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Tumori cerebrali e uso dei telefoni cellulari ”AIDS & Mobility” La Scuola Nazionale di Sanità Pubblica Salute riproduttiva femminile e ambiente Bollettino Epidemiologico Nazionale ISSN 0394-9303 Volume 14 - Numero 2 Febbraio 2001 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale articolo 2 comma 20/c legge 662/96 - Roma

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Tumori cerebrali e uso dei telefoni cellulari

”AIDS & Mobility”

La Scuola Nazionaledi Sanità Pubblica

Salute riproduttiva femminilee ambiente

Bollettino Epidemiologico Nazionale

ISSN 0394-9303Volume 14 - Numero 2

Febbraio 2001Post

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BENMortalità legataal traffico nelle province dellitorale emiliano-romagnolo(1994-98) . . . . . . . . . . . . . . . iMeningiti batterichein Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . iiSclerosi multipla e vaccinoanti-epatite B . . . . . . . . . . . ivVaccini e mercurio . . . . . . . . iv

Tumori cerebrali e uso dei telefoni cellulari

”AIDS & Mobility

La scuola nazionaledi sanità pubblica

Salute riproduttiva femminilee ambiente

Bollettino Epidemiologico Nazionale

ISSN 0394-9303Volume 14 - Numero 2

Febbraio 2001

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Direttore responsabile e responsabile scientifico: Giuseppe BenagianoVice Direttore: Franco PiccinnoRedattore capo: Paola De Castro

Redazione: Carla Faralli, Lorenza Scotti, Alessandro SpurioProgetto grafico: Eugenio Morassi, Franco Timitilli

Grafica: Cosimo Marino CurianòComposizione e distribuzione: Giovanna Morini, Patrizia Mochi

Sviluppo versione Web (http://www.iss.it/notiziario): Marco Ferrari, Stefano Guderzo

Istituto Superiore di SanitàDirettore: Giuseppe Benagiano

Viale Regina Elena, 299 - 00161 RomaTel. 0649901 - Fax 0649387118

e-Mail: [email protected] - Sito Web: http://www.iss.itTelex 610071 ISTSAN I - Telegr. ISTISAN - 00161 Roma

Iscritto al n. 475/88 del 16 settembre 1988. Registro Stampa Tribunale di Roma© Istituto Superiore di Sanità 2001

Numero chiuso in redazione il 2 marzo 2001Stampa: Chicca - Tivoli

Decidere l’argomento con cui aprire l’editorialedel secondo numero della nuova versione delNotiziario è arduo in quanto due emergenze sanita-rie continuano ad interessare il paese e quindi ilnostro Istituto: la crisi “BSE” o sindrome della muccapazza e il pericolo della diffusione dell’epidemia diafta epizootica che sta coinvolgendo attualmente ipaesi del nord e centro Europa. Le conseguenze sani-tarie di entrambi non sono legate soltanto alla medi-cina veterinaria ma, in senso più largo, alla protezio-ne della salute della popolazione. Solo in questomodo è possibile garantire una sicurezza totale eassoluta della qualità degli alimenti e allo stessotempo promuovere la fiducia dei cittadini nelle istitu-zioni preposte al controllo di tutti i prodotti che siinseriscono nella catena alimentare.

I controlli per la salute di oggi.Oltre che sui controlli, l’Istituto è fortemente

impegnato nella ricerca con progetti fortementeinnovativi da quello sulle cellule staminali di cui par-liamo in questo numero, alla ricerca sulle nuove tera-pie per debellare i grandi mali del vecchio secolo.

La ricerca per la salute di domani.Ricerca e controlli si fondono nella visione strate-

gica dell’Istituto per mettere in luce le problematichecollegate all’uso sempre più capillare della tecnolo-gia. Mi riferisco allo studio sugli effetti delle ondeelettromagnetiche sulle cellule cerebrali e quindi allacorrelazione tra uso dei telefoni cellulari e insorgen-za di tumori.

Il nostro lavoro per la salute di tutti.Poche righe ancora per tracciare un piccolo bilan-

cio delle indicazioni giunte in redazione all’indomanidell’uscita del numero di gennaio, che ha visto un radi-cale cambiamento della veste editoriale dell’impattocomunicativo e soprattutto dei contenuti del Notiziario2001. Il messaggio che abbiamo voluto trasmettere, eche ci sembra sia stato generalmente ben recepito, èche l’Istituto sta cambiando e con esso le persone chevi lavorano giorno dopo giorno; si respira un’arianuova e una crescente voglia di rinnovamento dellaricerca e del rapporto con gli operatori sanitari e conla comunità scientifica nazionale ed internazionale.

Sta maturando una nuova strategia per la ricercascientifica, un concetto che implica, da un lato ilrispetto e la valorizzazione della creatività come baseper questo compito istituzionale, dall'altro il doveredi definire criteri di rilevanza nell’identificazione di

nuovi possibili contenuti della ricerca, per mante-nere la promessa assunta dal sistema con il cit-tadino per la salute di domani.

Il processo è in atto e gli effetti non tarde-ranno a venire.

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Giuseppe Benagiano

Tumori del distrettocervico-encefalicoe uso dei telefoni cellulari.Uno studio epidemiologicointernazionale . . . . . . . . . . . 3 Salute riproduttiva femminile

e ambiente . . . . . . . . . . . . . 13

La Scuola Nazionaledi Sanità Pubblica . . . . . . . 11

Il convegno del mese . . . . . 10

Visto… si stampi . . . . . . . . . 16

Il sanguedi cordone ombelicale . . . . 17

“AIDS & mobility”:un’esperienza di collaborazionenazionale e internazionale . .18

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telefoni cellulari portatili sonostati introdotti sul mercatointernazionale intorno allametà degli anni ottanta. Sem-

bra che oggi, nel mondo, gli utentidei servizi di telefonia mobile siano500 milioni (1) e che, secondo leprevisioni delle industrie, sianodestinati a diventare un miliardo e600 milioni nel 2005 (2).

In Italia la telefonia cellulare èstata introdotta nel 1990; nel 1995gli utenti erano circa 4 milioni (il7% della popolazione) e alla finedel 1998 erano più di 16 milioni(il 27%). Nel 1998 il 43% dellefamiglie italiane possedeva almenoun cellulare (3). Il settore dellatelefonia mobile italiana contaattualmente quattro operatori direte ed è caratterizzato dalla pro-gressiva diminuzione delle tariffe.Inoltre, sta aumentando il numerodi persone titolari di contratti diutenza con due o più gestori, cosic-ché è sempre più difficile stimare ilnumero di utilizzatori sommando iclienti di ciascun operatore.

Lo straordinario successo com-merciale di questa nuova tecnologiadi comunicazione è stato ac-compagnato da una crescentepreoccupazione riguardo ai possibi-li effetti negativi dell’esposizione aicampi elettromagnetici, in partico-lare a eventuali effetti cancerogeni.

Secondo l’Organizzazione Mon-diale della Sanità (OMS), sulla basedelle evidenze scientifiche attual-mente disponibili, è improbabileche l’esposizione alle radio-frequenze (RF) utilizzate nella tele-fonia cellulare (800-1800 MHz)induca o promuova il cancro (2).

Per maggiori dettagli sulle evi-denze scientifiche rimandiamo allerassegne più recenti, destinate a unampio spettro di lettori. Tra le pub-blicazioni “tecniche” sono di-sponibili contributi di diverso respi-ro: dai rapporti dei gruppi di esper-ti istituiti dai governi canadese (4),britannico (5) e francese (6) ad arti-coli più agili di rassegna della lette-ratura in uno o più specifici ambitidi ricerca (7-14). Al più ampio pub-blico dei “non addetti ai lavori”, sisuggerisce la scheda informativa suitelefoni mobili e le loro stazioniradio base preparata dall’OMS nelquadro del Progetto internazionalesui campi elettromagnetici (2), le“domande e risposte” su telefoniamobile e salute curate da Moulderdell’Università del Wisconsin (15) ealtre pubblicazioni a carattere divul-gativo (16-17).

Nel 1997 un gruppo di espertidell’Unione Europea (9) aveva rac-comandato lo sviluppo di ricercheepidemiologiche mirate a veri-ficare la possibilità di effetti sanita-

ri avversi associati all’uso di radio-telefoni. Aderendo a tale racco-mandazione, l’Agenzia Inter-nazionale per la Ricerca sul Can-cro (IARC) ha avviato uno studioepidemiologico internazionale (ilProgetto INTERPHONE) finaliz-zato a valutare due ipotesi: cheall’uso del cellulare si associ unincremento dell’incidenza di tu-mori maligni e benigni nel distret-to cervico-encefalico e che l’esposi-zione alle RF utilizzate dai telefonicellulari sia in grado di promuove-re lo sviluppo di tumori nelle sedi

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Tumori del distrettocervico-encefalico

e uso dei telefoni cellulariUno studio epidemiologico internazionale

Susanna Lagorio1, Lucia Ardoino2, Daniela D’Ippoliti3, Francesco Forastiere3,Edvina Galiè4, Ivano Iavarone1, Bruno Jandolo4, Marco Martuzzi5, Alessandro Polichetti2,

Alberto Salvan6, Paolo Vecchia2 e i partecipanti alla rete ospedaliera per il Progetto INTERPHONE in Italia

1 Laboratorio di Igiene Ambientale, Istituto Superiore di Sanità2 Laboratorio di Fisica, Istituto Superiore di Sanità3 Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio

4 Dipartimento di Neuroscienze e Patologia Cervico-Facciale, Istituto Regina Elena, Roma5 OMS - Centro Europeo Ambiente e Salute - Divisione di Roma

6 LADSEB - CNR, Padova

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anatomiche più vicine alla sorgen-te di emissione: nervo acustico,parotide ed encefalo (18).

Data l’attenzione dedicata inItalia all’argomento dei possibilieffetti cancerogeni dell’esposizionea campi elettromagnetici da partedella comunità scientifica, deglioperatori dei servizi pubblici diprevenzione e di controllo am-bientale, dell’opinione pubblica,dei media e del governo, viene pre-sentata in questo articolo una

breve descrizione dello studio caso-controllo internazionale e del con-tributo italiano a questa indagine.

D’altra parte, per inquadrarenella giusta prospettiva il contribu-to che il Progetto INTERPHONEpotrà portare alle evidenze scienti-fiche sulla relazione tra uso adelcellulare e incidenza di tumori,sembra utile descrivere preliminar-mente le conoscenze già acquisite.

LE EVIDENZEEPIDEMIOLOGICHESUL RISCHIO DI TUMORIIN RELAZIONE ALL’USODEL TELEFONO CELLULARE

Nel 1996 è stata pubblicataun’analisi della mortalità di una co-orte di circa 256000 titolari di con-tratto di utenza con un operatore direte di telefonia mobile negli USA,per i quali il gestore aveva fornitodati di traffico relativi agli ultimidue mesi del 1993 (19). Lo studioera stato precocemente interrotto acausa di inconciliabilità con le nor-me in materia di tutela della privacyin vigore in alcuni Stati federali(14). Nell’analisi della mortalità pertutte le cause nel 1994, i tassi dimortalità specifici per età risultava-no inferiori a quelli della popola-zione generale (probabilmente acausa dell’elevato stato sociale degliutenti) e non emergevano differenzetra i tassi osservati nel gruppo di uti-lizzatori di telefoni cellulariportatili e quelli relativi agliutenti di telefonicellulari da auto(19). In una pub-blicazione succes-siva (20), gli stessiAutori hanno pre-sentato un’analisirelativa a un’esten-sione della coorte (venivanoinclusi gli utenti di un se-condo operatore di rete) e finalizza-ta a valutare il profilo di mortalitàper grandi gruppi di cause in rela-zione all’intensità d’uso del cellula-re negli ultimi due mesi dell’anno

precedente al follow-up. Venivanoaccertati 1 420 decessi su 285 561anni-persona di osservazione nel1994. La mortalità per tutti i tu-mori non risultava correlata all’in-tensità d’uso del cellulare, il picco-lo numero di decessi per tumori ce-rebrali e leucemie (rispettivamente6 e 15) non consentiva analisi ro-buste dal punto di vista statistico el’unica causa di morte per la qualesi osservava un incremento di ri-schio associato all’intensità d’usodel cellulare era relativa agli inci-denti automobilistici.

Quest’ultima osservazione avva-lora il risultato di altri due studiepidemiologici nordamericani cheavevano segnalato la pericolositàdell’uso del cellulare durante la gui-da (21): si tratta di evidenze chemeritano la dovuta attenzione daun punto di vista di sanità pubbli-ca. Negli ultimi due anni sono sta-ti pubblicati i risultati di tre studicaso-controllo sul rischio di tumo-ri cerebrali in relazione all’uso delcellulare (22-24). Caratteristiche erisultati di questi tre studi sono sin-tetizzati nella Tabella 1. Nessuno diquesti studi evidenzia un’associa-zione tra incidenza di tumori cere-brali e uso del telefono cellulare di-chiarato all’intervista, né una ten-denza all’aumento del rischio infunzione dell’intensità riferita d’u-so. Lo studio svedese ha segnalatoun aumento del rischio di tumori

nell’emisfero cerebrale omo-laterale rispetto all’orecchio

che viene preva-lentemente utiliz-zato nelle telefo-nate (22), mentrenegli studi ameri-cani il fenomenonon è stato osser-vato (23-24). Le

dimensioni di questi tre studinon sono però adeguate a valuta-

re quelli che sono i rischi per speci-fici tipi istologici o per specifichesedi anatomiche.

