Tesi michela locati

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Università degli Studi di Torino Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea in Comunicazione e Culture dei Media Tesi di Filosofia della Comunicazione TESI DI LAUREA La comunicazione online di Slow Food: tra brand e movimento Candidato: Relatore: Michela Locati Prof. Ugo Volli Correlatore: Dott.ssa Simona Stano A. A. 2011/2012

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Università degli Studi di Torino

Facoltà di Lettere e Filosofia

Corso di Laurea in Comunicazione e Culture dei Media

Tesi di Filosofia della Comunicazione

TESI DI LAUREA

La comunicazione online di Slow Food: tra brand e movimento

Candidato: Relatore: Michela Locati Prof. Ugo Volli Correlatore: Dott.ssa Simona Stano

A. A. 2011/2012

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Indice

INTRODUZIONE ....................................................................................................................... I

1. Slow Food: un “nuovo mondo possibile” .................................................................... 1

1.1 La genesi e le prime fasi associative .......................................................................... 1

1.2 Un’associazione globale: la diffusione e le attività .................................................... 4

1.3 Alla volta del piacere: gli obiettivi e le finalità .......................................................... 5

1.4 Slow contro Fast ......................................................................................................... 6

1.5 Il discorso di marca ......................................................................................................................... 9

2. Slow Food online ......................................................................................................... 11

2.1 Il web 2.0 .................................................................................................................. 11

2.2 I canali ...................................................................................................................... 12

2.3 Il sito web internazionale .......................................................................................... 14

2.4 I social media ............................................................................................................ 14

2.5 Facebook e l’approccio narrativo ............................................................................. 15

2.6 Twitter: l’informazione e la mobilitazione ............................................................... 18

2.7 YouTube accorcia le distanze ................................................................................... 21

2.8 Pinterest: nuove ispirazioni ...................................................................................... 26

2.9 Le App: marketing e servizi per tecnologia mobile ................................................. 29

3. Analisi dei testi ............................................................................................................ 32

3.1 I generi del web ......................................................................................................... 32

3.2 Un portale verticale .................................................................................................. 33

3.3 Analisi visiva dell’homepage ................................................................................... 34

3.4 Analisi del linguaggio verbale utilizzato in homepage ............................................ 39

3.5 Il logo e le scelte cromatiche .................................................................................... 40

3.6 Un racconto in quattro soggetti ................................................................................ 45

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3.7 Facebook cover image .............................................................................................. 49

3.8 Prospettive per il futuro ................................................................................................................ 52

4. Una doppia natura: brand e movimento politico-sociale ........................................ 54

4.1 Le strategie enunciative ............................................................................................ 54

4.2 La dialettica del coinvolgimento .............................................................................. 57

4.3 Slow Food e il lessico politico .................................................................................. 62

4.4 Il cambiamento: Slow Food tra reazione e rivoluzione ............................................ 65

4.5 Una strategia enunciativa mista ................................................................................ 67

CONCLUSIONI ....................................................................................................................... 70

Bibliografia ............................................................................................................................... 71

Materiali e saggi disponibili online .......................................................................................... 74

Sitografia .................................................................................................................................. 75

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I

INTRODUZIONE

Slow Food è un’associazione senza scopo di lucro che opera nell’ambito delle pratiche e delle

produzioni alimentari, la cui filosofia e le cui attività sono diffuse e note a livello

internazionale. Il proposito di questa tesi risiede nell’analisi, per mezzo degli strumenti della

semiotica e della socio-semiotica, delle strategie e dei prodotti di comunicazione online di

Slow Food e nell’individuazione degli approcci tramite i quali l’associazione veicola i propri

contenuti sul World Wide Web. Per farlo, si limiterà il campo di ricerca a quei canali e quei

testi in essi organizzati che vivono sul web e rispettano le sue norme di rappresentazione,

sfruttandone al contempo le potenzialità.

Nel Capitolo 1, si ripercorreranno la genesi di Slow Food e le prime fasi associative,

esaminando in particolare le scelte comunicative rintracciabili nel Manifesto originale di Slow

Food1.

Successivamente, all’interno del Capitolo 2, si effettuerà una valutazione della presenza

online dell’associazione, individuando una mappatura dei siti web, dei social media e delle

piattaforme ufficiali e descrivendone funzionamento e peculiarità.

Nel Capitolo 3 si proverà a selezionare e a studiare semioticamente alcuni tra i testi più

salienti ed emblematici contenuti all’interno dei diversi canali online di Slow Food.

Infine, nell’ultimo capitolo, si evidenzieranno le diverse strategie enunciative adottate

dall’associazione, cercando di individuare e descrivere i molteplici approcci che ne

caratterizzano la comunicazione sul web.

Un ulteriore passaggio, ad analisi conclusa, si concentrerà sull’elaborazione dei risultati

fornendo alcune considerazioni anche di tipo propositivo, in ottica di una strategia

comunicativa adeguata alle prerogative dell’associazione

Un apporto significativo a questa indagine verrà fornito dai recenti studi di semiotica dei

nuovi media, che si rivela funzionale nell’ambito della comunicazione online, grazie

all’attenzione riposta nei segni involontari, di cui il web è gremito. Inoltre questa disciplina

specifica, permette, in assenza di descrizioni paradigmatiche per quanto riguarda i generi

testuali e le strategie enunciative, di individuare gli elementi che si rivelano costanti e dotati

di significato.

1 Cfr www.slowfood.it/9/statuti-e-documenti-ufficiali.

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1

1. Slow Food: un “nuovo mondo possibile”

1.1 La genesi e le prime fasi associative

Le origini di Slow Food sono rintracciabili nell’attività di diverse associazioni, strettamente

legate alla politica locale langarola e più specificatamente all’area di Bra e ai cenacoli

cultural-gastronomici nati intorno ad Arci Langhe1. È proprio il circolo Arci piemontese,

insieme a un gruppo attivo di intellettuali e appassionati, accomunati dall’obiettivo di aprire

uno spazio di attivismo e di studio politico in ambito enogastronomico, a organizzare nel

1979 la prima edizione di Cantaieuv, rassegna di canti popolari esplicitamente tratta da una

tradizione regionale.

Il gruppo organizzatore, guidato da Carlo Petrini2, che in quel momento era un consigliere

comunale di Bra, dopo il successo dell’iniziativa, si costituisce in associazione nel 1981 con il

nome di Libera e Benemerita Associazione Amici del Barolo, il cui slogan recita “il Barolo è

democratico, o quanto meno può diventarlo”3; la frase è una spia evidente di quanto già nella

fase embrionale la dimensione politica del movimento, fosse preponderante.

Lo slancio iniziale, vede il gruppo collaborare strettamente con il circolo Arci Langhe, dando

vita ad alcune cooperative e a un’osteria con annessa rivendita alimentare, ma soprattutto

intraprendere quell’attività editoriale fortemente tematica che ancora oggi caratterizza

l’associazione. Lo stesso Petrini infatti, dopo la pubblicazione della rivista «La Gola», nel

1983 inizia a scrivere per «Barolo & Co», che lo porta poi nel 1987 alla pubblicazione della

guida Vini d’Italia.4

Nel 1986, annata infelice per la produzione vinicola italiana a causa dello scandalo legato

ai solfiti nel vino, viene costituita, nelle Langhe, la lega gastronomica autonoma Arcigola,

durante il cui congresso fondativo, Petrini viene eletto Presidente all’unanimità. La neo-nata

associazione, sempre legata strutturalmente ed economicamente all’Arci locale, inizia a

1 Comitato Territoriale associato Arci, in provincia di Cuneo. 2 Colui che diventerà Presidente Internazionale di Slow Food. 3 Grossi A. (2010) Politica e cooperazione internazionale in Slow Food, [tesi di dottorato], Dipartimento di

Scienze Politiche e Sociali, Università di Bologna, disponibile online all’indirizzo:

amsdottorato.cib.unibo.it/2651/1/TESI_GROSSI_ALBERTO.pdf (consultato 8 ottobre 2012). 4 Autorevole guida enologica relativa alla produzione vinicola italiana di alta qualità.

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2

prendere le distanze dalla componente fortemente politica che aveva caratterizzato le sue

prime fasi costitutive.

Nel marzo dello stesso anno il materializzarsi di un nemico concreto spinge Arcigola ad

assumere nuovamente un ruolo di opposizione attiva, seppur entro i confini dell’ambito eno-

gastronomico e della difesa del territorio: in Piazza di Spagna a Roma, viene infatti aperto il

secondo grande ristorante italiano della catena McDonald’s5, antagonista simbolico per

eccellenza, e portatore rappresentativo dei valori opposti a quelli promossi da Petrini e dai

suoi soci, e promotore ufficiale di uno stile di vita malsano e dell’omologazione alimentare.

Come reazione diretta al modello proposto dalla multinazionale americana, il 9 novembre

1989, nelle sale dell’Opera Comique di Parigi, nasce Slow Food International Movimento

Internazionale per la Difesa e il Diritto al Piacere, palesando così fin da subito la volontà di

dare un respiro internazionale al progetto. Il Manifesto, presentato per la prima volta il 19

Settembre del 1987 a Vignale, durante una riunione dei fiduciari e dei governatori di

Arcigola, è redatto dal poeta Folco Portinari e firmato da Carlo Petrini, da Stefano Bonilli

(direttore del Gambero Rosso), Valentino Parlato (direttore de «Il Manifesto»), Gerardo

Chiaromonte (senatore del Pci e direttore dell’«Unità»), e da altri intellettuali e artisti di fama

nazionale, fra cui: Dario Fo, Francesco Guccini, Gina Lagorio, Enrico Manduni, Antonio

Porta, Ermete Realacci, Gianni Sassi e Sergio Staino.

Successivamente il documento viene tradotto in diverse lingue e sottoscritto da alcuni

delegati provenienti da Argentina, Austria, Brasile, Danimarca, Francia, Germania, Giappone,

Italia, Olanda, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Ungheria e Venezuela; poiché come

spiega lo stesso Petrini: “occorreva andare oltre e uscire dai confini dell’associazionismo

improntato a logiche municipali e corporative su cui si fondano le compagnie della buona

tavola destinate alla morte per vecchiaia”6.

Qui di seguito il Manifesto di Slow Food, nella sua versione originale7:

Questo secolo è nato, sul fondamento di una falsa interpretazione della civiltà industriale, sotto il

segno del dinamismo e dell’accelerazione: mimeticamente, l’uomo inventa la macchina che

deve sollevarlo dalla fatica, ma al tempo stesso adotta ed eleva la macchina a modello ideale e

comportamento di vita. Ne è derivata una sorta di autofagia, che ha ridotto l’homo sapiens a una

specie in via di estinzione, in una mostruosa ingestione e indigestione di sé.

5 Catena multinazionale di ristoranti fast food, cfr. www.mcdonalds.it. 6 Grossi A., Op. cit., p. 8. 7 È possibile reperire la versione aggiornata e ufficiale nelle pagine del sito web italiano, all’indirizzo

www.slowfood.it/associazione_ita/ita/manifesto.lasso.

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3

È accaduto così che, all’alba del secolo e giù giù, si siano declamati e urlati manifesti

scritti in stile sintetico, «veloce», all’insegna della velocità come ideologia dominante. La fast life

come qualità proposta ed estesa a ogni forma e a ogni atteggiamento, sistematicamente, quasi una

scommessa di ristrutturazione culturale e genetica dell’animale-uomo.

Uno stile adeguato al fenomeno, pubblicitario ed emozionale, di slogan intimidatori più che

di razionali considerazioni critiche. Giunti alla fine del secolo non è che le cose siano di molto

mutate, anzi, se la fast life si è rinchiusa a nutrirsi nel fast food.

Due secoli abbondanti dopo Jenner, i sistemi di vaccinazione contro ogni male endemico ed

epidemico si sono oramai imposti come gli unici che diano garanzie. Perché non seguire, allora, e

assecondare la scienza nella sua lezione di metodo? Bisogna prevenire il virus del fast con tutti i

suoi effetti collaterali. Perciò contro la vita dinamica proponiamo la vita comoda. Contro coloro, e

sono i più, che confondono l’efficienza con la frenesia, proponiamo il vaccino di un’adeguata

porzione di piaceri sensuali assicurati da un praticarsi in lento e prolungato godimento. Da oggi i

fast food vengono evitati e sostituiti dagli slowfood, cioè da centri di goduto piacere. In altri

termini, si riconsegni la tavola al gusto, al piacere della gola.

È questa la sommessa proposta per un progressivo quanto progressista recupero

dell’uomo, come individuo e specie, nell’attesa bonifica ambientale, per rendere di nuovo vivibile

la vita incominciando dai desideri elementari. Il che significa anche il ripristino di una

masticazione giustamente lenta, la ri-acquisizione delle norme dietetiche salernitane,

ingiustamente obsolete, nel recupero del tempo nella sua funzione ottimale, di organizzazione del

piacere (e non della produzione intensiva, come vorrebbero i padroni delle macchine e gli ideologi

del fast). D’altra parte gli efficientisti dai ritmi veloci sono per lo più stupidi e tristi: basta

guardarli.

Se poi, imbarbariti dallo stile di comunicazione dominante, si reclamassero gli slogan a tutti i

costi, certo non mancherebbero: a tavola non si invecchia, per esempio, sicuro, tranquillo,

sperimentato da secoli di banale buonsenso. Oppure: lo slow-food è allegria, il fast-food è isteria.

Sì, lo slow food è allegro!

D’altra parte sappiamo da millenni che il pieveloce Achille non raggiungerà mai la tartaruga, la

quale esce vittoriosa dalla corsa. Con bella lezione non solo matematica ma morale.

Ecco, noi siamo per la tartaruga, anzi, per la più domestica lumaca, che abbiamo scelto come segno

di questo progetto. È infatti sotto il segno della lumaca che riconosceremo i cultori della cultura

materiale e coloro che amano ancora il piacere del lento godimento. La lumaca slow8.

8 Cfr www.editore.slowfood.it/editore/Riviste/SLOWFOOD/IT/19/articoli/slowfood19_05.pdf.

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4

1.2 Un’associazione globale: la diffusione e le attività

Slow Food International, oggi, è un’associazione no-profit che conta millecinquecento sedi

locali in centocinquanta paesi diversi. Gli iscritti in tutto il mondo si aggirano intorno alle

100.000 unità.

La peculiarità della rete internazionale di Slow Food è rintracciabile nella rapida espansione a

largo raggio che negli anni ha visto crescere in maniera esponenziale il numero di convivia

(sedi locali) su livello nazionale, regionale e comunale, nella cui organizzazione è

rintracciabile una struttura gerarchica che prevede diversi uffici interni e il rispetto di regole

comuni.

Petrini, oggi Presidente di Slow Food International, insieme ai collaboratori del nucleo

fondativo, continua a esercitare una visibile influenza e a essere riconosciuto come portavoce

e anima del progetto.

Tra le principali azioni di diffusione del “verbo slow” si annovera, come già accennato, la

ricca produzione editoriale, che implica la fondazione di Slow Food Editore9.

Le attività dell’associazione/movimento, sono infatti molteplici e complesse e vanno dalla

promozione della ricerca orientata alla salvaguardia della biodiversità, all’istituzione di

presidi sul territorio mondiale, atti a promuovere un lavoro di catalogazione di prodotti italiani

a rischio di scomparsa, per giungere poi ai progetti educativi sulla salute e sulla cultura

alimentare, fino alla creazione di reti collaborative con i produttori e con le comunità del cibo.

Un’attenzione particolare va rivolta inoltre agli eventi indirizzati a un ampio pubblico non

specializzato e di respiro internazionale, organizzati e patrocinati da Slow Food; tra questi il

Salone del Gusto di Torino e la kermesse Cheese, dedicata al mondo dei latticini e Slow Fish a

Genova10.

Slow Food negli anni si è poi dedicato in maniera capillare ed estremamente eclettica

all’educazione al gusto e al diritto al piacere enogastronomico, organizzando inoltre rassegne

cinematografiche tematiche e campagne di sensibilizzazione, e inoltre promuove complessi

progetti di cooperazione internazionale come Terra Madre.11

La comunicazione, sia online che offline, svolge un ruolo determinante nella diffusione del

“verbo”, per quanto riguarda la componente educativa e quella divulgativa, ma anche per ciò

9 Cfr www.editore.slowfood.it. 10 Tutti gli eventi sono organizzati secondo un impianto fieristico a cui seguono seminari e conferenze

divulgative, altamente pubblicizzate dai media nazionali. 11 È una rete mondiale che raggruppa le comunità del cibo in tutti i continenti.

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5

che concerne la costruzione di un’identità e di un immaginario immediatamente riconoscibile

e accessibile anche ai meno informati.

Insieme all’attività editoriale cartacea, Slow Food gestisce e coordina, oltre a un portale

internazionale divenuto punto di riferimento online dell’associazione, numerosi siti web

tematici che approfondiscono le diverse aree di interesse, e forniscono continuamente

informazioni, contribuendo a creare e alimentare una comunità forte intorno al movimento.

1.3 Alla volta del piacere: gli obiettivi e le finalità

Le finalità dichiarate di Slow Food, come esplicitato precedentemente, possono essere

riassunte in tre azioni: educare, salvaguardare e promuovere. L’educazione riguarda la

fruizione, il consumo e la produzione; la salvaguardia si riferisce alla biodiversità, ma anche

ai saperi e alle tradizioni, mentre la promozione consiste nella diffusione di un modello e di

una “nuova” cultura dell’alimentazione.

Uno degli obiettivi di natura più generale e forse sostanziale consiste, sin dalle origini del

movimento, nell’affermare la piena dignità della cultura alimentare, ossia elevare questa

tematica da passione di nicchia o interesse periferico e politicamente neutro, a vero e proprio

oggetto di studio e dibattito, in chiave etica, economica, storica, scientifica e sociale.

Secondo questa nuova ricercata interpretazione, il cibo deve divenire un collettore di

tematiche di interesse mondiale, e non occupare più un posto di secondo piano nelle attività di

salvaguardia ambientale e di rivendicazione sociale. E se a livello macroscopico l’obiettivo

sembra essere quello di incidere sulla sfera istituzionale, sia locale che nazionale, a un micro,

la finalità dell’associazione consiste nell’instillare buone pratiche, da rendere effettive nel

quotidiano. Per questo motivo, uno dei più evidenti propositi di natura pragmatica

dell’associazione è la fidelizzazione di ampie porzioni di consumatori “consapevoli”, e di

conseguenza l’iscrizione e la partecipazione di questi ultimi alle attività, in modalità

volontaria. “Slow Food opera per promuovere l'interesse legato al cibo come portatore di

piacere, cultura, tradizioni, identità, e uno stile di vita, oltre che alimentare, rispettoso dei

territori e delle tradizioni locali”12.

La definizione che Slow Food dà dei propri obiettivi nella sezione Cosa è Slow Food? del

suo sito web ufficiale, mette in luce un elemento di grande interesse: l’accento delle attività

divulgativa, educativa, scientifica e bioetica di Slow Food non viene posto essenzialmente sul

cibo, ma sulle pratiche a esso legate, sulla potenziale modifica di queste abitudini in vista di

12 Cfr Cosa è Slow Food?, www.slowfood.it/1/associazione.

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6

uno stile di vita “migliore”, “giusto” ossia conforme ai concetti di giustizia sociale negli

ambienti di produzione e di commercializzazione, attento alle risorse disponibili e alla

preservazione di quelle a rischio. Senza contare inoltre, il continuo richiamo al “piacere” del

cibo, diritto insindacabile secondo il motto originale di Arcigola, e obiettivo primario da

perseguire e da difendere secondo il “verbo slow” di Petrini. Secondo il presidente di Slow

Food, tale soddisfazione dipende infatti dalle qualità organolettiche di un alimento, ed è legata

allo stesso tempo alle modalità di fruizione, agli aspetti sociali attinenti al cibo, e a quelli

emotivi e affettivi legati al consumo e a tutte le fasi che lo precedono.

1.4 Slow contro Fast

Il testo del Manifesto, che, come osserva Marrone, è di “extrema riqueza semántica y

complejidad semiótica”13, palesa già dal principio come Slow Food si proponga come un

catalizzatore di valori, in opposizione a una lunga serie di controvalori, come i cattivi

comportamenti alimentari, di produzione e di consumo.

La costruzione identitaria dell’associazione, che nelle sue fasi embrionali deve molto alle

dinamiche, alle politiche e al linguaggio di movimento, si basa dunque sull’individuazione di

un antisoggetto14, di una forza negativa da isolare, conoscere e poi contrastare apertamente.

A partire dal nome scelto per l’associazione sono chiari gli intenti e valori ispiratori: il cibo

come portatore di piacere, cultura, tradizioni, identità, e uno stile di vita, non solo alimentare,

rispettoso dei territori e delle tradizioni locali, il rallentamento dei i ritmi, e il ritorno ai piaceri

del gusto.

Sempre nelle parole del Manifesto, e grazie a una lettura interpretativa e attenta dello slogan

ufficiale (nonché titolo di un saggio dello stesso Petrini 15 ), si rileva una volontà di

contrapposizione di più ampio respiro e più profonda che applica a un livello collettivo,

sociale e politico, l’opposizione tra valori e controvalori.

Come afferma Marrone16, il processo di auto-definizione dell’associazione prende le mosse

da una battaglia ideologica contro un nemico reale, il fast-food, e nello specifico la sua più

temibile manifestazione “brandizzata”, ossia il colosso multinazionale McDonald’s.

13 Marrone G., "Brand on the run: mirada semiótica sobre Slow Food", in Formas de la lentitud I., Tópicos del

Seminario, 26. Puebla Mexico 2001, p. 65. 14 Cfr Greimas A. J., Del senso, Tascabili Bompiani, Milano 2001, pp. 329. 15 Petrini C., Buono, pulito e giusto, Einaudi, Torino 2005, pp. X-266. 16 Marrone G., Op.cit., p.65.

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Contrapponendosi direttamente sin dalla sua genesi a un brand di portata mondiale, Slow

Food sviluppa parallelamente l’accezione più dichiarata di movimento politico e sociale, e al

contempo di marca stessa.

