Taddei, Monumenti Protobizantini Dell'Acropoli Di Amphipolis

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* Il presente contributo è stato elaborato nell’ambito del mio corso di perfezionamento presso la Scuola Archeologica Italiana di Atene (2006-2007) e portato a termine grazie a una borsa quadrimestrale del Ministero dell’Educazione della Repubblica Ellenica (YΠΘ). Ne devo l’ispirazione al prof. Salvatore Cosentino dell’Uni- versità di Bologna-Ravenna, cui va tutta la mia ricono- scenza. Fondamentali i colloqui con il prof. Charalambos Bakirtzis, ex-sovrintendente alla IX Eforia delle Antichità Bizantine di Thessaloniki nonché coordinatore delle più recenti campagne di scavo dei monumenti protobizantini di Amphipolis. Desidero poi ringraziare per i preziosi con- sigli e aiuti la prof.ssa Alessandra Guiglia Guidobaldi del- la “Sapienza” Università di Roma e la prof.ssa Angeliki Konstantakopoulou, dell’Università di Ioannina. Un rin- graziamento del tutto particolare va poi al prof. Georgios Gounaris dell’Università di Thessaloniki (ΑΠΘ), supervi- sore ufciale della ricerca, alla cui squisita cortesia e di- sponibilità devo l’opportunità di aver procuamente ap- profondito numerose questioni inerenti la Macedonia orientale in epoca protobizantina. 1 L’origine di tale denominazione, visto il signicato del lemma ottomano bezzazistan/bedesten, presupporrebbe lo stoccaggio e la vendita in loco del cotone, coltivato attiva- mente nella tarda epoca ottomana nell’area di pertinenza del villaggio di Yeniköy (oggi Nea Amphipoli), nelle im- mediate vicinanze della città antica. Cfr. COUSINÉRY 1831, I, 122-3. Sul villaggio di Yeniköy si veda BELLIER ET AL. 1986, 148-9 (s.v. Géni Kioï I). 2 Sullo sviluppo della città a partire dalle origini è bene consultare l’opera ancor oggi fondamentale di D. LAZARIDIS (1972), ricca di approfondimenti di carattere metodologico riguardanti il processo evolutivo dell’inse- diamento tra la preistoria e l’età ellenistico-romana. Sul tracciato murario classico ed ellenistico della città bisogna altresì fare riferimento ai numerosi studi pubblicati dal medesimo studioso: LAZARIDIS 1972, 62-4. LAZARIDIS 1975, 56-76. D. Lazaridis, Prakt 1975, 61-71. LAZARIDIS 1977, 194-214. LAZARIDIS 1986, 31-8, nonché alla recente messa a punto contenuta nella guida del sito, aggiornata e arricchita dai nuovi dati provenienti dagli scavi: LAZARIDIS 1994, 24-8, 34-49, 52, 55. Per quanto concerne il periodo romano, la cui conoscenza è ancora in via di formazione, si vedano soprattutto gli studi di Phanoula PAPAZOGLOU (1953, 7-24; 1988, 392-7) e di D. SAMSARIS (1976). Quel che no a oggi manca è una messa a punto diacronica sul- le trasformazioni che il tessuto urbano subì in età tardoan- tica. La breve guida archeologica di N. ZIKOS (1989), dedi- cata alla città di epoca protobizantina, si occupa quasi esclusivamente delle emergenze monumentali (i cinque grandi edici ecclesiastici, la cisterna e le due torri tardo- bizantine del sec. XIV). 3 SAMSARIS 1976, 137, n. 3. SAMSARIS 1989, 62, n. 9. 4 PAPAZOGLOU 1988, 392. La scelta di Amphipolis come capitale al posto di Filippi è signicativa; affermava in pro- posito Paul Lemerle: ‘Il est caractéristique qu’on ait préfé- ré Amphipolis, qui se trouvait à l’extrémité occidentale du district, à Philippes, de situation centrale: la choix doit s’expliquer à la fois pour la facilité des communications per mer avec Amphipolis, et par la décadence où l’épuise- ment très rapide du gisement aurifère dut faire tomber Philippes’. LEMERLE 1945, 10. La città di Amphipolis, in Macedonia orientale, occupa una posizione strategica per ragioni sia mili- tari sia economiche lungo la riva dello Strymon, nella piana alluvionale creata dal delta del ume. L’antica colonia ateniese di Amphipolis raggiunge la sua acme in periodo ellenistico, allorché la sua posizione in prossimità della costa dell’Egeo ne fa il principale centro di sfruttamento e smistamento per l’attività di estrazione delle miniere del Pangeo. L’enorme estensione – circa 240 ettari – racchiusa dalla cinta muraria esterna, il makron teichos di età classica ed ellenistica (Fig. 1:1), non fu naturalmente sede di occupazione stabile. Una seconda cinta mu- raria più interna, lunga complessivamente m 2200, racchiudeva, n dalle origini, il nucleo vero e proprio della città, ovvero la collina chiamata in età moderna ‘Bezesteni’ (μπεζεστένι) 1 e oggi indicata come ‘acropoli’, un rilievo naturale di forma allungata, con orientamento E-W. 2 Dopo la battaglia di Pidna (168 a.C.), la città diventa capoluogo della Macedonia Prima, uno dei quattro distretti amministrativi (partes, regiones) creati da Roma e poi aboliti nel 148 a.C. 3 . La riduzione a provincia della Macedonia non ebbe alcun riesso su Amphipolis, proclamata ‘città libera’, dotata di grande autonomia e avente diritto di battere moneta. 4 Gravemente danneggiata durante la guerra fra i Romani e i Traci alleati del re Mitridate, Amphipolis dovette andare incontro a una certa decadenza e a contrazioni dell’abitato probabilmente già alla ne I MONUMENTI PROTOBIZANTINI DELL’ACROPOLI DI AMPHIPOLIS * ASAtene LXXXVI, serie III, 8, 2008, 253-310

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I monumenti protobizantini dell'acropoli di Amphipolis, in Annuario della Scuola Archeologica Italiana di Atene, vol. LXXXVI, serie III,8 (2008).

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I MONUMENTI PROTOBIZANTINI DELLACROPOLI DI AMPHIPOLIS*

La citt di Amphipolis, in Macedonia orientale, occupa una posizione strategica per ragioni sia militari sia economiche lungo la riva dello Strymon, nella piana alluvionale creata dal delta del ume. Lantica colonia ateniese di Amphipolis raggiunge la sua acme in periodo ellenistico, allorch la sua posizione in prossimit della costa dellEgeo ne fa il principale centro di sfruttamento e smistamento per lattivit di estrazione delle miniere del Pangeo. Lenorme estensione circa 240 ettari racchiusa dalla cinta muraria esterna, il makron teichos di et classica ed ellenistica (Fig. 1:1), non fu naturalmente sede di occupazione stabile. Una seconda cinta muraria pi interna, lunga complessivamente m 2200, racchiudeva, n dalle origini, il nucleo vero e proprio della citt, ovvero la collina chiamata in et moderna Bezesteni ()1 e oggi indicata come acropoli, un rilievo naturale di forma allungata, con orientamento E-W.2 Dopo la battaglia di Pidna (168 a.C.), la citt diventa capoluogo della Macedonia Prima, uno dei quattro distretti amministrativi (partes, regiones) creati da Roma e poi aboliti nel 148 a.C.3. La riduzione a provincia della Macedonia non ebbe alcun riesso su Amphipolis, proclamata citt libera, dotata di grande autonomia e avente diritto di battere moneta.4 Gravemente danneggiata durante la guerra fra i Romani e i Traci alleati del re Mitridate, Amphipolis dovette andare incontro a una certa decadenza e a contrazioni dellabitato probabilmente gi alla ne

* Il presente contributo stato elaborato nellambito del mio corso di perfezionamento presso la Scuola Archeologica Italiana di Atene (2006-2007) e portato a termine grazie a una borsa quadrimestrale del Ministero dellEducazione della Repubblica Ellenica (Y). Ne devo lispirazione al prof. Salvatore Cosentino dellUniversit di Bologna-Ravenna, cui va tutta la mia riconoscenza. Fondamentali i colloqui con il prof. Charalambos Bakirtzis, ex-sovrintendente alla IX Eforia delle Antichit Bizantine di Thessaloniki nonch coordinatore delle pi recenti campagne di scavo dei monumenti protobizantini di Amphipolis. Desidero poi ringraziare per i preziosi consigli e aiuti la prof.ssa Alessandra Guiglia Guidobaldi della Sapienza Universit di Roma e la prof.ssa Angeliki Konstantakopoulou, dellUniversit di Ioannina. Un ringraziamento del tutto particolare va poi al prof. Georgios Gounaris dellUniversit di Thessaloniki (), supervisore ufciale della ricerca, alla cui squisita cortesia e disponibilit devo lopportunit di aver procuamente approfondito numerose questioni inerenti la Macedonia orientale in epoca protobizantina. 1 Lorigine di tale denominazione, visto il signicato del lemma ottomano bezzazistan/bedesten, presupporrebbe lo stoccaggio e la vendita in loco del cotone, coltivato attivamente nella tarda epoca ottomana nellarea di pertinenza del villaggio di Yeniky (oggi Nea Amphipoli), nelle immediate vicinanze della citt antica. Cfr. COUSINRY 1831, I, 122-3. Sul villaggio di Yeniky si veda BELLIER ET AL. 1986, 148-9 (s.v. Gni Kio I). 2 Sullo sviluppo della citt a partire dalle origini bene consultare lopera ancor oggi fondamentale di D.

LAZARIDIS (1972), ricca di approfondimenti di carattere metodologico riguardanti il processo evolutivo dellinsediamento tra la preistoria e let ellenistico-romana. Sul tracciato murario classico ed ellenistico della citt bisogna altres fare riferimento ai numerosi studi pubblicati dal medesimo studioso: L AZARIDIS 1972, 62-4. L AZARIDIS 1975, 56-76. D. Lazaridis, Prakt 1975, 61-71. LAZARIDIS 1977, 194-214. LAZARIDIS 1986, 31-8, nonch alla recente messa a punto contenuta nella guida del sito, aggiornata e arricchita dai nuovi dati provenienti dagli scavi: LAZARIDIS 1994, 24-8, 34-49, 52, 55. Per quanto concerne il periodo romano, la cui conoscenza ancora in via di formazione, si vedano soprattutto gli studi di Phanoula PAPAZOGLOU (1953, 7-24; 1988, 392-7) e di D. SAMSARIS (1976). Quel che no a oggi manca una messa a punto diacronica sulle trasformazioni che il tessuto urbano sub in et tardoantica. La breve guida archeologica di N. ZIKOS (1989), dedicata alla citt di epoca protobizantina, si occupa quasi esclusivamente delle emergenze monumentali (i cinque grandi edici ecclesiastici, la cisterna e le due torri tardobizantine del sec. XIV). 3 SAMSARIS 1976, 137, n. 3. SAMSARIS 1989, 62, n. 9. 4 PAPAZOGLOU 1988, 392. La scelta di Amphipolis come capitale al posto di Filippi signicativa; affermava in proposito Paul Lemerle: Il est caractristique quon ait prfr Amphipolis, qui se trouvait lextrmit occidentale du district, Philippes, de situation centrale: la choix doit sexpliquer la fois pour la facilit des communications per mer avec Amphipolis, et par la dcadence o lpuisement trs rapide du gisement aurifre dut faire tomber Philippes. LEMERLE 1945, 10.

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Fig. 1 - Amphipolis, pianta della citt (da LAZARIDIS 1994, 23, g. 5 e BAKIRTZIS 2000, 162, pianta 1, rielaborazione dellA.).

