Verona è luglio 2011

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Quinta Parete V erona cultura e società mensile on-line www.quintaparete.it Anno II - n. 7 - Luglio 2011 Diretto da Federico Martinelli Scienza Ibernazione: istruzioni per l’uso Eventi La magica lirica in Arena Sport Schumi e il podio mancato Sarà forse il vero elisir di lunga vita? Il lavoro di Robert Ettinger per la criogenetica È cominciato con successo l’89° Festival Areniano. Fino al 3 settembre, 49 serate imperdibili Nel Gran Premio del Canada, il “Kaiser” ha sfiorato quel traguardo che ancora aspetta a pagina 21 a pagina 4 a pagina 24 Blues, per passione e per una buona causa ni meteorologiche non fossero state molto favorevoli. La serata è stata condotta dalla bravissi- ma Mariangela Bonfanti, che ha presentato i diversi artisti che si sono esibiti. Durante l’e- vento, è stata ricordata in modo particolare Greta, una ragazza della UILDM recentemente scomparsa, che avrebbe dovuto cantare. Greta potrebbe esse- re definita una vera “Paladina della Vita”, perché la forza, la voglia di vivere e l’Amore che ha trasmesso, malgrado la ma- lattia e la difficile situazione, hanno trasformato la vita di chi l’ha conosciuta. Lo stesso Rudy Rotta, visibilmente commosso, le ha dedicato il pezzo “You’re gone”. Sul palcoscenico anche Matteo Begali, un ragazzo del- la UILDM, che ha duettato con Giulia Rotta (figlia di Rudy) nel pezzo “Luce” di Elisa, e con lo stesso padrone di casa nell’in- tramontabile “Imagine”. La musica, unita alla voglia di lot- tare presente in tutto coloro che quotidianamente combattono con queste malattie, riesce dav- vero a compiere miracoli. - Com’è stato il tuo ingresso alla UILDM? Tramite mia figlia Giulia, che ha fatto volontariato vari anni alla UILDM e mi ha fatto co- noscere tutti voi. È stata pro- Segue a pag. 2 La musica e la solidarietà che si fondono. È questo lo spettacolo che si è tenuto al Teatro Roma- no di Verona sabato 18 giugno in occasione dei quarantanni di attività della UILDM di Ve- rona ONLUS (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare). Il veronese Rudy Rotta, gran- dissimo bluesman di fama in- ternazionale, è riuscito a riu- nire alcuni amici come Aldo Tagliapietra (voce storica delle Orme), Filippo Perbellini, Luca Olivieri, Claudio “Biffo” Bas- si, La Carboneria, le HillBilly Soul, Sbibu e molti altri musi- cisti, creando un preziosissimo ventaglio di artisti che si sono esibiti, per beneficenza, invi- tando il pubblico a sostenere la UILDM con un’offerta libera. Energia, emozione e una qua- lità musicale eccellente hanno conquistato i presenti, facendoli rimanere malgrado le condizio- www.ewakesolutions.it Progettazione e realizzazione web Realizzazione software aziendali Web mail - Account di posta Via Leida, 8 37135 - Verona Tel. 045 82 13 434 Verso l’infinito e oltre di Valentina Bazzani - fotografie di Chica Coltri Intervista a Rudy Rotta in occasione di un evento musicale di solidarietà La figlia Giulia Rotta canta con un amico della UILDM

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Il nuovo numero del nostro mensile on-line

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Q u i n t a P a r e t eVeronacultura e società

mensile on-linewww.quintaparete.it

Anno II - n. 7 - Luglio 2011 Diretto da Federico Martinelli

Scienza

Ibernazione: istruzioni per l’usoEventi

La magica lirica in ArenaSport

Schumi e il podio mancatoSarà forse il vero elisir di lunga vita? Il lavoro di Robert Ettinger per la criogenetica

È cominciato con successo l’89° Festival Areniano. Fino al 3 settembre, 49 serate imperdibili

Nel Gran Premio del Canada, il “Kaiser” ha sfiorato quel traguardoche ancora aspetta

a pagina 21a pagina 4 a pagina 24

Blues, per passione e per una buona causa

ni meteorologiche non fossero state molto favorevoli. La serata è stata condotta dalla bravissi-ma Mariangela Bonfanti, che ha presentato i diversi artisti che si sono esibiti. Durante l’e-vento, è stata ricordata in modo particolare Greta, una ragazza

della UILDM recentemente scomparsa, che avrebbe dovuto cantare. Greta potrebbe esse-re definita una vera “Paladina della Vita”, perché la forza, la voglia di vivere e l’Amore che ha trasmesso, malgrado la ma-lattia e la difficile situazione,

hanno trasformato la vita di chi l’ha conosciuta. Lo stesso Rudy Rotta, visibilmente commosso, le ha dedicato il pezzo “You’re gone”. Sul palcoscenico anche Matteo Begali, un ragazzo del-la UILDM, che ha duettato con Giulia Rotta (figlia di Rudy) nel pezzo “Luce” di Elisa, e con lo stesso padrone di casa nell’in-tramontabile “Imagine”. La musica, unita alla voglia di lot-tare presente in tutto coloro che quotidianamente combattono con queste malattie, riesce dav-vero a compiere miracoli.

- Com’è stato il tuo ingresso alla UILDM?

Tramite mia figlia Giulia, che ha fatto volontariato vari anni alla UILDM e mi ha fatto co-noscere tutti voi. È stata pro-

Segue a pag. 2

La musica e la solidarietà che si fondono. È questo lo spettacolo che si è tenuto al Teatro Roma-no di Verona sabato 18 giugno in occasione dei quarantanni di attività della UILDM di Ve-rona ONLUS (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare). Il veronese Rudy Rotta, gran-dissimo bluesman di fama in-ternazionale, è riuscito a riu-nire alcuni amici come Aldo Tagliapietra (voce storica delle Orme), Filippo Perbellini, Luca Olivieri, Claudio “Biffo” Bas-si, La Carboneria, le HillBilly Soul, Sbibu e molti altri musi-cisti, creando un preziosissimo ventaglio di artisti che si sono esibiti, per beneficenza, invi-tando il pubblico a sostenere la UILDM con un’offerta libera. Energia, emozione e una qua-lità musicale eccellente hanno conquistato i presenti, facendoli rimanere malgrado le condizio-

Società13Novembre 2010eronacultura e società

V èQ u i n t a P a r e t e

Omologati in TV. Peggio, omoge-neizzati. No, non mi riferisco aiprogrammi televisivi, che sem-brano tutti “fatti con lo stampino”da almeno dieci anni, peggio an-cora dei vari telegiornali che sonoproprio tutti uguali.Sto parlando dei concorrenti delGrande Fratello, tutti conformi a unmodello standard tristissimo, quellodella volgarità estrema. Sì, la volga-rità dei gesti, delle parole, degli at-teggiamenti è il denominatorecomune che unisce, tra loro, quasitutti i reclusi della “casa”. E li uni-sce anche alla presentatrice, Alessiaa gambe sempre aperte Marcuzzi. Mapossibile che nessuno abbia maifatto notare a questa povera ra-gazza – addirittura capace la scorsaedizione di sedersi sul pavimentodello studio, sempre rigorosamentea gambe aperte, spalancandoun’ampia panoramica sulle propriabiancheria intima – che, in video,assume delle posture che fanno a

pugni con un minimo di eleganzae di buon gusto? Oddio, non è chesiano tanto più signorili gli autoridella trasmissione, che ricordano aogni piè sospinto il premio finale dialcune centinaia di migliaia euro,come fosse l’unica molla a spingerequesta variopinta umanità aesporre le proprie miserie alla vistadi qualche milione di guardoni. Equi cominciano le rogne vere, per-ché sarebbe necessaria una com-missione di psicologi, sociologi eantropologi per cercare di capireche cosa possa indurre alcuni mi-lioni di persone normali ad abbrut-tire il proprio spirito davanti alleincredibili esibizioni dei “ragazzidella casa”. Forse la solita voglia disentirsi migliori?A farci respirare, fortunatamente,c’è la Gialappa, che non ne lasciapassare una sia alla conduttrice siaai concorrenti. Di più, per farci ca-pire il livello di squallore (o di cru-deltà?) dell’ufficio casting del

programma, non ha mancato diproporre una selezione – mamma-mia! Una selezione… Chissà glialtri! – dei provini, dove quasi nes-suno dei candidati, per esempio, hasaputo dare una risposta sensata, oalmeno non insensata, alla richiestadi dichiarare il proprio “tallone diAchille”.A ben pensarci, coloro che neescono meno peggio sono proprioi reclusi del Grande Fratello. Perchéfanno pena, fino alla tenerezza. Ab-bagliati dal miraggio di diventareVip, e di guadagnare un sacco diquattrini, si prostituiscono fino a unpunto di non ritorno, rimanendomarchiati a vita da quel suffisso –“del Grande Fratello” appunto –che li accompagnerà per tutta lavita. Pochi finora hanno avuto lacapacità di affrancarsene, e di fardimenticare questa squallida ori-gine mediatica. Per tutti, Luca Ar-gentero; e pochi altri che si possonocontare sulle dita di una sola mano.Non ritengo sia indenne da questobaratro di volgarità l’editore ditanto spettacolo. Vorrei chiedergli – se mai fosse per-sona abituata a rispondere alle do-mande – se sarebbe contento di farassistere i suoi figli adolescenti, o isuoi nipoti, a una porcheria simile.Ma forse conosco la risposta, diret-tamente ispirata dal dio denaro.Mi sono sempre ribellato a ogniforma di censura, come espressionedella più proterva volontà di an-nientare, nella gente, il senso e lacapacità di critica. Ma devo dire

che, di fronte a questo osanna allavolgarità, comincio a capire quellastriscia di carta bianca, incollata, aitempi della mia adolescenza, suimanifesti e le locandine dei film edegli spettacoli più “sconvenienti”,che prescriveva «V.M. di 16 anni».Forse, adesso, sul cartellone delGrande Fratello si dovrebbe scrivere«V.M. di 99 anni»…Per continuare con il giro di volga-rità e stupidità sui media di oggi, virimando all’ultima pubblicità diMarc Jacobs. Ma tenetevi forte, eh!

Tutti vediamo la volgarità del GrandeFratello, ma nessuno ne parla

Sono in video, ergo sumdi Silvano Tommasoli [email protected]

Vi diremo qualsiasi cazzata vorrete sentire

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Verso l’infinito e oltredi Valentina Bazzani - fotografie di Chica Coltri

Intervista a Rudy Rotta in occasione di un evento musicale di solidarietà

La figlia Giulia Rotta canta con un amico della UILDM

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Luglio 20112 Musica

Segue dalla prima

prio lei a portarmi all’interno di questa vostra famiglia, devo ringraziare lei.

- Come ti è venuta l’idea di un con-certo per la uildm?

Qualche anno fa avevamo già fatto un concerto per la UILDM a porte chiuse a Quinzano, con alcuni musicisti presenti anche sabato scorso al Teatro Roma-no. Poi dovevamo fare un con-certo a Corte Molon, saltato a causa del tempo e quindi ab-biamo detto: “se dobbiamo gio-carci una carta giochiamoci un asso”. E quindi abbiamo pensato a un super evento come questo. Ho la fortu-na di avere molti amici nel campo della musica che hanno risposto con grande entusiasmo a questo invito. La partecipazioni di questi colleghi è stata una delle cose che più mi ha cari-cato, oltre alla presenza dei ragazzi della UILDM. L’amore e la passione che ci hanno messo i musici-sti, sono stati guidati da motivazioni assolutamente gratuite e forse proprio per questo state autentiche. Molti pezzi erano quasi completamente improvvi-sati regalando musica di alta qualità ma al contempo di nicchia. I personaggi che si sono esibiti sul palcoscenico del Teatro Romano sono tutti arti-sti di grande spessore musicale fortemente motivati e convinti dall’importanza di un evento come questo. Tutti coloro che hanno suonato hanno raccolto

una ricchezza di emozioni impa-gabile, perché noi avremmo emozio-nato il pubblico, ma i ragazzi han-no emozionato noi. Personalmente mi sono commosso quando ho sentito cantare mia figlia Giulia con Mat-teo Begali, amico della UILDM… queste cose non hanno prezzo e rimarranno per sempre nel casset-to del cuore.

- Cosa rappresenta per te la musica?

Tutto. Nel senso che al di là degli affetti, la musica per me rappresenta la mia vita Io mi sveglio alla mattina suonando. Non suono tutto il giorno ma continuo a pensare ai miei pez-zi, a come arrangiarli, a come potrei riproporli. Essendo una musica di nicchia però devo stare attento alle mie mosse, a quello che faccio e a come lo faccio. La stima e la credibili-tà che acquisisci nel corso degli anni da un lato ti dona tantissi-me soddisfazioni, dall’altro an-

che qualche amarezza perché ci sono delle occasioni in cui dovresti esserci ma non ci sei per tanti motivi che potrebbe-ro essere politici, il colore della pelle ecc. Fare l’artista non è fa-cile, è molto più facile fare l’im-piegato della musica lavorando come juke box... ma lavorare

meccanicamente così non ap-paga veramente. Io non sono un impiegato della musica.

- Tu quindi sei riuscito a coronare un tuo sogno…

Alla fine sì perché personaggi ai quali negli anni ’70, primi anni ’80, chiedevo un autografo ora mi è già capitato che si sono esibiti sul palcoscenico con me e mi hanno chiesto: ma ti è pia-ciuto quello che ho fatto o cam-bieresti qualcosa? Tutto quello che sono riuscito a ottenere lo devo soprattutto alla Musica e all’Amore per la musica, prima ancora che all’Amore del pal-coscenico. Andare sul palco e cantare un pezzo che conosco-no tutti avrai molte possibilità di avere successo, ma esibirsi in un festival dove solo il 30% del pubblico ti conosce è una sfida, perché nel secondo caso conquistare la gente con la tua musica diventa una vera vitto-ria. Talvolta il pubblico ha dei gesti veramente commoventi e si crea una sintonia fantastica.

- Com’è la giornata di un bluesman di fama internazionale?

