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MICHELLE WILLINGHAM Viaggio di un guerriero irlandese

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MICHELLE WILLINGHAM

Viaggio di un

guerriero irlandese

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Irlanda, 1180 La fresca brezza primaverile increspava la superficie del mare. Brenna Ó Neill si strinse il brat attorno alle spalle per scaldarsi. A piedi nudi sulla sabbia, at-tendeva il ritorno del futuro sposo. Osservava quel rituale dal giorno in cui aveva ac-cettato la proposta di matrimonio di Aimon, quattro mesi prima: camminava per ore sulla spiaggia, spe-rando di avvistare la sua nave. Era partito per una spe-dizione commerciale che sarebbe dovuta durare sol-tanto poche settimane. Ma le settimane erano diventate mesi e, nonostante le assidue ricerche, i pescatori non avevano trovato tracce del vascello. Brenna sollevò una mano per schermarsi gli occhi dal sole al tramonto. Aveva il cuore gelato come le onde che lambivano il bagnasciuga. Con ogni probabi-lità, c'era stato un naufragio. Forse era una maledizio-ne destinata a lei, un castigo per avere scelto l'uomo sbagliato. E ormai li aveva persi entrambi. Proprio mentre gli ultimi raggi dorati scintillavano sull’acqua scura, apparve una forma all’orizzonte. Sembrava una nave, anche se non aveva vele spiegate, e si dirigeva verso la costa. Rimase a osservare, con il cuore palpitante di trepidazione, finché non si profilò un grande scafo semidistrutto, simile a una fortezza in rovina. Il fasciame era annerito dal fuoco e un solo albero

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restava diritto, seppure a stento. Tuttavia non c'erano dubbi: era la nave di Aimon. Brenna strinse tra le dita il tessuto della gonna, paralizzata dal terrore. C'erano sopravvissuti? A bordo regnava un silenzio inquietante, ma una fi-gura solitaria conduceva il relitto verso riva. Da dove si trovava, tuttavia, Brenna non riusciva a ravvisarne le fattezze. Poco dopo, il cielo si tinse di viola e il sole scomparve. Voci concitate si levarono dal forte circolare alle sue spalle e, nel giro di pochi minuti, una piccola folla si radunò sulla spiaggia, armata di torce. Mentre la nave si avvicinava, grida e commenti si affievolirono fino a tacere. Le condizioni del vascello rivelavano che molti avevano perso la vita, ma chi era riuscito a salvarsi? Infine l'uomo saltò in acqua e arrancò tra le onde, seguito da tre compagni. Brenna avanzò il più possibi-le, tentando di riconoscerli. Quando li vide posare i piedi sulla sabbia, si accorse che Aimon non c'era. Quin MacEgan, invece, sì. Senza fiato, rimase a guardarlo mentre le correva incontro, come un guerriero pronto a reclamare le sue conquiste. Fiero e determinato, ignorò gli altri membri del clan concentrandosi soltanto su di lei. I capelli biondo cenere erano sciolti attorno al viso barbuto e gli occhi verdi la fissavano con intensità. Quin si fermò a un braccio di distanza. Dal suo sguardo trapelava un desiderio segreto, mescolato a sofferenza. Gli indumenti erano ridotti a stracci; san-gue e sporcizia gli chiazzavano il viso. «È morto, Brenna.» Le dure parole la trafissero come una pugnalata e calde lacrime le colmarono gli occhi. Soltanto il gelo che le circondava il cuore le permise di reggersi in piedi, impedendole di scoppiare a piangere senza rite-

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gno, in preda all’ira e ai rimorsi. Aimon si era imbar-cato per lei, nella speranza di incrementare i propri guadagni. Invece, i suoi sogni di gloria e ricchezza si erano conclusi in tragedia. Mentre una lacrima solitaria le rigava il volto, Brenna si accorse di soffrire più per il senso di colpa che per la perdita. Piangeva perché l'uomo cui si era negata le stava di fronte. Quin le prese per mano. La sua pelle era calda e vi-va. Lei non oppose resistenza quando intrecciò le dita con le sue e nemmeno mentre la conduceva lontano dagli altri. In silenzio, si lasciò accompagnare alla ca-supola che aveva scelto di condividere con Aimon. Appena furono soli, smise di trattenersi e sfogò lo strazio per la perdita del futuro marito. Le forti braccia di Quin la strinsero, donandole conforto. Brenna si ag-grappò a lui e lo ascoltò in silenzio, mentre le sussur-rava che tutto andava bene. Ma non era affatto così. Si strappò all’abbraccio. «Non potete rimanere qui.» Attraversò il piccolo loca-le e aprì la porta, invitandolo a uscire. «Ormai è deci-so: non vi sposerò.» Quin, tuttavia, non si mosse. «Anche se avete scel-to, Brenna, la vostra è una decisione sbagliata.» Chiu-se il battente alle sue spalle e si avvicinò di un passo. «E io intendo farvi cambiare idea.»

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Críost. era esausto. Quin non dormiva da giorni, im-pegnato a lottare per mantenere a galla il misero relit-to. Era un autentico miracolo se erano riusciti a torna-re sani e salvi, dopo che i predoni stranieri avevano rubato la lana e l'argento, massacrando tanti uomini a bordo. Era felice di vedere Brenna, anche se lei era pronta a sbatterlo fuori casa. I capelli castani, raccolti in trec-ce, erano rischiarati da riflessi rossi alla viva luce del fuoco. Furibondi occhi grigi lo squadravano con ostili-tà. «Questa è la dimora di Aimon e non intendo diso-norare la sua memoria lasciandovi restare qui. Lui non lo avrebbe voluto.» Brenna stava santificando la figura di Aimon, il che era piuttosto irritante. «Non eravate molto in confi-denza, vero? E avete acconsentito a sposarlo due setti-mane dopo avermi dato una risposta negativa.» «Lo conoscevo abbastanza» mormorò lei, poi s'in-durì in volto. «Speravate che morisse?» «Ho cercato di salvarlo.» Evitò di rivelargliene il motivo principale, poiché non lo avrebbe compreso. Quin, infatti, aveva tentato di soccorrere Aimon pro-prio per lei. E il pensiero di non esserci riuscito lo tor-

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mentava. «Non ci credo» sussurrò Brenna, accasciandosi su uno sgabello. Appoggiò i gomiti alle ginocchia e chi-nò il capo. Quin rimase in silenzio, temendo di dire qualcosa di sbagliato. Sarebbe stato disposto a camminare su coc-ci di vetro, purché Brenna versasse almeno una lacri-ma per lui. Il bisogno di toccarla, di alleviare l'intima sofferenza, poneva in secondo piano la stanchezza. Più che di cibo e di acqua, aveva fame di lei. Avanzò di un passo, poi di un altro, e infine s'ingi-nocchiò sul freddo pavimento di terra battuta. Sebbene desiderasse scostarle dal viso una lunga ciocca castana e scoprire la guancia, umida di pianto, trattenne le ma-ni vicino ai fianchi. «Questa volta non vi abbandone-rò, Brenna.» «Non ho intenzione di sposarvi.» Brenna voltò ver-so di lui il viso pallido. «Le mie motivazioni non sono cambiate.» «Avevate paura di quello che esisteva tra noi.» «No.» Abbassò di nuovo gli occhi sulle mani, inca-pace di sostenere il suo sguardo. Intanto, però, arrossì d'imbarazzo. Quin sfiorò con le nocche delle dita la gota liscia e avvicinò il volto al suo, fino a sfiorarle la punta del naso. Aspirò il delicato profumo di primavera dei suoi capelli e chiuse gli occhi per meglio assaporare la dol-ce vicinanza. Era vivo, e insieme a lei. Le posò il pal-mo su un lato del viso, quasi sicuro che si sarebbe sot-tratta al contatto. Brenna, invece, gli coprì la mano con la sua. «Quin, cercate da me qualcosa che non vi posso offrire.». «Al momento, desidero soltanto questo.» Proten-dendosi in avanti, s'impadronì delle sue labbra in un bacio ardente.

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Brenna si abbandonò al bacio, aggrappandosi alle forti spalle di Quin per reggersi in equilibrio. Con travol-gente sensualità, lui le premette il dorso contro la pa-rete, immobilizzandola e impossessandosi della sua bocca come un conquistatore. Pareva divorato da una fame straziante, da una brama che lo torturava da quattro lunghi mesi. Da tre anni, Quin era il suo amico più fidato, sem-pre pronto a proteggerla. Brenna gli era affezionata, tuttavia non riusciva a contrastare l'attrazione che pro-vava per lui. Questo la spaventava da morire. Temeva di smarrirsi, di diventare il tipo di donna che più di-sprezzava. E per questa ragione lo aveva respinto. Lui le sfiorò le labbra con la punta della lingua, in-ducendola alla resa. Brenna tentò di resistergli, ma fu inutile. Mentre Quin conquistava la sua bocca, una vampata di desiderio la percorse, le inturgidì i seni, accese una spirale ardente in mezzo alle cosce. Quin le insinuò le dita tra i capelli, tenendo le mani a coppa sulle gote e continuando a baciarla. Nel nome di Danu, le era mancato tanto! Brenna lo aveva scac-ciato, sperando che la lontananza l’aiutasse a reprime-re i sentimenti. Invece, nel vederlo di nuovo, non po-teva impedirsi di stringersi a lui, di arrendersi all’in-

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cantesimo. Come una candela che riprendeva vita, sentiva gli istinti destarsi all’improvviso, minacciando di possederla e cancellare ogni pudore. No, non posso, si disse. Non lo permetterò. Interruppe il bacio, voltando la testa da un lato. Sentiva il cuore pulsare tanto forte da farle male. «La-sciatemi in pace, Quin.» Lui la fissò con intensità. L'espressione degli occhi verdi era impenetrabile. «Scappate ancora.» Sì, era vero. Quin, però, non ne avrebbe mai com-preso il vero motivo. Come avrebbe potuto capire la scelta di Aimon, un uomo goffo e silenzioso che non aveva mai acceso in lei la minima scintilla di deside-rio? Brenna aveva bisogno di uno sposo disposto a ri-nunciare alla passione e pronto a offrirle un matrimo-nio rispettabile, permettendole così di ricominciare da zero. I genitori affidatari avevano tentato di difenderla dalle dicerie che la riguardavano, ma come avrebbero potuto proteggerla in eterno? Tutti conoscevano le sue origini. Pur avendo la gola serrata e riarsa, Brenna aprì la porta e intimò: «Vi prego di andarvene». «Per il momento.» Lo sguardo di Quin rivelava una determinazione pari alla sua. Appena il battente di legno si richiuse, Brenna si accasciò a terra. Le labbra erano gonfie, il corpo animato da un ardore insostenibile. Sii contenta perché se n'è andato, raccomandò a se stessa. Invece, ebbe l'impressione di sprofondare in un baratro...

