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XlaTangente Cominciamo dall’inizio, come in ognistoria che si rispetti. In che modo le tue origini familiarihanno inciso il tuo essere oggi artista?Tobia Ravà Mio padre e mia madre hanno stimola-to – in maniera molto diversa – la mia infanzia e la miaadolescenza. Mio padre era ingegnere edile e ora, inqualche modo, lo sono anche io, perché costruisco, alivello pittorico, delle architetture; egli era inoltre gran-de cultore della storia, del cinema, della geografia e ditutto ciò che aveva a che fare con il volo e l’aeronauticamilitare.
XlaTangente Non a caso sei tra i fondatori di ungruppo di artisti denominato “Triplani”. Da tua madreinvece che cosa hai preso?Tobia Ravà Da mia madre, di origine tedesca, hoacquisito l’amore per la letteratura. Da tutte e due però hoassimilato la cultura ebraica. Per lei è sempre stato un per-corso letterario, per mio padre essenzialmente l’amaramemoria delle leggi razziali, dalle quali era stato in un qual-che modo traumatizzato. Mia madre ha avuto tutti e quat-tro i nonni morti in campo di concentramento e ha passa-to il periodo della guerra nascosta ai piedi del MonteGrappa; la famiglia di mio padre si è salvata nascondendo-si a Fermo, nelle Marche.Insomma, mi hanno consentito una formazione ebraicafondamentalmente laica.
di MARIA LUISA TREVISAN
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Abbiamo incontrato Tobia Ravà, pittore e scultore contemporaneo, per farciraccontare come i numeri possano contaminare l’arte. I rapporti tra produzione artistica e matematica risultano evidenti a chiunque si avvicini alla sua opera; XlaTangente ha cercato di scoprirne qualche segretoe, da qualche domanda per saperne di più, è nata un’intervista... Eccola per voi!
Proiezione Potiemkin, 2007
conversazione con Tobia Ravà
Elementidi calcolotrascendentale
XlaTangente Da checosa dipende allora questatua ricerca artistica che sicollega strettamente allacultura ebraica?Tobia Ravà Be’, si trat-ta di un legame che nascedalla mia formazione e daimiei studi. Già negli anniSettanta, l’allora giovanissi-mo Benedetto Carucci vennea Venezia e tenne un ciclo dilezioni ai giovani della comu-nità su Gershom Scholem(logico, filosofo e intellettua-le ebreo) e le correnti misti-che dell’ebraismo. Negli anniOttanta, durante i miei studial DAMS di Bologna, fre-quentai prima le lezioni delrabbino Kopciowsky e poiquelle del giovane AlbertoSomeck.
Contemporaneamente e soprattutto durante lo studio perla tesi, che scelsi di fare in semiologia delle arti sull’inter-dizione visiva nell’arte ebraica, frequentai il rabbino vene-ziano Raffaele Grassini e le metafisiche lezioni bolognesidel rabbino Lubavich Borenstein. È buffo, ma uno degli sti-moli più forti a farmi poi intraprendere studi che avesseroa che fare con la Kabbalah non venne dall’ambiente ebrai-co, ma da quello universitario: da Piero Camporesi e daUmberto Eco. Con Camporesi feci una ricerca sull’icono-grafia delle Haggadot (testo rituale della Pasqua ebraica).Eco invece, durante un esame-fiume di semiotica, mi chie-se – per sua curiosità personale – quali fossero le mie co-noscenze sulla kabbalah luriana, ossia sul filosofo ebreo
Foresta degli elementi, 2006
La numerazione ebraica antica, come altre di origine indoeuropea,veniva eseguita usando i caratteri alfabetici. La numerazione non eraposizionale, ma di tipo additivo.Questo tipo di numerazione è rimasto in uso fino a tempi recenti nelle comunità ebraiche, specie neighetti d’Europa ed è tuttora usato per motivi rituali nella religione ebraica.Grazie al valore numerico assegnato alle lettere dell’alfabeto ebraico, è nata una esegesi biblica dettaghematrià o gematrya termine di derivazione greca che significa “arte di leggere e scrivere”, in cuiogni parola ha un valore numerico che deriva dalla somma dei numeri rappresentati dalle singole let-tere. Per esempio la parola Adam Mda vale 45. L’ebraico si legge da destra a sinistra e la mem si scri-ve così m all’interno della parola, e M a fine parola.a alef = 1; d dalet = 4; M mem = 40 (quindi 40 + 4 + 1 = 45)La distinzione tra lettere e numeri viene fatta in vari modi: l’uso odierno corrente è di porre un dop-pio apostrofo tra penultima e ultima cifra (lettera) o, in caso di numero di una sola cifra, porre unapostrofo a sinistra della stessa. In passato sono stati usati altri sistemi, quale sovrapporre un puntoalla lettera quando usata come cifra.
