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«Ti ringraziamo per la tua bontà, ma ti preghiamo anche: mostra la tua potenza» Benedetto XVI Natale 2010 L ETTURA SPIRITUALE ESTATE 2011

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«Ti ringraziamo per la tua bontà, ma ti preghiamo anche:mostra la tua potenza»

Benedetto XVINatale 2010

LETTURA SPIRITUALEESTATE 2011

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«Sono molto contento che 30Giorni faccia una nuova edizione di questo piccolo librocontenente le preghiere fondamentali dei cristiani maturatesi nel corso dei secoli.A questo piccolo libro auguro che possa diventare un compagno di viaggio per molticristiani».

dalla presentazione del cardinale Joseph Ratzinger del 18 febbraio 2005 (eletto Papa il 19 aprile 2005 con il nome di Benedetto XVI)

CHI PREGA SI SALVA

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Il piccolo libro, di cui 30Giorni ha già distribuito centinaia di migliaia di copie,contiene le preghiere più semplici della vita cristiana,

come quelle del mattino e della sera, e tutto ciò che aiuta a fare una buona confessione

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LETTURA SPIRITUALE

La guarigione dell’emorroissa, catacombe dei Santi Marcellino e Pietro, Roma

1. Il commento, a mo’ di lettera, di don Giacomo Tantardini alla frase di don Luigi Giussani riportata in copertina del numero 4/5 di 30Giorni

2. Alcuni brani del messaggio radiofonico di papa Pio XII nella solennità dei santi apostoli e martiri Pietro e Paolo del 29 giugno 1941

3. Il racconto di Lorenzo Cappelletti del martirio dei santi Giovanni e Paolo, dei santi Nabore e Felice e di sant’Alessandro

Pubblichiamo come lettura spirituale per questi mesi estivi:

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LETTURE SPIRITUALILETTURA SPIRITUALE

1 Luigi Giussani, Un avvenimento di vita, cioè una storia – introduzione del cardinale Joseph Ratzinger –Edit-Il Sabato, Roma 1993, p. 104: «Una persecuzione vera? È così. L’ira del mondo oggi non si alza dinanzi al-la parola Chiesa, sta quieta anche dinanzi all’idea che uno si definisca cattolico, o dinanzi alla figura del Papa di-pinto come autorità morale. Anzi c’è un ossequio formale, addirittura sincero. L’odio si scatena – a mala penacontenuto, ma presto tracimerà – dinanzi a cattolici che si pongono per tali, cattolici che si muovono nella sem-plicità della Tradizione».

2 Ibid.

Roma, 17 giugno 2011

Sacro Cuore di Gesù, confido e spero in te

Carissimi,

le parole di Giussani sulla copertina di 30Giorni («Non l’agnosticismo, ma lo gnostici-smo è il pericolo per la fede cristiana». Così don Luigi Giussani a Giovanni Paolo II agliinizi degli anni Novanta) e le due pagine di commento di Lorenzo Cappelletti (30Giorni, n.4/5, 2011, pp. 78-79) sono interessanti. Desidero aggiungere solo una piccola cosa, peraiutare a comprendere le parole di Giussani, una piccola cosa che è stata una scoperta perme in questi giorni.

Tante volte avevo citato le parole di Giussani dell’intervista dell’aprile 1992 sulla persecu-zione nei confronti di «coloro che si muovono nella semplicità della Tradizione»1.

Ma in questi giorni sono stato sorpreso (come per un raggio di sole che illumina tutto)da queste parole di Giussani sempre nella stessa intervistadell’aprile 1992: «L’odio si scatena – a mala pena conte-nuto, ma presto tracimerà…» 2.

Queste parole di Giussani sono le stesse parole chel’apostolo Paolo scrive nella seconda lettera ai Tessaloni-cesi (2Ts 2, 7), quando parla di chi trattiene (Giussani dicecontiene) il tracimare dell’odio verso chi si muove nellasemplicità della Tradizione.

Ora mi è chiaro (allora, nell’aprile 1992, no) che cosa echi nell’aprile del 1992 tratteneva o conteneva il tracimaredell’odio (Giussani ne accenna direi quasi esplicitamente nelcorso della stessa intervista e proprio dove aggiunge al termi-ne «persecuzione» l’aggettivo «cruenta»).

Per quell’intelligenza che la fede può donare di fronte aitragici esempi di questa persecuzione cruenta in questi de-cenni, occorre ricordare ancora queste parole di Giussani:

MENSILE SPED. ABB. POST. 45% D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/04 N.46) ART.1, COMMA 1 DCB - ROMA.In caso di mancato recapito rinviare a Ufficio Poste Roma Romanina per la restituzione al mittente previo addebito. ISSN 0390-4539

Così don Luigi Giussani a Giovanni Paolo II agli inizi degli anni Novanta

www.30Giorni.itMENSILE SPED. ABB. POST. 45% D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/04 N.46) ART.1, COMMA 1 DCB - ROMA.In caso di mancato recapito rinviare a Ufficio Poste Roma Romanina per la restituzione al mittente previo addebito. ISSN 0390-4539

«Non l’agnosticismo, ma lo gnosticismo è il pericolo per la fede cristiana»

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ANNO XXIX N.4/5 - 2011 - €5

In allegato I CANTI DELLA TRADIZIONE

nella Chiesa e nel mondo Diretto da Giulio Andreotti

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«“C’era la cattiveria anche ai tempi di Roma…” (erano cattivi anche i primi cristiani: bastaleggere le Lettere di san Paolo, gli Atti degli apostoli; san Paolo è stato tradito da cristia-ni, ha avuto la morte per delazione di cristiani)»3.

Secondo alcuni, chi tratteneva il tracimare dell’odio quando l’apostolo Paolo scrivevala seconda lettera ai Tessalonicesi poteva essere l’imperatore romano (san Tommaso d’A-quino dice esplicitamente che chi tratteneva il tracimare dell’odio era l’«imperium roma-num / l’impero romano»). Evidentemente né l’imperatore né i funzionari dell’Impero aveva-no coscienza di essere strumento di questa Provvidenza. Ed evidentemente non erano cri-stiani. E può capitare così anche per chi è stato in questi decenni e può essere anche oggistrumento di questa Provvidenza.

Commento alla frase di don Luigi Giussani

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3 Luigi Giussani, Un avvenimento di vita, cioè una storia – introduzione del cardinale Joseph Ratzinger –Edit-Il Sabato, Roma 1993, p. 295.

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LETTURA SPIRITUALE

Ma, dopo gli imperatori Tiberio e Claudio, l’odio ha tracimato nella grande persecu-zione di Nerone.

Chiediamo nella preghiera che ci sia anche oggi qualcosa o qualcuno che contenga otrattenga «il mistero dell’iniquità» (2Ts 2, 7). Chiediamo questo, come domanda di miracoli,nella preghiera della santa Messa, che è la preghiera di Gesù, e col santo Rosario, che è lapreghiera della mamma di Gesù con i suoi piccoli e poveri.

Chiediamo questo nella preghiera anche rileggendo le parole dell’apostolo Paolo:

«Ora vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signore no-stro Gesù Cristo e alla nostra riunione con lui, di non lasciarvi così fa-cilmente confondere e turbare, né da pretese ispirazioni, né da paro-le, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giornodel Signore sia imminente. Nessuno vi inganni in alcun modo! Primainfatti dovrà avvenire l’apostasia e dovrà esser rivelato l’uomo iniquo,il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra ogni es-sere chiamato e adorato come Dio, fino a insediarsi nel tempio di Dio,pretendendo di essere Dio.

Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, venivo dicendo que-ste cose? E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione, che av-verrà nella sua ora. Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessarioche sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene. Solo allora sarà rivelatol’empio, e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e loannienterà all’apparire della sua venuta, l’iniquo, la cui venuta avverrànella potenza di satana, con ogni specie di portenti, di segni e prodigimenzogneri, e con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno inrovina perché non hanno accolto l’amore della verità per essere salvi. Eper questo Dio invia loro una potenza d’inganno perché essi credano al-la menzogna e così siano condannati tutti quelli che non hanno credutoalla verità ma hanno acconsentito all’iniquità.

Noi però dobbiamo rendere sempre grazie a Dio per voi, fratelliamati dal Signore, perché Dio vi ha scelti come primizia per la salvez-za, attraverso l’opera santificatrice dello Spirito e la fede nella verità,chiamandovi a questo con il nostro vangelo, per il possesso della glo-ria del Signore nostro Gesù Cristo.

Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete appre-se così dalla nostra parola come dalla nostra lettera, e lo stesso SignoreGesù Cristo e Dio Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua gra-zia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuorie li confermi in ogni opera e parola di bene.

Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signoresi diffonda e sia glorificata come lo è anche tra voi e veniamo liberati

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dagli uomini perversi e malvagi. Non di tutti infatti è la fede. Ma il Si-gnore è fedele; egli vi confermerà e vi custodirà dal maligno.

E riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore, che quantovi ordiniamo già lo facciate e continuiate a farlo. Il Signore diriga i vo-stri cuori nell’amore di Dio e nella pazienza di Cristo».

(2Ts 2, 1 – 3, 5)

Nella mia povera preghiera e nella santa Messa, che è la preghiera di Gesù, ringrazio com-mosso per le preghiere per me e per la carità che soprattutto in questi tempi mi manifestate.

don Giacomo

Post scriptum Questa lettera sia semplicemente occasione di domanda di preghiera. Domanda di

preghiera nel Suo nome cioè nella Sua grazia. Come è importante, decisivo, sempre, e so-prattutto in certi momenti, vivere e pregare in grazia di Dio. Ricordatevi: “Chi si confessabene diventa santo”. Diventa santo, cioè gli è donato, per uno speciale aiuto della grazia, divivere in grazia di Dio.

Questa lettera sia così occasione di domanda di miracoli. Sì, di miracoli, secondo la Suapromessa. Che il Signore doni anche questa carità, questa semplicità intelligente di bambini.

Il Buon Pastore,

catacombe

di San Callisto,

Roma

Commento alla frase di don Luigi Giussani

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I n questa solennità dei santi apostoli Pietro ePaolo, il vostro devoto pensiero e affetto,diletti figli della Chiesa cattolica universa, si

rivolge a Roma con la strofa trionfale: «O Romafelix, quae duorum Principum – es consecra-ta glorioso sanguine! / O Roma felice, che seistata consacrata dal sangue glorioso di questidue Principi!». Ma la felicità di Roma, che è feli-cità di sangue e di fede, è pure la vostra; perchéla fede di Roma, qui sigillata sulla destra e sullasinistra sponda del Tevere col sangue dei Princi-pi degli apostoli, è la fede che fu annunziata avoi, che si annunzia e si annunzierà nell’univer-so mondo. Voi esultate nel pensiero e nel salutodi Roma, perché sentite in voi il balzo della uni-versale romanità della vostra fede.

Da diciannove secoli nel sangue glorioso delprimo Vicario di Cristo e del Dottore delle Gentila Roma dei Cesari fu battezzata Roma di Cri-sto, a eterno segnale del principato indefettibiledella sacra autorità e dell’infallibile magisterodella fede della Chiesa; e in quel sangue si scris-sero le prime pagine di una nuova magnificastoria delle sacre lotte e vittorie di Roma.

Vi siete voi mai domandati quali dovevanoessere i sentimenti e i timori del piccolo gruppodi cristiani sparsi nella grande città pagana, al-lorché, dopo aver frettolosamente sepolti i cor-pi dei due grandi martiri, l’uno al piede del Vati-cano e l’altro sulla via Ostiense, si raccolsero ipiù nelle loro stanzette di schiavi o di poveri arti-giani, alcuni nelle loro ricche dimore, e si senti-rono soli e quasi orfani in quella scomparsa deidue sommi apostoli? Era il furore della tempestapoco prima scatenata sulla Chiesa nascente dal-la crudeltà di Nerone; davanti ai loro occhi si le-vava ancora l’orribile visione delle torce umanefumanti a notte nei giardini cesarei e dei corpilacerati palpitanti nei circhi e nelle vie. Parve al-lora che l’implacabile crudeltà avesse trionfato,colpendo e abbattendo le due colonne, la cui so-la presenza sosteneva la fede e il coraggio delpiccolo gruppo di cristiani. In quel tramonto disangue, come i loro cuori dovevano provare lastretta del dolore al trovarsi senza il conforto e lacompagnia di quelle due voci potenti, abbando-nati alla ferocia di un Nerone e al formidabilebraccio della grandezza imperiale romana!

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LETTURE SPIRITUALI

Nella tempesta, la tenerezza del Signore per i suoi fanciulli«Il Padre celeste continua e continuerà a guidare i loro passi di fanciulli con fermezza e tenerezza, solo che si lascino condurre da Lui e confidino nella potenza e nella saggezza del suo amore per loro». Così papa Pio XII nella solennità dei santi apostoli e martiri Pietro e Paolo del 1941

LETTURA SPIRITUALE

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Il messaggio radiofonico di papa Pio XII del 29 giugno 1941

La cripta di papa Cornelio nelle catacombe di San Callisto, Roma

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Ma contro il ferro e la forza materiale del ti-ranno e dei suoi ministri essi avevano ricevuto loSpirito di forza e di amore, più gagliardo dei tor-menti e della morte. E a Noi sembra di vedere,alla susseguente riunione, nel mezzo della comu-nità desolata, il vecchio Lino, colui che per pri-mo era stato chiamato a sostituire Pietro scom-parso, prendere fra le sue mani tremanti di emo-zione i fogli che conservavano preziosamente iltesto della Lettera già inviata dall’apostolo ai fe-deli dell’Asia Minore e rileggervi lentamente lefrasi di benedizione, di fiducia e di conforto: «Be-nedetto Dio, Padre del Signore Nostro Gesù Cri-sto, il quale secondo la sua grande misericordiaci ha rigenerati a una viva speranza, mediante larisurrezione di Gesù Cristo... Allora voi esultere-te, se per un poco adesso vi conviene di essereafflitti con varie tentazioni... Umiliatevi dunquesotto la potente mano di Dio… gettando in Lui

ogni vostra sollecitudine, poiché Egli ha cura divoi... Il Dio di ogni grazia, il quale ci ha chiamatiall’eterna sua gloria in Cristo Gesù, con un po’ dipatire vi perfezionerà, vi conforterà e vi renderàsaldi. A Lui la gloria e l’impero per i secoli dei se-coli!» (1Pt 1, 3.6; 5, 6-7.10-11).

