Simplicius – helper 2

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Simplicius – helper 2 Venerdì 18 Settembre. Incontro numero due: “psicosi, nevrosi, due grandi categorie concettuali” La volta precedente abbiamo concluso con un tema che è impor- tante perché attraversa l'intera psicologia e la psicopatologia uma- na: i meccanismi di difesa, quali strumenti indispensabili per non rimanere sopraffatti dagli eventi “avversi”. Tuttavia per capire se gli eventi ci sono favorevoli o avversi, ci dobbiamo basare sull'in- terpretazione della realtà che ci circonda. Come abbiamo già ac- cennato questo passaggio è molto delicato perché l'interpretazione del mondo che ci circonda (inteso come il contesto ambientale e sociale in cui ci troviamo) non è univoca, anzi cambia da persona a persona e, per la stessa persona, cambia nel tempo. La percezio- ne che abbiamo del mondo si deve necessariamente confrontare ed incrociare con quella delle persone che incontriamo quotidiana- mente e con cui condividiamo la nostra vita. (Per inciso ricordo che la percezione è assolutamente individuale e che noi possiamo avere le nostre percezioni dell'altro attraverso i cinque sensi – ovvero vediamo un comportamento, sentiamo la voce e ne decodifichiamo il linguaggio, tocchiamo un corpo, sen- tiamo un odore, e... per il gusto è più difficile). Questo tema è centrale perché ci obbliga a fare i conti con il concetto di “normalità”. Quale inter- pretazione della realtà è normale? Quale è quella corretta e quale “va fuori dal seminato”? (de-lirare significa uscire dal solco, dal seminato). Quante volte ci è capitato di prendere un abbaglio e consi- derare una persona, un evento, una cosa, in maniera del tutto particolare, senza renderci conto che eravamo “fuori dal seminato”? Nella convivenza sociale prevale una sorta di “media” delle interpre- tazioni soggettive, ma non è mai dato per scontato che l'interpretazione prevalente della realtà sia necessariamente quella giusta. Un'interpretazione originale può essere corretta anche se non troppo “normale”, mentre una interpretazione normale, “scontata”, può essere fallace alla luce di altre evi- denze o di altri punti di vista. Basti pensare che si è dovuto attendere il diciassettesimo secolo per rendersi conto che al centro del sistema solare stava il sole e non la terra. (nel " Dialogo sopra i massimi sistemi del mondo , tolemaico e copernicano " ad un certo punto compare un aristotelico di nome Simplicio al quale il personaggio portavoce della teoria coperni- cana fa notare razionalmente tramite una serie di passaggi come l' eliocentrismo funzioni perfetta- mente ; Simplicio risponde che sono affermazioni bellissime e non esiterebbe ad accettarle se Ari- stotele non avesse detto il contrario). Oltre a ciò occorre ricordare che alcune interpretazioni sono supportate dall'evidenza (cioè l'inter- pretazione è chiara ed univoca), ma ve ne sono molte altre che invece, per loro natura, sono ambi- gue o si prestano ad interpretazioni diverse, tutte legittime. Esiste quindi una interpretazione “media” (ricordo che il termine normale in statistica si riferisce ad una curva “gaussiana” che rappresenta la normale distribuzione di una variabile), sulla quale una determinata comunità si trova d'accordo. Questa interpretazione media serve socialmente “per intendersi”, e come punto di riferimento “nor- ma-tivo” ma, come avete senz'altro già letto da qualche parte, “da vicino nessuno è normale”, ovve- ro non è detto che, scendendo nel dettaglio, ci si trovi perfettamente d'accodo sulla interpretazione “media”. Quindi il vero problema è come fare andar d'accordo l'interpretazione”media” con quella personale

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Simplicius – helper 2

Venerdì 18 Settembre. Incontro numero due: “psicosi, nevrosi, due grandi categorie concettuali”

