LiDAR: riprodurre in maniera perfetta la realtà che ci circonda #GISDAY2015
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Università degli studi della Tuscia (Viterbo)
Facoltà di Agraria
Corso di Laurea in Scienze Forestali
Anno Accademico 2000-01
Sintesi dell’elaborato tecnico finale
Analisi di una opera tradizionale di difesa spondale: la Palificata reatina
Relatore Candidato
prof. ing. Federico Preti Giuseppe Puddu
2
1. Premessa
Scopo di questa tesina è di proporre una prima analisi di un’opera tradizionale di
difesa spondale, realizzata storicamente lungo le sponde del fiume Velino e dei
suoi affluenti, in tutta la zona della piana di Rieti.
L’analisi dell’opera si è svolta cercando di appurare sia la convenienza tecnica
(scopo dell’opera/efficacia raggiunta), sia quella economica, confrontandola con
altre tipologie d’opera di difesa spondale.
Inoltre, si è cercato di proporre alcuni miglioramenti rivisitando l’opera secondo i
criteri costruttivi dettati dalle tecniche di Ingegneria Naturalistica con il fine di
garantire sia una maggiore efficacia dell’opera stessa, sia un ridotto impatto ed un
migliore inserimento nell’ambiente fluviale.
Questo lavoro si è svolto nell’ambito di una convenzione tra l’Università degli
Studi della Tuscia, la Regione Lazio e la Cooperativa Naturstudio, per il
monitoraggio dei Cantieri di Ingegneria naturalistica realizzati con i finanziamenti
previsti dalla Legge regionale 471/98.
3
2. Introduzione
Le tecniche di Ingegneria Naturalistica si vanno ormai affermando anche in Italia
come un’ulteriore possibilità operativa nella soluzione dei problemi legati al
recupero, ripristino e gestione dell’instabilità di certi sistemi ambientali, ad
esempio, come versanti franosi o sponde in erosione.
L’uomo, si trova spesso a dover fronteggiare eventi ambientali disastrosi sia per la
propria incolumità, sia per la propria economia, causati dal superamento della
condizione di equilibrio tra le forze interne al sistema ambientale che tentano di
contrapporsi ai processi evolutivi e le forze esterne che agiscono invece per il
superamento. Egli stesso è spesso causa prima dell’accelerazione di questi processi
di disgregazione degli equilibri, soprattutto su quei sistemi ambientali già di per se
fragili come gli ambienti fluviali o i versanti di pareti in pendenza, sempre pronti,
per l’azione inclemente ed incostante di fattori climatici ad alterarsi a favore di
nuovi stati di equilibri maggiormente metastatici.
I fenomeni erosivi non vanno però visti come apocalittiche catastrofi avulse
dall’ambiente naturale, ma come parte integrante della vita del pianeta.
I modi per arginare i processi erosivi si muovono secondo due linee di approccio:
sigillare quanto più possibile il fenomeno erosivo dentro una scatola, magari di
cemento armato, oppure tentare di assecondare le azioni della parte biotica del
sistema ambientale in crisi coadiuvandola, con interventi dolci che rallentino il
degrado, nell’azione di contenimento del fenomeno erosivo.
Con le tecniche di Ingegneria Naturalistica, ci si muove, nei confronti dei problemi
d’erosione, con un approccio maggiormente incentrato sull’ambiente e le sue
caratteristiche peculiari da accentuare per una maggiore riuscita dell’intervento
stesso.
4
2.1 Il fiume Velino
Il fiume Velino è situato nell’Italia centrale ed ha un bacino idrografico esteso per
2238 Km2.
Nasce dalle montagne sopra Cittareale, paese in provincia di Rieti, uno degli ultimi
del Nord del Lazio sulla Via Salaria, incuneato tra Abruzzo, Marche ed Umbria.
Nei suoi 90 km di lunghezza attraversa il Lazio e l’Umbria ed assieme al fiume
Nera in cui si getta, è il maggior alimentatore di sinistra del fiume Tevere prima
che questo incontri, alle porte di Roma, l’Aniene.
Nel tratto alto del suo corso, il fiume Velino scorre in una stretta valle ai piedi del
massiccio calcareo del monte Terminillo (2216 m). Caratteristica saliente di questo
tratto è la presenza di versanti molto ripidi che originano una serie di strette gole.
Nella sua discesa a valle, superato Antrodoco, il fiume si allarga in una serie di
conche più larghe, presso una delle quali è situata la sorgente Peschiera, tra le più
copiose dell’Appennino, con una portata media di 18 m3 al secondo, che per una
parte alimenta direttamente l’acquedotto di Roma e per il rimanente si scarica nel
fiume Velino contribuendo notevolmente alla sua portata.
Entrando nella piana che circonda Rieti, il Velino riceve le acque del Salto e del
Turano, fiumi che raccolgono le acque di un’altra parte importante dei massicci
calcarei del reatino. Da qui in poi, il fiume corre lungo la piana reatina, residuo di
un antico bacino lacustre sottoposto a bonifica già dai tempi dei Romani.
Il Velino si getta nel Nera con la cascata delle Marmore con un salto di circa 160
metri, aperto dall’uomo. Si deve ai Romani nel 271 a. C. il primo scavo di un
canale, detto Cavo Curiano, che ha creato l’attuale conformazione delle cascate.