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dellet repubblicana. In et augustea Amphipolis fu probabilmente in gran parte riedicata. Labitato si concentr sulla cosiddetta acropoli. Se le testimonianze letterarie ed epigrache di et romana non sono particolarmente numerose e surclassate per numero e rilevanza da quelle di epoca ellenistica,5 ancora pi desolante il panorama riguardante lepoca tardoantica. Il passaggio della via Egnatia, che nel I secolo d.C. aveva fatto della citt una delle tappe del viaggio di san Paolo da Filippi a Tessalonica,6 continu ad assicurare ad Amphipolis una sua rilevanza no in et protobizantina. Ci dimostrato dalla sua presenza negli itinerari. Una civitas Amphipolim compare infatti nello Itinerarium Hierosolimitanum sive Burdigalense, del 333.7 Essa gura poi fra le citt macedoni elencate nella tarda Cosmographia dellAnonimo Ravennate.8 Inne il Synekdemos di Hierokles, il manuale o prontuario amministrativo redatto attorno al 527 mutuando informazioni da unopera pi antica, composta attorno al 460, pone Amphipolis fra le citt della Macedonia Prima, nome che non designa pi lantica provincia romana ma una delle due nuove eparchiai derivanti dalla suddivisione della Macedonia avvenuta probabilmente verso la met del V secolo d.C.9 Quanto alla genesi della comunit cristiana e alla creazione della sede episcopale ampolitana abbiamo a disposizione solamente attestazioni piuttosto tarde, solitamente di epoca mediobizantina, come nel caso dei sinassari e dagli atti dei martiri. Tali opere non forniscono sicuri elementi datanti ma, a distanza di secoli, il riesso di una certa vivacit della comunit locale, che forse dovette risentire, a partire dalla ne del III secolo, della positiva inuenza della vicina e orente ecclesia di Filippi.10 Per tutto il IV secolo non si hanno informazioni di sorta: la testimonianza relativa a un vescovo Narcissus, il quale avrebbe siglato gli atti del Concilio di Sardica del 343 si rivelata priva di afdabilit alcuna, dal momento che il presule in questione non era titolare di Amphipolis, come ebbe a sostenere M. Le Quien, ma di Eirenopolis in Cilicia.11 La mancanza di elementi certi relativi a una struttura ecclesiastica in periodi anteriori potrebbe essere spiegata con una creazione tardiva della sede episcopale, forse nel V secolo, allorch fu creata la maggior parte delle sedi episcopali macedoni. Per i tempi pi antichi la vicinanza con la sede di Filippi potrebbe rendere verosimile una dipendenza della comunit di Amphipolis da questultima.12 Per quanto concerne i documenti ufciali bisogna attendere addirittura il V concilio ecumenico di Costantinopoli del 553. Nella lista conciliare, infatti, la sessantanovesima rma, nellordine, quella del vescovo Alessandro di Amphipolis.13 Una seconda attestazione quella di un vescovo Andrea, il quale

5 Riguardo al materiale epigrafico si veda S AMSARIS 1976, 137, n. 3. PAPAZOGLOU 1988, 395, n. 75. 6 Atti degli Apostoli 17.1: , . 7 CUNTZ 1929, 48, n 320,4; 50, n331,1; 99 n604,4. 8 SCHNETZ 1940, col. 194,11; 373,13. 9 HONIGMANN 1939, 15, n640,2; si veda inoltre alle pp. 1-2, per la datazione del Synekdemos. KONSTANTAKOPOULOU 1984, 74-8 (con bibliograa) discute la complessa questione della cronologia di tale riforma amministrativa, essenzialmente dovuta allesigenza di meglio contenere le incursioni degli unni di Attila fra il 441 e il 448 d.C. 10 Sulle origini e lo sviluppo del cristianesimo di Amphipolis si veda innanzitutto il Dictionnaire dhistoire et de gographie ecclsiastiques (Paris 1914, II, coll. 134850). Una pi recente messa a punto reperibile in KONSTANTAKOPOULOU 1984, 130-1: i personaggi ivi elencati sono Auktos, Taurion e Thessalonike, martirizzati in Amphipolis; a essi si aggiunge il presbitero Mocius/ Mokios, la cui passio anonima, probabilmente post-giustinianea, fornisce gi allinizio del I capitolo una datazione: egli sub il martirio a Byzantion , dunque fra il 17 novembre 287 e il 16 novembre 288. Mokios detto essere: [...] ...: DELEHAYE 1912, 163. HALKIN 1965, 10, n. 1. La stessa datazione apposta alla passio di Theoktistos contenuta nel Cod. Patm. 273, del sec. X. Theoktistos detto essere sacerdote della Chiesa di Amphipolis. Nella medesima citt fu arrestato e inizialmente processato. Fr. Halkin ipotizzava un legame

reale tra Theoktistos e la citt, forse perch egli vi dimor o perch vi era onorato. Tuttavia concludeva: Dautre part, vu que la Passion prsente le martyr comme un simple prtre et ne donne pas le moins du monde entendre quun vque tait la tte de la communaut, il parait probable quelle a t rdige une poque o le diocse dAmphipolis tait dj supprim depuis longtemps, soit au VIIIe soit au IXe sicle: HALKIN 1955, 60-2. 11 L E Q UIEN 1740, tit. XII, col. 83 riporta: Epistolae Sardicensis synodi ad ecclesias subscriptus legitur Narcissus de Macedonia ab Anapoli. Legendum ubique ab Amphipoli; DVORNIK 1926: 33, n. 4. KONSTANTAKOPOULOU 1984: 155, n. 108. PAPAZOGLOU 1988, 396, n. 87. 12 KONSTANTAKOPOULOU 1984, 155-6. 13 MANSI 1754-98, IX, col. 392: Alexander episcopus Amphipoleos primae Armeniae. STEIN 1949, 663 e 662, in n. afferma che Amphipoleos primae Armeniae est une erreur, au lieu de primae Macedoniae, car Just. nov. 31, c. I nous permet dafrmer quil ny a dAmphipolis dans aucune des provinces armniennes. Cf. KONSTANTAKOPOULOU 1984, 156, n. 110. PAPAZOGLOU 1988, 396, n. 86, ove ci si sofferma a margine sulla questione accettando lemendamento di Stein in primae Macedoniae recepito anche da CHRYSOS 1966, 29 affermando comunque la natura anacronistica dellespressione, dal momento che probabilmente gi nel decennio 535-45 la Macedonia era tornata a essere una provincia unica. PAPAZOGLOU 1956, 120. KOSTANTAKOPOULOU 1984, 82, n. 1. Cf. inoltre, CHRYSOS 1966, 19 (lista delle presenze conciliari): Considentibus in secretario venerabilis episcopii huius regiae civitatis [...] LXVIIII Alexandro reverentissimo episcopo Amphipolitano; 136, n. 31.

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prese parte ai lavori del concilio quinisesto di Costantinopoli, detto in Trullo, del 691/2.14 Unultima attestazione della sede ampolitana quella contenuta nella notitia episcopatuum 3, detta degli iconoclasti (Cod. Paris. gr. 1555 A), redatta probabilmente nel IX secolo, in ogni caso posteriormente al II concilio di Nicea del 787. Qui la Chiesa di Amphipolis detta dipendere dalla sede metropolitana di Tessalonica. La notitia, che riette il passaggio dellIllirico orientale alla giurisdizione del patriarcato di Costantinopoli, avvenuto nel 739, tuttavia nota per essere un testo compilativo di scarsa afdabilit storica e potrebbe rientrare nella medesima tendenza allanacronismo invocata nel caso della lista conciliare del 691/2.15 1. - LA CITT PROTOBIZANTINA 1.1. - Introduzione A partire dalla seconda met del III o nel IV secolo, probabilmente a causa delle prime pressioni esercitate sul limes dalle popolazioni di stirpe gotica stanziate a N del Danubio, si dovette procedere a unopera di forticazione di tutti quei centri a prescindere dal loro statuto civico ritenuti chiave per la difesa della regione. A questo punto, giocoforza che parte almeno delleredit architettonica ellenistica e romana della citt si traduca rapidamente in materiale disponibile per la rapida erezione di sistemi di difesa per fronteggiare lemergenza. Amphipolis non si sottrae a tale stato di cose e gi in epoca tardoantica abbandoner lindifendibile makron teichos, affrettandosi a restaurare lesoterikon teichos con i primi spolia. Il caso di Amphipolis rispecchia effettivamente alcune delle modicazioni subite dai siti urbani della Macedonia e della Tracia sulla spinta delle invasioni. Da una parte vanno infatti considerate la frequenza e la portata distruttiva delle incursioni, dallaltra, che lo smantellamento dellapparato militare illirico, voluto da unautorit centrale pesantemente impegnata nella difesa del fronte persiano durante tutto il V secolo creava una sorta di disorganizzazione permanente della difesa e di permeabilit del conne. Si aggiunga, a partire dal VI secolo, lincidenza dei fenomeni sismici ed epidemici nonch la differente natura delle invasioni stesse, guidate ora dagli Avaro-Slavi e tendenti a un lento e progressivo stanziamento nei territori bizantini. In questo quadro si assiste a molteplici casi di rimodellamento o abbandono delle citt, dovuti in primo luogo allinsicurezza ma anche al disegnarsi per pi cause di una nuova geograa del popolamento. Alcuni centri antichi della Macedonia sono evidentemente candidati a sopravvivere alla crisi militare del V secolo: Amphipolis, con il suo naturale sbocco al mare e la sua collocazione lungo la via Egnatia in qualit di principale tappa intermedia fra Tessalonica e Filippi, si trova fra questi. Tali centri niscono per adottare un nuovo fulcro urbanistico di ridotte dimensioni, protetto da mura. Lantica polis/civitas trasforma pertanto la sua immagine in quella di un kastron. A queste citt si aggiungono poi i nuovi kastra episcopali, agglomerati caratterizzati anchessi da attivit edilizia ecclesiastica su vasta scala e che rappresentano un portato del processo di decentralizzazione dei poteri attuato nel VI secolo. Questultimo uno degli aspetti pi interessanti messi in evidenza di recente da A. Dunn e aiuta anche a comprendere meglio alcune delle modalit del nuovo sistema difensivo dei phrouria illirici voluto da Giustiniano, sistema difensivo attuato in concomitanza con la riforma ecclesiastica della regione negli anni 530-5.16 Ad Amphipolis non dunque previsto labbandono dellantico sito ma le drastiche contrazioni demograche vericatesi probabilmente per tutto il corso del V secolo costituiscono loccasione per lerezione della prima cinta protobizantina, mentre un ulteriore decremento, nel VI secolo, deve aver portato alla realizzazione della seconda cinta, un robusto muro N-S che restringe ulteriormente il nucleo dellabitato. Questo muro, in realt, non fa altro che forticare con maggiore efcienza quello che potremmo denire in maniera forse impropria come il centro direzionale cittadino, affollato di edici pubblici di grandi

14 LE QUIEN 1740, tit. XII, col. 83 riporta: Subscriptus quoque legitur quini-sextae synodi canonibus Andreas episcopus Amphipolis, . MANSI 1754-98, XI, col. 993 reca: Andreas peccator episcopus Amphipolis definiens subscripsi. 15 Per un inquadramento storico di questa fonte scarsamente afdabile v. DARROUZS 1981, 32-3; in particolare

235-6, dove riportato il testo della taxis gerarchica delle diciotto sedi episcopali (poleis) della Macedonia (eparchia XI, ll. 257-76) sottoposti allautorit della metropolis di Tessalonica; al 15 posto (l. 272) figura il vescovo di Amphipolis: [] [] () . PAPAZOGLOU 1953: 13, n. 34. PAPAZOGLOU 1988, 27 e nn. 66-7; 397, n. 93. 16 DUNN 1999, 402-3, 405, n. 35.

