RICERCA STORICA: I GIOVANI E LA STORIA PER UNA ... · Abbiamo scelto come argomento quello degli...

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12 dicembre 1969 Milano banca dell’Agricoltura PROGETTO GIORNATE DI FORMAZIONE A MONTECITORIO RICERCA STORICA: I GIOVANI E LA STORIA PER UNA CITTADINANZA CONSAPEVOLE: “L’ITALIA SUL FINIRE DEL SECOLO BREVE” CLASSE III A ANNO SCOLASTICO 2011/2012 REFERENTE PROFESSORESSA MARIA MITTIGA LICEO GINNASIO “JACOPO STELLINI” Udine

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12 dicembre 1969 Milano banca dell’Agricoltura

PROGETTO GIORNATE DI FORMAZIONE A MONTECITORIO

RICERCA STORICA: I GIOVANI E LA STORIA PER UNA CITTADINANZA CONSAPEVOLE: “L’ITALIA SUL FINIRE DEL SECOLO BREVE”

CLASSE III A ANNO SCOLASTICO 2011/2012

REFERENTE PROFESSORESSA MARIA MITTIGA

LICEO GINNASIO “JACOPO STELLINI”

Udine

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I GIOVANI E LA STORIA PER UNA CITTADINANZA CONSAPEVOLE: “L’ITALIA SUL FINIRE DEL SECOLO BREVE” La Classe III A, con una ricerca di Storia sugli Anni di piombo che hanno investito la Nostra Repubblica nell’ultimo trentennio del ‘900, ha voluto cimentarsi con il lavoro e il metodo dello storico: ricerca delle fonti sulle quali si sono assunti la responsabilità della loro interpretazione e rielaborazione,organizzata per gruppi si è svolta in massima parte durante l’estate del 2011.Il ruolo della referente è stato quello di coordinare il lavoro senza intervenire sulle scelte.

Il lavoro si compone di due parti,

La prima è una cronologia dal 1948 al 2009 dove la Storia d’Italia si contestualizza con alcuni degli avvenimenti mondiali più significativi, ogni gruppo ne ha seguito un quinquennio avvalendosi di fonti storiche varie e documentate, la classe ha scelto anche il modello di impaginazione uniforme ma poi ogni gruppo ha autonomamente deciso come strutturare gli eventi. Non è stato un lavoro da poco considerato che gli allievi spesso non conoscono questa parte del ‘900.

La seconda parte, ancora più impegnativa, riguarda la storia del Nostro Paese nel segmento importante della tenuta della nostra democrazia messo a dura prova dagli Anni di Piombo. Seguendo ognuno l’argomento liberamente scelto, gli allievi hanno voluto indagare la strategia delle stragi, degli attentati e dei sequestri nell’ultima parte del ‘900, facendo una ricostruzione spazio –temporale che non ha mancato di mettere in evidenza come carnefici e vittime, mandanti,esecutori e vittime abbiano a loro volte una storia che contemporaneamente motiva e accresce ogni individuale condizione.

Ogni lavoro è corredato dalle note bibliografiche che giustificano l’indagine e fa di questo un lavoro effettivamente svolto col metodo dello storico.

Questo lavoro della classe terza A vuole essere un contributo di conoscenza a tutti gli allievi del Liceo Stellini di Udine e vuole dimostrare come si possa essere soggetti attivi della costruzione della Storia specie di quella più recente meno affrontata nelle aule scolastiche, come tale approccio con la Storia del nostro Paese possa dare ad ogni giovane consapevolezza della democrazia e della libertà nella quale abbiamo la fortuna di vivere e come questi valori possano essere aggrediti e negati laddove l’ignoranza prevarichi la sapienza.

Il lavoro svolto dimostra la capacità di ogni allievo di integrarsi col gruppo, il risultato di ogni parte è frutto di discussioni e mediazioni di ricerca ed esposizione, esso mette in luce capacità di analisi e sintesi che contraddistinguono l’intera terza A, ma evidenziano meglio come i facili giudizi su una gioventù attualmente disimpegnata si infrangono di fronte ad un lavoro che sicuramente diventerà riferimento contenutistico e gratificazione personale. Professoressa Maria Mittiga

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CONSIDERAZIONI SUL PROGETTO La proposta di aderire al progetto “Giornate a Montecitorio” organizzato dalla Camera dei Deputati“ è stata formulata da una nostra compagna di classe e ci è da subito sembrata un’ottima opportunità per ampliare le nostre conoscenze sulla Storia del nostro Paese.

Abbiamo scelto come argomento quello degli Anni di Piombo prima di tutto perché si trattava di un periodo storico che non conoscevamo: trenta-quarant’anni sono certamente pochi nei secoli che hanno contraddistinto la Storia dell’umanità, ma per dei giovani come noi costituiscono ugualmente un passato che, non avendo potuto vivere in prima persona, a meno che non ci venga insegnato, è difficile che possiamo conoscere.

Già in questo fatto abbiamo riscontrato una grande contraddizione: nonostante si tratti infatti di un periodo storico che nel bene e nel male ha segnato in profondità la realtà politica che stiamo vivendo e quindi anche noi giovani come futuri cittadini di questo Paese, degli Anni di Piombo si preferisce non parlare, senza capire che senza memoria non è possibile imparare dagli errori del passato e fare in modo che essi non vengano più commessi.

Fin da subito è emersa una certa difficoltà nell’indagine e nella ricerca delle fonti: non avendo vissuto quegli anni è stato infatti particolarmente complesso ricostruire quali di queste fonti fossero attendibili e quali di queste fossero in un modo o nell’altro deviate dall’opinione politica dell’autore.

Ci siamo quindi dovuti esporre in prima persona e assumerci la responsabilità delle nostre scelte nella trattazione e nella selezione delle fonti, cercando di mantenerci sempre il più possibile obiettivi.

In questo difficile compito siamo stati aiutati anche dalla nostra docente, la prof.ssa Mittiga.

Ci siamo insomma accorti di quanto sia complesso fare Storia, trovandoci anche di fronte a casi di censura indiretta da parte di alcune fonti e trattando un argomento storico che, vista la sua vicinanza con il presente, presenta molti legami anche con il mondo politico attuale del nostro Paese.

Per quanto ci è stato possibile, basandoci sulle fonti a nostra disposizione, abbiamo cercato di giungere a delle nostre conclusioni, nonostante, come è noto, la maggior parte degli eventi più eclatanti degli Anni di Piombo siano rimasti di fatto irrisolti e senza colpevoli o mandanti.

Questo progetto è stato anche l’occasione per crescere come classe e, in generale, come gruppo: il dividersi il lavoro, la ricerca delle fonti e poi le discussioni per formarci una nostra opinione e per dare una certa impostazione agli argomenti trattati sono attività cui non eravamo abituati.

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Trattandosi di un lavoro comune abbiamo poi dovuto rinunciare ad emergere come singoli, come comunemente avviene nell’ambito scolastico, ed emergere invece come classe.

L’elaborato è dunque il frutto di una cooperazione e di un impegno comune di tutti i componenti della classe.

Giunti al termine di questa nostra azione di ricerca e di analisi possiamo sicuramente dire di conoscere meglio la Storia più recente del nostro Paese, ma soprattutto di aver imparato davvero a leggere con occhio critico le informazioni, a compararle fra loro e a cercare di formarci una nostra opinione sugli eventi.

Riteniamo che questa esperienza ci abbia pertanto reso dei cittadini attenti, vigili e con opinione propria, qualità indispensabili a nostro avviso per essere d’aiuto allo Stato. La classe III sezione A liceo classico J.Stellini - Udine – 2011/2012

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PARTE PRIMA LA CRONOLOGIA DAL 1948 AL 2009 Jacques Chirac, Presidente del Consiglio europeo, la signora Nicole Fontaine, Presidente del Parlamento europeo e Romano Prodi, Presidente della Commissione firmano la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000)

Il presidente della Repubblica Enrico De Nicola firma la nuova Costituzione Attorno a lui De Gasperi, Saragat e Terracini (1948)

cronologia degli eventi italiani e internazionali: anni 1948 - 1955

a cura di

Elena Comelli e Enrico Nadbath

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1948 • Entra in vigore la Costituzione della Repubblica italiana

• Luigi Einaudi viene eletto Presidente della Repubblica

• Inizia il quinto governo De Gasperi

• Attentato a Togliatti

• Scissione delle componenti non comuniste della CGIL

• Gandhi viene arrestato in India

• Il Congresso degli USA approva il cosiddetto “Piano Marshall” che prevede stanziamenti in Europa per la ripresa economica

• Viene fondato lo Stato di Israele

• Nella Cina settentrionale il partito comunista proclama la Repubblica Popolare

• Harry Truman viene eletto Presidente degli USA

1949 • Inizio del Piano Fanfani per la costruzione delle case popolari

• Il Tribunale del Sant’Uffizio scomunica i comunisti

• L’assemblea generale dell’Onu decide in favore di una eventuale indipendenza delle ex-colonie italiane

• Viene instaurato il Consiglio d’Europa con sede a Strasburgo

• A Washington viene firmato il patto che dà vita alla NATO

• Il governo israeliano, non contento della dichiarazione dell’ONU, proclama Gerusalemme capitale dello Stato di Israele

1950 • Inizio del sesto governo De Gasperi

• Occupazioni delle campagne da parte dei contadini

• Nasce l’Unione Italiana del Lavoro (UIL) da un gruppo di ex sindacalisti della CGIL

• L’Italia, su mandato dell’ONU, assume l’amministrazione fiduciaria della Somalia

• Nasce la Cassa del Mezzogiorno

• Suicidio di Cesare Pavese

• Inizio della guerra in Corea

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1951 • Il Parlamento approva la legge sul riarmo

• Inizio del settimo governo De Gasperi

• L’Italia entra nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu

• La Libia diventa ufficialmente indipendente

• Viene firmata a Parigi l’istituzione della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciao (CECA)

1952 • Muore il filosofo Benedetto Croce

• Colpo di Stato a Cuba che porta all’instaurazione di una dittatura militare

• Costituzione della Comunità Europea di Difesa

• Con un colpo di Stato in Egitto viene deposta la monarchia

1953 • Inizio dell’ottavo governo De Gasperi

• Inizio del governo Pella

• Dilagano i disordini per il problema della divisione di Trieste

• Muore Stalin, lo sostituisce Kruscev

• Proclamazione della Repubblica egiziana

• Armistizio fra Corea del Nord, Corea del Sud, USA e Repubblica Popolare Cinese per la Guerra di Corea

1954 • Inizio delle trasmissioni televisive

• Il Consiglio dei Ministri annuncia una serie di misure repressive contro “forze politiche totalitarie dipendenti da Paesi stranieri”

• Nel congresso della DC vince la linea di sinistra guidata da Fanfani

• Divisione del Vietnam in Vietnam del Nord, sotto il controllo dei comunisti, e del Sud, appoggiato dagli americani

1955 • Eletto Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi

• Inizio del governo Segni

• Viene firmato il Patto di Varsavia fra 8 Stati dell’Europa orientale

Bibliografia

• L’Italia degli anni di piombo” di Indro Montanelli e Mario Cervi, Rizzoli, 1991

• www.lastoriasiamonoi.rai.it

• www.governo.it/Governo/Governi/governi.html

cronologia degli eventi italiani e internazionali: anni 1956 - 1961

a cura di

Matteo Vizza e Tommaso Iob

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1956 • si svolgono le elezioni amministrative

• affonda il gioiello della flotta italiana. L'Andrea Doria; entrata in collisione sull'Atlantico con un altra nave, si inabissa nell'arco di 11 ore, ciononostante trascina con sè in fondo al mare 55 passeggeri

• si svolge l' VIII congresso di Roma del PCI, al cui interno nascono gruppi d'intransigenti che vorrebbero prendere le distanze dal comunismo russo

• si svolge il Congresso del PSI a Venezia. Nenni afferma che si è esaurita la collaborazione con il PCI e propone la collaborazione al PSDI. A Venezia arriva un messaggio di augurio ai congressisti socialisti dal Patriarca della città lagunare: Angelo Roncalli il futuro Papa Giovanni XXIII

• si tiene a Mosca il XX Congresso del Partito comunista sovietico

• un rapporto segreto di Kruscev dà inizio in URSS al processo di destalinizzazione

• divampa a Poznan, in Polonia, una rivolta il cui epilogo è la salita al potere di Wladislaw Gomulka

• scoppia la seconda guerra arabo-israeliana in seguito alla nazionalizzazione del Canale di Suez

• scoppia una rivolta in Ungheria che viene violentemente repressa dall'intervento armato delle truppe sovietiche

1957 • a Roma si costituisce l'Euratom e la CEE, (Comunita' Economica Europea) che terranno la loro prima assemblea al Parlamento Europeo a Strasburgo nel marzo del prossimo anno

• cade il Governo Segni per le polemiche provocate da un progetto di legge sui patti agrari

• si forma il 1^ Governo Zoli, che si regge su una maggioranza a dir poco ristretta

• a Roma si costituisce l'Euratom e la CEE, (Comunita' Economica Europea) che terranno la loro prima assemblea al Parlamento Europeo a Strasburgo nel marzo del prossimo anno

• a Parigi la Conferenza dei Paesi della NATO decide l'installazione di basi missilistiche in Europa

• al cosmodromo russo parte il satellite artificiale russo Sputnik per lo spazio

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1958 • viene istituito il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM)

• si tengono le elezioni politiche italiane

• si forma il 2^ Governo Fanfani, il primo di centrosinistra

• scoppia il caso Giuffrè, il cosiddetto “banchiere di Dio”

• muore Papa Pio XII

• viene eletto papa Giovanni XXIII, (Angelo Roncalli)

• muore Papa Pio XII

• viene eletto papa Giovanni XXIII, (Angelo Roncalli)

1959 • si dimette il 2^ Governo Fanfani

• si forma il 2^ Governo Segni monocolore

• nasce nella DC la corrente dorotea e ad Aldo Moro viene affidata la segreteria del partito democristiano

• da un fatto di cronaca nera scaturita da una bravata di alcuni teppisti in jeans si scatena un'ondata di intolleranza verso le bande giovanili. Vengono chiamati teddy boys e sono identificati con quelli che portano i jeans, giocano a flipper e ascoltano nei juke-box dischi rock. In seguito a quest'ondata di criminalizzazione è proibito indossare i jeans nelle scuole e sui posti di lavoro

• a Cuba cade la dittatura di Batista; Fidel Castro diventa Capo del Governo

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1960 • il Presidente della Repubblica Gronchi fa un viaggio in Russia. Questa visita genera grande sconcerto negli ambienti ecclesiastici e nella stessa DC

• cade il 2^ Governo Segni

• si forma il 1^ Governo Tambroni

• viene organizzato il congersso del MSI a Genova dal prefetto di Genova e presidente onorario del MSI Emanuele Basile

• viene organizzata un imponente manifestazione contro il Prefetto e il congresso del MSI; gli ex partigiani si preparano a difendere i monumenti dei loro compagni caduti ed i sindacati proclamano lo sciopero generale. Nella città si succedono duri scontri tra gli oltre 100.000 manifestanti e le forze dell'ordine. Rimangono ferite 83 persone

• a Roma si svolgono manifestazioni antifasciste non autorizzate; la polizia interviene per disperdere alcuni assembramenti che vogliono marciare sul Parlamento. Rimangono feriti tre parlamentari: Walter Audisio, Oreste Lizzardi e Guido Borghese

• il 1^ Governo Tambroni è costretto a dimettersi

• si forma il III Governo Fanfani

• si svolgono le elezioni amministrative italiane

• fallimento del vertice di Parigi tra Eisenhower, MacMillan, Kruscev e De Gaulle

• John Fitzgerald Kennedy viene eletto Presidente degli Stati Uniti d'America

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1961 • Centenario dell'Unità d'Italia, da Nord a Sud si svolgono celebrazioni.

• avvengono i primi attentati in Alto Adige dopo che il governo italiano si rifiuta di concedere l'autonomia all'Alto Adige. Gli attentati dei bombaroli altoatesini saranno il prologo dell'occupazione della Facoltà di Sociologia dell'Università di Trento e alla nascita delle Brigate Rosse

• viene pubblicata l'enciclica “Mater et magistra”

• dopo il fallimento di colloqui distensivi sulla “questione altoatesina” sale la tensione. Nella notte si registrano numerosi attentati dinamitardi contro i tralicci, le ferrovie e le caserme. Viene ricordata come la “notte dei fuochi”

• Fanfani effettua una visita in America

• primo volo nello spazio di un uomo: il russo Jurij Gagarin

• fallisce lo sbarco di anticastristi nella Baia dei Porci a Cuba, appoggiati dal governo statunitense

• Kennedy dà il via al progetto spaziale Apollo

• Fanfani effettua una visita in America

• crisi di Berlino; i presidenti Kennedy e Kruscev si incontrano in un clima piuttosto freddo

• 12/8/1961: viene costruito il Muro di Berlino

Bibliografia

• Indro Montanelli - Mario Cervi, L'Italia dei due Giovanni, RCS Libri S.p.A.,Milano, 1989 • http://cronologia.leonardo.it/storia/ • http://it.wikipedia.org/wiki/

cronologia degli eventi italiani e internazionali: anni 1962 - 1968

a cura di

Eloisa Mele, Nadia Pischiutta, Ilaria Pittassi, Teresa Poles

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1962 • VIII Congresso della DC che approva la collaborazione con il PSI

• Nasce il 4° Governo Fanfani (DC, PSDI PRI) con il sostegno esterno del PSI

• Antonio Segni viene eletto Presidente della Repubblica con i voti di DC, PLI, PDIUM, MSI

• Si apre il Concilio Vaticano

• Gli USA riprendono gli esperimenti nucleari nel Pacifico

• Nei pressi dell’isola di Natale, a sud delle Hawaii, gli USA fanno esplodere la quarta bomba atomica.

• In Algeria, un referendum popolare, sancisce l’indipendenza del paese, proclamata ufficialmente dalla Francia due giorni dopo

1963 • Il presidente Segni scioglie le Camere e indice elezioni anticipate

• Cade il governo Fanfani. Viene rieletto presidente della Camera Giovanni Leone

• Aldo Moro riceve l’incarico di formare il nuovo governo, ma un mese dopo rimette il mandato di formare il governo nelle mani del capo dello Stato

• Leone forma il nuovo governo DC e il cardinale Montini viene eletto papa con il nome di Paolo VI

• Il XXXV congresso del PSI che si tiene a Roma, autorizza l’ingresso del partito nel governo

• Si dimette il governo Leone e Moro forma il primo governo “organico” di centrosinistra (DC, PSDI, PRI, PSI).

• In Iraq, a seguito di un colpo di Stato militare, il presidente Adbul Karim Kassem viene fucilato. Gli subentra Abdel Salam

• La Jugoslavia assume la denominazione ufficiale di Repubblica socialista federativa

• Usa, Urss e Gran Bretagna firmano a Mosca un trattato che sancisce l’abbandono degli esperimenti nucleari

• Il presidente americano John F. Kennedy viene ucciso a Dallas

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1964 • Nasce il Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP), dalla scissione dell’ala sinistra del Psi

• Mariano Rumor succede a Aldo Moro, divenuto primo ministro, nella carica di segretario della DC

• All’Italia viene concesso un prestito di un miliardo di dollari da parte degli USA e di 225 milioni di dollari da parte del Fondo monetario internazionale

• Antonio Segni si dimette dalla carica di presidente della Repubblica per gravi problemi di salute. Viene eletto Giuseppe Saragat

• Muore a Jalta Palmiro Togliatti, segretario del PCI, ai suoi funerali parteciparono oltre un milione di persone

• ll Congresso americano autorizza Johnson all’intervento militare in Vietnam

• In Inghilterra, i laburisti vincono le elezioni per il rinnovo della Camera dei Comuni e Harold Wilson diventa primo ministro

• La Repubblica Popolare Cinese fa esplodere la sua prima bomba atomica.

1965 • Nasce il Servizio informazioni difesa, SID

• Sciopero delle università per una riforma generale

• Si chiude il Concilio Vaticano II

• Conferenza di Mosca dei partiti comunisti: fallisce il tentativo di riconciliazione tra Urss e Cina

• Iniziano sistematici bombardamenti degli Stati Uniti sul Vietnam del Nord

1966 • Si dimette il governo Moro

• Nasce il terzo governo Moro ( DC, PSI, PSDI, PRI ), terzo di “centrosinistra organico”

• La Chiesa abolisce l’Indice dei libri proibiti

• Nel primo Congresso dopo la morte di Togliatti, si fronteggiano apertamente la “sinistra” di P.Ingrao (minoranza) e la “destra” di G.Amendola: il dibattito sancì la leggitimità del dissenso politico all’interno del partito. Il lavoro di sintesi suggellò la leadership di Luigi Longo ("rinnovamento nella continuità")

• In Gran Bretagna, successo elettorale del Partito laburista

• In Spagna si tiene un referendum popolare per approvare la restaurazione della monarchia dopo la fine del regime franchista

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1967 • la CGIL indice manifestazioni contro l’intervento americano in Vietnam

• Paolo VI chiede la sospensione dei bombardamenti americani in Vietnam

• La Repubblica Popolare Cinese invia aiuti economici al Vietnam del Nord

• Guerra dei 6 giorni tra Israele ed Egitto,Siria e Giordania. Le forze israeliane occupano la penisola del Sinai, la striscia di Gaza il settore arabo di Gerusalemme, la Cisgiordania e le altura del Golan

1968 • Si svolgono le elezioni politiche italiane: alla Camera: DC 39,1%, PCI 26,9%, PSDI-PSI unificati 14,5 % e PLI 5,8%

• Si dimette il terzo governo Moro

• Mariano Rumor forma il nuovo governo (DC, PSI, PRI)

• Contestazioni studentesche e operaie

• A Roma gravi scontri tra forze di polizia e studenti

• ll presidente Johnson propone la sospensione dei bombardamenti in Vietnam e la conseguente apertura dei negoziati di pace

• Nella Repubblica Democratica Tedesca la nuova Costituzione sancisce il carattere socialista dello Stato tedesco orientale

• l’Onu approva il trattato contro la proliferazione delle armi nucleari. Cina, Francia e India votano contro

• In tutta Europa hanno luogo proteste studentesche

• A Parigi esplode il "maggio francese"

Bibliografia

• " Bombe e segreti " di Luciano Lanza • " Storia d'Italia" Sandro Provvisionato

cronologia degli eventi italiani e internazionali: anni 1969 - 1975

a cura di

Angelin Giacomo, Bez Andrea, Gransinigh Luca

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1969 • “Autunno Caldo” a Milano. Durante una protesta sindacale contro il “caro casa”, scoppiano gravi incidenti.

• Scoppia una bomba all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana a Milano: 16 morti e 88 feriti.

• L’anarchico Giuseppe Pinelli interrogato circa la strage di Piazza Fontana muore dopo essere precipitato dal quarto piano della questura di Milano; l’ipotesi del suicidio non è avvalorata da prove.

• Muammar Gheddafi sale al potere in Libia con un colpo di stato militare.

1970 • Nascono le Brigate Gap (Gruppi di Azione Partigiana), riconducibili a Giangiacomo Feltrinelli.

• La Sinistra Proletaria con un “Foglio di Lotta” annuncia la nascita delle Brigate Rosse e la loro presenza in Sit-Siemens.

• Il Parlamento approva lo Statuto dei Lavoratori.

• Si susseguono i governi Rumor II, Rumor III e Colombo.

• Viene istituita la legge Fortuna-Baslini, che istituisce il divorzio.

• Il nuovo governo libico espelle gli italiani dal paese.

• Il cancelliere tedesco Brandt riconosce la Germania Est e firma un trattato d’amicizia con la Polonia.

• In Irlanda del Nord ci sono numerosi scontri tra cattolici e protestanti.

1971 • Dalla sede del Msi di Catanzaro vengono lanciate quattro bombe su un corteo antifascista. Un morto e 14 feriti.

• Il giudice istruttore di Treviso Giancarlo Stiz emette tre mandati di cattura per la strage di Piazza Fontana: il procuratore legale Franco Freda, l’editore Giovanni Ventura e Aldo Trinco, tutti estremisti veneti di destra.

• La repubblica Popolare Cinese è ammessa all’ONU.

• Il presidente americano Nixon pone fine alla convertibilità del dollaro con l’oro.

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1972 • A Milano le Br incendiano le auto di Attilio Carelli (Msi) e di Ignazio la Russa (Fdg).

• Arrestato Pino Rauti, fondatore di Ordine nuovo. È accusato di ricostituzione del Partito fascista e corresponsabilità nella strage di Piazza Fontana.

• A Milano tre uomini sequestrano l’ingegnere Idalgo Macchiarini, dirigente della Sit Siemens. È il primo sequestro “politico” rivendicato dalle Br.

• Ritrovato il cadavere di Giangiacomo Feltrinelli, editore e fondatore dei Gap, sotto un traliccio dell’alta tensione a Segrate.

• A Milano viene ucciso il commissario Luigi Calabresi da esponenti di Lotta Continua.

• A Peteano di Sagrado (Gorizia) esplode un’auto che uccide tre carabinieri. Le indagini si orientano subito a sinistra. Invece i responsabili, Carlo Cicuttini (che aveva fatto la telefonata-trappola) e Vincenzo Vinciguerra, sono neofascisti con appoggi nel Msi e nel Sid (il colonnello Dino Mingarelli viene condannato definitivamente per falso e soppressione di prove).

• Esplode una bomba su un treno carico di metalmeccanici diretti a Reggio Calabria per una manifestazione sindacale.

• Si susseguono i governi Andreotti I e Andreotti II.

• A seguito di numerosi incontri bilaterali, i parlamenti della Germania Est e Ovest approvano il Trattato Fondamentale che sancisce il riconoscimento reciproco.

• Irlanda del Nord, Bloody Sunday: i Parà britannici sparano sulla folla durante una manifestazione pacifica per i diritti umani uccidendo 13 persone.

• Tra Stati Uniti e Unione Sovietica vengono siglati gli accordi SALT 1 per la riduzione delle armi di distruzione di massa.

• Durante le Olimpiadi di Monaco di Baviera un commando di terroristi palestinesi uccide undici atleti israeliani.

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1973 • All’ università Bocconi di Milano scoppiano violenti scontri tra studenti e polizia.

• Enrico Berlinguer lancia la teoria del compromesso storico fra comunisti e democristiani.

• Il Governo vara delle misure di “austerity” per limitare al minimo i consumi vista l’allarmante crescita del prezzo del petrolio.

• A Milano è vietato il comizio di Ciccio Franco, ispiratore della rivolta di Reggio Calabria. Scoppiano disordini. Esplode una bomba e muore l’agente di polizia Antonio Marino; altre 12 persone rimangono ferite.

• Per rappresaglia ai fatti di Milano viene incendiata la casa di Mario Mattei, segretario della sezione missina di Primavalle a Roma. Muoiono tra le fiamme i due figli: Virgilio, di 20 anni, e Stefano, di 8 anni.

• A Milano: durante una cerimonia di commemorazione per la morte di Luigi Calabresi scoppia una bomba all’interno della questura. Quattro morti e 45 feriti. L’autore dell’attentato è Gianfranco Bertoli, un falso anarchico, in realtà “vicino” ai servizi segreti.

• Si susseguono i governi Rumor IV e Rumor V.

• In Medio Oriente scoppia la Guerra del Kippur: l’ OPEC per protesta contro l’Occidente che appoggia Israele decide di alzare i prezzi del petrolio causando una crisi energetica mondiale.

• Gli Stati Uniti ritirano le truppe dal Vietnam.

• In Cile ha inizio una durissima dittatura dopo la caduta del governo socialista del presidente Salvador Allende.

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1974 • Le Brigate rosse sequestrano a Genova il magistrato Mario Sossi. Sarà rilasciato a Milano il 23 maggio.

• Durante una manifestazione sindacale in piazza della Loggia a Brescia scoppia una bomba abbandonata in un cestino: 8 morti e 101 feriti. La strage è attribuita a terrorismo nero. L’ultimo processo si apre nel 2008.

• Strage fascista sul treno Italicus Roma-Monaco (vicino alla stazione di San Benedetto Val di Sambro): 12 morti e 44 feriti. Se la bomba fosse esplosa nella galleria che il treno stava per imboccare i morti sarebbero stati centinaia.

• A Bologna, durante il tentativo di rapina a un portavalori, cinque terroristi di Autonomia Operaia uccidono il brigadiere dei carabinieri Andrea Lombardini. Per il delitto sarà incriminato anche Toni Negri.

• Referendum: la legge sul divorzio rimane valida.

• Governo Moro IV.

• In Portogallo cade la dittatura fascista di Marcelo Caetano, è ripristinata la democrazia e viene concessa l’indipendenza ai territori d’oltremare.

• In Grecia cade la dittatura dei colonnelli: vince le elezioni una lista di sinistra.

• L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina viene ammessa alle Nazioni Unite come rappresentante del popolo palestinese.

• Il Presidente americano Richard Nixon è costretto a dimettersi in seguito allo scandalo Watergate.

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1975 • A Pistoia i carabinieri Giovanni Ceravolo e Leonardo Falco vengono uccisi dal fascista Mario Tuti.

• A Milano, terroristi di Autonomia operaia rapiscono l’ingegnere Carlo Saronio, che morirà nel corso della notte per le eccessive dosi di cloroformio somministrategli; lo studente Alberto Brasili è ucciso a pugnalate da alcuni neofascisti.

• A Reggio Emilia Alceste Campanile, di Lotta Continua, viene assassinato. Il padre conduce una controinchiesta ma muore nel 1996 senza aver accertato la verità. Nel 1999 Paolo Bellini, estremista di destra, confessa l’omicidio di Alceste Campanile. Grazie alla confessione, il reato è stato prescritto dopo 20 anni.

• Arrestato a Saint-Raphael, sulla Costa Azzurra, il terrorista nero Mario Tuti. Nel conflitto a fuoco con i poliziotti dell’antiterrorismo viene ferito alla gola. Al termine dei processi, verrà condannato a tre ergastoli.

• Le Br sequestrano Enrico Boffa, il capo del personale Singer e capogruppo Dc di Rivoli. Verrà gambizzato prima del rilascio.

• Una sentenza stabilisce che il commissario Calabresi non era nella stanza in cui si trovava Pinelli al momento della caduta.

• La maggiore età è portata da 21 a 18 anni e viene approvata la legge n. 151 che riforma la parte del codice civile relativa al diritto di famiglia.

• Legge Reale: in pratica autorizza la polizia a sparare nei casi in cui “ne ravvisi la necessità”.

• Renato Curcio riesce a evadere dal carcere grazie all’intervento delle Br.

• A Osimo viene firmato lo storico trattato tra Italia e Jugoslavia che sancisce i confini orientali: Istria e Fiume passano definitivamente sotto il governo di Belgrado, Trieste e Gorizia rimangono entro0 confini italiani.

• Fine della Guerra del Vietnam con l’entrata dell’esercito nordvietnamita a Saigon.

• Muore il dittatore Francisco Franco: il successore Juan Carlos di Borbone avvia un processo di democratizzazione.

• In Libano scoppia una guerra civile fra cristiani-maroniti e musulmani che si conclude l’anno dopo con l’intervento di una forza di pace.

• In Germania occidentale inizia il processo contro quattro terroristi della banda Baader-Meinhof, responsabili dei più gravi attentati politici nel paese degli ultimi anni

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Bibliografia

• http://it.wikipedia.org/wiki/Anni_1960

• http://it.wikipedia.org/wiki/Anni_1970

• L’Europeo n. 11 novembre 2099 – anno VIII – allegato al Corriere della Sera, pag. 133 e seguenti

• Paolo Parisi, Il SEQUESTRO MORO - storie degli anni di piombo, BeccoGiallo edizioni, pag. 90 e seguenti.

• Storia Universale, volume n. 30 – Cronologia Universale, le grandi opere del Corriere della Sera, Nuovo Istituto d’Arti Grafiche – Bergamo 2005

cronologia degli eventi italiani e internazionali: anni 1976 - 1980

a cura di

Sara De Nicolò, Francesca Mariano, Angelica Puntel

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anno eventi italiani eventi internazionali

1976 • Presidente della repubblica: Giovanni Leone

• Presidente del Consiglio: Aldo Moro – Giulio Andreotti

• Ministro degli interni: Luigi Gui – Francesco Cossiga

• Fine del monopolio della Rai in campo radiotelevisivo; nascono infatti molte radio libere.

• 18 gennaio: Renato Curcio viene nuovamente arrestato.

• 8 giugno: le Br uccidono a Genova il procuratore della Repubblica Francesco Coco e le sue due guardie del corpo.

• 10 luglio: il MPON (Movimento Politico Ordine Nuovo) assassina il giudice Vittorio Occorsio.

• 10 ottobre: prima azione di PL (Prima Linea): assalto alla sede della Dc a Torino.

• Febbraio: in Italia scoppia lo “scandalo Lockheed”: la società americana versò tangenti a influenti personaggi politici per favorire l’acquisto di suoi aerei da parte dell’Italia. Lo scandalo investe anche il Giappone e l’Olanda.

• 17-22 giugno: nella Repubblica Sudafricana esplode la rivolta nera a Soweto, il ghetto di Johannesburg. Dopo la repressione si contano 176 morti e più di 1000 feriti.

• Giugno: dopo la fine della lotta di liberazione nazionale nasce la repubblica socialista del Vietnam, con capitale Hanoi.

Anno eventi italiani eventi internazionali

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anno eventi italiani eventi internazionali

1977 • Presidente della repubblica: Giovanni Leone

• Presidente del Consiglio: Giulio Andreotti

• Ministro degli interni: Francesco Cossiga

• Grandi movimenti autonomi, mobilitazioni nei licei, crescita delle azioni armate dei gruppi di estrema sinistra (Br, Pl e altri).

• 11 marzo: il militante Francesco Lorusso viene ucciso a Bologna dai carabinieri durante uno scontro per strada.

• 12 marzo: grandi proteste a Roma e a Bologna dopo la morte di Francesco Lorusso. Scontri di rara violenza tra militanti e forze dell’ordine.

• 12 maggio: la studentessa Giorgiana Masi è uccisa durante una manifestazione a Roma.

• 14 maggio: sparatoria in via De Amicis a Milano tra i militanti autonomi e le forze dell’ordine. Perde la vita il vicebrigadiere Antonio Custra.

• 2 giugno: Indro Montanelli, direttore de “Il Giornale”, viene gambizzato.

• 30 settembre: lo studente Walter Rossi, militante in Lc, viene assassinato a Roma da un gruppo di estrema destra.

• 16 novembre: Carlo Casalegno, giornalista e vicedirettore della “Stampa” è ferito gravemente dalle Br. Morirà il 29 novembre..

• Viene approvato nella cittadina di Maastricht un trattato economico e politico che sancisce la nascita dell'Unione Europea.

• In Bosnia-Erzegovina divampa la guerra civile.

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anno eventi italiani eventi internazionali

1978 • Presidente della repubblica: Giovanni Leone – Alessandro Pertini

• Presidente del Consiglio: Giulio Andreotti

• Ministro degli interni: Francesco Cossiga

• 14 febbraio: le Br assassinano il magistrato Riccardo Palma.

• 16 marzo: le Br rapiscono Aldo Moro a Roma in via Fani. Durante l’operazione vengono uccisi due carabinieri e tre poliziotti.

• 21 marzo: con il decreto-legge n.59 il governo aumenta le intercettazioni e prolunga il fermo di pubblica sicurezza.

• 9 maggio: Aldo Moro è assassinato dai suoi rapitori.

• 13 maggio: messa in suffragio di Aldo Moro in San Giovanni in Laterano.

• 11 giugno: referendum abrogativo della Legge Reale. Vince il no con il 76,5% dei voti.

• 21 giugno: a Genova il commissario Antonio Esposito viene ucciso dalle Br.

10 agosto: il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa è nominato capo del Nucleo speciale antiterrorismo.

• Aprile: Afghanistan, nel corso di un colpo di stato militare, il presidente Daud viene assassinato. Nuovo governo di M. Taraki, segretario del Partito comunista. Si organizza l’opposizione musulmana contro la svolta filosovietica.

• Giugno: guerra tra Cambogia e Vietnam: i vietnamiti occupano la regione detta “becco d’anatra”. La Cina appoggia il governo cambogiano di Pol Pot.

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anno eventi italiani eventi internazionali

1979 • Presidente della repubblica: Alessandro Pertini

• Presidente del Consiglio: Francesco Cossiga

• Ministro degli interni: Virginio Rognoni

• 24 gennaio: i brigatisti uccidono a Genova il sindacalista comunista Guido Rossa, accusato di aver denunciato un loro complice.

• 29 gennaio: il giudice Emilio Alessandrino viene assassinato a Milano da Pl.

• 7 aprile: arresto di Toni Negri e Oreste Scalzone per “insurrezione armata contro i poteri dello Stato”.

• 18 agosto: viene arrestato a Parigi Franco Piperno, ai vertici di Potere Operaio.

• 18 ottobre: estradizione di Franco Piperno.

• 15 dicembre: il decreto-legge n. 625 (legge Cossiga) aumenta i poteri della polizia.

• Gennaio: in Iran lo scià lascia il paese, rifugiandosi in Egitto e poi negli Stati Uniti.

• Febbraio: ritorna in Iran dall’esilio l’ayatollah Khomeini. Iniziano da parte dei tribunali islamici i processi sommari contro gli esponenti del passato regime.

• Marzo: a Washington viene firmato, con la mediazione del presidente Carter, il trattato di pace tra Israele ed Egitto.

• Novembre: in Iran gli studenti fedeli all’ayatollah Khomeini occupano l’ambasciata degli Stati Uniti a Teheran, prendendo in ostaggio i 52 addetti: vogliono in cambio l’estradizione dello scià Reza Pahlavi.

• Dicembre: ottenuto il consenso degli Stati interessati, la NATO decide di installare (dal 1983) missili a testata nucleare, i cosiddetti “euromissili”, in Italia Gran Bretagna e Germania. Rifiutano l’installazione nei loro territori Olanda e Belgio.

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anno eventi italiani eventi internazionali

1980 • Presidente della repubblica: Alessandro Pertini

• Presidente del Consiglio: Francesco Cossiga

• Ministro degli interni: Virginio Rognoni

• Scoppia lo scandalo Italcasse.

• 12 febbraio: il professor Vittorio Bachelet, presidente dell’Azione cattolica e vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, è assassinato all’università di Roma dalle Br.

• 19 marzo: il magistrato Guido Galli è ucciso a Milano da Pl.

• 28 maggio: un commando di estrema sinistra ammazza il giornalista del “Corriere della Sera” Walter Tobagi.

• 27 giugno: strage di Ustica: nel disastro aereo perdono la vita 81 persone.

• 2 agosto: strage di Bologna: 85 morti e 200 feriti. L’attentato è compiuto dall’estrema destra.

• I pentiti iniziano a parlare; particolarmente importanti le testimonianze di Patrizio Peci e Roberto Sandalo.

• Novembre: a seguito della crisi di governo nell’aprile del 1979 e dei risultati negativi alle elezioni di giugno, il PCI interrompe la politica di “solidarietà nazionale” e ritorna all’opposizione.

• 31 dicembre: le Br assassinano il generale dei carabinieri Enrico Galvaligi

• Aprile: gli Stati Uniti rompono le relazioni diplomatiche con l’Iran e invitano i paesi alleati ad associarsi all’embargo commerciale nei confronti di quello stato.

• 16-19 giugno: rivolta nera contro l’apartheid nella Repubblica Sudafricana; decine di orti nei quattro giorni di lotta.

• Luglio: Israele proclama ufficialmente Gerusalemme capitale dello stato ebraico. Dure reazioni da parte degli stati arabi e condanna dell’ONU.

• Agosto: in Polonia entrano in sciopero gli operai dei cantieri navali di Danzica e Stettino viene firmato a Danzica un accordo tra gli scioperanti e il governo, che è costretto ad accettare le richieste degli operai riguardo diritto di sciopero e sindacati. Nasce il sindacato libero di Solidarność, guidato da Lech Walesa.

• Settembre: scoppia nel Golfo del Persico la guerra tra Iran e Iraq: truppe irachene penetrano in Iran, mentre l’aviazione iraniana bombarda Bassora e Baghdad.

Bibliografia

• “Storia Universale vol. n.30 – Cronologia universale”, Le Grandi Opere del Corriere della Sera, Nuovo Istituto d’Arti Grafiche – Bergamo, 2005

• http://it.wikipedia.org/wiki

• “Il libro degli anni di piombo: storia e memoria del terrorismo italiano”, Marc Lazar, Marie-Anne Matard-Bonucci, Rizzoli 2010 Milano

cronologia degli eventi italiani e internazionali: anni 1981 - 1985

a cura di

Elena Cavucli e Stefania Florit

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anno eventi italiani eventi internazionali

1981 • Affare P2 (“Propaganda 2”) : il 17 marzo 1981 nella villa di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi (AR) avviene la scoperta degli archivi della Loggia Massonica P2; tra questi documenti viene ritrovata una lista di 962 affiliati alla Loggia, di cui Licio Gelli è “venerabile Maestro”

• Si aprono le indagini e scoppia lo scandalo: il 22 maggio 1981 viene emesso un mandato di cattura nei confronti di Licio Gelli, ed iniziano i primi “suicidi” (Tenente Colonnello Luciano Rossi); nel luglio Calvi tenta il suicidio.

• Nel dicembre viene istituito un Comitato di Indagine presieduto da Tina Anselmi

• Scandalo Sindona

• Arresto di Roberto Calvi il 21 maggio 1981 per reati valutari.

• Ferimento di Papa Giovanni Paolo II in un attentato terroristico: il 13 maggio, a Roma, Papa Wojtyla è vittima di un attentato terroristico e viene colpito con due colpi di pistola dal killer turco Ali Agca, militante de “I lupi grigi”, gruppo politico turco di estrema destra

• Polonia di Wojciech Jaruzelski nell’estate diviene Primo Ministro e Primo Segretario del POUP (“Partito Operaio Unificato Polacco”, Partito dei Comunisti Polacchi).

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anno eventi italiani eventi internazionali

1982 • 2 marzo: Processo Strage di Brescia: i giudici della Corte d’Assise di Brescia assolvono tutti gli imputati per l’esplosione dell’ordigno in Piazza della Loggia che il 28 maggio 1974 aveva causato la morte di 8 persone e il ferimento di altre 100 durante una manifestazione antifascista. Tra gli assolti anche Angelino Papa condannato a dieci anni nella prima sentenza del 2 giugno 1979.

• 18 giugno: ritrovamento del cadavere di Roberto Calvi sotto il Ponte dei Frati Neri (Londra), il 1982. Si parla di “suicidio”, ma la sua morte è avvolta nel mistero.

• 3 settembre: attentato mortale al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa

• 9 ottobre: in seguito ad un attacco terroristico alla sinagoga di Roma perde la vita un bimbo di due anni e trenta persone rimangono ferite. Gli ebrei accusano le autorità italiane di non aver saputo impedire l’attacco e anzi di aver fomentato un clima di antisemitismo, continuando tra l’altro ad incontrare il leader dell’Olp Yasser Arafat.

• Dimissioni di Giovanni Spadolini dalla carica di Capo del Governo sostituito dal democristiano Amintore Fanfani.

• Invasione del Libano da parte di Israele: si scatena la prima guerra Libano – Israeliana

• 2 aprile – 4 giugno: occupazione da parte dell’Argentina delle isole Falkland, colonie britanniche

• Iniziano a Ginevra i negoziati tra USA e URSS per il controllo e la riduzione dei missili strategici

• Muore Leonid Breznev (capo assolutodell’Unione Sovietica dal 1964), a capo di una dottrina marxista-leninista “Brezneviana”, o “dottrina della sovranità limitata”, per cui giustificava l’intervento della Russia – considerata Stato guida dei Paesi comunisti – nei Paesi alleati: si giunse così all’intervento a Praga nel 1968). Gli succede Jurj Andropov

• 14 settembre: muore per incidente automobilistico a Montecarlo Grace Kelly: l’icona del cinema degli anni ’50, principessa di monaco, moglie del Principe Ranieri III

1983 • Crisi politica: caduta del Governo Fanfani (durato meno di 100 giorni) per l’uscita di Bettino Craxi dalla maggioranza, si va alle urne il 26 – 27 giugno 1983. Nuova e straordinaria è la pesante sconfitta della Democrazia Cristiana. Diventa Presidente del Consiglio Bettino Craxi (segretario del PSI), primo socialista a ricoprire tale carica in Italia.

• Al XVI Congresso del PCI , Berlinguer conferma lo “strappo” con PCUS di Mosca.

• Muore Umberto II, ex re d’Italia.

• Rielezione di Margaret Thatcher come Primo Ministro del Regno Unito.

Anno eventi italiani eventi internazionali

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anno eventi italiani eventi internazionali

1984 • Contestazioni e scioperi sindacali contro i provvedimenti economici varati dal Governo di Craxi.

• Muore il segretario del PCI Enrico Berlinguer (22.05.1922 – 11.06.1984) : colto da malore dopo un comizio a Padova il 7 giugno. Al funerale sono presenti anche Arafat (dell’OLP) e Gorbaciov, giunto con una delegazione sovietica.

• 17 giugno: le elezioni europee - probabilmente in seguito alla recentissima morte di Berlinguer – il PCI risulta il più votato, con il 33.3 % Risultati: PCI 33.3% - DC 33.0% - PSI 11.2 % - MSI 6.5% - PLI 6.1 % - PSDI 3.5% - PR 3.4% - DP 1.4%.

• 31 ottobre: uccisione in India del primo ministro Indira Gandhi

• Scioperi e proteste dei minatori britannici contro la chiusura delle miniere di carbone ad opera del Governo Thatcher: dal 12 marzo al 3 marzo 1985.

• Rientro delle missioni di pace americane e francesi dal Libano.

• Rielezione del Presidente USA Ronald Reagan, repubblicano in carica dal 1980

1985 • A giugno viene eletto Francesco Cossiga Presidente della Repubblica.

• Tutti gli imputati sulla strage di piazza Fontana vengono assolti, a eccezione di Enzo Tortora il quale viene condannato a dieci anni di reclusione.

• Il 27 dicembre Roma viene sconvolta da un attentato: all' aeroporto di Fiumicino alcuni terroristi del gruppo estremistico Abu Nidal armati di mitragliatrici e bombe a mano provocano una strage negli uffici d'imbarco della compagnia israeliana El Al e dell'americana Twa; restano uccise 13 persone, 70 ferite e 4 terroristi sono uccisi.

• Legge 34, “misura a favore di chi si dissocia dal terrorismo”.

• Italia e Vaticano firmano l’accordo che apporta modifiche al Concordato lateranense.

• Si apre e si conclude il processo d’appello per il sequestro-omicidio di Aldo Moro

• L’economista di area Cisl Ezio Tarantelli viene assassinato dalle BR

• L'amministrazione Reagan è scossa dal caso "Iran-Contra”.

• 11 marzo: Michail Gorbačëv (all'età di 54 anni), viene eletto Segretario Generale del Comitato Centrale del PCUS, la carica più alta nella gerarchia di partito e del Paese

• A fine anno Gorbaciov e Reagan hanno un primo contatto a Ginevra : qualcosa sembra mettersi in moto nel processo di avvicinamento fra le due super potenze.

• Negli USA si scopre che sarebbe stata autorizzata la vendita illegale di armi all’Iran.

• Cinque Stati membri della CEE firmano accordi di Schengen: Belgio, Francia, Lussemburgo, Germania e Paesi Bassi.

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Bibliografia: • www.wikipedia.it

• Corriere della Sera, 16.11.2010.

• www.cronologia.leonardo.it

cronologia degli eventi italiani e internazionali: anni 1986 - 1990

a cura di

Angelica Venturini

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anno eventi italiani eventi internazionali

1986 • Attentato a Lando Conti rivendicato dalle Brigate Rosse. Viene diffusa nella circostanza la Risoluzione n. 20

• Antonio Da Empoli, consigliere economico di Bettino Craxi, viene ferito da un commando delle Brigate Rosse - Unione

• Si apre il processo Moro-ter che ricostruisce 10 anni di azioni delle Brigate Rosse a Roma e vede coinvolti 174 imputati

• Si apre il «processo Metropoli»

• la Corte d’Assise capovolge la sentenza di primo grado di assoluzione per la strage dell’Italicus condannando all’ergastolo gli imputati

• Si rafforza la Comunità Economica Europea

• Ronald Reagan accusa la Libia di sostegno al terrorismo palestinese

• La Spagna e il Portogallo diventano stati membri della CEE (che passano da dieci a dodici)

• Cernobyl (Ucraina): incidente alla centrale nucleare, reattore n.4. Nei giorni seguenti una nube radioattiva contaminerà buona parte dell'Europa

• Entra in vigore l'Atto Unico europeo (AUE), che modifica i precedenti trattati sulla CEE

1987 • Viene approvata la legge sulla dissociazione dal terrorismo.

• La strage di S. Valentino. Assalto a un furgone postale da un nucleo delle BR-PCC.

• Fine del II governo Craxi, in seguito alle controversie sulla questione nucleare

• Termina a Roma, con la condanna di ex militanti di Potere operaio, Franco Piperno e Lanfranco Pace, un processo sugli "anni di piombo"

• Giovanni Goria forma il governo. G. Andreotti diviene Ministro degli Affari Esteri (DC, PSI, PSDI, PRI, PLI)

• Rivolta a Gaza; inizio dell'intifada nei territori arabi occupati da Israele

• Libano, la Siria occupa il settore musulmano di Beirut e pone fine agli scontri tra sunniti e sciiti che insanguinano il paese dal 1975. La guerra civile terminerà nel 1990

• Settima enciclica di papa Giovanni Paolo II, Sollicitudo Rei Socialis

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anno eventi italiani eventi internazionali

1988 • Il senatore democristiano Roberto Ruffilli viene assassinato da un comando delle Br-Pcc

• in seguito a una maxi operazione delle forze dell’ordine vengono arrestati i presunti autori degli omicidi Tarantelli, Conti e Ruffilli

• Un documento firmato dai brigatisti Prospero Gallinari, Pasquale Abatangelo, Paolo Cassetta, Francesco Lo Bianco, Maurizio Locusta, Remo Pancelli, Francesco Piccioni e Bruno Seghetti, afferma che la lotta armata contro lo Stato è giunta al termine

• Presidenza USA a Bush: fra i primi atti invasione di Panama

• Inizia il ritiro sovietico dall'Afghanistan

• L'OLP proclama lo Stato indipendente di Palestina e riconosce l'esistenza di Israele

1989 • Viene emendata la costituzione con la legge costituzionale n.1, modificando le procedure in materia di procedimenti per i reati commessi dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dai Ministri

• Termina l'VIII processo per la strage di piazza Fontana, con l'assoluzione di Massimiliano Fachini e Stefano Delle Chiaie

• Viene rilevato un forte aumento del tasso di inflazione, che raggiunge il 6,1%

• Viene istituita con la legge n.86 ("legge Pergola") la "legge comunitaria", per la ricezione delle direttive comunitarie nel sistema giuridico italiano

• Caduta dei regimi comunisti in Polonia, Ungheria, Cecoslocacchia Bulgaria e Germania orientale

• Caduta del muro di Berlino e fine della guerra fredda

• Rivoluzione romena

• Intervento USA a Panama contro Noriega

• Medio Oriente, passi significativi per un riavvicinamento fra Israele e OLP

Anno eventi italiani eventi internazionali

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anno eventi italiani eventi internazionali

1990 • Milano, via Montenevoso, ex covo delle BR, vengono ritrovati documenti, lettere e verbali di Moro

• Esplode la polemica sul “caso gladio”

• Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi vengono condannati a ventidue anni di carcere per l’omicidio del maresciallo Calabresi

• Viene concluso a Roma un trattato di amicizia con l’URSS

• l'Italia aderisce al patto di Schengen, accorso sul superamento delle barriere alle frontiere.

• La Germania Est esce dal Comecon (organizzazione economica degli stati comunisti) perché si fonde con la Germania Ovest

• Riforme istituzionali e caos economico in URSS; proclamazione della Federazione della Russia: Eltsin presidente del parlamento

• Sud Africa, inizio dello smantellamento del regime dell'apartheid

• Le truppe irachene di Saddam Hussein invadono il Kuwait

Bibliografia

• http://www.anni80.info

• http://www.annidipiombo.it/piombo/cronologia

• http://www.silab.it/storia

• http://www.alterhistory.altervista.org

• http://it.wikipedia.org/wiki/1986

• http://it.wikipedia.org/wiki/1987

• http://it.wikipedia.org/wiki/1988

• http://it.wikipedia.org/wiki/1989

• http://it.wikipedia.org/wiki/1990

cronologia degli eventi italiani e internazionali: anni 1991 - 2000

a cura di

Sofia Burato e Valentina Mattiussi

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anno eventi italiani eventi internazionali

1991 • Il Parlamento italiano approva una risoluzione favorevole alla partecipazione dell’Italia alla guerra nel Golfo

• Cossiga assolve i membri di Gladio e gli iscritti alla loggia massonica P2

• Proclamazione d'indipendenza della Slovenia e della Croazia

• Inizio della guerra nell'ex Iugoslavia

1992 • Vengono uccisi a Palermo i giudici antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

• Scoppia lo scandalo Mani pulite che Provocherà il collasso della classe politica del Paese

• Viene approvato nella cittadina di Maastricht un trattato economico e politico che sancisce la nascita dell'Unione Europea

• In Bosnia-Erzegovina divampa la guerra civile

1993 • Al processo d'appello per l'omicidio del Commissario Calabresi, la Corte assolve gli imputati Sofri, Bompressi e Pietrostefani dall'accusa

• Attraverso un referendum la Cecoslovacchia subisce una secessione pacifica. Nascono la Repubblica Ceca e la Slovacchia

• In Sudafrica viene ratificata con un referendum la nuova Costituzione contro l'apartheid.

