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Riccardo Calcini
PROPEDEUTICA, DIDATTICA E COMUNICAZIONE CHE
L’ALLENATORE DEVE TRASMETTERE PER LE VARIE DISCIPLINE
DEL DECATHLON
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Prefazione
Eccomi di nuovo a parlare di prove multiple e dalla prima volta, che le
parole sono diventate frasi scritte, sono passati nove anni. Da allora
sono cambiate molte cose, ma soprattutto che non sono più un atleta.
Ho smesso nel 1997 serenamente, contento di quello che avevo fatto e
con pochissimi rimpianti. Avrei voluto migliorare il mio personale da
7275 p. fino a quello che ho ritenuto il mio potenziale massimale, ma
non sono mai riuscito a mettere insieme due giornate con i miei risultati
migliori nelle singole discipline.
Praticamente sono un allenatore, ma non ho perso assolutamente la
voglia di correre e saltare con i ragazzi che alleno.
Sono convinto che il riuscire a trasmettere le varie tecniche, oltre che
con le parole anche mostrando praticamente i gesti, abbia un’efficacia
enorme per l’apprendimento. Ecco perché mi alleno spesso con loro e
cerco di mantenere certe capacità atletiche ad un buon livello di
efficienza.
Un po’ di esperienza l’ho fatta in questi anni e nel 1995 con quattro
ragazzi degli Assi Banca Toscana Firenze, ovvero Jacopo Bruscoli,
Massimiliano Schwarz, Regis Rossi e Karan Narang, abbiamo vinto il
titolo italiano allievi a squadre di octathlon. È stata una grande
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soddisfazione, perché il risultato l’ho pianificato e costruito da solo,
partendo dal settembre dell’anno prima e portando i ragazzi fino alla
finale, nove mesi dopo.
Inoltre, devo ricordare il titolo italiano individuale allievi indoor di
Jacopo Bruscoli ed i buoni piazzamenti di Massimiliano Schwarz ai vari
campionati.
Ultimamente, da due danni, si allena con me Matteo Bucarelli; una
promessa, nel senso di risultati che potrebbe conseguire, dato che lo
scorso anno è arrivato terzo ai campionati italiani di Decathlon
Juniores, ed in questo nuovo millennio ha vinto il titolo italiano indoor
di eptathlon.
Il nuovo nascituro del gruppo che seguo è William Frullani, ex saltatore
in alto (20 anni), con un record di 2.13, piuttosto veloce, non troppo
destro, ma con grande volontà e spirito di sacrificio, dati fondamentali
per un Decathleta.
Lo stato dell’arte di questo atleta è attualmente interessante, dato che i
suoi risultati sono stati di ottima valenza, soprattutto in proiezione
futura, in una disciplina che abbisogna di anni di esperienza, di
allenamento e di gare per giungere al massimo della espressione
agonistica. In breve ecco una scheda tecnica dell’atleta, questo per
evidenziare quanto il metodo proposto per i suoi allenamenti sia stato
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efficace; tutto ciò non per pavoneggiarmi di essere stato un bravo
allenatore, anche perché in talune gare i miglioramenti che mi aspettavo
non sono arrivati, ma per sottolineare che un certo modo di allenare
può essere altamente costruttivo.
Tale metodo, forse fuori dagli schemi, all’insegna della multilateralità e,
nello specifico, delle prove multiple, è riuscito a dare grandissimi
benefici nel miglioramento delle singole discipline.
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Scheda tecnica dei risultati di William Frullani
Risultati antecedenti
2000
Miglior
Decathlon 2000
Migliori risultati
nei Decathlon
2000
100 m. 11.0 10.83 10.83
Lungo 6.80 7.25 7.43
Peso Nessun risultato 12.35 12.72
Alto 2.13 2.15 2.15
400 m. Nessun risultato 49.95 48.73
4162 4285
110 H 15.5 14.77 14.77
Disco Nessun risultato 38.29 38.71
Asta Nessun risultato 3.90 4.00
Giavellotto Nessun risultato 45.63 45.63
1500 m. Nessun risultato 4’ 48’’ 90 4’ 40’’ 64
3183 3384
7345 7619
Da questa scheda sono evidenti i miglioramenti nella velocità e nei salti,
tranne l’asta (anche se per un atleta di 20 anni che non ha mai provato
la disciplina, già fare 4.00 m. non è un cattivo risultato), ed i lanci che,
nonostante i buoni miglioramenti, rimangono ancora scarsamente
rilevanti ai fini di un Decathlon di alto livello.
Il resto della storia l’allegherò di seguito a questo libro, parlando di
programmazione di metodologia e quant’altro serva per chiarire questa
meravigliosa disciplina: il DECATHLON.
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Visto che ho accennato all’attualità voglio esprimermi, come mio
consueto, su quello che è il panorama federale, dal momento che mi
sembra sempre un po’ latitante per quanto riguarda le prove multiple ed
i progressi del movimento sono sempre frutto della passione e
dell’abnegazione degli allenatori e non di una volontà precisa di
pianificare e sviluppare le prove multiple.
In questo libro tratterò la propedeutica delle varie discipline cercando di
mostrare i gesti basilari, attraverso fotografie e disegni, e tutto quello
che dirò è frutto di esperienze personali accumulate in anni di studio di
campo, di scambio di informazioni con altri atleti, con i loro allenatori,
nei raduni della nazionale e nelle gare. Il confronto diretto con gli
avversari è stato sicuramente l’input migliore per apprendere nuovi
modi di interpretare le discipline e per definire la capacità di linguaggio
atletico facilmente trasmissibile agli atleti che alleno.
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PREMESSA
Prima di affrontare lo studio delle varie discipline, penso sia importante
capire che l’approccio alla specializzazione non può avvenire, senza
avere impartito un addestramento generale, basato sulla coordinazione
generale e studio delle varie discipline sportive (soprattutto quelle che
hanno caratteristiche in comune con l’atletica, tipo attrezzistica di base,
basket, calcio, sci. Inoltre penso che l’allenatore, finché può dimostrare
personalmente le varie tecniche, ha in mano la capacità di trasmettere
con immediatezza ciò che vuole esprimere.
È importante che ogni allenatore si metta in discussione e sia capace di
cambiare, ogni qualvolta gli atleti prospettino nuove problematiche, il
suo modo di allenare, proponendo esercizi nuovi, o gli stessi, ma colti da
angolature differenti, insomma sforzandosi il più possibile nella
sperimentazione. Ricordate che gli atleti non sono vostre cavie! Sono
nostri amici, che quasi sempre si affidano al 100% per raggiungere
dei sogni.
Esiste una tecnica generale per ogni disciplina atletica, ma questa viene
applicata da ognuno con sfumature differenti e talvolta trasformando
radicalmente gran parte delle regole fondamentali; dunque gli allenatori
non devono prendere come modello di prestazione il gesto del grande
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campione, perché potrebbe essere il top della gestualità esprimibile in
tale gara, ma anche l’esatto contrario. Diventa pertanto facile pensare al
danno che si potrebbe causare all’allievo. Cercate sempre di proporre la
giusta tecnica, attraverso le classiche esercitazioni propedeutiche e
lasciate poi all’allievo modificare, se necessario, tale gestualità, secondo
le sue caratteristiche antropometriche, tecniche e psicologiche.
La cosa importante, come dice un grande atleta e filosofo sportivo mio
contemporaneo, è di non dimenticare che, comunque, bisogna correre
più veloci e saltare più in alto o lanciare più lontano. (Grazie Silvano
Meconi).
A questo punto è importante evidenziare che, tutto ciò che espongo in
questo testo, si riferisce all’allenamento di atleti delle categorie junior-
seniores.
Un’altra avvertenza che ho seguito, è quella di raggruppare gli esercizi
propedeutici per i lanci tutti insieme, evidenziando le strette correlazioni
meccaniche e balistiche; inoltre, ho parlato della velocità,
comprendendo la didattica di insegnamento dei 100 e 400 m.; ho
esordito con i salti attraverso esercizi di preacrobatica, passando poi, in
ultimo, alla specificità del salto con l’asta, salto in lungo e salto in alto.
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CAPITOLO 1: ASTA
ESERCIZI PROPEDEUTICI DI PREACROBATICA
E’ importante per l’allenatore avere eseguito ciò che vuole proporre o,
perlomeno, imparare ad eseguire in maniera semplice la gestualità che
vuole insegnare. Così facendo, l’apprendimento è nettamente immediato
per l’allievo, ed inoltre ciò consente di effettuare una assistenza
adeguata e sicura per il ragazzo.
Tutti questi esercizi richiedono attrezzature particolari, come pedane
elastiche, plinti di varie altezze, panche, parallele, sbarra e quindi,
conoscendo la precarietà delle attrezzature con cui gli allenatori sono
costretti ad operare, è evidente che questa didattica di preacrobatica
potrà essere svolta in maniera marginale! Ad ogni modo, le progressioni
a corpo libero sono sicuramente eseguibili e, attraverso la fantasia, sono
sicuro che qualche esercizio, che richiede un attrezzo specifico, sia lo
stesso riproducibile.
Gli esercizi che propongo interessano le capacità coordinative e quelle
condizionali tipo la forza, per cui nel proporre le varie tecniche
dell’atletica, se ci accorgiamo di una scarsa evoluzione tecnica,
dobbiamo supporre che tale defezione possa essere causata da una
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mancanza di schemi motori adeguati, o da poca forza muscolare dei
distretti utilizzati per tali esercizi.
Quindi, per poter migliorare queste carenze è necessario, prima di tutto,
potenziare i vari distretti muscolari attraverso lo spostamento del
proprio peso corporeo e non attraverso l’uso dei bilancieri.
Da sinistra verso destra: Riccardo Calcini, Fabrizio Rovini, Maurizio Sferruzzi, Luciano Asta, Ubaldo Ranzi, Cristian Gasparro, Claudio Avogaro.
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ACROBATICA DI BASE
Corpo libero semplice: capriola, capriola successiva, capriola indietro,
tuffo e capriola.
Verticale: su tre appoggi (testa/gomiti), alla spalliera con le mani sugli
staggi; alla spalliera con le mani in terra; libera con assistenza; libera
da soli.
Palco di salita: fune: arrampicata, oscillazioni alla fune; corsa più stacco
afferrando la fune; ribaltata/infilata.
Trapezio: (realizzabile o con gli anelli o con le funi dal palco di salita o
sfruttando la propria fantasia, realizzando lo stesso attrezzo),
oscillazione in appoggio con le mani, oscillazione in appoggio ventrale,
oscillazione in appoggio popliteo (retro del ginocchio).
Corpo libero sul tappeto: ruota, rondata, salto giro indietro, salto avanti
con appoggio mani. (detta ribaltata in ginnastica).
Propedeutica al salto/volteggio a corpo libero e con cavallo, con ausilio
di pedana elastica.
Anelli: oscillazioni posizione di stacco, rincorsa e stacco più presa anelli
in posizione di stacco, (attenzione all’avanzamento del petto nel
momento in cui si afferrano gli anelli).
Verticale bassa agli anelli, effettuando delle oscillazioni.
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Nella oscillazione avanti dietro emergerà subito una difficoltà oggettiva,
per l’enorme tensione muscolare nella zona del cingolo-scapolo-omerale,
che farà apparire una eventuale carenza di forza in tale zona, per cui
sarà evidente che il soggetto, per effettuare un gesto tecnico adeguato,
da sviluppare nel salto con l’asta, dovrà rinforzare tale distretto
muscolare.
Parallele: appoggio successivo app. mano dx/sin avanzando e poi
indietreggiando; oscillazione con le mani fisse, andando avanti ed
indietro fino al punto morto ant.-post. Progressione semplice di es.
costituiti da oscillazione ed uscita in appoggio laterale (dx. e sin.),
andando seduti sulla sbarra con una gamba tesa esterna ed una flessa
interna. Variante uscita laterale, dietro tornando in appoggio a terra.
Verticale bassa alle parallele. Verticale alta alle parallele sulle spalle.
Oscillazione avanti e dietro andando in appoggio sulle spalle
posteriormente, allargando i gomiti, con il corpo che si chiude con gli
arti inf. flessi sul busto (vedi fig. 1).
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Figura 1
Dalla posizione n° 2 si slanciano gli arti inferiori tesi in avanti, fino a
ritornare in posizione di corpo eretto, in appoggio sulle mani (posizione
n.4).
Assistenza: sempre laterale su piedistallo con la mano dx. sotto la
schiena e la sin. che aiuta alla ribaltata dietro.
L’entrata in kipp dall’estremità delle parallele basse è un es. molto
tecnico più difficile dell’analogo alla sbarra; esso prevede una
impugnatura con palmo esterno, partenza a corpo inclinato post.,
braccia tese, oscillazione sotto le parallele, punto morto ant. con tenuta
corpo teso, chiusura arti inf. sul busto tesi in appoggio alto a corpo
eretto, braccia tese (vedi fig. 2).
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Figura 2
Assistenza: sempre laterale, con mano dietro la schiena e poi sotto il
bacino per aiutare la salita in appoggio alto.
Trampolino elastico: questo attrezzo è molto utile per un controllo
posturale; con esso si possono riprodurre vari esercizi di corpo libero,
ad es. salto giro avanti-dietro, rimbalzi in verticale sempre più in alto,
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atterraggio in piedi, seduti tipo chiusura di salto in lungo, uscita con
salto giro avanti e ritorno in piedi. Salto in verticale con avvitamento
360° dx. e poi sinistra, salto verticale a corpo teso, ricaduta in
orizzontale a corpo supino teso, poco teso, seduti.
In tutte queste variabili appare evidente il concetto di controllo
posturale, ovvero il corpo dovrà avere una tonicità generale, non solo
nei distretti muscolari utili a quell’esercizio, ma anche in tutti gli altri.
Mi sono personalmente accorto, con gli atleti che alleno, di lacune
enormi in questo senso, ovvero di incapacità a controllare non il gesto
tecnico, ma la postura tonica del corpo.
Dunque ribadisco che gli atleti devono avere un bagaglio di schemi
motori di base, che prevedano anche lo studio dell’acrobatica di base,
sulla quale impostare successivamente la specializzazione del gesto
motorio, per poi arrivare nello specifico delle varie tecniche.
Propedeutica per il salto volteggio.
Questo esercizio, a cui non avevo dato grossa rilevanza da atleta, per i
risvolti tecnici che apparentemente aveva, da allenatore attento mi sono
accorto di quanto potrebbe significare per lo sviluppo della
coordinazione e dell’apprendimento motorio dell’atleta.
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A parte l’esecuzione finale dell’esercizio completo, sono interessanti
tutte le esercitazioni che portano al suo sviluppo.
Questo esercizio ha delle caratteristiche che apparentemente vanno
oltre i normali schemi motori che servono in atletica, ma in esso ho
riscontrato lo sviluppo delle seguenti capacità: controllo posturale su
assi non consoni al normale movimento, ritmo di esecuzione, linee di
forza del corpo per passare certi punti critici nel gesto motorio e, a parte
il controllo neuro muscolare, una buona dose di coraggio, che in
discipline come il salto con l’asta non deve mancare.
Si procede rimbalzando sulla pedana elastica, posta frontalmente al
cavallo, andando in appoggio a braccia tese (con la tendenza ad
allontanare il corpo dal cavallo) e successivo slancio arti inferiori.
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Figura 3
Assistenza: sempre laterale su un piano rialzato. L’assistente deve
aiutare l’allievo nella presa di contatto sul cavallo, sorreggendogli il
bacino e facendo perno sulla schiena, per aiutarlo nella rotazione in
avanti.
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Figura 4
Esercizio n.1 - Verticale e ritorno, con l’assistente che blocca il bacino ed
impedisce il ribaltamento. N.B. la partenza avviene a gambe unite, senza lo
slancio di un arto.
Figura 5
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Esercizio n. 2 - Prebalzo, verticale ed arrivo in appoggio sul saccone.
Figura 6
Esercizio n.3 - Andatura quadrupedica gambe/braccia, con appoggio
alternato; dopo l’appoggio delle mani si staccano gli arti inferiori tesi, al loro
ritorno a terra le mani vengono spinte entrambe avanti. Appena le mani
toccano terra devono partire le gambe tese verso l’alto, il tutto in
avanzamento.
Figura 7
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Esercizio n.4 - Slancio dietro arti inferiori tesi con assistente che li afferra.
Slancio arti inferiori tesi con blocco del bacino da parte dell’assistente, fino ad
arrivare sulla verticale e ritorno lento in posizione di partenza.
Figura 8
Esercizio n. 5 - Slancio arti inferiori, verticale e poi capriola in appoggio
ventrale sul cavallo.
Figura 9
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Esercizio n. 6 - Andatura quadrupedica, come l’es. n. 1, fino ad arrivare sul
plinto, su cui si effettua l’ultimo appoggio con le mani, per poi uscire con
ritorno in piedi.
Figura 10
Esercizio n.7 - Breve rincorsa e salto a piedi pari, slancio arti inferiori tesi e
capriola sul piano inclinato.
Figura 11
Esercizio n.8 - Si tratta sempre di un esercizio per arrivare al salto volteggio
finale, da eseguire fra i cerchi posti su due panche parallele. Si esegue
appoggiando le mani oltre il cerchio ed entrandovici con gli arti inferiori
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contemporaneamente. Si deve sempre rispettare la dinamica del salto
volteggio.
Figura 12
Esercizio n.9 - Da eseguire fra le parallele, abbandonandone una. Si parte con
le mani in appoggio su quella bassa, il bacino in appoggio su quella alta e si
slanciano con decisione gli arti inferiori verso l’alto. La velocità che si acquista
consente l’avanzamento e la possibilità di staccarsi dalla parallela bassa.
L’assistente, frontalmente all’allievo, lo afferra nella fase aerea e lo
accompagna a terra. (N. B. – Questo è un esercizio particolarmente difficile,
per cui l’assistente deve porre attenzione affinché l’allievo non si faccia male).
Figura 13
Esercizio n.10 - Capriola avanti da un piano rialzato, con due assistenti che ti
sorreggono con mano in appoggio ascella-deltoide. Gli assistenti, prima della
ribaltata, devono ruotare in avanti gli arti superiori.
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Figura 14
Esercizio n.11 - Verticale in appoggio con le spalle sui piedi.
Figura 15
Esercizio n.12 - E’ come l’esercizio n.10, ma eseguito da terra e non da un
piano rialzato. Si esegue camminando.
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Figura 16
Esercizio n. 13 - Verticale in appoggio sulle mani e mani sulle ginocchia.
Figura 17
Esercizio n.14 - Capriola dal piano rialzato, in appoggio sulle gambe.
