Sport e epilessia

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SPORT E EPILESSIA DI GAETANO GUGLIELMINO edito da NUKE.YOULIBRO.IT 1

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Uno studio sul campo in merito alle possibili cause di crisi epilettiche

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SPORT E EPILESSIA DI

GAETANO GUGLIELMINO

edito da

NUKE.YOULIBRO.IT

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Dedicato al Professor Henri Gastaut

Monaco1915 – Marsiglia 1995

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Ringraziamenti

Ringrazio con tutto il cuore mia moglie Emiliana che mi è sempre stata vicina, in tutti questi anni, e mi ha aiutato con il suo amore a superare anche i momenti di grande sconforto.

Un ringraziamento particolare alla mia amica Lucina che mi ha aiutato nel corso della stesura di questo testo.

Genova, 11 ottobre 2009

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PREMESSA

In questo libro voglio parlare della mia personale esperienza di sportivo. E questo sotto una precisa ottica; avendo cioè riguardo all' incidenza che ha avuto l' epilessia sulla mia pratica sportiva.

Tutto ciò che riporto è riferito solo ed unicamente a me. Io non sono un medico ma spero che da ciò che ho scritto altri possano trarre spunto per una ancor più approfondita analisi della interazione tra epilessia e pratica sportiva.

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CAPITOLO 1 - running

Allora cominciamo a parlare di quello che mi ha fatto venire in mente un grande runner. Si tratta dello Statunitense Jeff Galloway e più esattamente il suo libro relativo alla corsa per chi inizia.

Ciò che ha acceso una lampadina nel mio cervello è stata la sua riflessione relativa a ciò che accade dopo dieci minuti che si è iniziata la corsa o più esattamente la sua corsa-camminata. Avviene un passaggio di funzioni dal lato sinistro a quello destro del cervello con una attivazione quindi superiore alla norma di tutti i neuroni che sono chiamati a svolgere il lavoro di trasmissione di questa funzione cerebrale.

Erano anni che mi stavo studiando. Cosa vuol dire? Semplicemente che soffrendo di epilessia

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ed essendo stato per tanto tempo un runner non poteva non esserci un nesso di causalità tra il fatto che dopo poco più di tre giri di pista avevo un' assenza.

Tenete presente che per un giro di pista impiegavo poco meno di tre minuti e che la crisi si verificava sempre nel quarto giro. Allora tutto quadra. Ecco che si viene a stabilire un preciso nesso tra tempo di corsa e assenza.

Tenete presente che nel mio cervello esiste un focolaio vicino alla funzione della parola. E che a questo focolaio potrebbe essere comparata una minuscola linea di un impianto elettronico dove un chip sia fuso. Il Chip è il focolaio. Ecco che il sovraccarico di elettricità determinato dal passaggio delle funzioni cerebrali dall' una all' altra parte del cervello determina quella tensione che ha bisogno di scaricarsi con il verificarsi di una crisi.

Cosa ne pensate?

Mi piacerebbe che molti partecipassero a questo blog perchè può essere di estrema utilità al fine di comprendere alcuni dei meccanismi che regolano il cervello di chi è affetto da epilessia.

Quanto prima parlerò del ruolo che in questo

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processo svolgono le endorfine: la droga naturale che il nostro cervello produce.

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CAPITOLO 2 - endorfine

Ed eccoci a parlare delle endorfine. Non mi chiedete di darvene una spiegazione chimica o medica. Quello che so è che si tratta di sostanze che vengono naturalmente prodotte dal cervello in particolari circostanze. Sono per molti versi simile ad una leggera droga. Una delle case produttrici in collaborazione con le cellule cerebrali si chiama RUNNING.

Ed allora le endorfine potrebbero far bene a soggetti epilettici?

Probabilmente sì. Ma qui entra in gioco un secondo fattore che di naturale non ha nulla.

Si tratta dei farmaci antiepilettici che vengono prodotti artificialmente.

Il punto è che potrebbero essere proprio le endorfine, di carattere naturale, a non tollerare i farmaci.

