio Frugoni(1620 ca. 1684) un’immensa opera narrativa davvero sin-golare, Il cane di Diogene (1689), divisa in sette sezioni daltitolo latrati, scritta in una prosa arguta in cui abbondal’uso di metafore e di concetti. Vi si narrano le avventuredel cane del filosofo cinico Diogene che, cacciato dal pa-drone, va in giro per il mondo facendo una lunga serie diincontri e vivendo numerosissime avventure: questopretesto narrativo consente all’autore di inserire moltedigressioni, spesso pungenti, che riguardano una molte-plicità di aspetti della vita sociale del tempo. L’interessedell’opera di Frugoni, che a giudicare dalla strutturacompositiva si potrebbe definire più una raccolta di no-velle che un romanzo vero e proprio, è nel suo voler es-sere un libro enciclopedico capace di racchiudere tutto

il sapere.

La letteratura dialettale

La difesa del dialettoNel corso del Cinquecento e del Seicen-to si assiste alla piena affermazionedell’italiano letterario. Il latino conti-nua a dominare in ambiti specialistici,essendo ancora la lingua ufficiale dellaChiesa, delle università, della legge edella scienza. Nel Seicento la linguaitaliana acquisisce maggiore solidità:nel 1612 compare la prima edizione delVocabolario |21| della fiorentina Accade-mia della Crusca, poi ripubblicato altredue volte nel corso del secolo (1623 e1691): questo vocabolario codifica una

La città divenne presto il punto d’incontro di molti intel-lettuali di tendenze libertine e antiecclesiastiche, e laveneziana Accademia degli Incogniti di Giovan Fran-cesco Loredano divenne il polo d’attrazione culturaledi questi intellettuali per i quali ogni forma di sperimen-tazione, spesso anticonformistica, meritava di esseretentata.

Il letterato e diplomatico Giovan Francesco Biondi(1572-1644), amico di Loredano e iscritto tra i libertinidell’Accademia degli Incogniti, nel 1624 pubblicò a Ve-nezia quello che può essere definito il primo romanzobarocco italiano, L’Eomena |20|. Quest’opera di Biondiracchiude in sé quasi tutti i caratteri del romanzo italia-no del Seicento: il fantastico-avventuroso, soprattutto,ma anche il sentimentale, l’erotico, il politico, l’eroico; lanarrazione, molto articolata e complessa, propone av-venture di grande respiro, spesso a tinte forti.

Biondi fece scuola in ambito veneto, anche se le operedegli autori successivi difficilmente rag-giunsero lo stesso livello qualitativo.Con il romanzo Istoria del Cavalier perdu-to (1644), un altro incognito amico delLoredano, Pace Pasini (1538-1644), scris-se un romanzo che trae origine dal mo-dello fornito da Biondi ma al tempo stes-so se ne distanzia: se nell’Eromena, cosìcome nell’Argenis di Barclay, era lo sfon-do storico-politico che dava sostegnoall’intera vicenda, nel romanzo di Pasinila narrazione non ha bisogno di esserelegittimata così che il racconto delle av-venture del protagonista è sufficiente adare coerenza strutturale all’intero ro-manzo. Per questa ragione possiamo de-finire l’Istoria del Cavalier perduto un au-tentico romanzo d’avventura.

|19| Giulio Cesare Croce e Adriano Banchieri, Bertoldo con Bertoldino eCacasenno, Bologna, 1736.

|20| Giovan Francesco Biondi, L’Eromena, Venezia, 1628.

|21| Vocabolario degli accademici della Crusca, 1612.

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na, spontanea, che sapesse farsi espressione di idee eimmagini più legate a una dimensione intima e familia-re della vita; dall’altro il gusto barocco di sperimenta-re nuove tecniche espressive, anche stravaganti, all’in-segna del rifiuto di un classicismo codificato che ormaimostrava segni di stanchezza, in favore della possibilitàdi sfruttare le molteplici sfumature coloristiche che ildialetto offriva in ambito creativo. Il ricorso al dialetto,quindi, non rappresenta una vera e propria espressionepolemica (come sarà nel Settecento) bensì un’opzionedi scelta attraverso la quale dare voce a emozioni nuove.

Letteratura dialettale napoletanaNon tutti i dialetti godevano dello steso prestigio: neicentri urbani più importanti, che generalmente accan-to a una maggiore affermazione economica vantavanosolide tradizioni culturali, si tendeva a considerare ildialetto una lingua degna di essere usata anche in con-testi formali. Un caso peculiare era Venezia, allora gran-de potenza europea, che utilizzava il dialetto anchecome lingua ufficiale dell’amministrazione.

Nei centri periferici il dialetto continuava a essereuna lingua subalterna, adottabile in ambito letterario,semmai, solo per scopi comici e per comporre parodie digeneri aulici.