Questi gli assi semantici essenziali che contribuiscono, sempre secondo Marrone, a una prima

definizione da parte di Slow Food della propria duplice identità:

fast food vs slow food

esigenza pratica di ristorarsi piacere del mangiare

divertimento e trasgressione convivialità e socialità

produzione industriale produzione contadina

modernità del presente tradizione del passato

velocità lentezza

Tabella 1: Tabella degli assi semantici in opposizione17.

La contrapposizione iniziale a un antisoggetto di natura commerciale, a un marchio è la

testimonianza di come la doppia natura identitaria sia proposta da Slow Food stessa, a partire

dal Manifesto ufficiale e dalla scelta del logotipo, la famosa chiocciola.

Va però sottolineato che l’analisi eseguita da Marrone si concentra su un documento che

risale a una fase embrionale del progetto Slow Food, il quale ha subito negli anni molteplici

evoluzioni, sia nella definizione di se stesso, sia nella maniera di proporsi a un pubblico

ampio a livello internazionale.

Pur non abbandonando, la doppia natura identitaria sopra esplicitata, Slow Food ha

progressivamente lasciato negli anni, la forte componente politica di protesta che connota

fortemente il Manifesto originale, per avvicinarsi maggiormente al linguaggio

dell’associazionismo e delle organizzazioni non governative basate su una struttura reticolata.

Col passare del tempo Slow Food sembra aver abbandonato, da un punto di vista meramente

comunicativo, quella tensione all’attivismo fortemente politico che emerge invece dalle parole

usate nel Manifesto originale del 1987in favore di un linguaggio meno poetico-enfatico, ma

più positivo e propositivo del Manifesto del 198918, oggi considerato ufficiale.

17 Ibidem. 18 Cfr www.slowfood.it/associazione_ita/ita/manifesto.lasso

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8

Per dichiarazione stessa dell’associazione su un documento di presentazione sul sito web

italiano, del primo Manifesto di Slow Food, infatti quella divenuta ufficiale è la:

versione edulcorata, accorciata e semplificata /…/. Ma ne esiste una forma archetipa, apparsa sulla

newsletter rosmarino nel novembre 1987, firmata dagli storici 13 “padri fondatori”e intitolata in

quel modo un po' arcaico, manifesto dello slow-food , scritto proprio così: in minuscolo e col

trattino di separazione che poi scomparve. in occasione del ventennale l'abbiamo voluto

rispolverare nella sua versione originaria, per regalarlo a chi non l'aveva mai letto e per rendere

omaggio alla poetica prosa del suo estensore19.

Nella versione “archetipa” del Manifesto, ad esempio, per chiamare in causa l’antisoggetto

che nel Manifesto ufficiale viene identificato con la “velocità” o la “fast life”, ci si appella a

esso con i termini “padroni delle macchine” e “ideologi del fast”, dove i lemmi “padrone” e

ideologo” sembrano essere un retaggio di quella comunicazione politica di sinistra

caratteristica degli anni delle Lotte Operaie. La presenza di questi e altri termini impiegati

nella prima stesura del documento, firmata dalla mano del poeta e socio fondatore di Slow

Food Folco Portinari, evidenzia una netta evoluzione, nella stesura appunto “edulcorata” del

nuovo Manifesto, la cui chiusura inedita evidenzia una spinta inclusiva e positiva: “Lo Slow

Food è un'idea che ha bisogno di molti sostenitori qualificati, per fare diventare questo moto

(lento) un movimento internazionale, di cui la chiocciolina è il simbolo.”20

È forse grazie a questa nuova posizione comunicativa che Slow Food si fa carico di istanze

che prendono le mosse dalle proteste di movimento, proponendo però un modello entusiata e

rassicurante molto vicino alla pubblicità e alla comunicazione commerciale.

Questa considerazione porta a chiedersi dunque, quanto la dimensione di brand o marca sia

determinate per quanto riguarda le strategie comunicative di Slow Food, e da quali espedienti,

messaggi, testi e processi enunciativi essa venga resa evidente.

19 Documento del 13 maggio 2006, pubblicato online all’indirizzo:

www.editore.slowfood.it/editore/Riviste/SLOWFOOD/IT/19/articoli/slowfood19_05.pdf in occasione del

Ventennale di Slow Food. 20 Cfr www.slowfood.it/associazione_ita/ita/manifesto.lasso.

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1.5 Il discorso di marca

Il brand, “quintessenza” dell’impresa da un punto di vista comunicativo, consiste nell’insieme

degli elementi che agiscono in maniera sinergica per produrre l’immagine pubblica di

un’azienda o di un servizio.

“Tutti i fenomeni di marca si sostengono su un’isotopia intertestuale di un certo nome proprio

(e delle sue componenti, tanto sul piano dell’espressione che del contenuto)”21. La stessa

isotopia che contribuisce a conciliare marca e prodotto, per mezzo – ad esempio – di un logo,

elemento che verrà analizzato semioticamente nel Capitolo 3, e di una denominazione, è

rintracciabile nell’attività di Slow Food, tenendo presente che in questo caso non si può

parlare né di prodotti proprietari, nè di appartenenza. Slow Food. Infatti, fatta eccezione per

alcuni oggetti di merchandising e per i volumi pubblicati presso Slow Food Editore, è

completamente estranea al mondo della produzione. A un’attenta osservazione, però si

intuisce come il discorso di brand non sia del tutto alieno all’azione dell’associazione: essa

infatti tra le principali iniziative, “preserva e valorizza l'identità storico-culturale di un

territorio specifico, cui si lega una particolare produzione, in particolare attraverso

l'istituzione di Presìdi per la difesa della biodiversità”22, ossia estende il proprio segno di

garanzia e in un certo senso di appartenenza su gruppo di produzioni. Inoltre organizza fiere

ed eventi, selezionando progetti e produttori, utilizzando il proprio marchio come insieme

collettivo e distintivo.

Se si esula da un discorso di profitto, elemento caratterizzante dell’attività di impresa, alla

stregua dei fenomeni di marca, Slow Food risolve il problema dell’anonimato del contenuto,

caratterizzando all’interno del grande panorama della comunità del cibo a livello mondiale,

alcuni prodotti specifici, portandone alla luce in occasione degli eventi-fiere e tramite

l’istituzione dei Presidi, nome e storia. Dall’altra parte Slow Food, sempre in sintonia con la

funzione dei brand, si fa autore, garantendo per i prodotti e prendendosene la responsabilità.

L’attività di Slow Food, non si discosta da quella delle grandi marche moderne, costruendo

intorno ai prodotti che promuove e tutela, un sistema assiologico che conferisce loro certi

attributi determinanti, come ad esempio qualità e sostenibilità. Seguendo lo studio sulle

funzioni della marca di Thoenig e Kepferer23, si può affermare che Slow Food risponde

21 Volli U., Semiotica della Pubblicità, Editori Laterza, Bari 2008, p. 85. 22 Dal testo Cosa fa Slow Food?, all’indirizzo: www.slowfood.it/29/cosa-fa-slow-food. 23 Kapfer J.-N. e J.-C. Thoenig, La marca. Motore della competitività delle imprese e della crescita

dell’economia, Guerini e Associati, Milano 1991, p. 103.

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10

adeguatamente alla funzione di identificazione, nel senso in cui seleziona e individua i punti di

forza dei prodotti che tutela e promuove, aiutando al contempo la propria community a

comprenderne le caratteristiche e deciderne il valore, ed espletando in questo modo la

funzione di orientamento. La funzione ludica24 è garantita dal grande quantitativo di occasioni

sociali, tra cui: eventi, fiere, momenti educativi per l’infanzia, “passeggiate del gusto” e

tradizioni popolari rivisitate, promosse e organizzate da Slow Food. La garanzia è la più

evidente tra le funzioni del movimento/brand, il quale estende il proprio segno di

“approvazione”, la propria presenza, sui prodotti di cui si occupa attivamente.

Tentando di attuare un parallelismo tra lo schema narrativo proprio della semiotica generativa

greimasiana e il caso Slow Food, possiamo osservare come l’associazione/brand assuma il

ruolo attanziale di destinante, proponendo un contratto ai soggetti (soci, clienti, sostenitori), la

cui sanzione prevede la soddisfazione di tutti gli attanti in seguito al raggiungimento di un

nuovo modo di vivere e concepire il mondo dell’alimentazione. L’opponente o antisoggetto,

al quale si è già accennato nel paragrafo 1.4, è identificabile nella fast life, il modello di

consumo e di vita che già dalle parole del primo Manifesto di Slow Food, minaccia la serena

riuscita dell’impresa25.

24 Per la valorizzazione ludica in testi pubblicitari cfr Floch, J.-M., Semiotica, marketing e comunicazione.

Dietro i segni, le strategie, Franco Angeli, Milano 1992, pp. 278. 25 Cfr Volli U., Op. cit., p. 76-77.

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11

2. Slow Food online

2.1 Il web 2.0

L’espressione web 2.01, tratta da un articolo del 2005 di Tim O’Really2, fa riferimento non a

una versione aggiornata a livello tecnologico o informatico del Word Wide Web, bensì a una

evoluzione nell’uso del web da parte degli utenti e dei programmatori. L’accento è dunque

posto sulla metodologia di fruizione e non essenzialmente sulla sostanza, sulla struttura o sui

contenuti.

Un altro punto in comune tra l’associazione e la nuova veste del web è rintracciabile nel

concetto di “community attiva” e di condivisione. Divenute un fenomeno di massa le

comunità virtuali, nate in realtà negli anni Settanta, rivestono oggi un ruolo preponderante

nello sviluppo di conversazioni e di narrazioni online, e rappresentano un terreno fertile per

un’associazione di livello internazionale che ha come propositi primari la creazione di una

rete e la diffusione di una filosofia, di uno stile di vita.

Il Web 2.0 stimola e permette, per conformazione strutturale in quanto spazio di interazione,

la partecipazione attiva degli utenti, la condivisione in tempo reale di notizie, informazioni,

materiali in modalità peer to peer.

In maniera coerente con la tendenza che contraddistingue l’associazione, ossia ribadire e

difendere il forte legame con la cultura agricola non in maniera nostalgica e reazionaria, ma in

chiave moderna e consapevole, si nota come la presenza di Slow Food sul web sia il segno di

sapiente conoscenza dei nuovi media, dei nuovi paradigmi della comunicazione online e delle

sue potenzialità.

Nonostante la sua opposizione alla velocità, alla “fast life” e alla “globalizzazione”, il

brand/movimento Slow Food ha infatti scelto di servirsi dei nuovi media, rappresentazione

massima della velocità, intesa come rapidità di diffusione delle informazioni a favore di un

pubblico mondiale.

L’analisi della presenza online di Slow Food e dei suoi mezzi di comunicazione sul web che

verrà svolta in questo capitolo, prende le mosse da una prima fase imprescindibile: la

1 Cfr Cosenza G., Semiotica dei nuovi media, Laterza, Roma-Bari 2008, pp. 164. 2 Fondatore di O’Really Media, sostenitore del movimento a favore della condivisione open-source di materiale

e softwares.

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12

mappatura dei canali ufficiali, dove per ufficiale si intende una struttura che raccoglie e

veicola contenuti prodotti, riconosciuti e gestiti direttamente da un ufficio interno alla realtà

associativa.

Se l’ufficialità è palesata in maniera non contestabile dalla dicitura contenuta nel footer, che

riporta nella parte inferiore dei siti web, il codice fiscale dell’associazione e ne afferma la

proprietà di tutti i diritti, nelle piattaforme social è più arduo stabilire l’istituzionalità delle

pagine. In questo caso specifico, i link ipertestuali ai social media presenti sulle home page

dei siti, permettono un’ individuazione certa dei canali ufficiali, evitando di inserire

erroneamente nella mappa della presenza di Slow Food sul web i profili fasulli, generati dagli

utenti e dagli appassionati, e non riconosciuti dall’associazione centrale.

2.2 I canali

Il punto di partenza per una mappatura completa e organica delle piattaforme di

comunicazione sul web è sicuramente il sito istituzionale www.slowfood.com; a partire dal

quale, utilizzando la tecnica efficace dei link ipertestuali si risale a una “pagina fan”3 di

Facebook4, uno dei principali social media su scala mondiale, e a un “profilo” Twitter5

(@SlowFoodHQ), entrambi indirizzati a un pubblico internazionale.

Ritornando al website ufficiale, più opportunamente definito “portale”, si possono facilmente

rintracciare nel footer a piè di pagina, sette collegamenti ai siti web relativi alle associazioni di

respiro nazionale, rispettivamente: Italia, Stati Uniti d’America, Germania, Svizzera, Gran

Bretagna, Giappone e Olanda. Altre associazioni, per ragioni non chiare, non sono citate

nell’elenco sopra riportato, come ad esempio Slow Food Canada, ma possiedono anch’esse un

proprio sito web ufficiale.

La maggior parte dei website nazionali ospita nella home page una sezione dedicata ai link

ai principali social media. Di conseguenza è possibile rintracciare numerose Facebook

fanpage e profili Twitter ufficiali, legati alle realtà nazionali. Più difficile invece è reperire il

collegamento al profilo Linkedin6 e al canale YouTube7 delle diverse sezioni associative.

3 Una pagina fan o fan page di Facebook è un particolare profilo dedicato alla promozione di aziende, persone o

associazioni. Gli utenti possono iscriversi alla pagina, ma la relazione è univoca. Cfr

www.facebook.com/pages/create.php. 4 Cfr www.facebook.com. 5 Cfr www.twitter.com. 6 Cfr www.linkedin.com. 7 Cfr www.youtube.com.

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13

Non vi è ancora traccia di una presenza ufficiale di Slow Food International su Pinterest,8

nuovo social media dalla rapida e recente diffusione su scala mondiale, dedicato

essenzialmente alla condivisione di “pins”, ossia di immagini, link e video filtrabili per

categorie o parole chiave. Solo le Condotte Slow Food di Shoreline, Quad Cities, Western

Slope, Austin, Baltimore e Columbia sembrano aver colto le potenzialità della piattaforma,

benché il loro livello di attività non sia ancora rimarchevole.

La presenza online dell’associazione di Petrini, è dunque rappresentabile tramite la

metafora della rete, in coerenza con la conformazione tipica del web, che presuppone nodi

virtuali collegati tra loro reciprocamente, ma svela, inoltre, una tendenza piramidale: in questo

modo dal sito web internazionale, unico grande portale, si scende di un gradino individuando

un numero limitato di siti nazionali. Muovendosi ancora più in profondità, ossia navigando

all’interno dei siti nazionali, si scopre come a ognuno di essi sia collegato un numero assai

superiore di siti web relativi alle associazioni Slow Food regionali e ad alcune Condotte

locali. Ad esempio, solo partendo dal sito italiano, www.slowfood.it, sono reperibili i link a

tredici siti regionali, i quali a loro volta rimandano a un livello ancora inferiore. Anche la

maggior parte delle associazioni locali e regionali è presente sui social media con una pagina,

un profilo o un canale ufficiale. Inoltre molte realtà più piccole, per questioni economiche o di

competenze, non posseggono un sito web ufficiale, ma gestiscono blog9 gratuiti, su alcune

delle piattaforme più diffuse come Blogger e Wordpress.10

Tra le pagine online che veicolano il messaggio di Slow Food, vanno senz’altro annoverati i

siti web tematici, di approfondimento o dedicati a progetti e iniziative specifiche

dell’associazione, ai quali a loro volta sono associate le rispettive pagine social.

Questo breve percorso in profondità, per tracciare una mappatura della presenza online di

Slow Food svela l’entità di una rete virtuale mondiale, i cui nodi sono difficili da quantificare

e individuare. In sede decisionale e amministrativa, le sedi regionali e locali di Slow Food

fanno riferimento alla linea dettata dagli organi centrali, rispettandone le regole e il manifesto,

ma dimostrano una notevole autonomia di gestione; allo stesso modo i numerosi canali online

dimostrano una coerenza tra di loro e un allineamento figurativo e contenutistico, ma vengono

gestiti separatamente, dando vita a differenze sostanziali e percepibili. 8 Cfr www.pinterest.com. 9 Dall’unione di web e log, consiste in un sito web di discussione o informazione, generalmente incentrato su una

tematica molto specifica, contraddistinto dalla pubblicazione di notizie brevi visualizzabili in ordine cronologico

contrario. Cfr http www.wikipedia.org/wiki/Blog. 10 Piattaforme web che offrono la possibilità di strutturare e pubblicare blog gratuitamente. Per maggiori

informazioni si rimanda a www.wordpress.com e www.blogger.com.

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14

Qui di seguito si tenterà non solo di individuare i canali online, selezionati da Slow Food per

veicolare i propri contenuti e interagire con una community di appassionati e addetti ai lavori,

ma si approfondiranno anche le prerogative, dal punto di vista dell’utilizzo e delle

potenzialità, dei singoli canali; ci si soffermerà infine sull’uso specifico dei suddetti, da parte

del brand/movimento per poi entrare nel merito dell’analisi di alcuni testi, nel capitolo

successivo.

2.3 Il sito web internazionale

Il portale di Slow Food International11, esplorabile in nove lingue diverse, costituisce il nodo

centrale della rete di canali web dell’associazione, il collettore virtuale di tutte le informazioni

relative alla struttura centrale e internazionale, crocevia di collegamenti ipertestuali a un

numero sostanzioso si pagine web delle Condotte (o Convivia) nazionali e locali e a siti

internet tematici o legati a iniziative specifiche.

I diversi siti web, a una prima impressione, presentano una certa coerenza per quanto riguarda

l’aspetto grafico ma dopo un’analisi più approfondita, sia la struttura, che i particolari da un

punto di vista figurativo e le scelte cromatiche, sono in realtà distanti. In seguito a

un’osservazione attenta della struttura, delle scelte visive, del design e dell’organizzazione dei

contenuti, si sono riscontrate notevoli affinità tra il sito internazionale e quello italiano,

entrambi contraddistinti da una forte coerenza con l’immagine coordinata dell’associazione e

con tutti i prodotti di comunicazione esterna, come si potrà notare più avanti12, nell’ambito

dell’analisi del sito web internazionale di Slow Food13.

2.4 I social media

I social media, secondo la definizione di Andreas Kaplan14, consistono in “un gruppo di

applicazioni basate sul web e costruite sui paradigmi (tecnologici e ideologici) del web 2.0

che permettono lo scambio e la creazione di contenuti generati dagli utenti”15; rappresentano

dunque un mezzo per condividere informazione all’interno di una community. composta da 11 Cfr www.slowfood.com. 12 Cfr Capitolo 3, paragrafo 3. 13 Cfr www.slowfood.com. 14 Dalla pagina inglese di Wikipedia dedicata alla definizione di social media,

ww.en.wikipedia.org/wiki/Social_media. 15 Professore ordinario di Marketing presso la ESCP Europe Business School di Parigi.

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15

individui uniti tra loro da un interesse, un item, un argomento di discussione e messi in

relazione tramite gli strumenti di comunicazione propri del web.

Nel caso di Slow Food si è scelto di utilizzare la locuzione social media networking, per

analizzare le azioni e le interazioni che si svolgono online all’interno di una comunità virtuale

raccoltasi intorno alle tematiche veicolate dall’associazione, tramite l’ausilio dei social media.

Questi ultimi vengono a loro volta considerati come mezzi di comunicazione, dei veri e propri

software, dei programmi informatici composti, che presentano un’interfaccia utente gremita di

icone, indici e simboli che consentono la navigazione e una serie di contenuti uniti tra loro e

raggiungibili tramite collegamenti ipertestuali.

Alla stregua del portale web, i diversi social media di cui Slow Food, a livello locale e

internazionale, si serve per creare intorno a sé una community di appassionati e addetti ai

lavori, verranno analizzati in questa sede, secondo la teoria della semiotica dei nuovi media16,

in qualità di testi autonomi: sistemi di segni che innescano relazioni di rimando, i cui elementi

costitutivi sono in rapporto tra loro e attingono a un’ enciclopedia cognitiva di riferimento.

Come evidenziato precedentemente, la mappatura dei social media legati ufficialmente a

Slow Food rivela la presenza di un elevatissimo numero di pagine, profili e canali,

appartenenti alle diverse espressioni nazionali, regionali e locali dell’associazione. Per una

maggiore semplicità di analisi si è scelto quindi di prendere in considerazione le pagine e i

profili internazionali, ossia quelli legati al “quartier generale” di Slow Food, stabilita la loro

rilevanza a livello rappresentativo e la dimensione più allargata delle community di

riferimento.

2.5 Facebook e l’approccio narrativo

Percepito a livello internazionale come il social media per antonomasia, chiamato

erroneamente social network, secondo il criterio esplicitato precedentemente, nelle

conversazioni informali e su diversi mezzi di informazione di massa, Facebook è un sito

internet lanciato nel 2004, a Cambridge (USA) da Mark Zuckerberg, Eduardo Saverin, Dustin

Moskovitz e Chris Hughes, con il seguente obiettivo: “Facebook aiuta a connetterti e

rimanere in contatto con le persone della tua vita”17.

16 Cosenza G., Op. cit., p. 3. 17 Pay off pubblicato saltuariamente dal gruppo sulla pagina di benvenuto di Facebook, all’indirizzo

www.facebook.com.

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16

Coerentemente con la descrizione che i suoi creatori danno della piattaforma, Facebook si

propone come network, come servizio di rete sociale. La rete in realtà costituisce

l’implicazione strumentale del sito, che è a tutti gli effetti un servizio, un software online con

la prerogativa specifica di tenere in contatto costante e in tempo reale i suoi utenti.

Ma la locuzione descrittiva presente sulla pagina ufficiale è a oggi limitativa: l’utilizzo dei

termini “persone” non esplicita completamente la funzione attribuita effettiva del social

media. Oggi Facebook come si può notare facilmente esplorando i vari profili e osservando le

interazioni, rappresenta, infatti, uno spazio di dialogo tra privati ma coinvolge anche brand,

associazioni di diversa natura, partiti, istituzioni e movimenti politico-sociali. Su Facebook, e

anche su diversi altri social media, si può osservare empiricamente come si verifichi in

maniera lampante ed esemplare il fenomeno della personificazione di una marca, o di una

realtà istituzionale o associativa. Durante l’interazione con una di queste forme aggregative, si

ha la sensazione di stabilire un dialogo con l’ente, dimenticandosi dell’utente che in quella

data situazione ne fa le veci.