Infine, è di recentissima pubbli-cazione l’analisi dell’incidenza di

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Esiste un’associazione tra telefoni cellularie tumori cerebrali?

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tumori nella coorte dei 420095 da-nesi utenti di servizi di telefoniamobile tra il 1982 e il 1995 (25).Nella Tabella 2 vengono riportaticaratteristiche e risultati principalidi questo studio. Su più di un mi-lione di anni-persona di osserva-zione venivano individuati, me-diante record-linkage con il registrotumori danese, 3 391 casi di tumo-re, meno di quanto atteso sulla ba-se dell’incidenza età specifica nellapopolazione generale (con un si-gnificativo deficit per il tumore delpolmone e altri tumori associati alfumo). Non si osservavano eccessidi rischio per le neoplasie d’interes-se (tumori cerebrali e del sistemanervoso, delle ghiandole salivari eleucemie), né variazioni del rischioper questi tumori in relazione alladurata dell’uso del telefono, al tem-po trascorso dal primo contrattod’utenza, all’età al momento dellasottoscrizione del primo contratto eal tipo di cellulare (analogico o di-gitale).

Commentando i risultati dellostudio, gli Autori fanno notare che“il periodo di latenza potrebbe es-sere troppo breve per evidenziareun effetto su stadi precoci o un ef-fetto sui tumori cerebrali a più len-ta crescita”.

Analoghe considerazioni valgo-no anche per gli studi caso-control-

lo svedese e nordamericani (22-24).D’altra parte, come è stato sot-

tolineato in un commento agli stu-di epidemiologici più recenti,“nonostante questi limiti, appareragionevole concludere che l’espo-sizione alle radiofrequenze da tele-

foni cellulari non sembra promuo-vere la crescita di preesistenti lesio-ni cerebrali, in quanto il recente eintenso uso del cellulare da parte diun gran numero di soggetti inclusinella coorte danese avrebbe eviden-ziato eventuali effetti negativi ” (25).

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Tabella 1 - Studi caso-controllo sul rischio di tumori cerebrali in relazione all’uso di telefoni cellulari

Paese e studio Uppsala-Orebro New York, Providence Boston, Phoenix e Stoccolma, Svezia e Boston, USA e Pittsburgh, USA

(1994-96) (22) a (1994-98) (23) a (1994-98) (24) a

Unità d’osservazione 209 casi 469 casi 782 casi425 controlli (popolazione) 422 controlli (ospedalieri) 799 controlli (ospedalieri)

Telefoni cellulari Uso da questionario Uso da questionario Uso da questionarioUtilizzatori b = 38% Utilizzatori b = 18% Utilizzatori b = 29%

ORc IC 95%d ORc IC 95%d ORc IC 95%d

Uso si / no 0,98 0,7 - 1,4 0,85 0,6 - 1,2 0,80 0,6 - 1,1

(a) Cfr. Riferimenti bibliografici p. 9; (b) Proporzione di utilizzatori tra i controlli;(c) OR = odds ratio;(d) IC 95% intervallo di confidenza al 95% dell’odds ratio

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IL PROGETTO INTERPHONE

Obiettivi

Il Progetto INTERPHONE sipropone di valutare se l’incidenzadi neoplasie maligne e benigne ce-rebrali e delle ghiandole salivari (lesedi anatomiche più vicine alla sor-gente di emissione) risulti associataalla durata e frequenza d’uso del te-lefono cellulare e all’intensità diesposizione alle RF utilizzate nellatelefonia mobile.

Il primo obiettivo è stato af-frontato anche dagli studi epide-miologici già descritti (22-25), conrisultati rassicuranti. Tuttavia, ilProgetto INTERPHONE, graziealle dimensioni attese e all’arruola-mento prospettico di casi inciden-ti a partire dalla fine del 2000, do-vrebbe consentire analisi di mag-gior dettaglio sia riguardo alla sedeanatomica e al tipo istologico dellaneoplasia, sia riguardo alle esposi-zioni di maggior durata e di più ele-vata intensità. Inoltre, esso terràconto dell’uso dei telefoni digitali,scarsamente diffusi nei periodi co-perti dagli studi precedenti.

La valutazione dell’ipotesi chel’esposizione alle RF utilizzate dai

telefoni cellulari possa promuoverelo sviluppo di tumori nelle sedi ana-tomiche più vicine alla sorgente diemissione è un obiettivo molto am-bizioso e mai affrontato sinora.Rappresenta, in un certo senso, unasfida ai limiti dell’epidemiologiaambientale ed è difficile stimarne inanticipo le probabilità di successo.

Metodi

Il Progetto INTERPHONEprevede la realizzazione di unaserie di studi caso-controlloche, pur nel rispet-to delle specificitàlocali, abbia un di-segno sufficiente-mente omogeneoda permettere un’a-nalisi combinatadei risultati. AlProgetto partecipa-no attualmente 13Paesi (Australia, Nuova Zelan-da, Canada, Francia, Ger-mania, Inghilterra, Italia, Svezia,Norvegia, Finlandia, Danimarca,Israele e Giappone). Tutti i parteci-panti hanno assunto l’impegno diuniformarsi a un protocollo co-mune, di rilevare le informazioni in

modo standardizzato e di trasmet-tere i dati in forma anonima allaIARC per l’analisi combinata, evi-tando pubblicazioni preliminari deirisultati dei singoli studi locali.

Verranno inclusi nello studiocaso-controllo internazionale sog-getti cui è stato diagnosticato unglioma o un meningioma cerebrale,un neurinoma del nervo acustico,un tumore della parotide e sogget-ti sani di controllo. Vengono inclu-se le forme benigne e maligne. Permassimizzarne la potenza statistica,lo studio è ristretto ai residenti nel-le principali aree metropolitane ealle fasce d’età 30-59 anni (aree eclassi d’età in cui si osserva la mag-gior prevalenza di utilizzatori di cel-lulari). L’accertamento dei casi av-verrà su segnalazione da parte deicompetenti dipartimenti ospeda-lieri. È raccomandata a livello in-ternazionale la selezione di control-li di popolazione, rappresentatividella popolazione d’origine dei casi.

Casi e controlli saranno intervi-stati da personale appositamenteaddestrato mediante un questio-nario strutturato su personal com-puter. Il questionario CAPI (Com-puter Assisted Personal Interview) èstato compilato in inglese e tradot-to in dieci lingue. Le informazionirilevate riguardano l’uso di telefoni

cellulari e di altri dispositividi telecomunicazione a RF, l’e-

sposizione pro-fessionale a campielettromagnetici indiverse bande difrequenza e a ru-more intenso, leabitudini al fumo,la storia sanitariapersonale (conparticolare riferi-

mento all’esposizione per mo-tivi diagnostici e terapeutici a

radiazioni ionizzanti e a radiofre-quenze o microonde) e la storia sa-nitaria familiare.

Per valutare se l’uso di telefonicellulari sia un fattore di rischio perle neoplasie della testa e del collo

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Partecipanoal Progetto

INTHERPHONEtredici Paesi europei

ed extraeuropei

Tabella 2 - Incidenza di tumori nella coorte degli utenti delle reti di telefoniamobile danesi (risultati relativi agli uomini = 85% della coorte) (25)a

Popolazione in studio Informazioni sull’uso del cellulare

Cittadini danesi utenti Data primo contratto delle 2 compagnie nazionali (1994-95 = 69%)di telefonia cellulare420 095 soggetti Sistema (analogico / digitale)

follow-up = 1982-96

1 128 493 anni-persona Durata del contratto (media = 3,1 anni)

Neoplasie Casi SIRb IC 95%c

Tutte le sedi 2 876 0,86 0,83 - 0,90Cerebrali e sistema nervoso 135 0,95 0,70 - 1,12Ghiandole salivari 7 0,78 0,31 - 1,60Leucemie 77 0,97 0,76 - 1,21

(a) Cfr. Riferimento bibliografico p. 10; (b) SIR = tasso standardizzato d’incidenza;(c) IC 95% = intervallo di confidenza al 95% del SIR

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nell’adulto, si confronterà la fre-quenza di utilizzatori di telefoni cel-lulari e l’intensità d’uso riferita trasoggetti malati e soggetti sani, te-nendo conto di altre esposizioni ocaratteristiche individuali che pos-sano spiegare, anche in parte, l’e-ventuale associazione osservata.

Per valutare in modo appropria-to l’ipotesi di un eventuale effettocancerogeno delle RF generate daicellulari, occorre essere in grado diprodurre una stima ragionevolmen-te accurata dell’esposizione indivi-duale dei soggetti in studio. Tutta-via, poiché non è possibile misura-re direttamente l’esposizione com-plessiva alle RF che una persona haricevuto durante l’intero periodo incui ha utilizzato un telefono cellu-lare, si cercherà di stimare tale espo-sizione in modo indiretto.

La stima dell’esposizione alle RF da cellulare

Mediante il questionario CAPIverranno raccolte informazionidettagliate sui modelli di cellulariutilizzati e, per ciascun cellulare,sul periodo di uso, numero e dura-ta delle chiamate ricevute ed effet-tuate, e altre caratteristiche chepossono influenzare l’intensità di e-sposizione. Sono previsti studi col-laterali di validazione per analizzarel’accuratezza delle risposte conte-nute nel questionario.

Ai fini di una valutazione quan-titativa dell’esposizione, verrannorealizzati studi dosimetrici, sia teo-rici basati su modelli numerici disimulazione, sia sperimentali sufantocci antropomorfi, mirati avalutare l’effettivo assorbimento dienergia nei siti anatomici di interes-se (Figura 1), per i diversi tipi ditelefoni e per diverse modalità d’uso(posizione e impugnatura). Attra-verso apposite campagne di misuraverrà inoltre stimata l’effettiva emis-sione delle RF dei telefoni in variesituazioni, quali l’uso da fermo o inmovimento, oppure in aree urbaneo rurali. Infine, verranno dati in uso

a volontari, opportunamente sele-zionati, alcuni telefoni che sonostati modificati in modo tale daregistrare istante per istante lapotenza emessa durante la conver-sazione, al fine di costruire dei pro-fili d’uso per le diverse categorie diutenti (Figura 2).

La struttura operativaper la realizzazione delProgetto INTERPHONEin Italia

Lo studio caso-controllo italia-no verrà realizzato, tra i residentia Roma, da un’équipe di tecniciafferenti a diversi enti di ricerca eistituti di ricovero e cura.L’Istituto Superiore di Sanità haaderito al progetto di studio inter-nazionale propostodalla IARC e ne havalutato la fattibilitànel contesto italianomediante uno studiopilota condotto in col-laborazione con l’Isti-tuto Regina Elena el’Agenzia di SanitàPubblica della Regio-ne Lazio.

La rete ospedalierapredisposta per la se-gnalazione dei casi ècostituita da 21 divi-sioni di neurochirur-gia, neurologia e otori-nolaringoiatria deiprincipali ospedali ro-mani (cfr. elenco a pag.8-9). L’arruolamentodi casi e controlli siprotrarrà per due anni,a partire dal 1° feb-braio del 2001 e sistima che possa fornireallo studio internazio-nale circa 500 casi(350 tumori cerebrali,50 neurinomi, 20 tu-mori maligni dellaparotide e 100 tumoribenigni della parotide)e 600 controlli.

Il consenso informatoe la sicurezzadel trattamento dei dati

Il protocollo comune dello stu-dio internazionale è stato approva-to dal comitato etico della IARC.

Per il trattamento dei dati rela-tivi allo studio italiano è stata datacomunicazione all’autorità garanteper la tutela dei dati personali anorma della Legge 675/96.

Verranno inclusi nello studio isoggetti che avranno acconsentitoa partecipare dopo essere statichiaramente informati sugli obiet-tivi della ricerca, sul tipo di contri-buto che viene loro richiesto (lapartecipazione a un’intervista di30-45 minuti) e sulle domandeposte nel questionario.

Figura 1 - Modello di testa umana(Visible human, sezione 38).

Per gentile concessione di Marta Cavagnaro, Stefano Pisa eManuele Piuzzi, Dipartimento di Ingegneria Elettronica,Università La Sapienza di Roma

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I dati raccolti verranno utilizza-ti esclusivamente nell’ambito diquesto studio. La gestione delle in-formazioni prevede il massimorispetto della riservatezza edella protezionedei dati. Inoltre,alla IARC verran-no trasmessi perl’analisi combina-ta solo dati anoni-mi e la presenta-zione dei risultatiin forma aggregatanon permetterà mai di risali-re ai singoli individui chehanno contribuito allo studio.

CONCLUSIONI

Sulla base delle evidenze scien-tifiche attualmente disponibili,sembra poco probabile che l’usodel telefono cellulare comporti unsensibile aumento del rischio ditumori cerebrali. D’altra parte, acausa del numero di utilizzatoriattuali e della prevedibile ulterio-re espansione della telefoniamobile, anche modesti incremen-

ti di rischio associati all’esposizio-ne potrebbero avere un elevato

impatto sanitario sulla popo-lazione. Il Progetto

INTERPHONE, che si con-cluderà nel 2003,consentirà divalutare il rischiodi tumori nel di-stretto cervico-encefalico in re-lazione all’uso deltelefono cellulare,studiandone le

eventuali variazioni in fun-zione della sede anatomica, del

tipo istologico, della durata e del-l’intensità d’uso e, possibilmente,anche in relazione all’intensitàdell’esposizione a RF nelle sedianatomiche più vicine alla sor-gente d’emissione.

