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La Cultura Storica 26

Collana di testi e studidiretta da Giuseppe Cacciatore e Fulvio Tessitore

Segreteria di redazioneDomenico Conte e Edoardo Massimilla

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Silvia Caianiello

SCIENZA E TEMPOALLE ORIGINI

DELLO STORICISMO TEDESCO

Liguori Editore

ISSN

1972-0688

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Liguori EditoreVia Posillipo 394 - I 80123 Napoli NAhttp://www.liguori.it/

© 2005 by Liguori Editore, S.r.l.Tutti i diritti sono riservatiPrima edizione italiana Dicembre 2005

Caianiello, Silvia :Scienza e tempo alle origini dello storicismo tedesco/Silvia CaianielloLa cultura storicaNapoli : Liguori, 2005 ISBN-13 978 - 88 - 207 - 5873 - 8

ISSN 1972-0688

1. Filosofia ed epistemologia della storia 2. Classicismo, storicismo I. Titolo II. Collana III. Serie

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Questo volume e stato pubblicato con un contributo del MIUR edell’Universita degli Studi di Napoli “Federico II”

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INDICE

1 Presentazione di Fulvio Tessitore

5 Capitolo primoLa contrapposizione tra antichi e moderni

1. La cesura tra antico e moderno 6; 2. La Querelle des Anciens et des Modernes 12;3. Tempo ciclico e tempo lineare 16; 4. Eredita della Querelle 19; 5. Dalla Querelleal neoclassicismo. Le funzioni dell’antichita 21; 6. Perche i greci 25; 7. Grecita epaganesimo 29; 8. Invenzione di una tradizione 31.

33 Capitolo secondoJohann Joachim Winckelmann

1. Winckelmann e la vera natura dei greci 2. Il “cielo greco”: i greci sul crinale tranatura e cultura 36; 3. La «regola greca» 4. Lo stile come principio di individualitastorica 48; 5. Ciclicita dell’arte 53; 6. Winckelmann e la scienza 55; 7.L’erudizione 57; 8. L’arte 69; 9. Istanze di metodo: autopsia, ipotesi/congettura 74.

85 Capitolo terzoFilologia ed epoca

1. Origini della filologia e chiusura della tradizione 85; 2. Storia del concetto dioriginale 87; 3. La concezione dell’originale dall’umanesimo alla Riforma: genesidella logica dell’emendazione 90; 4. Sola scriptura e autoreferenzialita del testo 94; 5.Critica e razionalismo 97; 6. La logica della recensione: sviluppi del metodofilologico tra fine ’700 e inizio ’800 99; 7. La filologia tra testo e contesto 102; 8.Filologia ed epoca in Vico 104; 9. Il concetto di epoca 116; 10. Epoca tra natura estoria 123; 11. L’idea di epoca tra Vico e Wolf 125.

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viii INDICE

129 Capitolo quartoChristian Gottlob Heyne

1. Il premio di Kassel 129; 2. Heyne e Gottinga 130; 3. La svolta verso irealia 132; 4. Filantropismo e realia 136; 5. La primitivizzazione dei greci 140; 6.Arte e metodo 144; 7. Il testimone sotto accusa 147; 8. Dall’imitazione alloStudium 149; 9. Scienza, empiria, sistema 153; 10. Sincronia/diacronia,filologia/storia 158.

163 Capitolo quintoEpoca e processo in Herder

1. Winckelmann e Herder 163; 2. La vita come organizzazione 174; 3.Endogenesi e sviluppo 176; 4. Forze e forme 179; 5. Perfezionamento comecrescita di organizzazione 186; 6. La specificita antropica 191; 7. Umanita ecultura 195; 8. Le forze della storia umana: tradizione e forza organica 196; 9.Figure del dispiegamento dell’umanita 199.

205 Capitolo sestoFilologia e storia: il metodo critico

1. Classicismo e neoumanesimo 205; 2. Il concetto di Bildung 214; 3. Ilneoumanesimo di Wolf, da Studium a Scienza dell’antichita 219; 4. Scienza comesistema: verso una nuova accezione di enciclopedia 221; 5. Scienza e metodo inWolf 228; 6. La critica filologica come critica storica 232; 7. Divinazione econgettura: Wolf e Niebuhr 236; 8. L’Enciclopedia secondo Boeckh 238; 9.Cognitio historica et philosopha: il connubio tra filologia e filosofia in Boeckh 242;10. Spiriti dei popoli, organismi e idee: filologia e filosofia della storia 246; 11. Lateoria dell’interpretazione in Boeckh 250; 12. Linguaggio e “filologia dellacosa” 256.

261 Capitolo settimoDroysen e la storia come scienza del processo

1. Johann Gustav Droysen: la formazione 261; 2. Filologia ed organismo 269; 3.L’ellenismo come “epoca” 281; 4. L’individuo e le idee 289; 5. Epoca e processonel primo storicismo: Ranke e Droysen 302; 6. Istanze di metodo: la critica e ilcomprendere 319.

341 Indice dei nomi

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PRESENTAZIONE

di Fulvio Tessitore

Questo di Silvia Caianiello e un libro importante e complesso. E importante perchefornisce, con coraggiosa determinazione, il quadro complessivo di un articolato elungo movimento di pensiero di ambito prevalentemente tedesco, non senzariferimenti ad altri terreni culturali (basti leggere le pagine su Vico). E importanteper le analisi dedicate ai vari protagonisti di siffatto movimento, e specialmente adalcuni, che appaiono dominanti, Herder, W. von Humboldt, Wolf, Boeckh, Droy-sen. E complesso, al di la dell’ampiezza tematica cui ho alluso, per la sua genesi ela sua condizione.

La Caianiello e partita da Droysen, a cui ha dedicato gia non pochi saggi e laimpegnativa traduzione dell’edizione critica della Istorica del 1857, edita dal Leyh,dove, nella lunga introduzione, venivano avanzate tesi interessanti, ad iniziare daquella sulla presenza nel linguaggio di motivi scientifico-morfologici, a testimo-nianza di un interesse dello storico dell’Ellenismo e della Istorica. Siffatto originalestudio di Droysen ha convinto la Caianiello della necessita di individuare analitica-mente non solo le componenti (filologiche, teologiche, filosofiche, storiografiche)dell’opera storica di Droysen antichista, modernista, contemporaneista, ma anche diricostruire il contesto dell’operosita storiografica del grande storico onde uscire daconsiderazioni troppo generali, e, talvolta, troppo generiche, com’era capitato. Par-tita, dunque, da Droysen per discendere alle fonti di lui e alla genesi dei problemiaffrontati, Silvia Caianiello e poi ritornata al Droysen maturo, che chiude, conclusi-vamente non solo nella forma, il libro e la ricerca tematizzata su “scienza e tempoalle origini dello storicismo tedesco”. Ed andrebbe, subito, discusso qui, come nonfaro, l’indicazione di un “primo storicismo” (che non e quello meineckiano delle“origini”), ritenuto diverso dallo storicismo tardo-ottocentesco e novecentesco, che etema rilevante per chi, come me, crede nella possibilita di descrivere una tradizionedella filosofia dello storicismo, pur nella piena consapevolezza che si tratti di unatradizione non priva di salti, di cesure, perfino di contraddizioni, che di certo unafigura complessa come quella di Droysen aiuta a ben vedere nella loro significazioneteorica, ad iniziare dalla configurazione di due alternativi profili dello storicismo,