Dopo questo, sono stati diversi i tentativi di sistemazione dello sbocco sul Nera del
Velino, in modo da ridurre quanto più possibile gli effetti disastrosi delle piene,
soprattutto nella città di Rieti.
Soltanto quando si è incominciato a sfruttare i salti d’acqua per la produzione di
energia elettrica alla fine dell’800, con l’incanalamento del Velino a monte della
cascata delle Marmore dentro cunicoli sotterranei per rifornire le fabbriche
5
sottostanti oltre che di elettricità anche d’acqua e la creazione dei serbatoi con
dighe sui fiumi Salto e sul Turano, il problema delle piene nella città di Rieti è
stato risolto.
Il percorso del fiume Velino è caratterizzabile in tre tratti:
• dalle sorgenti fino al paese di Antrodoco, tratto in cui il fiume scorre spesso
incassato in strette gole scomparendo, a volte, in profondi letti ghiaiosi. Qui il
Velino presenta un regime con portate di magra anche molto basse (Tab. 1, Tab.
2);
• da Antrodoco in poi, dove acquista il regime tipico di un fiume con presenza
costante di acqua, grazie all’apporto cospicuo di sorgenti carsiche;
• dall’ingresso nella piana reatina, dove riceve le acque degli affluenti Salto e
Turano, diventando un grosso fiume con buona portata d’acqua, con alcuni
tratti in cui si hanno correnti particolarmente veloci (Tab. 3).
Tab. 1: VELINO (Tevere) a Posta
Bacino Km2 95.2; Altit. Max 2213 m s.l.m.; Altit med 1098 m s.l.m.; distanza dalla
confluenza col Nera 75 Km;
VALORI RIASSUNTIVI PER IL PERIODO 1928-1943 E 1950-1953 Elementi
caratteristici Anno Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic
Q max (m3/s)… 17.80 13.90 15.40 17.00 12.10 12.50 4.77 3.33 3.16 5.53 15.50 16.90 17.80
Q med (m3/s)… 1.57 1.80 2.30 2.46 2.14 1.99 1.28 0.88 0.67 0.78 1.01 1.57 1.96
Q min (m3/s)… 0.17 0.20 0.48 0.38 0.48 0.45 0.27 0.17 0.17 0.24 0.36 0.18 0.45
q (l/s * Km2)… 16.50 18.90 24.10 25.80 22.50 20.90 13.40 9.20 7.00 8.20 10.60 16.50 20.60
Deflusso (mm) 519 51 60 69 59 56 34 25 19 21 29 42 54
Afflus meteo (mm) 1073 94 109 91 91 103 57 31 33 100 118 128 118
Perdite app (mm) 554 43 49 22 32 47 23 6 14 79 89 86 64
Nota: stazione soppressa nel 1954.
6
Tab. 2: VELINO (Tevere) ad Antrodoco
Bacino Km2 362.2; Altit. Max 2213 m s.l.m.; Altit med 1144 m s.l.m.; distanza dalla
confluenza col Nera 59 Km.
VALORI RIASSUNTIVI PER IL PERIODO 1926-1934 E 1937-1940 Elementi
caratteristici Anno Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic
Q max (m3/s)… 43.70 34.30 22.50 31.00 25.20 15.90 12.50 6.90 5.02 9.49 12.50 41.60 43.70
Q med (m3/s)… 4.11 4.80 4.55 5.73 5.32 5.15 3.78 2.59 2.04 2.33 2.95 5.28 4.77
Q min (m3/s)… 0.30 1.35 1.10 1.10 1.74 1.76 1.54 0.40 0.30 0.85 1.03 1.38 1.00
q (l/s * Km2)… 11.40 13.30 12.60 15.80 14.70 14.20 10.40 7.20 5.60 6.40 8.10 14.50 13.20
Deflusso (mm) 357 36 32 43 38 38 27 19 15 17 19 38 35
Afflus meteo (mm) 1176 93 88 108 102 124 66 38 35 96 144 158 124
Perdite app (mm) 819 57 56 65 64 86 39 19 20 79 125 120 89
Nota: stazione soppressa nel 1941.
Tab. 3: VELINO (Tevere) a Terria
Bacino Km2 2076; Serbatoi artif. (cap. utile 391 x 106 m3) Altit. Max 2487 m s.l.m.;
Altit med 970 m s.l.m.; distanza dalla confluenza col Nera 23 Km.
VALORI RIASSUNTIVI PER IL PERIODO 1926-1943 E 1946-1970 Elementi
caratteristici Anno Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic
Q max (m3/s)… 306.00 244.00 256.00 253.00 215.00 146.00 169.00 73.40 75.80 119 178.00 220 306.00
Q med (m3/s)… 48.10 57.00 61.00 60.50 51.70 47.80 40.70 35.80 35.00 36.90 39.60 51.50 60.
Q min (m3/s)… 3.00 9.37 15.10 7.84 7.37 3.00 5.68 8.54 7.63 8.21 9.40 8.22 6.75
q (l/s * Km2)… 23.20 27.50 29.40 29.10 24.90 23.00 19.60 17.20 16.90 17.80 19.10 24.80 28.90
Deflusso (mm) 730 74 71 78 65 62 51 46 45 46 51 64 77
Afflus meteo (mm) 1182 105 110 95 99 107 69 41 42 85 127 158 144
Perdite app (mm) 452 31 39 17 34 45 18 -5 -3 39 76 94 67
Nota: le portate medie mensili ed i corrispondenti deflussi sono stati determinati apportando
le correzioni dell’effetto dovuto all’esercizio dei serbatoi del Salto e del Turano e
dell’acquedotto.