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dimensioni, religiosi e laici. Questo fenomeno urbano negativo, il quale si accompagna a unevidente essione del tenore economico dellantica polis, come dimostrato dalla progressiva demonetizzazione e dal perdurare del saccheggio degli edici antichi, corrisponde tuttavia a quella che si pu denire come lultima stagione monumentale della citt.17 Non abbiamo ancora unidea precisa di come si presentasse lantica civitas, di quale fosse cio la sua articolazione urbanistica e monumentale durante lintervallo cronologico abbracciato dalla scarna periodizzazione di cui si ora fatta parola. Gli elementi a nostra disposizione, in gran parte frutto di congetture o di procedimenti di lettura per analogia del dato archeologico, a partire dai modelli costituiti dai centri urbani macedoni su cui si possiedono maggiori informazioni, sono in numero estremamente limitato e vale la pena discuterne in sede preliminare. Ci premesso, non possibile evitare unimpressione di forte contrasto qualora si confronti la scarsit di notizie disponibili su Amphipolis tardoantica e protobizantina con la notevole evidenza monumentale di tale fase storica, restituita in gran parte dallindagine archeologica. La presenza fortemente caratterizzante degli edici ecclesiali nora noti nellarea della acropoli nisce per condizionare limmagine stessa della citt in senso cristiano, una visione parziale che rischia se non altro in ambito terminologico di creare una cesura, di fatto inesistente, fra citt antica e citt cristiana o paleocristiana. Al contrario, la continuit abitativa sul sito dellacropoli e la reiterata sovrapposizione degli organismi monumentali e non, siano essi di carattere pubblico o privato, si traduce in un permanente processo di obliterazione e di spoliazione. Solo i recenti ritrovamenti pertinenti a epoca romana potranno in tal senso essere di aiuto per una migliore contestualizzazione degli edici ecclesiali, specie qualora si pervenga a nuove conoscenze sulla realt urbana in cui essi andarono a inserirsi. Lerezione delle basiliche di Amphipolis avvenne in data abbastanza tardiva, a mio parere dopo la met del V secolo, ma il vuoto cronologico che interessa tutto il IV secolo e parte del V, segno di un fenomeno tardivo di sviluppo degli edici cristiani, non riveste alcun carattere di peculiarit se si tiene conto che in area ellenica esiste un numero ristretto di organismi ecclesiali di dimensioni monumentali anteriori allanno 400. Forse concorsero anche motivi di ordine puramente pratico, legati alla difcolt di reperire spazi nel cuore di quello che era ancora un tessuto urbano vitale e omogeneo.18 Ed probabile che labitato antico di Amphipolis, per quanto in decadenza, mostrasse ancora no alla met del V secolo unomogeneit tale da rendere complicata la collocazione di nuovi edici di elevate dimensioni. Con le distruzioni seguite alle invasioni per un verso, per laltro con il periodo di relativa tranquillit portato dai patti siglati fra limpero e i Goti nel 473 e la partenza di Teoderico lAmalo per lItalia nel 488, si delinearono nuove possibilit di intervento edilizio.19 Forse anche ad Amphipolis venne colta loccasione di riprogettare la collina dellacropoli e di trasformarla radicalmente tramite linserimento si potrebbe dire invasivo delle grandi basiliche. Gli edici ecclesiastici pi antichi le basiliche , , e non sembrerebbero anteriori alla seconda met del V secolo. La loro edicazione probabilmente coincide con uniniziativa di evergetismo episcopale legata alla fondazione della nuova sede. Per altro verso, come si potuto affermare sulla base delle pi recenti indagini, larticolazione icnograca dei nuovi edici basilicali sembra essersi adattata in pi punti a un reticolo viario, forse preesistente.20 Rimane un ulteriore quesito cui, a mio vedere, non stata ancor oggi data una risposta esaustiva: premesso che la concentrazione elevata di edici di grandi dimensioni entro uno spazio ristretto a pochi ettari non lascia spazio allo sviluppo di un tessuto urbano che costituisca la ragion dessere stessa di tali edici, dove si estendeva labitato di Amphipolis? Si deve pensare che alla popolazione bastasse la sola collina dellacropoli o piuttosto i pochi spazi che ivi rimangono liberi? Sembrerebbe difcile da credere. Una parte non trascurabile dellabitato doveva con molta probabilit estendersi extra moenia, nellarea della citt ellenistica e romana senza aver mai cessato di sfruttare lantico reticolo urbano, salvo ovviamente addensarsi attorno al nuovo muro per evidenti ragioni di sicurezza. purtroppo impossibile essere pi precisi in attesa di una conferma o di una smentita che ancora una volta pu venire soltanto dallindagine archeologica.21

DUNN 1999, 402-3. Si veda, in particolare, SPIESER 1984, 329-30. T ORP 1993, 132 e n. 91 (con bibliograa). 19 SPIESER 1984, 330. 20 Come dimostrato da Ch. Bakirtzis, Prakt 1996, 22941, in part. 241. 21 Gi nel 1980 G. Lavvas, pur sulla scorta degli scarsi dati archeologici allora a disposizione, sottolineava la densit del nucleo ampolitano e la poca distanza intercorren17 18

te tra i quattro edici basilicali allepoca noti: LAVVAS 1980, 411. Un cenno sul problematico rapporto fra cinta muraria protobizantina ed edici ecclesiali di Amphipolis reperibile in SNIVELY 2007: 739, 744. Ringrazio ancora una volta il prof. G. Gounaris con il quale ho avuto modo di discutere sulla interessante questione della dislocazione dei quartieri abitativi nelle citt macedoni in et protobizantina, questione apparentemente trascurata nel caso specico di Amphipolis.

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1.2. - Larticolazione sociale Non possibile avere unidea precisa dellarticolazione sociale della citt in questepoca ma Amphipolis non doveva sicuramente sottrarsi alle tendenze evolutive in atto negli altri grandi centri urbani dellarea macedone e, pi in generale, della regione a S del Danubio. Vale dunque la pena di integrare le poche conoscenze con lanalisi dei dati provenienti dalla pubblicazione in molti casi recente di documenti epigraci, quasi tutti di carattere funerario, oggi conservati nei musei di Kavala e Amphipolis.22 Le iscrizioni funerarie di Amphipolis, datate fra la ne del IV e il VI secolo, bench documenti privati estremamente laconici e generici, lasciano aforare i contorni di una comunit laica ed ecclesiastica ormai strutturata gerarchicamente. Vediamo ad esempio che laristocrazia locale rappresentata nella lastra del proteuon Euphimos, attribuita a data alta (secc. IV-V) e purtroppo mutila della seconda qualicazione del defunto, forse un membro della curia municipale.23 Nel museo di Kavala si trovano conservati due frammenti di incerta provenienza, probabilmente pertinenti a una medesima stele funeraria da attribuirsi a un Giovanni hypodiakonos (sec. V),24 mentre dallo scavo delledicio a pianta centrale noto come basilica E emerse la lapide di un secondo personaggio dal nome incerto (Paramonos?), detenente forse la dignit di anagnostis (v. pi avanti). Gradi pi elevati della gerarchia sono testimoniati dalla stele di Posidonios diakonos (secc. V-VI) e da quella di Sekoundinos presbyteros (sec. V).25 Un lungo e bellepitafo di un personaggio di ignota professione, di nome Likkon, contenuto in unepigrafe (secc. V-VI), proveniente dalla necropoli cristiana e oggi perduta. Nel testo si presta giuramento nel nome della diocesi e del clero di Amphipolis: + , + , () +.26 Nella medesima epoca si colloca un cippo di delimitazione rinvenuto nel 1939 sulla riva sinistra dello Strymon, anchesso oggi perduto, recante liscrizione () ().27

Pubblicate in DOUKATA DEMERTZI KOMMATAS 1998, 127-46. 23 Museo di Kavala inv. n 1197. Di incerta provenienza. Vi , daltronde, chi ritiene E non essere il nome del defunto ma unulteriore qualicazione della sua posizione sociale rinomato, di buona fama: DOUKATA DEMERTZI KOMMATAS 1998, 132-3, g. 6. Altri lo indicano quale nome del defunto: ZAPHIRIOU 1998, 165. FEISSEL 2006, 32. Il titolo ufciale di protos o proteuon appare in Oriente alla ne del III secolo e corrisponde al latino principalis o primas di una curia o di un ofcium. Gi nel IV-V secolo probabilmente esso si rese indipendente dalla carriera municipale e assunse un carattere ereditario. Con la crisi del sistema curiale i proteuontes cominciarono a essere reclutati fra i non curiali, soprattutto fra la classe di notabili municipali in ascesa. Sullargomento si veda LANIADO 2002, 201-11. Il quadro dei rapporti fra i proteuontes e il potere episcopale viene delineato in DURLIAT 1990, 313-6.22

Nn 252 e 305. Nella proposta ricomposizione si legge: + +. D O U K ATA DEMERTZI KOMMATAS 1998, 129-30, gg. 1-2. 25 Mus. Arch. Amphipolis inv. nn 679 e 463. A queste si aggiunga un altro frammento, sempre nel Museo di Amphipolis (n 3/93.15), anchesso del V-VI secolo, proveniente dallo scavo della cinta muraria e recante liscr. C(). DOUKATA DEMERTZI KOMMATAS 1998, 130-2, gg. 3-4; 134, g. 7. FEISSEL 2006, 32, n 111. 26 Il testo integrale dellepigrafe reperibile in PERDRIZET 1894, 426-7; DIMITSAS 1896, II, 714, n 889; PAPASTAVROU 1936, 92, n 53; FEISSEL 1983, 180, n 215; PAPAZOGLOU 1988, 397, n. 88, non accetta di vedere Likkon come un episkopos, ruolo che invece gli attribuito da KOSTANTAKOPOULOU 1984, 155, 424 e, pi di recente, da ZAPHIRIOU 1998. 27 ROGER 1945, 53, n 5, fig. 10; FEISSEL 1983, 177, n 211, tav. 50. PAPAZOGLOU 1988, 397 e n. 89.24

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1.3. - Lultima fase dellabitato e la sua scomparsa La presenza di un presule ampolitano al concilio di Costantinopoli del 691/2 rappresenta uno dei punti nevralgici della discussione inerente la decadenza e distruzione della citt. Ph. Papazoglou, che riconduce la ne di Amphipolis alle invasioni slave incline, sulla scia di Ostrogorsky, a postulare un mantenimento in vita puramente formale della sede episcopale nellattesa del ristabilimento delleffettivo controllo bizantino sulla regione e della conseguente restaurazione dellamministrazione ecclesiastica.28 I ritrovamenti numismatici nel sito di Amphipolis protobizantina parlano in favore di una progressiva demonetizzazione, certamente un fenomeno di lunga durata. Tuttavia, un aggravarsi del sintomo avviene gi nel VI secolo, con una drastica riduzione della circolazione: contro i cinquantadue esemplari nel periodo fra IV e V secolo, se ne hanno solamente undici nel VI, con un unico esemplare per il regno di Maurizio (582-602). Il quadro delineatosi in tal modo lascerebbe intendere che la scomparsa della citt sia avvenuta in seguito alla seconda invasione avaro-slava, nel secondo decennio del VII secolo, la stessa che port alla distruzione di Filippi e alloccultamento di tesori monetari a Thasos e in Calcidica. Si delineerebbe pertanto un percorso dellincursione tale da aver sicuramente interessato Amphipolis.29 Il prolo del crollo della circolazione monetaria cui si fatto cenno potrebbe costituire il portato di un processo di contrazione analogo a quello intervenuto per labitato della vicina Thasos dopo il terremoto del 550/1.30 Proprio sul fattore sismico si di recente concentrata lattenzione al ne di spiegare il processo di decadenza di alcuni signicativi siti della Macedonia orientale e, soprattutto, la distruzione della loro facies monumentale tra il nire del VI e linizio del VII secolo.31 La contrazione e il declino dellabitato urbano di Amphipolis nel VI secolo contribuisce a dar vita a una fase di pre-abbandono, di carattere progressivo, come dimostrato dalla formazione di abitati temporanei fra le rovine degli edici ecclesiastici e dai nuclei di aggregazione efmera, segno di una generale ruralizzazione del sito.32 La cessazione della vita urbana, nei primi decenni del VII secolo, di un centro cos importante dal punto di vista politico e commerciale probabilmente dovuta non ad una quanto piuttosto alle molteplici concause (sismologia, prolungata instabilit politica, recessione economica etc.) effettivamente alla base di un diffuso e inevitabile calo demograco nella regione.33 Lattivit di riorganizzazione dei kastra della Tracia, iniziata nel 755/6 sotto limperatore Costantino V ed estesa probabilmente nei primi anni del IX secolo a quelli della Macedonia sudorientale, non sembra aver comportato una rifondazione di Amphipolis, il cui scavo, eccettuato un unico follis di Teolo (829-43; v. pi avanti) non ha restituito ceramica del periodo mediobizantino. Il progressivo accumulo di detriti (il sito dellantica citt si trovava nel X secolo ormai a km 5 di distanza dal mare) e la tendenza a spostare determinati insediamenti verso la costa, rese preferibile la costruzione di una nuova citt direttamente nelle terre dellestuario. Il nuovo centro, Chrysoupolis, conoscer una storia di ininterrotta occupazione no al XVI secolo.34 1.4. - Lepigrafe di Leon episkopos Nel 2006 D. Feissel tornato a discutere di due signicative epigra tarde, pubblicate di recente. Le due iscrizioni grafte in maniera assai rozza sono incise su di un piccolo bomos antico di recupero con rafgurazione di comasti. Il luogo di rinvenimento corrisponde al settore NW della cinta muraria protobizantina. Liscrizione votiva (secc. VII-VIII?) corrispondente alla prima fase di reimpiego certamente la pi interessante, dal momento che vi si nomina un Leon episkopos:

28 PAPAZOGLOU 1988, 397. OSTROGORSKY 1959, 58, n. 49, seguito da KOSTANTAKOPOULOU 1984, 203 sosteneva che Andrea fosse un vescovo titolare senza giurisdizione effettiva. La titolarit veniva infatti mantenuta anche dopo leventuale distruzione della sede di pertinenza. Il dibattito sullargomento, molto vivace, ben sintetizzato in STAVRIDOU-ZAPHRAKA 1995, 308, n. 11. 29 KOSTANTAKOPOULOU 1984, 203. 30 BAKIRTZIS 1983, 58. 31 BAKIRTZIS 1999, 123-8. 32 Tale opinione espressa anche da DUNN 1998, 342. Cf., inoltre, DUNN 2004, 543, g. 3: ove vengono recensiti, soltanto nella zona a S della citt antica, almeno sei inse-

diamenti extramuranei di tipo commerciale, tutti con supercie inferiore ai m2 100, fatto che ha portato lautore ad affermare che lestensione ristretta della citt forticata va letta come conseguenza dellesodo di popolazione verso nuovi centri di aggregazione rurale dellhinterland. 33 Basterebbe pensare alla spaventosa contrazione dellabitato e al crollo verticale del livello di cultura materiale urbana di Atene allindomani della invasione avaroslava del 582 d.C. (cf. AGORA XXIV, 93-4), invasione che, tuttavia, non imped una certa forma di continuit dellabitato e, perno, il mantenimento di alcuni degli organismi monumentali della citt antica e protobizantina. 34 DUNN 1999, 405-6.

