Ufficio Scolastico Regionale Puglia - Scuola Media Statale...
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PugliaUfficio Scolastico Regionale
EDIZIONE FUORI COMMERCIO
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ICOLA
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OIndicazioni e buone pratiche
Verso la Riforma
CURRICOLANDOIndicazioni e buone pratiche
Verso la Riforma
Ministero dell’istruzione, università e ricercaUfficio Scolastico Regionale Puglia
Questa pubblicazione è stata curata dal Gruppo di Redazione, composto da:
Donato Marzano (Coordinatore) Dirigente Ufficio I - USR Puglia e Responsabile Gruppo Ispettori per la PugliaMarina Attimonelli - Docente comandata USP - BariSaverio Boccuzzi - Dirigente scolastico comandato USR PugliaFelicia Positò - Dirigente scolastico - Scuola sec. I grado Gaetano Scotto - Dirigente scolastico - Scuola sec. I grado
I testi sono stati curati dagli autori, i nominativi dei quali sono riportati nell’indice e all’inizio di ogni contributo.
La riproduzione dei testi è consentita previa citazione della fonte.Febbraio 2009.
Ufficio Scolastico Regionale per la PugliaVia Sigismondo Castromediano, n.123 70126 - BARITel. 080/5506111 - e mail: [email protected] web: www.puglia.istruzione.itDirettore Generale: Lucrezia Stellacci
Indice
Lucrezia Stellacci Prefazione
Donato MarzanoIntroduzione
Parte prima Dai seminari sulle Indicazioni per il curricolo
Donato MarzanoIndicazioni per il curricolo: i nodi culturali
Saverio BoccuzziLa persona che apprende... il cuore delle Indicazioni
Rita BortoneVerso competenze chiave per una cittadinanza europea
Franca Pinto MinervaLe aree disciplinari. Specificità e interconnessioni
Antonio BrusaIl laboratorio. Fuori dai miti, dentro il lavoro scolastico
Luciana Fenu Comunicare senza parole
Immacolata Tempesta Competenze linguistiche e curricolo nel primo ciclo di istruzione
Fernando Cocciolo Testo scritto: processi cognitivi e strategie di composizione
Maria G. Lo Duca Riflettere sulla lingua
Mario Ambel Misurare e valutare gli apprendimenti linguistici
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Felicia Positò Il curricolo verticale in educazione linguistica
Isabella Varraso L’esplorazione geografica nel 3° millennio
Gloria Fazia I percorsi didattico-museali parte integrante del curricolo
Domenico LenziLa magia della Matematica e la didattica laboratoriale
Maria Rosaria Conte Per la costruzione del curricolo verticale di Matematica
Ruggero Francescangeli La didattica delle Scienze. L’esperienza dei musei scientifici universitari dell’Ateneo barese
Livio RuggieroLa didattica delle Scienze: un’occasione per l’unità della Cultura
Aldo Specchia Per un curricolo verticale di Scienze. Idee guida, esperienze
Ida Maria Catalano La Cittadella Mediterranea della Scienza per l’attuazione delle Indicazioni
Roberto Maragliano Media e saperi nella formazione
Francesco ButturiniDall'insegnamento all'apprendimento
Vincenzo MelilliLe nuove tecnologie nelle Indicazioni per il curricolo
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Parte seconda Il curricolo di scuola - proposte
Curricolo verticale di letturaA cura di Mariolina Errico C.R.S.P. - Scuola secondaria 1° grado "Galateo" - Lecce
Curricolo verticale di Arte e ImmagineA cura di Maria Rita Salvi C.R.S.P. - Scuola secondaria 1° grado "Alighieri” - Lucera Liceo Scientifico “Volta” - Foggia
Curricolo verticale dell’area Matematico-Scientifico-TecnologicaA cura di Giacomo MondelliC.R.S.P. - I.P.S.C. "Tandoi" - Corato
Curricolo verticale per il raggiungimento degli obiettivi cognitivi dell' area Matematica, Scienze, TecnologiaA cura di Anna Mazzei C.R.S.P. Istituto Comprensivo "Umberto I - San Nicola” - Bari
Curricolo dell’area Storico-GeograficaA cura di Mimma TamburielloC.R.S.P. - I.T.C. "Colamonico" - Acquaviva delle Fonti
Curricolo di StoriaA cura di Rosa Severina Tirico C.R.S.P. - Scuola secondaria 1° grado "Michelangelo" - Bari
Parte terza Unità formative disciplinari e interdisciplinari
SCUOLA DELL’INFANZIAComunicare in modo pertinente e coerente esperienze, vissuti, fatti ed eventi, utilizzando i vari linguaggi espressivi C.R.S.P. Istituto Comprensivo "Umberto I - San Nicola” - Bari
SCUOLA DELL’INFANZIA E PRIMARIAA scuola per imparare a parlare di séC.R.S.P. Istituto Comprensivo "Umberto I - San Nicola” - Bari
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AREA LINGUISTICO-ARTISTICO-ESPRESSIVAComprendere messaggi e testi diversi per ricavare informazioni,conoscenze, modelli da rielaborare e riutilizzare in contesti diversiC.R.S.P. Istituto Comprensivo "Umberto I - San Nicola” - Bari
Saper fruire, a livello di ricezione e produzione, di musica, cinema, teatro, poesia, letteratura e linguaggi multimediali C.R.S.P. Istituto Comprensivo "Umberto I - San Nicola” - Bari
AREA LINGUISTICO-ARTISTICO-ESPRESSIVANoi, l’ambiente e la natura Io, al sicuro a scuolaC.R.S.P. - I.P.S.C. "Tandoi" - Corato
AREA MATEMATICO-SCIENTIFICO-TECNOLOGICAMisuriamo dolce… mente La monnezza L’orto della pacePercorso di educazione alimentareIn gioco… l’energiaNulla si crea tutto si trasformaC.R.S.P. - Scuola secondaria 1° grado "Michelangelo" - BariC.R.S.P. - I.T.C. “D. Romanazzi” - Bari
Bibliografia e sitografia
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Prefazione
Lucrezia Stellacci
Il D.M. 31/7/2007 ha approvato le nuove Indicazioni per la elaborazione del curricolo nazionale, esplicitando la chiara ed inequivocabile intenzione di non volerle imporre alle scuole dell’infanzia e del 1° ciclo come un pacchetto pre-confezionato, piuttosto di volerle offrire alla professionalità dei docenti per speri-mentarne la fattibilità, nell’obiettivo di migliorare la qualità degli apprendimenti e di aiutare la scuola a realizzare la sua funzione istituzionale che la vorrebbe ambiente formativo di relazione e di alfabetizzazione nei saperi di base.
Conseguentemente, la Direttiva n.68/2007, avviando il percorso biennale di sperimentazione, ha previsto un piano di azioni di accompagnamento finalizzate a rendere più agevole il compito delle scuole ed a ricondurre a sistema gli esiti dell’esperienza attivata sui territori, facendone emergere punti di forza e di cri-ticità.
Più precisamente, la Direttiva ha previsto due fasi operative: la prima a carat-tere organizzativo e la seconda di natura più propriamente progettuale.
Nei primi mesi dell’a.s.2007/8, infatti, sono state realizzate conferenze di ser-vizio nelle 5 province della regione Puglia, rivolte ai dirigenti scolastici e ad un docente, referente per l’innovazione, individuato in ciascuna istituzione scolasti-ca del 1° ciclo, per illustrare a grandi linee il progetto di riforma in atto.
Contestualmente sono stati istituiti un nucleo regionale e nuclei provinciali con funzioni di supporto alle scuole coinvolte nella riforma e di monitoraggio delle azioni avviate nelle scuole medesime (di studio e di riflessione).
Sono stati, di seguito, organizzati ed attuati corsi tematici nei Centri Risorse territoriali per la formazione, destinati ai docenti , e seminari regionali per la socializzazione degli esiti delle iniziative di sensibilizzazione e delle proposte progettuali avanzate dalle scuole.
La seconda fase (febbraio- agosto 2008) ha riguardato l’approfondimento del-le riflessioni già svolte nei corsi di formazione e la elaborazione di progetti di ricerca/azione, nella prospettiva di sintonizzare i Piani dell’offerta formativa del successivo anno scolastico 2008/9 con le nuove Indicazioni, al fine di sperimen-tarne la validità, prima di decretarne la generale entrata a regime prevista per l’a.s. 2009/2010.
Nella realizzazione di questa seconda fase, in conformità ai suggerimenti con-tenuti nella nota min.prot. n.1296 del 31 gennaio 2008,sono state individuate linee di azione generali entro cui ricondurre le attività progettuali delle scuole, e che qui di seguito si vanno a precisare:
Riformare il proprio curricolo avendo a mente i traguardi formativi da rag-•
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giungere al termine del 1° ciclo, precisati nelle Indicazioni e che rappresen-tano solo una tappa intermedia ma indispensabile per l’acquisizione delle 8 competenze chiave di cittadinanza indicate nel Documento tecnico relativo al biennio comune dei percorsi di studio del 2° ciclo, conclusivo dell’obbligo di istruzione.Rivisitare le metodologie e gli itinerari didattici già in uso, per renderli più funzionali agli obiettivi formativi da raggiungere.Promuovere su tutta la materia una riflessione approfondita ed articolata del-l’intero collegio dei docenti, chiamato ad operare come comunità professio-nale e non come somma di singole professionalità sensibili solo alle istanze specifiche dei rispettivi gruppi classe e vincolate all’abitudinarietà di prassi didattiche ormai consolidate.Privilegiare azioni di continuità verticale (fra i diversi gradi di istruzione) ed orizzontale (apertura del dialogo e reciproco ascolto di tutti i soggetti del ter-ritorio interessati al miglioramento dell’offerta formativa), favorita a monte dal comune quadro di riferimento rappresentato dalle nuove Indicazioni, e a valle dalla pressante esigenza di dover dare risposte certe, efficaci e di alto profilo alle attese delle famiglie ed alle consegne della comunità sociale di appartenenza.
Per rendere possibile l’attuazione delle strategie annunciate è stata posta in campo una sapiente rete di interventi , di livello regionale e nazionale, in grado di risolvere sul nascere i problemi dovuti ad atteggiamenti ostruzionistici o dila-tori.
Sono stati offerti strumenti e risorse idonee ad agevolare i processi e ad evi-tare fughe in avanti o false partenze; si è lavorato alacremente per far crescere la cultura della innovazione e della valutazione dei risultati,anche attraverso una puntuale rielaborazione e documentazione di tutte le attività messe in campo, come questa stessa pubblicazione attesta.
Un momento particolarmente significativo del percorso compiuto, è stato il Seminario Nazionale, svoltosi nei giorni 1 e 2 aprile 2008, centrato sulla fun-zione di equità, di inclusione sociale, di cittadinanza che la nostra Costituzione assegna alla scuola pubblica e che le nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione esaltano e rendono attuale.
La Costituzione tratteggia una scuola che “promuove cultura” (art.9), che è espressione di pensiero pluralista (art.33), che è aperta a tutti (art.34) in quanto tenuta a garantire a tutti un livello base di conoscenze e competenze che permetta poi a ciascuno di costruire il suo personale progetto di vita e di contribuire al progresso sociale della comunità di appartenenza (art.4).
Uguaglianza dei diritti agiti, nonostante le differenze culturali e le diverse
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abilità dei ragazzi che siedono nei banchi delle nostre scuole, sono le frontiere di questa eterogeneità sociale che diventa sempre più evidente e più complessa da gestire, specie quando mancano risorse professionali adeguate e collaborazioni esterne.
Per queste ragioni diventano importanti i contenuti disciplinari, quanto le stra-tegie educative che dovranno riporre grande attenzione alla singolarità e com-plessità di ciascuna persona, quanto il clima che permea l’ambiente educativo, a partire dalla classe dove si realizza la prima socializzazione e insorgono i primi conflitti, fino alla scuola che deve essere resa luogo accogliente e di benessere.
Educare alla cittadinanza oggi significa educare alla convivenza in una società composta di diverse identità e culture, cercando di trasformare questa diversità in una opportunità per tutti.
“Non basta convivere nella società attuale, ma questa stessa società bisogna crearla continuamente insieme”, riportano le nuove Indicazioni.
La società della conoscenza si trasformerà nella società della saggezza dei popoli, quando ciascuna persona comprenderà di avere nelle sue mani la respon-sabilità del futuro dell’Umanità.
Alla Scuola riformata spetta educare a questa nuova consapevolezza e respon-sabilità.
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La scuola pugliese va in... Rete!
Donato Marzano
CURRICOLANDO: PERCHÉ
Il focus progettuale di questa pubblicazione attiene a quattro aree: 1) Il Re-port di 1 anno scolastico di prima informazione diffusa e riflessione sulle ma-trici, pedagogiche e curricolari, delle Indicazioni (D.M. Luglio 2007 e Diret-tiva 68/2007); 2) gli approfondimenti epistemologici sui contenuti disciplinari e sulle "nuove" aggregazioni delle materie di studio (le 3 aree disciplinari) per tutto il 1° Ciclo d'istruzione; 3) le socializzazioni delle piu' significative (effi-caci/efficienti) programmazioni didattico-curricolari delle scuole, in prima ap-plicazione delle Indicazioni; 4) la verifica/valutazione delle cosiddette "buone pratiche" delle scuole/consigli di classe/docenti in una direzione di "Grande Fra-tello" della didattica innovativa e degli apprendimenti funzionalmente a misura dei "traguardi" intermedi (terze e quinte classi primarie) e "finali" di 1° Ciclo d'istruzione (in connessione con il precedente PECUP-obiettivi formativi unitari trasversali a tutti i settori scolastici, dall'infanzia alla primaria alla second. di I grado). Ecco, quindi, spiegato il titolo della presente opera (CURRICOLAN-DO), a significare un vero e proprio work in progress, ma anche un lavoro col-lettivo, nel suo divenire sempre piu’ “fine”, sinergico e sistemico, micro e ma-cro territoriale, insomma “patrimonio” di tutti e per tutti, per una crescita della scuola - comunita’, degli studenti e dei docenti, ma anche dei genitori e dei diri-genti scolastici, della societa’ intera. allora, questa “fatica” redazionale vuole re-stituire ai veri fruitori dei contenuti proposti, le scuole come comunita’ educative e culturali, i progetti, le azioni / ricercazioni, le valutazioni, le proposte di modi-fiche/aggiustamenti delle indicazioni, perche’ solo facendo sistema si puo’ cam-biare veramente, crescere tutti ed ognuno. cosi’ la puglia, terra di grande passato e di prestigioso presente, vuole, anche attraverso i piccoli "granelli" di contributi d’innovazione / ricerca / sperimentazione, come in quest'opera, compartecipare ad un futuro migliore (speriamo) per i ns. figli e per noi stessi.
ricominciamo dalla scuola militante! ripartiamo da quell’antico, semplice, sempre valido sinallagma: per fare apprendere bene occorre insegnare bene! se ci aggiungiamo che anche gli ambienti d’apprendimento possono agevolare le con-dizioni/modalita' di un efficace/personalizzato apprendimento, allora realizziamo adeguatamente il cosiddetto"triangolo" pedagogico-didattico: apprendimento - insegnamento - contesto processualmente / funzionalmente organizzato.
In questo senso di marcia e' andato il "Progetto Puglia Indicazioni" 2007/2008 e precisamente in 3 direzioni :
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informare tutte le scuole (1° Livello di endo-formazione); formare gruppi di docenti -esperti nelle aree disciplinari, innovativamente in-trodotte dalle Indicazioni (linguistico - espressiva; matematico – scientifico - tecnologica; storico - geografica); creare / rinforzare reti scolastiche territorialmente omogenee, verticalmente collegate anche nei progetti di continuita' educativa / didattica. La previsione, in tal senso, e' stata superata alla grande dai fatti: l'adesione
motivata delle scuole e dei docenti e' stata entusiastica e produttiva, tanto da porre pure il problema dell’abbondanza dei materiali prodotti ed attuati in situazione, "in azione". Altra "mossa" appropriata e produttiva e' stata quella di organizzare tanti Seminari regionali in ogni sede provinciale, cosi' da partire dallo specifico argomentativo-problematico maggiormente approfondito dal micro territorio, per poi amplificarlo in sede regionale, tramite i docenti delle scuole di altre province. Sono stati importanti occasioni di riflessione e di dibattito i seminari regionali, sia sulle aree disciplinari ( sulla lingua italiana, a brindisi ; sulla matematica e scien-ze, a bari; sulla storia e geografia, a foggia ) sia sui temi organizzativo-trasversali (sugli ambienti di apprendimento, a massafra – taranto; sulla continuita’, a lecce). ma mi permetto di sottolineare il nucleo-forte di tutto questo lungo e suggestivo impegno: il piacere di stare insieme, avendo compreso e condiviso che insieme si puo’, insieme si deve vincere la battaglia delle conoscenze, per vincere la guerra della qualita’ dell’essere!
IL REPORT PUGLIA: “INDICAZIONI” IN PROGRESS
Le valutazioni delle scuole Dalla lettura delle relazioni che le scuole della regione han-
no trasmesso agli UU.SS.PP., nonché all’attenzione della Cabina di re-gia regionale, è stato possibile ricavare alcuni elementi di riflessione che evidenziano il livello di conoscenza , di applicazione e di condivisione rag-giunto dalle istituzioni scolastiche. Le valutazioni sulle Indicazioni per il curri-colo, presentate dalla totalità delle scuole primarie e secondarie di 1° grado della regione, hanno costituito materia di attenzione anche da parte dei Dirigenti degli Istituti secondari di 2° grado, cui è affidata la gestione delle complesse problemati-che di natura organizzativa, metodologica, didattica, valutativa, legate alla recente normativa sull’elevamento dell’obbligo scolastico; problematiche che si pongo-no in diretta continuità con il quadro culturale, concettuale, educativo cui fanno riferimento le Indicazioni per i curricoli. Seguendo i punti-guida, propo-sti dalla “scheda di riflessione”, elaborata a livello regionale, si possono evi-denziare le osservazioni più significative, spesso diffusamente condivise,
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che le scuole hanno inteso manifestare. Innanzitutto va rilevato che la totali-tà delle scuole ha avviato e portato avanti, pur con modalità diverse, fin dal-l’inizio dell’anno scolastico l’analisi delle Indicazioni, sia ad un livello ge-nerale, quello cioè del quadro concettuale e pedagogico che le informa, sia sul versante delle singole discipline e delle aree disciplinari. Non di rado il nuovo testo è stato sottoposto ad analisi comparata con le precedenti Indicazioni Nazio-nali, collegate alla Legge 53/2003.
Dalla lettura delle schede e dalle relazioni, ad esse allegate, spesso molto ar-ticolate, è stato possibile ricavare alcuni tratti concordemente considerati come positivamente caratterizzanti le nuove Indicazioni:
lo sfondo cultural-pedagogico unitario per la scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di 1° grado; l’unitarietà del sapere, nella quale le discipline si pongono come strumenti interpretativi, come alfabeti culturali, come linguaggi e non semplicemente come serbatoi di contenuti; e nella quale le stesse aree vanno intese non come recinti allargati ma come campi di ricerca, di progettazione, di motivazione all’attività didattica unitariamente pensata, condotta e valutata.In questo sen-so, l’articolazione per aree proposta dalle Indicazioni, lungi dall’annullare la specificità dei “linguaggi” e degli statuti epistemologici delle singole discipli-ne, mira invece a farla emergere gradualmente, a mano a mano che i processi formativi si sviluppano, si approfondiscono, si affinano; la valenza formativa, e dunque autenticamente orientante, delle discipline, nella prospettiva del “nuovo umanesimo” richiamato nella parte introduttiva delle Indicazioni: cittadinanza, inclusione,solidarietà,relazionalità,ecc.; la centralità della persona che apprende e il concetto d“apprendere ad appren-dere”, con quello, ovviamente corrispondente, di“insegnare ad apprendere”; la didattica e la pratica laboratoriale (“imparare facendo” e “imparare pensan-do”) e l’apprendimento cooperativo come modalità ordinarie di fare scuola e di “essere” nella scuola: richiamo forte alla dimensione sociale dell’apprendi-mento e della cultura; la responsabilità diretta delle scuole autonome e dei docenti nella costruzione del curricolo, sulla base del quadro concettuale precisato nelle Indicazioni e dei fattori di prescrittività “criteriale” che il documento ministeriale fornisce a garanzia della unitarietà delle finalità educative nazionali; la forte sollecitazione alla continuità verticale e orizzontale, come risorsa irri-nunciabile per la costruzione di curricoli coerenti, efficaci, contestualizzati; la prospettiva di “life long learning” che le Indicazioni pongono, quale pre-supposto fondamentale e funzionale all’apprendimento continuo; la spinta a ragionare e progettare per competenze, e a valutare per competen-ze; la sollecitazione, conseguente, a ricercare, sperimentare e mettere in atto op-
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zioni metodologiche e pratiche didattiche in qualche misura innovative, coe-renti con le esigenze di individualizzazione/personalizzazione che le peculia-rità degli alunni inevitabilmente comportano; la necessità di ripensare in maniera coerente gli assetti organizzativi di scuola: i modelli di organizzazione della didattica, innanzitutto, e gli ambienti di ap-prendimento, a supporto, per esempio, di una pratica laboratoriale più diffusa, di una gestione più organica di cooperative learning o di una utilizzazione più sistematica di procedure mastery.
Nodi di problematicità
I principali nodi di problematicità segnalati riguardano soprattutto:il problema della valutazione che, in assenza di standard di rife-rimento, rimane oggettivamente piuttosto in ombra, fin troppo “delegato” alla responsabilità delle scuole. Ferma rimanendo la preminente funzione formativa e regolativa dei processi di apprendimento/insegnamento, occorre approfondire la relazione tra curricolo di scuola, la valutazione di si-stema interna ed i rilevamenti “esterni” (INVALSI, OCSE PISA, ecc.); il problema della certificazione delle competenze, connesso con quello della valutazione, la necessità di modifiche sul piano ordinamentale. Dalle osservazioni, presentate dalle scuole regionali, si rileva che: è condivisa la cornice culturale delle Indicazini, e spe-cificamente i temi della centralità della persona, della trasversalità della educazione alla cittadinanza, della didattica orientata allo sviluppo di competenze; è ritenuto innovativo e degno di attenta ricerca-azione il versante organizza-tivo e metodologico-didattico. L’allineamento alle nuove Indicazioni può es-sere realizzato in tempi brevi attraverso un concreto piano di diffusione della pratica laboratoriale, di raccordo ed integrazione delle discipline / aree disci-plinari, di efficace flessibilità organizzativa e didattica, rinforzata da attività formative trasversali rivolte a tutti i docenti. Riguardo ai bisogni formativi manifestati, sembrano prevalere:la didattica laboratoriale; l’apprendimento cooperativo; la costruzione dei curricoli, soprattutto attraverso una più significativa collaborazione e integrazione con le scuole di grado diverso e con il contesto territoriale;l’approfondimento del concetto di competenza, tramite le attività di progetta-zione , valutazione e certificazione delle competenze;
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la rivisitazione della epistemologia delle discipline e della didattica disciplina-re, soprattutto per la lingua italiana e la matematica; la condivisione di buone pratiche.
Piano di formazione
Sulla scorta di simili considerazioni ed interessi - e allo sco-po di conferire al modello formativo una impostazione il più possibi-le operativa e centrata su aspetti chiave della didattica disciplinare e interdisciplinare, al fine di evitare modellizzazioni generaliste e, quindi, contenu-tisticamente generiche - è stato progettato dal Coordinamento regionale, in colla-borazione con i Nuclei Provinciali, un programma di formazione/aggiornamento che si è attuato, nei modi e nei tempi previsti dal Piano regionale, presso ognuno dei cinque territori provinciali sulle seguenti aree tematiche :
Il quadro culturale delle Indicazioni. I processi innovativi in atto. Aspetti in-novativi e caratterizzanti delle Indicazioni (autonomia scolastica e innova-zione disciplinare, nuovi ambienti di apprendimento laboratoriale, curricolo verticale, ecc); Area linguistico-espressiva - A) I processi di comprensione e produzione lin-guistica: il laboratorio della lingua. B) Comunicare senza parole; Area storico-geografica - A) Il linguaggio della geo-graficità: sviluppo dell’in-telligenza visivo-spaziale per la descrizione/interpretazione dei sistemi terri-toriali e dei fenomeni storico-sociali; B) Didattica “plurale” e laboratoriale per lo sviluppo della cittadinanza attiva; Area matematico-scientifico-tecnologica - A) Matematica per pensare e fare. B) Insegnamento/apprendimento sperimentale delle scienze e della tecnologia Al termine di questo percorso formativo, completato nel periodo marzo-mag-gio 2008, con organizzazione provinciale e coinvolgimento/partecipazione re-gionale, si e' svolto un seminario di sintesi e di selezione delle buone pratiche, per la loro pubblicazione e diffusione nel territorio pugliese.
Seminario nazionale
In attuazione di quanto concordato in sede nazionale, e' stato organizzato in Puglia, nel periodo di aprile 2008, il seminario sul tema: "Indicazioni per l’Inte-grazione. Le nuove frontiere dell'integrazione/inclusivita' degli alunni in situa-zione di handicap". Tale importante evento ( con la numerosa ed attiva parteci-pazione delle scuole pugliesi e delle delegazioni regionali nazionali), strutturato in tre giornate, con relazioni alternate a work shop tematici, ha visto la presenza
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ed il contributo qualificatissimo di eminenti personalità del mondo accademico, associativo, scolastico, quali: Italo Fiorin, Dario Ianes, Franca Pinto, Gustavo Pietropolli Charmet, Ferdinando Montuschi, Luigi D’Alonzo, Mario Maviglia, Mario Castoldi, Anna Maria Favorini, Renzo Vianello, Franco Nardocci, Marisa Pavone, Donatella Petretto, e tanti altri.
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Indicazioni per il curricolo: i nodi culturali
Donato Marzano
“Gli ambienti in cui la scuola è immersa sono più ricchi di stimoli culturali, ma anche più contraddittori. Oggi l’apprendimento scolastico è solo una delle tante esperienze di formazione che i bambini e gli adolescenti vivono e per ac-quisire competenze specifiche spesso non vi è bisogno dei contesti scolastici. Ma proprio per questo la scuola non può abdicare al compito di promuovere la capa-cità degli studenti di dar senso alla varietà delle loro esperienze, al fine di ridurre la frammentazione e il carattere episodico che rischiano di caratterizzare la vita dei bambini e degli adolescenti ”.
Lo sfondo globale evocato dalle “Indicazioni per il curricolo”, già dal su ri-portato 2° cpv del Capitolo “Cultura Scuola Persona” - paragrafo “La scuola nel nuovo scenario“ - delinea in modo netto una cornice di notevole complessità, all’interno della quale si configura una nuova VISION di Scuola:
luogo in cui il presente si intreccia tra passato e futuro, tra memoria e progetto in prospettiva; sistema che concorre al progresso materiale e valoriale della società, perché si possa affrontare con serenità e competenze idonee l’incertezza e la mutevolez-za dei contesti professionali, economici, sociali sempre più globalizzati;ambiente complesso ed articolato, specificamente organizzato a perseguire l’obiettivo di insegnare a ricomporre i grandi quadri concettuali della Co-noscenza, implementando i saperi e fornendo a tutti gli studenti, nel rispetto delle loro diversità ed a partire dalle stesse, le “chiavi” per apprendere ad apprendere;Comunità educante ed autogenerativa/formativa per l’Orientamento e strut-turazione di persone/cittadini in grado di partecipare consapevolmente alla costruzione solidale di collettività più ampie, ma sempre più integrate (nazio-nale, europea, mondiale);grande ed “attrezzato” Laboratorio di Ricerca-azione permanente, nel quale gli studenti sviluppino le capacità/competenze per elaborare ed interiorizzare metodi funzionali-personali per una significativa/progettuale/creativa visione della vita/del mondo/della realtà quotidiana;palestra di esperienze “vere”, dinamiche e fortemente relazionali a tutti i livel-li, in cui possano maturarsi ordinatamente itinerari di autonomia di pensiero, convergente e divergente, per una Cittadinanza costruttiva e motivatamente partecipata.
Su queste fondamenta, le Indicazioni, di cui al D.M. 31.7.2007, recuperando quella cultura della “scuola che c’è”, delle migliori prassi e tradizioni didatti-che, dei positivi dinamismi di processo insegnamento-apprendimento, sviluppa le
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idee pedagogiche del buon senso (l’idea di cooperazione, di costruzione sociale della conoscenza, di negoziazione, di laboratorialità, ecc…). Tutto ciò diventa humus formidabile, la “bussola” per la costruzione intelligente di un Curricolo, quale concreto percorso algoritmico-cognitivo-disciplinare per raggiungere abi-lità e conoscenze, ma tenendo ben al centro il bambino/l’adolescente/lo studente nel suo evolutivo esistere, realizzando un qualitativo work in progress di sintesi armonica fisico-motoria-relazionale-intellettivo-spirituale. Partire dalle aree in-novative, appunto dai Nodi Culturali e condividerne le ragioni e le connotazioni/dimensioni innovative, per i docenti/dirigenti scolastici/personale amministrati-vo/genitori/Enti locali/società tutta, significa poter trasformare le “Indicazioni per il curricolo” da semplice Documento normativo-pedagogico in volano di cambia-mento culturale del “fare”, ma soprattutto dell’ “essere” Scuola contemporanea della Società in cui e per la quale opera, quale straordinario e strategicamente prospettico Ambiente Educativo di Apprendimento e di Cambiamento, per un futuro con una nuova Cittadinanza e con un nuovo Umanesimo.
Allora è utile sottolineare i “punti di forza” delle Indicazioni: la centralità e l’unitarietà della persona che, apprendendo, si forma e serena-mente cresce, con le giuste motivazioni sociali ed individuali;il concetto della “Cittadinanza”, non come un’area educazionale come altre, bensì come il fine stesso dell’educazione, trasversale ed integrativo rispetto a tutte le discipline;l’idea di Scuola come “Ambiente di apprendimento”, in cui l’intenzionali-tà educativa e didattica si completano con l’organizzazione, funzionale agli obiettivi prescrittivi dell’efficacia/efficienza degli insegnamenti, per appren-dimenti significativamente contestualizzati e prospetticamente orientati;la visione unitaria del curricolo, inteso come potente strumento di personaliz-zazione e di significatività delle scuole dell’Autonomia, nel/per il territorio e lungo l’asse della continuità e verticalità progressiva delle conoscenze-com-petenze-personalità;la concezione di Curricolo quale percorso cognitivo disciplinare flessibilmen-te tarato sui bisogni del processo di apprendimento, per il raggiungimento di abilità per competenze, interagendo con percorsi metacognitivi, strutturati e formalizzati, in sintonia con i bisogni formativi ed educativi dell’alunno, en-tro un sistema di indicatori rispettoso della continuità/progressione/verticalità degli apprendimenti;il concetto di “Area” disciplinare (linguistico - artistico - espressiva; matema-tico - scientifico - tecnologica; storico - geografica), non intesa come mera aggregazione/giustapposizione di discipline, ma come opportunità, epistemo-logicamente configurata, di creare/costruire/individuare/disporre interazioni e collaborazioni di contenuti e percorsi disciplinari, di metodologie e modelli,
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di obiettivi e traguardi, all’interno di una cornice pedagogico/valoriale siste-mico-verticale in tutto il primo ciclo d’istruzione;la scuola dell’infanzia assurta a matrice/sfondo di sviluppo dei linguaggi, gran-de ambiente ludico-cognitivo, Area dei “Campi d’esperienza” (Il sé e l’altro - Il corpo e il movimento - Linguaggi, creatività, espressione - I discorsi e le parole - La conoscenza del mondo), luoghi del fare e dell’agire del bambino, introduttivi dei sistemi simbolico - culturali, orientativi nella molteplicità e diversità degli stimoli ed attività esperienziali;la Valutazione, degli apprendimenti e di sistema, come “ rendicontazione sociale”, restituendo finalmente/opportunamente il senso della scuola come Sistema ai committenti, ai cittadini, alla Comunità socio-economico-politico-culturale, al territorio;la presenza di “traguardi specifici” anche per la scuola dell’infanzia;la scelta di fissare gli obiettivi d’apprendimento alla fine della terza e quinta classe primaria e terza secondaria di I grado, rispettando in pieno i “tempi più distesi”, per tutte le tipologie/diversità degli alunni, nonché in piena sin-tonia con l’autonomia didattica - organizzativa e di ricerca delle scuole (DPR 275/’99);la declinazione di “traguardi per lo sviluppo della competenza”, per ogni di-sciplina, al termine sia della Scuola primaria sia della Scuola secondaria di I grado, rappresentando un percorso di coerente processualità apprenditiva, nella continuità all’interno dell’intero I ciclo d’istruzione, quasi ripristinando il morattiano P.E.C.U.P. (Allegato D al DPR 54/2004), anche ai fini, certifica-tivo-valutativi, dell’Esame di Stato di fine ciclo.Da quanto connotato si evidenzia che le “Indicazioni” non sono “Programmi”
in senso proprio e nemmeno “Istruzioni” specifiche; sono suggerimenti, supporti diretti alla scuola “militante”. Le “Indicazioni per il curricolo” del 31 luglio del 2007 sono eredi naturali dei Programmi di Scuola Media del 1979, dei Programmi della scuola elementare del 1985, degli Orientamenti della Scuola dell’infanzia del 1991, ma in uno specifico storico e scolastico diverso, quello dell’Autonomia e del Governo delle Autonomie territoriali (anche previsti dalla riforma del Titolo V della Costituzione).
Operativamente, le Indicazioni hanno nel proprio DNA una curvatura epi-stemologica “per” il curricolo, per la costruzione di percorsi didattici contestua-lizati, personalizzati, concertati, per gli alunni, per ogni alunno, per i bisogni della comunità territoriale. Il Curricolo sta al POF come la scuola militante sta al suo territorio operativo. Il problema contemporaneo è proprio il Governo delle Autonomie di Governo. La stessa Scuola non è più centralista ma “Locale”, nel senso di vicina ai bisogni dei cittadini, dell’habitat territoriale, delle alunne ed alunni, nell’hic et nunc. Certo è questa una rivoluzione culturale molto forte e
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complessa, abbisognevole di anni d’attuazione e di sviluppo, anche di adeguata forma mentis. Le Indicazioni vanno intese come pedagogicamente Prescrittive e curricolarmente Indicative/Orientative; si esplicita/evidenzia in esse più una prescrittività di precetti che di modelli, competendo questi ultimi alle scuole, ai docenti, nel rispetto del principio-guida storico della libertà metodologico - or-ganizzativa della comunità professionale ed educante di ogni Istituto. Le Indi-cazioni 2007 sono un testo “Open”, un work in progress sul piano curricolare; lasciano soluzioni d’azione didattica alle scuole ed ai docenti, non comprimono le libere scelte del “Governo locale”, delle Autonomie scolastiche. Le discipline, nel contesto problematico delle Indicazioni, assumono rilevante importanza; ma non viene richiesta frantumazione disciplinare. E’ messa in rilievo la metodologia del lavorare per Aree, per percorsi affini, per contenuti condivisi tra discipline. Non si ritrova nel testo in argomento il termine “interdisciplina”, per evitare con-dizionamenti epistemologici e/o privilegiamenti operativi, volendo lasciare liberi i docenti di ricercare/sperimentare possibili sentieri d’interazione/concertazione tra discipline, per l’obiettivo fondante degli apprendimenti significativi di base e di possibile sviluppo delle competenze, perchè le persone-alunni siano in grado di essere costantemente contemporanei in ogni epoca di questo complesso, glo-balizzato 3° Millennio. Le Indicazioni rilanciano il modello della Ricerca-azio-ne, come modalità professionale di alto profilo, aperto verso l’esplorazione, la problematizzazione, la cooperazione. Le Indicazioni non appartengono solo alla Scuola, ma a tutti i soggetti partners/responsabili della formazione, ai bambini/adolescenti/alunni, ai cittadini della Comunità scolastica e territoriale.
Va pensata/attuata, recuperata, quindi, un’alleanza pedagogica/progettuale molto forte tra scuola e famiglia, unitamente agli altri attori (Enti locali, Asso-ciazioni, Parrocchie, Volontariato, ecc…), al di là di ogni steccato/clichè ideolo-gico, fondando un protagonismo multiplo ed interattivamente sinergico, perché le scommesse della storia, delle innovazioni sistemiche, della complessità, della globalizzazione si possono vincere soltanto con l’unità d’intenti e l’unitarietà di azioni.
Insomma, pensiamo/progettiamo insieme, agiamo pure separatamente, ma sempre unitariamente e naturalmente…APPASSIONATAMENTE!
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La persona che apprende... il cuore delle Indicazioni
Saverio Boccuzzi
“Le finalità della scuola devono essere definite a partire dalla persona che apprende , con l’originalità del suo percorso individuale e le aperture offerte dalla rete di relazione che la legano alla famiglia e agli ambiti sociali”. Questa affermazione, contenuta nel documento “ Cultura Scuola Persona “, costituisce lo sfondo entro cui si snoda il discorso pedagogico delle Indicazioni dalla scuola dell’infanzia al termine del primo ciclo di istruzione.
Le indicazioni per il curricolo presentano una struttura molto semplice: una cornice culturale comune introduce ai diversi ordini e gradi di scuola; un paragrafo precisa l’impostazione curricolare suggerita; un capitolo è dedicato alla scuola dell’infanzia e un ultimo capitolo riguarda l’intero primo ciclo e si riferisce in termini fortemente unitari tanto alla scuola primaria che a quella secondaria di primo grado.
La cornice culturale è la stessa, perché i grandi problemi che interrogano la scuola riguardano ogni ordine e grado scolastico ed è importante condividere alcune fondamentali idee pedagogiche.
In termini estremamente sintetici possiamo trovare, a fondamento del curricolo da progettare, tre grandi riferimenti pedagogici: la centralità della persona e quindi l’attenzione allo sviluppo delle sue dimensioni costitutive; l’impegno per la costruzione di un mondo migliore, e quindi il concetto di cittadinanza; la comunità educante vista come la dimensione educativa che consente di accogliere la persona e di valorizzarla appieno.
«Le finalità della scuola devono essere definite a partire dalla persona che apprende con l’originalità del suo percorso individuale…, - questo comporta - che la definizione e la realizzazione delle strategie educative e didattiche devono sempre tener conto della singolarità e complessità di ogni persona, della sua articolata identità, delle sue aspirazioni, capacità e delle sue fragilità, nelle varie fasi di sviluppo e di formazione. Lo studente è posto al centro dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici, spirituali, religiosi. In questa prospettiva, i docenti dovranno pensare e realizzare i loro progetti educativi e didattici non per individui astratti, ma per persone che vivono qui e ora, che sollevano precise domande esistenziali, che vanno alla ricerca di orizzonti di significato».
Pertanto, alla scuola spetta il compito di fornire supporti adeguati affinché ogni persona sviluppi un’identità consapevole e aperta.
La piena attuazione del riconoscimento e della garanzia della libertà e dell’uguaglianza (articoli 2 e 3 della Costituzione), nel rispetto delle differenze di
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tutti e dell’identità di ciascuno, richiede oggi, in modo ancor più attento e mirato, l’impegno dei docenti e di tutti gli operatori della scuola, ma richiede altresì la collaborazione delle formazioni sociali, in una nuova dimensione di integrazione fra scuola e territorio, per far sì che ognuno possa “svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società” (art. 4 della Costituzione).
In quanto comunità educante, la scuola è indotta a generare una diffusa convivialità relazionale, intessuta di linguaggi affettivi ed emotivi, ed è anche in grado di promuovere la condivisione di quei valori che fanno sentire i membri della società come parte di una comunità vera e propria. La scuola affianca al compito “dell’insegnare ad apprendere” quello “dell’insegnare ad essere”».
La scuola deve essere un luogo dove si riconosce significato a ciò che si fa e dov'è possibile la trasmissione dei valori che danno appartenenza, identità, passione. Primo fra tutti, il rispetto di sé e degli altri, generato dalla consapevolezza che esiste un valore intangibile: la dignità di tutti e di ciascuno, nessuno escluso. Questo chiede alla scuola un surplus: educare istruendo è un'aggiunta di responsabilità del docente come del genitore che si declina nell'essere maestri di vita, testimoni di ciò che si trasmette.
La scuola è luogo di incontro e di crescita di persone. Persone sono gli insegnanti e persone sono gli allievi. Educare istruendo significa essenzialmente tre cose:
consegnare il patrimonio culturale, che ci viene dal passato, perché non vada disperso e possa essere messo a frutto;preparare al futuro, introducendo i giovani alla vita adulta, fornendo loro quelle competenze indispensabili per essere protagonisti all'interno del contesto economico e sociale in cui vivono;accompagnare il percorso di formazione personale che uno studente compie, sostenendo la sua ricerca di senso e il faticoso processo di costruzione della propria personalità.Questa è la via italiana all'Europa e all'acquisizione delle otto competenze
chiave (comunicazione nella lingua madre, comunicazione nelle lingue straniere, competenza matematica scientifica e tecnologica, competenza digitale, imparare a imparare, social skill, capacità imprenditoriale, cultura generale), indicate dal Consiglio Europeo di Lisbona (L 394/12 IT Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 30.12.2006), il cui richiamo esplicito nel testo delle Indicazioni avrebbe certamente favorito un loro approfondimento pedagogico - culturale.
Solo se non si rinuncia ad educare istruendo si può mettere veramente a frutto l'unicità e l'irripetibilità di ogni singolo individuo. Solo così ogni persona può essere protagonista e costruire il proprio futuro in modi plurali,diversi ed innovativi. In un tempo molto breve, abbiamo vissuto il passaggio da una società relativamente stabile a una società caratterizzata da molteplici cambiamenti e
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discontinuità. Questo nuovo scenario è ambivalente: per ogni persona, per ogni comunità, per ogni società si moltiplicano sia i rischi che le opportunità.
Ogni persona si trova ricorrentemente nella necessità di riorganizzare e reinventare i propri saperi, le proprie competenze e persino il proprio stesso lavoro. Le tecniche e le competenze diventano obsolete nel volgere di pochi anni. Per questo l’obiettivo della scuola non può essere soprattutto quello di inseguire lo sviluppo di singole tecniche e competenze; piuttosto, è quello di formare saldamente ogni persona sul piano cognitivo e culturale, affinché possa affrontare positivamente l’incertezza e la mutevolezza degli scenari sociali e professionali, presenti e futuri.
La scuola è chiamata a realizzare percorsi formativi sempre più rispondenti alle inclinazioni personali degli studenti, nella prospettiva di valorizzare gli aspetti peculiari della personalità di ognuno. In tale scenario, alla scuola spettano alcune finalità specifiche: offrire agli studenti occasioni di apprendimento dei saperi e dei linguaggi culturali di base; far sì che gli studenti acquisiscano gli strumenti di pensiero necessari per apprendere a selezionare le informazioni; promuovere negli studenti la capacità di elaborare metodi e categorie che siano in grado di fare da bussola negli itinerari personali; favorire l’autonomia di pensiero degli studenti, orientando la propria didattica alla costruzione di saperi a partire da concreti bisogni formativi.
Sin dai primi anni di scolarizzazione è importante che i docenti definiscano le loro proposte in una relazione costante con i bisogni fondamentali e i desideri dei bambini e degli adolescenti. È altrettanto importante valorizzare simbolicamente i momenti di passaggio che segnano le tappe principali di apprendimento e di crescita di ogni studente. Particolare cura è necessario dedicare alla formazione della classe come gruppo, alla promozione dei legami cooperativi fra i suoi componenti, alla gestione degli inevitabili conflitti indotti dalla socializzazione.
La scuola si deve costruire come luogo accogliente, coinvolgendo in questo compito gli studenti stessi. Sono, infatti, importanti le condizioni che favoriscono lo star bene a scuola, al fine di ottenere la partecipazione più ampia dei bambini e degli adolescenti a un progetto educativo condiviso. La formazione di importanti legami di gruppo non contraddice la scelta di porre la persona al centro dell’azione educativa, ma è al contrario condizione indispensabile per lo sviluppo della personalità di ognuno.
La scuola deve porre le basi del percorso formativo dei bambini e degli adolescenti sapendo che esso proseguirà in tutte le fasi successive della vita. La centralità attorno a cui la scuola deve organizzare le proprie risorse umane e strumentali è rappresentata dall’istanza dell’ apprendimento per tutti e dalla possibilità di ogni allievo di sviluppare al meglio le proprie potenzialità.
Un sistema formativo alfabetizzante per tutti non può tollerare lo spreco e la dissipazione di risorse umane; il diritto all’apprendimento costituisce, dunque, il
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fil rouge attraverso il quale leggere il testo delle nuove Indicazioni. In tal modo la scuola fornisce le chiavi per apprendere ad apprendere, per costruire e per trasformare le mappe dei saperi rendendole continuamente coerenti con la rapida e spesso imprevedibile evoluzione delle conoscenze e dei loro oggetti. Si tratta di elaborare gli strumenti di conoscenza necessari per comprendere i contesti naturali, sociali, culturali, antropologici nei quali gli studenti si troveranno a vivere e a operare.
L’aula pertanto non può ridursi ad essere un semplice luogo di ascolto ; dovrà invece rappresentare uno spazio nel quale i docenti sappiano dare vita ad apprendimenti significativi, attraverso una mediazione didattica in cui si valorizzi l’interazione costruttiva: apprendimento cooperativo, gruppo di ricerca, di progetto, lavoro di coppia,… In sintesi, occorre passare dall’aula auditorium all’aula laboratorium.
Il laboratorio è uno spazio che non riproduce situazioni già predisposte dal pensiero adulto. In questa ottica, la classe deve essere organizzata come una comunità di persone che si dedicano alla conoscenza, allo studio , all’applicazione di principi , regole. Allestire un ambiente generativo di apprendimenti significa trasmettere entusiasmo e passione per quello che si sta realizzando e soprattutto far percepire che ogni alunno può migliorare la conoscenza che egli sta elaborando insieme agli altri.
L’ apprendimento non è un’attività che si può ordinare ; non si può dire a qualcuno “impara “ ! E’ un “ movimento “ che nasce, si produce, si alimenta in situazioni concrete e si sviluppa attraverso il sostegno degli adulti.
Il riferimento teorico risiede essenzialmente nell’istanza che si impara entro una dimensione di scambievolezza e di reciprocità e quindi in un contesto di partecipazione sociale.
Questo orientamento è stato sviluppato dalla psicologia culturale russa e in particolare da Vygotskij ( area di sviluppo prossimale ) e da Leont’ev ( il concetto di azione ).
L’apprendimento interpersonale modifica l’immagine dell’insegnante, visto tradizionalmente come fonte detentrice dei saperi da trasmettere; valorizza, invece, un’identità centrata su competenze dialogiche , di confronto e di potenziamento della capacità di raggiungere conoscenze sistematizzate attraverso la messa in discussione di saperi maturati nei contesti informali.
L’apprendimento come esperienza di scambievolezza di pensieri e punti di vista. L’organizzazione dell’ambiente è il requisito più importante per accendere interessi e promuovere un intreccio di relazioni in grado di far interagire attivamente i ragazzi tra loro.
Una scuola , però, che riconosce la propria funzione nella centralità della persona che apprende non può essere governata con le logiche di una istituzione pensata per “ pochi migliori” .Quella scuola non c’è più! Una scuola di massa
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o è scuola dell’ apprendimento di tutti o non è scuola. Il nostro Paese non deve, quindi, attardarsi troppo su affermazioni di principio : i diritti devono essere calati nella concreta realtà , altrimenti si rischia di restare imprigionati in logiche che non vanno al di là di affermazioni teoriche.
La scuola realizza appieno la propria funzione pubblica impegnandosi, in questa prospettiva, per il successo scolastico di tutti gli studenti, con una particolare attenzione al sostegno delle varie forme di diversità, di disabilità o di svantaggio. Questo comporta saper accettare la sfida che la diversità pone: innanzi tutto nella classe, dove le diverse situazioni individuali vanno riconosciute e valorizzate, evitando che la differenza si trasformi in disuguaglianza; inoltre nel Paese, affinché le situazioni di svantaggio sociale, economiche, culturali non impediscano il raggiungimento degli essenziali obiettivi di qualità che è doveroso garantire.
In entrambi i casi con la finalità sancita dalla nostra Costituzione di garantire e di promuovere la dignità e l’uguaglianza di tutti gli studenti “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” e impegnandosi a rimuovere gli ostacoli di qualsiasi natura che possano impedire “il pieno sviluppo della persona umana”.
Insegnare le regole del vivere e del convivere è per la scuola un compito oggi ancora più pressante rispetto al passato, perché sono molti i casi nei quali le famiglie incontrano difficoltà più o meno grandi nello svolgere il loro ruolo educativo.
La scuola non può interpretare questo compito come semplice risposta ad un’emergenza. Non è opportuno trasformare le sollecitazioni che le provengono da vari ambiti della società in un moltiplicarsi di microprogetti che investano gli aspetti più disparati della vita degli studenti, con l’intento di definire norme di comportamento specifiche per ogni situazione.
L’obiettivo non è di accompagnare passo dopo passo lo studente nella quotidianità di tutte le sue esperienze, bensì di proporre un’educazione che lo spinga a fare scelte autonome e feconde, quale risultato di un confronto continuo della sua progettualità con i valori che orientano la società in cui vive.
La scuola perseguirà costantemente l’obiettivo di costruire un’alleanza, alimentata da una varietà di espressioni ed esperienze personali molto più ricca che in passato.
La nostra scuola, inoltre, deve formare cittadini italiani che siano nello stesso tempo cittadini dell’Europa e del mondo. I problemi più importanti che oggi toccano il nostro continente e l’umanità tutta intera non possono essere affrontati e risolti all’interno dei confini nazionali tradizionali, ma solo attraverso la comprensione di far parte di grandi tradizioni comuni, di un’unica comunità di destino europea così come di un’unica comunità di destino planetaria. Perché gli studenti acquisiscano una tale comprensione, è necessario che la scuola li aiuti a
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mettere in relazione le molteplici esperienze culturali emerse nei diversi spazi e nei diversi tempi della storia europea e della storia dell’umanità.
La scuola è luogo in cui il presente è elaborato nell’intreccio tra passato e futuro, tra memoria e progetto. Le relazioni fra il microcosmo personale e il macrocosmo dell’umanità e del pianeta oggi devono essere intese in un duplice senso. Da un lato tutto ciò che accade nel mondo influenza la vita di ogni persona; dall’altro, ogni persona tiene nelle sue stesse mani una responsabilità unica e singolare nei confronti del futuro dell’umanità. La scuola può e deve educare a questa consapevolezza e a questa responsabilità i bambini e gli adolescenti, in tutte le fasi della loro formazione. A questo scopo il bisogno di conoscenze degli studenti non si soddisfa con il semplice accumulo di tante informazioni in vari campi, ma solo con il pieno dominio dei singoli ambiti disciplinari e, contemporaneamente, con l’elaborazione delle loro molteplici connessioni. È quindi decisiva una nuova alleanza fra scienza, storia, discipline umanistiche, arti e tecnologia, in grado di delineare la prospettiva di un nuovo umanesimo.
La scuola si pone come luogo di dialogo, di approfondimento culturale e di reciproca formazione tra genitori e insegnanti per affrontare insieme i temi dell’umanità e proporre ai bambini un modello di ascolto e di rispetto, per convenire come aiutare ciascun bambino a trovare risposte alle grandi domande in coerenza con le scelte della sua famiglia e al tempo stesso riconoscendo e comprendendo scelte diverse e mostrando per loro rispetto.
La scuola si confronta con le famiglie per condividere le regole che consentono di realizzare le finalità educative e propone ai bambini prime forme di dialogo sulle domande che essi pongono, sugli eventi della vita quotidiana, sulle regole del vivere insieme. Il bambino sviluppa il senso dell’identità personale, è consapevole delle proprie esigenze e dei propri sentimenti, sa controllarli ed esprimerli in modo adeguato. Sa di avere una storia personale e familiare, conosce le tradizioni della famiglia, della comunità e sviluppa un senso di appartenenza. Pone domande sui temi esistenziali e religiosi, sulle diversità culturali, su ciò che è bene o male, sulla giustizia, e ha raggiunto una prima consapevolezza dei propri diritti e dei diritti degli altri, dei valori, delle ragioni e dei doveri che determinano il suo comportamento. Riflette, si confronta, discute con gli adulti e con gli altri bambini, si rende conto che esistono punti di vista diversi e sa tenerne conto. È consapevole delle differenze e sa averne rispetto. Ascolta gli altri e dà spiegazioni del proprio comportamento e del proprio punto di vista. Dialoga, discute e progetta confrontando ipotesi e procedure, gioca e lavora in modo costruttivo e creativo con gli altri bambini. Comprende chi è fonte di autorità e di responsabilità nei diversi contesti.
Una visione laica della "persona" alunno-studente, considerata nella sua unicità e nell'irripetibilità del suo percorso di crescita, costituisce un aspetto fondante, anche se non l'unico, di un curricolo unico verticale, consequenziale tra
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i vari ordini di scuola, con la consapevolezza che esistono altri curricoli impliciti e orizzontali, che concorrono all'educazione e all'istruzione dalla prima infanzia all'adolescenza. Facciamo riferimento ad un'accezione ampia del "personalismo" intesa, non in senso ideologico ed univoco ma come una corrente di pensiero antica e preziosa, che trae origine dal mondo greco e si arricchisce nella nostra storia del pensiero, dal confronto tra l'elaborazione cattolica di J. Maritain e di E. Mourier con quella laica di J. Dewey, fino a trovare, in Italia, sintesi, spesso liberamente interpretate, quale quella di Don Milani o, in un contesto più internazionale, di Freire.
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Verso competenze chiave per una cittadinanza europea
Rita Bortone
1. La cittadinanza, un nuovo modo di guardare alla formazione
La formazione dell’uomo e del cittadino è un imperativo pedagogico che non nasce oggi, ma i contesti culturali e sociali nei quali, e in funzione dei quali, tale formazione viene oggi richiesta, ne richiedono una re-interpretazione.
Se si comparano, infatti, stralci della vecchia Premessa ai programmi del ‘79 per la Scuola Media e stralci della lettera che il ministro Fioroni scrive alle scuole il 31 luglio 2007 per accompagnare le Indicazioni per il curricolo nella scuola del primo ciclo, appare evidente come la intenzionalità pedagogica della Premessa relativamente alla formazione dell’uomo e del cittadino, alla globalità della persona e alla sua collocazione nel mondo si arricchisca, nella lettera di Fioroni, di una contestualità che nasce dalle emergenze della contemporaneità.
La rilevanza della cittadinanza nell’attuale concezione di formazione è peraltro ben esplicitata nei due documenti cui oggi la scuola si riferisce nella progettazione del suo curricolo verticale: le Indicazioni per il curricolo, che alla cittadinanza dedicano un apposito paragrafo, e il Documento sull’obbligo d’istruzione, che alle competenze di cittadinanza dedica, coerentemente con gli indirizzi europei, un apposito allegato.
Già nei due documenti nazionali appare evidente che alla cittadinanza non si guarda più solo come ad un aspetto della formazione, bensì come ad una concezione della formazione stessa e della stessa funzione della scuola. Lungi dal riferirsi solo ad aspetti educativi, la nuova e ricca idea di cittadinanza presente nei due documenti implica infatti, oltre a definite abilità sociali, il possesso di chiari strumenti cognitivi e culturali: i saperi e le competenze, qualificandosi essi stessi come strumenti di cittadinanza, richiedono d’esser guardati con ottiche diverse, che ne innovano gli assetti di contenuto e di metodo.
Un fondamentale sostegno a tale lettura dei documenti nazionali viene infine dalla definizione che l’indagine OCSE Pisa propone relativamente alle competenze indagate, (lettura, matematica, scienze, problem solving), palesemente concepite in ottica di “competenze di cittadinanza”.
Ne consegue la necessità e l’urgenza, per la scuola, di riflettere criticamente sulla molecolarità e l’episodicità con cui la “educazione alla cittadinanza” è stata spesso concepita, oggetto di specifici progetti educativi e talvolta spazio di una retorica moralistica decontestualizzata e inefficace.
L’educazione alla cittadinanza includerà oggi, certamente, anche i progetti specifici sulla legalità, sulle pari opportunità, sul bullismo, sulla mafia, sullo
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sviluppo sostenibile, sulla Costituzione, ma non si esaurirà in essi.L’educazione alla cittadinanza diventa oggi la ragione fondamentale della
formazione stessa, il punto di vista attraverso il quale ri-considerare l’universo formativo, l’ottica attraverso cui ripensare l’analisi dei bisogni, la definizione degli obiettivi, la scelta dei contenuti e dei metodi, la valutazione degli esiti.
Diventa lo spazio in cui trova senso politico e culturale il dettato pedagogico della centralità e della interezza della persona, vista come persona concreta e intera, nei suoi contesti di vita attuali (“qui ed ora”), e nei suoi auspicabili contesti di vita futuri.
La centralità della persona è dunque centralità dell’uomo e del cittadino; la persona della psicopedagogia, che è per norma al centro delle nostre scelte pedagogiche, nella concretezza delle vite e delle azioni è l’uomo/donna, cittadino/cittadina, in funzione del quale la scuola pubblica nasce ed esiste.
Vale la pena oggi di domandarsi se il curricolo non debba essere esso stesso pensato come “curricolo per la cittadinanza”.
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Decreto Ministeriale 9 febbraio 1979Parte I – Caratteri e fini della scuola mediaArt. 1. – Il dettato costituzionaleLa Costituzione italiana (Legge 27 dicembre 1947), sancisce all’art. 34 che “l’istruzione inferiore impartita per almeno otto anni è obbligatoria e gratuita” e all’art. 3 che “è compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine eco-nomico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.Al raggiungimento di queste finalità è diretta e ordinata la scuola media nella sua impostazione educativa e didattica, nelle sue strutture, nei suoi contenuti programmatici.Art. 3. – Principi e fini generali della scuola media.Come scuola per l’istruzione obbligatoria, la scuola media risponde al princi-pio democratico di elevare il livello di educazione e di istruzione personale di ciascun cittadino e generale di tutto il popolo italiano, potenzia la capacità di partecipare ai valori della cultura, della civiltà e della convivenza sociale e di contribuire al loro sviluppo.La scuola media, secondo la legge istitutiva, “concorre a promuovere la forma-zione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e favorisce l’orientamento dei giovani ai fini della scelta dell’attività successi-va”a) Scuola della formazione dell’uomo e del cittadinoLa scuola media è formativa in quanto si preoccupa di offrire occasioni di svi-luppo della personalità in tutte le direzioni (etiche, religiose, sociali, intellettive, affettive, operative, creative, ecc.). Essa favorisce, anche mediante l’acquisi-zione di conoscenze fondamentali specifiche, la conquista di capacità logiche, scientifiche, operative e delle corrispondenti abilità e la progressiva maturazio-ne della coscienza di sé e del proprio rapporto con il mondo esterno.b) Scuola che colloca nel MondoLa scuola media aiuta pertanto l’alunno ad acquisire progressivamente una immagine sempre più chiara ed approfondita della realtà sociale, a riconoscere le attività con cui l’uomo provvede alla propria sopravvivenza e trasforma le proprie condizioni di vita, a comprendere il rapporto che intercorre fra le vi-cende storiche ed economiche, le strutture, le aggregazioni sociali e la vita e le decisioni del singolo.
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Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzioneLettera del Ministro Fioroni (31 luglio 2007)Le Indicazioni…. nascono all’interno di una nuova cornice culturale entro cui ri-pensare l’esperienza del “fare scuola” … Il nostro compito è quello di educare “la persona”…Questa persona, unica ed irripetibile, può essere educata a conoscere, ad accettare, a tirar fuori e costruire sé, solo entrando in rapporto con la realtà che la circonda. E la realtà è fatta di persone, di fatti, di eventi, del presente e del passato di cui il presente è figlio. … Resta a noi … assumerci la responsabilità di costruire il futuro.
La scuola nel nuovo scenario… l’obiettivo della scuola…è quello di formare saldamente ogni persona sul pia-no cognitivo e culturale, affinché possa affrontare positivamente l’incertezza e la mutevolezza degli scenari sociali e professionali, presenti e futuri. …lo studente è posto al centro dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti: cogni-tivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici, spirituali, religiosi. In questa prospettiva, i docenti dovranno pensare e realizzare i loro progetti educativi e didattici non per individui astratti, ma per persone che vivono qui ed ora, che sollevano precise domande esistenziali, che vanno alla ricerca di orizzonti di si-gnificato….…Si tratta di elaborare gli strumenti di conoscenza necessari per compren-dere i contesti naturali, sociali, culturali, antropologici, nei quali gli studenti si troveranno a vivere e a operare.
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La cittadinanza nelle Indicazioni per il curricolo nella scuola del primo ci-clo.
L’allievo da formare:Riconosce la dignità di tutti e di ciascunoAssume i valori dell’appartenenza, dell’identità, della passioneHa rispetto di sé e degli altriHa cura di sé, degli oggetti , degli ambienti naturali e socialiRealizza pratiche collaborativeÈ cittadino consapevole in una dimensione di cittadinanza nazionale, europea, mondialeComprende l’attuale condizione dell’uomo planetarioEsercita forme di cooperazione e di solidarietàAderisce consapevolmente ai valori socialmente condivisiHa senso di legalitàHa l’etica della responsabilitàAvverte il dovere di scegliere e agire per migliorare il contestoRiconosce i valori della CostituzioneHa la consapevolezza che ciascuno ha in mano il futuro dell’umanità e avverte le relative responsabilitàHa memoria delle radici storiche-valorizza i beni culturaliPossiede autonomia di pensiero. Ha pensiero riflessivo, analitico, critico, diver-genteÈ portatore del nuovo umanesimo (coglie gli aspetti essenziali dei problemi, comprende le implicazioni, per la condizione umana, degli sviluppi delle scienze e delle tecnologie)Possiede gli strumenti per comprendere i contesti naturali, sociali, culturali e an-tropologici in cui si troveranno a vivere…
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Competenze chiave di cittadinanza
L’obbligo di istruzione come promozione dei diritti di cittadinanza
… il rimodellamento e l’integrazione dei curricoli dovrà cominciare a organiz-zarsi intorno a quattro assi culturali e a quelle competenze chiave per la cittadi-nanza attiva che tutti dovrebbero raggiungere al termine dell’obbligo di istruzio-ne (Linee guida Lettera introduttiva del Ministro Fioroni 27 dicembre 2007)
…tale misura (linee guida) assume particolare rilievo in considerazione dell’im-portanza strategica di questo cambiamento, che comporta una profonda revisio-ne metodologica e organizzativa della didattica per far conseguire ai giovani le competenze chiave di cittadinanza che l’Unione europea ritiene decisive per lo sviluppo delle persone, la coesione sociale e la competitività nella società glo-bale…
…. la centralità del giovane che apprende costituisce il primo riferimento per ogni azione di orientamento. L’obiettivo prioritario è la sua maturazione in termi-ni di autonomia e responsabilità ai fini dell’acquisizione delle competenze chiave per l’esercizio della cittadinanza attiva.
pRaccomandazione europea:
competenze chiave Allegato 2 documento obbligo:
competenze chiave di cittadinanza da acquisire al termine dell’obbligo
Comunicazione nella madre lingua Imparare a imparare Comunicazione nelle lingue straniere Progettare Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia
Comunicare
Competenza digitale Collaborare e partecipare Imparare a imparare Agire in modo autonomo e responsabile Competenze sociali e civiche Risolvere problemi Spirito di iniziativa e imprenditorialità Individuare collegamenti e relazioni Consapevolezza ed espressione culturale
Acquisire ed interpretare l’informazione
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Competenza matematica: “la capacità di un individuo di identificare e com-prendere il ruolo che la matematica gioca nel mondo reale, di operare valutazioni fondate e di utilizzare la matematica e confrontarsi con essa in modi che rispon-dono alle esigenze della vita di quell’individuo in quanto cittadino che esercita un ruolo costruttivo, impegnato e basato sulla riflessione”.
Competenza di lettura: “la comprensione e l’utilizzazione di testi scritti e la riflessione su di essi al fine di raggiungere i propri obiettivi, sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità e svolgere un ruolo attivo nella società”.
Competenza scientifica: “la capacità di utilizzare conoscenze scientifiche, di identificare domande che hanno un senso scientifico e di trarre conclusioni basate sui fatti, per comprendere il mondo della natura e i cambiamenti ad esso apportati dall’attività umana e per aiutare a prendere decisioni al riguardo”.
Problem solving: “la capacità di un individuo di mettere in atto processi co-gnitivi per affrontare e risolvere situazioni reali e interdisciplinari, per le quali il percorso di soluzione non è immediatamente evidente e nelle quali gli ambiti di competenza o le aree curricolari che si possono applicare non sono all’interno dei singoli ambiti della matematica, delle scienze o della lettura”.
2. Una cittadinanza attiva
Cittadinanza è la condizione di un soggetto che appartiene ad una comunità (Stato, città) e in quanto tale è portatore di specifici diritti e doveri. Educare alla cittadinanza significa dunque educare alla conoscenza e all’esercizio consapevole di tali diritti e doveri.
La cittadinanza attiva è un’altra cosa. E’ un atteggiamento culturale, che nasce da una precisa concezione degli scopi e dei modi con cui esercitare la condizione di cittadino giuridicamente definita. E’ un concetto denso di implicazioni, che include in sé quello di cittadinanza e quello di convivenza civile, ma li supera, arricchendosi di impegno civile, di politicità, di eticità.
Esercitare una cittadinanza attiva significa infatti sentirsi parte e costruttore della comunità stessa, soggetto che vuole e che sa comprendere e valutare i meccanismi della con-vivenza, per migliorarli secondo principi e criteri consapevolmente e autonomamente scelti; significa sentirsi soggetto che vuole e sa partecipare, assumendosi responsabilità di pensiero e di azione.
Per educare ad una cittadinanza attiva non bastano progetti e istruzioni spicciole, educazioni e regole minute; occorrono strumenti culturali forti e visioni etiche e politiche della vita sociale.
Nella complessità della vita contemporanea essere cittadino attivo è più difficile, perché è più difficile decodificare la realtà, comprenderla, fruire
OCSE PISA: le competenze disciplinari come competenze di cittadinanza
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criticamente della pervasiva comunicazione mediatica, discriminare fatti da opinioni, adottare scelte consapevoli.
Una scuola che voglia educare alla cittadinanza attiva ha dunque da porsi obiettivi elevati, da perseguire attraverso continuità e convergenze, attraverso intese verticali e orizzontali: occorrerà fornire ai giovani elevati strumenti di pensiero critico, capacità di apprendimento autonomo e di autorientamento, capacità di scelta; e senso del futuro, della prospettiva, della storia. Occorrerà fornire exempla e contesti connotati di valore. Promuovere la costruzione di identità e incontri fra identità diverse. Promuovere l’abitudine a un’informazione continua, ampia, dinamica e critica.
E soprattutto occorrerà promuovere il senso della comunità e della partecipazione, della speranza e del cambiamento possibile.
Qualche anno fa, durante un seminario dal titolo “Saperi e cittadinanza”, tenuto a Firenze all’interno del Forum europeo per l’Ambiente, Nico Hirtt, studioso della scuola e della pedagogia contemporanea e fondatore, nel suo paese, dell’APED (Appel pour une école démocratique), si chiedeva: “A cosa vogliamo che serva la scuola?(…) Vogliamo un’azione formativa che aiuti a comprendere il mondo: ma a comprenderlo per conservarlo o per cambiarlo? E di fronte ai problemi realmente impellenti che oggi si pongono all’umanità, di fronte allo sperpero delle risorse naturali, alla distruzione della biosfera, alle gravi minacce e di cambiamento climatico, quale ruolo vogliamo affidare alla scuola? (…) L’azione che cambia il mondo e che ne costruisce un altro implica non solo delle conoscenze, ma anche delle competenze multiple. Non è sufficiente saper leggere e scrivere, è necessario poter accedere a testi di analisi complessi ed essere capaci di scriverli. E’ importante poter comunicare in diverse lingue e saper utilizzare tutte le risorse mediatiche, artistiche, informatiche, tecnologiche (…) Perché abbiamo bisogno di una scuola che possa apportare al maggior numero possibile di persone(…) un vasto bagaglio di conoscenze generali di storia, di scienze, di economia, di cultura tecnologica, di filosofia, di matematica. Perché senza tutto questo non si può comprendere il mondo complesso in cui viviamo e perché se non si comprende il mondo non lo si può trasformare”.
Educare alla cittadinanza attiva significa educare “senza nascondere l’assurdo ch’è nel mondo” (D. Dolci), ma anche infondere l’idea che il “futuro è aperto” (K.Popper). In “Una scuola per la cultura, il lavoro, la democrazia”, 1J. Bruner invitava la scuola ad “Educare al senso del possibile”, e scriveva che ogni sistema educativo “deve impegnarsi a trasmettere ai giovani non soltanto le conoscenze ed il know how del passato, ma anche un senso vivace di ciò che è possibile costruire per il presente e per il futuro sulla base di ciò che sappiamo (…) l’educazione deve coltivare abitudini e abilità che consentono ai giovani di andare oltre il passato, mettendo ciò che imparano a disposizione di una 1 J. Bruner, Una scuola per la cultura, il lavoro, la democrazia - a cura del CIDI, ed. CIID 2005.
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riformulazione del futuro (…) Siamo abbastanza attenti a trasmettere ai nostri studenti l’idea di come le “le realtà” vengono costruite, di come e perché esse siano accettate in epoche ed ere diverse e in circostanze differenti? Non possiamo essere tanto indulgenti con noi stessi da far sembrare che, in qualche modo, la realtà si faccia da sola (…)”
La realtà non si fa da sola: ed è questo che vogliono affermare le Indicazioni per il curricolo quando delineano la formazione di un alunno capace di sentirsi “responsabile dei destini dell’umanità”.
E’ il monito pedagogico di E. Morin, che indirizza la nuova educazione verso la costruzione di una coscienza antropologica, di una coscienza ecologica, di una coscienza dialogica, di una coscienza civica terrestre. E’ il monito di Z. Bauman, che identifica nei marinai, non negli zatterieri, coloro che possono superare la “liquidità” della vita e della società contemporanea: “…gli zatterieri che trasportano tronchi d’albero lungo il fiume seguono la corrente: non gli serve la bussola, a differenza dei marinai che non possono farne a meno, una volta preso il largo. Gli zatterieri si lasciano trasportare dal corso delle acque, assecondando i movimenti della propria imbarcazione con un colpo di pagaia di tanto in tanto, per seguire la corrente, e tenendola a debita distanza dagli scogli e dalle rapide, dalle secche e dagli scogli sulle rive. I marinai, invece, sarebbero perduti se la propria rotta fosse affidata esclusivamente ai capricci dei venti e delle correnti mutevoli. Essi non possono che farsi carico dei movimenti della barca: hanno bisogno di decidere dove andare, e perciò gli occorre una bussola che dica loro quando e da che parte andare per poterci arrivare…”.
Educare alla cittadinanza attiva significa costruire marinai. Ma per costruire marinai occorrono mete, mappe, bussole, ovvero conoscenze
e strumenti di conoscenza: occorrono competenze, specifiche e trasversali.
3. Verso una cittadinanza europea
Le otto competenze chiave che l’Europa definisce quali strumenti indispensabili di inclusione e di cittadinanza sono note a tutti; ed è anche noto a tutti che la scuola italiana non produce risultati brillanti relativamente ad alcune di esse, come denunciano le indagini internazionali OCSE.
Ma anche le competenze non “denunciate”, quanta rilevanza hanno nei nostri curricoli di scuola? Abbiamo forse risultati brillanti nella competenza digitale? Nell’apprendere ad apprendere? Nella consapevolezza culturale?
Chi voglia lavorare per formare nei giovani una cultura europea ha davanti a sé orizzonti culturali ampi (comunità europea: come e perché e quali radici e quale futuro?; dalla musica all’arte alla letteratura: quali nomi, quali oggetti, quali storie, quali culture, quali valori?; dalla storia ai costumi agli stili di vita alle
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Conosce,produce conoscenza,
s’interroga
Partecipa,si relaziona, comunica,
coopera
Agisce, opera intenzionalmente,promuove, lotta
Valuta, attribuisce e gerarchizza valori,
sceglie
Si proietta nel futuro, progetta il
futuro
Contestod’apprendimento
Definisce la propria identità personaleEsercita modalità di cittadinanza
mentalità: quali affinità, quali differenze, quali intrecci?; dalle situazioni sociali ed economiche alla qualità della vita ai meticciati culturali ed etnici: quali regole, quali modi, quali prassi, quali comunità?).
Chi voglia lavorare per una cittadinanza europea ha davanti a sé molti strumenti da costruire: lingue straniere, competenza digitale e comunicazione a distanza, comunità di pratiche, comunità di gioco, scambi in presenza….
Ma per una cittadinanza agita, europea e non solo, occorre una rivisitazione profonda di contenuti e di metodi.
Occorrono contesti d’apprendimento che, come quelli di realtà, coinvolgano la persona intera, le chiedano la messa in campo di saperi e di valori, le chiedano di esercitare pensiero critico e scelta, interagendo, partecipando, valutando, conoscendo il mondo e costruendo se stessi.
Una scuola per la persona, uomo/donna, cittadino/cittadina,in contesti di realtà
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(Per una nuova cittadinanza)… L’obiettivo non è di accompagnare passo dopo passo lo studente nella quoti-dianità di tutte le sue esperienze, bensì di proporre un’educazione che lo spinga a fare scelte autonome e feconde, quale risultato di un confronto continuo della sua progettualità con i valori che orientano la società in cui vive.… Non basta convivere nella società, ma questa stessa società bisogna crear-la continuamente insieme. Il sistema educativo deve formare cittadini in grado di partecipare consapevolmente alla costruzione di collettività sempre più ampie e composite, siano esse quella nazionale, quella europea, quella mondiale... la finalità è una cittadinanza …unitaria e plurale… La nostra scuola deve formare cittadini italiani che siano nello stesso tempo cittadi-ni dell’Europa e del mondo. I problemi che oggi toccano il nostro continente e l’umanità intera non possono essere affrontati e risolti all’interno dei confini nazionali tradizionali, ma solo attraverso la comprensione di far parte di grandi tradizioni comuni, di un’unica comunità di destino europea così come di un’unica comunità di destino planetaria. (Per un nuovo umanesimo)Le relazioni fra il microcosmo personale e il macrocosmo dell’umanità e del pianeta oggi devono essere intese in un duplice senso. Da un lato tutto ciò che ac-cade nel mondo influenza la vita di ogni persona; dall’altro, ogni persona tiene nelle sue stesse mani una responsabilità unica e singolare nei confronti del futuro dell’umanità…La scuola può e deve educare a questa consapevolezza e a questa responsabilità in tutte le fasi della formazione…L’elaborazione dei saperi necessari per comprendere l’attuale condizione dell’uomo planeta-rio, definita dalle molteplici interdipendenze tra locale e globale, è dunque la premessa indispensabile per l’esercizio consapevole di una cittadinanza nazionale, europea, planetaria. Oggi la scuola può proporsi concretamente un tale obiettivo…
4. Può la scuola porsi questo obiettivo?
Le Indicazioni per il curricolo dicono di sì, e anche noi lo crediamo: ma se davvero vogliamo promuovere una diffusa cittadinanza critica, europea e mondiale, sarà necessario ripensare profondamente i sensi e i modi di tutto il nostro quotidiano “fare scuola”.
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Le aree disciplinariSpecificità e interconnessioni
Franca Pinto Minerva
1. La frantumazione delle conoscenze e dell’umano
La filosofia che ispira l’impianto formativo delineato dalle nuove Indicazioni per il curricolo è intitolata a un Nuovo umanesimo. Non a caso il quarto paragrafo del Documento si apre con il richiamo alla concezione umanistica rinascimentale dell’unità tra il microcosmo e il macrocosmo.Le relazioni fra il microcosmo personale e il macrocosmo dell’umanità e del pianeta oggi devono essere intese in un duplice senso. Da un lato tutto ciò che accade nel mondo influenza la vita di ogni persona; dall’altro ogni persona tiene nelle sue stesse mani una responsabilità unica e singolare nei confronti del futuro dell’umanità.
Significativo è il riconoscimento della complessità del reale. Abbiamo da un lato la consapevolezza delle intricate relazioni sistemiche che legano tutti gli enti e tutti i livelli del cosmo: nulla è indifferente all’uomo. E, come conseguenza di questa consapevolezza, abbiamo dall’altro lato coscienza (forse non ancora abbastanza diffusa) delle responsabilità e dei compiti che incombono sull’uomo, o meglio su ciascuna persona: l’uomo non può essere indifferente a nulla. Ecco dunque, se proprio volessimo sintetizzare in una massima il senso del Nuovo umanesimo potremmo dire così: Nulla è indifferente all’uomo. A nulla l’uomo può essere indifferente.
Da queste premesse deriva il progetto cui s’ispirano le Indicazioni 2007. Lo sviluppo delle scienze e della tecnologia ha portato alle estreme conseguenze la logica della specializzazione disciplinare e tecnica. L’unità della conoscenza si è gradualmente dissolta, lasciando il campo a una miriade di saperi che sembrano aver smarrito le reciproche connessioni. Questo processo di crescente specializzazione era già da tempo avviato, fin dagli esordi della modernità. E, fin da allora, determinava ricorrenti progetti volti a salvaguardare l’unitarietà e la correlazione dei saperi. Tra questi, particolarmente rilevante appare ancor oggi, il progetto della grande Enciclopedia degli illuministi. Nei primi decenni del Novecento, è Husserl a denunciare la “crisi delle scienze europee”, segnalando che tale crisi si manifestava paradossalmente proprio mentre i saperi scientifici si mostravano fiorenti di scoperte e provvidi di applicazioni. Una crisi che investiva l’idea stessa della razionalità scientifica. In breve, la crisi non riguardava l’efficacia dei saperi scientifici, ma piuttosto la loro possibilità di orientare il rapporto dell’uomo con il mondo. Naturale conseguenza, questa, della perdita della visione unitaria della complessità della realtà. Lo specchio del reale era
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rotto; e nessuno riusciva più a rimetterne insieme i frantumi.Non si trattava beninteso di una crisi puramente teorica, in quanto da essa
dipendeva il disorientamento pratico dell’uomo. Sembrava ormai definitivamente tramontata la possibilità di rapportarsi razionalmente alla natura e alla storia. La frantumazione dei vari domini conoscitivi in una fantasmagoria di astratte immagini del cosmo e dell’uomo (quelle relative ad ogni singola scienza naturale e umana) non poteva che determinare un senso di smarrimento etico. E questa tonalità emotiva di inquietudine caratterizza più che mai il nostro rapporto odierno con la realtà naturale e umana, rapporto incrinato dal nichilismo della tecnica, dalle ferite inferte alla natura, dagli sviluppi dell’artificiale e della robotica, dagli esiti delle ricerche biotecnologiche e dagli interventi di ingegneria genetica in grado di alterare il mondo e manipolare la vita.
2. Ricercare le connessioni senza annullare le distinzioni
Oggi, proprio nel momento in cui la crisi della soggettività umana si esprime nelle forme estreme dell’incomunicabilità e dell’omologazione, dell’impoverimento e dell’alienazione, avvertiamo l’impegno di una progettazione esistenziale in grado di recuperare la complessità dei bisogni della persona (fisici, intellettuali, estetici, etici, affettivo-emotivi), la problematicità delle sue domande di senso, la pluralità dei suoi modi di essere. Un impegno, questo, che investe l’intera realtà culturale frammentata, scissa e molecolarizzata. Di qui emerge con forza la necessità di una ricomposizione dei saperi. E non a caso usiamo il plurale (saperi): in quanto non osiamo più aspirare a una improponibile astratta immagine della totalità. Sappiamo fin troppo bene ormai che la specializzazione disciplinare è inarrestabile. Ma è comunque possibile cercare di ricomporre le disarticolate visioni, pur senza pretendere di riunirle nella originaria integrità. Possiamo solo sforzarci di ricercare connessioni, senza sognare di ripristinare l’unità perduta.
È questo – ci sembra – il progetto culturale più coerente con la prospettiva di un Nuovo umanesimo, e quindi con la filosofia sottesa alle nuove Indicazioni 2007. Non si aspira ingenuamente alla realizzazione dell’antico ideale metafisico del “sapere”, ma al nuovo ideale filosofico-scientifico della connessione tra i “saperi”, alla ricomposizione senza annullare le distinzioni.
Un obiettivo che rinvia alla necessità di forme di pensiero plurale in grado di affrontare il complesso reticolo del reale. Forme di pensiero decentrate (non egocentriche: non chiuse in una visione settoriale o particolare), flessibili (non dogmatiche: disponibili a tenere conto dei confronti delle contaminazioni e dei cambiamenti), responsabili (non autoreferenziali: capaci di valutare, anche su vasta scala, gli effetti collaterali e le controindicazioni dei propri atti).
La prospettiva di un Nuovo umanesimo (cui le Indicazioni fanno riferimento)
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rinvia dunque a un coerente progetto pedagogico in grado di assicurare alla persona una formazione multi-dimensionale. Una persona intesa come soggettività unica e originale, centro di motivazioni, di sentimenti e di emozioni, costruttivamente aperta all’alterità. Una persona come soggetto capace di autonoma elaborazione cognitiva. Una persona concreta nel suo essere-nel-mondo, che agisce conferendo senso alle cose e dando senso alle cose mediante l’azione.
Alla realizzazione di tale progetto concorre, in modo determinante, l’offerta di un sapere unitario-e-differenziato nello stesso tempo, frutto di una “nuova alleanza tra scienza, storia, discipline umanistiche, arti e tecnologia”.
3. Una rivoluzione architettonica. La proposta delle aree
La novità più rilevante del progetto formativo è l’introduzione delle Aree multi-disciplinari, intese come aggregazioni di saperi e linguaggi, principi organizzatori degli apprendimenti dell’intero percorso formativo 3-14 anni: dalla Scuola dell’infanzia (3-6 anni) al Primo ciclo, quest’ultimo comprensivo sia della Scuola primaria sia della Scuola secondaria di primo grado, raccordate in un percorso formativo continuo (6/14 anni).
Le Aree costituiscono ampi “spazi di progettazione e di attività” entro i quali è possibile differenziare alfabeti disciplinari, ricercare e praticare connessioni e collegamenti.
Si tratta di tre grandi Aree che si proiettano longitudinalmente in tre solidi Assi culturali: (a) l’Asse degli alfabeti linguistici; (b) l’Asse degli alfabeti storico-sociali; (c) l’Asse degli alfabeti matematici, scientifici e tecnologici.
L’Area è dunque una struttura multi-disciplinare: le valenze trasversali delle singole discipline si manifestano solo in connessione con quelle specifiche. L’Area non annulla le distinzioni tra i linguaggi e i saperi. Al contrario, è proprio essa che consente che tali distinzioni emergano gradualmente e unitariamente, nel corso dell’esperienza scolastica. In tal senso, come è detto nelle Indicazioni: “la dimensione trasversale e quella specifica di ogni disciplina vanno tenute entrambe presenti”.
Tra l’Area e le discipline si realizza una dialettica analoga a quella che lega lo sfondo alle figure nella percezione. La funzione euristica di ogni disciplina e il suo valore pratico emergono sullo sfondo di un’Area di tematiche e problematiche che sono comuni a un intero plesso di saperi che si sviluppano lungo specifici assi culturali.
Il fatto che la differenziazione progressiva dei codici e delle discipline si esplichi all’interno di un’Area fa sì che l’allievo apprenda linguaggi e conoscenze specifici senza tuttavia smarrire il senso unitario dell’esperienza e dell’apprendere.
Ciascuna Area multi-disciplinare rappresenta infatti:
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una sorta di tessuto connettivo che collega reciprocamente le discipline che costituiscono l’articolazione delle Aree; questo tessuto è costituito da temi, oggetti d’indagine, problemi e metodi che interessano trasversalmente i saperi di dette Aree;una matrice generativa delle discipline. Queste si differenziano infatti progressivamente all’interno delle singole Aree: nella Scuola primaria e in quella secondaria di primo grado gli apprendimenti vengono organizzati in maniera progressivamente più orientata ai saperi disciplinari, che si strutturano gradualmente in continuità con l’esperienza quotidiana;un sistema di Assi che garantiscono la continuità didattica verticale per tutto il Primo ciclo dell’istruzione: i tre assi si estendono infatti longitudinalmente per l’intero itinerario formativo.L’introduzione delle Aree multi-disciplinari consente di risolvere una delle
contraddizioni più ricorrenti nella normativa dei programmi ministeriali, che si sono susseguiti a partire dagli anni Cinquanta del Novecento. La contraddizione di cui parliamo è in ciò: nell'aver sempre enfatizzato il principio dell’integralità, per poi limitarsi, nelle indicazioni per la costruzione dei curricoli, alla semplice elencazione degli obiettivi specifici di apprendimento. Si ripeteva insistentemente il richiamo all’unitarietà del sapere, senza affrontare il “come”, senza cioè ridefinire l’assetto delle articolazioni disciplinari e senza porre le condizioni concrete per la ricerca teorica e pratica delle connessioni tra i saperi.
