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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE Corso di Laurea Magistrale in Scienze Internazionali TESI DI LAUREA ALTERNATIVE FOOD NETWORKS IN PIEMONTE: IL PROGETTO GAC Relatore Prof. Egidio Dansero Candidata Gaia Matteucci Matricola: 738118 Anno Accademico 2011/2012

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO

FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE

Corso di Laurea Magistrale in Scienze Internazionali

TESI DI LAUREA

ALTERNATIVE FOOD NETWORKS IN PIEMONTE:

IL PROGETTO GAC

Relatore

Prof. Egidio Dansero

Candidata

Gaia Matteucci

Matricola: 738118

Anno Accademico 2011/2012

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Ai miei genitori

per avermi cresciuta

a piedi nudi

sulla terra.

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INDICE GENERALEINTRODUZIONE................................................................................................................................1

PRIMA PARTE: GLI AFNs TRA TEORIA E PRATICA....................................................................5

1. AFNs: UNA REALTA' IN CERCA DI DEFINIZIONE.........................................................5

1.1 UN QUADRO DELLA SITUAZIONE.......................................................................5

1.2 AFNs NELLA LETTERATURA SCIENTIFICA........................................................9

1.3 UN TENTATIVO DI CLASSIFICAZIONE DELLE ESPERIENZE IN ATTO........15

1.4 AFNs IN ITALIA: UNA REALTA' IN ESPANSIONE.............................................20

2. AFNs E CHIAVI DI LETTURA...........................................................................................28

2.1 AFNs E TERRITORIO IN UNA PROSPETTIVA GEOGRAFICA..........................28

2.2 AFNs TRA RADICAMENTO E ANCORAGGIO TERRITORIALE.......................34

3. GLI AFNs IN PIEMONTE...................................................................................................41

3.1 LE ESPERIENZE IN ATTO IN PIEMONTE............................................................41

3.2 LE POLITICHE A SUPPORTO DEGLI AFNs IN PIEMONTE...............................51

3.3 UNA RETE DI RETI: GASTORINO .......................................................................56

SECONDA PARTE: LA RICERCA SUL CAMPO...........................................................................65

4. IL CASO STUDIO: IL PROGETTO GAC..........................................................................65

4.1 IL DISEGNO DELLA RICERCA, OBIETTIVO GENERALE E LE SUE FASI ....65

4.2 UNA GENESI DEL PROGETTO..............................................................................70

4.2.1 “COLLETTIVO E' MEGLIO!”, “COLLETTIVO E' MEGLIO 2”.............70

4.2.2 “MIO BIO”...................................................................................................74

4.2.3 “INSIEME CON RESPONSABILITA'”......................................................77

4.2.4 “MIO BIO LOGISTIC”, ACTT PROGETTO ALCOTRA..........................79

4.3 IL FUNZIONAMENTO DEI GAC...........................................................................81

4.4 LA SCELTA DEI PRODUTTORI.............................................................................83

4.5 UNA LETTURA TRASVERSALE DEGLI 11 GAC ATTIVATI..............................92

4.5.1 GAC CORSARO..........................................................................................92

4.5.2 GAC SAN GIOVANNI BATTISTA............................................................94

4.5.3 GAC GHEDINI............................................................................................95

4.5.4 GAC GRUGLIASCO...................................................................................98

4.5.5 GAC SAN GIOVANNI DI IVREA..............................................................99

4.5.6 GAC PIOSSASCO.....................................................................................101

4.5.7 GAC PINEROLO.......................................................................................102

4.5.8 GAC NICHELINO.....................................................................................103

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4.5.9 GAC VENARIA......................................................................104

4.5.10 GAC SAN LUIGI ..................................................................107

4.5.11 GAC SAN SALVARIO..........................................................108

4.6 LE TENDENZE GENERALI................................................................109

4.7 LE CRITICITA' EMERSE.....................................................................112

4.8 GAC SAN SALVARIO/ GAC VENARIA A CONFRONTO................118

4.9 PROSPETTIVE FUTURE.....................................................................155

CONCLUSIONI.............................................................................................................159

APPENDICI...................................................................................................................163

BIBLIOGRAFIA............................................................................................................176

SITOGRAFIA................................................................................................................181

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INTRODUZIONE

La tendenza dominante nelle produzioni agroalimentari è una sempre maggiore

separazione tra il fattore terra e il prodotto alimentare e tra luoghi di produzione e luoghi

di consumo. La filiera agroalimentare, ovvero quell'insieme di passaggi che subisce il

prodotto prima di diventare un prodotto finito, tende ad allungarsi sempre di più e la

dislocazione delle produzioni per ampliare i margini di guadagno rappresenta la strada

percorsa dai mercati globali tradizionali. Il risultato è che i cibi che consumiamo a tavola

provengono sempre meno dai nostri territori, spezzando così i legami con il ciclo

naturale di nascita e crescita dei prodotti e con la loro stagionalità.

Allo stesso tempo però a livello locale si assiste ad un maggiore interesse da parte dei

consumatori a ri-orientare la propria alimentazione su prodotti locali e di qualità,

ponendo sempre più attenzione alle modalità con cui tali prodotti vengono coltivati e

distribuiti, tentando di contrastare l'insostenibile furto di identità e di valore che

subiscono i prodotti nel passaggio dal campo alla tavola. In una situazione generale di

attenzione alla terra e di evoluzione del mondo agricolo, sembrano emergere con più

forza nuove forme per riorganizzare la catena produzione-distribuzione-consumo in

opposizione alle logiche del modello dominante.

Gruppi di acquisto, vendita diretta, farmers' markets, pick your own, box schemes,

consegna a domicilio, community supported agriculture, filiera corta, km zero, bio-

distretti, distretti di economia solidale, e-commerce, negozi specializzati, etc.

Una letteratura sempre più ampia ha indagato le infinite esperienze empiriche

riconducibili all'universo degli Alternative Food Networks (AFNs), tra cui si inseriscono

quelle riportate nell'elenco iniziale. Nell'elencare sinteticamente questo intricato e

multiforme reticolo di “energie da contraddizione” (Magnaghi, 2010), diffuse in Italia

così come all'estero, le componenti sociali, politiche ed economiche tra loro molto

differenti per collocazione sociale, culturale e geografica, producono ognuna nel suo

campo di interesse e di azione, critica, rifiuto, conflitto ma anche riappropriazione diretta

dei saperi produttivi, rinnovata attenzione alla qualità dei prodotti e alla conoscenza del

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proprio territorio e reti solidali a livello locale e globale.

Per comprendere meglio i rapporti multidimensionali che caratterizzano un Alternative

Food Network (AFN) l'indagine ha utilizzato due principali percorsi di ricerca: sul piano

teorico si considera il dibattito internazionale attorno agli AFNs, per indagarne limiti,

possibilità e per conoscere le forme che esse assumono sul territorio; sul piano empirico,

si analizza un esempio concreto di rete locale, volta a promuovere forme di agricoltura

eco-compatibili ed a strutturare canali commerciali brevi che valorizzino il lavoro, la

qualità e il territorio che li ha prodotti.

Il presente lavoro risulta così essere diviso in due parti.

In una prima parte si è tentato di analizzare il vasto ed eterogeneo universo degli

Alternative Food Networks all'interno della letteratura scientifica e del dibattito

internazionale cercando di mettere in rilievo le caratteristiche trasversali delle varie

esperienze di AFNs e gli spazi in cui si strutturano attraverso un'analisi della loro

evoluzione dal punto di vista temporale e geografico.

Si è tentato di fornire delle chiavi di lettura nel trattare il tema degli AFNs, quali quelle

del radicamento territoriale, che hanno permesso poi di essere utilizzate per indirizzare e

guidare la ricerca sul campo. La trattazione degli AFNs non segue solo un punto di vista

teorico, ma anche pratico, attraverso un tentativo di sistematizzazione delle varie

esperienze in atto, facendo riferimento in particolare alla realtà italiana e piemontese. Si

presentano, all'interno del panorama nazionale e regionale, nell'impossibilità di trattare

tutte le esperienze in atto, alcuni approfondimenti settoriali realizzati per indagare più

dall'interno alcune esperienze di successo e radicamento territoriale. Nel contesto

piemontese si è cercato di inquadrare la realtà di cui si occupa la ricerca sul campo,

ponendo attenzione alle politiche pubbliche a sostegno degli AFNs e in particolare alle

dinamiche dei Gruppi di Acquisto Solidali e alla rete dei Gas torinesi per fornire alcuni

elementi concettuali di “preparazione” necessari per affrontare e comprendere il caso di

specie dei Gruppi di Acquisto Collettivi (GAC).

La seconda fase del lavoro è interamente dedicata alla ricerca sul campo. Si cercherà di

delineare un quadro dei cinque anni di sperimentazione di un progetto di rete locale, il

Progetto dei Gruppi di Acquisto Collettivi nato nel 2007 con il Progetto “Collettivo è

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Meglio!”, che vede interessati la Provincia di Torino, l'associazione Movimento

Consumatori, gli associati che aderiscono al progetto, i produttori locali e le sinergie e

collaborazioni attivate con altri attori del territorio. In quanto reti, l'attenzione non è mai

legata solo all'acquisto e al consumo di prodotti, ma anche in modo significativo a uno

scambio tra gli attori che partecipano alla rete alla ricerca di nuove forme di incontro e

di dialogo, di riconoscimento e mutuo-aiuto, partecipazione sociale, in nome anche di un

posizionamento critico all'interno della società.

Attraverso interviste a testimoni privilegiati, elaborate in forma qualitativa, e

successivamente attraverso un questionario somministrato agli associati dei due Gac,

maggiormente rappresentativi a livello di successo e fidelizzazione dell'esperienza, si

discutono i risultati dell'indagine svolta.

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“Se potessi mangiare un'idea,

avrei fatto la mia rivoluzione.”

G.Gaber

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PRIMA PARTE: GLI AFNs TRA TEORIA E PRATICA

1. AFNs: UNA REALTA' IN CERCA DI DEFINIZIONE

1.1 UN QUADRO DELLA SITUAZIONE

I modelli di produzione e consumo sono stati interessati negli ultimi decenni da profondi

cambiamenti, come effetto del complesso processo di riorganizzazione che ha

interessato l'intero sistema agroalimentare.

Seguendo Van der Ploeg (2008), i processi di modernizzazione e globalizzazione dei

sistemi produttivi e degli scambi commerciali, che nel settore agricolo si sono espressi

principalmente nel modello di produzione agro-industriale massificato e standardizzato,

e i cambiamenti delle modalità di organizzazione del lavoro e della società, hanno

favorito la crescita dell'Impero. Con il termine impero, l'autore si riferisce ad un sistema

regolatore che tende pian piano a diventare predominante. Allo stesso tempo l'impero è

rappresentato da una moltitudine di espressioni specifiche, gruppi dell'agribusiness,

grandi rivenditori, apparati statali ma anche leggi e tecnologie. L'insieme di queste

espressioni, che Van der Ploeg definisce imperi alimentari, costituisce un regime:

“un insieme di regole incluse in un complesso coerente di sapere scientifico, tecniche

ingegneristiche, tecnologie dei processi produttivi, caratteristiche dei prodotti, modalità

di definizione dei problemi, il tutto radicato nelle istituzioni e nelle infrastrutture.”(V. d.

Ploeg, 2009, p. 15).

Nel sistema dell'impero, la produzione ed il consumo di cibo sono sempre più scollegati

tra loro, sia nel tempo che nello spazio. Allo stesso modo la produzione agricola stessa è

decontestualizzata: viene separata dalle specificità degli ecosistemi locali e dalle

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collettività regionali. I luoghi di produzione e di consumo, intesi come località

specifiche, così come la loro interazione, non hanno più rilevanza.

Inoltre la produzione agricola, spostata dagli ecosistemi locali di origine, diviene sempre

più spesso il frutto di una sovrapposizione di fattori di crescita artificiali a quelli

naturali. Il cibo non è più prodotto e trasformato, bensì costruito, progettato, perdendo

così la sua identità. Il capitale industriale ha cercato di creare le condizioni affinché la

produzione agricola ed alimentare potessero essere più indipendenti rispetto ai processi

biologici; ciò ha fatto sì che i fattori biologici e naturali finissero per rappresentare una

porzione decrescente dei fattori produttivi in favore di quelli controllabili dall'uomo.

Questa strategia è stata attuata attraverso l'alterazione dei processi biologici con

espedienti tecnologici nella coltivazione, valorizzando i prodotti agricoli ottenuti

dall'azienda agricola con fattori produttivi di tipo tecnologico. In altre parole, come negli

altri settori dell'economia globale, fa capolino anche nell'agroalimentare il cosiddetto

outsourcing, ovvero il ricorso a risorse di vario tipo esterne all'azienda in cui avviene la

produzione principale (l'acquisto delle sementi, dei mangimi, dei fertilizzanti chimici,

dei pesticidi, l'imballaggio ed il confezionamento, …) alimentando la crescita di un

indotto di aziende e di settori esterni all'azienda agricola che si sostengono e influenzano

a vicenda. Ciò che ha reso possibile questo è stato anche il crescente ricorso alle

biotecnologie e all'ingegneria genetica, che hanno manipolato le sementi ed i geni degli

animali al fine di ottenere dei prodotti maggiormente funzionali alle dinamiche

produttive ed ai gusti di un mercato globale.

Tutto ciò favorisce la crescita di filiere lunghe in grado di connettere produzione e

consumo su scala anche molto ampia, governate da strategie commerciali quali la

costanza delle caratteristiche merceologiche, ampia varietà e destagionalizzazione

dell'offerta e del consumo, ampie campagne pubblicitarie, la cui attuazione ha implicato

una standardizzazione e un distacco dai territori nella logica dei processi produttivi. Le

catene produttive sono così orchestrate da pochi macro-attori economici (quasi sempre

multinazionali) situati in pochi centri di potere lontani dai luoghi di produzione.

Le criticità e gli effetti negativi derivanti da questi processi evolutivi, sono divenuti

oggetto di intenso dibattito:

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• sono espressione di tale situazione la perdita di potere decisionale e la riduzione

dei redditi di molti degli agricoltori all'interno delle filiere lunghe, come anche le

difficoltà di accesso al mercato da parte delle aziende di ridotte dimensioni o con

produzioni non rispondenti agli standard richiesti. L'agricoltore diventa quindi un

mero “coltivatore”, cioè fornisce la forza-lavoro e spesso parte del capitale, ma

non entra mai in possesso del prodotto e resta escluso dalle decisioni di rilievo.

Ai contadini inoltre è sottratto addirittura il loro stesso sapere o il diritto di

coltivare da sé specie vegetali locali che quella stessa comunità coltiva da secoli:

i brevetti concessi dai governi ad aziende o a gruppi di aziende sono il miglior

esempio possibile al riguardo1.

• l'elevato impatto ambientale dovuto ai metodi produttivi intensivi e fortemente

industrializzati, all’uso di pesticidi e fertilizzanti, alle modalità di

commercializzazione e alle grandi distanze interposte tra sistemi produttivi e

consumo, e la connessa emissione di grandi quantitativi di CO2 per il trasporto

dei prodotti e la loro commercializzazione per assicurare un'offerta facilmente

accessibile e costante. Non a caso il sistema agroalimentare è tra le principali

cause del riscaldamento globale immettendo in atmosfera tra il 44 e il 57% delle

emissioni globali di gas clima alteranti;

• l'industrializzazione, l'artificializzazione e la standardizzazione degli alimenti,

l'impoverimento delle loro qualità organolettiche e nutrizionali a causa

dell’aggiunta di additivi per garantire la conservazione dei prodotti;

• l'incremento delle patologie legate a modelli e pratiche alimentari non adeguate,

in un sistema alimentare sostanzialmente guidato da logiche di mercato;

1A Luglio 2012 la Corte di Giustizia Europea, in risposta ad una controversia tra due imprese francesi, ha vietato la commercializzazione di semi non registrati nel catalogo ufficiale europeo mettendo di fatto fuori legge pratiche millenarie e agevolando così le grandi industrie sementiere come la Monsanto e la Bayer, le quali controllano anche il mercato dei pesticidi. Il testo della sentenza della Corte può essere consultata nel sito http://www.federalismi.it/

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• la separazione sociale, culturale, geografica della produzione di alimenti dal loro

consumo, con conseguente perdita da parte dei consumatori di conoscenza, di

cultura alimentare, di abilità gastronomiche e di possibilità di controllo diretto.

Accanto a questi processi e anche in relazione e reazione agli effetti negativi che ne sono

derivati, nel corso degli ultimi due decenni hanno cominciato a diffondersi strategie

alternative di diversificazione e ri-territorializzazione2 dei sistemi di produzione e

consumo, volte cioè a ricreare il legame tra produzione e risorse naturali, culturali e

sociali del territorio di appartenenza e su questa base tra sistemi produttivi ri-

territorializzati e consumo.

Le esperienze di ri-localizzazione comprendono una varietà di iniziative - la vendita

diretta in azienda comprese le forme di coinvolgimento diretto dei consumatori nelle

pratiche produttive, in particolare nella raccolta, i mercati contadini, i gruppi di acquisto,

i box schemes3, i bio-distretti4, le esperienze di agricoltura supportate dalle comunità

locali, gli orti urbani … - e possono veder coinvolti nella loro promozione e attivazione

una molteplicità di soggetti, quali agricoltori e gruppi di cittadini-consumatori,

organizzazioni ambientaliste, associazioni culturali, amministrazioni pubbliche locali.

L'importanza rivestita da queste esperienze, che la letteratura scientifica riconduce

all'universo degli Alternative food Networks (AFNs), nella diversità di forme e significati

assunta, va ben al di là della loro spesso contenuta dimensione economica, e risiede nel

loro intrinseco potenziale innovativo. Esse sono espressione della ricerca/creazione di

nuove modalità di interazione attorno alla produzione e al consumo di cibo, le quali

coinvolgono i soggetti interessati intorno a una gamma di valori, principi e finalità più

ampia rispetto agli obiettivi puramente economici, in risposta ad istanze di carattere

etico e culturale e, ad un rinnovato interesse nei confronti dei territori di appartenenza.

Nei prossimi paragrafi si tenterà di analizzare il vasto ed eterogeneo universo degli

2I concetti di territorio e di territorialità verranno analizzati e approfonditi nel paragrafo AFN e territorio in una prospettiva geografica.3Attraverso questo sistema i produttori forniscono ai consumatori ceste di prodotti la cui composizione varia a seconda della stagionalità ma anche secondo la complessità dell’organizzazione del servizio.4Sono sistemi locali di aziende agricole che praticano agricoltura biologica e promuovono collettivamente i prodotti di un determinato territorio.

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Alternative Food Networks all'interno della letteratura scientifica e del dibattito

internazionale, mettendone in evidenza la difficoltà data dall'impossibilità di operare

attraverso delle rigide categorizzazioni a causa dell'estremo dinamismo e della fluidità

di queste pratiche, spesso denotate da una certa ambivalenza, da rendere i confini

definitori sfumati e spesso sovrapposti.

In primis si cercherà di mettere in rilievo le caratteristiche trasversali delle varie

esperienze di AFN basate su una attenzione particolare alla ricerca della qualità sia da

parte dei produttori, sia da parte dei consumatori. Segue poi un'analisi della loro

evoluzione dal punto di vista temporale e geografico e un tentativo di sistematizzazione

delle varie esperienze in atto, facendo riferimento in particolare alla realtà italiana.

1.2 AFNs NELLA LETTERATURA SCIENTIFICA

Con la definizione di Alternative food Networks, affermati in Italia così come all’estero,

ci si riferisce ad un eterogeneo universo di pratiche e realtà la cui sistematizzazione

risulta assai ardua a causa del loro carattere pulviscolare e dell’estremo dinamismo che

favorisce la nascita e la scomparsa di gruppi e sensibilità in un arco temporale anche

molto ristretto. Non a caso gli AFNs sono al centro di un vivo dibattito internazionale

(Sonnino, Mardsen, 2006, Treagar, 2011) che ha messo in evidenza, da un lato, il grande

interesse per il rinnovamento del settore rurale e, dall’altro, il dinamismo e, talvolta,

l’ambiguità di modelli ed esperienze (Dansero, De Luca, Puttilli, 2012).

Goodman D. e Goodman M.K. (2007) hanno utilizzato questa espressione per definire la

nascita di forme di vendita che favoriscono pratiche produttive sostenibili, prediligendo

una distanza minore tra produzione e consumo, tra produttori e consumatori, l’attenzione

ai metodi di produzione e la creazione di nuovi luoghi di vendita.

Nella molteplicità delle esperienze, la cui espressione è fortemente condizionata dal

contesto in cui nascono e si sviluppano, gli AFNs emergono come una nicchia di

qualità5. L'elemento comune a tali pratiche, infatti, è rappresentato dalla svolta della

5Il concetto di nicchia verde è stato formulato da alcuni autori, tra cui Smith (2006) nel dibattito sulla

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qualità (the quality turn), sia da parte dei produttori, sia da parte dei consumatori (Ibid.).

La qualità emerge come un prodotto sociale multidimensionale che si compone di parti

diverse, esito della negoziazione tra produttori e consumatori, volta all’attribuire al cibo

un diverso significato che va ben al di là di un qualsiasi bene di consumo. È possibile

distinguere tra diverse componenti:

- Funzionali con riferimento alla salubrità, al gusto, alla freschezza e alla

stagionalità del prodotto;

- Ambientali con riferimento alla distanza percorsa, alla riduzione degli

imballaggi, alla conservazione delle risorse naturali coinvolte e della

preservazione della biodiversità;

- Territoriali con riferimento alla capacità del prodotto di riprodurre la diversità

del territorio di appartenenza;

- Culturali con riferimento alla ricchezza della cultura alimentare, dell’identità

legata ai territori di appartenenza;

- Etiche con riferimento alla responsabilità, al rispetto, alla solidarietà e all’equità

in tutti i passaggi della filiera;

- Politiche con riferimento alla potenzialità dei cambiamenti dei rapporti di forza

nella filiera, alla possibilità di un riorientamento dei modelli di produzione-

consumo.

diffusione dell'agricoltura biologica. Tale concetto contiene spunti interessanti poiché le iniziative di nicchia possono, da un lato rimanere chiuse e mantenere i connotati originari, dall'altro una loro evoluzione ed un loro eventuale successo, può portarle all'apertura e a far sì che siano assorbite e inglobate dalla grande distribuzione (perdendo così i presupposti originari che avevano originato la nascita della nicchia), o comunque raggiungere una quota di mercato tale da far sì che possano contribuire ad alimentare trasformazioni nel regime dominante.

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Dalla condivisione di tale significato così composto, deriva un diverso modo attraverso

cui gestire i vari momenti che ruotano attorno alla produzione e al consumo di alimenti:

la ricerca della qualità dei produttori da parte dei consumatori, e, per contro,

l'intercettazione dei gusti e dei bisogni dei consumatori da parte dei produttori,

attraverso la condivisione e la conoscenza delle tecniche utilizzate nei processi

produttivi, le modalità di interazione tra i soggetti coinvolti così come la possibile

creazione di forme di integrazione sul territorio.

Un ulteriore fonte di riconoscimento dei vari AFNs, soprattutto dei primi in ordine

temporale, è la contestazione del modello di agricoltura industriale dominante fondato

sulla GDO, considerato iniquo per i piccoli produttori e generatore di danni per la salute

dell’uomo e dell’ambiente. Per contro, i vari AFNs si fanno portatori di modelli

economici e sociali alternativi fondati sui concetti di decrescita6 e di economia solidale7

(Dansero, De Luca, Puttilli, 2012).

Le prime esperienze di AFNs, infatti, nascono in contrapposizione al modello dominante

dell’agroindustria e della grande distribuzione e assumono un carattere fortemente

critico e di resistenza.

Si pensi al movimento locavores8, nato a San Francisco negli Stati Uniti nel 2005 ad

opera di quattro donne che, per promuovere una cultura alimentare alternativa, hanno

proposto ai residenti locali di mangiare solo cibi coltivati o prodotti in un raggio di 100

miglia. Il decalogo del movimento, il cui credo è solo prodotti locali poiché più sani,

freschi, nutrienti, gustosi e che aiutano l’economia locale, prevede una rigida gerarchia

di preferenze. In alternativa ai prodotti locali seguono: prodotti biologici, prodotti delle

aziende agricole familiari, prodotti dei punti vendita locali e i prodotti tipici.

6Teorico delle teorie della decrescita è Serge Latouche. Alle crescita fine a se stessa, lo studioso contrappone la decrescita, i cui principi teorici sono sintetizzabili nel programma delle otto R: rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare. Questi otto obiettivi interdipendenti generano un circolo virtuoso di decrescita serena, conviviale e sostenibile. Cfr LATOUCHE S., Per una società della decrescita, EMI, 2008.7Con il concetto di altra economia o economia solidale si identifica l'insieme di tutti i comportamenti che determinano un particolare stile di vita, consistente nel rivoluzionare le proprie abitudini di consumo, partendo dal modo di lavare e lavarsi, ai trasporti, fino all'alimentazione. Limitare i consumi, evitare gli sprechi, cooperare con gli altri, sostituire la moda dell'usa e getta con quella del recupero, sono solo alcuni imperativi per uno stile di vita più sobrio.8 www.locavores.com

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Il movimento ha avuto un tal successo che nel 2007 la parola locavore è stata giudicata

parola dell’anno dall’Oxford American Dictionary.

Nel corso del tempo tale caratteristica radicale e di contestazione è rimasta vincolata

solo ad alcune esperienze. Accanto a queste ultime, hanno preso piede iniziative che

hanno manifestato un carattere commerciale, strutturato al punto da fondersi con la

grande distribuzione organizzata, che ne ha decretato un successo nazionale e

internazionale (Ibid.).

Si fa riferimento al fenomeno del biologico, fondato su pratiche che sono volte a

minimizzare l’impatto dell’uomo sull’ambiente e, a permettere al sistema agricolo di

operare nel modo più naturale possibile. La domanda di tali prodotti ha avuto nell’ultimo

decennio momenti di forte espansione, tanto che numerose catene della grande

distribuzione hanno incorporato il biologico all’interno della loro offerta alimentare9.

Ulteriore esempio può essere rappresentato dal movimento Slow Food10, nato a Bra in

Piemonte nel 1986 per promuovere la riscoperta del valore del cibo come portatore di

tradizioni, identità e uno stile di vita oltre che alimentare, rispettoso dei territori e delle

tradizioni locali. Attualmente l'associazione conta più di 100.000 iscritti, volontari e

sostenitori in 130 paesi, 1500 sedi locali e una rete di 2000 comunità che praticano una

produzione di cibo su piccola scala, sostenibile, di qualità, assumendo le vesti di una

multinazionale.

La complessità di categorizzare gli AFNs risiede proprio nella continua sovrapposizione

di livelli, scale e molteplicità di esperienze talvolta in apparente contraddizione tra loro.

Grande distribuzione e piccola distribuzione organizzata tendono sempre di più ad

accavallarsi e ad essere vicine (Marsden et al., 2000; Sonnino e Marsden, 2006).

Non sempre gli AFNs rappresentano un modello, se di modello si può parlare,

sostenibile ed efficace così come le filiere lunghe non necessariamente rappresentano

una realtà che produce un disvalore per il territorio.

Elemento che contraddistingue sia la tendenza commerciale, sia quella radicale è

comunque la quality turn, la ricerca della qualità e della sicurezza alimentare che spinge

9Si pensi anche alla realtà del supermercato NaturaSì, con oltre più di 100 punti vendita in Italia, specializzato nella vendita di prodotti alimentari biologici e naturali.10 www.slowfood.it

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il consumatore e il produttore ad orientarsi o a partecipare in maniera più o meno attiva

ad un AFN.

Un esempio chiarificatore in questo caso può essere il supermercato Eataly. Nato a

Torino nel 2007, in collaborazione con Slow food, che funge da suo “consulente

strategico”, Eataly propone ai consumatori prodotti tipici e di qualità attraverso la

distribuzione e la ristorazione. L'obiettivo è quello di incrementare la percentuale di

coloro i quali si alimentano con consapevolezza scegliendo prodotti di prima qualità e

dedicando un'attenzione particolare alla provenienza e alla lavorazione delle materie

prime. Tutto ciò sotto le spoglie di un supermercato. Il suo successo, sia nazionale che

internazionale, è stato decretato dall'apertura di nuovi punti vendita in Italia ma anche

negli Stati Uniti e in Giappone.

Un'altra realtà “innovativa” è quella della rete in franchising del Negozio Leggero11.

Nasce nel 2009 dall'esperienza dell'ente di ricerca Ecologos12 e del lavoro di Rinova

s.c.13 per proporre al mercato un nuovo modo di fare la spesa; leggero e senza

imballaggi. Con sei punti vendita in Piemonte, uno a Milano e uno a Roma, il Negozio

Leggero è un negozio a forte impatto estetico, all'interno del quale si trovano più di 900

prodotti in modalità sfusa, venduti al peso e, ad un costo competitivo, grazie alla

riduzione dell'imballaggio. Questo, infatti, influisce molto sul costo finale del prodotto,

sia per il materiale, sia per la parte grafica e creativa. Il risparmio sui prodotti offerti dal

negozio varia dal 30% al 60% a seconda del prodotto e, nel caso particolare delle spezie,

è molto superiore: quelle attualmente acquistate nei supermercati convenzionali, infatti,

sono proposte in un contenitore di vetro il cui valore a volte è più alto di quello del

contenuto. Tra i principi ispiratori del progetto, oltre alla qualità, dato che i prodotti in

vendita spaziano dal biologico al locale (tranne per quei prodotti non reperibili nel

territorio regionale), anche l'aspetto della socializzazione assume un ruolo chiave. Si

manifesta sia nel contatto con i clienti, basato sulla fiducia e sulla competenza che i

11 www.negozioleggero.it12È un ente che svolge ricerca scientifica e ambientale dal basso, coinvolgendo i cittadini e le amministrazioni con proposte concrete orientate ad un futuro sostenibile.13È una cooperativa che si occupa di attività negli ambiti dell'innovazione tecnologica, ambientale e dello studio di macchinari pensati per la riduzione dell'impatto ambientale e l'ottimizzazione dell'uso delle risorse.

13

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commessi hanno nel fornire informazioni dettagliate sui prodotti ma anche nelle

osservazioni, consigli e bisogni manifestati dai consumatori, sia nella promozione di

iniziative ed incontri nella sede del negozio volti a pubblicizzare e condividere pratiche

di consumo critico.

La realtà delle Alternative food Networks è diventata sempre più comune nelle

esperienze di produzione e consumo tanto che c'è chi, come Sonnino e Marsden (2006),

sostiene che tale tendenza sia sempre meno un'alternativa alla GDO, quanto piuttosto

una parte di essa basata però su un'attenzione particolare all'intercettazione dei gusti e

dei bisogni dei consumatori, della loro ricerca di qualità e sicurezza alimentare.

Gli AFNs sono stati recentemente ridefiniti come Food Community Networks (FCNs)14

ovvero come reti alimentari comunitarie tra consumatori e produttori. Con questo

termine si vuole indicare quelle esperienze in cui gruppi di consumatori e produttori

decidono di coordinarsi verticalmente, aumentando così il livello di condivisione delle

scelte e delle informazioni e sostituendo la certificazione formalizzata con un rapporto di

fiducia. Questo sembrerebbe creare una relazione di lungo termine tra gli attori coinvolti

nella filiera simile alle cooperative di consumo15. Questo tipo di definizione può essere

riferita però solo a determinati tipi di AFNs, come ad esempio alle community supported

agricolture (CSA), ancora poco sviluppate in Italia ma ampiamente diffuse all'estero.

Sono comunità che supportano l'agricoltura, ovvero forme di supporto comunitario e

collettivo ai produttori locali all'interno delle quali produttori e consumatori condividono

i “rischi d'impresa” o all'esperienza di alcuni gruppi di acquisto.

14 http://agriregionieuropa.univpm.it/dettart.php?id_articolo=95215Le cooperative di consumo si costituiscono tra soci, in questo caso consumatori, per ottenere beni di consumo e/o durevoli, a condizioni più favorevoli di quelle presenti sul mercato. I soci, per il tramite della cooperativa, fanno acquisti in comune a condizioni migliori e la cooperativa vende loro direttamente prodotti a prezzi più o meno competitivi senza coinvolgere altri intermediari.

14

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1.3 UN TENTATIVO DI CLASSIFICAZIONE DELLE ESPERIENZE IN ATTO

Numerosi autori tra cui Marsden (2004) hanno messo in luce le differenze che

caratterizzano le esperienze di AFNs tra i paesi del Nord e del Sud Europa. Nei paesi del

nord Europa, caratterizzati da grandi imprese agricole ad elevata intensità di capitale,

efficienza e specializzazione, la diffusione di AFNs si basa su una definizione più

moderna e commerciale di qualità, sulla centralità conferita alla certificazione, la

sostenibilità dei processi produttivi e sulla commercializzazione su larga scala. Il

carattere regionale delle produzioni assume scarsa importanza così come la loro

dimensione locale.

Al contrario, nei paesi del sud Europa, in particolare in Italia, caratterizzati da una forte

presenza della piccola azienda agricola a conduzione familiare e una tradizionale

attenzione alla qualità più intesa in termini culturali che formali e alla vendita diretta, la

valorizzazione delle produzioni locali e regionali nelle esperienze degli AFNs assume un

ruolo centrale così come la relazione diretta tra produttori e consumatori poiché

fortemente radicata nella cultura nazionale (Dansero, De Luca, Puttilli, 2012). Anche

all'interno dell'Italia stessa, tra nord e sud, vi è una forte caratterizzazione e

differenziazione di esperienze di cui parlerò più approfonditamente nel prossimo

paragrafo.

Pur nell'impossibilità di tracciare una rigida categorizzazione, Marsden, Banks e Bistow

(2000) identificano tre principali tipologie di AFNs:

–Face to face: si fa riferimento a quelle tipologie di AFNs basate su una relazione diretta

tra produttore e consumatore senza ulteriori intermediari. Sono generalmente legate a

relazioni fiduciarie, alla conoscenza reciproca e alla condivisione di metodi e tecniche

produttive.

15

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–Filiere corte: si fa riferimento a quelle tipologie di AFNs all'interno delle quali i

prodotti sono commercializzati e distribuiti attraverso la creazione di nuovi luoghi di

vendita dove l'aspetto locale e territoriale dei prodotti assume un ruolo fondamentale. É

proprio tale aspetto che conferisce un valore aggiunto all'esperienza insieme al suo

valore comunitario e sociale.

–Filiere estese spazialmente: si fa riferimento a quelle tipologie di AFNs che basano la

loro esistenza sulla certificazione e la tracciabilità dei loro prodotti ma possono

raggiungere consumatori su distanze internazionali e addirittura globali. La necessità di

acquistare prodotti del proprio territorio perde la sua centralità ma il consumatore è

spinto all'acquisto proprio in virtù della conoscenza del luogo di origine.

In base a tale categorizzazione si può tentare di classificare le varie esperienze di AFNs

con la consapevolezza che i vari livelli e tipologie tendono molto spesso ad accavallarsi

e a fondersi e che ogni AFNs andrebbe studiato ed analizzato nella sua unicità.

Nonostante questa premessa, segue una breve, e, sicuramente incompleta, rassegna delle

esperienze più significative di Alternative food Networks in atto.

Sicuramente, all'interno della tipologia di AFNs face to face, vanno collocate le

esperienze dei farmer's market, luoghi auto-organizzati, generalmente svolti all'aperto

nelle piazze o nelle strade, dove i produttori esercitano una vendita diretta delle proprie

produzioni con una cadenza settimanale o mensile. I produttori coinvolti possono essere

sia locali, sia provenienti da territori diversi. Si tratta di una tendenza già affermata negli

Stati Uniti e in Gran Bretagna, in forte espansione in Italia soprattutto per quanto

riguarda i prodotti biologici e i prodotti tipici e sostenuta in varie forme dalle istituzioni

locali e regionali.

Anche le esperienze di vendita diretta in azienda presso il produttore (si presta

particolarmente ad alcune tipologie di prodotti come ad esempio il settore caseario), di

vendita per corrispondenza attraverso il web, di consegna a domicilio a singoli o a

gruppi organizzati di consumatori, degli orti urbani o peri-urbani che effettuano la

16

Page 21: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTÀ DI SCIENZE … · sistemi produttivi e degli scambi commerciali, che nel settore agricolo si sono espressi principalmente nel modello di

vendita diretta dei prodotti coltivati16, possono essere racchiuse in questa tipologia di

AFNs.

Un esempio interessante è rappresentato dal pick-your-own o U-pick17 traducibile in

maniera informale con “coglitelo da solo”. Si tratta di una forma di vendita diretta, su

iniziativa dei produttori, che prevede la raccolta dei prodotti della terra personalmente da

parte dei consumatori. Questo metodo è attuato da consumatori alla ricerca di prodotti

freschi e di qualità, ad un prezzo ridotto, che apprezzano anche l'esperienza del

momento della raccolta. Il pick-your-own era molto popolare negli Stati Uniti durante il

periodo della depressione poiché il prezzo pagato ai produttori per frutta e verdura era

talmente basso che non potevano permettersi di coprire anche gli ulteriori costi di

raccolta, imballaggio e trasporto (Guidi, 2009). Attualmente tale forma di vendita diretta

è molto diffusa in Nord America e nei paesi dell'Europa settentrionale. Generalmente

non serve prenotare, né pagare in anticipo ciò di cui si ha bisogno: in questo modo tutti i

rischi dell'invenduto, costi di produzione o mancato raccolto, rimangono a carico del

produttore.

Anche le Community Supported Agriculture, (CSA), seppur al limite tra la tipologia di

AFNs face to face e di filiere corte (poiché possono rappresentare un'evoluzione dei

gruppi di acquisto), sono un esempio interessante di esperienza comunitaria e di

relazione fiduciaria tra consumatore e produttore. Le CSA, non ancora presenti in Italia

ma ampiamente diffuse all'estero, sono forme di supporto comunitario e collettivo dei

produttori locali. Le prime CSA sono nate in Svizzera e Giappone negli anni '60, si sono

poi diffuse negli Stati Uniti a partire dalla metà degli anni '80. Sono costituite da un

gruppo di consumatori che si assume la responsabilità della gestione di un'azienda

agricola insieme a uno o più produttori. I consumatori acquistano una quota della

produzione agricola pagandone anticipatamente il controvalore. Il prezzo della quota si

16Tali forme di agricoltura diretta, oltre a soddisfare una quota dei consumi alimentari familiari, ricoprono anche un ruolo sociale rilevante. L'esperienza torinese dell'Orto dei ragazzi, ad esempio, si occupa di promuovere il lavoro agricolo perseguendo il duplice obiettivo di offrire dei percorsi formativi/lavorativi a giovani in difficoltà socio-economica. Per un approfondimento su tale esperienza si veda la ricerca “Green economy e territorio. Innovazioni ambientali e pratiche territoriali per un'eco-ristrutturazione della società.” Dansero. E.,De Luca A., Puttilli M., 2012, pp. 70-71.17Cfr. Rossi A, Guidi F., Innocenti S., (a cura di), 2008, Guida per l’attivazione di forme collettive di vendita diretta. Esperienze, approcci e strumenti, ARSIA, p. 20.

17

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determina ripartendo il totale dei costi previsti per la realizzazione del programma

colturale tra tutti i membri. Una parte del prezzo della quota può essere compensata con

una prestazione di lavoro18. In questo modo i consumatori condividono con il produttore

i costi e i rischi di produzione, consentendo però una maggiore programmazione e

pianificazione della produzione stessa (Dansero, De Luca, Puttilli, 2012).

