Soluzioni classiche dell'equazione di Laplace e di...
Transcript of Soluzioni classiche dell'equazione di Laplace e di...
Universita degli Studi di Napoli Federico II
FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
Corso di Laurea in Matematica
Tesi di Laurea Triennale
Soluzioni classiche dell’equazionedi Laplace e di Poisson
Candidato:Antonio ParadiesMatricola 565/661
Relatore:Ch.mo Prof.Nicola Fusco
Anno Accademico 2007-2008
i
Sommario
Nella presente Tesi di Laurea Triennale in Matematica si studiano le cele-
berrime equazione di Laplace e di Poisson in Rn ed i relativi problemi alle
condizioni al contorno. Si denisce il signicato di problema ben posto e di
soluzioni in senso classico per queste equazioni. Si presentano alcune con-
dizioni sucienti per l'esistenza e l'unicità delle soluzioni nei problemi di
Dirichlet e di Neumann. In un capitolo a parte si descrivono le funzioni ar-
moniche e si dimostrano, tra gli altri, il teorema del valor medio, il principio
del massimo forte e la proprietà di analiticità. Nell'ultimo capitolo si intro-
ducono alcuni metodi, mutuati dal Calcolo delle Variazioni, che forniscono
potenti strumenti di analisi. Inne i risultati acquisiti sono applicati a due
classici problemi: il semispazio e la palla.
ii
Abstract
In this Thesis for the Triennial Degree in Mathematics are analysed the
famous equations of Laplace and Poisson in Rn and their boundary value
problems. Denitions are given about the meaning of well-posed problem
and of solutions in classical sense for those equations. Some sucient con-
ditions are shown for the existence and unicity of solutions in Dirichlet and
Neumann problems. In a separate chapter harmonic functions are charac-
terized and it is demonstrated, among others, the mean-value theorem, the
strong maximum principle and the analyticity property. In the last chapter
are presented some methods, taken from Variational Calculus, which provide
really powerful means of analysis. Finally the acquired results are applied to
two classical problems: the semi-space and the ball.
iii
Vorrei ringraziare ancora una volta mio padre
per l'incoraggiamento a dare sempre il massimo,
qualsiasi avventura intraprenda.
Indice
1 Introduzione 1
1.1 Equazioni dierenziali alle derivate parziali . . . . . . . . . . . 1
1.2 Problemi ben posti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
1.3 L'equazione di Poisson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.4 L'equazione di Laplace . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.5 Misura della palla e della supercie sferica . . . . . . . . . . . 6
2 Multi-indici 11
2.1 Denizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
2.2 Teorema Multinomiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
2.3 Derivate parziali in n dimensioni . . . . . . . . . . . . . . . . 15
3 Alcuni risultati utili 18
3.1 Diseguaglianza di Holder e di Minkowski . . . . . . . . . . . . 18
3.2 Teorema della divergenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
3.3 Formula di Wallis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3.4 Formula di Stirling . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
3.5 Convoluzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
iv
INDICE v
3.6 Mollicatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
3.7 Teorema di Ascoli-Arzelà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
3.8 Le funzioni Gamma e Beta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
3.9 Cambiamento di base dell'operatore D2xu . . . . . . . . . . . . 51
4 Le funzioni armoniche 55
4.1 Proprietà del valore medio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
4.2 Principio del massimo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60
4.3 Regolarità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63
4.4 Stima delle derivate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64
4.5 Teorema di Liouville . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71
4.6 Analiticità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72
4.7 Diseguaglianza di Harnack . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78
5 Soluzioni fondamentali 81
5.1 Equazione di Laplace . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
5.2 Equazione di Poisson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84
6 Soluzioni generali 89
6.1 Unicità della soluzione in insiemi limitati . . . . . . . . . . . . 89
6.2 Soluzioni limitate dell'equazione di Poisson . . . . . . . . . . . 90
6.3 Identità di Green . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91
6.4 Funzione correttrice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
6.5 Funzione di Green . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96
7 Applicazioni 101
7.1 Il nucleo di Poisson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101
INDICE vi
7.2 Funzione di Green per il semispazio . . . . . . . . . . . . . . . 103
7.3 Funzione di Green per la palla . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108
8 Metodi Energetici 113
8.1 Unicità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113
8.2 Principio di Dirichlet . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115
Capitolo 1
Introduzione
1.1 Equazioni dierenziali alle derivate parziali
Fissiamo un intero k ≥ 1 e chiamiamo U un sottoinsieme aperto di Rn.
Denizione 1.1 Un'espressione del tipo
F (Dku(x), Dk−1u(x), . . . , Du(x), u(x), x) = 0 (x ∈ U) (1.1)
è detta equazione dierenziale alle derivate parziali di ordine k-esimo, dove
F : Rnk × Rnk−1 × . . .× Rn × R× U → R
è una funzione data, e
u : U → R
è l'incognita.
Risolvere un'equazione dierenziale alle derivate parziali1 signica trova-
re una funzione u vericante l'equazione (1.1). Di solito, esisterà più di una
1Per motivi di brevità scriveremo PDE al posto di equazione dierenziale alle derivate
parziali .
1
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 2
soluzione e nei casi più ricorrenti generalmente saranno innite. A volte non
sarà possibile trovare una soluzione esplicita della PDE, e ci si potrà accon-
tentare di determinarne l'esistenza, l'eventuale unicità e altre caratteristiche
di maggior rilievo.
Denizione 1.2 Una PDE si dice lineare se è della forma:
∑|α|≤k
aα(x)Dαu = f(x) (1.2)
essendo le aα(x) e la f(x) funzioni note.
Per la denizione dei simboli di derivazione usati in questa denizione riferirsi
alla sezione 2.3 a pagina 15
1.2 Problemi ben posti
In Analisi Matematica si denisce ben posto ogni problema per il quale
valgono le tre seguenti proprietà:
1. il problema ha una soluzione
2. la soluzione è unica
3. la soluzione dipende in maniera continua dai dati del problema
La denizione ora data è di carattere generale e si applica a molteplici
ambiti. Per ottenere la proprietà 2, di solito alla (1.1) si aggiungono alcune
condizioni sul bordo ∂U di U , a cui la candidata soluzione deve soddisfare.
Il nuovo problema così ottenuto, costituito da una o più PDE e da una o più
condizioni al contorno, può aspirare ad essere ben posto.
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 3
Rimane da denire meglio cosa signichi soluzione di un problema alle
PDE. Questo è quanto si intende chiarire ora.
Nell'equazione (1.1) compaiono derivate della u no all'ordine k-esimo.
Sembra sensato, quindi, richiedere che la funzione candidata a risolvere la
(1.1) debba quantomeno essere derivabile k volte. In tal modo l'equazione
(1.1) ha senso, poichè tutte le derivate che ivi compaiono, esistono. Ma questa
richiesta implica immediatamente la continuità di tutte le derivate di ordine
inferiore a k e fa sperare di avere qualche chance di trovare una soluzione con
derivate di ordine k anch'esse continue. Con tali vincoli, si sta restringendo
l'insieme in cui ricercare la soluzione della (1.1) alle sole funzioni di classe
Ck. Una siatta soluzione è denominata classica, perchè è la naturale, e
storicamente la prima, nozione di soluzione dell'equazione (1.1)
Possiamo dare le seguenti denizioni:
Denizione 1.3 Risolvere in senso classico la (1.1), signica determinare
una funzione u ∈ Ck che la soddis.
Se tra le soluzioni in senso classico della (1.1) ne troviamo una e soltanto
una che soddis le eventuali condizioni al contorno del problema e per la
quale valga la proprietà di continuità dai dati, allora abbiamo determinato
la soluzione in senso classico di un problema ben posto.
Denizione 1.4 Un problema alle PDE è risolvibile in senso classico ed è
ben posto se e solo se u risolve in senso classico la (1.1), e vale per u l'unicità
(rispetto ad altre candidate soluzioni di classe Ck) e la dipendenza continua
dai parametri del problema.
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 4
Accenniamo al fatto che molte spesso risolvere una PDE nel senso appena
illustrato sia arduo o addirittura impossibile. È il caso di PDE che reggono
fenomeni intrinsecamente non continui come le onde d'urto delle equazioni
della uidodinamica. In questi casi non possono chiaramente esistere soluzioni
in senso classico di queste equazioni e le equazioni stesse sembrano perdere
senso. Tuttavia interpretando in maniera adeguata la (1.1) e dandole, per
così dire, un nuovo signicato si possono raggiungere risultati sorprendenti.
Inoltre, è quasi sempre più agevole ricercare una soluzione u di una PDE
all'interno di classi di funzioni caratterizzate da proprietà più deboli della
continuità e quindi costituenti insiemi ben più ampi rispetto a quelli delle
funzioni continue. In questo modo, se da una parte si riesce ad arontare una
classe di problemi alle PDE altrimenti intrattabili in senso classico, dall'altra
signica, il più delle volte, rinunciare alle caratteristiche di regolarità tipiche
delle soluzioni classiche. Questo tipo di soluzione di una PDE è chiamato
soluzione generalizzata o debole.
1.3 L'equazione di Poisson
L'equazione di Poisson è la seguente:
−∆u = f (1.3)
In cui ∆u indica∑n
i=1 uxixied f : U → R
Come è facile vericare dalla denizione (1.2), l'equazione di Poisson è
una PDE lineare a coecienti costanti.
Un classico esempio di fenomeno sico retto dall'equazione di Poisson è
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 5
quello del campo elettrostatico in presenza di una distribuzione di carica. In
R3, a meno di costanti, vale la seguente equazione
∆φ(x) = %(x)
dove φ(x) è il potenziale elettrico e %(x) è la densità di carica. Detto−→E il vet-
tore induzione elettrica, si ha che−−→grad(φ) =
−→E e quindi risolvere l'equazione
di Poisson signica conoscere punto per punto la distribuzione del campo
elettrico.
1.4 L'equazione di Laplace
L'equazione di Laplace è la seguente:
∆u = 0 (1.4)
In cui ∆u indica∑n
i=1 uxixi
Denizione 1.5 Una funzione u ∈ C2 che soddisfa l'equazione di Laplace
(1.4) è detta armonica.
L'equazione di Laplace governa molteplici fenomeni sici: dall'elettroma-
gnetismo alla uidodinamica, dalla dinamica strutturale alla concentrazioni
di specie chimiche. Ogni volta che risulta nulla la divergenza di una grandezza
sica esprimibile come gradiente di una funzione, si ottiene che il fenomeno
sico è retto dall'equazione di Laplace.
div~F = 0 ~F = −c · grad(u)
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 6
Combinando le due precedenti otteniamo la (1.4).
Come è facile vericare dalla denizione (1.2), l'equazione di Laplace è
una PDE lineare a coecienti costanti.
1.5 Misura della palla e della supercie sferica
Nel seguito indiheremo con B(x, r) la palla aperta di Rn di centro x e raggio
r > 0, cioè l'insieme x ∈ Rn : |x| < r. La palla di centro l'origine e raggio
r, sarà denotata semplicemente con B(r).
Deniamo le coordinate iper-sferiche in Rn nel modo seguente
x1 = r cos θ1
x2 = r sin θ1 cos θ2
x3 = r sin θ1 sin θ2 cos θ3
...
xn−2 = r sin θ1 sin θ2 . . . cos θn−2
xn−1 = r sin θ1 sin θ2 . . . sin θn−2 cos θn−1
xn = r sin θ1 sin θ2 . . . sin θn−2 sin θn−1
dove θn−1 ∈ [0, 2π) mentre gli altri angoli variano in (−π2, π
2). Si verica
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 7
facilmente che le xi vericano r2 = x21 + . . . + x2
n. Inoltre valgono le
tan θn−1 =xn
xn−1
tan θn−2 =
√x2
n + x2n−1
xn−2
...
tan θ2 =
√x2
n + x2n−1 + . . . + x2
3
x2
tan θ1 =
√x2
n + x2n−1 + . . . + x2
3 + x22
x1
Osserviamo che la matrice Jacobiana della trasformazione è
∂x1
∂r∂x1
∂θ1· · · ∂x1
∂θn−2
∂x1
∂θn−1
∂x2
∂r∂x2
∂θ1· · · ∂x2
∂θn−2
∂x2
∂θn−1
......
. . ....
...
∂xn−1
∂r∂xn−1
∂θ1· · · ∂xn−1
∂θn−2
∂xn−1
∂θn−1
∂xn
∂r∂xn
∂θ1· · · ∂xn
∂θn−2
∂xn
∂θn−1
=
=
cos θ1 −r sin θ1 · · · 0 0
sin θ1 cos θ2 r cos θ1 cos θ2 · · · 0 0
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
sin θ1 · · · cos θn−1 r cos θ1 · · · cos θn−1 · · · r sin θ1 · · · cos θn−2 cos θn−1 −r sin θ1 · · · sin θn−2 cos θn−1
sin θ1 · · · sin θn−1 r cos θ1 · · · sin θn−1 · · · r sin θ1 · · · cos θn−2 sin θn−1 r sin θ1 · · · sin θn−2 cos θn−1
(1.5)
Il determinante Jacobiano Jn può essere scritto come rn−1Jn, con Jn che
non dipendente da r, ma solo da θ = (θ1, . . . , θn−1) Inoltre si può vericare
direttamente che
J2 = 1
Jn = Jn−1 sin θ1 · · · sin θn−2
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 8
Quindi risulta
Jn = rn−1Jn = rn−1J2 (sin θ1)n−2(sin θ2)
n−3 · · · sin θn−2 =
= rn−1(sin θ1)n−2(sin θ2)
n−3 · · · sin θn−2 (1.6)
Da (1.6) si ricava anche che la misura superciale di una palla di raggio r è
data da
dS = rn−1Jn dθ1 · · · dθn−1
Chiamiamo σn la misura della supercie della sfera unitaria, ovvero di
∂B(1) ⊂ Rn. Cerchiamo di trovare un espressione esplicita per σn. Notiamo
anzitutto che ∫∂B(r)
dS(x) =
∫Iθ1
· · ·∫
Iθn−1
rn−1Jn dϑ1 · · · dϑn−1 =
= rn−1
∫Iθ1
· · ·∫
Iθn−1
Jn dϑ1 · · · dϑn−1 = rn−1 · σn
cioè che la misura di una sfera di raggio r è pari a rn−1 · σn. Per non dover
integrare direttamente la funzione Jn facciamo alcune osservazioni che ci
porteranno a determinare una semplice relazione da cui ricavare il valore di
σn. Si ha che(∫ +∞
−∞e−x2
dx
)n
=
(∫ +∞
−∞e−x2
1dx1
)· · ·(∫ +∞
−∞e−x2
ndxn
)=
=
∫ +∞
−∞· · ·∫ +∞
−∞e−(x2
1+...+x2n)dx1 · · · dxn =
∫Rn
e−(x21+...+x2
n)dx1 · · · dxn
ed eettuando la trasformazione in coordinate iper-sferiche∫Rn
e−(x21+...+x2
n)dx1 · · · dxn =
∫ ∞
0
∫Iθ1
· · ·∫
Iθn−1
e−r2
rn−1Jn drdϑ1 · · · dϑn−1 =
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 9
=
∫ ∞
0
e−r2
rn−1dr ·∫
Iθ1
· · ·∫
Iθn−1
Jn dϑ1 · · · dϑn−1 =
∫ ∞
0
e−r2
rn−1dr · σn =
=σn
2
∫ ∞
0
e−r2
rn−22rdr =σn
2
∫ ∞
0
e−ttn−2
2 dt =
=σn
2Γ
(n− 2
2+ 1
)=
σn
2Γ(n
2
)dove Γ è la funzione gamma di Eulero denita per ogni z > 0 come
Γ(z) =
∫ ∞
0
tz−1e−tdt
Da quanto visto risulta che(∫ +∞
−∞e−x2
dx
)n
=σn
2Γ(n
2
)cioè
(√
π)n =σn
2Γ(n
2
)σn =
2πn2
Γ(
n2
) (1.7)
Inne possiamo esplicitare i valori assunti dalla funzione gamma per ogni
intero n ≥ 2, ottenendo
σn =
2
n+12 π
n−12
(n−2)!!per n dispari
2πn2
(n2−1)!
per n pari
Per i simboli usati si vedano la sezione 3.3 a pagina 23 e la sezione 3.8 a
pagina 49. Inoltre si è utilizzata l'equazione (3.40) a pagina 50.
Data una palla di raggio r > 0, per la (1.6) si ha che∫B(r)
dx1 · · · dxn =
∫ r
0
∫Iθ1
· · ·∫
Iθn−1
%n−1Jn d%dϑ1 · · · dϑn−1 =
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 10
=
∫ r
0
%n−1d% ·∫
θ1
· · ·∫
θn−1
Jn dϑ1 · · · dϑn−1 =
∫ r
0
%n−1d% · σn =rn
nσn
Quindi la palla di raggio unitario ha misura ωn = σn
n.
Ricordiamo la seguente formula di integrazione che si dimostra facilmente
passando a coordinate polari in Rn. Per semplicità supponiamo che f sia una
funzione continua e sommabile da B(x0, r0) in R. Allora per ogni r ∈ [0, r0)
si ha
∫B(x0,r)
f(x) dx =
∫ r
0
(∫∂B(x0,%)
f(x) dS(x)
)d% (1.8)
Osserviamo che nell'ipotesi di continuità della funzione f , anche la mappa
% ∈ [0, r0) →∫
∂B(x0,%)
f(x) dS(x)
è continua, e dunque dalla (1.8) segue che per ogni r ∈ (0, r0) si ha che
∂
∂r
(∫B(x0,r)
f(x) dx
)=
∫∂B(x0,r)
f(x) dS(x) (1.9)
Capitolo 2
Multi-indici
2.1 Denizioni
Detto n un intero positivo, si denisce1 il multi-indice α di ordine n come
una n-upla
α = (α1, . . . , αn)
con gli αi, i = 1, . . . , n interi non negativi. La lunghezza |α| del multi-indice
è denita ponendo
|α| := α1 + . . . + αn
Se x ∈ Rn, introduciamo il simbolo xα e lo deniamo come
xα := xα11 · xα2
2 · · ·xαnn
Deniamo l'operatore fattoriale su un multi-indice come
α! := α1! · α2! · · ·αn!
1Questo capitolo segue la trattazione presente in [3].
11
CAPITOLO 2. MULTI-INDICI 12
Per ogni multi-indice α = (α1, . . . , αn), deniamo il seguente coeciente(|α|α
):=
|α|!α!
=1 · 2 · · · (|α| − 1) · |α|
α1! · α2! · · ·αn!=
Se α e β sono due multi-indici dello stesso ordine n, introduciamo la relazione
d'ordine β ≤ α ⇔ βi ≤ αi ∀i = 1, . . . , n. Inoltre deniamo l'operazione
binaria di somma tra multi-indici ponendo
α + β := (α1 + β1, . . . , αn + βn)
Per α ≥ β si denisce analogamente la sottrazione α − β tra multi-indici.
Dati due multi-indici α e β, con α ≥ β deniamo il coeciente binomiale(
αβ
)ponendo(
α
β
):=
α!
(α− β)!β!=
α1! · · ·αn!
(α1 − β1)! · · · (αn − βn)!β1! · · · βn!=
(α1
β1
)· · ·(
αn
βn
)
2.2 Teorema Multinomiale
Con la notazione introdotta nella sezione precedente, passiamo ad enunciare
e dimostrare il seguente risultato noto come teorema multinomiale.
Teorema 2.1 (Teorema Multinomiale) Sia x un punto di Rn di coordi-
nate (x1, . . . , xn) e k ≥ 2 un numero intero. Si ha
(x1 + . . . + xn)k =∑|α|=k
(|α|α
)xα (2.1)
dove la somma è estesa a tutti i multi-indici α = (α1, . . . , αn) di lunghezza
k.
CAPITOLO 2. MULTI-INDICI 13
Dimostrazione. La formula (2.1) presenta una sommatoria estesa a tut-
ti i multi-indici di lunghezza k. Per chiarezza la riscriviamo esplicitando il
signicato dei simboli usati
(x1 + . . . + xn)k =∑|α|=k
k!xα1
1 · · ·xαnn
α1! · · ·αn!
La dimostrazione del teorema sarà per induzione su n ordine del multi-
nomio. Per n = 2, ricordando la formula del binomio di Newton, si ha
(x1 + x2)k =
k∑i=0
(k
i
)xi
1xk−i2 (2.2)
Essendo n = 2, i multi-indici α = (α1, α2) di lunghezza k sono necessa-
riamente del tipo α = (i, k − i) e quindi sviluppando la (2.2) si ha
(x1 + x2)k =
k∑i=0
k!
i!(k − i)!xi
1xk−i2 =
=∑|α|=k
k!
α1!α2!xα =
∑|α|=k
(|α|α
)xα
e tale formula coincide con la (2.1).
Fissato ora n > 2 e supposta valida la (2.1) per n − 1 cerchiamo di
dimostrarla per n.
Sia x = (x′, xn) con x′ = (x1, ..., xn−1). Usando ancora la formula del
binomio di Newton e l'ipotesi induttiva, abbiamo
(x1 + . . . + xn)k =k∑
i=0
(k
i
)(x1 + · · ·+ xn)ixk−i
n =
=k∑
i=0
(k
i
)xk−i
n
∑|β|=i
(|β|β
)x′β
=
CAPITOLO 2. MULTI-INDICI 14
=k∑
i=0
∑|β|=i
k!
i!(k − i)!
|β|!β1! · · · βn−1!
xβ1
1 · · ·xβn−1
n−1 · xk−in =
Bisogna notare che |β| = i e che la n-upla (β1, · · · βn−1, k−i) è un multi-indice
di ordine n e di lunghezza (β1 + . . .+βn−1)+k− i = i+k− i = k per ogni i =
1, . . . , k e per ogni β. I multi-indici individuati dalla n-upla (β1, · · · βn−1, k−i)
esauriscono2 la varietà di multi-indici di ordine n e lunghezza k. In altre parole
ogni multi-indice di ordine n e lunghezza k può essere espresso in un'unica
maniera come (β1 · · · βn−1, k − i). Da ciò ne consegue che
(x1 + . . . + xn)k =∑|α|=k
k!
i!(k − i)!
|β|!β1! · · · βn−1!
xβ1
1 · · ·xβn−1
n−1 · xk−in =
=∑|α|=k
k!