Ghematrià
La voce ascolta, 2007
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medievale Isaac Luria. Purtroppo non avevo ancoraapprofondito a sufficienza il suo pensiero... quindinon seppi rispondere! Però questo fatto mi rimasedentro e mi spinse, alcuni anni dopo, a studiare Luriae ora questo famoso cabalista di Safed è un cardinedella mia ricerca. Soprattutto, lo sono i tre momentidella sua cosmogenesi: il “tzimtzum”, la “shevirà” e il“tikkun”.
XlaTangente Ci puoi spiegare in che modo tuttociò ha a che fare con la matematica e la fisica?Tobia Ravà Il “tzimtzum” – detto riducendomolto la complessità del pensiero luriano – è ilmomento in cui Dio crea l’universo e si rapprendeesternamente, provocando un vuoto, atto a ospitarela nuova creazione, che è parte di sé ma altro da sé.Il secondo momento, la “shevirà”, è rappresentatodalla rottura dei vasi della conoscenza: la conoscen-za non è più contenibile e le particelle riempiono ilmondo intero. Sia il “tzimtzum” che la “shevirah” siprestano a uno sviluppo e una rappresentazione gra-fico-pittorica, in quanto – come affermava Pitagora– ogni cosa del mondo, ogni elemento è riducibile aun numero ed ecco il parallelismo, secondo la “ghe-matrià” ogni lettera ebraica ha un valore numerico eogni parola è la somma dei valori numerici delle let-tere che la compongono. Il mondo è costruito con laparola e il mio interesse è decostruirlo analizzandoloattraverso il numero corrispondente.
XlaTangente ... Per ricostruirlo poi sotto un’altraveste! Ma allora, anche se compaiono forme riconoscibi-li, come portici, piazze, architetture, boschetti, diventatutto molto concettuale. E il “tikkun” cosa rappresenta? Tobia Ravà È il terzo momento della cosmogenesiluriana, un momento a venire. Rappresenta l’epoca messia-nica, nella quale non avremo più guerre e il lupo e l’agnel-lo pascoleranno assieme. Per arrivare a ciò, l’uomo diventa“socio di Dio”, al fine di portare a compimento la creazio-ne. Cercando di riqualificare se stesso, l’uomo innalza ilmondo intero a un livello superiore, atto a riacquisire lapossibilità a cogliere le scintille. I miei boschetti sono sem-pre ricavati da immagini di boschi piantumati dall’uomo, incui gli alberi sono posti a uguale distanza l’uno dall’altro:l’atto della piantumazione è simbolico del “tikkun”. Si rica-vano così delle lunghe fughe prospettiche, che generano deipercorsi.
XlaTangente Il tuo lavoro assume quindi un valoreetico-morale? Vista la concettualità del discorso che sot-tostà all’opera, come pensi che venga recepito dal pubbli-co questo messaggio? Tobia Ravà Non intendo dare delle risposte assolute,ma penso che il mio lavoro possa suscitare in chi ne vienea contatto delle nuove domande, che prima non si era maiposto, e quindi – in questo senso – possa intrigare e servirea far riflettere su determinati concetti.
XlaTangente C’è un recupero della storia e del pas-sato nelle tue opere. Forse uno di questi valori che vuoirispolverare è legato alla bellezza e al rispetto della natu-
Seme bianco, 2006
Fiborosa, 2007
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ra, e di tutto ciò che l’uomo ha prodotto come risultato diconoscenze e saperi?Tobia Ravà Il mio rapporto con la natura è panteisticonei termini in cui Spinoza può aver forse tratto propriodalla kabbalah l’equivalenza tra Dio e Natura.