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[ -] [] [] [] [] [] . .35 Lindicazione della data [=640] a partire dalla creazione del mondo purtroppo priva di senso ove non venga integrata con una cifra corrispondente alle centinaia. Viene ovviamente scartato il 6040 (=531/2 d.C.) dal momento che in epoca giustinianea non era ancora invalso il sistema di computo a partire dalla creazione del mondo. Feissel, il quale pone dubitativamente liscrizione nellVIII secolo, suggerisce il 6240, corrispondente al 731/2 d.C., ma neppure ritiene possibile escludere una datazione al secolo successivo.36 Diversa lopinione di G. Velenis, il quale legge con sicurezza la datazione come () , vale a dire nellanno 6191 (= 681/2 d.C.).37 In ogni caso, il rinvenimento nel contesto della cinta muraria ampolitana di unattestazione episcopale cos tarda, sebbene evidentemente dovuta alla mano di semplici fedeli,38 riapre certamente la discussione sulla fase nale di vita della citt e sullesistenza di un episcopato in data estremamente avanzata e in condizioni di abitato precario. Poich il manufatto di sicura provenienza locale, va ad aggiungersi allisolato follis di Teolo (829-42), rinvenuto da Eu. Stikas durante lo scavo delle basiliche.39 2. - LE FORTIFICAZIONI PROTOBIZANTINE DELLACROPOLI Il sistema difensivo di Amphipolis protobizantina recinge quella altura naturale cui corrispondeva il toponimo greco-ottomano Bezesteni e nella quale Lazaridis identic il sito dellacropoli della citt ellenistica, gi protetto da una sua forticazione autonoma, nota con il nome di esoterikon teichos (Fig. 1:2).40 Essa caratterizzata da fasi di epoca ellenistica e romana, e venne gi rimaneggiata e ristretta in epoca tardoantica, come risulta dalle riparazioni al settore orientale in corrispondenza della porta oggi designata come porta E (Fig. 1) e da un tratto di forticazione realizzato con materiale di spoglio, rinvenuto nel 1983 lungo il versante occidentale della collina (Fig. 1:3).41 La nuova cinta protobizantina ingloba un segmento del lato S di tale forticazione. Larea inclusa entro la nuova cinta (Fig. 1:4) di forma sostanzialmente rettangolare e assai pi ristretta rispetto a quella difesa dallo esoterikon teichos. Essa corrisponde alla zona in cui oggi sorgono i resti dei cinque grandi edici ecclesiali e della cisterna monumentale. La cinta protobizantina dellacropoli, il cui perimetro misura circa m 1105 a fronte di uno spessore dellapparato variabile tra i m 1,65 e i m 2,75, realizzata con pietre, blocchi marmorei ed elementi architettonici provenienti da edici della citt antica. Fu indagata in tutta la sua estensione nel corso di due successive campagne di scavo (1988-9 e 1993-6), sotto la supervisione di Ch. Bakirtzis.42

Mus. Arch. Amphipolis n 3/88.1. La seconda iscrizione, corrispondente alla seconda fase di riuso del bomiskos probabile sia cronologicamente non distante dalla prima. Essa contiene uninvocazione di tipo apotropaico: + () [] ()[ ] () () [] [ ] [...]. DOUKATA DEMERTZI KOMMATAS 1998, 138-41, gg. 14-6. Cf. FEISSEL 2006, 33. 36 FEISSEL 2006, 33, n 112, ove si propone anche lintegrazione del nome in Leontios anzich Leon. 37 VELENIS 2005, 7-10, gg. 1-2: nuova proposta di lettura del nome del dedicante come Leonides anzich Leon o Leontios. 38 DOUKATA DEMERTZI KOMMATAS 1998, 140. 39 Eu. Stikas, Prakt 1969, 55-8, in part. 58, purtroppo senza ulteriori indicazioni sul luogo di rinvenimento.35

D. Lazaridis, Prakt 1976, I, 88-98, in part. 90: Gi a partire dal 1960 Lazaridis aveva individuato le prime tracce del muro di cinta dellacropoli, il cui perimetro misura circa m 2200. Lesistenza di una cittadella in Amphipolis veniva attestata da Diodoro Siculo (XIX. 52,4): [] . 41 Sullo esoterichon teichos v. LAZARIDIS 1986, 37-8; PAPAZOGLOU 1988, 393-4. Sul rinvenimento del tratto di muro tardo romano: D. Lazaridis, Prakt 1983, 35-41, in part. 37-8, tavv. 44-46; LAZARIDIS 1994, 55. 42 Ch. Bakirtzis, Prakt 1988, 135-42; Prakt 1989, 21621; Prakt 1996, 229-41. Le lettere adoperate in questa sede per indicare le torri e le porte della cinta protobizantina sono le medesime stabilite da Bakirtzis nelle pubblicazioni sopra citate.40

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2.1. - Lato occidentale Il primo tratto rimesso in luce, quello che corre lungo il lato occidentale dellaltura, presenta una cortina esterna formata da grandi blocchi di reimpiego, integrati con pietre di pi ridotte dimensioni e nucleo in malta e frammenti di pietra.43 La presenza di molteplici interventi di restauro resa evidente dalla mancanza di unit del parato. Nei m 135 di muro cos liberati sono comprese tre torri a pianta pi o meno quadrata. La prima torre indagata, detta A44 (Fig. 2) realizzata con la medesima tecnica del muro (ma con maggior impiego di mattoni e di travi lignee). Al suo interno sono stati indagati cinque strati di interramento, nel pi antico dei quali (datato sulla base dei frammenti ceramici fra il secondo quarto e la met del VI secolo) stato rinvenuto un sepolcro a cassa vuoto realizzato con frammenti marmorei di riuso, verosimilmente pertinente alla prima fase di vita della torre;45 una seconda fase, compresa entro due strati di crollo, invece caratterizzata dallimpianto di un focolare, indizio forse di abitazione temporanea (met VI secolo). Nel tratto di cinta a N della torre A, a m 5,10 di distanza da essa, presente una postierla larga m 1,06/1,15, raggiungibile dallesterno tramite scale provvisorie (Fig. 2:12).46 Si pu suggestivamente supporre che la postierla dovesse essere sulla direttrice di una delle vie interne E-W. In tal caso, si tratterebbe di una arteria passante immediatamente a S dellatrio quadrato monumentale della basilica e sulla quale questultimo, forse, si affacciava. La postierla sembrerebbe essere inoltre lunico varco effettivamente accertato del settore W della cinta. Anche le altre due torri del medesimo lato W della cinta, la torre B e la torre conobbero due fasi distinte di utilizzo comprese fra il secondo quarto e la seconda met del VI secolo; la seconda fase rappresentata dal crollo delle coperture e dalla riconversione in cisterna (torre B) o in magazzino (torre ).47 A m 6,52 ad E della torre fu rinvenuta murata nella cortina interna una mensola marmorea con croce a bassorilievo, prova di un restauro protobizantino di questo tratto della cinta tardoantica.48 2.2. - Lato meridionale Il lato S, come gi accennato, incorpora per una lunghezza di m 372 parte dello esoterichon teichos di epoca ellenistica (Figg. 1-2). I restauri di epoca protobizantina si riconoscono per il nucleo murario in scaglie di pietra e per i parati esterni a blocchi calcarei lavorati, integrati da laterizi e materiale di spoglio in buona misura proveniente dal vicino ginnasio di epoca ellenistica.49 Lungo il muro S si elevavano otto torri quadrate. La prima la cosiddetta torre B, angolare, gi esaminata a proposito del lato W della cinta. Segue un tratto di cortina lungo m 27, diviso in due settori: quello W (m 10,20), a grandi blocchi calcarei, chiaramente pi antico mentre quello a E (m 1,70), il quale piega bruscamente verso SE, costruito con blocchi di dimensioni pi ridotte sistemati in maniera disordinata e corrisponde verosimilmente a un successivo intervento di ripristino. Il brano restaurato termina appoggiandosi alla torre quadrilatera ,50 realizzata in blocchi di calcare e dotata di porta di accesso sul lato N.51 Ad E della torre il muro prosegue per m 109,25 presentando esternamente un parato a blocchi di pietra squadrata mentre la facciata interna a pietrame e calce. Subito a contatto della torre si ha una presunta postierla (largh. m 1,15; Fig. 2:11) mentre a m 37,30 dalla medesima torre si trova il punto di intersezione con la seconda cinta protobizantina (v. infra). Ivi la cortina risulta fortemente danneggiata, lasciando in vista blocchi di calcare e rocchi di colonne doriche di reimpiego. La torre con cui si conclude il tratto, denominata E, sembrerebbe costituire aggiunta pi tardiva.52 Il tratto di cortina successivo (m 69,70) alterna a blocchi calcarei di medie dimensioni abbondante uso di spolia (rocchi di colonne, basi, epigra etc.). Esso termina con la torre quadrata realizzata con piccole pietre e abbondanti mattoni.53 Abbondante uso di materiale di spoglio si nota anche nel tratto di muro a E della torre

Ch. Bakirtzis, Prakt 1988, 136. Venne alla luce anche una scala interna per laccesso ai camminamenti, la cui larghezza, pari a m 0,44, portava lo spessore totale della cortina a m 2,15/2,25. 44 Dimensioni: m 6,94 x 6,89. Si trova alla distanza di m 10 a N della scala interna (v. nota precedente). 45 Ch. Bakirtzis, Prakt 1988, 137. 46 Ch. Bakirtzis, Prakt 1988, 141, tav. 95. 47 Ch. Bakirtzis, Prakt 1989, 218, 220. La fase di riconversione della torre B in cisterna dovette corrispondere al restringimento ulteriore dellarea forticata e alla erezione, solo sul lato W, di un muro pi interno, la seconda cinta43

protobizantina, con il conseguente abbandono dellarea rimasta al di fuori di esso. 48 Ch. Bakirtzis, Prakt 1991, 219, tav. 145. 49 Ch. Bakirtzis, Prakt 1996, 231. 50 Dimensioni: m 6,80 x 6,30; vano interno m 4,50 x 4,15. 51 Ch. Bakirtzis, Prakt 1996, 231-2. 52 Dimensioni: m 5,30 x 5,60; vano interno m 3,70 x 2,60. Ch. Bakirtzis, Prakt 1996, 233. 53 Dimensioni: m 6,30 x 6,10; vano interno m 4,35 x 4. La torre possiede un accesso (largh. m 1) sul lato N.

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Fig. 2 - Amphipolis, pianta dellacropoli (da Stikas, Prakt 1966, 41, g. 2 e Bakirtzis, Prakt 1996, 230, g. 1, rielaborazione dellA.).

