Sorveglianza e Scavo Archeologico · sorveglianza archeologica durante i lavori di scavo meccanico...

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Lavori di recupero e salvaguardia dell’area della palestra ex-GIL nel Comune di Foggia. Sorveglianza e Scavo Archeologico Committente: Università Degli Studi di Foggia (Via A.Gramsci 89/91- Foggia) Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia dott. Italo M. Muntoni Realizzazione: Archeologica S.r.l. (Spiazzo Mons. Aquilino, 2 Foggia) Luogo e data Foggia, 30/06/2014 Timbro e firma

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Lavori di recupero e salvaguardia dell’area della palestra ex-GIL nel Comune di Foggia.

Sorveglianza e Scavo Archeologico

Committente: Università Degli Studi di Foggia (Via A.Gramsci 89/91- Foggia)

Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia – dott. Italo M. Muntoni

Realizzazione: Archeologica S.r.l. (Spiazzo Mons. Aquilino, 2 – Foggia)

Luogo e data

Foggia, 30/06/2014

Timbro e firma

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INDICE

FOGGIA – EX GIL. RELAZIONE DI SCAVO

1.1 Introduzione pag. 1

1.1 Inquadramento topografico e archeologico dell’area circostante l’ex palestra GIL pag. 1

1.2 Relazione sulle operazioni di scavo pag. 3

2. I risultati dell’indagine stratigrafica pag. 5

2.1 Il SAGGIO VII pag. 5

2.2 Il SAGGIO XII pag. 9

2.3 Il SAGGIO XI pag. 13

2.4 Il SAGGIO VIII pag. 14

2.5 Il SAGGIO VI pag. 18

2.6 Il SAGGIO X pag. 19

3. Interpretazione pag. 21

FOGGIA. EX-GIL 2013. RELAZIONI DI STUDIO DEI MATERIALI

I Reperti Ceramici (di Nicoletta Scopece) pag. 23

I risultati dello studio archeoantropologico (di Valentina Dell’Anno) pag. 28 Relazione archeozoologica (di Anna Pizzarelli) pag. 33 Relazione Paleobotanica (di Giorgia Aprile) pag. 40

FOGGIA. EX-GIL 2013. RELAZIONE DELLA SORVEGLIANZA ARCHEOLOGICA

Report sulle attività di sorveglianza archeologica (di Angelo Cardone) pag. 55

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FOGGIA. EX-GIL 2013. ALLEGATI

Allegato 1. Elenco delle Unità Stratigrafiche Allegato 2. Tabelle quantitative dei reperti ceramici. Allegato 3. Elenco delle piante di scavo Allegato 4. Elenco delle tavole. Allegato 5. Schede US Allegato 6. Tavole (in formato A3 e A2) Allegato 7. Foto di scavo (in formato digitale)

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FOGGIA – EX GIL. RELAZIONE DI SCAVO

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FOGGIA – EX GIL. RELAZIONE DI SCAVO

1.1 Introduzione

In questa relazione sono esposti i risultati di un’attività di scavo di emergenza condotta dalla

società Archeologica s.r.l., presso l’ex palestra Gil (Gioventù Italiana del Littorio) di via Galliani, a Foggia, su

incarico dell’Università degli Studi di Foggia nell’ambito del progetto di ristrutturazione e cambio di

destinazione d’uso dell’edificio.

Le strutture indagate nell’ambito dello scavo d’emergenza sono state individuate nel corso della

sorveglianza archeologica durante i lavori di scavo meccanico dell’area. Si tratta di due fossati, uno più

grande ed un compound o fossato a C. Il primo ha restituito maggiori evidenze, il secondo, invece,

conteneva una scarsa quantità di materiale archeologico, probabilmente per la limitata ampiezza del tratto

scavato, ma soprattutto per le evidenti manomissioni avvenute nel tempo.

Il lavoro di sorveglianza è stato svolto dal dott. Angelo Cardone, mentre il lavoro di scavo è stato diretto

dalla dott.ssa Nicoletta Scopece con la direzione scientifica del dott. Italo Maria Muntoni, funzionario della

Soprintendenza dei Beni Archeologici con sede presso il Centro Operativo per l’Archeologia di Foggia.

L’attività di rilievo topografico ed elaborazione grafica e digitale della documentazione di scavo è stata

svolta e curata dal dott. Cristiano Moscaritolo. L’analisi dei reperti faunistici è stata, invece, eseguita dalla

dott.ssa Anna Pizzarelli, lo studio dei campioni ceramici dalla dott.ssa Nicoletta Scopece, lo studio dei resti

antropologici dalla dott.ssa Valentina Dell’Anno ed, infine, le indagini archeobotaniche dalla dott.ssa

Giorgia Aprile.

L’attività di scavo, inoltre, è stata supportata da due collaboratori presenti sul cantiere per conto della

società ArcheoLogica s.r.l., i dott. Marco Maruotti e Angelo Cardone, e da due operai con esperienza sui

cantieri di scavo archeologico.

Nella presente relazione, dopo un inquadramento topografico e archeologico dell’area circostante

la palestra dell’ex Gil, si procederà con la descrizione delle strutture individuate, delle procedure utilizzate e

dei risultati ottenuti in seguito allo scavo.

I risultati delle attività di scavo archeologico descritti sono corredati da:

- Schede di Unità Stratigrafica;

- Tabelle dei materiali ceramici;

- Overlay;

- Elenco delle Unità Stratigrafiche;

- Elenco e fotografie dei reperti rinvenuti;

- Elenco delle overlay.

1.1 Inquadramento topografico e archeologico dell’area circostante l’ex palestra GIL

L’insediamento neolitico individuato all’interno dell’ex palestra Gil si inserisce in una fitta rete di

insediamenti neolitici insistenti attorno alla città di Foggia, in un’area avente un raggio di 10 km circa1 (Fig.

1). Inoltre, esso appare strettamente connesso agli scavi della Villa Comunale e dell’ex-Ippodromo

1 Scopece N., Masseria Pantano: un insediamento neolitico a sud di Foggia. Dati archeologici e ambientali, Tesi di

Specializzazione, Università del Salento, 2011-2012 (inedito)

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e all’indagine di via Galliani, in cui furono individuati insediamenti neolitici ascrivibili allo stesso

periodo di quello qui indagato2.

All’interno dell’area campione sono stati individuati 46 insediamenti a cui va aggiunto quello

indagato nell’ex palestra Gil. Questi insediamenti sono noti attraverso i lavori di Jones3, Tinè4,

Brown5 e la Carta dei Beni Archeologici della Puglia e del Comune di Foggia. Per la maggior parte di essi se

ne conosce l’estensione, spesso ricostruibile grazie alla disponibilità delle foto aeree nelle quali è possibile

riconoscere la presenza di anomalie nel terreno o nelle coltivazioni, ma anche in seguito ad attività di

ricognizione.

Fig. 1: Distribuzione degli insediamenti neolitici attorno alla città di Foggia

(elaborazione grafica di Nicoletta Scopece).

2 Per approfondimenti vedere la seguente bibliografia: Simone L. 1977-82, Il villaggio neolitico della Villa Comunale di

Foggia, Origini XI; TUNZI SISTO A.M. 1994, Foggia, 1. Villa Comunale; 2. Via Galliani, Taras XIV (1); TUNZI SISTO A.M., MOFFA C., D’OTTAVIO F., BARTOLI C. 1999, Nuove ricerche nell’insediamento neolitico alla periferia orientale di Foggia, in 19° Atti Daunia, San Severo; TUNZI SISTO A.M., MONACO A. 2006, Il Neolitico a Foggia, in 26° Atti Daunia, San Severo. 3 Jones, Apulia. Neolithic settlement in the Tavoliere, in the Society of Antiquares, 1987, London

4 Tinè S., Passo di Corvo e la civiltà neolitica del Tavoliere, 1983, Sagep, Genova

5 Brown K. A., Aerial archaeology of the Tavoliere. The Italian air photographic record and the Riley archive, in Accordia

Research Papers, 9, 2001-2003

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1.2 Relazione sulle operazioni di scavo

Le operazioni di scavo sono state condotte dal 23 settembre al 18 ottobre 2013, dopo un periodo

di sorveglianza archeologica (dal 5 al 13 settembre 2012) che ha consentito di individuare due

tratti di fossati neolitici, uno nella parte orientale della palestra indagata e l’altro nell’angolo nord-

occidentale.

Lo scavo condotto all’interno dell’ex palestra Gil di Foggia ha interessato due aree di circa 27 e 20

mq. L’area indagata per una maggiore estensione è quella che ha restituito un tratto di fossato

neolitico di circa 10 m di lunghezza e 2 m di larghezza e un’area interna al fossato, ricoperta da

paleosuolo, in cui sono state riconosciute delle buche di palo (Fig. 2). Il tratto di fossato messo in

luce, presenta tra i saggi XI e VIII una trincea moderna, relativa a lavori per la sistemazione di una

condotta fognaria con relativo pozzetto di ispezione, che taglia il fossato stesso. L’altro fossato

individuato nell’angolo nord-occidentale deve essere stato oggetto di rimaneggiamenti moderni

che ne hanno alterato il profilo originario e la stessa comprensione di carattere archeologico (Fig.

3).

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Fig. 2: Situazione iniziale dei saggi VII, XII, XI, VIII, VI. Fig. 3: Situazione iniziale del saggio X.

In totale sono stati aperti sette saggi di scavo. I saggi VII, XII, XI e VIII interessano da nord a sud

l’intero tratto di fossato indagato, il saggio VI è relativo all’area interna al fossato stesso; il saggio X

è attinente al fossato dell’angolo nord-occidentale, mentre il saggio IX è pertinente ad una

struttura quadrangolare che si è rivelata d’età moderna.

La suddivisione del fossato in più saggi è stata una scelta legata alla quantità di tempo che si aveva

a disposizione per terminare tutte le attività di scavo, ma procedendo a ritmi elevati è stato

possibile indagare per intero il tratto di fossato individuato, ottenendo risultati in parte

confrontabili con i precedenti scavi della Villa Comunale6 e dell’ex-Ippodromo7, siti in aree poco

distanti.