La mia è tutto sommato nor-male, anomala nel settore della musica. Non avendo mai fatto

uso di droghe o di alcol la mia vita è sport, mangiare bene, cercare di vivere fuori dallo stress e dal business e dedicar-mi ai miei affetti. Dedico ogni giorno il mio tempo alla cura del mio corpo, senza farne un’idolatria. E poi con gli anni sono diventato molto selettivo

nelle amicizie e nelle persone che frequento. Cerco di coglie-re delle motivazioni importanti dalla gente che frequento. Sono rimasto molto colpito dalla scomparsa di Greta e, lo dico in anteprima e mi auguro che si realizzerà, ho in mente di scrivere una canzone dedicata a lei ma non in maniera esplici-ta. Probabilmente il titolo sarà qualcosa del tipo “La canzone che non hai mai cantato”, visto che anche lei al Teatro Roma-no avrebbe dovuto cantare con noi. Queste sono le emozioni autentiche che condizionano il mio lavoro. Ricordiamoci sem-pre che la Musica è una forma d’arte.

- Ci sono delle figure che ti ispirano?

Ce ne sono state diverse. A li-vello umano le mie figlie, i miei genitori, i miei nipoti. A livello artistico invece sono cresciuto con il panorama musicale inter-nazionale della Svizzera degli anni ’60 che offriva i Beatles, i Rolling Stones, Ray Char-les, Stevie Wonder, Aretha Franklin, James Brown… quin-di sono cresciuto con il massi-mo e sono tante le mie influen-ze musicali. Ecco perché faccio il polemico quando mi vengono a chiedere cosa ne penso della

musica italiana, soprat-tutto nel campo del rock e del blues. I Beatles restano un punto fermo nella mia vita, tanto che anni fa ho registrato anche un disco “Beatles in blues”, ma de-testo le forme maniacali che molte persone han-no. Ho sempre cercato di ascoltare cose che potesse-ro darmi uno stimolo per i miei pezzi.

- Un messaggio ai nostri lettori per concludere.

Continuare andare avanti, ognuno deve fare ciò che può. Per quanto riguarda

i giovani, sia come ascoltatori, che come artisti, di prendere come punti di riferimento musi-cali personaggi autentici e veri, che comunichino cose vere e donino voglia di vivere. Il mon-do della musica è trasgressivo di suo, è importante prendere come modelli personaggi sani.

Rudy e il suo gruppo di musicisti con Valentina Bazzani sul palco (a sin)

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di Stefano Campostrini

Appuntamenti culturali

Si profila un mese assolutamen-te interessante questo luglio. Numerosissime sono le possibili-tà di svago che vanno dal teatro alla musica, dal cabaret all’arte, dal cinema ai dibattiti. Segna-liamo innanzitutto l’iniziativa “Estate a Sona” organizzata dal Teatro Impiria, che ha luogo a Sona e dintorni, iniziata il 16 giugno ma che continuerà sino a fine agosto. I prossimi appun-tamenti teatrali saranno “Toc-cata e fuga”, il 7 luglio a Luga-gnano, una commedia a sfondo amoroso di Derek Benfield, continuando con “A qualcuno piace Zorro” di Paolo Panizza del Zarathustra Teatro, il 14 lu-glio a Sona. Si prosegue a San Giorgio in Salici il 21 luglio con “Ultima chiamata” di Andrea Castelletti, spettacolo tratto dal film “Phone Booth”. A chiudere il mese il 28 luglio a Corte Tac-coni di Palazzolo è “Niente ses-so, siamo inglesi” di Marriot e Foot, proposta dall’Accademia di Teamus.Il programma di agosto inizie-rà il 4 a Villa Trevisani di Sona con un’altra commedia con “Le sorprese del divorzio” di Bisson e Mars, con la compagnia del Piccolo Teatro di Sacile. Pro-seguendo nell’ambito teatrale il 30 agosto toccherà ad “Assas-sinate la zitella”, di Giancarlo Pardini a cura della compagnia teatrale La Zattera, completare la rassegna sempre a Villa Tre-visani.Gli spettacoli di agosto inizie-ranno alle 21 mentre quelli di luglio alle 21.15. Il biglietto ha un costo di 5€ intero, 4€ ridotto e ingresso gratuito per i bam-bini sotto i 12 anni. In caso di tempo avverso le serate avran-no luogo nel teatro parrocchiale di Sona. Per informazioni con-tattare il numero 045.6091207 o l’indirizzo mail [email protected] nel contesto di “Estate a Sona” avranno luogo anche alcune serate di intrattenimento anche musicale. La Festa di San Quirico è una di queste, si svol-gerà dall’8 all’11 luglio sempre a Sona: musica dal vivo, stand

gastronomici e naturalmente ingresso libero. La serata con-clusiva sarà il 30 luglio al quar-tiere San Quirico in occasione del 3° torneo Giovanni e Ales-sandro Fasoli, con The Monta-gues in concerto dalle ore 21.Altra occasione interessante è “Sona in quattro passi”, cam-minata serale accompagnata da lettura di poesie, con parten-za alle 21 da Guastalla Nuova e arrivo a Guastalla Vecchia con rinfresco (info: 3382482447).

Il 6 agosto a Villa Bressan in loc. San Rocco di San Giorgio in Salici, concerto liri-co in memoria del tenore Giu-seppe Lugo, nativo della zona.Gran finale dal 23 al 25 agosto con le esibizioni di alcuni grup-pi di stampo black in occasione del “Coast to Coast Festival”, viaggio nelle radici musica-li degli Stati Uniti; dalle ore 21 a Villa Trevisani in Piazza Roma.

La provincia è tutto un festivalIl nostro territorio si riempie di sagre, eventi, rassegne e tanto altro da non perdere

Luglio 2011 3Teatro/Eventi

Ce n’è per tutti

Tante altre proposte sono poi sparse su tutta la pro-vincia. Ecco un elenco informativo, per appassio-nati o semplici curiosi.- Festival del Garda: musica sulle sponde del lago tra la provincia di Brescia e la nostra, da luglio a fine agosto. Info www.ilfestivaldelgarda.it- ad Opera d’Arte: rassegna teatrale tra il centro e il nord della provincia nel mese di luglio e finale a settembre, a cura di Fondazione Aida (www.fon-dazioneaida.it)- Estate Zeviana: fino al 7 agosto musica, teatro, danza e cabaret. Info www.comune.zevio.vr.it o 045.6068411- San Giò Artfestival: tanta musica per tanti ge-neri dal 1° luglio all’11 settembre. Info www.cultu-ralupatotina.it- Voci e Luci in Lessinia: ri-scoprire il magico territorio montano a nord, tra musiche, percorsi, ospitalità. Info www.vocieluciinlessinia.net- Cinema al Cortile di S. Teresa: per tutto lu-glio fino al 5 agosto proiezioni all’aperto. Info www.teatrosantateresa.org- Italian bodypainting festival: interessante ini-ziativa il 9 luglio a Villa Carrara Bottagisio di Bar-dolino, dalle 12 fino a sera. Concorso e mostre fo-tografiche, info www.italianbodypaintingfestival.it- La sera in riva al fiume: alla terrazza sull’Adi-ge del Circolo Ufficiali di Castelvecchio, musica e teatro in 4 serate. Segreteria tel. 045.8002868, info www.teatroimpiria.net- Estate Teatrale Arena Torcolo: a Cavaion Veronese commedie in dialetto e non, proposte da diverse compagnie.- XVII Film Festival della Lessinia: vita, sto-ria e tradizioni in montagna, a Bosco Chiesanuova dal 20 al 28 agosto. Info www.filmfestivallessinia.it- Corte Molon, il teatro è servito: a teatro sotto le stelle fino al 28 agosto. Via della Diga 17, Verona. Info www.cortemolon.it- Music festival Pianura Veneta: seconda edi-zione di concerti classici in programma nelle pro-vince di Vr, Ro, Pd.- Estate Musicale Maffeiana: al Museo Lapi-

dario di P.zza Bra dal 4 luglio al 1° agosto, musi-che di grandi compositori. Info 348.9973438 - 347.6855925- Teatrofarm: il Teatro sull’Aia della Fattoria Di-dattica Giarol Grande nel Parco dell’Adige Sud a Verona, a cura del Teatro Impiria. Info www.fatto-riagiarolgrandevr.it- Estate Teatrale al Castello di Montorio: programma di spettacoli fino a settembre, a cura dell’Associazione Due Valli- Valpolicella Live: in questo mese grandi star della musica all’Area Fiere di Sant’Ambrogio. In esclusiva anche Romeo e Giuliet on the water. Info www.ocliseventi.com- Teatro in Corte: in alcuni comuni della Bassa Veronese serate teatrali dirette da Officina Eventi e Comunicazione. Info www.officinaeventi.it- Estate Teatro Parona: poco fuori Verona tanti spettacoli di teatro e musica in luglio e agosto. Info 348.0048783- E...state a San Martino: sempre poco distante dal centro città musica, danza, teatro e cinema nei mesi estivi.- Note in Villa: 150 anni di musica nei dintorni di Castelnuovo del Garda, con temi musicali e mostre d’arte. Info www.amicimusicalagodigarda.it- Est Veronese Festival: teatro e musica tra Soave, Illasi e circondario. A cura dello IAT, info 045.6190773- Riso & Riso: incontri cultural-gastronomici sul-la strada del riso nelle tradizionali zone di produ-zione. Info www.vivaoperacircus.it e www.strada-delriso.it- Arte Musica e Spettacolo a Concamarise, nel-la ex chiesa antica di S. Lorenzo e S. Stefano. Info 349.5715926- Apeteatro: teatro in piazza per famiglie e bambi-ni il 4 settembre a Valeggio e l’11 settembre a Gaz-zolo d’Arcole. A cura del Teatro Stabile di Verona- Il Risorgimento a Verona e nel Veronese: nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia rievocazio-ni storiche in vari comuni in affascinanti località.

www.provinciainfestival.it

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Luglio 20114 Musica

Verso l’infinito e oltredi Francesco Fontana

Dopo l’inaugurazione del 17 giugno con La Traviata di Giu-seppe Verdi, l’89º Festival Liri-co dell’Arena di Verona accom-pagnerà, come di consueto, l’e-state veronese nei mesi di luglio, agosto e settembre.La Traviata vede la regia di Hugo de Ana e la direzione d’orchestra di Carlo Rizzi, de-buttante in Arena. Sulla scena, nelle vesti di Violetta, vedremo la cantante soprano albanese Ermonela Jaho, interprete di livello internazionale con gran-dissima esperienza nei più pre-stigiosi teatri del mondo, che si alternerà nel ruolo con Lana Kos e Inva Mula. Tra gli altri interpreti ci saranno il tenore Francesco Demuro e Francesco Meli, che si avvicenderanno nei panni di Alfredo, e il baritono bulgaro Vladimir Stoyanov, che sarà Giorgio Germont. Dopo le serate del 17 e del 24 giugno sono in programma ben altre 7 repliche previste per le date del 2, 12, 16, 21 e 28 luglio e 4 e 11 agosto.Aida di Giuseppe Verdi in-vece sarà rappresentata per ben quindici serate. L’opera, quest’anno con l’allestimento storico del 1913 di Ettore Fagiu-oli, dopo l’esordio del 18 giugno

e le repliche del 26 e 30, andrà in scena infatti il 10, 13, 17, 19, 24, 26, e 30 luglio, il 7, 14, 28, 31 agosto e il 3 set-tembre. L’opera verdiana, per la regia di Gian-franco de Bosio, vedrà sul palco-scenico nel ruolo di Aida Micaela Carosi, che si alternerà con Amarilli Nizza, Hui He e Lu-crezia Garcia. Ad interpretare Radamès saranno invece Fabio Armiliato, Sal-vatore Licitra, Carlo Ventre, Walter Fraccaro e Marcello Giordani. L’opera prevede an-che tre debutti, seppur in ruoli minori: Gustáv Beláček (Il Re), Francesco Pittari (Un messaggero) e Giorgia Bertagni (Sacerdotessa).Il Barbiere di Siviglia di Gioac-chino Rossini, che ha esordito lo scorso 25 giugno in Arena, presenta invece un gran nu-mero di debuttanti sulla sce-na, che interpreteranno anche personaggi principali. Si potrà

apprezzare la voce tenorile di Antonino Siragusa, nei panni del Conte d’Almaviva, che si avvi-cenderà nel ruolo con Lawren-ce Brownlee. Aleksandra Kur-zak e Rocio Ignacio saranno invece Rosina. A vestire i panni di Figaro sarà invece il baritono greco Aris Argiris, una delle voci più promettenti a livello internazionale, che si alternerà nelle serate in programma con Dalibor Jenis. Dopo la replica del primo luglio andranno in scena altre quattro serate nelle

Il grande festival della LiricaSei titoli in programma e 49 serate per l’89° Festival Lirico in Arena

Sopra l’Arena riempita nella sua affascinante cornice e qui in basso una scena di balletto in “Aida”

date dell’8, 14, 22 e 29 luglio.L’opera di Giuseppe Verdi Na-bucco, presentata con particolari scenografie celebrative del 150º dell’Unità d’Italia, avrà il suo esordio nella cornice areniana il 9 luglio, con repliche previ-ste per il 15, 20, 23, 27 luglio, il 5,12, 21 e 25 agosto e, in con-clusione, il primo settembre. Ad avvicendarsi nel ruolo di Nabuc-co saranno Ambrogio Maestri, Marco Vratogna, Leonardo López Linares e George Ga-gnidze.La Boheme di Puccini andrà in scena invece solo a partire da agosto. Il 6 toccherà alla prima serata, con interprete Fiorenza Cedolins, nei panni di Mimì, che si alternerà nelle serate in programma con la debuttante in Arena Maria Agresta. Mar-celo Álvarez sarà invece Rodol-fo. Le repliche si terranno nelle

date del 13, 19, 26, 30 agosto e 2 settembre.La sesta opera in programma è Roméo et Juliette di Charles Gounod, in scena dal 20 agosto con i giovani Nino Machaidze e Stefano Secco nelle vesti dei protagonisti. Altri interpreti saranno Ketevan Kemoklidze (Stéphano), Jean-François Borras (Tybalt), Paolo Antognietti (Ben-volio), Artur Rucinski (Mercutio) e Gianpiero Ruggeri (Grégorio). Le repliche avranno luogo il 24 e 27 agosto.