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2 SCIENZA E TEMPO ALLE ORIGINI DELLO STORICISMO TEDESCO

quello di origine humboldtiano-kantiana (ossia lo storicismo critico, anti-ontologicoed anti-metafisico) e quello di origine hegeliana (ossia lo storicismo assoluto, ontolo-gico e metafisico). Ma si tratta di questioni che ho, a lungo e numerose volte, trattatee percio qui non hanno luogo. Qui, per tutte queste ragioni e non solo per esigenzedi economia dell’occasione tipologica di questa presentazione, mi fermo su Droysen,del quale, non a caso, Hegel e Humboldt sono i due, forse, principali “auttori”, comemostrai in un mio lavoro droyseniano di oltre trent’anni fa, al suo apparire nonconsueto rispetto alla comune, corrente lettura – prevalentemente italiana – di unDroysen prevalentemente hegeliano ed anzi il solo continuatore di Hegel nel pano-rama della decadenza, se non addirittura, della morte della filosofia in Germaniadopo Hegel. La Caianiello propone di rintracciare nella critica del concetto di tempostorico, in Droysen, determinata dal concetto della decadenza (donde la novita del-l’Ellenismo come epoca storica), la percezione precisa della frattura tra natura estoria individuata da Hegel. Il che comporto per Droysen la necessita di distingueretra aspetti fondamentali dell’uomo sottratti al tempo e sottoposti all’eterna ciclicitadella natura e componenti, non meno fondamentali, suscettibili di sviluppo, tanto dapoter centrare la storia come scienza di processo. Ora, in Droysen la ripresa dell’ideahegeliana della frattura tra natura e storia viene adoperata non-hegelianamente,quando non anti-hegelianamente, nel senso che essa ha di mira ogni ipotesi di tota-lita dettata, governata da una propria legalita, destinata a svolgersi deterministica-mente (ad esempio nella forma dell’organicismo attribuito, a torto o a ragione, allaScuola storica e all’idea di Volksgeist ripresa da Hegel). E qui – in un punto, dunque,determinante – compare la decisiva influenza di Humboldt e, attraverso Humboldt,di Herder, in ragione della riflessione che Droysen dedica alle idee humboldtiane dienergia e di forza, che tolgono alla successione delle epoche ogni possibilita di confi-gurarsi in termini totalisticamente unilaterali, a vantaggio della multilateralita e mul-ticausalita degli eventi, e della loro interazione, che danno alle azioni degli individuistorici ed al complesso del processo storico il carattere inesauribile di ultravalenza, dieccedenza tale da togliere ogni legalita deterministica alle leggi regolanti siffatte forze,sempre legate alle loro condizioni ed a quelle dei soggetti operatori di storia (da qui,anche da qui la discussione droyseniana della decadenza e la definizione dell’Elleni-smo come Aufklarung dell’Antike). Ne discende, anche in Droysen, l’idea della pro-babilita dell’epoca e del sistema di epoche tale da configurare la storia universalecome risolvibile solo in ragione delle configurazioni temporali. E il grande tema delrapporto tra individui, idee ed epoche, che non a caso suggerisce a Droysen – cherichiama le ricerche sulla lingua Kawi – uno dei suoi piu espliciti, estesi e diretticonfronti con Humboldt, «fondatore» dell’ «istorica come dottrina della scienza dellastoria»: «in lui, nella sua prosecuzione della filosofia di Kant, sono posti i fertili semidella nostra scienza». Si apre cosı il problema del kantismo di Humboldt (quello chea me piace chiamare il kantismo eterodosso, perche non idealistico ma antropolo-gico) e della presenza di Kant, di questo Kant in Droysen, del quale, acutamente, laCaianiello commenta – mi sembra in sostanziale sintonia con mie impostazioni –l’affermazione secondo cui la storia «da la genesi del ‘postulato della ragion pratica’

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PRESENTAZIONE 3

rimasto precluso alla ragion pura». Vale a dire, come osserva Silvia Caianiello, cheDroysen da la «propria versione del rapporto tra ragion pura e ragion pratica, cen-trata sulla determinazione storica dell’io. Ragion pura e ragion pratica sono in so-stanza un’unica ragione (si potrebbe dire senza grande forzatura, un’unica ragionestorica) colta sotto aspetti diversi; nel pensiero puro essa prescinde dal contenutostorico dell’io e opera solo come forza logica del singolo pensante, mentre nell’agireentra in azione il contenuto totale dell’io in quanto divenuto e storicamente determi-nato. Ma la loro separazione di principio si traduce in una superiorita di fatto dellaragion pratica sulla ragion pura. Appare evidente, infatti, che la ragion pura si fondasu di un ‘prescindere’, su di un mero sottrarre dalla totalita dell’uomo, mentre “quellecertezze della ragion pratica sono le elaborazioni della storia, i risultati dell’epidosis eisauto, che fanno del mondo storico un mondo etico”».

L’approccio all’idea schleiermacheriana di storia come scienza etica (che puoessere ritrovata in Humboldt come in Ranke, che la Caianiello attentamente studianel confronto dialettico e polemico con Droysen, anche qui fuori dei consumatistilemi correnti in storiografia) apre un vasto profilo del discorso sullo storicismo diDroysen, ancora una volta coinvolgendo Hegel e Humboldt (ma anche Ranke). Equi va considerato come nel comune rifiuto da parte di Humboldt, di Ranke, e diDroysen di ogni ipotesi teleologica, appaia la differenza con Humboldt – presentein Droysen come in Ranke. In Humboldt e assente – come non e in Hegel – ognielemento teologico, che si ritrova, al contrario, in Droysen e in Ranke, tanto dagiustificare le acutissime proposte di Meinecke, che ha visto in questa incidentepresenza della religiosita luterana, pur non ortodossa, la possibilita di fondare, conanalogia funzionale, la sobria empiricita droyseniana e rankiana – ma non hege-liana – della scienza storica, indotta proprio dalla suprema alterita di un Dio che,condizione della storia, non ne determina lo sviluppo, affidato alla responsabilitadell’io (come non ricordare il droyseniano vivere pensare e soffrire empiricamente)e dei suoi processi di oggettivazione nelle comunanze naturali ed etiche. Quiritorna, io credo, il tema schleiermacheriano della comunita, il motivo di quelloche, schleiermacherianamente, si puo chiamare lo storicismo giovanneo, che fu diDroysen, di Ranke, di Meinecke.