A Napoli, nel corso del Seicento, la situazione lin-guistica riflette pienamente quella sociale. La grandecapitale del Regno, dove a causa di un forte processo diurbanizzazione si stabilivano genti provenienti da tuttele aree del mezzogiorno d’Italia, culturalmente assai dif-ferenziate, era un vero e proprio crogiolo di lingue: ac-canto all’italiano, fatto proprio dagli aristocratici e dallepersone colte, era diffuso un vernacolo pieno di sfuma-ture generatesi grazie alla convivenza di comunità ete-rogenee. È facile immaginare quanto questa stratifica-zione socio-linguistica potesse dare origine a spuntiironici e caricaturali.

Tra il Cinque e Seicento la produzione dialettale,come spesso avveniva in quasi tutti i centri della peni-sola, era affidata essenzialmente all’oralità ma si carica-va di elementi d’interesse dai sapori forti che esprime-vano, in forme variegate, gli aspetti più autentici dellavita popolare.

È questo il retroterra culturale di uno dei maggioriscrittori napoletani dialettali di tutti i tempi, GiovanBattista Basile, nato a Napoli |22| tra il 1566 e il 1575,personaggio importante nel panorama letterario parte-nopeo dei primi decenni del Seicento, conosciuto so-prattutto come autore in lingua e come filologo. Basilescrisse due opere in dialetto napoletano, entrambe pub-blicate postume: Le muse napoletane (1635), una raccoltadi egloghe che raffigurano momenti di vita cittadina trail realistico e il satirico, e soprattutto Lo cunto de li cunti(letteralmente “la fiaba delle fiabe”), opera uscita a Na-poli in libretti tascabili distinti, tra il 1634 e il 1636, che

lingua che, forgiata sul modello dell’italiano letterariodi Petrarca e Boccaccio, non prescinde dal fiorentino diautori più recenti. Il Vocabolario diviene un punto di ri-ferimento e definisce concretamente l’uso della lingua,non solo in ambito letterario ma in ogni contesto coltodell’intera penisola: si afferma così definitivamente lafiorentinità della lingua italiana. La lingua utilizzatadai poeti barocchi, così pregna di elementi d’innovazio-ne, viene ritenuta invece piuttosto inconciliabile con iprecetti proposti dagli accademici ed è quasi del tuttoignorata.

L’operato dell’Accademia della Crusca, codificando lalingua nazionale secondo parametri così rigidi, non po-teva non procurare reazioni di sdegno, talvolta anchemolto accese e circostanziate: definire un modello “ide-ale” di lingua voleva dire non tenere conto degli effetti-vi usi linguistici del popolo dell’intero territorio italia-no, aumentare quella distanza già presente tra una lin-gua colta, vista sempre di più come artificiale, e la parla-ta locale che tutti, anche i più istruiti, tendevano a usarenella quotidianità. In Italia il dialetto era la vera lin-gua madre per la stragrande maggioranza dei cittadi-ni, perlopiù analfabeti, e continuava a dimostrare unafortissima vitalità.

Il panorama linguistico italiano era molto differenteda regione a regione: un particolare dialetto poteva es-sere utilizzato in ambiti diversi, da quello della comuni-cazione familiare, o strettamente circoscritta a piccolerealtà municipali, a contesti comunicativi più formali.Molti intellettuali italiani, di fronte alla diffusione sem-pre più ampia di un modello linguistico unitario (ovve-ro l’italiano letterario), reagiscono a questa forma diimposizione non solo utilizzando il dialetto in ambitoartistico, ma anche difendendo la parlata locale perchéritenuta addirittura superiore al toscano. Furono so-prattutto il poeta napoletano Giulio Cesare Cortese(1570-1640), e il professore milanese Carlo MariaMaggi (1630-1699) a teorizzare, in forme diverse, un’ar-ticolata difesa del proprio dialetto contro l’incipientedominio di una lingua nazionale artificiale.

Cortese scrisse due importanti opere in dialetto na-poletano: la Vaiasseide (1615), poema eroicomico i cuiprotagonisti sono le variasse, ovvero le serve napoleta-ne, e un altro poema in ottave, Viaggio di Parnaso (1621),che contiene importanti riflessioni sull’uso artistico deldialetto napoletano che, a giudizio dell’autore, ha unapiena dignità artistica da tutelare e impiegare in ambitoletterario. Anche Maggi, considerato il padre della lette-ratura milanese, specialmente nella commedia Concor-so de’ Meneghini sostiene la preferibilità del dialetto mi-lanese in quanto mezzo linguistico di maggiore natura-lezza rispetto all’italiano letterario.