Un ulteriore esempio è rappresentato dai box schemes, che nel Regno Unito rappresenta

la forma più popolare di vendita diretta19. Si tratta di una forma distributiva di prodotti

agricoli stagionali, solitamente biologici, organizzata direttamente dall'agricoltore che

rifornisce un gruppo di consumatori convenzionati. Il produttore si impegna a recapitare

al consumatore, in genere direttamente a domicilio, a cadenza settimanale o

quindicinale, un determinato quantitativo di prodotti coltivati in azienda. Spesso il

produttore-distributore, allo scopo di arricchire la propria offerta di prodotti, collabora

con altri agricoltori, associazioni o cooperative. Il consumatore, a fronte del servizio,

corrisponde un prezzo prestabilito, in certi casi il contratto riconosce al cliente la

possibilità di scegliere alcuni prodotti e di rifiutarne altri. Nel 2006, questa forma di

approvvigionamento di prodotti locali biologici ha suscitato un forte interesse anche da

parte di alcune delle più grandi catene di distribuzione del Regno Unito, tra cui

Sainsbury's e Tesco, che hanno iniziato ad offrire ai propri clienti box schemes, ovvero

cassette di prodotti biologici. Tesco in particolar modo, offre cassette che è possibile

acquistare attraverso il sito internet di questa grande catena distributiva, che si occupa

anche della consegna a domicilio al cliente20.

Sempre seguendo la categorizzazione di Marsden, Banks e Bistow (2000), le varie

esperienze dei gruppi di acquisto possono essere inglobati nella tipologia di AFNs filiere

corte.

I gruppi di acquisto nascono su iniziativa dei consumatori. Sono gruppi di persone, in

genere amici, conoscenti o persone che condividono ad esempio lo stesso quartiere o

palazzo, che decidono di acquistare periodicamente (generalmente a cadenza

18http://www.sinab.it/index.php?mod=schede_informative&m2id=193&navId=757&jump_to=119http://www.sinab.it/index.php?mod=schede_informative&m2id=193&navId=757&jump_to=120Cfr Rossi A, Guidi F., Innocenti S., (a cura di), 2008, Guida per l’attivazione di forme collettive di vendita diretta. Esperienze, approcci e strumenti, ARSIA.

18

Page 23: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTÀ DI SCIENZE … · sistemi produttivi e degli scambi commerciali, che nel settore agricolo si sono espressi principalmente nel modello di

settimanale) prodotti direttamente dai produttori locali mediante ordini collettivi. In

Italia tali iniziative si concretizzano nei GAS, Gruppi di Acquisto Solidali, che si sono

diffusi a partire dal 1994, quando nasce il primo Gas a Fidenza. Il concetto di solidarietà,

base valoriale dei gruppi, si manifesta lungo tre direzioni. Innanzitutto verso i produttori

locali con i quali si instaura una relazione diretta e fiduciaria; verso i produttori del sud

del mondo, tramite l'adesione ai principi del commercio equo e solidale; infine tra i

consumatori stessi, che portano avanti collettivamente, mediante lavoro volontario, le

attività del gruppo.

L'esperienza dei Gas, seppur spesso nell'informalità e unicità di ogni realtà, è volta a

creare dei luoghi di vendita alternativi rispetto alla grande distribuzione all'interno dei

quali ogni membro ricerca in prima persona prodotti locali mediante un rapporto

fiduciario e la relazione diretta con i produttori del territorio. Non mancano altre forme

di gruppi di acquisto come i GAP, Gruppi di Acquisto Popolari, i GAF, Gruppi di

Acquisto Famigliari e i GAC, Gruppi di Acquisto Collettivi.

Infine sotto la tipologia di AFNs filiere estese spazialmente, all'interno delle quali

produzione e consumo avvengono in luoghi differenti tra loro, si possono collocare i

prodotti del commercio equo e solidale, i prodotti DOP, così come l'esperienza del

supermercato Eataly o delle varie catene di prodotti biologici diffuse su scala nazionale e

internazionale, che hanno dimostrato una coesistenza competitiva con le filiere

tradizionali. All'interno di queste filiere, i prodotti acquisiscono valore in ragione del

loro luogo di origine o delle caratteristiche che incarnano, ma possono arrivare a

raggiungere consumatori che nulla conoscono rispetto a tale luogo (Dansero, De Luca,

Puttilli, 2012).

Il commercio equo e solidale è un approccio alternativo al commercio convenzionale.

Esso promuove la giustizia sociale, lo sviluppo sostenibile, il rispetto per le persone e

per l'ambiente garantendo inoltre un accesso diretto e sostenibile al mercato ai piccoli

produttori del sud del mondo. Proprio per questi motivi, il consumo critico di prodotti

provenienti dal circuito del commercio equo e solidale assume una valenza particolare

per i consumatori, anche se non si tratta di prodotti del proprio territorio.

Discorso analogo per i prodotti DOP (denominazione origine protetta). Tali prodotti per

19

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le loro caratteristiche e il loro legame con il territorio, sono quelli che maggiormente

valorizzano la tradizione e la biodiversità locale. Il marchio DOP è applicato a beni per i

quali tutto il processo produttivo avviene in un'area geografica ben delimitata e nella

quale si determina un legame univoco e specifico tra prodotto e territorio21.

Quanto le filiere estese spazialmente rappresentino un Alternative food networks è

oggetto di ambiguità e dibattito (Tregear, 2011). Esse possono però rappresentare

l’evoluzione temporale di un processo di radicalizzazione-consolidamento-

istituzionalizzazione (Dansero, De Luca, Puttilli, 2012). Tale processo le ha condotte, da

fenomeno di nicchia quale era al momento della nascita, contenente in sé caratteristiche

alternative e anche radicali, ad una fase di consolidamento in cui l'esperienza si è inserita

e radicata nel territorio. L'enorme successo avuto le ha portate, infine, ad essere

inglobate all'interno della grande distribuzione e, ad estendersi su una scala nazionale e

internazionale, causando una perdita dei presupposti originari che avevano motivato la

nascita di tale nicchia.

1.4 AFNs IN ITALIA: UNA REALTA' IN ESPANSIONE

Come già detto più volte nel corso di questo primo capitolo, caratteristica distintiva delle

varie realtà riconducibili all'universo degli AFNs è la loro estrema eterogeneità e

fluidità, che rende difficile operare attraverso rigide categorizzazioni e classificazioni.

Ancor più complesso è tratteggiare un quadro completo degli AFNs in Italia data

l'assenza di un reale censimento delle esperienze nazionali22. La mancanza di tale

censimento deriva soprattutto dalle caratteristiche di informalità che connotano alcune di

queste esperienze, nate per sfuggire alle logiche di classificazione e inquadramento

normativo all'interno del sistema. Tuttavia, dalle diverse fonti di informazione 21A differenza dei prodotti IGP (indicazione geografica protetta) il cui processo produttivo deve avvenire almeno per una parte nella zona geografica di riconoscimento.22Fino al 2010 era attivo un “Osservatorio internazionale sulla vendita diretta nelle aziende agricole” realizzato da Agri2000 e Coldiretti (Gardini, Lazzarin, Cristofori, 2009) che elabora annualmente i dati relativi alle aziende iscritte alle Camere di Commercio. Al momento, l'unico rapporto che esce con regolarità è “Tutto bio”, redatto da Biobank (2012), che censisce gli operatori legati alla filiera corta nel settore del biologico.

20

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disponibili, rapporti di associazioni di categoria e di Coldiretti, portali on-line,

associazioni di consumatori, testi sul consumo critico, l'immagine che emerge è di uno

scenario in forte crescita.

Come negli altri paesi, si assiste sempre più spesso all’integrazione di più soggetti

-agricoltori, consumatori, organizzazioni professionali agricole, associazioni del

biologico, associazioni culturali e ambientaliste, amministrazioni pubbliche- nella

promozione e attivazione di esperienze collettive di filiera corta: in Italia si va da

“Campagna amica” (Coldiretti) a “Donne in Campo” (CIA, Confederazione Italiana

Agricoltori), dai “Mercati della Terra” (SlowFood) alle iniziative di AIAB (Associazione

Italiana per l'Agricoltura Biologica) e Legambiente fino ai Gas, solo per citarne alcuni.

La forma più classica di AFNs, la vendita diretta in azienda, ha registrato un forte

impulso. Nel corso del 2009, ultimo anno di rilevazione disponibile, è cresciuto ancora il

numero di aziende agricole che veicolano, in parte o totalmente, la loro produzione

attraverso circuiti brevi di vendita. In particolare, tra il 2008 e il 2009 le aziende con

vendita diretta sono aumentate del 4,7%, passando da 60.700 alle 63.600. Dal 2001 al

2009 il numero di aziende è aumentato del 64% a testimonianza dell'interesse che la

vendita diretta ha nei confronti, tanto delle aziende agricole, quanto dei consumatori

(Gardini, Lazzarin, Cristofori, 2009). Di queste, oltre 2.500 utilizzano tecniche di

produzione di tipo biologico certificato, il 16% in più rispetto al 2009 (Biobank, 2012).

Il grafico che segue (Fig. 1.1), mostra la distribuzione delle aziende agricole con vendita

diretta per regione. La supremazia è della regione Toscana che, con oltre 11 mila aziende

(il 18% del totale), si colloca in cima alla graduatoria nazionale. Seguono, tra le regioni

italiane, la Lombardia con l'11% delle aziende, il Piemonte e il Veneto con poco più del

9%.

21

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Fig. 1.1: Percentuale delle imprese coinvolte in attività di vendita diretta per

regione.

0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20%

Val D'Aosta

Calabria

Molise

Basilicata

Sardegna

Friuli Venezia Giulia

Umbria

Puglia

Campania

Trentino Alto Adige

Marche

Lazio

Liguria

Emilia-Romagna

Sicilia

Abruzzo

Piemonte

Veneto

Lombardia

Toscana

Fonte: Gardini, Lazzarin, Cristofori, 2009.

Per quanto riguarda invece i prodotti venduti dalle aziende che sfruttano i canali brevi di

commercializzazione, il vino si conferma il prodotto maggiormente presente nelle

aziende (34%). Seguono l'ortofrutta, commercializzata dal 30% delle imprese e i

formaggi con il 15,8%. L’olio di oliva (13,1%) e le piante ornamentali (12,6%) superano

la quota del 10%, mentre subito dopo troviamo carni e salumi (8,8%), miele (7,9%) e le

conserve (6%). Il latte fresco, con una quota del 4,3% delle aziende coinvolte, consolida

la sua posizione sul mercato, mentre gli altri prodotti non superano il 3% (Fig.1.2).

22

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Fig. 1.2: Percentuale di prodotti trattati dalle aziende coinvolte nella vendita diretta

in Italia.

0%5%

10%15%20%

25%30%

35%40%

Vin

o

Orto

frutta

Olio

Form

aggi

Latte

Car

ni e

sal

umi

Mie

le

Pia

nte

e fio

ri

Pro

dotti

alim

enta

ri tra

sfor

mat

i

Uov

a

Cer

eali

e le

gum

i

Altr

o

Fonte: Gardini, Lazzarin, Cristofori, 2009.

Anche sul versante dei farmer's market si può parlare di una realtà in forte espansione.

Regolamentati in Italia con il d.lgs. 228/200123 e il d.m. 20 novembre 200724, sono

gestiti dagli agricoltori in forma riunita, o tramite le loro associazioni, o dal personale

dei Comuni che li promuovono e li ospitano. Il portale web della Fondazione Campagna

23Ha dato forza all'esercizio della vendita diretta e ha introdotto la possibilità per gli imprenditori agricoli di commercializzare, oltre alla produzione propria, anche i prodotti acquistati presso terzi, in deroga alla disciplina ordinaria del commercio.24La legislazione relativa all'attivazione di mercati dei produttori fa riferimento a tale Decreto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, attuativo di quanto previsto dalla Legge Finanziaria 2007, che fornisce importanti elementi volti a potenziare il settore. Tale decreto fa specifico riferimento alla “realizzazione di mercati riservati alla vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli allo scopo di soddisfare le esigenze dei consumatori in ordine all'acquisto di prodotti agricoli che abbiano un diretto legame con il territorio di produzione”. Cfn Decreto MiPaaf del 20 Novembre 2007 sui mercati riservati all'esercizio della vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli.

23

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Amica25 attiva nella promozione dell'agricoltura italiana nell'ambito dei farmer's market,

del turismo rurale responsabile e dell'ecosostenibilità, ospita più di 1000 realtà registrate

(500 a fine 2010) capaci di coinvolgere più di 20.000 produttori.

Come mostra la Fig. 1.3 i farmer's market sono concentrati prevalentemente al nord, con

il 61% dei mercati nazionali con Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte in testa per

numero di realtà attive26.

Fig.1.3: Distribuzione dei mercati per area geografica

Fonte: Franco S., Marino D., 2012.

La realtà dei farmer's market ha catturato l'attenzione di diversi attori pubblici e privati

che hanno iniziato a promuoverli e sostenerli. Oltre alla consolidata esperienza di

Coldiretti attraverso il progetto della Fondazione Campagna Amica27 che rappresenta il

modello organizzativo più influente in termini dimensionali (Ibid. p.18), occorre

ricordare anche i mercati bio, con 213 unità nel 2011 (Biobank, 2012) e la rete

internazionale dei “Mercati della Terra28” organizzata da Slow Food (con 19 mercati in

25www.campagnamica.it26Si fa riferimento ai dati dello studio “Il mercato della filiera corta. I farmer's market come luogo di incontro di produttori e consumatori.”, Franco S., Marino D., 2012.27Tali mercati sono disciplinati da un regolamento interno che definisce le condizioni e le tipologie di prodotti che possono essere commercializzati, le aziende che vi partecipano si impegnano a rispettare il regolamento del mercato, assoggettandosi ad un controllo interno e ad un controllo esterno operato da un ente terzo. Cfn: www.campagnamica.it28Oltre che luogo di compravendita, il Mercato della Terra diventa un posto dove chiacchierare, mangiare e creare relazioni sociali. La fiducia reciproca crea le premesse di coinvolgimento da cui possono scaturire quei prezzi giusti che premiano le attività produttive sostenibili, attente alla cultura alimentare delle

24

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Italia e 8 in altri paesi29).

La regione Umbria ha varato una legge per il finanziamento di farmer's market e gruppi

di acquisto solidale (Gas). L'importanza dei Gas è stata anche riconosciuta nel testo della

Legge Finanziaria 2007 in cui sono definiti come “soggetti associativi senza scopo di

lucro che svolgono attività non commerciali, ai fini dell'applicazione del regime di

imposta”30. Fra le modalità di vendita innovative, proprio la realtà dei gruppi di acquisto

solidali registra un forte incremento. Consultando il portale del coordinamento nazionale

dei Gas (www.retegas.org), risultano censiti 923 gruppi, a fronte dei 598 rilevati nel

2009 e degli 861 nel 2011 (Biobank, 2012), di cui 14 in forma di reti di più Gas che si

organizzano collettivamente. Particolarmente vasto risulta essere poi il numero dei Gas

informali, tanto da rivelare un numero doppio di realtà attive sul territorio nazionale

rispetto a quelle censite. La Lombardia resta la regione leader per numero assoluto di

Gas (239)31, seguita dalla Toscana (122), Piemonte (100), Veneto (84) e dall'Emilia

Romagna (81).

La raccolta di frutta e ortaggi da parte dei consumatori direttamente sui campi delle

aziende (pick-your-own), vissuta come opportunità di selezionare personalmente

prodotti freschi e genuini a prezzi convenienti attraverso un’esperienza conviviale e

ricreazionale, vede appena un centinaio di aziende coinvolte in Italia nella raccolta

diretta dei prodotti sul proprio fondo (Coldiretti e Agri2000, 2010). Questa realtà,

ampiamente attiva in altri paesi europei, è ancora poco ramificata nel nostro paese.

I dati sul panorama degli AFNs a livello nazionale mettono in evidenza quanto la loro

diffusione sia segnata da profonde differenze territoriali. Queste sono legate ad una

frattura tra centro-nord e centro-sud Italia e ad una stretta connessione tra grandi centri

urbani e pratiche riconducibili agli AFNs. Nel centro sud Italia infatti, la vendita diretta

in azienda, o presso il piccolo produttore, è una pratica da sempre esistita dato che

permane una modalità di relazione molto forte con la socialità del territorio. D’altra

comunità locali e alla difesa della biodiversità. Un mercato di questo tipo fornisce cibo sano, fresco e di stagione, a un prezzo sostenibile per consumatori (co-produttori per usare il termine coniato da Slow Food) e produttori. Cfr: www.mercatidellaterra.it29Dati consultati sul sito www.mercatidellaterra.it a Gennaio 2013.30Art.5, commi 47 bis e 47 ter.31Dati disponibili sulla rete nazionale dei Gas: www.retegas.org consultati a Gennaio 2013.

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parte, nelle aree soprattutto rurali non intervengono difficoltà logistiche nell’acquisto,

come vicinanza, orari e assortimento e la vendita diretta è un fenomeno fortemente

radicato che di solito interessa un numero limitato di prodotti nel cui ambito l’azienda o

il piccolo contadino sono specializzati (soprattutto nel settore vitivinicolo e olivicolo e

per prodotti freschi come ortofrutta e carne). Anche per questo motivo il numero dei Gas

nel centro-sud Italia è praticamente inesistente. Costituire un gruppo spontaneo di

persone che si organizzano per comprare direttamente dal produttore locale è un bisogno

che non sussiste poiché già soddisfatto dalla cultura tradizionale del cibo e da un

rapporto già consolidato con il territorio e la rete dei produttori locali. Le regioni del

centro-nord Italia e, in particolare, le grandi città del nord-ovest, come Torino e Milano,

mostrano al contrario uno spiccato interesse per le diverse pratiche legate agli AFNs. Le

città si dimostrano non solo un semplice mercato di sbocco dei prodotti provenienti dalle

campagne, ma sempre più efficaci laboratori di progettazione di AFN da cui partono

richieste di consumo critico e di un coinvolgimento diretto di un numero crescente di

persone nell'organizzazione pratica delle reti (Dansero, De Luca, Puttilli, 2012).

Un altro aspetto che sembra caratterizzare il panorama italiano è la tendenza degli AFN

ad evolvere in forme organizzative maggiormente elaborate e strutturate, per rispondere

soprattutto al problema della distribuzione dei prodotti e ad un allargamento delle realtà

coinvolte (Ibid.). Per rafforzare ed espandere le realtà dell'economia solidale si sta

sperimentando in diversi luoghi la strategia delle reti, che consiste nella costruzione di

circuiti in cui confluiscono i beni, i servizi e le informazioni prodotti dalle realtà

dell'economia solidale, in modo che queste si possano sostenere a vicenda, creando gli

spazi per un'economia diversa (Carta per la rete italiana di economia solidale, 2007).

Diversi Gas stanno avviando una transizione verso forme distrettuali più ampie di

economie di solidarietà (DES, Distretto di Economia Solidale) ovvero una rete costituita

dagli attori dell’economia solidale presenti sul territorio (i Gas stessi, botteghe del

commercio equo e solidale, realtà di finanza etica e di turismo responsabile, piccoli

agricoltori biologici, cooperative, ecc.) con l’intento di rafforzarsi vicendevolmente e

collaborare alla promozione sul territorio. Il beneficio di questo modo di operare è nel

sostenere cicli di produzione, distribuzione e consumo che difendono l’ambiente e le

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condizioni di lavoro e favoriscono la socialità. Ad esempio il DES Brianza, con il

progetto “Spiga & Madia” organizza una filiera del pane dal campo sino alla vendita del

prodotto finito32. Alcuni Gas, inoltre, operano collettivamente in forma di rete per la

gestione comune di ordini di alcuni prodotti per evitare quelle difficoltà derivanti da una

crescita troppo rapida del numero dei Gas in uno stesso territorio.

Altre esperienze significative in termini di una riorganizzazione riguardano i bio-

distretti, forme associative promosse da alcune associazioni del ramo del biologico

(come AIAB). Sono aree geografiche dove agricoltori, cittadini, operatori turistici,

associazioni e pubbliche amministrazioni stringono un accordo per la gestione

sostenibile delle risorse, partendo proprio dal modello biologico di produzione e

consumo attraverso l'incentivazione di pratiche di filiera corta, gruppi di acquisto, mense

pubbliche bio, solo per citare alcuni esempi. Nel bio-distretto la promozione dei prodotti

biologici si coniuga indissolubilmente con la promozione del territorio e delle sue

peculiarità al fine di raggiungere un pieno sviluppo delle proprie potenzialità

economiche, sociali e culturali.

Una delle esperienze più significative e di successo in termini di riorganizzazione,

promossa da produttori biologici, è la Città dell'Altra Economia33(CAE). L’obiettivo

principale di questo progetto è quello di far tornare in uso uno spazio a lungo

abbandonato, il complesso del mattatoio situato nel quartiere Testaccio di Roma. Si tratta

del primo spazio in Europa ad essere dedicato alle pratiche economiche caratterizzate

dall’uso di processi a basso impatto ambientale. Il progetto garantisce una

redistribuzione adeguata dei redditi tra i produttori, poiché non opera sulla base del

profitto economico, ma sulla solidarietà tra le persone e a favore dell’ambiente. La CAE

vuole stimolare il cambiamento, disseminare informazione e educare in modo che questa

forma di economia alternativa possa diventare la base di una nuova società. Il biologico

è parte di un progetto più ampio, dove il commercio equo, il software libero, il riuso e

riciclo, il turismo responsabile, la finanza etica, le energie rinnovabili sono localizzate

32http://des.desbri.org/33 Il Consorzio che gestisce gli spazi è composto da AIAB, Cooperativa Sociale 29 giugno, Cooperativa Agricoltura Nuova e Cooperativa Sociale Integra ed è sostenuto da un’ampia rete di partner, nazionali ed internazionali. Cfr: www.cittadellaltraeconomia.org

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contemporaneamente nello stesso luogo. Il negozio del biologico, “SpazioBio”, è gestito

dai produttori, vende direttamente prodotti provenienti dalle aziende biologiche locali ed

è una delle principali attività della CAE insieme al mercato dell'agricoltura biologica che

si svolge tutte le domeniche.

Infine, un aspetto rilevante della realtà italiana è il crescente interesse da parte del

mondo privato, in particolare delle associazioni di categoria, nei confronti degli AFNs e,

per contro, lo scarso supporto offerto agli AFNs da parte delle politiche pubbliche. La

realtà delle filiere alternative sembra essere riconosciuta dagli enti pubblici, ma ancora

scarsamente inquadrata in politiche di supporto consapevoli delle effettive caratteristiche

degli AFNs (Dansero, De Luca, Puttilli, 2012).

Dato il tentativo di legare la qualità agro-alimentare ad una attenzione agli impatti

ambientali lungo la filiera produttiva, la ri-localizzazione e ristrutturazione del rapporto

tra luoghi di produzione e luoghi di consumo, la stretta connessione tra fattore terra e

prodotto alimentare e il particolare legame di interdipendenza con specifici territori

all'interno delle logiche degli Alternative food Networks, nel prossimo capitolo si

cercherà di analizzare questi ultimi attraverso una prospettiva geografica e del

radicamento territoriale ponendo l'attenzione su queste chiavi di lettura feconde nel

trattare il tema degli AFNs.

2. AFNs E CHIAVI DI LETTURA

2.1 AFNs E TERRITORIO IN UNA PROSPETTIVA GEOGRAFICA

Nell'analisi degli AFNs da una prospettiva geografica il ruolo del territorio assume una

posizione centrale. Gli AFNs vengono concepiti come caratterizzati da una profonda

ristrutturazione del rapporto tra cibo e territorio basata sulla riscoperta di un legame

spaziale, sociale, culturale ed economico tra luoghi, produttori e consumatori (Dansero,

Puttilli, 2012).

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Seguendo un approccio ispirato alla riflessione sul territorio così come è stata maturata

all'interno della cosiddetta “scuola territorialista italiana” (Magnaghi 2006, Dematteis,

Governa 2005, Governa, Salone, 2005), il territorio viene concepito come una entità

complessa e multidimensionale, superando quindi una concezione dello spazio come

supporto passivo di attività e funzioni o come contenitore di risorse banali.

Una visione territorialista dello spazio implica la considerazione di un insieme di

relazioni materiali e immateriali che interessano sia la dimensione spaziale, sia le

relazioni degli attori alle diverse scale e tra questi e le risorse locali. Così considerato, il

territorio è un sistema locale territoriale34, caratterizzato da relazioni economiche,

sociali, culturali e ambientali che si organizzano a scale sovrapposte.

In tale approccio, le caratteristiche territoriali locali, la vivacità socio-culturale, la

particolarità della storia e delle risorse naturali, infrastrutturali e socio-culturali

localmente stratificate, le istituzioni e le amministrazioni locali giocano un ruolo

centrale (Governa, 2005).

Il territorio è il prodotto dell'azione intenzionale degli attori sociali i quali esprimono la

propria territorialità, ovvero la loro concezione e idea di territorio, quell’insieme di

strategie attraverso le quali gli attori si organizzano sul territorio, sfruttandone le risorse

e entrando in relazione alle diverse scale, al fine di perseguire i propri obiettivi strategici

(Raffestin, 1980). In altre parole, il territorio è il risultato di un'azione condotta da un

attore sintagmatico, cioè che realizza un programma a qualsiasi livello (Raffestin, 1981).

Per Dematteis (2002) invece “un territorio non è una semplice area geografica, una

pura entità materiale. Non è una cosa, ma un insieme di relazioni”. In quanto tale

chiama in gioco componenti sociali ed economiche (residenti, associazioni, istituzioni

ecc.), aspetti ambientali (infrastrutture, consumo di suolo), aspetti culturali (tradizioni

locali, identità locale).

La territorialità fa quindi riferimento sia ai rapporti con gli altri individui e gruppi

sociali, sia alle relazioni con l'ambiente naturale e gli ecosistemi.

Dematteis (2007) propone di leggere la territorialità attraverso un approccio

34Per una trattazione più approfondita del modello del sistema locale territoriale, il modello SLOT, si veda Dematteis G., Governa F., (2005).

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interpretativo molto efficace nell'ottica di un'analisi delle varie esperienze di AFNs.

L'insieme delle relazioni tra attori e territorio che costituiscono la territorialità, possono

essere concepite su tre livelli complementari (Dansero, Puttilli, 2012):

1. una dimensione spaziale delle relazioni, ovvero l'organizzazione delle relazioni

tra gli attori sociali nello spazio e alle diverse scale geografiche, da una scala

locale ad una globale;

2. una dimensione delle risorse sia materiali che immateriali, ovvero quelle

particolari risorse presenti sul territorio mobilitate dagli attori al fine di

raggiungere i propri obiettivi strategici di territorialità;

3. la dimensione delle relazioni sociali tra gli attori ovvero quella modalità in cui

gli attori sociali presenti sul territorio entrano in relazione al fine di raggiungere

obiettivi comuni e valorizzare le risorse del territorio.

Queste tre dimensioni della territorialità possono essere utilizzate per analizzare la

territorialità di ogni tipo di AFNs. Infatti ogni AFNs, qualsiasi sia la sua forma

organizzativa e la rete di relazioni con i soggetti attivata sul territorio, esprime una

propria forma di territorialità che si manifesta nel particolare rapporto con il territorio sia

sul piano spaziale, sia su quello delle risorse, sia, infine, sul piano delle relazioni. La

Fig. 2.1 riportata di seguito, mostra le dimensioni della territorialità negli AFNs.

Ciascuna dimensione si sviluppa lungo due poli opposti nei quali è possibile identificare

la territorialità di ogni AFNs.

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Fig. 2.1 Le dimensioni della territorialità negli AFNs

Fonte: Dansero, Puttilli, 2012.

Per quanto riguarda la dimensione spaziale si fa riferimento alla distanza sia fisica sia

funzionale degli attori che partecipano alla rete e quindi dell'organizzazione degli AFNs

nello spazio. Si può avere una distanza “zero” nei casi in cui assume un valore minimo

come ad esempio nell'agricoltura urbana o peri-urbana, negli orti sociali, nelle

esperienze del Pick your own, delle CSA, ma anche nelle varie realtà di vendita diretta35.

In questo tipo di esperienze i produttori e i consumatori coincidono. La distanza può

arrivare ad estendersi su spazi anche molto ampi, fino a raggiungere una dimensione

nazionale ed internazionale, nei casi delle filiere estese spazialmente come il commercio

equo e solidale.

La dimensione delle risorse fa riferimento alle tipologie di risorse, come i prodotti

agroalimentari, impiegate all'interno degli AFNs. Ad un estremo vi sono i prodotti

altamente specifici legati al territorio e alle tradizioni strettamente locali, che non sono

facilmente reperibili e riproducibili altrove. È il caso dei prodotti con certificazione o

anche dei prodotti del commercio equo e solidale che acquisiscono valore proprio in

relazione alla conoscenza del luogo di origine.

All'altro estremo vi sono risorse e, quindi, prodotti, maggiormente standardizzati. I

35La vendita diretta in azienda è un esempio di distanza “zero” tra produttori e consumatori. Nel caso dei farmer's market, invece, i luoghi in cui i prodotti sono venduti possono non avere un' attinenza strettamente legata ai luoghi di produzione. Il concetto di locale non è riferito al luogo di vendita del prodotto, legato ad un rapporto di prossimità fisica, bensì al luogo di produzione di un determinato prodotto.

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prodotti dell'agricoltura biologica, ad esempio, rispettano le condizioni ambientali locali,

ma non si compongono di caratteristiche culturali uniche e specifiche di quel

determinato luogo di origine.

Infine la dimensione delle relazioni sociali che intercorrono tra gli attori che fanno parte

dei diversi AFNs. Da un lato vi sono quei tipi di AFNs come i gruppi di acquisto, i box

schemes, le CSA che basano la loro esistenza su un rapporto fiduciario molto solido,

alimentato da relazioni dirette faccia-a-faccia e da uno spirito comunitario forte. Al lato

opposto invece si trovano forme organizzative funzionali che si sono inserite all'interno

delle logiche della grande distribuzione. Si pensi al mercato di distribuzione dei prodotti

biologici che, nonostante dipenda da relazioni dirette e fiduciarie con i produttori locali,

sempre di più si orienta all'interno di circuiti di commercializzazione organizzati su larga

scala (Dansero, Puttilli, 2012).

Indagando in maniera più approfondita la dimensione spaziale della territorialità, è

interessante porre l'attenzione sul concetto di filiera corta36 e lunga, ovvero la possibilità

di comprare i prodotti direttamente dal produttore o attraverso canali più simili a quelli

della GDO, intesa sia in senso funzionale, sia in senso spaziale.

In senso funzionale la filiera corta fa riferimento alla minima distanza tra produttore e

consumatore in termini di numero di intermediari. In questa accezione si valorizza un

rapporto diretto tra produttore e consumatore che non necessariamente prevede una

distanza ravvicinata tra i due. Anche i casi di vendita per corrispondenza assumono la

forma di filiera corta funzionale. Già l'esperienza dei Gas si configura invece come una

filiera più lunga in termini di numero di intermediari, determinata dall'esistenza del Gas

stesso, che si pone però come un intermediario “leggero” dato che non aggiunge valore

economico, bensì valore sociale come conseguenza dell'interazione all'interno del Gas

(Dansero, De Luca, Puttilli, 2012).

Intesa in senso spaziale invece, la filiera corta fa riferimento alla distanza chilometrica

che intercorre tra produttori e consumatori e quindi tra luoghi di produzione e luoghi di

36È interessante notare come il termine utilizzato in italiano per indicare in maniera generica gli AFNs sia la filiera corta. La filiera corta, in realtà come abbiamo già visto nel corso del primo capitolo è una particolare tipologia di AFN. Nonostante questo, articolando il concetto di filiera corta e lunga in senso funzionale e spaziale si possono ricondurre le varie esperienze di AFNs.

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consumo. I prodotti a “km zero”37, facendo riferimento al più generale concetto di food

miles, si presentano esplicitamente come legati ad una prossimità fisica. I food miles

corrispondono ai km percorsi dal cibo dal luogo di produzione a quello di consumo e

vengono utilizzati come un indicatore per valutare soprattutto l'impatto ambientale dei

trasporti dei prodotti alimentari38.

Le dimensioni funzionale e spaziale all'interno della filiera corta possono coincidere ma

anche divergere. Si possono avere filiere corte in senso spaziale con diversi intermediari

tra produttore e consumatore ma anche filiere corte in termini funzionali, ma lunghe in

termini spaziali. È il caso del commercio equo e solidale che accorcia la distanza tra

produttore e consumatore in termini funzionali ma che si presenta come una filiera

estesa spazialmente in grado di raggiungere distanze su scala internazionale (Dansero,

2011).

Le esperienze di filiera corta face-to-face e degli AFNs improntati su un forte spirito

comunitario come il caso più eclatante dei gruppi di acquisto solidali, all'interno dei

quali la dimensione del volontariato rappresenta l'esistenza stessa del gruppo,

nell'attivazione di reti che si sviluppano su diverse scale e che possono coinvolgere altre

esperienze di gruppi di acquisto e altri attori presenti nel territorio, concorrono alla

produzione di nuove territorialità in controtendenza rispetto a quelle dominanti. Non

bisogna però pensare ad un'antitesi tra le piccole esperienze anche informali e quelle più

strutturate che si fondono con la GDO, che spesso riescono a coniugare positivamente

competizione, innovazione e valorizzazioni territoriali. Che si tratti di piccole e

localizzate esperienze o di reti e organizzazioni formalizzate, gli AFNs possono essere

interpretati come forme di territorialità innovative, cioè come nuovi sistemi di relazioni

tra gli attori e il territorio (Dematteis, 2001).

Un altro elemento da considerare nel rapporto tra AFN e territorio è il fatto di proporre e

37Il concetto di km zero e quindi di distanza zero tra produttore e consumatore è carico di una notevole enfasi retorica. Occorre però specificare che sono rari i casi di una distanza nulla tra produttore e consumatore. L'abbattimento totale dello spazio fisico, difficilmente realizzabile nella pratica, produce una contraddizione intrinseca in tutte le pratiche che vengono etichettate sotto questa definizione.38La preferenza per i prodotti a km zero sarebbe legata a ragioni di vario tipo: economiche, legate ai minori costi di trasporto, ambientali, per un minor impatto ambientale legato ai trasporti, all'importanza per i consumatori di relazioni di fiducia come garanzia di qualità e territoriali per il sostegno alle economie locali nel complesso legame tra territorio, produzione agricola e prodotti alimentari.

33

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riproporre un diverso rapporto tra aree urbane e aree rurali. Laddove il sistema agricolo

dominante ha generato una netta separazione tra luoghi di produzione e luoghi di

consumo, gli AFNs cercano di collegare le città, consumatrici di risorse, alle campagne,

produttrici di risorse, recuperando così la loro funzione originaria di dispensa alimentare

della città. Tale recupero avviene attraverso un rapporto di interdipendenza e scambio

reciproco che, ancora una volta, si compone di più dimensioni: economiche (in termini

di risparmio per un accorciamento della filiera produttiva e di sostegno all'economia

locale), ambientali, (per le ricadute positive sull’ambiente derivanti dall'accorciamento

della filiera come la riduzione degli imballaggi e dell'impatto ambientale legato ai

trasporti), socio-culturali (per la riattivazione di un legame tra zone altrimenti prive di

contatto e la riscoperta di pratiche, di sapienza contadina, di colture e culture locali nel

rispetto della stagionalità dei prodotti).

Il particolare legame di interdipendenza tra AFNs e specifici territori, anche se, come si

è già detto più volte, ogni esperienza di AFN è da considerarsi nella sua unicità, è

definito radicamento territoriale (embeddedness). Il radicamento degli AFNs in luoghi

specifici contrasta con il modello del sistema economico dominante in cui i cibi sono

considerati privi di radici territoriali e inseriti in flussi di mercato spersonalizzanti

(Tregear, 2011). Il concetto di radicamento territoriale (altra chiave di lettura per

considerare gli AFNs) insieme a quello di ancoraggio, verrà analizzato nel prossimo

paragrafo.

2.2 AFNs TRA RADICAMENTO E ANCORAGGIO TERRITORIALE

La dicotomia embedded/disembedded (radicamento/sradicamento) si affaccia due volte

nella storia delle scienze economico-sociali del Novecento.

Una prima volta con Polanyi (1944), il quale pone enfasi sulla necessità di relazioni

sociali in tutte le transazioni economiche. Una seconda volta con Granovetter (1985).

Quest'ultimo, ricollegandosi esplicitamente a Polanyi, introduce il concetto di

radicamento nella sociologia economica. Egli focalizza l'attenzione sul ruolo che le

34

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relazioni sociali hanno nel generare la fiducia necessaria a fin che le transazioni

economiche possano aver successo, in aperta polemica con le teorie economiche

neoclassiche considerate astratte.

Recentemente, il concetto di radicamento ha ricevuto una forte attenzione da parte della

letteratura scientifica nello studio degli Alternative Food Networks. Nonostante sia stato

declinato in una moltitudine di forme ambigue e confuse; territoriale, sociale, socio-

culturale, geografica, ambientale, etc. (Buller e Morris, 2004), appare come una chiave

di lettura feconda per lo studio degli AFNs.

Goodman D., Goodman M.K. (2007) con il termine radicamento intendono una ri-

localizzazione del cibo in risposta alle forze sradicanti dei circuiti di cibo della GDO.

Rilevante è identificare i differenti gradi e dimensioni del radicamento (Campbell and

Lindberg,1991).

Seguendo Dansero, De Luca, Puttilli, (2012), sulla base delle diverse dimensioni della

territorialità, la dimensione spaziale, la dimensione delle risorse e la dimensione sociale,

di riflesso, emergono le tre dimensioni del radicamento (Fig. 2.2).

Fig. 2.2 AFNs e radicamento territoriale

Fonte: Dansero, De Luca, Puttilli, 2012.

35

Spazio fisico e funzionale

Insieme di risorse

Relazioni tra gli attori e governance

Prossimità spaziale

Specifiche risorse culturali locali

Dimensione comunitaria

Distanza incrementale

Progressiva standardizzazione delle risorse

Organizzazione della filiera in termini funzionali

Dimensioni del radicamento

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Come mostra la Fig. 2.2 ciascuna dimensione, ancora una volta, si colloca tra due

polarità all'interno delle quali diverse situazioni di radicamento possono coesistere. Le

sei polarità individuate, infatti, non devono esser viste in modo esclusivo le une rispetto

alle altre ma, al contrario, le diverse esperienze di AFNs possono posizionarsi

all'incrocio tra dimensioni anche molto diverse tra loro. La Fig. 2.3 mostra invece le

forme di radicamento territoriale.

Fig. 2.3 Forme di radicamento territoriale

Fonte: Dansero, De Luca, Puttilli, 2012.

L'asse verticale esprime le varie forme di radicamento nella dimensione sociale; l'asse

orizzontale la dimensione spaziale mentre l'asse inclinato, concepito come un asse

tridimensionale, esprime le diverse posizioni di radicamento rispetto alla dimensione

delle risorse.

Se si considera la dimensione spaziale, il parametro della prossimità e della distanza tra

gli attori che partecipano alla filiera varia sensibilmente a seconda delle varie esperienze

di AFNs. Ad esempio, possono esservi AFNs rigidamente fondate su un criterio di

prossimità spaziale tendente al Km zero, come nei casi di agricoltura urbana o peri

urbana, o realtà come quella dei Gas, dove la distanza tra produttore e consumatore

viene notevolmente accorciata, ma separata dalla presenza stessa del Gas che si pone

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Distanza incrementale

Relazioni funzionali

Specifiche risorse culturali locali

Progressiva standardizzazione

Prossimità spaziale

Relazioni di comunità

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come un intermediario. In altre esperienze invece la distanza può crescere notevolmente

e il concetto di km zero diviene un artificio retorico per esprimere quella che viene

considerata una qualità incorporata all'interno del prodotto (Ibid.). La filiera del

biologico, ad esempio, non necessariamente è corta in termini spaziali; i prodotti

biologici possono spesso rientrare all'interno della grande distribuzione, proiettandosi su

scale che si estendono a livello nazionale ed internazionale.