I brand o i movimenti, così come i partiti e le associazioni, utilizzano le stesse strutture

comunicative dei privati e la stessa interfaccia; l’unico discrimine possibile è garantito dalla

differenziazione formale tra “pagina fan”, “gruppo” 18 e “profilo utente”, secondo una

convenzione stabilita dai programmatori del sito e accettata dai suoi utenti.

Si è scelto in questa sede di concentrare l’analisi su alcuni testi contenuti all’interno delle

pagine Slow Food International19, e di Slow Food Italia20, poiché entrambe detengono un

grande numero di fan (rispettivamente 16.000 e 18.000) e per mantenere una continuità con

l’analisi dei website, dal momento che viene effettuato un utilizzo incrociato dei canali. Una

seconda motivazione è che, fatta eccezione per la pagina internazionale che rappresenta

l’headquarter dell’associazione sul web, i contenuti della pagina italiana sono maggiormente

intellegibili per chi scrive, non solo da un punto di vista linguistico.

Rispetto alla fan page internazionale, quella italiana è dunque più seguita, ma anche più ricca

a livello contenutistico se si considera il numero di tab21 e la frequenza degli aggiornamenti.

18 Pagina Facebook dedicata alle conversazioni tra gruppi limitati di utenti. Può essere aperta o chiusa ed è

caratterizzata da una gerarchia gestionale esplicita, alla stregua dei forum. Cfr

www.facebook.com/about/groups. 19 Cfr www.facebook.com/slowfoodinternational. 20 Cfr www.facebook.com/italia.slowfood. 21 Funzione introdotta insieme all’interfaccia “Timeline”. Consiste in un link interno a Facebook, rappresentato

da un’immagine evocativa.

Page 21: Tesi michela locati

17

La nuova struttura a “diario”, introdotta nel 2011 stabilita come interfaccia standard nel

2012 sia per quanto riguarda i profili personali che per le pagine fan, si presta notevolmente a

quell’approccio storytelling22che ha ampiamente influenzato la comunicazione pubblicitaria

in occasione della diffusione dei social media. La Facebook Timeline (in italiano tradotta

come “diario”) viene dunque utilizzata dai marchi per raccontarsi attraverso post testuali,

immagini e video, in una dimensione narrativa che privilegia l’ordine cronologico, in una sua

rappresentazione verticale, in cui l’aggiornamento più recente si trova in alto, alla stregua dei

blog.

La novità introdotta da questa visualizzazione temporale, permette alle realtà commerciali di

adottare una nuova metodologia comunicativa, in cui la brand awareness23 si costruisce

raccontando e non convincendo, narrando se stessi invece di focalizzarsi sulle qualità dei

propri prodotti. Ecco ad esempio che su una pagina Facebook possono essere indicate le tappe

fondamentali dell’evoluzione di un brand, e associate alla data relativa: la fondazione, il

lancio dei primi prodotti, l’espansione, fino agli ultimi aggiornamenti attuali. Molti brand che

puntano sui valori della tradizione e dell’”anzianità” e dell’esperienza, utilizzano il diario per

fornire una testimonianza visiva delle proprie origini e della propria evoluzione.

Sulla pagina Facebook internazionale, ad esempio, grazie alla modalità Timeline, si può

facilmente risalire alla data di apertura della pagina, il 14 febbraio del 2011, e leggere il primo

post pubblicato dagli amministratori: “Welcome to Slow Food International's official

facebook page... keep up with the the network's activities around the world, join discussion

groups and share your own news, campaigns and events”24.

Si può notare come non sia stata presa in considerazione la possibilità di evidenziare le

tappe salienti della vita associativa di Slow Food, anche precedenti all’apertura del canale,

come invece fanno numerosi brand tra cui ad esempio Burberry, nota marca d’abbigliamento

che insiste particolarmente con l’accezione storica dell’azienda: dal diario della pagina

Facebook ufficiale25 del brand, infatti, è possibile risalire, fino al 1856, data della fondazione,

e ripercorrere la storia di Burberry lungo tutto il Novecento, grazie alla pubblicazione di

fotografie d’epoca e numerose didascalie. Anche alcuni movimenti/associazioni, della portata

22 Tradotto letteralmente dall’inglese: “narrazione”. In marketing indica un approccio strategico relativo alla

comunicazione aziendale. 23 Notorietà di marca, stimabile grazie a indicatori di ricordo. Cfr Brondoni, S., Pubblicità collettiva, notorietà di

prodotto e immagine di marca, Giuffrè, Milano 1987, pp. VIII-266. 24 Post testuale del 14 febbraio 2011, pubblicato su www.facebook.com/slowfoodinternational. 25 Cfr www.facebook.com/burberry.

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18

ad esempio di Greenpeace26, utilizzano questo valido strumento di narrazione per esplicitare

le proprie radici e registrare le proprie conquiste e le proprie evoluzioni, negli anni in cui non

era possibile condividerle tramite i social media.

L’utilizzo della pagina Facebook di Slow Food Italia e Slow Food International è molto

simile da un punto di vista contenutistico. La pagina italiana è stata aperta qualche mese

prima di quella internazionale, il 18 novembre 2010; i post, ossia le pubblicazioni testuali, per

immagini, link o video sono frequenti (circa uno al giorno) su entrambi i profili, e si

intensificano in concomitanza con gli eventi di respiro internazionale come il Salone del

Gusto, il convegno di Terra Madre, Cheese e Slow Fish. In questi casi, le pubblicazioni sono

molto frequenti e di natura differente, a partire dai banner grafici che pubblicizzano le

iniziative, fino ai video che documentano alcuni degli interventi dei relatori.

La comunicazione di Slow Food su Facebook è principalmente focalizzata sugli eventi e sui

progetti. È raro, infatti che vi siano post che attestino l’esistenza di un vero e proprio piano

editoriale strutturato su diverse tematiche non legate al periodo o alla contingenza.

Tali pianificazioni di contenuti, sono tipiche di una strategia di comunicazione di brand e

marche commerciali, i quali strutturano le proprie pubblicazioni sui social media sulla base di

tematiche come ad esempio le informazioni istituzionali, le notizie di lifestyle legate al mondo

del brand o del prodotto in questione, e infine anche gli eventi pubblici.

Sporadicamente vengono pubblicati sulle due pagine Facebook qui analizzate, contenuti di

natura informativa ed educativa, come ad esempio consigli sulla stagionalità di frutta e

verdura, o messaggi generici che vertono sulla natura di Slow Food, e sulla sua filosofia

associativa, ma come esplicitato precedentemente si perdono nel rumore provocato dalle

notizie sulle fiere, sulle kermesse e sulle attività specifiche.

Successivamente27 si avrà modo di approfondire come l’interazione tra Slow Food e i suoi

utenti su Facebook sia emblematica di una strategia enunciativa specifica che si ritrova sui

diversi canali online dell’associazione.

2.6 Twitter: l’informazione e la mobilitazione

A partire dal sito Slow Food International, cliccando sull’icona di Twitter nell’area social

media ospitata nella colonna di destra, si viene inviati alla pagina ufficiale di Slow Food il cui

nome Twitter è @SlowFoodHQ, dove “HQ” sta per Headquarters, in italiano “sede centrale”.

26 Cfr www.greenpeace.org/international/en. 27 Cfr Capitolo 4, paragrafo 1.

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19

Come accade anche per alcuni dei social media qui analizzati, il profilo internazionale conta

meno followers (secondo il linguaggio di Twitter, gli utenti che seguono la pagina) di altre

profili nazionali o locali: gli utenti iscritti agli aggiornamenti, sono infatti circa 6000 contro i

15.000 della pagina italiana e i 264.000 di quella USA28.

Il dato porta a ipotizzare, escluso il caso degli USA, in cui il social media è notevolmente più

popolare, generalista e utilizzato rispetto ai paesi europei, che le pagine nazionali svolgano

un’attività di engagement maggiore puntando soprattutto sugli eventi specifici e localizzati,

mentre sul profilo Headquarters vengono veicolate informazioni più generiche che generano

sicuramente meno traffico sul web. D’altro canto gli stessi numeri potrebbero essere ricondotti

a un’azione di management differenziata a seconda dei diversi profili.

L’acquisizione dei followers deriva infatti da un lungo lavoro di gestione, e da un

considerevole impegno in quello che nell’ambito del web viene chiamato “dialogo”. È

interessante notare che il profilo di Slow Food International è gestito in Italia, ma tutti i

contenuti vengono prodotti e pubblicati in lingua inglese.

Twitter è un servizio di microblogging, un social media gratuito in cui gli utenti possono

produrre testi (nei quali possono anche essere inclusi link a immagini caricate su un database

relazionato al social media) di 140 caratteri. Twitter è stato creato nel marzo 2006 dalla

Obvious Corporation di San Francisco e vanta oggi una diffusione mondiale, contando più di

500 milioni di utenti attivi.

Tra le caratteristiche d’uso più rimarchevoli vi sono l’impiego come strumento di giornalismo

partecipativo e il live posting29 durante eventi sociali e commerciali, conferenze, concerti e

lezioni e i dialogo diretto con membri delle istituzioni e celebrità.

L’utilizzo di Twitter da parte dei brand non ha avuto gli stessi sviluppi rispetto a Facebook,

dove le inserzioni promozionali sono state permesse e incentivate grazie all’introduzione di

servizi come Facebook Ads e Facebook Offers.30 A oggi esiste la possibilità di creare tweet

(denominazione del messaggio istantaneo da 140 caratteri) sponsorizzati, ma il servizio si

trova ancora in una fase embrionale.

Un ulteriore utilizzo diffuso del sito è il customer care, ossia l’assistenza ai clienti per quanto

riguarda i prodotti, ma anche il dialogo con questi ultimi su diversi piani.

28 Sulla base dei dati tratti da www.audiweb.it/dati. 29 Grazie alla funzione hashtag, è possible utilizzare Twitter per commentare eventi e conferenze in tempo reale.

Cfr www.support.twitter.com/articles/253564-cosa-sono-le-etichette-hashtag#. 30 Servizi forniti da Facebook alle aziende per pubblicare annunci pubblicitari in aree dedicate o proporre offerte

agli utenti in cambio dell’iscrizione alla pagina. Cfr www.facebook.com/help/offers.

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20

L’attendibilità informativa e la serietà dei contenuti sono i principali risultati percettivi, anche

se superficiali e limitativi, che distinguono Twitter da altre piattaforme social e fanno in modo

che brand, associazioni, movimenti e istituzioni si servano del medium, in maniera peculiare,

differenziando il tone of voice ma anche la natura stessa dei messaggi.

Uno strumento, che conferisce a Twitter una posizione interessante e peculiare nell’ambito

della comunicazione online è l’hashtag. Introdotti nel 2007, gli hashtag consistono in metatag

utilizzati su Twitter e su altri social media come Instagram31 e Google+32 (Google Plus) e

hanno la funzione di connotare un tweet come attinente e correlato a un dato argomento.

In questo modo tutti gli utenti possono effettuare una ricerca per temi, e orientarsi facilmente

nell’immensa mole di messaggi brevi quotidiani pubblicati sul social media. L’hashtag è

quindi un metodo per selezionare le notizie, a prescindere dal mittente, e leggere o proseguire

una conversazione tematica molto specifica. Spesso questi termini preceduti da “#”, vengono

decisi e comunicati dagli enti o dai brand per diffondere iniziative precise o permettere di

seguire un evento in diretta leggendo informazioni user generated.

Un’ulteriore implementazione del sito, avvenuta nel 2009, ha introdotto nell’interfaccia

una barra di ricerca e una categoria denominata “Temi di Tendenza”, o “Trending Topics”,

che elenca gli argomenti di maggiore tendenza, ora anche a livello nazionale.

Afferma Biz Stone, co-fondatore e direttore creativo di Twitter:

Ogni aggiornamento pubblico inviato a Twitter da qualsiasi parte del mondo può essere

immediatamente indicizzato e utilizzato per la ricerca in tempo reale. Con questa funzione che

Twitter ha recentemente lanciato, è diventato, a sorpresa, un motore di ricerca per trovare ciò che

sta accadendo ora33.

Com’è noto, il social media ha avuto un forte peso nell’ambito della cosiddetta Primavera

Araba34, dal punto di vista delle comunicazioni da parte dei partecipanti alle rivolte verso

l’esterno, e soprattutto in direzione dei paesi occidentali. La funzione di live twitting, inoltre,

31 Social media app basata sulla tecnologia mobile, adibito alla condivisione di fotografie digitali, modificate con

un effetto vintage, grazie a un filtro fornito dalla piattaforma .web; cfr www.instagram.com. 32 Social media di Google basato sul sistema delle “cerchie” di conoscenza, cfr

www.google.com/intl/en/+/learnmore. 33 Traduzione dall’inglese dal post pubblicato da Biz Stone, il 30 aprile , 2009 dal titolo "Twitter Search for

Everyone!" sull’autorevole blog dedicato a Twitter rintracciabile all’indirizzo www.blog.twitter.com. 34 Per approfondimenti: “Il ruolo dei Social Network nelle Rivolte Arabe”. Osservatorio di Politica

Internazionale, n. 40, settembre 2011, approfondimento a cura del Ce.S.I. (Centro Studi Internazionali),

reperibile su www.parlamento.it.

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21

permette in numerosi casi di sperimentare forme assembleari partecipate, a livello cittadino,

grazie all’installazione nelle piazze di schermi giganti e la distribuzione di un hashtag

dedicato all’iniziativa: i presenti possono in questo modo esprimere il loro intervento

utilizzando i centoquaranta caratteri del tweet, proiettato pubblicamente e quindi visibile da

tutti. Emerge dunque da queste caratteristiche d’uso il carattere fortemente politico di Twitter

che ha la sua dimostrazione nella trasparenza informativa, grazie al “giornalismo dal basso”,

la tempestiva comunicazione dei fatti in tempo reale e la possibilità di dialogo diretto con le

istituzioni, i cui vicari possiedono profili Twitter ufficiali tramite i quali emettono diverse

dichiarazioni pubbliche.

L’utilizzo che Slow Food fa del social media, come si può notare ripercorrendo i Tweet

sulla pagina di Slow Food Italia 35 verte nuovamente sugli eventi in corso, e quindi

sull’emergenza informativa e il coinvolgimento attivo in attività offline, più legate

all’intrattenimento, alla scoperta delle tradizioni, che alle rivendicazioni di natura politica e

sociale. Molto sovente i testi pubblicati contengono link ad articoli pubblicati sui diversi siti

web legati all’associazione, allo scopo di diffonderli maggiormente utilizzando la rete di

followers. L’attività sul sito di micro-blogging , ancora una volta mette in luce due dati

fondamentali: da una parte le battaglie di natura politica e sociale di Slow Food non passano,

per quanto riguarda la comunicazione online, per la contestazione o per la rivendicazione, ma

prediligono la strada dell’educazione, dell’informazione e del coinvolgimento attivo;

dall’altra è sempre più evidente come Slow Food tenda a celarsi dietro gli eventi e i progetti

che patrocina, promuove e organizza, mettendo in secondo piano rispetto a essi, una

comunicazione più istituzionale, cioè incentrata sulla narrazione di sé stessa.

2.7 YouTube accorcia le distanze

YouTube36 è il terzo sito web più visitato al mondo, dopo Google e Facebook. Fondato nel

2005 da tre dipendenti di PayPal37, è divenuto proprietà della Google Inc. nel 2006. Ad oggi

rappresenta la piattaforma di video sharing più utilizzata su scala internazionale38. Gran parte

dei video vengono prodotti e caricati sul sito dagli utenti, anche se diverse emittenti televisive

35 Cfr www.twitter.com/slow_food_italy. 36 Cfr www.youtube.com. 37 Servizio di e-commerce multinazionale che permette di effettuare pagamenti online. Cfr www.paypal.com. 38 Sulla base dei dati tratti da www.audiweb.it/dati.

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22

o case di produzione pubblicano sulla piattaforma una gran quantità di materiale. YouTube è

gratuito, sia per quanto riguarda la fase di upload che quella di fruizione.

“Broadcast yourself”39 recita il pay off ufficiale, concetto al limite del paradossale che allude a

un modello di broadcasting, il quale però ha origine dagli utenti e non da una singola

emittente. La frase sembra avere un intento provocatorio, poiché YouTube è l’esempio più

rappresentativo della sovversione di un sistema di comunicazione, e soprattutto di

trasmissione di prodotti audio-visivi, secondo uno schema uno a molti.

YouTube è anche un social media: permette agli utenti, ai brand, alle associazioni o alle

istituzioni di creare un profilo personale, denominato “canale”, e di completarlo con dati,

immagini, informazioni e una veste grafica personalizzata. Dunque, gli utenti che dispongono

un canale sono identificabili e possono interagire con gli altri tramite l’area dedicata ai

commenti, sottostante a ogni video.

Le relazioni tra questi ultimi, non alludono alla sfera dell’affettività come su Facebook, ma

denotano una maggiore distanza. Un utente non invia una richiesta d’amicizia virtuale a un

altro, per stabilire un contatto e condividere contenuti user-generated, ma si iscrive al suo

canale. La distanza messa in atto conferisce un’autorevolezza a ogni canale e a quindi a ogni

utente che lo gestisce: tutti quanti possono divenire gli emittenti, e al contempo essere i

destinatari di nuovi contenuti.

Su YouTube vengono caricati ogni minuto sessanta ore di video40. Molti documentano il

quotidiano, e fanno riferimento alla sfera del privato che, grazie alla potenza di diffusione del

mezzo, immediatamente diventa pubblico. Basta accedere al sito e navigare tra i canali per

accorgersi che molti dei contenuti pubblicati sul social media sono invece di natura

promozionale o pubblicitaria. È ormai d’uso per molti brand, per citarne alcuni FIAT41 e

IKEA, produrre materiale promozionale in forma audiovisiva, indirizzato specificatamente

alla distribuzione su YouTube. Il canale ufficiale IKEAItalia42, ad esempio propone diverse

categorie video, tra le quali spiccano un raccolta di spot TV (“SPOT TV e dintorni”) e una

sezione denominata “IDEE in più”, che dimostra come i brand più all’avanguardia

nell’ambito della comunicazione online, utilizzino Youtube per fornire e organizzare

materiale aggiuntivo, approfondimenti tematici dedicati a chi esprime intenzionalmente una

volontà di approfondimento.

39 Il pay off compare accanto a Youtube nel testo sei risultati di ricerca di Google. 40 Cfr www.onehourpersecond.com. 41 Cfr www.youtube.com/user/fiatontheweb. 42 Cfr www.youtube.com/user/ikeaitalia.

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Lo spazio d’azione per le aziende e le marche commerciali su questo social media è

particolarmente ampio rispetto ad esempio a Twitter e alla piattaforma di recente diffusione

Pinterest: i brand possono infatti aprire, pagando una quota, canali con funzioni specifiche e

possono veicolare contenuti pubblicitari attraverso spazi creati ad hoc come i masthead43 o i

banner laterali. Una novità introdotta nel 2011, impone la visione di alcuni contenuti

pubblicitari al principio e alla fine di molti tra i video più visionati.

I brand colgono, grazie alle prerogative d’uso e grammaticali del mezzo, l’opportunità di

variare da un punto di vista tecnico e contenutistico parte della loro comunicazione

pubblicitaria, di prodotto e istituzionale, caricando spesso sul sito contenuti di natura

differente rispetto agli schemi canonici del video advertising, i quali continuano a essere

rispettati nel caso degli spot TV: video realistici dal taglio amatoriale, interviste, candid

camera, making of di eventi, riprese di conferenze e interventi pubblici e attività di guerrilla

marketing44, sono alcuni dei nuovi linguaggi mutuati da altri usi della produzione audiovisiva,

e fatti propri dai brand su YouTube.

Il social media risponde positivamente a molte diverse esigenze strategiche. Prima tra tutte

la viralità, garantita anche dall’ausilio diffusivo di altri social media come Facebook, intesa

come la diffusione capillare o il passaparola virtuale, tra gli utenti di una realtà reticolare, di

un contenuto contraddistinto da una certa originalità. In secondo luogo il dialogo alla pari,

permessa da un mezzo che fa del rifiuto della logica del broadcasting il suo paradigma, e che

si costituisce territorio neutrale. Gli utenti privati e i brand su YouTube hanno accesso alle

stesse informazioni e alle medesime risorse (fatta eccezione per quelle economiche e per gli

spazi pubblicitari a pagamento). Entrambi possono pubblicare video e diffonderli attraverso la

propria rete di contatti e potenzialmente ottenere una visibilità su scala mondiale. Questa

consapevolezza ha permesso alle marche, e in realtà anche alle istituzioni e ad alcune

associazioni di portata internazionale, di tramutare la pariteticità in un vantaggio strategico: i

brand hanno cominciato, come si è già accennato, a fare propri alcuni paradigmi linguistici

tipici dei video amatoriali più virali e più apprezzati, avvicinandosi ancora di più al proprio

pubblico potenziale, assumendo un tono informale e amichevole e quindi conquistando la

fiducia degli utenti.

In realtà alcuni di questi linguaggi, tra cui la diffusione sul web di riprese di manifestazioni

pubbliche, video-interviste e dimostrazioni creative in territorio urbano tramite strumenti non

43 Banner video generalmente interattivo posto nella fascia superiore dell’homepage di YouTube. 44 Strategia di comunicazione, prevalentemente offline, che prevede costi ridotti e un approccio non

convenzionale. Cfr www.gmarketing.com.

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convenzionali, come ad esempio i graffiti, sono propri già da molti anni delle associazioni e

dei movimenti politico sociali, come si può notare ad esempio osservando alcune iniziative

della già citata Greenpeace, o del recente movimento giovanile Occupy Wallstreet45, avvenute

offline, per le strade delle città ad esempio, ma veicolate in tutto il mondo tramite il web.

Basti esplorate sul sito internazionale di Greenpeace, la sezione Victories timeline46che

contiene un riassunto in ordine cronologico di tutte le istanze dell’associazione-movimento e

delle relative azioni comunicative.