1994 • Silvio Berlusconi dà vita al suo primo Governo

• Vengono condannati all'ergastolo per la strage del 1980 Valerio Fioravanti e Francesca Mambro

• Licio Gelli viene condannato a 10 anni per calunnia pluriaggravata da finalità di terrorismo

• Si consuma in Rwanda il genocidio messo in atto dagli Hutu contro la minoranza Tutsi che procura oltre un milione di morti

Anno eventi italiani eventi internazionali

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1995 • l nuovi rinvii a giudizio per la strage di piazza Fontana. Dall'inchiesta emergono responsabilità dei neofascisti, legati a Gladio, e ai servizi segreti americani e italiani

• A Palermo si apre il processo a Giulio Andreotti accusato dai giudici di associazione mafiosa

• La Comunità economica europea diventa Unione europea, che si allarga con 3 nuovi stati (Austria, Finlandia, Svezia)

• La Nato interviene militarmente in Bosnia, ma la guerra raggiunge l'apice: si consuma la strage etnica di Srebrenica e Sarajevo viene assediata

• Viene istituita ufficialmente l'Autorità Nazionale Palestinese, embrione di un futuro stato palestinese

1996 • La violenza sessuale diventa reato contro la persona non contro la morale

• Rifondazione comunista e Ulivo si affidano ad un patto di desistenza, la Lega si presenta da sola alle elezioni; il centrosinistra vince le elezioni (R.Prodi presidente del Consiglio)

• Si diffonde il virus della “mucca pazza”

• Andreotti sotto accusa per essere coinvolto nell’assassinio di M.Pecorelli

• In Burundi i Tutsi vendicano il genocidio ruandese di due anni prima con un massacro degli Hutu

• Durante i campionati europei di calcio l’IRA compie un attentato

• Nel Regno Unito esplode il morbo della “mucca pazza”

• Attentato terroristico ad Atlanta;

• Strage di immigrati (283) al largo della Sicilia meridionale;

1997 • Istituita la Commissione bicamerale per le riforme istituzionali con presidente M.D’Alema

• A.Sofri, O.Bompressi, G.Pietrostefani sono condannati a 22 anni di reclusione per l’omicidio Calabresi

• G.Brusca confessa di aver azionato il dispositivo che ha fatto esplodere l’ordigno in riferimento alla strage di Capaci

• In seguito ad un incidente nel porto di Valona il Parlamento vota a favore di una missione di pace in Albania

• Il Consiglio dei Ministri istituisce una commissione d’inchiesta sugli abusi dei militari italiani in Somalia

• Il Parlamento italiano si esprime favorevole al rientro dei Savoia

• L’Italia guida una azione di pace in Albania, che si è appena rivolta al governo di Berisha

• Il premier israeliano permette di costruire case nella zona est di Gerusalemme, nonostante le reazioni dei palestinesi

• In Francia ed Inghilterra prevalgono le forze di centrosinistra; In Iran vincono i moderati

• Hong Kong torna alla Cina dopo 99 anni

• 159 stati firmano il protocollo di Kyoto;

Anno eventi italiani eventi internazionali

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anno eventi italiani eventi internazionali

1998 • Con 5 miliardi di riscatto G.Soffiantini è libero

• nasce lo SDI guidato da P.Boselli

• Tensioni tra Rifondazione comunista e il governo; nasce il partito dei Comunisti italiani

• Cade in Parlamento il governo Prodi

• Dopo il rifiuto di R.Prodi di guidare un nuovo Governo, il presidente Scalfaro affida l’incarico a Massimo D’Alema

• Giovanni Paolo II chiede maggior rispetto dei diritti umani a Cuba

• Nonostante lo scandalo del sexgate, Clinton e i democratici vincono le elezioni

• Il dittatore serbo Milosevic si ritira dal Kosovo dopo aver tentato una pulizia etnica contro la maggioranza albanese

• L’IRA, il governo britannico e irlandese e firmano un accordo

1999 • 11 stati membri europei adottano la moneta unica, tra cui l’Italia

• D’Alema annuncia la disponibilità dell’Italia a collaborare con la NATO in caso di intervento militare in Kosovo

• Carlo Azeglio Ciampi è Presidente della Repubblica

• Le BR uccidono M.D’Antona

• Toni Negri viene messo in semilibertà

• Sofri, Bompressi e Pietrostefani vengono scarcerati

• G.Andreotti viene assolto per il delitto Pecorelli e per associazione mafiosa

• Condannati Santapaola, Brusca, Provenzano e Calò per la strage di via D’Amelio

• Massimo D’Alema si dimette, ma Ciampi gli offre un nuovo incarico

• Entra in vigore l’Euro nell’Unione europea (non ancora nella forma contante)

• Romano Prodi è presidente della Commissione Europea

Anno eventi italiani eventi internazionali

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anno eventi italiani eventi internazionali

2000 • Il Senato approva la legge sulla par condicio

• Si apre il processo per corruzione di C.Previti, R.Squillante e F.Rovelli

• L’Arma dei Carabinieri diventa Forza armata a pieno titolo autonoma nell’ambito del Ministero della Difesa

• D’Alema si dimette dopo il risultato delle amministrative; nasce il II governo Amato

• Nasce il partito della Margherita

• Anche per la Grecia entrano in vigore gli Accordi di Schengen

• In Spagna le elezioni sono vinte dal Partito Popolare di Aznar

• Si tiene il Millennium Summit per cercare strategie per le missioni di pace, lotta alla povertà e alle malattie

• Negli Stati Uniti le elezioni sono vinte dal repubblicano George Bush jr

• Viene definitivamente spenta la centrale nucleare di Chernobyl

• Viene proclamata la “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”

• Alì Agca viene estradato in Turchia

• A Roma si celebra il giubileo

Bibliografia

• http://it.wikipedia.org/wiki/Anni_1990#1999

• http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/pop/schedaCronologia

• http://cronologia.leonardo.it

• http://www.silab.it/storia

• http://it.wikipedia.org/wiki/2000

• “Patria: 1978-2010” di Deaglio Enrico_ Il Saggiatore

cronologia degli eventi italiani e internazionali: anni 2001 - 2009

a cura di

Natashia Guerra e Francesca Del Favero

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anno eventi italiani eventi internazionali

2001 • Dopo un anno di indagine, la Digos smantella una cellula italiana del fondamentalismo islamico, attiva tra Legnano e Gallarate e collegata a Osama bin Laden, e arresta 5 tunisini

• Dal 19 al 22 luglio si tiene, a Genova (Italia), il vertice mondiale dei G8, con molti episodi di scontri fra manifestanti e forze dell'ordine e gravi disordini all'interno della città

• Silvio Berlusconi forma il suo governo, il secondo dopo quello del 1994, con 10 ministri di Forza Italia, 5 di Alleanza Nazionale, 3 della Lega Nord, 2 del Biancofiore e 5 tecnici

• Le due Camere approvano mozioni che appoggiano il governo nel sostegno agli Stati Uniti nella lotta contro il terrorismo internazionale e nell'attacco all'Afghanistan

• L'11 settembre terroristi islamici, appartenenti all'organizzazione internazionale al-Qāʿida deviano aerei civili contro le Torri Gemelle del World Trade Center di New York provocandone il crollo. Un altro aereo viene indirizzato contro il Pentagono mentre un quarto che doveva colpire la Casa Bianca, grazie ad una rivolta dei passeggeri non raggiunge il suo obiettivo ma precipita in un prato della Pennsylvania. Si conteranno più di 3.000 morti. L'America e tutto l'Occidente sono sotto shock. La paura del terrorismo si diffonde in tutto il mondo e in molti paesi si realizzano imponenti misure di sicurezza

• Il 7 ottobre George W. Bush ordina l'attacco al regime Talebano che controlla l'Afghanistan e che secondo la Casa Bianca è responsabile degli attacchi dell'11 settembre

Anno eventi italiani eventi internazionali

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anno eventi italiani eventi internazionali

2002 • È assassinato, a Bologna, dalle Brigate Rosse, l'economista e consulente del ministero del Lavoro Marco Biagi

• Gino Fasulo fa schiantare il suo aereo da turismo contro il grattacielo Pirelli causando la sua morte e quella di due donne che erano nell'edificio

• L'autorità giudiziaria francese accoglie la richiesta di estradizione dell'Italia per l'ex brigatista rosso Paolo Persichetti

• Il senatore Giulio Andreotti viene condannato a 24 anni di carcere al processo per l'omicidio del giornalista Mino Pecorelli. I suoi legali annunciano il ricorso in appello

• Viene arrestato a Napoli il presunto brigatista Michele Pegna

• È approvato definitivamente dal Senato l'articolo 41 bis sul regime carcerario speciale per mafiosi e terroristi

• Alla Conferenza di Tokyo sulla ricostruzione dell'Afghanistan partecipano 60 Paesi e 22 organismi internazionali

• Afghanistan: i primi gruppi di prigionieri, (talebani e sospetti membri di al-Qaeda), giungono nella base della marina USA a Guantanamo, sull'isola di Cuba, dove è allestito uno speciale campo di detenzione fuori dalla giurisdizione dei tribunali federali americani. Si apre la questione - umanitaria e legale - del loro trattamento

• Ha inizio all'Aja il processo all'ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic. È accusato di crimini contro l'umanità in Kosovo e di atrocità in Croazia e in Bosnia-Erzegovina

• Vladimir Putin e George W. Bush firmano, al Cremlino, un trattato sulla riduzione dei rispettivi armamenti nucleari strategici

2003 • Nella sparatoria sul treno Roma-Firenze fra le forze di Polizia e due brigatisti rossi, muoiono il sovrintendente di Polizia Emanuele Petri e il brigatista Mario Galesi. Il secondo brigatista, una donna, Nadia Desdemona Lioce, viene catturata

• La Corte di Appello di Palermo conferma l'assoluzione di Giulio Andreotti dal reato di associazione mafiosa

• È confermato l'ergastolo a Totò Riina e Pietro Aglieri per la strage di via D'Amelio

• Giulio Andreotti viene assolto per il delitto Mino Pecorelli in Corte di Cassazione per "non aver commesso il fatto"

• Il 20 marzo gli Stati Uniti invadono l'Iraq, in seguito alle accuse rivolte al governo di Saddam Hussein di possedere armi di distruzione di massa. Il presidente Bush, aveva tentato nei mesi precedenti di ottenere l'avallo dell'ONU, ma aveva incontrato l'opposizione di Francia e Russia, nonché della maggior parte delle opinioni pubbliche di tutto il mondo. Anche papa Giovanni Paolo II, si unisce al coro di protesta. La guerra,(ribattezzata Seconda Guerra del Golfo) si conclude velocemente; tuttavia le armi non saranno mai ritrovate mentre il paese precipita in una violenta guerra civile con scontri fra sciiti e sunniti, le due maggiori etnie irachene

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2004 • Unione Europea: Romano Prodi propone all'attenzione dell'Unione Europea la fine dell'embargo europeo militare e commerciale con la Libia

• Il Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi concede la grazia a Graziano Mesina, detto "Grazianeddu", ex primula rossa del banditismo sardo

• Un gruppo di terroristi ceceni irrompono nella scuola elementare di Beslan, in Russia, e tengono in ostaggio bambini e insegnanti. Dopo alcuni giorni, l'esercito russo irrompe nella scuola, causando la reazione dei terroristi. Muoiono 394 persone, di cui 156 bambini

2005 • Dopo aver liberato la giornalista de Il manifesto Giuliana Sgrena, viene ucciso a Baghdad da "fuoco amico" statunitense il funzionario del SISMI Nicola Calipari. La magistratura italiana appurerà che il soldato Mario Lozano ha scaricato 58 colpi contro l'auto che li trasportava

• Silvio Berlusconi ottiene dal senato la fiducia per il suo terzo governo

• La Cassazione assolve Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni dall'accusa di essere i responsabili della strage di Piazza Fontana

• Viene arrestato a Napoli il camorrista O'Drink

• Un decreto del Governo attribuisce poteri di polizia all'esercito contro il terrorismo

• Il 7 luglio attacchi terroristici alla Metropolitana di Londra e su un autobus provocano 52 vittime e 700 feriti. La Brigata Abu Hafs al Masri rivendica l'attentato e lo replica due settimane dopo, senza provocare però vittime

• Il partito estremista Hamas vince le elezioni palestinesi, provocando dure reazioni nella comunità internazionale

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2006 • Il ministro della difesa Antonio Martino annuncia il ritiro delle truppe dall'Iraq entro il 2006

• Viene arrestato il boss siciliano Bernardo Provenzano, dopo 43 anni di latitanza

• La polizia arresta 10 anarco-insurrezionalisti a Pisa, con l'accusa di associazione con finalità di terrorismo ed eversione dell'ordine democratico, fabbricazione, detenzione e porto abusivo di cariche di esplosivo ad alto potenziale e attentati alla sicurezza degli impianti di pubblica utilità, commessi con finalità di terrorismo

• Viene varato il Governo Prodi II, composto da due vicepremier, 25 ministri 7 viceministri e 63 sottosegretari

• Iraq: Un ordigno uccide tre carabinieri italiani e un rumeno a Nassiriya

• Il 12 luglio, un commando di Hezbollah entra in territorio israeliano e uccide tre soldati, catturandone altri due. Israele considera l'atto una dichiarazione di guerra, invade il Libano del Sud e bombarda alcune città libanesi. Dopo qualche giorno, la controffensiva degli Hezbollah, nonostante l'intervento, persiste tramite i lanci missilistici e continua a mettere in forte difficoltà la popolazione israeliana. Ad agosto, dopo il conseguimento della tregua, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU approva una risoluzione per inviare nella zona i caschi blu

• Saddam Hussein viene condannato a morte. La condanna viene eseguita il 30 dicembre. Protestano numerosi paesi e organizzazioni contro la pena capitale, mentre nel paese aumentano le tensioni, dopo la diffusione di video illegali, in cui si vede l'ex dittatore accompagnato al patibolo fra gli insulti dei presenti

2007 • La Confesercenti rende pubblico un drammatico rapporto nel quale la mafia viene presentata come la massima azienda nazionale per fatturato

• Viene arrestato Salvatore Lo Piccolo, capo di Cosa Nostra e latitante dal 1983, insieme a suo figlio Sandro Lo Piccolo e ad altri mafiosi latitanti

• Dopo una bocciatura al Senato in materia di politica estera, il presidente del Consiglio Romano Prodi rassegna le sue dimissioni al Quirinale che vengono respinte dal presidente della repubblica Giorgio Napolitano, rimandando il governo al Parlamento per la fiducia

• La Corte Internazionale di Giustizia ha stabilito che il massacro di Srebrenica fu un genocidio, ma che la Serbia non può essere ritenuta direttamente responsabile di genocidio e complicità per i fatti accaduti

• Truppe NATO lanciano due assalti in Afghanistan che si risolvono con la morte di trentotto terroristi talebani

• Iraq, strage di civili (almeno 17 morti) ad opera di mercenari della ditta americana Blackwater

• Storico accordo tra le due Coree per aiuti al Nord in cambio dello smantellamento del nucleare nel Nord. L'accordo apre la strada a un definitivo trattato di pace

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2008 • Romano Prodi decide di presentarsi alle Camere per chiedere la fiducia al suo governo

• 24 gennaio: Il Senato nega la fiducia al Governo Prodi, (156 voti a favore e 161 contrari). Alle ore 21.00 dello stesso giorno il Presidente Prodi si reca al Quirinale per rimettere il mandato nelle mani del Capo dello Stato Giorgio Napolitano

• Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano decreta lo scioglimento delle camere e la fine della XV Legislatura

• In centomila sfilano a Bari contro le mafie in una manifestazione organizzata da Libera

• Elezioni politiche in Italia: vittoria alla Camera e al Senato della coalizione tra il Popolo della Libertà e la Lega Nord, guidata da Silvio Berlusconi. Semplificazione del panorama parlamentare con l'esclusione dai seggi dei partiti di sinistra radicale.

• Il 17 febbraio il Kosovo dichiara la sua indipendenza dalla Serbia aprendo una nuova crisi politica nei Balcani, poiché la Serbia, appoggiata dalla Russia, si rifiuta di accettare la decisione del Kosovo. A favore del Kosovo si schierano però gli Stati Uniti e la maggioranza dei paesi Ue

• La Cina reprime con la violenza manifestazioni pacifiche in Tibet, a favore dell'autonomia culturale e politica della regione. In molti ipotizzano un boicottaggio per protesta della cerimonia d'apertura delle Olimpiadi che la Cina ospiterà ad agosto

• Crisi militare fra Russia e Georgia causate da tensioni sullo status dei territori autonomi georgiani dell'Ossezia del Sud e dell'Abkazia. La Russia invade il territorio georgiano, giungendo fino a Gori. Con la mediazione europea viene firmato un cessate il fuoco, che prevede il ripristino dello status quo

2009 • Giuseppe Setola, camorrista italiano e boss del Clan dei Casalesi, è arrestato dai Carabinieri a Mignano Monte Lungo (CE)

• 10 civili e 6 paracadutisti italiani del 186º Reggimento della Folgore muoiono in un attentato a Kabul; altri 50 sono i feriti e ingenti i danni provocati dall'esplosione

• Guerra di Gaza; Israele decide di reagire agli attacchi missilistici di Hamas e programma una dura operazione militare contro la striscia di Gaza. Dopo una serie di raid aerei che faranno più di 850 morti fra i palestinesi (colpita anche una scuola dell'ONU), gli israeliani iniziano l'invasione di terra arrivando alla periferia di Gaza. Dopo una conferenza di pace a Sharm el Sheik viene firmata una nuova tregua. Israele si ritira dalla striscia

• Migliaia di giovani scendono in piazza in tutte le città dell'Iran in difesa della democrazia, accusando il presidente uscente Ahmadinejad di aver vinto le elezioni grazie a brogli. Dopo alcuni giorni, il regime interviene reprimendo duramente le proteste

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Bibliografia

• http://it.wikipedia.org/wiki/Anni_2000#2009 • www.lex.unict.it/eurolabor/ricerca/eventi/anno2001.htm • cronologia.leonardo.it

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PARTE SECONDA

L’ITALIA SUL FINIRE DEL SECOLO BREVE

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INTRODUZIONE

a cura di Enrico Nadbath

Gli anni Sessanta si aprirono con la 17a Olimpiade, inaugurata dal Presidente del consiglio Giulio Andreotti il 25 agosto del 1960 a Roma. Questo avvenimento testimoniava il grande cammino fatto dall’Italia dall’inizio del secondo dopoguerra: grazie all’aiuto degli Alleati attraverso il Piano Marshall, ma soprattutto alla voglia di rinascita del popolo italiano, il Paese era riuscito a ricostruire il proprio tessuto economico e sociale. A guidare la ricostruzione dell’Italia del secondo dopoguerra furono la Democrazia cristiana, partito di maggioranza relativa con a capo Alcide De Gasperi, Presidente del Consiglio, il Partito Repubblicano, quello Liberale e quello Socialdemocratico di Giuseppe Saragat. Questi furono gli anni della politica economica di Luigi Einaudi, di quella energetica di Enrico Mattei, di quella imprenditoriale di Vittorio Valletta e di quella sindacale di Di Vittorio, Santi e Pastore. Furono soprattutto gli anni del “boom economico”, che portò ad un maggiore potere d’acquisto per molte famiglie italiane, che poterono così migliorare il proprio stile di vita. Fu questo il momento in cui gli oggetti-simbolo diventarono l’elettrodomestico e l’automobile, che incominciarono a rivoluzionare le abitudini quotidiane degli italiani. Ma furono anche gli anni in cui l’Italia si scoprì diversa da regione a regione: se infatti nel cosiddetto triangolo industriale si sperimentò un benessere fino ad allora inimmaginabile per il nostro Paese, nel Sud permanevano ancora situazioni di grave povertà. Ed fu per questo che si assisté al fenomeno della migrazione interna al Paese che vide un milione e mezzo di persone emigrare verso il Nord Italia alla ricerca di un posto di lavoro. A partire dal 1962, ma più concretamente a partire dall’anno successivo, venne inaugurata una nuova stagione politica con l’accordo fra la Dc e il Psi di Pietro Nenni; fautore della svolta a sinistra del partito di maggioranza fu il segretario Aldo Moro, il quale nel 1963 guidò il primo governo di centrosinistra “organico”, ovvero con i socialisti direttamente inseriti nella compagine ministeriale. Negli anni Settanta invece si aprì un ulteriore stagione di dialogo fra la Dc e un’altra componente importante della tradizione politica italiana: il Pci. Il segretario del Partito comunista Enrico Berlinguer propose a Moro quello che passò alla storia con il nome di “compromesso storico”: per contrastare la deriva terroristica già incominciata con la strage di piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969 e ancora prima con i primi movimenti terroristici di sinistra e per impedire un’involuzione autoritaria, fu promossa una collaborazione fra le due principali forze politiche italiane. Si volle insomma scongiurare la possibilità che in Italia si riproducesse un qualcosa di analogo al golpe di Pinochet in Cile e a quello precedente dei colonnelli in Grecia. Possibilità tutt’altro che remota come provato dal cosiddetto “Piano Solo” e dal tentativo di colpo di stato guidato da Junio Valerio Borghese.

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Gli anni Settanta furono però anche gli anni di grandi riforme in campo legislativo: furono approvati lo Statuto dei Lavoratori e la legge sul divorzio nel 1970, la legge sul finanziamento pubblico ai partiti nel 1974, la depenalizzazione dell’aborto e la riforma “Basaglia” nel 1978. Ciò che però viene alla mente immediatamente è soprattutto quell’esplosione di un’offensiva terroristica ed eversiva di cui furono protagonisti gruppi riconducibili a diverse matrici ideologiche e che attraversò per intero tutti gli anni Settanta. «Oggi, alla locuzione “strategia della tensione” i libri di storia accostano quella di “anni di piombo”, l’espressione che meglio dipinge il fenomeno del terrorismo nel Paese. In una sorta di inversione di valori (e con le dovute differenze, anche di misura), per la prima volta, nella definizione di un periodo storico, il nome di un metallo non indica il progredire della civiltà grazie all’ingegno umano che ha saputo lavorarlo, ma l’uso criminale che di quel metallo è stato fatto»1. Tra il 1970 e il 1980 furono uccisi da terroristi di estrema destra e di estrema sinistra 259 cittadini italiani: 111 vittime di stragi, 148 in attentati o scontri di piazza o nel corso di rapine realizzate dai gruppi eversivi per finanziare la propria attività. Questi sono solo alcuni dei nomi che potrebbero essere fatti: Luigi Calabresi, Francesco Coco, Vittorio Occorsio, Carlo Casalegno, Guido Rossa, Riccardo Palma, Aldo Moro, Fedele Cavolsa, Antonio Esposito, Alfredo Paolella, Girolamo Tartaglione, Fulvio Croce, Emilio Alessandrini, Antonio Varisco, Carlo Ghiglieno, Mario Amato, Vittorio Bachelet, Guido Galli, Girolamo Minervini, Nicola Giacumbi, Alfredo Albanese, Walter Tobagi, Pino Amato, Renato Briano, Fulvio Mazzanti. Poliziotti, carabinieri, magistrati, personale carcerario, politici, amministratori o dirigenti di imprese pubbliche, professori universitari: uomini di Stato; ma anche giornalisti, professionisti, sindacalisti, imprenditori, dirigenti d’azienda, commercianti, impiegati, operai; il Paese insomma. «I magistrati sono bersagli preferenziali: quali simboli (secondo le “sentenze” di morte emesse e diffuse dai terroristi) del potere repressivo dello Stato, di una autorità che si vuole sovvertire. Molte vittime del terrorismo di quegli anni sono persone che, in altri tempi, si sarebbero definite come non schierate, lontanissime da estremismi e al contrario desiderose di comprendere: più mediatori che persecutori e forse, proprio per questo e in un’ottica totalmente perversa, considerati pericolosi. «Capita invece, e non di rado, che il semplice essere dalla parte del Paese, dalla parte della legalità e dei diritti dei cittadini si trasformi in una scelta dirompente, scomoda, pericolosa. «Capita invece, e non di rado, che chi si schiera dalla parte dello Stato paghi con la vita la propria coraggiosa normalità»2. Purtroppo, o forse meno male, oggi sappiamo che a promuovere le tensioni sociali e politiche contribuirono e non poco degli spezzoni “deviati” dello Stato, che, invece di

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aiutare le indagini per la scoperta della verità, ebbero un ruolo «se non propulsivo almeno colluso in stragi e azioni terroristiche. «La confusione di quegli anni ha visto lo Stato, inteso come l’insieme delle istituzioni, mostrare due volti: nelle sue persone migliori è stato il volto del “bersaglio”, uno Stato a tratti assediato ma teso a contrastare l’eversione; in altri personaggi, invece, ha mostrato il volto di chi ha alimentato questa eversione, sfruttandola per conservare e accrescere una ben determinata situazione di potere»3. Note 1 “Qualunque cosa succeda” di Umberto Ambrosoli, Sirone Editore, 2009, pag. 47 2 “Qualunque cosa succeda” di Umberto Ambrosoli, op. cit., pagg. 49 e 50 3 “Qualunque cosa succeda” di Umberto Ambrosoli, op. cit., pag. 52 Bibliografia • “L’Italia degli anni di piombo” di Indro Montanelli e Mario Cervi, Rizzoli, 1991 • “La notte della Repubblica” di Sergio Zavoli, Mondadori, 1992 • “Qualunque cosa succeda” di Umberto Ambrosoli, Sirone Editore, 2009

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ESPLODE LA TENSIONE: LA STRAGE DI PIAZZA FONTANA

a cura di Eloisa Mele, Ilaria Pittassi, Nadia Pischiutta, Teresa Poles

“La strage di Piazza Fontana segna un punto fondamentale della storia italiana del dopoguerra. Quel giorno si materializza la criminalità di una classe politica che, per conservare il potere di fronte all’avanzata del “comunismo” è pronta a tutto. Anche a lasciare morti sul suo percorso pur di non veder messa in discussione la sua leadership. Quella strage non è una pagina oscura (..) ma un capitolo chiaro, preciso: meglio i morti che il cambiamento.(..) Per mano della destra e anche della sinistra. Un gioco perverso: la destra aveva attaccato, la sinistra doveva rispondere; anzi doveva alzare il livello di scontro.”1 Venerdì 12 dicembre 1969, 16:37: un bomba scoppia nel salone centrale della Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano. Nello stesso pomeriggio scoppiano due bombe a Roma,una davanti all’altare della Patria, un’altra all’ingresso del museo del Risorgimento, in piazza Venezia. Una quarta bomba viene trovata inesplosa nella sede milanese della Banca Commerciale Italiana, in Piazza della Scala. Quest’ultima viene fatta brillare nel cortile della banca commerciale milanese la sera stessa impedendo così di rilevare eventuali tracce. Il maresciallo Guido Bizzarri, esperto artificiere,dichiara che è stato più pericoloso far brillare la bomba che smontarla: “io l’avrei disinnescata ma nessuno me l’ha chiesto.” 2 Dopo una vicenda giudiziaria durata oltre 35 anni la strage resta impunita.

Lapide commemorativa delle vittime della strage

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I servizi segreti italiani e americani furono sospettati di avere un ruolo nella strage di Piazza Fontana. Il loro movente principale sarebbe stato quello di destabilizzare la situazione politica italiana influendo sul sistema politico democratico nel quadro della Guerra Fredda. La strategia della tensione avrebbe agito attraverso l’infiltrazione di gruppi terroristici spingendoli a compiere azioni tali da creare allarme e terrore nell’opinione pubblica, in modo da giustificare reazioni estreme come l’instaurazione di uno stato di polizia, o da destabilizzare la posizione dell’Italia nelle sue alleanze.

Cronologia delle indagini

-12 dicembre 1969 Giuseppe Pinelli e Sergio Ardau sono i primi fermati. -15 dicembre 1969 Pinelli precipita dal quarto piano della questura di Milano; Pietro Valpreda è arrestato - 21 maggio 1970 il g.i. Caizzi archivia l’istruttoria sulla morte di Pinelli - 9 ottobre 1970 si apre il processo di Calabresi contro Pio Baldelli -13 aprile 1971 Viene emesso il mandato di cattura per Freda, Ventura e Trinco - 4 ottobre 1971 Nuova inchiesta sulla morte di Pinelli per la denuncia della vedova - 23 febbraio 1972 inizia il processo per la strage di Piazza Fontana - 17 maggio 1972 Luigi Calabresi viene assassinato. - 30 dicembre 1972 Valpreda a Merlino escono dal carcere - 9 aprile 1973 Guido Giannettini viene fatto espatriare dal SID - 17 maggio 1973 Gianfranco Bertoli lancia una bomba contro la questura di Milano - 8 agosto 1974 Giannettini si consegna all’ambasciata italiani di Buenos Aires - 27 gennaio 1975 inizia alla corte d’assise di catanzaro il processo per Piazza Fontana - 1 marzo 1974 Bertoli condannato all’ergastolo - 27 ottobre 1975 D’Ambrosio chiude la sua istruttoria sulla morte di Pinelli - 23 febbraio 1979 Freda Ventura e Giannettini sono condannati all’ergastolo per la strage - 20 marzo 1981 Freda Ventura, Giannettini, Valpreda e Merlino vengono assolti - 2 luglio 1988 Leonardo Marino confessa la sua responsabilità nell’omicidio Calabresi - 22 gennaio 1997 Sofri,Pietrostefani e Bompressi sono condannati a 22 anni di carcere per l’omicidio Calabresi.Il reato di Marino è prescritto - gennaio 1989 il g.i. Guido Salvini apre una nuova istruttoria su Piazza Fontana - 21 maggio 1998 Guido Salvini chiude la sua istruttoria - 1 luglio 2001 La Corte di Assise di Milano condanna all' ergastolo Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni. Prescrizione per Carlo Digilio - 12 marzo 2004 La Corte d'assise d'appello di Milano assolve Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni - 3 maggio 2005 La Cassazione chiude definitivamente la vicenda giudiziaria confermando le assoluzioni di Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni

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CASO PINELLI E CALABRESI

“ Che Pinelli sia stato assassinato, ne sono pienamente convinto. Io,che lo conoscevo bene, so che non si sarebbe mai suicidato. Aveva due bambine che adorava, la Silvia e la Claudia, aveva una moglie... E poi tutta la sua attività politica, gli amici, eccetera. Quanto è successo lì, in questura, anche a distanza di anni, mi è incomprensibile davvero “3

“Pinelli è stato un granellino di sabbia che ha inceppato il meccanismo. Dopo la bomba di piazza fontana avevano cominciato la caccia agli anarchici... La morte di Pino è stata un infortunio sul lavoro, per loro sarebbe stato più comodo metterlo in galera e tenerlo dentro per anni” 4

Giuseppe Pinelli, responsabile del circolo anarchico Ponte della Ghisolfa, già sospettato per gli attentati sui treni dell’8 agosto 1969 ,viene fermato poche ore dopo la strage. Sul far della sera l’anarchico Sergio Ardau, giunto recentemente a Milano, incontra il suo amico Pino, e gli dà appuntamento più tardi nel loro circolo in via Scaldasole. Lì arrivano poco più tardi Luigi Calabresi, giovane commissario dell’Ufficio Politico, il brigadiere Vito Panessa, e altri agenti di polizia. Quando stanno per andarsene, arriva Pinelli con il motorino. Luigi Calabresi e Giuseppe Pinelli si conoscevano già, avevano un rapporto di fiducia reciproca:si scambiavano libri e il Pinelli chiedeva al commissario di polizia il permesso per le manifestazioni.Il commissario di P.S. afferma di non ritenere che Pinelli o Ardau siano implicati in alcun modo negli attentati del pomeriggio, ma dice di voler “avere con loro uno scambio di vedute”, “è una questione di poco”, “fra di voi si sono infiltrati pazzi criminali come il Valpreda” 5. Ardau viene scortato in questura dalla macchina della polizia, Pinelli segue in motorino.A mezzanotte tra venerdì 12 e sabato 13 Pinelli e Ardau vengono sottoposti a interrogatori “ per tutta la notte e fino alla mattina” 6 sui loro movimenti del pomeriggio ,senza verbalizzare. Il fermo di Pinelli viene protratto oltre le 48 ore senza essere notificato al palazzo di giustizia. Dopo 3 giorni di arresto illegale nelle stanze della via Fatebenefratelli, sede della questura, il ferroviere anarchico cade dal quarto piano.

Molti giornali della sinistra extraparlamentare, soprattutto “Lotta Continua”, accusano apertamente il commissario Calabresi, mentre nei cortei gli slogan più ripetuti sono: “Calabresi assassino” “Pinelli sarai vendicato”. La campagna stampa di Lotta Continua diventa ancora più accesa quando i giornalisti incaricati di seguire le vicende del Palazzo di giustizia si rendono conto che l’inchiesta sulla morte di Pinelli verrà archiviata senza responsabilità per la polizia: infatti il sostituto procuratore Giovanni Caizzi chiude l’inchiesta il 21 maggio 1970. L’obiettivo di “Lotta Continua” è chiaro: provocare Calabresi, ribattezzato commissario “finestra” perchè quereli il giornale e si possa così riaprire il caso Pinelli. Il 15 aprile Calabresi querela Pio Baldelli, direttore responsabile di Lotta Continua per diffamazione continuata e aggravata dall’attribuzione di un fatto determinato.

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Il procuratore generale di Milano, Enrico De Peppo sollecita Caizzi perchè completi l’istruttoria. Il processo deve iniziare dopo che Caizzi abbia stabilito come accidentale la morte di Pinelli. Il 9 ottobre parte il confronto in tribunale tra Calabresi e Baldelli. Il primo è difeso da Michele Lener, il secondo da Marcello Gentili e Bianca Guidetti Serra. Il giudice è Carlo Biotti e il pubblico ministero Emilio Guicciardi. Il commissario parla di Pinelli come una brava persona con cui aveva uno scambio di vedute e rapporti amichevoli: quel 15 dicembre il clima era disteso e al momento della caduta Calabresi si trovava nell’ufficio del suo capo Antonino Allegra. Cesare Vurchio, anarchico del Ponte della Ghisolfa, ricorda della minacce fatte da Calabresi a Pinelli durante un picchettaggio a San Vittore: sembra che lo avesse preso di mira perchè si era accorto di non poter contare sulla sua collaborazione. Nei giorni successivi vengono convocati tutti i poliziotti presenti durante la caduta di Pinelli: le testimonianze combaciano con quelle date poche ore dopo l’accadute con delle differenze: la fine dell’interrogatorio è alle 23.30 non più a mezzanotte; durante l’interrogatorio il brigadiere Vito Panessa parla a ruota libera, poi smentisce e poi si contraddice precisando che non c’è stata una versione concordata tra i presenti. Dopo cinque mesi viene deciso che il corpo di Pinelli venga riesumato e sottoposto a una nuova perizia medico-legale. L’avvocato Lener chiede la ricusazione del giudice Biotti: non deve più presiedere quel processo. Il 7 giugno 1971 la Corte d’appello rimuove Biotti dall’incarico. Parte intanto un’altra inchiesta su denuncia della vedova Licia Pinelli, affidata al giudice istruttore Gerardo d’Ambrosio, che il 4 ottobre del 1971 emette un avviso per omicidio volontario contro Calabresi, Lo Grano, Panessa, Caracuta, Mainardi e Mucilli.

“Sono le 9:15 del 17 maggio 1972, il commissario è appena uscito di casa, in via Cherubini, e sta attraversando la strada per raggiungere la sua macchina, una FIAT 500 blu, quando un uomo (secondo i testimoni oculari, molto alto) lo fredda alle spalle con due colpi di pistola, uno alla nuca e l’altro alla schiena, per poi fuggire. Calabresi viene ucciso alla presenza di numerosi testimoni oculari che forniscono quindi precise testimonianze e che permettono la ricostruzione di un primo identikit del killer: il 17 maggio del 1972 viene segnalato dalla questura di Pavia Mathias Deichmann un giovane tedesco di 29 anni dell’Unione italiana marxisti-comunisti, che assomiglia molto all’identikit, ma ha un alibi di ferro. Due giorni dopo, il 19 maggio Ugo Ferretti, pregiudicato e detenuto, dichiara di aver sentito negli ambienti di LC la necessità di uccidere Calabresi. Il 20 settembre sempre dello stesso anno viene fermato alla frontiera Gianni Nardi noto esponente neofascista, a bordo di una macchina carica di esplosivi, detonatori e pistole: uno degli agenti nota la sua straordinaria somiglianza con l’identikit, ma Nardi fornisce un alibi confermato da diversi testimoni. “7

L’istruttoria Pinelli si conclude il 27 ottobre 1975 con il proscioglimento degli indagati: Calabresi era ormai morto da tre anni. Pinelli non si era suicidato, ma nemmeno era stato

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assassinato: “verosimilmente” a causa di “un malore attivo” e “dall’improvvisa alterazione del centro di equilibrio” 8 era caduto fuori dalla finestra. Oggi il nome di Pinelli assieme a quello di Calabresi si trova nell’elenco ufficiale delle vittime del terrorismo stilato dal Quirinale per celebrare il giorno della memoria. La sua morte è stata archiviata dall’allora giudice istruttorio Gerardo D’ Ambrosio.

Il 17 maggio 1973 viene inaugurato un monumento al commissario nel cortile della questura di Milano, in occasione del primo anniversario della sua morte. Gianfranco Bertoli lancia una bomba contro l’entrata della Questura; egli dichiara dopo l’arresto che il suo intento era quello di colpire le autorità che commemorano Calabresi. Un poliziotto con un calcio devia la bomba che finisce sulla folla: quattro morti e quasi quaranta feriti. Il 1 marzo 1975 viene condannato all’ergastolo. La sentenza è confermata in appello il 9 marzo 1976. Dal 1993 egli è in regime di semi libertà.

Il 2 luglio 1988 Leonardo Marino si presenta ai carabinieri di La Spezia per confessare la sua responsabilità e quella dei suoi compagni nell’omicidio Calabresi. Portato a Milano trascorrono 7 giorni prima di ottenere una completa confessione. Secondo Leonardo Marino nell’autunno del 1971 Giorgio Pietrostefani, uno dei leader di LC, gli avrebbe comunicato che l’esecutivo politico dell’organizzazione aveva deciso di uccidere Calabresi. A lui, nello specifico, veniva chiesto di occuparsi della guida della macchina, mentre Ovidio bompressi sarebbe stato l’esecutore materiale. Marino però voleva avere conferme dal leader indiscusso del movimento, Adriano Sofri, che avrebbe quindi incontrato il 13 maggio del ’72 durante un comizio a Pisa. Qui, sempre secondo la versione di Marino, Sofri gli avrebbe confermato la necessità dell’operazione. In seguito, quindi, Marino si sarebbe recato insieme a Ovidio Bompressi a Milano dove, dopo aver rubato una macchina, la mattina del 17 maggio, avrebbero ucciso il commissario Calabresi. Il 28 luglio vengono arrestati oltre a Marino Adriano Sofri, Stefano Bompressi e Giorgio Pietrostefani. Il primo è stato il leader indiscusso di Lotta Continua e il terzo il capo del movimento di Milano. Inizia il processo: l’accusa si basa solamente sulla confessione di Marino secondo il quale Sofri e Bompressi sarebbero stati i mandanti, Pietrostefani l’esecutore materiale e lui alla guida dell’auto. Tutti condannati a 22 anni di carcere, Marino a 11. La Cassazione il 23 ottobre 1992 annulla la sentenza per insufficiente motivazione. Il 21 dicembre 1993 la Corte d’assise d’appello assolve tutti.Il 27 ottobre 1994 viene annullata la sentenza. Una terza corte d’appello condanna Sofri, Bompressi e Pietrostefani a 22 anni mentre Marino vede il suo reato prescritto. Il 22 gennaio 1997 la Cassazione conferma le condanne.

GIANFRANCO BERTOLI

“Chi era veramente Gianfranco Bertoli? Un fascista, un agente dei servizi? Un compagno, sebbene avesse compiuto un errore tragico e imperdonabile? Un compagno caduto in qualche trappola dei servizi che lo avrebbero strumentalizzato ed usato? Il suo difficile

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vissuto personale non può aiutarci a dare una risposta certa, univoca. Probabilmente la verità è calata nella fossa con lui” 9

Gianfranco Bertoli (Venezia, 30 aprile 1933 – Livorno, 17 dicembre 2000) fu un anarchico individualista, responsabile della strage della Questura di Milano, il 17 maggio 1973. Alle 11 del mattino, in via Fatebenefratelli, durante l’inaugurazione di un busto, da parte del Ministro dell’Interno Mariano Rumor, in memoria del commissario Luigi Calabresi, ucciso un anno primo, Gianfranco Bertoli lanciò una bomba a mano in mezzo alla folla, provocando 4 morti e 45 feriti. Immediatamente arrestato, Bertoli dichiarò di aver reagito per vendicare l’assassinio di Giuseppe Pinelli e al processo negò il coinvolgimento di altri nell’attentato, assumendosi tutte le responsabilità. Dietro a questa versione Bertoli si trincerò sempre, anche dopo essere stato processato e condannato all’ergastolo nel 1975, fino alla sua morte. Ma nessuno riuscì mai a credere al suo racconto.

- Secondo le indagini di Guido Salvini, confermate dalle testimonianze di Vincenzo Vinciguerra, l’obbiettivo di Bertoli sarebbe stato proprio Mariano Rumor, colpevole di non aver proclamato lo stato d’assedio quando era Presidente del consiglio il 12 dicembre 1969, in occasione della strage di Piazza Fontana. Ma di fatto, al momento della strage di Fatebenefratelli, Rumor se n’era già andato. - Appena arrestato si dichiara anarchico individualista, dice di provenire da un kibbuz israeliano dal quale ha rubato la bomba. È vero, è partito l'8 maggio da Haifa (Israele): ma dopo aver fatto scalo a Genova riparte per Marsiglia. Il 16 è in Italia: ha in tasca un passaporto rubato e falsificato, intestato a Massimo Magri, militante marxista-leninista. E dice di avere con sé quella bomba a mano, con la quale avrebbe passato indenne ben 3 frontiere. A Milano si avvicina all'edicola gestita dall'anarchica Augusta Farvo, e cerca inutilmente di farsi dare l'indirizzo di un altro anarchico. In serata è a casa di Rodolfo Mersi, sindacalista fascista e confidente della polizia, nonché trafficante di armi a Venezia negli anni 1954/55: all'epoca Mersi si era rivolto proprio a Bertoli, anche lui nel commercio delle armi, per i suoi traffici. Quella di Rodolfo Mersi non è l'unica conoscenza "strana" per un sedicente anarchico, anche in Israele ha amicizie : ad esempio i fratelli Jemmy, esponenti di Ordre Nouveau, versione francese di Ordine Nuovo. Ma soprattutto, l'anarchico solitario non è né anarchico, né solitario: sotto il nome in codice di “Negro” è stato agente dei servizi segreti dal 1954 al 1960 (SIFAR), infiltrandosi nel PCI, e poi di nuovo dal 1966 al 1971 (SID), quando fugge in Israele. Non solo: alla pubblicazione degli elenchi della struttura Stay Behind (“Gladio”) salta fuori il suo nome. Un caso di omonimia, sostengono i servizi segreti.

L'inchiesta del giudice Lombardi, che proseguì per 25 anni, si incrocia e si sovrappone con quella del giudice Salvini sulla strage di piazza Fontana: i riscontri dell'una confermano quelli dell'altral. E con l'inchiesta Salvini condivide l'iter processuale: una sentenza di

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primo grado (2000) che condanna all'ergastolo (pena che Bertoli aveva già subito) per strage i neofascisti Carlo Maria Maggi, Giorgio Boffelli, Francesco Neami, Amos Spiazzi, e a 15 anni per depistaggio Gianadelio Maletti, generale del servizio segreto militare; una sentenza d'appello (2002) che ribalta tutto, smentendo l'istruttoria-Lombardi e assolvendo i neofascisti; l'annullamento dell'appello in Cassazione (2003); infine, la sentenza del 22 febbraio 2005, che conferma l'assoluzione per i neofascisti. In questa sentenza, che assolve Maggi per insufficienza di prove, si riconosce che Bertoli “non agì perché mosso dalla propria scelta ideologico-politica di anarchico individualista, come lo stesso ha sempre sostenuto, bensì fu solo l'esecutore materiale dell'attentato, in attuazione di un incarico da altri affidatogli.” 10 “È ragionevole e corrispondente a una valutazione logica dei dati di fatto accertati”, scrivono i giudici, “ritenere probabile che la strage sia stata organizzata dal gruppo ordinovista facente capo a Maggi [...]unica formazione in grado di agire concretamente, di compiere attentati”. Dunque, se manca la prova concreta che collega Bertoli a Maggi - l'ordine di eseguire la strage potrebbe essere stato dato a Bertoli “da altri esponenti di gruppi ordinovisti veneti” - viene confermato che Ordine Nuovo era una “associazione eversiva che perseguiva finalità criminose, e i cui membri condividevano la linea stragista, meditavano attentati, auspicavano un colpo di Stato e disponevano di consistenti quantità di armi, munizioni ed esplosivi”11 Come per piazza Fontana, la verità giudiziaria si ricongiunge alla verità politica. Come per piazza Fontana, nessuno paga per aver ideato e organizzato una strage.

PIETRO VALPREDA

“Sopra il sangue secco” 12

Sopra il sangue secco di queste vene saran cessate ormai le mie pene. Dall'oblio e dalla polvere dove mi trovo di queste parole fatene tesoro. Mi voglio rivolgere in questa triste circostanza, a coloro che reggono la dea con la bilancia. Sbagliate nel caso mio a giudicarmi assassino non sarò certo l'ultimo e nemmeno il primo.

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Nella vostra professione permettersi di errare vuol dire una vita per sempre rovinare. Basta, pare un pazzo o un'illusione per trarre errata la conclusione. Prima di emettere e giudicare vi prego, ogni nulla di voler vagliare. Fate che l'accusa sia limpida e schiacciante che non solo un fatto sia determinante. Perché molte volte l'unica verità può essere nascosta da mille falsità. Se nella mente vi sorge un solo sospetto d'innocenza, fate che sia lui a emetter la sentenza. Lo scrisse anni or sono Cesare Beccaria, «meglio cento colpevoli liberi purché un innocente in galera non stia» So che soltanto mi crederete quando sgorgar dalle vene il mio sangue vedrete. Il denaro e la morte son le poche verità in cui ancora crede questa società. Pietro Valpreda

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Così scriveva Pietro Valpreda, anarchico milanese, che il 15 dicembre 1969 venne arrestato con l’accusa di essere l’esecutore materiale della strage della Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana, a Milano.

Biografia

Pietro Valpreda nacque il 29 agosto 1932, da Emilio ed Ele Lovati. Trascorse l’infanzia a Cannero Riviera, in riva al Lago Maggiore, e visse a Milano il periodo dell’adolescenza dopo che la famiglia si trasferì nel dopoguerra. La sua passione era la danza e riuscì a convincere i genitori, inizialmente contrari, che questo mestiere lo avrebbe aiutato ad uscire dal giro pericoloso del quartiere popolare in cui abitava. Non ancora ventenne, con il nome d’arte “Piero Hennes”, Pietro faceva già parte della compagnia di avanspettacolo di Raffaele Trengi. Per anni quello fu il suo vero mondo. Quando, alla fine degli anni ’50, si stabilì definitivamente a Milano, si consolidarono i suoi rapporti con l’anarchismo ed iniziò la sua amicizia con Giuseppe Pinelli. Alla fine del 1967 Valpreda fu attivo soprattutto presso il circolo anarchico Ponte della Ghisolfa. Nel 1969 si trasferì a Roma e frequentò il circolo Bakunin dove conobbe Mario Merlino, militante di Avanguardia Nazionale, che si professava anarchico, con il quale maturò l’idea di fondare un nuovo gruppo di orientamento più radicale. A loro si unirono il “compagno Andrea”, alias Salvatore Ippolito agente infiltrato della Polizia, e altri giovani aderenti e nacque il Circolo anarchico 22 marzo. Il 15 dicembre 1969 fu arrestato per la strage di piazza Fontana, a Milano. Il 29 dicembre 1972 fu liberato per decorrenza dei termini di carcerazione in forza della cosiddetta “Legge Valpreda” (Legge 773) appositamente promulgata per permettere la sua scarcerazione. Nel 1979 fu definitivamente assolto per insufficienza di prove dalla Corte d’Assise d’Appello di Bari. Questa sentenza sarà successivamente confermata dalla Corte di Cassazione. Assieme all’amico Piero Colaprico scrisse tre libri con protagonista il maresciallo Binda : “Quattro gocce di acqua piovana”, “La nevicata dell’85”, “La primavera dei maimorti”. Dalla moglie Pia ebbe un figlio: Tupac Libero Emiliano. Il morbo di Bϋrger, malattia diagnosticata fin dalla giovane età, peggiorò sempre più le sue condizioni di salute portandolo alla morte il 6 luglio 2002, a Milano. I funerali si svolsero l’8 luglio organizzati dal Circolo anarchico Ponte della Ghisolfa.

Il fatto

Nella giornata del 12 dicembre 1969 Valpreda si trovava effettivamente a Milano. Era arrivato alle 7 del mattino, e si era stabilito in via Ospici, nella casa della zia Rachele Torri.

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Il 15 dicembre, infatti, doveva presentarsi davanti al giudice istruttore Antonio Amati poiché aveva in corso un processo per la distribuzione di un opuscolo contro il papa. Al termine dell’interrogatorio con Amati, Valpreda fu arrestato da due agenti in borghese, accompagnato alla questura Fatebenefratelli, dove l’interrogatorio proseguì fino alle quattro del pomeriggio, e successivamente trasferito a Roma. Portato dunque dal sostituto procuratore della Repubblica, Vittorio Occorsio, fu nuovamente interrogato a lungo e nuovamente ripropose il suo alibi per il pomeriggio del 12 dicembre. Alle tre di notte, fu fatto un sopralluogo sulla via Triburtina, alla ricerca di un presunto deposito di esplosivo del gruppo 22 Marzo, ma non fu trovato nulla. La mattina dopo, il 16 dicembre, Valpreda fu sottoposto ad un altro lungo interrogatorio. A pomeriggio avanzato, fu condotto al palazzo di giustizia e, dopo che ebbe potuto nominarsi come proprio avvocato Guido Calvi, fu fatto disporre in mezzo a quattro poliziotti in borghese. Il giorno prima, infatti, a discapito di Valpreda, era giunta la testimonianza di un tassista, Cornelio Rolandi, che aveva dichiarato di aver trasportato l’attentatore il giorno della strage e di averlo poi riconosciuto in una fotografia. In quella ricognizione di persona, la diversità tra Valpreda, disfatto, con addosso gli stessi abiti con cui era stato trasferito ventiquattr’ore prima e senza nemmeno essersi lavato, e gli altri uomini, puliti e ordinati, saltò immediatamente agli occhi. Il riconoscimento di Rolandi fu messo a verbale e dopo un ultimo breve colloquio con l’avvocato Occorsio, Valpreda fu arrestato e condotto in carcere. L’indomani la stampa si scatenò in ritratti di una ferocia senza precedenti. Valpreda fu definito “mostro” dal quotidiano monarchico “Roma” e “bestia umana” dal “Corriere d’informazione”, che ne fece veramente un disegno esemplare: “La macchina del terrore è saltata, ormai si tratta soltanto di raccoglierne le schegge. La bestia umana che ha fatto i quattordici morti di piazza Fontana e, forse, anche il morto, il suicida di via Fatebenefratelli, è stata presa, è inchiodata: la sua faccia è qui, su questa pagina di giornale, non la dimenticheremo mai, la bestia ci ha fatto piangere, ci ha fatto sentire fino in fondo l’amarissimo sapore del dolore e della rabbia. Ora si comincia a respirare, si comincia a tirare la somma della diabolica avventura. Il massacratore si chiama Pietro Valpreda, ha trentasette anni, mai combinato niente nella vita […]” 13

L’accusa di Rolandi

La mattina del 15 dicembre 1969, il tassista Cornelio Rolandi fornisce due versioni diverse riguardo alla presunta colpa di Valpreda nella strage di Piazza Fontana. Una ad un passeggero, il professor Liliano Paolucci, un direttore didattico con il quale si confidò, e l’altra ai carabinieri. Paolucci insistette perché Rolandi andasse subito dalla polizia, e poco dopo Rolandi era dai carabinieri. - Il primo verbale di Rolandi dai carabinieri è delle ore 11,35 del 15 dicembre 1969. Ed è cambiato molto rispetto alla testimonianza precedente: dice che “il passeggero è salito sul

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suo taxi in piazza Beccaria con in mano una borsa nera che portava con una certa fatica perché evidentemente pesava e gli ha detto di volata in via Albricci, passando per via Santa Tecla. Arrivati in via Santa Tecla il passeggero è sceso sbattendo molto forte la portiera e dicendo di attendere un attimo e Rolandi attraverso lo specchietto retrovisore l’ha seguito e l’ha visto voltare per via S. Clemente. Dopo tre o quattro minuti l’ha visto tornare, nervoso e senza più la borsa nera, l’ha accompagnato in via Albricci e ha riscosso la quota di 600 lire per la corsa” 14 -Il passeggero descritto inoltre da Rolandi era alto 1,73-1,74 e si esprimeva con “con un italiano corretto, studiato, ma senza particolari inflessioni” 15, mentre Valpreda non superava il metro e 66 e aveva l’erre francese. -La stessa testimonianza accusatoria in seguito alla ricognizione di persona della sera del 16 dicembre presenta diverse obiezioni: allo stesso Rolandi, prima del confronto, il questore milanese Guida aveva mostrato una fotografia di Valpreda, il quale, secondo gli inquirenti assomigliava molto all’identikit fatto in base alla descrizione del tassita, quindi il tassista sarebbe stato condizionato dalla foto che gli era stata mostrata. E per di più, prima di entrare nella stanza in cui si trovavano Valpreda e gli altri quattro poliziotti in borghese, Rolandi era stato trattenuto dall’avvocato Calvi che ripetutamente gli aveva chiesto se mai prima gli fossero state mostrate delle fotografie o avesse visto delle immagini dell’imputato. Dopo aver negato per tre volte, alla fine Rolandi rispose: "Ah sì, a Milano mi è stata mostrata una fotografia e mi è stato detto che era quello che dovevo riconoscere"; 16 dopo essere stato indicato dal tassita, Valpreda aveva obbiettato: "Io? ma guarda bene. Io non ho mai preso il tuo taxi in vita mia. Ma guarda bene," e Rolandi avrebbe mormorato: "Beh, se non è lui, qui non c'è”. Ma questa frase non fu udita dai presenti, da Occorsio, e quindi non passò a verbale; 17 Infine, da Piazza Beccaria, dove sostava il taxi, all’ingresso della Banca ci sono poco più di cento metri, quindi non avrebbe avuto molto senso prendere un taxi, con il rischio oltretutto di farsi riconoscere.