Anche per quanto riguarda la dimensione delle risorse territoriali, ci si può trovare di

fronte a situazioni estremamente diversificate in cui più dimensioni del radicamento si

sovrappongono. Il caso più emblematico è quello dei presidi di Slow Food; ovvero di

filiere che mostrano un forte radicamento dal punto di vista del valore di specifiche

risorse culturali locali del cibo, ma si proiettano su circuiti di vendita sempre più

delocalizzate ed esterne al territorio di produzione. Anche i mercati contadini possono

presentare sia prodotti espressione di specifiche modalità di produzione locali, sia risorse

maggiormente standardizzate in cui l'unico criterio rispettato è quello della stagionalità

dei prodotti.

Infine, la dimensione sociale del radicamento fa riferimento a forme di AFNs

caratterizzate da relazioni fortemente basate su basi comunitarie e fiduciarie e all'altro

estremo da reti maggiormente funzionali che riproducono nella forma organizzativa

quella della grande distribuzione. In una polarità si collocano sicuramente i Gas dal

momento che la rete di relazioni attivata, tra membri-consumatori e tra questi ultimi e i

produttori o altre associazioni o Gas, avviene entro un raggio corrispondente alla filiera

corta39 che privilegia relazioni dirette e fiduciarie. Nell'altra polarità invece si possono

individuare filiere organizzate su scala più ampia, che seguono una specifica

suddivisione funzionale e che coinvolgono attori specializzati in alcune tipologie di

produzione. Il caso delle catene di commercializzazione del biologico sono un esempio

di relazioni funzionali che riproducono la forma organizzativa della grande

distribuzione.

Per indicare il particolare rapporto instaurato dagli AFNs con il territorio, si possono

39Anche se, come vedremo in seguito, per l'acquisto di alcune tipologie di prodotti è necessario rivolgersi a produttori coinvolti in filiere di produzione e commercializzazione anche molto estese dal punto di vista spaziale come per i prodotti del commercio equo e solidale.

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utilizzare due metafore: ancoraggio e radicamento.

Il termine ancoraggio, nella lingua italiana, indica il “collegamento di un elemento o

struttura mobile ad un punto stabile”40. L'immagine a cui il termine richiama è quella

dell'imbarcazione, elemento mobile per antonomasia, che, gettando l'ancora, stabilisce

un collegamento con un punto preciso del fondale marino, arrestando così il proprio

moto. Nel caso del radicamento, invece, il riferimento diretto è alla botanica, cioè alle

piante che, affondando le radici nel terreno, vi si radicano in forma stabile. A differenza

delle operazioni di ancoraggio, quelle del radicamento presuppongono che si crei

un'interazione forte, uno scambio tra l'elemento preso in considerazione e il contesto,

l'ambiente circostante. Nel concetto di ancoraggio è sottinteso il riferimento al

movimento da parte dell'elemento che si ancora e alla reversibilità dell'azione, cosa che

non è invece presente nel radicamento. Una differenza sostanziale tra i due termini è

costituita dall'opposizione reversibile/irreversibile determinata soprattutto dalle sinergie

cumulative che si vengono a creare nel caso del radicamento e che invece mancano, o

non sono sufficienti, nel caso dell'ancoraggio (Bighi, Cotella, Rota, 2010).

La metafora del radicamento consente di leggere quelle esperienze di AFNs che si

fondano su un rapporto di interdipendenza assoluta e imprescindibile con il territorio.

L'alternativa al radicamento di tali AFNs è il loro sradicamento, ovvero la fine delle reti

attivate sul territorio, solitamente riferito ad un'area circoscritta e ben definita.

Un AFN radicato nel territorio è un AFN che (Dansero, De Luca, Puttilli, 2012):

– si organizza in uno spazio di prossimità sia fisico che funzionale, all'interno del

quale la distanza tra produttore e consumatore è minima e le relazioni dirette;

– trae vantaggio da risorse territoriali, sia materiali sia immateriali, specifiche

proprie del determinato contesto in cui si inserisce. Ad esempio produzioni locali

esito di particolari tipi di produzioni sedimentatesi nel corso del tempo, ma anche

l'insieme dei valori culturali associati ad un prodotto appartenente ad un

determinato luogo;

40Fonte: Dizionario Garzanti, www.garzanti.it

38

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– trae beneficio da reti di relazioni auto-organizzate, di tipo orizzontale e basate su

rapporti di fiducia e scambio reciproco che assumono la forma di comunità e di

gruppo.

La metafora dell'ancoraggio, invece, permette di leggere quegli AFNs che sono legati ad

un particolare territorio in un rapporto di interdipendenza, ma attraverso reti di relazioni

più fluide che possono cambiare con facilità nel corso del tempo. Sono AFNs ancorati

sul territorio quelli che (Ibid.):

– sono organizzati in uno spazio la cui distanza può ampliarsi notevolmente

raggiungendo scale nazionali e internazionali. Gli attori che partecipano alla

filiera sono ancorati a flussi che trascendono la dimensione locale, per

organizzarsi su scale più ampie;

– traggono vantaggio da risorse territoriali non necessariamente specifiche ma che

tendono ad a livelli di standardizzazione più elevati;

– i rapporti tra i vari attori che partecipano alla filiera sono più funzionali, regolati

da rapporti commerciali e meno caratterizzati da relazioni fiduciarie e

comunitarie.

Un AFN si radica nel territorio quando, attraverso l'interazione con gli attori presenti

localmente, si sviluppano nuove relazioni che non è possibile replicare in altri luoghi, e

che aiutano la rete a crescere, espandersi e compattarsi. In quest'ottica il radicamento fa

presa sulle risorse territoriali materiali e immateriali strategiche e strettamente necessarie

alla rete stessa. Può trattarsi sia delle risorse materiali (risorse naturali specifiche,

patrimonio costruito) e immateriali (atmosfera culturale, attitudine alla cooperazione,

virtù civiche) che hanno generato l'ancoraggio originario, per esempio il milieu locale41, 41Nella prospettiva dei sistemi locali territoriali, il milieu locale indica un determinato insieme di condizioni ambientali locali in cui è attiva una rete locale. Il milieu fa riferimento alle risorse potenziali immobili proprie di un territorio locale, cioè quell'insieme di condizioni fisiche e socio-culturali che si

39

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oppure di condizioni che si sono generate in seguito all'ancoraggio: ossia gli effetti

sinergici tra la rete attivata dallo specifico AFN con altri attori presenti sul territorio o su

scale sovra-locali.

Sia le filiere radicate, sia quelle ancorate al territorio, possono andare incontro a

fenomeni di sradicamento o di disancoraggio. Nel caso dello sradicamento, la perdita del

riferimento al territorio di origine può comportare la fine della rete in quanto la filiera

risultava estremamente ancorata ad un sistema locale di produzione e consumo. Nel caso

dell'ancoraggio invece, la riorganizzazione e l'apertura di nuove relazioni funzionali,

appare più semplice non essendo strettamente e intrinsecamente legata a caratteristiche

tipiche di un determinato territorio.

Particolarmente importante appare il ruolo delle istituzioni pubbliche che possono

contribuire a rafforzare la costruzione di tali reti di attori. L'attivazione diretta o indiretta

degli attori sociali avviene insieme, e in relazione, al territorio di riferimento. Il

radicamento territoriale della rete attivata dall'AFN, si configura come una fase del

processo di costruzione del territorio, che deriva dal confronto, anche conflittuale a

volte, tra gli attori che condividono un'identità territoriale, e le potenzialità del territorio.

Il radicamento infine si compie anche quando la società locale, attraverso l'azione

condivisa dei soggetti territoriali, riconosce nella particolare rete attivata da una

particolare filiera, una risorsa specifica del territorio e concorda con la sua

valorizzazione (Bighi, Cotella, Rota, 2010).

Nel terzo capitolo verrà presentata la realtà piemontese degli AFNs con riferimento alle

politiche istituzionali a sostegno di queste esperienze, dato che, all'interno di tale

contesto, si colloca il progetto Gac. Dal momento che una trattazione completa ed

esaustiva di tutte le esperienze presenti sul territorio è compito assi arduo, in questa sede

sono stati trattati soltanto alcuni dei casi, a mio avviso, più significativi da un punto di

vista del radicamento e dell'innovazione territoriale.

sono sedimentate in quel territorio come risultato di processi di lunga durata (Dematteis, 2001). Esse acquistano valore, se e solo se, vengono percepite, riconosciute e rappresentate dai soggetti della rete locale. Cfr Salone (2007).

40

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3. GLI AFNs IN PIEMONTE

3.1 LE ESPERIENZE IN ATTO IN PIEMONTE

Il Piemonte si è sicuramente affermato come una delle regioni italiane maggiormente

interessate dall'espansione degli AFNs e dall'esplosione di iniziative orientate ad una

valorizzazione della cultura del cibo e, del consumo critico in generale. L'immagine del

Piemonte corrisponde sempre di più a quella di una regione dalla spiccata qualità

agroalimentare, dal punto di vista della qualità delle produzioni, del loro contenuto

culturale e sociale e dal punto di vista della consapevolezza del consumatore.

Un ruolo chiave in questa direzione è stato svolto dal movimento Slow Food, nato nel

1986 a Bra, in provincia di Cuneo, ad opera di Carlo Petrini. Pensato come una risposta

al dilagare dei fast food e alla frenesia della vita moderna, Slow Food al contrario studia,

difende e divulga le tradizioni agricole ed enogastronomiche di ogni parte del mondo

impegnandosi per la difesa della biodiversità e dei diritti dei popoli alla sovranità

alimentare, battendosi contro l'omologazione dei sapori, l'agricoltura massiva e le

manipolazioni genetiche. Oggi è diventato un movimento transnazionale contando più di

100.000 iscritti, con sedi in Italia, Germania, Svizzera, Stati Uniti, Francia, Giappone,

Regno Unito, sostenitori in 130 paesi, 1500 sedi locali e una rete di 2000 comunità che

praticano una produzione di cibo sostenibile, su piccola scala e rispettosa dei territori e

delle tradizioni locali. Uno dei progetti più importanti portati avanti da Slow Food è

Terra Madre-incontro mondiale delle comunità del cibo, avviato nel 2004 con cadenza

biennale all'interno del quale contadini, pescatori e allevatori di tutto il mondo si

riuniscono a Torino per discutere di sovranità alimentare, difesa della biodiversità, diritto

ad un cibo più “sano, pulito e giusto”.

Slow Food ha coniato il termine di co-produttore42, un consumatore non più passivo ma

che si interessa a quanti producono il suo cibo, al modo in cui ha avuto luogo tale

42www.slowfood.it

41

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processo, ai problemi dei produttori. Nei casi in cui è possibile, i co-produttori

mantengono strette relazioni con i contadini, pescatori, allevatori non solo acquistando

da loro, ma anche chiedendo informazioni, accrescendo così la consapevolezza di ciò

che una alimentazione più salutare, gustosa e responsabile significa per il proprio

territorio. Quando il contatto diretto con il produttore non è possibile il co-produttore

può cercare negozianti che siano in stretta relazione con i produttori in modo tale da

conoscere la storia dei prodotti che acquistano.

Il retroterra culturale diffuso da Slow Food ha dato sicuramente un contributo notevole

alla realtà piemontese e ha favorito la nascita e la diffusione di AFNs nel territorio.

Collegato alla filosofia di Slow Food, nel 2007 a Torino è nata l'esperienza di Eataly.

Propone, in forma di supermercato con possibilità di ristorazione, il meglio delle

produzioni enogastronomiche piemontesi e nazionali, riducendo all'osso la catena

distributiva dei prodotti, e creando un rapporto di contatto diretto tra il produttore e il

distributore finale, saltando così i vari passaggi intermedi della filiera. L'obiettivo

principale di Eataly43 è quello di incrementare la percentuale di coloro che si alimentano

con consapevolezza, scegliendo prodotti di prima qualità, dedicando una particolare

attenzione alla provenienza e alla lavorazione delle materie prime anche attraverso la

didattica (corsi di cucina, degustazioni, corsi sulla corretta conservazione dei cibi). Con

cinque punti vendita in Piemonte (di cui due a Torino, uno a Pinerolo, uno ad Asti ed

uno a Monticello), l'esperienza di Eataly si è diffusa su scala nazionale, aprendo un

punto vendita a Milano, uno a Genova ed uno a Roma, e su scala internazionale in

Giappone e negli Stati Uniti.

A marzo 2009 sempre a Torino nasce Il Negozio Leggero44, un punto vendita innovativo

di prodotti alimentari e non, interamente alla “spina”, cioè venduti sfusi e al peso. Il

Negozio Leggero rappresenta un esempio di risparmio economico ed ambientale per la

sua mancata produzione di imballaggi superflui e per l'attenzione alla qualità, spaziando

dal prodotto biologico al prodotto locale. Conta sei punti vendita in Piemonte (di cui tre

a Torino, uno a Moncalieri, uno a Novara ed uno ad Asti), uno a Milano ed uno a Roma

43www.eataly.it44www.negozioleggero.it

42

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e progetti di espansione nel territorio nazionale.

A parte questi particolari casi di AFNs che assumono le vesti di un normale negozio o

supermercato e che nel tempo hanno acquisito una rilevanza nazionale, internazionale e

globale, nel caso di Slow Food, affermando sempre di più la realtà piemontese come una

regione di eccellenza dal punto di vista della qualità e della cultura del cibo e

dell'innovazione, le tre principali tipologie riconducibili agli AFNs in Piemonte sono

quelle della vendita diretta, dei farmer's market e dei Gas.

Alcune tipologie di AFNs hanno usufruito del supporto di alcune sezioni locali di

associazioni agricole nazionali (Coldiretti e CIA) che hanno promosso soprattutto

l'apertura di punti di vendita diretta in azienda. Sono state censite 884 aziende agricole

attive sul territorio piemontese e 77 cooperative che raccolgono i piccoli e medi

produttori del territorio italiano e piemontese45. Le cooperative si trovano soprattutto

nelle aree provinciali di Cuneo e di Torino, dove si occupano di supportare le aziende del

settore ortofrutticolo. Per quanto riguarda le aziende agricole si è deciso di escludere le

aziende vitivinicole, dato che presentano un quadro particolare e specifico del settore, e

di limitarsi a classificare le aziende appartenenti ai settori ortofrutticolo, cerealicolo,

lattiero-caseario e zootecnico (carne). Si è inserito anche il miele tra i prodotti

commercializzati in quanto emerge come uno dei prodotti maggiormente trattati

nell'ambito della vendita diretta. Rispetto alla qualità dei prodotti, le aziende censite si

dividono tra produttori che utilizzano tecniche biologiche certificate e aziende che

svolgono produzioni eco-compatibili: con tale terminologia si intendono quelle

produzioni che seguono criteri di sostenibilità ed eco-compatibilità, ad esempio la

rinuncia all'impiego di fitofarmaci, sebbene tali criteri non siano inquadrati in specifici

disciplinari nazionali o regionali. Sono le associazioni di categoria alle quali le aziende

fanno riferimento che si fanno garanti della garanzia di eco-compatibilità. Di qui il

problema dell'affidabilità dei dati sulle aziende che praticano agricoltura biologica

certificata e agricoltura eco-compatibile, in quanto dipendono dalle politiche condotte

dalle associazioni di categoria di cui fanno parte (Tab. 3.1, 3.2, 3.3, 3.4).

45I dati fanno riferimento alla ricerca “Green economy e territorio. Innovazioni ambientali e pratiche territoriali per un'eco-ristrutturazione della società” , Dansero E., De Luca A.,Puttilli M., 2012.

43

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Tab. 3.1: Aziende agricole in Piemonte con vendita diretta.

Totale aziende 884Ortofrutta 432Lattiero-caseario 182Zootecnico 170Cerealicolo 95Miele 145Trasformato 624Attività extra-agricole 330Certificazione biologica 114Eco-compatibile 272

Fonte: Dansero, De Luca, Puttilli, 2012

Tab. 3.2: Cooperative di agricoltori coinvolte nella vendita diretta.

Totale cooperative 77Ortofrutta 28Lattiero-caseario 27Zootecnico 24Cerealicolo 15Miele 10Trasformazione in azienda 57Certificazione biologica 12Eco-compatibile 39

Fonte: Dansero, De Luca, Puttilli, 2012

44

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Tab. 3.3: Distribuzione aziende con vendita diretta per Provincia.

Fonte: Dansero, De Luca, Puttilli, 2012

Tab. 3.4: Distribuzione cooperative per Provincia.

Fonte: Dansero, De Luca, Puttilli, 2012

45

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Dalla ricerca emerge che la provincia di Cuneo si colloca nei circuiti dei prodotti tipici

locali, caratterizzandosi per una elevata produzione frutticola, spesso anche biologico

certificata e per una produzione zootecnica di qualità. Inoltre la maggior parte dei

soggetti osservati praticano la trasformazione in azienda dei loro prodotti anche per quei

settori che non richiedono necessariamente un processo di trasformazione, come

l'ortofrutticolo. Questo rappresenta un modo per incrementare i guadagni diversificando

l'offerta produttiva. Anche le varie attività extra agricole che numerose aziende

propongono ai loro clienti, come attività di fattorie didattiche e sociali, produzione di

piante, fiori ornamentali e erbe officinali, ristorazione e agriturismo sono da leggere in

quest'ottica.

L'altra forma di AFN maggiormente diffusa in Piemonte è il farmer's market. La

classificazione dei mercati contadini attivi in Piemonte e l'individuazione delle loro

principali caratteristiche costitutive ha sfruttato il censimento effettuato da Coldiretti

all'interno del progetto “Campagna Amica”, finalizzato alla creazione di nuovi spazi di

commercializzazione per sostenere le piccole e medie aziende locali e che rappresenta il

modello organizzativo di farmer's market maggiormente diffuso nella regione. Risultano

essere censiti 126 mercati, suddivisi tra farmer's market, a cui partecipano anche

produttori non Coldiretti, e mercati di “Campagna Amica” a cui partecipano

esclusivamente le realtà coinvolte nel progetto (Tab. 3.5).

A tali mercati vanno poi aggiunti i tre “mercati della terra” promossi e sostenuti

dall'associazione Slow Food nelle città di Torino, Alba e Calamandrana.

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Tab. 3.5: Distribuzione dei mercati contadini per provincia e frequenza.

Provincia Tot. MercatiFrequenza

giornaliero settimanale bisettimanale mensile evento

Alessandria 7 0 5 0 2 0

Asti 8 0 6 1 1 0

Biella 1 0 0 0 1 0

Cuneo 46 6 10 3 0 27

Novara 4 0 0 0 4 0

Torino 57 15 20 3 6 13

Verbano-Cusio- Ossola 0 0 0 0 0 0

Vercelli 3 0 0 0 3 0

Piemonte 126 21 41 7 17 40

Fonte: rielaborazione propria da dati Coldiretti,Cia.

La tabella rileva una massiccia presenza di mercati nelle province di Torino e di Cuneo.

È necessario però specificare che nelle province di Biella e Vercelli vi è una percentuale

ridotta di aziende che aderiscono a Coldiretti, con una netta prevalenza di aziende

agricole che invece aderiscono alla CIA (Dansero, De Luca, Puttilli, 2012).

Dal punto di vista della qualità dei prodotti, tra i 126 mercati censiti solo uno risulta

essere biologico certificato e si svolge a Torino una volta alla settimana. In tutti gli altri

mercati non viene specificata la tipologia di produzione, è implicita però una forma di

controllo, dato che, per partecipare ai mercati di Campagna Amica, i produttori devono

rispettare dei requisiti verificati dall'associazione per la gestione del mercato46.

Dal punto di vista invece dei prodotti commercializzati nei mercati dei produttori della 46www.campagnamica.it

47

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regione, l'ortofrutta risulta essere presente in tutti i mercati. Dai dati emerge anche una

forte e costante presenza di prodotti lattiero-caseari, tra i quali spiccano i distributori di

latte-crudo. Si evidenzia anche la presenza di altri prodotti come piante, uova e prodotti

trasformati, in linea con le tendenze messe in evidenza dall'Osservatorio sulla Vendita

diretta in Italia, relative all'aumento della commercializzazione di piante e prodotti

trasformati (Gardini, Lazzarin, Cristofori, 2009) (Fig.3.6).

Fig 3.6: Prodotti commercializzati nei mercati contadini.

Prodotti commercializzati nei 126

mercati dei produttori della Regione

Piemonte

Mercati per tipologia di prodotto

Ortofrutta 99Latte e Formaggi 103Carne e Salumi 63

Cereali, riso, farina, pasta 51Conserve e prodotti trasformati 64

Piante e uova 90Miele 86

Fonte: rielaborazione propria da dati Coldiretti, Cia

Infine, una realtà innovativa dal punto di vista della modalità di vendita e di

commercializzazione dei prodotti e in rapida espansione, è quella dei Gruppi di Acquisto

Solidali, gruppi di persone, spesso conoscenti, che “dal basso” decidono di organizzarsi

collettivamente per affrontare un' esperienza di “spesa critica” rapportandosi

direttamente con i produttori. Il sito retegas.org ha censito 100 Gas sul territorio

Piemontese, di cui 4 agiscono in forma di reti di più Gas. La maggior parte dei gruppi,

come si evince dalla Tabella 3.7, si trova nella provincia di Torino.

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Tab. 3.7: Numero di Gas per Provincia.

Provincia GASAlessandria 6

Asti 6

Biella 1

Cuneo 7

Novara 6

Torino 65

Verbano-Cusio-Ossola 5

Vercelli 4

Tot 100Fonte: rielaborazione propria da dati retegas.

A questo numero si aggiungono poi le altre forme di gruppi di acquisto come gli 11

GAC attivati dalla Provincia di Torino, i gruppi di acquisto gestiti da cooperative sociali

il cui fine è quello di dar lavoro a soggetti svantaggiati, i GAP, gruppi di acquisto

popolari e i GAF, gruppi di acquisto familiari. Tra le cooperative che hanno lo scopo di

migliorare la qualità della vita dei propri soci, un esempio è offerto dal GAC

Arcobaleno47. L'associazione Arcobaleno che gestisce il gruppo di acquisto, nata nel

1988, è una ONLUS composta da utenti dei servizi di salute mentale, operatori,

volontari e giovani in servizio civile, la quale si propone di sostenere percorsi di

integrazione sociale e reinserimento lavorativo.

Il Gac Arcobaleno è lo strumento per cui gruppi di persone provenienti da percorsi di

disagio mentale e sofferenza psichiatrica si cimentano in una serie di attività legate al

funzionamento stesso del gruppo di acquisto. Il facilitatore è coadiuvato in tutte le

attività di raccolta degli ordini, scarico dei prodotti, suddivisione delle varie spese da

questo tipo di realtà.

La filiera corta quindi diventa uno strumento per poter permettere di avvicinare gli utenti

del Gac al disagio mentale e contribuire a ridurre la distanza del pregiudizio nei

confronti di tali persone. La scelta dei produttori si orienta verso quelli sensibili alle

47www.assarcobaleno.org

49

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tematiche sociali, poiché l'obiettivo del Gac non è il vendere ma il creare un contesto il

più possibile armonioso per far sì che sia i produttori, sia i consumatori, entrino in

contatto con la realtà di Arcobaleno. Anche per questo motivo qualche problema e

imperfezione relativa alla consegna delle spese settimanali è tollerata dagli iscritti poiché

questi ultimi sostengono in primis gli obiettivi dell'associazione.

I Gap, invece, nascono in seno al partito politico Rifondazione Comunista come risposta

alla crisi economica, per acquistare collettivamente generi alimentari di base, utilizzando

come supporto logistico le sedi del partito presenti sul territorio. In Piemonte sono attive

nella gestione degli acquisti 50 persone circa e in un anno di attività si stima un'utenza di

circa 7.000 acquirenti48. Il criterio prioritario utilizzato nella scelta del prodotto è il

prezzo. A parità di miglior prezzo vengono prese in considerazione altre caratteristiche,

in particolare la qualità e la provenienza del prodotto. I produttori sono individuati

tramite contatti personali o consigliati da altri Gap nazionali. L'unità organizzativa del

Gap è il banchetto. I banchetti presso i quali vengono distribuiti i prodotti (pane, latte,

pasta e riso), generalmente sono presenti il sabato nei mercati rionali: a Torino nei

quartieri di Mirafiori Nord, San Salvario, San Paolo, San Donato, Torino Centro, in

provincia invece a Nichelino, Trofarello, Settimo ed Ivrea e nel resto del Piemonte a

Biella. Gli altri prodotti (carne, olio...) vengono ordinati via e-mail, o per colloquio

diretto ogni 15 giorni, e vengono poi consegnati nei circoli di zona che sono muniti di

appositi frigoriferi per la carne. Il costo complessivo di distribuzione non comprende il

trasporto e le spese di gestione, che sono coperte dal partito, in modo tale da permettere

all'acquirente di pagare lo stesso prezzo che avrebbe se acquistasse direttamente dal

produttore.

Anche nei Gaf la componente del risparmio economico è prioritaria. Sono composti da

gruppi di famiglie con figli che si accordano per acquistare direttamente dai produttori

beni o generi alimentari specifici che incidono pesantemente sulla spesa mensile, in

genere pannolini e prodotti per l'infanzia. I Gaf49 si propongono inoltre di facilitare lo

scambio di informazioni di interesse per le famiglie sulla salute, nutrizione, scuola,

48Si fa riferimento allo studio “Consumo critico e politiche regionali: le esperienze di aggregazione dei consumatori in Piemonte” (IRES, 2010).49www.gaslacavagnetta.com

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tempo libero e di facilitare lo scambio di particolari beni come passeggini, vestiti e

giochi soprattutto della prima infanzia, in un'ottica di ottimizzazione del consumo e

riduzione dello spreco.

Nei prossimi paragrafi si tenterà di analizzare le politiche pubbliche a supporto degli

AFNs in Piemonte e, nello specifico, il funzionamento e le caratteristiche dei Gas. Tali

politiche non hanno portato ad un riconoscimento effettivo degli AFNs attraverso

specifiche leggi, tuttavia, l'amministrazione provinciale ha dimostrato essere un caso

virtuoso dando prova della sua sensibilità nei confronti di tale nuova realtà.

La crescita e la diffusione del fenomeno ha dato vita ad un aumento di complessità che,

spesso, ha portato i Gas della stessa provincia ad organizzarsi in forma di reti per

affrontare insieme determinati acquisti collettivi. È il caso di GAStorino, associazione di

coordinamento a cui fanno riferimento i Gas di Torino e provincia. Lo studio di tale

panorama permetterà poi di far un confronto con il mondo dei Gruppi di Acquisto

Collettivi promossi dalla Provincia di Torino attraverso un progetto calato “dall'alto”.

3.2 LE POLITICHE A SUPPORTO DEGLI AFNs IN PIEMONTE

Come si è appena visto, la realtà degli AFNs in Piemonte sta ricoprendo un ruolo sempre

meno marginale e la tendenza appare in forte crescita. A differenza di altre regioni, come

l'Umbria che ha riconosciuto attraverso specifiche leggi regionali alcune tipologie di

AFNs come ad esempio i Gas, in Piemonte ancora non è avvenuto un riconoscimento

legislativo degli AFNs come fenomeno specifico.

Tuttavia, esistono, nelle politiche locali, provinciali e regionali, progetti ed iniziative che

possono esser ricondotte alla promozione di filiere agroalimentari altre rispetto alla

51

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grande azienda produttiva inserita nei circuiti della grande distribuzione organizzata

(Tab. 3.8). Se alla scala regionale i progetti di sostegno allo sviluppo rurale appaiono

ancora come occasionali e legati ad esuberi di bilancio piuttosto che integrati in una vera

e propria politica di supporto e sostegno, alle altre scale quello degli AFNs appare come

un settore strategico anche per l'affermazione del ruolo degli enti locali nel rapporto con

il territorio. Nel caso virtuoso della Provincia di Torino, il supporto agli AFNs traspare

come uno spazio d'azione per investire autonomamente sul territorio e contribuire allo

sviluppo di progetti ed iniziative su scala locale-territoriale (Dansero, De Luca, Puttilli,

2012).

Tab. 3.8: Politiche a supporto degli AFNs in Piemonte.

Scala Progetti Descrizione

Regionale 2009: Bando per formazione di una rete di Mercati di Produttori sul modello Farmer’s market

Istituzione di un disciplinare per certificare la provenienza piemontese, la presenza esclusiva di produttori, la garanzia di stagionalità e freschezza, la tracciabilità

2009: Doppio bando per i GAS e per le Aziende agricole associate

GAS: finanziamenti volti a coprire spese di gestione, servizi informatici per la comunicazione e gestione degli ordini, attività informative e divulgative, attività di animazione e gestione, affitto locali, acquisto e/o noleggio di attrezzature per la consegna

Aziende: finanziamenti per progetti di vendita diretta di prodotti freschi e trasformati, consegne a domicilio, acquisto di macchinari, logistica.

Provinciale

Paniere Prodotti Tipici - Marchio di tipicità

- Selezionate 33 specialità alimentari della Provincia

- Verifiche per certificare la produzione artigianale

- Realizzazione e adeguamento di punti vendita

Strada Reale dei vini Torinesi - Associazione e Marchio per valorizzare i prodotti vitivinicoli locali- Promuovere l'integrazione di offerta turistica e

produzione agricola- Coinvolte 4 aree: Canavese, Collina Torinese,

Pinerolese e Val Susa

Rururbal - Progetto Interreg Med- Evento per avvicinare i Consumatori ai produttori e

creare nuove reti- Incontro tra produttori agricoli locali, gruppi

d'Acquisto e Consumatori- Attività di formazione, informazione, laboratori di

educazione alimentare..

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Gruppi d'Acquisto Collettivi - Gruppi d'Acquisto sorti in quartieri vulnerabili per permettere l'accesso ad un'alimentazione di qualità a famiglie in difficoltà economico-sociale.

- Finanziati dalla Provincia e gestiti dal Movimento dei Consumatori

- Coinvolti i produttori locali della Provincia

Fonte: Dansero, De Luca, Puttilli, 2012.

Tra le azioni promosse dalla Regione Piemonte vi sono due bandi regionali emessi nel

2009 a sostegno di Gas e farmer's market.

Nel primo bando, la Regione ha investito nella formazione di una rete di mercati di

produzione circa 1 milione e 450 mila euro finanziando tutti i progetti presentati dai

Comuni e dalle Comunità Montane, sia da un punto di vista materiale per la

realizzazione di infrastrutture, attrezzature e ristrutturazioni, sia immateriale nella

formazione degli operatori e la promozione nei confronti dei consumatori. Ad ogni

mercato era dato seguire le regole stabilite da un disciplinare che certificasse la

provenienza esclusiva dei prodotti da aziende piemontesi, la loro garanzia di freschezza

e stagionalità, una corretta informazione sull'origine dei prodotti e il diretto

coinvolgimento dei produttori.

Il secondo progetto ha previsto lo stanziamento di 450 mila euro per l'apertura di due

bandi rivolti ai Gas e alle aziende agricole associate che garantiscono forme di

abbonamento ai consumatori. Per i Gas i finanziamenti regionali erano rivolti a coprire

le spese relative alla costituzione e alla gestione dei gruppi di acquisto ad esempio

servizi informatici per la gestione degli ordini e la loro comunicazione, attività

informative e divulgative, affitto dei locali, acquisto/noleggio di attrezzature logistiche.

Il secondo bando invece era rivolto ai produttori agricoli associati (società di persone, di

cooperative, anche a scopo consortile, comprese nella categoria delle microimprese e

delle piccole imprese). Gli interventi finanziabili riguardavano progetti rivolti alla

vendita diretta dei prodotti agricoli, anche trasformati, con consegna al domicilio del

consumatore, inclusi i consumatori organizzati in gruppi di acquisto.

È la Provincia di Torino che, negli ultimi anni, ha mostrato una certa sensibilità per la

filiera corta, i rapporti diretti tra consumatore e produttore e per la promozione del

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settore agroalimentare locale. Tra le proposte elaborate rientra il progetto per la

costituzione di un marchio denominato “Paniere dei prodotti tipici”, attraverso il quale

sono stati selezionati 33 prodotti a rappresentanza delle specialità agroalimentari locali

della provincia di Torino. Il paniere accoglie prodotti del territorio provinciale che, in

base a verifiche tecnico-scientifiche sono prodotti in maniera artigianale da produttori

locali, appartengono alla tradizione storica locale, sono prodotti con materie prime locali

e costituiscono una potenzialità per lo sviluppo locale. Il progetto prevede la

valorizzazione delle produzioni agroalimentari tipiche, la valorizzazione e il

potenziamento delle strutture di turismo rurale diffuso in collegamento con l'offerta di

prodotti tipici, la promozione della filiera corta e di mercati al dettaglio, la realizzazione

e l'adeguamento di punti aziendali di vendita, l'attivazione di azioni di educazione

alimentare e il sostegno alle strutture produttive e commerciali delle aziende agricole.

Un altro marchio promosso dalla Provincia di Torino per sostenere le produzioni locali è

quello della “Strada Reale dei Vini Torinesi”, un'associazione senza fini di lucro fondata

nel 2008, cui partecipano produttori di vini, operatori turistici ed enogastronomici, enti

pubblici, consorzi, associazioni per un totale di 160 soci. Mediante la produzione e la

promozione di un'offerta turistica integrata e basata sulla qualità dei prodotti, la Strada

Reale dei Vini Torinesi si propone di valorizzare in senso turistico le produzioni agricole

e vitivinicole e le attività agroalimentari ed enogastronomiche ad esse connesse. I

territori interessati sono le aree del Canavese, della Collina Torinese, del Pinerolese e

della Val Susa, dove vengono prodotti 25 tipologie di vini DOC50.

È proprio questa integrazione tra lo sviluppo di un'agricoltura locale di qualità, l'offerta

turistica e la valorizzazione territoriale mediante progetti che promuovono il territorio,

sostengono i produttori locali e le relazioni con i ristoranti e i punti di ricettività che

sembra connotare l'indirizzo intrapreso dalla Provincia di Torino. Vengono inoltre

riconosciuti e sostenuti i prodotti a marchio DOC, DOCG51, IGP, che contribuiscono a 50La Denominazione di Origine Controllata (DOC) è un marchio di origine italiano che viene assegnato ai vini di qualità per certificare la particolare zona di origine dell'uva con cui il vino è prodotto. In particolare, contraddistingue vini le cui caratteristiche sono strettamente connesse all'ambiente naturale ed ai fattori umani e che rispettano uno specifico disciplinare di produzione approvato con decreto ministeriale.51La Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG) è il marchio assegnato ai vini di particolare pregio qualitativo che hanno ottenuto il marchio DOC da almeno 5 anni e sono venduti in

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rilanciare il territorio nei confronti dell'esterno e vengono istituiti nuovi marchi

provinciali riconosciuti per certificare la qualità, la tipicità e la provenienza dei prodotti.

Un ulteriore strumento adottato dalla Provincia di Torino al fine di stimolare le relazioni

di filiera corta e le reti attivate sul territorio, è rappresentato dalla politica degli eventi.

Ha inaugurato nel 2010 l'evento “Rururbal” che si pone l'obiettivo di avvicinare i

produttori ai Gas e di intensificare i rapporti e gli scambi in una più ampia finalità di

educazione ambientale52. Si è impegnata inoltre ad elaborare progetti-pilota per dare

visibilità ai produttori agroalimentari locali delle aree urbane periferiche allestendo spazi

fisici e promuovendo occasioni di scambio tra consumatori e produttori53.

Nel supporto ai gruppi di acquisto la Provincia di Torino, a partire dal 2007, ha mostrato

un grande attivismo e sensibilità: in collaborazione con il Movimento Consumatori ha

istituito un progetto per facilitare ed accompagnare la creazione di 11 gruppi di acquisto

sul territorio della provincia con il fine di rispondere ad un bisogno di vulnerabilità

sociale, economica e culturale. L'obiettivo del progetto è quello di permettere, anche a

chi non ne ha la possibilità economica, di accedere a prodotti biologici e di qualità dei

produttori locali e di abbattere i costi mediante il gruppo di acquisto.

Altre azioni significative interessano la scala comunale. Molti comuni del Piemonte,

ormai da qualche anno, sostengono progetti di filiera corta attraverso la promozione di

mercati di contadini e fiere enogastronomiche, spesso in collaborazione con le

organizzazioni agricole che mirano a valorizzare maggiormente le produzioni agricole

dei loro associati. Iniziative di interesse riguardano anche l'inserimento delle produzioni

locali nella ristorazione collettiva facendo arrivare i prodotti locali sulle tavole delle

mense scolastiche o dei servizi ospedalieri e assistenziali.

contenitori inferiori a 5 litri. Inoltre devono recare un contrassegno che indica lo Stato che attribuisce la garanzia dell'origine.52Http://www.rururbal.eu/torino/53Il nuovo allestimento dell'ala agricola del mercato di Porta Palazzo per offrire ai produttori uno spazio per la vendita diretta e l'informazione ai consumatori, ad esempio, è stato reso possibile grazie alle risorse messe a disposizione dall'Unione Europea a sostegno del progetto Rururbal.

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3.3 UNA RETE DI RETI: GASTORINO

Un gruppo di acquisto solidale è formato da un insieme di persone che decidono di

organizzarsi collettivamente per acquistare, direttamente dal produttore, generi

alimentari o di uso comune da redistribuire all'interno del gruppo. Il concetto di

solidarietà rappresenta la base valoriale del gruppo e si manifesta verso i produttori

locali con i quali si instaura un contatto diretto basato sulla fiducia, verso i produttori del

sud del mondo che subiscono le conseguenze inique del nostro modello di sviluppo,

tramite l'adesione ai principi del commercio equo e solidale, infine verso i consumatori

stessi che portano avanti, grazie al lavoro volontario, la vita del gruppo.

Essere un “gasista” quindi non vuol dire soltanto risparmiare attraverso gli ordini

collettivi, ma soprattutto essere un consumatore critico e chiedersi cosa c'è dietro ad un

determinato bene di consumo: se chi lo ha prodotto ha rispettato l'ambiente e il lavoro

delle persone che lo hanno trasformato, quanto del costo finale serve per pagare il lavoro

di chi lo produce e quanto invece va a coprire i costi dell'imballaggio, della pubblicità e

più in generale dell'intermediazione dovuta ad un allungamento della filiera superfluo.

La storia dei gruppi di acquisto solidali in Italia inizia nel 1994 con la nascita del primo

gruppo a Fidenza. In quel periodo si diffonde in Italia l'operazione Bilanci di Giustizia54,

che chiede alle famiglie aderenti di monitorare e modificare secondo giustizia la

struttura dei propri consumi a partire dal carrello del supermercato. Spesso sono proprio

i gruppi dei bilanci di giustizia che praticano gli acquisti collettivi tra le loro attività.

Nel 1996 viene pubblicata dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo la “Guida al

Consumo Critico”, che contribuisce ad accelerare il disagio verso il sistema economico e

spinge verso la ricerca di alternative. Tale guida ha lo scopo di orientare la scelta del

consumatore fornendo informazioni sul comportamento delle imprese relative alla

sicurezza e diritti dei lavoratori, impatto ambientale, sperimentazioni sugli animali,

legalità.