Da tutto cio, ossia dai complessi intrecci dei referenti culturali richiamati,discende la domanda se il rifiuto dell’idea di storia come totalita, e la convinzioneche la storia si da soltanto nella continuita dello sviluppo nel tempo delle energie eforze individuali e collettive impediscano di attribuire all’idea droyseniana di storiail carattere ontologico che e proprio delle tesi secondo cui la storia e un mondostorico come unita da esplicare. Ma questo e un complesso discorso, destinato acoinvolgere – come accadra in Dilthey – la fondazione trascendentale del cono-scere storico e qui non e il luogo di farlo. Qui, in questa occasione, le pocheosservazioni avanzate, forse con eccessiva insistenza nel confronto con mie ipotesiinterpretative, vogliono soltanto ribadire il giudizio sulla qualita di questa ricerca diSilvia Caianiello e sollecitare i lettori leggenti ad un confronto fruttuoso con essa.Ne vale la pena.

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Ringraziamenti

Desidero ringraziare le persone che hanno sostenuto il mio progetto nella sualunghissima gestazione. In primo luogo Fulvio Tessitore, che e all’origine dei mieistudi tanto storicistici quanto vichiani, che ringrazio in particolare per non averemai completamente disperato che questo lavoro sarebbe infine giunto a compi-mento. Tra le molte persone di cui sono in debito di stimoli e incoraggiamenti, unaparticolare gratitudine va a Amadeu Viana, per la sua attenta lettura e i prolungaticonfronti in particolare sulle parti storico-filologiche; e ad Emilia d’Antuono,paziente e lucido interlocutore di molte questioni filosofiche. A mia madre, CarlaPersico, latinista assai migliore di me, devo un consistente aiuto nella traduzionedei testi latini citati; e a lei, affettuosamente, dedico questo lavoro.

S. C.

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1 F.W.J. Schelling, Die Weltalter: Fragmente. In den Urfassungen von 1811 und 1813, hrsg.von M. Schroter, Munchen, 1946, p. 11, descrive cosı la Abscheidung des Vergangenen,«separazione del passato».

2 R. Jauß, Literarische Tradition und gegenwartiges Bewußtsein der Modernitat. WortgeschichtlicheBetrachtungen, in Aspekte der Modernitat, hrsg. von H. Steffen, Gottingen, 1965, p. 151; cfr. E. L.Curtius, Europaische Literatur und lateinisches Mittelalter, Bern-Munchen, 1948, p. 255 (tr. it.Letteratura europea e Medio Evo latino, a cura di R. Antonelli, Scandicci, 1992), secondo il quale laQuerelle e «un fenomeno costante della storia e della sociologia della letteratura».

3 Nel senso della Vieldeutigkeit propria del concetto storico secondo R. Koselleck, cfr. Storia deiconcetti e storia sociale, in Futuro passato. Per una semantica dei tempi storici (1979), Genova, 1986, p.101: «Una parola puo, nell’uso, diventare univoca. Invece un concetto, per poter essere unconcetto, deve avere piu significati»; cfr. L. Scuccimarra, La Begriffsgeschichte e le sue radiciintellettuali, in «Storica», IV, 1998, 10, pp. 7-99.

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LA CONTRAPPOSIZIONE TRAANTICHI E MODERNI

Quanto pochi conoscono il proprio passato! Senza unpresente possente, generato dalla separazione da se stesso,non vi e alcun passato. L’uomo che non e capace dicontrapporsi al suo passato, non ne ha alcuno, o piuttostonon ne viene mai fuori, continua a vivere in esso1

E forse un paradosso che il concetto di ‘moderno’ venga utilizzato per designare laspecificita di un’epoca storica, visto che esso, come nota Jauß, piu che un concettounivoco va considerato una «costante letteraria»2. Eppure proprio questa suaduttilita, o se si vuole «plurivocita»3, ne fa un sensibile indicatore della percezioneculturale del tempo, e in particolar modo dello snodo decisivo costituito dall’emer-gere di una percezione dell’alterita; un indicatore, dunque, sull’asse del tempo, diquella avvenuta soluzione di continuita che conchiude il passato in un tempo a sestante, in un’epoca. Nel concetto di moderno e nelle sue costellazioni affiorano idiversi modi di rappresentare l’atto di questa soluzione di continuita, o «separa-zione del passato».

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6 SCIENZA E TEMPO ALLE ORIGINI DELLO STORICISMO TEDESCO

4 E.R. Curtius, op. cit., pp. 255-256: «unseren durch Epochenabschnitte bestimmten Sinne».5 Cfr. Curtius, op. cit., pp. 256-257; ma cfr. anche Jauß, op. cit., e E. Maek-Gerard, Die Antike in

der Kunsttheorie des 18. Jahrhundert, in Forschungen zur Villa Albani, a cura di H. Beck e P.C. Bol,Berlin, 1982.

6 Ibidem; cfr. Jauß, op. cit., p. 155.7 A. Klempt, Die Sakularisierung der universalhistorischen Auffassung. Zum Wandel des Geschichts-

denken im 16. und 17. Jahrhundert, Gottingen, 1960, pp. 81 sgg., constata ancora a fine ‘700un’oscillazione significativa nell’adozione della datazione dei tempi a partire da Cristo, che,adottata da Schlozer, non lo sara invece da Gatterer. Se infatti a partire dal VI secolo, a partire daDionigi Esiguo, che identifico una precisa datazione per la nascita di Cristo, divenne usualecontare il tempo successivo a Cristo a partire da tale data, solo nel corso del ‘600 prese piede ladatazione ante Christum natum (cfr. K. Pomian, L’ordre du temps, Paris, 1984, pp. 100-101; tr. it.L’ordine del tempo, Torino, 1992); cfr. anche A. Borst, Computus. Tempo e numero nella storia

1. La cesura tra antico e moderno

Osserva Curtius, a proposito della contrapposizione antichi-moderni, che «l’anti-chita non ha coscienza storica nel nostro senso», che egli ritiene contrassegnato dalritaglio nel tempo di epoche4, da una rappresentazione dunque di tipo discreto.

La «nostra» percezione del tempo implicherebbe dunque la sanzione di unaserie di cesure, di punti di non ritorno sulla base dei quali i tempi della storiavengono isolati l’uno dall’altro, e cosı delimitati e distinti. Tali punti – inizi, eventi –consentono l’articolazione sintattica del tempo, separando gli accadimenti prece-denti dai successivi; danno la misura del cambiamento, ed insieme il senso dellasua irreversibilita.

Assunto qui come sintomo della coscienza contemporanea del tempo, ilconcetto di epoca sembra dunque nascere da una concezione discreta del tempo,segnata da eventi che rappresentano dei punti di non ritorno, rendono possibile unordinamento lineare. Ma questa immagine discreta e lungi dall’essere storicamenteoriginaria; la figura della soluzione di continuita si affaccia solo con la contrapposi-zione di un moderno (nel senso letterale di hodiernus) ad un antico, ed e cosı legataalla ipostatizzazione terminologica del concetto di moderno.