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(m 54,90) ove, in particolare, si rilevano rocchi di colonne doriche collocati con modalit analoga a quella adoperata, come si vedr, alla base del muro absidale della basilica A.54 Procedendo verso E, ove il tratto di muro termina con la torre Z, domina invece limpiego di mattoni in lari allineati con scarsa cura. La torre quadrangolare Z e la torre doppia H- proteggono la porta meridionale dellacropoli protobizantina.55 Il prospetto esterno della torre Z rivela almeno due fasi: quella originaria in pietre grezze o semilavorate di piccole dimensioni e, al di sopra, una fase di riparazione con parato a laterizi di reimpiego scandito a intervalli regolari da ortostati.56 Lultimo tratto di muro del lato meridionale, ove si fa uso di spolia e blocchi calcarei, si estende per una lunghezza pari a m 74 no a raggiungere la torre angolare I, costruzione in pietra semilavorata e spolia sicuramente pi tarda rispetto al muro.57 2.3. - Lato orientale Estremamente interessante il lato orientale della cinta, che passa fra laltro a brevissima distanza (m 7) dallabside della basilica B (Fig. 2).58 Qui si rileva una grande uniformit dellapparato, costituito da un nucleo di scaglie di pietra e da un parato esterno in strati di pietra tenera squadrata di piccole dimensioni provenienti da ununica cava. Assente il materiale di spoglio. Come legante fu usata calce. Molteplici sono gli indizi a favore di ununica fase costruttiva.59 Il lato orientale si diparte dalla torre angolare I e prosegue verso N per m 44 no a raggiungere la torre K. Superata questultima, la cortina continua per m 48,50 no a interrompersi in corrispondenza della torre quadrangolare , nelle immediate adiacenze della quale sono riemersi resti di edici. Seguono altri m 72,70 di cortina ben conservata in alzato no a m 1,40 (nei pressi della torre). Il lato E termina a settentrione con la ottagonale torre M, forse anchessa caratterizzata da almeno due fasi costruttive.60 2.4. - Lato settentrionale Si tratta dellunico lato della cinta non rettilineo, evidentemente a causa della morfologia del suolo. Si estende complessivamente per m 421 ed caratterizzato principalmente da un parato di qualit non eccellente in pietre grezze legate con malta, sostituito in alcuni punti da lari di laterizi di apparecchio relativamente discreto.61 Da E a W, ovvero procedendo a partire dalla torre ottagonale M si incontra un tratto di muro lungo m 68, il quale termina con la torre quadrangolare N.62 Questo tratto di cortina in pietre lavorate conserva una postierla (largh. m 1,60; Fig. 2:13), posta alla distanza di m 1,72 dalla torre N. Dalla postierla che

Ch. Bakirtzis, Prakt 1996, 233. Dimensioni torre Z: m 9,85 x 6,80; vano interno m 6,20 x 3,80. Torre H-: interno m 6,50 x 9,60. 56 Lo scavo della porta meridionale (largh. m 4,20) ha fra laltro restituito una interessante stele marmorea (a forma di parallelepipedo rastremato, m 0,83 x 0,30/0,47), forse un segnacolo apposto al parato murario. Essa decorata sui lati da croci a estremit patenti e reca sulla fronte uniscrizione con invocazione al Cristo, il cui stile epigraco sembrerebbe ricondurla al VI secolo: () () : DOUKATA DEMERTZI KOMMATAS 1998, 136-8, gg. 12-3. FEISSEL 2006, 32, n 110. Essa fu posta in relazione con la carestia del 541/2 d.C. e la si disse coeva allerezione della seconda cinta proto bizantina: Ch. Bakirtzis, Prakt 1996, 234-5, g. 17; Ergon 1996, 72. BAKIRTZIS 2000, 163, g. 2. Di recente si sostenuto che limperativo possa anche costituire allusione a un pi grave stato di decadenza della citt, vuoi provocato dalle invasioni vuoi da eventi sismici. Sulla base di tale considerazione, la datazione dellepigrafe stata abbassata, proponendo lintervallo fra il 580-6 e il 615-20 nel caso delle invasioni ovvero fra il 570-80 e il 620 nel caso dei terremoti. Unulteriore ipotesi formulata quella relativa alla funzione apotropaica che simili iscrizioni possono ricoprire, qualora poste sulle mura, nella fattispecie in prossimit di una porta o sui lati pi esposti delle mura: DOUKATA DEMERTZI KOMMATAS 1998, 138. A tale proposito si pu supporre che le croci54 55

dellepigrafe di Amphipolis rivestano lo stesso ruolo di quelle che decorano il parato di numerose cinte murarie, in special modo a partire dal V secolo, prima fra tutte quella di Tessalonica, ove croci di laterizi di varie dimensioni animano in pi punti la cortina. Soprattutto nel tratto N della cinta, quello che separa la citt dallacropoli protobizantina e viene attribuito da G. Velenis allultima et eracliana, le dimensioni delle croci in laterizio raggiungono il gigantismo. VELENIS 1998, 128-31. La datazione proposta da Velenis non riscuote il consenso di J.-M. Spieser, che preferisce attribuire al V secolo questo settore delle mura: SPIESER 1999, 573. Se, al contrario, la datazione fosse valida, si potrebbe parlare, oltre che di contenuti apotropaici, anche di un portato della forte caratterizzazione religiosa tipica dellepoca compresa fra la ne del VI secolo e il VII. Al proposito, si veda anche K OSTANTAKOPOULOU 1996, 15-43. 57 Dimensioni: m 5,95 x 5,60; vano interno m 4,50 x 3,85. Ch. Bakirtzis, Prakt 1996, 237. 58 In questo punto il muro fu intercettato da Stikas nel corso dello scavo della basilica B: Eu. Stikas, Prakt 1973, 37. 59 Ch. Bakirtzis, Prakt 1996, 236-7, 240. 60 Torre K: m 6,80 x 5,90. Torre : m 6,80 x 5,90. Misure lati torre M comprese fra m 2,25/3,10. Ch. Bakirtzis, Prakt 1996, 237. 61 Ch. Bakirtzis, Prakt 1996, 237. 62 Dimensioni: m 5,25 x 5,10.

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in un secondo momento venne tamponata si poteva imboccare unarteria stradale diretta da N a S, la quale passava a W dellatrio della basilica B e, con tutta probabilit, proseguiva verso S no a lambire anche il lato occidentale dellatrio della basilica E.63 Dopo la torre N il muro in pietra continua verso W per m 50, per poi piegare ad angolo retto verso S, ove, dopo m 23 si interrompe. Esso riprende m 4,15 pi a W sempre con andamento N-S; lintervallo occupato dalla porta settentrionale dellacropoli protobizantina, della quale stata rinvenuta parte della soglia marmorea in situ. La presenza di questa porta, la cui posizione decentrata verso E la pone in diretta corrispondenza con la porta meridionale, ha permesso di giungere alla conclusione che larteria principale della acropoli protobizantina aveva andamento N-S e congiungeva le due porte. La medesima strada, proseguendo ulteriormente verso S nel tessuto della citt antica, conduceva al ginnasio ellenistico.64 La porta settentrionale veniva protetta dalla torre quadrata , allinterno della quale sono stati rinvenuti resti di pilastri in muratura, forse appartenenti a una pi antica fase della porta.65 Una nuova variazione di direzione del muro si registra m 17,20 a W della torre , ove esso piega dolcemente a 90 verso W. Il tratto di cortina, lungo complessivamente 83 m, si interrompe con il baluardo O, indagato in due riprese fra 1996 e 1998. Si tratta di un edicio polifunzionale, sorta di baluardo aggettante del quale sono riconoscibili due fasi. Nella prima fase esso aveva sostanzialmente forma analoga a una torre (m 3,20 x 6,50) e risultava evidente la sua natura difensiva: i muri esterni sono particolarmente spessi (m 2,20). In una seconda fase la sua porzione aggettante fu allungata da m 3,20 a m 17 tramite laggiunta a N di una sorta di corridoio voltato a botte (largh. m 6,50), privo di accessi diretti, se non tramite una scala volante dal piano rialzato della torre corrispondente alla prima fase. Il corridoio era pavimentato a lastre di terracotta e possedeva un canale in piombo per la deduzione dellacqua in eccedenza. chiaro quindi che nella seconda fase la funzione difensiva venne soppiantata o afancata da quella di cisterna. Ledicio stato inoltre messo in rapporto con la cisterna monumentale posta a E della basilica A, il cui canale di deduzione presenta una marcata pendenza verso N, esattamente in direzione del baluardo-cisterna.66 Dal baluardo O alla torre si incontra un tratto di cortina in pietre lavorate, pressoch distrutto, lungo m 96,40. La torre 67 sorge dopo una leggera svolta a NW della cinta. A m 19 dalla torre sorge un contrafforte esterno, largo m 8, posto esattamente in corrispondenza dellinnesto con lestremit N della seconda cinta. A m 23,70 dal contrafforte la cortina piega pi o meno di 45 verso SW e termina con la torre del lato occidentale. 2.5. - Seconda cinta protobizantina68 Per completare il prolo delle vicende edilizie della cinta protobizantina bisogna trattare della loro seconda fase, costituita da un tratto di muro con andamento N-S, sostanzialmente parallelo al lato W dello esoterikon teichos e arretrato verso E rispetto a questultimo di circa m 80 (Figg. 1:5; 2:1). Questo muro, rinvenuto in due saggi da D. Lazaridis e riportato in luce gi nel 1975 durante gli scavi dellarea monumentale condotti da Eu. Stikas, and a restringere ulteriormente larea forticata dellacropoli.69 Leffetto pi impressionante di tale contrazione sicuramente il fatto che la prosecuzione in direzione N del muro in questione va a incorporare il setto murario di divisione tra nartece esterno e nartece interno della basilica A. Nelloccasione, le aperture di comunicazione fra i due ambienti della chiesa furono tamponate. Oltre a ci, due ambienti annessi al nartece vennero completamente obliterati e in uno di essi fu eretta una delle torri quadrate della nuova cinta.70 Il parato murario della seconda cinta ricorda quello del lato S della forticazione protobizantina, il quale, come si visto, andava a sovrapporsi allo esoterikon teichos di epoca ellenistica. Gli scavi hanno accertato che la seconda cinta sicuramente posteriore alla prima met del VI sec., dal momento che si

Ch. Bakirtzis, Prakt 1996, 237-8. Ch. Bakirtzis, Prakt 1996, 241. 65 Dimensioni torre: m 8,30 x 8,30; vano interno m 6,40 x 6,05. Ch. Bakirtzis, Prakt 1996, 238. 66 Ch. Bakirtzis, Prakt 1996, 239; Prakt 1998, 153-4, g. 1. 67 Dimensioni: m 6,70 x 5,70; vano interno m 3,95 x 2,30. 68 La denominazione seconda cinta protobizantina sta63 64

ta qui introdotta dallautore in sostituzione di quella di cinta interna (esoterikos peribolos), tradizionalmente adoperata nei resoconti di scavo, al ne di evitare confusioni con il muro interno (esoterikon teichos) della citt antica. 69 Eu. Stikas, Prakt 1976, I, 100-1; Prakt 1977, I, 72. 70 Eu. Stikas, Prakt 1970, 51-2. Lerezione della seconda cinta determin anche la distruzione delle due case tardoantiche denominate casa A e casa B, scavate da Ch. Bakirtzis nel 1993.

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appoggia al pavimento della basilica A. Una datazione entro il VI sec. parrebbe comunque abbastanza probabile.71 Non chiaro, tuttavia, se la nuova forticazione abbia determinato o meno una fase di parziale o totale abbandono della basilica. Lassenza di spolia provenienti da edici cristiani sembrerebbe escludere tale eventualit.72 Il primo tratto della seconda cinta a essere indagato fu quello a S della basilica A: esso presenta uno spessore di circa m 2,40 dunque leggermente pi spesso del resto della cinta e si conserva, in altezza, per circa m 2/2,50. Lungo il muro, alla distanza di m 26,15 dallangolo SW della basilica A, fu rinvenuta una interessante torre, esternamente a forma di pentagono irregolare ma il cui spazio interno presenta invece unarticolazione semicircolare. Il prospetto anteriore della torre ricorda i bastioni a pianta triangolare diffusi in pi zone dellIllirico, per esempio quelli appartenenti alle mura di Dyrrachion, Nikopolis, Tessalonica e Serdica.73 In particolare, la torre di Amphipolis mostrerebbe signicative afnit con organismi analoghi presenti nelle mura di Didymoteichon (Tracia occidentale), la cui prima fase viene collocata in epoca giustinianea e in una porta di Mesembria/Nesebr (Bulgaria), genericamente ascritta al V-VI sec.74 Forse, proprio il caso di Nesebr potrebbe essere fra i pi calzanti, in quanto la pianta interna delle due torri che la afancano mostra unarticolazione del tutto analoga con esterno a pentagono irregolare e interno semicircolare.75 Nel tratto subito a S della basilica A, il muro interno occidentale doveva probabilmente intersecare una direttrice viaria con andamento W-E, sostanzialmente perpendicolare alla via principale che univa le porte settentrionale e meridionale. La strada attraversava il muro per mezzo di una porta posta a N della torre poligonale. Questa strada, inoltre, condizionava probabilmente la posizione della basilica A e della cisterna, nonch quella degli accessi alle basiliche ed E: si nota infatti che la basilica , posta a S della strada in questione, possiede lentrata principale sul lato settentrionale dellatrio.76 Nel 1991 si intraprese lindagine del tratto del muro interno occidentale a N della basilica A per una lunghezza di m 60. Venne localizzata, fra laltro, una torre quadrangolare (m 3,70 x 5,20 x 4,10). Nellapparato murario (spessore m 2,40), analogamente al settore W della prima cinta protobizantina, si fa uso di grandi blocchi lavorati ed elementi architettonici di spoglio; il nucleo invece in scaglie di pietra. La qualit del parato persino superiore rispetto a quello della prima cinta. Alla distanza di m 11,95 a N della torre stata rinvenuta una colonnetta doppia di nestra reimpiegata come soglia di unapertura che dava su un piccolo ambiente, la cui natura non stata ancora precisata. Tra la seconda cinta e labside della basilica intercorrono m 23,70: in questarea dovevano sorgere alcuni edici, come risulta dalle fondazioni di muri e dai pavimenti ivi rinvenuti.77 3. - LE ABITAZIONI TARDOANTICHE Lattivit di scavo volta a rimettere in luce il tratto N della seconda cinta protobizantina ha portato alla scoperta di due abitazioni di epoca tardoantica, successivamente denominate casa A (a S) e casa B (a N) tagliate, come nel caso del nartece della basilica A, dal pi recente apparato difensivo. Si tratta di case di tipo ellenistico-romano con atrio e stanze disposte intorno a esso. Al momento dellerezione della seconda cinta protobizantina le due abitazioni dovevano gi essere in stato di abbandono e alcuni degli ambienti furono adoperati come sedi per la preparazione dei materiali destinati allopera difensiva. Le tracce di insediamento provvisorio allinterno delle strutture in rovina sono probabilmente da ricollegare a tale attivit edilizia. 3.1. - Casa A La casa A (Fig. 2:3) 78 posta a S della torre quadrangolare rinvenuta a N della basilica A e di cui si appena fatta parola. stato ritrovato il settore W dellatrio, il portico W, la parte occidentale di quello S e

71 Ch. Bakirtzis, Prakt 1988, 142, tav. 97. DUNN 1997, 142. 72 Ch. Bakirtzis 2000, 164. 73 Si rimanda a SPIESER 1986, 365 e nn. 19-20, presso cui reperibile la bibliograa relativa. 74 DUNN 1997, 142. DUNN 1999, 402, n. 9; 403, n. 15 (raffronto con Dyrrachion e Serdica). BAKIRTZIS 2000, 164.