Nel 1997 nasce la rete dei gruppi di acquisto solidale (www.retegas.org), con l'intento di

collegare tra loro i diversi gruppi, contribuire alla diffusione dei Gas e scambiare 54www.bilancidigiustizia.it

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informazioni su prodotti e produttori. Da allora il fenomeno si è diffuso a macchia d'olio

su scala nazionale, sia dal punto di vista della creazione di nuovi gruppi, sia dal punto di

vista della visibilità, caratterizzandosi per un estremo dinamismo e facilità con cui nuovi

gruppi e sensibilità nascono e muoiono anche in tempi molto ridotti.

I gruppi di acquisto solidali esistenti possono strutturarsi in una triplice modalità (IRES,

2010). Una prima tipologia di organizzazione è quella informale, caratterizzata

dall'assenza di una vera e propria struttura, adattandosi generalmente a quei gruppi di

dimensione ridotta, nati talvolta per sfuggire alle logiche della classificazione e

dell'inquadramento normativo. Le spese di gestione dell'attività vengono ripartite tra i

soci senza aggiungere ricarichi sui prezzi dei prodotti.

Una seconda tipologia prevede l'appoggio ad un'associazione o a cooperative esistenti.

Per realizzare ciò, occorre che i membri diventino soci dell'associazione e che gli

acquisti collettivi rientrino tra le finalità dell'associazione. Il vantaggio di questa

tipologia è la possibilità di avvalersi delle strutture logistiche dell'associazione,

praticamente inesistenti nei casi dei gruppi informali.

Una terza tipologia è quella di formalizzare il gruppo costituendosi in associazione.

Questa esigenza generalmente sorge quando il gruppo aumenta in termini di dimensione

e preferisce diventare un soggetto giuridico per ottenere anche agevolazioni, come

l'utilizzo di strutture e locali comunali o per ottenere fondi destinati alle associazioni.

Per quanto invece riguarda la comunicazione all'interno del gruppo, questa avviene quasi

esclusivamente via e-mail. In questo modo vengono eseguiti gli ordini, inviate le

comunicazioni e fissati gli incontri. Gli ordini si basano su una lista di prodotti decisa

dal gruppo per gli acquisti collettivi, vengono quindi raccolti e sommati per definire un

ordine di gruppo che viene trasmesso al produttore. In genere viene individuato uno o

due referenti per ogni prodotto acquistato. Questa persona, spesso rappresentata da colui

che propone il prodotto, ha l'incarico della gestione completa dell'acquisto che consiste

nelle attività di: informare il Gas circa le modalità di acquisto, raccogliere gli ordini e

inoltrare l'ordine complessivo al produttore, organizzare il metodo di trasporto, eseguire

il pagamento, depositare il prodotto nella propria abitazione o nelle strutture a

disposizione del Gas e infine distribuire il prodotto tra i membri.

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Il trasporto dei prodotti, nella maggior parte dei casi, può avvenire mediante corriere per

quel che riguarda i prodotti non reperibili sul mercato locale, che si prestano alla

spedizione poiché non deperibili, o mediante consegna a domicilio da parte del

produttore, soprattutto per quanto riguarda i prodotti freschi. Per la distribuzione, nel

caso in cui i prodotti vengono depositati in un'abitazione privata, i membri del gruppo

cercano di ritirare il prodotto il giorno stesso, soprattutto se fresco. Nel caso invece dei

gruppi che hanno a disposizione delle strutture su cui appoggiarsi, vengono fissati dei

momenti precisi di distribuzione pagando generalmente al momento del ritiro.

Il paniere dei prodotti acquistabili varia da gruppo a gruppo, a seconda del livello di

organizzazione e del numero di membri. Dato che sono basati sul principio della

responsabilità e del volontariato, a Gas piccoli con strutture organizzative informali sono

associati panieri di prodotti limitati. I Gas più grandi, i quali possono appoggiarsi ad

organizzazioni già esistenti come associazioni, parrocchie, circoli, riescono invece ad

offrire ai propri membri una selezione di prodotti più ampia. É evidente come

l'appoggiarsi a terzi, o costituirsi come associazione, permette ai Gas di usufruire di

servizi quali magazzini, e sedi per il deposito e la distribuzione dei prodotti, e la

possibilità di avere più soggetti volontari referenti di compiti specifici, come la gestione

amministrativa e soprattutto la ricerca e la cura di rapporti con più produttori,

permettendo dunque l'ampliamento del paniere dei prodotti.

Tra i prodotti acquistabili si spazia dai prodotti alimentari freschi o a lunga

conservazione, prodotti per l'igiene della casa e per la cura del corpo. Sul fronte della

scelta dei produttori, in genere, i Gas si orientano su produttori “piccoli, locali e solidali”

(Saroldi, 2008) conosciuti direttamente o consigliati da altri Gas. I membri, infatti,

danno molta importanza alla fiducia come elemento indispensabile che indirizza le scelte

e come garanzia di qualità, che permette anche di indirizzarsi verso produttori biologici

che non hanno forme di certificazione istituzionalizzate. Di pari passo va la dimensione

locale del prodotto motivata dalla necessità di sostenere i piccoli produttori e le

economie locali e dalla convinzione che la filiera corta produca un minor impatto

ambientale. Il prezzo, invece, non rappresenta un criterio discriminante nella scelta dei

prodotti, che sembra esser subordinata a criteri qualitativi e non meramente economici, a

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differenza invece dei Gap dove il prezzo rappresenta un elemento rilevante nella scelta

dei produttori. Laddove non è possibile acquistare prodotti locali oppure non esista un

reale sostituto presente sul mercato nazionale, la “solidarietà” del gruppo si orienta verso

altri circuiti come quelli del commercio equo e solidale.

Il rapporto di fiducia tra consumatore e produttore, e, di conseguenza, il rapporto diretto

che si viene a creare con quest’ultimo, al fine di conoscere il più possibile i metodi di

produzione, sono elementi chiave nelle dinamiche dei gruppi di acquisto. Questa fiducia

cresce ancor di più quando è il consumatore a partecipare attivamente all’organizzazione

della fornitura, come nel caso dei Gas. L’interfacciarsi con continuità con la propria

clientela può permettere d'altra parte al produttore locale una migliore conoscenza dei

gusti e delle preferenze dei propri clienti, per mezzo di un continuo scambio di

informazioni. Grazie a ciò egli può dedicarsi con maggiore cura alla qualità dei propri

prodotti, permettendosi così di vendere a prezzi leggermente più elevati.

I gruppi di acquisto cercano, ove possibile, di visitare personalmente i produttori

organizzando delle gite con degustazione. L’atto d’acquisto non consiste più in un gesto

automatico ma diventa il risultato di un’esperienza diversa, cui si attribuisce

consapevolmente significato. I rapporti di prossimità tra consumatori e produttori

generano un legame relazionale ed identitario capace di rendere i singoli gruppi

d'acquisto stabili nel tempo. E' proprio il valore aggiunto innescato da tale legame

identitario che riesce ad attivare un rapporto di fidelizzazione tra consumatore e

produttore che ha modo di crescere esponenzialmente al diminuire della distanza tra i

due soggetti55.

Tra gli elementi di forza dei gruppi, oltre al già citato rapporto di fidelizzazione con i

produttori, un elemento molto positivo è il rapporto di amicizia e di conoscenza

preesistente e in molti casi alla base della formazione del Gas. Questo legame favorisce

la collaborazione, l’aiuto reciproco e lo scambio di idee circa la possibilità di introdurre

nuovi produttori o pratiche di consumo critico.

L’aumento delle dimensioni del gruppo, invece, può avere un duplice effetto. L’aumento

55Non sono rari i casi di gruppi di acquisto che hanno deciso di supportare economicamente attraverso prestiti piccole aziende alle quali era stato negato l'accesso al credito dalle banche.

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del numero dei membri può esser una buona opportunità sia dal punto di vista

organizzativo, che dei risvolti culturali. Più persone infatti significa possibilità di

differenziare maggiormente i prodotti acquistati per via dell’aumento dei responsabili di

prodotto e una maggiore diffusione delle pratiche di consumo critico nella società. Al

contrario un aumento del numero dei membri può non coincidere con una

redistribuzione delle responsabilità all’interno del gruppo, provocando quindi un

aumento di impegno da parte dei referenti di prodotto. Un aumento del numero dei

membri può anche portare alla possibilità di una gemmazione del gruppo, quindi ad una

divisione volta a creare altri Gas.

I punti di debolezza di un Gas sono legati sicuramente a questioni pratiche. Una sede per

il gruppo, che non tutti hanno, è fondamentale per lo svolgersi di riunioni e per lo

stoccaggio del materiale. Un altro elemento di criticità è il fattore tempo. Occorre infatti

una maggiore disponibilità di tempo, di impegno e di lavoro volontario da dedicare per

contribuire alla vita di un Gas.

Negli ultimi anni è emersa chiaramente la crescita del numero di gruppi, per cui i Gas si

sono interrogati su come questa crescita potesse essere indirizzata ed utilizzata per

consentire di ottenere prodotti e servizi secondo lo stile dei Gas ma che da un singolo

gruppo non possono essere gestiti in modo autonomo a causa della complessità della

filiera. Uno strumento in mano ai Gas per ampliare le loro possibilità di acquisto è

costituito dai coordinamenti locali, anche detti retine o intergas (Saroldi, 2008). Le

retine sono un coordinamento tra i Gas di una stessa zona che si mettono insieme per

svolgere azioni di promozione e per coordinare acquisti. Un esempio tipico è quello

delle arance, in cui l'acquisto in comune tra più Gas consente di ridurre le spese di

spedizione. A Torino il coordinamento tra Gas ha dato vita a GASTORINO, un'

associazione ed una mailing list a cui sono iscritti i Gas di città e dintorni. “Le Galline

Felici” si occupa di gestire un ordine collettivo per i Gas della zona, inviando un

messaggio sulla mailing list con le indicazioni per eseguire l'ordine56. In questo modo

vengono raccolte le richieste di tutti i Gas per formare un ordine complessivo verso il

produttore; nel giorno della consegna ogni Gas andrà poi a ritirare le sue cassette. Dal

56www.legallinefelici.it

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momento che i volumi di acquisti sono molto elevati, l'azienda del produttore siciliano

da sola non è più sufficiente a soddisfare le richieste; per questo motivo gli agricoltori

vicini sono stati coinvolti nel progetto ed hanno costituito un consorzio per rispondere

alle richieste dei Gas, diversificando l'offerta dei prodotti e per risolvere i problemi

logistici legati al trasporto. Gli agrumi vengono pagati loro un prezzo che può essere

anche cinque volte superiore a quello a cui sarebbero costretti a vendere nei canali della

distribuzione tradizionale, mentre ai componenti del Gas le arance biologiche vengono a

costare meno che al supermercato.

La rete dei Gas ha una struttura estremamente orizzontale in cui i singoli gruppi sono

l'elemento attivo; questo consente l'integrazione e il sostegno reciproco tra gruppi anche

molto diversi tra di loro. In questo modo, i Gas promuovono la ricerca di soluzioni

collaborative a tutti i livelli: all'interno del gruppo, con i produttori e verso gli altri

gruppi (Ibid.).

L'associazione GAStorino57 nasce nel 2001 e raggruppa associazioni e Gas del territorio

della provincia di Torino, assumendo un ruolo di coordinamento e razionalizzazione58.

Si occupa di sostegno ai gruppi di acquisto organizzando acquisti collettivi tra gli

aderenti all'associazione, promozione e sostegno ai Gas e più in generale alle pratiche di

consumo critico e di economia solidale attraverso lo scambio di informazioni, mediante

il sistema di mailing list, e attività culturali. Gli acquisti collettivi sono motivati dalla

necessità di sviluppare accordi più stabili e duraturi con i produttori, soprattutto se

localizzati fuori regione, ottenendo così un vantaggio reciproco sia per il produttore sia

per il consumatore. Il produttore si trova ad avere un solo interlocutore che raccoglie gli

ordini complessivi degli aderenti, i Gas invece hanno la possibilità di gestire in maniera

più efficiente gli ordini. Attualmente fanno parte di GAStorino una settantina di gruppi

circa e reti attive in città e provincia. La rete dei produttori attivata è invece

caratterizzata da 18 realtà, 8 delle quali localizzate in Piemonte ( Tab. 3.9 ).

57www.gastorino.org58Il referente di GAStorino è Andrea Saroldi diventato nel tempo un leader nelle tematiche dei gruppi di acquisto e delle economie solidali. È curatore dei siti retegas.org e retecosol.org. Cfr: Saroldi A., Costruire economie solidali, EMI, 2003 oppure Saroldi A., Gruppi di acquisto solidali. Guida al consumo locale, EMI, 2001.

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Tab. 3.9: Produttori prodotti e localizzazione degli ordini complessivi di GAStorino.

Produttori e relativa localizzazione ProdottiAmaltea (Cuneo) Patate, formaggi di capra

Azienda Agricola Bargiolina (Torino) Mele

Azienda Agricola Vittipaldi (Cosenza) Clementine

Becotton (Biella) Capi per intimo e esterno

Bioworld (Brescia) Scarpe

Calzaturificio Astorflex (Mantova) Scarpe

Cartiera Verde Romanello (Udine) Carta per stampanti, fotocopiatrici

Cascina Canta (Novara) Riso

Cascina Gaia (Torino) Yogurt

Cooperativa del Golfo (Siracusa) Pesce e trasformati

Cooperativa sociale Arcolaio (Siracusa) Pasta di mandorle, latte di mandorle

Dolci Aveja (Aquila) Dolci

Ekru (Milano) Abbigliamento

Gilac – Microbirrificio ( Torino) Birra

Iris cooperativa agricola (Cremona) Pasta, farine

Made in no (Novara) Intimo, pigiami, abiti

Le galline felici (Siracusa) Agrumi

Valli Unite Soc.Coop.Agricola (Alessandria) VinoFonte: rielaborazione propria da dati gastorino.org

Dall'analisi dei prodotti delle aziende ordinabili tramite GAStorino emergono prodotti

altamente specifici che danno la possibilità di orientarsi ad un consumo critico che

riguarda non solo la scelta dell'alimentazione ma anche dell'abbigliamento e delle

calzature ampliando così l'offerta del paniere dei Gas.

La presenza di un coordinamento dei Gas torinesi ha consentito nel tempo di sviluppare

alcune iniziative e progetti che altrimenti, a livello di ogni singolo gruppo, non sarebbe

stato possibile promuovere, consentendo così una crescita della rete. Nel 2003

GAStorino ha promosso e realizzato “Fa' la cosa giusta!”, una guida pratica al consumo

critico e agli stili di vita sostenibili in Piemonte e Valle d'Aosta, realizzando un primo

censimento delle realtà di economia solidale del territorio. Nel 2005 invece ha

organizzato la “Festa dei Gas” con la partecipazione dei gruppi di acquisto, produttori,

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associazioni e altre realtà dell'economia solidale e nel 2007 ha partecipato

all'organizzazione della fiera dell'economia solidale “Fa' la cosa giusta!”. Tra i progetti

attivati dalla rete figura anche un finanziamento regionale, ottenuto nel corso del 2011

attraverso la risposta ad un bando promosso dalla Regione Piemonte al fine di

supportare i Gas presenti sul territorio, utilizzato per stabilire e rafforzare alcuni accordi

di fornitura diretta con alcuni produttori locali e il miglioramento della logistica degli

ordini collettivi e, alcuni progetti con altri enti locali come la Provincia di Torino.

Tra le prospettive evolutive della rete di GAStorino, per aumentare l'efficacia nella

trasformazione dell'economia e allo stesso tempo allargare il paniere dei prodotti e dei

servizi, vi è l'idea del DES (Distretto di Economia Solidale), esperienza avviata a Torino

con il nome di DESTO nel 2009, ovvero una rete costituita dagli attori dell'economia

solidale presenti sul territorio, all'interno della quale circolano non solo informazioni e

pratiche comuni, ma in modo distintivo anche prodotti e servizi. I benefici di questo

modo di operare stanno nella creazione di una Piccola Distribuzione Organizzata, la

ricerca di un sistema alternativo rispetto al modello della grande distribuzione. Si tratta

di un circuito di scambio tra consumatori critici e realtà produttive di beni e servizi

attente all'ambiente, alle condizioni di lavoro, alla socialità e alle forme di autogestione

che consentono di sostenere cicli di produzione, distribuzione e consumo all'interno del

distretto (Saroldi, 2008).

Il caso dei Gas mostra quanto la capacità di collocarsi a scale differenti sia strategica. I

gruppi d'acquisto infatti non devono esser visti come realtà chiuse all'interno dei loro

sistemi di relazioni e dei rapporti privilegiati che riescono ad instaurare con i produttori.

La rete attivata dai Gas può arrivare a comprendere produttori, altri Gas e associazioni

del territorio nel quale si inserisce, ma anche altri soggetti presenti sul territorio

nazionale così come con quei produttori che riforniscono prodotti non reperibili sul

territorio locale. Ciò permette alle reti di economia solidale di attraversare i territori

anche in relazione a più scale e di mettersi in contatto con territori e contesti differenti

da quello di partenza. Nel caso di GAStorino è proprio un salto di scala, cioè il

passaggio da una dimensione pulviscolare di tanti gruppi più o meno autonomi, ad una

rete soggetta ad un coordinamento d'insieme, a consentire ai Gas un mutamento

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qualitativo dato dalla possibilità di aumentare il paniere dei prodotti acquistabili, di

favorire gli scambi e il flusso di informazioni e di risolvere i problemi legati alla

logistica (Dansero, De Luca, Puttilli, 2012).

Un ulteriore elemento di riflessione è dato, a mio avviso, dal ragionare su quanto il

mutamento qualitativo dovuto alla partecipazione del Gas ad un coordinamento

d'insieme sia positivo. Un Gas, aderendo ad una qualsiasi rete, in questo caso a

GAStorino, che si pone come un intermediario allungando così la filiera, perde quel

valore aggiunto della sua esperienza, ovvero il contatto diretto con il produttore in grado

di creare quei legami identitari e fiduciari che nel lungo periodo contribuiscono a

garantire la stabilità dei gruppi e il loro radicamento nel territorio insieme all'aspetto

comunitario che i piccoli numeri rendono possibile. Il rapporto diretto con il produttore

da parte del Gas si perde ma, l'elemento di guadagno risulta essere la maggior offerta di

prodotti acquistabili. È proprio questo il dibattito generato intorno alla creazione di

distretti di economie solidali (Saroldi, 2008). Determinati prodotti che possono circolare

in un distretto, rischiano di perdere il loro significato se “sradicati” dal circuito di

relazioni che li hanno generati. Per questo motivo, si sta cercando di definire dei modelli

di distribuzione che possano aumentare la diffusione dei prodotti e dei servizi

mantenendo e valorizzando però le loro caratteristiche relazionali e comunitarie.

Nonostante le difficoltà, lo strumento del distretto può rappresentare una potenzialità

enorme per orientare la forza di trasformazione che sprigiona dalle “energie da

contraddizione”, ovvero quelle esperienze di economia solidale orientate alla

costruzione di un'economia a misura d'uomo.

La seconda parte della ricerca è interamente dedicata al caso studio: il progetto Gac.

Dopo una iniziale contestualizzazione del progetto e un chiarimento sull'obiettivo della

ricerca e le metodologie utilizzate nelle varie fasi, si analizzerà la genesi del progetto dal

2007 ad oggi, il funzionamento dei Gac e la scelta dei produttori focalizzando

l'attenzione anche sulla loro relativa localizzazione. Segue un'analisi degli undici gruppi

di acquisto attivati sul territorio, nelle loro specificità e peculiarità, e delle criticità

emerse attraverso una lettura trasversale nel corso degli anni dovute soprattutto al taglio

dei finanziamenti da parte della provincia.

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SECONDA PARTE: LA RICERCA SUL CAMPO

4. IL CASO STUDIO: IL PROGETTO GAC

4.1 IL DISEGNO DELLA RICERCA, OBIETTIVO GENERALE E LE SUE FASI

Da anni ormai, si stanno diffondendo pratiche sociali variegate che vengono raccolte

intorno alla scelta dell'acquisto critico e solidale. Gruppi di cittadini che con le loro

famiglie decidono di costituire “reti sociali” leggere per acquistare collettivamente

prodotti biologici e non, direttamente dal piccolo produttore locale, abbattendo così quei

passaggi intermedi inutili che tendono ad allungare la filiera che dal produttore giunge

fino al consumatore.

In quanto reti, l'attenzione non è mai legata solo all'acquisto e al consumo di prodotti,

ma anche in modo significativo a uno scambio tra gli attori che partecipano alla rete alla

ricerca di nuove forme di incontro e di dialogo, di riconoscimento, mutuo-aiuto e di

partecipazione sociale, in nome anche di un posizionamento critico all'interno della

società. I Gruppi di Acquisto Solidali sono un movimento variegato di gruppi e di reti

dalla cui esperienza il Progetto Gac si è fortemente ispirato, ma ha anche cercato di

andare oltre, per riunire il maggior numero di famiglie con una modalità di spesa

innovativa: un acquisto diretto presso il produttore, con attenzione assoluta alla qualità e

abbattimento dei costi di distribuzione, trasporto, imballaggio e marketing, un paniere

estremamente ampio e variegato, un servizio sempre più efficiente, il tutto organizzato e

gestito da un soggetto strutturato.

Il Movimento Consumatori Torino59, nell’ambito del Programma triennale di contrasto

alla vulnerabilità sociale della Provincia di Torino “Fragili Orizzonti”, sperimenta dal

59È un'associazione autonoma ed indipendente, senza fine di lucro, che opera con l'obiettivo di tutelare i diritti dei consumatori, di influenzare ed interagire con le istituzioni, di controllare e reprimere i comportamenti scorretti delle imprese, di stimolare i mass media ad un'informazione corretta e critica e di stimolare i consumatori verso scelte di consumo critico e consapevole.Cfr: www.movimentoconsumatori.to.it

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2007 la costituzione di Gruppi di acquisto in regime di filiera corta come misura di

sostegno al reddito e alle pari opportunità. Si è riusciti ad organizzare una rete ampia e

strutturata di Gac, grazie al progetto “Collettivo è Meglio”, che funziona con la

supervisione e la capacità organizzativa del Movimento Consumatori, ma nasce dalla

consolidata partnership con l’Assessorato alle Politiche Attive di Cittadinanza, Diritti

Sociali e Parità della Provincia di Torino.

La vulnerabilità sociale, condizione distinta dalla povertà, si determina quando ad una

preesistente situazione di fragilità si associano emergenze o eventi imprevedibili che

destabilizzano il corso della vita e rischiano di portare l’individuo e la famiglia

all’impoverimento: dall’espulsione dal mercato del lavoro a quello della casa, dalla

condizione di salute alla fragilità familiare. La vulnerabilità è solitamente una risultante

tra la situazione economico-finanziaria e la fragilizzazione delle reti sociali intorno alle

famiglie. È all'interno di questa pubblica preoccupazione per il diffondersi della

vulnerabilità socioeconomica che, alla luce dell'esperienza maturata negli anni nei

diversi territori dai Gas, la Provincia decide di sperimentare la creazione di Gruppi di

Acquisto Collettivi potenziando e dando forza così alle reti sociali già esistenti intorno ai

cittadini. L’attuale crisi economico-finanziaria porta ad un aumento generalizzato dei

prezzi, incertezza del lavoro, ridimensionamento della spesa sociale e riduzione

progressiva del potere d’acquisto dei cittadini. Questi fattori hanno esteso anche al

cosiddetto ceto medio l’area della difficoltà e del disagio economico, accentuando per

ciascuno il grado di vulnerabilità sociale. Potenziare i Gac mira ad offrire la possibilità,

non solo a chi se lo può permettere, di alimentarsi in modo sano, con cibi biologici, di

stagione e provenienti dal proprio territorio, ad un costo molto contenuto. Si tratta di una

politica lungimirante e sensibile, pensata per evitare che le famiglie risparmino

indirizzando i propri consumi solo su prodotti a basso costo e di bassa qualità.

Obiettivo della ricerca è quello di indagare dall'interno il progetto dei Gac attraverso

interviste semi-strutturate con testimoni privilegiati come il Presidente del Movimento

Consumatori e i coordinatori degli 11 gruppi di acquisto attivati dal progetto60. La

60I referenti della Provincia per il progetto Gac, in particolare l'assessore Maria Giuseppina Puglisi, non sono stati intervistati di persona ma in modo indiretto in un incontro tenuto il 1 Febbraio presso la Piattaforma Gac di via Goito nel quale si presentavano le novità dei Gac del 2013 e si teneva un resoconto

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ricerca è stata svolta nei mesi a cavallo tra il 2012 e il 2013. Ciò ha comportato una serie

di difficoltà dal momento che i giri dei Gac (ovvero i giorni della consegna della spesa

settimanale) terminano ogni anno a dicembre per poi riprendere dopo una pausa di tre

settimane circa ad anno nuovo. Con il nuovo anno si azzerano le iscrizioni e si riparte

con i nuovi tesseramenti e le novità che il nuovo anno porta con sé. Ho cercato quindi,

attraverso le interviste, di indagare gli 11 Gac attivati fino a dicembre 2012 (Tab. 4.1) e,

data la fase di transizione in cui mi sono ritrovata, di raccogliere le criticità emerse fino a

quel momento e le prospettive future di sviluppo dei Gac, date le numerose e

significative novità introdotte nel 2013.

Tab. 4.1: Gli 11 Gac indagati

GAC INDAGATI CONTATTI GIRO DEL GACGac Ghedini (Via Gallina angolo via Sempione) Torino

[email protected]

Mercoledì h 16-20

Gac Corsaro (via Pallavicino, 35) Torino

[email protected]

Giovedì h 14-21

Gac San Giovanni Battista (via San Massimo, 24) Torino

[email protected]

Giovedì h 11.30-16

Gac San Salvario (via San Goito,17) Torino

[email protected]

Mercoledì h 17-19.30

Gac Piossasco (via Volvera, 32) Piossasco

[email protected]

Mercoledì h 14-20

Gac Pinerolo (via Ettore Bignone,40) Pinerolo

[email protected]

Mercoledì h 14-20

Gac Grugliasco (via Stefano Scoffone, 11) Grugliasco

[email protected]

Mercoledì h 18-20

Gac Nichelino (via San Francesco D'Assisi, 56)

[email protected]

Giovedì h 16-20

dei primi 5 anni di sperimentazione del progetto.

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Nichelino Gac San Luigi (Azienda ospedaliero universitaria San Luigi Gonzaga di Orbassano) Orbassano

[email protected]

Mercoledì 15-17

Gac San Giovanni (piazza Boves) Ivrea

[email protected]

Martedì h 16-19

Gac Venaria ( via Buozzi, 4 Altessano) Venaria

[email protected]

Martedì h 17-19.30

Fonte: rielaborazione propria dati www.movimentoconsumatori.to.it

L'idea di fondo che ha mosso la ricerca è stata il capire tra gli 11 gruppi attivati dal

progetto, quelli che si sono maggiormente radicati nel territorio e per i quali si può

parlare di una storia di successo.

Il radicamento territoriale nella letteratura scientifica, di cui si è parlato ampiamente nel

secondo capitolo, è studiato in relazione a tre dimensioni: dimensione spaziale,

dimensione delle risorse e dimensione sociale ed organizzativa.

La dimensione spaziale fa riferimento alla distanza tra i vari attori che partecipano ad

una determinata filiera, in particolare tra produttore e consumatore.

Nel caso dei Gac il rapporto tra i due attori non è diretto poiché tra i due si colloca un

intermediario rappresentato dal Movimento Consumatori che sceglie i produttori, inoltra

gli ordini e intrattiene quindi i rapporti. Il rappresentante del MC per ogni gruppo di

acquisto è il facilitatore locale. Tale figura assume un ruolo chiave in un progetto

culturale di spesa collettiva come quello proposto dai Gac. Dal momento che non si

tratta di un supermercato e che di fatto si acquistano prodotti sulla carta senza poterli

vedere (così è stato fino al 2012 con la compilazione di un semplice foglio excel), la

figura del coordinatore deve suscitare fiducia da parte degli iscritti facendosi portavoce

della garanzia della qualità dei prodotti, fornendo informazioni relative ai produttori e

prodotti selezionati e fungendo quindi da collante tra gli associati, il MC e i produttori.

La dimensione delle risorse fa riferimento alle tipologie di risorse territoriali che

rientrano a far parte della filiera. Nel progetto Gac, ad un livello generale, la scelta dei

produttori, che diventa linea di azione a partire dal progetto “MIO BIO”, è ricaduta

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sempre su piccoli produttori locali del territorio piemontese. Solo nei casi in cui non si

riescono a reperire prodotti del territorio ci si rivolge a produttori nazionali o del circuito

del commercio equo e solidale. Tale scelta diventa un valore aggiunto del progetto con le

ricadute positive che comporta: valore culturale dovuto alla conoscenza delle molteplici

varietà di produzioni locali, diminuzione dell'impatto ambientale del trasporto degli

alimenti e per l'assenza degli imballaggi sui prodotti freschi, difesa delle piccole realtà

produttive del territorio e dell'economia locale nel suo insieme.

Ad un livello particolare, nei gruppi di acquisto la dimensione delle risorse può far

anche riferimento alle strutture logistiche che sostengono la vita del Gac: quanto i locali

a disposizione sono idonei per le attività del Gac, quanto la struttura sia visibile,

accogliente e stabile nel tempo. La struttura logistica non può prescindere dal contesto e

dal quartiere in cui sorge il Gac. I Gac della provincia sorgono in piena campagna, quelli

della città in pieno tessuto urbano con tutte le conseguenze che ne derivano. Quanto il

Gac è facilmente raggiungibile, quanto è ostile o pronto a recepire le innovazioni e le

sperimentazioni sono tutti fattori che contribuiscono e influiscono al radicamento delle

varie esperienze.

Infine, la dimensione sociale ed organizzativa del radicamento fa riferimento alle diverse

forme organizzative che assume il gruppo di acquisto e alle tipologie di relazioni tra gli

attori coinvolti nella filiera. L'organizzazione e il funzionamento dei gruppi di acquisto è

più o meno uguale in tutti i Gac. Le sinergie attivate dai Gac con altri attori presenti nel

territorio possono contribuire a dare ulteriore valore aggiunto alle singole esperienze

come nel caso dei Social-Gac nei quali il facilitatore è coadiuvato da persone provenienti

da percorsi di disagio mentale e sofferenza psichica differenti, o nelle collaborazioni con

altri Gas del posto. Inoltre essendo il Gac un’associazione, le relazioni umane tra gli

associati e tra questi e il facilitatore fanno la differenza. Dove vi è un facilitatore che ha

saputo cogliere gli elementi di potenzialità e il senso profondo del progetto e tali

elementi rispecchiano le sue capacità e le sue doti personali, il Gac registra ottimi

risultati.

Il lato umano e la preparazione del facilitatore nel far da collante e intermediario tra il

MC, i produttori e gli associati, l'ambiente piacevole ed accogliente quando un iscritto si

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presenta al Gac dovuto alle strutture logistiche che lo sostengono unite al contesto dove

sorge e si inserisce il Gac e le sinergie che riesce ad attivare nel corso del tempo con altri

attori del territorio, sono tutti fattori che si mescolano e si miscelano tra di loro, dando

anche dei risultati inaspettati, e che contribuiscono a far sì che per il Gac in questione si

possa parlare di una storia di radicamento e di successo. Le interviste ai soggetti

privilegiati hanno tentato di far emergere tali elementi. In una prima fase della ricerca,

questo primo livello di analisi permette quindi di individuare il Gac o i Gac

maggiormente significativi per i quali si può parlare di una storia di successo/insuccesso.

In quest'ottica il radicamento fa presa sulle risorse territoriali materiali e immateriali

strategiche e strettamente necessarie alla rete stessa. Può trattarsi delle risorse materiali

(risorse naturali specifiche del territorio piemontese, varietà delle produzioni alimentari)

e immateriali (atmosfera culturale, sensibilità delle istituzioni, inclinazione alla

sperimentazione) che hanno generato l'ancoraggio originario, ma anche di condizioni

che si sono generate in seguito all'ancoraggio: ossia gli effetti sinergici tra la rete attivata

dallo specifico gruppo con altri attori presenti sul territorio uniti al riconoscimento del

valore della rete da parte degli attori che vi partecipano.

Un secondo livello di approfondimento e di analisi, relativo alla seconda fase della

ricerca, svolto a febbraio 2013, si sposta dai facilitatori agli associati. Consiste nel

somministrare un questionario ai membri dei Gac di maggior successo, precedentemente

selezionati, per capire, attraverso 24 domande, ancor più dall'interno il profilo degli

associati attraverso quesiti che tentano di far emergere la situazione familiare, l'attuale

occupazione, il livello di studi conseguito, le motivazioni che hanno spinto ad aderire al

Gac, la percezione del servizio in termini di organizzazione, qualità e di costo dei

prodotti, la fidelizzazione al servizio, la percezione del grado di interazione tra i membri

e con i produttori.

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4.2 UNA GENESI DEL PROGETTO

4.2.1 “COLLETTIVO E' MEGLIO!”, “COLLETTIVO E' MEGLIO 2”

Il progetto che ha portato alla creazione dei GAC (Gruppi di Acquisto Collettivo) nasce

nel 2007 dal progetto “Collettivo è Meglio!” parte integrante del programma Fragili

Orizzonti promosso dalla Provincia di Torino e gestito interamente dal Movimento

Consumatori attraverso risorse economiche messe a disposizione dalla Provincia di

Torino.

“Collettivo e' Meglio!” è parte del “Programma di Politiche Pubbliche di Contrasto alla

Vulnerabilità Sociale e alla Povertà61” della Provincia di Torino e in particolare di

quella linea di azione che riguarda il “Sostegno al consumo responsabile”62. Si tratta di

un progetto che favorisce gli strati sociali cosiddetti “vulnerabili” ovvero coloro che, per

condizioni oggettive legate ad aspetti quale salute e lavoro, rischiano un significativo

impoverimento delle loro condizioni materiali. La vulnerabilità sociale, condizione

distinta dalla povertà, si determina, quindi, quando ad una preesistente situazione di

fragilità si associano emergenze o eventi imprevedibili che destabilizzano il corso della

vita e rischiano di portare l’individuo e la famiglia all’impoverimento: dall’espulsione

dal mercato del lavoro a quello della casa, dalla condizione di salute alla fragilità

familiare, dall’insufficienza del reddito all’intermittenza del lavoro, dal ridursi delle reti

di protezione all’impoverimento delle proprie reti sociali; innumerevoli sono gli aspetti

che la caratterizzano, ognuno con proprie specificità.

“Collettivo è Meglio” nasce da un contratto tra Provincia e Movimento Consumatori63

dove il progetto è interamente finanziato dalla Provincia. Ciò significa che il contratto è

61Il programma è attualmente in capo all'assessore Maria Giuseppina Puglisi; la proposta iniziale si deve all'allora assessore Eleonora Artesio, successivamente sostituita dall'assessore Salvatore Rao.62Il piano triennale di contrasto alla vulnerabilità sociale ha affiancato alla linea di azione del sostegno al risparmio e al credito (asset building e microcredito) una seconda linea relativa al sostegno al consumo responsabile. La misura si articola in cinque differenti sperimentazioni: Carte amiche, Carrello delle opportunità, Collettivo è Meglio, Rete alimentare sociale e Last minute market. Cfr: www.provincia.torino.gov.it63Dal momento che il MC aveva raggiunto già una certa visibilità nel corso del 2004 attraverso la creazione di gruppi di acquisto sul latte in polvere, la Provincia decide di sceglierlo come suo partner.

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estremamente preciso e il potere decisionale del partner limitato, poiché nel contratto

sono già elencate tutte le prestazioni a cui si obbliga quest'ultimo64. Compito del

Movimento Consumatori è selezionare i fornitori dei gruppi d’acquisto e contrattare i

prezzi dei prodotti a listino, garantire la qualità di prodotti con ulteriori analisi di

laboratorio, gestire i gruppi attraverso i facilitatori, organizzare eventi collaterali,

produrre, in collaborazione con la Provincia, il materiale pubblicitario.

La Provincia, tramite l’Assessorato alla Solidarietà Sociale, ha come referenti sul

territorio i consorzi socio-assistenziali, i quali individuano e segnalano le aree in cui

sarebbe opportuno intraprendere questo progetto di sostegno al consumo. Le zone scelte

sono prevalentemente quartieri disagiati, spesso costituiti da case di edilizia popolare65.

L'obiettivo del progetto è quello di facilitare l'attivazione di Gruppi di Acquisto

Collettivo66 nei vari territori e dare la possibilità alle fasce vulnerabili di accedere a cibi

e prodotti di qualità, dal momento che i consumi alimentari sono uno dei pochi consumi

comprimibili, con il fine di tutelarne la salute. Il progetto permette quindi di acquistare

prodotti biologici e, mediante il gruppo di acquisto, di abbattere i costi, ottenendo un

risparmio evidente in termini sia economici, per il consumatore, sia ambientali per il suo

ridotto impatto in termini di inquinamento, imballaggio, trasporto. Il principio ispiratore

di questo progetto, essenzialmente culturale, è che a tutti deve essere dato di poter

accedere ai prodotti alimentari di più alta qualità e non solo alle persone che si possono

permettere di fare la spesa nei negozi specializzati o presso il coltivatore diretto

biologico che fa strapagare il suo prodotto. Con “Collettivo è Meglio!” si è deciso di

dare a ciascuna persona, al di là della propria capacità di reddito, la possibilità di

consumare prodotti di qualità, in particolare prodotti biologici certificati. Per questo, fin

64Negli ultimi due anni la provincia non è più titolare del progetto bensì ha assunto un ruolo di accompagnamento. Il MC è diventato il titolare del progetto a partire da Mio Bio, finanziato dalla Regione Piemonte, destinato a sviluppare i legami e gli scambi tra i partecipanti ai gruppi e i produttori agricoli al fine di promuovere la pratica dell'acquisto in gruppo.65I consorzi socio-assistenziali raggiunti dalle azioni del programma Fragili Orizzonti sono: InReTe di Ivrea, CISAP di Collegno-Grugliasco, CISA di Rivoli, CISSA di Pianezza, CSSAC di Chieri, CIDIS di Orbassano, CISS 38 di Cuorgnè, CISS di Pinerolo, CISSA di Moncalieri.66La Provincia decide di chiamarli Gac per distinguerli dai Gas. Utilizza uno schema preesistente, quello dei Gas, e introduce degli elementi di novità ovvero i finanziamenti e un soggetto strutturato e organizzato per la gestione quale è il Movimento Consumatori, cercando di sperimentare e verificare la concreta fattibilità di forme di commercio alternative a quelle tradizionali.

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dal 2007, si è cercato di impostare il progetto in un’ottica pro-concorrenziale. In tal

modo, il listino è migliorato dal punto di vista dei prezzi man mano che i volumi ordinati

aumentavano (e il Movimento consumatori aveva la possibilità di ricontrattare i prezzi) e

tutte le volte in cui, a parità di prodotto, si riuscivano a individuare aziende che

percepissero le specificità della sperimentazione e fossero disponibili a pattuire in

maniera trasparente i prezzi applicabili ad una filiera corta in cui il prezzo del prodotto

corrisponde perfettamente a quanto percepisce il produttore.

Ulteriori obiettivi di "Collettivo e' Meglio!"67 sono:

-la realizzazione di un patto tra i consumatori e i produttori coinvolti nelle

sperimentazioni. Un patto che porti alla creazione di economie che abbiano per

protagonisti le persone e non il mercato;

-la valorizzazione dei produttori e dei prodotti locali;

-un rapporto diretto tra produttore e consumatore per garantire il risparmio e il controllo

sulla qualità dei prodotti;

-contribuire a creare e diffondere sul territorio della Provincia di Torino nuovi gruppi di

acquisto e creare le condizioni affinché questi riescano a camminare con le proprie

gambe una volta terminati i finanziamenti.

