Rivista UMBRIA in OMBRA

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PAG. 4 PRESENTAZIONE

PAG. 5 MICHELE BETTI Umbria in ombra

PAG. 6 FABRIZIO ARDITO Umbria sotterranea

PAG. 12 ANDREA GOBBI Tecniche di conservazione e restauro dei reperti subacquei

PAG. 20 ROBERTO NINI L’Italia sotterranea, un’offerta turistica in espansione

PAG. 27 ROBERTO NINI I locali ipogei sotto il transetto della chiesa di S. Maria Maggiore in Narni

PAG. 32 GSTA Il cunicolo di Casventum

PAG. 38 GSTA Cunicolo artificiale di accesso alla grotta Eolia

PAG. 41 GSTA Cunicolo artificiale dell’ Acquaviva

Pag. 44 PAOLO BOCCACCINI Progetto Terni sotterranea

SOMMARIO

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Al momento della conclusione del Convegno “Umbria in Ombra” eravamo certi che la parte più difficile doveva ancora venire: la stampa degli Atti. Avevamo ancora presenti le difficoltà incontrate nel 1982, quando alla fine del Convegno Nazionale di Speleologia Urbana (così chiamavamo allora l’attività in Cavità Artificiali) non riuscimmo per assoluta mancanza di mezzi economici (prima promessi e poi negati) a pubblicare gli interventi dei congressisti. La situazione economica è cambiata ma resta pur sempre difficile ed oneroso provvedere alla rendicontazione dei lavori tramite i consueti mezzi tipografici. Abbiamo dunque pensato di raggiungere lo stesso l’obiettivo prefissato attraverso la realizzazione di una rivista on – line in cui riversare di volta in volta i contributi dei partecipanti al Convegno e aggiornare sulle ultime attività esplorative che si svolgono in Umbria nel settore delle C.A. Todisotterranea

UMBRIA SOTTERRANEA

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UMBRIA IN OMBRA

Tutela, recupero e valorizzazione del patrimonio storico-archeologico e artistico del sottosuolo sono obiettivi che la Commissione Nazionale Cavità Artificiali della Società Speleologica Italiana (CNCA-SSI) si è da sempre prefissata. Costituita nel 1981 a Narni, è divenuta organo permanente della Società Speleologica Italiana ed è composta da speleologi che svolgono attività scientifiche nel settore e le finalità spaziano dalla catalogazione tipologica delle opere ipogee artificiali alla catastazione e conservazione dei dati acquisiti da speleologi nelle varie regioni italiane, dalle campagne di studio e ricerche condotte all’estero alla presentazione dei risultati degli studi in occasione di Congressi internazionali e Convegni nazionali.

Il Convegno “Umbria in Ombra”, organizzato a Todi nell’ambito delle iniziative del 40° anniversario della scoperta della città sotterranea e dell’inizio delle esplorazioni, mira proprio alla conoscenza e alle esperienze in atto per la tutela, il recupero e la valorizzazione del patrimonio storico-archeologico e artistico del sottosuolo delle maggiori città e dei borghi minori dell’Umbria. Promosso dall’associazione “Todi Sotterranea”, che si propone di promuovere il patrimonio sotterraneo della città, l’evento è stato da subito patrocinato dalla Commissione Nazionale Cavità Artificiali della Società Speleologica Italiana vista l’importanza dei temi trattati. Infatti durante queste giornate di studio verranno presentati i maggiori progetti di valorizzazione in corso su siti ipogei, lo stato dei lavori sulla ricerca nel sottosuolo sei centri storici umbri, realtà e problematiche relative ai progetti già oggetto di sviluppo turistico e, più in generale, le prospettive di studio e ricerca nell’ambito della speleologia umbra in cavità artificiali. Sarà sicuramente un’occasione di confronto per far conoscere al pubblico, non solo di addetti ai lavori, il prezioso patrimonio sotterraneo dell’Umbria.È per me un onore essere presente e partecipare attivamente a queste giornate di studio che, visto il programma ed i relatori, accresceranno sicuramente le mie conoscenze.

MICHELE BETTI

COORDINATORE NAZIONALE CCA-SSI

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UMBRIA SOTTERRANEA

Dalla speleologia dedicata alle grotte di calcare all’esplorazione sistematica delle cavità artificiali il passo sembra breve, ma in realtà non è così. Certo, molti degli strumenti che permettono di scendere nel sottosuolo sono gli stessi – corde e discensori, caschi e tute, luci e stivali – così come è insuperabile la molla potente dell’esplorazione. Ma la speleologia in cavità artificiali è, a differenza della sua nobile progenitrice di montagna, una disciplina in costante aggiornamento ed evoluzione. Infatti ai primi timidi tentativi di studio degli esordi, oggi si è sostituita in quasi ogni campo una specializzazione sempre più approfondita, strumento assolutamente indispensabile per poter giungere a conclusioni che giustifichino ipotesi, teorie e idee. L’esplorazione delle cavità artificiali nel nostro paese si è diffusa a livello capillare tra i borghi, le campagne e le città, e quasi ovunque sono stati esplorati cunicoli, acquedotti e ambienti sotterranei che risalgono a epoche molto diverse del nostro passato. Ma la nascita dell’avventura negli ipogei del nostro paese è stata una faccenda di poche e definite realtà che hanno fatto da apripista. Tra queste un ruolo di tutto rispetto spetta a Napoli, qualche menzione a Roma (che per altro è sempre stretta tra soffocanti competenze, autorità e autorizzazioni), a Cagliari, a Trieste, ma il ruolo di punta è stato certamente quello svolto da un piccolo gruppo di città dell’Umbria. A Todi, Narni e Orvieto (così come sotto alle campagne che circondano il lago Trasimeno e ad Amelia), più di 20 anni fa gli speleologi dei gruppi locali hanno poco a poco dirottato le loro capacità e la loro passione dalle montagne verso i sotterranei cittadini. Esplorando luoghi di cui si era persa la memoria, cercando conferme negli archivi o nei ricordi degli anziani e creando poco alla volta una piccola mitologia fatta di inconvenienti, sorprese e esilaranti aneddoti. Accumulati dagli esploratori urbani dopo le innumerevoli aperture di tombini e caditoie avvenute davanti agli occhi scettici dei loro concittadini, al termine di lunghe ore passate strisciando e scavando in cunicoli umidi in posizioni assurde, dopo i giorni e i mesi trascorsi a cercare antichi rilievi e nuove planimetrie.

Quella dei sotterranei italiani e degli ipogei umbri è stata una storia corale, fatta dello scavo manuale di enormi quantità di detriti, di lunghe giornate e nottate spese tra gli scaffali degli archivi. Fatta di una dura lotta sia contro antiche pietre crollate in una acquedotto che contro le ottusità di una burocrazia che spesso, in Italia, raggiunge complicazioni e assurdità quasi kafkiane. Però poco a poco i risultati si sono visti con articoli, libri e riviste che hanno avuto il risultato di rendere pubbliche e soprattutto utilizzabili le scoperte. E che sono stati seguiti da un crescente numero di visitatori e turisti italiani e stranieri che, nonostante l’interesse,

FABRIZIO ARDITOGiornalista e fotografo

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non avrebbero mai potuto superare da soli la barriera del suolo e delle autorizzazioni in carta bollata necessarie a scendere ad ammirare gli ipogei umbri. Oggi, a più di vent’anni dalla nascita ufficiale della speleologia umbra in cavità artificiali, è saggio fermarsi un attimo a ragionare, a pensare e immaginare quale potrà essere il futuro di questa entusiasmante ricerca.