La volta precedente abbiamo concluso con un tema che è impor-tante perché attraversa l'intera psicologia e la psicopatologia uma-na: i meccanismi di difesa, quali strumenti indispensabili per non rimanere sopraffatti dagli eventi “avversi”. Tuttavia per capire se gli eventi ci sono favorevoli o avversi, ci dobbiamo basare sull'in-terpretazione della realtà che ci circonda. Come abbiamo già ac-cennato questo passaggio è molto delicato perché l'interpretazione del mondo che ci circonda (inteso come il contesto ambientale e sociale in cui ci troviamo) non è univoca, anzi cambia da persona a persona e, per la stessa persona, cambia nel tempo. La percezio-ne che abbiamo del mondo si deve necessariamente confrontare ed incrociare con quella delle persone che incontriamo quotidiana-mente e con cui condividiamo la nostra vita. (Per inciso ricordo che la percezione è assolutamente individuale e che noi possiamo avere le nostre percezioni dell'altro attraverso i cinque sensi – ovvero vediamo un comportamento, sentiamo la voce e ne decodifichiamo il linguaggio, tocchiamo un corpo, sen-tiamo un odore, e... per il gusto è più difficile).

Questo tema è centrale perché ci obbliga a fare i conti con il concetto di “normalità”. Quale inter-pretazione della realtà è normale? Quale è quella corretta e quale “va fuori dal seminato”? (de-lirare significa uscire dal solco, dal seminato). Quante volte ci è capitato di prendere un abbaglio e consi-derare una persona, un evento, una cosa, in maniera del tutto particolare, senza renderci conto che eravamo “fuori dal seminato”? Nella convivenza sociale prevale una sorta di “media” delle interpre-tazioni soggettive, ma non è mai dato per scontato che l'interpretazione prevalente della realtà sia necessariamente quella giusta. Un'interpretazione originale può essere corretta anche se non troppo “normale”, mentre una interpretazione normale, “scontata”, può essere fallace alla luce di altre evi-denze o di altri punti di vista. Basti pensare che si è dovuto attendere il diciassettesimo secolo per rendersi conto che al centro del sistema solare stava il sole e non la terra.(nel " Dialogo sopra i massimi sistemi del mondo , tolemaico e copernicano " ad un certo punto compare un aristotelico di nome Simplicio al quale il personaggio portavoce della teoria coperni-cana fa notare razionalmente tramite una serie di passaggi come l' eliocentrismo funzioni perfetta-mente ; Simplicio risponde che sono affermazioni bellissime e non esiterebbe ad accettarle se Ari-stotele non avesse detto il contrario).Oltre a ciò occorre ricordare che alcune interpretazioni sono supportate dall'evidenza (cioè l'inter-pretazione è chiara ed univoca), ma ve ne sono molte altre che invece, per loro natura, sono ambi-gue o si prestano ad interpretazioni diverse, tutte legittime.Esiste quindi una interpretazione “media” (ricordo che il termine normale in statistica si riferisce ad una curva “gaussiana” che rappresenta la normale distribuzione di una variabile), sulla quale una determinata comunità si trova d'accordo. Questa interpretazione media serve socialmente “per intendersi”, e come punto di riferimento “nor-ma-tivo” ma, come avete senz'altro già letto da qualche parte, “da vicino nessuno è normale”, ovve-ro non è detto che, scendendo nel dettaglio, ci si trovi perfettamente d'accodo sulla interpretazione “media”.Quindi il vero problema è come fare andar d'accordo l'interpretazione”media” con quella personale

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e originale. Ne abbiamo già parlato nell'incontro numero uno quando abbiamo detto della difficoltà di costruire dentro di noi un rapporto armonico fra “idios” e “koinos”.