XlaTangente Vediamo un esempio. Ancoraprima di Newton, all’inizio del XIII secolo,Leonardo Fibonacci scoprì che è possibileritrovare nei fenomeni naturali unaprogressione numerica: nella dispo-sizione e crescita delle foglie suglialberi, nella distribuzione a spi-rale dei “flosculi” delle mar-gherite e dei semi di girasole,nelle pigne e negli ananas ein molte piante le cuifoglie crescono a spirale.Il rapporto tra una spiradel nautilus e quellasuccessiva è uguale alrapporto tra due nu-meri successivi di Fi-bonacci, che è circa1,618: il famoso rap-porto aureo �. Nonsolo le piante, maanche gli animali e gliuomini hanno misureche rispettano esatta-mente questo rappor-to, come i segmenti dialcuni insetti. In unalveare, il rapporto trail numero di femmine equello di maschi è ugua-le a �, così succede con iconigli, ma anche nelcorpo umano. Tobia Ravà Esatto.Leonardo da Vinci fu il primoa scoprire che le ossa del corpoumano hanno tra loro, quanto allalunghezza, il medesimo rapporto checorrisponde alla proporzione aurea,come mostrò nell’Uomo vitruviano. Il rapporto tra due numeri di Fibonaccisuccessivi tende al rapporto aureo, osezione aurea, ed è stato assunto fin dal-l’antichità come canone di perfezioneclassica: il rettangolo i cui lati stannonel rapporto aureo (circa 1,618) inqua-dra perfettamente il Partenone, maqueste proporzioni si ritrovano anchenelle piramidi egizie e nei con-temporanei di Leonardo, co-me Michelangelo, Dürer,così come in Mondrian e inarchitetture recenti, quale ilpalazzo delle Nazioni Unitea New York. Gli artisti hannospesso operato seguendo questa
logica, in maniera più o meno inconsapevole. Il pointillistaGeorge Seurat ne era perfettamente conscio, per non par-lare poi dell’uso che ne hanno fatto gli artisti contempora-nei come Mario Merz, Gino De Dominicis, AlighieroBoetti.
XlaTangente E non finisce qui, perché lasequenza di Fibonacci è abbondantemente
rappresentata anche nella musica, peresempio nelle Fughe di Johann
Sebastian Bach, nelle sonate diMozart o nell’Allegro Barbaro di
Bèla Bartòk. Ma forse l’esem-pio più elevato di applicazio-
ne su vasta scala degli stile-mi improntati alla propor-zione aurea è dato dallaSagra della Primavera diStrawinski. Di recente cipare che tu abbia fattoun’interessante scoper-ta proprio riguardantela sequenza di Fibo-nacci. Che cos’è quelloche tu chiami “kad”?Ce ne vuoi parlare?Tobia Ravà Quel-lo che viene de-finitovalore teosofico, giànell’antichità è il nu-mero che ci riporta aiprimi nove e quindi,ghematricamente, alleprime nove lettere del-
l’alfabeto ebraico. Peresempio, 137 è due, quin-
di “beth”, perché è lasomma di 7 più 3 più 1 che
dà 11, e 1 più 1 è uguale a 2.Ho scoperto che se noi calco-
liamo il valore teosofico perognuno dei numeri della sequen-
za di Fibonacci, dopo una primaserie di 24 valori teosofici corrispon-
denti ai primi 24 numeri della sequenzadi Fibonacci, i 24 numeri seguenti ripetonola stessa prima sequenza nei loro valori teo-sofici. Così fino al quarantottesimo e poi dacapo. Il “kad” (oj) la cui ghematrià è ugualea 24, è il vaso, la “giara”, un sistema di misu-ra comune nell’antichità. Inoltre 24 sono ilibri, cioè il canone del “tanach” ovvero laBibbia ebraica; anche “ghevia”, ossia il tora-ce ha valore ghematrico 24. E questo ci
rimanda anche all’Uomo vitruviano.
XlaTangente Tu usi anche icosiddetti quadrati magici, cheabbiamo visto recentemente inlavori di Clemente e Maraniello.
Quale significato hanno all’inter-no delle tue opere?
Fibouovo teosofico, 2007
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Tobia Ravà Nella struttura compositiva dei mieilavori ho inserito spesso i quadrati magici, in quanto, inrealtà, ho scoperto che sono l’espressione di concettibase della mistica ebraica: i più famosi – ovvero quellodel 65 e quello del 15 – rappresentano i nomi di Dio,quindi sono diventati mattoni fondamentali delle miecostruzioni.
XlaTangente Dunque, che cosa sono in definitiva ituoi lavori? Tobia Ravà Forse sono delle macchine, cerco di indi-viduare delle formule che ci mettano a contatto con unlivello più alto, magari con un’entità superiore. Con i miei
puzzle cerco di togliere le “qelipòt”, le scorze delle scintil-le, che ci danno solo la realtà apparente.In fondo, tutto torna in quanto, se si considerano, per esem-pio, l’acqua (“maim”), l’aria (“avir”), la terra (“adamà”) e ilfuoco (“esch”), ovvero i quattro elementi, e si calcola lasomma dei loro valori ghematrici si ha 658: proprio il valo-re ghematrico di “tehom rabbah”, il grande abisso dove unuomo cade per poi risorgere riqualificato in un camminoiniziatico, ma è anche il valore ghematrico di “batanur”, ilforno dell’alchimista, dove gli elementi vengono sciolti, ilcrogiolo da cui uscirà l’oro, non inteso nella forma fisica dimetallo, ma come traguardo della conoscenza.