Ovviamente, le esplorazioni proseguiranno, e certamente saranno più diffuse e capillari, per cercare di ricostruire sempre più e sempre meglio il quadro generale, la topografia e la storia della nascita e delle trasformazioni delle città. Sicuramente, sulla scia dei successi e dei risultati dei “primogeniti”, anche in altre cittadine e borghi umbri la curiosità per i sotterranei porterà a risultati, scoperte e successi. Ma, più che queste logiche e fruttuose evoluzioni, forse andranno ripensati anche gli obiettivi generali di tutto questo enorme lavoro. Detto in parole povere, si tratterà di far divenire i sotterranei umbri una realtà non solo di grande interesse (lo è già) ma anche di grande richiamo e interesse per gli enti locali, per i media e soprattutto per il pubblico. Che in un futuro neanche tanto lontano potrà immediatamente collegare l’Umbria con la suggestione degli ipogei nascosti, e i nomi delle città della regione con il fascino di una discesa sottoterra volta ad incontrare il nostro passato. Ma attenzione: non bisogna assolutamente pensare che il futuro di cui si parla sia quello di una “speculazione commerciale” centrata sui sotterranei urbani. Maggiore interesse diffuso potrà significare infatti una più alta considerazione da parte del mondo scientifico verso la speleologia urbana. Un rapporto più facile e proficuo con gli enti locali. Una più grande possibilità di mettere in rete le competenze e le conoscenze che sono state il frutto di più di un ventennio di lavoro e, perché non usare questa parola, di specializzazione. L’aspetto strettamente turistico – sempre se discusso, progettato e gestito con rigore e serietà – sarà solo l’anello finale di questa catena. Un anello che però non è da sottovalutare per le sue ricadute economiche e per le possibilità di occupazione che offrirà a guide e personale specializzato in storia, architettura o ingegneria del passato. Si potrà forse pensare che si tratti di idee troppo ambiziose, di obiettivi esageratamente lontani per un gruppo di realtà locali che hanno fatto della scoperta e conservazione dei sotterranei la loro primaria ragione d’essere. Ma l’ottimismo, in questo campo, non è fuori luogo. In fondo, poco più di vent’anni fa si passeggiava per le vie e per le piazze di Narni, Todi e Orvieto senza neanche sospettare di avere, a pochi metri di distanza dalle suole delle nostre scarpe, un intero mondo da esplorare, capire e conoscere. Il mondo sempre più vasto e conosciuto dell’Umbria sotterranea.

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CHI È FABRIZIO ARDITO

Fabrizio Ardito, giornalista e fotografo romano nato nel 1957, in tenera età è stato rapito dal demone della passione per la speleologia e dal fascino per tutti i luoghi sotterranei. Amante delle passeggiate, negli ultimi anni si è trovato a camminare su lunghi percorsi di fede e storia, come il Cammino di Santiago, il Sentier Cathare, la Via Francigena e il Vallo di Adriano. E’ autore di alcuni volumi dedicati all’escursionismo, della Guida alle grotte e canyon d’Italia (Mursia), del volume di racconti Di pietra e d’acqua (Vivalda) di due volumi di Week end del Gambero Rosso, di una dozzina di guide della serie Guide Visuali Mondadori – Dorling & Kindersley (pubblicate in varie edizioni nazionali ed estere) e de La ricerca di Eva, viaggio alle origini dell’uomo moderno (per Giunti, insieme con Daniela Minerva). Per Giunti ha realizzato il volume illustrato “Italia sotterranea” dedicato agli ipogei delle città d’arte del Belpaese. Ha collaborato con le Guide APA per la realizzazione del volume Sardinia. Ha realizzato per la Cooperativa la Montagna di Roma due guide dedicate al Parco del Treja ed al Parco di Monte Mario. Per l’Enit ha curato la guida Sentieri, per la Vivalda la guida Quattro passi da Roma ed è stato il curatore della rassegna romana, napoletana e milanese di cinema di montagna e avventura Montagne in Città, giunta alla sua undicesima edizione. Per il Touring Club Italiano ha realizzato i volumi Peregrinos, Fortezze dell’eresia e Lungo la Francigena (collana Reportage 2000). Dopo Cipro, Camino de Santiago, Via Francigena, Livorno e Provincia ha realizzato molti altri titoli italiani e non della collana Guide Verdi. Ha pubblicato sempre con il Touring i volumi illustrati Cammino di Santiago e Via Fancigena e con l’associazione Civita due volumi dedicati alla via Emilia e alle consolari romane. Ha svolto numerose docenze in corsi di formazione, tra cui il Corso di Giornalismo Ambientale “Laura Conti” organizzato da La Nuova Ecologia. Ha lavorato e lavora per diverse testate italiane dedicate all’ambiente, alla geografia, ai viaggi - tra cui Nuova Ecologia, GEO, Espresso, Gambero Rosso, Qui Touring, Plein Air, Giorgio Mondadori, Meridiani, Viaggi del Gusto, Weekend-Viaggi, Alp, Rivista della Montagna e Unità - e in varie occasioni ha collaborato con la RAI e varie produzioni per realizzare filmati e documentari naturalistici e sportivi. Insieme a Daniele Valentini è stato autore di quattro recenti Speciali del TG1 dedicati ai sotterranei di Roma, Napoli, del Sulcis e dell’Umbria.¬¬

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Orvieto - Grotta dei tronchi fossili

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Todi - Cisterne

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Perugia - Sotterranei del Duomo

Narni - Cappella nei sotterranei di San Domenico

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TECNICHE DI CONSERVAZIONE E RESTAURO DI REPERTI SUBACQUEI

L’acqua potabile è un bene prezioso che è stato, da sempre, un tema importante per il suo uso indispensabile alla vita, all’approvvigionamento e alla conservazione dell’esistenza stessa sul “Pianeta Azzurro”.Ci sono statuti che riportano il modo per costruire pozzi e cisterne (tema del nostro intervento), e delle figure preposte alla tutela delle fonti di fruizione nonché alla manutenzione delle suddette strutture.Fortunatamente Perugia è una realtà felice per il vasto numero di metodi costruttivi atti alla realizzazione di questi contenitori e, anche se molti ormai caduti in disuso e riempiti di detriti, lasciano una testimonianza importante. Anche per tale ragione la nostra associazione conta di mapparli e, possibilmente, poterli studiare, con l’augurio di riportarli in funzione o comunque, renderli visibili ai più (Foto, 1).Avvicinarsi ai pozzi e alle cisterne vuol dire aprire un mondo molto vasto, anche solo se ci soffermiamo al metodo costruttivo e ai reperti che contengono.Io andrò a parlarvi, a volo d’uccello, dell’esperienza fatta nell’ambito del recupero e della conservazione di manufatti provenienti da queste “cavità” e non solo.Le foto che ho allegato mostrano la casistica di ciò che si può incontrare sulle pareti e sul fondo dei luoghi esplorati, mi dispiace che, per motivi di spazio e costi, nell’articolo per l’atto del convegno, mi limiterò nella descrizione delle procedure di conservazione e delle immagini riportate.Ceramica, metallo, sostanze organiche, vetri ecc; ogni reperto mostra segni di degrado differenziato che può essere iniziato già al momento della sua realizzazione , per poi essersi trasformato e addizionato ad altri per l’uso e la giacenza in posti umidi o in alternanza di momenti di giacitura umidi e aerei, da inquinamento delle acque e altri fattori ancora.Immergersi e recuperare manufatti, non significa solo portarne in superficie la maggior quantità possibile ma, in maniera scientifica, saper localizzare con coordinate spaziali l’oggetto, fotografarlo e descrivere l’ambiente da cui proviene.La mia professione di restauratore-conservatore, mi impone di ricordare ai miei amici subacquei e, oggi a voi, quanto siano importanti per me questi dati.Gradualmente ci stiamo affinando nelle tecniche e speriamo di poter coinvolgere anche altre associazioni per scambiarci le esperienze fatte e mettere a regime una metodologia comune.Un “banale” frammento di ceramica, che presenta macchie scure può rivelarsi un marker significativo di un trattamento che si è alterato o di un ambiente inquinato, causato da sostanze presenti nell’acqua o captate per perdite di tubature (Foto, 2).

ANDREA GOBBIASSOCIAZIONE SUBACQUEA HYDRASUB PERUGIAVia Tornetta (Pg) Italy [email protected]