Un altro aspetto per cui YouTube risponde adeguatamente alle esigenze dei brand, è quello

che in marketing viene definito storytelling, ossia l’approccio narrativo.

Ciclicamente nel mondo della pubblicità commerciale i brand provano ad abbandonare una

retorica delle emozioni, assai legata al mondo dell’advertising televisivo, per indirizzare i

propri prodotti di comunicazione verso la narrazione, ossia il marketing del racconto. Ciò

accade quando si acquista la consapevolezza che ciò che si mira a ottenere non è

l’approvazione o il convincimento del pubblico ma la sua compartecipazione e solo

l’esperienza diretta e il coinvolgimento in un’azione interattiva possono portare a essa.

La narrazione accorcia le distanze tra due soggetti, innesca procedimenti mimetici e favorisce

l’immedesimazione, ingaggiando al contempo la sfera delle emozioni e quella dell’identità

dell’individuo.

Lo storytelling è un approccio, come si è già potuto riscontrare, che contraddistingue molti dei

canali di comunicazione online e offline di Slow Food. Per quanto riguarda il canale YouTube

SlowFoodItalia47, che conta, a settembre 2012, 333 iscritti, 184 video caricati e circa 61.000

visualizzazioni, la dimensione narrativa è predominante: una serie di video, caricata e poi

veicolata anche sui siti web è denominata proprio “Terra Madre Tales”, letteralmente

dall’inglese Storie di Terra Madre. Direttamente collegati al progetto di rete internazionale, i

video, dal taglio documentaristico, coinvolgono alcuni esponenti delle “comunità del cibo”48 e

le loro storie di produzione, cultura e abitudini alimentari. I video relativi a un’altra iniziativa

di Slow Food, Cibi che cambiano il mondo49, offrono agli utenti la possibilità di conoscere le

storie incredibili di produzioni agricole e tradizioni culinarie di esigue realtà sociali, ai confini

45 Movimento di contestazione pacifica nato il 17 settembre 2011 a Zuccotti Parl (USA). Per approfondimenti si

rimanda a www.occupywallst.org. 46 Cfr www.greenpeace.org/international/en/about/history/Victories-timeline. 47 Cfr www.youtube.com/user/SlowFoodItalia. 48 Cfr www.terramadre.info. 49 Terra Madre Tales e Cibi che cambiano il mondo consistono in due filoni tematici veicolati tramite il canale

YouTube di Slow Food Italia.

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del mondo. L’obiettivo che Slow Food si prefigge di perseguire con una strategia

comunicativa di tipo narrativo, utilizzando la piattaforma di video sharing più diffusa sul web,

non è di natura commerciale, ma informativo ed educativo. Si può dunque affermare che pur

non essendo un brand in senso stretto, Slow Food utilizzi il mezzo YouTube e i prodotti

audiovisivi, alla stregua di molte marche, scegliendo cioè di raccontare alcune storie che

contribuiscono a coinvolgere gli utenti, rilasciando al contempo informazioni sull’argomento

di trattazione e sull’emittente stesso del messaggio.

Slow Food utilizza il canale con adeguata disinvoltura e conoscenza del mezzo, come

collettore di materiali audiovisivi d’archivio e di nuova produzione. Un altro elemento

caratterizzante dell’attività dell’associazione su YouTube è la trasparenza, non in senso

semiotico ma in senso amministrativo. I video infatti sono organizzati in playlist, una

funzione di YouTube che permette di inserire le clip in cartelle tematiche che verranno

riprodotte in sequenza. Ogni playlist sul canale SlowFoodItalia è dedicata a un tema, come ad

esempio “Salone del Gusto” e “Cos’è Slow Food?”. Due di questi temi sono particolarmente

emblematici del tentativo dell’associazione di conferire trasparenza, e quindi pubblicità, nel

senso giuridico di conoscibilità del proprio operato, delle misure politiche e organizzative: si

tratta della “cartella” dedicata al materiale video del VII Congresso Nazionale di Slow Food

Italia50 tenutosi nel 2010 ad Abano Terme.

La pubblicazione delle immagini e degli interventi relativi al momento istituzionale più

determinante per la vita associativa, è una scelta strategica che avvicina questa volta Slow

Food a realtà partitiche e associative di alto livello, nonché a diversi movimenti politici e

sociali che fanno della trasparenza un valore fondativo e sono generalmente propensi alla

diffusione pubblica di momenti assembleari, elettivi e ufficiali.

L’ultimo tema, la cui playlist conta ventiquattro video, è completamente dedicato alla figura

di Carlo Petrini, personalità simbolo di un movimento, guida in campo teorico e pragmatico,

editore dei “libri sacri” che ispirano e comunicano verso l’esterno l’attività e la filosofia

dell’associazione. La “cartella” dedicata al Presidente Internazionale di Slow Food, raccoglie

alcuni dei suoi interventi pubblici più emblematici, avvenuti in occasione di manifestazioni,

conferenze ed eventi dedicati a temi come la sostenibilità ambientale, la preservazione della

bio-diversità e la promozione di nuove abitudini alimentari. La dimensione associativa e

politica è nuovamente in evidenza: l’accento sul leader carismatico del movimento, la delega

simbolica a esso di un intero sistema valoriale, fanno pensare a una strategia comunicativa

ben ponderata in cui viene designato un unico narratore d’eccezione.

50 Cfr www.slowfood.it/16/vii-congresso-di-slow-food-italia.

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26

Il canale di YouTube di Slow Food International51, conta solo ottantacinque iscritti e

cinquantotto video caricati, alcuni dei quali sono le versioni sottotitolate in inglese dei video

presenti su SlowFoodItalia. L’organizzazione in playlist non è presente, e le interazioni e le

visualizzazioni da parte degli utenti sono scarse.

Una delle motivazioni alla base di un’attenzione limitata da parte del pubblico, deriva

probabilmente dell’assenza dell’icona di YouTube sul sito web internazionale, e quindi del

link al rispettivo canale. Persino la descrizione dell’associazione nell’area dedicata è

praticamente assente e riporta solo il collegamento al sito www.slowfood.com.

In questo caso si può parlare di un uso del medium YouTube come archivio: non sembra

esserci dunque nessuna strategia dietro all’utilizzo del canale e all’organizzazione dei video, i

quali vengono caricati probabilmente per poi essere inseriti tramite link o incorporati su altri

supporti come le pagine Facebook o i siti web52.

2.8 Pinterest: nuove ispirazioni

Un nuovo sito web, annoverabile tra i social media più visitati su scala mondiale, ma di

recente diffusione, conta a circa due anni dalla sua apertura in versione beta, cioè in fase di

collaudo, 12 milioni di iscritti53, Pinterest54 è una piattaforma di image content curation,

consente cioè di raccogliere in “bacheche virtuali” tematiche dette board diversi link e

immagini considerate degne di interesse da parte degli utenti o rilevanti e rappresentative da

parte di marche commerciali, riviste, istituzioni e associazioni. Il nome del social media

deriva dalla felice crasi tra i termini pin (verbo inglese to pin, in italiano “appendere”) e

interest (letteralmente tradotto dall’inglese “interesse”).

La prerogativa caratterizzante di Pinterest risiede nella sua interfaccia: le immagini (grafiche e

fotografiche) detengono una posizione di netta preponderanza rispetto agli altri elementi. Il

social media viene utilizzato alla stregua delle diverse piattaforme di social bookmarking55

51 Cfr www.youtube.com/user/SlowFoodInt/videos. 52 Per inserire un contenuto video in un sito web, è preferibile aggiungere un link o “incorporare” ilvideo nel

codice di programmazione (embed). Questo verrà riprodotto sul sito in questione, ma tramite il player di

Youtube. 53 Sulla base dei dati tratti da www.audiweb.it/dati. 54 Cfr www.pinterest.com. 55 Condivisione online di “segnalibri” virtuali, ossia link a contenuti del web, organizzati per tematiche e

catalogati tramite metatag.

Page 31: Tesi michela locati

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come ad esempio Delicious56, per segnalare e conservare immagini e video degni di nota

reperiti sul web, e organizzarli tramite categorie tematiche, in modo da facilitare la

condivisione e la reperibilità da parte degli altri utenti interessati al medesimo argomento. Le

immagini possono consistere in link di contenuti presenti su altre piattaforme online, oppure

possono essere caricate direttamente su Pinterest, grazie al tasto upload. Il risultato è una

composizione di fotografie o elaborazioni grafiche inserite in schede di diverse dimensioni,

contenenti una descrizione testuale e diversi tasti per la condivisione. La componente social

del sito deriva dalle tre possibilità di interazione offerte agli utenti relativamente a ogni pin57,

ossia Repin, Like e Comment: la prima permette di pubblicare sul proprio profilo un elemento

a partire dalla bacheca Pinterest di un altro utente; il tasto “Like” denota il gradimento di

un’immagine mentre “Comment” si riferisce alla possibilità di rilasciare un commento

personale a un pin.

Pinterest non è solo un collettore di “segnalibri” virtuali ma si propone esplicitamente come

“bacheca di ispirazioni”, come si evince dal pay off ufficiale: “Organize and share things you

love”58 .

Il social media ha cominciato a destare l’interesse dei brand, per la sua funzione di “vetrina

dei desideri”. La natura commerciale di Pinterest è confermata anche da una delle principali

categorie di ricerca dei pins, denominata Gifts, (in italiano, “Regali”), che permette agli utenti

di filtrare le immagini (o i video) in base al prezzo, con lo scopo specifico di trovare

ispirazioni per gli acquisti.

Un altro aspetto che interessa le marche è la veicolazione di traffico sul proprio sito web:

trattandosi di link, infatti, i pins organizzati nelle diverse cartelle costituiscono dei veri e

propri collegamenti ipertestuali diretti a contenuti esterni.

Come già specificato precedentemente, la presenza di Slow Food su questo nuovo social

media basato sulla condivisione di immagini evocative, è limitata ad alcune realtà locali

prevalentemente canadesi e statunitensi. Non vi è traccia di un profilo internazionale né di uno

italiano, segno dell’assenza di una strategia di comunicazione unitaria e coordinata:

naturalmente Pinterest ha registrato, come spesso accade per le piattaforme di comunicazione

digitale, una più rapida e precoce espansione in America del Nord.

56 Cfr www.delicious.com. 57 Dall’inglese, spillo o puntina. Deriva dal verbo inglese to pin, appendere. 58 Pay off ufficiale della piattaforma pubblicato sulla pagina di “benvenuto”. Compare prima di effettuare il

login.

Page 32: Tesi michela locati

28

Il medium però denota delle incredibili potenzialità comunicative, adatte al tipo di strategia

che Slow Food applica generalmente tramite i suoi canali online. Pinterest si presta, infatti,

come piattaforma ideale per operazioni di visual storytelling, ossia di narrazioni per immagini

finalizzate alla promozione di un prodotto, un brand, un’iniziativa. Visitando le pagine

Pinterest delle diverse condotte statunitensi, si rileva in quasi tutte la presenza di un board

dedicato agli eventi di portata cittadina e regionale organizzati dall’associazione o da enti

partner. Tra le altre bacheche tematiche spiccano quelle che raccolgono link a ricette e

tradizioni culinarie locali e le Garden Tips & Ideas, ossia consigli e proposte per un

giardinaggio creativo. Degna di nota sulla pagina Pinterest di Slow Food Columbia59, il board

denominato “Education resources for Tasty Tomato Festival July 15, 2012”60 che raccoglie

diverse immagini grafiche informative, relative alle diverse tipologie di pomodoro.

Per esprimere una valutazione generale in merito alla strategia d’azione di Slow Food su

Pinterest, si dovrà probabilmente attendere che il social media goda di una maggiore

diffusione, anche in Europa e che la nuova piattaforma desti l’interesse dell’ associazione a

livello internazionale.

I maggiori brand e le più grandi multinazionali, generalmente pionieri assoluti dei nuovi trend

comunicativi, si sono accorte del potenziale di Pinterest e stanno sperimentando le prime

pratiche di advertising interattivo, come i concorsi e i progetti che prevedono la

partecipazione attiva dell’audience. Degna di nota, ad esempio, l’iniziativa Color Me Inspired

Contest61 promossa dalla pagina Pinterest di Guess, nota marca d’abbigliamento: il brand

chiedeva agli utenti di creare delle board tematiche, organizzate cioè per colore, con

l’obiettivo di premiare l’utente la cui bacheca avrebbe ottenuto più like. Operazioni di questo

tipo hanno la funzione di creare traffico e conversazione online attorno a una marca,

coinvolgendo e divertendo gli utenti in un’attività ludica che contribuirà alla reputazione

positiva del brand.

Per quanto riguarda le associazioni/movimenti e le organizzazioni non governative, le pagine

di Amnesty International62 e di Greenpeace63 offrono un esempio virtuoso di come potrebbe

essere utilizzato Pinterest a livello di campagne di sensibilizzazione e narrazione dei fatti di

interesse politico e sociale. Sul profilo Pinterest di Greenpeace Australia64, ad esempio, si può 59 Cfr www.pinterest.com/slowfoodcola. 60 Cfr www.pinterest.com/slowfoodcola/education-resources-for-tasty-tomato-festival-july. 61 Cfr www.pinterest.com/guessinc/color-me-inspired-contest. 62 Cfr www.pinterest.com/amnestyusa. 63 Cfr. www.pinterest.com/greenpeace. 64 Cfr www.pinterest.com/greenpeaceaustp/

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notare come le numerosi immagini pubblicate siano suddivise in board tematiche molto

specifiche: alcune sono dedicate ai momenti di mobilitazione attiva, altre a composizioni

grafiche tematiche che riassumono alcuni concetti base dell’associazione, altre ancora

propongono immagini “positive” di paesaggi e meraviglie naturali, puntando sulla loro

componente emotiva. La grande potenzialità di Pinterest risiede nella sua struttura visiva “a

vetrina”: con un solo sguardo è possibile dunque individuare tutte le tematiche di interesse, le

istanze, le attività, per quanto riguarda un’associazione, una marca, un movimento, e

raccogliere le prime informazioni utili sull’identità di un ente e le sue strategie comunicative.

2.9 Le App: marketing e servizi per tecnologia mobile

Finora l’analisi della comunicazione online di Slow Food, ha evidenziato un numero

consistente di canali web, attraverso i quali l’associazione veicola i suoi contenuti, le

informazioni su sé stessa e sugli eventi in corso. In forme e intensità differenti, su tutti i media

attraverso i quali si è svolta l’indagine, si registra la presenza sia di una comunicazione

aziendale o di marca, sia di una comunicazione di movimento. È dunque l’uso,

l’organizzazione dei contenuti, la frequenza di aggiornamento, l’utilizzo dei termini e degli

elementi visivi e figurativi che denota la differenza tra i due approcci strategici, che come si

comincia a evincere, non si dimostrano comunque molto distanti.

Vi è un ambito della comunicazione digitale, di recente diffusione, al quale, però osservando

l’elenco delle applicazioni in commercio sui due principali mercati, i movimenti politico-

sociali sembrano avvicinano ancora con circospezione, al contrario dei brand e delle

istituzioni.

Si tratta delle azioni di marketing e dei servizi destinati alla tecnologia mobile: essi consistono

nella distribuzione di prodotti e software, a scopo informativo, di intrattenimento o

promozionale su dispositivi mobile, quali telefoni cellulari dotati di specifiche funzioni

(comunemente denominati smartphone), tablet e palmari. Questa nuova area della

comunicazione prende in prestito linguaggi, sia informatici che verbali, strutture ed elementi

grafici dai canali web, rimediandoli65 e adattandoli alle interfaccia di più esigue dimensioni e

alle prerogative tecniche e d’uso dei device portatili.

65 Si allude alla teoria della “rimedi azione”. Per approfondimenti: Bolter J. D. e R. Grusin, Remediation.

Competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi, Guerini e Associati, Milano 2003, pp.315.

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In realtà si può affermare con fermezza che la comunicazione mobile, in una delle sue

espressioni più interessanti, ossia le applicazioni o app, sia direttamente collegata ai servizi e

ai canali web, anzi ne faccia parte a tutti gli effetti.

Le applicazioni, infatti, vengono scaricate dagli utenti a partire dalla rete e alcune di esse

garantiscono il proprio funzionamento solo in caso di collegamento a Internet (con rete di dati

a pacchetto66 o connessione Wi-Fi).

Oltre alle app, vanno segnalate inoltre le versioni per mobile di un grande quantitativo di siti

web: questi ultimi vengono adattati ai device, garantendo un elevato livello di usabilità e una

maggiore facilità di lettura dei contenuti, nel caso di accesso da cellulare o tablet.

Se nel secondo caso, riscontriamo l’utilizzo dello strumento multimediale da parte di alcuni

movimenti politici e sociali, nel caso delle app, si tratta di un ambito in cui questi ultimi non

hanno ancora imposto la loro presenza in maniera massiccia quanto invece i brand

commerciali.

Le motivazioni possono essere molteplici e vanno dalla difficoltà di programmazione di

un’applicazione (esistono linguaggi di programmazione open source ma non vi sono ancora

piattaforme facilitate per la scrittura di programmi mobile come ad esempio Wordpress per la

costruzione di un sito-blog gratuito), ai costi: a differenza delle piattaforme di blogging e dei

social media, lo sviluppo di applicazioni per dispositivi portatili implica l’affiliazioni a

mercati chiusi e privati, che comporta una procedura. I mercati interessati sono ad esempio

l’Android Market, Samsung Apps e l’AppStore per iPhone e iPad (siti web che distribuiscono

gratuitamente o a pagamento applicazioni mobile per principali sistemi operativi), tramite il

quale ad esempio è possibile distribuire la propria applicazione a partire da circa ottanta Euro

all’anno. Ai costi di inserimento nei diversi market online e ai costi di design e sviluppo,

vanno aggiunte le consultazioni di esperti legali, poiché in molti casi esistono problematiche

legate alla sicurezza e alla gestione della privacy. Alcune applicazioni permettono, inoltre, la

gestione di dati, per cui nascono esigenze di sincronizzazione tra database locali e altri remoti.

Non sempre i movimenti politici vantano una disponibilità economica elevata, e le risorse

vengono dirottate raramente sui nuovi media e su mezzi di comunicazione digitale, fatta

eccezione per quelle organizzazioni politicizzate nate in concomitanza con lo sviluppo del

web 2.0 e la diffusione dei social media.

Un’altra motivazione alla base della scarsa attenzione dei movimenti nei confronti del mobile

marketing è rintracciabile nella porzione di pubblico che solitamente accede a queste

piattaforme: si tratta di un target specifico che non coincide con la totalità degli utenti web;

66 Connessione a internet tramite rete mobile.

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deve essere in possesso di un telefono cellulare o un tablet dotato di sistema operativo e

connessione a Internet, prerogativa che restringe molto il campo, in questa fase in cui non è

ancora avvenuta una penetrazione completa di queste tecnologie e vi ancora un rimarchevole

divario digitale67 tra gli utenti.

Molti movimenti, lontani da qualsiasi forma di organizzazione partitica, generalmente non

sono dotati di un struttura tale da poter avvalersi di un ufficio di comunicazione interna e di

conseguenza da poter attuare strategie comunicative complesse, come la progettazione e la

messa sul mercato di un’ app, che implicano una scelta accurata dei canali, una pianificazione

coordinata e organica e un impiego di ingenti risorse tecniche ed economiche.

In questo senso la struttura interna e l’organizzazione di Slow Food si avvicinano

maggiormente a quelle di un brand: come si è potuto notare dai paragrafi precedenti, infatti vi

è nell’associazione una notevole attenzione nei confronti dei nuovi media68 e un forte impiego

di risorse in quella che risulta essere una strategia di comunicazione integrata e capillare. A

confermare questo dato vi sono le numerose applicazioni per smartphone e tablet, realizzate

sia per il mercato Apple che per quello afferente ad Android. Alcune di esse, a pagamento

consistono nella versione per mobile di alcune guide come Locande d’Italia69 e Gambero

Rosso70. Altre invece, gratuite, riguardano diversi eventi e kermesse71 e contengono numerosi

materiali consultabile sia online che offline: informazioni per orientarsi nei luoghi dell’evento,

appuntamenti e oratori, materiale aggiuntivo, notizie brevi e curiosità e social release, ossia

tweet e post pubblicati dagli utenti e pertinenti all’evento.

67 Digital divide; definisce la differenza d’accesso alle nuove tecnologie e ai mezzi di informazione digitale da

parte di porzioni di popolazione. Cfr www.digitaldivide.net. 68 Cosenza G., Op. cit. p. 9 69 Cfr www.itunes.apple.com/it/app/locande-ditalia-2013-la-guida/id526987602?mt=8. 70 Cfr www.itunes.apple.com/it/app/gambero-rosso-magazine/id401148186?mt=8. 71 Cfr www.play.google.com/store/apps/details?id=it.riot.client.android&hl=en. App relativa al Salone del Gusto

e Terra Madre 2012.

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3. Analisi dei testi

3.1 I generi del web

Nel tentativo di analizzare alcuni testi specifici legati all’attività di comunicazione online di

Slow Food, utilizzando gli strumenti della semiotica, si è deciso di focalizzare un primo

sforzo di lettura interpretativa sulla home page del portale internazionale dell’associazione,

individuabile con l’url www.slowfood.com. L’analisi del sito web o di alcune porzioni del suo

contenuto, soprattutto mirata a rintracciare (in esso) alcune strategie comunicative

appartenenti al mondo dei brand e dei movimenti politico-sociali, non può prescindere da una

chiarificazione per quanto riguarda i generi del web.

In base alla composizione visiva, figurativa e plastica ai contenuti e agli obiettivi specifici

è possibile suddividere i siti web in diversi generi. Come osserva Piero Polidoro nel suo

articolo Teoria dei generi dei siti web: “I generi non sono più caselle rigide che coprono tutto

il campo testuale e hanno valore prescrittivo, ma sono raggruppamenti di testi che

manifestano costanze e similitudini e sono organizzati attorno a un nucleo più o meno definito

e dal quale possono trovarsi più o meno lontani”1.