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La luna rischiarava il relitto della nave. Camminando sul fondo sabbioso, Quin avanzava con lentezza tra i flutti. Il suo umore era nero come il legno carbonizza-to. Si arrampicò a bordo, senza preoccuparsi se era grondante; lo scafo, infatti, era già inondato da almeno quattro pollici d'acqua. I danni erano gravi: forse non sarebbe stato possibile ripararli. Nel corso dell’ora successiva, esaminò i resti in lungo e in largo, cercando di distogliere il pensiero da Brenna. Il bacio che si erano scambiati l'aveva lasciato in preda alla frustrazione e a una brama ancora più in-tensa. Aveva sentito il dolce sapore delle labbra e la deliziosa morbidezza dei seni, mentre la premeva con-tro il petto, palpandole la schiena. Per quanto Brenna lo negasse, era chiaro che frena-va a stento un desiderio altrettanto bruciante. Tuttavia, non aveva mai ammesso di provare sentimenti per lui, cosa che lo feriva nell’orgoglio. Quin aveva tentato di trasformare l'amicizia in amore, ma lei era scappata appena aveva sentito sorgere l'attrazione fisica. E a lui non era rimasto altro che un bacio rubato. I-gnorava se fosse sufficiente per ricostruire qualcosa tra loro. Toccò una trave bruciata e distinse tracce di sangue

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sul legno scuro. Era il sangue dei suoi congiunti, degli amici più cari. Alcuni erano morti e altri erano stati fatti prigionieri. Non sapeva ancora se i Mori inten-dessero venderli come schiavi, oppure richiedere un riscatto. In ogni caso, li doveva liberare per ricondurli al forte. In un modo o nell’altro, avrebbe ricostruito il vascello e radunato un equipaggio per rintracciare i sopravvissuti. Fu allertato da un rumore improvviso, poi vide av-vicinarsi Dermot. Quin lo aiutò a salire a bordo e, in cambio, ricevette un fagotto di vivande. «Non ti ho vi-sto al banchetto di benvenuto» notò l'amico. «Non c'ero, infatti.» Aprì l'involto di tela e trovò una porzione di pane e selvaggina, insieme a un corno di birra. Divorò il cibo, il primo vero pasto da quasi quattro mesi. «Volevo verificare i danni della nave.» «Al buio?» Dermot scosse il capo. «Lascia perdere, Quin. Ci ha riportati a casa, ed è più che sufficiente.» «Non siamo tornati tutti quanti. Ti dimentichi forse dei prigionieri?» «Non li ho affatto scordati» gli rispose con calma. «Ma innanzi tutto dovremmo discuterne con il re. Pro-babilmente vorrà inviare uomini suoi. E ci occorrerà una nuova nave.» Quin non si lasciò sfuggire il tono di rimprovero. Tuttavia aveva costruito quell'imbarcazione con le sue mani, incurvando le assi con il vapore per fissarle all’ossatura. Rinunciarvi sarebbe stato come tagliare via una parte di se stesso. Sapeva che Dermot aveva ragione riguardo alla necessità di rivolgersi a Re Pa-trick, suo cugino. Senza alcun dubbio, avrebbe offerto aiuto. Dermot appoggiò le mani a una fiancata, cupo in volto. «Non avremmo dovuto abbandonarli.» «Non avevamo altra scelta» ribatté Quin, restituen-dogli il fagotto vuoto. «Era scoppiato un incendio.»

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Notando l'espressione di Dermot, si domandò se lui e gli altri lo criticassero per avere tagliato le cime che legavano la loro nave a quella dei pirati. Quin aveva deciso di allontanarsi dai compagni catturati, pur di salvare quelli rimasti a bordo. Non aveva idea di quanti predoni avesse ammazza-to quella notte. L'orrendo ricordo del sangue, del fuo-co e della morte non cessava di ossessionarlo. In ogni caso, erano riusciti a scappare, virando verso il mare aperto. «Andremo a liberarli» dichiarò con fermezza. «Non li lascerò morire.» «Nessuno di noi li abbandonerà» lo rassicurò l'ami-co. «Una volta ottenuto l'appoggio del re, torneremo laggiù.». Cambiando argomento, accennò un sorriso. «Ti ho visto insieme a Brenna. Ti ha offerto un'acco-glienza adeguata?» Il commento gli fece perdere le staffe. «Non parlare male di lei» lo ammonì. Dermot alzò le mani in segno di resa. «Calmati, Quin. Stavo solo scherzando.» «La sposerò e basta. Ti conviene tenere per te le battute idiote.» «Ma... è una...» «Ti consiglio di non terminare la frase.» Sapeva be-ne cosa si diceva di Brenna, ma erano tutte menzogne. «Voglio dire, si isola sempre dagli altri. Ed era pro-messa ad Aimon» azzardò Dermot. Lui incrociò le braccia al petto. «Non più.» Aveva già commesso una volta l'errore di rinunciare a Bren-na. Non l'avrebbe ripetuto.

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Brenna si alzò in piedi, bisognosa di distrarsi. Si spostò sul lato opposto del locale per raccogliere qualche manciata di lana e un fuso. Il lavoro meccanico della filatura la rilassò, lasciandola libera di riflettere sul da farsi. Né la dimora, né il terreno le appartenevano. Con ogni probabilità, il capoclan non l'avrebbe costretta a rinunciarvi subito, ma prima o poi il fratello di Aimon li avrebbe reclamati. Lei sarebbe potuta tornare a casa di sua madre, che però rievocava ricordi troppo dolorosi. Forse non sa-rebbe riuscita nemmeno a varcarne la soglia. La sem-plice idea, infatti, la nauseava. La lana grezza girava tra le sue dita, trasformandosi da vello in filo sottile e regolare. Brenna si figurò i co-lori vivaci con i quali l'avrebbe tinta, per poi tesserla; magari cremisi o verde. Un rumore all’esterno della casupola colse la sua at-tenzione. Nessuno bussò. Lei ripose il fuso e la lana e rimase in attesa; non udì più alcun suono. Se l'era forse immaginato? Pur sentendosi un po' stupida, aprì la porta. Disteso a terra, davanti alla soglia, c'era Quin, con il mantello gettato sul corpo. «Cosa fate?» gli domandò.

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Lui si voltò e sollevò il capo. «Dormo. Per lo meno, ci tentavo, prima che voi mi chiamaste.» «Non potete, Quin.» Cosa gli era saltato in mente? Come l'avrebbero giudicata i membri del clan, se lo a-vessero sorpreso fuori dalla sua abitazione? «Tornate a casa vostra.» «Non ho una mia dimora» le rammentò. «Comun-que nessuno si preoccuperà per la mia assenza. Anzi, saranno contenti di avere spazio in più.». In effetti, Quin alloggiava nella casa comune, insieme ad altri scapoli. Oppure, a volte, in un riparo di fortuna, grande a sufficienza per coprire la nave su cui lavorava. Per tutta risposta, Brenna chiuse il battente. No, non poteva permettergli di comportarsi così, come un bam-bino ostinato, deciso ad averla vinta. Non pensare a lui. Lascialo restare scomodo, all’a-perto: è quello che merita. Tuttavia un'ora dopo, quando si levò un forte vento, Brenna ripose di nuovo il fuso. Aprì la porta di uno spiraglio, sperando che Quin se ne fosse andato. Inve-ce lo vide appoggiato al muro esterno, il capo coperto dal mantello. Era rannicchiato a terra, con le ginocchia ripiegate al petto. Anche se dal cielo tempestoso co-minciava a scendere la pioggia, lui non si muoveva. «Mi volete tenere compagnia?» la invitò. «No, grazie.» «È una bella serata fresca.» Le rivolse un sorriso che mise a dura prova la sua determinazione, punzecchian-dole la coscienza. «Perché lo fate?» Quin la fissò con un'intensità che la indusse quasi a richiudere in fretta e furia. La guardava come se, nella vita, non avesse avuto niente di meglio da fare che scrutarla in viso. «Sapete per quale motivo sono qui.» Era vero. Il desiderio e i rimorsi si alternavano nel cuore di Brenna. Sarebbe stato un errore lasciarlo en-

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trare. Tuttavia, quando un lampo attraversò il cielo bu-io, lei aprì meglio il battente. «Venite dentro. E statemi lontano, per favore.» Quin varcò la soglia. Era umido di pioggia, ma non aveva un aspetto infelice. Al contrario, sfoggiava l'e-spressione trionfante di un guerriero vittorioso. Dopo avere richiuso, lasciò cadere il manto sul pavimento. Brenna tornò subito in fondo al locale e recuperò il fu-so. Le sue dita, però, non cessavano di tremare. Quin si passò una mano tra i capelli bagnati e afferrò uno sga-bello per sedersi. «Grazie, Brenna.» Lei annuì, fingendo di ignorarlo. Tuttavia, pur te-nendo gli occhi puntati sul lavoro, si accorgeva di ogni suo movimento. Quin si levò di nuovo in piedi, tastan-do gli indumenti bagnati. «Mi posso scaldare davanti al fuoco?» Alzando le spalle, lei si spostò per lasciarlo passare. Quin andò davanti al focherello di torba e tese le brac-cia verso le fiamme. Pochi istanti dopo, si levò la tuni-ca, denudando il torso abbronzato. Le spalle e il petto muscolosi rivelavano la forza di un uomo abituato a flettere assi di legno per costruire barche. «Mi mettete in imbarazzo» notò con voce rauca. Lui, però, colse l'espressione divertita: si rendeva con-to di essere osservato. «Indossate una tunica di Aimon» gli consigliò. Si coprì quindi gli occhi con una mano e attese. «Avvisa-temi quando avrete finito.» Lo sentì muoversi a poca distanza. Distinse il fru-scio del tessuto e poi i passi che si avvicinavano. «Non guardate» mormorò Quin. Brenna avvertì la sua presenza immobile dietro di sé e arrossì. Tenne le mani sugli occhi anche quando lo sentì inginocchiarsi. Quin le accarezzò le spalle e la nuca. Lei faticava a respirare, in trepida attesa di altro. Era tanto piacevole

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stare con lui. Tuttavia Brenna si detestava perché ri-maneva ferma e si lasciava toccare. Tradisco la memoria di Aimon, si rimproverò. Ma in realtà non aveva alcun ricordo in comune con lui. Si e-rano frequentati per poco tempo, e Aimon non l'aveva mai baciata. Non come Quin. Lui le infilò le dita tra le trecce e le massaggiò le tempie. Quando la vide abbassare le mani, gliele ripor-tò sugli occhi. «Non guardate, Brenna. Non ho ancora finito.»

