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Un itinerario nel Valdarno tra gusto e antiche manifatture A discovery tour of Valdarno’s ancient crafts, fine food and wine

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Un itinerario nel Valdarno tra gusto e antiche manifatture

A discovery tour of Valdarno’sancient crafts, fine food and wine

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Maria Pilar Lebole Benedetta Zini Un viaggio attraverso l’antica via dei Sette Ponti che

da Firenze ci accompagna attraverso le operosearee agricole della Val di Sieve e del Valdarno Supe-riore per poi immergersi nei paesaggi ombrosi e pro-fondi dei boschi di Vallombrosa e quindi scendere nuo-vamente nel Valdarno di Sotto fin quasi a raggiungereArezzo. Il paesaggio che incontriamo lungo questotratto di strada presenta molteplici sfaccettature: dallependici solitarie dei boschi di quercia, castagneti, coni-fere e faggeti che ammiriamo percorrendo la stradatortuosa che conduce alla cima più elevata dell’interomassiccio del Pratomagno (Monte Pianellaccio 1.593metri) – da cui si dischiude il panorama dell’intera To-scana, dalle Apuane all’Amiata, dal Chianti alle torri diSan Gimignano – a quello valdarnese dalla Cassia Vetusche corrisponde all’attuale strada dei Sette Ponti.

Il denominatore comune di questo territorio è rap-presentato dalle “balze”, quei fenomeni di erosione aipiedi della dorsale del Pratomagno, disegnati da unaparticolare struttura morfologica fatta di calanchi ecanaloni, affascinanti per il contrasto tra la spigolositàdella roccia e le tonalità calde della materia che assumenei mesi estivi al tramonto inconfondibili gradazionirosso-arancio, proprie di questa terra.

Anche questa parte di Toscana è certamente agri-cola e profondamente legata al mondo rurale, ma qui inmodo particolare si percepisce in tutta la sua violenzala battaglia che l’uomo ha combattuto nei secoli constrenua determinazione contro una natura avversa eprepotente, per ritagliarsi un piccolo terreno semina-tivo. Fitta boscaglia, inverni rigidi e spesso nevosi,pendenze tutt’altro che pianeggianti o lievemente col-linose sono le caratteristiche fondamentali di questoterritorio aspro, ma al tempo stesso pieno di fascino.

I bellissimi e ancora in gran parte incontaminatiboschi locali, ricchi di faggi, castagni e latifoglie, sonostati fin dall’antichità una delle principali fonti disostentamento per una popolazione che ha dovutocombattere, forse più delle altre, con la contraddizionedi vivere un territorio a metà tra quello agricolo equello montano. Se i frutti nati dai pochissimi spaziagricoli a disposizione non erano sufficienti, ecco che lamontagna veniva in aiuto all’uomo con le sue risorse:

F rom Florence the ancient Via dei Sette Ponti willtake us first across the busy agricultural areas of

Val di Sieve and Upper Valdarno, then will plunge usinto the shadowy and deep forest of Vallombrosa, tofinally descend again to the Lower Valdarno arealeading us in the proximity of Arezzo.

The scenery that surrounds us along this stretchof road is multi-faceted: solitary slopes covered byoaks, chestnuts, conifers and beeches; then – if we goall the way up the tortuous road to the highest sum-mit of the entire Pratomagno massif (Mount Pianel-laccio, 1,593 metres high) – fabulous views over Tus-cany ranging from the Apuan mountains, MountAmiata, the Chianti hills right up to the towers ofSan Gimignano and finally to the Valdarno landscapebordering the ancient Cassia Vetus which correspondsto today’s Strada dei Sette Ponti (namely SevenBridges Road).

A constant feature throughout the territory arethe crags, a phenomenon caused by erosion alongthe foothills of the Pratomagno ridge, assuming pecu-liar shapes: crevices and gullies, fascinating for thecontrast between their sharp angular contours andthe warm shades of the matter which during the sum-mer months, at sunset, takes on unmistakable redand orange nuances, characteristic of this land.

Although also this part of Tuscany is agriculturaland tightly connected to the rural world, one feelshere with particular intensity the strenuous battleman has fought over the centuries against an adverseand tyrannical nature, in order to secure for himselfa small sowable piece of land. Thick woods, hard andoften snowy winters, and – in place of level fieldsand rounded hills – steep terrain, are the basic char-acteristics of this harsh yet fascinating area.

The beautiful and still largely uncontaminatedlocal woods, rich in beeches, chestnut and other hard-wood trees, have since ancient times been one of themain sources of sustenance for the local population.A population that was caught, maybe more than oth-ers, in the contradictory situation of living half-waybetween field and mountain. When the fruits yieldedby the scarce arable land available were insufficient,

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castagne, funghi, frutti del sottobosco, ma soprattuttolegname per la costruzione di oggetti d’uso e per ilriscaldamento nei rigidi inverni caratteristici della zona.Il legame tra l’uomo e il bosco è in questi luoghi pro-fondo e rispettoso, a testimoniarlo i pochi piccoli edificicostruiti qua e là e utilizzati come seccatoio per lecastagne e per i funghi o come piccoli rifugi nei mesidedicati alla pastorizia.

È questa una terra ricca di storia, il cui passatofortemente feudale è testimoniato dalla presenza capil-lare di castelli e piccoli borghi, e il cui sviluppo econo-mico ha avuto nel corso dei secoli fasi alterne, condi-zionato dalle cruente guerre intraprese dalla Repub-blica Fiorentina contro la fitta rete feudale che domi-nava su queste terre; da pestilenze e carestie; financhea invasioni e saccheggi da parte di eserciti stranieriche di qui si trovavano a passare.

Iniziamo il nostro itinerario partendo dalla zonasud di Firenze e dirigendoci in direzione Bagno aRipoli. Al bivio, lasciamo la strada che ci porterebbe alpaese e svoltiamo verso sinistra imboccando la Pro-vinciale 35 in direzione del borgo di Rosano. Le collineche accompagnano il nostro viaggio acquistano proprioin prossimità di questo piccolo paese, un particolareinteresse sia per l’antichissima origine che le caratte-rizza, sia per la presenza proprio qui di alcune speciearboree e cespugliose, del tutto insolita. La forma vaga-mente piramidale delle colline è dovuta alla quasi certapresenza di un lago in epoca preistorica, che neavrebbe modellato la figura producendo questa singo-lare conformazione. Si tratta di una zona boschiva fittae impervia, che nonostante la tendenza al disbosca-

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then the mountain with its resources would come toman’s rescue: chestnuts, mushrooms, wild berries,but above all wood to make everyday objects andkeep the homes warm during the harsh winters typ-ical of the area. In these parts the relationshipbetween man and the woods is deep and respectful, astestified by the few small constructions scattered hereand there to serve as drying-houses for chestnuts andmushrooms, or as shelters during the grazing sea-son.

The area is rich in history, its feudal past visible inthe numerous castles and small villages that dot thelandscape. Over the centuries the economic growth inthe area has known good and bad times, conditionedas it was by the bloody wars launched by the Flo-rentine Republic against the tight feudal networkthat ruled these lands, as well as by plague andfamine, notwithstanding invasions and sacking byforeign armies who happened to pass through thearea.

We begin our tour heading for Bagno a Ripolifrom the southern end of Florence. At the fork, ignor-ing the road that leads to the village, we take a leftturn and enter the Provincial Road 35 towardsRosano. Precisely in the proximity of this small vil-lage, the hills that surround us acquire a particularinterest, both for their truly ancient origin and for theunusual presence in this particular spot of certainvarieties of trees and bushes. The vaguely pyramidalshape of the hills apparently derives from the sup-posed existence of a lake here in pre-historical times,that, almost certainly, must have modelled them into Rosano. Paesaggio

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Rosano. Abbazia di Santa Maria

mento operata nei secoli da una cultura fortementecontadina, ben più propensa all’abbattimento deiboschi in favore delle più proficue coltivazioni vitivi-nicole e olivicole, è riuscita a mantenere in gran parteintegra la sua struttura. Querce, pini, lecci, cipressi ecarpini sono le varietà arboree più diffuse nella partepiù alta delle colline di Rosano, quelle che superanoanche i 300 metri di altezza. A queste si accompagna unsottobosco ricco di ginestre, pungitopo, muschi e felci(soprattutto nelle zone più ombrose e umide). Unaflora molto comune soprattutto nelle zone della rivieraToscana, e che lascia un po’ sorpresi incontrare alleporte di Firenze. Gli studi di alcuni prestigiosi botanici,a cavallo tra Otto e Novecento, hanno evidenziatoquesta zona come probabilmente la più ricca d’Italia, senon addirittura del bacino del Mediterraneo, di alcunedi queste varietà arboree ed erbacee. Il fenomeno èdovuto sostanzialmente alla particolarissima condi-zione climatica della zona, temperata e mite, chericorda da vicino quella delle zone litoranee. Ed è pro-prio grazie a questa particolare mitezza climatica e allagrande fertilità dei terreni favorita dalla secolare pre-senza dei boschi, che le coltivazioni agricole della zonasono altrettanto degne di nota. Siamo a pochi passidalla Val di Sieve e dall’alto Valdarno, zone d’eccel-lenza per la produzione vinicola la prima e olivicola laseconda.

Trovandosi a passare da queste parti vale senz’altrola pena segnalare, presso l’Abbazia di Santa Maria, la

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these peculiar shapes. The woods here are thick andinaccessible, and despite the propensity to clear theland of trees practiced over the centuries by a popu-lation with a strong farming culture – who preferredto grow grapes and olives, which were more prof-itable than the products of the forest – the woodshave managed to survive largely intact. Oak, pine,holm-oak, cypress and hornbeam are the most com-mon varieties in the highest part (above 300 meters)of the hills around Rosano. The undergrowth is richin yellow broom, butcher’s broom, moss and ferns(especially in the most shadowy and humid areas).Such flora is common on the Tuscan coast, but oneremains surprised to find it here just outside Flo-rence. Studies by prestigious botanists from the turnof the 19th century drew attention to the area as beingperhaps the richest in Italy, if not in the wholeMediterranean basin, for what concerns some ofthese arboreal and herbaceous varieties. The phe-nomenon is essentially due to the area’s special cli-mate – temperate and mild – which closely resemblesthat of the coast. And it is precisely thanks to this mildclimate and the great fertility of the soil, favoured byage-old woodlands, that the agricultural producefrom the area is as noteworthy as it is. We are only ashort way from the Val di Sieve, known for the excel-lent quality of its wine, and Upper Valdarno,renowned for the excellent quality of its olive oil.

Since we happen to be nearby, the Abbey ofSanta Maria is definitely worth mentioning, whichhas housed for over twelve centuries a small commu-nity of cloistered Benedictine nuns. Inside the com-pound the nuns have set up a few workshops wherethey make embroidery pieces on commission, andsmall ceramic objects. They also produce preservesand liquors, not to mention their famous peach jamprepared in the old fashion, with the peaches theygrow in the garden. The workshops and kitchen arenot open to the public but by phoning the monasteryone can make an appointment to buy some productsor order embroidered or ceramic pieces.

