Tracce di noi, giugno 2011

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1 Ricordi e racconti di vita dal punto d’Incontro Giugno 2011

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Ricordi e racconti di vita dal Punto d’Incontro, Centro diurno per anziani di San Giovanni in Persiceto, gestito dalla Cooperativa sociale Fanin

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Ricordi e racconti di vita dal punto d’Incontro Giugno 2011

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Il 27 gennaio, ogni anno si ricordano le vittime della furia nazista che uccise oltre 6 milioni di ebrei (e non solo) nella seconda guerra mondiale. Aderiamo anche noi alla proposta che ci viene fatta in questa giornata, raccontandoci i ricordi, cose che abbiamo visto, sentito, che ci sono state dette da altri… Giuliana racconta: “Mi ricordo quel treno pieno di ebrei, e uno vestito da tedesco (era un’italiano, naturalmente); quando il treno si mosse, lui si tolse tutto e ritorno un ebreo come gli altri. Hanno fatto anche un film. Io avevo 8 o 9 anni, ero giù che guardavo. Quel treno portava al campo di concentramento, dove dicevano: “stamattina facciamo la doccia!”, e tutte le persone si toglievano tutto, ma non era vero… Sembravano docce, dicevano: “qui viene l’acqua”, invece non veniva, era gas, rimanevano tutti là per terra.” Maria ricorda: “Mio marito è stato in campo di concentramento. È riuscito a scappare di notte, per una fognatura, sotto un ponte fin tanto che non c’erano più le guardie. Da lì, è andato in casa di un contadino, che lo ha tuitto lavato perché era tutto sporco di fogna, gli hanno dato dei vestiti puliti, ed ha aspettato di poter venire a casa. È stato nel campo di concentramento da gennaio ad aprile, a tagliare la legna nei boschi sotto la neve, con un pezzo di pane muffito da mangiare e basta.”

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Una mattina, per passare il tempo e allenare la mente, abbiamo messo alla prova la nostra memoria riguardo i proverbi trasmessi di generazione in generazione, arrivati a noi grazie ai nostri bisnonni, nonni, genitori… Ecco tutti quelli che ci siamo ricordati. -Rosso di sera, bel tempo si spera. -Cielo a pecorelle, pioggia a catinelle! -Chi va al mulino, si infarina.

(ogni cosa che facciamo, ha una conseguenza!) -Aiutati che il ciel t’aiuta! (datti da fare, e i problemi si risolveranno) -Moglie e buoi, dei paesi tuoi. -Non dire gatto finché non è nel sacco. (non ti vantare di qualcosa, se non sei ancora sicuro di averla ottenuta) -Chi si loda, si imbroda! (chi si vanta troppo, diventa ridicolo) -Can che abbaia, non morde. -Chi va con lo zoppo, impara a zoppicare. -Tra moglie e marito, non mettere il dito -Di venere e di marte, non si sposa, non si parte e non si dà principio all’arte. -Impara l’arte e mettila da parte. (impara più cose che puoi, ti serviranno!) -Chi la fa, se l’aspetti. -Gallina vecchia fa buon brodo. (chi ha più anni di noi, può insegnarci tante cose…) -Chi rompe paga, e i cocci sono suoi. -Tanto va la gatta al lardo, che ci lascia lo zampino! -Chi dorme non piglia pesci. -Chi non risica, non rosica. -Chi fa da sé, fa per tre. -Al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere! -Non mettere il carro davanti ai buoi. (non avere troppa fretta) -Il lupo perde il pelo, ma non il vizio! (le persone cambiano, ma le brutte abitudini difficilmente vanno via!) -Mani fredde, cuore caldo! -Chi ha il pane non ha i denti, e chi ha i denti non ha il pane.