M. L. T.
Un quadrato magico è una matrice quadrata diordine n a valori interi tale che le somme delleentrate di ciascuna delle righe, di ciascuna dellecolonne e di entrambe le diagonali hanno lostesso valore intero. Un quadrato magico diordine n le cui entrate sono gli interi da 1 a n2
viene detto quadrato magico perfetto o qua-drato magico normale.I quadrati magici erano noti già in Cina nei primisecoli dopo Cristo, e forse addirittura nel IVsecolo a. C. Il quadrato 3 � 3 era chiamato LoShu e nel X secolo i cine-si conoscevano quadratifino all’ordine 10, oltrea catene di cerchi e cubimagici non perfetti.Queste strutture giun-sero in Europa relativa-mente tardi: il bizantinoManuel Moschopulos(circa 1265 – 1316) fu tra i primi a scrivere su di essi, mentre unodei primi matematici adapprofondire l’argomen-to fu Cornelio Agrippa(1486 – 1535), il quale lidefinì
tavole sacre dei pianeti edotate di grandi virtù,poiché rappresentano laragione divina, o formadei numeri celesti
Frenicle de Bessy (1605-1665), matematico fran-cese amico di Cartesio edi Pierre de Fermat, nel1663 calcolò il numerodei quadrati magici perfetti del quarto ordine:880, con somma costante 34, su righe, colonne ediagonali. Solo grazie al computer si riuscì adestendere il risultato, nel 1973, agli ordini supe-riori: i quadrati magici di ordine 5 sono275305224. Non è noto il numero preciso dei
quadrati magici diordine 6, anche semolti sono impe-gnati nella sua de-terminazione. Se-condo alcune inda-gini, il loro numeroè nell’ordine di1.7754 � 1019. Resta comunque in-soluto il problemapiù generale di tro-vare la regola chepermetta di deter-minare il numero diquadrati magici diordine n.Parente stretto delquadrato è il cubomagico, costruitoin Europa per laprima volta solo
nel 1866. Il primo cubo perfetto, di ordine 7 equindi contenente i primi 73 = 343 interi positi-vi fu ottenuto da un missionario appassionatodi matematica. In seguito si estese la ricerca aipercubi di dimensione m e ordine n, ognunocomposto da nm numeri interi.
Quadrati magici
Melancholia I (1514),parte di un trittico diincisioni di AlbrechtDürer, e particolare del quadrato magico presente nell’opera
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Tobia Ravà (1959) lavora a Venezia e a Mirano. Si è laureato inSemiologia delle Arti all’Università di Bologna, dove è stato allievo diUmberto Eco, Renato Barilli, Omar Calabrese e Flavio Caroli. Ha fre-quentato la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia e Urbino. Esponedal 1977. È presente in collezioni sia private che pubbliche in Europa,America, Estremo Oriente, Oceania e Sud Africa. È tra i fondatori delgruppo AlcArte, nato nel 1983 e attivo all’Università di Bologna (DAMS),con l’intento di coniugare il fare arte all’epistemologia. Dal 1988 si occu-pa di iconografia ebraica. Nel 1993 è stato il promotore del gruppoTriplani, che, partendo dalla semiologia biplanare, prende il nome dall’i-potesi di un terzo livello percettivo derivato dall’aura simbolica, accantoa quelli del significato e del significante. Nel 1998 è stato tra i soci fon-datori di Concerto d’Arte Contemporanea, associazione culturale che sipropone di riunire artisti con le stesse affinità per riqualificare l’uomoponendolo in sintonia con l’ambiente e per rendere l’arte contempora-nea conscia dei suoi rapporti con la storia e la storia dell’arte, ancheinteragendo espositivamente con parchi, ville, edifici storici e piazze dicittà d’arte. Dal 1999 ha avviato un ciclo di conferenze, invitato da uni-
versità e istituti superiori d’arte, sulla sua attività nel contesto della cultura ebraica, della logicamatematica e dell’arte contemporanea. Nel 2004, con Maria Luisa Trevisan ha dato vita a PaRDeS,Laboratorio di Ricerca d’Arte Contemporanea a Mirano, dove artisti di generazioni e culturediverse si confrontano su temi naturalistici e scientifici. Per saperne di più sulla sua opera potete visitare il sito www.tobiarava.com
Tobia Ravà
Il grande abisso, 2007
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