Soluzioni classiche dell'equazione di Laplace e di...

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Universit` a degli Studi di Napoli Federico II FACOLT ` A DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Corso di Laurea in Matematica Tesi di Laurea Triennale Soluzioni classiche dell’equazione di Laplace e di Poisson Candidato: Antonio Paradies Matricola 565/661 Relatore: Ch.mo Prof. Nicola Fusco Anno Accademico 2007-2008

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Universita degli Studi di Napoli Federico II

FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

Corso di Laurea in Matematica

Tesi di Laurea Triennale

Soluzioni classiche dell’equazionedi Laplace e di Poisson

Candidato:Antonio ParadiesMatricola 565/661

Relatore:Ch.mo Prof.Nicola Fusco

Anno Accademico 2007-2008

Soluzioni classiche dell'equazione

di Laplace e di Poisson

Antonio Paradies

25 Febbraio 2009

i

Sommario

Nella presente Tesi di Laurea Triennale in Matematica si studiano le cele-

berrime equazione di Laplace e di Poisson in Rn ed i relativi problemi alle

condizioni al contorno. Si denisce il signicato di problema ben posto e di

soluzioni in senso classico per queste equazioni. Si presentano alcune con-

dizioni sucienti per l'esistenza e l'unicità delle soluzioni nei problemi di

Dirichlet e di Neumann. In un capitolo a parte si descrivono le funzioni ar-

moniche e si dimostrano, tra gli altri, il teorema del valor medio, il principio

del massimo forte e la proprietà di analiticità. Nell'ultimo capitolo si intro-

ducono alcuni metodi, mutuati dal Calcolo delle Variazioni, che forniscono

potenti strumenti di analisi. Inne i risultati acquisiti sono applicati a due

classici problemi: il semispazio e la palla.

ii

Abstract

In this Thesis for the Triennial Degree in Mathematics are analysed the

famous equations of Laplace and Poisson in Rn and their boundary value

problems. Denitions are given about the meaning of well-posed problem

and of solutions in classical sense for those equations. Some sucient con-

ditions are shown for the existence and unicity of solutions in Dirichlet and

Neumann problems. In a separate chapter harmonic functions are charac-

terized and it is demonstrated, among others, the mean-value theorem, the

strong maximum principle and the analyticity property. In the last chapter

are presented some methods, taken from Variational Calculus, which provide

really powerful means of analysis. Finally the acquired results are applied to

two classical problems: the semi-space and the ball.

iii

Vorrei ringraziare ancora una volta mio padre

per l'incoraggiamento a dare sempre il massimo,

qualsiasi avventura intraprenda.

Indice

1 Introduzione 1

1.1 Equazioni dierenziali alle derivate parziali . . . . . . . . . . . 1

1.2 Problemi ben posti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2

1.3 L'equazione di Poisson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

1.4 L'equazione di Laplace . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

1.5 Misura della palla e della supercie sferica . . . . . . . . . . . 6

2 Multi-indici 11

2.1 Denizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

2.2 Teorema Multinomiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

2.3 Derivate parziali in n dimensioni . . . . . . . . . . . . . . . . 15

3 Alcuni risultati utili 18

3.1 Diseguaglianza di Holder e di Minkowski . . . . . . . . . . . . 18

3.2 Teorema della divergenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

3.3 Formula di Wallis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

3.4 Formula di Stirling . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

3.5 Convoluzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

iv

INDICE v

3.6 Mollicatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

3.7 Teorema di Ascoli-Arzelà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

3.8 Le funzioni Gamma e Beta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

3.9 Cambiamento di base dell'operatore D2xu . . . . . . . . . . . . 51

4 Le funzioni armoniche 55

4.1 Proprietà del valore medio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55

4.2 Principio del massimo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60

4.3 Regolarità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

4.4 Stima delle derivate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64

4.5 Teorema di Liouville . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71

4.6 Analiticità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72

4.7 Diseguaglianza di Harnack . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78

5 Soluzioni fondamentali 81

5.1 Equazione di Laplace . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81

5.2 Equazione di Poisson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84

6 Soluzioni generali 89

6.1 Unicità della soluzione in insiemi limitati . . . . . . . . . . . . 89

6.2 Soluzioni limitate dell'equazione di Poisson . . . . . . . . . . . 90

6.3 Identità di Green . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91

6.4 Funzione correttrice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95

6.5 Funzione di Green . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96

7 Applicazioni 101

7.1 Il nucleo di Poisson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101

INDICE vi

7.2 Funzione di Green per il semispazio . . . . . . . . . . . . . . . 103

7.3 Funzione di Green per la palla . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108

8 Metodi Energetici 113

8.1 Unicità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113

8.2 Principio di Dirichlet . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115

Capitolo 1

Introduzione

1.1 Equazioni dierenziali alle derivate parziali

Fissiamo un intero k ≥ 1 e chiamiamo U un sottoinsieme aperto di Rn.

Denizione 1.1 Un'espressione del tipo

F (Dku(x), Dk−1u(x), . . . , Du(x), u(x), x) = 0 (x ∈ U) (1.1)

è detta equazione dierenziale alle derivate parziali di ordine k-esimo, dove

F : Rnk × Rnk−1 × . . .× Rn × R× U → R

è una funzione data, e

u : U → R

è l'incognita.

Risolvere un'equazione dierenziale alle derivate parziali1 signica trova-

re una funzione u vericante l'equazione (1.1). Di solito, esisterà più di una

1Per motivi di brevità scriveremo PDE al posto di equazione dierenziale alle derivate

parziali .

1

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 2

soluzione e nei casi più ricorrenti generalmente saranno innite. A volte non

sarà possibile trovare una soluzione esplicita della PDE, e ci si potrà accon-

tentare di determinarne l'esistenza, l'eventuale unicità e altre caratteristiche

di maggior rilievo.

Denizione 1.2 Una PDE si dice lineare se è della forma:

∑|α|≤k

aα(x)Dαu = f(x) (1.2)

essendo le aα(x) e la f(x) funzioni note.

Per la denizione dei simboli di derivazione usati in questa denizione riferirsi

alla sezione 2.3 a pagina 15

1.2 Problemi ben posti

In Analisi Matematica si denisce ben posto ogni problema per il quale

valgono le tre seguenti proprietà:

1. il problema ha una soluzione

2. la soluzione è unica

3. la soluzione dipende in maniera continua dai dati del problema

La denizione ora data è di carattere generale e si applica a molteplici

ambiti. Per ottenere la proprietà 2, di solito alla (1.1) si aggiungono alcune

condizioni sul bordo ∂U di U , a cui la candidata soluzione deve soddisfare.

Il nuovo problema così ottenuto, costituito da una o più PDE e da una o più

condizioni al contorno, può aspirare ad essere ben posto.

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 3

Rimane da denire meglio cosa signichi soluzione di un problema alle

PDE. Questo è quanto si intende chiarire ora.

Nell'equazione (1.1) compaiono derivate della u no all'ordine k-esimo.

Sembra sensato, quindi, richiedere che la funzione candidata a risolvere la

(1.1) debba quantomeno essere derivabile k volte. In tal modo l'equazione

(1.1) ha senso, poichè tutte le derivate che ivi compaiono, esistono. Ma questa

richiesta implica immediatamente la continuità di tutte le derivate di ordine

inferiore a k e fa sperare di avere qualche chance di trovare una soluzione con

derivate di ordine k anch'esse continue. Con tali vincoli, si sta restringendo

l'insieme in cui ricercare la soluzione della (1.1) alle sole funzioni di classe

Ck. Una siatta soluzione è denominata classica, perchè è la naturale, e

storicamente la prima, nozione di soluzione dell'equazione (1.1)

Possiamo dare le seguenti denizioni:

Denizione 1.3 Risolvere in senso classico la (1.1), signica determinare

una funzione u ∈ Ck che la soddis.

Se tra le soluzioni in senso classico della (1.1) ne troviamo una e soltanto

una che soddis le eventuali condizioni al contorno del problema e per la

quale valga la proprietà di continuità dai dati, allora abbiamo determinato

la soluzione in senso classico di un problema ben posto.

Denizione 1.4 Un problema alle PDE è risolvibile in senso classico ed è

ben posto se e solo se u risolve in senso classico la (1.1), e vale per u l'unicità

(rispetto ad altre candidate soluzioni di classe Ck) e la dipendenza continua

dai parametri del problema.

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 4

Accenniamo al fatto che molte spesso risolvere una PDE nel senso appena

illustrato sia arduo o addirittura impossibile. È il caso di PDE che reggono

fenomeni intrinsecamente non continui come le onde d'urto delle equazioni

della uidodinamica. In questi casi non possono chiaramente esistere soluzioni

in senso classico di queste equazioni e le equazioni stesse sembrano perdere

senso. Tuttavia interpretando in maniera adeguata la (1.1) e dandole, per

così dire, un nuovo signicato si possono raggiungere risultati sorprendenti.

Inoltre, è quasi sempre più agevole ricercare una soluzione u di una PDE

all'interno di classi di funzioni caratterizzate da proprietà più deboli della

continuità e quindi costituenti insiemi ben più ampi rispetto a quelli delle

funzioni continue. In questo modo, se da una parte si riesce ad arontare una

classe di problemi alle PDE altrimenti intrattabili in senso classico, dall'altra

signica, il più delle volte, rinunciare alle caratteristiche di regolarità tipiche

delle soluzioni classiche. Questo tipo di soluzione di una PDE è chiamato

soluzione generalizzata o debole.

1.3 L'equazione di Poisson

L'equazione di Poisson è la seguente:

−∆u = f (1.3)

In cui ∆u indica∑n

i=1 uxixied f : U → R

Come è facile vericare dalla denizione (1.2), l'equazione di Poisson è

una PDE lineare a coecienti costanti.

Un classico esempio di fenomeno sico retto dall'equazione di Poisson è

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 5

quello del campo elettrostatico in presenza di una distribuzione di carica. In

R3, a meno di costanti, vale la seguente equazione

∆φ(x) = %(x)

dove φ(x) è il potenziale elettrico e %(x) è la densità di carica. Detto−→E il vet-

tore induzione elettrica, si ha che−−→grad(φ) =

−→E e quindi risolvere l'equazione

di Poisson signica conoscere punto per punto la distribuzione del campo

elettrico.

1.4 L'equazione di Laplace

L'equazione di Laplace è la seguente:

∆u = 0 (1.4)

In cui ∆u indica∑n

i=1 uxixi

Denizione 1.5 Una funzione u ∈ C2 che soddisfa l'equazione di Laplace

(1.4) è detta armonica.

L'equazione di Laplace governa molteplici fenomeni sici: dall'elettroma-

gnetismo alla uidodinamica, dalla dinamica strutturale alla concentrazioni

di specie chimiche. Ogni volta che risulta nulla la divergenza di una grandezza

sica esprimibile come gradiente di una funzione, si ottiene che il fenomeno

sico è retto dall'equazione di Laplace.

div~F = 0 ~F = −c · grad(u)

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 6

Combinando le due precedenti otteniamo la (1.4).

Come è facile vericare dalla denizione (1.2), l'equazione di Laplace è

una PDE lineare a coecienti costanti.

1.5 Misura della palla e della supercie sferica

Nel seguito indiheremo con B(x, r) la palla aperta di Rn di centro x e raggio

r > 0, cioè l'insieme x ∈ Rn : |x| < r. La palla di centro l'origine e raggio

r, sarà denotata semplicemente con B(r).

Deniamo le coordinate iper-sferiche in Rn nel modo seguente

x1 = r cos θ1

x2 = r sin θ1 cos θ2

x3 = r sin θ1 sin θ2 cos θ3

...

xn−2 = r sin θ1 sin θ2 . . . cos θn−2

xn−1 = r sin θ1 sin θ2 . . . sin θn−2 cos θn−1

xn = r sin θ1 sin θ2 . . . sin θn−2 sin θn−1

dove θn−1 ∈ [0, 2π) mentre gli altri angoli variano in (−π2, π

2). Si verica

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 7

facilmente che le xi vericano r2 = x21 + . . . + x2

n. Inoltre valgono le

tan θn−1 =xn

xn−1

tan θn−2 =

√x2

n + x2n−1

xn−2

...

tan θ2 =

√x2

n + x2n−1 + . . . + x2

3

x2

tan θ1 =

√x2

n + x2n−1 + . . . + x2

3 + x22

x1

Osserviamo che la matrice Jacobiana della trasformazione è

∂x1

∂r∂x1

∂θ1· · · ∂x1

∂θn−2

∂x1

∂θn−1

∂x2

∂r∂x2

∂θ1· · · ∂x2

∂θn−2

∂x2

∂θn−1

......

. . ....

...

∂xn−1

∂r∂xn−1

∂θ1· · · ∂xn−1

∂θn−2

∂xn−1

∂θn−1

∂xn

∂r∂xn

∂θ1· · · ∂xn

∂θn−2

∂xn

∂θn−1

=

=

cos θ1 −r sin θ1 · · · 0 0

sin θ1 cos θ2 r cos θ1 cos θ2 · · · 0 0

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

sin θ1 · · · cos θn−1 r cos θ1 · · · cos θn−1 · · · r sin θ1 · · · cos θn−2 cos θn−1 −r sin θ1 · · · sin θn−2 cos θn−1

sin θ1 · · · sin θn−1 r cos θ1 · · · sin θn−1 · · · r sin θ1 · · · cos θn−2 sin θn−1 r sin θ1 · · · sin θn−2 cos θn−1

(1.5)

Il determinante Jacobiano Jn può essere scritto come rn−1Jn, con Jn che

non dipendente da r, ma solo da θ = (θ1, . . . , θn−1) Inoltre si può vericare

direttamente che

J2 = 1

Jn = Jn−1 sin θ1 · · · sin θn−2

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 8

Quindi risulta

Jn = rn−1Jn = rn−1J2 (sin θ1)n−2(sin θ2)

n−3 · · · sin θn−2 =

= rn−1(sin θ1)n−2(sin θ2)

n−3 · · · sin θn−2 (1.6)

Da (1.6) si ricava anche che la misura superciale di una palla di raggio r è

data da

dS = rn−1Jn dθ1 · · · dθn−1

Chiamiamo σn la misura della supercie della sfera unitaria, ovvero di

∂B(1) ⊂ Rn. Cerchiamo di trovare un espressione esplicita per σn. Notiamo

anzitutto che ∫∂B(r)

dS(x) =

∫Iθ1

· · ·∫

Iθn−1

rn−1Jn dϑ1 · · · dϑn−1 =

= rn−1

∫Iθ1

· · ·∫

Iθn−1

Jn dϑ1 · · · dϑn−1 = rn−1 · σn

cioè che la misura di una sfera di raggio r è pari a rn−1 · σn. Per non dover

integrare direttamente la funzione Jn facciamo alcune osservazioni che ci

porteranno a determinare una semplice relazione da cui ricavare il valore di

σn. Si ha che(∫ +∞

−∞e−x2

dx

)n

=

(∫ +∞

−∞e−x2

1dx1

)· · ·(∫ +∞

−∞e−x2

ndxn

)=

=

∫ +∞

−∞· · ·∫ +∞

−∞e−(x2

1+...+x2n)dx1 · · · dxn =

∫Rn

e−(x21+...+x2

n)dx1 · · · dxn

ed eettuando la trasformazione in coordinate iper-sferiche∫Rn

e−(x21+...+x2

n)dx1 · · · dxn =

∫ ∞

0

∫Iθ1

· · ·∫

Iθn−1

e−r2

rn−1Jn drdϑ1 · · · dϑn−1 =

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 9

=

∫ ∞

0

e−r2

rn−1dr ·∫

Iθ1

· · ·∫

Iθn−1

Jn dϑ1 · · · dϑn−1 =

∫ ∞

0

e−r2

rn−1dr · σn =

=σn

2

∫ ∞

0

e−r2

rn−22rdr =σn

2

∫ ∞

0

e−ttn−2

2 dt =

=σn

(n− 2

2+ 1

)=

σn

2Γ(n

2

)dove Γ è la funzione gamma di Eulero denita per ogni z > 0 come

Γ(z) =

∫ ∞

0

tz−1e−tdt

Da quanto visto risulta che(∫ +∞

−∞e−x2

dx

)n

=σn

2Γ(n

2

)cioè

(√

π)n =σn

2Γ(n

2

)σn =

2πn2

Γ(

n2

) (1.7)

Inne possiamo esplicitare i valori assunti dalla funzione gamma per ogni

intero n ≥ 2, ottenendo

σn =

2

n+12 π

n−12

(n−2)!!per n dispari

2πn2

(n2−1)!

per n pari

Per i simboli usati si vedano la sezione 3.3 a pagina 23 e la sezione 3.8 a

pagina 49. Inoltre si è utilizzata l'equazione (3.40) a pagina 50.

Data una palla di raggio r > 0, per la (1.6) si ha che∫B(r)

dx1 · · · dxn =

∫ r

0

∫Iθ1

· · ·∫

Iθn−1

%n−1Jn d%dϑ1 · · · dϑn−1 =

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 10

=

∫ r

0

%n−1d% ·∫

θ1

· · ·∫

θn−1

Jn dϑ1 · · · dϑn−1 =

∫ r

0

%n−1d% · σn =rn

nσn

Quindi la palla di raggio unitario ha misura ωn = σn

n.

Ricordiamo la seguente formula di integrazione che si dimostra facilmente

passando a coordinate polari in Rn. Per semplicità supponiamo che f sia una

funzione continua e sommabile da B(x0, r0) in R. Allora per ogni r ∈ [0, r0)

si ha

∫B(x0,r)

f(x) dx =

∫ r

0

(∫∂B(x0,%)

f(x) dS(x)

)d% (1.8)

Osserviamo che nell'ipotesi di continuità della funzione f , anche la mappa

% ∈ [0, r0) →∫

∂B(x0,%)

f(x) dS(x)

è continua, e dunque dalla (1.8) segue che per ogni r ∈ (0, r0) si ha che

∂r

(∫B(x0,r)

f(x) dx

)=

∫∂B(x0,r)

f(x) dS(x) (1.9)

Capitolo 2

Multi-indici

2.1 Denizioni

Detto n un intero positivo, si denisce1 il multi-indice α di ordine n come

una n-upla

α = (α1, . . . , αn)

con gli αi, i = 1, . . . , n interi non negativi. La lunghezza |α| del multi-indice

è denita ponendo

|α| := α1 + . . . + αn

Se x ∈ Rn, introduciamo il simbolo xα e lo deniamo come

xα := xα11 · xα2

2 · · ·xαnn

Deniamo l'operatore fattoriale su un multi-indice come

α! := α1! · α2! · · ·αn!

1Questo capitolo segue la trattazione presente in [3].

11

CAPITOLO 2. MULTI-INDICI 12

Per ogni multi-indice α = (α1, . . . , αn), deniamo il seguente coeciente(|α|α

):=

|α|!α!

=1 · 2 · · · (|α| − 1) · |α|

α1! · α2! · · ·αn!=

Se α e β sono due multi-indici dello stesso ordine n, introduciamo la relazione

d'ordine β ≤ α ⇔ βi ≤ αi ∀i = 1, . . . , n. Inoltre deniamo l'operazione

binaria di somma tra multi-indici ponendo

α + β := (α1 + β1, . . . , αn + βn)

Per α ≥ β si denisce analogamente la sottrazione α − β tra multi-indici.

Dati due multi-indici α e β, con α ≥ β deniamo il coeciente binomiale(

αβ

)ponendo(

α

β

):=

α!

(α− β)!β!=

α1! · · ·αn!

(α1 − β1)! · · · (αn − βn)!β1! · · · βn!=

(α1

β1

)· · ·(

αn

βn

)

2.2 Teorema Multinomiale

Con la notazione introdotta nella sezione precedente, passiamo ad enunciare

e dimostrare il seguente risultato noto come teorema multinomiale.

Teorema 2.1 (Teorema Multinomiale) Sia x un punto di Rn di coordi-

nate (x1, . . . , xn) e k ≥ 2 un numero intero. Si ha

(x1 + . . . + xn)k =∑|α|=k

(|α|α

)xα (2.1)

dove la somma è estesa a tutti i multi-indici α = (α1, . . . , αn) di lunghezza

k.

CAPITOLO 2. MULTI-INDICI 13

Dimostrazione. La formula (2.1) presenta una sommatoria estesa a tut-

ti i multi-indici di lunghezza k. Per chiarezza la riscriviamo esplicitando il

signicato dei simboli usati

(x1 + . . . + xn)k =∑|α|=k

k!xα1

1 · · ·xαnn

α1! · · ·αn!

La dimostrazione del teorema sarà per induzione su n ordine del multi-

nomio. Per n = 2, ricordando la formula del binomio di Newton, si ha

(x1 + x2)k =

k∑i=0

(k

i

)xi

1xk−i2 (2.2)

Essendo n = 2, i multi-indici α = (α1, α2) di lunghezza k sono necessa-

riamente del tipo α = (i, k − i) e quindi sviluppando la (2.2) si ha

(x1 + x2)k =

k∑i=0

k!

i!(k − i)!xi

1xk−i2 =

=∑|α|=k

k!

α1!α2!xα =

∑|α|=k

(|α|α

)xα

e tale formula coincide con la (2.1).

Fissato ora n > 2 e supposta valida la (2.1) per n − 1 cerchiamo di

dimostrarla per n.