Along the road, a slight detour to the left as wecome near the river, invites us to a short stop at theGualchiere di Remole, or the fulling-mills of Remole– an example practically unique in Europe of a plantused for fulling, an essential phase of wool processingin Medieval times. The production of wool cloths,widely diffused in Florence and its surroundings dur-ing the Middle Ages, was one of the most importantand profitable crafts in the city. However, the fin-ished product could be obtained only after a longseries of different though tightly interconnectedprocesses. Fulling served to give the woven cloths

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Gualchiere di Remole

presenza da oltre dodici secoli di una piccola comunitàdi suore benedettine di clausura, che hanno allestitoall’interno dei locali dell’abbazia alcuni laboratori doveeseguono pregiati lavori di ricamo su commissione epiccoli oggetti in ceramica. Le religiose produconoinoltre conserve e liquori e una famosa marmellata dipesche realizzata alla maniera antica, con i frutti checrescono nel loro giardino. Non è possibile visitare iluoghi di produzione, ma telefonando al monastero sipuò concordare un appuntamento per acquistare i pro-dotti o commissionare lavori di ricamo e ceramica.

Lungo la strada, una piccola deviazione sulla sini-stra proprio in prossimità del fiume ci invita a fare unapiccola sosta per visitare le Gualchiere di Remole,esempio praticamente unico in Europa di stabilimentoper eseguire le operazioni di “gualcatura”, una delle piùimportanti fasi nella lavorazione laniera in epocamedievale.

La produzione dei “panni di lana”, oltremodo dif-fusa nella città di Firenze e nel suo circondario in epocamedievale, costituiva una delle lavorazioni artigianalipiù importanti e redditizie della città. Il prodotto finitosi otteneva tuttavia solo dopo un lungo procedimentodi lavorazioni diverse, ma tra loro strettamente conca-tenate. La gualcatura serviva a dare consistenza aipanni in precedenza filati. La trama veniva compattataper rendere il panno più resistente, come rassodata,motivo per cui alcuni erano soliti appellare questo pro-cedimento anche come “sodatura”. Il bel complesso

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thickness. The cloth was pressed to make it moreresistant, or compact, and indeed some peoplereferred to this process as “compacting”. At first glance,the imposing complex of the Gualchiere di Remole,with its two symmetrical stone constructions toppedwith high battlemented towers, calls to mind some olddeserted castle left standing on the bank of the river.The complex, damaged in part by neglect, lack ofmaintenance and arbitrary architectural modifica-tions, nevertheless still permits us to understand thedifferent operations the wool cloth was put through.It is a unique example of its sort; some of the mainstages in wool processing are still clearly identifiable,and this plant has made it possible to clarify themechanisms through which certain operations werecarried out, in addition to supplying important infor-mation regarding the kind of machinery used at thetime. The rolls of wool were shipped from Florenceby ferry: one can still see the small landing wherethe boats with the wool and workers docked. Themain buildings housed the machinery, which usedthe hydraulic power of the river. To this goal, an arti-ficial canal carried the water right into the buildings.The canal itself was supplied from a weir – an artifi-cial basin that was meant to prevent sudden floods aswell as to provide the canal with water on a constantbasis, including during severe droughts. The com-plex also included a series of smaller annexes used forlaying-up of boats, workers’ accommodation, and

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delle Gualchiere di Remole, costituito da due edificispeculari in pietra, dotati di alte torri merlate, al primocolpo d’occhio ci fa pensare a un castello abbandonatosul limite del fiume.

Lo stato di conservazione, in parte compromesso daincuria, abbandono e arbitrarie modifiche architetto-niche, mantiene tuttavia pressoché intatto il percorso acui venivano sottoposte le pezze di lana. Si tratta di unesempio unico, in cui sono ancora chiaramente indivi-duabili alcuni dei principali passaggi della lavorazionedella lana, e che ha permesso di chiarire i meccanismiche portavano al compimento delle operazioni, for-nendo anche importanti informazioni riguardo la tipo-logia di macchinari di cui si disponeva all’epoca. Lepezze di lana arrivavano da Firenze in traghetto, èancora visibile il piccolo punto d’approdo dove leimbarcazioni lasciavano lana e lavoranti. Gli edificiprincipali erano quelli adibiti a ospitare i macchinariche per essere operativi si servivano della forza idrau-lica del fiume. Per far ciò un canale artificiale convo-gliava l’acqua proprio all’interno degli edifici. Il canaledipendeva a sua volta da una pescaia, un bacino artifi-ciale che aveva lo scopo di evitare improvvise inonda-zioni nonché di rifornire il canale di acqua in modocostante, anche in periodi di grave siccità. Il complessocomprendeva poi una serie di piccoli edifici collateralidedicati a rimessaggio, alloggi e magazzini.

Lasciate alle nostre spalle le belle Gualchiere diRemole, riprendiamo il nostro viaggio imboccandonuovamente la Provinciale 35, seguendo le indicazioniper Pontassieve.

La strada procede dritta fra le colline della Val diSieve dove s’intrecciano i vari itinerari enologici chesono stati favoriti dalla produzione locale degli ottimiChianti Rufina e Pomino.

Come in gran parte della Toscana e in particolarenel contado fiorentino, la produzione vinicola si accom-pagna da sempre a quella olivicola, in una dicotomiaquasi monotona che vede l’alternarsi di colline poderalisfruttate quasi sempre in ugual misura da queste duecoltivazioni. Recentemente, tuttavia, nella bassa Valdi Sieve, l’ottima qualità raggiunta dalla produzioneenologica ha fatto sì che questa venisse in qualchemodo favorita rispetto a quella dell’olio. La viticolturaha così progressivamente raddoppiato i suoi spazi,sacrificando altre coltivazioni, di sovente abbattendoampie aree boschive e andando a ottenere una esten-sione produttiva che ad oggi risulta una delle piùsostanziose, rispetto al computo generale delle aziendevinicole di tutta la provincia di Firenze.

Un esempio interessante lo abbiamo avvicinandociall’abitato di Pontassieve. Nella vasta area industrialeche sorge giusto alle porte della città, si evidenzia in

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storage. Having left the fine Gualchiere di Remole, letus resume our route by going back to ProvincialRoad 35 and head for Pontassieve. The road contin-ues in a straight line through the Val di Sieve hills,where many wine tasting itineraries intertwine, pop-ularized by the excellent local Chianti Rufina andPomino wines.

As in large parts of Tuscany and particularlyaround Florence, wine production goes hand in handwith olive oil production – a nearly monotonousdichotomy of alternating vineyards and olive grovesplanted in almost equal proportions on every farm.Recently, however, the first-rate quality of wineobtained in Lower Val di Sieve has somewhatreversed the balance in favour of wine production.Vineyards have progressively doubled in number tothe detriment of other crops, often spreading throughdeforestation to previously tree-covered areas, andeventually reaching an extension that has made itone of the most extensive and productive wine areasof the entire Florentine province.

We get an interesting illustration of the phenom-ena as we near Pontassieve. In the vast industrialzone that precedes the town, a large plant seems todominate all others, that of Vi.C.A.S. wines, whichunites a large number of small and medium-size wineproducers of the area lying between the Arno andSieve Rivers. Born in 1964, the winegrowers’ associ-ation has given rise to a cooperative whose primarygoal is to maintain intact the territorial specificity ofthe product, making sure the grapes are of high qual-ity and, most of all, grown in the specific area. Thishas permitted the Vi.C.A.S. cooperative to grow andbecome a leading model of sustainable developmentin the wine sector. Today the cooperative counts morethan 250 small and medium-size vine-growers; it pro-duces choice table wine and now also specializes inside products such as vinsanto and vinegar, in order tobe evermore up-to-date and to meet the consumers’requirements.

When in this area, the nearby scagliola workshopof the master Bianco Bianchi is certainly worth avisit. This workshop has been open since the 1960’sand it produces various types of items strictly fol-lowing the ancient scagliola technique. As regardsthe design, the support, the marquetry and the pol-ishing, the works from Bianco Bianchi’s workshop,which stand out for their quality and refinement, areall exclusive pieces.

Allowing ourselves a short detour, we turn out ofProvincial Road 35 to enter the antique town of Pon-tassieve. Of Etruscan origins, Pontassieve witnessedthe passage of the Romans, while its period of great-

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Vigneti nei pressi di Pontassieve

modo piuttosto prepotente il grande stabilimento diproduzione dei vini Vi.C.A.S., che riunisce gran partedei piccoli e medi produttori vinicoli della zona com-presa tra Arno e Sieve. Nata nel 1964, l’associazionedei viticoltori ha dato vita a una cantina sociale che hacome scopo primario quello di mantenere intatte lespecificità territoriali, accettando solo uve di qualità esoprattutto prodotte nella zona di riferimento. Questoha permesso alla cantina Vi.C.A.S. di crescere e darvita a un modello di sviluppo sostenibile nel settorevitivinicolo decisamente all’avanguardia. Oggi sonooltre 250 i piccoli e medi produttori che sono entrati afar parte del consorzio, producendo un vino da tavoladi ottima qualità e specializzandosi anche nella produ-zione di altri prodotti correlati come vinsanto e aceto,in modo da rendersi sempre più in linea con le richie-ste del mercato.

Trovandosi nella zona vale indubbiamente la penauna visita al poco distante laboratorio di scagliola delmaestro Bianco Bianchi. Attivo fin dagli anni Sessanta,il laboratorio produce manufatti realizzati rispettandofedelmente l’antica tecnica della scagliola. Dal disegnoalla preparazione del supporto, dall’intarsio fino allalucidatura, gli oggetti che escono dal laboratorio diBianco Bianchi sono pezzi unici al mondo, riconoscibiliper qualità e raffinatezza della realizzazione.

Concedendoci una piccola deviazione, lasciamo laProvinciale 35 per entrare nell’antico paese di Pontas-sieve. Di origine etrusca, Pontassieve ha visto il pas-saggio dei Romani, ma ha avuto il suo momento dimaggiore sviluppo in epoca medievale grazie alla posi-zione strategica tra Arno e Sieve che ne faceva per ifiorentini un avamposto fluviale fondamentale, sia ascopo difensivo, sia per lo sviluppo e la diffusione deicommerci. Qui come in gran parte delle zone dellaToscana più marcatamente agricola, lo sviluppo arti-gianale ha mantenuto il passo nei secoli all’ombra dellefondamentali produzioni agricole. L’oggetto nasceesclusivamente in funzione delle necessità d’uso delcontadino, è stilisticamente semplice, essenziale, privodi inutili orpelli poiché la sua funzione fondamentalenon è estetica, ma pratica. Si rintracciano così gli anti-chi mestieri del fabbro, intento a forgiare utensili perl’uso quotidiano dell’agricoltura, del bottaio o del fale-gname, tutti impegnati in una piccola produttività lacui unica funzione è asservirsi all’agricoltura. Seppureoggi non si possa parlare di vere e proprie attività arti-gianali sopravvissute all’interno del Comune, esistonopiccolissime realtà che hanno in parte mantenuto invita l’antica tradizione dei mestieri contadini. È di unqualche rilievo la produzione di pelletteria, general-mente sotto forma di piccole aziende a conduzionefamiliare che producono parti che vengono successi-

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est development took place in the Middle Ages,owing to its strategic position at the point where theArno and Sieve Rivers meet. This made it a crucialriver outpost for the Florentines, both for defensiveand commercial purposes. Here, as in most chieflyagricultural parts of Tuscany, crafts have developedin the shadow of the more fundamental agriculturalproduction. Objects were born exclusively out of thepeasants’ direct needs: they were stylistically simpleand essential, deprived of all unnecessary frills, giventhat their basic function was practical and not aes-thetic. Ancient local trades thus included the black-smith, busy at forging everyday tools used in farming;the cooper; and the carpenter – all engaged in small-scale activities whose only purpose was to supportagriculture.