Molti altri furono i motivi d’accusa che riconoscevano in Valpreda in vero responsabile della strage, tra cui le precedenti accuse per le bombe del 25 aprile 1969 alla fiera e alla stazione centrale di Milano e dell’8 agosto su nove treni in diverse zone dell’Italia, e il ritrovamento di un vetrino colorato all’interno della borsa trovata alla Banca, tipico delle fabbricazioni anarchiche di anelli, catenine e lampade in stile liberty, per sbancare il lunario.

A sostenere Valpreda sono le testimonianze della zia, che lo aveva ospitato una volta giunto a Milano. Valpreda trascorse anche i giorni 13 e 14 dicembre a Milano, in casa dei nonni Lovati, ricevendo le visite della sorella, della madre e di un'amica, Elena Segre.

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Quando però la polizia trovò. nel giro dell'avanspettacolo romano. i testimoni disposti a giurare che Valpreda si trovava a Roma il 13 e 14 dicembre, scattò l'incriminazione delle parenti per falsa testimonianza.

Sergio Zavoli, nel suo libro “La notte della Repubblica”, riporta l’intervista fatta a Valpreda

_Zavoli: Signor Valpreda, dove si è fermata a suo avviso la verità? _Valpreda: Subito dopo la strage, appena arrivarono i giudici mandati dal potere, da Roma, che carpirono l’istruttoria al giudice naturale di Milano, un giudice di Magistratura democratica che, allora, sembrava volesse fare non solo un’indagine con i crismi della legalità, come è stato fatto in seguito, ma anche appurare la verità che fu rapinata, invece, dopo ventiquattro ore. Credo che da allora la verità sia sparita totalmente, anche se poi con controinchieste, mezze ammissioni, eccetera, qualcosa emerse… non in forma attiva, ma in forma negativa… non del genere “ha fatto”, ma “non mi ricordo”, “non ho potuto fare”. Però, si, qualcosa è rimasto. _Zavoli: Il nostro è uno Stato di diritto, con una democrazia forte, in cui si ha la più alta percentuale di votanti nel mondo, e che al terrorismo ha dato risposte non ideologiche: è disposto oggi a riconoscerlo? _Valpreda: Secondo le mie esperienze mi sembra che siamo usciti abbastanza fuori dalla Costituzione. Non voglio parlare di altre persone che, inquisite, sono state anni in carcere, forse più duro del mio, e che poi, passato gli anni dell’emergenza, sono risultate innocenti. C’era un clima pesante, allora, e non mi sembra fosse il clima dei dettami costituzionali. _Zavoli: In altri paesi pur democratici – la Germania occidentale, per esempio – si sono scelte a volte forme inconfessabili di repressione, mentre da noi emergenza e garantismo hanno cercato una difficile conciliazione. A suo giudizio, il sistema delle garanzie, in generale, è stato rispettato nel nostro Paese? _Valpreda:No. _Zavoli: Questa giustizia che le è stata resa le basta o la vuole piena, senza alcuna riserva? _Valpreda: Ma senta, io ho trovato abbastanza forza in me per reagire, e forse ho avuto anche una situazione oggettiva che mi ha permesso di rifarmi una vita. Per il resto, non credo di dover chiedere di più? Non credo neanche che lo Stato possa e voglia dare di più. Altri hanno detto: sarà fatta giustizia, sarà fatta luce. Non so, questo mi pare misticismo? Credere in un dio statale che non esiste? Perché dovrei pregare davanti a un altare in cui non credo? C’è una verità dello Stato. Io ho avuto la mia, che mi ha promesso di sopravvivere. Proseguo con la mia. _Zavoli: C’è un tempo della verità che viene per le persone, cioè dentro di noi, al di là di ciò che accade fuori. In genere è il dolore, la sofferenza a risistemare, negli anni, cose, pensieri, sentimenti e giudizi. Quella strage ha avuto strascichi gravi, persino delittuosi (penso all’uccisione del commissario Calabresi). Di fronte alla colpevolizzazione di

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Calabresi, concitata, emotiva, senza appello, qual era il suo stato d’animo, allora? Come reagì alla notizia di quell’evento e come lo giudica, oggi? _Valpreda: Quando fu ammazzato il commissario Calabresi mi trovano ancora in carcere, attraversavo un periodo abbastanza critico. Il commissario fu ucciso poco tempo dopo che fu sospeso il mio primo processo a Roma e non vedevo una via d’uscita. Se dicessi che allora mi è dispiaciuto della morte del commissario Calabresi sarei un ipocrita. Adesso, forse, riuscirò a scindere il Calabresi uomo che conoscevo dal Calabresi politico, portato avanti come emblema di morte da Lotta continua, dai compagni e anche dal sottoscritto. Calabresi era sicuramente un individuo preparato e intelligente. Credo che uno dei motivi per cui è arrivato dove p arrivato, cioè ad essere assassinato, sia stata l’ambizione. Sì, Calabresi era un ambizioso? nel senso che anche nei nostri interrogatori non voleva mostrarsi un commissario sprovveduto, ma diceva: “Guarda, io ho letto Bakunin, perciò non mi dire questo, ho letto Malatesta” e così via. Aveva una certa preparazione, insomma. E’ certo che Calabresi non era nella stanza quando morì Pinelli. C’erano quattro poliziotti e un carabiniere, si sanno i nomi e i cognomi. Un altro dato è certo: Calabresi conosceva me e conosceva ancora meglio Pinelli, che era quello che andava in questura a chiedere i permessi per le affissioni dei manifesti e per le manifestazioni. Lo conosceva benissimo e sapeva benissimo che Pinelli era innocente? ne sono convinto. Perché a un sospetto di strage, fermato in un gruppo anarchico, si dice:”Noi andiamo in macchina, tu seguici con il motorino.” Quella era una strage. Quando mai si è visto che la polizia, anche a uno sospettato di avere accoltellato la moglie, dica:”Siamo stretti, noi andiamo in macchina, tu seguici in bicicletta”? Qui si prende in giro l’intelligenza delle persone. La morte di Calabresi credo che alla sinistra abbia fatto più male che bene. Mentre con Calabresi vivo potevano forse emergere alcune responsabilità, Calabresi morto diventava una pietra tombale. _Zavoli: Perdoni, a me non interessava tanto sapere il giudizio, diciamo, politico su quella morte e sull’opportunità o meno di uccidere in base ad alcune logiche, seppure perverse. Io volevo chiederle: lei, in fondo, parlando di Calabresi, la cosa più negativa che ha potuto attribuirgli è l’ambizione. Ma l’ambizione è una colpa da pagare con la vita? _Valpreda: No! _Zavoli: Oggi, che giudizio dà dell’uccisione di Calabresi? _Valpreda: Come ho detto prima, un giudizio negativo sotto tutti i punti di vista. E là in questura, sicuramente, ci sono nomi e cognomi di persone che anno senz’altro più responsabilità di Calabresi. Zavoli:Che cosa pensa sia accaduto quella notte negli uffici della questura, dopo che Pinelli fu interrogato da Calabresi? _Valpreda: Senta, io ci ho pensato per anni e ci penso ancora sul piano politico, e sul piano umano, perché per me Pinelli era un amico e un compagno. Pinelli trascorse settantadue ore in questura, ben oltre i tempi di un fermo regolamentare. In quei due giorni poté muoversi, telefonare alla moglie, la moglie poté andare a ritirare la sua paga. Ora,

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quel minimo di libertà che Pinelli aveva in questura non era la libertà che si dà a un individuo sospettato non dico di strage, ma nemmeno di un volgare furto. Difatti, appena c’è un piccolo sospetto, la polizia tiene altri comportamenti. Il fermato viene accompagnato anche per i suoi bisogni personali e la porta rimane aperta. Pinelli, invece, ha potuto, come dicevo prima, telefonare a casa fino alle dieci di sera. Alle dieci di sera comincia questo interrogatorio e Pinelli precipita dal quarto piano della questura. Sembra che ci sia una frattura tra queste settanta ore e le ultime due, che sia successo un qualcosa che esuli da piazza Fontana, un avvenimento diverso, estraneo: qualunque ipotesi è buona. Che Pinelli sia stato assassinato, ne sono pienamente convinto. Io, chi lo conoscevo bene, so che non si sarebbe mai suicidato. Aveva due bambine che adorava, la Silvia e la Claudia, aveva una moglie? e poi tutta la sua attività politica, gli amici, eccetera. Quanto è successo lì, in questura, anche a distanza di anni, mi è incomprensibile, davvero? _Zavoli: Vent’anni, dunque, per avere giustizia: non solo lei ma, insieme con lei e con tanti altri, soprattutto i familiari di quelle povere persone morte di stragismo, cioè di un delitto alla cieca che mette insieme della gente sconosciuta e la trasforma in un bersaglio. Si saprà mai la verità, e a quali condizioni’ Lei crede ancora nella giustizia? _Valpreda: Non necessariamente. Credere nella verità non comporta credere nella giustizia. In questi ultimi tempi abbiamo visto che, forse, credere nella verità è porsi in antitesi con la giustizia. Io, per conto mio, sono convinto che alcune verità non si sapranno più. Credo che, anche aprendo tutti gli archivi dei Servizi segreti, non possano emergere altre verità. Potrebbero emergere delle indicazioni, delle ammissioni, delle non responsabilità, forse. Ma la colpevolezza non credo più che si trovi! _Zavoli: Io non sono in grado di stabilire se questo suo pessimismo abbia fondamento, so però che non andrebbe incoraggiato. Vorrei aprire una piccola finestra, invece, sul futuro. In nome dell’ottimismo: suo figlio. Lei lo ha chiamato Tupa Libero Emiliano. Oggi ha quindici anni, ha pertanto vissuto, in grado di capirle, le ultime fasi delle sue lunghe vicissitudini giudiziarie. Gli ha mai palato della sua storia? E lui le ha mai fatto domande? Come vi siete spiegati? _Valpreda: Devo dire che mio figlio non ha mai avuto problemi. Casa mia è sempre stata frequentata dalla nostra cerchia, un gruppo di amici, compagni, persone che non hanno fatto pesare a mio figlio niente. Nel quartiere, uguale. Non veniva additato come “il figlio del mostro”. La mia storia lo ha sfiorato, senza nemmeno toccarlo. _Zavoli: Che cosa si augura per suo figlio? _Valpreda: Beh, che sia felice. Non gli auguro né soldi, né successo. E, ovviamente, che non passi le esperienze che ha passato suo padre.” 18

FRANCO FREDA E GIOVANNI VENTURA

Franco Freda, familiarmente chiamato Giorgio, nacque a Padova l’11 febbraio 1941 ed è un editore italiano neofascista. Attento alla politica fin dal ginnasio, presiedette la sezione San Marco del FUAN (l’organizzazione degli studenti universitari del Movimento Sociale

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Italiano, Msi), rendendolo più autonomo dal partito che riteneva “non in ordine”. Nel 1963, dopo essersi laureato in giurisprudenza, abbandonò l’Msi e con il sodalizio tradizionalista Gruppo Ar, costituì le Edizioni Ar, una casa editrice di orientamento neofascista che raccoglieva i classici del pensiero antiumanistico e antidemocratico da Gobineau, a Nietzscje, a Spengler a Evola: il nome infatti derivava dalla particella linguistica indoeuropea “ar”, che costituiva l’iniziale di parole riferite alla superiorità e all’eccellenza (come aristocrazia e ardimento). Dal momento che l’attività politica del gruppo si risolse nella pubblicazione di libri, per l’attività politica concreta Freda e i membri di Ar si legarono ad altre organizzazioni della destra radicale, quali Ordine Nuovo, fondato nel 1956 da Pino Rauti e il Fronte Nazionale, fondato nel 1967 dal principe Junio Valerio Borghese, in stretto contatto con Avanguardia Nazionale, fondata da Stefano delle Chiaie nel 1960. Venne processato e poi assolto per la Strage di Piazza Fontana, in seguito nuove prove ne confermarono la colpevolezza ma in base al principio del ne bis in idem (non due volte per la medesima cosa) non potè subire un nuovo processo. Nel 1990 fondò a sua volta il Fronte Nazionale, di cui diventò Reggente: nel 1995 i suoi membri vennero condannati a 6 anni per il reato di ricostituzione del partito fascista, condanna che per Freda venne ridotta a 3 anni nel 1999, modificando il reato in propaganda all’odio razziale; il movimento venne sciolto nel 2000.

Giovanni Ventura nacque a Piombino Dese il 2 novembre 1944 fu un estremista di destra e piccolo editore a Catelfranco Veneto. Militò inizialmente nell'Azione Cattolica, che nacque nel 1904 in seguito all’enciclica di Pio X ma le cui origini risalivano al 1867, e poi nel Movimento Sociale Italiano, da cui si staccò nel 1966 "perché troppo molle". Smise l’attività di insegnante di ginnastica ed aprì la libreria Ezzelino a Padova, diventando un piccolo editoree legandosi a Franco Freda dopo la pubblicazione della rivista Reazione, di stampo neonazista, ma anche filocinese . Dopo l’arresto nel 1973 confessò di aver preso parte agli attentati della primavera-estate 1969 :le due bombe a Milano del 25 aprile 1969 e le bombe sui treni del 9 agosto 1969 (8 bombe rudimentali a bassa potenza esplosero su 8 treni in movimento in diverse località d'Italia, provocando 12 feriti, una bomba inesplosa venne trovata sul treno Bari - Venezia e un'altra venne trovata alla stazione centrale di Milano sul treno Trieste – Parigi). Negò soltanto il coinvolgimento nella Strage di Piazza Fontana, per cui venne assolto; successivamente però si scoprirono le prove della sua colpevolezza. Venne condannato per associazione sovversiva per i 21 attentati del 1969 e scontò undici anni di carcere tra Italia e Argentina. Morì a Buenos Aires il 2 agosto 2010, dove gestiva il ristorante Filo.

Il 15 dicembre 1969 Guido Lorenzon, professore di francese di Maserada sul Piave iscritto alla Democrazia Cristiana, si recò da Alberto Steccanella, avvocato di Vittorio Veneto, e gli riferì di alcune confidenze ricevute da Giovanni Ventura, che avrebbe fatto parte dell’organizzazione terroristica di estrema destra responsabile della Strage di Piazza Fontana, facente capo Franco Freda. Il 31 dicembre si presentò nella procura di Treviso

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dal pubblico ministero Pietro Calogero con rivelazioni importanti anche circa gli attentati della primavere-estate del ’69. Per questo il 12 febbraio 1970 venne ascoltato anche da giudice istruttore di Roma Ernesto Cudillo, che tuttavia si limitò a chiedere a Pietro Valpreda se conoscesse Lorenzon o Ventura, ottenendo una risposta negativa. Intanto Lorenzon preso dai rimorsi aveva confidato a Ventura di essere andato dai magistrati e subiva da parte sua e di Freda forti pressioni, che lo portarono a ritrattazioni anomale, chiaramente false, necessarie a guadagnare tempo. Gli venne dunque fornito un registratore e le bobine con i colloqui con Ventura vennero inviate a Roma, a Cudillo e al suo collega Vittorio Occorsio: questi tuttavia ritennero che le accuse fossero infondate e non diedero seguito alle accuse. Le registrazioni però vennero ascoltate dal giudice istruttore di Treviso Giancarlo Stiz che il 13 aprile 1971 arrestò Franco Freda, Giovanni Ventura e Aldo Trinco (commesso della libreria di Ventura "Ezzelino" di Padova e appartenente alla cellula di Freda) per associazione sovversiva e per gli attentati del 25 aprile a Milano e del 9 agosto su treni. Vennero però rilasciati il 12 luglio.

Il primo riscontro alle accuse di Lorenzon si ebbe il 5 novembre 1971 quando nella casa di Giancarlo Marchesin a Castelfranco Veneto (Treviso) durante dei lavori di ristrutturazione i muratori scoprirono nella soffitta una cassetta piena di armi: interrogato da Stiz, il socialista Marchesin ammise di aver nascosto lui stesso l’arsenale e disse di averlo ricevuto in consegna da Franco Comacchio, il quale a sua volta l’ aveva ricevuto da Ruggero Pan per conto di Ventura, nella cui libreria era impiegato . Dalle sue dichiarazioni risultò anche che inizialmente fra le armi si trovavano dei candelotti di esplosivo, poi nascosti vicino a Crespano: il 7 novembre Comacchio vi accompagnò i carabinieri di Treviso, che tuttavia fecero esplodere i 35 candelotti senza avvertire Stiz e senza prelevarne dei campioni. Tale deposito, sostenne Comacchio, era in dotazione a un’organizzazione eversiva facente capo a Freda e Ventura, che gli avrebbe anche proposto di collocare bombe sui treni. In occasione di questo ritrovamento i magistrati scoprirono anche che per tutta l’estate del ’69 Freda era stato intercettato e che aveva parlato apertamente di attentati e timer, ma il commissario di polizia era stato rimosso e le intercettazioni occultate. Da tali intercettazioni erano emerse molte informazioni di cui si comprese l’importanza solo in seguito, come nel caso dell’incontro del 18 aprile 1971 a Padova, di cui si tratterà più diffusamente in seguito.

Il secondo riscontro venne dal dischetto orario di un timer della Junghans Diehl di Venezia trovato nella borsa rinvenuta il 12 dicembre nella Banca Commerciale di Milano : era infatti della stessa marca dei 50 timer da 60 mintui comprati da Freda il 19 settembre presso la ditta Elettrocontrolli di Bologna, tramite Tullio Fabris , elettricista che aveva fornito le nozioni generali sul funzionamento dei congegni a lui e Ventura e che aveva acquistato 5 metri di filo di nichel-cromo, utilizzato come resistenza nell’innesco degli ordigni . Freda sostenne di aver dato i timer a un capitano dei servizi segreti algerini, Hamid, che se ne sarebbe dovuto servire contro obbiettivi sionisti, ma il Mossad, il servizio segreto

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israeliano, dichiarò che il capitano in realtà non esisteva affatto; nonostante ciò i giudici gli credettero. I timer rimasero dunque sotto la custodia di Cristiano De Eccher, esponente dell’ Avanguardia Nazionale di Trento, iscritto all’università di Padova e molto vicino a Freda, che però non li restituì più: andarono in parte al gruppo La Fenice di Milano e in parte all’ Avanguardia nazionale di Roma.

Il terzo riscontro alle accuse venne dalla dichiarazione, fatta durante gli interrogatori del 21 febbraio 1972 e del il 1° marzo 1972, del co-imput ato Marco Pozzan, custode dell’istituto per ciechi Configliaschi e fedelissimo di Freda, che riferì di un incontro avvenuto a Padova il 18 aprile 1969 in cui si stabilirono le linee generali dell’attività eversiva: sostenne che vi presero parte anche Pino Rauti, fondatore di Ordine Nuovo e giornalista de “il Tempo”, e un altro giornalista, Guido Giannettini, in realtà agente segreto stipendiato dal SID noto con il nome di “Agente Z”. Il suo numero venne trovato nell’agenda di Ventura e in una cassetta di sicurezza della Banca Popolare di Montebelluna (cointestatari la madre e la zia di Ventura) vennero rinvenuti dei documenti riservati, che non sarebbero potuti essere nella disponibilità di persone al di fuori degli ambienti del SID; inoltre durante una perquisizione della sua casa vennero trovati numerosi rapporti informativi sull’attività terroristica di Freda e del suo gruppo, del tutto simili a quelli della cassetta di sicurezza. Pozzan tuttavia ritrattò circa la partecipazione di Rauti e il magistrato verbalizzò, rifiutandosi però di riconoscere la validità della ritrattazione.Un ulteriore prova a carico del gruppo di estrema destra era rappresentata dalle borse nere e marroni della ditta tedesca Mosbach-Gruber, con cui era stato portato l’esplosivo: solo 3 negozi in Italia vendevano entrambi i tipi di borse e l’unico ad averne vendute era la valigeria Al Duomo di Padova, proprio due giorni prima della strage. Il verbale della testimonianza del negoziante inviato il giorno stesso per telex ai poliziotti di Milano e Roma e al ministero dell'Interno, non era mai arrivato ai magistrati romani che avevano orientato le loro indagini in direzione degli anarchici.

Il 3 marzo 1972 Franco Freda, Giovanni Ventura e Pino Rauti vennero arrestati con l’accusa di aver organizzato gli attentati del 25 aprile 1969 alla Fiera e alla Stazione Centrale di Milano, e dell'8 e 9 agosto dello stesso anno a danno di alcuni treni. Rauti venne anche accusato di ricostituzione del partito fascista, ma venne rilasciato poco dopo e il 7 maggio 1972 venne eletto come deputato nelle liste del Msi. Il 21 marzo, aggiungendo ai capi d'imputazione contro il gruppo Freda-Ventura gli attentati del 12 dicembre 1969, il giudice Stiz trasmise il fascicolo, per competenza territoriale, alla procura di Milano, ossia al giudice Gerardo D’Ambrosio e ai pubblici ministeri Luigi Fiasconaro ed Emilio Alessandrini. Questi decisero di rimettere in libertà Marco Pozzan, che nel 1973 venne fatto espatriare dal SID in Spagna e scomparve. D’Ambrosio ebbe maggior fortuna con Ventura che il 17 marzo 1973 ammise il coinvolgimento negli attentati fino all’agosto del ’69, per i quali viene condannato per associazione sovversiva, ma negò quello nella strage di Piazza Fontana, confermò la riunione del 18 aprile 69.

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Il 13 ottobre la Cassazione decise di trasferire il processo a Catanzaro per questioni di “ordine pubblico”, togliendo così l’inchiesta alla procura di Milano, ma le udienze iniziarono solo il 27 gennaio 1975: vennero processati contemporaneamente gli anarchici (Pietro Valpreda, Emilio Bagnoli, Emilio Borghese, Roberto Gargamelli, Ivo Della Savia, Enrico Di Cola); i familiari di Valpreda; Mario Merlino; i neofascisti (Freda, Ventura, Stefano Delle Chiaie, Marco Pozzan, Piero Loredan Di Volpato Montenello); fascisti collaboratori del SID (Guido Giannettini, che però il SID aveva fatto espatriare in Francia nel 1973, Stefano Serpieri) e ufficiali del SID (Gianadelio Maletti, Antonio la bruna, Gaetano Tanzilli). La prima sentenza si ebbe il 23 febbraio 1979: Freda (fuggito in Costarica il 1° ottobre del ‘78 ed arrestato il 20 agosto’79), Ventura (fuggito in Argentina il 16 gennaio ’79) e Giannettini (che l’8 agosto si era consegnato all’ambasciata di Buenos Aires) vennero condannati all’ergastolo per strage, attentati e apologia di reato; Valpreda, assolto per insufficienza di prove per la strage, venne condannato a quattro anni e sei mesi per associazione a delinquere, stessa sentenza per Merlino; Gargamelli venne condannato a un anno e sei mesi per associazione a delinquere; sospensione della pena di due anni per Bagnoli; i reati di falsa testimonianza a carico dei familiari di Valpreda e di Delle Chiaie vennero prescritti; Maletti venne condannato a quattro anni per favoreggiamento e falsa testimonianza, Labruna a due anni; Tanzilli venne condannato ad un anno per falsa testimonianza. Venerdì 20 marzo 1981 però assolse per insufficienza di prove Freda, Ventura, Giannettini, Valpreda e Merlino relativamente alla strage di piazza Fontana. Condannò Freda e Ventura a quindici anni per associazione sovversiva, per gli attentati del 25 aprile 1969 a Milano e per quelli sui treni del 9 agosto 1969. Dimezzò le pene a Maletti e Labruna. Al nuovo processo del 13 dicembre 1984 gli imputati, Valpreda, Merlino, Freda e Ventura, vennero assolti per strage, ma rimasero confermate le condanne a 15 anni di Freda e Ventura; vennero ulteriormente ridotte le pene di Maletti (un anno) e Labruna (10 mesi). La sentenza venne confermata il 27 gennaio 1987 dalla Corte di Cassazione presieduta da Corrado Carnevale e dunque i quattro imputati uscirono definitivamente dalla scena processuale. Nelle 642 pagine delle motivazioni della Corte di assise d’appello depositate il 13 aprile 2004, si scrisse che «La responsabilità di Franco Freda e Giovanni Ventura in ordine ai fatti del 12 dicembre 1969 appare sufficientemente dimostrata» ma questo approdo non può «provocare effetti giuridici di sorta nei confronti di costoro» in quanto «irrevocabilmente assolti dalla Corte di assise d’appello di Bari» 19. Vengono dunque riconosciuti come i responsabili della strage. “Il giudice Guido Salvini chiude la sua istruttoria sulla «strategia della tensione». Risultati: la cellula milanese e veneta di Ordine nuovo (Freda e Ventura, ma anche di Maggi, Zorzi e Rognoni) «direttamente responsabile» della strage di piazza Fontana e «molto probabilmente» di quella di Brescia; l’Ufficio Affari riservati del ministero degli Interni ha costruito la falsa pista anarchica e il Sid ha fatto scappare i ricercati (Giannettini e Pozzan); la «struttura informativa americana», in pratica la rete della Cia in Italia, è

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arrivata a «fornire esplosivi e addestrare» i bombaroli. Salvini chiede di incriminare non solo per spionaggio ma anche per concorso in strage il capitano David Carret, ufficiale dalla marina statunitense e presunto «capo della struttura informativa» 20 dal 1969 al ’74.”

“STRAGE DI PIAZZA FONTANA SPUNTA UN AGENTE USA. Nella sentenza-ordinanza del giudice Salvini ricostruita la "Strategia della tensione"

ROMA - Era considerata la fantasia più folle dei dietrologi. C'era chi ci rideva sopra, negli anni '70: sembrava impossibile che il servizio segreto di un paese alleato, potesse essere dietro le stragi. Da qualche iorno quell'ipotesi è contenuta in un atto giudiziario: David Carret, ufficiale della U.S. Navy, uomo della Cia in Italia, è sotto inchiesta a Milano per spionaggio politico militare, concorso nella strage di piazza Fontana (Milano, dicembre 1969) e in altri attentati avvenuti in quegli anni. E' stato il giudice istruttore Guido Salvini a decidere di inviare i documenti relativi a Carret alla collega Grazia Pradella, titolare dell'inchiesta sulla strage di Milano. L'ha fatto a conclusione della sua inchiesta sull' eversione nera. Un lavoro monumentale, cominciato nel luglio del 1988, che ha prodotto 92 faldoni, 60.000 pagine di documenti e si è sviluppato in 463 interrogatori. In questi dieci anni, il giudice Salvini ha riscritto alcune delle parti più oscure della nostra storia del dopoguerra. Non solo in chiave colpevolista: dagli accertamenti (e la loro organizzazione ieri l'ha sottolineato) emergono tra l'altro elementi a favore della tesi della "legittimità" della rete Gladio. Purtroppo la prescrizione di molti reati non rende giustizia al lavoro svolto dal magistrato. Hanno resistito all'usura del tempo solo i reati più gravi, e lo spionaggio politico-militare è uno di questi. Salvini ha così rinviato a giudizio il responsabile italiano della rete informativa Nato-Usa, Sergio Minetto, e l'agente pentito Carlo Digilio. Con loro, sono chiamati a comparire dinanzi ai giudici anche due nomi storici dell'eversione nera: Yves Guerin Serac e Stefano Delle ChiaieDal lavoro del giudice Salvini, dai riscontri incrociati a ciascuna dichiarazione dei pentiti, emerge che le organizzazioni eversive di quegli anni - La Fenice, Avanguardia nazionale, Ordine nuovo - non erano che le truppe di trincea d'un esercito occulto, teleguidato da esponenti degli apparati dello Stato e legato alla Cia. In questo scenario, la strage di piazza Fontana diventa qualcosa di più di un attentato terroristico. Dice uno dei testimoni più autorevoli di questa storia, Vincenzo Vinciguerra: "La strage del dicembre '69 doveva essere il detonatore che avrebbe consentito a determinate autorità politiche e militari la proclamazione dello Stato d'emergenza". Il piano non riuscì: l'allora presidente del Consiglio Mariano Rumor, contrariamente a quanto i neofascisti e i loro alleati si attendevano, dopo la strage di piazza Fontana non proclamò lo "stato d'emergenza", atto essenziale per l'instaurazione di un regime autoritario. E si decise di fargliela pagare. L'occasione fu offerta, il 17 maggio del 1973, da una sua visita alla questura di Milano. Gianfranco Bertoli (sedicente anarchico, ma legato ai Servizi e ai fascisti) lanciò una bomba tra la folla. Rumor non ebbe conseguenze, ma morirono quattro

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persone. Ed ecco quanto ha raccontato il pentito Digilio a proposito dei giorni precedenti l'attentato alla questura: "...Il capitano Carret si mostrò preoccupatissimo, e disse che poteva finire male. Aggiunse che se fosse stata effettivamente colpita una così alta personalità dello Stato, le indagini sarebbero state molto approfondite con il rischio di mettere allo scoperto l'intera struttura e di venire a sapere tutto quello che era avvenuto, anche in passato, compresi gli attentati e il progetto di golpe degli anni 1969-1979". Ma i Servizi americani non solo "sapevano": agivano. Ancora Digilio sulla strage di piazza Fontana e il golpe: "In seguito il capitano Carret mi confermò che quello era stato il progetto ben visto anche dagli americani, e che era fallito per i tentennamenti di alcuni democristiani come Rumor". Archeologia giudiziaria? Una storia vecchia? Il dubbio viene. Anche leggendo - all'inizio della sentenza-ordinanza - i rilievi polemici del giudice Salvini sullo "scarsissimo" sostegno avuto in questi anni dal tribunale di Milano. Ma questo stesso dubbio cade quando si scopre che in tempi molto recenti (nel 1995) il fiduciario della Cia a Milano, Carlo Rocchi, è stato sorpreso mentre era impegnato a raccogliere notizie sull'inchiesta. Un'inchiesta che faceva, e fa ancora, paura. Al punto che gli eredi degli stragisti di ieri pensavano di far fuori il capitano del Ros Massimo Giraudo, uno dei principali collaboratori del giudice milanese. “ 21

CARLO MARIA MAGGI E DELFO ZORZI

Carlo Maria Maggi nacque a Rovigo il 29 dicembre 1934 dalla metà degli anni sessanta medico all’ isola della Giudecca di Venezia, ora in pensione. Sempre negli anni sessanta risulta iscritto al Msi, che successivamente lo espulse, divenne il direttore della cellula Veneziana dell’organizzazione extraparlamentare di Ordine Nuovo. Partecipò a numerose stragi di matrice nera, tra le più importanti la strage di Piazza Fontana e quella della Loggia. In entrambi i processi fu assolto per insufficienza di prove. Delfo Zorzi nacque a Vicenza il 3 luglio 1947, divenne esponente di Ordine Nuovo nel ’66 e ne divenne capocellula a Mestre. Molte testimonianze lo indicano come esecutore dell’attentato alla Banca dell’Agricoltura il12 dicembre 1969. Nel 2001 fu condannato all’ ergastolo e il governo italiano ne richiese l’estradizione al Giappone dove si era rifugiato acquisendone la cittadinanza. Nell’ ultimo processo (tenutosi nel 2005) non venne dimostrata la partecipazione di Zorzi e Maggi alla strage di Piazza Fontana. “ Non colpevoli per la legge, gli ordinovisti veneti. Ma responsabili per i magistrati. E quello che sembrò un ossimoro giuridico si ripetè ogni qualvolta le «trame nere» si sono cardate con la pista veneta. «La cellula veneziana di Maggi e Zorzi nel 1969 organizzava attentati, ma non è dimostrata la loro partecipazione alla strage del 12 dicembre», scriveva ancora la Cassazione. E quei cognomi nordestini sono rimbalzati in ogni attentato neofascista dal 1969” 22

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L' INTERROGATORIO DEL PRESUNTO ESECUTORE MATERIALE

Piazza Fontana: oggi la verita' di Carlo Maria Maggi ai giudici

Bertoli dal carcere minaccia il suicidio: su di me mentono

L'interrogatorio del presunto esecutore materiale Piazza Fontana: oggi la verita' di Carlo Maria Maggi ai giudici Bertoli dal carcere minaccia il suicidio: su di me mentono MILANO - E' il giorno delle accuse. Carlo Maria Maggi, leader veneto di Ordine Nuovo, sara' interrogato oggi dai magistrati che lo hanno fatto arrestare come organizzatore di due stragi. Secondo gli inquirenti, e' stato l'esecutore materiale di Piazza Fontana nel 1969 e la mente dell'attentato alla Questura di Milano nel 1973: complessivamente, i morti furono venti, i feriti quasi duecento. Il suo difensore Marcantonio Bezicheri contesta tutte le iniziative dei giudici: dopo piu' di vent'anni, non esisterebbe piu' nessuno dei requisiti necessari per la custodia in carcere. "Sono convinto dell'innocenza del mio assistito. Le fonti d'accusa si ridurrebbero sostanzialmente a due "pentiti" molto tardivi nella loro volonta' di "collaborare con la Giustizia". Per Piazza Fontana ci sono gia' stati quattro processi contro quattro gruppi diversi. E adesso arrivano persino a teorizzare una specie di alleanza tra estremisti della destra radicale e servizi segreti israeliani, il che rende ancora piu' improbabile il quadro delle accuse". C'e' l'impressione, pero', che i pm Grazia Pradella e Massimo Meroni abbiano altre carte da giocare oltre a quelle utilizzate per l'ordine di custodia cautelare. Nel provvedimento firmato dal gip Clementina Forleo sarebbero stati raccolti soprattutto gli elementi che giustificano la detenzione: dalle protezioni ininterrotte dei servizi segreti, alle offerte di trasferimento in Giappone di Delfo Zorzi nei confronti dei presunti ex camerati. Nel pomeriggio, poi, Maggi verra' ascoltato dal giudice istruttore Antonio Lombardi che si occupa dell'eccidio del 17 maggio 1973. Anche in questo caso, il leader di On e' stato indicato come l'organizzatore della missione affidata a Gianfranco Bertoli. Che - secondo l'accusa - sarebbe stato pagato con alcuni milioni e addestrato a spacciarsi come anarchico. L'uomo - catturato subito dopo il lancio di una bomba a mano - e' in cella da 24 anni e continua a definirsi anarchico. "O i giudici sono veramente impazziti, oppure c'e' qualcosa che vogliono tenere nascosto - ha detto Bertoli in un'intervista al settimanale Tempi, minacciando di suicidarsi -. Ancora nessuna notizia sul domicilio di Zorzi, considerato l'esecutore materiale del massacro nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura: e' ufficialmente latitante. Da anni vive a Tokio e ha ottenuto la nazionalita' giapponese. Secondo i "pentiti" Martino Siciliano e Carlo Digilio, nell'ambiente di On c'era la convinzione che le autorita' nipponiche gli avessero addirittura concesso un passaporto diplomatico. Il tutto - sempre secondo i collaboratori - come premio dell'impegno di Zorzi nella lotta all'Armata Rossa, uno dei principali movimenti terroristici di sinistra giapponesi. 23

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DELFO ZORZI E CARLO MARIA MAGGI

Nel luglio 1995, il giudice Pradella iscrive nel registro degli indagati, per il reato di strage, alcune persone tra cui Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi. Il 10 novembre 1995 il telegiornale della sera di Videomusic afferma che il giudice Salvini "si e' formato l'opinione che l'uomo che confezionò e collocò la bomba nella banca nazionale dell'agricoltura" sarebbe Delfo Zorzi. Il 23 luglio 1996, Digilio avrebbe raccontato che tra il '67 ed il '69 Delfo Zorzi acquisto' a Venezia circa 200 candelotti di gelignite per una cifra compresa tra i 5 ed i 10 milioni di lire. L' esplosivo era dello stesso tipo dei 10 candelotti che il 12 dicembre '69 causarono la morte di 16 persone nella Banca dell'Agricoltura. Digilio avrebbe precisato che l' esplosivo fu venduto a Zorzi da Roberto Rotelli, morto negli anni '70, titolare di una impresa del Lido di Venezia che si occupava di recupero di navi affondate e sospettato di essere coinvolto nel contrabbando. Rotelli era autorizzato a comperare e usare esplosivi per il suo lavoro. Digilio ha anche rivelato che Zorzi gli confidò di aver partecipato personalmente alla collocazione della bomba nella banca milanese, aiutato dal figlio di un direttore di banca; secondo quanto detto da Digilio, Zorzi avrebbe affermato: "Guarda che io ho partecipato direttamente all' operazione di collocazione della bomba alla Banca Nazionale dell' Agricoltura". "Mi disse - racconta ancora Digilio - che dietro l'operazione che avevano eseguito c'erano non solo i camerati, ma i servizi segreti e quindi, anche se non volevo collaborare, avrei in ogni caso dovuto mantenere il silenzio assoluto. Inoltre, per cautelarsi ulteriormente, mi disse, non potendo negare completamente le affermazioni che aveva fatto il giorno precedente, che lui aveva preso parte direttamente non all'azione di Milano, ma all'operazione nel suo insieme e che il 12 dicembre '69 aveva agito alla Bnl di Roma. Ebbi la netta sensazione che fosse una versione di ripiego" 24 L'esplosivo sarebbe stato portato da Mestre a Padova e poi verso Milano nella Fiat 1100 di Maggi. Digilio incontrò Maggi dopo la strage e gli chiese ragione di quanto era accaduto. "Egli mi rispose che non dovevo fare critiche ne' di tipo morale, ne' di tipo strategico, in quanto i fatti del 12 dicembre erano solo la conclusione di quella che era stata la nostra strategia maturata nel corso di anni e che c'era una mente organizzativa al di sopra della nostra che aveva voluto questa strategia". Siciliano mette a verbale che "Secondo Zorzi, gia' prima dei fatti del dicembre vi erano stati contatti fra alti esponenti di Ordine Nuovo a Roma e ambienti istituzionali, soprattutto democristiani, per giungere ad una soluzione di quel tipo in caso di attentati gravi. Tale soluzione sembrava sicura ma dopo gli attentati del 12 dicembre l' on. Rumor aveva disatteso queste nostre aspettative e non si era sentito di portare avanti questa scelta. Per questo l' on. Rumor, agli occhi degli alti dirigenti di Ordine Nuovo, fra i quali Zorzi mi indico' Carlo Maria Maggi e Paolo Signorelli, era visto come un traditore e quindi andava prima o poi punito". Il pentito ha fatto anche i nomi di chi, nelle file triestine di Ordine Nuovo, aiuto' lui e Delfo Zorzi a porre le bombe, parlando di un appartamento triestino in cui l' ordigno era stato innescato. Per Siciliano, gli attentati di Milano e Roma erano stati pensati e commissionati ad alto livello e materialmente eseguiti da Ordine

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Nuovo del Triveneto. A marzo 1997 Salvini deposita presso i colleghi Pradella e Meroni gli atti dell'istruttoria relativa ai primi 22 imputati ritenuti appartenenti ad Ordine Nuovo, tra cui Zorzi, Siciliano, Rognoni, Azzi, Freda e Ventura. Le imputazioni riguardano i reati commessi dal 1966 agli inizi degli anni '80. Il 14 giugno 1997, su richiesta dei PM milanesi Grazia Pradella e Massimo Meroni, la Digos di Venezia arresta Carlo Maria Maggi, mentre l' arresto di Delfo Zorzi non e' eseguito perchè Zorzi vive in Giappone, paese di cui ha acquisito anche la cittadinanza. Carlo Maria Maggi e Delfo Zorzi sono accusati di concorso in strage insieme a Franco Freda e Giovanni Ventura, nei cui confronti non si puo' procedere perche per questo reato sono stati assolti con una sentenza passata in giudicato. Nella stessa inchiesta e' indagato per concorso in strage anche l' ordinovista milanese Giancarlo Rognoni, principale esponente del gruppo "La Fenice". L' ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Clementina Forleo e composta da circa 250 pagine sostiene che la strage alla Banca dell'Agricoltura fu "una strage di stato contro lo stato" voluta ed appoggiata dai servizi segreti di allora, dal Sid e dall' Ufficio Affari riservati del Viminale per favorire in Italia il cosiddetto 'Golpe Borghese': un progetto di colpo di stato che doveva verificarsi alla fine del 1969 ma che poi fu 'rinviato' di un anno. Il 2 marzo 1998 Carlo Maria Maggi ottiene la scarcerazione grazie alle non buone condizioni fisiche, ma gli viene imposto l' obbligo di dimora nella sua abitazione veneziana della Giudecca. In giugno, i periti nominati dal Gip Forleo stilano per Carlo Digilio, 61 anni, che ha perso la memoria dopo essere stato colpito da ictus, una diagnosi di incapacità di sottoporsi ad esami testimoniali per "decadimento delle facoltà mneomoniche". Negli ultimi tempi anche Siciliano ha cambiato atteggiamento, e dopo una deposizione resa a Palazzo di Giustizia di Milano ha fatto perdere le sue tracce: si troverebbe in Colombia. Il 13 aprile 1999 comincia l'udienza preliminare. Davanti al Gip Clementina Forleo sono chiamati Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Giancarlo Rognoni e Carlo Digilio, che devono rispondere di concorso in strage insieme a Franco Freda e Giovanni Ventura, non imputabili perche' assolti nei precedenti processi di Catanzaro e Bari. Inoltre Piero Andreatta e Piercarlo Montagner sono accusati di favoreggiamento nei confronti di Zorzi e Maggi. Stessa accusa anche per Stefano Tringali, nei confronti di Zorzi, e Roberto Raho, nei confronti di Maggi. Nell' udienza, il gip respinge una serie di eccezioni preliminari e aggiorna l' udienza a maggio. In aula era presente solo Stefano Tringali. Il Gip ha accolto la costituzione di parte civile presentata dai legali del Comune di Milano e delle persone offese. L' 8 giugno, il gip Forleo rinvia a giudizio Delfo Zorzi, latitante in Giappone, Carlo Maria Maggi, e Giancarlo Rognoni, ritenuti responsabili, a vario titolo, di aver organizzato ed eseguito la strage. Una quarta persona, Stefano Tringali, e' rinviata a giudizio per favoreggiamento nei confronti di Zorzi.

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Il processo si terrà il 16 febbraio del 2000 davanti ai giudici della seconda sezione della Corte d'Assise di Milano. Dal Giappone, in una lettera ai suoi difensori, gli avvocati Gaetano Pecorella e Antonio Franchini, Zorzi scrive:"Sono stato rinviato a giudizio per una strage che non ho commesso, che non avrei potuto commettere a 20 anni, che non avevo ragione di commettere, senza che esista una prova a mio carico o almeno senza che esista qualcosa che un Paese civile possa avere il nome di prova. Contro di me vi sono soltanto le dichiarazioni farneticanti di un tale Digilio, un soggetto che ha taciuto per trent'anni, che e' stato di fatto riconosciuto incapace di intendere e di volere e la cui infermità di mente risale ad un'epoca che precede le sue più importanti dichiarazioni accusatorie nei miei confronti. In tali dichiarazioni tra l'altro inizialmente venivo accusato di avere commesso gli attentati di Roma del 12 dicembre 1969: nelle successive divenivo l'autore materiale dell'attentato di piazza Fontana avvenuto a Milano, come noto, lo stesso giorno e nelle stesse ore degli attentati di Roma. Digilio mi attribuisce il dono dell'ubiquità. Lo stesso giudice che mi ha rinviato a giudizio ha talmente poco creduto alla consistenza delle sue affermazioni che ne ha interrotto l'interrogatorio. Costui, tra l'altro, ha descritto l'ordigno e l'esplosivo della strage con caratteristiche del tutto diverse da quelle ricostruite dai periti nei precedenti processi. Il giudice si e' però rifiutato di disporre una ulteriore perizia su questo punto, temendo che il collaboratore del pm fosse irrimediabilmente smentito. Del resto, se fossi colpevole, sarei in buona compagnia, visto che Digilio ha indicato come miei mandanti e complici la Nato, la Cia e quindi gli Stati Uniti. Vivo all'estero e all'estero si parla di giustizia 'Italian style': mi pare pero' che di stile ce ne sia davvero poco". Il 3 Maggio 2005 la Corte di Cassazione ha assolto definitivamente gli ultimi indagati (Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni, militanti di Ordine Nuovo condannati in primo grado all'ergastolo) scrivendo però nella sentenza che con le nuove prove - emerse nelle inchieste successive al processo milanese nel 1972 e alla definitiva assoluzione nel 1987 - gli ordinovisti veneti Freda e Ventura sarebbero stati entrambi condannati. Attualmente non vi è alcun procedimento giudiziario aperto in quanto la condanna arriva tardiva, oltre al terzo grado di giudizio.

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-CANZONE DEL MAGGIO-

Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti Anche se il nostro maggio ha fatto a meno del vostro coraggio se la paura di guardare vi ha fatto chinare il mento se il fuoco ha risparmiato le vostre millecento anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti. E se vi siete detti non sta succedendo niente, le fabbriche riapriranno, arresteranno qualche studente convinti che fosse un gioco a cui avremmo giocato poco provate pure a credervi assolti siete lo stesso coinvolti. Anche se avete chiuso le vostre porte sul nostro muso la notte che le "pantere" ci mordevano il sedere lasciandoci in buonafede massacrare sui marciapiede anche se ora ve ne fregate, voi quella notte voi c'eravate. E se nei vostri quartieri tutto è rimasto come ieri, senza le barricate senza feriti, senza granate, se avete preso per buone le "verità" della televisione anche se allora vi siete assolti siete lo stesso coinvolti. E se credete ora che tutto sia come prima perché avete votato ancora la sicurezza, la disciplina, convinti di allontanare la paura di cambiare verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti, per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti.. 25

Con la “canzone del maggio”, tratta dall’ album “Storia di un impiegato”, De Andrè riprende un canto degli studenti del Maggio francese, che per primi diedero voce alle proteste studentesche. Il testo è rivolto a tutti coloro che, non prendendo posizione nel decennio sanguinoso tra il 1969 e il 1977, sono indirettamente nemici del cambiamento impostosi in quegli anni. Infatti, scegliendo di sottrarsi alla loro storia politica e lasciando ad altri il compito di modificarla, contribuiscono alla sconfitta dei manifestanti. In questo modo cantautore sottolinea l’ impossibilità dell’ uomo di sottrarsi alla storia: per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti.

-LA BOMBA IN TESTA-

“…e io contavo i denti ai francobolli, dicevo “grazie a Dio” e “buon natale” Mi sentivo normale Eppure i miei trent’ anni eran pochi più dei loro, ma non importa ora torno al lavoro.” 26

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Il protagonista dell’ album “Storia di un impiegato” è appunto un impiegato dedito più alle faccende quotidiane che ad una visione più ampia del periodo di cambiamenti che la storia stava attraversando. Ciononostante per l’ impiegato è inevitabile domandarsi perché dei ragazzi poco più giovani di lui si sono lanciati in una rivolta così feroce invece di adagiarsi come lui in una vita di frasi fatte (grazie a Dio e buon natale) e in un posto di lavoro sicuro. E, quando ormai la sua età e la sua condizione sociale l’ avevano escluso dalla rivolta, si rende conto di potersi ancora ribellare al potere stesso anche quando le rivolte studentesche sono finite, e comincia ad immaginare i modi possibili per farlo.

De Andrè si può considerare uno dei maggiori critici della società del suo tempo e le sue canzoni assumono il valore di una testimonianza diretta di un uomo che ha vissuto fino in fondo in questa società caratterizzata dal cambiamento, in cui la morte, l’ attentato terroristico erano all’ ordine del giorno.

Nelle sue opere il cantautore ha analizzato criticamente delle situazioni in cui si era trovato lui stesso coinvolto. Infatti negli anni novanta è stato reso noto che tra il1969 e il 1979 De Andrè era stato sottoposto a controlli da parte delle forze di polizia e dei servizi segreti italiani. Inizialmente i controlli sarebbero stati effettuati dopo che un suo conoscente era stato indagato durante le prime inchieste sulla strage di piazza Fontana, allora ritenuta a torto dagli inquirenti di matrice rossa. Negli anni successivi, pur non individuando prove riguardo a una sua partecipazione attiva a gruppi politici, De Andrè venne ritenuto dal SISDE un simpatizzante delle BR e l’ acquisto di un terreno a Tempio Pausania venne ritenuto un tentativo di creare un rifugio per gli appartenenti ai movimenti extraparlamentari di sinistra. Dal punto di vista degli investigatori rafforzava queste ipotesi il fatto che De Andrè avesse contatti con persone appartenenti a gruppi anarchici di Genova e filo-cinesi.

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Note 1 “Bombe e Segreti” di Luciano Lanza edizione 1997 pag.7 2 ”Bombe e Segreti” di Luciano Lanza edizione 1997 pag.10 3 Pietro Valpreda, dal libro “La notte della Repubblica” di Sergio Zavoli 4 Licia Pinelli da “Una storia quasi soltanto mia” 5 / 6 “La notte che Pinelli, Adriano Sofri, pag 30 edizione

7 www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=436

8 www.osservatoriodemocratico.page.asp?ID=2747&Class_ID=1001 9 “Umanità Nuova”, n.41, 17 dicembre 2000 10/11 Sentenza d’Appello del 17 maggio 1973, da HYPERLINK "http://www.reti-invisibili.net/" www.reti-invisibili.net 12 "Poesie dal carcere", Pietro Valpreda – Napoleone Editore 1972 13 Articolo del “Corriere d’informazione”, 17 dicembre 1969, di Vittorio Notarnicola 14-17 “Valpreda - Processo al processo”, Marco Fini e Andrea Barbieri – Feltrinelli 1972 18 “La notte della Repubblica”, Sergio Zavoli – Nuova Eri, Mondadori Editore 1989 19 Nelle 642 pagine delle motivazioni della Corte di assise d’appello depositate il 13

aprile 2004 20 www.archivio900.it 21 Giovanni Maria Bellu –La Repubblica- 11 febbraio 1998 22 Corriere della sera 19 novembre 2010

23 Corriere della sera 18 giugno 1997

24 www. Il terrorismo/piazza fontana.it 25 “Canzone del maggio” dall’ album “Storia di un impiegato” di Fabrizio De Andrè

26 “La bomba in testa” dall’ album “Storia di un impiegato” di Fabrizio De Andrè

Bibliografia

• “Bombe e segreti. Piazza Fontana:una strage senza colpevoli” Luciano Lanza • “La notte che Pinelli” Adriano Sofri • “Spingendo la notte più in là” Mario Calabresi • “Piazza Fontana.Noi sapevamo-Golpe e stragi di Stato” Andrea Sceresini • “Misteri dʼItalia” Sandro Provvisionato

Sitografia

• www.archivio900.it • www.lastoriasiamonoi.rai.it • www.piazzafontana.it • www.corriere.it • magistraturademocratica.it • www.archiviostorico.info

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DAL SESSANTOTTO AI PRIMI MOVIMENTI DI SINISTRA E ALLA NASCITA DELLE BR

a cura di Elena Comelli e Enrico Nadbath

IL SESSANTOTTO

Nel corso del 1968 in tutto il mondo occidentale si sviluppò un movimento di protesta che prese il nome di “Sessantotto”. Protagonisti indiscussi furono gli studenti e i giovani, che incominciarono a ribellarsi contro quel mondo che non riconoscevano come loro e che vedevano come imposto dai genitori e dalla società. Le proteste ebbero da subito una chiara connotazione di sinistra e la maggior parte degli studenti fece di tutto per distaccarsi da quel mondo borghese che veniva adesso visto come il fumo negli occhi. Stranamente a far parte del movimento furono proprio i giovani che venivano dal mondo borghese e benestante, che preferirono però le minigonne e gli eskimi alle pellicce e ai gessati. Nonostante questo istinto a riconoscersi in qualche modo nel mondo proletario e operaio, i giovani sessantottini italiani non accettarono mai un contatto con quello che sarebbe dovuto essere il partito di riferimento, ovvero il Pci. Visto come una sorta di relitto storico o, nel migliore dei casi, come uno strumento inadeguato alla lotta e alle proteste, il Pci fu spesso accusato di aver tradito gli ideali della resistenza e di essersi trasformato da partito rivoluzionario in partito borghese. Nonostante le incomprensioni, soprattutto all’inizio il Pci provava un malcelato compiacimento nel vedere tutti questi giovani protestare, in quanto la protesta era pur sempre “di sinistra” e avrebbe potuto portare dei nuovi voti al partito. I giovani vennero dunque blanditi, nella convinzione che con un sapiente “lavoro politico” li si sarebbe poi portati alla migliore tradizione del partito di Gramsci e di Togliatti. Non tutto il partito era però d’accordo, come venne palesato dall’articolo di Giorgio Amendola dal titolo Necessità della lotta sui due fronti, pubblicato su Rinascita il 7 giugno 1968.