Si potrebbe quindi verificare una vera e propria lotta tra le endorfine ed i farmaci che il paziente assume. E questa lotta, cosa ancora più grave, si accenderebbe nel corso di quel passaggio di funzioni cerebrali dal lato sinistro a quello destro del cervello.

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Ecco quindi il secondo fattore che facilita l' insorgere di una crisi in chi sta corredo.

Questo è proprio quanto accade a me.

CAPITOLO 3 - dipendenza

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Come ogni buon ricercatore dei tempi passati devo prendere in considerazione anche l' opposto di ciò che ho affermato.

Se nulla di tutto quanto detto fosse vero? O se lo fosse solo parzialmente?

Esiste qualche altro elemento e nel caso quale potrebbe essere?

In effetti un aspetto positivo della corsa è da riscontrarsi nel fatto che le crisi ci sono ma in un qualche modo vengono regolate in termini di tempo.

Ecco un altro punto: sport epilessia e dipendenza.

Dipendenza? vi chiederete. Ebbene sì. Per quanto paradossale l' epilessia genera dipendenza in chi ne è affetto. Se non ci sono crisi dopo un certo lasso di tempo è come se fosse il mio cervello ad ingenerarne una o più di una per questa astinenza.

Il running può allora prescindere dai fattori prima citati e soddisfare questo "drogato di epilessia" facendogli venire una crisi.

E' così? potrebbe; e lo dico perchè quando corro con regolarità le crisi vanno tutte o per la grandissima parte a confluire proprio nei periodi

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di pratica. Questo fa si che non ne debba soffrire sul lavoro o in momenti del giorno in cui potrebbero essere estremamente pericolose.

Pensate solo all' attraversare una strada.

Il running lo pratico all' interno di un campo sportivo e quindi senza il pericolo di macchine o fattori estranei.

Posso tranquillamente fermarmi a bordo pista e riprendere quando la crisi è cessata.

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CAPITOLO 4 - stato di benessere

Una mia amica, L. da Milano, mi ha mandato una mail molto interessante.

Fa richiamo ad uno studio comparso in internet e relativo alle benefiche/malefiche endorfine."Può sembrare paradossale ma, come già rilevato a proposito delle assenze, le crisi possono essere utili all’individuo. Come spiegare altrimenti quella sensazione di benessere mai vissuto che alcuni testimoniano di aver provato dopo una violenta crisi epilettica? I fisiopatologi possono spiegare tale benessere con la scarica di endorfine, veri oppiacei naturali, che la crisi induce in ambito cerebrale: fatto sta che, quando le crisi vengono eliminate del tutto con una terapia adeguata, l’individuo passa un periodo di malessere non ben specificato, che oscilla tra l’insoddisfazione e la vera e propria depressione, che può protrarsi anche per mesi"

Quanto sopra non fa che stabilire una più stretta connessione tre endorfine, corsa e crisi epilettiche. Anche se nel mio caso lo "stato di benessere" si verifica all' insorgere della crisi e non al termine della stessa. Ricordo bene alcune volte in cui ho dato, mentre correvo, il benvenuto alla crisi. Al termine della stessa interviene invece uno stato di malessere. Ma questo potrebbe essere dovuto al fatto che le mie sono crisi di "piccolo male" e non convulsive?

Il discorso si complica.

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CAPITOLO 5 - lavoro aerobico

In tutti i testi si parla molto di sport aerobici o anaerobici.

Mi sembra improprio perchè ogni sport a partire dal running può essere svolto in entrambe le modalità.

Se inizio a correre e lo faccio lentamente corro aerobicamente. Quando accelero e mi avvicino alla mia massima velocità ecco che comincio a lavorare anaerobicamente.

Cosa cambia ai fini dell' insorgere di una crisi?

E' molto semplice: correndo lentamente la crisi insorge dopo i 10 minuti. Se corro al doppio della velocità, il tempo di insorgenza si dimezza.

E' come se il mio cervello mi dicesse: non mi puoi fregare. Ed allora se voglio fare del running ai fini di un benessere generale mi conviene correre lentamente e bruciare quindi grassi.

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CAPITOLO 6 - karatè e corsa

Un esame comparato di questi due sport é per me naturale.

Per 15 anni ho praticato il karate; dopo ho iniziato a correre.