Although we cannot claim that the antique tradeshave actually survived until today in Pontassieve, anumber of small businesses still exist that have keptalive, to some degree, the ancient traditions of ruraltrades (though we are not speaking of any true spe-cialization in a leading sector of the manufacturingindustry). One such activity worth noticing is leatherwork; usually done by family-run businesses; theyproduce leather parts that are then assembled by thelarge leather good factories in the area.

Once in Pontassieve, a visit to Sieci just outsidethe town limits is worth the detour. Here we find oneof the very few still functioning windmills. Built at thebeginning of the 19th century, this mill had fallen intodisuse and was left entirely neglected. In 2000, a proj-ect sponsored by the municipality of Pontassieve and

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Pontassieve, il pontemedievale. A destra, il mulinoa vento della FattoriaLavacchio

vamente assemblate dalle grandi industrie di pellette-ria della zona.

Trovandoci a Pontassieve vale tuttavia la pena difare una breve deviazione appena fuori del paese, diri-gendoci il località Sieci. Incontriamo qui uno deipochissimi esempi ancora funzionanti di mulino avento. Costruito all’inizio dell’Ottocento il mulino eraormai caduto in disuso e in totale stato di abbandono.Un progetto realizzato nel 2000 con il patrocinio delComune di Pontassieve e della Fattoria di Lavacchio,che ospita l’edificio all’interno dei suoi terreni, ha per-messo di riportare a nuova vita l’antico mulino, tut-t’oggi funzionante e attivo. Grazie all’approfondito stu-dio di modelli di mulino a vento coevi, è stato possibileoperare uno scrupoloso restauro delle parti meccanicheche lo compongono, restituendogli tutte le funzionalitàdel passato. Oggi alla Fattoria Lavacchio, oltre allavendita diretta dei prodotti vitivinicoli e olivicoli, oltreagli interessanti corsi di cucina e terracotta, si produceuna farina biologica del tutto speciale, esattamentecome quella che si produceva duecento anni fa.

Rientrati a Pontassieve, oltrepassiamo tutto il paesee superata la piazza principale ci troviamo sul ponteche attraversa la Sieve. Da qui, girando sulla destra,imbocchiamo la Regionale 69. Un bivio sulla destra ciindica la strada che porta alla Consuma, ma proce-diamo dritti lungo l’antica via Aretina in direzione diIncisa Valdarno, entrando nel cuore della Val di Sieve.Ed è proprio a partire da qui che il paesaggio che ciaccompagna comincia progressivamente a cambiare,

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the Fattoria di Lavacchio, on whose property the build-ing stands, has brought back to life the old windmillwhich has been active ever since. An in-depth studyof windmill models from the same period has per-mitted scrupulous restoration of the mechanical parts,rendering the mill to all its original functions. Todayon the Lavacchio farm, besides direct sales of wineand olive oil, and besides the inviting cooking and ter-racotta lessons, a unique organic flour is being pro-duced, the very same that used to be produced twohundred years ago.

Back in Pontassieve, we cut across the entire vil-lage; past the main piazza, we reach the bridge acrossthe Sieve. From here, we make a right turn ontoRegional Road 69. A fork to the right indicates theroad leading to Consuma, but we continue straightalong the ancient Via Aretina in the direction of IncisaValdarno, entering the heart of the Val di Sieve area.And from this point on, the landscape starts changing,slowly moving away from what we are used to iden-tifying as the typical pastoral Tuscan countryside.There are still plenty of neatly aligned rows ofgrapevines and olive trees set in a regular pattern onthe slopes of softly rounded hills, but all of a suddenthe landscape turns into mountain country. Woodsdense with fir trees, oaks and beeches dominate thevalley from above. We are on the slopes of the Prato-magno mountain and, as we move on, the hillsbecome sharper and more difficult to access, the sunalmost disappears behind their outline, and the damp

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La raccolta del legname

discostandosi da quello che siamo soliti identificarecon la classica Toscana agrituristica. Non mancano ledistese ordinate di vigneti e oliveti, disposti a inter-valli regolari lungo un paesaggio collinare dai profilidelicati, ma che d’improvviso si fa quasi montano. Foltiboschi di abeti, querce e faggi, dominano dall’alto lavallata. Siamo alle pendici del Pratomagno e via via lecolline si fanno sempre più appuntite e impervie, ilsole quasi sparisce dietro la loro curvatura, l’odoreumido del muschio montano ci pervade i sensi all’im-provviso. È questo il centro del territorio dominatodai cosiddetti Comuni della Montagna Fiorentina, unavasta area che abbraccia da nord a sud i comuni di SanGodenzo, Dicomano, Londa, Rufina, Pelago, Pontas-sieve. A questi, seppure più decisamente rivolto versoil territorio del Valdarno, si aggiunge anche il comunedi Reggello, insieme alla poco distante Vallombrosa.

È un paesaggio ruvido, difficile e ombroso. Osser-vando le coltivazioni, quasi arrampicate sui terrazza-menti costruiti lungo tutta la strada, all’interno delleprofonde gole montane, non è difficile percepire tuttala fatica della comunità contadina di queste parti, chemolto ebbe a combattere contro una natura avversa eun territorio decisamente impervio.

Il paesaggio continua ad alternarsi così, tra distesedi colline basse e soleggiate che d’improvviso si fannoquasi monti, ingoiandoci in vallate buie e silenziose.

Giunti alle porte del piccolo paese di Sant’Ellero,svoltiamo a sinistra sulla Provinciale 88 che porta indirezione di Tosi e Vallombrosa. Lungo la strada incon-triamo la Fattoria di Petrognano, che oltre a offrirecomodi ed eleganti alloggi ricavati dalle vecchie casepoderali, ci accoglie negli spazi della sua vendita direttadove è possibile acquistare vino, olio e i prodotti distagione dell’orto.

Grazie alla grande ricchezza di boschi, fin dall’an-tichità l’economia della zona ha affiancato allo sfrutta-mento agricolo la produzione di legname.

La tradizione di falegnameria si è sviluppata cre-scendo nel corso dei secoli, seppure oggi testimonianzedi questo antico mestiere si possa rintracciare solo nellazona circostante il paese di Tosi. Qui, come nelle vicineRaggioli e Taborra, la tradizione dei boscaioli, antica disecoli, si trasformò negli anni a cavallo fra Otto eNovecento in falegnameria specializzata. Le primenotizie riguardo i mobilifici di questa zona risalgonoalla prima metà dell’Ottocento. Documenti dell’epocatestimoniano l’arrivo a Tosi di esperti falegnami daFirenze, Roma e altre città italiane, segno che già alloralo sviluppo delle manifatture lignee in questa zona eraconsiderato importante e florido. Gran parte degli abi-tanti di queste zone, boscaioli per vocazione genera-zionale, divennero ben presto abilissimi impiallaccia-

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smell of mountain moss suddenly overwhelms oursenses. This is the heart of a territory dominated bythe so-called Comuni della Montagna Fiorentina(Towns of the Florentine Mountains), a vast areathat embraces, from north to south, the municipaldistricts of San Godenzo, Dicomano, Londa, Rufina,Pelago, and Pontassieve. To these must be added themunicipal district of Reggello which borders on theValdarno territory as well as the nearby village ofVallombrosa.

It is a harsh, tough and shaded landscape. Study-ing the areas under cultivation, the crops clinging tothe terraced fields that line the road all along thedeep mountain gorges, one cannot fail to realize theeffort made by the local rural folk, who had to strug-gle against unfavourable natural conditions and adecisively impracticable territory.

The landscape continues to alternate in this way,expanses of low sunny hills suddenly almost turninginto steep mountain slopes, engulfing us into silentand shaded valleys.

Having reached the small village of Sant’Ellero,we turn left into Provincial Road 88 towards Tosiand Vallombrosa. Along the road we pass the Fatto-ria di Petrognano. Besides offering comfortable andelegant lodgings set inside the old farmhouses, the

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Sedia impagliatatradizionalmente

tori, falegnami e intagliatori, dando vita a una tradi-zione artigiana raffinata e ancor oggi rintracciabile.Ne 1920, il parroco don Angelo Cortegiani ebbe l’ideadi allestire una scuola serale di disegno, per dare agliartigiani anche una preparazione tecnica. E fu semprelui che promosse la costituzione di un deposito pressola ferrovia di Sant’Ellero dove far stazionare la mercein arrivo e in partenza da Tosi. L’idea si rivelò utile,soprattutto quando nel corso degli anni le manifatturedella zona divennero sempre più rinomate e apprez-zate. Intanto si andavano formando le prime specializ-zazioni di settore. A Taborra fioriva già a partire dallaseconda metà dell’Ottocento l’industria delle sedieimpagliate. Agli uomini il compito di creare l’anima inlegno, alle donne quello d’impagliare le sedute e rifinireil lavoro, in una perfetta sinergia di intenti.

Oggi a Raggioli, presso il Museo dell’Antica civiltàcontadina e dell’Artigianato della Montagna, è possibileammirare gli antichi modelli utilizzati per la costru-zione delle sedie. Insieme ad essi, il museo, fondatonel 1978, espone gli antichi attrezzi per la falegname-ria, per la calzoleria e svariati oggetti di uso comuneutilizzati nel lavoro dei campi e della montagna. Tuttirisalenti ai secoli XIX e XX, gli oggetti appartengonoin gran parte alla tradizione familiare di alcuni cittadinilocali, e da essi offerti alla raccolta quale memoria dellastoria della cultura locale.

A Raggioli si delineavano intanto le prime specia-

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farm estate welcomes visitors to its direct sales shopwhere one can buy wine, olive oil and seasonal pro-duce from the vegetable garden.

Since ancient times, given the richness of thedense woods, the local economy has relied on forestexploitation and wood production, besides agricul-ture. Carpentry developed and grew over the cen-turies, although today traces of this traditional tradecan only be found in a small area around the villageof Tosi. Here, as in the nearby villages of Raggioli andTaborra, the century-old woodcutting trade was con-verted at the turn of the 19th century into skilled car-pentry. The earliest records of furniture factories inthe area go back to the first half of the 19th century.Documents of the time mention the arrival in Tosi ofexpert carpenters from Florence, Rome and othercities of the Italian peninsula, a sign that already inthat period, the growth of carpentry trade in the ter-ritory was perceived as important and in full expan-sion. A high percentage of local inhabitants, wood-cutters by family tradition, soon became skilfulveneerers, carpenters and woodcarvers, giving lifeto a refined craft that has in part survived to this day.In 1920 the parish priest, Father Angelo Cortegiani,had the idea of organizing evening classes to teachtechnical drawing to the craftsmen to perfect theirskills. He also encouraged the setting up of a ware-house near the railway station of Sant’Ellero, wheregoods could be stored temporarily on their way inand out of Tosi. The idea proved very valuable espe-cially as, over the years, local production becameincreasingly well-known and praised.