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(chi ha tante cose non sa come usarle, chi saprebbe come usarle non le può avere…)

-Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. -Non svegliare il can che dorme! -La prima gallina che canta, ha fatto l’uovo. (chi accusa gli altri, spesso è il vero colpevole) -Tale padre, tale figlio. -L’ unione fa la forza! -L’abito non fa il monaco. (non si può giudicare una persona per come appare) -Ad andare alla bassa, tutti i santi aiutano! -Roba cèina, roba fèina (= cose piccole, cose fini) -Chi si fa i fatti suoi, campa cent’anni! -Gioco di mano, gioco da villano! (non è bene alzare le mani per picchiare, neanche per scherzo!) -L’erba voglio, non nasce neanche nel giardino del Re. (non si può avere tutto quello che si vuole) -La gattina frettolosa, ha fatto i gattini ciechi.

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È la festa degli innamorati! È bello sentire i racconti degli anziani su come hanno incontrato la loro anima gemella. Giuliana e Sergio

Ho conosciuto mio marito a casa di mio zio, lui suonava l’armonica e io ballavo. Lui veniva là dai miei zii, dopo qualche mese ha detto: “Tu sei la mia ragazza!”. Mi veniva a prendere con la bici da uomo, io ero seduta sul “cannone” e andavamo in giro. Poi ci siamo sposati. La zia mi regalò un bel mazzo di fiori. Giovanna e Dialmo

Mio marito era a far soldato là in Jugoslavia. Un uomo così non si trova più. Io non parlavo italiano. Passavo di lì, ci siamo incontarti e dopo poco ci siamo sposati. Mi sono sposata nel 43, avevo 18 anni. Sono venuta in Italia che non sapevo ancora l’italiano. Maria e Mario

Abitavamo vicini. Suo padre non voleva che prendesse un’altra che gli filava dietro, perché era già stata sposata. Lui gli ha detto: “Ma io sto con la Maria!” allora il padre disse: “beh, la Maria mi va bene, vi potete sposare!” Ci siamo sposati dopo pochi mesi, perché loro non avevano donne in famiglia e avevano bisogno. Dovevo sposare un altro prima, ma fu ucciso e non fu più trovato. (…) È diverso stare insieme da essere sposati, perché se si sta insieme puoi sempre dire: “Quella è la porta!” Danilo e Lea

Da giovani frequentavamo le balere, a Corticella. La “Cabura”… ci siamo conosciuti lì. Prima era una fornace dove facevano le pietre. Ci siamo sposati dopo 2 o 3 anni.

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Durante l’inverno, se non si ha voglia di stare in casa e fuori fa freddo, si può andare al cinema… Era così anche 50-60 anni fa?? Sentiamo… Giuliana: Lui (Sergio, il suo fidanzato e poi marito, ndr) mi veniva a prendere, io avevo un grembiule nero che puzzava, perché lavoravo nei sottaceti e non avevo tempo di cambiarmi (mettevamo via cetrioli e peperoni nelle botti grandi). Mi piacevano i film di guerra e quelli comici. Un po’ guardavo il film, un po’ baciavo il mio fidanzato. Il cinema era vicino, dovevamo solo attraversare la strada. Danilo: Ci sono andato parecchie volte. Con la mia ragazza, la Lea e anche con altri amici. Ci si trovava in 4 o in 6. Ero un amatore dei film. Si andava il sabato o la domenica, quasi sempre di sabato sera, a volte il pomeriggio, con i giovani del paese, a Corticella, al cinema all’aperto. Era l’unica attività di svago che c’era, ti doveva piacere per forza. Si facevano delle gran risate in compagnia. Al cinema ho conosciuto anche la mia ora moglie Lea, la nostra vita è nata lì a Corticella. Maria: Al cinema sono andata una volta, a vedere “Zanna Bianca”, un film molto bello. Però il cinema era a S. Giovanni e alle Budrie bisognava andare a piedi o in bici. Sono andata con mia sorella e delle mie amiche.