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Luglio 2011 5Musica

Verso l’infinito e oltre

Eventi Verona: che luglio!Interessanti appuntamenti tra Arena di Verona e Castello Scaligero di Villafranca

di Francesco Fontana

sta da: Ian Gillan (voce), Steve Morse (chitarra), Roger Glover (basso), Don Airey (tastiere) e Ian Paice (batteria).Il 22 luglio al Castello di Zevio si esibirà invece il cantante Raf. Mentre al Castello Scaligero di Villafranca il 24 luglio sarà la volta del cantautore Franco Battiato. Sempre a Villafranca, la sera del 30 luglio, arriverà Ben Harper, per la tappa del tour che accompagna l’uscita del suo ultimo album “Give Till It’s Gone”.

Nel mese di luglio gli appun-tamenti con gli spettacoli di Eventi Verona sono moltissimi e di grandissima qualità. Si co-mincia con i Gogol Bordello, una delle live band più coinvol-genti, che si esibirà la sera del 9 luglio a partire dalle 21.30 nella splendida cornice del Castello Scaligero di Villafranca.Lunedì 11 luglio arriverà inve-ce all’Arena di Verona Giorgio Panariello, per la data conclusi-va della sua lunga tournèe dal titolo: “Panariello non esiste”. L’attore e presentatore, nello spettacolo rivisiterà alcuni dei personaggi che lo hanno reso famoso al grande pubblico come, tra gli altri, Il PR, la Si-gnora Italia e Merigo, proponendo anche una serie di monologhi inediti legati a tematiche di at-tualità.

Tornano a Verona anche i Modà, che si esibiranno al Ca-stello Scaligero di Villafranca la sera del 13 luglio. Il gruppo, dopo la partecipazione a San-remo con il prestigioso secondo posto nella categoria big, sta vivendo un ottimo momento artistico. Successivamente all’e-sperienza all’Ariston i Modà hanno pubblicato il disco “Viva i romantici”, accompagnato da un tour che li ha portati in tutta Italia, ottenendo grande riscon-tro sia di critica che di pubblico.Il Castello Scaligero di Villa-franca ospiterà tutt’altro genere di spettacolo il 16 luglio, data nella quale è atteso Fabri Fibra. Il rapper farà tappa al Castello

per il suo tour “Controcultura Tour estate 2011”.Sempre a Villafranca, il gior-no successivo, arriveranno i grandissimi Toto. Il gruppo, icona del rock anni Ottanta, torna a esibirsi insieme per un ultimo tour dal titolo “Toto in Concert 2011 Tour”. Sul palco, oltre a Steve Lukather, saran-no presenti David Paich, Steve Porcaro, Simon Phillips, Na-than East, e Joseph Williams. Per proseguire sul genere rock, il 18 luglio si potrà assistere all’Arena di Verona al concerto dei Deep Purple, per uno spet-tacolo intitolato “Live with Or-chestra”. La band, infatti, sarà accompagnata nella perfor-mance da un’intera orchestra, in uno spettacolo che si pro-spetta unico e suggestivo. La formazione attuale è compo-

Da centro pagina a sinistra, in senso antiorario: Modà, Deep Purple, Ben Harper e Lyle Lovett per la rassegna “Verona Folk”

E c’è anche Verona Folk

La settima edizione di Verona Folk è iniziata il 24 giugno al Teatro Romano con Francesco Renga ma ha da proporre in questo mese artisti di grande interesse. Il 2 luglio a San Gio-vanni Lupatoto, gratuitamente, si potranno ascoltare i Kho-rakhanè, gruppo di origine ro-magnola ed esponente del folk italiano.Il 7 luglio a Valeggio sul Mincio Enzo Iacchetti renderà omag-gio al suo grande amico Gior-gio Gaber con uno show dal titolo “Chiedo scusa al signor G” accompagnato dalla Wiz Orchestra.Dopo una pausa di due set-timane, trasferta “straniera”

nell’affascinante Villa Venier a Sommacampagna per poter ascoltare Lyle Lovett, la star americana della musica count-ry, per la prima volta in Italia da solo.Il 22 luglio a Zevio sarà la vol-ta di Raf che avrà modo quindi di presentare, oltre al suo re-pertorio, i brani del suo ultimo album di quest’anno “Numeri”, reduce da successo di critica e classifica.A chiudere il festival musicale sarà Franco Battiato e il suo in-confondibile stile cantautorale. Teatro il Castello di Villafranca il 24 luglio.Info:www.provinciainfestival.it

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CINEMA ALL’APERTOSOAVE ESTATE 2011

Giovedì 21 luglioRegia: Nanni MorettiGenere: CommediaDurata 104’Italia, Francia 2011

HABEMUS PAPAMGiovedì 14 luglioRegia: Darren AronofskyGenere: ThrillerDurata 110’U.S.A. 2010

IL CIGNO NERO

Giovedì 28 luglioRegia: Paolo GenoveseGenere: CommediaDurata 108’Italia 2011

IMMATURIGiovedì 4 agostoRegia: Lucio PellegriniGenere: CommediaDurata 102’Italia 2011

LA VITA FACILE

Giovedì 30 giugnoRegia: Fausto BrizziGenere: CommediaDurata 96’Italia 2011

FEMMINE CONTRO MASCHIGiovedì 7 luglioRegia: Tom HooperGenere: StoricoDurata 111’Gran Bretagna,Australia 2010

IL DISCORSO DEL RE

LEGAMBIENTE SOAVEwww.legambientesoave.it

Tutti i giovedì ore 21.15Ingresso: intero € 6,00 - ridotto € 5,00

In caso di maltempo le proiezioni saranno recuperategiovedì 11 - 18 - 25 agosto 2011

Rassegna Cinematografica Parco Zanella

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di Lorenzo Magnabosco

Appuntamenti culturali

Rassegna di Teatro nei CortiliProgramma di luglio 2011

Prosegue anche nel mese di lu-glio la rassegna di teatro ama-toriale nei cortili di Santa Eufe-mia, Santa Maria in Organo e Arsenale, organizzata e coordi-nata dall’Assessorato alla Cul-tura del Comune di Verona. Il cartellone si presenta , come sempre, ampio e variegato con opere e adattamenti di autori italiani e stranieri. A Santa Eu-femia gli spettacoli iniziano dal 4 al 10 luglio con la Compagnia Pocostabile, che presenterà ‘’Le Massere’’ di Carlo Goldoni, commedia rappresentata per la prima volta nel 1755, dove le serve protagoniste escono dagli schemi classici della Comme-dia dell’Arte per calarsi nella quotidianità in presa diretta, rappresentando la vita ordina-ria della Venezia del tempo. Dall’11 al 14 sarà la volta della Compagna dell’Arca con ‘’La Bella e la Bestia’’ Valerio Bu-facchi e Gilberto Lamacchi . E’ una commedia musicale , tratta liberamente dalla favola origi-nale di Madame Beaumont, in cui si intreccia una vicenda sul vero amore, capace di andare oltre le apparenze e di supera-re le difficoltà e le paure che lo ostacolano. Quadri onirici, composti dalle più’ amate ma-schere tradizionali veneziane, rievocano le atmosfere del ca-stello incantato e delle strane creature che vi abitano e così portano lo spettatore in un’at-mosfera da fiaba. Dal 15 al 22 luglio continua la Compagnia Micromega con ‘’Harvey ‘’ di Mary Chase. Elwood, un sim-patico e generoso signore di

mezza età, vede Harvey come un coniglio bianco alto un me-tro e ottantasette centimetri, e a tutti lo presenta in questa veste e per questo motivo viene regolarmente avversato. Non si contano gli equivoci e i col-pi di scena, i quali ci invitano a guardare e ad osservare il modo senza filtri, serenamen-te, lasciando spazio a diverse visioni ai problemi. La Com-pagnia Gli Insoliti Noti con ‘’La Scuola in…. Mutande’’ di Donato De Silvestri andrà in scena dal 23 luglio al 2 ago-sto. Un pensionato delle Poste Italiane si reca in una piccola repubblica del Sud America e si trova nel bel mezzo di una contestata riforma scolastica che ha molte assonanze con quello che sta avvenendo ora in Italia. Attraverso una fitta rete di gag, lazzi e personaggi divertenti , lo spettatore è por-tato a riflettere sull’attualità. A Santa Maria in Organo, inve-ce, inizia la Compagnia Zero-punto.it che propone il celebra vaudeville di Georges Feydau ‘’l’Hotel del libero scambio’’. A fare da protagonista è l’adulte-rio che trasporta i protagonisti in situazioni assurde ed esila-ranti; adulterio che non vie-ne mai consumato grazie alla bravura dell’autore, che inven-ta incidenti, colpi di scienza e incidenti che sconfinano anche nel surreale. Il testimone passe-rà poi a un classico, ‘’Le donne al Parlamento’’ di Aristofane , interpretato dalla Compagnia Giorgio Totola. Dopo più di duemila anni i problemi sem-

brano essere poco mutati: di-scriminazione fra sessi, razze e classi. Aristofane propone una ricetta: il potere alle don-ne. La stessa commedia viene proposta, ma reinterpretata dal G.A.D. Renato Simoni con ‘’Letto a una piazza ovvero il potere alle donne’’. Il letto, la piazza e le donne sono i pro-

tagonisti: le donne passano dal letto alla piazza per soppian-tare gli uomini nella gestione di un potere retto in maniera indegna e migliorare così le sorti della patria. Alcune di-venteranno maschi nell’atteg-giamento , oltre che nelle vesti, altre daranno sfoggio della loro femminilità.

Luglio 2011 7Musica

Inoltre

Al Cortile dell’Arsena-le dal 4 al 10 luglio apre la rassegna Soledarte con “Shakespeare+Queen: rock Hamlet’’, di Solimano Ponta-rollo, rivisitazione della tragedia shakespeariana sulle musiche dei Queen. Una band live scena, inserita nella struttura dramma-tica; musicisti al servizio del re e della regina, evocazione del fantasma, anzi di tutti i fantasmi di Amleto. La regia sottolinea la modernità di quanto accade

al protagonista, che affronta un mondo in pieno cambiamento rimarcandone le debolezze e fragilità. Dal 13 al 31 luglio ‘’La Barcaccia’’ presenta ‘’El ciaco-lon imprudente’’ di Carlo Gol-doni. Viene recuperato il testo poco conosciuto della maturità dell’autore veneziano (1753) in cui agiscono personaggi già psi-cologicamente approfonditi, già presenti in diversi capolavori, che qui agiscono in un contesto di travolgente divertimento.

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di Francesco Fontana

Ne hanno viste di cose questi occhi

L’Estate Teatrale VeroneseIn scena il Festival Shakespeariano al Teatro Romano

La sessantatreesima edizione dell’Estate Teatrale Veronese, per quanto riguarda gli spetta-coli di prosa, anche quest’anno è incentrata sulle grandi opere di William Shakespeare. Dal 6 al 9 luglio andrà in scena al Teatro Romano di Verona Sogno di una notte di mezza estate, nella versione prodotta dal Tea-tro Stabile di Verona e da Bana-nas s.r.l.. Il Regista è il comico e attore di teatro Gioele Dix che, per la scelta del cast, ha puntato molto su giovani emergenti del laboratorio di Zelig quali Ales-sandro Betti, Maria Di Biase, Katia Follesa, Maurizio Lastri-co, Corrado Nuzzo, Marco Sil-vestri e Marta Zoboli, avvalen-dosi anche della partecipazione speciale della cantante Petra Magoni e del contrabbassista Ferruccio Spinetti. Lo spettacolo si prospetta suggestivo: gli attori comici daranno senz’altro un colore tutto particolare all’opera classica di Shakespeare.Il Teatro Romano ospiterà inve-ce l’Otello dal 13 al 16 luglio. Pro-tagonista assoluto dello spettaco-lo sarà il celebre attore di cine-ma e teatro Alessandro Haber, per la regia di Nanni Garella e la messa in scena curata dal Te-atro Stabile di Bologna “Nuova Scena – Arena del Sole”. Accan-to ad Haber reciteranno, tra gli altri, Maurizio Donadoni, nel ruolo di Lago, e Lucia Lavia, nelle vesti di Desdemona. Il regi-sta dell’opera e Haber hanno già collaborato in passato in molti altri spettacoli come Arlecchino servitore di due padroni e, recente-mente, Platonov.Si conclude con la divertente opera farsesca La commedia degli errori, presentata per l’occasione nella doppia versione in lingua italiana e inglese. La storia rac-conta di equivoci, malintesi e molte situazioni esilaranti, mo-strate con il sentimento amoroso quale filo conduttore dell’intero racconto.La versione in italiano, in scena dal 21 al 23 luglio, vede la regia di Leo Muscato, con interpreti Peppe Barra, Francesco Biscio-ne, Giulio Baraldi, Alessandro

Bertolini e Simone Luglio. Quella in lingua inglese, che por-ta il titolo originale The Comedy of errors, sarà invece interpretata dall’apprezzatissima compagnia britannica “Propeller Theater Company”, che prevede nel-la recita la presenza sul palco esclusivamente di attori di sesso maschile, come nella tradizione shakespeariana. La commedia, nella versione della compagnia teatrale inglese, è ambientata in Sud America e ha ottenuto am-pio successo, sia di pubblico che di critica, in Inghilterra e nella recente tournee negli States.