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2.2 Il Bacino dell’alto Velino
L’orografia dell’alta valle del Velino è caratterizzata da una serie di alti rilievi, le
cui cime raggiungono anche i 2000 metri di quota. Dal punto di vista geologico
lungo questa valle si ha il contatto tra calcare ed arenarie, che caratterizza
fortemente il paesaggio in molti casi assimilabile a vallate dolomitiche.
In particolare nell’area a Nord di Cittareale si ha una morfologia dolcemente
degradanti verso valle. Nei dintorni del comune di Posta, il fiume si incassa in una
stretta valle fortemente incisa tra il massiccio del monte Giano ed il complesso del
monte Terminillo.
Gli interventi di Ingegneria Naturalistica oggetto di studio sono situati nel primo
tratto in prossimità dell’abitato di Cittareale.
Nel primo tratto il fiume passa dai 1200 metri delle sorgenti ai 480 metri nel paese
di Antrodoco. Prima di raggiungere l’abitato di Cittareale, il fiume attraversa una
vallata pianeggiante, in cui assume un andamento sinuoso frutto del contatto tra
due componenti geologiche diverse.
Le anse che il fiume forma in questa parte del suo cammino, per la loro giacitura
pianeggiante sono spesso abitate e coltivate. In primavera quando, in
corrispondenza dello scioglimento della neve sulle montagne, il Velino è
alimentato anche da rigagnoli laterali che adducono le acque di scioglimento dai
versanti innevati, il fiume è a maggior pericolo di esondazione soprattutto quando
vi siano come aggravante della portata le piogge primaverili.
Osservando le tabelle 1 e 2, si nota che vi sono forti escursioni tra le portate
minime medie e massime che segnalano, per questo tratto iniziale del Velino, un
comportamento più simile ad un torrente, data anche la non rara assenza di acqua
nella stagione estiva e una forte escursione tra la portata media annuale di 1.57
m3/s contro una portata di piena di 17.80 m3/s.
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3. Il progetto proposto
Il progetto proposto individua per tutta la zona lungo il fiume Velino e compresa
nei territori comunali di Cittareale, Posta ed Antrodoco, un problema base che
spinge a proporre degli interventi di manutenzione idraulica: porre rimedio a
possibili danni dovuti a portate di piena. In particolare i danni che possono essere
provocati dalle portate di piena nella zona attorno al paese di Cittareale, sono di
due ordini:
I. esondazione ed allagamento di campi coltivati e delle case più vicine ai
punti in cui gli argini sono stati scavalcati,
II. erosione al piede di sponde non scavalcabili con alterazione della sezione
del fiume per franamenti e creazione di nicchie di erosione.
Il primo problema si presenta in prossimità dell’abitato di Cittareale, il quale pur
non essendo costruito sulle sponde del fiume, sta comunque in una zona appena a
ridosso facilmente raggiungibile dall’acqua quando questa scavalca i bassi argini
che tengono il fiume nel letto. Parziali allagamenti sono segnalati con una certa
frequenza.
Il secondo problema si presenta a valle dell’abitato di Cittareale, laddove vi siano
sponde già alte, ma che piene più o meno frequenti tendono ad erodere scalzandole
al piede. In questo caso si ha oltre alla ostruzione della sezione la continua erosione
di terreno agricolo.
3.1 Considerazioni al progetto proposto
Ai progettisti si presenta perciò uno stesso problema, la portata di piena, con due
ripercussioni diverse sul territorio che richiedono un’analisi distinta per ciascuno e
che portano a possibili differente soluzioni. Per valutare meglio le riposte
progettuali al problema posto si propone di seguito un’analisi schematica,
valutando anche la risposta di altre possibili soluzioni, nel tentativo di appurare la
convenienza tecnica dell’opera (scopo dell’opera/efficacia raggiunta).
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- Esondazione nei pressi dell’abitato di Cittareale - Problema Possibili soluzioni Risvolti ambientali Azione / Efficacia
Nessun intervento.
I campi sono piccoli orti o prati pascoli che possono sopportare sommersioni quando non siano troppo ripetute e l’allagamento delle prime case non è così usuale.
Questa soluzione non è stata presa in considerazione.
Innalzamento degli argini per asportazione di materiale dal fondo dell’alveo.
Gli argini in questa zona sono bassi ed è possibile estrarre dal alveo materiale per alzare il loro livello. Si provoca un certo danno ecologico ad un fiume in questa zona ancora molto naturale.
Azione: Questa soluzione è stata realizzata per buona parte del percorso ed ha portato ad argini più alti tra i 60 ed i 100 cm sul piano di campagna. Efficacia: Il materiale del fondo in parte ghiaioso non presenta coerenza adeguata per poter stare in luogo per lungo tempo.
Allagamento dei
campi abbastanza
frequente
ed allagamenti
più rari di parte
dell’abitato.
Costruzione di manufatti umani per innalzare artificialmente gli argini.
