Urti Barriere

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CAPITOLO 7 281 7. SICUREZZA PASSIVA IN CAMPO STRADALE 7.1 PREMESSA La sicurezza si definisce “passiva” quando non mira tanto ad eliminare le cause dell’incidente quanto piuttosto ad attenuare o, se possibile, annullare le conseguenze dell’incidente stesso. Il numero degli incidenti e la gravità dei danni riportati a seguito dell’urto dei veicoli contro le barriere di sicurezza sta aumentando d’anno in anno. Negli ultimi anni, infatti, l’evoluzione tecnica dei veicoli circolanti nelle strade ha portato sia a forti aumenti di traffico che delle medie velocistiche. Proprio alla luce di questo ultimo aspetto si sono modificate profondamente le condizioni di sicurezza delle vie di transito stradale: un’infrastruttura che fino ad un decennio fa poteva ritenersi sicura oggi, non protegge più altrettanto bene gli occupanti dei mezzi che circolano su di essa. Considerando inoltre la sempre maggiore presenza di veicoli con caratteristiche e dimensioni differenti, si fa sempre più evidente l’esigenza di sviluppare le conoscenze nel settore dei dispositivi di sicurezza, per sopperire alle lacune dei modelli attualmente in uso. La lunga esperienza maturata in alcuni noti centri di ricerca teorica e sperimentale, sia negli Stati Uniti sia in alcuni Paesi Europei, consente di intravedere in che cosa consista una barriera ideale, in relazione agli scopi essenziali che si devono raggiungere su strada. In pratica, una barriera che svolga il suo compito in modo ottimale deve poter controreagire, in qualsiasi modalità d’urto, al veicolo collidente in modo da garantire: 1. l’invalicabilità della barriera, così da assicurare la sicurezza di tutto ciò che si trova al di là della struttura di contenimento; 2. un graduale rientro in carreggiata del veicolo dopo l’urto, con un angolo di ritorno tale da non arrecare danni agli occupanti la carreggiata; 3. basse accelerazioni a carico degli occupanti del veicolo in modo da contenere i danni sia alla persone sia all’automezzo. Considerando però la stessa varietà di tipi di veicoli in circolazione e le diversità dei luoghi e delle posizioni in cui le barriere si collocano all’interno dello spazio stradale, vi è il dubbio che vi possa essere un unico tipo di barriera ideale e polivalente. Per soddisfare tutti i possibili casi, si deve tener conto della grande aleatorietà intrinseca delle variabili in gioco, quali il comportamento degli utenti, le condizioni ambientali e climatiche, le caratteristiche ed il comportamento del veicolo, le caratteristiche e lo stato di usura della pavimentazione stradale. In generale possiamo affermare che una barriera stradale di sicurezza a comportamento ideale deve potersi deformare molto, ove le condizioni al contorno lo concedano, così da assorbire grandi quantitativi di energia e da rendere completo e soddisfacente il rientro dell’automezzo in carreggiata. Nei casi in cui ciò non è possibile, per dissipare limitate dosi di energia, si deve fare affidamento sulla correzione della traiettoria ottenuta tramite superfici od elementi appositi che impegnino gli organi di sterzo e di sospensione del veicolo.

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7. SICUREZZA PASSIVA IN CAMPO STRADALE

7.1 PREMESSA La sicurezza si definisce “passiva” quando non mira tanto ad eliminare le cause dell’incidente quanto piuttosto ad attenuare o, se possibile, annullare le conseguenze dell’incidente stesso. Il numero degli incidenti e la gravità dei danni riportati a seguito dell’urto dei veicoli contro le barriere di sicurezza sta aumentando d’anno in anno. Negli ultimi anni, infatti, l’evoluzione tecnica dei veicoli circolanti nelle strade ha portato sia a forti aumenti di traffico che delle medie velocistiche. Proprio alla luce di questo ultimo aspetto si sono modificate profondamente le condizioni di sicurezza delle vie di transito stradale: un’infrastruttura che fino ad un decennio fa poteva ritenersi sicura oggi, non protegge più altrettanto bene gli occupanti dei mezzi che circolano su di essa. Considerando inoltre la sempre maggiore presenza di veicoli con caratteristiche e dimensioni differenti, si fa sempre più evidente l’esigenza di sviluppare le conoscenze nel settore dei dispositivi di sicurezza, per sopperire alle lacune dei modelli attualmente in uso. La lunga esperienza maturata in alcuni noti centri di ricerca teorica e sperimentale, sia negli Stati Uniti sia in alcuni Paesi Europei, consente di intravedere in che cosa consista una barriera ideale, in relazione agli scopi essenziali che si devono raggiungere su strada. In pratica, una barriera che svolga il suo compito in modo ottimale deve poter controreagire, in qualsiasi modalità d’urto, al veicolo collidente in modo da garantire: 1. l’invalicabilità della barriera, così da assicurare la sicurezza di tutto ciò che si trova al

di là della struttura di contenimento; 2. un graduale rientro in carreggiata del veicolo dopo l’urto, con un angolo di ritorno tale

da non arrecare danni agli occupanti la carreggiata; 3. basse accelerazioni a carico degli occupanti del veicolo in modo da contenere i danni

sia alla persone sia all’automezzo. Considerando però la stessa varietà di tipi di veicoli in circolazione e le diversità dei luoghi e delle posizioni in cui le barriere si collocano all’interno dello spazio stradale, vi è il dubbio che vi possa essere un unico tipo di barriera ideale e polivalente. Per soddisfare tutti i possibili casi, si deve tener conto della grande aleatorietà intrinseca delle variabili in gioco, quali il comportamento degli utenti, le condizioni ambientali e climatiche, le caratteristiche ed il comportamento del veicolo, le caratteristiche e lo stato di usura della pavimentazione stradale. In generale possiamo affermare che una barriera stradale di sicurezza a comportamento ideale deve potersi deformare molto, ove le condizioni al contorno lo concedano, così da assorbire grandi quantitativi di energia e da rendere completo e soddisfacente il rientro dell’automezzo in carreggiata. Nei casi in cui ciò non è possibile, per dissipare limitate dosi di energia, si deve fare affidamento sulla correzione della traiettoria ottenuta tramite superfici od elementi appositi che impegnino gli organi di sterzo e di sospensione del veicolo.

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7.2 QUADRO NORMATIVO Prima del 1987 in Italia, le barriere potevano essere usate erano “a piacere”, cioè senza nessuna regola fissa, per cui si andava o a disponibilità finanziaria del compratore, o a conoscenza/decisione del costruttore, che era il vero unico “progettista” del sistema. Tali dispositivi di sicurezza derivavano da prototipi provati negli anni Sessanta nei laboratori ANAS di Cesano, con crash test più semplici degli attuali; queste prove avevano dato origine ad un certo tipo di barriera pensata principalmente per le vetture, in quanto i camion erano piuttosto lenti e leggeri e non presentavano il problema della fuoriuscita di strada. 7.2.1 Circolare lavori pubblici 11 luglio 1987 n°2337 Nella circolare n°2337 del Ministero dei Lavori Pubblici dell’11 luglio 1987, si fa riferimento al problema di una corretta installazione delle barriere ai margini delle strade, a causa sia del continuo incremento dei veicoli in circolazione e sia della significativa presenza di mezzi pesanti. La scelta del tipo e delle caratteristiche di tali dispositivi non viene semplicemente ricondotta alla scelta di un unico tipo ottimale da adottarsi sistematicamente in ogni caso, perché le funzioni da svolgere dipendono da numerose variabili in gioco. Le barriere vengono principalmente distinte in funzione della loro destinazione: • centrale da spartitraffico; • laterale su ponti e viadotti; • per la presenza d’ostacoli fissi immediatamente a lato della carreggiata; • laterale per strada in rilevato. Rivestono particolare importanza il tipo del veicolo (che può essere classificato essenzialmente in base a struttura, dimensioni, peso e posizione del baricentro), la sua velocità e l’angolo d’impatto con la barriera. Dalle molteplici combinazioni di tali variabili, derivano esigenze di contenimento che la barriera dovrebbe soddisfare, fra le quali precipua la necessità che debba essere comunque impedito il suo superamento da parte del veicolo. La scelta del tipo da utilizzare deve pertanto essere il risultato di un’attenta valutazione che tenga conto della collocazione, della composizione prevalente del traffico che interessa le strade e della velocità di progetto della stessa. Viene definita così una barriera detta “di minimo” avente tali caratteristiche: • elementi in acciaio di qualità non inferiore a Fe 360, zincato a caldo con una quantità

di zinco non inferiore a 300 g/m2 per ciascuna faccia e nel rispetto della normativa UNI 5744/66;

• spessore minimo del nastro 3 mm, profilo a doppia onda, altezza non inferiore a 300 mm, sviluppo non inferiore a 475 mm, modulo di resistenza non inferiore a 25 kg/cm3;

• paletti di sostegno preferibilmente metallici, con profilo a C di dimensioni non inferiori a 80*120*80 mm, spessore non inferiore a 5 mm, lunghezza non inferiore a 1.65 m per le barriere centrali e 1.95 m per quelle laterali;

• altezza dei distanziatori di 30 cm, profondità non inferiore a 15 cm, spessore minimo 2.5 mm;

• bulloneria a testa tonda ed alta resistenza; • piastrina con copri - asola antisfilamento di dimensioni 45*100 mm e spessore 4 mm. Devono essere adottate le seguenti modalità di posa in opera: • la barriera deve essere posta in opera in modo che il suo bordo superiore si trovi ad

un’altezza non inferiore a 70 cm sul piano viabile;

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• i paletti devono essere posti a distanza reciproca non superiore a 3.60 m ed infissi in terreno di normale portanza per una lunghezza non inferiore a 0.95 m per le barriere centrali e 1.20 m per quelle laterali;