La proposta delle Aree rende finalmente operanti le istanze unitarie dei raccordi e delle connessioni disciplinari, seppure rispettando la specificità delle discipline.
In tal senso, le Aree multi-disciplinari individuate nelle Indicazioni 2007 rappresentano un modello praticabile di curricolo integrato, un congegno organizzativo atto a promuovere la continuità formativa, non solo nella prospettiva orizzontale relativa alle aggregazioni disciplinari di Area ma anche nella prospettiva verticale relativa agli Assi culturali.
Le Aree (e i correlativi Assi culturali) sono, infatti, garanzia delle iniziali e via via più differenziate grammatiche degli specifici saperi, e sono, allo stesso tempo, condizione della tenuta unitaria dell’insegnamento e dell’apprendimento.
Il percorso di apprendimento complessivo delineato dalle Indicazioni 2007 si sviluppa quindi gradualmente dagli approcci globali, dai primi nuclei conoscitivi di base della Scuola dell’infanzia, pervenendo infine agli approcci disciplinari specifici che caratterizzeranno l’offerta formativa della Scuola secondaria superiore.
In sintesi. L’attuale proposta delinea una struttura architettonica supportata da tre grandi arcate che assicurano la continuità dell’itinerario formativo e curricolare e le interconnessioni tra le specificità disciplinari.
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3. Uno sguardo d’assieme all’impianto formativo
Volgiamo ora uno sguardo d’assieme all’impianto formativo complessivo: dai Campi d’esperienza della Scuola dell’infanzia alle Aree disciplinari del Primo ciclo.
A partire dall’universo di significati in cui l’infanzia è immersa fin dalla nascita, bambini e bambine iniziano a organizzare progressivamente i dati della realtà, a elaborare sensazioni, percezioni, idee, linguaggio e pensiero. Per quanto gradualmente differenziato possa diventare l’universo infantile, esso si conserverà a lungo con i tratti della globalità, della concretezza e della significatività. È da questo ricco archivio di esperienze che la prima scuola muove per sostenere bambini e bambine nel lungo percorso di graduale formalizzazione del groviglio delle esperienze (percettive, cognitive, relazionali, emotive ed estetiche). Parallelamente all’articolazione del mondo dei significati, la mente infantile viene a poco a poco strutturandosi, organizzandosi e complessificandosi.
Anche quando, in una fase successiva dello sviluppo, dell’apprendimento e della formazione, si realizzerà la differenziazione del sapere in un complesso di distinte discipline, sarà necessario salvaguardare la natura ricorsivamente interconnessa delle conoscenze.
Le attività della Scuola dell’infanzia si pongono pertanto in continuità con l’esperienza che il bambino realizza nel proprio ambiente di vita. La funzione precipua di tali attività, intenzionalmente predisposte dai docenti, si legge nelle Indicazioni è quella di
[…] aiutare i bambini a dare ordine alla molteplicità degli stimoli che il contatto con la realtà fornisce. Gli insegnanti predispongono occasioni di apprendimento orientate e strutturanti per favorire nei bambini l’organizzazione di ciò che vanno scoprendo. L’esperienza diretta, il gioco, il procedere per tentativi ed errori permettono al bambino, opportunamente guidato di approfondire e sistematizzare gli apprendimenti e di avviare processi di simbolizzazione e formalizzazione. Pur nell’approccio globale che caratterizza la scuola dell’infanzia, gli insegnanti individuano, dietro ai vari campi di esperienza, il delinearsi dei saperi disciplinari e dei loro alfabeti.
I Campi d’esperienza svolgono dunque una funzione di “raccordo” tra l’esperienza ancora indifferenziata dei primi anni di vita (anni che precedono l’ingresso nella scuola dell’infanzia) e le prime forme di organizzazione disciplinare che si svilupperanno poi gradualmente, nel corso della successiva esperienza scolastica. Le attività per il bambino di 3/6 anni sono di carattere proto-disciplinare, nel senso che esse attivano e promuovono l’acquisizione dei nuclei concettuali del sapere e delle competenze simboliche di base. Come dire, avviano il passaggio dai concetti potenziali ai concetti veri e propri.
In tal senso, i Campi d’esperienza si propongono come laboratori delle
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intelligenze simboliche in cui i piccoli alunni fanno esperienza del mondo attraverso la mediazione del corpo, medium fondamentale della conoscenza, della comunicazione e della relazione. Sempre attraverso il corpo, bambini e bambine acquisiscono le categorie spazio-temporali e i principi basilari dell’ordine e della misura. Esplorano la natura, entrando in rapporto diretto con le cose. Costruiscono il proprio sé attraverso l’altro e sperimentano emozioni e affetti, cooperazione e amicizia, conflitti e solidarietà. Ampliano e moltiplicano discorsi e parole, codici verbali e non verbali.
Mondi simbolici, Mondi reali e Mondi possibili s’intrecciano e si arricchiscono vicendevolmente.
Anche le Aree disciplinari del Primo Ciclo svolgono – analogamente ai Campi d’esperienza - una funzione di “raccordo”: esse, infatti, conducono gradualmente dai primi elementi che concorrono a delineare un iniziale “sistema di concetti” della Scuola dell’infanzia alle rappresentazioni simboliche di tipo logico-linguistico che permettono di compiere esperienze astratte e reversibili.
Nella Scuola primaria (6-11 anni) si pongono pertanto le premesse per l’“acquisizione degli apprendimenti di base come primo esercizio dei diritti costituzionali”: per l’acquisizione, cioè, dei “saperi irrinunciabili”, del pensiero concettuale e della graduale differenziazione dei saperi, che cominciano a delinearsi (senza tuttavia separarsi) all’interno delle grandi Aree. Una distinzione ancor più evidente tra le discipline si verifica poi nel corso della scuola secondaria di primo grado (11-14 anni). Qui “si realizza l’accesso alle discipline come punti di vista sulla realtà e come modalità di interpretazione, simbolizzazione e rappresentazione del mondo”. Qui i saperi presentano contorni più definiti, all’intero dei quali si stagliano concetti, principi, leggi, linguaggi, metodi e contenuti specifici. Ma ancora senza che l’integralità dell’esperienza ne venga compromessa. Le discipline dovrebbero infatti configurarsi - fino alla fine dell’intero Primo ciclo - come prospettive particolari all’interno delle tre Aree (piuttosto che come materie distinte), sguardi diversi su un medesimo oggetto (e non visioni di oggetti diversi), preziosi dispositivi generativi di operazioni mono-cognitive e meta-cognitive.
Proviamo invece ora ad analizzare, più in dettaglio, le singole Aree evidenziando le molteplici possibilità di connessione che esse offrono.
Nell’Area linguistico-artistico-espressiva rientrano tutte le forme di linguaggio verbale e non verbale: dalla lingua madre alle lingue comunitarie, dalla musica alle arti visive, dai linguaggi multimediali a quelli del corpo. Si tratta – come leggiamo nelle Indicazioni 2007 – di una vera e propria “area sovradisciplinare”, in cui i vari linguaggi “ritrovano una comune matrice antropologica nell’esigenza comunicativa dell’uomo”.
Le plurime possibilità di raccordo tra i linguaggi di quest’Area sono esplicitamente segnalate nel Testo. Si evidenzia, innanzitutto, la possibilità di
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sollecitare e guidare gli alunni a compiere esperienze di trans-codificazione, allo scopo di cogliere i tratti comuni e quelli specifici dei linguaggi verbali e non verbali. La lingua non è peraltro soltanto un oggetto di studio ai fini della comunicazione interpersonale, ma anche un potente strumento di conoscenza. La lingua, con il suo sistema lessicale, semantico e sintattico va ben oltre la semplice designazione degli oggetti e rappresentazione del pensiero. La lingua è la condizione stessa della possibilità di costruire e manipolare strutture logiche ed estetiche articolate e complesse. Essa serve per apprendere, per affinare la propria esperienza del mondo e per approfondire le altre discipline. Questo raccordo tra il sapere linguistico e le altre sfere della conoscenza travalica i confini dell’Area linguistica, ed implica la possibilità di molteplici collegamenti inter-Area.
Anche per quanto concerne le forme simboliche non verbali (musica, arti visive ed espressione corporea) nel Testo non mancano indicazioni per la valorizzazione delle connessioni tra i linguaggi, nonché per la sperimentazione di contaminazioni tra le varie forme d’arte. Tutte le forme artistiche sono comunque accomunate dalla loro valenza interculturale: in quanto universalmente significative, favoriscono la comunicazione tra le più differenti comunità umane.
Nell’Area storico-geografico-sociale è incluso invece lo studio di ambienti, culture, società, nelle due fondamentali dimensioni dello spazio e del tempo. Molteplici sono le connessioni riscontrabili tra i saperi storici e geografici. L’educazione alla cittadinanza attiva costituisce un ulteriore rilevante raccordo pragmatico tra tutte le discipline dell’Area, in quanto queste forniscono una solida base cognitiva al riconoscimento, alla valorizzazione e alla promozione del patrimonio culturale ereditato. Essa fornisce altresì motivazioni al rispetto delle differenze, ai valori della solidarietà, dell’inclusione sociale, alla difesa dei diritti umani nella prospettiva di una democrazia planetaria.
Nell’Area matematico-scientifico-tecnologica sono infine compresi argomenti di scienze dell’uomo e della natura, di tecnologia sia tradizionale sia informatica, e ancora lo studio della materia, dei numeri e delle forme geometriche. I raccordi tra le discipline di questa area si fondano sulla possibilità di adottare, per ciascuna di esse, un comune approccio attivo, tipico della didattica del laboratorio. Operando in ciascuno di questi domini disciplinari e nelle loro zone di intersezione, si sviluppano infatti le competenze trasversali proprie della pratica scientifica e tecnologica: l’attitudine a porre e a risolvere problemi mediante l’analisi sistematica della situazione, la formulazione di ipotesi, il controllo sperimentale, la discussione argomentata, la disponibilità a riconoscere gli errori e a scoprirne l’importante funzione euristica.
Nell’ambito di quest’Area inoltre si individuano legami ancor più stringenti tra le scienze cosiddette empiriche, che sono accomunate dall’uso di “grandi organizzatori concettuali”. Si tratta di schemi cognitivi che ricorrono in un’ampia varietà di contesti empirici e sperimentali e che, quindi, oltrepassano i domini
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tematici delle singole discipline. Si possono fornire svariati esempi di questi schemi organizzatori. Di tal fatta sono ad esempio i concetti (non soltanto fisici) di Stato (come le cose sono) e di Trasformazione (come le cose cambiano). A un livello analogo di generalità si collocano inoltre le categorie (non meramente naturalistiche) di Casualità, Causalità e Interazione reciproca.
Si possono aggiungere, a titolo d’esempio, ulteriori nozioni, quali quelle di Nicchia ecologica e di Ecosistema, ascrivibili all’ambito dell’Ecologia. E tale scienza – ci ricorda Edgar Morin, un autore che ha chiaramente ispirato la cornice epistemologica delle Indicazioni 2007 -
[…] si è costituita attorno a un oggetto e a un progetto poli e inter-disciplinare a partire dal momento in cui è stato creato non solo il concetto di nicchia ecologica, ma anche quello di ecosistema (unione di un biotopo e di una biocenosi), cioè a partire dal momento in cui un concetto organizzatore di carattere sistemico ha permesso di articolare le conoscenze più diverse (geografiche, geologiche, batteriologice, zoologiche e botaniche).
[Edgar Morin, La testa ben fatta]Anche l’idea di Cosmo può essere assimilata a questo genere di organizzatori
cognitivi. Questa idea che sembrava irrevocabilmente tramontata con la fine delle antiche cosmologie di stampo metafisico, oggi ritorna trionfalmente con lo sviluppo dell’astrofisica, dopo le osservazioni di Hubble sulle dispersioni delle galassie nel 1930, la scoperta della radiazione isotropica nel 1965 e l’integrazione delle conoscenze microfisiche di laboratorio per concepire la formazione della materia e della vita degli astri.
[Ne consegue che] uno schema cognitivo cosmologico permette di collegare fra loro conoscenze disciplinari molto diverse per considerare il nostro Universo e la sua storia.
E lo stesso potrebbe dirsi, aggiungiamo ancora, della cosiddetta Ipotesi Gaia elaborata da James Lovelock. Secondo questa ipotesi la Terra - un altro concetto che sembrava ormai fuori gioco, come oggetto scientifico unitario: scacciato dalle discipline parcellizzate – può essere riguardata come un sistema auto-organizzantesi e può pertanto essere concepita, nella sua interezza, come un unico Grande animale (cioè come un sistema vivente). Le membra e i tessuti di questo gigantesco organismo sarebbero dunque le piante, gli animali e i sottosistemi non viventi (le acque, il suolo, i rilievi, l’atmosfera, ecc.). Ebbene, anche per conoscere Gaia ed evitare di comprometterne la salute e la bellezza con azioni inavvedute, è necessario mettere in campo un complesso di approcci scientifici che vanno dalla zoologia alla botanica, dalla geologia alla geografia, alla storia naturale. E gli esempi si potrebbero ancora moltiplicare.
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4. Raccordi di area e inter-area
D’altro canto, le connessioni tra le varie forme simboliche non sussistono soltanto all’interno di ogni singola Area/Asse disciplinare, ma anche tra Aree/Assi diversi. E anche a questo proposito le Indicazioni 2007 offrono varie indicazioni. Innanzitutto, affermano la valenza trasversale delle competenze linguistiche, ricordando che queste costituiscono
[…] una condizione indispensabile per l’esercizio pieno della cittadinanza, per l’accesso critico a tutti gli ambiti culturali e per il raggiungimento del successo scolastico in ogni settore di studio. Per realizzare queste finalità estese e trasversali, è necessario che l’apprendimento della lingua sia oggetto di specifiche attenzioni da parte di tutti i docenti, che dunque in questa prospettiva coordineranno le loro attività.
Senza questo opportuno chiarimento, la collocazione del codice verbale all’interno di una specifica Area e di una funzione specifica: quella espressiva, sarebbe potuta apparire discutibile, considerando la pluralità delle funzioni linguistiche
Il linguaggio verbale è un sistema di simboli che nessun altro essere vivente possiede. È infatti lo strumento creativo, si è già detto, attraverso cui progettare nuove strutture di pensiero e formulare nuovi concetti: uno strumento fondamentale della conoscenza e dell’argomentazione. La lingua naturale è la base di tutti i linguaggi artificiali delle scienze, anche perché essa riflette le strutture del mondo della vita, il mondo dell’esperienza comune, quel mondo dal quale muove e al quale in definitiva sempre ritorna ogni sapere scientifico. E dunque il linguaggio verbale non esplica soltanto funzioni espressive (narrativo-poetiche), ma anche funzioni cognitive (logico-argomentative), oltre ovviamente a una quantità di altre funzioni tipiche delle interazioni quotidiane. I docenti delle altre aree disciplinari non possono dunque trascurare la cura delle competenze linguistiche, per quanto di loro spettanza.
Su questo punto le Indicazioni 2007 sono particolarmente esplicite. Esse indicano una quantità di possibili correlazioni tra le attività dell’area linguistica e quelle delle altre due aree. Scorriamo, ad esempio, la Presentazione delle indicazioni di Matematica, ove si legge che questa disciplina:
contribuisce a sviluppare la capacità di comunicare e discutere, di argomentare in modo corretto, di comprendere i punti di vista e le argomentazioni degli altri. La costruzione del pensiero matematico […] è un processo che comporta anche difficoltà linguistiche […].
Una attenzione particolare andrà [pertanto] dedicata allo sviluppo della capacità di esporre e di discutere con i compagni le soluzioni e i procedimenti seguiti.
Se dunque vanno curate le competenze linguistiche dell’area matematica,
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vi sono anche competenze di tipo logico-matematico che si possono applicare al dominio linguistico. La grammatica generativa ci ha permesso di effettuare interessanti riflessioni al riguardo. Il riferimento è qui alle operazioni di astrazione , classificazione e schematizzazione. Nella Scuola secondaria di primo grado – si dice opportunamente nelle Indicazioni 2007 - la riflessione sulla lingua
[…] partirà dall’osservazione degli usi linguistici per giungere a generalizzazioni astratte. […] Essa si concreterà nella progressiva capacità di nominare e di riconoscere nei testi le diverse categorie grammaticali […] e infine le categorie sintattiche essenziali […].
L’uso della lingua è espressione delle facoltà intellettive e [aiuta] […] l’alunno a rendere rigoroso il suo pensiero. In questa prospettiva metacognitiva, anche la riflessione sulla lingua [serve] […] per sviluppare le capacità di categorizzare, di connettere, di analizzare.
E questo non è certo l’unico tipo di correlazioni inter-Area a cui si possa pensare. Sono possibili infiniti altri collegamenti in sintonia con quelli esplicitamente suggeriti dalle Indicazioni 2007. Ad esempio, quello fra le due forme simboliche individuate da Bruner: il pensiero narrativo e il pensiero paradigmatico. Si tratta di due dimensioni della mente, che sono sia due tipi d’intelligenza, sia due forme di attività simbolica.
Il pensiero narrativo rientra propriamente tra i linguaggi espressivi dell’area linguistica; mentre il pensiero paradigmatico è una attività simbolica propria delle restanti aree cognitive. La narrazione come forma di pensiero e di linguaggio rappresenta le particolarità dell’esperienza, e quindi è adatta a esprimere i vissuti personali e sociali. In termini narrativi prendiamo coscienza delle nostre origini, riviviamo gli eventi cruciali della nostra esistenza, interpretiamo le nostre relazioni interpersonali, diveniamo consapevoli del flusso dei nostri pensieri, ecc.
Il pensiero paradigmatico è invece funzionale alla rappresentazione di processi ripetibili, di relazioni causali generali, di relazioni logiche astratte, ecc. È regolato dai principi della coerenza e della non contraddizione. Opera sulla base di ipotesi e di regole logiche, costruendo modelli astratti (mondi possibili) e confrontandoli con le realtà empiriche (mondi reali).
A prima vista dunque il pensiero narrativo dell’area linguistico-espressiva sembrerebbe aver poco a che fare con l’attività scientifica delle restanti due aree; ma non è così. Bruner sostiene – e non a torto – che l’immagine della scienza …
[…] come impresa umana e culturale migliorerebbe molto se la si concepisse anche come una storia degli esseri umani che superano le idee ricevute – Lavoisier che supera il dogma del flogisto, Darwin che rivoluziona il rispettabile creazionismo, o Freud che osa gettare uno sguardo al di sotto della superficie soddisfatta del nostro autocompiacimento. Può darsi che abbiamo sbagliato staccando la scienza dalla narrazione della cultura. Le scienze possono quindi diventare avvincenti, se vengono presentate come imprese umane avventurose,
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nei termini appunto di quello che Bruner definisce pensiero narrativo. Viceversa: i discorsi mitologici e quelli storici possono anche trasformarsi in veri e propri saperi, se vengono strutturati e analizzati attraverso operazioni di astrazione scientifica, cioè mediante il cosiddetto pensiero paradigmatico. Anche in questo modo è allora possibile connettere le attività simboliche dell’Asse linguistico-artistico-espressivo (di cui fa appunto parte la narrazione) a quelle del secondo e del terzo Asse (in cui propriamente rientrano la schematizzazione e l’astrazione scientifica).
È in tal modo possibile far dialogare arte ed epistemologia, schematizzare in termini quasi algoritmici un racconto fiabesco (come ha mostrato, ad esempio, Propp) e si può, viceversa, esprimere una struttura matematica in chiave narrativo-fantastica.
E anche qui gli esempi e le proposte si potrebbero moltiplicare, considerando come incontri e contaminazioni possano dar luogo a nuove e imprevedibili risorse simboliche.
5. Una possibile tipologia di connessioni trasversali
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte, si può ora abbozzare una tipologia sistematica delle forme di connessione che si possono tessere tra le discipline di ogni Area e tra le stesse Aree.
È possibile compiere – come abbiamo visto - operazioni di trascrizione di un medesimo contenuto da un codice simbolico all’altro, in modo che risulti evidente la possibilità di trasporre una struttura, un contenuto, un tema, un messaggio in forme d’espressione differenti: con il disegno e con la drammatizzazione, con il ritmo e con la musica, oralmente e per iscritto, con le parole o con schemi grafici, con la narrazione e con la poesia, ecc. In questa prima forma di connessione tra i linguaggi rientra anche la possibilità – di cui si è già parlato – di trasporre una struttura di significato dalla forma narrativa a quella paradigmatica, e viceversa. In tal modo, lo scolaro – dicono le Indicazioni:
sarà guidato a riflettere sul fatto che nella realtà quotidiana raramente un solo linguaggio assolve il compito di realizzare una comunicazione efficace. Infatti, non solo nella comunicazione espressiva, ma anche in quella funzionale, propria della realtà quotidiana, i vari linguaggi si supportano e si integrano a vicenda, allo scopo di creare forme di comunicazione potenziata.
È possibile far convergere le attività di differenti discipline nella soluzione di problemi concreti. In tal modo, appare evidente che ogni attività simbolica contribuisce in forma specifica, ma solo per quel tanto che può, a chiarire e a risolvere una situazione problematica. Appare quindi evidente che la distinzione tra le discipline e tra i linguaggi riveste carattere puramente funzionale: serve ad
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affrontare meglio i compiti complessi, e viene pertanto superata nella vita pratica (quando appunto ci si serve dei diversi linguaggi per affrontare concreti compiti di vita, di lavoro e di studio: in situazioni di problem posing e problem solving).
Questa forma di connessione si realizza per il fatto che nessuna attività simbolica è sufficiente da sola a chiarire e a risolvere i problemi che si pongono nei contesti complessi della vita reale. I diversi saperi convergono nell’orientare l’attività pratica. Le Indicazioni 2007 relative al Primo ciclo parlano a questo proposito chiaramente:
[…] le discipline non vanno presentate come territori da proteggere definendo confini rigidi, ma come chiavi interpretative. I problemi complessi richiedono, per essere esplorati, che i diversi punti di vista disciplinari interessati dialoghino […]. La comprensione di specifici temi e problemi, infatti, non si realizza soltanto con l’introduzione ai quadri teorici e metodologici propri di ciascuna disciplina, ma anche mediante approcci integrati, atti a meglio focalizzare la complessità del reale […].
È inoltre possibile che un complesso di discipline e di linguaggi siano connessi da alcuni organizzatori concettuali che sorgono alla loro intersezione. È questo il caso di concetti come quelli di Cosmo, di Terra, di Ecosistema, a proposito dei quali si è già detto. In questa classe di organizzatori concettuali possiamo anche includere gli oggetti del sapere storico, geografico e sociale, del sapere linguistico e matematico, del sapere scientifico e artistico e via dicendo.
Nella presentazione delle Scienze naturali e sperimentali si suggerisce una progressione didattica che prende le mosse da alcuni schemi concettuali più vicini al livello empirico e intuitivo dell’esperienza, e procede poi gradualmente verso organizzatori cognitivi di grande impatto concettuale e culturale, da fare emergere al termine del Primo ciclo.
La progressione suggerita è importante, in quanto concorre a definire il modello di continuità formativa e didattica ipotizzato. Si tratta di un “passaggio” che meriterebbe – a nostro giudizio – qualche altra parola di chiarimento e che dovrebbe assumere maggior rilievo nel Documento. Il chiarimento di questo punto potrebbe aiutarci a determinare con maggiore precisione il percorso evolutivo dagli embrionali nuclei disciplinari dei Campi d’esperienza alle aurorali strutture disciplinari dei primi anni del Primo ciclo fino alle più organiche strutture disciplinari cui si perviene al termine del Primo ciclo. Va altresì rilevato che quanto prospettato per le Scienze naturali e sperimentali potrebbe utilmente essere esteso ad altri ambiti del curricolo.
È possibile infine che nelle varie attività simboliche si acquisiscano non solo conoscenze e competenze specifiche di una particolare disciplina, ma anche conoscenze e competenze cosiddette trasversali relative a significati, atteggiamenti, modi di operare, che si sviluppano in ogni forma di pratica culturale. Questo
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può dirsi, ad esempio, per quel complesso di sensi, disposizioni e attitudini che si realizzano quando l’apprendimento avviene attraverso l’esplorazione e la scoperta (metodologia del laboratorio didattico). Si sviluppano in tal modo quei tratti personali che servono in ogni genere di attività culturale: la passione per la ricerca, l’inclinazione a rimettere in gioco le proprie le convinzioni, la tendenza a porsi problemi e la disponibilità a sperimentare soluzioni, a procedere sistematicamente nel vaglio delle possibilità, e via dicendo.
In questa prospettiva, la problematizzazione svolge una funzione insostituibile: sollecita gli alunni ad individuare problemi, a sollevare domande, a mettere in discussione le mappe cognitive già elaborate, a trovare piste d’indagine adeguate ai problemi, a cercare soluzioni anche originali in direzione del pensiero divergente e creativo.
Queste forme di raccordo tra le attività simboliche, interne alle Aree e tra le Aree, si possono realizzare e sono anzi auspicabili a partire dai Campi d’esperienza e per tutto il Primo ciclo, ovviamente in forme consone all’età e alle possibilità cognitive di ogni allievo.
6. Note conclusive
Ci sembra che il progetto formativo e il riassetto istituzionale proposti dalle Indicazioni per il curricolo affrontino con lucidità la disgregazione del sapere che caratterizza la cultura contemporanea (e i connessi rischi del diffuso stato di disorientamento e alienazione esistenziale) e nello stesso tempo suggeriscano efficaci linee di intervento educativo.
In passato, la scuola ha ripetutamente affrontato il problema della frantumazione delle conoscenze, attraverso molteplici proposte di ricerca interdisciplinare. E, a dire il vero, l’interdisciplinarità è stata a lungo uno dei “miti” della cultura dell’educazione. Un mito al quale non sempre hanno corrisposto soluzioni didattiche adeguate. Infatti la salvaguardia dell’unitarietà del sapere è stata spesso affidata a soluzioni parziali e artificiose, ricercata in questo o quel contenuto fungente da centro d’interesse, oppure in questo o quel singolo compito applicativo. Si è inteso realizzare l’interdisciplinarità senza aver preventivamente chiarito le strutture disciplinari, anticipando spesso richieste di competenze complesse che si possono acquisire tanto più quanto più si procede nell’itinerario formativo.
Apprendere a pensare in modo disciplinare, a comprendere le relazioni e le interdipendenze multi-interdisciplinari, a capire come sono realizzati i collegamenti tra i concetti che determinano la rete strutturale di determinati ambiti di sapere, significa apprendere ad utilizzare in pieno la risorsa formativa delle discipline.
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Significa acquisire conoscenze, ma, soprattutto, acquisire competenze (capacità di analisi e di sintesi, capacità di operare inclusioni e intersezioni, di fare inferenze, previsioni e anticipazioni) e amplificare, in tal modo, in un gioco di “rimandi ricorsivi” e attraverso astrazioni e generalizzazioni sempre più complesse, i poteri costruttivi, riflessivi e meta-riflessivi della mente.
La connessione delle discipline e dei linguaggi va ricercata pertanto nel rispetto della struttura del sapere stesso, che, accanto alla tendenza alla specializzazione, esprime la tendenza opposta a ricercare correlazioni intrinseche tra i saperi.
L’organizzazione della conoscenza – chiarisce a questo proposito Morin – […] comporta operazioni di interconnessione (congiunzione, inclusione, implicazione) e di separazione (differenziazione, opposizione, selezione, esclusione). Il processo è circolare, passa dalla separazione al collegamento, dal collegamento alla separazione […].
Attraverso l’innovativa proposta delle Aree appare oggi concretamente praticabile la circolarità e la connessione multi-disciplinare dei saperi, pre-condizione di una più matura interdisciplinarità. Le Aree infatti si pongono quali fondamentali spazi simbolici di raccordo, contesti epistemici, entro i quali è possibile individuare e sperimentare distinzioni e correlazioni, separazioni e ricomposizioni, sconfinamenti, commistioni e ibridazioni.
Al di là del consenso espresso nei riguardi della complessiva architettura del progetto formativo (relativa ai Campi e alle Aree, agli Assi culturali, all’Unitarietà del percorso 3-14 anni e alla puntualità dei contenuti), proposto nelle Indicazioni 2007, ci sembra tuttavia utile, a titolo di contributo, fornire alcuni suggerimenti. Schematizzando al massimo, essi vanno nella direzione di:
un maggiore collegamento tra i Campi e le Aree. Non sarebbe opportuno, ci chiediamo, istituire una continuità più diretta tra gli uni e le altre, magari raggruppando i cinque Campi d’esperienza secondo la logica delle tre aree-assi del Primo ciclo? Naturalmente si tratterebbe di macro-aree che non sostituirebbero gli attuali cinque Campi d’esperienza, ma semplicemente li raccorderebbero ai fini di una più organica continuità verticale;una maggiore attenzione pedagogica e didattica relativa alla “prima familiarizzazione della lingua scritta” nella Scuola dell’infanzia anche in considerazione delle numerose sperimentazioni di metodologie realizzate a tal proposito negli ultimi decenni. Inoltre, pur consapevoli della ricca articolazione delle competenze proposte come traguardi dell’insegnamento e dell’apprendimento linguistico nel Primo ciclo, riteniamo che andrebbe assegnata una maggiore rilevanza e centralità alla specifica attività dell’“educazione alla scrittura”. Una capacità che assume particolare importanza in una società che rischia di marginalizzare le forme più strutturate, personali e creative dei testi scritti. Se è vero, infatti, come molti affermano, che mai come oggi il ricorso alla scrittura si stia ampliando attraverso le forme
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telematiche e degli sms, è pur vero che si tratta di forme di scrittura spesso schematiche, standardizzate e povere. Non si tratta di negare a queste nuove forme di espressione e di comunicazione utilità e legittimità. Tutt’altro, si tratta di agganciarle e integrarle a quelle forme di scrittura che costituiscono la memoria, l’intelligenza, il cuore e (vorremmo anche) il futuro stesso della nostra cultura;una particolare cura andrebbe rivolta inoltre all’ambiente quale concreto mondo della vita che condiziona fortemente, in termini di valorizzazione o di deprivazione, l’attuazione del potenziale di sviluppo e di conoscenza dei bambini e dei ragazzi. Un approfondimento meriterebbe infine la problematica specifica dell’“educazione ambientale”, ancora una volta, a nostro parere, disordinatamente frammentata e disordinatamente collocata. Considerando l’attuale emergenza delle questioni ecologiche planetarie, sarebbe opportuno ridefinire l’educazione ambientale nei termini di una vera e propria educazione naturale, intesa come educazione alla complessità della Natura. Una Natura costituita da minerali, acqua, terra, aria, animali, piante e dalla stessa natura umana, tutti compresi nella “rete della vita” e in relazione reciproca in quella che Bateson definisce la “struttura che connette" biologico e mentale, culturale e sociale.
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Il laboratorio. Fuori dai miti, dentro il lavoro scolastico
Antonio Brusa
L’idea di laboratorio – è stato ormai scritto più volte – comincia a trasformarsi da utopia rivoluzionaria didattica a strumento di lavoro possibile nelle scuole, verso la fine degli anni ’70. Raffaella Lamberti e Scipione Guarracino sono i due insegnanti/ricercatori che avviano questo processo, che raccoglie le tensioni degli anni precedenti, ma anche gli indirizzi di lavoro e i dibattiti (a cominciare da quelli che, a cavallo tra anni ’60 e ‘70, hanno aperto la stagione del dibattito sulla didattica della storia, di Giuseppe Recuperati, nei quali si definiva l’indispensabilità della stretta relazione fra ricerca e insegnamento), e li rilancia verso modelli praticabili, di largo uso, destinati, sia pure in linea di principio, a tutta la scuola e non più soltanto ai settori “privilegiati” della didattica militante.
I successivi anni ’80 rappresentano, perciò, un momento importante di definizione della questione “Laboratorio Scolastico”. Due convegni fondamentali della rete degli Istituti storici della Resistenza ne scandiscono l’evoluzione. Il primo, sulle fonti orali, muoveva ancora da un’aspirazione rivoluzionaria, quasi di metanoia didattica. Era centrato sulla ricerca della “fonte didatticamente perfetta”, potremmo dire a tanti anni di distanza. La fonte che non presenta problemi di reperimento e di lettura (si trova ovunque, è in italiano corrente), in grado di rappresentare, per di più, il punto di vista dei soggetti che vivono negli strati inferiori della società. Essa, quindi, costituiva per il docente un eccellente modo per ripercorrere in classe, finalmente, i territori di una storia negata dal manuale e dalla ricerca accademica. Una fonte, e di conseguenza, un laboratorio. Questa “fonte perfetta” realizzava la sintesi con l’altro filone dell’antididattica sessantottina, e cioè la lotta contro il manuale. E tuttavia, già in alcune relazioni apparivano quegli elementi critici, che, di lì a poco, avrebbero definitivamente rotto le illusioni di questa ingenua palingenesi: critiche che hanno condotto, da una parte, alla consapevolezza del carattere problematico delle fonti orali (e a lungo andare alla revisione totale di quelle prime ingenue rappresentazioni della memoria storica); e, in tempi più vicini ai nostri, avrebbero portato ad alcune impostazioni didattiche che, nella loro articolazione, e soprattutto nella loro durata, dimostravano la necessità di una elaborazione complessa della fonte, per renderla didatticamente fruibile.
A metà degli anni ’80, un nuovo convegno degli Istituti mostra come, tutto sommato in breve tempo, la riflessione e la pratica didattica abbiano decisamente svoltato verso un’idea di laboratorio concreto possibile nelle scuole, attenta alla resa didattica: una nuova strada, rispetto a quelle fortemente segnate
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dall’ideologia, che fino ad allora aveva caratterizzato la discussione intorno al rinnovamento didattico. Discutere di “obiettivi” (come proponeva Ivo Mattozzi), infatti, non mostrava, soltanto, il desiderio di dare un volto “tecnicamente accettabile” alla ricerca didattica militante, ma proclamava chiaramente, anche, che il rinnovamento didattico era un fatto “scolastico”, limitato alle situazioni dell’apprendimento, e non una parte di un percorso palingenetico, destinato a realizzarsi completamente fuori dalle aule, nella società. La didattica veniva collegata non ad una ricerca “astratta”, che, fino ad allora, aveva significato la possibilità di realizzare il “ricercatore di massa”, in grado di scrivere la storia dal basso, una storia materialmente democratica, perché scritta da tutti; ma veniva collegata ad una singola ricerca storica, effettivamente realizzata. Era la “traduzione didattica” (da allora questo termine, per quanto ancora ambiguo, comincia la sua fortuna, insieme con altri termini, primo fra i quali “mediazione”) di un semplice lavoro, compiuto dallo storico. La ricerca storica in quanto tale viene prima; solo dopo poteva intervenire il tentativo di darne una versione didattica. Era un brutto colpo per il ribellismo e per la visione prometeica di molta parte della riflessione intorno ai processi di rinnovamento dell’insegnamento storico.
Diverse proposte, dunque, cominciano a circolare. Da quelle di Clio ’92, l’associazione di didattica della storia promossa da Ivo Mattozzi, nate all’interno di un paradigma epistemologico, nel quale l’aspetto importante della formazione è costituito dalla sequenza di operazioni, mutuate dalla metodologia storica e “trascritte in didattica”; a quelle dei gruppi variamente seguiti dal Landis, molto attente, invece, alla riproduzione in classe della ricerca storica in quanto tale e, in alcuni casi, alla costruzione di un laboratorio come un autentico luogo fisico, provvisto di documenti e materiali, dove gli allievi fanno effettivamente ricerca. Ai laboratori simulati, infine, immaginati negli anni ’80 da Scipione Guarracino e realizzati, fra gli altri, anche da chi scrive. Un laboratorio simulato si basa sulla convinzione che non si possa trasferire in classe “l’operazione storica” a grandezza naturale. Essa va ridefinita e ricontestualizzata, in un ambiente culturale a misura di allievo. Quindi deve basarsi su sequenze operative brevi, facilmente gestibili dagli allievi (adattate al loro livello scolastico). I documenti devono essere pochi e già “prelavorati”, per evitare che l’allievo impieghi eccessivo tempo in operazioni superflue agli scopi del laboratorio (per quanto in sé anche utili). Si devono predisporre sequenze operative ben congegnate, che guidino gli allievi e li aiutino ad evitare di naufragare rapidamente con domande impossibili e con risposte prive di interesse. E, caratteristica essenziale quanto difficile da costruire, devono permettere agli allievi di fare delle piccole esperienze di ricerca: muoversi con una certa libertà, fare errori controllabili (non marchiani o volgari) ma utili per la discussione e la messa a punto dei problemi. Devono creare le condizioni perché essi facciano delle scoperte: cioè conquistino delle conoscenze
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che appaiano loro sorprendenti.
Credo che in questa possibilità risieda una delle armi vincenti del laboratorio. Il piacere della scoperta motiva lo studioso (di qualsiasi disciplina) a itinerari di pazienza e di fatica. La scoperta avvince. Dà piacere. E quindi spinge a lavorare, e nel nostro caso, a studiare. Ma questo gusto non è possibile comunicarlo “a voce”. Risulterebbe semplicemente ridicolo. L’unica forma che noi abbiamo (dove il noi, questa volta è costituito dai docenti, ma anche da una società convinta che l’amore verso il sapere dei suoi membri è una risorsa per la sopravvivenza collettiva) per comunicarlo ai giovani è quello di costituire un ambiente favorevole a questo genere di esperienze. In questo vedo l’insostituibilità didattica del Laboratorio, e, al tempo stesso, la sua grande utilità sociale.
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Comunicare senza parole
Luciana Fenu
1. Premessa La trasmissione del sapere, compito specifico della scuola, non avviene in
un vuoto relazionale, ma all’interno di un contesto interpersonale che ne forma la struttura portante. La consapevolezza del proprio modo di essere nella scuola implica necessariamente la conoscenza del proprio modo di comportarsi e di comunicare. Allo stesso tempo, l’acquisizione di competenze comunicative e relazionali aiuta lo strutturarsi di contesti di apprendimento.
Scopo di questo lavoro è stato quello di approfondire i diversi aspetti della CNV con particolare riferimento al linguaggio del corpo. L’esperienza fatta si è articolata in due parti, di cui una teorica, che ha previsto alcune elaborazioni scritte attinenti al tema, ed una parte pratica, finalizzata alla conoscenza del proprio stile non verbale.
I docenti partecipanti alla formazione sono stati suddivisi in piccoli gruppi di lavoro. Ad ogni gruppo è stato assegnato un tema specifico da approfondire supportato da riferimenti bibliografici. In questa relazione si riportano le elaborazioni scaturite dagli studi proposti.
2. La competenza comunicativa
Per competenza comunicativa si intende la capacità ed il grado di abilità possedute da un individuo nel formulare e nel recepire messaggi nell’ambito di una relazione interpersonale.
Alcuni autori suddividono la competenza comunicativa in:competenza linguistica: intesa come abilità fonologica, sintattica, semantica e testuale;competenza paralinguistica: ossia l’abilità di modulare i contenuti linguistici con delle inflessioni (cadenza della pronuncia, tono e volume, ritmo dell’eloquio, intercalare; ecc.);competenza cinesica: capacità di integrare la produzione linguistica con segnali non verbali (mimica, gesti, postura, movimenti, ecc.);competenza prossemica: capacità di mantenere e/o modificare la distanza fisica con l’interlocutore in base al contesto in cui avviene l’interazione;competenza performativa: capacità di utilizzare l’espressione verbale e non-verbale in modo tale che assolva agli scopi dell’individuo;competenza pragmatica: capacità di finalizzare e modulare il proprio
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comportamento comunicativo in modo conforme al contesto e alle intenzioni;competenza socioculturale: capacità di iniziare, condurre e terminare una comunicazione in luoghi appropriati, secondo le norme comportamentali della cultura di appartenenza.
Per la buona riuscita di una qualsiasi forma di comunicazione sono necessarie alcune condizioni da parte dell’emittente e del ricevente:
condivisione dello stesso codice comunicativo: o meglio, l’insieme di segni,ondivisione dello stesso codice comunicativo: o meglio, l’insieme di segni, segnali e simboli (sia linguistici che non verbali) devono essere accessibili e comprensibili ad entrambi.flessibilità comunicativa: ossia, la capacità e/o volontà di adattarsi al proprio interlocutore per realizzare quella che viene definita comunicazione decentrata (o comunicazione per l’altro). Ciò comporta:
flessibilità semantica (capacità di muoversi all’interno di svariati significati che si possono attribuire ad una stessa frase);flessibilità degli schemi di riferimento (non ancorarsi rigidamente ai propri modelli di interpretazione della realtà e dell’altro).
3. capacità di ricodificare il messaggio per l’altro: ovvero, verbalizzare secondo la comprensione dell’altro, tenendo conto delle sue caratteristiche.
4. disponibilità emotiva dell’emittente: intesa come disponibilità di accettare l’altro non solo a livello razionale, ma anche emotivo.
3. I processi di codifica e decodifica della comunicazione
Comunicare è un atto sociale complesso. Diversi autori affermano che l’incidenza di un messaggio è così suddiviso:
per il 7% verbale (parole)per il 38% vocale (tono della voce, inflessioni e altri suoni)per il 55% non verbale (gesti e movimenti del corpo).L’efficacia di un messaggio dipende quindi solamente in minima parte dal
significato letterale di ciò che viene detto, il modo in cui questo messaggio viene percepito è influenzato pesantemente dai fattori di comunicazione non verbale.
Nell’ambito della competenza comunicativa è importante, pertanto, prestare attenzione ai processi che concorrono a rendere efficace e funzionale lo scopo comunicativo prefissatoci. Ci riferiamo in particolar modo ai processi di codifica e decodifica del messaggio.
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4. La codifica
Implica una serie complessa di operazioni cognitive, emotive e relazionali che l’emittente attua sia livello esplicito (trasmissione del messaggio verbale), sia a livello implicito (metacomunicazione), con minore possibilità di controllo di quest’ultimo rispetto al primo.
La capacità di codifica include tutti gli aspetti attinenti la produzione non verbale dei messaggi:
l’autorappresentazione;l’espressione e il controllo degli stati emotivi;la gestione dell’interazione;il rispetto dei turni.In particolare, la codifica è caratterizzata da:una componente VERBALE: ossia le parole e le frasi con il loro contenuto sintattico e semantico; una componente PARAVERBALE: ossia il modo in cui emettiamo le parole (tono, volume, timbro di voce, ritmo, ecc.);una componente NON VERBALE: ossia il cosiddetto “linguaggio del corpo”.Quando queste tre componenti della comunicazione sono in sintonia tra loro,
la comunicazione acquista forza e crea un messaggio univoco.Al contrario, se siamo costretti a dire qualcosa in cui non crediamo tanto,
probabilmente si noterà da qualche particolare della nostra comunicazione.
5. Il linguaggio del corpo
Il linguaggio del corpo ha un peso decisivo in tutti gli scambi non verbali. Esso è per sua natura analogico, parla essenzialmente di sentimenti che esprime attraverso la postura, la mimica, lo sguardo, il gesto (o l’immobilità), il contatto, la distanza, il ritmo, il tono, la respirazione, le tonalità vocali, l’atto e il modo in cui utilizza gli oggetti.
Occorre che questi messaggi siano coerenti tra loro perché il messaggio stesso sia percepito come messaggio globale, senza ambiguità.
Accade, tuttavia, che l'informazione fornita dalle parole venga a volte contraddetta o smentita dai segnali non verbali. Quello che genera confusione è che il cervello non sempre è conscio delle interpretazioni né degli ordini che dà, poiché la corteccia conscia rappresenta solo una parte dell’apparato neurologico. Essa è in grado di controllare la maggior parte dei comportamenti, ma una parte sfugge al suo controllo.
Ciò trova la sua spiegazione nelle connessioni intracerebrali: nessuna
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afferenza sensoriale giunge direttamente al cervello, tutte fanno tappa nei centri sottocorticali (tronco cerebrale, talamo, ipotalamo, lobo limbico), anche i comandi motori (ad eccezione del fascio piramidale) fanno tappa nei centri automatici. L’atto volontario stesso è quindi influenzato dalle istanze arcaiche che possono introdurvi, all’andata come al ritorno, connotazione affettive involontarie.
E’ lì l’origine del “doppio senso” che esprime al tempo stesso le intenzioni volontarie e involontarie: quando vorremmo nasconderci dietro un fitto manto di discorsi, i nostri gesti, il tono della voce, i movimenti oculari mettono a nudo pensieri ed emozioni senza chiederne il permesso.
Tra gli indicatori non verbali possiamo distinguere:Il gesto, considerato come un movimento che ha significato, carico di senso e preceduto da un’intenzione.La postura, che riguarda la posizione occupata dal corpo nello spazio. Essa è legata al tono ed è generalmente estrinsecazione della realtà interna che si riflette all’esterno.La mimica, che comprende le varie espressioni che il volto può assumere nel corso di uno scambio comunicativo.La voce, che è direttamente legata all’affettività, le sue modulazioni profonde corrispondono all’implicazione tonico-emozionale del corpo.Lo sguardo, analizzato in base alla direzione, alla durata ed all’intensità, connota il contenuto emotivo della comunicazione. Rappresenta l’accoglienza e l’incontro, il rifiuto e l’allontanamento. È riconoscere l’altro o negarlo. Il tono, base primaria della comunicazione, è espressione di emozioni e rappresenta un modo di sentire se stessi, gli altri, il mondo.Il tempo che rientra nei canoni della comunicazione. E’ necessario prendersi il tempo di sentire, vedere e dare tempo all’altro e a se stessi.Lo spazio, che comprende il contatto fisico con l’interlocutore, la prossemica, l’orientazione.
6. La decodifica
Consiste nella ricezione del messaggio da parte del ricevente e conferisce un senso a quanto l’emittente trasmette. La decodifica è influenzata dal processo di categorizzazione attraverso il quale i segnali che provengono dall’interlocutore vengono organizzati in concetti e ricondotti alle esperienze del ricevente. Quanto meno un ricevente è consapevole di questo meccanismo, tante più probabilità esistono che la ricezione risulti egocentrica e non centrata sull’ascolto reale dell’emittente. Nella decodifica l’aspetto recettivo chiama in causa:
processi di osservazione
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percezioneattenzione sensibilitàNell’apprendimento dei segnali di decodifica possiamo distinguere:consapevolezza dell’atteggiamento di ascolto (disponibilità e propensione ad ascoltare);capacità di cogliere i canali non verbali dell’interlocutore (osservare l’espressività del corpo, cogliere eventuali discrepanze, ..);l’attribuzione dei significati ai vari canali non verbali (cosa esprime di sé l’interlocutore).
7. L’ascolto autentico
“Dio ci ha dato due orecchie ed una sola bocca. Alcuni dicono che è stato perché voleva che il tempo che passiamo ad ascoltare fosse doppio del tempo che passiamo a parlare.
Altri dicono che è stato perché sapeva che ascoltare è il doppio più difficile che parlare” (Anonimo).
Il comportamento di ascolto, quando è autentico, è un processo complesso che implica aspetti motivazionali, percettivi, cognitivi, attitudinali e comportamentali.
L’ascolto implica prima di tutto:disponibilità, che si esprime a livello non verbale: essere disponibili significa desiderare di essere in relazione con l’altro;considerazione dell’altro e del suo ruolo nell’interazione;un buon livello di autostima;attenzione ai messaggi verbali e non verbali: entrare in contatto con l’interlocutore;liberarsi dai propri schemi interpretativi, dagli stereotipi (personali e sociali), da eventuali giudizi;assumere un atteggiamento autentico, significa coerenza tra messaggi verbali e non verbali;inviare una serie di segnali che esprimono interesse, attenzione, accoglienza (cenni di assenso, stimoli verbali, …);discernere i propri stati emotivi da quelli altrui: un’osservazione dell’altro implica anche una buona osservazione di noi stessi;cogliere i feedback che ci dicono che il nostro interlocutore ha una percezione di noi congruente/incongruente con ciò che desideriamo trasmettere.
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8. Sviluppare la consapevolezza non verbale
Per comprendere la CNV non basta osservare, distinguere, analizzare, occorre una partecipazione soggettiva che implica un percorso di consapevolezza, occorre imparare le modalità che facilitano la comprensione e l’integrazione del proprio modo personale di essere non verbale in relazione all’altro
La CNV analizzata nella sua dimensione soggettiva prevede:
osservazione e codifica del proprio canale non verbale e consapevolezza di sé, ovvero la percezione e il contatto con la propria espressività non-verbale, la consapevolezza della propria espressività emotiva.osservazione e decodifica del canale non verbale dell’altro che implica l’affinamento delle capacità percettive che fanno parte di un ascolto attivo e il contatto con i significati attribuiti ai canali non verbali.
Lo sviluppo della consapevolezza non verbale prevede alcune fasi, tra cui:percezione del proprio corpo come immagine globaleespressione e comunicazione non verbalecontrollo dell’espressività non-verbaleosservazione di me e dell’altro
Percezione ed espressione del proprio corpo: è un aspetto importante della formazione e della stabilità dell’immagine di sé e dell’identità personale. L’aspetto centrale dell’espressione corporea è sicuramente rappresentato dall’espressione delle emozioni che spesso, nella quotidianità, cerchiamo di controllare. Se riconosciamo la funzione adattiva dell’espressività non verbale delle emozioni che stiamo provando, possiamo avviarci verso un percorso di accettazione e di recupero di modalità consapevoli e costruttive di espressione.
Controllo dell’espressività non verbale: la capacità di gestire efficacemente le impressioni è una importante componente della competenza sociale. Osserviamo in che modo ci presentiamo agli altri, quali canali non verbali riusciamo a controllare meglio, qual è il nostro stile non verbale.
L’osservazione di me nell’altro: in uno scambio interpersonale la comunicazione è circolare, pertanto è importante:
imparare a cogliere i feedback che ci permettono di regolare la comunicazione e di capire se il messaggio è stato realmente compreso;potenziare le possibilità offerte dal rispecchiamento, cioè osservarsi nell’altro, vedere in esso la propria immagine rispecchiata.
1.
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9. La CNV nel contesto scolastico
Le relazioni, all’interno del contesto scuola, rappresentano una realtà complessa. Da una parte c’è l’insegnante che porta in classe la sua personalità, il suo bagaglio culturale, le sue modalità relazionali e comportamentali. Dall’altra c’è il gruppo classe che prevede interazioni che hanno dimensioni individuali, duali, gruppali. L’insegnante stabilisce relazioni con i singoli allievi, con i sottogruppi e con il gruppo nel suo complesso.
Tanto l’insegnante che gli allievi subiscono, inoltre, l’influenza e la pressione di altri sistemi che ruotano intorno a questo focus relazionale.
Da parte del docente:le preiscrizioni organizzative e lavorative ministeriali;le esigenze e richieste dei colleghi;la presenza della famiglia di ogni singolo allievo nell’attività scolastica.Può accadere, inoltre, che da parte di questi sistemi esterni alla relazione con
l’allievo, giungano richieste contrastanti o non coerenti l’una con l’altra.
Da parte degli allievi:le loro relazioni con i docenti sono mediate ed influenzate dalle aspettative di prestazione scolastica riversate su di loro dagli insegnanti, dalla famiglia e dal gruppo culturale a cui appartengono;anche i compagni che frequentano sembrano determinanti nel caratterizzare il loro essere-in classe: il frequentare gruppi extrascolastici con atteggiamenti negativi nei confronti della scuola, sembra determinare in modo significativo il livello di coinvolgimento nelle relazioni con i compagni e con le insegnanti.
10. La CNV dell’insegnante
Il processo di trasmissione delle informazioni ha la sua base nella strutturazione di una relazione in cui il mittente riesce a coinvolgere il destinatario della comunicazione.
Suscitare l’interesse e mantenerlo nel tempo è sicuramente uno dei problemi più importanti dell’insegnante.
Qual è lo stile comunicativo per una ricezione corretta dei contenuti trasmessi?
Per attirare l’attenzione è necessario uno stile comunicativo che coinvolga:un tono di voce che cambi utilizzando pause funzionali;utilizzo adeguato della postura, per esempio avvicinarsi all’allievo;
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prestare attenzione ai feedback: se si colgono segnali di stanchezza o aspetti interpersonali che possono disturbare, è opportuno soffermarsi e prendere in considerazione ciò che sta accadendo;prestare attenzione ai segnali non verbali della classe.
Nell’interazione con la classe, inoltre, particolare attenzione deve essere data allo sguardo, considerato un potente rinforzatore sociale in quanto espressione di assenso. Solitamente si tende a guardare più spesso gli allievi che dimostrano di essere interessati di più alla materia, che mettono in atto segnali di assenso e di attenzione. La strategia migliore, per quanto possibile, è quella di utilizzare il contatto oculare con ogni singolo studente per un periodo di tempo sufficientemente lungo (circa 3-4”) .
11. Conclusioni
La CNV, come sottolineato più volte in questo lavoro, è un argomento complesso che rischia di essere banalizzato se ricondotto alla mera conoscenza di semplici accorgimenti non verbali quali garanti di una comunicazione proficua ed efficace. Conoscere gli indicatori non verbali della comunicazione e la loro funzione è senza dubbio importante, ma non sufficiente. Il “sapere” da solo non basta se non integrato anche da un “saper fare” e da un “saper essere” che qualificano il sapere stesso conferendogli credibilità. Ciò implica non solo la conoscenza, ma anche la consapevolezza del proprio stile non verbale e l’abilità nel saperlo esprimere ai fini di una comunicazione chiara e coerente. In tutto questo rientra il vissuto personale affettivo ed emotivo, l’attribuzione di significato che diamo ai nostri ed altrui comportamenti, il nostro rapporto con il limite e la frustrazione, propri delle relazioni umane.
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Competenze linguistiche e curricolonel primo ciclo di istruzione
Immacolata Tempesta
1. Curricolo e competenze
“La costruzione del curricolo è il processo attraverso il quale si sviluppano e organizzano la ricerca e l’innovazione educativa. Il curricolo si delinea con particolare attenzione alla continuità del percorso educativo dai 3 ai 14 anni. Ogni scuola predispone il curricolo, all’interno del Piano dell’offerta formativa, nel rispetto delle finalità, dei traguardi per lo sviluppo delle competenze, degli obiettivi di apprendimento posti dalle Indicazioni. Il curricolo si articola attraverso i campi di esperienza nella scuola dell’infanzia e attraverso le discipline nella scuola del primo ciclo” (Indicazioni, 2007).
Il curricolo, spesso confuso con il programma e la programmazione, rappresenta in realtà l’anello di congiunzione fra questi due momenti, permette di passare dal primo alla seconda, di mettere in atto e verificare la pratica scolastica. Descrive le strategie da mettere in atto per raggiungere gli obiettivi e le finalità dell’educazione scolastica, tenuto conto del programma da una parte, dell’ambiente di apprendimento, scolastico ed extra scolastico dall’altra.
Per la scuola dell’infanzia le Indicazioni rimandano ad un curricolo esplicito attraverso cui si dà forma alle prime esplorazioni, intuizioni e scoperte dei bambini e che sottende “un curricolo implicito costituito da costanti che definiscono l’ambiente di apprendimento e lo rendono specifico e immediatamente riconoscibile”.
Nella costruzione del curricolo sono quindi da considerare la continuità del percorso educativo, le finalità, le competenze e gli apprendimenti da raggiungere.
Conoscenza, abilità, competenza sono parole chiave delle nuove Indicazioni. Nel documento del Ministero della Pubblica Istruzione, Il nuovo obbligo di istruzione. Cosa cambia nella scuola, Indire, 2007, le competenze indicano “la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale: le competenze sono descritte in termini di responsabilità e di autonomia”. La competenza non è una somma qualsiasi di abilità, ma un insieme opportunamente selezionato dal soggetto in funzione del compito da realizzare. Così nelle Indicazioni per il curricolo, nella parte dedicata all’ambiente di apprendimento, nella scuola del primo ciclo, fra le impostazioni metodologiche di fondo, si considera necessario promuovere la consapevolezza del proprio
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modo di apprendere, al fine di “imparare ad apprendere”. Riconoscere le difficoltà incontrate e le strategie adottate per superarle, prendere atto degli errori commessi, ma anche comprendere le ragioni di un insuccesso, conoscere i propri punti di forza, sono tutte competenze necessarie a rendere l'alunno consapevole del proprio stile di apprendimento e capaci di sviluppare autonomia nello studio.
Le competenze possono essere considerate secondo una concezione:applicativa, per la quale la competenza è “la capacità di utilizzare le conoscenze acquisite dalla persona che sta apprendendo” (MPI, Il curricolo della scuola di base, 2001);operativa: “Le competenze sono l'insieme delle buone capacità potenziali portate al miglior compimento nelle particolari situazioni date: ovvero indicano quello che siamo effettivamente in grado di fare, pensare e agire, adesso, nell'unità della nostra persona, dinanzi all'unità complessa dei problemi e delle situazioni di un certo tipo (professionali e non professionali) che siamo chiamati ad affrontare e risolvere in un determinato contesto”
(Raccomandazioni per la scuola primaria, 2003);evolutiva: “Entro il termine di ciascun periodo didattico la scuola viene impegnata ad organizzare attività educative e didattiche unitarie che hanno lo scopo di aiutare l'alunno a trasformare in competenze personali le conoscenze ed abilità previste per ogni disciplina” (Indicazioni nazionali, DLgs 59/04);funzionale: la competenza è “una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini adeguate per affrontare una situazione particolare. Le "competenze chiave" sono quelle che contribuiscono alla realizzazione personale, all'inclusione sociale, alla cittadinanza attiva e all'occupazione”
(Raccomandazione del Parlamento europeo, 2006); ecologica: le competenze “indicano la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale; le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia” (Quadro Europeo delle Qualifiche e dei Titoli, 2006).
Se le competenze sono il padroneggiamento teorico e pratico delle conoscenze, le conoscenze indicano, nello stesso Quadro Europeo delle Qualifiche e dei Titoli, “il risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. Le conoscenze sono l’insieme di fatti, principi, teorie e pratiche, relative a un settore di studio o di lavoro; le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche, si costruiscono sulla base di conoscenze, di contenuti, si configurano come strutture mentali capaci di trasferire la loro valenza in diversi campi, generando altre conoscenze e competenze.
Le abilità indicano “le capacità di applicare conoscenze e di usare know-how
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per portare a termine compiti e risolvere problemi; le abilità sono descritte come cognitive (uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) e pratiche (che implicano l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti)”.
Sinteticamente ritroviamo le corrispondenze:
Le competenze sono riferite a quattro assi culturali strategici:- asse dei linguaggi- asse matematico- asse scientifico-tecnologico- asse storico-sociale.
Nel quadro di riferimento europeo è definita una serie di otto competenze chiave per l’apprendimento permanente:- comunicazione nella madrelingua- comunicazione nelle lingue straniere- competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia- competenza digitale- imparare ad imparare- competenze sociali e civiche- spirito di iniziativa- consapevolezza ed espressione culturale.
Le competenze chiave sono il risultato che si può conseguire - all’interno di un unico processo di insegnamento/apprendimento - con l’integrazione fra i saperi e le competenze contenuti negli assi culturali. Aspetti essenziali in un ambito favoriscono la competenza in un altro. La competenza nelle abilità fondamentali del linguaggio, della lettura, delle scrittura è al centro dell’apprendimento, come imparare a imparare è utile per tutte le attività di apprendimento. Lo sviluppo delle competenze chiave permette lo sviluppo personale, della cittadinanza attiva, dell’inclusione sociale e dell’occupazione.
La comunicazione nella madrelingua, la prima della serie, “è la capacità di esprimere e interpretare concetti, pensieri, sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale sia scritta (comprensione orale, espressione orale, comprensione scritta, espressione scritta) e di interagire adeguatamente e in modo creativo sul piano linguistico in un’intera gamma di contesti sociali e culturali, quali formazione, lavoro, vita domestica e tempo libero […]. Questa competenza comprende anche l’abilità di distinguere e di utilizzare diversi tipi di testi, di cercare, raccogliere ed elaborare informazioni, di usare sussidi e di formulare ed esprimere le
conoscenze sapereabilità saper essere (capacità di estendere,
collegare, ristrutturare le risposte) competenze saper fare (analisi, sintesi, usi espressivi, ecc.).
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argomentazioni in modo convincente e appropriato al contesto, sia oralmente sia per iscritto” (http://www.indire.it).
Nell’allegato 2 del DM 139/07 sul nuovo obbligo di istruzione troviamo un elenco di Competenze chiave di cittadinanza da acquisire al termine dell’istruzione obbligatoria, solo in parte simile a quello per l’apprendimento permanente: - imparare ad imparare: organizzare il proprio apprendimento, scegliendo ed utilizzando varie fonti e varie modalità di informazione in funzione dei tempi disponibili, del proprio metodo di studio; - progettare: elaborare e realizzare progetti riguardanti le attività di studio, utilizzando le conoscenze apprese per stabilire obiettivi significativi e realistici, definendo strategie di azione e verificando i risultati raggiunti;- comunicare o comprendere messaggi di genere diverso (quotidiano, letterario, tecnico, scientifico), trasmessi con linguaggi diversi (verbale, matematico, scientifico, simbolico, ecc.), mediante diversi supporti (cartacei, informatici e multimediali) o rappresentare eventi, fenomeni, stati d’animo, emozioni, ecc., utilizzando linguaggi diversi, mediante diversi supporti; - collaborare e partecipare: interagire in gruppo, comprendendo i diversi punti di vista, gestendo la conflittualità, contribuendo alla realizzazione delle attività collettive; - agire in modo autonomo e responsabile: sapersi inserire in modo attivo e consapevole nella vita sociale e far valere al suo interno i propri diritti e bisogni riconoscendo al contempo quelli altrui; - risolvere problemi: affrontare situazioni problematiche costruendo e verificando ipotesi, raccogliendo e valutando i dati, proponendo soluzioni; - individuare collegamenti e relazioni: individuare e rappresentare, elaborando argomentazioni coerenti, collegamenti e relazioni tra fenomeni, eventi e concetti diversi, anche lontani nello spazio e nel tempo, individuando analogie e differenze, coerenze ed incoerenze, cause ed effetti; - acquisire ed interpretare l’informazione: acquisire ed interpretare criticamente l'informazione, distinguendo fatti e opinioni.
2. I nuclei fondanti
I contenuti dell’insegnamento sono organizzati, in un sistema dinamico e aperto di insegnamento/apprendimento, intorno a dei nodi essenziali che configurano dei veri e propri nuclei fondanti. In essi si condensano le conoscenze essenziali per la conformazione delle discipline. “I nuclei fondanti hanno un valore formativo rispetto alle competenze di cui sono i supporti e gli apparati serventi” (http://www.educational.rai.it).
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Il curricolo dovrà basarsi sull’individuazione delle competenze conclusive, osservabili e certificabili, specifiche e trasversali dei cicli e degli indirizzi. È quindi necessario individuare i nuclei fondanti delle diverse discipline, gli argomenti irrinunciabili e le possibili interconnessioni tra i diversi campi del sapere. Per l’individuazione dei "nuclei fondanti" di una disciplina occorrerà riferirsi allo statuto epistemologico (oggetto, linguaggio, metodologia di ricerca) e alla finalità formativa della disciplina stessa (http://www.edscuola.it).
In questa prospettiva consideriamo, ad esempio, la prova nazionale conclusiva del primo ciclo di istruzione che dovrebbe essere impostata sulla base delle competenze, conoscenze, abilità apprese e dei nuclei fondanti. In realtà, si continuano a dare delle indicazioni molto generiche sulla somministrazione di prove di cui sarebbe utile che si esplicitassero le competenze che si vogliono accertare. Nel testo della circolare n. 32 del 14 marzo 2008, si stabilisce che “La prova scritta di italiano viene formulata in modo da consentire all’alunno di mettere in evidenza la propria capacità di rielaborazione e di organizzazione delle conoscenze acquisite. La prova dovrà accertare la coerenza e l’organicità del pensiero, la capacità di espressione personale e il corretto ed appropriato uso della lingua”. Ma coerenza e organicità del pensiero, capacità di espressione personale e corretto ed appropriato uso della lingua, seppure indichino delle sintesi concettuali chiare, sono parole assenti dalle Indicazioni, alle quali le prove dovrebbero più direttamente rimandare. Alla prima parte si aggiunge che “nel rispetto dell’autonomia delle singole scuole, la prova di italiano si svolge sulla base di almeno tre tracce, formulate in modo da rispondere quanto più possibile agli interessi degli alunni. Le tracce, a scelta del candidato, terranno conto delle seguenti indicazioni di massima: - esposizione in cui l'alunno possa esprimere esperienze reali o costruzioni di fantasia (sotto forma di cronaca, diario, lettera, racconto o intervista, ecc.); - trattazione di un argomento di interesse culturale o sociale che consenta l'esposizione di riflessioni personali;- relazione su un argomento di studio, attinente a qualsiasi disciplina”.
Curiosamente, appaiono meglio definite le consegne aggiuntive predisposte dall’Invalsi. Per l’italiano la prova aggiuntiva è divisa in due sezioni:parte A - comprensione della lettura, ovvero testo narrativo seguito da quesiti; parte B - riflessione sulla lingua, serie di quesiti su conoscenze grammaticali. I quesiti sono sia a scelta multipla sia a risposta aperta.
Possiamo rappresentare il quadro generale delle competenze, abilità e conoscenze previsto dalla normativa del 2007, nel modo seguente (le lettere indicano le abilità, i numeri le conoscenze):
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1) principali strutture grammati-cali della lingua italiana
2) Elementi di base delle funzio-ni della lingua
3) Lessico fondamentale per la gestione di semplici comunica-zioni orali in contesti formali e informali
5) Codici fondamentali della comunicazione orale, verbale e non verbale
4) Contesto, scopo e destinatario della comunicazione
6) Principi di organizzazione del discorso descrittivo, narrativo, espositivo, argomentativo
Competenzapadroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi
indispensabili per gestire l’interazione comunicativaverbale in vari contesti
a) Comprendere il messaggio contenuto in un testo
b) Cogliere le relazioni logiche tra le varie componenti di un testo
c) Esporre in modo chiaro, lo-gico e coerente esperienze vis-sute o testi ascoltati
d) Riconoscere differenti registri comunicativi di un testo orale
e) Affrontare molteplici situa-zioni comunicative scambian-do informazioni e idee per esprimere
f) Individuare il punto di vista dell’altro in contesti formali ed informali
Leggere comprendere ed interpretaretesti scritti di vario tipo
a) Padroneggiare le strutture della lingua pre-senti nei testi
1) Strumenti essenziali dei testi narrativi, esposi-tivi, argomentativi
2) Principali connettivi logici
3) Varietà lessicali in rapporto ad ambiente contesti diversi
4) Tecniche di lettura analitica e sintetica
5) Tecniche di lettura espressiva 6) Denotazione e connotazione
7) Principali generi letterari, con particolare riferimento alla tradizione italiana
8) Contesto storico di riferimento di alcuni autori e opere
b) Applicare strategie diverse di lettura
c) Individuare natura, funzione e principali sco-pi comunicativi ed espressivi di un testo
d) Cogliere i caratteri specifici di un testo let-terario
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Un ulteriore chiarimento per l’attività formativa viene dato dalla definizione di una serie di traguardi per lo sviluppo delle competenze da raggiungere al termine della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado. Tali traguardi, posti al termine dei più significativi snodi del percorso curricolare, dai tre a quattordici anni, rappresentano riferimenti per gli insegnanti, indicano piste da percorrere e aiutano a finalizzare l’azione educativa allo sviluppo integrale dell’alunno.
Per l’italiano, al termine della scuola primaria è importante tenere presente che l’alunno, dovrebbe saper:
partecipare a scambi comunicativi con compagni e docenti (conversazione, discussione, scambi epistolari…) attraverso messaggi semplici, chiari e pertinenti, formulati in un registro il più possibile adeguato alla situazione; comprendere testi di tipo diverso in vista di scopi funzionali, di intrattenimento e/o svago, di studio, ne individua il senso globale e/o le informazioni principali, utilizza strategie di lettura funzionali agli scopi; leggere testi letterari di vario genere appartenenti alla letteratura dell’infanzia, sia a voce alta, con tono di voce espressivo, sia con lettura silenziosa e autonoma, riuscendo a formulare su di essi semplici pareri personali; produrre testi (di invenzione, per lo studio, per comunicare) legati alle diverse occasioni di scrittura che la scuola offre, rielabora testi manipolandoli, parafrasandoli, completandoli, trasformandoli (parafrasi e riscrittura); estrapolare dai testi scritti informazioni su un dato argomento utili per l'esposizione orale e la memorizzazione, acquisendo un primo nucleo di terminologia specifica, raccogliendo impressioni personali e/o collettive, registrando opinioni proprie o altrui; svolgere attività esplicite di riflessione linguistica su ciò che si dice o si scrive, si ascolta o si legge, mostra di cogliere le operazioni che si fanno quando si comunica e le diverse scelte determinate dalla varietà di situazioni in cui la lingua si usa (Indicazioni, 2007).
Al termine della Scuola secondaria di primo grado si dovrebbe saper: interagire in modo efficace in diverse situazioni comunicative, sostenendo le
proprie idee con testi orali e scritti, che siano sempre rispettosi delle idee degli altri; usare in modo efficace la comunicazione orale e scritta per collaborare con gli altri, per esempio nella realizzazione di giochi, nell’elaborazione di progetti e nella valutazione dell’efficacia di diverse soluzioni di un problema; usare i manuali delle discipline o altri testi di studio, al fine di ricercare, raccogliere e rielaborare i dati, le informazioni, i concetti e le esperienze necessarie; leggere con interesse e con piacere testi letterari di vario tipo; produrre con l’aiuto dei docenti e dei compagni semplici ipertesti, utilizzando in modo efficace l’accostamento dei linguaggi verbali con quelli iconici e sonori; apprezzare la lingua come strumento attraverso il quale può esprimere stati d’animo,
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rielaborare esperienze ed esporre punti di vista personali; variare i registri in base alla situazione comunicativa e agli interlocutori; usare termini specialistici in base ai campi di discorso.
3. Una fra tante competenze. Leggere e produrre un testo narrativo.
Consideriamo qui, più da vicino il “saper le strutture essenziali dei testi narrativi”, che rientra nella competenza di base Leggere, comprendere ed interpretare testi scritti di vario tipo.
Come scrive Lavinio (2008), da tempo nella scuola e nei libri di testo si fa riferimento alla tipologia che distingue i testi a seconda che appartengano, prevalentemente, al tipo testuale narrativo, descrittivo, argomentativo, espositivo, regolativo. Ogni testo, realizzato come un concreto atto comunicativo, scritto o orale, appartiene a un genere ed ha alcune caratteristiche comuni con altri testi dello stesso genere. L’Autrice sottolinea, in modo chiaro, che le forme storicamente determinate sono i generi, e non i tipi testuali, e che testi informativi, testi funzionali, testi fantastici, testi creativi, appartengono a “categorie maturate su piani differenti: non più sul piano meramente funzionale-cognitivo della tipologia prima ricordata, ma su un piano più da senso comune. È infatti nel senso comune diffuso che si fanno coincidere i testi informativi con quelli dell’informazione giornalistica e i testi funzionali con quelli legati a scopi meramente pratici e operativi, magari contrapposti ai testi fantastici (dal contenuto “finzionale”, legato a mondi non reali, ma costruiti dai testi nei testi) e creativi, comprensivi di tutti quei testi che chiamiamo letterari e slegati da finalità pratiche, caratterizzati dal gioco linguistico, dalla gratuità degli scopi, fruiti soddisfacendo il piacere estetico e il bisogno di alimentare la dimensione dell’immaginario. […]. È del resto la multiforme e variegata realtà dei testi concreti a rendere, sempre, meno netti i confini istituiti tra una classe di testi e l’altra da qualunque tipologia”.
Il testo narrativo viene citato più volte dalle Indicazioni e, come abbiamo già notato, rientra nel ventaglio dei testi scritti che si possono richiedere agli esami conclusivi del primo ciclo. Fra i passaggi che richiamano il testo narrativo, ricordiamo, al termine della classe terza della scuola primaria, fra gli obiettivi di apprendimento
per la lettura: leggere testi (narrativi, descrittivi, informativi) cogliendo l'argomento centrale, le informazioni essenziali, le intenzioni comunicative di chi scrive; leggere semplici e brevi testi letterari sia poetici sia narrativi, mostrando di saperne cogliere il senso globale;per la scrittura: produrre testi legati a scopi diversi (narrare, descrivere, informare).Al termine della classe quinta della scuola primaria, per la lettura:
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leggere testi narrativi e descrittivi, sia realistici sia fantastici, distinguendo l'invenzione letteraria dalla realtà; leggere semplici e brevi testi letterari sia poetici sia narrativi mostrando di riconoscere le caratteristiche essenziali che li contraddistinguono (versi, strofe, rime, ripetizione di suoni, uso delle parole e dei significati) ed esprimendo semplici pareri personale su di essi;per la scrittura: raccogliere le idee, organizzarle per punti, pianificare la traccia di un racconto o di un’esperienza; produrre racconti scritti di esperienze personali o vissute da altri e che contengano le informazioni essenziali relative a persone, luoghi, tempi, situazioni, azioni; produrre testi creativi sulla base di modelli dati (filastrocche, racconti brevi, poesie); compiere operazioni di rielaborazione sui testi (parafrasare un racconto, riscrivere apportando cambiamenti di caratteristiche, sostituzioni di personaggi, punti di vista, riscrivere in funzione di uno scopo dato…); produrre testi corretti dal punto di vista ortografico, morfosintattico, lessicale, in cui siano rispettate le funzioni sintattiche e semantiche dei principali segni interpuntivi.
Al termine della scuola secondaria di primo grado, per la lettura: leggere ad alta voce in modo espressivo testi noti raggruppando le parole legate dal significato e usando pause e intonazioni per seguire lo sviluppo del testo e permettere a chi ascolta di capire; leggere in modalità silenziosa testi di varia natura e provenienza applicando tecniche di supporto alla comprensione (sottolineature, note a margine, appunti) e mettendo in atto strategie differenziate (lettura orientativa, selettiva, analitica); comprendere testi letterari di vario tipo e forma (racconti, novelle, romanzi, poesie) individuando personaggi, loro caratteristiche, ruoli, relazioni e motivazione delle loro azioni; ambientazione spaziale e temporale; relazioni causali, tema principale e temi di sfondo; il genere di appartenenza e le tecniche narrative usate dall’autore; per la scrittura: conoscere e applicare le procedure di ideazione, pianificazione, stesura e revisione del testo a partire dall’analisi del compito di scrittura: servirsi di strumenti per la raccolta e l’organizzazione delle idee (liste di argomenti, mappe, scalette); utilizzare criteri e strumenti per la revisione del testo in vista della stesura definitiva; rispettare le convenzioni grafiche: utilizzo dello spazio, rispetto dei margini, titolazione, impaginazione; scrivere testi corretti dal punto di vista ortografico, morfosintattico, lessicale; scrivere testi dotati di coerenza e organizzati in parti equilibrate fra loro; scrivere testi di tipo diverso (narrativo, descrittivo, espositivo, regolativo, argomentativo) adeguati a: situazione, argomento, scopo, destinatario, registro.
Altrettanto importanti, per imparare a narrare correttamente, risultano gli obiettivi compresi nella sezione “per riflettere sulla lingua”, fra i quali stabilire relazioni tra situazione di comunicazione, interlocutori e registri linguistici; stabilire relazioni tra campi di discorso e forme di testo, lessico specialistico, ecc., riconoscere in un testo i principali connettivi e la loro funzione; conoscere le principali relazioni fra significati (sinonimia, contrarietà, polisemia, gradazione,
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inclusione); riconoscere le caratteristiche dei principali tipi testuali (narrativi, regolativi, descrittivi, argomentativi) e dei generi.
La capacità di produrre racconti, sia orali che scritti, è richiamata inoltre, in modo significativo, nell’area storico-sociale.
4. Pratiche di narrazione.
Il testo narrativo può essere prodotto oralmente o per iscritto, ed è composito, può contenere cioè parti di diversa natura, come le ‘cadute’ con cui Labov e Waletsky (1997) indicano proposizione libere meta-discorsive, osservazioni del narratore che riportano gli interlocutori al tempo presente, come le parti descrittive che possono comparire all’interno del racconto.
Nel racconto è richiesta una storia, che rappresenta la parte centrale della narrazione ed è, nella maggior parte dei casi, la parte più ampia del testo; uno sfondo o inquadramento, che informa sulla situazione, sulle persone, sul tempo e sul luogo, cioè sul setting narrativo. È collocato in apertura e in alcuni casi è dato da espressioni avverbiali. In genere è più breve dell’evento centrale ed è presentato con il tempo imperfetto. Vi si può trovare inoltre una soluzione o conclusione e un commento. In genere si trova in chiusura, ma commenti vari possono trovarsi anche all’interno della narrazione. Queste parti sono piuttosto brevi e realizzate con vari tempi e vari modi, in molti casi al presente poiché riportano al momento dell’enunciazione, all’intervento diretto del parlante.
Così racconta ad esempio, un episodio di paura, un ragazzo salentino di quinta elementare:Un pomeriggio di quest’estate, a casa di mia nonna andavo in bicicletta. Dopo aver fatto alcuni giri. Mio fratello mi disse che ci vedevamo in villa. Io sono tornato a casa della nonna per avvisarla. Mentre mi avviavo in villa con la bicicleta due cani uno del custode e uno randagio iniziarono ad abbaiare, io molto spaventato mi girai dietro e vidi il cane randagio che mi inseguiva, ma non mi accorsi del marciapiede e andai a catapultarmi. Il cane fortunatamente spaventato più di me tornò indietro. Iomi sentivo in pericolo, chisà cosa dirà il nonno al mio ritorno. Ripresa la bicicletta mi aviai in villa a stare con mio fratello. Io col cuore in gola e spaventato tornai a casa ma il nonno non si accorse di nulla!
Lo sviluppo della competenza del narrare, delle relative abilità e conoscenze, appare caratterizzato da alcuni aspetti su cui sarebbe utile riflettere:
l’insegnamento risulta spesso ingabbiato da schemi tipici come se il testo narrativo fosse una struttura fissata una volta per tutte e non ammettesse convivenze con altri tipi di testo;
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il testo narrativo viene praticato prevalentemente come testo scritto, si considera acquisita spontaneamente la capacità/abilità del saper narrare verbalmente e della comprensione di testi narrativi ascoltati. Da una ricerca condotta in Salento risulta che i racconti orali dei
bambini, seppure efficaci, possiedono, più dei racconti scritti, degli impliciti indecodificabili, informazioni spazio temporali parziali, salti temporali ingiustificati e non riparati, privi cioè di autocorrezione. L’autoreferenzialità è maggiore.
Come osserva Lavinio (2008) “Imparare a scrivere non significa abbandonare la necessità di sviluppare, a scuola, anche le capacità orali, e soprattutto quelle che, nell’uso della lingua materna, sono legate alle situazioni più formali e distanti da quelle più quotidiane e colloquiali. Perciò, già nella classe terza della scuola primaria troviamo obiettivi come «seguire la narrazione di testi ascoltati o letti mostrando di saperne cogliere il senso globale» oppure «comprendere l’argomento e le informazioni principali di discorsi affrontati in classe» (p. 53), per arrivare, al termine della scuola secondaria di primo grado, alle strategie di ascolto differenziate a seconda dei tipi di testo, da ascoltare utilizzando magari «tecniche di supporto alla comprensione durante l’ascolto» (p. 56) come gli appunti, l’annotazione di parole chiave ecc.”.
Il testo narrativo viene il più delle volte esaminato solo nelle strutture, non tenendo conto che la struttura rimanda ad altri tipi di conoscenza, come quella dei connettivi, dei modi e tempi verbali dell’aspetto.
Se esaminiamo il testo narrativo sotto riportato, che riguarda la riformulazione di una storia letta in una seconda classe di un tecnico in Salento, possiamo notare che le debolezze riguardano più livelli, lessicale, morfosintattico, testuale. C’era una giovane coppia che viveva in un centro residenziale ed erano molto contenti della casa in cui vivevano, inoltre essi avevano appena comprato una macchina e anche per questo erano molto orgogliosi. Quando andavano a lavoro, la mattina prendevano lo stesso treno e lasciavano la macchina sempre parcheggiata vicino la casa, ma un giorno uscendo dalla casa furono sorpresi dal fatto che la macchina era sparita così corsero in una stazione di polizia ed essi fecero un rapporto del crimine.La polizia scrisse gli appunti di tutti i dettagli ma la coppia credeva di non avere nessuna speranza. La coppia appena tornata dalla stazione di polizia cenò e andarono a letto. Il giorno seguente uscendo dalla porta rimasero nuovamente stupiti, poiché ritrovarono la macchina e così di fretta corsero verso la macchina e si accertarono che essa non avesse nessun graffio però sul sedile videro che c’era qualcosa e questa era una lettera. La coppia corse alla stazione di polizia disdendo la denuncia e quando tornarono a casa videro che la casa era vuota
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e così immaginarono che qualcuno sapendo che non erano in casa rubarono tutto1.
In generale, risulta poco praticata la revisione, individuale o di gruppo, del testo.
Anche se i bambini imparano precocemente, intorno ai quattro anni, a produrre delle storie, seppure non canoniche, tocca alla scuola, come scrive De Renzo (2008) costruire le competenze linguistiche di base. In alcuni casi a partire da zero, come per la lettura e la scrittura, in altri casi, come per l’ascolto e il parlato, guidando le abilità già praticate verso una competenza più strutturata, composta da capacità specifiche.
Imparare a produrre un testo narrativo richiede l’attivazione di più abilità e di più conoscenze. I testi sono analizzati nella trama degli eventi, presentano sia nessi spazio-temporali che logico-gerarchici. Il quadro cognitivo generale richiama la nozione di schema che comprende situazioni, eventi, sequenze di eventi, azioni, sequenze di azioni, intrecci di storie, e quella di plans, schemi cognitivi più complessi che includono anche la conoscenza degli scopi per i quali le azioni tipiche vengono effettuate. Ed è quanto mai attuale il quadro indicato da Lugarini (1982) sulle diverse competenze di scrittura, tecnica, ideativa, semantica, sintattico-testuale, e pragmatica, che la scuola media dovrebbe sviluppare e che sono richieste anche per la produzione di un testo narrativo.
Per ritornare al quadro generale, come scrive Colombo (1999), “L’educazione linguistica si articola nello sviluppo delle quattro abilità linguistiche di base (produzione e ricezione orale, produzione e ricezione scritta). La padronanza delle abilità di base si riassume nelle competenze pragmatico-testuali, che subordinano le competenze di livello inferiore (tecnica, semantica, sintattica). Le competenze testuali si declinano diversamente in relazione alla tipologia testuale: orientativamente, ai fini didattici, può essere assunta la distinzione fra i tipi narrativo, descrittivo, espositivo, argomentativo, regolativo”. E, d’accordo con lo stesso Autore, si può sostenere, che la tipologia testuale è uno dei criteri di graduazione degli obiettivi lungo i diversi cicli scolastici.
1 Nella scuola secondaria la pratica del testo narrativo, fra gli insegnanti di lettere si colloca al secondo posto dopo quella dei testi argomentativi. Nel biennio risultano più frequenti, rispetto al triennio, i testi descrittivi e quelli narrativi. I docenti di lettere dichiarano di preoccuparsi soprattutto della produzione di testi argomentativi, seguiti dai testi narrativi, soprattutto nel biennio. Fra i testi univoci i più “disordinati” sembrano quelli informativi (36,3%), seguiti dai narrativi (25,5%) e da-gli argomentativi (15,8%). Per quanto riguarda le forme testuali, sembrano maggiormente instabili nella progressione tematica i racconti (nel 50% dei casi), le relazioni (37,5%), i saggi brevi (25%) e le analisi di testi letterari (23,8%). In tutti gli elaborati di italiano prodotti nei licei la progressione tematica appare rispettata, mentre difficoltà si rilevano negli istituti tecnici e nei professionali (si veda in proposito De Masi, Maggio, 2008, pp. 75. 92, 140, 141).
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Testo scritto: processi cognitivie strategie di composizione
Fernando Cocciolo
1. Il codice verbale
Vorrei cominciare ricordando alcune caratteristiche del codice verbale che considero particolarmente funzionali al tema del discorso e ne costituiscono, in qualche modo, la base concettuale.