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Quin continuò ad accarezzarla con delicatezza, sfio-rando appena la pelle delicata del viso, attorno alla maledetta cicatrice. Quel giorno Brenna aveva rischia-to di essere uccisa: il ricordo lo mandava ancora su tutte le furie. I giovani idioti avevano tentato di lapidarla. Era av-venuto tre anni prima, ma Quin rammentava ogni par-ticolare con dolorosa chiarezza. Era andato a caccia nella foresta, sulle tracce di un cervo. A pochi passi dal suo nascondiglio, aveva scor-to Brenna, intenta a raccogliere more. Era sola, come sempre. Quin non la vedeva, né le parlava da quando era tornato dall'affido, poiché lei usciva raramente di casa. Simile a un angelo, aveva alzato il viso verso il so-le, come per assorbirne il calore nel corpo e nell’ani-ma. Alla luce, la pelle candida era liscia e splendente, mentre gli occhi grigi esprimevano un'inguaribile ma-linconia. I folti capelli castani, dalle accese sfumature rosse, erano sciolti sulle spalle. Quando era diventata così bella? Affascinato come non gli era mai accaduto, Quin era rimasto nascosto a contemplarla. Per un tempo indefinito, l'aveva guardata raccoglie-

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re more dai rovi, poi aveva sentito passi felpati avvi-cinarsi in fretta. Con la coda dell’occhio, aveva notato un movimento improvviso e subito dopo aveva rico-nosciuto Owen e Ulat, due ragazzi del clan. Entrambi portavano a tracolla sacche di pelle. Erano due piantagrane, sebbene avessero solo quat-tordici anni. Il capoclan li aveva già ammoniti più vol-te di non combinare guai. Proprio quando Quin stava per farsi avanti, Owen aveva lanciato la prima pietra. Aveva colpito Brenna alla tempia. Ulat aveva sca-gliato un altro sasso, scalfendole una guancia. Lei ave-va gridato e si era coperta la testa con le mani, mentre il sangue colava copioso sul viso. Quin era saltato fuo-ri dal nascondiglio, animato dall’istinto di proteggere lei più che se stesso. Ignorando le pietre che continua-vano a volare, le aveva fatto scudo con il corpo. «Figlia di una donnaccia!» l'aveva insultata Ulat, gettando un altro sasso ancora. Quin lo aveva afferrato al volo e glielo aveva rilanciato. Poi, senza esitare, aveva brandito l'arco e puntato una freccia. «Andatevene» aveva intimato, tendendo la corda. «Altrimenti sarà l'ultima pietra che scagliere-te in vita vostra.» Ulat lo aveva scrutato in viso, come per capire se parlasse sul serio. In segno di avvertimento, Quin ave-va scoccato la freccia, facendola conficcare a terra. Subito ne aveva scoccata un'altra e aveva atteso che i due si allontanassero. Mai aveva provato una simile collera nei confronti di semplici ragazzini. Comunque la minaccia aveva funzionato. I giovani aggressori, infatti, avevano la-sciato cadere le pietre ed erano fuggiti. Quin aveva te-nuto l'arco puntato finché non erano scomparsi tra gli alberi. Brenna era rimasta accovacciata a terra, a capo chi-no. Piangeva, mentre il sangue colava a fiotti dalla

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tempia. Quin l'aveva presa in braccio, ignorando le sue proteste. «Vi accompagno a casa.» Brenna era leggera come una piuma. Notando la sua fragilità, si era infuriato ancora di più con i due ra-gazzi. Imprecando, malediceva se stesso per non avere prevenuto l'attacco. Quando era arrivato a casa di Brenna, non aveva trovato nessuno. Quindi l'aveva distesa delicatamente su un giaciglio di pelliccia e aveva riempito una cioto-la di acqua fresca. «No» aveva sussurrato lei reggendosi la testa. «An-datevene, vi prego. Mia madre non vi deve vedere qui!.» Mentre un gonfiore bluastro si andava formando sulla fronte, Quin aveva tamponato con un panno umi-do la ferita alla tempia. «Vi hanno fatto male.» Lei gli aveva preso di mano la pezza e, fissandolo negli occhi, aveva dichiarato: «Mi riprenderò. Ma voi vi dovete allontanare». «Riferirò tutto al capoclan. Farà sicuramente casti-gare quei due.» Brenna aveva scosso la testa. «Non è la prima volta che succede. E non sarà nemmeno l'ultima.» «Vi sbagliate» aveva affermato Quin con rabbia e determinazione. «Ve lo prometto, Brenna: nessuno tenterà più di nuocervi.» Ad attirarlo tanto era forse stata la sua bellezza in-nocente, oppure la mancanza di difese. In ogni caso, non avrebbe più permesso ad anima viva di schernirla o attaccarla a causa del comportamento della madre. «Manderò la guaritrice» si era offerto. «Non vi preoccupate. Non è nulla.» Brenna aveva tentato di sorridere, ma gli occhi erano rimasti tristi. Lui le aveva preso la mano. Le dita erano callose per il duro lavoro di filatura e tessitura. «Mi prenderò cura di voi.»

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E aveva mantenuto la promessa. Per tre anni, si era impegnato a proteggerla, lasciando intendere a tutti gli uomini del clan che l'avrebbe difesa da ogni minaccia. Poi, una mattina, aveva trovato uno strano fagotto. In un primo momento aveva pensato che fosse una coperta, ma poi, svolgendo il telo triangolare, aveva capito che si trattava di una vela per la nave. Era leg-gera e resistente, perfetta per sostenere i venti più im-placabili e condurre il vascello fin dove Quin avrebbe osato spingersi. Brenna lo aveva tessuto per lui, sapendo che, tra tutti i doni, sarebbe stato il più prezioso e gradito. E quel giorno, Quin aveva deciso che Brenna Ó Neill sarebbe diventata sua moglie.

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«Mi sento responsabile per questa cicatrice» le dichia-rò, sfiorandone i margini con i polpastrelli. «Vi hanno fatto molto male.» Le parlava tanto vicino all’orecchio da generare un brivido. Brenna sentiva il tepore del fiato sulla pelle. Se avesse girato di poco la testa, avrebbe posato le labbra sulle sue. Combattuta tra la tentazione di arrendersi e la vo-lontà di sottrarsi, aprì gli occhi e si levò in piedi. «A volte i ragazzi commettono sciocchezze.» «Anche gli adulti.» Quin le andò di fronte e le portò delicatamente un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. Con un sorriso irresistibile, azzardò: «Se preferite, io torno fuori a dormire». Brenna scosse la testa. «Ormai si sono accorti che siete qui. Immagino che i pettegolezzi si siano già diffusi.» Lui tornò davanti al fuoco e si soffermò a studiare le fiamme. «Non sono certo venuto per indurre gli al-tri a pensare male di voi.» «Non potrebbero avere un'opinione peggiore. Sono convinti che diventerò come mia madre, disposta ad accogliere tra le braccia qualunque uomo.» Quando era tornata al forte dopo il periodo di affido, aveva tra-

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scorso innumerevoli notti da sola nella foresta, mentre la madre riceveva amanti. Nelle rare occasioni in cui era rientrata troppo presto, aveva colto le loro occhiate libidinose; rivolte a lei. Incrociò le braccia al petto, tremando al ricordo. Grazie al cielo, l'avevano lasciata in pace dopo la mor-te della madre, forse grazie a Quin oppure al capoclan. Brenna, comunque, aveva cercato di mantenersi il più in disparte possibile. «Avete scelto voi di isolarvi dal resto del clan» pro-seguì Quin. «Nessuno vi critica.» Lei si avvicinò al telaio e sistemò i fili di lana. «Mi scherniscono sin dall’infanzia. Non ho bisogno degli altri.» «A loro, invece, servono le vostre capacità.» Indicò la tela variopinta che stava tessendo. Non l'aveva ini-ziata col proposito di creare un motivo decorativo, poi, però, non aveva saputo resistere alle tinte vivaci. Brenna cominciò a tessere, cercando un pretesto per non parlare. Quin la osservò per qualche minuto. «Per che ragione, Brenna?» le chiese infine. «Come mai vi siete promessa a lui e non a me?» Perché Aimon non poneva problemi: non avrebbe mai risvegliato alcuna attrazione fisica. Il silenzio prolungato indusse Quin ad abbassarsi su un ginocchio, accanto a lei. «Vi avrei dato tutto quello che desiderate.» «Non tutto.» Lei passò nel telaio un filo di lana az-zurra, mantenendo la trama compatta e uniforme. Con la coda dell’occhio, vide l'espressione di Quin farsi tesa. Temeva che si adirasse, non potendo com-prendere la paura che la tormentava. Se Brenna avesse abbandonato il rigido controllo sul proprio corpo, sa-rebbe forse diventata come la madre, alla continua ri-cerca del piacere fisico. «Domani andrò dal re» annunciò Quin, alzandosi in

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piedi e allontanandosi di qualche passo. «Voglio che veniate con me.» Lei stava per rifiutare, ma fu sopraffatta dalla curio-sità. «Per quale motivo?» «Dalla nave sono stati presi alcuni prigionieri. In-tendo richiedere aiuto per liberarli.» Prigionieri? Brenna fu tentata di domandare se Aimon fosse tra loro, però si trattenne, dissuasa dallo sguardo cupo di Quin. Del resto, sapeva che non men-tiva mai. «Dove sono stati portati? E da chi?» «Lo ignoro. Spesso i Mori vendono schiavi in Al-Andalus. Se esiste qualche speranza di rintracciarli, ci occorre un nuovo vascello.» Scosse la testa, dispiaciu-to. «Il mio non sarebbe in grado di compiere la traver-sata senza affondare.» Lei ripose la spoletta, col cuore che batteva forte. «Perché desiderate che vi accompagni?» «Qui non siete a casa vostra. Intendo condurvi alla fortezza di mio cugino, dove starete al sicuro durante la mia assenza.» Appoggiò una mano allo stipite della porta. «Vi chiedo di sposarmi. Mi impegno ad accordarvi tutto quello che vi aveva promesso Aimon. Anche se dovesse significare non toccarvi mai.» Sorpresa e incerta, lei fissò i suoi intensi occhi ver-di. Pur essendo stato respinto una volta in passato, Quin era pronto a offrirle un tetto, insieme alla garan-zia di protezione. «Che cosa mi rispondete, Brenna?»