Sia x = (x′, xn) con x′ = (x1, ..., xn−1). Usando ancora la formula del

binomio di Newton e l'ipotesi induttiva, abbiamo

(x1 + . . . + xn)k =k∑

i=0

(k

i

)(x1 + · · ·+ xn)ixk−i

n =

=k∑

i=0

(k

i

)xk−i

n

∑|β|=i

(|β|β

)x′β

=

CAPITOLO 2. MULTI-INDICI 14

=k∑

i=0

∑|β|=i

k!

i!(k − i)!

|β|!β1! · · · βn−1!

xβ1

1 · · ·xβn−1

n−1 · xk−in =

Bisogna notare che |β| = i e che la n-upla (β1, · · · βn−1, k−i) è un multi-indice

di ordine n e di lunghezza (β1 + . . .+βn−1)+k− i = i+k− i = k per ogni i =

1, . . . , k e per ogni β. I multi-indici individuati dalla n-upla (β1, · · · βn−1, k−i)

esauriscono2 la varietà di multi-indici di ordine n e lunghezza k. In altre parole

ogni multi-indice di ordine n e lunghezza k può essere espresso in un'unica

maniera come (β1 · · · βn−1, k − i). Da ciò ne consegue che

(x1 + . . . + xn)k =∑|α|=k

k!

i!(k − i)!

|β|!β1! · · · βn−1!

xβ1

1 · · ·xβn−1

n−1 · xk−in =

=∑|α|=k

k!

β1! · · · βn−1! · (k − i)!xβ1

1 · · ·xβn−1

n−1 · xk−in =

=∑|α|=k

|α|!β1! · · · βn−1! · (k − i)!

xβ1

1 · · ·xβn−1

n−1 · xk−in =

=∑|α|=k

(|α|α

)xβ1

1 · · ·xβn−1

n−1 · xk−in =

=∑|α|=k

(|α|α

)xα

che è quanto cercavamo

2Infatti preso un multi-indice α di ordine n e lunghezza k, denito β = (α1, . . . , αn−1),

si ha necessariamente che αn = k − |β| = k − i per qualche i = 0, . . . , k.

CAPITOLO 2. MULTI-INDICI 15

2.3 Derivate parziali in n dimensioni

Sia data una funzione u ∈ Ck(U) con U ⊂ Rn e aperto. Per ogni multi-indice

α di lunghezza al più k, deniamo il simbolo Dαu come

Dαu =∂ku

∂x1α1 · · · ∂xn

αn

Si noti che la notazione multi-indiciale perde l'informazione sull'ordine di

derivazione. Ciò non incia la trattazione poichè supponiamo la u ∈ Ck(U) e

quindi del tutto ininuente l'ordine con cui si eettuano le k derivate parziali.

Lemma 2.2 Detto U un aperto di R, siano f e g due funzioni di classe

Cm(U). Per ogni k intero positivo, con k ≤ m, si ha

dk(fg)

dxk=

k∑i=0

(k

i

)dif

dxi ·dk−ig

dxk−i(2.3)

Dimostrazione. Per induzione su k. Per k = 1 la (2.3) diventa

d(fg)

dx=

df

dxg +

dg

dxf

che è la nota formula di derivazione di un prodotto di funzioni.

Supposta la (2.3) valida per k − 1 dimostriamola per k. Si ha

dk(fg)

dxk=

d

dx

dk−1(fg)

dxk−1=

d

dx

k−1∑i=0

(k − 1

i

)dif

dxi ·dk−1−ig

dxk−1−i=

=k−1∑i=0

(k − 1

i

)di+1f

dxi+1 ·dk−1−ig

dxk−1−i+

k−1∑i=0

(k − 1

i

)dif

dxi ·dk−ig

dxk−i

e posto j = i + 1 nella prima sommatoria si ha

k∑j=1

(k − 1

j − 1

)djf

dxj ·dk−jg

dxk−j+

k−1∑i=0

(k − 1

i

)dif

dxi ·dk−ig

dxk−i=

CAPITOLO 2. MULTI-INDICI 16

=dkf

dxkg +

k−1∑j=1

(k − 1

j − 1

)djf

dxj ·dk−jg

dxk−j+

dkg

dxkf +

k−1∑i=1

(k − 1

i

)dif

dxi ·dk−ig

dxk−i=

e sommando i termini delle due sommatorie in cui la f compare con la stessa

derivata (cioè quando j = i), si ha

dkf

dxkg +

dkg

dxkf +

k−1∑i=1

[(k − 1

i− 1

)+

(k − 1

i

)]djf

dxj ·dk−jg

dxk−j=

dkf

dxkg +

dkg

dxkf +

k−1∑i=1

(k

i

)djf

dxj ·dk−jg

dxk−j=

k∑i=0

(k

i

)dif

dxi ·dk−ig

dxk−i

La derivata k-esima di una funzione f : R → R può essere vista in

notazione multi-indiciale come Dαu, dove α è un multi-indice di ordine 1 e di

lunghezza |α| = k. Detti α e β due multi-indici di ordine 1, la formula (2.3)

si può riscrivere nel seguente modo

Dα(fg) =∑β≤α

β

)Dβf ·Dα−βg

Questa formula è solo un caso particolare del seguente teorema che ora

enunciamo e dimostriamo.

Teorema 2.3 (Formula di Leibniz) Detto U un aperto di Rn siano date

due funzioni f e g di classe Ck(U). Per ogni multi-indice α di ordine n e

lunghezza al più k, si ha

Dα(fg) =∑β≤α

β

)Dβf ·Dα−βg (2.4)

dove la somma è estesa a tutti i multi-indici β tali che β ≤ α.

CAPITOLO 2. MULTI-INDICI 17

Dimostrazione. Per induzione sull'ordine n di α. Per n = 1 dal lemma [2.2]

abbiamo subito la (2.4).

Supposta la (2.4) vera per ogni multi-indice di ordine n−1, dimostriamola

per n, con n ≥ 2. Esiste un multi-indice β di ordine n−1 ed un h non negativo

tale che∂h

∂xnh

(Dβ(fg)

)= Dα(fg)

Quindi per l'ipotesi induttiva si ha

Dα(fg) =∂h

∂xnh

[∑γ≤β

γ

)Dγf ·Dβ−γg

]=

=∑γ≤β

γ

)∂h

∂xnh

[Dγf ·Dβ−γg

]=

che per il lemma [2.2] diventa

=∑γ≤β

γ

) h∑i=0

(h

i

)∂i

∂xni(Dγf) · ∂h−i

∂xnh−i

(Dβ−γg) =

Dal momento che α = (α1, . . . , αn−1, h) si ha che la n-upla (β, h) coincide

con α. Inoltre posto δ pari alla n-upla (γ, i) si ha3

∑γ≤β

h∑i=0

γ

)(h

i

)Dδf ·Dα−δg =

∑δ≤α

δ

)Dδf ·Dα−δg

che è la (2.4).

3Bisogna osservare che un multi-indice di ordine n è minore di α se e solo se ha le prime

n − 1 componenti minori di β e la n-esima minore di h. Risulta perciò che i multi-indici

minori di α sono tutti e solo quelli del tipo (γ, i) con γ ≤ β e i = 1, . . . , h.

Capitolo 3

Alcuni risultati utili

3.1 Diseguaglianza di Holder e di Minkowski

Di seguito1 si riportano alcune semplici ma fondamentali diseguaglianze di

cui si farà uso.

Proposizione 3.1 (diseguaglianza di Cauchy) Vale la seguente disegua-

glianza

ab ≤ a2

2+

b2

2(3.1)

Dimostrazione. Dal fatto che (a − b)2 ≥ 0 segue che a2 + b2 − 2ab ≥ 0 e

quindi la a2 + b2 ≥ 2ab da cui la tesi.

Proposizione 3.2 (diseguaglianza di Cauchy con ε) Vale la seguente di-

seguaglianza

ab ≤ εa2 +b2

4ε(3.2)

1Questo capitolo segue le trattazioni presenti in [2],[3] e [1].

18

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 19

Dimostrazione. Dalla diseguaglianza di Cauchy (3.1) applicata ad a′ e b′

con a′ =√

2εa e b′ = b√2ε.

Proposizione 3.3 (diseguaglianza di Young) Dati p e q ∈ R apparte-

nenti all'aperto (1,∞), e tali che 1p

+ 1q

= 1, vale la seguente diseguaglianza

ab ≤ ap

p+

bq

q(3.3)

Dimostrazione. La funzione ex è convessa, cioè per ogni x, y ∈ R e t ∈ [0, 1]

si ha

e(xt+y(1−t)) ≤ ext + ey(1− t)

Osserviamo che

ab = elog a+log b = e1p

log ap+ 1q

log bq

e per la convessità e l'ipotesi 1p

+ 1q

= 1 si ottiene

ab ≤ 1

pelog ap

+1

qelog bq

=ap

p+

bq

q

Proposizione 3.4 (diseguaglianza di Young con ε) Dati p e q ∈ R ap-

partenenti all'aperto (1,∞), e tali che 1p

+ 1q

= 1, vale la seguente disegua-

glianza

ab ≤ εap +bq

(εp)q/pq(3.4)

Dimostrazione. Dalla diseguaglianza di Cauchy (3.3) applicata ad a′ e b′

con a′ = (εp)1/pa e b′ = b(εp)1/p .

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 20

Proposizione 3.5 (diseguaglianza di Holder) Dati p e q ∈ R apparte-

nenti all'intervallo chiuso [1,∞], e tali che 1p

+ 1q

= 1. Se u ∈ Lp(U) e

v ∈ Lq(U) vale la seguente diseguaglianza∫U

|uv| dx ≤ ‖u‖Lp(U)‖v‖Lq(U) (3.5)

Dimostrazione. Consideriamo le funzioni f = u‖u‖Lp(U)

e g = v‖v‖Lq(U)

. Si ha

naturalmente f ∈ Lp(U), ‖f‖Lp(U) = 1 e g ∈ Lq(U), ‖g‖Lq(U) = 1. Applicando

la diseguaglianza di Young (3.3) a |f | e |g|, per 1 < p, q < ∞ si ha

∫U

|fg| dx ≤∫

U

|f |p

p+|g|q

qdx =

=1

p

∫U

|f |p dx +1

q

∫U

|g|q dx =1

p‖f‖p

p +1

q‖g‖q

q =1

p+

1

q= 1

da cui ∫U

|uv|‖u‖p‖v‖q

dx ≤ 1

ovvero ∫U

|uv| dx ≤ ‖u‖p‖v‖q

Per p = 1 o q = 1 la (3.5) si riscrive∫U

|uv| dx ≤ ‖u‖L1(U)‖v‖L∞(U)

che è immediata da dimostrare una volta osservato che

‖v‖L∞(U) = ess supx∈U

v(x).

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 21

Lemma 3.6 Dati p ≥ 1 e u, v ∈ R, vale la diseguaglianza

|u + v|p ≤ 2p−1 (|u|p + |v|p) (3.6)

Dimostrazione. La funzione xp, con p ≥ 1, è convessa per ogni x ≥ 0. Da

ciò, e dalla disuguaglianza triangolare, si ha∣∣∣∣12u +1

2v

∣∣∣∣p ≤ (1

2|u|+ 1

2|v|)p

≤ 1

2|u|p +

1

2|v|p

ovvero1

2p|u + v|p ≤ 1

2(|u|p + |v|p)

e quindi

|u + v|p ≤ 2p−1 (|u|p + |v|p)

Lemma 3.7 Dati 1 ≤ p ≤ ∞ e u, v ∈ Lp(U), si ha che u + v ∈ Lp(U)

Dimostrazione. Per il lemma [3.6], si ha∫U

|u + v|p dx ≤∫

U

2p−1 (|u|p + |v|p) dx =

= 2p−1

(∫U

|u|p dx +

∫U

|v|p dx

)< ∞

Proposizione 3.8 (diseguaglianza di Minkowski) Dati 1 ≤ p ≤ ∞ e

u, v ∈ Lp(U), vale la seguente diseguaglianza

‖u + v‖Lp(U) ≤ ‖u‖Lp(U) + ‖v‖Lp(U) (3.7)

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 22

Dimostrazione. Osserviamo che

‖u + v‖pLp(U) =

∫U

|u + v|p dx ≤∫

U

|u + v|p−1(|u|+ |v|) dx

=

∫U

|u + v|p−1|u| dx +

∫U

|u + v|p−1|v| dx

Per il lemma [3.7] si ha che |u + v|p−1 ∈ Lp/(p−1)(U). Inoltre |u| ∈ Lp(U),

|v| ∈ Lp(U) e (p− 1)/p + 1/p = 1, per cui si può applicare la diseguaglianza

di Holder (3.5) a ciascuno due integrali, ottenendo(∫U

|u + v|p dx

) p−1p(∫

U

|u|p dx

) 1p

+

(∫U

|u + v|p dx

) p−1p(∫

U

|v|p dx

) 1p

= ‖u + v‖p−1Lp(U)‖u‖Lp(U) + ‖u + v‖p−1

Lp(U)‖v‖Lp(U) =

= ‖u + v‖p−1Lp(U)

(‖u‖Lp(U) + ‖v‖Lp(U)

)Per cui si ha

‖u + v‖pLp(U) ≤ ‖u + v‖p−1

Lp(U)

(‖u‖Lp(U) + ‖v‖Lp(U)

)da cui semplicando si ottiene la tesi.

3.2 Teorema della divergenza

Enunciamo, senza dimostrarlo, il teorema della divergenza.

Teorema 3.9 (Teorema della divergenza) Dato un insieme Ω ⊂ Rn,

aperto regolare con frontiera di classe C1, ed un campo vettoriale F : Ω → Rn

di classe C1(Ω), si ha ∫

Ω

divF dx =

∫∂Ω

F · ν dS (3.8)

dove ν denota la normale esterna al bordo di Ω.

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 23

Come conseguenza immediata del teorema [3.9] si ha che prese le funzioni

f e g : Ω → R entrambe di classe C1(Ω)valgono le seguenti formule di

Gauss-Green ∫Ω

∂f

∂xi

dx =

∫∂Ω

fνi dS per ogni i = 1, . . . , n (3.9)

e le formule di integrazione per parti∫Ω

∂f

∂xi

g dx = −∫

Ω

∂g

∂xi

f dx +

∫∂Ω

fgνi dS per ogni i = 1, . . . , n (3.10)

Se f e g sono di classe C2(Ω) sempre dal teorema della divergenza si

ottengono le cosidette formule di Green∫Ω

∆f dx =

∫∂Ω

∂f

∂νdS (3.11)

∫Ω

Df ·Dg dx = −∫

Ω

f∆g dx +

∫∂Ω

f∂g

∂νdS (3.12)∫

Ω

g∆f − f∆g dx =

∫∂Ω

g∂f

∂ν− f

∂g

∂νdS (3.13)

3.3 Formula di Wallis

Con il simbolo n!! indichiamo il cosidetto fattoriale doppio o semi-fattoriale

di n, ovvero l'operatore unario sui numeri interi positivi denito da

0!! = 1, 1!! = 1, n!! = n · (n− 2)!! ∀n ≥ 2

Si verica semplicemente che vale

n! = n!! · (n− 1)!!

Enunciamo il seguente risultato

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 24

Lemma 3.10 (Formula di Wallis) Vale il seguente limite

limn→∞

1

2n + 1

[(2n)!!

(2n− 1)!!

]2

2(3.14)

Dimostrazione. Poniamo per ogni n intero e non negativo

In =

∫ π2

0

sinn ϑd ϑ (3.15)

Si ha che I0 = π2e I1 = 1. Inoltre, dal momento che 0 ≤ sin ϑ ≤ 1 per ogni

ϑ ∈ [0, π2] si ha che sinn+1 ϑ < sinnϑ per ogni n non negativo e ϑ ∈ [0, π

2]. Ne

segue che In+1 < In per ogni n non negativo. Derivando per parti la (3.15)

si ottiene

In =

∫ π2

0

sinn ϑd ϑ =[− cos ϑ(sin ϑ)n−1

]π2

0+

∫ π2

0

(n− 1)(sin ϑ)n−2 cos2 ϑ dϑ =

= (n− 1)

∫ π2

0

(sin ϑ)n−2 cos2 ϑ dϑ =

= (n− 1)

∫ π2

0

(sin ϑ)n−2(1− sin2 ϑ) dϑ =

= (n− 1)

∫ π2

0

(sin ϑ)n−2 dϑ− (n− 1)

∫ π2

0

(sin ϑ)n dϑ =

= (n− 1)In−2 − (n− 1)In

dal primo e dall'ultimo termine si ricava

In =n− 1

nIn−2 (3.16)

Applicando ripetutamente questa relazione si ricava per pedici pari

I2n =2n− 1

2nI2n−2 =

2n− 1

2n

2n− 3

2n− 2I2n−4 = · · ·

· · · = 2n− 1

2n

2n− 3

2n− 2· · · 1

2I0 =

(2n− 1)!!

(2n)!!I0

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 25

da cui

I2n =(2n− 1)!!

(2n)!!

π

2(3.17)

Per pedici dispari

I2n+1 =2n

2n + 1I2n−1 =

2n

2n + 1

2n− 2

2n− 1I2n−3 = · · ·

· · · = 2n

2n + 1

2n− 2

2n− 1· · · 2

3I1 =

(2n)!!

(2n + 1)!!I1

ottenendo

I2n+1 =(2n)!!

(2n + 1)!!(3.18)

Per la decrescenza della successione In il rapporto tra I2n+1 e I2n è tale

da vericare2n + 1

2n + 2=

I2n

I2n

2n + 1

2n + 2=

I2n+2

I2n

<I2n+1

I2n

< 1

cioè2n + 1

2n + 2<

I2n+1

I2n

< 1

ovvero passando al limite per n →∞ si ha

limn→∞

2n + 1

2n + 2≤ lim

n→∞

I2n+1

I2n

≤ 1

da cui

limn→∞

I2n+1

I2n

= 1

D'altra parte

I2n+1

I2n

=

(2n)!!(2n+1)!!

(2n−1)!!(2n)!!

π2

=1

2n + 1

[(2n)!!

(2n− 1)!!

]22

π

e quindi1

2n + 1

[2n!!

(2n− 1)!!

]2

2

I2n+1

I2n

e passando al limite si ottiene la (3.14)

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 26

3.4 Formula di Stirling

La formula di Wallis è utile per la dimostrazione della più celebre formula di

Stirling.

Teorema 3.11 Vale il seguente limite

limn→∞

enn!

n12+n

=√

2π (3.19)

Dimostrazione. Ricordiamo che le derivate della funzione f = ln (1 + x)

sono

f (n) =(−1)n+1(n− 1)!

(1 + x)n

e quindi lo sviluppo di Mac Laurin della f è

f =∞∑

n=1

(−1)n+1

nxn

dove i termini con n pari sono negativi.

Per la funzione g = ln (1− x)

g(n) =(−1)n+1(−1)n(n− 1)!

(1 + x)n= − (n− 1)!

(1 + x)n

e quindi lo sviluppo di Taylor della g è

g = −∞∑

n=1

1

nxn

Entrambe le serie convergono per |x| < 1. I termini delle due serie sono

identici a meno del segno per cui nella serie della dierenza f − g = ln(

1+x1−x

)compariranno solo i termini con n dispari

ln

(1 + x

1− x

)= 2

∞∑k=0

x2k+1

2k + 1(3.20)

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 27

che ha raggio di convergenza unitario.

Prendiamo il logaritmo del primo termine dell'equazione (3.19) e denia-

mo la successione

xn = ln

(enn!

n12+n

)= ln (n!)− (n +

1

2) ln n + n

Osserviamo che

xn−xn+1 = ln

(enn!

n12+n

)−ln

(en+1(n + 1)!

(n + 1)12+n+1

)= ln

(en n! (n + 1)(

12+n+1)

en+1 (n + 1)! n( 12+n)

)=

= ln

[(n + 1)

e (n + 1)

(n + 1

n

) 12+n]

= ln

[(n + 1

n

) 12+n]− 1 =

=

(1

2+ n

)ln

(n + 1

n

)− 1 =

(1

2+ n

)ln

(2n + 2

2n

)− 1 =

=

(1

2+ n

)ln

((2n + 1) + 1

(2n + 1)− 1

)− 1 =

(1

2+ n

)ln

(1 + 1

2n+1

1− 12n+1

)− 1

Dallo sviluppo in serie (3.20) per x = 12n+1

si ricava che

xn−xn+1 =

(1

2+ n

)ln

(1 + 1

2n+1

1− 12n+1

)−1 =

(1

2+ n

)·2·

∞∑k=0

(1

2n+1

)2k+1

2k + 1−1 =

=∞∑

k=0

(1

2n+1

)2k

2k + 1− 1 =

∞∑k=1

(1

2n+1

)2k

2k + 1

Per cui xn − xn+1 =∑∞

k=11

(2k+1)(2n+1)2k è positivo2 per per ogni n intero

positivo. Inoltre vale che

xn − xn+1 <1

3

∞∑k=1

1

(2n + 1)2k=

1

3

∞∑k=1

(1

(2n + 1)2

)k

=

=1

3limk→∞

1(2n+1)2

−(

1(2n+1)2

)k+1

1− 1(2n+1)2

=1

1(2n+1)2

1− 1(2n+1)2

=

2La serie è composta da termini tutti positivi

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 28

=1

3· 1

(2n + 1)2 − 1=

1

3· 1

4n2 + 4n + 1− 1=

1

12· 1

n2 + n=

=1

12· n + 1− n

(n + 1)n=

1

12

(1

n− 1

n + 1

)da cui

xn −1

12n< xn+1 −

1

12(n + 1)

cioè la successionexn − 1

12n

è strettamente decrescente. Si ha dunque

x1 −1

12< · · · < xn−1 −

1

12(n− 1)< xn −

1

12n< · · · < xn < xn−1 < · · · < x1

La successione degli xn è strettamente decrescente e limitata per cui ammet-

te limite nito l che coincide con l'estremo inferiore dell'insieme xn | n =

1, 2, . . .. La successionexn − 1

12n

è strettamente crescente e limitata e

quindi ammette limite nito l′ che coincide con l'estremo superiore dell'in-

sieme(

xn − 112n

)| n = 1, 2, . . .

. Deve inne valere

l′ = limn→∞

(xn −1

12n) = lim

n→∞xn − lim

n→∞

1

12n= lim

n→∞xn = l

Anche la successione degli esponenziali exn ammette limite nito e pari

a el. Dunque esiste nito il limite dell'equazione (3.19)

el = limn→∞

exn = limn→∞

enn!

n12+n

Osserviamo anche che presa la sottosuccessione con indici pari deve valere

el = limn→∞

e(2n)(2n)!