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Figura 18
Esercizio n.15 - Capriola e sull’appoggio dorsale si mantiene per un istante la
posizione B e poi si prosegue nel rotolamento.
Figura 19
Esercizio n.16 - Capriola su piano inclinato e spinta arti superiori.
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Figura 20
Esercizio n.17 - Ruota sulla panca e cambio di fronte.
Figura 21
Esercizio n.18 - Capovolta + rotolamento + successiva ribaltata dal plinto.
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Figura 22
Esercizio n.19 - Ribaltata classica al cavallo
Figura 23
28
Esercizio n.20 - Salto ribaltata con appoggio ad un saccone.
Figura 24
Esercizio n.21 - Rondata, verticale e passaggio asticella.
Figura 25
29
In questa larga sintesi di esercizi di preacrobatica e acrobatica alla
portata di tutti gli “atleti”, penso che si possano riscontrare tanti spunti
a cui appoggiarsi per sviluppare uno schema motorio per l’atletica.
Sinceramente ne vedo tantissimi e, mai come adesso, mi rendo conto
dell’importanza della diversificazione degli schemi motori dato che,
avendone molteplici a disposizione, si può supporre di realizzare un
gesto tecnico affinato nei minimi dettagli.
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ESERCIZI DI PREACROBATICA SPECIFICA
PER IL SALTO CON L’ASTA
Esercizi alla sbarra
• Oscillazione avanti-dietro, per sentire il punto morto anteriore e
posteriore, (fig. A)
• oscillazione e, nel punto morto anteriore e posteriore, cambio di
fronte, (fig. B)
• oscillazione ed uscita dal punto morto anteriore, e dal punto
morto posteriore, (fig. C)
• corsa e stacco, afferrando la sbarra, (fig. D)
• ribaltata-infilata, rimanendo in verticale bassa alla sbarra, a
braccia tese (fig. E); tenuta infilata in verticale, (scendere con il
bacino di poco e poi ritornare in infilata), (fig. F)
• trazione braccia + infilata-ribaltata e rotazione, andando in
appoggio ventrale a braccia tese sopra la sbarra, (fig. G)
• tutte le squadre orizzontale e russa, (fig. H)
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Figura 26
• kipp alla sbarra (fig. 9). Preventivamente facendo sentire il punto
morto anteriore, dove l’allievo deve fare il blocco di tutto il corpo
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con le gambe tese. Quando siamo nel punto A ed il corpo
comincia il ritorno indietro, gli arti inferiori devono flettersi tesi,
sul busto. Il corpo, con questo assetto, deve tornare indietro,
mentre le braccia tese, sfruttando la forza del pettorale e gran
dorsale, effettuano una flessione sul busto, portando tutto il
corpo in appoggio ventrale, sopra la sbarra. In questo esercizio
l’assistente deve stare su uno sgabello rialzato da terra, quanto
basta per poter mettere la mano sinistra sotto la zona dorsale alta
e la destra sotto il bacino, quando l’allievo torna indietro,
tentando di effettuare la kipp; si deve fare resistenza con le mani
sui suddetti punti ed indirizzare il corpo per l’arrivo ventrale
sopra la sbarra. Per una buona riuscita di questo esercizio è
importante ascoltare la ritmica del movimento che, del resto, è
una componente fondamentale in ogni disciplina (fig. 26).
Figura 27
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• Ribaltata-infilata da supini a terra: l’allievo di deve sdraiare con la
pancia rivolta in alto, afferrare il primo appoggio delle parallele
basse.
Figura 28
Da questa posizione, attraverso un’azione molto dinamica, si flettono le
ginocchia richiamando le gambe sul petto (ribaltata) ed elevando il
bacino, si slanciano entrambe le gambe verso l’alto-dietro (infilata);
questa azione di slancio crea un alleggerimento di tutto il busto ed una
rotazione verso la spalliera.
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Figura 29
Assistenza: ci si posiziona lateralmente, afferrando le gambe dell’allievo,
agevolando la posizione della verticale.
• Infilata ed uscita anteriore in arco dorsale alla sbarra bassa.
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Figura 30
Spiegazione
A: partenza a busto inclinato post., rispetto all’appoggio delle mani.
B-C: sfruttando la velocità rot. intorno alla sbarra, si effettua una
squadra 90° con gli arti inf. ed immediatamente si passa alla verticale
bassa, con le mani in appoggio; il corpo ha una velocità rotatoria che
deve essere sfruttata per passare alla posizione D.
D: il corpo si stacca dalla sbarra e prosegue teso avanti, le mani sono
sempre in appoggio.
E: il corpo si inarca preparandosi all’appoggio in piedi sul materasso.
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F: le mani si staccano e si torna in piedi sul saccone.
Questo esercizio ho notato che è utile per quei ragazzi o ragazze che
ancora non sanno fare bene “l’infilata alla sbarra”, vuoi per carenza di
forza, vuoi per poca destrezza.
• Ribaltata dall’appoggio ventrale alla sbarra.
Figura 31
Il primo approccio a questo esercizio è quello che dalla posizione di
partenza A si accenna lo slancio del corpo dietro e, sbilanciandosi in
avanti, si effettua il volteggio avanti, sempre con le mani ben salde alla
sbarra.
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Assistenza: prima di tutto devo specificare che il saccone non deve
essere troppo basso rispetto alla sbarra, per dare più sicurezza
all’allievo (1 metro di differenza di altezza). L’assistente si pone sul
saccone lateralmente all’allievo e, con una mano dorsalmente, imprime
la rotazione che all’inizio sarà incerta!!
• Rotazione ventrale, antero-posteriore alla sbarra.
• Appoggio ventrale sopra la sbarra, rotazione veloce posteriore,
mantenendo il bacino sempre aderente alla sbarra.
Figura 32
Assistenza: in questo caso si utilizza sempre un piano rialzato (sedia,
plinto...) e si aiuta l’allievo a mantenere il bacino attaccato alla sbarra.
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SALTO CON L’ASTA
In questa gara non voglio addentrarmi in dissertazioni tecniche
particolari, dato che esiste già una quantità notevole di materiale
informativo ed illustrativo, da cui prendere spunto per una
specializzazione nel gesto tecnico accurato.
Voglio invece soffermarmi sull’avviamento all’asta di un atleta, evoluto
in altra disciplina, che mai si era cimentato in questa gara.
Premetto, comunque, che l’approccio dell’atleta evoluto e quello di un
principiante, ad esempio della categoria esordienti, non debba essere
dissimile, anzi si dovrà porre più attenzione all’atleta evoluto che, da
buon “baccellone”, avrà una paura tremenda di affidare il suo corpo a
questo attrezzo “sconosciuto ed insidioso”. Il ragazzino, dal canto suo,
appena archiviata la naturale diffidenza iniziale per una gestualità un
po’ particolare, inizierà con netto anticipo, rispetto al “baccellone”, a
strutturare un salto con l’asta vero e proprio.
A questo punto eccovi la mia particolare esperienza, caratterizzata da,
diciamolo pure, un calvario didattico tecnico, dato che tutte le volte che
avevo creduto di aver intrapreso la giusta strada, sono dovuto tornare
sui miei passi.
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Per tutto quello che espongo, si prevede una attrezzatura pressoché
completa, per quanto riguarda l’attrezzistica, che consenta di studiare
nei dettagli le varie qualità da sviluppare per il salto con l’asta. Chi non
ha tali attrezzature (come il sottoscritto) deve aguzzare l’ingegno ed
inventare!!!
Primo approccio al salto con l’asta
Avviene facendo degli esercizi oscillatori agli anelli, alla fune, con salto
finale, sia nel punto morto anteriore che posteriore. Queste oscillazioni
portano ad un buon controllo posturale nella fase aerea (attaccati alla
corda) ed in quella di volo (ritorno a terra dopo aver lasciato la fune).
2° livello di difficoltà nell’approccio deve essere quello di saltare in basso
da un piano rialzato, con l’ausilio dell’asta, con atterraggio
preferibilmente morbido (da eseguire su sabbia). In questo esercizio si
esegue un pendolo abbastanza lungo e si atterra a piedi pari, sempre
con il busto rivolto avanti senza girarsi.
3° livello, salto con l’asta sulla sabbia, aste morbide o aste Lerc francesi
(quelle nere, sottili e pesanti); l’importanza dell’asta morbida è data
dalla necessità di far abituare l’atleta alla sua flessione, permettendogli
di affidare il suo corpo a questo attrezzo così strano! Nella sabbia si
dovrà fare una specie di cassetta, scavando una buca e rialzando una
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parte di rena in fondo ad essa, facilmente visibile. L’elemento sabbia
consente di assestare l’asta facendola avanzare, sempre nel miglior
modo, quindi l’assetto del corpo, staccando sotto, ha una sua
autocorrezione, dato che la sabbia non offre resistenza.
Pian pianino !!! Gli elementi di difficoltà dovranno aumentare e quindi,
dopo aver imparato ad abbozzare una specie di infilata, si provvederà ad
eseguire dei salti sempre sulla sabbia con un’asticella posta fra 2 ritti
del salto in alto.
Dopo aver strutturato il salto sulla sabbia con rincorsa fino a 10 app.
circa, si può passare al salto sul saccone di ricaduta. Naturalmente
parallelamente a tutto questo si lavora con tutti quegli esercizi di
acrobatica di base, descritti precedentemente.
A questo punto non si deve aver fretta di attivare il gesto tecnico più
accurato, ma aver pazienza che l’atleta acquisisca quell’istinto al salto
che dà sicurezza di arrivare sempre sui sacconi.
Per un atleta già grande come età, un grosso limite all’apprendimento è
proprio quello di acquisire sicurezza per non farsi del male, perché nel
salto è facile procurarsi degli infortuni gravi e, quindi, mancando
l’incoscienza dell’adolescente, il cammino per eseguire un gesto tecnico
redditizio, in termini di misure, è molto lungo ed insidioso.
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È innegabile che nel salto con l’asta una prerogativa fondamentale è il
coraggio “di buttarsi” e questo, a parità di doti tecniche ed atletiche, fa
la differenza fra un saltatore bravo ed uno mediocre.
Nella didattica che propongo in tutte le categorie di atleti, dall’allievo al
senior, la cosa su cui punto maggiormente è proprio l’acquisizione
dell’istinto al salto, cioè quella qualità data dalla sensazione di gestire il
movimento nello spazio, di sapere sempre in quale posizione si trova il
proprio corpo, ribaltando i piani su cui questo è abituato a muoversi.
In tutti l’istinto di sopravvivenza suggerisce che, al momento dello
stacco da terra, la cosa più ovvia da fare sia quella di aggrapparsi a
questo “palo” ed aspettare l’arrivo sui sacconi. Per eseguire invece un
buon salto e, comunque, creare i presupposti per arrivare sani e salvi
sul saccone, si deve fare l’opposto, ovvero spingere avanti al proprio
corpo l’asta, lasciandosi sempre dietro ad essa.
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Figura 33
In questi esempi di salto è evidente come, nella figura 33/A, aggrapparsi
all’attrezzo dia solo una momentanea illusione di arrivare sul saccone,
perché la distanza dell’asta e dell’atleta dalla verticale, passante per la
cassetta d’imbucata, sia enormemente maggiore rispetto a quella della
figura 33/B, dove il corpo è sì distante dalla verticale, ma l’asta,
piegandosi, ha la sua parte bassa già prossima al saccone. Tutto questo
discorso, con tanto di illustrazione, significa che il sistema migliore per
sapere che la fine del salto coinciderà con l’arrivo sul saccone di
ricaduta e non nella cassetta d’imbucata, consiste nell’anticipare la
43
presentazione dell’asta, di staccare alla giusta distanza con decisione,
premurandosi di avere il braccio posteriore piazzato nel punto più alto
possibile, leggermente dietro la testa, e di spingere frontalmente con
irruenza il petto, senza che il bacino e gli arti inferiori vadano avanti al
busto.
L’atleta evoluto sa che adottando questi presupposti, può eseguire i
restanti movimenti con sicurezza e senza timori di un atterraggio duro.
Da tutto ciò si evince che nella didattica d’insegnamento sono
importantissimi gli esercizi di “sospensione”, ovvero il salto senza
ribaltata - infilata, solamente avanzando a corpo teso e asta flessa,
come nella fig. 33/B, fin nel mezzo del saccone di ricaduta.
Quando questo esercizio è stato ben assimilato dall’atleta, si può
procedere ad eseguire il salto completo. (Come ho già detto,
parallelamente a tutto ciò si deve lavorare il più possibile con gli esercizi
di preacrobatica e, nello specifico, con le infilate alla sbarra!!).
L’allenamento a questa disciplina deve assolutamente essere
diversificato, ovvero cambiando sempre i parametri tecnico-didattici,
intesi come durezza dell’asta, rincorse lunghe-corte, salti sulla sabbia,
sul saccone, rincorse in pista con accenno di stacco centrando con
l’asta un oggetto morbido, rincorse con piastra al petto, stacco e lancio
della piastra, stacco con asta ad impugnatura alta con quattro passi di
44
rincorsa ed assistenza dell’allenatore, che deve garantire un sicuro
ritorno a terra, salti completi cercando di sfiorare con la punta dei piedi
un elastico posto ad altezze superiori al proprio record personale, e tutti
gli altri esercizi della comune didattica d’insegnamento.
Un’altra regola fondamentale da insegnare è quella che l’atleta mai, in
nessun caso, deve lasciare l’asta quando si trova nella fase aerea,
perché l’unico modo di gestirsi in aria è quello di sapere sempre in che
posizione ci si trova attaccati all’asta, che rappresenta l’unico punto
fisso su cui basare le proprie sensazioni.
I ragazzi che si avvicinano all’asta devono essere coscienti che errori
grossolani possono arrecare “danni gravi” e che, ciò nonostante,
esistono delle condizioni indispensabili che ti garantiscono la perfetta
incolumità.
Qualcuno potrebbe chiedersi perché questa disciplina, tanto incerta,
viene proposta ai ragazzi e, soprattutto, perché i ragazzi si cimentano in
qualcosa di così pericoloso. Vi rispondo che nella vita ci sono sempre
cose pericolose e che, talvolta, non si può sottrarvisi. L’importante è
conoscere il sistema di “cascare sempre ritti”, o meglio arginare al
massimo i danni, ed il Decathlon, se lo guardate bene, è come la vita!
Un problema che si ha in questa disciplina è quello di cambiare
progressivamente le aste, nella loro durezza e lunghezza. Prima di tutto
45
si deve avere un parco aste omogeneo, per far sì che il passaggio da un
attrezzo all’altro non sia traumatico, dato che i progressi fatti possono,
nel caso in cui si adotti un’asta troppo dura, far regredire quasi al
punto zero l’atleta. Quindi attenzione, le variabili di difficoltà vanno
propinate con moderazione e progressività. Secondo, quando si passa
da un’asta morbida ad una più dura o più lunga, si procede eseguendo
vari esercizi con rincorse di 4/6 passi impugnando l’asta alla sua
sommità e, con l’assistenza “sicura e decisa” dell’allenatore, si fanno
eseguire degli stacchi con piegamento dell’asta, avanzamento moderato
e ritorno a terra; si passa poi ad una rincorsa di otto appoggi e, poiché
sarà difficile per l’allenatore prendere e riportare l’atleta a terra come
con l’esercizio precedente, l’assistente provvederà ad imprimere una
potente spinta sulle spalle per far avanzare l’atleta. Si passa poi a dieci
appoggi e di nuovo spinta sulle spalle.
L’assistenza corretta dell’allenatore prevede che si posizioni lateralmente
all’altezza dello stacco. (N.B.: per lo stacco sinistro, l’assistenza va
eseguita da destra, guardando il saccone. Viceversa per lo stacco
destro).
46
Figura 34
47
La posizione dell’allenatore non deve essere statica, ma seguire ed
accompagnare, con tutto il suo corpo, il sistema atleta-asta,
appoggiando la mano sinistra sul basso ventre e la destra sulla schiena
alta. Questa però non è una regola fissa, dato che, talvolta, l’atleta può
prendere un angolo d’uscita molto alto e, quindi, scappando alla presa
dell’assistente; in questo caso si deve prontamente disporsi dietro
l’atleta, afferrarlo alla vita e, spostandosi insieme prima avanti e poi
indietro, sul ritorno di spinta dell’asta, accompagnandolo in terra nella
posizione eretta! (Vedi foto).
Una cosa fondamentale, quando fate eseguire questo esercizio, è di
avvertire che in nessun caso si lasci andare l’asta, dato che tutta
48
l’energia che accumula, piegandosi, verrà restituita in risultanti di forza
casuali, talvolta passanti sull’allenatore. Dunque attenzione!
49
CAPITOLO 2: SALTO IN ALTO
Questa disciplina, a mio giudizio, è estremamente difficile, per eseguirla
bene a livelli eccellenti, ma anche di facile apprendimento, per arrivare
a risultati che, comunque, diano un buon contributo in punti nel
Decathlon.
In questo momento, della mia carriera di allenatore, ho un allievo che il
salto in alto se lo mangia a colazione, a pranzo ed a cena, quindi, come
si dice dalle nostre parti, “faccio l’agile” e parlo del salto in alto come
una cosa da ragazzi!
A parte gli scherzi, già quando ho scritto la tesi di diploma I.S.E.F.,
pubblicata nel 1992 dal Centro Studi del C.O.N.I., specificavo, a
riguardo del salto in alto, che per un Decathleta evoluto arrivare a
misure di 2 m. non era cosa così impossibile. Tale affermazione si
basava molto sull’esperienza personale, nella quale avevo avuto modo di
saltare i “fatidici” 2 metri. Personalmente l’approccio al salto è stato
abbastanza naturale, ma la mia evoluzione delle prestazioni non ha
avuto difficoltà fino a 1,85 m., dopodiché ogni successivo gradino è
stato impegnativo, dato che era sempre preminente l’azione di “scappare
di spalle verso l’asticella”, da cui l’impossibilità di miglioramenti
evidenti. L’istinto che ti fa staccare verso l’alto deve avere priorità
50
rispetto alla ricerca del valicamento dell’asticella, ma questa è una
condizione di difficile realizzazione per la maggior parte degli atleti.
Comunque, là dove l’istinto non riesce ad arrivare, si può giungere
attraverso l’applicazione della tecnica.
A questo proposito faccio riferimento a quanto ampiamente esposto
nelle pubblicazioni tecnico-scientifiche della F.I.D.A.L., dal centro studi
C.O.N.I. e dal mio piccolo punto di vista nella tesi di Diploma (vedi
capitolo dedicato al salto in alto).
In ogni caso vorrei fare delle puntualizzazioni tecniche generali, prima
di passare alla propedeutica specifica.