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8 Quin prevedeva una risposta negativa: già la leggeva sul volto di Brenna. Si maledisse per avere parlato d'impulso. Si era mostrato disposto a donarle tutto ciò che aveva: un secondo rifiuto avrebbe inferto una gra-ve ferita al suo orgoglio. «È una promessa che non potreste mantenere» notò lei in tono secco. «Quella di non toccarmi.» Lui si sforzò di restare fermo dov'era. «Sì, invece. «Pur di condividere la vita con voi, sarei disposto ad astenermene.» «Non vi credo.» «Volete che ve lo dimostri?» Le andò di fronte e unì le mani dietro la schiena. «Fate quello che deside-rate: non mi muoverò.» Lei serrò le labbra, dubbiosa. Tuttavia smise di tes-sere e si avvicinò, fino a portarsi alla distanza di un palmo. Quin percepì il lieve profumo di sapone dei suoi capelli e colse l'espressione guardinga degli occhi grigi. Era un autentico tormento. Quando Brenna avanzò al punto di sfiorargli il petto, gli comunicò il dolce te-pore del suo corpo. Eccitato dal contatto con il morbi-do seno, lui non poté frenare la reazione fisica. Appena se ne accorse, lei si raggelò. «Non è colpa mia» si giustificò Quin con un sorri-sino sghembo. «Non posso controllare gli istinti.» Con sua sorpresa, lei non si scostò. «Non vi accuso per questo. Tuttavia voglio capire se sarete capace di rispettare la parola data.» Gli acca-rezzò i capelli, soffermando il palmo sulla guancia. «Non credo sia possibile.» Lui chiuse gli occhi e strinse i pugni, mentre Bren-na percorreva con un polpastrello i contorni del mento e poi seguiva la linea delle labbra. Restare immobile, lasciandosi tentare, era eccitante da impazzire. Un bri-

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vido lo percorse quando lei gli toccò con il pollice gli angoli della bocca e avvicinò il viso al suo, fino a sfio-rargli la punta del naso. Se avesse osato reagire, Quin l'avrebbe perduta per sempre. Soltanto per questo motivo riuscì a trattenersi, senza muovere nemmeno un muscolo. «Apprezzo la vostra resistenza» notò infine lei, ar-retrando di un passo. «Non me l'aspettavo.» «Io mantengo sempre le promesse, Brenna.» Tornò alla porta. «Partirò domattina all’alba per Laochre, do-ve mi consulterò con il re. Se decidete di venire...» «Non vi posso ancora rispondere. Sono accadute troppe cose. La notizia della scomparsa di Aimon mi impedisce di pensare con chiarezza.» Gli voltò la schiena, a testa bassa. «Per quale motivo avete scelto lui?» le domandò con calma Quin. Brenna non glielo aveva mai spiega-to. Che sentimenti provava per Aimon? Lei si voltò a guardarlo. «Perché con lui mi sarei sentita al sicuro. Saremmo stati tranquilli insieme.» «Anch’io vi avrei protetta.» «Non capite.» Brenna si posò una mano sul cuore. «Quando sono insieme a voi, mi smarrisco.» Arrossì di vergogna e con questo chiarì le sue pau-re. Non voleva avere nulla in comune con la madre, niente che la ponesse nella medesima luce. Nessuna pulsione fisica, nessun piacere dei sensi. Desiderava soltanto compagnia; un matrimonio basato sull’amici-zia, non sull’amore. «Se ci sposassimo, non farebbe alcuna differenza per voi?» Lei scosse il capo. «Ogni volta che vi tocco o vi ba-cio, mi ricordo della vita dissoluta di mia madre. Non posso rischiare di seguire il suo esempio.» Quin non seppe cosa rispondere. Non riusciva a comprendere perché una giovane bella e sensibile co-

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me lei dovesse addossarsi colpe non sue. «Non è necessario che accada» mormorò. «Vi desi-dero più di qualunque altra donna al mondo. Per me e-sistete soltanto voi. E non c'è alcun peccato in que-sto.» «Ho paura» ammise Brenna in un sussurro. «Celebriamo le nozze provvisorie. Resteremo insie-me per un anno e un giorno. Se sarete infelice, mi po-trete lasciare in qualunque momento.» Lei incrociò le braccia al petto, colta da profonda indecisione. «Non lo so» Quin puntò una mano contro il muro. «Vi potete li-berare del passato, Brenna. Provateci.»

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I primi raggi del sole filtravano attraverso la fessura sotto la porta e, a poco a poco, il bagliore dell’alba ri-schiarò la casupola. Brenna si alzò a sedere, portando le ginocchia al petto. Non sapeva ancora come ri-spondere alla proposta, pur avendo avuto a diposizio-ne parecchie ore per riflettere. Quin le aveva dimostrato di essere capace di mante-nere la parola data. Lei, però, non si era lasciata sfug-gire la sua espressione tormentata e provava rimorso per averlo fatto soffrire. Nel nome di Danu, che fare? Brenna si era trasferita da Aimon dopo avergli promesso di sposarlo. Ormai, però, i muri stessi parevano rimproverarla della scarsa lealtà nei suoi confronti. Non poteva più rimanere in quella casa; serbava troppi ricordi dell’uomo tranquillo e taciturno che un tempo considerava amico. Con un profondo sospiro, i-niziò a preparare i bagagli, pur non avendo idea di do-ve andare. Un colpetto leggero risuonò alla porta. Brenna re-spirò a fatica, lentamente. Non aveva idea di cosa dire a Quin, che aveva trascorso la notte all’aperto e, di si-curo, si aspettava una risposta. Come reagire alla sua offerta?

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Infine, con riluttanza, dischiuse il battente. Sorpre-sa, trovò di fronte a sé Lughan Ó Neill, il capoclan, scuro in volto. Di Quin, invece, non scorse tracce. «Posso entrare, Brenna?» Lei annuì, aprendo meglio. Lughan adocchiò il fa-gotto aperto sul pavimento e, intanto, prese posto su una panca. «Mi dispiace molto per Aimon.» Una nuova ondata di dolore travolse Brenna. Si ab-bracciò la vita, tenendo i sentimenti sepolti nel cuore. «Anche a me.» «Suo fratello Pól mi ha chiesto di parlare con voi.» «Immagino cosa mi vogliate dire.» Pur capendo di mostrarsi scortese, tornò a preparare i bagagli. «Me ne devo andare di qui.» «Pól vi accorda parecchi giorni» le spiegò il capo-clan. «Comunque, sì: è così. In quanto secondogenito, ha diritto alla casa. Vi invita a risiedere presso la sua famiglia, se lo desiderate.» La semplice idea di essere circondata dai congiunti di Aimon generava in lei un senso di soffocamento. Tuttavia Brenna sapeva di non poter rimanere dov'era, non essendosi sposata. «D'accordo. Assicurategli che non gli sarò di peso e che me ne andrò subito. Imma-gino vi si voglia stabilire con la moglie e i figli.» «Vi troverò un alloggio presso un'altra famiglia» le offrì con delicatezza Lughan. «Non è necessario che torniate alla dimora di vostra madre.» Lei si sfregò le braccia, scuotendo il capo. «Non vi disturbate.» «Fate parte di questo clan» le rammentò lui in tono severo. Brenna arrossì, rendendosi conto di averlo of-feso. «Dunque è mia precisa responsabilità provvede-re a voi. Non permetterò che qualcuno resti senza tetto o senza cibo.» «Quin vi ha parlato?» lo interruppe. Gli aveva e-spresso il desiderio di unirsi in matrimonio con lei?

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Il capoclan si rilassò. «Sì. Questa mattina mi ha chiesto uomini e cavalli. Mi rappresenterà presso Re Patrick di Laochre. Riporteremo a casa i prigionieri, a Dio piacendo.» Brenna fu colta dallo sconforto. Si era aspettata che Quin riferisse a Lughan l'intenzione di portarla via con sé. Ma perché dovrebbe?, la interrogò la coscienza. Non gli hai dato alcun motivo per prevedere una ri-sposta affermativa. Era piuttosto restia a viaggiare insieme a un gruppo di uomini. Di sicuro, Quin non aveva nemmeno preso in considerazione il problema né si era domandato co-me l'avrebbe giudicata la gente. Proprio in quel momento la porta si spalancò. Quin aveva i capelli umidi e la pelle lustra, come se si fosse appena lavato. Puntò su di lei gli occhi verdi e l'ammi-rò apertamente, quasi avessero trascorso la notte in-sieme. Brenna provò un improvviso senso di calore. «Dia dhuit ar maidin.» Il capoclan ricambiò il saluto mattutino. «Avete scelto gli uomini che vi accompagneranno a Laochre?» «Sì. Tuttavia anche le mogli desiderano venire. Mi ero dimenticato che la regina ospiterà un aenach, pri-ma della festa di Imbolc.» Lughan rise. «Non si fidano dei mariti, giusto?» Quin catturò lo sguardo di Brenna. Le nozze e le u-nioni temporanee erano pratica comune durante le fe-stività, e quell'aenach non avrebbe fatto eccezione. Imbolc preannunciava l'inizio della primavera e l'arri-vo della stagione fertile. Senza dubbio, le spose inten-devano impedire ai mariti di cercare avventure. Brenna studiò per qualche istante l'attraente figura di Quin. Senza dubbio avrebbe catturato l'attenzione di ogni fanciulla presente. Lo immaginò mentre ab-bracciava un'altra e, tra baci ardenti, la sospingeva su

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un giaciglio. Un'acuta fitta di gelosia la indusse a ser-rare tra le dita i panni che stava piegando. Rivolto al capoclan, Quin aggiunse: «Ho invitato Brenna a venire con me per fare conoscenza con mio cugino. Col vostro permesso, penso che abbia bisogno di cambiare aria, dopo quanto è accaduto». Lughan si girò a guardarla. «Ebbene?» Lei sentì la lingua come paralizzata. L'espressione di Quin era neutra. Non esigeva niente da lei, ma la la-sciava libera di restare o di seguirlo. Stava a lei sce-gliere. Atteggiò le labbra per rispondere no, ma poi, con sorpresa, dichiarò: «Sì. Se anche le donne faranno par-te del gruppo, verrò». Sperava tanto di non doversene pentire in seguito.