Il gruppo collaborativo italianosi propone di dare un contributodi qualità a una ricerca scientificarigorosa.

Naturalmente, la qualità delcontributo che ogni singolo centrodi ricerca nazionale sarà in grado dioffrire dipende da molti fattori:

competenza e impegno dello staff,chiarezza delle funzioni dei varioperatori, standardizzazione delleprocedure, disponibilità di adegua-te risorse economiche, collabora-zione dei gestori delle basi di datifunzionali all’indagine e, soprattut-to, la partecipazione dei soggettieligibili per lo studio.

Ringraziamenti

La realizzazione del contributoitaliano al Progetto INTERPHONEnon sarebbe possibile senza il prezioso ecompetente contributo professionaledegli intervistatori. A Rossella Rossi eMassimo Lucibello vanno i più sentitiringraziamenti degli Autori di questoarticolo.

Partecipanti alla reteospedalieraper il Progetto INTERPHONE

E. Occhipinti, (Neurochirurgia, Isti-tuto Regina Elena); L. Palma (ORL,Istituto Regina Elena); B. Fraioli, F.S.Pastore (Neurochirurgia, UniversitàTor Vergata - S. Eugenio); G. Gazzeri,A. Comberiati (Neurochirurgia, SanFilippo Neri); G. Maira, A. Mangiola,M. Scerrati, M. Iacoangeli, R. Roselli,A. Pompucci (Neurochirurgia eNeurotraumatologia, UCSC - Policli-

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In Italia la fattibilità del ProgettoINTERPHONE

è stata valutata da uno studio pilota

SAR (Specific Absortion Rate) Watt/Kg

Figura 2 - A sinistra, il diagramma della distribuzione temporale della potenza irradiata da un telefono cellularedurante una conversazione. A destra, la distribuzione spaziale (x 0,1 mm) dell’energia assorbita da un cubo di mate-riale cervello-equivalente alla massima potenza di emissione di un cellulare che trasmette a 1800 MHz

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nico Gemelli); S. Vangelista, S. Santilli(Neurochirurgia, CTO); F. Chiappetta,A. Brunori, M. Kropp (Neuro-chirurgia, San Camillo); S. Esposito, L.Bove (Neurochirurgia e Neurologia,San Giovanni); U. Agrillo, L. Mastro-nardi (Neurochirurgia, Sandro Pertini);G. Cantore, R. Delfini, G. Ricci(Dipartamento Scienze Neurologiche,Università La Sapienza); M. Maron-celli, C.M. Pianura (ORL, SanCamillo); M.G. Vigili (ORL, SanCarlo di Nancy) M. De Vincentiis, R.Filipo, A. Gallo, P. Soldo, G. Magliulo,V. Manciocco, A. Mattioni (ORL I eII, Università La Sapienza); M. Maurizi(ORL, UCSC - Policlinico Gemelli);A. Di Girolamo, F. Ottaviani (ORL,Università Tor Vergata - Columbus);G. Nostro (ORL, San Giovanni); E. deCampora, L. de Campora (ORL, SanGiovanni Calibita).

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In briefTumours of the brain and salivary glands in relation to cellulartelephone use: an international epidemiologic study

Italy is participating in an international case-control study oftumours of the brain and salivary glands coordinated by theInternational Agency for Research on Cancer (IARC), the INTERPHO-NE project. Objectives of this study are to assess whether the use ofmobile telephones increases the risk of cancer and to assess whetherradio frequency (RF) radiation emitted by mobile telephones is carci-nogenic. The population based case-control study includes incidentcases of glioma, meningioma, acoustic neurinoma and parotid glandtumours (aged 30-59 years and resident in the main metropolitanareas of 13 countries) along with sex - and age-matched controls.The study design of the international project and of the Italian con-tribution is described after a brief overview of the epidemiologic evi-dence already available.

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l 22 gennaio si è tenuto in ISSun simposio sulle malattieinfantili causate da Strepto-coccus pneumoniae.Questo batterio, indicato an-

che come pneumococco, ha unadiffusione ubiquitaria, colonizza ilnasofaringe e circola nella popola-zione attraverso soggetti asintoma-tici. Lo pneumococco è responsa-bile di malattie invasive quali

meningite, sepsi che colpisconoprevalentemente i bambini e glianziani. Inoltre lo pneumococco èritenuto responsabile di una eleva-ta quota di polmoniti e di otitimedie acute. Con il termine pneu-mococco vengono raggruppati 90diversi sierotipi identificati dallacomposizione della capsula poli-saccaridica. Tale ampia varietà e ilfatto che i polisaccaridi siano scar-samente immunogeni nella primainfanzia sono stati i principaliostacoli alla messa a punto di unvaccino per i bambini, mentre esi-ste da qualche anno un vaccinoper gli adulti che copre 23 sieroti-pi. Negli USA l'incidenza dimalattie invasive da pneumococco

nella prima infanzia è elevata(circa 70 casi per 100 000) e que-sto ha motivato l'impegno nellarealizzazione di un vaccino in cui 7polisaccaridi capsulari sono stati"coniugati" con una proteina chefunge da "carrier". Il compostopuò quindi essere utilizzato perindurre una buona risposta immu-nitaria nei bambini nei primi dueanni di vita. Data l'ampia espe-

rienza conseguita negli USA,molti dei relatori del simposiohanno riportato e commentato idati statunitensi relativi alla fre-quenza e il quadro clinico delleinfezioni invasive nei bambini e irisultati della sperimentazione cli-nica controllata del vaccino som-ministrato nella prima infanzia. Il

trial clinico randomizzato e indoppio cieco è stato condotto suun ampio gruppo di bambini(37,868) in California tra il 1995e il 1999. Il vaccino coniugato si èdimostrato efficace nel prevenire il94% delle infezioni invasive causa-te dai 7 sierotipi inclusi.

Nello stesso studio l'efficaciapreventiva nei confronti delle pol-moniti è stata decisamente inferio-re (33%), e ancora minore quellanei confronti delle otiti medie(8,2%). Il dato di ridotta efficacianei confronti delle otiti medieacute è stato corroborato anche daun trial condotto in Finlandia cheha fornito stime di efficacia al 30%.

In Europa la frequenza di ma-lattie invasive da Streptococcuspneumoniae sembra essere inferio-re (8-25/100 000) a quella osser-vata negli USA, anche se il minorricorso all'accertamento eziologicocome l'emocoltura in corso di pol-monite, oppure il più frequenteuso di antibiotici prima dell'am-missione in ospedale in corso diinfezioni invasive possono in partegiustificare le differenze osservate.In Italia, l'unica fonte di informa-zione sulle infezioni invasive da S.pneumoniae, attualmente disponi-bile, è rappresentata dalla sorve-glianza su base volontaria dellemeningiti batteriche. Ulterioridati sono disponibili su questostesso Notiziario nel contributosulle “Meningiti batteriche inItalia” dell’inserto BEN (p. ii-iv).

Stefania SalmasoLaboratorio di Epidemiologia

e Biostatistica

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In briefSymposium on pneumococcal disease in children

On January 22, a meeting was held at the ISS on Pneumococcalinfections, which cause invasive diseases primarily in the very young andthe elderly. Highlights included the presentation of a recent studyperformed in the United States on the efficacy of a conjugated vaccine.The vaccine was shown to have a 94% protective efficacy against invasivedisease in children caused by the 7 serotypes included in the vaccine,although efficacy was lower for pneumonia and otitis media caused bythese same organisms. At the meeting the considerable difference in ratesof invasive disease between the United States and Europe (70/100 000versus 8-25/100 000, respectively) were also discussed. These findingsunderline the importance of understanding local epidemiology in decision-making processes concerning vaccine introduction.

Il convegno del meseSymposium on Pneumococcal disease in children

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Studi dal territorio

MORTALITÀ LEGATAAL TRAFFICO NELLEPROVINCE DEL LITORALEEMILIANO-ROMAGNOLO(1994-98)

Il Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 ha posto, tra i propriobiettivi, la riduzione del 20% deidecessi causati da incidenti da traf-fico. In Emilia-Romagna, il Piano Sa-nitario Regionale ha assegnato lamassima priorità alla prevenzionedegli incidenti da traffico, in quan-to i tassi di mortalità correlata altraffico presentano valori più eleva-ti della media nazionale.

Le informazioni sul numero esulle caratteristiche dei decessi cor-relati al traffico nelle province dellitorale emiliano-romagnolo (Forlì-Cesena, Ravenna, Rimini e Ferrara)nel periodo 1994-98 sono stateottenute dal registro delle cause dimorte delle ASL e dalla sorveglian-za sugli incidenti stradali (ISTAT-ACI). Nel primo caso, il decesso èstato attribuito al traffico quando ilcodice ICD-9 della causa di mortecorrispondeva a E810-819, E826 eE829; nella sorveglianza ISTAT-ACIsono considerati attribuibili al traffi-co i decessi che si verificano entro 7giorni dall’incidente.

Il numero di incidenti riportatinell’area di studio è aumentatodal 5,6 per 1 000 residenti nel1994 al 6,2 per 1 000 nel 1998. Ilnumero medio di persone chehanno riportato lesioni, in ciascunincidente, è stato, senza modifi-che nel corso degli anni, pari a1,4. Tuttavia, il numero di mortiper 1 000 incidenti è diminuito da39 a 34 nel periodo 1994-98.

Complessivamente il tasso dimortalità è stato tre volte maggio-re tra i maschi rispetto alle femmi-ne: 37 per 100 000 versus 12 per100 000. Il tasso è risultato piùalto nei maschi rispetto alle fem-mine in tutte le classi di età. Il

tasso più alto è stato riscontratonelle classi di età 18-29 anni enegli ultrasessantacinquenni (38per 100 000) e nella classe 14-17anni (25 per 100000); il valore piùbasso nella classe 0-13 anni (3 per100 000). Complessivamente, il27% delle morti correlate agli inci-denti è occorso a non residenticon ampie variazioni: dall’11% diForlì al 55% di Rimini, provinciacol massimo afflusso turistico. Il42% delle morti si è verificatonegli ospedali con un range tra il33% di Ferrara e il 52% di Rimini.

I dati relativi al tipo di inciden-te erano disponibili nel 74% dei1 581 deceduti residenti. I mortiper incidenti automobillistici risul-tano pari a 9,3 per 100 000 resi-denti, mentre i morti per incidentidi moto corrispondono a 4,3 per100 000 residenti. I dati relativi aincidenti in bicicletta o a pedonicorrispondono rispettivamente a2,9 e 2,3 per 100000 residenti. La

Figura 1 contiene la distribuzionedegli incidenti per tipologia e pergruppo d’età.

Gli interventi di prevenzioneprioritari per le ASL coinvolte com-prendono programmi educativirivolti agli adolescenti e ai giovaniadulti sull’uso del casco e delle cin-ture di sicurezza, oltre ai rischi asso-ciati alla guida sotto gli effetti dialcol e droghe. Per gli anziani biso-gnerebbe prendere in considerazio-ne interventi di riqualificazioneurbana per rendere disponibili pisteciclabili e percorsi protetti.

Il CommentoFranco Taggi e Marco GiustiniLaboratorio di Epidemiologia e Biostatistica

Gli incidenti stradali sono ancoraoggi uno dei problemi più rilevanti intermini sia socio-sanitari sia econo-mici, rappresentando, con un milio-ne di vittime l’anno nel mondo, la

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auto cicli pedonimoto

Nicoletta Bertozzi, Barbara Bondi, Francesca Righi, Patrizia Vitali(Dipartimento di Sanità Pubblica, AUSL Cesena), Pierluigi Cesari (Dipartimento diSanità Pubblica, AUSL Rimini), Aldo De Togni (Dipartimento di Sanità Pubblica,AUSL Ferrara), Aligi Gardini, Oscar Mingozzi (Dipartimento di Sanità Pubblica,AUSL Forlì), Giuliano Silvi (Dipartimento di Sanità Pubblica, AUSL Ravenna)Hanno collaborato: Morena Cantarelli, Marinella Franceschini, GianalbertaSavelli, Carlo Turatti

Figura 1 - Mortalità associata al traffico. Tassi per 100 000 abitanti specifici per etàe circostanze dell’incidente, nelle Provincie del litorale emiliano-romagnolo (1994-98)

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prima causa di morte nella classed’età 15-44 anni nei paesi industria-lizzati (1). Non a caso il PianoSanitario Nazionale 1998-2000 e laComunità Europea pongono comeobiettivo prioritario la riduzione dellamortalità per incidente stradale (2).

L’impatto socio-sanitario degliincidenti stradali, nelle provinceconsiderate, è elevato. Sebbene gliandamenti dei tassi di mortalità perfasce d’età siano sostanzialmenteparalleli a quelli del resto d’Italia e ilrapporto di mortalità tra maschi efemmine sia analogo a quellonazionale, i tassi di mortalità nelterritorio considerato sono più ele-vati rispetto al valore relativoall’Italia (24,0 per 100 000 versus13,5 per 100 000) (3).