(2n)12+2n

per cui

el = limn→∞

enn!

nn√

n

enn!nn√

n

e2n(2n)!

(2n)2n√

2n

=

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 29

= limn→∞

(enn!

nn√

n

)2(2n)2n

√2n

e2n(2n)!= lim

n→∞

e2n(n!)2

n2nn

(2n)2n√

2n

e2n(2n)!=

= limn→∞

(n!)2

n

22n√

2n

(2n)!= lim

n→∞

(n!2n)2√

2n

(2n)! n= lim

n→∞

((2n)!!)2√

2n

(2n)!! (2n− 1)!! n=

= limn→∞

(2n)!!√

2√

2n + 1

(2n− 1)!!√

n√

2n + 1= lim

n→∞

(2n)!!

(2n− 1)!!√

2n + 1

√2√

2n + 1√n

e prendendo le radici di entrambi i membri della formula di Wellis (3.14) si

ottiene

el =

√π

22 =

√2π

cioè quanto cercavamo.

3.5 Convoluzioni

Richiamiamo ora le proprietà essenziali delle convoluzioni.

Denizione 3.12 Se per quasi ogni x ∈ Rn la funzione f(x − y)g(y) della

variabile y è sommabile su Rn poniamo

(f ∗ g)(x) :=

∫Rn

f(x− y)g(y) dy per quasi ogni x ∈ Rn (3.21)

e chiamiamo (f ∗ g)(x) prodotto di convoluzione di f per g.

Lemma 3.13 Siano f ∈ L1 (Rn) e g ∈ L∞ (Rn). La funzione γ(y) = f(x−

y)g(y) è sommabile in Rn per quasi ogni x ∈ Rn. Inoltre risulta f ∗ g ∈

L∞ (Rn) e vale

‖f ∗ g‖L∞(Rn) ≤ ‖f‖L1(Rn)‖g‖L∞(Rn) (3.22)

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 30

Dimostrazione. La funzione γ(y) è banalmente sommabile per ogni x ed il

prodotto di convoluzione è denito per ogni x ∈ Rn. Infatti per ogni x si ha

(f ∗ g)(x) =

∫Rn

f(x− y)g(y) dy ≤ ess supRn

(g)

∫Rn

f(x− y) dy =

= ‖g‖Lp(Rn)‖f‖L1(Rn) < ∞

e quindi (f ∗ g)(x) è una funzione limitata e vale

‖f ∗ g‖L∞(Rn) ≤ ‖f‖L1(Rn)‖g‖L∞(Rn)

Lemma 3.14 Siano f ∈ L1 (Rn) e g ∈ L1 (Rn). La funzione γ(y) = f(x −

y)g(y) è sommabile in Rn per quasi ogni x ∈ Rn. Inoltre risulta f∗g ∈ L1 (Rn)

e vale

‖f ∗ g‖L1(Rn) ≤ ‖f‖L1(Rn)‖g‖L1(Rn) (3.23)

Dimostrazione. Supponiamo che f e g siano entrambe L1 (Rn) con f, g ≥ 0.

Applicando il teorema di Fubini (che per le funzioni non negative vale anche

senza l'ipotesi di sommabilità) si ha∫Rn

(f ∗ g)(x) dx =

∫Rn

(∫Rn

f(x− y)g(y) dy

)dx =

=

∫Rn×Rn

f(x− y)g(y) dxdy =

=

∫Rn

g(y)

(∫Rn

f(x− y) dx

)dy =

∫Rn

g(y)

(∫Rn

f(z) dz

)dy = ‖f‖1‖g‖1

dove nell'ultimo passaggio si è eettuata il cambio di variabili z = x − y.

Quindi la funzione f ∗ g è sommabile in Rn. Generalizzando quanto visto

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 31

sopra per f e g ∈ L1 (Rn) di segno qualunque, e notando che la funzione

h(x, y) = f(x− y)g(y) è sommabile in Rn × Rn, si ha

f(x− y)g(y) = f+(x− y)g+(y)︸ ︷︷ ︸h1

+

+ f−(x− y)g−(y)︸ ︷︷ ︸h2

− f+(x− y)g−(y)︸ ︷︷ ︸h3

− f−(x− y)g+(y)︸ ︷︷ ︸h4

dove gli apici + e − indicano rispettivamente la parte positiva e negativa della

funzione in cui compaiono. Dal fatto che le funzioni hi ≥ 0 i = 1, . . . , 4 sono

sommabili in Rn × Rn si ha che anche la mappa (x, y) → f(x − y)g(y) è

sommabile in Rn × Rn e quindi sempre per il teorema di Fubini la funzione

γ(y) è sommabile per quasi ogni x ∈ Rn. Inne applicando nuovamente il

teorema di Fubini, con lo stesso procedimento precedente, si ottiene∫Rn

|(f ∗ g)(x)| dx =

∫Rn

∣∣∣∣∫Rn

f(x− y)g(y) dy

∣∣∣∣ dx ≤

≤∫

Rn

(∫Rn

|f(x− y)||g(y)| dy

)dx =

∫Rn×Rn

|f(x− y)||g(y)| dxdy =

=

∫Rn

|g(y)|(∫

Rn

|f(x− y)| dx

)dy =

∫Rn

|g(y)|(∫

Rn

|f(z)| dz

)dy =

= ‖f‖1‖g‖1

cioè

‖f ∗ g‖L1(Rn) ≤ ‖f‖L1(Rn)‖g‖L1(Rn)

I due lemmi precedenti ci servono per aermare il seguente risultato

generale.

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 32

Teorema 3.15 Siano f ∈ L1 (Rn) e g ∈ Lp (Rn) con 1 ≤ p ≤ ∞. La

funzione γ(y) = f(x − y)g(y) è sommabile in Rn per quasi ogni x ∈ Rn.

Inoltre posto

(f ∗ g)(x) =

∫Rn

f(x− y)g(y) dy per quasi ogni x ∈ Rn (3.24)

risulta f ∗ g ∈ Lp (Rn) e vale

‖f ∗ g‖Lp(Rn) ≤ ‖f‖L1(Rn)‖g‖Lp(Rn) (3.25)

Dimostrazione. Per p = 1 e per p = ∞ il teorema aerma quanto già

dimostrato nei lemmi [3.13] e [3.14]. Rimane da considerare il caso 1 < p < ∞.

Indichiamo con q l'esponente coniugato3 di p. Per il lemma [3.14] la fun-

zione ζ(y) = |f(x − y)||g(y)|p è sommabile per quasi ogni x ∈ Rn, essendo

|g(y)|p ∈ L1 (Rn). Quindi la funzione ζ(y)1p = |f(x− y)|

1p |g(y)| è in Lp (Rn).

Osservando che

|f(x− y)g(y)| = |f(x− y)|1q

(|f(x− y)|

1p |g(y)|

)e che |f(x−y)|

1q ∈ Lq (Rn) e |f(x−y)|

1p |g(y)| ∈ Lp (Rn), per la diseguaglianza

di Holder si ha che |f(x − y)g(y)| è sommabile e quindi anche f(x − y)g(y)

è sommabile per quasi ogni x ∈ Rn.

Inoltre ∫Rn

|(f ∗ g)(x)|p dx =

∫Rn

∣∣∣∣∫Rn

f(x− y)g(y) dy

∣∣∣∣p dx ≤

≤∫

Rn

(∫Rn

|f(x− y)||g(y)| dy

)p

dx =

3Cioè tale che 1q + 1

p = 1.

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 33

=

∫Rn

(∫Rn

|f(x− y)|1q

[|f(x− y)|

1p |g(y)|

]dy

)p

dx ≤

≤∫

Rn

([∫Rn

|f(x− y)| dy

] 1q

·[∫

Rn

|f(x− y)||g(y)|p dy

] 1p

)p

dx

per la diseguaglianza di Holder applicata all'integrale più interno. L'ultimo

termine trovato è uguale a∫Rn

([∫Rn

|f(x− y)| dy

] pq

·∫

Rn

|f(x− y)||g(y)|p dy

)dx =

=

∫Rn

(‖f‖

pq

1 ·∫

Rn

|f(x− y)||g(y)|p dy

)dx =

= ‖f‖pq

1

∫Rn×Rn

|f(x− y)||g(y)|p dx dy =

= ‖f‖pq

1

∫Rn

(∫Rn

|f(x− y)||g(y)|p dx

)dy =

= ‖f‖pq

1

∫Rn

|g(y)|p(∫

Rn

|f(x− y)| dx

)dy = ‖f‖

pq

1

∫Rn

|g(y)|p‖f‖1dy =

= ‖f‖pq+1

1 ‖g(y)‖pp

Prendendo il primo e l'ultimo termine di questa sequenza di passaggi si

ottiene ∫Rn

|(f ∗ g)(x)|p dx ≤ ‖f‖pq+1

1 ‖g(y)‖pp

ed elevando a 1psi ha

‖(f ∗ g)‖p ≤ ‖f‖1‖g(y)‖p

Nelle ipotesi del teorema appena dimostrato risulta che

(f ∗ g)(x) = (g ∗ f)(x)

per quasi ogni x ∈ Rn.

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 34

Denizione 3.16 (Supporto) Presa una qualunque funzione f : Rn → R,

consideriamo la famiglia di tutti gli insiemi Ωαα∈A aperti in cui f = 0

quasi ovunque. Allora il complementare dell'insieme Ω =⋃

α∈A Ωα è detto il

supporto di f e si denota con suppf .

Se f è una funzione limitata a supporto compatto, ed in particolare se è

Cc(Rn) e g ∈ L1loc(Rn) allora il prodotto di convoluzione è denito per ogni

x ∈ Rn.

Se f è continua allora suppf è la chiusura dell'insieme x ∈ Rn | f(x) 6=

0

Si noti che se f e g sono due funzioni a supporto compatto, anche (f ∗ g)

lo è. Risulta, inoltre che il supporto di (f ∗ g) è contenuto nella chiusura

dell'insieme x + y | x ∈ suppf, y ∈ suppg ovvero

supp(f ∗ g) ⊂ suppf + suppg

Teorema 3.17 Sia f ∈ Ckc (Rn), con e g ∈ L1

loc(Rn). Allora f ∗ g ∈ Ck(Rn)

e se k ≥ 1 e |α| ≤ k, si ha

Dα(f ∗ g) = Dαf ∗ g (3.26)

Dimostrazione. La dimostrazione procede per induzione sul valore k.

Per k = 0 abbiamo che f ∈ Cc(Rn) e vogliamo solo dimostrare che f ∗ g

è una funzione continua. Osserviamo innanzitutto che f è uniformemente

continua su Rn. Poi prendiamo una successione xh convergente a x e tentiamo

di dimostrare che

limh→∞

(f ∗ g)(xh) = (f ∗ g)(x)

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 35

il che è suciente a dimostrare la continuità di f ∗ g.

Risulta che

limh→∞

(f ∗ g)(xh) = limh→∞

∫Rn

f(xh − y)g(y) dy

Per la uniforme continuità4 di f in Rn si ha che ∀ε, ∃δ tale che per ogni

|(xh − y) − (x − y)| = |xh − x| < δ risulta |f(xh − y) − f(x − y)| < ε. Da

ciò si ha che esiste ν tale che per h > ν risulta |f(xh − y) − f(x − y)| < ε

per ogni y ∈ Rn cioè f(xh − y) converge uniformemente a f(x − y) per

h → ∞. Inoltre, indicati con r1 il raggio di una palla5 centrata nell'origine

contenente il supporto di f e con r2 il raggio di un'altra palla6 centrata

nell'origine contenente le xh e la x, si ha che la palla centrata nell'origine

di raggio r = r1 + r2 contiene7 i supporti di tutte le funzioni f(xh − y) e

della funzione f(x− y). Di conseguenza, essendo g sommabile in B(r) e per

l'uniforme convergenza delle f(xh− y), si può passare al limite sotto il segno

di integrale ottenendo

limh→∞

∫Rn

f(xh − y)g(y) dy = limh→∞

∫B(r)

f(xh − y)g(y) dy =

=

∫B(r)

limh→∞

f(xh − y)g(y) dy =

∫B(r)

f(x− y)g(y) dy = (f ∗ g)(x)

come volevasi.4Infatti le funzioni continue a supporto compatto sono uniformemente continue in tutto

Rn.5Questa palla esiste perchè il supporto è compatto e quindi limitato.6Questa palla esiste per la convergenza dei punti xh.7Perchè il supporto di f(w−y) è costituito da ogni punto y ottenuto sottraendo a w un

qualsiasi punto z del supporto di f cioè y = w−z. Quindi per la disuguaglianza trangolare

nel caso in cui w assuma i valori xh e x si ha |y| ≤ |w|+ |z| < r1 + r2 = r.

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 36

Per k = 1 vogliamo dimostrare che (f ∗ g) ∈ C1(Rn) e che

∂(f ∗ g)

∂xi

=∂f

∂xi

∗ g

per ogni i = 1, . . . , n. Indicato con ei l'i-esimo elemento della base canonica

si ha che(f ∗ g)(x + hei)− (f ∗ g)(x)

h=

=

∫Rn f(x + hei − y)g(y) dy −

∫Rn f(x− y)g(y) dy

h=

=

∫Rn

f(x + hei − y)− f(x− y)

hg(y) dy

Per la uniforme continuità in Rn di ∂f∂xi

e per il fatto che f(x+hei−y)−f(x−y)h

=

∂f∂xi

(x+ ξei− y) con 0 < ξ < h si ha che f(x+hei−y)−f(x−y)h

vista come funzione

della y converge uniformemente su Rn a ∂f∂xi

(x−y) per h → 0. Inoltre con ra-

gionamento analogo al precedente si determina una palla centrata nell'origine

che contiene i supporti di tutte le f(x+hei−y)−f(x−y)h

e di ∂f∂xi

(x − y). Come in

precedenza, essendo g sommabile in B(r) e per l'uniforme convergenza delle

f(x+hei−y)−f(x−y)h

, si può passare al limite sotto il segno di integrale ottenendo

che∂(f ∗ g)

∂xi

(x) = limh→0

(f ∗ g)(x + hei)− (f ∗ g)(x)

h=

= limh→0

∫Rn

f(x + hei − y)− f(x− y)

hg(y) dy =

=

∫Rn

limh→0

f(x + hei − y)− f(x− y)

hg(y) dy =

∫Rn

∂f

∂xi

(x− y)g(y) dy

=∂f

∂xi

∗ g

e per la continuità di ∂f∂xi

e per quanto visto nel caso k = 0 si ha che la funzione

∂f∂xi

∗ g è continua e quindi, dall'ultima uguaglianza ∂(f∗g)∂xi

(x) è continua per

ogni i = 1, . . . , n, cioè f ∗ g ∈ C1(Rn).

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 37

Nel caso generale procediamo con analoghe considerazioni al caso k = 1

e notiamo che per ogni multi-indice α esiste un multi-indice β di lunghezza

|α| − 1 per il quale si ha

Dαf = limh→0

Dβf(x + hei − y)−Dβf(x− y)

h

per qualche i ∈ 1, . . . , n. Utilizzando l'ipotesi di induzione e potendo passare

al limite sotto il segno di integrale si ottiene che

Dα(f ∗ g)(x) = limh→0

Dβ(f ∗ g)(x + hei)−Dβ(f ∗ g)(x)

h=

= limh→0

∫Rn

Dβf(x + hei − y)−Dβf(x− y)

hg(y) dy =

=

∫Rn

limh→0

Dβf(x + hei − y)−Dβf(x− y)

hg(y) dy =

∫Rn

Dαf(x− y)g(y) dy

= Dαf ∗ g

e per la continuità di Dαf e per quanto visto nel caso k = 0 si ha che la

funzione Dαf ∗ g è continua e quindi, dall'ultima uguaglianza Dα(f ∗ g)(x) è

continua per ogni multi-indice α di lunghezza k, cioè f ∗ g ∈ Ck(Rn).

3.6 Mollicatori

I mollicatori sono un utile strumento per costruire approssimazioni lisce,

cioè di classe C∞, di funzioni date.

Nel seguito U indicherà un aperto di Rn. Inoltre con Uε si indicherà l'in-

sieme x ∈ U | dist(x, ∂U) > ε con ε > 0. Con ∗ indicheremo il prodotto di

convoluzione tra due funzioni.

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 38

Denizione 3.18 (Mollicatore) Una funzione % ∈ C∞c (Rn) è un molli-

catore se

%(x) ≥ 0 per ogni x ∈ Rn (3.27)

e ∫Rn

%(x) dx = 1 (3.28)

Un esempio di mollicatore è dato dal cosidetto mollicatore standard.

Denizione 3.19 (Mollicatore standard) Deniamo la funzione η di

classe C∞(Rn), detta mollicatore standard, nel modo seguente

η(x) :=

C · e

1|x|2−1 per|x| < 1

0 per|x| ≥ 1

(3.29)

con

C =1∫

Rn η dx

.

Il valore della costante C è preso in modo che η(x) rispetti la condizione

(3.28).

Il mollicatore standard è dovunque pari a zero tranne che in un compat-

to di Rn, e specicatamente in |x| ≤ 1. Nel caso del mollicatore standard

il supporto è B(1) chiusura della palla centrata nell'origine e di raggio uni-

tario. La funzione η(x) è dunque liscia a supporto compatto cioè η ∈ C∞c .

Osserviamo inoltre come η sia funzione solo di |x| cioè del raggio r con centro

nell'origine.

Partendo da un mollicatore %(x) tale che supp% = B(1), possiamo

costruire altri mollicatori nel seguente modo

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 39

Denizione 3.20 Per ogni h > 0, deniamo la funzione %h(x)

%h(x) = hn%(hx) per ogni x ∈ Rn (3.30)

e risulta che %h è un mollicatore con supp% = B( 1h).

Se h lo scegliamo pari a 1, 2, . . . otteniamo una successione di mollicatori

come supporto che hanno la palla centrata nell'origine e di raggio 1h, come

supporto.

Partendo, ad esempio, dal mollicatore standard si possono generare, con

il procedimento appena descritto, i seguenti mollicatori

Denizione 3.21 Per ogni ε > 0, deniamo la funzione ηε di classe C∞c (Rn)

ηε(x) :=

1εn · η

(xε

)per|x| < ε

0 per|x| ≥ ε

(3.31)

e risulta∫

Rn ηε dx = 1 e ηε(x) ≥ 0.

Nel caso dei mollicatori ηε ∈ C∞c , il supporto è B(ε) chiusura della palla

centrata nell'origine di raggio ε.

L'importanza dei mollicatori risiede nel fatto che permettono di appros-

simare, con un pressata accuratezza, un gran numero di funzioni. L'appros-

simazione avviene mediante la costruzione di determinate funzioni di classe

C∞ generate a partire dai mollicatori.

Deniamo ora le mollicate di una funzione

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 40

Denizione 3.22 Data una funzione f ∈ L1loc(Rn), ed una successione di

mollicatori %h(x), come nella denizione [3.20], e h ∈ N. Le funzioni

fh(x) := %h ∗ f per ogni x ∈ Rn (3.32)

prendono il nome di mollicate o regolarizzate della funzione f .

Le mollicate di f sono quindi date da

fh =

∫Rn

%h(x− y)f(y) dy =

∫B(x, 1

h)

%h(x− y)f(y) dy perx ∈ Rn

Le funzioni fh godono di alcune proprietà riassunte nei seguenti risultati.

Corollario 3.23 Le funzioni fh sono lisce in Rn

fh ∈ C∞(Rn) (3.33)

per ogni h ∈ N.

Dimostrazione. Segue direttamente dal teorema [3.17] a pagina 34.

Corollario 3.24 Per ogni multi-indice α si ha

Dαfh = hn+|α|∫

Rn

(Dα%)(h(x− y))f(y) dy (3.34)

Dimostrazione. Segue dal teorema [3.17] a pagina 34 constatando che es-

sendo

%h(x) = hn%(hx)

vale

Dα%h(x) = hn+|α|(Dα%)(hx)

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 41

Per cui segue

Dαfh(x) = Dα(%h ∗ f)(x) =((Dα%h) ∗ f

)(x) =

=

∫Rn

(Dα%h)(x− y)f(y) dy = hn+|α|∫

Rn

(Dα%)(h(x− y))f(y) dy

Proposizione 3.25 Sia %h una successione di mollicatori come nella de-

nizione [3.20] e f ∈ C(Rn). Detto fh il prodotto di convoluzione %h ∗ f , si ha

che fh converge uniformemente a f sui compatti di Rn, per h →∞.

Dimostrazione. Fissato un compatto K, risulta che f è unifomemente con-

tinua su K. L'insieme A = z ∈ Rn : dist(z, K) < 1 è limitato ed essendo

f è unifomemente continua su A lo è anche su A. Quindi per ogni ε > 0 esiste

0 < δ < 1 tale che se x ∈ K e |y| < δ risulta

|f(x− y)− f(x)| < ε

Per ogni h > 1δil supporto di %h è una palla di raggio minore di δ.

|(%h ∗ f)(x)− f(x)| =∣∣∣∣∫

Rn

%h(x− y)f(y) dy − f(x)

∫Rn

%h(x− y) dy

∣∣∣∣dal momento che

∫Rn %h(x− y) dy = 1. Per cui∣∣∣∣(%h ∗ f)(x)− f(x)| = |

∫Rn

%h(x− y)f(y) dy −∫

Rn

%h(x− y)f(x) dy

∣∣∣∣ =

=

∣∣∣∣∫Rn

f(x− y)%h(y) dy −∫

Rn

%h(x− y)f(x) dy

∣∣∣∣ =

∣∣∣∣∫Rn

[f(x− y)− f(x)] %h(y) dy

∣∣∣∣ =

∣∣∣∣∣∫

B( 1h)

[f(x− y)− f(x)] %h(y) dy

∣∣∣∣∣ ≤

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 42

≤∫

B( 1h)

|f(x− y)− f(x)| %h(y) dy < ε

∫B( 1

h)

%h(y) dy = ε

da cui si ottieme che per ogni ε se prendiamo h > 1δotteniamo |(%h ∗ f)(x)−

f(x)| < ε per ogni x ∈ K cioè l'uniforme convergenza di fh a f in ogni

compatto di Rn

Proposizione 3.26 Sia %h una successione di mollicatori come nella de-

nizione [3.20] e f ∈ Lp(Rn) con 1 ≤ p < ∞. Detto fh il prodotto di

convoluzione %h ∗ f , si ha che fh converge a f in Lp(Rn) per h →∞.