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Nel periodo di carnevale, qualcuno ci ha raccontato il suo ricordo di questa festa vissuta da bambini…o da adulti! GIULIANA: “Quando ero signorina, mi avevano fatto un vestito corto verde, scozzese, con un fiocco mica piccolo, prendeva tutta la pancia. Si andava a casa dalla nonna per vestirsi, poi andavamo a ballare dentro al teatro comunale. Quando si andava a Carnevale, c’era tante gente e si faceva fatica ad uscire.” RITA: “Quando sono andata al Carnevale di Vergato ero una bambina. Ero vestita da fata turchina, con la bacchetta e il cappello. C’erano tanti bambini, vestiti da Arlecchino, Pulcinella, Ballanzone…” DANILO: “Quando facevo il vigile, lavoravo anche per il Carnevale; si bloccava il centro dalle macchine e si facevano stare i pedono sui marciapiedi in modo che potessero passare i carri. Si lavorava dalla mattina, tutti i veicoli che non erano stati spostati venivano rimossi e portati al campo sportivo. Il numero di carri dipende, mediamente sono dieci. Il lavoro più grosso era spostare i mezzi, tenere la gente in ordine non era difficile, chi disturbava veniva prelevato e mandato indietro come penitenza. Tutto il centro era pedonale, una volta il carnevale durava dal mattino al pomeriggio. Siccome i vigili erano pochi, arrivavano anche quelli di Bologna”

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Era l’anno 1964: al Caseificio Cooperativo Samoggia, accettai di far parte del Collegio Sindacale e revisori dei conti, carica del triennio 64-66. Ogni anno ad aprile si faceva il bilancio economico dell’annata precedente, che veniva approvato dall’Assemblea generale dei soci (più di 60). Lo stesso giorno si facevano le elezioni per il nuovo Consiglio di amministrazione e il Presidente. Nella prima riunione del nuovo Consiglio venivano scelti il vice Presidente e il Cassiere, le cariche di maggiore responsabilità. Nell’aprile 1968, eletto, entrai nel Consiglio di amministrazione formato da 15 persone; riconfermato anno per anno, il 2 maggio 1972 mi affidarono anche l’attività di Cassa, che proseguì fino a tutto il 1989 e finì con le mie dimissioni da socio. Dopo tante fatiche e preoccupazioni durante l’anno, era consuetudine festeggiare la buona annata tutti assieme: soci, dipendenti, chimici, banchieri, rappresentanti dei Consorzi a noi collegati e amministratori di altri caseifici per scambiarci reciproche esperienze. Così arrivava il giorno per fare festa e un buon pranzo al ristorante Bertoldo e Bertoldino a S. Giovanni Persiceto (il caseificio male amministrato da persone poco serie,dopo 3 anni è andato in fallimento. In tutti i fallimenti molte persone oneste ci perdono, e pochi disonesti ci guadagnano).Il fatto qui sotto si riferisce all’anno 1964. Eran più di cento i commensali là invitati ma entrò infuriato il giustizier gigante il volto coperto, la manna lucente, egli barcollando colpì con un fendente. Colpì tanto ch’ebbe l’orecchio mozzo, ma salva appena, appena la vita la rea ombra che aveva ardito sedersi in compagnia, a sì regal tavola imbandita. Sventurata ombra, sfregiata e umiliata, fugge pallida tremante, spaventata. Va raminga, errante in ogni contrada E ovunque da tutti a dito segnata. Ehi! Ma tu che vieni a fare? Giustizia fatta, ira placata, sbigottiti gli astanti, egli incurante, posata la scure, scoperta la guancia si assise a banchetto a satollare la pancia Ma tenendo vicina la scure affilata,

tendendo sul piatto la testa chinata,

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con occhio bieco lui andava sbirciando se l’ombra per caso lì stesse tornando.