Anche Noi, cari figli, che per un inscrutabileconsiglio di Dio, abbiamo ricevuto, dopo Pietro,dopo Lino e cento altri santi pontefici, la missio-ne di confermare e consolare i nostri fratelli inGesù Cristo (cfr. Lc 22, 32), Noi, come voi, sen-tiamo il nostro cuore stringersi al pensiero delturbine di mali, di sofferenze e di angosce, cheimperversa oggi sul mondo. […]

Davanti a un tale cumulo di mali, di cimenti divirtù, di prove di ogni sorta, pare che la mente eil giudizio umano si smarriscano e si confonda-no, e forse nel cuore di più d’uno tra voi è sorto il

LETTURE SPIRITUALILETTURA SPIRITUALE

Particolare dei graffiti rinvenuti nelle catacombe di San Sebastiano, a Roma. Vi si legge: «Paule et Petre petite pro Victore / Paolo

e Pietro pregate per Vittore»

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terribile pensiero di dubbio, che per avventuragià, dinanzi alla morte dei due apostoli, tentò oturbò alcuni cristiani meno fermi: Come può Diopermettere tutto questo? Come è possibile cheun Dio onnipotente, infinitamente saggio e infi-nitamente buono, permetta tanti mali a Lui cosìfacili a impedire? E sale alle labbra la parola diPietro, ancora imperfetto, all’annunzio dellapassione: «Non sia mai vero, o Signore» (Mt 16,22). No, mio Dio – essi pensano –, né la vostrasapienza, né la vostra bontà, né il vostro stessoonore possono lasciare che a tal segno il male ela violenza dominino nel mondo, si prendanogiuoco di Voi, e trionfino del vostro silenzio.Dov’è la vostra potenza e provvidenza? Dovre-mo dunque dubitare o del vostro divino governoo del vostro amore per noi?

«Tu non hai la sapienza di Dio, ma quella degliuomini» (Mt 16, 23), rispose Cristo a Pietro, co-me aveva fatto dire al popolo di Giuda dal profetaIsaia: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, ele vostre vie non sono le mie vie» (Is 55, 8).

Tutti gli uomini sono quasi fanciulli dinanzi aDio, tutti, anche i più profondi pensatori e i piùsperimentati condottieri dei popoli.

Essi vorrebbero la giustizia immediata e siscandalizzano dinanzi alla potenza effimera deinemici di Dio, alle sofferenze e alle umiliazionidei buoni; ma il Padre celeste, che nel lume del-la sua eternità abbraccia, penetra e domina levicende dei tempi, al pari della serena pace dei

secoli senza fine, Dio, che è Trinità beata, pienadi compassione per le debolezze, le ignoranze,le impazienze umane, ma che troppo ama gliuomini, perché le loro colpe valgano a stornar-lo dalle vie della sua sapienza e del suo amore,continua e continuerà a far sorgere il suo solesopra i buoni e i cattivi, a piovere sui giusti e su-gli ingiusti (Mt 5, 45), a guidare i loro passi difanciulli con fermezza e tenerezza, solo che silascino condurre da Lui e confidino nella poten-za e nella saggezza del suo amore per loro.

Che significa confidare in Dio?Aver fiducia in Dio significa abbandonarsi

con tutta la forza della volontà sostenuta dallagrazia e dall’amore, nonostante tutti i dubbisuggeriti dalle contrarie apparenze, all’onni-potenza, alla sapienza, all’amore infinito diDio. È credere che nulla in questo mondo sfug-ge alla sua Provvidenza, così nell’ordine uni-versale, come nel particolare; che nulla digrande o di piccolo accade se non previsto, vo-luto o permesso, diretto sempre da Essa ai suoialti fini, che in questo mondo sono sempre finidi amore per gli uomini. […]

Per la fede che si è illanguidita nei cuori umani,per l’edonismo che informa e affascina la vita, gliuomini sono portati a giudicare come mali, e maliassoluti, tutte le sventure fisiche di questa terra.Hanno dimenticato che il dolore sta all’alboredella vita umana come via ai sorrisi della culla; ¬

Il messaggio radiofonico di papa Pio XII del 29 giugno 1941

La fractio panis, catacombe di San Callisto, Roma

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hanno dimenticato che il più delle volte esso èuna proiezione della Croce del Calvario sul sen-tiero della risurrezione; hanno dimenticato che lacroce è spesso un dono di Dio, dono necessarioper offrire alla divina giustizia anche la nostraparte di espiazione; hanno dimenticato che il so-lo vero male è la colpa che offende Dio; hanno di-menticato ciò che dice l’Apostolo: «I patimenti

del tempo presente non hanno proporzione conla futura gloria che si manifesterà in noi» (Rm 8,18); che dobbiamo mirare all’autore e consuma-tore della fede, Gesù, il quale, propostosi il gau-dio, sostenne la croce (cfr. Eb 12, 2).

A Cristo crocifisso sul Golgota, virtù e sapien-za che converte a sé l’universo, guardarono nelleimmense tribolazioni della diffusione del Vange-

lo, vivendo confitti alla croce con Cristo, i duePrincipi degli apostoli, morendo Pietro crocifis-so, Paolo curvando il capo sotto il ferro del car-nefice, quali campioni, maestri e testimoni chenella croce è conforto e salvezza e che nell’amo-re di Cristo non si vive senza dolore. A questacroce, fulgente di via, di verità e di vita, guarda-rono i protomartiri romani e i primi cristiani nel-

l’ora del dolore e della persecuzio-ne. Guardate anche voi, o diletti fi-gli, così nelle vostre sofferenze; etroverete la forza non solo di accet-tarle con rassegnazione, ma diamarle, ma di gloriarvene, come leamarono e se ne gloriarono gli apo-stoli e i santi, nostri padri e fratellimaggiori, che pure furono plasmatidella medesima vostra carne e ve-stiti della stessa vostra sensibilità.Guardate le vostre sofferenze e gliaffanni vostri attraverso i dolori delCrocifisso, attraverso i dolori dellaVergine, la più innocente dellecreature e la più partecipe della di-vina Passione, e saprete compren-dere che la conformità all’immagi-ne del Figlio di Dio, Re dei dolori, èla più augusta e sicura via del cielo edel trionfo. Non guardate solo lespine, onde il dolore vi affligge e vifa soffrire, ma ancora il merito chedal vostro soffrire fiorisce come ro-sa di celeste corona; e troverete al-lora con la grazia di Dio il coraggioe la fortezza di quell’eroismo cristia-no, che è sacrificio e insieme vitto-ria e pace superante ogni senso;eroismo, che la vostra fede ha il di-ritto di esigere da voi.