Luglio 20118 Teatro

Così parlò Eatwood

Prima o poi la crisi creativa arriva per tutti. Interpellato qualche amico provo a scova-re dentro me (che immagine orrida e viscerale) un motivo per dedicarmi ancora alla scrittura. Non lo trovo. Re-sisto. Prendo qualche giorno di pausa, mi calmo, rifletto. Niente. Ormai il vuoto assale la mia creatività e i tasti della tastiera appaiono come delle caselle bianche, lievemente ingiallite dai residui di cibo della pausa pranzo, ovviamen-te ottimizzata davanti al PC. Passa Eatwood e ride veden-domi digitare ossessivamente e a otto dita le pagine delle mie memorie. Ride e dice che sono megalomane. Le tue me-morie? Ma se hai appena passato i vent’anni? D’impeto la tentazio-ne di licenziarlo è forte ma poi penso ai sindacati e rifletto. In realtà non sopporto la sua iro-nia ne tantomeno la decisione di farmi dare del tu; ho anche io le mie colpe. Poi m’illumina un’aurea da genio: con abile mossa l’avrei messo a ciclosti-lare la nostra pubblicazione. Rido a crepapelle. Per vendet-ta il giornalista ironico sarebbe diventato un tecnico di stampa – come se la moglie di un produttore di vino si innamorasse di un vendi-tore di acque minerali (come de-scrive un mio caro amico nel suo romanzo)-, un’ingiustizia. Ormai sono rosso, respiro a fatica, sembro colpito da mil-le mani solleticanti. Il diverti-mento è alle stelle, sono esal-tato. Salto, corro, non riesco a stare fermo. Improvvisamente sbianco. Divento serio. Triste e cupo mi alzo. Barcollo. Tutto svanisce … siamo un mensile on-line, nessuna vendetta di quel tipo, quindi. E Eatwood capisce. Passa davanti al ciclo-stile, lo accarezza e dice: è solo per arredamento….non lo useremo mai. Poi ride, ride talmente tanto che cade a terra. Batte la testa. Si rialza e sembra un mostro gonfio a due zampe. Abbasso gli occhi, il mio viso sorride sereno e Eatwood, con una mano sul viso esce dalla stanza. Tolgo scarpe e calze e riprendo a scrivere la storia della mia vita. Dagli anni’80 al duemila e da Eatwood in poi. Che cambiamenti.

Notizia dell’ultim’ora

Alessandro Haber (nella foto sopra) “licenziato” da “Otello”. Il ruolo che l’attore doveva interpretare nell’opera in scena al Teatro Romano di Verona è stato revocato per “gravi comportamenti” nei confronti della protagonista femminile Lucia Lavia. La figlia di Ga-briele Lavia, che interpreta Desdemona, sarebbe stata avvicinata dall’attore anche in seguito al bacio durante prove sul palcoscenico. Secca la smentita e l’accusa di strumentalizzazione dallo stesso Ha-ber, ma è stato sostituito da Franco Branciaroli.

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Marcello Mastroianni e Micheline Presle, protagonisti del film

di Francesco Fontana

Visto abbastanza?

Torna L’assassino, opera prima di Elio PetriIl film è stato proiettato a Cannes nella versione restaurata

All’ultima edizione del Festi-val del Cinema di Cannes, tra molti titoli illustri, è stato pre-sentato nella categoria Cannes Classics L’assassino (1961), film d’esordio del regista Elio Petri, proiettato nella versione recen-temente restaurata.Lo stile di Petri è già da que-sta sua prima pellicola incon-fondibile. La critica sociale, la volontà di indagare e de-nunciare il rapporto perverso tra il singolo e le strutture del Potere, con le conseguenti ne-vrosi e psico-patologie, la con-danna, insomma, di un sistema “malato”, sono alcuni degli elementi caratteristici del suo cinema, che troveranno mas-sima espressione nel successivo Indagine su un cittadino al di sopra

di ogni sospetto (1970), film pre-miato con l’Oscar come “Mi-glior film straniero”.L’assassino racconta la vicenda di un giovane antiquario, tale Alfredo Martelli (Marcello Mastroianni), sospettato dell’o-micidio dell’amante Adalgisa De Matteis (Micheline Presle) e conseguentemente trattenuto dalla Polizia per gli accerta-menti del caso. Nel corso della vicenda, attraverso i numerosi flashback, ci viene mostrato lo spregevole passato, anche re-cente, del protagonista, carat-terizzato da truffe e relazioni sentimentali esclusivamente per interesse. Alfredo Martel-li subisce innumerevoli pres-sioni: prima viene prelevato dal suo appartamento, poi in-terrogato in commissariato e successivamente condotto in carcere, dove sarà nuovamen-te sottoposto all’interrogatorio e a insostenibili pressioni psi-

cologiche da parte dei Funzionari di Polizia. Infine, dopo la confessione del reale colpevole, ver-rà rilasciato. Uscito dal carcere, però, si accorgerà che la sua foto pubblicata sul giornale, in qualità di “sospettato”, lo aveva trasforma-to agli occhi della gente in “assassino”: volgerà questa eti-chetta a suo favore. Quella di Petri, come di consueto, è un’esplorazione a 360 gradi. Oltre a denunciare i metodi poco ortodossi uti-lizzati dalla Polizia, basati sulla coercizione, il re-gista riserva particolare atten-zione all’esibizione, attraverso il suo protagonista, di una clas-se borghese immorale, mossa solo dal denaro e dal sesso. Di-venta altresì fondamentale l’a-nalisi della dimensione psico-logica: dall’inizio alla fine del film l’antiquario sembra essere soffocato dagli eventi e dalle pressioni subite. Emblematica a tal proposito è la scena del carcere: due compagni di cella gli tolgono letteralmente il fia-to, continuano ad accusarlo e a porgli domande, parlandogli da molto vicino e spesso strat-tonandolo per le vesti.Lo sviluppo della vicenda pro-cede, seppur molto lentamen-te, in modo intelligente e mai

Luglio 2011 9Cinema

Il cinema è un occhioaperto sul mondo

Joseph Bédier

banale. I continui pensieri sul passato, che costringono il pro-tagonista a riflettere su aspetti riprovevoli della propria vita, sembrerebbero indurlo ad una riflessione e, una volta libero, a modificare la propria condot-ta. Non sarà così. Nel film si ritrova infatti quella circolarità del percorso compiuto dal pro-tagonista, tipica dei personag-gi di Petri: ci viene mostrato quanto sia inattuabile il cam-biamento di una condizione di partenza negativa che, per vari motivi, è completamente radi-cata e immodificabile. Il nostro antiquario borghese, nell’ulti-ma scena, parlando al telefono con un venditore d’auto dice infatti sorridendo: «Lei sa chi sono io? L’assassino».

è on-line il nuovo sito di Verona èwww.quintaparete.it

Page 10: Verona è luglio 2011

Bronson, spogliato della sua pre-messa, non sarebbe altro che una storia di violenza. Michael Peterson, detto Charles Bron-son (come l’attore), è il carce-rato più violento e pericoloso del Regno Unito: ha passato trentaquattro dei suoi cinquan-totto anni in carcere ed è stato spostato centoventi volte da una prigione all’altra nel tentativo di trovare quella in grado di

contenerlo. In ciascuno di quei carceri si è reso protagonista di atti di violenza che, cumulati, gli sono valsi una condanna a vita. Ci sono state molte per-sone peggiori Bronson, ma il fatto che rende quantomeno degna di interesse la sua vicen-da è che, come dice lui stesso, la sua brutalità non ha origine in alcun trauma o educazione sbagliata: è nata assieme a lui

ed esprime il suo desiderio di diventare famoso, per-ché egli non ha talento per altro che la rissa. Detta così, può la-sciare un po’ dubbiosi; e in effetti Bronson non convin-ce, è noioso e ripetitivo. Il

film si riduce a a una serie di scazzottate brevi e troppo simi-li fra loro, di primi piani sul vol-to sanguinante di Tom Hardy e di intermezzi surreali in cui Bronson, ben vestito e truccato come un pagliaccio, raccon-ta la propria storia davanti al pubblico di un teatro immerso nell’oscurità. Il regista Nicolas Winding Refn deve aver pensa-to che una vicenda svoltasi per-lopiù all’interno di celle e cor-ridoi avesse bisogno di essere ravvivata un po’; idea, quest’ul-tima, comprensibile e messa in atto in modo soddisfacente grazie alla bravura di Hardy, che riempie lo schermo con il fisico statuario e la personalità schizzata del suo personaggio. Purtroppo, la storia su cui è basato il film non è resa spunto di alcuna critica o riflessione, né si cerca di indagare sulla psicologia o le motivazioni del protagonista, che viene sem-

Bronson, o delle botte fini a sè stesseIl film biografico più noioso dell’anno

Visto abbastanza?

plicemente messo in scena e la-sciato percuotere tutto ciò che si muove. Allo stesso modo, man-ca una vera critica del sistema carcerario: è vero, Bronson vie-ne ripetutamente picchiato e, in un’occasione, sedato in modo talmente pesante da non poter far altro che sbavarsi addosso, ma visto il suo comportamento abituale (che consiste nel bruta-lizzare chiunque gli sia vicino, con la sola eccezione dei fami-liari e delle donne), la cosa è ab-bastanza comprensibile. Questa recensione è più corta del solito, perché su Bronson c’è veramente poco da dire: è la biografia di una persona che potrebbe interessare qualcuno, ma che di per sé non è nulla di eccezionale (tranne che dal punto di vista della cronaca nera) e non è nemmeno realiz-zata in un modo tale da suscita-re dibattiti. Manco a dirlo, non lo consigliamo.

di Ernesto Pavan

Luglio 201110 Cinema

Tom Hardy impersona Michael Peterson

Page 11: Verona è luglio 2011

Luglio 2011 11Libri

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Dopo La guerra nel medioevo di Contamine, proseguiamo la no-stra rassegna di titoli storici con La rivoluzione militare di Geoffrey Parker. Il saggio, scritto in modo eccellente (l’unico difetto grave sono le note in fondo ai capito-li invece che a piè di pagina), si propone di rispondere a una domanda fondamentale per lo studioso dell’Età Moderna: cosa ha portato la piccola Europa a diventare la culla delle potenze mondiali fino al 1914? Secondo l’autore, la risposta risiede nel-la tecnologia e nelle pratiche militari degli europei, che han-no creato grandi imperi nono-stante un’inferiorità numerica spesso schiacciante e condizio-ni ambientali di solito avverse. Parker analizza il modo di fare la guerra in Europa dal XVI al XVIII secolo in ogni suo aspet-to: le armi, le tattiche, il reclu-tamento e l’addestramento dei soldati, le fortificazioni. Il risul-

tato è un affresco sorpren-dente, ricco di sorprese e curiosità come i “cannoni di cuoio” svedesi del ‘600 o le complessità logistiche di un esercito in marcia, che rendono il saggio indispen-sabile per la biblioteca di ogni appassionato di storia militare.La rivoluzione militare è di-viso in cinque capitoli. Il primo, “La rivoluzione mi-litare in Europa”, si con-centra sul continente dove tutto ha avuto origine e introduce molti dei concet-ti fondamentali espressi in seguito: le fortificazioni di nuova concezione, l’affer-marsi degli eserciti profes-sionali, la nascita dell’arti-glieria campale. Il secondo capitolo, “Guerra e logisti-ca”, affronta il tema del recluta-mento, approvvigionamento e spostamento delle armate. Nel

terzo, “Vittoria sui mari”, l’au-tore analizza la guerra navale e la sua importanza strategica

negli scenari coloniali, mentre il quarto capitolo, “La rivolu-zione militare oltremare”, è dedicato proprio allo studio del colonialismo e dei modi in cui gli europei sono riusciti ad avere la meglio sui poten-tati indigeni di tutto il mondo. Infine, nel capitolo “Oltre la rivoluzione”, Parker accen-na alle conseguenze di questi cambiamenti sugli scenari eu-ropei e mondiali del Diciotte-simo secolo e oltre. Chi, come noi, ritiene che non si possa comprendere il passa-to a prescindere dalla cono-scenza della storia militare, troverà conferma delle sue opinioni nella lettura di que-sto saggio. Gli altri potranno scoprirvi una buona ragione per cambiare idea.

Geoffrey Parker, La rivoluzione militare, il Mulino, pp. 346, € 12,00

Come il Vecchio Continente conquistò il mondoLa storia della “rivoluzione militare” in Europa

di Ernesto Pavan

È la stampa, bellezza

Page 12: Verona è luglio 2011

RICHIEDILOIN LIBRERIA

Page 13: Verona è luglio 2011

di Silvano Tommasoli

Appuntamenti culturali

Luglio 2011 13Fotografia

M. Fiorese “Walk on earth” (2010), Fine art Glicée print on Dibond, cm. 110x110.Edizione di 10 esemplari 2 p.d’a.

L’Anima del Lago, nelle fotografiedei Tommasoli, 1920-1940

PH Neutro

Malcesine, Castello Scaligero e Palazzo dei Capitani, dal 9 luglio al 15 ottobre 2011

Ha inaugurato la galleria

Un lago, il Garda. E un cognome, Tommasoli. Uniti in una storia che si snoda a partire dal 1920, quando Silvio, capostipite della dinastia dei fotografi veronesi Tommasoli, tra Bardolino e Malcesine andava cercando l’anima del grande lago nel rigore delle sue

Ha fatto bene, Mauro Fiorese, a promuovere a Verona l’aper-tura di PH Neutro, nuovo spazio privato dedicato a produrre, diffondere e valorizzare la Fo-tografia Fine-Art. Ce n’era bisogno, in una città come quella scaligera, con una grande Storia dell’Arte e della Fotografia dietro le spalle, ma con un futuro “culturale” pub-blico che non sembra in grado di soddisfare la voglia di vede-re e di conoscere dei veronesi. Senza contare che Verona è la quarta città d’arte italiana, tu-risticamente parlando! Qui, i turisti accorrono attratti dalla cultura, dal desiderio di vedere e ascoltare. PH Neutro nasce dall’incontro professionale di Fiorese con Annamaria Schiavon Zanetti – forte di un’esperienza ven-tennale nella produzione della stampa fotografica – che ha costituito negli anni una stra-ordinaria collezione di grandi

inquadrature. Poi, i suoi figli – Filippo e Fausto – che, con vigore impressionista, fermano sulle lastre del banco ottico quella loro visione dello spirito del lago. È un sentimento senza soluzione di continuità che, pur nello svolgersi di due decenni, implica padre e

autori, dove si trovano, tra le altre, opere di Gabriele Ba-silico, Keith Carter, Henri Cartier-Bresson, Mario Cre-sci, Mario Giacomelli, Paolo Gioli, Duane Michals, Thomas Ruff, Luigi Veronesi, Joel Peter Witkin, Matthew Yates. E, na-turalmente, di Mauro Fiorese, autore e docente di fotografia, attivo tra Italia e Stati Uniti.PH Neutro dichiara, già negli intenti, di voler affiancare, a opere di autori già affermati e di grandi maestri della scena internazionale, il lavoro di ta-lenti nuovi ed emergenti, con il preciso proposito di sostenerli, offrendo loro opportunità di crescita, ricerca, visibilità.Così, l’undici marzo la galleria ha iniziato il suo percorso, of-frendo al pubblico una grande mostra, curata da Fiorese stes-so, e dal titolo significativo e paradigmatico di Open your eyes, quasi un “aprite bene gli oc-chi, ragazzi!” con opere dei più

figli a raccontare la vita che ogni giorno si svolge sulle sponde del Garda, secondo ritmi e tempi così diversi da quelli della conosciuta città. Ma non lasciatevi ingannare dalle inquadrature dei piccoli gesti quotidiani: questa è una fotografia che ha scelto

grandi Maestri della fotografia mondiale, alcuni citati poco so-pra, molti mai visti a Verona.Il titolo di questa prima esposi-zione ci sembra molto azzecca-to. Noi siamo pronti a tenere gli

di lasciare da parte la sua vocazione documentaristica e scrive la poesia della vita di ogni giorno attraverso immagini senza tempo e senza età, che consegnano l’anima del grande lago alla Storia dell’arte, piuttosto che all’Antropologia.

occhi ben aperti, Mauro. A te, colmarceli di meraviglia.