β1! · · · βn−1! · (k − i)!xβ1
1 · · ·xβn−1
n−1 · xk−in =
=∑|α|=k
|α|!β1! · · · βn−1! · (k − i)!
xβ1
1 · · ·xβn−1
n−1 · xk−in =
=∑|α|=k
(|α|α
)xβ1
1 · · ·xβn−1
n−1 · xk−in =
=∑|α|=k
(|α|α
)xα
che è quanto cercavamo
2Infatti preso un multi-indice α di ordine n e lunghezza k, denito β = (α1, . . . , αn−1),
si ha necessariamente che αn = k − |β| = k − i per qualche i = 0, . . . , k.
CAPITOLO 2. MULTI-INDICI 15
2.3 Derivate parziali in n dimensioni
Sia data una funzione u ∈ Ck(U) con U ⊂ Rn e aperto. Per ogni multi-indice
α di lunghezza al più k, deniamo il simbolo Dαu come
Dαu =∂ku
∂x1α1 · · · ∂xn
αn
Si noti che la notazione multi-indiciale perde l'informazione sull'ordine di
derivazione. Ciò non incia la trattazione poichè supponiamo la u ∈ Ck(U) e
quindi del tutto ininuente l'ordine con cui si eettuano le k derivate parziali.
Lemma 2.2 Detto U un aperto di R, siano f e g due funzioni di classe
Cm(U). Per ogni k intero positivo, con k ≤ m, si ha
dk(fg)
dxk=
k∑i=0
(k
i
)dif
dxi ·dk−ig
dxk−i(2.3)
Dimostrazione. Per induzione su k. Per k = 1 la (2.3) diventa
d(fg)
dx=
df
dxg +
dg
dxf
che è la nota formula di derivazione di un prodotto di funzioni.
Supposta la (2.3) valida per k − 1 dimostriamola per k. Si ha
dk(fg)
dxk=
d
dx
dk−1(fg)
dxk−1=
d
dx
k−1∑i=0
(k − 1
i
)dif
dxi ·dk−1−ig
dxk−1−i=
=k−1∑i=0
(k − 1
i
)di+1f
dxi+1 ·dk−1−ig
dxk−1−i+
k−1∑i=0
(k − 1
i
)dif
dxi ·dk−ig
dxk−i
e posto j = i + 1 nella prima sommatoria si ha
k∑j=1
(k − 1
j − 1
)djf
dxj ·dk−jg
dxk−j+
k−1∑i=0
(k − 1
i
)dif
dxi ·dk−ig
dxk−i=
CAPITOLO 2. MULTI-INDICI 16
=dkf
dxkg +
k−1∑j=1
(k − 1
j − 1
)djf
dxj ·dk−jg
dxk−j+
dkg
dxkf +
k−1∑i=1
(k − 1
i
)dif
dxi ·dk−ig
dxk−i=
e sommando i termini delle due sommatorie in cui la f compare con la stessa
derivata (cioè quando j = i), si ha
dkf
dxkg +
dkg
dxkf +
k−1∑i=1
[(k − 1
i− 1
)+
(k − 1
i
)]djf
dxj ·dk−jg
dxk−j=
dkf
dxkg +
dkg
dxkf +
k−1∑i=1
(k
i
)djf
dxj ·dk−jg
dxk−j=
k∑i=0
(k
i
)dif
dxi ·dk−ig
dxk−i
La derivata k-esima di una funzione f : R → R può essere vista in
notazione multi-indiciale come Dαu, dove α è un multi-indice di ordine 1 e di
lunghezza |α| = k. Detti α e β due multi-indici di ordine 1, la formula (2.3)
si può riscrivere nel seguente modo
Dα(fg) =∑β≤α
(α
β
)Dβf ·Dα−βg
Questa formula è solo un caso particolare del seguente teorema che ora
enunciamo e dimostriamo.
Teorema 2.3 (Formula di Leibniz) Detto U un aperto di Rn siano date
due funzioni f e g di classe Ck(U). Per ogni multi-indice α di ordine n e
lunghezza al più k, si ha
Dα(fg) =∑β≤α
(α
β
)Dβf ·Dα−βg (2.4)
dove la somma è estesa a tutti i multi-indici β tali che β ≤ α.
CAPITOLO 2. MULTI-INDICI 17
Dimostrazione. Per induzione sull'ordine n di α. Per n = 1 dal lemma [2.2]
abbiamo subito la (2.4).
Supposta la (2.4) vera per ogni multi-indice di ordine n−1, dimostriamola
per n, con n ≥ 2. Esiste un multi-indice β di ordine n−1 ed un h non negativo
tale che∂h
∂xnh
(Dβ(fg)
)= Dα(fg)
Quindi per l'ipotesi induttiva si ha
Dα(fg) =∂h
∂xnh
[∑γ≤β
(β
γ
)Dγf ·Dβ−γg
]=
=∑γ≤β
(β
γ
)∂h
∂xnh
[Dγf ·Dβ−γg
]=
che per il lemma [2.2] diventa
=∑γ≤β
(β
γ
) h∑i=0
(h
i
)∂i
∂xni(Dγf) · ∂h−i
∂xnh−i
(Dβ−γg) =
Dal momento che α = (α1, . . . , αn−1, h) si ha che la n-upla (β, h) coincide
con α. Inoltre posto δ pari alla n-upla (γ, i) si ha3
∑γ≤β
h∑i=0
(β
γ
)(h
i
)Dδf ·Dα−δg =
∑δ≤α
(α
δ
)Dδf ·Dα−δg
che è la (2.4).
3Bisogna osservare che un multi-indice di ordine n è minore di α se e solo se ha le prime
n − 1 componenti minori di β e la n-esima minore di h. Risulta perciò che i multi-indici
minori di α sono tutti e solo quelli del tipo (γ, i) con γ ≤ β e i = 1, . . . , h.
Capitolo 3
Alcuni risultati utili
3.1 Diseguaglianza di Holder e di Minkowski
Di seguito1 si riportano alcune semplici ma fondamentali diseguaglianze di
cui si farà uso.
Proposizione 3.1 (diseguaglianza di Cauchy) Vale la seguente disegua-
glianza
ab ≤ a2
2+
b2
2(3.1)
Dimostrazione. Dal fatto che (a − b)2 ≥ 0 segue che a2 + b2 − 2ab ≥ 0 e
quindi la a2 + b2 ≥ 2ab da cui la tesi.
Proposizione 3.2 (diseguaglianza di Cauchy con ε) Vale la seguente di-
seguaglianza
ab ≤ εa2 +b2
4ε(3.2)
1Questo capitolo segue le trattazioni presenti in [2],[3] e [1].
18
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 19
Dimostrazione. Dalla diseguaglianza di Cauchy (3.1) applicata ad a′ e b′
con a′ =√
2εa e b′ = b√2ε.
Proposizione 3.3 (diseguaglianza di Young) Dati p e q ∈ R apparte-
nenti all'aperto (1,∞), e tali che 1p
+ 1q
= 1, vale la seguente diseguaglianza
ab ≤ ap
p+
bq
q(3.3)
Dimostrazione. La funzione ex è convessa, cioè per ogni x, y ∈ R e t ∈ [0, 1]
si ha
e(xt+y(1−t)) ≤ ext + ey(1− t)
Osserviamo che
ab = elog a+log b = e1p
log ap+ 1q
log bq
e per la convessità e l'ipotesi 1p
+ 1q
= 1 si ottiene
ab ≤ 1
pelog ap
+1
qelog bq
=ap
p+
bq
q
Proposizione 3.4 (diseguaglianza di Young con ε) Dati p e q ∈ R ap-
partenenti all'aperto (1,∞), e tali che 1p
+ 1q
= 1, vale la seguente disegua-
glianza
ab ≤ εap +bq
(εp)q/pq(3.4)
Dimostrazione. Dalla diseguaglianza di Cauchy (3.3) applicata ad a′ e b′
con a′ = (εp)1/pa e b′ = b(εp)1/p .
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 20
Proposizione 3.5 (diseguaglianza di Holder) Dati p e q ∈ R apparte-
nenti all'intervallo chiuso [1,∞], e tali che 1p
+ 1q
= 1. Se u ∈ Lp(U) e
v ∈ Lq(U) vale la seguente diseguaglianza∫U
|uv| dx ≤ ‖u‖Lp(U)‖v‖Lq(U) (3.5)
Dimostrazione. Consideriamo le funzioni f = u‖u‖Lp(U)
e g = v‖v‖Lq(U)
. Si ha
naturalmente f ∈ Lp(U), ‖f‖Lp(U) = 1 e g ∈ Lq(U), ‖g‖Lq(U) = 1. Applicando
la diseguaglianza di Young (3.3) a |f | e |g|, per 1 < p, q < ∞ si ha
∫U
|fg| dx ≤∫
U
|f |p
p+|g|q
qdx =
=1
p
∫U
|f |p dx +1
q
∫U
|g|q dx =1
p‖f‖p
p +1
q‖g‖q
q =1
p+
1
q= 1
da cui ∫U
|uv|‖u‖p‖v‖q
dx ≤ 1
ovvero ∫U
|uv| dx ≤ ‖u‖p‖v‖q
Per p = 1 o q = 1 la (3.5) si riscrive∫U
|uv| dx ≤ ‖u‖L1(U)‖v‖L∞(U)
che è immediata da dimostrare una volta osservato che
‖v‖L∞(U) = ess supx∈U
v(x).
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 21
Lemma 3.6 Dati p ≥ 1 e u, v ∈ R, vale la diseguaglianza
|u + v|p ≤ 2p−1 (|u|p + |v|p) (3.6)
Dimostrazione. La funzione xp, con p ≥ 1, è convessa per ogni x ≥ 0. Da
ciò, e dalla disuguaglianza triangolare, si ha∣∣∣∣12u +1
2v
∣∣∣∣p ≤ (1
2|u|+ 1
2|v|)p
≤ 1
2|u|p +
1
2|v|p
ovvero1
2p|u + v|p ≤ 1
2(|u|p + |v|p)
e quindi
|u + v|p ≤ 2p−1 (|u|p + |v|p)
Lemma 3.7 Dati 1 ≤ p ≤ ∞ e u, v ∈ Lp(U), si ha che u + v ∈ Lp(U)
Dimostrazione. Per il lemma [3.6], si ha∫U
|u + v|p dx ≤∫
U
2p−1 (|u|p + |v|p) dx =
= 2p−1
(∫U
|u|p dx +
∫U
|v|p dx
)< ∞
Proposizione 3.8 (diseguaglianza di Minkowski) Dati 1 ≤ p ≤ ∞ e
u, v ∈ Lp(U), vale la seguente diseguaglianza
‖u + v‖Lp(U) ≤ ‖u‖Lp(U) + ‖v‖Lp(U) (3.7)
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 22
Dimostrazione. Osserviamo che
‖u + v‖pLp(U) =
∫U
|u + v|p dx ≤∫
U
|u + v|p−1(|u|+ |v|) dx
=
∫U
|u + v|p−1|u| dx +
∫U
|u + v|p−1|v| dx
Per il lemma [3.7] si ha che |u + v|p−1 ∈ Lp/(p−1)(U). Inoltre |u| ∈ Lp(U),
|v| ∈ Lp(U) e (p− 1)/p + 1/p = 1, per cui si può applicare la diseguaglianza
di Holder (3.5) a ciascuno due integrali, ottenendo(∫U
|u + v|p dx
) p−1p(∫
U
|u|p dx
) 1p
+
(∫U
|u + v|p dx
) p−1p(∫
U
|v|p dx
) 1p
= ‖u + v‖p−1Lp(U)‖u‖Lp(U) + ‖u + v‖p−1
Lp(U)‖v‖Lp(U) =
= ‖u + v‖p−1Lp(U)
(‖u‖Lp(U) + ‖v‖Lp(U)
)Per cui si ha
‖u + v‖pLp(U) ≤ ‖u + v‖p−1
Lp(U)
(‖u‖Lp(U) + ‖v‖Lp(U)
)da cui semplicando si ottiene la tesi.
3.2 Teorema della divergenza
Enunciamo, senza dimostrarlo, il teorema della divergenza.
Teorema 3.9 (Teorema della divergenza) Dato un insieme Ω ⊂ Rn,
aperto regolare con frontiera di classe C1, ed un campo vettoriale F : Ω → Rn
di classe C1(Ω), si ha ∫
Ω
divF dx =
∫∂Ω
F · ν dS (3.8)
dove ν denota la normale esterna al bordo di Ω.
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 23
Come conseguenza immediata del teorema [3.9] si ha che prese le funzioni
f e g : Ω → R entrambe di classe C1(Ω)valgono le seguenti formule di
Gauss-Green ∫Ω
∂f
∂xi
dx =
∫∂Ω
fνi dS per ogni i = 1, . . . , n (3.9)
e le formule di integrazione per parti∫Ω
∂f
∂xi
g dx = −∫
Ω
∂g
∂xi
f dx +
∫∂Ω
fgνi dS per ogni i = 1, . . . , n (3.10)
Se f e g sono di classe C2(Ω) sempre dal teorema della divergenza si
ottengono le cosidette formule di Green∫Ω
∆f dx =
∫∂Ω
∂f
∂νdS (3.11)
∫Ω
Df ·Dg dx = −∫
Ω
f∆g dx +
∫∂Ω
f∂g
∂νdS (3.12)∫
Ω
g∆f − f∆g dx =
∫∂Ω
g∂f
∂ν− f
∂g
∂νdS (3.13)
3.3 Formula di Wallis
Con il simbolo n!! indichiamo il cosidetto fattoriale doppio o semi-fattoriale
di n, ovvero l'operatore unario sui numeri interi positivi denito da
0!! = 1, 1!! = 1, n!! = n · (n− 2)!! ∀n ≥ 2
Si verica semplicemente che vale
n! = n!! · (n− 1)!!
Enunciamo il seguente risultato
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 24
Lemma 3.10 (Formula di Wallis) Vale il seguente limite
limn→∞
1
2n + 1
[(2n)!!
(2n− 1)!!
]2
=π
2(3.14)
Dimostrazione. Poniamo per ogni n intero e non negativo
In =
∫ π2
0
sinn ϑd ϑ (3.15)
Si ha che I0 = π2e I1 = 1. Inoltre, dal momento che 0 ≤ sin ϑ ≤ 1 per ogni
ϑ ∈ [0, π2] si ha che sinn+1 ϑ < sinnϑ per ogni n non negativo e ϑ ∈ [0, π
2]. Ne
segue che In+1 < In per ogni n non negativo. Derivando per parti la (3.15)
si ottiene
In =
∫ π2
0
sinn ϑd ϑ =[− cos ϑ(sin ϑ)n−1
]π2
0+
∫ π2
0
(n− 1)(sin ϑ)n−2 cos2 ϑ dϑ =
= (n− 1)
∫ π2
0
(sin ϑ)n−2 cos2 ϑ dϑ =
= (n− 1)
∫ π2
0
(sin ϑ)n−2(1− sin2 ϑ) dϑ =
= (n− 1)
∫ π2
0
(sin ϑ)n−2 dϑ− (n− 1)
∫ π2
0
(sin ϑ)n dϑ =
= (n− 1)In−2 − (n− 1)In
dal primo e dall'ultimo termine si ricava
In =n− 1
nIn−2 (3.16)
Applicando ripetutamente questa relazione si ricava per pedici pari
I2n =2n− 1
2nI2n−2 =
2n− 1
2n
2n− 3
2n− 2I2n−4 = · · ·
· · · = 2n− 1
2n
2n− 3
2n− 2· · · 1
2I0 =
(2n− 1)!!
(2n)!!I0
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 25
da cui
I2n =(2n− 1)!!
(2n)!!
π
2(3.17)
Per pedici dispari
I2n+1 =2n
2n + 1I2n−1 =
2n
2n + 1
2n− 2
2n− 1I2n−3 = · · ·
· · · = 2n
2n + 1
2n− 2
2n− 1· · · 2
3I1 =
(2n)!!
(2n + 1)!!I1
ottenendo
I2n+1 =(2n)!!
(2n + 1)!!(3.18)
Per la decrescenza della successione In il rapporto tra I2n+1 e I2n è tale
da vericare2n + 1
2n + 2=
I2n
I2n
2n + 1
2n + 2=
I2n+2
I2n
<I2n+1
I2n
< 1
cioè2n + 1
2n + 2<
I2n+1
I2n
< 1
ovvero passando al limite per n →∞ si ha
limn→∞
2n + 1
2n + 2≤ lim
n→∞
I2n+1
I2n
≤ 1
da cui
limn→∞
I2n+1
I2n
= 1
D'altra parte
I2n+1
I2n
=
(2n)!!(2n+1)!!
(2n−1)!!(2n)!!
π2
=1
2n + 1
[(2n)!!
(2n− 1)!!
]22
π
e quindi1
2n + 1
[2n!!
(2n− 1)!!
]2
=π
2
I2n+1
I2n
e passando al limite si ottiene la (3.14)
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 26
3.4 Formula di Stirling
La formula di Wallis è utile per la dimostrazione della più celebre formula di
Stirling.
Teorema 3.11 Vale il seguente limite
limn→∞
enn!
n12+n
=√
2π (3.19)
Dimostrazione. Ricordiamo che le derivate della funzione f = ln (1 + x)
sono
f (n) =(−1)n+1(n− 1)!
(1 + x)n
e quindi lo sviluppo di Mac Laurin della f è
f =∞∑
n=1
(−1)n+1
nxn
dove i termini con n pari sono negativi.
Per la funzione g = ln (1− x)
g(n) =(−1)n+1(−1)n(n− 1)!
(1 + x)n= − (n− 1)!
(1 + x)n
e quindi lo sviluppo di Taylor della g è
g = −∞∑
n=1
1
nxn
Entrambe le serie convergono per |x| < 1. I termini delle due serie sono
identici a meno del segno per cui nella serie della dierenza f − g = ln(
1+x1−x
)compariranno solo i termini con n dispari
ln
(1 + x
1− x
)= 2
∞∑k=0
x2k+1
2k + 1(3.20)
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 27
che ha raggio di convergenza unitario.
Prendiamo il logaritmo del primo termine dell'equazione (3.19) e denia-
mo la successione
xn = ln
(enn!
n12+n
)= ln (n!)− (n +
1
2) ln n + n
Osserviamo che
xn−xn+1 = ln
(enn!
n12+n
)−ln
(en+1(n + 1)!
(n + 1)12+n+1
)= ln
(en n! (n + 1)(
12+n+1)
en+1 (n + 1)! n( 12+n)
)=
= ln
[(n + 1)
e (n + 1)
(n + 1
n
) 12+n]
= ln
[(n + 1
n
) 12+n]− 1 =
=
(1
2+ n
)ln
(n + 1
n
)− 1 =
(1
2+ n
)ln
(2n + 2
2n
)− 1 =
=
(1
2+ n
)ln
((2n + 1) + 1
(2n + 1)− 1
)− 1 =
(1
2+ n
)ln
(1 + 1
2n+1
1− 12n+1
)− 1
Dallo sviluppo in serie (3.20) per x = 12n+1
si ricava che
xn−xn+1 =
(1
2+ n
)ln
(1 + 1
2n+1
1− 12n+1
)−1 =
(1
2+ n
)·2·
∞∑k=0
(1
2n+1
)2k+1
2k + 1−1 =
=∞∑
k=0
(1
2n+1
)2k
2k + 1− 1 =
∞∑k=1
(1
2n+1
)2k
2k + 1
Per cui xn − xn+1 =∑∞
k=11
(2k+1)(2n+1)2k è positivo2 per per ogni n intero
positivo. Inoltre vale che
xn − xn+1 <1
3
∞∑k=1
1
(2n + 1)2k=
1
3
∞∑k=1
(1
(2n + 1)2
)k
=
=1
3limk→∞
1(2n+1)2
−(
1(2n+1)2
)k+1
1− 1(2n+1)2
=1
3·
1(2n+1)2
1− 1(2n+1)2
=
2La serie è composta da termini tutti positivi
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 28
=1
3· 1
(2n + 1)2 − 1=
1
3· 1
4n2 + 4n + 1− 1=
1
12· 1
n2 + n=
=1
12· n + 1− n
(n + 1)n=
1
12
(1
n− 1
n + 1
)da cui
xn −1
12n< xn+1 −
1
12(n + 1)
cioè la successionexn − 1
12n
è strettamente decrescente. Si ha dunque
x1 −1
12< · · · < xn−1 −
1
12(n− 1)< xn −
1
12n< · · · < xn < xn−1 < · · · < x1
La successione degli xn è strettamente decrescente e limitata per cui ammet-
te limite nito l che coincide con l'estremo inferiore dell'insieme xn | n =
1, 2, . . .. La successionexn − 1
12n
è strettamente crescente e limitata e
quindi ammette limite nito l′ che coincide con l'estremo superiore dell'in-
sieme(
xn − 112n
)| n = 1, 2, . . .
. Deve inne valere
l′ = limn→∞
(xn −1
12n) = lim
n→∞xn − lim
n→∞
1
12n= lim
n→∞xn = l
Anche la successione degli esponenziali exn ammette limite nito e pari
a el. Dunque esiste nito il limite dell'equazione (3.19)
el = limn→∞
exn = limn→∞
enn!
n12+n
Osserviamo anche che presa la sottosuccessione con indici pari deve valere
el = limn→∞
e(2n)(2n)!
(2n)12+2n
per cui
el = limn→∞
enn!
nn√
n
enn!nn√
n
e2n(2n)!