Il linguaggio verbale è un sistema simbolico e sociale, cioè un sistema di segni, un codice comunicativo, molto complesso, che va inteso essenzialmente come mezzo per costruire significati e agire sulla realtà. Citando Halliday, 1992, possiamo dire che «ogni lingua umana è un potenziale per produrre significati in due modi: è una risorsa per agire, e una risorsa per pensare. Questo è il più importante fatto specifico circa il linguaggio umano».Ogni prodotto linguistico (ogni ‘testo’) è una “interazione semantica contestualizzata”: le lingue, cioè, sono referenziali e intenzionali insieme, hanno funzione locutoria (parlano di ‘cose’, di ‘referenti’) e, insieme, illocutoria (esprimono, cioè, la posizione del parlante, le intenzioni, gli atteggiamenti su quanto viene detto e sul rapporto con l’altro).I codici verbali hanno una fortissima valenza cognitiva, sono strumenti per pensare. Infatti capire, comprendere e produrre testi implica la capacità di mettere in relazione logica – attraverso processi cognitivi cui più avanti si accennerà - i dati testuali con le reti di informazioni, con le organizzazioni concettuali complesse che conserviamo depositate in memoria e che costituiscono la nostra “enciclopedia”, il nostro “sapere sul mondo”. Da tali operazioni, quelle organizzazioni concettuali e le informazioni depositate nella mente possono essere semplicemente confermate oppure modificate o sostituite o “cancellate”, ecc. La lingua è certamente lo strumento più adatto a supportare, potenziare e affinare queste operazioni mentali. Ed è in questo modo che si realizzano alcune sue fondamentali funzioni: quella strutturante, quella euristica, quella immaginativa, quella testuale.Un ultimo aspetto vorrei richiamare, perché utile al nostro discorso.I processi che attiviamo in fase di comprensione e di produzione linguistica si
basano sulla nostra capacità metacognitiva e metalinguistica che rende, appunto, evidente la relazione tra lingua e pensiero. Non è casuale, d’altronde, che nei contesti educativi tale capacità vada perseguita come obiettivo di fondamentale rilievo e posta in relazione sistematica con l’acquisizione delle competenze linguistiche, come aspetto integrante e irrinunciabile dell’apprendimento e
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dell’insegnamento delle abilità linguistiche.
2. Oralità e scrittura Le potenzialità, fin qui evidenziate, del codice verbale assumono connotazioni
particolari nell’attività di scrittura, quando cioè si ha a che fare con la produzione di un testo scritto.
Il parlato, infatti – soprattutto quando si tratta, come nella maggior parte dei casi, di parlato spontaneo, di contesti dialogici, di conversazione, insomma di contesti non formali – è caratterizzato da procedure cognitive fluide, poco strutturate, scarsamente elaborate ad ogni livello (lessicale, morfosintattico, testuale): procedure che si “appoggiano” al contesto per ottenere gli effetti comunicativi voluti.
La scrittura richiede, invece, strutturazione più organica ed esplicitazione dei concetti e delle relazioni tra i concetti; inoltre, si attua spesso in situazioni comunicative differenti da quelle in cui si realizza il parlato. Naturalmente i punti di vicinanza possono essere diversi, e sono connessi alla maggiore o minore formalità del registro, o alla maggiore o minore formalità delle situazioni o, anche, al tipo di testo: in situazioni comunicative molto formali, per esempio, il parlato è strutturato, sostanzialmente, secondo i criteri di pianificazione e le caratteristiche testuali della scrittura.
La sostanziale diversità tra il “parlato” e lo “scritto” comporta implicazioni cognitive e linguistiche, di cui è opportuno tener conto. Ne richiamerò soltanto due, ripetutamente sottolineate da diversi studiosi (tra gli altri, Olson, Vygotskij, Bereiter e Scardamalia), come sfondo referenziale di alcuni punti di queste note:
il passaggio dalla espressione orale a quella scritta e dalla comunicazione faccia a faccia a quella con destinatario lontano (o “sconosciuto”) costituisce una fase critica nello sviluppo del pensiero simbolico e del ragionamento logico astratto; il passaggio da un sistema di produzione linguistica legato alla presenza e al contributo di partner conversazionali a un sistema che funzioni in modo autonomo è fondamentale per capire la diversità tra conversazione e composizione scritta, e la maggiore difficoltà della composizione scritta.
3. Peculiarità della scrittura e implicazioni cognitive, situazionali, testuali L’analisi dei comportamenti verbali nella interazione comunicativa ha
chiaramente dimostrato come nella conversazione (anche quando è condotta da posizioni opposte o asimmetriche), negli scambi dialogici o plurilogici,
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gli interlocutori hanno un comportamento di “aiuto reciproco” (Bereiter e Scardamalia, 1995): per un verso, essi fungono reciprocamente da “esperti” di grammatica testuale (quando intervengono con domande se un elemento del discorso è stato trascurato o omesso; oppure quando sollecitano esplicitazioni e spiegazioni se insorgono difficoltà di comprensione); per altro verso, operano come “strumenti” supplementari di memoria, “cooperando” - per esempio - a tenere e sviluppare un argomento, a richiamare osservazioni precedenti, ad evocare conoscenze condivise.
Nella scrittura questi contributi del partner conversazionale, quasi delle “stampelle” a cui ci si appoggia durante la conversazione, scompaiono. Dal momento che tale fenomeno è di immediata evidenza, basterà un solo esempio.
Si pensi al rapporto tra informazione e ridondanza. Nella comunicazione orale le ripetizioni, anche della stessa frase oltre che dello stesso concetto, sono funzionali alla comprensione e sono giustificate dal fatto che, diversamente da quanto può fare con il testo scritto, il destinatario non può tornare indietro per capire meglio un determinato passaggio. Nell’orale può essere spesso necessario ripetere il termine a cui ci si riferisce, piuttosto che ricorrere a pronomi o ad altri sostituenti, come avviene nel testo scritto; oppure capita di ricorrere alla ripetizione di un’intera frase o anche ad una riformulazione che ne riassuma il senso, quando essa funge da soggetto di un blocco enunciativo successivo, mentre nello scritto si può iniziare il paragrafo successivo con espressioni come «ciò comporta», «ciò significa», «da quanto abbiamo detto si deduce», ecc. Quindi, ciò che è ridondante nello scritto e può farlo apparire prolisso ha, invece, una precisa funzione informativa nel testo orale, e non è affatto superfluo.
La stessa divisione in paragrafi del testo scritto non può essere “tradotta” oralmente ricorrendo semplicemente a delle pause lunghe. Ci sono dei passaggi sottintesi da un paragrafo all’altro, dei collegamenti non espliciti ma spesso impliciti, che nell’orale devono essere necessariamente esplicitati, pena l’incomprensibilità o la difficoltà a seguire da parte di chi ascolta.
Tutto ciò evidenzia qualcosa di molto importante: che la capacità di comporre testi scritti non è legata soltanto alla possibilità di inserire regole aggiuntive all’interno del sistema generale della produzione linguistica: cioè «regole tipiche del medium scritto, come l’ortografia e la punteggiatura; regole sintattiche e lessicali collegate alle proprietà di registro della lingua scritta; e infine regole formali e di contenuto collegate ai generi della composizione scritta». E’ necessario che queste regole vengano osservate, naturalmente: ma, una volta inserite nel sistema di produzione le regole tipiche del medium scritto, rimane il fatto che «il sistema di produzione linguistica orale non può trasferirsi nella composizione scritta, e deve in qualche modo essere ri-costruito per poter funzionare autonomamente e non più interattivamente» (Bereiter e Scardamalia, 1995).
Una delle maggiori difficoltà nell’apprendimento della scrittura è, infatti,
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proprio questa: è difficile – e lo è ad ogni livello: cognitivo, linguistico, testuale, ecc. – imparare a produrre linguaggio o a recuperare in memoria strutture concettuali e registri appropriati in assenza di interlocutore, cioè in assenza del flusso continuo di suggerimenti che normalmente provengono dalla conversazione o da altre situazioni di interazione verbale faccia a faccia.
Ciò significa che, sul piano strutturale, un testo scritto si deve reggere su criteri interni di completezza e che la scrittura non può essere concepita e presentata quasi come la “trascrizione” del linguaggio orale, ma rappresenta un sistema segnico a sé stante.
Una caratteristica precipua del testo scritto rispetto al linguaggio orale è, infatti, la sua maggiore capacità di autonomia dal contesto situazionale. Ogni segno scritto «ha il proprio senso nel contesto linguistico stesso, nel testo. Saper leggere e saper scrivere significa saper interpretare e saper produrre “testi” scritti, e quindi avere a che fare con totalità le cui parti sono reciprocamente funzionali le une alle altre e non hanno senso fuori dai loro rapporti reciproci» (Ponzio, 1997).
Insomma, se nel parlato è importantissimo il contesto situazionale, nello scritto è altrettanto importante il contesto linguistico, l’ ”interno” del testo, cioè il testo stesso.
4. Il testo scritto
E’ opportuno chiarire che si sta qui parlando di discorso scritto organizzato e strutturato, di un testo tipologicamente definito che, per essere tale, si deve “tenere” da sé, deve essere organicamente strutturato, consapevolmente elaborato e costruito: per esempio, un “saggio” o, comunque, un testo argomentativo complesso per una situazione e uno scopo “formali”. Per arrivare, però, alla composizione di un testo che abbia simili requisiti, c’è bisogno di un lavoro, per così dire, pre-testuale, che cioè si realizza, per determinati aspetti, “prima” e “fuori” dal testo; di un lavoro intra-testuale, che si attua “durante” la produzione del testo; infine, di un lavoro post-testuale, che si effettua “dopo” la produzione, e consiste nella revisione. Quella della revisione è, notoriamente, un’operazione continua, che va di pari passo con la stesura ma che, a stesura ultimata, va effettuata con particolare accuratezza attraverso un procedimento – non facile – di distanziamento/decentramento, anzi di sdoppiamento, dato che da scrittori bisogna diventare lettori: anzi, lettori di se stessi.
Per simili operazioni, che sono insieme cognitive, linguistiche e procedurali, e che fanno tutt’uno con il processo di costruzione di un testo, è necessario che chi scrive operi “fuori” dal testo e operi “dentro” il testo, così come chi legge è continuamente sollecitato a mettere in relazione i dati testuali con le reti più o
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meno organizzate di informazioni e concetti presenti nella propria mente. Alla fine però – e non solo nel tipo testuale qui considerato, ma nella molteplicità di casi in cui si ricorre all’uso scritto della lingua – il testo scritto deve potersi reggere autonomamente, senza il supporto del contesto situazionale.
4.1. Requisiti essenziali del testo scritto Sembra possibile concludere, dalle osservazioni fin qui svolte, che la
produzione del testo scritto deve tener conto di alcuni fondamentali requisiti:progettazione e pianificazione particolarmente curate, in relazione alla esigenza di compiutezza, esplicitezza, organicità del testo scritto;strutturazione più complessa, in relazione alla esigenza di coerenza, coesione, adeguatezza che la stesura del testo scritto comporta;indipendenza (relativa) del significato dal contesto situazionale, e conseguente esigenza di esplicitazione dei concetti e dei riferimenti, degli scopi, delle implicazioni, ecc.;possibilità di riadattamento ricorrente delle parti al senso complessivo del discorso;possibilità di revisione, cioè di verificare sia l’adeguatezza dell’espressione al pensiero che la chiarezza e la coerenza del pensiero rispetto alla necessaria coerenza e coesione del testo.
5. Condizioni di testualità
Le peculiarità della lingua scritta sopra evidenziate hanno conseguenze molto serie nel processo di costruzione e produzione del testo (Della Casa, 1994).
Un “testo” scritto, infatti, per essere tale, deve rispondere a precise condizioni di testualità, che ne garantiscono l’accettabilità culturale e sociale. Ne deriva la necessità di prestare attenzione particolare:
ai fattori di coerenza, cioè alla unitarietà tematica e semantica del testo, alla organizzazione logica dei contenuti e degli enunciati;ai fattori di coesione, vale a dire all’uso appropriato di quegli elementi (i connettivi, appunto), che assicurano la connessione linguistica (la “testura”) tra le parti del testo: dalle desinenze e concordanze morfologiche alle congiunzioni, ai pronomi, ai richiami di significato tra le parole (sinonimi, iperonimi, forme di nominali ‘incapsulatori’, ecc.), alle procedure anaforiche e cataforiche; a intere frasi, quando servano più a strutturare il testo al proprio interno e a collegare “pezzi” di discorso, che a portare contributi di significato (connettivi ‘testuali’, appunto; pragmatici più che semantici);
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alla organizzazione compositiva del testo, cioè all’ordine di costruzione e di svolgimento dei temi, al loro sviluppo, alla gerarchia tra i temi, alla prospettiva;alla completezza, dal momento che, come si è notato, un testo scritto dovrebbe costituire una unità comunicativa compiuta;alla esplicitezza e alla compiutezza informativa, rese necessarie dalla peculiarità della relativa autonomia del testo scritto rispetto al contesto situazionale;alla correttezza, ai diversi livelli.
5.1. La scrittura come problem solving
La considerazione della scrittura come problem solving, come “processo” cognitivo e non semplicemente come “prodotto” linguistico, ha anch’essa conseguenze molto rilevanti sulla elaborazione. Particolare attenzione, infatti, dovrebbe essere assegnata ad alcuni fondamentali aspetti.
PROGETTUALITA’. Per progettualità potrebbe intendersi la capacità di collegare intenzionalmente i dati della situazione problematica alla loro possibilità di utilizzazione, per pervenire ad una possibile soluzione. Questa capacità include: l’attivazione di dinamiche mentali produttive (richiamare conoscenze, recuperare concetti e idee, appuntarli e collegarli, fare mappe, ricercare dati, ecc.); l’addestramento a pianificare (quali obiettivi mi pongo? quali possono essere gli argomenti-chiave del mio discorso? come li organizzo e li collego? mediante quali meccanismi: associazione, generalizzazione, opposizione, divergenza...? come li sostengo? e così via); il controllo durante il processo e al termine del processo.PADRONANZA. A proposito di padronanza, è opportuno richiamare la fondamentale importanza che assume non solo il possesso ma il collegamento dei concetti nella “mente”. L’attenzione a questo aspetto deve essere assai accurata, se si vuole che, in fase di produzione, le organizzazioni complesse depositate in memoria possano essere effettivamente utilizzate, ed eventualmente arricchite, modificate, ristrutturate durante il processo stesso di scrittura. Ovviamente, la padronanza deve riguardare non soltanto gli schemi “culturali”, ma anche gli schemi “testuali” e quelli relativi alle procedure (analisi del compito, definizione degli scopi di scrittura, ricognizione e selezione dei dati, pianificazione delle strategie di composizione, monitoraggio...).FATTORI PSICO-AFFETTIVI. Cito soltanto alcuni fattori psicologici e affettivi che sembrano avere una particolare incidenza in fase di elaborazione e di produzione di un testo in un contesto formale (si pensi ad un esame, ad un concorso, o semplicemente a un “tema” in classe): la capacità di concentrazione, il controllo dell’ansia, la fiducia in se stessi.
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FATTORI METACOGNITIVI. Quello di attivare processi metacognitivi è forse il fattore dinamico più caratterizzante della scrittura. Utilizzare le capacità metacognitive significa non soltanto, genericamente, tenere sotto controllo gli scopi e i “modi” del processo di produzione. Significa molto di più: significa agire consapevolmente, sulla base di una sorta di “contratto” con noi stessi, affinché la scrittura non si realizzi come semplice esposizione di contenuti, ma come frutto della nostra abilità interpretativa, come capacità di concettualizzazione, come organizzazione cognitiva, come competenza e, quindi, come comportamento cognitivo e procedurale intenzionale; significa sentirsi coinvolti in un sistema di elaborazione/produzione connotato da una continua negoziazione culturale dato-nuovo e da un processo consapevole, sistematico e controllato di “accomodamento” (concettuale, linguistico, organizzativo, testuale) delle informazioni. Se dunque la produzione scritta (come d’altronde la produzione del parlato, ma
anche la lettura e l’ascolto) è una abilità processuale, sarà necessario nei contesti di insegnamento/apprendimento curare a fondo, tra gli altri fattori in gioco, l’elaborazione mentale implicita nei processi di comprensione e produzione di testi scritti: sia quando si analizzano le modalità di contatto con i testi scritti (lettura, comprensione) sia quando si considerano le modalità di elaborazione/strutturazione di essi.
Tutto ciò comporta l’esigenza di prestare la massima attenzione alle fasi di raccolta, generazione e organizzazione delle idee, di documentazione, di pianificazione, di revisione del testo: cioè al processo prima che, e oltre che, al prodotto. Si tratta dunque, una volta individuato il problema generale relativo all’argomento, di elaborare un progetto di base, di strutturare un piano di ricerca, di integrare le informazioni top down e bottom up, di applicare procedure di sviluppo, anche attraverso associazioni coerenti.
Entrano in gioco nel processo:l’“enciclopedia”;le conoscenze e le abilita’ linguistiche;le conoscenze testuali;le conoscenze tecniche e procedurali.
5.2. Indicazioni di processo
Si considerino gli schemi di seguito presentati (Della Casa, 1994; Serafini, 1994):
progetto di basepiano di ricerca
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integrazione di ricerca top down - bottom upsconsigliato/consigliato
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PROGETTO DI BASE
PROBLEMA GENERALE RELATIVO ALL’ARGOMENTO
che cosa ne so [prendo nota]
abbastanza poco
è ciò che serveper rispondere
al problemaed è sufficiente
serve solo in parteper rispondere
al problemao non è sufficiente
è sufficiente per un primo orientamento
nel campo
non è sufficienteper un primoorientamento
sul campo
STRUTTURAZIONE(scaletta, mappa, …)
STESURA
RICOGNIZIONEORIENTATIVA
PIANO DI RICERCA
PIANO DI RICERCA
PROBLEMA RELATIVO ALL’ARGOMENTO
stabilisco in quale area di sapere devo cercare le conoscenze e le idee che servono a dare soluzione
effettuo la ricerca in memoria (conoscenze, opinioni, spiegazioni, giudizi, esperienze) o negli appunti/materiale di cui dispongo
se mi rendo conto che il problema
è mal posto o troppo esteso,lo riformulo e modifico
o lo analizzoin sottoproblemioccorrono altre conoscenze e/o idee per risolvere il problema?
SI
�cerco di produrle elaborando ciò di cui dispongo�cerco di trovarle attivando ulteriori canali di ricerca
NO
applico delle “domande di sviluppo” agli elementi acquisiti, così da approfondire questo punto?
formulo le domande e vedo di trovare
conoscenze e idee per rispondervi, innestandoulteriori ramificazioni o
approfondimenti
SI
NO
ciò che ho trovato suggerisce modifiche al piano di ricerca? SI modifico il piano
NOpasso a un altro problema
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INTEGRAZIONE DI RICERCA TOP DOWN E BOTTOM UP
PIANODI RICERCA
DATI E IDEEin relazione ai
problemi, cerco
suggeriscono modifiche o estensioni del piano?
ALTRI DATI E IDEEforse utilizzabili
l’argomento o i legami associativi richiamano
possono ricondurre a un problema o suggerirne uno nuovo?
sconsigliato
Rinviare a dopo l’appunto di un’idea
Non inserire nella lista problemi aperti e idee preliminari
Utilizzare un foglio piccolo e scrivere in modo molto fitto
Scrivere senza rileggere gli elementi appuntati in precedenza
Cercare di generare subito una scaletta
consigliato
Appuntare subito un’idea, un esempio, una frase, una citazione, in modo da poterli recuperare in seguito
Problemi aperti, intuizioni, ecc., da verificare successivamente ,vanno inseriti nella lista;
Utilizzare fogli grandi, lasciando ampi spazi bianchi a lato e tra le righe per inserimenti, commenti, ecc.;
Riesaminare gli elementi già raccolti stimola la generazione di nuove idee;
Un lavoro organizzativo precoce limita la tipologia delle informazionie impedisce di ampliare la ricerca
Riguardo alla fase di raccolta delle idee
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Specifica attenzione va dedicata alle procedure di sviluppo, che favoriscono l’arricchimento o l’approfondimento dei contenuti, in modo da rendere la base ideativa più rispondente ai canoni di compiutezza, di chiarezza e di efficacia so-pra richiamati (Della Casa, 1994): inquadramento, specificazioni, spiegazioni, supporto di dati e idee, esemplificazioni, collegamenti, associazioni (per analo-gia, per causa-effetto, per contrapposizione, …), cambi di prospettiva, generaliz-zazioni, proiezioni e ipotesi, esperienze personali, esperienze di autorità, ecc.
6. Modelli processuali di scrittura I modelli di impianto cognitivista più interessanti e funzionali ai nostri fini
sono il modello processuale di scrittura di Linda Flower e John Hayes e i due modelli di Bereiter e Scardamalia, caratterizzati il primo dalla strategia «dire ciò che si sa», il secondo dalla strategia «trasformare ciò che si sa».
6.1. Il modello di Flower e Hayes
La prima strategia, knowledge telling «dire ciò che si sa», appare più “naturale” e quindi più “facile”, ed è tipica degli scrittori meno esperti. Essa si basa per un verso sulla utilizzazione delle risorse personali di conoscenza e di informazioni già acquisite attraverso la normale esperienza sociale; per altro verso, sulle competenze linguistiche e testuali possedute.
Il procedimento consiste sostanzialmente nel richiamare quanto si sa sull’argomento, attraverso un’operazione di focalizzazione (delle parole-chiave
Hayes e Flower CONTESTO DEL COMPITO
Consegna di scrittura
• Argomento• Destinatario• Motivazioni
Testo prodottofino a questo punto
Pianificazione
Organizzazione
Definizione degli scopiGe
nera
zione
StesuraLettura
Correzione
Revisione
Controllo
MEMORIA A LUNGO TERMINEDELLO SCRITTORE
Conoscenza dell’argomento
Conoscenza del destinatario
Piani di scrittura già registrati
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contenute nella consegna), e nello stabilire lo schema discorsivo entro cui sviluppare il testo. Il modello «dire ciò che si sa» aiuta a capire che lo scrittore poco esperto, posto davanti a una consegna di scrittura, tende a esporre tutto ciò che sa sull’argomento, a «scaricare la memoria», a dire tutto quello che sa, sfruttando gli indici presenti nella consegna.
Spiega Dario Corno che non si ha, in questo caso, una vera e propria elaborazione di conoscenza: il testo viene generato attraverso un percorso lineare che si realizza mediante la giustapposizione di contenuti recuperati in memoria e sottoposti, prima di essere scritti, a test di appropriatezza. In sintesi, secondo questo modello, lo studente ricava due informazioni dalla consegna: la prima è di ordine contenutistico e lo guida a individuare nella consegna alcune parole-chiave che funzionino da “descrittori di argomento”; la seconda è di ordine retorico e guida l’alunno alla scelta del genere di discorso e dello schema testuale adeguato all’argomento, allo scopo, ecc. del testo da produrre. Si tratta di schemi piuttosto semplici riguardo alla tipologia testuale (narrazione, lettera, diario), o di forme relative agli scopi e alle funzioni linguistiche (spiegare, argomentare, ecc.).
6.2 Il modello knowledge transforming
Il secondo modello, quello denominato knowledge transforming «trasformare ciò che si sa». è caratterizzato, rispetto al primo, da una marcata rielaborazione e trasformazione delle conoscenze (cfr. ancora Corno, 1995). Si realizza, infatti, una interazione continua tra l’attività di scrittura e due diversi spazi sistemici: lo spazio dei problemi di contenuto e quello dei problemi retorici.
Bereiter – Scardamaliamod. “knowledge trasforming”
RAPPRESENTAZIONE MENTALEDEL COMPITO
ANALISI DEL PROBLEMA E DEFINIZIONE DEGLI SCOPI
CONOSCENZEDI CONTENUTO
SPAZIO DEI PROBLEMIDI CONTENUTO
CONOSCENZETESTUALI
SPAZIO DEI PROBLEMI
RETORICI
traduzione del problema
traduzione del problema
PROCESSO“dire tutto ciò che si sa”
(che cosa voglio dire)
(che cosa dico e come)
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Osservando il modello, si nota come il processo “dire tutto ciò che si sa” è presente ma si inserisce in un processo molto più complesso di problem solving, che si attua tra i due spazi sistemici. Nello spazio del contenuto avviene l’elaborazione dei problemi di conoscenze, opinioni, credenze, schemi concettuali depositati in memoria; nello spazio retorico ci si misura con i problemi di scelta dei mezzi linguistici e testuali necessari a raggiungere gli scopi della composizione (per esempio, esigenze di completezza, di precisione, di chiarezza, ecc.).
L’interazione tra questi due ordini di fattori fa sì che, a mano a mano che le competenze di scrittura maturano, i problemi relativi ad uno spazio inneschino conseguenze (e quindi modificazioni) nell’altro. Avviene così che un problema di tipo retorico può diventare un problema di ordine contenutistico e lo scrittore può trovarsi a dover rielaborare, trasformare, ristrutturare il proprio schema mentale relativo a quel concetto.
E’ evidente che si genera in questo modo una continua dialettica tra elaborazione testuale ed elaborazione delle conoscenze e che da simile processo possono da un lato risultare ristrutturate e consapevolmente rimodellate le conoscenze, dall’altro lato possono risultare modificate e ristrutturate le enunciazioni testuali.
In conclusione, mentre nel modello “dire ciò che si sa” lo scrittore non va oltre la capacità di mettere in fila pensieri e conoscenza, nel modello “trasformare ciò che si sa” l’obiettivo di riuscire a dare forma a testi scritti per conseguire gli effetti desiderati comporta la riorganizzazione delle proprie conoscenze all’interno del processo.
7. La stesura
Andrebbero presi in seria considerazione, per la stesura, alcuni suggerimenti:applicare una strategia di stesura flessibile, che consenta di rimettere in discussione la pianificazione precedente, eventualmente integrandola e rivedendola;alternare la composizione alla rilettura/revisione/correzione di quanto prodotto: monitoraggio continuo;esprimere i concetti in modo chiaro e compiuto, con il giusto equilibrio tra elementi principali e secondari;costruire paragrafi (o blocchi di testo) e frasi ben strutturati;porre attenzione alla coesione tra le parti, utilizzando in maniera appropriata i connettivi intrafrastici, transfrastici e testuali;usare in maniera appropriata ed efficace la punteggiatura, che dovrà essere funzionale alla struttura logico-sintattica del discorso;usare un registro di lingua formale, evitando code switching non effettivamente
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necessari o non segnalati;usare un lessico vario, appropriato, specifico se necessario, e non generico;controllare sistematicamente il rispetto delle regole morfosintattiche e ortografiche.
7.1. Il paragrafo Si può definire paragrafo una porzione di testo, con carattere di coerenza,
organicità, unitarietà, che comprende uno o più a-capo (capoversi). Solitamente il paragrafo si compone di una base organizzativa e di un elenco di proprietà (Serafini, 1994). Se ne danno, di seguito, alcune esemplificazioni, relative ciascuna a una diversa tipologia:paragrafo per enumerazione: Vorrei richiamare brevemente due fattori, che mi sembrano particolarmente funzionali al nostro discorso: il primo si riferisce al rapporto scuola-territorio, il secondo…per analisi: La savana è un ambiente tipico della fascia tropicale, con particolari caratteristiche. Il clima è…; le precipitazioni…; la vegetazione è...per esemplificazione: L’attenzione all’educazione interculturale è dimostrata dalle numerose attività realizzate nelle scuole, quali, per esempio, incontri con esperti, scambi e corrispondenze con l’estero, organizzazione di mostre, … per confronto/contrasto: Individualizzazione e personalizzazione sono concetti diversi, integrabili ma, per certi aspetti, contrapposti. L’individualizzazione, infatti, …. La personalizzazione, invece, …per spiegazione: Le implicazioni metodologiche di questo percorso sono evidenti. Fino all’avvento della linguistica generativa i linguisti avevano per lo più considerato loro compito quello di analizzare e classificare testi; ora la stessa nozione di descrizione di una lingua cambia per assumere il significato logico di specificazione di un sistema di regole (la grammatica) che a partire dagli elementi costitutivi della lingua (le parole, i fonemi, ecc), generi (nel senso logico di permettere di formare) tutte e solo le frasi grammaticali di quella lingua.per causa/effetto: Trecento anni fa ci volevano mesi per spostarsi da una parte all’altra di un paese, poiché si viaggiava a piedi o, nel migliore dei casi, a cavallo o a dorso di un cammello. I viaggi di scoperta che portarono i primi europei nelle Americhe richiedevano molti anni. Molti esploratori morirono durante questi viaggi. Fiumi, foreste inaccessibili, montagne, animali pericolosi ostacolavano gli spostamenti dell’uomo da un posto all’altro. Essendo così numerosi gli ostacoli alla comunicazione, ogni popolo rimaneva separato dai suoi vicini.
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7.2. I connettivi “testuali”
Servono a collegare pezzi o blocchi di testo, evidenziando linguisticamente il legame funzionale (pragmatico o semantico) tra essi. Se ne indicano, di seguito, le principali tipologie, corredate dalle esemplificazioni relative:di tempo: in un primo tempo… successivamente… infine… nel contempo… di causa ed effetto: sono queste le ragioni per cui … dalle considerazioni fin qui esposte deriva che... di dimostrazione: infatti… allora… in conclusione… sarebbe semplicistico concludere che… insomma… potremmo ipotizzare che… cosa ne risulterebbe?di valutazione: a mio parere… sarei propenso a ritenere che… non v’è dubbio che… va sottolineato che…di richiamo e orientamento “testuale”: come ho già detto… vorrei a questo punto richiamare un aspetto… dirò subito del successo dell’iniziativa; per ora tengo a sottolinearne il valore educativo…di ordine: in primo luogo… in secondo… innanzitutto… poi... da un lato… dall’altro… per un verso… per un altro verso… infine… la prima conseguenza è che… la seconda…uso preventivo della prospettiva negativa: si potrebbe obiettare che… è stato osservato che… tuttavia io resto convinto che…semantici: sostituenti; riferimenti anaforici e cataforici; ellissi; sinonimi, iperonimi, iponimi; ripetizioni; nominali “incapsulatori”; ecc.
7.3. L’ introduzione
Va superato, innanzitutto, il cosiddetto “blocco da pagina bianca”, considerando che l’introduzione, se efficacemente strutturata, può avere un notevole valore informativo e pragmatico. Se ne indicano, di seguito, alcune tipologie, con gli esempi a ciascuna relativi:preannuncio generale dell’argomento: Il problema dei rapporti tra industria culturale e mondi della formazione è al centro di non pochi studi, che hanno affrontato la questione da angolature diverse. Cercheremo di districarci fra le tesi non sempre concordi, ma certamente stimolanti, che hanno letto questo “grumo concettuale” come uno snodo cruciale della modernità.sommario dei temi di fondo: Quella che va sotto il nome di “questione docente” ha origine in tempi relativamente recenti, successivi alla celebre indagine sociologica che li etichettava come “vestali della classe media”. Da quella analisi – e dalla non meno celebre Lettera ad una professoressa di Don Milani – hanno preso l’avvio dibattiti e riflessioni
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critiche che sono ben lontani dall’aver trovato un punto, anche provvisorio, di equilibrio. Due i temi che ritornano con particolare frequenza: a) la funzione sociale degli insegnanti; b) la loro effettiva autonomia. Questi due temi, più che mai aperti, costituiranno gli snodi principali del mio discorso. inquadramento (problematico, culturale, storico …): E’ ormai opinione diffusa - e, tra gli addetti ai lavori, pieno convincimento - che la scuola pubblica costituisca un fondamentale canale di inserimento dei minori immigrati nel nostro paese. Per due buone ragioni, essenzialmente: in primo luogo, perché contribuisce alla costruzione e al consolidamento degli strumenti, linguistici innanzitutto, indispensabili a percepirsi e ad essere percepiti come “presenti” nelle innumerevoli occasioni di interazione che la nuova comunità offre; in secondo luogo perché si configura come l’istituzione più idonea a promuovere educazione interculturale, capacità di sentire le differenze e rispettare le identità, comportamenti consapevoli di convivenza democratica: insomma, come potente fattore formativo per una integrazione reale. Dai primi anni novanta...valutazione / prospettiva dominante: La riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione che va sotto il nome di “riforma Moratti” rappresenta senza dubbio, a ottant’anni da quella di Giovanni Gentile, il più coerente, e convincente, disegno di innovazione complessiva della scuola italiana. Essa infatti intende apportare cambiamenti strutturali profondi in un contesto formativo ormai superato, se non decrepito. citazione: L’intelligenza organizza il mondo, organizzando se stessa”: la frase di Piaget mi è tornata in mente mentre scorrevo il testo del Decreto Legge del 28 gennaio 2004, lì dove si tratta della educazione alla convivenza civile e delle cosiddette sei educazioni, cui è assegnato il delicato compito di armonizzare il sapere dei libri con la natura dell’allievo. Tali “educazioni”, infatti, devono essere poste in uno spazio centrale del processo educativo e di insegnamento-apprendimento, in un’ottica multi - e interdisciplinare che valorizzi...citazione, valutazione, preannuncio: E’ stato autorevolmente affermato (da G. Rembado, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi) che “le differenze tra scuola e impresa sono abissali, ma stanno nei contenuti e nelle finalità che il servizio scolastico si propone, non nelle modalità”. La tesi di Rembado poggia su diverse e interessanti considerazioni, alcune condivisibili altre meno. Cercherò di analizzarne le principali, motivando rapidamente la mia adesione o, al contrario, il mio dissenso. citazione / inquadramento: “Lucca: Nuove pagelle per la nuova era multietnica: sono scritte in arabo, cinese, albanese, russo per meglio spiegare alle famiglie di immigrati il rendimento dei loro figli. Verranno distribuite, per la prima volta, nei prossimi giorni, a conclusione del primo quadrimestre, nel circolo didattico di Altopascio”. La notizia, riportata
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tra le “brevi” da La Repubblica del 9 febbraio 2002, è un piccolo segno di mutamenti grandi. Di quelli di cui la scuola prende atto con una sensibilità (e una attrezzatura) “in anticipo” rispetto ad altre istituzioni. inquadramento, riferimento esperienziale: Sono stati impegnati fiumi d’inchiostro nel tentativo di descrivere le difficoltà del dirigente scolastico a fronteggiare situazioni problematiche fluide, mutevoli, non inquadrabili in categorie già note, progressivamente più complesse e, soprattutto, prive o, almeno, carenti di quella giusta dose di certezza, che consentirebbe di gestirle senza ansie e timori paralizzanti, senza rischi di “burn-out”. D’altronde, anche se si volesse prescindere dalla letteratura in materia, è l’ esperienza quotidiana che ci pone di fronte a difficoltà anche molto serie nella gestione delle situazioni, numerose e, non di rado, complesse, che come dirigenti scolastici incaricati ci troviamo a dover affrontare.
7.4. La conclusione
Alla “conclusione” è possibile collegare le seguenti caratteristiche:è in relazione con l’introduzione, ma non deve esserne un ricalco;può avere una funzione di ricapitolazione/sintesi dei nodi concettuali più rilevanti;può proporre problemi aperti o prospettive di sviluppo o ipotesi di lavoro o scenari futuri;può ribadire un’idea centrale, fortemente sintetica rispetto alle argomentazioni del corpo del testo, e dire cosa rimarrebbe concretamente da fare;può essere costituita da una o due domande, che evidenzino interrogativi pregnanti rispetto alle considerazioni svolte nel testo può legarsi immediatamente al contenuto dell’ultimo paragrafo, mediante una o due frasi affermative, brevi e incisive, anche nominali;può utilizzare insieme due o più delle modalità descritte, e altre, secondo le scelte che il testo stesso suggerisce.
Si considerino le esemplificazioni sotto riportate:Naturalmente, non esistono formule magiche né facili scorciatoie per risolvere il problema. Tuttavia la difficoltà del compito non deve indurre ad evitare di affrontarlo. In tale prospettiva, vorrei avanzare due osservazioni conclusive, due possibili ipotesi di lavoro. La prima riguarda … La seconda … Forse, per chi opera nella scuola, è proprio questo il nodo più difficile da sciogliere: far sì che le intuizioni, le pratiche più significative, le testimonianze di alcuni diventino patrimonio comune. Diventino cultura. Se allora è vero, come all’inizio ho premesso, che lo studio di una lingua
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straniera è la via privilegiata per favorire una formazione di carattere interculturale, bisognerà pure precisare che l’insegnante di lingua straniera non può limitarsi ad un esercizio di semplice “istruzione” linguistica, ma dovrà sviluppare, come tutti gli altri ed insieme con essi, anche un’azione fondamentalmente educativa. Se dunque è stato possibile rilevare un impegno piuttosto diffuso, e variamente articolato, delle scuole in prospettiva genericamente interculturale, bisogna tuttavia ammettere che molto resta ancora da fare. In primo luogo. Inoltre … Infine… Rispetto alle complesse problematiche che ho cercato di delineare, la riforma Moratti promette finalmente cambiamenti sostanziali e precise soluzioni. Sono promesse che saranno mantenute? E come?Il processo di revisione della funzione dirigente sta dunque influenzando anche le scuole paritarie, dove però il quadro, come ho cercato di evidenziare, appare ancora in via di definizione, anzi piuttosto confuso. Sembra, insomma, che continuino a coesistere due mondi, due percorsi diversi, anche se lo studio dei problemi e il confronto delle esperienze potrebbero portare in futuro a interessanti convergenze.
7.5. La revisione
La revisione in itinere e quella finale (da considerare in un rapporto di complementarità, di interazione, di circolarità) comportano una notevole capacità di decentramento cognitivo e linguistico, per una operazione tutt’altro che semplice: quella cioè di porre una giusta distanza critica tra testo scritto e lettore/valutatore. Nelle operazioni di revisione, infatti, lo scrittore è obbligato a trasformarsi in lettore, a diventare lettore … di se stesso.
Nella revisione in itinere, che va effettuata con sistematicità durante la stesura,
si opera su un campo di applicazione “locale”: considerando, cioè, frasi e paragrafi, blocchi di testo, con ciò che precede immediatamente;si sottopongono a verifica aspetti di contenuto (completezza, esplicitezza, significatività) e anche aspetti formali (ortografia, punteggiatura, lessico, elementi morfosintattici), evitando però che, in questa fase, un controllo formale troppo minuzioso interrompa il flusso delle idee e della scrittura; si curano particolarmente le questioni attinenti alla coerenza (unitarietà tematica, pertinenza e gerarchia di temi e sottotemi, congruenza delle relazioni tra i blocchi tematici) e alla coesione linguistica (connettivi intra-, trans-frastici e testuali);si confronta il testo via via prodotto con la rappresentazione mentale del compito
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(ciò che si voleva dire), tenendo però presente che le difficoltà espressive sono spesso spia di insufficiente chiarezza concettuale o di una idea di partenza imprecisa: potrebbe perciò essere opportuno, in certi casi, riconsiderare l’aspetto ideativo piuttosto che lavorare esclusivamente sull’adeguamento dell’espressione ad una intenzione poco chiara.
La revisione finale si attua al termine della stesura ed ha un campo di applicazione globale: il testo nel suo complesso, dunque, con un approccio di tipo sostanzialmente rielaborativo Si sottopone a verifica la struttura generale del testo prodotto, in tutti i suoi fattori di testualità:
equilibrio delle parti; esplicitezza delle intenzioni comunicative; evidenza dei punti principali; unitarietà e coerenza dei temi e dei sottotemi; pertinenza, significatività e chiarezza dei contenuti; utilizzazione coerente dei dati e delle informazioni; efficacia dell’ordine dei blocchi di discorso; segnalazione esplicita di eventuali cambi di prospettiva o di piani di discorso diversi;correttezza linguistica e comunicativa (esattezza e proprietà lessicale, rispetto delle regole morfosintattiche, ortografiche e della punteggiatura, precisione nell’uso degli elementi di coesione intrafrastici e dei connettivi testuali, coerenza del registro di lingua, uso consapevole di eventuali cambi di registro, rinuncia a frasi fatte, abusate o inutilmente retoriche, uso appropriato ed intenzionale di costruzioni enfatiche, uso attento dei deittici in funzione pragmatica, ecc.).
Si effettuano infine almeno tre letture: una prima completa, senza interruzione, per avere una impressione d’insieme su come il testo “funziona” e percepire – contrassegnandole - le possibili “zone d’ombra”; una seconda analitica, paragrafo per paragrafo, nel corso della quale, sulla scorta delle risposte “ricevute” dalle domande di validità, si interviene a correggere, riformulare, cancellare, perfezionare; la terza, molto accurata, per verificare l’efficacia degli aggiustamenti apportati.
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Riflettere sulla lingua*
Maria G. Lo Duca
1. Metodi e scopi della riflessione sulla lingua
La riflessione sulla lingua partirà dall’osservazione degli usi linguistici per giungere a generalizzazioni astratte. Essa contribuirà ad apprendere a riformulare frasi e testi e a una maggiore duttilità nel capire e produrre enunciati e testi; contribuirà altresì all’apprendimento di altre lingue europee, fornendo la base per riferimenti e per confronti che hanno lo scopo di individuare similitudini e differenze, relazioni. Essa si concreterà nella progressiva capacità di nominare e riconoscere nei testi le diverse categorie grammaticali presenti in italiano (articolo, sostantivo, aggettivo, verbo, avverbio, ecc.), e infine le categorie sintattiche essenziali (frasi semplici e complesse, soggetto, predicato, oggetto diretto, ecc.) (p. 51).
Così le Indicazioni nazionali suggeriscono, nel paragrafo introduttivo alla materia chiamata Italiano, le modalità e gli scopi della riflessione sulla lingua.
Il richiamo al metodo induttivo (dagli usi alle regole, e non viceversa) mi pare quanto mai opportuno, e va collegato con altre dichiarazioni metodologiche che prefigurano, potrebbero prefigurare se correttamente intese, un percorso di progressiva scoperta nella grammatica dell’italiano.
Favorire l’esplorazione e la scoperta, al fine di promuovere la passione per la ricerca di nuove conoscenze. In questa prospettiva, la problematizzazione svolge una funzione insostituibile: sollecita gli alunni a individuare problemi, a sollevare domande, a mettere in discussione le mappe cognitive già elaborate, a trovare piste d’indagine adeguate ai problemi, a cercare soluzioni anche originali attraverso un pensiero divergente e creativo (p. 45).
Applicato alla riflessione sulla lingua questo criterio prefigura esattamente lo stesso percorso che ho suggerito in più occasioni ed esemplificato più sistematicamente in un lavoro di qualche anno fa (Lo Duca 2004): dall'osservazione dei dati linguistici - suoni, forme, strutture, testi - alla disponibilità ad interrogarli, per ingenerare l’abitudine alla curiosità intellettuale; dai primi tentativi di una loro organizzazione e classificazione in categorie omogenee, alla formulazione delle ipotesi esplicative, cui segue il ritorno ai dati o anche la ricerca di nuovi dati per procedere alla verifica sperimentale delle ipotesi già fatte. Non è qui il
* Pubblicato in: A. Colombo (a cura di), Il curricolo e l’educazione linguistica. Leggere le nuove Indicazioni, Franco Angeli, Milano 2008, pp. 105-124.
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caso di entrare nel dettaglio, ma scrivevo, in quella occasione, che l'attenzione alla grammatica, se fatta correttamente, abitua al metodo scientifico, ed educa gradualmente al pensiero astratto, e che questo è uno scopo comune, trasversale a molte discipline. Tuttavia, come scriveva Sabatini nel lontano 1983 commentando i programmi per la scuola media del 1979, l'osservazione sulla lingua sarà scientifica solo se “condotta con metodo, con argomentazioni, cercando di fornire prove, e in chiave anche di approssimazione e di probabilità” (Sabatini 1983, p. 96): parole, queste, non molto diverse dal testo ministeriale.
Vorrei ribadire questa finalità, che basta da sola a giustificare l’esistenza della disciplina nell’ordinamento scolastico. Quanto allo sbocco pratico che il documento suggerisce nel frammento riportato sopra (laddove si scrive che riflettere sulla lingua aiuterà gli allievi ad apprendere a riformulare frasi e testi e a una maggiore duttilità nel capire e produrre enunciati e testi) è bene tenerlo costantemente presente. Il suggerimento da cogliere è quello di praticare assieme (incoraggiare l’apprendimento collaborativi, si scrive a p. 21), più e più volte, l’esercizio della comprensione dei testi altrui (ad esempio: che cosa ha voluto dire X? qual è lo scopo che X vuole raggiungere? come ha disposto X le informazioni? quanto lunghe sono le sue frasi e come sono costruite? quali parole X ha scelto? avrebbe X potuto fare scelte diverse?), della manipolazione e riformulazione dei testi propri (che cosa voglio dire? a chi voglio dirlo? qual è la forma più adeguata per dirlo? sono riuscito a dirlo? che cosa succede se cambio una o più parole, o l’ordine delle informazioni, o la forma degli enunciati, o la struttura del testo?). Rispondere a queste domande comporterà una miriade di osservazioni formali che amplieranno gradualmente il bagaglio di quelle conoscenze metalinguistiche utili a monitorare e migliorare l’uso orale e scritto della lingua (è uno degli obiettivi indicati per la fine della scuola media, p. 57). Ma attenzione: si tratta, appunto, di ‘questo’ tipo di domande, di ‘questo’ tipo di riflessione sui testi, e non di analisi morfosintattica della frase (di cui parleremo tra breve), le cui ricadute sulle abilità sono dubbie e tutte da dimostrare. Per queste ultime rimane ancora condivisibile la posizione egregiamente espressa dalle Dieci Tesi del Giscel più di trent’anni fa: “pensare che lo studio riflesso di una regola grammaticale ne agevoli il rispetto effettivo è, più o meno, come pensare che chi meglio conosce l'anatomia delle gambe corre più svelto, chi sa meglio l'ottica vede più lontano ecc.”. Non si insisterà mai abbastanza, invece, sugli indubbi benefici che la riflessione grammaticale - fatta in un ‘certo’ modo e su ‘certi’ contenuti - può avere su una generale crescita cognitiva dell’allievo.
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2. Obiettivi di apprendimento In tutti i segmenti scolastici regolamentati dal documento ministeriale tra gli
Obiettivi trova posto un’area intitolata Riflettere sulla lingua, in cui vengono elencati obiettivi specifici relativi fondamentalmente a tre temi - il testo, la morfosintassi, il lessico - senza che sia riconoscibile nei diversi segmenti una distribuzione costante dei contenuti. Così ad esempio per la III elementare i tre indici previsti e relativi alle tre aree sono presentati in un ordine che va dal testo, al lessico, alla morfosintassi, mentre quest’ordine viene capovolto nei segmenti successivi, dove la morfosintassi guadagna il primo posto, e gli indici dedicati agli altri settori, spesso più di uno, vengono rimescolati e riproposti senza un ordine apparente. Nell’analizzare il testo ministeriale adotterò comunque lo stesso ordine scelto dal documento nel presentare gli Obiettivi per la terza classe elementare, quindi testo, lessico e morfosintassi.
3. La riflessione sul testo
III elementare: compiere semplici osservazioni su testi e discorsi per rilevarne alcune regolarità.V elementare: ... riconoscere in un testo i principali connettivi (temporali, spaziali, logici)...Riconoscere la funzione dei principali segni interpuntiviIII media: stabilire relazioni tra situazione di comunicazione, interlocutori e registri linguistici.Stabilire relazioni tra campi di discorso e forme di testo, lessico specialistico ecc.Riconoscere in un testo i principali connettivi e la loro funzioneRiconoscere le caratteristiche dei principali tipi testuali (narrativi, regolativi, descrittivi, argomentativi) e dei generi
Come si vede, la riflessione sulla materia testuale subisce un progressivo aumento di attenzione, ed è giusto che sia così. Tuttavia non sempre risulta chiara la logica che ha guidato gli estensori nella selezione degli obiettivi e nella loro messa in sequenza, operazioni queste che, come tutti sanno in campo glottodidattico, sono alla base di ogni ipotesi curricolare: poiché si tratta, in estrema sintesi, di ‘selezionare’ degli obiettivi di apprendimento ritenuti validi per ogni segmento scolastico, e di ‘metterli in sequenza’, secondo un ‘prima’ e un ‘dopo’ ragionevoli, sulla base dell’età e della scolarità pregressa, e quindi della presumibile raggiunta maturità cognitiva, linguistica e disciplinare degli allievi. Esaminiamo più da vicino il testo ministeriale.
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Le semplici osservazioni su testi e discorsi, suggerite come obiettivo per la fine della III classe elementare, allo scopo di rilevarne alcune regolarità, vanno a mio parere interpretate come osservazioni sulle caratteristiche peculiari e sulle differenze fra i testi orali - i suoni della lingua, l’accento delle parole, l’intonazione, la mimica e la gestualità - e i testi scritti - le convenzioni grafiche, la punteggiatura, la gestione dello spazio. Sono convinta che un avvio di questo genere ben si accorderebbe con la recente scoperta della scrittura da parte dei bambini, e potrebbe tendere ad una prima provvisoria sistematizzazione delle osservazioni frammentarie e occasionali che accompagnano il lungo processo di alfabetizzazione scritta. Non solo: mille osservazioni interessanti e coinvolgenti si potrebbero fare su questa materia in chiave contrastiva, ove avessimo la ventura (la fortuna?) di avere in classe bambini provenienti da altre aree geografiche e linguistiche: si pensi, tanto per fare gli esempi più vistosi, alla scoperta di diversi suoni e di diversi alfabeti nelle lingue, o alla scoperta di diverse gestualità e modalità di gestione dello spazio interpersonale. Sono, queste, esperienze che i bambini hanno già fatto, e dunque è giusto innestare da subito un programma di riflessione esplicita, per promuovere quella integrazione attraverso la conoscenza della nostra e delle altre culture (p. 19) che la parte iniziale del documento ripetutamente invoca.
Eviterei di interpretare tale obiettivo come un invito ad una precoce iniziazione a tipologie testuali esplicite, a tassonomie di tipi e generi di cui per ora non c’è alcun bisogno. E non ce n’è bisogno non perché tipi e generi testuali non siano da praticare fin da subito nella scuola (e infatti la pratica testuale è correttamente prevista nelle sezioni dedicate al Leggere e allo Scrivere), ma perché le regolarità che contraddistinguono tipi e generi, e che i bambini dovrebbero essere messi in grado di rilevare, sono costituite da indici linguistici complessi, ancora poco accessibili ad una riflessione esplicita: si tratta di tempi e modi verbali (e della loro alternanza), di connettivi pragmatici (nei testi orali) e semantici, in parte comuni e in parte diversi per i diversi tipi (connettivi temporali, esplicativi, consecutivi, conclusivi, metatestuali ecc.), di progressione dell’informazione, di movimento referenziale e anafore, del gioco delle presupposizioni e delle inferenze, di lessici comuni e lessici specialistici. Chi interpretasse in tal modo il dettato ministeriale rischierebbe di far danno, come sempre succede quando si pretenda di riflettere, anzi di far riflettere su questioni troppo al di sopra delle capacità, cognitive e linguistiche, acquisite dai bambini.
Gli obiettivi di riflessione proposti in materia testuale per la V classe elementare riguardano i connettivi e la punteggiatura. Dei primi si indicano tra parentesi alcuni tipi, vale a dire i connettivi temporali, spaziali, logici: rimangono fuori da questa lista i connettivi pragmatici e i metatestuali, giustamente assenti. Forse sono previsti tra gli obiettivi della III media, allorché si sceglie una formulazione che potrebbe in teoria comprenderli tutti. (Riconoscere in un testo i principali
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connettivi e la loro funzione). Concordo su una precoce presentazione dei connettivi temporali e spaziali, che possono proficuamente accompagnare il riconoscimento e la stabilizzazione di relazioni (temporali) di successione/ contemporaneità1 fra gli eventi, o (spaziali) di vicinanza/ lontananza e posizione nello spazio di entità. Non sono invece sicura che i connettivi logici - e con questo credo si voglia intendere quei connettivi che esprimono aggiunta di informazioni, comparazioni, contrapposizioni, ipotesi, rapporti di causa-effetto, di premessa-seguito e così via - siano già sicuramente accessibili a bambini di 10 anni, e dunque che con loro se ne possa già parlare in modo esplicito, il che comporta sempre, è ovvio, un certo grado di tecnicismo.
Quanto al secondo indice, trovo quanto mai opportuno iniziare precocemente i bambini al riconoscimento della funzione dei principali segni interpuntivi. Direi anzi che è già tardi, e che si potrebbe e dovrebbe cominciare a riflettere sulla funzione testuale almeno dei punti e delle virgole contestualmente alle prime produzioni scritte dei bambini (non ho dubbi, del resto, sul fatto che i maestri già lo fanno). Tuttavia è bene ricordare che si tratta di materia complessa, che ben si presta ad essere scomposta in frammenti e riproposta in più punti della sequenza, secondo una visione ciclica dell’ipotesi curricolare. In assenza di indicazioni più precise (il documento non ritorna più sull’argomento) c’è spazio per costruire delle ipotesi credibili di messa in sequenza della materia, che arrivi a coinvolgere anche la scuola secondaria, nel corso della quale si potrebbe riflettere sulle funzioni più complesse dei segni interpuntivi: si pensi alla funzione descrittivo-argomentativa dei due punti; o alla funzione parentetica delle virgole, delle parentesi e dei trattini; o alla funzione informativa dell’accapo. Non dobbiamo dimenticare che stiamo parlando di riflessione su una delle competenze più raffinate e difficili da acquisire, perché comporta la consapevolezza, da parte dello scrivente, degli snodi sintattici e semantici del suo testo, dai più ‘pesanti’ ai più ‘leggeri’, i quali proprio per questo vanno diversamente marcati. La disattenzione della scuola su questa materia è responsabile della sciatteria spesso rilevata in molti testi scritti di studenti universitari, la cui interpunzione appare per lo più casuale, improbabile, confusa.
Dei 4 obiettivi proposti per la riflessione sul testo in III media, i primi due avviano a considerazioni di tipo sociolinguistico, convogliando l’attenzione degli studenti sulle coordinate di tipo contestuale che condizionano le scelte linguistiche dei parlanti e le forme testuali. E’ un richiamo quanto mai opportuno, che si collega alle pratiche di lettura e scrittura previste nel medesimo segmento. Seguono due indici che riprendono obiettivi già dati, con qualche aggiunta: così si ritorna sul tema dei principali connettivi (già previsto in V elementare), cui adesso si aggiunge una riflessione sulla loro funzione; e si torna sul tema del riconoscimento
1 Lascerei perdere la relazione di anteriorità, per adesso, più complessa da stabilire sia sul piano logico sia sul piano linguistico.
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delle caratteristiche dei principali tipi testuali (narrativi, regolativi, descrittivi, argomentativi) e dei generi. Vorrei in proposito far notare che la lista dei tipi testuali, che si rifà evidentemente a Werlich (1976), è incompleta, mancando il tipo espositivo. Poiché d’altro canto la lista dei 5 tipi canonici compare esattamente riprodotta nella sezione relativa allo Scrivere, dobbiamo supporre che si tratti non già di scelta tipologica difforme, ma di semplice svista. Ho già scritto tuttavia che le caratteristiche che contraddistinguono i tipi e i generi testuali sono molteplici e spesso complesse, ed ho provato a farne una lista. Spetterà ai docenti formulare in materia obiettivi realmente praticabili in questa fascia di età: quali potrebbero essere, ad esempio, l’uso dei tempi e dei modi verbali o la selezione lessicale nei diversi tipi e generi testuali.
4. La riflessione sul lessico
III elementare: Attivare semplici ricerche su parole ed espressioni presenti nei testi.V elementare: Conoscere i principali meccanismi di formazione e derivazione delle parole (parole semplici, derivate, composte, prefissi e suffissi). Comprendere le principali relazioni tra le parole (somiglianze, differenze) sul piano dei significati.Comprendere e utilizzare il significato di parole e termini specifici legati alle discipline di studio.Utilizzare il dizionario come strumento di consultazione per trovare una risposta ai propri dubbi linguisticiIII media: Conoscere le principali relazioni fra significati (sinonimia, contrarietà, polisemia, gradazione, inclusione).Conoscere i principali meccanismi di derivazione per arricchire il lessico.Utilizzare strumenti di consultazione (riconoscere e capire il tipo di informazioni fornite da un dizionario per ogni voce).
Vorrei provare ad interpretare la formulazione del documento relativamente al lessico in III elementare, chiedendomi quali semplici ricerche sia possibile attivare su parole ed espressioni presenti nei testi. L’interpretazione più probabile, la più ovvia sulla base delle pratiche didattiche già in atto nella scuola, potrebbe essere quella di puntare al ritrovamento del significato di parole ed espressioni sconosciute, con ricerche da effettuarsi sulla base del contesto linguistico ed extra-linguistico o nel dizionario. Ma è possibile interpretare questo obiettivo puntando su operazioni quali l’esperimento, la manipolazione, il gioco che in altra parte il documento invoca sin dalle prime fasi della formazione (p. 21): quindi, trattandosi di parole, si potrebbero raccogliere, provare a modificare, confrontare, raggruppare, analizzare o scomporre e via di questo passo. Con
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i più piccoli, la riflessione lessicale dovrebbe innestare procedure di raccolta, osservazione e confronti fra parole: sulla base del significato (ad esempio parole simili o contrarie, parole che designano il tutto o le sue parti), oppure sulla base della forma (ad esempio parole con lo stesso numero di lettere o di sillabe, parole brevi e parole lunghe, parole che iniziano o finiscono nello stesso modo), oppure sulla base della forma e del significato (ad esempio parole derivate col medesimo procedimento, parole composte che condividono un elemento del composto). Così facendo si prepara il terreno ai cicli successivi, dove certi argomenti vengono di fatto affrontati.
Infatti il tema della formazione delle parole viene giustamente ed esplicitamente introdotto in V elementare (Conoscere i principali meccanismi di formazione e derivazione delle parole - parole semplici, derivate, composte, prefissi e suffissi) e riproposto in III media (Conoscere i principali meccanismi di derivazione per arricchire il lessico). Nella formulazione di questi obiettivi trovo una certa sciatteria: al posto di principali meccanismi di formazione e derivazione delle parole bisognava scrivere ‘principali meccanismi di formazione delle parole’. Questi infatti, a loro volta, comprendono i meccanismi di derivazione e di composizione, ed infatti la parentesi chiarisce parole semplici, derivate, composte, prefissi e suffissi. Dunque si pensava anche alla composizione. In III media si torna ad usare impropriamente meccanismi di derivazione per arricchire il lessico intendendo, presumibilmente, ‘meccanismi di formazione delle parole’, visto che non credo si sia voluto scientemente escludere la considerazione delle parole composte.
Ho ugualmente qualche perplessità su quel verbo, conoscere, che ritorna due volte. Trattandosi di una sezione della grammatica italiana ricchissima di procedimenti (regolari) e di idiosincrasie (irregolarità nella forma, o nel significato, o in entrambi), fonte di incertezze ed errori fin nei livelli più alti di scolarità, qualcuno potrebbe interpretare quel conoscere come un “prendere in considerazione e memorizzare” procedimenti formali ed esiti semantici, cui si accompagni il “saper richiamare alla mente” e il “denominare”, a richiesta dell’insegnante. Così interpretato, e quel conoscere potrebbe autorizzare questa interpretazione, saremmo di fronte al solito esercizio scolastico della esposizione alla casistica, alla presentazione dei tipi e dei sottotipi, sia pure in una materia relativamente nuova. Certamente gli insegnanti più accorti sapranno evitare questo rischio, e innestare invece molte interessanti esplorazioni sulle parole, semplici e complesse dell’italiano, e sulle relazioni tra forme e significati: ad esempio sollecitare la curiosità degli allievi con domande del tipo: che cosa c’è di comune tra scuola, scolaro, scolastico, scuola bus, scuola guida? e tra fioraio, benzinaio, giornalaio? e tra bellezza, ricchezza, altezza?, e via di questo passo, con le molte domande che ne conseguono (dunque -aio ed -ezza hanno un loro significato? e possono essere usati da soli? e a che tipo di parole si possono
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‘attaccare’? e poverezza esiste? c’è nel dizionario? chiediamo a mamma e papà se usano questa parola? e come mai esiste ricchezza e non il suo contrario, che sarebbe poverezza? ecc.). Basterà, in questo caso, sollecitare con opportune domande la naturale curiosità dei bambini sulle parole, ascoltare le loro risposte, incoraggiare la formulazione di ipotesi e verificarle assieme (ma è davvero così?) con esempi ad hoc. Faremo tutto questo senza improvvisare nulla, e dunque non senza esserci dotati, prima, degli strumenti più idonei a guidare questi percorsi di scoperta nella struttura delle parole complesse: penso soprattutto alle grammatiche di riferimento dell’italiano (Serianni 20002, Scalise 1995), ma anche a qualche saggio più specifico (ad esempio Grossmann - Rainer 2004).
Le Indicazioni nazionali prevedono anche una giusta considerazione delle relazioni di significato tra le parole: già alla fine del ciclo elementare si dà ai docenti l’obiettivo di condurre i bambini a Comprendere le principali relazioni tra le parole (somiglianze, differenze) sul piano dei significati, seguito in III media da una formulazione più puntuale, che giustamente introduce e autorizza una maggiore sistematicità: Conoscere le principali relazioni fra significati (sinonimia, contrarietà, polisemia, gradazione, inclusione). Cerchiamo di intenderci però sulle parole. Sappiamo tutti che cosa generalmente si intenda per sinonimia e inclusione2. Le contrarietà sono, immagino, le relazioni di ‘opposizione’3, o almeno è questo il termine più utilizzato dagli studiosi e non sarebbe stato male assumerlo anche in questo documento. Quanto a gradazione, il termine potrebbe riferirsi tanto alla “successione di parole, di espressioni che, per il significato o per il ritmo, creano un effetto di progressiva intensificazione [...] o di progressiva attenuazione” (Sabatini-Coletti 20052), quanto alla proprietà degli aggettivi qualificativi di essere graduabili (più ricco, meno bello, molto simpatico) o non graduabili (*più chirurgico, *meno ospedaliero, *molto straordinario)4. Dato il contesto, tenderei a pensare che qui si tratti del primo senso.
Al di là comunque della terminologia prescelta dal documento in questa materia, vorrei ricordare che meritano di essere indagate non solo le relazioni di significato tra le parole, ma anche le proprietà semantiche delle parole, i tratti
2 Più specificatamente, l’inclusione comprende la relazione di iperonimia/iponimia (termine gene-rale/ termine specifico, ad esempio veicolo/automobile, treno, bicicletta...) e di olonimia/mero-nimia (termine per il tutto/termine per la parte, ad esempio stanza/ porta, finestra, pavimento).3 Tali relazioni, lo ricordiamo, comprendono relazioni di antonimia (bello/brutto, alzare/abbassa-re), di complementarietà (maschio/ femmina, vero/falso) e di inversione (marito/moglie, vendere/comprare): ma è ovvio che l’individuazione di queste sottoarticolazioni potrebbe essere rimandata ad una fase successiva.4 Ad essere più precisi, alcuni studiosi di formazione delle parole introducono una ulteriore, sottile distinzione negli aggettivi derivati, alcuni dei quali vengono ascritti alla categoria degli aggettivi qualificativi (e dunque sono, tra le altre cose, graduabili: più/ molto naturale, più/ molto femmi-nile), altri invece, pur formati con gli stessi procedimenti, vengono distinti dai primi e chiamati aggettivi di relazione (sono, tra le altre cose, non graduabili: *più/ molto regionale, *più/ molto mercantile).
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che concorrono al loro significato. E’ per questo che avrei dedicato più enfasi alla polisemia, vale a dire alla connaturata disponibilità delle parole a significare cose diverse in contesti diversi (si veda ad esempio ‘padre’ in è padre di tre figli, il Santo Padre, Saussure è il padre della linguistica moderna). A questo proposito, visto che in altra parte del documento già per la V elementare si prevede la lettura di semplici e brevi testi letterari, dei quali si invita a riconoscere l’uso delle parole e dei significati, mi sembrerebbe quanto mai opportuno avviare al riconoscimento della metafora, che tanta parte ha nella lingua, tra l’altro anche della poesia, e che forse avrebbe meritato una esplicita menzione.
Mi pare interessante e del tutto condivisibile il richiamo al dizionario come strumento di consultazione, che ritorna anche in III media, dove si puntualizza: riconoscere e capire il tipo di informazioni fornite da un dizionario per ogni voce. Visto che, a quanto se ne sa, il dizionario è uno strumento del tutto assente o pesantemente sottoutilizzato nella pratica didattica, e per lo più lasciato alla consultazione personale, a casa, e solo per ritrovare il significato delle parole sconosciute, questo richiamo ai diversi tipi di informazioni che un dizionario contiene pare quanto mai opportuno. Si tratta, è bene ricordarlo, di informazioni riguardanti la struttura fonologica (accento) e sillabica di una parola; le sue proprietà morfologiche (il plurale dei nomi, ad esempio, le irregolarità dei paradigmi, la struttura delle parole complesse); le proprietà semantiche, quindi le diverse accezioni (polisemia) delle parole, gli usi propri e figurati delle stesse; le proprietà sintattiche delle parole (nei repertori migliori, ad esempio nel già citato Sabatini-Coletti 20052, si descrive la struttura valenziale dei verbi, su cui torneremo tra breve); le proprietà pragmatiche delle parole, quindi gli ambiti d’uso, suggeriti da sigle e abbreviazioni di cui normalmente non si fa alcun conto; la fraseologia collegata (le combinazioni più o meno fisse, le locuzioni idiomatiche); l’etimologia, cui spesso si accompagnano informazioni sulla provenienza delle parole (prestiti, adattati e non) e la data di prima attestazione in italiano. Sono queste le informazioni cui penso voglia alludere il documento ministeriale, ed è certamente vero che sarebbe possibile condurre un serio programma di riflessione linguistica col solo ausilio di un buon dizionario, che ovviamente bisogna imparare ad interrogare e a consultare5. Voglio sperare che questo richiamo possa servire a far ‘scoprire’ agli insegnanti finora disattenti le potenzialità didattiche di questo strumento straordinario, tanto ‘facile’ e a portata di mano, quanto ignorato.
Per concludere sul lessico: in V elementare compare un indice che contiene un
5 Su questo tema si possono trovare molte informazioni e suggerimenti in chiave didattica in Corda – Marello 1999 e Ferreri 2005. Si tenga anche presente che i dischetti CD che oggi spesso ac-compagnano i dizionari consentono di allestire piccole ricerche, che possono risultare di grande interesse: ad esempio, quante/quali parole dell’italiano sono derivate dall’arabo? o dal francese? quante/quali parole dell’italiano sono di origine dialettale napoletana? o veneta? Qual è l’anno di prima attestazione di sport? e di bar? quante/quali paroleterminano in -teca? e così via.
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esplicito richiamo alle parole e termini specifici legati alle discipline di studio, che bisogna addestrare gli alunni a comprendere e utilizzare. Questa materia, che trova spazio anche fra i Traguardi di sviluppo della competenza al termine della scuola primaria (dove si ricorda di puntare all’acquisizione di un primo nucleo di terminologia specifica), non viene più ripresa nel ciclo successivo, ma è ovvio che gli insegnanti non dovranno dimenticare che il bagaglio lessicale legato alle discipline si amplia via via, e abbisogna di attenzione e cura costanti. Tuttavia non mi convince del tutto la collocazione di questo indice nella materia chiamata Italiano, o meglio avrei preferito un doppio, anzi multiplo richiamo, al docente di italiano per le questioni più linguistiche, legate ad esempio alla struttura ed, eventualmente, alla provenienza e all’etimologia delle parole scientifiche; a tutti gli altri docenti di tutte le altre discipline per le questioni connesse al significato e agli usi particolari, strettamente condizionati dallo specifico disciplinare, che un docente di italiano potrebbe non conoscere e dominare. Eppure - non vorrei aver letto con troppa fretta il documento ministeriale - non mi pare che questo richiamo sacrosanto alle terminologie disciplinari venga fatto anche in altri luoghi, per altre discipline.
5. La riflessione sulla morfosintassi
III elementare: Conoscere le parti variabili del discorso e gli elementi principali della frase semplice V elementare: Riconoscere e denominare le parti principali del discorso e gli elementi basilari di una frase; individuare e usare in modo consapevole modi e tempi del verbo; [...] analizzare la frase nelle sue funzioni (predicato e principali complementi diretti e indiretti).III media: Conoscere la costruzione della frase complessa (distinguere la principale dalle subordinate) e riconoscere i principali tipi di proposizioni subordinate (relative, temporali, finali, causali, consecutive). Analizzare la frase complessa e visualizzare i rapporti fra le singole proposizioni rappresentandoli anche graficamente.
Il percorso prefigurato dagli obiettivi specifici sullo zoccolo duro della riflessione grammaticale, che è da sempre la morfosintassi, ha a mio parere il difetto di essere troppo ambizioso, comprimendo in otto anni di scuola una materia complessa e accidentata che meriterebbe tempi ben più distesi. Cercherò di motivare queste affermazioni attraverso degli esempi. Cercherò nel contempo di fornire degli esempi in positivo, allo scopo di mostrare come sia possibile interpretare questo percorso in modo non troppo convenzionale. Infatti la scelta fatta - riconoscimento delle classi di parole e analisi della frase semplice nella scuola elementare; analisi della frase complessa nella scuola media - potrebbe
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essere letta come assunzione piena e riproposta dei temi e delle pratiche tradizionali, a tutti noti come ‘analisi grammaticale’, ‘analisi logica’ e ‘analisi del periodo’, tanto consolidati quanto criticati e fallimentari negli esiti6.
Per quanto riguarda la morfologia, si comincia subito, in III elementare, con una indicazione molto impegnativa, che punta ad addestrare gli allievi a conoscere le parti variabili del discorso (tutte, immagino). Le ‘parti invariabili del discorso’, probabilmente ritenute di più difficile individuazione, vengono per il momento lasciate da parte e recuperate nel biennio successivo, visto che alla fine della V elementare i bambini devono essere in grado di riconoscere e denominare le parti principali del discorso: dunque tutte, variabili e invariabili, con una speciale considerazione per i verbi, per i quali si scrive che devono saper individuare e usare in modo consapevole modi e tempi. E’ tutto sulla morfologia, visto che l’argomento si esaurisce qui e nessun richiamo viene più fatto nel ciclo superiore. Così facendo il capitolo forse più complesso e insidioso della lingua italiana, ma proprio per questo più interessante da indagare, quello che fa impazzire gli stranieri tanto è vero che non risulta mai perfettamente acquisito neanche nei livelli più alti di competenza, viene esaurito e compresso nei due primi cicli scolari. Questo significa, tra l’altro, che fatti grammaticali di grande rilievo, per lo più riferiti alla ‘funzione’, o alle ‘funzioni’ attivate dalle diverse categorie, essendo inaccessibili ad un’età troppo giovane rischiano di restare per sempre escluse da ogni considerazione scolastica: penso, tanto per fare degli esempi banali, alla funzione dell’articolo determinativo, di introdurre il ‘noto’ o presunto tale nel discorso, che tanta importanza ha nei testi; o alla funzione dell’articolo partitivo, di introdurre ‘quantità indeterminata’, ma diversamente per i nomi numerabili (avete visto dei bambini?) e per i nomi non numerabili (o nomi massa, vorrei del latte).
E’ pur vero che il testo ministeriale non parla di funzioni, suggerendo ‘solo’ l’esercizio del riconoscimento e della denominazione delle parti principali del discorso (o categorie lessicali), ma è bene essere chiari su questo: è spesso impossibile riconoscere gli elementi senza considerarne contemporaneamente anche la funzione svolta nella frase. E’ questa la bussola che consente, ad esempio, di distinguere, anche in frasi molto semplici e banali, un aggettivo da un nome (gli uomini potenti vs. i potenti), un articolo da un pronome (le città vs. le vedo), una preposizione da un articolo partitivo (la casa dei nonni vs. vorrei dei libri), una congiunzione da un pronome (sai che domani è festa vs. la ragazza che canta è mia sorella), una preposizione da un avverbio (dopo la chiesa vs. dopo vengo) e via di questo passo. In realtà, i bambini che in V elementare ‘sanno’ riconoscere e di conseguenza correttamente denominare le categorie, sono bambini che fanno rapidamente e inconsciamente dei raffinati ‘ragionamenti’ sulla funzione dei
6 Sulle difficoltà, grammaticali e non solo, degli studenti universitari si veda ad esempio Voghera-Basile-Guerriero 2005.
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diversi elementi presenti nella frase, e proprio per questo arrivano a sciogliere i casi più ambigui. Non ci sarebbe dunque niente di strano ad assumere nella scuola e in modo più esplicito anche questo risvolto del problema, in modo da mettere tutti in condizione di fare ciò che viene loro richiesto.
Devo confessare il mio timore che la formulazione ministeriale incoraggi una lettura molto tradizionale di questo tipo di riflessione sulla morfologia dell’italiano, e sia interpretata come la riproposta di quel collaudatissimo esercizio scolastico, a tutti noto come ‘analisi grammaticale’. Sia chiaro: non ho nulla contro l’esercizio del riconoscimento delle categorie, vale a dire degli insiemi omogenei di parole che condividono una o più proprietà e che possono svolgere la medesima funzione nel discorso. Al contrario, sono convinta che sia un esercizio altamente formativo, educando al confronto fra i dati e alla ricerca delle regolarità. Ma questo esercizio in ambito scolastico va attentamente calibrato sulla base dell’età e delle effettive possibilità cognitive degli allievi, e non deve in nessun caso tradursi in un ‘tutto e subito’, che in termini di effettiva interiorizzazione equivale a ‘niente’. Quello che voglio dire è che la ricerca grammaticale ci ha da tempo abituato all’idea che ogni livello di analisi (e quindi anche la morfologia) si presenta come un sotto-sistema complesso, costituito da elementi - discreti nella forma ma spesso polifunzionali - e da regole di combinazione niente affatto semplici da dipanare. La terminologia tradizionale racchiude infatti, e comprende, una miriade di oggetti grammaticali di varia frequenza e varia difficoltà. Non dirò dunque nulla di nuovo affermando che ogni categoria si compone di sotto-categorie e a volte anche di sotto-sotto-categorie, e in ognuna sono riconoscibili elementi centrali e periferici, elementi frequenti e rari, elementi regolari e irregolari, e sono sempre molti i casi problematici di incerta attribuzione
Vorrei a questo riguardo fare un esempio, per illustrare la complessità che si nasconde dietro l’apparente semplicità. Prendiamo la categoria dei pronomi, che secondo il documento ministeriale i bambini dovrebbero già conoscere (ma in che senso?) in III elementare. Mi chiedo: a quali pronomi si pensa? Perché ci sono i pronomi allocutivi (tu, lei, voi) e ci sono i pronomi personali, tonici e atoni, la cui forma dipende dal genere e numero del referente e dalla funzione sintattica svolta dall’elemento pronominale all’interno della frase, tanto è vero che si dice, a ragione, che il sistema dei pronomi personali dell’italiano mantiene un elementare sistema dei casi, visto che, ad esempio, egli e lui sono nominativo, lo accusativo, gli dativo, lui obliquo; ci sono i pronomi doppi (glielo) anche in posizione enclitica (portamelo); ci sono i pronomi polifunzionali si, ci, ne, e ci sono i pronomi relativi semplici (aventi, anch’essi, diverse forme e diverse funzioni) e doppi (chi); per non parlare dei pronomi che possono essere anche aggettivi, e dunque i possessivi, i dimostrativi, gli interrogativi ed esclamativi, i numerali, i negativi, gli indefiniti, i correlativi. Di ciascuna di queste sottocategorie esistono forme centrali e forme periferiche, e almeno nelle prime sicuramente i bambini
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si sono già ripetutamente imbattuti, e con tutta probabilità di molte, moltissime forme pronominali hanno già una sicura competenza passiva ed attiva: ciò vuol dire che generalmente ne ‘capiscono’ la funzione, e che sanno per lo più selezionare e combinare in modo adeguato le forme nella produzione. Dunque sarebbero pronti ad una riflessione esplicita.
E tuttavia: la complessità della materia è tale da suggerire una attenta selezione degli obiettivi ed una altrettanto attenta messa in sequenza. Il lavoro da fare, dunque, sarà quello di provare a disarticolare la materia individuando, per ogni categoria, delle priorità (poche) e degli approfondimenti progressivi nei livelli superiori, forzando la formulazione ministeriale nel senso di una interpretazione ‘lunga’, che distenda la materia per tutti gli otto anni previsti, ed anche oltre. Vorrei insomma mettere in guardia gli insegnanti dal rischio di concepire aspettative esagerate, e questo vale ovviamente non solo per i pronomi ma per tutte le categorie. Per il verbo, ad esempio, dubito che sia già possibile entro i primi 5 anni di scuola condurre i bambini ad acquisire una qualche esplicita competenza metalinguistica relativamente a certi tempi, ai modi e all’aspetto dei verbi, che è esattamente quanto il documento ministeriale prefigura (individuare e usare in modo consapevole modi e tempi del verbo). A meno che anche questo obiettivo non venga interpretato come mero esercizio di memorizzazione delle forme del paradigma (‘dimmi il presente congiuntivo del verbo cantare’), cui non segua niente altro.
Vorrei a tal proposito insistere sulle modalità di lavoro, che dovrebbero essere il più lontane possibili da certe pratiche assodate e ripetitive in cui si fa generalmente consistere l’esercizio del ritrovamento delle categorie (‘rosa, nome comune di cosa femminile singolare’, e via di questo passo), che sembra studiato per annoiare e smorzare curiosità e interesse per la lingua. Penso invece che bisognerebbe condurre lentamente i bambini alla scoperta delle categorie lessicali, avviandoli a osservare la forma delle parole e dando voce alle molte scoperte che comunque i bambini hanno già fatto per conto loro, e che l’abilità recentemente acquisita della scrittura ha di sicuro rinforzato o, in qualche caso, messo in crisi. Le parole infatti, o almeno una grandissima parte di esse, possono ‘cambiare’ nella loro parte finale (e il doverle scrivere rende evidentissima questa loro possibilità), perché se sono nomi (e di conseguenza articoli e aggettivi) cambiano, o meglio possono cambiare, per ‘genere’ - possono essere maschili o femminili - e/o per ‘numero’ - possono essere singolari o plurali; se invece sono verbi, la parte finale cambia a seconda della ‘persona’ che è al centro dell’evento e del ‘tempo’ nel quale esso evento si colloca (presente/passato/futuro).
A partire dalla forma delle parole, dalle modifiche che tale forma può subire, o non subire, dalla funzione attivata da ogni specifica forma, si possono condurre i bambini a ‘scoprire’ ciò che già ‘sanno’, sollevando a livello di consapevolezza, e con l’ausilio di una terminologia specifica, considerazioni morfologiche relative
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al genere, al numero, alla persona, al tempo, quindi alla flessione e all’accordo (tra articoli e nomi; tra articoli, nomi e aggettivi), oltre che alla individuazione delle categorie interessate, fatti tutti davvero centrali e caratterizzanti della nostra lingua, e sui quali i bambini si misurano quotidianamente e inconsapevolmente.
Passiamo alla sintassi. Come ho già scritto l’analisi della frase semplice viene proposta ed esaurita nel corso del ciclo elementare: si comincia con l’obiettivo di conoscere... (anche qui, in che senso?) gli elementi principali della frase semplice (III elementare), per ribadire (alla fine della V classe) lo stesso obiettivo, ma reso più complesso da nuove articolazioni e più leggibile da una terminologia più chiara: riconoscere e denominare... gli elementi basilari di una frase [...] analizzare la frase nelle sue funzioni (predicato e principali complementi diretti e indiretti. Anche in questo caso mi pare irrealistico pensare di esaurire questa materia nel ciclo elementare, mentre trovo per lo meno strano che si parli degli elementi principali o basilari della frase in termini di predicato e principali complementi diretti e indiretti senza nominare il soggetto. Mi sono chiesta se per caso, alle spalle di questa assenza, non vi sia una scelta teorica precisa, un modello grammaticale assunto, che non consideri il ‘soggetto’ uno degli elementi basilari della frase. Ad esempio il modello valenziale definisce la frase minima (o nucleare) come una frase costituita dal predicato e dagli elementi necessariamente richiesti dalla sua struttura logico-semantica. E tuttavia anche nel modello valenziale si parla del soggetto come di un elemento molto speciale, necessario a saturare la valenza della quasi totalità dei verbi (fanno eccezione i cosiddetti verbi meteorologici e pochissimi altri definiti, proprio per questo, zero-valenti).
Di fatto non vedo come si possa, nell’analisi della frase, evitare di parlare di soggetto, che peraltro è una delle categorie più immediatamente utili nel passaggio dall’italiano ad altre lingue (moderne, classiche) proposte dalla scuola. Sono anzi convinta che nel proporre una riflessione sulla struttura della frase in italiano, si debba tenere nel massimo conto il soggetto, addestrando i bambini a ritrovarlo e riconoscerlo in tutte le sue possibili manifestazioni superficiali.
Ad esempio partirei con i più piccoli da frasi in cui il soggetto è rappresentato da un sintagma nominale agente e umano, che è il soggetto prototipico, selezionato da verbi di azione, normalmente in posizione preverbale, e presumibilmente in assoluto il più facile da individuare: il bambino corre, Maria prende il gatto, mio fratello risponde male alla mamma. Solo in un secondo momento proporrei casi meno immediatamente riconoscibili: ad esempio soggetti di verbi con diverso statuto semantico, e dunque ricoprenti ‘ruoli’ diversi7 (Maria ha paura, mio
7 Si allude qui al fatto che i verbi, prefigurando eventi di vario tipo, attivano scenari diversi i cui partecipanti, tra cui il soggetto, ricoprono ruoli diversi: ad esempio in Gianni compra il libro il soggetto ricopre il ruolo semantico di ‘agente’, inteso come iniziatore volontario di un’azio-ne; in Gianni riceve un premio si descrive un evento di cui non è responsabile il soggetto, il quale è il ‘destinatario’ o ‘termine’ di un evento che non è in suo potere controllare. Per una semplice ed essenziale presentazione di questa materia si veda Salvi-Vanelli 2004.
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cugino ha avuto in regalo un libro, questo coltello non taglia); o soggetti di verbi copulativi (la maestra è bella, questa casa sembra grande); o soggetti di frasi passive, con o senza esplicitazione dell’agente responsabile dell’azione (il gatto è stato investito da un’auto, la pratica fu archiviata); o soggetti rappresentati da pronomi, espressi (lui non capisce niente) o sottintesi (hai visto il film?); per non parlare della posizione del soggetto nella frase, che prima presenterei sempre in posizione canonica (pre-verbale) e solo in un secondo tempo in posizione post-verbale (prendimi tu!, ieri sono arrivati i cuginetti di Milano). C’è materia, sul soggetto delle frasi, per lavorare su casi sempre nuovi e sempre ‘appena più difficili’ per tutti gli otto anni coperti dal documento ministeriale, e sicuramente anche oltre: si pensi a casi come lavorare stanca, il libro lo compro io, bisogna studiare, sembrava che venisse giù il diluvio e così via, frasi tutte che potrebbero comparire nella più banale ed informale delle conversazioni, ma che pongono problemi di analisi anche agli studenti più grandi. Ovviamente l’esercizio del ritrovamento del soggetto comporta necessariamente riflessioni sull’accordo tra il soggetto e il predicato, che almeno per i modi finiti è di fatto l’unica spia certa, l’unica bussola che non fallisce mai nella individuazione del soggetto: almeno per l’italiano, che non ha i casi, e dunque nemmeno il caso Nominativo a segnalarlo (tranne, come abbiamo visto, che per i pronomi personali).
Quanto agli altri elementi della frase, quelli indicati come predicato e principali complementi diretti e indiretti, voglio sperare che questa formulazione non venga interpretata come un invito al ritrovamento dei complementi tradizionali (di specificazione, di modo, di causa...), la cui lunga lista occupa le pagine delle grammatiche scolastiche, e gli interessi pressoché esclusivi di molti insegnanti di italiano. In realtà è possibile interpretare questa dicitura in modo diverso, ad esempio adottando in modo esplicito il modello valenziale, e questo non già per mania di cambiamento a tutti i costi, ma perché l’analisi tradizionale della frase è insoddisfacente sotto molti aspetti, e potrebbe con profitto essere sostituita dall’analisi della frase, semplice e complessa, secondo il modello valenziale.
Non vorrei ripetermi su questo argomento, visto che ne ho già scritto in più occasioni (ad esempio in Lo Duca 2004, 2006, 2007), né è qui il caso di spiegare in cosa questo modello consista (per questo rimando agli studi citati e al ‘padre’ fondatore, Tesnière 1959, oggi disponibile anche in traduzione italiana). Ricordo solo che il modello valenziale - che analizza la frase a partire dal verbo-predicato e dagli elementi obbligatori necessariamente richiesti dalla sua struttura logico-semantica gode di generale e condivisa considerazione nella comunità scientifica, tanto è vero da essere stato adottato da molte scuole di linguistica perché si presta egregiamente a spiegare in modo semplice e potente la struttura della frase, e in moltissime lingue, se non in tutte. La sua facile traducibilità didattica è peraltro già stata ampiamente sperimentata non solo per l’italiano (ad esempio il modello è stato adottato in alcune delle grammatiche scolastiche più innovative), ma
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anche per il latino (Proverbio 1979, Scarpa 1995) e per altre lingue straniere moderne (per il tedesco, ad esempio, si veda Rieger 2007 e l’ampia bibliografia ivi citata). Insomma qui non si propone l’adesione frettolosa e incondizionata all’ultima ‘moda’ grammaticale, secondo una prassi diffusasi negli scorsi decenni, ed egregiamente cavalcata dal mercato editoriale, ma l’adozione convinta e consapevole di un modello che, a parere di molti, si presenta come il miglior candidato a sostituire il modello tradizionale. Facendo questa scelta, tutto il percorso nella sintassi dell’italiano risulta più semplice, sfrondato delle molte incrostazioni che l’hanno appesantito: niente più lunghe casistiche di complementi, con le migliori energie impiegate per dipanare questioni di nessun interesse (in credere in Dio, che complemento è in Dio?), ma solo distinzione, questa sì rilevante ai fini della costruzione della frase, tra elementi obbligatori ed elementi facoltativi, fra elementi cioè essenziali a costruire frasi ‘di senso compiuto’, e quindi grammaticali, ed elementi accessori, dei quali si può, volendo, fare a meno.