PH NEUTRO è al n. 50 di Via Mazzini, a Verona (www.ph-neutro.com).

Page 14: Verona è luglio 2011

Luglio 201114 L’opinione

Il re è nudodi Silvano Tommasoli

Dite la verità, l’avete pensato anche voi che la società di oggi sia in disfacimento. Che non ci sia più il rispetto dei valori e delle cose importanti di una volta. Alla ricerca di un responsabile di tanta disgregazione, negli ul-timi anni la colpa è stata data un po’ a tutto e a tutti. Abbia-mo addirittura sentito Mar-cello Veneziani – durante la presentazione di un suo libro – attribuirne la responsabilità al Sessantotto. Sì, a “quel” Sessan-totto, quello della contestazio-ne giovanile in tutto il mondo. Che, se lo guardiamo a più di quarant’anni di distanza, non è stato quel movimento rivo-luzionario che potevamo spe-rare, noi che c’eravamo e vi abbiamo partecipato. Anzi, diciamocela tutta, oggi il Sessantotto ci fa piuttosto tenerezza. Perché eravamo giovani, e le cose che fai quando hai diciotto anni ti restano nel cuore e ti tor-nano alla mente riportan-do alle labbra il sapore dei primi baci. E se un po’ di trambusto lo ha provocato, almeno nell’immediato, a quarant’anni di distanza sembra passato senza lasciare traccia di sé. Salvo che nella musica, grazie all’immortalità che le note hanno dato a John Lennon e a Paul McCartney.La decomposizione della socie-tà, dunque. Significata da valo-ri che non esistono più, dai fon-damenti della civile convivenza che si sono persi, e che molti degli appartenenti alla specie umana non sentono il bisogno di rispettare. La famiglia, la scuola, la società civile, tutti siamo accomunati nel caldero-ne della grande colpa. Siamo proprio sicuri che sia così?Qualche tempo fa, sono rima-sto molto impressionato da un episodio al quale mi è occorso di assistere, in un’aula di corte d’Assise, dove stavo seguendo

le fasi di un processo. Cinque ventenni erano chiamati a ri-spondere dell’omicidio di un altro giovane, avvenuto a calci e pugni, senza una ragione, se non quella di voler eliminare – soprattutto per noia – chi non fosse giudicato dal branco con-forme a un modello stabilito, dio solo sa con quale scienza e coscienza. Alla fine dell’udien-za, mentre gli imputati veniva-no condotti via in catene, la madre di u n o

dei cinque galantuomi-ni ha gridato al figlio assassino «Sono orgogliosa di te!».Ecco, in quel momento ho ca-pito molte cose. Che non può essere colpa della società, né tanto meno della scuola, se in una famiglia apparentemente “normale” cresce un assassino. Mi domando e chiedo: con una madre così, poteva crescere un ragazzo diverso? Difficilmente, credo che siamo tutti d’accor-do. Perché ho forti dubbi che una simile persona sia riuscita a insegnare a qualcuno la diffe-renza tra il bene e il male, tra il lecito e l’illecito. Freud sostene-va che tutti noi siamo ostaggio dell’educazione che abbiamo ricevuto da piccoli. Certo, il

padre della psicanalisi è vissuto in un periodo storico durante il quale l’educazione ai giova-ni veniva impartita secondo regole molto severe, almeno nella classe borghese che rap-presentava il riferimento per i suoi studi. Successivamente, la “Scuola di Francoforte” ha ri-tenuto che un’educazione trop-po repressiva fosse all’origine di molti mali. Sicuramente! Ma

nessuno ha mai pen-

s a t o c h e

possano esserci anche ragazzi che assumono comportamenti asociali non come risposta ribelle a un’e-ducazione troppo rigida, ma come conseguenza della totale mancanza di educazione a una vita di normale e civile convi-venza, secondo regole condivi-se?Ritorniamo al nocciolo del problema. La decomposizione della società, sotto i colpi di maglio della caduta di certi va-lori. Ma siamo sicuri che questi valori prima fossero presenti in tutti? Che il giovane assas-sino – che ha ucciso per noia e per disprezzo della sua vitti-ma – abbia deciso di diventare carnefice “gettando via” valori

che aveva appreso da bambino e che riteneva troppo oppressi-vi? Che sua madre, quella ma-dre, glieli avesse inculcati nella testa? E, naturalmente, che la stessa madre li avesse impara-ti da un padre responsabile, e questi, a sua volta, da un geni-tore in grado di capire la diffe-renza tra il bene e il male?Il problema non è che la fa-miglia si stia disgregando, ma piuttosto che molte famiglie si sono formate su basi diverse da quelle alle quali sono portati a pensare coloro che si occupano di famiglia e società. Ci sono unioni del tipo “Io Tarzan, tu Jane”; e i figli, liberi di scor-razzare per la giungla accom-pagnati dalla scimmia Cita, ci pensano da soli a imparare le regole della sopravvivenza. Alt! Questo è il punto. Per vi-vere in una società civile non bisogna imparare le rego-le della sopravvivenza, ma quelle della convivenza ci-vile, basata sul rispetto e la tolleranza per l’altro.Qualcuno le deve insegnare, queste regole. Lo deve fare il nucleo minimo che è alla base di una società, cioè la famiglia. Ma dovremmo ac-certarci che, in tutte le fami-

glie, gli adulti abbiano appreso queste regole, a loro volta, dalla loro famiglia. E così via. Che siano in grado di insegnarle. Solo così potranno gridare ai loro figli di essere orgogliosi di loro.Vorrei tanto che qualcuno dei capoccioni che reggono il timo-ne anche delle nostre vite mi spiegasse perché, per guidare un’automobile, sia necessario superare esami fisici molto ri-gorosi e imparare regole di comportamento stradale molto dettagliate, mentre per fare un figlio e gettarlo nella giungla del mondo, è sufficiente che Tarzan e Jane siano reciproca-mente attratti per cinque minu-ti.

L’orgoglio di Jane,mentre Tarzan faceva dell’altro

La società si disgrega. Ma io c’ho da fare

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Luglio 2011 15Tempo libero

La Ruota è tornata e brucia più di primaAnnunciata l’edizione Gold del celebre gioco di ruolo

The Burning Wheel (di Luke Cra-ne) è uno dei giochi di ruolo più importanti degli ultimi anni: dalla sua pubblicazione nel no-vembre 2002 ha visto l’uscita di due edizioni, l’ultima delle quali (del 2005) ha venduto più di 7.000 copie. Dal suo sistema sono nati due giochi, Burning Empires e Mouse Guard, il secon-do dei quali ha vinto nel 2009 l’Origin Award come miglior gioco di ruolo. Ora l’autore ha annunciato per agosto l’uscita di Burning Wheel Gold, una ver-sione rivista e aggiornata in un tomo unico di 600 pagine: sem-brano tante e lo sono, perché Burning Wheel trae da sempre la sua forza dal livello di dettaglio e dalla complessità del sistema. Non un gioco per tutti, dunque, ma un gioco per chi ama essere sempre a contatto con le regole e interagire con essere per vive-re un’esperienza interessante. Dal sito del gioco (http://www.burningwheel.org/) è possibile scaricare un’anteprima di 75 pagine che è di per sé suffi-ciente per giocare, purché ci si accontenti di utilizzare i per-sonaggi inclusi (le regole per la creazione non sono presen-ti). Come anticipato, le regole sono molte, ma ruotano tutte attorno a un principio basilare: i personaggi sono la cosa più importante. Ciascun giocato-re ne ha uno, tranne il Game Master, e ciascuno è definito da una serie di caratteristiche riassunte nell’acronimo BITs: Beliefs, Instincts e Traits. I Be-liefs (“Credenze”) sono gli ide-

ali del personaggio, espressi da affermazioni in prima persona (“Devo provare il mio valore”); gli Instincts (“Istinti”) sono le sue reazioni istintive, come “Se qualcuno mi minaccia, gli do un pugno”; infine, i Traits (“Tratti”) sono abilità o caratteristiche particolari, come Ambidestro o Deter-minato. Ci sono poi una serie di caratteristiche nu-meriche (sei in tutto) da cui derivano altri valori, usati per i tiri di dado, nonché valori numerici per le ri-sorse economiche del per-sonaggio, le sue relazioni e il suo equipaggiamento; ma il cuore del sistema è nei BITs. Non a caso, il primo compito del Game Master è proprio quello di fornire un’opposizione ai personaggi, mettendoli in situazioni che contrasta-no con le loro Credenze e spingendoli a tirar fuori i lati negativi dei loro Istinti e Tratti. I personaggi possiedono anche delle Abilità (Skills) che rappresentano le loro cono-scenze e capacità acquisite. Per utilizzarle, i giocatori devono dichiarare l’intento e le azio-ni compiute dal personaggio e tirare un numero di dadi a sei facce a seconda dell’attributo numeri sul quale l’abilità è ba-sata; ogni risultato pari o supe-riore a quattro è un “successo”. Per ottenere quello che deside-ra, il personaggio ha bisogno di un numero di successi pari

alla difficoltà del tiro (determi-nata dal GM a seconda della situazione e dell’abilità usata) o superiore ai successi dell’avver-sario (nel caso di un tiro contra-stato); esistono altre tipologie di tiri, ma queste due sono le più

comuni. Il successo consente al giocatore di descrivere la vittoria del personaggio; il fal-limento dà al GM la facoltà di descriverne la sconfitta. In ogni caso, il personaggio ha l’oppor-tunità di crescere, migliorando l’abilità utilizzata, sia in caso di successo che in caso di fal-limento, a differenza di quanto accade in alcuni giochi dove solo il successo ha conseguenze positive in tal senso.

L’ultimo elemento fondamen-tale delle regole del gioco è l’Artha, una parola sanscrita che si riferisce al potere della persona. L’Artha è una risorsa che si guadagna mettendo in gioco i BITs ed è suddivisa in

varie tipologie (Fate, Per-sona e Deeds), ciascuna delle quali può essere spe-sa in modo diverso: l’Artha di tipo Fate, per esempio, può concedere un “colpo di fortuna” al personag-gio, mentre quella di tipo Persona può evitare le complicazioni dovute a un tiro fallito. Il guadagno e la spesa di Artha sono un aspetto fondamentale del sistema di gioco, ma in-troducono anche diverse complicazioni, sottoline-ando una volta per tutte che Burning Wheel non è un gioco da prendere alla leggera. Onestamente, non abbia-mo un’opinione su Bur-ning Wheel. È sicuramente un gioco interessante, ma il suo impianto per certi

versi tradizionale e la grande complessità richiedono molto tempo per essere analizzati a fondo; aiuterebbe, poi, avere a disposizione il gioco completo e non una semplice (per quan-to completa) preview. A queste condizioni, non possiamo certo raccomandare il preordine del-la prossima edizione; forse, in futuro, quando ne sapremo di più, potremmo dare un parere definitivo.

di Ernesto Pavan

Nessun uomo è un fallito se ha degli amici

è on-line il nuovo sito di Verona èwww.quintaparete.it

Page 16: Verona è luglio 2011

Luglio 201116 Società

Jacopo e Elena sono stati di-menticati ancora una volta, i giornali e i media non parlano più di loro e dei loro genitori.

un mese fa ci portano indietro

mitologici dove gli infanti veni-

società. Oggi i bambini sono dimenticati da genitori freneti-ci con mille impegni che come dimenticano le chiavi a casa lasciano sul sedile i loro piccoli indifesi al chiuso delle auto par-cheggiate al caldo sole di tarda primavera. Si è trattato di fata-lità, di imprevedibile disgrazia ma loro non ci sono più e non ci sono più le loro risate e i loro pianti.Cosa sta accadendo all’uma-nità? La vita frenetica, la con-tinua corsa, i mille impegni, lo stress, le abitudini consolidate, la routine stanno distruggendo la vita stessa e con essa amore, affetti, famiglie, il futuro dell’u-manità.Elena e Jacopo: bambini vittime della disattenzione dei padri. Il padre di Elena era andato a la-voro, convinto di avere lasciato la piccola alla scuola materna. Ma così non era. La piccola Elena è morta in conseguenza alla disidratazione da colpo di calore, dovuta alla permanen-za della bambina per varie ore nell’auto. Un altro padre due giorni dopo

auto, Jacopo, 11 mesi, morto per il troppo caldo che gli ha causa-to un arresto cardiocircolatorio. Un’altra inerme vita se ne è an-data, un’altra vita così giovane. Dove siamo arrivati? Dove an-

Della cosa più bella e impor-tante che la vita gli ha donato? Cosa succede nella mente di queste persone da procurargli questa dimenticanza?Si tratta di dimenticarsi di

-glio, di un essere umano. Gli organi della bambina sono stati donati e altri tre bambini grazie a lei potranno ancora

sorridere e diventare adulti. Il dramma di Teramo ha trovato la pietas del-la moglie che ha capito e perdonato il proprio compagno, difeso con-tro tutti elogiandone le qualità di uomo e padre. La donna lo stringe e abbraccia af-fettuosamente per dare e avere consolazione. La rabbia e il rancore, senti-menti che sgorgano violenti e immediati di fronte alla crudel-tà del destino, non albergano nell’anima di questa mamma. Ha perso la sua piccola, sta per mettere al mondo un’altra creatura, e il padre di entram-be, suo marito, è contempora-neamente responsabile della loro vita e della loro morte. Le mancanze di un padre o di una madre non sempre provo-

-siamo quanti piccoli vengono persi sulle spiagge, cadono dai balconi, vengono rubati, mole-stati, drogati e uccisi.Il ruolo dei genitori viene - da loro stessi - dato troppo per scontato e vissuto con distrazio-

Il dramma di un genitore che

insuperabile tra i tormenti possibili, è contro l’ordine na-turale delle cose, è l’aggres-sione al futuro immaginato. La situazione che ti porta via

-ne per la responsabilità, o l’irre-sponsabilità, di uno o entrambi i genitori. In questi casi non c’è volontà. È un fatalismo causato dalla men-te dell’uomo che, concentrata sull’obiettivo del lavoro, rimuo-ve completamente il pensiero

Il problema, comunque, resta a monte. La vita frenetica porta i genitori a trattare i bambini,

anche di pochi mesi, da adulti. I ritmi di un pic-colo sono altri.I bambini devono avere i loro tempi per man-giare, per giocare, per dormire. Molti genitori non sono disposti a ri-nunciare alle loro liber-tà in questa società e, purtroppo, queste sono le conseguenze.Nel caso di Elena e Ja-

copo si tratta situazioni ecce-zionali che sconvolgono la vita di chi porterà sulla coscienza la morte del proprio piccolo.Fortunatamente sono casi rari, eccezionali, ma ciò non toglie che la società attuale sta per-dendo attenzione nei confronti

sta mettendo a dura prova il proprio senso di re-sponsabilità verso i più piccoli.