(2n)2n√
2n
=
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 29
= limn→∞
(enn!
nn√
n
)2(2n)2n
√2n
e2n(2n)!= lim
n→∞
e2n(n!)2
n2nn
(2n)2n√
2n
e2n(2n)!=
= limn→∞
(n!)2
n
22n√
2n
(2n)!= lim
n→∞
(n!2n)2√
2n
(2n)! n= lim
n→∞
((2n)!!)2√
2n
(2n)!! (2n− 1)!! n=
= limn→∞
(2n)!!√
2√
2n + 1
(2n− 1)!!√
n√
2n + 1= lim
n→∞
(2n)!!
(2n− 1)!!√
2n + 1
√2√
2n + 1√n
e prendendo le radici di entrambi i membri della formula di Wellis (3.14) si
ottiene
el =
√π
22 =
√2π
cioè quanto cercavamo.
3.5 Convoluzioni
Richiamiamo ora le proprietà essenziali delle convoluzioni.
Denizione 3.12 Se per quasi ogni x ∈ Rn la funzione f(x − y)g(y) della
variabile y è sommabile su Rn poniamo
(f ∗ g)(x) :=
∫Rn
f(x− y)g(y) dy per quasi ogni x ∈ Rn (3.21)
e chiamiamo (f ∗ g)(x) prodotto di convoluzione di f per g.
Lemma 3.13 Siano f ∈ L1 (Rn) e g ∈ L∞ (Rn). La funzione γ(y) = f(x−
y)g(y) è sommabile in Rn per quasi ogni x ∈ Rn. Inoltre risulta f ∗ g ∈
L∞ (Rn) e vale
‖f ∗ g‖L∞(Rn) ≤ ‖f‖L1(Rn)‖g‖L∞(Rn) (3.22)
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 30
Dimostrazione. La funzione γ(y) è banalmente sommabile per ogni x ed il
prodotto di convoluzione è denito per ogni x ∈ Rn. Infatti per ogni x si ha
(f ∗ g)(x) =
∫Rn
f(x− y)g(y) dy ≤ ess supRn
(g)
∫Rn
f(x− y) dy =
= ‖g‖Lp(Rn)‖f‖L1(Rn) < ∞
e quindi (f ∗ g)(x) è una funzione limitata e vale
‖f ∗ g‖L∞(Rn) ≤ ‖f‖L1(Rn)‖g‖L∞(Rn)
Lemma 3.14 Siano f ∈ L1 (Rn) e g ∈ L1 (Rn). La funzione γ(y) = f(x −
y)g(y) è sommabile in Rn per quasi ogni x ∈ Rn. Inoltre risulta f∗g ∈ L1 (Rn)
e vale
‖f ∗ g‖L1(Rn) ≤ ‖f‖L1(Rn)‖g‖L1(Rn) (3.23)
Dimostrazione. Supponiamo che f e g siano entrambe L1 (Rn) con f, g ≥ 0.
Applicando il teorema di Fubini (che per le funzioni non negative vale anche
senza l'ipotesi di sommabilità) si ha∫Rn
(f ∗ g)(x) dx =
∫Rn
(∫Rn
f(x− y)g(y) dy
)dx =
=
∫Rn×Rn
f(x− y)g(y) dxdy =
=
∫Rn
g(y)
(∫Rn
f(x− y) dx
)dy =
∫Rn
g(y)
(∫Rn
f(z) dz
)dy = ‖f‖1‖g‖1
dove nell'ultimo passaggio si è eettuata il cambio di variabili z = x − y.
Quindi la funzione f ∗ g è sommabile in Rn. Generalizzando quanto visto
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 31
sopra per f e g ∈ L1 (Rn) di segno qualunque, e notando che la funzione
h(x, y) = f(x− y)g(y) è sommabile in Rn × Rn, si ha
f(x− y)g(y) = f+(x− y)g+(y)︸ ︷︷ ︸h1
+
+ f−(x− y)g−(y)︸ ︷︷ ︸h2
− f+(x− y)g−(y)︸ ︷︷ ︸h3
− f−(x− y)g+(y)︸ ︷︷ ︸h4
dove gli apici + e − indicano rispettivamente la parte positiva e negativa della
funzione in cui compaiono. Dal fatto che le funzioni hi ≥ 0 i = 1, . . . , 4 sono
sommabili in Rn × Rn si ha che anche la mappa (x, y) → f(x − y)g(y) è
sommabile in Rn × Rn e quindi sempre per il teorema di Fubini la funzione
γ(y) è sommabile per quasi ogni x ∈ Rn. Inne applicando nuovamente il
teorema di Fubini, con lo stesso procedimento precedente, si ottiene∫Rn
|(f ∗ g)(x)| dx =
∫Rn
∣∣∣∣∫Rn
f(x− y)g(y) dy
∣∣∣∣ dx ≤
≤∫
Rn
(∫Rn
|f(x− y)||g(y)| dy
)dx =
∫Rn×Rn
|f(x− y)||g(y)| dxdy =
=
∫Rn
|g(y)|(∫
Rn
|f(x− y)| dx
)dy =
∫Rn
|g(y)|(∫
Rn
|f(z)| dz
)dy =
= ‖f‖1‖g‖1
cioè
‖f ∗ g‖L1(Rn) ≤ ‖f‖L1(Rn)‖g‖L1(Rn)
I due lemmi precedenti ci servono per aermare il seguente risultato
generale.
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 32
Teorema 3.15 Siano f ∈ L1 (Rn) e g ∈ Lp (Rn) con 1 ≤ p ≤ ∞. La
funzione γ(y) = f(x − y)g(y) è sommabile in Rn per quasi ogni x ∈ Rn.
Inoltre posto
(f ∗ g)(x) =
∫Rn
f(x− y)g(y) dy per quasi ogni x ∈ Rn (3.24)
risulta f ∗ g ∈ Lp (Rn) e vale
‖f ∗ g‖Lp(Rn) ≤ ‖f‖L1(Rn)‖g‖Lp(Rn) (3.25)
Dimostrazione. Per p = 1 e per p = ∞ il teorema aerma quanto già
dimostrato nei lemmi [3.13] e [3.14]. Rimane da considerare il caso 1 < p < ∞.
Indichiamo con q l'esponente coniugato3 di p. Per il lemma [3.14] la fun-
zione ζ(y) = |f(x − y)||g(y)|p è sommabile per quasi ogni x ∈ Rn, essendo
|g(y)|p ∈ L1 (Rn). Quindi la funzione ζ(y)1p = |f(x− y)|
1p |g(y)| è in Lp (Rn).
Osservando che
|f(x− y)g(y)| = |f(x− y)|1q
(|f(x− y)|
1p |g(y)|
)e che |f(x−y)|
1q ∈ Lq (Rn) e |f(x−y)|
1p |g(y)| ∈ Lp (Rn), per la diseguaglianza
di Holder si ha che |f(x − y)g(y)| è sommabile e quindi anche f(x − y)g(y)
è sommabile per quasi ogni x ∈ Rn.
Inoltre ∫Rn
|(f ∗ g)(x)|p dx =
∫Rn
∣∣∣∣∫Rn
f(x− y)g(y) dy
∣∣∣∣p dx ≤
≤∫
Rn
(∫Rn
|f(x− y)||g(y)| dy
)p
dx =
3Cioè tale che 1q + 1
p = 1.
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 33
=
∫Rn
(∫Rn
|f(x− y)|1q
[|f(x− y)|
1p |g(y)|
]dy
)p
dx ≤
≤∫
Rn
([∫Rn
|f(x− y)| dy
] 1q
·[∫
Rn
|f(x− y)||g(y)|p dy
] 1p
)p
dx
per la diseguaglianza di Holder applicata all'integrale più interno. L'ultimo
termine trovato è uguale a∫Rn
([∫Rn
|f(x− y)| dy
] pq
·∫
Rn
|f(x− y)||g(y)|p dy
)dx =
=
∫Rn
(‖f‖
pq
1 ·∫
Rn
|f(x− y)||g(y)|p dy
)dx =
= ‖f‖pq
1
∫Rn×Rn
|f(x− y)||g(y)|p dx dy =
= ‖f‖pq
1
∫Rn
(∫Rn
|f(x− y)||g(y)|p dx
)dy =
= ‖f‖pq
1
∫Rn
|g(y)|p(∫
Rn
|f(x− y)| dx
)dy = ‖f‖
pq
1
∫Rn
|g(y)|p‖f‖1dy =
= ‖f‖pq+1
1 ‖g(y)‖pp
Prendendo il primo e l'ultimo termine di questa sequenza di passaggi si
ottiene ∫Rn
|(f ∗ g)(x)|p dx ≤ ‖f‖pq+1
1 ‖g(y)‖pp
ed elevando a 1psi ha
‖(f ∗ g)‖p ≤ ‖f‖1‖g(y)‖p
Nelle ipotesi del teorema appena dimostrato risulta che
(f ∗ g)(x) = (g ∗ f)(x)
per quasi ogni x ∈ Rn.
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 34
Denizione 3.16 (Supporto) Presa una qualunque funzione f : Rn → R,
consideriamo la famiglia di tutti gli insiemi Ωαα∈A aperti in cui f = 0
quasi ovunque. Allora il complementare dell'insieme Ω =⋃
α∈A Ωα è detto il
supporto di f e si denota con suppf .
Se f è una funzione limitata a supporto compatto, ed in particolare se è
Cc(Rn) e g ∈ L1loc(Rn) allora il prodotto di convoluzione è denito per ogni
x ∈ Rn.
Se f è continua allora suppf è la chiusura dell'insieme x ∈ Rn | f(x) 6=
0
Si noti che se f e g sono due funzioni a supporto compatto, anche (f ∗ g)
lo è. Risulta, inoltre che il supporto di (f ∗ g) è contenuto nella chiusura
dell'insieme x + y | x ∈ suppf, y ∈ suppg ovvero
supp(f ∗ g) ⊂ suppf + suppg
Teorema 3.17 Sia f ∈ Ckc (Rn), con e g ∈ L1
loc(Rn). Allora f ∗ g ∈ Ck(Rn)
e se k ≥ 1 e |α| ≤ k, si ha
Dα(f ∗ g) = Dαf ∗ g (3.26)
Dimostrazione. La dimostrazione procede per induzione sul valore k.
Per k = 0 abbiamo che f ∈ Cc(Rn) e vogliamo solo dimostrare che f ∗ g
è una funzione continua. Osserviamo innanzitutto che f è uniformemente
continua su Rn. Poi prendiamo una successione xh convergente a x e tentiamo
di dimostrare che
limh→∞
(f ∗ g)(xh) = (f ∗ g)(x)
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 35
il che è suciente a dimostrare la continuità di f ∗ g.
Risulta che
limh→∞
(f ∗ g)(xh) = limh→∞
∫Rn
f(xh − y)g(y) dy
Per la uniforme continuità4 di f in Rn si ha che ∀ε, ∃δ tale che per ogni
|(xh − y) − (x − y)| = |xh − x| < δ risulta |f(xh − y) − f(x − y)| < ε. Da
ciò si ha che esiste ν tale che per h > ν risulta |f(xh − y) − f(x − y)| < ε
per ogni y ∈ Rn cioè f(xh − y) converge uniformemente a f(x − y) per
h → ∞. Inoltre, indicati con r1 il raggio di una palla5 centrata nell'origine
contenente il supporto di f e con r2 il raggio di un'altra palla6 centrata
nell'origine contenente le xh e la x, si ha che la palla centrata nell'origine
di raggio r = r1 + r2 contiene7 i supporti di tutte le funzioni f(xh − y) e
della funzione f(x− y). Di conseguenza, essendo g sommabile in B(r) e per
l'uniforme convergenza delle f(xh− y), si può passare al limite sotto il segno
di integrale ottenendo
limh→∞
∫Rn
f(xh − y)g(y) dy = limh→∞
∫B(r)
f(xh − y)g(y) dy =
=
∫B(r)
limh→∞
f(xh − y)g(y) dy =
∫B(r)
f(x− y)g(y) dy = (f ∗ g)(x)
come volevasi.4Infatti le funzioni continue a supporto compatto sono uniformemente continue in tutto
Rn.5Questa palla esiste perchè il supporto è compatto e quindi limitato.6Questa palla esiste per la convergenza dei punti xh.7Perchè il supporto di f(w−y) è costituito da ogni punto y ottenuto sottraendo a w un
qualsiasi punto z del supporto di f cioè y = w−z. Quindi per la disuguaglianza trangolare
nel caso in cui w assuma i valori xh e x si ha |y| ≤ |w|+ |z| < r1 + r2 = r.
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 36
Per k = 1 vogliamo dimostrare che (f ∗ g) ∈ C1(Rn) e che
∂(f ∗ g)
∂xi
=∂f
∂xi
∗ g
per ogni i = 1, . . . , n. Indicato con ei l'i-esimo elemento della base canonica
si ha che(f ∗ g)(x + hei)− (f ∗ g)(x)
h=
=
∫Rn f(x + hei − y)g(y) dy −
∫Rn f(x− y)g(y) dy
h=
=
∫Rn
f(x + hei − y)− f(x− y)
hg(y) dy
Per la uniforme continuità in Rn di ∂f∂xi
e per il fatto che f(x+hei−y)−f(x−y)h
=
∂f∂xi
(x+ ξei− y) con 0 < ξ < h si ha che f(x+hei−y)−f(x−y)h
vista come funzione
della y converge uniformemente su Rn a ∂f∂xi
(x−y) per h → 0. Inoltre con ra-
gionamento analogo al precedente si determina una palla centrata nell'origine
che contiene i supporti di tutte le f(x+hei−y)−f(x−y)h
e di ∂f∂xi
(x − y). Come in
precedenza, essendo g sommabile in B(r) e per l'uniforme convergenza delle
f(x+hei−y)−f(x−y)h
, si può passare al limite sotto il segno di integrale ottenendo
che∂(f ∗ g)
∂xi
(x) = limh→0
(f ∗ g)(x + hei)− (f ∗ g)(x)
h=
= limh→0
∫Rn
f(x + hei − y)− f(x− y)
hg(y) dy =
=
∫Rn
limh→0
f(x + hei − y)− f(x− y)
hg(y) dy =
∫Rn
∂f
∂xi
(x− y)g(y) dy
=∂f
∂xi
∗ g
e per la continuità di ∂f∂xi
e per quanto visto nel caso k = 0 si ha che la funzione
∂f∂xi
∗ g è continua e quindi, dall'ultima uguaglianza ∂(f∗g)∂xi
(x) è continua per
ogni i = 1, . . . , n, cioè f ∗ g ∈ C1(Rn).
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 37
Nel caso generale procediamo con analoghe considerazioni al caso k = 1
e notiamo che per ogni multi-indice α esiste un multi-indice β di lunghezza
|α| − 1 per il quale si ha
Dαf = limh→0
Dβf(x + hei − y)−Dβf(x− y)
h
per qualche i ∈ 1, . . . , n. Utilizzando l'ipotesi di induzione e potendo passare
al limite sotto il segno di integrale si ottiene che
Dα(f ∗ g)(x) = limh→0
Dβ(f ∗ g)(x + hei)−Dβ(f ∗ g)(x)
h=
= limh→0
∫Rn
Dβf(x + hei − y)−Dβf(x− y)
hg(y) dy =
=
∫Rn
limh→0
Dβf(x + hei − y)−Dβf(x− y)
hg(y) dy =
∫Rn
Dαf(x− y)g(y) dy
= Dαf ∗ g
e per la continuità di Dαf e per quanto visto nel caso k = 0 si ha che la
funzione Dαf ∗ g è continua e quindi, dall'ultima uguaglianza Dα(f ∗ g)(x) è
continua per ogni multi-indice α di lunghezza k, cioè f ∗ g ∈ Ck(Rn).
3.6 Mollicatori
I mollicatori sono un utile strumento per costruire approssimazioni lisce,
cioè di classe C∞, di funzioni date.
Nel seguito U indicherà un aperto di Rn. Inoltre con Uε si indicherà l'in-
sieme x ∈ U | dist(x, ∂U) > ε con ε > 0. Con ∗ indicheremo il prodotto di
convoluzione tra due funzioni.
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 38
Denizione 3.18 (Mollicatore) Una funzione % ∈ C∞c (Rn) è un molli-
catore se
%(x) ≥ 0 per ogni x ∈ Rn (3.27)
e ∫Rn
%(x) dx = 1 (3.28)
Un esempio di mollicatore è dato dal cosidetto mollicatore standard.
Denizione 3.19 (Mollicatore standard) Deniamo la funzione η di
classe C∞(Rn), detta mollicatore standard, nel modo seguente
η(x) :=
C · e
1|x|2−1 per|x| < 1
0 per|x| ≥ 1
(3.29)
con
C =1∫
Rn η dx
.
Il valore della costante C è preso in modo che η(x) rispetti la condizione
(3.28).
Il mollicatore standard è dovunque pari a zero tranne che in un compat-
to di Rn, e specicatamente in |x| ≤ 1. Nel caso del mollicatore standard
il supporto è B(1) chiusura della palla centrata nell'origine e di raggio uni-
tario. La funzione η(x) è dunque liscia a supporto compatto cioè η ∈ C∞c .
Osserviamo inoltre come η sia funzione solo di |x| cioè del raggio r con centro
nell'origine.
Partendo da un mollicatore %(x) tale che supp% = B(1), possiamo
costruire altri mollicatori nel seguente modo
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 39
Denizione 3.20 Per ogni h > 0, deniamo la funzione %h(x)
%h(x) = hn%(hx) per ogni x ∈ Rn (3.30)
e risulta che %h è un mollicatore con supp% = B( 1h).
Se h lo scegliamo pari a 1, 2, . . . otteniamo una successione di mollicatori
come supporto che hanno la palla centrata nell'origine e di raggio 1h, come
supporto.
Partendo, ad esempio, dal mollicatore standard si possono generare, con
il procedimento appena descritto, i seguenti mollicatori
Denizione 3.21 Per ogni ε > 0, deniamo la funzione ηε di classe C∞c (Rn)
ηε(x) :=
1εn · η
(xε
)per|x| < ε
0 per|x| ≥ ε
(3.31)
e risulta∫
Rn ηε dx = 1 e ηε(x) ≥ 0.
Nel caso dei mollicatori ηε ∈ C∞c , il supporto è B(ε) chiusura della palla
centrata nell'origine di raggio ε.
L'importanza dei mollicatori risiede nel fatto che permettono di appros-
simare, con un pressata accuratezza, un gran numero di funzioni. L'appros-
simazione avviene mediante la costruzione di determinate funzioni di classe
C∞ generate a partire dai mollicatori.
Deniamo ora le mollicate di una funzione
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 40
Denizione 3.22 Data una funzione f ∈ L1loc(Rn), ed una successione di
mollicatori %h(x), come nella denizione [3.20], e h ∈ N. Le funzioni
fh(x) := %h ∗ f per ogni x ∈ Rn (3.32)
prendono il nome di mollicate o regolarizzate della funzione f .
Le mollicate di f sono quindi date da
fh =
∫Rn
%h(x− y)f(y) dy =
∫B(x, 1
h)
%h(x− y)f(y) dy perx ∈ Rn
Le funzioni fh godono di alcune proprietà riassunte nei seguenti risultati.
Corollario 3.23 Le funzioni fh sono lisce in Rn
fh ∈ C∞(Rn) (3.33)
per ogni h ∈ N.
Dimostrazione. Segue direttamente dal teorema [3.17] a pagina 34.
Corollario 3.24 Per ogni multi-indice α si ha
Dαfh = hn+|α|∫
Rn
(Dα%)(h(x− y))f(y) dy (3.34)
Dimostrazione. Segue dal teorema [3.17] a pagina 34 constatando che es-
sendo
%h(x) = hn%(hx)
vale
Dα%h(x) = hn+|α|(Dα%)(hx)
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 41
Per cui segue
Dαfh(x) = Dα(%h ∗ f)(x) =((Dα%h) ∗ f
)(x) =
=
∫Rn
(Dα%h)(x− y)f(y) dy = hn+|α|∫
Rn
(Dα%)(h(x− y))f(y) dy
Proposizione 3.25 Sia %h una successione di mollicatori come nella de-
nizione [3.20] e f ∈ C(Rn). Detto fh il prodotto di convoluzione %h ∗ f , si ha
che fh converge uniformemente a f sui compatti di Rn, per h →∞.
Dimostrazione. Fissato un compatto K, risulta che f è unifomemente con-
tinua su K. L'insieme A = z ∈ Rn : dist(z, K) < 1 è limitato ed essendo
f è unifomemente continua su A lo è anche su A. Quindi per ogni ε > 0 esiste
0 < δ < 1 tale che se x ∈ K e |y| < δ risulta
|f(x− y)− f(x)| < ε
Per ogni h > 1δil supporto di %h è una palla di raggio minore di δ.
|(%h ∗ f)(x)− f(x)| =∣∣∣∣∫
Rn
%h(x− y)f(y) dy − f(x)
∫Rn
%h(x− y) dy
∣∣∣∣dal momento che
∫Rn %h(x− y) dy = 1. Per cui∣∣∣∣(%h ∗ f)(x)− f(x)| = |
∫Rn
%h(x− y)f(y) dy −∫
Rn
%h(x− y)f(x) dy
∣∣∣∣ =
=
∣∣∣∣∫Rn
f(x− y)%h(y) dy −∫
Rn
%h(x− y)f(x) dy
∣∣∣∣ =
∣∣∣∣∫Rn
[f(x− y)− f(x)] %h(y) dy
∣∣∣∣ =
∣∣∣∣∣∫
B( 1h)
[f(x− y)− f(x)] %h(y) dy
∣∣∣∣∣ ≤
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 42
≤∫
B( 1h)
|f(x− y)− f(x)| %h(y) dy < ε
∫B( 1
h)
%h(y) dy = ε
da cui si ottieme che per ogni ε se prendiamo h > 1δotteniamo |(%h ∗ f)(x)−
f(x)| < ε per ogni x ∈ K cioè l'uniforme convergenza di fh a f in ogni
compatto di Rn
Proposizione 3.26 Sia %h una successione di mollicatori come nella de-
nizione [3.20] e f ∈ Lp(Rn) con 1 ≤ p < ∞. Detto fh il prodotto di
convoluzione %h ∗ f , si ha che fh converge a f in Lp(Rn) per h →∞.
