Sconfinare #34

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n°34- ESTATE 2012 È un giornale creato dagli studenti di Scienze Internazionali e Diplomatiche di Gorizia FKH DWWUDYHUVR LO JLRUQDOLVPR YRJOLRQR FRQIURQWDUVL FRQ OD UHDOWj GL FRQ¿QH H QRQ VROR direttore: DaviDe Lessi ZZZVFRQ¿QDUHQHW UHGD]LRQH#VFRQ¿QDUHQHW 6FRQ¿QDUH FRQWLQXD VX ZZZVFRQ¿QDUHQHW H VX )DFHERRN! C ome si fanno a descrivere cinque anni? Anni di ansie e soddisfazioni, di sogni e di frustrazioni, di scoperta del mondo e di sé, di maturazione. Anni di delusioni per esa- mi che ti aspettavi più interessanti, per persone che ti aspettavi migliori. Ma anche anni in cui scopri e sviluppi le passioni vere, che ti accen- dono il fuoco dentro e ti spingono a saperne di più. E soprattutto, anni in cui nascono le amicizie migliori, quelle che sai ti porterai dietro tutta la vita, non importa quanto lontano sarete –perché il mondo vi aspetta, e le gente come voi non sa stare ferma– ma sarete sempre legati, perché l’a- nima in fondo è sempre la stessa, e voi siete ge- melli d’anima. Cinque anni di SID, che a dirli sembrano po- FKL H LQ UHDOWj VRQR XQ¶LQ¿QLWj 'HOOH WDQWH SHU- sone che li hanno popolati, alcune se ne sono andate dopo il triennio, altre sono rimaste, per- FKp DOOD ¿QH q QDWXUDOH FKH TXDOFXQR ULPDQJD H che conservi il ricordo e quell’idea di comunità studentesca che è ciò che dà ancora un senso a Gorizia. Non è solo la didattica, tanto vituperata ma che comunque sa raggiungere vette di quali- tà. Non è la città, spesso troppo ostile alla novità, ma che sa farsi scoprire pian piano e farti inna- morare. È che in questo angolo d’Italia sceglie di rinchiudersi gente di valore, che lo fa pullu- lare di attività. Per dirla con Ungaretti: “Questo è l’Isonzo / E qui meglio / Mi sono riconosciuto / 8QD GRFLOH ¿EUD 'HOO¶XQLYHUVR´ &RVD ULPDQH GL FLQTXH DQQL DOOD ¿QH" 3HU quanto mi riguarda, sicuramente 6FRQ¿QDUH. De- cine di persone sono passate sulle sue pagine, ognuna con il proprio punto di vista personale, e ognuna ha arricchito il giornale di una parte di sé. Ed è bello vedere che, dopo cinque anni, c’è ancora qualcuno che ha voglia di raccontare e di mettersi in gioco. Il numero che avete tra le mani vuole dimo- strare questo: è vero, è più ridotto del solito, per questioni di sessione estiva e di EXGJHW (che vi abbiamo raccontato nello scorso numero). Ma siamo convinti che il numero minore di pagine non per forza porti ad una minore qualità, anzi. La decisione di pubblicare è stata presa perché avevamo ancora tanto da dire e volevamo dirlo insieme. Con quell’ottimismo e quel pizzico di follia che ci hanno sempre contraddistinto, e con la presunzione che parlare sia meglio che tacere. Sperando di fare un piacere a voi lettori, che di 6FRQ¿QDUH siete linfa vitale quanto la Redazione, e a cui ci sforziamo di dare sempre ragioni per continuare a sostenerci. Tanti sono ancora gli anni da raccontare. Cin- que, cinque e perché no, ancora cinque. E state tranquilli: continueremo a raccontarli insieme ancora a lungo. Cambieranno scrittori, impagi- QDWRUL H OHWWRUL PD 6FRQ¿QDUH FRQWLQXHUj DG HVL- stere e a cambiare chi avrà il privilegio di farvi parte. Per concludere con le parole di qualcuno più grande, 6FRQ¿QDUH 9LYH 5LFRUGD H 6SOHQGH %XRQD VWUDGD 6FRQ¿QDWL L’EDITORIALE SALVIAMO L’ EURO! &217,18$ $ 3$* di Giovanni Collot di Edoardo Buonerba & Dario Cavalieri C on la paura di tornare a settem- bre e di dover pagare un pani- no alla mortadella con 500.000 DeLira, ci rivolgiamo innanzitutto alla FODVVH SROLWLFD LWDOLDQD DI¿QFKp DEEDQ- doni le facili demagogie e abbia il co- raggio di creare un’agenda europea per il programma elettorale del prossimo DQQR $I¿QFKp FLRq VL ULYHOL FRHUHQWH e dia un messaggio corretto ai mercati TXHVWL VFRQRVFLXWL« H ULFRQTXLVWL OD ¿- ducia dei cittadini. Che lo sforzo di fare Europa non sia solo prerogativa delle istituzioni europee: perché non è più tol- lerabile questo immobilismo della clas- se politica su una questione che per noi non è più ineludibile. E’ una questione politica non esterna- lizzabile. Per fare l’Europa – nel senso di una compiuta unione politica, nella forma di federazione – c’è bisogna del- la volontà. Quella con la V maiuscola. I cittadini devono partecipare e intendere i motivi dell’Europa e un tramite impor- tante è quello dei partiti. Finora siamo stati abituati a cessioni di competenze per settore. Ora ci vuole un passo in più: più Europa proprio ora che le classi po- litiche viaggiano sull’onda del malcon- tento. Perché di Europa ce n’è ancora molta da fare, ma senza saremo in un baratro. Ecco i nostri 5 motivi, quindi. Un Appello alla classe politica europea per VDOYDUH OD PRQHWD XQLFD H XQ SR¶ QRL VWHVVL Disegno di Silvia Fancello C erte storie sono come i migliori URPDQ]L YRUUHVWL QRQ ¿QLVVHUR mai. Per me 6FRQ¿QDUH è una di queste. Più di sei anni fa un capannello di studenti fondò un giornale. Passione, presunzione, chissà. C’è di certo che da allora ho de- gli amici fraterni. Poi, durante l’Erasmus, qualcosa si ruppe e rischiai di disamo- rarmene. Mai avrei pensato di diventare il direttore. Meno che meno di dover scrive- re un commiato. No, non bastano queste righe per raccontare due anni e dieci nu- meri cartacei. Né per spiegarvi cosa è di- YHQWDWR LO VLWR ZZZVFRQ¿QDUHQHW 3DU- lano i numeri: dieci mila contatti al mese. Giudicate voi, il mio sarebbe un parere di parte. Anzi di una parte di questa storia. Il protagonista è giusto rimanga 6FRQ¿QD- re. Con le sue pagine da riempire per chi avrà ancora voglia di mettersi in gioco. Scrivere, provocare, confrontarsi con opinioni diver- se. E con le proprie. 6FRQ¿QDUH è questo: un foglio bianco, un cursore lampeggiante. Tu, davanti, nudo e solo. Non importa chi e se ti leggerà. Se sarai soddisfatto di quello che hai scritto ce l’avrai fatta. Certo, lo spirito è sempre stato quello di non prendersi troppo sul serio. Ricordo la candidatura di un nostro collaboratore a sindaco di Gorizia. «Il candi- dato che ha studiato», era lo slogan elettora- OH 6FRQ¿WWR GHQXQFLz L EURJOL ( SRL ULSHQVR alle feste in osmica e ai tentativi, impacciati, di conoscere una collaboratrice con la scusa di una riunione in Torretta. Certe storie sono come i migliori romanzi: GHYRQR ¿QLUH 3HU GDUH XQ VHQVR DO WXWWR 3HU lasciare ad altri la possibilità di continuare a scriverle. Quando presi la direzione di questo giornale, proposi di far diventare pubblicisti i suoi collaboratori più attivi e lungimiranti. Due anni dopo, mentre uno di questi sta diventando giornalista a tutti gli effetti sento il bisogno di salu- tarvi. E lo voglio fare con quelle parole con cui cominciai: «&KH DOWUR q QHFHVVDULR DL JLRYDQL VH QRQ XQD VFLRFFD LQVHQVLELOH RVWLQD]LR- ne, unita all’essere pronti a fallire, fal- lire e fallire e ancora?». $XJXUL 6FRQ¿QDWL 'L FXRUH non ci resta che ScOnfInARE di Davide Lessi /$ 3$52/$ $/ ',5(7725(

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Numero 34, Estate 2012

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n°34- ESTATE 2012

È un giornale creato dagli studenti di Scienze Internazionali e Diplomatiche di Gorizia FKH�DWWUDYHUVR�LO�JLRUQDOLVPR�YRJOLRQR�FRQIURQWDUVL�FRQ�OD�UHDOWj�GL�FRQ¿QH��H�QRQ�VROR��

direttore: DaviDe Lessi

ZZZ�VFRQ¿QDUH�QHWUHGD]LRQH#VFRQ¿QDUH�QHW

6FRQ¿QDUH�FRQWLQXD�VX�

ZZZ�VFRQ¿QDUH�QHW�H�VX�)DFHERRN!

Come si fanno a descrivere cinque anni? Anni di ansie e soddisfazioni, di sogni e di frustrazioni, di scoperta del mondo

e di sé, di maturazione. Anni di delusioni per esa-mi che ti aspettavi più interessanti, per persone che ti aspettavi migliori. Ma anche anni in cui scopri e sviluppi le passioni vere, che ti accen-dono il fuoco dentro e ti spingono a saperne di più. E soprattutto, anni in cui nascono le amicizie migliori, quelle che sai ti porterai dietro tutta la vita, non importa quanto lontano sarete –perché il mondo vi aspetta, e le gente come voi non sa stare ferma– ma sarete sempre legati, perché l’a-nima in fondo è sempre la stessa, e voi siete ge-melli d’anima.

Cinque anni di SID, che a dirli sembrano po-FKL��H�LQ�UHDOWj�VRQR�XQ¶LQ¿QLWj��'HOOH�WDQWH�SHU-sone che li hanno popolati, alcune se ne sono andate dopo il triennio, altre sono rimaste, per-FKp�DOOD�¿QH�q�QDWXUDOH�FKH�TXDOFXQR�ULPDQJD�H�che conservi il ricordo e quell’idea di comunità studentesca che è ciò che dà ancora un senso a Gorizia. Non è solo la didattica, tanto vituperata ma che comunque sa raggiungere vette di quali-tà. Non è la città, spesso troppo ostile alla novità, ma che sa farsi scoprire pian piano e farti inna-morare. È che in questo angolo d’Italia sceglie di rinchiudersi gente di valore, che lo fa pullu-lare di attività. Per dirla con Ungaretti: “Questo è l’Isonzo / E qui meglio / Mi sono riconosciuto / 8QD�GRFLOH�¿EUD���'HOO¶XQLYHUVR´�&RVD� ULPDQH� GL� FLQTXH� DQQL�� DOOD� ¿QH"� 3HU�

quanto mi riguarda, sicuramente 6FRQ¿QDUH. De-cine di persone sono passate sulle sue pagine, ognuna con il proprio punto di vista personale, e ognuna ha arricchito il giornale di una parte di sé. Ed è bello vedere che, dopo cinque anni, c’è ancora qualcuno che ha voglia di raccontare e di mettersi in gioco.