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Le incrostazioni, la loro origine, lo spessore e il colore portano altre informazioni, soprattutto se lette nell’area in cui è stato recuperato il reperto, quindi è vitale documentare fotograficamente il tessuto murario e scrivere in opportune lavagnette ciò che si è visto.Non siamo archeologi subacquei, biologi o chimici ma persone mosse da passione per le immersioni e per la valorizzare delle piccole testimonianze di quello che è stato fatto da chi ci ha preceduto.Le nostre esperienze, fatte con corsi nazionali, scavi d’archeologia subacquea, documentandoci e scambiando informazioni con professionisti del settore, volgono a costruire una scheda scientifica o comunque tecnica, versatile ed accessibile a tutti. Allo stesso tempo, inoltre, serve anche a persone come me che andranno a fare il restauro dei reperti.Le sostanze organiche meritano un discorso a parte perché sono molto più difficoltose da conservare. Sono poche le strutture preposte alla conservazione di questi reperti e richiedono finanziamenti sostanziosi che le nostre casse non hanno e neanche quelle delle pubbliche amministrazioni. Perciò si conservano usando resine a varie diluizioni che hanno dato buon esito.Sono stati ritrovati da ossa di volatili (Foto, 3) a fusi in legno, dadi in osso della stessa forgia di quelli usati durante l’Impero Romano (FOTO, 4-5) al cuoio di fibbie (Foto, 6).Il “reperto guida”, però, è quello più diffuso: la ceramica. Essa era plasmata in innumerevoli impasti e decorazioni, anche di foggia e periodi molto distanti tra di loro.Era cosa comune buttare la ceramica, rotta ma pulita, nei pozzi in quanto garantiva un certo filtraggio dell’acqua stessa. Questo ci permette di poter andare a scavare a ritroso nel tempo pian piano che ci immergiamo in questi antri dallo spiccato valore storico-artistico.Un discorso particolare meritano le monete e il metallo in genere, in quanto nel loro cadere verso il basso, una volta entrati nell’acqua, iniziano a fluttuare e quindi si incastrano tra le fughe dei mattoni e/o pietre.Al momento del rinvenimento sarà importante quotarle sia secondo lo zero del livello del parapetto della vera (o puteale) sia del livello dell’acqua. È necessario, inoltre, documentare la faccia di giacitura e su quale materiale si è trovato il metallo senza dimenticarci di descrivere il contatto con eventuali metalli o pompe elettriche adiacenti.Sono, apparentemente, tutte cose che non possano servire a nulla se non a complicare la già non facile discesa in un pozzo, ma che poi, saranno d’aiuto alla conservazione del pezzo, al suo studio e a quella del contenitore.Molti oggetti, dopo il trattamento presentano ancora tracce di ossidazioni o patine, questo perché non è importante rimuovere ogni traccia di deposito o alterazione, se questo vuol dire danneggiare il materiale originale, rischiando di scalfirlo (Foto, 7).L’importante è poter stabilizzare i sali di deposito e quelli secondari, in modo che non si riattivino con l’umidità.Ho portato, tra i vari oggetti restaurati, l’esempio di un coltello di ferro (Foto, 8) che tendeva ad “esplodere” a seguito del processo ossidativo; con l’applicazione di resina, è stata allontanata la reale possibilità di perdere ulteriore materia. Oppure un oggetto di decoro femminile (Foto, 9), danneggiato sensibilmente, dal quale ho rimosso quanto più ossidazione possibile neutralizzandone la componente più tenace, che non si poteva rimuovere ne con impacchi ne con micromotore. Attraverso questo processo si è potuto così mantenere il metallo originale. Ovviamente il manufatto è stato opportunamente protetto: come tutti i reperti provenienti da pozzi e cisterne, i singoli reperti sono stati trattati come materiale

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archeologico, sia si trattasse di monete di epoca romana, di ceramica, di moneta da cento lire o perfino di proiettili della seconda Guerra Mondiale.Le parti frammentate di cui avevo i vari pezzi, sono stati ricomposti, come questo ditale in bronzo o altri in ferro (Foto, 10-11) ma non è stata ricostruita nessuna parte, sperando in un intervento mirato che doveva seguire ma che le casse delle pubbliche amministrazioni non hanno avuto modo di finanziare.Ho portato anche alcuni esempi di manufatti in vetro, piccoli frammenti che valgono però come un grande risultato, considerando le proprietà intrinseche di fragilità e difficoltà di essere visto in acqua, con visibilità quasi nulla. Frammenti degradati, per la perdita di materia silicea, (la matrice costitutiva del vetro) con abrasioni e incrostazioni calcaree ma che, come nel caso di questa ampollina, prodotta dai maestri della laguna veneta, sono stati puliti, inventandomi strumenti costruiti per l’occorrenza. Successivamente l’opera di consolidamento con silicato d’etile, atta a ridare al vetro la silice perduta, ha donato nuovamente le sfumature lucenti del materiale saturo (foto, 12-13-14).E’ superfluo ricordare che tutti questi materiali andrebbero conservati in ambienti termo-igrometrici controllati e invece risiedono in posti umidi e freddi. Un controllo ciclico (almeno ogni tre anni) è altresì necessario, coadiuvato, inoltre, da un’opera di leggera pulitura e applicazione di protettivo.Anche la ceramica è stata inventariata e copre un arco di tempo di vari secoli e di usi diversi.È interessante vedere i vari impasti dell’argilla, per i diversi usi, e le provenienze ma anche i vari degradi. Un esempio evidente è quello inerente all’ossidazione, dei prodotti dati durante la fabbricazione, durante la giacenza in ambienti ipogei.Sono state recuperate e quindi restaurate, molte monete di diversa provenienza e periodo storico, ognuna corredata da scheda tecnica preparata dall’Archeologo Samuele Ranucci (Foto, 15-16-17-18).Per finire un breve accenno a quanto sia importante anche lo studio delle parti di pozzi e cisterne, oltre a quello che troviamo sotto il livello del piano di calpestio. Anche la vera, infatti, assume un significato rilevante: era lo sfoggio di una famiglia, rione, quartiere o Comune. Ci fa capire l’importanza topografica (piazza o luogo ove era stato eseguito), così come l’uso del materiale, del modellato delle singole formelle e delle parti di ornato. Emergono parti interessanti come la lavorazione del ferro delle grate o della struttura per l’ancoraggio della carrucola e tanti altri particolari come il colore di stemmi o scritte.Ho portato l’esempio della vera della cisterna in piazza Coragino a Corciano (Pg) (Foto, 19-20). È proprio questo puteale che ha stimolato la rivalorizzazione della piazza stessa, a vedere come era lo stato conservativo interno della cisterna e magari al riproporre l’utilizzo dell’acqua che viene captata dai tetti, allo studio (spero presto) dei due purgatori laterali, che servivano alla depurazione delle acque meteoriche. Un’altra iniziativa è stata quella di restaurare la carrucola di un pozzo all’interno del complesso di San Pietro a Perugia (Foto, 21-22-23).Una carrucola realizzata con ferro battuto, per quanto concerne la struttura, e con il legno, la ruota interna.Con la pulitura del ferro sono emerse tutte le lavorazioni della foggiatura e dell’unione a caldo delle parti metalliche.L’azione meccanica del ferro e il lungo agire degli agenti xilofagi, hanno ridotto a una spugna il legno che è un intrecciarsi di cunicoli e gallerie dei tarli.Un lungo lavoro di pulitura e consolidamento, eseguiti sottovuoto, hanno permesso di

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salvare questo antico e utile strumento che si sarebbe perso come tantissime altre cose, per incuria e disinteresse.Ora, anch’esso andrebbe conservato, chissà se qualcuno se ne prenderà cura?Mi sta particolarmente a cuore presentare, a questo tavolo di esperienze, una metodologia per uniformare una metodologia di prelievo dei reperti e della loro conservazione. Iniziare tra noi che operiamo in questi ambienti ipogei, naturali e artificiali, sia aerei che umidi (Foto, 24) per poi confrontarci con altre realtà.Innanzi tutto il metodo del prelievo: risulta necessario quotare l’oggetto nelle tre dimensioni in modo da poterlo riporre, potenzialmente, nello stesso posto a distanza di anni (Foto, 25).Partendo dal nord magnetico e rilevando il manufatto, come negli scavi archeologici, andrà presa, oltre all’oggetto, quanta più documentazione possibile.Documentazione fotografica, misure spaziali, descrizione della giacitura e dell’ambiente su cui è deposto (ad esempio se su mattoni, travertino, silice ecc), se in vicinanza esistono materiali metallici e pompe elettriche, faccia di giacitura ecc in modo che poi, al momento del restauro, ogni singola traccia di ossidazione e concrezione o colore della patina potrà essere collegata anche a quello che il reperto ha condiviso per lungo tempo.E’ un’aggiunta di difficoltà a quelle già presenti calandosi nei pozzi e cisterne: ambienti freddi, dalla visibilità molto ridotta e al dover operare spesso senza l’ausilio delle pinne.È molto più importante, però, il recupero di un singolo pezzo con tutti questi dati piuttosto che numerosi reperti ma raccolti senza un modus operandi scientifico.Vi ringrazio quindi con l’invito a fare rete tra noi e scambiarci le informazioni per ottimizzare un metodo unico e aggiornarlo applicandovi eventuali migliorie da fare in corso d’uso.

fig.1

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fig.6

fig.9

fig.2 fig.3

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fig.10

fig.15 fig.16

fig.17 fig.18

fig.13 fig.14

fig.11 fig.12

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fig.19

fig.21 fig.23fig.22

fig.24

fig.20

fig.25

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RIASSUNTO

La conservazione dei reperti, provenienti da pozzi e cisterne, dà la possibilità di conoscere molto della civiltà che ha ruotato intorno al punto d’attingimento e alla durata del suo utilizzo.Reperti come ceramica, metalli, vetri e sostanze organiche, svelano che tipo di società ha attraversato le nostre città e le sue abitudini e gusti.La casistica è la più varia, va dalla ceramica da portata a quella da cucina, monete, lamine di decoro di vestiti,alle fibule, ai giochi come dadi o rondelle di legno, coltelli, pallottole di varie epoche, accendini o monete in corso sino a pochi anni fa.Questo Convegno serve per mostrare il lavoro fatto e la scientificità posta nel raccogliere i reperti e la loro conservazione.La condivisione di un comune sistema di rilievo dei reperti, seguendo un processo scientifico,è un sogno realizzabile, come negli scavi archeologici terrestri e subacquei. La finalità è quindi quella di creare una rete per poter comunicare e venire a conoscenza di ciò che viene trovato nel sottosuolo.