Il salto in alto è una disciplina che, per esprimersi ad alti livelli, richiede
una forza reattivo-elastico-esplosiva enorme, espressa in tempi
brevissimi. Penso che in questa gara ci sia la massima applicazione di
forza, fra tutte le gare di atletica (forse superata dal salto triplo), perché
si deve spingere la massa del proprio corpo nel punto più alto possibile,
vincendo la forza di gravità (questa considerazione fa riferimento alle
discipline dell’atletica, esclusi i lanci).
Ho parlato di massa, e vorrei aggiungere inerziale, con piccosa
attenzione, per indicare l’aumento del peso del proprio corpo sotto
l’influsso della velocità orizzontale (attraverso la rincorsa rettilinea), e
della forza centrifuga ( data dalla curva).
51
Questo enorme peso raggiunto deve essere lanciato in avanti-alto e, se
allo stacco non si riesce ad applicare, nel più breve tempo possibile, la
massima tensione muscolare, si tende a sfuggire verso l’asticella.
Questa tendenza a non riuscire a verticalizzare è possibile ovviarla,
cercando la giusta inclinazione internamente alla curva e mantenendo il
busto arretrato, rispetto all’arto di stacco.
52
Ma da questa posizione, se non si reagisce con grande esplosività e
reattività, non è possibile dare una decisiva svolta all’incremento delle
nostre performances.
In nostro aiuto vengono tutte quelle esercitazioni, che mirano
all’incremento delle capacità di stacco, prese a prestito sia dalla
propedeutica classica del salto in alto, che da quella del salto in lungo,
degli ostacoli e da altri sport come il basket, preacrobatica, ecc.
ESERCIZI PROPEDEUTICI
Esercizi di corsa in curva su un cerchio di raggio 9 m.; l’inclinazione che
si genera in questo esercizio è quella più giusta per ottenere la massima
accelerazione centrifuga allo stacco. Consiglio sempre di concludere
questa corsa in curva con lo stacco e valicamento asticella.
A questo proposito la partenza si effettua dalla parte opposta.
(Chiaramente raggi di curva così ampi devono essere proposti ad atleti
evoluti, che già hanno una certa pratica di salto in alto. Nelle categorie
giovanili non si deve proporre la stessa cosa, ma situazioni intermedie,
con i dovuti adattamenti del caso).
53
Esercizio n.1
Figura 35
In questo esercizio si migliora l’assetto di corsa curvilineo, permettendo
la sensibilizzazione del busto arretrato e inclinato internamente alla
curva.
Corsa curvilinea eseguendo una serie continua di curve e contro curve.
Anche in questo caso il raggio di curvatura dovrebbe essere di circa 9
m. Esercizio di corsa curvilinea con l’ausilio di riferimento di vario
54
genere, intorno ai quali poter curvare, inventando dei percorsi di curve e
controcurve, che portino allo stacco ed al salto vero e proprio.
Esercizio n.2
Figura 36
Es. A (Fig. 37) - In questo caso dovete stabilire un numero preciso di
passi fra un riferimento e l’altro (4 passi o 2 passi).
55
Figura 37
Es. B (Fig. 38) - In questo esercizio si traccia un percorso delimitato da
una serie di coppie di riferimenti, che descrivono varie curve, fino agli
ultimi passi, che portano al salto.
56
Figura 38
Esercizio n.3 - Esercizio di Stacco
Penso che l’idea dello stacco nel salto in alto possa essere assimilabile a
quella di uno stacco, dopo un 3° tempo di basket, dove si riesce a
verticalizzare con estrema facilità. Tale sensazione di ascesa verticale
dovrebbe farci pensare che, se applicata nel salto in alto con le dovute
modifiche nell’assetto del corpo, ci porterebbe ad ottenere la massima
elevazione. Dunque, una buona esercitazione è quella di “staccare a
57
canestro”, cercando di portare le mani più in alto possibile rispetto al
cerchio.
Figura 39
Esercizio n.4 (Fig. 39)
Con un po’ di fantasia dovete realizzare un braccio a sbalzo sostenuto
su un montante (es. dove si appoggiano le asticelle). Il tutto posizionato
su di una superficie rigida, sopra il saccone di ricaduta. Al braccio deve
essere legato uno straccio e posizionato ad un’altezza tale da consentire
la massima espressione di stacco ed elevazione per l’atleta, che state
allenando. Chiaramente si deve staccare provenendo da una rincorsa
curvilinea..
Esercizio n.5 (Fig. 40)
58
Utilizzando 2 o 3 ostacoli a 50 cm., eseguendo sempre una rincorsa
curvilinea, dovete passare l’ostacolo, tipo passo stacco, dunque
ricadendo sull’arto di stacco, effettuare 4 appoggi finali e saltare
l’asticella, staccando nello stesso modo e con la stessa intensità.
Figura 40
Esercizio n. 6
Sforbiciate, queste sono utili per accentuare la spinta verticale nel
momento dello stacco.
Esercizio n.7
59
Salto frontale ad un piede e torsione aerea con valicamento asticella,
anche questo esercizio è molto utile per verticalizzare, consentendo
inoltre un’azione accentuata di arco dorsale.
Esercizio n.8
Stacco frontale a due piedi e torsione aerea, accentuando al massimo
l’arco dorsale durante il valicamento.
Questo esercizio è interessante, sempre per la capacità di far compiere
al corpo un ampio arco dorsale nel valicamento dell’asticella.
Questi esercizi sembrerebbero adatti per insegnare, ad un principiante,
il salto in alto, ma mi sono accorto che, molto spesso, gli atleti di alta
qualificazione dimenticano gli esercizi più semplici, dove la gestualità
viene enormemente semplificata e, quindi, il gesto finale diventa più
essenziale e redditizio.
Quando si ripete per migliaia di volte il solito movimento, l’attenzione
cala, gli stimoli nervosi si assuefanno, per poi diventare poco brillanti e,
quindi, impostare esercizi con varianti, dettate dalla fantasia e l’intuito,
fa ritrovare piacere nel fare un certo movimento. Ricordatevi che,
quando l’atleta si diverte in quello che fa, anche se scarsamente
allenato, riesce a dare il massimo di se stesso, ottenendo buoni
60
risultati. Quando lo stesso è mentalmente stanco e disinteressato, può
essere la persona più allenata del mondo e non riuscire ad ottenere un
bel niente!!
Molto spesso mi “incasino” nel proporre esercitazioni paradossali, ma
vedo che gli atleti si divertono, mi seguono ed i risultati, alla fine, in una
maniera o nell’altra vengono. Questo sport è un gioco e per divertirsi di
più si deve fare risultato, ma rimane un gioco e così, affinché questo
avvenga bene, bisogna divertirsi. Meditate, meditate ... !!!
61
CAPITOLO 3: SALTO IN LUNGO
Il salto in lungo è una disciplina che io ritengo estremamente semplice,
se si ha le basi motorie giuste apprese in età pre e post puberale. Per
basi motorie non intendo la conoscenza della tecnica del salto in lungo,
ma la semplice capacità di correre e saltare un fosso, di oltrepassare un
tronco di un albero adagiato in terra, correre e staccare e attaccarsi ad
una fune facendo il pendolo, oppure attaccarsi ad un ramo ed oscillare
come una scimmia. Chiaramente non tutti hanno avuto la fortuna di
esprimere la suddetta motricità, quindi se gli allenatori hanno una
visione globale di quella che può essere l’atletica, fin dalle categorie
promozionali, dovrebbero inserire nella loro programmazione tutte
quelle attività sviluppabili in un campo di atletica, denominate gioco
sport. Quando però siamo di fronte ad un atleta evoluto, ad esempio di
20 anni, specialista in un’altra disciplina tipo il salto in alto, si può
pensare allora di specializzarlo nelle altre discipline con le classiche
esercitazioni tecniche da professionista. Non dobbiamo incorrere in
questo errore, altrimenti rischieremmo di costruire un castello con
fondamenta di argilla, con il pericolo di far crollare tutto da un
momento all’altro. Dunque, si devono proporre esercitazioni che
62
sviluppino prima l’istinto del salto e la capacità di controllo del corpo,
nelle forme più semplici del movimento umano.
Da questi presupposti si devono poi diversificare le esercitazioni,
incrementandone la difficoltà per gradi successivi, arrivando pian piano
al gesto tecnico definitivo.
Questo discorso lo faccio sulla base di ennesime esperienze personali,
come allenatore, che a tutt’oggi mi stanno mettendo alla prova. Penso,
comunque, che la strada sia quella giusta, perché i risultati tangibili
sono già emersi.
Le esercitazioni, che secondo me sono le più interessanti, rientrano
nella sfera di quelle della corsa con gli ostacoli, delle andature
specifiche per il salto e di tutte le varianti possibili, ottenibili con ausili
didattici reperibili in un campo di atletica e non.
ESERCIZI PROPEDEUTICI
1 passo stacco
3 passo stacco
5 passi stacco
Doppio impulso, doppio impulso ampio, estensione caviglie, abbinando
il movimento di circonduzione in avanti, dietro e circonduzione opposta
63
delle braccia; balzi successivi, balzi alternati con entrata pelvica:
esercizi di anticipo penultimo appoggio prima dello stacco (vedi più
avanti nella parte dedicata allo stacco).
Esercizi con ostacoli
Il passo stacco effettuato fra gli ostacoli.
Il passo stacco con la stessa gamba di stacco, sfiorando la barriera con
l’arto libero, riatterrando sull’arto di stacco.
Figura 41
Esercizi in pedana con cordicella fra le mani, stacco e passaggio sotto le
gambe della cordicella.
64
Esercizi di corsa e balzi alternati, si alterna il balzo alla corsa x 100 m.,
aumentando la velocità di avanzamento, senza perdere velocità nel
balzo.
65
Fasi importanti del salto:
- La rincorsa si può effettuare:
partenza veloce, fase di decontrazione, ripresa max spinte e
aggressività, mantenendo la velocità, per giungere allo stacco; oppure
con partenza lenta in progressione ritmica.
- Preparazione stacco + stacco
In questa fase tutti cerchiamo la massima velocità d’avanzamento, con
il busto eretto braccia ben sincronizzate, spinte a terra potenti
accingendoci allo stacco, che avviene per tutti con una fase di
caricamento sul penultimo passo, e poi il successivo stacco, cercando di
trasferire il baricentro del corpo (bacino-busto) avanti-alto.
- Fase aerea
salto con 1/½ oppure 2 ½, salto a “raccolta” senza la corsa aerea, ma
con l’arco dorsale.
- Chiusura
Per tutti uguale, dove l’attenzione è di non anticipare l’entrata dei piedi
nella sabbia.
66
Ho fatto queste distinzioni perché d’ora in avanti vi dirò le esercitazioni,
che ritengo più efficaci, per migliorare tali momenti del salto.
- Rincorsa
Nella corsa del saltatore in lungo l’assetto del busto deve essere eretto,
non con il busto inclinato dietro; il piede deve compiere un percorso
circolare da dietro sotto il gluteo, il ginocchio si deve flettere,
innalzandosi verso l’anca, fino ad avere il tallone sotto la sua proiezione
in terra, 40 cm. circa avanti il bacino, e poi presa di contatto sulla
pedana. L’assetto della corsa deve prevedere, come ho già detto, il busto
eretto con il bacino allineato sotto, ginocchia alte fino al raggiungimento
dell’altezza dell’anca. È importante che il bacino sia il punto di
riferimento della corsa, ed esso deve sempre essere spinto in avanti.
67
L’appoggio del piede deve essere effettuato sull’avampiede, dando la
possibilità alla leva-caviglia di esprimere il massimo delle sue
potenzialità, dato che un appoggio di punta e tallone alto la renderebbe
totalmente scarica.
Figura 42
68
Per ottenere tutto questo, si devono proporre in successione gli esercizi
di corsa a gambe tese e quelli con graduale flessione ginocchio, skipp
con tallone sotto il gluteo, corsa in frequenza non molto dissimile dalle
azioni dello skipp, il tutto cercando uno sviluppo della falcata circolare
da sotto il bacino-avanti (Fig. 43).
Figura 43
Esecuzione rincorsa.
Ci può essere quella interpretata con partenza lenta e progressivo
aumento di spinte e velocità; è una rincorsa molto didattica, da
69
proporre sicuramente ai principianti, molto sicura per chi non è un
“professionista” del salto in lungo. Inoltre c’è la rincorsa con avvio
veloce, fase di decontrazione e mantenimento della velocità nella fase
finale degli ultimi 6/8 appoggi, dove le tensioni muscolari vengono
accentuate, aumentando la frequenza di appoggio e le spinte a terra. E’
questa una rincorsa, secondo me, da proporre ad atleti evoluti, veloci e
metodici nell’eseguire la tecnica di salto, cioè molto sicuri del loro gesto
tecnico.
Stacco.
Lo stacco è direttamente proporzionale alla rincorsa, cioè se si corre
bene si stacca altrettanto bene.
Talvolta, ma molto raramente, qualche atleta di livello corre male e
riesce, per doti personali, a realizzare uno stacco ed un salto
tecnicamente eccezionale; sono casi sporadici, che si verificano in tutte
le discipline di salto. Esistono però delle sfumature, che ogni atleta
attua per adattarsi al gesto tecnico specifico.
Tornando allo stacco, vediamo come si esegue. Innanzitutto è opportuno
dire che gli ultimi 6/8 appoggi della rincorsa devono essere eseguiti in
massima accelerazione, con il bacino alto e avanzante. Ovvero durante
la corsa la risultante delle forze, che opera per l’avanzamento del corpo,
70
deve passare attraverso il baricentro (il bacino). Questo consente di
avere il giusto assetto, che porterà poi l’atleta allo stacco.
Lo stacco è un momento del salto, dove si ha la massima espressione di
forza esprimibile nel più breve tempo possibile.
Figura 44
Lo stacco si dice che deve essere effettuato velocemente, ovvero non
deve esserci un’azione frenante sulla pedana, ma un trasferimento in
avanti rapido del corpo. Voglio riprendere il concetto di arco e freccia
espresso nei lanci, e riportarlo nei salti in estensione, paragonando il
corpo del saltatore alla freccia e la rincorsa e lo stacco all’arco; a questo
punto il corpo deve proiettarsi avanti con la massima velocità d’uscita.
Quindi il corpo è, in questo caso, come il giavellotto, che deve essere
scagliato il più lontano possibile, e l’atleta deve sfruttare i meccanismi
osteo-tendineo-muscolari, quelli articolari e la meccanica del
71
movimento, ed infine la tecnica specifica, per proiettarsi in avanti con
velocità nella buca di ricaduta.
Per farla breve il nostro baricentro allo stacco non deve fermarsi e
ripartire, bensì solo, senza incertezze, trasferirsi avanti, con una spinta
in più, data proprio dallo stacco.
Figura 45
Le fasi A, B, C e D devono essere compiute nel minor tempo possibile. In
tutti i salti ricordatevi un’avvertenza fondamentale, che lo stacco si crea
sul penultimo appoggio, dove deve esserci un marcamento dell’accento
ritmico della corsa; quindi maggiore spinta in terra e successivo ultimo
appoggio, dove la “linea di forza” consente di mantenere il corpo in una
posizione stabile, dalla quale può proiettarsi in avanti-alto.
Per linea di forza s’intende una tenuta muscolare potente che interessa i
distretti muscolari dell’arto di stacco, del busto e degli arti superiori.
72
Figura 46
L’atleta, al momento dello stacco, oltre a mantenere la linea di forza,
deve sfruttare l’alleggerimento dato dall’arto libero; infatti essendo una
massa in velocità, se ben controllata, riesce ad alleggerire il corpo
imprimendogli maggiore velocità di uscita. Affinché quanto detto sia
realizzabile, è necessario controllare l’estensione avanti dell’arto libero,
aprendo l’angolo coscia-gamba non oltre i 90°.
Figura 47
73
Anche il caso opposto è da evitare, ovvero la gamba esageratamente
flessa sulla coscia che determina un minore alleggerimento del corpo.
Tale posizione altro non è che un momento di passaggio dello stacco,
dato che l’arto libero, flettendosi, passa con il tallone sotto il gluteo, per
poi iniziare la sua estensione avanti, fino a raggiungere i 90° circa.
Figura 48
Ritornando al discorso dell’anticipo del penultimo appoggio, esiste una
esercitazione interessante per il suo apprendimento. Prendiamo il
nostro atleta (con stacco sinistro) e lo posizioniamo sul penultimo
appoggio destro, con l’arto sinistro flesso a 90°. Da questa posizione,
spingendo fortemente con l’arto destro verso l’avanti-alto, si scende in
appoggio con l’arto sinistro completamente esteso, allineato sotto il
bacino.
74
(N.B.: E’ importante prima che il piede sinistro tocchi terra, avere l’arto
libero nella posizione finale, cioè con le ginocchia all’altezza dell’anca ed
il tallone sotto la sua proiezione in terra).
Figura 49
In tutta questa azione il bacino non deve mai arretrare, ma sempre
essere avanzante.
Questo concetto di stacco l’ho applicato nel lungo ed allargato allo
studio dello stacco per il salto in alto, allo stacco per il passaggio degli
ostacoli ed anche al miglioramento della tecnica di corsa.
Fase di volo
Dopo aver effettuato quanto prima esposto e soprattutto avere dato il
massimo avanzamento al nostro baricentro (il bacino), ogni atleta,
secondo la sua sensibilità, interpreta la fase di volo nella maniera che
gli è più congeniale. Tale momento si può eseguire attraverso il salto a
75
raccolta, il salto con l’uno e mezzo o con due e mezzo. La cosa
fondamentale comunque rimane che la risultante delle forze, passante
per il bacino, si trasferisca avanti, garantendo lo sviluppo omogeneo di
una parabola di volo ideale; tutto ciò per ottimizzare e rendere merito
allo sforzo di aver cercato la massima velocità d’entrata ed il massimo
coinvolgimento muscolare allo stacco.
Nella mia esperienza personale ho sempre fatto adottare la tecnica
dell’uno e mezzo e del due e mezzo, poiché le ritengo più efficaci in
termini di prestazione.
Gli esercizi che adotto sono:
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Es. n° 1 estensione caviglie accentuando l’entrata pelvica.
Es. n° 2 estensione caviglie con entrata pelvica e rotazione in volo a
destra-sinistra
Es. n° 3 passaggio ostacolo, sfiorando con il piede dell’arto libero la
barriera (già visto precedentemente)
Es. n° 4 esercizio di stacco e fase di volo con atterraggio nella sabbia
con il ginocchio dell’arto di stacco e sul piede dell’arto libero
Es. n° 5 stesso esercizio precedente con la variante del cambio aereo
della posizione delle gambe al momento dello stacco.