Il numero che avete tra le mani vuole dimo-strare questo: è vero, è più ridotto del solito, per questioni di sessione estiva e di EXGJHW (che vi abbiamo raccontato nello scorso numero). Ma siamo convinti che il numero minore di pagine non per forza porti ad una minore qualità, anzi. La decisione di pubblicare è stata presa perché avevamo ancora tanto da dire e volevamo dirlo insieme. Con quell’ottimismo e quel pizzico di follia che ci hanno sempre contraddistinto, e con la presunzione che parlare sia meglio che tacere. Sperando di fare un piacere a voi lettori, che di 6FRQ¿QDUH siete linfa vitale quanto la Redazione, e a cui ci sforziamo di dare sempre ragioni per continuare a sostenerci.

Tanti sono ancora gli anni da raccontare. Cin-que, cinque e perché no, ancora cinque. E state tranquilli: continueremo a raccontarli insieme ancora a lungo. Cambieranno scrittori, impagi-QDWRUL�H�OHWWRUL��PD�6FRQ¿QDUH�FRQWLQXHUj�DG�HVL-stere e a cambiare chi avrà il privilegio di farvi parte.

Per concludere con le parole di qualcuno più grande, 6FRQ¿QDUH� 9LYH�� 5LFRUGD� H� 6SOHQGH��%XRQD�VWUDGD��6FRQ¿QDWL�

L’EDITORIALE SALVIAMO L’EURO!

&217,18$�$�3$*���

di Giovanni Collot

di Edoardo Buonerba& Dario Cavalieri

Con la paura di tornare a settem-bre e di dover pagare un pani-no alla mortadella con 500.000

DeLira, ci rivolgiamo innanzitutto alla FODVVH� SROLWLFD� LWDOLDQD� DI¿QFKp� DEEDQ-doni le facili demagogie e abbia il co-raggio di creare un’agenda europea per il programma elettorale del prossimo DQQR�� $I¿QFKp� FLRq� VL� ULYHOL� FRHUHQWH�e dia un messaggio corretto ai mercati �TXHVWL�VFRQRVFLXWL«��H�ULFRQTXLVWL�OD�¿-ducia dei cittadini. Che lo sforzo di fare Europa non sia solo prerogativa delle istituzioni europee: perché non è più tol-lerabile questo immobilismo della clas-se politica su una questione che per noi non è più ineludibile.

E’ una questione politica non esterna-lizzabile. Per fare l’Europa – nel senso di una compiuta unione politica, nella forma di federazione – c’è bisogna del-la volontà. Quella con la V maiuscola. I cittadini devono partecipare e intendere i motivi dell’Europa e un tramite impor-tante è quello dei partiti. Finora siamo stati abituati a cessioni di competenze per settore. Ora ci vuole un passo in più: più Europa proprio ora che le classi po-litiche viaggiano sull’onda del malcon-tento. Perché di Europa ce n’è ancora molta da fare, ma senza saremo in un baratro.

Ecco i nostri 5 motivi, quindi.

Un Appello alla classe politica europea per VDOYDUH�OD�PRQHWD�XQLFD��H�XQ�SR¶�QRL�VWHVVL�

Disegno di Silvia Fancello

Certe storie sono come i migliori URPDQ]L�� YRUUHVWL� QRQ� ¿QLVVHUR�mai.

Per me 6FRQ¿QDUH è una di queste. Più di sei anni fa un capannello di studenti fondò un giornale. Passione, presunzione, chissà. C’è di certo che da allora ho de-gli amici fraterni. Poi, durante l’Erasmus, qualcosa si ruppe e rischiai di disamo-rarmene. Mai avrei pensato di diventare il direttore. Meno che meno di dover scrive-re un commiato. No, non bastano queste righe per raccontare due anni e dieci nu-meri cartacei. Né per spiegarvi cosa è di-YHQWDWR�LO�VLWR��ZZZ�VFRQ¿QDUH�QHW���3DU-lano i numeri: dieci mila contatti al mese. Giudicate voi, il mio sarebbe un parere di

parte. Anzi di una parte di questa storia. Il protagonista è giusto rimanga 6FRQ¿QD-

re. Con le sue pagine da riempire per chi avrà ancora voglia di mettersi in gioco. Scrivere, provocare, confrontarsi con opinioni diver-se. E con le proprie. 6FRQ¿QDUH è questo: un foglio bianco, un cursore lampeggiante. Tu, davanti, nudo e solo. Non importa chi e se ti leggerà. Se sarai soddisfatto di quello che hai scritto ce l’avrai fatta. Certo, lo spirito è sempre stato quello di non prendersi troppo sul serio. Ricordo la candidatura di un nostro collaboratore a sindaco di Gorizia. «Il candi-dato che ha studiato», era lo slogan elettora-OH��6FRQ¿WWR��GHQXQFLz�L�EURJOL��(�SRL�ULSHQVR�alle feste in osmica e ai tentativi, impacciati, di conoscere una collaboratrice con la scusa di una riunione in Torretta.

Certe storie sono come i migliori romanzi: GHYRQR�¿QLUH��3HU�GDUH�XQ�VHQVR�DO�WXWWR��3HU�lasciare ad altri la possibilità di continuare

a scriverle. Quando presi la direzione di questo giornale, proposi di far diventare pubblicisti i suoi collaboratori più attivi e lungimiranti. Due anni dopo, mentre uno di questi sta diventando giornalista a tutti gli effetti sento il bisogno di salu-tarvi. E lo voglio fare con quelle parole con cui cominciai:

«&KH�DOWUR�q�QHFHVVDULR�DL�JLRYDQL�VH�QRQ� XQD� VFLRFFD�� LQVHQVLELOH� RVWLQD]LR-ne, unita all’essere pronti a fallire, fal-lire e fallire e ancora?». $XJXUL��6FRQ¿QDWL��'L�FXRUH�

non ci resta che ScOnfInARE di Davide Lessi

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6FRQ¿QDUH���,QWHUQD]LRQDOH2

Nel giardino del Medio Oriente

l’America è un giardiniere disat-

tento. Obama e soci confondono

L� ¿RUL� VRUWL� LQ�(JLWWR� H�7XQLVLD� FRQ� OD� JUD-migna spuntata in Libia e in Siria. Così le

rivolte a Damasco e dintorni vengono inter-

pretate secondo il paradigma della primave-

ra araba: il popolo che si solleva, il tiranno

da abbattere, la democrazia e le aspirazioni

di libertà da sostenere.

Intanto, le insurrezioni siriane si arram-

picano sino alla vetta della “guerra civile”.

Così la etichettano per la prima volta le Na-

zioni Unite, per bocca di Henri Ladsous,

sottosegretario generale per il peacekee-

ping. Il livello di violenza è tale che il co-

mandante degli osservatori Onu, Major Ge-

neral Robert Mood, ha sospeso le attività di

monitoraggio, giudicate troppo pericolose.

A premere il grilletto semantico sono stati

diversi fenomeni. Il “cessate il fuoco” del

12 aprile ignorato. I massacri di Hula e Qu-

beirperpetrati dalle milizie shabbiha, con

decine e decine di morti tra la popolazione

sunnita, donne e bambini compresi. Gli eli-

cotteri impiegati dal regime per stroncare i

ULEHOOL�� ,O� WUDI¿FR�GL� DUPL� �VRSUDWWXWWR� UD]]L�DQWLFDUUR��SHU�O¶(VHUFLWR�VLULDQR�OLEHUR��(VO��SURYHQLHQWH�GDOOD�7XUFKLD�H�¿QDQ]LDWR�GDOOH�petromonarchie saudita e qatarina.

La posizione diplomatica di Washington

è chiara: il dittatore Assad deve dimettersi

e favorire la transizione. Per raggiungere

l’obiettivo la strategia prevede il sostegno

DO�SLDQR�GL�SDFH�GL�.R¿�$QQDQ��VDQ]LRQL�DO�UHJLPH� H� XQ� VXSSRUWR� ³SDFL¿FR´� DL� ULEHOOL��Niente armi ma aiuti umanitari e, soprattut-

to, tecnologie dell’informazione.

L’infowar è la vera guerra che gli Usa non

esitano a combattere, come riporta un recen-

WH�DUWLFROR�GL�/LPHV��7UD�JOL�DLXWL�DL�ULEHOOL�FL�sono telefoni satellitari e apparecchi di con-

nessione a Internet BGANs: l’obiettivo è

bucare la censura del regime riempiendo la

mediasfera di immagini del-

le vere o presunte stragi per-

petrate dai seguaci di Assad.

7UD� L� SURWDJRQLVWL� OD� 2QJ�$YDD]��³YRFH´��LQ�IDUVL��FRQ�sede a New York, già autri-

ce di una campagna a favore

GHOOD� QR� À\� ]RQH� LQ� /LELD��Lo schema però è miope

perché pretende di dotare i

“citizen journalists” siriani

degli strumenti per far emer-

gere la loro voce, quando il

risultato è una propaganda

che distorce la responsabi-

lità della violenza, accollata

interamente al regime.

In generale, lo spartito

che gli Stati Uniti eseguono risulta stonato

nel coro della Siria. Annan ha minacciato

il “fallimento” del suo piano in assenza di

XQ�PDJJLRU� VRVWHJQR� LQWHUQD]LRQDOH�� /¶(VO�manca di un’azione unitaria e omogenea e

di bastioni difensivi. L’unico motivo per cui

il copione regge è che, in anno di elezioni e

di colloqui con l’Iran riesumati, Obama non

intende lanciare l’ennesima guerra a stelle e

strisce contro un paese musulmano.

Limitarsi al grido “Assad cada” rischia

di rivelarsi sterile. La partita siriana non è

infatti un’insurrezione popolare per una

società più democratica. La guerra civile a

UNA SIRIA NON FA PRIMAVERA

di Federico Petroni *

La generalizzata ristrutturazione

delle Forze Armate ha porta-

to alla costruzione di eserci-

ti di professionisti dando ampio spazio

all’outsourcing delle attività militari.

,Q� TXHVWR� FRQWHVWR�� OH� 3ULYDWH�0LOLWDU\�)LUPV� �30)��� VRFLHWj� SULYDWH� FKH� IRUQL-scono servizi di carattere militare e legati

alla sicurezza del personale diplomatico in

ambito internazionale, sono diventate at-

WRUL�GL�SULPR�SLDQR�QHL�7HDWUL�GL�RSHUD]LR-

ne, accanto agli eserciti nazionali.