I manufatti possono essere costruiti con tecniche a basso impatto ambientale che rispettino la naturalità degli ambienti pur garantendo la messa in sicurezza del sito.
Azione: E’ stato costruito un manufatto lungo una curva in erosione in modo da evitare scavalcamenti del basso argine ed allagamenti di campi. Efficacia: La tipologia d’opera scelta potrebbe non essere adeguata.
- Esondazione nei pressi dell’abitato di Cittareale -
Problema Possibili soluzioni Risvolti ambientali Azioni intraprese
Nessun intervento.
In questo caso si mette in conto la progressiva perdita di terreno. Gli intasamenti possono verificarsi per grossi crolli delle sponde modificando l’andamento del fiume.
Questa azione non è stata presa in considerazione.
Erosione delle
sponde e
perdita di
terreno agrario
con possibili
intasamenti
della sezione. Costruzione di manufatti di difesa spondale.
I manufatti possono essere di diversi tipi, alcuni dei quali possono contribuire a ripristinare la naturalità dei luoghi.
Azione: E’ stato costruito un manufatto in modo da contrastare l’erosione al piede da parte dell’acqua. Efficacia: L’erosione al piede è terminata.
10
Per la risoluzione del primo problema, come illustrato dalle precedenti
schematizzazioni, sono state adottate due soluzioni contemporaneamente,
recuperando dal fondo del fiume materiali per l’innalzamento degli argini e
costruendo dei manufatti nei punti ritenuti più importanti e meno difficilmente
difendibili con il solo innalzamento degli argini.
Il recupero di materiali dal fondo del fiume ha comportato in realtà la distruzione
del fondo che era in equilibrio con tutto il ciottolame di diametro superiore alla
forza di trascinamento dell’acqua annullando di fatto per un certo tratto tutta
l’ecologia del fiume. Inoltre proprio perché in parte formato da ciottoli, il riporto
del fiume usato per innalzare gli argini non offre sicure prospettive di difesa da
altre piene perché dotato di scarsa coerenza interna.
L’opera di difesa spondale utilizzata potrebbe essere aggirata e svuotata avendo nel
retro poco sostegno dal materiale di riempimento, aggiunto perché l’argine cui è
sta addossata era troppo basso. A ciò va aggiunto che l‘opera sta proprio alla foce
di un ruscelleto secondario che potrebbe favorire ancor più lo svuotamento
dell’opera.
Per la risoluzione del secondo problema, si è ricorsi alla costruzione di un
manufatto in questo caso correttamente addossato alla parete che si stava erodendo.
Nel costruire l’opera è stata allargata la sezione mentre si rimodellavano le sponde.
Questo ha portato però ad un allontanamento del fiume dalla sponda ed alla
creazione di una zona di deposito alla base del piede. Forse il solo rimodellamento
ed allargamento della sezione avrebbe portato gli stessi vantaggi.
L’opera costruita in entrambi i casi è un opera di difesa spondale tipica del reatino,
detta palificata reatina.
4. Ruolo dell’Ingegneria Naturalistica e riscoperta delle opere tradizionali
“L’Ingegneria Naturalistica è una disciplina tecnico-scientifica che studia le
modalità di utilizzo come materiali da costruzione, di piante viventi, di parti di
11
piante o addirittura di intere biocenosi vegetali, spesso in unione con materiali non
viventi come pietrame, terra, legname, acciaio” (Schiechtl, 1987).
In funzione del problema da risolvere e dei miglioramenti ambientali da apportare
ad ecosistemi più o meno naturali, le tecniche di ingegneria naturalistica utilizzano
diversi materiali in combinazione tra loro dando una notevole importanza all’uso
delle piante come elemento do consolidamento.
I materiali disponibili attualmente per le applicazioni di Ingegneria naturalistica
possono essere suddivisi in:
1. Sementi 2. Semenzali e trapianti di specie arbustive o arboree 3. Talee di specie arbustive o arboree 4. Rizomi e radici
MATERIALI VEGETALI VIVI
5. Piote erbose
1. Legname 2. Reti di juta, fibra di cocco o di altri vegetali 3. Stuoie in fibra di paglia, di cocco e di altri vegetali 4. Paglia o fieno 5. Compost
MATERIALI ORGANICI INERTI
6. Concimi organici
1. Griglie, reti di materiale sintetico 2. Fertilizzanti chimici 2. Collanti chimici MATERIALI DI SINTESI 4. Sostanze miglioratrici del terreno
1. Pietrame ALTRI MATERIALI 2. Ferro e acciaio
Assieme all’uso di molti materiali organici, l’Ingegneria Naturalistica ha riscoperto
tecniche tradizionali di sistemazioni di versanti e sponde che già anticamente
puntavano sull’uso più o meno combinato di materiale vegetale, legno e pietrame
per ottenere un efficace consolidamento. In particolare l’uso del legname e sempre
stato praticato nei secoli scorsi in quanto materiale povero, facilmente disponibile
per le popolazioni locali (Valentini, 1930; Carbonari & Mezzanotte).
Dopo decenni di abbandono, le tecniche di costruzione in legname sono state
rivalutate, in quanto rispondono a tutti i requisiti statici, funzionando egregiamente
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nei lavori di bonifica dei versanti degradati e in tutte quelle situazioni in cui la
costruzione di un’opera in cemento armato sarebbe difficile e costosa.