L’autore evidenzia un’ulteriore problematica nella categorizzazione di genere, che riguarda la

natura sincretica dei siti web; quello sincretico è infatti un testo il cui piano dell’espressione è

costituito da linguaggi differenti. I testi sincretici, secondo la semiotica greimasiana,

coinvolgono “una pluralità di linguaggi costituita da sistemi semiotici articolati su due

sostanze dell’espressione, visiva e sonora ”2.

Come osserva Cosenza: “un testo sincretico organizza linguaggi eterogenei in una strategia di

comunicazione unitaria, cioè presenta marche sintattiche, semantiche, pragmatiche di

coesione e coerenza che rimandano alla stessa istanza di enunciazione”3 . S’incappa dunque in un problema metodologico: la categorizzazione di genere, non può

basarsi sull’analisi di un unico linguaggio, di un solo codice espressivo: l’attenzione deve

essere posta simultaneamente su diversi livelli, senza però negare, a seconda del caso, una

1 Polidoro P. “Teoria dei generi e siti web”, in Cosenza G. (a cura di)Versus, n. 94-96, gennaio-dicembre 2003,

"Semiotica dei nuovi media", pp. 213-229. 2 Cosenza G., Semiotica dei nuovi media, Laterza, Roma-Bari 2008, p. 131. 3 Ivi p.19.

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maggiore pertinenza di un livello o di una forma espressiva, e una prevalenza di esso sugli

altri.

Vi sono esempi oltretutto, in cui l’individuazione del genere di riferimento è supportata da più

sostanze dell’espressione e diversi sistemi semiotici che concorrono tutti a un’interpretazione

univoca e coerente.

3.2 Un portale verticale

Rispettando dunque il principio per cui sono molteplici gli elementi e i livelli espressivi da

tenere in considerazione per una classificazione di genere di un sito web, proviamo in questa

sede a dare una definizione soddisfacente del sito di Slow Food International. Come già

accennato nei precedenti capitoli per necessità discorsive ma senza un’adeguata

argomentazione, si può affermare che esso si tratti di un vero e proprio portale. Da un punto di

vista contenutistico e pragmatico, un portale è riconoscibile in base alla presenza di strumenti

di ricerca, canali, risorse di contenuto e di attualità informativa, servizi orientati al

consumatore, strumenti di comunicazione e di utilità personale, sistemi di accesso multicanale

e sistemi di personalizzazione4.

Un altro aspetto riguarda l’interfaccia e le sue componenti plastiche5. Molti portali, in

particolar modo quelli dedicati all’informazione, hanno una struttura visiva molto simile a

quella della prima pagina di un quotidiano. La struttura originariamente aveva il fine di

consentire all’utente di fruire più facilmente dei contenuti inseriti in uno schema visivo che

conosceva. Come accade per le pagine dei giornali infatti, sul molti siti web dedicati

principalmente all’informazione e all’organizzazione di contenuti visivi e testuali, sin dalle

origini della programmazione online,sino agli attuali portali in html5, si nota, per esempio, dal

punto di vista eidetico la prevalenza di forme rettilinee e ortogonali (rettangoli, quadrati, ecc.)

e da quello topologico un’organizzazione prettamente rettilinea (basata ossia sulle opposizioni

alto/basso, destra/sinistra)6.

Altre tipologie, o per meglio dire altri generi di sito web, presentano una composizione visiva

in cui prevalgono le categorie topologiche curvilinee, ossia inglobante/inglobato,

4 Calvo M., Frontiere di rete: Internet 2001: cosa c'è di nuovo, Laterza, Roma 2001, p.11. 5 Greimas, A. “Semiotica figurativa e semiotica plastica”, in Fabbri P. e G. Marrone (a cura di), Semiotica in

nuce, Meltemi, 2002, pp.196-210. 6 Ibidem.

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34

centrale/periferico, e da un punto di vista eidetico le forme curve e continue7. Sono questi

alcuni siti in Flash8, generalmente di prodotto, come ad esempio molti “automotive web

special”, ossia siti web creati ad hoc per il lancio di una nuova automobile, caratterizzati

generalmente da un’interfaccia grafica molto innovativa e accattivante e da diverse opzioni

interattive mirate al coinvolgimento e all’entertainment. La struttura e la composizione

plastica di questi website, non è vincolata dalla necessità di fornire in maniera chiara,

leggibile, obiettiva e accessibile a chiunque i propri contenuti.

In seguito a questa breve digressione, utile a chiarire con efficacia le differenze su un piano

visivo tra un portale e altri generi di website, si può tentare di dimostrare, partendo dalla

composizione visiva, che il sito web Slow Food International può essere definito un portale, e

più precisamente un portale verticale poiché dedicato a un pubblico specializzato e ad

argomenti non generalisti.

3.3 Analisi visiva dell’homepage

Come prima osservazione si noti come sull’homepage in questione, dal punto di vista eidetico

prevalgano le forme ortogonali e geometriche e da quello topologico l’organizzazione

rettilinea, alla stregua delle pagine dei quotidiani cartacei, scelta che notoriamente favorisce la

semplicità di fruizione dei testi scritti e instilla un senso familiarità strutturale nel “lettore”.

Da un punto di vista cromatico si può notare come lo sfondo della pagina sia bianco, escluse

le due sottili bande grigie laterali che sembrano avere la funzione di incorniciare il testo.

Sulla homepage di Slow Food International, prevalgono in maniera evidente colori molto

saturi: non si notano chiaroscuri, né effetti di profondità e le tinte dominanti sono il grigio, il

rosso, il nero e il bianco.

Procedendo con la segmentazione, si può provare a suddividere la pagina web in diverse

“sezioni”, ossia tre fasce di contenuti che rimediano9 palesemente la struttura dei giornali

cartacei: la prima fascia, quella superiore, consiste in quello che in programmazione e

comunicazione digitale viene chiamato header.

7 Cfr Thürlemann, F., Paul Klee:analyse semiotique de trois peintures, L’age de l’homme, Losanna 1982. 8 Adobe Flash è una piattaforma multimediale utilizzata come linguaggio di programmazione per siti web e

video d’animazione. Cfr www.adobe.com/products/flash.html. 9 Si allude alla “rimediazione”. Cfr Bolter G. D. e R. Grusin, Remediation. Competizione e integrazione tra

media vecchi e nuovi, Guerini e Associati, Milano 2003.

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Figura 1. Header del sito web di Slow Food International.

Quest’ultimo è costituito da un rettangolo lungo quanto l’ampiezza del sito: all’estremo

sinistro campeggia il logotipo dell’associazione, ossia la chiocciola rossa di Slow Food, in

una sua rappresentazione inconsueta ed elaborata. Sulla destra dell’header compare un banner

pubblicitario relativo all’evento in corso: esso muta a seconda dell’evento, del salone, del

congresso che merita più urgenza comunicativa. La parte superiore dell’intestazione è

dominata da una sottile fascia nera che costituisce il menù secondario, le cui voci non sono

prioritarie per il reperimento delle informazioni. La parte inferiore dell’header è il menù

principale: l’area di vetrina e collegamento di tutti i contenuti di natura informativa a cui si

vuole conferire più importanza gerarchica: “Home”, “About Us”, “What we do”, “Where we

are”, “What You Can Do”, “Our Events”, “Food for Thought”10.

L’area sottostante il menù, è una zona ibrida tra l’intestazione e l’inizio della sezione dei

contenuti e delle news: consiste infatti in uno slide show, un’alternarsi scandito di immagini

grafiche che riportano diverse testimonianze di sostenitori della causa.

Figura 2. Area mediana del sito web internazionale di Slow Food: slide show fotografico e menù verticale.

A livello gerarchico è l’area della homepage più evidente per dimensioni e topologia, anche

grazie al meccanismo di rotazione in loop che cattura l’occhio dell’utente modello con il

movimento.

10 Cfr www.slowfood.com.

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Queste produzioni grafiche, diffuse sul sito web internazionale sono di grande rilevanza per

un’analisi degli intenti del sito, e uno studio attento della strategia enunciativa e del contratto

che l’autore modello stipula con l’utente; verranno analizzate come testo autonomo nei

prossimi paragrafi.

A fianco dello slide show, si trova un terzo menù, sviluppato in verticale e sempre

contenuto all’interno di una forma ortogonale, di colore grigio chiaro, a testimoniare il grande

quantitativo di informazioni reperibili tramite e all’interno del sito. Il menù raggruppa i link

ipertestuali che riguardano l’utente come soggetto delle azioni esplicitate: è il menù del

coinvolgimento, che si rivolge direttamente il “lettore modello”, proponendogli in maniera

assertiva alcune attività.

Il suddetto box rettangolare include anche il campo di registrazione alla newsletter, ulteriore

strumento di comunicazione online che con un gesto semplice di compilazione e registrazione

è possibile ricevere sulla propria casella e-mail, selezionando tra sette lingue diverse, quella

desiderata.

Ancora incluso nel menù verticale sulla spalla destra del sito, l’area social media: presente

ormai in un’ampia maggioranza di siti web e portali, quest’area non va confusa con i “pulsanti

social” di condivisione, che permettono agli utenti di condividere singole porzioni di

contenuto sulle proprie pagine online, secondo le regole della piattaforma scelta per lo

sharing. Essa consiste infatti in un elenco di icone riconoscibili come appartenenti ai diversi

media, le quali costituiscono i link ipertestuali alle diverse pagine ufficiali, in questo caso di

Slow Food International.

La scelta di integrare i collegamenti ai social media sul proprio website, è sinonimo di

consapevolezza da parte dell’ emittente della necessità di utilizzare i canali web in maniera

incrociata e sinergica. Il website istituzionale sarà dunque reperibile a partire dai canali social,

e viceversa. Queste icone inoltre contribuiscono a un affermazione ostentata di onnipresenza

da parte dell’autore modello. D’altro canto, che si tratti di un brand o di un movimento

sociale, di un’associazione o di un organo istituzionale, se l’ente non dimostra una presenza

estesa sul web rischia di apparire obsoleto e di essere carente su alcune aree della

conversazione in rete in cui invece altri saranno più efficaci.

Continuando ad analizzare la pagina web in senso orario, si osserva l’estendersi in verticale

di un blocco tematico sempre delimitato da una forma ortogonale. La colonna laterale sinistra

raggruppa diversi banner, ossia riquadri visivamente complessi composti da fotografie ed

elementi grafici che contengono un link ipertestuale ognuno al proprio contenuto di

riferimento. I banner si riferiscono, infatti, a eventi specifici e temporanei, o a sezioni del sito

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stesso che necessitano una comunicazione più esplicita. Alcuni di questi riquadri si

avvicinano molto alla logica pubblicitaria, adottando immagini d’effetto e un linguaggio

assertivo che invita l’utente “al click immediato”, ossia all’approfondimento.

Procedendo sempre in verso orario, e quindi sulla fascia inferiore della homepage, si incontra

il footer, elemento molto comune nei portali ma anche all’interno di siti web di

intrattenimento e promozione con un assetto non lineare. Il footer, o piede del sito nel caso di

Slow Food, presenta nuovamente tutte le sottosezioni del portale compresi alcuni link a

contenuti esterni, riorganizzandoli per categoria, in una sorta di sommario sempre presente: il

footer infatti non scompare mai, resta fisso e invariato in tutte le pagine interne al sito.

È in questa sezione orizzontale che ci si percepisce e osserva meglio la grande mole di

informazioni contenute all’interno del portale, le quali, spogliate della veste grafica e

organizzate per categorie semplificano la navigazione in caso di smarrimento e la incentivano.

A sottolinearne l’importanza, anche i collegamenti ai social media vengono riproposti nel

footer. Il corpo centrale della pagina, incorniciato dunque in alto dall’header e dallo slide

show fotografico, a destra dal menù verticale e dalla colonna dei banner e in basso dal footer,

è organizzato anch’esso in maniera lineare dal punto di vista topologico.

Figura 3. Corpo centrale dell’homepage sito web internazionale di Slow Food.

È costituito da tre colonne sviluppate in verticale, intitolate rispettivamente “Slow Food is”,

“Focus” e “Slow Stories”. La colonna Focus in realtà è divisa in due parti e ospita nell’area

inferiore un’ulteriore sezione denominata “Slow Themes”. Queste colonne raccolgono i

contenuti principali, le ultime notizie, le informazioni di base sull’Associazione (nuovamente

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veicolate da banner grafici che fungono da link) e alcuni racconti inerenti al mondo Slow

Food che si collegano stilisticamente all’approccio “storytelling” scelto per le immagini

contenute nello slide show .

Nella seconda colonna compare inoltre una tag cloud (letteralmente “nuvola”), definita come

“una rappresentazione visiva delle etichette (tag) o parole-chiave usate in un sito web”11.

Questa lista può essere rappresentata in ordine alfabetico, o come accade all’interno della

home page qui analizzata, con una disposizione casuale dei termini. La sua caratteristica è

l’attribuzione di un carattere tipografico di dimensioni direttamente proporzionali

all’importanza delle parole. Più è rilevante un termine, ossia più è intensa la sua frequenza di

utilizzo, maggiore sarà la sua dimensione rispetto agli altri rappresentati nella nuvola e si

tratta dunque di un “elenco pesato”.

A un’osservazione più attenta, però, si scopre che la tag cloud sulla homepage di Slow Food

International, è in realtà una lista pesata simulata: la struttura è quella della nuvola, ma i

termini si riferiscono ad alcuni argomenti molto specifici e iniziative che vogliono essere

messi in evidenza.

Dietro a questo stratagemma rappresentativo, è possibile notare una grande consapevolezza

degli strumenti digitali e visivi del web e un tentativo strategico di aggirarli e utilizzarli allo

scopo di mettere sottolineare alcuni temi di punta che non trovano spazio nei menù principali.

Ogni tag è dunque un link a una pagina interna del sito dedicata a un argomento specifico.

Un’ultima fascia, posta sotto le tre colonne centrali, titolata Slow Food Worldwide, ospita un

corpo di testo che approfondisce la diffusione di Slow Food sul piano internazionale, e una

mappa mondiale navigabile, che, una volta cliccata, rimanda alla pagina interna “Where we

are” (raggiungibile anche dal menù principale).

Posto dunque che si tratta di un portale, uno dei pochi generi del web consolidatosi nella

letteratura e forse l’unico a cui è stato attribuito un termine identificativo, il sito di Slow Food

International fa parte di quella categoria di portali verticali, detti vortali, che si distinguono

per la loro opacità:12 la homepage del sito, definibile sicuramente come macrotesto13 , (come

si è potuto notare dalla descrizione visiva) presenta sistemi di cornici che racchiudono i

singoli testi, confinandoli, integrandoli e rendendo in questo modo evidente il meccanismo di

11 Cfr www.it.wikipedia.org/wiki/Tag_cloud. 12 Cfr Marin, L., Della rappresentazione, Meltemi, Roma 2001, pp. 282. 13 Finocchi, R. e M. Romano, “Il web come spazio di pubblicità: analizzare i siti”, in R. Finocchi (a cura di), Il

commercio del senso, linguaggi e forme della pubblicità, Meltemi, Roma 2006, p. 156.

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enunciazione. L’assenza di trasparenza, dunque, può certamente far ipotizzare una strategia

oggettivante, tipica dei portali d’informazione o istituzionali.

3.4 Analisi del linguaggio verbale utilizzato in homepage

La pagina web è dunque definibile semioticamente come macro-testo, ossia un testo che

ospita e organizza al suo interno numerosi testi di dimensione minore, di natura sintetica, cioè

implica diversi sistemi semiotici e molteplici sostanze dell’espressione.

L’homepage del sito Slow Food International comprende al suo interno testi che afferiscono

alla dimensione visiva e tattile. Questi ultimi coinvolgono le azioni fisiche effettuate

dall’utente per mezzo degli strumenti tecnologici, come la tastiera del computer o il mouse,

per navigare tra i contenuti.

Interpretando i segni verbali, la scelta lessicale, la forma e il tone of voice della pagina web, è

possibile risalire a una strategia enunciativa, e di conseguenza all’utente modello del sito in

base al quale sono stati organizzati i contenuti.

La prima osservazione, indispensabile per un’analisi testuale di questo tipo, riguarda la

lingua: il sito è interamente in inglese, esclusi quei termini in italiano che costituiscono però il

nome di eventi specifici, come ad esempio Terra Madre14. Il sito in realtà non è consultabile

in nessun’altra lingua, poiché cliccando una delle otto voci del menù a tendina “Language”, si

viene in realtà indirizzati ai diversi siti nazionali.

Prendiamo ad esempio in considerazione il menù principale contenuto nell’header: le singole

voci sono costituite da brevi gruppi di due, al massimo tre termini.

Figura 4. Menù principale dell’homepage del sito web internazionale. La prima voce, “Home”, è comune a molti portali e riporta l’utente all’homepage a partire da

qualunque area del sito egli si trovi; a volte, ma non è questo il caso, non è esplicitata poiché

viene predisposto un link alla homepage, direttamente sul logotipo, solitamente posizionato in

alto a sinistra, per convenzione di lettura.

La seconda voce recita “About Us” e invia l’utente alla pagina che contiene diversi testi

organizzati in un sotto-menù, i quali rispondono alla domanda “Cos’è Slow Food. Nella

14 Cfr www.terramadre.info

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scelta di questa locuzione si rintraccia già da subito un tone of voice15 colloquiale, quasi

familiare, che accorcia immediatamente le distanze tra l’autore modello e l’utente modello

come si avrà modo di approfondire nel prossimo capitolo, analizzando le strategie enunciative

di Slow Food sul web.

La dimensione associativa, collettiva, elitaria ma allo stesso tempo inclusiva prende il

sopravvento con le altre due voci del menù, “What we do” e “Where we Are” (Cosa facciamo

e Dove siamo). La presenza del soggetto We non deve essere interpretata come una

puntualizzazione premeditata, poiché dipende dalla costruzione grammaticale inglese.

Con la terza voce del menù, “What You Can Do” entra in scena l’utente modello che viene

caldamente invitato ad agire, e indirizzato sulla qualità della sua azione potenziale. Ma

soprattutto a cui viene aperto uno spiraglio inclusivo. I vari gradi di partecipazione possibile

all’attività di Slow Food potranno poi essere visionati nella pagina interna collegata alla voce

del menù. Dalla lettura interpretativa di questi esigui primi elementi è chiaro come la

dimensione associativa sia preponderante e addirittura ostentata.

3.5 Il logo e le scelte cromatiche

Solitamente il logo è costituito dal nome di una realtà commerciale o associativa tradotta in un

lettering e talvolta in un segno grafico riconoscibile e univoco, e rappresenta la massima

espressione visiva di una marca o di un sistema aggregativo16. Nel caso di Slow Food il logo è

formato dal naming, ossia l’espressione verbale identificativa del brand, restituita tramite

l’impiego di uno specifico carattere tipografico, in questo caso Roman Bauer Bodoni, e da un

logotipo, ossia un segno grafico originale che permette un’ associazione diacronica con la

marca. Il logo, o marchio17 è la principale delle isotopie: è l’elemento visivo costante che

comunica appartenenza e porta con sé, come un’etichetta identificativa tutto quel bagaglio

valoriale, quel sistema assiologico costruito nel tempo, dai prodotti di comunicazione, dagli

interventi pubblici e dai commenti esterni, intorno al brand o al soggetto identificato.

Nel caso dei brand e dei movimenti l’attribuzione di un termine identificativo, che diviene

nome proprio ed esclusivo, è imprescindibile per attuare il meccanismo della distinzione da

altri soggetti e per risolvere la problematica della identificazione dell’emittente in un processo

di comunicazione mediata.

15 Testa, A., La parola immaginata, il Saggiatore, Milano 2009, p. 36. 16 Volli U., Semiotica della Pubblicità, Editori Laterza, Bari 2008, p. 84. 17 Ivi, p. 63.

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I movimenti sociali necessitano di essere riconosciuti tramite un marchio immediato ed

efficace per prendere le distanze dagli antisoggetti ai quali si oppongono apertamente, ma

anche per favorire l’aggregazione e l’inclusione, ossia il senso di appartenenza. E sempre

l’appartenenza è l’obiettivo ultimo della “marchiatura” di un prodotto o un servizio da parte di

una realtà aziendale o commerciale.

Com’è noto i segni grafici, grazie alle loro qualità mimetiche, sono quelli la cui

interpretazione è sicuramente più immediata e accessibile; basti pensare a simboli la cui

rapidità di significazione è di primaria necessità, come ad esempio i segnali stradali grafici e

le indicazioni cromatiche dei semafori.

All’interno del caos segnico che rappresenta il web, o internet18 in generale, può risultare

particolarmente appropriato per un brand, ad esempio, dare ampio risalto sui propri canali a

quel marchio distintivo che è il logotipo, in modo da risolvere rapidamente ogni dubbio

dell’utente sull’istituzionalità dei contenuti.

Analizzando la presenza dell’associazione online, si osserva come il logotipo rappresenti

un segno ridondante e isotopico all’interno di ciascun macrotesto prodotto e gestito da Slow

Food. Il marchio di Slow Food è un segno iconico, dalla forte componente valoriale, che

rappresenta una chiocciola, o lumaca, monocromatica e stilizzata, composta da due parti

distinte19: a sinistra una spirale piena e abbondante in cui le larghe spire lasciano trasparire

una sottile linea di separazione; a destra il collo e il muso dell’animale-ispirazione,

ampiamente stilizzato e palesemente rivolto verso un’audience o un potenziale osservatore.

La direzione dello sguardo, viene identificata come frontale, in maniera marcatamente

faziosa, poiché non vi è nessun indizio, se non il buon senso e l’abitudine instillata nello

spettatore, che indichi che il muso non sia rivolto all’indietro, verso lo sfondo dell’immagine,

ma in avanti verso chi guarda. “ Ecco, noi siamo per la tartaruga, anzi, per la più domestica

lumaca, che abbiamo scelto come segno di questo progetto. È infatti sotto il segno della

lumaca che riconosceremo i cultori della cultura materiale e coloro che amano ancora il

piacere del lento godimento. La lumaca slow”20.