Il lavoro che si svolge in quest' arte marziale è di tipo anaerobico. Scatti, rapide successioni di movimenti diversi e così via.

La particolarità sta nel fatto che anche la più lunga delle sequenze non dura mai più di uno o due minuti. Non c'è quindi il tempo necessario per il passaggio di funzioni dal lato temporale sinistro a quello destro del cervello. Non si vengono, in pratica, a creare quelle correnti che invece sono tipiche della corsa. Ed infatti ecco nuovamente sperimentare la cosa su me stesso.

Ho ripreso per circa sei mesi, lo scorso anno, la pratica del karate e non ho mai avuto neppure una crisi.

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CAPITOLO 7 - non contrastiamo la produzione

Il cervello di chi ha l' epilessia deve produrre endorfine all' insorgere di una assenza.

Il rifiuto di una crisi determina la mancata produzione di endorfine. Questo non potrebbe generare una sorta di crisi di astinenza?

Se c'è una riduzione delle funzioni cerebrali in alcuni soggetti affetti da epilessia non potrebbe essere dovuto al fatto che il cervello ha attivato una sorta di meccanismo per non rimanere privo della sua droga?

Ed ancora: io ho meno crisi durante il resto della giornata (quando corro la sera) perchè il mio cervello sa che in ogni caso potrà assumere una dose della sua droga (le endorfine) quando

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corro. Per questo si tranquillizza e non si attiva per l' insorgere di assenze in altri momenti del giorno.

Alcuni degli antiepilettici che assumo, prodotti sinteticamente, non contrasterebbero ma bensì non farebbero che unirsi, nel running, alle endorfine prodotte naturalmente dal cervello. Questa unione faciliterebbe estremamente l' insorgere di una assenza.

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CAPITOLO 8 - endorfine, cosa sono

Ed ecco la descrizione che mi da wikipedia delle endorfine:L'endorfina (o endorfine) è una sostanza chimica di natura organica prodotta dal cervello, dotata di proprietà analgesiche e fisiologiche simili a quelle della morfina e dell'oppio, ma con portata anche più ampia di queste.

Il termine è composto di due parti: "endo", sostanza prodotta da una reazione endogena e "-orfina" sostanza simile alla morfina. Quando un impulso nervoso raggiunge la colonna vertebrale le endorfine vengono rilasciate in modo da prevenire un ulteriore rilascio di questi segnali.

È presente nei tessuti degli animali superiori, e viene rilasciata in particolari condizioni e in occasione di particolari attività fisiche.

Numerose ricerche si stanno ancora effettuando in proposito, ma è opinione comune che l'endorfina svolga azioni di coordinazione e controllo delle attività nervose superiori, tanto da poter essere eventualmente correlata con l'instaurarsi di espressioni patologiche del comportamento, nel caso in cui il suo rilascio divenisse incontrollato. Come anche numerosi alcaloidi di derivazione morfinica, le endorfine sono in grado di procurare uno stato di euforia o di sonnolenza, più o meno intenso a seconda della quantità rilasciata. Questi stessi effetti si possono riscontrare in conclusione di un rapporto sessuale, da cui deriva probabilmente la tipica condizione fisica ad esso correlata.

L'espressione "endorphin rush" si usa per indicare una sensazione di stanchezza dovuta al dolore o un'altra forma di stress.

Questa descrizione concorda perfettamente con quanto accade a me durante una seduta di running.

Se non ho crisi, alla fine mi trovo in uno stato di euforia. Se ho una crisi, con una conseguente ed ulteriore produzione di endorfine, sopraggiunge anche la sonnolenza e una forte alterazione, in senso negativo, del mio stato nervoso.

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CAPITOLO 9 - l' origine

Da dove ha origine una crisi?

Non certo dal cervello. Ed infatti ricordo quando ho avuto le prime crisi, quelle che ancora non producevano assenze.

Quello che provavo era una forte paura (avevo otto anni) che mi portava ad attaccarmi con le spalle al muro.

La paura si manifestava con delle contrazioni allo stomaco. Poi saliva lungo la spina dorsale per giungere alla testa e produrre un forte cerchio alla stessa.