BOBEV 1961, 115-7, g. 14. Ch. Bakirtzis, Prakt 1996, 241. 77 Ch. Bakirtzis, Prakt 1991, 218-9. 78 Le informazioni riportate di seguito sono tratte integralmente dal resoconto di scavo in Ch. Bakirtzis, Prakt 1993, 128-30.75 76

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parte di un ambiente a S di esso.79 La comunicazione fra latrio e i portici avveniva per mezzo di arcate sorrette da colonne con capitelli ionici. Gli intercolunni misuravano probabilmente m 2,20. Pilastri angolari a L costituivano la giunzione fra i colonnati ed erano realizzati in pietre alternate a lari di mattoni. Laltezza dellarco dal piede no alla chiave, calcolata in m 1,10, porta a unaltezza complessiva delle arcate pari a m 3,50 circa.80 La pavimentazione dellatrio era realizzata in lastre di terracotta di reimpiego (m 0,72 x 0,55) poste su un letto di calce. Un canale di raccolta delle acque piovane correva lungo i portici W e N delatrio. La pavimentazione dei portici meridionale e occidentale era invece musiva. Nel muro di uno degli ambienti si trova inserito un frammento di pilastrino appartenente a un templon e assegnabile al V secolo, indizio per una collocazione cronologica posteriore dellabitazione. Decorazione musiva pavimentale.81 La sequenza dei motivi decorativi delle bordure nel portico S della casa A sembrerebbe riproporre quella presente nel mosaico della navata centrale della basilica (v. infra), cos come lo schema del campo richiama senza dubbio il pavimento della navata S e dellannesso SW allatrio dello stesso edicio. Anche linserimento delle gure di volatili tra elementi vegetali un fattore che accomuna i due tappeti.82 Il rivestimento musivo pavimentale del portico W83 presenta elementi di forte analogia con il pavimento della navata N della basilica B (v. infra). 3.2. - Casa B La seconda abitazione rinvenuta, la cosiddetta casa B (Fig. 2:2), 84 situata immediatamente a N della casa A e doveva essere gi in rovina allepoca dellerezione della torre quadrangolare della seconda

79 Il portico S (largh. m 4,60), stato rimesso in luce per una lunghezza di m 5,90. Attraverso unapertura larga m 1,05 esso comunica con un vasto ambiente, di ampiezza pari a m 5,20 e indagato per una lunghezza di m 6,50. Questultimo presenta una muratura appartenente sicuramente alla prima fase della casa, con nucleo in scaglie di pietra e parato di pietre semilavorate, mattoni e blocchi angolari in marmo. Una piccola apertura nel lato W (m 0,60) fu in seguito tamponata con pietre grezze. La parete S dellambiente costituisce anche il muro perimetrale della casa; esso appartiene alla prima fase delledicio ed fondato su un plinto a scarpa (spess. max. m 1,10). Il portico occidentale, meno ampio di quello meridionale, ha dimensioni pari a m 12,70 x 3,30 e comunicava normalmente con quello. In un secondo momento, i colonnati di entrambi i portici furono tamponati e questi ultimi trasformati in ambienti chiusi; parallelamente fu interrotta la comunicazione fra le due ale tramite un muro costruito sul prolungamento del colonnato S. In questo muro si apre una porta (largh. m 2) che assicura una comunicazione fra i due ambienti ed era provvista di soglia marmorea. Parallelamente fu condotta una ricostruzione del muro W del portico occidentale. I pavimenti musivi dei due portici furono mantenuti in funzione anche nella seconda fase e i muri dellex-portico S furono provvisti di un nuovo rivestimento marmoreo. Due porte si aprivano nel muro occidentale del portico W. La prima (largh. m 1,25), pi o meno a met del muro, dava accesso a un ambiente non ancora indagato, il cui pavimento in lastre marmoree. Una seconda porta, posta presso langolo NW del portico, immette in un altro ambiente, anchesso non scavato, dellampiezza di m 3,55. Davanti a questo accesso, che in una seconda fase fu tamponato con un frammento di fusto di colonna, pietre grezze e mattoni legati con malta, il pavimento musivo del portico fu rimpiazzato da uno in frammenti irregolari di marmo. Allultima fase di vita della casa A appartengono le tramezzature a malta erette per suddividere gli ambienti originari in vani pi piccoli. 80 La base della prima colonna da S del colonnato W misura m 0,43, con diametro del piano dinvito per il fusto pari a m 0,34. A partire da questo dato si calcolata unal-

tezza dei fusti pari a m 2,20. Presso langolo SW del peristilio stato inoltre rinvenuto un frammento di arcata a doppia ghiera di mattoni. 81 Il pavimento musivo del portico meridionale della casa formato da un campo incorniciato da quattro bordure. Dallesterno verso linterno si ha una prima fascia a onde correnti, una seconda con treccia a calice, una terza nuovamente a onde correnti, e una quarta a nastro ondulato. Il pannello centrale decorato da una composizione ortogonale di quadrati e meandri di svastiche a doppio giro, disegnata da trecce a due capi. Negli spazi quadrati di risulta della griglia geometrica trovano posto gure di uccelli, pesci, calamari, seppie. Le tessere impiegate sono sia litiche (bianco, nero, rosso e color mattone) sia in pasta vitrea (varie sfumature di verde e rosso vinaccia): Ch. Bakirtzis, Prakt 1993, 129, tav. 72. Bordure: BALMELLE ET AL. 1985, tipi 101b, 74c, 101b e 65g; campo: simile ai tipi 190b o 191d. 82 In realt, non ho potuto reperire unimmagine complessiva del pavimento del portico S della casa A, la quale avrebbe permesso un esame comparativo ben pi approfondito di quello qui condotto. Va inoltre precisato che i pavimenti della navata centrale e di quella S della basilica appartengono a due fasi distinte della vita delledicio (v. pi avanti). 83 Esso inquadrato da una bordura decorata da una la di svastiche a giro semplice e quadrati contigui caricati con rosette o frutti. Il campo centrale presenta una composizione di quadrati posti sulla diagonale e caricati di pelte sugli angoli, alternati a cerchi disegnati da nastri ondulati o da trecce a due capi. I quadrati lungo i bordi del pannello sono troncati, tanto da apparire come triangoli. Sia allinterno dei quadrati sia allinterno dei cerchi trovano posto gure geometriche (motivi a stuoia etc.): nei quadrati si hanno motivi a stella, a nodo oppure uccelli; nei cerchi, oltre ai volatili, compaiono trecce e motivi cruciformi: Ch. Bakirtzis, Prakt 1993, 130, tavv. 71-, 72. Bordura e campo: BALMELLE ET AL. 1985, tipi 38a e 177c (versione semplicata). 84 Come per la casa A, le informazioni riportate di seguito sono tratte integralmente dal resoconto di scavo in Ch. Bakirtzis, Prakt 1993, 131-4.

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cinta protobizantina. In particolare, a fare le spese delledicazione della torre furono gli ambienti che la separavano dalla casa A: di questi ambienti sopravvive unicamente quello pi a W. Lo scavo della casa non stato completato ma sono stati riportati in luce latrio (senza peristilio), due ambienti dellala N e due dellala occidentale. Il resoconto di scavo fornisce lo spessore dei muri, pari a m 0,65 e il materiale impiegato: pietre di piccola e media grandezza per il parato e scaglie di pietra per il nucleo. Come legante adoperata malta. Il lato occidentale dellatrio, pavimentato a lastre di marmo di dimensioni variabili, misura m 10,80. Non essendovi peristilio, gli ambienti che lo circondano si affacciano direttamente su di esso. Anche qui, come nellatrio della casa A, si trovava un canale di raccolta delle acque piovane che correva lungo i lati dello spazio ipetrale.85 Lastre marmoree allettate su un fondo di pietrisco e calce comparivano anche nel pavimento di uno degli ambienti del lato N della casa. Tale pavimento si estende verso latrio e oblitera il canale di raccolta delle acque: ci fa scorgere la probabilit di una comunicazione privilegiata fra la stanza e latrio stesso, difcile dire se pertinente alla prima fase o ad un pi tardivo rimaneggiamento. Una pavimentazione in lastre di cotto stata rilevata invece in uno degli ambienti del lato W. Decorazione musiva pavimentale. Nellambiente appena citato la pavimentazione originaria, in lastre di cotto, fu in seguito rimpiazzata da un tappeto musivo la cui decorazione, a gure zoomorfe iscritte in una griglia geometrica inquadrata da due bordure, la medesima presente nel pavimento dei bracci W e S dellatrio della basilica e in quello del nartece esterno della basilica A (v. infra).86 Le aree danneggiate del mosaico furono risarcite con frammenti di lastre marmoree, mattoni e tegole, probabilmente in un momento di riuso temporaneo dello spazio coincidente con la costruzione della seconda cinta. 4. - LA CISTERNA MONUMENTALE Nel 1971, durante lo scavo delle basiliche A e condotto da Eu. Stikas, si procedeva a liberare dalla vegetazione selvatica anche larea immediatamente a ridosso dellabside della basilica A. A soli m 2 allesterno della conca absidale venne in luce quasi per intero il muro perimetrale W di un edicio di proporzioni notevoli, gi intravisto da Eu. Pelekidis nel 1920 (Fig. 2:4).87 Il muro risult essere lungo quasi m 48. Una volta individuati, in parte, i muri S e N, ci si trov di fronte ad una costruzione a pianta quadrangolare. La vicinanza con la basilica A fece pensare che potesse trattarsi di una residenza episcopale.88 Tuttavia, il parato interno dei muri mostrava uno spesso strato di rivestimento in calce idraulica, rafforzato e ispessito negli angoli, fatto che port Stikas alla conclusione che almeno parte delledicio avesse ricoperto funzioni di cisterna.89 Con la ripresa degli scavi, nel 1992, furono effettuati sette saggi in altrettanti punti del monumento. Fu possibile in tal modo chiarirne sia larticolazione complessiva, sia leffettiva destinazione duso. Si tratta di una grande cisterna ipetrale, collocata nel punto pi elevato dellacropoli e destinata, in mancanza di altre fonti di approvvigionamento, a raccogliere le acque piovane (Fig. 3).90 La cisterna, approssimativamente quadrata, misura internamente sugli assi m 46,50 x 47. I muri perimetrali hanno lunghezze leggermente differenti91 e spessore variabile, compreso tra i m 1,20 e 1,60; il loro nucleo costituito da pietrame e calce mentre i parati esterni alternano lari di pietre non lavorate includenti anche blocchi di calcare provenienti da edici antichi a lari di mattoni.

85 Nel settore S, scomparsa la pavimentazione originaria, si trova un suolo provvisorio di calce della medesima qualit impiegata nella costruzione della torre, indizio secondo Bakirtzis che la preparazione del legante per la realizzazione della torre avvenne proprio nel cortile della ormai distrutta casa B. 86 La bordura pi esterna reca un motivo a tralcio ondulato mentre quella interna a meandri di svastiche. Nella foto pubblicata in Ch. Bakirtzis, Prakt 1993, tav. 73 non si discerne esattamente se il tralcio della bordura esterna effettivamente a foglie cuoriformi (edera) come nel caso delle basiliche A e . Il campo formato da le di quadrati giustapposti uniti fra loro da segmenti lineari; a met di ciascun segmento si trova un piccolo elemento a gomitolo. Tale elemento sembrerebbe simile ai quadratini posti

sulla diagonale del mosaico dellatrio della basilica , ma in mancanza di una fotograa particolareggiata non mi possibile giudicare con esattezza. 87 Eu. Pelekidis, Prakt 1920, 87. 88 E u . S t i k a s , P r a k t 1 9 7 1 , 4 6 - 8 , t a v v. 6 3 - 4 . Lidenticazione con una residenza episcopale si dovette innanzitutto alla locale tradizione orale, che chiamava le rovine delledicio con lappellativo di : Eu. Stikas, Prakt 1966, 46. 89 Eu. Stikas, Prakt 1971, 48. 90 Ch. Bakirtzis, Prakt 1992, 167-75, tavv. 70-2. 91 Il primo a essere indagato, quello W, raggiunge i m 47,95; quello E 47,50; gli altri due, N e S, rispettivamente 48,40 e 43,35.