18 Il web è uno dei servizi più utilizzati di Internet. Internet è un’infrastruttura che, basandosi sullo standard ISO

OSI di comunicazione, mette in collegamento reti di computer. Cfr www.iso.org. 19 Marrone G., "Brand on the run: mirada semiótica sobre Slow Food", in Formas de la lentitud I., Tópicos del

Seminario, 26. Puebla Mexico 2001, p. 82. 20 Manifesto dello Slow Food, 1987. Reperibile all’indirizzo www.slowfood.it/9/statuti-e-documenti-ufficiali.

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Figura 5. Logo ufficiale di Slow Food. La lumaca si fa simbolo e ambasciatore di concetti e ideali, alcuni di retaggio storico e

scientifico, altri attribuitile dal movimento-marca , ad esempio nelle parole del Manifesto qui

sopra riportate. La lentezza, in una società industrializzata, basata sull’efficienza, sulla

produzione e sul ritmo, a partire dalle catene di montaggio industriale fino al gremito e

frenetico palinsesto dei canali televisivi, rappresenta un controvalore.

Nella narrazione del mondo possibile21 di Slow Food, la lentezza, e quindi per associazione

logica, la chiocciola, è l’oggetto strumentale che porta al piacere e all’apice euforico, in

contrasto con i modelli dominanti di consumo, lavoro, produzione e anche di godimento.

Marrone, in una sua analisi del segno grafico rileva nella lumaca di Slow Food un’allusione

all’emisfero della etnicità, grazie alla spirale, figura comunemente utilizzata in molte culture

africane22. Il legame con l’Africa, e per estensione di significato, con la cultura rurale che

resiste all’urbanizzazione e alla frenesia occidentale, l’attaccamento e la riscoperta della Terra

Madre, rappresentano uno dei temi di approfondimento dell’associazione, ispiratore di

progetti e campagne sociali. Il rimando figurativo a un’enciclopedia di natura tribale,

aggiunge al segno una connotazione mistica, quasi religiosa, che conferisce a Slow Food le

sembianze di un culto pagato, evoluto e organizzato.

Le sembianze di simbolo “religioso” si attutiscono quando si sposta l’attenzione sul secondo

elemento plastico che compone il logotipo, ossia il muso allungato e dissacrante della

chiocciola, che sembra prendere le mosse, a causa dell’asimmetria e dell’interpretazione

caricaturale, dalla tradizione figurativa delle illustrazioni per bambini o del fumetto.

Mistica e intrattenimento, studio e svago, profondità e superficialità, movimento e brand:

sono queste alcune delle coppie termini non in opposizione che convivono nell’idea di Slow

Food, e il cui risultato ne ispira l’attività e la filosofia.

21 Cfr Volli, U., Manuale di semiotica, Laterza, Roma-Bari 2001. 22 Marrone G., Op. cit., p. 78.

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La spirale che rappresenta iconicamente il guscio della chiocciola, rimanda a un carico di

ingenti dimensioni assimilabile al “bagaglio di conoscenze”, le cui spire si muovono in senso

orario, ciò simboleggia un movimento verso l’interno, verso il punto d’origine: si tratta del

sapere tradizionale, della riscoperta delle radici soffocate dall’evoluzione irrazionale. La

lumaca “slow” trasporta lentamente e con orgoglio il bagaglio di conoscenze, mentre il muso,

posto in una posizione dominante e avanzata, trascina il guscio, guardando vivacemente verso

l’esterno, verso il nuovo e l’altro o probabilmente verso un futuro che occupa la stessa

posizione dell’osservatore a cui la chiocciola si rivolge, ammiccante, come per invitarlo a

partecipare.

Ecco nuovamente una coppia di termini che alludono a due delle esperienze attive del

brand/movimento: la difesa, la protezione delle risorse attuali e del passato, rappresentata

visivamente dal guscio, e la “propositività” inclusiva accennata dal porzione anteriore della

chiocciola.

Il logo di Slow Food è divenuto riconoscibile a livello internazionale e altamente

simbolico. La sua presenza, anche se in diverse declinazioni plastiche, topologiche e

cromatiche, è la costante che contraddistingue tutti i canali ufficiali di Slow Food online.

Dalla pagina web internazionale ai blog di alcune condotte comunali, compare, generalmente

in alto a sinistra, rispettando una delle convenzioni topologiche del web, la chiocciola con le

spire. Composizione plastica della figura, lettering e carattere tipografico del marchio,

rimangono invariati nei diversi siti web e sulle diverse pagine social. Ciò che muta sono le

dimensioni, le scelte cromatiche, il trattamento degli elementi, la posizione dell’elemento

verbale e in alcune situazioni specifiche l’aggiunta di elementi identificativi dell’area

geografica.

Oltre al logotipo, a variare sono anche le giustapposizioni cromatiche di fondali e forme

plastiche che contribuiscono a costruire le diverse pagine online. Entro i confini di un numero

ristretto di colori ufficiali, infatti ogni canale propone diverse combinazioni, tendenzialmente

costanti all’interno di ogni categoria. Se si prende ad esempio in considerazione il caso dei

canali internazionali, il sito web di Slow Food International e il profilo Twitter e il canale

Youtube, si riscontra la ripetizione di uno schema visivo distintivo.

I colori sono limitati al rosso, al nero, diverse tonalità di grigio e il bianco. Queste

combinazioni si ripetono sui diversi media, in aggiunta a un’interessante declinazione plastica

del marchio: il logo istituzionale viene frammentato e le sue due parti, divise, vengono

moltiplicate e restituite in una composizione particolare. Il risultato è la conservazione del

marchio originale, attorno al quale però sono disposti una versione ingrandita e de-opacizzata

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del guscio a spirale, che tende ad assomigliare a un motivo decorativo, e il muso della

chiocciola, anch’esso di dimensioni incrementate, che dà l’idea di fuoriuscire dalla cornice, e

rivolgersi con ancora più insistenza agli utenti.

Figura 6. Logo sull’homepage del sito di Slow Food International.

Mentre la parte posteriore della lumaca, color grigio chiaro, decora lo sfondo perdendo la sua

funzione iconica, la porzione anteriore del logo, moltiplicata e ingrandita conferma la sua

funzione simbolica.

Sui canali italiani, invece, la restituzione plastica e cromatica, è notevolmente più

istituzionale e fedele alle direttive di un’immagine coordinata riscontrabile sugli innumerevoli

esempi di comunicazione online e offline di Slow Food. Come per le pagine internazionali,

anche in questo caso vi è una coerenza cromatica, che prevede un utilizzo preponderante

dell’arancione, del giallo e del rosso.

Come già specificato precedentemente e come afferma Marrone23, il rosso è il colore

attribuito ufficialmente alla chiocciola di Slow Food. Questa può essere declinata

diversamente online a seconda degli ambiti discorsivi, come si può notare osservando la

fascia mediana del sito web italiano24, che riporta in maniera esaustiva e riassuntiva, con un

linguaggio iconico tipico del web, le diverse aree tematiche in cui si adopera l’associazione.

23 Ibidem. 24 Cfr www.slowfood.it.

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Figura 7. Banner presente sull’homepage del sito di Slow Food Italia.

Strutturato come un periodo a tre verbi giustapposti, il banner interattivo, in cui ogni parola

rappresenta un link ipertestuale, recita: “Slow Food® promuove educa tutela”. Le chiocciole,

di dimensioni ridotte, sembrano fungere da punteggiatura e interpretano le tre diverse nature

attitudinali virando il proprio colore originale prima in giallo, poi in blu e infine in arancione.

Naturalmente, ad attestare il fatto che la scelta di distinzione cromatica non è fine a se stessa,

le pagine interne collegate tramite link ai tre termini, presentano come tinta dominante quella

del rispettivo logo “tematizzato”.

3.6 Un racconto in quattro soggetti

Tra gli innumerevoli testi presenti sui canali online di Slow Food, alcuni spiccano per

originalità e per l’attenzione riposta nelle potenzialità, nel linguaggio e nelle tendenze del

web. Tra questi si selezionano quattro esempi facenti parte di un prodotto multi-soggetto, che

comporta cioè delle costanti visibili in tutte le sue manifestazioni. Si tratta dei banner

fotografici che scorrono nell’area sottostante all’header, sulla homepage del portale

www.slowfood.com, e che allo stesso tempo sono stati pubblicati sulla pagina Facebook

internazionale nel marzo 2011, prima nello spazio della bacheca pubblica, e poi come

immagine di copertina, ossia l’header introdotto sul social media contemporaneamente alla

modalità diario, che permette di pubblicare immagini ampie quanto la pagina stessa.

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Figura 8. Prima delle 4 immagini del progetto multi-soggetto sulla homepage internazionale di Slow Food.

Figura 9. Seconda immagine del progetto multi-soggetto. .

Figura 10. Terza immagine del progetto multi-soggetto.

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Figura11. Terza immagine del progetto multi-soggetto.

I quattro soggetti fanno parte di un medesimo progetto comunicativo, poiché presentano tutti

gli stessi elementi compositivi: un’ immagine fotografica rettangolare, la cui larghezza misura

circa tre volte l’altezza, un soggetto immortalato nell’atto di compiere un’azione legata al

cibo, anche se indirettamente o allusivamente; sull’immagine, all’interno di un rettangolo de-

opacizzato applicato in post-produzione, un testo verbale di poche righe, contenuto tra due

virgolette colorate e sproporzionate rispetto al carattere.

Per quanto riguarda l’analisi plastica, da un punto di vista eidetico il discorso si fa

complesso: relativamente ai tre elementi grafici che contraddistinguono tutti le immagini ( il

rettangolo de-opacizzato e le due virgolette), dominano le forme geometriche e rettilinee, ma

all’interno delle fotografie (soprattutto le ultime tre immagini), hanno grande rilievo alcuni

oggetti di natura curvilinea, tutti legati al mondo dell’alimentazione: un coperchio25, un

impasto sferico26 e un grande recipiente27 sono al centro dell’azione, direttamente sorretti

dalle mani dei tre diversi soggetti protagonisti.

Si tratta di composizioni dall’altro contenuto narrativo, che riportano infatti un commento o

una citazione rispettivamente di un membro di Slow Food, Carlo Petrini e di un agronomo

senegalese.

La prima fotografia con testo28, in ordine di comparsa, in realtà funge da copertina della

gallery, riportando,al posto di una citazione, una breve descrizione della filosofia di Slow

Food. La fotografia sottostante rappresenta un paesaggio naturale montano e un’immagine

emblematica del tema dell’allevamento e della pastorizia.

25 Cfr Figura 8. 26 Cfr Figura 9. 27 Cfr Figura 10. 28 Cfr Figura 7.

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Analizzando più approfonditamente questo testo composito e sinestetico, si scopre una

descrizione di Slow Food che si differenzia per la scelta dei termini verbali dagli altri testi

analoghi, riportati sui siti web e sulle pagine social media.

“Slow food is an idea, a way of living, a way of eating”, recita la frase in grassetto

posizionata sul banner che funge da copertina29. L’associazione, frequentemente definita

dall’esterno e dall’interno come “organizzazione” o come “movimento”, o in modalità più

astratta come “nuovo modo di pensare” si identifica per la prima volta in un’“idea”, un

concetto incorporeo e fluido che contiene in sé le accezioni di “ideale”, “intuizione” e

“filosofia”.

La locuzione successiva a quella appena analizzata, esplicita uno dei propositi che spesso

l’opinione pubblica attribuisce all’associazione: “Slow Food è un nuovo modo di vivere”. Il

linguaggio scritto del web spesso presuppone formule brevi e concetti sintetici, soprattutto se

si tratta di un frame contenuto in una galleria a scorrimento continuo, in cui dunque il tempo a

disposizione del lettore è limitato. Slow Food non “propone” o “racconta” un nuovo modo di

vivere, secondo il testo del banner lo incarna completamente e lo sostanzia.

I quattro “capitoli” di questo progetto multimediale, inserito in contesti e media differenti,

come si è già specificato, possono essere analizzati alla stregua di veri e propri testi

pubblicitari, complici della costruzione di un mondo possibile, tramite lo strumento dello

story-telling.

Le tre storie, che dominano da un punto di vista topologico il sito web internazionale,

elementi-vetrina, per posizione, dimensioni e composizione, di tutta l’attività

dell’associazione riportano il contributo personale di tre membri della comunità appartenenti a

tre livelli diversi di coinvolgimento: il presidente internazionale Petrini30, il socio Slow Food

e giornalista Gigi Padovani31 e l’agronomo senegalese Madieng Seck32, leader di Slow Food

Lek33.

I messaggi verbali non prevedono dunque l’espediente della testimonianza “dal basso”, tipica

di una strategia enunciativa mirata al coinvolgimento. Danno invece voce a chi conosce

profondamente il progetto, lo ha ideato o ha partecipato attivamente, non in qualità di

semplice socio sostenitore. Le firme dei tre emittenti conferiscono ai messaggi rilasciati una 29 Ibidem. 30 Cfr Figura 9. 31 Cfr Figura 8. Gigi Padovani è un Giornalista e scrittore, primo direttore della rivista “Barolo & Co". 32 Cfr Figura 10. 33 Convivium senegalese denominato Slow Food Lek Mégnef Sénégal, di cui l’agronomo e giornalista Madieng

Seck è il leader.

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49

certa autorevolezza e affidabilità. Allo stesso tempo però un particolare corto circuito

interpretativo viene messo in atto dalla giustapposizione contrastante dei firmatari e delle

immagini sottostanti: le tre fotografie, infatti non ritraggono coloro che detengono la paternità

delle citazioni; regalano scenari evocativi, immortalando personaggi che sembrano venire dal

mondo “reale”, o meglio quella che è la visione iconografica del mondo della tradizione

culinaria e dell’allevamento. L’effetto è ingannevole. Ignorando in una fase iniziale la firma,

posta in piccolo sotto il testo, si arriva frettolosamente a dedurre che gli emittenti di quei

messaggi siano effettivamente i soggetti delle foto, ricavando con questo ragionamento

erroneo la sensazione di dialogare con i reali protagonisti delle comunità del cibo, e non con i

soggetti mediatori, ossia i componenti dell’associazione.

3.7 Facebook cover image

Come si è già precedentemente specificato la cover di Facebook consiste nell’immagine posta

al di sopra della “foto profilo”, sotto al menù dedicato alle impostazioni ed è stata introdotta

contemporaneamente al diario. Detenendo una posizione di rilevanza, la copertina in

questione viene impiegata in diverse pagine fan che pubblicizzano un brand, un’ iniziativa o

un servizio, come vetrina per le occasioni straordinarie: eventi, fiere, offerte, promozioni,

news. Questo è l’uso principale che Slow Food, all’interno delle sue molteplici pagine, fa di

questo strumento, ponendo in evidenza ad esempio il Salone del Gusto o Cheese, durante i

giorni della manifestazione.

In altri casi la cover image può servire ad apportare alla pagina informazioni aggiuntive in una

modalità efficace e di impatto, regalando all’utente nuove suggestioni relative

all’immaginario figurativo intorno al soggetto.

Un’immagine particolarmente evocativa ed emblematica, nella sua semplicità, è stata

pubblicata sulla pagina Facebook di Slow Food Italia il 3 Agosto 201234 e impostata come

copertina. A tutti gli effetti si tratta di due immagini giustapposte: a sinistra un rettangolo

dedicato al Salone del Gusto, il cui aspetto grafico è in linea con l’immagine coordinata della

manifestazione, e a destra una composizione di elementi figurativi, plastici e testuali, elegante

ed evocativa.

34 L’immagine, non più impostata come copertina, è reperibile all’interno dell’album “Cover Photos” della

Facebook fan page di Slow Food Italia.

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50

Figura 12. Cover image della pagina facebook italiana di Slow Food.

Procedendo con l’analisi, si sceglie di ignorare il messaggio relativo al Salone del Gusto,

considerabile come un testo a parte e non pertinente all’analisi che intendiamo svolgere. Al

centro dell’immagine di destra, sullo sfondo bianco, una figura che riproduce le fattezze di un

adesivo, o di un bollino circolare di colore rosso, ospita al suo interno il logo e la scritta Slow

Food, in questo caso virati in bianco.

La forma viene suddivisa in due parti dalla riproduzione fotografica di un cucchiaio, che

domina in larghezza l’intera composizione. Nella porzione inferiore dell’immagine

rettangolare, una riga di testo, scritto col carattere tipografico ufficiale di Slow Food riporta la

frase: “Iscriviti anche tu su www.slowfood.it”.

Da un punto di vista eidetico, in contrasto con le forme ortogonali e lineari dei portali ufficiali

ma coerentemente alla maggior parte dei prodotti di comunicazione di Slow Food, vi è una

netta preponderanza di linee curve e morbide, in perfetta linea con il logo e con le grazie,

ossia le terminazioni curvilinee, del font selezionato.

La composizione plastica, semplice e costituita da soli quattro elementi, assume una maggiore

profondità visiva e comunica di conseguenza più intensità emotiva grazie ai contrasti tra

ombra e luce e tra bidimensionalità e tridimensionalità.

Tentando di rintracciare una corrispondenza tra l’espressione verbale (il corpo di testo) e il

contenuto., tra la figura del cucchiaio e il brand/movimento Slow Food, si può notare come il

cucchiaio rappresenti il medium per fruire del cibo, raggiungerlo, farlo proprio,

selezionandolo e estrapolandolo dal resto; allo stesso modo Slow Food rappresenta lo

strumento per scegliere, perseguire, ottenere una buona alimentazione, e per estensione uno

stile di vita giusto.

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51

Il cucchiaio si estende in tutta la sua luminosa lunghezza e il suo realismo fotografico che ne

fa un utensile vero, tangibile, elegante e prezioso. Slow Food, rappresentata per “delega”35

dal proprio marchio ufficiale, è introdotta nel contesto tramite un elemento ausiliario che ne

rafforza il valore: si tratta di un bollino, segno che iconicamente rappresenta qualità e

certificazione.

Sia il cucchiaio che il logo dell’associazione (e quindi l’associazione stessa) hanno

un’accezione positiva, espressa nel primo caso dalla luminosità e dal luccichio e nel secondo

dall’adesivo, supporto standard, in ambito alimentare, per dimostrare la qualità.

La corrispondenza tra le due formule binarie può dunque essere rappresentata come segue:

Cucchiaio : Cibo :: Slow Food : Pratiche alimentari e di consumo

L’aspetto interessante di questa composizione visiva, risiede però nella totale assenza di due

dei quattro elementi che creano il processo di corrispondenza. La loro esistenza è

semplicemente evocata dai segni presenti, in base alla conoscenza della loro funzione: il

cucchiaio viene utilizzato per fruire del cibo e Slow Food esiste per promuovere buone

pratiche legate a esso.

L’alimentazione è il tema dominante di questa immagine, senza che vi sia una

rappresentazione diretta del cibo, sul piano dell’espressione. Questo concetto è emblematico

dell’attività comunicativa di Slow Food. E’ molto raro che i prodotti di comunicazione visiva

come le copertine dei saggi pubblicati da Slow Food Editore36, i banner e le campagne online,

i manifesti degli eventi o le fotografie pubblicate su Facebook, ritraggano vivande o prodotti.

Generalmente il cibo nell’immaginario di Slow Food è un elemento ausiliario; i veri

protagonisti sono invece gli attori, del mondo dell’alimentazione, gli agronomi, gli enologi, i

produttori, i cuochi, gli individui che custodiscono tradizioni millenarie, e le loro azioni.

E’ dunque la poetica dell’agire, della persecuzione di un obiettivo raggiungibile solo con

un movimento laborioso, che emerge dal cucchiaio luccicante, offerto agli utenti/audience con

lo scopo di invitarli a diventare parte attiva dell’azione.

Il primo gesto attivo, viene suggerito proprio dalla frase scritta nella parte inferiore

dell’immagine analizzata: il tono assertivo è in realtà trasformato in inclusivo e informale

dalla formula “anche tu”. L’invito allude all’iscrizione al sito web, e non semplicemente alla

visita. “Iscrizione”, in questo caso, significa registrazione al servizio di newsletter.

35 Volli U., Semiotica, Op. cit., p. 84. 36 Cfr www.editore.slowfood.it.

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52

Nell’ambito della comunicazione web chiedere all’utente di consegnare il proprio indirizzo e-

mail comporta per quest’ultimo un grande sforzo, a livello di usabilità, e un’alta

dimostrazione di fedeltà. Slow Food attua una strategia di coinvolgimento, in cui è richiesta

agli utenti una dimostrazione pragmatica del proprio impegno, come si può notare dalle

numerose “richieste” espresse sui diversi canali online tramite banner, post e pulsanti come

“Join us”, “Adopt a project” e “Donate”.

3.8 Prospettive per il futuro

Un territorio ancora inesplorato per quanto riguarda la comunicazione online di Slow Food,

sono i momenti di partecipazione attiva. Una prerogativa dei nuovi media, e in particolare del

web 2.0, è, a questo proposito la possibilità di interazione e la conversione di un modello

broadcasting in uno narrowcasting, o socialcasting37. Grazie a strumenti come i social media

e i forum, tramite ad esempio iniziative di twitting orientate grazie al rilascio di un hashtag, o

a piattaforme di raccolta di materiale user-generated, si apre per le associazioni e brand una

possibilità di coinvolgimento reale e globale. Queste opzioni esplorate solo parzialmente,

potrebbero essere la soluzione per mutare l’accezione prevalentemente passiva della

partecipazione alle attività e al discorso di Slow Food. Un sentore di cambiamento in questa

direzione, deriva dall’apertura di un forum a partecipazione pubblica38 a metà settembre 2012,

in occasione del VI Congresso mondiale di Slow Food 39. In realtà si tratta di diversi

documenti, pubblicati in pagine differenti, in fondo alle quali è possibile rilasciare un

commento e aprire in questo modo una discussione. Le modalità per implementare

quest’approccio sul web sono molteplici, dai sondaggi o polls, ai panel di discussione, alla

creazione di board su Pinterest con lo scopo di raccogliere contenuti pertinenti a una delle

istanze di Slow Food, prodotti e caricati dagli utenti stessi. Per quanto riguarda la gestione

delle pagine sui social media, un’evoluzione proficua, allo scopo di stimolare maggiormente

gli utenti/pubblico e ricevere riscontri interessanti per l’attività associativa, dovrebbe tendere

verso una maggiore interazione, ossia prevedere lo sviluppo di un piano editoriale che non si

limiti alla pubblicazione di notizie e di resoconti, ma che chieda fortemente al pubblico di

37 Bennato D., Socialogia dei media digitali, Editori Laterza, Bari 2011, p. 6. 38 Cfr www.slowfood.it/sloweb/0a5da4a022aa26a4c53a7c35e3bdcb18/sesto-congresso-mondiale-di-slow-food-

torino-2729-ottobre-il-forum-di-discussione. 39 Si terrà a Torino dal 27 al 29 ottobre 2012.