I vantaggi legati all’utilizzo di PMF

sono notevoli: oltre che sul piano econo-

mico, risultano decisivi anche e soprattut-

to in ambito politico, in particolare in termini

di immagine rispetto alle opinioni pubbliche

nazionali. Ciò grazie soprattutto alla ridu-

zione del numero di morti fra i soldati “in

prima linea”, evitando in questo modo la

potenziale perdita di elementi delle forze

armate, formati ed addestrati con largo inve-

stimento dei soldi dei contribuenti, a fronte

della maggiore “spendibilità” dei membri

delle compagnie private. Vista la riduzione

dei bilanci della difesa statunitense, le PMF

sono diventate la prima fonte per colmare

qualsiasi tipo di gap tecnologico dell’eser-

cito. L’outsourcing ha portato sicuramente

vantaggi al personale militare americano

che, grazie all’amministrazione Bush, non si

deve più occupare della mera logistica lega-

WD�DG�XQ�LQWHUYHQWR�LQ�XQD�]RQD�GL�FRQÀLWWR�

un ugual numero di contractors. Ad oggi le

maggiori società a contratto con il Dipar-

timento della Difesa ed il Dipartimento di

6WDWR� VRQR� OD� %ODFNZDWHU�� OD� '\Q&RUS�� OD�7ULSOH�&DQRS\�� OD�.�%�5�� (VVH� GLSHQGRQR�direttamente dall’esecutivo e non rispondo-

no al Congresso che non conosce la natura

GL�PROWH�GHOOH�ORUR�PLVVLRQL��(¶�XQ�HVHUFLWR�che agisce nell’ombra, ma che è mosso uni-

camente da interessi economici. Può con-

durre operazioni in patria e all’estero che

non sarebbero consentite a militari regolari

perché proibite da accordi internazionali,

a cominciare dalla Convezione di Gine-

YUD�� VRFLHWj�FRPH� OD�7,7$1�R� OD�&$&,�VL�occupano da anni degli interrogatori nelle

prigioni a Kabul e sono state accusate più

volte di tortura.

Le guerre in Medio Oriente sembrano

perciò sempre più in mano a compagnie

private che agiscono solo in base ad un con-

tratto da onorare. Con il ricorso all’impiego

delle PMF, il perseguimento dell’interesse

nazionale non può dirsi assicurato data la

natura puramente economica del rapporto

che lega queste le società e lo Stato. L’e-

sercito viene messo sempre più spesso in

seconda linea, facendo combattere nelle

zone più pericolose i soldati privati così

che l’opinione pubblica non potrà mai co-

noscere i numero esatto di feriti o di morti

che è costata una certa azione bellica. Si va

dunque progressivamente a svuotare di si-

JQL¿FDWR�LO�PRQRSROLR�GHOO¶XVR�GHOOD�IRU]D�¿QR�DG�RJJL�ULVHUYDWR�DOOR�6WDWR�

di Patricia Ventimiglia �PHQVH�� ODYDQ-

derie, costru-

]LRQH�GL�HGL¿FL��impianti).

Q u a n d o

queste società

KDQQR� SRL� ¿U-mato contratti

per occuparsi

anche dello

spionaggio e

delle operazio-

ni combat, sul

piano giuridico

si sono poste

GHOOH� GLI¿FROWj�di inquadra-

mento normativo per i membri di queste im-

SUHVH�SULYDWH��GHWWL�contractors).

/D�¿JXUD�GHO�contractor può essere vista

come quella di un moderno mercenario,

anche se viene denominato “personale ci-

vile al seguito delle forze armate”: ma se

intraprende operazioni militari, nel diritto

internazionale non vi sono normative che

regolino la sua azione o un’ eventuale giuri-

sdizione a cui egli dovrebbe essere soggetto.

Barack Obama quando era senatore, cer-

cò di regolarizzare la posizione dei contrac-

tors. Non solo non vi riuscì, ma sotto la sua

presidenza si è arrivati a farne un uso molto

maggiore di quanto non abbia fatto l’ammi-

nistrazione Bush. Gli ultimi dati noti al Con-

gresso sono che, per circa 250.000 militari

regolari dislocati tra Iraq e Afghanistan, c’è

Le nuove guerre sono combattute a contrattoSHADOW ARMY

Estate 2012

Ma l’America non lo saDamasco e dintorni è una lotta per la ridi-

stribuzione del potere. “La caduta di Assad

ULPXRYHUHEEH� VROR� OD� ¿JXUD� GL� VSLFFR� GHO�regime. Non darebbe immediatamente il là

a un ampio sviluppo democratico”,sostiene

la voce isolata di Vali Nasr della Johns

+RSNLQV�8QLYHUVLW\�La guerra di Siria va confrontata col pre-

cedente libico, non distorta attraverso il pri-

sma della primavera araba che può applicar-

VL�DOO¶(JLWWR��PD�QHPPHQR�WURSSR��YHGHUH�LO�parlamento sciolto d’arbitrio dai militari al

Cairo) ma non a una guerra civile settaria.

&RPH�QRQ�q�EDVWDWD�D�SRUUH�¿QH�DOOH�YLROHQ-

]H�OD�PRUWH�GL�*KHGGD¿��WXW-to sommato un uomo solo al

comando), la caduta di As-

sad scoperchierà, invece che

placare, il vaso di Pandora di

un regime che si regge sul

mutuo sostegno di una rete

GL�FRPXQLWj��L�FULVWLDQL��FLUFD�due milioni), gli alawiti, la

borghesia medio-alta sunni-

ta.

“La discussione negli Stati

Uniti”, argomenta Nasr, “è

ancora del tutto focalizzata

sulla transizione dall’auto-

ritarismo alla democrazia.

Ma gli Usa non hanno una

vera strategia per affrontare

la guerra tra sette nella re-

gione”.

Sbaglia anche chi, negli Usa, invoca un’a-

zione militare. La narrazione degli interven-

tisti è duplice: da un lato, i liberal-neocon-

VHUYDWRUL�VL�DSSHOODQR�DOOD�³UHVSRQVLELOLW\�WR�protect”; dall’altro, “meglio una missione in

Siria oggi che una guerra totale in Medio

Oriente domani”. Per evitare che le armi

chimiche di Assad cadano nelle mani sba-

gliate; che per vendicarsi il tiranno sguin-

]DJOL�LO�3NN�FXUGR�FRQWUR�OD�7XUFKLD�H�FKH�nel caos proliferi il jihad, una proxy war giocata tra Iran e Arabia Saudita, allora

meglio intervenire subito,come sostiene

Robert Satloff del Washington Institute.

Che succede però se l’operazione “Dente

del Giudizio” non elimina le cause dell’in-

fezione? La ricetta degli interventisti pre-

vede l’imposizione di una QR�À\� ]RQH, la

creazione di zone cuscinetto per difendere

i civili, il lancio di una cyberwar per stron-

care la tecnologia del regime, contatti con

la diplomazia araba per formare l’opposi-

]LRQH��(SSXUH�O¶LQWHUYHQWR�GL�XQD�SRWHQ]D�HVWHUQD� �SHJJLR�� HVWUDQHD�� KD� VHPSUH� DJL-WR� GD� FDWDOL]]DWRUH� SL�� FKH� GD� SDFL¿FDWR-

re. Vedi gli esempi della Libia e dell’Iraq

post-Saddam.

Il risultato di questa distorsione concet-

tuale è che gli Usa vanno alla guerra delle

idee armati di concetti sbagliati. O sempli-

cistici. Applicata alla politica estera, l’ide-

ologia americana è binaria. Bene vs. Male.

'HPRFUD]LD�YV��7LUDQQLD� Il manicheismo si fa Globo. E le sfumature spariscono.

*Laureato alla LUISS con una tesi sul-la gestione mediatica della guerra in Af-ghanistan da parte del generale Petraeus, analista di politica estera per Limes e The Post Internazionale

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presenta la creazione più tangibile da quan-do i paesi europei hanno smesso di farsi la guerra tra loro. Togliendocela, ci privereste della chiave di volta del “sogno europeo”. 'LUHWH��q�WULVWH�VH�YL�DI¿GDWH�DG�XQD�PRQHWD�SHU�LGHQWL¿FDUYL�LQ�TXHVWR�VRJQR�FKH�GLWH�GL�sentire. Noi vi risponderemmo: le fonda-menta di questa costruzione latitano, a volte – una coscienza “europea” è ancora lungi dal radicarsi, nei popoli d’Europa – ma su FKH� FRVD� VL� LGHQWL¿FD�� XQD� QD]LRQH�� Vu�� VH�non in alcuni simboli? Detto fatto. I gover-ni europei hanno pensato bene di cancellare (Trattato di Lisbona, 2007) ogni riferimen-to ai simboli dell’Unione: motto, bandiera, inno. Scomparsi da tutti i testi.

4 Europa sociale. Allora è questo il momento di rilanciare un’Euro-pa sociale, prima di tutto. È pro-prio ora che è bene rilanciare quel

programma sociale che per primo ha creato una cultura europea all’interno dei giovani: il programma Erasmus. Incentivare e faci-litare la mobilità e l’internazionalizzazione, soprattutto della nostra incancrenita Italia. (�SRUWDUH�TXHVWL�JLRYDQL�Ou�LQ�DOWR��GDUH�ORUR�voce. Togliere da quelle poltrone questi me-VFKLQL�¿JOL�GL�FDVD�H�FKLHVD��YLWWLPH�GL�ORUR�stessi e del loro potere. Rilanciare il siste-ma Italia con questa nuova generazione che sta solo pagando il prezzo dell’abuso altrui. Che abbia il coraggio e l’esperienza di par-lare, condividere e rimettere in discussione. Che i partiti italiani diano voce a questa ge-nerazione e che tornino attraverso di essa a rilanciare un programma europeo vero, de-¿QLWR�H�SXQWXDOH��

6FRQ¿QDUH���6SHFLDOH�(XUREstate 2012 3

SALVIAMO L’EURO: IN 5 PUNTI di Dario Cavalieri &Edoardo Buonerba

Ecco i nostri 5 motivi, quindi. Sicu-ramente parziali ma fondamentali, per non fare dell’Europa un capro

espiatorio.