6 Simone L., Il villaggio neolitico della villa comunale di Foggia, in Origini XI, 1977-1982

7 Tunzi Sisto A.M., Moffa A.C., Foggia-Ex Ippodromo, in Riv. Sc. Preist. LI, 2000-2001; Tunzi Sisto A.M., Moffa A. C.

D’Ottavio F., Bartoli C., Nuove ricerche nell’insediamento neolitico alla periferia orientale di Foggia. Il saggio

nell’ex Ippodromo, in Atti del 19° Convegno Nazionale sulla Preistoria, Protostoria e Storia della Daunia (San Severo, 1998), 2000

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Tutte le operazioni di scavo sono state condotte con metodo stratigrafico, affiancando la

redazione di specifica documentazione schedografica (schede US e USD allegate a questa

relazione), grafica (planimetria generale, piante di fase e sezioni sia prospettiche che

stratigrafiche, allegate a questa relazione) e fotografica.

2. I risultati dell’indagine stratigrafica

Complessivamente l’indagine archeologica ha consentito di riconoscere una successione di quattro

fasi così individuate:

Fase I: questa prima fase di uso antropico dell’area è caratterizzata dallo scavo del fossato e delle

buche di palo nel banco di crusta e dalla frequentazione antropica dell’area.

Fase II: questa seconda fase è caratterizzata dal primo riempimento e primo abbandono del

fossato (UUSS 13, 1103, 1208; IIa) e dall’uso secondario del fossato stesso, come dimostrano le

due sepolture individuate nelle USD 10 e 1210 (IIb).

Fase III: comprende lo strato di acciottolato che caratterizza le UUSS 9, 1105 e 1203 che obliterano

le due sepolture (IIIa), un ulteriore strato di riempimento (IIIb) che precede l’ultimo strato di

riempimento che costituisce l’atto del definitivo abbandono del fossato (IIIc).

Fase IV: è relativa all’età moderna e costituisce le attività antropiche moderne effettuate sull’area

del fossato (UUSS 1, 2 e 7), probabilmente durante i lavori della costruzione della stessa palestra,

come attestano i rinvenimenti di metallo ossidato e un collo di bottiglia di spumante.

2.1 Il SAGGIO VII

È il più settentrionale dei quattro saggi aperti sul fossato. Esso mostrava, già ad un primo sguardo,

tracce di attività di rimaneggiamento posteriori alla definitiva chiusura del fossato in età neolitica.

Infatti, lo strato superiore si presentava come uno strato di terreno misto di colore biancastro, con

ciottoli di dimensioni varie che non copriva il fossato in tutta la sua larghezza (US 1) (Fig. 2). Al di

sotto di esso vi erano due sacche, una reniforme (US 5) e l’altra circolare (US 6), adiacenti tra loro,

che costituivano una sorta di approfondimento dell’US 1 stessa, sebbene in esse la componente di

calce e ciottoli era misto alla terra (Fig. 4). Lateralmente all’US 1 vi era uno strato di terra (US 2) di

colore grigio scuro che dal livello del paleosuolo seguiva anche al di sotto delle UUSS 5 e 6. La

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modernità di tali strati è confermata, oltre che per la composizione di essi, anche dalla presenza di

frammenti di mattoni, da materiale metallico ossidato, da vetri e dal collo di una bottiglia di

spumante.

Fig. 4: Saggio VII, US 5 ed US 6.

Nell’angolo nord-occidentale del saggio, al di sotto dell’US 2 è stata individuata una buca di palo

(US 4). Nella stessa area, però, non sono state individuate ulteriori buche di palo; probabilmente

questa assenza è dovuta alle esigenze di scavo che hanno limitato l’estensione dell’indagine.

Al di sotto degli strati formatisi in seguito al rimaneggiamento dell’area, si sviluppava l’US 7,

uguale per colore e composizione all’US 2. Questa US ha restituito una discreta quantità di

ceramica neolitica, di selce perlopiù in nuclei, e di resti faunistici.

La parte meridionale del saggio non era stata interessata da rimaneggiamenti. In corrispondenza

dell’US 1, infatti, si estendeva uno strato di terra marrone con spessore di circa 10 cm (US 3) che

poggiava su un acciottolato che caratterizzava la parte meridionale dell’US 8. Anche quest’ultima

si presentava di colore grigio scuro ma a differenza dell’US 7, non presentava segni di

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rimescolamento o contaminazioni moderne del terreno (Fig. 5). Sono, infatti, assenti materiali

d’età moderna, mentre discreta è la quantità di frammenti ceramici, litici e di resti faunistici.

Fig. 5: Saggio VII, US 8.

L’US 9, al di sotto, era costituita da uno strato di terra grigio scuro con ciottoli di dimensioni

medio-grandi su tutta la superficie e con una concentrazione di resti faunistici nell’area centrale

(Fig. 6). Notevole è anche la quantità di ceramica rinvenuta, mentre scarsa è la selce rinvenuta. Di

questa US è stata anche effettuata una ricostruzione grafica. All’estremità sud-occidentale del

saggio, all’US 9 seguiva l’US 18 caratterizzata da terra argillosa e friabile di colore marrone chiaro-

arancio. Questo strato era la copertura della sepoltura (USD 10) tagliata nell’US 17. La diversa

composizione del terreno di copertura della sepoltura è indice del riutilizzo del fossato per tale

scopo, come già attestato in numerosi altri insediamenti neolitici del Tavoliere8. Trattasi di una

8 Masseria Candelaro. Vita quotidiana e mondo ideologico in una comunità neolitica del Tavoliere, (a cura di) S. M.

Cassano, A. Manfredini, 2005, Grenzi Editore; nelle vicinanze dell’ex palestra Gil, in via Brigata Pinerolo e all’algolo tra quest’ultima e via Galliani furono rinvenute due sepolture di infante, MALLEGNI F., FORNACIARI G. 1979, I resti scheletrici umani del villaggio neolitico del centro di Foggia, Archivio per l’Antropologia e l’Etnologia, CIX, pp. 461-496; TUNZI SISTO

A.M. 1994, Foggia, 1. Villa Comunale; 2. Via Galliani, Taras XIV (1), pp. 31-33.

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sepoltura di infante in posizione rannicchiata sul lato destro, col cranio rivolto verso la parete del

fossato in direzione nord (Fig. 7). Essa era limitata da una sistemazione di ciottoli con andamenti

semicircolari poggiata alla parete del fossato entro la quale era alloggiato il corpo. La sepoltura era

tagliata all’interno dell’US 17, uno strato di terra marrone esteso su tutta la superficie del saggio;

essa è stata individuata al termine dello scavo del saggio. Al di sotto di questa US giaceva l’US 13,

caratterizzata da uno strato di terra marrone chiaro, di matrice sabbiosa, con ciottoli di medie e

grandi dimensioni in particolare in corrispondenza della sepoltura. Questa costituiva la prima fase

del riempimento del fossato.

Fig. 6: Saggio VII, US 9. Acciottolato su tutta la superficie.

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Fig. 7: Saggio VII, USD 10. Sepoltura di infante sul margine sud-occidentale del fossato.

Dunque, la stratigrafia del saggio VII si presenta abbastanza complessa se si confronta con quelle

dei saggi adiacenti, sebbene si tratti dello stesso fossato, col medesimo riempimento. Ma, come

già detto in precedenza, tale complessità è stata causata dai lavori di rimaneggiamento avvenuti

sul quel tratto di fossato in età moderna, probabilmente in concomitanza con i lavori della

costruzione della palestra GIL. Inoltre, una caratteristica dei diversi strati è la presenza più o meno

abbondante di ciottoli di medie e grandi dimensioni, soprattutto quelli che caratterizzano l’US 9,

posti probabilmente come obliterazione dello strato su cui erano collocate le sepolture.

2.2 Il SAGGIO XII

Il saggio XII è stato l’ultimo ad essere indagato. È posto tra il saggio VII e il saggio XI. Si è

proceduto, in un primo momento, lasciando un risparmio di circa 50 cm nella parte meridionale,

che è stato indagato nella fase conclusiva dello scavo. Sebbene sia adiacente al saggio VII, la

stratigrafia appare molto meno complessa, soprattutto nella sezione meridionale (corrispondente

a quella settentrionale del saggio XI). In questo saggio sono stati prelevati campioni di terreno per

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le indagini archeobotaniche e palinologiche ad intervalli di circa 15 cm, e frammenti ceramici9 uniti

a piccoli campioni di terra per effettuare datazioni archeometriche, nel caso specifico col metodo

della Termoluminescenza, presso il Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Bari.

La prima US individuata è la US 1201, corrispondente all’US 3 del saggio VII, caratterizzata da un

terreno di colore marrone scuro, secco e piuttosto friabile. Discreta è la quantità di ceramica

rinvenuta mentre esigui sono i resti faunistici e gli elementi litici. Al di sotto è stata riconosciuta

l’US 1202, caratterizzata da uno strato di terra grigio scuro con acciottolato sul lato orientale che

corrispondeva all’acciottolato dell’US 8 del saggio VII a cui è adiacente. I ciottoli erano di piccole e

medie dimensioni e facevano da copertura ai resti di fauna rinvenuti in discrete quantità. A questa

si aggiungano anche una notevole quantità di frammenti ceramici e alcuni elementi litici. A questa

US segue l’US 1203, corrispondente all’US 9 del saggio VII. I ciottoli presenti su tutta la superficie

dell’US 9 si arrestano nella prima parte dell’US 1203. Il terreno è di colore marre scuro e si

presenta grasso e friabile. La quantità di ceramica rinvenuta in questo strato è inferiore rispetto

agli strati precedenti, così come per i resti faunistici e la litica (Fig. 8). Scendendo, nell’angolo nord-

occidentale del saggio è stata individuata l’US 1204, corrispondente all’US 18 del saggio VII.