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partecipare, condividendo i propri contenuti, rispondendo a quesiti, facendosi portatore egli

stesso di nuove istanze.

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4. Una doppia natura: brand e movimento politico-sociale

4.1 Le strategie enunciative

In base all’analisi effettuata nei precedenti capitoli di alcuni testi significativi ed emblematici

delle strategie comunicative di Slow Food online, e all’individuazione dei testi all’interno

dei macrotesti, come i siti web ufficiali e le diverse pagine social, è possibile “studiare il

contratto enunciazionale fra l’autore e il lettore modello del sito”1.

Prendendo le mosse dagli studi sulle strategie di enunciazione nella stampa di Veron e

Fischer, è possibile stabilire diversi livelli strategici, di distanza o di complicità, messi in atto

tra l’enunciatore e l’enunciatario2 di un discorso. Le strategie di distanza possono essere di

tipo pedagocico e non-pedagogico. La prima allude a una scelta strategica, secondo la quale

l’enunciatario, si frappone un distacco tra se stesso e l’enunciatore spiegando concetti e

fornendo consigli in modo che egli possa comprenderli e trarne profitto. Il rapporto tra i due

soggetti dell’enunciazione è fortemente gerarchizzato. La distanza non-pedagogica o

istituzionale, invece, prevede l’impiego di affermazioni di natura impersonale che escludono

marche di interpellazione 3, ma includono discorsi oggettivizzati e in terza persona in cui non

vi è una distinzione gerarchica per quanto riguarda le conoscenze. La complicità, invece,

prevede forme interpellative, ad esempio mediante l’uso dei verbi all’imperativo e l’utilizzo

del noi inclusivo che rende il destinatario una sorta di co-enunciatore4. Grazie a un’applicazione degli studi di Veron e Fischer, all’enunciazione sul web5, è

possibile stabilire il tipo di rapporto che l’enunciatore, dei messaggi veicolati tramite i canali

online di Slow Food, intende stabilire con l’enunciatario, analizzando le strategie di distanza o

di complicità che contraddistinguono il discorso. Secondo l’interpretazione dei concetti di

distanza e di complicità, in relazione ai testi di comunicazione online, si possono prendere in 1 Cosenza G., Semiotica dei nuovi media, Laterza, Roma-Bari 2008, p. 136. 2 Fabbri P. e G. Marrone (a cura di) Semiotica in nuce, Meltemi, Roma 2001, p.60. 3 Cfr Volli U., Semiotica della Pubblicità, Editori Laterza, Bari 2008, p. 85p. 69. 4 Cfr Fischer S. e Veron E., “Teoria della enunciazione e discorsi sociali”, in Semprini A. (a cura di), Lo

sguardo semiotico, Angeli, Milano 1992, pp. 143-167. 5 “L’enunciazione sul web”, materiali tratti e rielaborati da C. Marmo, “L’instabile costruzione enunciativa

dell’identità aziendale in rete”, in G. Cosenza (a cura di), Semiotica dei nuovi media, numero monografico di

Versus, 94/95/96, pp. 135-147.

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considerazione alcune categorie strategiche intermedie: la distanza istituzionale, in cui l’

enunciatore è rappresentato da un “noi” esclusivo e si rivolge all’enunciatario in terza

persona, il quale è messo in scena ma non è interpellato, e l’ammiccamento in cui

l’enunciatore esplicita se stesso tramite un pronome interza persona, interpellando

informalmente all’enunciatario (tramite pronomi “tu” e “voi”).

Come si può notare dall’analisi di alcuni testi, è possibile risalire a una strategia

enunciativa che esclude drasticamente una distanza non-pedagogica o istituzionale6. Se si

prendono in considerazione, ad esempio, alcune espressioni del linguaggio verbale contenute

sul sito web di Slow Food Italia7, si può osservare come la strategia in atto tenda apertamente

verso un rapporto di prossimità tra autore e lettore.

Analizzando i termini contenuti all’interno del menù principale, si possono trarre alcune

considerazioni, escludendo i primi due, “home” e “associazione” i quali non implicano

l’impiego di pronomi personali che coinvolgono enunciatore ed enunciatario nel discorso.

Se il testo costituito dalla frase “Cosa facciamo noi” vede l’enunciatore prendere la parola ed

essere interpretato da un “noi” ridondante (poiché compare due volte, nella declinazione del

verbo e al fondo della frase) apparentemente esclusivo, l’enfatizzazione del pronome

personale lascia intendere che vi sarà un “tu” o un “voi”, per contrasto nel testo

immediatamente successivo. E infatti, il testo seguente recita “Cosa puoi fare tu”: la chiamata

in causa del “tu” del destinatario, può far pensare all’impiego di una distanza pedagogica tra

Slow Food e il suo utente modello. In realtà l’enunciatario di questo messaggio è talmente

coinvolto, da far pensare a un rapporto di complicità. Seguendo questo ragionamento, la

strategia enunciativa messa in atto da Slow Food sul menù principale del sito, si situerebbe

sulla linea di confine tra la prossimità (distanza pedagogica) e la complicità : una forma

ideale e più esplicita della voce del menù per rendere più comprensibile questo ragionamento

potrebbe essere la frase: “cosa puoi fare tu per diventare uno di noi”. Grazie a questo

esercizio non ortodosso di esplicitazione della strategia di enunciazione, si possono facilmente

estrapolare alcuni componenti fondamentali che contraddistinguono l’azione comunicativa di

Slow Food: l’educazione (o approccio pedagogico), l’inclusione e lo stimolo ad agire. Slow

Food (il “noi” dell’enunciato) propone all’utente (il “tu” dell’enunciato), di agire per entrare a

fare parte del “noi”. La voce del menù “Cosa puoi fare tu”, infatti rimanda alla sezione del

sito dedicata alle donazioni pecuniarie e al tesseramento, le azioni che in sostanza un utente

deve fare per entrare a far parte del progetto. La componente pedagogica è celata dietro al

6 Ibidem. 7 Cfr www.slowfood.com.

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verbo della frase “puoi fare”, una prescrizione che è d’uopo eseguire se si desidera essere

inclusi.

È interessante notare come queste tre componenti ritornino sia a livello enunciazionale, sia,

come si è già potuto notare, sul piano dei contenuti proposti dall’associazione: la componente

educativa è motore di tutti i progetti e gli eventi di Slow Food diretti al pubblico, alle scuole e

agli appassionati; a volontà di inclusione è testimoniata dalla trasparenza degli atti

amministrativi ad esempio tramite il canale YouTube e dall’insistente campagna di

tesseramento svolta su tutti i canali dell’associazione, mentre la richiesta d’azione è il punto di

partenza politico e filosofico del brand/movimento.

La strategia enunciativa messa in atto tramite i social media, sebbene non sia costante

all’interno delle singole pagine, né coordinata nel complesso, può essere individuata per

mezzo dell’analisi di un testo emblematico che teoricamente dovrebbe fissare i parametri del

contratto enunciazionale su una pagina Facebook: si tratta, infatti del primo post pubblicato8

sulla pagina internazionale di Slow Food che contiene il messaggio “Welcome to Slow Food

International's official facebook page... keep up with the the network's activities around the

world, join discussion groups and share your own news, campaigns and events” 9.

Il rapporto tra enunciatore ed enunciatario è leggermente differente da quello rilevato sul

menù del sito web internazionale: si tratta infatti di una strategia di ammiccamento10, in cui

l’enunciatario è chiamato in causa informalmente (mediante la seconda persona singolare, o

plurale trattandosi di un messaggio in inglese) dall’enunciatore che mette in scena se stesso, in

terza persona.

La relazione tra enunciatore ed enunciatario della pagina Facebook internazionale denota

qualche grado di distanza in più rispetto alle voci del menù precedentemente analizzate e non

si ritrova solo nel post inaugurale, ma caratterizza un’ampia maggioranza dei contenuti

testuali della pagina: ad esempio il post: “The worldwide Slow Food network celebrates

eating locally on December 10 ... here are photos of events in communities in all corners of

the world. If you would like to add your photos, please send them in an email to

[email protected]”11, in cui l’enunciatario mette in scena se stesso in terza persona

utilizzando la locuzione enfatizzata “The worldwide Slow Food network” e l’enunciatore

viene interpellato direttamente e invitato a prendere parte a un’azione partecipata; e ancora

8 Post pubblicato in data 14 febbraio 2011, all’indirizzo https://www.facebook.com/slowfoodinternational. 9 Cfr www.facebook.com/slowfoodinternational. 10 Vedi nota 5. 11 Post pubblicato in data 11 dicembre 2001, all’indirizzo https://www.facebook.com/slowfoodinternational.

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“You may understand prosciutto, pesto and penne... what about paniscia, kizoa or farecchiata?

The Slow Food Dictionary to Italian Regional Cooking will answer your most obscure food

questions in travels across the country”12 in cui rivela la medesima strategia.

Questo meccanismo enunciativo individuato come ammiccamento è molto frequente

nell’ambito dei messaggi pubblicitari commerciali, in cui il brand si rivolge a un “tu” ideale

in maniera informale, esplicitando se stesso nel discorso, in terza persona singolare, elevando

in questo modo la componente dell’autorevolezza e dell’istituzionalità, ma senza distacco. Si

osservino a questo proposito alcune tipologie di testi esemplari per rappresentare il

comportamento delle marche in rete: “Watch this video to learn how IKEA can help you

create a high quality, stylish kitchen that you can be proud to call the heart of your home”13, è

un post pubblicato sulla pagina Facebook USA di IKEA, in cui la strategia

dell’ammiccamento appena analizzata è assai esplicita, come del resto nell’annuncio già

analizzato “Facebook ti aiuta a connetterti e rimanere in contatto con le persone della tua

vita”14, messaggio pubblicato sulla welcome page dello stesso social media.

Sia sulla pagina Facebook internazionale che su quella italiana, e anche per quanto

riguarda i contenuti testuali all’interno dei siti web di Slow Food si riscontra un’alternanza

strategica che oscilla tra l’ammiccamento e la complicità, passando per la distanza

pedagogica. Non vi è traccia dunque di rapporti di distanza indefinita o istituzionale, i quali

non sarebbero efficaci dal punto di vista della tensione al coinvolgimento e alla condivisione

delle istanze con i potenziali soci e gli utenti dei canali di Slow Food.

4.2 La dialettica del coinvolgimento

Come si è già rilevato nei precedenti capitoli, il “coinvolgimento” è una delle tematiche

implicite, preponderanti per quanto riguarda l’attività comunicativa di Slow Food online.

Assecondando la propria natura associativa, infatti, il movimento/brand, esprime sovente sui

diversi canali web la volontà di aggregare al proprio interno nuovi soggetti, che condividono

le istanze e le finalità dei diversi progetti. Prime tra tutte le attività di “coinvolgimento”, le

campagne di tesseramento che ogni anno, tramite strumenti come banner promozionali sui

diversi siti web e post pubblicati sui canali social, invita gli utenti a diventare soci

dell’associazione.

12 Post pubblicato in data 9 aprile 2001, all’indirizzo https://www.facebook.com/slowfoodinternational. 13 Post pubblicato su www.facebook.com/ikeausa il 6 ottobre 2012. 14 Cfr www.facebook.com.

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Le modalità per associarsi sono molteplici, ma implicano tutte una quota di iscrizione, subito

giustificata in maniera convincente, ad esempio, nel testo della landing page15 del sito web

italiano:

Figura 13: Landing page della sezione Store del sito web di Slow Food

I vantaggi economici e gli “omaggi” per coloro che, di fatto, acquistano la tessera annuale

diventando in questa maniera parte della comunità Slow Food, sono ben esplicitati in questa

pagina web. Le motivazioni di natura politica, che riguardano invece le istanze

dell’associazione e la possibilità per i potenziali soci di portarle avanti, sono evidentemente in

secondo piano e relegate alla voce “Collabori alla salvaguardia di razze animali, varietà

vegetali e prodotti tradizionali in tutto il mondo”16 senza che sia spiegato più nel dettaglio in

che modo questa collaborazione si concretizzerà. La promessa di coinvolgimento è relegata

sulla pagina web italiana, alla partecipazione con ingresso scontato agli eventi e alle principali

kermesse, e all’accesso gratuito a diverse pubblicazioni di Slow Food, tutte attività che

includono una partecipazione passiva degli utenti.

15 Letteralmente dall’inglese, “pagina d’atterraggio”, ossia pagina che compare sporadicamente quando si accede

a un sito, prima di approdare all’homepage e contiene un messaggio straordinario. 16 Testo del banner reperibile all’indirizzo www.store.slowfood.it/landing/20120327/index.php.

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Sul sito internazionale, nella sezione “Join us”17, e all’interno di alcuni post pubblicati pagina

Facebook di Slow Food International, un peso maggiore sembra essere dato all’aspetto attivo

della realtà associativa, a ciò che contraddistingue Slow Food come movimento:

Figura 14. Immagine tratta dal post del 5 ottobre 2012.

Figura 15. Banner contenuto nella sezione “Join Us” del sito web internazionale.

Il messaggio veicolato nella Figura 14 denota una forte componente ludica18 e inclusiva, e

chiama in causa il concetto di “rivoluzione”, fortemente legato alla comunicazione di 17 Cfr www.slowfood.com/joinus. 18 Cfr Floch J.-M., Semiotica, marketing e comunicazione. Dietro i segni, le strategie, Franco Angeli, Milano

1992.

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movimento politico e sociale. La Figura 15, lascia intendere che chi si associa possa

effettivamente contribuire a perorare le cause a cui si fa riferimento: “salvare la cultura del

cibo e la biodiversità. Incoraggiare un nuovo tipo di agricoltura” (tradotto letteralmente dal

testo in lingua inglese). Ma, sia il post testuale che descrive l’immagine pubblicata sulla

pagina Facebook, sia la selezione del proprio Paese sul menù a tendina, consistono in

collegamenti ipertestuali che portano a pagine di contenuto tutt’altro che filosofico e politico,

almeno non direttamente: si tratta appunto dello Store19, ossia il negozio online, in cui è

possibile effettuare ogni tipo d’acquisto, a partire dalla tessera di Slow Food fino alle ultime

guide pubblicate da Slow Food Edizioni e le t-shirt brandizzate, e della sezione (una per ogni

pagina web nazionale) dedicata alle quote di iscrizione20.

La “dialettica del coinvolgimento”, alla stregua di molti brand che puntano

sull’engagement le loro strategie comunicative, tramite polls21 sui social media, concorsi a

premi e utilizzo di materiale creativo user-generated22, per quanto riguarda i canali di

comunicazione web, sembra essere finalizzata non all’effettiva partecipazione dei soci alla

causa promossa, ma a indurre questi ultimi a partecipare agli eventi e accrescere il numero dei

sostenitori. È realmente difficile reperire tramite i mezzi di comunicazione online

dell’associazione, le indicazioni per una partecipazione attiva al progetto. Lo spazio per

questo tipo d’azione, si ritrova in maniera esplicita nella dimensione locale dei Convivia come

chiarifica il testo contenuto in una pagina interna del sito web internazionale dedicata a

elencare i vantaggi riservati agli associati:” Join a local convivium and become involved to

protect and enjoy your culinary heritage and promote good, clean and fair food in your

community.”23

Le Condotte locali sono probabilmente il luogo deputato alla partecipazione diretta al

progetto, anche per quanto riguarda questo caso specifico, però, i termini del coinvolgimento

restano vaghi e il lessico scelto per descriverne gli estremi attinge più alla sfera degli ideali e

della filosofia che a quella dell’azione e del pragmatismo.

Provando ad analizzare il banner qui sopra descritto, utilizzando lo schema narrativo

canonico relativo alla semiotica generativa di Greimas24, si individua immediatamente Slow

19 Cfr www.store.slowfood.it/store_it/welcome.lasso. 20 Ad esempio, per l’Albania www.slowfood.com/joinus/membership/albania. 21 Sondaggi brevi effettuati tramite i social media. 22 Contenuti multimediali generati e condivisi dagli utenti. 23 Cfr www.slowfood.com/international/25/become-a-member. 24 Cfr Greimas A. J., Op. cit.

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Food come destinante, ossia l’attante che propone l’azione e tramite un meccanismo di

manipolazione, induce il soggetto, l’utente del sito web a stipulare un contratto.

Il contratto in questione riguarda l’impegno da parte del destinante ad affrontare una

performance, per raggiungere ciò che viene individuato come oggetto di valore.

Nel caso delle azioni di coinvolgimento messe in atto da Slow Food sul proprio portale, e

principalmente nel banner appena analizzato, la manipolazione e il contratto proposto

risultano evidenti, e sono esplicitate dal testo verbale il cui incipit è inequivocabile e

perentorio: “Join Slow Food”. Nel testo proposto è chiarificato anche il valore che il soggetto

si deve impegnare a perseguire, e consiste nella possibilità di contribuire a salvare le culture

del cibo e le diversità. L’opponente di questo schema narrativo, non è direttamente chiamato

in causa, ma si presuppone che l’utente/soggetto possieda quel sistema enciclopedico25 di

conoscenze che gli permette di individuarlo: si tratta probabilmente della “fast life” e dei

processi di produzione industriale26, che mettono “in pericolo” gli stessi oggetti che il

destinante si sta proponendo di salvare.

L’aiutante è identificabile, nell’azione narrativa, come Slow Food stessa, il brand/movimento

che attua la manipolazione ma rappresenta l’unico mezzo tramite il quale il “racconto” potrà

avere buon esito. L’azione che l’utente è chiamato a svolgere, come già descritto

precedentemente, consiste nel divenire socio dell’associazione e partecipare a quelle pratiche

sociali da essa proposte. La performance tramite la quale si potrà ottenere una sanzione

positiva, è insita nel gesto stesso di unirsi, in un certo senso “allearsi” con il destinante. Un’

interessante osservazione riguarda l’acquisizione della competenza: il testo analizzato, non

solo rimanda alla sezione del sito dedicata al tesseramento, ma propone allo stesso tempo

all’utente l’acquisto di una serie di pubblicazioni di Slow Food Editore, le quali in un certo

senso coincidono con gli strumenti di sapere necessari per affrontare l’impresa e soprattutto

per raggiungere l’obiettivo.

Estendendo questa struttura narrativa all’attività di Slow Food online, si può arrivare ad

attribuire al brand/movimento Slow Food il ruolo di “committente” e allo stesso tempo

aiutante nell’impresa, all’utente/lettore quello di soggetto; il tentativo di coinvolgimento può

coincidere con il contratto proposto, che porta a ottenere un mondo “buono, pulito e giusto”

(oggetto di valore). La performanza è rintracciabile nella partecipazione, agli eventi e

all’esperienza sociale, e la componente educativa, assai presente in tutta la comunicazione

25 Cfr Cosenza G., Op. cit., p.133. 26 Cfr Capitolo 1.

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online di Slow Food, allude al sistema di competenze che l’utente deve fare suo, per poter

concludere il suo percorso.

E’ interessante notare come l’associazione ricopra nuovamente due ruoli attanziali: quello di

chi svolge la manipolazione, e quello di chi fornisce l’ausilio, le informazioni e il sapere per

affrontare l’impresa.

4.3 Slow Food e il lessico politico

Ognuno di noi è chiamato a praticare e diffondere un nuovo, più preciso, e al tempo stesso

più diffuso, concetto di qualità alimentare, che si basa su tre requisiti imprescindibili e

interconnessi. Il cibo di qualità deve essere:

Buono. La bontà organolettica, che sensi educati e allenati sanno riconoscere, è il risultato

della competenza di chi produce, della scelta delle materie prime, e di metodi produttivi che

non ne alterino la naturalità;

Pulito. L’ambiente deve essere rispettato e pratiche agricole, zootecniche, di

trasformazione, di commercializzazione e di consumo sostenibili dovrebbero essere prese

in seria considerazione. Tutti i passaggi della filiera agro-alimentare, consumo incluso,

dovrebbero infatti proteggere gli ecosistemi e la biodiversità, tutelando la salute del

consumatore e del produttore;

Giusto. La giustizia sociale va perseguita attraverso la creazione di condizioni di lavoro

rispettose dell’uomo e dei suoi diritti e che generino un’adeguata gratificazione; attraverso

la ricerca di economie globali equilibrate; attraverso la pratica della solidarietà; attraverso il

rispetto delle diversità culturali e delle tradizioni;

La qualità Buona Pulita e Giusta è un impegno per un futuro migliore.

La qualità Buona Pulita e Giusta è un atto di civiltà e uno strumento per migliorare

l’attuale sistema alimentare: tutti possono contribuire con le proprie scelte e i propri

comportamenti individuali27.

Osservando il Manifesto della qualità alimentare secondo Slow Food28, scaricabile a partire

dal sito web italiano, nella sotto-sezione “Filosofia”, si può osservare come scelte lessicali che

il movimento/brand di Petrini adotta per comunicarsi svelino una forte matrice etico-politica e

sociale sapientemente ricercata e attentamente costruita. Nella comunicazione di Slow Food,

ciò che inizialmente potrebbe sembrare immediato, schietto e leggero (in quanto

apparentemente semplice e poco carico di contenuti e significati nascosti), a una analisi più

attenta e vigile, svela quanto poco in realtà ci sia di lasciato al caso.