«Finalmente [ripeteremo con le parole di sanPietro] siate tutti unanimi, compassionevoli,amanti dei fratelli, misericordiosi, modesti, umi-li: non rendendo male per male, né maledizioneper maledizione, ma al contrario benedicen-do...: affinché in tutto sia onorato Dio per GesùCristo: a cui è gloria e impero nei secoli dei se-coli» (1Pt 3, 8-9; 4, 11). q

LETTURA SPIRITUALE

La cripta dei papi nelle catacombe di San Callisto, Roma

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«Quante anime rese nuove nel Battesimo oggi ti hannoamato, o Signore Gesù, e hanno detto: “Attiraci dietro a

te, noi correremo dietro la fragranza delle tue vesti” (Ct 1, 3-4).Esse volevano sentire la fragranza della risurrezione del Signore»

sant’Ambrogio, De Mysteriis VI, 29

«Ricordiamoci spesso di Gesù Cristo, perché il cristianesi-mo è l’annuncio che Dio si è fatto uomo e soltanto viven-

do il più possibile i nostri rapporti con Cristo noi “rischiamo” difare come Lui»

don Luigi Giussani, 11 febbraio 2005,

undici giorni prima della sua morte

Il martirio dei santi Giovanni e Paolo,

dei santi Nabore e Felice e di sant’Alessandro

Il battesimo, particolare

di un affresco del terzo

cubicolo dei sacramenti,

nelle catacombe

di San Callisto, Roma

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T utto quel che sappiamo di loro provieneda documenti liturgici, alcuni dei quali aloro contemporanei, e dalla Passio di cui

abbiamo la trascrizione del VI secolo. Cosa cheha fatto storcere il naso a molti. Come se la litur-gia cristiana si potesse permettere le favole enon fosse memoria di fatti. E senza tener presen-te poi che è stato proprio con la guida della Pas-sio che nel secolo scorso fu rintracciata la casadove Giovanni e Paolo furono uccisi, le loro fos-se scavate nel tufo vergine e la confessio edifica-ta qualche anno più tardi sul posto da Bizante ePammachio.

I due fratelli ci vengono presentati come di-gnitari della corte imperiale, eredi di Costantina,la figlia di Costantino morta nel 354. In rotta colnuovo imperatore Giuliano, proprio a causa deibeni ricevuti, che è probabile siano stati conte-stati loro e che essi, a causa della loro fede cri-stiana, non avranno permesso fossero confiscatia beneficio degli dei falsi e bugiardi. Magari sitrattò di quella stessa casa che è stata ritrovatasotto la Basilica a loro intitolata sul Celio, a Ro-ma, e che documenta evidentemente la presen-za di cristiani.

La Passio si apre con le parole di Giuliano(non presentato peraltro come intervenuto dipersona, in rispetto del dato storico che vuoleche Giuliano mai sia venuto a Roma): «Il vostroCristo dice nel Vangelo che chi non rinuncia a

tutto ciò che possiede non può essere suo disce-polo». Giuliano pretende giustificare la confiscadei beni che i due fratelli avevano ricevuto in for-za di quel ricatto etico che sarebbe inconcepibilefuori dell’apostasia cristiana. Tant’è vero che inepoca moderna è diventato norma.

Di fronte all’invito dell’imperatore a esserglifedeli, i due cristiani rifiutano: «Tu hai abbando-nato la fede per seguire cose che sai benissimonon avere nulla a che fare con Dio. Per questaapostasia abbiamo smesso di rivolgerti il nostrosaluto». Per questo, aggiungono, ci siamo sot-tratti «a societate imperii vestri».

Giuliano manda allora ai due fratelli un mes-saggio pieno di lusinghe e minacce: «Anche voisiete stati educati a corte, perciò non potete esi-mervi dallo stare al mio fianco, anzi io vi voglio frai primi della mia corte. Ma attenzione: se riceveròuna risposta sprezzante da voi, non potrò con-sentire che restiate impuniti». (In effetti, scrive lostorico Socrate che «Giuliano indusse a sacrifica-re molti cristiani, parte con lusinghe, parte condonativi». Ci furono defezioni specie fra i militari,ma non ne mancarono addirittura fra i chierici).

I due fratelli mandano a riferire questa loro ri-sposta: «Noi non ti facciamo il torto di anteporrea te un’altra persona qualunque. Ma solo Dio,che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le coseche vi sono contenute. Temano perciò la tua iragli uomini attaccati al mondo. Noi temiamo solo

LETTURE SPIRITUALILETTURA SPIRITUALE

Santi Giovanni e Paolo26 giugno

Erano due dignitari di corte. L’imperatore Giuliano l’Apostata tenta di convincerli ad abiurare. Ma, visto il loro rifiuto, li fa uccidere in segreto. Anche i loro amici subiscono il martirio.Un senatore cristiano è il primo a onorare quei martiri

di Lorenzo Cappelletti

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d’incorrere nell’inimicizia dell’eterno Dio. Per-ciò vogliamo farti sapere che non aderiremo maial tuo culto (numquam ad culturam tuam), néverremo nel tuo palazzo».

L’imperatore concede loro ancora dieci gior-ni «per riflettere», perché «vi risolviate a venire dame, non per forza ma spontaneamente».

I due fratelli ribattono: «Fa’ conto che sianogià passati i dieci giorni». E Giuliano: «Pensateche i cristiani faranno di voi dei martiri?... ».

Paolo e Giovanni allora chiamano i loro ami-ci, Crispo, prete della comunità di Roma, Crispi-niano e Benedetta. A loro raccontano tutto. Ce-lebrano insieme l’Eucaristia e poi invitano i cri-stiani, dando disposizioni relative a tutti i loro be-ni. Trascorsi dieci giorni, l’undicesimo scattanogli arresti domiciliari.

Saputa la notizia, Crispo e gli altri amici ac-corrono, ma non è permesso loro di entrare.Entrano invece l’istruttore di campo Terenzia-no (quello che la Passio dice essere stato l’e-stensore del racconto, una volta convertito) e isuoi poliziotti. Ai due fratelli, che stavano pre-gando, intima di adorare un idolo, altrimentisaranno trafitti dalla spada «non essendo con-veniente uccidere pubblicamente uomini cre-sciuti a corte». Giuliano voleva evitare in ognimodo che ci fossero martiri fra i cristiani. E seci fossero stati, che fossero dissimulati.

«Per noi», rispondono i due, «non c’è altrosignore che l’unico Dio, Padre, Figlio e SpiritoSanto, che Giuliano non ha temuto di rinnega-re; e siccome è stato respinto da Dio, vuole tra-scinare anche altri nella rovina sua». ¬

Orante, cubicolo dei “cinque Santi”, catacombe di San Callisto, Roma

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Dopo un paio d’ore i due cristiani vengonogiustiziati. È il 26 giugno del 362. Sono segre-tamente sepolti nel criptoportico della lorostessa casa. E viene messa poi in giro la voceche i due erano stati mandati in esilio.

Crispo, Crispiniano e Benedetta immaginanola loro sorte, ma non possono far altro che pian-gerli e pregare per conoscere il luogo della lorosepoltura. Vengono esauditi. Ma anche loro su-biscono la decapitazione per mano del figlio diTerenziano. Pimenio e Giovanni (preti) e Flavia-no, illustre ex prefetto di Roma, trafugati i corpidei nuovi martiri, seppelliscono anch’essi accan-to a Giovanni e Paolo. Tutte queste inumazioniin una casa hanno suscitato l’incredulità e finan-che l’ilarità di molti critici. Ma oggi che sono sta-te scoperte le fosse...