Nascono così i primi 4 Gac: il Gac Ghedini, il Gan Banfo68, il Gac Pinerolo e il Gac

Piossasco.

“Collettivo è Meglio 2” rappresenta l'evoluzione e la continuazione temporale (nel

2009/10) di “Collettivo è Meglio”. Con “Collettivo è Meglio 2” si ha il passaggio da 4 a

12 Gac sempre con l'obiettivo di favorire, attraverso l'aggregazione di individui, la

67www.movimentoconsumatori.to.it68Viene chiuso a fine 2008. Sorge in un palazzo abitato prevalentemente da anziani. Questi ultimi, si è potuto constatare, non sono la tipologia ideale di utenti dei gruppi di acquisto poiché hanno tanto tempo libero per andar a far la spesa che per loro rappresenta uno dei pochi momenti di socializzazione a disposizione.

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condivisione di percorsi di consapevolezza e responsabilizzazione verso stili di consumo

più sobri, più salubri e meno esposti alle turbolenze di mercato.

I 12 Gac sono così distribuiti: quattro a Torino in Via Ghedini, in Via Anglesio, in via

Giachino, in C.so Belgio, uno a Pinerolo, due a Piossasco, uno a Ivrea, uno a Rivarolo,

uno a Venaria, uno a Rivoli e uno a Grugliasco.

Sono nati alcuni Gac tematici, per esempio il Gac Diana, rivolto prevalentemente alle

donne che partecipano al progetto Diana 5 (progetto che si sposta in seguito presso il

Gac San Giovanni Battista) in cura per un tumore al seno e che seguono, sotto controllo

medico, una dieta speciale, per cui l'offerta è integrata con alcuni prodotti macrobiotici.

In alcuni gruppi si creano delle sinergie con delle realtà territoriali. È il caso di quattro

Gac, denominati Social-Gac: Gac Ivrea, Gac Pinerolo, Gac Piossasco e Gac Ghedini. In

questi gruppi, nell'attività di suddivisione delle spese dall'ordine collettivo il facilitatore

è coadiuvato da altre associazioni che impiegano persone svantaggiate o provenienti da

percorsi di disagio mentale differenti. Ciò ha effetti e ricadute estremamente positive su

queste persone, in genere accompagnate da un educatore, poiché, finito il lavoro di

scarico delle merci, pesatura e suddivisione dei prodotti nelle varie spese individuali,

hanno anche modo di curare l'aspetto della socializzazione al momento dell'arrivo delle

famiglie alla consegna delle varie spese, permettendo dall'altro lato, di avvicinare le

persone alla realtà del disagio mentale. Il gruppo d'acquisto diventa così un'officina del

sociale costruttrice di reti, un luogo di inclusione sociale per chi vi collabora e per chi vi

partecipa, con effetti benefici in entrambi i lati.

4.2.2 “MIO BIO”

Nel 2009 ci si accorge che avere prodotti biologici del territorio piemontese è un valore

aggiunto al progetto. È il consumatore stesso che inizia a chiedere sempre di più i

prodotti del territorio. Di qui il passaggio a “MIO BIO”. Dal 2010 il progetto “MIO

BIO” permetterà un salto di qualità sulle forniture locali ortofrutticole, unendo alla

filiera corta il chilometro zero. Fino a quel momento infatti, i prodotti arrivavano anche

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da piattaforme nazionali, ma il MC rispettava il contratto della Provincia perché

acquistava direttamente dal produttore in regime di filiera corta.

"MIO BIO" e' il progetto del Movimento Consumatori Piemonte, risultato vincitore del

bando della Regione Piemonte, Direzione Commercio, Settore Tutela dei Consumatori,

sulla "Filiera corta e promozione di un più diretto rapporto tra produttori e consumatori

in materia di produzioni agricole" e finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico.

L'obiettivo primario del progetto "MIO BIO" è di costruire una rete di piccoli e medi

agricoltori piemontesi biologici sufficientemente numerosa da garantire forniture locali

(a Km 0) biologiche in regime di filiera corta alle circa 600 famiglie iscritte ai Gac creati

nell'ambito dei progetti "Collettivo e' Meglio!" 1 e 269. Con MIO BIO gli agricoltori

vengono sgravati dal rischio dell'invenduto, i consumatori, invece, possono contare sulla

trasparenza totale nella formazione del prezzo e nella tracciabilità dei prodotti,

sensibilizzandosi così alla conoscenza e alla valorizzazione dei prodotti del territorio.

L’obiettivo di MIO BIO è stato quello di contribuire a creare i presupposti affinché

l’offerta di prodotti ortofrutticoli biologici piemontesi crescesse in maniera armonica ed

equa: armonica, in quanto frutto di una progettazione strategica, condivisa e partecipata,

in cui l’analisi dei bisogni porta al perseguimento dei principi di trasparenza, del rispetto

dell’ambiente e della salute dei consumatori, con il bisogno di chi produce di trarre un

giusto guadagno dal proprio lavoro e di diminuire i rischi aziendali; equa, perché frutto

di una pattuizione vantaggiosa per entrambi i “contraenti”.

I vantaggi per gli agricoltori si possono riassumere nei punti seguenti:

-sgravio dal rischio dell’invenduto (almeno per la parte delle loro produzioni che

vengono inserire in MIO BIO), attraverso un’accorta programmazione partecipata delle

semine e la promessa del loro acquisto successivo;

-prezzo di acquisto equo, frutto di una vera contrattazione e non dettato unilateralmente

dalle politiche commerciali della grande distribuzione organizzata o dagli interessi di

qualche grossista.

I consumatori ne traggono convenienza in quanto:

- viene garantita la trasparenza totale, sia nella formazione del prezzo sia nella

69www.movimentoconsumatori.to.it

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tracciabilità dei prodotti (che si traduce anche nella possibilità di conoscere chi produce

e in che modo ciò che arriva sulla propria tavola);

- vi è un effettivo risparmio economico rispetto a prodotti equivalenti o ai prodotti di

marca;

- viene garantita la salubrità del prodotto, l’affidabilità dei produttori e il legame con il

territorio agricolo.

MIO BIO propone un modello di filiera corta in cui le relazioni di consumo sono palesi

e trasparenti perché fondate sulla partecipazione, sul rispetto e sulla conoscenza

reciproca. Un modello in cui il prezzo è equo, tracciabile e monitorabile.

Obiettivi così ambiziosi sono stati conseguiti, in assenza di consistenti disponibilità

economiche, solo tramite il coinvolgimento dei soggetti che stavano già lavorando sul

terreno della ricostruzione dei rapporti economici di filiera. Di qui la decisione di creare

una partnership che ha visto coinvolti:

– la Provincia di Torino, Assessorato alle politiche attive di cittadinanza, che ha

messo a disposizione del progetto MIO BIO il lavoro e l’esperienza di personale

qualificato in tema di agricoltura biologica e progetti di filiera corta;

– Il C.R.A.B. (Centro Riferimento Agricoltura Biologica) che ha portato in MIO

BIO, oltre alla propria esperienza e professionalità l’esperienza maturata con

«ADOTTA IL BIO», progetto premiato a «CAMPUS 2009 - Salone della nuova

agricoltura», come vincitore del concorso «Fiori di Campus» per l’innovazione

nel settore della promozione e della commercializzazione delle produzioni

agricole;

– la Coldiretti Torino, associazione dei coltivatori della Provincia di Torino, che ha

portato in MIO BIO, oltre alla profonda conoscenza del territorio, l’esperienza e

la rappresentatività di un’associazione da anni impegnata nel tentativo di

controbilanciare gli effetti più dannosi del commercio “globalizzato” di massa,

con progetti e iniziative che riportano l’attenzione sui consumi locali e stagionali.

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Tramite bando con il progetto “MIO BIO” sono stati selezionati 23 nuovi fornitori dei

Gac, agricoltori biologici della Provincia di Torino, con i quali si è proceduto a stipulare

un’apposita convenzione e a pattuire i prezzi, i quantitativi e le modalità operative

comuni a tutti i fornitori. 18 di queste 23 aziende, riforniscono abitualmente i Gac.

4.2.3 “INSIEME CON RESPONSABILITA'”

Il progetto “INSIEME CON RESPONSABILITA'” del Movimento Consumatori

Piemonte è risultato vincitore del bando della Regione Piemonte, Settore Tutela dei

Consumatori, sulla “Responsabilità sociale d’impresa e promozione del consumo

prioritariamente orientato al rispetto dei valori ambientali ed etici”70.

Attuato nel 2009, il progetto ha l’obiettivo di impostare in Piemonte tre modelli

sperimentali di relazioni economiche tra produttori e consumatori improntati al rispetto

di canoni etici e sociali, dei valori della tutela ambientale, dell’innalzamento della salute

dei cittadini e del sostegno al reddito dei cittadini:

I° Percorso. Gruppo di Acquisto “Ospedale Maggiore di Chieri”: salute e consumo,

l’Ospedale come modello di consumo.

Questo primo percorso si traduce nell’apertura di un esteso Gruppo di Acquisto (gli

aderenti potenziali sono circa 600), in regime di filiera corta, in un’azienda pubblica,

l’Ospedale Maggiore di Chieri, rivolto in prima battuta ai dipendenti e potenzialmente in

una seconda fase alla cittadinanza di Chieri.

II° Percorso. La responsabilità sociale di impresa nella ristorazione in Piemonte.

Attraverso la collaborazione di alcuni ristoratori piemontesi con il Movimento

Consumatori e i suoi partner, il percorso consiste nell’attivazione di un processo di

riduzione degli sprechi, dei rifiuti e dell’uso intelligente delle risorse, sviluppando anche

tecnologie che accrescono l’efficienza energetica.

70www.movimentoconsumatori.to.it

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I Ristoratori aderenti al progetto hanno intrapreso il percorso di certificazione biologica

per la somministrazione di alimenti biologici, prestando particolare attenzione alla

trasparenza nei confronti del consumatore.

III° Percorso. Una filiera responsabile del pane in Piemonte.

Con questo terzo percorso si è voluto fornire pane fresco, prodotto secondo i criteri

dell’agricoltura biologica e con un sistema di filiera corta, ai fruitori dei 12 GAC di

“Collettivo è Meglio” e del nuovo Gruppo di Acquisto dell’Ospedale Maggiore di

Chieri, infatti si ritiene simbolicamente pregnante, provare a “reimpostare” un’intera

filiera specifica come quella del pane e cercare di orientarla verso il rispetto di valori

ambientali e etici.

In particolare l’organizzazione della filiera dovrà prevedere:

-la produzione di cereali biologici idonei alla panificazione in alcune aziende agricole

collocate nelle province di Torino e Cuneo;

-la macina dei chicchi presso mulini situati nelle province di coltivazione;

-la panificazione del prodotto finito presso forni e panifici autorizzati alla trasformazione

biologica.

I partner del progetto “Insieme con Responsabilità” sono:

-Provincia di Torino:

-Assessorato Agricoltura, Montagna, Tutela Fauna e Flora, Parchi e Aree Protette-

Servizio Agricoltura.

-Assessorato Politiche Attive di Cittadinanza, Diritti Sociali e Parità – Servizio

Solidarietà Sociale

-C.R.A.B. S.c.r.l. (Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica)

-Coldiretti Torino

-Associazione Consumatori Piemonte

-ASL 5

-Città di Chieri (TO)

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Nel 2010 i Gac attivi risultano essere 11 e sono così distribuiti: tre a Torino (Gac

Ghedini, Gac Diana, Gac Tesso), uno a Piossasco, uno a Pinerolo, uno a Grugliasco, uno

a Nichelino, uno a Rivoli, uno ad Ivrea, uno a Venaria ed uno a Piscina.

4.2.4 “MIO BIO LOGISTIC”, ACTT PROGETTO ALCOTRA

Nel 2011 rimangono irrisolte alcune problematiche soprattutto di natura logistica

riguardanti sia le attività di trasporto71, sia quelle relative alla conservazione e

stoccaggio dei prodotti72. Con l’ideazione e la realizzazione di “MIO BIO LOGISTIC

“si intende ovviare a questi problemi almeno sul territorio campione della provincia di

Torino e puntare nel corso del 2011 a creare i presupposti affinché nel 2012 questa filiera

sia autonoma e autosufficiente senza snaturare le sue caratteristiche fondamentali.

Obiettivi di “MIO BIO LOGISTIC73”sono:

• contribuire ad aumentare ancora considerevolmente il mercato di riferimento

della filiera corta locale sia nei confronti di ulteriori consumatori, sia

coinvolgendo altri attori allargando il raggio d'azione anche ai pubblici esercizi

come bar, pub e ristoranti cercando così di indirizzare le loro forniture su questa

tipologia di prodotti.

• studiare ed individuare nello specifico le soluzioni logistiche migliori perché

rimanga una filiera leggera e sostenibile, razionalizzando le operazioni di

distribuzione.

71Con il progetto MIO BIOLOGISTIC il MC riesce a comprare un furgone per il trasporto dei prodotti.72Fino al 2011 il MC può contare su due magazzini estremamente piccoli di cui uno per il fresco e uno per il secco. Nel 2012 riesce ad affittare la nuova sede per il magazzino in Via Goito, dove nasce il nuovo Gac San Salvario.73www.movimentoconsumatori.to.it

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Nel 2012, grazie ad un progetto europeo74, ACTT Alimentazione Consumatori Territori

Transfrontalieri Progetto Alcotra n. 121, il Movimento Consumatori ha ottenuto un

cofinanziamento per sperimentare l’organizzazione a Torino di una Piattaforma logistica

per i Gruppi di Acquisto. Tale piattaforma/magazzino (situato in via Goito 17/b nel

quartiere San Salvario) oltre a permettere una più efficiente e “professionale” gestione

dei Gac ha come scopo di sviluppare sinergie e servizi per agevolare anche l’ordinaria

attività dei Gas (ad es. stoccaggio merci, conservazione merci in cella frigo, possibilità

di riunioni in loco o di utilizzo della piattaforma per la suddivisione degli ordini

collettivi tra i partecipanti ai singoli gas). L’obiettivo generale è la crescita degli acquisti

collettivi in regime di filiera corta di prodotti a “Km 0” e lo scambio di buone pratiche e

saperi. Tra fine giugno e inizio luglio già alcuni Gas del quartiere San Salvario hanno

iniziato a titolo sperimentale ad utilizzare lo spazio di via Goito per le proprie consegne

e per il ritiro dei prodotti.

Nel 2012 i Gac attivi coordinati dal Movimento Consumatori sono 11:

• Gac Ghedini,TORINO

• Gac Corsaro,TORINO

• Gac San Giovanni Battista, TORINO

• Gac Grugliasco, GRUGLIASCO

• Gac San Giovanni, IVREA

• Gac Piossasco, PIOSSASCO

• Gac Pinerolo, PINEROLO

• Gac Nichelino, NICHELINO

• Gac Venaria, VENARIA

• Gac San luigi, ORBASSANO

• Gac San Salvario, TORINO

74Il programma di cooperazione transfrontaliera tra Italia e Francia persegue l'obiettivo generale di migliorare la qualità della vita delle popolazioni e lo sviluppo sostenibile dei sistemi economici e territoriali transfrontalieri attraverso la cooperazione in ambito sociale, economico, ambientale e culturale. Cfr: http://www.interreg-alcotra.org/2007-2013/?pg=

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4.3 IL FUNZIONAMENTO DEI GAC

Nel descrivere il funzionamento e l'organizzazione dei Gac è opportuno sottolineare

sinteticamente le differenze che lo distinguono dai Gruppi d'Acquisto Solidale (Gas).

Fig.4.1: Dinamiche organizzative Gac/Gas.

Fonte: rielaborazione propria.

81

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Come riassunto dalla figura 4.1, i Gas solitamente rispondono ad una dinamica

organizzativa autogestita a bassa intensità logistica, ogni componente assorbe in modo

volontario il costo di distribuzione degli acquisti. La loro struttura è caratterizzata da un

numero di consumatori relativamente piccolo, la cui crescita è auto-limitata: superata

una certa soglia i Gas manifestano sovente fenomeni di gemmazione. Nel progetto

“Collettivo è Meglio” invece, il coordinamento di ogni gruppo è di fatto delegato al

Movimento dei Consumatori e ad un rappresentante per ogni Gac (detto facilitatore

locale). Il Gac diventa un servizio che il MC, braccio operativo della Provincia, fornisce

agli associati. I Gac funzionano con ritmo settimanale a giorno fisso (martedì, mercoledì

e giovedì). Ogni lunedì sera gli iscritti ricevono tramite newsletter il listino aggiornato

con i prodotti che verranno consegnati la settimana successiva. Gli aderenti al Gac

possono scegliere e compilare l'ordine tra i prodotti presenti nel paniere. La loro

richiesta può essere presentata sia al loro Gac d'appartenenza durante i giorni e negli

orari di apertura oppure tramite internet.

Tutti gli ordini pervenuti nei singoli Gac vengono sommati in un unico ordine di gruppo

dal facilitatore che invia il proprio ordine di gruppo al Movimento Consumatori il quale

scorpora e inoltra le varie quantità dei prodotti ai rispettivi produttori.

Una volta arrivata nel magazzino centrale dei Gac, in via Goito, la merce viene divisa in

base agli ordini aggregati di ogni singolo Gac. Il trasportatore così, ritira la merce

portandola nelle varie sedi dei gruppi. Qui ogni facilitatore compone gli ordini

individuali riunendo all'interno di cassette i prodotti richiesti da ogni singolo associato.

Per quanto riguarda i prodotti secchi invece, l'operazione di suddivisione nelle varie

spese individuali di ogni associato, per tutti i Gac, viene effettuata direttamente nel

magazzino centrale.

Ogni sede del Gac (normalmente messa a disposizione a titolo gratuito dai Comuni

ospitanti o dalle associazioni) è aperta tre/quattro ore (normalmente dalle 16 alle 20) a

giorno fisso (martedì, mercoledì o giovedì) in cui gli iscritti possono passare a ritirare la

propria spesa ordinata la settimana precedente, pagare alla consegna e contestualmente

fare l’ordine per la settimana successiva (in alternativa tale ordine può essere inoltrato

con mail al coordinatore del Gac).

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La partecipazione ad un Gac, diventando un servizio che il MC offre agli associati, ha un

costo. Nei primi anni in realtà, la tessera associativa era di 2€ permettendo così di

iscriversi ad un costo nullo. Con il tempo il MC, per motivi di cui si tratterà ampiamente

nei prossimi paragrafi, decide di introdurre una quota associativa annuale pari a 30€ per

i Social-Gac e 50€ per tutti gli altri Gac e la possibilità di provare il servizio attraverso

una tessera di “Benvenuto al Gac” che con 10€ da' la possibilità di accedere a tre ordini

e volendo di continuare ad accedere al servizio con l'iscrizione.

Oltre al funzionamento logistico, una delle attività più impegnative nel momento di

attivare un progetto di gruppo d' acquisto, è la selezione della lista di produttori da cui

rifornirsi.

Mentre nei Gas tale scelta viene presa in modo orizzontale e partecipato tra tutti gli

iscritti, nel progetto “Collettivo è Meglio” l'attore principale nella selezione dei

produttori è il Movimento Consumatori. Tale aspetto porta ad allontanare i singoli

consumatori dai produttori, riducendo talvolta significativamente quel valore aggiunto

dato dalla relazione tra consumatore e produttore capace di generare rapporti di

fidelizzazione e quindi di continuità nel mantenimento del Gruppo d'Acquisto. Inoltre,

tale aspetto relazionale, è tanto più incisivo quanto più i due attori riescono a trovare dei

momenti e dei luoghi di scambio.

4.4 LA SCELTA DEI PRODUTTORI

Come già detto, alla base delle scelte dei prodotti selezionati dal Movimento

Consumatori vi è la ricerca di attivare una filiera corta funzionale, questo significa

acquistare direttamente dai produttori così da poter abbattere i passaggi intermedi della

filiera tradizionale e diminuire considerevolmente il prezzo del prodotto al consumatore.

Quando possibile, il Movimento Consumatori e i Gac cercano anche di favorire

l'attivazione di una filiera corta spaziale/territoriale scegliendo di acquistare da

produttori locali. Questa scelta è particolarmente virtuosa se si considerano i molteplici

83

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vantaggi per i consumatori e le ricadute sul territorio, prima fra tutte la diminuzione

dell'impatto ambientale del trasporto degli alimenti. A differenza dalla grande

distribuzione, spinta ad acquistare da produttori anche molto distanti, localizzati dove il

costo della manodopera e delle materie prime è più basso, i Gac cercano con l'acquisto

di prodotti locali di minimizzare le esternalità negative prodotte dal trasporto delle merci

(inquinamento atmosferico, congestione stradale, uso di combustibili fossili). La scelta

di produttori locali assicura inoltre che i cibi vengano prodotti e distribuiti nel giro di

poco tempo e nel raggio di pochi chilometri consegnando al consumatore un prodotto

fresco che conserva intatte gran parte delle sue proprietà organolettiche.

Rivolgersi a produttori locali significa anche poter con loro stabilire un contatto diretto,

conoscere con facilità le tecniche di produzione e la qualità del prodotto che si sta

acquistando ed eventualmente influenzare le sue modalità di produzione. Diversi

produttori dei Gac hanno avviato riconversioni delle loro colture riorganizzandosi in

funzione dei rapporti con i gruppi di acquisto. Quando vi è la richiesta di un prodotto

che manca nel listino, il MC si muove per sensibilizzare le aziende ad avviare nuove

produzioni. Un esempio è stato il caso del pane biologico; non esistevano abbastanza

forni attrezzati, così il MC ha cercato aziende disposte a modificare la produzione a

fronte di una certa garanzia di ordini. Lo stesso è accaduto con altri prodotti, per

esempio la maggior parte della frutta e della verdura biologica.

Uno degli aspetti capaci di attivare delle significative ricadute positive sul territorio è la

capacità dei Gruppi d'acquisto di consentire la difesa delle piccole realtà produttive, le

quali difficilmente riuscirebbero ad accedere al mercato della grande distribuzione. Si

tende a scegliere piccoli produttori locali nella misura in cui riescono a rifornire gli

iscritti ai Gac. Sostenere tali realtà permette di creare occupazione nel territorio; le

piccole e medie imprese infatti sono solitamente caratterizzate da un'elevata intensità di

manodopera, a differenza delle grandi aziende caratterizzare invece da un'elevata

intensità di capitale. In secondo luogo spesso acquistare dai produttori locali significa

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tutelare e valorizzare prodotti e tecniche produttive che altrimenti andrebbero perse.

Infine sostenere le piccole aziende è, per i consumatori, un modo indiretto per presidiare

il territorio e quindi contrastare il consumo del suolo, ovvero quel processo irreversibile

che porta alla progressiva trasformazione delle superfici naturali o agricole attraverso la

realizzazione di costruzioni ed infrastrutture.

Le caratteristiche dei prodotti del paniere dei Gac sono completamente altre rispetto a

quelle dei prodotti che affollano gli iper/supermercati nei quali le grandi marche si

contendono le posizioni sugli scaffali a colpi di campagne pubblicitarie milionarie. Al

contrario, nessuno dei prodotti del paniere Gac viene pubblicizzato attraverso i media.

Nell'analisi del paniere dei prodotti scelti dai Gruppi d'acquisto si possono spesso

rintracciare delle costanti tra la tipologia dei prodotti e la distanza tra produttori e città

d'appartenenza dei Gruppi di Acquisto. Nella tabella 4.2 viene riportato il paniere dei

prodotti offerto dai Gac. Come è possibile notare le aziende piemontesi riforniscono

gran parte dei prodotti dei Gac. Tali aziende producono soprattutto prodotti non lavorati

o ad alta deteriorabilità. La localizzazione di tali aziende è concentrata nella provincia di

Torino e Cuneo entro un raggio di circa 50 chilometri da Torino. La distribuzione dei

restanti produttori coinvolge invece l'intera penisola e la loro offerta è principalmente

caratterizzata da prodotti lavorati. L'80% dei prodotti del listino è caratterizzato da

prodotti biologici ad un prezzo che risulta essere il 50% inferiore a quello di prodotti

equivalenti che si possono trovare nelle botteghe specializzate o nei supermercati. Il

paniere non contiene inoltre nessun prodotto di quarta gamma ovvero quei prodotti

ortofrutticoli pronti per il consumo, frutta e verdura fresca, lavata, asciugata e tagliata,

confezionata in sacchetti o contenitori di plastica.

Importante sottolineare anche la sensibilità nella scelta di aziende che praticano

agricoltura sociale come nel caso di Cavoli Nostri75, cooperativa sociale agricola nata

nel 2011 per dare opportunità di lavoro a persone svantaggiate e Il Ramo76, società 75www.cavolinostri.it76www.ilramo.it

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cooperativa sociale ONLUS nata nel 1993 con l'obiettivo di favorire la socializzazione

delle persone con disabilità e favorire l'approccio con il mondo del lavoro. La scelta di

queste aziende contribuisce a far sì che i ricavati di vendita possano contribuire alla

sostenibilità economica di queste realtà e può configurarsi come un tassello importante

del percorso riabilitativo e/o di inserimento sociale di persone svantaggiate.

L'unico fornitore-grossista del paniere, che ha suscitato alcune critiche da parte

dell'occhio attento di qualche associato o di qualche gasista più radicale ed

“integralista”, è La Finestra sul Cielo che rifornisce i Gac principalmente di prodotti

macrobiotici (salsa di soia, miso di riso, acidulato di riso, gomasio). Questo è il costo da

pagare di un paniere così ampio ed articolato: la necessità di rivolgersi ad alcuni grandi

produttori i cui prodotti non sono locali. La scelta dell'azienda è però ricaduta su

Finestra sul Cielo perché la sede e il magazzino sono situati in Piemonte a Villareggia.

I prodotti ortofrutticoli del paniere sono stagionali, cioè venduti nei periodi dell'anno in

cui avviene la maturazione di quelle colture, e alcuni produttori si alternano di

conseguenza nel corso delle stagioni a seconda dei prodotti offerti e nel rifornimento di

Gac diversi (in altre parole vi sono più produttori di ortofrutta che riforniscono solo

determinati gruppi dato che ogni azienda non può garantire da sola la fornitura, ad

esempio di insalata, a tutti gli associati degli 11 Gac). Il paniere risulta essere

estremamente articolato e nel corso del tempo si è ampliato sempre di più. Contiene

quasi 300 prodotti che variano dall'ortofrutta, ai prodotti secchi come pasta, riso, cereali,

pane, prodotti da forno, snack dolci e salati, alle bevande alcoliche ed analcoliche, ai

condimenti, alla carne (che viene fatta girare una volta ogni tre settimane in ogni Gac) e

i salumi, fino a comprendere prodotti per l'igiene della casa e della persona. L'ampia

scelta di prodotti, riforniti da quasi 50 produttori, permette quindi di comporre in

maniera completa la spesa settimanale. Il paniere di Gennaio contiene sette varietà di

mele diverse del territorio piemontese (Dalinette, Fuji, Golden, Granny Smith, Red

Delicious, Creemson, Grigia di Torriana), sicuramente un numero esagerato ma segnale

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dell'importanza e del valore culturale del progetto nel riscoprire l'estrema varietà e le

ricchezze del proprio territorio. Il progetto permette inoltre di conoscere determinati

prodotti, come ad esempio il cavolo nero, di cui non si sospetta nemmeno l'esistenza (ci

si potrebbe aspettare che sia un normale cavolo rotondo nero, in realtà sono mazzetti di

foglie).

Tab. 4.2: Paniere dei prodotti dei Gac, localizzazione delle aziende e relativi bollini

di qualità.

Produttori Provenienza Prodotti Distanza dal

centro città

Bollini di

qualitàAgriforneria Chiesanuova

(TO)

Pane 58 km Bio, artigianale

Il Chicco Torre Pellice

(TO)

Pane 45 km Bio, artigianale

Castagno Giaveno (TO) Snack dolci e

salati, pasta,

farine

38 km Bio

La finestra sul

cielo

Villareggia (TO) Spalmabili dolci,

olio, condimenti e

spezie, farine,

bevande

analcoliche,

cereali, prodotti

da forno, riso,

semi oleosi,

legumi, snack

dolci e salati

45 km Bio

Cascina

Belvedere

Bianzè (VC) Riso 50 km Bio

Il frutto permesso Bibiana (TO) Bevande

alcoliche, olio

50 km Bio, km 0

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condimenti e

spezie, bevande

analcoliche,

legumi,

spalmabili dolci,

cerali

Gino Girolomoni

cooperativa

agricola

Isola del piano

(PU)

Cerali legumi Bio

Achillea Paesana (CN) Bevande

analcoliche,

spalmabili dolci

66 km Bio

Il Ramo Bernezzo (CN) Spalmabili dolci 50 km Bio, agricoltura

sociale

Apicoltura

Caldieraro

Casalborgone

(TO)

Spalmabili dolci,

miele

35 km Km 0, bio,

artigianale

Wine and food

Puglia (La

Vallenza)

Martina Franca

(TA)

Olio condimenti e

spezie

Bio

Abbo Frantoio

del Podere

Bevera S.r.l.

Saluzzo (CN) Carni, salumi,

pesce olio,

condimenti e

spezie

60 km Bio

Pac Fondi (LT) Olio condimenti e

spezie

Bio

La persegona Fidenza (PR) Formaggi Bio

Azienda agricola

Funtana Cana

Pattada (SS) Formaggi Bio

Olivero Claudio Monasterolo di

Savigliano (CN)

Uova 55 km Bio, km 0

Roberto Bolla Alba (CN) Bevande

alcoliche

73 km Km 0, bio

La Casaccia Cella Monte (AL) Bevande 95 km Km 0, bio

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alcoliche

Microbirrificio

Gilac

Valdellatorre

(TO)

Bevande

alcoliche

23 km Km 0, bio

Azienda Mario

Tirotto

Castelsardo (SS) Bevande

alcoliche (il mirto

biologico di

Sardegna)

Bio

Terre di Frutta Cavour (TO) Ortofrutta,

bevande

analcoliche,

igiene pulizia

infanzia

52 km Km 0, bio

Biodiffusione Mazzè (TO) Ortofrutta 45 km Bio

Azienda Patrick

Durand

Rorà (TO) Spalmabili dolci,

bevande

analcoliche

58 km Km 0, bio

Azienda la

Bargiolina

Barge (CN) Ortofrutta 46 km Km 0, bio

Azienda Mondino

Flavio

Mazzè (TO) Ortofrutta 40 km Km 0, bio

Ortocecco Dusino S.

Michele (AT)

Ortofrutta 40 km Km 0, bio

Orto' Bio Trofarello (TO) Ortofrutta 15 km Km 0, bio

La Capra Canta Bibiana (TO) Ortofrutta uova e

formaggi

50 km Km 0, bio

Azienda Scollo

Sebastiana

Pedagaggi (SR) Arance

Azienda

Borghino Alida

Castellar (CN) Mele, pere, kiwi,

patate

67 km

Risomargara Albano vercellese

(VC)

Riso 85 km

Azienda Fagone

Febronia

Giarratana (RG) Gli sfizi bio

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Grispan di

Manavella

Angelo & C.

S.N.C.

Pinasca (TO) Prodotti da forno,

pane

50 km Artigianale, km 0

Libero Mondo Roreto di

Cherasco (CN)

Snack dolci e

salati, gli sfizi,

bevande alcoliche

e analcoliche,

olio condimenti e

spezie prodotti da

forno

50 km

Mamy Oleggio (NO) Igiene, pulizia,

infanzia

140 km

Allegro Natura Leinì (TO) Igiene, pulizia

infanzia

17 km

Cavoli nostri Feletto (TO) Ortofrutta 35 km Km 0, agricoltura

sociale

Parva Domus Cavagnolo (TO) Carni salumi e

pesce

38 km Km 0, artigianale

CTM

Altromercato

Verona Ortofrutta Bio, equosolidale

Azienda Rollè

Michelangelo

Villafranca

Piemonte (TO)

Carni, salumi,

pesce

40 km

Naturalmente

pane

Giarratana (RG) Snack dolci e

salati, prodotti da

forno

Bio

Azienda agricola

Don Alfonso

Ragusa Olio, condimenti

e spezie

Bio

Azienda

Trimarchi di Villa

Marchese

Siracusa Ortofrutta Bio

Agrisalumeria

Luiset

Ferrere (AT) Carni, salumi e

pesce

30 km Km 0, artigianale

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Brillor Alice Superiore

(TO)

Igiene, pulizia,

infanzia

65 km Ecologico, bio

Fonte: rielaborazione propria da dati della piattaforma gac a gennaio 2013.

Come viene sintetizzato nella Fig. 4.3, solitamente i prodotti agroalimentari (in verde)

riescono a rispondere allo stesso tempo alle caratteristiche della filiera corta funzionale e

territoriale; i prodotti lavorati (in azzurro) invece non riescono sempre a rispondere a tali

requisiti, quando non è possibile rivolgersi a produttori locali i Gac si rivolgono anche a

produttori molto distanti, rimanendo però sempre entro i confini nazionali; infine i

prodotti non reperibili nel mercato nazionale (in giallo), se pur acquistati da produttori

esteri, cercano di rispettare sempre i requisiti di una filiera corta funzionale, è il caso del

caffè, del cioccolato, delle banane, provenienti solitamente dall'America Latina dal

circuito del commercio equo e solidale.

91

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Fig. 4.3: Analisi dei prodotti in relazione alla filiera corta e lunga funzionale e

territoriale/spaziale.

Fonte: rielaborazione propria

4.5 UNA LETTURA TRASVERSALE DEGLI 11 GAC ATTIVATI

4.5.1 GAC CORSARO

Il Gac delle Officine Corsare nasce nel 2011 ed è la naturale prosecuzione del Gac di

Corso Belgio, facente parte del progetto originario “Collettivo è meglio”.

Il passaggio di consegne al Circolo A.R.C.I. Officine Corsare avviene in seguito al

primo ridimensionamento dei fondi pubblici della Provincia di Torino, laddove si

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individua nei locali delle Officine Corsare una adeguata sede, sia per gli spazi offerti sia

per le progettualità legate alla diffusione di consumo alternativo promosse dal Circolo.

Assorbendo, all'interno dello staff legato alla gestione del Gac, volontari già operativi in

Corso Belgio, le Officine Corsare hanno dato un segnale di continuità con la passata

gestione, pur introducendo elementi innovativi.

Il lavoro esclusivamente volontario è uno degli elementi caratterizzanti, con bei sei

addetti dedicati al lavoro di smistamento dei prodotti e un “coordinatore” a gestire le

ordinazioni.

In merito alla mole di ordinazioni, il Gac Corsaro segnala un trend di crescita, potendo

contare su circa 50 famiglie affiliate di cui almeno 30 caratterizzate da frequenza

settimanale. Il Gac Corsaro si caratterizza inoltre nel coprire un territorio più ampio

rispetto al precedente Gac Belgio, infatti oltre ad avere affiliazioni di famiglie della

zona, la natura stessa di Circolo porta a contatto del nuovo Gac anche soggetti di

quartieri diversi, che basandosi sul rapporto di fiducia che li lega al Circolo stesso,

decidono di appoggiarsi per la propria spesa al Gac Corsaro.

Emerge come elemento favorevole alla crescita del Gac l'ampia offerta di prodotti,

garantita dalla selezione del Movimento Consumatori, comprendente prodotti biologici

certificati, biologici a km zero, detergenti e prodotti per la casa.

Tuttavia nel corso del 2012 ci sono stati continui problemi organizzativi che hanno

portato alla diminuzione delle spese settimanali (circa 15) e a cambiare facilitatori. Ciò

sta a confermare l'importanza del ruolo del coordinatore del Gac, un ruolo delicato che

richiede non solo una sensibilità a comprendere le finalità del progetto ma anche estrema

precisione e serietà. Nella seconda parte del 2012 il Gac Corsaro è gestito da due

facilitatori che non hanno però confermato la disponibilità per il nuovo anno. Il MC ha

deciso così che il Gac Corsaro a gennaio 2013 non riparte con le nuove iscrizioni.

93

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4.5.2 GAC SAN GIOVANNI BATTISTA

Il Gac San Giovanni Battista sorge presso l'ospedale vecchio San Giovanni Battista. Due

sono le direttrici con le quali nasce. La prima è di tentare l'apertura di un Gac all'interno

di strutture lavorative nelle quali ci si rivolge ad un pubblico che passa la maggior parte

della sua giornata nel luogo di lavoro e che si presume essere preparato a determinate

tematiche. L'associato ha così il vantaggio di fare la spesa direttamente nel luogo di

lavoro risparmiando anche in tempo, ritrovandosi la spesa già pronta.

La seconda direttrice è quella del progetto Diana. Si tratta di un progetto dell'Istituto

Nazionale dei Tumori di Milano e dell'Istituto Europeo di Oncologia che si occupa di

studiare la prevenzione delle recidive del tumore al seno attraverso l'alimentazione e lo

stile di vita. Al progetto Diana possono partecipare le donne che, operate di tumore al

seno negli ultimi 5 anni, non abbiano avuto recidive e che siano disponibili a modificare

il loro stile di vita. Le donne che partecipano devono seguire le indicazioni alimentari e

dello stile di vita che vengono forniti, sottoporsi all'inizio dello studio e dopo un anno a

prelievi di sangue ed esami delle urine. Inoltre periodicamente devono sottoporsi ad una

visita per la misurazione del peso, della pressione arteriosa, del polso ecc. infine devono

rispondere periodicamente ad alcuni questionari riguardanti lo stile di vita e lo stato di

salute77.

L'idea del Gac è di far partecipare i pazienti curati dall'ospedale in collaborazione con i

medici che dovevano suggerire il tipo di alimentazione. Infatti il listino del Gac San

Giovanni Battista è, in un primo momento, leggermente diverso. Introduce una serie di

prodotti, che ora, per questioni organizzative, sono aperti a tutti i Gac, estratti dalla

cucina macrobiotica e suggeriti dai medici dell'ospedale. Tra questi prodotti vi sono il

miso, un tipo di condimento alternativo al sale o al dado, il malto, un tipo di dolcificante

alternativo allo zucchero, il succo di mirtillo, la salsa di soia, il gomasio, un prodotto a

base di semi di sesamo e sale.

Il successo dell'iniziativa in realtà è stato molto scarso. All'inizio il Gac ha avuto un forte

77http://www.ciboecibo.it/Sani,-buoni-e-etici/Curiamoci-con-il-cibo/Il-progetto-Diana-e-il-Dr. Berrino/ca_1749.html

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impulso ma pian piano si è persa la collaborazione con l'ospedale. I medici partecipano

pochissimo, tra gli associati vi sono molte più infermiere che medici. Il Gac è diventato

nel tempo un riferimento per il quartiere attraverso il passaparola. Conta una cinquantina

di iscritti con in media 30 spese settimanali. Gli associati sono soprattutto famiglie di

mezza età con figli e giovani coppie con figli. Nelle persone che utilizzano questo tipo di

servizio sembra esserci una sorta di filo conduttore rappresentato dalla necessità di

crescere il proprio figlio con un'alimentazione sana. Non a caso le famiglie con figli

sono anche quelle più costanti nel far la spesa settimanalmente.

Per quanto riguarda le strutture logistiche, il Gac San Giovanni Battista può contare su

una piccola stanza interamente adibita al Gac con la possibilità di conservare le cassette

in loco. Ciò è un elemento che influisce in maniera estremamente positiva, poiché

contribuisce a dare visibilità al progetto e suggerisce una sorta di radicamento

dell'attività stessa. Una signora presta settimanalmente lavoro volontario, affiancando il

facilitatore nella preparazione e distribuzione delle spese.