1Analisi economica cieca. Il debito sovrano ha rimesso in discussione più di 50 anni di storia europea e il fatto che tale debito sia calcolato nella stes-

sa valuta scatena nuovi rancori, incentiva gli stereotipi ma soprattutto da’ una gran-de occasione alla classe politica europea di esternare le sue colpe. E questo lo facevano i nostri governi anche in epoche non di crisi HXURSHD��PD�Vu�GL�UHFHVVLRQH�LWDOLDQD�PDL�DE-bastanza presa in considerazione). È l’Euro la colpa dei nostri mali. Con la Lira stava-mo meglio. I tedeschi ci tengono con il cap-pio alla gola. Ora, ci siamo messi un chio-do in testa per sentirci un po’ più teutoni, per capire meglio questa visione dei popoli mediterranei che dall’epoca delle antiche FLYLOWj�KDQQR�DSSUR¿WWDWR�GL�VROGL��RGDOLVFKH�e vino. All’epoca della creazione dell’euro tutti sapevano che la condizione imposta dalla Germania è che il cambio con il marco fosse di 1 a 1. Ovvero, moneta forte per so-stenere l’industria d’alta tecnologia tedesca, per sviluppare un forte mercato interno (che all’epoca si pensava potesse assorbire di tutto) ma a scapito, ahinoi, degli Stati tradi-zionalmente esportatori di prodotti primari o di prodotti industriali di media tecnologia. Ed eccoci qui al giorno d’oggi a piangere un mercato interno morto, chiedendo soldi, invocando il ritorno alle monete nazionali.

Un’orda di ciechi guidata da cani miopi.

2 No Euro, no party. I lirano-stalgici vogliono uscire dall’Eu-ro. Alle analisi economiche di svantaggio, potrebbero obiettare:

se hai la tua moneta e decidi sulla politica monetaria a casa tua svaluti, se sei in crisi come oggi, e riparti dalle esportazioni. Ci JXDGDJQL�VLFXUR�� LQVRPPD��FRVu�FL� LQVHJQD�l’economia classica). Oggi, però, il merca-to, anzi i mercati sono cambiati, dall’epoca in cui l’illuminato David Ricardo scriveva la Legge dei Vantaggi Comparati. Oggi la produzione è internazionalizzata e «spac-chettata».

Ritorneremo alle svalutazioni incontrolla-te, alle carriole di soldi, quei pochi euro che erano sui conti correnti verrebbero risuc-chiati di nuovo nel vertice della svalutazio-ne, correremo di nuovo all’oro, in Svizzera, ai dollari (o all’euro rimasto fuori dalle no-stre porte). Raddoppieremo i suicidi di gen-te che non ce la fa (Grillo, non ti stava tan-to a cuore questo aspetto?), combatteremo contro i mercati emergenti del Real e dello Yuan con la DeLira, il nostro debito non si sa più come lo conteremo e anzi, nell’incer-WH]]D��QRQ�OR�SDJKHUHPR��(�LQ¿QH��PD�FRPH�principio, uscire dall’euro sarebbe tornare alle dogane, ai tassi di cambio, al controllo delle persone alle frontiere? Questa non è la nostra generazione.

3 L’Euro è simbolo. Perché, vi-vaddio, l’Euro è dopotutto un sim-bolo. Simboleggia, a nostro modo di vedere, una costruzione. Rap-

5 Chi eravamo, chi vogliamo continuare ad essere. In questa Europa c’è molta Italia. Altiero Spinelli e Alcide de Gasperi, prima

di tutto. Ma anche agli altri Padri Fondatori: i francesi Jean Monnet e Robert Schuman, il tedesco Kondrad Adenauer, il belga Paul-Henri Spaak. Uomini d’altri tempi, direte. Già. Ma sono persone che proprio in un periodo di crisi, quando l’Europa era in gi-nocchio, hanno saputo dare una voce a un desiderio di condivisione di cui non ci dob-biamo stancare. Pragmatici, terribilmente pragmatici. Bene, Egregi signori. In questo Vu��YL�FKLHGLDPR�GL�HVVHUH�FRPH�ORUR��1RQ�FL�pare una qualità troppo d’altri tempi. Ecco: pragmatismo vuol dire anche non essere sordi di fronte al grido che da più parti vi proviene.

Concludendo..Dalla parte di chi crede che per vincere

la Crisi ci voglia un’Europa “politica” sono ora schierati economisti di mezzo mondo �Vu�� QRQ� VROWDQWR� TXHOOL� ³VEDQGDWL´� FKH� EHQ�prima di Maastricht ritenevano che una moneta, per funzionare, la dovessi accom-SDJQDUH�DOOD�SROLWLFD�¿VFDOH��H�DOO¶HPLVVLRQH�di bond europei), gran parte della stampa HXURSHD�±�O¶DUWLFROR�FKH�VHJXH�q�HI¿FDFLVVL-mo, a questo proposito – e sempre più fette dell’opinione pubblica. Ora, gentilissimi Si-gnori, il vento sembra davvero cambiato. A QRL�QRQ�UHVWD�FKH�QRWL¿FDUYHOR��

A voi, l’arduo compito di coglierlo. Per non rimanerne travolti.

CONTINUA DALLA PRIMA

ORA chE TUTTI fANNO OUTINg SUgLI STATI UNITI d’EUROPA di Stefano Suardi

Curioso il mondo. Da timido so-stenitore dell’idea di un’Europa Federale ho spesso sperimentato

in questi anni, sulla mia pelle, quel sottile imbarazzo che si può provare solo quando, parlando di tematiche europee, alla parola “federalismo” si viene allegramente asso-ciati al leghista medio. Un’ulteriore confer-ma la si poteva avere cercando il termine su Google: Lega Lega Lega Lega. Risultati inframezzati dai memorabili video del Se-natur. Ma di federalismo in senso europeo, di Stati Uniti d’Europa, poco o nulla.

Quasi all’improvviso oggi la stessa paro-la, questa volta in senso europeista, è usata, senza paura, da illustri professori e giorna-listi di tutto il mondo. Navigando per Inter-net alla ricerca di un po’ di materiale su cui tentare di costruire un articolo sensato, sco-pro che gli Stati Uniti d’Europa non sono più un obiettivo puramente Federalista anzi, tutt’altro: ultimamente tutti sembrano desi-derarli ardentemente.

Per citare alcuni tra gli exploit più cla-morosi ed importanti, l’11 giugno, Giorgio 6TXLQ]L��QHR�SUHVLGHQWH�GL�&RQ¿QGXVWULD�GL-chiara come “sia ormai un obbligo andare verso gli Stati Uniti d’Europa”, affermazio-ne subito sostenuta dai colleghi Laurence Parisot del Medef ( Mouvement des Entre-prises de France, ndR) e il direttore generale GHOOD�%GL��OD�&RQ¿QGXVWULD�WHGHVFD���0DUNXV�Kerber. Industriali uniti per un’Europa Fe-

derale quindi, ma in buona compagnia: in un convegno organizzato all’Università Gregoriana dal titolo «Costruiamo gli Stati Uniti d’Europa» le maggiori sigle sindacali, assieme a Coldiretti, Compagnia delle Ope-re, Confcooperative, Confartigianato e Mcl KDQQR� ¿UPDWR� XQ� GRFXPHQWR� ¿QDOH� SHU� OD�nascita degli Stati Uniti d’Europa allo sco-po di «costruire una comunità di popoli che crede nella possibilità di affermare un uma-nesimo universale». I partiti politici si spre-cano nel dichiarare il proprio attaccamento all’idea federalista, da Alfano, capogruppo GHO�3'/��FKH�GH¿QLVFH�JOL�6WDWL�8QLWL�G¶(X-URSD� ³O¶RELHWWLYR� ¿QDOH´� DO� YLFHVHJUHWDULR�del PD Enrico Letta che vede l’Europa fede-rale come “ il destino ovvio dell’Eurozona”.

Il blog del movimento 5 Stelle rigurgita di proposte federaliste anche se Grillo stes-so, il 19 Aprile, dichiara alla trasmissione Piazzapulita “Sono per valutare una seria proposta di rimanere in Europa e, con il mi-nor danno possibile, uscire dall’euro, non pagare il debito pubblico o pagarne solo una parte’’ ; certo non una dichiarazione in sen-so europeista.

Insomma tutti si scoprono federalisti convinti e convincenti, complice la stampa nazionale ed internazionale, che si è appas-sionata all’argomento. In queste ultime set-timane non v’è stato giornale, testata online o all-news televisiva che non abbia pub-blicato almeno un articolo sulla – tutto ad

un tratto vitale ed urgentissima - necessità di dare maggiore unità politica all’Unione Europea. L’escalation nella stampa inter-nazione è cominciata quasi in sordina, con un articolo quanto mai federalista dal titolo ³6ROR�XQ¶XQLRQH�¿VFDOH�SXz�ULODQFLDUH�O¶(X-ropa” comparso sul Corriere della Sera l’11 marzo 2012.

Ma il successo dell’idea federalista si ha avuto con il “Manifesto per gli Stati Uniti d’Europa”, una serie di articoli di importanti politici ed economisti presentato sul Sole-24Ore il 6 giugno in vista del Consiglio di Bruxelles del 28-29 giugno, culminato con un articolo di Martin Schulz, politico tede-sco e presidente del Parlamento Europeo da pochi mesi, che apre le porte ad una reale, sincera, unione politica dell’Europa.

Insomma, la domanda che ora sarebbe le-cito porre è, “perché allora non li facciamo questi Stati Uniti d’Europa?”. Le risposte vanno dall’economia ai fattori di politica interna, al semplice fatto che stiamo parlan-do di paesi con una storia nazionale seco-ODUH�� FKH� GLI¿FLOPHQWH� ULQXQFHUHEEHUR� DOOD�propria sovranità nazionale. Ma fra tutte le possibile motivazioni del perché ancora non si parla di Stati Uniti d’Europa ve ne voglio proporre una, presentata da Antonio Larizza alcune settimane fa sul Sole24Ore. Partendo da alcuni articoli denigratori del WSJ sul-la situazione economica dell’Italia, Larizza ipotizza una possibile realizzazione degli

Stati Uniti d’Europa con la creazione di un competitor agguerrito per gli USA. Secondo i dati Eurostat del 2011 i Paesi dell’Unione avrebbero un PIL maggiore degli USA, una crescita annuale simile (1.5% per i Paesi dell’Unione e 1.7% gli USA) e un debito pubblico inferiore sia in termini assoluti che in termini rispetto al PIL, tenendo conto che gli USA che si sono indebitati del 114% mentre per i paesi della ipotetica unione ci si è fermati a un indebitamento del 82%.

Sono solo supposizioni, certo, ma che ci possono parzialmente far capire a cosa e a quanto stiamo rinunciando non sostenendo l’idea federalista. Che non è più utopia, ma è sempre più una possibile realtà.

Page 4: Sconfinare #34

6FRQ¿QDUH���1D]LRQDOH 2012 Estate4

Daniele Mastrogiacomo è un gior-nalista di Repubblica. La sua car-riera nel quotidiano fondato da

Eugenio Scalfari è cominciata oltre trent’an-ni fa; da ventisei è inviato speciale, prima per la cronaca giudiziaria e poi in zone di guerra. Tra i diversi Paesi in cui si è recato ricordiamo Somalia, Congo, Palestina, Li-bano, Iraq, Afghanistan. Proprio nel Paese dei Taliban, cinque anni fa, Mastrogiaco-mo è stato rapito mentre si dirigeva verso Lashkargah, nella provincia meridionale di Helmand, per intervistare il mullah Dadul-lah. Sul suo sequestro, in cui hanno perso la vita il suo autista e il suo interprete, Daniele Mastrogiacomo ha scritto un libro (‘’I giorni della paura’’, 2009).