Trattasi di uno strato di terra di colore giallastro, risultato della commistione di crusta sbriciolata e

terra. Esso continuava lo strato di copertura dell’USD 10 ed ha restituito una ridotta quantità di

frammenti ceramici e resti di fauna. A questo segue l’US 1207 che caratterizza tutta la superficie

indagata. Corrisponde all’US 17 del saggio VII ed è si distingue per il colore marrone del terreno e

la quasi totale assenza di ciottoli. All’interno di questo strato di riempimento notevole è stata la

quantità di frammenti ceramici rinvenuti, così come per i resti faunistici, mentre scarsa è la

quantità di elementi litici. Tra questi ultimi può essere annoverata una pietra dalle superfici lisce,

probabilmente trattasi di una macina. Infine, è stata asportata anche l’US 1208 caratterizzata da

uno strato di terra di colore marrone chiaro, di matrice sabbiosa, ricca di frammenti ceramici e con

una discreta quantità di resti faunistici e litici.

9 I frammenti ceramici utilizzati per le datazioni archeometriche sono i seguenti:

GIL 1, GIL 3, GIL 4 dall’US 1201; GIL 5 e GIL 6 dall’US 1202; GIL 7 e GIL 8 dall’US 1203; GIL 9 dall’US 1207 e GIL 11 e GIL 12 dall’US 1208. I campioni GIL 2 e GIL 10 si sono rivelati al lavaggio non pertinenti a ceramica.

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Fig.8: Saggio XII, US 1203.

All’altezza dell’US 1202, sul fianco occidentale del taglio, si apriva un ingrottamento (US 1206)

colmo di un terreno grigio, probabilmente organico, privo di materiale archeologico (Fig. 9).

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Fig. 9: Saggio XII, US 1206

Al termine di queste operazioni di scavo, dopo il recupero dei campioni di terreno dalla sezione

meridionale del saggio XII, da parte del dott. Zerboni dell’Università di Milano e della dott.ssa

Aprile effettuate rispettivamente per le analisi micromorfologiche e palinologiche, è stato

indagato anche il testimone di terreno che era stato lasciato nella parte meridionale del saggio XII.

La rimozione è avvenuta senza procedere stratigraficamente fino all’US 1204. All’altezza dell’US

1207 è stata rinvenuta una sepoltura secondaria di un cranio di infante collocato su una

sistemazione di ciottoli. Il cranio era posto sul lato sinistro ed era rivolto verso la parete del fossato

(Fig. 10). Non sono state rinvenute altre ossa in connessione col cranio e l’individuazione di una

malformazione cranica fa supporre si possa trattare di una sepoltura secondaria probabilmente

con un significato rituale.

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Fig. 10: Saggio XII testimone, sepoltura secondaria di un cranio di infante.

2.3 Il SAGGIO XI

Il saggio XI presenta una sequenza stratigrafica ancora più semplice dei precedenti saggi, come

conferma anche l’indagine pedologica dei campioni di terra prelevati e analizzati dal dott. Zerboni.

Durante lo scavo erano stati individuati tre strati. L’US 1101, corrispondente all’US 3 del saggio VII,

è caratterizzata da uno strato di terra grigio scuro, molto compatto, a matrice sabbiosa. All’interno

di questo strato è stata rinvenuta una notevole quantità di frammenti ceramici, di resti faunistici e

una discreta quantità di litica. Lo strato successivo, US 1102, differiva da quello precedente,

esclusivamente per una maggiore concentrazione di ciottoli. Notevole è ancora la quantità di

frammenti ceramici e di resti faunistici, mentre discreta è la quantità di elementi litici. Di notevole

importanza è la concentrazione di cannolicchi individuata nell’angolo sud-orientale del saggio,

all’altezza di questa US (Fig. 11). Seguiva l’US 1203 costituita da uno strato di terra grigio

contenente carbone, pietre bruciate, ceramica e fauna.

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Fig. 11: Saggio XI, angolo sud-orientale dell’US 1202, concentrazione di cannolicchi.

L’indagine pedologica ha, invece, consentito di avere una corretta suddivisione del riempimento

del fossato. Le UUSS 1101 e 1102 sono state assimilate ed è stata riconosciuta una nuova unità

stratigrafica, US 1105, già individuata durante il prelievo dei campioni di terra dalla sezione del

saggio, caratterizzata da un terreno di colore marrone chiaro, con inclusioni di frammenti di

carbone millimetrici. Questa US è collocata tra le UUSS 1101 e 1102 e l’US 1103. Per l’US 1103 non

è stato riscontrato alcun cambiamento rispetto a quanto riscontrato in fase di scavo.

2.4 Il SAGGIO VIII

L’ultimo tratto di fossato individuato è inserito all’interno del saggio VIII, caratterizzato dalla

presenza di un taglio d’età moderna eseguito per la sistemazione di un pozzetto relativo alla rete

fognaria, ascrivibile al periodo precedente la costruzione della palestra (Fig. 12). Trattasi di un

pozzetto di 1,60x1,40m, profondo 4m ca., con un taglio colmato di terreno misto che scende ad

una profondità di circa 2m che precede e segue il pozzetto. Il taglio è stato identificato come US

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801 ed al suo interno sono stati rinvenuti resti di metallo ossidato (scatolette in latta ossidate) e

frammenti di ceramica sia neolitica che moderna (un frammento).

L’US 802 è costituita dal paleosuolo adiacente al lato sud-orientale del taglio. Esso conteneva

frammenti di ceramica neolitica e un paio di frammenti relativi a ceramica moderna, indice di

manipolazioni del paleosuolo in età moderna relative ai lavori fognari, alla costruzione della

palestra o a lavori agricoli svolti nell’area in un periodo ancora precedente. L’US 803 è costituita

dal riempimento del fossato che non è stato scavato per motivi di sicurezza in quanto giungeva

sino alle fondamenta della palestra. La stratigrafia di questo ultimo tratto di fossato pare di

difficile individuazione. Il riempimento sembra non presentare visibili differenze di colore né di

composizione; tale affermazione è stata confermata anche dal dott. Zerboni.

Fig. 12: Saggio VIII, US 801

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Il fossato è stato indagato per ca. 10m di lunghezza. È largo all’imboccatura ca. 2m con una

profondità media di ca. 2,5m. Presenta un profilo irregolare, con spanciamenti in diversi punti e a

varie altezze. Il profilo del saggio VII si presenta, perlopiù, regolare, senza spanciamenti; il saggio

XI, invece, presenta due spanciamenti laterali a circa 1 metro dal fondo. In tale spanciamento si

inserisce il cumulo di cannolicchi rinvenuti nell’angolo sud-orientale del saggio. Il saggio XII, infine,

presenta uno spanciamento sul fondo e un ingrottamento all’altezza dell’US 1202. Inoltre, il

fossato presenta una discreta pendenza verso sud.

Come già detto, per motivi pratici, si è proceduto nello scavo dividendo il fossato in più saggi; tale

suddivisione ha comportato anche ad un diverso numero di US anche quando vi fosse

corrispondenza tra loro. Il matrix rappresentato di seguito mostra chiaramente le corrispondenze

tra i vari strati (Fig. 13):

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17

Fig. 13: Matrix dei saggi VII, XII, XI e VI (elaborazione del dott. M. Maruotti).

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18

2.5 Il SAGGIO VI

Il saggio VI si estende sul fianco orientale del fossato. Trattasi della parte interna al fossato

ed è caratterizzato da un banco di crusta che parte dal limite del fossato stesso fino a giungere al

paleosuolo sotto il quale sono state messe in evidenza delle buche di palo.

In corrispondenza con il saggio XI, sono state individuate tre buche di palo (UUSS 604, 605,

606) allineate ed equidistanti tra loro (Fig. 14). Un metro ca. più ad est ne è stata individuata

un’altra (US 614; Fig. 15) e a nord di quest’ultima, ai piedi del banco di crusta, ne sono state

individuate altre due (UUSS 610, 612; Fig. 16).

Fig. 14: Saggio VI, buche di palo. Fig. 15: Saggio VI, US 614.

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19

Fig. 16: Saggio VI, UUSS 610 e 612.

La limitata estensione di scavo non ha consentito di individuare altre buche in connessione con

quelle rinvenute, per cui è difficile comprenderne il loro utilizzo, o ricavarne informazione sulla

struttura che probabilmente sorgeva all’interno dell’area delimitata dal fossato. Le buche di palo

erano ricoperte da uno strato di paleosuolo (US 608) costituito da un terreno di colore marrone

scuro, abbastanza umido e privo di materiale archeologico.

2.6 Il SAGGIO X

Il saggio X è collocato nell’angolo nord-occidentale della palestra, al limite delle fondamenta, ed ha

messo in evidenza un piccolo tratto di fossato a C notevolmente compromesso da lavori moderni.

Il primo strato individuato è costituito dall’US 101, caratterizzato da uno strato di terra friabile,

grasso, di colore marrone. Ad esso segue l’US 103 caratterizzato, invece, da frammenti di crusta

frammisti a terreno sabbioso e terra. Il fossato è stato tagliato e riempito ad ovest in tempi

recenti. È stata individuata prima l’US 102, contraddistinta dall’alternanza di lenti di crusta mista

con lenti di terra. Al di sotto di questa US sono state individuate altre due US. L’US 104 è collocata

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più a sud ed è caratterizzata da un terreno geologico misto a terreno sabbioso, mentre l’US 105,

adiacente nella parte settentrionale all’US 104, è caratterizzata a sua volta da terra nera.

Asportate le UUSS 104 e 105 e l’US 103 si è giunti allo strato di crusta. L’US 106 costituisce il fondo

del fossato a C, mentre l’US 107 il fondo del taglio moderno (Fig. 17).

Fig. 17: Saggio X, fondo fossato, UUSS 106 e 107.

L’alterazione moderna, evidente in sezione, è stata confermata anche dall’indagine pedologica

svolta dal dott. Zerboni, il quale ha riconosciuto nei depositi inclinati evidenti nelle sezioni del

saggio, una serie di scarichi di età posteriore al Neolitico.

Il riempimento di questo fossato da restituito una scarsissima quantità di frammenti ceramici,

peraltro di piccolissime dimensioni, sia di elementi litici.