Sulla scorta dell’analisi di Curtius, appare evidente che la parola “modernus”(che egli definisce «uno degli ultimi lasciti della lingua tardolatina al nuovomondo»5), manca, nell’autocomprensione dell’epoca, di connotazione religiosa.“Modernus”, da “modo” (“ora”), risale alla fine del V secolo, dove identifica, apartire da Gelasio, la distinzione tra il presente – a partire dal Concilio diCaledonia – e l’unica epoca composta dal paganesimo e dal primo cristianesimocostituito dalla successione diretta tra gli Apostoli, i “Patres” e i vescovi. Nel coniodella parola il cristianesimo non appare coestensivo con il moderno, e ancorameno l’antico con il paganesimo, dacche esso anzi include ancora la stessa patristi-ca6.

La lunga incertezza sul confine esatto tra paganesimo e cristianesimo, che solonel tardo ‘700 si stabilizzera in una datazione univoca del tempo centrata suCristo7, mette in evidenza l’anacronismo dell’interprete moderno, che tende ad

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LA CONTRAPPOSIZIONE TRA ANTICHI E MODERNI 7

d’Europa (1990), Genova, 1997, pp. 36 sgg.). La spiegazione di gran lunga piu suggestiva di questo“ritardo” e a nostro avviso quella di H. Arendt in Storia e immortalita terrena (in Tra passato efuturo, Milano, 1991, p. 102). Secondo la Arendt l’adozione – che data a fine ‘700 – della nascitadi Cristo come misura dei tempi corrisponde a una svolta antropologica segnata dalla prospettivadi una doppia infinita: «la storia dell’umanita fugge verso un passato infinito, al quale possiamoaggiungere anni a nostro piacimento, e nel quale possiamo ulteriormente indagare man mano chelo vediamo estendersi verso un futuro senza fine. Tale duplice infinita, passata e futura, cancel-lando ogni nozione di principio e fine, stabilisce l’uomo in una potenziale immortalita terrena».Che la separazione tra cultura pagana e cultura cristiana non assuma inizialmente una precisaconfigurazione cronologica, sembra testimoniare del complesso rapporto del cristianesimo conl’eredita pagana, teso tra la rivendicazione di una soluzione di continuita assoluta e l’esigenza diassimilazione sincretica, quale l’ha analiticamente descritto G. Gusdorf (Storia dell’ermeneutica,Bari, 1989, pp. 28-50). La datazione della Arendt corrisponde in questo rispetto a quella diDroysen, che, illustrando l’importanza della scuola di Gottinga, scriveva: «la grandiosa attivitastoriografica della giovane universita di Gottinga, dove Schlozer, Spittler, Michaelis, Heyne, Putter,fino a Hugo, dunque teologi, giuristi, filosofi e docenti di diritto pubblico, operarono tuttiessenzialmente nella stessa direzione. Questa e la prima vera scuola storica; da essa deriva lascuola storica nella giurisprudenza (Hugo), nella filologia (Heyne), nella teologia (Joh.Dav.Mi-chaelis). Qui per la prima volta fu abbandonato il vecchio schema delle quattro monarchie delprofeta Daniele, che continuava a dominare la riflessione sulla storia universale, qui si comincio asmettere il calcolo secondo gli anni del mondo, e a contare partendo dalla nascita di Cristo ancheper la storia antica, col che per la prima volta si aprı lo spazio per la rappresentazione di untempo infinito a venire» (J. G. Droysen, Istorica (1857-58), a cura di S. Caianiello, Napoli, 1994, pp.136-137).

8 Curtius, op. cit., p. 257.9 Secondo P. Archambault, The Ages of Man and the Ages of the World. A Study of two Traditions, in

«Revue des Etudes augustiniennes», XII, 1966, pp. 193-228, Agostino e il primo a fare una sintesi ditre temi letterari precedenti: eta dell’uomo, del mondo e il tema del mondo considerato come unsingolo uomo. Egli oscilla tra il contare sei eta (infantia, pueritia, adolescentia, iuventus, gravitas,senectus) e sette, allorquando prende a modello i giorni della creazione. Cfr. anche R. Koselleck,Fortschritt und Niedergang, in Niedergang: Studien zu einem geschichtlichen Thema, Stuttgart, 1980, sullascissione nei due regni come cio che consente ad Agostino di introdurre due distinti paradigmi: unodi ripetibilita strutturale di eventi in se irrilevanti, e l’altro, della citta di Dio, di eventi unici efondamentali dalla creazione al Giudizio Universale. Da una parte dunque Agostino fa sı che l’etaattuale, la sesta aetas cominciata con Cristo, sia l’ultima eta del mondo, quella in cui nulla di nuovo

attribuire al primo cristianesimo l’intento di separare nettamente il passato paganodal cristianesimo; non sembra di contro esservi, nella coscienza dell’epoca, lapercezione di una cesura tra due epoche distinte8. Fino al VI secolo la definizionedi alcuni autori come antiqui appare meramente cronologica, e non si accompagnaad una loro contrapposizione con i novi o moderni, dunque a un contrapporsi delpresente al passato. Cio perche il “moderno” medesimo e percepito ancora nelquadro storico-universale delle eta del mondo, nel quale esso e solo l’ultima eta diuna medesima individualita unitaria, in cui coincidono, tanto per gli autori paganiche cristiani, eta del mondo e eta dell’uomo.

La scissione operata da Agostino tra le due civitates inaugura una duplicita – econtemporaneita – di paradigmi temporali; la civitas terrena e il luogo dellaripetizione ciclica di eventi in se insignificanti, un luogo dunque di regolaritaperiodiche, che scorrono al di sopra di una identita strutturale9; la citta di Dio e di

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8 SCIENZA E TEMPO ALLE ORIGINI DELLO STORICISMO TEDESCO

puo piu accadere se non il Giudizio universale; dall’altra, nella civitas terrena si dischiude lo spazioper una serie di regolarita, ma si profilano anche le condizioni per un possibile movimento storico.Tempo ciclico e tempo lineare sono d’altronde compresenti anche nell’Antico Testamento; anchese in esso predomina la metafora della freccia del tempo, il libro dell’Ecclesiaste tratteggia di control’immagine ciclica del tempo (cfr. S.J. Gould, Time’s Arrow Time’s Cycle. Myth and Metaphor in theDiscovery of Geological Time, Cambridge, Mass., 1987, p. 11).

10 Cfr. Archambault, op. cit., sulla differenza tra la versione pagana e quella cristiana dellametafora delle eta del mondo; la versione piu antica documentabile della metafora delle eta delmondo poste in parallelo con le eta dell’uomo, quella tramandata da Floro, non sarebbe di per selineare, ma ciclica e naturalistica. A questa versione secondo Archambault torna a rifarsi ilRinascimento. Sul ciclo come “categoria” del pensiero greco, cfr. A. Lampugnani, Il ciclo nelpensiero greco fino ad Aristotele, Firenze, 1968. Sull’uso della metafora delle eta dell’uomo in ambitopagano antico e cristiano, in quanto compresenti nell’orizzonte di aspettativa escatologico, cfr. R.Koselleck, Fortschritt und Niedergang, cit.