Meanwhile, the first specializations inside the sec-tor were emerging. In Taborra, the production ofchairs with straw seats started flourishing in the sec-ond half of the 19th century: men were in charge ofproducing the wooden frames, and women of bot-toming the chairs with straw and then of doing thefinishing work – all in a perfect synergy of intent. InRaggioli, at the Museo della Civiltà Contadina e del-l’Artigianato della Montagna (Museum of Rural Cul-ture and Mountain Crafts) one can admire the oldmodels used for the making of chairs. The museum,founded in 1978, also displays ancient tools used incarpentry and shoe-making, as well as various objectsof common use in the fields and in the mountain. Allexhibits are from the 19th and the 20th centuries, andmost of them once belonged to the families of localfarmers, who offered them to the museum to helppreserve the memory of the local history and culture.

Meanwhile, also Raggioli was developing its ownspecialized crafts. For instance, records mention theexistence in the early 1900s of a small bamboo and

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La foresta di Vallombrosa lizzazioni. Ai primi del Novecento si ha notizia dell’e-sistenza di un piccolo laboratorio per la lavorazione dibambù e vimini. La materia prima non proveniva, comesi potrebbe pensare, da esotiche mete d’Oriente, mapiuttosto dagli acquitrini del Casentino, dove la natu-rale umidità favoriva la crescita di questi particolarimateriali. In breve tempo la produzione si qualificò atal punto da rendersi concorrenziale sia per qualità delprodotto che per i bassissimi costi. Questo compartoera affiancato dalla tradizionale attività dell’intrecciodella paglia. Cesti e panieri, ma anche rivestimento difiaschi per l’industria vinicola del fondovalle, eranoalcuni tra gli oggetti più richiesti.

Oggi Tosi è l’unica località della zona che ha man-tenuto integra la tradizione mobiliera, specializzandosisempre di più nell’industria del mobile rustico toscano.Per preservare l’antico mestiere è nato proprio qui ilConsorzio degli Artigiani del mobile rustico ed artisticodi Tosi-Vallombrosa, che garantisce la qualità del legnoe la cura artigianale del prodotto.

La strada ci conduce a questo punto in direzione diVallombrosa, attraverso una folta boscaglia che sembravegliare su questo paesaggio da un tempo infinito.Strade a tornanti si fanno largo attraverso il silenziodegli arboreti. Un paesaggio fantastico, che ci fa pen-sare ai rigidi inverni, a fantastici personaggi che la tra-dizione popolare vuole aver abitato il bosco e al racco-glimento della meditazione solitaria dei monaci che perprimi abitarono queste terre.

Al loro fianco un popolo laborioso e instancabileche dello sfruttamento dei boschi fece la principalefonte di sostentamento.

Enormi e imponenti, gli alberi che crescevano in

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reed workshop, whose raw materials did not come, asone might think, from exotic Far Eastern lands, butrather from the marshlands of Casentino, where nat-ural humidity favoured the growth of these particularplants. Very soon, the production specialized to thepoint it became competitive both for quality andprice. Besides this special craft, traditional basket-work continued to thrive: straw-woven baskets andhampers, but also straw covers for wine flasks anddemijohns for the wine industry down on the valleyfloor were among the most requested objects.

Tosi is now the only town in the area to havemaintained intact the furniture-making tradition,becoming ever more specialized in the manufacturingof Tuscan farmhouse-style furniture. To preserve theancient trade a special consortium has been created,the Consorzio degli Artigiani del mobile rustico edartistico di Tosi-Vallombrosa, which guarantees thehigh quality of wood and craftsmanship.

At this point, the road heads towards Vallom-brosa, cutting through thick woods that seem to havewatched over the area from time immemorial. Wind-ing roads make their way through the silent forests –a fantastic scenery that evokes harsh winters and cer-tain fantastic creatures that popular tradition holds tohave haunted these woods; the solitary meditation ofthe monks, who were the very first inhabitants ofthese lands, also comes to mind.

They were joined by hard-working and tirelesspeople who turned the woods into their main sourceof subsistence.

Huge and mighty, the trees growing in theseforests could reach the height of thirty meters and

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Un’antica via dei legni questi boschi potevano arrivare a misurare oltre trentametri. L’abete bianco, in particolare, robusto ma alcontempo estremamente flessibile, veniva utilizzato dipreferenza nella cantieristica navale per ottenerne glialberi maestri delle imbarcazioni a vela. Trasportarlifino ai porti di Livorno e Pisa, dove avrebbero assuntola loro nuova forma, non era tuttavia cosa da poco. Lacosiddetta “via dei legni” cominciava proprio qui, daiboschi di Vallombrosa, dove uomini e buoi, con il soloaiuto della forza e della buona volontà, davano inizio allungo cammino del legname verso il mare.

Lungo i ripidi sentieri pavimentati con selciati difortuna, incatenati ai gioghi costituiti da coppie di buoi,i tronchi iniziavano la loro lenta discesa fino al vicinoporto di Sant’Ellero. La strada era segnata da pro-fondi tornanti. Ad ogni curva i buoi venivano sganciati,spostati all’estremità opposta e quindi nuovamenteagganciati al carico; solo così era possibile far affron-tare le curve ai lunghissimi tronchi, che altrimentisarebbero rimasti impigliati nella boscaglia.

Giunti finalmente a Sant’Ellero, venivano legatitra loro con delle corde, andando a formare una sortadi zattere di fortuna. Appena arrivava la piena e ilfiume era navigabile, venivano buttati in acqua. Abordo alcuni uomini che utilizzando lunghe pertichetentavano di mantenere il prezioso carico nella giustadirezione, manovrandolo in prossimità di anse e svoltedel fiume e proteggendolo dalle correnti che spinge-vano verso riva. In questo modo giungevano in pros-simità di Firenze. Quelli più corti rimanevano qui, neidepositi di legname di Rovezzano, utilizzati nell’edili-

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more. Silver fir in particular, resistant yet extremelyflexible, was chiefly required in ship building to makemainmasts for sailing boats. However, transportationup to the shipyards of Leghorn and Pisa, where theywould be given a new shape, was no easy task. Theso-called via dei legni (namely “timber-way”), startedright here in the woods of Vallombrosa, where menand oxen, respectively armed with nothing but good-will and strength, started on their long journeytowards the sea. to the yoke of a pair of oxen, the logsbegan their slow descent to the nearby port of San-t’Ellero along steep trails roughly paved withmakeshift stones. The roads met with constant sharpturns; at each turn, the oxen were unyoked, moved tothe other end of the logs and yoked to the load again,this being the only way to drag the tall logs past thesharp curves, without getting them entangled in thethick undergrowth.

Finally reaching Sant’Ellero, the logs were tiedtogether with ropes so as to create a kind of raft. Assoon as the waters were high enough to navigate, therafts were thrown into the river with a few menaboard. Armed with long poles, the men worked tokeep the precious load floating in the proper direc-tion, manoeuvring the timber past bends in the riverand protecting it from currents pushing it towards thebanks. Thus the rafts arrived in the proximity of Flo-rence where the shorter logs were put ashore andbrought to the timber storehouses of Rovezzano, tobe used in the building industry. The rest of the loadcontinued its journey up to the grand-ducal ship-

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zia, in parte proseguivano verso i cantieri navali gran-ducali di Santa Croce. La via dei legni terminava qui eai boscaioli non rimaneva che riprendere la salita versoVallombrosa.

Risale al 1015 il primo piccolo nucleo abitativo delmonastero di Vallombrosa. Grazie tuttavia ai numerosilasciti e donazioni, agli acquisti e alla buona volontà deimonaci, i possedimenti andarono progressivamenteaumentando nel corso dei secoli successivi, tanto chealle soglie del XVI secolo la proprietà si estendeva dalmonte Secchieta fino ai popoli di Tosi e Sant’Ellero.

Un capitale fondiario di enorme rilievo dunque,prevalentemente occupato da aree seminative epascolo. Il bosco, principale fonte di sostentamentodel monastero e dei popoli che abitarono questi luoghi,andò acquistando importanza solo a partire dal XVIsecolo, quando se ne comprese l’enorme rilievo econo-mico, tanto da farlo divenire a breve fondamentalerisorsa economica locale. È forse grazie a questa intui-zione che ancor oggi conserviamo pressoché intatti ifolti boschi alle spalle di Firenze, diversamente lo sfrut-tamento agricolo ne avrebbe rosicchiato costantementei confini, così come è accaduto in molti luoghi delnostro contado.

Intanto la vita economica locale andava progressi-vamente fondendosi a quella del bosco. Non più soloproduzione di legname da vendere come materiale percostruzioni e fonte di riscaldamento, ma anche tutte leattività collaterali legate allo sfruttamento del boscostesso. Diffusi in tutta l’area i capanni utilizzati peressiccare le castagne, detti “metati”. Piuttosto comuninell’area dell’Appennino Pistoiese e in Garfagnana, imetati si costituivano di un unico ambiente, suddivisoper altezza in due parti. Al piano superiore lunghetravi di legno sostenevano un fitto canniccio sul qualevenivano appoggiate le castagne in modo che pren-dessero aria e non marcissero. Quando la quantitàdelle castagne era sufficiente, al piano inferiore siaccendevano i fuochi, mai troppo alti per evitare chetogliessero troppo velocemente l’umidità delle castagne,peggiorandone il gusto. A questo punto le castagneerano pronte per essere macinate e la loro farina venivautilizzata come un’alternativa alla farina bianca, sep-pure più a buon mercato. La farina di castagne ha cosìsfamato per secoli interi popoli del contado toscano.Tra i piatti più tipici le frittelle di farina dolce e il casta-gnaccio, una sottile schiacciata a cui si aggiungevanopinoli e uva passa. Tra i popoli rurali della montagnafiorentina era inoltre molto diffusa la pattona, unaricetta semplice, ma molto nutriente e adatta a darevigore durante i freddissimi inverni. Si preparava conun impasto di farina di castagne, acqua, sale e un filod’olio. In una teglia si disponeva poi l’impasto per

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yards of Santa Croce. The timber way ended here,and the wood-cutters were left with nothing to do buthead back up towards Vallombrosa.

The small initial residential core of the monasteryof Vallombrosa dates back to 1015. Then, thanks tonumerous bequests, donations and purchases,notwithstanding the monks’ goodwill, the monastery’sproperties increased steadily in the course of the fol-lowing centuries, so much so that by the early 1500s,its domain extended from Mount Secchieta as far asTosi and Sant’Ellero – an extraordinary landed prop-erty, consisting mainly of cultivated fields and pasturelands. The forest, main source of subsistence for themonastery and the inhabitants of the territory,acquired importance only from the 16th centuryonward, when its huge economic potential was finallyrecognised, and it indeed rapidly became a funda-mental resource of local economy. Perhaps it is owingto this intuition that up until today the lush woodsjust beyond Florence have been preserved more orless intact; more intense farming would have gradu-ally eaten up the forest, as was the case in many otherparts of Tuscany.

Thus in Vallombrosa, economic life increasinglyfocused on the forest – not only, as before, throughthe cutting down of timber to be sold as buildingmaterial or used for heating, but also through theexploitation of all the other resources of the forest.Sheds called metati, used for drying chestnuts arethus scattered throughout the area. Mostly typicalof the Pistoia Apennine mountains and the Garfag-nana territory, metati consisted of single space build-ings divided horizontally into two parts. At the higherlevel long wooden beams sustained a tight set of lathson which the chestnuts were spread so as to beexposed to air and prevent them from rotting. Whenthere were enough chestnuts, a fire was lit on theground floor – never too high though, lest the taste ofthe chestnuts would be altered by excessively rapiddrying. Once dry, the chestnuts were ready to beground. The resulting flour was used as a cheap sub-stitute to white flour.