• i nastri devono avere una sovrapposizione non inferiore a 32 cm. Tali caratteristiche minime sono riferite a quelle destinazioni che non prevedono il contenimento categorico dei veicoli in carreggiata (rilevati e trincee senza ostacoli fissi laterali). Con le conoscenze attuali è possibile affermare che la barriera “di minimo” aveva ed ha un’energia di contenimento intorno ai 60 KJ. 7.2.2 Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici n°223 del 18 febbraio 1992 Il Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici n°223 del 18 febbraio 1992 è un regolamento recante le istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza. All’art.1 si definiscono le barriere stradali di sicurezza come dei dispositivi aventi lo scopo di realizzare il contenimento dei veicoli che dovessero tendere alla fuoriuscita della carreggiata stradale, nelle migliori condizioni di sicurezza possibili. Negli articoli 2 e 3 si formalizzano le operazioni necessarie per la presentazione dei progetti esecutivi e il raggiungimento dell’idoneità tecnica, rilasciato dal Ministero dei Lavori Pubblici – Ispettorato circolazione e traffico. All’art.8 si fa riferimento alle “Istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza”, che sono state modificate in un decreto successivo. 7.2.3 Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici n°4621 del 15 ottobre 1996 All’art.1 si ha la classificazione delle barriere in funzione della loro destinazione ed ubicazione: • barriere centrali da spartitraffico; • barriere per bordo stradale, in rilevato o scavo; • barriere per opere d’arte, quali ponti, viadotti, sottovia, muri, ecc.; • barriere per punti singolari, quali zone d’approccio ad opere d’arte, presenza

d’ostacoli fissi, zone terminali e/o d’interscambio e simili. La protezione richiesta dal decreto, per quanto riportato all’art.3, deve riguardare almeno: • i bordi di tutte le opere d’arte all’aperto, quali ponti, viadotti, ponticelli, sovrappassi e

muri di sostegno della carreggiata, indipendentemente dalla loro estensione longitudinale e dall’altezza del piano di campagna;

• i casi previsti dalle vigenti norme stradali del CNR, relative alla progettazione geometrica delle strade, escludendo il caso di rilevato con altezza del ciglio minore di 2.50 m purché la pendenza della scarpate sia minore o uguale a 1/3;

• gli ostacoli fissi, laterali o centrali isolati, quali pile di ponti, fabbricati, tralicci d’elettrodotti, portali della segnaletica, ecc., entro una fascia di 5 m dal ciglio esterno della carreggiata.

Viene definito, nell’art.4, l’“Indice di severità Is”, ovvero l’energia cinetica posseduta dal mezzo all’atto dell’impatto calcolata con riferimento alla componente della velocità ortogonale alle barriere, espressa da:

2s )Vsen(*

gP*

21I ϑ= [7.1]

dove:

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• Is = indice di severità (KNm); • P = peso del veicolo (KN); • g = accelerazione di gravità (m/s2); • V = velocità d’impatto (m/s); • ϑ = angolo d’impatto. Le barriere si classificano, in relazione all’“indice di severità” definito all’art.4, come segue: Classe A1: barriere che ammettono un indice di severità minimo di 40 KNm; Classe A2: barriere che ammettono un indice di severità minimo di 80 KNm; Classe A3: barriere che ammettono un indice di severità minimo di 130 KNm; Classe B1: barriere che ammettono un indice di severità minimo di 250 KNm; Classe B2: barriere che ammettono un indice di severità minimo di 450 KNm; Classe B3: barriere che ammettono un indice di severità minimo di 600 KNm. L’art.7 definisce i criteri di scelta di tali dispositivi, che sono funzione della destinazione ed ubicazione, del tipo e delle caratteristiche della strada nonché del traffico. In mancanza d’indicazioni fornite dal committente, quest’ultimo sarà valutato dal progettista sulla base di dati disponibili o rilevabili; ai fini applicativi sarà classificato in ragione della prevalenza dei mezzi che lo compongono e distinto nei tre tipi seguenti: 1) quando la presenza dei veicoli di peso superiore a 30 KN non sia superiore al 5% del

totale; 2) quando la presenza dei veicoli di peso superiore a 30 KN sia compresa tra il 5% ed il

10% del totale; 3) quando la presenza dei veicoli di peso superiore a 30 KN sia maggiore del 10% del

totale. La seguente tabella contiene le indicazioni relative alle classi minime di barriere da impiegare in funzione del tipo di strada, del tipo di traffico e della destinazione della barriera (Tab. 7.1):

TIPO DI STRADA TRAFFICO SPARTITRAFFICO

BORDO

LATERALE BORDO PONTE

Autostrada (A) I II

B1 B2

A3 B1

B2 B2

Strada extr.princ. (B) III B3 B2 B3 Strada extr.sec. (C) I A3* A2 B1

Strada urb. di scorr. (D) II III

B1* B1*

A3 B1

B2 B2

Strada urb. di quart. (E) I II

A1 A1

B1 B1

Strada locale III A3 B1 *ove esistenti.

Tabella 7.1 – Classificazione delle barriere di sicurezza metalliche in funzione dell’indice di severità. L’idoneità delle barriere è subordinata al superamento di prove su prototipi in scala reale, eseguiti presso campi prove attrezzati, sia italiani che esteri. Si dovrà accertare: • l’adeguatezza strutturale della barriera: ogni tipologia deve assicurare rotture limitate

e controllate, senza distacco d’elementi che possano costituire rischio per gli occupanti del veicolo o per terzi;

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• il contenimento totale del veicolo: la barriera deve esercitare sul veicolo di prova un effetto di contenimento pieno, senza ribaltamento e senza attraversamento o scavalcamento;

• la sicurezza relativa al rischio per gli occupanti del veicolo: deve essere accertata la variazione del vettore velocità ai fini di valutare la probabilità che gli occupanti possano subire traumi insostenibili. I valori massimi tollerabili per l’accelerazione durante l’urto, misurata in prossimità del baricentro del veicolo ed almeno in un altro punto, per la durata convenzionale di 0.05 secondi, sono i seguenti: componente longitudinale (X): 20 g; componente trasversale (Y): 10 g; componente verticale (Z): 6 g; accelerazione totale: g23ZYX 222 =++ ;

• la traiettoria di rinvio del veicolo: deve essere accertata la traiettoria del veicolo dopo l’abbandono, da parte di esso, del contatto con la barriera. Si considera ottimale un angolo di rinvio non superiore ad 1/3 dell’angolo d’impatto; angoli superiori saranno valutati caso per caso in relazione al tipo di veicolo utilizzato per le prove;

• lo spostamento trasversale totale subito dalla barriera: deve essere accertato lo spostamento ai fini della valutazione delle compatibilità in relazione alla sua destinazione.

Le prove dovranno svilupparsi nell’ambito di un programma che permetta di simulare le più ricorrenti situazioni di rischio. Si svolgeranno su piste attrezzate su tratti simulati di carreggiata stradale, con pavimentazione ordinaria, ove, per un’estesa sufficiente, verrà installata la barriera candidata e dove saranno rispettate le stesse modalità d’infissione nel suolo, di posa in opera e di posizionamento geometrico previste dal richiedente l’omologazione. Per ciascuna delle barriere di classe A1, A2, A3, dovranno essere eseguite almeno due prove con veicoli leggeri in condizioni tali da determinare un indice di severità non inferiore a quello minimo della classe per la quale si richiede l’omologazione. Per ciascuna delle barriere di classe B1, B2, B3, dovranno essere eseguite almeno due prove con mezzi pesanti (con indice di severità non inferiore a quello minimo della classe) ed inoltre almeno una prova con veicoli leggeri in condizioni corrispondenti rispettivamente a quelle delle classi A1, A2, A3. Per la classe B3 una delle prove con veicoli pesanti deve essere effettuata con veicolo avente altezza del baricentro non inferiore a 1.60 m. Per le prove saranno impiegati veicoli che abbiano caratteristiche corrispondenti a quelle indicate nella tabella 1.2. Sono ammesse delle tolleranze del 5% sulle dimensioni e sul peso. 7.2.4 Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n°4622 del 15 ottobre 1996 Nella circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n°4622 del 15 ottobre 1996 sono indicati gli istituti autorizzati alle prove di crash: • Centro prove per barriere di sicurezza stradali d’Anagni – Centro rilevamento dati sui

materiali di Fiano Romano della società Autostrade S.p.a; • L.I.E.R., Laboratoire d’essais INRETS – Equipments de la Route, con sede in D29

Route de Cremieu B.P. 352 69125 Lyon Satolas Aeroport – Francia.

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TIPO VEICOLO DIMENSIONI PESO (KN) VELOCITA’ (Km/h) ANGOLO D’IMPATTO

Classe A Berlina 4.00*1.40*1.40 10 70-120 10°-20° Berlina 4.50*1.70*1.50 13 80-130 10°-20

Furgone 5.50*2.00*2.70 20 70-120 10°-20 Berlina* 4.50*1.70*1.50 13 100-120 70°-90° Classe B Furgone 5.50*2.00*2.70 35 70-100 10°-20°

Autobus urbano 12.00*2.50*2.70 100-120 50-100 15°-25° Autobus extraurbano 12.00*2.50*2.70 150-200 50-100 15°-25°

Autocarro 7.00*2.50*2.70 100-150 50-100 15°-25° Autocarro 8.00*2.50*2.70 200-300 50-80 15°-25° Autocarro 9.00*2.50*2.70 200-400 50-80 15°-25° Cisterna 9.00*2.50*2.70 250-400 50-80 15°-25°

*per prove su barriere per punti singolari. Tabella 7.2 – Veicoli utilizzati per le prove di crash.