Lo studio riportato dai Di-partimenti di Prevenzione delleASL del litorale emiliano-roma-gnolo è stato condotto utilizzandodue fonti di dati, il cui contenutoinformativo non sempre coincide.L’analisi della mortalità è stata ese-guita su dati provenienti dai regi-stri di mortalità delle ASL, mentrealtri dati, di ordine più generalesugli incidenti stradali, sono statidesunti dalle indagini ISTAT-ACI.L’unità statistica è differente neidue casi: nel primo caso essa èrappresentata dall’individuo, men-tre le statistiche ISTAT-ACI si riferi-scono all’incidente. Queste duefonti di dati sono di fatto comple-mentari, in quanto nelle statisticheISTAT-ACI sono presenti tutte leinformazioni riguardanti la dinami-ca dell’incidente (numero di inci-denti, tipo di veicolo coinvolto, cir-costanze dell’incidente, ecc.),mentre dalle statistiche sanitarie,che contano tutti i morti entrol’anno, è possibile ricavare un datopiù completo sul numero deimorti. Ricordiamo, infatti, che lestatistiche ISTAT-ACI si riferisconoai soli incidenti stradali verbalizzatidalle forze dell’ordine e che, fino atempi recenti, facevano riferimen-to alla mortalità entro 7 giorni dal-l’incidente. Questa definizione dicaso comporta una sottostimadella “vera” mortalità dell’ordinedel 20-25%.

Esprimendo la mortalità in ter-mini di tassi, l’analisi delle diffe-renze tra i tassi di mortalità per etàe tipo di utenza consente almenoin parte di spiegare l’eccessoosservato nelle province del litora-

le emiliano-romagnolo rispetto alresto d’Italia. La maggior partedella differenza è spiegata dagliincidenti che coinvolgono i giova-ni tra i 14 e i 29 anni che sono inautovettura, sia come guidatori siacome passeggeri (3,8 versus 8,9tra 14 e 17 anni, 13,4 versus 20,7tra 18 e 29 anni) .

In termini relativi, l’eccesso dimortalità è molto elevato anchetra i ciclisti: i tassi di mortalità inquesto studio sono più di quattrovolte superiori rispetto alla medianazionale, e ciò può essere conse-guenza della lunga tradizioned’uso di questo mezzo nel predet-to territorio (4). Anche la mortalitàda incidenti che hanno coinvolto ipedoni è una volta e mezzo rispet-to alla media nazionale.

I tassi di mortalità per incidentiche hanno coinvolto coloro cheandavano in moto sono molto simi-li a quelli nazionali, nonostante l’a-rea in questione sia caratterizzatada elevati rischi legati a una viabilitàche favorisce andature sostenute ea un’alta concentrazione di autovei-coli. Pur non essendo disponibilidati sull’uso del casco nel periodo1994-98, va sottolineato che i datiottenuti dal sistema di sorveglianzadell’uso dei dispositivi di sicurezzaULISSE nel 2001 hanno quantificatol’uso del casco, in questa area, aridosso del 100%.

Considerando l’efficacia dellemisure di prevenzione disponibili ela loro realizzabilità, nel territorio inesame, l’intervento prioritario con-siste nel controllare e conseguente-mente contrastare il mancato usodelle cinture di sicurezza, attual-mente attorno al 30-40%. Insecondo luogo sarebbe opportunointensificare i controlli sia dell’alco-lemia nei conducenti che del rispet-to dei limiti di velocità.

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Sorveglianze nazionali

MENINGITI BATTERICHE IN ITALIA

In Italia, dal 1994 le ASL e le Di-rezioni Ospedaliere segnalano i ca-si ricoverati affetti da sospetta me-ningite batterica (1). Scopo di que-sta sorveglianza speciale è una piùpuntuale definizione delle caratteri-stiche epidemiologiche delle me-ningiti batteriche in Italia, la verificadell'efficacia e dell’efficienza dellemisure di chemioprofilassi, ove indi-cate, nonché la possibilità di carat-terizzazione dei ceppi batterici deimicrorganismi circolanti medianteraccolta presso l’Istituto Superioredi Sanità (ISS).

I casi di meningite battericasegnalati ogni anno sono andatiprogressivamente aumentando dai620 casi del 1994 ai 1 029 del1999, riflettendo il miglioramentodella completezza di informazione.Il patogeno più frequentementeidentificato tra i casi di meningitesegnalati tra il 1994 e il 1999 èstato Streptococcus pneumoniae(32% dei casi), seguito da Neisseriameningitidis (29%) e da Haemo-philus influenzae tipo b (18%). C'èuna consistente proporzione di casi(circa il 20%) segnalati come di pro-babile eziologia batterica per i qualil'agente eziologico non è statoidentificato. Tale proporzione rien-tra nei valori attesi, anche perchémolti pazienti arrivano al ricoveroospedaliero dopo l'inizio di un trat-tamento antibiotico che riduce leprobabilità di isolamento del pato-geno in coltura.

Nella Figura 1 è riportato il nu-mero di segnalazioni per i tre piùfrequenti agenti eziologici e per icasi con eziologia non identificata.È osservabile un aumento dellesegnalazioni da pneumococco eda meningococco, per quest'ulti-

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mo soprattutto nel 1999, mentrec'è una flessione dei casi attribuitiad H influenzae. Il calo di frequen-za di quest'ultimo patogeno èstato confermato anche dai risulta-ti della sorveglianza specifica perl'Hi attivata nel 1997 in otto regio-ni italiane. Parte della diminuzione

è attribuibile all'aumentato uso divaccini combinati che includonoanche la componente Hib.

Complessivamente, nel 1999l'incidenza delle meningiti dameningococco è stata pari a 4,7casi per milione di abitanti, tra ivalori più bassi riportati in Europa.

Il 70% dei casi, per i quali ilceppo batterico è giunto all'ISS, èdovuto a batteri di sierogruppo B,e solo il 19% al sierogruppo C.

L’incidenza annua di meningiteda pneumococco è stata pari a 5,1per milione di abitanti. I sierogrup-pi più frequentemente identificatisono stati il 14 e il 23. Circa il 96%dei sierogruppi identificati è inclu-so nei vaccini polisaccaridici (2).

L’incidenza annuale di menin-gite da H influenzae è stata pari a1,3 per milione di abitanti. Nel1999, su 78 casi, il tipo b è statoidentificato nel 98% dei casi.L’incidenza in Italia è più elevata diquella osservata in altri Paesi euro-pei (3). Tale maggiore incidenza èattribuita al minore uso del vacci-no in Italia, che solo recentementeè somministrato di frequente.

La distribuzione dei tre principa-li tipi di meningite è notevolmentediversa a seconda dei gruppi d’età.La grande maggioranza dei casi dimeningite da H influenzae è statasegnalata tra i bambini di 0-4 annidi età (85%); la meningite da me-ningococco è stata segnalata piùcomunemente tra i bambini di 0-4anni (31%) e tra gli adolescenti di15-19 anni (15%). Invece, per lameningite da pneumococco gliultrasessantacinquenni hanno rap-presentato il 29% dei casi.

Esistono notevoli variazionigeografiche nella frequenza deitre principali tipi di meningiti, conun caratteristico gradiente Nord-Sud (Tabella 1). La scarsa numero-sità rende i tassi molto instabili,soprattutto in regioni con minorepopolazione. Rimane da com-prendere il motivo del ridottonumero di casi segnalati per spe-cifici agenti in zone più popolatecome la Puglia e la Calabria e glielevati tassi riportati nella ProvinceAutonome di Bolzano e di Trento.

L’analisi delle segnalazioni dimeningiti batteriche e delle lorodifferenze geografiche deve esse-re fatta con cautela, dato che nonè possibile valutare le variazionidel grado di copertura del sistemadi sorveglianza. Tuttavia questorappresenta l'unica fonte informa-tiva continuativa nel tempo.

L'insorgenza di un casodi meningite nella comuni-

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Figura 1 - Segnalazioni di meningiti batteriche per meningococco (M),pneumococco (P), Haemophilus influenzae (Hi) e non identificati (NI) inItalia, 1994-99

Tabella 1 - Meningiti batteriche (tassi per milione di abitanti) in Italia nel 1999

Regione Meningococco Pneumococco EmofiloTutte 0-4 Tutte 0-4 Tutte 0-4 le età anni le età anni le età anni

Piemonte 3,0 98,1 4,4 9,8 2,3 44,1Valle D’Aosta 0,0 0,0 0,0 0,0 8,3 159,6Lombardia 6,7 438,9 7,6 23,0 1,2 10,5P.A. Bolzano 49,7 247,4 10,8 92,8 4,3 927,8P.A. Trento 12,7 34,5 16,9 34,5 2,1 0,0Veneto 5,5 575,5 7,3 16,4 0,9 12,3Friuli-Venezia Giulia 4,1 0,0 11,8 18,9 1,7 37,8Liguria 4,3 150,6 3,1 0,0 1,8 30,1Emilia-Romagna 6,5 327,9 9,5 27,3 0,8 16,0

Totale Nord 6,4 40,1 7,4 20,0 1,4 20,8

Toscana 4,2 62,6 6,8 6,3 1,4 6,3Umbria 2,4 257,5 1,2 0,0 0,0 0,0Marche 4,1 138,0 3,4 27,6 0,0 0,0Lazio 5,1 103,9 6,6 24,2 1,5 20,8Abruzzo 4,7 148,4 4,7 0,0 2,3 14,8Molise 6,1 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0

Totale Centro 4,5 10,7 5,8 17,8 1,1 12,4

Campania 2,6 167,8 2,6 0,0 1,6 21,6Puglia 2,4 0,0 1,0 0,0 1,7 19,3Basilicata 4,9 573,3 1,6 0,0 0,0 0,0Calabria 2,4 0,0 2,0 0,0 0,0 0,0Sicilia 3,1 178,8 2,0 6,0 1,2 17,9Sardegna 0,6 119,1 1,8 0,0 1,8 35,7

Totale Sud 2,7 12,6 2,0 1,4 1,3 17,9

Totale 4,7 23,4 5,1 11,8 1,3 18,1

Anni

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tà è sempre fonte di notevoleallarme sia per l'effettiva gravitàclinica del paziente, sia perchéspesso associato al rischio di epi-demie. Nella realtà i focolai epide-mici da noi osservati sono pochissi-mi e ad esempio, per quello cheriguarda il meningococco, menodel 2% dei casi risultano associabi-li tra loro. Tuttavia, i timori dellapopolazione e la pressione dell'o-pinione pubblica spesso portanol'operatore sanitario a interventiingiustificati, quali la chiusura dellescuole, la ricerca dei portatori ol’antibiotico-profilassi estesa anchea chi non è stato in contatto con ilpaziente contagioso.

Riferimenti bibliografici1. Circolare del Ministero della

Sanità, 29 dicembre 1993.2. Pantosti A, D’Ambrosio F, Tarasi A,

et al. CID 2000; 31(6): 1373-9.3. Ramsay M. An evaluation of

Haemophilus influenzae type b(Hib) vaccination and descriptionof risk factors for Hib vaccine failu-re in Europe, 1996-98. FinalReport. PHLS, CDSC, Colindale,London.

Stefania Salmaso a nome del gruppoISS di Sorveglianza delle MeningitiBatteriche che include Paola Ma-strantonio, Paola Stefanelli, TonySofia e Maria Grazia Caporali

Brevi note

SCLEROSI MULTIPLAE VACCINO ANTI-EPATITE B

Le segnalazioni di casi o recidivedi sclerosi multipla insorti dopo lavaccinazione contro l’epatite B han-no destato nel mondo scientifico enell’opinione pubblica diverse preoc-cupazioni. Una sentenza della magi-stratura francese, che imputava alvaccino anti-epatite B l’insorgenzadella sclerosi multipla, ha indotto nel1998 il Ministero della Sanità fran-cese a sospendere la campagna vac-cinale che stava conducendo nellescuole contro tale infezione.

Due studi caso-controllo, con-dotti all’interno di grandi coorti disoggetti seguite per alcuni anni,non hanno evidenziato alcunaassociazione tra la vaccinazione

anti-epatite B e l’insorgenza orecidive di sclerosi multipla.

Il primo studio (1) è stato con-dotto su due coorti di infermiereseguite dal 1976 e dal 1989. Perogni soggetto con sclerosi multiplasono stati selezionati come con-trolli 5 donne sane e una contumore al seno. Nello studio sonostate incluse 192 infermiere consclerosi multipla e 645 controlli (tradonne sane e portatrici di tumore);l’odds ratio (OR) di sclerosi multi-pla associato alla vaccinazioneanti-epatite B è risultato di 0,9 (IC95% 0,5-1,6) senza riferimentotemporale e 0,7 (IC 95% 0,3-1,8)entro due anni dall’insorgenzadella malattia.

Per la realizzazione dell’altrostudio (2) è stato utilizzato il data-base EDMUS (European Databasefor Multiple Sclerosis) con informa-zioni relative agli anni 1993-97. Lostudio è stato condotto su 643 sog-getti eleggibili; l’OR di recidive disclerosi multipla associato alla vacci-nazione anti-epatite B è risultatoessere di 0,67 (IC 95% 0,20-2,17).

I risultati negativi di questi duerecenti studi forniscono un impor-tante contributo riguardo l’assen-za di una relazione causale tra lavaccinazione anti-epatite B e lacomparsa o la riacutizzazione dellasclerosi multipla. Non appare, per-tanto, giustificato modificare lastrategia vaccinale per il controllodell’infezione.

Riferimenti bibliografici1. Ascherio A, Zhang SM, Hernan

MA et al. N Engl J Med 2001; 344:327-32.

2. Confavreux C, Suissa S, Saddier Pet al. N Engl J Med 2001; 344:319-26.

Elvira Bianco e Alfonso MeleLaboratorio di Epidemiologia e Biostatistica

VACCINI E MERCURIO

Recentemente i mass mediahanno dato grande rilievo alla pre-sunta pericolosità dei vaccini contiomersale, un composto conte-nente mercurio che ha proprietàantibatteriche e viene utilizzato permantenere la sterilità.