11 K. Lowith, Significato e fine della storia. I presupposti teologici della filosofia della storia (1953),Milano, 1963, p. 212; ma cfr. anche J. Pepin, L’inversione del tempo greco nel Cristianesimo, in Il temponella scienza e nella filosofia, Atti del convegno 12-14 ottobre 1992, Napoli, 1995, pp. 328-329: «iltipo e, nella Legge antica, un personaggio, un avvenimento, un’istituzione, un oggetto di culto,ecc., che, senza pregiudizio del loro valore storico immediato, sono considerati come la prefigura-zione provvidenziale di realta centrali nel Vangelo: e cosı che Adamo e il tipo di Gesu, nuovoAdamo (...)».

12 Cfr. P. Burke, Renaissance, Reformation, Revolution, in Niedergang, cit., che identifica di fatto ilparadigma tipologico con il modello circolare del cambiamento che resta in auge, secondo la suaricostruzione, fin verso il 1650.

13 Cfr. anche A. Demandt, Epochenbegriffe, in Der neue Pauly: Enzyklopadie der Antike, in coll.con H. Cancik e H. Schneider, a cura di M. Landfester, Stuttgart-Weimar, p. 996: «Al Medioevomanca un concetto dell’antichita, perche gli manca un’autocomprensione come epoca. Ci si rap-presentava in una continuita che aveva inizio con Augusto e Cristo, dalla quale i papi e gliimperatori traevano la propria legittimazione, quasi come in un prolungamento della tardaantichita, alla cui fine ci si attendeva il Giudizio Universale».

contro il luogo del tempo lineare salvifico, destinato a compiersi nel giorno delGiudizio. Il tempo lineare salvifico e modellato sulla metafora della corrispondenzatra eta dell’uomo e giorni della creazione del Genesi10; l’eta attuale corrisponde apartire da Agostino alla sesta eta, cominciata con Cristo, e non potra conoscerealtro evento nuovo che il Giudizio Universale. L’orizzonte del tempo profanoappare in questo quadro concluso nella struttura formale della allegoria o dellaripetizione tipologica: «Svolgendosi soltanto entro la relazione di peccato e reden-zione, gli eventi secolari non sono mai assolutamente mondani, ma ‘pro-fani’ e,riguardo al fanum o sacro, interpretabili in senso allegorico o tipologico»11. Maquella tipologica e in sostanza infine appunto una struttura di ripetizione, cheriporta in certa misura il decorso irreversibile del tempo escatologico nel quadrodella ciclicita, facendo di Cristo non altro che il “secondo Adamo”12.

Fino al Rinascimento dunque il rapporto tra antichi e moderni nella teologiadella storia si configura sotto l’insegna di una continuita prettamente lineare, in cuila distinzione tra le eta non sancisce alcuna reale frattura nel quadro unitariocostituito dal tempo salvifico13.

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LA CONTRAPPOSIZIONE TRA ANTICHI E MODERNI 9

14 Secondo la definizione proposta da C. H. Haskins, La rinascita del 12. secolo (1927), Bologna,1972.

15 Cfr. Jauß, op. cit., p. 159, che fa risalire il termine al sec. XI ma precisa che esso fu utilizzato insenso non negativo solo nel XII, per es. in Walter Marp. Secondo Pomian, L’ordre du temps, cit., p.42 e in quest’epoca che ha inizio la tematizzazione del rapporto tra antichi e moderni quale giun-gera fino alla Querelle.

16 Cfr. E. Maek-Gerard, Winckelmann und die Querelle des Anciens et des Modernes, in Antiken-sammlung im 18. Jahrhundert, a cura di H. Beck, P.C. Bol, W. Prinz, H. von Steuben, Berlin, 1981, p.357; cfr. anche Jauß, op. cit., p. 157.

17 Cfr. Pomian, op. cit., p. 41.18 Ivi, p. 42.19 Cfr. Archambault, op. cit., p. 212.20 H.U. Gumbrecht, voce Modern, in Geschichtliche Grundbegriffe, a cura di R. Koselleck, O.

Brunner, W. Conze, Stuttgart, 1993, vol. 4, p. 98, si riferisce ad una lettera di Petrarca del 1341, incui egli sancisce l’esclusione dallo sguardo storiografico dell’epoca successiva alla caduta di Roma:«nolui... per tenebras stilum ferre»; pochi anni dopo Boccaccio, nella Vita di Dante, attribuisce aquesti la rinascita dell’antichita: «Per costui la morta poesı meritamente si puo dir suscitata». Sulruolo di Dante cfr. M. C. De Mattei, Storia e tempo in Dante, in Sentimento del tempo eperiodizzazione della storia nel Medioevo, Atti del XXXVI Convegno storico internazionale: Todi10-12 ottobre 1999, Spoleto, 2000, pp. 286 sgg.

Una sostanziale continuita marca anche la ripresa medioevale del tema a partiredal XII secolo – il cosiddetto “protorinascimento”14 – di poco successiva al conio deltermine modernitas15, in cui il moderno si pone positivamente come quell’adempi-mento di cui l’antichita e ricca di presagi16. In quanto adempimento, il modernomantiene un radicamento sostanziale in una tradizione ininterrotta, e cio e alla basedella celebre immagine di Bernardo di Chartres, secondo la quale i moderni sononani sulle spalle dei giganti. Ma “nani” essi sono proprio in quanto vivono in un’e-poca di vecchiaia del mondo, la sesta eta della senectus17. In questa loro strutturaledebolezza non possono eguagliare ne superare i loro predecessori, piu prossimi allaperfezione, perche ad una potenza di natura posta nelle origini. Eppure, poggiatisulle spalle dei giganti, essi vedono piu lontano; si profila in tal modo l’idea di unandamento lineare relativo all’ambito della conoscenza umana, che si pone come inqualche modo esente dalla ciclica distruzione cui e destinato il tempo propriamenteumano. Una figura che sembra avviare il lento percorso di una riabilitazione deltempo profano, la sua emancipazione dallo statuto sostanzialmente statico di unciclo che non apporta nulla di nuovo, a fronte della linearita e irreversibilita deltempo salvifico. Anche il concetto di aevum, termine medio tra aeternitas e tempus,che Pomian riconduce all’assimilazione dell’aristotelismo, volto a designare il tempofinito in cui si muove la storia umana, rimarrebbe chiuso nei limiti strutturali dellamera accidentalita, di un cambiamento visto nell’ottica della mera variazione18.