Molte delle tipologie costruttive realizzate nelle opere di risistemazione e recupero
di versanti, sponde, cave ed aree degradate assieme a scarpate stradali e ferroviarie
derivano quindi dall’osservazione e dallo studio di tecniche consolidate da secoli di
uso, migliorate combinando l’uso di materiali inerti con materiale vegetale vivo.
Lo scopo è chiaramente quello di usufruire delle capacità biotecniche di molte
piante nel conquistare e rinsaldare il terreno con il loro apparato radicale.
L’inserimento di parti vive di piante prevede alcune volte un riadattamento parziale
dell’opera magari con la sola trasformazione delle fasi costruttive in modo che
contestualmente si possa inserire il materiale vegetale vivo.
5. Descrizione dell’opera
La palificata reatina è un’opera che rientra a pieno titolo nelle opere longitudinali
di difesa spondale.
Particolare è il fatto che pur essendo stata adottata da lungo tempo come tipologia
d’opera di sistemazione spondale, sul fiume Velino e sui suoi importanti affluenti
Salto e Turano (compresi molti affluenti minori), manchino segnalazioni e notizie
bibliografiche
5.1 Tipologia d’opera
Si tratta di un’opera a parete semplice costruita sulle sponde dei fiumi, avente
come scopo principale (con tutta probabilità) quello di difenderle dall’erosione
provocata dalla corrente.
La difesa delle sponde è ottenuta con la costruzione di una parete che è realizzata
infiggendo nel terreno dei pali quanto più possibile accostati tra loro ed intasando
tutti gli interstizi tra un palo e l’altro con pietrame di adeguata sezione posto
retrostante alla palificata stessa. Il pietrame fungerà da grossolano filtro per la terra
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delle sponde. Tutti i pali piantati sono poi legati tra loro con dei correnti
longitudinali. Vi è poi la possibilità di inserire dei tiranti di legno, anche di
diametro minore, che ancorino maggiormente l’opera al terreno.
5.1.1 Opere “antiche”
In diversi punti del fiume Velino e lungo il Salto ed il Turano è possibile osservare
delle palificate più o meno sviluppati in lunghezza, residuo di sistemazioni
spondali ben più lunghe.
Il legno con cui sono costruite è dall’aspetto una latifoglia, quindi con molta
probabilità castagno, legno facilmente reperibile in zona e di buona durata.
I diametri presenti sembrano essere almeno di 15 cm. I pali sono infissi a distanza
ravvicinata l’uno dall’altro e collegati da un solo corrente longitudinale.
L’interasse sembra essere attorno ai 25-30 cm. Dietro la palificata così realizzata vi
è della pezzatura di pietrame di varia dimensione, che forma un filtro al terreno
retrostante. A detta di persone del luogo i pali erano conficcati nel terreno con
pesanti mazze. Non è possibile accertare se vi siano tiranti inseriti nel terreno
retrostante per migliorare la tenuta dell’opera a meno di non operare scavi.
Tale opera è ancor oggi osservabile sulla destra orografica del fiume Velino a valle
del “ponte romano” dentro Rieti. Dall’esame di tale palificata si può notare:
• non necessariamente si debbono usare grossi diametri, pur ammettendo
un certo logorio del legname con il passare del tempo,
• un solo corrente può non essere sufficiente a ripartire, su tutti i tronchi
collegati, la spinta del terreno retrostante tanto che, in alcuni punti, si notano
“pance” più o meno accentuate,
• dal pelo libero dell’acqua mediamente la palificata sporge un po’ più di un
metro e supponendo che il palo sia infisso per almeno due metri nel suolo per
garantire maggiore resistenza, circa un metro di legname è in perenne
immersione,
• il pietrame posto dietro la palificata come filtro sembra svolgere la sua
funzione poiché non si notano svuotamenti né cedimenti del terreno.
14
5.1.2 Opere attuali
In tempi recenti sono stati fatti diversi interventi sulle sponde del Velino e dei suoi
affluenti utilizzando sempre tale tipologia d’opera.
Per la disponibilità di mezzi meccanici, oggi i pali vengono infissi nel terreno con
la benna della pala meccanica premendo fino a rifiuto sull’estremità del palo.
L’essenza legnosa è sempre il castagno che viene usato con diametri almeno di 20
cm e lunghezza di almeno 5 metri. Gli interassi sono maggiormente distanziati e
sono attorno ai 40 cm. Questo comporta che la pezzatura del pietrame posto a tergo
della palificata aumenti. Per aumentare la stabilità dell’opera ed evitare
spanciamenti sono sempre montati due correnti longitudinali con lato di almeno 15
cm.
Ortogonalmente ai pali infissi in terra ed a questi ancorato, ogni tanto vi è un
tirante che ha la funzione di ancorare meglio l’opera al terreno retrostante. Questo
tirante ha un diametro minimo di 15 cm ed una lunghezza attorno ai 4 metri.