Comunque la si voglia condurre ed interpretare, la riflessione sulla struttura della frase semplice, qui collocata ed esaurita nel ciclo elementare, non mi convince. Anche per la sintassi devo ripetere quanto ho già scritto per la morfologia: stiamo parlando di una materia straordinariamente complessa, che presenta strutture centrali (il termine tecnico è ‘non marcate’) e strutture periferiche (‘marcate’), alle quali sarebbe bene iniziare e condurre gli allievi con attenta e soppesata gradualità. Ci sono, nella frase semplice, fatti che non sono a mio parere accessibili alla riflessione esplicita dei bambini. Abbiamo già visto sopra alcuni casi di soggetti ‘difficili’. Adesso potrei aggiungere il mancato accordo tra il soggetto e il participio passato del predicato nelle frasi con pronome clitico in posizione preverbale (mio padre le ha viste); o il concetto di ‘sottinteso’, che l’analisi tradizionale riserva solo al soggetto pronominale, ma che interessa, può interessare anche altri elementi della frase ed altre strutture: si pensi alla lunga casistica delle frasi responsive (‘Dove sei andato ieri?’ ‘A Milano’), dove viene normalmente esplicitato solo l’elemento nuovo, mentre tutto ciò che è già ‘dato’ dalla domanda viene, appunto, sottinteso; o alla possibilità, che solo certi verbi transitivi hanno, di poter sottintendere il complemento oggetto (Maria ha studiato, sta cantando) mentre questa eventualità è esclusa per moltissimi altri verbi (*Maria ha baciato/ sta inseguendo/ abbraccia/ aveva respinto ecc.).
Quanto alla frase complessa, il documento ministeriale prevede che essa diventi materia di riflessione solo a partire dalla scuola media., alla fine della quale gli allievi dovranno essere in grado di distinguere la principale dalle subordinate, e conseguentemente riconoscere i principali tipi di proposizioni subordinate che vengono elencati tra parentesi (relative, temporali, finali, causali, consecutive). Questo unico obiettivo viene poi ulteriormente ribadito (analizzare la frase complessa), con l’aggiunta di visualizzare i rapporti fra le
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singole proposizioni rappresentandoli anche graficamente. Mi pare di intravedere in questa sistemazione la decisione di orientare le scelte dei docenti solo sulla subordinazione, lasciando perdere, per il momento, la coordinazione. Ugualmente noto l’assenza delle completive (soggettive, oggettive, oblique e interrogative indirette), le quali tutte sarebbero, nel modello valenziale, etichettate come frasi argomentali, perché possono saturare una valenza del verbo (della principale). Mi chiedo se queste assenze siano volute. Certo potrebbero prefigurare la decisione di spostare in avanti, nel ciclo superiore, la riflessione su alcuni elementi della frase complessa, allo scopo di introdurre la necessaria gradualità in una materia così ricca di casi problematici: si pensi, per fare un solo esempio, allo status grammaticale dei connettivi dunque, quindi, comunque, infatti, perciò ecc., tradizionalmente considerati congiunzioni coordinanti, ma da alcuni rianalizzati e diversamente interpretati (ad esempio da Colombo 1984, Scorretti 1988, Ferrari 2000).
Anche in questo caso, però, penso che le Indicazioni vadano interpretate in un’ottica coraggiosamente gradualistica: come ci sono fenomeni relativi alla morfologia e alla sintassi della frase semplice che vanno spostati ‘più avanti’ nel tempo, perché oggettivamente difficili da analizzare, così ci sono a mio parere forme di subordinazione, quindi elementari riflessioni sulla frase complessa, che potrebbero essere anticipate con profitto, in ragione della loro altissima frequenza nel discorso e della loro funzionalità comunicativa, utili a rappresentare linguisticamente alcune fondamentali relazioni tra i ‘fatti del mondo’: ad esempio la subordinata causale esplicita con perché (non ho studiato perché sono stato male), la subordinata temporale esplicita con quando (quando piove non esco), la finale implicita con per (vado in piscina per nuotare). Non è un caso, infatti, che queste forme di subordinazione compaiano precocemente nell’acquisizione dell’italiano da parte di stranieri non sottoposti ad insegnamento formale (Andorno et alii, 2003), e non sarebbe male, nel delineare un percorso di riflessione grammaticale, tener conto anche di questi dati.
6. Per concludere
Credo che adesso spetti ai docenti lavorare, individuando la giusta sequenzialità degli obiettivi e le più efficaci modalità di lavoro sugli stessi. Come ho cercato di mostrare nel corso dell’intervento, credo sia indispensabile intervenire a disarticolare ciò che il documento presenta in modo troppo rigido e compatto, allo scopo di prefigurare, nelle diverse realtà di cui la scuola italiana si compone, degli obiettivi sensati di riflessione grammaticale per i diversi segmenti scolari: pochi, definiti con precisione, sequenziali, vale a dire adeguati all’età e alla maturità cognitiva e linguistica degli allievi, ripresi ciclicamente, cioè correttamente
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innestati gli uni sugli altri in una spirale di progressiva e riconoscibile complessificazione del quadro d’insieme. Un esito da evitare a tutti i costi, ad oggi uno dei maggiori ‘difetti’ della riflessione grammaticale della nostra scuola, è la ripetitività degli argomenti nelle diverse classi e nei diversi cicli scolari, che si traduce in una diffusa tendenza a fare tutto (e conseguentemente male), e a rifare nuovamente tutto (sempre male) nei cicli successivi. Questo rischio, però, non si combatte suddividendo la materia grammaticale per livelli di analisi, e abbinando livelli e cicli scolastici, come sembra prefigurare il documento ministeriale, almeno nella parte relativa alla morfosintassi. Si combatte entrando nel dettaglio, livello dopo livello, e individuando per ciascun livello ciò che è semplice e ciò che è complesso (per lo studente), allo scopo di disporre i contenuti grammaticali secondo un piano credibile e documentato di difficoltà crescente.
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Misurare e valutare gli apprendimenti linguistici
Mario Ambel
1. PremessaIl titolo fa volutamente riferimento a due concetti, uno più ampio (“valutare”)
e uno semanticamente più ristretto (“misurare”), che sono maggiormente orienta-ti alla valutazione dei prodotti e sembrano quindi porre in subordine la valutazio-ne di processo. Ho assunto questa prospettiva come punto di osservazione e non come approccio ritenuto prioritario e più soddisfacente nella valutazione degli apprendimenti. Ritengo anzi che una valutazione con strumenti (possibilmente ben elaborati) che puntano alla misurazione dei risultati, abbia senso solo se af-fianca e integra la prioritaria esigenza di dotarsi di idonei strumenti di osservazio-ne e valutazione dei processi.
Questo approccio, si semplifica parlando, da un lato, della differenza fra forme diverse di valutazione e, dall’altro, della necessità, per i docenti e le scuole, di dotarsi criticamente di strumentazioni ritenute più oggettive per la misurazione degli apprendimenti linguistici, in particolare a proposito della comprensione del testo, per la quale esistono interessanti ambiti di riferimento sia internazionali che nazionali, oltre che significative esperienze locali.1
Nel presentare questo contributo, ho scelto di privilegiare la questione di che cosa si possa o si debba intendere con apprendimento linguistico, tema partico-larmente delicato e attuale, anche dal punto di vista normativo. Prima infatti di decidere chi e come possa o debba misurare o valutare gli apprendimenti lingui-stici (come di ogni altra area disciplinare), sarebbe infatti opportuno decidere e condividere che cosa sono.
1. Apprendimenti linguistici e... competenze: qualche delimitazione concettuale
Una prima questione, certamente preliminare, riguarda dunque la natura stessa di ciò che si possa intendere per “apprendimento linguistico” e se e in che misura, nel definirlo, possa essere utile il concetto di competenza.
Infatti, l'uso del concetto di competenza così come viene coniugato in alcuni contesti internazionali che si occupano della certificazione delle competenze da un punto di vista generale (ne vedremo tra breve alcuni esempi), potrebbe gene-rare qualche incongruenza con il concetto di competenza linguistica e comuni-
1 Nella parte finale della relazione ho mostrato alcuni esempi di prove e di comparazione di esiti, elaborati nel quadro di un lavoro di ricerca-azione condotto con la Rete Casale di Brindisi, Rete verticale per la formazione in servizio.
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cativa, così come a partire dalla fine degli anni settanta si è andato consolidando nella ricerca linguistica applicata ai processi di insegnamento/ apprendimento ed è poi stato spesso assunto e applicato nell'ambito delle pratiche didattiche più innovative.2
Può quindi essere opportuno passare in rassegna e confrontare alcune defini-zioni del concetto di competenza, ricavate da contesti diversi.
La prima definizione è di Gaetano Berruto e proviene dalla linguistica teori-ca:
«Per competenza s’intende l’insieme di conoscenze che un parlante-ascoltato-re ideale di una data lingua possiede, e che è sottostante ad ogni sua produzione linguistica e gli permette di produrre e capire infinite frasi di quella lingua.» 3
È la definizione chomskjana di competenza, che ne esalta le componenti im-plicite, interiorizzate, che vengono in superficie e si esplicitano solo attraverso prestazioni esercitate in specifici contesti comunicativi.
La seconda definizione è di Daniela Bertocchi e fa riferimento agli studi e alle proposte di metodologia didattica nel campo dell’educazione linguistica
«Con il termine competenza intendiamo le conoscenze delle regole e dei meccanismi che, pur non essendo direttamente osservabili, rendono possibile la manifestazione delle diverse abilità: ce ne serviamo come di categorie per rag-gruppare le diverse capacità che ne costituiscono i sottocomponenti, le opera-zioni specifiche che rendono possibili i comportamenti corretti di codificazione e decodificazione (le abilità).»4
Anche in questo caso, la competenza è una conoscenza (di dati o di procedure) interiorizzata, che emerge solo in quanto viene esercitata sotto forma di abilità. Per questa strada l’educazione linguistica ha elaborato una sua teoria delle abilità, che implicano l’utilizzo di una serie di competenze specificamente linguistiche, che vediamo ricondotte da Adriano Colombo alle componenti proprie della lettu-ra-comprensione:a) competenza tecnica:consiste essenzialmente nel riconoscimento del rapporto
tra segno e suono, o meglio tra “insiemi grafici” e “insiemi sonori”;b) competenza semantica: “è la competenza che, in stretto rapporto con la prece-
dente, permette di riconoscere il rapporto tra significanti e significati”c) competenza sintattica: “permette di cogliere i rapporti sull’asse sintagmatico
dei vari elementi costitutivi della frase e del periodo”.d) competenza testuale: comprende le capacità di riconoscere la coesione testua-
le, di discernere le singole unità testuali e i loro rapporti, “di individuare il tipo
2 Per una rassegna delle problematiche dell’educazione linguistica, anche in prospettiva storica, si veda Giscel (a cura di), 2007, Educazione linguistica democratica. A trent’anni dalle Dieci tesi, Franco Angeli, Milano.3 Berruto G., 1988, Nozioni di linguistica generale, Liguori, Napoli, p. 50 4 Da Bertocchi D. et alii, 1981, Educazione linguistica e curricolo, B. Mondadori Milano, pp. 96-97
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di testo di cui si tratta e formulare previsioni adeguate”;e) competenza pragmatico-comunicativa: comprende le capacità necessarie per
ricostruire il messaggio dell’emittente, la sua intenzione comunicativa, e gli elementi di contesto (oggetti del discorso, situazione comunicativa) che condizionano la formulazione dei messaggio; in interazione con la preceden-te, questa competenza consente di cogliere la coerenza del testo;
f) competenza rielaborativa e valutativa: “comprende tutte le capacità che per-mettono al lettore di utilizzare il testo per un proprio scopo, rielaborandolo opportunamente e di dare giudizi di adeguatezza del testo, validità delle infor-mazioni ecc.».5
Questo insieme di competenze e capacità interiorizzate, opportunamente mi-scelate fra loro, consente al parlante di comprendere testi (ma lo stesso si potrebbe dire per la scrittura, l’ascolto, il parlato, l’interazione dialogica, la letto-scrittura, ovvero le singole abilità linguistiche). Anche se il processo della comprensione non è dato dalla sommatoria di queste competenze, ma dal loro impiego coordi-nato in una serie di atti strategici che, attraverso l’atto della lettura e le operazioni cognitive che questo atto implica, mettono in relazione dinamica le conoscenze del lettore con le conoscenze contenute e organizzate nel testo.6
L’ultima definizione proposta, invece, è tratta dagli esiti di una ricerca con-dotta da più scuole ed è riconducibile al dibattito attuale sulle competenze, così come si è andato svolgendo in ambiti diversi: nella formazione e istruzione pro-fessionale, nelle ricerche internazionali e nelle commissioni incaricate di indaga-re sulle competenze di cittadinanza da garantire e richiedere al cittadino di oggi e di domani; infine questo approccio è stato assunto anche in alcuni contesti di progettazione curricolare o di indicazioni programmatiche (anche ministeriali) per la progettazione curricolare:
<<Una competenza è data dall’insieme integrato di abilità, conoscenze e at-teggiamenti che un soggetto in determinati e adeguati contesti reali (definiti dalla natura dell’ambiente e della situazione, dai partecipanti e dalle dinamiche rela-zionali, dalla strumentazione necessaria), utilizzando materiali e strumenti, è in grado di attivare su oggetti specifici, realizzando una prestazione consapevole, finalizzata al raggiungimento di uno scopo (definire e risolvere problemi cono-scitivi e operativi, compiere azioni, raggiungere risultati, applicare strategie sem-plici o complesse).>>7
Di questa definizione è da notare, da un lato, l’idea che la competenza sia frut-to di un impiego congiunto di conoscenze, abilità e atteggiamenti e, dall’altra, il
5 Da Colombo A., 2002, Leggere. Capire e non capire, Zanichelli, Bologna, p. 6; cita Bertocchi D., 1983, La lettura, Milella, Lecce, p. 78 e segg. 6 Questo aspetto è stato affrontato nella seconda parte della relazione, dedicata a diverse modalità di verifica della comprensione del testo.7 Da Ambel M. , 2004, Percorsi modulari per il consolidamento delle ompetenze di base, F. Angeli, Milano, vol.1 p. 11
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fatto che una competenza sia osservabile (e quindi valutabile) solo se si estrinseca in prestazioni contestuali.
Pur nelle sensibili differenze che caratterizzano questi filoni di pensiero e di conseguenza le “definizioni” proposte, è forse possibile individuare una linea di convergenza che ne elabori una sintesi e consenta di accostarsi in modo organi-co al problema della valutazione e certificazione degli apprendimenti linguistici nella prospettiva dell’acquisizione e dell’incremento di competenze. Per farlo, è però necessario compiere alcune operazioni preliminari; almeno due (che valgo-no per l’educazione linguistica ma dovrebbero essere in parallelo compiute da tutte le “discipline”):
definire che cosa si intenda per conoscenze, abilità e atteggiamenti e in quali modalità queste componenti si intreccino per dar luogo a competenze;stabilire una qualche distanza concettuale fra il possesso e il controllo di una competenza potenziale e l’esercizio e l’osservabilità di una competenza agi-ta.Questa distinzione è di particolare importanza, direi ineludibile, nei discorsi e
soprattutto nelle pratiche valutative. Prima di cominciare a osservare, misurare, valutare e certificare è indispensabile aver ben chiare queste dimensioni e averle tradotte in pratiche didattiche consolidate.
2. Le variabili in gioco
Prima di procedere nell’analisi delle delimitazioni concettuali del costrutto di competenza e anche per ancorare quelle delimitazioni al terreno più concreto del-le pratiche didattiche (e delle loro possibili innovazioni metodologiche), è bene affermare che uno dei pregi del ragionare (e del progettare percorsi scolastici) per competenze non sta tanto nel trovare nuove modalità di valutazione e certi-ficazione, quanto nel disporre di un nuovo approccio alle variabili dell’attività educativa.
In tal senso le competenze potranno diventare un motore di innovazione, se consentiranno di porre in termini nuovi i rapporti fra le variabili che intervengono nei processi di insegnamento / apprendimento: 8
i soggetti;gli oggetti di conoscenza;le procedure, le abilità e le competenze mobilitate, ma anche le metodologie didattiche;i contesti, ambientali e relazionali;
8 Vedi Ambel M., 2008, Dentro e oltre le discipline, in corso di stampa presso l’USP di Foggia tra i materiali di formazione per il sostegno alla sperimentazione delle Indicazioni per il curricolo e in www.memorbalia.it
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gli scopi, ovvero le motivazioni, le intenzionalità, i fini.Tra l’altro, in campo linguistico, l’insieme di queste stesse variabili delinea l’in-tero quadro degli interventi programmatici anche del lavoro didattico:i soggetti: i singoli, il gruppo classe, la collettività; gli oggetti di conoscenza: i testi (che in quanto oggetti di conoscenza e di appren-dimento includono fra le conoscenze tutti i livelli di descrizione grammaticale e metalinguistica), i generi e i domini, ma anche i contenuti veicolari e le modalità comunicative adottate;le procedure: le abilità, linguistiche e cognitive;i contesti: le situazioni e i contesti in cui avviene la comunicazione;gli scopi: gli scopi comunicativi.
Non è infatti azzardato affermare che le variabili che entrano in gioco nella definizione delle competenze sono molto simili a quelle che utilizziamo nella descrizione dei processi di comunicazione (e nella progettazione del loro appren-dimento): forse perché comunicare è una delle principali competenze esercitate dagli esseri umani e perseguite dalla scuola.
3. Conoscenze, abilità, atteggiamenti e competenze (per l’educazione linguistica)
Non si ha qui lo spazio per affrontare nel dettaglio che cosa si possa o si debba intendere con conoscenza (dichiarativa e procedurale) o con abilità (linguistica, cognitiva, manuale, strumentale) o con atteggiamento (personale, interpersonale) nell’acquisizione e nell’esercizio delle competenze linguistiche. Si tratta per altro di argomenti su cui non manca una consolidata consuetudine di riflessioni teori-che e metodologiche.
Mi limito a porre, nei termini in qualche misura nuovi di questo ragionamento sulle competenze, un problema antico. Affrontare il tema della definizione delle competenze (scolastiche) significa anche decidere in quale rapporto stiano (nelle procedure di apprendimento proprie della scuola) conoscenze e abilità: fra loro e con le stesse competenze.
Una buona definizione di questo rapporto viene utilizzata nella documentazio-ne ministeriale per l’innalzamento dell’obbligo (è ripresa dai lavori della Com-missione Europea per l’applicazione degli impegni di Lisbona)
«“Abilità”, indicano le capacità di applicare conoscenze e di usare know-how per portare a termine compiti e risolvere problemi»9
Se applichiamo all’ambito linguistico l‘idea che un’abilità consista nell’usare conoscenze dichiarative e procedurali per portare a termine un compito di natura
9 MPI, 2007, Il nuovo obbligo di istruzione: cosa cambia nella scuola?, p. 11; la definizione è tratta dalla Proposta di raccomandazione del parlamento europeo e del consiglio del 5 settembre 2006 sulla costituzione del Quadro europeo delle Qualifiche e dei Titoli per l’apprendimento
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cognitiva, linguistica o operativa, riscontriamo due elementi di interesse:da un lato, possiamo riconoscere senza difficoltà, in quanto tali, le abilità lin-guistiche attorno alle quali si è sempre esercitata la programmazione didattica: la lettura, l’ascolto, la scrittura, il parlato e i loro intrecci;dall’altro, possiamo porci in questi termini un problema annoso: in che misura il possesso di conoscenze dichiarative (per esempio le conoscenze gramma-ticali) o procedurali (quali operazioni consentono di leggere e scrivere più efficacemente) rinforza l’esercizio delle abilità linguistiche?L’approccio per competenze fornisce a questo interrogativo una prospettiva
che non può eludere l’esercizio operativo e contestuale delle conoscenze, delle abilità e infine delle competenze, confermando la convinzione di chi ha sempre pensato del tutto inutile un apprendimento della “grammatica” avulso dall’uso della lingua e dalla riflessione sull’uso.
Non è solo una questione di operatività, certamente centrale in un approccio per competenze; è qualcosa di più: è la certezza che il sapere e le conoscenze (e tra queste anche quelle grammaticali) sono tali e si consolidano solo quando vengono mobilitate, ovvero vengono impiegate nello svolgimento riflessivo di abilità e nell’esercizio intenzionale e consapevole di competenze, che mettono in gioco il soggetto e le sue capacità.
È solo nell’esercizio contestuale di abilità e competenze che il sapere diviene vitale e acquista senso: vale per l’apprendimento linguistico come (e più) che per ogni altro apprendimento.
4. I risultati dell’apprendimento (e la loro valutazione)
Va rilevato, neppur troppo fra parentesi, che lo stesso documento della Com-missione europea riporta anche una interessante definizione di che cosa si debba intendere per risultati dell’apprendimento; è una definizione di estrema impor-tanza qualora si voglia decidere con quali strumenti sia possibile descrivere e sancire la valutazione degli apprendimenti:
«“Risultati dell’apprendimento” indicano la attestazione di ciò che un di-scente conosce, capisce e può fare al termine di un processo d’apprendimento e sono definiti in termini di conoscenze, abilità e competenze.»10
Questa definizione di che cosa si debba intendere per risultato dell’apprendi-mento rimanda quindi ai concetti di conoscenze e abilità (nel rapporto che abbia-mo visto) e di competenze, che in questo contesto vengono così definite:
«“Competenze” indicano la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio
10 Proposta di raccomandazione del parlamento europeo e del consiglio, cit. ; sta in http://ec.europa.eu/education/policies/educ/eqf/com_2006_0479_it.pdf
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e nello sviluppo professionale e/o personale.»11
Si tratta di questioni di estremo rilievo, anche tenuto conto del mandato isti-tuzionale che attualmente la legge affida all’Invalsi, insistendo sulla verifica di «conoscenze e abilità», rischiando o scegliendo deliberatamente di escludere la verifica dell’avvenuta acquisizione e del controllo di competenze. In campo lin-guistico e in relazione alla comprensione del testo, tra l’altro, è la differenza, non di poco conto, che è possibile riscontrare fra ciò che si prefiggono le prove Invalsi e ciò che si prefiggono le prove OCSE-PISA.
5. Competenze potenziali e competenze agite: attese, attivate, certificate
Appurato che cosa si possa intendere per apprendimento linguistico nella pro-spettiva dell’acquisizione di competenze, è bene compiere un’ulteriore distinzio-ne, quella tra competenza potenziale e competenza agita, che consenta di separare i risultati attesi o auspicati (quelli ad esempio che le Indicazioni per il curricolo chiamano «Traguardi per lo sviluppo delle competenze»), dalle finalità di speci-fiche unità di lavoro (le competenze richieste, anche sotto forma di obiettivi, ed esercitate) o, infine, dalle competenze effettivamente verificate e certificate alla fine di un percorso formativo.
Anche qui è bene non fare confusione: non a caso le Indicazioni per il currico-lo affermano con estrema chiarezza che i «Traguardi per lo sviluppo delle compe-tenze» non sono da intendersi come obiettivi che gli allievi debbano raggiungere e sui quali debbano essere valutati12. La competenza potenziale, auspicabile più che auspicata, può dar luogo alla descrizione di un profilo atteso di competenza o, con opportuni interventi progettuali, a descrittori che la scompongano analiti-camente (in conoscenze, abilità e atteggiamenti da attivare/acquisire), non certo a standard di prestazione, che sono ben altra cosa! Valutare sulla base di profili au-spicabili (e quindi necessariamente medio-alti) quali sono i «Traguardi» sarebbe una operazione pericolosissima, soprattutto in tempi in cui dovessero prevalere gli usi selettivi delle pratiche valutative!
Altra cosa ancora è la competenza agita da ciascuno all’interno dei processi di insegnamento / apprendimento o che un parlante per esempio mette in atto in una pre-stazione concretamente esercitata in contesto: questa può essere osservata e valutata e, se ha dato luogo a oggetti valutabili con criteri oggettivi, persino misurata.
11 Ibid.12 «Al termine della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, per i campi di esperienza e per le discipline, vengono individuati traguardi per lo sviluppo delle competenze. Tali traguardi, posti al termine dei più significativi snodi del percorso curricolare, dai tre a quattordici anni, rappresentano riferimenti per gli insegnanti, indicano piste da percorrere e aiutano a finalizzare l’azione educativa allo sviluppo integrale dell’alunno.», MPI, 2007, Indica-zioni per il curricolo, p.21.
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Qui ci avviciniamo alla determinazione delle competenze che possiamo porre come finalità di specifiche unità di lavoro. Le competenze linguistiche descritte secondo il modello dell’ultima definizione proposta (quella più generale e adatta-bile anche ad altre discipline), possono essere assunte come competenze attivabili in percorsi e unità di insegnamento/ apprendimento in ordini di scuola diversi.
Solo alla fine di un processo di insegnamento/ apprendimento, che dovrà pre-vedere modalità necessariamente molteplici e diversificate di valutazione, sarà possibile giungere alla certificazione di un profilo di competenza effettivamente acquisito, attraverso il quale un soggetto o ente riconosciuto attesta, ad esempio, ciò che un parlante di una lingua è potenzialmente in grado di leggere, capire, scrivere, dire, ascoltare, sulla base delle competenze fin lì maturate e opportuna-mente verificate (profilo certificato)13.
Le modalità descrittive della certificazione potranno riprendere criteri e stru-menti del profilo o adottare criteri diversi, sempre di natura ovviamente qualitati-va. È infatti opportuno notare che queste modalità di definizione, determinazione e certificazione delle competenze, ormai ampiamente condivise anche in campo internazionale, implicano inevitabilmente la necessità di adottare forme di valuta-zione e descrizione qualitativa e non numerale dei risultati dell’apprendimento.
6. Osservare, misurare, valutare e... certificare
Si chiude così fra l’individuazione di traguardi socialmente attesi e la certifi-cazione dei risultati individualmente raggiunti una circolarità tra progettazione e valutazione, che passa attraverso processi di acquisizione e rinforzo delle compe-tenze, che devono essere osservabili e in parte misurabili con modalità necessa-riamente varie e flessibili, senza eccessive illusioni semplificatorie.
Da alcuni anni si sta infatti faticosamente sedimentando anche nel nostro pae-se un quadro concettuale nuovo e complesso attorno ad alcuni punti fermi, che, se non verranno stravolti da nuove improvvisazioni, potranno portare a pratiche condivise di progettazione e valutazione educative.
In un tale quadro, diviene indispensabile porsi in modo aperto e flessibile il problema della pluralità dei modi e delle procedure della valutazione.
Anzitutto è di fondamentale importanza conciliare l’osservazione di processo e la misurazione dei prodotti, introducendo sull’impianto della dialettica fra valu-tazione formativa e valutazione sommativa le novità apportate dalla prospettiva delle competenze. In secondo luogo è di fondamentale importanza alimentare un rapporto forte e significativo fra procedure di valutazione esterne e capacità di 13 In campo linguistico l’esempio più significativo di descrizione di profili per la certificazione del-le competenze è notoriamente disponibile per l’apprendimento di una lingua straniera ed è definito dal Consiglio d’Europa, 2003, Framework - Quadro comune europeo di riferimento per le lingue: apprendimento insegnamento valutazione, La Nuova Italia Oxford, Firenze.
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autovalutazione da parte dei soggetti coinvolti (siano essi gli allievi, le classi, le scuole o l’intero sistema...). In particolare nella didattica finalizzata all’acquisi-zione di competenze assume particolare rilievo la riflessione metacognitiva, at-traverso cui l’allievo, consapevole degli obiettivi da raggiungere e delle strategie da adottare, si impadronisce del linguaggio e dei criteri valutativi e mette in atto strategie di autovalutazione, decisive anche per incrementare e consolidare l’ap-prendimento.
In questo modo:osservazione di processo;riflessione metacognitiva e autovalutazione;misurazione di prodotto;cooperano a istanze e pratiche valutative effettivamente efficaci e finalizzate
all’apprendimento, prima che alla sua valutazione.Possiamo infatti annotare un ultimo aspetto, in realtà preliminare: l’intero si-
stema scolastico e al suo interno ciascun soggetto a vario titolo coinvolto, in tema di valutazione degli apprendimenti, devono scegliere con maggior chiarezza se intendono utilizzare criteri e strumenti valutativi in una logica di ricerca e di pe-renne miglioramento o in una logica sanzionatoria e premiale14.
7. Un esempio di descrivibilità di “una” macro-competenza linguistica: la com-prensione del testo
Si riportano, di seguito, alcuni esempi di modalità diverse di descrizione, os-servazione e misurazione della comprensione del testo, in particolare relative alla comprensione del testo:
l’indagine OCSE-PISA: definizioni, variabili e descrittori;descrittori e criteri della comprensione del testo in alcune esperienze di ricer-ca-azione di scuole e reti di scuole.Entrare nel dettaglio di queste esperienze richiederebbe non solo troppo spa-
zio ma anche una differente finalità comunicativa, non coerenti con questo con-tributo15.
Per un approfondimento delle tematiche affrontate e per fruire di alcune esem-plificazioni ricavate dall’attività di gruppi di ricerca-azione sul terreno della va-
14 Cfr. Ambel M., 2008, “La valutazione degli apprendimenti e la logica del gambero” in Ambel M. e Fabiani F. (a cura di), 2008, Quando la valutazione è ricerca, insegnare-dossier, n.2, 2008, editoriale ciid, Roma.15 Alcuni di questi temi sono stati affrontati ne “il caso” dedicato all’indagine OCSE-PISA su “insegnare”, n.2, 2008, pp. 38-51e nel citato Ambel M. e Fabiani F. (a cura di), 2008, Quando la valutazione è ricerca, insegnare-dossier, editoriale ciid, Roma.
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lutazione degli apprendimenti linguistici, in particolare sulla comprensione del testo, oltre i riferimenti posti in nota, si possono consultare il sito www.memor-balia.it e le relative pagine interne, fra cui un “Osservatorio sulle prove semistrut-turate di comprensione” a cura di girel (gruppo intergenerazionale di ricerca in educazione linguistica) del cidi torino, che sarà attivato a decorrere da gennaio 2009.
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IL CURRICOLO VERTICALE IN EDUCAZIONE LINGUISTICA
Felicia Positò
1. Premessa
A conclusione di una prima tappa della riflessione e del lavoro in rete delle scuole sulle Indicazioni per il curricolo nella scuola dell’Infanzia e del Primo ciclo, possiamo senz’altro dire che sono emerse indicazioni forti e diffuse sul come interrompere, anzi rompere definitivamente, l’autorefernzialità dei diversi gradi di scuola ed avviare un circuito virtuoso che, attraverso la costruzione del curricolo verticale, affermi e pratichi la centralità della continuità nel percorso formativo di tutti e di ciascuno.
Quest’approccio favorisce una corretta interpretazione degli Obiettivi di Lisbona per il 2010 poiché, individuando nella competenza chiave “Imparare ad imparare”, l’elemento costitutivo della società della conoscenza, consente di superare l’ottica delle conoscenze/gabbia, ormai inconciliabile con la complessità e la molteplicità dei saperi, per recuperare l’unitarietà del sapere.
La ricerca-azione per la costruzione del curricolo verticale ha aperto, nei gruppi di lavoro costituitisi nelle scuole, una dimensione che, con una discreta dose di certezza, potrà favorire la correzione dell’esistente, caratterizzato da un incontro tra domanda e offerta formativa assolutamente inadeguato rispetto ai bisogni emergenti e da ormai datate diatribe tra scuole di pensiero contrapposte.
I risultati intermedi a cui le scuole sono pervenute potranno facilitare il recupero di un respiro più largo, a misura dell’uomo nuovo, mediante la pratica ordinaria di una impostazione trasversale, e non disciplinarmente angusta, della relazione insegnamento-apprendimento.
Il curricolo di Educazione Linguistica può rappresentare in modo emblematico questo tentativo di organizzare il lavoro didattico in modo ‘aperto ed intrecciato insieme’, poiché rovescia la rigidità disciplinarista e consente di acquisire un valore aggiunto, fornito proprio dalla dimensione dell’ area Linguistico- Artistico -Espressiva individuata dalle Indicazioni: “Nel delineare un curricolo dell’area, la dimensione trasversale e quella specifica di ogni disciplina vanno tenute entrambe presenti, si devono favorire gli apprendimenti disciplinari specifici e l’integrazione dei linguaggi per ampliare la gamma di possibilità espressive”. 1
L’intreccio tra dimensione trasversale e specifica di ogni disciplina caratterizza, infatti, i numerosi esempi di curricolo forniti dagli esperti e dalle attività realizzate dai Centri Risorse per l’aggiornamento riportati in altre sezioni del testo, noi ci limiteremo
1 Indicazioni per il curricolo per la Scuola dell’nfanzia e del I Ciclo – Roma Settembre 2007 (pubblicazione del Ministero) p. 47.
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a riportare i suggerimenti dei docenti e a delineare possibili piste di sviluppo.
2. I docenti suggeriscono
A fronte di una prima lettura e interpretazione delle Indicazioni, i docenti hanno fornito, per la costruzione del curricolo di Educazione Linguistica, suggerimenti che risultano coerenti con quanto riportato a chiusura della premessa, ritenendo di dover utilizzare :
i linguaggi non verbali e gli strumenti multimediali in modo costante e costruttivo;l’approccio problematico all’insegnamento in modo ordinario e non episodico;la codocenza strutturata per realizzare percorsi omogenei e non frammentari e/o ripetitivi.Ancora più significativi appaiono, perché superano la dimensione dell’area e
ne conquistano una ancora più ampia, i suggerimenti che, in forza della filosofia che emerge dalle Indicazioni, segnalano la necessità di:
costruire il curricolo d’istituto;praticare l’unitarietà metodologica tra le scuole del I ciclo;superare il rapporto dare-avere tra Scuola Primaria e Secondaria di I Grado.Suggerimenti di questo tipo risultano del tutto funzionali all’approccio
interdisciplinare all’apprendimento della lingua che caratterizza le Indicazioni.L’area linguistico - espressiva è definita, infatti, come “area sovradisciplinare”
nella quale linguaggi verbali e non verbali “ritrovano una comune matrice antropologica nell’esigenza comunicativa dell’uomo”: è con l’insieme di questi linguaggi che si dà espressione alla “propensione a narrare e a descrivere propria dell’uomo”. 2
Appare evidente che quest’approccio può contribuire a colmare lo iato tra domanda e offerta formativa cui accennavamo in premessa, poiché interpreta correttamente la comunicazione praticata quotidianamente dagli alunni che utilizzano più linguaggi, da quando l’efficacia comunicativa non è più assolta da un unico codice linguistico.
Pensiamo quindi ad un curricolo verticale di Educazione Linguistica che non privilegi la Lingua ma i Linguaggi così come viene declinato nei Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola secondaria di primo grado: “Nelle attività di studio, personali e collaborative, usa i manuali delle discipline o altri testi di studio, al fine di ricercare , raccogliere e rielaborare i dati, le informazioni, i concetti e le esperienze necessarie, anche con l’utilizzo di
1.
2.
3.
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2 Si veda il contributo di Luigi Cepparone relativo all’Italiano pubblicato nel numero 2/3 2007/08 di Notizie della Scuola (Tecnodid Editrice) pp. 155 e seguenti.
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strumenti informatici”. E ancora: “Alla fine di un percorso didattico produce con l’aiuto dei docenti e dei compagni semplici ipertesti, utilizzando in modo efficace l’accostamento dei linguaggi verbali con quelli iconici e sonori”.
3. La prospettiva
È possibile, quindi, delineare una prospettiva di medio periodo, che richiama, quasi in modo ovvio, l’orizzonte ordinario della scuola autonoma, la cui linfa è costituita da un corretto e professionalmente colto esercizio della collegialità.
Collegi dei docenti, consigli di classe e di interclasse, dipartimenti disciplinari e di area sono, infatti, i luoghi deputati a costruire curricoli verticali, interpretati come il cuore del Piano dell’Offerta Formativa.
Non a caso il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione il 26 luglio 2007, nell’esprimere il proprio parere sulle Indicazioni, ha precisato che: “Il curricolo si costruisce nella scuola per essere realizzato nella stessa: è il terreno su cui si muove l’innovazione educativa, esito della capacità progettuale di ogni singola scuola….. il curricolo è espressione di professionalità e collegialità, strumento di una scuola che è comunità di pratiche, di pensiero e di ricerca”.
Uno dei campi privilegiati in cui sperimentare l’efficacia delle tante comunità di pratiche che si sono incontrate nel lavoro fino ad oggi compiuto sulle Indicazioni, appare quello della valutazione che “…precede, accompagna e segue i percorsi curricolari … assume una preminente funzione formativa, di accompagnamento dei processi di apprendimento e di stimolo al miglioramento continuo”.
Con la valutazione abbiamo individuato probabilmente il campo più complesso ed impervio poiché, in assenza di standard di apprendimento o di livelli di competenze condivisi, si rischia di navigare ancora a vista.
Intravediamo però una pista possibile di lavoro a partire dalla interpretazione dei traguardi di competenza, proposti dalle Indicazioni in continuità verticale, quasi a scandire le tappe di crescita dell’alunno / cittadino che, nella scuola primaria “… partecipa a scambi comunicativi con compagni e docenti (conversazione, discussione, scambi epistolari…) attraverso messaggi semplici, chiari e pertinenti, formulati in un registro il più possibile adeguato alla situazione” e nella scuola secondaria di primo grado “usa in modo efficace la comunicazione orale e scritta per collaborare con gli altri, per esempio nella realizzazione di giochi, nell’elaborazione di progetti e nella valutazione dell’efficacia di diverse soluzioni di un problema”.
Come gli alunni ci sentiamo anche noi all’interno di un processo di crescita e ci auguriamo di approdare ad una riforma degli ordinamenti che tenga conto delle nostre “indicazioni”.
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L’esplorazione geografica nel 3° millennio
Isabella Varraso
1. La Geografia per la scoperta del mondo
Malgrado ci muoviamo sempre più velocemente in un mondo sempre più interconnesso ed in cui le distanze, sia fisiche sia della comunicazione sia dell’informazione interpersonale, si siano fortemente ridotte, ci sono ancora sconosciute ampie regioni sia vicine che lontane da noi.
Basti pensare a quanto siano poco note le situazioni di stati che emergono di volta in volta nella cronaca per terremoti o disastri naturali o per disagi e difficoltà politiche interne. Un esempio può essere rappresentato dal Tibet: nella conoscenza comune non si sa bene dove sia, quanto sia grande/piccolo il suo territorio, quanti abitanti lo abitino, di cosa viva la popolazione, che regime politico vi sia, quali rapporti commerciali abbia e con quali altri Stati. Si potrebbe continuare, ad esempio, con la Birmania che è ‘emersa’ nella cronaca recente per i gravi problemi connessi alla sua situazione interna, ma anche con realtà a noi più vicine come le aree della Campania, ma anche della Puglia, coinvolte come sedi di discariche proprio in questi giorni: ubicazione, paesaggi, condizioni economiche sono spesso ignorate o poco note.
D’altra parte nel mondo economico c’è anche una grande richiesta di individuare nuove aree di mercato e/o di consolidare quelle acquisite, di trovare nuove e più convenienti localizzazioni produttive, di aprire nuovi itinerari turistici. C’è quindi un grande bisogno di informazioni geografiche non solo su territori da ‘conquistare’, ma anche su quelli già noti.
C’è quindi una crescente richiesta di esplorazione geografica. Esplorazione intesa come conoscenza, come curiosità, come informazione, come descrizione e come interpretazione di regioni e luoghi sia vicini che lontani dai nostri “percorsi” abituali.
Si tratta quindi dell’affermarsi di un bisogno di sapere geografico che veda la geografia come strumento per scoprire il mondo.
L’esplorazione geografica del terzo millennio è quindi sia esplorazione di chiavi di lettura geografiche sia esplorazione dei territori.
Il nuovo curricolo di Geografia delle Indicazioni 2007 per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, con il suo approccio prevalentemente metodologico, tiene conto, fra l’altro, di entrambe queste letture e suggerisce che lo stesso ambiente di apprendimento deve “favorire l’esplorazione e la scoperta, al fine di promuovere la passione per la ricerca di nuove conoscenze” (corsivo nel testo). Inoltre, sempre il curricolo osserva che nella scuola primaria
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“sviluppare la competenza significa imparare a riflettere sull’esperienza attraverso l’esplorazione, l’osservazione e l’esercizio al confronto; descrivere la propria esperienza e tradurla in tracce personali e condivise, rievocando, narrando e rappresentando fatti significativi; sviluppare l’attitudine a fare domande, riflettere, negoziare i significati”
Un esempio di quanto siano necessarie esatte conoscenze di tipo territoriale e di quanto sia indispensabile il ruolo del docente per intervenire, guidare e correggere gli errori formali e concettuali nelle iniziative e nelle ricerche, anche lodevoli, degli studenti, si può ricavare da un blog presente in internet dell’Università del Michigan (http://itpopculture.typepad.com/italian_pop_culture/cibo_e_regioni/index.html) che riporta informazioni interessanti per il turismo relative ad alcune regioni italiane, tra cui anche la Puglia. E’ facile individuare osservazioni significative insieme a luoghi comuni, stereotipi, generalizzazioni ed errori che un più accurato intervento dei docenti avrebbe potuto rettificare e integrare.
2. Le carte geografiche per esplorare il mondo
Nel processo di scoperta del mondo lo strumento cartografico è tradizionalmente uno degli strumenti principe della Geografia per la conoscenza e la rappresentazione territoriale. E’uno strumento per acquisire concetti e informazioni.
Il nuovo curricolo richiama più volte il suo uso e la sua utilità per affrontare con la Geografia una nuova esplorazione del mondo.
Le nuove rappresentazioni cartografiche non sono solo modalità di descrizione del mondo, ma sono anche forme espressive di concetti e di relazioni. Si tratta soprattutto di carte tematiche di vario tipo per leggere, interpretare e valutare aspetti del territorio intese come strumento di efficace comunicazione di informazioni spaziali. Peraltro, ogni nostra scelta comportamentale, nella vita quotidiana come nella professione, richiede informazioni spaziali e il linguaggio cartografico è quello più economico ed efficace per comunicare tali informazioni.
Un esempio è la figura che segue1, che riporta la carta di Giulietta e Romeo nello spazio del romanzo di Shakespeare. Esprime la vicinanza e la distanza relativa dei personaggi del romanzo e quindi rappresenta lo spazio interpersonale in cui si muovono i Montecchi e i Capuleti. E’ uno spazio letterario che mostra relazioni ed illustra il concetto di linea di confine, tra i due gruppi umani che si contrastano nel dramma, al quale Romeo e Giulietta sono preoccupantemente vicini.
1 Gould, Il mondo nelle tue mani, Milano, F. Angeli, 1988, p. 215
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Le rappresentazioni cartografiche esprimono anche i rapporti fra le proprie posizioni e quelle degli altri e, quindi, aiutano a illustrare le diversità, gli squilibri, i problemi; attraverso le espressioni simboliche esprimono significati e la sintesi grafica manifesta significati e valori.
Contribuiscono, fra l’altro, ad esplicitare concetti di divisione e comunione nella utilizzazione del suolo, di gerarchie e di controllo e pianificazione del territorio. Ci guidano nella costruzione di carte mentali del nostro spazio vicino e vissuto e di quello lontano, pure importantissimo per la conoscenza.
In particolare una finalità di grande utilità, nella vita come nel lavoro, è saper tradurre informazioni di interesse territoriale dai linguaggi verbale, numerico e grafico a quello cartografico in quanto consente di orientarsi e muoversi con competenza nei diversi spazi di azione, di comunicare efficacemente informazioni connesse ai luoghi.
3. Costruire percorsi didattici attraverso percorsi spaziali problematici e concettuali
Per articolare il percorso didattico nell’ambito della scuola primaria è importante partire sia dalla scuola dell’infanzia dalla consapevolezza di sé e dal comprendere la relazione tra sé e gli altri. Vedere il proprio ‘dove’ sia dal punto di vista di sé stesso sia dal punto di vista degli altri. Questo porta alle capacità di orientamento e aiuta a cominciare a prendere coscienza delle differenze nelle posizioni geografiche e nei punti di vista; fa rendere conto che le proprie specificità non sono sempre generalizzabili ma che occorre tener conto delle identità altrui. Dalle identità personali occorre passare alle differenze e alle identità territoriali per poi riconoscere distribuzioni e trame regionali per effettuare confronti e
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leggere e interpretare territori e ambienti diversi sempre operando cambiamenti di scala nei passaggi dal locale al globale e viceversa.
Si può procedere con un percorso che tenga conto di successivi ampliamenti nella scala di osservazione di un problema o di un fenomeno ma anche nell’approfondimento successivo di concetti, partendo cioè dall’acquisizione del concetto nella sua forma più semplice e procedendo verso approfondimenti e complessificazioni via via crescenti dello stesso concetto e delle sue relazioni con altri concetti.
Ad esempio il percorso può iniziare con la semplice acquisizione del concetto di densità, passando poi alla distribuzione spaziale vista come densità differenti e magari gerarchizzate di fenomeni prima singoli poi composti, arrivando alle relazioni fra densità in spazi diversi osservati alla stessa scala, come regioni in uno stato, e poi a scale diverse, come rapporti fra regioni e stati diversi, e così via.
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I percorsi didattico-museali parte integrante del curricolo
Gloria Fazia
Già a partire dall'Unità d'Italia si era manifestata la necessità di allargare la possibilità di fruizione del patrimonio storico e artistico ad ampie fasce della Nazione e in questa ottica il Ministero della Pubblica Istruzione, che assomma-va anche le competenze per le Belle Arti, promosse la conoscenza della cultura nazionale sollecitando i "viaggi e visite d'istruzione". Si dedicò particolare atten-zione anche alla costituzione presso le scuole di "raccolte" con fini espressamente didattici. Ne è un esempio, nel nostro territorio, il museo scolastico istituito da Ester Loiodice, donna di scuola, ma anche direttrice del Museo Civico di Tra-dizioni Popolari di Foggia nei primi anni ‘20 del secolo scorso, presso la locale scuola elementare “Pascoli”.
Nel secondo dopoguerra i rapporti di collaborazione tra scuola e museo si in-fittirono anche al fine di migliorare la qualità dei processi di apprendimento nella scuola tramite una fattiva collaborazione con gli istituti culturali. Fu negli anni "60 che si sviluppò nel nostro Paese la vera e propria Didattica Museale, mirante soprattutto a familiarizzare gli studenti con il patrimonio artistico (si vedano, a tal proposito, le prime esperienze portate avanti da Paola della Pergola alla Galleria Borghese di Roma). Presso i grandi musei si istituirono addirittura vere e proprie Sezioni Didattiche, utilizzando in alcuni casi personale proveniente proprio dalla Scuola tramite speciali incarichi. Ovviamente anche gli Enti Locali sentirono la necessità di affiancarsi, ove possibile, a tali iniziative e da quel momento l'atti-vità didattica nei musei, statali o locali, è diventata una realtà, nonostante che l'istituzione del Ministero dei Beni Culturali (anni '70), abbia eliminato, almeno formalmente, il connubio con quello della Pubblica Istruzione.
Sono, quindi, svariati decenni che la scuola fa riferimento all'attività didattica museale per completare, migliorare, rendere più chiaro e appetibile l'approccio degli studenti con le varie forme di espressione artistica dell'uomo, ma anche del-le scienze e della storia del paese. Cambiano le modalità e i traguardi di appren-dimento che i docenti si pongono, a seconda che il rapporto con il Museo abbia finalità legate alla conoscenza dell'arte e quindi alla decodificazione delle diverse espressioni artistiche o miranti all'approfondimento di tematiche dell'area storica e geografica. Per quanto riguarda la conoscenza storica del territorio, punto di partenza e di confronto per un'indagine storica di più ampie dimensioni, non è certo solo il Museo l'istituto culturale che può e deve collaborare con la scuola per migliorare l'offerta formativa: si pensi alla miniera di dati che gli archivi conser-vano e che forniscono la possibilità di entrare nel vivo della storia della propria città, dei suoi cambiamenti politici e sociali, dell'evoluzione urbana.
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Sulla base di queste constatazioni appare evidente l'importanza di quanto le “Indicazioni per il curricolo” suggeriscono per il buon uso dello strumento - Mu-seo ai fini dell'apprendimento della storia. E non solo per quanto attiene all'area storica, ma anche per quella legata all'arte che oltre ad abituare i giovani alla conoscenza del nostro straordinario e vario patrimonio artistico, è documento per comprendere la storia, la società, la cultura, la religione di un'epoca. L'inse-gnamento della storia, peraltro, porta a "riconoscere le tracce storiche presenti nel territorio" che sono ovviamente visibili e decifrabili nel museo oltre che nel territorio (paesaggio antropizzato) e permette di ricavare informazioni su eventi storici di diverse epoche tanto da far pensare che l'insegnamento della storia si possa svolgere proprio a partire dai beni culturali, che come è noto, sono spesso espressione non solo del genio umano, ma di una intera società. Le Indicazioni per il Curricolo chiariscono che l'obiettivo della Storia è proprio comprendere e spiegare il passato dell'uomo, partendo dallo studio delle testimonianze e dei resti che il passato stesso ci ha lasciato. Studiare, con apposite modalità, i materiali che attestano i continui scambi culturali con altre genti e, quindi, il continuo ri-mescolamento di genti e culture che ci ha caratterizzato fin dalla preistoria, non può che consentire, inoltre, di capire gli intrecci tra i popoli e portare ad un con-fronto sereno sui temi delle identità e delle differenze culturali. Si pensi al caso della Daunia nella cui preistoria e protostoria è lampante, proprio sulla base della cultura materiale, l'apporto culturale di altri popoli, il mediorientale e l'illirico rispettivamente.
Il curricolo indica la strada di apprendere dai libri, ma anche dall'osservazio-ne diretta di elementi concreti, quali un castello, una piazza. una fabbrica, una chiesa; ma anche un reperto archeologico, un manufatto del mondo contadino, un'opera d'arte che dia suggerimenti sul costume, sui ruoli sociali di un deter-minato periodo, sul posto che l'artista ha occupato in una determinata società. I documenti e, quindi i materiali dei musei, sono "le tracce", sono "le fonti" per conoscere il passato.
Come utilizzare queste tracce, come far sì che queste fonti siano realmente utilizzabili dagli alunni, a partire dai più piccoli, addirittura dalla scuola dell'in-fanzia? Innanzitutto, sembra opportuno modulare dei percorsi di visita al museo che partano dalle esigenze curricolari e imparare ad usare il museo non nella sua interezza, decisamente sovrabbondante e "fuori tema'', ma tramite percorsi ben definiti che abbiano come scopo l'esplorazione di piccoli settori di indagine. Tutto questo, far nascere interesse verso i beni culturali e verso la storia, che nel museo diventa viva, perché attestata da materiali commissionati, realizzati, usati, amati da esseri che hanno frequentato il nostro territorio centinaia di anni prima di noi. Oltretutto la visita mirata ad un museo, utilizzando strumenti a misura di alunno, rende questa esperienza gradevole ed elimina quell'aura di sacralità o, peggio, di noia che caratterizza l'immagine del Museo presso chi non è abituato
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a frequentarlo. La visione di presentazioni multimediali, l'approccio ludico, la stesura di
schede di lettura semplificate, la fase di rielaborazione in laboratorio sono esempi di come si possa avvicinare un bambino o un ragazzo alla scoperta del museo e quindi della storia che in esso è contenuta. Non basta ovviamente osservare gli oggetti in vetrina o ascoltare un esperto che, in fondo, fa le veci del docente in una lezione frontale obsoleta, ma occorre permettere che vengano decifrati i segni da cui è composta l'esposizione museale, fino a fare propria l'esperienza di visita e diventare "protagonisti'. "Al Museo da protagonisti'", in effetti, è lo slo-gan coniato dal Museo di Foggia già da più di venti anni, per un'attività didattica caratterizzata sempre sull'approccio mirato e leggero ai materiali presentati. Per rimanere a questi ultimi anni, il Museo propone alle scuole ben nove percorsi diversi: due per la Pinacoteca, cinque per la sezione archeologica, uno per la sezione etnografica, uno per il lapidario. Si va dalla conoscenza del mestiere del-l'archeologo a quella della pittura dell'Ottocento, dallo studio della produzione di ceramica geometrica all'araldica, dall'esame delle antiche religioni del territorio a quello dei gioielli popolari. Tutto accompagnato da presentazioni multimediali che calano i manufatti nel loro periodo storico, da schede di lettura, da fasi labo-ratoriali. indispensabili a tutte le età. E i più piccoli hanno potuto cimentarsi in cacce al particolare che hanno evidenziato non già la successione storica degli eventi, a quell'età improponibile, ma il concetto di antico e di moderno, di storia e quotidianità.
Oggi vengono in aiuto anche le nuove tecnologie che permettono un approc-cio al museo e al territorio adeguato anche alla tendenza consolidata dei nostri giovani a misurarsi con il web e con la realtà virtuale. Nel progetto Muse.net, che vedrà coinvolto il Museo Civico ma anche i musei di Torremaggiore e Bovino in una rete territoriale contraddistinta soprattutto dal filone medievale ma anche dal riferimento archeologico, è previsto un vero e proprio laboratorio per le scuole dove sarà possibile da postazioni remote individuare percorsi museali locali e nazionali, operare confronti, redigere relazioni multimediali, mettere i propri la-vori in rete, mentre gli insegnanti potranno usufruire dell'assistenza on line degli esperti e riutilizzare le informazioni apprese al museo per redigere unità didatti-che a supporto del lavoro da svolgere in aula.
Come si può notare, ne è passato di tempo dalle visite guidate di intere scola-resche su intere collezioni museali, decisamente controproducenti. L'evoluzione dei concetti di museologia e di modalità di apprendimento nella scuola ha portato ad una giusta sinergia in diversi ambiti conoscitivi, ma soprattutto nella costru-zione della conoscenze storiche, indispensabili per comprendere e migliorare il nostro presente.
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La magia della Matematica e la didattica laboratoriale
Domenico Lenzi
1. Introduzione
Nei trascorsi anni ‘70 una ventata di rinnovamento investì l’insegnamento della matematica. Molti ricorderanno gli entusiasmi che la te oria degli insiemi, quasi subito ridenominata insie mistica, riuscì ad accendere allora. Purtroppo, un suo uso improvvido in chiave didattica – dovuto a un peccato di presunzione che portò a proporre le cose più astruse – fece sì che tutto finisse in una bolla di sapone. Perciò a un certo punto si decise di bandire dall’insegnamento quel la che ormai era diventata l’insiemistificazione.
Però lo stato di degrado in cui ora versa l’insegnamento della matematica è sotto gli occhi di tutti. È quindi essenziale riesaminare le tematiche proposte ai nostri studenti – già a partire dalla scuola primaria, senza trascurare la scuola dell’infanzia – anche recuperando alcuni validi argomenti di un tempo, troppo precipitosamente cancellati dai programmi.
A proposito della scuola dell’infanzia, va segnalato che nell’età dai 3 ai 6 anni i bimbi – secondo le posizioni di molti studiosi, confermate da diverse spe-rimentazioni – possono essere addestrati in modo adeguato per predisporli a re-cepire i primi concetti aritmetici. Infatti gli inconvenienti evidenziati da Jean Piaget, relativi alla difficoltà da parte di bambini di età inferiore ai 6 anni (ma talora anche di 6 e più) verso la nozione di conservazione delle quantità discrete, potrebbero dipendere non da un’incapacità dei fanciulli di quell’età a recepire tale concetto, ma da una loro inadeguata gestione dello strumento linguistico. Essi derivano, con ogni probabilità, da una provvisoria incomprensione del fatto che in aritmetica termini quali “più” e “meno” hanno un significato ben preciso che dipende dal conteggio degli oggetti di un insieme, indipendentemente dalla loro dislocazione.
A quegli inconvenienti si potrebbe porre rimedio facendo evolvere l’abilità di enumerare nell’ambito dei primi numeri naturali (1, 2, 3, 4, 5, …) – intesa come semplice ripetizione di una cantilena, che quasi tutti i bambini posseggono in età di scuola materna – nell’abilità del contare, nel senso che si dà usualmente a questa parola, attraverso una pratica giornaliera che li porti a capire al più presto cosa significhi quest’attività.
All’inizio basteranno i numeri da 1 a 5, che dovranno essere posseduti col loro ordinamento naturale, secondo la cadenza usuale; in un secondo momento, quando il significato del contare sarà pressoché acquisito, si procederà verso la decina e oltre.
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Si potrà quindi avviare i bambini – già a livello di scuola materna – al concetto di addizione, nel senso dell’aritmetica dei cestini e delle pal li ne di cui parleremo nel prossimo paragrafo.
Naturalmente, l’insegnamento della matematica dovrà avere come principale obiettivo quello di insegnare a ragionare; il resto viene con sé. Diversamente, come Umberto Eco ebbe a dire qualche anno fa, il prossimo stadio verso cui l’u-manità si evolverà sarà quello dell’ “Ho mo stu pidus stupidus”. Purtroppo, già se ne avvertono i prodromi.
Tra i temi degni di attenzione, qui noi ci occuperemo dei primi elementi di aritmetica mo du lare e di teoria dei grafi.
A parte l’importanza di questi argomenti, sia in molte situazioni di caratte-re tecnico, sia nell’ambito della moderna ricerca matematica, i primi approcci a essi non solo permettono di rivedere e di utilizzare alcune semplici proprietà aritmetiche, ma anche di farne uso alla luce di ragionamentazioni elementari che consentono l’avvio alla razionalità.
Dal nostro discorso non possono esser tagliate fuori le metodologie di inse-gnamento, non soltanto per quel che riguarda il modo di esporre i vari argomenti, ma anche in riferimento a presentazioni che illustrino – laddove sia possibile, soprattutto attraverso una didattica laboratoriale ben mirata – la genesi concreta di alcuni concetti matematici. A questo aspetto dedicheremo il prossimo paragrafo, anche se – per ragioni di spazio – in modo parziale.
2. La didattica laboratoriale
Un proverbio cinese recita: «Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco».
Penso che quasi tutti siano d’accordo con questo vecchio adagio. Però nel nostro modo di insegnar matematica spesso ci si dimentica di ciò. Ebbene, con un’impostazione didattica di tipo laboratoriale, spesso gli alunni riescono a capire alcuni importanti concetti e il perché di certe procedure, prefigurando quelle che un domani potranno trasformarsi in dimostrazioni.
Ovviamente, a livello di scuola dell’obbligo non si faranno delle dimostrazio-ni vere e proprie; salvo qualche utile eccezione che sia facile da comprendere, che significhi dare risposte convincenti ad alcuni “perché” degli alunni. Tuttavia, si cercherà di dare un’idea di certe importanti proprietà, attraverso esempi concreti dai quali si possa capire che quanto viene illustrato ha carattere generale.
Da questo punto di vista, quella che qualcuno chiama l’aritmetica dei cestini e delle pal li ne può svolgere un ruolo essenziale nell’acquisizione di proprietà aritmetiche che spesso si presentano attraverso modi di dire mandati a memoria,
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senza che ci sia piena coscienza del loro significato. Per esempio, si pensi all’addizione tra numeri naturali e alle relative proprietà
commutativa e associativa. Ebbene, facendo scaturire il concetto di addizione tra due numeri naturali dal fatto che si mettano in un unico cestino le palline situate in due cestini distinti, è immediato rendersi conto che è indifferente mettere le palline del secondo cestino nel primo, oppure mettere quelle del primo nel secondo (dopo aver scambiato la posizione dei due cestini), ottenendo così la proprietà commutativa dell’addizione tra numeri naturali.
Ovviamente, si parte dal presupposto che il bambino abbia già acquisito il con cet to di conservazione delle quantità, a cui si è accennato precedentemente. Per cui egli capisce che in entrambi i casi si vengono ad avere – concluse le due procedure di “travaso” – proprio le stesse palline, sia nel primo cestino (la prima volta), sia nel secondo cestino (la seconda volta). Di conseguenza in entrambi i casi si ha la stessa quantità di palline, onde le due somme coincidono.
Dovrebbe essere chiaro che, analogamente, con le palline contenute in tre cestini affiancati si giunge facilmente alla proprietà associativa dell’addizione. Infatti se le palline del secondo cestino si versano nel primo cestino e poi si aggiungono anche quelle del terzo cestino, si hanno proprio le stesse palline che si ottengono se – invece – si versano le palline del secondo cestino nel terzo, aggiungendo poi al terzo cestino anche le palline del primo.
Naturalmente, le cose che qui sono state illustrate in maniera succinta – ma anche quelle di cui ci occuperemo in seguito – dovranno essere presentate ai bambini senza alcuna fretta e con la dovuta accortezza, affinché ognuno di essi riesca ad assimilarle.
In seguito può risultare molto utile anche un’attività laboratoriale basata sull’a-ritmogeometria – che andrà a sostituire quella dei cestini – secondo l’uso in voga nel periodo el lenistico della matematica, in parte richiamato qualche decina di anni fa dalla canzoncina Quaran ta quat tro gatti (in fila per sei col resto di due).
Infatti in epoca ellenistica i numeri naturali – intesi come “misuratori” di quan tità di oggetti – venivano rap pre sentati con schieramenti di sassolini (in latino: “calculi”). Perciò i numeri pari erano quelli che rappresentavano quantità di sassolini che potevano essere disposti a due a due: in fila per due, tanto per parafrasare la vecchia canzoncina, secondo paia (pari, in diversi dialetti italiani); mentre i numeri dispari (spa iati) erano quelli relativi a schieramenti in fila per due in cui rimaneva un sassolino spaiato (col resto di uno). Perciò, a partire dal numero 1 – che è dispari – nella cosiddetta “linea” dei numeri si alternano l’uno dopo l’altro un numero pari e un numero dispari.
Con l’impostazione vista poc’anzi si vede subito che la somma di due numeri pari è un numero pari; mentre la somma di un numero pari e di un nu mero dispari è un numero dispari.
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Inoltre, la somma di due numeri dispari è un numero pari. Infatti, nel rap pre-sentare la somma (che – estendendo quello che si farebbe coi cestini – è data dai sassolini dei due schieramenti messi in un unico schieramento), i due sas solini che prima risultavano spaiati potranno essere accoppiati; perciò la som ma sarà rappresentata da coppie di sassolini, onde essa è un nu me ro pari.
In termini di aritmogeometria, sono molto importanti i numeri rettangolari, la cui raffigurazione può essere usata per tutti i numeri naturali; è facile ca pir ne il perché.
A dire il vero, quest’ultima dizione un tempo era riservata ai numeri compo sti (cioè, non primi); mentre i numeri primi venivano detti “lineari”, proprio perché potevano essere rappresentati solo da sassolini disposti lungo un’unica fila e non in una forma rettangolare significativa.
Qui sotto facciamo un esempio in cui schieriamo quattro file formate da sei palline.
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Fig. 1
È chiaro che in Fig. 1 è rappresentato il numero 24, che esprime prodotto 6x4. Inoltre, si hanno gli stessi pallini se quello schieramento viene ruotato di 90 gradi, ottenendo così il prodotto 4x6. Onde risulta:
6x4 = 4x6.
Osserviamo che quanto abbiamo fatto non è soltanto la verifica in un caso particolare della proprietà commutativa della moltiplicazione. Il precedente schie-ramento ci fa capire che lo stesso ragionamento si può ripetere con qualsiasi prodotto di due numeri naturali, a parte il caso in cui uno o entrambi i numeri sia 0, nel qual caso non ci sono pallini schierati, onde appare del tutto naturale scegliere come risultato 0.
Facciamo presente che, lavorando con bambini, invece di ruotare lo schiera-mento è preferibile cambiare la loro posizione visuale, affinché ci sia certezza del fatto che lo schieramento è rimasto immutato, onde anche il numero delle palline risulta inalterato.
Dopodiché si potrà passare a illustrare in un caso concreto la proprietà distri-butiva della moltiplicazione rispetto all’addizione. In proposito si considerino i
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due schieramenti di palline riportati qui sotto.● ● ● ● ● ●● ● ● ● ● ●● ● ● ● ● ●● ● ● ● ● ●
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Ovviamente, questi schieramenti rappresentano rispettivamente i prodotti 6x4 e 6x3. Perciò qui sopra è schierato un numero di palline pari a:
6x4 + 6x3.
Però, se le precedenti palline le riguardiamo come situate in un unico schiera-mento, allora vediamo che esse sono disposte in 4 + 3 file costituite da 6 palline. Perciò possiamo dire che il numero di quelle palline è anche il seguente:
6x(4 + 3).
Onde risulta:
6x4 + 6x3 = 6x(4 + 3)
e6x(4 + 3) = 6x4 + 6x3.
Quest’ultima eguaglianza esprime la proprietà distributiva, mentre l’altra – che è una semplice riscrittura dell’altra – va spesso sotto il nome di proprietà del mettere in evidenza.
In verità, le due proprietà sono i risvolti di una stessa medaglia, ma non sempre sono considerate sotto quest’aspetto. Infatti nei primi approcci matematici il segno di eguaglianza “=” spesso viene inteso come indicatore di un passaggio verso ciò che è più semplice. Perciò si accetta la scrittura “5 + 4 = 9”; ma non si accetta la scrittura “9 = 5 + 4”, dato che non si capisce perché si debba passare da un qualcosa di ben preciso (il 9) a qualcosa che è da determinare (il 5 + 4). Quindi è importante che l’alunno arrivi a rendersi conto che in ambito aritmetico (ma non solo) “=” è un segno che si interpone tra scritture che individuano una stessa cosa (una stessa entità, sia essa un numero o altro), a prescindere da quanto
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queste scritture possano essere semplici o complicate.
Se, dopo le palline, si passa ad usare dei quadratini accostati tra loro, si può dare un senso anche alla formula dell’area di un rettangolo, intesa come numero dei quadratini che entrano in gioco.
Ad esempio, se ci riferiamo alla faccia anteriore del parallelepipedo rappre-sentato nella successiva Fig. 2, vediamo che essa è formata da quattro file costi-tuite da sei quadratini. Perciò abbiamo un totale di 6x4 quadratini.
Orbene, dato che il lato di quei quadratini è lungo 1 cm, diciamo che quella faccia è un rettangolo i cui lati misurano rispettivamente 6 cm e 4 cm.
Fig. 2
Inoltre, diciamo che quei quadratini rappresentano ciascuno 1 centimetro qua-drato; vale a dire, hanno ciascuno l’area di 1 centimetro quadrato (in simboli, 1 cm2). Perciò diciamo che quella faccia ha l’area di 6x4 cm2 = 24 cm2.
Da un punto di vista didattico può risultare molto utile anche un po’ di aritmo-geometria spaziale, in cui si possono adoperare dei cubetti1. In tal modo si scopre facilmente la formula del volume di una scatola rettangolare (“parallelepipedo retto”). Per esempio, nel caso di quello rappresentato in fig. 2, abbiamo che in esso la faccia anteriore delimita una “fetta” formata da un numero di cubetti pari a 6x4 = 24. Inoltre, andando in profondità, si vede che ci sono 3 di queste fette. Perciò abbiamo un totale di (6x4)x3 cubetti.
Se – per ovvi motivi – diciamo che ognuno di quei cubetti rappresenta 1 cen-timetro cubo (in simboli, 1 cm3), allora sarà naturale dire che il parallelepipedo rappresentato in fig. 2 ha un volume di (6x4)x3 cm3 = 72 cm3.
Inoltre, con alunni un po’ più grandi si può “scoprire” anche la proprietà asso-ciativa della moltiplicazione tra numeri naturali, che si evidenzierà attraverso il fatto che il numero di cubetti della scatola che si costruisce non dipende dai diver-si punti di vista sotto cui quella può essere osservata. Ed è chiaro che due di questi 1 Allo scopo possono essere molto utili i cubetti (i cosiddetti sciolti) e gli altri “pezzi” della scato-la dei blocchi multibase (i B.A.M.)
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punti di vista sono “aritmogeometricamente” legati ai due risultati che entrano in gioco nella proprietà associativa. Nel caso considerato abbiamo: (6x4)x3 = 6x(4x3).
Facciamo presente che si può fare didattica laboratoriale anche attraverso
dei giochi opportuni. Ad esempio – come si capirà facilmente in seguito – una variante del gioco dell’oca può essere utile per predisporre gli scolari ai primi elementi dell’aritmetica modulare. Basta che nell’ultima casella si sostituisca 0 a 90.
La variante consiste nel fatto che, superata la casella 84, si lancerà un solo dado; inoltre, se si avrà un’uscita dispari, allora essa varrà 1; invece se si avrà un’uscita pari, essa varrà 2. Infine, giunti alla casella finale, che ora vale 0, qua-lora il conteggio usuale imponga di proseguire, invece di tornare indietro sulla casella 89 (come le regole classiche imporrebbero), si ripartirà dalla casella 1.
Noi nell’ultimo paragrafo faremo uso del gioco del domino. Lo adopereremo per riformulare la risposta al problema dei ponti di Königsberg che Eulero, dando così inizio alla teoria dei grafi, diede in un articolo del lontano 1733.
Le tessere del domino potranno anche essere preparate dagli stessi alunni, che le ritaglieranno da cartoncini o da fogli di carta.
Infine – ma solo per ragioni di spazio – le carte da gioco francesi, adoperate senza le figure e senza le quattro carte aventi valore 10, possono essere molto utili per abituare a confronti quantitativi e alla scrittura delle cifre numeriche da 1 a 9; inoltre, usate per giocare a scopa, possono aiutare a far esperienza con le prime “piccole” addizioni.
3. L’aritmetica modulare Alcuni anni fa un ingegnere elettronico di una università italiana mi sottopo-
se un problema nato dalla necessità di ottimizzare certi collegamenti di una rete telematica. Io trovai una soluzione usando un po’ di aritmetica modulare. Poiché in quel periodo tenevo in quell’università il corso di geometria per ingegneri, mi sentii in dovere di introdurre alcune nozioni tipiche dell’aritmetica modulare, a cui dedicai solo qualche lezione.
La presentazione ricalcava sostanzialmente l’impostazione che molti anni prima l’insegnante di mia figlia aveva seguito in prima elementare. Dopo alcuni giorni il direttore del Dipartimento di Matematica mi disse che i miei studenti lamentavano il fatto di non capire. È evidente che era trascorso il periodo (scuola primaria / scuola secondaria di I grado) in cui avrebbero potuto assimilare in ma-niera significativa l’argomento. Qualcosa di simile accade per l’apprendimento
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delle lingue, che in età adulta non sono facili da apprendere.Tengo a precisare che l’aritmetica modulare è semplicemente un particolare
settore dell’aritmetica classica, quello in cui si è interessati soltanto ai resti dei risultati delle usuali operazioni rispetto a un divisore prefissato (il cosiddetto modulo).
Generalmente all’università l’aritmetica modulare viene introdotta dopo aver acquisito le seguenti nozioni: 1) anello, 2) con gru enza su di una struttura e relative classi di equivalenza, 3) operazioni sulle classi, 4) riconoscimento delle proprietà degli anelli in relazione alle operazioni tra classi introdotte. Tutto ciò, abitualmente applicato ai numeri interi relativi, fornisce una procedura farra-ginosa che nasconde la semplicità dell’aritmetica modulare.
Invece non ci sono problemi – nemmeno dal punto di vista del rigore – se si procede come un tempo si faceva già a partire dalle scuole elementari, usando i soli numeri naturali. Anzi, con piccoli accorgimenti, gli scolari possono rendersi conto della validità di molte proprietà dell’aritmetica classica anche per le opera-zioni modulari, facendo così un passo significativo verso la conoscenza di struttu-re algebriche fondamentali, senza dover attendere lo studio dei numeri relativi e delle altre strutture numeriche.
Come si è accennato, nei trascorsi anni ’70 si parlava di aritmetica modulare già in molte classi di 1a elementare. Lì un giorno l’insegnante arrivava con un grande quadrante d'orologio dotato di una sola lancetta, in cui al posto di 12 (il mo dulo) c’era 0. Quindi invitava gli scolari a “giocare” con l’addizio ne dell’o ro-logio.
“In questa nuova operazione – diceva l’insegnante – la somma di 5 e di 4 è ancora 9, mentre la somma di 6 e di 11 è 5”. E spiegava il perché: “Presi due numeri situati sul quadrante, a partire da 0 si fa scorrere un numero di ore eguale alla loro somma. Il numero su cui ci si arresta si sceglie come risultato di questa nuova operazione” .
Ed era chiaro che, poiché subito dopo 11 tornava 0 – e non 12 – nel passaggio su 0 si aveva una “perdita” pari a 12.
In seguito gli alunni comprendevano che l’attività poteva essere condotta an-che con altri moduli; in ciò aiutati dall'insegnante, che aveva cura di portare in classe altri quadranti, opportunamente suddivisi in 10 parti (modulo 10) oppure in 4 parti (modulo 4), eccetera.
Presto gli allievi capivano che si poteva operare anche senza un quadrante. Infatti i “nuovi” risultati erano diversi dai “vecchi” solo quando nel far scorrere la lancetta si raggiungeva o si superava 0; poiché in tal caso, rispetto alla somma usuale, si aveva una “perdita” pari al modulo ad ogni passaggio su 0. Mentre in tutte le altre situazioni i risultati restavano quelli soliti. Perciò il “nuovo” risultato si otteneva da quello “vecchio” calcolando il resto della divisione di quest’ultimo
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rispetto al modulo prescelto.Il concetto veniva poi rinforzato osservando che si poteva procedere come
nell’addizione sulla li nea dei numeri; però qui, dopo essere arrivati al numero più grande, si riprendeva da 0.
Come si è già detto, è chiaro che qualcosa di simile lo si può fare anche in una variante del gioco del l’o ca.
Spesso capitava che ci fosse qualcuno che proponeva di fare qualcosa di simi-le con la moltiplicazione. Perciò 2 x12 5, con ovvio significato per il nuovo segno di operazione x12, continuava a essere 10; mentre 3 x12 7 era 9 (=3 x 7 - 12) e 3 x12 4 era 0 (=3 x 4 - 12).
Noi l’aritmetica modulare la usiamo, senza rendercene conto, anche nello svolgimento del le solite operazioni numeriche (per numeri naturali rappresentati nell’usuale forma decimale). Infatti lì la cifra delle unità della somma di due nu-me ri è la somma modulare di modulo 10 delle cifre delle unità di questi; inoltre la somma delle unità esprime – come si capisce facilmente – la somma modulare di modulo 10 di quei due numeri. E lo stesso di scor so vale per la cifra delle unità del prodotto.
Quanto detto or ora dipende dal fatto che se a un numero sottraiamo la quan-tità espressa dalla sua cifra delle unità si ottiene un multiplo di 10.
Per gli alunni di un tempo l’aritmetica modulare era il momento in cui potevano incominciare a comprendere che la matematica – che per questi curiosi “giochi” a volte è considerata “un'opinione” – in realtà è soprattutto un “accordo”, una delle tante convenzioni che è opportuno che gli esseri umani si diano per meglio capirsi e meglio convivere, oltre che per affrontare in modo più agevole alcuni problemi.
E anche i nostri scolari di adesso capirebbero – se quei discorsi fossero ripresi – che “due più due” può non fare “quattro”, purché si convenga di dare provviso-riamente alla parola “più” un significato diverso dal solito. Cosicché, se il “più” è quello dell'addizione mo dulo 4, allora “due più due” fa “zero”, poiché rispetto a 4 – che è il risultato usuale – si ha una “perdita” pari a 4; mentre se il “più” è inteso modulo 3, allora “due più due” fa “uno”, poiché rispetto a 4 si ha una “per-dita” pari a 3.
Qualcuno si chiederà perché tornare a studiare queste cose. Orbene, anche se sulle prime l’argomento può apparire un po’ strano, esso – come è stato ac-cennato all’inizio – trova applicazione in varie discipline scientifiche; inoltre, sin dai tempi di Eulero ha permesso di affrontare sotto una luce diversa alcuni problemi di teoria dei numeri. Per non parlare della pro va del nove, molto diffusa nella scuola primaria, che trova giustificazione proprio nell’aritmetica modulare di modulo 9.
Infine, l’argomento può essere per i nostri ragazzi un utile percorso verso la
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razionalità, invitandoli, abituandoli – e magari invogliandoli – ad andare oltre le apparenze, le impressioni ingannevoli e il loro primo orizzonte; mostrando come la stessa aritmetica classica possa presentare dei risvolti inattesi e interessanti.
Però le operazioni modulari saranno meglio comprese se per gli alunni gli aspetti salienti della nozione di resto saran no già stati ben assimilati.
Tra l’altro, è bene che il resto della divisione di un certo dividendo rispetto a un divisore m sia visto rispetto a esigenze concrete, quali, ad esempio, quella di suddividere, “spartire” in parti eguali un certo qual numero di oggetti – o palline, o anche sciolti del B.A.M, ecc. – tra m individui.
Ciò farà vedere il resto come il risultato di sottrazioni del divisore m, ripetute finché è possibile, a partire da un dividendo, purché m rispetto al dividendo sia minore o eguale; al trimenti come resto si sceglie direttamente il dividendo. E presto si capirà che il resto corrisponde al risultato della sottrazione dal dividendo del più grande multiplo di m che non lo superi.
Nel seguito, tanto per fissare le idee, ci riferiremo al modulo 12. Ma sarà chia-ro che le stesse cose potranno dirsi rispetto a un qualsiasi altro modulo. Una delle proprietà fondamentali delle operazioni modulari è quella commutativa. Questa non presenta problemi, dal momento che già l’addizione usuale è commutativa. Perciò – per fare un esempio – se consideriamo i numeri 21 e 16, allora i due risultati 21+16 e 16 + 21 coincidono, onde coincidono anche i loro resti rispetto al divisore 12.
Ciò assicura che 21+1216 = 16 +12 21. Ed è chiaro che si potrebbe fare lo stesso ragionamento rispetto a qualsiasi altra scelta di due numeri naturali.
Anche la proprietà associativa si può verificare agevolmente. In proposito scegliamo i tre numeri naturali 13, 27 e 18. Vogliamo vedere che sussiste la seguente eguaglianza:
(13 +12 27) +12 18 = 13 +12 (27 +12 18)
È facile rendersene conto. Infatti il primo membro si può ottenere attraverso questa procedura concreta, del tutto coerente col modo di introdurre l’addizione usuale e quella modulare:
in un cestino si introducano prima 13 e poi 27 palline; quindi si tolgano via via 12 palline, procedendo finché è possibile, ottenendo così una rimanenza di palline che rappresenta 13 +12 27. Quindi alle palline rimaste si aggiungano altre 18 palline e si riprenda a togliere 12 palline via via dal cestino. Così si otterrà (13 +12 27) +12 18.
Quindi si esegua lo stesso tipo di procedura in riferimento al secondo membro
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della 1), ottenendo 13 +12 (27 +12 18).
È chiaro che l’uno e l’altro risultato si possono ottenere mettendo subito tutte insieme nel cestino le nostre 13, 27 e 18 palline. Perciò quei due risultati coincidono.
Si capisce che la stessa cosa si sarebbe potuta fare con tre numeri diversi da quelli prescelti. Anzi, con alunni già addestrati all’uso della rappresentazione letterale dei numeri si farà lo stesso ragionamento di prima, usando tre lettere al posto dei numeri 13, 27 e 18.
Concludiamo questo breve excursus sull’aritmetica modulare osservando che, se ci limitiamo a usare i numeri naturali compresi tra 0 ed m-1 (il numero che precede il modulo m), allora 0 nell’addizione modulare +m dà sempre come risultato il numero con cui esso opera (cioè 0 è il cosiddetto ele men to neutro rispetto a +m); in particolare, si ha 0 +m 0 = 0.
Inoltre, per ogni numero a compreso tra 0 ed m-1, c’è sempre un numero b compreso tra 0 ed m-1 – detto opposto di a – tale che a + b = 0.
Se a = 0, allora b = 0. Invece, se a ≠ 0, basta prendere b = m-a. Infatti in tal caso a + (m-a) = m; onde a +m (m-a) è il resto di m nella divisione per m, che è dato da 0. Perciò a +m (m-a) = 0. Ovviamente – data la commutatività dell’operazione +m – a sua volta a è l’opposto di m-a.
Tutto ciò fa dire che l’insieme dei numeri naturali Nm costituito dai numeri naturali compresi tra 0 ed m-1 strutturato con l’addizione modulare +m è un gruppo commutativo.
Nota Bene. Le precedenti proprietà saranno ritrovate quando si considere-ranno i numeri interi relativi e su di essi si opererà con la loro addizione.
Concludiamo questo paragrafo facendo notare che le proprietà viste poc’anzi – che fanno di Nm un gruppo commutativo rispetto all’operazione +m – non sono nuove per alunni che già conoscano le frazioni (numeri frazionari) positive, il cui insieme si indica con Q+ (purché come operazione si consideri l’usuale molti-plicazione tra frazioni). Ciò anche se in questo contesto con gli scolari non si usa mai il termine grup po (si ha forse paura di questa parola?).
Infatti la moltiplicazione tra frazioni è commutativa e associativa. Inoltre, ri-spetto a essa la frazione (apparente) 1/1 (che però spesso si indica semplicemente con 1) rappresenta l’elemento neutro (poiché quando 1/1 si moltiplica per una qualsiasi frazione ci dà come risultato quella stessa frazione). Infine, data una frazione positiva a/b (ad esempio, si pensi a 3/4), la frazione positiva b/a (si pensi a 4/3) è tale che a/b x b/a = 1. Infatti, si ha:
a/b x b/a = (ab)/(ab) = 1/1 = 1 (3/4 x 4/3 = 12/12 = 1/1 = 1).
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In tal caso, per il fatto che l’operazione è denotata con x, invece di adoperare il termine “opposto” si adopera il termine “inverso”: b/a è l’inverso di a/b (e quindi a/b è l’inverso di b/a).
4. Il problema dei ponti di Königsberg 2
Agli inizi del 18° secolo gli abitanti di Königsberg (l’odierna Kaliningrad, si-tuata nella Prussia del nord, presso il mar Baltico) avevano un problema semplice da enunciare, che però non riuscivano a risolvere.
La citta è attra ver sa ta dal fiume Pregel e sorge in parte su due isole, oltre le quali il fiume si getta in mare.
mappa di Königsberg del 1613 (di Joachim Bering)
A quei tempi le due isole e le altre sponde del fiume erano collegate con sette ponti, come si può rilevare dallo schizzo di Leonar do Eulero riportato in Fig. 3 (cfr. [E1] o [Bi], pag. 3).
Ebbene, i cittadini di Königsberg si do man davano se fosse possibile compiere un cam mi no (cioè una passeggiata) lun go quei ponti in mo do da percorrerli una volta soltanto (cammino semplice) senza tralasciarne alcuno.
Un cammino semplice in cui non si tralasci alcun ponte è detto semi -eu le ria-no (in particolare, euleriano, se al termine del cammino ci si ritrova al punto di partenza).
Eulero, introducendo la teoria dei grafi, provò che il problema aveva risposta negativa, dando una condizione necessaria di risolubilità per problemi di quel
2 Questo paragrafo è la riproposizione aggiornata di un intervento dell’autore, tenuto a Chieti nel novembre del 2007, nell’ambito del Congresso nazionale della Mathesis.
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tipo, che nel caso di Königsberg non è soddisfatta.La dimostrazione, in verità molto facile, ha per un non matematico il difetto
di essere condotta in termini non sufficientemente concreti. Ed è per questo che a Königsberg pare che ci siano persone che, non del tutto convinte del risultato di Eulero, cercano ancora di fare quella passeggiata. Il che è in di ce preoc cu pante del fatto che anche gli aspetti più elementari del la mate matica spesso han no dif fi col tà a diventare patrimonio comune, non solo in Italia 3.
Fig. 3
Eulero diede la sua risposta rappre sen tan do le quattro zone della città su cui ar ri vavano i sette ponti con dei punti chiamati nodi (o vertici); si ve da Fig. 4, dove i quattro nodi sono denotati con i nu me ri 1, 2, 3, 4. Inoltre ciascun ponte fu rappre sen tato da una li nea (chiamata lato, o spi go lo) che con giun geva i due nodi che denotavano le due zone collegate dal ponte in questione. Schemi di questo tipo prendono il nome di grafi.
Fig. 4 Fig. 5
Ai grafi si trasferiscono im me diatamen te le nozioni di cammino, cammino semplice e cammino semieuleriano (in particolare, euleriano), intesi come per -corsi lungo i lati, da af fron tare l’uno dopo l’altro senza “salti” (cioè, da per correre con un so lo trat to di penna).
Un grafo che abbia un cammino semi-euleriano (euleriano) è detto esso stes so semi-euleriano (euleriano).
Il numero dei lati che via via si incontrano in un cammino – ciascun lato con -tato ogni volta che si presenta – si chiama lunghezza del cammino. Un cam mino
3 È anche questa la ragione per cui si è voluto riproporre, data la sua semplicità, questo inter ven-to.