ABSTRACT

The conservation of the finds, from wells and cisterns, gives us the opportunity to learn a lot about the civilization that has revolved around the point of to draw and duration of its use.Finds such as ceramics, metals, glass and organic substances reveal what kind of society has gone through our city and its habits and tastes.The series is the most varied, ranging from ceramics to reach to the kitchen, coins, plates decoration of clothes, the fibulae, games such as nuts or washers of wood, knives, bullets of various ages, lighters o coins running until a few years ago.This conference serves to show the work done and the mail in collecting scientific findings and their conservation.I wish they would put in place a common system of relief of the finds, in a scientific, as in the air and underwater archaeological excavations and create a network of information to put on and become aware of what is found in the underground.

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L’ITALIA SOTTERRANEA, UN’OFFERTA TURISTICA IN ESPANSIONEITALY UNDERGROUND, A NEW, GROWING TOURIST ATTRACTION

REPERTI SUBACQUEI

Sono molte le statistiche secondo le quali l’Italia detiene una grande percentuale dei siti di interesse storico - architettonico - archeologico e paesaggistico del mondo, una cosa è certa, secondo l’ultimo aggiornamento effettuato nella riunione del 37° Comitato UNESCO per il Patrimonio dell’Umanità a Phnom Penh tra il 17 e 27 giugno 2013, nella lista composta da un totale di 981 siti (di cui 759 beni culturali, 193 naturali e 29 misti) presenti in 160 Nazioni del mondo, l’Italia è prima con 49 siti, seguita dalla Cina con 45 e dalla Spagna con 44*. Tra questi nel 1993 fu inclusa Matera, con i famosi Sassi e il parco delle chiese rupestri, esempio di come l’uomo si era adattato all’ambiente, trasformandolo secondo le sue esigenze. L’uscita del film di Mel Gibson “The Passion”, girato quasi completamente nella città lucana, fece da detonatore per l’esplosione turistica del sito.In questa relazione è evidente come la nostra attenzione sia attratta dal binomio bene culturale ipogeo – valorizzazione turistica.Molte volte ci rendiamo conto di come noi italiani siamo seduti su un enorme giacimento petrolifero e, nonostante riusciamo a comprenderne la sua importanza, non siamo capaci di perforare un pozzo per prelevarlo.E pensare che a Londra il British Museum ha incassato 11 milioni di euro per mostrare reperti di Pompei dati in prestito dall’Italia, quello che già ci appartiene, quello che noi non siamo capaci di promuovere e nemmeno di salvaguardare. Nemmeno a farlo apposta ora produrranno anche un film.In un panorama così desolato di incapacità diffusa, soprattutto a livello governativo e di strutture pubbliche, come possiamo reagire positivamente proponendo la valorizzazione del sottosuolo se non riusciamo a conservare e far conoscere l’enorme patrimonio che è alla luce del sole?Questa domanda che, seguita dalla frase “non ci sono i soldi!”, divenne un’affermazione, me la fece nel 1980 un funzionario della Soprintendenza ai

ROBERTO NINI

ASS. CULTURALE SUBTERRANEA – GRUPPO SPELEOLOGICO UTECVicolo Torto 14 – Narni – Italia – [email protected]

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Monumenti dell’Umbria, quando lo accompagnai nei sotterranei da poco scoperti a Narni sotto i ruderi del convento domenicano di S. Maria Maggiore.Ci saremmo dovuti arrendere di fronte alle evidenze, eppure i soldi se ne spendevano tanti, ancora ce n’erano, ma di fronte ad uno speleologo, armato soltanto di torcia elettrica e tanta buona volontà la sua passione non bastava, servivano i “santi in paradiso”. Quel diniego sortì l’effetto contrario, non ci arrendemmo e con le sole nostre forze e qualche amministratore comunale più sensibile riuscimmo ad aprire al pubblico nel 1994 Narni Sotterranea.Eravamo agli albori di quel fenomeno che oggi sta prendendo piede nella nostra nazione e già da tempo era un’attrazione all’estero, ossia la scoperta delle nostre radici storiche guardandole non dall’alto ma direttamente dal basso, da sotto, come sarebbe giusto fare, in quest’albero della storia umana.Iniziò la stupenda avventura della speleologia ed archeologia urbana. Considerati da sempre figli di un dio minore dagli speleo tradizionali in realtà questo sparuto gruppo di esploratori del buio ebbe la sua visibilità con due convegni che mi piace ricordare, il primo nel 1981 a Narni e il secondo nel 1982 a Todi.Pur scaturita dall’Umbria la prima scintilla, immediatamente si impose sul panorama la figura della Napoli underground, a causa dei continui cedimenti delle strade e dei palazzi dovuti ad un sottosuolo ridotto ad una discarica. A questi centri poi si accodò anche Orvieto che insieme a Todi usufruì della legge speciale n. 230 del 25.05.1978:“Provvedimenti urgenti per il consolidamento della Rupe di Orvieto e del Colle di Todi a salvaguardia del patrimonio paesistico, storico, archeologico ed artistico delle due città”.Si stava delineando un quadro abbastanza chiaro della situazione: l’Italia era tutta una groviera soggetta ad un diffuso dissesto idrogeologico.Grazie al costante, paziente e capace lavoro di tanti speleologi e archeologi è cominciata ad emergere l’Italia sotterranea, una miriade di cavità realizzate dall’uomo per gli usi più disparati, fatte e poi abbandonate nel corso dei secoli per il mutare delle esigenze.Dopo circa 15 anni di studi, alcuni di questi pionieri hanno cominciato a pensare che il ricco patrimonio sotterraneo non dovesse rimanere a disposizione di pochi ed ecco quindi la timida apertura delle prime “Città sotterranee”: Napoli, Orvieto, Narni ed altre ancora, che nel giro di poco tempo si sono moltiplicate.La promozione dei siti, necessaria e indispensabile per la loro conservazione e valorizzazione, ha faticato alquanto prima che il mercato turistico si accorgesse di questa nuova offerta.Oggi è possibile visitare il sottosuolo delle città italiane in quasi tutte le regioni, molte di esse inserite in un circuito denominato “Italia sotterranea” che sta cercando con fatica di farsi conoscere, per farlo però in modo serio deve abbandonare l’idea di

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un impegno saltuario di pochi e indirizzarsi in una gestione, sia pur collegiale, con spirito imprenditoriale, anche se fatta da volontari, utilizzando i moderni social network.Ci rendiamo conto che ogni iniziativa, sia essa di grande spessore culturale, sia d’interesse minore, deve per forza di cose, essere adeguatamente promossa. Porto sempre un esempio che sembra banale ma rende bene l’idea: tra due mele identiche una anonima ed una con il marchio Melinda, quale sceglierebbe il cittadino medio?Si comprende quindi che la promozione di qualsiasi bene materiale, mobile o immobile che sia, passi attraverso la diffusione della sua immagine. Per questo è necessario creare in primis un sito internet. Il Censis ha diffuso, l’11Ottobre 2013, l’11° Rapporto Censis/Ucsi sulla Comunicazione, da esso appaiono questi dati molto significativi:- gli utenti di Internet si assestano al 63,5% della popolazione- la percentuale sale nettamente nel caso dei giovani (90,4%)- naviga l’84,3% delle persone diplomate e laureate- il 62,9% è online con ADSL- le connessioni da mobile costituiscono il 23,5% del totaleUn sito internet deve avere delle caratteristiche ben precise per catturare l’attenzione dell’utente: Ottima veste grafica, velocità di apertura, facilità di consultazione, completo di informazioni ma nello stesso tempo conciso e ben leggibile. Altra caratteristica essenziale è che sia tradotto in almeno una lingua straniera e sia aggiornato e aggiornabile con facilità.Nel caso di Italia Sotterranea un marchio esiste già, fu coniato anni fa e racchiude gli elementi sintetici per capire di cosa si tratta. Per quanto riguarda il sito invece siamo in piena età della pietra. Una volta che dovesse essere portato ai livelli ottimali, in esso potranno inserire le news tutti coloro che fanno parte del circuito, seguendo delle griglie prestabilite, in modo da uniformare sia testo che immagini, accedendo attraverso password.Oggi però siamo già all’era del Web 2.0 ossia quel web che non propone all’utente ma dialoga con esso. Sempre il Censis comunica i seguenti:- è iscritto a Facebook il 69,8% delle persone che hanno accesso a Internet- il 44,3% dell’intera popolazione è su Facebook (75,6% dei giovani)- YouTube arriva al 61% di utilizzatori (pari al 38,7% della popolazione complessiva e al 68,2% dei giovani)- il 15,2% degli utenti (pari al 9,6% degli italiani) usa TwitterQuesti dati fanno capire che oggi l’informazione viaggia principalmente in rete e che l’utilizzatore del computer è un soggetto attivo, che sceglie, apprezza ciò che gli viene proposto in modo intelligente e critica ciò che non va. Da alcune ricerche di mercato risulta che il 70% degli utenti di internet consulta le recensioni di altri prima di intraprendere un viaggio, addirittura il 51% dei viaggiatori indica come