Dimostrazione. L'insieme delle funzioni Cc(Rn) è denso in Lp(Rn) per 1 ≤
p < ∞. Per cui per ogni ε > 0 esiste una funzione g ∈ Cc(Rn) tale che
‖f − g‖p < ε. Vale che
‖fh − f‖p = ‖%h ∗ f − f‖p = ‖%h ∗ f − %h ∗ g + %h ∗ g − g + g − f‖p ≤
≤ ‖%h ∗ (f − g)‖p + ‖%h ∗ g − g‖p + ‖g − f‖p ≤
≤ ‖%h‖1‖(f − g)‖p + ‖%h ∗ g − g‖p + ‖g − f‖p
avendo utilizzato la diseguaglianza (3.14). Essendo ‖%h‖1 = 1 si ha
‖fh − f‖p ≤ 2‖f − g‖p + ‖%h ∗ g − g‖p ≤ 2ε + ‖%h ∗ g − g‖p
La funzione (%h ∗ g)(x) è a supporto compatto, essendo il prodotto di convo-
luzione due funzioni a supporto compatto e si ha per ogni h ∈ N
supp(%h ∗ g) ⊂ B1 + supp(g)
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 43
Indichiamo con K l'insieme compatto B1 + supp(g). Per il teorema [3.26] si
ha che %h∗g → g uniformemente su K. Essendo i supporti di tutte le funzioni
%h ∗ g e di g contenuti in K si ha convergenza uniforme su tutto Rn. Ciò è
suciente a garantire che %h ∗ g converga a g anche in Lp(Rn). Quindi per h
sucientemente grande si ha ‖%h ∗ g − g‖p < ε ed inne
‖fh − f‖p ≤ 2ε + ε = 3ε
cioè la convergenza di fh → f in Lp(Rn).
Proposizione 3.27 Sia %h una successione di mollicatori come nella de-
nizione [3.20] e f ∈ Lploc(Rn). Detto fh il prodotto di convoluzione %h ∗ f , si
ha che fh converge a f in Lploc(Rn) per h →∞.
Dimostrazione. Deniamo la funzione indicatrice di un insieme A ⊂ Rn
come
χA : Rn → 0, 1
tale che
χA(x) =
1 se x ∈ A
0 se x /∈ A
Allora ssato un valore r > 1 consideriamo la funzione f · χB(r), prodotto di
f e della funzione indicatrice di B(r). Per ogni y ∈ B(r) si ha f(y) = fχB(r).
Se prendiamo x ∈ Br−1 siamo sicuri che per ogni h = 1, 2, . . . vale
(%h ∗ f)(x) =(%h ∗ (fχB(r))
)(x).
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 44
Dal fatto che f ∈ Lploc(Rn) e che la funzione fχB(r) è nulla in ogni punto che
non appartiene a B(r) segue che fχB(r) appartiene a Lp(Rn). Per il teorema
[3.26] risulta quindi che %h ∗ fχB(r) converge in Lp(Rn) a fχB(r) per ogni
r > 1. Per cui, per ogni x ∈ B(r − 1), si ha
(%h ∗ fχB(r))(x) = (%h ∗ f)(x)
fχB(r)(x) = f(x)
e quindi ∃ν ∈ N tale che per ogni h > ν si ha
‖(%h ∗ fχB(r))(x)− fχB(r)(x)‖Lp(B(r−1)) < ε
ovvero
‖(%h ∗ f)(x)− f(x)‖Lp(B(r−1)) < ε
cioè
%h ∗ f → f
in Lp(B(r− 1)), cioè %h ∗ f converge in Lp a f su ogni insieme limitato di Rn
Corollario 3.28 Sia Ω un aperto di Rn, e p ∈ [1,∞). Lo spazio delle
funzioni C∞c (Ω) è denso in Lp(Ω)
Dimostrazione. Sappiamo che Cc(Ω) è denso in Lp(Ω) cioè che presa una
una funzione f ∈ Lp(Ω), per ogni ε > 0 esiste g ∈ Cc(Ω) tale che
‖f − g‖Lp(Ω) < ε
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 45
Naturalmente, posto g = 0 in ogni punto di Rn\Ω, si ha che g ∈ Lp(Rn) e
dal teorema [3.26], per h > ν con ν ∈ N
‖g − (%h ∗ g)‖Lp(Ω) = ‖g − (%h ∗ g)‖Lp(Rn) < ε
Quindi
‖f − (%h ∗ g)‖Lp(Ω) = ‖f − g + g − (%h ∗ g)‖Lp(Ω) ≤
≤ ‖f − g‖Lp(Ω) + ‖g − (%h ∗ g)‖Lp(Ω) ≤ ε + ε = 2ε
ovvero esiste una funzione γ ∈ C∞c (Ω) (specicatamente (%h∗g)(x) con h > ν)
tale che per ogni f ∈ Lp(Ω)
‖f − γ‖Lp(Ω) < ε
3.7 Teorema di Ascoli-Arzelà
Il teorema di Ascoli-Arzelà fornisce un utile criterio di compattezza nello spa-
zio delle funzioni continue su di un compatto. A tale scopo, ssati un com-
patto K ⊂ Rn ed una successione di funzioni fh ∈ C(K) diamo le seguenti
denizioni
Denizione 3.29 Diremo che le funzioni fh sono equilimitate se
suph∈N
maxx∈K
|fh(x)| (3.35)
ha valore nito.
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 46
Denizione 3.30 Diremo che le funzioni fh sono equicontinue se per ogni
ε > 0 è possibile determinare un δ > 0 tale che
|fh(x)− fh(y)| < ε ∀h e ∀x, y ∈ K : |x− y| < δ (3.36)
Teorema 3.31 (Ascoli-Arzelà) Siano dati un compatto K ⊂ Rn ed una
successione di funzioni fh : K → R equilimitate ed equicontinue. Allora
esiste una sotto successione fhiestratta da fh convergente uniformemente in
K.
Dimostrazione. Indichiamo con xi una successioni di punti di K densa
in K. Per esempio l'insieme dei punti x ∈ Qn | x ∈ K che essendo un
sottoninsieme di Qn è sicuramente numerabile e denso in K. Dall'ipotesi di
equilimitatezza delle funzioni fh segue subito che per ogni i ∈ N la successione
numerica (fh(xi))h∈N è limitata Considerata la successione (fh(x1))h∈N si può
allora estrarre da fh una sottosuccessione f(1)h tale che (f
(1)h (x1))h∈N risulti
convergente. Considerata la successione (f(1)h (x2))h∈N si può allora estrarre
da f(1)h una sottosuccessione f
(2)h tale che (f
(2)h (x2))h∈N risulti convergente.
Inoltre per la convergenza di (f(1)h (x1))h∈N e risulta che anche (f
(2)h (x1))h∈N è
convergente. Supposto vero che per un certo i ∈ N la successione (f(i)h (xj))h∈N
risulti convergente per j = 1, 2, . . . , i, dimostriamo che esiste una successio-
ne (f(i+1)h (xj))h∈N convergente per ogni j = 1, . . . , i + 1. Per far ciò basta
considerare la successione limitata (f(i)h (xi+1))h∈N. Si può allora estrarre da
f(i)h una sottosuccessione f
(i+1)h tale che (f
(i+1)h (xi+1))h∈N risulti convergente.
Inoltre per la supposta convergenza di (f(i)h (xj))h∈N per ogni j = 1, . . . , i,
risulta che (f(i+1)h (xj))h∈N è convergente per ogni j = 1, . . . , i + 1.
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 47
Quindi, per induzione, abbiamo che per ogni xi i ∈ N esiste una sotto-
succesione f(i)h di fh per la quale si ha che (f
(i)h (xi))h∈N è convergente. Inoltre
f(i)h è una sottosuccessione di f
(i+1)h .
Consideriamo la successione gi = f(i)i . Preso un punto xk con k ∈ N
qualunque, si ha che per i ≥ k i termini (gi(xk))i∈N = (f(i)i (xk))i∈N stanno
tutti nella successione (f(k)h (xk))i∈N, che è convergente. (gi(xk))i∈N è quindi
una sottosuccessione di una successione convergente e quindi a sua volta
convergente. Ricapitolando (gi)(x) converge per i → ∞ in ogni punto della
successione xk.
Mostriamo ora che le funzioni (gi)(x) convergono uniformemente in K.
Per la equicontinuità si ha che per ogni ε > 0∃δ tale che per ogni |x− y| < δ
risulta |gi(x)− gi(y)| < ε. Osserviamo che per la densità di xi in K si ha che
K ⊂∞⋃i=1
B(xi, δ)
e per la compattezza di K esiste un µ ∈ N tale che
K ⊂µ⋃
i=1
B(xi, δ)
Preso un qualunque x ∈ K esiste un xj con j ∈ 1, . . . , µ tale che
|gn(x)− gm(x)| = |gn(x)− gn(xj) + gn(xj)− gm(xj) + gm(xj)− gm(x)| ≤
≤ |gn(x)− gn(xj)|+ |gn(xj)− gm(xj)|+ |gm(xj)− gm(x)|
dove il primo ed il terzo termine sono minori di ε per la equicontinuità di
fh. Il termine centrale può essere reso minore di ε per m, n > lεx(j). Infatti
la successione (gi(xj))i∈N converge e quindi è anche Cauchy convergente. In
generale, però, lεx(j) dipende dalla x scelta. Prendiamo allora il massimo tra
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 48
tutti gli lεx(1), . . . , lεx(µ) e lo chiamiamo lε. Ora qualsiasi sia la scelta di x il
termine |gn(xj)− gm(xj)| risulterà minore di ε per m,n > lε. Si ha inne che
per qualsiasi x ∈ K
|gn(x)− gm(x)| ≤ |gn(x)− gn(xj)|+ |gn(xj)− gm(xj)|+ |gm(xj)− gm(x)| <
< ε + ε + ε = 3ε
per m, n > lε ovvero per il criterio di Cauchy risulta che le gi(x) convergono
uniformemente in K.
Nota 3.32 La convergenza uniforme coincide con la convergenza nello spa-
zio delle funzioni continue. Quindi il teorema di Ascoli-Arzelà aerma, come
accennato all'inizio della sezione, che un sottoinsieme di C(K) equilimitato
ed equicontinuo è un compatto di C(K).
Una variante molto utilizzata del teorema di Ascoli-Arzelà si ottiene so-
stituendo l'equilimitatezza con la equilipschitzianità. Tale ipotesi è più forte
ma di solito più agevole da vericare.
Denizione 3.33 Diremo che le funzioni fh sono equilipschitziane se
|fh(x)− fh(y)| ≤ L|x− y| ∀h e ∀x, y ∈ K (3.37)
per qualche L ∈ R.
Corollario 3.34 Siano dati un compatto K ⊂ Rn ed una successione di
funzioni fh : K → R equilipschitziane. Se esiste un x0 ∈ K per il quale
la successione fh(x0) risulta limitata, allora esiste una sottosuccessione fhi
estratta da fh convergente uniformemente in K.
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 49
Dimostrazione. É facile osservare come la condizione di equilipschitzianità
implichi l'equicontinuità. Inoltre essendo K ⊂ B(r) per qualche r ∈ R, si ha
che per ogni y ∈ K
|fh(x0)− fh(y)| ≤ L|x0 − y| ≤ L · 2r
da cui
suph∈N
maxx∈K
|fh(x)| ≤ suph∈N
(|fh(x0)|+ 2rL) ≤ C + 2rL
dove C è un maggiorante della successione fh(x0). Si ha quindi la equilimi-
tatezza. In virtù del teorema [3.31] la dimostrazione è conclusa.
3.8 Le funzioni Gamma e Beta
Sia t > 0. Poniamo
Γ(t) =
∫ ∞
0
xt−1e−x dx (3.38)
La funzione f(x) = xt−1e−x è sommabile in (0, +∞). Infatti, poichè
limx→∞ xt+1e−x = 0, si ha che esiste M > 0 tale che xt+1e−x < 1 per x > M e
dunque f(x) < 1x2 per x > M , da cui segue la sommabilità di f su (M, +∞).
D'altra parte risulta f(x) < xt−1 ed essendo xt−1 sommabile su (0, M) per
ogni t > 0, tale risulta anche f(x) in (0, M).
Osserviamo che
Γ(1) =
∫ ∞
0
e−x dx = 1 (3.39)
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 50
e che
Γ(t + 1) =
∫ ∞
0
xte−x dx =[xte−x
]∞0
+ t
∫ ∞
0
xt−1e−x dx = tΓ(t)
cioè
Γ(t + 1) = tΓ(t) (3.40)
Dalla (3.39)e dalla (3.40) si ottiene che se t ∈ N allora Γ(t + 1) = t!
Quanto visto mostra che la funzione Γ estende a (0,∞) il fattoriale di un
numero.
Con semplici calcoli si ricava che
Γ(1
2) =
√π
Sia t > 0 e s > 0. Poniamo
β(s, t) =
∫ 1
0
xs−1(1− x)t−1 dx (3.41)
Eettuando il cambio di variabili x = 1− y si ha che β(s, t) = β(t, s).
Inoltre essendo
Γ(s)Γ(t) =
(∫ ∞
0
zs−1e−z dz
)(∫ ∞
0
wt−1e−w dw
)eettuando il cambio di variabili z = x2 e w = y2 si ottiene
2
(∫ ∞
0
x2s−1e−x2
dx
)2
(∫ ∞
0
y2t−1e−y2
dy
)= 4
∫ ∞
0
∫ ∞
0
x2s−1y2t−1e−(x2+y2) dxdy
e passando in coordinate polari
4
∫ ∞
0
∫ π2
0
%2t+2s−1 cos(ϑ)2s−1 sin(ϑ)2t−1e−%2
dϑd% =
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 51
4
∫ ∞
0
%2t+2s−1e−%2
d% ·∫ π
2
0
cos(ϑ)2s−1 sin(ϑ)2t−1 dϑ =
e ponendo %2 = r e cos2(ϑ) = x e quindi dx = 2 cos(ϑ) sin(ϑ)dϑ∫ ∞
0
rt+s−1e−r dr ·∫ π
2
0
cos(ϑ)2s−2 sin(ϑ)2t−22 cos(ϑ) sin(ϑ) dϑ =
Γ(s + t) ·∫ 1
0
xs−1(1− x)t−1 dx = Γ(s + t)β(s, t)
ed inne otteniamo
β(s, t) =Γ(s)Γ(t)
Γ(s + t)(3.42)
Le In denite in (3.15) risultano essere esprimibili in funzione della fun-
zioene β. In particolare
In =
∫ π2
0
sinn ϑd ϑ
con il cambio di variabili x = sin2(ϑ), diventa∫ 1
0
sin(ϑ)n
2 sin(ϑ) cos(ϑ)dx =
∫ 1
0
x(n−1)/2
2(1− x)1/2dx =
=1
2
∫ 1
0
x(n−1)/2(1− x)−1/2 dx
ovvero
In =1
2
∫ 1
0
x(n−1)/2(1− x)−1/2 dx =β((n + 1)/2, 1/2
)2
(3.43)
3.9 Cambiamento di base dell'operatore D2xu
Con il simbolo D2xu si vuole indicare la matrice bidimensionale i cui elementi
sono le derivate seconde della funzione u. Nel posto corrispondente alla riga
i-esima ed alla colonna j-esima della matrice troviamo l'elemento ∂2u∂xi∂xj
dove
i e j ∈ 1, . . . , n.
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 52
D2xu è un tensore di cui si può denire la natura analizzando come si
trasforma sotto cambiamento di base nello spazio Rn. Indichiamo con ei i
versori della base canonica di Rn e con xi le coordinate associate a tali versori.
Con εi indichiamo i versori della base di arrivo a seguito della trasformazione
lineare di cambiamento della base, e con yi le coordinate associate a tali
versori. Il cambiamento di base ha la seguente struttura:
(ε1, . . . , εn) = (e1, . . . , en) · A (3.44)
dove la matrice A è detta matrice di cambiamento della base ed è costituita
dagli elementi aij nella posizione corrispondente all'i-esima riga e alla j-esima
colonna. Con e1, . . . , en si indica il vettore riga formato dagli ei (lo stesso
dicasi per gli εi). Inne, essendo A la matrice di trasformazione di una base
in un'altra base, risulta det(A) 6= 0
È facile determinare la relazione che induce la trasformazione (3.44) sulle
coordinate. Scrivendo uno stesso vettore come combinazione lineare della
base εi e poi della base ei si ottiene:
n∑j=1
yjεj =n∑
i=1
xiei
e quindi, utilizzando la (3.44) si giunge a
yjaijei = xiei (3.45)
in quest'ultima equazione la ripetizione di uno stesso indice o apice indica la
sommatoria da 1 a n. Ad esempio il secondo termine dell'equazione (3.45)
signica∑n
j=1 xjej. Dalla (3.45) per l'unicità delle coordinate di un vettore
in una determinata base risulta:
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 53
yiaji = xj (3.46)
ovvero in notazione matriciale
A · ~y = ~x (3.47)
cioè
~y = A−1 · ~x (3.48)
Il gradiente della funzione u rispetto alle coordinate xi lo indicheremo sia
con il simbolo gradx(u) che con Dxu. Possiamo scrivere:
∂u
∂xi
=∂u
∂y1
· ∂y1
∂xi
+ . . . +∂u
∂yn
· ∂yn
∂xi
e poichè ∂yj
∂xi= aj
i (dove aji è il generico elemento di A−1) si ottiene
Dxu = (A−1)t ·Dyu (3.49)
dove Dxu e Dyu sono pensati come vettori colonna e la scrittura ()t sta ad
indicare l'operazione di trasposizione. Con calcoli analoghi a quelli eettuati
no a quasto momento è facile ricavare che
Dx(Dxu) = Dx((A−1)t ·Dyu) = Dy((A
−1)t ·Dyu) ·A−1 = (A−1)tDy(Dyu)A−1
e quindi
D2yu = At · (D2
xu) · A (3.50)
L'equazione (3.50) ci permette di aermare che D2u si trasforma per con-
gruenza, cioè non conserva traccia e determinante se non quando il cambio di
base avviene da vettori ortonormali a vettori ortonormali ripetto al prodotto
CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 54
scalare denito nello spazio Rn La traccia di D2u si vede facilmente che coin-
cide con l'operatore di Laplace applicato ad u. Ciò signica che ∆xu = ∆yu
se l'operatore del cambio di base è unitario (cioè è una rotazione o una
riessione).
Capitolo 4
Le funzioni armoniche
4.1 Proprietà del valore medio
Consideriamo un insieme aperto U ⊂ Rn e supponiamo che la funzione u sia
armonica (cfr. denizione 1.5 a pag. 5) in U . La u gode allore di notevoli pro-
prietà tra cui quella del valore medio, secondo la quale il valore dell'integrale
di u nella palla B(x, r) 1, diviso il volume della palla stessa è pari al valore
di u calcolato nel centro della palla in questione (cioè in x).
Lo stesso vale per la supercie sferica, cioè il valore dell'integrale di u sulla
supercie sferica ∂B(x, r) diviso la misura della supercie sferica stessa è pari
al valore di u calcolato in x.
Premesso che il simbolo −∫indica l'operazione di media possiamo enunciare
il seguente risultato.
Teorema 4.1 (Formule del valore medio) Se u ∈ C2(U) è una funzione
1B(x, r) indica l'insieme y ∈ Rn | |y−x| < r, cioè l'aperto di Rn costituito dai punti
distanti meno di r da x.
55
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 56
armonica, allora
u(x) = −∫
∂B(x,r)
u dS = −∫
B(x,r)
u dy (4.1)
per qualunque palla B(x, r) ⊂ U
Dimostrazione. Verichiamo in primo luogo che
u(x) = −∫
∂B(x,r)
u dS
Deniamo la funzione
φ(r) := −∫
∂B(x,r)
u(y) dS(y)
ed eettuiamo il cambiamento di variabili y = x + rz con z punto di Rn
ed r raggio della palla B(x, r), in modo che nel dominio di integrazione non
compaia r.
φ(r) =1
σnrn−1
∫∂B(x,r)
u(y) dS(y) =
=1
σnrn−1
∫∂B(0,1)
u(x + rz) rn−1dS(z) =1
σn
∫∂B(0,1)
u(x + rz) dS(z) =
= −∫
∂B(0,1)
u(x + rz) dS(z)
dove rn−1 è il determinante dello Jacobiano della trasformazione y = x+rz
tenendo presente che la supercie sferica è una varietà ad n− 1 dimensioni.
Inoltre con σn si indica la misura della supercie sferica di raggio unitario in
Rn.
È ora possibile calcolare agevolmente la derivata di φ(r) e ritornare alla
variabile y
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 57
φ′(r) = −∫
∂B(0,1)
Du(x + rz) · z dS(z) = −∫
∂B(x,r)
Du(x + rz) · y − x
rdS(y)
Quindi, indicando con ν il versore uscente dalla supercie ∂B(x, r) e
tenendo presente che ν = y−xr, con l'ausilio delle formule di Green 3.9 si
ottiene
φ′(r) =1
σnrn−1
∫∂B(x,r)
Du(y) · ν dS(y) =
=1
σnrn−1
∫B(x,r)
div(Du(y)) dy =1
σnrn−1
∫B(x,r)
∆u dy =
=r
nωnrn
∫B(x,r)
∆u dy =r
n−∫
B(x,r)
∆u dy = 0
in cui si è fatto uso della relazione σn = nωn, con ωn misura della palla
di raggio unitario in Rn, e dell'ipotesi di armonicità di u.