LE PROTESTE

Le cause Scoppiata a Barkeley, nell’università californiana simbolo della società statunitense, la rivolta si espanse molto velocemente in tutto il mondo occidentale, ma soprattutto in Europa, che diventò il fulcro ideologico della protesta. Punto d’incontro fra le rivolte di tutti i Paesi fu il rifiuto della guerra in Vietnam e di tutto quello che appariva deciso da altri e non dagli studenti stessi. Solo in Francia la protesta riuscì a causare un vero e proprio terremoto politico, portando, l’anno successivo, alle dimissioni del governo De Gaulle, colpevole di aver reagito in maniera forse troppo dura contro il famoso “maggio francese”. Secondo alcuni tuttavia l’Italia si può fregiare di un altro merito: quello di aver avuto il Sessantotto più lungo di tutto l’occidente. Se infatti negli altri Paesi i governi riuscirono a reprimere presto la rivolta dei giovani, in Italia le proteste di piazza durarono quasi dieci

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anni, con un ritorno di fiamma proprio nel 1977, anno in cui si spense definitivamente il movimento sessantottino italiano. Ciò fu dovuto in gran parte alla debolezza dei governi italiani, che adottarono la politica morotea, secondo la quale i problemi si risolvono da soli. All’inizio della protesta, proprio quando sarebbe stato necessario e possibile intervenire per fermarla, la polizia non intervenne con la durezza necessaria, se non in rari casi in cui, addirittura, esagerò. Sarebbe criminale dispiacersi del fatto che la polizia italiana abbia picchiato e sparato meno di quelle di altri Paesi; resta tuttavia il fatto che la risposta dello Stato fu meno dura e che è eccessivo parlare di repressione. Il Sessantotto italiano incominciò, come ben chiarisce Michele Brambilla nel suo libro “Dieci anni di illusioni”, «con una beffa». I primi a incominciare la protesta furono infatti gli studenti dell’Università di Trento, proprio quella fortemente voluta da un gruppo di democristiani per la formazione dei primi sociologi cattolici. A Trento si erano riuniti personaggi come Renato Curcio e Margherita (o Mara) Cagol, che, oltre a partecipare attivamente alle contestazioni sessantottine, saranno poi fra i fondatori delle Brigate rosse. Il casus belli della protesta fu il progetto di riforma universitaria noto come “progetto Gui” dal nome del ministro della Pubblica Istruzione Luigi Gui o come “ventitré-quattordici” dal numero del disegno di legge. Sul fatto che fosse necessario cambiare le cose erano tutti d’accordo, visto e considerato che l’ultima riforma universitaria risaliva al 1923 e nel frattempo la situazione era radicalmente cambiata: solo dal 1961 al 1968 la popolazione studentesca era cresciuta del 117% e le Università di Roma, Napoli e Bari, che erano state costruite per ospitare non più di 5.000 studenti, ne avevano invece rispettivamente 60.000, 50.000 e 30.000. Il “progetto Gui” però non piacque agli studenti, che coniarono subito lo slogan «Siamo in un mare di Gui». Per gli studenti, come spiega Guido Viale, uno dei leader del movimento torinese, la scuola era «di classe» e serviva al potere per omologare ai suoi disegni le coscienze dei giovani: «L’università funziona come uno strumento di manipolazione ideologica e politica teso a istillare negli studenti uno spirito di subordinazione rispetto al potere, qualsiasi esso sia»1. Ciò che gli studenti soprattutto contestavano era l’idea dell’esame come valutazione dello studente; ancora Brambilla: «Il docente che interrogava era visto come un poliziotto, un inquisitore; lo studente come un imputato; l’esame stesso, come un moderno strumento di tortura»2. Partendo da ciò si incominciò a contestare tutta l’educazione precedente e, con essa, i libri, che a centinaia vennero bruciati nei cortili delle università; al loro posto fu proposta l’“autoeducazione” tramite i volantini e i ciclostilati. I giovani dicevano di voler combattere l’autoritarismo e invocavano la democrazia “dal basso”, diretta, senza mediazioni e senza mediatori: l’obiettivo sarebbe stato raggiunto con la perpetua convocazione di assemblee. È interessante riportare ciò che il cattolico Gabrio Lombardi ha scritto in proposito: «So bene la suggestione che esercita sui giovani la prospettiva della democrazia diretta. So bene che il meccanismo della rappresentanza è quanto di meno entusiasmante si possa immaginare. Ma la rappresentanza è il sistema

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meno peggiore che secoli di storia abbiano saputo elaborare per far vivere in termini di libertà vaste comunità di milioni di uomini. (...) Se la rappresentanza non è entusiasmante, l’assemblea per contro è decisamente mistificatrice: dà l’impressione di un’immediata partecipazione generale e diretta, ed è invece il luogo tipico in cui una minoranza decisa e abile conduce come vuole e dove vuole. L’assemblea è il preludio inesorabile della dittatura di una minoranza o addirittura di uno solo»3. Ciò che scrive Lombardi fu proprio ciò che si realizzò: ben presto si capì che le assemblee non erano affatto l’espressione della maggioranza degli studenti, ma piuttosto di una sparuta minoranza, che era tuttavia in grado di manovrare la massa. Come giustamente osserva ancora Brambilla, «al vecchio e odiato autoritarismo dei professori se ne sostituì quindi un altro, spesso più intollerante». Come ha scritto lo storico di sinistra Paul Ginsborg nella sua Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi: «[...] Le assemblee spesso non erano il modello di democrazia diretta che avrebbero dovuto essere, dato che gli interventi contrari al punto di vista della maggioranza venivano più di una volta interrotti o addirittura neppure permessi. Fu questo che fece temere al filosofo tedesco Habermas, tra gli altri, l’avvento di un “fascismo di sinistra”»4.

Gli eventi più importanti Il primo esempio tangibile che la situazione stava diventando preoccupante avvenne il 1° marzo 1968 a Roma, nei giardini di Valle Giulia: gli studenti e le forze dell’ordine dettero vita ad uno scontro durissimo che vide come risultati 148 feriti fra gli agenti della polizia e 47 fra i dimostranti, 228 fermi e 10 arresti. Nel tentativo di indagare quel qualcosa di nuovo, impreciso, ma molto forte che la società si era trovata improvvisamente ad affrontare, molti intellettuali azzardarono delle analisi che Sergio Zavoli ha definito “eretiche”. Pier Paolo Pasolini, inizialmente tacciato quantomeno di stravaganza, commentò per alcuni aspetti i fatti di Valle Giulia con una lucidità tale che merita riportare un brano della sua requisitoria: «Avete le facce di papà. Vi odio, come odio i vostri papà: buona razza non mente. Avete lo stesso occhio cattivo, siete pavidi, incerti, disperati. Benissimo; ma sapete anche come essere prepotenti, ricattatori, sicuri e sfacciati: prerogative piccolo.borghesi, cari. Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte con i poliziotti io simpatizzavo con i poliziotti, perché i poliziotti sono figli di poveri, hanno vent’anni, la vostra età, cari e care. Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia, ma prendetevela con la magistratura e vedrete! I ragazzi poliziotti che voi, per sacro teppismo, di eletta tradizione risorgimentale di figli di papà, avete bastonato, appartengono all’altra classe sociale. A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento di lotta di classe e voi, cari, benché dalla parte della ragione, eravate i ricchi; mentre i poliziotti, che erano dalla parte del torto, erano i poveri»5. Il fatto che il governo usò inizialmente tutto meno che la mano pesante contro gli studenti è confermato dal fatto che coloro che furono arrestati a Valle Giulia furono immediatamente rilasciati, proprio su pressione del governo sulla magistratura. L’esecutivo obbligò poi il rettore D’Avack a riaprire l’Università di Roma e il ministro della Pubblica

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Istruzione condonò tutti i provvedimenti disciplinari emessi dal liceo Mamiani contro duecento dei suoi studenti che avevano partecipato alle contestazioni.

DAGLI STUDENTI AGLI OPERAI: L’“AUTUNNO CALDO”

Ben presto la protesta uscì dalle università per dilagare nelle fabbriche e nelle campagne. I primi episodi di scontri con la polizia avvennero prima a Valdagno, sulle colline venete, poi ad Avola, in provincia di Siracusa, ed infine a Battipaglia. I questi casi si notano già le avvisaglie di quello che sarà l’“autunno caldo” che, cominciando nel settembre 1969, finirà solo a dicembre. La situazione divenne incandescente in quanto nello stesso periodo dovevano essere rinnovati ben 32 contratti collettivi del lavoro, che implicavano oltre cinque milioni di lavoratori che decisero di far sentire il peso delle loro rivendicazioni. È in questo periodo che nacquero i Cub, ovvero i Comitati unitari di base, che non di rado contestavano gli stessi consigli di fabbrica. A Torino lo scontro tra Fiat e lavoratori si fece sempre più acceso, fino a quando in ottobre la direzione aziendale denunciò alla procura della Repubblica 122 operai accusati di violenze sul posto di lavoro. Solo alla fine di novembre, in seguito alla mediazione sindacale e all’intervento del ministro del Lavoro, la Fiat ritirò i provvedimenti. A parere del sindacalista Bruno Trentin, il sindacato nel corso dell’autunno caldo «ha manifestato il massimo della sua autorità e anche la più grande capacità di organizzazione. Ci furono segni, certamente, di fermenti fra gruppi di lavoratori, ma soprattutto fra giovani estranei alla classe lavoratrice, che segnalavano l’inizio di un fenomeno sovversivo. Il movimento sindacale non è mai stato toccato, allora, da questo fenomeno e ha saputo, anzi, dimostrare una grande capacità di governo del conflitto sociale»6. Il primo episodio veramente grave si verificò a Milano il 19 novembre, quando cioè i sindacati avevano dichiarato uno sciopero per la casa. Mentre i partecipanti al comizio tenuto al teatro Lirico stavano uscendo dallo stabile, stava sfilando un corteo composto per la maggior parte da giovani della sinistra extraparlamentare. Incominciarono ad arrivare anche le camionette della polizia e coloro che stavano uscendo dal teatro in quel momento furono coinvolti e reagirono. Negli scontri rimase ucciso l’agente di polizia Antonio Annarumma, di ventidue anni e originario della provincia di Avellino.

PIAZZA FONTANA

Fu in questo clima di tensione generale che Milano e l’Italia intera furono sconvolte da uno degli avvenimenti più tristemente famosi della storia degli Anni di Piombo: la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969. Essa ebbe una grandissima eco in tutto il Paese e portò orrore e sconcerto. Si è portati a credere che fu proprio questo avvenimento a dare fondamento a quelle teorie di terrorismo “di Stato” o di destra che porteranno negli anni a venire alla formazione di gruppi

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terroristici di sinistra, che penseranno, con i loro attentati, di “controbilanciare” la situazione. Ciò che complicò ancora di più il quadro e che portò ad ancora maggiore preoccupazione per il futuro della Repubblica nei gruppi di sinistra furono gli interventi che apparati deviati dello Stato fecero per depistare le indagini: con ciò ci si riferisce in particolare al ruolo svolto dal Sid, il servizio segreto italiano. Ai fini dell’analisi sulla nascita dei movimenti terroristici di sinistra si ritiene opportuno citare ciò che Pietro Calogero, sostituto procuratore della Repubblica a Padova, disse al riguardo: «Accadde che organi collocati ai vertici, e comunque all’interno degli apparati di sicurezza dello Stato, cominciarono, ad un certo punto, a lavorare non a favore dei giudici, ma per intralciare e depistare il loro lavoro. Mi limiterò a ricordare, tra i molti, tre episodi. Il primo riguarda Marco Pozzan, uomo di fiducia di Franco Freda, colpito da mandato di cattura nel giugno 1972 per concorso nella strage di Piazza Fontana. Il Pozzan aveva dato segni di cedimento in un precedente interrogatorio e rivelato dati di notevole importanza sulla strategia della tensione e sulla sua matrice di destra. Sarebbe stato perciò decisivo avere la sua disponibilità fisica. È risultato, invece, che verso la fine di quell’anno uomini del Sid avevano intercettato durante la sua latitanza il Pozzan, lo avevano condotto in Sicilia, ove il Sid aveva gli uffici di copertura, lo avevano sottoposto ad un vero e proprio interrogatorio per saggiarne la tenuta e le conoscenze, infine lo avevano fatto espatriare in Spagna con un passaporto falso. Il secondo episodio riguarda Giovanni Ventura, anch’egli colpito da mandato di cattura, per complicità nella strage. Anche il Ventura, nei primi mesi del 1972, dava segni di inquietudine e mostrava di voler fare delle rivelazioni sulla strategia della tensione. Ebbene, il Sid anche questa volta interviene, ma non già per collaborare; infatti, attraverso un proprio emissario, propone a Ventura un piano di fuga e a tal fine gli mette a disposizione una chiave idonea ad aprire le celle del carcere di Monza, dove Ventura è allora detenuto, e due bombolette contenenti sostanze narcotizzanti per stordire gli agenti di custodia durante la programmata operazione di fuga. Il terzo episodio riguarda Guido Giannettini, uomo di destra, legato al Sid da un rapporto di collaborazione organico e a tal fine retribuito. Anche il Giannettini, verso la metà del 1972, dopo aver subito una perquisizione, viene sospettato di complicità nella strage; contro di lui verso la fine di quell’anno viene emesso mandato di cattura. Il Sid interviene ancora una volta, non per collaborare, ma per indurre il Giannettini a sottrarsi alle investigazioni dell’autorità inquirente. Viene infatti fatto espatriare in Francia dove sarà tenuto sotto il controllo del Servizio che, anziché troncare ogni rapporto di collaborazione, continuerà addirittura a stipendiarlo»7.

I PRIMI PASSI DEI MOVIMENTI DI SINISTRA

Erano le 20 e 33 minuti del 16 aprile 1970. Mentre milioni di italiani stanno ascoltando il telegiornale serale, una voce si inserisce nel canale audio della televisione. Si tratta della

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prima sortita pubblica del primo gruppo di sinistra a scegliere la lotta armata, i Gap (Gruppi armati proletari), il cui capo e sovvenzionatore è l’editore Giangiacomo Feltrinelli. «Attenzione, attenzione. Sono i Gap che vi parlano, non avvicinatevi, è pericoloso. [...] È nata una nuova resistenza di massa, è nata la ribellione operaia al padre e allo Stato dei padroni, è nata la ribellione all’imperialismo del Sud. Sono nate le Brigate rosse e si sono ricostituite le brigate Gap. La via delle riforme, la via della rivoluzione comunista, la via della liberazione definitiva del proletariato e dei lavoratori italiani dalla dominazione e dallo sfruttamento del capitale italiano e straniero comporta una lunga e dura guerra. Ma su questa via le brigate partigiane, i lavoratori, i braccianti, gli studenti rivoluzionari marceranno compatti e uniti fino alla vittoria»8. Personalità controversa, Feltrinelli, multimiliardario e fondatore dell’omonima casa editrice, utilizzò proprio quest’ultima per diffondere una serie di volumetti dedicati alle tattiche di guerriglia dell’America Latina che diventarono una specie di breviario per tutti i terroristi italiani successivi. Con credenze politiche profondamente radicate a sinistra, egli tentò sempre di farsi notare ma soprattutto accettare da uno schieramento politico che non sarebbe stato il suo naturale, tenendo conto della sua estrazione sociale. Girò il mondo, visitando il Medio Oriente, la Cina, i Paesi dell’Est, Cuba e l’America Latina e incontrando personalmente Habbash, capo della linea dura palestinese, Rudy Dutschke e Cohn-Bendit, gli strateghi della Raf tedesca, Fidel Castro e persino Che Guevara. Proprio nel tentativo di farsi accettare fondò i Gap. Nel giugno del 1969 nasce “il manifesto” curato da Aldo Natoli, Luigi Pintor, Rossana Rossanda e Lucio Magri; la rivista si dedicò fin da subito alla ricerca politica e alla contestazione a sinistra della linea ufficiale del Partito comunista. I responsabili del periodico furono pertanto ben presto radiati dal Partito. Contemporaneamente si vennero a formare diversi gruppi che si collocarono al di là della stessa sinistra extraparlamentare: dal filone marxista-leninista nacque il gruppo fondato da Aldo Brandirali, chiamato prima “Servire il popolo” e poi “Unione dei marxisti-leninisti italiani”; da quello operaista che si propagò nelle fabbriche Potere operaio, di cui fecero parte Oreste Scalzone, Toni Negri e Franco Piperno, e Lotta continua, che aveva fra i suoi leader Guido Viale, Adriano Sofri, Luigi Bobbio e Mauro Rostagno. Vi era poi a metà fra i due filoni il gruppo milanese di Avanguardia operaia, che confluirà poi in Democrazia proletaria. Si ritiene utile riportare ampi stralci del cosiddetto “Rapporto Mazza”, ovvero del rapporto scritto dal Prefetto di Milano Libero Mazza al Ministro dell’Interno il 22 dicembre 1969, appena dieci giorni dopo la strage di piazza Fontana. Si tratta del primo documento ufficiale che faccia riferimento a quella per passerà alla storia come la teoria degli “opposti estremismi”. «I disordini verificatisi sabato 12 dicembre u.s. in questa città con luttuose, se pure accidentali, conseguenze, sono da considerare i prodromi di altri eventi ben più gravi e deprecabili che possono ancora verificarsi in conseguenza del progressivo rafforzamento

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e proliferazione delle formazioni estremiste extra-parlamentari di ispirazione “maoista” (Movimento Studentesco, Lotta Continua, Avanguardia Operaia ecc.) nonché dei movimenti anarchici e di estrema destra. Tutti questi movimenti, che hanno la loro “centrale” a Milano, nonostante differenziazioni sul piano ideologico e nella metodologia, sono prettamente rivoluzionari, propongono “la lotta al sistema” e si prefiggono di sovvertire le istituzioni democratiche consacrate dalla Carta Costituzionale, attraverso la violenza organizzata. Gli appartenenti a tali formazioni, che sino a qualche anno fa erano poche migliaia, ammontano oggi a circa ventimila unità. svolgono fanatica ed intensa opera di propaganda e proselitismo sia nell’ambiente studentesco che in quello operaio, facendo leva sulle frange maggiormente portate all’oltranzismo. [...] Il fine dichiarato è quello di dimostrare che “la sola presenza” della polizia è lesiva della libertà di espressione e di riunione, costituisce provocazione ed è causa di incidenti. Questi estremismi dispongono di organizzazione, equipaggiamento ed armamento che può qualificarsi paramilitare: servizio medico, collegamento radio fra i vari gruppi, servizio intercettazione delle comunicazioni della polizia, elmetti, barre di ferro, fionde per lancio di sfere d’acciaio, tascapane con bottiglie “Molotov”, selci, mattoni, bastoni ecc. [...] La gente assiste, sbigottita e sgomenta, alle esplosioni di odio forsennato contro ogni legittima autorità, nel nome di una malintesa libertà che degenerando in licenza, arbitrio e sopraffazione, porta fatalmente a caos ed all’anarchia, fattori che costituiscono il presupposto, puntualmente confermato dalla storia, di soluzioni autoritarie che farebbero tramontare ogni speranza di autentica democrazia. Questi elementi facinorosi, d’altra parte, incoraggiati e resi più audaci dalla certeza dell’impunità. Anche un comportamento di cauta e prudente fermezza non è sopportato e viene qualificato dalla dilagante demagogia come “repressione”, “provocazione e sopraffazione poliziesca”, “attentato alle libertà costituzionali”, “fascismo”, mentre i fermati per reati commessi durante le manifestazioni sediziose vengono rapidamente scarcerati e le denunce rimangono accantonate in attesa della immancabile amnistia. [...] Non è da dubitare che ci si trovi di fronte ad associazioni che perseguono finalità eversive elevando la violenza a sistema di lotta. Si tratta quindi di forme associative che contrastano con l’art. 49 della Costituzione in quanto perseguono le proprie finalità con metodi antidemocratici e, cioè, ispirandosi nei programmi e nella azione (anche propagandistica) alla violenza, e sono quindi in grado di compromettere il regolare funzionamento del sistema democratico. Ma l’illiceità di questi movimenti risulta anche dalla loro particolare struttura organizzativa di carattere paramilitare, nonché dalla modalità di impiego e dall’equipaggiamento dei gruppi d’azione che contrastano col divieto dell’art. 18 della Costituzione (v. anche D.L. 14.2.1948, n. 43). Se, per mancanza di una legge ordinaria che determini la procedura e gli organi competenti a reprimere l’attività, non è possibile procedere allo scioglimento di tali gruppi

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in via amministrativa (come invece è ormai possibile in Francia), occorrerebbe quanto meno vietare che i reparti organizzati intervengano alle dimostrazioni in assetto da guerriglia cittadina, non esitando ad assicurare il rispetto del divieto con la coazione diretta. [...] Pertanto, nel rispetto e nei limiti fissati dalla legge, dovrebbe essere respinta con rigore ogni accentuazione dell’oltranzismo, che si risolve nel tentativo di gruppi o di categorie particolari di imporsi - al di fuori della regola democratica e del quadro costituzionale - all’intera società nazionale. Qualora non si utilizzassero tutti gli strumenti normativi ed operativi esistenti per circoscrivere, finché possibile, queste forme di estremismo frenetico e irresponsabile, si potrebbe correre il rischio di assistere alla fine delle libere istituzioni democratiche della nostra Patria»9. La pubblicazione del rapporto Mazza portò ad un coro di critiche da parte della sinistra, che si rifiutava di credere che accanto al terrorismo nero ve ne fosse anche uno rosso; il giudizio sul documento del 1969 si è però nel tempo assai modificato. Si ritiene comunque utile citare alcuni politici e intellettuali di sinistra per far capire quale fosse la posizione ufficiale soprattutto del Pci in quegli anni. Quasi dieci anni dopo l’uscita del documento Piero Fassino, dirigente della Federazione comunista torinese e responsabile della Commissione fabbriche del partito, confessò in un’intervista al giornalista Giampaolo Pansa: «Per decenni vi fu una polemica ideologica, culturale e politica tra le organizzazioni della sinistra e chi teorizzava la pratica del terrorismo. Si accettava con difficoltà l’idea che vi potesse essere a sinistra chi considerava il terrorismo uno strumento politico. La consapevolezza del fatto che esisteva un terrorismo rosso, che come un cancro si era insinuato nel corpo della sinistra e del movimento operaio, andò maturando e fu acquisita a partire dal 1975-76»10. Una posizione ben più severa nei confronti del partito è invece quella di Diego Novelli, già sindaco di Torino e deputato del Pci: «Più che di ritardi io parlerei di rifiuto di prendere coscienza di una realtà che si stava manifestando. Dobbiamo tener conto che, in una situazione come quella di Torino, avevamo alle spalle anni di gravi provocazioni antioperaie e quindi per noi era stato più facile vedere in quelle violenze una ennesima provocazione, piuttosto che prendere coscienza di quanto stava maturando»11. LE BRIGATE ROSSE

Biografia di Renato Curcio

Renato Curcio, fondatore e capo del gruppo storico delle Br, nacque il 23 settembre 1941 a Monterotondo (Roma). Nel giugno del ’62 scelse di tentare la strada dell’università e si iscrisse al neoistituito corso di Sociologia di Trento. Qui egli iniziò un intenso confronto intellettuale con altri studenti come Mauro Rostagno e Marco Boato, determinanti per la sua maturazione

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politica. Proprio con Rostagno, Curcio fondò una Comune in riva all’Adige; sempre a Trento fu poi l’incontro con Margherita (Mara) Cagol, della quale Renato subito s’innamorò. In seguito alle occupazione della FIAT e all’incontro con Raffaele De Mori, leader del CUB Pirelli, Curcio decise di andare oltre alle rivolte studentesche, scelse di non laurearsi pur avendo terminato tutti gli esami e intraprese la strada brigatista, non prima però di avere sposato Mara il 1 Agosto 1969. Arrestato nel 1974, evaso in seguito ad una azione organizzata dalla Cagol e poi definitivamente messo in carcere nel 1975 e fu condannato a trent’anni di carcere. In tutta la sua vita, Curcio non si è mai dissociato né pentito, ma anzi ha rivendicato tutte le azioni brigatiste fino alla metà degli anni ’80. Nel 1987 tuttavia in una lettera aperta firmata insieme a Mario Moretti, dichiarò chiusa l’esperienza della lotta armata. Nel 1990 Curcio fondò insieme a Stefano Petrelli e Nicola Valentino, la casa editrice Sensibili alle foglie, una cooperativa di cui è l’attuale direttore editoriale. I primi passi fuori dal carcere Curcio li compì ottenuta la semilibertà nel 1993, dopo 17 anni di reclusione, e cinque anni più tardi arrivò la scarcerazione completa. Nel 1995 poi Curcio si è risposato con Maria Rita Prette (ex terrorista) e da cui ha avuto una figlia. Attualmente Renato Curcio vive a Carrù (Cuneo) e scrive libri sul mondo del lavoro, sulla condizione carceraria, su internati nei manicomi giudiziari e portatori di handicap.

Biografia di Margherita Cagol

Margherita Cagol nacque a Sardagna di Trento l’8 aprile 1945, terza di tre figlie, in una famiglia cattolica di estrazione borghese. Nel 1964 si diplomò in ragioneria con buoni voti e decise di iscriversi alla facoltà di Sociologia di Trento; continuò nel frattempo il suo impegno cattolico. Quando la Cagol arrivò alla facoltà di Sociologia di Trento, la situazione era particolarmente travagliata a causa della protesta studentesca volta ad impedire che il corso di laurea in Sociologia diventasse corso di laurea in scienze politiche ad indirizzo sociologico. La Cagol entrò subito a far parte del Movimento Studentesco trentino e qui incontrò Renato Curcio con cui instaurò immediatamente un legame molto profondo. Il 26 luglio 1969, Margherita Cagol, unica tra i fondatori storici delle Brigate rosse, concluse gli studi e si laurea: le cronache raccontano che Margherita, conclusa la discussione, abbia alzato il braccio sinistro con il pugno chiuso. La votazione fu 110 e lode e subito le venne offerto un corso biennale di sociologia all’Umanitaria di Milano, dietro compenso di una borsa di studio. Pochi giorni dopo la laurea, il 1 agosto 1969, Margherita sposò Renato Curcio e insieme a lui, dopo un breve viaggio di nozze, si trasferì a Milano. Ciò coincise con l’entrata della Cagol nel movimento delle Brigate rosse. Rimase uccisa in uno scontro a fuoco con i carabinieri il 5 giugno 1875.

Biografia di Alberto Franceschini

Alberto Franceschini nacque a Reggio Emilia il 26 Ottobre 1947 in una famiglia di tradizione comunista. Franceschini entrò giovanissimo nelle file della Federazione

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Giovanile Comunisti Italiani (FGCI) sull’esempio del padre e del nonno e nel 1966 si iscrisse alla facoltà di Ingegneria a Bologna (su insistenza del padre) dove però rimase solo tre anni, abbandonando gli studi senza laurearsi. Anche sul fronte politico rimase presto deluso dal Pci e fondò nel ’69 il Collettivo Politico Operai Studenti (CPOS), tra le cui fila comparivano Prospero Gallinari e Roberto Ognibene, futuri brigatisti. È a questo periodo che risalgono i primi contatti con Curcio e la Cagol, da cui poi ebbero origine le Brigate rosse. L’esperienza brigatista di Franceschini si concluse con il suo arresto nel 1974 e la condanna a oltre sessant’anni di carcere per costituzione di banda armata, due sequestri, rivolte carcerarie ed oltraggi in aula. Nel 1983 si dissociò dalla lotta armata senza avere a suo carico reati di omicidio. Le prime ore di libertà le ha potute passare nel 1992 dopo 18 anni di reclusione ma è costretto a tornare al carcere di Rebibbia tutte le sere. Attualmente Alberto Franceschini lavora a Roma all’Arci (Associazione Ricreativa e Culturale Italiana) presso la redazione del periodico “Ore d’aria”.

IL CATTOCOMUNISMO

Il padre del terrorismo rosso è stato in parte identificato nel cattocomunismo per due motivi: innanzitutto perché terroristi come Renato Curcio, Margherita o Mara Cagol, Maurizio Ferrari, Giorgio Semeria ed altri furono dei cattolici praticanti, esattamente come Alberto Franceschini, Roberto Ognibene, Prospero Gallinari e altri furono iscritti al Partito comunista. In secondo luogo, come spiega Giorgio Bocca, «per il modo totalizzante, proprio dei cattolici e dei comunisti, di porsi di fronte alla vita e alla società, perché è cattolico e comunista il bisogno di risposte totali e definitive, il rifiuto del dubbio, la sostituzione del dovere ragionato con la fede, il bisogno di chiesa, di autorità, di dogma, giustificato dal socialismo sociale e l’attesa dell’immancabile paradiso, in cielo o in terra»12. Il cattocomunismo tuttavia «non è soltanto il padre del terrorismo rosso; è anche la contraddizione di fondo di una nazione, l’Italiana, messa assieme dalla borghesia laica risorgimentale, con una cultura costruita dai laici liberali o socialisti; che nel 1948, improvvisamente, alla prova della democrazia di massa, del voto universale scopre di essere cattolica e comunista e consegna la costruzione della democrazia a un partito di governo, la DC, e a uno di opposizione, il Partito comunista, entrambi di tradizioni e di cultura antidemocratiche»13.

I MOTIVI DELLA LOTTA ARMATA

Le possibili motivazioni della scelta della lotta armata sono quattro, come ben esemplifica Giorgio Bocca nel suo libro “Il terrorismo italiano”. La prima è certamente quella della paura di un golpe autoritario che soprattutto negli anni fra il 1965 e il 1970 fu molto forte e reale per i gruppi di sinistra. Per questo motivo infatti i democratici liberali o socialisti propugnarono l’idea di un tentativo golpistico sul modello greco soprattutto dopo gli attacchi dinamitardi del 1969, ma anche il fallito piano Solo. Nel giugno del 1964, quando cioè il governo di centrosinistra guidato da Moro cadde per contrasti interni fra Dc e Psi su

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come affrontare quella crisi che si stava diffondendo nel Paese dopo la fine del “boom economico”, si collocò uno dei fatti più oscuri e inquietanti della politica della nostra Repubblica: il Presidente della Repubblica, Antonio Segni, dopo aver sentito il Presidente del Senato Cesare Merzagora per vedere se ci fosse la possibilità di formare un governo “tecnico” senza i socialisti, convocò, cosa quanto mai inusuale, il generale De Lorenzo, comandante dell’Arma dei Carabinieri e già capo del Sifar. Lo scandalo, che prenderà il nome di “Piano Solo”, scoppiò solo un paio d’anni più tardi, quando cioè il settimanale “L’Espresso” diretto da Eugenio Scalfari pubblicò un articolo dal titolo “Finalmente la verità sul Sifar. 14 luglio 1964: complotto al Quirinale. Segni e De Lorenzo preparano un colpo di Stato”. Lino Jannuzzi, allora giornalista del settimanale, ricorda: «Il Governo e lo stesso presidente della Repubblica smentirono le nostre rivelazioni. Il generale De Lorenzo ci querelò e il tribunale, a cui il governo aveva rifiutato i documenti con la scusa del segreto militare, ci condannò. Ma intanto il Parlamento aveva deciso di fare su tutta la questione un’inchiesta parlamentare. Per la prima volta nella storia d’Italia il Parlamento poté mettere il naso nelle cose segrete del mondo militare. Questa commissione, sia pure sfumando o censurando alcune cose, accertò che i fatti erano veri»14. Così infatti la Commissione sintetizzò i fatti: «Nella primavera-estate del 1964 il generale De Lorenzo, quale comandante dell’Arma dei Carabinieri, al di fuori di ordini o direttive o semplici sollecitazioni provenienti dall’autorità politica, e senza nemmeno darne notizia, ideò e promosse l’elaborazione di piani straordinari da parte delle tre divisioni dell’Arma (dei Carabinieri, nda) operanti nel territorio nazionale. Tutto ciò nella previsione che l’impossibilità di costruire un governo di centrosinistra avrebbe portato a un brusco mutamento dell’indirizzo politico, tale da creare gravi tensioni fino a determinare una situazione d’emergenza»15. Lo scandalo si concluse con la sostituzione di De Lorenzo, dopo che il generale ebbe rifiutato la richiesta di dimissioni avanzata dal ministro della Difesa, Tremelloni. Subito dopo questa vicenda il Presidente Segni fu colpito da trombosi ed fu costretto a dimettersi; venne allora eletto Presidente della Repubblica anche con i voti dei comunisti il socialdemocratico Giuseppe Saragat: il tentativo di svolta a destra era fallito. Nel novembre del 1965 il Sifar cessò formalmente di esistere, ma fu presto sostituito dal Sid, che rivestì un ruolo fondamentale negli argomenti trattati. A far temere una deriva delle istituzioni statali italiane vi furono infatti anche gli innumerevoli tentativi di depistaggio da parte dei servizi segreti che fecero balenare l’idea che le stragi per le quali fu poi accertata una pista nera fossero in realtà “stragi di Stato”. Gian Carlo Caselli, attuale procuratore capo presso la Corte d’appello di Torino, ha scritto in proposito: «Nel nostro Paese, durante gli anni Settanta, il ripetersi delle stragi, a partire da piazza Fontana, consolidò l’impressione che fosse possibile il verificarsi di un golpe, messo in atto dalla destra extraparlamentare e dagli apparati deviati dello Stato, per instaurare un regime reazionario pronto a soffocare ogni libertà e a scardinare i fondamenti della vita democratica. [...] Quando poi maturò la convinzione soggettiva che il

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golpe fosse soltanto una questione di giorni o di settimane, l’intrecciarsi di questa con altre convinzioni soggettive favorite dall’affievolimento dei filtri critici, con la sostanziale banalizzazione di problemi assai più complessi [...], portò molti a decidere di fare il salto nell’organizzazione di gruppi armati e nella clandestinità (attuata con modalità diverse), per praticare la violenza come metodo di lotta politica»16. Il secondo fattore è il movimento operaio che esplose nel 1969. La politica sindacale nell’Italia del dopoguerra fu portata avanti su due binari: da una parte la ricostruzione di ciò che era andato distrutto, dall’altra la destabilizzazione del sistema e delle istituzioni repubblicane. Come del resto spiega Giorgio Bocca: «Questo sindacalismo, ambiguo come i partiti della classe operaia, da marca di confine, sempre incerto su chi sarà alla fine il vincitore; che per decenni accetta il modo di produzione e i salari americani ma continuando a guardare amorevolmente il modello russo; questo sindacalismo che non prepara e non vuole la rivoluzione, ma sotto sotto crede che a forza di spallate un giorno o l’altro l’Italia si risveglierà socialista, questo sindacalismo ha dovuto concedere spazi sempre più grandi ai gruppi rivoluzionari. Ed è nell’area di Autonomia operaia che i giovani rivoluzionari trovano il loro primo seguito»17. La violenza che permeava le fabbriche fece di lì a poco un “salto di qualità” passando dalla lotta disarmata alla lotta armata. La terza motivazione fu il “tradimento” del Partito comunista. Nonostante il Partito non avesse ancora ufficializzato la linea del compromesso storico, cosa che fece solo dopo gli avvenimenti cileni, il fatto che il Partito fosse cambiato nel profondo era evidente a tutti: costituitosi come partito operaio era poi diventato uno di burocrati e amministratori. Trovandosi difronte al dilemma se rimanere fedeli ai principi originari ed essere tagliati fuori dal sistema o integrarsi, il Partito comunista scelse la seconda opzione, facendo quindi sentire le avanguardie rivoluzionarie di fabbrica sempre più scoperte ed esposte al rischio di essere criminalizzate. Ricorda Antonio Bernardi, già vicesegretario della Federazione comunista di Reggio Emilia: «Alcuni di questi giovani (i brigatisti, n.d.a.), che io ho conosciuto, erano militanti della Federazione giovanile comunista. Venivano da famiglie operaie proletarie. La rottura con il partito avvenne proprio sulla scelta che il Pci aveva compiuto: quella che la lotta per la trasformazione del Paese avvenisse con mezzi democratici. Questi gruppi, ma non solo questi gruppi - si può parlare di una cultura diffusa - ci accusavano di essere dei riformisti, di aver costruito una società ricca, opulenta, che aveva offuscato o annullato le speranze della palingenesi rivoluzionaria.18» Da ultimo un ruolo fondamentale lo svolse la tradizione partigiana: viva nei ricordi nei padri e dei nonni come abbiamo visto in Alberto Franceschini l’esperienza partigiana anima gli spiriti dei terroristi facendo loro credere che ci sia in qualche modo un collegamento fra la loro lotta e quella compiuta dai loro padri contro i nazifascisti. Ciò viene infatti perfettamente esplicato da questo stralcio di una lettera di Renato Curcio: «Mi sono tornati alla mente ricordi lontani. Lo zio Armando che mi portava a cavalluccio sulle spalle, i suoi occhi limpidi e sempre sorridenti che guardavano lontano verso una società di uomini liberi ed eguali. E l’ho amato come un padre. E ho raccolto il fucile che solo la morte giunta per

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mano dei nazifascisti gli aveva strappato»19. Gian Carlo Caselli ha scritto: «Una delle peggiori conseguenze della “politica” delle Br è che hanno commesso il delitto di “appropriazione indebita” della Resistenza e dell’antifascismo, nel senso che si sono arbitrariamente fatte paladine di tali valori e, ammazzando vittime inermi, gambizzandole, sequestrandole, li hanno stravolti e rovinati. Se oggi si parla pochissimo di antifascismo, se dilagano revisionismi e negazionismi, se non si celebra la Resistenza con l’intensità con cui dovrebbe essere ricordata, fortissime responsabilità vanno attribuite proprio ai brigatisti»20.

L’EREDITÀ DEL SESSANTOTTO

Il Sessantotto fece sicuramente parte di quel background culturale che portò alla nascita delle Brigate rosse, se non altro per il comune bisogno di rivolta nei confronti dello Stato, sentito sia dai brigatisti che dai giovani sessantottini. Del resto alcuni dei capi storici delle Br fecero parte dei movimenti studenteschi e ne riproposero gli ideali principali all’interno dell’organizzazione brigatista.

LA NASCITA DELLA BRIGATE ROSSE

Dall’incontro tra Renato Curcio, Mara Cagol e Alberto Franceschini nacque l’8 settembre 1969 il Collettivo Politico Metropolitano (Cpm). Nel novembre dello stesso anno venne indetto un convegno a Chiavari presso l’Hotel Stella Maris cui parteciparono una sessantina di militanti del Cpm: per la prima volta venne discussa l’ipotesi di passare alla lotta armata. Concluso il convegno di Chiavari, il Cpm si trasformò in Sinistra proletaria, organizzazione più centralizzata che continuò ad operare fino all’agosto 1970, quando si tenne il Convegno di Pecorile: durante tale convegno venne sancito il definitivo passaggio alla lotta armata e alla clandestinità di Sinistra proletaria. Con questo convegno nacquero ufficialmente le Brigate rosse.

ALCUNE DELLE AZIONI PRINCIPALI

1970

17 Settembre, Milano. Viene incendiata l’automobile di Giuseppe Leoni, dirigente della Sit Siemens. L’evento è rivendicato tramite un volantino dal titolo “Repressione, Capi, Capetti, Fascisti” firmato Brigata Rossa.

Novembre-Dicembre, Milano. Vengono diffusi i primi comunicati a firma Brigata rossa, dove sono indicati gli “aguzzini” da punire insieme ai motivi della punizione: a stabilire l’elenco e la condanna degli aguzzini è il cosiddetto Tribunale del Popolo.

1971

26 Gennaio, Milano. Alle due di notte, 8 bombe incendiarie esplodono sotto altrettanti autotreni parcheggiati sulla pista di Lainate dello stabilimento Pirelli. L’attentato, rivendicano il 5 febbraio con il sesto (e ultimo) comunicato a firma Brigata rossa, comincia ad attirare l’attenzione dei media sul “fantomatico” gruppo armato. Salto di qualità della

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cosiddetta “propaganda armata”. Da questo momento in poi, i successivi documenti resi pubblici dal gruppo armato verranno firmati al plurale: Brigate rosse.

5 Febbraio, Milano. Reso pubblico il Comunicato n.6 delle Brigate Rosse.

«Piazza Fontana, Pinelli, poliziotti che sparano, compagni in galera, Della Torre e tanti altri licenziati, squadracce fasciste protette dalla polizia, giudici-politicanti-governanti, servi dei padroni… Questi sono gli strumenti della violenza che i padroni riversano contro la classe operaia per spremerla sempre di più. Chiederci di lottare rispettando le leggi dei padroni é come chiederci di tagliarci i coglioni! Ma una cosa é certa: indietro non si torna! Continueremo con forme di lotta più avanzate sulla strada già intrapresa: attacco alla produzione, molto danno per il padrone, poca spesa per noi».

Aprile, Milano. Reso pubblico il Comunicato delle BR dove vengono smentite e chiarificate alcune affermazioni portate avanti dalla stampa. E’ presente poi la definizione di Brigate Rosse fatta dalla stessa organizzazione: «Cosa sono dunque le Brigate Rosse? Sono gruppi di proletari che hanno capito che per non farsi fregare bisogna agire con intelligenza, prudenza e segretezza, cioè in modo organizzato. Hanno capito che non serve a niente minacciare a parole e di tanto in tanto esplodere durante uno sciopero. Ma hanno capito anche che i padroni sono vulnerabili nelle loro persone, nelle loro case, nella loro organizzazione; che gruppi clandestini di proletari organizzati e collegati con la fabbrica, il rione, la scuola e le lotte, possono rendere la vita impossibile a questi signori».

1972

3 marzo, Milano. Sequestro-lampo (durato 40 minuti) di Idalgo Macchiarini, dirigente della Sit-Siemens, ad opera delle Brigate rosse. Si tratta del primo sequestro di persona e del primo processo proletario compiuto dalle Br che per l’occasione conieranno lo slogan: «Mordi e fuggi. Niente resterà impunito. Colpiscine uno per educarne cento. Tutto il potere al popolo armato». È la strategia dell’«azione esemplare», ricalcata sul modello dei Tupamaros uruguaiani.

1973

12 Febbraio, Torino. Le Br sequestrano Bruno Labate, segretario provinciale della Cisnal. La tecnica utilizzata è sempre quella del sequestro-lampo. Nei giorni successivi le Brigate rosse diffondono l’opuscolo Guerra ai fascisti nelle fabbriche torinesi, pubblicato anche da Lotta continua il 15 febbraio. 10 dicembre, Torino. Le Brigate rosse sequestrano Ettore Amerio, capo del personale della Fiat Mirafiori

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1974

18 aprile, Genova. Il primo evento eclatante della storia delle Br fu certamente il sequestro del sostituto procuratore della Repubblica di Genova Mario Sossi ad opera del gruppo brigatista guidato da Alberto Franceschini, incominciato il 18 aprile 1974 e durato ben 35 giorni. Come obiettivo era stato scelto Sossi, in quanto era stato pubblico ministero nel processo contro il gruppo XXII Ottobre guidato da Mario Rossi e aveva ottenuto per quest’ultimo l’ergastolo e per gli altri sette imputati complessivamente più di 180 anni di carcere. Il 22 aprile venne diffuso un volantino di rivendicazione del rapimento da parte delle Br ed insieme ed esso una foto del giudice e una lettera scritta a mano dallo stesso Sossi, nella quale egli chiedeva la sospensione delle ricerche. Il procuratore capo Lucio Grisolia, ordinò quindi alle forze dell’ordine di sospendere le indagini. La proposta per uscire dall’impasse venne proposta a sorpresa non dalle Br, bensì dai Gap di Feltrinelli: essi proposero infatti che il magistrato fosse scambiato con Mario Rossi e dagli altri appartenenti al gruppo XXII Ottobre finiti dietro le sbarre; seguendo l’input ricevuto, le Br chiesero anche che i detenuti potessero raggiungere o Cuba o l’Algeria o la Corea del Nord. Le richieste dei due gruppi terroristici divisero e disorientarono i giudici di Genova, coloro cui spettava la decisione definitiva; l’unico a schierarsi apertamente contro ogni tipo di trattativa fu il procuratore generale Francesco Coco. Il 18 maggio, ad un mese dall’inizio del sequestro, le Br lanciarono un ultimatum e i giudici della Corte d’appello di Genova, messi davanti alle loro responsabilità, concessero due giorni dopo la libertà provvisoria agli otto condannati e ne disposero la scarcerazione. Ricorda Maurizio De Vita, allora presidente della Corte d’assise d’appello di Genova: «Ci siamo trovati in una situazione che era piuttosto anomala, diversa da quella in cui si trovano in genere tutti i magistrati, i quali in piena indipendenza di giudizio, serenità, obiettività di parere, ritengono di applicare la legge. Noi ci siamo trovati di fronte non tanto alla necessità di applicare una norma di legge, quanto a quella di scegliere tra due mali. Abbiamo ritenuto di scegliere il minore»21. Immediatamente il ministro dell’Interno ordinò che il carcere di Marassi fosse circondato, in modo da impedire l’uscita dei detenuti; contemporaneamente il procuratore generale Francesco Coco impugnò l’ordinanza con un ricorso alla Cassazione, bloccando di fatto l’efficacia del provvedimento fino alla decisione dell’alta Corte. La mossa del magistrato risultò decisiva, in quanto mise i terroristi di fronte al dilemma: tre giorni dopo le Br furono costrette a lasciare libero Sossi senza contropartite di sorta. Così facendo compirono, a loro dire, il cosiddetto salto di qualità. L’allora dirigente di Lotta continua Marco Boato avrà a dire al riguardo: «Il sequestro del giudice Mario Sossi stato un preciso punto di volta, uno spartiacque all’interno del complesso e variegato schieramento della sinistra rivoluzionaria, del quale fino a quel momento, se pur in modo del tutto marginale, anche il piccolo gruppo brigatista aveva fatto parte»22. Per il ruolo svolto nella vicenda Sossi, il procuratore Coco sarà ucciso dalle Br alle 13.38 dell’8 giugno 1976. Egli sarà tuttavia solo il primo di una lunga lista di magistrati uccisi dal terrorismo

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rosso, fra i quali il vice presidente del Consiglio superiore della magistratura Vittorio Bachelet.

LA FINE DELLE PRIME BR

L’8 settembre 1974 due dei capi storici delle Br, Renato Curcio e Alberto Franceschini vennero arrestati dal gruppo speciale dei carabinieri diretto dal generale Dalla Chiesa grazie all’infiltrato Silvano Girotto, un ambiguo personaggio detto anche “Frate mitra”. A questo arresto seguì un’incursione dei carabinieri della base brigatista a Robbiano di Mediglia, vicino a Milano, durante la quale vennero sequestrati numerosi documenti riguardanti il rapimento del giudice Mario Sossi e venne catturato Roberto Ognibene. In seguito a queste azioni alla fine dell’anno le Br sembravano essere state decapitate nei nella loro direzione strategica. Sorserò però nuove figure di spicco che assunsero il comando dell’organizzazione: Mario Moretti, Giorgio Semeria e Margherita Cagol. Proprio quest’ultima organizzò l’evasione del marito dal carcere di Casale Monferrato, nel quale era rinchiuso; l’operazione riuscì senza troppi problemi e ciò mise sotto gli occhi dell’opinione pubblica uno dei problemi più delicati nella lotta ai terroristi: la sicurezza dei penitenziari. Il parlamento si vide dunque costretto a prendere delle misure straordinarie, varando nel 1975 la riforma penitenziaria, che prevedeva l’istituzione del cosiddetto 41bis; si trattava sostanzialmente di misure detentive straordinarie che potevano essere decise in presenza di gravi ed eccezionali motivi di ordine e sicurezza. Trovandosi in difficoltà economiche sul finire della primavera dello stesso anno Margherita Cagol organizzò il rapimento dell’industriale Vittorio Gangia. L’operazione iniziò il 4 giugno; il tutto fu però assai mal organizzato, in quanto il luogo dove venne nascosto Gangia era troppo vicino al luogo del sequestro; infatti ben presto i carabinieri, nel corso di un giro di perquisizioni, scoprirono il nascondiglio dei brigatisti. Durante lo scontro a fuoco che seguì , perse la vita Margherita Cagol. Anche per Curcio i giorni di libertà erano ormai terminati; localizzato dal Nucleo speciale dei carabinieri, venne arrestato in una base di Porta Ticinese, dopo venti minuti di scontro a fuoco. Dopo la fine del gruppo storico, il movimento brigatista fu guidato dalla cosiddetta “ala militarista” con a capo Mario Moretti. La strategia d’azione del gruppo cambiò radicalmente e divenne molto più violenta, arrivando a colpire personaggi di primo piano della scena politica e culturale del Paese, come in primis l’onorevole Moro, presidente della Dc, ma anche il già ricordato prof. Vittorio Bachelet, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura.

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Note 1 “Dieci anni di illusioni: storia del Sessantotto” di Michele Brambilla, Rizzoli 1994, pag.13 2 “Dieci anni di illusioni: storia del Sessantotto” di Michele Brambilla, op. cit., pag. 14 3 “Dieci anni di illusioni: storia del Sessantotto” di Michele Brambilla, op. cit., pag.19

4 “Dieci anni di illusioni: storia del Sessantotto” di Michele Brambilla, op.cit., 19

5 “La notte della Repubblica” di Sergio Zavoli, op. cit., pagg. 30 e 31 6 “La notte della Repubblica” di Sergio Zavoli, op. cit., pag. 36 e 37 7 “La notte della Repubblica” di Sergio Zavoli, op. cit., pagg. 57 e 58 8 “La notte della Repubblica” di Sergio Zavoli, op. cit., pag. 70 9 “L’eskimo in redazione: quando le brigate rosse erano sedicenti” di Michele Brambilla,

Mondadori, 1998, da pagg. 61 a 66 10 “La notte della Repubblica” di Sergio Zavoli, op. cit., pag.77 11 “La notte della Repubblica” di Sergio Zavoli, op. cit., pag. 88 12 “Il terrorismo italiano” di Giorgio Bocca, Rizzoli, 1981, pagg. 7 e 8 13 “Il terrorismo italiano” di Giorgio Bocca, op. cit., pag. 11 14 “La notte della Repubblica” di Sergio Zavoli, Mondadori, 1992, pag. 22

15 “La notte della Repubblica” di Sergio Zavoli, op. cit., pag. 21 16 “Sedie vuote” a cura di Alberto Conci, Paolo Grigolli, Natalina Mosna, il Margine, 2008,

pag. 315 17 “Il terrorismo italiano” di Giorgio Bocca, op. cit., pagg.15 e 16 18 “La notte della Repubblica” di Sergio Zavoli, op. cit., pag. 76 19 “Il terrorismo italiano” di Giorgio Bocca, op. cit., pag.17 20 “Sedie vuote” a cura di Alberto Conci, Paolo Grigolli, Natalina Mosna, op. cit., pag. 325 21 “La notte della Repubblica” di Sergio Zavoli, op. cit., pag. 157 22 “La notte della Repubblica” di Sergio Zavoli, op. cit., pag. 158 Bibliografia • “Dieci anni di illusioni: storia del Sessantotto” di Michele Brambilla, Rizzoli, 1994 • “La notte della Repubblica” di Sergio Zavoli, Mondadori, 1992 • “L’eskimo in redazione: quando le brigate rosse erano sedicenti” di Michele Brambilla,

Mondadori, 1998 • “L’Italia degli anni di piombo” di Indro Montanelli e Mario Cervi, Rizzoli, 1991 • “Il terrorismo italiano” di Giorgio Bocca, Rizzoli, 1981 • “Sedie vuote” a cura di Alberto Conci, Paolo Grigolli, Natalina Mosna, il Margine, 2008 • “Armi e baragli: un diario delle brigate rosse” di Enrico Fenzi, Costa & Nolan, 1987 • “Ritratto di un terrorista da giovane” di Valerio Morucci, Piemme, 1999 • “Brigatisti: Renato Curcio di Alberto Franceschini, Prospero Gallinari, Valerio Morucci,

Mario Moretti, Patrizio Peci” a cura di Laura Arcà, Olivia Fiorilli e Ilenia Rossini • “Mara, Renato e io”, Alberto Franceschini, Mondadori, 1988 • www.lastoriasiamonoi.rai.it • www.brigaterosse.org: biografia di Renato Curcio ad opera di Roberto de Rossi e di

Alberto Franceschini

• www.biografieonline.it: biografia di Renato Curcio • www.archiviostorico.corriere.it

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LA LOTTA ARMATA: LE BR NELLA “GUERRA DI CLASSE PER IL COMUNISMO”

a cura di De Nicolò Sara, Mariano Francesca, Puntel Angelica

LE BRIGATE ROSSE DI MORETTI:

Dal primo comunicato delle BR dopo il sequestro dell'Onorevole Moro:

LE BRIGATE ROSSE DI MORETTI:

Dal primo comunicato delle BR

Da queste dichiarazioni appare chiaro l'obbiettivo che le Br si prefiggono di raggiungere tramite il sequestro dell'Onorevole Moro, ma quali sono le "origini" da cui queste provengono? Da dove proviene e da chi è stato influenzato il loro pensiero e il loro modo di agire? Come sono nate e che cosa le ha spinte ad assumere una linea di azione così dura e intransigente? Qual'è stato il fattore scatenante che le ha spinte ad agire?.