L’esposizione più comune almercurio, di cui è nota la neurotos-sicità a dosaggi elevati, avvieneattraverso il cibo. Il livello accettabi-le di assunzione dipende sia dalpeso che dall’età dell’individuo e sistima che nel primo anno di vitaequivalga a 200-230 �g.

Al contrario, non esistono evi-denze di tossicità da tiomersale pre-sente nei vaccini. Adottando unprincipio di massima prudenza, tut-tavia, varie istituzioni sanitarie inter-nazionali e nazionali hanno racco-mandato la produzione di vacciniche ne siano privi e in Italia sono giàdisponibili prodotti combinati chenon contengono questo compo-nente. Pur in assenza di evidenze didanni, allo scopo di fissare un ter-mine ultimo di utilizzo, il Ministrodella Sanità ha decretato l’elimina-zione del tiomersale dai vaccinientro il 2007.

In accordo con quanto ribaditodalla stessa Organizzazione Mon-diale della Sanità e, come espressodall’Istituto Superiore di Sanità, deveessere comunque sottolineato chel’esclusione dei prodotti contenentitiomersale dai programmi vaccinaliesporrebbe a un rischio decisamentemaggiore di quello ipotetico rappre-sentato dalla loro somministrazione.In Italia, ad esempio, il vaccino con-tro l’epatite B, che contiene tiomer-sale a un dosaggio equivalente a 16�g di etilmercurio (dose pediatrica),viene somministrato per prevenireun’infezione responsabile di un terzodei 6 000 decessi per cancro delfegato e dei 16 000 decessi per cir-rosi epatica che si verificano ognianno in Italia. In seguito al program-ma di vaccinazione avviato nel 1991,l’incidenza dell’epatite B nel gruppodi età a maggior rischio di infezione(15-24 anni) è diminuita di tre volte,prevenendo circa 600 casi ognianno.

Marta Ciofi degli Atti e Stefania SalmasoLaboratorio di Epidemiologia e Biostatistica

Inserto

BEN

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tiziario ISS V

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Full English version is availableat: www.iss.it/bene-Mail: [email protected]

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Istituto Superiore di Sa-nità (ISS) sta iniziando ecompleterà nel corso del2001 la progettazione di

una scuola nazionale di sanità pub-blica, a seguito delle delibere deipropri organi collegiali.

L’Italia è, infatti, uno dei pochiPaesi occidentali privo di una talescuola, essendo le tipologie di inse-gnamento post-laurea disponibilirappresentate da corsi di specializ-zazione quadriennali in igiene emedicina preventiva, corsi di per-fezionamento annuali o biennali ingestione dei servizi sanitari o eco-nomia sanitaria in senso più ampio,curati analogamente dalle facoltà dimedicina, molto spesso in collabo-razione con facoltà di economia,corsi brevi di addestramento e ag-giornamento (tra cui alcuni curatianche dall’ISS).

La produzione normativa piùrecente e la stessa elaborazione delPiano Sanitario Nazionale (PSN)tendono a correggere questa impor-tante carenza del Servizio SanitarioNazionale (SSN), identificandocon chiarezza gli obiettivi e le stra-tegie di sviluppo e le necessità diaccreditamento sia istituzionali cheprofessionali degli enti e degli ope-ratori che debbono garantire la tu-tela della salute pubblica.

L’azienda sanitaria, che rappre-senta lo strumento organizzativo egestionale dell’architettura delSSN, ha una sua missione: il perse-guimento del migliore livello pos-sibile di salute del cittadino attra-verso la razionalizzazione delle ri-sorse disponibili. In questa pro-spettiva, il DPR 484/97, ribaditodal DLvo 229/99, dà all’ISS il com-pito di organizzare le attività for-

mative in sanità pubblica, consi-stenti nella formazione manageria-le dei direttori sanitari delle azien-de sanitarie e del personale dirigen-ziale dei profili dell’area di sanitàpubblica.

Il PSN 1998-2000 definisce lepriorità tematiche e di sviluppo sucui il SSN deve concentrare le pro-prie risorse e produrre una manovraoperativa concertata e coordinataper il raggiungimento dei fini es-senziali del SSN stesso. Laddove, inogni caso, la formazione rappre-senta una tematica orizzontale, cheinveste ciascun obiettivo del PSN,l’articolato specifico è rappresenta-to da una serie di passaggi, il più si-gnificativo dei quali si riporta di se-guito: “La formazione è strumentodi ottimizzazione delle risorse uma-ne e di cambiamento organizzati-vo. Essa svolge un ruolo essenziale,perché attraverso la professionaliz-zazione degli operatori [...] consen-te il miglioramento continuo delleculture e dei valori di riferimento eaccompagna e sostiene i program-mi di sviluppo dei servizi. È, per-tanto, leva strategica per il comple-tamento del processo di aziendaliz-zazione e va attuata nel quadro diuna coerente integrazione con lepolitiche di organizzazione del la-voro e del personale [...]. La for-mazione, per sua natura, può svol-gere funzioni di implementazionequalitativa dei risultati dei servizi,contrastando le patologie organiz-zative […]. I percorsi e i piani diformazione aziendale [...] vannoelaborati in coerenza con gli obiet-tivi regionali e nazionali […]”.

Gli elementi fondamentali del-lo sviluppo organizzativo e dellecompetenze a cui si deve corri-spondere, in quanto carenti, sonodescritti in un passaggio ulterioredel Piano stesso:

• elementi di epidemiologia clini-ca, volti a consentire al perso-nale sanitario di presentare inmodo razionale e probabilisticogli effetti delle diverse opzionidiagnostico-terapeutiche;

• elementi di teoria della comuni-cazione, sociologia e antropolo-gia, miranti al riconoscimento, difronte alla salute e alla malattia,delle diverse identità culturali;

• elementi di economia, volti arafforzare la consapevolezza del-le ricadute economiche delle de-cisioni e della necessità di allo-cazioni soddisfacenti dal puntodi vista della collettività;

• elementi di etica nei rapporti fraprofessionista e paziente, volti apromuovere un’attenzione co-stante ai fondamenti etici dellescelte professionali e alla uma-nizzazione del servizio.Un capitolo specifico del Piano

Sanitario Nazionale, considerandocompiti e funzioni dell’ISS, riguardala formazione alla ricerca strategicafinanziata con le risorse del FondoSanitario Nazionale, che il PSN de-scrive e dettaglia come segue, deter-minando le aree prioritarie di svi-luppo per l’intero sistema:• promozione della salute e pre-

venzione delle malattie;• valutazione dell’impatto del si-

stema sanitario sulla salute e suifattori di rischio;

• valutazione dell’impatto dellasanità pubblica veterinaria sullasalute umana;

• analisi degli aspetti sociali edetici delle attività sanitarie;

• analisi e valutazione dei bisogniinformativi e di modelli co-municativi efficaci;V

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La Scuola Nazionale di Sanità Pubblica

Missione, obiettivi ed elementiessenziali del progetto ISS

Ranieri GuerraSegreteria per le Attività Culturali

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• analisi e valutazione economicadegli interventi sanitari;

• studio e sperimentazione di Li-nee guida e relativa valutazionedi impatto;

• analisi economica dei settori pro-duttivi operanti nell’ambito delsistema sanitario;

• valutazione dell’impatto econo-mico e organizzativo delle tec-nologie sanitarie;

• sviluppo e sperimentazione dinuovi modelli gestionali;

• sperimentazione e valutazionedegli effetti dei sistemi di remu-nerazione sulla appropriatezzadegli interventi e sullo stato disalute della popolazione;

• valutazione dell’impatto di mo-delli di intervento integrato so-cio-sanitario sulla salute."È indubbio che il concetto di

sanità pubblica a cui gli elementinormativi citati si riferiscono sia infase di cambiamento dinamico de-terminato da rilevanti mutamentidemografici, con il progressivo in-vecchiamento della popolazione, daopportunità sempre maggiori di at-traversare confini internazionali intempi brevissimi, da fenomeni mi-gratori di popolazioni con culturealtamente differenziate, da muta-menti ambientali con più o menodirette conseguenze sulla salute deicittadini. È altrettanto vero che ilcittadino, è sempre più conscio delproprio diritto alla salute e al be-nessere e richiede al sistema presta-zioni “ottime” dal punto di vistadella qualità e dello standard.

Tutto ciò rappresenta l’ambitoapplicativo a cui intende ispirarsi ilprogetto speciale che l’ISS realizze-rà, fornendo al personale sanitarioquegli strumenti di conoscenza ecapacità, ma anche di cultura e diatteggiamento che il corso tradizio-nale di studi non ha permesso diacquisire in modo coordinato econtinuativo.

La missione a cui l’ISS cercherà,quindi, di conformarsi è di pro-muovere l’interesse sociale e collet-

tivo nel realizzare le condizioniche garantiscano e preservino

la salute pubblica, attraverso la for-mazione di operatori scientifica-mente, tecnicamente ed eticamen-te qualificati. In questo senso, l’am-bito di formazione, ricerca e inter-vento a cui si fa riferimento è rap-presentato dall’azione concertata,inter- e multidisciplinare che iden-tifica e corregge i problemi di na-tura fisica, mentale, ambientale esociale della comunità. L’obiettivodi lavoro è rappresentato dall’ap-plicazione delle tecniche preventi-ve, curative e gestionali che contri-buiscono al miglioramento siste-matico della qualità della vita.

Gli elementi a cui il progettodell’ISS si rivolgerà per guidare ilprocesso di formazione sono:• monitoraggio dello stato di sa-

lute per identificarne tempesti-vamente rischi e problemi diimportanza collettiva;

• diagnosi e indagine continua suirischi e sui determinanti dimorbo-mortalità nella comuni-tà, che portino alla valutazionedei bilanci e dei bisogni indivi-duali e collettivi di salute;

• informazione, educazione epromozione della capacità diautogestione della propria salu-te per le comunità e i singoli in-dividui che la compongono;

• realizzazione di una concerta-zione tra istituzioni, individui egruppi sociali che possano defi-nire le problematiche sanitarie erealizzare azioni correttive epromotive della salute come be-ne e diritto;

• sviluppo e formulazione di po-litiche e progetti che perseguanola salute della collettività;

• implementazione di leggi, normee regolamenti che proteggono lasalute e garantiscono gli standardessenziali di cura e prevenzione;

• promozione della coscienza deldiritto degli individui e dellecollettività all’accesso universa-le a servizi di qualità, equi;

• formazione e impiego di perso-nale addetto alla salute pubbli-ca che sia competente, qualifi-cato e motivato;

• valutazione dell’efficacia, del-l’efficienza, dell’accessibilità (fi-sica, culturale, economico-fi-nanziaria e sociale) e della qua-lità dei servizi sanitari resi al-l’individuo e alla collettività;

• impostazione e conduzione diattività di ricerca operativa e diricerca-intervento miranti al-l’innovazione tecnico-scientifi-ca e all’erogazione di servizi eprestazioni efficaci.

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In briefNational School of Public Health

The ISS is designing a proposal to implement the first National Schoolof Public Health (NSPH) in Italy. Italy, in fact, is one of the few WesternCountries that has not such kind of School. The ISS vision of the NSPH isgrounded on the public health needs as expressed in the National HealthPlan (1998-2000). The final aim is to allow professionals trained at theSchool to respond to the call of citizens.

Corso di base

METODI STATISTICI IN EPIDEMIOLOGIAIstituto Superiore di Sanità

Roma, 9-13 aprile 2001

Direttori del corso Segreteria scientificaJ. Osborn E. Medda - Tel. 0649902393

M.E. Grandolfo F. Timperi - Tel. 0649902116

Segreteria organizzativaSegreteria per le Attività Culturali - Istituto Superiore di Sanità

Viale Regina Elena, 299 - 00161 RomaTel. 0649902436 - 0649903433 - Fax 0649387073

e-Mail: [email protected]

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a prevenzione dei rischi am-bientali per la salute non può

riguardare un ipotetico“individuo medio”, in

quanto è necessario conoscere dovee quando insorge il rischio di effet-ti avversi.

Gli studi sperimentali, clinici edepidemiologici, indicano come la sa-lute riproduttiva femminile, dall’o-vogenesi e dalla fertilizzazione allosviluppo intrauterino e postnataledella prole, può essere un bersaglioparticolarmente vulnerabile, anchea livelli di esposizione minori rispet-to a quelli che inducono altri tipi dieffetti. Inoltre, la prevenzione e lacomunicazione vengono rese piùdifficili dal fatto che le donne gene-ralmente ignorano anche l’entità ele conseguenze dell’esposizione.

Il Piano Sanitario Nazionale(PSN) 1998-2000 ha indicato, fragli obiettivi prioritari, sia la sicurez-za ambientale che la salvaguardiadei cosiddetti “soggetti deboli”,cioè dei gruppi maggiormente sen-sibili a determinati fattori di ri-schio. Quest’ultimo obiettivo haportato a una crescente attenzionenei confronti delle malattie rare(MR) che, oltre a un numerosogruppo di malattie genetiche, com-prendono anche la gran parte dellemalformazioni congenite, a eziopa-togenesi multifattoriale derivantedall’interazione fra predisposizionigenetiche e fattori di rischio am-bientali. È evidente che il conse-guimento di tali obiettivi deve es-sere tra i compiti primari dell’Isti-tuto Superiore di Sanità (ISS).Indubbiamente, tra tali gruppi, ladonna in età fertile e il concepitorisultano essere bersagli gravemen-te suscettibili alle influenze negati-ve dell’ambiente circostante e per-

ciò particolarmente a rischio.Tuttavia, per organizzare effica-

ci interventi di prevenzione verso ifattori di rischio ambientali, occor-re potenziare le iniziative di forma-zione e informazione per promuo-vere una corretta comunicazione siaverso gli operatori che gli utenti deiservizi sanitari. A tale scopo, in-contri a carattere interdisciplinarepossono essere uno strumento digrande utilità; in questo ambito,per il suo ruolo istituzionale, l’ISSha una funzione prioritaria.