Dimostrazione. L'insieme delle funzioni Cc(Rn) è denso in Lp(Rn) per 1 ≤

p < ∞. Per cui per ogni ε > 0 esiste una funzione g ∈ Cc(Rn) tale che

‖f − g‖p < ε. Vale che

‖fh − f‖p = ‖%h ∗ f − f‖p = ‖%h ∗ f − %h ∗ g + %h ∗ g − g + g − f‖p ≤

≤ ‖%h ∗ (f − g)‖p + ‖%h ∗ g − g‖p + ‖g − f‖p ≤

≤ ‖%h‖1‖(f − g)‖p + ‖%h ∗ g − g‖p + ‖g − f‖p

avendo utilizzato la diseguaglianza (3.14). Essendo ‖%h‖1 = 1 si ha

‖fh − f‖p ≤ 2‖f − g‖p + ‖%h ∗ g − g‖p ≤ 2ε + ‖%h ∗ g − g‖p

La funzione (%h ∗ g)(x) è a supporto compatto, essendo il prodotto di convo-

luzione due funzioni a supporto compatto e si ha per ogni h ∈ N

supp(%h ∗ g) ⊂ B1 + supp(g)

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 43

Indichiamo con K l'insieme compatto B1 + supp(g). Per il teorema [3.26] si

ha che %h∗g → g uniformemente su K. Essendo i supporti di tutte le funzioni

%h ∗ g e di g contenuti in K si ha convergenza uniforme su tutto Rn. Ciò è

suciente a garantire che %h ∗ g converga a g anche in Lp(Rn). Quindi per h

sucientemente grande si ha ‖%h ∗ g − g‖p < ε ed inne

‖fh − f‖p ≤ 2ε + ε = 3ε

cioè la convergenza di fh → f in Lp(Rn).

Proposizione 3.27 Sia %h una successione di mollicatori come nella de-

nizione [3.20] e f ∈ Lploc(Rn). Detto fh il prodotto di convoluzione %h ∗ f , si

ha che fh converge a f in Lploc(Rn) per h →∞.

Dimostrazione. Deniamo la funzione indicatrice di un insieme A ⊂ Rn

come

χA : Rn → 0, 1

tale che

χA(x) =

1 se x ∈ A

0 se x /∈ A

Allora ssato un valore r > 1 consideriamo la funzione f · χB(r), prodotto di

f e della funzione indicatrice di B(r). Per ogni y ∈ B(r) si ha f(y) = fχB(r).

Se prendiamo x ∈ Br−1 siamo sicuri che per ogni h = 1, 2, . . . vale

(%h ∗ f)(x) =(%h ∗ (fχB(r))

)(x).

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 44

Dal fatto che f ∈ Lploc(Rn) e che la funzione fχB(r) è nulla in ogni punto che

non appartiene a B(r) segue che fχB(r) appartiene a Lp(Rn). Per il teorema

[3.26] risulta quindi che %h ∗ fχB(r) converge in Lp(Rn) a fχB(r) per ogni

r > 1. Per cui, per ogni x ∈ B(r − 1), si ha

(%h ∗ fχB(r))(x) = (%h ∗ f)(x)

fχB(r)(x) = f(x)

e quindi ∃ν ∈ N tale che per ogni h > ν si ha

‖(%h ∗ fχB(r))(x)− fχB(r)(x)‖Lp(B(r−1)) < ε

ovvero

‖(%h ∗ f)(x)− f(x)‖Lp(B(r−1)) < ε

cioè

%h ∗ f → f

in Lp(B(r− 1)), cioè %h ∗ f converge in Lp a f su ogni insieme limitato di Rn

Corollario 3.28 Sia Ω un aperto di Rn, e p ∈ [1,∞). Lo spazio delle

funzioni C∞c (Ω) è denso in Lp(Ω)

Dimostrazione. Sappiamo che Cc(Ω) è denso in Lp(Ω) cioè che presa una

una funzione f ∈ Lp(Ω), per ogni ε > 0 esiste g ∈ Cc(Ω) tale che

‖f − g‖Lp(Ω) < ε

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 45

Naturalmente, posto g = 0 in ogni punto di Rn\Ω, si ha che g ∈ Lp(Rn) e

dal teorema [3.26], per h > ν con ν ∈ N

‖g − (%h ∗ g)‖Lp(Ω) = ‖g − (%h ∗ g)‖Lp(Rn) < ε

Quindi

‖f − (%h ∗ g)‖Lp(Ω) = ‖f − g + g − (%h ∗ g)‖Lp(Ω) ≤

≤ ‖f − g‖Lp(Ω) + ‖g − (%h ∗ g)‖Lp(Ω) ≤ ε + ε = 2ε

ovvero esiste una funzione γ ∈ C∞c (Ω) (specicatamente (%h∗g)(x) con h > ν)

tale che per ogni f ∈ Lp(Ω)

‖f − γ‖Lp(Ω) < ε

3.7 Teorema di Ascoli-Arzelà

Il teorema di Ascoli-Arzelà fornisce un utile criterio di compattezza nello spa-

zio delle funzioni continue su di un compatto. A tale scopo, ssati un com-

patto K ⊂ Rn ed una successione di funzioni fh ∈ C(K) diamo le seguenti

denizioni

Denizione 3.29 Diremo che le funzioni fh sono equilimitate se

suph∈N

maxx∈K

|fh(x)| (3.35)

ha valore nito.

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 46

Denizione 3.30 Diremo che le funzioni fh sono equicontinue se per ogni

ε > 0 è possibile determinare un δ > 0 tale che

|fh(x)− fh(y)| < ε ∀h e ∀x, y ∈ K : |x− y| < δ (3.36)

Teorema 3.31 (Ascoli-Arzelà) Siano dati un compatto K ⊂ Rn ed una

successione di funzioni fh : K → R equilimitate ed equicontinue. Allora

esiste una sotto successione fhiestratta da fh convergente uniformemente in

K.

Dimostrazione. Indichiamo con xi una successioni di punti di K densa

in K. Per esempio l'insieme dei punti x ∈ Qn | x ∈ K che essendo un

sottoninsieme di Qn è sicuramente numerabile e denso in K. Dall'ipotesi di

equilimitatezza delle funzioni fh segue subito che per ogni i ∈ N la successione

numerica (fh(xi))h∈N è limitata Considerata la successione (fh(x1))h∈N si può

allora estrarre da fh una sottosuccessione f(1)h tale che (f

(1)h (x1))h∈N risulti

convergente. Considerata la successione (f(1)h (x2))h∈N si può allora estrarre

da f(1)h una sottosuccessione f

(2)h tale che (f

(2)h (x2))h∈N risulti convergente.

Inoltre per la convergenza di (f(1)h (x1))h∈N e risulta che anche (f

(2)h (x1))h∈N è

convergente. Supposto vero che per un certo i ∈ N la successione (f(i)h (xj))h∈N

risulti convergente per j = 1, 2, . . . , i, dimostriamo che esiste una successio-

ne (f(i+1)h (xj))h∈N convergente per ogni j = 1, . . . , i + 1. Per far ciò basta

considerare la successione limitata (f(i)h (xi+1))h∈N. Si può allora estrarre da

f(i)h una sottosuccessione f

(i+1)h tale che (f

(i+1)h (xi+1))h∈N risulti convergente.

Inoltre per la supposta convergenza di (f(i)h (xj))h∈N per ogni j = 1, . . . , i,

risulta che (f(i+1)h (xj))h∈N è convergente per ogni j = 1, . . . , i + 1.

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 47

Quindi, per induzione, abbiamo che per ogni xi i ∈ N esiste una sotto-

succesione f(i)h di fh per la quale si ha che (f

(i)h (xi))h∈N è convergente. Inoltre

f(i)h è una sottosuccessione di f

(i+1)h .

Consideriamo la successione gi = f(i)i . Preso un punto xk con k ∈ N

qualunque, si ha che per i ≥ k i termini (gi(xk))i∈N = (f(i)i (xk))i∈N stanno

tutti nella successione (f(k)h (xk))i∈N, che è convergente. (gi(xk))i∈N è quindi

una sottosuccessione di una successione convergente e quindi a sua volta

convergente. Ricapitolando (gi)(x) converge per i → ∞ in ogni punto della

successione xk.

Mostriamo ora che le funzioni (gi)(x) convergono uniformemente in K.

Per la equicontinuità si ha che per ogni ε > 0∃δ tale che per ogni |x− y| < δ

risulta |gi(x)− gi(y)| < ε. Osserviamo che per la densità di xi in K si ha che

K ⊂∞⋃i=1

B(xi, δ)

e per la compattezza di K esiste un µ ∈ N tale che

K ⊂µ⋃

i=1

B(xi, δ)

Preso un qualunque x ∈ K esiste un xj con j ∈ 1, . . . , µ tale che

|gn(x)− gm(x)| = |gn(x)− gn(xj) + gn(xj)− gm(xj) + gm(xj)− gm(x)| ≤

≤ |gn(x)− gn(xj)|+ |gn(xj)− gm(xj)|+ |gm(xj)− gm(x)|

dove il primo ed il terzo termine sono minori di ε per la equicontinuità di

fh. Il termine centrale può essere reso minore di ε per m, n > lεx(j). Infatti

la successione (gi(xj))i∈N converge e quindi è anche Cauchy convergente. In

generale, però, lεx(j) dipende dalla x scelta. Prendiamo allora il massimo tra

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 48

tutti gli lεx(1), . . . , lεx(µ) e lo chiamiamo lε. Ora qualsiasi sia la scelta di x il

termine |gn(xj)− gm(xj)| risulterà minore di ε per m,n > lε. Si ha inne che

per qualsiasi x ∈ K

|gn(x)− gm(x)| ≤ |gn(x)− gn(xj)|+ |gn(xj)− gm(xj)|+ |gm(xj)− gm(x)| <

< ε + ε + ε = 3ε

per m, n > lε ovvero per il criterio di Cauchy risulta che le gi(x) convergono

uniformemente in K.

Nota 3.32 La convergenza uniforme coincide con la convergenza nello spa-

zio delle funzioni continue. Quindi il teorema di Ascoli-Arzelà aerma, come

accennato all'inizio della sezione, che un sottoinsieme di C(K) equilimitato

ed equicontinuo è un compatto di C(K).

Una variante molto utilizzata del teorema di Ascoli-Arzelà si ottiene so-

stituendo l'equilimitatezza con la equilipschitzianità. Tale ipotesi è più forte

ma di solito più agevole da vericare.

Denizione 3.33 Diremo che le funzioni fh sono equilipschitziane se

|fh(x)− fh(y)| ≤ L|x− y| ∀h e ∀x, y ∈ K (3.37)

per qualche L ∈ R.

Corollario 3.34 Siano dati un compatto K ⊂ Rn ed una successione di

funzioni fh : K → R equilipschitziane. Se esiste un x0 ∈ K per il quale

la successione fh(x0) risulta limitata, allora esiste una sottosuccessione fhi

estratta da fh convergente uniformemente in K.

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 49

Dimostrazione. É facile osservare come la condizione di equilipschitzianità

implichi l'equicontinuità. Inoltre essendo K ⊂ B(r) per qualche r ∈ R, si ha

che per ogni y ∈ K

|fh(x0)− fh(y)| ≤ L|x0 − y| ≤ L · 2r

da cui

suph∈N

maxx∈K

|fh(x)| ≤ suph∈N

(|fh(x0)|+ 2rL) ≤ C + 2rL

dove C è un maggiorante della successione fh(x0). Si ha quindi la equilimi-

tatezza. In virtù del teorema [3.31] la dimostrazione è conclusa.

3.8 Le funzioni Gamma e Beta

Sia t > 0. Poniamo

Γ(t) =

∫ ∞

0

xt−1e−x dx (3.38)

La funzione f(x) = xt−1e−x è sommabile in (0, +∞). Infatti, poichè

limx→∞ xt+1e−x = 0, si ha che esiste M > 0 tale che xt+1e−x < 1 per x > M e

dunque f(x) < 1x2 per x > M , da cui segue la sommabilità di f su (M, +∞).

D'altra parte risulta f(x) < xt−1 ed essendo xt−1 sommabile su (0, M) per

ogni t > 0, tale risulta anche f(x) in (0, M).

Osserviamo che

Γ(1) =

∫ ∞

0

e−x dx = 1 (3.39)

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 50

e che

Γ(t + 1) =

∫ ∞

0

xte−x dx =[xte−x

]∞0

+ t

∫ ∞

0

xt−1e−x dx = tΓ(t)

cioè

Γ(t + 1) = tΓ(t) (3.40)

Dalla (3.39)e dalla (3.40) si ottiene che se t ∈ N allora Γ(t + 1) = t!

Quanto visto mostra che la funzione Γ estende a (0,∞) il fattoriale di un

numero.

Con semplici calcoli si ricava che

Γ(1

2) =

√π

Sia t > 0 e s > 0. Poniamo

β(s, t) =

∫ 1

0

xs−1(1− x)t−1 dx (3.41)

Eettuando il cambio di variabili x = 1− y si ha che β(s, t) = β(t, s).

Inoltre essendo

Γ(s)Γ(t) =

(∫ ∞

0

zs−1e−z dz

)(∫ ∞

0

wt−1e−w dw

)eettuando il cambio di variabili z = x2 e w = y2 si ottiene

2

(∫ ∞

0

x2s−1e−x2

dx

)2

(∫ ∞

0

y2t−1e−y2

dy

)= 4

∫ ∞

0

∫ ∞

0

x2s−1y2t−1e−(x2+y2) dxdy

e passando in coordinate polari

4

∫ ∞

0

∫ π2

0

%2t+2s−1 cos(ϑ)2s−1 sin(ϑ)2t−1e−%2

dϑd% =

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 51

4

∫ ∞

0

%2t+2s−1e−%2

d% ·∫ π

2

0

cos(ϑ)2s−1 sin(ϑ)2t−1 dϑ =

e ponendo %2 = r e cos2(ϑ) = x e quindi dx = 2 cos(ϑ) sin(ϑ)dϑ∫ ∞

0

rt+s−1e−r dr ·∫ π

2

0

cos(ϑ)2s−2 sin(ϑ)2t−22 cos(ϑ) sin(ϑ) dϑ =

Γ(s + t) ·∫ 1

0

xs−1(1− x)t−1 dx = Γ(s + t)β(s, t)

ed inne otteniamo

β(s, t) =Γ(s)Γ(t)

Γ(s + t)(3.42)

Le In denite in (3.15) risultano essere esprimibili in funzione della fun-

zioene β. In particolare

In =

∫ π2

0

sinn ϑd ϑ

con il cambio di variabili x = sin2(ϑ), diventa∫ 1

0

sin(ϑ)n

2 sin(ϑ) cos(ϑ)dx =

∫ 1

0

x(n−1)/2

2(1− x)1/2dx =

=1

2

∫ 1

0

x(n−1)/2(1− x)−1/2 dx

ovvero

In =1

2

∫ 1

0

x(n−1)/2(1− x)−1/2 dx =β((n + 1)/2, 1/2

)2

(3.43)

3.9 Cambiamento di base dell'operatore D2xu

Con il simbolo D2xu si vuole indicare la matrice bidimensionale i cui elementi

sono le derivate seconde della funzione u. Nel posto corrispondente alla riga

i-esima ed alla colonna j-esima della matrice troviamo l'elemento ∂2u∂xi∂xj

dove

i e j ∈ 1, . . . , n.

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 52

D2xu è un tensore di cui si può denire la natura analizzando come si

trasforma sotto cambiamento di base nello spazio Rn. Indichiamo con ei i

versori della base canonica di Rn e con xi le coordinate associate a tali versori.

Con εi indichiamo i versori della base di arrivo a seguito della trasformazione

lineare di cambiamento della base, e con yi le coordinate associate a tali

versori. Il cambiamento di base ha la seguente struttura:

(ε1, . . . , εn) = (e1, . . . , en) · A (3.44)

dove la matrice A è detta matrice di cambiamento della base ed è costituita

dagli elementi aij nella posizione corrispondente all'i-esima riga e alla j-esima

colonna. Con e1, . . . , en si indica il vettore riga formato dagli ei (lo stesso

dicasi per gli εi). Inne, essendo A la matrice di trasformazione di una base

in un'altra base, risulta det(A) 6= 0

È facile determinare la relazione che induce la trasformazione (3.44) sulle

coordinate. Scrivendo uno stesso vettore come combinazione lineare della

base εi e poi della base ei si ottiene:

n∑j=1

yjεj =n∑

i=1

xiei

e quindi, utilizzando la (3.44) si giunge a

yjaijei = xiei (3.45)

in quest'ultima equazione la ripetizione di uno stesso indice o apice indica la

sommatoria da 1 a n. Ad esempio il secondo termine dell'equazione (3.45)

signica∑n

j=1 xjej. Dalla (3.45) per l'unicità delle coordinate di un vettore

in una determinata base risulta:

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 53

yiaji = xj (3.46)

ovvero in notazione matriciale

A · ~y = ~x (3.47)

cioè

~y = A−1 · ~x (3.48)

Il gradiente della funzione u rispetto alle coordinate xi lo indicheremo sia

con il simbolo gradx(u) che con Dxu. Possiamo scrivere:

∂u

∂xi

=∂u

∂y1

· ∂y1

∂xi

+ . . . +∂u

∂yn

· ∂yn

∂xi

e poichè ∂yj

∂xi= aj

i (dove aji è il generico elemento di A−1) si ottiene

Dxu = (A−1)t ·Dyu (3.49)

dove Dxu e Dyu sono pensati come vettori colonna e la scrittura ()t sta ad

indicare l'operazione di trasposizione. Con calcoli analoghi a quelli eettuati

no a quasto momento è facile ricavare che

Dx(Dxu) = Dx((A−1)t ·Dyu) = Dy((A

−1)t ·Dyu) ·A−1 = (A−1)tDy(Dyu)A−1

e quindi

D2yu = At · (D2

xu) · A (3.50)

L'equazione (3.50) ci permette di aermare che D2u si trasforma per con-

gruenza, cioè non conserva traccia e determinante se non quando il cambio di

base avviene da vettori ortonormali a vettori ortonormali ripetto al prodotto

CAPITOLO 3. ALCUNI RISULTATI UTILI 54

scalare denito nello spazio Rn La traccia di D2u si vede facilmente che coin-

cide con l'operatore di Laplace applicato ad u. Ciò signica che ∆xu = ∆yu

se l'operatore del cambio di base è unitario (cioè è una rotazione o una

riessione).

Capitolo 4

Le funzioni armoniche

4.1 Proprietà del valore medio

Consideriamo un insieme aperto U ⊂ Rn e supponiamo che la funzione u sia

armonica (cfr. denizione 1.5 a pag. 5) in U . La u gode allore di notevoli pro-

prietà tra cui quella del valore medio, secondo la quale il valore dell'integrale

di u nella palla B(x, r) 1, diviso il volume della palla stessa è pari al valore

di u calcolato nel centro della palla in questione (cioè in x).

Lo stesso vale per la supercie sferica, cioè il valore dell'integrale di u sulla

supercie sferica ∂B(x, r) diviso la misura della supercie sferica stessa è pari

al valore di u calcolato in x.

Premesso che il simbolo −∫indica l'operazione di media possiamo enunciare

il seguente risultato.

Teorema 4.1 (Formule del valore medio) Se u ∈ C2(U) è una funzione

1B(x, r) indica l'insieme y ∈ Rn | |y−x| < r, cioè l'aperto di Rn costituito dai punti

distanti meno di r da x.

55

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 56

armonica, allora

u(x) = −∫

∂B(x,r)

u dS = −∫

B(x,r)

u dy (4.1)

per qualunque palla B(x, r) ⊂ U

Dimostrazione. Verichiamo in primo luogo che

u(x) = −∫

∂B(x,r)

u dS

Deniamo la funzione

φ(r) := −∫

∂B(x,r)

u(y) dS(y)

ed eettuiamo il cambiamento di variabili y = x + rz con z punto di Rn

ed r raggio della palla B(x, r), in modo che nel dominio di integrazione non

compaia r.

φ(r) =1

σnrn−1

∫∂B(x,r)

u(y) dS(y) =

=1

σnrn−1

∫∂B(0,1)

u(x + rz) rn−1dS(z) =1

σn

∫∂B(0,1)

u(x + rz) dS(z) =

= −∫

∂B(0,1)

u(x + rz) dS(z)

dove rn−1 è il determinante dello Jacobiano della trasformazione y = x+rz

tenendo presente che la supercie sferica è una varietà ad n− 1 dimensioni.

Inoltre con σn si indica la misura della supercie sferica di raggio unitario in

Rn.

È ora possibile calcolare agevolmente la derivata di φ(r) e ritornare alla

variabile y

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 57

φ′(r) = −∫

∂B(0,1)

Du(x + rz) · z dS(z) = −∫

∂B(x,r)

Du(x + rz) · y − x

rdS(y)

Quindi, indicando con ν il versore uscente dalla supercie ∂B(x, r) e

tenendo presente che ν = y−xr, con l'ausilio delle formule di Green 3.9 si

ottiene

φ′(r) =1

σnrn−1

∫∂B(x,r)

Du(y) · ν dS(y) =

=1

σnrn−1

∫B(x,r)

div(Du(y)) dy =1

σnrn−1

∫B(x,r)

∆u dy =

=r

nωnrn

∫B(x,r)

∆u dy =r

n−∫

B(x,r)

∆u dy = 0

in cui si è fatto uso della relazione σn = nωn, con ωn misura della palla

di raggio unitario in Rn, e dell'ipotesi di armonicità di u.