La Passio racconta a questo punto che il figliodi Terenziano, venuto nella casa dei martiri, simette a gridare che Giovanni e Paolo lo tormen-tano. Terenziano ne resta atterrito, si getta con lafaccia a terra e cerca di giustificarsi: sono un pa-gano, ho solo obbedito agli ordini di Cesare, sen-za rendermi conto. Si converte e nella Pasqua se-guente riceve il battesimo. Ma anche lui e suo fi-glio verranno poi trucidati e anche loro seppelliti,da Pimenio e Giovanni, nella casa di Giovanni ePaolo.

Una catena di delitti che a una critica prevenu-ta potrebbe sembrare un espediente per legarevicende svoltesi in luoghi e tempi diversi, o pergiustificare l’accorpamento di semplici reliquie,se non addirittura un incremento fantasioso dinomi e fatti perché il racconto risulti più avvin-

LETTURE SPIRITUALILETTURA SPIRITUALE

Risurrezione di Lazzaro, catacombe dei Santi Marcellino e Pietro, Roma

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1530GIORNI N. 6 - 2011

cente. In realtà si deve tener conto che se c’è undato certo rispetto all’attitudine religiosa di Giu-liano l’Apostata è la sua avversione per il culto deimartiri. Anche perché ritiene che esso impediscai responsi oracolari degli dei. Superstizione ciecae timorosa di fronte alla semplice concretezza diuna memoria. Con disprezzo scrive: «Le chiesecristiane costruite di solito su tombe di martirinon sono che sozzi obitori e ossari». E ancora: «IGalilei non hanno fatto che riempire il mondo ditombe e sepolture». Preziosa testimonianza pernoi della corporeità e della storicità inestirpabilidall’avvenimento cristiano.

Nella guerra intrapresa fin dal marzo 363 con-tro i Persiani, gli dei del paganesimo, cui Giulianoaveva nuovamente affidato le fortune dell’Impe-ro, sembrano ancora assisterlo. Egli passa di vit-toria in vittoria, sempre in prima fila a rincuorarei suoi soldati. Ma il 26 giugno del 363, a un annoesatto di distanza dal martirio dei due fratelli, uncolpo di lancia pone fine alla sua tragica utopia.

Il successore, Gioviano, è cristiano ortodossocioè autentico e la Chiesa torna libera (perché,come insegna sant’Agostino al formale definirsicristiano dell’imperatore non sempre conseguepiù libertà). Il nuovo imperatore, conosciuta latragedia che si era consumata nella villa del Ce-lio, convoca il senatore Bizante, anche lui cri-stiano, affidandogli la ricerca dei resti dei marti-ri. Costui, insieme al figlio Pammachio, sulle re-liquie di quei martiri costruisce un oratorio e poiuna basilica, che insieme al nome di Giovanni ePaolo conserverà nei secoli anche i loro nomi:Titolo di Giovanni e Paolo o di Bizante e/o diPammachio. Così la storia di questi santi, di ca-sa anch’essi nel Palazzo, risulta intrecciata aquella dei due fratelli martiri.

Senatore come il padre, Pammachio è un pa-trizio della gens Furia. Le grandi famiglie romanesono ancora in maggioranza pagane negli annitra il IV e il V secolo. Pammachio è un’eccezione.E il più in vista fra i cristiani a Roma e nel Senato.Tre amici ci parlano di lui, in alcune lettere com-moventi. E che amici! San Gerolamo, sant’Ago-stino e san Paolino di Nola.

Gerolamo, che da giovane era stato studenteinsieme a lui – lo dice suo «compagno e amico di

un tempo» –, in una di quelle lettere gioca con ilgreco del suo nome che «si rivela profetico e tu tiriveli un lottatore in tutte le maniere contro ildiavolo e le forze avverse» (nella lotta gli atletipammacharii, pur di riuscire a vincere gli avver-sari, erano autorizzati a ricorrere a ogni astuzia).Quel senatore romano affrontava con ironia(un’ironia che Giuliano l’Apostata, in hilaritatetristis, mai aveva conosciuto) l’irrisione dei col-leghi ornati di porpora, quando si presentavanella Curia senatus. «È lui stesso che se ne ri-de», scrive Gerolamo, «di chi lo prende in giro!».Doti che riuscivano molto utili ai cristiani e chegli guadagnavano l’ammirazione dei suoi amicisanti. I quali ne richiedono e ne lodano il consi-glio anche in materia di fede. È proprio Pamma-chio che richiama l’attenzione del vescovo diRoma Siricio sulle eresie che cominciano a ser-peggiare nella Chiesa (per esempio quella diGioviniano). Ed è proprio Pammachio e «tutta lafraternità di Roma pressoché al completo» cherichiamerà l’attenzione di Gerolamo sul PeriArchon di Origene, di cui Pammachio avevaappena avuto fra le mani la traduzione latina diRufino. «Vi abbiamo trovato molti passi chehanno messo in subbuglio il nostro piccolo cer-vello», scrive il senatore, «e ci pare che abbianoun sapore poco ortodosso».

Nella lettera, che gli invia compiangendo lamorte di Paolina, giovane moglie di Pamma-chio, san Gerolamo scrive di lui nel 397: «Unaperla brilla anche nella sozzura, e una gemmasplendente e tersissima manda riflessi anche nelfango. È appunto la promessa che ha fatto il Si-gnore: “Glorificherò quelli che mi danno glo-ria”. Chi vuole può benissimo intendere questeparole come riguardanti il futuro... Io, per contomio, sto vedendo che quella promessa in lui sicompie anche per questa vita... Noi abbiamo ri-cevuto più di quanto abbiamo dato. Abbiamo la-sciato bazzecole e ci troviamo in possesso di co-se grandi; le sue promesse Cristo le ha mante-nute centuplicando gli interessi».

Pammachio fu travolto nella rovina di Roma,sconvolta dalle orde di Alarico, il 24 agosto del410. Ma che importa quando si è registrati all’a-nagrafe della Città di Dio!

Santi Giovanni e Paolo

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30GIORNI N. 6 - 201116

L’ imperatore Giuliano l’Apostata (FlavioClaudio Giuliano), il traditore per anto-nomasia, nasce sul finire del 331 a Co-

stantinopoli. Ma la madre non la conosceràneppure: muore pochi mesi dopo la sua nascita.Pochi anni dopo perderà il padre, che verrà uc-ciso nella sistematica eliminazione di tutti i colla-terali maschi della famiglia di Costantino, quan-do, nel 337, muore l’imperatore che aveva spa-lancato le porte dell’Impero romano alla Chie-sa. La ragion di Stato, si sa, non ammette ragio-ni. Nessuno viene risparmiato. Tranne appuntoGiuliano, di appena sei anni, e il suo fratellastroGallo, di poco più grande ma di salute talmentemalconcia da far ipotizzare una sua naturale erapida scomparsa. I tre figli maschi di Costanti-no (Costante, Costantino II e Costanzo II) avreb-bero potuto così regnare indisturbati.

Giuliano si trova ad avere come tutori, perconto del cugino Costanzo II, Eusebio di Nico-media, il vero capo del partito ariano, e poi, allamorte di costui, nel 342, un altro ariano, Giorgiodi Cappadocia. Non sono solo eretici formali.C’è in loro una disonestà di fondo. Gli ariani nonsono che una fazione politica che si serve dellafede cristiana. Fin dai tempi di Costantino hannoun solo obiettivo: l’egemonia religiosa nella cor-te imperiale. A questo in realtà si dedicano i duetutori, disinteressandosi di Giuliano. Se un’in-fluenza esercitano è quella di impedire qualun-que possibile attrattiva dell’avvenimento cristia-no su di lui. Questa è la terribile tabe dell’eresia,da cui Giuliano è contagiato.