Dall'ultima equazione si ricava che φ(r) è costante cioè che
−∫
∂B(x,r)
u(y) dS(y)
ha sempre lo stesso valore al variare del raggio della palla B(x, r). Si può
quindi valutare φ(r) constatando che
φ(r) = limr→0
−∫
∂B(x,r)
u(y) dS(y) = limr→0
1
σnrn−1
∫∂B(x,r)
u(y) dS(y) =
= limr→0
1
σnrn−1
σnr
n−1 [u(x) + o(r)]
= u(x) (4.2)
La seconda parte del teorema si dimostra con un semplice calcolo
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 58
−∫
B(x,r)
u(y) dy =1
ωnrn
∫B(x,r)
u(y) dy =
=1
ωnrn
∫ r
0
(∫∂B(x,ξ)
u(y) dS(y)
)dξ =
1
ωnrn
∫ r
0
u(x)σnξn−1dξ =
=1
ωnrnu(x)σn
rn
n=
σn
nωn
u(x) = u(x)
in cui si è utilizzato∫
∂B(x,r)u(y) dS(y) = u(x)σnr
n−1, dimostrata nella
prima parte, e l'uguaglianza σn = nωn.
Esiste anche la proprietà simmetrica di quella appena vista. Cioè se una
funzione verica l'equazione 4.1 allora è una funzione armonica. Il teorema
4.1 e quello che ora dimostreremo, permettono di aermare l'equivalenza tra
la proprietà di armonicità di una funzione e la proprietà del valor medio.
Teorema 4.2 Se u ∈ C2(U) soddisfa l'uguaglianza
u(x) = −∫
∂B(x,r)
u(y) dS(y)
per ogni palla ∈ U allora u è armonica in U
Dimostrazione. Innanzitutto notiamo che per una funzione che verica
u(x) = −∫
∂B(x,r)
u(y) dS(y)
vale anche la
u(x) = −∫
B(x,r)
u(y) dy
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 59
in virtù della seconda parte della dimostrazione del teorema 4.1.
Ora se la funzione u non fosse armonica, ovvero se ∆u 6= 0 in qualche
punto z ∈ U , allora si avrebbe ∆u 6= 0 (permanenza del segno) in una palla
di raggio δ centrata nel punto z, con δ > 0.2
Allora per la funzione φ(r) = −∫
∂B(z,r)∆u(y) dS denita nel corso della dimo-
strazione del teorema 4.1 si avrebbe per r < δ
φ′(r) =r
n−∫
B(z,r)
∆u(y) dy 6= 0
contro il fatto che
φ(r) = −∫
∂B(z,r)
∆u(y) dS = u(x)
da cui si deduce che φ(r) è costante rispetto alla variabile r e pari a u(x),
ovvero φ′(r) = 0 ∀r < δ. Dalla contraddizione si ottiene che u deve essere
armonica in tutto U .
I teoremi del valor medio sono validi in ogni punto interno all'insieme di
armonicità della funzione u. Se U è aperto (limitato o non limitato) l'equa-
zione ∆u = 0 ∀x ∈ U vale se e solo se sussistono le (4.1) in ogni punto di
U .2Si noti che ∆u è una funzione continua in U , dato che u ∈ C2(U). Quindi detto h 6= 0
il valore di ∆u(z) si può trovare δ tale che ∀y ∈ B(z, δ) risulti |∆u(y)−∆u(z)| < h ovvero
∆u(y) > 0 per h > 0 o ∆u(y) < 0 per h < 0. In sostanza ∆u si mantiene diverso da zero
e con segno costante in tutta la palla B(z, δ).
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 60
4.2 Principio del massimo
Un'altra notevole proprietà delle funzioni armoniche è il principio del mas-
simo che da fortissimi vincoli sul massimo (e sul minimo) di una funzione
armonica. I seguenti risultati sono conseguenze quasi immediate della pro-
prietà del valor medio. Tuttavia, mentre i teoremi del valor medio esprimono
proprietà locali delle funzioni armoniche, relative cioè ad un intorno di un
determinato punto, il principio del massimo ha una valenza globale, ovvero
esprime una proprietà che interessa tutto l'insieme di armonicità. Per poter
ottenere tali risultati globali è però necessario porre il vincolo di limitatezza
all'insieme U . Nel seguito U ⊂ Rn indicherà un insieme aperto e limitato, e
con U si indicherà la chiusura di U .
Teorema 4.3 (Principio del massimo forte) Data una funzione u ∈ C2(U)∩
C(U) armonica in U con U connesso, se u assume il valore maxU(u) in un
punto di U , allora è costante in tutto U .
Dimostrazione. Per l'ipotesi di continuità della u sul compatto U di Rn, la
funzione u sarà eettivamente dotata di massimo e di minimo in U .
Per ipotesi esiste un punto x0 ∈ U in cui u assume il valore massimo
M := maxU
u
quindi
u(x0) = M
In pratica stiamo supponendo che l'insieme A = x ∈ U | u(x) = M sia non
vuoto e che x0 ∈ A.
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 61
Se prendiamo una palla centrata in x0 e di raggio δ sucientemente pic-
colo da essere tutta all'interno di U (cosa possibile dal momento che U è un
aperto), possiamo scrivere
M = u(x0) = −∫
B(x0,δ)
u dy
avendo fatto uso della proprietà del valor medio.
D'altra parte bisogna notare che −∫
B(x0,δ)u dy può eettivamente essere
pari a M se e solo se u(y) = M ∀y ∈ B(x0, δ) essendo M il massimo che la
funzione u assume in U .
Si ha quindi che preso un punto x0 ∈ A anche la palla B(x0, δ) appartiene
ad A. Questo ci permette di aermare che A è un insieme aperto.
Dal momento che A è la controimmagine tramite la funzione continua u
dell'insieme chiuso M, A è un insieme relativamente chiuso in U .
Se U è connesso3 si avrà A = U (visto che x0 ∈ A e quindi A 6= ∅). Da
ciò segue, per la continuità di u in U , che u(x) = M ∀x ∈ U e cioè la u è
costante in tutto U .
Il principio del massimo forte in sostanza aerma che se U è connesso
possono accadere due cose: o non c'è punto interno a U in cui u assuma il
massimo (che sarà quindi raggiunto su ∂U), o c'è un punto interno U in cui
u assume il massimo ed allora la funzione è costante su tutto U .
In entrambi i casi il massimo di u viene a trovarsi sulla frontiera di U .3Gli unici insiemi relativamente chiusi ed aperti di U sono U stesso e l'insieme vuoto.
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 62
Teorema 4.4 (Principio del massimo) Data una funzione u ∈ C2(U) ∩
C(U) armonica in U vale che
maxU
u = max∂U
u (4.3)
cioè il massimo di u cade sulla frontiera di U .
Dimostrazione. Per dimostrare che il massimo viene sicuramente raggiunto
sulla frontiera di U procediamo nel seguente modo.
Consideriamo una componente connessa, che chiamiamo B, di U . B è un
insieme chiuso e tale che ∂B ⊂ ∂U .
In B vale quindi il teorema 4.3, cioè la funzione u ammette massimo e lo
assume sulla frontiera di B che è anche frontiera di U .
Essendo il ragionamento appena concluso valido per qualsiasi componente
connessa di U si deduce la (4.3).
I due teoremi precedenti possono essere riformulati per la funzione v = −u.
Dalla constatazione che max v = min u è immediato, ottenere un principio
del minimo ed un principio del minimo forte per la funzione u.
Il principio del massimo ed il principio del minimo permettono di asserire
che una funzione u, armonica in U , sia per così dire imprigionata tra il
massimo ed il minimo valore che lei stessa assume su ∂U . In altre parole
sussiste
min∂U
u ≤ u(x) ≤ max∂U
u∀x ∈ U (4.4)
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 63
4.3 Regolarità
Le funzioni armoniche godono anche di certe proprità di regolarità. Una
funzione u ∈ C2 per il fatto stesso di essere armonica risulta automaticamente
dierenziabile innite volte, cioè u ∈ C∞.
La regolarità è una proprietà locale delle funzioni ed inoltre, nel caso
in questione, una diretta conseguenza delle formule del valor medio. Tale
proprietà, quindi, sussiste anche in insieme non limitati.
Teorema 4.5 (Regolarità) Se u ∈ C(U), con U aperto, verica la pro-
prietà del valor medio (4.1) in ogni palla B(x, r) ⊂ U , allora u ∈ C∞(U).
In generale, invece non si può dire nulla sulle proprietà di regolarità di u
in ∂U , neanche per la semplice continuità.
Dimostrazione. Prendiamo il mollicatore standard η(x) descritto dall'e-
quazione (3.29)4.
Con ηε(x) indichiamo la funzione 1εn η(x
ε)
Deniamo la funzione uε := ηε∗u nel sottoinsieme di U formato dai punti
che distano più di ε dalla frontiera di U . Con ∗ indichiamo l'operazione di
convoluzione.
Uε = x ∈ U | dist(x, ∂U) > ε
.
Come mostrato nel corollario [3.23], uε ∈ C∞(Uε).
4Il mollicatore standard è funzione della norma x e quindi si può anche scrivere η(|x|)
o η(r).
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 64
Preso un punto z ∈ Uε si ha
uε(z) =
∫U
ηε(z − y)u(y) dy =
=1
εn
∫B(x,ε)
η
(|z − y|
ε
)u(y) dy =
1
εn
∫ ε
0
η(r
ε
)(∫∂B(x,r)
udS
)dr =
=1
εn
∫ ε
0
η(r
ε)u(x)σnr
n−1 dr = u(x)
∫ ε
0
η(r
ε)σn
rn−1
εn−1d(r
ε
)=
= u(x)
∫ 1
0
η(t)σntn−1 dt = u(x)
∫ 1
0
(∫∂B(0,t)
η dS
)dt =
u(x)
∫B(0,1)
η(t) dt = u(x)
in cui si è fatto uso delle formule del valor medio (4.1) e del fatto che il
mollicatore η è funzione della norma del suo argomento.
Cioè in ogni punto di Uε le funzioni uε e u coincidono. Da ciò si ottiene
inne che u ∈ C∞(Uε) ∀ε > 0 ovvero per ogni punto interno ad U , cioè per
ogni punto di U (essendo U aperto ed ogni suo punto interno).
4.4 Stima delle derivate
Le formule del valor medio (4.1) possono essere utilizzate per stimare le
derivate parziali di ogni ordine di una funzione armonica. Per il teorema 4.5
le derivate esistono, sono continue e ciascuna di esse è dierenziabile.
Lemma 4.6 Sia data la funzione u armonica nell'aperto U . Per ogni mul-
tiindice α di ordine |α| = n con n > 1, la funzione Dαu è armonica in
U
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 65
Dimostrazione. Poichè la funzione u è C∞ (teorema 4.5) si può invertire
l'ordine di derivazione in qualsiasi derivata parziale della u.
Derivando ∆u = 0 ad entrambi i membri, per un certo multiindice α =
(α1, . . . , αn) si ottiene
Dα
(∂2u
∂x12 + · · ·+ ∂2u
∂xn2
)= 0
∂(2+|α|)u
∂x12∂xα1
1 · · · ∂xαnn
+ · · ·+ ∂(2+|α|)u
∂xn2∂xα1
1 · · · ∂xαnn
= 0
ed invertendo l'ordine delle derivate
∂2
∂x12
(∂|α|u
∂xα11 · · · ∂xαn
n
)+ · · ·+ ∂2
∂xn2
(∂|α|u
∂xα11 · · · ∂xαn
n
)= 0
con |α| = α1 + · · ·+ αn, cioè
∆ (Dαu) = 0
ovvero Dαu è una funzione armonica.
Teorema 4.7 Sia data una funzione u armonica in U , sottoinsieme aperto
di Rn. Per ogni palla B(x0, r) ⊂ U e per ogni multiindice α di ordine |α| = k
vale
|Dαu(x0)| ≤Ck
rn+k‖u‖L1(B(x0,r)) (4.5)
dove
C0 =1
ωn
e Ck =(2n+1nk)k
ωn
(k = 1, 2, . . .) (4.6)
e ωn è la misura della palla di raggio unitario in Rn
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 66
Dimostrazione. Prendiamo B(x0, r) ⊂ U e procediamo per induzione sul-
l'ordine di derivazione k.
Per k = 0 la diseguaglianza (4.5) si dimostra a partire dalle formule del
valor medio
u(x0) =1
ωnrn
∫B(x0,r)
u(y) dy
da cui
|u(x0)| =1
ωnrn
∣∣∣∣∫B(x0,r)
u(y) dy
∣∣∣∣ ≤ 1
ωnrn
∫B(x0,r)
|u(y)| dy
e quindi
|u(x0)| ≤1
ωnrn‖u‖L1(B(x0,r)) (4.7)
che è la (4.5) per k = 0.
Anche per k = 1 serve una verica diretta.
Prendiamo B(x0, r) ⊂ U . Consideriamo una derivata parziale del primo
ordine uxicon i ∈ 1, . . . , n. La funzione uxi
è armonica per il lemma 4.6 e
quindi valgono le formule del valor medio
|uxi(x0)| =
∣∣∣∣−∫B(x0,r/2)
uxi(y) dy
∣∣∣∣ =
∣∣∣∣ 2n
ωnrn
∫B(x0,r/2)
uxi(y) dy
∣∣∣∣=
∣∣∣∣ 2n
ωnrn
∫∂B(x0,r/2)
uνi dS
∣∣∣∣ ≤ 2n
ωnrn
∫∂B(x0,r/2)
|u||νi| dS ≤
≤ 2n
ωnrn
∫∂B(x0,r/2)
|u| dS ≤ 2n
ωnrn
σnrn−1
2n−1ess sup∂B(x0,r/2)
(|u|) =
=2σn
rωn
‖u‖L∞(∂B(x0,r/2)) =2n
r‖u‖L∞(∂B(x0,r/2))
dove
ess sup∂B(x0,r/2)
|u|
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 67
coincide con il
max∂B(x0,r/2)
|u|
per la compattezza di ∂B(x0, r/2) e la continuita di u.
Si ha quindi che
|uxi(x0)| ≤
2n
r‖u‖L∞(∂B(x0,r/2)) (4.8)
Preso x ∈ ∂B(x0, r/2) ed essendo B(x, r2) ⊂ B(x0, r) ⊂ U per quanto
appena visto per k = 0 si ha
|u(x)| ≤ C0(r2
)n‖u‖L1(B(x, r2))
che per mezzo della (4.6) diventa
|u(x)| ≤ 2n
ωnrn‖u‖L1(B(x, r
2))
e quindi essendo B(x, r2) ⊂ B(x0, r) vale
|u(x)| ≤ 2n
ωnrn‖u‖L1(B(x0,r)) (4.9)
che fornisce un maggiorante di |u(x)| per x ∈ ∂B(x0, r/2). La disegua-
glianza (4.9) ci permette di maggiorare il termine ‖u‖L∞(∂B(x0,r/2)) in (4.8)
ricordando che la norma in L∞(∂B(x0, r/2)) vale ess sup∂B(x0,r/2) |u|. Quindi
otteniamo
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 68
|uxi(x0)| ≤ 2n
r
2n
ωnrn‖u‖L1(B(x0,r)) =
=2n+1n
ωnr(n+1)‖u‖L1(B(x0,r)) =
(4.10)
cioè
|uxi(x0)| ≤
2n+1n
ωnr(n+1)‖u‖L1(B(x0,r)) (4.11)
quanto cercavamo.
Preso k ≥ 2 e supposta vera la (4.5) per ogni multiindice β di ordine
|β| = k − 1 dimostriamola per ogni multiindice α di ordine |α| = k.
Prendiamo B(x0, r) ⊂ U . Cosideriamo il multiindice α di ordine k e β di
ordine k − 1. Si ha che
Dαu =(Dβu
)xi
per qualche i ∈ 1, . . . , n. Per il lemma 4.6 e per le formule del valor medio si
ha
|Dαu(x0)| =
∣∣∣∣−∫B(x0,r/k)
Dαu(y) dy
∣∣∣∣ =
=
∣∣∣∣ kn
ωnrn
∫B(x0,r/k)
Dαu(y) dy
∣∣∣∣ =
∣∣∣∣ kn
ωnrn
∫B(x0,r/k)
(Dβu)xidy
∣∣∣∣ =
=
∣∣∣∣ kn
ωnrn
∫∂B(x0,r/k)
(Dβu)νi dS
∣∣∣∣ ≤ kn
ωnrn
∫∂B(x0,r/k)
|(Dβu)||νi| dS ≤
≤ kn
ωnrn
∫∂B(x0,r/k)
|(Dβu)| dS ≤ kn
ωnrn
σnrn−1
kn−1ess sup∂B(x0,r/k)
(|Dβu|) =
=kσn
rωn
‖Dβu‖L∞(∂B(x0,r/k)) =nk
r‖Dβu‖L∞(∂B(x0,r/k))
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 69
dove
ess sup∂B(x0,r/k)
|Dβu|
coincide con il
max∂B(x0,r/k)
|Dβu|
per la compattezza di ∂B(x0, r/k) e la continuita di Dβu
Si ha quindi che
|Dαu(x0)| ≤nk
r‖Dβu‖L∞(∂B(x0,r/k)) (4.12)
Preso x ∈ ∂B(x0, r/k) ed essendo B(x, r(k−1)k
) ⊂ B(x0, r) ⊂ U , per ipotesi
induttiva si può usare la diseguaglianza (4.5) per maggiorare |Dβu(x)| con
l'integrale di |u| sulla palla B(x, r(k−1)k
)
|Dβu(x)| ≤ Ck−1(r(k−1)
k
)n+k−1‖u‖
L1(B(x,r(k−1)
k))
che per mezzo della (4.6) diventa
|Dβu(x)| ≤ (2n+1n(k − 1))k−1
ωn
(r k−1
k
)n+k−1‖u‖
L1(B(x,r(k−1)
k))
e quindi essendo B(x, r(k−1)k
) ⊂ B(x0, r) vale
|Dβu(x)| ≤ (2n+1n(k − 1))k−1
ωn
(r k−1
k
)n+k−1‖u‖L1(B(x0,r)) (4.13)
che fornisce un maggiorante di |Dβu(x)| per x ∈ ∂B(x0, r/k). La dise-
guaglianza (4.13) ci permette di maggiorare il termine ‖Dβu‖L∞(∂B(x0,r/k)) in
(4.12) ricordando che la norma in L∞(∂B(x0, r/k)) vale ess sup∂B(x0,r/k) |u|.
Quindi otteniamo
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 70
|Dαu(x0)| ≤ nk
r
(2n+1n(k − 1))k−1
ωn
(r k−1
k
)n+k−1‖u‖L1(B(x0,r)) =
=nk(k − 1)(k−1)(2n+1)(k−1)k(n+k)
ωnr(n+k)(k − 1)(n+k−1)‖u‖L1(B(x0,r)) =
=nk(2n+1)(k−1)k(n+k)
ωnr(n+k)(k − 1)n‖u‖L1(B(x0,r)) =
=nk(2n+1)(k−1)kk
ωnr(n+k)
(k
(k − 1)
)n
‖u‖L1(B(x0,r)) =
ed essendo kk−1
≤ 2 ∀k ≥ 2 ne segue5
|Dαu(x0)| ≤nk(2n+1)(k−1)kk
ωnr(n+k)2n‖u‖L1(B(x0,r)) ≤
≤ nk(2n+1)(k−1)kk
ωnr(n+k)2(n+1)‖u‖L1(B(x0,r)) =
nk(2n+1)kkk
ωnr(n+k)‖u‖L1(B(x0,r)) =
=(n2n+1k)
k
ωnr(n+k)‖u‖L1(B(x0,r))
ottenendo
|Dαu(x0)| ≤(n2n+1k)
k
ωnr(n+k)‖u‖L1(B(x0,r)) (4.14)
5Stiamo dimostrando che se le formule (4.5) e (4.6) valgono per ordine di derivazione
k−1, allora valgono per k. Ci è suciente (e conveniente) farlo solo per ogni k ≥ 2 avendo
già dimostrato direttamente che esse sono valide per k = 0 e per k = 1.
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 71
4.5 Teorema di Liouville
Il teorema di Liuoville aerma che le uniche funzioni limitate e armoniche
su tutto Rn sono le funzioni costanti. Il teorema caratterizza in modo molto
ecace le funzioni armoniche su Rn.
Teorema 4.8 Sia data una funzione u armonica su Rn e limitata. Allora u
è costante su Rn.
Dimostrazione. Fissiamo un punto di x0 ∈ Rn ed un raggio r ≥ 0. Stimiamo
una qualsiasi derivata prima di u usando le formule (4.5) e (4.6) del teorema
4.7, applicate a B(x0, r)
|Du(x0)| ≤C1
rn+1‖u‖L1(B(x0,r))
ed essendo u limitata esiste il supB(x0,r) |u| ∀x0 ∈ Rn e ∀r ≥ 0. Esiste nito
anche l'estremo superiore su tutto Rn e ovviamente sussiste supB(x0,r) |u| ≤
supRn |u| ∀x0 ∈ Rn e ∀r ≥ 0. Quindi
|Du(x0)| ≤C1ωn
r‖u‖L∞(Rn) (4.15)
dove si è fatto uso della formula∫
B(x0,r)dy = ωnr
n
La (4.15) vale per ogni x0 e per ogni r ≥ 0. Bisogna notare che il secondo
termine della diseguaglianza è indipendente da x0 e dipende, solo attraverso il
fattore 1r, dal raggio della palla scelta inizialmente. Inoltre C1, ωn e ‖u‖L∞(Rn)
sono quantità costanti e nite.
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 72
Per quanto detto e per il fatto che possiamo considerare sfere di raggio
comunque grande, ne segue che si può eettuare il limite per r → ∞ di
entrambi i membri della (4.15) e ottenere
0 ≤ limr→∞
|Du(x0)| ≤ limr→∞
C1ωn
r‖u‖L∞(Rn) = 0
da cui |Du(x0)| ≡ 0, cioè ogni derivata prima è indenticamente nulla.