"Da tempo le avanguardie comuniste hanno individuato nella Dc il nemico più feroce del proletariato, la congrega più bieca di ogni manovra reazionaria. Questo oggi non basta. Bisogna stanare dai covi democristiani, variamente mascherati, gli agenti controrivoluzionari che nella "nuova" Dc rappresentano il fulcro della ristrutturazione del SIM (Stati Imperialisti delle Multinazionali), braccarli ovunque, non concedere loro tregua. Bisogna estendere e approfondire il processo al regime che in ogni parte le avanguardie combattenti hanno già saputo indicare con la loro pratica di combattimento. [...] Intendiamo mobilitare la più vasta e unitaria iniziativa armata per l'ulteriore crescita DELLA GUERRA DI CLASSE PER IL COMUNISMO. Portare l'attacco alla stato imperialista delle multinazionali. Disarticolare le strutture, i progetti della borghesia imperialista attaccando il personale politico-economico-militare che ne è l'espressione. Unificare il movimento rivoluzionario costruendo il partito comunista combattente."

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Le Br spiegano così in un comunicato nel giugno del 1978 la loro genesi:

"Da dove vengono allora le Br? Sono un'emanazione dei servizi segreti ed internazionali, di destra o di sinistra? Sono il prodotto del volontarismo fanatico di alcuni intellettuali, e cioè il prolungamento senile ed armato di un manipolo di irriducibili del '68? Sono gli ultimi orfanelli di Stalin, traditi dal compromesso storico e nostalgici di un'impossibile rivoluzione? Sono un'aggregazione di individui socialmente devianti, disadattati, con accentuate tendenze criminali? Sono il prodotto abnorme e mostruoso della crisi economica più devastante che ha investito il sistema capitalistico in questi ultimi trent'anni? No! Le Brigate Rosse non nascono nè all'Ufficio Affari Riservati, né a Mosca, né a Washington, e neppure all'università di Trento, o alla Federazione del PCI di Reggio Emilia. Le Brigate Rosse nascono molto più semplicemente, all'inizio degli anni '70, dai reparti avanzati della classe operaia [...]. In particolare, le Brigate Rosse nascono alla fabbrica Pirelli di Milano."

Dal 1976, dopo l'arresto di Curcio e Franceschini, considerati comunque da tutti i seguaci delle Br i "maestri di pensiero dell'organizzazione", la direzione di questa viene affidata a Moretti, il quale la guiderà verso scelte che determineranno un allontanamento dalla linea politica seguita fin dalla nascita delle stesse Br.

*** Mario Moretti ottenne un posto di lavoro nella fabbrica Sit-Siemens dove conobbe molti futuri esponenti delle Br; si avvicinò alla politica della fabbrica partecipando alle mobilitazioni operaie ed entrò quindi nella CISL, il sindacato filo-democristiano, proponendosi per le commissioni interne; non venne però ammesso. In seguito entrò a far parte del collettivo politico metropolitano diretto dagli ex studenti dell'Università di Trento Renato Curcio e Margherita Cagol, membro che avrebbe dato vita al nucleo fondante delle Br, costituite nel 1970, a cui Moretti si unirà dopo la primavera del 1971.

Il periodo che va dal 1974 al 1976 è caratterizzato non solo da un aumento di azioni criminose, ma anche da una serie di cambiamenti interni che porteranno poi Moretti ad assumere il totale controllo delle Br; un biennio questo che a ragione è ritenuto un vero e proprio spartiacque nella vita della stessa organizzazione. Dopo questa data i bersagli delle azioni brigatiste divennero strettamente politici e cominciò a prevalere una tendenza "militarista" che si contrappose di fatto a quell'orientamento populista che fino ad allora aveva caratterizzato le azioni brigatiste. Importanti innovazioni riguardarono anche la logica che guidava le azioni stesse: l'intervento infatti si spostò dalla fabbrica verso obbiettivi prettamente politici e una parte consistente delle risorse venne utilizzata per lo scontro con gli apparati repressivi dello stato. Questi cambiamenti avvennero non solo per una naturale evoluzione della fase della propaganda armata, ma soprattutto per fattori non completamente interni alle stesse Br.

Il ruolo di Moretti all'interno dell'organizzazione è stato più volte messo in discussione persino dal "padre fondatore" delle Brigate Rosse Curcio. Egli (nota n°1) confessò in

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carcere a Franceschini la sua sicurezza sul fatto che proprio Moretti fosse una spia, dato l'avvertimento tramite un messaggio di un altro brigatista, Giorgio Semeria, che Moretti tentò di uccidere, e dato che proprio lui stesso, avendo ricevuto informazioni sull'imminente azione dei carabinieri contro i due brigatisti, non sia riuscito ad avvisarli, ma anzi sia riuscito a scappare.

Curcio e Franceschini erano infatti in contatto con Silvano Girotto, detto "Frate Mitra", un infiltrato all'interno dell'organizzazione, che dopo alcuni incontri permise il loro arresto nel 1974; in questo caso Moretti era stato incaricato di informare i due brigatisti prima dell'appuntamento con Girotto, ma egli fallì in questo tentativo e bisogna considerare il fatto che proprio il giorno prima era stato estromesso dal Comitato Esecutivo una riunione a Parma proprio dal duo che verrà poi arrestato.

Afferma Franceschini: " Pur sapendo l'ora e il luogo dell'appuntamento arrivò con un ora di ritardo, quando noi eravamo già stati arrestati […]. Quella era la seconda volta che i servizi di sicurezza avrebbero potuto arrestare tutti i brigatisti e porre fine all'esperienza delle Br. [...] E il fatto che questo non sia avvenuto è la riprova che l'organizzazione delle Br poteva tornare comoda per qualcuno delle alte sfere dei servizi di sicurezza e del potere." Da questi e altri fatti poco chiari nasce la diffidenza di Curcio nei confronti del nuovo "capo" ed è per questo motivo che due brigatisti vengono incaricati di svolgere un indagine interna che però non porterà alcun risultato.

Si è fatta strada negli anni un'ipotesi che conferma la teoria di Franceschini. Questa teoria sostiene che la lotta armata, nata dallo scontro sociale in atto in Italia e nel resto d'Europa, sia stata tollerata da servizi segreti che avrebbero potuto intervenire fin da subito per porre fine all'esperienza brigatista , ma che hanno preferito lasciarla libera nella sua azione per mettere in difficoltà un partito comunista che si avvicinava sempre più al potere grazie al compromesso storico tra Dc e PCI. Questa era una strategia che mirava ad accerchiare il partito di Berlinguer: da una parte c'era la spinta riformista che spingeva verso la collaborazione all'interno delle istituzioni, dall'altra uno scontro sociale più aperto che teneva viva la convinzione che il partito comunista si fosse imborghesito e avesse così tradito i valori fondanti della resistenza. In questo clima di scontri il PCI si troverà a dover scegliere tra compromesso storico e alternativa di sinistra.

Moretti rimase così alla guida delle Br.

Dal 1976, allorché il nucleo storico delle Br sarà definitivamente in carcere, dopo l'evasione dal carcere di Casale Moferrato nel febbraio del 1975, la contrapposizione con le linee del PCI diventerà molto più drastica e infatti Franceschini afferma: " Se dovessi datare l'inizio dell'escalation della violenza brigatista, direi che coincide proprio con l'arrivo di Moretti, perché lui ci spinge continuamente ad alzare il tiro."

Il dato che risulta immediatamente chiaro è il lento distacco del partito armato da quel terreno da cui era nato molti anni prima: le grandi fabbriche. È questo un fatto determinato

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dall'evoluzione della stessa organizzazione armata che agisce clandestinamente: proprio per questo si ha una perdita di contatto, materiale e ideologico, con la realtà. La necessità dunque di nascondersi e di fuggire dalla polizia allontana i membri delle Br dai luoghi dove l'azione può essere collettiva e questo risulterà ancor più evidente quando Moretti sottoporrà l'organizzazione a una rigida compartimentazione, tecnica che prevede pochi contatti tra i vari membri della stessa e con diretto riferimento ai superiori.

Ma quale il motivo che spinge Moretti a decisioni così drastiche?

A questo punto chi spara, spara per uccidere; lo fa per addestrare i “nuovi”, lo fa perché proprio l'obbiettivo “di fare guerra allo Stato” impone questa strategia. Quando i bersagli diventano strettamente politici, la clandestinità diviene una regola che non si deve trasgredire e la lotta è destinata all'imbarbarimento. È difficile riuscire a comprendere la necessità di tale violenza, ma cercando di interpretarla si vede come si è passati da una prima “generazione” di Br, con Curcio, Cagol e Franceschini, dove erano gli ideali i veri protagonisti dell'azione e si è poi passati alle seconde Br, il cui periodo si è aperto con l'omicidio del procuratore generale di Genova Francesco Coco (giugno 1976) e si è chiuso con l'omicidio di Roberto Peci (agosto 1981). Questi cinque anni hanno visto molte vittime, molti attentati e feriti e sono ben definiti dal sequestro dell'onorevole Moro e di D'Urso. Ma qual'è stato il messaggio di cui le Br volevano farsi portavoce? Innanzitutto sono state le vittime che le hanno rese protagoniste e il loro ruolo politico piuttosto che il loro progetto politico, poiché la guerra civile e la rivoluzione armata che loro auspicavano non è mai stata alla loro portata; esse infatti non sono mai riuscite ad andare oltre gli attentati, anche se questi hanno profondamente influito su ogni rapporto politico, sociale e individuale del Paese e certo non si potrà mai prescindere da essi.

Afferma la nuova “dirigenza” delle Br (Moretti insieme a Azzolini, Bonisori e Balzarani): “Facemmo una lunga riflessione e arrivammo a questa alternativa che a te sembrerà rozza ma che noi dovevamo affrontare, ad ogni costo: qui, o questa guerra la facciamo sul serio o tanto vale piantarla. Qui, o ci mettiamo in testa di vincere o siamo vinti in partenza. Presa la decisione di fare la guerra allo Stato sul serio, per vincerla, tutto ne conseguì […]: l'analisi politica […] diventava un corollario e una giustificazione della macchina militare, della ferocia dello scontro.”

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A causa dell'incremento della violenza i 19 Paesi membri della CEE, il 27gennaio del 1977, approvano il “Patto di mutua assistenza” nel cui preambolo si afferma che: “..gli stati membri del Consiglio d’Europa, coscienti della crescente inquietudine creata dal moltiplicarsi degli atti del terrorismo; augurandosi che misure efficaci siano prese affinché gli autori di tali atti non sfuggano all’incriminazione e alla punizione; convinti che l’estradizione è un mezzo particolarmente efficace per raggiungere questo risultato, hanno raggiunto l’accordo su vari articoli...”. In questi cinque anni le Br hanno portato avanti i loro ideali, hanno cercato di colpire, molto spesso tramite la cosiddetta “gambizzazione”, importanti personaggi della vita politica e pubblica e in particolare con il sequestro dell'On. Moro, con l'”operazione Friz”, hanno indelebilmente segnato la storia d'Italia dando alla loro “causa” una visibilità internazionale. Note: 1 articolo del 4 maggio 2004 “corriere della sera”: “Curcio mi disse: sono certo che

Moretti è una spia”

Bibliografia: • articolo del 4 maggio 2004 "corriere della sera": “Curcio mi disse: sono certo che

Moretti è una spia." di Bianconi Giovanni

• Giorgio Galli Piombo Rosso. La storia completa della lotta armata in Italia dal 1970 a oggi Castoldi Milano 2004

• Alessandro Silj – Donzelli editore. Malpaese: criminalità, corruzione e politica nell'Italia della prima Repubblica 1943 – 1994.

• www.robertobartali.it

• www.servizisegreti.com

• www.memoria.san.beniculturali.

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ALDO MORO

a cura di Sara De Nicolò, Francesca Mariano, Angela Puntel

VITA:

Aldo Moro nasce a Maglie (Lecce) il 23 settembre 1916 da Renato, ispettore scolastico, e Fida Stinchi, scrittrice e cattolica. Aldo, uno dei cinque figli, si dovrà spostare assieme alla famiglia prima a Taranto poi a Bari per le esigenze lavorative del padre. Intrapresa la carriera universitaria si laurea in Legge e diviene docente di diritto e procedura penale. Dal 1939 al 1942 è presidente della Fuci, la federazione degli universitari cattolici e coltiva allo stesso tempo studi teologici prediligendo in particolare San Tommaso d'Aquino. Nel 1945 sposa Eleonora Chiaravelli, attivista della Fuci, e assieme a lei avrà quattro figli. Dal 1946 al 1948 dirige il periodico Studium, rivelandosi così uno dei più brillanti intellettuali del Dopoguerra, favorevole ad un dialogo aperto con socialisti e comunisti. Dal 1946 è deputato per la Dc ed entra a far parte del gruppo di Dossetti insieme ad altri cattolici prggressisti come Lazzati, La Pira e Fanfani e dal 22 luglio 1948 al 12 gennaio è sottosegretario agli Affari esteri nel governo De Gasperi. Nel 1955 diviene Ministro della Giustizia, nel 1957 lo è della Pubblica istruzione introducendo lo studio dell'educazione civica nelle scuole. Nel 1959, all'età di 43 anni, la sua carriera politica subisce una svolta decisiva: egli assume l'incarico di segretario politico. La sua nomina desta sorpresa ai vertici del partito essendo Moro un uomo schivo, austero, destinato a un ruolo di secondo piano in politica, sentendosi già appagato dalla fiorente carriera accademica. Augurandosi negli anni un apertura verso sinistra, nasce nel marzo 1962 il primo governo di centro-sinistra, guidato da Fanfani e che comprende Dc, socialdemocratici e repubblicani; il Psi si astiene dal voto di fiducia. Il 4 dicembre 1963, dopo aver lasciato la segreteria a Mariano Rumor, inaugura da presidente il primo governo con il Psi, avendo come vice Nenni. Si tratta questa di una coalizione tra Dc, Psi, Psdi e Pri e Moro resterà premier fino al giugno 1968. In questi anni, nei congressi del 29 giugno 1969 e 21 dicembre 1975, Moro continua a teorizzare una futura integrazione del Pci nella Democrazia italiana. Dal 1969 al 1974 è ministro degli Esteri e dal 1974 al 1976 è due volte presidente del consiglio. Il 16 marzo 1978 si attende alla camera l'investitura del governo di "solidarietà nazionale" a guida di Andreotti e sostenuto da tutti i piartiti dell'arco costituzionale, a cominciare dal Pci, che vota la fiducia senza ottenere ministeri. Ma Moro quella mattina viene rapito dalle Br e sarà ucciso il 9 maggio dopo 55 giorni di prigionia.

LINEA POLITICA:

Per riuscire a salvare e sviluppare la democrazia italiana, la politica di Moro puntava a un dialogo costruttivo tra tutte le forze politiche democratiche e tutte le parti sociali ed economiche legittimate alla partecipazione a tale processo di convergenza democratica ed è per qusto che inizia a tessere una sottile trama di peculiari rapporti politici.

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Pietro Nenni, convinto aderente al PSI, e Aldo Moro, segretario della DC, sono da considerarsi i protagonisti del centro-sinistra, la collaborazione duratura e in un certo modo obbligata (nel senso che ad essa non vi era alternativa) tra socialisti e democristiani. Per la Dc di Moro, al contrario, l’importante è l’isolamento del Pci,la salvaguardia degli equilibri politici nazionale e internazionali, la tutela dei valori democristiani su temi come la scuola o il divorzio: se l’attuazione del programma tocca qualcuno di questi punti chiave, Moro è costretto a sollevare obiezioni. Malgrado tali difficoltà, Nenni e Moro riuscirono a superare gli ostacoli e a lavorare insieme per la fiducia reciproca e perché convinti, seppur per ragioni diverse, che il centro-sinistra fosse l’unica formula politica possibile. Moro si trovava a dover affrontare un periodo storico complicato da due fondamentali questioni: la necessità di conciliare i valori cristiani e popolari della Dc con quelli laici e liberali del resto della società italiana e il ""risveglio" delle masse popolari in seguito al "miracolo economico" che aveva portato la nazione rurale di prima a divenire una delle maggiori potenze industriali mondiali. Moro diede al suo centro-sinistra un'impronta più moderata nel campo economico e sociale rispetto al periodo di governo di Fanfani, ma fu all'avanguardia per quanto riguarda gli equilibri politici; la sua intenzione principale però era quella di allargare la base democratica del governo, facendo sì che il potere esecutivo venisse rappresentato da un numero più elevato di partiti ed elettori, e questo sarebbe stato per lui possibile solo con un gioco di alleanze tra le varie correnti, aventi come fulcro la Dc. Egli dunque si faceva portatore di una linea politica democratico-consociativa. Conseguentemente al suo impegno politico all'interno del partito democristiano, egli, assieme a Fanfani, verrà definito uno dei due "cavalli di razza della Dc"; questa definizione riesce a far intendere chiaramente il perchè dell'elezione di Moro a Presidente del Consiglio Nazionale del partito nel 1976.

IL COMPROMESSO STORICO:

Nonostante l’appoggio del PCI in parlamento fosse gradito, e spesso anche necessario, era inaccettabile la prospettiva di un affidamento ai comunisti di concrete responsabilità di governo; tuttavia vi era una minoranza della classe politica (in cui figurava, tra gli altri, Aldo Moro) la quale riteneva invece che una democrazia realmente efficace richiedesse l’alternanza dei partiti al potere. Il riavvicinamento fra le 2 parti si verificò durante gli anni ’70 in seguito alla proposta, nel 1973, da parte del neo-segretario del

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Partito Comunista Enrico Berlinguer, di una compartecipazione del suo partito con la Democrazia Cristiana di Aldo Moro, meglio nota come "compromesso storico". La collaborazione era aperta anche alle altre forze democratiche e mirava ad interrompere la cosiddetta conventio ad escludendum, espressione coniata dallo stesso Berlinguer per indicare il rifiuto del pentapartito DC-PSI-PSDI-PLI-PRI a considerare il PCI una possibile forza di governo. Questa politica, più svincolata da Mosca e perciò guardata con ostilità dal blocco orientale, fu sgradita anche agli USA, piuttosto favorevoli a finanziare invece l’anticomunismo, nonché alla parte più estremista del PCI e all’ala di destra della DC; trovò invece l’appoggio di Aldo Moro, che già dal 1962 sperava di poter negoziare un consociativismo dapprima con i socialisti e in seguito con i comunisti. Nel 1976 fu finalmente raggiunta un intesa consociativa grazie all’appoggio esterno assicurato dal Partito Comunista ai due governi monocolore democristiani di "solidarietà nazionale", costituiti da Giulio Andreotti. Da questo momento Moro trattò i comunisti come partner della coalizione, sia pure senza inserirli nel suo governo, e questi ottennero qualche posto di sottogoverno e la promessa di essere consultati sulle iniziative legislative. L’incontro fu infine interrotto nel 1978 dall’assassinio di Moro, che convinse Andreotti a porre fine al suo tentativo di consociativismo con l’estrema sinistra.

DISCORSO AL CONVEGNO DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA FRIULANA

Udine, 13 aprile 1969

Il discorso che ci apprestiamo a commentare è stato pronunciato dall'On.Aldo Moro al convegno dei quadri dirigenti della D.C. del Friuli.

“ La verità è che la DC cerca e continua a cercare se stessa e che compreso il Paese lo possa servire in modo adeguato e coerente [...]con verità e responsabilità: è il più forte partito italiano ed è presumibile che rimanga tale […]. Vi è da ritenere che vi sarà uno spazio proprio per i cattolici democratici che vogliono fare politica insieme[...]. La difesa della libertà attuata attraverso la libertà […]; quest'ultima la sola via per giungere ad una sintesi di giustizia, indispensabile per evitare l'infeconda dispersione della vita sociale […]. Esiste una tutela lungimirante e intelligente e il ricorso alla violenza rivoluzionaria è insieme intollerabile ed inutile […]. Il potere dunque è un servizio che ha la sua radice in un dibattito obbiettivo e serio, al quale tutti partecipino […]. Occorrono intelligenza, misura, rispetto, influenza nelle coscienze degli uomini liberi del nostro tempo […]. L'unanimità è solo totale e fiduciosa partecipazione al dialogo dal quale nessuno può essere escluso. La nostra politica è generata nel dibattito di tutti. […] La validità e la vitalità del partito è un fatto di fiducia fondata sull'eguale dignità e sull'effettiva partecipazione.[...] Una maggioranza cesserebbe di essere tale se non comprendesse quel che si agita in seno ad una società inquieta in una svolta di storia. […] Sta a noi dirigere il corso della storia in un senso veramente progressivo. [...] Sarebbe bene che anche il Partito Comunista pensasse

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ad una visione d'insieme. [...] La violenza non è mai ammissibile ed utile. […] La violenza non ha titolo ad essere contro la libertà perché la libertà è sempre giusta essendo essa il canale attraverso il quale la giustizia si afferma. La violenza è inevitabilmente un fattore di regresso. [...] Il congresso ha tra l'altro il significato di aprire la via ad un'altra forza politica in prima fila con noi. […] Andiamo al congresso per fare un decisivo passo avanti nell'instaurazione di una società libera, giusta e pacifica, per la quale vogliamo lavorare non soli, ma nel dialogo politico.”

VIA FANI, 16 MARZO 1978 ORE 9:00.

"Roma, Via Fani, 16 Marzo 1978, pochi minuti dopo le nove: una macchina blocca la vettura di Aldo Moro, almeno dieci terroristi uccidono quattro uomini della scorta e rapiscono il presidente della Democrazia Cristiana." (nota n°1). Lo statista sarà assassinato il 9 maggio, al culmine di quella che le Br definiscono "campagna di primavera". Il gruppo che spara in via Fani è composto da Prospero Gallinari, Valerio Morucci, Raffaele Fiore, Franco Bonisoli; al resto dell'azione partecipano Mario Moretti, Barbara Balzerani, Bruno Seghetti, Alvaro Lojacono e Alessio Casimirari. Si crede che i terroristi abbiano agito mascherati, che abbiano atteso l'Onorevole Moro all' angolo di via Fani nel quartiere di Montemario a pochi passi dalla sua residenza e che abbiano poi fatto fuoco sull'auto della scorta col preciso intento di uccidere tutti gli agenti: Giulio Rivera, Raffaele Jozzino, Domenico Ricci, Oreste Leonardi e Francesco Zizzi che morirà subito dopo lo scontro in ospedale.

PERCHE' MORO?

Dal primo comunicato delle Br dopo il sequestro: " Chi è Aldo Moro è presto detto: dopo il suo degno compare De Gasperi, è stato fino ad oggi il gerarca più autorevole, il "teorico" e lo " stratega" indiscusso di quel regime democristiano che da trenta anni opprime il popolo italiano. [...] La controrivoluzione imperialista [...] ha avuto in Aldo Moro il padrino politico e l'esecutore più fedele delle direttive impartite dalle centrali imperialiste."

"Si è detto che Moro fu rapito perchè in lui le Br volevano colpire l'artefice della solidarietà nazionale e dell'avvicinamento fra Dc e Pci. L'ottica delle Br, in realtà, era un po' diversa: Moro non costituiva l'obbiettivo specifico della "campagna di primavera" e il rapimento non fu realizzato per colpire il regista di quella fase politica. Il loro scopo era più generale e riguardava piuttosto la loro analisi di quella fase storica: colpire la Dc, elemento portante dello Stato Imperialista delle Multinazionali (SIM), e battere il concorrente rappresentato dal Pci. Nell'disegno brigatista infatti il successo della loro azione avrebbe interrotto la

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"lunga marcia comunista verso le istituzioni", per affermare la prospettiva dello scontro rivoluzionario e porre le basi di un'egemonia delle Br a sinistra. Il sequestro Moro avrebbe dato inizio alla rivoluzione in Italia, che sarebbe spettato a loro guidare. In questo senso, furono le stesse Br a spingere il partito comunista verso una rigida intransigenza nei loro confronti. Alle Br dunque interessava Moro in quanto figura emblematica di trent'anni di "regime democristiano". Secondo quanto ha dichiarato successiavamente Moretti, per le Br era rilevante che Moro fosse "presidente della Dc" e che fosse "da quarant'anni al governo", tanto che la scelta sarebbe potuta cadere su altri, come Andreotti o Fanfani. Moro e Andreotti " ai nostri occhi erano gemelli [...]. Se fra i due c'erano differenze sostanziali, in quel momento a noi non apparivano", ha dichiarato ancora Moretti. Naturalmente, i brigatisti erano contrari alla politica di solidarietà nazionale attuata da Moro, ciò però non significa che abbiano sequestrato Moro per colpire il nuovo governo Andreotti, il primo che dal 1947 includeva anche i comunisti nella maggioranza. In particolare, i brigatisti motivarono il processo contro Moro in quanto esponente del "regime democristiano". (nota n°2) "L'elenco dei capi d'acc usa di cui egli dovrà rendere conto al "tribunale del popolo" è completo. Al presidente della Dc viene chiesto dai suoi carcerieri, in queste ore, di "chiarire le politiche imperialistiche e antiproletarie" del suo partito; di fornire indicazioni sulle "strutture internazionali e le filiazioni nazionali della controrivoluzione imperialista"; di "svelare" (nomi, cognomi e indirizzo) "il personale politico-economico-militare sulle cui gambe cammina il progetto delle multinazionali". E poichè da un interrogatorio su questi argomento le br sono certe che emergeranno "responsabilità dirette di Aldo Moro", per queste responsabilità il prigioniero verrà giudicato "secondo i criteri della giustizia proletaria"." (nota n°3) CRONOLOGIA DEL SEQUESTRO: 16 marzo: rapimento di Moro in Via Fani due ore dopo l'agguato, il ministro dell'interno Francesco Cossiga istituisce un comitato tecnico-operativo per coordinare le ricerche e l'azione delle forze di polizia e sicurezza nello stesso giorno al Viminale viene istituito un "gruppo ristretto" incaricato di gestire la crisi presso il ministero dell'interno; il Parlamento non conoscerà l'esistenza nè l'attività di questo gruppo. 18 marzo: comunicato n°1 delle Br con allegata la f oto di Moro nella "prigione del popolo". Su segnalazione di due inquilini dello stabile, la polizia giunga nei pressi dell'appartamento di via Gradoli 96, bussa alla porta e, non ottenendo risposta,se ne va: in quell'appartamento vivono Moretti e Balzerani. 25 marzo: comunicato n°2: le Br hanno cominciato il loro processo contro Moro e la Dc 29 marzo: lettera di Moro a Cossiga: il leader della Dc chiede al governo di trattare con le Br. Le Br la pubblicano assieme ad altre due lettere indirizzate alla moglie Eleonora e all'amico Rana.

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4 aprile: comunicato n°4 e lettera di Moro a Zaccag nini: lo statista rinnova gli appelli alla trattativa. 10 aprile: comunicato n°5. Le Br rendono pubblico l 'interrogatorio a Moro nel quale lo statista si scaglia contro Taviani, il quale, all'epoca del sequestro Sossi, si era dimostrato favorevole ad uno scambio di prigionieri. 15 aprile: il processo è finito e le Br condannano a morte l'on. Moro. 18 aprile: viene scoperta la base di Via Gradoli. Giunge alle redazioni il falso comunicato n°7 del l ago della Duchessa 20 aprile: è reso pubblico il vero comunicato n°7. Le Br danno al governo un ultimatum di 40 ore; Bettino Craxi propone la trattativa, ma Dc e Pci confermano la linea della fermezza. 22 aprile: appello del Papa alle Br: " uomini delle Brigate Rosse, vi prego in ginocchio, liberate Moro senza condizioni." 24 aprile: comunicato n°8 e lettera di Moro a Zacca gnini e alla Dc. 26 aprile: Craxi ripropone la via della trattativa 3 maggio: vertice a p.zza Barberini tra Moretti, Faranda e Morucci i quali esprimono la loro contrarietà all'uccisione di Moro: questa loro posizione determinerà l'uscita dei due dall'Organizzazione. 5 maggio: comunicato n°9. "concludiamo la battaglia eseguendo la sentenza di morte". Moro alla moglie: " siamo, credo, al momento conclusivo". 6 maggio: i contatti avviati con le Br tramite gli esponenti dell'Autonomia confermano che le Br accetterebbero lo scambio "uno contro uno". 9 maggio: il corpo senza vita dell on. Moro viene ritrovato in via Caetani: a sparare è Mario Moretti. Il 6 dicembre 2001 spuntano inoltre i verbali dela direzione di partito della Democrazia Cristiana tenuta il 9 maggio dai quali emerge – contro qualsiasi ipotesi circa la possibilità di un'apertura in extremis alla trattativa con le Br – che il destino di Moro era ormai deciso e accettato dai vertici della Dc. Neppure Fanfani avrebbe rilanciato la linea della trattativa.

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Questo comunicato fu invece la reazione della Democrazia Cristiana friulana:

IL CARTEGGIO:

"Secondo le testimonianze di Prospero Gallinari, che portava il cibo, e Mario Moretti, che conduceva il processo, Aldo Moro avrebbe trascorso i suoi ultimi 55 giorni di vita in un cubicolo lungo tre metri e largo meno di uno, costituito da pareti insonorizzate e arredato con una branda, un water fisiologico e un condizionatore; nonostante la ristrettezza degli spazi il prigioniero viveva in buone condizioni igeniche personali. L’intercapedine era stata ricavata con una parete di gesso tra uno studio ed un salone ed era nascosta da una libreria. In questo spazio Moro scriveva decine e decine di lettere, utilizzando la scrittura

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come mezzo per sopravvivere alla violenza psicologica che era costretto a subire, per prendere tempo, per comunicare e testimoniare la sua agonia, per poter mantenere un contatto con la realtà. Egli si era ritrovato all’improvviso privato della libertà personale senza essere psicologicamente preparato: scriveva non per rendere accettabile a se stesso e ai propri cari una morte probabile, ma al contrario, per provare ad avere salva la vita. [...] Giunse al "carcere del popolo" rannicchiato, chiuso in una cassa di legno, costretto ad indossare degli occhiali da saldatore, quindi privato di qualsiasi riferimento visivo. [...] Solo il 29 marzo, dopo tredici giorni di silenzio, i brigatisti decisero di divulgare, insieme con il loro terzo comunicato, la prima lettera rivolta al ministro dell’Interno Francesco Cossiga. La missiva ebbe un ruolo decisivo negli orientamenti dell’opinione pubblica italiana e concorse da subito a formare l’immagine del prigioniero. In realtà l’epistolario di Moro, nelle originarie intenzioni del suo autore, doveva svolgersi in una dimensione segreta: egli avrebbe voluto impostare una trattativa imperniata su uno scambio di prigionieri politici in modo riservato e furono i brigatisti a impedirlo, dando pubblicità alla lettera destinata a Cossiga. Durante il sequestro otto messaggi furono pubblicati dalla stampa, di cui quattro lettere per esplicita volontà brigatista, una per iniziativa dei messaggeri, due per scelta dei destinatari (Craxi e Leone), un’altra infine fu inviata in fotocopia da un anonimo al quotidiano "La Repubblica". [...] Sappiamo però che nel corso dei 55 giorni Aldo Moro scrisse almeno 97 testi: 78 lettere, sette testamenti, un promemoria, cinque biglietti e sei versioni differenti di cinque missive. La maggior parte delle lettere sono indirizzate alle personalità politiche e istituzionali che detenevano e amministravano il potere nell’Italia della seconda metà degli anni Settanta; fra queste si trovano ad esempio il segretario della DC Zaccagnini, il presidente della Repubblica Leone e quello del Consiglio Andreotti, i presidenti delle Camere Ingrao e Fanfani, il segretario socialista Craxi e quello comunista, Berlinguer. Un'altra lettera è invece indirizzata collettivamente al partito della DC. Altre ancora, infine, sono rivolte al capo della segreteria Nicola Rana, assistente universitario di Moro e suo fidato collaboratore dal 1955. [...] Se si osserva tuttavia l’elenco completo delle varie funzioni ricoperte dai destinatari della corrispondenza, emerge chiaramente che Aldo Moro volle scrivere non solo alle maggiori cariche dello Stato, ai principali esponenti del suo partito e alle autorità di governo, ma anche ad alcuni personaggi di minor rilievo pubblico - come Misasi, Dell’Andro, Pennacchini, Ancora – che però rivestivano un ruolo piuttosto significativo sul piano della gestione pratica del potere. Scrivendo a costoro, ai quali era legato da vincoli di fiducia, stima reciproca e comune appartenenza ideale ai valori del cattolicesimo popolare, Moro era consapevole di sollecitare alla sua causa i vertici dell’amministrazione della giustizia a livello parlamentare e governativo, di richiamare l’attenzione sul tema della tutela del segreto di Stato, di salvaguardare un canale preferenziale di comunicazione con i comunisti. Obiettivi che invece si presume non fossero altrettanto chiari ai brigatisti. [...]

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Per quanto riguarda la corrispondenza con le autorità, Moro scrisse anche due missive al papa Paolo VI, sperando di aprire un canale riservato di trattativa che coinvolgesse il Vaticano, e due ai rappresentanti dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, cioè Luigi Cottafavi, il capo della rappresentanza dell’Onu per l’Europa a Ginevra, e il segretario generale dell’Onu Kurt Waldheim, che avrebbero dovuto portare la vicenda sul piano internazionale. [...] Il resto delle lettere sono indirizzate ai familiari, soprattutto alla moglie Eleonora, a cui Moro si rivolge con parole affettuose e ricorda di sbrigare varie faccende pratiche; spesso inoltre i brigatisti affidavano proprio a lei il compito di far recapitare la corrispondenza ai vari destinatari. [...] Questo perché erano le Br a decidere cosa far uscire dal "carcere del popolo". Le lettere scritte dal prigioniero venivano distribuite attraverso un’accorta strategia censoria e comunicativa, funzionale a creare il massimo di destabilizzazione possibile nel sistema politico italiano: furono utilizzate per dividere il fronte della fermezza, distruggere la maggioranza di governo, spezzare qualsiasi possibile vincolo di fiducia tra la famiglia e le istituzioni repubblicane e , al tempo stesso, corrodere la figura politica e morale di Moro presso l’opinione pubblica italiana[...]". (nota n° 6) Dalla "prigione del popolo" a Cossiga, ministro degli interni, recapitata il 29 marzo, allegata al comunicato n°3: “Benché non sappia nulla né del modo né di quanto accaduto dopo il mio prelevamento, è fuori discussione – mi è stato detto con tutta chiarezza – che sono considerato un prigioniero politico, sottoposto, come presidente della D.C., ad un processo diretto ad accertare le mie triennali responsabilità (processo contenuto in termini politici, ma che diventa sempre più stringente).” “Devo pensare che il grave addebito che mi viene fatto, si rivolge a me in quanto esponente qualificato della D.C. nel suo insieme nella gestione della linea politica. In verità siamo tutti noi del gruppo dirigente che siamo chiamati in causa ed è il nostro operato collettivo che è sotto accusa e di cui devo rispondere.” “[…] Entra in gioco la ragione di Stato. Soprattutto questa ragione di Stato nel mio caso significa, riprendendo lo spunto accennato innanzi sulla mia attuale condizione, che io mi trovo sotto un dominio pieno ed incontrollato, sottoposto ad un processo popolare che può essere opportunamente graduato, che sono in questo stato avendo tutte le conoscenze e sensibilità che derivano dalla lunga esperienza, con il rischio di essere chiamato o indotto a parlare in maniera che potrebbe essere sgradevole e pericolosa in determinate situazioni. Inoltre la dottrina per la quale il rapimento non deve recare vantaggi, discutibile già nei casi comuni, dove il danno del rapito è estremamente probabile, non regge in circostanze politiche, dove si provocano danni sicuri e incalcolabili non solo alla persona, ma allo Stato. Il sacrificio degli innocenti in nome di un astratto principio di legalità, mentre un indiscutibile stato di necessità dovrebbe indurre a salvarli, è inammissibile. […] E non si

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dica che lo Stato perde la faccia, perché non ha saputo o potuto impedire il rapimento di un’alta personalità che significa qualcosa nella vita dello Stato.”

Lettera a papa paolo vi, recapitata l'8 aprile: “Nella difficilissima situazione nella quale mi trovo e memore della paterna benevolenza che la Santità Vostra mi ha tante volte dimostrato, e tra l’altro quando io ero giovane dirigente della Fuci, ardisco rivolgermi alla Santità Vostra, nella speranza che voglia favorire nel modo più opportuno almeno l’avvio di quel processo di scambio di prigionieri politici, dal quale potrebbero derivare, in questo momento estremamente minaccioso, riflessi positivi per me e la mia disgraziata famiglia che per ragioni oggettive è in cima alle mie angosciate preoccupazioni. Immagino le ansie del Governo. Ma debbo dire che siffatta pratica umanitaria è in uso presso moltissimi Governi, i quali danno priorità alla salvezza delle vite umane e trovano accorgimenti di allontanamento dal territorio nazionale per i prigionieri politici dell’altra parte, soddisfacendo così ragioni di sicurezza. D’altra parte, trattandosi di atti di guerriglia, non si vede quale altra forma di efficace distensione ci sia in una situazione che altrimenti promette giorni terribili.”

Al segretario generale delle Nazioni Unite Kurt Waldheim, recapitata tra il 22 e il 23 aprile: “Ebbene , ora io mi trovo nella condizione di prigioniero politico ed intorno a questa mia posizione è aperta una vertenza tra il governo italiano e le BR intorno a qualche scambio di prigionieri delle due parti. Il suo alto appello umanitario non ha potuto così conseguire il risultato desiderato, poiché il governo oppone la richiesta di un gesto gratuito ed unilaterale, mentre l’altra parte chiede una contropartita da concordare. […] Una sua presenza in Italia, la sua abilità diplomatica, la sua capacità mediatrice, dovrebbero poter sbloccare la difficile situazione, salvare la mia vita, creare un’area di distensione utile alla pace.”

Al segretario della Dc Benigno Zaccagnini, recapitata il 24 aprile col comunicato n°8: “Ed infatti, di fronte a quelli del Paese, ci sono i problemi che riguardano la mia persona e la mia famiglia. Di questi problemi, terribili ed angosciosi, non credo vi possiate liberare, anche di fronte alla storia, con la facilità, con l’indifferenza, con il cinismo che avete manifestato sinora nel corso di questi quaranta giorni di mie terribili sofferenze. Con profonda amarezza e stupore ho visto in pochi minuti, senza nessuna seria valutazione umana e politica, assumere un atteggiamento di rigida chiusura. […] Possibile che siate tutti d’accordo nel volere la mia morte per una presunta ragion di Stato che qualcuno vividamente vi suggerisce quasi a soluzione di tutti i problemi del Paese? Altro che soluzione dei problemi. Se questo crimine fosse perpetuato, si aprirebbe una spirale terribile che voi non potreste fronteggiare.” “E’ soprattutto alla D.C. che si rivolge il Paese per le sue responsabilità, per il modo come ha saputo sempre contemperare sapientemente ragioni di Stato e ragioni umane e morale. Se fallisse ora, sarebbe per la prima volta. Essa sarebbe travolta dal vortice e

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sarebbe la sua fine. Che non avvenga, ve ne scongiuro, il fatto terribile di una decisione di morte presa su direttiva di qualche dirigente ossessionato da problemi di sicurezza, come se non vi fosse l’esilio a soddisfarli, senza che ciascuno abbia interrogato veramente e fatto veramente parlare la sua coscienza. Qualsiasi apertura, qualsiasi posizione problematica, qualsiasi segno di consapevolezza immediata della grandezza del problema, con le ore che corrono veloci, sarebbero estremamente importanti. Dite subito che non accettate di dare una risposta immediata e semplice, una risposta di morte. Dissipate subito l’impressione di un partito unito per una decisione di morte. Ricordate, e lo ricordino tutte le forze politiche, che la Costituzione Repubblicana, come primo segno di novità, ha cancellato la pena di morte.” “Un allontanamento dai familiari senza addio, la fine solitaria, senza la consolazione di una carezza, del prigioniero politico condannato a morte. Se voi non intervenite, sarebbe scritta una pagina agghiacciante nella storia d’Itala. Il mio sangue ricadrebbe su di voi, sul partito, sul Paese. Pensateci bene cari amici. Siate indipendenti. Non guardate al domani, ma al dopodomani.”

Alla Democrazia Cristiana, recapitata il 28 aprile: “E’ vero, io sono prigioniero e non ho l’animo lieto. Ma non ho subito nessuna coercizione, non sono drogato, scrivo con il mio stile per brutto che sia, ho la mia solita calligrafia. Ma sono, si dice, un altro e non merito di essere preso sul serio. Allora ai miei argomenti neppure si risponde.” “In concreto lo scambio giova non solo al detenuto, ma anche a chi rischia l’uccisione, alla parte non combattente. Da che cosa si può dedurre che lo Stato va in rovina, se una volta tanto un innocente sopravvive e, a compenso, altra persona va, invece che in prigione, in esilio?” “Bisogna pur ridire a questi immobilisti della D.C. che in moltissimi casi scambi sono stati fatti in passato, dovunque, per salvaguardare ostaggi e salvare vittime innocenti. Ma è tempo di aggiungere che anche in Italia la libertà è stata concessa con procedure appropriate ai Palestinesi, per parare gravi minacce di rappresaglia capaci di rilevanti danni alla comunità.” “E nel caso che ci riguarda è la mia condanna a morte che sarebbe sostanzialmente avvallata dalla D.C., la quale, arroccata su discutibili principi, nulla fin qui fa, per evitare che un uomo, chiunque egli sia, ma poi un esponente di prestigio, un militante fedele sia condotto a morte. Un uomo che aveva chiuso la sua carriera con serena rinuncia a presiedere il Governo ed è stato letteralmente strappato da Zaccagnini dal suo posto di pura riflessione e di studio, per assumere l’equivoca veste di Presidente del Partito.”

Al segretario del Psi Bettino Craxi, recapitata il 29 aprile: “Poiché ho colto, pur tra le notizie frammentarie che mi pervengono, una forte sensibilità umanitaria del tuo Partito in questa dolorosa vicenda, sono qui a scongiurarti di continuare ed anzi accentuare la tua importante iniziativa. E’ da mettere in chiaro che non si tratta di

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inviti rivolti agli altri a compiere atti di umanità. Inviti del tutto inutili, ma di dar luogo con la dovuta urgenza ad una seria ed equilibrata trattativa per lo scambio di prigionieri politici. Ho l’impressione che questo o non si sia capito o si abbia l’aria di non capirlo. […] Anche la D.C. sembra non capire. Ti sarei grato se glelo spiegassi anche tu con l’urgenza che si richiede. Credi, non c’è un minuto da perdere.”

Al presidente del Consiglio Giulio Andreotti, recapitata il 29 aprile: “Posso solo dirti la mia certezza che questa nuova fase politica, se comincia con un bagno di sangue e specie in contraddizione con un chiaro orientamento umanitario dei socialisti, non è apportatrice di bene né per il Paese né per il Governo. La lacerazione ne resterà insanabile.” “Contare su un logoramento psicologico, perché son certo che tu, nella tua intelligenza, lo escludi, sarebbe un drammatico errore.”

Alla moglie Eleonora "[…] La mia condizione va facendosi sempre più precaria e difficile per l’irrigidimento totale delle forze politiche ad un qualche inizio di discorso su scambi di prigionieri politici, tra i quali sono anch’io. Non so se tu hai visto bene i miei due messaggi. E’ da quelli che bisogna partire, per mettere in moto un movimento umanitario, oggi nelle Camere assolutamente assente malgrado le loro tradizioni.” “Ora si tratta di vedere che cosa ancora con la tua energia, in pubblico ed in privato, puoi fare, perché se questo blocco non comincia a sgretolarsi un poco, ne va della mia vita. E cioè di voi tutti, carissimi, e dell’amato piccolo. Sarebbe per me una tragedia morire, abbandonandolo.” "Vorrei restasse ben chiara la piena responsabilità della Dc con il suo assurdo ed incredibile comportamento. [...] E' poi vero che moltissimi amici (ma non ne so i nomi) o ingannati dall'idea che il parlare mi danneggiasse o preoccupati delle loro personali posizioni, non si sono mossi come avrebbero dovuto. [...] Uniti nel mio ricordo vivete insieme. Mi parrà di essere tra voi." Il 9 maggio 1978 il corpo dell'onorevole Aldo Moro viene ritrovato nel portabagagli di una Renault 4 targata N56786, nascosto da una coperta, in via Caetani. "Almeno 11 sono i fori che hanno squarciato il petto del prigioniero inerme, una morte che risaliva a molte ore prima, forse il giorno innanzi. Moro è stato ucciso in piedi, la faccia rivolta agli assassini; distinto ha portato al cuore la mano sinistra, un dito era lacerato da un proiettile. Indossava la canottiera e la camicia, non aveva le

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scarpe. Gli assassini lo hanno rivestito e si sono avviati fino al centro di Roma, fino alla strada – non certo scelta a caso – a poche decine di metri dalla direzione comunista e da quella democristiana. " (nota n°4) "Per quanto ci è dato sapere, Moro fu assassinato per gli stessi motivi per cui era stato rapito, vale a dire non per ciò che egli era veramente, per ciò che aveva fatto davvero e per una reala convenienza politica dei brigatisti a rapirlo o ucciderlo, ma per il valore che questi attribuirono alla sua morte nella lotta contro lo stato imperialista delle multinazionali, dentro una logica che confondeva il piano della realtà con quello dei simboli, anche se l'assassinio di Moro fu un evento tragicamente reale. " (nota n°5) Moro doveva morire. Sono queste le conclusioni a cui giungono Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato ("Doveva Morire. Chi ha ucciso Aldo Moro. Il giudice dell'inchiesta racconta"). " Un dato certo è che Aldo Moro poteva essere salvato. E, invece, fu lasciato morire. Oggi, sulla base della documentaizone trovata, possiamo sospettare che chi poteva salvarlo operò per spingere le Br a ucciderlo. Se le Br furono la pistola che uccise Moro, in molti si adperarono a premere il grilletto."

Con il comunicato n°9, del 5 maggio 1978, le Br con cludono l'"affare" Moro: "ALLE ORGANIZZAZIONI COMUNISTE COMBATTENTI, AL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO, A TUTTI I PROLETARI. Compagni, la battaglia iniziata il 16 marzo con la cattura di Aldo Moro è arrivata alla sua conclusione. Dopo l'interrogatorio ed il Processo Popolare al quale è stato sottoposto, il Presidente della Dc è stato condannato a morte. A quanti tra i suoi compari della Dc, del governo e dei complici che lo sostengono chiedevano il suo rilascio, abbiamo fornito una possibilità, l'unica praticabile, ma nello steso tempo concreta e reale: per la libertà di Aldo Moro, uno dei massimi responsabili di questi trent'anni di lurido regime democristiano, la libertà per tredici Combattenti Comunisti imprigionati nei lager dello Stato imperialista. LA LIBERTA' QUINDI IN CAMBIO DELLA LIBERTA'. In questi cinquantuno giorni la risposta della Dc, del suo governo e dei complici che lo sostengono è arrivata con tutta chiarezza, e più che con le parole e con le dichiarazioni ufficiali, l'hanno data con i fatti, con la violenza controrivoluzionaria che la cricca al servizio dell'imperialismo ha scagliato contro il movimento proletario. [...] Concludiamo quindi la battaglia iniziata il 16 marzo, eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro è stato condannato.".

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Il miglior ricordo dell'Onorevole Aldo Moro è ancora oggi soltanto nelle parole che, nell'ora dell'addio, egli scrisse a "Norina": "Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo." L'importanza di tale episodio fu riconosciuta a livello nazionale e il giorno 9 maggio venne assunto come giorno della memoria, come il giorno in cui ricordare tutte le vittime del terrorismo di qualsiasi matrice. Legge del 4 maggio 2007, n. 56 “Istituzione del Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice”: Art. 1 La Repubblica riconosce il 9 maggio, anniversario dell’uccisione di Aldo Moro, quale Giorno della memoria, al fine di ricordare tutte le vittime del terrorismo, interno ed internazionale, e delle stragi di tale matrice. In occasione del giorno della memoria di cui al comma 1, possono essere organizzate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, manifestazioni pubbliche, cerimonie, incontri, momento comuni di ricordo dei fatti e di riflessione, anche nelle scuole di ogni ordine e grado, al fine di conservare, rinnovare e costruire una memoria storica condivisa in difesa delle istituzioni democratiche. Ogni anno, dal 2008, presso il Quirinale si tiene la manifestazione pubblica, alla presenza del Capo dello Stato e delle più alte cariche istituzionali. In tale occasione il Presidente della Repubblica, rendendo omaggio alle vittime, riceve i familiari e i rappresentanti delle associazioni che li riuniscono. Per non dimenticare, questa è la formula che si sente sempre ripetere in occasione di giornate commemorative di ogni sorta. Un “ non dimenticare” che non deve ridursi ad uno slogan privo di contenuto per chi era troppo piccolo per ricordare o per chi quei giorni non avendoli vissuti affatto, li vede come una qualsiasi pagina di storia manualistica; ma un impegno vivo alla libertà, alla legalità, ai principi costituzionali del nostro Stato.

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NOTE: 1. "I giorni di Moro" pg 25 Atlante de la Repubblica 2. "Il caso Moro" pg 26-7 Agostino Giovagnoli, il Mulino 2005 3. "I giorni di Moro" pg 37 Atlante de la Repubblica 4. "I giorni di Moro" pg 125 Atlante de la Repubblica 5. "Il caso Moro" pg 259 Agostino Giovagnoli, il Mulino 2005 6. "Lettere dalla Prigionia" Aldo Moro a cura di Michele Gotor, Gli Struzzi Einaudi 2008 BIBLIOGRAFIA • Giovanni de Luna, "Le ragioni di un decennio. 1969-1979. Militanza, violenza,

sconfitta, memoria", Feltrinelli 2009 MI

• Agostino Giovagnoli, "Il caso Moro", Il Mulino 2005 BO

• Calogero Pietro, Fumiani Carlo, Sartori Michele, " Terrore Rosso. Dall'autonomia al partito armato", Laterza 2010 BA

• Angelo Rinaldi, Massimo Vincenzi, "I giorni di Moro". Atlante de la Repubblica, 2008 RO

• Aldo Moro, "Discorso al convegno della Demcrazia Cristiana friulana", Udine 3 Aprile 1969, 1969 UD Arti Grafiche Friulane.

• Fondazione Pietro Nenni, "Pietro Nenni Aldo Moro carteggio 1960-1978", la Nuova Italia 1998 FI

• Aldo Moro, "Lettere dalla prigionia" a cura di Michele Gotor, Gli Struzzi Einaudi, 2008 TO

• Denis Mack Smith, " Storia d'Italia dal 1861 al 1997", Editori Laterza 1997 BA

• Marc Lazar, Marie-Anne Matard-Bonucci, "Il libro degli anni di piombo; storia e memoria del terrorismo italiano", Rizzoli 2010 MIFONTI:

• Rivista da collezione n.11 2009 "L'Europeo: misteri degli anni di piombo"

SITOGRAFIA: • www.robertobartali.it

• wikipedia

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TERRORISMO NERO

a cura di Angelica Venturini

Con il termine terrorismo nero si intende una forma di lotta armata solitamente portata avanti da gruppi vicini a ideologie di estrema destra di ispirazione neofascista e nazionalrivoluzionario. Esso si differenziò, nel contesto degli Anni di piombo, dal terrorismo rosso per la sua minore ampiezza in termini quantitativi, e per un programma di

sovversione perseguito fin dagli anni ’60 in due precise direzioni: da un lato, la guerriglia urbana ad opera di strutture clandestine, i cui obiettivi mirati sono spesso stati poliziotti, magistrati, e militanti di partiti di sinistra. Dall’altro, lo stragismo, attuato in modo da uccidere il numero più alto di vittime casuali, che spazia dalla strage di Piazza Fontana a Milano nel 1969, a quella di piazza della Loggia a Brescia nel 1974, dall’attentato al treno “Italicus” nello stesso anno alle stragi alle stazioni di Bologna (nel 1980) e sul treno Napoli -Milano nel 1984.