Dall'ultima equazione si ricava che φ(r) è costante cioè che

−∫

∂B(x,r)

u(y) dS(y)

ha sempre lo stesso valore al variare del raggio della palla B(x, r). Si può

quindi valutare φ(r) constatando che

φ(r) = limr→0

−∫

∂B(x,r)

u(y) dS(y) = limr→0

1

σnrn−1

∫∂B(x,r)

u(y) dS(y) =

= limr→0

1

σnrn−1

σnr

n−1 [u(x) + o(r)]

= u(x) (4.2)

La seconda parte del teorema si dimostra con un semplice calcolo

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 58

−∫

B(x,r)

u(y) dy =1

ωnrn

∫B(x,r)

u(y) dy =

=1

ωnrn

∫ r

0

(∫∂B(x,ξ)

u(y) dS(y)

)dξ =

1

ωnrn

∫ r

0

u(x)σnξn−1dξ =

=1

ωnrnu(x)σn

rn

n=

σn

nωn

u(x) = u(x)

in cui si è utilizzato∫

∂B(x,r)u(y) dS(y) = u(x)σnr

n−1, dimostrata nella

prima parte, e l'uguaglianza σn = nωn.

Esiste anche la proprietà simmetrica di quella appena vista. Cioè se una

funzione verica l'equazione 4.1 allora è una funzione armonica. Il teorema

4.1 e quello che ora dimostreremo, permettono di aermare l'equivalenza tra

la proprietà di armonicità di una funzione e la proprietà del valor medio.

Teorema 4.2 Se u ∈ C2(U) soddisfa l'uguaglianza

u(x) = −∫

∂B(x,r)

u(y) dS(y)

per ogni palla ∈ U allora u è armonica in U

Dimostrazione. Innanzitutto notiamo che per una funzione che verica

u(x) = −∫

∂B(x,r)

u(y) dS(y)

vale anche la

u(x) = −∫

B(x,r)

u(y) dy

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 59

in virtù della seconda parte della dimostrazione del teorema 4.1.

Ora se la funzione u non fosse armonica, ovvero se ∆u 6= 0 in qualche

punto z ∈ U , allora si avrebbe ∆u 6= 0 (permanenza del segno) in una palla

di raggio δ centrata nel punto z, con δ > 0.2

Allora per la funzione φ(r) = −∫

∂B(z,r)∆u(y) dS denita nel corso della dimo-

strazione del teorema 4.1 si avrebbe per r < δ

φ′(r) =r

n−∫

B(z,r)

∆u(y) dy 6= 0

contro il fatto che

φ(r) = −∫

∂B(z,r)

∆u(y) dS = u(x)

da cui si deduce che φ(r) è costante rispetto alla variabile r e pari a u(x),

ovvero φ′(r) = 0 ∀r < δ. Dalla contraddizione si ottiene che u deve essere

armonica in tutto U .

I teoremi del valor medio sono validi in ogni punto interno all'insieme di

armonicità della funzione u. Se U è aperto (limitato o non limitato) l'equa-

zione ∆u = 0 ∀x ∈ U vale se e solo se sussistono le (4.1) in ogni punto di

U .2Si noti che ∆u è una funzione continua in U , dato che u ∈ C2(U). Quindi detto h 6= 0

il valore di ∆u(z) si può trovare δ tale che ∀y ∈ B(z, δ) risulti |∆u(y)−∆u(z)| < h ovvero

∆u(y) > 0 per h > 0 o ∆u(y) < 0 per h < 0. In sostanza ∆u si mantiene diverso da zero

e con segno costante in tutta la palla B(z, δ).

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 60

4.2 Principio del massimo

Un'altra notevole proprietà delle funzioni armoniche è il principio del mas-

simo che da fortissimi vincoli sul massimo (e sul minimo) di una funzione

armonica. I seguenti risultati sono conseguenze quasi immediate della pro-

prietà del valor medio. Tuttavia, mentre i teoremi del valor medio esprimono

proprietà locali delle funzioni armoniche, relative cioè ad un intorno di un

determinato punto, il principio del massimo ha una valenza globale, ovvero

esprime una proprietà che interessa tutto l'insieme di armonicità. Per poter

ottenere tali risultati globali è però necessario porre il vincolo di limitatezza

all'insieme U . Nel seguito U ⊂ Rn indicherà un insieme aperto e limitato, e

con U si indicherà la chiusura di U .

Teorema 4.3 (Principio del massimo forte) Data una funzione u ∈ C2(U)∩

C(U) armonica in U con U connesso, se u assume il valore maxU(u) in un

punto di U , allora è costante in tutto U .

Dimostrazione. Per l'ipotesi di continuità della u sul compatto U di Rn, la

funzione u sarà eettivamente dotata di massimo e di minimo in U .

Per ipotesi esiste un punto x0 ∈ U in cui u assume il valore massimo

M := maxU

u

quindi

u(x0) = M

In pratica stiamo supponendo che l'insieme A = x ∈ U | u(x) = M sia non

vuoto e che x0 ∈ A.

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 61

Se prendiamo una palla centrata in x0 e di raggio δ sucientemente pic-

colo da essere tutta all'interno di U (cosa possibile dal momento che U è un

aperto), possiamo scrivere

M = u(x0) = −∫

B(x0,δ)

u dy

avendo fatto uso della proprietà del valor medio.

D'altra parte bisogna notare che −∫

B(x0,δ)u dy può eettivamente essere

pari a M se e solo se u(y) = M ∀y ∈ B(x0, δ) essendo M il massimo che la

funzione u assume in U .

Si ha quindi che preso un punto x0 ∈ A anche la palla B(x0, δ) appartiene

ad A. Questo ci permette di aermare che A è un insieme aperto.

Dal momento che A è la controimmagine tramite la funzione continua u

dell'insieme chiuso M, A è un insieme relativamente chiuso in U .

Se U è connesso3 si avrà A = U (visto che x0 ∈ A e quindi A 6= ∅). Da

ciò segue, per la continuità di u in U , che u(x) = M ∀x ∈ U e cioè la u è

costante in tutto U .

Il principio del massimo forte in sostanza aerma che se U è connesso

possono accadere due cose: o non c'è punto interno a U in cui u assuma il

massimo (che sarà quindi raggiunto su ∂U), o c'è un punto interno U in cui

u assume il massimo ed allora la funzione è costante su tutto U .

In entrambi i casi il massimo di u viene a trovarsi sulla frontiera di U .3Gli unici insiemi relativamente chiusi ed aperti di U sono U stesso e l'insieme vuoto.

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 62

Teorema 4.4 (Principio del massimo) Data una funzione u ∈ C2(U) ∩

C(U) armonica in U vale che

maxU

u = max∂U

u (4.3)

cioè il massimo di u cade sulla frontiera di U .

Dimostrazione. Per dimostrare che il massimo viene sicuramente raggiunto

sulla frontiera di U procediamo nel seguente modo.

Consideriamo una componente connessa, che chiamiamo B, di U . B è un

insieme chiuso e tale che ∂B ⊂ ∂U .

In B vale quindi il teorema 4.3, cioè la funzione u ammette massimo e lo

assume sulla frontiera di B che è anche frontiera di U .

Essendo il ragionamento appena concluso valido per qualsiasi componente

connessa di U si deduce la (4.3).

I due teoremi precedenti possono essere riformulati per la funzione v = −u.

Dalla constatazione che max v = min u è immediato, ottenere un principio

del minimo ed un principio del minimo forte per la funzione u.

Il principio del massimo ed il principio del minimo permettono di asserire

che una funzione u, armonica in U , sia per così dire imprigionata tra il

massimo ed il minimo valore che lei stessa assume su ∂U . In altre parole

sussiste

min∂U

u ≤ u(x) ≤ max∂U

u∀x ∈ U (4.4)

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 63

4.3 Regolarità

Le funzioni armoniche godono anche di certe proprità di regolarità. Una

funzione u ∈ C2 per il fatto stesso di essere armonica risulta automaticamente

dierenziabile innite volte, cioè u ∈ C∞.

La regolarità è una proprietà locale delle funzioni ed inoltre, nel caso

in questione, una diretta conseguenza delle formule del valor medio. Tale

proprietà, quindi, sussiste anche in insieme non limitati.

Teorema 4.5 (Regolarità) Se u ∈ C(U), con U aperto, verica la pro-

prietà del valor medio (4.1) in ogni palla B(x, r) ⊂ U , allora u ∈ C∞(U).

In generale, invece non si può dire nulla sulle proprietà di regolarità di u

in ∂U , neanche per la semplice continuità.

Dimostrazione. Prendiamo il mollicatore standard η(x) descritto dall'e-

quazione (3.29)4.

Con ηε(x) indichiamo la funzione 1εn η(x

ε)

Deniamo la funzione uε := ηε∗u nel sottoinsieme di U formato dai punti

che distano più di ε dalla frontiera di U . Con ∗ indichiamo l'operazione di

convoluzione.

Uε = x ∈ U | dist(x, ∂U) > ε

.

Come mostrato nel corollario [3.23], uε ∈ C∞(Uε).

4Il mollicatore standard è funzione della norma x e quindi si può anche scrivere η(|x|)

o η(r).

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 64

Preso un punto z ∈ Uε si ha

uε(z) =

∫U

ηε(z − y)u(y) dy =

=1

εn

∫B(x,ε)

η

(|z − y|

ε

)u(y) dy =

1

εn

∫ ε

0

η(r

ε

)(∫∂B(x,r)

udS

)dr =

=1

εn

∫ ε

0

η(r

ε)u(x)σnr

n−1 dr = u(x)

∫ ε

0

η(r

ε)σn

rn−1

εn−1d(r

ε

)=

= u(x)

∫ 1

0

η(t)σntn−1 dt = u(x)

∫ 1

0

(∫∂B(0,t)

η dS

)dt =

u(x)

∫B(0,1)

η(t) dt = u(x)

in cui si è fatto uso delle formule del valor medio (4.1) e del fatto che il

mollicatore η è funzione della norma del suo argomento.

Cioè in ogni punto di Uε le funzioni uε e u coincidono. Da ciò si ottiene

inne che u ∈ C∞(Uε) ∀ε > 0 ovvero per ogni punto interno ad U , cioè per

ogni punto di U (essendo U aperto ed ogni suo punto interno).

4.4 Stima delle derivate

Le formule del valor medio (4.1) possono essere utilizzate per stimare le

derivate parziali di ogni ordine di una funzione armonica. Per il teorema 4.5

le derivate esistono, sono continue e ciascuna di esse è dierenziabile.

Lemma 4.6 Sia data la funzione u armonica nell'aperto U . Per ogni mul-

tiindice α di ordine |α| = n con n > 1, la funzione Dαu è armonica in

U

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 65

Dimostrazione. Poichè la funzione u è C∞ (teorema 4.5) si può invertire

l'ordine di derivazione in qualsiasi derivata parziale della u.

Derivando ∆u = 0 ad entrambi i membri, per un certo multiindice α =

(α1, . . . , αn) si ottiene

(∂2u

∂x12 + · · ·+ ∂2u

∂xn2

)= 0

∂(2+|α|)u

∂x12∂xα1

1 · · · ∂xαnn

+ · · ·+ ∂(2+|α|)u

∂xn2∂xα1

1 · · · ∂xαnn

= 0

ed invertendo l'ordine delle derivate

∂2

∂x12

(∂|α|u

∂xα11 · · · ∂xαn

n

)+ · · ·+ ∂2

∂xn2

(∂|α|u

∂xα11 · · · ∂xαn

n

)= 0

con |α| = α1 + · · ·+ αn, cioè

∆ (Dαu) = 0

ovvero Dαu è una funzione armonica.

Teorema 4.7 Sia data una funzione u armonica in U , sottoinsieme aperto

di Rn. Per ogni palla B(x0, r) ⊂ U e per ogni multiindice α di ordine |α| = k

vale

|Dαu(x0)| ≤Ck

rn+k‖u‖L1(B(x0,r)) (4.5)

dove

C0 =1

ωn

e Ck =(2n+1nk)k

ωn

(k = 1, 2, . . .) (4.6)

e ωn è la misura della palla di raggio unitario in Rn

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 66

Dimostrazione. Prendiamo B(x0, r) ⊂ U e procediamo per induzione sul-

l'ordine di derivazione k.

Per k = 0 la diseguaglianza (4.5) si dimostra a partire dalle formule del

valor medio

u(x0) =1

ωnrn

∫B(x0,r)

u(y) dy

da cui

|u(x0)| =1

ωnrn

∣∣∣∣∫B(x0,r)

u(y) dy

∣∣∣∣ ≤ 1

ωnrn

∫B(x0,r)

|u(y)| dy

e quindi

|u(x0)| ≤1

ωnrn‖u‖L1(B(x0,r)) (4.7)

che è la (4.5) per k = 0.

Anche per k = 1 serve una verica diretta.

Prendiamo B(x0, r) ⊂ U . Consideriamo una derivata parziale del primo

ordine uxicon i ∈ 1, . . . , n. La funzione uxi

è armonica per il lemma 4.6 e

quindi valgono le formule del valor medio

|uxi(x0)| =

∣∣∣∣−∫B(x0,r/2)

uxi(y) dy

∣∣∣∣ =

∣∣∣∣ 2n

ωnrn

∫B(x0,r/2)

uxi(y) dy

∣∣∣∣=

∣∣∣∣ 2n

ωnrn

∫∂B(x0,r/2)

uνi dS

∣∣∣∣ ≤ 2n

ωnrn

∫∂B(x0,r/2)

|u||νi| dS ≤

≤ 2n

ωnrn

∫∂B(x0,r/2)

|u| dS ≤ 2n

ωnrn

σnrn−1

2n−1ess sup∂B(x0,r/2)

(|u|) =

=2σn

rωn

‖u‖L∞(∂B(x0,r/2)) =2n

r‖u‖L∞(∂B(x0,r/2))

dove

ess sup∂B(x0,r/2)

|u|

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 67

coincide con il

max∂B(x0,r/2)

|u|

per la compattezza di ∂B(x0, r/2) e la continuita di u.

Si ha quindi che

|uxi(x0)| ≤

2n

r‖u‖L∞(∂B(x0,r/2)) (4.8)

Preso x ∈ ∂B(x0, r/2) ed essendo B(x, r2) ⊂ B(x0, r) ⊂ U per quanto

appena visto per k = 0 si ha

|u(x)| ≤ C0(r2

)n‖u‖L1(B(x, r2))

che per mezzo della (4.6) diventa

|u(x)| ≤ 2n

ωnrn‖u‖L1(B(x, r

2))

e quindi essendo B(x, r2) ⊂ B(x0, r) vale

|u(x)| ≤ 2n

ωnrn‖u‖L1(B(x0,r)) (4.9)

che fornisce un maggiorante di |u(x)| per x ∈ ∂B(x0, r/2). La disegua-

glianza (4.9) ci permette di maggiorare il termine ‖u‖L∞(∂B(x0,r/2)) in (4.8)

ricordando che la norma in L∞(∂B(x0, r/2)) vale ess sup∂B(x0,r/2) |u|. Quindi

otteniamo

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 68

|uxi(x0)| ≤ 2n

r

2n

ωnrn‖u‖L1(B(x0,r)) =

=2n+1n

ωnr(n+1)‖u‖L1(B(x0,r)) =

(4.10)

cioè

|uxi(x0)| ≤

2n+1n

ωnr(n+1)‖u‖L1(B(x0,r)) (4.11)

quanto cercavamo.

Preso k ≥ 2 e supposta vera la (4.5) per ogni multiindice β di ordine

|β| = k − 1 dimostriamola per ogni multiindice α di ordine |α| = k.

Prendiamo B(x0, r) ⊂ U . Cosideriamo il multiindice α di ordine k e β di

ordine k − 1. Si ha che

Dαu =(Dβu

)xi

per qualche i ∈ 1, . . . , n. Per il lemma 4.6 e per le formule del valor medio si

ha

|Dαu(x0)| =

∣∣∣∣−∫B(x0,r/k)

Dαu(y) dy

∣∣∣∣ =

=

∣∣∣∣ kn

ωnrn

∫B(x0,r/k)

Dαu(y) dy

∣∣∣∣ =

∣∣∣∣ kn

ωnrn

∫B(x0,r/k)

(Dβu)xidy

∣∣∣∣ =

=

∣∣∣∣ kn

ωnrn

∫∂B(x0,r/k)

(Dβu)νi dS

∣∣∣∣ ≤ kn

ωnrn

∫∂B(x0,r/k)

|(Dβu)||νi| dS ≤

≤ kn

ωnrn

∫∂B(x0,r/k)

|(Dβu)| dS ≤ kn

ωnrn

σnrn−1

kn−1ess sup∂B(x0,r/k)

(|Dβu|) =

=kσn

rωn

‖Dβu‖L∞(∂B(x0,r/k)) =nk

r‖Dβu‖L∞(∂B(x0,r/k))

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 69

dove

ess sup∂B(x0,r/k)

|Dβu|

coincide con il

max∂B(x0,r/k)

|Dβu|

per la compattezza di ∂B(x0, r/k) e la continuita di Dβu

Si ha quindi che

|Dαu(x0)| ≤nk

r‖Dβu‖L∞(∂B(x0,r/k)) (4.12)

Preso x ∈ ∂B(x0, r/k) ed essendo B(x, r(k−1)k

) ⊂ B(x0, r) ⊂ U , per ipotesi

induttiva si può usare la diseguaglianza (4.5) per maggiorare |Dβu(x)| con

l'integrale di |u| sulla palla B(x, r(k−1)k

)

|Dβu(x)| ≤ Ck−1(r(k−1)

k

)n+k−1‖u‖

L1(B(x,r(k−1)

k))

che per mezzo della (4.6) diventa

|Dβu(x)| ≤ (2n+1n(k − 1))k−1

ωn

(r k−1

k

)n+k−1‖u‖

L1(B(x,r(k−1)

k))

e quindi essendo B(x, r(k−1)k

) ⊂ B(x0, r) vale

|Dβu(x)| ≤ (2n+1n(k − 1))k−1

ωn

(r k−1

k

)n+k−1‖u‖L1(B(x0,r)) (4.13)

che fornisce un maggiorante di |Dβu(x)| per x ∈ ∂B(x0, r/k). La dise-

guaglianza (4.13) ci permette di maggiorare il termine ‖Dβu‖L∞(∂B(x0,r/k)) in

(4.12) ricordando che la norma in L∞(∂B(x0, r/k)) vale ess sup∂B(x0,r/k) |u|.

Quindi otteniamo

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 70

|Dαu(x0)| ≤ nk

r

(2n+1n(k − 1))k−1

ωn

(r k−1

k

)n+k−1‖u‖L1(B(x0,r)) =

=nk(k − 1)(k−1)(2n+1)(k−1)k(n+k)

ωnr(n+k)(k − 1)(n+k−1)‖u‖L1(B(x0,r)) =

=nk(2n+1)(k−1)k(n+k)

ωnr(n+k)(k − 1)n‖u‖L1(B(x0,r)) =

=nk(2n+1)(k−1)kk

ωnr(n+k)

(k

(k − 1)

)n

‖u‖L1(B(x0,r)) =

ed essendo kk−1

≤ 2 ∀k ≥ 2 ne segue5

|Dαu(x0)| ≤nk(2n+1)(k−1)kk

ωnr(n+k)2n‖u‖L1(B(x0,r)) ≤

≤ nk(2n+1)(k−1)kk

ωnr(n+k)2(n+1)‖u‖L1(B(x0,r)) =

nk(2n+1)kkk

ωnr(n+k)‖u‖L1(B(x0,r)) =

=(n2n+1k)

k

ωnr(n+k)‖u‖L1(B(x0,r))

ottenendo

|Dαu(x0)| ≤(n2n+1k)

k

ωnr(n+k)‖u‖L1(B(x0,r)) (4.14)

5Stiamo dimostrando che se le formule (4.5) e (4.6) valgono per ordine di derivazione

k−1, allora valgono per k. Ci è suciente (e conveniente) farlo solo per ogni k ≥ 2 avendo

già dimostrato direttamente che esse sono valide per k = 0 e per k = 1.

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 71

4.5 Teorema di Liouville

Il teorema di Liuoville aerma che le uniche funzioni limitate e armoniche

su tutto Rn sono le funzioni costanti. Il teorema caratterizza in modo molto

ecace le funzioni armoniche su Rn.

Teorema 4.8 Sia data una funzione u armonica su Rn e limitata. Allora u

è costante su Rn.

Dimostrazione. Fissiamo un punto di x0 ∈ Rn ed un raggio r ≥ 0. Stimiamo

una qualsiasi derivata prima di u usando le formule (4.5) e (4.6) del teorema

4.7, applicate a B(x0, r)

|Du(x0)| ≤C1

rn+1‖u‖L1(B(x0,r))

ed essendo u limitata esiste il supB(x0,r) |u| ∀x0 ∈ Rn e ∀r ≥ 0. Esiste nito

anche l'estremo superiore su tutto Rn e ovviamente sussiste supB(x0,r) |u| ≤

supRn |u| ∀x0 ∈ Rn e ∀r ≥ 0. Quindi

|Du(x0)| ≤C1ωn

r‖u‖L∞(Rn) (4.15)

dove si è fatto uso della formula∫

B(x0,r)dy = ωnr

n

La (4.15) vale per ogni x0 e per ogni r ≥ 0. Bisogna notare che il secondo

termine della diseguaglianza è indipendente da x0 e dipende, solo attraverso il

fattore 1r, dal raggio della palla scelta inizialmente. Inoltre C1, ωn e ‖u‖L∞(Rn)

sono quantità costanti e nite.

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 72

Per quanto detto e per il fatto che possiamo considerare sfere di raggio

comunque grande, ne segue che si può eettuare il limite per r → ∞ di

entrambi i membri della (4.15) e ottenere

0 ≤ limr→∞

|Du(x0)| ≤ limr→∞

C1ωn

r‖u‖L∞(Rn) = 0

da cui |Du(x0)| ≡ 0, cioè ogni derivata prima è indenticamente nulla.