Infanzia dimenticataLo stress ci fa dimenticare quanto di più bello ogni uomo possa desiderare

di Giordana Vullo

Storie di ordinaria follia

I pensieri di una mamma

Parcheggiati con la macchina e lasciati cuocere sotto il sole.Dimenticati come si dimentica un telefonino andando al lavoro .Bambini lasciati soli per gioco, per divertirsi; la mamma e il papà hanno diritto di uscire quando ne hanno voglia, non importa se

gioco.Tutto è concesso basta che non parli che non disturbi, perché la mamma lavora non ha tempo, il papà è impegnato torna stanco, stressato dal lavoro e non bisogna disturbarlo.

E i nonni dove sono i nonni?I nonni spesso vengono, una volta spogliati di tutto, dimenticati in qualche casa di riposo dove non c’è il tempo di andarli a trovare- dove stanno bene.E così muoiono i nonni come i bambini, dimenticati come i bam-bini , Eppure questi genitori li hanno desiderati, genitori che hanno fatto di tutto per avere un piccolo fra le braccia da coccolare, da amare e da dimenticare.E’ necessario che qualcuno, qualcosa ci ricordi cosa dobbiamo fare perché non abbiamo il tempo di pensare o abbiamo troppe cose a cui pensare .

Enrica

Edito daQuinta Parete

Via Vasco de Gama 1337024 Arbizzano di Negrar, Verona

Direttore responsabileFederico Martinelli

Coordinatore editorialeSilvano Tommasoli

Assistente di redazioneStefano Campostrini

Hanno collaboratoDaniele AdamiPaolo Antonelli

Valentina BazzaniAnna Chiara BozzaStefano Campostrini

Giulia CerpelloniFrancesco Fontana

Lorenzo MagnaboscoFederico Martinelli

Ernesto PavanAlice Perini

Silvano TommasoliGiordana Vullo

Stefano Campostrini

Autorizzazione del Tribunale di Veronadel 26 novembre 2008

Registro stampa n° 1821

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Storie di ordinaria follia

Luglio 2011 17Società

In merito ai drammatici casi dei piccoli Ja-copo ed Elena abbiamo chiesto il parere alla Dott.ssa Laura Facchinetti, Psicologa re-sponsabile della consulenza psicologica per gli studenti universitari di Verona.La Dott.ssa Facchinetti, in merito ai dram-matici avvenimenti dei bambini dimenticati in auto -oggetto della nostra indagine- ha dato il suo parere professionale.Queste sono le sue dichiarazioni:‹‹La situazione a mio parere può essere definita come drammatica fatalità ››La nostra società purtroppo produce una moltitudine di uomini sottoposti a ritmi di vita stressati, ma la società deve andare avanti non può rallentare il suo cammino.Il futuro è e sarà sicuramente più impegnativo e difficile per tutti noi , ma bisogna guardare avanti, agli sviluppi che abbiamo e che avremo non possiamo

pensare di fare un passo indietro e tornare alla società dei nostri nonni.Queste disgrazie sono sempre accadute ma sono state, in tempi precedenti, vissute come accadimenti preve-dibili.I genitori sapevano, già dalla nascita, che non tutti i figli sarebbero arrivati all’età adulta o all’adole-scenza, era possibile una piccola disattenzione della madre o di chi si occupava dei piccoli, per trovarli a ridosso di una scarpata o annegati in un torrente, ci si appellava alla sola fatalità, al tragico destino.Nessuno avrebbe mai pensato di additare i genitori come colpevoli di disattenzione o disinteresse nei con-fronti delle loro creature.Oggi, in questa situazione così drammatica, non si può scaricare il dolore e l’impotenza sulle spalle di persone che non sono dei disadattati o che non sono attenti ai loro figli.Sono padri dediti alle loro famiglie , professionisti

soggetti ad un’ amnesia temporanea causata dalla routine di tutti i giorni, che ci fa agire come se tutto fosse già preordinato, prestabilito.Quello che invece la società dovrebbe chiedersi è il perché della negligenza di coloro che avranno visto, sentito i pianti e non hanno fatto nulla! “Tanto ci penserà qualcuno”! Non è possibile che nessuno si sia accorto di nulla! La società cerca sempre un colpevole a cui addossare la propria responsabilità.Per la morte di Elena e Jacopo abbiamo i loro padri che vivranno la vita futura nel rimorso e nella soffe-renza il male più terribile che un uomo possa subire: “La morte del proprio figlio”.

La Dott.ssa Laura Facchinetti è disponibile per appuntamento al numero 348.8980139 oppure via mail : [email protected]

Il parere dell’esperto

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Houston, abbiamo un problemadi Alice Perini

In Croazia: laghi, cascate, boschi &...Combinazione Plitvice: quando nel paradiso s’intrufola il disastro umano

Di strada da percorrere ce n’è: circa cinquecento chilometri di vita direbbe Kerouac, che di strada (e dunque di viaggio) se ne intendeva davvero. Un per-corso verso l’Est, in un Paese tanto vicino quanto a lungo di-menticato, meta, da alcuni anni a questa parte, di almeno due diversi itinerari turistici: quello dentistico, ben radicato soprat-tutto in Istria, regione ricca di testimonianze storico-culturali uniche, e quello “classico”, ov-vero la vera vacanza vissuta senza alcun cruccio odontoia-trico. La Croazia è un’alchimia, una giovane combinazione di realtà difformi affacciatasi alla storia solo nel 1991, quando dichiarò la propria indipendenza dalla Repubblica Socialista Fede-rale di Jugoslavia. La Croazia rappresenta la determinazione nel voler emergere da un re-cente passato contrassegnato da problemi enormi, mentre i suoi sforzi raccontano di un desiderio, quello di essere a tut-ti gli effetti un Paese europeo riconosciuto come tale. Detto ciò, non aspettate il 1° luglio del 2013, giorno in cui questo Stato entrerà ufficialmente a far par-te dell’Unione Europea, per un viaggio da queste parti: sarebbe un vero peccato rimandare ad allora la vostra visita. Se la storia c’insegna che la Croazia fu nei millenni un cro-cevia, una terra d’incontri e scontri, una zona di confine, al-lora l’itinerario di questo mese non potrà che reinterpretare in chiave turistica questi concetti, e Plitvička jezera, il Parco Na-zionale dei Laghi di Plitvice, fa proprio al caso nostro. Il suo territorio occupa una su-perficie di quasi 33 mila ettari e si estende per circa il 90% nel-la regione della Ličko-senjska e per il restante 10% nella re-

gione di Karlovačka: un vero e proprio smeraldo da oltre 22 mila ettari di boschi e foreste incastonato nell’area delle Di-naric Mountains, a 170 Km da Fiume e a da 140 da Zagabria. Per rimanere in tema di nu-meri, la riserva fu istituita nel 1949, data da Guinness, visto

che si tratta di uno dei parchi nazionali più vecchi in Euro-pa, e fu dichiarata patrimonio dell’umanità dell’UNESCO già nel 1979. Quando ci si trova di fronte a certe meraviglie, la storia da sola non basta. È la leggenda che deve valorizzare l’oggettivi-tà delle cose. E leggenda vuole che i laghi di Plitvice nasces-sero dopo un lungo periodo di siccità, quando la gente, gli animali e le piante erano alla disperata ricerca di una pozza

d’acqua. Impietosita dalle con-tinue preghiere degli uomini, la Regina Nera mandò la piog-gia su questa terra martoriata: piovve così tanto e così a lungo che il livello dell’acqua si alzò abbastanza da creare questa rete di laghi, sedici in tutto, in-seriti dalla rivista Budget Travel

tra i dieci più belli di tutto il mondo. Sedici specchi d’acqua distinti tra Laghi Superiori e Inferiori, una classificazione che potreb-be sembrare ovvia, dato che si tratta di un unico sistema la-custre: in realtà, la valenza di tale ripartizione è soprattutto di carattere geologico, poi-ché i bacini del primo gruppo sono di roccia dolomia, men-tre quelli del secondo di tufo; l’incontro tra i due ha luogo nel lago Kozjak, il più grande

e profondo di tutti. Tuttavia, lo spettacolo della natura non si manifesta “solo” attraver-so l’acqua, elemento al quale, prevalentemente nelle regioni carsiche, viene conferita un’im-pronta mitologica. A forgiare questo paesaggio spettacolare contribuisce un fenomeno bio-dinamico molto particolare: le acque del fiume Bianco e Nero, i due corsi che alimentano l’in-sieme dei laghi, sono ricche di sali calcarei, in particolare car-bonato di calcio e carbonato di magnesio, provenienti dalla dissoluzione delle rocce che for-mano la struttura morfologica del sito. È il carsismo, ovvero l’azione corrosiva dell’acqua esercitata a danno delle rocce calcaree; ed è grazie a questo incantesimo scientifico che si sono formati ruscelli, cascate e barriere tufacee ricoperte da uno strato di muschi sedimen-tatosi nel tempo. Un universo in perenne evolu-zione. Basti pensare che il tra-vertino, la roccia formatasi per evaporazione di acque di sor-genti calcaree, è, per i Laghi di Plitvice, una ragione di vita. In-fatti, è al tiburtīnus che questo insieme di bacini deve la pro-pria esistenza: in virtù della sua rapida e continua formazione e stratificazione, questa roccia contribuisce, assieme all’acqua, a creare singolari configurazio-ni ambientali e nuovi percorsi a velocità impressionante (circa

Le nostre valigie erano di nuovo ammucchiate sul mar-

ciapiede; avevamo molta strada da fare. Ma non importava, la

strada è la vita

Jack Kerouac

Luglio 201118 Viaggi

Qui sopra, il lago Koz jak e a centro pagina uno splendido scenario dei laghi di Plitvice

Page 19: Verona è luglio 2011

In questa pagina, dall’alto:un sentiero attraversa le acque,

l’inverno dei laghi di Plitvice,la fauna e la flora, in particolare

l’orchidea detta “Scarpetta di Venere”

un centimetro all’anno). Un’alchimia tanto preziosa quanto fragile, come testimo-niano le indagini dei ricercato-ri, i quali hanno scoperto che, nel corso dei millenni, si sono susseguiti molti periodi critici per Plitvice: la mancanza della giusta combinazione di tem-peratura, umidità e purezza dell’acqua ha rischiato più volte di compromettere l’esistenza di questo luogo. Una precarietà che dura ancor’oggi e che, a causa dell’inquinamento atmo-sferico e dei fertilizzanti usati in agricoltura, si prevede possa peggiorare nel corso degli anni. Le sfide per Plitvice non si

Houston, abbiamo un problema

fermano qui: le sue colline na-scondono ancora mine e bombe inesplose lasciate dai soldati du-rante la devastante guerra civi-le degli anni ’90, quando il par-co, grazie alla sua conformazio-ne, venne sfruttato come rifugio dai ribelli. Tre milioni di mine sepolte in questo angolo di pa-radiso. E uno sforzo immane del governo croato nell’opera-zione di de-mining, l’unica strada da percorrere affinché Plitvice potesse riguadagnare la pro-pria popolarità, riconquistata a tutti gli effetti verso la fine degli anni ‘90, quando il Parco è di-chiarato sicuro per i visitatori. Purtroppo, resistono altre orme lasciate dalla guerra: intere zone di foresta torturate e anco-ra convalescenti, mentre la po-polazione di orsi, cervi e uccelli sta gradualmente riprendendo possesso del proprio habitat na-turale. Un paradiso? Tolte le mine, le bombe, la guerra, l’inquina-mento… Come dire, una volta tolto l’uomo, la speranza c’è. E se proprio non volessimo toglie-re il disturbo, allora cerchiamo di non creare ulteriori casini. Un miracolo, a proposito di pa-radiso.

Luglio 2011 19Viaggi

Rarità

L’area dei laghi di Plitvice è oggetto di studio già nella prima metà del 1800, il che ci conferma che le peculiari-tà del luogo erano note anche agli studiosi del tempo. Ne è un esempio la grande diversi-tà delle specie floreali presenti nel Parco: ben 1267 apparte-nenti a 112 famiglie, molte delle quali inserite nel Libro rosso delle specie vegetali del-la Repubblica di Croazia e protette dalla Legge sulla tu-tela della natura. Tra queste, la Scarpetta di Venere (Cypri-pedium calceolus), considerata l’orchidea più bella di tutta Europa.