Al terrorismo nero possono essere ricondotte formazioni politiche (quali Ordine Nuovo, fondato nel 1969, …) che, da movimenti che traevano ispirazione da correnti ideologiche di estrema destra, finirono con l’identificarsi, o l’essere complici di cellule e gruppi armati terroristici. Tra il 1975 e il 1980, il terrorismo nero si è reso responsabile di 115 assassini; si pensare che tra il 1977 e il 1979, sono stati attribuiti ai neofascisti ben tremila attentati. Molti terroristi italiani sono ancora latitanti all’estero. Nel campo del terrorismo nero, il latitante più illustre è sicuramente il padovano Delfo Zorzi, uno dei leader di Ordine Nuovo, condannato all’ergastolo per la Strage di Piazza Fontana e poi assolto in appello. Nel 1989 Zorzi ha ottenuto la cittadinanza giapponese. Ora è un ricco imprenditore di sulla sessantina, e si fa chiamare Roy Hagen. Lo stesso vale per Pasquale Belsito, che venne arrestato a Madrid nel 2001 ed estradato recentemente, ultimo esponente dei Nar. Per quanto riguarda le metodologie con cui vennero compiuti gli attenti, presto si passò dalla tecnica dell’infiltrazione e degli attentati mascherati, spesso con la connivenza di figure di spicco della politica e appartenenti a lle forze armate, e alla strage firmata. Il progetto era quello di condurre il paese ad un livello di instabilità dell’ordine pubblico, per dimostrare l’inettitudine della democrazia e favorire una possibile svolta autoritaria. Alla luce di questa considerazioni, si può affermare che l’internazionale nera cominciò una vera e propria guerra, un’escalation di attentanti culminati con la strage dell’Italicus.

La Banca Nazionale dell'Agricoltura dopo l'attentato di Piazza Fontana

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LA STRAGE DELL’ITALICUS

a cura di Giacomo Angelin, Andrea Bez, Luca Gransinigh

«Il vagone dilaniato dall'esplosione sembra friggere, gli spruzzi degli schiumogeni vi rimbalzano su. Su tutta la zona aleggia l'odore dolciastro e nauseabondo della morte» - Un testimone della strage1

La strage dell’Italicus fu un attentato terroristico avvenuto il 4 agosto 1974 a San Benedetto val di Sambro in provincia di Bologna. Era l’una e ventitré quando la quinta carrozza dell’espresso Roma-Monaco (detto appunto Italicus) fu sventrata da un’esplosione all’uscita di una galleria. Il bilancio fu di 12 morti e 48 feriti. Se l’ordigno fosse esploso all’interno della Grande Galleria dell’Appennino, avrebbe avuto conseguenze più gravi.

«Improvvisamente il tunnel da cui doveva sbucare il treno si è illuminato a giorno, la montagna ha tremato, poi è arrivato un boato assordante. Il convoglio, per forza di inerzia, è arrivato fin davanti a noi. Le fiamme erano altissime e abbaglianti. Nella vettura incendiata c'era gente che si muoveva. Vedevamo le loro sagome e le loro espressioni terrorizzate, ma non potevamo fare niente poiché le lamiere esterne erano incandescenti. Dentro doveva già esserci una temperatura da forno crematorio. 'Mettetevi in salvo', abbiamo gridato, senza renderci conto che si trattava di un suggerimento ridicolo data la situazione. Qualcuno si è buttato dal finestrino con gli abiti in fiamme. Sembravano torce. Ritto al centro della vettura un ferroviere, la pelle nera cosparsa di orribili macchie rosse, cercava di spostare qualcosa. Sotto doveva esserci una persona impigliata. 'Vieni via da lì', gli abbiamo gridato, ma proprio in quel momento una vampata lo ha investito facendolo cadere accartocciato al suolo». – Due poliziotti che hanno assistito2

Aldo Moro si sarebbe dovuto trovare a bordo del treno, ma fortunosamente venne fatto scendere all’ultimo momento, prima della partenza, da alcuni funzionari del ministero per firmare dei documenti. Appare comunque poco verosimile che Moro potesse essere l’obiettivo dei terroristi, poiché non vi era alcuna certezza che si sarebbe trovato in quella carrozza.

La bomba era collocata in una toilette del quinto dei diciassette vagoni del convoglio, e provocò un immediato incendio del quale rimasero vittime 9 italiani, 1 olandese, 1 tedesco

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un giapponese. In un primo momento, si ipotizzò un attentato di matrice rossa; successivamente le indagini si svilupparono definitivamente sulla pista dell’eversione di destra. I neofascisti non nascosero di esserne i responsabili dell’attentato: esso infatti fu rivendicato da un volantino di Ordine Nero, che riportava testualmente queste parole:

«Giancarlo Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Vi diamo appuntamento per l'autunno; seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti»1.

Vi furono molti dubbi, riguardo l’identità dei responsabili: le forze dell’ordine infatti brancolavano nel buio, fino alle rivelazioni dell’extraparlamentare di sinistra Aurelio Fianchini, che identificò in Mario Tuti l’esecutore materiale dell’attentato. La polizia, tuttavia, era già stata informata delle tendenze sovversive dell’uomo; ma la denuncia a suo carico era stata archiviata da un giudice legato alla loggia massonica P2, Mario Marsili, genero di Licio Gelli. Mario Tuti stesso non faceva mistero, in una conversazione con un suo “camerata” riportata dal giornalista Giampaolo Rossetti, di essere “protetto da una setta molto potente”. Il che può spiegare in parte i dubbi che vennero sollevati su una possibile connivenza dei servizi segreti con il terrorista.

All’inizio del ’75 venne emesso un mandato di cattura contro Tuti, che riuscì tuttavia ad espatriare, prima ad Ajaccio e poi in Costa Azzurra, venendo successivamente rintracciato dalla polizia francese a Saint-Raphael, dove verrà catturato in seguito ad un violento conflitto a fuoco. Dopo le assoluzioni decise in primo grado dalla Corte d’assise bolognese per i neofascisti Tuti, Luciano Franchi e Pietro Malentacchi, e la sentenza d’appello che invece condannava all’ergastolo Tuti e Franchi e confermava l’assoluzione per Malentacchi e per Margherita Luddi, accusata di detenzione di esplosivo.. Gli indizi furono giudicati rilevanti ma non sufficienti per le condanne. La Cassazione in particolare annullò i due ergastoli disponendo un nuovo processo davanti a una diversa sezione dell’assise d’appello di Bologna.

“In questo paese dove si danno onorificenze ai gladiatori, dove i piduisti vengono chiamati galantuomini, era naturale che, come ennesima ingiustizia, si scaricasse tutto sui fascisti. Sono ottimi capri espiatori.” 2

Mario Tuti terrà, al processo, un contegno sprezzante, rilasciando dichiarazioni che, al di là del contenuto discutibile, rivelavano in parte lo schermo di omertà che proteggeva stragi come quella dell’Italicus. A fronte delle confessioni dei terroristi, infatti, le forze dell’ordine

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incontrarono nuovamente l’opposizione dei servizi segreti nel condurre le indagini. Un esempio di questo atteggiamento ostile a investigazioni che avrebbero potuto rivelare una connivenza tra i movimenti eversivi e gli alti scranni del potere è, a seguito dell’arresto dell’avvocato Adamo degli occhi, collegato tra le altre alla strage di Piazza della Loggia, l’atteggiamento della Questura nei confronti degli investigatori, a cui venne sconsigliato di effettuare un sopralluogo nell’ufficio del suddetto.

Il giudizio di questa prima istruttoria a carico di Tuti e Franci si concluderà con l’assoluzione, per non aver commesso il fatto; per Luddi e Malentacchi, con la pronuncia dell’impossibilità a procedere, con l’estinzione del reato per amnistia.

I tentativi di depistare le indagini, spesso verso ambienti di estrema sinistra, evidenziarono durante questa prima istruttoria i rapporti tra la loggia P2 e gli ambienti extraparlamentari. Venne sottolineata, dai giudici, la possibilità che esponenti della loggia finanziassero e sovvenzionassero l’estremismo di destra. Tra i destinatari di queste sovvenzioni, Augusto Cauchi, personaggio di spicco di Ordine Nuovo, tra le cui fila figurava anche Franci, imputato della strage dell’Italicus. Una seconda istruttoria venne aperta, e riunita nel 1993 alla prima indagine. Essa iniziò a seguito delle dichiarazioni di Salvatore Sanfilippo, compagno di reclusione di Tuti e Franci, che riferì di aver appreso da Tuti alcune informazioni riguardo alle

stragi avvenute tra il 1979 e il 1980. Dichiarò, inoltre, che Tuti uccise in carcere Ermanno Buzzì, imputato per la strage di Piazza della Loggia, in quanto temeva stesse per rivelare quanto sapeva sui fatti dell’Italicus. Anche questa seconda istruttoria si sarebbe conclusa, nel 1994, con l’assoluzione di tutti gli imputati.

A tal riguardo, le conclusioni che si possono trarre sono estrapolabili dal contesto storico della cosiddetta “strategia della tensione” che si era andata a creare nel periodo. Individuare, cioè, nella strage dell’Italicus una delle quattro stragi di cui aveva riferito Tuti in carcere, attuate da cellule estremistiche di destra localizzate nel territorio toscano, con la connivenza, e spesso le sovvenzioni, delle più alte sfere di potere dello stato, sullo sfondo del compromesso storico. A tal proposito, la Commissione parlamentare sulla Loggia P2 ha dichiarato:

“Tanto doverosamente premesso ed anticipando le conclusioni dell'analisi che ci si appresta a svolgere, si può affermare che gli accertamenti compiuti dai giudici bolognesi, così come sono stati base per una sentenza assolutoria per non sufficientemente provate

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responsabilità personali degli imputati, costituiscono altresì base quanto mai solida, quando vengano integrati con ulteriori elementi in possesso della Commissione, per affermare: che la strage dell'Italicus è ascrivibile ad una organizzazione terroristica di ispirazione neofascista o neonazista operante in Toscana; che la Loggia P2 svolse opera di istigazione agli attentati e di finanziamento nei confronti dei gruppi della destra extraparlamentare toscana; che la Loggia P2 è quindi gravemente coinvolta nella strage dell'Italicus e può ritenersene anzi addirittura responsabile in termini non giudiziari ma storico-politici, quale essenziale retroterra economico, organizzativo e morale.”5

Note: 1 Da “Gli anni del terrorismo” di Giorgio Bocca, Armando Curcio editore, 1988

2 Da “Gli anni del terrorismo” di Giorgio Bocca, Armando Curcio editore, 1988

3 Dal volantino a firma “Ordine Nero”

4 Dall’articolo di M.Smargiassi su “Repubblica” del 5 aprile 1991

5 Relazione di maggioranza della Commissione Parlamentare sulla Loggia Massonica P2, sez. I collegamenti con l'eversione - contatti con l'eversione nera.

Bibliografia: • http://www.strano.net/stragi/tstragi/relmp2/rel14p2.htm

• Archivio storico del Corriere

• Archivio storico del Gazzettino

• Archivio storico di “Repubblica”

• Redazioni Grandi Opere di Cultura UTET, L’Enciclopedia, Volume 19, pag. 610

• “Gli anni del Terrorismo” di Giorgio Bocca, Armando Curcio editore

• “A mano armata” di Giovanni Bianconi, Dalai editore, 2007

• http://www.misteriditalia.it/terrorismo

• http://www.informagiovani.it/terrorismo/terneri.htm,

• http://www.storiain.net/arret/num98/artic3.asp

• www.wikipedia.org

• www.governo.it

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LA STRAGE DI PETEANO

a cura di Tommaso Iob e Matteo Vizza

E' la sera del 31 maggio 1972, ore 22 circa. In tivù c' è Inter-Ajax. Alla stazione dei carabinieri di Gradisca d' Isonzo arriva una telefonata: «C' è una 500 abbandonata con due fori di pallottola». Una pattuglia corre sul posto, a Peteano, in provincia di Gorizia.

I carabinieri trovano l'auto, uno di essi solleva il cofano. Il boato è tremendo. Quando arrivano i soccorsi per tre dei ragazzi in divisa, Donato Poveromo 33 anni, Franco Bongiovanni 23, Antonio Ferraro 31 non c' è più niente da fare; altri due agenti, il tenente Tagliari e il brigadiere Giuseppe Zazzaro, rimangono gravemente feriti. Questo atto terroristico è tristemente noto anche come la “trappola di Peteano” per le modalità in cui si è svolto l'attentato: infatti, come risulterà dalle indagini successive e dalle dichiarazioni dei colpevoli, la piccola vettura era stata forzata

con una chiavetta della carne Simmenthal qualche giorno prima a Gorizia, poi era stata armata e lasciata vicino la ferrovia sulla strada da Peteano verso Savogna d'Isonzo (GO). Poi uno degli attentatori, Carlo Cicuttini aveva effettuato la chiamata ai carabinieri, denunciando la presenza di una 500 bianca con due fori di proiettili sul parabrezza. Gli autori, reo confessi, dell’attentato furono Ivan Boccaccio, Carlo Cicuttini e Vincenzo Vinciguerra, tre neofascisti militanti di Ordine Nuovo. Vinciguerra era fin dalla fine degli anni '60 uno dei personaggi di spicco di ON a Udine. Il suo gruppo, di cui faceva parte anche il fratello Gaetano, aveva all'attivo numerose 'azioni': dalle prime spedizioni punitive contro avversari politici, si era passati alla rapina ad un ufficio postale. In un crescendo molto simile all'evoluzione del terrorismo rosso, il passo dall'autofinanziamento agli attentati era stato molto breve. Prima una bomba carta contro una sede della Democrazia Cristiana, quindi attentati dinamitardi alle linee ferroviarie per protestare contro la visita ufficiale di Tito in Italia.

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Seguì lo scoppio di un ordigno al monumento dei caduti di Latisana, vicino Udine, per 'protesta' contro l'invio dei blindati dei carabinieri a Reggio Calabria e poi l'incendio dell'auto di un militante di sinistra. L'ultima operazione prima della trappola di Peteano era stata una bomba fatta esplodere davanti all'abitazione di un deputato missino. Vinciguerra si costituì solo nel 1979, perché la vita del latitante (prima in Spagna poi in Argentina) avrebbe compromesso la sua dignità di militante rivoluzionario. "Mi assumo la responsabilità piena, completa e totale dell'ideazione, dell'organizzazione e dell'esecuzione materiale dell'attentato di Peteano, che si inquadra in una logica di rottura con la strategia che veniva allora seguita da forze che ritenevo rivoluzionarie, cosiddette di destra, e che invece seguivano una strategia dettata da centri di potere nazionali e internazionali collocati ai vertici dello Stato. Il fine politico che attraverso le stragi si è tentato di raggiungere è molto chiaro: attraverso gravi provocazioni innescare una risposta popolare di rabbia da utilizzare poi per una successiva repressione. In ultima analisi il fine massimo era quello di giungere alla promulgazione di leggi eccezionali o alla dichiarazione dello stato di emergenza. In tal modo si sarebbe realizzata quell'operazione di rafforzamento del potere che di volta in volta sentiva vacillare il proprio dominio". In pratica, Vinciguerra denunciò la propria colpevolezza quando si rese conto che gli intenti 'rivoluzionari' del gruppo di cui aveva fatto parte erano stati strumentalizzati dal sistema stesso che voleva combattere. Carlo Cicuttini fu anch’egli membro del movimento neo-fascista di ON. Fu anche segretario della sezione del movimento sociale italiano del suo paese,San Giovanni al Natisone. Da quanto rivelò Vincenzo Vinciguerra nel 1982 fu egli stesso l’autore della telefonata anonima. Il 6 ottobre 1972, insieme a Vinciguerra aveva tentato un assalto all’aeroporto di Ronchi dei Legionari per dirottare un aereo al fine di chiedere un riscatto pari a duecento milioni di lire e la liberazione di Franco Freda, neofascista accusato della bomba di Piazza Fontana. A fine 1972 Cicuttini espatriò in Spagna. Fu condannato all’ergastolo, ma per due volte la Spagna negò la sua estradizione in Italia. Attirato in Francia con una promessa lavorativa, fu là arrestato ed estradato in Italia nel 1998. Cicuttini morì nell’ospedale di Palmanova il 24 febbraio 2010 a causa di un male incurabile. Ivan Boccaccio, militante di ON ed ex paracadutista, fu il responsabile del dirottamento di un aereo dell’ATI diretto a Vienna, a distanza di cinque mesi dalla vicenda di Peteano a cui aveva attivamente partecipato. In cambio del rilascio dei passeggeri, Boccaccio chiese 200 milioni per finanziare il movimento, la liberazione di Franco Freda e un aereo per fuggire al Cairo. Dopo ore di trattative i passeggeri furono liberati in cambio di carburante. Proprio in quel momento intervenne la polizia colpendo Boccaccio a morte. Oltre al corpo senza vita del giovane neofascista triestino la polizia trovò una pistola, calibro 22, probabilmente quella che aveva perforato il parabrezza della Fiat 500 a Peteano.

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Le indagini seguirono, in ordine di sucessione, prima la “pista rossa” poi la “pista gialla” per approdare poi, dopo dodici lunghi anni, a quella giusta, la “pista nera”. Esse furono dirette da Dino Mingarelli, che è stato braccio destro del generale Di Lorenzo, e vennero subito indirizzate contro Lotta Continua. Tale via investigativa fu in seguito abbandonata per inconsistenza di prove. Alla magistratura milanese giunsero, nello stesso periodo, anche informazioni che riguardavano un gruppo terroristico trentino; le informazioni vennero fornite da Giovanni Ventura, arrestato per la strage di Piazza Fontana, ma un ordine del SID fece sospendere le indagini. Abbandonata la “pista rossa”, i colpevoli della strage furono ricercati tra la delinquenza comune (la cosiddetta “pista gialla”), ma le accuse, costruite ad hoc da Mingarelli , rivolte contro sei giovani goriziani,caddero e venne riconosciuta la loro innocenza. I sei giovani denunciarono Mingarelli il quale venne condannato nel 1972, con sentenza definitiva, per falso materiale e soppressione di prove. Nel 1982 Felice Casson riaprì le indagini: individuò omertà, depistaggi e complicità. Gli assassini secondo il giudice erano Vinciguerra, Ciccuttini e Boccaccio. Boccaccio è, però, morto durante il tentato dirottamento di un aereo all’aeroporto di Ronchi dei Legionari (ottobre 1972). Ciccuttini è, invece, fuggito in Spagna, dove gode di protezione sotto il regima dittatoriale franchista. Al processo del 1987 Ciccuttini è condannato con sentenza definitiva all’ergastolo, ma la Spagna non concede l’estradizione. Intanto Giorgio Almirante all’epoca comandante della divisione Pastrengo di Milano finanziò un’operazione alle corde vocali di Ciccuttini: la voce di quest’ultimo era registrata,infatti, sia nei comizi dell’ MSI, sia nella telefonata con la quale Ciccuttini attirò i carabinieri nella trappola di Peteano. Nel 1992 Almirante venne condannato per favoreggiamento aggravato agli autori della strage di Peteano, ma usufruì dell'amnistia. In seguito, nel 1998, Ciccuttini, attirato con una trappola a Tolosa, venne arrestato e condotto in Italia. Vinciguerra fu rinchiuso, invece, in carcere già dal 1979 per il dirottamento aereo del 1972. Nel 1984 si assunse la responsabilità della strage di Peteano e venne quindi condannato all’ergastolo. Vinciguerra dichiarò che l’attentato era rivolto contro lo stato, impersonato dai carabinieri, e non contro cittadini qualsiasi e si consegnò alla giustizia quando ritenne che gli intenti rivoluzionari di ON fossero stati strumentalizzati dallo stesso sistema politico che si proponeva di combattere. Dalle indagini sono emersi depistaggi e coperture durati dodici anni. Le coperture vengono dal SID e da alti ufficiali dell’arma dei carabinieri (il comandante Palumbo, deceduto prima del processo del 1987, il generale Mingarelli e il colonnello Chirico). Le deviazioni nelle prime indagini servivano a coprire GLADIO, un’associazione segreta paramilitare, che sarebbe stata mascherata qualora fosse stato reso noto che le componenti dell’ordigno utilizzato provenivano da un deposito segreto di Aurisina.

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Secondo la corte veneziana, Mingarelli, Chirico, e il maresciallo Napoli avrebbero fatto sparire e sostituito con documenti falsi l’originario verbale di sopralluogo dell’area dell’attentato, il quale conteneva precise informazioni sul rinvenimento di alcuni bossoli di pistola. Bossoli che avrebbero potuto indirizzare le indagini sui veri autori della strage ,i neofascisti del circolo di ON di Udine. Altri esempi significativi delle azioni di depistaggio sono costituiti dall’aiuto fornito dal SID a Vinciguerra per fuggire nella Spagna di Franco, subito dopo la strage, e la mancata comparazione delle armi coinvolte nella strage di Peteano e nel tentato dirottamento aereo dell’ ottobre 1972: entrambe delle calibro 22. Fonti:

• www. reti-invisibili.net

• www.storiain.net. la strage di Peteano, un giallo con trama di matrice nera (a cura di Alessandro Frigerio)

• www.osservatoriodemocratico.org

• www.carlo-cicuttini.co.tv

• www. politicainrete.net.::: “ interventista a Vincenzo Vinciguerra”, acura di Giorgio Marchucci e Paola Minoliti, Carcere di opera, 8 luglio 2000

• www. stay-behind.it

• www.misteriditalia.com/lestragi/peteano

• Corriere della sera: articolo “Strage di Peteano la grazia sfiorata.” A cura di Gianantonio Stella,15 feb 2005

• Repubblica: “Strage di Peteano, accusata la Cia.” 08 novem 1994, Giorgio Cecchetti.

• Repubblica: “Le deviazioni su Peteano servivano a coprire Gladio”, 17 luglio 1991, Giorgio Cecchetti.

• Repubblica: “Per la strage di Peteano condannati due alti ufficiali”, 26 luglio 1997, Giorgio Cecchetti.

• www.antimafia2000.com/peteano

• Corriere della sera: “Peteano: altre quattro condanne“. Archivio, ottobre 1993.

• Corriere della sera: “Strage di Peteano: preso Cicuttini”. Archivio, aprile 1998

• www.fondazionecipriani.it/Scritti/interview

• www.ilfriuli.it.:: “ Strage di Peteano- E’ morto Carlo cicuttini.” 24 febbraio 2010.

• www.raistoria.it /la strage di peteano.

• www.youtube.it/ la strage di peteano

• “L’attentato di Peteano.” Pgg 171-177 del dossier della Commissione parlamentare d’ inchiesta sul terrorismo in Italia e sulla mancata individuazione dei responsabili delle stragi. (Marzo 2001)

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LA STRAGE DI PIAZZA DELLA LOGGIA

a cura di Matteo Vizza e Tommaso Iob

La Strage di Piazza della Loggia è un attentato terroristico compiuto da gruppi neofascisti il 28 maggio 1974 a Brescia, nella centrale Piazza della Loggia. Nei primi mesi del 1974 nella città si respira un clima politico di alta tensione ed instabilità: essa è, infatti, teatro di attentati e iniziative da parte di forze eversive legate all’estrema destra. Il 15 febbraio scoppia un ordigno all'entrata di un supermercato Coop in viale Venezia; è rivendicato dalle Sam (Squadre di Azione Mussolini). Il 9 marzo in Valcamonica i carabinieri arrestano Kim Borromeo e Giorgio Spedini mentre trasportano mezzo quintale di esplosivo. L'8 maggio viene aperta una borsa «dimenticata» da alcuni giorni davanti all'ingresso della sede provinciale della Cisl: dentro ci sono otto candelotti di dinamite e tre etti di tritolo. Il 9 maggio vengono arrestati alcuni personaggi dell'eversione nera, nell'ambito dell'inchiesta sul Mar e sulle Sam. Finiscono in carcere Carlo Fumagalli e un folto gruppo di neofascisti: tra loro alcuni accusati di aver realizzato, nel febbraio del 1973, un attentato dinamitardo alla Federazione provinciale socialista di largo Torrelunga e successivamente assolti nell’ambito del processo a Roma contro Ordine Nuovo. Nella notte tra il 18 e il 19 maggio salta in aria in piazza Mercato, a poche centinaia di metri da piazza Loggia, Silvio Ferrari - un giovane collegato agli ambienti neri veronesi e sanbabilini- mentre trasportava sulla propria motoretta un ordigno esplosivo. Nello stesso momento, in un'altra zona della città, un'auto targata Milano, con a bordo quattro giovani esponenti di destra, si schianta contro un muro: il conducente muore all'istante. Nel baule viene rinvenuto materiale propagandistico del Msi. La Federazione Cgil-Cisl-Uil distribuisce dunque un volantino in tutte le fabbriche della città e della provincia denunciando gli attentati dei giorni e dei mesi precedenti come rientranti in un «disegno costruito da chi ha mezzi ed obiettivi molto precisi». Il sindacato decide una risposta corale che solo uno sciopero generale può garantire, e organizza una manifestazione unitaria con il Cua (Comitato Unitario antifascista). Il 22 maggio viene indetta, per il giorno 28 maggio, una manifestazione antifascista con astensione dal lavoro di quattro ore. Si concordarono le modalità dello sciopero e si indicano nell'on. Adelio Terraroli e nei sindacalisti Gianni Panella e Franco Castrezzati gli oratori che avrebbero preso la parola nel corso della manifestazione convocata in piazza Loggia, a Brescia.

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Alle 10.12 del 28 maggio 1974, mentre il segretario della federazione lavoratori metalmeccanici Franco Castrezzati sta tenendo il suo discorso sotto una pioggia insistente, in piazza esplode la bomba collocata nel cestino dei rifiuti posizionato accanto alla colonna di marmo dei portici, vicino alla più meridionale fra le due fontane.

“(la strage n.d.r) colpì al cuore una manifestazione antifascista indetta per protestare contro una serie di attentati di marca fascista, culminati nella morte del giovanissimo terrorista di destra Silvio Ferrari, ucciso dall’esplosivo che lui stesso stava trasportando in motorino nel centro di Brescia, a Piazza del Mercato.” [Benedetta Tobagi] 1 Dopo alcuni drammatici istanti di smarrimento, gli operai organizzano i primi soccorsi, circondano il luogo dello scoppio, aiutano i feriti e coprono con le loro bandiere i corpi straziati delle vittime. Verso le 11, i dirigenti sindacali e di partito che hanno partecipato alla manifestazione si trovano in Loggia, sede dell'Amministrazione comunale, al fine di concordare le azioni da promuovere. Prevale la decisione di procedere all’occupazione simbolica delle fabbriche per il giorno seguente, prolungando così lo sciopero generale sino al 29 maggio. Viene anche deciso che, durante la giornata del 29, delegazioni ristrette dei Consigli di Fabbrica dovranno recarsi in piazza Loggia a rendere omaggio ai caduti. Intanto, terminata la fase dei soccorsi, i vigili del fuoco lavano con gli idranti il luogo dell'eccidio. Quella che oggi verrebbe qualificata come «scena del crimine» viene così ripulita da importantissime tracce: vengono dispersi e resi irrecuperabili i reperti dell'ordigno esplosivo.

“i periti si sono dati ancora una volta battaglia sui pochissimi reperti disponibili per determinare la natura dell’esplosivo impiegato, perché la piazza, e con essa i resti dell’esplosione, fu improvvidamente (o scientemente?) lavata a poche ore di distanza dalla strage, su ordine della locale Questura.” [Benedetta Tobagi] 2

La bomba provoca otto morti e ben 102 feriti.

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Si ricordino le vittime:

Giulietta Banzi Bazoli, 34 anni, insegnante, iscritta alla Cgil Scuola. Livia Bottardi Milani, 32 anni, insegnante, iscritta alla Cgil Scuola. Clementina Calzari, 31 anni, insegnante, iscritta alla Cgil Scuola Alberto Trebeschi, 37 anni, insegnante, iscritto alla Cgil Scuola Euplo Natali, 69 anni, operaio in pensione, iscritto al Pci. Bartolomeo Talenti, 56 anni, operaio, iscritto alla Flm Luigi Pinto, 25 anni, insegnante, militante della Cgil Scuola Vittorio Zambarda, 60 anni, operaio edile appena pensionato, iscritto al Pci di Salò

Le indagini “Il giudice istruttore Giampaolo Zorzi (infelice omonimia con l’ordinovista Delfo), che ha lungamente indagato sulla strage dagli anni Ottanta, usa per descrivere la progressione delle cinque istruttorie l’immagine dei cerchi concentrici prodotti da un sasso gettato nell’acqua: dal primo filone investigativo, incentrato su figure del neofascismo locale, le indagini si allargano, fino a inserire l’azione bresciana in una rete operativa eversiva ben più ampia, inquadrando compiutamente la strage bresciana nel contesto della “strategia della tensione” da piazza Fontana (dicembre 1969) all’attentato sul treno Italicus (agosto 1974). 3 Così si esprimeva Benedetta Tobagi il 17 novembre 2010 sul quotidiano “Repubblica”. In realtà la suggestiva immagine dei centri concentrici, secondo alcuni non corrisponde esattamente alla realtà: due articoli pubblicati su “la Stampa” il 26 e il 27 settembre 1974 ( appena quatto mesi dopo la strage ), nei quali viene ben descritto lo stato delle indagini al momento, sembrano dimostrare che esse già si trovavano al “secondo cerchio”, per usare la metafora del giudice Zorzi, quello le cui indagini ponevano come principale imputato Cesare Ferri.

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“Cesare Ferri, il picchiatore di destra che sarebbe stato visto da un prete in piazza della Loggia il giorno dell’attentato, era in stretti rapporti con gli ultrà del campo paramilitare di Pian di Rascino – Ora i giudici stanno di nuovo indagando su di lui.”

(Dal nostro inviato speciale) Lanciano, 25 settembre. Passa forse per Lanciano la connessione fra la strage di Brescia (28 maggio: 8 morti, 56 feriti) e lo scontro a fuoco di Pian di Rascino (30 maggio: il terrorista Giancarlo Esposti ucciso, due suoi camerati, Alessandro Danieletti e Alessandro D’Intino, arrestati; due carabinieri feriti). Elemento di congiunzione fra i due episodi potrebbe essere quel Cesare Ferri che un sacerdote bresciano sostiene di aver visto la mattina dell’attentato in piazza della Loggia, poco prima che s’iniziasse il comizio dei sindacalisti, mentre lasciava cadere in un cestino dei rifiuti un pacco avvolto in carta di giornale e si allontanava rapidamente. Adesso è venuto fuori che il Ferri era in stretti rapporti sia con Esposti sia con la cellula fascista di Lanciano. E, data la sua personalità (23 anni, un pesante curriculum di teppismo « ultra » alle spalle; coinvolto nell’inchiesta sugli scontri del « giovedì nero » a Milano, che portarono all’assassinio dell’agente Marino; in carcere per l’attentato del 3 marzo ’73 alla sede del psi di Crescenzago e firmato dalle Sam), per vederci più chiaro su di lui e sulle sue « amicizie » sono giunti da Brescia anche i giudici Vino e Trovato. Si sono intensificati gli interrogatori, i sopralluoghi e le perquisizioni”. 4

Furono poi retrocesse al “primo cerchio”, ovvero quello dei balordi di paese, pare a causa di un depistaggio dei carabinieri del Sid (servizio informazioni difesa) . In ogni caso, prenderò in esame la prima ipotesi, quella, per intenderci, del giudice Zorzi, e riproposta poi dalla Tobagi.

LE PRIME INDAGINI

si aprono nel 1974 e inizialmente vanno molto rapide. Si indaga su una pista locale: alcuni esponenti dell’estrema destra bresciana, Ermanno Buzzi e Angelino Papa, vengono condannati rispettivamente all’ergastolo e a dieci anni e sei mesi perché considerati responsabili dell’attentato, quindi incarcerati. Ermanno Buzzi , un personaggio che si muove tra la criminalità comune (traffico d’opere d’arte ed estremismo di destra), trasferito nel carcere speciale di Novara, viene ucciso in malo modo alla vigilia del processo di appello: viene strangolato con dei lacci e gli vengono schiacciati gli occhi. Il processo d’appello, che comincia nel 1981, assolve tutti gli imputati. Nel 1983 la Cassazione annulla le assoluzioni. Si fa un nuovo processo di appello e gli imputati vengono nuovamente assolti. Stavolta la Cassazione conferma le assoluzioni. Siamo nel 1985.

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SECONDO FILONE D’INDAGINI

si è già aperto nel 1984,con la terza istruttoria, e si basa essenzialmente sulle confessioni di alcuni pentiti. Si chiuderà nel 1993 con la sentenza emessa dal giudice Zorzi. Durante questa fase investigativa le indagini si concentrano in un primo momento su un principale imputato: Cesare Ferri, estremista di destra collegato al gruppo milanese della Fenice, di Giancarlo Rognoni e alle S. A. M. (Squadre armate Mussolini), di Giancarlo Esposti. L’accusa contro Ferri si basa sul riconoscimento da parte di un sacerdote,che afferma di averlo visto in Piazza della Loggia, a Brescia,la mattina del 28 maggio. Vengono poi indagati anche altri soggetti: Latini, i cui rapporti con Ferri erano emersi durante l’interrogatorio circa l’uccisione di Buzzi, Stepanoff, amico di Ferri, al quale aveva offerto l’alibi per la mattina del 28 maggio 1974,indispensabile per neutralizzare la testimonianza del sacerdote, e Marilisa Macchi, che dirà di aver accompagnato Ferri a Brescia la mattina della strage. L'istruttoria viene divisa in due tronconi: Ferri, Latini e Stepanoff sono rinviati a giudizio, vengono stralciate, per la prosecuzione delle indagini, la posizione degli altri indagati: Marco Ballan, Giancarlo Rognoni, Luciano Benardelli, Fabrizio Zani e Marilisa Macchi. Il 23 maggio 1987, in giudizio di primo grado, la Corte di Assise di Brescia assolve per insufficienza di prove Ferri, Latini e Stepanoff. Il 10 marzo 1989 la Corte di Assise di appello di Brescia assolve gli imputati per non aver commesso il fatto. Con la sentenza del 13 novembre 1989 la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso avverso alla sentenza di appello, che risulta definitivamente confermata. Cesare Ferri ottiene dalla Corte di Appello di Brescia cento milioni quale risarcimento della ingiusta detenzione patita. Infine, con la quarta istruttoria del 23 maggio 1993, il Giudice istruttore Gianpaolo Zorzi conclude l'istruttoria nei confronti di Marco Ballan, Fabrizio Zani, Giancarlo Rognoni, Bruno Luciano Benardelli e Marilisa Macchi, in ordine alle imputazioni di concorso in strage e di detenzione e porto illegale d'armi. Il Giudice istruttore accoglie le richiesta di proscioglimento di tutti gli imputati per non aver commesso il fatto. Tutte le inchieste e le condanne sono estremamente complicate,in quanto si basano su prove e testimonianze orali; di prove concrete ce ne sono, infatti, estremamente poche,e non a caso: le indagini sui responsabili della strage vengono deviate da vari depistaggi. Clamorosamente esemplare, in questo senso, il fatto che due ore dopo la strage qualcuno impartisca ai pompieri l’ordine di ripulire con le autopompe il luogo dell’esplosione, cancellando tutto. Spariscono anche i reperti ospedalieri trovati sui corpi dei cadaveri, che molto avrebbero potuto dire sulla natura dell’ordigno.

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Poi c’è il ruolo di Maurizio Tramonte, giovane militante del Movimento Sociale Italiano e di Ordine Nuovo, il quale faceva da informatore per i servizi segreti (la cosiddetta “fonte Tritone”). Le sue rivelazioni e le sue informazioni saranno fondamentali per l’apertura del terzo processo, anche se finirà lui stesso accusato di aver partecipato alla strage. Il terzo processo si conclude il 16 novembre 2010 con l’assoluzione per insufficienza di prove di tutti gli imputati. Sul banco degli imputati siedono: Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Pino Rauti, Francesco Delfino, Giovanni Maifredi. Maurizio Tramonte, insieme a Maggi e Zorzi fanno parte di Ordine Nuovo, di cui Rauti è il fondatore. Francesco Delfino è un ex generale dei carabinieri, responsabile del nucleo investigativo ai tempi della strage. Giovanni Maifredi all’epoca della strage era un collaboratore dell’allora ministro degli interni Paolo Emilio Taviani. I procuratori chiedono l’ergastolo per tutti gli imputati con l’accusa di concorso in strage, eccetto che per Pino Rauti, per il quale viene chiesta l’assoluzione per insufficienza di prove. Tutti, come già detto, sono assolti in formula dubitativa. L’impianto accusatorio salta anche perché quattro anni fa, nel 2007 uno dei tre pentiti su cui si basava l’indagine, Carlo Digilio, muore a causa di un ictus. Il secondo pentito Maurizio Tramonte si rimangia tutto. Il terzo pentito Maurizio Siciliano dirà cose molto contraddittorie. La strage, che causò la morte di otto persone e ne lasciò ferite altre 102, rimane dunque impunita, poiché nessuno, nonostante i vari processi, è mai stato condannato definitivamente. Note: 1 Benedetta Tobagi sul quotidiano “Repubblica” del 17 novembre 2010.

2 Benedetta Tobagi sul quotidiano “Repubblica” del 15 novembre 2010.

3 Benedetta Tobagi sul quotidiano “Repubblica” del 17 novembre 2010

4 Liliana Madeo su “LaStampa” – 27.09.1974 – numero 217 – pagina 9

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Bibliografia:

• “Strage di Piazza della Loggia: tutti assolti” MariaLoi: ( www.antimafiaduemila.com)

• ” La strage di Piazza Loggia” aa.vv. Dossier: (www.bresciaoggi.it)

• “28.5.1974, piazza della Loggia. In memoria di Luigi Pinto e dei caduti della strage di Brescia” aa.vv. (www.cgilfoggia.it)

• “Piazza della Loggia, Brescia. Le stragi della destra riaffiorano dalla sabbia” Wilma Petenzi ( Brescia Oggi 24.06.2009 )

• “La storia della strage di Piazza della Loggia” Francesco Costa (www.ilpost.it)

• “La strage di Piazza della Loggia e il segreto di Stato”. Intervista a Roberto Cucchini, testimone della strage di Piazza della Loggia a Brescia (youtube.com)

• “La strage di Piazza della Loggia” Associazione dei caduti di Piazza della Loggia (www.retiinvisibili.it)

• “Strage Piazza Loggia:435 pagine per giustificare l’autoassoluzione di Stato” aa.vv. (radiondadurto.org e infoaut.org)

• “Strage di Piazza della Loggia:il pm chiede quattro ergastoli e l’assoluzione per Rauti” (www.corriere.it 21.10.2010)

• “Piazza della Loggia, 37 anni di giustizia mancata” (documentario) aa.vv. (www. Giornale di Brescia.it 8.6.2011)

• “Strage Piazza Loggia, tutti assolti” (TG.COM 16.11.2010)

• “Strage di Piazza della Loggia. Dopo 36 anni tutti assolti i 5 imputati” (www.larepubblica.it 16.11.2010)

• “Strage di Piazza Fontana:nessuno è colpevole” Felice La Manna (ondaliberatv.it 28.5.2011)

• ”La strage di Brescia e l’ombra dei generali” Borzì Erminia (blog di Giuseppe Casarruba 15.12.2010)

• “Blu Notte: Piazza della Loggia” Carlo Lucarelli (trasmissione tv-yuotube.com)

• “La strage di Piazza della Loggia e l’occhio statunitense” Paolo Pelizzari ed.Casa della Memoria di Brescia (www.storiaefuturo.com)

• “La strage di Piazza della Loggia: La vicenda giudiziaria” Andrea Ricci (www.28maggio74.brescia.it)

• “La morte in piazza. Venti anni di indagini, processi e informazione sulla strage di Brescia” Valerio Marchi , Grafo, 1996

• “Lo schiocco. Storia della strage di Brescia” Giancarlo Feliziani , Limina, 2006

• “Anatomia di una strage. Piazza Loggia: un’ indagine rivisitata.” F. Mandelli, Brescia, La compagnia della stampa,1999.

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LA STRAGE DI BOLOGNA

a cura di Angelica Venturini.

La strage di Bologna, compiuta sabato 2 agosto 1980 alla stazione ferroviaria di Bologna, è uno degli atti terroristici più gravi avvenuti in Italia nel secondo dopoguerra. Alle 10:25, nella sala d'aspetto di 2ª classe della stazione di Bologna, un ordigno a tempo, contenuto in una valigia abbandonata, esplose, causando il crollo dell'ala ovest dell'edificio e la morte di 85 persone con il ferimento o la mutilazione di oltre 200. La città reagì con orgoglio e prontezza: molti cittadini, insieme ai viaggiatori presenti, prestarono i primi soccorsi alle vittime e contribuirono ad estrarre le persone sepolte dalle

macerie; immediatamente dopo l'esplosione la corsia di destra dei viali di circonvallazione del centro storico di Bologna fu riservata alle ambulanze ed ai mezzi di soccorso. Dato il grande di numero di feriti, non essendo tali mezzi sufficienti al loro trasporto verso gli ospedali cittadini, i vigili impiegarono anche autobus, in particolare quello della linea 37, auto private e taxi. L'autobus 37 divenne, insieme all'orologio fermo alle 10:25, uno dei simboli della strage. Nei giorni successivi la centrale Piazza Maggiore ospitò imponenti manifestazioni di sdegno e di protesta da parte della popolazione e non furono risparmiate

accese critiche e proteste rivolte ai rappresentanti del Governo, intervenuti il giorno 6 ai funerali delle vittime celebrati nella Basilica di San Petronio. Gli unici applausi furono riservati al presidente Sandro Pertini, che in lacrime affermò di fronte ai giornalisti: «non ho parole, siamo di fronte all'impresa più criminale che sia avvenuta in Italia» 1. Il 2 agosto è considerata la giornata in memoria di tutte le stragi, e la città di Bologna con l'Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 organizzano ogni anno un concorso internazionale di composizione musicale con concerto in Piazza Maggiore. Per ricordare la strage, nella ricostruzione dell'ala della stazione distrutta è stato creato uno squarcio nella muratura. All'interno invece, nella sala d'aspetto, è stata mantenuta la pavimentazione originale nel punto dello scoppio oltre ad uno degli orologi nel piazzale antistante la stazione ferroviaria, le cui lancette segnano ancora l’ora in cui si fermarono, le 10:25. Il 1º giugno 1981 si costituì l’Associazione tra i familiari delle vittime allo scopo di "ottenere con tutte le iniziative possibili la giustizia dovuta". Costituita inizialmente da 44 persone, il numero di associati crebbe fino ad arrivare a 300 elementi.

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L'Associazione negli anni successivi alla strage è rimasta attiva, tanto per il ricordo della strage quanto per proporre iniziative che si sono affiancate alle indagini; con scadenza quadrimestrale i componenti sono soliti recarsi presso il tribunale, al fine di incontrare i magistrati inquirenti ed, esaurito l'incontro, indicendo una conferenza stampa a scopo informativo sullo stato delle cose. Il 6 aprile 1983, l'Associazione, assieme alle Associazioni delle vittime delle stragi di Piazza Fontana, Piazza della Loggia e del treno Italicus, costituì, con sede a Milano, l'Unione dei Familiari delle Vittime per Stragi.

INDAGINI GIUDIZIARIE

Nell'immediatezza dell'attentato la posizione ufficiale del Governo italiano, allora presieduto dal Senatore democristiano Francesco Cossiga, e delle forze di polizia fu quella dell'attribuzione dello scoppio a cause fortuite, ovvero all'esplosione di una vecchia caldaia sita nel sotterraneo della stazione; tuttavia, a seguito dei rilievi svolti e delle testimonianze raccolte sul luogo dell'esplosione, apparve chiara la natura dolosa dell'esplosione, rendendo palese una matrice terrorista, che contribuì ad indirizzare le indagini nell'ambiente del terrorismo nero. Già il 26 agosto 1980 la Procura della Repubblica di Bologna emise ventotto ordini di

cattura nei confronti di militanti di estrema destra dei Nuclei Armati Rivoluzionari: Roberto Fiore e Massimo Morsello (futuri fondatori di Forza Nuova), Gabriele Adinolfi, Francesca Mambro, Elio Giallombardo, Amedeo De Francisci, Massimiliano Fachini, Roberto Rinani, Giuseppe Valerio Fioravanti, Claudio Mutti, Mario Corsi, Paolo Pizzonia, Ulderico Sica, Francesco Bianco, Alessandro Pucci, Marcello Iannilli, Paolo Signorelli,

PierLuigi Scarano, Francesco Furlotti, Aldo Semerari, Guido Zappavigna, GianLuigi Napoli, Fabio De Felice, Maurizio Neri. Vengono subito interrogati a Ferrara, Roma, Padova e Parma. Tutti saranno scarcerati nel 1981. Fasi principali del processo: 19 gennaio 1987: inizio del processo di primo grado 25 ottobre 1989: inizio del processo d'appello 18 luglio 1990: pronuncia della sentenza, gli imputati sono tutti assolti dall'accusa di strage 12 febbraio 1992: le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione dichiarano che il processo d'Appello dev'essere rifatto. ottobre 1993 inizia il secondo processo d'appello 16 maggio 1994: pronuncia della sentenza che conferma l'impianto accusatorio del processo di primo grado 23 novembre 1995: pronuncia della sentenza della Corte di Cassazione che conferma quella del secondo processo d'Appello.

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CONDANNE

Lentamente e con fatica, attraverso una complicata e discussa vicenda politica e giudiziaria, e grazie alla spinta civile dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, si giunse ad una sentenza definitiva della Corte di Cassazione il 23 novembre 1995. Vennero condannati all'ergastolo, quali esecutori dell'attentato, i neofascisti dei NAR Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, che si sono sempre dichiarati innocenti, mentre l'ex capo della P2 Licio Gelli, l'ex agente del SISMI Francesco Pazienza e gli ufficiali del servizio segreto militare Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte vennero condannati per il depistaggio delle indagini. Il 9 giugno 2000 la Corte d'Assise di Bologna emise nuove condanne per depistaggio. La storia processuale della strage di Bologna è una delle poche ad aver conosciuto una fine, avendo individuato le responsabilità materiali ed avendo punito anche i "depistatori". Anche questa strage, dunque, è stata considerata come un atto inserito nella strategia della tensione che ha caratterizzato gli anni ‘70 e i primi anni ‘80. L’anniversario della strage di Bologna è stato dunque l’occasione per riaprire, e non è la prima volta, il dibattito politico sugli anni di piombo. La speranza di molti italiani, e in primo luogo dei parenti delle vittime delle stragi, è che prima o poi verità sia fatta e vengano accertate le responsabilità sui misteri che ancora circondano molti avvenimenti che hanno caratterizzato uno dei periodi più difficili della storia recente del nostro Paese.

RESOCONTI E TESTIMONIANZE

Le vittime della strage di Bologna non sapevano di essere finite in un gioco mortale più grande di loro: volevano solo andare in vacanza. Ad esempio, Torquato Secci, impiegato alla Snia di Terni, venne allertato dalla telefonata di un amico del figlio Sergio, Ferruccio, che si trovava a Verona. Sergio lo aveva informato che a causa del ritardo del treno sul quale viaggiava, proveniente dalla Toscana, aveva perso una coincidenza a Bologna e aveva dovuto aspettare il treno successivo. Poi non ne aveva più saputo nulla. Solo il giorno successivo, telefonando all'Ufficio assistenza del Comune di Bologna, Secci scoprì che suo figlio era ricoverato al reparto Rianimazione dell'ospedale Maggiore.

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“Mi venne incontro un giovane medico, che con molta calma cercò di prepararmi alla visione che da lì a poco mi avrebbe fatto inorridire', ha scritto Secci, 'la visione era talmente brutale e agghiacciante che mi lasciò senza fiato. Solo dopo un po' mi ripresi e riuscii a dire solo poche e incoraggianti parole accolte da Sergio con l'evidente, espressa consapevolezza di chi, purtroppo teme di non poter subire le conseguenze di tutte le menomazioni e lacerazioni che tanto erano evidenti sul suo corpo.” 2

Nel 1981 Torquato Secci diventò presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage.

Note:

1 La storia d'Italia, Vol. 23, Dagli anni di piombo agli anni 80, Torino, 2005, pag. 587

2 http://www.stragi.it/index.php?pagina=strage&par=resoconti.

Bibliografia:

• http://www.sindromedistendhal.com/Terrorismo/8-stragebologna.htm

• http://it.wikipedia.org.

• http://www.learnitaly.com/bologna.htm

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LA STRATEGIA DELLA TENSIONE

a cura di Elena Cavucli

Per strategia della tensione si intende una teoria che accomuna la lunga serie di attentati terroristici e le stragi che si susseguono in Italia dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, e in particolar modo tra il 1969 e il 1984.

La strategia della tensione mantiene un importante collegamento con il cosiddetto “Terrorismo di Stato” e prevede l’implicazione di settori statali nell’organizzazione degli attentati, ai danni del proprio popolo.

Questa strategia ha come obiettivo finale la destabilizzazione del potere statale e della democrazia attraverso il terrorismo (sia di destra che di sinistra), anche se differenti sono le ipotesi sullo scopo ultimo di tale destabilizzazione: istituire un regime militare, uno Stato di polizia? Mettere in crisi il sistema della alleanze italiane?

Molteplici sono gli attentati considerati inerenti alla strategia della tensione.

Ne pubblico un elenco:

• 1 maggio 1947: Portella della Ginestra. 11 morti e 27 feriti.

• 25 aprile 1969: Bombe; Attentati ai treni dell'estate 1969.

• 12 dicembre 1969: Piazza Fontana. 17 morti e 88 feriti.

• 22 luglio 1970: Gioia Tauro. 6 morti e 66 feriti.

• 17 maggio 1973: Questura di Milano. 4 morti e 46 feriti.

• 28 maggio 1974: Piazza della Loggia. 8 morti e 102 feriti.

• 4 agosto1974: Italicus. 12 morti e 105 feriti.

• 2 agosto 1980: strage di Bologna. 85 morti e oltre 200 feriti.

• 23 dicembre 1984: attentato al treno rapido 904. 17 morti e 260 feriti.

Le condanne definitive per tali stragi sono poche:

• Per la strage della Questura di Milano l'individualista stirneriano Gianfranco Bertoli, arrestato in flagranza di reato;

• Per la strage di Bologna i neofascisti Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini;

• Per la strage del rapido 904 un gruppo di fuoco composto da mafiosi, camorristi e Banda della Magliana.

Bibliografia: www.wikipedia.it

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ASCESA DI ROBERTO CALVI FINO ALLA COSTITUZIONE DI UN IMMENSO IMPERO FINANZIARIO

a cura di Stefania Florit

Roberto Calvi nasce a Milano nel 1920. Figlio di un impiegato della Banca Commerciale, studia economia e contabilità. La guerra gli impedisce di diplomarsi e laurearsi. Fa parte di quei soldati italiani che vanno a combattere in Russia a fianco dell’esercito tedesco. Nel 1944, è di ritorno in Italia dove, tramite suo padre, entra al banco Ambrosiano. Quando Calvi vi entra come contabile, nel 1947, si occupa di acquisire partecipazioni nei grandi gruppi italiani, intrecciando accordi con altre banche europee. Così ha inizio la sorprendente ascesa di Roberto Calvi, che lo condurrà alla presidenza della banca nel 1975. Calvi vuole inserire l’Ambrosiano nel grande flusso mondiale della finanza. E metterla al riparo da eventuali predatori, in particolare quelli che potrebbero essere istigati dalla sinistra italiana, maggioritaria dalle elezioni del 1977 e che vuole una rivincita sulla “banca dei preti”. Si spiega così l’incredibile accumulo di società offshore create in Lussemburgo, alle Bahamas e in America latina. Queste permettono di operare trasferimenti di fondi in modo del tutto riservato e di assicurare l’autocontrollo della banca, dato che queste filiali comprano delle azioni dell’Ambrosiano. Il tutto in violazione della legislazione in materia d’esportazione di capitali e di controllo dei cambi. A Calvi, che incontra nel 1968, Sindona offre una competenza in investimenti riservati e preziosi contatti nel mondo della finanza italiana. È lui ad aiutarlo a creare delle società di facciata nei paradisi fiscali. In cambio, Calvi sosterrà Sindona nei suoi affari italiani e americani, ovvero riciclerà il denaro sporco della Mafia. Il secondo personaggio è Licio Gelli. Quando Calvi lo incontra nel 1975, attraverso l’intermediazione di Sindona, l’uomo è il “venerabile” della Propaganda Due. Per Gelli, Calvi, iniziato alla P2 nel 1975, è una recluta di scelta. Egli metterà in effetti i suoi mezzi finanziari al servizio della “causa”, finanziando partiti politici, industriali e giornali di destra. Il terzo uomo è Paul Marcinkus. Nato nell’Illinois nel 1920, ordinato prete nel 1947 , membro della loggia P2 è stato soprattutto nominato da Paolo VI a capo dello IOR, l’Istituto per le opere religiose, la “banca del Vaticano” incaricata della gestione dei conti degli ordini religiosi e delle associazioni cattoliche. Marcinkus ha intrapreso la trasformazione dello IOR in una struttura di gestione di attivi e di attività e partecipazioni in Italia e nel mondo. Ed è attraverso Sindona è stato messo in contatto con Calvi. Alla ricerca di investimenti riservati e fruttuosi, lo IOR diviene molto rapidamente uno dei principali partners dell’Ambrosiano, poi il suo primo azionista. A capo del banco Ambrosiano Roberto Calvi aveva fatto la sua entrata nella “crème” del capitalismo italiano ed europeo. Dovunque egli era una potenza e si comportava come tale, regnando da autocrate sul banco Ambrosiano, intrecciando dei legami con figure ambigue della finanza e della politica, dandosi a manovre finanziarie di una complessità inaudita, causando alla fine la rovina della sua banca e la sua propria fine.