Essendo u ∈ C1(Rn) e D1(u) ≡ 0, ne consegue6 che u debba necessariamente
essere costante su tutto Rn.
4.6 Analiticità
Le funzioni armoniche sono anche funzioni analitiche. Per analitica si intende
una funzione esprimibile localmente come serie di potenze. La serie deve
perciò convergere in un intorno del suo centro.
Lemma 4.9 Per ogni n ∈ N e per ogni multi-indice α, vale la seguente
diseguaglianza
|α|! ≤ n|α|α! (4.16)
Dimostrazione. Dal teorema multinomiale [2.1] si ricava che
nk = (1 + . . . + 1)k =∑|α|=k
(|α|α
)=∑|α|=k
|α|!α!
6Il gradiente di una funzione f lo indichiamo liberamente sia con il simbolo D1(f) che
con il simbolo−−→grad(f) o semplicemente grad(f).
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 73
da cui preso uno solo degli α di lunghezza k si ha
nk ≥ |α|!α!
cioè
|α|! ≤ n|α|α!
Lemma 4.10 Per ogni n ∈ N, vale la seguente diseguaglianza
∑|α|=k
1 ≤ nk (4.17)
dove la sommatoria è estesa a tutti i multi-indici di ordine n e lunghezza k.
Dimostrazione. Si tratta, in pratica di provare che i multi-indici di ordine
n e lunghezza k sono al più nk.
Dal teorema multinomiale [2.1] si ricava che
nk = (1 + . . . + 1)k =∑|α|=k
(|α|α
)=∑|α|=k
|α|!α!
da cui, essendo |α|! ≥ α! si ha
nk ≥∑|α|=k
1
Lemma 4.11 Per ogni k ∈ N esiste una costante C tale che valga la seguente
diseguaglianza
kk ≤ Cekk! (4.18)
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 74
Dimostrazione. Dalla formula di Stirling (3.19) si ha che
limk→∞
ekk!
k12+k
=√
2π
ovvero esiste ν tale che per ogni k > ν risulta
√2π − 1 <
ekk!
k12+k
<√
2π + 1
da cui
k12+k <
ekk!√2π − 1
e quindi essendo kk ≤ k1/2+k per ogni k ≥ 1, si ha
kk <ekk!√2π − 1
Deniamo le
Ci =ii + 1
eii!
con i = 1, . . . , ν. Si ha
ii < Cieii!
per ogni i = 1, . . . , ν. Presa, inne, C pari al max(C1, . . . , Cν ,1√
2π−1) si ha il
risultato cercato
kk ≤ Cekk!
per ogni k ∈ N.
Proposizione 4.12 Sia data la funzione u armonica nell'aperto U ⊂ Rn ed
un punto x0 ∈ U . Per ogni x ∈ U , tale che il segmento x0 + t(x − x0) con
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 75
t ∈ [0, 1] appartiene ad U , vale
u(x) =∑|α|<m
Dαu(x0)(x− x0)α
α!+∑|α|=m
Dαu(x0 + t(x− x0)
)(x− x0)
α
α!
(4.19)
con m ∈ N e per qualche t ∈ [0, 1]
Dimostrazione. Consideriamo la funzione g(t) = u(x0 + t(x − x0)
)con
t ∈ [0, 1]. Essendo u ∈ C∞ tale è anche g(t) per ogni t ∈ [0, 1]. Quindi
sviluppando g(t) in serie di Taylor no al termine m-esimo, si ha
g(t) =m−1∑i=0
dig(0)
dtiti
i!+
dmg(s)
dtmtm
m!
con s ∈ [0, t]. Per t=1 si ha
g(1) =m−1∑i=0
dig(0)
dti1
i!+
dmg(s)
dtm1
m!
con s ∈ [0, 1]. Per la derivata i-esima di g vale
dig(t)
dti=∑|α|=i
|α|!α!
Dαu(x0 + t(x− x0)
)· (x− x0)
α
che inserita nell'espressione precedente da
u(x) =m−1∑i=0
1
i!
∑|α|=i
|α|!α!
Dαu(x0)(x− x0)α
+
+1
m!
∑|α|=m
|α|!α!
Dαu(x0 + s(x− x0)
)(x− x0)
α =
=m−1∑i=0
∑|α|=i
1
α!Dαu(x0)(x− x0)
α +∑|α|=m
1
α!Dαu
(x0 + s(x− x0)
)(x− x0)
α =
=∑|α|<m
Dαu(x0)(x− x0)α
α!+∑|α|=m
Dαu(x0 + s(x− x0)
)(x− x0)
α
α!
che coincide con la (4.19) cambiando nome alla variabile s.
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 76
Teorema 4.13 (Analiticità) Se la funzione u è armonica nell'aperto U ,
allora è analitica in U .
Dimostrazione. Fissato un punto x0 ∈ U dobbiamo dimostrare che u può
essere rappresentata come una serie di potenze convergente in qualche in-
torno di x0. Poniamo r = 14dist(x0, ∂U) e M = 1
ωnrn‖u‖L1(B(x0,2r)) < ∞.
Consideriamo la palla B(x0, r). Per ogni x ∈ B(x0, r) la palla centrata in x
e di raggio r è contenuta in B(x0, 2r). Per il teorema [4.7] si ha
|Dαu(x)| ≤ 1
ωnrn‖u‖L1(B(x,r))
(2n+1n
r
)|α||α||α| ≤
≤ M
(2n+1n
r
)|α||α||α|
per ogni x ∈ B(x0, r) e per ogni multi-indice7 α. Quindi
‖Dαu(x)‖L∞(B(x0,r)) ≤ M
(2n+1n
r
)|α||α||α|
Posto |α| = k, dal lemma [4.11] si ha che
|α||α| ≤ Ce|α||α|!
Questa diseguaglianza insieme a quella del lemma [4.9] ci permettono di
scrivere
‖Dαu(x)‖L∞(B(x0,r)) ≤ M
(2n+1n
r
)|α|Ce|α||α|! ≤
≤ M
(2n+1n
r
)|α|Ce|α|n|α|α! = MC
(2n+1n2e
r
)|α|α!
7Per |α| = 0 la relazione trovata continua a valere ponendo |α||α| = 1
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 77
La serie di Taylor di u in x0 ∈ Rn è∑α
Dαu(x0)
α!(x− x0)
α (4.20)
dove la somma è estesa a tutti i multi-indici di ordine n.
Detto
RN(x) = u(x)−∑|α|<N
Dαu(x0)
α!(x− x0)
α
sostituendo ad u(x) l'equazione (4.19) si ottiene
RN(x) =∑|α|=N
Dαu(x0 + t(x− x0)
)(x− x0)
α
α!
con t ∈ [0, 1] che dipende da x. Passando ai valori assoluti e ponendo y =
x− x0 e α = (α1, . . . , αn) si ha
|RN(x)| =∑|α|=N
|Dαu(x0 + t(x− x0)
)||y1|α1 · · · |yn|αn
α!
Usando la maggiorazione per le derivate di u precedentemente determinata,
si ottiene
|RN(x)| ≤∑|α|=N
MC(
2n+1n2er
)|α|α!|y1|α1 · · · |yn|αn
α!=
=∑|α|=N
MC
(2n+1n2e
r
)N
|y1|α1 · · · |yn|αn
Ricordando che y = x − x0, osserviamo che quanto abbiamo scritto nora
vale per ogni x ∈ B(x0, r) ⊂ U . Se, però, ci limitiamo ai punti x tale che
|x− x0| <r
2n+2n3e< r
si ottiene
|RN(x)| ≤∑|α|=N
MC
(2n+1n2e
r
)N ( r
2n+2n3e
)N
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 78
Poichè i multi-indici di ordine n e lunghezza |α| = N sono, per il lemma
[4.10], in numero minore di nN , si ha
|RN(x)| ≤ MCnN
(1
2n
)N
=MC
2N
Quindi la serie di potenze (4.20) converge per |x − x0| < r2n+2n3e a u(x) e si
ha l'analiticità di u.
4.7 Diseguaglianza di Harnack
Con il simbolo V < U indichiamo un sottoinsieme V di U tale che V ⊂ U e
V è compatto.
Teorema 4.14 (diseguaglianza di Harnack) Detta u una funzione ar-
monica in U e non negativa e detto V un aperto connesso tale che V < U ,
esiste una costante positiva C, dipendente solo da V , per cui vale
supV
u ≤ C infV
u (4.21)
Dimostrazione. Essendo V un aperto la cui chiusura è contenuta nell'aperto
U si ha che la distanza di V da ∂U è positiva. Poniamo r = 14dist(V, ∂U).
Scelti x, y ∈ V tali che |x− y| ≤ r si ha
u(x) = −∫
B(x,2r)
u dz =1
ωn2nrn
∫B(x,2r)
u dz
Dal momento che per ogni y ∈ B(x, r) si ha B(y, r) ⊂ B(x, 2r) possiamo
scrivere
u(x) ≥ 1
ωn2nrn
∫B(y,r)
u dz =
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 79
=1
2n−∫
B(y,r)
u dz =1
2nu(y)
cioè
u(x) ≥ 1
2nu(y)
Essendo x, y ∈ V tali che |x−y| ≤ r se si inverte il ruolo di x e di y si ottiene
u(y) ≥ 1
2nu(x)
ovvero
2nu(y) ≥ u(x)
Quindi si può scrivere
1
2nu(y) ≤ u(x) ≤ 2nu(y)
Cioè prendendo due punti x1, x2 nella palla B(x, r) si ha
1
2nu(x1) ≤ u(x) ≤ 2nu(x2)
e quindi
u(x2) ≥1
22nu(x1)
Dal momento che V è compatto, preso un ricoprimento costituito da palle di
raggio r, si può estrarre un sottoricoprimento nito BiNi=1. Inoltre per la
connessione di V si ha che a meno di una permutazione degli indici Bi∩Bi+1 6=
∅ per i = 1, . . . , N − 1. Chiamiamo ci i centri delle palle Bi e w1, . . . , wN−1
i punti di V tale che wi ∈ (Bi ∩ Bi+1). Presi x, y ∈ V qualsiasi, si ha che
x ∈ Bk e y ∈ Bj per qualche k, j ∈ 1, ldots,N. Supponiamo, per ssare le
idee, che k ≤ j. Quindi
u(x) ≥ 1
2nu(ck) ≥
1
22nu(wk) ≥
CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 80
≥ 1
23nu(ck+1) ≥ · · · ≥ 1
22n(j−k)u(wj−1) ≥
≥ 1
22n(j−k)+1u(cj) ≥
1
22n(j−k)+2u(y)
Essendo 122n(j−k+1) ≥ 1
22nN si ha
u(x) ≥ 1
22nNu(y)
per ogni x, y ∈ V . Posto C = 22nN si ha
Cu(x) ≥ u(y)
e valendo in particolare per ogni y ∈ V si ottiene
Cu(x) ≥ supy∈V
u(y)
che vale oer ogni x ∈ V . Per cui
infx∈V
u(x) ≥ C supy∈V
u(y)
Nota 4.15 In particolare la diseguaglianza di Harnack permette di scrivere
1
Cu(y) ≤ 1
Csup
Vu ≤ inf
Vu ≤ u(x) ≤ sup
Vu ≤ C inf
Vu ≤ Cu(y)
cioè
1
Cu(y) ≤ u(x) ≤ Cu(y)
per ogni x, y ∈ V . Queste diseguaglianze asseriscono che una funzione armo-
nica su U e non negativa assume valori, all'interno di ogni connesso V < U ,
che sono tra loro comparabili.
Capitolo 5
Soluzioni fondamentali
5.1 Equazione di Laplace
Una buona strategia per studiare qualsiasi PDE lineare è cercare di identi-
care alcune soluzioni esplicite e poi costruirne di nuove a partire da esse.
Molto spesso è anche possibile cercare soluzioni dotate di certe proprietà di
simmetria suggerite dalla stessa struttura dell'equazione.
Dal momento che l'equazione di Laplace è invariante per rotazioni 1 sem-
bra plausibile che debba ammettere una soluzione radiale, cioè dipendente
solo da r = |x|, distanza del punto x dall'origine.
Proviamo perciò a trovare una soluzione del tipo
u(x) = v(r)
dove r = |x| =√
x21 + x2
2 + · · ·+ x2n e v è una funzione tale che sia soddisfatta
la ∆u = 0. Facciamo vedere prima di tutto come si possano riscrivere la ∂u∂xi
1cfr. sezione 3.9 a pag. 51
81
CAPITOLO 5. SOLUZIONI FONDAMENTALI 82
e la ∂2u∂xi
2 .
uxi=
dv(r)
dr
∂r
∂xi
ed essendo ∂r∂xi
=∂√
x21+x2
2+···+x2n
∂xisi può con semplici calcoli giungere a
uxi=
dv(r)
dr
xi√x2
1 + x22 + · · ·+ x2
n
=dv(r)
dr
xi
r
La uxixinon è altro che ∂
∂xiuxi
e quindi
uxixi=
∂
∂xi
(dv
dr
xi
r
)=
∂(
dvdr
)∂xi
xi
r+
dv
dr
∂(
xi
r
)∂xi
che per quanto visto sopra e con semplici calcoli, diventa
uxixi=
d2v
dr2
x2i
r2+
dv
dr
r − x2i
r
r2=
d2v
dr2
x2i
r2+
dv
dr
(1
r− x2
i
r3
)ovvero
uxixi= v′′(r)
x2i
r2+ v′(r)
(1
r− x2
i
r3
)(5.1)
Riscrivendo l'equazione ∆u = 0 utilizzando la (5.1) si ottiene
n∑i=1
(v′′(r)
x2i
r2+ v′(r)
(1
r− x2
i
r3
))=
= v′′(r)
∑ni=1 x2
i
r2+ v′(r)
(n∑
i=1
1
r−∑n
i=1 x2i
r3
)e con facili manipolazioni si ottiene
v′′(r) + v′(r)
(n
r− r2
r3
)che da luogo alla seguente uguaglianza
∆u = v′′(r) + v′(r)
(n− 1
r
)
CAPITOLO 5. SOLUZIONI FONDAMENTALI 83
Allora l'equazione di Laplace si può riscrivere come
v′′(r) + v′(r)
(n− 1
r
)= 0 (5.2)
La (5.2) è una equazione dierenziale ordinaria ed è sucettibile di una
semplice trattazione. Se si pone v′ 6= 0, si può risolvere per separazione di
variabiliv′′
v′=
1− n
rn ≥ 2
da cui si ottiene
v′ =a
rn−1
che integrata fornisce la soluzione generale per r > 0
v(r) =
b ln r + c per n = 2
brn−2 + c per n ≥ 3
con b e c due costanti qualunque.
Denizione 5.1 La funzione
Φ(x) =
− 12π
ln |x| per n = 2
1n(n−2)ωn|x|n−2 per n ≥ 3
(5.3)
denita per x ∈ Rn, x 6= 0, in cui ωn è il volume della sfera unitaria, è
chiamata soluzione fondamentale dell'equazione di Laplace.
La soluzione fondamentale soddisfa l'equazione di Laplace in tutto Rn tranne
che per x = 0. Il usso di−−→grad(Φ) attraverso una qualunque supercie che
non contenga l'origine è, in virtù del teorema della divergenza, nullo. Al
contrario, il usso attraverso una supercie che contiene l'origine vale∫S
−−→grad(Φ) · ~ν dσ
CAPITOLO 5. SOLUZIONI FONDAMENTALI 84
ed essendo costante al variare della supercie scelta (purchè contenga l'origine
al suo interno) si può calcolare nel caso di una supercie sferica∫S
− 1
nωn
~r
rn· ~rrdσ = −1
La scelta delle costanti è stata quindi fatta di modo che il usso di−−→grad(Φ)
sia unitario e negativo.2
5.2 Equazione di Poisson
Per costruzione la funzione Φ(x) è armonica in tutto Rn tranne x = 0. Se
ne spostiamo l'origine in un nuovo punto y la funzione Φ(x − y) continuerà
ad essere armonica nella variabile x tranne che nel punto in x = y. Detta
f : Rn → R, anche la funzione x → Φ(x− y)f(y) risulta armonica per x 6= y.
Proposizione 5.2 La funzione Φ(x) è L1loc(Rn)
Dimostrazione. Preso un comatto K ⊂ Rn, esiste una palla B(r) centrata
nell'origini per la quale risulta K ⊂ B(r). Per n ≥ 3 risulta che Φ > 0 in
tutto Rn, quindi∫K
Φ(x) dx ≤∫
B(r)
Φ(x) dx ≤∫ R
0
(∫∂B(r)
Φ(x) dS(x)
)dr
Φ(x) è funzione solo di r = |x| per cui
σn
∫ R
0
Φ(r)rn−1 dr
2In elettrostatica la soluzione fondamentale dell'equazione di Laplace è il potenziale
elettrostatico di una carica puntiforme negativa. In uidodinamica è invece il potenziale
della velocità di un pozzo in regime incomprimibile.
CAPITOLO 5. SOLUZIONI FONDAMENTALI 85
Per n ≥ 3 si ottiene
1
n− 2
∫ R
0
r dr =R2
2(n− 2)< ∞ (5.4)
per ogni R > 0 nito.
Per n = 2 bisogna integrare prima nella palla unitaria, dove Φ è positiva,
e poi in Rn \B(1) dove Φ è negativa.
−∫ 1
0
ln(r)r dr = −[r2
2ln(r)− r2
4
]10
=1
4− 1
2ln(1) =
1
4(5.5)
∫ R
1
ln(r)r dr =[r2
2ln(r)− r2
4
]R1
=R2
2ln(R)− R2
4+
1
4< ∞ (5.6)
per ogni R > 0 nito.
Assumiamo che f ∈ C2c (Rn).
Teorema 5.3 (Soluzione fondamentale dell'equazione di Poisson) Sia
u(x) = (Φ ∗ f)(x), cioè il prodotto di convoluzione su Rn tra la soluzione
fondamentale dell'equazione di Laplace e la funzione f ∈ C2c (Rn), si ha
u ∈ C2(Rn)
−∆u = f in Rn
(Φ ∗ f)(x) è perciò detta soluzione fondamentale dell'equazione di Poisson.
Dimostrazione. Essendo Φ(x) localmente sommabile in tutto Rn ed f ∈ C2c ,
è ben denita in tutto Rn la funzione (Φ∗f)(x). Inoltre (Φ∗f)(x) = (f∗Φ)(x).
Per il teorema [3.17] u ∈ C2(Rn) e Dαu = (Dαf ∗ Φ)(x), per ogni |α| ≤ 2.
CAPITOLO 5. SOLUZIONI FONDAMENTALI 86
Quindi, ssato ε > 0 si ha
∆u(x) =
∫Rn
Φ(y)∆xf(x− y) dy =
=
∫B(ε)
Φ(y)∆xf(x− y) dy +
∫Rn\B(ε)
Φ(y)∆xf(x− y) dy =
i due precendenti integrali li rinominiamo Iε e Jε, ottenendo
∆u(x) = Iε + Jε
La f ha derivate seconde continue a supporto compatto, e quindi dotate di
massimo e minimo in Rn. Detto M il massimo tra gli n valori ‖fxixi‖L∞(Rn)
con i = 1, . . . , n, si ha
|Iε| ≤∫
B(ε)
|Φ(y)||∆xf(x− y)| dy ≤ M
∫B(ε)
|Φ(y)| dy ≤
≤
ε2
4− ε2 ln(ε)
2se n = 2
ε2
2(n−2)se n ≥ 3
≤
ε2
4+ ε2| ln(ε)|
2se n = 2
Cnε2 se n ≥ 3
≤
≤
C2ε
2| ln(ε)| se n = 2
Cnε2 se n ≥ 3
per le equazioni (5.5) e (5.4) e nel caso in cui ε ≤ 1, | ln(ε)| ≥ 1, cioè
ε ∈ [0, 1/e]. Le Ci i = 2, . . . , n, sono opportune costanti.
Osserviamo che ∆xf(x−y) = ∆yf(x−y) perchè fyiyi= fxixi
(−1)2, quindi
Jε =
∫Rn\B(ε)
Φ(y)∆yf(x− y) dy
Integrando per parti conduce abbiamo
Jε = −∫
Rn\B(ε)
DΦ(y) ·Dyf(x− y) dy +
∫∂B(ε)
Φ(y)∂f
∂ν(x− y) dS(y) =
CAPITOLO 5. SOLUZIONI FONDAMENTALI 87
dove ν denota la normale alla supercie ∂B(ε) rivolta verso l'interno di B(ε).
Detto Kε e Lε rispettivamente il primo ed il secondo di questi integrali ed
M1 il massimo tra gli n valori ‖fxi‖L∞(Rn) con i = 1, . . . , n, si ha
|Lε| ≤ M1
∫Rn\B(ε)
|Φ(y)| dS(y) ≤
≤
G2ε| ln(ε)| se n = 2
Gnε se n ≥ 3
Le Gi i = 2, . . . , n, sono opportune costanti. Per quanto riguarda Kε, inte-
grando per parti, si ha
Kε =
∫Rn\B(ε)
∆Φ(y)f(x− y) dy −∫
B(ε)
∂Φ
∂ν(y)f(x− y) dS(y) =
= −∫
B(ε)
∂Φ
∂ν(y)f(x− y) dS(y)
per l'armonicità di Φ in Rn \ B(ε). Il gradiente di Φ vale −1nωn
y|y|n e ν = −y
|y| .