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determinante per la scelta di un hotel i commenti di chi ne ha già usufruito.A tal proposito, in cima alla lista degli strumenti utilizzati, vi è Trip Advisor, con i suoi pregi e difetti, fra i primi la possibilità di vedersi valorizzato il proprio sito grazie ai commenti positivi dei visitatori, dall’altra invece trovare qualche recensore molto esigente ed attento ai particolari che può cancellare in un attimo il lavoro di anni, con un commento negativo. Sappiamo che a volte ci sono addirittura commenti creati ad arte da competitors o da se stessi per denigrare o esaltare un sito, questo però può capitare alle strutture ricettive e della ristorazione, nel caso di siti underground la possibilità è molto remota.I consumi mediatici nel 2013 fanno registrare una tv intramontabile, quasi tutti gli italiani la guardano (il 97,4%). Tra i giovani: il 49,4% degli under 30 segue la web tv e l’8,3% la mobile tv. Anche per la radio si conferma una larghissima diffusione di massa (l’utenza complessiva corrisponde all’82,9% degli italiani), mentre l’ascolto per mezzo dei telefoni cellulari risulta in forte crescita (+5,4%). L’uso dei cellulari continua ad aumentare (+4,5%), soprattutto grazie agli smartphone sempre connessi in rete (+12,2% nel solo 2013), la cui utenza è ormai arrivata al 39,9% degli italiani (e la percentuale sale al 66,1% tra gli under 30). Il fenomeno sta dilagando e questo consente di avere sempre sotto controllo ciò che ci circonda. Con un touch è possibile sapere dove ci troviamo, la strada per trovare un sito, le info sullo stesso, dove mangiare o dormire e quant’altro.Le guide turistiche cartacee sono ormai relegate ad essere un bell’oggetto da esporre in libreria o da acquistare sui mercatini delle pulci.Per quanto riguarda la TV, anche se ha aumentato l’offerta con i canali del digitale terrestre e molto marginalmente in Italia con i canali satellitari, propone tuttavia una offerta limitata attualmente dal tempo di trasmissione, mentre il video on demand è già molto sviluppato nei canali internet non è altrettanto presente nella TV tradizionale, così come la carta stampata è limitata nello spazio di un giornale, mentre fioriscono le riviste on line che non hanno nessun problema di spazio anzi possono essere facilmente integrate con contributi multimediali.Inoltre sia carta che tv sono tipologie di comunicazione unidirezionali.Con internet invece, e soprattutto con i social network, l’utente è elemento attivo della catena informativa e in molti casi è lui stesso produttore e diffusore di contenuti: testo, immagini, video.La disponibilità illimitata di contenuti cresce in continuazione così come cresce l’utenza e prima o poi i dati sulla fruizione dei contenuti su internet supereranno quelli dei media tradizionali.In questo dedalo di possibilità, di offerte, di contenuti condivisi, autocostruiti, senza censura, l’utente poco esperto di una determinata materia, privo di spirito critico, potrebbe incappare in autentici falsi redazionali che con tutta la buona fede possibile da parte degli autori distribuiscono informazione cosiddetta

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“alternativa” che sposa e divulga teorie a volte molto discutibili e non supportate da fonti attendibili che vanno a costituire una vera e propria controinformazione che facilmente sfocia nella disinformazione.L’operazione di vigilanza e controllo del fenomeno è praticamente impossibile, ma in questo processo di autoreferenzialità della fonte internet giocano un ruolo fondamentale i siti web e i portali di organizzazioni ufficialmente riconosciute come fonti attendibili. E’ compito di questi siti quello di dare spazio ad altri siti e pagine social attendibili, e organizzare con collegamenti, directory, motori di ricerca dedicati e limitati alle fonti attendibili, una struttura a rete attraverso la quale l’utente può muoversi sicuro di ricevere informazioni serie e certe.In questa fase nessun sito istituzionale (Università, Enti) fa questa opera di validazione, che viene però assolta in maniera egregia dai portali tematici. La realizzazione e lo sviluppo di un sito web dedicato all’Italia Sotterranea quindi deve essere necessariamente strutturato come portale che possa dare credibilità e referenze ai siti locali collegati.Ecco quindi che un’immagine ben curata di un sito ipogeo o di una serie di siti (Italia Sotterranea), una sua visibilità attraverso la televisione, internet e social network, accompagnata da recensioni favorevoli guadagnate sul campo grazie alla capacità degli operatori di coinvolgere emotivamente il turista, sono tutti elementi essenziali per fare in modo che il sottosuolo nazionale possa competere con i luoghi di superficie più noti. La loro notorietà non è dovuta a particolari azioni di marketing, ad eccezione di pochi casi, ma al fatto che sono stati per secoli sotto gli occhi di tutti al contrario del mondo “di sotto”.A favore degli ipogei gioca la possibilità di creare suggestioni che sarebbero impossibili in altri luoghi, un esempio fra tutti le Domus Romane di Palazzo Valentini nella nostra capitale.Gestite da un privato per conto della Provincia di Roma, presenti nei sotterranei del palazzo istituzionale e scoperte di recente, le Domus sono, usando una frase presente nel sito: Un esempio unico e prezioso di come il patrimonio artistico dell’antichità, riconsegnato da un’opera attenta e rigorosa di restauro e riqualificazione, possa essere valorizzato attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie.In questo caso i fattori vincenti sono stati:- Una capacità di spesa notevole- Una stretta collaborazione fra Enti- Un’ottima ricostruzione storica e scenograficaNel caso di altri siti ipogei purtroppo non sempre i tre punti precedenti coincidono, visto che la maggior parte delle volte la valorizzazione e fruizione è lasciata allo spontaneismo di associazioni di volontariato, questo elemento può però avere un risvolto positivo.

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La semplice guida stipendiata per accompagnare i turisti sotto palazzo Valentini non riuscirà mai ad essere così coinvolgente nell’illustrazione come coloro che un sotterraneo lo hanno liberato dalle macerie, vi hanno speso tempo e denaro, hanno sempre creduto che fosse un bene culturale da salvare.Per concludere, ma forse è meglio dire per iniziare, dall’esperienza degli uni e degli altri possiamo trarre degli insegnamenti. La passione, unita alla capacità imprenditoriale e all’uso dei moderni sistemi di comunicazione possono risultare gli elementi vincenti per affermare che l’Italia Sotterranea non ha nulla da invidiare a quella di superficie e che anzi rappresenta uno splendido palinsesto della nostra storia.

* Tutti i dati riportati nel testo sono tratti da siti ufficiali in Internet.