Uno scarto significativo rispetto all’immagine continuistica del tempo, unallontanamento legato ad un preciso rifiuto della teologia della storia cristiana eagostiniana19, si ha solo con il Rinascimento, a partire da Petrarca20. Si tratta dellanuova periodizzazione che comincia a costituirsi in Occidente a partire dallaseconda meta del ‘400, imperniata su di un ripristino del modello ciclico; per essa,

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10 SCIENZA E TEMPO ALLE ORIGINI DELLO STORICISMO TEDESCO

21 G. Boccaccio, Decameron, a cura di V. Branca, Torino, 1980, p. 864.22 Sulla metaforica della luce in Petrarca, cfr. Jauß, op. cit., pp. 162 sgg.23 Pomian, op. cit., p. 45.24 Ivi, pp. 45-46: «...les humaniste operent ainsi un decoupage de l’histoire (...) Ils introduisent,

pour la premiere fois, semble-t-il, des discontinuites et des periodes dans l’histoire profane qui lesinteresse proritairement (...) celle de la transmission du savoir des Anciens». Questa operazione disoluzione di continuita rappresenta una modalita radicalmente nuovo di approccio del passato,come sottolinea H. Arendt, La tradizione e l’eta moderna, in Tra passato e futuro, cit., p. 51: «Lascoperta dell’antichita classica durante il rinascimento fu il primo tentativo di spezzare i ceppidella tradizione, di risalire alle fonti per determinare un passato libero dall’influenza dellatradizione stessa».

25 La matrice religiosa del tema della rinascita, che verrebbe “secolarizzata” nel Rinascimentoitaliano e invece ripresa in senso ecclesiastico nella Riforma, e il fulcro della lettura di K. Burdach,Riforma-Rinascimento-Umanesimo: Due dissertazioni sui fondamenti della cultura e dell’arte della parolamoderna (1918), tr. di D. Cantimori, Firenze, 1935.

26 Cfr. Pomian, op. cit., p. 45 e Demandt, op. cit., p. 996: «Il pensiero di una rinascita presupponel’idea di un precedente estinguersi e rende possibile la concezione dell’antichita, lo schematripartito di storia antica, medioevale e moderna». Questa periodizzazione sara codificata da Ch.Cellarius nel 1685 (cfr. R. Koselleck, Futuro passato, cit., p. 263). Che la percezione di questafrattura risalga all’umanesimo, e sostenuto da U. Muhlack, Historie und Philologie, in Aufklarungund Geschichte. Studien zur deutschen Geschichtswissenschaft im 18. Jahrhundert, a cura di H.Bodeker, G.G. Iggers, J. Knudsen, P.H. Reill, Gottingen, 1986, p. 51, che cosı descrive il suoinsorgere: «L’idea che l’antichita sia separata dal presente da un abisso e che possa essererichiamata in vita oltre di esso, insegno a concepire l’antichita come un’epoca storica, accessibilesolo attraverso la considerazione storica».

27 H.R. Jauß, voce Antiqui/moderni, in Historisches Worterbuch der Philosophie, a cura di J. Ritter

il presente rappresenta un ritorno, e si assegna il compito di recuperare «quella arte(...) che molti secoli sotto gli errori d’alcuni (...) era stata sepolta»21.

La ripresa del modello ciclico-naturalistico pagano ha pero qui caratteri nuovied esiti complessi, che conferiscono per cosı dire una nuova tridimensionalita allospessore del tempo. Innanzitutto al passato, articolato su due diversi piani diprofondita: l’oscurita barbarica del passato prossimo (media aetas), dal quale ilpresente e scisso da una prima radicale cesura, e la luminosita22 del passato remoto,interrotto dalla cesura parimenti brusca della caduta di Roma e dall’avvento dellabarbarie, che anche qui non coincide con la sola antichita pagana ma si estendeall’eta dei Padri della Chiesa23. La peculiarita dell’approccio rinascimentale altempo sembra essere l’operare, proprio nel riproporre un’immagine ciclica, dei taglidi profondita inedita nel corso storico, in grado di annullare ogni prospettiva diprolungamento del passato da parte del presente24. La nuova concezione del tempointroduce dunque, accanto alla riproposizione della ciclicita – questa volta in fun-zione della rivendicazione della possibilita sempre aperta della rigenerazione25 –anche un tratto di decisiva discontinuita marcato dalla doppia cesura che separa ilpresente e i suoi passati, racchiudendo di fatto ogni membro della tripartizionedella storia in un segmento di tempo in se concluso, in certo senso in un’ “epoca” ase stante26. Nella doppia partizione che caratterizza la nuova immagine rinascimen-tale del tempo storico, l’antichita remota assurge infine a modello di perfezione,oggetto di imitatio e poi aemulatio27.

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LA CONTRAPPOSIZIONE TRA ANTICHI E MODERNI 11

e K. Grunder, Basel-Stuttgart, 1971, vol. 1, p. 412. Secondo la ricostruzione di Gumbrecht, op. cit.,p. 99, si tratterebbe piuttosto di uno spostamento progressivo: nel corso del Rinascimento ilparadigma della aemulatio sostituirebbe gradatamente quello della mera imitatio: «Se all’iniziodell’epoca l’imitazione degli antichi viene ancora incoraggiata in virtu della coscienza della loroinarrivabile superiorita, piu tardi subentra, al posto del principio della “imitatio”, la “aemulatio”, econ essa la speranza di poter nuovamente raggiungere o addirittura superare la fioritura culturaledella Grecia e di Roma»; anche se egli sembra ritenere che il tema della aemulatio debba essereinteso come elemento in qualche modo preilluministico, e dunque qualcosa che gia va oltre il‘paradigma’ rinascimentale in senso stretto.

28 Cfr. Pomian, op. cit., pp. 46.29 Proprio in Vasari «trionfa la periodizzazione fondata sull’idea di Rinascimento» secondo

Pomian, op. cit., p. 112.30 Ivi, pp. 111-112: «...le present est loue non pour avoir apporte, dans tel ou tel autre domaine,

une contribution inedite ou une innovation sans exemple. Au contraire, il est tenu pour un siecled’or parce qu’il est revenu a quelque chose qui avait deja ete pratique ou connu dans un passelointaine et qui a sombre dans l’oubli pendant la periode intermediaire entre ce passe lointain et lepresent».

31 Koselleck ha sottolineato l’importanza della prospettiva sul futuro accanto a quella sulpassato nella costituzione dell’orizzonte necessario a generare una visione produttiva del presente;secondo la sua analisi, finche si credeva di vivere nell’ultima era del mondo, l’unico nuovo chepoteva darsi nel tempo era il giudizio universale: «Solo quando l’attesa cristiana della fine ebbeperduto il suo carattere di continua attualita, pote schiudersi un tempo illimitatamente aperto, eaperto al nuovo» (op. cit., p. 271). Questo orientamento sul futuro comincerebbe solo, nella suaricostruzione, dopo che le guerre civili di religione, minando le fondamenta dell’unita dellaChiesa, ebbero reso problematico l’orizzonte di aspettativa cristiano.