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Fig. 3 - Cisterna, pianta (da Bakirtzis, Prakt 1992, 168, g. 1).

Licnograa condizionata dalla presenza di edici adiacenti di ignota funzione, soprattutto presso langolo SE del quadrilatero, ove si rese necessario un sensibile restringimento verso W del muro perimetrale E.92 Gli angoli interni della cisterna sono rinforzati con lintroduzione di smussature diagonali. Il pavimento, di cui si rilevata la pendenza verso N, costituito da tre strati sovrapposti che ne assicurano la perfetta tenuta; uno strato inferiore di pietre legate con calce idraulica e un secondo di calce idraulica e sabbia, nel quale viene allettato il terzo strato, a mattoni. Al di sopra del mattonato, un ulteriore rivestimento di calce idraulica si raccorda a quello analogo applicato sulle pareti della vasca. La cisterna era dotata di due scale di ispezione, rivestite anchesse in calce idraulica, luna sul lato E, laltra su quello N. Pozzi di decantazione, destinati a ricevere e a trasmettere le acque provenienti dai canali di adduzione, si trovavano collocati a contatto con i muri perimetrali presso gli angoli SE e NW e lungo il lato E.93 Nellangolo SW della cisterna (Fig. 3) si trovano tre ambienti di forma rettangolare, fra loro adiacen-

92 Qui il muro della cisterna piega decisamente verso occidente al ne di non intercettare il muro curvilineo di un edicio adiacente, per ora non indagato, ma attraversato da

canali in muratura per ladduzione delle acque nella cisterna. 93 Ch. Bakirtzis, Prakt 1992, 167, 169-71, 174.

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ti, gi individuati nel corso degli scavi del 1971.94 Il primo, lambiente A, addossato allangolo della cisterna e si appoggia semplicemente alle pareti di questultima, pur mostrando un apparecchio murario del tutto analogo a quello della cisterna stessa, segno probabile di non eccessiva distanza cronologica o, addirittura, di quasi contemporaneit con il resto delledicio. Esso costituiva una cisterna a s, probabilmente coperta con volta a botte e destinata alla conservazione dellacqua potabile.95 Una seconda fase di interventi stata messa in relazione con un cambiamento di destinazione duso della cisterna maggiore:96 la piccola cisterna A fu provvista di un suo autonomo rivestimento interno in frammenti di tegole e mattoni legati con calcestruzzo e fu dotata di una scala di ispezione sul lato E. A N furono eretti altri due ambienti rettangolari (B e ), anchessi serbatoi, misuranti rispettivamente m 19,5 x 3,30 e 20 x 5. I muri di questi due ambienti, che dovevano avere copertura a volta, sono realizzati in gran parte con pietra calcarea di spoglio. Ulteriore riesso del cambio di destinazione della cisterna maggiore la presenza di diverse istallazioni di carattere artigianale appoggiatesi al pavimento o che, in alcuni casi, ne provocarono la rottura. La testimonianza pi evidente costituita da un forno per la cottura di mattoni, addossato allangolo interno NW.97 La terza ed ultima fase di vita pu essere rappresentata dallinterramento di gran parte del serbatoio ipetrale gi caduto in disuso durante la seconda fase. Ceramica da cucina e di bassa qualit si accompagna alla presenza di tracce di abitazioni ad ambiente unico realizzate in materiale di spoglio e malta e appartenenti alla tipologia dellabitato sparso. Il fenomeno si riscontra in analoghi spazi aperti della citt in stato di abbandono, come latrio della basilica (v. infra). Cronologia. La ridottissima distanza fra labside della basilica A, genericamente attribuita alla prima met del VI sec., e il muro perimetrale W della cisterna fanno pensare che questultima sia successiva. La sua fase originaria viene collocata in epoca giustinianea, ma si rimane nellambito delle ipotesi.98 5. - EDIFICIO A PORTICO Lo stilobate di un portico (Fig. 2:14) corre parallelo ai muri perimetrali S della cisterna e della basilica A, alla distanza di m 19,80 da questultima.99 Il portico, scavato da Lazaridis per una lunghezza di m 53,50, appartiene a un edicio di incerta destinazione. Sullo stilobate furono rinvenute in situ le porzioni inferiori di cinque colonne ioniche e di una dorica con basi decorate a treccia; gli intercolunni variano da m 5,30 a 5,95 e la serie delle colonne era interrotta a intervalli regolari da pilastri realizzati in pietre e calce. Il materiale marmoreo impiegato costituito evidentemente da spolia. La struttura, forse un grande portico o parte di un edicio pubblico, viene collocata genericamente in epoca tardoantica o protobizantina. Pi di recente si riaffermata lipotesi che i resti corrispondano a un tratto porticato della arteria stradale W-E.100 6. - BASILICA A Nel 1920 Eu. Pelekidis iniziava alcuni saggi di scavo sullaltura detta Bezesteni che oggi si identica con lacropoli di Amphipolis. Pelekidis individuava in quelloccasione i resti di tre grandi edici di epoca cristiana, ma nel resoconto pubblicato contestualmente egli fa cenno solamente a due di essi: una basilica (quella che in seguito sar detta basilica A e un grande edicio quadrangolare posto immediatamente dietro labside di questa, il quale si riveler molti anni dopo essere una grande cisterna ipetrale (v.

Eu. Stikas, Prakt 1971, 47. Dimensioni vano A: m 18,5 x 4: Ch. Bakirtzis, Prakt 1992, 169. 96 Ch. Bakirtzis, Prakt 1992, 170, 174. 97 Di forma circolare (diam. esterno: m 2), il forno si appoggiava al pavimento della cisterna ed era costruito con muratura spessa m 1,15/1,35, composta di pietre grezze e frammenti di mattoni legati con malta: Ch. Bakirtzis, Prakt94 95

1992, 170. 98 Ch. Bakirtzis, Prakt 1992, 174. 99 Nei resoconti si dice spesso a E della basilica. D. Lazaridis, Prakt 1961, 67, tav. 34; ArchDelt 17 (1961-2), B2, 235, dis. 2, tav. 278-. Eu. Stikas, Prakt 1966, 42, tav. 31. G. Daux, BCH 86 (1962), 822, figg. 9-10; BCH 91 (1967), 721, g. 6 100 HATTERLEY-SMITH 1996, 105.

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supra).101 Lo scavo della basilica fu ripreso sistematicamente solo nel 1966, sotto la supervisione di Eu. Stikas.102 Costruita al centro del settore W della collina dellacropoli, la basilica A sorgeva a breve distanza da altri importanti edici: la basilica a NW, la cisterna monumentale ad E e, inne, la basilica a SE (Fig. 2:5). Lallineamento di questi ultimi tre edici suggerisce la possibilit di immaginare unarteria viaria W-E che lambisse proprio il lato meridionale della basilica. A questa via si potrebbe forse ricondurre un canale collettore delle acque piovane, in terracotta, localizzato a contatto del muro perimetrale S della chiesa e diretto con tutta probabilit verso la cisterna monumentale situata appunto pochi metri pi a oriente.103 6.1. - Le preesistenze Al momento attuale, lindagine archeologica non ha ancora stabilito con certezza denitiva la destinazione duso dellarea prima delledicazione della chiesa.104 Appare possibile tuttavia formulare delle ipotesi relative ad alcune emergenze. Parte di un edicio anteriore allattuale venuta in luce in occasione della rimozione del pavimento della navata S a scopo di restauro. Pi o meno a met della lunghezza della navata, emersa una costruzione absidata sul lato E. Il lato N delledicio risult completamente obliterato dalla fondazione dello stilobate S della basilica. Un ambiente quadrato afanca a W ledicio absidato, mentre un canale in muratura e con interno rivestito in calce idraulica, probabilmente coevo alledicio absidato, segue esternamente il prolo dellabside E proseguendo verso S, dove viene obliterato dalle fondazioni del muro meridionale della basilica. Si suppone che le strutture rinvenute nonch il notevole numero di frammenti di intonaco con tessere in pasta vitrea, di pittura parietale e di tessere litiche possano appartenere a un complesso termale di epoca tardoantica.105 6.2. - Fase I Ledicio della basilica a tre navate (m 21,10 x 28,80) con abside orientata, doppio nartece, atrio e gallerie. La notevole abbondanza di reperti marmorei pertinenti alla sua decorazione architettonica ha permesso di ricostruirne larticolazione dellalzato con un relativo margine di sicurezza (Figg. 4-5). Laula era suddivisa da due le di dieci colonne insistenti su un basso stilobate marmoreo e sorreggenti arcate (Fig. 6). Sullo stilobate N furono rinvenute in situ sette delle dieci basi originarie, su quello S soltanto sei. I fusti monolitici delle colonne misurano in altezza dai m 3,49 ai 3,53, con diam. inf. m 0,59 e sup. 0,51.106 Sono stati raccolti almeno otto capitelli corinzi pertinenti ai colonnati. Appartengono al tipo Kautzsch

Eu. Pelekidis, Prakt 1920, 87. Eu. Pelekidis, Prakt 1920, 85-9. Eu. Stikas, Prakt 1966, 39-46; Prakt 1967, 83-8, tavv. 57-66; Prakt 1969, 54-7, tavv. 57-67, 68, tav. fuori testo A; Prakt 1970, 50-3, tavv. 67-79, tavv. fuori testo A-T; Prakt 1971, 43-5, g. 1, tavv. 54-6, tav. fuori testo A; Prakt 1972, 49-50, g. 1, tavv. 23, 24, 31; Prakt 1976, I, 99-100, gg. 1-2, tavv. 73-4. A. Orlandos, Ergon 1966, 29-37, gg. 30-43; Ergon 1967, 55-65, gg. 50-64; Ergon 1969, 49-65, gg. 44-65; Ergon 1970, 33-42, gg. 30-47, tav. fuori testo A; Ergon 1971, 36-41, figg. 39-45; Ergon 1972, 18-9, figg. 12-3; Ergon 1976, 38-9, gg. 35-8. Ch. Bakirtzis, ArchDelt 32 (1978), B2, 263. Ch. Bakirtzis, ArchDelt 33 (1978), B2, 319-20; ArchDelt 36 (1981), B2, 355; N. Zikos A. Strati E. Tsouri Ar. Bakirtzis, ArchDelt 39 (1984), B2, 286. Ch. Bakirtzis, Prakt 1994, 131-7, tavv. 74-5; ArchDelt 54 (1999), B2, 717, g. 1. B. Petrakos, Ergon 1994, 54-5, g. 40. G. Daux, BCH 91 (1967), 721, figg. 3-6; BCH 92 (1968), 909-10, figg. 1-10; BCH 94 (1970), 1071, figg. 405-9; BCH 95 (1971), 976, gg. 390-9; BCH 96 (1972), 736, gg. 340, 342-3; BCH 97 (1973), 352, gg. 211-2. G. Touchais, BCH 101 (1977), 615. S. Huber Y. Varalis,101 102

BCH 119 (1995), 969. P ALLAS 1977, 93-7, figg. 56-60. HATTERLEY-SMITH 1996, 109-10. 103 Eu. Stikas, Prakt 1976, I, 100, tav. 74. 104 Fra i materiali antichi ritrovati nel corso delle campagne di scavo si trovano soprattutto spolia architettonici inseriti nelle murature della chiesa ma anche piccole statue ed epigra: Eu. Stikas, Prakt 1970, 52, tav. 76 (lastra marmorea (m 0,52 x 0,17; spess. 0,23; recante iscrizione), tav. 78 (altare in poros); Prakt 1971, 45 (lastrina marmorea, m 0,16 x 0,17 x 0,06; con epigrafe), tav. 56 (due teste di statue); Prakt 1976, I, 99-100, g. 1, tav. 74 (epigrafe su blocco di calcare, m 1,10 x 0,56, murata nellabside). 105 Ch. Bakirtzis, ArchDelt 33 (1978), B2, 320, tav. 149. 106 Sulle basi delle colonne (stilobate S) v. Eu. Stikas, Prakt 1966, 40, tav. 23. Sette fusti di colonna furono ritrovati intatti in stato di crollo nella navata centrale o nelle laterali. Ne vengono citati espressamente quattro, due emersi accanto alla porta della navata centrale e altri due provenienti dagli strati di interramento del nartece interno: Eu. Stikas, Prakt 1966, 40 tav. 25; Prakt 1967, 83, 85, tavv. 58-9.