Veniamo dunque al tema di oggi, che è più pertinente di quanto sembri a ciò che abbiamo accenna-to.Parliamo di psicosi e cerchiamo di comprendere cosa significa esattamente. Usiamo come al solito la wikipedia, invece dei manuali. Questa recita così:“grave alterazione dell'equilibrio psichico dell'individuo, con compromissione dell'esame di real - tà, inquadrabile da diversi punti di vista a seconda della lettura psichiatrica di partenza e quindi del modello di riferimento. I sintomi psicotici sono ascrivibili a disturbi di forma del pensiero, di-sturbi di contenuto del pensiero e disturbi della sensopercezione.”Ecco che la psicosi si staglia nettamente su uno sfondo “medio”, che è il solo a permetterci di in-quadrare il fenomeno. È infatti l'esame di realtà che permette allo psichiatra di fare una diagnosi. La psicosi quindi è una situazione in cui il soggetto psicotico è “immerso” completamente e di cui egli “non è consapevole”. Questa non è una situazione esclusivamente legata alla follia, ma è senza dub-bio stata sperimentata da tutti. Chi non ha avuto un febbrone da cavallo che l'ha fatto “delirare” op-pure non ha mal interpretato una situazione arrivando a conclusioni del tutto errate, di cui si è reso conto solo più tardi e perché qualcuno glielo ha fatto notare?Il testo parla poi di forma e di contenuto del pensiero. La forma è la logica (ma siamo sempre logici nel nostro linguaggio?) che nella psicosi è sempre un po' scucita (si parla di logica associativa). Il contenuto è quello che si pensa (l'invasione dei marziani). La sensopercezione è la percezione sen-soriale che ognuno ha elaborato nel corso della propria vita. Ma quello che differenzia tutte le psi-cosi (acute, croniche, reattive, tossiche, involutive etc. etc.) dalle nevrosi è la mancanza di coscien-za della propria condizione psicopatologica. Ovvero il soggetto, agli esordi delle manifestazioni psicotiche, non può chiedere aiuto perché non ha affatto la percezione di stare male.Sono gli altri, che vedono un comportamento disturbato o disturbante e ne traggono la deduzione che qualcosa “sia cambiato”.La nevrosi è invece una situazione “disfunzionale” che viene avvertita dal soggetto, ma rispetto alla quale questo non riesce ad apportare cambiamenti significativi positivi. Tutte le nevrosi si accompa-gnano ad un sintomo maggiore che noi tutti proviamo con frequenza: l'ansia.“tutti i disturbi nevrotici derivano dall’incapacità dell’individuo di trovare e mantenere il giusto equilibrio tra sé e il resto del mondo; e tutti hanno in comune il fatto che il confine sociale e ambien-tale viene sentito come se invadesse troppo l’individuo stesso. Il nevrotico è l’uomo che la società colpisce troppo fortemente. La sua nevrosi è una manovra difensiva per proteggersi dalla minaccia di essere sopraffatto da un mondo onnipotente” (Perls, 1977) Nelle nevrosi (che sono di molti tipi diversi) il soggetto soffre e si rende conto di soffrire, ma non è capace di cercare, né di trovare, la soluzione del suo problema. Adotta piuttosto delle forme (mecca-nismi) di difesa, che, invece di aiutarlo, finiscono per imprigionarlo stringerlo in un circolo vizioso sempre più stretto.Il disturbo di personalità riguarda gli individui i cui tratti di personalità sono disadattivi in modo pervasivo, inflessibile e permanente, e causano una condizione di disagio clinicamente significativa. In genere i sintomi dei disturbi di personalità sono egosintonici.(in accordo con sé stessi).Il disturbo di personalità viene descritto come un modello abituale di esperienza o comportamento che si discosta notevolmente dalla cultura a cui l' individuo appartiene e si manifesta in almeno due delle seguenti aree: esperienza cognitiva, affettiva, funzionamento interpersonale e controllo de-gli impulsi (comportamentale). Ormai è sorpassato definire il disturbo di personalità un "disturbo". Esso, come la personalità detta "normale", si forma dai primi anni di vita fino all'età adulta, è quindi appunto di una tipologia o un modello di personalità che bisogna parlare. es. tipo di personalità istrionica, o modello di personalità istrionica. (questo perché non si tratta di una personalità "norma-le" che ad un certo punto viene e diventa disturbata, ma una personalità che per diversi fattori, am-bientali, biologici, traumatici ecc. si forma con schemi e modelli disadattivi).