In una calda mattinata bolognese, davan-ti a un tea freddo e un taccuino, in compa-gnia della moglie, racconta a Scon!nare il suo punto di vista sul giornalismo e sul re-porter di guerra.

Scon!nare è un giornale universitario su cui scrivono diversi ragazzi che vorreb-bero fare del giornalismo. Pensa che ci sia ancora posto per i giovani che vogliono fare questo mestiere?

Vedi, il giornalismo è molto cambiato.

Prima era un mestiere particolare, strava-gante e più di!cile. Oggi ci sono più mezzi di comunicazione, come internet con i social network. Questi danno più possibilità, o"ro-no più strade.

Quindi secondo lei le nuove tecnologie della comunicazione fanno bene al giorna-lismo? Nonostante la ‘’gratuità’’ di molti di questi mezzi – penso a internet – che sta mettendo in di"coltà i giornalisti?

È vero, però quando ho iniziato io c’e-ra una sola strada da provare: il posto #sso in redazione, mentre oggi ci sono più stra-de. Puoi fare il collaboratore, puoi farti più contatti. Se conosci il capo della polizia, ad esempio, puoi avere più informazioni sugli scontri in città, come ieri qui a Bologna per l’arrivo di Monti alla festa de La Repubblica.

Cosa pensa del citizen journalism? È po-sitivo che ognuno possa scrivere o prevale il rischio di inquinare le fonti?

Il citizen va benissimo per reperire le in-formazioni, ma poi il giornalista le #ltra, le collega, le unisce a #lo per fare la collana del servizio; ha il compito di rendere leggibili al pubblico le informazioni. Questo il citizen non lo può fare. Se lo facesse sarebbero tutti giornalisti, invece no.

Cosa consiglia a chi vuole cominciare questo mestiere?

Devi avere tanta curiosità, costanza e an-che cultura, devi informarti molto e devi

osare, provare a fare. E poi il giornalista dev’essere multime-diale: saper fare un #l-mato, saperlo editare, deve usare vari canali. Inoltre è utile avere più contatti possibi-le, avere una grande agenda. E sii molto geloso dei tuoi contat-ti, non darli a nessuno.

Parliamo di lei e del suo lavoro. Quale Paese le è rimasto più a cuore?

Ce ne sono due: Rwanda e Somalia. Il primo per quello sterminio spaventoso di Tutsi, un milione di morti... La Somalia è un Paese bellissimo ma martoriato da una guerra lunghissima, violenta e legata anche a interessi internazionali. Ma ci sono molti Paesi che mi sono piaciuti... ecco, l’Afghani-stan non tanto (ride amaro).

A proposito del suo rapimento, cosa pensava in quei momenti?

Avevo molta paura. Quando ti rapiscono ti attacchi un po’ a tutto: speri nella tua buo-na fede perché sei venuto senza armi, speri che stiano contrattando per liberarti. Io ero convintissimo che mi volessero ammazzare, non ho mai avuto dubbi. Pensavano che fossi una spia. Io sono vivo per fattori casuali, c’è gente che ci sta anni, che viene ammazzata.

Ti può vendere per#no la security, che tu pa-ghi per proteggerti, ma se gli altri la pagano di più... Non ci sono regole, non c’è rispetto. In questo è cambiato tanto il giornalismo, oggi i rapimenti sono molto più frequenti.

Quanto pesa fare un mestiere così ri-schioso sulla famiglia?

Alla famiglia non pensi sempre, se no non lo faresti mai (mi giro verso sua moglie, che sorride).

Lei: è la passione per il lavoro, se no non lo faresti mai. Ed è una questione di #ducia: io so che lui farà di tutto per non farsi del male.

Lui: per questo devi organizzarti bene. I tuoi contatti sul posto sono fondamentali: da loro dipende la tua vita. Il coraggio è di-verso dall’imprudenza. Devi essere sempre cosciente di quello che fai.

Lei: ...e devi avere sempre paura. La paura è il tuo terzo occhio.

La paura ti tiene in vita.

Immaginate di essere nati e cresciuti, che so, a Roma, a Perugia, a Fermo op-pure ad Arezzo, ma comunque nella

zona geogra#camente de#nita «Centro Ita-lia». Bene. Ora supponete di dovervi trasfe-rire, forti dei vostri venti anni, nel profondo Nord-Est… a Gorizia, magari. Sì, diciamo a Gorizia.

Ora, tralasciando lo shock culturale da «come mai mi sento in Erasmus in Austria nonostante io sia tecnicamente ancora in Italia?», e mettendo da parte anche la sor-presa derivante dalla mancanza di cartacce per terra, dalla quantità ai tuoi occhi spro-positata di persone in bicicletta e contempo-raneamente di pensionati avanti con gli anni e dalla presenza più che marcata di forze dell’ordine sul territorio, c’è un altro fatto che probabilmente vi lascerà perplessi. Un qual-cosa di un po’ meno evidente e visibile, ma sul quale è interessante so"ermarsi: i vostri amici del posto (o dei dintorni) vi chiama-no, seppur a"ettuosamente, «terroni».

No, un attimo. Terroni? A casa tua, che per comodità ipotizzeremo essere a Roma, la Terronia (concetto per noi piuttosto neutro) inizia da Napoli. «Ma no, ma no, la Terronia è tutto ciò che si trova al di sotto del Po!», ti spiega con gentilezza un’amica di Vittorio Veneto. Ah ok, buono a sapersi. Sono terro-na, dunque. Ma poi, la sparata dello studen-te napoletano: «Vabbuò, ma voi romani mica sie-te terroni… voi siete su!».

Ecco, cari con-nazionali, così rischiate di creare quella che viene comunemente de#nita «cri-si da mancanza d’identità». Ed è proprio per scongiurare questa rischiosa eventualità che ci si è iniziati ad interrogare, tra studenti to-scani, umbri, marchigiani, laziali [del Lazio, non della Lazio, ovviamente! ndr], abruzze-si, (pochissimi) molisani e includendo con riserva anche emiliani/romagnoli (mai capi-ta la di"erenza), sulla questione: «Se al Sud sono terroni e al Nord polentoni... noi chi diavolo siamo?» E, #datevi, le risposte sono

state davvero articolate.Nel tentativo infatti di trovare un insulto

che ci calzasse a pennello (insulto inteso in senso positivo, di quegli insulti che per il solo fatto di essere espressione di una carat-teristica comune a più persone vicine diven-tano, per quelle stesse persone, motivo di vanto), in molti si sono arrovellati per tro-

vare una risposta. Non senza di!-coltà.

« C o m u n q u e terroni» è la ri-sposta andata più in voga tra i friulani (o meglio

dire «del Friuli Venezia Giulia», altra lezione imparata da queste parti) e i veneti. Spinti ad una ri$essione vagamente più approfondita, hanno tirato fuori perle come «tamarri», per poi sorbirsi la spiegazione del poco utilizzo di tale termine in zone appenniniche; «tutti romani», andatelo a dire ai toscani!; un allu-sivo «rossi» con tanto di strizzatina d’occhio, non valido però per tutte le regioni; per #ni-re, ad esempio, con il bizzarro «mezzadri».

Se interrogati i diretti interessati del Cen-

di Irene Manganini

di Lorenzo Alberini

professione REPORTER:Dall’Afghanistan ai social network, il giornalismo secondo DaniElE MasTROgiacOMO

la ‘‘crisi’’ del centro

tro, invece, si fanno notare le di"erenze in-terne: “noi si è sihuramente il Granduhato», toscani, ovviamente; «Etruschi!» risponde la ragazza umbra, la regione del Centro per ec-cellenza. Etruschi? Ma non se ne parla pro-prio. «Papalini?» ARGH. «Chiacchieroni!», forse un po’ generico; «campanilisti», non male in e"etti. E in#ne, la saggezza popo-lare della nonna umbro-romana «noi semo quello che ce fà più comodo: der Norde si volemo parè quelli ricchi, der Sudd si vo-lemo esse quelli simpatici!». Sicuramente pragmatica. Dichiarazione accompagnata dal commento, simile per contenuto ma va-gamente più pessimista, dell’altra studentes-sa perugina: «in realtà non siamo né carne né pesce: terroni al Nord, polentoni al Sud. Direi forse... polerroni!». Fantasioso, senza dubbio, ma troppo poco evocativo.

Insomma, tentativi apprezzabili ma man-canti d’e!cacia.

La questione sembrava destinata a rima-nere irrisolta #nché qualcuno, con accenna-to distacco, butta lì un «burini». Burini.

Ok, la parola deriva dal dialetto romane-sco, però permettetemi di a"ermare che è piuttosto valida per l’intera zona centrale. In fondo, a pensarci, un po’ Burini (pronun-ciato con B iniziale sempre più marcata man mano che si scende nello stivale) lo siamo: legati visceralmente alla nostra terra d’origi-ne, dai modi magari poco ra!nati ma au-tentici e orgogliosi di una cucina di sapori forti e caserecci.

Beh, caro lettore, perdona quest’ultima parte scivolata nella nostalgia. L’intento non era certo quello di far sembrare il caro Scon-#nare un dèpliant di agrivacanze. Però è in-negabile che da oggi la parola «burino» as-sumerà un’altra sfumatura, almeno per me.

“der Norde si volemo parè quelli ricchi, der Sudd si volemo esse quelli simpatici!”

Page 5: Sconfinare #34

6FRQ¿QDUH���8QLYHUVLWjEstate 2012 5/¶$/80186�5,6321'( a cura di Eleonora Cecco

Intervista a Joel MelchioriNome: Joel MelchioriProvenienza: TrentinoAttuale domicilio: Calcutta, India.Professione: funzionario diplomaticoCome ci sei arrivato: ho frequentato l’U-

niversità a Gorizia e successivamente un master in studi europei al Collège d’Europe di Natolin (Polonia)

In che cosa consiste il tuo lavoro: da circa un anno svolgo le funzioni di Conso-le Generale a Calcutta, in India. Si tratta di un lavoro dai contenuti molto variegati, che spazia dalla tutela consolare alla promo-zione delle attività imprenditoriali italiane nell’India orientale, all’organizzazione vera e propria di iniziative nel campo culturale. Quest’anno l’Italia è stata il Paese ospite alla Fiera del Libro di Calcutta, la più im-portante dell’India: abbiamo portato nume-rosi scrittori italiani come Alessandro Baric-co, Dacia Maraini, Beppe Severgnini, oltre a musicisti e registi.