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LO SCANDALO

A Londra il 17 giugno 1982 la polizia scopre il cadavere di Roberto Calvi impiccato ad un’impalcatura sotto il ponte di Blackfriars. Calvi era in fuga dal 12 giugno e ricercato dalla polizia di tutta Europa. Si chiudeva così uno degli scandali finanziari più clamorosi di tutta la storia italiana, ma rimanevano aperti molti interrogativi: non sappiamo se si sia trattato di un suicidio o di un omicidio; e nel caso si sia trattato di un omicidio non siamo certi da chi sia stato commissionato: Dal Vaticano, legato al banchiere da legami tanto sulfurei quanto oscuri? Dalla Mafia, di cui il banco Ambrosiano gestiva i fondi? Dalla loggia P2, di cui il defunto conosceva quasi tutti i segreti? Dai servizi segreti italiani? Nell’ottobre 2005, durante un nuovo processo organizzato da Roma nel quale è implicato Licio Gelli, la Giustizia riconosce che Calvi è stato assassinato, probabilmente attraverso un accordo con la Mafia, “per impedire un potere ricattatorio verso i referenti politico-istituzionali della massoneria, della loggia P2 e dello IOR [la banca del Vaticano] di cui aveva gestito alcuni investimenti”. Cinque persone sono accusate tra cui un ex-cassiere della Mafia. Una vera e propria coalizione d’interessi oscuri destinati a far tacere un uomo divenuto all’improvviso pericoloso.

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LICIO GELLI E LA STORIA DELLA P2

a cura di Stefania Florit

La data di fondazione della loggia massonica Propaganda Due si perde nel tempo, come spesso accade per simili consorterie. Dopo la seconda guerra mondiale era stata riorganizzata la loggia P2, con l'aiuto della massoneria USA, trasferendovi i massoni più in vista o che dovevano restare "coperti". Il 6 novembre 1963 fu iniziato alla massoneria Licio Gelli presso la loggia “Gian Domenico Romagnosi” di Roma. Licio Gelli era un piccolo imprenditore toscano che in passato si era schierato sia col fascismo, combattendo prima come volontario nella guerra civile spagnola e diventando poi agente di collegamento con i nazisti durante l'occupazione della Jugoslavia, sia con l'antifascismo organizzando la fuga dei partigiani dal carcere delle Ville Sbertoli. Fu successivamente affiliato alla loggia “Hod” dal Maestro venerabile Alberto Ascarelli, e promosso al grado di “maestro”. Nella “Hod”, Gelli cominciò ad inserire numerosi personaggi di spicco, destando l’apprezzamento del suo Maestro venerabile, che lo presentò a Giordano Gamberini, Gran maestro dell’Ordine. Il 15 giugno 1970 Lino Salvini delegò a Gelli la gestione della loggia P2, conferendogli la facoltà di iniziare nuovi iscritti, nominandolo altresì “segretario organizzativo": da allora in poi, il solo Licio Gelli sarebbe stato a conoscenza dell’elenco dei nominativi degli affiliati alla loggia P2. Nel 1972 il nuovo segretario organizzativo cambia nome alla loggia in "Raggruppamento Gelli-P2" accentuandone le caratteristiche di segretezza evitando qualsiasi tipo di controllo. Nel 1973 la loggia segreta "Giustizia e Libertà" si fonde con la P2. Nella notte del 4 agosto 1974, a San Benedetto Val di Sambro, avvenne la Strage dell'Italicus: la sentenza attribuì, nonostante l'assoluzione degli imputati, la strage a Ordine Nero e alla P2 definendo come pienamente comprovata una notevole serie di circostanze del tutto significative e univoche in tal senso, che nel frattempo erano state richiamate dalla Relazione della Commissione Parlamentare sulla Loggia P2.. In occasione della Gran Loggia tenutasi nel marzo 1975, l'avv. Martino Giuffrida di Messina produsse prove su presunti reati finanziari compiuti dal Gran maestro Salvini, suscitando la richiesta a gran voce delle dimissioni di quest' ultimo, da parte dell'assemblea. Durante una sospensione dei lavori Gelli e Salvini raggiunsero un accordo in base al quale la Gran Loggia avrebbe riconfermato la fiducia al Gran maestro; in contropartita, quest'ultimo ricostituiva nuovamente la Loggia P2, riaffidandola a Licio Gelli e nominandolo Maestro Venerabile (12 maggio 1975). L'affiliazione alla loggia sarebbe stata sottoposta a verifica da parte dell'ex Gran maestro Giordano Gamberini. Nell'agosto 1975, subito dopo la vittoria elettorale del P.C.I. alle elezioni regionali, Gelli mise a punto uno Schema R, che trasmise addirittura al Presidente della Repubblica Giovanni Leone, senza ottenere riscontri. Nel documento Gelli propugnava l'instaurazione della Repubblica presidenziale, la riduzione del numero dei parlamentari e l'abolizione delle loro immunità;

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propose anche l'abolizione del servizio militare di leva e la sua sostituzione con un esercito di professione. Il 23 novembre 1995 Gelli sarà condannato in via definitiva per depistaggio nel processo per la Strage di Bologna, avvenuta il 2 agosto 1980, nella quale furono uccise 85 persone e 200 rimasero ferite. Licio Gelli sarà anche riconosciuto colpevole della frode riguardante la bancarotta del Banco Ambrosiano collegato alla banca del Vaticano, lo IOR (vi si trovò un "buco" di 1,3 miliardi di dollari). Infine, dopo una perquisizione, la polizia rinvenne nella sua villa oltre 2 milioni di dollari in lingotti d'oro. La loggia P2 risultò attiva soprattutto nel periodo tra il 1976 e il 1981 anche in Uruguay, Brasile, Venezuela, negli Stati Uniti, in diversi paesi europei e non ultima in Romania, dove Gelli ebbe importanti rapporti con il regime "socialista" di Ceausescu, nonostante l'anticomunismo viscerale di tutti gli aderenti alla P2. Il 17 marzo 1981 ci fu il rinvenimento della lista dei 962 affiliati alla loggia e lo scandalo conseguente. Sette mesi dopo, il 31 ottobre 1981, la corte centrale del Grande Oriente d'Italia espulse Gelli dal consesso massonico. Un'apposita legge, la numero 17 del 25 gennaio 1982, sciolse definitivamente la P2 e rese illegale il funzionamento di associazioni segrete con analoghe finalità, in attuazione del secondo comma dell'articolo 18 della costituzione italiana.

Bibliografia:

• “Corrotti e corruttori, dall' Unità d' Italia alla P2” , Sergio Turone, Laterza, 1984.

• “Gelli” , Gianfranco Piazzesi, Garzanti, Milano 1982.

• www.misteriditalia.it

• www.societacivile.it

• it.wikipedia.org

• www.corriere.it

• italiadallestero.info

• www.loggiap2.com

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IL CASO CALVI

a cura di Stefania Florit

Presidente del banco Ambrosiano, fondato da un prete per servire delle opere pie, Roberto Calvi fu all’origine di uno dei più grandi scandali finanziari della Storia d’Italia prima di scomparire in condizioni ancora poco chiare. Londra, 17 giugno 1982. La polizia scopre il cadavere di un uomo di una sessantina d’anni. Impiccato ad un’impalcatura sotto il ponte di Blackfriars, con indosso un vestito di buon taglio, ha 7.400 sterline nelle tasche e un passaporto a nome di Gian Roberto Calvini. La polizia fa in fretta ad identificarlo. Si tratta infatti di Roberto Calvi, l’ex presidente del banco Ambrosiano di Milano, in fuga dal 12 giugno e ricercato dalla polizia di tutta Europa. Si chiude così uno dei più grandi scandali finanziari della Storia d’Italia. Una vicenda che è lontana dall’averci rivelato tutti i suoi segreti. Suicidio di un uomo logorato e braccato? O assassinio? Molto presto si delinea l’idea che Roberto Calvi sia in realtà stato liquidato per impedirgli di parlare. Ma da chi? Dal Vaticano, legato al banchiere da legami tanto sulfurei quanto oscuri? Dalla Mafia, di cui il banco Ambrosiano gestiva i fondi? Dalla loggia P2, questo vero e proprio Stato nello Stato e di cui il defunto conosceva quasi tutti i segreti? Dai servizi segreti italiani? Nell’ottobre 2005, durante un nuovo processo organizzato da Roma nel quale è implicato Licio Gelli, l’ex “gran maestro” della loggia P2, la Giustizia riconosce che Calvi è stato assassinato, probabilmente attraverso un accordo con la Mafia, “per impedire un potere ricattatorio verso i referenti politico-istituzionali della massoneria, della loggia P2 e dello IOR [la banca del Vaticano] di cui aveva gestito alcuni investimenti”. Cinque persone sono accusate tra cui un ex-cassiere della Mafia. Una vera e propria coalizione d’interessi oscuri destinati a far tacere un uomo divenuto all’improvviso pericoloso. Durante la sua vita, Roberto Calvi aveva sognato di essere un uomo influente. Aveva finito per diventarlo. A capo del banco Ambrosiano, una venerabile istituzione che egli aveva reso uno degli istituti finanziari più potentid’Italia, aveva fatto la sua entrata nella “crème” del capitalismo italiano ed europeo. Lui, uomo mediocre e senza altra cultura se non quella dei numeri, faceva infine parte dei grandi di questo mondo. Era stato ricevuto da Giovanni Agnelli, il brillante padrone della Fiat. Il cupo e taciturno Calvi, chiuso tutta la giornata nel suo ufficio blindato, aveva accesso quasi diretto al Papa e conosceva molte persone. Dovunque. Al Vaticano, nell’esercito, nella stampa, nell’industria, nella massoneria. Egli era, da solo, una potenza e si comportava come tale, regnando da autocrate sul banco Ambrosiano, intrecciando dei legami con figure ambigue della finanza e della politica, dandosi a manovre finanziarie di una complessità inaudita, causando alla fine la rovina della sua banca e la sua propria fine. La sua storia è emblematica dell’Italia del dopo guerra, segnata da trucchi su grande scala ed incredibili collusioni d’interessi. Roberto Calvi nasce a Milano nel 1920. Figlio di un impiegato della Banca Commerciale, studia economia e contabilità.

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La guerra gli impedisce di diplomarsi laurearsi, cosa che gli rimarrà sempre come un complesso. Fa parte di quei soldati italiani che vanno a combattere in Russia a fianco dell’esercito tedesco. Nel 1944, è di ritorno in Italia dove, per prudenza, ha truccato la sua tessera del Partito fascista per quella del nuovo Partito socialista italiano e dove, tramite suo padre, entra alla Banca Commerciale. Non vi rimane a lungo. Ambizioso, ha capito che non ha alcun futuro in questa enorme banca controllata dallo Stato. Grazie ad un altro aiuto del padre, entra al banco Ambrosiano. Fondata a Milano nel 1894 da un prete e una manciata di fedeli, battezzata così in onore del santo patrono di Milano, Sant’Ambrogio, essa aveva per ambizione di servire delle organizzazioni morali, delle opere pie e delle organizzazioni religiose create a fini caritatevoli. Durante gli anni, si è trasformata in classica banca commerciale, limitando le sue operazioni al nord dell’Italia e caratterizzata da un grande prudenza di gestione. ACCUMULO DI SOCIETÀ OFFSHORE Quando Calvi vi entra come contabile, nel 1947, il direttore generale e futuro presidente, Alessandro Canessi, la sta trasformando in istituzione che accetta i depositi, ma che detiene ugualmente degli interessi nell’industria e nella finanza. Canessi ha notato in fretta Robero Calvi. Risoluto, dotato per le montature finanziarie, questi si occupa di mettere in atto le ambizioni del suo padrone, acquisendo partecipazioni nei grandi gruppi italiani, intrecciando accordi con altre banche europee, procedendo addirittura ad un’acquisizione in Svizzera. Così ha inizio la sorprendente ascesa di Roberto Calvi, che lo condurrà alla presidenza della banca nel 1975.

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PRESUNTI COLLEGAMENTI TRA LOGGIA P2 E STRAGI

a cura di Elena Cavucli

La loggia risulta collegata a numerosi "casi" notevoli.

• 1967 - caso dei 157.000 dossier illegali del SIFAR (gen, De Lorenzo, poi passati a Gelli e alla CIA dal gen. Allavena, P2)

• 1969 - strage di Piazza Fontana. Maletti è stato condannato per aver favorito la fuga di Giannettini.

• 1974 - strage del treno Italicus (12 morti, 44 feriti). rivendicata da Ordine Nero. Rimasta impunita per "mancanza" di prove (copertura e depistaggi dei servizi segreti, quindi ancora P2), il collegamento è affermato nella relazione Anselmi.

• 1976 - golpe militare in Argentina contro il governo di Isabelita Peron

• 1976 - il giudice Vittorio Occorsio viene ucciso dal killer Concutelli (Ordine Nero). Il giorno prima, parlando con un giornalista, Occorsio aveva fatto notare che il totale delle cifre pagata per i sequestri Ortolani, Danesi e Bulgari (P2) corrispondeva alla cifra spesa da Gelli per l’acquisto della sede dell’OMPAM.

• 1976 - arresto del gangster Albert Bergamelli (banda dei Marsigliesi), aveva eseguito i sequestri di Bulgari (P2), del figlio di Ortolani (P2) e di Danesi (P2). Al momento dell'arresto dichiara: "qualcuno mi ha tradito ma si ricordi che sono protetto da una grande famiglia". In precedenza era stato capo di una banda di rapinatori e sequestratori. Fu ucciso in carcere nel 1982,

• 1978 - depistaggi durante il rapimento Moro. Gelli collabora sotto falso nome ai "comitati di crisi" creati da Cossiga e composti da membri della P2. Viene ignorata la comunicazione della moglie di Moro circa il "covo" delle BR in via Gradoli; il colonnello Cornacchia (P2) ed il commissario Cioppa (P2, uomo del gen. Grassini) commettono "errori" che ritardano la scoperta del covo..

• 1978 - il colonnello della Guardia di Finanza Salvatore Florio muore in un improbabile "incidente" d'auto. Aveva svolto indagini sul gen. Giudice (P2, scandalo dei petroli), era stato rimosso dall'incarico, minacciato e perseguitato. Poche ore prima di morire aveva avuto un violento scontro verbale con Giudice. Dalla sua cassaforte sparisce un dossier "riservatissimo" relativo a Giudice.

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• 1978 - rapporti con la banda della Magliana. Il gangster Danilo Abbruciati è implicato con Roberto Calvi nel ricilaggio di denaro sporco. La banda avrebbe anche eseguito l'omicidio Calvi su commissione di Gelli (indagini ancora in corso). Abbruciati viene ucciso da una guardia giurata nel 1982 (27 aprile), mentre sta cercando di uccidere il vice-presidente del Banco Ambrosiano. (all'epoca il presidente è ancora Calvi, che verrà "suicidato" il 17 giugno). Abbruciati avrebbe anche partecipato ad alcuni dei sequesti di persona (Ortolani, Danesi, Bulgari) eseguiti dai "marsigliesi" .

• 1979 - falso rapimento Sindona, che si spara in una gamba per rendere più credibile la storia. Lo aiuta il chirurgo Miceli Crimi (P2)

• 1979 - il maresciallo Augusto Ciferri (servizi segreti) muore in un improbabile "incidente" d'auto. Era l'uomo-chiave per la vicenda del fascicolo "M.Fo.Biali" (scandalo del contrabbando di petrolio - Pecorelli, gen. Giudice, gen. Lo Prete, gen. Maletti, col. Viezzer - tutti P2)

• 1979 - il commissario Boris Giuliano (Palermo) indaga sul riciclaggio di denaro sporco (mafia). L'avv. Ambrosoli è il liquidatore della Banca Privata (crack Sindona, P2)

• 15/6: incontro tra Giuliano e Ambrosoli

• 12/7: Ambrosoli viene ucciso a Milano

• 21/7: Giuliano viene ucciso a Palermo.

Ambrosoli fu ucciso il giorno prima della sua testimonianza davanti ai giudici USA in relazione al fallimento di un'altra banca di Sindona. Si era opposto con rigore alle manovre di Gelli, Ortolani, Memmo e Stammati (tutti P2) per "sistemare" le faccende di Sindona.

• 1980 - strage di Bologna (85 morti, più di 200 feriti). Gelli e il gen. Musumeci sono stati condannati per il depistaggio delle indagini

• 1980 - strage di Ustica (81 morti). All'epoca, Santovito e Grassini erano i capi dei servizi segreti, Pelosi era il coordinatore. Depistaggio delle indagini.

• 1981 - "suicidio" del capitano della Guardia di finanza Luciano Rossi. Aveva svolto insieme a Florio le indagini sul gen. Giudice (1974). pochi giorni prima era stato interrogato sull'argomento. Aveva confidato agli amici di essere stato minacciato da Gelli.

• 1982 - "suicidio" di Graziella Corrocher, segretaria di Calvi. Poche ore dopo, "suicidio" di Calvi

• 1982 - omicidio Calvi (membro della P2)

• 1982 - omicidio Pecorelli (membro della P2)

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• 1984 - strage del rapido 904 (17 morti, 265 feriti). Condannato all'ergastolo il mafioso Pippo Calò (rapporti con Gelli), che fu anche implicato nell'omicidio Calvi

• 1986 - omicidio Olof Palme, capo del governo svedese. Tre giorni prima, Gelli aveva mandato un telegramma ad un agente della CIA: “dite al vostro amico che l’albero svedese sarà abbatuto”.

• 1985 - "suicidio" del generale Vito Alecci (P2). Aveva convissuto per anni con la segretaria di Gelli (Nara Lazzerini) che dichiara: è un omicidio e i mandanti debbono essere cercati nella P2.

• 1989 - operazione "Minareto": ritrovati fascicoli di Gelli in Uruguay (dossier su personalità politiche), i servizi segreti fanno sparire quello relativo a Cossiga.

Si è parlato di diverse altre connessioni tra la P2 e vicende più o meno criminali (fra l'altro i progetti golpisti di Borghese e della Rosa dei Venti) ma non si hanno notizie significative, anche perchè le indagini sui golpe furono "avocate" dalla Procura di Roma e poi archiviate.

Bibliografia:

www.webalice.it

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CHE COS’E’ LA MASSONERIA?

a cura di Elena Cavucli

Per massoneria si intende un ordine iniziatico che ha come scopo il “miglioramento dell’umanità”. Deriva dal termine inglese freemason, libero muratore. Nella sua veste operativa, la massoneria sarebbe nata come associazione di mutuo appoggio e perfezionamento morale tra artigiani muratori, caratterizzata dall’adozione di tradizioni, simboli, e riti. I nuclei fondamentali della massoneria erano organizzazioni autonome che si tramandavano i segreti dell’architettura attraverso rituali, pratiche esoteriche e prove di iniziazione. “Queste logge avevano un loro “maestro”, al quale i fratelli dei tre gradi, gli apprendisti , i compagni d’arte e i maestri rispondevano di tutto” 1. La massoneria persegue i principi di amore fraterno, soccorso e verità, e nei suoi rituali vengono impartite lezioni di morale. I seguenti sono i principi fondamentali condivisi da tutta l'organizzazione: • riconoscimento di un ente creatore denominato Grande Architetto dell'Universo

(GADU);

• nessun limite alla ricerca della verità;

• la fratellanza è aperta a tutti gli uomini di ogni nazione, razza e credenza;

• lotta contro l'ignoranza in ogni sua forma.

Il passaggio dall’antica massoneria alla massoneria moderna “speculativa” – che mantenne riti, simboli e tradizioni della libera muratoria operaia e continuò a praticare gli stessi principi - è identificabile nella costituzione della Gran Loggia di Londra nel giugno del 1717. Da quel momento i principi massonici si diffondono in tutta Europa e la costituzione di nuove logge è capillare. Tra queste la Loggia Propaganda 2, che fu fondata nel 1885 dall’allora Gran Maestro Adriano Lemmi.

Non riteniamo questa la Sede per una storia approfondita della massoneria, tuttavia è assolutamente importante per la nostra trattazione ricordare che Licio Gelli – Venerabile Maestro della P2 – nella primavera del 1975 fondò l'Organizzazione Mondiale del Pensiero e dell'Assistenza Massonica (OMPAM) , un organismo sovranazionale in grado di "contribuire a soccorrere ed ad elevare le condizioni morali, spirituali e materiali dell'Uomo e della Famiglia umana, operando secondo i principi etici propri dell'insegnamento massonico", come dichiarato dal promotore stesso.

Al congresso mondiale dell'OMPAM , che si svolge a Rio De Janeiro , nel discorso inaugurale Gelli afferma: "...Considero superfluo ricordare a tutte le potenze occidentali che oggi il vero e grande pericolo per l'umanità è rappresentato dalla penetrazione del comunismo che sta abbattendo le più sacre ed inalienabili libertà umane.”

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La base dell’OMPAM dovrebbe essere il testo della dichiarazione dei principi, votata dalla Conferenza dei Grandi Maestri negli Stati Uniti, nel 1938. Questa dichiarazione di fatto stabilisce i principi della massoneria stessa.

“La massoneria è una società caritatevole, benefica, educativa e religiosa. I suoi principi sono proclamati così ampiamente quanto l’uomo può intenderli. I suoi soli segreti sono i modi di riconoscimento e di istruzione simbolica.

È caritatevole in quanto essa non è una organizzazione a scopo di lucro e nessuna delle sue entrate va a beneficio di alcun singolo, ma tutte sono destinate a promuovere il benessere e la felicità del genere umano.

È benefica in quanto essa insegna mediante cerimoniali stabiliti un sistema di moralità e di fratellanza basato sulla Legge sacra.

È religiosa in quanto essa insegna il monoteismo: il Libro della Legge sacra è aperto suo suoi altari ogni qualvolta una Loggia è in attività; la riverenza a Dio è sempre presente nei suoi cerimoniali e ai Fratelli sono costantemente rivolte lezioni di moralità; così essa non è né settaria né teologica.

È un’organizzazione sociale solo in quanto essa fornisce ulteriori stimoli, che gli uomini possono approfondire a piacimento, disponendo così di ulteriore materiale per il loro primario lavoro di educazione, di devozione e carità.

Attraverso il perfezionamento e il rafforzamento del carattere dei singoli uomini, la Massoneria persegue il miglioramento della collettività. Così essa imprime ai suoi membri i principi di personale rettitudine e di personale responsabilità, li illumina sulle cose che fa per il benessere umano e ispira loro quei sentimenti di carità verso l’intero genere umano, per indurli a tradurre il convincimento in azione.

A questo scopo, essa sostiene e insegna il culto di Dio, la verità e la giustizia, la fratellanza e la filantropia, l’illuminazione e l’ordinata libertà civile, religiosa e intellettuale.

Richiede che i suoi membri siano sinceri e leali al governo del Paese a cui devono fedeltà e che siano obbedienti alle leggi di qualsiasi Stato in cui si trovano.

Essa crede che il raggiungimento di tali obbiettivi sia meglio compiuto sulla base del principio secondo il quale gli uomini di ogni razza, paese, fede e opinione possano unirsi invece di restare su piattaforme ristrette nelle quali sono solo uomini di certe razze, fedi e opinione potrebbero restare uniti.

Essa afferma la propria convinzione che non soltanto è contrario ai principi fondamentali della Massoneria, ma pericoloso per l’unità, la forza e il benessere delle Comunioni massoniche, l’agire o il tentare di esercitare pressioni o influenze per o contro qualsiasi legislazione, o in qualsiasi modo tentare di procurare l’elezione o la nomina di ufficiali di Governo, di influenzarli – siano o no dei membri della Fratellanza – nell’adempimento dei loro doveri ufficiali. Il vero Massone deve agire nella vita civile secondo il suo individuale giudizio e i dettami della sua coscienza”. 2

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LA MASSONERIA IN ITALIA

La massoneria italiana, che faceva capo al Grande Oriente d’Italia (*), durante il fascismo venne perseguitata, e si risvegliò apertamente con la liberazione di Napoli nel 1943, ma si mantenne divisa e debole fino al 1972, quando la Loggia massonica P2 riuscì a prendere i contatti con i massoni inglesi, la “Gran Loggia Madre del Mondo” e a raccogliere massoni residenti in ogni parte d’Italia e all’estero, ministri, prelati, personalità della politica e dell’economia, dirigenti statali, parastatali e dell’industria privata.

* Grande Oriente d’Italia: associazione massonica costituita a Milano nel 1805, ricostituito a Firenze nel 1861, trasferito a Firenze e poi a Roma nuova capitale dell’Italia Unita. È la principale Associazione massonica in Italia, e segue i principi della massoneria internazione, mentre coordina le varie logge italiane. Quando fu scoperta la lista degli affiliati alla P2 di Licio Gelli nel 1981, il Grande Oriente prese le distanze da Gelli, espellendo il Venerabile dal consesso massonico e dichiarando che tutte le iniziative della P2 erano state prese autonomamente senza l’appoggio della principale giunta massonica italiana. MA LA P2 ERA SEGRETA?

Art. 18 COST -I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare

“Il cosiddetto “Comitato dei Tre Saggi” istituito con D.P.C.M. 7 maggio 1981 e composto dai professori V.Crisafulli, A.Sandulli e L.Levi Sandri, ebbe il compito specifico di accertare se concorressero i presupposti di fatto e di diritto per ritenere che la c.d. LOGGIA P2 fosse da configurare come associazione segreta, vietata, in quanto tale, dall' art. 18 COST., anche in relazione alla sospetta esistenza di elenchi di associati occulti, in altre parole al presunto perseguimento di fini diversi da quelli dichiarati.” 3

Di fatto la sentenza dei Tre Saggi, tre mesi dopo, fu che la Loggia P2 era da ritenersi segreta, e pertanto anti costituzionale.

Era di fatto una Loggia “coperta”: nonostante fosse inserita nel GOI, i nomi degli affiliati erano tenuti segreti.

La segretezza della P2 è comunque tuttora oggetto di discussione: il giornalista Pier Carpi, ad esempio, sostiene – con documentazione (alcuna della quale allego in appendice) – che la Loggia Propaganda 2 non fosse affatto segreta, ma anzi ben nota e riconosciuta, e che la segretezza altro non è che uno degli aspetti costitutivi della massoneria, i cui rituali sono conosciuti in seguito ad un’iniziazione.

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Egli adduce a prova di ciò i seguenti fatti:

• Negli archivi e nei documenti del Grande Oriente d’Italia è più volte citata ed ufficializzata la Loggia P2 come affiliata al Grande Oriente, e pertanto riconosciuta a livello legale;

• Gelli ottenne un’udienza dal Quirinale, attraverso un’udienza ufficiale firmata dal segretario generale Picella; era noto che Gelli fosse a capo della P2;

• Gli atti e le lettere della P2 erano stampate su carta intestata, quindi era ben evidente il nome dell’associazione;

• La Gran Loggia nazionale, riunita all’Hotel Hilton di Roma, il 22 e 23.03.1981 espresse solidarietà alla P2, dimostrandone la legittimità;

• La stampa ha a più riprese scritto articoli sulla P2 e Gelli, pubblicandone le foto e i dati personali.

Note:

1 “Il Caso Gelli, la verità sulla Loggia P2. Parla Licio Gelli.” Pier Carpi, i.n.e.i Editore, 1982. Pag. 218.

2 “Il Caso Gelli, la verità sulla Loggia P2. Parla Licio Gelli.” Pier Carpi, i.n.e.i Editore, 1982. Pagg. 120 - 121.

3 “Il Caso Gelli, la verità sulla Loggia P2. Parla Licio Gelli.” Pier Carpi, i.n.e.i Editore, 1982.

Bibligrafia:

www.tesionline.it

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“Mi permetta di presentarmi più compiutamente di quanto non abbia fatto finora: sono un industriale di Arezzo e ricopro la carica di Segretario Organizzativo della Loggia Riservata del Grande Oriente D’Italia di Palazzo Giustiniani.”

“Ritengo superfluo aggiungere che la nostra Istituzione è assolutamente apolitica e che si adopera unicamente per la difesa e l’esaltazione dei diritti dell’Uomo e per il miglioramento delle condizioni economiche e sociali di tutta l’Umanità.”

Corrispondenza tra Licio Gelli e la presidenza della Repubblica. Nella prima lettera, Gelli si presenta apertamente come responsabile di una “loggia riservata” del Grande Oriende. Segue la risposta del segretario generale della Presidenza, Nicola Picella.

Bibliografia: • “Il Caso Gelli, la verità sulla Loggia P2. Parla Licio Gelli.” Pier Carpi, i.n.e.i Editore,

1982. Pagg. 206-207.

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Testo autografo della nomina di Licio Gelli a garante d’amicizia (ambasciatore massonico) in Argentina, da parte del Gran Maestro Giordano Gamberini.

Nomina ufficiale del Gran Maestro Salvini a Licio Gelli, con delega a rappresentarlo presso tutti i fratelli non affiliati ad altre logge.

Decreto ufficiale del Gran Maestro Salvini con le norme istitutive della P2.

Bibliografia: “Il Caso Gelli, la verità sulla Loggia P2. Parla Licio Gelli.” – di Pier Carpi, i.n.e.i Editore, 1982. Pagg. 230 - 231.

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MAURIZIO COSTANZO INTERVISTA LICIO GELLI

a cura di Elena Cavucli

Tratto da Il Corriere della Sera, domenica 5 ottobre 1980

Il fascino discreto del potere nascosto

PARLA, PER LA PRIMA VOLTA, IL SIGNOR P2

Licio Gelli, capo indiscusso della più segreta e potente loggia massonica, ha accettato di sottoporsi a un’intervista esponendo anche il suo punto di vista. L’organizzazione: «un Centro che accoglie e riunisce solo elementi dotati di intelligenza, cultura, saggezza e generosità per rendere migliore l’umanità». L’album di famiglia: da Giuseppe Balsamo (Cagliostro) a Giuseppe Garibaldi. «Una repubblica presidenziale sull’esempio di De Gaulle». Una frase di Aldo Moro. «Sì, ero all’insediamento di Carter per simpatia». In Italia otto servizi segreti: troppi. I politici: «lavorano nell’interesse del paese oppure solo nell’interesse dei partiti?». L’economia e la moglie di Adenauer. Un consiglio al prossimo presidente del Consiglio: «meno programmi, più fatti».

di Maurizio Costanzo

Nella galleria dei personaggi inavvicinabili è tra i più inavvicinabili: si chiama Licio Gelli, ha sessant’anni, è di Arezzo e non so cosa abbia scritto sulla carta d’identità alla voce professione: industriale? Diplomatico? Politico? In realtà il suo nome compare spesso come il capo indiscusso di una segreta e potente loggia massonica, la «P2», e rimbalza di continuo in questioni di non facile identificazione. Nel corso di questa intervista ha espresso, credo per la prima volta, opinioni, pareri, raccontato episodi. Ma non mi illudo: è solo una delle sue facce, le altre sono celate in qualche parte del mondo.

Quattro anno fa io l’avevo invitata a una puntata di «Bontà loro». Declinò l’invito. Per timidezza? Per mantenere mistero intorno alla sua persona?

Perché non ravvedevo nella mia persona requisiti tali per essere intervistato alla tv.

Come mai adesso ha accettato questo colloquio?

Per premiarla della costanza che ha avuto nell’inseguirmi per quattro anni. Così, dopo questa intervista, spero per altri quattro anni di stare tranquillo.

Cosa c’è di vero in tutto quello che si è detto e si dice su di lei e sul conto della sua Istituzione, cioè la massoneria?

Le dirò che sotto un certo aspetto la cosa è umoristica, perché solo grazie a questo tipo di stampa scandalistica ho potuto conoscere fatti ed episodi della mia vita che ignoravo completamente. D’altra parte, mi pare che in questo paese, attualmente, è consentito a chiunque di dire quello che pensa, anche se quello che dice è frutto di pura e accesa fantasia.

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Ancora di recente alcuni giornali hanno parlato di questa loggia segretissima della massoneria, la «P2». Lei ne sarebbe il capo incontrastato. Cos’è la «P2»?

Siamo veramente stanchi di dover ripetere all’infinito che cosa è questo e cosa è quello. Venga una sera a farci visita e vedrà che quando uscirà si sentirà in spirito massone anche lei. Comunque confermo, per l’ennesima volta, si tratta di un Centro che accoglie e riunisce solo elementi dotati di intelligenza, di alto livello di cultura, di saggezza e soprattutto, di generosità, che hanno un indirizzo mentale e morale che li spinge ad operare unicamente per il bene dell’umanità con lo scopo, che può sembrare utopistico, di migliorarla.

Ma oggi, con tutto quello che si dice e si scrive della «P2», c’è ancora chi vuole entrarci?

Mai come oggi abbiamo ricevuto domande di adesione e sono sempre in aumento. Molte di queste adesioni le dobbiamo proprio alla propaganda indiretta e gratuita di certi giornali che con le loro fantasmagoriche rivelazioni ci hanno attirato stima, rispetto e simpatia.

Quanti sono attualmente gli iscritti alla «P2»?

Le rispondo che sono molti, ma non vedo la ragione per cui dovrei darle un numero definito. Vede, quando si ha a che fare con una bella donna, non mi sembra di buon gusto chiederle, per pura curiosità, quanti anni ha.

Dato il numero che, a quanto capisco, deve essere elevato, come fa a controllare e ad incontrare gli aderenti?

Un amante di classe non rivela mai i suoi metodi per incontrarsi con una donna, così come un generale non svela mai i piani di difesa. Quando abbiamo bisogno di vedere qualcuno o per uno scambio di idee oppure soltanto per prendere il caffè insieme, abbiamo i nostri sistemi per incontrarlo e le assicuro che è un sistema che non hai fallito.

Ho letto su un settimanale che lei sarebbe attualmente in cattivi rapporti con il Gran Maestro Battelli e in alleanza con Salvini e Gamberini. E qual è la sua vera posizione nella massoneria di palazzo Giustiniani?

La mia posizione è regolarissima e legittima sotto ogni riguardo. Ne chieda conferma al Gran Maestro. I miei rapporti con lui sono ottimi sotto ogni aspetto, come solo possono esistere tra due persone che si stimano reciprocamente. A proposito dell’alleanza con Salvini e Gamberini, mi rendo conto che lei non conosce affatto la nostra filosofia, altrimenti saprebbe che tra noi, una volta instaurati, è difficilissimo che i rapporti vengano interrotti, dato che la nostra Istituzione bandisce tutti quei termini che vengono anche troppo spesso usati da certi rotocalchi.

Perché, allora, su alcuni giornali un certo ingegner Siniscalchi ha avuto e continua ad avere nei suoi confronti un così palese risentimento?

Io non conosco e non tengo a conoscere l’ingegner Siniscalchi e sia ben chiaro, quindi, che quello che ha affermato e continua ad affermare non mi tocca nel modo più assoluto.

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So che una volta era massone e non so se tuttora lo sia. Io, al contrario, non nutro nessuna avversione per lui, anzi, quella sera che si esibì in tv dando fantasiose, deliranti ed assurde risposte, tutta la mia reazione si ridusse ad una sola frase che rivolsi a un amico: “Vedi, quella è una persona a cui credo si dovrebbe stare più vicini perché probabilmente non sta molto bene e soffre di solitudine”. In quel caso avrei dovuto esprimermi acerbamente, ma nel vedere quella figura così patetica rimasi sopraffatto da un sentimento di tenerezza e di profonda commiserazione.

Sto conducendo una serie di colloqui con i rappresentanti del potere occulto in Italia. Lei ne è a pieno diritto un esponente. È d’accordo?

A dire la verità, mi sorprende di essere in questa serie di interviste, ma il piacere di conoscerla è il motivo che mi ha fatto accettare. Io non mai ritenuto di avere un potere occulto come mi viene attribuito. D’altra parte non posso impedire che gli altri lo suppongano.

Mi sembra per altro singolare che ogni qualvolta in Italia capita qualcosa di inconsueto, si faccia subito il suo nome e quello della sua loggia.

Sapesse quante volte mi sono posto la domanda, chiedendomi quale partito, organizzazione o personaggio avrebbe potuto trarre vantaggio dall’attribuirmi o attribuirci certi avvenimenti! Sorgono una infinità di interrogativi: non sappiamo se si tratta di strategie intese a depistare qualche inchiesta, oppure di tentativi di screditarci agli occhi dell’opinione pubblica, o di voce messe in circolazione, per puro risentimento, da qualche grosso personaggio respinto dalla nostra Istituzione, oppure, in ultima ipotesi, se la gente crede che davvero siamo dotati di potere soprannaturali. Il che, in fondo in fondo, potrebbe anche essere o, per lo meno, potrebbe stato vero in altri tempi: basti ricordare che abbiamo avuto con noi un “mago” come Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro, ed un trascinatore d’uomini della portata di Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei Due Mondi.

È a conoscenza di un rapporto inoltrato da Emilio Santillo al Ministro degli Interni? Secondo questo rapporto lei sarebbe al vertice del potere più grosso della Repubblica.

È difficile rispondere a questa domanda, ammesso che siano vere le affermazioni pubblicate dai giornali. Io annovero moltissimi amici sia in Italia che all’estero. Ma tra l’avere amici e avere potere, ci corre e molto. Pur tuttavia c’è un fondo di vero in queste affermazioni: avendo sempre agito nell’osservanza di certi principi etici di base, sono riuscito ad accattivarmi la stima e la simpatia di molti, anche se, contemporaneamente e inevitabilmente, ho suscitato antipatie.

Come mai l’Espresso e Panorama sono così accaniti contro di lei?

Perché probabilmente hanno saputo che, un giorno ad un amico che sostava nella saletta di attesa, passai, tanto per distrarlo, una copia dell’Espresso e di Panorama ed anche un elenco telefonico, dicendogli che solo in quest’ultimo avrebbe potuto trovare qualche verità. Anzi, se lei conosce i direttori di Panorama e dell’Espresso, mi usi una cortesia: da

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due mesi ho un nipote che si chiama Licio. Licio Gelli, come me. Quindi il materiale per poter scrivere non mancherà.

Si dice che lei sia stato repubblichino, golpista, che però in seguito non abbia disdegnato frequentazioni di opposta tendenza. Insomma, mistero nel mistero, qual è il suo orientamento politico?

Mi è capitato spesso di non ricordarmi nemmeno il mio nome: non pretenda, perciò, che mi ricordi il mio orientamento politico. Me lo chieda un’altra volta. Forse allora potrò darle una risposta meno vaga e per quanto riguarda gli incontri che io non disdegnerei, le dico che io mi incontro con qualsiasi persona senza domandare che tessera ha in tasca.

Sbaglio o in più occasioni lei si è espresso a favore di una repubblica presidenziale?

Sì, anche in una relazione che inviai al presidente Leone. La relazione terminava portando ad esempio de Gaulle.

Facciamo un po’ di fantapolitica, se lei fosse nominato presidente della Repubblica, manterrebbe la Costituzione?

Ogni uomo deve conoscere i suoi limiti, non mi sento perciò di possedere i requisiti per fare il presidente della Repubblica. Ma quando fossi eletto, il mio primo atto sarebbe una completa revisione della Costituzione. Era un abito perfetto quando fu indossato per la prima volta dalla nuova Repubblica, ma oggi è un abito liso e sfibrato e la Repubblica deve stare molto attenta nei suoi movimenti per non rischiare di romperlo definitivamente. È il parto dell’Assemblea Costituente avvenuto in un momento del tutto particolare nella vita della nostra nazione, ma che oggi, a cose assestate, risulta inefficiente e inadeguato. E, oltre tutto, non è più coerente con lo spirito che l’ha emanata, perché porta tuttora articoli di carattere transitorio.

Ma cos’è per lei la democrazia?

Le racconterò di un incontro che ebbi con Moro quando era Ministro degli Esteri. Mi disse: “Lei non deve affrettare i tempi, la democrazia è come una pentola di fagioli: perché siano buoni, devono cuocere piano piano piano”. Lo interruppi dicendo: “Stia attento, signor ministro, che i fagioli non restino senza acqua, perché correrebbe il rischio di bruciarli”.

Siamo di nuovo alla crisi di Governo. Lei darebbe la presidenza ai socialisti?

Certamente, ma con la presidenza della Repubblica ad un democristiano e le aggiungo anche che questo, secondo me, dovrebbe avvenire al più presto se vogliamo evitare la caduta del paese nel baratro.

Tra le tante cose che si dicono di lei si sussurra anche sia in grado di condizionare molti autorevoli banchieri. Ammesso che sia vero questo condizionamento, è in favore di un miglioramento della situazione economica italiana o piuttosto di un tornaconto personale o dei suoi amici?

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Noi non abbiamo mai condizionato nessuno sia perché non possediamo strumenti di condizionamento sia perché non abbiamo nessun interesse né personale né per conto di nostri amici. Posso dirle che quando ci viene richiesto, e se è possibile, cerchiamo di facilitare l’aiuto richiesto.

Legano il suo nome a quello di Michele Sindona. È un pettegolezzo?

No, non è pettegolezzo. Ed io sono andato a fare la nota deposizione negli Stati Uniti a suo favore. Perché quando un amico è in disgrazia per infami reati, dobbiamo essergli più vicini di quando si trova in auge. Comunque il mio nome è legato non solo a quello di Sindona, ma a tanti altri personaggi. Anche a quello del presidente della Liberia, Tobler, che iniziai alla massoneria nel palazzo presidenziale di Monrovia, e che venne ucciso recentemente in un golpe. Grazie a Dio per questo golpe non ci hanno coinvolto.

Se Andreotti e Fanfani le chiedono un favore, a chi lo fa più volentieri o a chi non lo fa per nulla?

Purtroppo non le posso rispondere perché fino ad oggi nessuno dei due mi ha mai chiesto un favore.

Voterebbe per Carter o per Reagan?

Per Reagan. Secondo certe previsioni credo che sarà lui il presidente degli Stati Uniti.

Mi risulta che lei fu invitato all’insediamento alla Casa Bianca del presidente Carter. Perché?

Forse per simpatia.

A proposito di previsioni mi hanno riferito che lei, giorni orsono, aveva pronosticato la caduta del governo Cossiga entro settembre. È anche veggente?

È vero che ho fatto questa previsione, mi pare l’8 settembre. Ma non perché sono un veggente, solo perché vivo secondo una certa logica. D’altra parte, sapevo benissimo che, ormai, il Governo Cossiga era clinicamente morto anche se una certa cerchia di politici aveva interesse a tenerlo in vita apparente, almeno fino a tutto dicembre. È chiaro che si tratta di una pia illusione perché, se uno avesse analizzato i contrasti che giornalmente avvenivano tra i componenti della compagine governativa, sarebbe giunto facilmente alle mie conclusioni. E a questo punto, secondo il mio giudizio, si dovrebbe muovere un serio appunto a questi politici i quali, per mire partitiche, non si sono minimamente preoccupati degli interessi del paese, protesi unicamente a ricercare formule di sopravvivenza di un organismo moribondo. Distraendo, così, gran parte delle loro energie alla ricerca di soluzioni valide per i gravi problemi della nazione ai quali avrebbero dovuto dedicarsi completamente. Questo è il nostro dramma: e fino a quando non lo avremo risolto, il paese non potrà mai beneficiare di un benessere veramente solido e non evanescente come quello attuale.

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Mi lasci indovinare, da quel che sta via via rispondendo, non credo ami molto il sindacato, vero?

La normativa e l’applicazione del cosiddetto Statuto dei Lavoratori non ha bisogno di commenti. Mi sembra che l’Italia sia l’unica nazione in tutto il mondo ad avere una legge di questo tipo, ma i risultati dal 1970 ad oggi sono, purtroppo, più che evidenti. Certe conquiste ci ricordano che anche Pirro vantò la sua vittoria.

Cosa pensa dell’attuale Sommo Pontefice? Lei e la sua Organizzazione avete rapporti anche con lui?

Il Sommo Pontefice è sempre il capo della Cristianità ed io, e parlo per me e non per altri, ho sempre avuto per lui il rispetto che gli è dovuto. La mia Organizzazione ha rapporti con tutti. Le posso assicurare che la nostra è l’unica Associazione che ammette soltanto i credenti.

Dimenticavo. sembra che della «P2» facciano parte alti esponenti dei servizi segreti. Lei adesso lo negherà, ma non lo sembra che in Italia i servizi segreti abbiano spesso sofferto di deviazioni ed omissioni?

A prescindere dal fatto che non ricordo chi fa parte dell’Istituzione, per quanto riguarda l’efficienza dei servizi segreti non sta a me giudicarla. Posso solo dirle che ogni paese ne ha un paio e noi ne abbiamo otto e nonostante il gran numero, i risultati sono evidenti.

Suppongo che lei non abbia in alta considerazione i nostri politici. Proviamo a elencare i loro difetti?

Cosa devo dirle? Credo che i partiti scelgano i migliori elementi che hanno a disposizione per destinarli ai posti guida, ma come avrà notato, nonostante l’alternarsi di questi “geni”, le cose vanno di male in peggio. Ci sorge quindi spontanea la domanda: questi “geni” lavorano esclusivamente nell’interesse del paese oppure solo nell’interesse del loro partito? Penso che in questa ultima ipotesi non riusciranno mai, nonostante la loro bravura, a riunire in un unico crogiuolo i vari componenti necessari per fondere una lega che dovrebbe proteggere gli interessi del popolo. L’unica alternativa a questo concetto è che poi non sono così bravi come si vorrebbe far credere e quindi nella loro meschina mediocrità non riescono a comprendere le esigenze del popolo o non riescono a sentire le loro responsabilità. In casi come questi, è più che accettabile l’affermazione del ministro Giannini: “Se fossi stato giovane, me ne sarei andato dall’Italia”.

La caduta del Governo Cossiga ha procurato immediati nuovi problemi all’economia italiana. Dato che lei, con grande distacco e con apparente modestia, sembra fornire indicazioni su ogni problema, cosa pensa, appunto, dell’economia italiana?

Lo stato della medesima è disastroso, tuttavia potrebbe risolversi, ma solo a patto che qualcuno avesse il coraggio di far presente, in modo esplicito, in quale stato versa la nostra economia e in quali condizioni si verrà a trovare nel prossimo futuro se non si prenderanno energici provvedimenti. È chiaro però che nessun uomo politico avrà la forza

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morale di prendere provvedimenti del genere che, almeno inizialmente, sarebbero impopolari e gli allontanerebbero, di conseguenza, molti suffragi elettorali. Perciò preferisce fare quello che fa: lo struzzo quando ha paura. Quello che ci dispiace è che questa mancanza di decisione e di controllo si ripercuota su di noi. Mi spiego meglio: se il Ministero dell’Industria e del Commercio, che concede ad occhi chiusi la possibilità di importare forti contingenti di prodotti tipicamente italiani, la cui introduzione sul mercato interno provoca automaticamente disagi economici e stasi o riduzione occupazionale per molte nostre aziende, si rendesse pienamente conto delle deleterie conseguenze delle sue concessioni, dovrebbe indubbiamente prendere provvedimenti adeguati per ovviare a questo stato di cose. Se l’organo preposto stabilisse una statistica dei prodotti finiti che importiamo e li traducesse in tempi lavorativi tenendo conto di quanti lavoratori di ogni specifico settore sono a regime di cassa integrazione o, peggio, disoccupati per mancanza di lavoro, potrebbe fare in modo di ridurre il plafond delle importazioni fino a raggiungere il completo riassorbimento di questo personale inutilizzato.

Mi scusi, non è possibile che tutto vada male e così male. Ad esempio, non potrà negare gli ormai indiscutibili vantaggi dati dall’appartenenza dell’Italia alla Comunità Economica Europea.

Allora, la prego di scusarmi lei: ma ho l’impressione che di economia non sia molto aggiornato. Provi a chiederlo a sua moglie. Adenauer, lei lo saprà, gestiva la politica facendosi informare dalla moglie sull’andamento del mercato. Vede, i vantaggi per l’Italia sono quelli di pagare molto di più i prodotti di largo consumo. Perché, se non fossimo legati alla CEE o se la Costituzione dell’Europa Unita fosse meno sfacciatamente favorevole ai paesi più ricchi di prodotti di base, il popolo italiano si troverebbe assai meglio. Così come stanno le cose, i vantaggi della Comunità vanno a senso unico e questo senso non è certo a favore dell’Italia.

Si spieghi meglio, dato che io, come quasi tutti gli italiani non so niente o poco di economia.

Bene, mi spiego con un esempio: in Italia la carne costa mediamente tredici dollari al chilo, estrogeni compresi; se invece che dai paesi esportatori della Comunità ci fosse consentito di approvvigionarci dai paesi dell’America Centro-Meridionale avremmo della carne, priva di estrogeni purtroppo, ad un prezzo di circa cinque dollari al chilo. Va da sé che, in questo caso, la nostra popolazione avrebbe ottima carne ad un costo notevolmente inferiore.

Ancora una domanda sull’economia. Qual è la sua opinione sui grandi operatori economici italiani e sulla Confindustria?

A proposito degli operatori economici pochi di essi si salvano: la maggior parte non è un granché. Molto probabilmente difettano di idee, di iniziative, di decisioni e non sanno difendere il sistema industriale. Oppure, più semplicemente, non sono stati all’altezza di seguire l’evoluzione dei tempi. Mentre la Confindustria penso che abbia solo un ruolo puramente rappresentativo. Potrebbe far meglio se riuscisse a sganciarsi dai carri politici.

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Mi lasci indovinare: è a favore della pena di morte?

Se lei facesse un sondaggio nei paesi in cui vige ancora la pena capitale, vedrebbe che non vi accade quello che sta succedendo nei paesi che l’hanno abolita. Non più tardi dello scorso anno un giornale ha pubblicato che nell’Unione Sovietica una persona è stata condannata a morte e giustiziata per aver ferito, ripeto ferito, un agente di polizia. Mi risulta che in quello stato siano rarissimi i furti, le rapine a mano armata, lo spaccio di stupefacenti e che siano del tutto inesistenti i sequestri di persona e gli atti di terrorismo. E dirò di più, nella democraticissima Francia è ancora in vigore la pena di morte.

In questo piano di evidente moralizzazione che lei propone, sarebbe favorevole, invece, alla liberalizzazione delle droghe leggere?

Mi meraviglio che mi rivolga questa domanda, perché penso che anche lei abbia dei figli e quindi sa o dovrebbe sapere, che le disgrazie di una nazione e delle famiglie che la costituiscono sono dovute principalmente, anzi esclusivamente alla droga, i cui effetti non si esauriscono nell’individuo, ma riaffiorano anche nelle generazioni future. L’argomento mi disgusta: parliamo d’altro, se ancora mi deve chiedere qualcosa.

Quale consiglio darebbe al prossimo Primo Ministro?

Di fare meno programmi e più fatti. O meglio, i programmi enunciati non dovrebbero restare allo stadio di programmi, come è avvenuto fino ad oggi. Perché promettere e non mantenmantenere è la cosa che più infastidisce la popolazione.

Alla domanda: cosa vuoi fare da grande? cosa rispondeva?

Il burattinaio.

Bibliografia:

Il corriere della sera, 5.10.1980

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LA STAMPA DOPO LO SCANDALO

a cura di Elena Cavucli e Stefania Florit

Dopo lo scandalo, la Stampa italiana criticò duramente Licio Gelli e la P2, influenzando pesantemente l’opinione pubblica.

I giornali italiani più “agguerriti” contro il sistema gelliano furono l’ “Espresso”, che propose addirittura un sondaggio sull’introduzione della pena di morte in Italia, il “Resto del carlino”, “La Nazione”, la “Repubblica” e “Panorama”.

Le principali accuse mosse a Gelli sono le seguenti:

• Licio Gelli, uno dei capi dei servizi segreti americani, facendo ritrovare i documenti (la lista degli affiliati alla P2) ha voluto creare uno scandalo in Italia per far cadere il Governo e portare il Paese ad uno stato di confusione tale da permettere all’amministrazione Reagan di attuare un golpe di destra che portasse i militari al potere in Italia. La P2 doveva essere il braccio armato dell’azione.

• Licio Gelli, cospiratore smascherato, era nelle mani di un partito di sinistra (Pci), che lo ha ricattato per sovvertire le istituzioni e prendere il potere in Italia.

• Licio Gelli, facendo scoprire gli elenchi, voleva “punire” alcuni dirigenti e alti gradi militari che avevano rifiutato di accettare un suo piano per il sovvertimento delle istituzioni.

• Licio Gelli era un agente del KGB, o uno dei capi del servizio segreto sovietico; oppure un fascista, golpista di destra.

• Licio Gelli voleva attuare il “complotto massonico internazionale”, per far cadere il governo e distruggere la Dc.

Bibliografia : “Il Caso Gelli, la verità sulla Loggia P2. Parla Licio Gelli.” – di Pier Carpi, i.n.e.i Editore, 1982.

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TINA ANSELMI

a cura di: Sofia Burato e Valentina Mattiussi

Fra i protagonisti di questi anni si staglia la figura di una donna passata alla Storia per la sua forte passione civile e la sua integrità morale. Tina Anselmi nacque a Castelfranco Veneto il 25 marzo 1927.

L’episodio che probabilmente segnò più profondamente la sua vita fu l’impiccagione, che giovanissima vide coi suoi occhi, di un gruppo di giovani partigiani ad opera di fascisti.

A diciassette anni scelse dunque di diventare staffetta, col nome di battaglia di Gabriella, della brigata autonoma “Cesare Battisti” e del Comando regionale del Corpo volontari della libertà, perchè afferma: “Non potevo voltare lo sguardo dall’altre parte, quando i nazifascisti occupavano la mia terra e portavano morte e distruzione”.

Nel 1944 s'iscrisse alla Democrazia Cristiana, e partecipò attivamente alla vita del partito.