A quel tempo nessuno "aveva capito" o voleva dirmi che stavo avendo una crisi.

Quel che è certo, però, è il fatto che mi veniva negata ogni attività sportiva.

A partire dal nuoto, di cui ero già a quell' età un grande appassionato nonchè frequentatore dei corsi della Federazione Nazionale.

E tutto ciò fino a quindici anni, quando si manifestò nella sua pienezza la crisi, con la conseguente assenza.

A quel tempo però sentii la necessità di

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ricominciare a praticare sport.

Il primo fu lo sci, ad eccezione di quello di fondo.

Era incredibile il numero delle crisi che riuscivo ad avere nel corso di una sessione di tre ore di pratica di quello sport. Arrivavo a 7 o 8 assenze.

Lo sci deve essere allora uno di quegli sport, di natura aerobica, che determinano una enorme produzione di endorfine.

Se voglio spingermi oltre posso arrivare ad affermare che era il mio cervello, "drogato di epilessia", che mi chiedeva di fare uno sport che gli procurasse la sua "dose".

E per "dose" posso intendere tanto la crisi in sè stessa, quanto le endorfine che ne aiutavano l' insorgere.

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CAPITOLO 10 - correre in compagnia

In quanti testi si parla di correre in compagnia; con amici o con un gruppo che si costituisce sul momento oppure con una sola persona.

Per me questo potrebbe essere un elemento specifico per il non insorgere della crisi.

Raramente ho avuto delle assenze correndo lentamente insieme ad una persona con la quale poter parlare, mai quando l' ho fatto con chi aveva degli argomenti specifici di interesse per me.

E per quale ragione?

Non è possibile che il dialogare mantenesse in attività il lato sinistro del mio cervello, facendo così da ostacolo a quel già menzionato passaggio dal suo lato sinistro al destro?

Ciò mi appare molto logico.

L'uso del dialogo e quindi lo sviluppare dei ragionamenti potrebbe essere un serio ostacolo

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per le endorfine. Quasi a trattenerle, evitando il loro libero transito da un lato all' altro del cervello.

Una prova?

Lo costituisce il fatto che quando il mio compagno di running si ferma ed io continuo, anche solo per mezzo giro di pista, ho una assenza.

Il cervello si svincola dai principi logici dettati dall' uso della parola e richiama tutte le endorfine che aveva silenziosamente accumulato. Io non ho più chi "mi osserva" e posso drogarmi con una crisi.

Poi devo essere triste e con il morale "a terra"; ma ciò per giustificarmi di quello che ho fatto.

Quasi a voler dire: "Mi sono drogato ma questa è stata l' ultima volta".

Anche se so bene che non è vero.

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CAPITOLO 11 - buprenorfina

Oggi ho contattato un vecchio compagno di scuola. Uso, ovviamente un nome di fantasia e lo chiamo Luca.

Luca è stato per tanti anni un tossicodipendente. Uno dei pochi, se non l' unico tra quelli che conosco, ad essersi liberato dalla sua dipendenza.

A lui ho rivolto una semplice domanda: "Quali sono i farmaci che possono essere impiegati nel caso di una tossicodipendenza?".

La risposta è stata immediata: "Psicofarmaci, morfina, narcan, metadone e buprenorfina".

Sono tutte sostanze che hanno caratteristiche, per molti versi, analoghe a quelle dell' endorfina ed anch' esse generano dipendenza.

Ed ecco la definizione di wikipedia alla voce buprenorfina

OppioideCon il termine oppioidi viene indicata, in farmacologia, la famiglia delle sostanze che sono in grado di agire su determinati recettori del sistema nervoso, che prendono appunto il nome generico di recettori oppioidi. Il termine viene spesso usato in modo improprio per indicare, in modo più

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restrittivo, gli oppioidi che possono essere ritrovati nell'oppio, una miscela di sostanze ricavata dal lattice del Papaver somniferum, nonché i loro derivati semisintetici; il termine corretto per indicare tali sostanze è, invece, oppiacei.