Thus for centuries, countless villages of the Tus-can countryside fed on chestnut flour. Among themost typical dishes prepared with this type of flourfigure the sweet frittelle and a thin cake made withpine-nuts and raisins called castagnaccio. Anothercommon dish among the country people of the Flo-rentine Mountains was pattona, a simple and verynourishing recipe, that provided energy during theharsh winters. It was prepared with a mixture ofchestnut flour, water, salt, and a trickle of olive oil.The dough was then put into a baking-pan two fin-

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L’ex stazione ferroviaria del Saltino

un’altezza di due dita e si cuoceva nei forni a legna cir-condata da due fuochi dove si lasciava asciugare percirca un’ora. Spesso il tegame veniva sostituito da fogliedi castagno secche, per dare al piatto un sapore ancorapiù intenso e profumato. Si consumava accompagnatada formaggio pecorino, ma spesso anche da sola.

Intanto a Vallombrosa anche il freddo divenne pre-sto strumento di commercio. Lunghe e profonde grottescavate in prossimità del monastero raccoglievano econservavano, per lunghi periodi dell’anno, abbon-danti riserve di ghiaccio e neve provenienti dalle pen-dici del monte Secchieta. In gran parte appannaggiodel monastero e della sempre più grande comunità chevi ruotava intorno, il ghiaccio divenne presto unanuova risorsa economica di cui fare commercio. Que-ste e infinite altre piccole attività collaterali, come lagrande vasca adibita ad allevamento ittico, arrivata neiprimi anni del Settecento a produrre oltre cento chilo-grammi di pesce, ci raccontano di una comunità infa-ticabile e laboriosa che seppe negli anni costruire coninventiva e buona volontà un enorme patrimonio eco-nomico che affondava le sue radici nel precetto dell’«Ora et labora» benedettino. Monaci e boscaioli, lavo-rando fianco a fianco, seppero superare le avversitàdella montagna e del clima rigido, di pestilenze e care-stie, diversificando di volta in volta la scelta produttivae garantendosi sostentamento sicuro per ogni stagioneavversa della vita.

Rivoluzionaria e fuori del comune fu anche la tra-sformazione negli anni immediatamente a cavallo traOtto e Novecento in stazione turistica. Moltissimi ave-vano scelto Vallombrosa come luogo di riposo e rifles-sione nei secoli, apprezzandone la quiete e la salubre

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gers high and put to bake inside the wood-burningoven where it was left to dry for around one hourbetween two heaps of burning wood. Often, the bak-ing-pan was first covered on the inside with chestnutleaves, to give the dish an even more intense andscented flavour. It was eaten with pecorino cheese orjust as such.

Meanwhile in Vallombrosa, even the cold wassoon turned into a trading asset. Abundant reservesof ice and snow from the slopes of Mount Secchietawere collected inside long and deep caves dug out notfar from the monastery where they kept through longperiods of the year. Prevalently the appanage of themonastery and the growing community that revolvedaround it, ice became a new economic resource. Andnot only this trade, but an infinity of other, smalleractivities such as fish breeding in the large fish pond(which by the early 1700s was producing over a hun-dred kilograms of fish) tell us of a hard-working andindefatigable community that managed to build overthe years, through inventiveness and goodwill, anextraordinary economic patrimony whose founda-tions are grounded in Saint Benedict’s Ora et labora(namely pray and work). Working side by side,monks and wood-cutters managed to overcome theadversities of the mountain and its rigorous climate,not to mention plague and famine, by diversifyingproduction as it proved necessary, securing their sub-sistence through all adverse periods.

Another revolutionary and uncommon move wasthe transformation of Vallombrosa at the very turn ofthe 19th century into a tourist resort. Throughout thecenturies, many had come to Vallombrosa for itspeace and quiet, its wholesome atmosphere propi-tious to rest and meditation. But it was only at the endof the 19th century that Count Giuseppe Telfener,who had come to spend a few quiet days in Vallom-brosa, had the idea of establishing here a propertourist resort. It was him who had the idea of build-ing a railway line from Sant’Ellero up to Saltinowhich made travelling easier for those using the Flo-rence-Rome railway. A plaque along the pathbetween Vallombrosa and Saltino commemorates hisprecious contribution.

People came to Vallombrosa in winter as well asin summer. Walks through the woods and escapefrom the summer heat alternated with leisure activi-ties typical of the cold season ranging from downhilland cross-country skiing on the slopes of Mount Sec-chieta to ice-skating on an improvised rink set up inthe early 1900s on the frozen waters of the former fishpond.

Up until today, driving along this road in the sum-

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Lapide commemorativa inricordo di Giuseppe Telfener

atmosfera. Fu tuttavia alla fine dell’Ottocento che ilconte Giuseppe Telfener, in occasione di un soggiornodi riposo a Vallombrosa, ebbe l’idea di sviluppare pro-prio qui una stazione di soggiorno.

Fu sua l’idea di costruire la ferrovia che saliva daSant’Ellero fino al Saltino, garantendo una più facilecircolazione per chi viaggiava sull’asse ferroviariaFirenze-Roma. Ancora oggi una lapide, disposta sullavia pedonale tra Vallombrosa e Saltino, ricorda il suoprezioso contributo.

A Vallombrosa la gente arrivava in inverno come inestate. Passeggiate nel bosco al riparo dalla caluraestiva si alternavano ai passatempi più tipici dei mesifreddi. Sci da discesa e fondo sulle sommità del monteSecchieta, fin anche a un’improvvisata pista da patti-naggio sul ghiaccio allestita ai primi del Novecentonella vasca che un tempo fu vivaio per i pesci.

Oggi, trovandosi a passare lungo questa strada neimesi estivi, non è affatto insolito incontrare nutritigruppi di persone che stazionano sotto gli imponentialberi del bosco, godendosi il fresco e l’aria pulita.

Siamo ormai entrati nel comune di Reggello, che abuon diritto viene celebrato come il paese dell’olio perl’eccellente varietà di extravergine d’oliva prodotto intutta la zona. Caratterizzato dal tipico colore verdeintenso e dal suo gusto forte e piccante, l’olio prodottoin tutta l’area di Reggello viene spremuto rigorosa-mente a freddo, mediante l’utilizzo di imponenti macinedi pietra, così come si è soliti fare in terra di Toscana dasempre.

Ci troviamo in una zona dove l’agricoltura classicaha mantenuto nei secoli il primato su tutte le attivitàcollaterali. Gli antichi poderi di un tempo si reinter-pretano oggi in chiave di vendita diretta di prodottiagricoli genuini e naturali, coltivati con la stessa cura diun tempo. Lungo il nostro passaggio si moltiplicano icartelli che ci invitano alla degustazione e all’acquistodegli ottimi prodotti locali.

La strada ci immette a questo punto nel paese diReggello, ma procedendo a sinistra e svoltando subitoa destra ci dirigiamo verso la bellissima pieve di SanPietro a Cascia.

Percorsi pochi metri ce la troviamo di fronte, bel-lissima in tutta la sua sfacciata semplicità. Passeggiandoper le vie del paese ci facciamo distrarre dalle infinitesegnalazioni di aziende agricole, ristoranti, enoteche efrantoi. A pochi metri dalla pieve è il Frantoio SantaTea, un bellissimo complesso agricolo posto sull’alto-piano di Reggello dove l’olio si produce addirittura findal 1426, ad attestarlo un’incisione su una pietra postaall’interno degli antichi locali del frantoio. Vale la penafare una visita al piccolo museo dell’olio allestito all’in-terno, dove sono conservati gli strumenti utilizzati per

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mer, one will very often come across large groups ofpeople resting in the woods under the mighty trees,enjoying the cool and the fresh air.

We have now entered the municipal district ofReggello, rightly celebrated as olive oil town for theexcellent extra virgin olive oil produced in the area.Of a typical intense green colour, strong and pungentin taste, the olive oil produced in the entire Reggelloarea is strictly obtained by cold pressing using impos-ing millstones, as is customary from time immemorialin the land of Tuscany.

In this area, traditional agriculture has remainedpre-eminent throughout the centuries, surpassing allother activities. Old farm estates today reinvent theirrole by turning to the direct sale of genuine and nat-ural produce grown with the care of the past. Signsinviting us to the tasting and buying of exquisite localproducts multiply along our route.

At this point the road brings us directly toReggello, but following the road to the left and mak-ing an immediate right turn, we drive towards thebeautiful Parish Church of San Pietro a Cascia. Avery short distance – and there it stands in front of us,beautiful and mighty in all its shameless simplicity.

Walking through the streets of the village, ourattention is drawn to the countless signs advertisingfarms, restaurants, wine shops and oil mills. A fewmeters away from the church stands the Frantoio (i.e.,oil mill) Santa Tea, a beautiful farm complex locatedon Reggello’s plateau, where olive oil has been pro-duced since 1426, as one can read on an engravedstone displayed inside the old mill. The small oilmuseum set up inside the mill is also worth a visit.Equipment used in oil-making since the most ancienttimes has been put on display inside. The mightymillstone and the ancient press are a fascinating tes-timony to the age-old tradition of oil-making in Tus-cany. Finally, for those who cannot resist the pleas-ures of the table, the oil-mill also houses a small shopwhere one can taste and buy the best selection oflocal extra virgin olive oils, not to mention appetizing

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La rocca di Incisa in Val d’Arno.Sullo sfondo, i monti del Pratomagno

la produzione fin dall’antichità. L’imponente macina el’antico torchio sono un’affascinante testimonianza del-l’antica tradizione olivicola toscana.

Per chi infine non sa resistere ai piaceri della tavola,il frantoio offre anche una piccola bottega di venditadov’è possibile degustare e quindi acquistare le miglioriselezioni di olio extravergine d’oliva locali, nonchéappetitose salse a base di verdure di stagione e ovvia-mente olio extravergine d’oliva.

Passeggiando per le vie del centro di Cascia, pro-prio di fronte alla pieve, troviamo l’Osteria Masaccioche ci invita alla lettura del suo ricco menu tuttotoscano, dove spiccano i migliori piatti dell’antica tra-dizione culinaria locale.

La tipica cucina di queste zone si basa sulla tradi-zione povera e genuina diffusa un po’ in tutta laToscana. Così spiccano le classiche zuppe di vegetali olegumi, a cui si aggiungono pezzi di pane raffermo perrenderle più sostanziose; così i sughi di carne, ottenutidagli avanzi di vari tipi di carni che la famiglia conta-dina era usa consumare una sola volta a settimana,generalmente la domenica. Una catena di riciclaggioalimentare, nata per ovvie necessità contingenti, cheoggi viene riscoperta in tutto il suo gusto e la sua genui-nità. Nasce proprio così uno dei più tipici prodottidella Montagna Fiorentina e della bassa Val di Sieve:il Bardiccio, un particolare tipo d’insaccato ottenuto dalrecupero di varie parti di carni suine e bovine, com-prese le interiora, e infine aromatizzato con semi difinocchio. Dal tipico colore rosso intenso, dovuto allapresenza di cuore bovino, il Bardiccio si consuma tra-

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sauces prepared with seasonal vegetables and – obvi-ously – olive oil.