Nell’ultimo periodo ti abbiamo visto sulle prime pagine dei principali quoti-diani e nei tg. Qual è stato il tuo ruolo nel-le trattative per la liberazione di Bosusco e Colangelo nell’Orissa? Si è avuta notizia del rapimento un sabato notte. La domenica mattina ho preso il primo aereo per la loca-lità dove era avvenuto il fatto e ho subito incontrato le autorità locali. La vicenda si è poi prolungata per un mese, durante il quale ogni giorno ho partecipato agli incontri con le autorità indiane preposte alla gestione del caso e, in coordinamento con l’Ambasciato-re a New Delhi, ho riferito di volta in volta gli sviluppi all’Unità di Crisi del Ministero.+DL�PDL�WHPXWR�FKH�LO�UDSLPHQWR�¿QLV-

se male? Fin dal primo momento abbiamo trattato la questione con la massima serietà, senza sottovalutare alcun segnale.

Questi compiti delicati sono i più im-SRUWDQWL�H�V¿GDQWL�QHO�PHVWLHUH�GHO�GLSOR-matico, le competenze acquisite al SID ti sono state utili? Le competenze si imparano sul campo: prima di fare il Console ho pas-VDWR�TXDWWUR�DQQL�DOO¶XI¿FLR�GHOOD�)DUQHVLQD�che segue gli italiani all’estero in “distress” ed è stata una palestra eccezionale. Per in-ciso, il mio capo era anche lei una laureata di Gorizia, una persona eccezionale. Al SID ho però appreso quelle conoscenze di base, senza le quali non avrei potuto superare il concorso diplomatico.

Invece in quali ambiti hai dovuto scon-tare delle lacune relativamente alla pre-parazione universitaria? Credo che, in UHOD]LRQH�VSHFL¿FDPHQWH�DO�FRQFRUVR�GLSOR-

matico, dovrebbe essere rafforzata la prepa-razione nella redazione di testi complessi. In questo settore scontiamo una carenza rispet-to ai giovani laureati francesi o inglesi, che sono abituati ad utilizzare schemi di scrittu-UD�PROWR�HI¿FDFL�LQ�DPELWR�ODYRUDWLYR��

Una giornata tipo: Quando fai il Conso-le, ogni giornata è a sé…ma – auspicabil-mente – si inizia verso le nove, nel mio caso controllo la corrispondenza in arrivo (quello che una volta si chiama “corriere diploma-tico”: oggi è rimasto il nome, ma viaggia su una piattaforma telematica), la assegno ai YDUL�XI¿FL�GHO�&RQVRODWR��SRL�JHQHUDOPHQWH�ho qualche incontro con imprenditori italia-ni o esponenti della ‘business community’ locale, uno staff meeting con i miei colla-boratori. Colazione a casa – ho la fortuna di abitare a pochi passi da Consolato – e al pomeriggio, quando non ci sono impegni diversi, scrivo i “messaggi” destinati al Mi-nistero. Alla sera spesso ci sono eventi so-ciali, che costituiscono occasioni preziose per sviluppare le proprie conoscenze e otte-nere informazioni.

Un aspetto positivo e uno negativo del tuo lavoro: Quello positivo è la possibilità di conoscere, dall’interno, Paesi e realtà an-che molto diversi dal nostro. L’altra faccia GHOOD�PHGDJOLD�q�FKH�FLz�FRPSRUWD�GLI¿FROWj�a cui ogni giorno andiamo incontro.

Il momento più emozionante della tua carriera:� 'LUHL� FKH� ¿QRUD� LO� VHTXHVWUR� LQ�Orissa rimane imbattuto!

Il consiglio a chi desidera intraprende-re la carriera diplomatica: Avere molta tenacia, non farsi spaventare dalle prove e cercare di capire, ad di là delle technicali-ties, lo spirito con cui le prove d’esame sono RUJDQL]]DWH�H�SLDQL¿FDUH�GL�FRQVHJXHQ]D�OD�propria separazione.

Un giorno felice: Il giorno del mio matri-monio, lo scorso settembre. E poi la condi-visione di ogni giorno qui con mia moglie.

Un sogno da realizzare: Viaggiando molto, i sogni si moltiplicano. E alcuni ri-guardano progetti al di là della vita profes-sionale…

Il prossimo viaggio: A Kathmandu, tra qualche settimana: il Consolato Generale che dirigo segue anche le questioni conso-lari in Nepal, dove non abbiamo una rappre-sentanza, che richiedono periodiche visite sul posto.

Un episodio goriziano che non dimen-ticherai: Moltissimi, ma in generale i primi anni trascorsi fra il Collegio “San Luigi” e l’Università con i miei amici Carlo e Paolo.

«L’Ateneo ha calendarizzato le elezioni del-la rappresentanza studentesca nel mese di novembre per tutti gli organi accademici: Senato, Consiglio di Amministrazione, CdA Erdisu, Dipartimenti!Studenti in Movimento cerca studenti vo-lenterosi e interessati alla Rappresentan-za da presentare per Gorizia alle prossime elezioni!Per informazioni contattaci a: [email protected]: Valerio Sorbello, Ludovico Pisma-taro, Selina Rosset, Federico Filipuzzi»

Annuncio di Studenti in Movimento:

SLDPR�XVFLWL�FRQ�LO�QXPHUR�HVWLYR�GL�6FRQ¿QDUH��PD�DEELDPR�VFHOWR�SHU�XQ�QXPHUR�D���SDJLQH�H�����FRSLH�LQ�PHQR�ULVSHWWR�DO�VROLWR��4XHVWR�

SHUFKq�L�IRQGL�D�QRVWUD�GLVSRVL]LRQH�VRQR�PLQRUL�GHJOL�VFRUVL�DQQL�H�QRQ�FL�SHUPHWWRQR�OD�JHVWLRQH�µWLSLFD¶�GHO�JLRUQDOH��&RVu�DEELDPR�GHFLVR�GL�DI�¿GDUFL�D�YRL��

ASULUHPR�XQD�FDPSDJQD�GL�GRQD]LRQL��D�FXL�FRUULVSRQGHUDQQR�GLYHUVL�SUHPL�H�ULFRQRVFHQ]H��,Q�TXHVWL�JLRUQL�WURYHUHWH�PDJJLRUL��VXO�QRVWUR�

VLWR�H�VX�)DFHERRN��1HO�IUDWWHPSR�SRWHWH�VFULYHUFL��FRPH�TXDOFXQR�KD�JLj�IDWWR��YLD�PDLO�D�UHGD]LRQH#VFRQ¿QDUH�QHW

Page 6: Sconfinare #34

6FRQ¿QDUH���0XVLFD�&LQHPD Estate 20126

Alcune tra le date migliori previste nella parte “in alto a destra” dell’Italia. Non resta che scegliere, programmare, risparmiare e godere al sol pensiero.

SPECIALE: Un’ EStAtE In mUSICA di Valentina Tonutti

Panem et CirCensesRecensione di The Hunger Games

02.07 Giovanni Allevi @Castello di Udine

03.07 The Kooks @Kino Siska-Lubiana

04.07 Tre Allegri Ragazzi Morti @Sherwood Padova

06.07 Mouse On Mars @Monfalcone

06.07 Afterhours @Sherwood Padova

07.07 Ligabue @Cividale

07.07 Nobraino @Monfalcone

07.07 Aucan @Sherwood Festival-Padova

07.07 Billy Idol @Piazzola sul Brenta (PD)

09.07 Subsonica @Spiaggia di Marina Julia-Monfalcone

10.07 Flaming Lips + Verdena @Sherwood Padova

10.07 Marracash @Udin&Jazz

13.07 Pulp @Fiera della musica-Azzano Decimo (PN)

13.07 Gogol Bordello @Borgo Grotta Gigante (TS)

13.07 Morrisey @Grado

14.07 Madness @Fiera della musica-Azzano Decimo (PN)

15.07 Buena Vista Social Club feat. O. Portuondo @Trieste

17.07 Alanis Morisette @Piazzola sul Brenta (PD)

19.07 Franco Battiato @Piazzola sul Brenta (PD)

20.07 Kasabian @No Border Music Festival-Tarvisio

20.07 Goran Bregovic @Castello di San Giusto-Trieste

21.07 Paolo Nutini @No Border Music festival-Tarvisio

21.07 Apparat + Soap&Skin @Sesto Al Reghena (PN)

22.07 Max Gazzè @Cervignano

25.07 Damien Rice @Grado

26.07 Paolo Conte @Palmanova

28.07 Simple Minds @Grado

28.07 Olafur Arnalds @Sexto ‘Nplugged-Sesto Al Reghena

31.07 Toto @Festival di Majano (UD)

03.08 Negrita @Area Concerti Festival-Majano

04.08 Mario Biondi @Spiaggia Kursal-Lignano

06.08 Fiorella Mannoia @Lignano

13.08 Foo Fighters @Villa Manin-Codroipo

13.08 Teatro Degli Orrori @Summerend-Claut (PN)

LUGLIO 2012 AGOStO 2012

FEStIVALLUGLIO SEXTO 'NPLUGGED (SESTO AL REGHENA-PN)

LUGLIO NO BORDER FESTIVAL (TARVISIO-UD)

LUGLIO EXIT FESTIVAL (NOVI SAD - SERBIA)

LUGLIO A PERFECT DAY (VILLAFRANCA-VR)

AGOSTO ROCK EN SEINE (PARIGI)

AGOSTO FM4 FREQUENCY FESTIVAL (AUSTRIA)

AGOSTO YPSIGROCK (CASTELBUONO-SICILIA)

AGOSTO A PERFECT DAY (VILLAFRANCA-VR)

AGOSTO SZIGET (BUDAPEST)

di Stefania Ellero

Gli Stati Uniti ai tempi degli Hun-ger Games si chiamano Panem, dalla celebre locuzione Panem

et Circenses, del poeta latino Giovenale. In questo momento appare quanto mai azzec-cata: in un periodo di grande crisi per tutto il pianeta, il fenomeno Hunger Games pare solo l’ennesimo fuoco di paglia, destinato a far parlare di sé per mesi o addirittura per anni allo scopo di essere la solita arma di distrazione di massa, senza essere quel ro-PDQ]R��R�¿OP��LPSHJQDWR�H�ULFHUFDWR�SHU�LO�quale tentano di farlo passare.

Guardando dietro la facciata di grande fe-nomeno mediatico, pubblicizzato per mesi e mesi prima della sua uscita, che ha invaso il web, conquistato migliaia di lettori (soprat-tutto adolescenti, il target è evidentemente quello) e riempito i cinema, quello che si scopre è che tutto questo gran baccano è, WDQWR�SHU�FDPELDUH��LQJLXVWL¿FDWR�

La storia ha sicuramente qualche punto interessante, ma ben lungi dall’essere nuovo

o innovativo. È ambientata in uno stato to-talitario, chiamato appunto Panem; lo stato è diviso in dodici distretti, ognuno destinato a una propria produzione, tranne l’area opu-lenta e privilegiata della capitale, chiamata con il fantasioso nome di Capitol City. Il go-verno organizza ogni anno gli Hunger Ga-mes, chiamati in questo modo perché ogni famiglia può comprarsi delle razioni di cibo in più inserendo più biglietti con il nome del SURSULR�¿JOLR�LQ�YLVWD�GHOO¶HVWUD]LRQH�DQQXD-le. In questo giorno vengono estratti i nomi di un ragazzo e una ragazza per ogni distret-to, i quali dovranno rappresentarlo in que-sto reality, da cui un solo concorrente po-trà uscire vivo. Nonostante l’autrice neghi qualsiasi condizionamento, l’idea sembra presa pari pari dal romanzo del 1999 Battle Royale, del giapponese Koushun Takami. In quella storia era una classe per ogni prefet-tura a essere estratta, e l’evento non era in diretta televisiva, ma per il resto le somi-glianze si sprecano.