Caratteristiche farmacologicheGli oppioidi agiscono su una famiglia di recettori del sistema nervoso, sia centrale che periferico, che comprende quattro sottotipi: i recettori classicamente denominati μ, δ e κ (recentemente rinominati come Opioid-Like Receptors oppure ORL-1, 2 e 3) ed un recettore di scoperta più recente, l'ORL-4. L'attivazione di questi recettori porta ad una grande varietà di effetti, quali in prima istanza l'analgesia, nonché sedazione, induzione del sonno, depressione respiratoria, depressione nervosa centrale, inibizione della motilità gastrointestinale ed inibizione del riflesso della tosse.

Il principale campo di applicazione degli oppioidi è l'uso come analgesici centrali, ma non solo: modificando chimicamente la morfina in modo da renderla incapace di attraversare la barriera emato-encefalica, è possibile sfruttare gli effetti periferici degli oppioidi senza alcuna manifestazione degli effetti centrali. I due esempi più eclatanti di questo genere di modificazioni sono il destrometorfano, comunemente usato in molti sciroppi per la tosse, e la loperamide, antidiarroico.

Tra i farmaci oppioidi ad azione centrale troviamo la morfina, la petidina, la buprenorfina, il butorfanolo, il fentanyl, il sufetanil, l'etorfina, l'ossicodone. Altri tipi di farmaci sono presenti in America, uno su tutti l'idromorfone, commercializzato come Dilaudid, che è la molecola più potente di questa classe di farmaci. Un discorso a parte è riservato alla diacetilmorfina, conosciuta come eroina, che è particolarmente potente e si lega in maniera molto marcata ai recettori oppiacei del cervello. In effetti il cervello umano possiede dei recettori che accolgono questa sostanza, il che significa che il corpo umano può produrre da solo un oppioide naturale molto simile all'eroina, anche se con una struttura chimica diversa e in dosi molto più ridotte. Una volta attraversati i recettori l'eroina si trasforma in morfina, tuttavia vi è una sostanziale differenza con quest'ultima. Oltre al fatto di essere proporzionalmente più potente l'eroina, a dispetto della morfina, se iniettata produce il fenomeno noto come flash, ovvero una sensazione di intensa gratificazione che perdura per alcuni secondi.

Potrebbe allora non essere lontana dalla realtà l' ipotesi da me formulata, con riguardo al mio caso, in relazione alla dipendenza generata in me dall' epilessia e controllata, in parte, con l' esercizio della corsa.

O per altro verso la dipendenza che la corsa ha generato in me, in quanto elemento stabilizzante.

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CAPITOLO 12 - altri sport

Torniamo a considerare gli sport da me praticati prima della corsa.

Se li esamino e cerco un legame tra di loro, ecco comparire un fattore che li accomuna: il rischio.

Nello sci, non di fondo, è innegabile che il rischio sia sempre presente.

Quante sono le persone che si sono provocate delle fratture o dei semplici traumi o ancora sono morte nella pratica dello sci? Direi un gran numero.

Ed ancora nel karatè esiste il rischio rappresentato dal combattimento.

Un altro sport che ho praticato per anni è stato l' alpinismo.

Mi piaceva guidare la macchina e farlo ad alte velocità.

Anche il nuoto in mare aperto, non certo quello in piscina, mi ha sempre attratto.

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Non posso dire quanto grande fosse la produzione di endorfine in ciascuno degli sport citati. Per nessuno ho un elemento di misurazione così preciso come per il running.

Tutti, però, per il fattore di rischio insito in loro, non potevano che determinare una maggior produzione, da parte del mio cervello, di adrenalina.

L' adrenalina, in quanto neurotrasmettitore, non potrebbe facilitare se non il rilascio quanto meno la circolazione dell' endorfina all' interno del mio cervello?

Sono di questa ipotesi; ed ecco perchè tendo, pur essendo uno sportivo praticante, ad abbandonare tutti gli sport, ad eccezione della corsa, che non hanno alcun o solo un basso fattore di rischio.

Ed ecco allora venirmi in mente lo Yoga, il Tai Chi, la semplice attività in palestra o il lancio del disco.

Il mio cervello, dopo poco tempo di pratica, li analizza e decide che non vanno bene.