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Le cascate del Niagara sono indubbiamente da annovera-re tra le meraviglie del mondo per la loro bellezza e maesto-sità. Superato il confine con il

Canada, dalla città di Niagara Falls dello stato di New York ci si trova nell’omonima cittadina dell’Ontario. La cosa che più colpisce i visitatori è la tran-quillità e lo stile di vita della popolazione canadese, che si discosta molto dalla caotica frenesia delle metropoli ame-ricane. Ma il senso di calma e serenità dura solo pochi istanti perché gli altissimi hotel, i ri-storanti e il casinò sorti davanti alla meravigliosa grandezza della natura sono dietro l’ango-lo. Hilton, Sheraton e Marriot, i più importanti marchi, non si sono lasciati sfuggire l’occasio-ne di offrire ai turisti, che ogni anno popolano la zona, straor-dinarie camere con vista sulle cascate, pagate a peso d’oro. La cittadina di Niagara Falls, ribattezzata la “Nuova Las Ve-gas”, rappresenta un mix tra natura e modernità che rende lo scenario quasi inquietante. Case dei fantasmi, degli specchi e luna park vi faranno sentire nel posto più kitsch della terra. Migliaia di turisti in rigorosa mantellina blu affollano ogni giorno la “Maid of the Mist”, il battello che offre il giro pano-ramico fin sotto al salto dell’ac-

di Anna Chiara Bozza

Giro giro tondo, io giro intorno al mondo

Niagara Falls: scenografica meravigliae limite del pericolo

Attrazione fatale per i Daredevils

qua. Ma estraniandosi per qualche secondo dal contorno crea-to per i visitatori, ci si riesce a concentrare sulla meraviglia e

l’imponenza del luogo. Il rumo-re delle cascate è assordante, la natura si manifesta in tutta la sua forza, facendo sentire l’uo-mo piccolo e insignificante.La maestosità delle rapide non soltanto attrae orde di viaggia-tori tutto l’anno, ma ha ispirato ed ispira gli amanti del rischio sfrenato. I “Daredevils” (Sca-vezza collo), sono coloro che nel corso degli anni hanno tentato di gettarsi dall’alto delle casca-

te dentro una botte o senza pro-tezioni.Sam Patch nel 1829 fu il primo uomo, di cui si abbia notizia, a sopravvivere al tuffo dalla cascata principale, Horseshoe

Falls. Per non essere da meno molti cercarono di emularlo, alcuni con esito positivo, altri annegarono o si ferirono. Nel 1901 Annie Edson Taylor so-pravvisse alla caduta dentro una botte di legno; mentre nel 1911 Bobby Leach trascorse sei mesi in ospedale per essere sceso dentro un barile di fer-ro. Questi sono solo alcuni dei temerari che tentarono questa folle impresa nel secolo scorso,

altri non furono così fortunati da poterlo raccontare. Per li-mitare il propagarsi di tale ini-ziativa, le autorità erano solite

multare coloro che si cimen-tavano in questo folle “sport”, considerato illegale. Nessuno, comunque, è mai sopravvissuto nel tentativo di saltare dalle ca-scate americane. I soli supersti-

ti hanno tentato il lancio dalle cascate a Ferro di cavallo che si trovano sul versante canadese.L’unico invece ad essersi get-tato senza protezione e averla scampata è Kirk Jones, un qua-rantenne di Carton, Michigan. Il 20 ottobre del 2003 è entra-to in acqua ad un centinaio di metri prima del salto, ed otto secondi dopo si è ritrovato a precipitare per ben cinquanta-tre metri. La storia di Jones è

resa ancora più sorprendente per il fatto che dalla caduta ha riportato soltanto qualche ferita superficiale. Dalla cascata Hor-seshoe, infatti, l’acqua del fiume Niagara precipita con una velo-cità di 150.000 litri al secondo. L’americano accolto come un eroe da chi ammira questo tipo di imprese, però, è stato multa-to e bandito a vita dal Canada. La lista di coloro che hanno tentato questo tipo di “sport” è molto lunga, e sicuramente in futuro altri proveranno. Ma tutti questi temerari hanno si-curamente qualcosa in comune: il desiderio di prendere coscien-za della loro vita, mettendola a rischio cercando di superare un limite. L’arte del temerario è così sofisticata che le probabi-lità di sopravvivenza non con-tano, conta soltanto l’emozione e la possibilità di entrare nella storia.

Luglio 201120 Viaggi

Le due cascate principali, sotto il temerario Bobby Leach

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Giro giro tondo, io giro intorno al mondo

Luglio 2011 21Viaggi

Robert Ettinger, il padre della criogenetica

Unità di crioconservazione ( foto di Taryn Simon)

Un intermezzo molto sotto zeroVita (la solita) - morte (in sospeso) - vita (un’altra?!): l’ibernazione

pari a 30 mila euro per l’iber-nazione totale e a 10 mila per l’ibernazione della sola testa. A questo punto, converrebbe op-tare per il servizio al completo: del resto, se è vero che, come stabilì lo scultore Policleto con la sua proporzione, le dimen-sioni della testa sono 1/8 del corpo, il prezzo ideale sarebbe di 3.750 euro. Che siano soldi ben investiti? Per chi ci crede, per chi proprio

non vuol saperne di essere mor-to per sempre, per chi vuol ve-dere il mondo tra quattrocento anni, non c’è denaro meglio im-piegato. Robert Ettinger, il pa-dre della criogenetica, la scien-za che si occupa di preservare i corpi in stand-by di esseri umani (o animali) a basse temperature nel-la speranza che i progressi della tecnologia con-sentano un ritor-no alla vita, è un signore di 93 anni che ha alle spalle l’ibernazione del-la madre, avve-nuta nel 1977, e delle due mogli. È il fondatore del Cryonics Institute, nel Michigan, struttura di riferimento in que-sto settore e attuale dimora di 101 corpi (qui non è ammessa la possibilità della sola neuro-conservazione) di persone che hanno scelto la via della crio-genetica. 101 morti in atto e vivi in po-

tenza. 101 esseri umani che forse mangeranno ancora la pizza, leggeranno un libro, guarderanno un film, andran-no in vacanza, avranno mal di denti e taglieranno l’erba del prato. Mi domando se questi 101 non si siano interrogati su un dilemma esistenziale: do-vranno ritornare al lavoro? Se sì, quando avranno diritto alla pensione? Perché potrebbe an-che essere che tra 400 anni, l’e-

tà media si sia allun-gata ulteriormente e che, di conseguenza, se ancora esisterà il concetto di pensione, può darsi che i 101 uomini si ritrovino a dover maturare qual-che anno di lavoro. Oppure, vista la spic-cata predisposizione ottimistica di chi in-traprende la strada del freezer, potrebbe prospettarsi un mon-do senza guerre, ma-

lattie, tsunami e magari senza lavoro (meglio, senza bisogno di andare al lavoro, perché sen-za lavoro ci siamo quasi). Indipendentemente da come vedete il bicchiere, se mezzo pieno o mezzo vuoto, sappiate

che i primi 6 minuti dopo la vo-stra provvisoria (?) morte sono, mai come in questo caso, vitali. Entro 6 minuti occorre proce-dere a un repentino abbassa-mento della temperatura cor-porea, al fine di evitare lesioni irreparabili al cervello e agli al-tri organi. Oggi, gli studiosi di

criogenetica sono al lavoro per perfezionare il processo di vitri-ficazione: infatti, la rapida di-minuzione del grado di calore corporeo non deve permettere all’acqua nel corpo di formare i cristalli di ghiaccio. Altri pro-blemi irrisolti riguardano sia le sostanze tossiche adoperate durante l’ibernazione che la ca-pacità di agire su tessuti umani complessi senza causare danni.Ora, supponiamo che il tutto si sia svolto nel migliore dei modi. La scienza si evolve, com’è pro-babile che accada, la tecnologia progredisce e diventa possibile scongelare i pazienti. Possono passare vent’anni. Può essere che le cose vadano a rilento e che solo tra 50 o 100 anni il desiderio di queste persone si avveri. Si sveglieranno, imma-gino, si tireranno un po’ la pelle e via. Una volta aperta la porta del Cryonics Institute, troveran-no… Troveranno… Che cosa troveranno? Familiari? Se anche questi non si sono fatti ibernare, sarà dif-ficile. Amici? Tutti andati in un’altra direzione. Casa? Può essere, quella non ha bisogno di essere congelata per rimane-re sulla Terra. Problemi che si crea chi scrive e che forse non

sono condivisi da chi sostiene la pra-tica della criogene-tica. Perché per loro, forse, è importante vivere, non vivere assieme agli altri. Qual è la differenza tra la vita dopo la morte per chi crede nell’Aldilà e la ri-vi-ta nell’Aldiqua dopo una “pausa di rifles-sione”? Fede a parte, nell’Aldilà, per chi ci crede, troveremo chi

se n’è andato dall’Aldiqua prima di noi. Sappiamo che non sare-mo soli. Per chi ci crede, qualora voles-simo restare nell’Aldiqua, sap-piamo che potremmo ritrovar-ci soli in quello che è stato un tempo anche il nostro mondo. È diverso, ma non troppo.

La scienza è un cimitero di idee morte, anche se ne può

uscire la vita

Miguel de Unamuno

Se la scienza abitasse in un fre-ezer, piuttosto che in un cimi-tero? Non in un comune con-gelatore casalingo, ma in uno speciale refrigeratore capace di garantire temperature a dir poco glaciali che si aggirano in-torno ai meno 190 °C. E se in questo freezer stesse di casa anche la speranza/il desiderio dell’essere umano di vivere oltre la morte? Nella realtà, questi congelatori polari esi-stono già: qualcuno in Russia e qualcun altro negli Stati Uni-ti, gli unici due Paesi al mondo alle prese con la crioconserva-zione. La convivenza degli inquilini refri-gerati inizia a farsi problema-tica, visto l’affollamento nel freddo sarcofago: l’ambizione dell’uomo di ritornare in vita; la scienza, la cui esistenza va di pari passo con quella umana; il corpo di chi è in stand-by e attende di essere riacceso. Di-menticavo il cervello! No, non il mio, che al momento soggiorna ancora nella mia testa. Intende-vo il cervello da conservare nel freezer. Perché se proprio siete timorosi e volete fare un pas-settino alla volta, potete partire con un congelamento del vostro encefalo; una volta che la scien-za avrà compiuto i suoi passi (da gigante, questa volta), vi risve-glierete, anzi, la vostra materia grigia si riaccenderà, vivrà in un altro corpo e, quando sarà il momento, se l’esperienza sarà stata di suo gradimento, potrà decidere di procedere a un trat-tamento completo, con iberna-zione di tutto il corpo. Se siete in pena per il vostro portafoglio, ecco la buona noti-zia. I costi non sono così proi-bitivi come si potrebbe pensare: in Russia, la cifra da versare è

di Alice Perini

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Di Giuseppe si sa che fu ferito: è il 1862 quando il generale e condottiero italiano è raggiunto da una pallottola mentre si tro-va a combattere in Aspromonte. Sapere che è stato l’Eroe dei due mondi è tutta un’altra storia, perché, questa volta, nessuna canzoncina ha immortalato le gesta del patriota italiano com-piute in Europa e in America Latina. E pensate all’ironia del-la sorte: Giuseppe muore il 2 giugno del 1882, sessantaquat-tro anni prima che gli Italiani fossero chiamati a decidere le sorti del Paese. Mi domando quale potrebbe es-sere la prima cosa che Garibaldi vorrebbe dire a noi, agli “Italia-ni del 150°”. È evidente che il generale non si è perso nulla di quanto accaduto in questi cen-toventinove anni dalla sua mor-te: del resto, vista la sua presenza statuaria in gran parte delle città italiane, come avrebbe potuto lasciarsi sfuggire qualcosa? In realtà, spero che quel suo sguar-do rivolto verso Roma gli abbia risparmiato qualche atroce or-rore umano. Perché in qualità di socio fondatore dell’ENPA, l’Ente Nazionale Protezio-ne Animali, il nostro patriota proverebbe un senso di vera e propria ripugnanza nell’essere testimone di “certe cose”, una nausea tale da cadere da quel cavallo su cui ormai è seduto da decenni.

Chi vive a 6 zampe, lo faccia per sempreVersione riadattata di un’impresa di Garibaldi, socio fondatore dell’ENPA

Forse non tutti sanno che è pro-prio per volere del nostro Eroe ferito ad una gamba che venne fondata a Torino, il 1° aprile 1871, la “Società protettrice degli animali”: su sollecitazione

di una nobildonna inglese, lady Anna Winter, Garibaldi affidò a Timoteo Riboldi, suo medi-co personale, l’isti-tuzione di un orga-nismo la cui prima preoccupaz ione fosse la protezione degli animali da ogni forma di mal-trattamento. Ed è così che, da quel 1°

aprile di centoquarant’anni fa, gli uomini non dovrebbero più scherzare con i loro coinquilini di questo mondo. Ciò non significa che fino al 31 marzo 1871 fos-se consentita ogni forma di se-vizia: nonostante la notte porti consiglio, una sola notte non è mai riuscita a far rinsavire la co-scienza umana. Ep-pure Giuseppe volle provarci, togliendo a noi, agli uomini pre-dicanti il rispetto (di chi?) e la libertà (da cosa?), la presunzio-ne di poter dire “l’ho inventato io”. Giusep-pe, infatti, pensò dav-vero a tutto, anche al distintivo che i soci fondatori avrebbero dovuto portar con sé “per farsi riconoscere e rispettare dai con-duttori genti municipali e dalla forza pubblica, onde aver dirit-to di ammonire i trasgressori”, come si apprende leggendo la storia di questa associazione. Per completare il quadro, lo stesso fondatore era consapevo-le di quanto fosse indispensabi-le la “mano forte” contro chi si fosse reso colpevole di violenze; multe, denunce e arresti erano le modalità previste già allo-ra per punire i contravventori. Da allora si è rimasti in stand-by, aspettando il 2004, “l’anno dell’inasprimento delle pene”, il momento in cui vengono final-

mente apportate significative modifiche al Codice penale in materia di maltrattamento degli animali. Proprio come aveva in mente Giuseppe. Ma di quali colpe potevano macchiarsi i contemporanei del patriota? Considerando sia i tempi che le necessità di quel pe-riodo, le torture potevano essere inflitte, in particolare, ai caval-li, mezzo di trasporto ancora pressoché unico e assai diffuso a fine Ottocento. Colpi di fru-sta, pungoli, carichi smisurati e ogni altra fatica “alla Ercole”, almeno fino a quando il cavallo non si fosse accasciato per sempre. La vita non doveva essere facile nemmeno per i cani se Garibal-di volle specificare che uno dei compiti della nuova società era pro-teggere questi animali dai “mali trattamenti” dei guardiani. Chissà, invece, se il ge-

nerale abbia mai affrontato casi di abbandono in quegli anni in cui l’idea di “andare in ferie” non apparteneva ancora alla comune mente umana. L’abbandono: ecco la cafonag-gine dei nostri tempi (una delle tante); tutto ciò che di negativo si può dire dell’uomo. Non posso aggiungere nient’altro, poiché ormai è già stato detto tutto, tra l’istituzione di una Task Force e l’altra. Tra una campagna di comunicazione e l’altra. Da “Il bastardo sei tu” a “Gli manca la parola. Per tua fortuna”. Non aggiungo altro perché mi sembra impossibile che oggi si debba ancora parlare di certe cose.