4.5.3 GAC GHEDINI

Il Gac di via Ghedini nasce nella fase iniziale del progetto “Collettivo è meglio!” nel

2007. Può essere classificato come un Gac Sociale, ossia caratterizzato dal fatto che

un’associazione già esistente, l'associazione Arcobaleno, affianca il facilitatore e gestisce

la distribuzione di merci impiegando persone provenienti da percorsi di disagio psichico.

Inoltre, il facilitatore è anche espressione dell'associazione Arcobaleno. Il vantaggio di

questa collaborazione è che il processo della costruzione del gruppo di acquisto può

approfittare di una rete sociale già esistente.

Il Gac Ghedini è nato all'interno di una operazione più articolata: l'associazione

Arcobaleno, che si occupa di favorire percorsi di cittadinanza attiva delle persone con

disagi psichici, nel 2007 è tra i componenti attivi sul territorio dato che stava portando

avanti lavori di riqualificazione urbana nelle case popolari di via Gallina e di via

Ghedini. Tra le associazioni che operavano in quel quartiere popolare, che hanno accolto

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in maniera positiva il progetto Gac, oltre all'associazione Arcobaleno, vi era anche il

Progetto Muret78, cooperativa A di educatori, che si occupa anch'essa di persone con

sofferenza psichiatrica. Quando nel 2007 il MC ha avviato il progetto dei Gac sul

territorio di Torino e provincia il presupposto di partenza è che si doveva far leva su reti

sociali già esistenti per inserire i vari gruppi. L'associazione Arcobaleno si è resa

disponibile fin da subito a coordinarlo e gestirlo. In realtà le associazioni del territorio

erano molto scettiche nei confronti del progetto poiché, dati i problemi di disagio e di

difficoltà economica in cui versavano gli abitanti del quartiere, un progetto fortemente

culturale e “raffinato” che portava prodotti biologici e di qualità, difficilmente poteva

esser compreso da chi frequentava gli hard discount. In realtà il progetto non era mirato

alle classi povere bensì a quelle vulnerabili, ovvero quelle persone del ceto medio alle

quali bastano delle variabili come la nascita di un figlio o la perdita del lavoro che

possono farle precipitare in situazioni di difficoltà e appunto di vulnerabilità. Le

associazioni che hanno dunque un'ottica più assistenzialistica non hanno capito la

potenzialità del progetto.

Il facilitatore svolge questo ruolo fin dall'inizio. Con gli anni, divenuto sempre di più

espressione dell'associazione Arcobaleno ha fatto sì che ci sia stato un rapporto sempre

più diretto tra l'associazione Arcobaleno e il MC. Il contesto sociale ed organizzativo del

Gac Ghedini ha reso quindi il Gac Sociale, dal momento che il facilitatore è affiancato

da persone dell'associazione Arcobaleno. Ogni anno il gruppo di lavoro cambia, durante

l'anno inoltre vi è la possibilità che qualcuno possa anche finir prima l'esperienza, a

seconda della più o meno difficoltà ed autonomia di ognuno. Inoltre tali persone vanno

in qualche modo controllate nelle varie attività in cui si cimentano ed è questo il ruolo

assunto dall'Associazione Arcobaleno e dal referente. Gli associati d'altro canto si

affezionano e instaurano rapporti abbassando le proprie difese e i pregiudizi nei

confronti della realtà del disagio mentale.

Il quartiere reagisce in modi diversi alla nascita del Gac. Sicuramente vi è stato lo

scetticismo di una parte delle associazioni che lì operano sul territorio dal momento che

il progetto non poteva sostenere le famiglie povere e socialmente deboli da sempre,

78http://www.progettomuret.org/

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anche se alcuni prodotti di dubbia provenienza comprati nella bottega e dal piccolo

negoziante locale in realtà erano più costosi dei prodotti del Gac, ma sradicare alcune

culture così fortemente radicate non è sicuramente facile soprattutto “in un contesto di

case popolari”.

Il Gac Ghedini dall'inizio dell'esperienza nel 2007 fino al 2012 ha iscritto 110 persone

complessive. La media è sempre stata di 45-50 persone con 35 spese settimanali.

All'inizio il Gac ha organizzato svariati momenti di promozione e pubblicità con

banchetti e volantinaggio anche fuori dalle scuole parlando così con le famiglie,

iniziative alle feste di quartiere, oltre alla pubblicità sui giornali specializzati da parte del

MC. Dei 110 iscritti, il 10% sono stati gli abitanti delle case popolari, delle fasce

fortemente deboli, che hanno provato il servizio ma che non hanno continuato a

sfruttarlo. Il restante è rappresentato dalla fascia media, il target a cui si riferisce il

progetto. La maggior parte sono gli abitanti del quartiere concentrici al Gac, in

minoranza persone che abitano in zone più lontane o che attraversavano per motivi

diversi la zona dove sorge il Gac. Il 10% delle persone provenienti dalle case popolari

sono stati in qualche modo agganciati e sollecitati a provare il servizio. Dal momento

che vedevano ogni settimana derrate alimentari che entravano nella sede, spinti dalla

curiosità hanno iniziato a chiedere informazioni. Dato che in una prima fase c'era meno

impegno lavorativo, il facilitatore poteva dedicare del tempo alla comunicazione,

all'accoglienza, alla promozione e all'accompagnamento di questo processo. Chi ha già

degli strumenti, una certa predisposizione e sensibilità riesce ad avvicinarsi da solo, gli

altri invece hanno bisogno di capire e di esser accompagnati per cambiare quei

meccanismi mentali fortemente radicati.

Molte delle persone che per svariate ragioni hanno deciso di non usufruire più del

servizio hanno sentito il bisogno di comunicarlo al facilitatore, dando prova di un'

avvenuta fidelizzazione e di un legame che nel corso del tempo si è venuto a creare.

Legame che negli ultimi tempi si è andato perdendo a causa dell'aumento delle spese

settimanali che, con gli stessi tempi e con le stesse risorse umane, trasforma sempre di

più i nuovi soci in clienti e non permette di dedicare tempo per spiegare il senso del

progetto e ciò che lo distingue da un normale supermercato. Quelle persone infatti

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abituate ai meccanismi di un negozio non hanno retto alle difficoltà del non vedersi

arrivare i prodotti ordinati e non hanno continuato ad usare il servizio Gac.

La grande scommessa sul Gac in un contesto come quello di via Ghedini dove tutti i

presupposti iniziali davano l'esperienza per persa e rendevano gli attori presenti sul

territorio scettici, sicuramente è stata vinta dato che, dall'inizio dell'esperienza, è sempre

andato avanti con buoni numeri.

A fine 2012 ha problemi di sede e sarà trasferito presso il Circolo Passoni, a poche

decide di metri dove è sempre stato cioè tra via Gallina e via Ghedini, in zona Barriera

di Milano.

Tra le prospettive del 2013, data la stretta relazione con l'associazione Arcobaleno, vi è

quella di unire il Gac Ghedini con il Gac Arcobaleno, quest'ultimo gestito direttamente

dall'associazione Arcobaleno, in modalità e formule che sono ancora in via di

definizione.

4.5.4 GAC GRUGLIASCO

Il Gac Grugliasco sorge in una zona abbastanza centrale di Grugliasco, in una struttura

comunale gestita dall'Associazione Città Futura. Una delle attiviste dell’associazione è

la coordinatrice del Gac insieme a due lavoratori del cosiddetto lavoro accessorio della

Compagnia San Paolo, che permettono di far esperienze lavorative a ragazzi disoccupati.

La Compagnia di San Paolo, infatti, ha stabilito di proporre il progetto denominato

“Reciproca solidarietà e lavoro accessorio”. Il progetto sostiene attività, che hanno come

riferimento la “cura della comunità”, promosse da enti senza fini di lucro, per prestazioni

di lavoro accessorio, ovvero attività di lavoro, regolarmente retribuito, svolte al di fuori

delle ordinarie modalità e in modo discontinuo e saltuario, da parte di alcune tipologie di

lavoratori in situazione di disagio economico dipendente dalla crisi occupazionale e di

giovani che risultassero inoccupati.

L'associazione Città Futura nasce nel 1993 come evoluzione del Comitato di Quartiere

del borgo San Sebastiano di Grugliasco, costituito negli anni precedenti da alcuni

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cittadini del borgo79. L'associazione, apartitica e senza scopo di lucro, nel corso degli

anni ha mantenuto le proprie radici nel borgo, collaborando con gli amministratori e gli

uffici comunali per migliorare il tessuto sociale e le strutture del quartiere. Dal 1994 il

Comune ha affidato la gestione dell'intera area verde del parco San Sebastiano (oltre

10.000 mq.), per provvedere alla manutenzione delle strutture e delle attrezzature

sportive, al taglio dell'erba, ecc. La partecipazione diretta degli abitanti nella gestione di

una struttura pubblica, ha fatto sì che quest'area venga considerata come un “giardino

condominiale”, al quale si prestano la cura ed il rispetto generalmente riservati alle cose

proprie. Questa partecipazione collettiva ha permesso inoltre di ottenere negli anni una

notevole valorizzazione del parco. All'interno di questo contesto e all'interno del parco

sorge il Gac dove ogni mercoledì dalle 18 alle 20 gli associati possono ritirare la spesa.

Il Gac, supportato da questa realtà che offre anche strutture logistiche adeguate, registra

buoni risultati con in media 40 associati che con regolarità ordinano la spesa ogni

settimana. La maggior parte degli iscritti sono famiglie, sia giovani che di mezza età,

coloro che sono più attenti a dare un'alimentazione di qualità ai propri figli e più costanti

quindi negli ordini settimanali. Spesso sono vicini di casa o persone che si conoscono

già per motivi di lavoro, quindi una certa interazione tra i membri risulta esserci. Gli

iscritti comunque non hanno mai prestato lavoro volontario nella gestione del Gac ma

svariati risultano essere fidelizzati al servizio dato che dall'inizio dell'esperienza, ad

aprile 2010, risultano tutt'ora iscritti. Questo risultato rappresenta già un successo per il

facilitatore. Tra i prodotti che hanno più successo si possono citare l'ortofrutta, uova e

formaggi e i prodotti secchi in generale come pasta e biscotti.

4.5.5 GAC SAN GIOVANNI DI IVREA

Nasce nel maggio del 2009 in un quartiere della città operaio e periferico,

particolarmente povero non solo dal punto di vista economico ma soprattutto sociale,

con l'obiettivo anche di “riempire” il quartiere con una iniziativa che potesse non solo

79http://associazionecittafutura.sitiwebs.com/

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coinvolgere gli abitanti ma anche far vivere e conoscere il quartiere da altre persone

“esterne”. Gli iscritti sono una cinquantina, in genere sono abituali, con una trentina di

spese settimanali, soprattutto con le ultime modifiche (aumento di quota): chi si iscrive è

perché ha sostanzialmente intenzione di fare la spesa tutte le settimane ed è motivato a

sfruttare il servizio che paga. Il Gac non dà molta possibilità di incontro per il poco

tempo che si ha. Nei primi anni si faceva distribuzione di volantini, ma recentemente

non c'è alcuna sensibilizzazione a riguardo. I nuovi associati si avvicinano grazie al

passaparola. Alcuni consumatori propongono l'inserimento di prodotti nell'elenco della

spesa e quindi nuovi produttori ma raramente vengono presi in considerazione. La

facilitatrice non crede che gli associati si sentano molto inseriti nell'organizzazione del

Gac e in generale nel progetto, molto probabilmente non ne hanno il tempo e la distanza

dalla sede centrale non permette neanche di partecipare ad eventuali iniziative. La

facilitatrice è di Ivrea e fa parte di un'associazione di promozione sociale che lavora nel

territorio, si tratta quindi di una persona già sensibile a determinate tematiche. Il Gac

Ivrea è un Gac sociale che si avvale di due persone costanti da un anno a questa parte (e

altri due hanno nel tempo dato una mano ma in maniera sporadica). Si tratta dei ragazzi

diversamente abili del Consorzio InRete che con un'educatrice aiutano la facilitatrice

nella suddivisione delle spese. Dal punto di vista dell'interiorizzazione dei valori del

consumo critico la facilitatrice ritiene che gli associati diano importanza alla

qualità/prezzo dei prodotti e al fatto di riuscire a fare la spesa senza dover far coda in un

supermercato. Dato che il Gac è nato in un quartiere di difficoltà economiche e sociali,

le criticità ci sono sempre state; in un primo momento perché si cercava di coinvolgere

le famiglie del quartiere, che non erano interessate a fare una spesa di qualità, ma

semplicemente a spendere poco. Il tipo di famiglie coinvolte nel corso del tempo è

infatti mutato, poche famiglie del quartiere ma più famiglie già interessate ad un tipo di

consumo biologico e locale. Il problema dei costi della quota che pian piano è andata

aumentando ha creato disagi a molti associati, anche se poi hanno scelto di riconfermare

la tessera perché ormai legati al servizio. Altre difficoltà sono legate a problemi

organizzativi come la mancanza di alcuni prodotti o arrivo di prodotti ortofrutticoli

sciupati e la difficoltà, intrinseca al progetto, per gli associati di dover ordinare una

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settimana prima la spesa per la settimana successiva, il che implica un'organizzazione

per la famiglia. Tali difficoltà hanno fatto nel corso del tempo allontanare alcune

famiglie. Inoltre lo spazio in cui si trova il Gac è in comodato d'uso solo per le ore di

apertura, questo implica non poter tenere all'interno in maniera stabile e continuativa il

materiale necessario alle attività del Gac ma dover fare avanti e indietro con i materiali

necessari ogni volta. I prodotti del paniere che più hanno successo sono sicuramente la

pasta, i pelati, l'ortofrutta, il parmigiano e anche la carne. La facilitatrice ritiene sia un

po' fallito l'obiettivo iniziale di dare spazio all'inserimento delle famiglie del quartiere,

mentre il successo è dato dal fatto che il progetto persiste e vive ancora, nonostante il

quartiere in cui è inserito, dove normalmente qualsiasi tipo di iniziativa nasce e muore

nel giro di poco tempo.

4.5.6 GAC PIOSSASCO

Il Gac Piossasco è uno dei primi 4 Gac attivati dal progetto “Collettivo è Meglio”.

Sebbene però sia uno dei Gac con più storia alle spalle e uno dei primi in termini di

risultati e successo, la sua esperienza è emblematica in relazione alle sinergie attivate sul

territorio. Si è rivelato fecondo infatti quell'intreccio in cui i Gas mettono a disposizione

il loro sentire sociale e la loro competenza organizzativa- inseriti in un percorso

partecipato coordinato dall'ente locale- sia nel diminuire la distanza tra produttori e

consumatori e sul versante dell'accompagnamento di nuovi Gac, in cui vengono ad

interagire mondi diversi e non più gruppi segnati da una forte similarità. Finché il Gas

Piossasco ha avuto una forte collaborazione con il Gas Piossasco che ha dato l'impulso

al Gac a svilupparsi e a radicarsi sul territorio, ha avuto successo. Ciò è avvenuto fino al

2010. Quando poi il Gas, per una serie di problemi, ha deciso di andare per la sua strada,

si è persa la collaborazione e il facilitatore è stato cambiato (poiché espressione del Gas

Piossasco), il Gac ha iniziato a registrare la metà in termini di risultato di quello che era

l'andamento fino al 2010.

Il valore aggiunto dell'esperienza però è la collaborazione con i ragazzi dell'associazione

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promozione salute mentale di Piossasco. Il Gac Piossasco infatti è uno dei Social-Gac

che nelle attività di preparazione delle cassette e consegna delle varie spese si avvale

della collaborazione con questo tipo di realtà contribuendo ad avvicinare al disagio

mentale gli associati con ricadute estremamente positive anche per queste persone.

Alcuni membri prestano lavoro volontario aiutando la facilitatrice. Nel 2012 gli iscritti

al Gac Piossasco sono 37 con una media di 25 spese settimanali. Nel corso del 2012 gli

iscritti sono diminuiti anche a causa dell'aumento della tessera di iscrizione al Gac. Il

timore per il 2013 è che, dato che i Gac sociali si vedono raddoppiare il costo della

tessera, dai 30 euro ai 60 annuali, non ci sia una risposta positiva da parte dei membri

perdendo così il lavoro svolto in questi anni e il sostegno ai ragazzi della promozione

salute mentale.

4.5.7 GAC PINEROLO

Il Gac Pinerolo è gestito a partire dal 2008 dallo stesso facilitatore, dando un segnale

positivo di continuità dell'esperienza. Registra una trentina di iscritti con in media 25

ordini settimanali. Fin dall'inizio è risultato difficile inserire le persone in un progetto di

spesa collettiva come quello del Gac dove la settimana prima si ordina quello di cui si ha

bisogno la settimana successiva. Inoltre nasce per rivolgersi alle persone “vulnerabili” e

in un certo senso svantaggiate ma in realtà, secondo il facilitatore, si rivolge, nel Gac

Pinerolo, a quelle che hanno un certo grado di istruzione e di cultura e che quindi hanno

gli strumenti economici e culturali per aderire ad un progetto di questo tipo.

Gli associati più costanti sono le famiglie in particolare le donne che gestiscono

l'economia familiare e che si occupano di far la spesa. Non è stata mai fatta pubblicità al

Gac se non in una primissima fase iniziale, se si è allargato è grazie al passaparola degli

associati. C'è stata in questo senso poca collaborazione da parte del Comune nel

sollecitare e diffondere l'iniziativa. Sorge fin dall'inizio in un centro sociale del comune,

le cui strutture logistiche risultano essere adeguate per le attività del Gac con la

possibilità di conservare le cassette nel posto.

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A Pinerolo c'è un Gas con cui però non c'è stata grossa intesa. Sono state organizzate le

classiche visite al produttore di domenica ma non c'è stata affluenza da parte degli

associati. Anche quando a più riprese sono stati sollecitati a prestare lavoro volontario, la

risposta è stata scarsa. Le uniche sinergie attivate hanno fatto sì che il Gac Pinerolo

diventasse un Social-Gac, pagando quindi una tessera annuale di 30€ nel 2012. Con il

nuovo anno sicuramente si testerà quanto la fidelizzazione al progetto da parte degli

associati sia avvenuta, dal momento che il costo della tessera risulta essere raddoppiato.

A fine 2012 il Gac Pinerolo perde la sede. Si sposterà con il nuovo anno al Palaghiaccio

con le incognite che un cambio sede può comportare. Il facilitatore racconta che una

anziana signora, una delle prime associate ad essersi iscritta al Gac, a causa di problemi

di salute si vede costretta a non continuare con l'iscrizione del nuovo anno. Il facilitatore

pensa così di proporre alla signora di portar lui la spesa direttamente a casa ogni

settimana. Anche queste piccole storie di vita iniziano ad accadere al Gac.

4.5.8 GAC NICHELINO

Il Gac Nichelino è stato gestito fino a dicembre 2012 dal trasportatore del progetto (dal

momento che vive a Nichelino ha deciso di dar una mano nell'organizzazione del Gac),

da gennaio 2013 lascia le consegne ad una ragazza del Circolo I Maggio dove è situato il

Gac. Nasce nel 2011 nel circolo I Maggio di Nichelino, un circolo A.R.C.I. situato in

una zona abbastanza centrale di Nichelino. Registra una media di 20-25 spese

settimanali costanti con 50 iscritti. Risulta esserci infatti una sorta di costante tra il

numero degli iscritti e il numero di spese settimanali che sembrano essere la metà

rispetto al numero degli associati.

Si sta cercando di rilanciare un po' il Gac per raggiungere almeno le 30 spese settimanali

e far sì che il Gac non risulti una “zavorra” per l'intero sistema. Gli iscritti sono in

genere famiglie con figli, anche questa risulta essere una costante non solo per il Gac

Nichelino ma anche per tutti gli altri Gac. Non sono state attivate collaborazioni con

altre realtà del territorio, il Gac vive di vita propria. Inoltre non ci sono mai stati casi di

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associati che hanno proposto il proprio lavoro volontario nella gestione del Gac.

Il Gac Nichelino non ha avuto un eccessivo successo per vari fattori: non è stato

pubblicizzato a dovere, gli associati hanno fatto poco passaparola e si è così arenato alle

20-25 spese settimanali. Per rilanciare il Gac Nichelino si è deciso con il 2013 di non

introdurre la quota di iscrizione fissa di 40 euro fino a luglio 2013 bensì di aumentare di

un euro il costo totale di ogni spesa. Questo è un incentivo per rilanciare il Gac ed

aumentare il numero degli iscritti insieme alla pubblicità.

4.5.9 GAC VENARIA

Nasce nel giugno 2009 all'interno del centro d'incontro polivalente “Iqbal Masih”,

struttura comunale gestita dalla cooperativa sociale “Il Margine”, con cui il MC

collabora, che propone ai cittadini senza distinzione di sesso, età, fede e censo, forme di

aggregazione sociale attraverso attività informative, culturali, sportive e ricreative80. Gli

spazi sono utilizzati sia da enti pubblici che privati. Sono usati dall'amministrazione

comunale per conferenze, riunioni, dai gruppi politici per i loro impegni e anche dai

privati per le feste.

Nel 2012 sono più di 70 le persone che si sono iscritte per partecipare agli acquisti

collettivi del Gac Venaria registrando un calo di iscritti rispetto agli anni passati dal

momento che la tessera associativa era di 2€. I nuovi iscritti dal 2012 però tendono ad

essere assidui e a sfruttare il servizio, quindi il volume di acquisti rispetto agli anni

passati è andato a crescere. Nel 2012 sono state distribuite 1.655 spese familiari per un

valore di 60.000,00€ per una spesa media settimanale di circa 40,00€: tradotto in prezzi

di mercato, equivale ad una spesa familiare di circa 80,00€ settimanali81. Il risparmio

infatti è di circa il 50% sui prezzi di prodotti analoghi disponibili presso filiere più

tradizionali. Dal magazzino del centro, il gruppo si è spostato in una seconda fase

all'interno del centro polivalente, in una sala più grande, dato l'aumento considerevole

degli associati, che viene utilizzata nel giorno del giro del Gac, il martedì, per la 80http://www.ilmargine.it/81I dati sono stati elaborati dalla facilitatrice del Gac e fanno riferimento all'andamento nel 2012.

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preparazione e consegna delle spese.

Ad inizio 2013 i nuovi iscritti al Gac sono 67, di cui 7 sono nuovi associati, con 53 spese

settimanali. Il numero di iscritti ed il numero di ordini settimanali sembrano essere

abbastanza sovrapponibili. Tutto ciò nonostante la tessera associativa sia aumentata

rispetto al 2012, così come le modalità organizzative con la nuova piattaforma

informatica.

Sicuramente tramite il passaparola degli associati gli iscritti sono andati ad aumentare.

Un altro fattore che ha inciso è la pubblicità, sia della cooperativa, sia del MC,

all'interno del centro polivalente assai frequentato, per le numerose attività che si

svolgono al suo interno, e sia del Comune di Venaria. Nonostante non vi sia un posto

fisso dedicato al Gac, dato che solo nel giorno del giro del Gac viene adibita una sala,

non solo chi frequenta il centro in quel giorno ha modo di curiosare e di venire a

contatto con la realtà del gruppo di acquisto, ma anche chi lo frequenta nel corso della

settimana vedendo i volantini e la pubblicità nel centro. Inoltre il Comune di Venaria si è

dimostrato partecipe e sensibile al progetto contribuendo a dare visibilità al Gac nel

giornale Venaria Oggi, periodico a cura dell'amministrazione comunale, con articoli o

riferimenti ricorrenti in quasi tutte le uscite. Non solo in Venaria Oggi ma anche in

Cronica Regia, rivista gratuita che si mantiene con la raccolta pubblicitaria, compaiono

riferimenti e pubblicità a favore dell'esperienza del Gac.

Gli iscritti all'inizio erano impiegati comunali o persone che lavorano con la cooperativa

Il Margine, ovvero quelle persone che già avevano avuto un contatto con la realtà del

gruppo di acquisto. Successivamente grazie al passaparola, la qualità dei prodotti e la

loro convenienza, la varietà del paniere che si è estremamente ampliato, il servizio che

funziona, si è allargando anche alle altre persone del posto.

Il furgone con la merce ordinata arriva intorno alle 13.30. La coordinatrice inizia a

preparar le cassette e dalle 17 arrivano gli associati a ritirarle. Il lavoro però, data la

mole di ordinazioni e l'elevato numero di associati, è molto frenetico limitando anche il

contatto con gli associati perché presi dalla preparazione delle spese. La facilitatrice fa

notare come si fosse aspettata che il partecipare ad un gruppo di acquisto fosse quasi una

scusa per creare un gruppo che condividesse altro, che ragionasse, interagisse,

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collaborasse e portasse delle proposte e contributi. In realtà gli associati sono tutti molto

presi dal poco tempo a disposizione quindi non c'è quello scambio e quel contatto tra le

persone che può portare a vivere in pieno l'esperienza Gac. Si è tentato di fare qualche

incontro nel centro proponendo temi pertinenti al consumo critico e alla filiera corta. La

partecipazione è stata molto limitata. La gran parte degli associati secondo la facilitatrice

utilizza il servizio perché conviene in termini strettamente economici. Nel 2012, a causa

dell'enorme mole di lavoro e di associati si è tentato di coinvolgere gli iscritti

raccontando tramite mail una giornata tipo di lavoro al Gac e chiedendo, dal momento

che il numero di iscritti supera di gran lunga il numero dei giri del Gac annuali, di

organizzarsi anche solo una volta e partecipare per capire che lavoro c'è dietro alle

quinte. Nessuno ha risposto via mail e si è reso disponibile a prestare del lavoro

volontario, al momento della distribuzione delle spese le motivazioni date sono state la

mancanza di tempo e gli impegni lavorativi per il martedì pomeriggio.

Nella preparazione delle cassette la facilitatrice è coadiuvata da persone con disagi

psichici della cooperativa Il Margine. La cooperativa opera in ambito socio-sanitario,

assistenziale, educativo e dei servizi alla persona in generale proponendosi di perseguire

la continuità dell'occupazione lavorativa e le migliori condizioni economiche e sociali

dei soci. L'inserimento lavorativo permette al Gac di avere un aiuto fisico in termini

organizzativi e a tale persona di beneficiare di un'esperienza diversa che permette di

mettersi alla prova.

I vecchi iscritti si conoscono ormai per nome e cognome così come le loro abitudini,

anche perché nel primo periodo i numeri del Gac erano diversi e c'era più tempo per

curare l'aspetto umano, uno degli aspetti principali di un gruppo di acquisto. Con gli

ultimi iscritti invece non si riesce a scambiare anche solo qualche chiacchiera e

approfondire la conoscenza perché è tutto molto più frenetico per riuscire a dare agli

associati un servizio efficiente. Inoltre anche gli eventi organizzati nel centro polivalente

nonostante siano stati pubblicizzati dalla facilitatrice (ad esempio attraverso volantini

nelle cassette) e potevano rappresentare l'occasione per stringere rapporti e creare reti,

non hanno visto la partecipazione da parte degli associati. Ciò riduce il ruolo del

facilitatore a semplice manovalanza svuotandolo così del suo significato.

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4.5.10 GAC SAN LUIGI

Il San Luigi di Orbassano è un polo sanitario importante che tra dipendenti e ricercatori

universitari conta più di 1000 persone. Essendo caratterizzato da un bacino di utenti così

rilevante, l'idea del Gac poteva funzionare già a priori. Per il MC era una buona idea la

sperimentazione di un Gac in un luogo lavorativo permettendo, a chi vive la maggior

parte della giornata nel posto di lavoro, di far la spesa in loco con le ricadute positive

che ne conseguono. A marzo 2012 si sono iscritte subito 80 persone ma gli ordini medi

settimanali risultavano essere una ventina. Andando ad indagare chi ha un tipo di vita

basato sui turni, un sistema come quello del Gac dove la settimana precedente si fanno le

ordinazioni per la settimana successiva, non è funzionale.

Inoltre è venuta a mancare la collaborazione con i vertici dell'ospedale ed il

coordinamento della direzione ospedaliera nel suggerire e promuovere il Gac. A questa

si sono aggiunti i problemi logistici con solo due ore per gestire la consegna uniti ad una

struttura logistica completamente assente. Si preparavano le spese in San Salvario nella

sede centrale e si arrivava al San Luigi di Orbassano con le spese già pronte poiché in

due ore non si riusciva a gestire il servizio. Il posto per la consegna delle spese, adibito

in maniera del tutto provvisoria, è il locale mensa che non suggeriva affatto l'idea e

l'atmosfera del gruppo di acquisto.

Non c'è mai stato nemmeno uno spazio per poter conservare le cassette in loco. Il

furgone doveva consegnare le spese ad Orbassano e tornare di nuovo per riprendere le

cassette una volta finito il tempo della consegna. In una struttura enorme come quella di

Orbassano non c'è mai stato modo di trovare uno spazio interamente adibito al Gac. Tutti

questi motivi hanno fatto sì che il Gac San luigi di Orbassano al momento attuale ha

chiuso, non riaprendo le iscrizioni con il nuovo anno.

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4.5.11 GAC SAN SALVARIO

Nasce a giugno 2012 in pieno centro cittadino, e raccoglie 72 iscritti con una media di

50-60 ordini a settimana e tre-quattro persone che gestiscono il servizio.

Grazie al progetto europeo ACTT, infatti, il Movimento Consumatori ha ottenuto un

cofinanziamento per sperimentare l’organizzazione a Torino di una piattaforma logistica

per i gruppi di acquisto. Tale piattaforma/magazzino, situato in via Goito 17/b nel

quartiere centrale di San Salvario, oltre a permettere una più efficiente gestione dei Gac

ha come scopo di sviluppare sinergie e servizi per agevolare anche l’ordinaria attività dei

Gas (ad es. stoccaggio merci, conservazione merci in cella frigo, possibilità di riunioni

in loco o di utilizzo della piattaforma per la suddivisione degli ordini collettivi tra i

partecipanti ai singoli gas, e molto altro). Tra fine giugno e inizio luglio già alcuni Gas

del quartiere San Salvario hanno iniziato a titolo sperimentale a utilizzare lo spazio di

via Goito per le proprie consegne e per il ritiro dei prodotti.

In pochissimo tempo è riuscito a contare un numero di iscritti superiore agli altri Gac

che hanno invece una storia più lunga. Il Gac San Salvario ha avuto un successo

clamoroso poiché sorge in pieno tessuto urbano vicino alla stazione, in un quartiere

laboratorio, vivo e dinamico dal punto di vista culturale, giovane e pronto ad accogliere

novità. Nasce fin da subito come il Gac del biologico con un listino “potente”, giunto

ormai, dopo anni di sperimentazione e “collaudo” dei produttori, a quasi 300 prodotti, di

cui l'80% sono biologici. Proponendo prodotti biologici in qualche modo si rivolge a

persone già sensibili a determinate tematiche e bisogni/scelte alimentari. San Salvario,

abitato da persone già attente e pronte a recepire determinati messaggi, dato che le

numerose botteghe biologiche del quartiere già da tempo propongono tali prodotti, con

l'apertura del Gac che offre gli stessi prodotti ad un prezzo inferiore del 50%,

automaticamente ha avuto un successo mai visto rispetto agli altri gruppi.

È anche l'unico Gac che ha un luogo interamente adibito alle attività proprie del gruppo

di acquisto, in una posizione centrale, quindi ben visibile ai passanti, e accogliente. Tutte

le altre sedi vengono messe a disposizione dal comune o dalle associazioni e affittate in

determinati giorni e orari.

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Il Gac non ha mai fatto pubblicità massiccia, se non il giorno dell'inaugurazione e su

Giovani Genitori, rivista culto delle giovani famiglie. Non ne ha nemmeno sentito

l'esigenza poiché i numeri lo hanno travolto, facendo pubblicità si crescerebbe

ulteriormente raggiungendo una soglia critica difficile da smaltire.

Gli associati sono persone di mezza età che, insieme ai giovani, sono le fasce più

rappresentate. Vi è anche uno zoccolo duro di giovani politicamente ed ideologicamente

impegnati e famiglie del quartiere storiche. Tutti gli associati possono proporre

produttori biologici che vengono poi presi in esame, cercando di favorire lo spirito

associativo.

Sono state organizzate le classiche visite in azienda dove non vi è stata partecipazione,

due serate, una legata alla filiera del consumo del pesce, l'altra con un agronomo che ha

parlato di filiera corta. La prima iniziativa, forse per l'orario infelice scelto, ha visto poca

partecipazione, nella seconda iniziativa invece vi è stata grande affluenza. Quando si

organizzano iniziative si comunicano mediante mail ai canali che coinvolgono i Gas

della zona. Il sistema di comunicazione è strutturato in modo tale che dal nodo centrale

si espande a quelli periferici. Il Gas San Salvario è non solo il magazzino dei prodotti

secchi e del fresco, laboratorio dove si pesa l'ortofrutta e cella frigorifera per la carne ed

il fresco, ma anche ufficio e sede operativa dei Gac.

Sicuramente se il Gac dovesse crescere ulteriormente non si è lontani da una soglia

critica che costringerà a rivedere l'organizzazione e a porre sulla bilancia positività e

criticità di un successo così clamoroso.

4.6 LE TENDENZE GENERALI

Dalle interviste con i vari facilitatori dei Gac e con il presidente del MC sono emerse

alcune tendenze generali che sono ricorse con una certa costanza nelle modalità di

nascita, sviluppo e crescita dei gruppi di acquisto collettivi.

Primo elemento di rilievo è il target a cui si rivolge il progetto. Il progetto nasce per

rivolgersi alle fasce “vulnerabili”. In realtà, le persone coinvolte hanno un background

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culturale, un livello di istruzione, una sensibilità a determinate tematiche e strumenti sia

economici, sia culturali per aderire ad un progetto che è essenzialmente culturale. Il

profilo delle persone partecipanti quindi può essere caratterizzato da un reddito medio e

un’elevata conoscenza ambientale/culturale del territorio.

Inoltre le persone che partecipano ad un Gac dimostrano di non avere abbastanza tempo

o voglia per dedicare del lavoro volontario e dell'impegno costante per organizzare un

Gas autonomamente. Si può dire che il Gac rappresenta una volgarizzazione dei Gas

permettendo anche a persone che non sono portate ad iscriversi ad un Gas, e di essere

quindi fortemente attivi nel dedicare cospicue energie alla vita di un gruppo, ad aderire

ad un progetto di filiera corta che è essenzialmente un servizio offerto da un soggetto

strutturato quale è il Movimento Consumatori. In tal senso si può dire che i membri dei

Gac siano più degli utenti di un servizio piuttosto che degli associati, fortemente

sensibili al rapporto estremamente vantaggioso tra risparmio e qualità dei prodotti. Un

aspetto che sembra discordante con quest'ultimo dato è la tendenza degli associati a

proporre nuovi produttori. In realtà pochissimi casi sono stati presi in considerazione e

sono andati a buon fine. Questo aspetto tende ad allontanare gli associati

dall'organizzazione del Gac e a non includere nelle scelte quei pochi che in realtà

vorrebbero sentirsi partecipi.

Altra questione emersa con frequenza è il rammarico da parte del facilitatore nel non

riuscire a dedicarsi ulteriormente al Gac, ad organizzare iniziative, anche in prima

persona e coinvolgere e spronare gli associati in attività. Rammarico dovuto al fatto che

si vorrebbe veder monetizzato il proprio lavoro dato che il compenso ricevuto non è

elevatissimo e spesso non ricopre le ore in più settimanali che si prestano per

l'organizzazione del Gac.

Chi si iscrive ad un Gac sono generalmente famiglie, giovani e di mezza età, con figli e

sono anche coloro che fanno la spesa con più continuità. Nelle famiglie è maggiore la

preoccupazione e il piacere allo stesso tempo di crescere i propri figli con prodotti di

qualità, biologici ad un prezzo poi che risulta essere la metà rispetto a quello di un

supermercato. In maggioranza sono inoltre le donne a rivolgersi al Gac, coloro che si

occupano della spesa settimanale. Gli uomini in genere sono delegati dalle rispettive

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mogli al ritiro della spesa.

Un'altra tendenza generale risulta essere il numero di iscritti quasi doppio rispetto al

numero di spese settimanali. In realtà dal 2012 con l'inserimento della quota di

iscrizione, che nel 2013 è andata crescendo, gli iscritti risultano essere assidui poiché,

dal momento che pagano il servizio, tendono a sfruttarlo con una certa regolarità e il

numero di iscritti tende sempre di più a coincidere con il numero di spese settimanali.

Altro elemento ricorrente è il calo di prestazioni dei Gac della provincia nel volume di

acquisti durante i mesi primaverili/estivi. Ciò è dovuto al fatto che chi ha la possibilità di

coltivare un orto riesce a far autoproduzione, diminuendo così gli ordini settimanali

presso il Gac. Diverso è il caso dei Gac della città dove questo tipo di possibilità e di

“legame con la terra” non esiste e che tendono ad essere costanti durante l'anno nel

volume di ordinazioni.

Tra i prodotti acquistati presso il Gac sicuramente l'ortofrutta è quella che ha più

successo insieme a prodotti secchi come pasta, pane e biscotti e gli associati tendono a

fidarsi della garanzia di qualità del Movimento Consumatori nella scelta dei produttori.

Filo conduttore di tutte le esperienze soprattutto in una prima fase di attivazione del Gac

e di ingresso di nuovi iscritti è la difficoltà di proporre e di inserire in un modello di

spesa che permette di acquistare la settimana prima ciò di cui si ha bisogno la settimana

successiva e che spesso i prodotti ordinati non vengono consegnati. Non tutte le persone

sono portate e abbastanza malleabili per esser introdotte in un sistema di questo tipo,

tant'è che molti iscritti si sono persi per questo motivo.

Un'altra costante è la pubblicità. Quest'ultima è stata fatta soprattutto in una primissima

fase di attivazione dei gruppi e in giornali specializzati (come la rivista Giovani

Genitori) e è andata pian piano a svanire nel corso del tempo, tranne qualche rara

eccezione. In genere è il passaparola tra gli associati che porta nuovi iscritti e che

permette al Gac di ingrandirsi.

Sul fronte delle sinergie attivate, uno degli intenti iniziali del progetto è stato quello di

inserire i Gac in contesti dove potessero anche esser sostenuti e accompagnati da altri

Gas del territorio e dove le conoscenze acquisite da questi ultimi nel corso del tempo

potessero avere un effetto propulsivo nei confronti dei Gac. In realtà poco è stato fatto in

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questa direzione. L'unica esperienza di rilievo è stata quella del Gac Piossasco. In una

prima fase in cui la cooperazione con il Gas era molto forte, tanto che le due esperienze

quasi si fondevano, era uno dei primi Gac in termini di risultato. Le sue sorti si sono poi

arenate quando le sinergie con il Gas sono svanite e il Gas ha preso la sua strada. Una

delle poche azioni intraprese nel corso del tempo in collaborazione con GAStorino è

stata l'operazione SOS Rosarno attraverso l'acquisto delle arance. I prodotti proposti da

SOS Rosarno sono biologici e certificati e a coltivarli sono piccole realtà e individui

riunitisi in cooperative, i quali assumono regolarmente la manodopera (composta per più

del 50% da immigrati) per la raccolta della frutta. La sperimentazione del progetto in

realtà ha dimostrato che le due realtà, quella dei Gac e quella dei Gas, hanno degli animi

talmente diversi che risulta difficile tenerle insieme in percorsi condivisi.