In particolare, Hunger Games è limitato dal suo stesso stile narrativo, che ruota tut-to attorno alla protagonista, Katniss, con il risultato che gli altri partecipanti diventano

alla stregua di macchiette – ne vengono pre-sentati due o tre nel corso della storia, e tutti LQ�PDQLHUD�VXSHU¿FLDOH�±�H�OD�PDJJLRU�SDUWH�dell’azione si svolge fuori scena, eccezion IDWWD� SHU� OD� WDPDUULVVLPD� VFHQD� ¿QDOH� GHO�gioco.

Un punto di forza del romanzo di Taka-mi era appunto non solo la lotta, ma anche il raccontare diversi modi di affrontare un gioco al massacro. C’era chi impazziva, chi decideva di partecipare, chi tentava di difen-dersi per paura, chi decideva per il suicidio. Inoltre il fatto di combattersi tra compagni di classe conferiva una drammaticità e un’a-lienazione che, anche se non sono stati trat-tati al meglio neppure in quel caso, avevano qualcosa in più.

Hunger Games ha perso questa oppor-tunità, concentrandosi su un punto di vista limitato, e perdendo le sfumature psicologi-che che una storia del genere deve prendere in considerazione; in particolare ho avuto l’impressione di una divisione tra buoni e cattivi quasi disneyana, senza contare di giocatori che morivano senza che il lettore sapesse nemmeno i loro nomi, o la causa della loro morte.

L’immancabile storia d’amore à la Ro-meo e Giulietta non fa che aggiungere ben-]LQD�VXO�IXRFR��UHQGHQGR�GLI¿FLOH�FDSLUH�VH�l’intento dell’autrice fosse scrivere un libro d’azione e ribellione oppure scrivere l’enne-

sima storia d’amore adolescenziale con un bel contorno d’azione e ribellione.

Non manca pure il tentativo di effetto sor-presa che sorpresa non è. È indubbio dal pri-mo istante che sarà la sorellina della prota-gonista a venire scelta per i giochi, è chiaro come il sole che Peeta, il tributo dello stesso distretto della protagonista, sia innamorato di quest’ultima, e nemmeno per un secondo si può dubitare del fatto che sopravvivranno entrambi. La narrazione segue un buon rit-mo, questo sì, ma non crea ansia, non crea quel dubbio di arrivare all’ultima pagina o DOO¶XOWLPD�VFHQD�H�WURYDUYL�LO�¿QDOH�FKH�QRQ�ci si sarebbe mai aspettati.

Un ipotetico messaggio sociale non è per-venuto. Tra una lamentela e uno scatto di rabbia di Katniss, non ho avuto il tempo di trovarcene uno.

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accettare di essere vincolati a regole sterili che prescrivono, nei pranzi fra i vertici di Stato, chi deve sedere alla destra di chi e quale debba essere il funzionario cui viene aperto per primo lo sportello di un’impre-ziosita auto blu. O meglio: potremmo accet-tarlo se dietro tutto questo apparire ci fosse della sostanza. Non certo se quello stesso funzionario ferito nell’orgoglio facesse saltare una tavola rotonda. Con tanti saluti ai preparativi di settimane per quell’incon-tro in cui, come vuole il sensazionalismo giornalistico, “ne sarebbe andato delle sorti dell’Europa”. Queste – giusto un po’ roman-zate – sono alcune delle parole che, un po’ con ironia, un po’ con serietà, ha speso per noi del Movimento Federalista il consigliere politico d’ambasciata a Bruxelles.

Il nostro Vecchio Continente, con il so-gno della resurrezione dalle sue stesse ce-neri, per ora vive altrove, lontano da una classe politica ahinoi sbagliata e stanca. Sta nell’incrocio di amicizie che porta una studentessa italiana a trovare ospitalità a Lille da una coetanea semi-sconosciuta, sta

6FRQ¿QDUH���6WLOH�/LEHUREstate 2012 7

Disfattismo eDificantedi Giulia Zeni

Siamo tutti intimamente partiti con un’idea di Europa. Quale sia quella che abbiamo riportato poi a casa, è

cosa nostra, ma la mia non combacia con lo stereotipo, perché è anzitutto lo stereotipo a non collimare con la realtà.

Quale, quale Europa? Stona, quest’inter-rogativo scettico, posto da un’irriducibile idealista. Ma per una volta vorrei guardare ai fatti. Non per demolire, né per disilludere – solo per mettere in pausa quest’immen-so mare mosso e sbirciare sotto la cresta dell’onda. Per capire se c’è della sabbia sul IRQGDOH�R�VH�¿QRUD�DEELDPR�WXWWL�DOOXQJDWR�le gambe con l’acqua alla gola cercando qualcosa che non esiste.

Belgio, cuore dell’Europa, cuore dell’U-nione. I piccoli federalisti europei di Gori-zia partono per la capitale della diplomazia e delle istituzioni comunitarie per scoprire, YHUL¿FDUH�R�VPHQWLUH�FLz�FKH�GHOO¶(XURSD�JLj�sanno. Cosa sappiamo è che dai trattati di Roma del ’57, con qualche arresto e qual-che accelerata, l’Unione non ha fatto che rafforzarsi e crescere, allargare le proprie IURQWLHUH�¿QR�DOO¶D]]DUGR�GL�LQJOREDUH�LQ�Vp�il diverso, il lontano orizzonte turco. Chissà se accadrà. L’importante, nel mentre, è “che se ne parli”.

L’inceppo, l’inghippo, l’impasse – chia-miamolo come vogliamo, questo problema – allora qual è? È comparare teoria e pras-si senza restarne disorientati; è richiamare alla mente gli ideali di Spinelli e Schuman e non impallidire davanti alle prime pagine GHL�JLRUQDOL��/D�V¿GD�q�Vu�DFFHWWDUH�FKH�SL��JUDQGH�q�O¶DPEL]LRQH��SL��ORQWDQR�LO�WUDJXDU-do. Ma è anche, forse, a questo punto, il co-

raggio di ridimensionare un dialogo che sa di utopico rifugio e di fuga da quello stesso mondo che si vorrebbe costruire.

Il ventre capiente di quei palazzoni grigi con bandiere blu e stelle gialle, tutti vicini, in un quartiere di Bruxelles dilaniato da lavori in corso perenni, sembra chiedere una linfa QXRYD��6HPEUD�FKH�FLz�GL� FXL� VL� VLD� FLEDWR�¿QRUD�DEELD�SRUWDWR�D�ULVXOWDWL�QRQ�VSHUDWL��D�una Germania-locomotiva e una Grecia-fa-nalino di coda. Il sogno era alla pari, era tut-ti fratelli, era Stati Uniti d’Europa. Il sogno era cittadini dell’Unione prima che italiani, francesi e spagnoli, era il guadagno dell’uno è quello dell’altro, era stessi interessi, stesse paure, stessi mezzi per combatterle. Se oggi il veto – o a volte il capriccio – di un capo FKH�XQ�SR¶�VL�EHD�G¶HVVHUOR�SXz�DUUHVWDUH�XQ�processo di integrazione tanto agognato, la VDEELD�ODJJL��LQ�IRQGR�DO�PDUH�QRQ�F¶q��

Mi spieghi qualcuno quali sarebbero le politiche che permettono a un cittadino te-desco di trarre uguale vantaggio dal guada-gno di un portoghese e da quello di un con-terraneo, e per quali ragioni quel tedesco dovrebbe lavorare alla ripresa greca piut-tosto che pensare a rimpinguare il proprio grasso portafoglio. Questo� VLJQL¿FKHUHEEH�“l’Europa prima dei suoi Stati”. Questo YRUUHEEH�GLUH�XQ¶HFRQRPLD�XQL¿FDWD��LQ�FXL�Bund tedeschi e titoli nostrani non posso-no essere confrontati perché semplicemen-te il medesimo prodotto dell’unica Banca &HQWUDOH�(XURSHD��,Q¿QH��VDUHEEH�TXHVWD�OD�premessa per lo snellimento di quegli spessi manuali di cerimoniale di cui ancor’oggi si nutre la diplomazia europea. Non possiamo

nella condivisione non solo di piccoli spa-zi ma anche di idee. Sta nel realizzare che L�JLRYDQL�IUDQFHVL�GLPRVWUDQR�LQ�JHQHUH�SL��FRVFLHQ]D� GHOOH� GLI¿FROWj� RGLHUQH� ULVSHWWR�all’italiano medio, sta in tutti i piccoli para-goni che sorgono spontanei una volta che ci si è fatti l’occhio clinico e si sono attivati i ricettori dell’assorbimento. L’Europa Unita DELWD�LQ�FKL�FRQGLYLGH�SL��XQ�frame of mind che politiche comunitarie, sta in singole pe-dine con vissuti diversi ma che sanno – di fronte alla diversità – inglobarla anziché re-spingerla.

Se il trade-off fra bene individuale e col-lettivo fosse per quelle stesse pedine un’op-portunità invece che un ostacolo, assiste-remmo a un salto di qualità tanto osannato quanto ora distante.

“Compiti per tutti” alla Brezsny:6WHS����(VVHUH�XQ�SL]]LFR�SL��LGHDOLVWL�Step 2. Smettere di esserlo, almeno in

pochi, e costruire con le mani, dal nulla, il nuovo. Arrivare al reale attraverso l’ideale. $EEDQGRQDUH� ¿XPL� GL� SDUROH�� WDFHUH�� 6ROR�HGL¿FDUH�

i pastori, nuovi e soli custoDi Dei valori Del gregge di Elisabetta Blarasin

Scegliere al buio è molto rischioso, aumenta esponenzialmente le pos-sibilità d’errore. Ma se l’orizzonte

LQWRUQR�D�QRL�QRQ�ODVFLD�¿OWUDUH�XQ�UDJJLR�GL�luce come decidere in modo consapevole?/¶XRPR�VL�DI¿GD�GD�VHPSUH�DL�YDORUL�SHU�

compiere le proprie scelte, tuttavia l’espres-sione “crisi di valori” è diventata un cliché GHOOD� PRGHUQLWj�� 6HPEUD� VHPSUH� GL� SL�� GL�vivere circondati da automi senza personali-Wj�FKH�DJLVFRQR�VHQ]D�ULÀHWWHUH��

Il valore dato alle cose è frutto delle par-ticolari propensioni degli individui, delle loro scale di necessità. Invece in una società ÀXLGD��GLQDPLFD�H�VIXJJHQWH�FRPH�TXHOOD�LQ�cui viviamo, la costanza sembra impossibi-le. Ma aver perso la bussola ci legittima a dimenticare anche la meta?