Riassunto

L’Italia conosciuta nel mondo per i suoi tesori d’arte, la sua cultura, i suoi panorami, dalla fine degli anni settanta ha mostrato la parte più intima, gelosamente conservata, come un prezioso tesoro** . Grazie al costante, paziente e capace lavoro di tanti speleologi e archeologi è cominciata ad emergere l’Italia sotterranea, una miriade di cavità realizzate dall’uomo per gli usi più disparati, fatte e poi abbandonate nel corso dei secoli per il mutare delle esigenze.Dopo circa 15 anni di studi alcuni degli esploratori del buio hanno cominciato a pensare che il ricco patrimonio sotterraneo non dovesse rimanere a disposizione di pochi ed ecco quindi la timida apertura delle prime “Città sotterranee”: Napoli, Orvieto, Narni ed altre ancora, che nel giro di poco tempo si sono moltiplicate.La promozione dei siti, necessaria e indispensabile per la loro conservazione e valorizzazione, ha faticato alquanto prima che il mercato turistico si accorgesse di questa nuova offerta.Oggi è possibile visitare il sottosuolo delle città italiane in quasi tutte le regioni, molte di esse inserite in un circuito denominato “Italia sotterranea” che sta cercando con fatica di farsi conoscere, per farlo però in modo serio deve abbandonare l’idea di un impegno saltuario di pochi e indirizzarsi in una gestione, sia pur collegiale, con spirito imprenditoriale, anche se gestita da volontari, utilizzando i moderni social network.

Parole Chiave: Italia Sotterranea, Turismo, Social Network.

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Abstract

Italy, known throughout the world for it’s art treasures, culture and breathtaking panorama has, since the late seventies, shown it’s more private, intimate side, lovingly preserved thanks to constant, patient work and attention by expert speleologists and archaeologists. Italy underground is now emerging, a myriad of hidden underground rooms, built by man for a multitude of uses to be slowly abandoned or simply transformed over the centuries.Over the last 15 years or so, some of the explorers started to realize that access to this underground patrimony shouldn’t be limited to just a chosen few, so the first “ underground cities” were opened: Naples, Orvieto and Narni with others soon following. The struggle to promote these sites, crucial for their conservation and daily upkeep, has been going on long before the tourist industry eventually took notice of this new attraction.Today it is possible to visit underground sites in many Italian cities, many of whom belonging to the association “Italy Underground”, who is working hard to make itself known in the tourist industry. To do this seriously it must abandon the idea of a part time management and look to a more professional organization, even if it is run by volunteers, using modern methods and social networks.

Key words: Italy Underground, Tourism, Social Network.

** Con la collaborazione di Andrea Scatolini e Aroti Meloni. Traduzione di Howard Price.

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I LOCALI IPOGEI SOTTO IL TRANSETTO DELLA CHIESA DI S. MARIA MAGGIORE IN NARNI

THE ROOMS BENEATH THE TRANSEPT OF THE CHURCH “S. MARIA MAGGIORE” IN NARNI

A seguito del trasferimento della biblioteca comunale dall’ex chiesa di San Domenico , alla nuova sede di palazzo Eroli, avvenuta tra la fine del 2003 e i primi mesi del 2004, è stato sgomberato un piccolo locale seminterrato, in cui si accede da una porta collocata nel braccio destro del transetto. Da tale porta una scala in cemento armato conduce ad un’uscita secondaria che comunica direttamente con l’atrio d’ingresso dell’ex convento domenicano di Santa Maria Maggiore, oggi in parte sede universitaria. La pulizia del locale ha permesso di notare, sul muro esterno della navata destra, un grande arco a tutto sesto in conci di travertino squadrati, di luce cm 410, la cui ghiera era stata lasciata in evidenza rispetto all’intonaco che rivestiva il resto della parete. Parte delle pietre in corrispondenza della chiave di volta era stata tagliata dalla realizzazione della porta, che dal transetto consentiva di scendere nel locale seminterrato, avvenuta presumibilmente tra il XVII e il XVIII secolo, sopra di essa infatti è presente un’epigrafe del 1728 che ricorda la consacrazione dell’altare del SS. Rosario da parte del vescovo Nicolò Terzago.Nel mese di gennaio 2004, richiesto e ottenuto il necessario nulla osta dagli organi competenti , è stato effettuato un sondaggio sul muro di chiusura dell’arco (Foto 1), rinvenendo sulla parte sinistra, a quota pavimento, una feritoia larga cm 17, munita di una sbarra verticale in ferro la cui altezza non era stimabile perché proseguiva sotto la quota di calpestio del locale.Sopra questa apertura è stato rimosso il muro di chiusura spesso cm 57, creando un varco accessibile e scoprendo che il piano d’imposta dell’arco, poggiato su un muro di cm 134 di spessore, aveva un’elegante modanatura, del tutto simile ad altre presenti nella zona absidale della chiesa. Dietro la parete è venuto alla luce un vano pseudo rettangolare di circa cm 400 x 130, pressoché colmo di materiali di demolizione contenenti fili elettrici e altri oggetti che facevano ipotizzare l’uso di quello spazio, in tempi recenti, come discarica, verosimilmente durante la trasformazione della chiesa da magazzino ad auditorium, avvenuta alla fine degli

ROBERTO NINI

ASS. CULTURALE SUBTERRANEA – GRUPPO SPELEOLOGICO UTECVicolo Torto 14 – Narni – Italia – [email protected]

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Foto 1Varco aperto sulla muratura. Si notino il segno dell’arco a sinistra e la feritoia in basso.

Foto 2Secondo ambiente con il passaggio sulla sinistra architravato e di fronte i varchi aperti per entrare nelle tombe successive.

anni sessanta del novecento , nella quale si accedeva da un tombino quadrato, ancora visibile, con lato di cm 59.Sotto l’interro sono state trovate due bare affiancate con altrettanti corpi, di un uomo e una donna, poggianti su un riempimento di terreno frammisto ad ossa umane.La tomba a camera era delimitata nel lato sud, opposto al varco aperto, da un ulteriore muro che fungeva da separazione con una tomba simile. L’ambiente attiguo è stato trovato nelle stesse condizioni del precedente, con altre sepolture, mentre sul lato est era evidente un varco con architrave in legno (Foto 2) che faceva intuire la presenza di un antico accesso dalla navata destra della chiesa soprastante, chiuso nel momento in cui lo spazio era stato trasformato in cimitero. La serie di saggi sulle murature ha consentito di esplorare una sequenza di nove tombe colme di macerie e di resti umani ma è certo che dovessero essercene altre, verosimilmente dodici, ma a causa delle precarie condizioni di scavo è stato interrotto il lavoro.Tra la quarta e la quinta camera funeraria, nella parete verso est, protetto dal muro di divisione, è tornato alla luce un affresco databile al XV secolo (Foto 3), raffigurante una figura maschile con barba e un libro nella mano sinistra, segno che le tombe erano state ricavate all’interno di un grande ambiente affrescato ed illuminato da piccole finestre, una delle quali (Foto 4) è visibile sul lato ovest della seconda camera.Dai rilievi e dagli studi in seguito intrapresi si è capito che, sotto il transetto, doveva esserci un locale coperto da una volta, trasversale alla chiesa, il cui estradosso

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Foto 3I resti dell’affresco trovato fra la quarta e la quinta camera funeraria.

era ad una quota superiore di circa un metro rispetto al pavimento attuale; il lungo ambiente era munito di due ampi accessi contrapposti per agevolare il libero transito da una parte all’altra dell’edificio, il primo dei quali è quello che è stato riaperto mentre l’altro è stato rinvenuto murato durante i recenti lavori di ristrutturazione della chiesa, in quella che un tempo era usata come sacrestia.La funzione del passaggio è da attribuire alla necessità di consentire il libero transito delle persone nel momento in cui i Padri Domenicani costruirono l’ampliamento dell’edificio religioso, molto probabilmente per garantire l’accesso alla retrostante chiesa ipogea di Sant’Angelo e al relativo pozzo d’acqua o altra servitù ad oggi ignota . Durante l’esplorazione delle tombe a camera, tra la sesta e la settima, è stato intercettato nel lato est un muro ad andamento curvilineo che, ad un primo esame, sembrava essere il prospetto esterno di un’abside, del tutto sconosciuta.Tale scoperta ha consentito l’avvio di una serie di lavori di scavo, realizzati dagli stessi volontari dell’Associazione Culturale Subterranea e da numerosi altri, grazie ai quali è stato possibile rinvenire nella navata centrale della chiesa le fondazioni di una cripta del XII secolo e la parte interna dell’abside prima descritta, ricca di numerosi resti d’affresco. Purtroppo per esigenze legate ai lavori di ristrutturazione dell’ex chiesa di S. Domenico, la cripta è stata di nuovo interrata .

Bibliografia

Foto 4Finestra murata sulla parete di fondo che illuminava un grande ambiente, poi trasformato in una serie di camere funerarie.