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che termini sul nodo da cui è ini ziato si chiama ci clo. Il numero di lati che ter mi nano in un nodo è detto grado di quel nodo, men tre
la somma dei gradi dei vari nodi è detta grado totale (o semplicemente gra do) del grafo. Si capisce subito che il grado (totale) di un grafo è dato dal dop pio dei lati. Infatti ogni lato contribuisce col valore 1 al grado dei due no di che esso congiunge, onde contribuisce col valore 2 al grado totale.
È chiaro che il problema di Königsberg si tra duce in quello di effettuare un cammino se mi euleriano lungo i lati del grafo di Fig. 4, che chiameremo grafo di Kö ni gsberg.
Per semplicità, noi qui ci riferiremo a grafi in cui non ci siano lati che si “ri-chiudano” sul nodo da cui sono “partiti” (i cosiddetti cappi), poiché ci si ren de conto facilmente che questi sono inessenziali rispetto al problema ge ne rale che è derivato dal quesito di Königsberg.
Infatti, se un cammino semi-eu le ria no lo si può fare ignorando i cappi, allora è chiaro che lo si può fare anche te nendo conto di questi lati particolari, poi ché – seguendo il primo percorso – ogni volta che si perviene su di un nodo toccato da cappi, basterà percorrerli e poi riprendere il primo cammino.
Eulero provò che se un grafo ha più di due nodi di grado dispari – co me nel caso di Köniberg, che ha tutti i nodi di grado dispari – allora un cammino semi-eu-le ria no non si può effettuare. Perciò un cammino di quel tipo non si può effet tu are nemmeno nel caso del grafo di fig. 5 – ben noto agli appas sio nati di quiz – dato che esso ha il solo nodo centrale di grado pari, men tre gli al tri quattro nodi hanno tutti grado 3.
Nota Bene. In un primo approccio, nella scuola dell’obbligo la questione del l’impossibilità di risolvere il problema di Königsberg può essere affrontata ra gionando su Fig. 3, senza parlare di grafi e tralasciando la relativa termi no lo-gia. Questi potranno es se re introdotti in un secondo momento, prendendo spun to dalla curiosità di discutere situazioni simili a quelle della città prus sia na.
Il criterio di Pollicino. Osserviamo che quando su di un grafo consideriamo un cammino C, allora – come nella famosa favola di Charles Perrault (ripresa poi dai fratelli Grimm) – possiamo pensare di considerare il cammino che si svolge a ritroso. Questo nuovo cammino si chiama cammino inverso rispetto al prece-dente e si indica con C -1. Ovviamente, (C -1)-1 = C.
In C -1 i vari nodi e i vari lati si susseguono in ordine inverso rispetto a quel lo di C ; inoltre, in C -1 ogni lato è percorso in senso inverso a C . Perciò il primo e l’ultimo nodo di C -1 sono rispettivamen te l’ultimo e il primo di C . È anche chiaro che se C è semplice (in particolare, semi-euleriano), allora sarà tale an che C -1.
Osservando Fig. 4 ci rendiamo conto che i lati del gra fo ivi descritto – e quin-
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di i sette ponti – si pos sono rappresentare con le tessere del gio co del domino riportate qui di seguito.
Ricordiamo che un allineamento di queste tessere secondo le regole del gio co – in seguito lo diremo allineamento consentito – ri chie de che due tessere pos sa-no essere con se cu tive solo quando un numero del l’una è accostato allo stes so numero dell’altra (na tu ral mente, qualche tessera può es se re capovolta ri spet to alla pre sentazione precedente; ad esempio, si veda la prima tessera qui sotto). Perciò un numero che sia presente soltanto al l’in ter no del l’al li ne a men to ha sempre delle presenze che sono accop piate, quindi es se sono in nu me ro pari; onde un numero ha presenze in quantità dispari se e sol tanto se es so è presente – oltre che all’interno, eventualmente, del l’al lineamento – in uno degli estremi, ma non in entrambi.
Nell’allineamento sottostante il numero 1 (espresso da un puntino) ha due cop pie di pre senze, mentre il 2 ha una coppia di presenze. Invece i numeri 3 e 4, che hanno ciascuno una presenza anche in un estremo dell’al linea men to, hanno un nu mero dispari di presenze.
Osserviamo che a un qualsiasi cammino lungo i lati del grafo di Königsberg pos siamo far corrispondere un allineamento consentito delle tessere del domino. Ad esempio, l’alli nea mento presentato poc’anzi esprime proprio il cam mino co-sti tuito dal lato che va dal nodo 3 al nodo 1, seguito da quello che va dal nodo 1 al nodo 4, che a sua volta è seguito da un altro (o dal me de si mo 4) lato che va dal nodo 4 al nodo 1, e così via.
Quello a cui ci siamo riferiti precedentemente è un cammino massimale5 per il grafo di Königsberg. Infatti si può vedere direttamente che il lato che va dal nodo 1 al nodo 2 non può essergli aggiunto.
Una risposta negativa. Ora supponiamo, per assurdo, che il famoso cam mi-no a Königsberg si possa fa re, onde a esso corrisponde un allineamento delle
4 Qui si sta parlando di un cammino che non deve essere necessariamente semplice.5 Un cammino si dice massimale quando in esso non possono essere immessi altri lati.
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set te tes sere. Ebbene, in quel l’alli ne amento al me no due dei quattro numeri so -no presenti sol tan to all’in ter no del l’al li nea mento. Infatti agli e stre mi sono di spo-nibili solo due posti!
Tanto per fis sa re le idee, supponiamo che uno dei numeri presenti solo al l’in-terno sia il 4 (ma lo stesso discorso si può fare anche con 1, 2 o 3), onde nel l’al-lineamento 4 ha un numero pari di presenze. Nello stes so tempo 4 è pre sente tante volte quante sono le tessere in cui esso figura (ricordiamo che c’è una tessera per ogni lato); cioè, tante volte quanti sono i lati che lo toc cano (il suo grado!), che sono esattamente tre: un numero dispari.
Quindi in quell’allineamento 4 sarebbe presente sia un numero pari, sia un nu-mero dispari di volte. Il che è assurdo. Perciò il cammino non si può fare.
Fi ne del problema!
Con un po’ di attenzione si vede che lo stesso discorso in negativo vale per ogni grafo che ab bia più di due nodi di grado dispari (impedimento di Eu le ro). Infatti – indicando cia scun nodo con un numero e traducendo il problema in ter mi-ni di gioco del domino – uno dei nodi di grado dispari, chiamiamolo a, dovrebbe necessariamente essere posto solo al l’interno di un i po te tico allineamento di tes-sere che esprima un cammino semi-euleriano; onde a in tale alli nea mento sa rebbe presente un numero pari di volte. Il che – co me per il caso di Königsberg – è in contrasto col fatto che quel nodo abbia grado di spa ri.
Viceversa, si può provare che, dato un grafo quasi-connesso (cioè che si pre sen-ti come un blocco unico, a parte l’eventuale pre senza di nodi su cui non arrivino lati: nodi di grado 0 6), se l’impedimento di Eulero non c’è, allora il cam mino semi-euleriano esiste sempre. Pe rò quest’altro aspetto è un po’ più com plicato da provare. La stessa dimo strazione che Eulero ne diede in [E] risultò poco chiara. Soltanto nel 1873 C. Hier hol zer (si veda [Hi] o [Bi]) fornì una dimostrazione convincente.
Tuttavia noi qui – siccome spesso la stampa propone ai lettori di trovare un cammino semi-euleriano su di un grafo che appare quasi-connesso – ora faremo vedere come procedere.
5. Come costruire un cammino semi-euleriano.
Dato un grafo G, preliminarmente accertiamo che esso sia quasi-connesso e che non sussista l’impe di mento di Eu le ro. Quindi nel costruire il nostro cammino, dopo aver percorso un lato, provvediamo ad eliminarlo, ottenendo così un grafo residuo G’.
6 In termini più precisi ciò vuol dire che, dati due nodi distinti e di grado diverso da 0, c’è un cam-mino che li collega. Un grafo quasi-connesso che sia privo di nodi di grado 0 è detto connesso.
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Il lato da percorrere di volta in volta sarà tale che, una volta eliminato, sussista ancora la seguente proprietà:
(*) il grafo residuo è quasi-connesso e per esso non sussiste l’impe di mento
di Eulero.
Quindi, avendo iniziato con G, il procedimento si arresterà solo quando sarà stato eliminato l’ultimo lato. È chiaro che il cammino che si costruisce in tal modo è semi-euleriano. Infatti ciascun lato dopo essere stato percorso viene eliminato, perciò non potrà più essere percorso, onde il cammino è semplice. Inoltre, il fatto che ciascun lato sia eliminato ci dice che esso viene percorso.
Ciò premesso, distinguiamo due casi:
Caso a) Il grafo G abbia esclusivamente nodi di grado pari. In tal caso si prova che si
può partire da un nodo qualsiasi e percorrere un qualsiasi lato l che tocchi quel nodo.
Cancellato l, si può verificare che il grafo residuo G’ continui a essere quasi-connesso. Inoltre per G’ non compare l’impe di mento di Eu lero, dal momento che in esso ci sono esattamente due nodi di grado dispari; precisamente quelli che in G erano collegati dal lato l. Perciò per G’ si può proseguire secondo quanto previsto per G nel successivo caso b).
Caso b) Il grafo G abbia esattamente due nodi di grado dispari. Allora noi inizieremo
il nostro cammino semi-euleriano da uno qualsiasi di questi due nodi, che chia-miamo ancora a. Però in questo secondo caso – al contrario del precedente, dove si è detto che questo pericolo non sussiste – dovremo imboccare un lato l che non presenti l’inconveniente che, una volta eliminato, determini un grafo residuo G’ che non sia quasi-connesso. Non è difficile verificare che questo tipo di lato esiste sempre.
È facile accertare che per il grafo residuo G’ l’impedimento di Eulero non può valere, dal momento che il nodo a si trova ad avere in G’ grado pari. Infatti, se anche l’altro nodo toccato da l in G è di grado dispari, allora in G’ tutti i nodi hanno grado pari. Quindi per G’ si procederà come nel precedente caso a) per G.
Invece, se l’altro nodo toccato da l in G è di grado pari, allora anche G’ avrà esattamente due nodi di grado dispari. Quindi per G’ si procederà come nel presente caso b) per G.
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6. Riferimenti testuli
[Bi] Biggs N. L., Lloyd E. K., Wilson R. J. Graph Theory 1736-1936, Clarendon Press, Oxford (1976).[E] Euler L. Solutio Problematis ad geometriam situs pertinentis, Comment. Acad. Sc. Petrop., t. 8 (1736), pp. 128-140 (reprinted in [E1]).[E1] Euler L. Solutio Problematis ad geometriam situs pertinentis (a reprint of [E]) Commentationes Algebraicae, Teubner, Lipsia, Berlin (edidit L. G. Du Pa-squier) (1923). [Hi] Hierholzer C. Über die die Möglichkeit, einen li nien zug ohne wie de r holung und ohne unterbrechnung zu um fahren, Math. AnnalenAnnalen 6, pp. 30-32 (translated in pp. 11-12 of [Bi]) (1873).[L] Lenzi D. Eulero e I ponti di Königsberg … Lettera matematica pristem 49 (2003).
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Per la costruzione del curricolo verticale di matematica
Maria Rosaria Conte
L’esiguità dello spazio a disposizione per questo contributo mi consente solo una rapidissima disamina delle domande da porsi per rivisitare in ottica migliorativa quella che ritengo essere la prassi curriculare maggiormente diffusa nell’insegnamento della matematica.
Il curricolo di matematica, oggi:è la progettazione di un percorso in risposta a reali e contestuali bisogni o piuttosto una programmazione, riproposta anno dopo anno, ma che di fatto comunque rimane sulla carta?matematica come addestramento o come concettualizzazione?i tempi oggettivamente disponibili sono gestiti in maniera mirata o subiti e rincorsi?l’avvicendarsi dei contenuti matematici è intenzionalmente individuato oppure coincide con l’elencazione riportata nel libro di testo?le metodologie didattiche sono scelte in funzione dei risultati che si vogliono ottenere oppure si predilige comunque la lezione frontale perché più rassicurante (per l’insegnante) e sbrigativa? gli ambienti di apprendimento vengono pensati e costruiti o coincidono sostanzialmente con l’aula? E quanta cura si presta alla costruzione di condizioni favorevoli all’apprendimento?si costruiscono sistemi concettuali o saperi molecolari?i concetti vengono contestualizzati nella realtà quotidiana?le verifiche sommative sono legate all’accertamento di apprendimenti significativi e permanenti oppure si limitano ad accertare gli ultimi argomenti affrontati? le competenze vengono verificate? e come?Il curricolo di matematica, contrariamente a quanto accade nelle prassi
attualmente più diffuse, dovrebbe sostanziarsi in un percorso didattico specifico, unitario, verticale e continuo, coerente con le scelte pedagogiche e progettuali espresse nel curricolo di scuola; dovrebbe derivare da consapevoli scelte culturali, pedagogiche, metodologiche e organizzative; e dovrebbe rispondere a criteri di progressione espliciti e coerenti con le conquiste delle scienze psico-pedagogiche.
Si ritiene pertanto, alla luce delle nuove ed urgenti istanze nazionali ed internazionali, che le prassi progettuali attualmente diffuse vadano riviste in funzione di un curricolo che preveda la condivisione dei seguenti elementi:
concezione epistemologica della matematica (categorie, metodi e linguaggi specifici);
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1.
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funzione formativa e concezione didattica della matematica (obiettivi verticali continui, specifici e trasversali, in ambito cognitivo, in ambito sociale e in ambito metacognitivo); definizione della competenza matematica che l’alunno dovrà possedere in uscita e relative prestazioni osservabili;criteri di scelta delle metodologie didattiche e organizzative;criteri di progressione annuale dei risultati attesi in termini di conoscenze e abilità;criteri di verifica e valutazione della competenza matematica, declinata nelle sue componenti specifiche;progressione delle Unità di Apprendimento o dei moduli.Mi soffermerò sui primi tre punti
1. Concezione epistemologica della matematica
Una matematica che risulti funzionale all’uomo e al cittadino nelle dimensioni sociali ed esistenziali, che sviluppi il pensiero scientifico-critico non può essere intesa come forma di addestramento al calcolo. Deve recuperare una forte dimensione culturale oltre che strumentale.
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1 R. Bortone, in Scuola e Amministrazione 2007, Carra Editrice, Casarano.
Concezione epistemologica della MatematicaFunzione della Matematica
Tipo di rapporto che la Matematica ha con la realtà: descrizione,
modellizzazione, comprensione, formalizzazione, simbolizzazione,
rappresentazione...
Numeri, figure, dati, relazioni, previsioni
Ordine, congruenze,inclusione,
equivalenze
Principi, teorie, modelli, categorie
Linguaggio verbale, iconico, grafico,
simbolico
Metodi di controllo e verifica
Metodi, strumenti, procedure di ricerca
SINTASSISEMANTI
CA
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Porsi nella prospettiva di una visione della disciplina epistemologicamente fondata, significa aver chiare risposte ad alcune domande: a) qual è la funzione della matematica, cioè il tipo di rapporto che la matematica ha con la realtà? (descrivere forme, quantità….. es. definire, individuare regolarità …; generalizzare es. da addizione, sottrazione, ect …. ad operazione); simbolizzare, es. 1, P, %......; modellizzare, es. A=bxh, pallone-sfera……; matematizzare, cioè tradurre una situazione reale in termini matematici es. 3+x=5…….; rappresentare e organizzare dati per es. mediante grafici, tabelle, figure geometriche…..; argomentare, spiegare, dimostrare, teorizzare..); b) quali sono le categorie di oggetti e di relazioni fra oggetti studiati dalla scienza matematica? come scienza puramente formale, frutto di una rigorosa astrazione, essa studia oggetti (numeri, figure, dati, relazioni, funzioni..) e relazioni fra oggetti (maggiore, uguale, parallelo, addizione, proporzionalità…) che essa stessa crea e che diventano successivamente oggetti di ulteriore studio a livello di generalità e astrazione maggiori; c) a quali principi risponde l’avanzare del pensiero matematico? (contraddizione, conservazione..); d) di quali linguaggi si serve il pensiero matematico? (utilizzo integrato di diversi linguaggi: verbale, simbolico, formale, grafico, con traduzioni sistematiche da uno all’altro).
2. La concezione della funzione formativa della matematica e della sua didattica
La matematica, come altre discipline, è formativa se è concepita in funzione dei “sistemi concettuali e dei metodi che fornisce e per la capacità di introdurre alla dimensione della scoperta”
Coerentemente con tale concezione, nasce un grosso problema di scelta metodologico-didattica.
Ancora domande cui il curricolo dovrà trovare risposta: quando e come nella realtà contemporanea occorre utilizzare “pensiero e sapere matematico”?
Di quali conoscenze e abilità matematiche ha bisogno un cittadino per vivere attivamente nella società attuale? E come l’educazione matematica può contribuire alla formazione culturale del cittadino, in modo da consentirgli di partecipare alla vita sociale? E quale matematica? Con quale funzione? Strumentale, per interpretare la realtà? O culturale per acquisire la capacità di pensiero critico?
Sicuramente i due aspetti, quello strumentale e quello culturale sono entrambi essenziali, per non ridurre la disciplina a una serie frammentata di ricette o ad uno sterile bagaglio di nozioni astratte.
Eseguire calcoli, leggere grafici, interpretare dati, operare stime, misurare
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grandezze o compiere scelte in situazioni di incertezza sono attività importanti nella vita quotidiana ai fini di una comprensione quantitativa della realtà. Ma se il compito dell’educazione matematica si esaurisse in questo basterebbero, se ben significate, le nozioni affrontate nel curricolo della scuola di base. Di fatto l’importanza centrale della matematica ai nostri giorni sta certamente nelle sue applicazioni nel mondo scientifico, tecnologico, economico, ecc. ma le conoscenze matematiche richieste per la loro interpretazione appartengono solo agli addetti ai lavori. Quindi matematica a livelli specialistici per chi avesse intenzione di continuare gli studi in ambito scientifico? E per gli altri?
Certamente non meno importanti delle conoscenze sono le capacità che l’esercizio del pensiero e del sapere matematico sviluppano, in particolare le capacità logiche, la capacità di risolvere e di porsi problemi, di esprimere in linguaggio chiaro, sintetico, inequivoco il proprio pensiero, di modellizzare la realtà, di fare previsioni e operare scelte, di analizzare e raccogliere dati, di sviluppare pensiero critico.
Ma quale tipo di didattica della matematica ottiene risultati in queste direzioni? Forse quella che addestra all’imparare a memoria o a ripetere in maniera ossessiva esercizi sempre e solo dello stesso tipo?
Il curricolo di matematica dovrà, al contrario, assumere come ambiti di formatività:
a) l’ambito cognitivo funzionale, centrato sul processo di matematizzazione: utilizzo delle conoscenze, dei modelli e dei metodi di studio e di presentazione da applicare per scopi pratici nella gestione dell’esperienza di cittadino , comunicazione di significati attraverso linguaggi formalizzati (problemi nel mondo reale—traduzione nel linguaggio della matematica—individuazione dello strumento matematico—soluzione matematica formale—validazione della soluzione--comunicazione della soluzione);b) l’ambito culturale: utilizzo di strumenti, logiche e linguaggi matematici per l’approccio alla conoscenza costruita dalle diverse discipline (competenza logico-progettuale e comunicativa).L’insegnamento della matematica va cioè riempito anche di un contenuto culturale riferito ad una serie di conoscenze teoriche, storiche ed epistemologiche, relative alle idee fondamentali di una teoria, ai principi e ai metodi adottati, ma anche ai tentativi, alle ipotesi, agli errori commessi prima di arrivare ad una validazione;c) l’ambito estetico ludico (apprezzamento dell’ordine, della forma, della logicità…piacere a “ragionar di matematica”).
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3. La definizione della competenza matematica su cui fondare il curricolo.
E’ interessante soffermarsi sulle definizioni che diversi documenti, nazionali ed europei, danno della competenza matematica.
Va innanzi tutto segnalato che la competenza matematica compare, nei documenti europei, tra le otto competenze chiave che, combinando conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto, diventano strumenti indispensabili per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva,l’inclusione sociale e l’occupazione.
Nella Raccomandazione europea la competenza matematica è definita come “ l’abilità di sviluppare e applicare il pensiero matematico per risolvere una serie di problemi in situazioni quotidiane. Partendo da una solida padronanza delle competenze aritmetico matematiche, l’accento è posto sugli aspetti del processo e dell’attività oltre che su quelli della conoscenza. La competenza matematica comporta, in misura variabile,la capacità e la disponibilità a usare modelli matematici di pensiero (pensiero logico e spaziale) e di presentazione (formule, modelli, costrutti, grafici, carte)”…..
Essa comporta, in termini di conoscenze: i numeri e gli algoritmi di calcolo, le misure e gli strumenti per misurare, le strutture(numeriche, geometriche, algebriche,…), le operazioni di base, le presentazioni matematiche di base, una comprensione dei termini e dei concetti matematici e la loro comprensione insieme alla consapevolezza dei quesiti cui la matematica può fornire una risposta.
Comporta, in termini di abilità: applicare i principi e processi matematici di base nel contesto quotidiano nella sfera domestica e sul lavoro, seguire e vagliare concatenazioni di argomenti, svolgere un ragionamento matematico, cogliere le prove matematiche, comunicare in linguaggio matematico, saper usare i sussidi appropriati.
Comporta inoltre un’attitudine positiva in relazione alla matematica, che si basa sul rispetto della verità e sulla disponibilità a cercare motivazioni e a determinarne la validità.
Simile la definizione in PISA :“…è la capacità degli studenti di analizzare, di ragionare e di comunicare
idee in modo efficace nel momento in cui essi pongono, formulano, risolvono e spiegano la soluzione di problemi matematici in una molteplicità di situazioni sia reali sia di studio, (facendo acquisti, viaggiando, preparando da mangiare, tenendo la propria contabilità o valutando questioni sociali o politiche ….)
Comporta in termini di conoscenze e abilità “quelle apprese a scuola, ma presuppone la capacità di applicare tali abilità a un contesto meno strutturato, in cui le istruzioni sono meno chiare e in cui è lo studente a dover decidere
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quali conoscenze siano pertinenti e in che modo esse possano essere utilmente applicate”.
Da tutti i documenti presi in esame emerge una concezione di competenza che va oltre l’uso funzionale della matematica in senso stretto, comprendendo anche l’aspetto culturale, la preparazione necessaria per proseguire gli studi e gli aspetti estetici e ludici della matematica. Non meno importante appare la considerazione più o meno esplicita dell’incidenza che sulla competenza matematica hanno alcuni fattori psicologici ed emotivi, come gli interessi personali per la disciplina, il concetto di sé rispetto alla matematica, l’ansia nei confronti delle prestazioni in matematica.
Infatti gli atteggiamenti e le emozioni che la matematica suscita, come la fiducia in se stessi, la curiosità, la percezione dell’interesse e dell’importanza della disciplina e il conseguente desiderio di fare o di capire, apportano alla competenza matematica un contributo sostanziale. In linea di principio, è possibile possedere una competenza matematica senza che questa sia accompagnata da tali atteggiamenti ed emozioni. In pratica, però, è improbabile che essa venga esercitata e attivata da chi non li possiede.
Le considerazioni precedenti circa la funzione formativa della matematica e la concezione di competenza matematica sono evidentemente alla base dei documenti ministeriali che si riferiscono al curricolo nella scuola del primo ciclo e all’obbligo di istruzione.
In entrambi i documenti, anche se con diversi livelli di analiticità e definizione, si precisa infatti come “la competenza matematica” non si esaurisca nel sapere disciplinare e nel suo utilizzo strumentale in ambiti operativi di riferimento, ma consista nell’abilità di individuare e applicare le procedure che consentono di esprimere e affrontare situazioni problematiche attraverso linguaggi formalizzati e nel possedere una corretta capacità di giudizio in modo da sapersi orientare consapevolmente nei diversi contesti del mondo contemporaneo.
Della competenza matematica vanno individuati gli indicatori e i descrittori e deve essere essa stessa declinata nelle specifiche competenze numerica, geometrica, statistica ecc…
Solo dopo aver ben identificato ciò che si vuole ottenere si potrà intraprendere la progettazione dell’impianto curricolare.
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La didattica delle Scienze: l’esperienza dei musei scientifici universitari dell’Ateneo barese
Ruggero Francescangeli
Nel 1996 l’Università degli Studi di Bari ha istituito il CISMUS, Centro Interdipartimentale di Servizi per la Museologia Scientifica. Secondo quanto indicato dallo Statuto, il Centro aveva lo scopo, fra gli altri, di provvedere, con opportune azioni, alla conservazione e valorizzazione dell’ingente patrimonio universitario di interesse storico-scientifico, nonché di divulgare la cultura scientifica mediante l’avvio di una serie di iniziative a carattere museale, organizzate sia per il supporto delle attività didattiche interne alla stessa Università sia per svolgere un’azione di divulgazione nei confronti del grande pubblico, in particolare verso il mondo della scuola.
A distanza di oltre dieci anni l’Ateneo barese, che possiede diverse collezioni a carattere storico-scientifico e naturalistico, può contare su quattro musei intorno ai quali si è sviluppata e consolidata nel tempo una impegnativa attività divulgativa, che si concretizza in circa 12-15.000 presenze/anno di visitatori, in buona parte riferibili a ragazzi di età compresa fra i dieci e i diciotto anni.
Nel tentativo sempre più pressante di ottemperare alle richieste didattiche e dei programmi scolastici, il costante rapporto con le istituzioni scolastiche ha portato i referenti universitari delle attività museali ad una ripetuta presenza nelle scuole per seminari, esercitazioni o per contribuire con le proprie conoscenze specialistiche alla realizzazione di molti dei vari laboratori scientifici che in questi ultimi anni sono sorti in numerose scuole della provincia, in particolare, grazie al Progetto SeT. Nello stesso tempo, nei musei scientifici dell’Ateneo barese, che svolgevano la loro attività in favore della popolazione studentesca universitaria, lo sviluppo di tutte queste iniziative di supporto al mondo della scuola ha comportato una continua revisione degli allestimenti e delle logiche dei percorsi organizzati con l’inserimento di laboratori interattivi, per un adeguamento alla fruizione anche da parte di un pubblico meno esperto ed abituato ad un linguaggio, in definitiva, più semplice.
L’osservazione nel tempo, l’esperienza ed i continui scambi relazionali con gli insegnanti delle scuole hanno consentito di giungere a risultati di provata validità didattica, che ben si affiancano alla didattica scolastica formale e che, a ben vedere, sembrano essere in armonia con quanto recentemente il Ministero della Pubblica Istruzione ha riportato nelle “Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione”.
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1. Il Patrimonio Culturale come strumento della comprensione
Il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici. In particolare, secondo i dispositivi di legge e fra gli altri, sono beni culturali, e pertanto testimoni di civiltà, le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico.
Il vigente “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” (G.U. 24 febbraio 2004, n.45 e successivi aggiornamenti) cita: “i beni del patrimonio culturale di appartenenza pubblica sono destinati alla fruizione della collettività, compatibilmente con le esigenze di uso istituzionale e sempre che non vi ostino ragioni di tutela”. Pertanto, nell’accezione più moderna, il concetto di fruibilità è parte della definizione di patrimonio culturale.
Secondo la stessa precedente norma, il museo è “una struttura permanente che acquisisce, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio”.
Ancora una volta, si ribadisce la destinazione pubblica di utilità degli oggetti che compongono il patrimonio culturale e, in particolare, si fa specifico riferimento al ruolo educativo e di studio che il “bene” può e deve avere.
Questa è la norma, ma la sua applicazione non è sempre immediata e passa attraverso la complessità del concetto di fruibilità, che è un concetto in definitiva soggettivo. Esso dipende dal linguaggio utilizzato per proporre il messaggio culturale veicolato dal bene, dipende dal contesto in cui il bene stesso è inserito, è legato al livello culturale di chi entra in contatto con il bene. Tutti questi elementi, ed altri ancora che di volta in volta possono entrare in gioco, come si può ben comprendere, possono avere un peso ed una interpretazione molto diversa, spesso non favorevole alla fruizione del bene, e finiscono per dar corpo a quella tendenza più generale che è la riduzione di interesse che si deve registrare nei confronti delle discipline scientifiche.
Proprio nel tentativo di far fronte alle difficoltà evidenziate e nella ricerca di strumenti utili a catturare l’attenzione alla scienza e alla natura delle varie tipologie di pubblico, ed in particolare dei ragazzi delle scuole, si vuole richiamare il forte potere evocativo che esprime il contatto con il bene culturale, l’oggetto che troviamo nel museo, e con il bene paesaggistico, elemento caratterizzante del paesaggio o di un territorio.
Il bene culturale, sia esso un bene di interesse storico-scientifico o naturalistico o pertinente ad una qualsiasi altra disciplina, è un prodotto del proprio tempo ed è fortemente incernierato nell’ambito culturale in cui è stato realizzato o si è originato, è stato osservato per la prima volta o è stato studiato. Il bene culturale ha una propria vita che si sovrappone, si interseca e si integra con quella di personaggi, talvolta noti nella storia per tutt’altro motivo, con quella di istituzioni più o meno
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prestigiose, con il progresso tecnologico e con eventi che hanno caratterizzato il nostro passato. Esso può essere punto di arrivo o punto di partenza per costruire percorsi di conoscenza che più sono ampi, più sono associati a contesti reali, magari di vita quotidiana, più hanno la possibilità di intercettare i diversi saperi del pubblico, i diversi interessi e i diversi processi individuali di apprendimento.
Naturalmente, non esistono ricette assolute che possano garantire il risultato di una buona fruibilità, ma certamente un “bene”, proprio per essere tale, offre l’opportunità di comunicare fatti e concetti, significati e valori, sia specifici che trasversali, anche di realtà complesse, e il suo inserimento in un ambito culturale ampio, pluridisciplinare, migliora la disponibilità del pubblico all’attenzione e facilita la comprensione del messaggio culturale di cui è portatore.
L’atto comunicativo, rispetto al “bene”, è far sì che si realizzi il trasferimento di conoscenze al pubblico attraverso modelli che utilizzino messaggi e mezzi in grado di rendere comprensibile la relazione fra il significato dell’oggetto ed il suo inserimento nell’evoluzione del pensiero scientifico e nell’ambito culturale cui esso appartiene.
2. Il “bene” quale elemento di convergenza di interessi:considerazioni e spunti
Verranno ora proposti alcuni esempi di percorsi di conoscenza, costruiti nel tentativo di mettere in atto i principi sopra indicati. Come accennato in precedenza, sono il risultato di esperienze maturate in ben oltre dieci anni di attività presso i musei scientifici dell’Ateneo barese ed, in particolare, presso il Museo di Scienze della Terra, ove lo scrivente è impegnato in prima persona.
Gli esempi riportati hanno per riferimento “beni” che attengono alle discipline proprie delle Scienze della Terra, ma la circostanza è, in definitiva, un dettaglio e la possibilità di ripetere nelle scuole procedimenti analoghi per un qualsiasi elemento del nostro vasto patrimonio culturale dipende per lo più dalla sensibilità di chi opera e dalla possibilità di far convergere in un solo argomento conoscenze e professionalità anche molto diverse.
Inoltre, non bisogna dimenticare che, in molti casi, i nostri istituti didattici sono sede di collezioni storiche di notevole interesse naturalistico e scientifico o conservano documenti che, se inseriti in un percorso di conoscenza didattica, possono essere recuperati e valorizzati contribuendo a dare una precisa connotazione culturale allo stesso istituto.
Il primo esempio che si propone riguarda una collezione di marmi dell’antica Roma. La collezione, nota come Collezione Francesco Belli, è conservata presso il Museo di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Bari ed è costituita
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di 578 campioni di marmi provenienti dagli scavi dell’antica Roma. Essa è stata raccolta dall’Avv. Francesco Belli nella prima metà del XIX sec. ed è stata acquistata dall’Istituto di Geologia e Paleontologia tra il 1956 e il 1958. I marmi che compongono la collezione rappresentano i materiali lapidei più pregiati utilizzati dai Romani per costruzione ed ornamento a partire dal II sec. a.C., nel corso di sette secoli. Quella dei marmi antichi è una storia di grande fascino ed interesse, è la storia di vittorie, di sconfitte, di opulenza e di povertà, è la storia di mestieri e di culti.
Inoltre, i marmi antichi nel corso dei secoli sono stati oggetto di un continuo reimpiego nell’edilizia monumentale e sacra, per nuove architetture, nuove statue e nuovi decori, e sono stati oggetto di desiderio per i collezionisti.
I marmi antichi sono veicolo di un enorme carico culturale e, a partire dalle caratteristiche litologiche che li caratterizzano e dalle loro provenienze, si possono imbastire percorsi multidisciplinari che, come risulta dallo schema che segue, coinvolgono interessi anche molto diversi.
Dal momento che ci troviamo in Puglia, è il caso di ricordare che la nostra regione può offrire ottimi spunti in proposito. La Puglia ha una antica tradizione di lavoro e scavo della pietra da costruzione ed ornamentale, utilizzata per realizzare edifici e monumenti che sono veri e propri riferimenti per tecniche costruttive, materiali utilizzati, soluzioni architettoniche e significati espressi. Basti ricordare Castel del Monte per il passato e, per il presente, la Chiesa di San Pio a San Giovanni Rotondo, realizzata con 1320 blocchi di pietra di Apricena.
Il secondo esempio che si propone riguarda una collezione di minerali. La collezione, nota con il nome di collezione Pelloux, è conservata presso il Museo di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Bari ed è costituita da circa 11.000 campioni di minerali, rappresentativi di circa 1572 diverse specie minerali. La collezione, realizzata da Alberto Pelloux capitano degli Alpini, conservatore del Museo di Scienze Naturali di Genova e figlio del Gen. Gerolamo Pelloux,
GEOLOGIA, RICONOSCIMENTO LITO PETROGRAFICO E CARATTERISTICHE TECNICHE DEI MARMI DELLA COLLEZIONE.VERIFICA DELLE PROVENIENZE.MARMI DI REIMPIEGOI MARMI E LA STORIA DI ROMA.I MARMI E I PERSONAGGI DELLA STORIA.VARIETA DEI MARMI E LORO IMPIEGO NELLA ROMA ANTICAMARMI ANTICHI, ARCHEOLOGIA E STORIA DELL’ARTE: PROVENIENZE, TRAFFICI, ARTI, MESTIERI E STRUMEN-TI.LA STORIA DELLA COLLEZIONE.LA STORIA DELLA COLLEZIONE DI MARMI ANTICHI NEL XIX SEC.
ARGOMENTIINERENTI LA C. “BELLI“
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Ministro della Guerra al tempo di Giolitti, è stata acquistata dall’Istituto di mineralogia nel 1957. I minerali, oltre il loro valore naturalistico e scientifico, esercitano un grande fascino estetico in virtù dei loro unici ed irripetibili colori. Ed è proprio dall’uso che dei minerali è stato fatto nel passato per la preparazione dei colori nell’arte, che ha preso l’avvio una riuscitissima mostra “Colori proibiti” (realizzata dal dott. A. Monno e da un gruppo di studenti del corso di Scienza per la Diagnostica e Conservazione dei Beni culturali), che ha saputo combinare interessi scientifici, storico-scientifici e tecnologici, storico-artistici e didattici, ed è stata presentata con notevole successo al Festival della Scienza di Genova, l’ottobre dello scorso anno.
In un percorso a spicca-to carattere interattivo ove i visitatori hanno avuto la pos-sibilità di fare esperienze di-rette di laboratorio, venivano illustrate le tecniche utiliz-zate nel passato per la pre-parazione dei colori, il loro utilizzo nella Storia dell’Ar-te, nonché le principali pro-prietà fisiche e chimiche dei minerali utilizzati allo scopo ed i personaggi che ne hanno fatto uso. Inoltre, venivano
illustrate le più moderne tecniche di studio ed identificazione delle tecniche pit-toriche. Uno sguardo al passato, ma anche al presente che ha attratto, incuriosito, ma anche divertito i numerosi visitatori.
Il terzo esempio che si propone riguarda l’acqua. Credo che si possa affer-mare in tutta tranquillità che l’acqua sia ben oltre il patri-monio culturale, ma certa-mente, molti beni che oggi si tende a conservare, tutela-re e valorizzare sono costi-tuiti di acqua, ovvero sono il risultato della sua presenza o della sua assenza.
Per i motivi accennati, è stato realizzato “L’Acqua in Puglia: un percorso nel-
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lo Spazio e nel Tempo”. È essenzial-mente un percorso didattico, realizzato utilizzando un linguaggio semplice e diretto, per comunicare, attraverso la multidisciplinarità e una molteplicità di testimonianze e valori culturali del nostro territorio, alcuni concetti che sono fondamentali per comprendere l’importante ruolo che per la Puglia l’acqua ha avuto ed avrà, in misura sempre maggiore.
Viene presa in esame l’acqua, quale elemento principe dei fattori condizionanti del clima, che ha agito sui caratteri fisici del paesaggio ed, in particolare, le forme carsiche tipiche del territorio pugliese e sottoposte a vincolo paesaggistico e/o idrogeologico, quali le “lame” e le grandi doline del Gargano e delle Murge, e si propongono laboratori sul carsismo; si prende in esame il
condizionamento del reticolo idrografico nei confronti della distribuzione di siti archeologici, quali i maggiori villaggi del Neolitico e dell’Età del Bronzo; si pone l’attenzione sul valore che i Romani hanno attribuito all’acqua, testimoniato dalle monumentali opere idrauliche giunte fino a noi; si illustrano alcune espressioni di culto legate all’acqua e delle quali restano ancora oggi le tracce in alcune feste popolari ed in molti toponimi; si prende in esame l’architettura delle masserie e dei castelli della Puglia, tutti pensati in funzione della necessità di non disperdere neanche una goccia di pioggia; si richiamano alla mente le numerose epidemie che hanno falcidiato la popolazione per la mancanza d’acqua; si ricordano personaggi quali Camillo Rosalba, che ha “inventato” l’Acquedotto Pugliese (e che molti di noi oggi ricordano solo per aver dato il proprio nome ad una strada della città di Bari); si ripercorrono i momenti terribili
Trozza: elemento di architettura rurale tipico delle campagne salentine, realizzato a copertura dei pozzi (da C.Tempesta e F.Orlando, 1991).
Camillo Rosalba, giovane inge-gnere del Genio Civile, elabora nel 1866 il primo progetto per l’Ac-quedotto pugliese. Egli intuisce le potenzialità delle sorgenti del fiu-me Sele quale risorsa d'acqua per la Puglia.
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delle alluvioni che, in più momenti, hanno travolto la città di Bari, fino alla realizzazione della Foresta di Mercadante e allo scavo dei canali a nord e sud della città; si illustrano le opere di tutela e monitoraggio messe in atto a vari livelli per proteggere e regolamentare quello che oggi è probabilmente il bene più prezioso.
Insomma, un percorso articolato, alimentato dal nostro patrimonio culturale e ricco di esperienze di laboratorio sullo studio delle forme del terreno e del reticolo idrografico mediante l’esame delle tavolette topografiche, sul concrezionamento prodotto dal fenomeno carsico, sull’acquisizione di documenti storici ed attuali e tanto altro ancora.
Un percorso di conoscenza che partendo dai saperi propri delle discipline scientifiche si intreccia con i temi dell’economia, della politica e della società.
3. Conclusioni
A conclusione di queste brevi note, che non hanno certo la pretesa di esaurire un argomento tanto complesso, si vuole ribadire il valore comunicativo degli innumerevoli beni che compongono il nostro Patrimonio di interesse scientifico. Soprattutto, si vuole ancora una volta rimarcare l’ampiezza del messaggio culturale veicolato dai beni ed il forte valore didattico che possono esprimere per il fatto stesso di essere testimonianze reali e tangibili dell’evoluzione del pensiero scientifico dell’uomo. Lo strumento conservato ed esposto in un museo scientifico, a fronte di un più evidente interesse che riviene dalle sue caratteristiche costruttive, dalla sua funzione, dal suo utilizzo e dai personaggi con cui è venuto a contatto, porta con sé dal passato una quantità di altri valori e significati che compongono il mosaico culturale di un’epoca. E, appunto come avviene per le tessere di un mosaico, ciascun valore e ciascun significato chiarisce e completa tutti gli altri.
Non c’è traccia di soluzione di continuità nella cultura e la sua frammentazione può solo ridurne la comprensione.
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La didattica delle Scienze:un’occasione per l’unità della Cultura
Livio Ruggiero
Dal 1962, epoca della “Nuova Scuola Media”, ad oggi, la Scuola Italiana è stata oggetto più volte delle attenzioni del “legislatore” e possiamo senz’altro aspettarci ulteriori “attenzioni” nel recentemente mutato quadro politico di go-verno.
Nell’ambito di queste riforme e controriforme abbiamo assistito a proposte di vario genere sui programmi, sulla valutazione, sui documenti da produrre per accertare e testimoniare il lavoro svolto e i risultati raggiunti.
I documenti ufficiali, ma anche quelli esplicativi, erano a volte contenuti in un numero ragionevole di pagine, altre volte in fascicoli tali da costituire veri e pro-pri volumi, talora con linguaggi diversi per esprimere gli stessi concetti, ma, per fortuna, in tutti è sempre apparso unico e chiaro che l’impegno principale della Scuola deve essere quello di contribuire in maniera determinante a formare dei cittadini consapevoli e liberi e quindi di educare il bambino, il ragazzo, l’adole-scente, il giovane, ricordando che ogni bambino, ogni ragazzo, ogni adolescente, ogni giovane è qualcosa di unico e irripetibile.
In questo quadro si deve parlare di cultura umanistica e/o cultura scientifica o non è meglio parlare di educazione/formazione umanistica ed educazione/forma-zione scientifica per far crescere in tutti la Cultura?
Qualunque sia la scelta che si voglia operare, il problema dell’insegnamento delle Scienze certamente non muta: perché insegnarle, cosa insegnare, come in-segnarle?
A mio parere non ci sono ricette dettagliate, ma solo indicazioni, proposte e suggerimenti. Il docente deve organizzarsi continuamente, mettendoci sempre del suo: preparazione, fantasia, buona volontà e (nonostante tutto!)…”amore”…, per gli alunni, per le discipline, per la Scuola.
Si può smettere di studiare solo quando si va in pensione…se si vuole!Si dice che oggi siamo nell’era della comunicazione ed è proprio dall’analisi
di quale e di quanta comunicazione siamo fatti soggetto e, soprattutto, oggetto che possono nascere le risposte ai precedenti interrogativi.
Parole come ambiente, clima, biodiversità, sviluppo sostenibile, DNA, eco-logia, genetica, energia, internet, effetto serra e così via costituiscono ormai una vera e propria giungla della comunicazione, in cui è possibile perdersi se non si dispone di una guida sicura, che non può che essere la conoscenza acquisita strettamente unita alla capacità di acquisire conoscenza, che insieme allo spirito critico costituiscono la cultura personale, formatasi soprattutto a Scuola.
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Occorre appropriarsi di una capacità di controllo delle notizie che ci vengono propinate soprattutto dai mezzi di comunicazione, senza attribuire ad essi l’asso-luto possesso della verità e l’impossibilità di sbagliare.
Non è ammissibile che anche le pagine culturali di quotidiani e periodici con-tengano grossolani errori, come la possibilità di datare eventi geologi vecchi di centinaia di milioni di anni con il metodo del radiocarbonio, che si ferma a 40-50.000 anni fa, o la definizione dell’acqua ossigenata come “perossido di ossige-no”, tanto per fare qualche esempio tra i più significativi. Per non parlare degli in-serti pubblicitari, in cui si possono trovare delle vere “perle” come l’indicazione della resa calorica di un combustibile per caminetti espressa in chilocalorie, senza indicazione della quantità, in peso o volume, del combustibile ed esprimendola addirittura in chilowatt.
Tra gli argomenti che oggi più sono oggetto di comunicazione possiamo senz’altro prendere ad esempio l’ambiente, l’effetto serra, l’energia.
Per quanto riguarda l’ambiente sarebbe opportuno non limitare l’attenzione a quello naturale, ricordando che la nostra vita si svolge in costante rapporto con quanto ci circonda, che costituisce appunto quello che con termine generico definiamo “ambiente”, in un continuo scambio reciproco di messaggi. Numerosi sono i tipi di ambiente in cui veniamo a trovarci, separatamente o contempora-neamente: familiare, degli amici, del tempo libero, urbano, naturale, ecc. Essere in equilibrio con il proprio ambiente significa che questo rapporto si sviluppa positivamente per entrambi. Occorre quindi sapere interpretare correttamente i messaggi che riceviamo dal nostro ambiente, formulare altrettanto correttamente quelli che noi ad esso inviamo e regolare di conseguenza il nostro comportamen-to. Per esempio durante una passeggiata in campagna può accadere di sollevare, per curiosità o accidentalmente, un sasso, scoprendo che sotto di esso esiste un piccolo mondo ricco di tanti abitanti; il corretto comportamento potrebbe essere il rimettere a posto delicatamente il sasso, magari dopo aver osservato attentamente il piccolo mondo da esso protetto.
L’effetto serra è senz’altro il fenomeno che più sta soffrendo di una cattiva comunicazione, dal momento che spesso anche “comunicatori” di un certo livello ne fanno il colpevole del probabile cambiamento climatico in atto, per cui molti sperano che si riesca a debellarlo. La corretta comunicazione dovrebbe invece sottolineare che l’effetto serra è il processo che assicura l’esistenza della vita sulla Terra e che sono le sue eventuali variazioni, in aumento o in diminuzione, a poter causare le variazioni del clima, con le relative conseguenze per noi e per gli altri viventi. Il problema della ricerca del “colpevole” si sposta quindi sulle possibili cause delle variazioni dell’effetto serra, tra le quali sono senz’altro da inserire le cosiddette attività antropiche. Come esempio delle conseguenze di tale non corretta comunicazione potrei riferire che lo scorso anno, all’inizio del corso di Climatologia e Meteorologia che svolgo per gli studenti di Scienze Ambientali,
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ho chiesto alla trentina di studenti presenti chi ritenesse dannoso l’effetto serra e purtroppo più della metà dei presenti ha alzato la mano.
Sui problemi legati alla produzione e all’uso dell’energia in genere ci sarebbe da stilare un elenco di argomenti trattati spesso con superficialità, con documen-tazione incompleta o con partigianeria più o meno scoperta. Ad aumentare la confusione poi ci si mettono quanti pur richiedendo l’utilizzazione delle energie rinnovabili non riescono a convincersi che anche queste hanno inevitabilmente un impatto ambientale, spesso non trascurabile, nell’uso e nella modificazione di vaste aree del territorio.
La prospettiva storica riveste un’importanza fondamentale in una formazione culturale integrale; possono essere allora illuminanti le considerazioni e i consigli di un grande esperto di didattica delle Scienze di 250 anni fa, anche per com-prendere come le idee moderne in molti settori hanno sicuramente le loro radici, magari poco conosciute, in idee maturate molto tempo fa.
L’Abate Jean Antoine Nollet, vissuto tra il 1700 e il 1770, istitutore del Delfi-no di Francia, figlio di Luigi XV e padre di Luigi XVI, è stato un fisico che si è in-teressato in particolare di elettricità. Tra le sue numerose opere hanno particolare importanza le Leçons de Physique expérimentale, pubblicate a Parigi nel 1764.
Nella presentazione delle sue lezioni di fisica Nollet afferma che è bene stu-diare le Scienze perché
“…la conoscenza degli effetti naturali conviene a tutti gli stati; si potrebbe concludere anche che essa conviene a tutte le età…”
Ma tale studio deve essere condotto senza forzature dal momento che
“…secondo il corso ordinario della natura, noi nasciamo quasi tutti con una attitudine particolare per qualche oggetto: Fortunato colui che non ne è distolto a causa di una scelta forzata, o a causa di circostanze contrarie alla sua incli-nazione! ”
Alla domanda particolare del perché studiare la Fisica, Nollet risponde con un’altra domanda
“È possibile vedere gli effetti meravigliosi dei telescopi, degli occhiali, dei mi-croscopi, il cui uso è oggi così comune, senza desiderare di conoscerne il funzio-namento e le proprietà sulle quali si fonda la costruzione di questi strumenti?”
La stessa domanda potremmo porcela noi: non sarebbe bello conoscere il fun-
zionamento dei numerosi apparecchi che utilizziamo continuamente: computer, telefonini, videocamere e macchine fotografiche digitali, televisori a cristalli li-
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quidi e al plasma, GPS e così via? Apparecchi che spesso utilizziamo per tempi limitati e poi gettiamo via perché obsoleti, senza pensare mai a quanto lavoro intellettuale e manuale c’è in loro.
Ma Nollet ci fa anche riflettere sul fatto che la Fisica non è la sola scienza da prendere in considerazione
“L’oggetto della Fisica sperimentale è di conoscere i fenomeni della natu-ra, e di mostrarne le cause attraverso prove di fatti: essa differisce dalla Storia naturale, nel senso che quella, senza dare ragione degli effetti, ha per scopo principale di darci la conoscenza dei corpi che compongono l’universo, e di farci distinguere i generi, le specie, le varietà individuali, i rapporti che questi esseri hanno tra loro e le loro differenti proprietà. La prima di queste Scienze tenta di spiegarci il meccanismo della natura; l’altra ci offre, per così dire, l’inventario delle nostre ricchezze: l’una e l’altra sono talmente legate tra loro, che è pratica-mente impossibile separarle: un Fisico che non sia anche Naturalista è un uomo che ragiona d’azzardo e su degli oggetti che non conosce affatto; il Naturalista che non sia Fisico, non esercita che la sua memoria. ”
Bisogna ricordare che ai tempi di Nollet le Scienze naturali erano profonda-mente impegnate a catalogare e conoscere le numerose specie di piante ed anima-li che si venivano scoprendo con i viaggi d’esplorazione e solo due secoli dopo si sarebbero interessate di biologia molecolare, di biochimica e cose del genere.
I suggerimenti dell’Abate si spingono a fondo anche nel settore delle tecnolo-gie didattiche, sul tipo di lezioni da utilizzare
“In Fisica, come in tutte le altre scienze, gli inizi sono spinosi; le prime idee fanno fatica a stabilirsi; la novità dei termini, così come quella degli oggetti affatica lo spirito per l’attenzione che richiede: per appianare queste difficoltà, le lezioni date a viva voce, hanno un considerevole vantaggio su quelle che si prendono sui libri.
Da quando insegno la Fisica sperimentale, ho avuto modo di riconoscere che
il mezzo più efficace per catturare l’attenzione, e di far nascere prontamente delle idee, è di parlare agli occhi con delle operazioni sensibili.”
su come esse debbano essere organizzate
“Nello scrivere le mie Lezioni, io ho seguito lo stesso metodo che sono solito usare quando le faccio a viva voce.
Scelgo in ciascuna materia quanto vi è di più interessante, di più nuovo, e che mi sembra il più adatto ad essere provato con delle esperienze.
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Spiego, con la maggior precisione e chiarezza possibili, lo stato della questio-ne, ne richiamo l’origine, … la provo quindi con delle operazioni di cui faccio conoscere il meccanismo, avendo l’accortezza di eliminare tutto quanto potrebbe mescolarsi di strano, per non distrarre l’attenzione.
Alla fine riconduco, sia alla questione medesima, sia ai fatti che mi sono ser-viti di prova, tutto quanto si può collegare nei fenomeni della natura, nei procedi-menti delle Arti, nelle macchine più in uso per le comodità della vita civile.”
e su come vadano presentate agli allievi
“Un Maestro che parla ai suoi Allievi, e che sa ricordarsi a proposito delle pene che egli ha sofferto studiando alla loro età, o delle attenzioni prese per risparmiargliele cerca, per farsi capire, le espressioni più adatte; le ripete e le varia, finché non ha motivo di credere di essere stato capito: il tono, il gesto, un segno di matita, e più di tutto questo, la libertà con la quale permette, raccoman-da che lo si interroghi, sono tanti mezzi che secondano il suo zelo, e con i quali egli arriva a far avere delle idee chiare e distinte di quello che insegna.”
Tenendo conto dei necessari collegamenti con altre discipline
“…come si potrebbe comprendere il meccanismo dell’udito o quello della visione, se uno non avesse appreso in precedenza le proprietà dell’aria, e quelle di quella materia la cui azione ci illumina?
In che modo ci si accingerebbe a studiare questi effetti, se si ignorasse che il suono e l’illuminazione degli oggetti derivano dai movimenti di questi due flui-di?” (All’epoca anche la luce era considerata una specie di fluido)
e, soprattutto, dell’importanza della Matematica
“ …una lingua che è indispensabile apprendere, è quella dell’Algebra e della Geometria; queste due Scienze si sono felicemente introdotte nella Fisica; ovun-que esse possano applicarsi, portano l’esattezza e la precisione che sono loro proprie ...”
facendo largo uso degli esperimenti, avendo la fortuna di lavorare in una scuo-la dotata di apparecchi
“Quale facilità non troverete ancora ai vostri inizi, se la Scuola in cui sarete ammessi ha il vantaggio di possedere una collezione sufficiente di Strumenti, con i quali vi si mettono sotto gli occhi quasi tutte le verità che ci si propone di farvi entrare nello spirito?
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Possono le idee non nascere e non perfezionarsi alla vista di quelle immagini sensibili?
Siate sicuri che quanto vedrete con interesse e con attenzione, farà più impres-sione su voi che tutti i discorsi che lo hanno preceduto.”
apparecchi non necessariamente complessi e costosi
“Tutte le volte che un’esperienza può essere eseguita semplicemente e con poca spesa è così che deve essere fatta!
… fortunato chi fa dipendere la sua Esperienza da quello che trova nel ma-gazzino di un maiolicaio, e riesce ad adattare alla fisica dei vasi preparati per usi più comuni!”
Come si vede, i buoni consigli per una didattica efficace possono venire anche da molto lontano nel tempo.
Naturalmente è forse ovvio auspicare che l’azione di informazione-formazio-ne-educazione si svolga nella piena collaborazione tra le Scuole dei vari gradi, una collaborazione che dovrebbe coinvolgere in pieno anche le Università, ma a volte questa speranza è resa vana da ostacoli di vario genere.
Ma fortunatamente sembra che la situazione sia in evoluzione verso un mi-glioramento dei rapporti tra queste istituzioni, miglioramento che in Puglia può essere validamente testimoniato dalla realizzazione della Cittadella Mediterra-nea della Scienza dell’Università di Bari e dei Musei dell’Università del Salento, tra i quali, per l’argomento che stiamo trattando, assumono particolare rilevanza il Museo dell’Ambiente, il Museo di Biologia Marina e l’Orto Botanico.
Concludendo, tutto quello che viene proposto (o imposto) da parte di leggi, progetti, programmi, indicazioni, raccomandazioni ecc. è senz’altro molto im-portante, ma, a mio parere, non credo si potranno ottenere risultati soddisfacenti se non si porrà mano con decisione alla costruzione (o ricostruzione) di una rete di rapporti veramente umani, non soffocati da ostacoli burocratici, tra i vari par-tecipanti e tra i membri delle singole categorie: Istituzioni, Docenti, Famiglie, Studenti.
Occorre una vera unità d’intenti e di azione, se si vuole dare un senso all’unità della Cultura e creare le condizioni perché la Scuola raggiunga in pieno gli obiet-tivi che ne giustificano l’esistenza.
Attuare tutto questo, analizzando in dettaglio e con spirito realistico tutti gli aspetti palesi e nascosti del problema, può sembrare senz’altro una vera utopia. Ma l’Utopia, spesso, contribuisce a dare sapore alle nostre azioni, stimolandoci a raccogliere la sfida che ci lanciano le difficoltà incontrate.
In ogni caso una cosa è certa: i prodotti malriusciti dell’Industria possono essere ritirati dalla circolazione, quelli della Scuola no!
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Per un curricolo verticale di ScienzeIdee guida, esperienze
Aldo Specchia
L’esperienza non è ciò che ci capita ma il modo con cui fruiamo di ciò che ci capita.
La quotidianità, nella sua straordinaria ricchezza, consente a grandi e piccoli di compiere esperienze di vario segno e significato; esperienze che possono pas-sare senza lasciare traccia o al contrario “marcare”, in modo più o meno indele-bile, il percorso sociale, culturale, professionale, esistenziale di chi le vive. Tutto dipende dalla loro significatività in funzione dei processi di apprendimento, di maturazione, di crescita personale dei protagonisti che le attraversano e dal modo con cui le stesse riescono ad innescare meccanismi di modifica e di affinamento degli schemi mentali e dei modelli interpretativi posseduti per leggere la realtà.
Questo vale nella vita ma ancor più nella scuola là dove i processi educativi assumono una decisa connotazione di intenzionalità formativa.
La costruzione e la realizzazione del curricolo costituisce in qualche modo il banco di prova dei docenti e del loro modo di realizzare in favore degli alunni, soggetti in formazione, esperienze in grado di promuovere apprendimenti signi-ficativi, carichi di senso, atti a porre le premesse per una formazione lungo tutto l’arco della vita.
E’ largamente condivisa l’idea di curricolo come percorso unitario di forma-zione; è altresì condivisibile, nella sua organizzazione, la scelta di criteri che afferiscono all’apprendimento come sistema, come processo nel quale si com-pongono, in una sintesi significativa, il soggetto che apprende e gli oggetti di apprendimento, il contesto e i mediatori didattici e in definitiva tutti gli elementi che in modo deciso concorrono a promuoverlo e a facilitarlo.
Intenzionalità, progressione, integrazione, sistemicità, ricorsività, persona-lizzazione: sono criteri che svincolano il curricolo dalla sua percezione come processo lineare e statico, fondato sull’accumulo progressivo di conoscenze, per divenire un percorso tagliato sugli alunni e radicato nel contesto scolastico carat-terizzato da segni distintivi che lo identificano nel territorio di appartenenza.
Una concezione di questo tipo rimanda anche a concetti quali intensificazione, approfondimento, estensione, incremento qualitativo, riferiti ai saperi da un lato e alle abilità e ai quadri concettuali dall’altro. Il che significa lavorare sulle com-petenze: dall’acquisizione alla padronanza d’uso, al progressivo affinamento. E’ appena il caso di rilevare che ciascun curricolo acquista significato e operatività quando di snoda nelle competenze.
Lo strutturano processi e percorsi temporalmente finiti ma dotati di poten-
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zialità di ulteriori sviluppi, generatori di altri processi di complessità superiore, attivatori di strategie, schemi, modelli sempre più raffinati, organizzati per livelli o per nuclei fondanti, comunque collocati in un quadro unitario sistemico, in una struttura a rete.
Con riferimento all’educazione scientifica, tali processi hanno una connota-zione multidimensionale che rimanda alla percezione, alla conoscenza, all’ese-cuzione.
Pertanto, attraverso processi percettivi si promuovono competenze correlate all’osservazione di oggetti, fatti, fenomeni, situazioni, al confronto di dati, alla loro misurazione.
I processi cognitivi sollecitano invece l’attivazione di competenze legate ai seguenti aspetti:
rilevare problemi e dati di diversa tipologia;porre e porsi domande;elaborare ipotesi e spiegazioni;verificare le ipotesi di soluzione formulate all’inizio del percorso osservativo e/o sperimentale;scegliere e utilizzare tecniche d’indagine;confrontarsi, discutere, condividere i risultati.Sul piano più squisitamente operativo, le competenze riguardano la rappre-
sentazione, la descrizione, la sintetizzazione dei fatti e dei fenomeni osservati e indagati nel mondo fisico, biologico, tecnologico.
Volendo isolare uno dei processi percettivi, indispensabile per rilevare dati informativi - l’osservazione - l’organizzazione di un curricolo di scienze di tipo verticale, centrato sulle competenze, riguarda livelli che possono essere riferiti alle diverse fasce di età scolare:
osservare oggetti utilizzando i cinque sensi;confrontare gli oggetti osservati;rilevare proprietà distintive, analogie e differenze;scoprire regolarità;osservare fenomeni via via meno circoscritti e più complessi;osservare e rilevare rapporti fra oggetti, organismi, fenomeni;osservare il comportamento di oggetti, fatti, fenomeni in situazioni provocate e/o manipolate e rilevarne le condizioni di accadimento;formulare criteri, scoprire principi, regole, modelli legati ai fenomeni inda-gati.Come è facile vedere, la competenza resta sempre di tipo osservativo, ciò che
varia è il livello di sviluppo e di concettualizzazione.La visibilità di tale processo, secondo l’idea di curricolo a spirale, può essere
facilitata dalla rappresentazione riportata nella figura 1.
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Qualunque sia il modello prescelto per la progettazione curricolare, il risultato finale deve essere la costruzione progressiva di un sistema concettuale a rete nel quale le relazioni legano i nodi fino a creare microsistemi interrelati fra di loro nei quali le conoscenze (il sapere) possono essere imbrigliate ed essere così uti-lizzate per risolvere situazioni problemiche (il saper fare) in contesti variamente strutturati di tipo personale e collettivo (il modo di porsi, gli atteggiamenti).
La seguente rappresentazione dà l’idea delle reti concettuali: i nodi costitui-scono i centri di enucleazione delle competenze, i legami le relazioni fra gli stes-si.
Le Indicazioni per il curricolo, che costituiscono il quadro di riferimento per la progettazione curricolare affidata alle scuole, offrono una molteplicità di spunti e di orientamenti per organizzare un curricolo verticale di scienze. Ad esempio, utilizzando il nucleo fondante struttura/funzione, è possibile cogliere alcune in-teressanti piste di lavoro didattico per promuovere l’acquisizione di competenze scientifiche.
Da “Traguardi per lo sviluppo delle competenze”Impara ad identificare anche da solo gli elementi, gli eventi, le relazioni in gioco…
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Osserva, registra, identifica…E’ in grado di decomporre e ricomporre la complessità di contesto in elemen-ti, relazioni, e sottostrutture…Da “Obiettivi di apprendimento”Individuare qualità e proprietà di oggetti e materiali.Osservare, descrivere, confrontare, correlare elementi della realtà circostan-te: distinguere piante e animali cogliendone somiglianze e differenze…Percepire la presenza e il funzionamento degli organi interni e della loro or-ganizzazione nei principali apparati…Individuare il rapporto tra strutture e funzioni negli organismi osservati/os-servabili…Proseguire con osservazioni… un albero, una siepe, una parte di giardino, per individuare connessioni e trasformazioni.Indagare le relazioni tra organi di senso, fisiologia complessiva e ambienti di vita…Proseguire lo studio del funzionamento degli organismi… Considerare il suolo come ecosistema…Individuare la rete di relazioni del vivente…Ciò che lega i percorsi didattici, in questo ambito, nelle diverse fasi di svi-
luppo, è senz’altro l’equilibrio dinamico fra sistemi - viventi e non - che deriva, come sottolinea Paolo Guidoni, dal fatto che c’è un interno ossia una propria rete di relazioni, interazioni, equilibri, processi e c’è un esterno immerso in altre reti tematiche; c’è una separazione che non separa ma che definisce le interazioni fra reti.
L’educazione scientifica va intesa essenzialmente come “fare scienza” e non come “insegnare scienze” nel senso che protagonisti restano sempre gli alunni co-costruttori dei loro apprendimenti, gli alunni che imparano a vedere, guardare, accorgersi, confrontare, discriminare, rilevare; ad individuare aspetti problemati-ci della realtà e a costruire ipotesi e soluzioni; ad elaborare schemi, mappe con-cettuali, modelli esplicativi ed interpretativi dei fenomeni indagati.
Questo, il quadro orientativo entro il quale sono collocate le molteplici espe-rienze condotte presso le scuole dell’Istituto Comprensivo di Maglie, da sempre attento a promuovere percorsi organici di tipo scientifico nel rispetto della verti-calità come principio informatore del curricolo.
Il percorso di cui proponiamo una lettura è stato costruito intorno al nucleo concettuale “struttura/funzione”. Gli ambiti di indagine sono costituiti da:
oggetti; piante;animali;organismo umano;suolo.
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Il percorso è documentato in un CD-rom interattivo la cui visione rende l’idea di un ambito curricolare nel quale gli alunni di scuola primaria e di scuola se-condaria di I grado hanno potuto acquisire conoscenze, abilità, atteggiamenti che sostanziano competenze di tipo cognitivo, operativo, procedurale, utilizzabili per leggere la realtà naturale e fisica nelle sue diverse manifestazioni, una realtà fatta di modi di essere e di accadere, di situazioni fra loro interrelate. In definitiva, si tratta di cominciare a capire come sono fatte le cose, perché sono fatte così, a che cosa servono; quali sono le relazioni che le legano; come si comportano; quali le condizioni di accadimento dei fenomeni che le interessano.
Compito della scuola, sul piano dell’educazione scientifica, è quello di attrez-zare gli alunni, sul piano cognitivo ed operativo, di strumenti atti a capire come va il mondo, come può essere letto, compreso, modificato. Già Galileo Galilei l’aveva intuito quando affermava “…io penso piuttosto la natura aver fatto da prima le cose a modo suo e poi fabbricato i discorsi degli uomini abili a poter capire, però con fatica grande, alcuna parte de’ suoi segreti”.1
L’interfaccia di avvio del CD-rom offre una visione d’insieme dei contenuti; tutti i files sono in formato PDF e stampabili.
I contenutiGli spazi vissuti: la casa e la scuola (scuola primaria, classe I)La scuola: sguardo generale La palestra L’aula Il banco La sedia La lavagna La casa
Le piante e gli animali (scuola primaria, classe II)Le piante in generale La foglia La radice Il fusto Gli animali I sistemi e gli apparati Osserviamo alcuni animali
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Il suolo (scuola primaria, classe III)Le origini del suolo Gli orizzonti del suolo I componenti del suolo I tipi di suolo Le funzioni del suolo Mappa di sintesi Il degrado del suolo Il suolo argilloso: un approfondimento Lavoro sul campo L’argilla nella storia
I viventi e la loro storia evolutiva (scuola primaria, classe IV)Origini ed evoluzione della vita sulla terra Le ere geologiche e i fossili La storia e le teorie Evoluzione degli animali I pesci Gli anfibi I rettili Dai rettili agli uccelli Gli uccelli dal vivo I mammiferi
La cellula e gli apparati del corpo umano (scuola primaria, classe V)La cellula I sistemi e gli apparati Il sistema scheletrico Il sistema muscolare L’apparato digerente L’apparato circolatorio L’apparato respiratorio
Le piante (scuola secondaria di I grado, classe I)Le piante: sguardo d’insiemeLa radiceIl semeIl fustoLe foglie
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Le attività, documentate attraverso testi e immagini, sono state realizzate nel rispetto dei principi che governano da un lato il metodo scientifico e dall’altro la metodologia laboratoriale, secondo cui il laboratorio costituisce uno spazio co-gnitivo e operativo, di discussione, di riflessione, di condivisione dove gli alunni hanno l’opportunità di “fare” e di “riflettere sul fare” migliorando e affinando quadri di riferimento, schemi, modelli, operando un passaggio graduale, progres-sivo, mirato, significativo dalla conoscenza comune alla conoscenza scientifica.
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La Cittadella Mediterranea della Scienzaper l’attuazione delle Indicazioni per il curricolo
per le scuole primarie e secondarie di I grado
Ida Maria Catalano
La “Cittadella Mediterranea della Scienza” (CMDS) di Bari, attiva sul ter-ritorio pugliese dal novembre 2006, è una importante realtà ai fini formativi e dell’innovazione didattica, che si candida a svolgere un ruolo strategico nell’at-tuazione delle nuove Indicazioni per il curricolo per le scuole primarie e secon-darie di 1° grado.
Le finalità e le attività della Cittadella sono, infatti, perfettamente in linea sia con le impegnative sfide lanciate dall’agenda di Lisbona 2000, che sollecitano un’azione incisiva della scuola di base per promuovere la diffusione della cultu-ra scientifica, sia con le nuove Indicazioni per l’elaborazione dei curricoli per le scuole primarie e secondarie di 1° grado, che stigmatizzano l’importanza strate-gica e quindi raccomandano fortemente l’utilizzo del metodo interattivo “hands-on” ( toccare con le mani, conoscere attraverso il fare) nell’intento di stimolare le componenti emotive, ludiche e cognitive per una successiva rielaborazione dell’esperienza e l’acquisizione di nuovi saperi.
Come è noto, la divulgazione scientifica, che ha il compito di rendere acces-sibili a tutti i linguaggi, i risultati, i problemi e le prospettive dell’ impresa scien-tifica, ha assunto negli ultimi tempi un ruolo cruciale per la valorizzazione della ricerca e della innovazione con l’obiettivo di creare nuovo lavoro.
Ciò non meraviglia se si considera che nel momento storico nel quale vivia-mo:
la nostra stessa vita , anche quella quotidiana, è ormai permeata di scienza e tecnologia; basta pensare al computer, al cellulare, alla comunicazione via In-ternet, ma anche alla nostra stessa alimentazione, alla strumentazione d’avan-guardia al servizio della medicina ...ecc.;il progresso industriale ed economico della nostra società è sempre più legato all’innovazione tecnologica ed al rapido trasferimento delle scoperte scienti-fiche al mondo produttivo. Da troppo tempo, però, le Istituzioni scientifiche, con particolare riferimen-
to a quelle italiane, hanno trascurato il problema della divulgazione scientifica. Questo è certo dovuto al giusto impegno dei ricercatori nel loro campo di attività istituzionale ed al fatto che la progressione di carriera è legata ai risultati originali della ricerca mentre l’attività didattica e di divulgazione è ritenuta marginale.
La generale sottovalutazione dell’importanza del raccordo tra la ricerca scien-tifica e la divulgazione e della rilevanza anche sociale dell’ immagine che il gran-
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de pubblico ha della Scienza e della Tecnologia si è rivelata alla lunga penaliz-zante. Un sintomo è rappresentato dal sensibile calo delle iscrizioni a molti corsi di laurea dell’area scientifica, proprio in un momento nel quale professionalità a spiccata connotazione scientifica sono fortemente richieste dal mercato del lavo-ro. Una conseguenza, forse ancor più seria, sta nella confusione diffusa nel pub-blico anche su fenomeni di particolare rilevanza sociale come per es. terremoti, incidenti nucleari, problemi ambientali ..ecc.
Negli ultimi anni, tuttavia, la comunità scientifica ha preso coscienza di que-sta grave carenza e, ritenendo che “la cultura debba essere un patrimonio di valori condivisi”, ha deciso di farsi carico anche della didattica della scienza e della diffusione della cultura scientifica attraverso attività multimediali, ma soprattutto attraverso un approccio più immediato quale quello offerto dalle mostre scienti-fiche interattive, che propongono in chiave ludica l’incontro dei visitatori di ogni età con il mondo della Scienza e della Tecnologia.
Sono andati così nascendo nelle principali città italiane Musei e Città della Scienza (vedi Milano, Napoli, Trieste.........), che hanno riscosso ovunque gran-de successo registrando notevoli flussi di visitatori provenienti soprattutto dalle scuole di ogni ordine e grado.
Ci si è chiesti quindi perché anche i cittadini pugliesi, e soprattutto i giovani pugliesi, non dovessero, come gli altri, poter fruire di una opportunità di grande rilevanza culturale e di importanza strategica ai fini formativi come quella offerta da una Città della Scienza tutta pugliese.
L’idea è nata dallo straordinario successo registrato dalla mostra scientifica itinerante “Frammenti di Imparagiocando - la Scienza in gioco” posta in essere dall’Istituto Nazionale per la Fisica della Materia e portata a Bari nel 2000 dall’ Unità di Ricerca di Bari dello stesso Istituto Nazionale, che ha sede presso il Di-partimento di Fisica dell’ Università degli Studi di Bari. La Mostra ha registrato un flusso record di visitatori : 20.000 in 20 giorni con una media di 1000 visitatori al giorno e riscontri entusiastici da parte del pubblico, dei docenti e soprattutto dei ragazzi e dei bambini. Dai commenti del pubblico, riportati sul quaderno della mostra o riferiti dagli animatori, è difficile dire se si siano divertiti di più i piccoli o gli adulti .
È capitato spesso che i bambini, che avevano visitato la mostra con la scuola, convincessero i fratelli maggiori, i genitori o i nonni a riaccompagnarli durante il fine settimana. Si è potuto così constatare come gli argomenti trattati fossero di interesse anche per i non giovanissimi e l’approccio ludico fornisse lo spunto a chi da tempo aveva rinunciato a capire la scienza per porre domande e soddisfare curiosità.
Si è avuta così la netta sensazione della necessità di istituire in Puglia una struttura permanente altamente qualificata che avesse il compito di informare il
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grande pubblico sul valore delle scoperte scientifiche, che si susseguono a ritmo sempre più serrato nei laboratori internazionali più qualificati, e sulla loro prossi-ma o remota applicabilità.
Agli albori del terzo millennio la presenza nella nostra regione di una struttura permanente quale quella di una Città della Scienza è quanto mai strategica non soltanto per offrire ai giovani l’opportunità di stabilire un contatto immediato con le varie discipline scientifiche attraverso esperienze dirette in laboratori ai quali poter accedere facilmente, ma anche per valorizzare ricerca ed innovazione con l’obiettivo di creare nuovo lavoro altamente qualificato.
È nato così il progetto :“LA CITTADELLA MEDITERRANEA DELLA SCIENZA DI BARI “promosso nel 2002, nell’ambito della Legge 10.01.2000 n°6 “Iniziative per
la diffusione della Cultura Scientifica”, dall’ Università degli Studi di Bari in collaborazione con:
MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca)Regione PugliaComune di BariUfficio Scolastico Regionale per la PugliaI.N.F.M.-Istituto Nazionale per la Fisica della MateriaC.U.M.-Comunità delle Università MediterraneeConfindustria Bari
L’ individuazione della Città di Bari quale sede atta ad ospitare una tale strut-tura riveste un particolare rilievo sia per la peculiare collocazione geografica della stessa città, nodo strategico sia culturale sia economico per il meridione e ponte verso tutte le culture del mediterraneo, sia per la sua spiccata vocazione culturale, in quanto sede di una delle più grandi Università italiane, di un Poli-tecnico e di una diffusa e qualificata rete di istituti preposti all’istruzione primaria e secondaria.
1. Idea
La Cittadella Mediterranea della Scienza si configura come una struttura per-manente finalizzata alla diffusione della cultura scientifica e delle tecnologie ad essa collegate, che si prefigge, tra l’altro, il compito di riunire e organizzare in una unica sede il patrimonio museale relativo allo sviluppo delle scienze presente nella Università degli Studi di Bari e su tutto il territorio pugliese.
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2. Scopo
Scopo della Cittadella è quello di stimolare interesse alla conoscenza della scienza e della tecnologia e farne emergere l’importanza per lo sviluppo dell’in-dividuo e della società. A tale scopo la Cittadella si propone di attirare una vasta gamma di utenti, con particolare attenzione per gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado e di coinvolgerli in attività, programmi e visite per :
• informare ed educare al metodo scientifico • incoraggiare la curiosità e l’esplorazionecome prescritto dalle nuove indicazioni per il curricolo della scuola per l’in-
fanzia e del primo ciclo d’istruzione.
3. Obiettivi
In perfetta sintonia con tali indicazioni, gli obbiettivi che la Cittadella Me-diterranea della Scienza di Bari si prefigge sono:
Promuovere e favorire la diffusione della cultura tecnico-scientifica, intesa come cultura delle scienze matematiche, fisiche e naturali e come cultura delle tecnologie derivate sul territorio pugliese, del meridione d’Italia e del medi-terraneo;Contribuire alla tutela ed alla valorizzazione del notevole patrimonio tecnico-scientifico di interesse storico conservato presso l’Università degli Studi di Bari ed in Puglia e permetterne una efficace fruizione in particolare da parte dei giovani Promuovere e favorire, attraverso la Comunità delle Università Mediterranee, la diffusione della cultura tecnico-scientifica in tutti quei paesi in via di svi-luppo che si affacciano sul Mediterraneo, promuovendone così lo sviluppo socio-economico.
L’obiettivo principale rimane comunque quello di promuovere la cultura tec-nico- scientifica nelle scuole di ogni ordine e grado:
Attraverso un migliore utilizzo dei laboratori scientifici e di strumenti multi-medialiFavorendo la comunicazione tra le scuole ed il mondo della ricerca e della produzioneSviluppando la ricerca e la sperimentazione di metodologie innovative per una didattica sempre più efficaceAttraverso la realizzazione di iniziative espositive, convegni e conferenze a carattere divulgativo.In quest’ottica, vengono via via adottate tutte le iniziative volte a:
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Promuovere la cultura tecnico-scientifica nelle scuole di ogni ordine e grado, anche attraverso un migliore utilizzo dei laboratori scientifici e di strumenti multimediali, coinvolgendole con iniziative capaci di favorire la comunica-zione con il mondo della ricerca e della produzione, in modo da far crescere una diffusa consapevolezza dell’importanza della scienza e della tecnologia per il miglioramento della qualità della vita e per lo sviluppo sostenibile della società.Promuovere la ricognizione sistematica delle testimonianze storiche delle scienze e delle tecniche conservate in Puglia, nonchè delle risorse bibliografi-che e documentali per le ricerche di storia delle scienze e delle tecniche;Sviluppare la ricerca e la sperimentazione di metodologie innovative per un’efficace didattica della scienza e della storia della scienza, con particolare attenzione per l’impiego delle nuove tecnologie;Promuovere l’informazione e la divulgazione scientifica e storico-scientifica, sul piano regionale, nazionale ed internazionale, mediante la realizzazione di iniziative espositive, convegni, realizzazioni editoriali e multimediali;Incentivare, anche mediante la collaborazione con altre Università ed istitu-zioni italiane e straniere, le attività di formazione ed aggiornamento professio-nale richieste per la gestione dei musei e delle Città della Scienza;
4. Attività
Attualmente le attività della Cittadella Mediterranea della Scienza si articola-no secondo le seguenti sezioni:
Sezione Espositiva:“MUSEO DI STORIA DELLA SCIENZA”
Sezione Laboratori Interattivi:“PALESTRA DELLA SCIENZA”
Sezioni Tematiche:“ACQUA”
Sezione :“EVENTI e SPETTACOLI SCIENTIFICI”
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5. “Museo di Storia della Scienza”
La sezione “MUSEO DI STORIA DELLA SCIENZA” si configura come una struttura dinamica e aperta anche a settori non strettamente tecnologici finalizzata alla realizzazione di azioni che, partendo dal recupero e dalla salvaguardia del patrimonio tecnico-scientifico, tendono nel loro insieme ad una utilizzazione del materiale per interventi sia di trasmissione culturale che di produzione culturale: un Museo inteso come strumento formativo indispensabile nel panorama delle attuali esigenze di apprendimento.
Essa infatti si propone di fungere non solo da archivio e deposito dei beni scientifico-naturalistici legati al patrimonio storico- sociale del territorio, ma an-che luogo di ricerca, divulgazione e dibattito sui temi di competenza.
In quest’ottica intende muoversi in stretto collegamento con il territorio ed in sinergia con le esigenze delle componenti socio-culturali, delle associazioni e delle scuole ed intende integrare le proprie attività con quelle di altri musei ed istituzioni culturali italiane e del bacino del Mediterraneo.
6. “Palestra della Scienza”
La sezione “PALESTRA DELLA SCIENZA” costituisce il principale polo di attrazione della Cittadella. Nell’ambito di questa sezione il pubblico di tutte le età ha l’opportunità di avvicinarsi alla scienza in maniera divertente, sia giocando in modo curioso con fenomeni che appartengono all’esperienza quotidiana, sia sperimentando in maniera semplice le proprietà di taluni materiali ed i principi di funzionamento di alcuni prototipi.
Potrà cimentarsi con materiali e strumenti di uso comune, ma anche con ma-teriali che rappresentano applicazioni d’avanguardia già realizzate o addirittura ancora oggetto di ricerca.
Una caratteristica importante di questa sezione è rappresentata dalla presenza di animatori che con competenza ed entusiasmo conducono i visitatori attraverso i percorsi ludico-scientifici, consentendo l’approfondimento di alcune tematiche e rendendo la visita piacevole ed interessante.
Visitando questa sezione i bambini ed i giovani vengono spesso affascinati da fenomeni che all’apparenza sembrano misteriosi e strani e si entusiasmano quando con l’aiuto degli animatori riescono ad intuire il principio fisico, chimico o biologico che è alla base di quanto osservato. Gli adulti restano stupiti dalla ricchezza di contenuti di alcuni giochi semplici nei quali non è la tecnologia a predominare ma il particolare fenomeno fisico, chimico o biologico o il materiale speciale derivante dalla ricerca avanzata.
I visitatori di ogni età vengono innanzitutto incuriositi e l’approccio giocoso è
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molto spesso interpretato in modo serio soprattutto dai più giovani: si impegnano a fondo,vogliono scoprire, vogliono capire. Nasce in alcuni il desiderio di diven-tare scienziati ma, ciò che è più importante, è che tutti apprezzano la possibilità di toccare e giocare. In questa occasione, più che le nozioni, imparano a non fidarsi delle apparenze. L’eventuale stupore iniziale di fronte ad un oggetto o ad un fenomeno viene sfruttato da abili animatori per destare curiosità e stimolare l’approfondimento. Si spera infatti che curiosità, stupore ed emozioni provate durante la visita si traducano in motivazione all’approfondimento. Proprio in quest’ottica si suggerisce agli insegnanti di fare in modo che i bambini conside-rino la visita come un gioco, senza anticipare descrizioni e spiegazioni su quanto potranno vedere e sperimentare. Dopo la visita, l’insegnante avrà sicuramente qualche motivo in più per motivare i suoi alunni allo studio e per mantenere vivo il loro interesse. Alla base di questa iniziativa c’è la convinzione che l’interazione diretta dei bambini con il mondo scientifico possa svolgere un’azione di pre-orientamento che contribuisca a superare in futuro la situazione di marginalità in cui attualmente si trova la cultura tecnico scientifica in Italia.
La sezione è costituita da:un cospicuo numero di giochi-esperimenti, ossia oggetti con i quali è possibi-le SPERIMENTARE GIOCANDO grazie a semplici istruzioni e soprattutto all’aiuto di esperti animatori. Accanto a giochi fruibili singolarmente, saranno disponibili degli spazi-laboratorio che consentiranno di approfondire argo-menti specifici: si potrà per esempio entrare in un planetario gonfiabile oppure eseguire una serie di esperimenti sui semiconduttori, i più piccini avranno la possibilità per esempio di verificare come in determinate condizioni la carta non brucia oppure una moneta possa cambiare colore ecc.laboratori-atelier, cioè spazi attrezzati “a tema” nei quali i visitatori possono sperimentare e/o produrre qualcosa sotto la guida degli animatori giochi-esperimenti legati ai risultati più recenti della ricerca scientifica.
Nello spazio che accoglie la sezione il visitatore ha inoltre:l’opportunità di incontrare studenti, laureandi in materie scientifiche, ricer-catori, insegnanti e docenti disponibili a giocare con lui, ad aiutarlo a trovare la risposta ai suoi quesiti o ad individuare ipotesi possibili, in altre parole, a guidarlo nell’applicazione del metodo scientifico nonchè di parlare di scienza con gli addetti ai lavori mentre gli insegnanti possono cogliere l’occasione per allacciare o rinsaldare riferimenti con il mondo della ricerca finalizzati al miglioramento della di-dattica nelle scuole.
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7. Sezione Tematica
La prima “SEZIONE TEMATICA” è stata dedicata all’Acqua, tema di rile-vante interesse per il Mezzogiorno ed in particolare per la Puglia.
In tale sezione verranno sviluppati temi ambientali e tecnologici riguardanti:risorse idriche fenomenologia ambientale (mare, saline ,grotte carsiche)inquinamento (analisi delle acque)
Detta sezione si articolerà in 4 sottosezioni:
Dal mare al sale: in Puglia sono presenti le Saline di Margherita di Savoia, tra i più importanti impianti di dissalazione in Italia. Le varie fasi della lavo-razione verranno illustrate con immagini e films. Si potrà inoltre sperimen-tare il processo di evaporazione dell’acqua di mare, il processo di crescita di un cristallo di sale e visionare con l’ausilio di microscopi l’ambiente bat-terico tipico delle saline, che riveste una importanza notevole dal punto di vista ecologico, a causa della presenza di micro-organismi “estremofili, che vivono in condizioni estreme di salinità.
L’acqua scolpisce: uno dei patrimoni naturalistici più importanti della Puglia è costituito dalle grotte di Castellana. L’azione dell’acqua nella produzione delle stalattiti e stalagmiti verrà illustrato con l’ausilio di semplici esperimen-ti chimico-fisici oltre che di immagini e di simulazioni al calcolatore.
La vita nell’acqua: questa sottosezione sarà interamente dedicata al mare. I temi del colore, della funzione e delle forme di vita presenti nel mare pugliese saranno affrontati da diversi punti di vista. Sarà inoltre possibile effettuare alcuni esperimenti sul processo della fotosintesi clorofilliana. Verrà allestito un piccolo acquario attraverso il quale sarà possibile effettuare la misura dei parametri chimico fisici caratteristici.