Quindi si ha∂Φ
∂ν=
1
nωn
|y|2
|y|n+1=
1
nωn|y|n−1
Per cui
Kε = − 1
nωnεn−1
∫B(ε)
f(x− y) dS(y) = −−∫
B(x,ε)
f(z) dS(z)
Quindi si ha
∆u(x) = Kε + Iε + Lε
|Iε|+ |Lε| ≤
C2ε
2| ln(ε)|+ G2ε| ln(ε)| se n = 2
Cnε2 + Gnε se n ≥ 3
CAPITOLO 5. SOLUZIONI FONDAMENTALI 88
e quindi per ε → 0 si ha |Iε|+ |Lε| = 0
Kε = −−∫
B(x,ε)
f(z) dS(z)
che per ε → 0 vale −f(x). Alla ne si ottiene
∆u(x) = −f(x)
Capitolo 6
Soluzioni generali
6.1 Unicità della soluzione in insiemi limitati
Il principio del massimo forte permette di enunciare un teorema di unicità
della soluzione per l'equazione di Poisson (1.3) in presenza di particolari
condizioni al contorno. Si ricorda che con U si indica un insieme aperto e
limitato di Rn.
Teorema 6.1 (Unicità) Data una funzione g ∈ C(∂U), ed una funzione
f ∈ C(U) esiste al più una soluzione u ∈ C2(U) ∩ C(U) per il problema alle
condizioni al contorno −∆u = f ∀x ∈ U
u = g ∀x ∈ ∂U(6.1)
Dimostrazione. Supposta l'esistenza di più d'una soluzione, ne scegliamo
due che chiamiamo u e v. La funzione w = u− v è anch'essa C2(U) ∩C(U).
In virtù della linearità di ∆, w soddisfa ∆u = 0 con la condizione al contorno
89
CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 90
w = 0 ∀x ∈ ∂U . Quindi w è una funzione armonica in U e assume valore
nullo sulla frontiera di U .
Per l'equazione (4.4)
0 ≤ w(x) ≤ 0 ∀x ∈ U
cioè w(x) ≡ 0 in U . Quindi u e v coincidono e la soluzione, se esiste, è unica.
Sia l'equazione di Laplace che quella di Poisson su insiemi limitati am-
mettono al più una soluzione u di classe C2(U) che soddis la condizione al
contorno u = g.
6.2 Soluzioni limitate dell'equazione di Poisson
Teorema 6.2 (Formula di rappresentazione) Sia f ∈ C2c (Rn), con n ≥
3. Ogni soluzione limitata di
−∆u = f in Rn
ha la forma
u(x) =
∫Rn
Φ(x− y)f(y) dy + C per ogni x ∈ Rn (6.2)
dove C è una costante.
Dimostrazione. Per n > 2 si ha Φ(x) → 0 quando |x| → ∞. Detto K il
supporto di f , la funzione
u =
∫Rn
Φ(x− y)f(y) dy =
∫K
Φ(x− y)f(y) dy
CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 91
è di classe C2(Rn) e risolve l'equazione di Poisson in Rn per quanto visto nel
teorema [5.3]. Per dimostrare che u è limitata sfruttiamo il fatto che Φ(x) → 0
per |x| → ∞. Preso un ε > 0 esiste un valore R tale che K ⊂ B(R) e che
per ogni |x| > R e y ∈ K si ha |Φ(x − y)| < ε. Naturalmente u(x) risulta
limitata in B(R) (presenta max e min). Al di fuori di B(R), cioè per ogni
x ∈(Rn \B(R)
)si ha
u(x) =
∫K
Φ(x− y)f(y) dy ≤
≤ supy∈K
(Φ(x− y)) maxRn
(f) mis(K) ≤ ε C
cioè tende a 0 per |x| → ∞. Quindi u è limitata in Rn e risolve −∆u = f per
ogni x ∈ Rn. Detta u(x) un'altra soluzione limitata, deniamo w := u − u.
Naturalmente w è armonica e limitata, per cui usando il teorema di Liouville
[4.8] si ha che w(x) è costante in Rn. Quindi
u(x) = u(x) + w(x) = u(x) + C =
∫Rn
Φ(x− y)f(y) dy + C
Nota 6.3 Per n = 2, si ha Φ = − 12π
ln |x| che non tende a zero all'innito.
Quindi la funzione u potrebbe non essere limitata.
6.3 Identità di Green
Assumiamo che U ⊂ Rn sia aperto e limitato con frontiera ∂U di classe1 C1.
1Per frontiera di classe Ck si intende una supercie m-dimensionale, con m < n,
esprimibile localmente tramite una funzione Rm → Rn di classe Ck.
CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 92
Prendiamo una funzione u ∈ C2(U). Fissato un x ∈ U , scegliamo ε > 0
sucientemente piccolo da far sì che la palla centrata in x e di raggio ε
sia contenuta in U . Nella regione Vε = U \B(x, ε) la soluzione fondamentale
dell'equazione di Laplace Φ(y−x), vista come funzione di y, è C2. Si possono
applicare le formule di Green (3.13) a Φ(y − x) e u(y) ottenendo∫Vε
u∆Φ(y − x)− Φ(y − x)∆u dy =
=
∫∂Vε
u(y)∂Φ
∂ν(y − x)− Φ(y − x)
∂u
∂ν(y) dS(y)
dove ν denota il versore normale uscente su ∂Vε. Ricordando l'armonicità di
Φ(y − x) (sia come funzione della x che della y) per y 6= x si ha
−∫
Vε
Φ(y − x)∆u dy =
∫∂Vε
u(y)∂Φ
∂ν(y − x)− Φ(y − x)
∂u
∂ν(y) dS(y) (6.3)
Ricordiamo che la frontiera di Vε è costituita da ∂U e da ∂B(x, ε). Per la
compattezza di U e per la continuità delle derivate prime di u si ha che
∂u∂ν
(y) può essere maggiorato con una costante M , cioè ∂u∂ν
(y) ≤ M ∀y ∈ U .
Quindi considerando per ora solo il termine a destra dell'equazione (6.3) ed
in particolare il secondo addendo all'interno dell'integrale, possiamo scrivere∣∣∣∣∫∂B(x,ε)
Φ(y − x)∂u
∂ν(y) dS(y)
∣∣∣∣ ≤ ∫∂B(x,ε)
|Φ(y − x)|∣∣∣∣∂u
∂ν(y)
∣∣∣∣ dS(y) ≤
≤ M · σnεn−1 · max
y∈∂B(ε)|Φ(y)| = Cnε
n−1 ·
| ln(ε)| se n = 2
1/εn−2 se n ≥ 3
=
=
C2ε| ln(ε)| se n = 2
Cnε se n ≥ 3
CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 93
dove le Ci, i = 2, 3, . . . sono costanti. In denitiva questo integrale tende a
zero per ε → 0.
Continuiamo ad analizzare ciò che succede sulla frontiera di B(x, ε). Con-
centriamoci ora sul primo addendo del termine a destra presente nell'equa-
zione (6.3)∫∂B(x,ε)
u(y)∂Φ
∂ν(y − x) dS(y) =
∫∂B(ε)
u(x + z)∂Φ
∂ν(z) dS(z) =
=
∫∂B(ε)
u(x + z)DΦ(z) · −z
|z|dS(z) =
∫∂B(ε)
u(x + z)−z
nωn|z|n−1· −z
|z|dS(z) =
=
∫∂B(ε)
u(x + z)|z|2
nωn|z|n+1dS(z) =
1
nωn|z|n−1
∫∂B(ε)
u(x + z) dS(z) =
= −∫
∂B(ε)
u(x + z) dS(z)
che per ε → 0, in virtù della continuità di u in x, diventa
u(x)
Dall'equazione (6.3), per ε → 0 e usando le precedenti osservazioni, si ottiene
−∫
U
Φ(y − x)∆u dy = u(x) +
∫∂U
u(y)∂Φ
∂ν(y − x)− Φ(y − x)
∂u
∂ν(y) dS(y)
ovvero
u(x) =
∫∂U
Φ(y−x)∂u
∂ν(y)−u(y)
∂Φ
∂ν(y−x) dS(y)−
∫U
Φ(y−x)∆u dy (6.4)
La precedente formula è un'identità nota come identità di Green ed è
valida per ogni funzione u ∈ C2(U) e per ogni x ∈ U con U aperto limitato.
Se conoscessimo i valori di u e ∂u∂ν
su ∂U e di ∆u in U , dalla (6.4) avremmo
determinato la funzione u(x) in tutto U .
CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 94
Nei problemi in cui intervengono l'equazione di Laplace o l'equazione di
Poisson il termine ∆u è rispettivamente uguale a 0 o f(x). Da ciò risulta
che nell'ipotesi di conoscere i valori u e ∂u∂ν
su ∂U , l'equazione di Laplace e
l'equazione di Poisson (per f ∈ C2c (Rn)) su insiemi U limitati, ammettono
sempre una soluzione fornita dall'identità di Green. Il problema è che u e
∂u∂ν
non possono essere scelti indipendentemente l'uno dall'altro, ed è su-
ciente conoscere il valore di uno dei due sulla frontiera ∂U per determinare
completamente la funzione u. L'identità di Green, quindi, non risolve il pro-
blema di rappresentare la soluzione dei problemi in esame, ma fornisce un
utile relazione tre le varie funzioni in gioco.
Per le equazioni di nostro interesse, l'identità di Green assume le due
forme di seguito riportate
u(x) =
∫∂U
Φ(y − x)∂u
∂ν(y)− u(y)
∂Φ
∂ν(y − x) dS(y)
per l′equazione di Laplace (6.5)
u(x) =
∫∂U
Φ(y − x)∂u
∂ν(y)− u(y)
∂Φ
∂ν(y − x) dS(y) +
∫U
Φ(y − x)f(y) dy
per l′equazione di Poisson (6.6)
Queste formule sono ben denite per ogni x ∈ U . Infatti l'integrale in U
altro non è che la convoluzione di Φ ed f e quindi una è funzione di classe
C2. Anche l'integrale di supercie è sommabile in quanto per ogni x ∈ U e
y ∈ ∂U si ha |x− y| > 0 e quindi φ(y − x) è continua con le sue derivate in
∂U . Essendo anche la funzioni u di classe C2 su ∂U e per la compattezza di
∂U si ha la sommabilità delle (6.5), (6.6).
CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 95
Nota 6.4 Per il teorema [6.1], la condizione u = g su ∂U per l'equazione di
Poisson è suciente a determinare univocamente, qualora esista, la soluzione
del problema. Si ha quindi che ∂u∂ν
su ∂U è univocamente determinata dal fatto
che u = g su ∂U . Come si vedrà nel teorema [8.1] anche la condizione che
∂u∂ν
= h(x) per ogni x ∈ ∂U è suciente a determinare univocamente la u(x)
su tutto U . In sostanza ciascuna delle due condizioni è da sola suciente a
ottenere un problema ben posto. Tutte e due insieme invece danno luogo, in
generale a problemi senza soluzione.
6.4 Funzione correttrice
Introduciamo la funzione ϕx(y) ∈ C2(U) tale che∆ϕx(y) = 0 in U
ϕx(y) = Φ(y − x) su ∂U
con x ∈ U .
La funzione ϕx(y) si chiama funzione correttrice in x per l'insieme U .
La funzione correttrice assume sui bordi dell'aperto U gli stessi valori della
soluzione fondamentale di Laplace centrata in x, ma al contrario di questa è
armonica in tutto U compreso y = x.
Applicando la formula di Green (3.13) a ϕx(y) ∈ C2(U) e u(y) ∈ C2(U)
otteniamo ∫U
u∆ϕx(y)− ϕx(y)∆u dy =
=
∫∂U
u(y)∂ϕx
∂ν(y)− ϕx(y)
∂u
∂ν(y) dS(y)
CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 96
dove ν denota il versore normale uscente su ∂U . Per l'armonicità di ϕx(y) in
U e per la condizione ϕx(y) = Φ(y − x) su ∂U si ha
−∫
U
ϕx(y)∆u dy =
∫∂U
u(y)∂ϕx
∂ν(y)− Φ(y − x)
∂u
∂ν(y) dS(y) (6.7)
Inoltre applicando l'identità di Green alla funzione armonica x → ϕz(x),
con z ∈ U , e notando che per denizione ϕz(x) = Φ(y − z) sulla frontiera di
U , otteniamo
ϕz(x) =
∫∂U
Φ(y − x)∂ϕz
∂ν(y)− Φ(y − z)
∂Φ
∂ν(y − x) dS(y)
6.5 Funzione di Green
Con la funzione di Green ci preggiamo di ottenere una formula risolutiva
generale per il problema
−∆u = f in U
u = g su ∂U(6.8)
con u ∈ C2(U)ed f, g continue.
Denizione 6.5 (Funzione di Green) La funzione di Green per l'insieme
U è data da
G(x, y) := Φ(y − x)− ϕx(y) (x ∈ U, y ∈ U y 6= x) (6.9)
La funzione di y → G(x, y) è armonica in U tranne che per y = x. Inoltre
per ogni y ∈ ∂U risulta
G(x, y) = Φ(y − x)− ϕx(y) = Φ(y − x)− Φ(y − x) = 0
CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 97
Sommando l'identità di Green per u(x) (6.4) all'equazione per la ϕx(y)
(6.7) si ottiene
u(x)−∫
U
ϕx(y)∆u dy =
∫∂U
Φ(y − x)∂u
∂ν(y)− u(y)
∂Φ
∂ν(y − x) dS(y)+
−∫
U
Φ(y − x)∆u dy +
∫∂U
u(y)∂ϕx
∂ν(y)− Φ(y − x)
∂u
∂ν(y) dS(y)
ovvero
u(x) =
∫∂U
−u(y)∂Φ
∂ν(y − x) + u(y)
∂ϕx
∂ν(y) dS(y)+
−∫
U
Φ(y − x)∆u− ϕx(y)∆u dy
e quindi
u(x) = −∫
∂U
u(y)∂G
∂ν(x, y) dS(y)−
∫U
G(x, y)∆u dy (6.10)
dove ∂G∂ν
(x, y) è la derivata direzionale relativa alla variabile y cioè
∂G
∂ν(x, y) = DyG(x, y) · ν(y)
Possiamo quindi enunciare il seguente risultato
Teorema 6.6 Se u ∈ C2(U) risolve il problema (6.8)allora
u(x) = −∫
∂U
g(y)∂G
∂ν(x, y) dS(y)−
∫U
G(x, y)f(y) dy (6.11)
Dimostrazione. Segue immediatamente dalla (6.10) ponendo gli appropriati
valori di u(y) sulla frontiera di U e di ∆u nell'aperto U .
Supposta nota la funzione di Green è quindi completamente individuata
la funzione u(x). Il teorema [6.1] garantisce che tale soluzione è anche unica.
CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 98
Teorema 6.7 (Simmetria della funzione di Green) Per ogni x, y ∈ U
con x 6= y, vale
G(x, y) = G(y, x)
Dimostrazione. Diciamo v(z) := G(x, z) e w(z) := G(y, z) con z ∈ U .
Per l'armonicità della funzione di Green rispetto alla seconda variabile si ha
∆v = 0 per ogni z 6= x e ∆w = 0 per ogni z 6= y. Inoltre, per ogni z ∈ ∂U
risulta v(z) = w(z) = 0. Applichiamo la fromula di Green (3.13) alle funzioni
v e w nell'insieme V = U \ [B(x, ε) ∪ B(y, ε)], con ε > 0 e sucientemente
piccolo da mantenere le due palle all'interno di U . Otteniamo∫V
v(ξ)∆w(ξ)− w(ξ)∆v(ξ) dξ =
=
∫∂V
v(ξ)∂w
∂ν(ξ)− w(ξ)
∂v
∂ν(ξ) dS(ξ)
che diventa
0 =
∫∂U
v(ξ)∂w
∂ν(ξ)− w(ξ)
∂v
∂ν(ξ) dS(ξ)+
+
∫∂B(x,ε)
v(ξ)∂w
∂ν(ξ)−w(ξ)
∂v
∂ν(ξ) dS(ξ)+
∫∂B(y,ε)
v(ξ)∂w
∂ν(ξ)−w(ξ)
∂v
∂ν(ξ) dS(ξ)
tenendo in conto che v(z) = w(z) = 0 sulla frontiera di U si ha
0 =
∫∂B(x,ε)
v(ξ)∂w
∂ν(ξ)− w(ξ)
∂v
∂ν(ξ) dS(ξ)+
+
∫∂B(y,ε)
v(ξ)∂w
∂ν(ξ)− w(ξ)
∂v
∂ν(ξ) dS(ξ)
da cui∫∂B(x,ε)
w(ξ)∂v
∂ν(ξ)−v(ξ)
∂w
∂ν(ξ) dS(ξ) =
∫∂B(y,ε)
v(ξ)∂w
∂ν(ξ)−w(ξ)
∂v
∂ν(ξ) dS(ξ)
(6.12)
CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 99
Prendiamo in considerazione il termine a sinistra dell'uguaglianza (6.12). Il
primo addendo nell'integrale è
w(ξ)∂v
∂ν(ξ)
Dal momento che v(ξ) = Φ(ξ − x)− ϕx(ξ) si ha
w(ξ)∂Φ
∂ν(ξ − x)︸ ︷︷ ︸
A
−w(ξ)∂ϕx
∂ν(ξ)︸ ︷︷ ︸
B
Dato che ϕx è armonica in tutto U si ha che w ∂ϕx
∂νè limitata sul compatto
B(x, ε) e quindi l'integrale su ∂B(x, ε) di A tende a 0 per ε → 0. L'integrale
di B vale∫∂B(x,ε)
w(ξ)∂Φ
∂ν(ξ − x) dS(ξ) =
1
nωnεn−1
∫∂B(x,ε)
w(ξ) dS(ξ) =
= −∫
∂B(x,ε)
w(ξ) dS(ξ) = w(x) per ε → 0
Concludiamo che l'integrale del primo addendo a sinistra dell'equazione (6.12)
vale w(x) per ε → 0. Sempre facendo riferimento all'integrale a sinistra della
(6.12), valutiamo il secondo addendo. Detto
M = maxB(x,ε)
(∂w
∂ν
)si ha
∣∣∣∣∫∂B(x,ε)
v(ξ)∂w
∂ν(ξ) dS(ξ)
∣∣∣∣ ≤ Mσnεn−1
C2| ln(ε)| se n = 2
Cn1/εn−2 se n ≥ 3
=
=
MσnC2ε| ln(ε)| se n = 2
MσnCn1/ε se n ≥ 3
CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 100
dove Ci, i = 2, 3, . . . sono costanti e l'integrale in questione tende a zero per
ε → 0. Si conclude che il termine a destra dell'equazione (6.12) complessiva-
mente vale w(x) per ε → 0. In maniera del tutto analoga si procede per il
termine a sinistra della (6.12) che risulterà pari a v(y) per ε → 0. Quindi
w(x) = v(y)
cioè
G(y, x) = w(x) = v(y) = G(x, y)
Nota 6.8 Il teorema [6.7] resta valido anche se il dominio non è limitato, dal
momento che nella dimostrazione si è fatto uso solo delle formule di Green,
che valgono anche per insiemi non limitati, e di alcune considerazione locali
nelle vicinanze di x e di y.
Capitolo 7
Applicazioni
7.1 Il nucleo di Poisson
Il nucleo di Poisson, è una funzione di x, y ∈ Rn la cui integrazione è fon-
damentale per ottenere le soluzioni del problema di Laplace-Dirichlet per il
semispazio.
Dato il semispazio n-dimensionale (x1, . . . , xn) ∈ Rn | xn > 0, che
indichiamo con il simbolo Rn+, il nucleo di Poisson è:
K(x, y) =2xn
nωn
1
|x− y|n(7.1)
Calcoliamo l'integrale del nucleo di Poisson per il semispazio sull'insieme
∂Rn+.
Proposizione 7.1 Dato n ≥ 2, e posto
f(x) =
∫∂Rn
+
K(x, y) dS(y) (7.2)
si ha f(x) = 1, per ogni x ∈ Rn+
101
CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 102
Dimostrazione.Denotiamo con x′ la (n−1)-upla (x1, . . . , xn−1). Un generico
punto di Rn può essere scritto come (x′, xn).∫∂Rn
+
K(x, y) dS(y) =
∫Rn−1
2xn
nωn
1
|x− (y′, 0)|ndy′ =
=2xn
nωn
∫Rn−1
1(√(x′1 − y′1)
2 + . . . + (x′n−1 − y′n−1)2 + x2
n
)n dy′
ponendo z′ = y′ − x′ si ottiene
=2xn
nωn
∫Rn−1
1((z′1)
2 + . . . + (z′n−1)2 + x2
n
)n/2dz′
=2xn
nωn
∫Rn−1
1
(xn)n(
(z′1)2
x2n
+ . . . +(z′n−1)2
x2n
+ 1)n/2
dz′
ed eettuando ancora un cambio di variabili in w = z′/xn si ha
2
nωn
∫Rn−1
1(w2
1 + . . . + w2n−1 + 1
)n/2dw =
=2
nωn
∫ ∞
0
(∫∂B(r)n−1
1
(r2 + 1)n/2dS
)dr =
=2
nωn
∫ ∞
0
1
(r2 + 1)n/2dr ·
∫∂B(r)n−1
dS =2
nωn
σn−1
∫ ∞
0
rn−2
(r2 + 1)n/2dr
con un altro cambio di variabili r = tan(ϑ) che da dr = 1/ cos2(ϑ) dϑ, si
ottiene
=2(n− 1)ωn−1
nωn
∫ π/2
0
(tan(ϑ))n−2
(tan2(ϑ) + 1)n/2
1/ cos2(ϑ) dϑ
=2(n− 1)ωn−1
nωn
∫ π/2
0
(tan(ϑ))n−2(cos(ϑ))n−2 dϑ =
=2(n− 1)
n
(n2)Γ(n
2)
√π(n−1
2)Γ(n−1
2)
∫ π/2
0
(sin(ϑ))n−2 dϑ
CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 103
che per le equazioni (3.43) diventa
2Γ(n2)
Γ(12)Γ(n−1
2)·β((n− 1)/2, 1/2
)2
che per la (3.42) vale 1
7.2 Funzione di Green per il semispazio
Consideriamo il semispazio
Rn+ = (x1, . . . , xn) ∈ Rn | xn > 0
Denizione 7.2 Dato x = (x1, . . . , xn−1, xn) ∈ Rn+, si denisce la sua ri-
essione rispetto al piano ∂Rn+ il punto x = (x1, . . . , xn−1,−xn)
Proviamo a ripercorre il precedimento di costruzione della funzione di
Green nel caso particolare del problema di Laplace per il semispazio. Per
prima cosa, cerchiamo di determinare la funzione correttrice per il semispazio.