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Riassunto

A seguito del trasferimento della biblioteca comunale dall’ex chiesa di san Domenico, tra la fine del 2003 e i primi mesi del 2004, è stato sgomberato un piccolo locale seminterrato nel quale si è potuto notare, sul muro esterno della navata destra, un grande arco a tutto sesto, chiuso e intonacato.Nel mese di gennaio 2004, è stato effettuato un sondaggio sul muro di tamponatura, rinvenendo il piano d’imposta dell’arco, con un’elegante modanatura, del tutto simile ad altre presenti nella zona absidale della chiesa e un piccolo locale usato come tomba. Opposto al varco aperto, dietro ad un ulteriore muro c’era una tomba simile e così di seguito altre nove colme di macerie e di resti umani ma è certo che ce ne fossero di più. Tra la quarta e la quinta camera di sepoltura, nella parete verso est, protetto dal muro di divisione, è tornato alla luce un affresco databile al XV secolo e tra la sesta e la settima è stato intercettato, sempre ad est, un muro ad andamento curvilineo che, ad un primo esame, sembrava essere il prospetto esterno di un’abside, della quale si ignorava l’esistenza.

Parole Chiave: Chiesa, Transetto, Cimitero.

BARTOLINI M., FAUSTINI G., 2008, Il convento dei Domenicani di Narni, in Temporis Signa III.NINI R., NOVELLI S., Indagini archeologiche nella chiesa di S. Maria Maggiore, in La chiesa di S. Maria Maggiore e i domenicani a Narni, atti del Convegno, Narni 29-30 settembre 2006, Narni 2010.

2Per comodità di esposizione d’ora in avanti la chiesa di S. Maria Maggiore verrà chiamata con il nome attuale.

3Richiesta in data 8 gennaio 2004 prot. 457-10 e relativa autorizzazione della Soprintendenza Archeologica dell’Umbria in data 20 gennaio 2004 prot. 178. I lavori di scavo furono eseguiti e diretti dall’autore del presente articolo con l’ausilio di uno straordinario gruppo di volontari, tra i quali Annamaria Loretani, Pierluigi Morelli, Giulio Faustini, Alessandro Riccardi, Laura Matticari, Marco Bartolini, senza i quali non sarebbe stata possibile alcuna indagine. Si ringrazia la Soprintendenza Archeologica dell’Umbria per aver autorizzato il lavoro ed in particolar modo la Dott.ssa M.C. De Angelis per la sua direzione scientifica.

4I lavori vennero realizzati dalla ditta Mascherucci Americo di Narni su iniziativa del Commissario Straordinario dott. Mario Tria, in particolar modo con delibera 48/C del 22 giugno 1968 venne appaltata la demolizione e ricostruzione della copertura dell’edificio e il consolidamento delle navate lesionate; con delibera 220/C del 30 novembre 1968 venne affidata la fornitura in opera di infissi in ferro e legno, oltre ai gradini di travertino; con delibera 8/C del 17 gennaio 1969 si provvide alla pavimentazione con cotto “Impruneta” per trasformare l’edificio in pinacoteca e auditorium comunali; con delibera 41/C del 22 febbraio 1969 venne approvato il progetto per l’impianto d’illuminazione. Con delibera 53/C del 4 marzo 1969 fu deciso l’elenco delle opere d’arte da esporre nella chiesa, illustrate dal prof. Carlo Castellani, Ispettore Onorario ai Monumenti e Scavi. Il pomeriggio del 19 aprile 1969 furono inaugurati l’Auditorium Pinacoteca comunale di San Domenico e la Loggia dei Priori; in questo secondo spazio, al posto del mercato, furono collocati alcuni reperti archeologici conservati nel cortile del palazzo comunale (delibera 132/C del 15 aprile 1969).

5BARTOLINI M., FAUSTINI G., 2008, p. 90 fig. 13.

6Per un approfondito studio dell’evoluzione architettonica del convento si veda: BARTOLINI M., FAUSTINI G., 2008.

7NINI R., NOVELLI S., 2010.

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Abstract*

During the removal of the old council library from the ex church of san Domenico at the end of 2003, a large arch, walled up and half hidden by plaster, was discovered in a small basement on the right hand side of the nave.In January 2004, investigation work on the arch revealed elegant stonework similar to others present in the apse of the church, and on the other side a small room used as a tomb. Opposite the opening, behind another wall, a similar tomb was uncovered. Subsequently, nine other tombs were eventually brought to light, though there were certainly more still hidden, each filled with debris and human remains. Between the fourth and fifth burial chamber, on the east side protected by a dividing wall, we uncovered a fresco dating from the 15th century, and between the sixth and the seventh, once again on the east side, we noticed a long curving wall which upon close examination seemed to form part of an apse, whose existence was a complete surprise.

Key words: Chuch, Transept, Cimitery

*Traduzione di Howard Price

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IL CUNICOLO DI CASVENTUMLocalizzazione: San Gemini (TR) Umbria – ItaliaLatitudine 42°36’48.37”N – Longitudine 12°32’46.16”E – Altitudine 347 mt. slm.

CENNI STORICI SUL MUNICIPIO DI SAN GEMINICaratteristico borgo medievale sorto sul tracciato della via Flaminia. Le sue origini sono abbastanza incerte, probabilmente connesse alla nascita ed allo sviluppo del vicino municipio di Carsulae, oggi importante sito archeologico.È dunque molto probabile che questo piccolo agglomerato, formatosi in epoca romana, si sia trasformato con il tempo nel centro che si sarebbe chiamato dapprima Casventum e successivamente in San Gemini.Subì l’invasione ed il potere Longobardo e fù spesso contesa dalle vicine città di Todi e Narni, entrò a far parte dello Stato Pontificio ed ottenne l’indipendenza divenendo poi libero Comune, con le sue magistrature ed istituzioni amministrative. Una pagina importante della storia recente è la valorizzazione delle sue acque minerali, a partire dal 1889, che renderanno la città di San Gemini famosa in tutto il mondo.

IL CUNICOLO DI CASVENTUMIl cunicolo si estende sotto l’abitato di San Gemini (Immagine n° 01C), da una ricostruzione storica abbastanza incerta, si hanno notizie che già nel basso medioevo veniva usata come galleria difensiva sotterranea per il rifornimento dell’abitato in caso di lungo assedio della città. Poi in epoca tardo medievale usato come viabilità delle case gentilizie nell’abitato, forse in epoca romana era adibito a captazione delle acque e come comunicazione con le cisterne esistenti nell’abitato di San Gemini.Poi abbandonato per diversi secoli venne riadattato in epoca moderna durante il secondo conflitto mondiale come opera di rifugio antiaereo dalla popolazione della zona, oggi si pensa di fruirne dopo una riqualificazione edilizia come percorso museale cittadino.Il Gruppo Speleologico Terre Arnolfe di Cesi, nell’anno 2001 accolse entusiasmo, nello spirito di massima collaborazione, la richiesta pervenutaci dall’Amministrazione Comunale di San Gemini, di esplorare il cunicolo artificiale il cui ingresso principale è sito in P.zza S. Francesco (Immagine n° 02C).La prima esplorazione, è servita a conoscere il “cunicolo”, poi sono seguite due campagne di rilievo dello stesso ed una per il servizio fotografico; il tutto è avvenuto tra giugno e luglio 2001 (ulteriore campagna video/fotografica svolta durante il mese di ottobre 2013).

GRUPPO SPELEOLOGICO TERRE ARNOLFECESI - (TR) Italy

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Il percorso del cunicolo si dirama in un ramo principale e due rami secondari, di questi, uno non ha uscita e termina in un pozzo (Immagine n° 07C), l’altro esce sulla strada del Poggiame (Immagine n° 03C); lo stesso si presenta, per tutto il suo sviluppo, in buono stato di conservazione ed è costruito con pareti e volte a mattoni; mentre i pavimenti sono in terra battuta fino all’inizio delle scale dopodichè è in battuto di cemento.(Immagine n° 04C) Dall’ingresso da P.zza S. Francesco si percorrono circa 30 mt. e si arriva alla prima biforcazione che porta al pozzo dopo avere camminato in discesa per circa 18 mt.; continuando lungo il tratto principale (Immagine n° 08C) dalla prima biforcazione e percorrendo altri 44 mt. si arriva alla seconda (Immagini n° 09C e 10C), che girando prima a destra e poi con un andamento a zig-zag (Immagini da n°14C a n° 22C) e salendo su delle comode scale, termina (abbiamo trovato un muro in pietra) praticamente sotto la taverna del Rione Rocca (Immagini n° 05C e 06C), dopo aver camminato per circa 60 mt.Sempre dal punto della seconda biforcazione, andando dritti, il cunicolo principale si restringe (Immagini n° 11C-12C-13C) (diventa largo 90 cm. ed alto 185 cm.) usciamo sulla strada del Poggiame; purtroppo tale uscita è ostruita da metriale di rifiuto (materiali plastici e ferrosi). Inoltre si è constatato che tra la prima e la seconda biforcazione la presenza di alcune infiltrazioni d’acqua.Tutto il cunicolo principale, ed il tratto che porta al pozzo, sono facilmente ed agilmente percorribili viste le sue dimensioni (larghezza di circa 140 cm. ed altezza di circa 210 cm.).I componenti del G.S.T.A., abituati all’ambiente ipogeo, hanno tratto da questa esperienza “artificiale”, delle sensazioni che possiamo definire particolari e suggestive, perché tutti noi abbiamo fantasticato su possibili collegamenti con altre cavità artificiali, che probabilmente sono presenti nel sottosuolo di San Gemini.In conclusione il cunicolo esplorato,una volta reso agibile, anche agli occhi di un profano, che esso sia un abitante di San Gemini oppure un turista, potrà instillare in loro delle sensazioni intense e nuove, essendo il mondo sotterraneo ai più sconosciuto.