Piatti e bicchieri, salviette e posate

vassoi ricolmi di molte portate e tra i dolci croccanti e tra i fiumi del vino egli è stanco, col capo reclino si fa un pisolino Ehi! Ma tu che vieni a fare? Di giustizia paladino, per il pane e per il vino e nel fare la giustizia lui si gioca l’amicizia. Cari amici, me ne vado solo e di lontano vi saluto Poiché, per un piatto di fagioli, mi ha venduto. Ma voi,Giudici imparziali siate clementi Non fatele del male, prima o poi dovrà capire, per carità vi prego, risparmiatele le botte, in fondo a me pare solo un Don Chisciotte. La tua lingua non vuoi guidare né vuoi frenare non hai un modo normale per con la gente stare

quel che ti manca nella zucca è un po’ di sale cerca d’essere più socievole che è quel che vale. Ehi! Ma tu che vieni a fare? E se l’ombra punge un poco e ti fa male amico mio stai più attento, non la castigare ma, già, tu, reputazione e vergogna di questi mali non ne soffri. L’amico dalla festa mandi via pentimento e rimorso non sai che sia scommetto che non vuoi reso quel che doni ma devo pur levar quel dente che mi duole. Non con spada no, né con coltello tanto meno col padrino io ti sfiderò a duello, ma aspetta e ascolta bene, non andar via che pacifica e tanti civile è l’arma mia. Ehi! Ma tu che vieni a fare?

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Uom di senno né di alcun vanto no, io non penso né mi reputo tanto ma osserva bene, stai attento e vedi se io so appena dove metto i piedi Ma tu…io non so…io mi confondo a me par che butti in alto il mondo ma togli il grande dubbio, dimmi! chi sei tu mai che gridi e di tanto vanti? Sei tu il mio signore, un boia o un pagliaccio buono? Io vorrei che tu fossi solo un bravo uomo. Non voglio nemici! E ben che da uomo offeso qua la mano, facciam la pace, da me sei atteso! Ehi! Ma tu che vieni a fare?

D’aver fatto male non riconosce, esso lo nega né al sacrificio che l’uomo rinasce il gigante si piega. La sera calava, l’ombra stremata spariva, il gigante pasciuto e tranquillo dormiva. E tu, che il gran gigante guardi in viso mattino e sera vorresti schernito e deriso stai zitta, resta in casa e non dire niente che sei brutta, non andare fra la gente. Cari amici, scusate tanto la presunzione è stata forte in me la tentazione. Quest’arnese di mano mi scappa Avrei preferito usare la zappa. Da un buco stretto mi hai fatto entrare dall’ altra parte così sono uscito. Chi sono io tutti lo sanno io sono l’ombra, io sono un’amico. Fra tanti e molti diversi difetti, c’è la ripresa più vole di alcuni concetti.

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1964. Con amministrazioni separate, mio fratello produttore di latte e socio al caseificio. Ma per il gigante due fratelli alla festa? Si si, no no. Zappando le bietole, con un piccolo blocchetto e una matita in tasca, per una settimana o più, scrivevo frasi anche sconnesse, tutto ciò che poteva servire alla mia vendetta. Che c’ercai poi d’inquadrare e farle correzioni Castagnolo,Maggio 1