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21

3. Interpretazione

I due fossati rinvenuti durante lo scavo all’interno dell’ex palestra Gil sono decisamente in linea

con quanto già portato alla luce durante lo scavo all’interno della Villa Comunale e nell’ex-

Ippodromo, ma anche con tutte le evidenze neolitiche rinvenute sul Tavoliere. Villaggi di piccole,

medie e grandi dimensioni circondati da fossati più grandi con all’interno fossati a C più piccoli. Nel

nostro caso è difficile stabilire l’ampiezza dell’intero villaggio, sia per la piccola estensione

dell’area di scavo sia per la mancanza di foto aeree che consentono di comprendere la reale

estensione del sito. In ogni caso, il tratto di fossato rinvenuto ha portato alla luce, perlopiù,

ceramica brunita e decorata con bande rosse, tipiche del Neolitico medio iniziale, anche se le

datazioni al radiocarbonio10 ottenute da due campioni, uno di osso umano (USD 10) e l’altro di

fauna (US 1208), rispettivamente 6066±45BP e 5754±45BP, sono troppo recenti con quanto

evidenziano i dati archeologici, ed inoltre, sono anche invertite rispetto alla successione degli strati

(USD 10 è superiore ad US 1208).

10

Le datazioni al C14 sono state eseguite presso il CEDAD, Centro di Datazione e Diagnostica, Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione e Diagnostica, Università del Salento.

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FOGGIA. EX-GIL 2013

RELAZIONI MATERIALI

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FOGGIA – EX GIL. I Reperti Ceramici (di Nicoletta Scopece)

Lo studio dei materiali ceramici rinvenuti nel corso dello scavo dei fossati neolitici all’interno della

palestra ex-Gil consente di datare l’insediamento al Neolitico medio iniziale, come dimostrano anche i

confronti con la ceramica di Masseria Candelaro, in particolare Candelaro II e III11.

Sono stati rinvenuti in totale 2935 frammenti ceramici nelle aree di scavo (2917 relativi al Neolitico e 18 a

periodi post-neolitici) e 62 frammenti nelle aree oggetto di sorveglianza, per un peso totale rispettivamente

di 56,536 Kg e 1,031 Kg.

La ceramica, già suddivisa per saggi e US, è stata divisa in classi in base alle caratteristiche archeologiche

ma, soprattutto, alle caratteristiche tecnologiche come l’impasto, lo spessore delle pareti e le decorazioni.

Le classi individuate in questo contesto sono: la ceramica grossolana, la ceramica brunita, la ceramica a

bande rosse, la ceramica comune e la ceramica figulina. Pochi sono gli esempi di ceramica ingobbiata,

mentre lo stile Masseria La Quercia e le decorazioni dipinte astratte sono presenti su un solo frammento

rispettivamente.

La ceramica grossolana è caratterizzata da frammenti con pareti spesse, delle volte decorate con

impressioni, anche se nel contesto che si sta analizzando questo tipo di decorazioni è poco presente.

L’impasto è, generalmente, ricco di inclusioni di medie e grandi dimensioni e presenta il nucleo di un colore

più scuro rispetto alle pareti, risultato di una cottura non omogenea.

La ceramica brunita si contraddistingue per il colore delle pareti che varia dal grigio al grigio scuro-nero. Le

pareti hanno uno spessore variabile e non sono decorate. L’impasto è più depurato rispetto alla ceramica

grossolana ma talvolta presenta inclusioni di dimensioni medio-piccole.

La ceramica a bande rosse si distingue per la presenza di bande rosse dipinte sulla superficie.

Generalmente, questo tipo di decorazione è utilizzato su ceramica figulina, con pareti rosate o gialline.

La ceramica comune è caratterizzata dal colore rosato delle pareti che si presentano uniformi in tutto lo

spessore e dall’assenza di decorazioni.

La ceramica figulina, infine, è caratterizzata da un impasto molto depurato, privo di inclusioni e da pareti

perlopiù sottili. Nella maggior parte dei casi, i frammenti di questa classe sono parti di vasi con decorazione

a bande rosse, prive però di decorazione.

La ceramica ingobbiata, presente in scarsissima quantità, è contraddistinta dalla presenza di ingobbiatura

sulle pareti, sia interne che esterne, talvolta anche in associazione tra loro.

Il grafico riportato di seguito mostra le quantità di frammenti per ogni classe, rinvenuti nell’intero scavo

(Tab. 1):

11

Masseria Candelaro. Vita quotidiana e mondo ideologico in una comunità neolitica del Tavoliere, (a cura di) S. M. Cassano, A. Manfredini, 2005, Grenzi Editore

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Tabella 1: grafico delle quantità di frammenti ceramici per classi.

Come si può osservare, la classe maggiormente rappresentata è quella della ceramica brunita con

1233 frammenti, segue la ceramica figulina con 732 frammenti, la ceramica grossolana con 373 frammenti,

la ceramica a bande rosse con 304 frammenti e la ceramica comune con 266 frammenti. La ceramica

ingobbiata è relativa a soli 7 frammenti, mentre per quanto riguarda la ceramica Masseria La Quercia e

quella dipinta con motivi astratti è presente su un solo frammento per parte. La ceramica post-neolitica,

presente solo nelle UUSS 1 e 801, conta solo 18 frammenti.

Sebbene le varie classi ceramiche siano presenti nelle diverse UUSS senza una notevole differenziazione

cronologica, si è proceduto ad una scansione e suddivisione dei contesti ceramici in base alle fasi che hanno

caratterizzato l’uso del villaggio, come mostra il matrix della fig. 13.

Considerando che la fase I corrisponde all’uso originario del fossato, ossia a quando ancora era privo di

riempimento, per fare una scansione cronologica dei reperti ceramici si partirà dalla fase II, che verrà presa

in considerazione nell’insieme dei due periodi che la caratterizzano (a-b). La tabella riportata in seguito

(Tab. 2), mostra chiaramente la prevalenza di ceramica brunita e figulina, seguita dalla ceramica a bande

rosse, indicando che il villaggio era già in uso nelle prime fasi del Neolitico medio caratterizzato dalla

presenza di ceramica a bande rosse dello stile Passo di Corvo.

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Tabella 2: Fase II (periodi a-b), tabella quantitativa per UUSS.

La terza fase è suddivisa in tre periodi. Il primo periodo (IIIa) corrisponde all’obliterazione della fase

funeraria con la presenza di un acciottolato che caratterizza la superficie delle UUSS 9, 1105 e 1203 (l’US

1105 è stata riconosciuta solo alla fine dello scavo per cui non si hanno frammenti ceramici relativi ad essa).

Questa fase è molto ricca di materiale ceramico, come mostra la Tabella 3 qui di seguito:

Tabella 3: Fase IIIa: tabella quantitativa per UUSS.

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Anche in questo caso prevalgono la ceramica brunita e quella figulina, seguite dalla ceramica grossolana,

presente in questa fase in discrete quantità. Il secondo periodo della fase III (IIIb) corrisponde alla parziale

obliterazione del fossato. È un periodo non particolarmente ricco di materiale ceramico come mostra la

Tabella 4:

Tabella 4: Fase IIIb: tabella quantitativa per UUSS.

Come è evidente, anche in questo periodo prevalgono la ceramica brunita e quella figulina, mentre

ceramica grossolana, a bande rosse e comune sono più o meno equivalenti.

L’ultimo periodo della fase III (IIIc), invece, è relativo all’abbandono del fossato. A questo periodo

appartengono le UUSS 3, 1101 e 1201 ma l’US 3 non ha restituito frammenti ceramici in quanto in

prossimità delle alterazioni moderne (Saggio VII). La Tabella 5 mostra ancora la prevalenza della ceramica

brunita e di quella figulina, come avvenuto per tutte le fasi precedenti.

Tabella 5: Fase IIIc: tabella quantitativa per UUSS.

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Il periodo IV è relativo all’età moderna, ossia ai lavori effettuati in periodi post-neolitici che hanno alterato

la stratigrafia superficiale del saggio VII e che caratterizzano la trincea presente tra i saggi XI e VIII, relativa

ai lavori per la sistemazione del pozzetto fognario. La Tabella 6, in seguito, mostra come in queste UUSS

alterate si trovano combinati frammenti d’età moderna e frammenti neolitici che confermano l’ipotesi di

manipolazioni del riempimento del fossato.

Tabella 6: Fase IV: tabella quantitativa per UUSS.

In conclusione, è possibile affermare che non vi è una netta distinzione quantitativa tra le varie fasi che

hanno caratterizzato la vita del fossato. Ulteriori indagini sul materiale ceramico rinvenuto, possono

permettere di effettuare confronti con la ceramica rinvenuta in altri insediamenti neolitici del Tavoliere ed

in particolare con gli insediamenti della Villa Comunale e dell’ex-Ippodromo, situati a breve distanza dallo

scavo dell’ex-Gil.

Dott.ssa Nicoletta Scopece

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FOGGIA – EX GIL. I risultati dello studio archeoantropologico (di Valentina Dell’Anno)

In occasione dei lavori nella palestra Ex Gil (Fg) sono state rinvenute una deposizione di tipo

primario nel saggio VII (Tomba I, USD 10) ed una di tipo secondario nel saggio XII (USD 1210).

USD 10.

La tomba I12, localizzata nell'angolo S/W del saggio VII, ha restituito un individuo in connessione anatomica

col capo rivolto a N, in decubito laterale destro ed in posizione rannicchiata.

Figura 1 - Individuo USD 10, tomba I, saggio VII.

Nonostante il pessimo stato di conservazione delle ossa, fortemente compromesse, si è potuta comunque

determinare l'età dell'inumato grazie all’osservazione del grado di eruzione dei denti permanenti condotta

su mandibola e mascella. Il defunto risulta essere un sub-adulto di 5/6 anni (± 24 mesi)13.

Generalmente è difficile diagnosticare il sesso nei sub-adulti poichè lo scheletro non ha ancora sviluppato a

pieno i caratteri sessuali, però dall'osservazione della mandibola si può azzardare che l’individuo possa

essere di sesso femminile. Lo studio sulle caratteristiche dimorfiche in età infantile è ancora ad uno stato

embrionale14 ed è stato effettuato su un campione limitato applicato a soli 61 bambini di un cimitero

londinese, quindi è meglio trattare questi dati con la dovuta cautela15.

12

La fossa (US 12) per la locazione dell’inumato è stata realizzata tagliando l’US 17. 13

Lovejoy, 1985 14

Schutkowski, 1993 15

Canci, Minozzi, 2011 pagg. 126-7.