Essendo u ∈ C1(Rn) e D1(u) ≡ 0, ne consegue6 che u debba necessariamente

essere costante su tutto Rn.

4.6 Analiticità

Le funzioni armoniche sono anche funzioni analitiche. Per analitica si intende

una funzione esprimibile localmente come serie di potenze. La serie deve

perciò convergere in un intorno del suo centro.

Lemma 4.9 Per ogni n ∈ N e per ogni multi-indice α, vale la seguente

diseguaglianza

|α|! ≤ n|α|α! (4.16)

Dimostrazione. Dal teorema multinomiale [2.1] si ricava che

nk = (1 + . . . + 1)k =∑|α|=k

(|α|α

)=∑|α|=k

|α|!α!

6Il gradiente di una funzione f lo indichiamo liberamente sia con il simbolo D1(f) che

con il simbolo−−→grad(f) o semplicemente grad(f).

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 73

da cui preso uno solo degli α di lunghezza k si ha

nk ≥ |α|!α!

cioè

|α|! ≤ n|α|α!

Lemma 4.10 Per ogni n ∈ N, vale la seguente diseguaglianza

∑|α|=k

1 ≤ nk (4.17)

dove la sommatoria è estesa a tutti i multi-indici di ordine n e lunghezza k.

Dimostrazione. Si tratta, in pratica di provare che i multi-indici di ordine

n e lunghezza k sono al più nk.

Dal teorema multinomiale [2.1] si ricava che

nk = (1 + . . . + 1)k =∑|α|=k

(|α|α

)=∑|α|=k

|α|!α!

da cui, essendo |α|! ≥ α! si ha

nk ≥∑|α|=k

1

Lemma 4.11 Per ogni k ∈ N esiste una costante C tale che valga la seguente

diseguaglianza

kk ≤ Cekk! (4.18)

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 74

Dimostrazione. Dalla formula di Stirling (3.19) si ha che

limk→∞

ekk!

k12+k

=√

ovvero esiste ν tale che per ogni k > ν risulta

√2π − 1 <

ekk!

k12+k

<√

2π + 1

da cui

k12+k <

ekk!√2π − 1

e quindi essendo kk ≤ k1/2+k per ogni k ≥ 1, si ha

kk <ekk!√2π − 1

Deniamo le

Ci =ii + 1

eii!

con i = 1, . . . , ν. Si ha

ii < Cieii!

per ogni i = 1, . . . , ν. Presa, inne, C pari al max(C1, . . . , Cν ,1√

2π−1) si ha il

risultato cercato

kk ≤ Cekk!

per ogni k ∈ N.

Proposizione 4.12 Sia data la funzione u armonica nell'aperto U ⊂ Rn ed

un punto x0 ∈ U . Per ogni x ∈ U , tale che il segmento x0 + t(x − x0) con

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 75

t ∈ [0, 1] appartiene ad U , vale

u(x) =∑|α|<m

Dαu(x0)(x− x0)α

α!+∑|α|=m

Dαu(x0 + t(x− x0)

)(x− x0)

α

α!

(4.19)

con m ∈ N e per qualche t ∈ [0, 1]

Dimostrazione. Consideriamo la funzione g(t) = u(x0 + t(x − x0)

)con

t ∈ [0, 1]. Essendo u ∈ C∞ tale è anche g(t) per ogni t ∈ [0, 1]. Quindi

sviluppando g(t) in serie di Taylor no al termine m-esimo, si ha

g(t) =m−1∑i=0

dig(0)

dtiti

i!+

dmg(s)

dtmtm

m!

con s ∈ [0, t]. Per t=1 si ha

g(1) =m−1∑i=0

dig(0)

dti1

i!+

dmg(s)

dtm1

m!

con s ∈ [0, 1]. Per la derivata i-esima di g vale

dig(t)

dti=∑|α|=i

|α|!α!

Dαu(x0 + t(x− x0)

)· (x− x0)

α

che inserita nell'espressione precedente da

u(x) =m−1∑i=0

1

i!

∑|α|=i

|α|!α!

Dαu(x0)(x− x0)α

+

+1

m!

∑|α|=m

|α|!α!

Dαu(x0 + s(x− x0)

)(x− x0)

α =

=m−1∑i=0

∑|α|=i

1

α!Dαu(x0)(x− x0)

α +∑|α|=m

1

α!Dαu

(x0 + s(x− x0)

)(x− x0)

α =

=∑|α|<m

Dαu(x0)(x− x0)α

α!+∑|α|=m

Dαu(x0 + s(x− x0)

)(x− x0)

α

α!

che coincide con la (4.19) cambiando nome alla variabile s.

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 76

Teorema 4.13 (Analiticità) Se la funzione u è armonica nell'aperto U ,

allora è analitica in U .

Dimostrazione. Fissato un punto x0 ∈ U dobbiamo dimostrare che u può

essere rappresentata come una serie di potenze convergente in qualche in-

torno di x0. Poniamo r = 14dist(x0, ∂U) e M = 1

ωnrn‖u‖L1(B(x0,2r)) < ∞.

Consideriamo la palla B(x0, r). Per ogni x ∈ B(x0, r) la palla centrata in x

e di raggio r è contenuta in B(x0, 2r). Per il teorema [4.7] si ha

|Dαu(x)| ≤ 1

ωnrn‖u‖L1(B(x,r))

(2n+1n

r

)|α||α||α| ≤

≤ M

(2n+1n

r

)|α||α||α|

per ogni x ∈ B(x0, r) e per ogni multi-indice7 α. Quindi

‖Dαu(x)‖L∞(B(x0,r)) ≤ M

(2n+1n

r

)|α||α||α|

Posto |α| = k, dal lemma [4.11] si ha che

|α||α| ≤ Ce|α||α|!

Questa diseguaglianza insieme a quella del lemma [4.9] ci permettono di

scrivere

‖Dαu(x)‖L∞(B(x0,r)) ≤ M

(2n+1n

r

)|α|Ce|α||α|! ≤

≤ M

(2n+1n

r

)|α|Ce|α|n|α|α! = MC

(2n+1n2e

r

)|α|α!

7Per |α| = 0 la relazione trovata continua a valere ponendo |α||α| = 1

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 77

La serie di Taylor di u in x0 ∈ Rn è∑α

Dαu(x0)

α!(x− x0)

α (4.20)

dove la somma è estesa a tutti i multi-indici di ordine n.

Detto

RN(x) = u(x)−∑|α|<N

Dαu(x0)

α!(x− x0)

α

sostituendo ad u(x) l'equazione (4.19) si ottiene

RN(x) =∑|α|=N

Dαu(x0 + t(x− x0)

)(x− x0)

α

α!

con t ∈ [0, 1] che dipende da x. Passando ai valori assoluti e ponendo y =

x− x0 e α = (α1, . . . , αn) si ha

|RN(x)| =∑|α|=N

|Dαu(x0 + t(x− x0)

)||y1|α1 · · · |yn|αn

α!

Usando la maggiorazione per le derivate di u precedentemente determinata,

si ottiene

|RN(x)| ≤∑|α|=N

MC(

2n+1n2er

)|α|α!|y1|α1 · · · |yn|αn

α!=

=∑|α|=N

MC

(2n+1n2e

r

)N

|y1|α1 · · · |yn|αn

Ricordando che y = x − x0, osserviamo che quanto abbiamo scritto nora

vale per ogni x ∈ B(x0, r) ⊂ U . Se, però, ci limitiamo ai punti x tale che

|x− x0| <r

2n+2n3e< r

si ottiene

|RN(x)| ≤∑|α|=N

MC

(2n+1n2e

r

)N ( r

2n+2n3e

)N

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 78

Poichè i multi-indici di ordine n e lunghezza |α| = N sono, per il lemma

[4.10], in numero minore di nN , si ha

|RN(x)| ≤ MCnN

(1

2n

)N

=MC

2N

Quindi la serie di potenze (4.20) converge per |x − x0| < r2n+2n3e a u(x) e si

ha l'analiticità di u.

4.7 Diseguaglianza di Harnack

Con il simbolo V < U indichiamo un sottoinsieme V di U tale che V ⊂ U e

V è compatto.

Teorema 4.14 (diseguaglianza di Harnack) Detta u una funzione ar-

monica in U e non negativa e detto V un aperto connesso tale che V < U ,

esiste una costante positiva C, dipendente solo da V , per cui vale

supV

u ≤ C infV

u (4.21)

Dimostrazione. Essendo V un aperto la cui chiusura è contenuta nell'aperto

U si ha che la distanza di V da ∂U è positiva. Poniamo r = 14dist(V, ∂U).

Scelti x, y ∈ V tali che |x− y| ≤ r si ha

u(x) = −∫

B(x,2r)

u dz =1

ωn2nrn

∫B(x,2r)

u dz

Dal momento che per ogni y ∈ B(x, r) si ha B(y, r) ⊂ B(x, 2r) possiamo

scrivere

u(x) ≥ 1

ωn2nrn

∫B(y,r)

u dz =

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 79

=1

2n−∫

B(y,r)

u dz =1

2nu(y)

cioè

u(x) ≥ 1

2nu(y)

Essendo x, y ∈ V tali che |x−y| ≤ r se si inverte il ruolo di x e di y si ottiene

u(y) ≥ 1

2nu(x)

ovvero

2nu(y) ≥ u(x)

Quindi si può scrivere

1

2nu(y) ≤ u(x) ≤ 2nu(y)

Cioè prendendo due punti x1, x2 nella palla B(x, r) si ha

1

2nu(x1) ≤ u(x) ≤ 2nu(x2)

e quindi

u(x2) ≥1

22nu(x1)

Dal momento che V è compatto, preso un ricoprimento costituito da palle di

raggio r, si può estrarre un sottoricoprimento nito BiNi=1. Inoltre per la

connessione di V si ha che a meno di una permutazione degli indici Bi∩Bi+1 6=

∅ per i = 1, . . . , N − 1. Chiamiamo ci i centri delle palle Bi e w1, . . . , wN−1

i punti di V tale che wi ∈ (Bi ∩ Bi+1). Presi x, y ∈ V qualsiasi, si ha che

x ∈ Bk e y ∈ Bj per qualche k, j ∈ 1, ldots,N. Supponiamo, per ssare le

idee, che k ≤ j. Quindi

u(x) ≥ 1

2nu(ck) ≥

1

22nu(wk) ≥

CAPITOLO 4. LE FUNZIONI ARMONICHE 80

≥ 1

23nu(ck+1) ≥ · · · ≥ 1

22n(j−k)u(wj−1) ≥

≥ 1

22n(j−k)+1u(cj) ≥

1

22n(j−k)+2u(y)

Essendo 122n(j−k+1) ≥ 1

22nN si ha

u(x) ≥ 1

22nNu(y)

per ogni x, y ∈ V . Posto C = 22nN si ha

Cu(x) ≥ u(y)

e valendo in particolare per ogni y ∈ V si ottiene

Cu(x) ≥ supy∈V

u(y)

che vale oer ogni x ∈ V . Per cui

infx∈V

u(x) ≥ C supy∈V

u(y)

Nota 4.15 In particolare la diseguaglianza di Harnack permette di scrivere

1

Cu(y) ≤ 1

Csup

Vu ≤ inf

Vu ≤ u(x) ≤ sup

Vu ≤ C inf

Vu ≤ Cu(y)

cioè

1

Cu(y) ≤ u(x) ≤ Cu(y)

per ogni x, y ∈ V . Queste diseguaglianze asseriscono che una funzione armo-

nica su U e non negativa assume valori, all'interno di ogni connesso V < U ,

che sono tra loro comparabili.

Capitolo 5

Soluzioni fondamentali

5.1 Equazione di Laplace

Una buona strategia per studiare qualsiasi PDE lineare è cercare di identi-

care alcune soluzioni esplicite e poi costruirne di nuove a partire da esse.

Molto spesso è anche possibile cercare soluzioni dotate di certe proprietà di

simmetria suggerite dalla stessa struttura dell'equazione.

Dal momento che l'equazione di Laplace è invariante per rotazioni 1 sem-

bra plausibile che debba ammettere una soluzione radiale, cioè dipendente

solo da r = |x|, distanza del punto x dall'origine.

Proviamo perciò a trovare una soluzione del tipo

u(x) = v(r)

dove r = |x| =√

x21 + x2

2 + · · ·+ x2n e v è una funzione tale che sia soddisfatta

la ∆u = 0. Facciamo vedere prima di tutto come si possano riscrivere la ∂u∂xi

1cfr. sezione 3.9 a pag. 51

81

CAPITOLO 5. SOLUZIONI FONDAMENTALI 82

e la ∂2u∂xi

2 .

uxi=

dv(r)

dr

∂r

∂xi

ed essendo ∂r∂xi

=∂√

x21+x2

2+···+x2n

∂xisi può con semplici calcoli giungere a

uxi=

dv(r)

dr

xi√x2

1 + x22 + · · ·+ x2

n

=dv(r)

dr

xi

r

La uxixinon è altro che ∂

∂xiuxi

e quindi

uxixi=

∂xi

(dv

dr

xi

r

)=

∂(

dvdr

)∂xi

xi

r+

dv

dr

∂(

xi

r

)∂xi

che per quanto visto sopra e con semplici calcoli, diventa

uxixi=

d2v

dr2

x2i

r2+

dv

dr

r − x2i

r

r2=

d2v

dr2

x2i

r2+

dv

dr

(1

r− x2

i

r3

)ovvero

uxixi= v′′(r)

x2i

r2+ v′(r)

(1

r− x2

i

r3

)(5.1)

Riscrivendo l'equazione ∆u = 0 utilizzando la (5.1) si ottiene

n∑i=1

(v′′(r)

x2i

r2+ v′(r)

(1

r− x2

i

r3

))=

= v′′(r)

∑ni=1 x2

i

r2+ v′(r)

(n∑

i=1

1

r−∑n

i=1 x2i

r3

)e con facili manipolazioni si ottiene

v′′(r) + v′(r)

(n

r− r2

r3

)che da luogo alla seguente uguaglianza

∆u = v′′(r) + v′(r)

(n− 1

r

)

CAPITOLO 5. SOLUZIONI FONDAMENTALI 83

Allora l'equazione di Laplace si può riscrivere come

v′′(r) + v′(r)

(n− 1

r

)= 0 (5.2)

La (5.2) è una equazione dierenziale ordinaria ed è sucettibile di una

semplice trattazione. Se si pone v′ 6= 0, si può risolvere per separazione di

variabiliv′′

v′=

1− n

rn ≥ 2

da cui si ottiene

v′ =a

rn−1

che integrata fornisce la soluzione generale per r > 0

v(r) =

b ln r + c per n = 2

brn−2 + c per n ≥ 3

con b e c due costanti qualunque.

Denizione 5.1 La funzione

Φ(x) =

− 12π

ln |x| per n = 2

1n(n−2)ωn|x|n−2 per n ≥ 3

(5.3)

denita per x ∈ Rn, x 6= 0, in cui ωn è il volume della sfera unitaria, è

chiamata soluzione fondamentale dell'equazione di Laplace.

La soluzione fondamentale soddisfa l'equazione di Laplace in tutto Rn tranne

che per x = 0. Il usso di−−→grad(Φ) attraverso una qualunque supercie che

non contenga l'origine è, in virtù del teorema della divergenza, nullo. Al

contrario, il usso attraverso una supercie che contiene l'origine vale∫S

−−→grad(Φ) · ~ν dσ

CAPITOLO 5. SOLUZIONI FONDAMENTALI 84

ed essendo costante al variare della supercie scelta (purchè contenga l'origine

al suo interno) si può calcolare nel caso di una supercie sferica∫S

− 1

nωn

~r

rn· ~rrdσ = −1

La scelta delle costanti è stata quindi fatta di modo che il usso di−−→grad(Φ)

sia unitario e negativo.2

5.2 Equazione di Poisson

Per costruzione la funzione Φ(x) è armonica in tutto Rn tranne x = 0. Se

ne spostiamo l'origine in un nuovo punto y la funzione Φ(x − y) continuerà

ad essere armonica nella variabile x tranne che nel punto in x = y. Detta

f : Rn → R, anche la funzione x → Φ(x− y)f(y) risulta armonica per x 6= y.

Proposizione 5.2 La funzione Φ(x) è L1loc(Rn)

Dimostrazione. Preso un comatto K ⊂ Rn, esiste una palla B(r) centrata

nell'origini per la quale risulta K ⊂ B(r). Per n ≥ 3 risulta che Φ > 0 in

tutto Rn, quindi∫K

Φ(x) dx ≤∫

B(r)

Φ(x) dx ≤∫ R

0

(∫∂B(r)

Φ(x) dS(x)

)dr

Φ(x) è funzione solo di r = |x| per cui

σn

∫ R

0

Φ(r)rn−1 dr

2In elettrostatica la soluzione fondamentale dell'equazione di Laplace è il potenziale

elettrostatico di una carica puntiforme negativa. In uidodinamica è invece il potenziale

della velocità di un pozzo in regime incomprimibile.

CAPITOLO 5. SOLUZIONI FONDAMENTALI 85

Per n ≥ 3 si ottiene

1

n− 2

∫ R

0

r dr =R2

2(n− 2)< ∞ (5.4)

per ogni R > 0 nito.

Per n = 2 bisogna integrare prima nella palla unitaria, dove Φ è positiva,

e poi in Rn \B(1) dove Φ è negativa.

−∫ 1

0

ln(r)r dr = −[r2

2ln(r)− r2

4

]10

=1

4− 1

2ln(1) =

1

4(5.5)

∫ R

1

ln(r)r dr =[r2

2ln(r)− r2

4

]R1

=R2

2ln(R)− R2

4+

1

4< ∞ (5.6)

per ogni R > 0 nito.

Assumiamo che f ∈ C2c (Rn).

Teorema 5.3 (Soluzione fondamentale dell'equazione di Poisson) Sia

u(x) = (Φ ∗ f)(x), cioè il prodotto di convoluzione su Rn tra la soluzione

fondamentale dell'equazione di Laplace e la funzione f ∈ C2c (Rn), si ha

u ∈ C2(Rn)

−∆u = f in Rn

(Φ ∗ f)(x) è perciò detta soluzione fondamentale dell'equazione di Poisson.

Dimostrazione. Essendo Φ(x) localmente sommabile in tutto Rn ed f ∈ C2c ,

è ben denita in tutto Rn la funzione (Φ∗f)(x). Inoltre (Φ∗f)(x) = (f∗Φ)(x).

Per il teorema [3.17] u ∈ C2(Rn) e Dαu = (Dαf ∗ Φ)(x), per ogni |α| ≤ 2.

CAPITOLO 5. SOLUZIONI FONDAMENTALI 86

Quindi, ssato ε > 0 si ha

∆u(x) =

∫Rn

Φ(y)∆xf(x− y) dy =

=

∫B(ε)

Φ(y)∆xf(x− y) dy +

∫Rn\B(ε)

Φ(y)∆xf(x− y) dy =

i due precendenti integrali li rinominiamo Iε e Jε, ottenendo

∆u(x) = Iε + Jε

La f ha derivate seconde continue a supporto compatto, e quindi dotate di

massimo e minimo in Rn. Detto M il massimo tra gli n valori ‖fxixi‖L∞(Rn)

con i = 1, . . . , n, si ha

|Iε| ≤∫

B(ε)

|Φ(y)||∆xf(x− y)| dy ≤ M

∫B(ε)

|Φ(y)| dy ≤

ε2

4− ε2 ln(ε)

2se n = 2

ε2

2(n−2)se n ≥ 3

ε2

4+ ε2| ln(ε)|

2se n = 2

Cnε2 se n ≥ 3

C2ε

2| ln(ε)| se n = 2

Cnε2 se n ≥ 3

per le equazioni (5.5) e (5.4) e nel caso in cui ε ≤ 1, | ln(ε)| ≥ 1, cioè

ε ∈ [0, 1/e]. Le Ci i = 2, . . . , n, sono opportune costanti.

Osserviamo che ∆xf(x−y) = ∆yf(x−y) perchè fyiyi= fxixi

(−1)2, quindi

Jε =

∫Rn\B(ε)

Φ(y)∆yf(x− y) dy

Integrando per parti conduce abbiamo

Jε = −∫

Rn\B(ε)

DΦ(y) ·Dyf(x− y) dy +

∫∂B(ε)

Φ(y)∂f

∂ν(x− y) dS(y) =

CAPITOLO 5. SOLUZIONI FONDAMENTALI 87

dove ν denota la normale alla supercie ∂B(ε) rivolta verso l'interno di B(ε).

Detto Kε e Lε rispettivamente il primo ed il secondo di questi integrali ed

M1 il massimo tra gli n valori ‖fxi‖L∞(Rn) con i = 1, . . . , n, si ha

|Lε| ≤ M1

∫Rn\B(ε)

|Φ(y)| dS(y) ≤

G2ε| ln(ε)| se n = 2

Gnε se n ≥ 3

Le Gi i = 2, . . . , n, sono opportune costanti. Per quanto riguarda Kε, inte-

grando per parti, si ha

Kε =

∫Rn\B(ε)

∆Φ(y)f(x− y) dy −∫

B(ε)

∂Φ

∂ν(y)f(x− y) dS(y) =

= −∫

B(ε)

∂Φ

∂ν(y)f(x− y) dS(y)

per l'armonicità di Φ in Rn \ B(ε). Il gradiente di Φ vale −1nωn

y|y|n e ν = −y

|y| .