Già dai primi anni ’90, facendoseguito a una at-tività di teratoge-nesi sperimentalee di valutazionedel rischio, si so-no sviluppatemaggiori compe-tenze che hannoportato a pro-grammare corsimirati anche agliaspetti generalidella tossicologiadella riproduzio-ne, offrendo cosìun migliore sup-porto di cono-scenze ai problemi di questo setto-re sanitario, compresa la comuni-cazione del rischio.

Grazie a una maggiore esigenzadi formazione e a una crescita di in-teresse sull’argomento, che ha per-messo scambi di esperienze sia a li-vello nazionale che internazionale,negli ultimi due anni si sono svoltiincontri che hanno evidenziato ri-schi specifici per la donna in età fer-tile e per il concepito. In particola-re, dal 27 al 29 novembre 2000 si èsvolto un workshop dal titolo “Sa-lute riproduttiva femminile e

ambiente: valutazione e comunica-zione del rischio” in cui, medianteapprocci scientifici e culturali di-versi, è stato possibile definire al-cuni punti essenziali.

In una società in cui la sanitàpubblica si incentra sempre più sul-la qualità della vita, emerge l’im-portanza della salute riproduttivache riguarda sia patologie comples-se ad alta prevalenza (ad esempio,disturbi della fertilità) che a bassaprevalenza, ma a elevato costo in-dividuale e sociale (ad esempio,malformazioni). Inoltre, in molticasi, gli effetti riproduttivi emergo-no come indicatori precoci e sensi-bili dei rischi sanitari derivanti dacontaminanti ambientali. I rischiderivanti da composti chimici so-

no prevenibili mediante strategieper la valutazione e la definizionedi obiettivi e priorità per il con-trollo e la riduzione dell’esposizio-ne. Si tratta, inoltre, di rischi invo-lontari, per cui la persona non èconsapevole dell’entità né delleconseguenze dell’esposizione e sub-isce una diminuzione della propriaautonomia decisionale riguardo alcontrollo della propria salute; nonvanno trascurati pertanto gli aspet-ti etici della questione. Infine, oc-corre un’interazione tra le discipli-ne mediche e quelle sperimentali;infatti, un approccio interdiscipli-nare richiede apporti di geneti-ca, biologia cellulare, em-V

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Salute riproduttiva femminile e ambiente

Anna Velia Stazi e Alberto MantovaniLaboratorio di Tossicologia Comparata e Ecotossicologia

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briologia ed endocrinologia percomprendere la biologia degli even-ti, mentre l’apporto della tossicolo-gia riguarda la caratterizzazione deifattori di rischio.

La valutazione del rischio tossi-cologico è un processo che prevedequattro fasi:• identificazione degli effetti av-

versi (hazard identification):una specificità della tossicità ri-produttiva è il carattere dinam-ico del ciclo riproduttivo chepresenta diversi momenti cri-tici di suscettibilità a de-terminati meccanismi dit o s s i c i t ànelle sue di-verse fasibiologiche(ad esem-pio, game-t o g e n e s i ,fer t i l izza-zione, embriogenesi, fasefetale, fase perinatale);

• valutazione della relazionedose-risposta: è essenziale peridentificare gli effetti critici,cioè quegli effetti che si osser-vano a livelli di esposizione mi-nori, per cui la protezione dal-l’effetto critico previene anchealtri tipi di effetti;

• valutazione dell’esposizione: ol-tre alla stima della quantità disostanza che può raggiungere ladonna e il concepito, è impor-tante conoscere quale tipo di so-stanza effettivamente raggiungeil bersaglio e quindi quali sonoi biomarcatori di esposizionepiù adeguati;

• caratterizzazione del rischio: per-mette di definire quale popola-zione è più esposta e quale è piùsuscettibile; se si protegge que-sta/e popolazione/i si proteggeanche la popolazione generale.Un problema emergente nella

valutazione del rischio riprodutti-vo riguarda le sostanze chimichecon potenziali attività endocrine(Endocrine Disrupting Chemicals,

EDC). Gli EDC sono un ete-

rogeneo gruppo di composti (con-taminanti clorurati, pesticidi, sol-venti, ecc.) caratterizzati dalla capa-cità (identificata prevalentemente instudi sperimentali) di interferire conil funzionamento del sistema endo-crino. In particolare, l’omeostasi de-gli steroidi sessuali e della tiroide so-no i principali bersagli degli effettidegli EDC, con gravi possibili rica-dute sulla salute riproduttiva, qualiinfertilità, patologie uterine (adesempio, endometriosi), malforma-

zioni dell’apparato riprodut-tivo (ad esempio, ipospadia),

aumentata suscettibilità ai tu-mori di tessutibersaglio (adesempio, testi-colo). La valuta-zione del rischiodegli EDC ri-chiede di affron-tare una serie di

problemi (1):• identificazione e caratte-rizzazione di possibili effetti acomparsa tardiva sullo sviluppo(ad esempio, riproduttivo, neu-rologico); a tale scopo è in attoun intenso lavoro a livello in-ternazionale per la validazionedi nuovi test tossicologici e l’ag-giornamento di quelli esistenti;

• difficoltà di evidenziare una do-se “senza effetto” nel caso di in-terazioni simil-ormonali a livel-lo di recettori, in particolare infasi critiche dello sviluppo;

• possibile esposizione combinataa EDC diversi attraverso gli ali-menti e l’ambiente che non con-sente di escludere un effetto cu-mulativo sullo stesso bersaglio.L’elaborazione di modelli per la

valutazione del rischio sanitario daEDC attraverso un approccio in-terdisciplinare è l’obiettivo priori-tario del Progetto nazionale di ri-cerca (art.12, DLvo 502/92)“Esposizione umana a xenobioticicon potenziale attività endocrina:valutazione del rischio per la ripro-duzione e per l’età evolutiva” ap-provato dal Ministero della Sanità

alla fine del 1999 e coordinato dal-l’Istituto Superiore di Sanità.

In generale, è importante iden-tificare la presenza di specifiche su-scettibilità all’interno della popola-zione; in alcuni casi la prevenzionedeve essere mirata e circoscritta ver-so alcuni gruppi particolarmente arischio. Un esempio importante so-no le donne in età fertile che pre-sentano la malattia celiaca, una pa-tologia autoimmune a base geneti-ca caratterizzata dall’intolleranza alglutine; per tale malattia l’unicaforma di trattamento è la dieta pri-va di tale proteina, contenuta in al-cuni cereali, come il frumento. Lamalattia celiaca, causando proble-mi di malassorbimento, può pro-vocare uno stato di malnutrizionegenerale o carenze specifiche di nu-trienti quali vitamine (acido folico,B6, B12, K) e minerali (zinco, fer-ro); inoltre vi sono importanti as-sociazioni con altre patologie a ca-rattere immunitario e/o endocrino.Tale malattia si può presentare indiverse forme cliniche (classiche,subcliniche e silenti), ma in ognicaso è un importante fattore di ri-schio per la salute riproduttiva fem-minile (infertilità, menopausa pre-coce, abortività spontanea, bassopeso alla nascita); inoltre non puòessere escluso un aumentato rischiodi malformazioni congenite. L’en-tità del rischio degli effetti sulla ri-produzione non è direttamentecorrelata alla gravità dei sintomi cli-nici della malattia (2).

Un’adeguata comunicazione delrischio dovrebbe permettere alladonna celiaca di evitare anche l’in-gestione di piccole dosi di glutineche possono contaminare gli amidicontenuti negli alimenti (additivi) enei farmaci (eccipienti); questo ri-chiede un’esatta e chiara etichetta-tura di tali prodotti. Solo con que-sto approccio cautelativo si puòpreservare la vita riproduttiva delladonna celiaca e il benessere delconcepito dal possibile effetto cro-nico di piccole dosi di glutine.

Dal punto di vista degli studi

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Le donne spesso ignoranole implicazioni

dell’esposizionea rischi ambientali

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epidemiologici, i risultati più evi-denti sono stati rilevati nelle donneche lavorano in particolari settori,anche per la possibilità di definiremeglio il tipo di fattori di rischionon solo chimici e fisici, ma anchebiologici, ergonomici e psicologici, ei livelli di esposizione. Una partico-lare attenzione è stata dedicata alleoperatrici sanitarie: in questo setto-re, i fattori di rischio più evidenticomprendono i gas anestetici, i far-maci antineoplastici, radiazioni io-nizzanti e non. Inoltre, lo stress puògiocare un ruolo fondamentale nel-la definizione del rischio in questoparticolare tipo di lavoratrici (3).

Va sottolineato che le condizio-ni di lavoro mostrano frequente-mente rapidi cambiamenti; vecchietecnologie, nell’ambito delle quali irischi sono almeno parzialmente co-nosciuti, vengono abbandonate infavore di nuove, i cui rischi possonoessere sconosciuti, limitando le pos-sibilità di prevenzione. Va inoltreconsiderato che nell’ultimo decen-nio la donna sta entrando in tutti isettori del mondo del lavoro e quin-di la sua salute può andare incontroa ulteriori fattori di rischio, com-presi alcuni finora non noti. In par-ticolare, dovrebbe essere data mag-giore attenzione allo stress quale fat-tore importante di rischio non solopsicologico ma anche fisico con ri-cadute sugli apparati immunitarioe/o ormonale. È opportuno quindiche gli studi di epidemiologia occu-pazionale diano sempre maggiore

rilievo alla salute riproduttiva e chevengano considerati gli importanticambiamenti del ruolo della donnanel mondo lavorativo.

A tale proposito i registri di pa-tologia assumono particolare im-portanza nelle azioni di sorveglian-za epidemiologica, di prevenzionee di educazione sanitaria, in quan-to possono realizzare la continuaraccolta, registrazione, conservazio-ne ed elaborazione di dati relativi asoggetti affetti da una data patolo-gia, in una specifica area geograficae in periodi di tempo definiti. Nel-lo specifico ambito delle MR lo svi-luppo di un Registro nazionale of-fre vantaggi sia per indirizzare almeglio le azioni sanitarie finalizza-te alla diagnosi, al trattamento e al-l’assistenza che per coordinare l’uti-lizzazione delle risorse; in par-ticolare, permette di aumentare leconoscenze sulla storia naturale del-le MR. Infatti un Registro nazio-nale consente lo sviluppo di studicombinati tra epidemiologia e bio-medicina per evidenziare i deter-minanti eziologici delle MR e i fat-tori di rischio a esse associate. Lasorveglianza nazionale delle MR èstata individuata come obiettivoprioritario dal PSN e, a tale scopo,è stato istituito il Registro naziona-le delle MR, presso l’Istituto Supe-riore di Sanità con DM del 24 apri-le 2000 (4).

La comunicazione del rischio èimportante per mettere in rilievo ifattori di rischio legati agli stili di

vita. Il consumo di alcol, il tipo dialimentazione e il fumo di sigaret-ta sono problemi tuttora incontratidagli operatori sanitari che sono acontatto con donne in età fertile ein gravidanza. Vanno consideratianche fattori legati al miglioramen-to dell’immagine estetica, quali itrattamenti dimagranti che potreb-bero rendere biodisponibili i con-taminanti persistenti, quali i com-posti clorurati, accumulatisi prece-dentemente nei depositi adiposi.

Un altro problema di comu-nicazione è il confronto di culture elinguaggi fra mondo della ricerca emondo dei mezzi di comunicazionedi massa. Il mondo sanitario e dellaricerca dovrebbero evitare sia inutiliallarmismi che la sottovalutazione dirischi e problemi reali; per ottenerequesto, è necessario capire l’im-portanza che assume la comu-nicazione nella società odierna, assu-mendosi la responsabilità di trovaremodi e linguaggi idonei.

In tale contesto l’Istituto Supe-riore di Sanità, quale organo tecni-co-scientifico del Servizio SanitarioNazionale, deve creare un canaleprivilegiato, grazie a iniziative diprevenzione, formazione e divulga-zione con gli operatori sanitari e conl’opinione pubblica affinché arrivi-no informazioni aggiornate, corret-te e adeguate per prevenire rischisulla salute riproduttiva e del con-cepito. Workshop organizzati inmodo interattivo possono essereutili strumenti per conseguire que-sti obiettivi e rappresentare, inoltre,modelli che possono essere adotta-bili da altri enti del Servizio Sanita-rio Nazionale.

Riferimenti bibliografici

1. Mantovani A, Stazi AV, Maranghi Fet al. Chemosphere 1999; 39: 1293-300.

2. Stazi AV, Mantovani A. Minerva Gi-necol 2000; 52: 189-96.

3. Figà-Talamanca I. Epidemiol Rev2000; 22 (in press).

4. Taruscio D, D’Agnolo G, Greco D.Notiziario Istituto Superiore diSanità 2000; 13(8): 1-3.

In briefWomen reproductive health and environment

The available knowledges indicate the woman in fertile age andthe conceptus as particularly vulnerable targets to the adverse effectsof the environment. In order to perform an adequate management ofrisk factors it is necessary to provide initiatives aimed at education andinformation; the objective is to promote a correct communicationboth toward health operators and toward the general public.According to its institutional role, the Istituto Superiore di Sanità hasorganized interdisciplinary meetings since the early ’90s, originatingfrom the experimental activities in developmental and reproductivetoxicology and risk assessment. Such meetings find further cues in thegrowing interest toward woman’s reproductive health as well as in theincreasing need for professional education and exchange of experien-ces at either national and international levels.