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Sui denti sono visibili linee di ipoplasia dello smalto per cui l'individuo deve aver sofferto di stress

nutrizionali durante la prima infanzia o di un qualche tipo di infezione. L'assenza di carie ci conferma che il

soggetto seguisse verosimilmente una dieta generalmente priva di zuccheri (e quindi di carboidrati) basata

essenzialmente sul consumo di carne ed alimenti proteici.

USD 1210.

Si tratta di una deposizione di tipo secondario, posteriore alla prima giacitura, probabilmente un

accatastamento. Dell'inumato si conservano solo il cranio e parte dell'omero sinistro, localizzati lungo la

sezione W del testimone lasciato per il saggio XII.

Figura 2 - USD 1210, Testimone saggio XII.

Il cranio, in buono stato di conservazione, si presentava adagiato in norma laterale. Grazie allo studio del

grado di eruzione dei denti di mandibola e mascella l'individuo risulta essere un sub-adulto di circa 8/9 anni

(±24 mesi) plausibilmente di sesso maschile (le raccomandazioni di cautela sono le stesse riferibili

all’individuo USD 10). Sulle orbite è stata riscontrata una leggera cribra orbitalia probabile indice di una

leggera anemia causata presumibilmente da una dieta sideropenica o da emorragie dovute a forme

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diarroiche croniche provocate ad esempio da infestazioni parassitiche o da ulcere intestinali.

Dall’osservazione dei denti non sono state riscontrate carie ma, anche in questo individuo, si sono potute

notare linee di ipoplasia dello smalto.

Un’altra particolarità da segnalare è la prematura sinostosi della sutura sagittale e di quella lambdoidea che

solitamente avviene intorno ai 20 anni ed è dovuta ad un’anomalia congenita. È possibile che a causa di

questa condizione il soggetto fosse affatto da ritardo mentale, poiché il cervello ha dovuto svilupparsi in

condizioni innaturali. Questo tipo di craniosinostosi colpisce maggiormente i maschi (rapporto

maschi/femmine 3,5:1) il che potrebbe confermare il sesso maschile dell’individuo. Il coinvolgimento

unilaterale della sutura lambdoidea ha causato, inoltre, plagiocefalia posteriore, con asimmetria della

forma della testa.

Figura 3 – Deformazione cranica causata dalla craniostenosi delle suture sagittale e lambdoidea dx.

Oltre alle due sepolture prese in esame, negli strati di riempimento del fossato (UUSS 9, 1102, 1201, 1202,

1203, 1207, 1208) sono stati recuperati altri resti ossei pertinenti ad esseri umani. Effettuando il calcolo del

numero minimo di individui è risultata la presenza di almeno altre 5 persone (l’osso più rappresentato è il

femore sinistro). In particolare nell’US 1208 sono stati ritrovati due femori appartenenti ad uno stesso

individuo, un bambino, che verosimilmente potrebbero essere attribuiti all’individuo USD 1210.

Dott.ssa Valentina Dell’Anno

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Figura 4. Alcuni snapshots del rendering 3D effettuato per l'inumato USD 10 (Elaborazione del dott. Andrea Fratta)

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Bibliografia della relazione archeoantropologica

Ferembach et alii 1977-79 D. Ferembach, I. Schwidetzki, M. Stloukal, Raccomandazioni per la

determinazione dell’età e del sesso sullo scheletro, in Rivista di antropologia, 60,

pp.7-46

Canci, Minozzi 2011 A. Canci, S. Minozzi, Archeologia dei resti umani. Dallo scavo al laboratorio. Roma,

2011, pp.126-7.

Lovejoy 1985 C. O. Lovejoy, Dental wear in the Libbean population: its functional pattern and role

in the determination of adult skeletal age at death, in American Journal of Physical

Anthropology, 68, pp. 47-56.

Mallegni, Rubini 1994 F. Mallegni, M. Rubini, Recupero dei materiali scheletrici umani in archeologia -

CISU 1994.

Rubini 2008 M. Rubini, Elementi di paleopatologia. Atlante, Roma, 2008.

Schutkowski 1993 H. Schutkowski, Sex Determination of Infant and Juvenile Skeletons: I.

Morphognostic Features, in “American Journal of Phisical Anthropology”, 90 pp.

199-205

Ubelaker 1978 D. H. Ubelaker, Human Skeletal Remains Excavation, Analysis, Interpretation.

Washington D.C. 1978.

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FOGGIA - EX GIL 2013. Relazione archeozoologica (di Anna Pizzarelli)

Il record archeozoologico in esame risulta complessivamente costituito da 614 frammenti ossei, dei

quali sono stati identificati tassonomicamente il 52,8% (Tabella I). Tra i mammiferi domestici prevalgono sia

per numero resti (NR) sia per numero minimo di individui (NMI) gli ovicaprini. Relativamente al rapporto tra

buoi e maiali si registra una maggiore frequenza dei primi sui secondi per NR, mentre, considerando il NMI,

i suini diventano la seconda categoria di domestici più attestata (Grafico 1).

TAXA NR % NMI %

MAMMIFERI DOMESTICI

Bue - Bos taurus L. 55 33,5 8 22,2

Pecora o Capra - Ovis vel Capra 78 48,9 15 44,4

Pecora - Ovis aries L. 2 1

Maiale - Sus domesticus Erx. 24 14,6 9 25

Cane - Canis familiaris L. 3 1,8 1 2,8

RETTILI

Testuggine - Testudo hermanni

Gml.

1 0,6 1 2,8

Testudinati – Testudines ind. 1 0,6 1 2,8

MALACOFAUNA MARINA

Cannolicchio – Solen marginatus

Penn.

159 - - -

Piè d’asino – Glycimeris sp. 1 - - -

TOTALE IDENTIFICATI 324 100 36 100

Coste animali di grande taglia 7 2,4 - -

Coste animali di piccola taglia 28 9,6 - -

Vertebre animali di grande taglia 8 2,7 - -

Vertebre animali di piccola taglia 2 0,7 - -

Frammenti indeterminabili 245 84,6 - -

TOTALE INDETERMINABILI 290 100 - -

Tabella I– Elenco dei taxa identificati e relativo numero di resti (NR) e numero minimo di individui (NMI) attestati nel

sito.

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Grafico 1– Confronto percentuale tra il NR e il NMI delle tre principali categorie di domestici presenti nel campione.

Pecore e capre sembrerebbero essere state utilizzate per il reperimento di latte e di lana

destinando alla macellazione il surplus di agnelli e gli animali in età ormai più avanzata. Le usure dentarie,

infatti, registrate per dodici elementi tra mandibole e denti sciolti, evidenziano come il 41,7% (5 reperti)

appartenga ad esemplari abbattuti entro l’anno di vita; il 16,6% (2 reperti) risulti compreso tra uno e due

anni, il restante 41,7% (5 reperti) sia di età adulta, superiore ai due anni di vita (figura 1). Queste

osservazioni appaiono confermate anche dal dato pertinente all’età di morte stimata sul numero minimo di

individui. Per quanto concerne i buoi, la presenza di animali morti in età sub-adulta lascerebbe ipotizzare

un loro utilizzo come risorsa carnea, mentre l’attestazione di esemplari adulti rimanderebbe ad un loro

sfruttamento come supporto alle attività di lavoro del gruppo umano. I maiali furono impiegati per

l’approvvigionamento proteico primario e di sostanze grasse (Grafico 2).

Figura 1 – Frammenti mandibolari di ovicaprini.

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Grafico 2 – Numero di individui delle principali categorie di domestici distribuito per classe di età.

L’esclusiva presenza di domestici all’interno del campione e la prevalenza dei caprovini appare un

dato abbastanza consolidato, non solo per altri siti neolitici del Tavoliere ma anche dell’Italia meridionale,

per l’intero orizzonte Neolitico: nel caso dell’insediamento di Foggia-ex GIL i domestici costituiscono il

totale dei mammiferi individuati nel campione faunistico, mentre i selvatici risultano rappresentati da soli

due resti di Testudinati.

Anche la strategia di sfruttamento degli ovicaprini è compatibile con quella riconosciuta, ad esempio, a

Masseria Candelaro, Ripa Tetta e Passo di Corvo (FG).

Si precisa che la non ampia quantità di resti disponibili limita fortemente la possibilità di qualsiasi ulteriore

riflessione relativa ad economia, strategia di sussistenza e tipo di habitat caratterizzanti l’insediamento

neolitico.

Un ruolo particolare nella dieta umana fu rivestito dal cannolicchio (Solen marginatus Pennant), mollusco

bivalve proprio di fondali sabbiosi-fangosi litoranei o lagunari (Figura 2). La particolare frequenza di questa

specie, la cui concentrazione dei frammenti è stata rinvenuta esclusivamente nella US 1102 del sito in

esame, è confrontabile con quella riscontrata nel villaggio neolitico di Masseria Candelaro (FG).

L’industria su osso risulta documentata sulla base del rinvenimento di due frammenti di punteruoli,

rispettivamente ricavati dalle diafisi di un radio di ovicaprino (Figura 3) e di una tibia di cane (Figura 4); è

attestato anche un pendente realizzato forando una valva di Glycymeris (Figura 5).

Nell’intero campione archeozoologico la possibilità di lettura di eventuali tracce è fortemente limitata dalle

concrezioni che insistono sulle superfici dei resti ossei. Solo un frammento di mandibola di maiale presenta

fenomeni di esostosi (Figura 6); mentre in corrispondenza della sinfisi del medesimo reperto è ben visibile

un segno lasciato dalla macellazione dell’animale (Figura 7). Altre tracce di tagli sono state rilevate

esclusivamente su un metacarpo di maiale. Per le caratteristiche sopra indicate sono assai scarse le

evidenze tafonomiche osservabili, le quali si riferiscono ad alterazioni dovute alla rosicchiatura di altri

animali (due elementi) o all’intervento di fenomeni originati dall’esposizione a fonti di calore (un

elemento).