32 Koselleck, Futuro passato, cit., p. 264 sg., osserva che il termine Rinascimento compare solo ameta ‘500 e in modo isolato, in Vasari (renascita) nel 1550 e in Belon (renaissance) nel 1553; esso sidiffonde solo a partire dall’illuminismo, per indicare soprattutto un’epoca della storia dell’arte edella letteratura, e viene stilizzato come concetto di un intero periodo solo nell’ ‘800 con Michelet

Cio che appare interessante in relazione alla nuova opposizione che si pola-rizza tra antichi e moderni e che la perfezione attribuita dai primi ai popoli antichie strettamente legata ad un’immagine della natura, rispetto alla quale questidetengono una posizione privilegiata, di primogenitura. E da questo peculiarerapporto con una potenza naturale originaria, che ha negli inizi il suo apice, chederiva al loro operato una potenzialita di persistenza che gli consente di sopravvi-vere anche alla ciclica distruttivita del tempo per poter rinascere dopo lungo oblıo.Ne va dunque, nell’antichita, di una produttivita tutta secolare ma dalla validitaeterna, di «una rivelazione analoga a quella della Bibbia», come aggiunge Pomiansottolineando l’elemento secolarizzante dell’immagine rinascimentale dell’antichi-ta28.

Ma anche se, nel modello ciclico del tempo ripristinato dal Rinascimento, ilrisorgere delle arti – arte della lingua che deve purificarsi dai barbarismi, ma anchearti pittoriche29 – conferisce al presente una nuova centralita, esso non pretende adalcuna originalita od incremento rispetto al passato30. Il Rinascimento colloca ilpresente in riferimento al passato31 ed anzi ai suoi diversi passati, ma non avverte ilproprio operato come innovazione, ed in generale per esso non appare tematico ilprodursi di un tempo nuovo; il termine stesso di Rinascimento e postumo32. Un

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12 SCIENZA E TEMPO ALLE ORIGINI DELLO STORICISMO TEDESCO

e Burckhardt. Come concetto designante un periodo storico esso e dunque successivo al conio diMedioevo ed anche di Riforma. Cfr. Pomian, op. cit., p. 145.

33 Jauß, Literarische Tradition und gegenwartiges Bewußtsein der Modernitat, cit., pp. 154-155; cfr.p. 167: «La scoperta della diversita tra antichi e moderni nell’ambito delle Belle arti e il fecondorisultato della Querelle, che in Francia ha fatto rivolgere la direzione dello sguardo storico sulladimensione del tempo irreversibile e introdotto, cosı, l’illuminismo». Questa tesi ha avuto unanotevole fortuna critica, e appare ancora accolta nel saggio di M. Fumaroli, De Descartes aFontenelle: la Querelle des Anciens et des Modernes, in «Annuaire du College de France», 91, 1990, p.507, secondo cui la Querelle «mette in movimento la dinamica del preilluminismo e dell’illumini-smo». Una prospettiva piu cauta sul nesso Querelle – illuminismo si trova nella introduzione diM.T. Marcialis a La disputa sei-settecentesca sugli antichi e sui moderni, a cura di M.T. Marcialis,Milano, 1970, p. 7: «In realta, dare alla disputa, in tutte le sue diverse articolazioni e gradazioni,questa dimensione preilluministica e attribuirle la funzione kantiana di provocazione dell’ ‘uscitadell’uomo dallo stato di minorita’, significherebbe perdere di vista le sue concrete dimensionistoriche e confondere tutti i suoi interlocutori ‘moderni’ in una astratta quanto non vera identitadi vedute e di idee. La Querelle, infatti, si situa in quell’eta di mezzo tra la grande culturasecentesca e l’Illuminismo, in quella ‘zona incerta e malagevole’, che contraddistingue, secondo lanota espressione di Paul Hazard, la ‘crisi della coscienza europea’».

34 Fumaroli, op. cit., enumera, tra i principali elementi in gioco nella Querelle des anciens et desmodernes (espressione peraltro postuma, inventata da H. Rigault nella sua Histoire de la querelle desanciens et des modernes nel 1859, cfr. K. Menges, Herder and the “Querelle des Anciens et desModernes”, in Eighteenth Century German Authors and Their Aesthetic Theories, a cura di R.Critchfield e W. Koepke, Columbia, 1988) innanzitutto la questione della lingua nazionale, vero eproprio affare di stato dalla fondazione dell’Academie francaise nel 1663. L’Academie fu infatti loscenario del «grande spettacolo» destinato a durare fino alla fine del regno di Luigi XIV; essa fu(cfr. Marcialis, op. cit., p. 1), la roccaforte del partito dei Modernes, mentre gli Anciens fannopiuttosto riferimento all’universita, anche se un ruolo di primo piano dovevano svolgerlo anche leriviste, in particolare il «Mercure Galant», il «Memoire de Trevoux», rivista gesuita che si schieracon i moderni, e il «Journal des Savants» che resta su posizioni agnostiche. Un altro elementodecisivo e la mutazione sociologica della repubblica delle lettere, che corrisponde all’affermazionesociale e culturale di un ceto laico, quei “honnestes gens” che gia erano stati interlocutoriprivilegiati del Cartesio del Discorso sul metodo, scritto rigorosamente in francese. La tensioneantiumanistica, volta a imporre la centralita della Francia nella lingua e nella cultura cristiana, chee alla base del partito dei Modernes, trova inoltre un’espressione piu propriamente politica nella

momento saliente nel mutamento della concezione del futuro nella direzione di untempo aperto all’accadere del nuovo sembra aver luogo piuttosto nella Querelle desAnciens et des Modernes, quale «punto di svolta epocale dell’illuminismo»33, esoprattutto ulteriore punto di svolta rispetto al modello della storia universalecristiano-agostiniana.

2. La Querelle des Anciens et des Modernes

E relativamente recente nella storiografia il riconoscimento della molteplicita ditemi e di livelli che confluiscono nella Querelle, e la consapevolezza della suaportata ben oltre la questione specificamente letteraria della crisi dell’esteticaclassicista, cui per lungo tempo era stato ridotto l’intero significato del conflitto traAnciens e Modernes34. Pur in questa molteplicita di prospettive e possibile assumere

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LA CONTRAPPOSIZIONE TRA ANTICHI E MODERNI 13

ripresa della questione della translatio imperii (oltre che et studii) ad Francos. Sul tema della disputatra antichi e moderni alla corte del re Sole – con il cui regno la Querelle e praticamentecoestensiva – cfr. anche P. Toffano, Scrivere memorie alla corte del Re Sole, in «Studi Urbinati», B,LXIII, 1990, pp. 318-340. La Querelle non fu comunque un fenomeno solo francese; Rigaultdistinse in essa tre fasi: la prima in Francia a partire dal 1687; la seconda in Inghilterra, con laBattle of the Books (1704) dell’Ancien Swift, che con Temple e Dryden si contrappone ai ModernesThomas Burnet, William Wotton, Richard Bentley (cfr. Jauß, voce Antiqui/moderni, cit., p. 413); ela terza di nuovo in Francia, con la cosiddetta Querelle d’Homere (1714-1717). J.B. Bury, Storiadell’idea di progresso (1920), Milano, 1964, p. 66 sg., considera inizio della Querelle l’opera di A.Tassoni del 1620, Dieci libri di pensieri diversi, che probabilmente ispiro il primo discorso sul temaall’Academie ad opera di Boisrobert nel 1635. Sul tema cfr. anche G. Margiotta, Le origini italianedella Querelle des Anciens et des Modernes, Roma, 1953.