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Dopo un'intera giornata di viaggio a cavallo, la luce pomeridiana iniziò a scemare. I capelli scuri di Brenna erano attorniati da un'aureola color fiamma, mentre il sole calava alle sue spalle. Sin dalla partenza, non gli aveva quasi rivolto la parola. Quin, però aveva notato un paio di volte il suo sguardo attento. Si domandò dove avrebbe trascorso la notte; probabilmente insie-me alle altre donne. Venne colto da una fitta di delusione, poiché avreb-be desiderato trascorrere un po' di tempo da solo con lei. Come avrebbe potuto convincerla a sposarlo, se e-rano sempre circondati da decine di persone? Quando giunse l'ora di accamparsi, Quin si consultò con gli altri, poi gli uomini si divisero per andare a caccia. Brenna si avviò verso il gruppo delle mogli, ma lui la fermò. «Venite a pescare con me.» Lei esitò, guardandosi attorno. «Ci sarà bisogno del mio aiuto qui. Dobbiamo ancora montare le tende e...» «Andate, Brenna» la esortò la sposa di Dermot. «Siamo abbastanza numerose per cavarcela senza di voi.» Quin le rivolse un'occhiata di gratitudine, ma si ac-corse che Brenna non era persuasa. Quindi la prese per mano, impedendole di obiettare ancora.

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Il terreno era fangoso a causa della recente pioggia e il muschio si andava formando sui tronchi caduti e sulle pietre. Mentre gli ultimi raggi di sole inondavano di luce dorata i rami degli alberi, Quin condusse Bren-na nel fitto del bosco, seguendo il corso di un ruscello. «Quin, non credo ci sia una pozza» gli fece notare. «Dubito che riusciremo a catturare qualche pesce.» «Non m'interessano i pesci» chiarì lui. Brenna si fermò, appoggiando la mano al tronco di una giovane quercia. «Cosa intendete dire?» «Desideravo parlarvi da solo, prima dell'arrivo a Laochre, previsto per domani» le spiegò, andandole di fronte. Lei abbassò lo sguardo sulle foglie secche che co-privano il terreno. «Non sono ancora pronta a darvi una risposta. Non me lo chiedete.» Quin posò le dita appena sopra le sue e gliele sfio-rò. «Non vi ho portata qui per questo motivo.» «Per quale, allora?» Lui scrutò i suoi occhi grigi, scorgendovi i dubbi profondi, uniti alla paura che la teneva prigioniera. Non voleva quelle ombre tra loro: era pronto a rinun-ciare alla vita stessa, pur di non farla soffrire. «Desideravo trascorrere un po' di tempo con voi, lontano dagli altri.» «Perché?» gli domandò sospettosa. Quin la condusse oltre, fino a una piccola radura. «Per convincervi a sposarmi, a stór.» Brenna lo fissò, aggrottando la fronte con espres-sione allarmata. «Dovremmo tornare indietro, prima che cali il buio.» «Manca ancora un'ora almeno.» Quin smise di cam-minare quando vide cinque pietre verticali nell'erba. Circondate dagli alberi, erano disposte in circolo al centro del prato; parevano incantate. «Guardate cos'ho trovato.»

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La curiosità trasformò il volto di Brenna, che subito si avvicinò per esaminarle. I blocchi di granito erano alti all'incirca quanto lei, decorati da incisioni a forma di spirale. Quin fece scorrere le dita sulla superficie ruvida. «Pensate che in posti come questo, tanto tem-po fa, si svolgessero rituali sacri?» Lei accennò un sorriso e toccò a sua volta la pietra. «Forse.» Tastò le linee sinuose con i polpastrelli, ma si fer-mò appena incontrò la mano di Quin. Il sorriso svanì, cancellato dall'ansia. Lui, però, non si mosse. La fissò, invece, negli occhi, lasciando trasparire il desiderio trattenuto a stento. In quel momento avrebbe tanto vo-luto sfilarle dalle spalle l'abito azzurro, lasciando sci-volare sulla pelle la morbida lana, fino a denudarla del tutto. Provava un bisogno viscerale di stringerla tra le braccia, quasi fosse stata una parte ritrovata di lui. «Quin...» sussurrò Brenna. Gli toccò la mano, ma gli occhi grigi erano ancora colmi di apprensione. A-veva già rinunciato a salvarsi. Sebbene Quin si sfor-zasse in ogni modo di donarle un avvenire, lei era in-trappolata nel passato.

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«Non siete vostra madre, Brenna» le rammentò. «Le sue scelte di vita non vi riguardano.» Lei ritrasse la mano, come colpita da uno schiaffo. «Lo so. Tuttavia non sarò mai nemmeno il tipo di donna che voi desiderate.» Non avrebbe potuto sbagliarsi di più. Dietro lo scudo della paura, infatti, Brenna era compas-sionevole, generosa, capace di comprenderlo come nes-sun'altra al mondo. «Vi desidero da tre anni, Brenna.» Con delicatezza, le sospinse il dorso contro la pietra e ap-poggiò le mani ai lati delle sue spalle. «Non è cambiato niente.» Pur avendo tutte le possibilità di sfuggire all'abbraccio, Brenna lo sorprese posandogli la guancia al petto. «Non so più se sia vero.» Quin la trasse a sé, animato da un barlume di speranza. Era la prima volta che Brenna lo toccava di sua spontanea volontà. «Avevate ragione: la scelta di Aimon era determinata dalla paura di unirmi a voi.» Gli sfiorò il viso con espres-sione tesa. «Meritate una sposa migliore di me.» «Siete voi che voglio, Brenna.» A quel punto lei si allontanò e si diresse verso un'altra pietra. Rimase voltata per qualche minuto. «Eppure non

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mi potete comprendere. Non vi ho mai spiegato cosa pro-vo davvero.» «Ditemi, dunque.» Brenna abbassò le spalle, sopraffatta dalla vergogna. «Ignoro chi sia mio padre. Anche durante la mia infanzia, mia madre partiva spesso per seguire i soldati normanni. Una volta mi portò persino all'accampamento.» Il petto di Quin si contrasse al pensiero di una fanciulla esposta a un ambiente tanto rude. «Qualcuno vi fece del male?» Brenna scosse la testa in segno negativo. «No, però vi-di mia madre insieme a loro. E per questo scappai.» Quando si girò a guardarlo, aveva il volto bagnato di la-crime. «Se non fosse stato per il periodo di affido, non a-vrei mai conosciuto una vera famiglia.» «Ma così è stato.» Si portò dietro di lei e le posò le ma-ni sulle spalle. «E siete rimasta lontana per anni da vostra madre.» «Avrei voluto rimanere con i genitori adottivi.» Si a-sciugò in fretta le guance. «Mi sentivo al sicuro insieme a loro.» «Lo siete con me» le garantì. «E un giorno creerete una famiglia vostra. Avrete bambini, se mi consentirete di donarveli.» Brenna si girò e lo fissò negli occhi, affranta. «Non so se riuscirò mai a permettere a un uomo di toccarmi. Non in quel modo.» Lui le prese le mani e se le portò al cuore. Lei tremò, ma non si oppose. «Vi intimorisco?» «A spaventarmi è ciò che provo per voi.» Quelle parole dissolsero le buone intenzioni di Quin. Desiderava tanto comunicarle conforto, dimostrarle che non le avrebbe mai chiesto più di quanto non fosse in gra-do di offrirgli. Le afferrò le mani e se le posò sulla vita. «Non dovete mai avere paura di me.» Accarezzandole il volto, dichia-

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rò: «Siete mia, Brenna, così come io sono vostro. Sin dal giorno in cui tesseste quella vela per me. Sin dal nostro primo bacio». Lei lo fissò con occhi colmi di pena. «Non voglio più vivere in questo modo. Aiutatemi a sconfiggere le ango-sce.»

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Brenna prevedeva che lui la baciasse, invece, non fu così. Almeno, non ancora. Quin si sfilò la tunica e la lasciò cadere a terra. I muscoli del petto e delle braccia erano saldi e resisten-ti come le navi che costruiva. Possenti fasce muscolari segnavano il ventre e una piccola cicatrice chiara spic-cava vicino alle costole. Sebbene lei tentasse di mostrarsi coraggiosa, lascia-va trasparire la tensione. «Mi sto offrendo a voi, Bren-na. Non c'è nulla da temere» le ricordò Quin. Si portò le sue mani al petto, invitandola a toccarlo. Con le dita aperte, lei esplorò le sue forme, tastando i forti pettorali e le spalle robuste. Il cuore prese a bat-terle forte, e, nel contempo, un inatteso languore la pervase, come se i loro corpi fossero stati in perfetta sintonia. Tuttavia, appena lo sentì afferrare i nastri del vesti-to, s'immobilizzò, in preda all'ansia. Colta da un brivi-do gelato, tentò di fermarlo. Lui, però, abbassò il tessuto sulle spalle per denu-dare i seni. Brenna era impaziente di coprirsi, ma lui la trasse a sé, pelle contro pelle. I seni erano piccoli e sodi, i capezzoli turgidi a contatto con il forte petto vi-rile.

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Quin le percorse le braccia con i palmi, stuzzicando la pelle sensibile. Con un movimento rapido e improv-viso, insinuò una coscia tra le sue, e subito generò un caldo umidore nel punto più intimo. «Per me siete tutto, Brenna» le dichiarò in un sus-surro, posando le labbra sulla gola. «Non c'è nessun motivo per avere paura.» La sostenne contro il freddo granito, accarezzando-le intanto i seni con l'altra mano. Lei si sentiva timida e vulnerabile. Mai era stata così esposta di fronte a un uomo e moriva dal desiderio di nascondersi. «Siete simile a seta» mormorò lui. «Morbida e dol-ce.» Le sfiorò con il pollice il capezzolo, suscitando una reazione così potente da sorprenderla. Delicato e sensuale, Quin continuò a eccitarla, fino a farla freme-re per l'intensità delle sensazioni. Quando si chinò per posare le labbra sul seno, lei sospirò rapita. Quin la stimolò con la punta della lin-gua e con le labbra, inducendola a spingersi contro il suo ginocchio per accentuare il piacere. Brenna si la-sciò sfuggire un gemito tremante e, in quel momento, rischiò di smarrirsi. Ormai non capiva più se volesse liberarsi, oppure avvinghiarsi a lui. Non sentiva nemmeno il freddo della sera, travolta da un'ardente frenesia, simile a una febbre incontrolla-bile. Il corpo bruciava di passione, bramava l'unione fisica. Quando Quin spostò la coscia per accarezzarla intimamente, la condusse sull'orlo della follia. Infine, soffocata dal desiderio, Brenna fece appello alle poche energie rimaste per respingerlo. «Non posso. Vi dovete fermare.»