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Benché, come suddetto, il campione appaia esiguo quantitativamente, la distribuzione, per ciascun periodo

della sequenza stratigrafica riconosciuta, del numero resti dei taxa identificati rivela un aumento dei

caprovini rispetto ai bovini nel periodo III, mentre nel corso del periodo II queste due categorie si

equivalgono; il maiale si mantiene generalmente costante fatta eccezione per il periodo II b quando risulta

quasi assente. Come già osservato, inoltre, il cannolicchio apparirebbe esclusivo del periodo III b (Grafico 3a

e 3b).

Figura 2 – Resti di cannolicchi rinvenuti nella US 1102.

Figura 3 – Punteruolo realizzato da una diafisi di radio di ovicaprino.

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Figura 4 – Punteruolo su porzione distale di tibia di cane.

Figura 5 – Pendente realizzato da una valva di piè d’asino.

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Figura 6 – Mandibola di maiale patologica.

Figura 7 – Traccia di macellazione su mandibola di maiale.

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Grafico 3a – Numero resti (NR) delle specie attestate distribuito per periodi.

PERIODO I IIa IIb IIIa IIIb

US \ 13 1103 1208 1204 1207 9 1203 8 1101 1102 1201 1202

MAMMIFERI bue 0 1 15 7 0 6 13 0 1 3 7 1 1

ovicaprino 0 6 7 13 1 5 20 4 4 9 5 4 2

maiale 0 0 5 1 0 1 7 1 7 2 0 0

cane 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0

RETTILI testuggine 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0

tartaruga o

testuggine

0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0

MALACOFAUNA cannolicchio 0 0 0 0 0 0 0 0 0 159 0 0

piè d'asino 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Grafico 3b – Numero resti (NR) delle specie attestate distribuito per periodi ed unità stratigrafiche.

Dott.ssa Anna Pizzarelli

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FOGGIA - EX GIL: Relazione Paleobotanica (di Giorgia Aprile)

Introduzione

Le analisi archeobotaniche condotte nei villaggi trincerati del Tavoliere hanno già ampiamente rivelato le

potenzialità di questa categoria di materiali nello studio delle problematiche relative alle strategie

economiche, al paleoambiente e alle dinamiche paleoecologiche che hanno contraddistinto il territorio e le

comunità qui stanziate durante il Neolitico (Costantini-Stancanelli 1994, Fiorentino et alii 2013).

Lo studio dei macroresti vegetali rinvenuti nel riempimento dei fossati che delimitavano i villaggi e i

compound al loro interno, ha rappresentato, in più casi, un’importante ausilio per la comprensione delle

modalità di utilizzo e le dinamiche di defunzionalizzazione di queste enigmatiche strutture (Ciaraldi 2004,

Follieri 1983, Nisbet 1977-82).

Il loro utilizzo a scopo cultuale e/o funerario nelle fasi di abbandono e defunzionalizzazione, ha permesso,

inoltre, di approfondire gli aspetti legati all’impiego delle risorse vegetali nelle pratiche rituali (Cassano-

Manfredini 2004, Ciaraldi 2004)

Materiali e metodi

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Le analisi archeobotaniche condotte sui materiali provenienti dal sito dell’EX GILL hanno riguardato n. 47

campioni di sedimento relativi principalmente ai livelli di riempimento del fossato neolitico (n.43) che

delimitava un compound e al paleo-suolo sul quale erano ancora visibili alcune buche da palo (n.4).

La strategia di campionamento messa in atto durante lo scavo ha previsto esclusivamente la raccolta mirata

di quantità stabilite di sedimento (da un minimo di 2,5 a un massimo di circa 15 l). Per la sepoltura

localizzata sul fondo del fossato sono stati prelevati piccoli quantitativi di sedimento in corrispondenza

delle diverse regioni anatomiche.

Nel complesso sono stati prelevati circa 270 litri di terreno, dei quali circa 230 litri dai livelli di riempimento

del fossato e circa 40 litri dal paleosuolo pertinente alla fase abitativa.

Il recupero effettivo dei macroresti vegetali è avvenuto attraverso la setacciatura in acqua del sedimento

con l’utilizzo di setacci a maglia differente (3 e 0,5 mm).

Il residuo della setacciatura è stato selezionato mediante osservazione al microscopio stereoscopio (Nikon

SMZ64).

Successivamente è stata effettuata la determinazione tassonomica dei resti vegetali basata sulla lettura dei

caratteri anatomici attraverso l’esame delle tre sezioni fondamentali (Sez. Trasversale, Sez. Tangenziale;

Sez. Radiale) del tessuto legnoso con l’ausilio di un microscopio metallografico (tipo Nikon Eclipse 600 ME).

L’attribuzione tassonomica è stata basata sul confronto con un atlante anatomico del legno (Schweingruber

1990) e con la collezione di riferimento in dotazione al Laboratorio di Archeobotanica e Paleoecologia

dell’Università del Salento.

Per i carporesti la determinazione tassonomica è avvenuta mediante analisi morfologica e biometrica al

microscopio stereoscopio (Nikon SMZ645) con l’ausilio di atlanti dei semi (Jacomet 2006, Berggren 1981) e

della carpoteca in dotazione al Laboratorio di Archeobotanica e Paleoecologia dell’Università del Salento.

Risultati

Il riempimento del fossato

Delle n. 31 unità stratigrafiche campionate per le analisi archeobotaniche (n. 27 relative al riempimento del

fossato e n. 4 al paleosuolo) solo n. 10 campioni hanno restituito materiali archeobotanici combusti. Si

tratta, in particolare, di antracoresti e carporesti provenienti da quattro dei sei livelli di

riempimento/utilizzo del fossato.

I campioni pertinenti al paleosuolo si sono invece rivelati privi di resti archeobotanici.

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US tipo di resto fase

1103 antracologici+carpologici

II a (I riempimento fossato) 13 antracologici+carpologici

1208 carpologici

1210 (circostante cranio e arti inf) carpologici II b (frequentazione a uso funerario)

1207 (testimone) carpologici

9 antracologici III a (obliterazione fase funeraria)

1205 carpologici

1203 carpologici

1202 antracologici+carpologici III b (parziale obliterazione fossato)

1102 antracologici

Tab.1 : tipologia e provenienza dei macroresti vegetali analizzati

Gli antracoresti

I campioni di sedimento presi in esame hanno restituito, purtroppo, una quantità molto esigua di

antracoresti. Complessivamente sono stati esaminati solo n. 14 frammenti che presentavano dimensioni

molto ridotte (mediamente 3-4 mm) e un pessimo stato di conservazione ai fini della determinazione

tassonomica.

Essi sono attestati solo in n. 6 unità stratigrafiche pertinenti a quattro diverse fasi di riempimento del

fossato.

Tab. 2: provenienza antracoresti

Saggio US fase

XI 1103 II a (I riempimento fossato)

VIII 13 II a (I riempimento fossato)

XII 1210 (circostante cranio) II b (frequentazione a uso funerario)

VII 9 III a (obliterazione fase funeraria)

XI 1102 III b (parziale obliterazione fossato)

XII 1202 III b (parziale obliterazione fossato)

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Le specie attestate sono Orniello (Fraxinus ornus), Carpino (Carpinus sp.) e Pruno (Punus sp.).

Fig.1: attestazione delle specie nelle diverse unità stratigrafiche

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Interpretazione dei dati

Indicazioni paleoambientali

Sebbene estremamente esiguo, l’assemblaggio antracologico esaminato in questo lavoro presenta una sua

omogeneità dal punto di vista delle caratteristiche paleoambientali.

Carpino, orniello e pruno sono essenze eliofile con limitati caratteri mesofili che rimandano ad ambienti

relativamente aperti. Le caratteristiche geomorfologiche ed ecologiche dell’area in esame non suggeriscono

tuttavia la presenza di formazioni boschive mesofile (Pignatti 1982) ma l’esistenza, in un ambiente

fortemente antropizzato, di alberi isolati.

a b

c

Fig.2 : sez. trasversale Fraxinus ornus (a), Carpinus (b), sez.tang Prunus (c)

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I Carporesti

Sebbene in cattive condizioni, i carporesti costituiscono un campione più consistente (circa 150 resti

recuperati) rispetto agli antracoresti. Si tratta in particolare di cariossidi di cereali e parti della spiga

(forchette), semi di piante spontanee (weeds) e alcuni resti di leguminose.

US tipo resto

1103 forchette +cariossidi cereali+weeds+leguminose

1210 (circostante cranio e arti

inferiori) forchette cereali

13 forchette+cariossidi cereali+weeds+leguminose

1202 forchette+cariossidi cereali+ weeds+leguminose

1207 (testimone) cariossidi cereali+ weeds

1208 cariossidi cereali

1203 cariossidi cereali+weeds

1205 cariossidi cereali+leguminose

Tab. 3: tipologia dei carporesti esaminati

I materiali analizzati sono pertinenti a otto unità stratigrafiche relative a quattro delle sei fasi di

utilizzo/riempimento del fossato:

Tab. 4: provenienza dei carporesti esaminati

US fase

1103

II a (I riempimento fossato) 13

1208

1210 (circostante cranio e arti inferiori) II b (frequentazione a uso funerario)

1207 (testimone)

1205 III a (obliterazione fase funeraria)

1203

1202 III b (parziale obliterazione fossato)

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I resti determinabili sono complessivamente n. 82, dei quali n. 36 forchette di cereali e n. 46 carporesti (n.

33 cariossidi di cereali, n. 6 leguminose e n. 7 semi di piante infestanti).

Per quanto riguarda le Graminaceae, le specie maggiormente attestate sono i grani vestiti come il farro

medio (Triticum dicoccum) e il farro piccolo (Triticum monococcum), entrambi rappresentati da cariossidi e

da forchette (frammento di rachide con 1-2 basi delle glume).

E’ presente una sola cariosside di grano nudo, attribuibile al tipo cosiddetto (Jacomet 2006). Poche sono

anche le attestazioni di orzo (Hordeum) presente sia nella forma distica che polistica. Una sola è la

cariosside di Bromus.

Le piante spontanee (weeds) sono rappresentate da alcuni semi/frutti di Cyperaceae, da Thymelaea e da

Chenopodium.

Le leguminose apparivano in un pessimo stato di conservazione e solo in un caso è stata possibile

l’attribuzione al genere Lens.