Strolling through the streets of Cascia, right infront of the parish church, we come across the Oste-ria Masaccio which invites us to read its rich menu,thoroughly Tuscan, in which the finest dishes ofancient local culinary traditions stand out. In theseparts, typical cuisine is based on simple and genuineculinary traditions common to Tuscany in general.So we have the classic vegetable or bean soups, towhich very often are added pieces of stale bread tomake the soup more substantial and nourishing; andmeat sauces made with different types of left-overmeat (rural families would eat meat but once a week,usually on Sundays). This recycling of food, bornout of obvious circumstantial necessities, is beingrediscovered today for its wonderful taste and gen-uineness.

One of the most typical products of the FlorentineMountains and the Lower Val di Sieve was born justin that way: the bardiccio, a particular kind of sausagemade with various remnant parts of pork and beefmeat, including entrails, and aromatized with fennelseeds. Of a characteristic deep red colour given bybeef heart, bardiccio is typically eaten grilled or, whenaged, as a tasty addition to stuffing or vegetable soup.It is a product of ancient origins that has unfortu-nately practically disappeared. It used to be preparedin peasant households, to be kept and eaten duringthe course of the year.

Another typical product facing a similar situation isthe “zolfino bean”, actually under scrutiny by theDepartment of Agronomy and Territorial Manage-ment of Farms and Forests at the University of Flo-rence, following a special request from the consortiumof communes in this mountain area, the ComunitàMontana del Pratomagno. At the heart of the matter isthe attempt to improve and increase the nearly van-ished production of this typical bean round in shapeand of a typical yellowish colour. Once it was a com-mon practice to cook these beans al fiasco, namely in theflask, that is put inside a flask for wine with water,aromatic herbs, fresh tomatoes, salt and pepper, and atrickle of olive oil. The container was then placed insidethe fireplace and covered with hot embers to the neck.Today, unfortunately, the production of the zolfino bean(literally “sulphur bean”, in reference to its yellowcolour) is almost exclusively limited to the vegetablegardens of a handful of farmers around the Prato-magno; it has become a rarity at the market.

From Cascia we then proceed in the direction ofVaggio to reach the area of Incisa Valdarno. Alongthis stretch of road, we recommend a short stop at the

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Veduta del paese di Figline Valdarno dalla Villa Casagrande

dizionalmente cotto alla griglia oppure, una volta sta-gionato, può diventare una saporita variante per ripienie zuppe vegetali. Si tratta di un prodotto antico, oggipurtroppo quasi scomparso, che in passato veniva pre-parato all’interno della famiglia contadina, per esserepoi conservato e consumato nel corso dell’anno.

Simile la situazione di un altro prodotto tipico dellazona, il fagiolo zolfino, oggi addirittura al centro dialcuni dibattimenti all’interno del Dipartimento diScienze Agronomiche e Gestione del Territorio Agro-forestale dell’Università degli Studi di Firenze su spe-cifica richiesta della Comunità Montana del Pratoma-gno. Al centro di questi dibattiti il tentativo di miglio-rare e incrementare la produzione ormai pressochéscomparsa di questo tipico fagiolo dalla forma rotondae dal tipico colore giallo. Un tempo si era soliti cuci-narlo “al fiasco”, ovvero all’interno di un fiasco da vinoinsieme ad acqua, aromi, pomodoro fresco, sale, pepee un filo d’olio d’oliva. Il contenitore veniva quindiposto nel camino e ricoperto fino al collo da braceardente. Oggi purtroppo la produzione del fagiolo zol-fino è relegata quasi esclusivamente all’orto di pochicontadini della zona del Pratomagno, sempre più dif-ficile trovarne testimonianza nei nostri mercati.

Da Cascia procediamo quindi in direzione di Vag-gio per arrivare nel territorio di Incisa in Val d’Arno.Attraversando questo tratto di strada si consiglia unabreve sosta presso la rocca di Incisa, antica meta diviandanti, mercanti e pellegrini, e dunque una visita alMuseo presso l’Oratorio del Crocifisso.

Questa zona è sicuramente un’ospitale meta turi-stica per coloro che desiderano conoscere la campagnacircostante, grazie alla presenza di numerosissimestrutture ricettive, “bed and breakfast” e agriturismi.Proseguendo in modo rettilineo rispetto al fiume sullasinistra, giungiamo a Figline Valdarno.

Oltrepassando l’abitato e proseguendo in direzionedi San Giovanni Valdarno, ricordiamo che il settoresiderurgico si è sviluppato in questo territorio fin dalXV secolo. Nel 1872 nacque proprio a San Giovanni laSocietà Italiana per l’Industria del Ferro, poi divenutaSocietà delle Ferriere Italiane, che nel 1914 contava piùdi mille salariati. A questo tipo di produzione siaggiunse quella dell’Acciaio e all’inizio del Novecentola prima centrale termoelettrica a lignite. Ma all’originedella produzione sangiovannese, riconducibile ai primidecenni del XIX secolo, è la lavorazione del vetro. Ilprimo stabilimento nacque nel Poggio della Ciulla perla produzione di lastre di vetro, che poi si differenziò inproduzione di cristallo e lavorazione artistica e ogget-tistica di vetri di alta qualità ancora oggi esportati intutto il mondo come la Arte Arredo. Un’ altra aziendamolto conosciuta per l’alta qualità della produzione è

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fortress of Incisa, once a destination for wayfarers,traders and pilgrims, as well as a visit to the Museumattached to the Oratorio del Crocifisso or Oratory ofthe Crucifix.

A hospitable tourist destination, the area hasplenty of Bed & Breakfast and Agriturismo accom-modations for those wishing to explore the nearbycountryside. Following a straight line parallel to theriver (left), we reach Figline Valdarno. As we crossthe town and head for San Giovanni Valdarno werecall how the iron and steel industry developed inthis territory from the 15th century on. In 1872, pre-cisely in San Giovanni, the Società Italiana per l’In-dustria del Ferro, later Società delle Ferriere Ital-iane, was founded, which in 1914 employed morethan one thousand workers.

First iron production, then steel as well, and bythe early 1900’s the first thermoelectric power plant,functioning with lignite, was opened. But one of themost important industries in San Giovanni is glassproduction which can be dated back to the earlydecades of the 19th century. The first glassworks fac-tory was set up in Poggio della Ciulla for the makingof sheets of glass. Eventually, this type of processinggave birth to different specializations, among whichthe production of high quality crystal and artisticglassware. Up until today, factories such as Arte Arredoexport their products all over the world. Anotherenterprise well-known for the excellence of its prod-ucts is IVV – Industria Vetraria Valdarnesesoc.coop.a.r.l – which counts today about 150 work-

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Veduta del paese di SanGiovanni Valdarno

la IVV (Industria Vetraria Valdarnese scrl) che oggioccupa circa 150 persone e produce in un anno circadue milioni di oggetti esportando quasi il 50% dei suoiprodotti in tutto il mondo. Le linee vanno dal contem-poraneo al classico, all’etnico, o neoromantico e fusion.Altra interessante caratteristica aziendale è il vetrosenza piombo: eliminando le sostanze inquinanti l’a-zienda realizza vetro ecologico senza intaccarne laqualità. A San Giovanni si possono comprare questiprodotti all’IVV shop, un vasto ambiente aperto aldettaglio.

Un altro settore importante per l’economia di SanGiovanni tra la metà del XIX secolo e il secondo dopo-guerra è stato quello tessile. Lino, canapa, nastri dicotone e filati di pelo di coniglio, accanto alla piùcomune lana, hanno assorbito molta manodopera, suc-cessivamente indirizzata verso la maglieria e la pro-duzione di calzoleria. Ancora oggi i settori più pro-duttivi sono le calzature, la pelletteria, l’abbigliamentoe i tessuti.

Da piazza Masaccio verso la stazione di San Gio-vanni Valdarno, si consiglia una sosta all’Osteria del-l’Angelo, dove in un piccolo locale potrete gustare ipiatti tipici valdarenesi, come la pasta fatta in casa ecarne esclusivamente di razza chianina, come il tipico“stufato alla Sangiovannese” e i fagioli zolfini.

Lo stufato è un piatto di origine povera, segreta-mente tramandato dalle donne di San Giovanni.

Racconta una leggenda che una donna,per onorare meglio la Madonna

fece un piatto forte e assai drogatoche battezzò col nome di Stufato (…)

Per prepararlo occorre molta pazienza e buonavolontà: una mistura di spezie, garofano e noce moscata

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ers and produces approximately two million pieces ayear, out of which almost 50% is exported around theworld. Styles range from contemporary to classic,including ethnic, neo-romantic and “fusion”. Anotherinteresting feature is the fabrication of unleaded glass:by getting rid of polluting substances, the enterpriseproduces environmental friendly glass without affect-ing its quality.

In San Giovanni their products can be bought atthe IVV shop, a large retail outlet. Textiles have beenanother important line of industrial activity in SanGiovanni, especially from the mid-19th century to theperiod after the Second World War. Linen, hemp,cotton ribbons and rabbit-hair yarn, together withthe more common processing of wool, have givenwork to a large number of labourers, subsequentlyabsorbed into the manufacturing of knitted goodsand shoes. Up until today, the most important sectorsof local economy are the manufacturing of shoes,leather goods, clothing and fabrics.

Between piazza Masaccio and San Giovanni Val-darno’s train station, we recommend a stop at Oste-ria dell’Angelo, a small restaurant offering tasty typ-ical Valdarno dishes including homemade pasta andstrictly chianina beef, such as the typical Stufato allaSangiovannese, and zolfino beans.

Stufato, or stew is a simple and traditional peasantdish, handed down by the housewives of San Gio-vanni. There is even a popular rhyme recalling itslegendary origins:

«There was a woman who to better honour the Madonna

prepared a hearty and spicy dishwhich she called Stufato […]»Stufato requires a certain amount of patience and

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Un tratto della Strada dei Sette Ponti

ben dosati sono gli ingredienti da aggiungere al battutod’olio d’oliva, di prezzemolo e cipolle, che unito allacarne di muscolo di zampa viene messo a cuocere in untegame di coccio.

(…) Questo piatto che viene da lontanosaprà ridarti quel rapporto umano

e far capire anche al più somaroche il tempo è vita e che non è denaro.

Sempre nel centro storico, in via Garibaldi, c’èl’Antico Forno, sede produttiva principale con alcunipunti vendita nel territorio circostante, dove si puòtrovare ogni prelibatezza di pane esclusivamente cottoa legna e la famosa “schiacciata a metro”. Per i palatipiù golosi sono da assaggiare le “frittelle” e i “cenci” delperiodo del Carnevale Sangiovannese celebrato consfilate in maschera e carri allegorici, e ancora il “pan-cosanti” farcito con uvetta, noci e pepe, tipico dellazona del Chianti senese e riproposto come prelibatezzatoscana. Quindi la “fantoccia”, un grande biscotto ori-ginario della zona tra Incisa e Levane, ma prodottoanche a San Giovanni durante l’Epifania. È una golo-sità a forma di cavalluccio o di “fantoccia” fatta di pastafrolla e coperta da zuccheri colorati, cioccolatini, con-fetti e altri dolciumi che i più giovani ricevono la mat-tina del sei gennaio.

Nel centro storico di Montevarchi sono poche lebotteghe artigianali rimaste, ne sono un esempio unatappezzeria e la gioielleria artigianale Monini Gioielliche esegue anche riparazioni e gioielli personalizzati.

In via Roma una splendida bottega orafa è quella diFrancesco Modena, che mostra in vetrina splendideperle e ambre e l’arredo in sculture lignee ci fa apprez-zare veramente l’estro e la maestria di un vero artigianod’arte.