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Fig. 4 - Basilica A, pianta (da Stikas, Prakt 1970, tav. fuori testo A).

Fig. 5 - Basilica A, ricostruzione dellalzato in sezione longitudinale verso S (da Stikas, Prakt 1970, tav. fuori testo ).

IV, attestato, fra laltro, nella basilica A di Filippi.107 Tutti recavano pulvini decorati con croci scolpite a estremit patenti.108 Il ritrovamento di 4 fusti di dimensioni pi ridotte (alt. m 3,00; diam. inf. m 0,47; diam. sup. m 0,37), e di una dozzina di capitelli ionici a imposta decorata con croce ha portato alla conclusione che la basili-

107 Una svista ha fatto s che questi capitelli della basilica A siano da Sodini ascritti alla basilica Amphipolis C (ordre inferieur). Pertanto, laffermazione che essi [] coexistent avec des chapiteaux double zone, ce qui l encore est un indice de leur utilisation date basse (autour de 500) in parte inesatta, trovandosi gli esemplari bizonali solo nelle basiliche ed E, ma non nella A: SODINI 1984, 211 108 Sui ripetuti ritrovamenti di capitelli corinzi apparte-

nenti ai colonnati, v. Eu. Stikas, Prakt 1966, 40 (navata S due capitelli e tre grandi pulvini con croce scolpita); Prakt 1967, 83-5, tav. 57 (pulvino ma forse coronamento di parasta avente spess. m 0,27; lungh. m 0,60, decorato su uno dei lati con croce scolpita a rilievo); Prakt 1970, 52, tav. 77 (capitello con acanto sostituito da palmette allungate, cf. SODINI 1984, 216 e n. 7), 78 (capitello) 53, tav. 79 (pulvino). Eu. Stikas, Prakt 1972, 49-50 (frammenti di capitello dei colonnati).

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Fig. 6 - Basilica A, veduta generale da SE (foto A. Taddei).

ca dovesse essere provvista di gallerie al di sopra delle navate laterali e del nartece.109 I colonnati di ordine ionico delle gallerie contavano, al pari di quelli del piano terreno, dieci colonne ciascuno sui lati lunghi dellaula e tre nel braccio di galleria soprastante il nartece. Le basi delle colonne poggiavano su una sorta di cornice marcapiano marmorea.110 Sei degli almeno dodici esemplari di capitelli ionici a imposta delle tribune sono stati recensiti nellambito del tipo semplicato a echino troncoconico e datati tutti entro la prima met del VI secolo.111 Un gruppo di quattro presenta elementi formali comuni: il registro ionico vero e proprio occupa circa un quarto della altezza del capitello e i balustri risultano molto sporgenti in relazione ai anchi dellimposta.112 Le gallerie si estendevano anche al di sopra del nartece interno ed erano raggiungibili tramite una rampa di scale, posta forse lungo il lato S della chiesa. Sebbene non sia del tutto certa, in ogni caso probabile lesistenza di un ordine di nestre al di sopra delle arcate delle gallerie.113 I muri perimetrali delledicio, realizzati in pietre legate con calce e malta, erano rivestiti internamente a lastre marmoree. Bancali in muratura rivestiti anchessi in marmo correvano invece alla base dei muri. Il pavimento della navata centrale, come risulta evidente dalle tracce rimaste sul sottostante strato di allettamento, era a lastre marmoree (m 2 x 0,93) e si differenziava da quello delle laterali, coperto da tappeto musivo.114

Eu. Stikas, Prakt 1967, 85, tav. 59, 60-. Per il materiale lapideo di ordine ionico menzionato espressamente, v. Eu. Stikas, Prakt 1967, 85 (una base e un capitello con imposta); Prakt 1969, 57, tav. 67 (tre capitelli dei colonnati delle gallerie); Prakt 1970, 52-3, tav. 77 (frammenti di colonne e tre capitelli a imposta decorata con croce), tav. 79 (un capitello). 110 Possediamo alcuni blocchi frammentari di una cornice (alt. m 0,21; lungh. 1,08; largh. 0,78) sulla quale era evidentemente scolpita una serie di croci a intervalli regolari: Eu. Stikas, Prakt 1966, 40, tav. 24-. 111 VEMI 1989, 21, 151-3, nn 175-80, tavv. 53-4. 112 Eu. Stikas, Prakt 1967, tav. 60; Prakt 1969, tav. 67. Signicativo lesemplare con echino decorato da un raro109

motivo a palmetta rovesciata entro volute. V EMI 1989, 151-2, n 175. 113 Abbondanti sono i frammenti marmorei sicuramente riconducibili alla decorazione delle nestre, un buon numero delle quali doveva avere forma di bifora e, in qualche caso, anche di trifora: Eu. Stikas, Prakt 1967, 83, tav. 57 (colonnina trovata in corrispondenza della porta della navata centrale e forse crollata dal piano superiore); Prakt 1969, 57 (capitello, caduto nellangolo NE della navata N); Prakt 1970, 52, tav. 79 (frammento di capitello corinzio di nestra absidale?); Prakt 1976, 99-100, g. 2, tav. 73 (colonnetta doppia a sezione ellittica, alt. m 1,21; imoscapo 0,615 x 0,27; sommoscapo 0,61 x 0,27). 114 Ch. Bakirtzis, Prakt 1994, 131-2.

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Labside semicircolare era provvista di un synthronon con ambulacro anulare ricavato entro possenti sostruzioni che occupavano gran parte della conca absidale.115 Alla base del muro della conca vennero adoperati rocchi di colonna di reimpiego, probabilmente provenienti dallo smantellamento del gi citato edicio a portico (di epoca tardoantica?) la cui facciata veniva a correre parallela rispetto al muro perimetrale S della basilica. Della nestra absidale, forse una pentafora, furono ritrovate in stato di crollo una delle colonne doppie di sostegno e parte della ghiera di una delle arcatelle.116 Nellarea presbiteriale trovava posto un recinto con articolazione a P greco, dotato di tre porte: la principale sul lato W, preceduta da un prothyron sorretto da due colonne; le altre due sui lati N e S, in corrispondenza dellinnesto della conca absidale. Entro il recinto del templon fu inoltre individuata la collocazione dellaltare, protetto da un ciborio retto da quattro colonnine in marmo verde di Tessaglia.117 Nel muro W del naos e nelle due terminazioni W delle navate laterali si aprivano tre porte di comunicazione con il nartece.118 La porta centrale, di accesso al naos, era assai pi larga delle altre due (m 3,28) tanto da indurre inizialmente Stikas a ipotizzare la presenza di unarticolazione a tribelon.119 Il nartece interno (m 3,65 x 20,50), era pavimentato a lastre marmoree, delle quali sono stati rinvenuti solo frammenti; dalle impronte lasciate nello strato di allettamento tuttavia possibile determinare le dimensioni delle lastre, pari a circa m 1,50 x 0,70. Il muro W del nartece aveva due porte di notevole larghezza (m 2,60) che assicuravano la comunicazione con il braccio E del quadriportico dellatrio.120 Questultimo (m 3,93 x 21,10) viene indicato da Stikas come nartece esterno, sebbene la ricostruzione degli alzati da lui stesso proposta lo restituisca come uno dei quattro bracci di quadriportico. Larticolazione della sua parete W (Fig. 7), prospiciente lo spazio aperto dellatrio, appare del tutto particolare. Si tratterebbe di una facciata aperta da una triplice arcata, sorta di tribelon.121 Arredo scultoreo. Plutei marmorei chiudevano gli intercolunni dei colonnati, sia quelli del piano terreno sia quelli delle gallerie: non mancano infatti frammenti decorati da grandi croci, fra i quali un interessante esemplare doppio.122 Una di queste lastre, frammentaria e rotta in tre pezzi ricomponibili, stata pi di recente ripubblicata: essa mostra, nellangolo in basso a sinistra, una sagomatura appositamente realizzata per incastrarla di taglio contro la base di una delle colonne.123 Corposo poi linsieme dei reperti relativi allarredo liturgico,124 provenienti soprattutto dallarea presbiteriale. Tuttavia, il ritrovamento certamente pi signicativo rappresentato dalla base con prolo attico di un ambone, riemersa a met circa della lunghezza della navata centrale.125 Resti dellalzato dellambone trovati in situ hanno permesso di ricostruirne in parte laspetto e di trarre alcune nota-

Eu. Stikas, Prakt 1967, 86, tav. 62. Eu. Stikas, Prakt 1972, 49, g. 1, tav. 24: la colonnina doppia, a sezione ellittica, di dimensioni notevoli (alt. m 1,61; allimoscapo m 0,28 x 0,84; al sommoscapo m 0,28 x 0,80); perduto il capitello, si conservata limposta (alt. m 0,275; abaco m 1,11 x 0,66 x 0,08). Il frammento di ghiera darco in laterizi (m 0,32 x 0,22 x 0,03). Su un capitello corinzio appartenente a una colonnetta di nestra, senza indicazione del luogo di rinvenimento, v. Eu. Stikas, Prakt 1970, 52, 79. 117 Eu. Stikas, Prakt 1967, 86, g. 1, tav. 62: nel resoconto si parla di marmo proveniente dalla cava di Chasabali, presso Larissa (Tessaglia). 118 La porta di accesso alla navata N misurava in larghezza m 1,58 mentre quella della navata S m 1,62. Le fondazioni della soglia di questultima sono costituite da pietre legate con malta; nessun tipo di fondazione emerso al di sotto del bancale interno che corre lungo il muro S della navata meridionale. Ch. Bakirtzis, ArchDelt 33 (1978), B2, 319. 119 Eu. Stikas, Prakt 1967, 83: un frammento di cornice decorata di una porta riemergeva durante la rimozione degli strati di interramento del nartece interno; Prakt 1970, 52, tav. 79: secondo frammento marmoreo di cornice con echino e astragalo, senza indicazione del luogo di rinvenimento. 120 Oltre a comunicare con le tre navate, il nartece interno possedeva due porte, luna sul lato N (largh. m 1,75) con soglia marmorea ancora in situ, laltra sul lato S (largh.115 116

m 1,60), evidentemente destinate al passaggio verso ambienti annessi: Eu. Stikas, Prakt 1969, 55, tav. 60-, tav. fuori testo A. 121 Lunica prova dellesistenza di un tribelon sarebbe il ritrovamento di una base marmorea di colonna (m 0,68 x 0,68) in situ alla distanza di m 7,40 dal muro settentrionale del nartece esterno stesso.Eu. Stikas, Prakt 1969, 56, tav. 61; Prakt 1970, 50, tav. 67, tav. fuori testo A (lettera T). 122 Eu. Stikas, Prakt 1966, 40, g. 3, tavv 26-; Prakt 1967, 86, tav. 61; A. Orlandos, Ergon 1966, gg. 33-5. 123 PESCHLOW 2006, 58, gg. 12-3. 124 Eu. Stikas, Prakt 1967, 85 (due colonnine di marmo verde di Tessaglia e due di marmo bianco); Prakt 1970, 52, tav. 77 (un frammento di pilastrino; un secondo pilastrino decorato facente corpo unico con un pluteo; una cornice decorata con anthemia e uccelli; cinque piccoli capitelli decorati a giorno, appartenenti forse alla struttura di un ciborio); Prakt 1970, 52, tav. 78, in alto (frammenti di capitelli con scolpite gure di colombe), tav. 79 (due capitelli di ridotte dimensioni, di sostegno di un altare). 125 Lungh. m 5,90; largh. 1,55; alt. 0,20: Eu. Stikas, Prakt 1967, 86, g. 1, tavv. 61-; Prakt 1969, 57, tav. 68; Prakt 1970, 53, tavv. fuori testo -. La base dellambone costituita da tre blocchi marmorei congiunti. La porzione centrale quella che sosteneva il podio a forma di ottagono irregolare. Sulla supercie della base si scorgono otto incavi pi o meno circolari per linvito dei blocchi dellalzato.

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Fig. 7 - Basilica A, ricostruzione del prospetto W (da Stikas, Prakt 1970, tav. fuori testo ).

zioni stilistiche utili a una pi precisa collocazione cronologica del mobile liturgico.126 Si tratta di un ambone longitudinale a doppia scala di accesso (sette scalini per ciascuna rampa) e podio semicircolare monolitico protetto da lastre decorate con croci. Il podio (alt. m 1,70) era sostenuto da un robusto corpo decorato a nicchie. Si nota inoltre come la fascia a tralcio di acanto che caratterizza i parapetti delle due rampe trovi confronti in moduli decorativi datati entro il primo quarto del VI secolo e conosciuti per la loro adozione, fra gli altri casi, nella basilica del porto di Lechaion (Corinto) e nellambone della basilica epi