Page 20: Tumori cerebrali e uso dei telefoni cellulariold.iss.it/binary/publ/publi/0102.1107417717.pdfzione tra incidenza di tumori cere-brali e uso del telefono cellulare di-chiarato all’intervista,

Il Convegno è stato inteso come un primo

Il Convegno è stato inteso come un primo

momento per farmomento per fare il punto sull'impiego cli

e il punto sull'impiego cli --

nico in Italia delle metodologie di analisi

nico in Italia delle metodologie di analisi

del movimento e per intrdel movimento e per intrapraprenderendere un pre un proo--

cesso di rcesso di razionalizzazione del lorazionalizzazione del loro usoo uso,, prproo--

cesso indispensabile per una lorcesso indispensabile per una loro corro correttaetta

ed efficiente diffusioneed efficiente diffusione.. Alla luce dell'inte

Alla luce dell'inte--

rresse suscitato dai contributi presse suscitato dai contributi presentatiesentati

durdurante il convegno si è ritenuto opportuno

ante il convegno si è ritenuto opportuno

prproporroporre la re la raccolta dei raccolta dei relativi lavori esteelativi lavori este--

si.si. OltrOltre il 60% dei re il 60% dei relatori ha aderito all'ielatori ha aderito all'i --

niziativa.niziativa. Si auspica che questa rSi auspica che questa raccoltaaccolta

possa rpossa rapprappresentaresentare uno strumento efficacee uno strumento efficace

per la diffusione dello stato dell'arte sulle

per la diffusione dello stato dell'arte sulle

metodologie di analisi del movimento appli

metodologie di analisi del movimento appli --

cate alla clinica.cate alla clinica.

Rapporti ISTISAN 00/24

Convegno nazionale. Analisi del movimento

in clinica: presente e futuro.

Istituto Superiore di Sanità.

Roma, 28-29 ottobre 1999.

A cura di Velio Macellari e Claudia Giacomozzi

2000, iii, 137 p.

I cementi vetrI cementi vetroionomerici sono in gr

oionomerici sono in grado diado dirilasciarrilasciare ioni nell'ambientee ioni nell'ambiente.. Nella prNella presenteesentericerricerca è stato analizzato l'effetto di questo

ca è stato analizzato l'effetto di questorilasciorilascio in vitroin vitro sulla dentina umana.sulla dentina umana. OttoOttoprpremolari umani,

emolari umani, appena estrappena estratti,atti, sono statisono statitagliati in corrispondenza delle lortagliati in corrispondenza delle loro superfio superfi --ci vestibolari e orci vestibolari e orali mediante un disco dia

ali mediante un disco dia--mantatomantato,, al fine di esporr

al fine di esporre i tubuli dentinae i tubuli dentina--

li;li; le superfici di sezione erle superfici di sezione erano poi rifinite

ano poi rifinitemediante carta abrmediante carta abrasiva con grasiva con grana 600 alana 600 alcarburcarburo di silicioo di silicio.. La distanza trLa distanza tra la camera la cameraapulparpulpare e la superficie abr

e e la superficie abrasa erasa era di 1mm.a di 1mm. IIdenti sono stati poi divisi in due metà.

denti sono stati poi divisi in due metà. LeLesuperfici abrsuperfici abrase erase erano quindi morano quindi mordenzatedenzateper 5s con acido ortofosforico al 37 % per

per 5s con acido ortofosforico al 37 % perrimuoverrimuovere il fango dentinalee il fango dentinale..

Rapporti ISTISAN 00/25La sensibilità dentinale: analisi al SEM degli effetti sulla dentina prodotti in vitroda quattro cementi vetroionomerici del commercio.Mirko Andreasi Bassi, Giuseppe Formisano e Salvatore Caiazza2000, iii, 48 p.

Vo

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raio 2001

Visto… si stampiA cura del Servizio per le Attività Editoriali

Il prIl progetto di ricerogetto di ricerca "Sclerca "Sclerosi multipla" è

osi multipla" èsuddiviso nei seguenti sottoprsuddiviso nei seguenti sottoprogetti:ogetti: 1) ezio1) ezio--patogenesi;patogenesi; 2) studi clinici,

2) studi clinici, epidemiologici eepidemiologici eassistenziali.assistenziali. Nell'interNell'intero coro corso del prso del progettoogettosono state finanziate 72 unità oper

sono state finanziate 72 unità operative (nonative (nontutte finanziate per l'intertutte finanziate per l'intera dura durata del prata del proo--getto) elencate nella prima parte di questo

getto) elencate nella prima parte di questovolumevolume.. La seconda parte del volume contieLa seconda parte del volume contie--

ne sei rne sei relazioni che riassumono i dati più rileelazioni che riassumono i dati più rile--

vanti ottenuti nell'ambito del prvanti ottenuti nell'ambito del progettoogetto.. LaLaterza parte contiene i riassunti rterza parte contiene i riassunti relativi aglielativi agliultimi risultati dei prultimi risultati dei progetti che hanno ricevu

ogetti che hanno ricevu--to un ulteriorto un ulteriore finanziamento per l'anno 2000

e finanziamento per l'anno 2000(pr(presentati in oresentati in ordine alfabeticodine alfabetico,, in base alin base al

cognome sottolineato dei prcognome sottolineato dei proponenti).oponenti). LaLaquarta parte riporta i lavori scientifici pr

quarta parte riporta i lavori scientifici pree--sentati con il contributo del prsentati con il contributo del progettoogetto..

Rapporti ISTISAN 00/23Progetto di ricerca sulla Sclerosi multipla.Convegno di chiusura.Istituto Superiore di Sanità. Roma, 3 novembre 2000.A cura di Giulio Levi2000, 105 p.

Lo scopo di questo studio è quello di valuta

Lo scopo di questo studio è quello di valuta--

rre l'efficacia dell'uso di due divere l'efficacia dell'uso di due diverse tecnichese tecniche

di trdi trattamento superficiale per migliorattamento superficiale per migliorararee

l'adesione trl'adesione tra materiali metallici e composia materiali metallici e composi --

ti.ti. La validità di questo metodo dovrLa validità di questo metodo dovrebbeebbe

esseressere di supporto nel caso di ripare di supporto nel caso di riparazioni diazioni di

vecchi rvecchi restauri in metallo con la ricoperturestauri in metallo con la ricoperturaa

di materiale compositodi materiale composito.. Un materiale com

Un materiale com--

posito e trposito e tre differe differenti leghe metallicheenti leghe metalliche,, concon--

tenenti ortenenti oro e palladioo e palladio,, sono state utilizzatesono state utilizzate

per costruirper costruire campioni a cre campioni a cravatta con estravatta con estree--

mi arrmi arrotondati.otondati. Un primo gruppo di campioUn primo gruppo di campio--

ni è stato trni è stato trattato con H3PO4,attato con H3PO4, mentrmentre une un

secondo gruppo è stato solo sottoposto alla

secondo gruppo è stato solo sottoposto alla

tecnica di sabbiaturtecnica di sabbiatura e stagnatura e stagnatura.a. PPer tuttier tutti

i campioni è stato usato un unico tipo di

i campioni è stato usato un unico tipo di

adesivo dentale radesivo dentale resinosoesinoso..

Rapporti ISTISAN 00/26

Studio in vitro delle prestazioni meccaniche

dell'interfaccia tra materiali compositi dentari

e leghe metalliche preziose.

Rossella Bedini, Pietro Ioppolo, Gianfranco Albergo,

Egidio Accarisi e Francesco Sampalmieri

2000, 27 p.

Page 21: Tumori cerebrali e uso dei telefoni cellulariold.iss.it/binary/publ/publi/0102.1107417717.pdfzione tra incidenza di tumori cere-brali e uso del telefono cellulare di-chiarato all’intervista,

l sangue che viene raccolto dal cordone ombelica-le e dalla placenta al momento della nascita vieneormai universalmente riconosciuto come una sor-gente alternativa di cellule staminali emopoietiche

utilizzabili per il trapianto di midollo. Il primo tra-pianto da sangue di cordone consanguineo è stato ef-fettuato con successo nel 1998 e da allora, nel mondo,ne sono stati eseguiti, da donatori non consanguinei,circa duemila.

L’attenzione dei ricercatori si sta concentrando sultentativo di stilare, a livello internazionale, delle lineeguida per la creazione di banche di sangue di cordoneombelicale non consanguineo.

In occasione del convegno che si è svolto lo scorsomese di agosto a Bethesda dal titolo “Il trapianto e lacriopreservazione del sangue di cordone allogenico dadonatori estranei” è stato fatto il punto della situazio-ne relativamente allo stato dell’arte, con l’obiettivo di ri-vedere in modo comparativo i metodi usati dalle di-verse banche americane ed europee per la raccolta, laconservazione e il trapianto di cordone da estranei e didiscutere i risultati scientifici ottenuti finora sulla ca-ratterizzazione e l’attecchimento del sangue cordonale.

Punto di partenza della discussione plenaria è stato

quello di definire i criteri minimi in base ai quali laFood and Drug Administration statunitense potrebbein futuro rilasciare “licenze di prodotto” e porre even-tuali limitazioni relativamente all’utilizzazione di que-sto tipo di cellule staminali nell’ambito dell’allotra-pianto, per arrivare a definire una serie di raccomanda-zioni relative alle procedure che le banche di sangue dicordone devono seguire per la raccolta e la conserva-zione e ai criteri cui attenersi per i trapianti con sanguedi cordone in pazienti adulti e pediatrici.

Per chi è interessato ad approfondire ulteriormentel’argomento, si rimanda, per le trascrizioni integrali de-gli atti della prima giornata del congresso al sito:

www.fda.gov/cber/minutes/forum 0814p1.pdf,mentre quelli della seconda giornata sono reperibili al-l’indirizzo:

www.fda.gov/cber/minutes/forum0815p2.pdf.Il riassunto in italiano dei trascritti è disponibile nel

sito dell’Istituto Superiore di Sanità:www.iss.it./news/index.htm

Il sangue di cordone ombelicale

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Obiettivo del CongrObiettivo del Congresso è quello di appr

esso è quello di approo--

fondirfondire i pre i problemi di sanità pubblica corroblemi di sanità pubblica corree--

lati ai crlati ai crescenti sviluppi nel settorescenti sviluppi nel settore dellae della

ricerricerca genetica,ca genetica, con particolarcon particolare riguare riguardodo

alle malattie ralle malattie rararee.. In tale ambito vengonoIn tale ambito vengono

discusse le basi molecolari e biochimiche

discusse le basi molecolari e biochimiche

delle malattie lisosomiali e perdelle malattie lisosomiali e perossisomiali,ossisomiali, ii

risultati di apprrisultati di approcci terocci terapeutici innovativi

apeutici innovativi

ed il ruolo di modelli animali per una mi

ed il ruolo di modelli animali per una mi--

gliorgliore compre comprensione della patogenesi diensione della patogenesi di

queste malattiequeste malattie.. La sessione finale è dedicaLa sessione finale è dedica--

ta al Prta al Progetto Nazionale sulle malattie rogetto Nazionale sulle malattie rararee

dell’Istituto Superiordell’Istituto Superiore di Sanità.e di Sanità.

ISTISAN Congressi 69

II Congresso sulle Malattie rare.

Disordini genetici correlati a disfunzioni

degli organelli cellulari.

Istituto Superiore di Sanità.

Roma, 20-22 novembre 2000. Riassunti.

2000, viii, 45 p. (in inglese)Contiene un quadrContiene un quadro aggiornato dell’epidemio

o aggiornato dell’epidemio--logia e dei principali determinanti dell’anti

logia e dei principali determinanti dell’anti --biotico rbiotico resistenza.esistenza. TTale fenomeno costituisce

ale fenomeno costituisceun prun problema prioritario in sanità pubblica,

oblema prioritario in sanità pubblica, nonnonsoltanto per i grsoltanto per i gravi risvolti clinici,

avi risvolti clinici, ma anchema ancheper le forti implicazioni economiche

per le forti implicazioni economiche.. NegliNegliultimi anni,ultimi anni, si è andato intensificando in tutto

si è andato intensificando in tuttoil mondo l’impegno per il contril mondo l’impegno per il controllo e il conteollo e il conte--nimento dell’antibiotico rnimento dell’antibiotico resistenza,esistenza, sia attrsia attraa--ververso la ricerso la ricerca di baseca di base,, mirmirata a meglio com

ata a meglio com--prprenderne le basi biologiche

enderne le basi biologiche,, sia attrsia attraveraverso laso laricerricerca applicata,ca applicata, grgrazie alla crazie alla creazione dieazione disistemi di sorveglianza,sistemi di sorveglianza, finalizzati a gar

finalizzati a garantirantireeun monitorun monitoraggio continuo di questo fenomeno

aggio continuo di questo fenomeno..

ISTISAN Congressi 68Convegno nazionale.Antibioticoresistenza: sorvegliare per prevenire.Istituto Superiore di SanitàRoma, 24-25 ottobre 2000. Riassunti.A cura di Maria Luisa Moro, Annalisa Pantosti

e Alfredo Caprioli 2000, v, 29 p.