4.7 LE CRITICITA' EMERSE

Al fine di analizzare le criticità emerse all'interno dei Gac, è necessario prendere in

considerazione nell'insieme le diverse fasi progettuali. Il manifestarsi di situazioni

problematiche e le relative e pronte risposte degli enti organizzatori, sono infatti

elementi direttamente collegati se non conseguenti dell'evoluzione dei progetti stessi.

Altro elemento chiave da prendere in considerazione è la caratteristica del progetto di

essere un programma sperimentale, dato che tutti i soggetti coinvolti fin dall'inizio

hanno accolto la sfida senza presunzione né certezza dei risultati, consapevoli che

quanto si proponeva non era accompagnato da indicatori di predittività. Il carattere

sperimentale del progetto fa sì che le criticità siano emerse strada facendo man mano che

il progetto veniva testato e si inseriva all'interno dei contesti locali.

Analizzando cronologicamente la storia dei Gac le prime criticità emergono alla fine del

2008, con la chiusura del Gac di Via Banfo. Le motivazioni del fallimento vanno

ricercate nell'età avanzata del target di popolazione frequentante la sede in questione: è

infatti emersa la difficoltà di inserimento di una popolazione “anziana” all'interno di un

progetto di spesa collettiva. Le cause sono riconducibili alla necessità dell'anziano di

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fare la spesa, non solo ai fini del sostentamento, ma come unico momento di

socializzazione della giornata; la privazione di tale routine o la concentrazione dello

stesso in un unico momento nella settimana, non viene dunque percepito come un fattore

migliorativo del proprio stile di vita, ma al contrario è portatore di effetti negativi.

Altra criticità emersa nei primi mesi del progetto “Collettivo è Meglio” è intrinseca alla

natura stessa del Gac: è un modello di progetto pensato da terzi e calato all'interno di

realtà complesse, quali sono i quartieri a “basso reddito” selezionati dalla Provincia di

Torino per promuovere un consumo di cibo di qualità a costi accessibili. La selezione del

facilitatore locale ha dunque assunto un momento importante: la scelta è ricaduta,

almeno in una prima fase, su soggetti del luogo e non su soggetti appartenenti agli enti

organizzatori, per facilitare il dialogo e la diffusione del progetto, basandosi sulle reti di

relazioni già presenti e su un rapporto di fiducia garantito dalla selezione di personaggi

inseriti nel contesto sociale locale. In fondo, il vero nodo è connettere la proposta dei

Gac al tessuto sociale, culturale e politico del territorio. Inoltre, il Movimento

Consumatori ha deliberatamente scelto di “restituire” energie, anche economiche, sui

territori interessati dal progetto (i coordinatori sono retribuiti). Il ruolo del coordinatore è

cruciale in un progetto culturale di spesa come quello proposto dai Gac. Dal momento

che non si tratta di un supermercato e che di fatto si acquistano prodotti sulla carta senza

poterli vedere, la figura del coordinatore deve suscitare in qualche modo la fiducia da

parte degli iscritti facendosi portavoce del MC e della garanzia della qualità dei prodotti.

Importante, in questa direzione, è capire il senso profondo del progetto e quindi prestare

attenzione alle esigenze e ai gusti degli iscritti, spendere due parole in più, scambiare

idee, ricette, informazioni sui prodotti e i produttori e in un certo senso educare ad un

consumo critico. Fino al 2012 dal momento che gli ordini erano possibili solo tramite la

compilazione on line o cartacea di uno “sterile” foglio excel che non permetteva di

vedere i prodotti, il ruolo del coordinatore era ancora più rilevante in tal senso. Ad

esempio per particolari tipi di ortaggi come ad esempio il cavolo nero, di cui la maggior

parte delle persone non sospetta nemmeno l'esistenza, senza un'immagine del prodotto,

risultava difficile proporre o spiegare agli associati di cosa si trattava. Con la nuova

piattaforma informatica, invece, dal momento che l'impatto visivo è molto forte e

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permette di vedere il prodotto e avere informazioni sul produttore, il ruolo del

coordinatore risulta essere, a mio avviso, sicuramente semplificato, ma, in parte

svuotato.

Durante la prima fase, quando il progetto era ancora finanziato a regime, la scelta dei

facilitatori è stata quasi sempre orientata alla selezione di persone del luogo dove

sorgeva il Gac, successivamente invece si è cercato di organizzarsi come si riusciva,

spesso trasferendo personale del Movimento Consumatori nei vari Gac (soprattutto nei

Gac della città).

Il 2009 ha visto una prima fase di espansione dei Gac e la comparsa di un nuovo e

naturale problema: l'insufficienza di prodotti per un pubblico ampio e la mancanza di

prodotti bio a “Km zero”. Infatti se il Movimento Consumatori era riuscito, attraverso

una attenta ricerca, ad ottenere prodotti rispettando il criterio della filiera corta, pochi di

questi provenivano dal territorio piemontese, ma da diverse regioni italiane.

Al fine di rispondere all'aumento della domanda di prodotti e rispettare la sensibilità dei

consumatori alla politica del “Km Zero”, nel 2010, il Movimento Consumatori avvia il

progetto Mio Bio, con la selezione di produttori biologici nel territorio piemontese. Ciò

ha risultati ambivalenti. Da un lato infatti conferisce un enorme valore aggiunto

all'esperienza per l'inserimento di produttori, non solo locali in regime di filiera corta

all'interno del progetto, ma anche biologici, a rappresentare una scelta radicale di qualità

e salubrità dei prodotti, dall'altro la scelta del biologico ha portato nel tempo ad

intercettare una “nicchia” di consumatori altra rispetto a quella classe media vulnerabile

che in realtà doveva esser la fascia privilegiata a cui doveva rivolgersi il progetto.

Una tendenza generale riscontrata è il calo di ordini nella stagione estiva e un minor

successo dei Gac della provincia rispetto a quelli della città. Ovviamente chi ha la

possibilità di coltivare in maniera più o meno diretta un orto in provincia lo fa e riesce

con più facilità a rifornirsi presso produttori locali di fiducia. Diverso è il caso della città

dove tutto questo, per ovvie ragioni, non è possibile. Questi sono i motivi che hanno

portato nel tempo a chiudere Gac, come ad esempio quelli situati a Rivarolo, Rivoli e

Piscina, poiché le spese settimanali erano esigue e non si riusciva a sostenere i costi di

gestione del servizio.

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Con il progetto “Insieme con responsabilità”, il MC inizia a sperimentare dei Gac situati

all'interno dei luoghi di lavoro per riunire i lavoratori di grandi aziende: è il caso del Gac

dell'Ospedale Maggiore di Chieri, rivolto dapprima ai dipendenti dell’Ospedale e

successivamente aperto a tutti i chieresi. Il Gac di Chieri è rimasto aperto un anno per

poi chiudere. Anche l'esperienza successiva del Gac al polo ospedaliero del San Luigi di

Orbassano, nonostante il bacino di utenti fosse enorme, non è stata positiva. Ciò si pensa

sia dovuto al fatto che, chi ha un tipo di vita scandito dai turni di lavoro in un sistema

totalizzante come quello di un ospedale, un servizio come quello del Gac dove si ordina

la settimana precedente per la settimana successiva non funziona. Inoltre, altro fattore

che sicuramente ha influito, è stata la mancanza di collaborazioni con i vertici degli

ospedali e la volontà di questi ultimi di partecipare in prima persona e promuovere il

progetto. L'unica esperienza di Gac situato in un luogo di lavoro che registra buoni

risultati è quella del Gac San Giovanni Battista. In questo caso però i membri del Gac

sono soprattutto abitanti del quartiere e in piccola parte dipendenti dell'ospedale.

Il 2011 è il primo anno che risente del calo dei contributi provinciali al progetto. É la

fase in cui gli enti organizzatori testano quanto realmente i “consumatori” abbiano

aderito ai principi guida del progetto di consumo collettivo, in quanto iniziano a

richiedere, per la sopravvivenza del servizio, del lavoro volontario. Durante questa

prima fase di transizione, l'unico Gac che diventa completamente autogestito e basato

sul lavoro volontario è il Gac di Corso Belgio. Quando però a più riprese si è cercato di

coinvolgere i membri attraverso newsletter settimanali per prestare lavoro volontario

nella gestione del Gac, le risposte hanno tardato a venire e sono state pressoché assenti.

Prima di analizzare il 2012, marcato dalla quasi assenza di contributi pubblici, è

importante ricordare come gli enti organizzatori abbiano gestito la richiesta di prodotti

non rintracciabili sul mercato nazionale, quali caffè, zucchero ed altri prodotti di chiara

produzione estera. Il ricorso ai prodotti del mercato Equo e Solidale non è sempre stato

privo di ostacoli. Innanzitutto la ricerca dell'intermediario: il Movimento consumatori

negli anni ha infatti cambiato più volte il “fornitore”, per motivi non troppo diversi da

quelli che legano la ricerca di produttori per i classici prodotti bio nazionali. Infatti,

individuato il primo intermediario, in seguito all'aumento delle ordinazioni si è resa

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necessaria la ricerca di un partner con capacità di fornitura maggiore a prezzi

ovviamente più bassi. In seguito al legame di partnership diretto con Mondo Nuovo,

emerse infine un'ultima problematica: i prezzi dei prodotti Equo e Solidali dei Gac erano

inferiori a quelli esercitati all'interno delle Botteghe Equo e Solidali e dei negozi

specializzati, generando le proteste degli stessi negozianti.

Come anticipato il 2012 è l'anno dei problemi economici: il taglio dei contributi

provinciali permettono al Movimento consumatori di poter finanziare a pieno regime

solo i 4 Social Gac e i due nuovi Gac aperti durante l'anno. Per evitare la chiusura dei

diversi Gac, il Movimento consumatori si vede costretto ad aumentare la quota di

iscrizione (di fatto ad introdurla) da 2 a 50€ per tutti i Gac, 30€ invece per i Social-Gac.

Cifra per altro ragionevole, in virtù della mole di lavoro che sta alla base del servizio

fornito, ma che non tutti gli associati accettano di buon grado. In termini assoluti il 2012

è infatti l'anno del calo di affiliati per il progetto Gac; tuttavia la mole di ordinazioni non

accenna a calare. Secondo i responsabili del Movimento Consumatori ciò è giustificabile

con la “fidelizzazione” dei fruitori: mentre prima tutti si affiliavano, anche per spese

saltuarie e legate a pochi prodotti, i “nuovi” tesserati sono consumatori costanti del

servizio, che fanno proprio il principio della spesa collettiva, affidando ai Gac la quasi

totalità della spesa, ordinando settimanalmente nuovi prodotti. Dato che pagano il

servizio con la tessera annuale, sono più motivati a sfruttarlo.

Un'altra conseguenza del taglio dei finanziamenti è la diminuzione progressiva di

momenti associativi e assembleari, incontri, riunioni che in una prima fase erano molto

più frequenti e che permettevano ai pochi che frequentavano di sentirsi partecipi e non

meri fruitori di un servizio. Vi è infatti una parte dei soci che richiede attivamente

informazioni, anche se in modo irregolare e discontinuo, e che vorrebbe sentirsi parte

del progetto e dell'associazione.

Un problema, che ha accompagnato durante tutto il percorso i Gac, è stato quello di

certificare la reale provenienza e qualità dei prodotti. Il Movimento Consumatori al fine

di garantire la validità del prodotto durante gli anni ha adottato tecniche diverse, quali i

controlli in laboratorio attraverso una selezione campionaria e casuale, riscontrando su

qualche centinaia di test solo due casi di prodotti non bio, e utilizzando il metodo dei

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controlli incrociati, come ad esempio verificare che la quantità di prodotti forniti da un

produttore, corrispondesse alla sua reale capacità di produzione.

Una criticità insita nel progetto stesso e nella modalità in cui è stato costruito ed

organizzato è il fatto di poter ritirare solo cosa si è ordinato la settimana precedente, che

lo si deve fare a giorno ed orario fisso e che talvolta su 20 prodotti ordinati un paio

vengono a mancare. Quest'ultimo aspetto soprattutto, ha provocato la perdita di molti

iscritti nel corso del tempo, sicuramente di quelli che non hanno compreso a pieno il

senso del progetto. Questa problematica solleva reazioni diverse legate ai principi

valoriali con cui i diversi soggetti si avvicinano ai Gac. Coloro che hanno fatto propria la

filosofia alla base del Gac, capiscono il disguido, mentre coloro che percepiscono il Gac

come un “diverso” supermercato data l'estrema varietà di prodotti acquistabili e

nutrendo quindi aspettative molto elevate, non accettano la naturale mancanza di

prodotti, legata all'impossibilità delle terre coltivate di rispondere a una domanda

eccessiva.

Inoltre, comprare gli ortaggi tutti insieme, dal momento che nel paniere non ci sono

prodotti di quarta gamma, presuppone la necessità di pulirli tutti fin da subito affinché

possano durare per l'intera settimana. Aderire ad un Gac quindi, per forza di cose

comporta una certa propensione all'organizzazione/programmazione della propria

dispensa settimanale. È necessario che si inizino prima a consumare i prodotti che si

deteriorano più in fretta e dedicare del tempo alla loro preparazione. Inoltre, potendo

ordinare una sola volta alla settimana, se ci si dimentica qualcosa, occorre aspettare la

settimana successiva.

Altra criticità emersa è il problema, riscontrato frequentemente, della possibilità di far

un ordine che va al di là dei bisogni del singolo iscritto per ricomprendere qualche

amico o conoscente che invece non è iscritto. Così facendo, si contribuisce attivamente

alla chiusura dei Gac dato che, il modo principale per garantire la sostenibilità del

progetto, è l'aumento del numero degli iscritti che pagano la tessera annuale.

Di non poco conto sono le problematiche relative alla sede dei Gac. Queste sono

concesse a titolo gratuito dai comuni, dalle circoscrizioni ospitanti o dalle associazioni

per determinate ore settimanali a giorno fisso. Questo risulta essere un fattore

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determinante ai fini del radicamento e del successo delle varie esperienze nate. Più il

luogo dove sorge il Gac è accogliente, allestito in maniera non troppo provvisoria, dove

anche nel corso della settimana è leggibile e visibile per chi frequenta le strutture che vi

è un Gac attraverso pubblicità o uno spazio fisso con le varie cassette in vista, più il Gac

potrà avere maggiori possibilità di visibilità, di farsi pubblicità e di radicarsi in un

determinato contesto. Questo non è stato sempre possibile. Ad esempio il Gac Pinerolo e

il Gac Ghedini a Gennaio 2013 risultano avere problemi di sede. Cambiar sede al

gruppo, anche se di qualche isolato, è un meccanismo delicato che può creare notevoli

problemi agli iscritti e incidere sul successo di un Gac. L'unico spazio interamente

dedicato alle attività e alla vita di un Gac è la piattaforma Gac/Gas, sede anche del

magazzino centrale82, in via Goito dove sorge il Gac San Salvario. Non a caso il Gac

San Salvario ha avuto un successo enorme nonostante sia stato l'ultimo Gac attivato dal

progetto.

4.8 GAC SAN SALVARIO/ GAC VENARIA A CONFRONTO

Con 6783 iscritti al Gac Venaria e 72 al Gac San Salvario e con una media di 55-60 spese

settimanali, le esperienze dei due Gac risultano essere quelle del progetto che più hanno

avuto successo. Nel Gac Venaria gli iscritti anno dopo anno hanno sempre riconfermato

la loro presenza nonostante i cambiamenti nell'organizzazione del servizio mentre nel

Gac San Salvario in soli sei mesi si è avuto un successo enorme mai raggiunto in altre

esperienze.

Riprendendo le dimensioni del radicamento territoriale (dimensione spaziale,

dimensione delle risorse e dimensione sociale-organizzativa) si cercherà in questo

paragrafo di chiarire i fattori che hanno portato a questi risultati.

Come si è già detto più volte la figura del facilitatore locale, che interseca sia la

82In previsione di un aumento del volume di acquisti il magazzino in una zona così centrale come Via Goito non è funzionale poiché crea problemi alla circolazione nel momento dello scarico delle merci. Sarà necessario, in prospettiva, scegliere un magazzino in una zona decentrata facilmente raggiungibile dai fornitori.83Dati a febbraio 2013.

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dimensione spaziale sia quella sociale-organizzativa, in un progetto culturale di spesa

collettiva assume un ruolo cruciale, fungendo da collante tra gli associati, il MC e i

produttori.

Il Gac San Salvario essendo anche la sede centrale e la piattaforma logistica dei Gac

nonché ufficio dal quale vengono inviate le newsletter settimanali, si avvale di

facilitatori direttamente espressione del “centro del sistema” del Movimento

Consumatori. Il facilitatore (coadiuvato da due ragazzi del servizio civile anch'essi

facilitatori a loro volta di altri due Gac, con una conoscenza profonda del progetto) si

occupa anche della scelta dei produttori. Questo ruolo chiave di conoscenza sia a livello

organizzativo, sia di “storia” dei prodotti permette di rispettare ampiamente quelle

caratteristiche di intermediario-garanzia-fiducia nel progetto.

La facilitatrice del Gac Venaria non è direttamente espressione del MC bensì della

cooperativa “Il Margine” che gestisce il centro polivalente Iqbal Masih e il gruppo di

acquisto. Lavorare nel sociale ed essere già inseriti in determinate dinamiche permette di

avere una certa sensibilità e predisposizione nel rapportarsi con gli associati e nel

proporre loro un progetto collettivo di spesa. Dimostra inoltre di essere estremamente

presente, attenta e disponibile alle esigenze degli associati, calzando in pieno il ruolo di

“facilitatrice tipo”.

Per quanto riguarda la dimensione delle risorse, il Gac San Salvario iniziando

l'esperienza a Giugno 2012 riesce fin da subito a contare su un listino prodotti

estremamente “potente” e vario dopo anni di sperimentazione e scelta dei produttori.

Nasce come Gac del biologico, con la possibilità di scegliere in un paniere di 300

prodotti. Il Gac Venaria invece non ha potuto contare fin da subito su un paniere di

prodotti così variegato.

Le strutture logistiche, altro elemento determinante ai fini del successo/insuccesso di

un'esperienza, sono sicuramente uno dei valori aggiunti del Gac San Salvario. Il Gac

infatti è l'unico degli 11 attivati ad avere uno spazio interamente dedicato alle attività e

alla vita di un Gac che, in un quartiere così centrale, in pieno tessuto urbano, come San

Salvario, permette anche di avere visibilità e farsi così conoscere. È inoltre il nodo

centrale dove vengono organizzate le iniziative e gli incontri aperti a tutti gli altri nodi

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periferici, ovvero gli altri Gac del progetto e i Gas.

Anche le strutture logistiche che supportano il Gac Venaria risultano essere idonee e

favorevoli al suo radicamento. Anche se non può contare su uno spazio fisso e stabile nel

tempo (dato che solo il martedì nel suo giorno di giro viene adibita una sala del centro

per l'attività del Gac), tuttavia può contare su un'ampia sala all'interno del centro

polifunzionale, aperto tutti i giorni e molto frequentato, grazie alle innumerevoli attività

che si svolgono al suo interno, che permette di avere una gran visibilità dalle persone

che frequentano il centro. Un grande sostegno al Gac è rappresentato anche

dall'amministrazione comunale che con una certa frequenza ed assiduità pubblicizza nei

giornali locali il progetto (sostegno che invece in altre realtà è venuto fortemente a

mancare). Anche il contesto nel quale sorge il Gac Venaria sembra essere favorevole. É

un Gac della Provincia, ma Altessano, la località dove è situato il centro polifunzionale,

è praticamente a ridosso di Torino conservando ancora tracce di tessuto urbano.

Infine, nella dimensione sociale ed organizzativa le sinergie attivate dai Gac con altri

attori presenti nel territorio possono contribuire a dare ulteriore valore aggiunto alle

singole esperienze. Nel caso del Gac San Salvario, la sede è anche aperta ai Gas del

quartiere che possono sfruttare le strutture logistiche per le loro attività. Diversi Gas

stanno utilizzando la piattaforma e partecipano anche alle iniziative che sono state nel

tempo organizzate. Le reti sociali tessute dal Gac si ingrandiscono con un inserimento

lavorativo di una persona svantaggiata che nel Gac svolge un ruolo di accoglienza degli

associati, aiutando, chi vive nei paraggi del Gac, a portare a casa la spesa.

Anche il Gac Venaria sta assumendo una piega “sociale”. Nella preparazione delle

cassette la facilitatrice è coadiuvata da persone con disagi psichici della cooperativa Il

Margine. La sinergia con la cooperativa ha permesso di sfruttare fin da subito una rete

sociale già esistente e di creare collaborazioni nel tempo sempre più orientate in una

direzione comune.

Il secondo livello di analisi consiste nella somministrazione di un questionario ai

membri del Gac San Salvario e Venaria. Sono stati compilati 35 questionari per il Gac

Venaria e 36 per il Gac San Salvario, ovvero la metà circa degli iscritti per ogni gruppo

al fine di indagare, attraverso 24 domande, ancor più dall'interno le caratteristiche e il

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punto di vista degli associati.

Per quanto riguarda il genere, la maggioranza in entrambi i gruppi è rappresentata dalle

donne. Sono queste ultime infatti che si occupano della spesa, inoltre, la maggior parte

degli uomini che frequentano i gruppi, ritengono di essere stati delegati dalle proprie

mogli al ritiro dell'ordine settimanale. In termini numerici nel Gac San Salvario le donne

rappresentano il 65% degli associati mentre gli uomini il 35% (Fig. 4.4). Nel Gac

Venaria invece le donne raggiungono quota 73% e gli uomini il 27% (Fig. 4.5).

Fig. 4.4: Grafico relativo al genere degli associati nel Gac San Salvario.

Fonte: rielaborazione propria dai dati dei questionari.

Fig. 4.5: Grafico relativo al genere degli associati nel Gac Venaria.

Fonte: rielaborazione propria dai dati dei questionari.

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Risultato non discordante dalle tendenze generali emerse è quello relativo all'età e alla

situazione familiare che meglio caratterizza gli associati. Le fasce maggiormente

rappresentate sono infatti le famiglie di mezza età, comprese tra i 35 e i 65 anni.

San Salvario risulta dividersi tra i minori di 35 anni e coloro che hanno invece un'età

compresa tra i 35 e i 65 a conferma della forte presenza di giovani che abitano il

quartiere (Fig. 4.6).

Fig.4.6: Grafico relativo alle classi di età maggiormente rappresentate nel Gac San

Salvario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

A Venaria invece l'87% degli associati ha un'età compresa tra i 35 e i 65 anni, mentre il

restante 13 % ha un'età minore di 35 anni (Fig. 4.7).

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Fig.4.7: Grafico relativo alle classi di età maggiormente rappresentate nel Gac

Venaria.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

In entrambi i Gac non sono rappresentati gli over 65, a dimostrazione del fatto che la

fascia “anziana” non vede nel Gac un fattore che può migliorare la propria condizione di

vita dato che un anziano ha una gran quantità di tempo a disposizione e il fare la spesa

rappresenta un momento di socializzazione non indifferente per poter esser svolto solo

una volta a settimana.

Dal punto di vista della situazione familiare che meglio caratterizza gli associati nel Gac

San Salvario il 45% sono famiglie di mezza età tra i 35 e i 65 anni, il 25% famiglie

massimo 35 anni senza figli, il 25% celibi/nubili e il restante 5% separati/divorziati (Fig.

4.8).

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Fig. 4.8: Grafico relativo alla situazione familiare che meglio caratterizza gli

associati nel Gac San Salvario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Nel Gac Venaria invece l'80% è rappresentato da famiglie di mezza età tra i 35 e i 65

anni, il 13% da giovani famiglie, massimo 35 anni, con figli e il 7% da giovani famiglie

senza figli (Fig. 4.9).

Fig.4.9: Grafico relativo alla situazione familiare che meglio caratterizza gli

associati del Gac Venaria.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

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Anche per quanto riguarda il titolo di studio e l'occupazione, i risultati confermano

quelle che sono le tendenze generali emerse in tutti i Gac; ovvero il fatto di

caratterizzarsi da associati che hanno strumenti sia economici, sia culturali per

agganciarsi ad un progetto di spesa collettiva. Nel Gac San Salvario il 40% degli iscritti

ha una laurea di secondo livello, il 30% una licenza media superiore, il 15% una laurea

di primo livello e sempre il 15% un master o dottorato (Fig. 4.10).

Fig. 4.10: Grafico relativo al titolo di studio più alto conseguito dagli associati nel

Gac San Salvario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Non diversa la situazione emersa nel Gac Venaria dove il 47% dispone di una laurea di

secondo livello, il 33% di una licenza media superiore, il 7% rispettivamente di un

master o dottorato, laurea di primo livello e licenza media inferiore (Fig.4.11).

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Fig. 4.11: Grafico relativo al titolo di studio più alto conseguito dagli associati nel

Gac Venaria.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Dal punto di vista occupazionale, quella che si può caratterizzare come classe media è

maggiormente rappresentata con il 25% di impiegati nel Gac San Salvario e il 40% a

Venaria. Il Gac San Salvario si mostra più eterogeneo rispetto al Gac Venaria, con un

20% di risposte “altro”, tra queste risposte vi è, ad esempio, una mediatrice culturale,

due ricercatori, un avvocato, una dottoranda e una precaria dell'ARPA Piemonte. Segue

un 15% rappresentato da liberi professionisti, un 10% rispettivamente da studenti,

disoccupati e imprenditori, e un restante 5% rispettivamente da

operai/commessi/braccianti e da pensionati.

A Venaria il 13% degli associati dichiara di essere pensionato e sempre il 13% risponde

con “altro”. Tra questi vi è un socio di una cooperativa sociale e due infermieri. Al 7%

risultano essere rappresentati gli insegnanti, i liberi professionisti, i

commercianti/agricoltori/artigiani, i dirigenti/quadro aziendali, disoccupati (Fig. 4.12,

4.13).

126

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Fig. 4.12: Grafico relativo all'attuale occupazione degli associati del Gac San

Salvario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

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Fig. 4.13: Grafico relativo all'attuale occupazione degli associati del Gac Venaria.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Segue la domanda relativa al numero di anni in cui l'associato è iscritto al Gac. Nel Gac

San Salvario il 55% degli associati sono iscritti da meno di un anno, dato che il Gac ha

aperto a giugno 2012. Vi è anche un 25% di persone iscritte tra 1 e i 2 anni, un 15% di

associati iscritti tra i 3 e i 4 anni ed un 5% di iscritti da 5 anni o più (Fig. 4.14). Queste

ultime persone rappresentano quelle fidelizzate all'esperienza dei Gac che per vari

motivi decidono di spostarsi da un precedente gruppo ad un altro perché magari più

comodo da un punto di vista logistico. Il Gac San Salvario collocandosi in una posizione

così centrale si presta ad un discorso di questo tipo e riesce più facilmente ad essere

intercettato da chi è di passaggio.

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Page 133: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTÀ DI SCIENZE … · sistemi produttivi e degli scambi commerciali, che nel settore agricolo si sono espressi principalmente nel modello di

Fig. 4.14: Grafico relativo agli anni di adesione al Gac San Salvario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Il 47% degli iscritti al Gac Venaria invece risultano associati da 3-4 anni, il 27% tra 1 e 2

anni, il 20% da meno di un anno, il 7% da 5 anni o più (Fig. 4.15). Considerando che

quasi la metà degli iscritti sono quelli della primissima ora, ritengo sia un risultato

estremamente importante ai fini della fidelizzazione degli associati che, nel Gac Venaria,

ogni anno, nonostante i cambiamenti, hanno sempre riconfermato la propria adesione.

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Fig. 4.15: Grafico relativo agli anni di adesione al Gac Venaria.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Sia per il Gac Venaria sia per il Gac San Salvario gli associati sono venuti a conoscenza

del gruppo di acquisto attraverso il passaparola con un 45% di risposte nel Gac San

Salvario e il 67% a Venaria. Risultato rilevante è il 20% raggiunto dal Gac San Salvario

di associati che sono venuti a conoscenza del gruppo perché conoscevano già il

facilitatore. Quanto più quest'ultimo riesce a coinvolgere conoscenti ed amici in un

progetto di spesa comune, tanto più si vengono a creare quei meccanismi virtuosi che

alimentano e danno forza al Gac. Il 25% degli associati che hanno risposto “altro” hanno

specificato di esser entrati in contatto con il Gac perchè passaggiando hanno visto la

vetrina e incuriositi hanno chiesto informazioni (Fig. 4.16, 4.17).

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Page 135: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTÀ DI SCIENZE … · sistemi produttivi e degli scambi commerciali, che nel settore agricolo si sono espressi principalmente nel modello di

Fig. 4.16: Grafico relativo alle modalità con cui gli associati sono venuti a

conoscenza del Gac San Salvario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

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Page 136: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTÀ DI SCIENZE … · sistemi produttivi e degli scambi commerciali, che nel settore agricolo si sono espressi principalmente nel modello di

Fig. 4.17: Grafico relativo alle modalità con cui gli associati sono venuti a

conoscenza del Gac Venaria.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Tra le motivazioni che spingono gli associati ad aderire al Gac i dati risultano molto

simili anche per la possibilità di scegliere più di una domanda. Per il Gac San Salvario il

28% degli associati ha risposto di aderire al gruppo per il consumo di prodotti locali, il

26% per il consumo di prodotti biologici, il 20% per sostenere i piccoli produttori, il

17% per il risparmio e il 9% perché il Gac si trova nelle vicinanze della propria

abitazione o del luogo di lavoro (Fig.4.18).

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Fig. 4.18: Grafico relativo alle motivazioni che spingono ad aderire al Gac San

Salvario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Analogo il risultato del Gac Venaria dove il 28% si avvicina al Gac per consumare

prodotti biologici, il 25% per sostenere i piccoli produttori, il 20% per il consumo di

prodotti locali e per il risparmio, il 5% perché nelle vicinanze dell'abitazione/luogo di

lavoro e il 3% con “altro”. Tra le risposte “altro”, a cui si chiede di specificare, emerge

l'elevato rapporto qualità/prezzo dei prodotti (Fig. 4.19).

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Page 138: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTÀ DI SCIENZE … · sistemi produttivi e degli scambi commerciali, che nel settore agricolo si sono espressi principalmente nel modello di

Fig. 4.19: Grafico relativo alle motivazioni che spingono ad aderire al Gac Venaria.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

La stragrande maggioranza degli associati al Gac San Salvario, il 90%, e tutti gli

associati al Gac Venaria hanno sensibilizzato conoscenti o parenti ad iscriversi al gruppo

di acquisto a prova della soddisfazione nel servizio offerto e nella qualità dei prodotti.

Le due domande sulla misura in cui gli aderenti al Gac interagiscono tra di loro e con i

produttori a mio avviso non sono state ben comprese anche per la difficoltà degli

associati di pensarsi a qualcosa di più di semplici iscritti e a pensare al Gac come a

qualcos'altro dal semplice servizio ben organizzato al quale recarsi, ritirare la propria

spesa settimanale e tornare a casa. Le domande si articolano in più quesiti nei quali si

chiede di indicare tra 4 valori che vanno dallo 0 che indica per niente, 1 che indica poco,

2 abbastanza e 3 molto, elaborate attraverso una media tra i vari valori indicati per ogni

rispettivo quesito.

Nella prima domanda sulla misura in cui gli aderenti interagiscono tra di loro nel Gac

San Salvario il risultato di 1.45 è stato raggiunto dagli incontri al momento della

distribuzione, segue con 1.30 l'interazione attraverso le mailing list, con 1.25 la

condivisione di interessi, progetti e volontariato e con risultati praticamente nulli le

interazioni nelle assemblee/riunioni e durante le visite ai produttori (Fig. 4.20).

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Fig. 4.20: Grafico relativo alla misura in cui gli aderenti al Gac San Salvario

interagiscono tra di loro.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Anche nel Gac Venaria il risultato più “alto” raggiunto è rappresentato dalle interazioni

tra gli associati nel momento della distribuzione, tutti gli altri risultati non aggiungono il

valore 1 (Fig. 4.21). I risultati non meravigliano dal momento che le interazioni

all'interno dei gruppi sono davvero ridotte tranne nei casi in cui ci si ferma a scambiare

due parole con il facilitatore o con qualche associato che nel tempo si è conosciuto.

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Page 140: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTÀ DI SCIENZE … · sistemi produttivi e degli scambi commerciali, che nel settore agricolo si sono espressi principalmente nel modello di

Fig. 4.21: Grafico relativo alla misura in cui gli aderenti al Gac Venaria

interagiscono tra di loro.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Il quesito sulla misura in cui gli aderenti al Gac interagiscono con i produttori nel Gac

San Salvario vede il risultato di 2.15 raggiunto nelle interazioni in forma indiretta

tramite la piattaforma Gac, lo 2.05 in forma indiretta tramite il coordinatore del Gac,

l'1.25 mediante mailing list, l'1.10 attraverso visite/gite infine l'1 attraverso

assemblee/riunioni (Fig. 4.22).

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Fig. 4.22: Grafico relativo alla misura in cui gli associati del Gac San Salvario

interagiscono con i produttori.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Anche nel Gac Venaria i risultati più alti sono stati raggiunti nelle interazioni in forma

indiretta con il risultato di 1.80 nelle interazioni attraverso la piattaforma Gac e 1.27

attraverso il coordinatore. L'1.07 ritiene di interagire con i produttori mediante visite/gite

e al di sotto del valore 1 attraverso mailing list e assemblee/riunioni (Fig. 4.23). I

risultati emersi dimostrano di essere in linea con le caratteristiche intrinseche ai gruppi

che vedono come tramite il Movimento Consumatori nel compito di fungere da “centrale

di acquisto” e di rapportarsi di conseguenza con i produttori. Il modo più immediato per

un associato per ricevere informazioni su un produttore è consultare la nuova

piattaforma Gac on line che permette di visualizzare le aziende e le caratteristiche dei

produttori o attraverso il facilitatore del gruppo che assume il ruolo di portavoce del

MC.

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Fig. 4.23: Grafico relativo alla misura in cui gli associati del Gac Venaria

interagiscono con i produttori.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Il questionario continua con un quesito sulla conoscenza delle attività svolte dal Gac

come ad esempio riunioni, incontri o eventi di aggregazione sociale, scegliendo tra

diversi gradi: per niente, poco, abbastanza, molto. Nel Gac San Salvario (Fig. 4.24) gli

aderenti rispondono con un 35% “abbastanza”, con un 25% rispettivamente “molto” e

“poco”, ed un 15% “per niente”.

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Page 143: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTÀ DI SCIENZE … · sistemi produttivi e degli scambi commerciali, che nel settore agricolo si sono espressi principalmente nel modello di

Fig. 4.25: Grafico relativo al grado di conoscenza delle attività svolte dal Gac San

Salvario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Diversa la situazione nel Gac Venaria dove il 47% degli associati dichiara di essere

abbastanza a conoscenza delle attività svolte dal Gac, il 40% di essere poco a

conoscenza e i restanti 7% rispettivamente molto a conoscenza e per niente (Fig. 4.26).

Fig. 4.26: Grafico relativo al grado di conoscenza delle attività svolte dal Gac

Venaria.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

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Nella domanda successiva si chiede se gli associati hanno partecipato alle attività

organizzate dal Gac scegliendo tra i seguenti valori: mai, qualche volta, spesso e sempre.

I risultati emersi in tutti e due i Gac danno conferma di una scarsa partecipazione da

parte degli associati nonostante ci sia un livello di informazione sulle attività svolte

abbastanza elevato (Fig. 4.27, 4.28).

Fig. 4.27: Grafico relativo alla frequenza di partecipazione degli associati alle

attività svolte dal Gac San Salvario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Come mostra il grafico della figura 4.27 gli associati del Gac San Salvario dichiarano

con il 70% di risposte di non aver mai partecipato alle attività svolte dal gruppo di

acquisto, il 20% di partecipar spesso alle attività, il 5% rispettivamente qualche volta e

sempre.

Non risulta diversa la situazione nel Gac Venaria dove l'80% degli associati dichiara di

non aver mai partecipato alle attività organizzate dal Gac, il 13% di avervi partecipato

qualche volta, infine il 7% di avervi partecipato spesso (Fig. 4.28).

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Page 145: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTÀ DI SCIENZE … · sistemi produttivi e degli scambi commerciali, che nel settore agricolo si sono espressi principalmente nel modello di

Fig. 4.28: Grafico relativo alla frequenza di partecipazione degli associati alle

attività svolte dal Gac Venaria.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Una domanda simile riguarda la frequenza con cui gli associati prestano lavoro

volontario per il Gac. Nel Gac San Salvario i risultati mostrano un 60% di associati che

rispondono di non aver mai prestato lavoro volontario per il Gac, il 20% di averlo

prestato qualche volta, il 15% quasi sempre ed infine il 5% spesso (Fig. 4.29). Questi

risultati sono in parte dovuti al fatto che il Gac di San Salvario raccoglie anche associati

che sono direttamente espressione del Movimento consumatori e coinvolti

nell'organizzazione del Gac.

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Fig.4.29: Grafico relativo alla frequenza con cui gli aderenti al Gac San Salvario

prestano lavoro volontario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Nel Gac Venaria, invece, un risultato unanime è quello degli associati che non hanno

mai prestato lavoro volontario per l'organizzazione del Gac.

Gli associati dimostrato tuttavia un certo attivismo nel proporre nuovi produttori al

facilitatore del gruppo di acquisto nel Gac San salvario, diverso è il caso del Gac Venaria

dove questo non avviene, tant'è che il 100% degli associati che hanno compilato il

questionario dichiara di non aver mai proposto nuovi produttori.

Nel Gac San Salvario il 55% degli associati risponde di aver proposto nuovi produttori

contro un 45% che dichiara di non averlo mai fatto (Fig. 4.30).

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Fig. 4.30: Grafico relativo alla proposta di nuovi produttori al coordinatore da

parte degli associati nel Gac San Salvario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Segue la domanda sulla frequenza con cui l'associato compone la lista della spesa al

Gac. Nel Gac San Salvario il 45% degli iscritti dichiara di comporre la spesa quasi

sempre, il 30% di comporla sempre, il 15% qualche volta, il 5% rispettivamente spesso e

mai (Fig.4.31).

Fig. 4.31: Grafico relativo alla frequenza con cui gli iscritti al Gac San Salvario

compongono la spesa al Gac.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

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Non diversa la situazione nel Gac Venaria dove il 47% dichiara di comporre sempre la

spesa al Gac, il 40% di comporla quasi sempre e il restante 13% di comporla spesso

(Fig. 4.32).

Fig. 4.32: Grafico relativo alla frequenza con cui gli iscritti al Gac Venaria

compongono la spesa al Gac.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Questi dati sono in linea con le tendenze generali. Dal momento che gli associati pagano

attraverso una tessera un servizio, tendono di conseguenza a sfruttarlo e ad essere più

costanti nelle spese settimanali.

Ne consegue una domanda su quali prodotti prevalentemente si orienta l'associato

quando compone la spesa al Gac. Risulta difficile stabilire con precisione verso quali

prodotti ci si orienta dal momento che il paniere è estremamente vario così come le

categorie di prodotti acquistabili. Per semplicità sono state scelte solo alcune delle

categorie più rappresentative, con la possibilità di scegliere un' opzione di risposta

“altro” da specificare. La maggioranza degli associati nei due Gac dichiara di orientarsi

verso prodotti ortofrutticoli. Nel dettaglio per il Gac San salvario il 39% degli iscritti

compra prodotti ortofrutticoli, il 25% prodotti del circuito del commercio equo e

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solidale, il 16% rispettivamente miele e conserve ed “altro”, il 5% prodotti per l'igiene

della persona e della casa (Fig. 4.33).