Questi sono gli esercizi fondamentali da arricchire con tutte le andature
propedeutiche al salto in lungo, viste all’inizio di questo capitolo.
Ho trovato estremamente interessante e di facile apprendimento
proporre l’esercizio, che più avanti spiegherò e svilupperò, per impostare
uno schema motorio di salto ben preciso, che ritengo di eccezionale
rendimento.
Premetto che questo esercizio va studiato parallelamente a tutte le
esercitazioni di passo stacco e di propedeutica classica al salto in lungo.
Si tratta di iniziare con un salto a piedi pari, ai bordi della pedana di
lungo, portando gli arti inferiori a squadra, nella fase aerea, toccandosi i
piedi con le mani; dopodiché atterraggio a piedi pari nella sabbia.
77
Figura 50
Questo banale esercizio mi consente di gettare le basi per l’ottenimento
della massima tenuta della chiusura, che voglio nel salto.
Aggiungere, a quanto già detto, un prebalzo a piedi pari, per avere una
moderata velocità ed eseguire l’esercizio n.1.
Nel terzo momento di studio le braccia non devono più toccare i piedi,
ma essere slanciate dietro, tese, aspettando che la parabola finisca
naturalmente la sua traiettoria ed i piedi prendano contatto con la
sabbia. Insomma non si deve anticipare la chiusura!!
Figura 51
78
La chiusura si può fare classicamente, con l’entrata del bacino
nell’impronta dei piedi, od anche laterale. L’importante è entrare con il
bacino-schiena avanti all’impronta dei piedi.
Se vedete che l’idea è stata assimilata, allora proponete una mini
rincorsa e stacco ad un piede, eseguendo tutto ciò che è stato fatto
prima.
Figura 52
La mia idea è quella di ottimizzare il più possibile il salto, cioè avere il
massimo del rendimento dalla velocità della rincorsa e dallo stacco.
Questo tipo di chiusura non è certo la scoperta di niente, perché in
molti la eseguono, ma devo dire che è casuale. Intendo dire che, nella
didattica, si dice di tenere di più le gambe tese nella fase di chiusura,
ma quasi nessuno prova a spiegarci come si fa. Se ti viene, bene,
79
altrimenti ti accontenti di un gesto parziale. Ritornando alla tecnica,
non è facile rimanere nella posizione di volo a gambe a squadra. I limiti
riscontrabili sono sostanzialmente due: controllo posturale e forza dei
distretti muscolari impegnati in questo esercizio.
Per quanto riguarda il controllo posturale, io adotto i seguenti esercizi,
affinché l’allievo capisca la posizione del corpo da adottare in volo.
(Fig. 53): Seduto a terra, arti inferiori distesi, busto eretto, si afferra
l’allievo sotto le ascelle, gli chiediamo di irrigidire i flessori della coscia e,
comunque, di tonicizzare un po’ tutto il suo corpo, dopodiché a quel
punto lo solleviamo da terra.
Così facendo, l’allievo avverte chiaramente il tipo di sforzo da ricercare
per controllare il suo corpo nella fase di chiusura.
Figura 53
80
Frontalmente al saccone del salto in alto, a 30 cm. di distanza dalla
posizione statica, si stacca a piedi pari e si atterra seduti, con gli arti
inferiori distesi e quelli superiori tesi dietro al busto.
Vi domanderete perché insisto tanto sulle braccia tese dietro, credo sia
necessario chiarirlo prima di andare avanti. Guardando il salto di tanti
forti saltatori, che, nella fase aerea, effettuavano un movimento “a
soffietto”, fra il busto e le gambe mi sono accorto che
81
Figura 54
per compensare le masse degli arti inferiori, che si estendono avanti, si
devono slanciare dietro gli arti superiori, così che l’equilibrio del corpo
in volo si ristabilisce. Se non si effettua questo movimento, è difficoltoso
rimanere in aria nella suddetta posizione, provare per credere!
Un altro esercizio per imparare a tenere le gambe tese è, senza dubbio,
quello effettuabile in sospensione ad una sbarra, con gli arti inferiori a
squadra (90°) rispetto al busto. In questa situazione possiamo oscillare
avanti ed indietro, mantenendo questo assetto.
Figura 55
82
Oppure si può staccare, entrare in appoggio alla sbarra e predisporsi
con gli arti a squadra, effettuare un pendolo avanti-dietro ed al punto
morto anteriore uscire dalla sbarra.
Figura 56
Se poi frontalmente alla sbarra ci fosse un saccone di ricaduta, dopo
l’uscita si potrebbe atterrare nella medesima condizione di uscita dalla
sbarra, slanciando le braccia dietro. Oppure, sempre in sospensione alla
sbarra, mantenendo la squadra, si lancia un pallone medicinale verso
l’allievo, all’altezza del petto, e lui deve flettere e poi estendere gli arti
inferiori e con la punta del piede colpire la palla, ricalciandola in avanti.
83
Un esempio di chiusura fatta “a modo”. Non essendo stati gli allievi
in grado di produrre alcunché, è toccato al coach dare prova delle
sue innate capacità!
84
CAPITOLO 4: LANCI
N.B. Nelle spiegazioni che seguiranno, adotterò sempre una
terminologia che fa riferimento ad una persona che lancia con il braccio
destro.
Avertenze generali
Prima di passare alla spiegazione analitica dei lanci, voglio ricordare
alcune regole fondamentali, senza le quali i lanci non possono andare
lontano!!
Peso, Disco e Giavellotto
Devono essere interpretati all’insegna del ritmo, ovvero l’armonia del
lancio deve presupporre una partenza lenta, un progressivo aumento di
velocità ed un finale nettamente più intenso, dove però la linearità del
gesto rimane una costante.
Per linearità intendo dire che l’energia, che il nostro corpo può
realizzare per creare quelle forze che imprimeranno al peso la velocità di
avanzamento, deve essere tutta convogliata nell’attrezzo e non dispersa
in mille risultanti. Generalmente i bravi allenatori dei lanci dicono di
85
non mettere troppa forza nell’interpretazione del gesto. Allora il
concetto di forza dov’è che si deve inserire?
Essendo i lanci espressione di forza esplosiva, dovranno, da qualche
parte della loro esecuzione, dare spazio a questa qualità condizionale.
Essa va accumulata, gestita, controllata, per poi liberarla al momento
opportuno, ma solo in quel momento, perché si creerebbero delle
anomalie nell’esecuzione della giusta tecnica, ad esempio anticipando il
lancio con il busto, senza aspettare la spinta delle gambe.
La forza deve essere introdotta quando tutti i vincoli, realizzabili con il
corpo, per creare l’effetto “catapulta”, si sono manifestati, quindi il
busto è anticipato dalle gambe, le anche spingono avanti verso il lancio,
l’arto sinistro (quello avanti) contrasta la tendenza del corpo a
“sfuggire”, ed ecco che il momento topico è giunto, perché è proprio lì
che si deve concretizzare la massima forza esplosiva e, quindi,
propulsiva per l’attrezzo.
In tutti i lanci questi momenti sono riscontrabili, ed è a questo
proposito che lo schema motorio realizzabile è pressoché uguale.
Naturalmente cambia l’attrezzo, e quindi la sua posizione rispetto al
corpo, ma per lanciare più lontano si deve rispettare quella successione
di movimenti, di armonia e di ritmo prima esposti.
86
Spesso, per farmi capire dai miei atleti, sfrutto la similitudine dell’arco e
della freccia, dove il primo è il ragazzo ed il secondo l’attrezzo: “tu sei
l’arco e l’attrezzo è la freccia”, dico loro per far capire che sono un
elemento elastico, o perlomeno devono tendere all’elasticità, per dare la
massima velocità d’uscita alla freccia.
Per riassumere e per ben interpretare i lanci è necessario essere
armoniosi, ritmici (lento-veloce), elastici e forti.
Disco
Esercizi di forza speciale:
• croci su panca
Figura 57
• simulazione lancio da supini su panca, con manubrio o piastra in
mano (si eleva il busto e si simula il lancio)
87
Figura 58
• rotazione busto con bilanciere sulle spalle seduti su panca, con
distensione alternata degli arti inferiori.
Figura 59
• lancio di manubri da fermo e in rotazione 3, 4 kg.
• lancio di manubrio appoggiato su uno sgabello dalla posizione di
appoggio dx, dopo inizio rotazione, con il busto totalmente ruotato
rispetto alle gambe (da questa posizione il sinistro va in appoggio
alla fine della pedana)
88
Figura 60
• simulazione lancio all’ercolina (dx./sx.) con carichi crescenti
Figura 61
• serie successive di rotazioni in pista senza fermarsi, con sbarra
sulle spalle, oppure pallone con corda.
Figura 62
89
• lancio di pallone con la corda
In questo esercizio propedeutico si esaspera la lunghezza della leva
braccio-attrezzo, con il risultato di una instabilità dell’attrezzo ed un
maggior controllo della tecnica. Inoltre, in tutta la rotazione, l’attrezzo
deve per forza di cose rimanere arretrato, rispetto al busto ed alle
gambe. Nel finale si deve, senza dubbio alcuno, entrare con le anche ed
avere il puntello (blocco) dell’arto sinistro e poi lanciare.
Senza questi presupposti l’attrezzo va da tutte le parti, tranne che
avanti dritto.
• Lancio di manubri
• Lancio del disco o manubri su una superficie ristretta, tipo 3 assi
da carpentieri accostate, che abbiano una larghezza di circa 80
cm. ed una lunghezza di 3 m.
Essendo questo spazio molto ristretto, è estremamente importante il
controllo di tutta la gestualità esprimibile solitamente in pedana. Per cui
l’allievo non potrà assolutamente eccedere in esuberanza ed anticipare
il lancio con il busto ed il braccio, senza aver preventivamente attivato
gli arti inferiori.
90
Figura 63
Trovo interessante lanciare con attrezzi più leggeri, tipo
1,750/1,500/1,000 kg. Questo per rendere il lancio più armonico,
all’insegna della decontrazione, dato che per lanciare lontano tali
attrezzi, vi è la necessità di una gestualità decisamente più decontratta
e più coordinata.
Peso
Come in tutte le cose, anche in questa disciplina si dovranno rispettare
le tappe fondamentali e non si deve partire subito con la tecnica precisa
con quella del campione. Bisogna sempre insegnare i propedeutici di
base e poi, pian piano, cambiare qua e là le carte in tavola, sempre però
lentamente, solo quando l’allievo dimostrerà di aver appreso bene il
precedente insegnamento.
91
Esercizi propedeutici di simulazione
• Serie di traslocazioni in pista, entrando sotto con la gamba destra
e piede ruotato, il tutto senza fermarsi.
• Partenza dorsale e traslocazione calciando con il sinistro un
pallone.
Figura 64
• Mani in appoggio al muro e allontanamento dallo stesso
estendendo la gamba destra, il tutto da una posizione raccolta.
92
N.B. Bisogna staccarsi dal muro aspettando la rullata del piede destro
fino al tallone. Quando siamo sul tallone destro, si slancia dietro l’arto
sinistro, a quel punto rientrare con la gamba sotto il corpo.
• Lancio con partenza dorsale e con il braccio che porta il peso
bloccato, cercando di spingere solo con le gambe e
successivamente aprendo la mano per far uscire il peso in avanti.
Non ci deve essere estensione del braccio, ma solo uno
scostamento del peso dal collo e l’apertura della mano.
93
Questo modo di lanciare è interessante da adottare in tutti e tre i lanci.
Sono interessanti anche i lanci effettuati da seduti:
1. lancio da seduto, solo con la partecipazione del braccio destro.
Figura 65
94
2. Lancio da seduto, sfruttando però la spinta degli arti inferiori, che
estendendosi proiettano il peso in avanti-alto.
Esercitazioni specifiche di lancio
• lancio con 6 kg. e con 8 kg., da fare spesso.
• 1/2 traslocazione + salto + lancio. Questo esercizio lo
propongo qualora l’allievo non riesca ad imprimere forza
con le gambe. Ecco allora che, come momento di passaggio
per strutturare uno schema di lancio più adeguato e
redditizio in gara, penso possa essere un espediente utile.
In seguito poi si cercherà di ritornare ad un lancio con i
piedi a terra e “cambio”, solo come possibilità per evitare il
nullo, a causa dell’eccessivo sbilanciamento in avanti del
corpo.
Figura 66
95
• Microtraslocazioni + lancio (sfruttare la pedana meno 2 piedi
circa).
Devo aprire una parentesi riguardo al lancio del peso in rotazione, che
negli ultimi anni ha preso campo, più della traslocazione (perlomeno
negli atleti evoluti). È sicuramente una tecnica redditizia per l’elevata
velocità che può raggiungere il sistema corpo-attrezzo.
Per essere sicuri che questa tecnica dia la massima sicurezza di un
buon risultato, è necessario eseguire centinaia di lanci in allenamento e
molte gare, dove fare esperienza per ben interpretare il ritmo di lancio
ed essere sicuri di non fare lanci nulli. Purtroppo nel Decathlon ci sono
solo tre lanci e non si può quindi pensare come un lanciatore di peso
che, se azzecca anche l’ultimo lancio, va nella finale e può ricominciare
la gara. Se noi falliamo nei primi due lanci, siamo costretti a fare
l’ultimo molto controllato, con sicurezza, non avendo la minima
possibilità di errore. Ecco la necessità, quindi, di una tecnica
traslatoria, più sicura e di interpretazione più facile, che garantisca in
gara un risultato medio-alto sicuro. Invece, la rotazione del peso può
essere utile per imparare meglio la dinamica del lancio del disco,
perlomeno per ciò che riguarda le gambe ed il busto, dato che tutto deve
96
avvenire in uno spazio più stretto e, quindi, necessita di più sensibilità
per la realizzazione del gesto corretto.
Giavellotto
(lanciatore destro)
Come in tutte le discipline atletiche, anche in questa, se un allenatore
vuole ottenere rapidi risultati, deve proporsi con una dialettica semplice
e capibile, così che l’apprendimento dell’allievo sia immediato.
Ad esempio, nel giavellotto mi è sempre stato detto che si doveva fare
l’arco dorsale, così da creare quell’effetto fionda, da trasmettere
nell’attrezzo.
Figura 67
Per ottenere questa situazione ci sono due strade: la prima, quella in
cui credevo, è quella di arrivare dopo il passo d’impulso finale,
piazzandosi in posizione base per il lancio, per poi cercare il più
97
rapidamente possibile questa rotazione del busto e lanciare. Tutto
questo porta ad un rallentamento del gesto e, quindi, l’annientamento
dell’inerzia data dalla rincorsa. Dopo anni di arrabbiature, date dal fatto
di non riuscire a migliorare le mie prestazioni, (le quali non andavano
oltre 52 m.), durante un raduno a Formia, consultandomi con due
colleghi di Decathlon (Sferruzzi e Asta), ebbi l’illuminazione ed i miei
lanci arrivarono in brevissimo tempo fino a 60 m.
Questi due ragazzi mi trasmisero l’idea del lancio in una maniera che io
riuscii subito a metabolizzare, e quindi realizzare in un gesto motorio.
A questo punto vi chiederete cosa mai mi avranno detto. Semplicemente
che, dopo il passo d’impulso, all’arrivo del destro, non si deve cercare
rapidamente l’appoggio del piede sinistro, per l’accelerazione del gesto,
ma il piede destro deve continuare a spingere e ruotare, (come “si fosse
inciampati”, ovvero incappati in un ostacolo, che ha fermato il piede,
facendoci cadere avanti) fino alla sua torsione completa. Mentre accade
tutto questo, l’arto sinistro deve essere totalmente esteso ed irrigidito,
per giungere all’impatto in terra, senza piegarsi. (Per spiegarlo all’allievo,
si può far riferimento all’esempio di un compasso che si apre). Il braccio
destro, mentre si sviluppa questa situazione, rimane esteso al massimo
il più indietro possibile rispetto al busto, con la mano supinata (cioè
rivolta in alto).
98
Figura 68
Nella posizione B e C il piede destro spinge in avanti e ruota sulla punta
(avampiede), da destra verso sinistra, fino ad appoggiare sulla sua parte
esterna destra, mentre il giavellotto esce dalla mano destra (fig. D - E -
F).
Figura 69
A questo punto siamo nella posizione chiave del lancio, cioè il famoso
arco dorsale, che non viene fatto con la volontà di eseguire tale
posizione, bensì come conseguenza di gesti motori particolari, effettuati
99
precedentemente, che fanno assumere, in un certo momento e per
brevissimi istanti, la posizione dell’arco.
Mi rendo conto che non è facile far capire con chiarezza questo
concetto, perché è legato alle sensazioni ed all’istinto che ogni atleta
affina lanciando migliaia di volte, ma spero lo stesso di essermi
spiegato.
Dalla posizione F, tutta l’energia cinetica accumulata dal corpo si deve
scaricare sull’attrezzo, in brevissimi istanti, mantenendo un
atteggiamento muscolo-articolare tonico ed elastico, non rigido,
all’insegna della forza. L’attrezzo deve passare da dietro, sopra la testa,
e spinto il più possibile in avanti.
Figura 70
La situazione delle gambe dalla posizione F si modifica per effetto della
potente spinta in avanti, dovuta alla gamba destra che, distendendosi,
100
fa trasferire il sistema busto-giavellotto sulla gamba sinistra, che fino a
quel momento aveva fatto da “puntello”.
Esercizi propedeutici
Lancio di palline appesantite.
Lancio di mozziconi di asta ed asticelle.
Esercizi di entrata delle anche ed arco dorsale all’ercolina.
Esercizi con elastico lungo circa 1 m. con due maniglie anteriore e
posteriore allo stesso. L’allievo afferra una delle due estremità, mentre
l’altra viene mantenuta dall’assistente. L’allievo effettua i passi
incrociati e l’allenatore lo segue correndo, mantenendo una tensione
costante sull’elastico; tale accortezza consente di far mantenere il busto
sempre arretrato. Infine, si esegue il passo d’impulso ed il gesto del
lancio.
101
Esercizi di corsa a passi speciali x 40 m. circa con impulso finale e
lancio. N.B.: mantenere sempre il busto molto arretrato effettuando
spinte potenti e complete con i piedi.
102
Lanci da fermo, 1 passo + impulso, 2 passi + impulso, 3 passi +
impulso.
Per mantenere la velocità della rincorsa, senza annullarla scaricandola
in terra, si deve spingere con grande forza con la gamba destra verso
avanti, quindi aprire “a compasso” la gamba sinistra, spingendola
avanti il più possibile. Quando si tocca terra s’innesca il meccanismo
catapulta, dove la gamba sinistra rimane tesa e fa da puntello a tutto il
corpo, mentre il giavellotto passa sopra senza rallentare la velocità di
rincorsa.