Quindi si ha∂Φ

∂ν=

1

nωn

|y|2

|y|n+1=

1

nωn|y|n−1

Per cui

Kε = − 1

nωnεn−1

∫B(ε)

f(x− y) dS(y) = −−∫

B(x,ε)

f(z) dS(z)

Quindi si ha

∆u(x) = Kε + Iε + Lε

|Iε|+ |Lε| ≤

C2ε

2| ln(ε)|+ G2ε| ln(ε)| se n = 2

Cnε2 + Gnε se n ≥ 3

CAPITOLO 5. SOLUZIONI FONDAMENTALI 88

e quindi per ε → 0 si ha |Iε|+ |Lε| = 0

Kε = −−∫

B(x,ε)

f(z) dS(z)

che per ε → 0 vale −f(x). Alla ne si ottiene

∆u(x) = −f(x)

Capitolo 6

Soluzioni generali

6.1 Unicità della soluzione in insiemi limitati

Il principio del massimo forte permette di enunciare un teorema di unicità

della soluzione per l'equazione di Poisson (1.3) in presenza di particolari

condizioni al contorno. Si ricorda che con U si indica un insieme aperto e

limitato di Rn.

Teorema 6.1 (Unicità) Data una funzione g ∈ C(∂U), ed una funzione

f ∈ C(U) esiste al più una soluzione u ∈ C2(U) ∩ C(U) per il problema alle

condizioni al contorno −∆u = f ∀x ∈ U

u = g ∀x ∈ ∂U(6.1)

Dimostrazione. Supposta l'esistenza di più d'una soluzione, ne scegliamo

due che chiamiamo u e v. La funzione w = u− v è anch'essa C2(U) ∩C(U).

In virtù della linearità di ∆, w soddisfa ∆u = 0 con la condizione al contorno

89

CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 90

w = 0 ∀x ∈ ∂U . Quindi w è una funzione armonica in U e assume valore

nullo sulla frontiera di U .

Per l'equazione (4.4)

0 ≤ w(x) ≤ 0 ∀x ∈ U

cioè w(x) ≡ 0 in U . Quindi u e v coincidono e la soluzione, se esiste, è unica.

Sia l'equazione di Laplace che quella di Poisson su insiemi limitati am-

mettono al più una soluzione u di classe C2(U) che soddis la condizione al

contorno u = g.

6.2 Soluzioni limitate dell'equazione di Poisson

Teorema 6.2 (Formula di rappresentazione) Sia f ∈ C2c (Rn), con n ≥

3. Ogni soluzione limitata di

−∆u = f in Rn

ha la forma

u(x) =

∫Rn

Φ(x− y)f(y) dy + C per ogni x ∈ Rn (6.2)

dove C è una costante.

Dimostrazione. Per n > 2 si ha Φ(x) → 0 quando |x| → ∞. Detto K il

supporto di f , la funzione

u =

∫Rn

Φ(x− y)f(y) dy =

∫K

Φ(x− y)f(y) dy

CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 91

è di classe C2(Rn) e risolve l'equazione di Poisson in Rn per quanto visto nel

teorema [5.3]. Per dimostrare che u è limitata sfruttiamo il fatto che Φ(x) → 0

per |x| → ∞. Preso un ε > 0 esiste un valore R tale che K ⊂ B(R) e che

per ogni |x| > R e y ∈ K si ha |Φ(x − y)| < ε. Naturalmente u(x) risulta

limitata in B(R) (presenta max e min). Al di fuori di B(R), cioè per ogni

x ∈(Rn \B(R)

)si ha

u(x) =

∫K

Φ(x− y)f(y) dy ≤

≤ supy∈K

(Φ(x− y)) maxRn

(f) mis(K) ≤ ε C

cioè tende a 0 per |x| → ∞. Quindi u è limitata in Rn e risolve −∆u = f per

ogni x ∈ Rn. Detta u(x) un'altra soluzione limitata, deniamo w := u − u.

Naturalmente w è armonica e limitata, per cui usando il teorema di Liouville

[4.8] si ha che w(x) è costante in Rn. Quindi

u(x) = u(x) + w(x) = u(x) + C =

∫Rn

Φ(x− y)f(y) dy + C

Nota 6.3 Per n = 2, si ha Φ = − 12π

ln |x| che non tende a zero all'innito.

Quindi la funzione u potrebbe non essere limitata.

6.3 Identità di Green

Assumiamo che U ⊂ Rn sia aperto e limitato con frontiera ∂U di classe1 C1.

1Per frontiera di classe Ck si intende una supercie m-dimensionale, con m < n,

esprimibile localmente tramite una funzione Rm → Rn di classe Ck.

CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 92

Prendiamo una funzione u ∈ C2(U). Fissato un x ∈ U , scegliamo ε > 0

sucientemente piccolo da far sì che la palla centrata in x e di raggio ε

sia contenuta in U . Nella regione Vε = U \B(x, ε) la soluzione fondamentale

dell'equazione di Laplace Φ(y−x), vista come funzione di y, è C2. Si possono

applicare le formule di Green (3.13) a Φ(y − x) e u(y) ottenendo∫Vε

u∆Φ(y − x)− Φ(y − x)∆u dy =

=

∫∂Vε

u(y)∂Φ

∂ν(y − x)− Φ(y − x)

∂u

∂ν(y) dS(y)

dove ν denota il versore normale uscente su ∂Vε. Ricordando l'armonicità di

Φ(y − x) (sia come funzione della x che della y) per y 6= x si ha

−∫

Φ(y − x)∆u dy =

∫∂Vε

u(y)∂Φ

∂ν(y − x)− Φ(y − x)

∂u

∂ν(y) dS(y) (6.3)

Ricordiamo che la frontiera di Vε è costituita da ∂U e da ∂B(x, ε). Per la

compattezza di U e per la continuità delle derivate prime di u si ha che

∂u∂ν

(y) può essere maggiorato con una costante M , cioè ∂u∂ν

(y) ≤ M ∀y ∈ U .

Quindi considerando per ora solo il termine a destra dell'equazione (6.3) ed

in particolare il secondo addendo all'interno dell'integrale, possiamo scrivere∣∣∣∣∫∂B(x,ε)

Φ(y − x)∂u

∂ν(y) dS(y)

∣∣∣∣ ≤ ∫∂B(x,ε)

|Φ(y − x)|∣∣∣∣∂u

∂ν(y)

∣∣∣∣ dS(y) ≤

≤ M · σnεn−1 · max

y∈∂B(ε)|Φ(y)| = Cnε

n−1 ·

| ln(ε)| se n = 2

1/εn−2 se n ≥ 3

=

=

C2ε| ln(ε)| se n = 2

Cnε se n ≥ 3

CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 93

dove le Ci, i = 2, 3, . . . sono costanti. In denitiva questo integrale tende a

zero per ε → 0.

Continuiamo ad analizzare ciò che succede sulla frontiera di B(x, ε). Con-

centriamoci ora sul primo addendo del termine a destra presente nell'equa-

zione (6.3)∫∂B(x,ε)

u(y)∂Φ

∂ν(y − x) dS(y) =

∫∂B(ε)

u(x + z)∂Φ

∂ν(z) dS(z) =

=

∫∂B(ε)

u(x + z)DΦ(z) · −z

|z|dS(z) =

∫∂B(ε)

u(x + z)−z

nωn|z|n−1· −z

|z|dS(z) =

=

∫∂B(ε)

u(x + z)|z|2

nωn|z|n+1dS(z) =

1

nωn|z|n−1

∫∂B(ε)

u(x + z) dS(z) =

= −∫

∂B(ε)

u(x + z) dS(z)

che per ε → 0, in virtù della continuità di u in x, diventa

u(x)

Dall'equazione (6.3), per ε → 0 e usando le precedenti osservazioni, si ottiene

−∫

U

Φ(y − x)∆u dy = u(x) +

∫∂U

u(y)∂Φ

∂ν(y − x)− Φ(y − x)

∂u

∂ν(y) dS(y)

ovvero

u(x) =

∫∂U

Φ(y−x)∂u

∂ν(y)−u(y)

∂Φ

∂ν(y−x) dS(y)−

∫U

Φ(y−x)∆u dy (6.4)

La precedente formula è un'identità nota come identità di Green ed è

valida per ogni funzione u ∈ C2(U) e per ogni x ∈ U con U aperto limitato.

Se conoscessimo i valori di u e ∂u∂ν

su ∂U e di ∆u in U , dalla (6.4) avremmo

determinato la funzione u(x) in tutto U .

CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 94

Nei problemi in cui intervengono l'equazione di Laplace o l'equazione di

Poisson il termine ∆u è rispettivamente uguale a 0 o f(x). Da ciò risulta

che nell'ipotesi di conoscere i valori u e ∂u∂ν

su ∂U , l'equazione di Laplace e

l'equazione di Poisson (per f ∈ C2c (Rn)) su insiemi U limitati, ammettono

sempre una soluzione fornita dall'identità di Green. Il problema è che u e

∂u∂ν

non possono essere scelti indipendentemente l'uno dall'altro, ed è su-

ciente conoscere il valore di uno dei due sulla frontiera ∂U per determinare

completamente la funzione u. L'identità di Green, quindi, non risolve il pro-

blema di rappresentare la soluzione dei problemi in esame, ma fornisce un

utile relazione tre le varie funzioni in gioco.

Per le equazioni di nostro interesse, l'identità di Green assume le due

forme di seguito riportate

u(x) =

∫∂U

Φ(y − x)∂u

∂ν(y)− u(y)

∂Φ

∂ν(y − x) dS(y)

per l′equazione di Laplace (6.5)

u(x) =

∫∂U

Φ(y − x)∂u

∂ν(y)− u(y)

∂Φ

∂ν(y − x) dS(y) +

∫U

Φ(y − x)f(y) dy

per l′equazione di Poisson (6.6)

Queste formule sono ben denite per ogni x ∈ U . Infatti l'integrale in U

altro non è che la convoluzione di Φ ed f e quindi una è funzione di classe

C2. Anche l'integrale di supercie è sommabile in quanto per ogni x ∈ U e

y ∈ ∂U si ha |x− y| > 0 e quindi φ(y − x) è continua con le sue derivate in

∂U . Essendo anche la funzioni u di classe C2 su ∂U e per la compattezza di

∂U si ha la sommabilità delle (6.5), (6.6).

CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 95

Nota 6.4 Per il teorema [6.1], la condizione u = g su ∂U per l'equazione di

Poisson è suciente a determinare univocamente, qualora esista, la soluzione

del problema. Si ha quindi che ∂u∂ν

su ∂U è univocamente determinata dal fatto

che u = g su ∂U . Come si vedrà nel teorema [8.1] anche la condizione che

∂u∂ν

= h(x) per ogni x ∈ ∂U è suciente a determinare univocamente la u(x)

su tutto U . In sostanza ciascuna delle due condizioni è da sola suciente a

ottenere un problema ben posto. Tutte e due insieme invece danno luogo, in

generale a problemi senza soluzione.

6.4 Funzione correttrice

Introduciamo la funzione ϕx(y) ∈ C2(U) tale che∆ϕx(y) = 0 in U

ϕx(y) = Φ(y − x) su ∂U

con x ∈ U .

La funzione ϕx(y) si chiama funzione correttrice in x per l'insieme U .

La funzione correttrice assume sui bordi dell'aperto U gli stessi valori della

soluzione fondamentale di Laplace centrata in x, ma al contrario di questa è

armonica in tutto U compreso y = x.

Applicando la formula di Green (3.13) a ϕx(y) ∈ C2(U) e u(y) ∈ C2(U)

otteniamo ∫U

u∆ϕx(y)− ϕx(y)∆u dy =

=

∫∂U

u(y)∂ϕx

∂ν(y)− ϕx(y)

∂u

∂ν(y) dS(y)

CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 96

dove ν denota il versore normale uscente su ∂U . Per l'armonicità di ϕx(y) in

U e per la condizione ϕx(y) = Φ(y − x) su ∂U si ha

−∫

U

ϕx(y)∆u dy =

∫∂U

u(y)∂ϕx

∂ν(y)− Φ(y − x)

∂u

∂ν(y) dS(y) (6.7)

Inoltre applicando l'identità di Green alla funzione armonica x → ϕz(x),

con z ∈ U , e notando che per denizione ϕz(x) = Φ(y − z) sulla frontiera di

U , otteniamo

ϕz(x) =

∫∂U

Φ(y − x)∂ϕz

∂ν(y)− Φ(y − z)

∂Φ

∂ν(y − x) dS(y)

6.5 Funzione di Green

Con la funzione di Green ci preggiamo di ottenere una formula risolutiva

generale per il problema

−∆u = f in U

u = g su ∂U(6.8)

con u ∈ C2(U)ed f, g continue.

Denizione 6.5 (Funzione di Green) La funzione di Green per l'insieme

U è data da

G(x, y) := Φ(y − x)− ϕx(y) (x ∈ U, y ∈ U y 6= x) (6.9)

La funzione di y → G(x, y) è armonica in U tranne che per y = x. Inoltre

per ogni y ∈ ∂U risulta

G(x, y) = Φ(y − x)− ϕx(y) = Φ(y − x)− Φ(y − x) = 0

CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 97

Sommando l'identità di Green per u(x) (6.4) all'equazione per la ϕx(y)

(6.7) si ottiene

u(x)−∫

U

ϕx(y)∆u dy =

∫∂U

Φ(y − x)∂u

∂ν(y)− u(y)

∂Φ

∂ν(y − x) dS(y)+

−∫

U

Φ(y − x)∆u dy +

∫∂U

u(y)∂ϕx

∂ν(y)− Φ(y − x)

∂u

∂ν(y) dS(y)

ovvero

u(x) =

∫∂U

−u(y)∂Φ

∂ν(y − x) + u(y)

∂ϕx

∂ν(y) dS(y)+

−∫

U

Φ(y − x)∆u− ϕx(y)∆u dy

e quindi

u(x) = −∫

∂U

u(y)∂G

∂ν(x, y) dS(y)−

∫U

G(x, y)∆u dy (6.10)

dove ∂G∂ν

(x, y) è la derivata direzionale relativa alla variabile y cioè

∂G

∂ν(x, y) = DyG(x, y) · ν(y)

Possiamo quindi enunciare il seguente risultato

Teorema 6.6 Se u ∈ C2(U) risolve il problema (6.8)allora

u(x) = −∫

∂U

g(y)∂G

∂ν(x, y) dS(y)−

∫U

G(x, y)f(y) dy (6.11)

Dimostrazione. Segue immediatamente dalla (6.10) ponendo gli appropriati

valori di u(y) sulla frontiera di U e di ∆u nell'aperto U .

Supposta nota la funzione di Green è quindi completamente individuata

la funzione u(x). Il teorema [6.1] garantisce che tale soluzione è anche unica.

CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 98

Teorema 6.7 (Simmetria della funzione di Green) Per ogni x, y ∈ U

con x 6= y, vale

G(x, y) = G(y, x)

Dimostrazione. Diciamo v(z) := G(x, z) e w(z) := G(y, z) con z ∈ U .

Per l'armonicità della funzione di Green rispetto alla seconda variabile si ha

∆v = 0 per ogni z 6= x e ∆w = 0 per ogni z 6= y. Inoltre, per ogni z ∈ ∂U

risulta v(z) = w(z) = 0. Applichiamo la fromula di Green (3.13) alle funzioni

v e w nell'insieme V = U \ [B(x, ε) ∪ B(y, ε)], con ε > 0 e sucientemente

piccolo da mantenere le due palle all'interno di U . Otteniamo∫V

v(ξ)∆w(ξ)− w(ξ)∆v(ξ) dξ =

=

∫∂V

v(ξ)∂w

∂ν(ξ)− w(ξ)

∂v

∂ν(ξ) dS(ξ)

che diventa

0 =

∫∂U

v(ξ)∂w

∂ν(ξ)− w(ξ)

∂v

∂ν(ξ) dS(ξ)+

+

∫∂B(x,ε)

v(ξ)∂w

∂ν(ξ)−w(ξ)

∂v

∂ν(ξ) dS(ξ)+

∫∂B(y,ε)

v(ξ)∂w

∂ν(ξ)−w(ξ)

∂v

∂ν(ξ) dS(ξ)

tenendo in conto che v(z) = w(z) = 0 sulla frontiera di U si ha

0 =

∫∂B(x,ε)

v(ξ)∂w

∂ν(ξ)− w(ξ)

∂v

∂ν(ξ) dS(ξ)+

+

∫∂B(y,ε)

v(ξ)∂w

∂ν(ξ)− w(ξ)

∂v

∂ν(ξ) dS(ξ)

da cui∫∂B(x,ε)

w(ξ)∂v

∂ν(ξ)−v(ξ)

∂w

∂ν(ξ) dS(ξ) =

∫∂B(y,ε)

v(ξ)∂w

∂ν(ξ)−w(ξ)

∂v

∂ν(ξ) dS(ξ)

(6.12)

CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 99

Prendiamo in considerazione il termine a sinistra dell'uguaglianza (6.12). Il

primo addendo nell'integrale è

w(ξ)∂v

∂ν(ξ)

Dal momento che v(ξ) = Φ(ξ − x)− ϕx(ξ) si ha

w(ξ)∂Φ

∂ν(ξ − x)︸ ︷︷ ︸

A

−w(ξ)∂ϕx

∂ν(ξ)︸ ︷︷ ︸

B

Dato che ϕx è armonica in tutto U si ha che w ∂ϕx

∂νè limitata sul compatto

B(x, ε) e quindi l'integrale su ∂B(x, ε) di A tende a 0 per ε → 0. L'integrale

di B vale∫∂B(x,ε)

w(ξ)∂Φ

∂ν(ξ − x) dS(ξ) =

1

nωnεn−1

∫∂B(x,ε)

w(ξ) dS(ξ) =

= −∫

∂B(x,ε)

w(ξ) dS(ξ) = w(x) per ε → 0

Concludiamo che l'integrale del primo addendo a sinistra dell'equazione (6.12)

vale w(x) per ε → 0. Sempre facendo riferimento all'integrale a sinistra della

(6.12), valutiamo il secondo addendo. Detto

M = maxB(x,ε)

(∂w

∂ν

)si ha

∣∣∣∣∫∂B(x,ε)

v(ξ)∂w

∂ν(ξ) dS(ξ)

∣∣∣∣ ≤ Mσnεn−1

C2| ln(ε)| se n = 2

Cn1/εn−2 se n ≥ 3

=

=

MσnC2ε| ln(ε)| se n = 2

MσnCn1/ε se n ≥ 3

CAPITOLO 6. SOLUZIONI GENERALI 100

dove Ci, i = 2, 3, . . . sono costanti e l'integrale in questione tende a zero per

ε → 0. Si conclude che il termine a destra dell'equazione (6.12) complessiva-

mente vale w(x) per ε → 0. In maniera del tutto analoga si procede per il

termine a sinistra della (6.12) che risulterà pari a v(y) per ε → 0. Quindi

w(x) = v(y)

cioè

G(y, x) = w(x) = v(y) = G(x, y)

Nota 6.8 Il teorema [6.7] resta valido anche se il dominio non è limitato, dal

momento che nella dimostrazione si è fatto uso solo delle formule di Green,

che valgono anche per insiemi non limitati, e di alcune considerazione locali

nelle vicinanze di x e di y.

Capitolo 7

Applicazioni

7.1 Il nucleo di Poisson

Il nucleo di Poisson, è una funzione di x, y ∈ Rn la cui integrazione è fon-

damentale per ottenere le soluzioni del problema di Laplace-Dirichlet per il

semispazio.

Dato il semispazio n-dimensionale (x1, . . . , xn) ∈ Rn | xn > 0, che

indichiamo con il simbolo Rn+, il nucleo di Poisson è:

K(x, y) =2xn

nωn

1

|x− y|n(7.1)

Calcoliamo l'integrale del nucleo di Poisson per il semispazio sull'insieme

∂Rn+.

Proposizione 7.1 Dato n ≥ 2, e posto

f(x) =

∫∂Rn

+

K(x, y) dS(y) (7.2)

si ha f(x) = 1, per ogni x ∈ Rn+

101

CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 102

Dimostrazione.Denotiamo con x′ la (n−1)-upla (x1, . . . , xn−1). Un generico

punto di Rn può essere scritto come (x′, xn).∫∂Rn

+

K(x, y) dS(y) =

∫Rn−1

2xn

nωn

1

|x− (y′, 0)|ndy′ =

=2xn

nωn

∫Rn−1

1(√(x′1 − y′1)

2 + . . . + (x′n−1 − y′n−1)2 + x2

n

)n dy′

ponendo z′ = y′ − x′ si ottiene

=2xn

nωn

∫Rn−1

1((z′1)

2 + . . . + (z′n−1)2 + x2

n

)n/2dz′

=2xn

nωn

∫Rn−1

1

(xn)n(

(z′1)2

x2n

+ . . . +(z′n−1)2

x2n

+ 1)n/2

dz′

ed eettuando ancora un cambio di variabili in w = z′/xn si ha

2

nωn

∫Rn−1

1(w2

1 + . . . + w2n−1 + 1

)n/2dw =

=2

nωn

∫ ∞

0

(∫∂B(r)n−1

1

(r2 + 1)n/2dS

)dr =

=2

nωn

∫ ∞

0

1

(r2 + 1)n/2dr ·

∫∂B(r)n−1

dS =2

nωn

σn−1

∫ ∞

0

rn−2

(r2 + 1)n/2dr

con un altro cambio di variabili r = tan(ϑ) che da dr = 1/ cos2(ϑ) dϑ, si

ottiene

=2(n− 1)ωn−1

nωn

∫ π/2

0

(tan(ϑ))n−2

(tan2(ϑ) + 1)n/2

1/ cos2(ϑ) dϑ

=2(n− 1)ωn−1

nωn

∫ π/2

0

(tan(ϑ))n−2(cos(ϑ))n−2 dϑ =

=2(n− 1)

n

(n2)Γ(n

2)

√π(n−1

2)Γ(n−1

2)

∫ π/2

0

(sin(ϑ))n−2 dϑ

CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 103

che per le equazioni (3.43) diventa

2Γ(n2)

Γ(12)Γ(n−1

2)·β((n− 1)/2, 1/2

)2

che per la (3.42) vale 1

7.2 Funzione di Green per il semispazio

Consideriamo il semispazio

Rn+ = (x1, . . . , xn) ∈ Rn | xn > 0

Denizione 7.2 Dato x = (x1, . . . , xn−1, xn) ∈ Rn+, si denisce la sua ri-

essione rispetto al piano ∂Rn+ il punto x = (x1, . . . , xn−1,−xn)

Proviamo a ripercorre il precedimento di costruzione della funzione di

Green nel caso particolare del problema di Laplace per il semispazio. Per

prima cosa, cerchiamo di determinare la funzione correttrice per il semispazio.