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Per il resto del viaggio evitarono quasi di parlarsi. Quin l'aveva scortata all'accampamento senza discute-re, ma Brenna sapeva di averlo offeso. Notava, infatti, la sua postura rigida, quasi oppressa dalla frustrazio-ne. Una profonda tristezza l'accompagnò per l'intero tragitto fino all'arrivo a Laochre, il giorno successivo. Forse avrebbe fatto meglio ad arrendersi alle carezze, ignorando il disagio. Tuttavia non trovava il coraggio di parlarne con lui. Quando giunsero a destinazione, Brenna notò che il sovrano aveva reso la fortezza simile a un castello normanno, come quelli che aveva visto nella regione nordorientale, con imponenti torrioni quadrati e mura molto più alte di un uomo. Senza dubbio Re Patrick disponeva di mezzi e ricchezze sufficienti per riporta-re in patria i prigionieri dalla lontana Iberia. Mentre varcavano le porte, lei alzò lo sguardo e scorse un monello che le sorrideva dalla caditoia. Nel cortile interno, un drappello di donne si allenava nel tiro con l'arco. Erano capitanate da una giovane dai capelli scuri, tagliati all'altezza delle spalle. Con gran-de sorpresa, Brenna notò che aveva una spada fissata alla cintura.

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«È Honora MacEgan» le spiegò Quin, indicandola con un cenno del capo. Era la prima volta che le rivol-geva la parola da parecchie ore. «Ha sposato mio cu-gino Ewan l'estate scorsa.» «Una donna guerriera?» Lui alzò le spalle. «A Patrick sembra un buon siste-ma per potenziare le nostre difese. Soltanto le donne che scelgono di combattere si addestrano con Honora. Non è obbligatorio.» Brenna le osservò con attenzione. Indossavano in-dumenti maschili riadattati, ma le lunghe trecce rende-vano evidente il loro sesso. Snelle e robuste, parevano decise e sicure di sé. Parecchi uomini, impegnati a ri-parare un muro di pietra, le corteggiavano senza pudo-re. Invece di mostrarsi in imbarazzo, le giovani sem-bravano contente delle attenzioni. Una sorrise diverti-ta, prima di puntare l'arco. Reggeva l'arma con fer-mezza, dimostrando la notevole forza delle braccia; quando scoccò la freccia, colpì il bersaglio in pieno centro. Una fitta d'invidia colse Brenna. Non le era mai ca-pitato di sentirsi ammirata, anziché disprezzata. E quelle donne intrepide la rendevano ancor più consa-pevole delle sue insicurezze. Pochi minuti dopo, Quin l'aiutò a scendere di sella e la presentò a Ewan MacEgan. Il giovane guerriero dai capelli biondo cenere la salutò con cordialità. Brenna notò gli occhi verdi, simili a quelli di Quin. Ewan era più muscoloso, mentre Quin era più slanciato, ma tutti e due parevano assai robusti. «Ci è giunta notizia dei prigionieri» annunciò E-wan. «Stasera ci incontreremo con Re Patrick e discu-teremo la strategia da adottare.» «Volete qualche donna per combattere?» intervenne una voce femminile. Honora MacEgan raggiunse il

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marito, che la salutò con un bacio. «A stór, c'è una sola donna che desidero. E non per battersi.» Ewan le rivolse un sorrisino seducente e lei rispose con un radioso sorriso. Brenna provò un'immediata simpatia per la coppia, tanto affettuosa e amorevole. Scoccò un'occhiata a Quin, ma lo vide in tensione. Sapeva che la colpa era sua, sebbene lui non l'aves-se accusata di nulla. Si era lasciata di nuovo dominare dalla paura degli impulsi fisici. Ormai non sopportava più quell'ostacolo tra loro. Aveva già respinto Quin più di una volta, come se non si considerasse degna di essere felice. Non siete vostra madre, le aveva rammentato Quin. In effetti non lo era, per nulla. E desiderava soltanto un uomo nella vita, colui che le era rimasto al fianco per tutti quegli anni. «Vi troverò una sistemazione per la notte» stava di-cendo Ewan, poi strizzò gli occhi, come tentando di stabilire se separarli o meno. Brenna trasse un respiro profondo e si rivolse a Ho-nora. «Vi posso chiedere aiuto?» La moglie di Ewan la guardò incuriosita. «Certo.» Ignorando il battito frenetico del cuore, Brenna pre-se per mano Quin. Anche se la timidezza le rendeva difficile parlare, gli voleva comunicare la risposta. Infine, facendosi forza, si costrinse a dichiarare: «Io e Quin siamo fidanzati. Mi piacerebbe sposarlo questa sera, prima che parta per il viaggio».

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Dopo la serata disastrosa nella foresta, Quin non si a-spettava il consenso di Brenna. Durante la riunione era distratto, così concentrato su di lei da non udire quasi le parole del re, suo cugi-no. «Puoi portare con te una dozzina di uomini» offrì Re Patrick, «oltre ai cavalli e a due navi.» Lui s'inchinò per ringraziarlo, ma Patrick lo fermò. «Quin, quanti prigionieri sono stati catturati?» «Sei» rispose lui ed elencò i loro nomi. «E come intendi rintracciarli?» Sembrava dubbioso, quasi considerasse l'impresa impossibile. «Navigheremo fino al punto dove ci hanno attacca-ti, al largo dell'Iberia. Poi perlustreremo le coste per cercare i sopravvissuti. Sospetto che i Mori intendano venderli come schiavi.» «E se non li troverete?» «Li troveremo» insistette Quin. «Non potrai restare in mare in eterno» notò il cugi-no. «Soprattutto se lasci a terra una sposa.» A quelle parole, lui arrossì e si lasciò sorprendere dall'ansia. Brenna aveva accettato di celebrare le noz-ze, ma forse aveva già cambiato idea. «Hai tempo fino alla notte di mezza estate» senten-

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ziò il re. «Se entro allora non avrai rintracciato i pri-gionieri, dovrai comunque tornare indietro.» Quin annuì e uscì dalla sala. Cercò subito Brenna, ma era impegnata con Honora e la Regina Isabel a prepararsi per la cerimonia. Dunque lui trascorse il re-sto del pomeriggio e l'inizio della serata a camminare avanti e indietro, in preda all'agitazione. Quando la luna sorse sul castello, gli uomini del re lo accompagnarono fuori dalle mura, fino a un piccolo circolo di casupole di pietra. Qui lo aspettavano i cu-gini e gli amici, radunati attorno a un falò. In piedi, dinnanzi al fuoco, c'era Brenna, con il ca-po incoronato da una ghirlanda di erica purpurea. In-dossava un abito color muschio, che metteva in risalto i riflessi rossi dei capelli. Tentava di sorridergli, tutta-via era molto pallida e si stringeva con nervosismo le dita. Non le era mai piaciuto essere al centro dell'at-tenzione. La Regina Isabel e Honora le stavano accanto, con un'espressione di gioiosa aspettativa. Fiori variopinti decoravano le dimore e, a giudicare dal delizioso aro-ma di arrosto, si capiva che Isabel aveva trascorso il pomeriggio intero a preparare la festa. La moglie di Patrick adorava organizzare banchetti e cerimonie. Quando raggiunse Brenna, Quin le prese la mano e se la portò alla bocca. Lei gli strinse le dita, serrando le labbra per la paura. «Siete proprio sicura di volerlo?» le domandò a bassa voce. Lei annuì. Mentre il sacerdote benediva l'unione le-gando insieme le loro mani, secondo l'antica tradizio-ne, Quin non distolse mai lo sguardo dalla sposa. Sen-tiva le sue dita gelate scaldarsi a contatto con lui, e quando la baciò fu molto delicato. Man mano che proseguivano i festeggiamenti, si accorse che Brenna era sempre più stanca. La regina

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aveva preparato per loro una delle casupole, decorata da molte ghirlande di fiori. «Ne avete abbastanza, vero?» le bisbigliò all'orec-chio. «No, sto bene. Davvero.» Senza far caso alla risposta, lui la prese in braccio, ignorando le acclamazioni e i commenti licenziosi. Brenna divenne paonazza, ma gli tenne lo stesso le braccia al collo. Appena entrò nel piccolo alloggio ri-servato agli sposi, il resto del mondo parve svanire. Tutto tranne lei. Quella notte, Quin non le avrebbe permesso di fug-gire.

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Brenna si sedette su una panca di legno, col cuore che batteva così forte da farle temere uno svenimento. Or-mai era fatta. Avevano pronunciato la solenne pro-messa e, quella notte, avrebbe unito il suo corpo a quello di Quin. Sarebbe diventata sua moglie, di nome e di fatto. L'idea la terrorizzava, per quanto si fidasse di lui. Quin sbarrò la porta, andò al focolare e non aprì bocca per parecchi minuti. Oppressa dal silenzio, Brenna si avvicinò e gli sfiorò un braccio. Con un sus-sulto, lui ruotò su se stesso. «Críost, non me l'aspettavo! Scusate.» Si passò una mano tra i capelli, abbozzando un sorriso. L'espressio-ne degli occhi, però, era seria. Brenna sapeva che era stato il suo comportamento della sera precedente a renderlo guardingo. «Siete stanco?» Si strinse le mani, non sapendo che altro dire. «No.» Quin le diede di nuovo la schiena. Brenna gli accarezzò una spalla e sentì l'estrema tensione dei mu-scoli. Si stupì di essere capace di toccarlo senza timo-re di essere respinta. «Come mai avete acconsentito alle nozze, Brenna?» Le domandò lui, voltandosi per prenderla tra le brac-

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cia. Percorse con le dita l'attaccatura dei capelli, dalla fronte fino alle tempie. «Perché preferisco stare con voi, piuttosto che da sola.» Chiuse gli occhi, aspirando il caldo odore virile. Le lente carezze l'aiutavano a rilassarsi. Sebbene non avesse nemmeno assaggiato il vino e la birra, aveva l'impressione di averne bevuto una decina di boccali. Posò le mani sulla tunica di lana grezza, poi insinuò le dita sotto il tessuto. Quin le sollevò il viso per guardarla negli occhi. «Domattina salperò alla volta dell'Iberia. Abbiamo soltanto questa notte da trascorrere insieme.» Brenna lo sapeva, e anche per questo motivo era pronta ad affrontare la dura prova dell'intimità fisica. Per rispondere alla domanda inespressa, si mise in punta di piedi e gli offrì la bocca. Senza esitare, lui si chinò a baciarla. Le stuzzicò le labbra con la punta della lingua e lei subito le dischiuse, cercando di non spaventarsi per l'improvviso risveglio dei sensi. Non c'è nulla da temere, si ripeté. Ripensando alla sera prima, quando lo aveva respinto, comprese che Quin non le avrebbe mai chiesto più di quanto non fosse disposta a donargli. Negli occhi verdi coglieva un desiderio straziante, tenuto a freno dalla pura forza di volontà. Sentiva la potente erezione premere contro l'addome e l'idea di eccitarlo fino a quel punto la commosse. «Questa volta non scapperò» gli promise. Senza sorridere, Quin si levò tunica e calzoni e ri-mase nudo di fronte e lei. Forte e muscoloso, era di una bellezza straordinaria. Brenna provò il potente im-pulso di toccarlo, tuttavia si trattenne. Allentò, invece, i legacci del vestito e, col cuore che batteva forte, si spogliò a sua volta.