103
Concludo questo capitolo con una nota fondamentale: a mio avviso, non
tutte le persone sono in grado di arrivare ad ottenere in tempi brevi un
controllo motorio, che consenta loro di effettuare l’esercizio di lancio
come ho appena esposto. Dobbiamo quindi temporaneamente
abbandonare la suddetta strada e cercare una gestualità più semplice, e
più congeniale all’atleta, così da strutturare un gesto, se non altro
efficace e redditizio. Con il tempo poi, impartiremo all’atleta delle
direttive che mirino a variare, a poco a poco, il lancio, ma solo se
quest’ultimo avrà ben strutturato le regole fondamentali.
104
CAPITOLO 5: 100 M.
La velocità è una materia che da sempre mi ha interessato e
sconcertato, perché non ho mai avuto un controllo del corpo, nei 100
m., che mi consentisse di esprimere le mie massime potenzialità.
Eppure di controllo motorio ne ho avuto sempre tanto, ma in questa
disciplina mi sono perso in un bicchier d’acqua. Le ho provate di tutte,
ma i miglioramenti sono sempre stati scarsi.
Ad ogni modo, proprio la mia maniacale perseveranza, mi ha dato una
conoscenza minuziosa della propedeutica e della tecnica di corsa ed ora,
da allenatore, questa conoscenza l’ho messa a frutto, ottenendo dei
buoni risultati.
Il mio problema era quello di non riuscire ad avere il controllo del corpo
sotto tensione agonistica, per cui, peccando di zelo, mi scomponevo nel
gesto tecnico ed anticipavo i movimenti, pensando che la loro
rapidizzazione mi consentisse un più veloce avanzamento.
Spiegato questo, posso dirvi che chiunque abbia quel controllo, che a
me è mancato, e naturalmente un po’ di “fibre bianche”, può ottenere
dei buoni risultati nei 100 m. Per buoni risultati intendo dire 11”.0;
chiaramente, se poi nella carriera si incontra il talento, il risultato può
essere sensibilmente migliorato.
105
Il talento io l’ho trovato dopo 10 anni di attività di allenatore, ed ora sto
confermando la regola. Infatti, per l’ennesima volta, sto notando nel
gruppo di Decathleti, come la forza non sia nulla, senza il controllo
(parafrasando una famosa pubblicità!).
Ho introdotto due elementi fondamentali, il controllo e la forza, che sono
la sintesi di tutta l’atletica, quindi, come in tutte le discipline, anche
nella velocità è inutile avere tanta forza, se non la sappiamo sfruttare.
Propedeutica di base per l’apprendimento di un corretto schema per la
corsa dei 100 m.
L’addestramento sulla tecnica (sempre in maniera blanda), può iniziare
meglio verso gli 11-12 anni, prima di tale età gli allievi non hanno
sufficiente coordinazione e destrezza nel controllare il proprio corpo,
come noi allenatori vorremmo. Perlomeno la stragrande maggioranza dei
ragazzi non ce la fa, a parte qualche eccezione, che esiste sempre.
Qualcuno potrebbe anche farmi notare che in certi sport, vedi
l’attrezzistica, già a 8-10 anni, i giovani atleti riescono ad elaborare delle
progressioni di esercizi così complessi, che la tecnica di corsa
diventerebbe un gioco da poppanti. Bisogna comunque sapere che in
quel caso, si sfocia in una aberrazione dello sport, secondo il mio
modesto giudizio, perché si richiede agli allievi la messa a punto di
schemi motori complessi, attraverso la coercizione.
106
Dalla mia esperienza sportiva, ho avuto modo di vedere nell’attrezzistica
dei modi decisamente non pedagogici di insegnamento, ma chiaramente
non si può fare di tutta l’erba un fascio.
La non logicità di questo metodo consiste nella ripetizione meccanica ed
ossessiva di movimenti, sfruttando l’elasticità e la flessibilità dei corpi di
8-10 anni di vita. Tutto ciò però contrasta con l’evoluzione psicologica e
fisica, che ancora non può sopportare certi livelli di stress, ed è proprio
in questo momento che si crea il danno perché, per imporre un certo
tipo di disciplina corporea, si deve psicologicamente spersonalizzare il
ragazzo.
Mi auguro che, nei centri di avviamento all’attrezzistica, ci siano
insegnanti che attuino un metodo meno traumatico, ma più
pedagogicamente rispettoso delle tappe evolutive.
Dico mi auguro, perché l’attrezzistica è una disciplina bellissima e dalle
componenti neuro-muscolari più efficaci, per ottenere una conoscenza
motoria da poter estendere a tutte le discipline.
La critica che ho mosso riguardo all’attrezzistica, abbraccia tutte quelle
discipline sportive, che tendono a specializzare prematuramente i
giovani atleti, quindi tornando al nostro mondo, l’atletica, dove
oltretutto si cerca la specializzazione in età più avanzate rispetto
all’attrezzistica, tipo 14/15 anni, è da ritenersi deleterio, per il giusto
107
sviluppo motorio, una così precoce ricerca della perfezione nella
specialità, quando ancora non si è lavorato sull’addestramento della
motricità di base. Si deve, dunque, prima insegnare insistentemente le
basi del movimento e poi le varie differenziazioni nelle discipline
atletiche; ad esempio il salto attraverso una gestualità semplice, che
richiami più l’essenzialità del salto di un fosso che di un 2 e ½ del
grande lunghista; il lancio del giavellotto o del peso, avendo la stessa
attenzione sopra menzionata. Pertanto, le tappe sono obbligatorie per
tutti gli allenatori, se si vuole far rendere al massimo qualsiasi atleta.
Tutti noi dobbiamo passare da questa strutturazione degli schemi
motori di base, per poi passare a successivi gradi di difficoltà ed arrivare
al gesto tecnico perfetto.
Tornando, invece, al discorso dell’addestramento dei giovani atleti, per
quanto riguarda la velocità, il metodo che propongo è il seguente: tutte
le andature propedeutiche per la corsa veloce, partendo dalla corsa a
gambe tese avanti, dove chiunque, se attento a quello che esegue, riesce
ad avere una spinta elastica. Dovete prendere i vostri ragazzi e fare
eseguire loro questo banale esercizio che, salvo problemi di
coordinazione o di piede piatto, tutti indistintamente scoprono di poter
avere una spinta a terra elastica, per cui questa peculiarità va pian
piano riportata nella corsa.
108
Da questo esercizio si passa ad uno skipp ampio (piegando il ginocchio
rispetto alla corsa a gambe tese), con il busto arretrato, in modo da
mantenere quelle caratteristiche meccaniche riscontrate nell’esercizio
precedente (vedi fig. 71). Con l’introduzione del ginocchio flesso, l’azione
diventa più armoniosa e, se l’allievo ha prestato la giusta attenzione nel
mantenere quella elasticità di piede, ci accorgeremo che la strada
imboccata è quella giusta. Da tutti i presupposti citati, con la fantasia e
l’applicazione di tutti i vari esercizi propedeutici alla velocità, potrete
strutturare uno schema motorio, anche per la corsa veloce, molto
redditizio.
Figura 71
Dopo la didattica prima citata si passa poi allo Skipp ampio scalciato
alto con tallone sotto il gluteo.
109
Figura 72
Il momento critico per avere un’evoluzione tecnica nella corsa veloce è
proprio questo, cioè il passaggio dello skipp ampio scalciato alto, allo
skipp normale, sempre con tallone che si chiude sotto il gluteo, per poi
passare alla corsa in frequenza e, in ultimo, alla corsa normale, con la
giusta ampiezza.
I ragazzi devono capire che le andature sono proprio uno strumento
didattico per insegnare la corsa, il salto, talvolta anche il lancio. Gli
allenatori devono, dunque, prestare attenzione allo studio delle
andature e proporle con una didattica, prima elementare e poi con un
moderato incremento di difficoltà. Provate questo metodo, aggiungendo
tutte le variazioni del caso, che la vostra fantasia vi suggerisce, ma vi
consiglio di adottarlo con caparbietà, non tanto con i ragazzi più
promettenti, quanto con le “schiappe”, proprio per rendersi conto della
sua efficacia.
110
Nel mio caso ho avuto enormi successi e degli allievi, con capacità
elastiche e coordinative apparentemente inesistenti, hanno avuto una
evoluzione quasi miracolosa!
I 100 m. si scompongono nelle seguenti parti: partenza, fase di
accelerazione, fase di corsa lanciata. Su tutto ciò non c’è ombra di
dubbio, ma come si fa a trasmettere all’allievo tutte le sensazioni,
affinché riesca a realizzare quello che noi stiamo dicendo.
Ad esempio, come si fa a partire bene? Tutti avranno sentito dire “devi
spingere sui blocchi”, ma non è per nulla facile effettuare questo tipo di
spinta. Io sono arrivato alla conclusione che ciò che ho detto sopra sia
realizzabile non pensando direttamente a spingere sui blocchi, ma
effettuando un’azione indiretta, cioè che produca lo stesso effetto
meccanico e motorio (l’uscita dai blocchi). Si tratta di pensare a portare
il piede posteriore sotto il gluteo, mentre il busto si sbilancia in avanti.
Normalmente i più che si avvicinano a questo tipo di esercizio perdono
la spinta sui blocchi, perché il busto è già proiettato avanti, quindi il
peso non grava più sulle gambe, e si effettua una spinta a vuoto.
Figura 73
111
Portare il tallone sotto il gluteo genera una reazione meccanica di spinta
in avanti, perché il blocco, nel momento che pensiamo a portare il piede
sotto il gluteo, viene gravato di gran parte del peso del corpo, per cui il
piede avverte un punto di appoggio sul quale spingere. Il pensare, come
prima cosa, al momento dello sparo dello starter, di portare il tallone
sotto il gluteo, impedisce di anticipare con il busto l’uscita dai blocchi,
quindi di rispettare la giusta successione di movimenti, per realizzare
una corretta partenza.
Chiaramente le stesse avvertenze devono essere realizzate sulla seconda
spinta dal blocco, e per tutti i vari appoggi nella fase di accelerazione.
112
Importantissime sono le braccia, che devono oscillare armoniosamente,
compensando lo spostamento delle masse degli arti inferiori e
sinergizzandosi alla loro spinta avanti. Anche le braccia, avendo un
peso, sono meccanicamente utilizzabili per accentuare la forza
propulsiva nella corsa.
113
Altra avvertenza importante è quella riguardante lo sguardo, che deve
essere rivolto sulla pista, a 2/3 metri davanti al proprio corpo.
Il busto deve essere in linea di spinta con l’arto posteriore e, per
effettuare ciò, è importante completare la spinta a terra senza affrettare
troppo il successivo appoggio. L’azione delle braccia deve essere in
sincronia con tutto il gesto motorio.
A questo punto, anche in questo caso, esiste un ritmo di esecuzione del
gesto tecnico. Non si deve peccare di zelo, cercando di rapidizzare il
movimento in maniera convulsa, perché porterebbe ad una inefficace
applicazione delle forze propulsive per il corpo. La successione dei
114
movimenti deve essere ritmica e ripetitiva e, per adoperare un aggettivo
della musica classica, deve essere un “crescendo ostinato”, intendendo
la ripetizione delle stesse note, sempre con maggior intensità e velocità.
Per essere ancora più chiari, il ciclo completo di una falcata, cioè
l’appoggio dello stesso piede due volte, si deve esprimere sempre nella
solita maniera e, con un aumento progressivo di rapidità nell’appoggio-
spinta. La fase di accelerazione si protrae fino a 30/35 m., per taluni
atleti di alto livello fino a 40 m. Nella prima parte si cerca di rimanere il
più allineati possibile fra il busto e gli arti inferiori, progressivamente
poi il busto si raddrizza e, come effettuando un mixage tipo DJ in
discoteca, ci si ritrova nella posizione eretta, con il ginocchio alto fino
all’anca, il recupero del piede sotto il gluteo e apertura avanti del
ginocchio, fino a portare il tallone allineato ad esso.
Figura 74
115
L’appoggio a terra deve essere effettuato, senza un arrivo di punta,
40/50 cm. avanti il bacino. Il piede è importantissimo che, sia nella fase
aerea come in quella di appoggio, sia in flessione dorsale (a martello),
così da poggiarsi in terra sul suo terzo anteriore (avampiede), con le dita
ipertese (fig. 75).
Figura 75
Nella fig. 76 ho invece evidenziato un difetto comune a quasi tutti gli
atleti principianti, dove il piede, toccando terra con la punta, genera
un’azione frenante per tutto il corpo. Questo problema si evidenzia
soprattutto quando si corre scalciando avanti le gambe.
116
Figura 76
E’ evidente che questo tipo di corsa scalciata deve essere subito
corretta, facendo prendere coscienza all’allievo del grossolano difetto, e
poi intervenendo con tutte le andature propedeutiche esposte
precedentemente.
Un’altra problematica importante è quella riguardante l’ampiezza degli
appoggi. Tale assetto della corsa è stato ampiamente studiata dal Prof.
Carlo Vittori e, quindi, cosa altro aggiungere a quanto già
esaurientemente spiegato.
L’unica cosa da ribadire è che l’ampiezza del passo si raggiunge nei
primi 30/35 di accelerazione, nei quali non si deve affrettare la discesa
a terra del piede, ma rispettare il tempo di volo, concludendo la spinta
dell’arto posteriore.
117
Nel passaggio fase di accelerazione - fase lanciata, dovremmo dunque
aver raggiunto la giusta ampiezza di corsa, che deve essere mantenuta
aumentando la frequenza dei movimenti.
A questo punto siamo nella fase lanciata della corsa, dove si cerca di
portare il tallone dell’arto posteriore sempre in direzione del gluteo,
precisamente sotto di esso, ed assolutamente non dietro (va precisato
che il piede passa sotto il gluteo a circa 40 cm.). I tempi di appoggio a
terra devono essere ridotti al minimo, l’azione delle braccia deve
sinergizzarsi a quella degli arti inferiori, senza anticipare il loro
incedere. Il busto deve essere leggermente flesso anteriormente, con la
parte costale chiusa su quella ventrale.
Chiaramente non si deve stare con il busto troppo inclinato in avanti.
Lo stesso vale anche per il caso opposto, ovvero inclinato indietro.
Attraverso queste avvertenze e la particolarità degli allenamenti che
propongo, sono riuscito ad ottenere buoni risultati e spero in futuro di
riconfermarli, anzi addirittura migliorarli.
118
119
CAPITOLO 6: 400 M.
(Da cui scaturisce l’allenamento dei 1.500 m.)
Su questa gara penso che non ci si debba dilungare troppo, e che debba
essere posta l’attenzione solo sulla giusta psicologia, da avere durante la
gara, e sulla sua programmazione annuale.
Tecnicamente posso dire che l’assetto di corsa e l’economia del
movimento consenta l’ottimizzazione delle performances, ma la cosa
fondamentale è quella di insegnare, fin dalle categorie giovanili, a non
avere paura di questo tipo di prova, attraverso un approccio graduale e
progressivo. Personalmente, per atleti cadetti, propongo allenamenti con
una prova di corsa prolungata a fine seduta, sempre diversa,
chiaramente ad un ritmo ben sostenibile. Spesso faccio cimentare gli
atleti sul “giro della morte”, cioè 400 m., ed a parte qualche ragazzo
particolarmente ricalcitrante, ho sempre avuto una risposta positiva.
Bisogna dire che i giovani atleti, che si cimentano sui 400 m., hanno
una buona dose di incoscienza, che manca negli adulti, per cui questa
caratteristica va saputa sfruttare, ma in maniera intelligente.
La gradualità e la progressività degli allenamenti devono essere
preponderanti, non si deve esagerare, dato che l’impatto alla gara può
essere psicologicamente negativo.
120
Nella mia esperienza questa negatività è stata una costante, dato che fin
dalle prime esperienze questi 400 m. hanno rappresentato solo grande
fatica e tante frustrazioni. Sono arrivato a correre il “giro della morte”
sempre con la paura della famosa “botta” negli ultimi 100 m., e quindi
sempre sulla difensiva, senza mai riuscire a gareggiare contro gli altri,
ma solo contro le mie angosce.
Per risolvere questo tipo di problema, oltre ad avere nel proprio
trascorso sportivo l’approccio graduale che prima ho menzionato, si
deve impostare la programmazione annuale, iniziando nel periodo
fondamentale con un lavoro tutto improntato sulla resistenza aerobica,
che rappresenta la prima tappa fondamentale del training che io
consiglio.
Parallelamente si deve lavorare sulla tecnica di corsa e sulla velocità,
che devono essere sempre ben allenate per tutto l’arco dell’anno. Questo
periodo di resistenza aerobica deve durare perlomeno 8 settimane, ed i
lavori devono essere il più possibile diversificati, dopodiché si passa alla
potenza aerobica. Il primo ciclo per i 400 m. è fondamentale per avere
quelle giuste capacità di resistenza generale, che creino i presupposti
per reggere il grosso stress prodotto dalla potenza aerobica.
La Resistenza Aerobica la sviluppo attraverso i cross di 25/30 min. a
ritmi di 4’10 - 4’00 - 3.40 al km., oppure con Farthlek di circa 20 min.,
121
Circuit Training sviluppati su 400 m. dove, fra un esercizio e l’altro, si
intervalla una corsa a ritmi di 18” ogni 100 m.
La potenza aerobica la sviluppo con le classiche prove frazionate, fino a
3000 m. Cerco di diversificare il più possibile le distanze, in modo che
non ci sia mai un adattamento mentale.
Io prediligo un tipo di Potenza Aerobica mista, ovvero intervallata da
una prova di velocità ad un ritmo pari a l’85/90% della propria velocità
massima. Propongo dunque delle doppiette di esercizi (800 m. + 100 m.)
Rec. 5 min. + (600 + 100) + (500 + 100) + (400 + 100) + (300 + 100) +
200m.
Attraverso questo tipo di lavoro ho visto che , nonostante la fatica che
procura la prova lunga, la risposta allo stimolo veloce è positiva, anzi
annulla parzialmente la tensione muscolare, caratteristica delle ripetute
lunghe. Penso che, comunque, la nostra attività debba esser sempre
all’insegna della rapidità e velocità, quindi effettuare con poco recupero
un 100 m. consente di annullare parzialmente gli stimoli lenti prodotti
dalla potenza aerobica.