L’acqua come risorsa esauribile: tale tema verrà affrontato in relazione al problema dell’inquinamento e della siccità. Sarà possibile effettuare analisi delle acque e vedere in modelli di impianto come funzionano i processi di depurazione e distribuzione dell’acqua.
La prima sottosezione: “Dal mare al sale” è attiva a partire da Febbraio 2008!
Le altre, già progettate, verranno attuate quanto prima.
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8. Eventi e spettacoli Scientifici
Nell’ambito della sezione “EVENTI e SPETTACOLI SCIENTIFICI” ven-gono proposte Mostre, Conferenze e Rappresentazioni, anche teatrali, su tema-tiche scientifiche con l’obbiettivo di trasmettere al pubblico informazioni di tipo scientifico in maniera divertente, sfatando così il mito della scienza riservata a intellettuali e addetti ai lavori.
Attualmente, presso la Cittadella Mediterranea della Scienza sono attivi i se-guenti spettacoli:
“Le Magie della Chimica”: Lo spettacolo si propone di sfruttare “effetti spe-ciali” ( come reazioni che producono luce, liquidi che cambiano colore sotto vari stimoli, banconote che non bruciano, cambi spettacolari di stato etc.) col-legati con alcuni fenomeni chimici e fisici per colpire e strabiliare il pubblico, suscitare interesse e indurre a porsi domande, che poi potranno essere svilup-pate in collaborazione con i docenti in appositi moduli didattici.“La Scienza in Cucina: La Cucina Molecolare”:Cos’è davvero la cucina se non fisica e chimica applicata? E in fondo cucinare cos’è se non l’arte di tra-sformare? La Cucina Molecolare è uno studio scientifico di processi di cucina già noti, allo scopo di comprenderli dal punto di vista delle modificazioni mo-lecolari e, di sfruttare detta comprensione per correggerli e migliorarli. Viene proposta la creazione di nuove tecniche e nuovi piatti, sfruttando conoscenze scientifiche di ogni tipo non ancora utilizzate in cucina. D'altra parte, è pa-radossale che si conosca meglio la temperatura al centro dei pianeti che la temperatura al centro di un soufflé !.
La Cittadella organizza ogni anno una serie di Eventi temporanei e Conferen-ze, anche in collaborazione con le Istituzioni partners, dedicati ad argomenti di rilevante interesse scientifico. L’ampio ed articolato calendario di Eventi propo-sto per l’anno scolastico 2008-2009 è riportato sul sito:www.cittadellamediterraneascienza.it
9. Centro di alta formazione
La Cittadella si propone di realizzare attività di formazione e aggiornamento a più livelli, fino al personale docente, ed attività di consulenza per la realizzazione di laboratori presso le scuole.
I temi saranno anche scelti sulla base delle attività proposte da specifiche esi-genze formative.
La Cittadella intende inoltre diventare un luogo di incontro e di discussione
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su temi di attualità scientifica o culturale, che coinvolgano docenti delle scuole di ogni ordine e grado ed esperti provenienti dal mondo della ricerca e del lavoro. Verranno realizzati inoltre moduli didattici con l’utilizzo del materiale scientifico in esposizione e cicli di seminari divulgativi.
Per quanto concerne la Sezione Museale e di Storia della Scienza, le attività di formazione saranno calibrate per fornire i supporti tecnici (ad es. corsi di restau-ro), culturali e metodologici (ad es. corsi per la classificazione e catalogazione degli oggetti di interesse storico-scientifico, ovvero corsi per conservatori) per l’acquisizione della capacità di operare in un contesto culturalmente qualifica-to. Essi saranno di stimolo allo scambio culturale di conoscenze, di tecniche e di esperienze ed alla collaborazione con le altre Istituzioni museali a carattere scientifico e storico-scientifico. Saranno mirati allo sviluppo dell’interesse e del-la ricerca formativa nel settore della fruizione del “Bene Culturale Scientifico”. Forniranno le basi per l’utilizzo dei più moderni strumenti informativi disponibili nel mondo produttivo e culturale, garantendo la convergenza di qualificazione e competenze professionali in un ambito europeo.
Il museo inoltre realizzerà corsi formativi extracurriculari valutabili ai fini del credito formativo (art.12 DPR 323/98) .
La Cittadella Mediterranea della Scienza di Bari :
è perfettamente inserita nel contesto internazionale. Essa infatti è già en-trata a far parte delle seguenti prestigiose reti internazionali di Musei e Centri della Scienza:
“TryScience”: rete internazionale che mette in relazione 450 centri scientifici collegati tra loro attraverso chioschi multimediali presenti nei più importanti Musei della Scienza del mondo. Presso la Cittadella Mediterranea della Scienza è attivo un chiosco multimediale collegato con i chioschi della rete internazionale “Try-Science
“Ecsite”:network europeo di riferimento dei Musei e Centri della Scienza. Ecsite conta oggi alcune centinaia di affiliati. La Cittadella vi partecipa nella qualità di “Full Member”
“MASAD” – Mediterranean Association for Science Advancement and Dis-seminationnetwork del bacino del Mediterraneo e del Vicino Oriente. Alla rete Masad af-feriscono, tra gli altri, l’AlexPloratorium-Alessandria d’Egitto, Sigma Foun-
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dation-Marocco, Foundation des Centres de Sciences-Istanbul e Museo della Scienza-Tunisi.
ha già stabilito numerosi accordi di collaborazione con diverse Istituzioni e collezionisti privati pugliesi, Enti di Ricerca, Aziende, Enti locali, Associa-zioni Culturali operanti sul territorio nazionale e pugliese quali ad esempio: Museo della Stampa di Bari, Dott. Maurizio Loiodice, collezionista privato e restauratore di strumentazione scientifica d’epoca, INFM/CNR, Consorzio DIGAMMA-Bari, IBM, Matech- Parco Scientifico e Tecnologico Galileo (PD), la Matech Point (BA), ATI SALE di Margherita di Savoia (BA), Grotte di Castellana (BA), CEDAM (Cultura Educazione Didattica Artistica e Musi-cale), ANISN (Associazione Nazionale Insegnanti di Scienze Naturali), FISM (Federazione Italiana Scuole Materne )
ha partecipato alla stesura e presentazione dei seguenti progetti internazio-nali, nazionali e regionali in rete con i principali Musei e Centri della Scienza Nazionali ed Internazionali:
- Progetto Europeo - “LIFE : Climate Change”CMDS-Ba, Fondazione IDIS-Na, Museo della Scienza.-Mi, Acquario-Ge, MuseoTridentino di Scienze Naturali-TN
- Progetto Europeo – “ENEP : European Network Organizer Events in order to enhance the environment ambiental awareness and palaeontology dissemi-nation for general public”Coordinatore:UNI Miguel Hernandez – Elche (Spagna)Italia (CMDS-BA), Spagna, Portogallo, Germania
- Progetto MIUR Legge 2000/6 – Materiali del Futuro
- Progetto Regione Puglia – “ Ampliamento delle Sezioni “Acqua” e “Dal Mare al Sale”
a solo un anno dalla sua apertura al pubblico, la sua offerta formativa è già in forte espansione. Infatti nel corso dell’attuale anno scolastico (2008-2009) saranno attivate due nuove sezioni. Per informazioni consultare il sito:
www.cittadellamediterraneascienza.it
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10. Ricadute attese
Dalla Cittadella Mediterranea della Scienza si attendono importanti ricadute, sia di carattere culturale e scientifico sia di carattere economico per il territorio pugliese.
Per il primo aspetto si evidenzia:a) la valorizzazione delle esperienze storico-scientifiche, scientifiche e tecnico-
scientifiche legate alla realtà pugliese e a quella dell’area Mediterranea; b) la valorizzazione del materiale archivistico, documentario, strumentario e na-
turalistico reperibile in Puglia; c) la diffusione della cultura scientifica nei confronti della Scuola, dell’Universi-
tà e dell’intero territorio e il miglioramento dell’offerta formativa nel settore scientifico e tecnologico.Per il secondo aspetto si evidenzia:
a) l’incremento di sbocchi occupazionali per nuove figure di operatori cultura-li, in armonia con quanto indicato nel Libro Bianco di Delors;
b) lo sviluppo di un’attività culturale che sia economicamente remunerativa e che sia in grado di veicolare flussi turistici anche dall’esterno della Regione e del Paese, in una ottica di cooperazione con analoghe reti museali regionali europee.
Da quanto su esposto appare quanto mai lecita la candidatura della CITTA-DELLA MEDITERRANEA DELLA SCIENZA di BARI a svolgere un ruolo strategico nell’attuazione delle nuove Indicazioni per il curricolo per le scuole primarie e secondarie di 1° grado, con l’auspicio che la stessa, svolgendo la fun-zione strategica di collegamento tra sapere e lavoro, possa sempre più proporsi come motore dello sviluppo socio-economico non solo della Puglia ma anche di tutti quei Paesi in via di sviluppo che si affacciano sul Mediterraneo, consenten-do così alla nostra Regione di collocarsi da protagonista in ambito nazionale ed europeo con particolare riferimento al contesto Mediterraneo, in quanto è proprio nel Mediterraneo che l’Italia si appresta a svolgere un ruolo cruciale.
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Media e saperi nella formazione
Roberto Maragliano
1. Fra media e saperi c’è un rapporto di reciproco condizionamento:i media mettono in forma i saperi, dando loro specifici impianti discorsivi;i saperi messi in forma riflettono e legittimano le cornici organizzative che vengono loro dai media;un sapere particolare entra in un rapporto particolare di sintonia/distonia con un media particolare (e viceversa). Nessun approccio al problema della natura e della configurazione dei saperi
oggetto di formazione (quindi, non solo le cosiddette discipline, ma anche le aree più generali di conoscenza, che includono anche le dimensioni dell’informale e della pratica) può essere credibilmente proposto, io credo, se si prescinde dalla presa in carico di questo problema, e se quindi non si tiene conto del ruolo che i media nell’identificazione stessa dei saperi. E, allo stesso modo, un approccio ai media che non prenda in considerazione l’alimento e quindi la sostanza che essi ricevono per il fatto di mediare e organizzare flussi particolari di sapere rischia di condannarsi alla sterilità.
2. Le pratiche dell’insegnamento/apprendimento si situano nel mezzo del campo di tensioni prodotto dai due poli dei media e dei saperi, ma non sempre nella scuola è dato rilevare un’adeguata consapevolezza del problema: e tale lacuna pesa frequentemente come assenza di risorse capaci di orientare e sostenere le pratiche didattiche in una prospettiva che tenga conto ad un tempo della componente concettuale e di quella tecnologica.
Ciò anche perché le teorie dell’area pedagogica non contribuiscono a tale consapevolezza, soffrendo di una sorta di autoaccecamento che è anche il prodotto della divisione specialistica delle conoscenze: da una parte il presidio disciplinare sulla configurazione del contenuto da insegnare e fare apprendere (e allora salgono in cattedra i disciplinaristi, guardiani dei confini: italianisti, linguisti, matematici, informatici, e via elencando le zone di pertinenza della rappresentazione accademica del sapere), dall’altra il presidio disciplinare sulla configurazione del mezzo con cui insegnare e far apprendere (e qui si fanno sentire i cosiddetti “tecnologi dell’istruzione”), da un’altra parte ancora il presidio disciplinare sui sommi principi che presiederebbero all’incontro fra contenuti e mezzi (dove a prendere la parola, talvolta scordandosi di doverla cedere, sono i pedagogisti, spontanei o patentati che siano).
Fatto sta che nei confronti del tema delle reciproche influenze fra saperi e
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media c’è poca, pochissima sensibilità, dentro la scuola.
3. Eppure i processi dei media che si rimediano tramite i saperi, e quelli dei saperi che si rimediano tramite i media sono all’ordine del giorno, sulla scena scolastica, anche per l’esposizione diretta e continua dei giovani all’universo della comunicazione. Ma raramente a questo fenomeno si accompagna un impegno di analisi e interpretazione di ciò che esso comporta, sul piano della teoria e su quello dell’operatività.
A scuola, come ognuno sa, i meccanismi della rimediazione si giocano a vari livelli, intimamente intrecciati tra di loro:
tra le generazioni (e quindi tra le diverse familiarità che ciascuna mostra con un particolare sistema di media),tra i saperi (includendovi le loro configurazioni mediali prioritarie, le cornici che ricevono da determinate tecnologie),tra le tecnologie didattiche consuete (la lezione, il dialogo, la lettura, la scrittura, la dimostrazione, la sperimentazione),tra i media tradizionali e quelli recentemente introdotti (il libro da una parte, il computer e la rete dall’altra).Questo lavorìo, il più delle volte sottotraccia, e le dinamiche che comunque
provoca hanno un’origine ben precisa, trovando una ragione nel fatto, difficilmente negabile in termini di principio, anche se tenuto sovente fuori del campo della riflessione pedagogica, che non esiste un sapere di per sé, già dato, tale da poter essere automaticamente assunto come “contenuto” autonomo, e che non dipenda invece, in un qualche modo, dalla forma che esso assume per l’essere accolto e mediato dalla didattica.
Ma non altrettanto banale è l’esito cui approderebbe un’interpretazione di tale constatazione, se intendesse tener conto del rapporto di condizionamento reciproco tra saperi e media: nell’ammettere che la didattica esprima un particolare tipo di sapere, sarebbe giocoforza attribuire all’azione dei media il ruolo di dare forma e sostanza discorsiva ad un tale sapere; e acquisterebbe legittimità la possibilità di distinguere e quindi porre in un rapporto di dialogo, all’interno della sfera della didattica, la parte di sapere rimediata dalla “forma libro” e quella di sapere rimediata dalla “forma rete” (si potrebbe anche approdare, come capita alla fine del ragionamento qui proposto, all’idea di una “forma rete” che, concretizzandosi sotto forma di “repertorio”, assuma un valore paradigmatico nel comporre il rapporto fra testo/opera, interpretazione e uso didattico).
Il ragionamento che propongo qui intende calare il problema astratto del rapporto tra saperi e media dentro lo spazio concreto della dialettica testo/rete, concedendo una particolare attenzione al problema della convivenza di saperi evento e saperi monumento.
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4. È il caso che chiarisca i termini. Considero “monumento” i saperi che si propongono (e sono percepiti) come oggettivi e fissi, e che dunque ci è dato cartografare, tracciandone i confini esterni ed interni. Sappiamo bene che questa del monumento è un’idea limite, e che nessun addetto alla conservazione delle discipline, se messo alle strette, la sottoscriverebbe, ma siamo abbastanza pratici di cose di mondo per sapere che quella stessa persona, se gli si presenta l’occasione, usa l’idea di monumento e soprattutto la sua carta come strumento per l’esercizio di un potere di inclusione e di interdizione, per stabilire insomma che cosa e soprattutto chi è pertinente. Va da sé che la “forma libro” fornisce la garanzia epistemologica a questo sapere monumento, ciò che consente di viverlo come un oggetto delimitato, scomponibile nei suoi elementi e dunque riproducibile/trasferibile sia in toto sia nei singoli elementi. Buona parte dell’idea corrente di scuola si centra sulla riproduzione di questi saperi monumento.
Chiamo “evento” i saperi proposti e percepiti come un qualcosa di mobile e soggettivo, che vive nel tempo e quindi come il tempo tende a consumarsi, un qualcosa che, insomma, sembra non lasciare traccia, orma, segno costante, soprattutto nell’individuo. Non a caso molti dei saperi che la scuola parallela dei media costantemente propone sono vissuti dalla scuola stessa come rumore, dunque come ostacolo materiale, quando addirittura non sono assunti come giustificazione delle insormontabili difficoltà che essa incontrerebbe nel garantire (quelli che considera) i suoi saperi elettivi. Non a caso, facendo riferimento all’essere in sintonia con questi saperi evento si mette il fenomeno in relazione a dinamiche di gruppo più che a propensioni individuali. In altri tempi questi saperi sono stati associati a media diversi dal libro scolastico, parte dei quali hanno successivamente ricevuto una legittimazione scolastica, se pur parziale: penso al libro di svago, al fumetto, al cinema, alla televisione, al videogioco. Oggi è soprattutto nella rete che si individua la matrice di una simile forma di conoscenza ed esperienza. Di qui le diffidenze nei confronti di un pieno accoglimento scolastico del mezzo e delle sue specifiche modalità d’uso (navigazione, interazione, condivisione, scambio)
È evidente che anche questa dei saperi evento è un’idea limite, e che il suo impiego è funzionale all’esercizio di un determinato potere scolastico.
A questo punto si tratta di mettere in discussione, dentro quella logica di sistema e dunque di pluralità dei media che la scuola dovrebbe essere messa nelle condizione di accettare, l’alone ideologico negativo di cui frequentemente si carica l’assunzione pedagogica dei due termini che ho detto, e soprattutto delle idee di cui si fanno portatori.
E, per avviare una tale discussione, non si può non rilevare il fatto che i saperi monumento e i saperi evento, quando siano liberi di agire secondo la loro natura e non si trovino ingabbiati nelle istituzioni, si contaminano reciprocamente, con assiduità, e dunque sono oggetto di reciproche rimediazioni. Tanto più questo
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avviene in ambiti che già di per sé, per il modo stesso in cui vengono designati, denunciano indeterminatezza: esemplare, a questo proposito, è il caso dei cosiddetti “linguaggi non verbali”.
Gli effetti di questi fenomeni di scambio sono che i saperi monumento si alleggeriscono e che parallelamente i saperi evento si addensano. È esperienza quotidiana, dunque del nostro lavorio quotidiano con e attraverso i saperi: discutendo ci si chiariscono le idee, identificando il punto di vista dell’altro si riconosce anche al proprio lo statuto di punto di vista, una convinzione è fissa fino a che al suo posto non ne subentra un’altra, e così via.
Portare queste dinamiche nella scuola e farne oggetto di rappresentazione e riflessione significherebbe non solo introdurre, accanto al dialogo dei media, il dialogo dei saperi (il formale che si confronta con l’informale, e viceversa), ma anche favorire una presa di coscienza del rapporto di determinazione reciproca, di cui ho detto, tra media e saperi.
Questo della “presa di coscienza” è a mio avviso il punto cruciale.
5. Se quanto detto fin qui ha sua plausibilità, è doveroso cogliere, nel processo di disarticolazione dei saperi e di relativizzazione delle modalità del conoscere e dell’esperire prodotto dal pluralismo dei media, un’occasione di crescita, e non già di smarrimento della scuola.
Perché questo avvenga credo sia opportuno trovare delle categorie più ampie di quelle comunemente usate per dar conto dei saperi e dei loro principali mediatori in ambito scolastico.
E dunque, se si intende procedere su questa strada credo sia opportuno fare giustizia della dimensione repressiva e punitiva che è propria dell’uso corrente di “disciplina”, mettendo in luce il carattere provvisorio, convenzionale, e dunque aperto alla ripattuizione, di ogni ripartizione di sapere. Sono dell’idea che la logica disciplinare vada intaccata e sistematicamente lavorata ai fianchi, con argomenti epistemologici e pedagogici e mediologici, e non per cancellarla ma per toglierle quel carattere di assolutezza e di autosufficienza che la pratica monomediale del libro (o, se si preferisce, la pratica amediale, perché un solo medium non fa sistema e se non c’è sistema e scambio tra i componenti non c’è riconoscimento di identità di ciascuno) le ha attribuito come tratto indelebile, dentro il contesto scolastico.
Abbiamo bisogno di categorie più ampie e anche più ristrette di quelle che sono proprie dell’ordinamento disciplinare. Per un verso categorie che operino nella direzione delle macroaree, individuando quanto le contraddistingue in termini di concetti, metodologie e modalità di problematizzazione comuni, e per un altro verso strumenti con cui approdare a categorizzazione più fini, che dunque facciano dell’impegno collettivo di condensazione/alleggerimento delle
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singole tessere del sapere (e del loro combinarsi) il terreno elettivo di analisi e interpretazione.
Mettiamo pure di averceli, questi strumenti. Di fatto, nelle migliori esperienze didattiche sembrerebbe di tenerli a portata di mano, se pur non etichettati, o contrassegnati con etichette stantie (come quelle che aggiungono prefissi vari, come “inter”, “pluri”, “trans” al termine “disciplinarità”, senza modificare lo statuto dell’oggetto designato, oppure quelle che trasudano di anacronistico taylorismo didattico, come è il caso dei “learning objects”, oggi di moda, guarda un po’, soprattutto fra gli editori scolastici). Resta però aperto il problema di stabilire se queste macroaree e queste tessere appartengano allo specifico pedagogico/scolastico o se abbiano a che fare con l’intima e libera costituzione epistemologica dei saperi presi in considerazione: vecchia e sempre ricorrente questione, foriera di laceranti conflitti, in sede accademica.
Una via d’uscita da questo dilemma può venire dalla reciproca determinazione di media e saperi.
Per un verso la dialettica dei media consente di puntare su categorie più mobili di quelle consuete (e anche di quelle provvisoriamente in auge), per un altro verso questa dialettica porta alla luce, o meglio riflette un’intima dialettica tra i saperi e, anche, tra le diverse forme di sapere.
Ecco allora che, per dar conto di tali dinamiche e consentirne la registrazione, senza che ciò ne autorizzi la fissazione, può risultare utile ricorrere a quella che chiamerei forma “repertorio” (o “base dati”, se si è più sensibili alla versione tecnologica del tema).
La propongo qui come risorsa (tecnologica e intellettuale) impegnata a garantire, in sede scolastica, la condivisione dei contenuti da apprendere, la circolazione delle esperienze d’insegnamento, il confronto sui modelli didattici, e, nello spazio di intersezione fra le aree dello scolastico e quelle del fuori scuola (con particolare attenzione, è ovvio, al non formale e all’informale del pedagogico), come risorsa in grado di assicurare la reciproca fecondazione di ricerca scientifica sullo statuto dei saperi e ricerca didattica sui processi di rimediazione concettuale e materiale dei saperi stessi.
In questa prospettiva il repertorio è destinato ad assumere il ruolo di paradigma materiale ed epistemologico, quindi di luogo dal quale attingere e nel quale depositare, secondo opportuni filtraggi, tutto ciò che, a vari livelli, dal micro al macro, contribuisce a integrare il rapporto fra i sistemi della conoscenza e i sistemi dei media.
Tutto ciò equivale a far coincidere il repertorio con una sezione della rete (nella prospettiva del cosiddetto web 2.0), una sezione che di questa dovrebbe esaltare il carattere di apertura culturale e di condivisione delle istanze della “narratività” (termine che in un qualche modo richiama il fatto che quella zona di rete, pur mantenendosi uguale nella sua identità di fondo, nello stesso tempo si farà trovare
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Dall’insegnamento all’apprendimento: la comunicazione didattica
Francesco Butturini
Non credo si possa individuare un preciso momento storico in cui l’appren-dimento è diventato secondario rispetto all’insegnamento. E cioè, da quanto la centralità dell’educando ha lasciato il posto alla centralità dell’educatore.
A leggere Quintiliano, oppure Agostino, quando nelle Confessioni ricorda gli anni di scuola, sembrerebbe di poter affermare che la scuola socratica è scompar-sa da secoli ed il ricordo, con Orazio, va all’Orbilius plagosus, piuttosto che al discipulus ansioso e timoroso.
Ci sono le grandi eccezioni del primo Umanesimo di Vittorino da Feltre, e tanti singoli esempi del tipo Filippo Neri o, più tardi, Giovanni Bosco e tutta la pedagogica che segue Pestalozzi e, da noi più di un secolo dopo, Maria Montes-sori.
A livello di ricerca, il XX secolo, per i pedagogisti, sembrerebbe il secolo della centralità dello studente, piuttosto che della centralità del docente. Ma, nella pratica di tutti i giorni, non mi sembra che siano cambiate molte cose dai ricordi agostiniani.
A livello teorico, la convinzione che, se non si passa dall’insegnamento all’ap-prendimento, la Scuola fallisce il suo mandato è diffusa, soprattutto fuori della Scuola e dopo la Scuola.
Questa convinzione proviamo a farla entrare nella defatigante quotidianità di ogni giornata scolastica, per approdare ad una didattica della proposizione, degli stimoli, della ricerca e della problematicità, vissuta attraverso la quotidianità di un incontro sempre nuovo con il discente che mi sta davanti ed attende da me, adulto e docente, il segno di come iniziare la strada dell’apprendere. Dell’impa-rare ad apprendere.
Riprendo ancora un attimo la prima riflessione: se un ipotetico viaggiatore nel tempo tornasse dai secoli passati in una nostra città, sicuramente si troverebbe nell’impossibilità di riconoscerne la quasi totalità dei fatti, eventi, strutture e si-tuazioni. Ma sono sicuro che saprebbe riconoscere un’aula scolastica.
Perché? Sfogliate qualche album di fotografie del XIX secolo o immagini di quadri
dello stesso periodo o anche del XVIII secolo: dei banchi, una cattedra, una la-vagna. C’è qualche sostanziale differenza con un’aula delle migliaia dei nostri giorni?
Questa continuità che senso ha in una società come quella che viviamo, pom-posamente definita società della conoscenza?
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Qualcosa di statico perenne appare un’aula per l’insegnamento, in un contesto in travolgente evoluzione: i sistemi sociali in continua evoluzione; i costumi in perenne evoluzione. Tutti noi, uomini e donne, in quotidiana evoluzione. E fino a qui tutto potrebbe anche sopportare un’aula per l’insegnamento ferma nel tempo: un approdo sicuro nelle burrasche dell’evoluzione permanente.
Non è così, perché i sistemi della comunicazione sono rapidamente cambiati: dalla carrozza al Jet, i tempi del viaggio – sono tempi reali, ma anche tempi psi-cologici – sono decisamente cambiati.
I tempi della comunicazione del pensiero e dei fatti, dal telegrafo ad internet sono ancor più radicalmente cambiati: il digitale ha definito la sfera del reale ai limiti del virtuale e il virtuale ai limiti del reale, fino a non permettere più alcu-na separazione fra virtuale e reale. Così i linguaggi della comunicazione hanno subìto e stanno subendo una trasformazione che supera il gap generazionale per divenire qualcosa di talmente nuovo da non possedere ancora, come qualsiasi altro sistema di linguaggio della comunicazione nella storia che noi conosciamo, né una grammatica, né una sintassi che ne permetta la codificazione.
In altri termini il linguaggio della comunicazione digitale è adoperato come linguaggio analogico e sostanzialmente sequenziale, anche quando non lo è e non lo può essere, senza nascondere la contraddizione.
Il contesto educativo vede comunque due blocchi generazionali a confronto: la generazione della carta-penna-matita, la generazione del libro stampato, da un lato, e la generazione digitale dall’altro. Gli uni sono i docenti. Gli altri sono i discenti.
Il primo grave pericolo sembrerebbero correrlo i docenti quando pensano che i loro discenti ne sappiano più di un docente per quanto riguarda i linguaggi della comunicazione digitale.
In realtà il vero e più grave pericolo lo corrono i discenti, perché possiedono una serie di abilità digitali non accompagnate da competenza logica (filosofica) del linguaggio digitale. Del sapere digitale. Perché questo sapere non è ancora co-dificato. Forse, non è ancora nuovo sapere (nuova filosofia), ma solo saper fare.
Il sapere della comunicazione è dunque quello analogico-sequenziale ed è in possesso della prima generazione che, anche lei come la seconda generazione, ha coperto questa sua conoscenza con la comunicazione meccanica digitale, per cui solo in apparenza le cose sembrano cambiate.
O meglio: il cambiamento è radicale nei mezzi, nell’uso dei mezzi, nel saper usare i nuovi mezzi di comunicazione, ma non nella comprensione (saggezza e sapienza) dei mezzi della comunicazione.
La controprova di quanto sto affermando è nel fatto che i contenuti stanno perdendo d’importanza, mentre il modo di comunicarli sembra diventar il conte-nuto stesso. Il contenuto sembra sempre più un pretesto per usare uno strumento di comunicazione.
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Non c’è contraddizione in questo dato quotidiano di un insegnamento che cre-de di fare apprendimento solo perché usa strumentazione digitale o audiovisiva?
Credo che si debba riprendere in mano l’aspetto determinante l’attività didat-tica che, per essere didattica, deve lasciare il segno dell’innovazione, deve essere promozione educatrice, deve essere attrice di educazione, testimonianza di edu-cazione, fino alla provocazione quotidiana che esce dalle righe per divenire luogo di sconfinamento nell’utopia perenne della ricerca di quello che non c’è ancora.
Mi chiedo e vi chiedo: è più facile, è più utile insegnare a rispondere, o è più facile e più utile insegnare a fare domande?
Insegnare ad apprendere deve proporre soluzioni o problematicità da affron-tare ogni giorno e per ogni momento, ogni volta e per ogni discente in modo nuovo? Il non ancora, il non è questo, il non si può ripetere, per essere in apertura con il tempo del futuro, sono la base dell’educazione ad apprendere.
Avviene questo nella quotidianità della vita in aula scolastica?Cosa si deve fare perché questo avvenga?Io credo si debba trasformare l’aula in una bottega - laboratorio dove fonda-
mentale è il risultato nuovo, l’apprendimento nuovo, la novità della scoperta. Lo stupore della scoperta, per cui un discente sente il brivido di esser colui che apre nuove strade, perché al suo fianco c’è un adulto che lo accompagna, non che gli fa ombra con il suo corpo di conoscenze certe, quanto spesso inutili e noiose, perché lasciate lì, nell’angolo pesante della sua esperienza e dei suoi bagagli, culturali e non, usati come strumenti meravigliosi per andare oltre e toccare il non già visto, non già detto, non ancora toccato.
Perché scrivo questo?Perché apprendere è e deve essere saper prendere per sé; apprendere è sempre
e solo trasformazione; apprendere è appropriazione; apprendere è adesione anche all’ignoto di nuove realtà; apprendere è emozione; apprendere è maturazione. Apprendere è vivere.
Entrando allora nella semplice e complicata quotidianità dell’aula di tutti i giorni, come fare ad insegnare ad apprendere la disciplina per cui sono in catte-dra?
Prima di tutto, occorre superare quel digital disconnect per cui c’è una evi-dente separazione fra il saper fare digitale del docente e il saper fare digitale del discente, per far uscire allo scoperto la contraddizione mortale che prima accen-navo.
Non è solo questione di linguaggi differenti in uso contorto (come l’edera che soffoca, prima o poi, la pianta su cui si abbarbica).
E’ questione più complessa: è questione di filosofia della lingua, filosofia della lingua quotidiana, che deve essere affrontata come problematica di confronto. Contenuto di confronto e strumento di relazione. Ponendosi questa domanda: le nuove tecnologie della comunicazione devono intaccare l’organizzazione della
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Scuola? Oppure: le tecnologie della comunicazione attuale hanno intaccato l’or-ganizzazione della Scuola.
A questa seconda domanda, la risposta l’ho già data. Alla prima, tocca ad ogni docente cercare, più che una risposta, un cammino
di insegnamento-apprendimento, perché un tempo la Scuola informava e forma-va con l’informazione. Oggi le informazioni sono ovunque coi portali wiki, ad esempio, e la loro sconfinata possibilità di modifica ed intervento e di sempre nuovi percorsi ipertestuali.
E noi ci sentiamo sommersi, dispersi nelle informazioni; intimoriti e spesso delusi da queste tecnologie della comunicazione che sembrano offrire solo affor-dances (interazioni fra un ambiente ed un agente umano).
Allora, che fare?Intanto ricordarsi sempre, senza timori, che tutti i processi evolutivi non sono
indolori. Se i sistemi di ordine superiore cambiano, è necessario introdurre adattamenti
nei sottosistemi. I sistemi sociali sono così mutati da richiedere un progressivo e rapido cambiamento nel sottosistema educativo, passando da ambienti per l’inse-gnamento a ambienti per l’apprendimento, in cui trasformare i nuovi linguaggi e tutti i linguaggi della comunicazione ( Internet, cinema, televisione, teatro, musi-ca, danza, arte) in strumenti determinanti per la problematicizzazione educativa di qualsiasi disciplina a qualsiasi livello scolare.
Una domanda-sfida per la conquista della nuove opportunità che i tempi nuovi ci offrono ed esigono da noi d’essere comprese: noi, saremo in grado di investire il tempo, di consacrare il tempo (come sta scritto nelle raccomandazioni della Strategia di Lisbona 2010), le energie, la passione necessaria per trasformare la complessità e la contraddizione della comunicazione tecnologica e non, in nuove opportunità di apprendimento per tutto l’arco disciplinare, non delegando e non sostituendo, ma attivando una nuova didattica della comunicazione didattica?
Saremo capaci di attivare una buona comunicazione: una comunicazione che comunica (mette in comune) le differenti realtà, i differenti portati delle due ge-nerazioni e ne fa base duttile, flessibile per andare oltre?
Possediamo un patrimonio millenario di percorsi, di corsi e ricorsi, di vaga-bondaggi e di sentieri interrotti che chiamiamo Storia e l’abbiamo confinata in repertori cartacei o digitali (cambia poco), senza accorgerci che la sua dinamicità è la molla per andare oltre.
Probabilmente abbiamo paura ad andare oltre.Probabilmente crediamo che andare oltre spetti solo alla ricerca con la “R”.Così dimentichiamo che ognuno di noi – ma proprio tutti – deve essere attore
di ricerca, ricercatore: lo affermo come educatore e come credente, con la laicità libera del credente che sa di dover sempre andare oltre con lo splendore della goccia di rugiada.
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Una goccia e la sabbia del deserto che farà vivere.Una goccia e l’oceano.Allora tutto sarà buono per aprire le strade di ognuno dei nostri discepoli: le
strade della storia di ciascuno.E comunque, ed infine: se la Scuola, oggi, non si riappropria del principio
socratico del “conosci te stesso”, ha finito, perché ha perso la motivazione origi-naria.
Tutto il resto, di cui pur si deve dotare, è secondario.
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Le nuove tecnologie nelle Indicazioni per il curricolo
Vincenzo Melilli
1. Premessa
Parlare di tecnologie nel curricolo della scuola primaria non è argomentazione nuova. Già nelle Indicazioni nazionali per i Piani di Studio Personalizzati, di cui alla Legge n. 53/2003, viene introdotta nella scuola primaria (ex scuola elemen-tare) una nuova disciplina: "Tecnologia e informatica".
Di questa vengono esplicitati gli obiettivi specifici di apprendimento per le varie classi e sono individuati nel laboratorio di attività informatiche e nel la-boratorio di attività e di progettazione, i luoghi in cui gli obiettivi espressi nelle Indicazioni devono essere sviluppati e trasformati in competenze degli alunni.
Bisogna partire, allora, da alcune considerazioni di fondo. La prima, e sicura-mente più importante, è che l’acquisizione della competenza digitale rientra tra le otto competenze chiave individuate dall’Unione Europea per l’apprendimento permanente.
È da considerare, poi, che data l’evoluzione delle tecnologie nella società con-temporanea, l’introduzione della Tecnologia fin dalla scuola primaria è giustifi-cata dal fatto che i bambini sono immersi in una realtà sempre più artificiale e vivono circondati dai prodotti della tecnica: è quindi necessario sviluppare negli alunni una consapevolezza d'uso che li renda sempre più coscienti, intelligenti, informati, responsabili degli oggetti tecnologici e non solo fruitori-consumatori.
È accertato, infatti, che i bambini si avvicinano alle nuove tecnologie, in for-ma diretta e spontanea, fin dai primi anni di vita.
La scuola, quindi, non può assolutamente ignorare questi mezzi: in essa, infat-ti, si è verificata l'introduzione informatica ormai da diversi anni. Questa è stata l’oggetto dei primi Piani PSTD (Piani di Sviluppo delle tecnologie Didattiche dal 1997) e di piani nazionali di formazione ministeriali e, ultimamente, di un'opera di formazione degli insegnanti denominata ForTIC con i corsi di tipo A, B, C1 e C2 previsti dal Piano Nazionale di Formazione sulle TIC di cui alla C. M. n. 55/2002.
Un altro non trascurabile aspetto è determinato dalla convinzione che l’Infor-matica va vista come un “link” tra le discipline, superando la visione strumenta-le e passiva, legata al paradigma Hardware Software, e facendone uno strumento che faciliti la flessibilità cognitiva, che aumenti la capacità di trovare percorsi risolutivi (problem solving) nelle diverse situazioni e con tutte le discipline.
Va evidenziato, quindi, l’aspetto interdisciplinare del sapere tecnologico. Sa-rebbe inutile e privo di senso considerare la Tecnologia come una materia avulsa
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dalle altre e scollata dai vari percorsi disciplinari. La Tecnologia è legata alla Sto-ria laddove si esaminano i progressi fatti dall'uomo, alla Geografia nel momento in cui si vede come l'uomo ha agito sull'ambiente, alla Scienza quando si esamina quali saperi ha utilizzato o quali scoperte ha raggiunto, all'Arte quando si scopre il design dei manufatti tecnologici. Appare dunque indispensabile creare percorsi trasversali e di connessione con le altre discipline.
Attualmente quasi tutte le scuole elementari sono dotate di mezzi informatici, ma il punto su cui bisogna interrogarsi è: quanto questa informatizzazione ha una ricaduta reale nell'attività didattica? l computer sono diventati una "risorsa" per le discipline o sono rimasti semplicemente strumenti fini a se stessi? Hanno portato una reale crescita negli apprendimenti o sono soltanto dei facilitatori e quindi de-gli strumenti che rischiano anche di abbassare l'impegno degli alunni? E, infine, come fare ad attuare una didattica efficace che riesca a utilizzare l'lnformatica all'interno delle varie discipline, come strumento capace di aggiungere qualcosa al normale insegnamento?
È chiaro che l'uso del computer non può essere ridotto al suo insegnamento, in modo avulso dalle altre discipline didattiche, ma è necessario realizzare un in-segnamento "con i computer" che, attraverso l'uso costante delle macchine, porti all'acquisizione e all'uso delle conoscenze strumentali di base: uso di scrittura elettronica, costruzione di archivi, di modelli, di ipertesti e multimedia, navi-gazione in web, ecc. al fine di mettere gli alunni in grado di essere consapevoli dinanzi alle macchine e di saperle valutare e adattare alle proprie esigenze.
2. Le T.I.C. nelle Indicazioni: richiami e riferimenti.
Per rendersi conto di come l’attività didattica della scuola sia orientata ad un uso diffuso delle tecnologie è sufficiente osservare le ricorrenze che alcuni termi-ni collegati ad esse hanno nel testo delle Indicazioni per il Curricolo.
Solo per curiosità, il termine “tecnologia/e” ricorre nel testo delle Indicazioni per ventisette volte; mentre “tecnologici/che” per cinque volte; “computer” per sei. Altri riferimenti al mondo tecnologico li troviamo con la ricorrenza di termini come “media/mass-media” (quattordici volte), “strumenti/sistemi informati-ci” (sette), “posta elettronica” (tre) ed, infine, con il richiamo alla multimedialità (“multimediale/i”) per quattordici volte.
Nella sezione CULTURA – SCUOLA – PERSONA, La Scuola nel nuovo scenario, si legge che “Oggi l’apprendimento scolastico è solo una delle tan-te esperienze di formazione …”, riferimento chiaro al contesto socio culturale contemporaneo, ma anche alla indiscussa, ormai, valorizzazione di tutti i tipi di apprendimento, siano essi formali, non formali o informali.
Proprio dal riconoscimento di tale situazione emerge che “… la scuola non
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può abdicare al compito di promuovere le capacità degli studenti di dare senso alla varietà delle loro esperienze …”, con una valutazione oculata anche del fat-to che “… in questa situazione di potenziale ricchezza formativa permangono vecchie forme di analfabetismo e di emarginazione culturale. Queste si intreccia-no con analfabetismi di ritorno, che rischiano di impedire a molti l’esercizio di una piena cittadinanza”.
Inoltre, la diffusione delle tecnologie di informazione e di comunicazione, in-sieme a grandi opportunità, rischia di introdurre anche serie penalizzazioni nelle possibilità di espressione di chi non ha ancora accesso a tali tecnologie. Questa situazione nella scuola è ancora più evidente. Allo stato attuale delle cose, infatti, le relazioni con gli strumenti informatici sono assai diseguali fra gli studenti come fra gli insegnanti”.
Nel paragrafo “Per un Nuovo Umanesimo”, con riferimento all’acquisizione delle conoscenze in forma reticolare si legge che “... il bisogno di conoscenze degli studenti non si soddisfa con il semplice accumulo di tante informazioni in vari campi, ma solo con il pieno dominio dei singoli ambiti disciplinari e, con-temporaneamente, con l’elaborazione delle loro molteplici connessioni”.
Si pone poi l’accento sul carattere transdisciplinare ed interdisciplinare delle competenze tecnologiche allorquando si afferma la necessità di “una nuova al-leanza fra scienza, storia, discipline umanistiche, arti e Tecnologia, in grado di delineare la prospettiva di un nuovo umanesimo”.
In tale prospettiva, la scuola potrà perseguire alcuni obiettivi, oggi prioritari: … la capacità di comprendere le implicazioni, per la condizione umana, degli inediti sviluppi delle scienze e delle tecnologie; …. la capacità di vivere e di agire in un mondo in continuo cambiamento”.
“… Da parte loro, la filosofia, le arti, l’economia, la storia delle idee, delle società, delle scienze e delle tecnologie stanno mettendo in evidenza come le popolazioni umane abbiano sempre comunicato fra loro e come le innovazioni materiali e culturali siano sempre state prodotte da una lunga storia di scambi, interazioni, tradizioni”.
Passando ad analizzare il testo delle Indicazioni, si nota che l’introduzione delle tecnologie viene proposta fin dalla Scuola dell’Infanzia; già nel paragrafo “I BAMBINI, LE FAMIGLIE, L’AMBIENTE DI APPRENDIMENTO”, si incontrano affermazioni quali: “i bambini … incontrano e sperimentano diversi linguaggi, … pongono … le grandi domande esistenziali, osservano e interroga-no la natura, elaborano le prime ipotesi sulla lingua, sui media e sui diversi si-stemi simbolici”. È chiaro in queste affermazioni il riferimento al nuovo contesto sociale in cui i bambini si trovano a vivere.
Se procediamo nella lettura della sezione dei Campi di Esperienza, i riferi-menti alle influenze e all’importanza che le tecnologie rivestono nella vita dei bambini è espresso in modo inequivocabile.
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Nel campo “Il sé e l’altro - Le grandi domande, il senso morale, il vivere in-sieme” leggiamo che “… il bambino osserva la natura, la vita …, l’ambiente che lo circonda, le relazioni tra le persone; … è testimone degli eventi e ne vede la rappresentazione attraverso i media …”, intesi nel senso più ampio del termine.
Ancora, in “Linguaggi, creatività, espressione / Gestualità, arte, musica, mul-timedialità” gli autori hanno posto l’accento sul fatto che “Il bambino si con-fronta con i nuovi media e con i nuovi linguaggi della comunicazione, come spettatore e come attore. La scuola può aiutarlo a familiarizzare con l’esperienza della multimedialità, favorendo un contatto attivo con i media e la ricerca delle loro possibilità espressive e creative”.
Tale affermazione ha un duplice risvolto: da una parte riconosce il mondo esperienziale dei bambini, dall’altro pone alla scuola l’invito ad avviare un pro-cesso di alfabetizzazione attiva sia come fruitore sia come operatore. Ciò è con-fermato da quanto, poi, viene espresso nei Traguardi: “il bambino… esplora le possibilità offerte dalle tecnologie per fruire delle diverse forme artistiche, per comunicare e per esprimersi attraverso di esse”.
Ne “I discorsi e le parole / Comunicazione, lingua, cultura”, si riscontra che “I bambini giungono alla scuola dell’infanzia avendo acquisito le principali strut-ture linguistiche …” e, soprattutto, “hanno avuto contatti con i messaggi prodotti dai media”.
Come “traguardo” si richiede che il bambino possa formulare ipotesi sulla lin-gua scritta e sperimentare le prime forme di comunicazione attraverso la scrittura, anche mediante l’utilizzo delle tecnologie.
Nella scuola del primo ciclo il riscontro sull’importanza dell’introduzione del-la tecnologia nel processo di apprendimento e nell’attività didattica diventa più incisivo e specifico.
Nel paragrafo relativo all’Ambiente di apprendimento si mette in evidenza l’importanza dell’ausilio delle tecnologie per migliorare il processo di apprendi-mento degli alunni in situazione di svantaggio; si legge, infatti, che “… L’integra-zione degli alunni con disabilità nelle scuole comuni … anche se è da tempo un fatto culturalmente e normativamente acquisito e un’esperienza consolidata nella pratica, richiede maggiori attenzioni e una rinnovata progettualità, utilizzando anche le varie forme di flessibilità previste all’autonomia e le opportunità offerte dalle tecnologie”.
Il testo delle aree disciplinari, inoltre, presenta continui riferimenti ed esempi di impiego delle tecnologie nell’attività scolastica.
Nell’area Linguistico-artistico-espressiva viene espressa l’opportunità di “sperimentare le possibilità espressive della commistione di più linguaggi attra-verso la comprensione e la produzione di ipertesti”; si pone, inoltre, l’accento, nella crescita delle capacità espressive, sul ruolo importante delle nuove tec-nologie, “… uno dei caratteri originali della società dell’informazione …”, che
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“forniscono nuovi linguaggi multimediali per l’espressione, la costruzione e la rappresentazione delle conoscenze”, e si auspica che lo studente possa maturare specifiche competenze.
In quella Storico-geografica le Indicazioni affermano che il processo di inse-gnamento-apprendimento “si sviluppa grazie a uno strumentario diversificato: manuali, fonti di genere diverso, atlanti, testi storici divulgativi e scientifici, i media, strumenti multimediali”; anche nell’area Matematico-scientifica-tecnolo-gica, dopo aver affermato che le discipline scientifiche contribuiscono in modo determinante alla formazione culturale delle persone e delle comunità e svilup-pano le capacità di mettere in stretto rapporto il "pensare" e il "fare“ e quelle di critica e di giudizio, si ipotizza l’uso di strumenti e risorse digitali come ausilio alla risoluzione dei problemi.
Dalle aree disciplinari alle discipline. Nell’argomentazione inerente l’italiano si legge che l’alunno “apprenderà … le possibilità della lingua di fondersi con altri linguaggi e con altri mezzi, in forme di comunicazione interdisciplinari e multimediali. I traguardi della competenza disciplinare richiedono che l’alunno nelle attività di studio, personali e collaborative, usi i manuali per ricercare, rac-cogliere e rielaborare i dati, le informazioni, i concetti e le esperienze necessarie, ricorrendo anche all’utilizzo di strumenti informatici; alla fine di un percorso didattico l’alunno deve essere in grado di produrre con “…l’aiuto dei docenti e dei compagni semplici ipertesti”.
Più forte è la presenza delle nuove tecnologie e dei sistemi multimediali nel-le Lingue Comunitarie. Si legge, infatti, che “l’uso di tecnologie informatiche, inoltre, consente di ampliare spazi, tempi e modalità di contatto e interazione sociale tra individui, comunità scolastiche e territoriali”. Negli obiettivi di apprendimento per la classe quinta della scuola primaria e della terza classe della secondaria di primo grado si prevede che l’alunno sia in grado di leggere e pro-durre semplici testi di posta elettronica, con un evidente riconoscimento delle possibilità comunicative offerte dalle tecnologie dell’informazione e della comu-nicazione.
Anche nella Musica non si trascura l’apporto dell’evoluzione tecnologica. Nella scuola primaria, si ha tra i traguardi: l’alunno “articola combinazioni tim-briche, ritmiche e melodiche, …; le esegue con la voce, il corpo e gli strumenti, ivi compresi quelli della tecnologia informatica. tra gli obiettivi di apprendimento vi è quello di utilizzare voce, strumenti e nuove tecnologie sonore in modo crea-tivo e consapevole.
Nella scuola secondaria di primo grado, si prevede che l’alunno sia in grado di ideare e realizzare messaggi musicali e multimediali; gli obiettivi di appren-dimento richiedono che l’alunno sappia “Eseguire in modo espressivo, …, brani vocali/strumentali …, anche avvalendosi di strumentazioni elettroniche” e “… progettare/realizzare eventi sonori che integrino altre forme artistiche, quali dan-
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za, teatro, arti plastiche e multimediali”.In Arte e Immagine si invita all’uso delle nuove tecnologie sia per la fruizione
che per la produzione di immagini con il supporto di strumenti audiovisivi e mul-timediali che valorizzino nuove esperienze di comunicazione ed espressione.
Nella trattazione della Tecnologia si avverte l’importanza che tale disciplina ha assunto nella pratica scolastica, nel processo di apprendimento e insegnamen-to, in virtù dell’influsso esercitato dall’evoluzione tecnologica nella cosiddetta società della conoscenza.
È opportuno, pertanto, soffermarsi in una attenta lettura del testo. Nella sezio-ne dei traguardi relativi alla scuola primaria si legge che il bambino utilizza, in situazioni significative di gioco e di relazione con gli altri, le nuove tecnologie e i linguaggi multimediali per sviluppare il proprio lavoro in più discipline, per presentarne i risultati e anche per potenziare le proprie capacità comunicative.
Gli obiettivi di apprendimento prevedono che l’alunno sappia utilizzare sem-plici materiali digitali per l’apprendimento e conoscere a livello generale le ca-ratteristiche dei nuovi media e degli strumenti di comunicazione e utilizzare le Tecnologie della Informazione e della Comunicazione (TIC) nel proprio lavoro.
Come si può notare si pone l’accento sull’uso transdisciplinare della tecnolo-gia sia per lo svolgimento del proprio lavoro sia per la presentazione delle proprie competenze e degli apprendimenti raggiunti. Per questo, nella società contempo-ranea, non si può prescindere dal possesso delle competenze tecnologiche.
Nella scuola secondaria di primo grado, la tecnologia deve essere utile a sup-portare il lavoro, avanzare ipotesi e validarle, per auto-valutarsi e per presentare i risultati di quanto svolto o appreso. Sarà altresì un ausilio alla ricerca delle infor-mazioni, alla selezione delle stesse, nonché alla possibilità di sintetizzarle.
Inoltre, l’alunno può sviluppare le proprie idee utilizzando le TIC e, cosa più importante, le condivide con gli altri.
Negli obiettivi di apprendimento si esalta il carattere “pluridisciplinare” della tecnologia: utilizzare strumenti informatici e di comunicazione per elaborare dati, testi e immagini e produrre documenti in diverse situazioni; descrivere segnali, istruzioni e brevi sequenze di istruzioni da dare a un dispositivo per ottenere un risultato voluto; conoscere gli elementi basilari che compongono un computer e le relazioni essenziali fra di essi; collegare le modalità di funzionamento dei dispositivi elettronici con le conoscenze scientifiche e tecniche che ha acquisito; conoscere l’utilizzo della rete sia per la ricerca sia per lo scambio delle informa-zioni.
Come si può intuire dalla lettura del testo delle Indicazioni per il curricolo vie-ne riconosciuto alle tecnologie un ruolo importante per la completa formazione dell’individuo, in linea con le tendenze della società in cui viviamo.
Ci si deve porre, quindi, la domanda: qual è la “sfida della didattica”?La sfida a cui la didattica deve dedicarsi è quella di individuare le forme, le
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modalità e i dispositivi più funzionali alla costruzione di apprendimenti signi-ficativi, a partire dai processi cognitivi indotti e sollecitati dalle caratteristiche delle TIC, che si possono sintetizzare, secondo Berger, nei seguenti fondamentali fattori:
il senso visivo viene potenziato, la trasmissione di conoscenze avviene privile-giando la modalità visiva (schemi, mappe, modelli, simulazioni, animazioni);l'interattività consente di modificare il flusso comunicativo unidirezionale del-la macchina rompendo il rapporto di passiva fruizione; la convivialità permette una comunicazione con la macchina sempre più basa-ta su linguaggi naturali fino ad arrivare all'abolizione della tastiera e al ricono-scimento vocale dei comandi impartiti; la navigabilità consente una ricerca logica, a livelli diversi di approfondimen-to, attraverso informazioni che portano ad altre informazioni per vie trasver-sali e soggettive; la simulazione, attraverso la possibilità di modellare, manipolare graficamente e visualizzare nella loro dinamica i processi in esame, diventa di fatto una nuova categoria della conoscenza;la funzione fatica, per cui con il diffondersi pervasivo dell'uso del PC e delle procedure di utilizzo della macchina, si determina una nuova categoria comu-nicativa sempre più universale e trasversale alle diverse culture, facilitando lo scambio comunicativo; la connettività enfatizza, attraverso i collegamenti della rete, l'attitudine alla cooperazione e al lavoro di gruppo, per decidere, conoscere, creare assieme ad altri.Appare evidente, però, che non è sufficiente un uso banalizzante o banalizzato
delle tecnologia perché questa diventi, in modo automatico, un ambiente di ap-prendimento significativo.
A tale proposito è utile ricordare che D.P. Perkins distingue gli ambienti tecno-logici in ricchi e minimalisti. Si ha la presenza dei primi quando sono disponibili strumenti che consentono simulazioni e costruzione di modelli, i sistemi-autore ipermediali e gli ambienti di collaborazione telematica.
I secondi sono caratterizzati da banche di informazioni off o on-line e da stru-menti per la loro elaborazione. Certamente, tale distinzione può essere conside-rata meccanicistica.
Possiamo con B. M. Varisco, invece, sostenere che “… non sia la presenza o la predominanza quantitativa o l’assenza o povertà di certe categorie di strumenti a fare di un ambiente d’apprendimento un ambiente ricco o minimalista, piuttosto la qualità del progetto educativo che orchestra il tutto”.
E ancora, “comuni” strumenti per l’elaborazione e l’archiviazione di dati, se inseriti in progetti co-gestiti dagli studenti dove lo scopo sia quello della costru-zione di significati negoziati e condivisi …, possano diventare parte integrale e
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irrinunciabile di un ambiente d’apprendimento ricco e costruttivista”.In pratica, le diverse caratteristiche di ogni ambiente tecnologico possono ri-
manere latenti finché, nella scuola, i docenti non le valorizzano attraverso un progetto didattico.
In conclusione, la scuola oggi non ha come compito principale quello di alfa-betizzare all’uso delle tecnologie e del PC. Gli alunni, già di per sé, possiedono una “interfaccia” tecno-digitale in quanto è loro la società dell‘informazione e della comunicazione.
La sfida che la scuola deve cogliere è quella di educare ad un uso consapevole della tecnologia e delle sue applicazioni, delle sue potenzialità cognitive, meta-cognitive e di problem solving. Tale è l’indirizzo contenuto nelle Indicazioni per il Curricolo.
Tutto ciò non può prescindere sia da un significativo sforzo di cambiamento che deve coinvolgere gli operatori della scuola, sia da un deciso piano di investi-mento sulla scuola.
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Curricolo verticale di lettura
A cura di Mariolina Errico
CRSP Scuola Secondaria di I grado “A. Galateo” di Lecce
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Curricolo verticale di Arte e Immagine
A cura di Maria Rita Salvi
CRSP Liceo Scientifico “Volta” di Foggia e CRSP Scuola Secondaria di I grado “Alighieri” di Lucera
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Curricolo verticale dell’Area matematico-scientifico-tecnologica
A cura di Giacomo Mondelli
CRSP IPSCT “Tandoi“ Corato CRSP Liceo Scientifico “Galilei” Bitonto
1. Premessa
I materiali proposti hanno l’ambizione di voler costituire una base essenziale e significativa perché ogni istituzione scolastica possa più agevolmente costruire il proprio curricolo di istituto.
Non “coprono” tutto il territorio curricolare, ma soltanto alcune delle sue parti più importanti:
esplorazione formativa, culturale e didattica dei campi di esperienza, delle aree disciplinari e delle discipline; “assunzione” critica dei traguardi di sviluppo delle competenze e degli obiet-tivi di apprendimento assegnati dal Ministero a tutte le scuole della Repub-blica;individuazione degli obiettivi di apprendimento per le sezioni della scuola del-l’infanzia e per quelle classi del primo ciclo alle quali non sono stati forniti;eventuale individuazione di competenze trasversali. I materiali che si presentano sono stati ricavati essenzialmente dai lavori di
gruppo sviluppati durante il “Corso di Formazione sulle Indicazioni per il curri-colo” (gennaio- giugno 2008).
I materiali intendono proporsi come contributo per la costruzione dei singoli curricoli di istituto. È necessario che essi siano considerati come veri e propri “materiali di lavoro” e, perciò, aperti, inconclusi, non definitivi, grezzi e, quindi, da adattare, contestualizzare, rifinire, definire.
Vanno adoperati, per così dire, “con cautela”: non tanto perché fragili quanto perché non devono invadere la libera progettualità delle scuole autonome.
Vanno, ancora, considerati come “materiali di cantiere”: quello che si apre in ogni istituzione scolastica quando vuole attrezzarsi a elaborare la propria offerta formativa e curricolare.
Buona parte dei materiali introdotti sono degli “schemi”: pieni ovvero chiu-si sono quelli che contengono elencazioni di obiettivi di apprendimento, scelte metodologiche e didattiche, proposte di contenuti, temi, attività; vuoti ovvero aperti sono gli schemi che propongono semplicemente possibili itinerari di lavoro
•
•
•
•
250
ovvero orientamenti procedurali e formativi di massima senza che a questi cor-rispondano espresse soluzioni didattiche o curricolari. Sono, piuttosto, talvolta potenziali percorsi di riflessione e di ricerca.
È da porre attenzione a entrambe le tipologie di schemi: alla prima, perché non vengano intesi come inequivocabili, indifferibili, idonei a prescindere; alla secon-da, perché non rimangano sul terreno dell’astrattezza, ma vengano, al contrario, “riempiti” (e, perciò, “provati”) di operazioni riflessive e di scelte di contenuto.
Durante i lavori di gruppo, i docenti che vi hanno partecipato si sono dovu-ti arrendere davanti a una semplice evidenza: alcuni traguardi di sviluppo delle competenze e molti degli obiettivi di apprendimento (quelli già presenti nel testo nazionale come quelli individuati localmente nel gruppo) sembrano voler passa-re, “tracimare”, ovvero ripetersi da un campo di esperienza all’altro, da un disci-plina all’altra. Oppure incrociarsi tra di loro.
Non si tratta di materiali confusi o inadeguati: l’evidenza suddetta è la spia della trasversalità, interdisciplinarietà e, perciò, anche della “complessità” della conoscenza e delle conoscenze. Ed è anche la dimostrazione palese che le ultime Indicazioni hanno saputo cogliere queste straordinarie caratteristiche della cultu-ra contemporanea. Tocca a noi farne tesoro e piuttosto che “nascondere” gli at-traversamenti, i cambi di campo, le ripetizioni, cercarli, evidenziarli, valorizzarli nella progettazione curricolare e didattica e nell’azione educativa.
I gruppi, costituiti da docenti dei diversi ordini di scuola hanno lavorato in continuità perché convinti che la scuola da fare è costituita, oltre che di elemen-ti distintivi, di elementi comuni, continui e progressivi. Tra questi è opportuno menzionare almeno:
le finalità educative e formative generali le competenze e gli obiettivi di fondole attività di base e essenziali le disposizioni di studio condivise i contesti di apprendimento idonei alle pratiche di studio e di relazionei processi di continua “qualificazione” delle competenze determinate anche dalla corrispondente evoluzione - “continua” - delle pratiche di studio e di ricercale fasi aggiuntive e complementari di sviluppo della conoscenza (es.: processi di approfondimento e arricchimento delle conoscenze e dei concetti, prosecu-zione e sviluppo di conoscenze e abilità, ecc. ) il percorso “evolutivo” - costitutivo - dei processi di apprendimento (es.: ret-tifica, eliminazione e conseguente sostituzione di pratiche di studio, evolu-zione in senso alfabetico-simbolico delle attività di lavoro e degli ambienti di apprendimento, ecc.).
••••••
•
•
251
Da quanto si è detto, si può ben comprendere la necessità di costruire curri-coli verticali tra le scuole di un determinato territorio. D’altronde, sono le stesse Indicazioni ministeriali, da un lato, a richiederlo e, dall’altro lato, a fornire delle significative opportunità.
Tra queste è da annotare, innanzitutto, la stessa volontà di valorizzare nell’al-lievo la formazione progressiva della persona, l’orientamento culturale comune, la lettura condivisa della società contemporanea.
In secondo luogo, è da segnalare che l’impostazione curricolare prefigurata dalle Indicazioni è espressamente verticale, specie se si prendono in considera-zione due degli elementi costitutivi del complessivo impianto curricolare: i terri-tori (e i repertori) culturali e formativi, i traguardi di competenza.
Infatti, le aree disciplinari (e le singole discipline) del Primo Ciclo “corri-spondono” e “succedono” ai campi di esperienza della Scuola dell’Infanzia e al proprio interno sono tracciate globalmente dalla scuola primaria a quella secon-daria e conservano le stesse connotazioni formative e didattiche lungo tutto il percorso di istruzione.
Alla verticalità curricolare è rivolta anche l’individuazione/indicazione di tra-guardi di sviluppo della competenza unitari in uscita dalla scuola del primo ciclo. Questi, d’altronde, sono scanditi, lungo tutto l’itinerario formativo da livelli di competenza successivi e da obiettivi di apprendimento idonei a permetterne il perseguimento.
Queste convinzioni hanno portato i gruppi di lavoro a costituirsi in maniera eterogenea (composti, perciò, da docenti dei tre tipi di scuola) e a lavorare per un curricolo verticale.
2. Considerazioni preliminari
Dalla lettura delle Indicazioni e dal confronto fra i docenti, il gruppo di lavoro è giunto ad alcune considerazioni condivise.
Le nuove Indicazioni chiedono agli insegnanti di sviluppare nell’alunno il piacere di apprendere aiutandolo a costruire un atteggiamento positivo nei confronti delle discipline e del sapere in generale.Il tentativo di creare un curricolo verticale è risultato complesso per la diffi-coltà di contestualizzare l’insegnamento, infatti i docenti del gruppo proven-gono da varie realtà scolastiche ben diverse tra loro.Gli elementi caratterizzanti un curricolo di scuola sono: i traguardi delle com-petenze, gli obiettivi di apprendimento, i contenuti o conoscenze, le scelte metodologiche, la valutazione. In questa attività d’aggiornamento il gruppo ha voluto analizzare i traguardi delle competenze e gli obiettivi di apprendi-
•
•
•
252
mento, perché:- l’individuazione dei contenuti spetta alla scelte dei docenti di una stessa scuola e in linea a quanto espresso nel POF;- le scelte metodologiche e l’organizzazione di didattica sono di competenza del docente. È indiscutibile che per rendere un apprendimento efficace bisogna costruire un modello di attività strutturate, attraverso una serie di interazioni che gli insegnanti e alunni devono svolgere tra loro e con strumenti adatti allo scopo (in primo luogo il manuale). Questo modello non può essere unico per tutti gli insegnanti e alunni, ma va calato nella realtà di ogni singola classe ed istituzione. Molti sono i modelli che le stesse indicazioni suggeriscono: di-dattica laboratoriale, cooperative learning… L’immagine dell’insegnante che emerge dalle indicazioni non è quella tradizionale di chi trasmette informazio-ni, ma di colui che predispone l’ambiente, creando situazioni che mettano gli alunni in condizione di imparare;- la valutazione è indispensabile per orientare l’azione didattica ed è alquanto complessa perché è un monitoraggio valutativo continuo. È necessario for-mulare una griglia di valutazione e circoscrivere le conoscenze, il livello di competenze. Il gruppo di lavoro ha provato a segmentare i traguardi in piani di lavoro annuali, cercando di valorizzare l’idea di curricolo.- Il termine traguardo è stato inteso come performance che l’alunno di terza media deve aver conseguito al termine del ciclo di studi.- Dalla scuola dell’infanzia alla fine della scuola media, l’alunno dovrebbe acquisire abilità per poter costruire un sapere composto di conoscenze signifi-cative. L’insegnante deve insegnare ad usare gli strumenti, a compiere opera-zioni cognitive e pratiche di organizzazione delle informazioni, a rispettare le procedure e ad elaborare testi.
3. Campi di esperienza e aree disciplinari
Lavorare per un curricolo verticale che possa coprire interamente la fascia educativa e il territorio formativo dal primo anno della scuola dell’infanzia al-l’ultimo del primo ciclo se è – per così dire – “d’obbligo”, oltre che necessario e stimolante comporta anche delle difficoltà.
Queste attengono, non soltanto, alle differenze evolutive, relazionali e di ap-prendimento degli allievi delle tre scuole, ma anche alle specifiche finalità edu-cative di ciascuna di esse e all’interpretazione curricolare e didattica dei territori epistemologici e culturali che se ne dà in ogni tipologia di scuola.
A tal ultimo riguardo, occorre precisare che se va bene ed è stimolante tentare delle corrispondenze e stringere delle relazioni formative tra particolari “campi
•
253
di esperienza” e determinate aree disciplinari e discipline proprio allo scopo di costruire un curricolo continuo e verticale, queste non devono essere considerate “esclusive”, “rigide” e indissolubili.
Al contrario, corrispondenze suggestive e relazioni elettive tra aree e campi, devono essere considerate tendenziali, di massima, flessibili, revocabili, modifi-cabili e, in ogni caso, da giustificare sotto il profilo educativo e formativo e da contestualizzare in riferimento alle concrete situazioni educative e a come le si interpreta.
In realtà, se ne potrebbero proporre delle altre (alternative, complementari, di surroga a quelle da noi individuate).
Tutto ciò accade, innanzitutto e nello specifico, a motivo della non “discipli-narietà” dei campi di esperienza rispetto ai territori curricolari della scuola del Primo Ciclo. Ma anche e, più in generale, si verifica a causa - come abbiamo già detto - della fluidità dei repertori culturali, della trasversalità costitutiva delle situazioni collegate allo sviluppo della conoscenza, della potenziale e anche spe-rimentata multidisciplinarietà dei processi di apprendimento.
Oltre che, ovviamente, in ragione della pervasività culturale e cognitiva delle concrete situazioni di vita e di esperienza e delle connotazioni precipue della stessa “persona” dell’allievo, come ogni uomo o donna da considerare nella sua globalità – di interessi, talenti, attività, problemi - e nella sua effettiva “multime-dialità” (anch’essa costitutiva e ineliminabile).
In ogni caso, pur consapevoli della complessità della questione – corrispon-denze preferenziali e relazioni elettive tra aree e campi – i gruppi di lavoro hanno operato delle scelte di accorpamento curricolare longitudinale.
Preliminarmente sono state effettuate delle operazioni di riflessione condivi-sa:
Per ciascun campo di esperienza ci siamo interrogati sul “senso educativo e sui significati formativi del campo”, chiedendoci:- com’è il bambino nel campo? - cos’è il campo? - come organizzare e sviluppare il campo a scuola?
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254
Per ciascuna area disciplinare ci siamo confrontati su:- composizione disciplinare dell’area - significato (caratteristiche culturali ed epistemologiche, valenza educativa e formativa, ipotesi essenziale di “traduzione” curricolare e didattica, ecc.) - ipotesi essenziale di “traduzione” curricolare e didattica. - senso culturale e formativo di ciascuna disciplina - caratteristiche culturali ed epistemologiche - valenza educativa e formativa - ipotesi essenziale di “traduzione” curricolare e didattica.
4. A fronte di quanto premesso, si riportano i materiali prodotti relativamente al secondo territorio curricolare costituito da:
I campi di esperienza la conoscenza del mondo e il corpo in movimento L’area disciplinare matematica scienze tecnologia
•
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Curricolo verticale: “il numero e le operazioni”SCUOLA
DELL’INFANZIASCUOLA PRIMARIA SCUOLA SECONDARIA DI
PRIMO GRADO Traguardi di competenza
Traguardi di competenza
Traguardi di competenza
Confrontare e valutare quantità
INDICATORI
1. Esplorare ed osservare la realtà
2. Raggruppare, comparare, contare e ordinare
Muoversi con la sicurezza nel
calcolo scritto e mentale
OBIETTIVI
Classe prima 1. Leggere, scrivere, confrontare ed ordinare i numeri naturali entro il venti. 2. Eseguire semplici operazioni di addizione e di sottrazione.
Classe seconda 1. Leggere, scrivere, confrontare ed ordinare i numeri naturali entro il cento. 2. Conoscere il valore posizionale delle cifre in base dieci. 3. Eseguire operazioni di addizione e sottrazione entro il cento e con uno o più cambi.
Consolidare le conoscenze acquisite nella scuola primaria.
Percepire, descrivere e rappresentare forme
complesse, relazioni e strutture
OBIETTIVI
Prima media 1. Eseguire le quattro operazioni sia con i numeri naturali che decimali. 2. Conoscere e operare con le potenze. 3. Conoscere le proprietà delle quattro operazioni e gli algoritmi ad essi relativi. 4. Rappresentare i numeri naturali e decimali su di una retta. 5. Riconoscere e calcolare multipli e divisori di un numero. 6. Scomporre in fattori primi e ricercare il MCD e il mcm.
Seconda media 1.Conoscere l’insieme dei numeri razionali e saper operare con essi.2. Descrivere rapporti e quozienti mediante frazioni. 3. conoscere e operare con l’algoritmo della radice quadrata.
Terza media 1. Conoscere i numeri relativi e operare con essi. 2. Descrivere con espressione numerica la sequenza di operazioni che fornisce la soluzione di un problema. 3. Conoscere ed eseguire il calcolo letterale. 4. Rappresentare graficamente una funzione.
256
5. Metodologia
Nei primi anni di scuola ogni attività deve essere presentata sotto forma di gioco, in modo da tenere sempre vivi l’interesse e la curiosità dei bambini.
I blocchi logici del Dienes e i regoli rappresentano un valido ausilio per l’inse-gnante che può, attraverso l’uso di questo materiale strutturato, proporre attività di classificazione, raggruppamento, confronto e seriazione.
L’insegnamento della matematica, perseguito attraverso il gioco intelligente, risulta efficace e stimolante.
Un altro elemento fondamentale è il laboratorio inteso sia come luogo fisico, sia come momento in cui l’alunno è attivo, formula percorsi risolutivi e ne con-trolla l’esattezza con i compagni, progetta e sperimenta, discute e argomenta le proprie scelte, impara a raccogliere dati e a confrontarli.
Unità Formativa
Titolo(tema/problema di interesse generale) ……………………………………………………………………....
Organizzatore cognitivo: ………………………………………………………………………………………………………………...
Destinatari: alunni di scuola primaria e secondaria di primo gradorata:……...................................…………………………………………………………………………………………………………...
Contenuti trasversali ……………………………………………………………………..……………………………………………………………………...……………………………………………………………………...……………………………………………………………………
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Obiettivi Trasversali
Tipologia di scuola
O.T. Cognitivi O.T. Metacognitivi
O.T. Sociali
Scuola Primaria
Suola Secondaria di Primo grado
Risultati attesi trasversali
Tipologia di scuola
Competenze Trasversali Cognitive
Competenze Trasversali
Metacognitive
Competenze Trasversali
SocialiScuolaPrimaria
Scuola secondaria di Primo Grado
Tipologia di scuola Obiettivi Disciplinari
Contenuti Disciplinari
Competenze Disciplinari
Metodologie
ScuolaPrimaria
ScuolaSecondaria di Primo grado
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Traguardi di competenza e obiettivi di apprendimento
Scuola dell’infanzia
Primo anno
Secondo anno
TRAGUARDI OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
ATTIVITA’
� Raggruppa e ordina secondo criteri diversi.
� Colloca correttamente nello spazio se stesso, oggetti, persone.
� Segue correttamente un percorso sulla base di indicazioni verbali.
� Coglie le trasformazioni naturali.
1) Raggruppare secondo un criterio dato (colore).
2) Orientarsi nello spazio reale e successivamente nello spazio foglio.
3) Seguire un percorso sulla base di indicazioni verbali.
4) Osservare la realtà circostante.
5) Verbalizzare un’esperienza.
6) Cogliere le trasformazioni naturali.
1) Raggruppamento di oggetti secondo il criterio dei colori primari.
2) Giochi motori guidati nello spazio sezione/giardino e relativa rappresentazione grafica, secondo i concetti topologici:sopra – sotto, vicino – lontano, dentro- fuori.
3) Esecuzione di un semplice percorso su comando.
4) Esplorazione e successiva conversazione guidata con domande stimolo di una esperienza vissuta in classe.
5) Verbalizzazione orale dell’esperienza vissuta . 6) Osservazione sistematica del mondo naturale e
di fenomeni atmosferici.
TRAGUARDI OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
ATTIVITA’
� Raggruppa e ordinare secondo criteri diversi.
� Confronta e valutare quantità.
� Utilizza semplici simboli per registrare.
� Colloca correttamente nello spazio se stesso, oggetti, persone.
� Segue correttamente un percorso sulla base di indicazioni verbali.
� Compie misurazioni mediante semplici strumenti.
� Si orienta nel tempo della vita quotidiana.
� Coglie le trasformazioni naturali.
� Formula riflessioni.
1) Raggruppare secondo un criterio dato (colore, forma, grandezza).
2) Comparare quantità tra due insiemi.
3) Ordinare due elementi secondo l’altezza e la grandezza.
4) Utilizzare simboli per registrare.
5) Orientarsi nello spazio reale e successivamente nello spazio foglio.
6) Seguire un percorso sulla base di indicazioni verbali.
7) Osservare la realtà circostante.
8) Rappresentare con disegni un esperimento scientifico.
9) Verbalizzare un’esperienza.
10) Compiere misurazioni mediante strumenti semplici.
11) Riconoscere il prima e il dopo in una successione di eventi.
12) Cogliere le trasformazioni naturali per rilevarne i cambiamenti.
13) Formulare ipotesi, porre ……domande.
1) Raggruppamento di oggetti secondo il criterio dato.
2) Sistemazione in cerchi, secondo il criterio stabilito, di oggetti di uso quotidiano.
3) Sistemazione in ordine crescente o decrescente di due oggetti di uso quotidiano secondo il criterio stabilito.
4) Associazione di simboli condivisi a situazioni o eventi da registrare
5) Giochi motori guidati nello spazio sezione/giardino e relativa rappresentazione grafica secondo i concetti topologici: sopra – sotto, vicino – lontano, dentro – fuori, in alto – in basso, avanti – in dietro.
6) Esecuzione di un percorso su comando. 7) Esplorazione e successiva conversazione
guidata con domande stimolo di una esperienza vissuta in classe.
8) Rappresentazione grafica dell’ esperienza vissuta in classe.
9) Verbalizzazione orale dell’esperienza vissuta. 10) Misurare oggetti presenti in aula con strumenti
non convenzionali: bicchieri per la misurazione di alimenti, mattoncini per la misurazione dell’ altezza.
11) Rappresentare graficamente un’ esperienza nel suo svolgimento temporale. In una scheda strutturata, indicare con colori diversi il prima e il dopo di un evento.
12) Osservazione sistematica del mondo naturale e di fenomeni atmosferici.
13) Conversazione guidata.
Misurazione di oggetti presenti in aula con strumenti non convenzionali: bicchieri per la misurazione di alimenti, mattoncini per la misurazione dell’ altezza.Rappresentazione grafica di un’ esperienza nel suo svolgimento temporale. In una scheda strutturata, indicare con colori diversi il prima e il dopo di un evento.
259
Terzo anno
TRAGUARDI OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
ATTIVITA’
� Raggruppa e ordina secondo criteri diversi.
� Confronta e valuta quantità.
� Utilizza semplici simboli per registrare.
� Colloca correttamente nello spazio se stesso, oggetti, persone.
� Segue correttamente un percorso sulla base di indicazioni verbali.
� Compie misurazioni mediante semplici strumenti.
� Si orienta nel tempo della vita quotidiana.
� Riferisce eventi del passato recente.
� Coglie le trasformazioni naturali.
� Formula riflessioni relative al futuro immediato e prossimo.
1) Raggruppare secondo un criterio dato (colore, forma, grandezza).
2) Comparare quantità tra due insiemi.
3) Contare entro il numero dieci.
4) Associare il simbolo numerico ad una quantità.
5) Ordinare tre elementi secondo l’altezza e la grandezza.
6) Utilizzare simboli per registrare.
7) Orientarsi nello spazio reale e successivamente nello spazio foglio.
8) Seguire un percorso sulla base di indicazioni verbali.
9) Osservare la realtà circostante.
10) Rappresentare con disegni un esperimento scientifico.
11) Verbalizzare un’esperienza.
12) Compiere misurazioni mediante strumenti semplici .
13) Riconoscere il prima e il dopo in una successione di eventi.
14) Riconoscere il prima, adesso e il dopo in una successione di eventi.
15) Cogliere le trasformazioni naturali per rilevarne i cambiamenti.
16) Formulare ipotesi, porre domande.
17) Descrivere con linguaggio appropriato osservazioni ed esperienze.
1) Raggruppamento di oggetti secondo il criterio dato.
2) Sistemazione in cerchi, secondo il criterio stabilito, di oggetti di uso quotidiano.
3) Contare oggetti e/o persone presenti nell’aula. Coloritura di un numero stabilito di elementi in una scheda strutturata.
4) Avvicinamento al simbolo grafico ed associazione dello stesso alla quantità relativa.
5) Sistemazione in ordine crescente o decrescente di tre oggetti di uso quotidiano secondo il criterio stabilito.
6) Associazione di simboli condivisi a situazioni o eventi da registrare.
7) Giochi motori guidati nello spazio sezione/giardino e relativa rappresentazione grafica secondo i concetti topologici: sopra – sotto, vicino – lontano, dentro – fuori, in alto – in basso, avanti – in dietro, destra – sinistra, primo – ultimo.
8) Esecuzione di un percorso su comando.
9) Esplorazione e successiva conversazione guidata con domande stimolo di un’esperienza vissuta in classe.
10) Rappresentazione grafica dell’ esperienza vissuta in classe.
11) Verbalizzazione orale dell’esperienza vissuta. 12) Misurare oggetti presenti in aula con strumenti
non convenzionali: bicchieri per la misurazione di alimenti, mattoncini per la misurazione dell’ altezza.
13) Rappresentare graficamente un’ esperienza nel suo svolgimento temporale. In una scheda strutturata, indicare con colori diversi il prima e il dopo di un evento.
14) Rappresentare graficamente un’esperienza nel suo svolgimento temporale. In una scheda strutturata, indicare con colori diversi il prima, l’adesso e il dopo di un evento.
15) Osservazione sistematica del mondo naturale e di fenomeni atmosferici.
16) Conversazione guidata.
17) Verbalizzazione orale di un’ esperienza vissuta con linguaggio specifico.
Raggruppamento di oggetti secondo il criterio dato. Sistemazione in cerchi, secondo il criterio stabilito, di oggetti di uso quotidiano.Contare oggetti e/o persone presenti nell’aula. Coloritura di un numero stabilito di elementi in una scheda strutturata.Avvicinamento al simbolo grafico ed associazione dello stesso alla quantità relativa.Sistemazione in ordine crescente o decrescente di tre oggetti di uso quotidiano secondo il criterio stabilito.Associazione di simboli condivisi a situazioni o eventi da registrare.Giochi motori guidati nello spazio sezione/giardino e relativa rappresentazione grafica secondo i concetti topologici: sopra-sotto, vicino-lontano, dentro-fuori, in alto-in basso, avanti-in dietro, destra-sinistra, primo-ultimo.Esecuzione di un percorso su comando.Esplorazione e successiva conversazione guidata con domande stimolo di un’esperienza vissuta in classe.Rappresentazione grafica dell’ esperienza vissuta in classe.Verbalizzazione orale dell’esperienza vissuta. Misurazione di oggetti presenti in aula con strumenti non convenzionali: bicchieri per la misurazione di alimenti, mattoncini per la misurazione dell’ altezza.Rappresentazione grafica di un’ esperienza nel suo svolgimento temporale. In una scheda strutturata, indicare con colori diversi il prima e il dopo di un evento.Rappresentazione grafica di un’esperienza nel suo svolgimento temporale. In una scheda strutturata, indicare con colori diversi il prima, l’adesso e il dopo di un evento.Osservazione sistematica del mondo naturale e di fenomeni atmosferici. Conversazione guidata.Verbalizzazione orale di un’ esperienza vissuta con linguaggio specifico.
1.
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8.9.
10.
11.12.
13.
14.
15.
16.17.
Raggruppare secondo un criterio dato (colore, forma, grandezza).Comparare quantità tra due insiemi.Contare entro il numero dieci.Associare il simbolo numerico ad una quantità.Ordinare tre elementi secondo l’altezza e la grandezza.Utilizzare simboli per registrare.Orientarsi nello spazio reale e successivamente nello spazio foglio.Seguire un percorso sulla base di indicazioni verbali.Osservare la realtà circostante.Rappresentare con disegni un esperimento scientifico.Verbalizzare un’esperienza.Compiere misurazioni mediante strumenti semplici .Riconoscere il prima e il dopo in una successione di eventi. Riconoscere il prima, adesso e il dopo in una successione di eventi. Cogliere le trasformazioni naturali per rilevarne i cambiamenti.Formulare ipotesi, porre domande.Descrivere con linguaggio appropriato osservazioni ed esperienze.
1.
2.
3.
4.
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6.
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10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
Raggruppa e ordina secondo criteri diversi.Confronta e valuta quantità.Utilizza semplici simboli per registrare.Colloca correttamente nello spazio se stesso, oggetti, persone.Segue correttamente un percorso sulla base di indicazioni verbali.Compie misurazioni mediante semplici strumenti.Si orienta nel tempo della vita quotidiana.Riferisce eventi del passato recente. Coglie le trasformazioni naturali. Formula riflessioni relative al futuro immediato e prossimo.
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260
Scuola primariaScienze - classe prima
Scienze - classe seconda
Scienze - classe terza
TRAGUARDI OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
TEMATICHE/CONOSCENZE
� L’ alunno, con la guida dell’insegnante e in collaborazione con i compagni, ma anche da solo, formula ipotesi e previsioni, osserva, registra, classifica, schematizza, identifica relazioni spazio - temporali, misura,utilizza concetti basati su semplici relazioni con altri concetti, argomenta, deduce, prospetta soluzioni e interpreta, prevede alternative, ne produce rappresentazioni grafiche e schemi di livello adeguati.
� Esplorare il mondo attraverso i 5 sensi.
� Definire con un nome corpi di diverso tipo.
� Elencare le caratteristiche di corpi noti e le parti che lo compongono ( Com’è? Com’è fatto?).
� Raggruppare per somiglianze (veicoli , animali, piante).
� Ordinare corpi in base alle loro proprietà di leggerezza, durezza, fragilità.
� I cinque sensi e i relativi organi.
� I nomi propri dei corpi (oggetti, animali, piante) vicini al mondo del bambino.
� La classificazione di oggetti, animali, piante… in base ad alcune loro caratteristiche.
TRAGUARDI OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
TEMATICHE/CONOSCENZE
� L’ alunno, con la guida dell’insegnante e in collaborazione con i compagni, ma anche da solo, formula ipotesi e previsioni, osserva, registra, classifica, schematizza, identifica relazioni spazio - temporali, misura,utilizza concetti basati su semplici relazioni con altri concetti, argomenta, deduce, prospetta soluzioni e interpreta, prevede alternative, ne produce rappresentazioni grafiche e schemi di livello adeguati.
� Distinguere gli esseri viventi dai non viventi.
� Osservare in modo regolare e sistematico una porzione dell’ambiente nel tempo: un albero, una siepe, una parte di giardino, per individuarne elementi, connessioni e trasformazioni.
� Osservare e interpretare le trasformazioni ambientali sia di tipo stagionale, sia in seguito all’azione modificatrice dell’uomo.
� Discriminazione tra esseri viventi e non viventi.
� Trasformazione di un ambiente naturale durante il susseguirsi delle stagioni e per mezzo dell’intervento dell’uomo.
TRAGUARDI OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
TEMATICHE/CONOSCENZE
� L’alunno fa riferimento in modo pertinente alla realtà e in particolare all’esperienza che fa in classe, in laboratorio, sul campo, nel gioco, in famiglia, per dare supporto alle sue considerazioni e motivazione alle proprie esigenze di chiarimenti.
� Conoscere le fasi del metodo sperimentale per comprendere scientificamente alcuni fenomeni.
� Acquisire familiarità con la variabilità dei fenomeni atmosferici (venti, nuvole, pioggia…).
� Riconoscere le diversità dei viventi, differenze/somiglianze tra piante e animali.
� Riconoscere i diversi elementi di un ecosistema naturale.
� Le fasi del metodo sperimentale.
� Il ciclo dell’acqua. � Il ciclo dell’aria. � Aspetti e caratteristiche
del suolo. � Le caratteristiche del
mondo animale e vegetale.
� Gli ecosistemi. � Le catene alimentari.
L’alunno fa riferimento in modo pertinente alla realtà e in particolare all’esperienza che fa in classe, in laboratorio, sul campo, nel gioco, in famiglia, per dare supporto alle sue con-siderazioni e motivazione alle proprie esigenze di chiarimenti.
261
Scienze - classe quarta
Tecnologia ed informatica - classe quarta
TRAGUARDI OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
TEMATICHE/CONOSCENZE
� Impara a identificare anche da solo gli elementi, gli eventi e le relazioni.
� Ha atteggiamenti di cura e di rispetto verso l’ambiente sociale e naturale.
� Conoscere come sono fatte le sostanze.
� Conoscere l’importanza dell’acqua.
� Comprendere il significato elementare di energia.