35 Cfr. Pomian, op. cit., p. 53.36 Cfr. Bury, op. cit., p. 65; sulla liberazione dall’eredita del Rinascimento come tema costante

del partito moderno nelle varie fasi della Querelle, cfr. H. Baron, The Querelle des anciens et desmodernes as a problem for Renaissance Scholarship, in «Journal of the History of Ideas», 20, 1959,p. 7.

37 Cfr. C. Perrault, Parallelo tra gli antichi e i moderni, t. I (1688), in La disputa sei-settecentescasugli antichi e sui moderni, cit., a cura di M.T. Marcialis, pp. 27-28.

tra i suoi momenti centrali la questione del rapporto tra tempo ciclico e tempolineare35, rilevante a nostro avviso soprattutto per la trasformazione che in questoprocesso subisce la stessa concezione del tempo lineare: trasformazione che apparepiuttosto congedo che secolarizzazione rispetto al modello escatologico, in quantoelabora all’interno della visione del tempo storico una prospettiva di infinita, diprocesso privo di termine ad quem; e, soprattutto, che opera una emancipazione dinuovo tipo rispetto all’immagine ciclica del tempo naturale, connessa all’affermarsidi una nuova immagine della natura.

Parte della «emancipazione dal giogo intellettuale del Rinascimento»36, laQuerelle esplode in Francia nel 1687, con il poema declamato da Perrault il 27gennaio 1687 all’Academie, in cui egli espone la tesi che «c’est nous qui sommesles anciens»:

Non e forse vero che si e di solito considerata la durata del mondo come la vitadell’uomo? Non si dice forse che esso ha avuto la sua infanzia, la sua giovinezza, lasua maturita, e che si trova ora nella vecchiaia? Se allo stesso modo immaginiamola natura umana come un solo uomo, dovremo affermare che quest’uomo e statobambino nell’infanzia del mondo, adolescente nella sua adolescenza, uomo maturonel vigore della sua eta, e che ora entrambi sono nella vecchiaia. Una voltaammesso cio, i nostri primi antenati non dovrebbero essere considerati come ibambini e noi come i vecchi e i veri antichi del mondo?37

Nell’apparente ribaltamento del rapporto tra antichi e moderni, la maturita checaratterizza i moderni segue ancora, nella versione di Perrault, il modello delle etadell’umanita, ma l’immagine lineare del tempo ad essa connessa assume caratteri

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14 SCIENZA E TEMPO ALLE ORIGINI DELLO STORICISMO TEDESCO

38 Cfr. Koselleck, Fortschritt und Niedergang, cit.; da questa prospettiva, cui contribuirebbe ancheLeibniz con il porre la perfezione dell’uomo in un progresso all’infinito, si sviluppa per Koselleckuna linea di pensiero che rompe la specularita tra progresso e decadenza riducendo questa a unepisodio transitorio nella direzione unitaria del progresso. Questa asimmetria connota secondoKoselleck la specifica posizione dell’eta moderna di contro ad antichita (in cui progresso e deca-denza sono successivi) e Medioevo (in cui progresso e decadenza appaiono complementari, mariferiti rispettivamente alla citta dell’uomo e alla citta di Dio).

39 Cfr. Jauß, op. cit., p. 165; e F. Bacone, Novum Organum, Aforisma 84, cit. in Marcialis, op. cit.,p. 9: «Per antichita si deve intendere propriamente l’eta piu matura e adulta del mondo, cioe iltempo in cui viviamo noi, non quello in cui vivevano gli antichi che ne era l’eta piu giovane».

40 Gumbrecht, op. cit., p. 100; su Cartesio e Fontenelle, cfr. Bury, op. cit., pp. 82 sg. Cfr. l’osserva-zione di Marcialis, op. cit., p. 11: «La trasposizione sic et simpliciter della teoria del progresso dalcampo scientifico al campo piu specificatamente artistico era possibile, evidentemente, solonell’ambito di una estetica che, da una parte, riducesse i contenuti artistici a contenuti conoscitivi,e, dall’altra, accentuasse gli aspetti puramente tecnici dell’arte. (...) Curiosamente, in cio, i“moderni” utilizzavano la formula verita-bellezza teorizzata dal piu autorevole difensore degliantichi, Boileau, per sostenere la loro tesi».

41 Cfr. Jauß, op. cit., e Maek-Gerard, op. cit., p. 359.42 Tra i quali Boileau, Racine, La Fontaine, La Bruyere, ma anche Arnauld (che mediera la

riconciliazione tra Boileau e Perrault) e Fenelon; cfr. Maek-Gerard, op. cit., pp. 358-359.43 Gia nel 1693, N. Boileau-Despreaux aveva composto l’ Ode pindarique sur la prise de Namur,

preceduta da un Discours sur l’Ode, che esponeva la sua dottrina dell’imitazione e argomenti infavore della superiorita degli antichi. Nel 1694 pubblica le Reflexions critiques sur Longin. Cfr.Fumaroli, op. cit., p. 517.

44 Cfr. Fumaroli, op. cit., p. 516: il sublime, to upsos, in quanto movimento ascensionale,ispirazione, «designe a la fois l’elan auquel obeit l’ecrivain ou le poete qu’entre en emulation avecles modeles classiques, mais aussi le mouvement d’admiration et de revelation qui s’empare del’esprit du lecteur ou de l’auditeur sous l’effet energique d’un grand chef-d’oeuvre. C’est l’exacte

nuovi38. Sulla scia dell’assunto baconiano, la verita appare temporis filia39, e lajuventus del mondo antico si riduce a condizione depauperata, la cui “naturalita”cessa di essere sinonimo di perfezione e maggiore potenza per rivelarsi piuttostocostrizione e poverta. L’offensiva dei moderni si apre infatti con il tentativo diapplicare il principio di perfettibilita – che informa la coscienza di se della scienza apartire dal nuovo inizio segnato da Cartesio e Copernico – anche all’ambitodell’arte40.

Ma il tentativo di ‘primitivizzare’ anche l’arte antica, che da cio discende,giungera all’estremo di costringerla alla sottomissione al criterio del bon goutclassicista41. La reazione degli Anciens42 a questa offensiva e rappresentata compiu-tamente dalla riedizione della traduzione del trattato Del Sublime, allora attribuito aLongino, da parte di Boileau, e soprattutto, nel 1694, dalle Reflexions critiques surLongin di questi43.

Il teorico del classicismo letterario contrappone alla centralita del presentepropugnata dai Modernes la trascendenza delle opere classiche, attraverso le quali ilpoeta ascende ad un sublime sovratemporale. L’antico in quanto modello apparecosı dotato di una propria energia di cui il poeta viene reso partecipe nel processodell’emulazione44. Il contagio di cui sono portatori i modelli classici e in grado di

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