7.2.5 Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 3 giugno 1998 Il Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 3 giugno 1998 è un aggiornamento delle istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza e delle prescrizioni tecniche per le prove ai fini dell’omologazione. All’articolo 1 dell’allegato, si afferma che, a seconda della loro destinazione ed ubicazione, le barriere ed i dispositivi di ritenuta si dividono nei seguenti tipi: • barriere centrali da spartitraffico; • barriere laterali, in rilevato o scavo; • barriere per opere d’arte, quali ponti, viadotti, sottovia, muri, ecc.; • barriere o dispositivi per punti singolari quali attenuatori d’urto, letti d’arresto o simili,

dispositivi per zone d’approccio ad opere d’arte, per ostacoli fissi, per zone terminali e/o d’interscambio e simili.

L’articolo 2 individua le loro finalità: si afferma, infatti, che queste sono poste in opera essenzialmente al fine di realizzare accettabili condizioni di sicurezza per gli utenti della strada e per i terzi esterni, eventualmente presenti, garantendo entro certi limiti il contenimento dei veicoli che dovessero tendere alla fuoriuscita dalla carreggiata stradale. Nell’articolo 3 del suddetto allegato si individuano le zone da proteggere: • bordi di tutte le opere d’arte all’aperto (ponti, viadotti, ponticelli, sovrappassi, muri di

sostegno della carreggiata); • spartitraffico (ove presente); • bordo stradale nelle sezioni in rilevato: la protezione è necessaria per tutte le

scarpate aventi pendenza maggiore od uguale a 2/3. Se questo non è verificato, la necessità di protezione dipende dalla combinazione della pendenza e dell’altezza della scarpata, tenendo conto delle situazioni di potenziale pericolosità a valle della scarpata (edifici da proteggere o simili);

• ostacoli fissi che potrebbero costituire un pericolo per gli utenti della strada in caso d’urto, quali pile di ponti, rocce affioranti, opere di drenaggio non attraversabili, pali d’illuminazione e supporti per la segnaletica non cedevoli, corsi d’acqua, ecc. e gli oggetti che in caso d’urto potrebbero comportare pericolo per i non utenti della strada, quali edifici pubblici o privati, scuole, ospedali, ecc.. Occorre proteggere i

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suddetti ostacoli ed oggetti nel caso in cui non sia possibile o conveniente la loro rimozione e si trovino ad una distanza dal ciglio esterno della carreggiata inferiore ad un’opportuna distanza di sicurezza. Tale distanza varia in funzione della velocità di progetto, volume di traffico, raggio di curvatura dell’asse stradale, pendenza della scarpata, pericolosità dell’ostacolo. Dei valori indicativi sono: 3 m per strada in rettifilo a livello di piano di campagna, V=70 km/h, TGM=1000; 10 m per strada in rettifilo ed in rilevato con pendenza pari ad ¼, V=110 km/h, TGM=6000.

Nell’articolo 4 viene definito convenzionalmente, ai fini della classificazione delle barriere e degli altri dispositivi, il “Livello di contenimento LC” come l’energia cinetica posseduta dal mezzo all’atto dell’impatto, calcolata con riferimento alla componente della velocità ortogonale alle barriere, espressa da:

( ) .2C sen*v*M*

21L φ= [7.2]

dove: • LC= livello di contenimento (KJ); • M= massa del veicolo (ton); • v= velocità d’impatto (m/s); • φ = angolo d’impatto. Viene inoltre definito convenzionalmente, ai fini della classificazione della severità degli impatti, l’indice ASI (Indice di Severità dell’Accelerazione) che misura la severità dell’urto sugli occupanti delle autovetture considerati seduti con cinture di sicurezza allacciate:

21

2

z

2

y2

x

g10a

g9a

g12a

)t(ASI

+

+

= [7.3]

in cui xa , ya e za sono le componenti dell’accelerazione da misurare in un punto P significativamente vicino al baricentro del veicolo mediate su di un intervallo mobile δ di 50 ms e g è uguale a 9.81 m/s2. Tutte le barriere ed i dispositivi di ritenuta ed attenuazione di tutte le classi, per quanto prescritto dall’articolo 8, devono corrispondere ad un indice ASI minore o uguale ad 1 ottenuto con un’autovettura, secondo le prescrizioni tecniche che seguono. È ammesso un indice ASI fino a 1.4 per le barriere ed i dispositivi destinati a punti particolarmente pericolosi nei quali il contenimento del veicolo in svio diviene un fattore essenziale ai fini della sicurezza. Le barriere, citate all’art.1, si classificano in funzione del citato Livello di contenimento con tolleranza in meno pari al –5% e tolleranza in più correlata a quella ammissibile per i parametri di prova. Si ha: • CLASSE N1: Contenimento minimo LC=44 KJ; • CLASSE N2: Contenimento medio LC=82 KJ; • CLASSE H1: Contenimento normale LC=127 KJ; • CLASSE H2: Contenimento elevato LC=288 KJ; • CLASSE H3: Contenimento elevatissimo LC=463 KJ; • CLASSE H4: Contenimento per tratti ad altissimo rischio LC=572 KJ.

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Nel caso in cui la prova d’impatto viene eseguita con veicolo autoarticolato il valore LC corrispondente alla classe H4 è pari a 724 KJ. Le barriere impiegate per punti singolari, quali zone d’approccio ad opere d’arte e terminali di barriere o simili, non sono sempre classificabili in base al livello di contenimento specifico ed il loro impiego sarà curato dal progettista. I terminali sono definiti come gli elementi finali di una barriera di sicurezza corrente. La loro origine, per quanto possibile, non deve essere esposta al traffico e la loro costruzione deve rappresentare una transizione con contenimento graduale dei veicoli, da zero all’origine fino alle prestazioni complete nel punto in cui si uniscono alla barriera. Gli attenuatori d’urto hanno lo scopo di ridurre, quando necessario, la severità dell’urto di un’autovettura contro gli ostacoli, compreso anche l’inizio delle barriere. Per essi sono definite due classi di contenimento TC1 e TC2: • CLASSE TC1: Attenuatori che ammettono un livello di contenimento LC =320 KJ; • CLASSE TC2: Attenuatori che ammettono un livello di contenimento LC =500 KJ. Nell’ambito di queste classi, un’ulteriore suddivisione è rappresentata dal comportamento del dispositivo nel caso d’urto angolato rispetto alla linea di mezzeria del dispositivo stesso: • Attenuatori Redirettivi (R): contengono e ridirigono i veicoli urtati; • Attenuatori Non Redirettivi (NR): contengono ma non ridirigono i veicoli urtati. Le barriere temporanee, a protezione dei cantieri di lavoro, saranno regolamentate da un’opportuna disposizione. La scelta delle barriere avviene tenendo conto della loro destinazione ed ubicazione, del tipo e delle caratteristiche della strada, nonché di quelle del traffico cui la stessa sarà interessata. Per la valutazione di quest’ultimo, in mancanza d’indicazioni fornite dal committente, il progettista provvederà a determinarne la composizione sulla base dei dati disponibili o rilevabili sulla strada interessata (traffico giornaliero medio), ovvero di studio previsionale. Ai fini applicativi il traffico sarà classificato in ragione dei volumi di traffico e della prevalenza dei mezzi che lo compongono, distinto nei tre livelli seguenti: • Traffico tipo I: quando il TGM è minore o uguale a 1000 con qualsiasi percentuale di

veicoli merci o maggiore di 1000 con presenza di veicoli di massa superiore a 3000 kg minore o uguale al 5% del totale;

• Traffico tipo II: quando, con TGM maggiore di 1000, la presenza di veicoli di massa superiore a 3000 kg sia maggiore del 5% e minore o uguale al 15% sul totale;

• Traffico tipo III: quando, con TGM maggiore di 1000, la presenza di veicoli di massa superiore a 3000 kg sia maggiore del 15% del totale.

Vengono riportati nella tabella 7.3 le classi minime di barriere da impiegare, in funzione del tipo di strada, traffico e destinazione della barriera. Il progettista individuerà le caratteristiche prestazionali delle barriere da adottare (classe, livello di contenimento, indice di severità, materiali, dimensioni, peso massimo, vincoli, larghezza di lavoro, ecc.) tenendo conto della loro congruenza con il tipo di strada, il tipo di supporto, le condizioni geometriche esistenti ed il traffico prevedibile su di essa secondo quanto indicato nelle presenti istruzioni. Inoltre per motivi d’ottimizzazione della gestione della strada, si cerca di minimizzare i tipi da utilizzare (criterio d’uniformità). Dovrà inoltre curare con specifici disegni esecutivi e relazioni di calcolo l’adattamento dei singoli dispositivi alla sede stradale in termini di supporti, drenaggio delle acque, collegamenti tra i diversi tipi di protezione, zone d’approccio alle barriere, punto d’inizio e

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di fine in relazione alla morfologia della strada per l’adeguato posizionamento dei terminali, ecc.

Tipo di strade Traffico Destinazione barriere Barriere

spartitraffico Barriere

bordo laterale Barriere bordo ponte

Attenuatori

Autostrade (A) e strade extraurbane principali (B)

I II III

H2 H3

H3-H4 (*)

H1 H2

H2-H3 (*)

H2 H3 H4

Strade extraurbane secondarie (C) e Strade

urbane di scorrimento (D)

I II III

H1 H2 H2

N2 H1 H2

H2 H2 H3

Strade urbane di quartiere (E) e Strade locali (F)

I II III

N2 H1 H1

N1 N2 H1

H2 H2 H2

TC1 o TC2

secondo velocità ≤ oppure > di 80 Km/h.

(*) La scelta tra le due classi sarà determinata dal progettista in funzione dell’ampiezza W della larghezza utile della barriera scelta, delle caratteristiche geometriche della strada (tipo di sezione trasversale, planoaltimetria, larghezza dello spartitraffico, ecc.), della percentuale di traffico pesante (di massa superiore a 3000 kg) e della relativa incidentalità.