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Il 19 Marzo, festa di San Giuseppe, è diventata in questi anni anche la festa del papà, nella quale tutti i bambini portano al loro babbo un regalo, una poesia, un disegno, un biglietto di auguri fatto con le proprie mani… In questa giornata, abbiamo fatto un viaggio nel passato, raccogliendo ricordi sui papà di chi è stato bambino tanti anni fa. FILIPPO, papà di Giuliana Faceva il giardiniere di fianco al cimitero; la mamma era quella che stava in casa e lui diceva: «Tu devi fare questo, tu devi fare quello…» Io ero magra, riuscivo sempre ad andare sotto il letto, da una parte ci pensava la mamma con la scopa, dall’altra ci pensava il papà con lo spazzone (a farmi venire fuori). Ci andavo quando combinavo qualche guaio. Di mattina la mamma doveva fargli la padella con lo gocchino e lui mangiava. Era buono solo quando beveva. Si faceva dare del voi da mia madre. LUIGI, papà di Maria Ha sempre lavorato, è stato in guerra (la cosa più brutta) faceva il contadino. Era buono, eravamo sette figli; sgridava, ma picchiare era l’ultima cosa che faceva, lo faceva poco. È stato a lavorare anche in Francia, era già sposato, ma visto che in Italia non c’era lavoro, è andato là a fare l’operaio. UMBERTO, papà di Luciano Era un buon uomo, faceva il contadino, voleva molto bene a mia madre, era molto geloso di lei. Appena mi guardava mi mettevo a piangere, perché avevo soggezione, ma non mi ha mai sgridato. Ma chi si ricorda, ero piccolo! LUIGI, papà di Giovanna Lavorava con i soldi, comprava, vendeva, “trafficava”. Era molto buono. Quando sono caduta e mi sono fatta male al mento mi ha comprato la bicicletta.

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GIUSEPPE, papà di Pia Faceva il contadino. Lui sgridava sempre, con delle bestemmie che faceva paura solo a guardarlo, non sapevi mai se facevi bene o facevi male. Mia mamma invece non si muoveva mai e meno male che era così, altrimenti non sarebbe stata con mio padre. ODONE, papà di Danilo Faceva il calzolaio, ciabattino proprio! Era eccezionale! Era un amante di andare a spigolare il grano (raccogliere le spighe che lasciavano indietro i contadini) Chiedeva gentilmente a moglie e figli le cose che gli interessavano, ma mai una discussione seria. Era la nonna che aveva più il pugno di ferro.

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PiaPiaPiaPia: «Il sabato si bollivano le uova e si facevano benedire. La domenica mattina si mangiavano, poi dopo si andava a messa. A pranzo si mangiavano i tortellini e la colomba. L’agnello costava troppo, mica tutti se lo potevano permettere!» GiulianaGiulianaGiulianaGiuliana: «Noi eravamo di Bologna, non potevamo andare a benedire le uova, allora le bollivamo con l’ulivo benedetto. Andavamo a messa alla sera, alle 23.30, perché i miei erano di quel parere lì. Mangiavamo i tortellini. C’era una famiglia vicino a noi che se mangiava la carne a mezzogiorno non la mangiava di sera. A colazione, con le uova bollite c’era anche una fettina di salame e il vino. » MariaMariaMariaMaria: «La mattina andavamo a messa, poi quando venivamo a casa facevamo un bel pic-nic nel prato, con le uova, che ce le tiravamo e chi più ne prendeva più ne mangiava più ne mangiava, e andavamo a raccogliere le viole, e con le viole coloravamo le uova. Ci divertivamo così. » Danilo:Danilo:Danilo:Danilo: «Andavamo a messa, c’era della miseria. Facevano qualche torta le contadine. Si mangiava l’uovo, ma piccolo, non come quelli di adesso. A Pasquetta si andava a pescare, per vedere se si prendeva qualcosa. »

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Il 14 aprile, dopo la lunga attesa di mamma Eleonora, del papà e le sorelline, è arrivato il piccolo Samuel! Una vita che nasce, porta a chi la accoglie (insieme ai cambiamenti e forse qualche notte insonne) nuove e fortissime emozioni che in una parola chiameremmo Gioia, ma forse è troppo poco per descrivere ciò che Samuel regala e regalerà alla sua famiglia. Noi “nonni adottivi” del punto d’incontro, non possiamo essere presenti per il cambio pannolini, i pianti di notte, (…possiamo dire per fortuna??...) perciò, partecipiamo alla gioia di questa nuova famiglia, prendendoci il pezzetto meno faticoso. In cambio offriamo ad Eleonora e il resto della banda, ora più numerosa, i nostri migliori auguri di un buon nuovo inizio, e di un ancora migliore cammino insieme!

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