In qualche misura questa è una via di mezzo fra i due, il soggetto può provare ansia e può anche non

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avere consapevolezza della propria condizione, ma ciò che conta è che queste caratteristiche fanno parte del suo “stile” di vita e non sono frutto di un cambiamento “patologico”.

Cercheremo di scendere un po' in dettaglio, e vedere meglio a cosa si riferisce il termine psicosi. Come abbiamo visto finora esso resta abbastanza generico e indica esclusivamente la mancanza di aderenza ad un piano di realtà da parte del soggetto. Ovvero l'incapacità del soggetto, affetto da una qualsiasi forma di psicosi, di rendersi conto della propria condizione. Le ragioni per cui si de-termina una simile situazione possono essere molte. Innanzi tutto bisogna distinguere tra quelle di breve durata (reattive) e quelle di durata più lunga e poi tra quelle cosiddette endogene e quelle do-vute a fattori esterni (tossiche, infettive, traumatiche, degenerative etc). Tutte hanno in comune il fatto che, per un periodo di tempo più o meno lungo, il soggetto affetto vive ed interpreta la realtà che lo circonda in maniera “sui generis”, ovvero condividendo poco o nulla del mondo comune (mitwelt). Si ha cioè un netto prevalere dell'”idios” sul “koinos”, che porta a tener in maggior conto la prospettiva individuale rispetto a quella sociale. Non c'è perdita o alterazione della co-scienza (come potrebbe accadere in situazione di intossicazione - ad esempio alcolica - o per un trauma cranico). La persona appare vigile, parla, si muove, e si mette in relazione con gli altri, ma è il contenuto dei suoi pensieri (così come vengono comunicati a chi gli sta intorno) che appare inu-suale (per la persona stessa – rispetto a come era in precedenza) inappropriato al contesto, imbaraz-zante, sproporzionato, distorto. La logica individuale porta il soggetto a comportarsi in maniera incomprensibile, se non si è in pos-sesso delle corrette chiavi di lettura (ricordiamo la storiella della bicicletta in prestito). Il comporta-mento di ognuno è fortemente legato alla corretta percezione del contesto in cui viene messo in atto. Ognuno di noi, infatti, tiene comportamenti diversi in contesti diversi e stiamo ben attenti a non fare confusione (basta pensare che, d'estate, lo stesso atto di spogliarsi in strada ha diverse conseguenze se fatto a Barcola o in piazza Unità). Se però prevale un'interpretazione unilaterale della realtà e del contesto in cui siamo possiamo ap-parire bizzarri o strani (il principe della notte, la dama in vestito dell'800, etc) ad uno sguardo “me-dio”. Per farsi un'idea della psicosi dobbiamo rifarci alla sensazione che proviamo nei sogni, alla logica assurda che spesso sperimentiamo e di cui talora al mattino riteniamo solo una vaga sensazione spiacevole (o più raramente piacevole). Quella è la logica della psicosi, dove i nessi logici sono sin-golari e si fondano sull'associazione più che sulla logica formale e sul rapporto causa effetto.È come se la logica del sogno irrompesse nella vita di ogni giorno e spostasse completamente gli equilibri interpretativi cui noi siamo (e gli altri sono) abituati. Noi, da dentro, non possiamo accorgercene, mentre gli altri (specie se ci conoscono bene) da fuori se ne rendono conto immediatamente. Questo cambiamento può avvenire repentinamente oppure gradatamente.Di solito se è molto repentino il cambiamento è più probabile che sia di natura reattiva (a condizioni particolarmente stressanti, all'insonnia prolungata, a traumi psichici intensi, a intossicazioni, etc.) e quindi di breve durata. Invece se questo cambiamento è più lento, o se è ciclico, è più probabile che sia ascrivibile ad una condizione psicopatologica più complessa.Tra le situazioni complesse vanno citate sicuramente le due psicosi più diffuse e rispetto alle quali i servizi di salute mentale sono più frequentemente impegnati: quelle schizofreniche e quelle affetti-ve.Affronteremo in dettaglio entrambe più avanti.