A contatto quotidiano con Giuliano fanciullo,ci sarà piuttosto l’eunuco Mardonio, un precetto-re capace di suscitare in lui l’amore per la filosofiae la cultura ellenistica. Sostituito più tardi da Mas-simo di Efeso, un filosofo neoplatonico (il verosuo maestro e autore, per dirla con Dante) che

inizierà Giuliano a ogni genere di pratiche magi-co-religiose. A questo era ridotto l’alto idealismoneoplatonico: teurgia a buon mercato.

Attorno ai vent’anni, Giuliano abbandona lafede cristiana. Apostasia dissimulata per un de-cennio e oltre. Nel bel mezzo si colloca il matri-monio con Elena. Per capire la riuscita del qua-le, basta dire che la moglie era sorella dell’odia-to Costanzo II. Il quale intanto, nel 354, gli ave-va fatto ammazzare il fratellastro Gallo, tantoper ricordargli quale sorte incombesse anche sudi lui. Mandandolo come Cesare in Gallia nel355, in effetti, Costanzo intendeva sbarazzarsianche di Giuliano. Infatti la Gallia del tempo,che costituiva la frontiera chiave sulla quale sigiocavano i destini dell’Impero, era una bolgiaamministrativa e militare. Ma proprio là Giulia-no darà grande prova di sé. Diventerà l’idolodelle truppe, che già dal 359 lo proclamano au-gusto. La sorte sembra mutare e volgersi final-mente in favore suo e dei suoi dei.

Nel 361, morto Costanzo II, Giuliano è ac-clamato imperatore. È allora che renderà pub-blica la sua apostasia dal cristianesimo e attival’opera di restaurazione del paganesimo: che siriaprissero i templi al culto, nell’esercito si ripri-stinasse il culto agli dei, via i cristiani dall’inse-gnamento della grammatica e della retorica!

Eppure il suo non vorrebbe essere tanto unritorno quanto una riforma del paganesimo,che però finisce per risultare il surrogato sca-dente della fede cristiana. Vuole una gerarchiasacerdotale pagana esemplare, detta fin nei mi-nimi particolari l’organizzazione del culto, esigedai sacerdoti pagani la predicazione dei dogma-ta hellenica (il paganesimo dogmatico in realtàè un monstrum), invita alla carità: «È una vergo-gna», scrive Giuliano a Teodoro, pontifex paga-no della Galazia, «che mentre tra i Giudei nessu-

LETTURA SPIRITUALE

SI FA PRESTO A DIRE TRADITORE

Ritratto dell’imperatore apostata che lasciò la fede cristiana per ritornare agli dei

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1730GIORNI N. 6 - 2011

no chiede l’elemosina e gli empi Galilei [cristia-ni] sostentano anche i nostri mendicanti oltre ailoro, i nostri bisognosi siano palesementesprovvisti di ogni aiuto da parte nostra».

C’è in questa apostasia di Giuliano qualcosadi fatale. Egli persegue utopisticamente l’inten-to di rivitalizzare il paganesimo, pretende lacoerenza da sé e dagli altri, si abbandona a va-gheggiamenti mistici. Tutto ciò in contrapposi-zione a quel cristianesimo ariano razionalistico,intrigante e senza attrattiva che gli era stato im-posto. Senza accorgersi che è il modo per per-

petuarne la maledizione. Non solo gli dei delpaganesimo non ritornano, ma la grazia di Ge-sù Cristo risulta sempre più lontana. E così an-che l’ostentata tolleranza di Giuliano, che si at-teggia a filosofo (il suo modello è Marco Aure-lio) e non vorrebbe realizzare cruente persecu-zioni, finisce per risultare a tratti più violenta diun’aperta persecuzione. Soprattutto in Orientee in Africa, dove più acuti erano i dissensi, nu-merosi sono i martiri. Ma anche a Roma, il 26giugno del 362, due fratelli, Giovanni e Paolo,subiscono il martirio. q

Nicchioni della catacomba anonima di via Anapo, Roma

Santi Giovanni e Paolo

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30GIORNI N. 6 - 201118

«S i può facilmente immaginare la sor-presa e la gioia» (è lui stesso a espri-mersi così) di Giovanni Battista Monti-

ni, allora arcivescovo di Milano, quando, alla vigi-lia del Natale 1959, gli giunse notizia dal vescovodi Namur che erano stati là fortunosamente rin-venuti i crani dei santi martiri Nabore e Felice.Continua Montini: «Dobbiamo dirci fortunati perquesto eccezionale episodio che ci richiama allostudio della nostra storia religiosa, legata, con no-do intrecciato dallo stesso sant’Ambrogio, allamemoria di questi santi, ci invita a considerarel’importanza che ha avuto la venerazione dellereliquie nella nostra spiritualità ambrosiana, ciesorta a rinnovare il nostro culto verso questi pi-gnora della nostra fede». Furono pignora di Mila-no cristiana, in effetti, quei due soldati; cioè furo-no al contempo segni sicuri, caparre e ostaggi,secondo le diverse valenze del termine latino. Suibasamenti di quella Chiesa di Milano, ancora pic-cola al tempo della persecuzione di Diocleziano esterilem martyribus (senza martiri), come la diràpoi sant’Ambrogio, finalmente venivano scrittidei nomi. Finalmente in quei corpi essa comin-ciava ad avere la caparra della sua fede.

A quella Chiesa di Milano erano stati donati inpegno dalle lontane terre dell’Africa occidenta-le. Erano Mauri genus, provenivano cioè dallaMauritania e forse appartenevano a quella tribùdei Getuli che costituì una delle riserve cui attin-sero di preferenza gli eserciti del Basso Impero.

LETTURA SPIRITUALE

Santi Nabore e Felice12 luglio

297 d.C. Due soldati dell’esercito imperiale arrivano a Milano dall’Africa. Vengono martirizzati a Lodi. Anche se sono stranieri e ospiti, Ambrogio li considera il granello di senape da cui nasce la Chiesa di Milano

di Lorenzo Cappelletti

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1930GIORNI N. 6 - 2011

Erano di stanza a Milano, allora residenza del-l’augusto Massimiano Erculeo e anche delle suetruppe scelte. «Solo hospites terrisque nostrisadvenae / ospiti del nostro suolo, e di passaggionelle nostre terre», li dice sant’Ambrogio. Eppu-re sono loro per antonomasia i Mediolanimartyres (i martiri di Milano), perché la loro veranascita (dies natalis) non avvenne nel sanguegetulo della loro madre di carne, ma nel sanguedel martirio (due vasetti di vetro custodiscono an-cora le tracce di quel sangue che, con cura, cometante altre volte avvenne, qualche cristiano ave-va raccolto).

Furono uccisi di spada, dopo essere stati indi-viduati come cristiani, in quell’anticipo della per-

secuzione di Diocleziano del 297 consistentenell’epurazione dall’esercito, o comunque in mi-sure degradanti per coloro che si rifiutavano alculto idolatrico.

Niente di favolistico o di inventato ad arte inquesto e tanti altri martìri di soldati.