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«Siete la donna più bella che abbia mai visto» mormo-rò Quin. Quelle parole dolci e sensuali erano simili a una carezza invisibile. Brenna attese che fosse lui a toccarla. E quando sentì il suo caldo abbraccio, fremette di gioia. Le grandi mani virili le percorsero la schiena, esplorando-ne ogni parte. Infine Quin le posò i palmi a coppa sot-to i glutei e, appena lei dischiuse le gambe, insinuò le dita tra le cosce. Un brivido caldo la percorse al contatto dei polpa-strelli con le umide pieghe. Allarmata dall'intensità della sensazione, Brenna arretrò di un passo. Quin non la trattenne. «Stendetevi sul giaciglio» la esortò. Tremando, lei obbedì. Si sdraiò sulle morbide pellicce, che solletica-vano la pelle nuda. Quin si avvicinò e si inginocchiò al suo fianco. Brenna serrò le dita, eccitata e timorosa allo stesso tempo. «Non ancora, a stór» sussurrò lui. Le sparse sul pet-to la folta chioma castana e, con le morbide ciocche, le stuzzicò i capezzoli. Scoprì poi i seni turgidi, espo-nendoli all'aria fresca. Sopraffatta da una ventata di desiderio, lei tentò di abbassarlo sul proprio corpo. Ma lui non l'assecondò. Le percorse, invece, il cor-

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po con lo sguardo e le rivolse un lento sorriso. «È la nostra prima volta, a stór» le rammentò. «In-tendo farla durare per l'intera notte.» Brenna annuì debolmente e lui si chinò a baciarle la bocca... la gola... il seno. Mentre assaggiava i capez-zoli tumidi, le accarezzò il petto e il ventre, giù fino alle cosce. D'istinto, lei strinse le gambe, sebbene la mente le imponesse di rilassarsi. Era Quin a toccarla. Le aveva promesso di prender-si cura di lei, di proteggerla a costo della vita. Non glielo aveva mai dichiarato, ma dimostrava in ogni modo di amarla. Brenna sussultò quando le posò le mani dietro le gi-nocchia e si chinò sul suo pube. Poi Quin sollevò il capo e la guardò con occhi lustri di desiderio. «Avvi-satemi se qualcosa vi infastidisce: mi fermerò.» Non era una promessa a vuoto. Di sicuro, stava ri-pensando alla sera precedente, quando Brenna aveva perso il coraggio. «Continuate» sussurrò lei. Gli prese la testa tra le mani e lo trasse a sé per baciarlo. Lui posò le labbra sulle sue con passione travolgente, come sul punto di smarrire il controllo. Le sollevò un ginocchio, se lo portò sopra un fianco e continuò a baciarla con ardore. Nel punto più intimo e segreto, lei sentì la sensuale carezza del pene eretto. Tremò, sopraffatta dall'eccita-zione. Tuttavia Quin non la penetrò. Al contrario, si ritras-se un poco, alzandole intanto l'altro ginocchio. Si spo-stò più in basso per stuzzicare con le labbra l'interno di una coscia, poi dell'altra. Lei tentò di chiudere le gambe, ma lui glielo impedì. «Fidatevi di me, a stór. Vi voglio soltanto baciare.» Brenna prevedeva che si portasse di nuovo sopra di lei. Invece, Quin sfiorò con la punta della lingua le calde pieghe femminili, insistendo fino a incendiarle i

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sensi. «Quin...» ansimò lei, incapace di opporsi all'ondata di sensazioni. Tentò di respingerlo, sperando di placa-re il fuoco che la consumava. Ma quando lui posò le labbra sulla piccola protuberanza turgida e succhiò con forza, lei fu percorsa da un tremito incontrollabile. «Lo sentite?» le domandò in un sussurro, poi la stuzzicò ancora con la punta della lingua. «Non oppo-nete resistenza, lasciate che accada. Abbandonatevi, Brenna.» «Non posso» mormorò lei, mentre il piacere diveni-va ancora più intenso. La tensione che la pervadeva era quasi dolorosa. «Sì, invece.» Continuando a baciarla intimamente, la penetrò piano con il pollice. Lei era sul punto di singhiozzare, travolta dal godimento. «No. Fermatevi, vi prego» riuscì a supplicarlo.

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Quin ritirò all'istante la mano. Respirando a fatica, Brenna sentì gli occhi colmarsi di lacrime. Si vergo-gnava da morire. Era un'incapace, una fallita. Non era in grado di donargli quello che cercava da lei. Voleva piangere, poiché lo aveva di nuovo deluso. Quin la scrutava con espressione illeggibile. Brenna si aspettava che se ne andasse, disgustato. Era affranta, disperata, adirata con se stessa. Non sarebbe mai di-ventata la moglie che lui meritava. Dopo tanti anni, non aveva ancora imparato a sep-pellire il passato. Eppure sul volto di Quin non scorge-va collera, ma tensione e pazienza. Poi un sorrisino gli incurvò le labbra. «Non avrei dovuto affrettarmi così» si scusò. «Non eravate pronta.» Si allungò al suo fianco. Il membro virile, ancora e-retto, si puntò contro il suo addome. «Mi dispiace, Quin. Credevo...» «È tutto a posto» la rassicurò. «Avremo tempo.» Non era vero: Quin sarebbe partito con i suoi uomi-ni poche ore dopo. Lei lo abbracciò, posandogli una guancia sul petto. Da principio era imbarazzata dalla nudità, ma ormai iniziava ad abituarsi alla situazione intima. Con dolcezza, gli accarezzò il busto. Notò che lui aveva gli occhi chiusi, ma non pensò che stesse

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dormendo. Abbassò lo sguardo sul pene e si domandò come fosse al tatto. Duro e ruvido? Lo sfiorò con un dito. Subito sentì Quin sussultare. «Scusate.» Spostò subito la mano, ma lui scosse la testa. «Mi potete toccare quanto volete, a stór. Ora il mio corpo vi appartiene.» L'idea l'affascinò. Magari era incapace di fare l'a-more, tuttavia sapeva che esistevano sistemi per dona-re piacere un uomo. Posò una mano a coppa sotto il sesso e, con l'altra, l'accarezzò lentamente. Lui emise in fretta il fiato, inducendola a ritrarsi ancora. «No, Brenna, non vi fermate. È bello.» Aprì gli oc-chi, rivelandole l'intensità del bisogno. «Mettetevi a cavalcioni su di me, mentre mi toccate.» Pur sentendosi a disagio, lei si pose sopra i suoi fianchi e continuò la sensuale esplorazione Quin muo-veva il bacino a ritmo con le carezze. Quando strinse il membro, Brenna sentì riversarsi sulla dita una calda umidità. Con sorpresa, si accorse di avere la medesi-ma reazione. D'improvviso, moriva dalla voglia di colmare un vuoto, di sentire Quin dentro di sé e saziare una fame mai provata prima di allora. Con lentezza, spostò il bacino e, fissandolo negli occhi, si posizionò sopra di lui. «Brenna» mormorò Quin con un filo di voce. Bren-na si abbassò sul membro eretto, sostituendo la mano con il proprio corpo. Nonostante la tensione, il contat-to non si rivelò doloroso come aveva temuto. Lui mosse piano il bacino, sollevandola un poco. E quan-do la penetrò di nuovo, accese nel suo ventre una vampata di calore. Come prima, l'eccitazione crebbe a dismisura. Que-sta volta, però, lei riuscì a dominare le sensazioni.

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Provò ad alzarsi fino a tenere dentro di sé soltanto l'e-stremità del pene. E quando si riabbassò, avvertì un fremito violento nelle profondità del grembo. Era... magnifico unirsi a lui. Quando Brenna iniziò a muoversi su e giù, si accorse che Quin provava sen-sazioni simili alle sue. Capiva di offrirgli lo stesso pia-cere travolgente che aveva tentato di regalarle, e que-sta consapevolezza esilarante la incoraggiava ad acce-lerare i movimenti. Rapita ed eccitata, aumentò il ritmo. Quin si alzò a sedere, portandosi le sue gambe attorno alla vita. Le posò la bocca sul seno e, come aveva fatto prima, le succhiò e le stuzzicò il capezzolo. Brenna fece per fer-marsi, ma lui la incalzò a continuare, affondando sem-pre più nella sua intimità. A poco a poco, sensazioni selvagge e incontrollabili s'impadronirono di lei. Afferrandogli la nuca, lo esortò a continuare, finché non lo vide contrarre i lineamenti e poi abbandonarsi all'estasi. A quel punto, Brenna ri-nunciò a ogni controllo e si arrese a un orgasmo tra-volgente, stretta dalle forti braccia di Quin. Infine lui la distese con delicatezza sul giaciglio di pellicce, senza rompere l'unione dei corpi. Brenna continuò per qualche istante a fremere di piacere. Infine riuscì ad aprire gli occhi e si accorse che Quin non sorrideva.