Tabella 7.3 – Classi minime di barriere da impiegare in funzione del tipo di strada, traffico e destinazione d’uso. Nell’articolo nove e nell’allegato 1A vengono segnalate le modalità di prova delle barriere e dei dispositivi ed i criteri di giudizio ai fini dell’omologazione. Ai fini del giudizio sull’esito delle prove, saranno valutati i seguenti aspetti: • non superamento o sfondamento della barriera, nel suo complesso con indicazione

degli spazi laterali utilizzati per conseguire il contenimento (larghezza utile); • non ribaltamento completo del veicolo; • ridirezione controllata dei veicoli in modo che il veicolo che lascia la barriera dopo

l’impatto non attraversi una linea, parallela alla barriera nella sua posizione originaria posta ad una distanza A (pari a 2.2 m per l’autovettura e 4.4 per il veicolo merci) più la larghezza del veicolo usato, più il 16% della sua lunghezza, entro una distanza B (pari a 10 m per l’autovettura e 20 m per il veicolo merci) dal punto d’impatto;

• ottenimento dei livelli di contenimento con le tolleranze indicate; • rispetto degli indici di severità prescritti per le autovetture. Nel caso degli attenuatori d’urto: • controllo del veicolo urtante frontalmente o lateralmente (se richiesto), senza rimbalzi

apprezzabili; • non intrusione di tali elementi del dispositivo nel veicolo o deformazioni dell’abitacolo

tali da causare seri danni agli occupanti; • nessun distacco pericoloso di elementi di grande dimensione del dispositivo urtato; • assetto normale del veicolo in moto, con l’ammissione di imbardata, rollio e

beccheggio moderati; • per i tipi redirettivi la traiettoria di uscita deve essere interna ad una linea parallela al

lato d’urto e distante da questo 4 m, in corrispondenza della perpendicolare al punto terminale dell’attenuatore.

Le prove si svolgeranno in apposite piste attrezzate su tratti simulati di carreggiata stradale, con pavimentazione ordinaria, ove per un’estesa sufficiente verrà installata la

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CAPITOLO 7

290

barriera candidata e dove saranno rispettate le stesse modalità di infissione nel suolo, di ancoraggio puntuale, di posa in opera e di posizionamento geometrico previste e descritte da colui che richiede l’omologazione. Nel caso di barriere destinate a ponti e viadotti, dovranno essere adottati tutti gli accorgimenti in modo da simulare al meglio le condizioni di un tratto, con vuoto laterale, di un’opera di tipo ordinario. Per tutte le barriere di sicurezza (salvo per gli attenuatori per i quali è prevista una prova diversa) di tutte le classi (salvo la classe N1) dovrà essere effettuata una prova di un’autovettura di massa totale statica di 900 ± 40 kg, angolo di 20° e velocità pari a 100 Km/h, ai fini della valutazione dell’indice ASI. Per le diverse classi, al fine di verificare il Livello di Contenimento LC, dovranno essere usati veicoli diversi con energie diverse secondo le tabelle 7.4 e 7.5. Sono fissate inoltre accuratezza e tolleranza: • ACCURATEZZA: Velocità ± 1%; Angolo d’impatto globale ± 0.5 gradi; • TOLLERANZA: Velocità –2%, +7%; Angolo d’impatto globale –1.0°, +1.5°. La tolleranza combinata di velocità, angolo d’impatto e livello di contenimento segue le suindicate tolleranze purché sia rispettata quella relativa al Livello di Contenimento, pari a –5%.

CLASSE DELLE BARRIERE

VELOCITA’ (Km/h) ANGOLO D’IMPATTO (gradi)

MASSA TOTALE (Kg)

TIPO VEICOLO

N1 80 20 1500 Autovettura N2 110 20 1500 Autovettura H1 70 15 10000 Autocarro H2 70 20 13000 Autocarro o

Autobus H3 80 20 16000 Autocarro H4a 65 20 30000 Autocarro H4b 65 20 38000 Autoarticolato

Tabella 7.4 – Parametri necessari per il calcolo del livello di contenimento delle barriere di sicurezza.

CLASSE DEGLI ATTENUATORI

VELOCITA’ (Km/h)

ANGOLO D’IMPATTO

(gradi)

MASSA TOTALE (kg)

TIPO VEICOLO

R/NR 80 90 1300 Autovettura

R/NR* 80 90 900 Autovettura

TC1

R** 80 15 1300 Autovettura

R/NR 100 90 1300 Autovettura

R/NR* 100 90 900 Autovettura

TC2

R** 100 15 1300 Autovettura (*) Questa prova rappresenta un urto frontale disassato di ¼ della larghezza del veicolo; (**) Questa prova corrisponde ad un urto laterale con impatto ad 1/3 della larghezza totale del dispositivo e va fatta sui dispositivi redirettivi (R).

Tabella 7.5 – Parametri necessari per il calcolo del livello di contenimento degli attenuatori d’urto. Vengono definiti i veicoli e le modalità di prove per le diverse barriere (Tab. 7.6).

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291

CLASSI Caratteristiche dei veicoli N-H-TC TC1/TC2 N1/N2 H1 H2 H3 H4a H4b

Massa

del veicolo (kg)

825

± 40

1300

± 65

1500

± 75

10000

± 300

13000

± 400

16000

± 500

30000

± 900

38000

± 1100

Compresa la zavorra max (kg)

100 160 180

Massa simulante il conducente (kg)

75

Massa statica tot. del veicolo (kg)

900

± 40

1300

± 65

1500

± 75

10000

± 300

13000

± 400

16000

± 500

30000

± 900

38000

± 1100

Carreggiata delle ruote (m)

1.35 1.40 1.50 2.00 2.00 2.00 2.00 2.00

Raggio della ruota (m)

0.46 0.52 0.52 0.55 0.55

Passo del veic. (m)

4.60 6.50 (1) 4.10 (2) 5.90 6.70 11.25

Numero di assi 2 2 2 2 2 ≥ 2 ≥ 3 ≥ 4

Dist. dal suolo del paraurti (m)

0.58 0.58 0.58 0.58 0.58

Baricentro del veicolo (m)

0.49 0.53 0.53

Distanza long. dell’asse ant. (m)

0.90 1.10 1.24

Distanza lat. dall’asse long.

(m)

± 0.07 ± 0.07 ± 0.08

Baricentro della zavorra HZS

1.50 1.40 (1)

1.50 (2)

1.60 1.90 1.90

Altezza Hp del pianale a p. c. dal

suolo (m)

1.10 0.80 (1)

1.40 (2)

1.40 1.45 1.30

Massa del veicolo scarico (kg)

≥ 3500

<6000

≥ 4500 (1)

<7000

≥ 6000 (2)

<11000

≥ 5500

<8000

≥ 9000

<11000

≥ 11000

<15000

TIPO DI VEICOLO

Auto

vettura

Auto

vettura

Auto

vettura

Auto

carro

Bus o autocarro

Auto

carro

Auto

carro

(1)Autobus; (2)Autocarro. Tabella 1.6 – Veicoli e modalità di prove.

La zavorra sarà costituita per i veicoli leggeri da sacchi chiusi, riempiti con materiale inerte e poggiati su ognuno dei sedili. Nei veicoli pesanti sarà costituita da elementi

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292

modulari in calcestruzzo di cemento o acciaio, opportunamente ancorati. Nel caso di autobus vale la stessa regola dei veicoli leggeri, mentre per le cisterne si provvederà al riempimento con acqua. La zavorra non deve essere perduta durante la prova, salvo piccole perdite di elementi di massa non significativa. Allo scopo di riprodurre per quanto possibile il reale comportamento strutturale della barriera, si dovrà installare un tratto di estesa longitudinale di almeno 70 m nel caso di prove con veicoli leggeri e di almeno 80 m nel caso di veicoli pesanti ed autobus. Nel caso di dispositivi di tipo speciale che trovano impiego in protezioni di sviluppo inferiore a 70 m, la prova avverrà su prototipi che abbiano la lunghezza richiesta nello specifico impiego. Il sistema di guida dei veicoli di prova potrà essere sia del tipo a trascinamento o a spinta, con trattore acceleratore, come pure potrà essere realizzato con sistema fisso meccanico o idraulico dotato di carrello trascinatore e sgancio automatico, a ridosso del punto d’impatto dei veicoli contro la barriera. Non si escludono altri sistemi di lancio quali ad esempio quelli realizzati attraverso radioguida, con trazione autonoma del veicolo di prova. In ogni caso e per qualsiasi sistema di lancio, il veicolo di prova dovrà essere privato dello sforzo di trazione al momento dell’impatto sulla barriera. Per qualsiasi tipo di veicolo si dovrà disporre di un sistema telecomandato di frenatura del veicolo, da poter essere azionato non appena esaurita la fase d’impatto. Particolare attenzione dovrà essere posta nello stabilire il punto d’impatto, dando preferenza alle zone più vulnerabili, come quelle di connessione tra singoli componenti ovvero zone singolari che potrebbero costituire ostacolo puntuale nei riguardi del buon funzionamento della barriera (sporgenze e discontinuità rivolte verso la sede stradale, tangibili dai pneumatici o comunque costituenti resistenza all’avanzamento del veicolo). Le variabili da misurare sul veicolo, durante l’urto, in un punto significativamente prossimo al baricentro sono: • velocità longitudinale del veicolo (misurata prima, durante e dopo l’impatto); • accelerazione lungo l’asse longitudinale del veicolo; • accelerazione trasversale; • accelerazione verticale. Le misure di velocità si effettueranno con misuratori elettromeccanici disposti lungo la pista di lancio o con registratori montati sul veicolo, opportunamente protetti, per ciò che concerne la velocità prima dell’impatto. Durante e dopo le velocità potranno essere desunte da riprese cinematografiche o dall’integrazione dei diagrammi accelerometrici. La strumentazione minima per la registrazione delle accelerazioni sarà composta da un gruppo di tre trasduttori di accelerazione lineare, reciprocamente ortogonali, allineati con l’asse del veicolo (longitudinale, trasversale e verticale). Dovranno essere montati su di un blocco comune e collocati il più vicino possibile al centro di gravità del veicolo. I trasduttori di accelerazione ed i relativi canali di registrazione dovranno risultare conformi alla Norma Internazionale ISO 6487, con classe di frequenza CFC 180. Tale classe dovrà essere utilizzata per tracciare i risultati grafici. Per l’accertamento della traiettoria si impiegheranno macchine fotografiche e cinematografiche di precisione, oltre che videoregistratore. In particolare è suggeribile l’uso di una macchina cinematografica da 16 mm ad alta velocità di avanzamento dei fotogrammi (minimo 200 fot/s) per la ripresa dell’urto da