Un buon ristorante nel centro storico di Monte-varchi è Da I’ Frasca, ambientazione tradizionale e

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good will, to which must be added, in adequate meas-ure, spices, cloves and nutmeg, chopped parsley andonion. Lightly fry this mixture in olive oil and stir inthe stewing meat (from the leg); then cook in an earth-enware pan.

[…]This age-old dishwill bring you back to human friendship

and even the most thick-headed will right away conceivethat time is life, not money.

Remaining in the old town, in Via Garibaldi, the

Il ristorante Da I’ Frasca.A sinistra, Monili Gioielli a Montevarchi

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I calanchi naturali chiamati “Balze”

Un tratto della campagnalungo la Sette Ponti. In primo piano uno degliedifici per l’essiccatura deltabacco detti “tabacchiere”

specialità della casa è la tagliata, ottimi formaggi e unacarta dei vini a disposizione con duecento etichette. IlRistorante propone un menu degustazione che variastagionalmente. Naturalmente sarà possibile richie-dere anche un tipo di servizio alla carta.

Oltrepassato il paese di Montevarchi, l’itinerarioconsigliato è da Terranuova Bracciolini in direzioneCastiglion Fibocchi, lungo la Sette Ponti. Terranuova

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Antico Forno, produces baked goods for a number ofother shops in the surroundings. Specialities includefirst quality bread baked in a wood-burning oven andthe famous schiacciata al metro. For those with a sweettooth, not to be missed are the frittelle and cenci duringthe Carnival season, which in San Giovanni is cele-brated with fancy dress parades and carnival floats.Another treat is pancosanti, prepared with raisins, wal-nuts and allspice, a typical Chianti sweet from theSiena area, here in a delicious local version; and finallyfantoccia a large Befana-shaped biscuit originally fromthe area around Incisa and Levane that is also pre-pared in San Giovanni as part of the Epiphany cele-brations. The delicacy, made of short pastry, can beeither in the shape of a fantoccia or of a cavalluccio(another type of small cake)and is sprinkled withcolourful bits of sugar, small pieces of chocolate,sugar-coated almonds and other sweets, to be offeredto children on the morning of January 6th.

Few craftsmen’s workshops can still be found inMontevarchi’s old quarter, though we do come acrossan upholsterer’s shop and a jeweller’s shop calledMonini Gioielli that also makes repairs and custom-made jewels. In Via Roma, Francesco Modena has abeautiful goldsmith’s shop with a window display ofmagnificent pearls and ambers. The shop’s furniture,in carved wood, enhances the taste and workman-ship of a true artistic craftsman.

A fine restaurant in the historic centre of Monte-varchi is Da I’Frasca; traditional decor and as housespecialities – tagliata (roast beef), select cheeses, anda wine list with two hundred labels. They offer a tast-ing menu that changes according to the season,besides a menu à la carte.

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Un tipico esempio di casacolonica “lorenese” con lacolombaia, loggia e portico

Bracciolini, che ha dato i natali all’umanista PoggioBracciolini, e le cui origini risalgono al Trecento, è oggiun importante centro produttivo del Valdarno Supe-riore. Se in passato l’economia era incentrata sull’agri-coltura e sull’allevamento del bestiame, nel Settecentoe Ottocento furono impiantati alcune tintorie e lanificiper la produzione di pannilani. Oggi sono da segnalarein paese squisite prelibatezze culinarie da gustare alristorante Il Piano, dell’Azienda Agricola Bonaccioni inlocalità la Penna o all’Osteria dell’Acquolina, nellastrada Sette Ponti in direzione Castiglion Fibocchi.

Un esempio di attività artigianale tradizionale perla zona, ma purtroppo quasi del tutto scomparsa, èquella dei manufatti in pietra. Fino al dopoguerra sicontavano nel territorio sette cave attive e un centinaiodi scalpellini. Oggi, Biri di Paolo Fabbroni, è l’unicolaboratorio presente in Valdarno che diffonde l’anticosapere manuale dei vecchi scalpellini.

Per chi davvero volesse assaggiare le prelibatezzeartigianali della pasta fatta in casa, un po’ come ai vec-chi tempi, la ditta Carmignani offre una vasta gammadi lavorazioni: tagliatelle, tortellini, ravioli con erbe ecrespelle al tartufo sono solo alcune delle specilità.

Proseguiamo da Terranuova Bracciolini versoArezzo in direzione Castiglion Fibocchi: tra i paesi ches’incontrano nella Sette Ponti (SR 69) ci sono vastearee pianeggianti in cui si ammira ancora oggi la storicapresenza di antichi edifici, detti “tabacchiere”, destinatialla raccolta del tabacco che in quest’area in epoca leo-poldina era molto in uso. Nei vasti campi la raccolta ditabacco convergeva in grandi edifici per l’essiccaturadelle foglie. Quegli stessi edifici, oggi abilmente ristrut-turati, ospitano per lo più appartamenti e residenceper il turismo.

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Past Montevarchi, the recommended route is to gofrom Terranuova Bracciolini towards CastiglionFibocchi, along Via dei Sette Ponti. Terranuova Bracci-olini, birthplace of the humanist Poggio Bracciolini,dates back to the 1300s. Today, it is an importantmanufacturing centre of Upper Valdarno. If economywas once centred around agriculture and cattle-breed-ing, during the 18th and 19th centuries wool factoriesfor the making of woollen cloths, as well as dye-workswere established in Terranuova.

In the small town, the restaurant Il Piano (of theBonaccioni farm at La Penna) serves delicious food,as does Osteria dell’Acquolina on the Sette Ponti roadin the direction of Castiglion Fibocchi.

An example of traditional craft in the area, unfor-tunately practically disappeared today, is stone-cut-ting. Until after the Second World War, the territorycounted seven quarries and around one hundredstone-cutters. Today, Biri di Paolo Fabbroni is the onlyworkshop left in Valdarno to hand down the ancientmanual skill of stone-cutters.

For those wishing to savour the taste of genuinehomemade pasta, prepared as in the old days, the firmCarmignani offers a vast range of varieties: tagliatelle,tortellini, ravioli with aromatic herbs, and truffle crespelle(or crepes)are just a few of their specialities. Let usnow move on from Terranuova Bracciolini towardsArezzo, in the direction of Castiglion Fibocchi.Between one village and another along the Sette Pontiroad (Regional Road 69), one can still admire today,set on vast expanses of level ground, ancient tobaccodry-houses called tabacchiere. During the second halfof the 18th century, the cultivation of tobacco waswidespread in the area. The leaves picked from these

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Dai borghi medievali del Valdarno, con alcuniesempi di case torri medievali, per contrasto si giungenella zona delle case coloniche lorenesi con la colom-baia, la loggia e il portico, che lasciano spazio anche apiccoli borghi medievali come quello de “il Borro” inlocalità San Giustino Valdarno, che offre al visitatoreun’interessante passeggiata o soggiorno in un sugge-stivo ambiente finemente ristrutturato in cui la storia ela tradizione artigianale si coniugano nel piccolo cuorearroccato del borgo, tra i calanchi naturali. Qui meritala visita anche dei più piccoli un grande presepe che,costruito dal parroco che fu del paese e che oggi dà ilnome alla piazza principale del borgo, ci accoglie in unedificio nella piccola piazza; accanto ad esso alcunicontenitori grandi come scheletri di vecchi televisori inlegno mostrano personaggi meccanici semoventi arti-gianalmente prodotti di legno e cartapesta, con la rivi-sitazione della storia di Pinocchio e degli antichimestieri artigiani, legati all’artigianato rurale, ai campi,agli strumenti, quelli insomma che sono oramai quasiscomparsi. Al Borro si possono trovare anche alcuniesempi di artigianato artistico d’eccellenza: le botte-ghe presenti nel piccolo borgo offrono una produzionedi calzoleria, oreficeria e ferro battuto.

Usciti dal Borro, si segue la strada che da San Giu-stino Valdarno porta a Laterina, costruita su un piccoloaltipiano che nel Medioevo fu castello degli Umbertini,rivali di Firenze. L’Antico paese, il cui nome sembrarisalire al latino later, lateris che significa “mattone”, sidistende lungo la collina, e passeggiando lungo le anti-che mura del castello si può godere di un ottimo pano-rama sia del fondovalle verso il fiume Arno, sia delPratomagno con il caratteristico paesaggio delle balze.La storica produzione di laterizi, terraglie e ceramica didiverse tipologie sia a carattere artistico che seriale èpropria di questa zona. Sicuramente il loro sviluppo fuincentivato dalla presenza di cave di terra particolar-mente adatta alla lavorazione e alla cottura. Antica-mente, in questa zona, decine e decine di nuclei fami-liari facevano i mattonai. Una di queste famiglie ancoraoggi continua la propria attività inaugurata nel 1710. Sitratta della Fornace Baglioni, che produce mattoni elaterizi con una particolare tecnica di cottura a car-bone nei forni Hoffmann, speciali forni a tunnel a fun-zionamento continuo, in cui la zona di combustione sisposta orizzontalmente mentre la carica del materialerimane ferma. Questo metodo, molto costoso per l’im-pegno continuo della manodopera ci affascina cosìcome vedere gli immensi ambienti della fornace e le dis-tese di laterizi a essiccare.

Da Laterina la strada si immette nella via VecchiaAretina dalla Sette Ponti, e incontra il paese di Casti-glion Fibocchi, antico borgo arroccato la cui cinta

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vast fields were gathered inside the large buildingswhere they were put to dry. These very buildingshave been ably transformed today into residentialhotels and apartments for tourists.

Leaving behind the medieval villages of Valdarno,where a number of medieval tower-houses can still beseen, we now reach an area which is instead rich incountry houses built at the time of the Lorrainedynasty and provided with dovecot, porch and loggia.They do leave space, however, to small medieval vil-lages such as “il Borro” in the vicinity of San GiustinoValdarno, where the visitor can enjoy a stroll or astay in a picturesque, skilfully restored place. His-tory and traditional crafts mingle in the tiny fortifiedvillage centre surrounded by natural gullies (orcalanchi). An exhibit that will please children andadults alike is a large-scale reproduction of themanger-scene in Bethlehem, with examples of ancienttrades and activities from the past. Hand-crafted bythe parish priest after whom the main piazza wasnamed, it welcomes the visitor inside one of the build-ings facing the small piazza; next to the main scene,self-moving figures made of wood and papier-mâchéare displayed inside wooden boxes about the size ofold television sets. The scenes include passages fromthe story of Pinocchio and models of ancient craftslinked to rural life, farming and particular tools, in aword to all which today has virtually disappeared. InBorro you will also find shops selling top-quality artis-tic handicrafts such as shoes, jewels and objects inwrought iron.