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Mai, nemmeno in sogno, Quin si era figurato una not-te come quella. Nemmeno dopo avere emesso il seme dentro di lei, era riuscito a staccarsi, ma aveva conti-nuato ad abbracciarla, accarezzando le curve armonio-se della schiena. «Come ti senti, a stór?» Lei sollevò il capo per guardarlo in viso. «Non ho più paura.» «Grazie a Dio.» Si ritirò da lei, ma continuò a strin-gerla al petto. Trattenendola in quel modo, pelle con-tro pelle, aveva quasi l'impressione di renderla una parte di se stesso. Aveva immaginato che Brenna fos-se capace di passione, ma non che avesse bisogno di esercitare un certo controllo per raggiungere l'appaga-mento. Le baciò il volto e la gola, accarezzandole le cosce e avvicinandosi al dolce centro della femminilità. Lei si girò e gli posò le mani sul petto. «Cosa fai, Quin?» Lui le rivolse un sorrisino malizioso. «Recupero il tempo perduto. E mi assicuro che tu senta la mia man-canza, mentre sarò in viaggio.» La penetrò con le dita, sentendo la calda umidità che rivelava l'eccitazione. Per lui, era troppo presto per un nuovo amplesso, tut-tavia le voleva dimostrare altri modi per risvegliare i

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sensi. Brenna rispose al sorriso, e subito dopo emise un gemito di piacere. Fremette quando lo sentì stuzzicare il punto più sensibile. Sollevò il bacino e iniziò a muoversi ritmicamente, premendosi contro le sue dita. La sensazione era deliziosa. «Penserai a me quando sarò lontano, Brenna?» scherzò Quin, poi la penetrò ancora. Le ardite carezze proseguirono fino a condurla di nuovo all'apice del godimento. Brenna si avvinghiò a lui, trattenendo a stento un grido. La sua espressione sorpresa ed esta-siata lo colmò di delizia. «Vorrei tanto che non dovessi andartene» gli di-chiarò, dopo averlo baciato con passione sulla bocca. «E mi pento di non averti risposto di sì tanti mesi fa.» «Tornerò da te, Brenna, lo giuro.» L'alba interruppe la notte d'amore. Quin salì a bor-do della nave e Brenna rimase sulla spiaggia a guar-darlo. Era duro, per lui, lasciarla sola a riva, discosta dagli altri. Mentre si allontanava tra le onde, non di-stolse mai lo sguardo da lei. Era sua moglie e rappresentava il principale motivo per tornare indietro. Tuttavia, mentre il vento gonfiava la vela, portan-dolo al largo, Quin temette di non rivederla mai più.

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Laochre era diventata per Brenna una seconda casa. Quando la Regina Isabel aveva scoperto la sua abilità nella tessitura, l'aveva incaricata di creare arazzi per il castello. Col passare delle settimane, molte bambine erano venute ad assistere al lavoro, e così Brenna ave-va iniziato a istruirle. Laggiù, nessuno la trattava in modo diverso dagli altri. In quanto moglie di Quin, era considerata una MacEgan. Eppure sentiva da morire la mancanza dello sposo. Ogni sera tornava sulla spiaggia ad aspettare il suo ritorno. I mesi trascorrevano l'uno dopo l'altro, senza che se ne scorgessero tracce. Arrivò e passò anche la notte di mezza estate. Ormai Brenna temeva il peggio. Dopo un altro mese ancora, mentre lei era al telaio, Liam MacEgan si precipitò nella stanza. «Brenna, è arrivata la nave!» Lei lanciò quasi in aria le matasse di lana, per la fretta di seguire il ragazzino fino alla riva del mare. I naviganti stavano già correndo nell'acqua bassa, pronti ad abbracciare le persone amate. Tutti e sei i prigio-nieri erano stati liberati: Quin era riuscito nell'impresa. Brenna sorrise di gioia e di sollievo. Con il cuore che martellava in petto, rimase a guar-dare mentre sbarcava l'ultimo uomo. Si muoveva con

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maggior lentezza degli altri. Appena lo riconobbe, lei si portò una mano alla gola. Aimon. Un ronzio le rimbombò nelle orecchie e la confu-sione la sopraffece. Aimon era morto: così aveva af-fermato Quin. Le aveva forse mentito? Brenna rifiutava di credere che l'avesse tradita a quel modo. Eppure, nel giro di pochi minuti, Aimon le fu di fronte. I capelli biondi erano cresciuti e l'atteggiamen-to non era più calmo e pacato come un tempo. Al con-trario, i lineamenti erano distorti dalla collera e gli oc-chi castani la fissavano con ostilità. «Ero convinta che foste morto» sussurrò Brenna. Non sapeva cosa pensare, poiché Quin non era spunta-to dalla nave. Lo sguardo duro di Aimon non lasciava trapelare alcuna solidarietà. «Ero ferito, non defunto.» Le affer-rò un polso, sotto gli occhi di parecchi membri del clan MacEgan. «Comunque ho saputo che non mi a-vete aspettato.» Sconvolta com'era, Brenna non prestò quasi atten-zione alle sue parole. E dov'era Quin? Si era fatto ma-le? Senza lasciarle nemmeno il tempo di aprire bocca, Aimon le diede un violento strattone, che la fece cade-re a terra. Premendo i palmi sulla sabbia, lei lo guardò con occhi gonfi di lacrime. Ruarc MacEgan corse a-vanti per soccorrerla, ma Aimon gli diresse un'occhia-taccia. «Ho passato gli ultimi mesi a lottare per rimanere in vita. Per lei» gli gridò con furia. «Non è altro che la figlia di una sgualdrina. Ha avuto fortuna a trovare qualcuno disposto a sposarla.» Sputò a terra. «Buon sangue non mente, vero Brenna? Siete diventata anche voi una donnaccia.»

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I volti esterrefatti dei MacEgan la fecero arrossire di vergogna. Non sapevano nulla di sua madre. Aimon non avrebbe potuto umiliarla di più. Honora MacEgan si avvicinò e l'aiutò ad alzarsi in piedi. Cingendole la vita con un braccio, fulminò con lo sguardo Aimon e posò l'altra mano sull'elsa della spada. «Adesso basta. Brenna è sposata con Quin; or-mai è una di noi.» Dermot le raggiunse, serio in volto. A bassa voce, spiegò: «Ignoravamo che Aimon fosse sopravvissuto. Nessuno di noi lo sapeva». Brenna lo fissò negli occhi. Tremava, ma riuscì lo stesso ad annuire. «Dov'è Quin?» «Si è consegnato ai Mori» spiegò Dermot, «per ot-tenere la liberazione di Aimon.» Il cuore di Brenna s'infranse in mille pezzi. Quin si era sacrificato per lei. Calde lacrime le inondarono il viso, ma Aimon la guardò con disprezzo. «Vi starebbe bene se morisse.»

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Finì l'estate e venne l'autunno. Brenna era sempre più abbattuta. Sebbene Isabel e Honora tentassero in ogni modo di coinvolgerla nelle attività del clan, lei si ritira-va nella solitudine. La tristezza e la paura non l'abbandonavano mai. Tuttavia quella notte si era alzata dal giaciglio, oppres-sa dall'angoscia, ed era andata a camminare sulla spiaggia. Una donnaccia, l'aveva definita Aimon. L'insulto non significava nulla per i MacEgan, che avevano ri-mandato Aimon presso gli Ó Neill, ma per lei era bru-ciante. Si era gettata tra le braccia di Quin, senza ver-sare nemmeno una lacrima per la presunta morte del fidanzato. Sì, lo aveva tradito, non soltanto con il fisi-co, ma anche con il cuore. Aveva sempre amato Quin. Da quando l'aveva dife-sa dai due ragazzi nella foresta alla notte in cui l'aveva aiutata a vincere la paura della passione. Brenna si era donata a lui, anima e corpo. E le mancava più che mai. La luna si rifletteva sul piccolo canale che sfociava in mare, mentre le onde s'infrangevano placide sul ba-gnasciuga. Nessun vascello lo avrebbe riportato a casa. Anche se il re aveva inviato alcuni uomini a cercarlo, nulla dimostrava che fosse vivo.

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Brenna guardava l'acqua scura, mentre lacrime or-mai abituali le inumidivano gli occhi. Soltanto una pic-cola imbarcazione si scorgeva in lontananza; forse era un pescatore, pronto a rientrare con il carico di pesce. Ancora una volta, lei sarebbe rincasata sola. Tuttavia qualcosa la trattenne. Nel riportare lo sguardo sulla barca, infatti, ebbe l'impressione di rico-noscere una figura. I remi fendevano le onde a ritmo sostenuto: nessun pescatore si sarebbe mosso a quella velocità. Un debole barlume di speranza si accese nel suo cuore. E quando la luna spuntò da dietro una nuvola, Brenna scoppiò a piangere. Quin gettò da parte i remi e saltò in acqua per cor-rerle incontro. La cinse con le forti braccia e lei si ag-grappò alle sue spalle. Seppur dimagrito, era sano e salvo: solo questo contava. «Ti amo» sussurrò Brenna, posando le labbra sulle sue. Quin la baciò con ardore, danzando con la sua lin-gua. Fu sufficiente per ricomporre il suo cuore spezza-to. Quando il bacio terminò, Quin le posò le dita a cop-pa sotto il mento. «Te lo assicuro: ignoravo che Aimon fosse vivo» dichiarò. «L'avevo visto cadere durante il combattimento.» «Padraig mi ha già spiegato tutto» rispose Brenna, coprendogli la bocca con il palmo della mano. «Io ave-vo giurato di aspettarti, anche per mesi o anni.» «Ho pensato a te in ogni istante, per l'intera stagio-ne» le assicurò Quin. «E trovarti qui in attesa...» Inca-pace di proseguire, si ritrasse. Sorpreso, le tastò il ventre arrotondato, sotto le pie-ghe del vestito. Il piccolo che andava crescendo in grembo sembrò avvertire la presenza del padre e reagì con un debole calcio. Quin rispose con una tenera ca-rezza, poi abbracciò di nuovo Brenna.

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Le toccò ancora l'addome, con un sorriso radioso. «Quando nascerà nostro figlio?» «Durante l'inverno.» Estasiato dalla notizia, la baciò con rinnovata pas-sione. «Ti amo, Brenna. Ora e per sempre.» «Ti amo anch'io, Quin.» Lo prese per mano e s'in-camminò con lui sulla spiaggia. Poi gli baciò il palmo, recitando tra sé una silenziosa preghiera di ringrazia-mento. «Bentornato a casa.»