Si costruisce così un opera che ha delle ampie finestrature sulla parte frontale,
attraverso le quali si nota il pietrame posto a tergo. Dall’esame di questa palificata si può notare:
• i diametri grossi danno maggiore solidità all’opera ma offrono maggiore
resistenza ad essere collegati tra loro dai correnti,
• due correnti stabilizzano meglio l’insieme dei pali che danno maggiormente
l’idea di una parete,
• finestre troppo ampie dovute ad interassi grandi, sembrano, “a vista”,
inficiare l’opera di difesa del suolo retrostante,
• per saturare le finestre più ampie occorre materiale di pezzatura maggiore
che però lascia varchi maggiori tra una pietra e l’altra costringendo ad
aumentare il volume di riempimento retrostante.
15
Fig. 1 palificata “antica”
Fig. 2 palificata “nuova”
16
5.2 Schema costruttivo
La costruzione dell’opera è descritta per come è stata osservata in cantiere.
Essa avviene per fasi successive:
1) infissione dei pali nel terreno con un mezzo meccanico che li spinga fino a
rifiuto nel terreno, operazione che può essere preceduta da un piccolo scavo in
quella che sarà la zona dietro l‘opera per poter meglio lavorare;
2) vengono poi infissi i tiranti nel terreno retrostante, che serviranno ad ancorare
meglio l’opera al terreno;
3) ogni tirante infisso nel terreno viene collegato, mediante barre filettate, al più
vicino palo verticale,
4) vengono collegati i correnti longitudinali frontalmente all’opera sempre con
barre filettate,
5) avviene il riempimento con il pietrame fino alla chiusura dell’opera.
5.2.1 Pro
Semplicità costruttiva ed economicità
La palificata reatina ha come caratteristica saliente una certa semplicità costruttiva
che gioca a suo favore nei casi in cui si possa usare come tipologia d’opera.
Si tratta infatti di una serie di pali di Castagno da infiggere in terra, operazione
oggi fattibile in breve tempo e con poca fatica grazie all’ausilio dei mezzi
meccanici. Basta infatti che una pala meccanica con il braccio “spinga” il palo fino
a rifiuto. Un’operazione del genere anche nei terreni più difficili come gli alvei a
fondo ghiaioso non richiede che pochi minuti. Questa operazione elimina
totalmente il bisogno di una trivella. Anche l’infissione del tirante si fa con la pala
meccanica.
Le unioni tra i diversi elementi vengono fatte con barre filettate strette con dadi che
si rivelano più stabili anche se meno economiche rispetto alla chiodatura.
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Idoneità al caso specifico
Il fiume Velino ha in molti tratti una corrente con un livello idrico che sommerge
significativamente le sponde ed è capace di creare molto spesso nicchie di erosione
sulle stesse. La risposta a questo problema sembra essere la costruzione di queste
opere di difesa spondale che:
- impediscono che il fiume sbatta direttamente sul terreno delle sponde grazie al
pietrame posto a tergo;
- svolgono una funzione di trattenimento del terreno opponendo un vincolo allo
scivolamento del terreno;
- per le modalità di costruzione sembrerebbe che si possa costruire anche senza
prosciugamenti cioè infiggendo i pali dall’alto della sponda con il mezzo
meccanico.
Volumi e costi
Per valutare l’economicità dell’opera e quindi la sua convenienza ad essere
costruita, è stato istituito un confronto con altre opere di consolidamento.
Per quello che riguarda il costo di realizzazione, si è potuto fare un confronto tra
due opere previste, con funzione di consolidamento di sponde in erosione, nel
progetto che si è esaminato: la palificata reatina e la palificata a parete doppia.
Inoltre è stato confrontato il costo previsto in capitolato, con altri prezzi su scala
nazionale riportati dal manuale di Ingegneria Naturalistica della Regione Liguria
che risulta essere attualmente il più aggiornato.
Opera
Altezza da terra (metri)
Volume legname
Prezzo opere da progetto
Prezzo medio nazionale
Palificata reatina 2.5 0.49 299.000
Palificata reatina * 1 0.23 (140.000)
Palificata doppia 1 0,25 211.000 209.000
Palificata semplice 1 0,16 134.000
* Questa tipologia è una costruzione fittizia per confrontare rispetto ad un’altezza costante di 1 metro le opere. I prezzi sono stati ridotti in base alla riduzione di volume che intercorre tra la palificata reatina vera e quella fittizia.
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Si può notare che la palificata doppia in progetto ha un costo del tutto simile alla
media dei prezzi nazionali mentre la palificata reatina vendo volume di legna
praticamente doppio costo molto di più. Riportandola alla altezza di un metro per
poterla confrontare come altezza di lavoro, la palificata reatina costa molto meno
pur avendo quantità di legna simile e questo sembrerebbe esser dovuto al possibile
minor impiego di mano d’opera.
Confrontata con la palificata semplice, la palificata reatina modificata ha costi
simili, anche se impiega quasi il doppio del legno. Pesa anche qui, probabilmente,
la mano d’opera che ha sempre un costo importante nelle opere di Ingegneria
Naturalistica. La palificata semplice ha delle difficoltà realizzative che quella
reatina non ha; infatti nella palificata a parete semplice, per garantire un
ancoraggio alla parete, vengono infissi 3 pali nella sponda per metro lineare,
mentre nella palificata reatina 2 pali per metro lineare e mentre la palificata a
parete semplice ha il primo un corrente su cui si costruisce tutta l’opera, poggiato a
terra, la palificata reatina ha 3 pali verticali infissi in terra. Da questo primo
confronto sembrerebbe che la palificata reatina “bassa” sia più solida e a parità di
efficacia meno costosa.