Fig.3: Grafico percentuale delle specie attestate tra i carporesti

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Fig.4: grafico percentuale delle specie attestate tra le forchette di cereali

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Fig.5: rappresentazione schematica dell’anatomia della spiga (da Jacomet 2006)

a b

Fig.6: forchetta di Tr. monococcum (a), forchetta di Tr. dicoccum (b)

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La presenza di resti di pula, di cariossidi e di forchette, insieme a semi di piante spontanee, costituisce un

elemento ricorrente nel riempimento dei fossati. Queste categorie di resti sono infatti ampiamente

attestate nei due fossati di Masseria Candelaro (Ciaraldi 2005), a Masseria Pantano (Muntoni et alii 2012),

Passo di Corvo (Follieri 1983), Villa comunale (Nisbet 1977-82; D’Oronzo-Fiorentino 2006) e Rendina

(Follieri 1977-1982).

Si tratta presumibilmente del residuo delle operazioni di vagliatura (Hillmann 1973, 1984; Stevens 2003,

Peña-Chocarro 1999) dei cereali che, in modo intenzionale o accidentale (per apporto eolico ad esempio),

venivano trasportati nel riempimento del fossato. Allo stesso modo è interpretabile la presenza di

leguminose.

Diverso è il caso delle forchette presenti nei campioni della fase II b, legata alla defunzionalizzazione dello

stesso fossato e alla sua destinazione funeraria.

In particolare, forchette di farro (Triticum dicoccum) e di farricello (Triticum monococcum) sono state

recuperate nel campione di sedimento prelevato nei pressi del cranio e degli arti inferiori dell’individuo.

I resti di spighe combuste, contestuali alla sepoltura, potrebbero essere messi in relazione ai rituali funerari

che hanno accompagnato la deposizione dell’inumato. In tal caso, non essendoci tracce di combustione sui

resti scheletrici ne in prossimità di questi, è dato ipotizzare che i cereali abbiano subito il processo di

combustione altrove e siano stati deposti, presumibilmente, sul piano della sepoltura appositamente

sistemato.

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Interpretazione dei dati

Indicazioni paleoambientali e paleoeconomiche

Trattandosi di un campione estremamente esiguo, i dati quantitativi non consentono di proporre letture in

termini di modificazioni delle strategie economiche e, solo in parte, possono confortare alcune recenti

proposte di ricostruzione paleoambientale relative al territorio pugliese.

L’unico elemento rilevabile è una maggiore varietà delle specie attestate nella prima fase di riempimento

del fossato (IIa) rispetto alle altre tre rappresentate.

Tra le forchette prevale nettamente il farricello (Triticum monococcum) in tutte le fasi attestate.

Sebbene il campione esaminato sia quantitativamente limitato, è dato, tuttavia, osservare una relativa

predominanza del genere Triticum sull’Hordeum, con una netta prevalenza del monococco sul dicocco

anche in base alle indicazioni date dalle forchette.

Fig.8: diagramma carpologico per fasi di utilizzo/riempimento del fossato

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Fig.9: diagramma carpologico per fasi di utilizzo/riempimento del fossato

Fig.10: diagramma carpologico (forchette) per fasi di utilizzo/riempimento del fossato

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In accordo con i recenti studi condotti su contesti neolitici dell’intero territorio regionale, è possibile

leggere la complessiva prevalenza del genere Triticum sull’Hordeum, associata all’eterogeneità

dell’assemblaggio carpologico, come indicatori di scelte colturali legate a condizioni di maggiore umidità

(Fiorentino et alii cds, Fiorentino et alii 2013).

I dati analizzati in questi lavori evidenziano una differenziazione delle strategie di coltivazione tra VI e V

millennio a. C., che indicherebbero la graduale messa in atto di modificazioni del paleo ambiente pugliese

(Fiorentino et alii cds, Fiorentino et alii 2013). E’ stato possibile distinguere due fasi principali:

- un primo lungo periodo (6200–5000 B.C.) caratterizzato da condizioni climatiche più umide suggerite

dall’elevata variabilità dei cereali coltivati e da una predominanza di Triticum;

- un secondo periodo (a partire dal 5000 B.C.) con una prevalenza dei grani vestiti e dell’orzo, associata al

cambiamento della copertura vegetale, da leggere come indicatori di un aumento dell’aridità.

Dott.ssa Giorgia Aprile

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Bibliografia della relazione paleobotanica

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Part 3 Salicaceae – Cruciferae. Swedish Museum of Natural History.

CASSANO S.M., MANFREDINI A. (a cura di), 2004, Masseria Candelaro. Vita quotidiana e mondo ideologico in una comunità

neolitica del Tavoliere, Claudio Grenzi Editore, Foggia.

CIARALDI M. 2004, Analisi dei resti vegetali: cambiamenti economici ed evidenze rituali, in Cassano S.M. Manfredini A.

(eds) Masseria Candelaro. Vita quotidiana e mondo ideologico in una comunità neolitica del Tavoliere, pp. 447–462.

COSTANTINI L., STANCANELLI M. 1994: La preistoria agricola dell’Italia centromeridionale: il contributo delle indagini

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FIORENTINO G. 1999, Caratteristiche della vegetazione e abitudini alimentari durante la preistoria, in Mastronuzzi G and

Marzo P (eds) Le isole Chéradi, fra natura, leggenda e storia. Mottola: Stampasud, pp. 69–78.

FIORENTINO G., CALDARA M., DE SANTIS V., D’ORONZO C., MUNTONI I., SIMONE O., PRIMAVERA M., RADINA F. 2013, Climate

changes and human-environment interactions in the Apulia region of southeastern Italy during the Neolithic period,

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FIORENTINO G., D’ORONZO C., PRIMAVERA M., CALDARA M., MUNTONI I.M., RADINA F. cds, La ricostruzione delle variazioni

climatiche tra 5.600 e 4.000 a.C. e le interazioni tra uomo e ambiente nel corso del neolitico in Puglia, RSL LXXVII-

LXXVIII.

FOLLIERI M., 1977-82, Le più antiche testimonianze dell’agricoltura neolitica in Italia

Meridionale. Origini, XI, pp. 337-344.

FOLLIERI M. 1983, Resti di piante alimentari: Cereali e leguminose. In: Tinè S (ed.) Passo di Corvo e la civiltà neolitica del

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MUNTONI I., GENCHI F., SCOPECE N. 2012, Indagini archeologiche nel villaggio neolitico di Masseria Pantano (Foggia). Primi

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NISBET R. 1977-82, Le analisi archeobotaniche del villaggio neolitico della Villa Comunale

(Foggia), Origini, XI, pp. 175-180.

HILLMAN, G. C. 1973. Crop husbandry and food production: modern models for the interpretation of plant remains,

Anatolian Studies 23: 241-244

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JACOMET S. 2006, Identification of cereal remains from archaeological sites; 2nd edition, Archaeobotany Lab IPAS, Basel

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PEÑA-CHOCARRO L. 1999, Prehistoric Agriculture in Southern Spain during the Neolithic and the Bronze Age. The

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PIGNATTI S. 1982, La flora d’Italia, Bologna.

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STEVENS, C. J. 2003. An investigation of agricultural consumption and production models for prehistoric and Roman

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FOGGIA. EX-GIL 2013.

RELAZIONE DELLA SORVEGLIANZA ARCHEOLOGICA

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Lavori di recupero e salvaguardia dell’area della palestra ex-GIL

nel Comune di Foggia.

Committente: Università degli studi di Foggia

Attività di sorveglianza archeologica alla realizzazione dei lavori

Esecuzione: Archeologica s.r.l., Largo Civitella, 1 – Foggia.

Report sulle attività di sorveglianza archeologica (di Angelo Cardone)

Le attività di sorveglianza archeologica sono state avviate in seguito ad un sopralluogo nel complesso della

palestra effettuato il 30 agosto 2013 con l’ing. C. Fiore dell’Università degli Studi di Foggia e sono state

svolte nei giorni 5, 6, 9, 10, 11, 12 e 13 settembre 2013, in concomitanza con i primi lavori di recupero e

riqualificazione dello stabile dell’EX GIL.

Su indicazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici della regione Puglia, in seguito ad una visita del

cantiere in data 05 settembre 2013, sono stati effettuati cinque saggi di approfondimento per verificare la

presenza di evidenze di interesse archeologico. I saggi I e V sono stati collocati all’interno di due delle

trincee scavate negli ambienti del complesso B, scelte perché collocate al centro dei rispettivi ambienti e

non lungo i muri perimetrali; i saggi II, III e IV sono stati collocati all’interno del complesso C.

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Complesso A

Durante le attività di sorveglianza i lavori nel complesso A sono stati limitati alla rimozione dei detriti

accumulati sul piano di calpestio, in quanto lo sbancamento dell’area è stato rimandato per preservare la

statica del solaio.

Complesso B

Il saggio I è stato collocato all’interno della stanza che occupa l’angolo Nord-Ovest del complesso A, ovvero

la prima stanza a cui si accede entrando dall’ingresso ad angolo fra via Galliani e via Caggese (lato Nord). Il

saggio è stato posizionato nella porzione centrale della trincea, realizzata nella porzione meridionale della

stanza, con orientamento Est-Ovest, e scavata fino ad una profondità di 90 cm ca. Le dimensioni originarie

del saggio erano di 2 m in senso longitudinale per 1 m, ovvero l’intera larghezza della trincea. Durante le

attività di scavo è stato lasciato un risparmio di circa 35 cm nell’estremità Est del saggio, funzionale a

contenere la spinta del plinto di fondazione posto all’estremità della trincea. Il saggio è stato poi allargato

di ca. 50 cm verso Ovest per indagare su una superficie maggiore le evidenze riscontrate.