Nella stagione 1999-2000 mi sono avvalso molto di questo tipo di prove
ed ho riscontrato degli ottimi risultati. Anche questo periodo si sviluppa,
più o meno, in 8 settimane in cui, qui mi ripeto, lo sviluppo della
velocità e del controllo della tecnica deve essere costante, considerando
122
anche che il ciclo di resistenza aerobica è cominciato intorno a
novembre fino a dicembre, e che il ciclo di potenza aerobica è durato
altri due mesi, quindi da gennaio-febbraio sviluppiamo il periodo
dedicato alla potenza aerobica e, per concludere, passiamo ad altre 8
settimane, dove si eseguono lavori lattacidi.
A questo proposito vorrei aprire una parentesi, perché sono
estremamente convinto, avvalendomi delle mie esperienze di campo, che
non si debba lavorare in maniera ossessiva sui lavori lattacidi, per
ottenere quel condizionamento muscolare utile per concludere un 400
m. nel più breve tempo possibile. La mia teoria, che non è altro che il
frutto di esperienze personali e di confronti con atleti di vertice, di
empirismo effettuato nell’esperienza di allenatore e, soprattutto, di
risultati che ho visto palesarsi, fonda le sue ragioni sul concetto che,
per correre bene i 400 m., bisogna riuscire ad esprimere una velocità
mediamente massimale, con il minimo dispendio energetico, effettuando
una azione motoria economica ed altamente redditizia. I 400 m. sono
una gara per velocisti e, quindi, va allenata con gli strumenti adeguati
della velocità. Chi è competente in questo settore dice che fra i primi ed
i secondi 200 m. ci devono essere 2 secondi di differenza, pertanto
appare evidente quanto sia importante la capacità di esprimere velocità,
123
per consentire un passaggio ottimale ai primi 200 m., per poi
continuare fino alla fine, perdendo meno secondi possibili.
Emergono dunque due costanti, la sopra citata velocità massima e poi
la capacità di accumulare minor acido lattico, per non arrivare ai 300
m. e praticamente fermarsi. Ecco che la potenza aerobica rappresenta la
chiave di lettura per avere la possibilità di continuare, fino alla fine del
“giro della morte”.
La potenza aerobica fa sì che, nel momento in cui la concentrazione di
acido lattico diventa inibente l’azione della corsa, si avvicini sempre più
l’arrivo dei 400 m. Per essere più chiari, se un atleta che corre ad una
velocità medio-alta per fare i 400 m., ha la sua soglia anaerobica
lattacida a 160 pulsazioni/min., dovrà tenere un ritmo un po’ sotto
questa soglia. Se però tale soglia la spostiamo, attraverso l’allenamento,
a 180-190 pulsazioni/min., appare evidente che la sua azione di corsa
potrà essere decisamente più veloce e duratura.
Quindi, attraverso la resistenza aerobica, la potenza aerobica e tutti i
lavori di velocità-resistenza alla velocità e lattacidi vari, si riusciranno a
creare i giusti presupposti per esprimersi al meglio sui 400 m.
Il fulcro del mio training rimane comunque la potenza aerobica, e non
l’allenamento lattacido, perché quest’ultimo lascia sempre postumi, che
l’organismo riesce a smaltire con grande difficoltà. Ma allora, come si
124
può migliorare la tenuta al giusto ritmo per i 400 m.? Attraverso
l’innalzamento della soglia anaerobica/lattacida ed il miglioramento
della velocità sulle distanze tipo i 100/150/200/300 m. Per ottenere la
massima velocità su queste prove è appunto necessario effettuare tutto
l’iter dell’allenamento del velocista, pertanto avere una tecnica di corsa
armoniosa ed economica. Un atleta che riesce ad ottenere queste
costanti, è in grado di muoversi con molta meno fatica.
Tanti atleti, come il sottoscritto, si sono finiti con le prove lattacide,
quindi i vari 300 m. e 500 m., ma poi alla fine non si sono raccolti dei
buoni risultati a causa della fatica affrontata. Attraverso la potenza
aerobica si deve arrivare a percorrere le distanze sopra citate, cercando
di rimanere il più possibile nella fase aerobica, al limite della soglia
anaerobica lattacida; se per fare 300 m., al giusto ritmo di passaggio per
i 400m., impieghiamo 36 sec., si deve verificare quante energie
rimangono per terminare la gara. Solo se la condizioni fisica garantisce
il proseguimento della corsa, in assetto e perdendo meno velocità
possibile, vuol dire che il lavoro svolto a monte è stato ben fatto. Un
Decathleta, che per passare in 36 sec. è in piena soglia anaerobica
lattacida, è, a mio avviso, fuori rotta ed il proseguire in questa direzione
significa, sicuramente, enorme fatica e tante frustrazioni.
125
Attraverso la potenza aerobica è sicuramente più facile diminuire le
pulsazioni e, quindi, allontanarsi dal demoniaco momento in cui la pista
diventa una “vertiginosa salita”.
A questo punto voglio anche affermare che, tutto quanto esposto, non
esclude l’utilizzo di qualche buona prova lattacida, tipo 200 + 200,
partendo dai blocchi nella prima frazione di corsa, recuperando 1’,
1’30”; anche i vecchi, ma sempre validi, 300 e 500 m. li utilizzo per
verificare tutto il lavoro fatto, però, tutto ciò e tante altre prove, sono
solo delle conferme, dove esamino le capacità di gestire l’assetto di
corsa, il numero di pulsazioni raggiunte e la fluidità generale
dell’incedere dell’atleta. Se qualcosa non mi convince, insisto sulla
tecnica di corsa, sulla velocità e sulla potenza aerobica, riprendendo
dunque in mano gli elementi che, a mio giudizio, rappresentano
l’essenzialità dei 400 m.
Un Decathleta si deve allenare su questa distanza più come un
ottocentometrista, che come uno specialista del “giro della morte”, dato
che da questo training ne scaturisce anche il condizionamento per i
1500 m.
Quando proponete delle prove, come i 300 m. e i 500 m., ricordatevi che
psicologicamente l’atleta corre i primi ad un ritmo sempre più veloce
rispetto a come interpreterebbe i 400 m., mentre i secondi un po’ più
126
lentamente, quindi la miglior prova da eseguire è proprio il giro di pista,
con partenza dai blocchi ed in corsie diverse, tipo la 3°, 4°, 5° e 6°.
“MA CHE SEI GRULLO!!!!!”
Azione conclusiva di un 400 metri (forza Paolo!).
127
CAPITOLO 7: 110 H.
Questa disciplina atletica, secondo me, è quella dove si deve esprimere
la massima intensità nervosa, fra le varie gare del Decathlon. In effetti,
nelle altre discipline il picco di massima intensità neuromuscolare si
raggiunge una volta, vedi lanci, salti, nella velocità, invece, la partenza
ed i primi venti passi rappresentano il suddetto momento. Nei 110 H,
dalla partenza fino all’arrivo, è tutto un susseguirsi di tensioni nervose
supermassimali. In questa gara non puoi mai far scendere gli stimoli,
devi sempre aggredire l’ostacolo. È chiaro che in tutte le discipline è
necessaria la massima intensità neuromuscolare, ma se avete fatto una
gara di 110 H, vi renderete conto della sensazione che voglio esprimere.
Questa premessa è per far capire il tipo di psicologia, che caratterizza
l’approccio del futuro ostacolista alla disciplina. Quando si fanno gli
ostacoli, si deve sempre essere presenti con la mente, lo sforzo
dell’allenatore dovrà mirare, oltre alla spiegazione dei movimenti
fondamentali e la loro gestualità, anche alla trasmissione della
psicologia, che si deve avere per effettuare al meglio il gesto.
Ultimamente al Meeting di Desenzano, dove ho portato un mio
Decathleta, osservando il riscaldamento dei 110H, nella seconda
giornata, di alcuni atleti ucraini, ho notato una gestualità tecnica che
128
non avevo mai visto. Voglio così cominciare la parte propedeutica con
questa gestualità, perché mi ha, in un certo senso, illuminato, dato che,
pensando alla sua esecuzione, si riesce ad effettuare perlomeno tre
azioni motorie fondamentali del salto degli ostacoli alti.
L’esercitazione si esegue con 5 appoggi fra ostacoli posti a 9,14 m., per
poi passare alla fase successiva in 3 appoggi.
Si parte con ostacoli bassi, per passare a barriere più alte a fasi
successive.
Figura 77
Una volta scesi dall’ostacolo con la prima gamba ed il movimento del
corpo prosegue, andando in appoggio con la seconda gamba, poco
prima che la seconda gamba tocchi terra, la prima gamba riparte con
129
decisione e forza, tipo un balzo, come se ci fosse da riaffrontare un altro
ostacolo; in realtà l’intenzione di riaffrontare l’ostacolo è praticamente il
secondo appoggio, effettuato in questa maniera particolare. Questo
esercizio, se lo proponete a dei principianti, vi accorgerete come, senza
grosse difficoltà, riusciranno a ripartire velocemente dopo l’ostacolo,
consentendo loro di proseguire la corsa verso la successiva barriera
senza paura. Questo esercizio deve, nel tempo, essere eseguito con la
massima rapidità, tanto che, alla vista dell’osservatore, non si deve
vedere la sua esecuzione. Come al solito, ho provato diverse volte a
proporre questa esercitazione a persone più o meno brave, testandola in
tutte le maniere. Apparentemente potrebbe sembrare lo stesso ritmo di
corsa, che in gergo atletico viene chiamato come il “trenino”, ovvero
quella gestualità motoria che ha il suono caratteristico del treno al
passaggio sugli scambi. L’accento ritmico di questo “trenino” è
evidentemente sul primo movimento; questo significa un arrivo a terra
con la prima gamba in frenata, con l’arto che non è sufficientemente
tonico da sostenere tutto il corpo; da questo una ripartenza “strappata”,
ovvero senza l’elasticità dei piedi, ma con l’uso preponderante dei
flessori dell’anca (quadricipite principalmente). Tutto ciò porta ad una
corsa disomogenea, senza quella fluidità che consente al corpo di
esprimere un armonico ritmo di corsa e passaggio dell’ostacolo.
130
In musica, quando si parla di una melodia che assume toni e tempi
progressivamente più elevati, si fa riferimento al crescendo, ostinato
tipo bolero di Ravel, tanto per capirsi (concetto già espresso per la
velocità, ma sicuramente più appropriato per gli ostacoli).
Ecco, gli ostacoli vanno interpretati come un Bolero di Ravel, ovvero un
crescendo continuo di stimoli, di spinte, di gestualità e dinamismo
sempre più esasperato.
Elenco di tutte le altre esercitazioni
- Mobilità delle anche:
da fermo con le mani in appoggio su un ostacolo, da eseguirsi con
entrambi gli arti.
- Passaggio dell’ostacolo con ritorno fra gli ostacoli, sempre alternando
la prima gamba.
Questo esercizio si esegue passando con la prima gamba oltre l’ostacolo,
andando in appoggio a terra e subito ripartendo indietro, ritornando
alla posizione A. Va eseguito con ostacoli bassi, non si devono avere
pause durante l’esecuzione dell’esercizio. Eseguirlo con entrambi gli
arti.
131
Figura 78
- Passaggio delle barriere con ritorno subito a terra, la 1° gamba in
questo caso è sempre la solita (vedi es. 2)
- Esercizi a terra da seduti: descrivere dei cerchi prima con un arto, poi
con l’altro, senza riappoggiare il piede.
132
Figura 79
Esercizi propedeutici di passaggio e di ritmica.
Con gli ostacoli posti a 13-14-15 piedi, sono sempre validi i classici
esercizi di 1° e 2° gamba esterni. Questi esercizi sono veramente efficaci
se effettuati con un ritmo crescente, senza cedere con le caviglie.
Per eseguirli alla perfezione vorrei suggerire di avere attenzione, durante
l’arrivo a terra della 2° gamba, a non appoggiare assolutamente il
tallone, perché si annullerebbe immediatamente la spinta elastica del
piede. Il tallone in appoggio è un classico errore dei principianti che,
nell’effettuare tale esercitazione, non si sentono mai rapidi, ma
tremendamente pesanti e goffi. Questo errore, talvolta, si può
evidenziare in taluni atleti non principianti e per eliminarlo basta
prenderne coscienza, prestando la giusta attenzione tutte le volte che si
effettua la corsa ad ostacoli.
133
Figura 80
Altri esercizi.
Ostacoli ad altezza 91 cm. -1 m. distanza 3,5 m. circa, effettuando
l’andatura dell’estensione caviglie (ovvero staccare il piede e riatterrare
sullo stesso; cambio di gamba con le stesse modalità). Si affrontano gli
ostacoli senza correre e staccare. L’esecuzione del passaggio deve essere
molto rapida, le caviglie devono essere sempre in estensione plantare.
Drill
Per migliorare la spinta della 2° gamba si esegue il passaggio di ostacoli
ad una distanza di circa 1,5 m. circa. Ci si predispone fermi di fronte
agli ostacoli, con la 1° gamba flessa a 120° ed il piede sollevato sopra
l’ostacolo; la 2° gamba deve essere completamente estesa ed il piede con
il tallone staccato; braccia flesse, opposte agli arti inferiori, busto
leggermente inclinato avanti. Da questa posizione, spingendo fortemente
134
verso l’alto avanti, si oltrepassa l’ostacolo e si arriva in appoggio sulla
prima gamba tesa e con il tallone staccato da terra.
Figura 81
Durante il passaggio si deve eseguire con le braccia un gesto rapido e
sinergico con la spinta degli arti inferiori. All’arrivo in terra la 1° gamba
deve essere al massimo della sua estensione, la caviglia estesa
plantarmente e la 2° gamba non è necessario riportarla in linea di
avanzamento, ma solo flessa lateralmente al corpo.
Da questa posizione si torna lentamente in linea di avanzamento.
Consiglio di eseguire l’esercizio anche con l’arto opposto, per simmetria
di lavoro muscolare e per un migliore studio della coordinazione, che
rimane sempre un’arma tecnico-didattica importantissima, per
l’apprendimento delle discipline atletiche.
135
Passaggio ad ostacoli sfalsati di 1° e 2° gamba
E’ un buon esercizio di destrezza e coordinazione, in cui si alterna la 1°
alla 2° gamba senza interruzione; si può partire con la 1° gamba e poi
affrontare la successiva barriera con la 2°, oppure viceversa.
Esistono comunque tante altre esercitazioni e con la fantasia, pensando
al tipo di errore da risolvere, si possono inventare esercizi nuovi, oppure
diversificare le vecchie “routine di allenamento”, a vantaggio dei nostri
atleti.
Figura 82
136
Esercitazioni specifiche di ritmica
In queste esercitazioni dovete lasciare perlomeno un parametro degli
ostacoli regolare, ovvero, quando variate la distanza, lasciate l’altezza
normale per la categoria dell’atleta che allenate e viceversa.
In queste esercitazioni cercate la massima differenziazione delle
distanze ed altezze, non fossilizzandosi sui soliti esercizi, in modo da
rendere elastico l’atleta nell’adattarsi ai cambiamenti. Non fate sempre
le esercitazioni in condizioni atmosferiche ottimali, perché poi nella gara
queste saranno favorevoli solo talvolta, e l’atleta non dovrà preoccuparsi
più di tanto, perché allenato a qualsiasi evenienza.
Ostacoli stretti in 3 appoggi: a 7.50 x 1.06; a 8.00 x 1.06; a 8.50 x 1.06.
In questo tipo di esercizio si cerca di far capire il ritmo dei 3 passi fra gli
ostacoli, quando saranno in gara.
Questa esercitazione deve essere eseguita sia con l’arto destro che
quello sinistro, perché la coordinazione generale si sviluppa
maggiormente se addestrata in maniera simmetrica da ambo le parti del
corpo.
Esercitazione con ostacoli alti 1 m. e stretti 6 m.: da eseguire con 3
passi; in questa esercitazione si sviluppa la rapidità degli appoggi fra gli
ostacoli, ma soprattutto la rapidità di passaggio dell’ostacolo.
Chiaramente non si deve assolutamente spingere meno di fronte alle
137
barriere, ma cercare il più possibile una applicazione di forza pari a
quella dell’esercitazione con gli ostacoli regolari.
Esercitazione di passaggio in controtempo: con ostacoli più bassi del
normale. Non è un esercizio semplicissimo, ma per velocizzare il
passaggio di 1° gamba è una utile esercitazione.
Come si esegue: per chiarezza della spiegazione, supponiamo che la 1°
gamba sia la destra e la 2° la sinistra. Trovandoci a tre appoggi sx-dx-sx
dall’ostacolo, prima che il piede destro tocchi terra, si effettua una
spinta avanti con l’arto sin, come per affrontare l’ostacolo, ma all’ultimo
istante si lascia andare in appoggio e si spinge fortemente avanti con la
prima gamba per passare la barriera. In questa azione il piede dx. deve
passare da sotto il gluteo e poi proseguire verso l’ostacolo. Dopo che la
1° gamba è passata, si riporta oltre l’ostacolo anche la 2° gamba.
Questo controtempo è ripreso dall’azione di calcio aereo, con cambio di
gamba, che si effettua nelle arti marziali. Questo è sicuramente un
esercizio per la 1° gamba e probabilmente la 2° non ne trae un
beneficio, in quanto, proprio per il meccanismo del movimento, questa
viene “strappata” con la coscia, anziché ricevere inerzia da una spinta
del piede a terra. Comunque, nel panorama generale delle esercitazioni,
anche questa è efficace per allargare sempre più la conoscenza degli
138
schemi motori e per poi riunificare, in un solo gesto, tutti i vari
movimenti imparati.
Figura 83
Le varie fasi dei 110 H
Partenza - attacco 1° ostacolo
Accelerazione fino al 3°/4° ostacolo
Fase di mantenimento della velocità acquisita
1) Partenza - attacco 1° ostacolo
Dunque, a tutti dovrebbe essere noto che dalla partenza fino al 1°
ostacolo si possono fare 7 o 8 passi. Ognuno deve fare quello che serve
di più per i propri atleti e, soprattutto, ogni atleta deve adattare la
139
tecnica generale alla sua sensibilità ed alle sue capacità tecnico-
atletiche.
Nella mia esperienza di atleta ed allenatore, ho sempre adottato gli 8
passi e solo con un atleta sono ricorso ai 7 passi, perché nell’approccio
primordiale a questa gara, il ragazzo non riusciva ad interpretare il
ritmo rapidissimo degli 8 passi; tant’è che alla prima gara di ostacoli si
fermò alla prima barriera, smarrito ed incredulo di non essere riuscito a
superarla. Dopo questo episodio siamo passati ai 7 passi, che per lui, in
quel momento, rappresentavano qualcosa di più facile interpretazione.