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293

posizione elevata zenitale, avente lo scopo di fornire fotogrammi che descrivono il moto del baricentro del veicolo. Verranno poi installate altre due macchine fotografiche, ad alta velocità e con l’ausilio di teleobiettivo, per le riprese frontali e posteriori. Verranno anche installate altre macchine fotografiche ad avanzamento rapido automatico (minimo 6 fot/s) disposte opportunamente per completare la documentazione necessaria a descrivere compiutamente la traiettoria. Verrà redatta una scheda con la descrizione dell’intera configurazione geometrica della barriera, prima e dopo l’urto, che riporta anche la larghezza utile del sistema. La larghezza utile (Tab. 7.7) è la distanza tra la posizione iniziale del frontale del sistema stradale di contenimento e la massima posizione dinamica laterale di qualsiasi componente principale del sistema. La deflessione dinamica è il massimo spostamento dinamico trasversale del frontale del sistema di contenimento. Questi due parametri consentono le condizioni più idonee di installazione per ciascuna barriera di sicurezza, nonché di stabilire distanze appropriate di fronte ad ostacoli in modo da permettere al sistema di operare nel modo migliore.

CLASSI DEI LIVELLI DI LARGHEZZA UTILE LIVELLI DI LARGHEZZA UTILE W

W1 W ≤ 0.6

W2 W ≤ 0.8

W3 W ≤ 1.0

W4 W ≤ 1.3

W5 W ≤ 1.7

W6 W ≤ 2.1

W7 W ≤ 2.5

W8 W ≤ 3.5

Tabella 7.7 – Classi di Livelli di Larghezza Utile. La tolleranza delle misure è di 1 cm. Per gli attenuatori d’urto, misurata la deformazione longitudinale e lo spostamento trasversale, sarà registrata la posizione finale del dispositivo o dei suoi componenti di grande dimensione, se distaccati, cioè il livello di spostamento permanente laterale rispetto alla configurazione iniziale. Dovrà essere misurato per le autovetture l’Indice di Deformazione dell’Abitacolo (VCDI) di cui alla norma EN 1317-1 all. A, oltre ad essere compiutamente documentate tutte le principali rotture e deformazioni avvenute sulla carrozzeria, agli organi di sterzo ed ai pneumatici, attraverso riprese fotografiche e riportate su scheda descrittiva. 7.2.6 Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici, 11 Giugno 1999 Il Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici dell’11 Giugno 1999 è un aggiornamento delle istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza.

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Nell’articolo uno si afferma che le omologazioni rilasciate sulla base di prove effettuate in conformità al decreto 15 ottobre 1996 (purché integrate con prove di verifica di crash test realizzate con autovettura di massa 900±40 kg con le modalità indicate nelle prescrizioni tecniche allegate al decreto 3 giugno 1998) sono equiparate alle omologazioni rilasciate sulla base di prove effettuate in conformità al decreto 3 giugno 1998, secondo la tabella di corrispondenza: • classe N1 corrisponde alla classe A1; • classe N2 corrisponde alla classe A2; • classe H1 corrisponde alla classe A3; • classe H2 corrisponde alla classe B1; • classe H3 corrisponde alla classe B2; • classe H4 a,b corrisponde alla classe B3. I parametri necessari per il calcolo dell’indice ASI vengono precisati nell’articolo 4 di questo decreto. Si ha infatti

21

2

z

2

y2

x

g10a

g9a

g12a)t(ASI

+

+

= [7.4]

in cui g è uguale a 9.81 m/s2 e xa , ya e za sono le componenti dell’accelerazione mediate su di un intervallo mobile δ di 50 ms, da misurare nel baricentro del veicolo di prova con tolleranza di ± 5 cm per l’asse x (longitudinale) e ± 3 cm per gli assi y (trasversale) e z (verticale). In caso di impossibilità di eseguire misure nel baricentro con le tolleranze suddette, si accetteranno i valori riportati al baricentro calcolati secondo la procedura della norma europea EN 1317-1, derivanti dalle misure di accelerazione effettuate con due terne di accelerometri a distanza di almeno 50 cm l’una dall’altra. 7.2.7 Normativa europea In campo europeo si fa riferimento al documento emanato dal CEN (Comité Européen de Normalisation) nel Marzo 1995, n°PrEN1317-1 e n°PrEN1317-2. Il documento è diviso in due sezioni: una prima parte tratta la definizione della terminologia ed i criteri da utilizzare per l’esecuzione dei test in riferimento all’autoveicolo, una seconda analizza gli aspetti progettuali delle barriere di sicurezza, la loro classificazione, l’esecuzione dei test sulle barriere, con un particolare riferimento ai metodi di rilevamento delle sollecitazioni. Tale normativa distingue i sistemi di ritenuta stradale in due gruppi a seconda che siano destinati a veicoli o a pedoni. I sistemi di ritenuta per veicoli vengono classificati in : • letti d’arresto: aree di margine riempite con materiali particolari (sabbia ad esempio)

allo scopo di decelerare e frenare i veicoli; • cuscini d’urto: dispositivi ad assorbimento energetico che vengono installati in

prossimità di un oggetto rigido, in modo da ridurre la gravità dell’urto. Possono essere redirettivi e non, a seconda che ridirigano o contengano il veicoli;

• terminali: ancoraggi finali delle barriere di sicurezza;

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295

• barriere di sicurezza propriamente dette che possono essere: o permanenti o temporanee; o deformabili o rigide; o a letto singolo o doppio, a seconda che siano progettate per agire da uno solo o

da entrambi i lati. • parapetto per veicoli: barriera installata sul bordo di un ponte, in prossimità di un

muro di sostegno e simili. I sistemi di ritenuta per pedoni si distinguono in: • guardrail per pedoni: situato lungo l’estremità del marciapiede allo scopo di evitarne

lo scavalcamento ed il conseguente pericoloso attraversamento della strada; • parapetto per pedoni: sistema di vincolo per pedoni, installato lungo un ponte o simili. Nella prima parte, oltre il già noto Indice A.S.I., vengono definiti altri due indici molto importanti: 1. Indice THIV (Theoretical Head Impact Velocity): esprime l’ipotetica velocità con la

quale un occupante del mezzo va ad urtare contro il bordo interno del veicolo in seguito all’impatto contro un dispositivo di sicurezza. Può essere espresso secondo la formula:

( ) ( )[ ]21

2y

2x TvTvTHIV += [7.5]

dove xv e yv sono le velocità, espresse in Km/h, relative del corpo rispetto al veicolo riferite agli assi x e y e T è il tempo di primo contatto corpo – veicolo.

2. Indice PHD (Post – impact Head Deceleration): correlato con il precedente, esprime i massimi valori delle decelerazioni subite dalla “testa teorica” (Theoretical Head) dell’occupante dopo l’impatto (dopo cioè il momento di contatto corpo – veicolo, che è anche il tempo di riferimento per la determinazione di THIV). Anche questo è un parametro convenzionale. Si assumono validi i valori massimi delle accelerazioni in un tempo di 10 ms:

( ) ( )[ ]21

2y

2x tatamaxPHD += [7.6]

con t>T. I valori sono da esprimere in g. Nella seconda parte del documento le barriere di sicurezza vengono classificate in base a: • capacità di contenimento: T1, T2, T3, N1, N2, H1, H2, H3, H4a, H4b; • indice di severità: A, B; • deformazioni massime: W1, W2, W3, W4, W5, W6, W7, W8. Per la determinazione della categoria di contenimento (containment level) sono previste due tabelle (Tab. 7.8, Tab. 7.9): la prima elenca le caratteristiche, la velocità, l’angolo d’impatto che il mezzo deve avere perché sia valida l’omologazione; la seconda fornisce la categoria alla quale la barriera appartiene a seconda del tipo di test che ha superato con successo. L’indice di severità è riferito ai parametri ASI, THIV e PHD. Una barriera di sicurezza caratterizzata da un livello di severità A garantisce un maggior livello di sicurezza agli occupanti di un veicolo in svio ed è quindi preferibile a parità di

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296

altre condizioni. In posizioni particolarmente pericolose, quando la principale preoccupazione è l’invalicabilità della barriera, si possono accettare anche valori che superano i limiti indicati nella tabella 7.10 ma che comunque devono essere riportati nella documentazione del test.

TEST VELOCITA’ (Km/h)

ANGOLO DI INCIDENZA (°)

MASSA TOTALE VEICOLO (kg)

TIPO DI VEICOLO

TB11 100 20 900 Autoveicolo TB21 80 8 1300 Autoveicolo TB22 80 15 1300 Autoveicolo TB31 80 20 1500 Autoveicolo TB32 110 20 1500 Autoveicolo TB41 70 8 10000 Autocarro TB42 70 15 10000 Autocarro TB51 70 20 13000 Bus TB61 80 20 16000 Autocarro TB71 65 20 30000 Autocarro TB81 65 20 38000 Autoarticolato

Tabella 7.8 – Valori da utilizzare nei test.