Non voglio aggiungere una sola parola, perché faccio troppa fa-tica a interrogarmi su certe di-sgrazie umane senza lasciarmi sfuggire termini che non posso-no essere scritti. Se solo gli animali sapessero cosa manca davvero a noi uomi-ni, almeno prenderebbero prov-vedimenti. Posso solo pensare che se c’è una cosa a cui qualche essere umano proprio non sa porre fine, quella è senza dubbio la mancanza di umanità. Il problema è che, purtroppo, non ho scoperto nulla di nuovo.

Luglio 201122 Animali

Amici mieidi Alice Perini

Due cose mi hanno sempre sorpreso: l’intelligenza degli animali e la bestialità degli

uomini

Tristan Bernard

Da Kora a Jerzu

È il 25 agosto 2004 quando Kora arriva a casa. È stata for-tunata, lei. Solo qualche gior-no trascorso in canile dopo aver girovagato per le campa-gne mantovane per poco più di una settimana. Per Jerzu la fortuna arriva all’inizio di settembre del 2010, quando io e il mio ragazzo, in vacanza in Sardegna, decidiamo di fermarci per soccorrere un cucciolo di pastore tedesco che insegue tutte le macchine che passano di lì. La buona sorte, per Jerzu, non arriva né dalle istituzioni né dalle for-ze dell’ordine. La felicità, in questo caso, ha il nome di un signore sardo appassionato di bici e, soprattutto, di anima-li: semplicemente un uomo che ha salvato altri cani nelle stesse condizioni del piccolo Jerzu. E se doveste mai trovare una morale in questa favola vera, allora avrò raggiunto il mio scopo.

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Luglio 2011 23Sport

Quando il gioco si fa duro

Scommesse (?)- calcio (?)- mercatoFra questi tre elementi come dovrebbe essere la reazione del tifoso?

menti che si svolgono su di un verde rettangolo di gioco. Su azioni che compiono altri indi-vidui, sui quali essi ripongono fiducia.La mia riflessione voleva pro-prio concentrarsi sul rapporto

di un tifoso con quello che si sta ora leggendo sui giornali e ascoltando in televisione. Che immagine si costruirebbe di questo sport se le accuse si rive-lassero fondate? Non facile da dire. Si sentirebbe tradito? Cre-do di sì. Sarebbe indignato e deluso? Credo di sì. Continue-rebbe a seguire il calcio, pagan-do biglietti e abbonamenti? An-cora una volta, credo di sì. Non tutti, forse. E la risposta a tale domanda deriva dal fatto che la

passione di un sostenitore con-tinua imperterrita a muoversi nelle vene e nei muscoli. Anche con la presenza di un possibile scandalo come quello odierno. Questa cosa deve far pensare, e molto. Tacita accettazione?

Voglia di affermare una pro-pria estraneità ai fatti? Consa-pevolezza di superare il difficile ostacolo? La uno, la due o la tre? Anche un pizzico di tutte e tre.Passiamo al terzo termine del nostro titolo. Ci si allontanerà dalla prima parte dell’articolo, ma non troppo. Finito il cam-pionato, sotto col calciomer-cato. Allenatori, dirigenti e giocatori che cambiano squa-dra e città. Per cercare nuove

sensazioni e nuovi stimoli, per tentare altre sfide, per contrasti con le società, per uno stipendio diverso e più cospicuo. Le mo-tivazioni, abbiamo visto (e non le abbiamo elencate tutte), pos-sono essere di differente natura.Il tifoso, dal canto suo, come re-agisce a un cambio di casacca? Con indifferenza, con fastidio, con amarezza. Dipende dal calciatore, potrebbe affermare qualcuno. Se si tratta di uno sportivo amato prevarranno amarezza e fastidio. Per un al-tro solo indifferenza. I membri di una squadra cambiano, la fede del sostenitore rimane. Ci si può sentire traditi, ma l’amo-re continua. Amaro, a volte. Per un atleta che decide di andar via solo per i soldi, magari ben voluto dalle tifoserie, potrebbe scaturire un sentimento di di-sprezzo. E il tradimento, qui, scotta.È proprio qui che risiede il le-game fra gli estremi del nostro titolo. Il denaro. Banale? Non tanto. Il primo estremo ver-rà verificato (tenete presente il punto di domanda), il secondo è sotto gli occhi di tutti (non ha il punto di domanda). Si verifica ciclicamente ogni estate. Anche in inverno.Nel mezzo, il calcio. Con la predominante forza messa sulle scene dai tifosi, da coloro che sono appassionati. Le voci che corrono in questi tempi non fanno bene allo sport, come an-che il cambiare continuamente maglia solo per i soldi. Sono i soldi che muovono il calcio? È questo il calcio? Tra scommes-se(?) e mercato? L’interpretazio-ne del titolo è personale.

L’atteggiamento di fondo della mia vita è stata la passione.

Per realizzare i miei sogni ho agito sempre spinto solo dalla passione. La passione muove

ogni cosa, è una forza davvero straordinaria

Roberto Baggio

Il primo termine del nostro ti-tolo verrà trattato con il condi-zionale (ecco perché la scelta del punto interrogativo). Non si farà alcun nome. Il discorso sarà centrato sul valore di uno sport, il calcio, che viene messo in crisi dalle odierne parole, discussio-ni e indagini circa l’esistenza o meno di un sistema volto a in-dirizzare certi risultati di certe partite, in diversi campionati. Le accuse sono pesanti: modi-ficare uno dei tratti più affasci-nanti e carichi di tensione. L’in-certezza di un risultato. E le per-sone coinvolte, per prima cosa, dovranno rispondere proprio di questo. Dovranno rispondere a una domanda: hai tradito lo sport? Si, no. Vedremo.La miccia che starebbe alla base di tutto ciò? Il denaro. Tra il desiderio di avere sempre di più, o il bisogno di saldare qualche debito dovuto a un af-fare andato male. Si parlerebbe di medicinali dati ai compagni di squadra per allentarne le prestazioni sul campo. Si parle-rebbe di una intensa, duratura e fitta rete di informazioni tra giocatori concentrata sulle con-dizioni fisiche (precarie e non) di calciatori con cui ci si allena fianco a fianco ogni giorno del-la settimana. Di amici, magari. Comunicare agli avversari (o ai non addetti ai lavori) simili dettagli, porterebbe, in segui-to, a scommettere soldi su una particolare gara. Combinare un risultato per un profitto per-sonale. Se tutto questo dovesse essere confermato, credo che una sola parola sarebbe adatta: squallore. Prima di tutto per aver annullato la propria leal-tà. Poi per aver perso dignità e rispetto. Infine, per i tifosi, che investono fatiche, passioni, delusioni e denaro sugli avveni-

di Daniele Adami

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I tempi d’oro in cui festeggiava i suoi titoli...

Schumi oggi, in tenuta Mercedes, costretto ad essere spesso sorpassato (da Webber sotto)

...e saltava sul gradino più alto del podio

Quel podio ancora fermo nell’ariaMichael Schumacher e la Formula 1: tra un quarto posto e la speranza di...

di Daniele Adami

Quando il gioco si fa duro

Per un soffio. O forse due. Nella gara più lunga, strana e pazza degli ultimi anni è mancata una piccola ciliegina sulla tor-ta: il podio di Michael Schuma-cher, che, invece, ha tagliato il traguardo in quarta posizione. Lo vogliamo dire subito. Il se-condo posto (ma anche il terzo) sarebbe stato il giusto corona-mento di un’ottima prova. Il sette volte campione del mondo di Formula 1 (due titoli iridati con la Benetton e cinque con la Ferrari), capace di portare, sulla pista bagnata di Mon-treal, un bagaglio di classe ed esperienza che non ha eguali in questo momento, ha lottato fino alla fine per cogliere quell’o-biettivo che manca da quando è risalito su una monoposto. Dal suo ritorno alle corse, infatti, il campione tedesco non è riuscito ad alzare al cielo un trofeo.Con una opportuna strate-gia diramata dal muretto, il 42enne pilota della Mercedes si è trovato fra le mani un teso-ro da difendere con gli artigli. Una seconda posizione che non pareva reale. Il passo di gara, per un certo numero di giri, era simile a quello di Vettel. Se non migliore. Ma alle sue spalle si facevano sempre più intense e nitide le ombre di Webber e

Button. E le carenze struttu-rali della sua vettura si sono fatte sentire. Prima il soffio di Webber, poi quello di Jenson Button. Dalla medaglia d’ar-gento a quella di carta in pochi secondi. Sceso dalla vettura i

suoi occhi erano col-mi sia di gioia che di rammarico. Non poteva non essere fe-lice della sua presta-zione. D’altro lato, il desiderio di riuscire a calcare nuovamen-te un podio è rimasto ancora nell’aria. Un desiderio che sperava si potesse realizzare su quel tracciato che per ben sette volte lo ha incoronato vin-citore. Ma ogni cor-sa, si sa, ha una vita propria, che inizia con lo spegnimento dei semafori rossi e termina con lo sven-tolare della bandiera a scacchi. Gli impre-visti sono nascosti in ogni angolo. Un

piccolo errore può essere deter-minante per il prosieguo della stagione, o della gara stessa.Michael Schumacher ci ha re-galato grandi emozioni. I tifo-si della rossa di Maranello lo sanno bene. Quando, due anni fa, il pilota tedesco ha deciso di mettersi nuovamente in gioco nel “suo” mondo dello sport, le reazioni furono diverse. Chi accolse bene questa scelta, chi la vide come un patetico tenta-tivo di tornare alla ribalta dopo un periodo di grandi successi, come qualcuno che non vuole che il tempo scorra in avanti. Venne visto come un intruso.Io non condivido questa posi-zione. Sposo la prima idea. Mi piace rivederlo in pista. Penso sia difficile e, talvolta, strazian-te (passatemi questa espressio-ne, forse poco adatta per una simile situazione) convivere con la consapevolezza di “aver finito” col proprio sport. Sono convinto che Schumacher pos-sa dare ancora molto alla For-mula 1, e all’attività sportiva in generale. Alla fine, quando un soffio silenzioso lo accarezzerà, (ri)appenderà il casco al chiodo. Al termine di questa stagione? Quella prossima ancora?

Luglio 201124 Sport

Nello sport non potrà mai esistere un momento

uguale ad un altro

Michael Schumacher

Page 25: Verona è luglio 2011

Luglio 2011 25Cucina

Sul piano di lavoro disponete a fontana le farine mescolate tra loro e nel centro mettete lo zucchero, le mandorle tritate, i tuorli, la scorza grattugiata del limone, un pizzico di sale e uno di vanillina.Mescolate bene tra loro gli ingredienti, poi riformate la fontana e nel centro mettete il burro fatto ammorbidire e lo strutto e impastate bene il tutto.Non riuscirete ad ottenere un impasto compatto: l’importan-te è che i singoli ingredienti si amalgamino bene tra loro.Imburrate e infarinate una tor-tiera, quindi distribuite all’in-terno la pasta sbriciolandola accuratamente in modo da for-mare uno strato uniforme.Prima di infornare battere con un paio di colpi secchi la base dello stampo sul piano di la-voro, in modo da colmare gli eventuali spazi vuoti che si po-trebbero formare fra le “bricio-le” della pasta.

Fate quindi cuocere in forno a 180°C per circa un’ora; lasciate raffreddare e servite spolveriz-zando con zucchero a velo.La tradizione veronese/man-tovana vuole che questo dolce tipico venga bagnato con la grappa, buonissima!Gnam gnam...cotto e sbafato!

di Giulia Cerpelloni

Serviti il pasto, cowboy

La “sbrisolona” a regola d’arteTra Mantova e Verona la ricetta per una dolce tradizione

Informazioni e ingredienti

Difficoltà: mediaTempo di preparazione: 30 minutiTempo di cottura: 1 ora200 gr di farina di frumento200 gr di farina di mais fine200 gr di mandorle spellate2 uova

150 gr di zucchero120 gr di burro100 gr di strutto1 limone1 cucchiaio di zucchero a velovanillinasale

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Via Spighetta 1537020 Torbe di Negrar, Verona

Tel/fax: +39 045 750 21 88www.casalespighetta.it

Casale Spighetta, un nuovo spazio, un sorprendente gioco architettonico di salette che si intersecano pur rimanendo raccolte

nella loro intimità. L'atrio Nafura, il Lounge panoramico Gioia & Gaia, la cantina del Trabucco, il Coffee Lounge tutti con arredi eleganti, diversi, con un tocco d'oriente legati da toni materiali ed

effetti di luce e colore che rispecchiano alla logica di mirabili equilibri.

Il Casale la Spighetta è un ristorante collocato nelle colline della Valpolicella a Verona, i suoi ambienti eleganti sono indicati per cene

romantiche, banchetti e cene aziendali. Dal giardino estivo si può godere di un meraviglioso panorama.

Le sale esprimono un’atmosfera ariosa ed elegante perfettamente in linea con la cucina dello Chef Patron. Un’esigenza per chi, come lo Chef Angelo Zantedeschi va al di la dell’arte culinaria, un grande amore per la tradizione e l’arte moderma.

... dove la cucina tradizionale italianaviene rivisitata con un sapore d'Oriente ...

R I STORANTE

Casale Spighetta