Si usava parlare di “valori popolari”, oggi gli unici valori che si conoscono sono quelli del mercato. Se il marxismo ha introdotto il concetto di plus-valore come cardine della dottrina del capitalismo, con il consumismo HVWUHPR�GL�RJJL�VDUHEEH�SL��FRUUHWWR�SDUODUH�di anti-valore.

Infatti, borse, spread e valute corrono ogni giorno come sulle montagne russe: su H�SRL�JL��LQ�SLFFKLDWD��4XHVWL�VEDO]L�VRQR�LQ-ÀXHQ]DWL�DQFKH�GD�XQD�VROD�SDUROD�GHWWD�GD�uomini potenti. Talmente potenti da provo-

care scossoni nel mercato, da far cambiare la percezione del cosiddetto “valore”./¶HFRQRPLD� KD� TXLQGL� SHUVR� GH¿QLWLYD-

mente la possibilità di autoregolazione, di-SHQGH�VHPSUH�SL��GD�LQWHUHVVL�VSHFL¿FL�H�GD�personalità singole. Il consumatore medio, quello che dovrebbe determinare la richie-VWD��QRQ�LQWHUYLHQH�SL��QHO�SURFHVVR�HFRQR-mico ma segue come una pecora interessi ÀXWWXDQWL�FKH�QHPPHQR�SHUFHSLVFH�

Persa la sua identità di classe, di sogget-to economico e di individuo, l’uomo medio si allinea ai cosiddetti valori sociali di oggi FKH� OR� SRUWDQR� VHPSUH� SL�� ORQWDQR� GD� VH�VWHVVR��(JOL� DFFHWWD� VHQ]D� ULÀHWWHUH� FLz� FKH�gli si dice di fare e segue i mutamenti del suo contesto in maniera passiva.

A determinare l’evoluzione della società sono i potenti. Essi, con i loro interessi, sono diventati in grado di imporre una nuova gamma di comportamenti che sono diven-tati comuni. L’individualismo appare quindi come l’estremo dei valori a cui siamo giun-WL��4XHOOR�GL�RJJL�q�SHUz�XQ�LQGLYLGXDOLVPR�“anarchico borghese”, che cerca di imporsi nel contesto sociale a discapito degli altri e che mira alla visibilità sul teatro sociale.

Dimenticando chi è e che cosa vuole dav-vero, l’uomo medio si da all’imitazione dei PRGHOOL� FKH� JOL� YHQJRQR� RIIHUWL�� � &RVu� ID-FHQGR�QRQ�VL�DFFRUJH�SHUz�GL�PDQFDUH�D�VH�stesso e di rinunciare alla presa di coscienza nonché di posizione nei confronti del mon-

do e dei suoi meccanismi.Se si lascia che l’interesse di pochi, anzi

pochissimi uomini prenda il posto del metro di giudizio autonomo, la crisi dei valori della società diventerà lo sbocco naturale, o forse lo è già diventato. Quando le pecore sociali diventano l’immagine della popolazione di oggi, non c’è da stupirsi se le reazioni da-vanti alle continue privazioni che vengono LPSRVWH�ORUR�VRQR�¿DFFKH�H�LQFRQFOXGHQWL�

C’è bisogno di riprendere consapevolezza della proprie possibilità come individui e di FUHDUH�UHWL�VRFLDOL�EDVDWH�VX�TXDOFRVD�GL�SL��stabile e duraturo degli interessi economici che ci sovrastano.

Il viaggio al centro dell’Europa che sa di amaro e rivoluzione

Scon!nare non identi!ca alcuna posizione poli-tica, in quanto libera espressione dei singoli mem-bri che ne costiuiscono il Comitato di Redazione.Scon!nare è un periodico regolarmente registra-to presso il Tribunale di Gorizia in data 20 mag-gio 2006, n° di registrazione 4/06.Editore e Propietario: Assid “Associazione studenti di scienze internazionali e diplomatiche”.Direttore: Davide LessiImpaginazione e gra!ca: Giovanni Collot, Lorenzo Alberini, Nicolas Lozi-to, Francesco Marchesano, Valentina TonuttiDisegni: Silvia FancelloStampato da Tipogra!a Budin, via Gregorcic 23, Gorizia (GO) Redazione: Lorenzo Alberini, Alessia Anni-ballo, Elena Bellitto, Giulia Bertossi, Elisabetta Blarasin, Edoardo Buonerba, Davide Caregari, Valeria Carlot, Dario Cavalieri, Eleonora Cecco, Margherita Cogoi, Giovanni Collot, Domiziana Corbelli, Federica Cordioli, Giulia Daga, Emma-nuel Dalle Mulle, Edoardo Da Ros, Gabriella De Domenico, Stefania Ellero, Stefano Facchinetti, Federico Faleschini, Silvia Fancello, Andrea Fer-rara, Tanja Lanza, Margherita Gianessi, Raed Lazkani, Davide Lessi, Nicolas Lozito, Matteo Lucatello, Andrea Lucchetta, Irene Manganini, Luca Alvise Magonara Yamada, Alice Mantoani, Francesco Marchesano, Luca Marinaro, Elena Marsoni, Elena Mazza, Diego Pinna, Federico Petroni, Francesco Plazzotta, Emiliano Quer-cioli, Amalia Sacchi, Francesco Scatigna, Emma Schiavon, Stefano Suardi, Rodolfo Toè, Valentina Tonutti, Nadia Vigolo, Giulia Zeni.

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SCONFINARE razgovor s GORAN BREGOVIC

Številka 34- POLETJE 2012 Glavni Urednik: DaviDe Lessi

ZZZ�VFRQ¿QDUH�QHWUHGD]LRQH#VFRQ¿QDUH�QHW

Musika, Socialne zavezanost in JugonostalgijaRodolfo Toé

prevedel je: Niccolò Spadari

GRUDQ� %UHJRYLþ� � VH� MH� URGLO� Y�6DUDMHYR� RG� PHãDQH� SRURNH��VUEVND� PDWL� LQ� RþH� L]� +UYDãNH��

9��VHGHPGHVWLK�OHWLK�SUHMãQMHJD�VWROHWMD�MH�ELO�JODYQL�DYWRU�LQ�LJUDOHF�NLWDUH�RG�VNXSL-QH�³%LMHOR�'XJPH´�� �YHUMHWQR�QDMYDåQHMãD�VNXSLQD�RG�SORGQH�PXVLþQH�VFHQH��-XJRVOD-YLMH��9�GHYHGHVHW�OHWLK��MH�SXVWLO�6DUDMHYR�LQ�]DþHO�QRYR�åLYOMHQMH�RG�%HRJUDGD�GR�3DUL-]D��3UHNR�VRGHORYDQMD�]�1HPDQMR�(PLU�.R-VWXULFD� MH� ELO� VSRVREHQ� L]GHODW� ULYL]LWDFLMR�IRONORUD�VYRMH�GHåHOH��*RUDQ�VL� � MH� L]XPHO�QHYHUMHWQR�NDULHUR�NRW�VROLVW��LQ�GDQHV�V�YVR�YHUMHWQRVW�MH�QDMSRPHPEQHMãL�JOD]EHQLN��LQ�VHYHGD�WD�QDMEROM�ERJDW��RG�ELYãH�-XJRVOD-YLMH��Brego��NRW�YVL�JD�NOLþHMR�Y�6DUDMHYR�� VH�

MH�]LRHU�SUHVHOLO�Y�VYRMR�URMVWQR�PHVWR��NMHU�ER�LPHO�SR�GHVHWLK�OHWLK��VYRM�SUYL�NRQFHUW������PDUFD��NRW�VROLVW�� �=D� WR�SULORåQRVW� MH�]DþHO� SURPFLRQDOQL� ³EOLW]NULHJ´� NRW� VH� JD�QL� YLGHOR� RG� þDVD�7LWD�� =D� JD� LQWHUYLMXYDW�VPR�JD�PRUDOL� VSUHPODMWL� � QD� WDF�� N�¿VLR-WHUDSHYWX�� SUL� WHOHYL]LMVNL� SRVWDML�$MDW�� QD�RWYRULWHY� � QDNXSRYDOQHJD� VUHGLVþD� Y� 9L-VRNR�LQ�WXGL�SUL�L]OHWX�Y�WXQHOX�RG�ERVDQVNH�SLUDPLGH��SRVNXVLWL�]D�YHUMHWL���,Q�GRNRþQR�VPR�XVSHOL�]DþHWL�UD]JRYRU�]D�NRVLOR��SUHG�]UH]NRP� ]� JREDPL� LQ� VWHNOHQLFR� %ODWLQH��EROãH�NRW�YVDNGDQML�9UDQDF��LWDN�SODþD�RQ�LQ�]D�HQNUDW�QH�PRUDP�YR]LWL�DYWR�

Kateri je vaš odnos z vašim rojstnim mestom? Kako se je spremenila Sa-rajevo v vaših spomin od vojne do danes?6DUDMHYR� MH� ]HOR� PDMKQR�

PHVWR�� � NOMXE� WHPX� LPD� LVWR�GXãR� RG� YHOLNH� PHWURSROH��7R� MH� VYRMHYUVWHQ�SRORåDM�� NL�QLPD� HQDNLK�� � MH� ]HOR� WHåNR�UD]ORåLWL� ]� EHVHGDPL�� WUHED�JD� MH�åLYHWL��6DUDMHYR� � MH�NRW�PDMKQR� QDVHOMH�� ]� HQDNLPL� DPELFLMDPL� LQ�åLYDKQRVWMR� RG� QDMYHþMLK� HYURSVNLK� PHVW��7R�ãH�SRVHEHM�YHOMD�]D�NXOWXUR��6DUDMHYR�MH�åH�QHNRþ��LPHO�YDåQR�YORJR�Y�NXOWXUQL�VFH-QL��MH�ELOD�]PHUDM�]HOR�åLYD��.XOWXUQD�VFHQD��NL�ãH�QLNROL�QL�L]JLQLOD��QLWL�PHG�YRMQR��7R�MH�UHãLOR�PHVWR�Y�GHYHWGHVHWLK��0HG�YRMQR��QLVR�FLOMDOL�VDPR�QD��KLãH�LQ�OMXGL��JODYQL�QD-PHQ�YVHK�VSRSDGRY�MH�ELO�XQLþHQMH��OMXGMHK��

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Dvajset let po njegovi smrti, katere so vaše premisli o koncu Jugoslavije?-XJRVODYLMD�MH�ELOD�QHåQD��XVWDQRYLWHY��

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