Una volta laureatasi in lettere all'Università Cattolica di Milano, divenne insegnante nella scuola elementare. Tina Anselmi è stata via via dirigente sindacale dei tessili, incaricata dei giovani nella DC, vice presidente dell’Unione europea femminile. Parlamentare dalla V alla X legislatura eletta nella Circoscrizione Venezia-Treviso, ha fatto parte delle Commissioni Lavoro e previdenza sociale, Igiene e sanità, Affari sociali, occupandosi molto dei problemi della famiglia e della donna: si deve a lei la legge sulle pari opportunità. Tina nel 1976 fu la prima donna ministro nella storia italiana.

Tuttavia l’incarico che cambiò il suo destino, dandole notorietà e soprattutto consentendole di dar prova di tutta la sua professionalità, fu la presidenza della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia P2. L’Anselmi fu l’unica ad accettare questo ruolo quando nell’ottobre del 1981 la presidente della Camera Nilde Iotti la designò a tale delicato incarico; prima di decidere prese quindici minuti per riflettere e chiese il parere a un caro amico, Leopoldo Elia, presidente della Corte costituzionale, e infine accettò: seguirono tre anni intensi di lavoro.

In questi anni di lavoro la Commissione, la sua presidente, i suoi collaboratori furono la “buca delle lettere” nella quale i più vari personaggi andavano a depositare le loro indiscrezioni, le loro confidenze, le loro soffiate. Tina appuntò i resoconti di tutti questi incontri in un suo diario, reso accessibile a tutti a partire da quest’anno grazie alla pubblicazione di Anna Vinci (La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi). Anna Vinci a proposito di questi foglietti (paragonati spesso a Post-it) afferma: “Tina li scriveva per sè, per meglio muoversi in quel circo di verità e menzogne, mezze ammissioni, linguaggio omertoso, omissioni, e perchè voleva che restassero, quale documento per invogliare a

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conoscere, capire, per far emergere la rete di complicità, di connivenze, d’illegalità piduiste, che stava tanto profondamente intaccando il corretto funzionamento dello Stato”.1

Durante il suo intervento finale alla Camera dei Deputati, Tina Anselmi dichiarò riguardo ai risvolti politici emersi dall’inchiesta: “Questa non è, però, una conclusione da leggere tutta in negativo, onorevoli colleghi, o per la quale si debba menare scandalo, perchè essa vale a ricordarci che democrazia non è soltanto un sistema di norme e di istituti, è anche e soprattutto una forma mentale, è un costume di vita che tali istituti rendono concretamente operanti. E impegno quotidiano e convinto dal quale non ci si libera prestando ossequio formale una volta per tutte a una dichiarazioni di principi”.2

In seguito è stata più volte presa in considerazione da politici e società civile per la carica di Presidente della Repubblica: nel 1992 fu il settimanale Cuore a sostenerne la sua candidatura e il gruppo parlamentare La Rete a votarla, mentre nel 2006 un gruppo di blogger l'ha sostenuta attraverso un tam-tam mediatico che prende le mosse dal blog "Tina Anselmi al Quirinale".

Il 25 marzo 2007 la Presidenza della Repubblica ha comunicato attraverso il proprio sito che "il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione del suo ottantesimo compleanno, ha espresso all’onorevole Tina Anselmi i più fervidi auguri nel sempre vivo riconoscimento del suo impegno nella lotta di liberazione, nella rinascita dell'Italia democratica, nel movimento per i diritti delle donne e nell'attività parlamentare e di governo".

LEGGE ANSELMI

La cosiddetta legge Anselmi e' la legge numero 17 del 25 gennaio 1982. Si tratta di 6 articoli contenenti "Norme di attuazione dell'articolo 18 della Costituzione in materia di associazioni segrete e scioglimento dell'associazione denominata Loggia P2".

Il primo articolo afferma che si "considerano associazioni segrete e come tali vietate dall'articolo 18 della Costituzione quelle che [...] svolgono attivita' diretta ad interferire sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici, anche economici...”

L' articolo 2 prevede per i promotori di tali associazioni la pena della reclusione da uno a cinque anni; i semplici partecipanti sono puniti con il carcere fino a due anni.

Fondamentale a sancire i risvolti dell’inchiesta Anselmi è l’articolo 5 che recita: “L’associazione segreta denominata "Loggia P2" è disciolta. Il Ministro dell’interno, sentito il Consiglio dei Ministri, provvede alle conseguenti misure, inclusa la confisca dei beni.”

La seguente legge destò in un primo momento pesanti ondate di critiche; vi si ravvisò un ritorno al precedente regime autoritario e un’incompatibilità col sistema democratico. L’articolo 1 in particolare fu sentito da molti come l’atto che avrebbe portato a uno stato di polizia.

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A quasi trent’anni dal momento in cui venne varata questa legge se ne comprende la profonda utilità e se ne ricorre: basti pensare alle recenti indagini P3 e P4. Secondo l'accusa non conta la formale iscrizione a un'obbedienza deviata, ma la volontà delle persone ora finite nel mirino della magistratura di condizionare le istituzioni e di turbare il corretto andamento della pubblica amministrazione.

Ancora una volta Tina Anselmi dimostrò di arrivare prima di molti altri a comprendere le necessità e le evoluzioni a cui sarebbe andato incontro il nostro Paese.

Note:

1 “La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi” di Anna Vinci, Chiarelettere, 2011, pag. 4

2 “La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi”di Anna Vinci, Chiarelettere, 2011, pag. 425

BIBLIOGRAFIA

• www.wikipedia.it

• metarchivi.istoreto.it

• www.anpi.it

• www.storiadeisordi.it

• “La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi” di Anna Vinci, Chiarelettere, 2011

• archiviostorico.corriere.it

• www..blogspot.com

• www.dillinger.it

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LE LOGGE DEL III MILLENIO

a cura di Sofia Burato e Valentina Mattiussi

«Le P2 non nascono a caso, ma occupano spazi lasciati vuoti, per insensibilità, e li occupano per creare la P3, la P4...».1 La profezia di Tina Anselmi del 1982 che ritroviamo negli appunti dei suoi diari sembrasi ormai avverata. A trent’anni dalla scoperta della loggia P2 di Licio Gelli e dalla conseguente legge Anselmi che proibisce la formazione di società segrete, emergono due nuove inchieste tese a far luce sull’esistenza di circoli occulti nel nostro Paese. Tuttavia è corretto sottolineare che nonostante il riferimento nel nome, sono state infatti ribattezzate dai giornalisti P3 e P4, non si scorge una linea di continuità fra queste logge e la P2, dati i differenti momenti storici e progetti politici. Nel 2010 la Procura di Roma indaga sugli appalti per l’eolico. Finiscono in carcere l’imprenditore Flavio Carboni, il geometra Pasquale Lombardi e il costruttore Angelo Martino. Nel registro degli indagati, per associazione a delinquere e violazione della legge Anselmi sulle società segrete, compaiono oltre ai nomi del coordinatore del Pdl Denis Verdini, del senatore Marcello Dell'Utri, e del sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, anche quelli di molti magistrati e di politici locali. La loggia nominata P3, guidata da Carboni, mirava alla vittoria di appalti pubblici e progettava di influenzare i giudici della Corte Costituzionale incaricati di pronunciarsi sul Lodo Alfano e di avvicinare i magistrati della procura di Firenze che stavano indagando sui Grandi Eventi e sugli appalti legati al G8. Nel 2011 la Procura di Napoli apre un’inchiesta sui partecipanti e le modalità dell’associazione segreta nota con il nome P4. Il suo scopo sarebbe quello di “interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali e di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo”. L’inchiesta è condotta dai pm Francesco Curcio e Herny John Woodcock secondo i quali i membri dell’associazione si scambiavano favori nell’assegnazione di appalti, di nomine e di finanziamenti, con ogni mezzo: dal dossieraggio clandestino al ricatto, anche attraverso organi costituzionali. Tra i protagonisti eccellenti dell’indagine compare il nome di Alfonso Papa, un ex-magistrato che operava al ministero della Giustizia; Papa è accusato di essere stato a conoscenza di dati sensibili riguardanti indagini penali, nelle quali erano direttamente implicati l’ex direttore generale della Rai Mauro Masi, il sottosegretario del Pdl Gianni Letta e il coordinatore dello stesso partito, Denis Verdini. Papa inoltre si sarebbe direttamente impegnato ad aiutare gli indagati, permettendo a questi di intralciare le indagini o di bloccarle del tutto. Il 15 giugno 2011 è sottoposto a detenzione domiciliare per l'ipotesi di reato di favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio oltre a Papa anche Luigi Bisignani, faccendiere italiano, descritto dalla stampa come uno degli uomini più potenti d’Italia e definito nell’imputazione un «soggetto più che inserito in tutti gli ambienti istituzionali e con forti collegamenti con i servizi di sicurezza». Il nome dell’ex giornalista era già comparso negli elenchi della loggia

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massonica P2. Secondo i pm altro volto chiave dell’inchiesta sarebbe quello del sottufficiale dei carabinieri di Napoli Enrico La Monica che avrebbe rivelato in più occasioni notizie coperte da segreto (raccolte anche presso altri appartenenti alle forze dell’ordine, fra cui risulta il nome dell’assistente della Polizia Giuseppe Nuzzo) in cambio della promessa di essere sponsorizzato per l’assunzione all’Aise, i servizi segreti militari. Il 15 settembre il gip di Napoli Luigi Giordano, accogliendo la richiesta della Procura,di fronte all’evidenza della prova, ha disposto il giudizio immediato per Luigi Bisignani e Alfonso Papa; il processo comincerà il 6 ottobre prossimo davanti alla prima sezione del Tribunale. Note: 1 da: “La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi” di Anna Vinci, Chiarelettere, 2011, pag. 276 Bibliografia: • www.corriere.it • www.tgcom.mediaset.it • www.il democratico.com • www.ilfattoquotidiano.it • www3.lastampa.it • tg24.sky.it • Messaggero Veneto del 15/16/17/18 giugno 2011

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LA COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA SUL TERRORISMO

A cura di: Sofia Burato e Valentina Mattiussi

La Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, detta Commissione Stragi, è composta da venti deputati e venti senatori; il presidente della commissione viene scelto di comune accordo dai Presidenti delle due Assemblee, al di fuori dei predetti componenti, tra i membri dell’uno e dell’altro ramo del Parlamento. Scelti furono Libero Gualtieri (Pri) e Giovanni Pellegrino (Pds). Venne costituita per la prima volta con la legge 17 maggio 1988 n.172 e, sebbene avesse dovuto ultimare i suoi lavori di indagine entro diciotto mesi, venne sciolta solo nel 2001: le inchieste trattate si presentarono infatti così impegnative e di tale ampiezza -basti pensare che solo sotto la presidenza di Gualtieri si propose di studiare ben trentadue episodi di violenza politica- che furono necessarie molte proroghe legislative sull’originario termine di scadenza (legge 31 gennaio 1990 n.12, legge 28 giugno 1991 n.215, legge 13 dicembre 1991 n.327, legge 23 dicembre 1992 n.499, legge 19 dicembre 1995 n. 538, legge 20 dicembre 1996 n.646, legge 25 luglio 1997 n.243). Essa potè avvalersi dell’autorità designatale dal Parlamento per addentrarsi in interrogatori , dati e informazioni fino ad allora infattibili, sconosciuti o scollegati. La Commissione potè spaziare nel tempo, arrivando fino al 1945. Lo scopo della Commissione era quello di indagare a fondo sulla storia italiana del dopoguerra, e concentrò la sua attenzione in particolar modo sul caso Moro, sul terrorismo in Alto Adige, su Gladio e Ustica. Le relazioni conclusive delle inchieste condotte sono, salvo alcune parti evidenziate, consultabili dal pubblico. E’ importante sottolinerare come la Commissione non si sostuì mai ad altri organi dello Stato, ma svolse un ruolo importante per recuperare e ordinare informazioni sugli anni del terrorismo. Note: su wikipedia gli argomenti di cui si occupa la commissione sono anche P2, Golpe Borghese e apparato paramilitare del PCI. Sul sito del parlamento non compaiono, quindi io non li ho citati. Bibliografia: • “Patria” di Enrico Deaglio, pag. 260 e 445

• www.parlamento.it

• www.wikipedia.it

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GIOVANNI PELLEGRINO

a cura di Sofia Burato e Valentina Mattiussi

Nasce il 4 gennaio 1939 a Lecce. Laureato in giurisprudenza, di professione fa l’avvocato, e viene proclamato senatore il 12 dicembre del 1990. Sarà presidente della Commissione stragi, della Giunta elezioni e immunità parlamentari e Presidente della Provincia di Lecce nel 2004. Diversi suoi libri sono stati pubblicati. Ha partecipato a diverse interviste, come ad esempio su Rai Educational o su TeleRama. Bibliografia: • http://www.youtube.com/watch?v=6LK_vi4ErXU

• http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=815

• http://www.senato.it/leg/13/BGT/Schede/Attsen/00001820.htm

• http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Pellegrino

LIBERO GUALTIERI

a cura di: Sofia Burato e Valentina Mattiussi

Nasce il 28 settmpre 1923 a Cesena. Durante la guerra per la Liberazione entra nelle file del Partito d’Azione, e poi nella Resistenza. Aderirà al Partito Repubblicano. Sarà eletto senatore nel 1979. Sarà presidente della Commissione Stragi, Presidente di Commissioni permanenti e membro della segreteria nazionale del PRI fino al 1992, anno in cui formerà la Sinistra Democratica. Bibliografia • http://cronologia.leonardo.it/storia/biografie/gualtier.htm

• http://it.wikipedia.org/wiki/Libero_Gualtieri

• http://www.senato.it/leg/13/BGT/Schede/Attsen/00001213.htm

• http://www.parlamento.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=13&id=00005247&part=doc_dc-allegatob_rs:1-gentit_smdslg&parse=no

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BREVE STORIA DELLA MAFIA NEGLI ANNI DEL TERRORISMO

a cura di Francesca Del Favero e Natashia Guerra

La mafia è una manifestazione insita nella società e come tale è qualcosa che nel momento in cui nasce si sviluppa poi nel tempo. D’altra parte i gruppi terroristici nascono e muoiono in breve tempo, non sono legati a condizioni socio economiche né opportunistiche ma a forme di ideologia spinta con caratteristiche di moda. La mafia lavora e agisce per il potere mentre il terrorista lavora per un’esaltazione privata personale. Questi individui infatti che rientrano in un quadro di ribellione ai comportamenti normali della società trovano giustificazione nelle idee di qualche teorico estremista sia di destra che di sinistra. Oggi una tipologia di questi gruppi terroristici la si può trovare nei “Blak Block” che distruggono banche, automobili e quindi si ribellano alle cose che loro non possiedono. Nel corso della storia di questi avvenimenti puntiformi se ne trovano tanti che spariscono nel momento in cui alcuni elementi che compongono il gruppo vengono arrestati. Mentre la mafia è un elemento talmente radicato e potente da essere indispensabile direttamente o indirettamente alla politica, il terrorismo ha bisogno della politica per giustificarsi. La mafia è un cancro di quelli infiltrati e quindi comunque si vada ad intervenire chirurgicamente non si estirpa. Molti studiosi fanno partire la storia della mafia dall'Unità d'Italia. E questo non perché prima fosse assente nella Penisola una qualche forma di criminalità che somigliasse a quella mafiosa, ma perché è in quel momento storico che si evidenzia un conflitto palese tra questa criminalità e lo Stato, almeno nelle forme centralistiche e oppressive in cui quest’ultimo si evidenziò all’indomani dell’unità nazionale. L'Unità d'Italia rafforzò nel Mezzogiorno un processo di fine della struttura feudale delle campagne, nel momento in cui l'economia veniva integrata, seppure faticosamente, a quella del resto del Paese. Il nuovo governo piemontese si sovrappose infatti ad una struttura sociale meridionale già per molti aspetti affermata in modo originale nel tessuto sociale, senza riuscire ad interagire positivamente con essa. Conseguenza di questi cambiamenti fu che nelle campagne i grossi latifondisti, che avevano detenuto interamente il potere fino a quel tempo, cominciarono ad aver bisogno sempre più di qualcuno che garantisse loro un controllo effettivo delle proprietà, sia per difendersi dal brigantaggio, sia per resistere alle nascenti pretese delle classi contadine per una più equa distribuzione del prodotto del loro lavoro. Questo ruolo venne assunto da alcuni personaggi che presero il nome di "campieri" (perché controllavano i campi) o "gabelloti", in quanto riscuotevano, per conto del padrone, le "gabelle". Quindi, fin dal principio, la mafia si delinea come un'organizzazione che assume dei ruoli pubblici per eccellenza, che altrove sono di competenza dello Stato.

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La storia della mafia moderna moderna inizia nel 1957, quando durante una riunione segreta a Palermo tra i capi-clan internazionali viene concessa alla mafia siciliana la gestione esclusiva del traffico dell'eroina. Contemporaneamente, avviene la formazione della «cupola» di cui diviene capo Michele Greco. Gli altri grandi della mafia di quel tempo erano Luciano Liggio e Tommaso Buscetta. Luciano Liggio, il «Corleonese». Buscetta presta giuramento a soli 18 anni nel clan «Porta Nuova» di Palermo e in breve tempo diventa uno dei maggiori boss della «cupola». Nel 1963 quest’ultima si scioglie, immediatamente dopo la strage di Ciaculli.In quell'anno, le furiose guerre tra le varie cosche provocano consistenti scombussolamenti all’interno della «piramide» mafiosa: i capi della mafia siciliana si spargono in tutto il mondo. L'anno dopo, un duro colpo: viene arrestato Luciano Liggio. Da allora, le cose dell' «onorata società», per un periodo di tempo abbastanza ampio, si mettono piuttosto male. La fase negativa culmina col grande processo ai 114 del 1967. Successivamente, la mafia riesce agevolmente a riorganizzare le proprie fila e alla fine degli anni Sessanta torna lo splendore. In questi anni avviene il clamoroso annientamento del clan dei «marsigliesi» e si instaura una fruttuosa alleanza con la camorra napoletana e la mafia turca. Queste alleanze avevano lo scopo di migliorare la diffusione della droga nel mondo, facilitando il compito dei «corrieri». Fino alla metà degli anni Sessanta i corrieri siciliani dovettero operare nella clandestinità, con risultati non eccezionali. A questi anni risale anche l'alleanza con la mafia bulgara, che si è rivelata preziosa per il definitivo arrembaggio ai mercati americani. Oggi, la mafia conserva quasi intatto il suo enorme potere. L'istituzione di Alti commissari e superprefetti ha portato successi per certi aspetti anche clamorosi, ma non lo scardinamento del sistema criminale di "cosa nostra". Alla prima guerra di mafia,conflitto interno a Cosa nostra scoppiato nel 1962, appartengono le seguenti stragi: la strage di Ciaculli avvenuta il 30 giugno 1963 in cui persero la vita sette uomini delle forze dell’ordine; la strage di Gioia Tauro in cui la ‘Ndrangheta insieme all’eversione di destra- Avanguardia N azionale causarono il deragliamento del Direttissimo PT dopo la decisione di fissare Catanzaro capoluogo di regione a scapito di Reggio Calabria;la strage di Viale Lazio che fu un episodio legato alla prima guerra di mafia nonostante fosse avvenuto sette anni dopo la conclusione di essa. Dopo la strage di Ciaculli la magistratura non potè far finta di niente. Venne dunque istruito il Processo dei 114”, dal numero dei rinviati a giudizio, poi celebrato a Catanzaro per legittima suspicione. Gli imputati, del calibro di Tommaso Buscetta, Angelo La Barbera, Pietro Torretta e altri vengono condannati a pesanti pene detentive, mentre la maggior parte di essi, come Pippo Calò o dei fratelli Rimi, vengono condannati a pene miti perché responsabili solo di associazione a delinquere (il massimo della pena per tale reato è di cinque anni di reclusione, mentre il più grave reato di associazione mafiosa verrà introdotto solo nel 1982): dopo poco tempo, espiata la pena, torneranno liberi a Palermo per continuare nei loro traffici illeciti e rinsaldare i legami con spezzoni del potere politico ed economico.

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Nel 1978 in Sicilia scoppiò la seconda guerra di mafia durante la quale furono commessi oltre mille omicidi. La strage della circonvallazione avvenne il 16 giugno 1982 sulla circonvallazione di Palermo in cui persero la vita un boss e i tre carabinieri che lo stavano scortando in carcere. Pochi mesi dopo durante la strage di via Carini vennero uccisi il Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie e un agente di scorta. Nel 1983 la seconda guerra di mafia si concluse anche se le stragi susseguirono. Il 2 aprile 1985 a Trapani ebbe luogo un attentato di Cosa Nostra per uccidere Carlo Palermo che rimase ferito. Morirono invece tre civili. Il 23 maggio 1992 sull’autostrada A29 nei pressi dello svincolo di Capaci (strage di Capaci),perse la vita il giudice Giovanni Falcone insieme alla moglie e a tre agenti della scorta. Poco dopo precisamente il 19 luglio 1992 a Palermo venne ucciso il giudice Paolo Borsellino e 5 agenti della sua scorta (Strage di via D’Amelio).

Bibliografia

• http://mafia.blogspot.com/

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L’ULTIMO TERRORISTA

Contrariamente il terrorismo italiano è stato condotto da vari gruppi e organizzazioni con metodi, motivazioni e interessi diversi e talvolta contrapposti. La fase storica dell'Italia repubblicana più legata al terrorismo iniziò approssimativamente alla fine degli anni sessanta ed era inizialmente conosciuta come Opposti Estremismi, successivamente i media usarono maggiormente il nome "Anni di piombo", da un film vincitore del Festival di Venezia, e si è conclusa alla fine degli anni ottanta. Questa seconda fase diede origine a due teorie interpretative: la Teoria degli Opposti Estremismi e la Teoria della strategia della tensione. La lunga durata del terrorismo italiano ha attirato l'attenzione di molti studiosi che hanno cercato di analizzarlo e di interpretarne le cause. L'Italia sembra essere il solo grande Paese europeo dove il terrorismo politico abbia avuto una così lunga cittadinanza, con l'eccezione dell'Irlanda del Nord e dei Paesi Baschi, in cui però la problematica ha risentito di cause etniche e religiose. La questione è stata trattata anche da Giovanni Fasanella e Giovanni Pellegrino in un libro dal titolo particolarmente significativo (La guerra Civile) che argomenta che l'Italia è rimasta per oltre cinquant'anni sull'orlo di una guerra civile e questo gli ha impedito, nei fatti, di diventare un paese normale. Altra anomalia italiana, legata all'ipotizzata strategia della tensione, è inoltre il diffuso sospetto che una parte della recente storia patria sia stata influenzata da iniziative di servizi segreti e gruppi politici, interessati alla posizione strategica italiana, volte a modificare la posizione internazionale dell'Italia o a condizionarne la democrazia. Il terrorismo di diversa matrice fallì nei propri obiettivi e sconfitti furono i gruppi di estrema sinistra di matrice in genere marxista-leninista che videro sfumare la possibilità di sovvertire l'ordinamento statale attraverso la lotta armata. Sconfitti furono anche i gruppi di estrema destra che a loro volta intendevano cambiare la formula politica che per un venticinquennio ci ha governato terrorizzando l'opinione pubblica al fine di dimostrare l’incapacità della democrazia a governare l'ordine pubblico, e l'esigenza di instaurare un regime autoritario. Qualcuno ritiene però che l'emanazione da parte dello Stato di leggi repressive, le cosiddette leggi speciali, fosse una parziale vittoria dell'estrema destra. L'analisi e la discussione su questo complesso periodo storico sono ancora aperte e mentre per alcuni si è trattato di anni di "terrorismo di sinistra", per altri si deve parlare di "stragismo di destra" e per altri ancora di "stragismo di stato". Altre posizioni ritengono che al riguardo "esista solo una verità giudiziaria parziale, confusa e spesso contraddittoria”. Uno dei protagonisti di questi anni fu il terrorista Cesare Battisti. La sua adolescenza non fu una tra le più semplici. Battisti fu protagonista di piccoli reati fino al 1972 anno in cui venne arrestato per una rapina a Frascati. Due anni dopo venne nuovamente tratto in arresto per rapina con sequestro di persona compiuta a Sabaudia ma per la quale non sconta la pena.

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Fu rinchiuso nel carcere di Udine nel 1977 dove entrò in contatto con Arrigo Cavallina, ideologo dei Proletari Armati per il Comunismo, che lo accolse nell’organizzazione. Trasferitosi a Milano, iniziò a partecipare alle lezioni del gruppo eversivo, compiendo dapprima rapine in banca e nei supermercati nel quadro di quelli che all’epoca venivano definiti negli ambienti eversivi “espropri proletari”, e successivamente anche di alcuni omicidi di commercianti e appartenenti alle forze dell’ordine. Nel 1979, nell'ambito di un'operazione antiterrorismo di vaste proporzioni, Battisti venne arrestato, detenuto nel carcere di Frosinone e condannato a 13 anni e 5 mesi per l'omicidio del gioielliere Pierluigi Torregiani, ucciso nel febbraio 1979. Il 4 ottobre 1981 Battisti riuscì ad evadere e a fuggire in Francia. Sarà condannato nel 1985 perché giudicato responsabile di quattro omicidi e di vari altri reati. Viene altresì condannato all'ergastolo con sentenza della Corte d'assise d'appello di Milano nel 1988, per omicidio plurimo, oltre che per i reati di banda armata, rapina e detenzione di armi. Negli anni, sette processi ne hanno dichiarato la colpevolezza. In Italia Cesare Battisti è stato condannato come responsabile di quattro omicidi - tre come concorrente nell'esecuzione, uno co-ideato ed eseguito da altri:

• 6 giugno 1978 a Udine, Antonio Santoro, maresciallo della Polizia penitenziaria;

• 16 febbraio 1979 alle ore 15 circa a Milano, Pierluigi Torregiani, gioielliere;

• 16 febbraio 1979 alle ore 18 circa a Santa Maria di Sala, Lino Sabbadin, macellaio a Mestre; Battisti fu complice nell'omicidio facendo da "copertura armata" all'esecutore Diego Giacomin.

• 19 aprile 1979 a Milano, Andrea Campagna, agente della DIGOS.

Evaso nel 1981 Battisti per circa un anno visse da clandestino a Parigi, dove conobbe la futura moglie, con la quale poi si trasferì in Messico. Durante la sua latitanza messicana intervengono le condanne in contumacia. Nella capitale francese entrò nella comunità dei latitanti italiani che viveva grazie alla dottrina Mitterrand. Poco tempo dopo venne arrestato a seguito di una richiesta di estradizione del governo italiano. Nell'aprile 1991, dopo quattro mesi di detenzione, la Chambre d'accusation di Parigi lo dichiarò non estradabile. Il cosiddetto caso Battisti esplode il 10 febbraio 2004 quando viene arrestato a Parigi. L'arresto viene reso possibile. La magistratura italiana richiese nuovamente la sua estradizione, che venne concessa dalle autorità francesi il 30 giugno: poco prima il presidente Jacques Chirac, successore di Mitterrand, aveva palesato il suo consenso all'estradizione in Italia in caso di esito negativo del ricorso in Cassazione presentato dai legali di Battisti. Il Consiglio di Stato francese e la Corte di Cassazione, con due successive decisioni sulla richiesta di estradizione, autorizzarono la consegna di Battisti alle autorità italiane. A seguito di tale provvedimento francese Battisti si rese latitante, lasciando la Francia e facendo perdere le sue tracce.

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Venne arrestato a Copacabana, in Brasile, il 18 marzo 2007, a seguito di indagini congiunte di agenti francesi e carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale. Assieme a lui venne arrestata temporaneamente una donna, esponente dei comitati di sostegno ai latitanti italiani. Il 13 gennaio 2009, il Brasile ha deciso di accordare lo status di rifugiato politico a Cesare Battisti, ma il Tribunale Supremo Federale ne bloccò la scarcerazione. Sulla decisione brasiliana è da ultimo intervenuto il Parlamento europeo con una risoluzione che chiede al governo brasiliano di considerare le sentenze italiane sul caso. Il 18 novembre 2009 la più alta istituzione giurisdizionale del Brasile, il Supremo Tribunal Federal, ha considerato illegittimo lo status di rifugiato politico concesso dal governo brasiliano. La pronuncia, 5 voti favorevoli e 4 contrari, è favorevole all'estradizione di Battisti in Italia, ma ha lasciato alla Presidenza della Repubblica del Brasile la parola definitiva sulla sua effettiva esecuzione. Il 31 dicembre 2010 Lula ha annunciato il proprio rifiuto all'estradizione di Battisti in Italia, seguendo l'orientamento dell'Avvocatura di Stato brasiliana. Il 9 giugno 2011 il Supremo Tribunal Federal brasiliano ha confermato la decisione del presidente Lula di non estradare Battisti ed ha votato a favore della sua liberazione. I difensori di Cesare Battisti contestano le modalità con cui si è svolto il processo contumaciale a carico dell'ex militante dei PAC, in particolare sostengono che le accuse si baserebbero solo sulle dichiarazioni del pentito Pietro Mutti, anch'esso appartenente ai PAC, che avrebbe accusato il compagno per garantirsi gli sconti di pena concessi dalla legge speciale antiterrorismo italiana .In Brasile, solidale con Battisti è stato Eduardo Matarazzo Suplicy, uno degli avvocati di Battisti e senatore di origini italiane del Partito dei Lavoratori. In relazione al caso Battisti si sono avute molteplici attestazioni di solidarietà ai parenti delle vittime degli omicidi commessi da Cesare Battisti e si è duramente criticato la posizione del governo brasiliano. Barbara Spinelli si è occupata più volte del caso Battisti, sia durante il periodo francese sia dopo l'arresto in Brasile. In particolare ha argomentato che Battisti deve essere considerato un terrorista condannato dopo un regolare processo e non un combattente di una guerra civile vittima di un processo sommario così come ritiene venga considerato dai suoi difensori. Ha invitato inoltre gli intellettuali che lo difendono a prendere piena conoscenza della vicenda processuale di Battisti prima di esprimersi al riguardo; infine, ha dichiarato piena solidarietà ai familiari delle vittime.

Bibliografia

• http://it.wikipedia.org/wiki/Terrorismo_in_Italia

• http://it.wikipedia.org/wiki/Cesare_Battisti

• http://www.ilpaesedeibambinichesorridono.it/storia_mafia.htm

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LA MEMORIA ATTRAVERSO I VOLTI

a cura di Sofia Burato e Valentina Mattiussi

“La mia grande scoperta, legata al rifiuto della violenza, deve andare di pari passo con la valorizzazione della persona, di me stesso e di chi ho di fornte. Ecco perchè oggi sono disponibile a confrontarmi con chi ha commesso dei reati, perchè mi sembra di aver scelto l’unica strada possibile. Piazza della Loggia mi ha messo di fronte a questo tipo di responsabilità: se prima vivevo in un mondo ideologizzato, tutto collettivo, la strage segna il passaggio verso l’assunzione più esplicita di una responsabilità soggettiva che è anche comprensione dell’altro.” 1

Manlio Milani: marito da: “Sedie vuote”

LIVIA BOTTARDI

insegnante uccisa il 28 maggio 1974 nella strage di piazza della Loggia a Brescia.

I mandanti della strage sono ignoti.

Manlio Milani conclude l’intervista con i giovani autori del libro “Sedie vuote” con questa frase: “ Ecco, vivendo si riesce ad andare oltre l’attimo che è stato”. 2

Ad oggi è Presidente dell’Associazione familiari dei caduti di piazza della Loggia ed è fondatore della Casa della Memoria a Brescia. Ha deciso di risposarsi e di avere due figli. Egli racconta come sia stata la stessa memoria di quei fatti a dargli la voglia di dar voce a chi non ce l’aveva più, di andare avanti nella ricerca continua di una verità ancora così difficile da portare a galla. Con questo scopo non si è mai tirato indietro davanti allo sforzo di provare a capire i “gesti umani di violenza, ma pur sempre umani”3 dei terroristi, o davanti alla possibilità di parlare faccia a faccia, occhi negli occhi con loro. Egli stesso parla di un cammino “soggettivamente difficile” per raggiungere un traguardo di consapevolezza e di rielaborazione del dolore come il suo. Un amico lo ferma e gli chiede qualcosa, lei intanto va avanti, i loro amici li stanno aspettando. Manlio saluta il compagno, si avvia incrociando gli occhi di Livia, si salutano con la mano e poi è soltanto un attimo di frastuono assordante e di confusione totale. Ciò che accadde dopo è impossibile da spiegare o da capire veramente, il silenzio, il “noncapire” o il “se solo..”.

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I testimoni, le persone coinvolte, sentirono una comune esigenza, che ancora oggi,nelle interviste e nei dibattiti, Manlio Milani ama ricordare: le persone si ritrovarono proprio li, nella stessa piazza, con il bisogno inspiegato di ritrovarsi, di ritrovarsi di nuovo insieme. “Mi ha fatto capire immediatamente, e se volete un po’ inconsciamente in quel momento, quale sarebbe stata la mia strada futura: dare voce al silenzio imposto a innocenti, vittime perchè quella mattina scelsero di essere cittadini consapevoli in piazza contro la violenza”4

Note: 1. “Sedie Vuote” , a cura di Alberto Conci, Paolo Grigolli, Natalina Mosna, edizione Il

margine,

terza edizione: ottobre 2009, pag. 126

2. “Sedie Vuote” , a cura di Alberto Conci, Paolo Grigolli, Natalina Mosna, op. cit., pag. 143

3. “Sedie Vuote” , a cura di Alberto Conci, Paolo Grigolli, Natalina Mosna, op. cit., pag. 135

4. “Sedie Vuote” , a cura di Alberto Conci, Paolo Grigolli, Natalina Mosna, op. cit., pag. 115

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“Non c’è niente di più consolante per noi di quando qualcuno si interessa alla storia dei nostri cari. Certo, è anche faticoso ma -direbbe mio padre-ognuno ha il suo compito da svolgere nella vita, e penso che il nostro sia questo. La vita ci ha imposto queste responsabilità e il ricordo del passato di tante persone belle e positive sarà il contributo che daremo al nostro Paese. Un giovane oggi potrebbe pensare che l’Italia è fatta solo di schifezze, ma fare memoria significa riscoprire la parte buona del nostro Paese.” 1

Agnese Moro: figlia da: “Sedie vuote”

ALDO MORO

Ucciso il 9 maggio 1978 dopo cinquantacinque giorni di sequestro e ritrovato nel baule posteriore di una Renault 4 rossa.

I responsabili si identificano nelle Brigate Rosse

Leggendo il dialogo dei ragazzi autori di “Sedie Vuote” con Agnese Moro, ci si rende subito conto di come “dietro ad un ideale”, dietro ad un professore universitario e ad un politico in vista come lo era Aldo Moro, vi era un marito e un padre affettuoso e premuroso. Agnese racconta di come non si risparmiò nell’esprimere, nemmeno in giorni tragicamente difficili come lo devono essere stati quelli del sequestro, il suo amore e il suo desiderio di stare vicino alla quotidianità della sua famiglia. “ «Mi raccomando spegnete il gas». Questo era mio padre, nella vita familiare, negli impegni istituzionali, ma anche nel modo di affrontare la vita in generale: cose grandi, orizzonti ampi, riflessioni di una profondità che stupiva sempre, e poi le piccole cose, e le piccole preoccupazioni di cui è fatta la vita di tutti noi. Quando, da ministro degli Esteri, era in viaggio in Paesi lontani, gli capitava di telefonare a casa e, dopo aver chiesto qualcosa di tutti: «Mi raccomando spegnete il gas». Come se il pericolo fosse quello! Eppure ancora oggi quel «Mi raccomando spegnete il gas» è rimasto come segno dell’affetto che papà aveva per tutti noi. E come segno di quella capacità di interessarsi anche delle cose piccole e magari insignificanti della vita di tutti i giorni”.2

Agnese con tenerezza parla del padre, lo descrive come un uomo con un forte senso di dignità, sempre vestito in giacca e cravatta, “anche in spiaggia”3; e ancora ne parla con dolcezza nel momento in cui ricorda la scoperta di lettere scritte durante quei terribili giorni recapitate però solo dodici anni dopo. Infine, con grande senso civico e rispetto verso le istituzioni, ci invita a “sostenere con determinazione il processo di ricostruzione della verità, perchè molti nodi devono essere sciolti per il bene del Paese e non ci si deve rassegnare all’impotenza”.4

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Note:

1. “Sedie Vuote” , a cura di Alberto Conci, Paolo Grigolli, Natalina Mosna, edizione Il margine, terza edizione: ottobre 2009, pag. 225

2. “Sedie Vuote” , a cura di Alberto Conci, Paolo Grigolli, Natalina Mosna, op. cit., pag. 209

3. “Sedie Vuote” , a cura di Alberto Conci, Paolo Grigolli, Natalina Mosna, op. cit., pag. 220

4. “Sedie Vuote” , a cura di Alberto Conci, Paolo Grigolli, Natalina Mosna, op. cit., pag. 216

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“Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perchè, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono, e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri.”1

Giovanni Bachelet figlio da: “Oltre la notte di piombo”

VITTORIO BACHELET

ucciso il 12 febbraio 1980, sul pianerottolo della facoltà di Scienze politiche dell’Università di Roma. A sparare furono i terroristi delle Brigate Rosse, arrestati; a capo del comando vi fu Alessandro Padula, nome di battaglia “Ivano”, catturato il 17 novembre 1982 e accusato di altri sette omicidi. Giovanni Bachelet è il frutto più evidente della vita e dell’opera di Vittorio Bachelet. Questo giovane ragazzo (allora di 24 anni) pronunciò le parole riportate sopra, davanti alla bara del padre, durante i funerali di Stato, perdonando pubblicamente i suoi assassini. Ancora pieno di stupore Giovanni descrive il padre al giornalista Gigi Moncalvi affermando che la sua esistenza è stata caratterizzata dalla capacità, derivata dalla profondità della sua fede e dalla sua vita interiore, di fondere in armoniosa unità tutti gli aspetti della sua vita, superando il pericolo di scissione tra il cattolico, lo studioso, il padre di famiglia, l’impegnato nella vita della società. Vittorio Bachelet insegnava Diritto amministrativo, era il vice-presidente del Consiglio Superiore della Magistratura (alla cui presidenza vi era Pertini) e nel 1964 divenne, per volere di Papa Paolo VI, presidente dell’Azione Cattolica. Erano gli anni difficili delle contestazioni (a cui la sua sensibilità storica guardava come a una “crisi di speranza”) e molti ripetevano: “In Italia non c’è più nulla da fare”. E lui rispondeva: “Eppure noi siamo pieni di speranza; una speranza che non ignora la realtà, le difficoltà, ma non si piega in se stessa, perchè si fonda in Cristo”.2

Ha detto di lui il Presidente della Repubblica Sandro

Pertini: “ Ho incontrato durante la mia lunga lotta alla tirannia uomini della tempra spirituale e culturale di Vittorio Bachelet, i quali, nulla chiedendo e coraggiosamente operando, rinunciarono alla tranquillità dei loro studi per servire silenziosamente, modesti, integri, la Patria ed i loro ideali”.3

L’esempio che Bachelet ha dato nei più svariati campi fino al

sacrificio della vita può essere in parte riassunto dalle parole: servire lo Stato, non servirsi dello Stato.

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Note: 1 “Oltre la notte di piombo”, a cura di Gigi Moncalvi, edizioni paoline, terza edizione:

novembre 1984, pag. 211

2 “Oltre la notte di piombo”, a cura di Gigi Moncalvi, op. cit., pag. 232

3 “Oltre la notte di piombo”, a cura di Gigi Moncalvi, op. cit., pag. 248

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“Quei giovani hanno creduto di uccidere un uomo, ma in realtà lui gli si è consegnato nelle mani, la sua vita gliel’ha data gratuitamente. Non a caso aveva rifiutato la scorta. Sarebbe stata una vita in negativo, sulla difensiva, quella di nascondersi, di fuggire, di proteggersi e di farsi proteggere, tutto questo non era nel suo stile”.1

Stella Tobagi: moglie da: “Oltre la notte di piombo”

WALTER TOBAGI

ucciso la mattina del 28 maggio 1980, a 33 anni, a Milano, mentre si recava a prendere la sua auto nel garage, a poche centinaia di metri da casa A sparare furono: Marco Barbone (condannato a 8 anni e 6 mesi; ha lasciato il carcere dopo 3 anni di detenzione, beneficiando della legge sui pentiti) e Mario Marano (ha avuto una pena di 20 anni e 6 mesi di reclusione, non avendo collaborato con la giustizia); entrambi furono terroristi della “Brigata 28 Marzo”, un raggruppamento affiliato alle B.R. Intenso e pieno di commozione è il racconto che Stella Tobagi fa del marito durante l’intervista con Gigi Moncalvi. Emerge il ritratto di un uomo appassionato della vita: serio e infaticabile nel suo lavoro di inviato speciale e di presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti, tenero con la moglie e coi figli, Luca e Benedetta, soprannominati affettuosamente i “michelangiolini”. Stella racconta che la scrivania di Walter un tempo disordinata con cataste di giornali e pile di volumi ammonticchiati divenne poi il luogo in cui Luca andava a fare i compiti; gli scaffali ricolmi di dossier, articoli e documentazioni, che ogni sera con pazienza lei e Walter selezionavano, ritagliavano e catalogavano sono stati riordinati in un archivio che i due avevano progettato insieme e che un paio di anni fa lei ha voluto che i falegnami montassero ugualmente, come segno tangibile che il lavoro intrapreso insieme continuava attraverso la sua vita, che non sarebbe terminato tutto nella disperazione. Stella infatti ha tenuto viva la memoria di Walter per tutti questi anni, trasmettendo i valori che condividevano ai figli, “tentando di comprendere il mondo di ciascuno, il patrimonio che ognuno racchiude dentro di sè”,2

sempre pronta ad incontrare gli assassini di suo marito, a

ricostruire insieme, “a trasformare in una realtà positiva una realtà che è stata così negativa per tutti”.3

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Note: 1 “Oltre la notte di piombo”, a cura di Gigi Moncalvi, edizioni paoline, terza edizione:

novembre 1984, pag 54

2 “Oltre la notte di piombo”, a cura di Gigi Moncalvi, op. cit., pag. 55

3 “Oltre la notte di piombo”, a cura di Gigi Moncalvi, op. cit., pag. 44

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“Per un lungo periodo di tempo ho bissuto male l’anniversario della strage, ma non perchè mi desse fastidio la memoria di quel tragico evento. Mi dava fastidio, piuttosto, il modo «ufficiale» e «formale» di ricordare: la messa, i messaggi delle autorità. Anche oggi faccio fatica ad accettare le manifestazioni di ricordo istituzionali, nonostante il tempo abbia un po’ affievolito il dolore. Addirittura, a un certo punto ho deciso che avrei sempre lavorato, il 2 agosto. Non so come sia stato recepito questo atteggiamento, ogni tanto me lo sono chiesto...”1

Vittorio Bosio: fratello da: “Sedie vuote”

ANNAMARIA BOSIO

uccisa il 2 agosto 1980 col marito Carlo Mauri e col figlio Luca nella strage di Bologna. Sono stati condannati Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Lugi Ciavardini. “Ve l’avranno detto, per me è stata una grande fatica accettare di parlarne oggi, perchè sono ventotto anni che non ne parlo, e nemmeno con gli amici ho mai affrontato un discorso di questo tipo”.2

Parole confidate da Vittorio Bosio ai giovani che lo intervistano.

Eppure con grande coraggio riuscirà a raccontarci di come perse la famiglia di sua sorella, con i quali tra l’altro condivideva la casa. La macchina su cui viaggiavano Annamaria, Carlo e Luca a causa di un tamponamento era inutilizzabile, ed è per questo motivo che furono costretti a prendere il fatidico treno. Dovevano ritrovarsi insieme a Vittorio e Claudia, per una vacanza in campeggio in Puglia; “Con Claudia nel primissimo pomeriggio andammo al campeggio dove loro sarebbero dovuti arrivare già nelle prime ore della mattina del 2 agosto. E lì ci dissero che non erano arrivati. Non riuscivamo a capire il perchè: c’erano stati problemi di traffico, ma non ci sembravano così gravi da causare un tale ritardo. Eravamo in piena estate ed erano giorni di grande lavoro anche per il campeggio. Passò quindi un certo tempo prima che qualcuno ci dicesse che Carlo e Anna avevano telefonato per avvisare che sarebbero arrivati con il treno. Intanto si era fatto pomeriggio e decidemmo di andare a prenderli alla stazione. Era l’unica cosa che potevamo fare, dal momento che non sapevamo nemmeno da quale stazione fossero partiti”3. Non li trovarono in stazione, ne da nessuna altra parte. Fu una telefonata da una zia che diede loro la notizia che i genitori, partiti verso Bologna perchè preoccupati, avevano trovato, dopo una lunga ricerca, i loro corpi in un ospedale. Ad oggi Vittorio è medico, è sposato ed ha una figlia di 17 anni; ha deciso, di fronte al suo dramma e a una “incompleta verità”4

l’impegno politico non diretto.

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Note: 1. “Sedie Vuote” , a cura di Alberto Conci, Paolo Grigolli, Natalina Mosna, op. cit.,

pag. 271

2. “Sedie Vuote” , a cura di Alberto Conci, Paolo Grigolli, Natalina Mosna, op. cit., pag. 282

3. “Sedie Vuote” , a cura di Alberto Conci, Paolo Grigolli, Natalina Mosna, edizione Il margine, terza edizione: ottobre 2009, pag. 227

4. “Sedie Vuote” , a cura di Alberto Conci, Paolo Grigolli, Natalina Mosna, op. cit., pag. 287

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“Quella rabbia è una sensazione che mi è rimasta dentro e ci rimarrà per sempre. La stessa rabbia che ho provato di fronte alla bara di papà e di Emanuela, una sensazione che affiora continuamente e, a quasi due anni di distanza, non accenna a diminuire. Quando sono arrivata a Palermo, quella notte, davanti a quelle due casse da morto io non ho provato il dolore, perché non ci credevo, non ci ho creduto per ore che loro due fossero morti, fossero chiusi lì dentro. Sentivo dentro di me la rabbia, la ribellione contro chi aveva permesso che si fosse verificato ciò che tutti sapevano che prima o poi sarebbe avvenuto”1

Rita Dalla Chiesa: figlia da: “Oltre la notte di piombo”

CARLO ALBERTO DALLA CHIESA

Ucciso la sera del 3 settembre 1982 con la moglie Emanuela a Palermo mentre stava tornando a casa dal lavoro, dal Palazzo della Prefettura Il caso è rimasto insoluto, si pensa che a sparare siano stati elementi della “nuova mafia” di Catania. Carlo Alberto Dalla Chiesa viene tratteggiato con immensa dolcezza dalla figlia Rita: “Papà sembrava un uomo dal carattere duro, ma non è vero. Aveva un cuore grande e un rispetto incredibile per gli altri”2. Al giornalista Gigi Moncalvo racconta questo episodio: “ Ricordo che papà una volta, per Natale, aveva inviato a Patrizio Peci, in carcere, una scatola con un gioco affinchè potesse passare qualche ora in maniera più distesa. Quando ho visto Peci in televisione intervistato da Enzo Biagi, mi sono messa a piangere, perchè vedevo in quel ragazzo e nel suo pentimento i frutti del lavoro di papà, vedevo qualcosa di papà, di ciò in cui credeva e per cui aveva tanto combattuto. Capivo che quel ragazzo, quell’ex-terrorista era stato portato sulla strada del pentimento proprio da papà e rappresentava il risultato visibile, concreto, vero, vivo del lavoro di papà, un lavoro che era da uomo più che da carabiniere”.3 Dall’intervista emerge inoltre l’amore profondo che ha legato il generale a due grandi donne: Dora, prima moglie e madre dei suoi tre figli, ed Emanuela, seconda moglie con cui si trovava alla guida della A 112 il giorno dell’attentato. Dora, compagna nobile e insostituibile, muore fulminata da un infarto; il suo cuore cede a cinquantadue anni, logorato da una vita di paure e preoccupazioni tremende, in ansia per la vita del marito.

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Ai funerali il cappellano militare la definisce “la vittima più silenziosa e più sconosciuta del terrorismo italiano” 4.

Emanuela diviene moglie del generale-prefetto nel 1982. Sulla A 112 i loro corpi furono rinvenuti crivellati di colpi, con il generale che l'abbracciava come in un disperato tentativo di farle scudo con il proprio corpo. In occasione del XX anniversario della morte le è stata conferita la medaglia d'oro al merito della Croce Rossa Italiana alla memoria; conferimento che è stato così spiegato dal presidente della Croce Rossa Italiana: “ha voluto stargli vicino in uno degli impegni certamente noto al generale come tra i più difficili e pericolosi della sua carriera. Emanuela Setti Carraro ha dato senso e continuità alla sua scelta di vita di essere crocerossina e il suo sacrificio accanto al marito è il coronamento degli ideali per i quali ha vissuto”. 5 Note: 1. Oltre la notte di piombo”, a cura di Gigi Moncalvi, edizioni paoline, terza edizione:

novembre 1984, pag 67

2. “Oltre la notte di piombo”, a cura di Gigi Moncalvi, op. cit., pag. 75

3. “Oltre la notte di piombo”, a cura di Gigi Moncalvi, op. cit., pag. 79

4. “Oltre la notte di piombo”, a cura di Gigi Moncalvi, op. cit., pag. 61

5. “Oltre la notte di piombo”, a cura di Gigi Moncalvi, op. cit., pag. 95

LICEO GINNASIO “JACOPO STELLINI”

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CLASSE 3^A LICEALE - A.S.2011/12

1 ANGELIN GIACOMO

2 BEZ ANDREA

3 BURATO SOFIA

4 CAVUCLI ELENA

5 COMELLI ELENA

6 DEL FAVERO FRANCESCA

7 DE NICOLO' SARA

8 FLORIT STEFANIA

9 GRANSINIGH LUCA

10 GUERRA NATASHIA VITA

11 IOB TOMMASO

12 MARIANO FRANCESCA

13 MATTIUSSI VALENTINA

14 MELE ELOISA

15 NADBATH ENRICO

16 PISCHIUTTA NADIA

17 PITTASSI ILARIA

18 POLES TERESA

19 PUNTEL ANGELICA

20 VENTURINI ANGELICA

21 VIZZA MATTEO

I GIOVANI E LA STORIA PER UNA CITTADINANZA CONSAPEVOLE PREMESSA pag. 1 CONSIDERAZIONI pag. 2 PARTE PRIMA CRONOLOGIA 1948_2009 pag. 4 PARTE SECONDA L’ITALIA SUL FINIRE DEL SECOLO BREVE pag. 42 INTRODUZIONE pag. 43 a cura di Enrico Nadbath ESPLODE LA TENSIONE: LA STRAGE DI PIAZZA FONTANA pag. 46 a cura di Eloisa Mele, Ilaria Pittassi, Nadia Pischiutta, Teresa Poles DAL 68 AI PRIMI MOVIMENTI DI SINISTRA E ALLA NASCITA DELLE BR a cura di elena comelli e enrico nadbath IL SESSANTOTTO pag. 73 LE BRIGATE ROSSE pag. 80 LA LOTTA ARMATA: LE BR NELLA “GUERRA DI CLASSE PER IL COMUNISMO” pag. 90 a cura di De Nicolò Sara, Mariano Francesca, Puntel Angelica ALDO MORO pag. 95 A cura di Sara De Nicolò, Francesca Mariano, Angela Puntel TERRORISMO NERO pag. 110 a cura di Angelica Venturini LA STRAGE DELL’ITALICUS pag. 111 a cura di Giacomo Angelin, Andrea Bez, Luca Gransinigh LA STRAGE DI PETEANO pag. 115 a cura di Tommaso Iob e Matteo Vizza LA STRAGE DI PIAZZA DELLA LOGGIA pag. 119 a cura di Matteo Vizza e Tommaso Iob LA STRAGE DI BOLOGNA pag. 126 a cura di Angelica Venturini. LA STRATEGIA DELLA TENSIONE pag. 130 a cura di Elena Cavucli ASCESA DI ROBERTO CALVI FINO ALLA COSTITUZIONE DI UN IMMENSO IMPERO FINANZIARIO pag. 131 a cura di Stefania Florit LICIO GELLI E LA STORIA DELLA P2 pag. 133 a cura di Stefania Florit IL CASO CALVI pag. 135 a cura di Stefania Florit

PRESUNTI COLLEGAMENTI TRA LOGGIA P2 E STRAGI pag. 137 a cura di Elena Cavucli CHE COS’E’ LA MASSONERIA? pag. 140 a cura di Elena Cavucli MAURIZIO COSTANZO INTERVISTA LICIO GELLI pag. 146 a cura di Elena Cavucli LA STAMPA DOPO LO SCANDALO pag. 154 a cura di Elena Cavucli e Stefania Florit TINA ANSELMI pag. 155 a cura di: Sofia Burato e Valentina Mattiussi LE LOGGE DEL III MILLENIO pag. 158 a cura di Sofia Burato e Valentina Mattiussi LA COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA SUL TERRORISMO pag. 160 A cura di: Sofia Burato e Valentina Mattiussi BREVE STORIA DELLA MAFIA NEGLI ANNI DEL TERRORISMO pag. 162 a cura di Francesca Del Favero e Natashia Guerra L’ULTIMO TERRORISTA pag. 165 LA MEMORIA ATTRAVERSO I VOLTI pag. 168 a cura di Sofia Burato e Valentina Mattiussi LA CLASSE pag. 180