Nel corso del Seicento, quindi, la difesa dei dialetti èmossa sostanzialmente da due grossi impulsi: da unlato la ricerca di una lingua che fosse davvero genui-

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| Introduzione | La letteratura dialettale | 25

le, tuttavia, non sono novelle bensì fiabe, cioè racconticaratterizzati da uno sfondo fantastico e ambientati inun tempo lontano e indeterminato, slegati dagli ele-menti di realismo, animati da personaggi ed esseri im-maginari. Basile, al contrario di Cortese, non affida aldialetto il compito di una resa più autentica della realtà,bensì lo piega a esigenze espressive più alte, facendoneun uso decisamente più colto. Il grande filosofo e criticoletterario Benedetto Croce ha definito Lo cunto de li cuntiil «più bel libro italiano barocco»; in effetti, il capolavo-ro di Basile si inserisce pienamente nella temperie delsuo tempo, sia per quel che riguarda le scelte stilistiche(una lingua pittoresca di grande fantasia espressivache si nutre di iperboli, di metafore ricorrenti) sia perle immagini impiegate che sono orientate secondo ilgusto dell’epoca (come nel caso dei tanti dettagli grot-teschi, elementi deformi sino all’eccesso che caratteriz-zano la fisionomia delle vecchie novellatrici).

godrà di grande fortuna anche a livello europeo. Locunto de li cunti è così strutturato: da un racconto inizia-le se ne sviluppano altri 49, distribuiti in cinque “gior-nate” narrati da dieci novellatrici. Alla fine di ogni gior-nata sono inserite quattro egloghe dialogiche di tipomoraleggiante. La storia principale vede come protago-nista una triste principessa di nome Zoza, vittima di unmaleficio a causa del quale potrà sposare il principe diCaporotondo solo se riuscirà a riempire con le proprielacrime un’intera anfora; la giovane non solo non riescenell’impresa, ma viene beffata da una sua schiava nerache, sostituendosi a lei, riesce a sposare il principe. Aquesto punto la principessa, con l’aiuto di tre fate, susci-ta nella schiava un irrefrenabile desiderio di ascoltarefavole, desiderio che verrà soddisfatto da dieci vecchie,ognuna delle quali, per cinque giorni, racconterà unastoria. Alla fine la principessa Zoza riuscirà ad avere lameglio: sostituendosi all’ultima narratrice otterrà ven-detta e riuscirà a sposare il principe.

Lo cunto de li cunti era conosciuto anche come Penta-merone, un titolo coniato dal curatore della prima edi-zione per evidenziare, sin dal titolo, i forti elementi disimilitudine che legano l’opera al Decameron di Boccac-cio, vero modello imprescindibile per tutta la novel-listica italiana. I tratti comuni alle due raccolte sonodavvero molti: la presenza di una cornice all’internodella quale si collocano le diverse fiabe, la suddivisionedei racconti in “giornate”, i tanti elementi interni al rac-conto, come la presenza stessa di una brigata di narrato-ri che si ritirano in un luogo appartato. Quelle del Basi-

|22| Gaspare Vanvitelli, Darsena di Napoli. Napoli, Museo di San Martino.

In digitale: la critica sulladefinizione di Barocco

G. Getto, Genesi e sviluppo del termine

“barocco” in Il Barocco letterario in Italia,

Mondadori, Milano 2000

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Mappa dei contenuti

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1600 Giordano Bruno èarso sul rogo in Campodei Fiori a Roma1602 Viene fondata laCompagnia olandesedelle Indie orientali1603 Muore Elisabetta I:inizia la dinastia degliStuart

1609 Galileo costruisceil primo cannocchiale /Indipendenza delleProvince Unite dallaSpagna1618 Inizia la Guerra deiTrent’anni

1621 Filippo IV diSpagna succede alpadre Filippo III1630 Scoppia l’epidemiadi peste in Lombardia1632 Galileo Galileipubblica il Discorsosopra i due massimisistemi del mondo

1633 Abiura di Galileodavanti al Sant’Uffizio aRoma1637 Cartesio (RenéDescartes) pubblica ilDiscorso sul metodo

I principaliautori trattatinei prossimicapitoli

I principalieventi storici

Tra la metà delCinquecento e la metàdel Seicento laSpagna vive unagrande fiorituraculturale: è ilSiglo de Oro

Nellaletteraturafrancese delSeicentoconvivonoBarocco eClassicismo

Nell’Inghilterra puritanadegli Stuart operano alcunidei maggiori geni letteraridi tutti i tempi

Nel 1605 compare il primo romanzomoderno, il Don Chisciotte di Miguelde Cervantes (1547-1616)

Attraverso l’opera di Francisco deQuevedo (1580-1645), poeta“concettista” e narratore, si sviluppa ilromanzo picaresco

Allo sviluppo delClassicismo concorrel’affermarsi delrazionalismo con ilfilosofo Cartesio(René Descartes,1596-1650,nell’immagine)