Lo scavo, ripreso dal livello raggiunto per la posa delle travi, ha riguardato l’asportazione di un unico strato

di terra nerastra, priva di inclusi, che ha permesso di individuare parte del banco geologico (crusta) a

ridosso della sezione meridionale del saggio, ad una profondità di ca. 1,40 m al di sotto del piano

pavimentale dell’edificio (fig. 1). Il banco risulta tagliato in antico, in modo che il profilo presenti una

sporgenza verso Nord all’estremità Est, seguita da una concavità. Sebbene quindi la conformazione

riscontrata del banco di crusta sia da ricollegare probabilmente ad interventi antropici, è risultato

impossibile sia definire meglio quale tipo di struttura sia da ricondurre a questi interventi -vista

l’impossibilità di allargare ulteriormente l’area di scavo- sia di circoscriverne la cronologia, poiché gli strati

scavati non hanno restituito materiale archeologico. In base a queste considerazioni sono state interrotte le

attività di scavo; laddove non sia stato individuato il piano di crusta, lo scavo si è arrestato su un livello

artificiale posto a circa 2 m di profondità dal piano pavimentale del complesso.

L’analisi delle sezioni ha inoltre permesso di ricostruire la sequenza stratigrafica dello spazio scavato prima

delle attività di sorveglianza archeologica. Al di sotto del piano pavimentale (piastrelle e vespaio di

preparazione), si riscontra uno strato di terra grigia mista a calce, con diffusa presenza di frammenti di

mattoni e materiali moderni, riconducibile ad attività di rialzo dell’area rispetto al piano stradale da

collegare verosimilmente alla costruzione della palestra; al di sotto, uno strato di terra scura copre uno

strato di terra grigiastra, mista a residui di crusta frammentaria; al di sotto di questo vi è un altro strato di

terra molto scura, abbastanza grassa per la presenza, evidentemente, di resti vegetali e priva di qualsiasi

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tipo di inclusi. Questo strato copre il piano di crusta e si individua anche negli spazi laddove questo sia

lacunoso.

Figura 5. Il saggio I alla fine delle attività di scavo.

Il saggio V è stato collocato nella porzione centrale della trincea scavata nel secondo ambiente a Sud della

stanza d’ingresso, dove è stato collocato il saggio I. Il saggio V occupa l’intera larghezza della trincea (0,50

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m) e si estende in senso longitudinale per 2 m. Lo scavo è partito dal livello raggiunto per l’alloggiamento

delle travi (-0,90 m dal livello pavimentale); è stato asportato uno strato di terra nerastra, abbastanza

grassa e priva di inclusi, che copriva direttamente il banco geologico, individuato a circa 1,30 m di

profondità dal piano pavimentale del vano. Lo scavo non ha restituito materiali archeologici e non sono

state individuate tracce riconducibili ad una frequentazione umana sul piano di crusta (fig. 2). Il rilievo della

sezione ha permesso di ricostruire la successione stratigrafica, molto simile a quella documentata per il

saggio I; al di sotto del piano pavimentale, costituito da piastrelle alettate su un vespaio di ciottoli e malta,

è presente uno strato di terra grigiastra con materiali moderni, da ricollegare ad un rialzamento dei piani

contestuale alla costruzione del complesso, che copre un sottile strato di terra biancastra mista a calce e

piccoli ciottoli, che formano una sorta di conglomerato. Al di sotto sono presenti due strati di terra nerastra

e grassa, privi di inclusi, intervallati da lenti di terra giallastra con diffusa presenza di residui di crusta. Lo

strato di terra nerastra inferiore, spesso ca 70 cm, copre direttamente il banco geologico.

Figura 6. Banco geologico nel saggio V su cui si è arrestato lo scavo.

In relazione alle attività di sorveglianza è stato anche seguito lo scavo di una trincea perpendicolare a quella

in cui è stato collocato il saggio I. Questa trincea è stata scavata ai lati della muratura che divide la prima

stanza accedendo dall’ingresso ad angolo via Caggese-via Galliani dall’ambiente immediatamente a Est di

questa. In tutta la trincea, (3,60x1 m.) è stata raggiunta la profondità di 0,90 m dal piano pavimentale. È

stato effettuato il rilievo delle sezioni; al di sotto del piano pavimentale (piastrelle e vespaio) sono visibili

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uno strato di terra grigiastra mista a materiali moderni, in particolare mattoni, già individuato nei saggi I e

V, che copre uno strato di terra scura privo di inclusi, assimilabile allo strato che copre direttamente il

banco geologico nei saggi I e V. Si deve notare che all’interno di questo strato è riconoscibile su entrambe le

sezioni una sacca di terra nera, molto grassa, collocata in corrispondenza dell’estremità Nord della trincea e

interpretabile come riempimento di un taglio. Lo scavo di questo strato ha restituito materiale

archeologico, probabilmente in seconda giacitura.

Figura 7. Strato che ha restituito materiale archeologico nella trincea Nord-Sud.

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Complesso C

Il saggio II (2x2 m) e III (2x2 m) sono stati posizionati nella fascia centrale dell’area della palestra,

rispettivamente al centro ed a ridosso dei pilastri che delimitano il settore Nord del complesso B. In

particolare il saggio III corrisponde all’area in cui verrà realizzato il vano ascensore. In entrambi i saggi le

attività di scavo sono state minime, in quanto è stato individuato il piano di crusta a circa 10 cm al di sotto

della quota raggiunta dai precedenti lavori di ribassamento dell’area. In entrambi i saggi il piano di crusta

non presentava tracce di frequentazione o intervento antropico (fig. 4,5).

Figura 8. Strato geologico su cui si è arrestato lo scavo nel saggio II.

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Figura 9. Strato geologico su cui si è arrestato lo scavo nel saggio III.

Il saggio IV (2x2 m) è stato posizionato a Est del saggio II; in questo settore, asportato lo strato di terra che

copriva il piano di crusta, lo scavo ha portato all’individuazione di un taglio, collocato nella porzione

orientale del saggio. La parte superficiale del riempimento è stata parzialmente intaccata per verificare se la

natura del taglio potesse essere riconducibile ad una depressione naturale del banco geologico, ma la

consistente presenza di materiale archeologico pertinente al Neolitico ha permesso di riconoscervi la

presenza di un fossato (fig. 6). Su indicazione del funzionario archeologo competente dott. I. Muntoni della

Soprintendenza dei Beni Archeologici della Puglia il saggio è stato quindi progressivamente ampliato verso

Est e verso Sud, in modo da indagare interamente la porzione del corpo C corrispondente all’angolo

sudorientale.

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Figura 10. Saggio IV prima dell’ampliamento; è visibile solo il margine orientale del fossato.

In corrispondenza del passaggio con il corpo A è stato individuato uno strato di paleosuolo, costituito da

terra scura, che prosegue oltre la fondazione dei muri perimetrali del complesso. Lo strato è stato

parzialmente scavato su indicazione della Soprintendenza dei Beni Archeologici della Puglia per individuare

il margine orientale del fossato, largo ca. 1,70 m. Lo strato di paleosuolo e il fossato stesso risultavano

tagliati da una lunga trincea, larga ca. 2,50 m, che presenta un orientamento Nord-Est/Sud-Ovest e

prosegue oltre i limiti dell’area della palestra. Il riempimento della trincea è costituito da terra giallastra

abbastanza compatta, mista a ciottoli e frammenti di crusta. In corrispondenza del punto in cui taglia il

margine occidentale del fossato, sul lato Nord della trincea, è visibile in sezione uno spigolo di una struttura

in cemento (fig.7).

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Figura 11. Struttura in cemento a ridosso del taglio del fossato, visibile in prossimità dell’asta metrica.

Al fine di indagare l’estensione delle evidenze individuate, è stato richiesto da funzionario archeologo

competente dott. I. Muntoni della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia lo sbancamento della

porzione orientale della palestra e di una porzione della porzione occidentale. Lo scavo, avvenuto con

mezzo meccanico, si è arrestato sul banco geologico ed ha permesso di individuare alcune evidenze di

interesse archeologico; è stata mantenuta una fascia di rispetto di almeno 1 m dalla fondazione delle

strutture della palestra come richiesto dalla Direzione Lavori.

Immediatamente a Nord del passaggio con il complesso B un taglio riconducibile verosimilmente ad un

fossato pseudocircolare che si estende verso Ovest, parzialmente obliterato dalle strutture del complesso

B. È chiaramente distinguibile solo il margine orientale, il cui profilo delinea una curva verso Ovest in

corrispondenza del passaggio con il complesso B; lo scavo dello strato di terra che copre il riempimento ha

restituito un numero minimo di materiali archeologici. Nell’area a ridosso del passaggio con il complesso B

è stato evidenziato un taglio nella crusta, all’incirca perpendicolare al fossato; la natura di questo taglio

(depressione naturale del banco geologico o intervento artificiale) andrà chiarita nell’ambito delle attività di

scavo archeologico.

Nella porzione centrale del complesso è stato individuato un taglio di forma approssimativamente quadrata

(70x80 cm), riempito da terra di colore marrone chiaro abbastanza compatta (fig.8).

Nella porzione meridionale lo scavo ha messo in luce la prosecuzione del fossato individuato all’interno del

saggio IV, il cui profilo presenta una curvatura molto larga; anche in questo settore lo scavo dello strato che

copre il fossato ha restituito alcuni materiali archeologici. In particolare, a ridosso della serie di pilastri che

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delimita l’area settentrionale del complesso, è stato individuato uno strato biancastro composto da ciottoli,

grumi di terra biancastra e frammenti di crusta, molto compatto, che copre parzialmente la parte centrale

del fossato. Lo strato è stato rimosso in parte con il mezzo meccanico su indicazione del funzionario

archeologo competente dott. I. Muntoni della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia ed è

interpretabile come il riempimento di uno scasso moderno che ha intaccato la parte superficiale del fossato

(fig.9,10).

Le attività di sorveglianza sono state concluse con una ripulitura generale dell’area indagata, in attesa

dell’avvio delle attività di scavo archeologico.

Figura 12. Porzione occidentale del complesso C. Nella parte inferiore destra è visibile il probabile fossato, il cui

sviluppo è tratteggiato; sulla parte sinistra è visibile la fossa quadrangolare, indicata dalla freccia.

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Figura 13. Porzione orientale del complesso C. Lo sviluppo del fossato è tratteggiato; le linee rosse indicano la trincea

che taglia il fossato.

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Figura 14. Sezione dello strato biancastro, parzialmente asportato, al di sopra del riempimento del fossato.

Dott. Angelo Cardone