27 Cfr www.slowfood.it/filemanager/SF_ITALIA/pdf/ManifestoBuonoPulitoGiusto.pdf. 28 Ibidem.

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63

La stessa espressione «Buono, pulito e giusto», mantra di Petrini e dell’associazione, più volte

da lui stesso spiegato e interpretato come ricerca della qualità in ambito alimentare, nel

rispetto degli equilibri ambientali e della giustizia sociale 29, porta con sé una moltitudine di

collegamenti concettuali più o meno celati. La bontà oltre che alla sua accezione del genuino

e del sano, rimanda in maniera molto forte alla sfera dell’etica, la contrapposizione

buono/cattivo si rifà a un giudizio di valore di tipo emotivo, personale, istintuale e non

razionale, complesso. In ambito gastronomico e di cultura del cibo, il termine “buono” è

infatti frequentemente usato, ma con altre accezioni rispetto a quella che ne da Slow Food che

invece lo carica di valori positivi, benefici e condivisibili, che vanno oltre alla sfera della

produzione e della gastronomia.

Il termine “pulito”, insolito nell’ambito della produzione agro-alimentare, rimanda al concetto

di sostenibilità ambientale e di rispetto della biodiversità e degli ecosistemi naturali. Esso

sembra essere il termine più particolare della locuzione proprio perché se analizzato

singolarmente risulta piuttosto ermetico. È come se aggiungesse una sfumatura ulteriore

rispetto ai temi del rispetto dell’ambiente e della eco-sostenibilità, assai diffusi online, ma

senza un’argomentazione approfondita; “pulito” rimanda immediatamente a una dimensione

intima e non alla pluralità, come invece farebbero i termini più comunemente utilizzati come

ad esempio: “sano, salubre, sostenibile, rispettoso del pianeta”. Questo temine, e il concetto di

“pulizia” più in generale, nel Manifesto della qualità alimentare, sono riferiti, sempre

genericamente e senza un’adeguata spiegazione della scelta lessicale, ai processi di

produzione, trasformazione, commercializzazione e sono volti alla tutela della salute di chi

produce e di chi consuma, degli animali allevati e delle coltivazioni (fauna, flora ed esseri

umani). È significativo, inoltre che il termine scelto richiami, nell’immaginario collettivo,

soprattutto in quello italiano, il tema dell’onestà; pulito è infatti solitamente utilizzato per

connotare positivamente le esperienze politiche e industriali prive di corruzione e i cui

processi e la cui governance sono trasparenti.

Manca invece qualunque riferimento al tema dei rifiuti e delle energie rinnovabili, altro

ambito che si associa comunemente al lemma “pulito”.

Anche il termine “giusto”, per quanto possa risultare di facile e immediata comprensione,

consiste in realtà in un valore relativo, caricato in questa sede di un ampio peso morale.

Analizzando il termine, viene legittimamente da chiedersi, secondo quali criteri si possa

utilizzare la definizione di “giusto”. Il Manifesto parla esplicitamente di “giustizia sociale”30,

29 Petrini C., Buono, pulito e giusto, Einaudi, Torino 2005. 30 Cfr www.slowfood.it/filemanager/SF_ITALIA/pdf/ManifestoBuonoPulitoGiusto.pdf

Page 68: Tesi michela locati

64

collegandosi al tema delle disuguaglianze e del rispetto delle condizioni di lavoro, della

dignità degli individui, dei loro diritti e della loro “gratificazione. La spiegazione del termine

prosegue poi delineando tratti e prospettive prettamente politico-sociali come è infatti il

riferimento alle “economie”, al rispetto delle “diversità culturali” e alla “solidarietà”.

È importantissimo comprendere i significati e gli impliciti rimandi politico-teorici di cui

queste parole sono intrisi proprio per meglio approfondire la natura Slow Food come

movimento. In questo Manifesto e nella maggior parte della comunicazione online

dell’associazione di Petrini, non si rintracciano espliciti riferimenti politici o elementi che

possano far risalire all’attività politica pregressa di Arci (Slow Food nasce infatti nell’ambito

dei circoli di promozione sociale, così come il suo leader carismatico che era un consigliere

comunale) e ai legami del movimento con le realtà politiche esistenti in Italia, comprese

quelle partitiche.

Il “verbo slow” sembra infatti prendere una posizione precisa promuovendo e sposando la

“giustizia sociale” e proponendo un vero e proprio decalogo del modus vivendi secondo Slow

Food.

Nel Manifesto per la qualità alimentare, come, d’altronde sul Manifesto originale di Slow

Food del 198731 vi sono molte spie di un linguaggio ricco di espressioni che sembrano

attingere proprio da un linguaggio politico: si parla di “alleanza delle comunità del cibo”, si

legge: “lo sforzo deve essere comune”, “ognuno di noi è chiamato a praticare e diffondere”32,

il registro in questi casi è sicuramente quello di un movimento, e dell’attivismo a esso

intrinseco, e la comunicazione attinge ai concetti di partecipazione, e coinvolgimento degli

utenti dei vari social e del sito e sulla discesa in campo di Slow Food in difesa dei buoni

principi del cibo e di tutto il corollario di valori ad esso attribuiti: la sostenibilità33, la difesa

della biodiversità e la riscoperta “piacere del cibo e la qualità della vita per gli uomini”34

Per questo motivo i messaggi online sono estremamente semplici e brevi pur veicolando

contenuti impegnativi e che coinvolgono diverse sfere di interesse, così come dimostra la

31 Cfr Capitolo 1. 32 Cfr www.slowfood.it/filemanager/SF_ITALIA/pdf/ManifestoBuonoPulitoGiusto.pdf. 33 Cfr intervento di Carlo Pertini “Conversazioni con Carlo Petrini tra saperi, esperienze e design

A cura del Professional Master in Comunicazione per la Sostenibilità IED” reperibile all’indirizzo

www.youtube.com/watch?v=tCaaLAhO4jQ. 34 Cfr www.slowfood.it/3/filosofia.

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65

variegata mole di manifesti ad hoc per ogni tematica35, quali: la critica alle attuali economie

capitalistiche, la società industriale che ha perso il contatto con la natura, gli stili di vita

globalizzati che accentuano una socialità sempre più disgregata e l’invito a seguire Slow Food

per il miglioramento della realtà (culto, politica e sociologia si miscelano negli stessi

apparentemente semplici e immediati messaggi): “Se la Fast Life in nome della produttività

ha modificato la nostra vita e minaccia l'ambiente e il paesaggio, lo Slow Food è oggi la

risposta d'avanguardia”36.

4.4 Il cambiamento: Slow Food tra reazione e rivoluzione

Slow Food celebra la natura, il felice ritorno alle origini e ai piaceri primordiali, la

lavorazione sana degli alimenti e più in generale la tradizione; nel farlo si oppone nettamente

all’omologazione dei prodotti e alle pratiche di consumo fast, proponendosi e auto-

investendosi come vigile protettore della tradizione eno-gatronomica stagionale e difensore

dell’identità locale:

Siamo impegnati nella salvaguardia di un cibo tradizionale, sostenibile e di qualità. Per questo

operiamo per tutelare la biodiversità agroalimentare e culturale. Conservando le specificità del

cibo locale e delle tradizioni contadine, i saperi delle comunità possono giocare un ruolo

fondamentale per proteggere gli ecosistemi e per promuovere una produzione sostenibile37.

Gli obiettivi che persegue hanno quindi movenze e fattezze (se non addirittura concettuali,

sicuramente nel linguaggio) di tipo reazionario, non fosse altro che per la scelte lessicali, per

il registro, e per le strategie enunciative utilizzate: basti pensare, come già evidenziato, alle

scelte cromatiche, i termini rassicuranti, e le immagini di serenità che rimandano a una sorta

di Arcadia in cui tutti i processi di produzione si svolgono in armonia con la natura e in

equilibrio tra gli esseri viventi, umani e animali.

Nel perseguire i suoi obiettivi, Slow Food adotta la comunicazione della rivoluzione ossia

del cambiamento innovativo, proponendosi come l’alternativa nuova e come l’unica in grado

di raggiungerli tali traguardi, dimostrando un atteggiamento tipico dei movimenti politici. Si

35 Cfr Manifesto di Slow Food del 1989: www.slowfood.it/associazione_ita/ita/manifesto.lasso; Manifesto per la

qualità alimentare: www.slowfood.it/filemanager/SF_ITALIA/pdf/ManifestoBuonoPulitoGiusto.pdf; Manifesto

Pedagogico: www.cheese.slowfood.it/download/manifesto_pedagogico_slowfood_educazione.pdf. 36 Dal Manifesto ufficiale di Slow Food, www.slowfood.it/associazione_ita/ita/manifesto.lasso. 37 Cfr www.slowfood.it/filemanager/SF_ITALIA/pdf/ManifestoBuonoPulitoGiusto.pdf.

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66

pensi però ad esempio (ovviamente tenendo conto delle dovute distanze concettuali e

teoriche) al Movimento Futurista; esso muoveva critiche feroci alla cultura contemporanea e

al modo di fare arte, diffondendo forme altamente innovative e un totale rinnovamento delle

pratiche e dei generi letterari, riproponendo però un retroterra culturale e sociale e dei

riferimenti politici assolutamente reazionari, cavalcando – come anche Slow Food sembra

fare – “quel moto di rifiuto dell’esistente che caratterizza le avanguardie”38, un impiego di

forme innovative e rivoluzionarie, per riproporre un sano (“buono, pulito e giusto”) ritorno

alle origini e alla tradizione. Per questo motivo si può sostenere che, da un punto di vista

comunicativo, Slow Food sembri realizzare una “rivoluzione reazionaria”. Emblematica è a

questo proposito l’affermazione da parte di Slow Food, di una presenza forte sul web, ambito

comunicativo emblematico di un’evoluzione tecnologica e linguistica.

preserva e valorizza l'identità storico-culturale di un territorio specifico, cui si lega una

particolare produzione, in particolare attraverso l'istituzione di Presìdi per la difesa della

biodiversità;

sviluppa relazioni, attività e iniziative con e fra le comunità del cibo, formate da tutti i soggetti

che operano nel settore della produzione e della trasformazione del cibo39.

È utile soffermarsi, inoltre, sulla scelta di parlare di “comunità del cibo”, di “identità

storico-culturale di un territorio specifico” e del bucolico nome scelto per i comitati locali

(Convivium): questi termini rimandano a tematiche note non solo agli addetti ai lavori del

campo sociologico e sono concetti che derivano da una precisa e rinnovata cultura che studia

il territorio, lo sviluppo locale, le reti e la felice diffusione del capitale sociale, soprattutto e a

partire da quelle zone del nord Italia ricche di tradizioni ed esperienze da cui (non

casualmente) nasce Slow Food. Slow Food utilizza dunque, sia offline che online, un

linguaggio proprio di un movimento politico e sociale, dai toni reazionari, che esalta cioè

alcuni valori della tradizione e del passato, rivolgendo però la propria speranza verso forme

nuove di pensiero, di fruizione dei prodotti, di considerazione delle risorse e dei saperi: “di

qui può iniziare il progresso, con lo scambio internazionale di storie, conoscenze, progetti”40.

In questa onnipresente tensione tra azione e rivoluzione, appare coerente la scelta da parte

dell’associazione, di affidare una parte considerevole della propria comunicazione alle

38 D’Orsi, A., Il Futurismo tra cultura e politica: reazione o rivoluzione ?, Salerno, Roma 2009, p. 25. 39 Cfr “Cosa fa Slow Food” all’indirizzo: www.slowfood.it/29/cosa-fa-slow-food. 40 Dal Manifesto ufficiale di Slow Food; www.slowfood.it/associazione_ita/ita/manifesto.lasso.

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67

potenzialità e i linguaggi del web, dei nuovi media e delle nuove tecnologie, strumenti

emblematici dell’innovazione in campo comunicativo.

4.5 Una strategia enunciativa mista

Come si è potuto osservare in seguito all’analisi della presenza online di Slow Food, della

scelta dei mezzi e dei linguaggi, di alcuni testi specifici, sul piano del contenuto,

dell’espressione e dell’enunciazione, il “dualismo identitario” dell’associazione è un carattere

distintivo della sua strategia comunicativa sul web.

Come già accennato precedentemente41, la comunicazione di brand e quella di movimento,

nell’ambito del web 2.0 (se si prendono in considerazione brand e movimenti che dimostrano

un’elevata consapevolezza dei nuovi media e dimostrano di avere un piano di comunicazione

organico e strutturato) non si discostano particolarmente per quanto riguarda la scelta dei

canali: se si prende in considerazione il caso di IKEA42 e FIAT43, esempi interessanti della

comunicazione di brand, e Greenpeace44 e il movimento NO TAV45 per quanto riguarda

quella di movimento, si può notare come tutti quanti possiedano un sito web istituzionale.

Inoltre, le piattaforme social sulle quali veicolano i rispettivi contenuti sono le medesime per i

quattro enti: i link alle pagine ufficiali Facebook, Twitter e YouTube, sono presenti sulle

diverse homepage; solo sul sito di Greenpeace compare il collegamento a Pinterest, che come

si è già accennato è una piattaforma di recente diffusione, utilizzata anche dai brand FIAT e

IKEA, ma non ancora collegata ai siti web ufficiali.

Si potrebbe pensare che vi sia un discrimine nell’utilizzo di questi canali, a livello di

contenuti veicolati e strategie comunicative ed enunciative, eppure vi sono in entrambi gli

approcci numerose analogie, che fanno ipotizzare che, nell’ambito dei social media e del web

2.0, vi sia un punto di incontro tra due mondi così distanti e dagli obiettivi così divergenti.

Si prendano in considerazione, un testo emblematico sul web afferente alla realtà commerciale

IKEA: per quanto riguarda il brand, a fianco ai messaggi legati ai prodotti ad esempio sulla

pagina Facebook italiana46, compaiono alcuni contenuti legati a iniziative che sembrano

essere completamente slegate dalla funzione promozionale, in senso stretto. 41 Cfr Capitolo 2. 42 Cfr www.ikea.com. 43 Cfr www.fiat.it. 44 Cfr www.greenpeace.org. 45 Cfr www.notav.info. 46 Cfr www.facebook.com/IKEAItalia.

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68

Figura 2. Cover Picture della pagina ufficiale di IKEA Italia. L’immagine sopra riportata rimanda a un sito web dedicato all’iniziativa47, denominata Spazio

al cambiamento, sul quale è possibile contribuire alla scrittura di un Manifesto user-

generated. Il pay off del progetto: “Il movimento per un cambiamento possibile”48.

Pur non trattandosi di un messaggio pubblicitario, l’immagine, e di conseguenza l’iniziativa

correlata, rappresenta un tentativo di utilizzare le forme partecipative del web, per costruire un

immaginario positivo intorno al brand49, e allo stesso tempo coinvolgere gli utenti in

un’attività virtuale.

Tentando di applicare le valorizzazioni pubblicitarie50 di Floch a un progetto comunicativo

di questo tipo, si può notare come questo sia contraddistinto essenzialmente da

valorizzazioni immateriali, quali quella utopica e quella ludica “prevalenti sul piano

quantitativo e dell’immagine pubblicitaria”51: non sono presenti, infatti, indicazioni tangibili

relative ai prodotti o ai prezzi di questi ultimi, vi è un netto distacco dal piano delle

valorizzazioni d’uso o critiche che contraddistinguono una comunicazione più razionale.

Si evidenzia però una totale assenza dei prodotti e della rappresentazione di IKEA come

brand. Inoltre il messaggio chiama in causa alcuni termini che sembrano attingere più alla

sfera di movimento, che a quella di marca, come ad esempio “manifesto” e “cambiamento”.

La sensazione è quella di trovarsi di fronte a una fondazione, un’associazione o un

movimento, e non bensì a una marca commerciale multinazionale. Quest’immagine in

particolare è emblematica di come sul web sia frequente rilevare dei “cortocircuiti” a livello di 47 Cfr www.spazioalcambiamento.it/manifesto. 48 Cfr www.spazioalcambiamento.it/iniziativa. 49 Cfr Testa, A., Op. cit., p. 139. 50 Cfr. Floch, J. M., Identità visive: costruire l'identità a partire dai segni, Franco Angeli, Milano 1997. 51 Volli U., Op. cit., p. 43.

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69

strategia comunicativa, tra quelli che sono generalmente due approcci quasi antitetici, per

quanto riguarda propositi e finalità: brand e movimenti.

Il caso Slow Food aiuta a evidenziare quanto la compenetrazione di queste due realtà

comunicative apparentemente distanti, sia fruttuosa allo scopo di perseguire quelli che sono i

fini ultimi dell’associazione sul piano comunicativo: la diffusione di un “verbo” a livello

globale, capillare e profondo, il “coinvolgimento” nelle attività come eventi, kermesse e

piccole iniziative a carattere locale e la costruzione di una rete internazionale di appassionati e

addetti ai lavori, che sostengano l’attività economicamente e ideologicamente.

Prendendo le mosse, da un’analisi socio-semiotica di Marrone del primo Manifesto di

Slow Food, si è visto come la doppia accezione di brand e movimento fosse fortemente

presente già agli albori dell’attività della associazione, a causa anche della contrapposizione

esplicita al colossale rappresentante simbolico della “fast life” ossia Mc Donald’s; si è

evidenziato poi come questa doppia tendenza si sia propagata fino a oggi su tutti i mezzi di

comunicazione online dal punto di vista della scelta dei canali, dell’utilizzo del marchio-logo,

della distanza enunciativa di alcuni messaggi.

La stessa natura identitaria di Slow Food è ibrida: da un lato rappresenta e diffonde un

sistema valoriale, in qualche modo antitetico rispetto allo stato delle cose, e dall’altro, si

propone di “vendere” strumenti e momenti di partecipazione pubblica, d’informazione e

intrattenimento, proiettando i valori di cui si fa portavoce, su un sistema di prodotti specifici e

di pratiche. A questa doppia natura si adegua un duplice approccio strategico, che in un

panorama gremito di messaggi e canali ibridati, si dimostra essere un’interpretazione efficace

del progetto comunicativo, il quale risulta quindi organico e coerente in ogni sua espressione,

all’interno del World Wide Web.

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70

CONCLUSIONI

La ricerca sulla comunicazione online di Slow Food, basata sui testi e sulle immagini,

costituisce un tentativo, senza alcuna pretesa esaustiva, di proporne una lettura

trasversale. Lo studio svolto sul sito ufficiale, e in particolare sui social media offre

infatti uno spaccato della vita interna all’associazione, delle sue caratteristiche e delle

sue tendenze, oltre a offrire un sintetico quadro di riferimento per un approccio

semiotico dell’associazione di Petrini nell’era del Web 2.0. Si può quindi osservare che

la comunicazione online di Slow Food si rivela coerente al suo interno e sapientemente

costruita, altamente comunicativa e riconoscibile, sia dal punto di vista del linguaggio

sia per ciò che concerne gli elementi visivi; essa riflette in ogni sua “forma e luogo” il

modus agendi e operandi e l’essenza stessa dell’associazione.

In Slow Food si coniugano le caratteristiche dei brand alle tendenze dei movimenti e

si sublimano in uno degli esempi più riusciti e interessanti dal punto di vista semiotico

di strategia comunicativa online. Come evidenziato nell’analisi svolta, il particolare

utilizzo dei social media e del portale ufficiale testimonia quindi la continua

commistione tra brand e movimento politico-sociale, tendenze solo in apparenza

distanti a livello comunicativo e per niente opposte in questo specifico contesto.

La doppia natura identitaria dell’associazione che si evince dalle pratiche messe in atto,

dalle iniziative proposte e dalla rilevanza delle sue attività in ambito internazionale, e si

proietta coerentemente sul complesso dei testi sul web che costruiscono l’immagine di

Slow Food e ne diffondono istanze e filosofia.

L’associazione di Petrini, che articola sapientemente la propria presenza nell’ambito

della comunicazione online, e in particolar modo dei social media, a livello globale,

nazionale e locale, fa propri alcuni linguaggi e determinate strategie enunciative che

l’avvicinano di volta in volta ai due diversi approcci, dimostrando un impianto

comunicativo ibrido, ma sempre coerente a se stesso, che si rivela efficace soprattutto

per quanto riguarda l’aspetto del coinvolgimento.

In una prospettiva di implementazione dell’utilizzo delle piattaforme online da parte

dell’associazione, si prevede la possibilità di una comunicazione maggiormente

partecipata, ossia l’impiego dei social media e degli strumenti del web, al fine di

interpellare realmente gli utenti, e costruire una rete internazionale di

individui, finalmente attivi e protagonisti dei processi e della vita associativa.

Page 75: Tesi michela locati

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RINGRAZIAMENTI

Un ringraziamento speciale alla mia correlatrice, la Dott.ssa Simona Stano, per la precisione,

la presenza e il supporto. Grazie, grazie Giuli, perché sarei ancora a un anno fa sotto la sabbia,

per la grandezza, l’amore (che non è una torta e non scade) e la ragione. Grazie

Paola&Corrado, per questi anni di entusiasmo e di fiducia, per aver atteso la fine senza

invadenza, e per l’orgoglio indiscriminato. A Plapla e al pendolino. Alla nonna e al nonno che

quest’anno sono passati a trovarmi, un po’ a sorpresa. Grazie a Casa Parma e ai satelliti, per i

pranzi, le notti, i buongiorni. Gre, le tue parole e l’effetto toradol che hanno su di me, Ste, le

mie spalle larghe e i miei piedi saldi, Drillo gancio dei ganci porta-ganci (mi fa fiera più di

tutto farti fiero). Nini e le domande e le orecchie aperte. Patti, i viaggi della speranza e le

seconde possibilità. Uait e Japochino e le digressioni da lavagnetta. Il gruppo vacanze

Foccabbindella, e quel cabbucio coi carciofi.. Pippo, ma dove savei senza di te? D.t.a, l.s.?

Grazie alle Officine Corsare di ieri e di oggi e soprattutto di domani, palestra e campo di

studio, un po’ sogno e un po’occasione. Monlu, Pont Neuf della mia chitarra… Franky e

Giaki per gli inverni e le aste di bestiame. Grazie alle Chicks, sferica certezza. Al Cecio e alle

sue dimostrazioni. Grazie a chi comprende le scelte e dà valore alle priorità, anche dopo un

certo sforzo d’immedesimazione. A chi conosce il bello di mangiare con le mani, e chi sa

perché faccio come faccio o non se lo chiede. Ma grazie soprattutto a chi arriva a cercare il

sale in frigo, sorridendo, senza un’ombra di disapprovazione.