L’esercito era ormai da tempo, almeno dallametà del III secolo, il fulcro del potere imperiale;insieme con esso, l’altro punto di forza conside-rato irrinunciabile dal potere imperiale del mo-mento era il recupero della antica tradizione reli-giosa: la fedeltà ad essa veniva ora riconosciutacome unico criterio di verità, di moralità e di or-dine. Non a caso Diocleziano e Massimiano, idue augusti a capo dell’Impero, avevano assuntofin dal 289 il titolo rispettivamente di Iovius e diHerculius, volendo fondare la loro autorità at-traverso l’autoadozione nella famiglia delle tradi-zionali divinità romane. Da una parte, alcuni filo-sofi prestati alla politica, come Teotecno o comeil neoplatonico Ierocle, con impazienza furiosa,davano copertura teoretica e più raffinate ragio-ni a quella politica religiosa. Dall’altra, la potentecasta degli aruspici, tradizionali custodi del paga-nesimo etrusco-romano, fomentava questa me-desima politica religiosa col denunciare la pre-senza dei cristiani come ragione del “silenzio”della divinità, cioè dell’inefficacia dei vaticini.

Così, Nabore e Felice – che sembrano già cri-stiani da quanto racconta la loro Passio del V se-colo: e dunque non avrebbero ricevuto neppurela fede a Milano, come sembra invece suggeriresant’Ambrogio nel suo Inno (ostaggi sì, pigno-ra, ma totalmente donati, non dovuti) – subisco-no l’interrogatorio di rito e sono spinti al sacrifi-cio agli dei dell’Impero. Il loro rifiuto comportal’esecuzione capitale a Lodi, dove forse esistevauna comunità cristiana più cospicua da terroriz-zare. Le loro spoglie, trafugate da una matrona,vengono riportate però a Milano (anche comevittime sono nuovamente donate a questa comu-nità) e cominciano ad essere oggetto di grandevenerazione. Finché sant’Ambrogio non scoprevicino ai loro sepolcri i corpi dei santi Protasio eGervasio, di cui si erano perse le tracce, sebbenenon fossero del tutto ignoti alla memoria dei ¬

Cubicolo di Leone, catacombe di Commodilla, Roma

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30GIORNI N. 6 - 201120

più vecchi fra i cristiani milanesi. «Senes repe-tunt audisse se aliquando horum martyrumnomina, titulumque legisse. Perdiderat civi-tas suos martyres quae rapuit alienos / I vec-chi ripetono di aver sentito i nomi di questi mar-tiri [Protasio e Gervasio] e di aver letto una iscri-zione. La città che rubò i martiri altrui, avevaperduto i suoi [Protasio e Gervasio]».

Il culto dei martiri ritrovati soppianta quello diNabore e Felice e altrettanto fa la nuova Basili-ca, edificata da sant’Ambrogio per Protasio eGervasio, rispetto alla piccola e antica Basilicanaboriana, di cui poi in epoca moderna si per-deranno addirittura le tracce.

Non potevano avere altro destino quei pigno-ra. «Granum certe sinapis res est vilis et sim-plex: si teri coepit vim suam fundit... Granumsinapis martyres nostri sunt Felix, Nabor etVictor: habebant odorem fidei sed latebant.Venit persecutio, arma posuerunt, colla flexe-runt, contriti gladio per totius terminos mundigratiam sui sparsere martyrii, ut iure dicatur: inomnem terram exiit sonus eorum. / Un granel-lo di senape è veramente cosa umile e semplice:solo se si prende a frantumarlo spande la sua for-za... Granello di senape sono i nostri martiri Feli-ce, Nabore e Vittore: possedevano la fragranzadella fede, ma di nascosto. Venne la persecuzio-ne, deposero le armi, piegarono il collo; uccisi dispada, diffusero la grazia del loro martirio fino aiconfini del mondo, perché a buon diritto si dica:per ogni terra si è diffusa la loro voce».

Ma mentre Vittore prese a Milano dimora sta-bile e separata dai suoi compagni di milizia e dimartirio, il granello dei santi Nabore e Felice nonaveva finito di spandere la sua forza fino ai confi-ni del mondo.

Il luogo dove ancora riposavano sempre piùdeclassati era diventato dal 1200 sede di unachiesa e poi di un convento francescano. Nel-l’autunno del 1797 fu adibito a caserma, primaper la cavalleria cisalpina e poi per le truppefrancesi di passaggio. Nabore e Felice, «strappa-ti a empie caserme» – come dice sant’Ambrogionell’Inno a essi dedicato –, c’erano di nuovo fini-ti! Ma si involarono ben presto, in mezzo allaconfusione indescrivibile di quegli anni, nascosti

(latebant, come un tempo) nei loro busti prezio-si di cui qualche soldato si sarà invaghito o da cuiavrà tratto guadagno. E così arrivarono a Na-mur, allora francese come quasi tutta l’Europa,quella Namur che ha così strana assonanza colnome latino Nabore (Nabor o secondo un’altragrafia Navor). Per essere riconsegnati a quell’ar-civescovo di Milano che da papa avrebbe dovutocoltivare ben altro che «la storia religiosa» o «laspiritualità ambrosiana», così come egli si espri-meva nel 1959.

Ridotto pelle e ossa e con la voce rotta dalpianto, Paolo VI avrebbe dovuto gridare la suafedeltà a Gesù Cristo, rinnegando il prezioso in-volucro culturale in cui si era formato e che eradivenuto soffocante bozzolo, per far diventarelui vuota crisalide. Quel grido liberò il suo volo,al di là di ogni sua immaginazione, facendolo di-scepolo nel presente e nella carne di quei santimartiri. Aveva detto Gesù a Pietro: «Quando eripiù giovane ti cingevi la veste da solo e andavidove volevi; ma quando sarai vecchio tenderaile tue mani e un altro ti cingerà la veste e ti por-terà dove tu non vuoi. Questo gli disse per indi-care con quale morte egli avrebbe glorificatoDio» (Gv 21, 18-19). q

LETTURA SPIRITUALE

Madonna con il Bambino, catacombe di Priscilla, Roma

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2130GIORNI N. 6 - 2011

U n gruppo di cristiani è in fuga da Milano,residenza dell’augusto d’OccidenteMassimiano Erculeo e della sua corte.

Stanno scappando in direzione di Como. Forsenell’estate del 303. Anche il mese e il giorno re-stano imprecisabili. I nomi di quegli uomini, però,la tradizione li ha precisamente conservati. Han-no portato sulla fronte il nome dell’Agnello: nonpotevano cadere nell’oblio.

Il signifer Alessandro, un ufficiale che coman-dava il primo manipolo dei triarii (i soldati scelti,quelli che entravano per ultimi in battaglia); i suoicompagni di milizia Cassio, Severino, Secondo eLicinio; Fedele, il fedele figlio spirituale del santovescovo di Milano, Materno; due funzionari impe-riali, Carpoforo ed Essanto, che si erano manife-stati come cristiani proprio in occasione dell’arre-sto di Alessandro e compagni. Ecco i compo- ¬

Sant’Alessandro26 agosto

Anno 303. Un gruppo di militari convertiti al cristianesimo è in prigione per la fede. La loro unità stupisce i carcerieri. Fuggono. E la via della fuga diventa la via della gloria

di Lorenzo Cappelletti

La fractio panis, catacombe di Priscilla, Roma

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30GIORNI N. 6 - 201122

nenti di quel gruppo eterogeneo, ma così legatonella professione dell’unica fede da lasciar stupe-fatto il carceriere pagano (impius) Sillano di fronteal miracolo della loro unità (forte viderat miracu-lum: gli era capitato di assistere a un miracolo).