Non c'è produzione di endorfina nè rilascio di adrenalina. Annulla quindi lo stimolo alla loro

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pratica perchè non gli portano la sua "droga" e tanto meno ne facilitano la circolazione.

Un passo avanti nella lotta alle mie assenze potrebbe quindi essere rappresentato proprio dalla pratica, ad esempio, del Tai Chi.

Lo pratico infatti, contro la "mia" volontà, da più di un mese; con l'abbandono di ogni altra pratica sportiva. Ed ecco che, nell' arco di questi ultimi trenta giorni, ho avuto solo due assenze.

Questo contro la media, nell'arco degli ultimi tre anni, che oscillava da un minimo di quattro ad un massimo di sette assenze.

Ed inoltre ho notato una mutazione in una delle due crisi: non mi ha procurato uno stato di assenza ma la sola inibizione dell' uso della parola.

La ricerca continua!

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CAPITOLO 13 - il lancio del disco

Un brevissimo richiamo al post precedente lo merita il lancio del disco.

Se analizziamo questo sport è colmo di elementi che alla mia epilessia non vanno bene; tanto da agire, nel mio caso, quali ostacoli insormontabili per la crisi.

Il primo fattore è dato da quel senso di sicurezza che procurano: la "gabbia", all' interno della quale si lancia, nonchè la pedana situata al suo interno.

Lo sforzo che poi si compio è di natura prettamente anaerobica e tale quindi da non portare alla produzione di endorfine.

Con questo sport non entro in quello che io da tanti anni chiamo: tunnel della crisi.

Ed infatti nel corso di due anni di pratica non ho mai avuto alcuna assenza.

Tutto questo deve avere un senso.

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CAPITOLO 14 - i tunnel della crisi

Procedo adesso ad analizzare quello che ho chiamato "tunnel della crisi".

Come tale intendo il breve tempo che intercorre tra quando avverto che una crisi si sta per manifestare a quando ho l' assenza.

Alla prima avvisaglia di crisi si innesca un processo che è lo stesso mio corpo a chiedermi di portare avanti.

Si bloccano quindi le funzioni che non permetterebbero alla crisi di svilupparsi.

E' determinante il fattore della mia volontà.

Ecco un semplice esempio: se il mio cervello trova la forza di trasmettere l' ordine al corpo di girarsi e correre in senso orario (prima stavo correndo in senso anti-orario) è come se alzassi una difesa e riesco a bloccare la crisi.

Ma non è facile che riesca a farlo perchè una volta entrato nel "tunnel" il mio corpo vuole "godere" della crisi.

E' molto più difficile che questo accada quando corro su strada. Questo perchè il mio cervello

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non si può permettere di porsi in stand-by ma deve continuamente rispondere agli ordini di girare a destra, a sinistra, attraversare la strada, evitare quel bambino che gioca davanti a me, etc.

Tutti questi ordini mantengono in piena attività la parte sinistra del mio cervello e non si verifica quel fenomeno che Jeff Galloway mi ha spinto a studiare parlando dei fatidici primi dieci minuti di corsa.

Quanto avviene su strada è simile, per me, a quanto accade quando nuoto in piscina; laddove ogni 25 o 50 metri devo virare ovvero invertire il senso di marcia.

Sono come un alcolizzato, davanti ad un bicchiere di vino.

Per me è più facile bere e poi pentirmi di averlo fatto.

Avverto, però, che la rinuncia, in quanto tale, non è assimilata dalla mia mente come una vittoria.

Una parte del mio cervello è rimasta senza la sua "dose" e quindi resta in me, anche se in piccola parte, un senso di insoddisfazione.

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CAPITOLO 15 - sport e farmaci

Sono giunto, nei capitoli precedenti, alla conclusione, da applicare alla mia epilessia, che tanto i farmaci quanto le crisi non controllate dai farmaci generano dipendenza.

Lo stesso fa il running.

Ma facciamo un passo indietro. Quando ho iniziato la cura attuale, mi ha tolto completamente le crisi per un periodo di circa un anno e mezzo. Poi le stesse crisi hanno ricominciato a manifestarsi, anche se con una frequenza di gran lunga inferiore.