LIVELLO DI CONTENIMENTO TEST RICHIESTI Basso T1

T2 T3

TB21 TB22

TB41+TB21 Normale N1

N2 TB31

TB32+TB11 Alto H1

H2 H3

TB42+TB11 TB51+TB11 TB61+TB11

Molto alto H4a H4b

TB71+TB11 TB81+TB11

Tabella 7.9 – Categorie di contenimento. LIVELLO DI SEVERITA’ VALORI

A : sicuro ASI ≤ 1.0 B : moderato rischio ASI ≤ 1.4

THIV ≤ 33 km/h PHD ≤ 20g

Tabella 7.10 – Valori massimi dell’indice di severità. Le deformazioni delle barriere di sicurezza sono caratterizzate da due valori: la deflessione dinamica D (dynamic deflection) e la larghezza di lavoro W (working width). La deflessione dinamica D è lo spostamento massimo laterale dell’elemento resistente. La deflessione totale W è data dalla distanza tra la struttura indeformata e l’elemento del sistema che si è spostato maggiormente lateralmente. Le grandezze D e W permettono, insieme, di definire le condizioni di installazione per ogni barriera di sicurezza e la distanza rispetto ad un ipotetico ostacolo, per il corretto funzionamento del sistema. In relazione al valore della larghezza di lavoro W, la normativa europea distingue 8 classi di suddivisione (Tab. 7.11):

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297

La barriera di sicurezza stradale deve esercitare un azione di contenimento pieno nei confronti del veicolo impattante, senza che si verifichi scavalcamento o sfondamento.

CLASSE DI APPARTENENZA LIVELLO DI W (m) W1 W ≤ 0.6 W2 W ≤ 0.8 W3 W ≤ 1.0 W4 W ≤ 1.3 W5 W ≤ 1.7 W6 W ≤ 2.1 W7 W ≤ 2.5 W8 W ≤ 3.5

Tabella 7.11 – Deformazioni massime ammissibili. Deve inoltre svolgere un ruolo di contenimento attivo del veicolo, riportandolo in carreggiata senza che esso possa creare un pericolo agli altri veicoli circolanti. È chiara l’importanza che riveste, nell’esecuzione delle prove d’urto dal vero, il controllo della traiettoria assunta dal veicolo dopo l’urto. Il criterio fondamentale da seguire è quello secondo cui il veicolo, dopo l’urto, abbandoni la barriera con un angolo di uscita tale da non costituire pericolo per i veicoli della adiacente corrente veicolare. La normativa europea stabilisce in modo inequivocabile un corridoio di uscita, con un rettangolo disegnato sulla pista di prova (box) (Fig. 7.1).

Figura 7.1 – Comportamento del veicolo di prova.

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298

Il veicolo, dopo l’urto, deve allontanarsi dalla barriera di sicurezza senza che alcuna sua parte attraversi un piano verticale parallelo alla superficie della barriera inizialmente rivolta al traffico ad una distanza pari a:

b’ = b + 0.16 L + A [7.7] essendo b ed L rispettivamente la larghezza e la lunghezza del veicolo di prova ed A una misura dipendente dal tipo di veicolo (Tab. 7.12). La lunghezza del box di uscita è indicata con B ed assume i valori riportati nella tabella 7.12.

VEICOLO TIPO A (m) B (m)

Autovettura 2.2 10.0

Veicolo pesante 4.4 20.0

Tabella 7.12 – Distanze per la valutazione del box di uscita. La normativa europea, per valutare le deformazioni del veicolo considera l’Indice di Deformazione dell’Abitacolo V.C.D.I. (Vehicle Cockpit Deformation Index). Tale indice è stato, inoltre, acquisito dalla normativa italiana con il D.M. del 3/06/1998. Esso è un indice alfanumerico che serve a designare sinteticamente la posizione e l’estensione delle deformazioni finali subite dall’abitacolo del veicolo a causa dell’impatto. L’indice è formato da nove caratteri, dei quali i primi due sono alfabetici e gli alti sette numerici:

XX a b cd e fg

I due caratteri alfabetici riguardano la localizzazione delle zone dell’abitacolo deformatesi durante l’urto. Riportiamo nella tabella 7.13 e nella figura 7.2 i parametri necessari per la localizzazione delle deformazioni dell’abitacolo.

PARTE DELL’ABITACOLO INTERESSATA DALLA DEFORMAZIONE

PRIMI DUE CARATTERI XX DELL’INDICE V.C.D.I.

L’intero abitacolo AS Anteriore FS Posteriore BS

Destra RS Sinistra LS

Anteriore destra RF Anteriore sinistra LF Posteriore destra RR Posteriore sinistra LR

Tabella 7.13 – Localizzazione delle deformazioni dell’abitacolo. Il significato geometrico dei simboli numerici è chiarito dalla tabella 7.14 e dalla figura 7.3 ed il loro valore viene determinato in base alla scala riportata nella tabella 7.15.

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299

Figura 7.2 – Localizzazione della deformazione dell’abitacolo.

Figura 7.3 – Estensione della deformazione dell’abitacolo.

INDICE RELATIVO

ALL’ESTENSIONE DELLA DEFORMAZIONE

DESCRIZIONE

a Distanza tra il cruscotto e la parte più alta dei sedili anteriori b Distanza tra il tettuccio ed il pianale c Distanza tra i sedili anteriori ed il pannello motore d Distanza tra la parte inferiore del cruscotto ed il pianale e Larghezza interna dell’abitacolo f Distanza tra il punto più basso del finestrino di dx e quello più

alto del finestrino di sx g Distanza tra il punto più basso del finestrino di sx e quello più

alto del finestrino di dx

Tabella 7.14 – Estensione della deformazione dell’abitacolo.

VALORE DELL’INDICE NUMERICO abcdefg RIDUZIONE SUBITA DALLA GRANDEZZA

RELATIVA ALL’INDICE NUMERICO 0 Minore del 3% 1 Tra il 3 ed il 10% 2 Maggiore del 10%

Tabella 7.15 – Valori degli indici numerici.

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300

7.3 L’IMPIANTO DI CRASH TEST DI ANAGNI Le prove dal vero, richieste dalla normativa italiana, sono eseguite nell’impianto di crash – test della Società Autostrade presso l’ISAM di Anagni. La pista di Anagni si presenta come un ovale stretto, con due piazzali all’interno collegati dalle rampe di lancio (Fig. 7.4). I sistemi di lancio dei veicoli per l’effettuazione delle prove sono di due tipi: 1. SPINTA: il veicolo è o trainato od autonomo; 2. GUIDA: la guida è o vincolata o telecomandata.

In effetti però le combinazioni possibili sono: • veicolo autonomo radiocomandato; • veicolo trainato e guida vincolata. Il primo sistema si può applicare solo a veicoli con cambio automatico, in quanto è impossibile radiocomandare la leva del cambio e la frizione; la guida consta di un semplice “pilota automatico” da barca a vela applicato allo sterzo e fornito di radio ricevente. Il lancio di questi veicoli si deve svolgere su piste particolarmente lunghe e larghe: lunghe perché i mezzi pesanti non hanno prestazioni brillanti in accelerazione (per arrivare a 80 Km/h occorre oltre 1 Km) e questo è ancor più vero per quelli usati nelle prove che hanno alle spalle un lungo utilizzo, larghe perché per dirigerli efficacemente bisogna affiancarli con un paio di veicoli.

Figura 7.4 – Attuale traiettoria e posizione della barriera.

Altri elementi negativi di questo sistema sono: • il costo ed il tempo dell’installazione dei radiocomandi; • la possibilità di danneggiamento dell’attrezzatura nell’impatto; • la necessità di usare un veicolo con meccanica in discrete qualità e quindi con una

spesa di acquisto elevata. Se il veicolo è trainato, la lunghezza della pista di lancio è in funzione della potenza del trattore o del verricello: quindi a patto di realizzare impianti molto potenti e costosi, si può ridurre la rampa anche a poche decine di metri. Il veicolo deve essere guidato e questa guida si può realizzare con una rotaia fissa ed un carrello a cui si collegano il veicolo e la fune di traino oppure con un cavo teso tra due punti fissi a terra, a cui si collegano la ruota anteriore mediante un telaietto sfilabile ed una puleggia su cui scorre la fune di traino (Fig. 7.5).

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301

Figura 7.5 – Sistema di traino a fune.