5.2.2 Contro
Necessita di infissione in profondità
Il funzionamento dell’opera, per quanto visto in precedenza serve a due scopi,
quello di evitare l’impatto diretto della corrente sulle sponde e quello di trattenere
la terra delle sponde. Per il primo scopo l’opera funziona bene e non ha particolari
problemi statici, mentre per rispondere al secondo scopo deve essere un’opera che
“si tiene su se stessa”. Perché questo accada, tutti i pali verticali devono essere
infissi per almeno metà della loro lunghezza in modo da opporre, mediante il
vincolo dell’incastro, opportuna resistenza alla spinta del terreno. Si è in presenza
di un’opera leggera in cui non è il peso proprio dell’opera che evita il ribaltamento,
ma è l’opposizione di una forza contraria, costituita dal vincolo opposto dal
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terreno. Quando il terreno non sia in grado di fornire una reazione adeguata alla
spinta delle terre, allora quest’opera non potrà essere costruita, perché instabile.
Dato che il punto più importante è il piede dell’opera, fulcro attorno al quale
l’opera potrebbe ruotare o cedere se non opponesse abbastanza resistenza alla
spinta delle terre, questo deve essere difeso. Ciò vale maggiormente per quei fiumi
che possono avere tra la portata media e quella di magra delle differenze che
possono, con un sifonamento dovuto al rapido scendere del livello dell’acqua,
accentuare l’erosione al piede che già naturalmente provocato dallo scorrere
dell’acqua.
Difficoltà di infissione
Quando ci si trovi in particolari alvei con fondo ghiaioso anche in profondità,
anche usufruendo dei mezzi meccanici ci possono essere difficoltà di infissione, in
particolare nella profondità raggiunta, che come si è visto deve essere almeno la
metà della lunghezza complessiva del palo. In questi casi potrebbe non essere
l’opera migliore da costruire.
Aggiramento dell’opera
Poiché l’opera si presenta come una parete semplice, il suo funzionamento è solo
per azioni che avvengono nella parte frontale. Nella parte retrostante, essa dovrà
essere addossata ad una parete, previa realizzazione del filtro in pietrame per
l’intasamento delle finestre frontali. Quando le opere vengono aggirate, perdono di
significato ed in questo caso, dato che si tratto di un opera con una sola parete,
potrebbe essere più facile aggirarla.
L’aggiramento può portare allo svuotamento dell’opera, cioè alla distruzione del
filtro in pietrame ed all’allontanamento della terra, soprattutto quando questa sia
stata addossata come terra di riporto e non sia invece una sponda da consolidare.
La palificata serve per sponde abbastanza alte, altrimenti altre tipologie d’opera
svolgono la stessa funzione. La palificata reatina va ben ancorata in testa per
evitare che l’acqua si inizi ad infiltrare nella parte posteriore, iniziando l’opera di
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svuotamento e nelle confluenze di fiumi non può essere costruita solo su una
sponda, ma deve risalire lungo la confluenza, perché eventuali esondazioni da
dietro potrebbero aumentare la spinta e ribaltarla.
Fig. 3 particolare costruttivo
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Fig. 4 trapano e chiodo
6. Altre considerazioni costruttive
Rinverdimento dell’opera
Tutti i materiale che vengono usati per costruire dei manufatti umani hanno una
vita d’esercizio, in cui mantengono le loro caratteristiche originali, più o meno
lunga. Tra questi anche il legno non fa eccezione, ma secondo i criteri progettuali
dell’Ingegneria Naturalistica, esso può essere sostituito nel corso del tempo dalla
vegetazione inserita nell’opera stessa per aumentarne il potere consolidante che poi
andrà a sostituire le parti morte dell’opera nella funzione di sostegno quando
questo sarà, nel corso del tempo, consumato.
Nella palificata reatina l’inserimento di talee di salice, tra il pietrame posto a tergo
dell’opera, porterebbe un notevole aumento della funzionalità dell’opera stessa, sia
nel limitare la velocità nei pressi dell’opera, quindi diminuendo il potenziale
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erosivo delle corrente, sia fissando, con l’apparato radicale sviluppatosi dalle
radici, la terra delle sponde completando così l’opera del pietrame posto a filtro
dietro l’opera.
Nel caso di rinverdimento tramite talee, il riempimento andrà fatto gradualmente,
avendo cura, strato per strato dopo aver sistemato alla meglio il pietrame, di
inserire delle talee di buon diametro (3-8 cm), conficcandole con la punta nella
sponda retrostante o provvedendo subito a coprirle di terra, per ridurre lo stress
dovuto alla crisi di trapianto.
Chiodatura
Nelle attuali costruzioni di palificate reatine, per il collegamento sia dei correnti
longitudinali, sia nel collegamento dei tiranti vengono usate barre filettate strette
con dadi.
Per quanto il collegamento nell’unione palo verticale-tirante possa essere fatto
anche con chiodi in tondino di ferro ad aderenza migliorata (diametro minimo 10
mm), il risparmio di tempo che ne viene è minimo.