Anna Rita Migliaccio 1Silvana Campisi 2

1 Laboratorio di Biochimica Clinica2 Laboratorio di Biologia Cellulare

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a Commissione Europea DG/V, con l’appoggiodell’Organizzazione Mon-diale della Sanità (OMS),

finanzia dal 1991, il Progetto“AIDS & Mobility”, con il fine direalizzare campagne di prevenzionee di informazione sull’infezione daHIV/AIDS e malattie sessualmen-

te trasmesse (MST) per le popola-zioni “mobili” (immigrati, mino-ranze etniche, rifugiati politici, ca-mionisti, senza fissa dimora, mili-tari, prostitute straniere), nei Paesidell’Unione Europea.

Tale Progetto, coordinato dalNetherlands Institute for HealthPromotion and Disease Preventiondi Woerden (Olanda), rispondeprincipalmente a tre obiettivi spe-cifici:• costituire una rete in ogni Stato

membro per ottenere una visio-ne completa della situazione eu-

ropea, che consenta il confron-to tra differenti esperienze;

• rispondere in maniera specificaai bisogni delle popolazioni mi-granti nelle differenti nazionidell’Unione Europea;

• realizzare campagne di preven-zione sull’infezione da HIV/AIDS e sulle MST.

IL NATIONAL FOCALPOINT ITALIANO

Nel 1997 l’équipe olandese di“AIDS & Mobility” ha contattatoistituzioni pubbliche, organizza-zioni non governative (ONG) e as-sociazioni di volontariato che si oc-cupano di popolazioni migranticon problemi legati alle MST e al-l’infezione da HIV negli Stati del-l’Unione Europea, proponendo lacostituzione di un National FocalPoint (NFP) in ogni Stato.

Ai NFP europei è stato asse-gnato l’incarico di:

• organizzare ogni anno un mee-ting nazionale tra le istituzionipubbliche, le organizzazioninon governative e le associazio-ni di volontariato che si occu-pano degli aspetti socio-sanita-ri delle popolazioni “mobili”,per rilevare i reali bisogni deglistranieri, fissare obiettivi per in-terventi di prevenzione e indi-viduare le necessarie strategieper raggiungerli;

• accogliere nella propria nazioneinformazioni riguardanti il Pae-se di origine delle popolazionimigranti, gli eventuali compor-tamenti a rischio, gli aspetti epi-demiologici, legislativi e sanitarilegati al fenomeno dell’immi-grazione;

• elaborare un rapporto annuale,che illustri alla CommissioneEuropea la situazione del flussomigratorio nelle diverse nazionie fornisca utili indicatori permeglio rispondere alle necessitàdelle popolazioni mobili. In Italia il compito di svolgere

le mansioni di NFP è stato affida-to, nel 1997, al Telefono VerdeAIDS (TVA) del Reparto AIDS eMalattie Sessualmente Trasmesse -Laboratorio di Epidemiologia eBiostatistica dell’Istituto Superioredi Sanità (ISS).

Il TVA, istituito nel giugno del1987 dalla Commissione Nazionaleper la lotta contro l’AIDS, svolge at-tività di prevenzione primaria e se-condaria sull’infezione da HIV esull’AIDS rivolta alla popolazionegenerale, attraverso un’informazio-ne scientifica erogata con il metododel counselling telefonico.

Il TVA è stato scelto come NFPgrazie alla pluriennale esperienzanella realizzazione di progetti na-zionali e internazionali di preven-zione mirati alle popolazioni mi-granti. Il servizio rappresenta, in-fatti, il punto di riferimento nazio-nale per ciò che riguarda la preven-zione e l’informazione scientificasull’infezione da HIV/AIDS, per-mettendo di valutare i bisogni in-

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raio 2001

“AIDS & Mobility” Un’esperienza di collaborazione

nazionale e internazionale

Laura Camoni, Anna Colucci, Anna D’Agostini,Pietro Gallo, Anna Maria Luzi e Giovanni Rezza

Telefono Verde AIDS, Laboratorio di Epidemiologia e Biostatistica

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formativi della popolazione gene-rale e di particolari fasce, come i cit-tadini stranieri. Ciò consente dipianificare interventi socio-sa-nitari più effica-ci. A tale propo-sito, è stato pos-sibile fornire alMinistero dellaSanità suggeri-menti utili perla stesura diopuscoli infor-mativi multilin-gue sull’infezio-ne da HIV e sull’AIDS.

L’esperienza acquisitanell’attività di counselling te-lefonico e di ricerca rivolta a citta-dini stranieri e la consapevolezzadell’importanza per una Istituzio-ne pubblica di collaborare, inte-grando esperienze diverse, con or-ganizzazioni governative e non econ associazioni di volontariatoche si occupano di “gruppi in mo-vimento”, ha spinto il TVA a co-stituire un gruppo di lavoro per-manente presso l’Istituto Superio-re di Sanità.

Infatti, il NFP italiano vede lacollaborazione di istituzioni pub-bliche (IRCCS “L. Spallanzani” diRoma, IRCCS “S. Gallicano” diRoma, ASL RME, Università degliStudi di Roma “La Sapienza”, Mi-nistero della Sanità), organizzazio-ni non governative (Lega Italianaper la Lotta contro l’AIDS e Co-mitato Diritti delle Prostitute) e as-sociazioni di volontariato (CaritasDiocesana di Roma).

Tali strutture risultano, nella lo-ro diversità, tra quelle che si occu-pano prevalentemente del fenome-no migratorio e delle esigenze sa-nitarie a esso collegate. Sono servi-zi che da molti anni lavorano, oltreche nell’ambito dell’assistenza psi-co-socio-sanitaria agli immigrati,anche in attività di ricerca e diformazione, a livello nazionale einternazionale, sui temi della pre-venzione dell’infezione da HIV edelle MST.

Il lavoro svolto dal NFP italianoe la competenza dei singoli parteci-

panti hanno permesso di pro-porre, a livello nazionale ed

europeo, proget-ti di ricerca voltia fornire un qua-dro aggiornatodella reale situa-zione riguardan-te l’assistenzapsico-socio-sani-taria ai cittadinistranieri.

A tale pro-posito sono stati presentati:

• un Progetto nazionale dal ti-tolo “Creazione di una retenazionale tra le strutture psico-socio-sanitarie governative enon che si occupano delle po-polazioni migranti con pro-blematiche relative all’infezionida HIV e alle MST”, che coin-volge tutte le regioni italiane,nell’ambito del IV Progetto diricerca sull’AIDS sociale-2000;

• un Progetto nazionale dal titolo“Arianna - studio pilota per larealizzazione di una rete multi-centrica di formazione per ope-ratori e mediatori linguisti-co-culturali da utilizzarenel l ’ infor-mazione eprevenzionedelle infezio-ni da HIV/MST rivoltaa gruppi diimmigrati arischio die sc lus ionedall’accessoai servizi psico-socio-sa-nitari”, nell’ambito delIV Progetto di ricerca sull’AIDSsociale-2000;

• un Progetto europeo, nel-l’ambito di “AIDS & Mobility”,coordinato dal NFP italiano daltitolo “Creazione di una rete trai NFP dei paesi dell’area medi-terranea”, finanziato dalla Com-missione Europea DG/V.

CREAZIONE DI UNA RETETRA NFP

Il Progetto “Creazione di unarete tra i NFP dei paesi dell’areamediterranea”, della durata di unanno, prevede il censimento e lamappatura delle strutture psico-so-cio-sanitarie che si occupano di as-sistenza agli stranieri migranti pre-senti nei Paesi dell’area medi-terranea dell’Unione Europea, conproblematiche relative all’infezioneda HIV/AIDS e alle MST.

Tale Progetto, coordinato dalNFP italiano, si svolge in collabo-razione con i NFP di Francia, Gre-cia, Portogallo e Spagna, Paesi cheper caratteristiche geografiche e sto-ria, pur in misura diversa e con dif-ferenti modalità, sono coinvolti dafenomeni migratori.

Il Progetto prevede il raggiungi-mento dei seguenti obiettivi: • censimento e mappatura delle

strutture psico-socio-sanitarieche si interessano di popolazio-ni migranti con problematicherelative all’infezione da HIV/AIDS e alle MST nei Paesi del-l’area mediterranea;

• creazione di una banca da-ti informatizzata comune del-

le strutture psi-co-socio-sanita-rie, che si occu-pano di proble-matiche sanita-rie riguardanti lepopolazioni mi-granti;• creazione diuna rete tra iNFP dei Paesi

dell’area mediterranea.Per il raggiungimento di tali

obiettivi viene utilizzata una sche-da, condivisa dai cinque Paesi part-ner, per la raccolta delle informa-zioni relative alle singole strutturepsico-socio-sanitarie che si occupa-no di assistenza sanitaria agli stra-nieri migranti, con particolare rife-rimento all’infezione da HIV ealle MST.

Il confronto tra esperienze diverseconsente di rispondere in modo più efficace

ai bisogni delle popolazioni

migranti

Il Progetto fornisce un quadro

aggiornato su fenomenimigratori e infezioni

da HIV/AIDS

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I risultati ottenuti dall’elabora-zione dei dati saranno descritti in unrapporto finale che verrà presentatoalla Commissione Europea. Tale ri-cerca potrà fornire un quadro ag-giornato delle strutture psico-socio-sanitarie presenti sul territorio na-zionale di ciascun Paese partner econsentirà, inoltre, di promuovereprogetti focalizzati sulle specifichecaratteristiche delle popolazioni mi-granti presenti nell’area mediterra-nea, tenendo conto delle risorse dis-ponibili sul territorio.

CONSIDERAZIONI

La conoscenza dell’andamentodei flussi migratori degli stranieri eil tipo di richieste da loro formula-te può aiutare i servizi territoriali ele istituzioni a fornire risposte mi-rate ai reali bisogni di tali popola-zioni, rendendo più efficaci gli in-terventi delle strutture psico-socio-sanitarie. La complessità di talefenomeno richiede, però, la colla-borazione di tutte le parti coinvol-te (istituzioni pubbliche, ONG, as-sociazioni di volontariato). In talsenso il NFP italiano rappresentaun’esperienza innovativa in Europa,dove i NFP sono prevalentementerappresentati da singole organizza-zioni governative e non.

Infine, la messa in rete di espe-rienze, risorse e competenze, dire-zione in cui si sta muovendo ilgruppo italiano, può meglio tute-lare gli immigrati e la comunità cheli accoglie e favorire una più rapidae consapevole integrazione.

Componenti del NFP italiano(in ordine alfabetico)

Laura Camoni, TVA, ISS, Roma; AnnaColucci, TVA, ISS, Roma; Pia Covre, Co-mitato per i Diritti delle Prostitute, Azza-no (PD); Anna D’Agostini, TVA, ISS, Ro-ma; Anna Rosa Frati, ISS - Dipartimentoper la Prevenzione Ufficio VI, Ministerodella Sanità, Roma; Pietro Gallo, TVA, ISS,Roma; Salvatore Geraci, Area Sanitaria,Caritas di Roma, Società Italiana Medicinadelle Migrazione, Roma; Ottavio Latini,Servizio Medicina Preventiva delle Migra-zioni del Turismo e Dermat. Tropicale,IRCCS “S. Gallicano”, Roma; Anna MariaLuzi, TVA, Coordinatrice NFP italiano;

Rodolfo Mayer, Facoltà di Economia eCommercio, Università degli Studi di Ro-ma “La Sapienza”; Aldo Morrone, ServizioMedicina Preventiva delle Migrazioni delTurismo e Dermat. Tropicale, IRCCS “S.Gallicano”, Roma; Nicola Petrosillo, Isti-tuto Nazionale per le Malattie Infettive,IRCCS “Spallanzani”, Roma; GiovanniRezza, Laboratorio di Epidemiologia e Bio-statistica, ISS, Roma; Enrica Rosa, CentroOperativo AIDS - Dipartimento per la Pre-venzione, Ministero della Sanità, Roma;Nicola Schinaia, Laboratorio di Epidemio-logia e Biostatistica, ISS, Roma; Laura Spiz-zichino, Unità Operativa AIDS, ASLRME, Roma; Stefano Volpicelli, CentroStudi LILA, Milano.

Per ulteriori informazioniAnna Maria Luzi

Coordinatrice TVA e NFPTelefono Verde AIDS

Tel. 06 49902029Fax 06 49902695

e-Mail: [email protected]

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Registro nazionale della malattia di Creutzfeldt-JacobEpidemia da virus Ebola in Uganda

In brief“AIDS & Mobililty”: a national and international cooperationexperience

Created in 1997 in the context of the “AIDS & Mobility” EuropeanProject, the Italian National Focal Point (NFP) is a work group co-ordinatedby the AIDS Help-Line of National Institute of Health and it consists ofpublic institutions, NGOs and voluntary associations concerned with mi-grant populations health problems. Among the different studies pro-posed by NFP, there is the project for the "Creation of a network of Na-tional Focal Point in the Mediterranean area", which has been approvedand financed by the DG/V of European Commission. Its primary objectiveis the census and mapping of health and psycho-social facilities con-cerned with immigrants’ health in the Mediterranean area countries.

Errata Corrige - Maurizio Pocchiari, co-autore dell’articolo La “crisi BSE” pubblicato nel numero di gennaio 2001, p. 19-20, è Dirigente di ricerca del Laboratorio di Virologia e non Primo ricercatore.