Poniamo ϕx(y) = Φ(y − x), salvo vericare che con questa posizione ϕx(y)
sia eettivamente la funzione correttrice cercata. Per constatarlo dobbiamo
dimostrare che con tale posizione la funzione ϕx(y) è eettivamente armonica
nel semispazio e pari a Φ(y− x) sul bordo del semispazio. L'idea alla base di
tale scelta della funzione correttrice è quella di riettere attraverso il piano
xn = 0 le singolarità Φ(y − x) che si distribuiscono nel semispazio Rn+.
Ricordiamo che Φ(x) è funzione solo di |x| e notiamo subito che sul piano
yn = 0, cioè su ∂Rn+, la funzione correttrice vale
ϕx(y) = Φ(y − x) = Φ(y1 − x1, . . . , yn−1 − xn−1, xn)
CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 104
Per yn = 0 si ha
|y − x| =√
(y1 − x1)2 + . . . + (yn−1 − xn−1)2 + x2n = |y − x|
in virtù del fatto che la funzione Φ dipende solo dal modulo del suo argomento
si ottiene
ϕx(y) = Φ(y − x) = Φ(y − x)
su Rn+.
Le singolarità delle funzioni Φ(y− x) sono posizionate al di fuori del semi-
spazio di interesse Rn+. Perciò la funzione correttrice ϕx(y), per come denita,
è eettivamente armonica in Rn+. Con quest'ultima osservazione abbiamo ap-
purato che la candidata funzione correttrice per il semispazio, sia davvero
tale.
La funzione di Green per il semispazio è quindi data da
G(x, y) = Φ(y − x)− Φ(y − x) (7.3)
Le derivata della funzione y → G(x, y) lungo il versore normale uscente
dal bordo di Rn+ è
− ∂G
∂yn
(x, y) = −[
∂Φ
∂yn
(y − x)− ∂Φ
∂yn
(y − x)
]=
=1
nωn
[yn − xn
|y − x|n− yn + xn
|y − x|n
]Per y ∈ ∂Rn
+ si ha |y − x| = |y − x| e quindi
∂G
∂ν(x, y) =
−2xn
nωn|y − x|n
La regione U di Rn di cui ci stiamo occupando non è limitata. Per questo
molti dei risultati dimostrati in precedenza non potranno essere direttamente
CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 105
applicati. Tuttavia vedremo che la funzione di Green per il semispazio appena
trovata permette di descrivere la soluzione del problema di Laplace per il
semispazio.
Consideriamo il problema alle condizioni al contorno ∆u = 0 in Rn+
u = g su ∂Rn+
(7.4)
Deniamo per ogni x ∈ Rn+, la funzione
u(x) = −∫
∂Rn+
∂yG
∂ν(x, y)g(y) dS(y) =
2xn
nωn
∫∂Rn
+
g(y)
|y − x|ndS(y) (7.5)
Quanto visto nel teorema [6.6] ci suggerisce di considerare u(x) candidata
soluzione del problema (7.4).
Proposizione 7.3 Sia g una funzione C(Rn−1)∩L∞(Rn−1) e u(x) come in
(7.5). Allora u(x) ∈ C∞(Rn+) ∩ L∞(Rn
+) e ∆u = 0 per ogni x ∈ Rn+ (7.4)
Dimostrazione. Fissato un punto x ∈ Rn+, la mappa y → G(x, y) è ar-
monica tranne che in y = x. Il teorema [6.7] non può essere applicato nel
caso di insiemi illimitati. Tuttavia per verica diretta sulla funzione G si può
constatare che essa gode della proprietà di simmetria1. Per x, y ∈ Rn+ vale
G(x, y) = G(y, x). La funzione x → G(x, y) è, quindi, identica a y → G(x, y).
Ne consegue che anche x → G(x, y) è armonica in tutto x ∈ Rn+ tranne che
in x = y. Da quanto detto si conclude che la funzione G(x, y) può essere ri-
guardata come una funzione armonica nelle 2n variabili x1, . . . , xn, y1, . . . , yn.
Ciò implica che anche la funzione x → ∂yG
∂ν(x, y) sia a sua volta armonica per
ogni x 6= y.
1Vedere anche la nota [6.8].
CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 106
Detto K(x, y) il nucleo di Poisson come denito nell'equazione (7.1) a
pagina 101, siamo giunti a dimostrare che ssato y, la mappa x → K(x, y)
è una funzione armonica in x ∈ Rn+ tranne che per x = y. Posto quindi
y ∈ ∂Rn+ si ha l'armonicità di K(x, y) per ogni x ∈ Rn
+.
Per quanto dimostrato in [7.1] si ha che∫∂Rn
+
K(x, y)g(y) dS(y) = 1
per ogni x ∈ Rn+. Poichè g è limitata, in quanto L∞(∂Rn
+), si ha che u(x) ≤
‖g‖L∞(∂Rn+) per ogni x ∈ Rn
+, cioè u ∈ L∞(Rn+).
Inoltre vale
∆xu(x) =
∫∂Rn
+
∆xK(x, y)g(y) dS(y) = 0
Proposizione 7.4 Sia g una funzione C(Rn−1)∩L∞(Rn−1) e u(x) come in
(7.5). Allora
limx→x0x∈Rn
+
u(x) = g(x0)
per ogni x0 ∈ ∂Rn+ (7.4)
Dimostrazione. Dato un vettore x ad n coordinate, indichiamo con g(x) il
valore che la funzione g : Rn−1 → R assume nel punto (x1, . . . , xn−1). Inoltre
gli integrali in dy su ∂Rn+ si riferiscono alla misura in Rn−1. Fissiamo un
x0 ∈ ∂Rn+ ed un valore per ε > 0. Per la continuità di g possiamo scegliere
δ > 0 tale che per ogni y ∈ ∂Rn+ tale che |y − x0| < δ si abbia
|g(y)− g(x0)| < ε
CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 107
Ricordiamo che l'integrale su ∂Rn+ di K(x, y) è pari a 1 e che K(x, y) > 0
per ogni xn > 0. Se prendiamo x ∈ Rn+ tale che |x− x0| < δ
2, si ottiene
|u(x)− g(x0)| =
∣∣∣∣∣∫
∂Rn+
K(x, y)g(y) dy − g(x0)
∫∂Rn
+
K(x, y) dy
∣∣∣∣∣ =
=
∣∣∣∣∣∫
∂Rn+
K(x, y)[g(y)− g(x0)] dy
∣∣∣∣∣ ≤∫
∂Rn+
K(x, y)|g(y)− g(x0)| dy =
=
∫∂Rn
+∩B(x0,δ)
K(x, y)|g(y)− g(x0)| dy +
∫∂Rn
+\B(x0,δ)
K(x, y)|g(y)− g(x0)| dy
Il primo integrale lo chiamiamo I ed il secondo J . Per quanto riguarda I si
ha
I ≤ ε
∫∂Rn
+∩B(x0,δ)
K(x, y) dy ≤ ε
Per J si ha
J ≤ 2‖g‖L∞
∫∂Rn
+\B(x0,δ)
K(x, y) dy ≤ 22‖g‖L∞xn
nωn
∫∂Rn
+\B(x0,δ)
|y − x|−n dy
Abbiamo scelto x tale che |x− x0| fosse minore di δ/2 e dobbiamo integrare
su un insieme di punti y distanti da x0 più di δ. Perciò valgono
|x− x0| <δ
2
|y − x0| > δ
Da queste due relazioni si ricava che
|y − x0| ≤ |y − x|+ |x− x0| ≤ |y − x|+ δ
2≤ |y − x|+ |y − x0|
2
da cui|y − x0|
2≤ |y − x|
CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 108
Quindi possiamo maggiorare l'integral J sostituendo |y − x| con |y−x0|2
J ≤ 2n+2‖g‖L∞xn
nωn
∫∂Rn
+\B(x0,δ)
|y − x0|−n dy = xn µ < ∞
Scegliendo xn < ε/µ si ha J < ε, cioè per xn → 0+, J → 0.
In conclusione
|u(x)− g(x0)| ≤ I + J ≤ ε + ε
per ogni |x− x0| < min( εµ, δ
2), cioè u(x) → g(x0) per x → x0 con xn > 0.
Teorema 7.5 (Formula di Poisson per il semispazio) Sia g una fun-
zione C(Rn−1) ∩ L∞(Rn−1) e
u(x) =2xn
nωn
∫∂Rn
+
g(y)
|y − x|ndS(y) (7.6)
per ogni x ∈ Rn+. Allora u(x) è soluzione del problema di Laplace per il
semispazio (7.4)
Dimostrazione. Dalla proposizione [7.3] risulta vericata l'armonicità di
u(x). Dalla proposizione [7.4] risulta vericata la condizione al contorno su
∂Rn+.
7.3 Funzione di Green per la palla
Per costruire la funzione di Green della palla B(1) useremo una riessione
simile a quella per il semipiano, ma attraverso la sfera ∂B(1).
Questa volta il dominio su cui operiamo è limitato, per cui i teoremi nora
dimostrati sono validi.
CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 109
Denizione 7.6 Se x ∈(Rn \ 0
), il punto
x =x
|x|2
è detto punto duale di x rispetto alla sfera ∂B(1). La mappa x → x è
chiamata inversione attraverso la sfera unitaria ∂B(1).
Assumiamo n ≥ 3. Preso un punto x ∈(B(1) \ 0
)si ha che x 6∈ B(1)
e quindi la mappa y → Φ(y − x) è armonica per ogni y ∈ B(1). Anche la
mappa y → |x|2−nΦ(y − x) è armonica in tutto B(1).
Prendendo la funzione correttrice
ϕx(y) := Φ (|x|(y − x)) = |x|2−nΦ(y − x)
risulta ϕx(y) armonica in B(1) come richiesto per le funzioni correttrici.
Inoltre per y ∈ ∂B(1) si ha
ϕx(y) =Cn
|x|n−2|y − x|n−2=
Cn
|x|n−2|y − x|x|2 |n−2
Ora
|y − x
|x|2| =
√(y1 −
x1
|x|2
)2
+ . . . +
(yn −
xn
|x|2
)2
=
=
√y1
2 − 2y1x1
|x|2+
x12
|x|4+ . . . + yn
2 − 2ynxn
|x|2+
xn2
|x|4=
√|y|2 − 2y · x
|x|2+
1
|x|2
Quindi, essendo |y| = 1, otteniamo
ϕx(y) =Cn
|x|n−2(1− 2y·x
|x|2 + 1|x|2
)(n−2)/2=
CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 110
=Cn
(|x|2 − 2y · x + 1)(n−2)/2=
Cn
((x− y) · (x− y))(n−2)/2=
e inne
ϕx(y) =Cn
|x− y|n−2= Φ(y − x)
come richiesto per le funzioni correttrici.
Per n = 2 prendiamo ϕx(y) = Φ (|x|(y − x)). La mappa y → Φ(y − x) è
armonica per ogni y ∈ B(1). Anche la mappa y → C2 ln |x| + Φ(y − x), con
C2 = −1/2π è armonica in tutto B(1). Essendo
y → C2 ln |x|+ C2 ln |y − x| = C2 ln (|x||y − x|)
si ha l'armonicità di ϕx(y). Inoltre, per ogni |y| = 1 si ha
ϕx(y) = C2 ln (|x||y − x|) = C2 ln(|x− y|) = Φ(y − x)
in quanto |x||y − x| è lo stesso termine presente a denominatore per n = 3.
Abbiamo quindi costruito la funzione correttrice ϕx(y) per ogni x ∈(B(1) \ 0
). Per x = 0 notiamo che qualsiasi sia la dimensione dei vet-
tori in gioco, il prodotto |x|k|y − x|k con k = . . . ,−2,−1, 0, 1, 2, . . . è pari
a (√|x|2√|y|2 − 2y · x
|x|2+
1
|x|2
)k
=(√
|x|2|y|2 − 2y · x + 1)k
che è denito anche in x = 0 e vale 1. Perciò nel caso n = 2 si ha ϕ0(y) = 0,
nel caso n ≥ 3 si ha ϕ0(y) = Cn.
Denizione 7.7 La funzione di Green per la palla unitaria è
G(x, y) = Φ(y − x)− Φ(|x|(y − x)) (7.7)
con x, y ∈ B(1) e x 6= y
CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 111
Il problema di Laplace ∆u = 0 in B(1)
u = g su ∂B(1)(7.8)
ammette come unica soluzione
u(x) = −∫
∂B(1)
g(y)∂yG
∂ν(x, y) dS(y) (7.9)
Sviluppando l'argomento dell'integrale (7.9), per y ∈ ∂B(1) si ha
∂yG
∂ν= DyG · y =
n∑i=1
yi∂G
∂yi
Adesso∂Φ
∂yi
(y − x) =−1
nωn
yi − xi
|y − x|n
e∂Φ
∂yi
(|x|(y − x)
)=−1
nωn
|x|(yi − xi)
|x|n|y − x|n|x| =
=−1
nωn
|x|yi − xi
|x|
|y − x|n|x| = −1
nωn
|x|2yi − xi
|y − x|n
per y ∈ ∂B(1). Per cui si ha
∂yG
∂ν=−1
nωn
n∑i=1
yi
[yi − xi
|y − x|n− |x|2yi − xi
|y − x|n
]=
=−1
nωn|y − x|nn∑
i=1
yi
[yi − xi − |x|2yi + xi
]=
=−1
nωn|y − x|nn∑
i=1
yi
[yi − |x|2yi
]=
=(|x|2 − 1)|y|2
nωn|y − x|n=
|x|2 − 1
nωn|y − x|n
Quindi la soluzione del problema (7.8) diventa
u(x) =1− |x|2
nωn
∫∂B(1)
g(y)
|y − x|ndS(y)
CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 112
Il problema di Laplace nella palla B(r) è invece ∆u = 0 in B(r)
u = g su ∂B(r)(7.10)
Per un certo r > 0, detta u(x) la soluzione del problema (7.10) si ha che
v(x) = u(rx), |x| < 1 è soluzione del problema (7.8) con condizione sulla
frontiera v(x) = g(rx). Infatti ∆v = r2∆u = 0 e per |x| = 1 si ha che la
variabile z = rx ha modulo |z| = |rx| = r|x| = r e quindi v(x) = u(rx) =
u(z) = g(z) = g(rx). Conoscendo l'espressione della soluzione per la palla
unitaria ricaviamo quella per la palla di raggio r.
v(x) =1− |x|2
nωn
∫∂B(1)
g(ry)
|y − x|ndS(y)
quindi
u(rx) =1− |x|2
nωn
∫∂B(1)
g(ry)
|y − x|ndS(y)
e ponendo z = rx e w = ry si ha
u(z) =1− |z|2
r2
nωn
∫∂B(r)
g(w)
rn−1|w/r − z/r|ndS(w) =
=r2 − |z|2
nωnr2
∫∂B(r)
g(w)
r−1|w − z|ndS(w) =
r2 − |z|2
nωnr
∫∂B(r)
g(w)
|w − z|ndS(w)
La funzione
K(x, y) =r2 − |x|2
nωnr|y − x|n(7.11)
è detta nucelo di Poisson per la palla B(r).
Capitolo 8
Metodi Energetici
8.1 Unicità
In questa sezione illustreremo alcuni metodi di analisi delle equazioni di La-
place e di Poisson che discendono da principi più generali del Calcolo delle
Variazioni.
Deniamo il seguente problema −∆u = f ∀x ∈ U
u = g ∀x ∈ ∂U(8.1)
con U aperto limitato, ∂U di classe C1 e g ∈ C2(∂U).
Nel teorema [6.1] abbiamo utilizzato il principio del massimo per dimo-
strare l'unicità della soluzione per questo tipo di problema. Ora forniamo una
seconda dimostrazione che fa uso dei cosidetti metodi energetici.
Teorema 8.1 (Unicità) Esiste al più una soluzione u ∈ C2(U) del proble-
ma (8.1).
113
CAPITOLO 8. METODI ENERGETICI 114
Dimostrazione. Prendiamo due soluzioni del problema (8.1) che chiamiamo
u e v. Detta w = u− v si ha che w è armonica in U e vale 0 sul bordo di U .
Integrando per parti w∆w componente per componente come in (3.10),
si ottiene ∫U
w∆w dx = −∫
U
Dw ·Dw dx +
∫∂U
wDw · ν dS =
= −∫
U
Dw ·Dw dx = −∫
U
|Dw|2 dx
L'armonicità di w e l'equazione appena ricavata permettono di concludere
che ∫U
|Dw|2 dx = 0
Quindi Dw ≡ 0 su U e dal momento che w = 0 sul bordo, si deduce che
w ≡ 0 su tutto U , da cui u ≡ v.
Il teorema appena presentato fornisce una dimostrazione utililizzabile
anche nel caso del problema
−∆u = f ∀x ∈ U
∂u∂ν
= g ∀x ∈ ∂U(8.2)
con U aperto limitato, ∂U di classe C1 e g ∈ C1(∂U).
Infatti due funzioni soluzioni del problema (8.2) hanno sul bordo la stessa
∂u∂ν, per cui si può utilizzare lo stesso procedimento del teorema [8.1] e giungere
all'unicità della soluzione anche in questo caso.
CAPITOLO 8. METODI ENERGETICI 115
8.2 Principio di Dirichlet
Vogliamo ora mostrare come il problema alle condizioni al contorno (8.1),
possa essere caratterizzato come un problema di ricerca del minimo di un
certo funzionale.
Denizione 8.2 Deniamo il funzionale energia come
I[w] =
∫U
1
2|Dw|2 − wf dx (8.3)
in cui w è una funzione appartenente all'insieme ammissibile
A = w ∈ C2(U)| w = g su ∂U
Il funzionale energia associa ad ogni funzione w dell'insieme A un valore
reale I[w]
I : A → R
Teorema 8.3 (Principio di Dirichlet) u ∈ C2(U) è soluzione del proble-
ma (8.1) se e solo se
I[u] = minw∈A
I[w]
Dimostrazione. Dimostriamo che se u è soluzione del problema (8.1) allora
è un minimo per il funzionale energia.
Scegliamo w ∈ A. Essendo ∆u + f ≡ 0 su U si ha∫U
(∆u + f)(u− w) dx = 0
CAPITOLO 8. METODI ENERGETICI 116
cioè ∫U
∆u(u− w) dx +
∫U
f(u− w) dx = 0
Integrando per parti il primo termine e ricordando che u e w assumono gli
stessi valori sul bordo, si ha
−∫
U
Du ·D(u− w) dx +
∫U
f(u− w) dx = 0
da cui ∫U
|Du|2 − uf dx =
∫U
Du ·Dw − fw dx
Per la proposizione [3.1] e per la nota diseguaglianza di Cauchy-Schwarz si
ha
|Du ·Dw| ≤ |Du||Dw| ≤ 1
2|Du|2 +
1
2|Dw|2
Il termine in cui compare il prodotto scalare può quindi essere maggiorato∫U
Du ·Dw − fw dx =
∫U
Du ·Dw dx−∫
U
fw dx ≤
≤∫
U
|Du ·Dw| dx−∫
U
fw dx ≤∫
U
1
2|Du|2 +
1
2|Dw|2 dx−
∫U
fw dx =
=
∫U
1
2|Du|2 dx +
∫U
1
2|Dw|2 − fw dx =
∫U
1
2|Du|2 + I[w]
Per cui si ha ∫U
|Du|2 − uf dx ≤∫
U
1
2|Du|2 + I[w]
ed inne ∫U
1
2|Du|2 − uf dx ≤ I[w]
cioè I[u] ≤ I[w] per ogni w ∈ A.
La seconda parte del teorema aerma che se u è il minimo nell'insieme
ammissibile per il funzionale energia, allora u è soluzione del problema (8.1).
CAPITOLO 8. METODI ENERGETICI 117
Scegliamo una funzione v ∈ C∞c (U) ed un valore t ∈ R. Deniamo la
funzione i : R → R
i(t) = I[u + tv]
Dal momento che v ∈ C∞c (U), si ha che u+ tv appartiene all'insieme ammis-
sibile per ogni t ∈ R. Quindi la funzione i(t) risulta bene denita.
Per ipotesi u è il minimo per il funzionale I. Quindi i(t) deve avere mi-
nimo in t = 0. Ciò implica che se esiste la derivata prima di i(t) essa debba
annullarsi in t = 0. Notiamo che
i(t) =
∫U
1
2|D(u + tv)|2 − (u + tv)f dx =
=
∫U
1
2|Du + tDv|2 − (u + tv)f dx =
=
∫U
1
2|Du|2 +
1
2t2|Dv|2 + tDu ·Dv − (u + tv)f dx
L'espressione ottenuta è derivabile rispetto a t. Quindi la derivata di i(t)
esiste e vale ∫U
t|Dv|2 + Du ·Dv − fv dx
che in t = 0 da ∫U
Du ·Dv − fv dx
Integrando per parti il primo addendo ed essendo nullo il valore di v sul bordo
di U , si ottiene
0 = i′(0) = −∫
U
v∆u dx−∫
U
fv dx =
∫U
(−∆u− f)v dx
Quindi per ogni v ∈ C∞c (U) si ha∫
U
(−∆u− f)v dx = 0
Bibliograa
[1] Fusco, Marcellini, Sbordone. Analisi Matematica Due. Liguori Editore,
1996.
[2] Lawrence C. Evans. Partial Dierential Equations. American
Mathematical Society, 1997.
[3] Nicola Fusco. Note integrative per il corso di equazioni dierenziali alle
derivate parziali.
[4] S. Salsa, G. Verzini. Equazioni a derivate parziali. Springer, 2005.
119