I notabili del gruppo, Carpoforo ed Essanto,avevano potuto, evidentemente grazie alla posi-zione che occupavano, trarre dal carcere Alessan-dro e compagni, e con Fedele li stavano aiutando afuggire. Nelle loro intenzioni la fuga doveva evitareloro la dura prova del carcere e delle torture, chemagari li avrebbero costretti ad apostatare. Queicristiani sapevano che non c’era bisogno di gonfia-re il petto. Anche una via di fuga sarebbe potutabastare a glorificare Dio.

Alessandro e compagni erano stati incarcerati(in cippo constricti) perché cristiani, a Milano,presso il carcere Zebedeo (sul quale fin dal secoloV sarà poi eretta una chiesa che figurerà fra le piùantiche parrocchie milanesi).

In effetti, dal 297-298 la persecuzione, volutada Diocleziano stesso nella sua prima fase, avevacominciato a colpire i militari, i più esposti, coloroper i quali era dovere inderogabile onorare pubbli-camente gli dei dell’Impero. Non si volevano, co-munque, spargimenti di sangue. Anche perché itempi richiedevano la massima compattezza nellefile dell’esercito. La Legione tebea, ad esempio,cui appartenevano quei soldati, era in procinto dimuovere verso le Gallie, dove da decenni regnava

LETTURA SPIRITUALE

La cappella greca, catacombe di Priscilla, Roma

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2330GIORNI N. 6 - 2011

uno stato di endemica anarchia. La disciplina nonpoteva essere infranta. E disciplina erano anche,se non soprattutto, gli atti di culto che si celebrava-no in coincidenza con ricorrenze simboliche. Datali atti si misurava l’affidabilità delle truppe emaxime degli ufficiali (in cosa sono diversi i nostrigiorni?). Alessandro e compagni si saranno rifiuta-ti a qualcuno di questi atti di culto e per questo furo-no incarcerati. Avevano poi trovato una via di fu-ga, come abbiamo visto.

Ben presto, però, sono rintracciati. La Passioloro dedicata vuole che il 7 agosto Carpoforo edEssanto siano stati trovati e uccisi in località Sel-votta (Como); e il Martirologio romano collocanello stesso giorno il dies natalis di Cassio, Se-verino, Secondo e Licinio, benché di costoronon sussista una Passio. Fedele, a sua volta –narra la sua Passio –, separatosi dai compagni,sarebbe stato di lì a poco ritrovato e ucciso in lo-calità Samolaco (Sondrio). Il solo Alessandro sa-rebbe stato ricondotto a Milano alla presenzadell’imperatore e qui sollecitato in vario modo asacrificare perché, narra la Passio, era caro al-l’imperatore. «Usque nunc quidem adhaesistimihi / finora in verità mi sei stato caro».

In un’epoca ormai ufficialmente cristiana (cioègià dal IV-V secolo) si comincerà a parlare, comefa la Passio Alexandri (che forse risale a quel tem-po, almeno nel suo nucleo originario), dell’impera-tore Massimiano e di altri imperatori come di tiran-ni ferocissimi e crudelissimi; anche la PassioAlexandri lo dice «saevissimus et crudelissimus»,peraltro contraddicendosi, come abbiamo visto.Certo, erano uomini di potere senza troppi scru-poli, ma in realtà Massimiano e i suoi predecesso-ri, così come i loro funzionari, non esercitavano al-cuna crudeltà gratuita nei confronti dei cristiani.La tradizione e la legge li obbligavano a esigere attidi obbedienza formale. Che più nulla fosse forma-le lo sperimentavano e quindi lo capivano i cristia-ni, ma per i pagani tutto lo era e principalmente lareligione, che nel suo significato proprio vuol dire“scrupolosa ripetizione delle cerimonie” (religio,da relegere = ripetere).

Non desta stupore, perciò, che il gruppo di queicristiani sia stato inseguito. L’ordine, secondo laPassio Alexandri, non era di ucciderli, ma di ri-condurli in carcere (poi, come spesso accade,avranno incrudelito contro di loro). Semmai fa me-raviglia – ma è storicamente del tutto plausibile

Sant’Alessandro

Adorazione dei Magi, cappella greca, catacombe di Priscilla, Roma

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(si trattava pur sempre di un ufficiale) – che il soloAlessandro sia scampato alla morte, e soprattut-to l’insistenza persuasiva con cui si cercherà intutti i modi di strapparlo alla condanna capitale,fino a costringerlo fisicamente a sacrificare.

Ribellatosi però anche in questa occasione,Alessandro – secondo la Passio – sarebbe riuscitoa fuggire di nuovo. Stavolta, attraversato l’Adda, sirifugia nella boscaglia nei pressi di Bergamo. Ma,catturato, non riesce a scampare stavolta alla de-capitazione, dopo essersi rifiutato per l’ennesimavolta al sacrificio idolatrico. Una donna, Grata,con un misto di istintiva compassione e di aperturaalla grazia (che furono anche di Maria di Magdala,di Salome e di Maria di Giacomo) ne raccolse lespoglie per darle a Bergamo come pretiosissimusthesaurus, e farne così certissimo fondamentostorico e non convenzionale di quella Chiesa.

Chissà che Manzoni, il quale portava a ricor-do del nonno il nome del santo martire, non ab-

bia voluto, nel capitolo XVII dei Promessi sposi,far ripercorrere a Renzo, per macchie e campi,quella via di fuga da Milano a Bergamo che avevaattraversato il signifer Alessandro. Come Ales-sandro, Renzo fuggiva solo e impaurito, ma, di-versamente da Alessandro, non dovette, neppu-re nella finzione romanzesca, offrire il suo corpo.Il corpo in sacrificio era già stato offerto, loromalgrado, da quei soldati, quando fra Milano,Bergamo e Como, non si sapeva cosa fosse il cri-stianesimo. Si erano rifiutati, con un’ostinazioneillogica agli occhi dei pagani, di offrire il sacrificioagli idoli, per offrire sé stessi come sacrificio vi-vente al Dio vivo. Realizzando, senza forse nep-pure conoscerle, le parole di Paolo: «Vi esorto,fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostricorpi come sacrificio vivente, santo e gradito aDio: è questo il vostro culto spirituale». Lo-ghikèn latreían: quell’unica devozione logica,degna dell’uomo. q

Orante, catacombe di Priscilla, Roma

LETTURA SPIRITUALE

30GIORNI N. 6 - 201124

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LETTURA SPIRITUALEESTATE 2011

«Quante anime rese nuove nel Battesimooggi ti hanno amato, o Signore Gesù, e

hanno detto: “Attiraci dietro a te, noi correremodietro la fragranza delle tue vesti” (Ct 1, 3-4).Esse volevano sentire la fragranza della risurre-zione del Signore»

sant’Ambrogio, De Mysteriis VI, 29

SUPPLEMENTO AL NUMERO 6 - 2011 DI 3OGIORNI