Strada facendo però ci siamo accorti di quanto fosse difficile affrontare
la prima barriera, perché nei 7 passi non puoi esitare assolutamente,
dato che le spinte devono essere potentissime ed avanzanti, come una
uscita dai blocchi per i 100 m. piani.
Il primo ostacolo, nonostante tutto, veniva affrontato ad una distanza
troppo variabile, a volte troppo lontano, e questo rendeva il passaggio
del 1° ostacolo molto simile al salto di un “kamikaze”. Le gare, che ne
sono venute fuori, sono state discrete per un Decathleta (15” 22 miglior
tempo), ma sia io che l’atleta eravamo sempre molto dubbiosi, perché il
ritmo fra gli ostacoli e questo passaggio del 1° ostacolo erano troppo
strani.
140
Ho scritto questa novella perché volevo scherzosamente far apparire i
limiti dei 7 passi, che sono un errato assetto del corpo al passaggio del
1° ostacolo, (eccessivamente inclinato in avanti, per effetto dell’uscita
dai blocchi tipo 100 m. piani) ed il ritmo di corsa fra gli ostacoli, che è
del tutto differente da quello effettuato dalla partenza al 1° ostacolo.
Per quanto mi riguarda, anche con atleti molto dotati fisicamente e
tecnicamente, gli 8 passi sono sicuramente più affidabili e redditizi.
Infatti, la ritmica di corsa che si raggiunge nella prima parte è la
medesima che si deve effettuare fra gli ostacoli.
Per concludere la novella di prima, adesso siamo passati ad 8 passi e,
dopo 1 mese e mezzo di allenamento, nella prima gara dei 110 H in
Decathlon (Assoluti 2000 Arena di Milano) ha fatto 14” 77, con circa 2
m. di vento contro. È evidente che, a parte un migliore controllo
generale ed il miglior ritmo, che lo hanno portato alla prima barriera,
questo tipo di approccio è stato più proficuo per sviluppare la restante
parte della gara.
In sintesi, secondo me, è meglio partire con 8 passi; i primi 3/4 appoggi
si eseguono in spinta, ovvero tipo partenza dei 100 m., ma prima
possibile si deve far salire il busto, portandolo quasi alla posizione
eretta, cercando anche la massima estensione verticale degli arti
inferiori, dato che talvolta la troppa ricerca di aggressività porta ad
141
un’azione di forza, con angoli delle articolazioni – arti inferiori chiusi,
per sviluppare più potenza di spinta. Il ritmo di corsa deve essere in
continua accelerazione, anche dopo il passaggio della 1° barriera, per
cui tale ostacolo deve essere veramente corso, spingendo fortemente di
1° e 2° gamba, per poi ricercare con velocità il contatto in terra.
Attenzione a non spingere di fronte all’ostacolo, perché tutto il corpo
avanzerebbe sopra di esso senza controllo, con conseguente ricaduta in
terra, privo delle adeguate tensioni muscolari; tutto ciò prevede un
impatto sulla pista in frenata e conseguente annullamento della velocità
acquisita.
La fase di accelerazione si prolunga fino al 3° ostacolo.
In questa parte di gara la potenza sovrasta l’agilità, ma è indispensabile
che il controllo sia preminente, dato che un errato assetto in questo
momento pregiudicherebbe tutto il resto. Le costanti da seguire sono:
forte spinta di 1° e 2° gamba davanti all’ostacolo, inclinazione busto e
controllo delle braccia durante il passaggio. Discesa a terra dopo
l’ostacolo con la 1° gamba tesa, in appoggio sull’avampiede, e sotto la
proiezione interna del bacino, richiamo della 2° gamba flessa, fino a
rientrare sulla linea di avanzamento, e ritorno a terra avanti al corpo.
Appoggi di corsa con il bacino alto, lavorando più con i piedi che con i
grandi distretti muscolari (es. quadricipite).
142
Fase di mantenimento della velocità acquisita.
Nell’ultima fase della gara, il mantenimento dell’accelerazione è dato da
una grande percezione del ritmo, che consente di mantenere il miglior
assetto di corsa e passaggio ostacoli. Il tutto con stimoli nervosi sempre
altissimi, con tensioni muscolari di fronte alle barriere molto simili a
quelli di un karateka, che sferra un calcio aereo, con un assetto di corsa
tendente ad accorciare i passi, peraltro rapidissimi, per affrontare da
lontano l’ostacolo stesso.
N.B.: Ricordatevi comunque che il passaggio degli ostacoli si effettua
marcando il tempo sul penultimo passo, prima della barriera, creando
così l’alleggerimento del corpo nel momento dell’impatto a terra della
gamba di stacco. Se si interpretano gli ostacoli in questa maniera,
l’atleta non avrà un’azione frenante, ma sarà immediatamente proiettato
avanti, con la conseguente velocizzazione del valicamento.
143
144
CAPITOLO 8: ESERCIZI DI FORZA
PER LE VARIE DISCIPLINE
Senza confonderci le idee, divido la forza in queste tre famiglie,
trascurando poi tutte le molteplici sfumature che sono riscontrabili
nell’esecuzione degli esercizi di forza: forza massima, forza esplosiva,
forza elastica ed esercizi di forza speciale per i singoli gesti atletici.
La massima espressione di forza, i decatleti della mia generazione ed io,
l’abbiamo sempre identificata nello strappo e panca orizzontale meno
nello squat e le sue diversificazioni. Ad ogni modo, nella mia esperienza
personale di allenatore, ho trovato atleti che abbisognavano di esercizi
come lo squat e, quindi, tale esercitazione è stata introdotta
assiduamente nei programmi.
Interessante da proporre anche la forza a carico naturale, che
comunque dovrebbe essere sviluppata prima di tutto il resto sopra
esposto. Per forza a carico naturale intendo tutti gli esercizi eseguibili a
corpo libero, ed altri con attrezzi tipo sbarra orizzontale, palco di salita,
parallele ecc.
Esistono moltissimi esercizi eseguibili con palloni medicinali 3/4/5 kg.
da introdurre nel periodo invernale, per esempio lanciare il pallone in
verticale, partendo dalla posizione di squat totale e salto.
145
Esercizi:
- partire con la palla da sotto le ginocchia, estendere la gamba e
lanciare la palla in alto;
- partire con la palla dietro la testa, piegare le gambe e successivamente
estenderle lanciando la palla in alto.
Figura 84
Nel periodo invernale sono interessanti anche tutti i circuiti a basso
carico ed a tempo, dove si possono inserire esercizi per tutti i distretti
muscolari (circuit training). Naturalmente tutte le esercitazioni di forza
speciale nelle singole discipline sono importanti, però è bene stare
146
attenti a non proporle tutte insieme, perché gli atleti non sono in grado
di sopportare un volume di lavoro così ampio, che abbraccia tante
esercitazioni. Necessario ed indispensabile essere moderati, rispettando
i tempi di recupero dell’organismo, e soprattutto far eseguire quelle
esercitazioni, attraverso le quali si può allenare più qualità condizionali.
È evidente che una certa economia di lavoro sia indispensabile nella
programmazione; sarebbe un dispendio di energie e di tempo esagerato,
allenare ogni disciplina con le modalità del training della singola gara.
Di seguito segno, disciplina per disciplina, le esercitazioni eseguite con
maggior frequenza dagli atleti evoluti.
100 m.
Questo esercizio è utile per tutte le discipline del Decathlon.
- Massimale
- Piramidale
Squat o accosciata - In serie (70% - 80% max. si esegue un
maggior numero di ripetizioni)
- Jump (con carichi modesti, tipo 50% del
peso corporeo e talvolta con il 100% ed
anche eseguibile con un arto)
In questi esercizi si possono introdurre delle varianti interessanti prese
a spunto dalle discipline di lancio, come il metodo a contrasto nella
147
serie e fra le serie. Il primo caso propone di alternare all’interno di una
stessa serie di sollevamento un carico sub-massimale ad uno molto più
leggero, mentre nel secondo caso la diversificazione avviene fra una
serie e l’altra.
Lo squat può essere eseguito con angoli diversi 1/3 e 1/2 dal totale.
- In serie
Strappo stesse modalità dello squat
- Massimale
Questo esercizio può essere alternato con le girate al petto più
facilmente eseguibili e dove si possono considerevolmente aumentare i
carichi.
Estensione caviglie al castello
Divaricata sagittale con 30/40/50 kg. eseguibile attraverso una
successione di 10-15 passi
Traino con zavorre di 30/40 kg.
Esercizi con macchine isotoniche per tutti i distretti muscolari vedi leg-
curl, leg-estension, abductor e adductor machine.
Inoltre le esercitazioni per completare il programma di potenziamento
per la velocità si attingono da quelle proposte nelle altre discipline.
148
Salto in lungo
Nella disciplina di salto sono evidenti le sinergie con la velocità, dunque
si riprendono gli esercizi sopra esposti e se ne eseguono altri più
specifici.
Step con un gradino o due gradini.
Esercizi statici con cavigliere ed elastici simulando il gesto del salto.
Peso
Si riprende tutto il potenziamento evidenziato nei 100 m. ed in più
- metodo piramidale e sue diversificazioni
Panca orizzontale - in serie al 70/80 % max
- massimale
Panca inclinata (stesse modalità della panca orizzontale)
(N.B. Negli esercizi per gli arti superiori si può inserire il metodo a
contrasto fra le serie e nelle serie).
Nel peso si possono aggiungere anche esercizi come le tirate al petto
(con impugnatura stretta, centrale), e le girate al petto (con
impugnatura larghezza spalla).
149
Figura 85
Distensione-flex braccia orizzontalmente con divaricata alternata arti
inferiori.
Figura 86
Tirata
Girata
150
Simulazione lancio da seduti o sdraiati con manubri 15/20/25 kg. e
alzate laterali, frontali, posteriori.
Figura 87
Esercizi con palloni medicinali.
- Lancio a due mani: frontale, dorsale, laterale.
- Accosciata balzo e distensione braccia in alto con pallone: (vedi fig. 84)
Alto
- Stessi esercizi dei 100 m. e del salto in lungo.
- squat jump su di un arto (come esercizio visto nel salto in lungo)
151
- utilizzo di zavorra in vita durante i salti
- step
400 m. e 100 H
Si eseguono le routine della velocità e dei lanci.
Disco
Vedi peso; inoltre esercizi specifici con manubri su panca da seduti, da
supini simulando il lancio.
Croci su panca e la variante riportando il busto eretto simulando il
lancio.
Figura 88
Esercizi di simulazione lancio con cavi.
Esercizi con elastico (come sopra).
Esercizi di lancio in pedana con manubri di peso differente e dischi di
2,5 kg. o 3 kg.
152
Asta
In questa disciplina più che gli esercizi di forza massimale, che peraltro
sarebbero ampiamente sviluppati con lo studio di tutte le altre gare,
sono importanti gli esercizi di potenziamento a corpo libero, (vedi
capitolo dedicato anche agli esercizi specifici analizzati nella sezione
Asta di questo libro).
Un esercizio particolare rimane il pull over a braccia tese da supino, con
gambe flesse e non.
Trazioni alla sbarra con sovraccarico attaccato al bacino,
Infilata alla sbarra con cavigliere o cintura con pesi.
Giavellotto
Si riprendono gli esercizi di forza visti nelle altri discipline di lancio e in
più gli esercizi con palloni medicinali, attrezzi appesantiti, simulazioni
di lancio all’ercolina.
153
Figura 89
CAPITOLO 9: PROGRAMMAZIONE FORZA
Ciclo di allenamento di un anno. Prevede la doppia periodizzazione, con
due settimane di carico ed una di scarico, (programma dal gruppo prove
multiple Firenze 1999-2000 da me allenato). Fanno parte del gruppo gli
atleti: Matteo Bucarelli, William Frullani, Massimiliano Schwarz. In
questo schema non metterò i carichi se non per alcuni esercizi e per
evidenziare che tipo di forza sviluppare, dato che ogni atleta ha
caratteristiche differenti e soprattutto capacità diverse.
Le percentuali sono indicative e non si devono prendere alla lettera; in
questo schema non inserisco gli esercizi di forza speciale, che rimando
al capitolo riguardante il complesso di tutta la programmazione.
Forse per qualcuno gli esercizi, che sono di seguito proposti, possono
sembrare esagerati nel numero di ripetizioni, ma ricordo che sto
154
parlando di atleti “maturi” che, fra la seduta di allenamento mattutina e
pomeridiana, stanno sul campo perlomeno sei ore nell’arco della
giornata.
155
Preparazione alle “INDOOR”
Il ciclo di lavoro che ho programmato è in funzione dell’obiettivo
più importante del periodo invernale i campionati italiani indoor, che
solitamente si svolgono verso la metà del mese di Febbraio. Pertanto, in
questo periodo ci sono 3 sedute di forza settimanali.
15 Ottobre - Ciclo introduttivo
(esempio di microciclo settimanale)
-prima seduta-
strappo 5s x 6r (60% max). Fra ogni serie inserire 15r di addominali,
dorsali - obliqui con piastra al cavallo. Adduttori - abduttori-glutei con
macchine o mezzi vari tipo elastici.
divaricate sagittali 3s x 15r passi (30 kg.)
squat jump 50% del peso corporeo 5s x 10r
panca orizzontale 5s x 10r (70% max)
-seconda seduta-
Addominali, dorsali, obliqui a carico naturale 3s x 20r. Esercizi con
manubri simulando il lancio del disco-peso-giavellotto. Per ogni
esercizio 3s x 10r per entrambe le braccia.
-terza seduta-
lento dietro (70% max) 5s x 6r
panca inclinata (70% max) 5s x 6r
156
lancio di palloni medicinali (4/5 kg.) 3s x 15r
balzi a rana veloci 3s x 10r
15 Novembre - Ciclo fondamentale
(esempio di microciclo settimanale)
-prima seduta-
1/2 squat a tempo (libero, seduto su panca) si deve eseguire nel minor
tempo possibile, 6s x 6r carichi crescenti fino ad arrivare a 140-150 kg.
panca orizzontale 5s x 6r (80% max)
estensione caviglie 5s x 30r (100 kg.)
strappo 6s x 6r (80% max)
Fra gli esercizi inserire 15r di addominali, dorsali, obliqui, glutei,
adduttori ed abduttori come nel ciclo precedente.
-seconda seduta-
addominali 3s x 20r con piastra 20 kg.
dorsali 3s x 15r (20 kg.)
glutei con palloni medicinali fra i malleoli 3s x 20r
croci su panca 5s x 10r (da eseguire prono-supini)
1/2 squat jump 50% peso corporeo 4s x 10r
step con 5s x 10r alternando gli arti.
-terza seduta-
lento dietro 5s x 6r (80% max)
157
panca inclinata 3s x 6r (80% max)
pull-over 5s x 10r x 15 kg. (da supino braccia tese)
distensione-flex braccia in avanti alto con divaricata sagittale degli arti
inferiori 3s x 20r con 20 kg.
accosciata balzo 3s x 15r cambiando la posizione arti inferiori nella fase
aerea.
15 Dicembre - Ciclo fondamentale 2
(esempio di microciclo settimanale)
-prima seduta-
1/2 squat libero seduto 3s x 6r carichi crescenti (90% max)
panca orizzontale (piramidale 1° serie 8 rip. e scalare di 2 rip. le
successive)
strappo 3s x 5r max.
Fra ogni esercizio inserire 15r di addominali, dorsali, obliqui, glutei,
adduttori ed abduttori come nei precedenti cicli.
-seconda seduta-
addominali con piastra 3s x 15r 20 kg.
dorsali 3s x 15r 20 kg.
glutei con pallone medicinale fra i malleoli, 3s x 20r
1/3 squat al castello (piramidale fino al max.)
squat jump al castello 50% del peso corporeo 4s x 10r
158
-terza seduta-
lento dietro 90% max., 5s x 5r
pull-over da supino a braccia tese 15/20 kg. 3s x 10r
estensione caviglie 3s x 30r 120 kg.
leg curl 3s x 15r carichi crescenti
9 Gennaio - Ciclo preagonistico
(esempio di microciclo settimanale)
Il lavoro di forza deve necessariamente essere ridotto nel volume
generale, pur mantenendo il livello di forza massima ad ottimi livelli.
Quindi nel periodo preagonistico mantengo ancora due sedute di forza.
-prima seduta-
1/3 squat al castello max., 3s x 3r
panca orizzontale max., 3s x 3r
strappo max, 3s x 3r
Fra ogni esercizio inserire 15r di addominali, dorsali ed obliqui. (20r)
-seconda seduta-
panca inclinata max., 3s x 3r
pull-over supini a braccia tese 3s x 15r
step alternando l’arto dx/sax. 5s x 10r
legò curl 5s x 10r carichi crescenti
159
Fra ogni esercizio inserisco il potenziamento di adduttori, abduttori e
glutei.
21 Gennaio - Periodo agonistico
(microciclo settimanale)
In questo periodo lascio solo una seduta di forza, dove cerchiamo
la forza massima su 3 esercizi: 1/3 squat, panca orizzontale e strappo.
L’ultima seduta viene svolta 3 giorni prima dell’appuntamento
importante, dato che le esperienze all’interno del gruppo ci hanno
mostrato che, così facendo, gli atleti arrivano alla gara più tonici.
1 Marzo - Periodo fondamentale 2
(microciclo settimanale)
Vengono reintrodotte 3 sedute di forza settimanali. I carichi di lavoro
vengono maggiorati rispetto all’ultimo ciclo fondamentale e
diminuiscono le serie.
-prima seduta-
1/2 squat a tempo 4s x 6r fino a 160/170 kg. (libero, seduti su panca)
panca orizzontale 4s x 4r 90% max.
strappo 4s x 4r 90% max
estensione caviglie 4s x 30r 120 kg. al castello
160
Fra ogni serie eseguire addominali in sospensione alla spalliera 5s x
15r, dorsali 3s x 15r x 20 kg., obliqui 3s x 15r dx./sx. 20 kg., adduttori
ed abduttori 3s x 20r dx./sx con elastici o macchine.
-seconda seduta-
lento dietro 4s x 4r 90% max
leg curl 5s x 10r carichi crescenti
glutei 5s x 15r con palloni medicinali fra i malleoli in appoggio proni su
cavallo
step 5s x 10r alternando arto dx./sx.
-terza seduta-
panca inclinata 4s x 4r 90% max
pull over supini braccia tese 3s x 20r
simulazione lanci con ercolina (disco - giavellotto)
N.B. Dato che nella stagione 2000 abbiamo avuto un anticipo
dell’attività agonistica al 15 Maggio con il Meeting di Desenzano, sono
dovuto entrare nel periodo preagonistico alla fine del mese di marzo.