Le risposte “Altro” sono state specificate con la scelta di uova e formaggi, prodotti

secchi in generale e bevande alcoliche ed analcoliche.

Fig. 4.33: Grafico relativo alla percentuale di prodotti verso i quali si orienta

l'associato del Gac San Salvario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Anche nel Gac Venaria il 52% degli associati si orienta verso prodotti ortofrutticoli, il

17% prodotti del circuito del commercio equo e solidale, il 10% prodotti per l'igiene

della persona e della casa, il 10% miele e conserve, il 10% altro (Fig. 4.34). Con altro gli

associati hanno specificato di orientarsi verso prodotti quali: legumi, riso e prodotti

secchi, olio e bevande alcoliche e analcoliche.

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Fig. 4.34: Grafico relativo alla percentuale di prodotti verso i quali si orienta

l'associato del Gac Venaria.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

La domanda successiva è relativa alla percentuale di spesa in prodotti acquistati

mediante il Gac. Si chiede all'associato di indicare, fatta 100 la spesa totale, tra cinque

opzioni di valori percentuali che indicano appunto la percentuale di prodotti acquistati

attraverso il Gruppo di acquisto. Nel Gac San Salvario il 55% di associati dichiara di

acquistare dal 40 al 60% di prodotti al Gac, il 20% degli associati di comprare dal 80 al

100% di prodotti, il 10 % dallo 0 al 20%, e dal 20 al 40 %, il restante 5% dal 60 al 80%

dei prodotti (Fig. 4.35).

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Fig. 4.35: Grafico relativo alla percentuale di prodotti acquistati attraverso il Gac

San Salvario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Al Gac Venaria il 47% degli associati dichiara di acquistare dal 40 al 60% dei prodotti al

Gac, il 27% dal 20 al 40%, il 13% dal 60 al 80% dei prodotti, infine ancora un 13%

dallo 0 al 20 % dei prodotti (Fig. 4.36).

Fig. 4.36: Grafico relativo alla percentuale di prodotti acquistati attraverso il Gac

Venaria.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

La maggioranza degli iscritti per tutti e due i Gac dichiara quindi di comprare al gruppo

di acquisto una percentuale di prodotti rispetto al totale della propria spesa che va dal 40

al 60% che, grazie all'estrema possibilità di scelta in un paniere di 300 prodotti circa,

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rappresenta un buon risultato raggiunto.

Il quesito relativo alla certificazione biologica dei prodotti divide quasi a metà gli

associati di tutti e due i Gac con un leggero vantaggio di associati che ritengono

sufficiente il rapporto fiduciario instaurato tra il Gac, e quindi il MC, e il produttore

rispetto alla necessità della certificazione (Fig. 4.37, 4.38).

Fig. 4.37: Grafico relativo alla necessità o meno della certificazione biologica dei

prodotti nel Gac San Salvario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Come mostra il grafico della figura 4.37, il 60% degli associati ritiene sufficiente il

rapporto fiduciario instaurato tra il Gac e il produttore mentre il restante 40% ritiene

invece indispensabile la certificazione dei prodotti.

Situazione analoga anche nel Gac Venaria dove il 53% degli associati ritiene sufficiente

il rapporto fiduciario tra Gac e produttore mentre il rimanente 47% considera

indispensabile la certificazione biologica (Fig. 4.38).

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Fig. 4.38: Grafico relativo alla necessità o meno della certificazione biologica dei

prodotti nel Gac Venaria.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Seguono domande relative alla qualità e al prezzo dei prodotti. Per quanto riguarda la

qualità dei prodotti gli associati hanno la possibilità di scegliere tra cinque opzioni:

molto elevata, elevata, sufficiente, insufficiente, gravemente insufficiente. Nel Gac San

Salvario il 65% degli associati ritiene la qualità dei prodotti del Gac elevata, il 30% la

ritiene molto elevata ed il 5% sufficiente (Fig. 4.39).

Fig. 4.39: Grafico relativo al grado di qualità dei prodotti percepita dagli associati

del Gac San Salvario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

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Nel Gac Venaria gli associati ritengono per il 93% che la qualità dei prodotti si elevata e

per il restante 7% invece sufficiente.

Nella domanda relativa al prezzo invece l'associato può scegliere tra tre opzioni:

conveniente, non di verso da quello che si trova al supermercato e sconveniente. Nel

Gac San Salvario il 75% degli iscritti ritiene il prezzo dei prodotti offerti dal Gac

conveniente, il 20% non diverso da quello che si trova al supermercato mentre il 5%

sconveniente (Fig. 4.40).

Fig.4.40: Grafico relativo alla valutazione del prezzo dei prodotti offerti dagli

associati del Gac San Salvario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Gli associati del Gac Venaria ritengono nel 80% delle risposte che il prezzo dei prodotti

offerti sia conveniente, nel 13% non diverso da quello che si trova al supermercato e nel

rimanente 7% sconveniente (Fig. 4.41).

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Page 155: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTÀ DI SCIENZE … · sistemi produttivi e degli scambi commerciali, che nel settore agricolo si sono espressi principalmente nel modello di

Fig.4.41: Grafico relativo alla valutazione del prezzo dei prodotti offerti dagli

associati del Gac Venaria.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Le ultime domande riguardano la valutazione delle strutture logistiche per lo

smistamento della spesa e per l'organizzazione del Gac. In questo quesito si è chiesto di

scegliere tra cinque opzioni così suddivise: molto soddisfacenti, soddisfacenti, né

soddisfacenti né insoddisfacenti, insoddisfacenti, molto insoddisfacenti. Nel Gac San

Salvario il 50% degli associati ritiene le strutture logistiche a sostegno del Gac

soddisfacenti, il 25% molto soddisfacenti, il 25% né soddisfacenti né insoddisfacenti

(Fig. 4.42).

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Page 156: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTÀ DI SCIENZE … · sistemi produttivi e degli scambi commerciali, che nel settore agricolo si sono espressi principalmente nel modello di

Fig. 4.42: Grafico relativo al grado di valutazione delle strutture logistiche a

sostegno del Gac San Salvario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Anche gli aderenti al Gac Venaria risultano essere in maggioranza soddisfatti delle

strutture logistiche a disposizione. Come mostra la Fig. 4.43 il 60% degli associati

considera soddisfacenti le strutture logistiche, il 27% né soddisfacenti né

insoddisfacenti, il 13% le considera molto soddisfacenti.

Fig. 4.43: Grafico relativo al grado di valutazione delle strutture logistiche a

sostegno del Gac Venaria.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

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Nella penultima domanda si chiede agli associati di esprimere nel complesso la propria

soddisfazione all'organizzazione del servizio Gac con la possibilità di scegliere tra le

seguenti opzioni: molto, abbastanza, poco, per niente.

Gli associati del Gac San Salvario nel 65% delle risposte ritengono di essere molto

soddisfatti dal servizio, il 35% invece di esserlo abbastanza (Fig. 4.44).

Fig. 4.44: Grafico relativo al grado di soddisfazione del servizio Gac offerto dal Gac

San Salvario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

Anche gli associati del Gac Venaria nel 67% dei casi dichiarano di essere molto

soddisfatti del servizio, nel 33% dei casi di esserlo abbastanza (Fig. 4.46).

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Page 158: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTÀ DI SCIENZE … · sistemi produttivi e degli scambi commerciali, che nel settore agricolo si sono espressi principalmente nel modello di

Fig. 4.46: Grafico relativo al grado di soddisfazione del servizio Gac offerto dal Gac

Venaria.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari.

L'ultima domanda volge a testare il grado di fidelizzazione degli associati al servizio

chiedendo, nel caso in cui il rapporto con il quartiere dove sorge il Gac dovesse

cambiare, a causa di fattori come un cambio lavoro o un trasloco, se l'associato si

iscriverebbe comunque ad un altro Gac o Gas. I risultati risultano essere unanimi con un

100% di persone del Gac Venaria che si iscriverebbe ad un altro Gac/Gas e nel caso del

Gac San Salvario con un 95% di associati che continuerebbe l'esperienza di acquisti

collettivi. Il 5% rimanente è rappresentano da un pensionato che non si riscriverebbe

(Fig. 4.47, 4.48).

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Page 159: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTÀ DI SCIENZE … · sistemi produttivi e degli scambi commerciali, che nel settore agricolo si sono espressi principalmente nel modello di

Fig. 4.47: Grafico relativo alla fidelizzazione al servizio nel Gac San Salvario.

Fonte: rielaborazione propria da dati dei questionari

Fig. 4.48: Grafico relativo alla fidelizzazione al servizio nel Gac Venaria.

Fonte:rielaborazione propria da dati dei questionari

I risultati dei due Gac sembrano confermare le tendenze generali riscontrate nel corso

della ricerca. Nel caso del Gac San Salvario i risultati sono relativi ad un'esperienza di

sei mesi ancora in fase di scoperta da parte dei membri, nel caso invece del Gac Venaria

i risultati relativi a quasi cinque anni di storia del Gac sembrano riflettere chiaramente le

dinamiche riscontrate. Sembra che gli iscritti al Gac Venaria rispecchino gli iscritti

“tipo” dei Gac, in maggioranza donne, le famiglie di mezza età sono quelle

maggiormente rappresentate dal gruppo, con un livello di istruzione alto e

un'occupazione che ricalca gli standard della classe media. Sono inoltre costanti nel

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servizio e risultano fidelizzati dato che la metà dei soggetti che ha risposto al

questionario sono iscritti della primissima ora e anno dopo anno, nonostante i

cambiamenti nelle modalità di acquisto e di iscrizione, hanno continuato a rinnovare la

tessera associativa. Le relazioni all'interno del gruppo risultano scarse, se non inesistenti,

così come il lavoro volontario offerto da parte dei membri e la partecipazione alle

iniziative promosse.

4.9 PROSPETTIVE FUTURE

I traguardi futuri a cui guardano i Gac sono legati sopratutto ad un obiettivo:

sostenibilità economica. Con la quasi chiusura dei fondi pubblici provinciali la

sopravvivenza dei Gac è legata alla capacità di autofinanziarsi.

Oltre alle maggiori quote di affiliazione e al già citato lavoro volontario, per coprire le

spese necessarie al funzionamento del complesso meccanismo, il Movimento

Consumatori sta valutando diverse ipotesi, che possono coinvolgere da una parte i

consumatori e dall'altra i produttori. Pensando ai consumatori, una naturale evoluzione

del progetto Gac consisterebbe nella creazione di una cooperativa di Consumo, con i

consumatori soci lavoratori della cooperativa. Altra ipotesi vedrebbe invece il

coinvolgimento dei produttori. Parte di questi ultimi devono la propria sopravvivenza,

legata a colture biologiche e con metodi tradizionali, al legame con gli stessi Gac. Molti,

senza la costante richiesta dei gruppi di acquisto collettivo avrebbero dovuto cedere a

diversi sistemi di produzione o addirittura cessare l'attività. Invece gli attuali accordi che

legano i produttori ai Gac, non solo forniscono loro entrate costanti, ma in virtù di

particolari contratti, garantiscono che una percentuale fissa di prodotti venga sempre

acquistata dai Gac. Alla luce di questi vantaggi, sarebbe possibile immaginare una fase

2.0 del rapporto produttori-gruppi di acquisto collettivo, dove per preservare la

permanenza dei secondi, i primi partecipino direttamente o abbassando ulteriormente i

prezzi e quindi le spese per i consumatori, permettendo il riutilizzo delle stesse risorse

per compensare il calo degli interventi pubblici, o girando parte del ricavato all'interno

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dei Gac stessi, con fine vincolato al pagamento del personale o dei magazzini. Nel

secondo caso si tratterebbe comunque di cifre piccole, intorno al 2-3 % del fatturato.

Obiettivo del 2013 è comunque quello di aumentare il numero degli iscritti per

permettere grazie al pagamento della tessera annuale al progetto di autofinanziarsi.

Per tenere finanziariamente in piedi il progetto (nonostante ci sia ancora una quota di un

contributo europeo fino a luglio 2013 -progetto ACTT- e l’assessorato Politiche Attive di

Cittadinanza, Diritti Sociali e Parità della Provincia di Torino abbia trovato il modo di

sostenere almeno in parte le spese dei quattro Social Gac per tutto il 2013) il MC ha

deciso di aumentare la quota di iscrizione al servizio. Il costo del servizio Gac, fino al

31.07.2013, per tutti i Gac è pari a 40 euro. E' stata divisa l’attività Gac del 2013 in due

periodi, da gennaio a luglio con un costo di tessera di 40 euro e da settembre a dicembre

con un costo di 20 euro, per poter monitorare con ancora più precisione l'andamento

economico del progetto. Chi partecipava ad un Social Gac però si vede così raddoppiare

il costo della tessera annuale. Sicuramente l'aumento della tessera inciderà sulle

iscrizioni del nuovo anno anche se in termini strettamente economici l'iscrizione al Gac,

per chi sfrutta regolarmente il servizio, conviene dal momento che il prezzo dei prodotti

è il 50 % inferiore a quello delle botteghe specializzate o dei supermercati.

Inoltre tra le novità del 2013, per non esporre il bilancio dell’associazione alle perdite

legate agli immancabili imprevisti e a quelle spese di per sé non rendicontabili nei

progetti cofinanziati (costi bancari, interventi straordinari al furgone, contravvenzioni al

codice della strada...), il MC ha deciso di maggiorare tutte le spese di un costo forfettario

pari all’1%. Tali somme confluiranno in un fondo vincolato alle esigenze dei Gac. Il MC

si impegna, tramite rendicontazione sul sito dell’associazione, a rendere noto

l’ammontare del fondo e a descriverne la destinazione delle somme al 31.07.2013.

Anche nel 2013, per incentivare le nuove iscrizioni il MC mantiene la possibilità di

iscriversi al servizio con la tessera “Benvenuto al Gac” che con il costo di 5 euro dà

diritto di procedere a due ritiri, dando così la possibilità a chi non conosce ancora il

progetto di “testare” il servizio a cui può seguire sia la volontà di richiederne

l’estensione per l’intero periodo (versando la differenza di 35€) oppure di non

proseguire l’esperienza.

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L’assoluta priorità come obiettivo del 2013 è quindi l’aumento degli iscritti. Solo se si

cresce di numero, secondo il presidente del MC, si ha la possibilità di proseguire

l’esperienza. Per questo, gli iscritti sono sollecitati a promuovere e proporre i Gac agli

amici, parenti e conoscenti.

Inoltre, per evitare il problema frequente della possibilità di far un ordine che va al di là

dei bisogni del singolo iscritto per ricomprendere qualche amico o conoscente che non è

iscritto, dal 2013 sono stati inseriti dei tetti massimi al numero di prodotti ordinabili.

Partendo dal presupposto che il servizio Gac è rivolto ai consumi domestici singoli o

familiari, non si accettano più ordini settimanali, ad esempio, di 5/6 Kg di parmigiano o

di 15 kg di mele.

Ulteriore novità del 2013, forse una delle più rilevanti, è la nuova piattaforma

informatica di acquisto. Grazie a questa si potranno visionare le fotografie di tutti i

prodotti accompagnate dalla descrizione delle aziende. Niente più file excel da 300

righe, ma un modo più facile di fare la spesa, agevolato da una grafica semplice e lineare

che permette di riempire con facilità un carrello virtuale, ricevere un messaggio di

riepilogo e poter visionare in qualsiasi momento lo storico degli ordini. Nasce dalla

collaborazione tra il Movimento Consumatori e l'associazione Nessuno con il portale

sostenibile.com84, con l'obiettivo di migliorare ed ottimizzare la raccolta dei singoli

ordini degli iscritti ai Gac e di evitare, almeno in parte, l'utilizzo dei contanti.

Si sta inoltre lavorando per aprire un nuovo Gac cittadino in zona San Paolo, grazie alla

collaborazione con una cooperativa, e di consegnare a domicilio attraverso una

macchina elettrica le spese settimanali del Gac San Salvario.

Tuttavia il successo dei Gac, soprattutto i più grandi come Venaria e San Salvario,

portano con sé alcuni problemi tipici dei Gas in espansione: la gestione della mole di

prodotti, non intesa dal punto di vista organizzativo legato alle ordinazioni, ma dal punto

di vista di deposito, stoccaggio e preparazione delle spese. Problema di difficile

84È un progetto sperimentale volto alla promozione della sostenibilità delle attività commerciali sul territorio della città di Torino partendo dai quartieri di San Salvario, del Centro e di Vanchiglia. L'idea di fondo è di creare una comunità di cittadini e commercianti sensibili al tema della sostenibilità che agiscono in modo responsabile e consapevole. Segnalando le azioni sostenibili attraverso il portale www.sostenibile.com si intende innescare un circolo virtuoso con un impatto positivo sul proprio quartiere e l'intero territorio.

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risoluzione con le attuali risorse umane e i tempi utili stretti a disposizione se la mole di

ordinazioni aumentasse di qualche decina di unità.

Sicuramente occorre interrogarsi sui pro e i contro di un aumento massiccio di membri

per garantire al progetto di raggiungere la sua sostenibilità economica. L'obiettivo del

progetto è aumentare i numeri degli associati per favorire gli acquisti di persone che non

hanno nessun altro interesse se non quello di accedere a prodotti di qualità

risparmiando?

Questo nodo da sciogliere si inserisce all'interno del dibattito generato intorno alla

creazione di distretti di economie solidali (Saroldi, 2008). Determinati prodotti che

possono circolare in un distretto, ma il ragionamento può anche esser trasferito ad un

gruppo di acquisto di grandi dimensioni, rischiano di perdere il loro significato se

“sradicati” dal circuito di relazioni che li hanno generati. Per questo motivo, si sta

cercando di definire dei modelli di distribuzione che possano aumentare la diffusione dei

prodotti e dei servizi mantenendo e valorizzando però le loro caratteristiche relazionali e

comunitarie.

Dalle interviste con i facilitatori dei Gac più grandi è emersa la difficoltà di gestire

gruppi in forte crescita con associati che non sono disponibili a prestare un minimo di

lavoro volontario per snellire il lavoro del facilitatore e consentire a quest'ultimo di

curare, non solo l'aspetto organizzativo, ma anche quello umano. Si può pensare di

aumentare il servizio in termini di efficienza, cercando di velocizzare e semplificare

attraverso la nuova piattaforma il lavoro del facilitatore, ma sicuramente il progetto

rischia di perdere nel lato delle relazioni umane e di quello scambio di informazioni e

contatto diretto che rappresenta il valore aggiunto del lavoro svolto dal facilitatore. È

anche questo lato umano e culturale dell'esperienza, reso possibile solo dai piccoli

numeri, che consente di creare quelle reti sociali e fiduciarie intorno agli associati (che è

poi l'obiettivo primario del progetto) e che distingue il progetto Gac dalla possibilità di

fare la spesa in un qualsiasi altro supermercato.

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CONCLUSIONI

Il Progetto Gac è un tipo di Alternative Food Networks in cui la filiera è ridotta a tre

soggetti, il produttore e il consumatore con un intermediario posto tra i due, il

Movimento Consumatori, impegnato nelle funzioni di “centrale di acquisto”. Questo

modello poggia la sua forza non solo sul fatto di aver accorciato la filiera, ma trova le

sue specificità e le sue ambizioni nello sperimentare un “nuovo” modo di relazionarsi tra

agricoltori e consumatori, che le esperienze dei Gas hanno nel tempo contribuito a

spalancare. Si tratta di un rapporto basato sul rispetto, sulla trasparenza e sulla

correttezza, e sulla volontà di restituire valore ed energie al proprio territorio.

A differenza dei gruppi di acquisto solidali che rimandano alla presa di coscienza di

iniziativa autonoma di gruppi di cittadini relativa agli stili di vita e ai modelli di

organizzazione dei legami e dei consumi, quelli di acquisto collettivo vedono in primo

piano la sollecitudine politica delle istituzioni sociali verso le famiglie e i cittadini. Non

è facile trasferire questa sensibilità, competenza e passione civica al di fuori dei gruppi

che elettivamente si sono formati come gruppi Gas e le esperienze dei Gac attivati lo

hanno ampiamente dimostrato. In realtà, il lavoro volontario da parte dei membri

rappresenterebbe una linfa vitale enorme per i Gac e per la loro autosostenibilità

economica che permetterebbe di non svuotare di senso il ruolo del facilitatore, creare un

ambiente dove anche le relazioni umane fanno la differenza e di non sentirsi meri

fruitori di un servizio bensì degli associati nel vero senso della parola. Uno degli

obiettivi originari di “Collettivo è Meglio!”è il favorire la nascita di gruppi che, nel

corso del tempo e dopo una prima fase di accompagnamento economico, riescano ad

andare avanti con le proprie gambe, ovvero creare le condizioni necessarie affinché da

un ancoraggio iniziale delle rete si possa passare nel tempo ad un suo radicamento. Un

radicamento delle esperienze che è sicuramente avvenuto nel corso degli anni ma che

non è riuscito a far sì che la rete sociale creata accogliesse in pieno la sfida proposta.

Il mix di elementi che compongono le varie dimensioni del radicamento territoriale;

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ruolo del facilitatore locale, contesto dove si inserisce il Gac e strutture logistiche a

disposizione, sinergie attivate con altri attori presenti sul territorio, mescolandosi e

miscelandosi hanno dato luogo a risultati di successo come per il Gac San Salvario

(anche un po' scontato) e il Gac Venaria, ma anche a risultati inaspettati. È il caso del

Gac Ghedini e del Gac Ivrea collocati in contesti territoriali e culturali “critici” di case

popolari dove difficilmente si riesce a mantener in vita delle iniziative a lungo nel

tempo, che nonostante gli ostacoli sono riusciti a vincere la scommessa iniziale e a

mantenere dei livelli di iscritti/spese settimanali molto al di sopra di altre realtà,

fidelizzando gli associati.

I Gac hanno successo perché rispondono a un’esigenza di chiarezza sulle scelte di fondo

che motivano le nostre azioni di consumo. Il rispetto del lavoro agricolo, l’equità nei

rapporti di filiera, la difesa dell’ambiente, il desiderio di contribuire a rilanciare

l’economia locale il tutto unito ad un rapporto qualità/prezzo estremamente vantaggioso,

testimoniano che un’alternativa a questo sistema di distribuzione è possibile. L’acquisto

collettivo presso uno dei Gac è un gesto responsabile, tuttavia, per quanto in continuo

aumento gruppi di consumatori “consapevoli”, è difficile immaginare nel breve periodo

la nascita di un mercato alternativo di pari valore economico anche su scala nazionale

che riesca ad invertire il corso dell’impatto complessivo del “neoliberismo economico”

applicato al mercato dei prodotti alimentari e quindi dell’agricoltura, senza il supporto di

politiche pubbliche trasversali capaci di intercettare i temi economici, della promozione

della salute e della tutela ambientale. In questo momento può rappresentare sulla sola

scala dei singoli soggetti coinvolti un modello concretamente praticabile.

La sperimentazione del progetto è stata avviata a fine 2007 con una prima rete di quattro

gruppi di acquisto. Negli anni, i gruppi sono diventati 12 e hanno coinvolto più di 1.500

persone; considerando che oltre il 75% degli iscritti dichiara di appartenere ad un nucleo

familiare di 2-3 persone, con figli in età evolutiva, si può stimare che l’impatto

alimentare di questo progetto abbia riguardato in questi cinque anni di sperimentazione

circa 4.000 persone. Dati questi numeri, l’economia complessivamente coinvolta da

questo genere di filiera non è ancora in grado di incidere significativamente ad un livello

economico. Tuttavia, questa esperienza risulta estremamente importante per il ruolo di

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testimonianza, in primo luogo nei confronti di sé, della propria famiglia e di una piccola

comunità quale può essere rappresentata dal Gruppo di acquisto, dalla rete dei produttori

attivata e delle sinergie con gli altri soggetti del territorio, che diviene strategicamente

importante nel restituire fiducia nella possibilità di autodeterminarsi e riappropriarsi

della propria sovranità alimentare e di quella del territorio e di poter aumentare le

fratture di un sistema che piace solo più alle grandi aziende. In tal senso, le esperienze di

acquisti collettivi possono mettere pericolosamente in discussione i capisaldi delle filiere

tradizionali e, soprattutto, contribuiscono a mettere a nudo le principali iniquità presenti

in ogni filiera; ed è da questa consapevolezza che le esperienze individuali e collettive

“critiche” trovano origine, identità e vigore.

Tassello fondamentale nel tener insieme e connettere il puzzle di soggetti e reti locali è

rappresentato dalla Provincia di Torino che ha avuto il grande merito di aver dimostrato

una forte sensibilità nei temi della vulnerabilità economica e sociale, e di aver creduto ed

investito in un progetto sperimentale di grande valore culturale, dando l'opportunità ai

territori di poterlo sfruttare, e dal Movimento Consumatori che ha accolto e portato

avanti in prima persona la sfida.

Un progetto che necessita di esser accompagnato negli anni attraverso una pubblica

assunzione di responsabilità perché non si tratta di offrire delle prestazioni, ma di

alimentare processi complessi, di lunga durata, nel contrasto di una “vulnerabilità” che a

mio avviso non è solo e principalmente economica, che riguarda fasce sempre più estese

di popolazione, bensì sociale, che trasversalmente coinvolge tutti. Il target di persone

che effettivamente si rivolgono ad un Gac dimostra di caratterizzarsi non da una

immediata e chiara situazione di vulnerabilità economica bensì da una già

predisposizione e attenzione verso determinate tematiche, con tutti gli strumenti

economici e culturali per accedervi una volta intercettati.

Credo che il progetto abbia fallito da questo punto di vista, ovvero nell'aver intercettato

un target di persone che non si caratterizza per la sua vulnerabilità economica, forse

dovuto a fattori come una scarsa pubblicità mirata e accompagnamento di quelle persone

che necessitano di esser in qualche modo orientate e sensibilizzate ad un progetto di

spesa collettiva, ma anche di scelte in corso d'opera come la scelta del biologico che ha

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portato ad intercettare una “nicchia” di persone lontana dalle difficoltà economiche delle

fasce vulnerabili. Ritengo, invece, che nel contrasto alla vulnerabilità sociale, ovvero

quella sensazione di necessità di rinchiudersi ognuno all'interno del proprio mondo di

frenesia, di poco tempo a disposizione e di ansie ma anche di difficoltà nel socializzare,

nel relazionarsi e nel vivere dinamiche di gruppo e di partecipazione sociale, una delle

grandi malattie del nostro tempo, dei piccoli passi in avanti siano stati compiuti. Nel

calcolo deve anche entrare la considerazione che la sensibilità per il consumo critico e

per gli acquisti collettivi in un circolo virtuoso che si autoalimenta, aumenta la

sensibilità per la difesa dell'ambiente inteso come bene comune con tutta una serie di

ripercussioni che vanno sia a livello individuale e familiare, sia a livello sociale. Per

molti versi, gli esiti sociali indiretti (attenzione alla raccolta differenziata, alla riduzione

di consumi futili, al rispetto della cura di contesti pubblici, alla tracciabilità dei prodotti)

dell'accedere all'acquisto collettivo sono di portata maggiore rispetto a quelli di

immediata fruizione. Credo che in questi anni di sperimentazione del progetto anche se

la partecipazione sociale dei singoli associati è venuta a mancare, tuttavia ognuno, nel

suo piccolo, abbia iniziato ad intraprendere dei percorsi individuali e soggettivi di

sensibilizzazione e di consumo critico, che mi sembra già un risultato di non poco conto.

Se siamo arrivati al punto di dover rieducare e riabituare le persone alla partecipazione, a

sentirsi parte di qualcosa di più grande, a cominciare da una piccola comunità di cittadini

che acquistano collettivamente prodotti alimentari e non, questo forse può esser l'inizio

di un processo partecipativo di più ampio respiro, su cui però occorre lavorare.

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APPENDICI

I TESTI DELLE INTERVISTE:

TRACCIA DI INTERVISTA AL PRESIDENTE DEL MOVIMENTO CONSUMATORI

1- Quando nasce il progetto sui Gac? Con quali dinamiche?

2- Qual è il ruolo e la libertà d'azione del Movimento Consumatori all'interno del

progetto?

3- Quanti Gac sono stati attivati dal progetto?

4- Dove sono stati attivati?

5- Come sono stati selezionati i quartieri?

6- Con quale criterio sono stati scelti i facilitatori di ogni Gac?

7- Come venivano scelti i produttori? Sono stati scelti interamente da voi? Qual è la loro

provenienza?

8- Avete mai effettuato forme di controllo per verificare la qualità dei prodotti?

9- I prodotti bio sono certificati? Quanto la certificazione incide nella scelta dei

produttori?

10- I singoli Gac hanno mai proposto produttori al MC? È successo frequentemente?

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11- Il paniere dei prodotti è uguale per tutti i Gac?

12- Come si organizza e si gestisce la vita di un Gac?

13- Come veniva distribuito il finanziamento della provincia?

14- Quali difficoltà sono emerse:

nella nascita

nella gestione

a fine finanziamento?

15- Qual è stato il trend di crescita del volume di acquisti? Quanto è cambiato con la fine

dei finanziamenti?

16- Con la fine dei finanziamenti come si sostengono i Gac?

17- Il MC ha mai organizzato iniziative volte alla sensibilizzazione dei valori della

filiera corta e del consumo critico? Quanto secondo lei i membri dei Gac hanno

interiorizzato questi valori?

18- Quanto il passaggio da “Collettivo è meglio” a “Mio bio” ha rappresentato un valore

aggiunto al progetto?

19- Qual è la situazione attuale?

20- Quali le prospettive future?

21- Quali Gac secondo lei si sono radicati nel tempo nel contesto in cui sono inseriti?

Per quali motivi?

165

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22- Alla luce del percorso realizzato fin ora, ritiene che per il progetto Gac si possa

parlare di un caso di successo e di innovazione territoriale?

TRACCIA DI INTERVISTA AI FACILITATORI DEI GAC

1- Nome del Gac e area di riferimento.

2- Quando nasce? Con quali dinamiche?

3- Quanti iscritti raccoglie? Qual è stato il trend di crescita? Quanti iscritti sono

occasionali e quanti invece abituali?

4- Qual è la tipologia di iscritti? (pensionati, single, famiglie con figli, giovani famiglie

con figli)

5- C'è stato qualche ostacolo posto da una certa tipologia di iscritti?

6- Gli iscritti del Gac hanno dei rapporti tra di loro? In che modo e misura

interagiscono?

7- Effettuate forme di comunicazione nei confronti dell'esterno? In che modo altri

consumatori vengono motivati/sensibilizzati ad aderire al Gac?

8- Gli iscritti hanno mai proposto a lei e quindi al Movimento Consumatori alcuni nuovi

produttori? Quanto i membri del Gac sono “attivi” nella partecipazione e organizzazione

del Gac stesso?

9- Gli iscritti hanno mai prestato lavoro volontario nella gestione del Gac? In quale

misura? Quanto hanno recepito ed interiorizzato il senso di questo modo di far la spesa?

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10- Il gruppo intrattiene rapporti con altri attori presenti sul territorio ( Gas, associazioni,

botteghe del commercio equo)? Se sì, con quali modalità?

11- Il Gac ha aderito a progetti o iniziative in collaborazione con altri soggetti? Ha

organizzato iniziative volte alla diffusione di buone pratiche e di consumo critico?

12- Si può parlare di una relazione fiduciaria tra consumatori e produttori? Per realizzare

questo legame organizzate incontri, visite per conoscere direttamente i produttori e i loro

metodi produttivi?

14- Quali difficoltà sono emerse ?

Nella nascita

Nella gestione

A fine finanziamento

15- Le strutture logistiche del Gac sono adeguate? Sono cambiate nel tempo?

16- Quanto il passaggio da “Collettivo è Meglio” a “Mio bio” con l'inserimento di

produttori biologici piemontesi ha rappresentato un valore aggiunto all'intero progetto?

17- Quali sono i prodotti del paniere che più hanno successo?

18- Dagli ordini svolti fin ora ha avuto modo di notare se la certificazione dei prodotti

rappresenta una discriminante fondamentale nella scelta? Oppure i consumatori

ritengono sufficiente la fiducia posta nel produttore?

19- Come è stato scelto lei in qualità di facilitatore? È un soggetto esterno o fa parte

della realtà del territorio dove sorge il Gac?

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20- Alla luce del percorso realizzato fin ora e delle interazioni con altri soggetti attivi sul

territorio, quali sono le prospettive future di sviluppo di questo gruppo?

21- Ritiene che questo Gac si sia ben radicato nel contesto in cui è inserito? Quali sono

stati i motivi principali che hanno contribuito a far sì che si possa parlare di una storia di

successo/insuccesso?

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QUESTIONARIO SOMMINISTRATO AI MEMBRI DEI GAC SAN SALVARIO E VENARIA

Università degli Studi di TorinoTesi di laurea di Gaia Matteucci

Facoltà di Scienze PoliticheCorso di Laurea in Scienze Internazionali

Prof. Egidio Dansero

Alternative Food Networks in Piemonte: il progetto Gac

Contatti:[email protected]@unito.it

(per il ricercatore) Questionario numero ..........

GAC di riferimento …………………………….

Grazie per aver scelto di partecipare a questa ricerca. Il suo contributo ci sarà molto utile.

Il questionario è breve e di facile comprensione: è sufficiente segnare con crocette le caselle delle risposte.

Le ricordo che non esistono domande giuste o sbagliate ma che a noi interessa sapere solo la sua più sincera opinione

INFORMATIVA AI SENSI DELLA LEGGE 675/96

La presente ricerca ha finalità di carattere esclusivamente scientifico. Nel rispetto della normativa vigente

sul segreto statistico e sulla privacy (Legge 675/96) la rilevazione è anonima. Pertanto i questionari non

dovranno riportare alcun elemento di identificazione delle persone intervistate. I dati raccolti saranno

elaborati in modo manuale e/o elettronico ed utilizzati, unicamente per gli obiettivi della ricerca stessa,

solo in forma aggregata attraverso la predisposizione di tabelle, indici e grafici, senza fare riferimento, in

alcun modo, ai singoli soggetti intervistati.

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Genere

o Maschio

o Femmina

Età

o Minore di 35 anni

o Compresa tra i 35 e i 65 anni

o Superiore ai 65 anni

Quali delle seguenti informazioni caratterizza meglio la Sua situazione familiare?

o Famiglia (massimo 35 anni) con figli

o Famiglia (massimo 35 anni) senza figli

o Famiglia con componenti di età maggiore di 35 anni e non superiore ai 65

anni (figli esclusi)

o Celibe/nubile

o Vedovo/a

o Separato/a, Divorziato/a

Qual è il Suo Titolo di Studio più alto conseguito? (una sola risposta)

o Nessun titolo

o Licenza Elementare

o Licenza Media inferiore

o Licenza Media superiore

o Laurea di primo livello

o Laurea di secondo livello

(anche vecchio

ordinamento)

o Master o Dottorato

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Qual è la sua attuale occupazione?

o Imprenditore

oDirigente/quadro aziendale

o Insegnante

oCommerciante/agricoltore/

artigiano

oCasalinga

oLibero professionista

o Impiegato/militare di carriera

oOperaio/commesso/

bracciante/apprendista

oStudente

oPensionato

oDisoccupato

o Altro (Specificare)

………………………

Da quanti anni è iscritto/a al GAC?

o Meno di un anno

o Tra 1 e 2 anni

o Tra i 3 e i 4 anni

o 5 anni o più

Come è venuto/a a conoscenza del GAC? (indicare una sola risposta)

o Conosceva già il

coordinatore

o Pubblicità

o Passaparola

o Internet

o Altro (Specificare)

………………….

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Quali sono state le motivazioni che l’hanno spinta ad aderire al GAC?

(Indicare anche più di una risposta, massimo tre)

o Sostenere i piccoli produttori

o Il GAC è nelle vicinanze della Sua abitazione/luogo di lavoro

o Risparmio/ prezzi vantaggiosi

o Consumo di prodotti biologici

o Consumo di prodotti locali

o Altro (Specificare)

……………………………………………………………………………

Ha mai proposto a conoscenti o parenti di iscriversi al GAC?

o Sì

o No

In quale misura, secondo lei, gli aderenti al GAC interagiscono tra di loro?

(Metta una crocetta su uno dei valori che vanno da 0 a 3 in cui: 0 indica per

niente, 1 indica poco, 2 abbastanza e 3 molto)

Assemblee/Riunioni 0 1 2 3Mailing List 0 1 2 3Incontri al momento della distribuzione 0 1 2 3Visite ai produttori 0 1 2 3Relazioni interpersonali 0 1 2 3Condivisione di interessi, progetti,

volontariato

0 1 2 3

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È a conoscenza delle attività svolte dal GAC come ad esempio: incontri, riunioni,

eventi di aggregazione sociale?

o Per niente

o Poco

o Abbastanza

o Molto

Vi ha mai partecipato?

o Mai

o Qualche volta

o Spesso

o Sempre

In quale misura gli iscritti al GAC, secondo Lei, si relazionano con i produttori?

(Metta una crocetta su uno dei valori che vanno da 0 a 3 in cui: 0 indica per

niente, 1 indica poco, 2 abbastanza e 3 molto)

Assemblee/Riunioni 0 1 2 3Mailing List 0 1 2 3Visite/Gite 0 1 2 3In forma indiretta tramite la

Piattaforma Gac

0 1 2 3

In forma indiretta tramite il

coordinatore del Gac

0 1 2 3

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Ha mai prestato lavoro volontario per il GAC?

o Mai

o Qualche volta

o Spesso

o Quasi sempre

o Sempre

Le è mai capitato di proporre nuovi produttori al coordinatore del GAC?

o Sì

o No

Con quale frequenza compone la lista della spesa al Gac?

o Mai

o Qualche volta

o Spesso

o Quasi sempre

o Sempre

174

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Prevalentemente, verso quali prodotti del GAC si orienta maggiormente quando

compone la Sua spesa? (anche più di una risposta)

o Igiene della persona e

della casa

o Prodotti ortofrutticoli

o Prodotti equo solidali

o Miele, conserve

o Altro (Specificare)

…………………………

…………………………

…………………………

In totale, qual è la percentuale di spesa in prodotti acquistati mediante il Gac?

o 0-20 %

o 20-40%

o 40-60%

o 60-80%

o 80-100%

Secondo Lei, è sufficiente il rapporto fiduciario instaurato tra il GAC e il

produttore o ritiene comunque indispensabile che sui prodotti che acquista debba

esserci la certificazione biologica?

o Ritengo sufficiente il rapporto fiduciario GAC-produttore

o Ritengo indispensabile la certificazione biologica

Come valuta la qualità dei prodotti che acquista attraverso il GAC?

o Molto elevata

o Elevata

o Sufficiente

o Insufficiente

o Gravemente insufficiente

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Come valuta il prezzo dei prodotti che acquista attraverso il GAC?

o Conveniente

o Non diverso da quello che si trova al supermercato

o Sconveniente

Come ritiene le strutture logistiche (Magazzino, frigorifero, eventuali locali

adibiti alle attività) per lo smistamento della spesa e per l’organizzazione del

GAC?

o Molto soddisfacenti

o Soddisfacenti

o Né soddisfacenti né

insoddisfacenti

o Insoddisfacenti

o Molto insoddisfacenti

Nel complesso, si può ritenere soddisfatto/a dell’organizzazione del servizio

GAC?

o Molto

o Abbastanza

o Poco

o Per niente

Nel caso in cui il suo rapporto con il quartiere dovesse cambiare (Trasloco,

Cambio lavoro, etc…), si iscriverebbe ad un altro GAC/GAS?

o Sì o No

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Un sentito grazie a tutte quelle persone che ho incontrato durante questo percorso,

a chi ha dedicato il proprio tempo e ha colmato i miei deficit tecnologici.

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