I farmaci che prendo sono anch' essi tali da generare dipendenza, tanto che uno dei due è ricompreso nella tabella dei barbiturici.

Le crisi che ho attualmente non potrebbero essere delle "finte crisi" che il cervello genera per soddisfare la sua dipendenza?

A questo punto, non potrebbe essere proprio la corsa il "farmaco" da sostituire a quelli che prendo e tale da generare naturalmente un certo numero di crisi che permettano alla mia

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dipendenza da epilessia di essere soddisfatta?

E' un' ipotesi ardita?

Non credo di poterlo verificare; perchè per fare questo dovrei lentamente sospendere l' uso dei farmaci. E il solo pensiero mi fa paura.

Non mi sembra di essere però lontano dal poter affermare che la mia epilessia andrebbe curata come una dipendenza per molti versi simile ad una tossicodipendenza.

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CAPITOLO 16 - le fratture nella pratica sportiva

E' un dato di fatto che l' assunzione prolungata di farmaci antiepilettici produce una carenza, a livello corporeo, di vitamina D.

Lo stesso si può dire per il fosforo ed il calcio.

Ecco perchè, allora, nell' arco degli ultimi anni, a differenza di quanto mi accadeva prima, ho riportato non una ma bensì tre fratture.

Non è come tanti anni fa quando potevo sciare e cadere senza preoccupazioni.

Per esempio, oltre allo sci alpino, non devo praticare sport di combattimento; questo non per il rischio insito in loro ma bensì per il fatto che il contatto fisico può determinare più facilmente in me una frattura.

E' un preciso indice che deve indirizzarmi verso pratiche sportive nelle quali il rischio di fratture è in ogni caso minore.

E quanto detto determina una netta diversità tra

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me e gli altri sportivi.

Questa valutazione è stata sempre ostacolata da chi affermava che io ero uguale a tutti gli altri.

Ho dovuto trovare dentro di me la forza di riconoscere ed accettare la mia malattia.

Questo è un preciso punto di partenza senza il quale non potrei procedere alla valutazione di ciò che posso o non posso fare anche a livello di pratica sportiva.

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CAPITOLO 17 - spazio e tempo

Il solo elemento, del quale ho tenuto conto applicandolo alla corsa su pista, è stato il fattore tempo.

Non devo dimenticare però che corro all' interno di uno spazio ben preciso.

Inoltre la crisi, quando insorge, lo fa sempre nelle curva sud della pista. Una curva delimitata da una alta aiuola verde.

Non è allora possibile che la crisi sia aiutata da una "sorta" di memorizzazione che il mio cervello ha fatto di quel preciso punto e del suo colore?

Il cervello ricorda che lì c'è stata una crisi ed invia impulsi che si aggiungono a tutti i fattori che ho considerato nei precedenti capitoli.

"Lui ricorda".

Sotto questo aspetto correre su pista è

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negativo. Sempre che non faccia quelle brusche inversioni, del senso di percorrenza della pista, alle quali già avevo accennato.

Ma anche tali inversioni non devono essere tali da poter essere memorizzate.

Dovrei allora farle in punti e tempi ogni volta diversi; e ciò per alzare anche una barriera che impedisca al mio cervello di "ricordare".

Allora mi potrebbe essere di aiuto il correre con un cronometro. Dovrei, però, programmarlo in modo tale che le inversioni siano imposte al mio cervello senza alcun rispetto per la sua "memoria".

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INDICE

Capitolo 1 - running

Capitolo 2 - endorfine

Capitolo 3 - dipendenza

Capitolo 4 - stato di benessere

Capitolo 5 - lavoro aerobico

Capitolo 6 - karate e corsa

Capitolo 7 - non contrastiamo la produzione

Capitolo 8 - endorfine (2)

Capitolo 9 - l' origine

Capitolo 10 - correre in compagnia

Capitolo 11 - buprenorfina

Capitolo 12 - altri sport

Capitolo 13 - lancio del disco

Capitolo 14 - il tunnel della crisi

Capitolo 15 - sport e farmaci

Capitolo 16 - le fratture nella pratica sportiva

Capitolo 17 - Spazio e tempo

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