Quest’ultimo sistema è riservato ai veicoli leggeri anche se vi è una prova fatta in Inghilterra con un mezzo medio – pesante. Nel caso di Anagni, la non eccezionale ampiezza dell’area ha orientato la scelta sul secondo sistema, facendo preferire la rotaia al cavo, visto che l’impianto dovrà lanciare tutti i tipi di veicolo. 7.4 FUNZIONI DELLE BARRIERE DI SICUREZZA Le barriere di sicurezza sono dei dispositivi aventi lo scopo di realizzare il contenimento di quei veicoli che dovessero tendere ad uscire fuori strada per un qualsiasi motivo, i quali non devono né romperle, né scavalcarle, né incunearsi al di sotto di esse. È necessario che l’urto violento con la barriera non provochi il rovesciamento del veicolo o gli imprima una decelerazione tale da provocare gravi danni agli occupanti il veicolo stesso: infatti, il cervello umano rimane lesionato permanentemente se si superano valori di decelerazione di 80g (g=9.81 m/sec2) per una durata maggiore di 3 millisecondi, così come cuore e polmoni non possono sopportare valori superiori ai 60g per più di 3 millisecondi. Il veicolo, inoltre, dovrà essere riportato su una traiettoria tale da non diventare esso stesso un pericolo per gli altri veicoli circolanti sulla stessa carreggiata. Ciò significa che il veicolo, quando si allontana dalla barriera dopo l’urto dovrà farlo con un angolo, relativo all’asse stradale, il più basso possibile. In seguito si vedrà che un basso angolo di riflessione si ottiene con l’assorbimento da parte della barriera della maggiore percentuale possibile d’energia trasversale posseduta dal veicolo. È da notare, inoltre, che poiché l’urto può avvenire in un qualsiasi punto, si deve essere certi che in ogni punto la barriera abbia i requisiti richiesti: ciò comporta un’attenta posa in opera ed un’attenta sistemazione delle sue parti terminali. 7.5 SCHEMA DELL’URTO L’andamento dell’urto veicolo-barriera è molto complesso a causa della grande quantità di parametri in gioco: per studiare il fenomeno si cerca di schematizzarlo in modo da

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ridurli. Lo schema adottato è suggerito dalle molte prove al vero eseguite sulle barriere di sicurezza (Fig. 7.6). Un veicolo fuori controllo urta la barriera con un angolo ϑ , detto angolo d’impatto e con una velocità detta velocità d’impatto. Dopo il contatto, il veicolo comincia a ruotare in modo da disporsi parallelo all’asse della barriera. Contemporaneamente avviene la deformazione, sia della barriera sia del veicolo, nel punto o nella zona di contatto. In questa fase diminuisce la componente della velocità in senso trasversale. Alla fine del movimento di rotazione il veicolo si dispone parallelo alla barriera la quale raggiunge la sua massima deformazione. In questo momento la componente trasversale della velocità è annullata. Nell’istante successivo il veicolo si allontana dalla barriera con una componente di velocità trasversale che dipende dall’eventuale restituzione di deformazione da parte della barriera. In generale si possono individuare due fasi distinte dell’urto:

1. contatto veicolo-barriera; rotazione veicolo; massima deformazione veicolo e barriera; annullamento componente trasversale velocità;

2. restituzione deformazione barriera; allontanamento del veicolo con componente velocità trasversale di verso opposto rispetto alla prima fase.

Figura 7.6 – Urto di un veicolo contro una barriera in acciaio.

7.6 BARRIERE DI SICUREZZA METALLICHE Le barriere di sicurezza in acciaio sono installate lungo tratti saltuari dei cigli della piattaforma stradale, nonché lungo lo spartitraffico centrale delle strade a doppia sede o delle autostrade. I parapetti metallici sono, invece installati in corrispondenza dei bordi dei manufatti. In caso di terreni di scarsa consistenza, è possibile eseguire degli accorgimenti esecutivi per la collocazione di sostegni, i quali, in casi speciali possono essere ancorati al terreno per mezzo di un basamento in calcestruzzo. Le strutture da collocare nell’aiuola spartitraffico sono costituite da una o più file di barriere ancorate ai sostegni. Restano ferme per tali barriere tutte le caratteristiche fissate per quelle laterali,

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con l’avvertenza di adottare particolare cura per i pezzi terminali di chiusura e di collegamento delle due fasce. Ad interasse non superiore a quello corrispondente a tre fasce dovrà essere eseguita l’installazione di dispositivi rifrangenti del tipo omologato, aventi area non inferiore a 50 cm2, disposti in modo che le superfici risultino pressoché normali all’asse stradale. Le barriere da collocarsi lungo la sede stradale devono possedere le caratteristiche di resistenza almeno pari a quelle richieste dal D.M. LL.PP 15/10/1996 e D.M. LL.PP. 03/06/1998 per il tipo di strada, di traffico, ubicazione della barriera e sua destinazione. 7.6.1 Barriera di sicurezza a doppia onda Tale barriera (Fig. 7.7) è costituita da una serie di sostegni in profilato metallico, da una o più fasce orizzontali metalliche sagomate a doppia onda, con l’interposizione di opportuni elementi distanziatori o travi di ripartizione. Le fasce sono costituite da nastri metallici di lunghezza compresa tra 3.00 m e 4.00 m, muniti, all’estremità, di una serie di 9 fori per assicurare gli ancoraggi al nastro successivo ed al sostegno, aventi spessore minimo di 3.00 mm, altezza non inferiore a 300 mm, sviluppo non inferiore a 475 mm e modulo di resistenza non inferiore a 25 kg/cm. Le giunzioni, che dovranno avere il loro asse in corrispondenza dei sostegni, devono essere ottenute con sovrapposizione di due nastri per non meno di 32 cm, eseguita in modo che, nel senso di marcia dei veicoli, la fascia che precede sia sovrapposta a quella che segue. I sostegni verticali possono essere collegati, nella parte inferiore, da uno o più correnti “ferma – ruota” realizzati in profilo presso piegato di idonee sezioni e di conveniente spessore. I distanziatori sono interposti tra le fasce ed i montanti prevedendone il collegamento tramite bulloneria. Tali sistemi di attacco sono costituiti da bulloneria a testa tonda ad alta resistenza e piastrina copriasola antisfilamento di dimensioni mm 45*100 e di spessore 4 mm.

Figura 7.7 – Particolare di una barriera metallica a doppia onda.

I sistemi di collegamento delle fasce ai sostegni devono consentire la ripresa dell’allineamento sia durante la posa in opera sia in caso di cedimenti del terreno, consentendo limitati movimenti verticali ed orizzontali. Ogni tratto è completato con pezzi terminali curvi, opportunamente sagomati, in materiale del tutto analogo a quello usato per le fasce. 7.6.2 Barriera di sicurezza a tripla onda La barriera metallica stradale di sicurezza a tre nervature (fig. 7.8), a dissipazione controllata di energia, è costituita da una o più fasce orizzontali metalliche sagomate a tripla onda, fissate ad una serie di sostegni in profilati metallici.

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Figura 7.8 – Particolare di una barriera a tripla onda.

Le fasce metalliche hanno un profilo a tre nervature con sviluppo non minore di 749 mm ed altezza non minore di 508 mm, larghezza non minore di 82.5 mm e spessore di 3 mm. Esse sono forate nella previsione di installarle su montanti ad interasse di 1500 mm e 2250 mm o 1333 mm e 2000 mm. Devono essere fissate ai sostegni in modo che il loro bordo superiore si trovi all’altezza indicata nei certificati di prova al vero (crash test). Sono previsti elementi strutturali diversi come travi superiori cave, diagonali tubolari interne nel rispetto delle configurazioni e delle caratteristiche indicate nei documenti e nei disegni. In particolare le diagonali tubolari devono rimanere completamente interne alla sagoma d’ingombro trasversale fra fascia e fascia nel caso di barriere spartitraffico e tra fascia e tenditore posteriore nel caso di barriere singole. Le giunzioni fra le fasce hanno una sovrapposizione di almeno 320 mm in modo che, nel senso di marcia dei veicoli, la fascia che precede sia sovrapposta a quella che segue; la congiunzione tra fasce è realizzata mediante almeno 12 bulloni, più 2 bulloni di congiunzione tra fascia e distanziatore. Tra fascia metallica e montanti sono interposti idonei elementi distanziatori, dissipatori di energia ed elementi di sganciamento che devono assicurare, per quanto possibile, il funzionamento della barriera a trave continua. Tali dispositivi consentono, attraverso cinque fasi distinte di comportamento della barriera, di ottenere un risultato di prestazione ottimale. Le fasi principali si possono così sintetizzare (fig. 7.9.): 1. dissipazione dell’energia della primissima fase di urto (caso delle piccole auto) con

riduzione della violenza dell’urto: lieve deformazione del nastro principale; 2. dissipazione dell’energia che compete all’urto delle piccole e veloci autovetture con

rottura dei diaframmi del primo dissipatore; 3. dissipazione dell’energia che compete all’urto di autocarri di medie dimensioni, con

rotazione rigida del distanziatore e rottura dei diaframmi del secondo dissipatore; 4. plasticizzazione del distanziatore e conseguente innalzamento del nastro (caso del

contenimento dei camion a baricentro alto) e reindirizzamento delle ruote del veicolo per effetto del corrente inferiore;

5. deformazione dei paletti con mantenimento della corretta posizione verticale da parte del nastro principale.

Oltre alle fasi descritte, si ha anche una sesta importante fase, nella quale si ottiene lo sganciamento del gruppo nastro – distanziatore – dispositivo di sganciamento, con conseguente completo contenimento dei veicoli con energie più alte e redirezione controllata di tutti i veicoli, anche quando la resistenza dei paletti di supporto è stata completamente utilizzata.

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Figura 7.9 – Fasi teoriche di comportamento delle barriere tripla onda.

I sostegni possono essere collegati posteriormente da un tenditore; i sistemi di fissaggio delle fasce ai sostegni devono consentire la ripresa dell'allineamento sia durante la posa in opera sia in caso di cedimenti del terreno, consentendo limitati movimenti di

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regolazione verticale ed orizzontale. Il distanziatore deve collegarsi all’elemento di sganciamento ed al sostegno verticale tramite 2 bulloni; in casi particolari è consentito l’utilizzo di distanziatori accorciati di larghezza non inferiore a 340 mm. I sistemi di attacco (bulloni e copriasola) devono impedire che per effetto di allargamento dei fori possa verificarsi lo sfilamento delle fasce; sono costituiti da bulloneria a testa tonda ad alta resistenza e piastrina copriasola antisfilamento di dimensioni minime mm 45*100*5. I sostegni verticali sono collegati, nella parte inferiore, da uno o più correnti ferma ruota realizzati in profilo presso piegato, di idonee sezioni e di conveniente spessore. 7.7 BARRIERE DI SICUREZZA IN CALCESTRUZZO Nel 1955 nello stato del New Jersey nacque una nuova tipologia di barriera: chiamata “Safety shape” (profilo di sicurezza), era realizzata in calcestruzzo ed aveva un particolare profilo (fig. 7.10). La sua altezza venne definita per tentativi: dapprima alta 46 cm, in seguito fu portata a 51 cm. Ma poiché tali altezze non impedivano sempre ai veicoli di valicarla, venne portata definitivamente a 100 cm. La superficie laterale è costituita da una curva parabolica, sagomata in maniera tale che nessuna parte del veicolo possa toccare la barriera in caso d’urto con angolo ridotto. La larghezza e lo spessore sono determinati, non solo allo scopo di fornire una protezione contro i danni al corpo del veicolo, ma anche per evitare il rovesciamento della barriera nei casi d’impatti normali.