Poniamo ϕx(y) = Φ(y − x), salvo vericare che con questa posizione ϕx(y)

sia eettivamente la funzione correttrice cercata. Per constatarlo dobbiamo

dimostrare che con tale posizione la funzione ϕx(y) è eettivamente armonica

nel semispazio e pari a Φ(y− x) sul bordo del semispazio. L'idea alla base di

tale scelta della funzione correttrice è quella di riettere attraverso il piano

xn = 0 le singolarità Φ(y − x) che si distribuiscono nel semispazio Rn+.

Ricordiamo che Φ(x) è funzione solo di |x| e notiamo subito che sul piano

yn = 0, cioè su ∂Rn+, la funzione correttrice vale

ϕx(y) = Φ(y − x) = Φ(y1 − x1, . . . , yn−1 − xn−1, xn)

CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 104

Per yn = 0 si ha

|y − x| =√

(y1 − x1)2 + . . . + (yn−1 − xn−1)2 + x2n = |y − x|

in virtù del fatto che la funzione Φ dipende solo dal modulo del suo argomento

si ottiene

ϕx(y) = Φ(y − x) = Φ(y − x)

su Rn+.

Le singolarità delle funzioni Φ(y− x) sono posizionate al di fuori del semi-

spazio di interesse Rn+. Perciò la funzione correttrice ϕx(y), per come denita,

è eettivamente armonica in Rn+. Con quest'ultima osservazione abbiamo ap-

purato che la candidata funzione correttrice per il semispazio, sia davvero

tale.

La funzione di Green per il semispazio è quindi data da

G(x, y) = Φ(y − x)− Φ(y − x) (7.3)

Le derivata della funzione y → G(x, y) lungo il versore normale uscente

dal bordo di Rn+ è

− ∂G

∂yn

(x, y) = −[

∂Φ

∂yn

(y − x)− ∂Φ

∂yn

(y − x)

]=

=1

nωn

[yn − xn

|y − x|n− yn + xn

|y − x|n

]Per y ∈ ∂Rn

+ si ha |y − x| = |y − x| e quindi

∂G

∂ν(x, y) =

−2xn

nωn|y − x|n

La regione U di Rn di cui ci stiamo occupando non è limitata. Per questo

molti dei risultati dimostrati in precedenza non potranno essere direttamente

CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 105

applicati. Tuttavia vedremo che la funzione di Green per il semispazio appena

trovata permette di descrivere la soluzione del problema di Laplace per il

semispazio.

Consideriamo il problema alle condizioni al contorno ∆u = 0 in Rn+

u = g su ∂Rn+

(7.4)

Deniamo per ogni x ∈ Rn+, la funzione

u(x) = −∫

∂Rn+

∂yG

∂ν(x, y)g(y) dS(y) =

2xn

nωn

∫∂Rn

+

g(y)

|y − x|ndS(y) (7.5)

Quanto visto nel teorema [6.6] ci suggerisce di considerare u(x) candidata

soluzione del problema (7.4).

Proposizione 7.3 Sia g una funzione C(Rn−1)∩L∞(Rn−1) e u(x) come in

(7.5). Allora u(x) ∈ C∞(Rn+) ∩ L∞(Rn

+) e ∆u = 0 per ogni x ∈ Rn+ (7.4)

Dimostrazione. Fissato un punto x ∈ Rn+, la mappa y → G(x, y) è ar-

monica tranne che in y = x. Il teorema [6.7] non può essere applicato nel

caso di insiemi illimitati. Tuttavia per verica diretta sulla funzione G si può

constatare che essa gode della proprietà di simmetria1. Per x, y ∈ Rn+ vale

G(x, y) = G(y, x). La funzione x → G(x, y) è, quindi, identica a y → G(x, y).

Ne consegue che anche x → G(x, y) è armonica in tutto x ∈ Rn+ tranne che

in x = y. Da quanto detto si conclude che la funzione G(x, y) può essere ri-

guardata come una funzione armonica nelle 2n variabili x1, . . . , xn, y1, . . . , yn.

Ciò implica che anche la funzione x → ∂yG

∂ν(x, y) sia a sua volta armonica per

ogni x 6= y.

1Vedere anche la nota [6.8].

CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 106

Detto K(x, y) il nucleo di Poisson come denito nell'equazione (7.1) a

pagina 101, siamo giunti a dimostrare che ssato y, la mappa x → K(x, y)

è una funzione armonica in x ∈ Rn+ tranne che per x = y. Posto quindi

y ∈ ∂Rn+ si ha l'armonicità di K(x, y) per ogni x ∈ Rn

+.

Per quanto dimostrato in [7.1] si ha che∫∂Rn

+

K(x, y)g(y) dS(y) = 1

per ogni x ∈ Rn+. Poichè g è limitata, in quanto L∞(∂Rn

+), si ha che u(x) ≤

‖g‖L∞(∂Rn+) per ogni x ∈ Rn

+, cioè u ∈ L∞(Rn+).

Inoltre vale

∆xu(x) =

∫∂Rn

+

∆xK(x, y)g(y) dS(y) = 0

Proposizione 7.4 Sia g una funzione C(Rn−1)∩L∞(Rn−1) e u(x) come in

(7.5). Allora

limx→x0x∈Rn

+

u(x) = g(x0)

per ogni x0 ∈ ∂Rn+ (7.4)

Dimostrazione. Dato un vettore x ad n coordinate, indichiamo con g(x) il

valore che la funzione g : Rn−1 → R assume nel punto (x1, . . . , xn−1). Inoltre

gli integrali in dy su ∂Rn+ si riferiscono alla misura in Rn−1. Fissiamo un

x0 ∈ ∂Rn+ ed un valore per ε > 0. Per la continuità di g possiamo scegliere

δ > 0 tale che per ogni y ∈ ∂Rn+ tale che |y − x0| < δ si abbia

|g(y)− g(x0)| < ε

CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 107

Ricordiamo che l'integrale su ∂Rn+ di K(x, y) è pari a 1 e che K(x, y) > 0

per ogni xn > 0. Se prendiamo x ∈ Rn+ tale che |x− x0| < δ

2, si ottiene

|u(x)− g(x0)| =

∣∣∣∣∣∫

∂Rn+

K(x, y)g(y) dy − g(x0)

∫∂Rn

+

K(x, y) dy

∣∣∣∣∣ =

=

∣∣∣∣∣∫

∂Rn+

K(x, y)[g(y)− g(x0)] dy

∣∣∣∣∣ ≤∫

∂Rn+

K(x, y)|g(y)− g(x0)| dy =

=

∫∂Rn

+∩B(x0,δ)

K(x, y)|g(y)− g(x0)| dy +

∫∂Rn

+\B(x0,δ)

K(x, y)|g(y)− g(x0)| dy

Il primo integrale lo chiamiamo I ed il secondo J . Per quanto riguarda I si

ha

I ≤ ε

∫∂Rn

+∩B(x0,δ)

K(x, y) dy ≤ ε

Per J si ha

J ≤ 2‖g‖L∞

∫∂Rn

+\B(x0,δ)

K(x, y) dy ≤ 22‖g‖L∞xn

nωn

∫∂Rn

+\B(x0,δ)

|y − x|−n dy

Abbiamo scelto x tale che |x− x0| fosse minore di δ/2 e dobbiamo integrare

su un insieme di punti y distanti da x0 più di δ. Perciò valgono

|x− x0| <δ

2

|y − x0| > δ

Da queste due relazioni si ricava che

|y − x0| ≤ |y − x|+ |x− x0| ≤ |y − x|+ δ

2≤ |y − x|+ |y − x0|

2

da cui|y − x0|

2≤ |y − x|

CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 108

Quindi possiamo maggiorare l'integral J sostituendo |y − x| con |y−x0|2

J ≤ 2n+2‖g‖L∞xn

nωn

∫∂Rn

+\B(x0,δ)

|y − x0|−n dy = xn µ < ∞

Scegliendo xn < ε/µ si ha J < ε, cioè per xn → 0+, J → 0.

In conclusione

|u(x)− g(x0)| ≤ I + J ≤ ε + ε

per ogni |x− x0| < min( εµ, δ

2), cioè u(x) → g(x0) per x → x0 con xn > 0.

Teorema 7.5 (Formula di Poisson per il semispazio) Sia g una fun-

zione C(Rn−1) ∩ L∞(Rn−1) e

u(x) =2xn

nωn

∫∂Rn

+

g(y)

|y − x|ndS(y) (7.6)

per ogni x ∈ Rn+. Allora u(x) è soluzione del problema di Laplace per il

semispazio (7.4)

Dimostrazione. Dalla proposizione [7.3] risulta vericata l'armonicità di

u(x). Dalla proposizione [7.4] risulta vericata la condizione al contorno su

∂Rn+.

7.3 Funzione di Green per la palla

Per costruire la funzione di Green della palla B(1) useremo una riessione

simile a quella per il semipiano, ma attraverso la sfera ∂B(1).

Questa volta il dominio su cui operiamo è limitato, per cui i teoremi nora

dimostrati sono validi.

CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 109

Denizione 7.6 Se x ∈(Rn \ 0

), il punto

x =x

|x|2

è detto punto duale di x rispetto alla sfera ∂B(1). La mappa x → x è

chiamata inversione attraverso la sfera unitaria ∂B(1).

Assumiamo n ≥ 3. Preso un punto x ∈(B(1) \ 0

)si ha che x 6∈ B(1)

e quindi la mappa y → Φ(y − x) è armonica per ogni y ∈ B(1). Anche la

mappa y → |x|2−nΦ(y − x) è armonica in tutto B(1).

Prendendo la funzione correttrice

ϕx(y) := Φ (|x|(y − x)) = |x|2−nΦ(y − x)

risulta ϕx(y) armonica in B(1) come richiesto per le funzioni correttrici.

Inoltre per y ∈ ∂B(1) si ha

ϕx(y) =Cn

|x|n−2|y − x|n−2=

Cn

|x|n−2|y − x|x|2 |n−2

Ora

|y − x

|x|2| =

√(y1 −

x1

|x|2

)2

+ . . . +

(yn −

xn

|x|2

)2

=

=

√y1

2 − 2y1x1

|x|2+

x12

|x|4+ . . . + yn

2 − 2ynxn

|x|2+

xn2

|x|4=

√|y|2 − 2y · x

|x|2+

1

|x|2

Quindi, essendo |y| = 1, otteniamo

ϕx(y) =Cn

|x|n−2(1− 2y·x

|x|2 + 1|x|2

)(n−2)/2=

CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 110

=Cn

(|x|2 − 2y · x + 1)(n−2)/2=

Cn

((x− y) · (x− y))(n−2)/2=

e inne

ϕx(y) =Cn

|x− y|n−2= Φ(y − x)

come richiesto per le funzioni correttrici.

Per n = 2 prendiamo ϕx(y) = Φ (|x|(y − x)). La mappa y → Φ(y − x) è

armonica per ogni y ∈ B(1). Anche la mappa y → C2 ln |x| + Φ(y − x), con

C2 = −1/2π è armonica in tutto B(1). Essendo

y → C2 ln |x|+ C2 ln |y − x| = C2 ln (|x||y − x|)

si ha l'armonicità di ϕx(y). Inoltre, per ogni |y| = 1 si ha

ϕx(y) = C2 ln (|x||y − x|) = C2 ln(|x− y|) = Φ(y − x)

in quanto |x||y − x| è lo stesso termine presente a denominatore per n = 3.

Abbiamo quindi costruito la funzione correttrice ϕx(y) per ogni x ∈(B(1) \ 0

). Per x = 0 notiamo che qualsiasi sia la dimensione dei vet-

tori in gioco, il prodotto |x|k|y − x|k con k = . . . ,−2,−1, 0, 1, 2, . . . è pari

a (√|x|2√|y|2 − 2y · x

|x|2+

1

|x|2

)k

=(√

|x|2|y|2 − 2y · x + 1)k

che è denito anche in x = 0 e vale 1. Perciò nel caso n = 2 si ha ϕ0(y) = 0,

nel caso n ≥ 3 si ha ϕ0(y) = Cn.

Denizione 7.7 La funzione di Green per la palla unitaria è

G(x, y) = Φ(y − x)− Φ(|x|(y − x)) (7.7)

con x, y ∈ B(1) e x 6= y

CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 111

Il problema di Laplace ∆u = 0 in B(1)

u = g su ∂B(1)(7.8)

ammette come unica soluzione

u(x) = −∫

∂B(1)

g(y)∂yG

∂ν(x, y) dS(y) (7.9)

Sviluppando l'argomento dell'integrale (7.9), per y ∈ ∂B(1) si ha

∂yG

∂ν= DyG · y =

n∑i=1

yi∂G

∂yi

Adesso∂Φ

∂yi

(y − x) =−1

nωn

yi − xi

|y − x|n

e∂Φ

∂yi

(|x|(y − x)

)=−1

nωn

|x|(yi − xi)

|x|n|y − x|n|x| =

=−1

nωn

|x|yi − xi

|x|

|y − x|n|x| = −1

nωn

|x|2yi − xi

|y − x|n

per y ∈ ∂B(1). Per cui si ha

∂yG

∂ν=−1

nωn

n∑i=1

yi

[yi − xi

|y − x|n− |x|2yi − xi

|y − x|n

]=

=−1

nωn|y − x|nn∑

i=1

yi

[yi − xi − |x|2yi + xi

]=

=−1

nωn|y − x|nn∑

i=1

yi

[yi − |x|2yi

]=

=(|x|2 − 1)|y|2

nωn|y − x|n=

|x|2 − 1

nωn|y − x|n

Quindi la soluzione del problema (7.8) diventa

u(x) =1− |x|2

nωn

∫∂B(1)

g(y)

|y − x|ndS(y)

CAPITOLO 7. APPLICAZIONI 112

Il problema di Laplace nella palla B(r) è invece ∆u = 0 in B(r)

u = g su ∂B(r)(7.10)

Per un certo r > 0, detta u(x) la soluzione del problema (7.10) si ha che

v(x) = u(rx), |x| < 1 è soluzione del problema (7.8) con condizione sulla

frontiera v(x) = g(rx). Infatti ∆v = r2∆u = 0 e per |x| = 1 si ha che la

variabile z = rx ha modulo |z| = |rx| = r|x| = r e quindi v(x) = u(rx) =

u(z) = g(z) = g(rx). Conoscendo l'espressione della soluzione per la palla

unitaria ricaviamo quella per la palla di raggio r.

v(x) =1− |x|2

nωn

∫∂B(1)

g(ry)

|y − x|ndS(y)

quindi

u(rx) =1− |x|2

nωn

∫∂B(1)

g(ry)

|y − x|ndS(y)

e ponendo z = rx e w = ry si ha

u(z) =1− |z|2

r2

nωn

∫∂B(r)

g(w)

rn−1|w/r − z/r|ndS(w) =

=r2 − |z|2

nωnr2

∫∂B(r)

g(w)

r−1|w − z|ndS(w) =

r2 − |z|2

nωnr

∫∂B(r)

g(w)

|w − z|ndS(w)

La funzione

K(x, y) =r2 − |x|2

nωnr|y − x|n(7.11)

è detta nucelo di Poisson per la palla B(r).

Capitolo 8

Metodi Energetici

8.1 Unicità

In questa sezione illustreremo alcuni metodi di analisi delle equazioni di La-

place e di Poisson che discendono da principi più generali del Calcolo delle

Variazioni.

Deniamo il seguente problema −∆u = f ∀x ∈ U

u = g ∀x ∈ ∂U(8.1)

con U aperto limitato, ∂U di classe C1 e g ∈ C2(∂U).

Nel teorema [6.1] abbiamo utilizzato il principio del massimo per dimo-

strare l'unicità della soluzione per questo tipo di problema. Ora forniamo una

seconda dimostrazione che fa uso dei cosidetti metodi energetici.

Teorema 8.1 (Unicità) Esiste al più una soluzione u ∈ C2(U) del proble-

ma (8.1).

113

CAPITOLO 8. METODI ENERGETICI 114

Dimostrazione. Prendiamo due soluzioni del problema (8.1) che chiamiamo

u e v. Detta w = u− v si ha che w è armonica in U e vale 0 sul bordo di U .

Integrando per parti w∆w componente per componente come in (3.10),

si ottiene ∫U

w∆w dx = −∫

U

Dw ·Dw dx +

∫∂U

wDw · ν dS =

= −∫

U

Dw ·Dw dx = −∫

U

|Dw|2 dx

L'armonicità di w e l'equazione appena ricavata permettono di concludere

che ∫U

|Dw|2 dx = 0

Quindi Dw ≡ 0 su U e dal momento che w = 0 sul bordo, si deduce che

w ≡ 0 su tutto U , da cui u ≡ v.

Il teorema appena presentato fornisce una dimostrazione utililizzabile

anche nel caso del problema

−∆u = f ∀x ∈ U

∂u∂ν

= g ∀x ∈ ∂U(8.2)

con U aperto limitato, ∂U di classe C1 e g ∈ C1(∂U).

Infatti due funzioni soluzioni del problema (8.2) hanno sul bordo la stessa

∂u∂ν, per cui si può utilizzare lo stesso procedimento del teorema [8.1] e giungere

all'unicità della soluzione anche in questo caso.

CAPITOLO 8. METODI ENERGETICI 115

8.2 Principio di Dirichlet

Vogliamo ora mostrare come il problema alle condizioni al contorno (8.1),

possa essere caratterizzato come un problema di ricerca del minimo di un

certo funzionale.

Denizione 8.2 Deniamo il funzionale energia come

I[w] =

∫U

1

2|Dw|2 − wf dx (8.3)

in cui w è una funzione appartenente all'insieme ammissibile

A = w ∈ C2(U)| w = g su ∂U

Il funzionale energia associa ad ogni funzione w dell'insieme A un valore

reale I[w]

I : A → R

Teorema 8.3 (Principio di Dirichlet) u ∈ C2(U) è soluzione del proble-

ma (8.1) se e solo se

I[u] = minw∈A

I[w]

Dimostrazione. Dimostriamo che se u è soluzione del problema (8.1) allora

è un minimo per il funzionale energia.

Scegliamo w ∈ A. Essendo ∆u + f ≡ 0 su U si ha∫U

(∆u + f)(u− w) dx = 0

CAPITOLO 8. METODI ENERGETICI 116

cioè ∫U

∆u(u− w) dx +

∫U

f(u− w) dx = 0

Integrando per parti il primo termine e ricordando che u e w assumono gli

stessi valori sul bordo, si ha

−∫

U

Du ·D(u− w) dx +

∫U

f(u− w) dx = 0

da cui ∫U

|Du|2 − uf dx =

∫U

Du ·Dw − fw dx

Per la proposizione [3.1] e per la nota diseguaglianza di Cauchy-Schwarz si

ha

|Du ·Dw| ≤ |Du||Dw| ≤ 1

2|Du|2 +

1

2|Dw|2

Il termine in cui compare il prodotto scalare può quindi essere maggiorato∫U

Du ·Dw − fw dx =

∫U

Du ·Dw dx−∫

U

fw dx ≤

≤∫

U

|Du ·Dw| dx−∫

U

fw dx ≤∫

U

1

2|Du|2 +

1

2|Dw|2 dx−

∫U

fw dx =

=

∫U

1

2|Du|2 dx +

∫U

1

2|Dw|2 − fw dx =

∫U

1

2|Du|2 + I[w]

Per cui si ha ∫U

|Du|2 − uf dx ≤∫

U

1

2|Du|2 + I[w]

ed inne ∫U

1

2|Du|2 − uf dx ≤ I[w]

cioè I[u] ≤ I[w] per ogni w ∈ A.

La seconda parte del teorema aerma che se u è il minimo nell'insieme

ammissibile per il funzionale energia, allora u è soluzione del problema (8.1).

CAPITOLO 8. METODI ENERGETICI 117

Scegliamo una funzione v ∈ C∞c (U) ed un valore t ∈ R. Deniamo la

funzione i : R → R

i(t) = I[u + tv]

Dal momento che v ∈ C∞c (U), si ha che u+ tv appartiene all'insieme ammis-

sibile per ogni t ∈ R. Quindi la funzione i(t) risulta bene denita.

Per ipotesi u è il minimo per il funzionale I. Quindi i(t) deve avere mi-

nimo in t = 0. Ciò implica che se esiste la derivata prima di i(t) essa debba

annullarsi in t = 0. Notiamo che

i(t) =

∫U

1

2|D(u + tv)|2 − (u + tv)f dx =

=

∫U

1

2|Du + tDv|2 − (u + tv)f dx =

=

∫U

1

2|Du|2 +

1

2t2|Dv|2 + tDu ·Dv − (u + tv)f dx

L'espressione ottenuta è derivabile rispetto a t. Quindi la derivata di i(t)

esiste e vale ∫U

t|Dv|2 + Du ·Dv − fv dx

che in t = 0 da ∫U

Du ·Dv − fv dx

Integrando per parti il primo addendo ed essendo nullo il valore di v sul bordo

di U , si ottiene

0 = i′(0) = −∫

U

v∆u dx−∫

U

fv dx =

∫U

(−∆u− f)v dx

Quindi per ogni v ∈ C∞c (U) si ha∫

U

(−∆u− f)v dx = 0

CAPITOLO 8. METODI ENERGETICI 118

cioè

−∆u− f ≡ 0

Bibliograa

[1] Fusco, Marcellini, Sbordone. Analisi Matematica Due. Liguori Editore,

1996.

[2] Lawrence C. Evans. Partial Dierential Equations. American

Mathematical Society, 1997.

[3] Nicola Fusco. Note integrative per il corso di equazioni dierenziali alle

derivate parziali.

[4] S. Salsa, G. Verzini. Equazioni a derivate parziali. Springer, 2005.

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