� Conoscere le diverse forme dell’energia.
� Conoscere gli effetti del calore.
� Conoscere cosa è la temperatura e come si rileva.
� Capire che le fasi del ciclo vitale sono comuni a tutti gli esseri viventi.
� Conoscere la più diffusa classificazione degli esseri viventi e la possibilità di raggruppamenti anche secondo altri criteri.
� Individuare le relazioni tra gli ambienti e le attitudini di vita di uomini, animali e piante.
� Tipi di materia che compongono gli oggetti attorno a noi.
� Acqua. � Passaggio di stato. � Concetto di energia. � Varie forme di energia.
� I conduttori termici e gli isolanti.
� Uso del termometro.
� Ciclo vitale di un vegetale e di un animale secondo uno schema predisposto.
� Catene e reti alimentari. � Piramide alimentare e
equilibrio biologico.
QTRAGUARDI OBIETTIVI DI
APPRENDIMENTO TEMATICHE/CONOSCENZE
� L’alunno esplora ed interpreta il mondo fatto dall’uomo, individua le funzioni di un artefatto e di una semplice macchina.
� E’ in grado di utilizzare le nuove tecnologie e i linguaggi multimediali.
� Capire l’importanza della tecnologia che permetta all’uomo di costruire strumenti e macchine.
� Saper utilizzare Internet come strumento di ricerca.
� Saper utilizzare un ipertesto.
� Saper costruire un semplice ipertesto.
� Saper utilizzare Excel per produrre grafici e tabelle.
� Saper utilizzare programmi di grafica.
� Istruzioni per la costruzioni di semplici modellini di macchine.
� La tecnologia a servizio dell’ambiente.
� Internet. � Word. � Excel. � Paint.
� I conduttori termici e gli isolanti.
� Piramide alimentare e equilibrio biologico.
L’alunno è in grado di utilizzare le nuove tecnologie e i lin-guaggi multimediali.
� Excel.
� Paint.
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Matematica - classe prima
Matematica - classe seconda
TRAGUARDI OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
TEMATICHE/CONOSCENZE
� L’ alunno, con la guida dell’insegnante e in collaborazione con i compagni, ma anche da solo, formula ipotesi e previsioni, osserva, registra, classifica, schematizza, identifica relazioni spazio - temporali, misura ,utilizza concetti basati su semplici relazioni con altri concetti, argomenta, deduce, prospetta soluzioni e interpreta, prevede alternative, ne produce rappresenta- zioni grafiche e schemi di livello adeguati.
� Usare il numero per contare, confrontare e ordinare raggruppamenti di oggetti.
� Contare oggetti in senso progressivo e regressivo (fino a 20).
� Leggere e scrivere numeri naturali sia in cifre sia in parole.
� Eseguire semplici calcoli di addizione e sottrazione.
� Acquisire il concetto di maggiore, minore, uguale, utilizzando i relativi simboli.
� I numeri naturali nei loro aspetti ordinali e cardinali.
� Concetto di maggiore, minore, uguale.
� Operazioni di addizione e sottrazione fra numeri naturali.
TRAGUARDI OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
TEMATICHE/CONOSCENZE
� Si muove con sicurezza nel calcolo scritto e mentale con i numeri naturali.
� Riconoscere, nella scrittura in base 10 dei numeri, il valore posizionale delle cifre.
� Eseguire moltiplicazioni e divisioni con metodi e strumenti diversi (addizione ripetuta, schieramenti, incroci, prodotto cartesiano).
� Acquisire e memorizzare le tabelline.
� Acquisire il significato del numero zero e del numero uno.
� Rappresentazione dei numeri naturali in base dieci.
� Moltiplicazione e divisione tra numeri naturali.
� Significato del numero zero e del numero uno.
� Il valore posizionale delle cifre. � Algoritmi delle quattro operazioni.
L’ alunno, con la guida dell’inse-gnante e in collaborazione con i compagni, ma anche da solo, for-mula ipotesi e previsioni, osserva, registra, classifica, schematizza, identifica relazioni spazio - tem-porali, misura, utilizza concetti basati su semplici relazioni con altri concetti, argomenta, deduce, prospetta soluzioni e interpreta, prevede alternative, ne produce rappresentazioni grafiche e schemi di livello adeguati.
� Operazioni di addizione e sottrazione fra numeri naturali.
� Moltiplicazione e divisione tra numeri naturali.
� Significato del numero zero e del numero uno.
� Il valore posizionale delle cifre. � Algoritmi delle quattro operazioni.
263
TRAGUARDI OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
TEMATICHE/CONOSCENZE
� Riesce a risolvere facili problemi, spiegando a parole il procedimento seguito.
� Saper verbalizzare, matematizzare e quantificare esperienze vissute.
� Confrontare situazioni problematiche.
� Individuare le parti di un testo-problema.
� Tradurre graficamente e simbolicamente situazioni problematiche anche con l’utilizzo di opportune leggende.
� Problemi con due domande e due operazioni, una domanda e più operazioni.
� Problemi con equivalenze e con la compravendita (spesa, ricavo, guadagno, perdita), con peso lordo, netto e tara.
� Semplici problemi di geometria: calcolo del perimetro e della superficie (quadrato e rettangolo).
continua nella pagina successiva
Matematica - classe quarta
Riesce a risolvere facili pro-blemi, spiegando a parole il procedimento seguito.
Si muove con sicurezza nel calcolo scritto e mentale con i numeri naturali e decimali.
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Saper verbalizzare, mate-matizzare e quantificare esperienze vissute.Confrontare situazioni proble-matiche. Individuare le parti di un testo-problema.Tradurre graficamente e sim-bolicamente situazioni proble-matiche anche con l’utilizzo di opportune leggende.
Leggere e scrivere nume-ri naturali, oltre il 1000 e decimali, in cifre ed in parole in senso progressivo e re-gressivo.Comporre e scomporre numeri e rappresentarli con materiale strutturato e non. Individuare numeri multipli e divisori.Utilizzare vari sistemi di numerazione. Acquisire il concetto di frazio-ne attraverso manipolazioni e divisioni concrete di interi. Riconoscere ed utilizzare frazioni, come parte, come operatore, come rapporto.Confrontare e ordinare frazio-ni utilizzando i simboli > e <.Classificare frazioni in: proprie, improprie, apparenti, complementari, equivalenti, decimali. Saper convertire una frazione in decimale e viceversa. Eseguire le quattro opera-zioni in colonna, con più riporti con numeri naturali e decimali.
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Problemi con due domande e due operazioni, una domanda e più operazioni.Problemi con equivalenze e con la compravendita (spesa, ricavo, guadagno, perdita), con peso lordo, netto e tara.Semplici problemi di geometria: calcolo del perimetro e della su-perficie (quadrato e rettangolo).
Numeri naturali oltre il n. 1000 e decimali.Ordinamento crescente – decre-scente dei numeri naturali e delle frazioni.Multipli e divisori.i stemi di numerazione: multibase e decimale.Valore posizionale delle cifre.Frazioni proprie, improprie, appa-renti, complementari, equivalenti, decimali.Operazioni in riga e colonna con numeri naturali e decimali.Moltiplicazioni e divisioni per 10, 100, 1000 con numeri interi e decimali.Proprietà delle quattro operazioni.Figure solide: cilindro, piramide, cubo, parallelepipedo.Figure piane: triangolo, quadri-lateri.Perimetro di figure geometriche.Concetto di superficie.Angoli.Simmetrie.Sistemi di misurazione: SMD.Enunciati, connettivi, relazioni.Indagine statistica, frequenza, moda e media.Conoscere i termini probabilistici.
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Riconoscere negli oggetti dell’ambiente semplici figure geometriche solide e piane. Scoprire le proprietà delle figure geometriche e clas-sificarle in base ad esse (poligoni regolari e non, non poligoni, parallelogrammi e non …).Costruire principali figure geometriche piane.Misurare e classificare gli angoli.Misurare e confrontare con sistemi arbitrari e conven-zionali.Classificare ed analizzare gli elementi di un insieme universo secondo uno o più attributi.Rappresentare le classifica-zioni attraverso diagrammi di Carroll, Venn e ad albero.Raccogliere dati, tabularli mediante rappresentazio-ni grafiche, ideogrammi, ortogrammi, istogrammi, pittogrammi.Individuare la frequenza e la moda.Calcolare la media.Calcolare la probabilità di un evento .
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Percepisce e rappresenta forme, relazioni e strutture che si trovano in natura, descrive e classifica figure in base a carat-teristiche geometriche e utilizza modelli concreti di vario tipo.
Impara a costruire ragionamen-ti e a sostenere le proprie tesi.
Compie e rappresenta semplici rilevamenti statistici .
Impara a riconoscere situa-zioni di incertezza , usando le espressioni “ è più probabile”, “è meno probabile”.
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TRAGUARDI OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
TEMATICHE/CONOSCENZE
continua dalla pagina precedente
265
Scuola secondaria di primo gradoScienze - classe prima
Traguardi per lo sviluppo delle competenze
Nella descrizione dei traguardi per lo sviluppo delle competenze
indicare il riferimento agli obiettivi (es. obb. 1,3, 6, etc.).
Obiettivi di apprendimento(articolazione)
Possono essere eventualmente articolati in essenziali sottobiettivi
disciplinari, se quelli proposti risultano essere generici (es. 1a, 1b,2a).
Tematiche/conoscenzespecifiche e trasversali (articolazione per UdA)
1. Fisica e chimica a. Affrontare concetti fisici quali:
densità, concentrazione, temperatura e calore, effettuando esperimenti e comparazioni, raccogliendo, correlando dati con strumenti di misura e costruendo modelli concettuali e rappresentazioni grafiche.
2. Scienze della Terra a. Considerare l’acqua, l’aria e il
suolo come componenti essenziali di un ecosistema e come risorse da salvaguardare.
b. Conoscere i meccanismi fondamentali globali nei sistemi naturali e il ruolo dell’intervento umano nella trasformazione degli stessi.
� L’alunno applica il metodo scientifico nello studio di fenomeni vicini alla propria realtà.
� Sviluppa semplici schematizza-zioni e modellizzazioni, (obb1,2,3) .
� Affronta e risolve guidato semplici situazioni problematiche sia in ambito scolastico sia nell’esperienza quotidiana;dà guidato interpretazioni sullo svolgersi di fenomeni ambientali o sperimentalmente controllati (obb.1,2,3).
� Ha una visione dell’ambiente di vita, locale e globale, come sistema dinamico di specie viventi che interagiscono tra loro.(obb.2,3).
� Comprende il ruolo della comunità umana nel sistema, il carattere finito delle risorse, nonché l’ineguaglianza dell’accesso ad esse e adotta atteggiamenti responsabili verso i modi di vita e l’uso delle risorse(obb.2;3).
� Conosce i principali problemi legati all’uso delle scienze nel campo dello sviluppo tecnologico(obb.3).
3. Biologia a. Individuare la rete di relazione ed i
processi di cambiamento dei viventi, introducendo il concetto di organizza-zione microscopica a livello di cellula (per esempio: respirazione cellulare, fotosintesi, alimentazione; crescita e sviluppo; coevoluzione tra specie).
b. Individuare l’unità e la diversità dei viventi, effettuando attività a scuola, in laboratorio e sul campo.
c. Comprendere il senso delle grandi classificazioni.
d. Condurre ad un primo livello l’analisi dei rischi ambientali e di scelte sostenibili (per esempio nei trasporti, nell’organizzazione delle città, nell’agricoltura, nell’industria, nello smaltimento dei rifiuti e nello stile di vita) .
e. Comprendere la funzione fondamen-tale della biodiversità nei sistemi ambientali.
La materia e le sue caratteristiche: � Il metodo scientifico. � Misure e rappresentazioni
grafiche.� La materia e i suoi tre stati. � I passaggi di stato. � Atomi e molecole. � Caratteristiche chimiche e
fisiche dell’acqua, dell’aria, del suolo .
� L’inquinamento. � Educazione alla salute. � Educazione ambientale. � Educazione stradale.
Gli esseri viventi� Le caratteristiche che
distinguono i viventi dalla materia non vivente.
� Ogni organismo vivente è fatto di cellule.
� Struttura della cellula. � Criteri di classificazione
degli esseri viventi. � I cinque regni della vita. � Gli ecosistemi. � Educazione ambientale. � Educazione alimentare.
L’alunno applica il metodo scientifico nello studio di feno-meni vicini alla propria realtà.
Sviluppa semplici schema-tizzazioni e modellizzazioni, (obb1,2,3).
Affronta e risolve guidato semplici situazioni problemati-che sia in ambito scolastico sia nell’esperienza quotidiana;dà guidato interpretazioni sullo svolgersi di fenomeni ambientali o sperimentalmente controllati (obb.1,2,3).
Ha una visione dell’ambiente di vita, locale e globale, come sistema dinamico di specie viventi che interagiscono tra loro (obb.2,3).
Comprende il ruolo della comunità umana nel sistema, il carattere finito delle risorse, nonché l’ineguaglianza dell’accesso ad esse e adotta atteggiamenti responsabili verso i modi di vita e l’uso delle risorse (obb.2;3).
Conosce i principali problemi legati all’uso delle scienze nel campo dello sviluppo tecnologi-co (obb.3).
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tale della biodiversità
zione microscopica a
266
Scienze - classe secondaTraguardi per lo sviluppo delle competenze
Nella descrizione dei traguardi per lo sviluppo delle
competenze indicare il riferimento agli obiettivi (es. obb. 1,3, 6, etc. ).
Obiettivi di apprendimento(articolazione)
Possono essere eventualmente articolati in essenziali sottobiettivi disciplinari, se quelli
proposti risultano essere generici (es. 1a, 1b,2a).
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
1- Fisica e chimica* a. Completare la costruzione del concetto
di trasformazione chimica, effettuando esperienze pratiche diversificate, utilizzando alcuni indicatori, ponendo l’attenzione anche sulle sostanze di uso domestico.
� L’alunno applica alcune tecniche di sperimentazione, di raccolta e di analisi dei dati.
� Sviluppa semplici schema-tizzazioni e modellizzazioni, formalizzazioni logiche e matematiche di fatti e fenomeni, applicandoli anche ad aspetti della vita quotidiana.
� Esplicita, affronta e risolve semplici situazioni problematiche sia in ambito scolastico sia nell’esperienza quotidiana; interpreta lo svolgersi di alcuni fenomeni ambientali o sperimentalmente controllati.
� E’ in grado di riflettere sul percorso di esperienza e di apprendimento compiuto, sulle competenze in via di acquisizione, sulle strategie messe in atto e sulle scelte da compiere.
� Ha una visione organica del proprio corpo come identità giocata tra permanenza e cambiamento, tra livelli macroscopici e microscopici, tra potenzialità e limiti (ob.2).
2. Biologia a. Individuare la rete di relazione ed i
processi di cambiamento dei viventi, introducendo il concetto di organizzazione microscopica a livello di cellula.
b. Apprendere una gestione corretta del proprio corpo, interpretando lo stato di benessere e di malessere che può derivare dalle sue alterazioni; attuare scelte per affrontare i rischi connessi ad una cattiva alimentazione.
c. Condurre a un primo livello l’analisi di rischi ambientali e di scelte sostenibili(ad esempio nello stile di vita).
La struttura nascosta dei corpi: elementi di chimica � La struttura atomica della
materia.� Elementi, reazioni
chimiche, legami. � Composti inorganici. � Principali composti
organici. � Educazione ambientale. � Educazione alla salute.
Le funzioni di base dell’uomo� Cellule, tessuti, organi,
apparati, organismo. � Anatomia e fisiologia del
corpo umano. � Sistemi e apparati del corpo
umano: rivestimento, scheletrico, muscolare, respiratorio, circolatorio, digerente, escretore.
� Prevenzione dalle malattie e conoscenza delle norme.
� Educazione alla salute. � Educazione alimentare. � Educazione stradale.
(ad esempio nello stile di vita).
Ha una visione organica del proprio corpo come identità giocata tra permanenza e cambiamento, tra livelli ma-croscopici e microscopici, tra potenzialità e limiti (ob.2).
Cellule, tessuti, organi, appa-rati, organismo.Anatomia e fisiologia del corpo umano.Sistemi e apparati del corpo umano: rivestimento, sche-letrico, muscolare, respira-torio, circolatorio, digerente, escretore.Prevenzione dalle malattie e conoscenza delle norme.Educazione alla salute.Educazione alimentare.Educazione stradale.
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Scienze - classe terzaTraguardi per lo sviluppo delle competenze
Nella descrizione dei traguardi per lo sviluppo delle
competenze indicare il riferimento agli obiettivi (es. obb. 1,3, 6, etc. ).
Obiettivi di apprendimento(articolazione)
Possono essere eventualmente articolati in essenziali sottobiettivi disciplinari, se quelli proposti risultano essere generici
(es. 1a, 1b,2a).
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
1- Fisica e chimicaa. Affrontare concetti fisici quali:
velocità, forza ed energia, effettuando esperimenti e comparazioni, raccogliendo e correlando dati con strumenti di misura e costruendo reti e modelli concettuali e rappresentazioni formali di tipo diverso (fino a quelle geometriche- algebriche).
� L’alunno ha padronanza di tecniche di sperimentazione, di raccolta e di analisi dati, sia in situazioni di osservazione e monitoraggio sia in situazioni con-trollate di laboratorio.
� Utilizza in contesti diversi uno stesso strumento matematico o informatico e più strumenti insieme in uno stesso contesto.(obb. 1,2).
� Esplicita, affronta e risolve situazioni problematiche sia in ambito scolastico sia nell’esperienza quotidiana; interpreta lo svolgersi di fenomeni ambientali o sperimentalmente controllati; è in grado di decomporre e ricomporre la complessità di contesto in elementi, relazioni e sottostrutture pertinenti a diversi campi disciplinari; pensa e interagisce per relazioni e per analogie, formali e/o fattuali.
� Sviluppa semplici schematizzazioni, modellizzazioni, formalizzazioni logiche e matematiche dei fatti e fenomeni, applicandoli anche ad aspetti della vita quotidiana.
� È in grado di riflettere sul percorso di esperienza e di apprendimento compiuto,sulle competenze in via di acquisizione, sulle strategie messe in atto, sulle scelte effettuate e su quelle da compiere.
� Ha una visione organica del proprio corpo come identità giocata tra permanenza e cambiamento, tra livelli macroscopici e microscopici, tra potenzialità e limiti.
� Ha una visione dell’ambiente di vita, locale
2- Astronomia e Scienze della Terra a. Proseguire l’elaborazione di idee e
modelli interpretativi dei più evidenti fenomeni celesti attraverso l’osservazio-ne del cielo diurno e notturno nel corso dell’anno.
b. Interpretarne i fenomeni osservati anche con l’aiuto di planetari e/o simulazioni al computer. In particolare precisare l’os-servabilità e l’interpretazione di latitudine e longitudine,punti cardinali, sistemi di riferimento e movimenti della Terra, durata del dì e della notte, fasi della luna, eclissi, visibilità e moti osservati di pianeti e costellazioni.
c. Continuare ad approfondire la conoscen-za, sul campo e con esperienze concrete, di rocce, minerali, fossili per comprenderne la storia geologica ed elaborare idee e modelli interpretativi della struttura terrestre. Comprendere che la formazione del suolo è il risultato dei climi e della vita sulla terra, dei processi di erosione – trasporto - deposizione. Correlare queste conoscenze alle valutazioni sul rischio geomorfologico, idrogeologico, vulcanico e sismico della propria regione e comprendere la conseguente pianificazione della protezione da questo rischio.
d. Conoscere i meccanismi fondamentali dei cambiamenti globali nei sistemi naturali e nel sistema Terra nel suo complesso, e il ruolo dell’intervento umano nella trasfor-mazione degli stessi.
Il controllo e la regolazione del nostro corpo
� Il sistema nervoso. � Gli organi di senso, la
memoria e le emozioni. � I difetti della vista. � Il sistema endocrino e gli
ormoni. � Gli ormoni e lo sport. � Le droghe e i loro effetti. � Educazione alla salute.
La riproduzione� La riproduzione. � La mitosi. � La meiosi. � L’eredità biologica. � Gli acidi nucleici. � Il codice genetico. � Le biotecnologie. � Gli organi della riproduzione. � Dalla fecondazione alla
nascita. � L’ereditarietà. � Le regole della trasmissione
ereditaria. � L’eredità legata al sesso e le
mutazioni.� Educazione alla salute. � Educazione all’affettività.
L’evoluzione degli esseri viventi � La storia della vita sulla
Terra:l’origine della vita. � Le rocce e i fossili. � Le specie fossili e le ere
geologiche. � Il film della vita sulla Terra. � Le cause dell’evoluzione. � La selezione naturale. � La deriva genetica e la
migrazione. � Lo sviluppo della resistenza
agli antibiotici nei batteri. � Non solo DNA, ma anche
educazione e cultura. � L’evoluzione dell’uomo. � Breve storia della nostra
specie. � La diversità umana.
continua nella pagina successiva
L’alunno ha padronanza di tecniche di sperimentazione, di raccolta e di analisi dati, sia in situazioni di osservazione e monitoraggio sia in situazioni controllate di laboratorio.Utilizza in contesti diversi uno stesso strumento matematico o informatico e più strumenti insie-me in uno stesso contesto.(obb. 1,2).Esplicita, affronta e risolve situazioni problematiche sia in ambito scolastico sia nell’espe-rienza quotidiana; interpreta lo svolgersi di fenomeni ambientali o sperimentalmente controllati; è in grado di decomporre e ricomporre la complessità di contesto in elementi, relazioni e sottostrutture pertinenti a diversi campi disciplinari; pensa e interagisce per relazioni e per analogie, formali e/o fattuali.Sviluppa semplici schematizza-zioni, modellizzazioni, formaliz-zazioni logiche e matematiche dei fatti e fenomeni, applican-doli anche ad aspetti della vita quotidiana.È in grado di riflettere sul percorso di esperienza e di apprendimento compiuto,sulle competenze in via di acquisizio-ne, sulle strategie messe in atto, sulle scelte effettuate e su quelle da compiere.Ha una visione organica del pro-prio corpo come identità giocata tra permanenza e cambiamento, tra livelli macroscopici e micro-scopici, tra potenzialità e limiti.Ha una visione dell’ambiente di vita, locale e globale, come sistema dinamico di specie viventi che interagiscono fra loro, rispettando i vincoli che regolano le strutture del mondo inorga-nico; comprende il ruolo della comunità umana nel sistema, il carattere finito delle risorse, non-ché l’ineguaglianza dell’accesso a esse, e adotta atteggiamenti responsabili verso i modi di vita e l’uso delle risorse.
1- Fisica e chimicaa. Affrontare concetti fisici quali: velocità, forza ed energia, effettuando esperimenti e comparazioni, raccogliendo e correlando dati con strumenti di misura e costruendo reti e modelli concettuali e rappresentazioni formali di tipo diverso (fino a quelle geometri-che-algebriche).
2- Astronomia e Scienze della Terraa. Proseguire l’elaborazione di idee e modelli interpretativi dei più evidenti fenomeni celesti attraverso l’osservazione del cielo diurno e notturno nel corso dell’anno.b. Interpretare i fenomeni osservati anche con l’aiuto di planetari e/o simulazioni al computer. In particolare precisare l’osser-vabilità e l’interpretazione di latitudine e longitudine,punti cardinali, sistemi di riferi-mento e movimenti della Terra, durata del dì e della notte, fasi della luna, eclissi, visibilità e moti osservati di pianeti e costellazioni.c. Continuare ad approfondire la conoscen-za, sul campo e con esperienze concrete, di rocce, minerali, fossili per comprenderne la storia geologica ed elaborare idee e modelli interpretativi della struttura terrestre. Comprendere che la formazione del suolo è il risultato dei climi e della vita sulla terra, dei processi di erosione - trasporto - deposizio-ne. Correlare queste conoscenze alle valuta-zioni sul rischio geomorfologico, idrogeologi-co, vulcanico e sismico della propria regione e comprendere la conseguente pianificazione della protezione da questo rischio.d. Conoscere i meccanismi fondamentali dei cambiamenti globali nei sistemi naturali e nel sistema Terra nel suo complesso, e il ruolo dell’intervento umano nella trasfor-mazione degli stessi.
3- Biologiaa. Riconoscere gli adattamenti e la dimensio-ne storica della vita, intrecciata con la storia della Terra e dell’uomo.b. Comparare le idee di storia naturale e di storia umana.
Il controllo e la regolazione del nostro corpo
Il sistema nervoso.Gli organi di senso, la memoria e le emozioni.I difetti della vista.Il sistema endocrino e gli ormoni.Gli ormoni e lo sport.Le droghe e i loro effetti.Educazione alla salute.
La riproduzioneLa riproduzione.La mitosi.La meiosi.L’eredità biologica.Gli acidi nucleici.Il codice genetico.Le biotecnologie.Gli organi della riproduzione.Dalla fecondazione alla nascita.L’ereditarietà.Le regole della trasmissione ereditaria.L’eredità legata al sesso e le muta-zioni.Educazione alla salute.Educazione all’affettività.
L’evoluzione degli esseri viventiLa storia della vita sulla Terra: l’origine della vita.Le rocce e i fossili.Le specie fossili e le ere geologiche.Il film della vita sulla Terra.Le cause dell’evoluzione.La selezione naturale.La deriva genetica e la migrazione.Lo sviluppo della resistenza agli anti-biotici nei batteri.Non solo DNA, ma anche educazione e cultura.L’evoluzione dell’uomo.Breve storia della nostra specie.La diversità umana.
Forze e movimentoMassa, peso e volume di un corpo.Il moto e la velocità.Moto uniforme, moto vario, moto uniformemente accelerato.Le forze: elementi di una forza e la sua rappresentazione.Composizione di forze.
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L’alunno ha padronanza di tecniche di sperimentazione, di raccolta e di analisi dati, sia in situazioni di osser-vazione e monitoraggio sia in situazioni controllate di laboratorio.Utilizza in contesti diversi uno stesso strumento matematico o informatico e più strumen-ti insieme in uno stesso contesto.(obb. 1,2).Esplicita, affronta e risolve situazioni problematiche sia in ambito scolastico sia nell’esperienza quotidia-na; interpreta lo svolgersi di fenomeni ambientali o sperimentalmente controllati; è in grado di decomporre e ricomporre la complessità di contesto in elementi, relazioni e sottostrutture pertinenti a diversi campi disciplinari; pensa e interagisce per rela-zioni e per analogie, formali e/o fattuali.Sviluppa semplici schema-tizzazioni, modellizzazioni, formalizzazioni logiche e matematiche dei fatti e feno-meni, applicandoli anche ad aspetti della vita quotidiana.È in grado di riflettere sul per-corso di esperienza e di ap-prendimento compiuto,sulle competenze in via di acquisi-zione, sulle strategie messe in atto, sulle scelte effettuate e su quelle da compiere.Ha una visione organica del proprio corpo come identità giocata tra permanenza e cambiamento, tra livelli ma-croscopici e microscopici, tra potenzialità e limiti.Ha una visione dell’ambiente di vita, locale e globale, come sistema dinamico di specie viventi che interagiscono fra loro, rispettando i vincoli che
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1- Fisica e chimicaa. Affrontare concetti fisici quali: velocità, forza ed energia, effettuando esperimenti e comparazioni, raccogliendo e correlando dati con strumenti di misura e costruendo reti e modelli concettuali e rappresenta-zioni formali di tipo diverso (fino a quelle geometriche- algebriche).2- Astronomia e Scienze della Terraa. Proseguire l’elaborazione di idee e mo-delli interpretativi dei più evidenti fenomeni celesti attraverso l’osservazione del cielo diurno e notturno nel corso dell’anno.b. Interpretare i fenomeni osservati anche con l’aiuto di planetari e/o simulazioni al computer. In particolare precisare l’os-servabilità e l’interpretazione di latitudine e longitudine,punti cardinali, sistemi di riferimento e movimenti della Terra, durata del dì e della notte, fasi della luna, eclissi, visibilità e moti osservati di pianeti e costellazioni.c. Continuare ad approfondire la cono-scenza, sul campo e con esperienze concrete, di rocce, minerali, fossili per comprenderne la storia geologica ed elaborare idee e modelli interpretativi della struttura terrestre. Comprendere che la formazione del suolo è il risultato dei climi e della vita sulla terra, dei processi di ero-sione – trasporto - deposizione. Correlare queste conoscenze alle valutazioni sul rischio geomorfologico, idrogeologico, vulcanico e sismico della propria regione e comprendere la conseguente pianificazio-ne della protezione da questo rischio.d. Conoscere i meccanismi fondamentali dei cambiamenti globali nei sistemi natura-li e nel sistema Terra nel suo complesso, e il ruolo dell’intervento umano nella trasfor-mazione degli stessi.3- Biologiaa. Riconoscere gli adattamenti e la dimen-sione storica della vita, intrecciata con la storia della Terra e dell’uomo.b. Comparare le idee di storia naturale e di storia umana.
Il controllo e la regolazione del nostro corpo
Il sistema nervoso.Gli organi di senso, la memoria e le emozioni.I difetti della vista.Il sistema endocrino e gli ormoni.Gli ormoni e lo sport.Le droghe e i loro effetti. Educazione alla salute.
La riproduzioneLa riproduzione.La mitosi.La meiosi.L’eredità biologica.Gli acidi nucleici.Il codice genetico.Le biotecnologie.Gli organi della riproduzione.Dalla fecondazione alla nascita.L’ereditarietà.Le regole della trasmissione ere-ditaria.L’eredità legata al sesso e le mutazioni.Educazione alla salute.Educazione all’affettività.
L’evoluzione degli esseri viventiLa storia della vita sulla Terra: l’ori-gine della vita.Le rocce e i fossili.Le specie fossili e le ere geologiche.Il film della vita sulla Terra.Le cause dell’evoluzione.La selezione naturale.La deriva genetica e la migrazione.Lo sviluppo della resistenza agli antibiotici nei batteri.Non solo DNA, ma anche educazio-ne e cultura.L’evoluzione dell’uomo.Breve storia della nostra specie.La diversità umana.Forze e movimentoMassa, peso e volume di un corpo.Il moto e la velocità.Moto uniforme, moto vario, moto uniformemente accelerato.Le forze: elementi di una forza e la
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268
Traguardi per lo sviluppo delle competenze
Nella descrizione dei traguardi per lo sviluppo delle
competenze indicare il riferimento agli obiettivi (es. obb. 1,3, 6, etc. ).
Obiettivi di apprendimento(articolazione)
Possono essere eventualmente articolati in essenziali sottobiettivi disciplinari, se quelli proposti risultano essere generici
(es. 1a, 1b,2a).
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
1- Fisica e chimicaa. Affrontare concetti fisici quali:
velocità, forza ed energia, effettuando esperimenti e comparazioni, raccogliendo e correlando dati con strumenti di misura e costruendo reti e modelli concettuali e rappresentazioni formali di tipo diverso (fino a quelle geometriche- algebriche).
� L’alunno ha padronanza di tecniche di sperimentazione, di raccolta e di analisi dati, sia in situazioni di osservazione e monitoraggio sia in situazioni con-trollate di laboratorio.
� Utilizza in contesti diversi uno stesso strumento matematico o informatico e più strumenti insieme in uno stesso contesto.(obb. 1,2).
� Esplicita, affronta e risolve situazioni problematiche sia in ambito scolastico sia nell’esperienza quotidiana; interpreta lo svolgersi di fenomeni ambientali o sperimentalmente controllati; è in grado di decomporre e ricomporre la complessità di contesto in elementi, relazioni e sottostrutture pertinenti a diversi campi disciplinari; pensa e interagisce per relazioni e per analogie, formali e/o fattuali.
� Sviluppa semplici schematizzazioni, modellizzazioni, formalizzazioni logiche e matematiche dei fatti e fenomeni, applicandoli anche ad aspetti della vita quotidiana.
� È in grado di riflettere sul percorso di esperienza e di apprendimento compiuto,sulle competenze in via di acquisizione, sulle strategie messe in atto, sulle scelte effettuate e su quelle da compiere.
� Ha una visione organica del proprio corpo come identità giocata tra permanenza e cambiamento, tra livelli macroscopici e microscopici, tra potenzialità e limiti.
� Ha una visione dell’ambiente di vita, locale
2- Astronomia e Scienze della Terra a. Proseguire l’elaborazione di idee e
modelli interpretativi dei più evidenti fenomeni celesti attraverso l’osservazio-ne del cielo diurno e notturno nel corso dell’anno.
b. Interpretarne i fenomeni osservati anche con l’aiuto di planetari e/o simulazioni al computer. In particolare precisare l’os-servabilità e l’interpretazione di latitudine e longitudine,punti cardinali, sistemi di riferimento e movimenti della Terra, durata del dì e della notte, fasi della luna, eclissi, visibilità e moti osservati di pianeti e costellazioni.
c. Continuare ad approfondire la conoscen-za, sul campo e con esperienze concrete, di rocce, minerali, fossili per comprenderne la storia geologica ed elaborare idee e modelli interpretativi della struttura terrestre. Comprendere che la formazione del suolo è il risultato dei climi e della vita sulla terra, dei processi di erosione – trasporto - deposizione. Correlare queste conoscenze alle valutazioni sul rischio geomorfologico, idrogeologico, vulcanico e sismico della propria regione e comprendere la conseguente pianificazione della protezione da questo rischio.
d. Conoscere i meccanismi fondamentali dei cambiamenti globali nei sistemi naturali e nel sistema Terra nel suo complesso, e il ruolo dell’intervento umano nella trasfor-mazione degli stessi.
Il controllo e la regolazione del nostro corpo
� Il sistema nervoso. � Gli organi di senso, la
memoria e le emozioni. � I difetti della vista. � Il sistema endocrino e gli
ormoni. � Gli ormoni e lo sport. � Le droghe e i loro effetti. � Educazione alla salute.
La riproduzione� La riproduzione. � La mitosi. � La meiosi. � L’eredità biologica. � Gli acidi nucleici. � Il codice genetico. � Le biotecnologie. � Gli organi della riproduzione. � Dalla fecondazione alla
nascita. � L’ereditarietà. � Le regole della trasmissione
ereditaria. � L’eredità legata al sesso e le
mutazioni.� Educazione alla salute. � Educazione all’affettività.
L’evoluzione degli esseri viventi � La storia della vita sulla
Terra:l’origine della vita. � Le rocce e i fossili. � Le specie fossili e le ere
geologiche. � Il film della vita sulla Terra. � Le cause dell’evoluzione. � La selezione naturale. � La deriva genetica e la
migrazione. � Lo sviluppo della resistenza
agli antibiotici nei batteri. � Non solo DNA, ma anche
educazione e cultura. � L’evoluzione dell’uomo. � Breve storia della nostra
specie. � La diversità umana.
sua rappresentazione.Composizione di forze.I principi della dinamica.I corpi in equilibrio.Le macchine semplici.Il principio di Archimede.Capillarità e vasi comunicanti.Motorini, moto, automobili: come viaggiare sicuri e fisica applicata.Educazione stradale.Educazione alla salute.Educazione ambientale.
Forme e fonti di energiaL’energia: forme trasformazioni.I principi della termodinamica.Il funzionamento delle macchine termiche.Il trasporto dell’energia (le onde suoni e rumori, la luce, fenomeni luminosi).Educazione ambientale.
L’elettricità e il magnetismoFenomeni elettrici e fenomeni magnetici.Cariche elettriche in movimento.I comportamenti domestici.Educazione alla salute.
Sistema solare,Terra e sua evoluzione L’universo e i suoi mondi.Dalle galassie alle stelle.Il sistema solare.I pianeti e i loro moti.Il nostro pianeta e il suo satellite nel sistema solare.La struttura e le trasformazioni della Terra.L’energia dentro la Terra Vulcani e terremoti.La litosfera.L’idrosfera.L’atmosfera.Corretta gestione dell’ambiente.Rischio sismico.Rischio idrogeologico.Risorse energetiche per la Terra.Tecnologia a difesa dell’ambiente.Il risparmio energetico.Fonti innovative di energia.
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regolano le strutture del mon-do inorganico; comprende il ruolo della comunità umana nel sistema, il carattere finito delle risorse, nonché l’ine-guaglianza dell’accesso a esse, e adotta atteggiamenti responsabili verso i modi di vita e l’uso delle risorse.Conosce i principali problemi legati all’uso delle scienza nel campo dello sviluppo tecnologico ed è disposto a confrontarsi con curiosità e interesse.
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269
Tecnologia – Classe PrimaTraguardi per lo sviluppo delle competenze
Obiettivi di apprendimento (articolazione)
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
� L’alunno è in grado di descrivere e classificare utensili e macchinecogliendone le diversità in relazione al funzionamento e al tipo di energia e di controllo che richiedono per il funzionamento.
� Conosce le relazioni forma/funzione/materiali attraverso esperienze personali, anche se molto semplici, di progettazione e realizzazione.
� È in grado di realizzare un semplice progetto per la costruzione di un oggetto coordinando risorse materiali e organizzative per raggiungere uno scopo.
� Esegue la rappresentazione grafica in scala di pezzi meccanici o di oggetti usando il disegno tecnico.
� Inizia a capire i problemi legati alla produzione di energia e ha sviluppato sensibilità per i problemi economici, ecologici e della salute legati alle varie forme e modalità di produzione.
� È in grado di usare le nuove tecnologie e i linguaggi multimediali per supportare il
1. Analisi, descrizione e classificazione di oggetti, utensili, macchine, impianti, assetti territoriali, procedure costruttive, ecc. con riferimento agli aspetti economici, energetici e di sostenibilità socio-ambientale.
1.1. Analisi, descrizione e classificazione sommaria di semplici oggetti, utensili, macchine, impianti, procedure costruttive, ecc.;
1.2. Analisi, descrizione e classificazione di oggetti, utensili, macchine, impianti, procedure costruttive, ecc.;
1.3. Analisi, descrizione e classificazione di oggetti, utensili, macchine, impianti, assetti territoriali, procedure costruttive, ecc., con riferimento agli aspetti economici, energetici e di sostenibilità socio-ambientale.
1.4. Analisi, descrizione approfondita e classificazione di oggetti, utensili, macchine, impianti, assetti territoriali, procedure costruttive, ecc., con riferimento agli aspetti economici, energetici e di sostenibilità socio-ambientale; formulazione
1. U.A. 1: SETTORI PRODUTTIVI
1.1. I settori produttivi: generalità.
1.2. Il settore primario: agricoltura e azienda agraria, tecniche di coltivazione e di riproduzione, colture principali, agricoltura biologica.
1.3. Le biotecnologie e gli OGM.
1.4. Agricoltura, allevamento e ambiente.
1.5. Produzione di elaborati scritto/grafici, tabelle riassuntive, grafici statistici relativi al settore primario.
1.6. Ricerche in Internet sull’agricoltura biologica, sugli OGM e sulle problematiche ambientali.
2. U.A. 2: PRODUZIONE, RISORSE E SVILUPPOSOSTENIBILE
2.1. I materiali: produzione, materie prime, sviluppo sostenibile, riciclaggio.
2.2. La carta: caratteristiche, tipi, usi, ciclo produttivo.
2.3. Il legno: caratteristiche, tipi, usi, ciclo produttivo.
2.4. Osservazione ed analisi di oggetti: parti componenti, forma, funzione, colori, materiali, settore produttivo di provenienza e procedure costruttive.
2.5. Descrizione scritto/grafica di oggetti e di cicli produttivi.
continua nella pagina successiva
270continua nella pagina successiva
proprio lavoro, avanzare ipotesi e valicarle, per autovalutarsi e per presentare i risultati del lavoro.
� Ricerca informazioni e è in grado di selezionarle e di sintetizzarle, sviluppa le proprie idee utilizzando le TIC e è in grado di condividerle con gli altri.
di ipotesi di soluzione alle problematiche poste dallo sviluppo tecnologico.
2. Rappresentazione grafica di oggetti o pezzi meccanici in modo intuitivo o con le regole del disegno tecnico.
2.1. Produzione di costruzioni geome- triche semplici e rappresentazione di oggetti in modo intuitivo.
2.2. Produzione di costruzioni geome-triche e rappresentazione di oggetti sia in modo intuitivo che applicando le regole del disegno tecnico.
2.3. Produzione di costruzioni geome-triche articolate e rappresentazione di oggetti complessi sia in modo intuitivo che applicando le regole del disegno tecnico.
2.4. Produzione accurata e precisa di costruzioni geometriche articolate e rappresentazione di oggetti complessi sia in modo intuitivo che applicando le regole del disegno tecnico.
3. Progettazione e realizzazione di bozzetti o modelli.
3.1. Realizzazione di bozzetti o modelli riferiti a semplici oggetti di uso comune.
3.2. Ideazione e realizzazione di bozzetti
2.6. Progettazione e realizzazione di bozzetti o modelli riferiti ad oggetti e materiali di uso comune.
3. U.A. 3: DISEGNO TECNICO
3.1. Gli strumenti da disegno: caratteristiche, materiali, uso.
3.2. Il formato convenzionale della carta.
3.3. Il disegno geometrico, tipi di linea.
3.4. La scrittura in stampatello.
3.5. Le scale di proporzione. 3.6. Ingrandimento e
riduzione col metodo della quadrettatura.
3.7. Costruzioni geometriche, figure geometriche piane.
3.8. Le applicazioni grafiche e decorative delle costruzionigeometriche.
3.9. La pianta dell'aula. 3.10. Rappresentazione di
oggetti in modo intuitivo.
4. U.A. 4 INFORMATICA 4.1. Hardware: il PC, l’unità
centrale e le unità periferiche, le memorie.
4.2. Il sistema operativo e la gestione dei file.
4.3. Programmi specifici per presentazioni e comunicazioni di idee, contenuti, immagini, ecc.: la videoscrittura.
4.4. Il web e Internet. 4.5. Elaborazione di testi al
computer4.6. Uso di risorse reperibili
sia in Internet che negli archivi locali.
5. U.A. 5: SICUREZZA 5.1. Visita della struttura
Traguardi per lo sviluppo delle competenze
Obiettivi di apprendimento (articolazione)
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
continua dalla pagina precedente
271continua nella pagina successiva
o modelli riferiti ad oggetti di uso comune.
3.3. Progettazione secondo la procedura ideazione - rappresentazione grafica - realizzazione - verifica - modifica in itinere - dismissione - riciclo, di bozzetti o modelli, tenendo conto del rapporto forma/materiali/funzione.
3.4. Progettazione secondo la procedura ideazione - rappresentazione grafica - realizzazione - verifica - modifica in itinere - dismissione - riciclo, di bozzetti o modelli, tenendo conto del rapporto forma/materiali/funzione e caratterizzati da significativi apporti originali.
4. Conoscenza ed uso di hardware e software di base; uso di programmi applicativi per la gestione dati, l'elaborazione testi, la presentazione di documenti, l'uso delle reti e relative risorse a supporto del proprio percorso formativo
4.1. Conoscenza ed uso elementare del computer (hardware), del software di base (sistemi operativi, gestione file), di programmi applicativi, delle risorse di rete.
4.2. Conoscenza ed uso del computer (hardware), del software di base (sistemi
scolastica. 5.2. Istruzioni di sicurezza e
piano di evacuazione. 5.3. Segnaletica di
sicurezza. 5.4. Il nuovo codice della
strada: segnaletica stradale, norme di comportamento del pedone.
5.5. Riconoscimento, analisi e rappresentazione grafica di segnali di sicurezza.
5.6. Riconoscimento, analisi e rappresentazione grafica di segnali stradali.
Traguardi per lo sviluppo delle competenze
Obiettivi di apprendimento (articolazione)
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
continua dalla pagina precedente
272continua nella pagina successiva
operativi, gestione file), di programmi applicativi, delle risorse di rete.
4.3. Conoscenza approfondita del computer (hardware), del software di base (sistemi operativi, gestione file), dei programmi applicativi, degli strumenti di ricerca in rete, per presentazioni di idee, contenuti, immagini.
4.4. Conoscenza approfondita del computer (hardware) e del software di base (sistemi operativi, gestione file), uso agevole di programmi applicativi, degli strumenti di ricerca in rete per presentazioni e comunicazioni di idee, contenuti, immagini, caratterizzate da contributi personali.
Tecnologia – Classe Seconda Traguardi per lo sviluppo
delle competenze Obiettivi di apprendimento
(articolazione)Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
� L’alunno è in grado di descrivere e classificare utensili e macchine cogliendone le diversità in relazione al funzionamento e al tipo di energia e di controllo che richiedono per il funzionamento.
� Conosce le relazioni forma/funzione/materiali attraverso esperienze personali, anche se molto
5. Analisi, descrizione e classificazione di oggetti, utensili, macchine, impianti, assetti territoriali, procedure costruttive, ecc. con riferimento agli aspetti economici, energetici e di sostenibilità socio-ambientale.
1. U.A. 1: PRODUZIONE, RISORSE E SVILUPPOSOSTENIBILE
1.1. La produzione alimentare locale (es. l'olio, il vino, ecc.).
1.2. Fibre tessili: tipi, impieghi, caratteristiche, cicli produttivi, riciclaggio, analisi di etichette.
1.3. Materie plastiche: tipi,
Traguardi per lo sviluppo delle competenze
Obiettivi di apprendimento (articolazione)
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
273
semplici, di progettazione e realizzazione.
� È in grado di realizzare un semplice progetto per la costruzione di un oggetto coordinando risorse materiali e organizzative per raggiungere uno scopo.
� Esegue la rappresentazione grafica in scala di pezzi meccanici o di oggetti usando il disegno tecnico.
� Inizia a capire i problemi legati alla produzione di energia e ha sviluppato sensibilità per i problemi economici, ecologici e della salute legati alle varie forme e modalità di produzione.
� È in grado di usare le nuove tecnologie e i linguaggi multimediali per supportare il proprio lavoro, avanzare ipotesi e valicarle, per autovalutarsi e per presentare i risultati del lavoro.
� Ricerca informazioni e è in grado di selezionarle e di sintetizzarle, sviluppa le proprie idee utilizzando le TIC e è in grado di condividerle con gli altri.
5.1. Analisi, descrizione e classificazione sommaria di semplici oggetti, utensili, macchine, impianti, procedure costruttive, ecc.
5.2. Analisi, descrizione e classificazione di oggetti, utensili, macchine, impianti, procedure costruttive, ecc.
5.3. Analisi, descrizione e classificazione di oggetti, utensili, macchine, impianti, assetti territoriali, procedure costruttive, ecc., con riferimento agli aspetti economici, energetici e di sostenibilità socio-ambientale.
5.4. Analisi, descrizione approfondita e classificazione di oggetti, utensili, macchine, impianti, assetti territoriali, procedure costruttive, ecc., con riferimento agli aspetti economici, energetici e di sostenibilità socio-ambientale; formulazione di ipotesi di soluzione alle problematiche poste dallo sviluppo tecnologico.
6. Rappresentazione grafica di oggetti o pezzi meccanici in modo intuitivo o con
impieghi, caratteristiche, cicli produttivi, riciclaggio.
1.4. L’abitazione: elementi storici, struttura, materiali, distribuzione interna, impianti, piani urbanistici e regolamenti edilizi.
1.5. Produzione di elaborati scritto/grafici e statistici, tabelle comparative.
1.6. Progettazione e realizzazione di bozzetti o modelli riferiti ad oggetti e materiali di uso comune.
2. U.D. 2: DISEGNO TECNICO
2.1. Le norme del disegno tecnico; la quotatura dei disegni;
2.2. Le assonometrie; 2.3. Produzione di
elaborati grafici relativi a figure geometriche piane;
2.4. Applicazioni grafiche e decorative delle costruzionigeometriche;
2.5. Rappresentazione di oggetti in modo intuitivo e applicando le regole delle assonometrie;
2.6. Produzione di planimetrie di abitazioni e opifici, schemi di impianti.
3. U.A. 3 INFORMATICA 3.1. Il foglio di calcolo 3.2. Uso del foglio di
calcolo per la compilazione di tabelle, l'esecuzione di calcoli, la produzione di grafici statistici.
3.3. Uso di risorse reperibili in Internet e negli
continua nella pagina successiva
Traguardi per lo sviluppo delle competenze
Obiettivi di apprendimento (articolazione)
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
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274
le regole del disegno tecnico.
6.1. Produzione di costruzioni geometriche semplici e rappresentazione di oggetti in modo intuitivo.
6.2. Produzione di costruzioni geometriche e rappresentazione di oggetti sia in modo intuitivo che applicando le regole del disegno tecnico.
6.3. Produzione di costruzioni geometriche articolate e rappresentazione di oggetti complessi sia in modo intuitivo che applicando le regole del disegno tecnico.
6.4. Produzione accurata e precisa di costruzioni geometriche articolate e rappresentazione di oggetti complessi sia in modo intuitivo che applicando le regole del disegno tecnico.
7. Progettazione e realizzazione di bozzetti o modelli.
7.1. Realizzazione di bozzetti o modelli riferiti a semplici oggetti di uso comune;
7.2. Ideazione e realizzazione di bozzetti o modelli riferiti ad oggetti di uso comune;
7.3. Progettazione secondo la procedura ideazione - rappresentazione
archivi locali per ricerche e approfondimenti.
4. U.A. 4: SICUREZZA Il nuovo codice della strada:
segnaletica stradale, norme di comportamento del ciclista.
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Traguardi per lo sviluppo delle competenze
Obiettivi di apprendimento (articolazione)
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
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275
grafica - realizzazione - verifica - modifica in itinere - dismissione - riciclo, di bozzetti o modelli, tenendo conto del rapporto forma / materiali / funzione;
7.4. Progettazione secondo la procedura ideazione - rappresentazione grafica - realizzazione - verifica - modifica in itinere - dismissione - riciclo, di bozzetti o modelli, tenendo conto del rapporto forma/materiali/funzione e caratterizzati da significativi apporti originali.
8. Conoscenza ed uso di hardware e software di base; uso di programmi applicativi per la gestione dati, l'elaborazione testi, la presentazione di documenti, l'uso delle reti e relative risorse a supporto del proprio percorso formativo.
8.1. Conoscenza ed uso elementare del computer (hardware), del software di base (sistemi operativi, gestione file), di programmi applicativi, delle risorse di rete.
8.2. Conoscenza ed uso del computer (hardware), del software di base (sistemi operativi, gestione file), di programmi applicativi,
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Obiettivi di apprendimento (articolazione)
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
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276
Tecnologia – Classe Terza Traguardi per lo sviluppo delle competenze
Obiettivi di apprendimento (articolazione)
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
� L’alunno è in grado di descrivere e classificare utensili e macchine cogliendone le diversità in relazione al funzionamento e al tipo di energia e di controllo che richiedono per il funzionamento.
� Conosce le relazioni forma/ funzione/ materiali attraverso esperienze personali, anche se
9. Analisi, descrizione e classificazione di oggetti, utensili, macchine, impianti, assetti territoriali, procedure costruttive, ecc. con riferimento agli aspetti economici, energetici e di sostenibilità socio-ambientale.
9.1. Analisi, descrizione e classificazione sommaria
1. U.A. 1: PRODUZIONE, RISORSE E SVILUPPO SOSTENIBILE
1.1. I metalli
2. U.A. 2: ENERGIA 2.1. Fonti rinnovabili e non
rinnovabili; 2.2. Elettricità: generalità,
grandezze fisiche, corrente continua e corrente alternata, conduttori e isolanti, legge di Ohm, macchine elettriche, centrali elettriche;
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delle risorse di rete. 8.3. Conoscenza
approfondita del computer (hardware), del software di base (sistemi operativi, gestione file), dei programmi applicativi, degli strumenti di ricerca in rete, per presentazioni di idee, contenuti, immagini.
8.4. Conoscenza approfondita del computer (hardware) e del software di base (sistemi operativi, gestione file), uso agevole di programmi applicativi, degli strumenti di ricerca in rete per presentazioni e comunicazioni di idee, contenuti, immagini, caratterizzate da contributi personali.
Traguardi per lo sviluppo delle competenze
Obiettivi di apprendimento (articolazione)
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
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277
molto semplici, di progettazione e realizzazione.
� È in grado di realizzare un semplice progetto per la costruzione di un oggetto coordinando risorse materiali e organizzative per raggiungere uno scopo.
� Esegue la rappresentazione grafica in scala di pezzi meccanici o di oggetti usando il disegno tecnico.
� Inizia a capire i problemi legati alla produzione di energia e ha sviluppato sensibilità per i problemi economici, ecologici e della salute legati alle varie forme e modalità di produzione.
� È in grado di usare le nuove tecnologie e i linguaggi multimediali per supportare il proprio lavoro, avanzare ipotesi e valicarle, per autovalutarsi e per presentare i risultati del lavoro.
� Ricerca informazioni e è in grado di selezionarle e di sintetizzarle, sviluppa le proprie idee utilizzando le TIC e è in grado di condividerle con gli altri.
di semplici oggetti, utensili, macchine, impianti, procedure costruttive, ecc.
9.2. Analisi, descrizione e classificazione di oggetti, utensili, macchine, impianti, procedure costruttive, ecc.
9.3. Analisi, descrizione e classificazione di oggetti, utensili, macchine, impianti, assetti territoriali, procedure costruttive, ecc., con riferimento agli aspetti economici, energetici e di sostenibilità socio-ambientale.
9.4. Analisi, descrizione approfondita e classificazione di oggetti, utensili, macchine, impianti, assetti territoriali, procedure costruttive, ecc., con riferimento agli aspetti economici, energetici e di sostenibilità socio-ambientale; formulazione di ipotesi di soluzione alle problematiche poste dallo sviluppo tecnologico.
10. Rappresentazione grafica di oggetti o pezzi meccanici in modo intuitivo o con le regole del disegno tecnico.
10.1. Produzione di costruzioni geometriche semplici e rappresentazione di oggetti in modo intuitivo.
10.2. Produzione di costruzioni geometriche e rappresen-tazione di oggetti sia in modo intuitivo che
2.3. Uso dell’energia, spreco e risparmio energetico, problemi ecologici;
2.4. L’impianto elettrico domestico e la sicurezza;
2.5. Elettrodomestici ed etichetta energetica;
2.6. Produzione di elaborati scritto/grafici, tabelle riassuntive, grafici statistici, modelli relativi alla produzione, uso e risparmio energetico;
2.7. Dispositivi elettronici.
3. U.A. 3: DISEGNO TECNICO
3.1. Sviluppo e costruzione di solidi geometrici;
3.2. Assonometrie di solidi geometrici;
3.3. Proiezioni ortogonali di solidi;
3.4. Lettura e comprensione di disegni tecnici, planimetrie e assonometrie di componenti meccaniche.
4. U.A. 4: INFORMATICA 4.1. I programmi di
presentazione dati; 4.2. Approfondimento dei
programmi applicativi; 4.3. Esercitazioni sull’uso di
programmi applicativi per la gestione dei documenti, l'elaborazione testi, la raccolta, presentazione e archiviazione dati (foglio di calcolo), l'uso delle reti;
4.4. Uso di Internet e dei motori di ricerca per ricerche e approfondimenti.
5. U.A. 5: SICUREZZA Il nuovo codice della
strada: segnaletica stradale, norme di comportamento del conducente di ciclomotore;
continua nella pagina successiva
Traguardi per lo sviluppo delle competenze
Obiettivi di apprendimento (articolazione)
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
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278
applicando le regole del disegno tecnico.
10.3. Produzione di costruzioni geometriche articolate e rappresentazione di oggetti complessi sia in modo intuitivo che applicando le regole del disegno tecnico.
10.4. Produzione accurata e precisa di costruzioni geometriche articolate e rappresentazione di oggetti complessi sia in modo intuitivo che applicando le regole del disegno tecnico.
11. Progettazione e realizzazione di bozzetti o modelli.
11.1. Realizzazione di bozzetti o modelli riferiti a semplici oggetti di uso comune.
11.2. Ideazione e realizzazione di bozzetti o modelli riferiti ad oggetti di uso comune.
11.3. Progettazione secondo la procedura ideazione - rappresentazione grafica - realizzazione - verifica - modifica in itinere - dismissione - riciclo, di bozzetti o modelli, tenendo conto del rapporto forma/materiali/funzione.
11.4. Progettazione secondo la procedura ideazione - rappresentazione grafica - realizzazione - verifica - modifica in itinere - dismissione - riciclo, di bozzetti o modelli, tenendo conto del rapporto forma/materiali/funzione e caratterizzati da significativi apporti originali.
12. Conoscenza ed uso di continua nella pagina successiva
Traguardi per lo sviluppo delle competenze
Obiettivi di apprendimento (articolazione)
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
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279
hardware e software di base; uso di programmi applicativi per la gestione dati, l'elaborazione testi, la presentazione di documenti, l'uso delle reti e relative risorse a supporto del proprio percorso formativo.
12.1. Conoscenza ed uso elementare del computer (hardware), del software di base (sistemi operativi, gestione file), di programmi applicativi, delle risorse di rete.
12.2. Conoscenza ed uso del computer (hardware), del software di base (sistemi operativi, gestione file), di programmi applicativi, delle risorse di rete.
12.3. Conoscenza approfondita del computer (hardware), del software di base (sistemi operativi, gestione file), dei programmi applicativi, degli strumenti di ricerca in rete, per presentazioni di idee, contenuti, immagini.
12.4. Conoscenza approfondita del computer (hardware) e del software di base (sistemi operativi, gestione file), uso agevole di programmi applicativi, degli strumenti di ricerca in rete per presentazioni e comunicazioni di idee, contenuti, immagini, caratterizzate da contributi personali.
Traguardi per lo sviluppo delle competenze
Obiettivi di apprendimento (articolazione)
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
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280
Matematica - classe prima
continua nella pagina successiva
Traguardi per lo sviluppo delle competenze
Nella descrizione dei traguardi per lo sviluppo
delle competenze indicare il riferimento agli
obiettivi (es. obb. 1,3, 6, etc. )
Obiettivi di apprendimento (articolazione)
Possono essere eventualmente articolati in essenziali sottobiettivi
disciplinari, se quelli proposti risultano essere generici
(es. 1a, 1b,2a)
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
� L’alunno attraverso esperienze in contesti significativi, ha capito come gli strumenti matematici appresi siano utili in molte situazioni per operare nella realtà (obb.1,2,3,4).
� Percepisce, descrive e rappresenta forme semplici, relazioni dirette e strutture che si trovano in natura o create dall’uomo (ob2).
� Valuta le informazioni che ha su una situazione (obb. 1-4).
� Riconosce e risolve problemi di vario genere analizzando la situazione e traducendola in termini matematici, spiegando anche in forma scritta il procedimento seguito (ob 1).
� Confronta procedimenti diversi e produce formalizzazioni che gli consentono di passare da un problema specifico a una classe di problemi (obb.1-3).
� Nelle discussioni rispetta i punti di vista
1- Numeri a- Eseguire addizioni, sottrazioni,
moltiplicazioni, divisioni e confronti fra i numeri conosciuti (numeri naturali, interi e frazioni) quando è possibile a mente oppure utilizzando gli usuali algoritmi scritti, le calcolatrici e i fogli di calcolo.
b- Dare stime approssimate per il risultato di un’operazione, anche per controllare la plausibilità di un calcolo già fatto.
c- Rappresentare i numeri conosciuti (interi e le frazioni) sulla retta.
d- Utilizzare scale graduate in contesti significativi per la scienza e per la tecnica.
e- Individuare multipli e divisori di un numero naturale e multipli e divisori comuni a due o più numeri.
f- Comprende il significato e l’utilità del multiplo comune più piccolo e del divisore più grande, in matematica e in diverse situazioni concrete.
g- Scomporre numeri naturali in fattori primi e conoscere l’utilità di tale scomposizione per diversi fini.
h- Eseguire mentalmente semplici calcoli, utilizzando le proprietà associativa e distributiva per raggruppare e semplificare le operazioni.
i- Descrivere con un’espressione numerica la sequenza di operazioni che fornisce la soluzione di un problema.
UdA 1:I numeri naturali� Il sistema di
numerazione decimale.
� Confronto tra i numeri.
� Le quattro operazioni. � La divisibilità. � Le potenze e l’ordine
di grandezza. � I problemi.
UdA 2: Le frazioni come operatori
� Le frazioni: proprie improprie, apparenti, complementari,equivalenti.
� Le frazioni e le operazioni.
� Rappresentazione sulla retta orientata dei numeri noti.
� Confronto di frazioni.
UdA 3:La misura � Le grandezze e
misure del sistema metrico decimale.
� Sistemi di misura di lunghezza, superficie, volume, peso e capacità.
� Il sistema internazionale (SI).
� Teoria dell’errore di misura. Uso di Excel.
� Problemi sull’unità di misura.
281continua nella pagina successiva
diversi dal proprio(obb.1,2,3,4).
j- Eseguire semplici espressioni di calcolo con i numeri conosciuti, essendo consapevoli del significato delle parentesi e delle convenzioni sulla precedenza delle operazioni.
k- Utilizzare la notazione usuale per le potenze con esponente intero positivo,consapevoli del significato.
l- Usare le proprietà delle potenze anche per semplificare calcoli e notazioni.
2- Spazio e figure a. Riprodurre figure e disegni
geometrici utilizzando in modo appropriato e con accuratezza opportuni strumenti (riga, squadra, compasso, software di geometria).
a1- Conoscere il concetto di grandezza, il concetto di misura, la struttura del sistema metrico- deci-male e la struttura del sistema internazionale delle unità di misura.
a2- Confrontare due grandezze omogenee, effettuare conversioni da un’unità di misura ad un’altra ed effettuare e stimare misure in modo diretto e indiretto con gli opportuni strumenti.
a3- Conoscere l’incertezza di una misura e il concetto di errore.
b. Rappresentare punti sul piano cartesiano.
c. Conoscere definizioni e proprietà significative delle principali figure piane almeno dei triangoli, ma possibilmente anche dei quadrilateri, poligoni regolari, cerchi .
d. Descrivere figure e costruzioni geometriche semplici al fine di comunicarle ad altri.
e. Riprodurre figure e disegni geometrici semplici in …base a una descrizione e codificazione fatta
� Misura in varie situazioni reali.
UdA 4: Le rappresentazioni grafiche di dati � Il significato delle
immagini in matematica.
� Fasi di raccolta, organizzazione e analisi di dati.
� Tipi di rappresentazioni grafiche: ideogrammi, istogrammi,aerogrammi, cenni ai diagrammi cartesiani.
� Valori significativi: moda,media,mediana
� I grafici utilizzati in vari contesti reali.
UdA 5: La geometria nel
piano � Gli enti fondamentali
della geometria e il significato dei termini: assioma, enunciato, teorema.
� Il piano euclideo: relazione tra rette.
� Le tecniche risolutive di un problema che utilizzano formule geometriche.
� Il piano cartesiano e la rappresentazione grafica di punti.
� I poligoni e le loro proprietà (i triangoli).
� I punti notevoli del triangolo.
� I criteri di congruenza dei triangoli.
� Il perimetro dei triangoli e degli altri eventuali poligoni studiati.
� Tecniche di riproduzione dei triangoli.
Traguardi per lo sviluppo delle competenze
Nella descrizione dei
Obiettivi di apprendimento (articolazione)
Possono essere eventualmente articolati in essenziali sottobiettivi
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
continua dalla pagina precedente
282
Traguardi per lo sviluppo delle competenze
Nella descrizione dei
Obiettivi di apprendimento (articolazione)
Possono essere eventualmente articolati in essenziali sottobiettivi
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
da ….altri.f. Risolvere problemi utilizzando relazioni e …proprietà delle figure.
3- Relazioni e funzionia. Costruire formule che
contengono lettere per esprimere in forma generale relazioni e proprietà.
4- Misure, dati e previsioni a. Rappresentare insiemi di
dati, anche facendo uso di un foglio elettronico. In situazioni significative confrontare dati utilizzandole distribuzioni delle frequenze e delle frequenze relative e le nozioni di media aritmetica, moda e mediana.
a1- Conoscere il significato di analisi e organizzazione di dati numerici, il piano cartesiano, il linguaggio grafico.
a2- Saper formulare un questionario, raccogliere i dati e organizzarli in tabelle di frequenza, rappresentare mediante istogrammi, ideogrammi e diagrammi a torta, leggere e interpretare tabelle e grafici.
continua dalla pagina precedente
283
Matematica - classe seconda
continua nella pagina successiva
Traguardi per lo sviluppo delle competenze Nella descrizione dei traguardi per lo sviluppo delle competenze indicare il riferimento agli obiettivi (es. obb. 1,3, 6, etc. ).
� L’alunno ha sviluppato un atteggiamento positivo rispetto alla matematica e, attraverso esperienze in contesti significativi, ha capito come gli strumenti matematici appresi siano utili in molte situazioni per operare nella realtà.
� Percepisce, descrive e rappresenta forme relativamente meno semplici, relazioni e strutture che si trovano in natura o che sono state create dall’uomo.(obb.2a,b,c).
� Ha consolidato le conoscenze teoriche acquisite e sa argomentare grazie ad attività laboratoriali, alla discussione tra pari e alla manipolazione di modelli costruiti con i compagni.
� Valuta le informazioni che ha su una situazione.
� Riconosce e risolve problemi di vario genere analizzando la situazione e traducendola in termini matematici, spiegando anche in forma scritta il procedimento seguito.
� Confronta procedimenti diversi e produce formalizzazioni che gli consentono di passare da un problema specifico
Obiettivi di apprendimento (articolazione)Possono essere eventualmente articolati in essenziali sottobiettivi disciplinari, se quelli proposti risultano essere generici (es. 1a, 1b,2a).
1- Numeria. Descrivere rapporti e
quozienti mediante frazioni.
b. Utilizzare le frazioni come operatori e classificarle.
c. Eseguire addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni, divisioni e confronti tra i numeri razionali, quando possibile a mente oppure utilizzando gli usuali algoritmi scritti, le calcolatrici e i fogli di calcolo e valutando guidato quale strumento può essere più opportuno, a seconda della situazione e degli obiettivi.
d. Utilizzare le frazioni per risolvere problemi .
e. Rappresentare i numeri razionali sulla retta dei numeri.
f. Utilizzare frazioni equivalenti e numeri decimali per denotare uno stesso numero razionale in diversi modi, essendo consapevoli di vantaggi e svantaggi che le diverse rappresentazioni danno a seconda degli obiettivi.
g. Usare le proprietà delle potenze per semplificare calcoli.
h. Conoscere la radice quadrata come operatore inverso dell’elevamento al quadrato.
i. Dare stime della radice quadrata utilizzando solo la moltiplicazione.
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
1^ UdA: Dai numeri naturali ai numeri reali positivi� I numeri decimali e le
frazioni.� I numeri razionali assoluti
come estensione dei numeri naturali.
� Dalla frazione ai numeri razionali.
� Frazioni generatrici di numeri razionali.
� Il numero irrazionale.� I numeri reali assoluti. � Radice di una frazione. � Uso delle tavole
numeriche. � Rappresentazione dei
numeri reali sulla retta orientata.
2^ UdA: Rapporti, proporzioni, proporzionalità� Concetto di rapporto. � Rapporto tra grandezze
omogenee e tra grandezze non omogenee.
� Grandezze commensurabili e grandezze incommensurabili.
� Il concetto di proporzione.
� Le proprietà delle proporzioni.
3^ UdA: Figure equivalenti � Area di una superficie. � Figure equivalenti. � Criteri di equivalenza tra
figure piane.
284continua nella pagina successiva
a una classe di problemi. j. Sapere che non si può trovare una frazione o un numero decimale che elevato al quadrato dà 2.
k. Descrivere con una espressione numerica la sequenza di operazioni che fornisce la soluzione di un problema.
l. Eseguire semplici espressioni di calcolo anche con i numeri razionali, essendo consapevoli del significato delle parentesi e delle convenzioni sulla precedenza delle operazioni.
2- Spazi e figure a. Conoscere definizioni e
proprietà significative delle principali figure piane (triangoli, quadrilateri, poligoni regolari, cerchio).
b. Descrivere figure e semplici costruzioni geometriche al fine di comunicarle ad altri.
c. Riprodurre figure e disegni geometrici in base a una descrizione e codificazione fatta da altri.
d. Conoscere il Teorema di Pitagora e le sue applicazioni in matematica e in situazioni concrete.
e. Calcolare l’area di semplici figure scomponendole in figure elementari, ad esempio triangoli.
f. Stimare per difetto e per eccesso l’area di una figura delimitata da linee curve.
g. Risolvere problemi utilizzando le proprietà geometriche delle figure.
� Area della superficie del triangolo e dei quadrilateri.
� Calcolo approssimato dell’area di superfici con contorno curvilineo.
4^ UdA: Circonferenza e cerchio � Circonferenza, cerchio e
le loro parti.� Posizioni reciproche di
una retta e di una circonferenza e di due circonferenze.
� Angoli al centro e alla circonferenza.
� I poligoni inscritti e circoscritti.
� I poligoni regolari e ipoligoni irregolari.
� Area e perimetro di un poligono regolare.
5^ UdA: Le trasformazioni
isometriche � I movimenti nel piano e
la congruenza diretta e inversa.
� Le proprietà della relazione di congruenza.
� La traslazione. � La rotazione. � La simmetria centrale. � Il ribaltamento e la
simmetria assiale. � Composizione di
isometrie.� Le figure simmetriche. � Individuazione.
Traguardi per lo sviluppo delle competenze Nella descrizione dei t di l il
Obiettivi di apprendimento (articolazione)Possono essere
t l t ti l ti i
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
continua dalla pagina precedente
285
3-Relazioni e funzioni � Descrivere rapporti tra
grandezze mediante frazioni.
a. Tradurre una uguaglianza di rapporti in una proporzione.
b. Risolvere problemi con l’uso delle proporzioni.
c. Costruire, interpretare e trasformare formule che contengono lettere per esprimere in forma generale relazioni e proprietà. c-1.Conoscere e comprendere il significato dei simboli in matematica.
d. Esprimere la relazione di proporzionalità con una uguaglianza di frazioni e viceversa.
descrizione, analisi e confronto di figure isometriche nella realtà, nell’arte, in natura.
� Costruzione geometrica di figure piane isometriche anche con l’uso di software specifico di geometria.
Traguardi per lo sviluppo delle competenze Nella descrizione dei t di l il
Obiettivi di apprendimento (articolazione)Possono essere
t l t ti l ti i
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali (articolazione per UdA)
continua dalla pagina precedente
286
Traguardi per lo sviluppo delle competenze
Nella descrizione dei traguardi per lo sviluppo
delle competenze indicare il riferimento agli obiettivi
(es. obb. 1,3, 6, etc. )
Obiettivi di apprendimento (articolazione)
Possono essere eventualmente articolati in essenziali sottobiettivi
disciplinari, se quelli proposti risultano essere generici
(es. 1a, 1b,2a)
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali
(articolazione per UdA)
� L’alunno ha rafforzato un atteggiamento positivo rispetto alla matematica e, attraverso esperienze in contesti significativi, ha capito come gli strumenti matematici appresi siano utili in molte situazioni per operare nella realtà.(obb.1, 2,3,4).
� Percepisce, descrive e rappresenta forme relativamente complesse, relazioni e strutture che si trovano in natura o che sono state create dall’uomo. (obb.2).
� Ha consolidato le conoscenze teoriche acquisite e sa argomentare (ad esempio sa utilizzare i concetti di proprietà caratterizzante e di definizione), grazie ad attività laboratoriali, alla discussione tra pari e alla manipolazione di modelli costruiti con i compagni.( obb.1-2-3-4).
� Rispetta punti di vista diversi dal proprio; è capace di sostenere le proprie convin-zioni, portando esempi e contro-esempi adeguati e argomentando attraversoconcatenazioni di
1- Numeri a. Eseguire addizioni, sottrazioni,
moltiplicazioni, divisioni e confronti tra i numeri reali, quando possibile a mente oppure utilizzando gli usuali algoritmi scritti, le calcolatrici e i fogli di calcolo e valutando quale strumento può essere più opportuno, a seconda della situazione e degli obiettivi.
b. Rappresentare i numeri reali sulla retta.
c. Utilizzare scale graduate in contesti significativi per le scienze e per la tecnica
d. Usare le proprietà delle potenze per semplificare calcoli.
e. Descrivere con una espressione numerica la sequenza di operazioni che fornisce la soluzione di un problema.
f. Eseguire semplici espressioni di calcolo con i numeri conosciuti, essendo consapevoli del significato delle parentesi e delle convenzioni sulla precedenza delle operazioni.
2-Spazio e figurea. Riprodurre figure e disegni
geometrici, utilizzando in modo appropriato e con accuratezza opportuni strumenti (riga, squadra, compasso, software di geometria).
b. Descrivere figure complesse e costruzioni geometriche al fine di comunicarle ad altri.
c. Riprodurre figure e disegni geometrici complessi in base
1^ UdA: L’insieme R � Matematica e
realtà.� Dall’insieme N
all’insieme R. � I numeri relativi e le
loro caratteristiche. � Confronto di numeri
relativi.� Rappresentazione
grafica.� Operazioni in R e le
loro proprietà. � Espressioni con
numeri relativi.
2^ UdA: Calcolo letterale,equazioni e problemi � Espressioni letterali.� Monomi. � Polinomi.� I prodotti notevoli.� Identità ed equazioni.� Problemi risolvibili
con equazioni.
3^UdA:Logica e connettivi � Enunciati
matematici.� Negazione. � Connettivi logici. � Espressioni logiche.
4^ UdA: Relazioni e funzioni: � Proporzionalità tra
grandezze. � La percentuale. � Le catene di rapporti. � Applicazioni della
proporzionalità.
continua nella pagina successiva
Matematica - classe terza
287
Traguardi per lo sviluppo delle competenze
Nella descrizione dei traguardi per lo sviluppo
Obiettivi di apprendimento (articolazione)
Possono essere eventualmente articolati in essenziali sottobiettivi
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali
(articolazione per UdA) affermazioni; accetta di cambiare opinione riconoscendo le conseguenze logiche di una argomentazione corretta. (obb. 1-2 – 3 – 4).
� Valuta le informazioni che ha su una situazione, riconosce la loro coerenza interna e la coerenza tra esse e le conoscenze che ha del contesto, sviluppando senso critico. (obb.1 - 2 - 3 - 4).
� Riconosce e risolve problemi di vario genere analizzando la situazione e traducendola in termini matematici, spiegando anche in forma scritta il procedimento seguito, mantenendo il controllo sia sul processo risolutivo, sia sui risultati. (obb.1 – 2 – 3 - 4).
� Confronta procedimenti diversi e produce formalizzazioni che gli consentono di passare da un problema specifico a una classe di problemi. (ob.3).
� Usa correttamente i connettivi (e, o, non, se... allora) e i quantificatori (tutti, qualcuno, nessuno) nel linguaggio naturale, nonché le espressioni: è possibile, è probabile,è certo, è impossibile.(obb.3 - 4b,c).
a una descrizione e codificazione fatta da altri
Conoscere il numero �, ad esempio come area del cerchio di raggio 1, e alcuni modi per approssimarlo.
d. Conoscere le formule per trovare l’area del cerchio e la lunghezza della circonferenza, conoscendo il raggio.
e. Riconoscere figure piane simili in vari contesti e riprodurre in scala una figura assegnata.
f. Rappresentare oggetti e figure tridimensionali in vario modo tramite disegni sul piano.
g. Visualizzare oggetti tridimensionali a partire da rappresentazioni bidimensionali.
h. Calcolare superficie, volume e peso dei solidi più comuni e dare stima di quello degli oggetti della vita quotidiana.
i. Risolvere problemi utilizzando le proprietà geometriche delle figure.
3-Relazioni e funzioni a. Costruire, interpretare e
trasformare formule che contengono lettere per esprimere in forma generale relazioni e proprietà.
a1- Conoscere e comprendere il significato dei simboli in matematica
a2- Comprendere il significato di termini e simboli relativi ai monomi e ai polinomi
a3- Comprendere il significato di termini e simboli usati nelle equazioni.
a4- Riconoscere identità ed equazioni.
a5- Risolvere espressioni letterali e determinare il campo di esistenza
a6- Esprimere situazioni utilizzando espressioni letterali, monomi e polinomi.
a7- Usare i principi di equivalenza delle equazioni
� Concetto di relazione.
� Relazioni e prodotto cartesiano.
� Concetto di funzione.
� Relazione inversa e corrispondenza biunivoca
� Rappresentazione grafica di funzioni.
� Funzioni e il metodo scientifico.
� Proprietà delle relazioni.
� Funzioni empiriche.
5° UdA: Statistica e probabilità � L’indagine statistica
e le sue fasi. � Il campione
statistico.� Le sorgenti di dati. � La rappresentazione
di dati. � Frequenza assoluta
e relativa. � Gli indici statistici. � Definizione di
probabilità. � Probabilità teorica e
frequenza relativa. � Eventi. � Eventi compatibili e
incompatibili. � Eventi dipendenti e
indipendenti. � Probabilità
composta.� Probabilità e
genetica.
6°UdA: Le trasformazioni omotetiche � L’omotetia. � Relazioni tra
perimetri e aree di figure non omotetiche.
continua nella pagina successiva
continua dalla pagina precedente
288
Traguardi per lo sviluppo delle competenze
Nella descrizione dei traguardi per lo sviluppo
Obiettivi di apprendimento (articolazione)
Possono essere eventualmente articolati in essenziali sottobiettivi
Tematiche/conoscenze specifiche e trasversali
(articolazione per UdA) nella risoluzione di equazioni
determinate,. impossibili e indeterminate.
b. Usare il piano cartesiano per rappresentare relazioni e funzioni, e per conoscere in particolare le funzioni del tipo y=ax, y=a/x, y=ax2, y=2n e i loro grafici.
c. Collegare le prime due al concetto di proporzionalità.
d. Esplorare e risolvere problemi utilizzando equazioni di primo grado.
4- Misure, dati e previsioni a. Rappresentare insiemi di dati,
anche facendo uso di un foglio elettronico. In situazioni significative, confrontare dati al fine di prendere decisioni, utilizzando le distribuzioni delle frequenze e delle frequenze relative e le nozioni di media aritmetica, moda e mediana, scarto.
b. In semplici situazioni aleatorie, individuare gli eventi elementari, discutere i modi per assegnare a essi una probabilità, calcolare la probabilità di qualche evento, decomponendolo in eventi elementari disgiunti
c. Riconoscere coppie di eventi complementari, incompatibili, indipendenti.
� La similitudine. � Criteri di similitudine
dei triangoli. � Teoremi di Euclide.
Circonferenza e cerchio: � Il numero �.� Lunghezza della
circonferenza e area del cerchio.
� Area di un poligono circoscrivibile.
La geometria solida: � Lo spazio Euclideo.� I poliedri.� I prismi retti.� Le piramidi rette.� I poliedri regolari.� I solidi di rotazione:
cilindro e cono.
continua dalla pagina precedente
289
Curricolo verticale dell’areaMatematico – Scientifico – Tecnologica
A cura di Anna Lea Mazzei e Francesca De Giosa
CRSP IC Umberto I - San Nicola - Bari
Nell’attività di formazione in rete “In…Formazione per il curricolo”, alla quale hanno partecipato docenti dell’area matematica, scientifica e tecnologica di 16 scuole del primo ciclo di Bari e provincia, si è ritenuto di dover - in primo luogo - enucleare il concetto portante ed emblematico delle Indicazioni, l’idea di curricolo.
Un’attività di brainstorming ha fornito le diverse cifre del termine curricolo, offrendo ai docenti dei diversi ordini di scuola la possibilità di confrontarsi in una prospettiva di congruenza lessicale.
Lo schema che segue riporta gli elementi presi in esame, che hanno poi indirizzato verso una condivisa ed operativa definizione di CURRICOLO:
290
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291
Dalla lettura delle “Indicazioni per il curricolo” si osserva come torna ad essere posto al centro del discorso educativo il progetto della scuola, il valore aggiunto apportato all’ambiente di apprendimento dall’intervento intenzionale predisposto dagli insegnanti.
Ma nella progettazione del curricolo di scuola appare essenziale definire il “contesto in cui una scuola opera”, che appare contraddistinto dalle seguenti problematiche:
orizzonte territoriale esteso, multiculturalepluralità di linguaggiincertezza del futuro lavorativoanalfabetismi di ritornonecessità di riconversione continuauso nuove tecnologieSi possono così identificare i traguardi che la scuola deve perseguire in
rapporto ai bisogni della società.
••••••
CURRICOLO E’ IL PROGETTO FORMATIVO PREDISPOSTO DALLA SCUOLA, VOL-TO A SVILUPPARE, ORGANIZZARE L’AZIONE EDUCATIVA, DI RICERCA E DI INNO-VAZIONE, TENENDO PRESENTI LE INDICAZIONI NAZIONALI, NEL RISPETTO DEI BISOGNI DEGLI ALUNNI E DEI DIVERSI MOMENTI EVOLUTIVI DELL’APPRENDI-MENTO FINALIZZATO ALL’ACQUISIZIONE DI COMPETENZE FONDAMENTALI.ESSO PRESUPPONE UN INSIEME DI SCELTE RIGUARDANTI CONTENUTI, ATTIVI-TA’, METODOLOGIE, CRITERI E METODI DI VALUTAZIONE ESPLICITATI NEL POF.
CARATTERISTICHE DELLA SOCIETA’ TRAGUARDI DELLA SCUOLA
Ambienti più ricchi di stimoli culturali spesso
contraddittori Dare senso alla varietà delle esperienze
Varietà di esperienze formative Formare saldamente sul piano cognitivo e cul-
turale
Informazioni sempre più numerose ed etero-
genee
Promuovere la capacità di cogliere gli aspetti
essenziali dei problemi
Pluralità delle esperienze formative Far acquisire strumenti di pensiero per sele-
zionare le informazioni
Molteplici cambiamenti e discontinuità Insegnare ad apprendere per mettere in con-
dizione di affrontare i cambiamenti
Imprevedibilità degli scenari di vita Elaborare mappe cognitive in grado di evolve-
re
Intreccio globale/locale Educare alla consapevolezza delle interdi-
pendenze
Promuovere la collaborazione e l’integrazione
tra culture Pluralità di culture
Educare alla cittadinanza unitaria e plurale
292
Sul piano formativo la scuola devescoprire le capacità degli studentidare senso alle loro esperienzecontrastare la frammentazione del saperepermettere lo sviluppo di un’identità consapevole ed aperta
Per conseguire tali traguardi appare indispensabile stipulare “un’alleanza educativa con le famiglie”.
Sul piano didattico finalità della scuola saranno:insegnare ad apprendereinsegnare ad esserefavorire l’acquisizione degli strumenti di pensiero necessari ad apprendere e a selezionare le informazionipromuovere le capacità di elaborare metodifavorire l’autonomia di pensierointrecciare passato e futuro, memoria e progettosuperare la frammentazione delle discipline (stabilire una nuova alleanza tra scienza, storia, discipline umanistiche, arti…)
1. Il curricolo verticale
L’aspetto più significativo delle Indicazioni riguarda la scelta della verticalità dell’impianto curricolare, che si distende in progressione dai 3 ai 14 anni. L’asse della continuità è particolarmente forte nel rapporto stretto tra scuola primaria e secondaria di primo grado, intrecciate dalla comune appartenenza al “primo ciclo” di istruzione.
Dai Campi di esperienza alle Aree disciplinariIl raggruppamento delle discipline in aree indica una possibilità di interazione
e collaborazione fra le discipline se assumiamo come “Area” l’insieme di discipline collegate ed interagenti tra loro, con punti di contatto contenutistico e metodologico.
DIMENSIONI DELL’APPRENDIMENTO:trasversalespecificaintegrazione di codicitraduzione da un codice disciplinare ad un altro
••••
•••
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AREA MATEMATICO - SCIENTIFICO - TECNOLOGICA
293
OBIETTIVI EDUCATIVI DELL’ AREA:sviluppare capacità critica e di giudiziocomprendere e valorizzare argomentazioni e punti di vista diversi dal proprioesercitare la propria cittadinanza attraverso decisioni motivateaccrescere la motivazione ad apprendereformare le basi per un pensiero critico
OBIETTIVI COGNITIVI DELL’AREA:correlare “pensare e fare” strumentiutilizzare strumenti atti a percepire, interpretare, collegare fatti e fenomenileggere e valutare le informazionicostruire schemi interpretativi, formulare ipotesi e verificarne la validitàimpostare e risolvere problemi utilizzare, in modo consapevole, strumenti e risorse digitalicomprendere ed usare linguaggi specifici
•••••
•••••••
294
Curricolo verticale di Matematica
�Riconoscere situa-zioni di incertezza e parlarne con i com-pagni iniziando ad usare le espressioni ”è più probabile”, “è meno probabile”
�Usare in modo corretto espressioni: è possibile, è probabile, è certo, è im-possibile
AARRGGOOMMEENNTTAARREE EECCOOSSTTRRUUIIRREESSCCHHEEMMIIIINNTTEERRPPRREETTAATTIIVVII
�Porre domande, discutere, con-frontare ipotesi, spiegazioni, solu-zioni e azioni
�Riconoscere che gli oggetti possono apparire diversi a seconda dei punti di vista.
�Saper argomentare grazie ad attività laboratoriali, al-la discussione tra pari e al-la manipolazione di modelli costruiti con i compagni.
TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE OBIETTIVI COGNITIVI
di area INFANZIA PRIMARIA
SECONDARIA di primo grado
CCOORRRREELLLLAARREE““PPEENNSSAARREE””EE ““FFAARREE””
Intuire che gli stru-menti matematici appresi sono utili per operare nella realtà.
Comprendere che gli stru-menti matematici appresi sono utili in molte situazioni per operare nella realtà
UUTTIILLIIZZZZAARREESSTTRRUUMMEENNTTII AATTTTII AAPPEERRCCEEPPIIRREE,,IINNTTEERRPPRREETTAARREE,,CCOOLLLLEEGGAARREE FFAATTTTIIEE FFEENNOOMMEENNII
�Raggruppare e ordinare secondo criteri diversi, confrontare e va-lutare quantità
�Collocare corret-tamente nello spazio se stessi, oggetti e persone
�Acquisire sicurezza nel calcolo scritto e mentale con i nu-meri naturali
�Percepire e rappre-sentare forme che si trovano in natura utilizzando stru-menti per il disegno geometrico e i più comuni strumenti di misura.
�Descrivere e classi-ficare figure in ba-se a caratteristiche geometriche
Potenziare le capacità di calcolo*
� Percepire e, descrivere e rappresentare forme re-lativamente complesse, relazioni che si trovano in natura o che sono state create dall’uomo.
LLEEGGGGEERREE EEVVAALLUUTTAARREELLEE IINNFFOORRMMAAZZIIOONNII
�Utilizzare rappre-sentazioni di dati adeguate in situa-zioni significative per ricavare infor-mazioni
�Valutare le informazioni su una situazione, riconosce-re la loro coerenza, svilup-pando senso critico
continua nella pagina successiva
CORRELARECORRELARE
295
�Osservare situa-zioni e con atten-zione e sistemati-cità, formulare semplici ipotesi e confrontarle.
�Rispettare punti di vista diversi dal proprio; essere capace di sostenere le proprie convinzioni, por-tando esempi adeguati e argomentando attraverso concatenazioni di afferma-zioni; accettare di cambia-re opinione riconoscendo le conseguenze logiche di una argomentazione cor-retta.
IIMMPPOOSSTTAARREEEERRIISSOOLLVVEERREEPPRROOBBLLEEMMII
�Affrontare i pro-blemi con strategie diverse e rendersi conto che in molti casi possono am-mettere più solu-zioni
�Risolvere facili pro-blemi, mantenendo il controllo sia sul processo risolutivo, sia sui risultati e spiegando a parole il procedimento se-guito.
�Riconoscere e risolvere problemi di vario genere analizzando la situazione e traducendola in termini matematici, spiegando an-che in forma scritta il pro-cedimento seguito, man-tenendo un controllo sia sul processo risolutivo, sia sui risultati.
�Confrontare procedimenti diversi e produrre forma-lizzazioni che gli consenta-no di passare da un pro-blema specifico a una clas-se di problemi
CCOOMMPPRREENNDDEERREE EEDDUUSSAARREE LLIINNGGUUAAGGGGIISSPPEECCIIFFIICCII
�Utilizzare semplici simboli per regi-strare e compiere misurazioni me-diante semplici strumenti
�Utilizzare un lin-guaggio appro-priato per descri-vere osservazioni ed esperienze
�Utilizzare rappre-sentazioni di dati adeguate
Acquisire gli strumenti linguistici e simbolici che consentano di comunica-re*
* Traguardi non presenti nelle Indicazioni e suggeriti dal gruppo di lavoro
TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE OBIETTIVI COGNITIVI
di area INFANZIA PRIMARIA
SECONDARIA di primo grado
continua dalla pagina precedente
296
Curricolo verticale di Scienze
TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE OBIETTIVI COGNITIVI
DI AREA INFANZIA PRIMARIA SECONDARIA
di primo grado
CCOORRRREELLLLAARREE““PPEENNSSAARREE”” EE ““FFAARREE””
� Il bambino rag-gruppa e ordina se-condo criteri diver-si, confronta e va-luta quantità
� L’alunno ha capaci-tà operative, pro-gettuali e manuali, che utilizza in con-testi di esperienza-conoscenza per un approccio scientifi-co ai fenomeni
� L’alunno ha padro-nanza di tecniche di sperimentazione, di raccolta e di analisi di dati, sia in situa-zioni di osservazione e monitoraggio sia in situazioni controllate di laboratorio
UUTTIILLIIZZZZAARREESSTTRRUUMMEENNTTII AATTTTII AAPPEERRCCEEPPIIRREE,,IINNTTEERRPPRREETTAARREE,,CCOOLLLLEEGGAARREE FFAATTTTII EEFFEENNOOMMEENNII
� Riferisce eventi del passato recente dimostrando con-sapevolezza della loro collocazione temporale; formula correttamente ri-flessioni e conside-razioni relative al futuro immediato e prossimo
� Coglie le trasfor-mazioni naturali
� Impara a identifi-care anche da solo gli elementi, gli eventi e le relazioni in gioco, senza ba-nalizzare la com-plessità dei fatti e fenomeni
� Sviluppa semplici schematizzazioni, modellizzazioni, for-malizzazioni logiche e matematiche di fatti e fenomeni, ap-plicandoli anche ad aspetti della vita quotidiana
LLEEGGGGEERREE EE VVAALLUUTTAARREELLEE IINNFFOORRMMAAZZIIOONNII
� E’ curioso, esplora-tivo, pone doman-de, discute, con-fronta ipotesi, spiegazioni, solu-zioni e azioni
� Si orienta nel tem-po della vita quoti-diana
� Si pone domande esplicite e indivi-dua problemi signi-ficativi da indagare a partire dalla pro-pria esperienza, dai discorsi degli altri, dai mezzi di comunicazione e dai testi letti
� Ha cura del proprio corpo con scelte adeguate di abitu-dini alimentari
� Esplicita, affronta e risolve situazioni problematiche sia in ambito scolastico che nell’esperienza quotidiana; interpre-ta lo svolgersi di fe-nomeni ambientali e sperimentalmentecontrollati
� Ha una visione orga-nica del proprio cor-po
AARRGGOOMMEENNTTAARREE EE CCOO--SSTTRRUUIIRREE SSCCHHEEMMII IINN--TTEERRPPRREETTAATTIIVVII
� Osserva i fenomeni naturali e gli orga-nismi viventi sulla base di criteri o i-potesi, con atten-zione e sistematici-tà
� Con la guida dell’insegnante e in collaborazione con i compagni, ma anche da solo, formula ipotesi e previsioni, osserva, registra, classifica,schematizza, iden-tifica relazioni spa-zio-temporali, mi-sura, utilizza con-
� E’ in grado di de-comporre e ricom-porre la complessità di contesto in ele-menti, relazioni e sottostrutture perti-nenti a diversi campi disciplinari; pensa e interagisce per rela-zioni e analogie for-mali e/o fattuali
CORRELARECORRELARE
continua nella pagina successiva
297
con altri concetti, argomenta, dedu-ce, prospetta solu-zioni e interpreta-zioni, prevede al-ternative, ne pro-duce rappresenta-zioni grafiche
FFOORRMMUULLAARREE IIPPOOTTEESSII EEVVEERRIIFFIICCAARRNNEE LLAAVVAALLIIDDIITTAA’’
� Colloca corretta-mente nello spazio se stesso, oggetti, persone; segue correttamente un percorso sulla base di indicazioni ver-bali. Si orienta nel tempo della vita quotidiana
Con la guida dell’insegnante e in collaborazione con i compagni, ma anche da solo, formula ipo-tesi e previsioni, os-serva, registra, clas-sifica, schematizza, identifica relazioni spazio-temporali, misura, utilizza con-cetti basati su sem-plici relazioni con al-tri concetti, argo-menta, deduce, pro-spetta soluzioni e in-terpretazioni, preve-de alternative, ne produce rappresen-tazioni grafiche.
� Esplicita, affronta e risolve situazioni problematiche sia in ambito scolastico che nell’esperienza quotidiana;è in gra-do di decomporre e ricomporre la com-plessità di contesto in elementi, relazioni e sottostrutture per-tinenti a diversi campi disciplinari
IIMMPPOOSSTTAARREEEERRIISSOOLLVVEERREE PPRROOBBLLEEMMII
� E’ curioso, esplora-tivo, pone doman-de, discute, con-fronta ipotesi, spiegazioni, solu-zioni e azioni
� Ha atteggiamenti di cura verso l’ambiente scolasti-co in quanto am-biente di lavoro cooperativo e fina-lizzato e di rispetto verso l’ambiente sociale e naturale di cui conosce e apprezza il valore
� Ha una visione dell’ambiente di vita locale e globale, co-me sistema dinamico di specie viventi che interagiscono tra lo-ro rispettando i vin-coli che regolano le strutture del mondo inorganico; com-prende il ruolo della comunità umana nel sistema, il carattere finito delle risorse, nonché l’ineguaglianza dell’accesso a esse e adotta atteggiamenti responsabili verso i modi di vita e l’uso delle risorse
cetti basati su semplici relazioni
continua nella pagina successiva
TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE OBIETTIVI COGNITIVI
DI AREA INFANZIA PRIMARIA SECONDARIA
di primo grado
continua dalla pagina precedente
298
Curricolo verticale di Tecnologia
TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE OBIETTIVI COGNITIVI
DI AREA INFANZIA INFANZIA INFANZIA
AACCQQUUIISSIIRREESSTTRRUUMMEENNTTII AATTTTII AAPPEERRCCEEPPIIRREE,,IINNTTEERRPPRREETTAARREE EECCOOLLLLEEGGAARREE TTRRAA LLOORROOFFEENNOOMMEENNII,, CCOONNCCEETTTTIIEE AARRTTEEFFAATTTTIICCOOSSTTRRUUIITTIIDDAALLLL’’UUOOMMOO
�Il bambino prova interesse per gli ar-tefatti tecnologici, li esplora e sa sco-prirne funzioni e possibili usi
� L’alunno esplora e interpreta il mon-do fatto dall’uomo, individua le fun-zioni di un artefat-to e di una sempli-ce macchina, usa oggetti e strumen-ti coerentemente con le loro funzioni e ha acquisito i fondamentali prin-cipi di sicurezza
� L’alunno è in grado di descrivere e classifi-care utensili e mac-chine cogliendone le diversità in relazione al funzionamento e al tipo di energia e di controllo che richie-dono per il funziona-mento
continua nella pagina successiva
UUTTLLIIZZZZAARREE,, IINN MMOODDOOCCOONNSSAAPPEEVVOOLLEE,,SSTTRRUUMMEENNTTII EE RRIISSOORR--SSEE DDIIGGIITTAALLII
� Prova interesse per gli artefatti tecno-logici, li esplora, e sa scoprirne, fun-zioni e possibili usi
� Con la guida dell’insegnante e in collaborazione con i compagni, ma anche da solo, formula ipotesi e previsioni, osserva, registra, classifica,schematizza, iden-tifica relazioni spa-
� Conosce i principali problemi legati all’uso della scienza nel campo dello svi-luppo tecnologico ed è disposto a confron-tarsi con curiosità e interesse
zio-temporali, mi-sura, utilizza con-cetti basati su semplici relazioni con altri concetti, argomenta, dedu-ce, prospetta solu-zioni e interpreta-zioni, prevede al-ternative, ne pro-duce rappresenta-zioni grafiche
CCOOMMPPRREENNDDEERREE EEDDUUSSAARREE LLIINNGGUUAAGGGGIISSPPEECCIIFFIICCII
� Utilizza un linguag-gio appropriato per descrivere le os-servazioni e le e-sperienze
� Analizza e racconta in forma chiara ciò che ha fatto e im-parato
� Sviluppa semplici schematizzazioni, modellizzazioni, for-malizzazioni logiche e matematiche dei fatti e fenomeni, ap-plicandoli anche ad aspetti della vita quotidiana
TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE OBIETTIVI COGNITIVI
DI AREA INFANZIA PRIMARIA SECONDARIA
di primo grado
continua dalla pagina precedente
299continua nella pagina successiva
� L’alunno esamina oggetti e processi in relazione all’impatto con l’ambiente e rileva segni e simboli comunicativi ana-lizzando i prodotti commerciali
� Rileva le trasfor-mazioni di utensili e processi produt-tivi e li inquadra
� L’alunno inizia a capi-re i problemi legati al-la produzione di ener-gia e ha sviluppato sensibilità per i pro-blemi economici, eco-logici e della salute legati alle varie forme e modalità di produ-zione
nelle tappe più si-gnificative della storiadell’umanità, os-servando oggetti del passato
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FFOORRMMUULLAARREE IIPPOOTTEESSIIEE VVEERRIIFFIICCAARRNNEE LLAAVVAALLIIDDIITTAA’’
IIMMPPOOSSTTAARREEEERRIISSOOLLVVEERREE PPRROOBBLLEEMMII
� Il bambino esplora i materiali che ha a disposizione e li u-tilizza con creativi-tà.
� Formula piani di azione, individual-mente e in gruppo, e sceglie con cura materiali e stru-menti in relazione al progetto da rea-lizzare
� L’alunno realizza oggetti seguendo una definita meto-dologia progettua-le cooperando con i compagni e valu-tando il tipo di materiali in fun-zione dell’impiego
� L’alunno conosce le relazioni for-ma/funzioni/materiali attraverso esperienze personali, anche se molto semplici, di progettazione e rea-lizzazione
� E’ in grado di realizza-re un semplice pro-getto per la costruzio-ne di un oggetto co-ordinando risorse materiali e organizza-tive per raggiungere uno scopo
� Il bambino compie misurazioni me-diante semplici strumenti
� L’alunno sceglie e utilizza opportu-namente strumenti e materiali del di-segno geometrico
� L’alunno esegue la rappresentazione gra-fica in scala di pezzi meccanici o di oggetti usando il disegno tec-nicoCCOOMMPPRREENNDDEERREE EEDD
UUSSAARREE LLIINNGGUUAAGGGGII EESSTTRRUUMMEENNTTII SSPPEECCIIFFIICCII � Il bambino utilizza
un linguaggio ap-propriato per de-scrivere le osser-vazioni o le espe-rienze
� L’alunno analizza e racconta in forma chiara ciò che ha fatto e imparato
� L’alunno usa un lin-guaggio tecnico ap-propriato
UUTTLLIIZZZZAARREE,, IINN MMOODDOOCCOONNSSAAPPEEVVOOLLEE,,SSTTRRUUMMEENNTTII EERRIISSOORRSSEE DDIIGGIITTAALLII
� Il bambino esplora le possibilità offer-te dalla tecnologia per comunicare ed esprimersi attra-verso di esse
� L’alunno è in gra-do di usare le nuove tecnologie e i linguaggi multi-mediali per svilup-pare il proprio la-voro in più disci-
� L’alunno è in grado di usare le nuove tecno-logie e i linguaggi multimediali per sup-portare il proprio la-voro, avanzare ipotesi e validarle, per auto-
CORRELARE“PENSARE E FARE”CORRELARE“PENSARE E FARE”
L’alunno sceglie e utilizza opportuna-mente strumenti e materiali del disegno geometricoL’alunno analizza e racconta in forma chiara ciò che ha fatto e imparato
L’alunno analizza e rac-conta usa un linguaggio tecnico appropriato
TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE OBIETTIVI COGNITIVI
DI AREA INFANZIA INFANZIA INFANZIA
continua dalla pagina precedente
300
* Traguardi non presenti nelle Indicazioni e suggeriti dal gruppo di lavoro
Dalle Indicazioni per il Curricolo si sono potuti ricavare i seguenti Criteri metodologici:
Valorizzare conoscenze ed esperienze pregresse su cui ancorare i nuovi contenuti
Attuare interventi prestando attenzione alle singolarità e alle diversità (utilizzo della flessibilità prevista dall’autonomia)
Problematizzare i contenuti per favorire l’esplorazione e la scoperta.
Incoraggiare l’apprendimento collaborativo
Promuovere consapevolezza sul proprio modo di apprendere (l’alunno deve poter capire il compito assegnatogli, valutarne le difficoltà, stimare le proprie capacità e verificare gli esiti del suo lavoro)
Uso della didattica laboratoriale (pensare - realizzare - valutare)
•
•
•
•
•
•
pline, per presen-tarne i risultati e anche per poten-ziare le proprie capacità comuni-cative
� Utilizza strumenti informatici e di comunicazione in situazioni significa-tive di gioco e di relazione con gli altri
valutarsi e per pre-sentare i risultati del lavoro
� Ricerca informazioni ed è in grado di sele-zionarle e di sintetiz-zarle, sviluppa le pro-prie idee utilizzando le TIC ed è in grado di condividerle con gli al-tri
TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE OBIETTIVI COGNITIVI
DI AREA INFANZIA INFANZIA INFANZIA
continua dalla pagina precedente
301
Infine uno sguardo alla Valutazione.
VALUTAZIONE AUTOVALUTAZIONE
� Preminente funzione formativa � Funzione diagnostica delle azioni � da intraprendere � Funzione regolativa del processo
di insegnamento/apprendimento � Bilancio critico a conclusione del
percorso
CCRRIITTEERRII ee SSTTRRUUMMEENNTTII elaborati dal CCOOLLLLEEGGIIOO
RREESSPPOONNSSAABBIILLIITTAA’’ ee CCUURRAA ddeellllaaDDOOCCUUMMEENNTTAAZZIIOONNEE affidati al DDOOCCEENNTTEE
� Modalità riflessive � Rendicontazione sociale anche ri-
spetto a parametri esterni
INVALSI
303
Curricolo dell’Area storico-geografica
A cura di Mimma Tamburiello
C.R.S.P. Istituto Tecnico Commerciale “Colamonico” - Acquaviva delle Fonti
1. Percorso di lavoro svolto
Lettura comune delle indicazioni per il curricolo e riflessioni sulla cornice pedagogico-culturaleElaborazione di mappe relative all’area storico-geografica e alle due discipli-ne che la costituisconoAnalisi dei traguardi per lo sviluppo delle competenze e classificazione di essi secondo le competenze chiave europee (Raccomandazione del Consiglio d’Europa del dicembre 2006)Messa a fuoco dei criteri che devono guidare la selezione dei contenuti di un curricolo ed elaborazione di alcune fasi di un curricolo integratoScansione in verticale di due obiettivi di apprendimento, uno per la storia e l’altro per la geografiaRiflessione su compiti complessi, su rubriche di valutazione e sul concetto di competenza
2. Cosa deve contenere un curricolo di area?
Delineazione degli indicatori di formatività dell’area interessata (oggetto di studio, metodi, linguaggi, interconnessioni, ecc)Esplicitazione delle caratteristiche delle discipline che afferiscono all’area (mappe)Riflessione sui traguardi per lo sviluppo delle competenze disciplinari e com-parazione con le competenze chiave della Comunità europea(dicembre 2006) e con quelle della normativa sull’obbligo scolastico (2007)Analisi degli obiettivi disciplinariDefinizione dei criteri di scelta dei contenuti e dei concetti disciplinari o integrati(fonti:mappa delle discipline, suggerimenti degli studiosi, ecc)Individuazione di criteri di progressioneDefinizione di criteri di connessione interdisciplinarePrecisazione dei criteri metodologici-didatticiEventuali indicazioni in merito agli aspetti organizzativi (uso del 20%)Esplicitazione delle modalità e dei tempi di verifica e valutazione
1.
2.
3.
4.
5.
6.
1.
2.
3.
4.5.
6.7.8.9.10.
I
304
3. Area storico-geografica: interconnessioni interne ed esterne
3.1. Campo di studio: studio delle società umane
nello spazio nel tempo
3. 2. Collegamenti tra le due discipline
3. 3. Continuità tra primaria e secondaria
3. 4. Articolazione interna:
temi relativi agli studi sociali per consentire anche ai docenti della scuola primaria.
a) di costruire percorsi strutturati su questioni della modernità e della contem-poraneità, socialmente vive e spazialmente differenziate
quindiapertura costante al mondo attuale
perché uno degli obiettivi dell’area è sviluppare competenze relative alla cittadinanza attiva
Es.-comprensione del significato delle regole per la convivenza e della necessità di rispettarle-conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione e dei principali aspetti dell’ordinamento dello Stato-conoscenza dei diritti della persona-consapevolezza di far parte di una comunità territoriale organizzata a garan-zia dei diritti delle persone
b) di stabilire un legame col mondo antico attraverso lo studio del patrimonio storico artistico culturale
“La Scuola secondaria può utilizzare il patrimonio di cui prima per riprendere momenti di preistoria e storia antica”
•
305
3. 5. collegamenti con altre disciplineAttraverso i linguaggi comuni: verbali/numerici/artistici
+ linguaggio della geograficità
“espressione grafica dell’intelligenza visivo-spaziale” grafici/modelli che si rivelano più utili
Per la descrizione e l’interpretazione dei sistemi territoriali e dei fenomeni storico sociali
3. 6. Processo di apprendimento.Coinvolgente / che spinga ad interrogarsi / questioni di attualità / Conoscenze significative
punto di partenza e di arrivo: sapere ed esperienze degli alunni
3. 7. processo di insegnamento fondato su strumentari diversificatiManuali / fonti diverse / atlanti / testi storici divulgativi e scientifici / media e ipermedia / ambiente / territorio / patrimonio artistico e storico
strategie di insegnamento: lezione + laboratorio (tradizione più recente ma già ricca di esempi e buone pratiche)
3. 8. finalità di tali modalità di insegnamento:
a) apprezzare il valore e i prodotti del lavoro scientifico professionaleb) comprendere attraverso la conoscenza della storia da quella nazionale a quella mondiale, questioni della vita sociale odierna.
3A. Riflessioni sul concetto di competenza
Competenza:A. E’ costituita da
conoscenze esperite e concettualizzate (contenuti, teorie, concetti,ecc)abilità specifiche e trasversali (es. strategie di apprendimento che attengo-no all’area metacognitiva)creativitàatteggiamenti appropriati al contesto(educazione alla cittadinanza:visione ecologica del concetto)
1.2.
3.4.
306
B. è adatta al contesto (in senso spaziale e temporale) in cui si esercita
C. è finalizzata alla risoluzione di compiti complessi e nuovi e quindi alla produ-zione di nuove conoscenze
Definizione condivisa: le competenze sono la combinazione di conoscenze, abi-lità specifiche e trasversali, atteggiamenti appropriati al contesto che consentono di affrontare e risolvere in maniera creativa compiti complessi e nuovi e di pro-durre, perciò, nuove conoscenze
Analisi dei traguardi per lo sviluppo delle competenze (per condividere lessico e concetti)
Categoriegenerali
Traguardi Scuola primaria ( 5^) Traguardi scuola secondaria (3^ media)
Conoscenze 1. Conosce elementi significativi del passato del suo ambiente di vita
2. Conosce aspetti fondamentali della preistoria, protostoria, storia antica
3. Conosce le società studiate (greca e romana)
1. Conosce i momenti fondamentali della storia italiana dal Medioevo alla Repubblica 2. Conosce i processi fondamentali della storia europea dal Medioevo ad oggi3. Conosce i processi fondamentali della storia mondiale(dalla civilizzazione neolitica alla globalizzazione) 4. Conosce gli aspetti essenziali della storia del suo ambiente 5. Conosce aspetti del patrimonio culturale italiano e dell’umanità
Abilità 1. Individua relazioni tra gruppi umani e contesti spaziali
2. Usa la linea del tempo per collocare un fatto o un periodo
3. Organizza le conoscenze tematizzando e usando semplici categorie(alimentazione, difesa, cultura)
1.Comprende testi storici
2.Ricava informazioni storiche da fonti diverse e le organizza in testi
3.Espone operando collegamenti e argomenta
continua nella pagina successiva
307
8. Riconosce le tracce storiche presenti sul territorio
Atteggiamenti 1. Comprende l’importanza del patrimonio artistico-culturale
1. Ha incrementato lacuriosità per la conoscenza del passato
2. Si informa in modo autonomo su fatti e problemi storici
3. Apprezza aspetti del patrimonio culturale italiano e dell’umanità
Imparare ad imparare
1. Ha elaborato un personale metodo di studio
Competenza Usa conoscenze e abilitàper orientarsi nel presente, comprendere opinioni e culture diverse, capire i problemi fondamentali del mondo contemporaneo
4. Produce testi storici semplici e comprende i testi storici proposti
5. Sa usare carte geo-storiche
6. Comincia ad usare strumenti informatici
7. Sa raccontare i fatti
Categoriegenerali
Traguardi Scuola primaria ( 5^) Traguardi scuola secondaria (3^ media)
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308
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311
Competenze europee
Classificazione dei traguardi 5^classe scuola
primaria
Classificazione dei traguardi 3^classe scuola secondaria di
primo grado Competenze in lingua madre
1. Organizza le conoscenze tematizzando e usando semplici categorie(alimentazione, difesa, cultura) 2. Produce testi storici semplici e comprende testi storici proposti 3. Sa raccontare i fatti
1. Comprende testi storici 2. Ricava informazioni storiche da fonti diverse e le organizza in testi 3. Espone operando collegamenti e argomenta
Competenze digitali
1. Comincia ad usarestrumenti informatici
Competenze civiche e sociali (si ricavano dalle mappe disciplinari e di area)
1. E’ aperto verso gli altri 2. E’ solidale 3. Comprende e rispetta diversi punti di vista 4. Rispetta regole di comportamento condivise in un contesto 5. Conosce i documenti costituzionali, l’organizzazione dello stato e i documenti sui diritti elaborati a livello internazionale 6. Comprende l’importanza del patrimonio artistico-culturale
1. Ha incrementato la curiosità per la conoscenza del passato 2. Deve sviluppare dialogo critico e costruttivo e volontà di interagire con gli altri 3. Apprezza aspetti del patrimonio culturale italiano e dell’umanità + quanto detto per la scuola primaria
Imparare ad imparare
1. Conosce le proprie strategie di apprendimento 2. Conosce i propri punti di forza e di debolezza 3. Persevera nell’apprendimento 4. Mostra motivazione e fiducia 5. Organizza le conoscenze
1. Si informa in modo autonomo su fatti e problemi storici 2. Ha elaborato un personale metodo di studio 3. Organizza le conoscenze + quanto detto per la scuola primaria
Senso di iniziativa e di imprenditorialità
1. Pianifica e gestisce progetti da solo o insieme ad altri per raggiungere obiettivi prefissati
Idem
Consapevolezza ed espressione culturale
1. Conosce il patrimonio storico- culturale 2. Comprende l’importanza del patrimonio artistico-culturale
1. Conosce il patrimonio storico- culturale 2. Apprezza aspetti del patrimonio culturale italiano e dell’umanità
Classificazione dei traguardi per lo sviluppo delle competenze secondo le competenze chiave presentate nella Raccomandazione del Consiglio d’Europa (18 dicembre 2006)1
1. La scheda va integrata con quanto affermato nell’area storico-geografica e nella cornice iniziale
312
Fine primaria fine 3^ media 1. Si orienta nello spazio circostante e sulle carte geografiche(riferimenti topologici, punti cardinali, coordinate geografiche)
1. Osserva, legge, analizza sistemi territoriali vicini e lontani
2. Si rende conto che lo spazio geografico è un sistema territoriale costituito da elementi fisici e umani, con legami di connessione e di interdipendenza
2. Utilizza concetti geografici (ubicazione, localizzazione, regione, paesaggio, ambiente, territorio, sistema antropofisico, carte geografiche, foto satellitari, grafici, dati statistici)
3. Individua conosce e descrive gli elementi caratterizzanti dei diversi paesaggi (vulcanico, di montagna, collinare ecc.) soprattutto quelli italiani
3. Localizza e conosce monti fiumi laghi città porti dell’Europa e del mondo
4. Sa localizzare i principali oggetti geo-fisici (monti, fiumi, laghi, ecc.) e antropici (città porti, aeroporti, infrastrutture) dell’Italia
4. Elabora carte mentali, sa agire e muoversi concretamente
5. Utilizza il linguaggi della geograficità per interpretare carte geografiche e per schizzi cartografici e carte tematiche
5. Conosce diversi contesti aprendosi al confronto e superando stereotipi
6. Ricava informazioni da una pluralità di fonti (artistico-letterarie, geografiche, satelliti, foto, ecc.)
6. Riconosce nel paesaggio gli elementi fisici significativi e le emergenze storiche, artistiche, architettoniche come patrimonio da tutelare e valorizzare 7. Valutare gli effetti delle decisioni e delle azioni degli uomini sui sistemi territoriali
3C. Geografia: Traguardi per lo sviluppo delle competenze
313
3D. Traguardi per lo sviluppo delle competenze in geografia classificati secon-do conoscenze, abilità, atteggiamenti
Parametri Generali Scuola primaria Scuola secondaria 1^ Grado
1.Conoscenze 1. conosce gli elementi caratterizzanti dei diversi paesaggi (vulcanico, di montagna, collinare ecc) soprattutto quelli italiani
1.conosce monti, fiumi, laghi, città, porti dell’Europa e del mondo
2.conosce diversi contesti aprendosi al confronto e superando stereotipi
3.possiede concetti geografici (ubicazione, localizzazione, regione, paesaggio, ambiente, territorio, sistema antropofisico carte geografiche, foto satellitari, grafici, dati statistici)
2.Abilità 1.si orienta nello spazio circostante e sulle carte geografiche (riferimenti topologici, punti cardinali, coordinate geografiche) 2.individua e descrive gli elementi caratterizzanti dei diversi paesaggi (vulcanico, di montagna, collinare ecc) soprattutto quelli italiani 3.sa localizzare i principali oggetti geo-fisici(monti, fiumi, laghi, ecc) e antropici ( città porti, aeroporti, infrastrutture,) dell’Italia4.utilizza il linguaggio della geograficità per interpretare carte geografiche e per tracciare schizzi cartografici e carte
1.osserva, legge, analizza sistemi territoriali vicini e lontani 2.utilizza concetti geografici (ubicazione, localizzazione, regione, paesaggio, ambiente, territorio, sistema antropofisico, carte geografiche, foto satellitari, grafici, dati statistici) 3.localizza monti fiumi laghi città porti dell’Europa e del mondo 4.elabora carte mentali, sa agire e muoversi concretamente 5.riconosce nel paesaggio gli elementi fisici significativi e le emergenze storiche, artistiche, architettoniche come patrimonio da tutelare e valorizzare
314
4. Peculiarità della Storia
4.1. Obiettivo: comprendere e spiegare il passato dell’uomo attraverso testimo-nianze e analisi di resti
Conoscenza storica si fonda su:- confronto tra punti di vista- uso di approcci metodologici diversi (storico, archeologico, geografico ecc)
4.2. Funzione dell’Apprendimento della storia: contribuire all’educazione ci-vica della nazione
infatti:consente di approfondire processo di formazione della storia italiana, europea e mondiale favorisce la comprensione della memoria e del patrimonio storico nazionalepromuove un abito critico (capacità di interpretare le fonti e le conoscenze acquisite)
Pericoli attuali:Strumentalizzare la storia e farne un uso improprio (es. temi della memoria, della identità, delle radici)vedere la storia come luogo di rappresentanza di identità diverse, la disciplina deve ragionare sulle diversità dei gruppi umani che hanno popolato la terra, a partire dall’unità del genere umano
Si favorisce in tal modo, il dialogo tra le diverse componenti della società (multietnica e multiculturale) e, quindi, apre il confronto sui temi dell’identità e delle diversità culturali
Infatti il rimescolamento dei popoli risale ai tempi più antichi: sempre esistito rapporto tra Mediterraneo e popolazioni dei vari continenti.
Conoscenze:
Secondaria:dal medioevo ai giorni nostriformazione degli stati nel 1800formazione dello stato italiano
Passato e presente sempre nel curricolo
1.
2.3.
1.
2.
315
Il mondo contemporaneo in terza: Europa / repubblica italiana / guerre mon-diali / fascismo / decolonizzazione / globalizzazione
La storia è complessa perché:diversi sono i soggetti che la costituiscono (censo, gruppi sociali, cultura ma-teriale, religioni, stati, l’uomo opera intenzionalmentemolteplici sono i punti di vista e le scale da cui si possono ricostruire i fatti
La Didattica plurale si fonda su strategie diverse e suggerisce per la storia:confronto di societàanalisi di fatti di grande ampiezza temporale e geograficaesami di biografiestudio di eventi epocalilavoro sulla cronologia (scale temporali e spaziali diverse)
Strumenti:libroOsservazione diretta (castello, piazza, fabbrica, chiesa ecc)
Indicazioni metodologiche per l’insegnante:formulazione di un percorso ben articolato e progressivo nelle attività e nelle
conoscenze con distribuzione dei compiti di apprendimento.
4A. Criteri guida per la scelta dei contenuti curricolari (ricavati dalle Indica-zioni per il curricolo)
Il curricolo nasce dalla interrogazione consapevole di:conoscenze:a. questioni di attualitàb. conoscenze significative atte a promuovere abilità fondamentalic. temi legati agli studi sociali( regole per la convivenza ,conoscenza dei prin-
cipi fondamentali della Costituzione e dei principali aspetti dell’ordinamento dello Stato, conoscenza dei diritti della persona), all’intercultura, all’ecologia
d. conoscenza del patrimonio culturale, artistico, naturale nazionale e mondialee. scale diverse di analisi sul piano spaziale e temporale(locale, nazionale, euro-
peo, mondiale)f. contenuti scelti all’interno delle proposte avanzate dalla normativa
1.
2.3.
1.2.3.4.5.
316
1. Primo triennio della scuola primariaformulazione dei concetti di base del ragionamento storicoaspetti di storia localestorie lontane nel tempo e nello spazio (dalla preistoria ad oggi) più adatti ai livelli dei ragazzi
2. Ultimo biennio della scuola primaria: conoscenza sistematica e diacronicaSocietà preistoriche( aspetti sociali,culturali, materiali)Società protostoricheMondo antico
3. Scuola secondaria di Primo grado : Classi 1^ e 2^: dalla caduta dell’impero romano al 1800Classi 3^: il 1900 Aspetti significativi della storia italianaProcessi significativi della storia mondiale ed europeaStoria dell’ambiente
g. confronto di società e spazih. processi per fatti di grande ampiezza temporale e spaziale e momenti signifi-
cativi per la storia italianai. biografiel. problematizzazione m. concetti fondanti da sviluppare secondo le proposte degli storici
EsempioProposta del prof. Brusa: 5 concetti per programmare tra scuola primaria e scuola secondaria di primo grado
concetto di nicchia ecologica (rapporto uomo -ambiente)concetto di centro-periferia (organizzazione degli spazi in funzione degli interessi economici e politici e loro gerarchizzazione)concetto di città (funzionale, strutturale ecc)concetto di imperoconcetto di stato
I concetti servono per scegliere i contenuti
Livelli di analisi storico-geograficadescrizioneinterpretazione dei sistemi territoriali e dei fenomeni storico socialiprogettazione (reale o virtuale)
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317
Finalità generali dell’areapromuovere lo sviluppo di identità consapevoli e apertepromuovere la ricerca di senso e l’attribuzione di significatipromuovere la capacità di apprendere e di essere,di vivere e conviverepromuovere la capacità di costruire e innovare il futuropromuovere il nuovo umanesimo e la consapevolezza delle condizioni del-l’uomo planetariopromuovere le grandi domande e il senso moralecostruire strumenti di comunicazione e di interpretazione del mondo, padro-nanze disciplinari e competenze trasversalisviluppare capacità di ragionamento critico
Finalità dell’areaapprezzare il valore e i prodotti del lavoro scientifico professionalecomprendere attraverso la conoscenza della storia e dalla geografia, da quella nazionale a quella mondiale, questioni della vita sociale odiernacontribuire all’educazione civica della nazionefavorire il dialogo tra le diverse componenti della società(multietnica e multi-culturale)dare il senso dello spazio accanto a quello del tempoabituare all’osservazione da più punti di vistarispettare il patrimonio culturale progettare azioni di salvaguardia e recupero del patrimonio naturale (bene cultu-rale)educare all’ambiente e allo sviluppo sostenibileformare cittadini del mondo consapevoli: autonomi, responsabili, critici
Strategie- laboratoriali (lavoro con le fonti e con i documenti, produzione di testi, pro-cedura del lavoro storico da più punti di vista, per es. archeologico, geografico, ecc) per:a. cogliere relazionib. confrontare quadri di civiltàc. problematizzared. sviluppare il concetto di tempo (durata, successione, anteriorità, sistemi di
misurazione, ecc)e. maturare il possesso di più strumenti di organizzazione delle informazioni
(grafici, schemi, mappe, ecc) come competenza passiva e attivaCooperativeCentrate su compitiCentrate su contesti
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•••
318
Coinvolgenti / che spingano ad interrogarsi /Costruttiviste (preconoscenze , mapping,transfer e generalizzazione, metacognizione)fondate sull’osservazione diretta e indiretta di un territorioradicate sul metodo scientificobasate sull’analisi del manuale dal punto di vista contenutistico e lingui-sticobasate anche su molteplici fonti e documentifinalizzate a costruire: il metodo di studio, la metacognizione, conoscenze e concetti.
Interdisciplinarità:A. I temi (le società umane) e i concetti
A1. Raccordi con scienze e tecnica:riciclaggio e smaltimento rifiutiLotta all’inquinamentoForme di Energia rinnovabiliTutela della biodiversitàSviluppo sostenibile/etica ecologica
A2. Concetto di nicchia ecologica con scienzeB. I linguaggi comuni (verbali / numerici / artistici + linguaggio della geografi-
cità) Arte /musica / italiano scienze motorie ecc.reportage/argomentazioni ,narrazioni, descrizioni / patrimonio storico e culturale / grafici ecc.orienteering
C. Abilità specifiche
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319
Ultimo anno Scuola dell’infanzia Campi di esperienza Concetti mediatori Spazio vicino
1.conoscenza della famiglia: albero genealogico (fino ai nonni)
Concetti di:famiglia,regole, funzione, rapporti sociali e familiari, sentimenti, mappe e percorsi
1.I luoghi della famiglia: casa, lavoro dei genitori,la mappa della casa, la funzione degli ambienti, percorsi nello spazio (casa-scuola)
2. storia personale :ricostruzione attraverso documenti,testimonianze e giochi di momenti fondamentali
Concetti di:spazio e tempo(ieri oggi domani, passato/ presente/ futuro)organizzazione,relazione di causa-effetto, funzione di alcuni elementi, le regole, collaborazione, potere,misura del tempo, confronto tra le storie o esperienze,ecc
2.Esco da casa:i luoghi del divertimento, delle relazioni,del riposo (sport, chiesa, vacanze, parco,palazzi del potere,Ecc)Confronto tra ambienti Le regole di funzionamento di un luogo collettivo
3.ambiente naturale Concetti di:vivente-non vivente, vegetale, animale, fenomeni atmosferici relazioni
3.esplorazione di un ambiente naturale(parco, orto giardino) e osservazione dei fenomeni atmosferici
Primo anno Scuola Primaria Percorso per la costruzione
dei concetti storici Concetti mediatori Percorso per la costruzione
dei concetti geografici 1.Momenti di storia personale:vacanze, scuola,passato personale ecc e confronto tra le diverse esperienze
Concetti topologici e temporali :prima, dopo, adesso; contemporaneità,successione, durata(breve, lunga) dentro, fuori ,destra sinistra,sopra-sotto,stagioni,mesi anni giorno mattino tempo ciclico calendario disegni schizzi carte mentali mappe
1.Spazi della vita personale e familiare : l’oggi e analisi dei cambiamenti realizzatesi nel tempo
2.ricostruzione di fatti del presente e del passato prossimo:storie narrate (di una giornata, di una settimana,di un mese, di un anno,ecc)
Concetti di: tempo, di ambiente naturale e artificiale
2.Riconoscimento dei luoghi descritti oralmente e attraversoimmagini(ambienti naturali e artificiali) e esplorati direttamente(bosco, giardino ecc)
3.riconoscimento delle stagioni
Concetti di:tempo, trasformazione, di pianta, di foglie di relazione ecc.
3.osservazione e descrizione di piante, cielo, ecc
4B. Curicolo integrato: una ipotesi possibile
320
Classe 5^ Scuola Primaria Storia Concetti mediatori Geografia
1.Le civiltà pre-romane (la civiltà delle terramare, Sardi, Latini,Etruschi ecc): miti, leggende e organizzazione politica, sociale, militare, economica,ecc
Concetti di: regione territorio ambiente città stato risorse Carta geografica organizzazione politica sociale ecc. nicchia ecologica
1.L’Italia in generale(confini, posizione in Europa, estensione, forme immaginarie della nazione e delle regioni Le regioni - mari monti pianure fiumi laghi vulcani -Ambienti e loro attrattività e repulsività -posizione relativa - Carte mentali -Carte fisiche e politiche
2.Monte Sannace: le popolazioni dell’antica Puglia E la colonizzazione greca(vita quotidiana, aspetti sociali, politici, tradizioni, ecc
Concetti di: regione fisica e amministrativa, di nazione, risorse,nicchia ecologica, organizzazione del territorio, scambi commerciali sito archeologico necropoli ecc
Le regioni dell’Italia La Puglia e le subregioni (regioni amministrative e fisiche)Geologia e fiumi Lettura dei paesaggi Le altre regioni meridionali Ambienti protetti Strade/portiMonumenti e cultura Le attività economiche
3.La fondazione di Roma e l’organizzazione della vita quotidiana(famiglia, scuola, infrastrutture, religione, attivitàeconomiche,monumenti ecc) in età repubblicana
Concetti di:Ambiente clima uso delle risorse città stato trasformazione del territorio Fiume
Il Lazio:ambienti clima Vita quotidiana della città Centro storico e periferia I problemi della vita in città Inquinamento Le città d’Italia e la loro funzione (i luoghi religiosi, di vacanza, i luoghi del lavoro ecc)Fiumi e loro descrizione Le attività economiche Localizzazione di città capoluogo di regione e di provincia Tradizioni e monumenti famosi delle diverse regioni
4.L’impero a Roma e in altri continenti (la Cina degli Han, l’impero Kushana, ecc)
Concetti di:Suddito, politica, cittadino,centro-periferia, province, cultura, monumenti
4.Organizzazione politica dell’Italia -Diritti dei cittadini -distribuzione della popolazione e densità -migrazioni Le tradizioni locali Servizi garantiti dallo Stato -monumenti
* Questo curricolo trascura l’insegnamento della Grecia e del Cristianesimo(al docente di religione)
(affidato in molte scuole
321
Curricolo integrato 1^ anno della scuola secondaria di Primo grado Curricolo di Storia Concetti mediatori Curricolo di Geografia 1.La trasformazione del mondo occidentale (Vichinghi, Barbari,arabi)
Attrattività o meno di un territorio, paesaggio, ambiente, organizzazione sociale, politica, culturale di un territorio, ecc.
A. Morfologia, confini,nazioni, climi idrografia dell’Europa B. distribuzione della popolazione C. le religioni e le lingue D. le immigrazioni ieri e oggi
2.Le trasformazioni nei diversi settori economici dopo la caduta dell’impero romano d’Occidente e nel 1300(economia mondo)
Confronto tra agricoltura, commercio,artigianato, miniere ecc tecnologia nei periodi individuati. Concetti di :settori economici Delocalizzazione, materia prima, prodotto finito, telecomunicazioni, mezzi di trasporto, ruoli sociali, risorse energetiche, peste, sviluppo e crisi, ciclo, ecc.
A. Le attività economiche oggi in Europa e in Italia B. Le nuove tecnologie e le risorse energetiche C. Le leggi sul lavoro D. La tutela dell’ambiente E. La disparità tra cittadini nell’accesso al lavoro(donne, bambini, ecc) F. I nuovi centri commerciali G. Gli indicatori economici
3.Le trasformazioni in campo politico
Concetti di :istituzione, feudo, vassallo, impero, regno, potere spirituale e temporale, comune, signoria, stato regionale, monarchie territoriali ecc.
A. Le diverse forme di governo in Europa B. Confini , stati e spazi sovranazionali C. Diritti e doveri dei cittadini D. Le radici storiche dell’Europa E. Le istituzioni europee F. I costruttori dell’Europa
4. La vita quotidiana nel Medioevo in città e in campagna (dimensione sociale e urbanistica) Tra 5^ sec d.C. e 1400
Concetti di:castello,comune, cultura, lavoro, casa, edifici pubblici, ruoli privati e sociali, cattedrale , broletto, città ideali, ecc
A. I livelli di istruzione B. L’urbanizzazione C. Il centro storico e le periferie D. I beni storico-culturali E. I luoghi della città(musei, teatri, servizi, ecc) F. I nuovi progetti urbani G. I problemi della vita in una grande città H. Gli indicatori sociali i. Il cyberspazio
5. Confronto tra Europa e mondo(Mongoli, Maya, Africa) sul piano politico, sociale, economico ecc.
Concetti di separatezza e incontro( Permanenze e mutamenti)
A. Le rotte, le carovane, i pirati del Medioevo B. La rappresentazione del mondo dal punto di vista cartografico nel passato ed oggi C. Gli stereotipi sugli altri D. Il patrimonio culturale, ambientale ecc.
322
Quinto anno Scuola Primria Curricolo di storia Concetti mediatori Curricolo di Geografia 1.La fondazione delle città stato in Grecia da un punto di vista geografico, storico , archeologico e mitologico
Concetto di nicchia ecologica Fattori di localizzazione, paesaggio, ambiente, clima, risorse posizione relativa ecc
A. I paesi che si affacciano sul mediterraneo B. Le regioni dell’Italia e della Grecia C. L’ubicazione delle principali città nei diversi paesi(gli insediamenti urbani) e i fattori di localizzazione D. L’ambiente mediterraneo E. La morfologia e l’idrografia Il clima F. Lettura di paesaggi G. le dimensioni delle città oggi
2.la vita quotidiana in una polis(Megara, Cartagine, per es. per esempio :religione, famiglia, attività lavorative, attività sportive, l’educazione, l’arte,ecc)
Concetto di città: organizzazione degli spazi in funzione delle attività Modificazione del territorio Organizzazione sociale Rappresentazione dello spazio
A..Le diverse forme di rappresentazione dello spazio(carte geografiche e mentali, disegni, schizzi, foto ecc) B. Uso delle risorse del territorioC. Interventi dell’uomo sull’ambiente e misure di protezione della natura
3.Le colonizzazioni Concetto di centro- periferia (organizzazione degli spazi in funzione degli scambi commerciali e culturali) Bene, materia prima, prodotto finito, rapporti con gli altri, ecc.
A. Settori economici e paesaggi B. Commerci C. Le vie di comunicazione e i mezzi di trasporto D. Flussi migratori
4.Atene e Roma: :il processo di differenziazione tra alcune poleis
Concetto di stato: Indicatori sociali, culturali e politico-istituzionali(repubblica democrazia oligarchia suddito, cittadino, tiranno ecc)
A..Le forme di governo nazionali e locali B. I diritti e i doveri dei cittadini C. Gli organismi a protezione dei bambini e delle persone in genere
5.L’affermazione degli imperi in Europa e in Asia(Roma, Macedonia , Persia, Cina e India)
Concetto di impero: suddito regno tasse esercito integrazione culturale L’arte per il consenso
A. Le capitali e i capoluoghi B. Le funzioni di una città C. I problemi della vita in cittàD. Distribuzione della popolazione E. Patrimonio culturale
6. Il Cristianesimo Concetti di religione, Dio, monoteismo, politeismo, ebraismo, induismo, confucianesimo,ecc.
A. I luoghi di culto B. La libertà religiosa C. Le minoranze religiose D. Dalle guerre di religione all’ecumenismo
4C. Curricolo integrato - altra ipotesi di lavoro
323
5. Scansione di due obiettivi di apprendimento in verticale, curandone la progressione
1. Oggetto di studio:umanizzazione del nostro pianetaprocessi attivati dalla collettività nelle sue relazioni con la natura
Dall’ambiente alla costruzione del territorio attraverso il tempoDimensione diacronica
2. Geografia attenta al presente: (analisi di vari spazi negli aspetti demografici, socio-culturali, economici)
3. Punto di partenza: primi anni scuola primaria:approccio senso percettivo all’ambiente circostanteesplorazione consapevole del contestocollegamento con scienze motorie costruzione della propria geografia (percezione degli spazi vissuti e lontani)aiuto da parte dei genitori insegnanti
Ultimi anni scuola primaria e triennio della secondaria:sviluppo della dimensione sistematica della disciplina
4. CollegamentiRaccordi con scienze e tecnica:
riciclaggio e smaltimento rifiutilotta all’inquinamentoforme di energie rinnovabilitutela della biodiversità
Risultato: educazione all’ambiente e allo sviluppo sostenibile
5. Finalità:dare il senso dello spazio accanto a quello del tempofavorire il confronto locale-mondialecomparare spazi, letti attraverso scale e strumenti diversi (carte geografiche, fotografie aeree, immagini da satellite)abituare all’osservazione da più punti di vista
••••
1.2.3.
4.
324
Scuola primaria terza Scuola primaria : quinta Terza media 1.individuare le tracce e usarle come fonti per passato personale, familiare, comunità di appartenenza
1.ricavare da documenti diversi informazioni per comprendere un fenomeno
1.usare fonti diverse (documentarie, iconografiche, narrative, materiali, orali, ecc.) per ricavare conoscenze su temi specifici
2.ricavare da fonti diverse conoscenze semplici su momenti del passato locali e non
2.rappresentare in un quadro storico-sociale il sistema di relazioni tra i segni e le testimonianze del passato presenti sul territorio vissuto
2.conoscere procedure e tecniche di lavoro dell’archeologo, delle biblioteche, degli archivi
rispettare il patrimonio culturale (legame con storia e scienze sociali)progettare azioni di salvaguardia e recupero del patrimonio naturale (bene cul-turale)
Formare cittadini del mondo consapevoli, autonomi, responsabili e critici che sappiano convivere con il loro ambiente e modificarlo in modo creativo e sostenibile (etica solidale)
5A. Testo normativo - Obiettivi di Storia:1. Ordine diverso nel primo triennio della scuola primaria
A. Organizzazione delle informazioni B. Uso dei documentiC. Strumenti concettuali e conoscenzeD. Produzione
2. nel secondo biennio della primaria e nella secondariaA. Uso dei documentiB. Organizzazione delle informazioniC. Strumenti concettuali e conoscenzeD. Produzione
Sono al massimo 4 (di solito due)
Uso dei documenti
5.6.
325
Scuola primaria: terza Scuola primaria quinta Terza media 1.Rappresentare graficamente e verbalmente le attività, i fatti vissuti e narrati
1.confrontare i quadri storici delle civiltà studiate
1.formulare problemi sulla base delle informazioni
2.definire le durate temporali 2.usare cronologie e carte storico-geografiche per rappresentare le conoscenze studiate
2.costruire grafici e mappe spazio-temporali
3.conoscere la funzione e l’uso degli strumenti per la misurazione del tempo
3.collocare la storia locale in relazione con la storia italiana europea mondiale
4.conoscere le relazioni di successione, contemporaneità, cicli temporali, mutamenti, permanenze, in esperienze e fenomeni vissuti e narrati
Organizzazione delle informazioni
Strumenti concettuali e conoscenzeScuola primaria Terza Scuola primaria quinta Terza
1.avvio dei concetti fondamentali (famiglia, gruppo, regole, agricoltura, ambiente, produzione, ecc)
1.usare la cronologia del mondo occidentale(prima e dopo C.) e altri sistemi cronologici
1.selezionare, schedare e organizzare in mappe, schemi, tabelle, grafici le informazioni
2.organizzazione delle conoscenze in quadri sociali significativi (vita sociale, politico-istituzionale, economica, artistica, religiosa, ecc)
2.elaborare rappresentazioni sintetiche delle società studiateCon in evidenza le relazioni
2.conoscere aspetti e strutture dei momenti storici studiati
3.individuare analogie e differenze tra quadri storico- sociali diversi lontani nel tempo e nello spazio (uomini preistorici e società di caccia e pesca oggi)
3.conoscere il patrimonio culturale collegato con i temi studiati
4.usare le conoscenze per comprendere problemi ecologici, interculturali, e di convivenza sociale
326
Produzione
5B. Testo normativo - orientamento
Obiettivi di geografia
Carte mentali
Scuola primaria terza Scuola primaria quinta Terza media 1.rappresentare conoscenze e concetti con grafismi, racconti orali, disegni
1.confrontare le società studiate anche col presente
1.produrre testi utilizzando conoscenzeselezionate e schedate da fonti diverse
2.ricavare e produrre informazioni da grafici, tabelle, carte, iconografia
3.consultare testi diversi, manualistici e non
4.elaborare in forma di racconto(orale e scritto) gli argomenti studiati
Scuola Primaria: Classe terza
Scuola Primaria: Classe Quinta
Scuola secondaria di primo grado:
Classe Terza 1.muoversiconsapevolmente nello spazio circostante sapendosi orientare attraverso punti di riferimento e utilizzando organizzatori topologici(sotto, sopra, avanti, dietro, sinistra, destra, ecc)
1.orientarsi nello spazio e sulle carte utilizzando la bussola e i punti cardinali
Scuola Primaria: Classe terza
Scuola Primaria: Classe Quinta
Scuola secondaria di primo grado:
Classe Terza 1.acquisire la consapevolezza di muoversi e di orientarsi nello spazio grazie alle proprie carte mentali,che si strutturano e si ampliano man mano che si esplora lo spazio circostante
1.estendere le proprie carte mentali al territorio italiano e a spazi più lontani, attraverso gli strumenti dell’osservazione indiretta (filmati e foto, documenti cartografici e immagini da satelliti, ecc)
1.arricchire e organizzare in modo significativo la carta mentale dell’ambiente vicino, della regione amministrativa di appartenenza, dell’Italia, dell’Europa e del mondo
327
Linguaggio della geograficità
Paesaggio
Regione
Scuola Primaria: Classe terza
Scuola Primaria: Classe Quinta
Scuola secondaria di primo grado:
Classe Terza 1.rappresentare in prospettiva verticale oggetti e ambienti noti (pianta dell’aula, di una stanza della propria casa, del cortile della scuola, ecc) e rappresentare percorsi esperiti nello spazio circostante 2.leggere e interpretare la pianta dello spazio vicino, basandosi su punti di riferimento fissi
1.analizzare fatti e fenomeni locali e globali interpretando carte geografiche a diversa scala, carte tematiche, grafici, immagini da satellite2.localizzare sulla carta dell’Italia la posizione delle regioni fisiche e amministrative
1.leggere e interpretare tutti i tipi di carte(dalle topografiche al planisfero) utilizzandoconsapevolmente punti cardinali, scale e coordinate geografiche simbologia 2.leggere e comunicare consapevolmente in relazione al sistema territoriale attraverso questo linguaggio(lessico, carte, grafici, schizzi, dati statistici, ecc.)
ggScuola Primaria:
Classe terza Scuola Primaria:
Classe Quinta Scuola secondaria
di primo grado: Classe Terza
1.esplorare il vicino attraverso l’approccio senso percettivo e l’osservazione diretta 2.individuare elementi fisici e antropici dei diversi paesaggi 3.conoscere e descrivere elementi fisici e antropici dell’ambiente di residenza e della propria regione
1.conoscere e descrivere gli elementi propri dei principali paesaggi italiani, europei e mondiali, individuando analogie e diversità (anche in relazione ai quadri socio-storici del passato) e gli elementi di particolare valore ambientale e culturale
Scuola Primaria:Classe terza
Scuola Primaria. Classe Quinta
Scuola secondaria di primo grado: Classe
Terza1.conoscere e applicare il concetto polisemico di regione geografica (fisica, climatica, storico - culturale, amministrativa), in particolar modo allo studio del contesto italiano
328
Territorio e Regione
Ragionamento spaziale
Immaginazione Geografica
gScuola Primaria:
Classe terza Scuola Primaria:
Classe Quinta Scuola secondaria
di primo grado: Classe Terza
1.comprendere il concetto di territorio(composto da elementi fisici e antropici connessi e interdipendenti) e concetto di feedback 2.individuare problemi per la tutela e valorizzazione del patrimonio naturale e culturale, analizzando soluzioni adottate e proponendo soluzioni idonee al contesto vicino
g pScuola Primaria:
Classe terza Scuola Primaria:
Classe Quinta Scuola secondaria
di primo grado: Classe Terza
1.Individuare nella complessità spaziale, alle varie scale geografiche,i più evidenti collegamenti spaziali e ambientali: interdipendenza di fatti e fenomeni e rapporti tra elementi
g g gScuola Primaria:
Classe terza Scuola Primaria:
Classe Quinta Scuola secondaria
di primo grado: Classe Terza
1.rappresentare in modo corretto paesaggi e sistemi territoriali lontani (anche nel tempo)nei diversi aspetti attraverso carte, grafici, immagini, dati statistici, relazioni di viaggiatori, testi descrittivi, ecc.
329
Metodi, tecniche, strumenti propri della Geografia
5C. Attività del gruppo: scandire in progressione verticale alcuni obiettivi di apprendimento
Obiettivi scelti:- uso dei documenti in Storia- strumenti e tecniche in Geografia
Risultati del lavoro di gruppo: individuazione di alcune abilità in continuità e in verticalità
Uso dei documenti
Scuola dell’infanzia
Scuola Primaria: Classe terza
Scuola Primaria: Classe Quinta
Scuola secondaria di primo grado:
Classe Terza 1.leggere carte stradali e piante , utilizzare orari di mezzi pubblici, calcolare distanze non solo itinerarie, ma anche economiche (costo/tempo), per muoversi in modo coerente e consapevole2.utilizzare nuovi strumenti e metodi di rappresentazione dello spazio(telerilevamento e cartografia computerizzata)
Ultimo anno
-leggere materiale fotografico relativo alla storia personale e della famiglia e ricostruire informazioni(in quale occasione è stato scattato, in quale ambiente, chi l’ha scattato, che cosa rappresenta, ecc)
-manipolare oggetti della vita personale passata (biberon, ciucciotto, cartella, vestito del battesimo,ecc) e ordinare temporalmente le ricostruzioni effettuate
-leggere la città e i suoi monumenti
- ricostruire alcune caratteristiche della città e dei monumenti attraverso drammatizzazioni giochi di ruolo e narrazioni fatte dal docente - capire il concetto di fonte storica e la diversa tipologia
330
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332
6. Elaborare rubriche di valutazione per identificare risultati attesi e per esse-re trasparenti
“La rubrica è lo “strumento” di valutazione per identificare e chiarire le aspettative specifiche relative a una data prestazione e per indicare come si sono raggiunti gli obiettivi prestabiliti” (M. Comoglio)
Mi devo fare le seguenti domande:quali aspetti considero? (dimensioni)in base a cosa giudico? (criterio)quali evidenze si possono osservare? (descrittori) quale è il grado di raggiungimento? (indicatori)quali sono gli esempi concreti? (ancore)
Esempio: Comoglio
La comunicazione (dimensione).Comunica efficacemente con chi lo ascolta (criterio). Non interrompe e
ascolta con attenzione chi parla. Dopo aver controllato di aver ben compreso chi lo ha preceduto inizia a esporre le sue idee (descrittore). Ad esempio: guarda negli occhi chi parla, fa una pausa di silenzio dopo il suo interlocutore, riassume ciò che ha detto la persona intervenuta prima di lui (indicatore).
L’informazione (dimensione).Identifica gli elementi importanti del problema(criterio) Evidenzia le infor-
mazioni importanti del problema ed esamina le connessioni distinguendo quelle significative(descrittore)Ad esempio:dopo aver riflettuto ad alta voce giustifica la scelta di …come variabile significativa e tra le connessioni giustifica la scelta di …come significativa(indicatore)
Grafico (dimensione)Include un diagramma chiaro e corretto(criterio)La rappresentazione dei
dati è chiara ed evidenzia i rapporti di causa ed effetto e la loro successione temporale;le parole scelte sono efficaci(descrittore)
Ad esempio il diagramma è presentato al momento giusto del ragionamento ed è corredato da efficaci spiegazioni che facilitano la comprensione(indicatore)
1.2.3.4.5.
333
Esempi di rubrica alla fine della primaria: livelli di sviluppo do un’abilità
Abilità: Ascoltare Comoglio: Insegnare e apprendere con il portfolio - Fabbri editore
Sviluppo avanzato: presta attenzione a colui che parla. La mantiene attra-verso il contatto visivo. E’ in grado di ascoltare e comprendere comunicazioni prolungate (sa riassumere con parole proprie oppure fa domande pertinenti) come la lettura di un racconto per 10 minuti. Nelle conversazioni ascolta senza interrompere colui che parla e sa parafrasare quello che un altro ha detto prima di lui
Sviluppo buono: presta attenzione a colui che parla. La mantiene attraverso il contatto visivo. E’ in grado di ascoltare e comprendere comunicazioni prolun-gate (sa riassumere con parole proprie oppure fa domande pertinenti. Dimostra piacere di conoscere cose nuove. Nelle conversazioni, abbastanza di frequente interrompe chi sta parlando e non sa ridire (spesso solo in parte) quello che un altro ha detto prima di lui
Sviluppo sufficiente: mantiene l’attenzione attraverso il contatto visivo e interviene quando non capisce. E’ in grado di ascoltare e comprendere comuni-cazioni prolungate solo se sono interessanti, quando gli viene chiesto di ripetere quello che ha ascoltato è frammentario e ricorda particolari che l’hanno colpito. Nelle conversazioni ascolta senza interrompere ma devono essere brevi le con-versazioni e chi parla lo deve aiutare nella comprensione sintetizzando quello che ha detto
6A. Lavoro del gruppo
Individuazione di Compiti complessi (sono necessari per valutare la compe-tenza)
Scuola primaria
Classe 1^Riordinare una storia raccontata attraverso immagini secondo tre indicatori temporali (ieri, oggi, domani)
Classe 4^Appreso il concetto di schiavitù nel mondo antico, elaborare un breve testo, corredato di testi scritti e immagini, per presentare alcuni casi di “schiavitù”
•
•
334
moderna ed esprimere il proprio pensiero rispetto a questo tema
Scuola secondaria di Primo grado
Terza media
Risolvere un problema storico ( evidenziare le trasformazioni dell’emigra-zione nel tempo) utilizzando dati statistici grezzi e grafici , carte geografiche e testi narrativi e divulgativi e elaborare un testo di sintesi con le conclusioni a cui sì è pervenuti con la ricerca.
Dopo aver studiato le trasformazioni subite dalle città nel corso del 1800 e del 1900 e le proposte di riqualificazione urbana elaborate da alcuni studiosi, progettare gli interventi opportuni per migliorare la vita nella città di Bari...
6.B Certificazione delle competenze
Formulazione di competenza
Storia: Scuola primaria
Attraverso l’analisi di documenti diversi, la lettura del manuale e l’osserva-zione di tracce l’allievo è in grado di ricostruire quadri di civiltà e risolvere semplici problemi storiografici individuando e spiegando le relazioni tra uomo e ambiente, classificando le informazioni e collocandole nel tempo e nello spazio. Presenta le conclusioni del lavoro svolto attraverso testi scritti, orali e informatici e utilizzando tipologie testuali diverse (narrazioni, argomentazioni, esposizioni, descrizioni)
Storia: Terza media
L’allievo, attraverso una ricerca storica basata sull’utilizzo di documenti di varia natura e complessità o lo studio del manuale, risolve problemi storiografici dimostrando di saper operare collegamenti tra fatti/ eventi, di saper ricostrui-re processi europei e mondiali, di saper apprezzare il patrimonio culturale, di saper esporre i risultati del suo lavoro mediante un lessico settoriale , tipologie testuali diverse e strumenti plurimi.
Si orienta, pertanto, nella società complessa per comprenderla e per parteci-pare in modo attivo alla vita della collettività.
(es. evidenziare le trasformazioni dell’emigra-
335
Curricolo di Storia
A cura di Rosa Severina Tirico
C.R.S.P. Scuola sec. di 1° grado “Michelangelo” - BariC.R.S.P. I.T.C. “D. Romanazzi” - Bari
1. Obiettivi dell’ area geo-storica
Valorizzare l’insegnamento storico attraverso il dialogo tra le scuole del terri-torio in un’ottica di ricerca-azione.Confrontare documenti nazionali ed internazionali con percorsi ed attività concretamente sviluppati nelle scuole per stimolare la crescita professionale dei docenti.Individuare trasversalità in verticale ed in orizzontale (elementi di continuità nel territorio).Individuare approcci concreti per lo sviluppo degli insegnamenti storico-geo-grafici proponendo profili d’uscita.
2. Alla ricerca delle competenze…
Cosa intendiamo per competenza?È un saper fare basato su conoscenze, abilità e motivazioni personali.È un agire appropriato e complesso in relazione a determinati contesti.È capacità di risolvere un problema.È un saper essere in relazione a scelte valoriali e fini.
Cfr. anche C.M. n.84 del 10 novembre 2005
Le competenze sono tra loro connesse come in una “costellazione” le une richiamano alle altre ed esse non sono mai solo disciplinari.
Percorsi orientati allo sviluppo delle competenze necessitano l’individuazione di processi di apprendimento concreti e trasversali, ma richiedono anche la defi-nizione di standard concreti e condivisi nell’istituzione scolastica e nel territorio tra diverse scuole in rete.
Le competenze chiave definite nel D.M. del 22-08-07 reg. n 139 possono costituire un punto di riferimento da considerare in modo flessibile in relazione
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•
•
•
336
ai contesti in cui si opera.
L’ampiezza delle competenze chiave consente ai docenti di calibrare il proprio lavoro e di individualizzare i percorsi di apprendimento, pur condividendo dei punti di arrivo comuni.
Si evidenzia la priorità di sviluppo di alcune competenze in continuità:
Imparare ad imparareComunicare (comprendere)Collaborare e partecipareIndividuare collegamenti e relazioniAcquisire ed interpretare l’informazione
Esigenza di definire in modo essenziale alcuni punti di riferimento per la co-struzione del curricolo.
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Lo sviluppo dei processi di apprendimento richiede cura educativa e riflessione sul concetto di “motivazione distribuita”.
Tali aspetti sono ben evidenziati nel documento delle N.I. 2007 sia nella scuola dell’infanzia e che nella scuola del primo ciclo.
Ambiente di apprendimento
Ambiente di apprendimento
Tra le variabili che contribuiscono al successo scolastico che è uno degli obiettivi di Lisbona 2010 vi sono:
Il clima della classeL’approccio organizzativoIl clima relazionaleLa cura educazionale
3. Alla ricerca delle interconnessioni
È importante concepire i saperi in modo unitario e non disgiunto per rendere gli apprendimenti più coerenti e funzionali ai contesti in cui si vive.
È necessario però che nelle istituzioni scolastiche sia garantita una struttura organizzativa adeguata per supportare le attività didattiche.
“Nuovo umanesimo” per…sviluppare un pensiero che interconnettesviluppare l’attitudine di apprendere a vivere per affrontare l’incertezza del mondo contemporaneosviluppare comportamenti di cittadinanza attiva
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Essi vengono analizzati contestualmente alle operazioni mentali che si ri-chiedono e descritti secondo criteri di progressività e correlazione.
I nodi epistemologici disciplinari evidenziati come standard possono costi-tuire un canovaccio per la strutturazione di test d’uscita o d’ingresso.
4. Il problema della valutazione
UNA PROPOSTA …Alcuni indicatori essenziali per una valutazione condivisa delle competenze
Cosa osservare?Uso del lessico (specificità disciplinare)Autonomia nello sviluppo del compitoChiarezza/ordine di presentazione del compito svoltoUso di abilità specifiche (strumenti concettuali e comportametali)Completezza/efficacia del compito svoltoPertinenza alla tracciaCapacità di transfert (eventualmente e se possibile)
E’ necessaria una valutazione combinata in termini di processo e di prodotto.
•••••••
347
Scuola dell’Infanzia
Comunicare in modo pertinente e coerente esperienze, vissuti, fatti ed eventi, utilizzando i vari linguaggi espressivi
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355
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357
Area linguistico-artistico-espressiva per il triennio della Scuola Secondaria di primo grado, relativo alla macroarea di competenza
Comprendere messaggi e testi diversi per ricavare informazioni, conoscenze, modelli da rielaborare e riutilizzare in contesti diversi
CRSP Istituto Comprensivo “Umberto I - San Nicola” - Bari
358
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m
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359
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363
Saper fruire, a livello di ricezione e produzione, di musica, cinema, teatro, poesia, letteratura e linguaggi multimediali
CRSP Istituto Comprensivo “Umberto I - San Nicola” - Bari
364
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367
Area linguistico-artistico-espressiva
Noi, l’ambiente e la natura
C.R.S.P. - I.P.S.C. Tandoi - Corato
Periodo: ottobre-dicembre
Destinatari: classi seconde
Docenti coinvolti: area linguistico-artistico-espressiva
Apprendimenti unitari da promuovere • Conoscere e descrivere un ambiente naturale.• Promuovere atteggiamenti responsabili di rispetto e di valorizzazione
dell’ambiente.
Compiti di apprendimento unitario• Realizzazione del regolamento del comportamento ecologico.• Praticare forme di riutilizzo e riciclaggio di materiali.
368
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373
1. Modalità organizzative e metodiLe attività partiranno dalle esperienze concrete dei bambini e, arricchite
attraverso conversazioni e riflessioni collettive, porteranno alla consapevole acquisizione di contenuti e competenze attese.
Sarà dato ampio spazio a collegamenti di tipo interdisciplinare per la costruzione di una rete di conoscenze che si serva del noto per comprendere argomenti nuovi.
Il lavoro con l’intero gruppo classe sarà alternato con attività svolte in piccoli gruppi di livello e di compito.
2. Controllo degli apprendimenti
La verifica degli obiettivi e la valutazione delle competenze saranno effettuate attraverso prove pratiche, verbalizzazioni orali e scritte, questionari, schede strutturate, esercizi matematici opportunamente predisposti, osservazioni in situazione, realizzazione di prodotti.
375
Area linguistico-artistico-espressiva
Io, al sicuro a scuola
C.R.S.P. - I.P.S.C. Tandoi - Corato
Periodo: marzo - giugno
Destinatari: classi quarte
Docenti coinvolti: area linguistico-espressiva
Apprendimenti unitari da promuovere
• Individuare le diverse forme di pericolo nell’ambiente scuola.• Comunicare in modo efficace utilizzando diversi tipi di linguaggio.
Compito di apprendimento unitario
• Realizzazione di una “animazione” in lingua inglese sul tema della sicurezza a scuola.
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377
Area matematico-scientifico-tecnologica
Misuriamo dolce… mente
CRSP Scuola Secondaria di I grado Michelangelo - Bari CRSP I.T.C. D. Romanazzi - Bari
Unità Formativa
Destinatari: alunni di scuola primaria e secondaria di primo grado
Durata: 2 mesi
Contenuti trasversali:- Diagramma di flusso- Stima di misure- Decodifica di istruzioni- Scelta e applicazione della tecnica risolutiva più opportuna
378
O.T. Cognitivi O.T. Metacognitivi
O.T. Sociali
ScuolaPrimaria - acquisire gli
strumenti utili a leggere un messaggio, individuando le informazioni necessarie per realizzare un dolce
- utilizzare, in diversi contesti, vari tipi di messaggio
- lavorare in gruppo in modo cooperativo dimostrando di saper ascoltare e proporre iniziative costruttive
Competenze Trasversali Cognitive
Competenze Trasversali Metacognitive
Competenze Trasversali Sociali
ScuolaPrimaria - comprende
istruzioni di un ricettario
- decodifica correttamente i messaggi
- risolve problemi di vita quotidiana
- Comprende le istruzioni- Formula ipotesi e sperimenta per realizzarenuove ricette.
- Riesce a collaborare nel gruppo e a relazionarsicorrettamente a livello costruttivo per realizzare un progetto.
Obiettivi Trasversali
Risultati attesi trasversali
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381
Area matematico-scientifico-tecnologica
La monnezza
CRSP Scuola Secondaria di I grado Michelangelo - Bari CRSP I.T.C. D. Romanazzi - Bari
Unità Formativa
Organizzatore cognitivo: lettura della realtà
Destinatari: alunni di scuola primaria e secondaria di primo grado
Durata: due bimestri
Contenuti trasversali: Indagine delle causeRaccolta di informazioni sullo smaltimento dei rifiutiIndividuazione di possibili soluzioniRicognizione logistica delle aree ecologiche presenti nel quartiereAnalisi del problema nei Paesi diversi dal nostro
•••••
382
O.T. Cognitivi
O.T.Metacognitivi
O.T. Sociali
Scuola Primaria Utilizzare diversi tipi di linguaggi.Utilizzare le tecnologie multimediali.
Individuare e risolvere problemi.
Conoscere e rispettare le regole di convivenza civile.
SuolaSecondariadi Primo grado
Conoscere e utilizzare linguaggi e strumenti multimediali.
Operare scelte consapevoli.
Prendere coscienza del proprio ruolo di cittadino attivo.
Competenze TrasversaliCognitive
CompetenzeTrasversaliMetacognitive
CompetenzeTrasversaliSociali
ScuolaPrimaria
- Analizza e racconta in forma chiara ciò che ha fatto e ha imparato. - E’ in grado di usare le nuove tecnologie e i linguaggi multimediali per sviluppare il proprio lavoro in più discipline, per presentarne i risultati e anche per potenziare le proprie capacità comunicative.
- Riconosce situazioni problematiche.- Impara a costruire ragionamenti e a sostenere le proprie tesi.
- Ha atteggiamenti di cura e di rispetto verso l’ambiente sociale e naturale, di cui conosce e apprezza il valore- Adotta comportamenti adeguati.
Scuolasecondariadi Primo Grado
- Acquisire linguaggi e strumenti per rendere operative le conoscenze.
- E’ in grado di riflettere sul percorso di esperienze e di apprendimentocompiuto sulle scelte effettuate e su quelle da compiere.
- Adotta atteggiamenti responsabili verso i modi di vita e l’uso delle risorse.
Obiettivi Trasversali
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Organizzatore cognitivo: la misura
Destinatari: alunni di scuola primaria e secondaria di primo grado
Durata: intero anno scolastico
Contenuti trasversali: Favorire il rispetto per la natura.Sviluppare la consapevolezza che è possibile uno stile di vita alternativo più rispettoso dei cicli naturali, nella consapevolezza che ogni gesto quotidiano è correlato a tutto ciò che ci circonda. Ma è anche lo stimolo a riutilizzare e ridare una seconda vita alle cose.Riscoprire l'arte e la pedagogia del narrare e della comunicazione orale come sistema di comunicazione e di trasmissione della memoria e delle tradizioni.Comprendere il significato della biodiversità nelle sue molteplici espressioni, sia come prodotti vegetali, che sono utili all’uomo, che come piante officinali utilizzate in farmacopea, sia come piante che appartengono agli ambienti naturali, poco appariscenti ma sicuramente essenziali nell’ecologia di un ecosistema.Educare i bambini all’utilizzo delle mani al fine di educarli e stimolarli alle abilità manuali, ma anche per trasmettere loro una maggiore sensibilità nei confronti dei compagni.
1.2.
3.
4.
5.
388
O.T. Cognitivi O.T. Metacognitivi
O.T. Sociali
ScuolaPrimaria
� Acquisire un metodo di studio valido e corretto.
� Saper leggere, decodificare e produrre un testo scritto nei diversi ambiti tecnologici e nei diversi linguaggi settoriali
� Sviluppare capacità di formulare ipotesi ed organizzare una ricerca ed una sperimentazionescientifica
� Ampliare la cultura di base attraverso l'allargamento degli orizzonti storico-geografici, sociali ed umani per la presa di coscienza di valori nuovi.
� Acquisire consapevolezza di sé , del proprio corpo e delle proprie esigenze, per un’ equilibrata crescita psico-fisica.
� Rispettare se stessi, gli altri.
� Saper convivere all'interno di una struttura sociale di tipo gerarchico.
� Conoscere e rispettare i diritti umani fondamentali.
� Aver coscienza dei diritti e doveri dell'essere cittadino italiano ed europeo.
� Comprendere l'importanza della conoscenza del proprio territorio al fine di valorizzare le diversità culturali, sociali e geograficheesistenti per una basilare, concreta e pacifica integrazione tra i popoli di culture diverse.
� Sviluppare la cooperazione.
� Stimolare il senso di senso di appartenenza al territorio di provenienza.
Obiettivi Trasversali
Stimolare il sen-so di appartenen-za al territorio di provenienza.
389
Risultati attesi trasversali
Competenze Trasversali Cognitive
Competenze Trasversali
Metacognitive
Competenze Trasversali Sociali
ScuolaPrimaria
� Acquisizione, consolidamento e sviluppo della capacità di comprendere i linguaggi verbali e non verbali.
� Acquisizione, consolidamento e sviluppo delle capacità di comunicare e di esprimersi in modo creativo e personale con linguaggi verbali e non verbali.
� Acquisizione, consolidamento e sviluppo di conoscenze ordinate e significative e loro organizzazione, rielaborazione ed utilizzazione per un sapere unitario.
� Sviluppo e consolidamento delle capacità logiche (analisi,sintesi e valutazione).
� Comprensione ed uso corretto del metodo scientifico.
� Sviluppo e consolidamento delle capacità operative, anche con mezzi multimediali.
� Comprensione e consolidamento della dimensione spazio-temporale.
� Graduale comprensione dei fondamenti e del funzionamento delle istituzioni della vita sociale, civile e politica.
� Sviluppo e consolidamento delle capacità psicomotorie.
� Comprendere l’importanza del rispetto degli altri, di se stessi e dell’ambiente circostante.
� Condividere l’importanza del rispetto delle regole per una convivenza pacifica.
� Aver consapevolezzadelle esigenze del proprio corpo per uno sviluppo armonico.
� Condividere la necessità di diritti e doveri, per una cittadinanza attiva a livello nazionale ed europeo.
� Comprendere i diritti umani fondamentali.
� Essere consapevoledelle proprie idee e responsabiledelle proprie azioni
� Essere capace di iniziative, di decisioni, di scelteragionevoli.
� Accettare e rispettarel'altro, la sua cultura, le sue idee, superando i punti di vista egocentrici, i pregiudizi e gli stereotipi.
� Essere disponibile a confrontarsicon gli altri e capace di collaborare.
� Riconoscere e rispettare i ruoli nel lavorocomune.
� Comprendere e condividere le regole e i valori della convivenza sociale, civile ed umana.
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401
Area matematico-scientifico-tecnologica
Percorso di educazione alimentare
CRSP Scuola Secondaria di I grado Michelangelo - Bari CRSP I.T.C. D. Romanazzi - Bari
Destinatari: alunni di scuola primaria e secondaria di primo grado
Durata: Intero anno scolastico
Contenuti trasversali: L’alimentazione nei vari ambiti disciplinari
402
O.T. Cognitivi O.T. Metacognitivi O.T. Sociali ScuolaPrimaria
- Organizzare un pasto completo dal punto di vista nutrizionale; -osservare le norme igieniche prima,durante e dopo i pasti; -comprendere il valore dei cibi genuini.
- Offrire spunti interessanti al fine di realizzare esperienze laboratoriale (inchieste con raccolta dati e costruzione di grafici, disegni, collages).
- Coinvolgere varie componenti scolastiche e non (famiglie, medici, nutrizionisti) al fine di realizzare un effettosocializzante.
SuolaSecondaria di Primo grado
- Saper elaborare diete equilibrate in relazione alle varie attività lavorative; - saper scegliere stili di vita corretti per prevenire malattie.
- Favorire un armonioso sviluppo corporeo mediante un’alimentazione adeguata; - favorire l’efficienza fisica anche al fine di agevolare un buon rendimento intellettuale.
- Affrontare problematiche alimentari nella storia e nella geografia (carestie, fame nel mondo, obesità ecc.).
Competenze Trasversali Cognitive
Competenze Trasversali Metacognitive
Competenze Trasversali Sociali
ScuolaPrimaria
- Saper distinguere alimentiindispensabili,inutili e nocivi in funzione del proprio benessere.
- Conoscere l’importanza delle norme igieniche per salvaguardare la propria salute.
- Conoscere le problematiche legate alle carenze alimentari dei bambini del terzo mondo;- conoscere l’acqua come risorsa e come problema.
Scuolasecondaria di Primo Grado
- Saper rappresentare graficamente e interpretare vari tipi di fenomeni; - saper operare scelte alimentari consapevoli.
- Assumere comportamenti responsabili di prevenzione e di rispetto delle norme di tutela della salute.
- Conoscere gli Organismi Internazionali preposti alla ricerca e alla risoluzione dei problemi legati alla fame nel mondo; - utilizzare in modo consapevole la risorsa acqua.
Obiettivi trasversali
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404
Tipo
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405
Area matematico-scientifico-tecnologica
È in gioco… l’energia
CRSP Scuola Secondaria di I grado Michelangelo - Bari CRSP I.T.C. D. Romanazzi - Bari
Unità formativa
Organizzatore cognitivo: Energia
Destinatari: Alunni di scuola primaria e secondaria di primo grado
Durata: Un bimestre
Contenuti trasversali: Fonti e forme energeticheTrasformazioniMacchineCentraliUtilizzo energeticoSviluppo sostenibile
••••••
406
Obiettivi Trasversali O.T. Cognitivi O.T. Metacognitivi O.T. Sociali
ScuolaPrimaria
1. Comprendere il concetto di energia. Spiegare semplicemente fenomeni ricorrenti di vita.
2. Elaborare attraversoesperienze, opinioni.
3. Fronteggiare situazioni problematiche.
4. Utilizzare corrette strategie risolutive.
1. Riflettere sulle proprie strategie di apprendimento e sui propri errori.
2. Mettere in relazione gli strumenti culturali a propria disposi-zione, con la propria esperienza.
1. Saper ascoltare e comunicare.
2. Discutere con glialtri in modo rispettoso.
3. Concorrere al raggiungimento di risultati.
4. Conoscere problematiche
ambientali. 5. Individuare comportamenti
corretti e rispettosi.
SuolaSecondaria di Primo grado
1. Formalizzare il concetto di energia.
2. Argomentare le proprie opinioni e confrontarle.
3. Utilizzare con proprietà i linguaggi disciplinari.
1. Selezionare le conoscenze possedute ed apprese secondo
criteri opportuni.
1 Saper collaborare. 2 Saper fronteggiare situazioni di vita.
3 Partecipare alle conversazioni in modo costruttivo e propositivo.
407
Risultati attesi trasversali Competenze
Trasversali Cognitive
Competenze Trasversali
Metacognitive
Competenze Trasversali Sociali
ScuolaPrimaria
1. Spiega in modochiaro i fenomeni osservati.
2. Esprime opinioni personali.
3. Utilizzacorrettamente
strumenti e strategie operative.
1. Riconosce il proprio
percorso di apprendimento, le sue fasi e le difficoltàincontrate.
2. Individua i propri errori
e vi pone rimedio.
1. Ascolta e prende parte attiva alleconversazioni .
2. Interviene in modopertinente.
3. Assume comportamenti
corretti e rispettosi dell’ambiente.
Scuolasecondaria di Primo Grado
1. Rappresenta schemi
di funzionamento. 2. Elabora strategie risolutive personali. 3. Riconosce,
comprende ed utilizza la terminologia
specifica delle discipline.
1. E’ consapevole del suo
stile di apprendimento
ed individua strategie
alternative alle sue
difficoltà.
1. Argomenta le proprie
opinioni e le mette a
confronto con quelle
altrui. 2. Mette in atto
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1. Argomenta le proprie opinioni e le mette a confronto con quelle altrui.
2. Mette in atto azioni di cooperative-learning e di tutoraggio.
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Area matematico-scientifico-tecnologica
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CRSP Scuola Secondaria di I grado Michelangelo - Bari CRSP I.T.C. D. Romanazzi - Bari
Organizzatore cognitivo: le trasformazioni
Destinatari: alunni di scuola primaria e secondaria di primo grado
Durata: intero anno scolastico
Contenuti trasversali: Fenomeni naturali e problemi nel quotidiano
412
Obiettivi Trasversali O.T. Cognitivi O.T. Metacognitivi O.T. Sociali
ScuolaPrimaria
Osservare, raccogliere dati, confrontare, formulare ipotesi, verificare. Rappresentare relazioni e dati per ricavare informazioni e prendere decisioni.
Riflettere e argomentare. Rispettere e tutelare l’ambiente.
Confrontare e rispettare gli altri e l’ambiente.Realizzare pratiche collaborative.
SuolaSecondaria di Primo grado
Padroneggiare tecniche di sperimentazione, di raccolta e di analisi dati sia in situazione di osservazione e monitoraggio sia in situazioni controllate di laboratorio.
Imparare a gestire le proprie conoscenze e renderle spendibili in contesti diversi.
Acquisire il senso di responsabilità.Manifestare capacità critiche.
Risultati attesi trasversali Competenze
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Competenze Trasversali Sociali
ScuolaPrimaria
Interpretare le trasformazioni naturali.Esaminare oggetti e processi in relazione all’impattoambientale.
Affrontare e risolvere situazioni problematiche sia in ambito scolastico che nell’esperienza quotidiana.
Curare l’ambiente adottando comportamenti adeguati.
Scuolasecondaria di Primo Grado
Sviluppare semplici…schematizzazioni, modelizzazioni, formalizzazioni logiche e matematiche di fatti e fenomeni utilizzando un linguaggio specifico.
Avere una visione dinamica e non statica del mondo.
Adottareatteggiamenti rispondibili verso modi di vita e l’uso delle risorse.
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