Figura 7.10 – Barriera tipo “New Jersey”.

7.7.1 Funzionamento della barriera tipo “New Jersey” Inizialmente il veicolo incontra il gradino di base A che fornirà una resistenza iniziale, non tanto grande, ma sufficiente a far sì che si deformino, elasticamente, senza danno, i pneumatici e gli ammortizzatori. Per effetto di tali azione sulle ruote si ottiene, per angoli d’impatto normali di 10°, la correzione di direzione. Dopo il superamento di questa resistenza iniziale, le ruote anteriori salgono sul tratto inclinato. Se la velocità e l’angolo d’impatto sono abbastanza alti, la ruota incontra la zona subverticale superiore della barriera che completa la correzione di direzione e la

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decelerazione del veicolo, riportandolo, quindi, sul piano stradale, parallelamente alla barriera. L’urto frontale viene escluso proprio per le caratteristiche della barriera: la sua superficie si sviluppa, nella direzione parallela all’asse stradale, in maniera costante, sia per le caratteristiche geometriche, sia per le caratteristiche di robustezza, rugosità e natura del materiale, per cui viene eliminato il pericolo, presente per le altre barriere, dell’urto frontale contro gli elementi più rigidi e robusti (montanti). L’urto laterale della fiancata contro la barriera viene escluso dalla conformazione del profilo della stessa. All’altezza dei mozzi delle ruote, il profilo si trova arretrato, rispetto alle stesse, per la presenza dello zoccolo che viene a contatto con il pneumatico con il cerchione del pneumatico, escludendo il contatto della carrozzeria contro la barriera. Il profilo New Jersey, inoltre, è conformato in maniera tale da permettere lo scorrimento delle ruote del veicolo su di esso; in tal modo, lo spazio disponibile, in direzione trasversale alla marcia del veicolo, per diminuire la componente della velocità verso l’esterno della corsia di marcia, risulta molto più ampio e pari allo sviluppo dell’intero profilo: da ciò consegue una diminuzione dell’accelerazione trasversale necessaria per fermare il veicolo. Grazie alla possibilità data dallo sviluppo del profilo di procedere senza urti, aumenta l’intervallo di tempo a disposizione del conducente per un intervento mentre nel frattempo la barriera continua ad esercitare la sua azione di contenimento. L’effetto di raddrizzamento sul treno di direzione viene determinato dallo zoccolo della barriera che, quando viene urtato dalla ruota anteriore, orienta le ruote parallelamente all’asse stradale. Tale contributo, elevato alle basse velocità, è sensibile anche a quelle più alte e, nei casi più gravi, provoca un’opposizione alla spinta verso l’esterno della corsia. Il veicolo, quando la ruota anteriore sale sulla fiancata, assume un moto rotatorio attorno ad un’asse trasversale, ortogonale all’asse di simmetria del mezzo stesso. Poiché, in generale, si possono avere altri moti di questo tipo attorno ad altri assi, l’energia, per essi necessaria, viene sottratta a quella cinetica, posseduta dal veicolo durante l’urto. Si nota, inoltre, che nello spostamento del veicolo, con le ruote di una fiancata montanti sulla barriera, la quota del baricentro viene elevata. Tale innalzamento corrisponde ad un lavoro negativo della forza di gravità che, per l’intera massa del veicolo, risulta applicato al baricentro stesso. Tale lavoro viene effettuato a spese dell’energia cinetica del mezzo, anche se in maniera modesta, concorrendo a ridurre la velocità e l’entità delle conseguenze dello sbandamento del veicolo. È necessario osservare che nella successiva discesa della massa del veicolo fino alla posizione con ruote a terra, l’energia assorbita dal peso nel precedente sollevamento viene, per intero, restituita. Ciò non annulla il precedente vantaggio perché lo scopo principale delle progettazione della barriera è quello di limitare l’intensità delle azioni dinamiche negli istanti iniziali del contatto veicolo-barriera. In conseguenza di tale innalzamento, il veicolo acquista anche dei moti di rotazione che si sottraggono al vettore traslazione, mentre le ruote che salgono sulla superficie della barriera, forzate a compiere un tragitto più lungo di quelle a contatto con la sede stradale, acquistano velocità angolare: l’energia occorrente all’aumento della velocità angolare viene così sottratta all’energia cinetica del veicolo.

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7.7.2 Tipologie principali di barriere di sicurezza tipo “New Jersey” • Monofilare provvisoria: il suo impiego principale è lo spartitraffico ed il valore

massimo dell’energia di contenimento è pari a 274 kNm. Viene impiegato un calcestruzzo di classe Rck 450 daN/cmq e come armatura un acciaio Fe B44k. I giunti vengono realizzati, inoltre, con barre FeB32L. È consigliata per le autostrade come sistemazione provvisoria degli spartitraffico durante i lavori d’allargamento e come prima fase di realizzazione di uno spartitraffico bifilare con terra interposta. Ha un impiego permanente su strade a scarso traffico merci.

• Monofilare rinforzata: il suo impiego principale è lo spartitraffico ed il valore dell’energia massima contenuta è di 533 kNm (fig. 7.11). Viene impiegato un calcestruzzo di classe Rck 450 daN/cmq e come armatura un acciaio Fe B44k. I giunti vengono realizzati, inoltre, con barre FeB32Ke con piastre e/o barre dywidag. È consigliata per strade extraurbane di tipo III e strade urbane primarie e di scorrimento in presenza di prevalente traffico medio-leggero. Viene utilizzata anche per le autostrade con spartitraffico di larghezza maggiore o uguale a 2.40 m.

Figura 7.11 – Monofilare rinforzata. • Bifilare simmetrica con terra interposta: il suo impiego principale è lo spartitraffico

largo ed il massimo livello di contenimento è pari a 564 kNm (fig. 7.12). Viene impiegato un calcestruzzo di classe Rck 450 daN/cmq e come armatura un acciaio Fe B44k. I giunti vengono realizzati, inoltre, con barre FeB32K. È consigliata per strade extraurbane a carreggiate separate di tipo I e II ed autostrade con spartitraffico di larghezza maggiore o uguale a 3.00 m, in presenza di prevalente traffico medio-pesante.

• Bifilare asimmetrica con terra interposta: il suo impiego principale è lo spartitraffico stretto ed il valore massimo del livello di contenimento è 604 kNm (fig. 7.13). Viene impiegato un calcestruzzo di classe Rck 450 daN/cmq e come armatura un acciaio Fe B44k. I giunti vengono realizzati, inoltre, con barre FeB32K. È consigliata per

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strade extraurbane a carreggiate separate di tipo II ed autostrade con spartitraffico di larghezza tra 2.40 e 3.00 m, in presenza di prevalente traffico medio-pesante.

• Bifilare asimmetrica con barra o cavo longitudinale: il suo impiego principale è lo spartitraffico stretto e l’energia massima contenuta è maggiore di 600 kNm (fig. 7.14). Viene impiegato un calcestruzzo di classe Rck 450 daN/cmq e come armatura un acciaio Fe B44k. I giunti vengono realizzati, inoltre, con barre FeB32K. È consigliata per strade extraurbane a carreggiate separate di tipo III ed autostrade con spartitraffico di larghezza tra 2.40 e 3.00 m, in presenza di prevalente traffico medio-pesante.

Figura 7.12 – Bifilare simmetrica con terra interposta.

Figura 7.13 – Bifilare asimmetrica con terra interposta.

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Figura 7.14 – Bifilare asimmetrica con barra o cavo longitudinale.

7.8 BARRIERE DI SICUREZZA OMOLOGATE Alla luce del D.M. 3/06/98 e del successivo aggiornamento, alla data 29/07/2002, le barriere omologate sono quelle riportate nella tabella 7.16.

SOCIETA’ CLASSE E DESTINAZIONE DELLA BARRIERA Autostrade S.p.A. Bordo Laterale H2 Fracasso S.p.A. Bordo Laterale H3 (fig. 7.15) Fracasso S.p.A. Spartitraffico H3 (fig. 7.16) Fracasso S.p.A. Bordo Laterale H4 (fig. 7.17) Fracasso S.p.A. Spartitraffico H4 (fig. 7.18)

Ilva Pali Dalmine S.p.A. Bordo Ponte H2 (omologata per punti pericolosi) Ilva Pali Dalmine S.p.A. Bordo Ponte H3 (omologata per punti pericolosi) Ilva Pali Dalmine S.p.A. Bordo Laterale H4b

Imeva S.p.A. Bordo Ponte H2 (omologata per punti pericolosi) Imeva S.p.A. Bordo Laterale H4b Imeva S.p.A. Spartitraffico H4b Imeva S.p.A. Bordo Ponte H4b (omologata per punti pericolosi)

S.C.T. Bordo Laterale H1 Tubosider S.p.A. Bordo Laterale H2 Tubosider S.p.A. Bordo Laterale H3 Tubosider S.p.A. Bordo Laterale H4b

Tabella 7.16 – Barriere di sicurezza omologate.

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Figura 7.15 – Bordo laterale di classe H3 della Fracasso.

Figura 7.16 – Spartitraffico di classe H3 della Fracasso.

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Figura 7.17 – Bordo laterale di classe H4 della Fracasso.

Figura 7.18 – Spartitraffico di classe H3 della Fracasso.