Al contrario, il collegamento correnti longitudinali-pali verticali eseguito con
chiodi in tondino di ferro ad aderenza migliorata potrebbe portare un certo
miglioramento nei tempi di realizzazione dato l’alto numero di collegamenti da
eseguire. Altro tipo di collegamento potrebbe essere con chiodi a sezione quadrata
forgiati a mano, usati tradizionalmente nei lavori in Castagno, da piantare sempre,
come anche negli altri casi, previa foratura con trapano per non spaccare il
legname. Nel caso di chiodi forgiati o chiodi in tondino di ferro ad aderenza
migliorata, occorre però valutare se i correnti hanno una funzione statica rilevante
nell’opera oppure minima.
Nel primo caso, la barra filettata darà maggiori garanzie, mentre nel secondo le
altre legatura svolgono lo stesso ruolo. Per questo però occorrerà verificare in
campo con le sperimentazioni fatte in altre opere sempre nei fiumi della piana
reatina.
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Correnti longitudinali
Anche la posizione del corrente longitudinale, che sia nelle “opere antiche” sia in
quelle attuali è posto anteriormente, potrebbe avere una certa importanza
nell’efficacia generale dell’opera e della sua durata. Il passaggio nella parte
posteriore dell’opera, coperto dal pietrame, infatti, potrebbe assicurare una tenuta
maggiore e meno rischi di rottura. La sostituzione di alcuni correnti longitudinali
nelle “opere antiche” con tubi ferrosi tipo “Innocenti”, potrebbe segnalare che vi
siano state rotture e sostituzioni successive di questo elemento.
Per velocizzare la costruzione e non sottoporre i pali verticali già infissi in terra ad
altri sforzi, i correnti longitudinali potrebbero essere collegati ai pali verticali
prima che questi vengano fissati a tiranti, invertendo le fasi 3 e 4 illustrate nel
Paragrafo 5.2.
Protezione al piede
Se tale tipologia d’opera è costruita su fiumi con escursione del livello dell’acqua
tale da scoprire il piede, maggiori saranno i possibili scalzamenti e maggiore sarà
la necessità di difesa con massi di adeguate dimensioni posti al piede dell’opera.
Oltre che tra loro tali massi andranno anche fissati all’opera in modo che si
spostino.
Le opere “antiche” osservabili dal Ponte romano dentro Rieti, non hanno nessun
tipo di protezione al piede.
Picchetto aggiuntivo
Un piccolo miglioramento in termini di dispendio di energia per la costruzione, ma
di grossa efficacia per la tenuta dell’opera, sarebbe inserire un picchetto
ortogonale, anch’esso in legno, lungo anche non più di un metro, nella parte finale
del tirante, in modo da fornire un ancoraggio sicuro che impedisca lo sfilamento
del tirante dal terreno. In questa maniera, anche dopo forti piene, nella fase di
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discesa dell’acqua l’opera manterrebbe la sua stabilità, senza dover ricorrere ad
opere dotate di peso proprio.
7. Considerazioni conclusive
Una prima considerazione che si può trarre dopo l’analisi qualitativa sulla
palificata reatina fatta nei paragrafi precedenti, è che essa funziona, cioè limita
notevolmente i danni alle sponde dovuti alle correnti veloci ed ai mulinelli.
I dubbi che si possono avere sulla sua stabilità statica non possono riguardare le
“opere antiche” che stanno in sito da lungo tempo.
Diverso può essere il discorso per le opere costruite di recente, poiché non sempre i
luoghi in cui tali opere sono state edificate sembra essere idoneo. Per stabilire la
loro reale funzione sul fiume occorrerà proseguire nel monitoraggio già intrapreso
con la convenzione tra l’Università degli Studi della Tuscia, la Regione Lazio e la
Cooperativa Naturstudio.
Tale azione di monitoraggio permetterà di capire se l’opera serve solo per evitare
l’erosione ed allora potrebbero non servire dei calcoli di dimensionamento, ma
solo l’aggiunta di particolari realizzativi, come il rinverdimento o il picchetto
posteriore, suggeriti nei paragrafi precedenti, oppure avendo anche un’importante
funzione di sostegno delle sponde, vadano cercati opportuni criteri di
dimensionamento della stessa.
Confrontando i costi di realizzazione delle opere così come previsto dai progettisti
con altri per altre regioni si è visto che mentre per la palificata doppia i prezzi
ipotizzati sono nella media, mentre per la variante palificata a parete semplice,
simile come azione di consolidamento sulle sponde alla palificata reatina, sono
risultati più bassi per la palificata a parete semplice, che però ha un’altezza d’opera
che si aggira attorno al metro.
La palificata reatina potrebbe essere, soprattutto per fiumi con acqua in
permanenza una buona soluzione di consolidamento.
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8. Bibliografia
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territorio. Provincia Autonoma di Trento, Servizio Ripristino e Valorizzazione
Ambientale.
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di Antrodoco, Posta e Cittareale. Relazione Tecnica. Assessorato Opere e Reti
di Servizi e Mobilità, Settore decentrato di Rieti, Ufficio 3° - Risorse idriche.
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ambientale. Assessorato Edilizia, Energia e Difesa del Suolo.
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Territorio.
Regione Emilia Romagna, Regione Veneto. Manuale tecnico di ingegneria
naturalistica. Assessorato all’Ambiente (Emilia Romagna), Assessorato
Agricoltura e Foreste (Veneto).
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Idrografico e Mareografico Nazionale.
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