La lirica barocca trovaespressione nella straordinariamodernità di linguaggio di LuisDe Góngora (1561-1627)

Il romanzo barocco di Honoré d’Urfé(1568-1625) è d’esempio perl’evoluzione del genere in Italia

Intorno al 1650 si impone il preziosismo,un’elegante letteratura d’intrattenimentoche ama le disquisizioni filosofiche

La ricca tradizione del teatroelisabettiano è rinnovata dalle granditragedie classiche di ChristopherMarlowe (1564-1593)

A cavallo del Seicento il teatro inglese è scossoe vivificato dalla comparsa di WILLIAMSHAKESPEARE (1564-1616, nell’immagine)

EVENTI

AUTORI 1560-1580 1600 1610 1620 1630

MOLIÈRE (1622-1673)PEDRO CALDERÓN DE LA BARCA (1600-1681)

SPAGNA

FRANCIA

INGHILTERRA

ITALIA

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Produce alteespressioniartistiche,poetiche emusicali ilBarocco italiano

La poesia barocca nella sua accezione più fastosa trova il proprio campione inGIOVAN BATTISTA MARINO (1569-1625)

La poesia classicista di GABRIELLO CHIABRERA (1552-1638) apre allasperimentazione metrica

L’epica conosce una nuova stagione con l’invenzione del poema eroicomicodi Alessandro Tassoni (1565-1635)

GALILEO GALILEI (1564-1642)

GIOVAN BATTISTA MARINO (1569-1625)TOMMASO CAMPANELLA (1568-1639)

WILLIAM SHAKESPEARE (1564-1616)GABRIELLO CHIABRERA (1552-1638)

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Il teatro, compiutaespressionedell’estetica barocca,tocca i suoi vertici inSpagna nei generidella commedia e deldramma religioso

Al drammaturgo Tirso De Molina (1584-1643) spetta la primamessa in scena del personaggio di Don Giovanni

Il più grande tragediografo del secolo d’oro, PEDRO CALDERÓNDE LA BARCA (1600-1681), scrive il dramma simbolo dell’etàbarocca, La vita è sogno (1635)

La commedia spagnola acquisisce risonanza per opera delprolifico autore Lope De Vega (1562-1635)

Con Paradise Lost (1667)John Milton (1608-1674)compone il più grandepoema epico del Seicentoeuropeo

Con Il Cid si afferma il teatro tragico di PierreCorneille (1606-1684)

Apre nuove prospettive dipensiero la riflessionefilosofica di Francis Bacon(1561-1626) e John Locke(1632-1704)

La tragedia classicista trova compiutezza nei drammidi JEAN RACINE (1639-1699)

La commedia incentrata su temi filosofici cheinvestono la realtà sociale caratterizza il teatro diMOLIÈRE (1622-1673, nell’immagine)

La principessa di Clève diMadame de La Fayette(1634-1693), il primoromanzo psicologicomoderno, chiude la faseclassica

La poesia di JohnDonne (1572-1631) edei poeti “metafisici”offre una declinazioneparticolare diletteratura barocca

1643 Sale sul trono diFrancia Luigi XIV,il Re Sole1644 EvangelistaTorricelli inventa ilbarometro a mercurio1647 Rivoltaantispagnola diMasaniello a Napoli

1648 Pace di Westfaliae ascesa della Francia1649 Viene decapitatoCarlo I d’Inghilterra1653 Oliver Cromwelldiventa LordProtettore delCommonwealth

1656 Gian LorenzoBernini inizia lacostruzione delcolonnato di SanPietro1669 L’imperoottomano avanzaverso l’Europa dell’Est

1672 Scoppia la Guerrafranco-olandese1685 Luigi XIV revocal’Editto di Nantes:riprende lapersecuzione degliugonotti

1687 Isaac Newtonpubblicai Principi matematicisulla gravitazioneuniversale

1697 Termina laGuerra dei Nove anni:la Francia pone finealle sue mireespansionistiche

1640 1650 1660 1670 1680 1690

JEAN RACINE (1639-1699)

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GALILEO GALILEI(1564-1642)fonda il metodosperimentale erivendical’autonomia dellaricerca scientifica

La rivoluzione delsapere investe latrattatistica retoricadi EMANUELETESAURO (1592-1675) e filosofica diTOMMASOCAMPANELLA(1568-1639)

Una nutritaschiera dipoeticoncettistidà vita alfenomenodi lungadurata delmarinismo

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>Il teatro barocco si divide tra glispettacoli popolari della commediadell’Arte e le sontuose rappresentazionidei teatri di corte

Nasce un nuovo genere di spettacolotutto italiano, teatrale, letterario emusicale insieme: il melodramma