01 C 02 C

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CUNICOLO ARTIFICIALE DI ACCESSO ALLA GROTTA EOLIALocalizzazione: Terni (TR) Località Cesi Via Carlo Stocchi 37 – Umbria – ItaliaLatitudine 42°36’30.30”N – Longitudine 12°35’13.14”E – Altitudine 442 mt. slm.

CENNI STORICI SU CESICesi, un piccolo borgo arroccato sulle pendici del “Monte Eolo” (oggi conosciuto come Monte Torre Maggiore), ad una altitudine di 437m slm, ultima propagine dei monti Martani; di probabili origini umbre, con testimonianze da resti di mura poligonali.Salendo nella sommità del monte torre maggiore 1121 m slm, vi si trovano antiche testimonianze di templi italici del VI secolo ac..Dista pochi chilometri dagli scavi archeologici di Carsulae. Cesi è stato un feudo degli Arnolfi nel medioevo e capitale delle Terre Arnolfe dagli stessi amministrata dall’anno 1000, poi Arnolfi Cesi da cui si pensa possa aver attinto la toponomastica.Federico Cesi principe dei lincei dimorò in Cesi per lungo tempo. Dopo l’unità d’Italia venne eletto libero comune e rimase tale sino al 1927, anno in cui fù creata la Provincia di Terni e quindi da all’ora solo frazione di Terni.

IL TERRITORIO DI CESI E MONTI MARTANICesi nel suo insieme territoriale appartiene alle propaggini meridionali dei Monti Martani, la catena dei Monti Martani si staglia come un’isola tra la conca Terzana, la valle Spoletina e la valle del Tevere, ciò che costituiva tra il Pliocene ed inizi del Pleistocene il lago Tiberino. La geologia dei terreni è costituita in larga parte da terreni sedimentari di origine marina in larga parte di Calcari Nembri, per la parte che costituisce la fascia pedimontana e pianeggiante essi rappresentano depositi sedimentari prodotti dall’erosione dei fianchi delle montagne:La natura calcarea e le vicende tettoniche si manifestano nella presenza di numerose doline, grotte, tra cui hanno dato origine a numerose leggende. I Monti Martani con la loro posizione nel percorso di crinale Appenninico, che riveste uno dei principali siti usati nei primi spostamenti umani lungo la penisola, proprio queste caratteristiche hanno favorito sin dalla preistoria la presenza umana, come si evince dai pochi ma significativi rinvenimenti nella fascia pedimontana, risalenti all’età del bronzo ed attribuibili ad una frequentazione periodica o stagionale. Con l’età del Ferro questa zona vide definitivo l’organizzazione abitativa stanziale.

LA GROTTA EOLIA DI CESILa Grotta Eolia, una delle più notevoli ed interessanti nel comprensorio Ternano, si apre, nel suo sviluppo naturale, nella formazione rocciosa del Calcare Massiccio del Lias inferiore (era Mesozoica). La cavità è raggiungibile tramite una galleria artificiale lunga una trentina di metri scavata nella copertura detritica. La morfologia della grotta denuncia la sua origine di “condotta forzata”. L’acqua scorrente in essa a pressione ha infatti modellato nelle sue pareti tipiche forme da corrente. Solo molto tempo dopo mani curiose seguendo forse una forte e misteriosa corrente d’aria gelida proveniente dalle fessure del detrito ricementato ripristinarono il collegamento con

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l’esterno. Fù possibile così penetrare all’interno di questa interessante cavità che con la sua presenza e le sue forme ci svela alcuni aspetti di un passato a noi remoto. Nell’anno 1987, la Grotta Eolia grazie allo sforzo del Gruppo Speleologico Terre Arnolfe si è resa disponibile alle visite guidate per singoli o comitive, legati fortemente alle Autorità Scolastiche sono possibili visite e lezioni di Speleogenesi con scolaresche di ogni ordine e grado. Nota: all’interno della Grotta Eolia, è istallato un rilevatore sismografico dell’Istituto di Geofisica e Vulcanologia facente parte della rete sismologica italiana.

IL CUNICOLO DI ACCESSO ALLA GROTTA EOLIA DI CESIIl cunicolo di accesso alla Grotta Eolia (Immagine 01E) è ricavato dal calcare massiccio e fù scavato nel 1650 circa dopo la costruzione del sovrastante Palazzo Stocchi, sicuramente per accedere alla grotta Eolia, nei secoli è stato più volte allargato e rimaneggiato per permettere ai curiosi di accedere alla cavità naturale; testimonianza di ciò le scritte nelle pareti che vanno dal 1600 ai giorni nostri. L’accesso alla Grotta Eolia avviene dall’interno della sede del G.S.T.A., mediante l’apertura di una botola in ferro (Immagine 02E) che permette l’entrata, prima nel cunicolo artificiale, poi nel naturale ambiente ipogeo. Il cunicolo è stato come la grotta completamente illuminato nel 1987, per consentirne la sicura fruibilità alle persone “ignare delle bellezze dell’ambiente ipogeo” e con lo scopo principale di far capire o quantomeno, cosa è la “Speleo-Genesi”. (Immagini da 03E ad 08E).

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CUNICOLO ARTIFICIALE DELL’ACQUAVIVALocalizzazione: Terni (TR) Località Cesi – Umbria – ItaliaLatitudine 42°36’31.20”N – Longitudine 12°35’22.01”E – Altitudine 535 mt. slm.

Si tratta di un cunicolo di captazione che taglia la roccia calcarea da località Sant’Onofrio di Cesi fino a San Biagio (Immagine 01A), un taglio nella roccia in senso trasversale di circa 80 metri (Immagine 02A), il quale serviva per portare dalla sorgente chiamata dell’Acquaviva all’abitato di Cesi l’acqua che approvvigionava parte dell’abitato stesso. Realizzato circa all’inizio del 1900, poi nel tempo abbandonato a questo uso è stato negli anni della seconda guerra mondiale adoperato come rifugio antiaereo. Ora è in semiabbandono, il gruppo speleologico “GSTA” si stà adoperando per renderlo fruibile e farne parte integrante del sistema sentieristico della montagna di Cesi. (Immagini da 03A a 09A).

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PROGETTO TERNI SOTTERRANEA

Il Gruppo Grotte Pipistrelli del Club Alpino Italiano sez. di Terni “Stefano Zavka”si interessa da diversi anni alla ricerca delle cavità artificiali presenti nel sottosuolo cittadino. In collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e ad alcuni proprietari ha iniziato un lavoro di apertura ed esplorazione di vecchi rifugi antiaerei della 2° Guerra Mondiale, chiusi ormai da 70 anni. Scopo di questo lavoro è quello di far riemergere una parte della nostra storia contemporanea e valorizzare il patrimonio ipogeo della città di Terni. È stato effettuato anche un lavoro di ricerca presso la locale sede dell’Archivio di Stato in merito all’esistenza dei vecchi canali, irrigui ed energetici, realizzati fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Grazie alla documentazione recuperata e al materiale fotografico prodotto sul campo, è stato possibile realizzare la rassegna di immagini “Terni Sotterranea” e il video “Viaggio nella Rupe di Cervara”, entrambi presentati al convegno “Umbria in ombra”svoltosi a Todi (PG) nel dicembre 2013. Tutto questo materiale viene conservato presso la sede del GGP in via Fratelli Cervi 31 a Terni; l’associazione è contattabile tramite il sito www.pipistrellicaiterni.it oppure tramite la mail [email protected]

Il presidente del GGP Paolo Boccaccini

PAOLO BOCCACCINIGRUPPO GROTTE PIPISTRELLI - CAI TERNIVia F.lli Cervi n.31(TR) Italy

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