Leaving Borro, we follow the road from SanGiustino Valdarno to Laterina. Built atop a smallplateau, in the Middle-Ages the castle was home to theUmbertini lords, rivals of Florence. The ancient vil-lage, whose name apparently comes down from theLatin later, lateris, meaning “brick”, unfolds along thehill and a walk along the ancient castle walls isrewarded with splendid views over the valley-floortowards the Arno river, as well as of the Pratomagnomassif and its characteristic crags. The age-old pro-duction of bricks, pottery and ceramics of all kinds,both artistic and large-scale, is typical of this area.The flourishing of the industry was undoubtedlyfavoured by the vicinity of clay pits rich in a type ofearth particularly suited for moulding and firing.Dozens and dozens of local families once lived onbrick making. One of these families still runs the busi-ness started by their ancestors in 1710: the kiln namedFornace Baglioni where bricks and tiles are producedusing a special firing procedure in coal burning Hoff-mann kilns. These particular tunnel-shaped kilnsoperate on a continuous basis, with the combustion

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L’antico ponte di Buriano

Insegna di una bottega de “il Borro”

muraria è ancora in ottimo stato di conservazione emantiene inalterato il fascino di un tempo. Poco oltre,lungo la Sette Ponti, la riserva naturale di Ponte aBuriano e Penna è un’ altra area protetta del territoriovaldarnese, ricca di splendidi olmi campestri e in cuiammiriamo il Ponte a Buriano di leonardiana memoria(sembra infatti che lo sfondo della Gioconda ritraggaproprio l’antico Ponte a Buriano) prima di giungere adArezzo.

Da Laterina, con una deviazione interessante,immettendoci nella via Fàbbrica, si incontra Ponticino,un paese dal ponte romano, formatosi sulla traiettoriadella ferrovia e via di comunicazione da Firenze adArezzo prima della costruzione dell’Autostrada delsole, ma che riserva, alle pendici dei monti che lo sovra-stano, campagne di eccellente produzione vitivinicola eun antico borgo dal nome di origine longobarda, “Mon-talfone” o “Montarfoni”, che soltanto sessanta anni faera un vero e proprio nucleo rurale con il conventodelle monache nella villa seicentesca, le botteghe arti-giane e la scuola, mentre adesso è un’ azienda vitivini-cola di proprietà privata.

Poco oltre la strada sterrata conduce verso la Val-dichiana e si consiglia una visita a Civitella dellaChiana, dalla cui rocca si gode un bellissimo pano-rama su tutto il Valdarno da un lato e della Valdichianadall’altro con un altro interessante itinerario che nonpossiamo affrontare in questa sede, ma che racconta lastoria di immense estensioni di vigneti, oliveti e casalinella valle bonificata dal granduca Leopoldo.

Tornando invece verso Firenze, la Strada Regio-nale 69 incontra il bivio per Bucine in direzione Siena.La compenetrazione tra le forre del Valdarno e le crete

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chamber moving horizontally while the pieces stay inplace. We are impressed both by the mechanism– acostly procedure, given the need for round-the-clockmanpower – and by the plant’s huge rooms and rowsof bricks put to dry.

From Laterina, Via Vecchia Aretina leads to Cas-tiglion Fibocchi, an old fortified town whose defensivewalls are still in excellent condition. The ancientcharm of the place is still intact. At a short distance,along the Sette Ponti Road, the Ponte a Buriano andPenna’s Natural Reserve is yet another of Valdarno’sprotected areas, rich in magnificent country elms,where one can admire the ancient bridge of Ponte aBuriano (said to have been Leonardo da Vinci’s verymodel for the bridge in the background of the MonaLisa) before reaching Arezzo.

From Laterina, another interesting detour (fol-lowing Via Fàbbrica) brings us to Ponticino, a villagewith a Roman bridge that arose along the railway line

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La “Fornaci Baglioni”a Laterina

della Val d’Ambra inizia proprio qui, in questa campa-gna straordinaria in cui tanta storia e tanta tradizionesono state oggi recuperate a favore del turismo e dellaristorazione.

Sempre lungo la statale, in direzione Firenze,incontriamo il paese di Pergine Valdarno. Nel comunedi Pergine, l’olivicoltura è molto rinomata perché lalatitudine e l’altezza del territorio conferiscono all’olioextravergine d’oliva “Pergentino” delle caratteristicheorganolettiche molto particolari: la difficoltà di matu-razione delle olive produce un olio dal colore verdeintenso e dal profumo spiccato, dal sapore fruttato easprigno e dalla bassa acidità e la frangitura avviene indue frantoi situati nella zona. Qui la Fattoria di Rimag-gio risponde all’imprescindibile requisito della genui-nità, alleva vitelli da carne, vacche da latte, bufale,suini, pecore, pollame, conigli e altri animali di bassacorte. Nell’ambito aziendale vi sono anche numerosestrutture per la lavorazione della carne e del latte, perla vinificazione, per l’imbottigliamento del vino e del-l’olio: dal mattatoio al salumificio, al caseificio, allacantina e all’orciaia.

A Levane, una sosta alla Fattoria di Migliarina èd’obbligo: l’omonima villa in stile neoclassico, circon-data da un ampio giardino, è divisa in eleganti appar-tamenti che vengono affittati come agriturismo. Lecantine adiacenti alla villa offrono degustazione e ven-dita degli eccellenti prodotti dell’azienda come il vinoChianti Superiore, IGT Toscano Cavasonno, i vini della

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and the main road connecting Florence to Arezzo,before the construction of Autostrada del Sole. The high-light lies in the beautiful surrounding countrysidebordered by the mountains, with grapevines at thefoothills yielding excellent quality wine. Not far fromPonticino, an old hamlet founded by the Lombards –Montalfone, also called Montarfoni – was until nomore than sixty years ago a proper rural communitywith a convent set inside the 17th-century villa, crafts-men’s workshops, and a school, whereas today it hasbeen turned into a private wine producing farm. Notmuch further, a dirt road leads towards the Valdichi-ana area, where we recommend a visit to Civitelladella Chiana; from the fortress, one can enjoy mag-nificent views over the entire Valdarno on one sideand Valdichiana on the other – inviting us to anotherpleasurable discovery tour that tells the story of end-less expanses of vineyards, olive groves and farm-houses flourishing on lands reclaimed under the ruleof Grand Duke Leopoldo II.

However, following Regional Road 69 backtowards Florence, one will find a crossroads forBucine (in the direction of Siena), which marks thebeginning of yet another extraordinary landscape,where the Valdarno gorges meet the clay land of Vald’Ambra. Full of history and tradition, today the areathrives on tourism and is well supplied with touristaccommodation and restaurants.

Now following the State Road towards Florence,we arrive at Pergine Valdarno, a place highlyrenowned for its olive oil, given that its specific lati-tude and altitude confer to the Pergentino extra virginolive oil very special organoleptic properties. Indeed,the difficult ripening of the olives gives the oil anintense green colour, strong aroma, fruity and rathersharp taste, and low acidity. Pressing takes place atone of the two local oil mills. We are now at FattoriaRimaggio which perfectly meets the requisites of gen-uineness: they raise calves, milk-cows, cow buffaloes,pigs, sheep, poultry, rabbits and other farm animals.There are also a number of buildings for the process-ing of meat and milk, for wine-making and the bot-tling of wine and oil: everything from the slaughter-house and the rooms where the cold meats and salamiare made, to the dairy, the cellar and an oil jar store-room.

In Levane, a stop at Fattoria di Migliarina is anabsolute must. The Villa Migliarina in neoclassicalstyle, surrounded by a large garden, has been dividedinto a number of elegant apartments for farm holidays.The adjoining cellars offer wine and oil tasting and ofthe other excellent products of the farm, which can bebought on the premises. These include Chianti Supe-

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Azienda Agrituristica Fattoria di Migliarina

DOC Pietraviva, il vinsanto, la grappa ed il pregiatoolio extravergine di oliva.

La nostra gita termina dunque all’insegna del gusto:La produzione agricola del Valdarno Superiore ci haofferto prodotti tipici tutti da scoprire. Per chi fosseappassionato di buon vino, seppure da considerarsiper la maggior parte organizzata in piccole aziendefamiliari, la produzione della zona comprende il Chiantidei Colli Aretini DOCG e il Chianti dei Colli d’Ambra.Un sapore deciso e un vino d’eccellenza da tutto pasto,fresco, di grande immediatezza e da bersi abbastanzagiovane affianca una produzione di vini di maggiorcorpo, più adatti alla conservazione nel tempo. Untratto caratteristico del Chianti Colli Aretini è il suoprofumo intensamente vinoso con note di mammola, unvino che può accompagnare tutto il pasto e i piatti ric-chi di sapore.

La selezione delle aziende è stata realizzata a discrezionedegli autori e non può considerarsi in alcun modo esaustivarispetto alle aziende presenti nell’area citata.

Si ringraziano le aziende artigiane e le strutture ricettiveper la disponibilità a collaborare durante la fase di ricerca. Unparticolare ringraziamento va a Massimo Malvisi, a Ema-nuele Rappa e Filippo Bigazzi per la cortese collaborazione.

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riore, IGT Toscano Cavasonno, DOC Pietravivawines, vinsanto, grappa and first choice extra virginolive oil.

Therefore, our tour ends with a special note onfine food and wine: the products of Upper Valdarnohave treated us to exquisitely inviting specialities. Forthe wine amateur, the area’s production includes –though mostly produced by small private farms – Chi-anti dei Colli d’Ambra and guaranteed quality DOCGChianti dei Colli Aretini. Intense wines to be served allthrough the meal, fresh and bold, meant to be drunkquite young are produced alongside full-bodied wines,better suited to be aged. One characteristic of ChiantiColli Aretini wine is its intense vinous aroma withnotes of violet; it can be served at any moment of themeal, and is the perfect companion to tasty dishes.

The selection of the businesses has been made at the dis-cretion of the authors and is by no means exhaustive asregards the businesses present in the area.

We wish to express our gratitude to the artisan busi-nesses and the accommodation facilities for their helpful col-laboration in the research phase. We would especially like tothank Massimo Malvisti, Emanuele Rappa and FilippoBigazzi for their kind collaboration.

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Bibliografia - Indice

Bibliography - Index

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Presentazioni / Presentations

99 Edoardo Speranza

1111 Antonio Paolucci

1155 Bruno Santi

2211 Cristina Acidini

2233 Luciano Giovannetti

2255 Un rinascimento cristianoA christian renaissanceTimothy Verdon

3311 Il Rinascimento in Valdarno – Grandi maestri a confrontoRenaissance in Valdarno – Great Masters ComparedCaterina Caneva

Catalogo / Catalogue7777 Il Museo d’arte sacra dell’Abbazia di Vallombrosa

The Museum of Sacred Art of fhe Vallombrosa Abbey

9977 Il Museo Masaccio d’arte sacra a Cascia di ReggelloThe Masaccio Museum of Sacred Art in Cascia di Reggello

111177 Il Museo d’arte sacra della Collegiata di Santa Maria a FiglineThe Museum of Sacred Art of the Collegiate Church of Santa Maria in Figline

113377 Il Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni ValdarnoThe Museum of the Basilica of Santa Maria delle Grazie in San Giovanni Valdarno

115555 Il Museo d’arte sacra della Collegiata di San Lorenzo a MontevarchiThe Museum of Sacred Art of the Collegiate Church of San Lorenzo in Montevarchi

117711 Un itinerario fra i tesori del ValdarnoA discovery tour of Valdarno’s treasuresNicoletta Baldini

220011 Un itinerario nel Valdarno tra gusto e antiche manifattureA discovery tour of Valdarno’s ancient crafts, fine food and wineMaria Pilar Lebole, Benedetta Zini

222288 Bibliografia / Bibliography

INDICE / INDEX

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FINITO DI STAMPARE IN FIRENZE

PRESSO LA TIPOGRAFIA EDITRICE POLISTAMPA

MAGGIO 2007