Normalmente tale momento, per il tipo di lavoro che ho proposto,
comincia sei settimane prima dell’esordio agonistico, portandoci al top
della condizione fisica alla fine di giugno, nel momento delle gare più
importanti.
161
Comunque entrare in forma, a mio giudizio, non è cosa impossibile. Se
la periodizzazione non ha dato i giusti risultati, fate interrompere per
una settimana gli allenamenti del vostro atleta e poi introducete
l’interval training, come sistema per ripristinare la giusta condizione
fisica. Io vi consiglio di proporre lavori come 100 forte + 100 piano per 5
giri, 10x200 rel. 2’ in 30”, oppure sprint all’80% max con recupero di
corsa lenta x 50/60 m.
Dopo un periodo di circa 10 giorni, in cui si svolgono questi lavori e
naturalmente lo studio delle discipline tecniche, si effettuano, per una
settimana circa, lavori di forza, velocità e resistenza, all’insegna della
qualità con pochissima quantità.
Nella mia esperienza, così facendo, chiunque si sia allenato ha ottenuto
immediatamente la giusta condizione fisico-organica per cominciare il
periodo agonistico. È ovvio che ogni caso va trattato a se stante, ma
talvolta i problemi, come l’entrare in forma, si risolvono con estrema
semplicità.
1 Aprile - Periodo preagonistico
In questa fase la programmazione prevede due sedute di forza nella
prima settimana, per poi passare alla seconda, dove ne facciamo solo
una. L’alternanza di intensità nel lavoro fra una settimana e l’altra è
una caratteristica che do sempre in questi periodi della stagione, come
162
se si eseguisse una fase di lavoro intenso ad un’altra differente nella
qualità e quantità.
1° settimana
-prima seduta-
1/3 squat a tempo 4s x 6r fino a 170/180 kg.
panca orizzontale (piramidale)
estensione caviglie 4s x 30r x 130 kg.
-seconda seduta-
Addominali, dorsali e glutei 3s x 20r con le modalità dei precedenti cicli
adduttori ed abduttori 3s x 30r dx./sx. con elastico
step 5s x 10r con carico ancora maggiorato rispetto al ciclo precedente.
2° settimana
-prima seduta-
1/2 squat a contrasto nella serie + squat jump
es. 140 x 6r + 80 x 6r
150 x 6r + 80 x 6r
160 x 6r + 80 x 6r
170 x 6r + 80 x 6r
panca orizzontale max.
strappo max.
estensione caviglie 4s x 30r x 130 kg.
163
In questo mese, fino alla prima gara, gli allenamenti di forza hanno
seguito il criterio sopra esposto, per arrivare ad una programmazione,
giorno per giorno, nelle ultime due settimane.
Fatta la prima gara, ed individuate le lacune tecniche e di
condizione fisica, abbiamo continuato a lavorare improvvisando ogni
giorno, perché gli appuntamenti agonistici, fino al 10 luglio, non ci
consentivano di approntare un programma specifico.
10 Luglio (Ripresa del ciclo fondamentale 3 estivo)
In questo momento dell’anno abbiamo avuto il tempo di poter
riaffrontare un programma che prevedesse due settimane di carico ed
una di scarico, che per noi ha avuto molta importanza come il periodo
di condizionamento, effettuato nel ciclo fondamentale invernale, il tutto
visto nell’ottica di gare da affrontare i primi di settembre.
Un particolare importante da tenere presente è quello dei tempi di
recupero, fra la fine del periodo agonistico estivo e l’inizio di questo
nuovo momento di training, consentendo all’atleta perlomeno 10 giorni
di riposo completo!
-prima seduta-
1/2 squat a tempo 5s x 5r veloci fino a 170/180 kg.
estensione caviglie 3s x 30r veloci 130 kg.
panca max (8s x 2r) partendo già con carichi sub max.
164
strappo max
forza generale: esercizi con manubri ed elastici, simulando lanci disco
giavellotto e peso
lavoro con le macchine per i distretti muscolari non interessati nella
prima seduta (adduttori, abduttori, glutei, deltoidi e pettorali).
10 Agosto (ciclo preagonistico estivo)
Fino all’ultima gara della stagione, avvenuta nella prima
settimana di settembre, la forza è stata solo mantenuta attraverso
richiami max.
Tutto quanto esposto sulla forza è stato eseguito “alla lettera”, forse
aggiungendo qualcosa in più che qualcosa in meno. Comunque la cosa
più determinante sono stati gli esercizi di trasformazione in azioni
dinamiche, che stimolassero nel giusto modo le fibre muscolari, la
capacità reattiva, ecc. Ciò lo esporrò nelle griglie del capitolo dedicato
proprio alla programmazione annuale.
Un’ultima cosa che volevo trattare è il lavoro di forza che sto
sperimentando nell’attuale stagione agonistica invernale 2000-2001,
con il più nutrito gruppo “Decathlon Firenze”, composto sempre da
William Frullani, che ha ottenuto al suo primo anno di attività in questa
disciplina 7343 punti; Matteo Bucarelli, 6250 punti, ed i tre nuovi
165
acquisti Marzio Viti, Cristian Gasparro e Daniele Conti, rispettivamente
accreditati di 7723 punti, 7616 punti, 6850 punti.
Si tratta di un bellissimo gruppo, a cui altri atleti vorrebbero aggregarsi,
e che potrebbe essere il trampolino di lancio giusto per la scalata agli
8000 punti ed altri più ambiziosi traguardi.
Tornando al discorso del nuovo lavoro di forza, posso dirvi che adesso
sto vedendo i primi risultati e che l’efficacia di tale training sta
mettendosi in luce con lentezza, data la mole enorme di carichi spostati.
Mi rendo conto che questa soluzione è contraddittoria con tutte le mie
convinzioni sull’allenamento, ma è stata motivata dall’avere un atleta
che, per tutta la sua carriera sportiva, prima di iniziare il Decathlon,
aveva avuto stimoli allenanti super max, riguardo alla forza. Perciò,
ascoltando certe sue necessità di atleta evoluto, siamo arrivati ad un
compromesso. L’anno passato abbiamo lavorato sulla forza attraverso i
mezzi che ho esposto prima ed i risultati sono venuti; in questo nuovo
anno abbiamo sperimentato il lavoro del blocco di forza, concentrato
tutto nel primo periodo, per poi passare al blocco di trasformazione e
ricerca della qualità delle prestazioni, in vista delle competizioni. Ci
tengo a precisare che il gruppo si è allenato attraverso un programma
comune, e poi singolarmente sono state fatte delle modifiche per il
miglioramento di certe capacità anziché di altre. Non si può proporre a
166
tutti lo stesso programma, senza differenziarlo minimamente, dato che
ogni individuo abbisogna di stimoli allenanti diversi.
Nonostante non possa darvi dei dati attendibili sulla validità o meno di
questo lavoro, siccome credo che il suo sviluppo sia stato molto
interessante, vi propongo lo schema generale del programma di forza
che ho approntato con il mio gruppo di allenamento. Tengo a precisare
che abbiamo attuato una doppia periodizzazione, con due settimane di
carico ed una di scarico, per arrivare al 15 Febbraio in piena forma.
Purtroppo la gara che ci interessava è stata anticipata al 20 Gennaio,
quindi la programmazione ha dovuto subire una brusca sterzata, per
anticipare l’entrata in condizione fisica agonistica.
Qui di seguito riporto fedelmente l’esempio del microciclo sett. di forza
per il gruppo prove multiple Firenze 2000-2001.
Fondamentale 1
(esempio di microciclo settimanale)
Lunedì
Forza generale (eseguita con macchine isotoniche e manubri per i
seguenti distretti muscolari)
Pettorali
Deltoidi
Adduttori
167
Abduttori
Glutei
Bicipite femorale eccentrico - concentrico
Addominali
Dorsali con piastra 20 kg.
Obliqui con piastra 20 kg.
Alzate laterali con manubri su panca inclinata con 20/22/24 kg.
Questi esercizi vanno eseguiti per 3s x 15r con carichi crescenti.
Martedì
1/2 squat 5s x 6r (100 - 120 - 130 - 140 - 150) seduti a tempo
Girate al petto 5s x 6r x (70-80 kg.)
Estensione caviglie 5s x 30r x (130 kg.)
Panca orizzontale 6s x 8r x (85 kg.)
Mercoledì
Leg curl 3s x 15r carichi crescenti
Cavi 3Sx15R simulando lancio disco - giavellotto
Croci + lancio con manubri da supini su panca orizzontale dx./sx.
Squat jump al castello con una gamba 3s x 10 x arto x 40 kg.
Strappo 5s x 6r x 60/70 kg.
Panca inclinata 5s x 10r x 70 kg.
Fondamentale 2
168
(esempio di microciclo settimanale)
In questo periodo ho approntato un programma diverso ogni settimana
fino all’inizio del periodo preagonistico.
Prima settimana
Martedì
Panca orizzontale
4s x 4r x 70 kg. + 4s x 4r x 60 kg. eseguire serie alternate
Lento dietro da posizione eretta con aiuto degli arti inferiori 4s x 6r (60-
70-80-90)
Girate al petto 4s x 5r (70-80-90-100)
Giovedì
Cavi simulazioni lancio disco + giavellotto dx./sx.
Croci su panca (4s x 10)
Croci + lancio (4s x 10r)
Step 5s x 10r (5r-dex + 5r-sin) x 50 kg.
Squat jump con 1 arto x 3s x 10r x dx./sx.
Venerdì
Strappo 4s x 4r x 70 kg.
Panca inclinata 4s x 6r x 80 kg.
Addominali - dorsali - obliqui con piastra 20 kg.
Seconda settimana
169
Martedì
Panca orizzontale 5s x 3rx 100 kg.
Lento dietro da posizione eretta 4s x 4r x 90 kg.
1/2 squat 4s x 3r x (220-240-260-280)
Giovedì
Tutto come la 2° seduta della 1° settimana a parte lo squat jump.
Venerdì
Strappo max
Panca inclinata max
Terza settimana
In questa settimana c’è stato il raduno e, quindi, invece di fare lo
scarico, abbiamo eseguito una settimana di test vari, sia di forza che
per il resto delle discipline.
Lunedì test di squat e panca orizzontale.
170
MODALITA’ D’USO DELLA PROGRAMMAZIONE
1999/2000
Ho impostato il lavoro classicamente prevedendo il ciclo introduttivo,
ciclo fondamentale, preagonistico, agonistico, inoltre microcicli di tre
settimane di carico ed uno di scarico nel Fondamentale 1 e di due
settimane di carico ed una di scarico nel Fondamentale 2,
Fondamentale 3, Fondamentale 4; il ciclo preagonistico è stato
caratterizzato da una settimana di carico ed una quantitativamente
ridotta nel lavoro generale, ma qualitativamente brillante.
Il ciclo agonistico lo abbiamo svolto a “braccio”, cioè concordato di volta
in volta, secondo le necessità momentanee che riscontravamo. In effetti,
i pressanti e frequenti impegni agonistici non hanno dato modo di
svolgere microcicli settimanali regolari.
Adesso voglio entrare nel dettaglio delle varie schede di allenamento di
seguito esposte, per evidenziare e spiegare il perché di certe scelte
anziché di altre, ed inoltre affermare che questo modo di allenarsi non
va preso come oro colato e riproposto con la stessa intensità e modalità
a tutti gli atleti, ma deve essere solo uno spunto in più, per creare un
modello di allenamento ideale per il vostro atleta.
171
Come in tutti i cicli introduttivi, anche nel nostro ho cercato di
proporre un lavoro generale, ma sempre mirato in qualche maniera alle
varie discipline, che ricreasse i presupposti organici e fisici per poi
affrontare il duro lavoro del ciclo fondamentale.
Le peculiarità di questo periodo sono state: miglioramento capacità
coordinative e della destrezza in generale, dato che i primi due atleti del
nostro gruppo erano scarsamente destri e quindi, per avere la giusta
base di esperienze motorie su cui poi poter costruire una gestualità, nei
gesti specifici di gara, ho introdotto varie progressioni di preacrobatica a
corpo libero, alla sbarra alta e bassa, alle parallele, trampolino elastico
ed inoltre lo studio di movimenti presi a prestito dal basket, vedi terzo
tempo e schiacciata o canestro; il miglioramento della coordinazione arti
sup. - arti inf. l’ho sviluppato attraverso la ginnastica aerobica (ed a
questo proposito voglio ringraziare la mia compagna Sandra Berlincioni,
che essendo un’insegnante di questa disciplina, si è prestata ad
effettuare un’ora settimanale di aerobica).
Altra particolarità che salta agli occhi è la gran mole di prove di
resistenza aerobica, che devono creare quel condizionamento, a mio
giudizio determinante, per l’innalzamento della soglia anaerobica
lattacida, determinante per una buona performance nei 400 m.
172
Gli ostacoli da 200 H in 7 passi sono la prima esercitazione di corsa in
ampiezza e allo stesso tempo di ritmo e tecnica di passaggio che porterà
nei successivi periodi ad effettuare prima 6H da 400 H per arrivare ad
8/9H.
La tecnica dei salti è parzializzata eseguendo più che altro gli esercizi
propedeutici. I lanci sono stati successivamente affrontati dal primo
periodo per le deficienze tecniche riscontrate fin dai primi momenti della
preparazione. La forza è stata sviluppata con bassi carichi improntata
soprattutto sul lavoro generale, sviluppata uniformemente su tutti i
distretti muscolari.
Fondamentale 1
Coordinazione e destrezza sono sempre ben allenate. La resistenza
aerobica si trasforma in potenza aerobica frazionata, mista e comunque
diversificando il più possibile le prove nelle varie sedute di allenamento.
La velocità si palesa più nella quantità che nella qualità, dato che il mio
intento è stato quello di controllare la tecnica di corsa che il rendimento
cronometrico. Infatti, le tre serie di sessanta metri sono fatti ad un
ritmo decisamente lento, ma nel rispetto rigoroso della fase di
accelerazione (come esposto nel capitolo dedicato alla velocità) e della
parte lanciata. Per quanto mi riguarda non è importante essere troppo
veloci in inverno sia per motivi di prevenzione infortuni, tipo
173
contratture, stiramenti ed inoltre perché penso che il blocco di velocità
sia più importante incominciarlo verso fine Aprile inizio Maggio, per
poter esprimersi al meglio verso Giugno. Comunque, tutta la
programmazione deve essere impostata considerando la gara più
importante della stagione.
I salti sono sempre affrontati studiando i movimenti parziali del gesto di
gara, quindi tutto a parametri ridotti.
Nel salto in alto ho introdotto la zavorra per fare un esercizio di forza
speciale che credo rappresenti, come nelle altre discipline, un metodo di
allenamento molto redditizio.
La forza in tutte le sue espressioni è presente massicciamente, ma devo
sottolineare che, secondo i miei parametri, non ho insistito troppo sul
potenziamento dei grandi distretti muscolari, ma cercando un
armonioso sviluppo di tutto il corpo.
Nel Fondamentale 2 le novità sono: introduzione della resistenza alla
velocità, del traino e dei multibalzi per aumentare la forza esplosiva-
elastica. Altra particolarità sono le esercitazioni tecniche nei salti e nel
lancio del peso, in vista delle indoor, simili alla gestualità esprimibile
nella gara!
La forza mira sempre più alla ricerca dei massimali, in linea con tutta
l’evoluzione qualitativa della programmazione.
174
Il periodo preagonistico e agonistico è stato svolto senza il programma
settimanale, ma concordando di volta in volta gli allenamenti. È chiaro
che tutto il lavoro è stato sviluppato all’insegna della qualità anziché
della quantità.
Dopo le gare indoor abbiamo riaffrontato il periodo di allenamento
Fondamentale 3 dove la quantità di lavoro è tornata ad essere
considerevole. Devo precisare che la proposta di programma è stata
viziata dal rendimento agonistico delle gare invernali, essendo state la
“cartina di tornasole” delle deficienze tecniche fino a quel momento non
risolte.
Il ciclo Fontamentale 4 non ha grandi innovazioni legandosi a quello
precedente con il “doppio nodo”.
Nel Preagonistico è importante rilevare l’introduzione della potenza
lattacida, a scapito della potenza aerobica che comunque rimane in
qualche maniera presente. La velocità è mirata in tutto e per tutto alla
gestualità di gara e quindi lo studio dei 100 m, è sviluppato con prove in
partenza dai blocchi; stesso discorso vale per gli ostacoli.
Nei lanci si comincia a dare priorità alla prestazione, ma vi consiglio, nel
lancio del giavellotto, di non far esagerare l’intensità di esecuzione del
gesto, perché la possibilità di traumatizzarsi la spalla o il gomito o la
schiena, rimangono elevate. Avrete notato che a questo proposito nel
175
giavellotto ho sempre cercato di curare più gli aspetti tecnici che quelli
prestativi, perché l’esperienza di atleta e di allenatore mi hanno
evidenziato più volte che i Decathleti, non essendo degli specialisti,
tendono a lanciare di forza, sfruttando poco l’effetto fionda dato dalle
gambe e dal busto. Tale caratteristica porta molto spesso a traumi.
Consiglio, pertanto, di provare raramente lanci massimali e di aspettare
la gara per esprimersi al top dell’intensità.
Ritornando allo specifico del programma, questo ciclo è caratterizzato
inoltre da una settimana di carico ed una di scarico. È la prima volta,
nell’arco dei sei mesi di programmazione svolta, che passo a questo tipo
di ciclicità. La settimana di carico è comunque diminuita nella quantità
di lavoro, rispetto al periodo Fondamentale 4, e la settimana di scarico è
caratterizzata da due sedute, in cui la successione delle esercitazioni è
praticamente uguale a quella delle gare di Decathlon.
Nella prima seduta le tre partenze dai blocchi per 40 m. rappresentano
la fase di preparazione, che si effettua normalmente nelle gare; si passa
poi ad 1 x 100 m. dai blocchi, che è in sostanza la gara vera e propria.
Un’altra nota particolare va posta sulla esecuzione dei 2 x 400 dai
blocchi, che vanno eseguite nelle corsie meno congeniali all’atleta, tipo
quelle più esterne.
176
Come avrete notato, dal 24 Aprile la programmazione settimanale
periodicizzata si interrompe per dare spazio al solito lavoro “a braccio”,
cioè concordato ogni volta. Ci tengo inoltre a far notare, che l’ultima
prova lattacida è stata effettuata a tre settimane dalla gara, dato che per
smaltire il lattato completamente, necessitano perlomeno 21 giorni. Non
vi fate convincere dall’atleta ad effettuare verifiche della capacità
gestionale dei 400 m. in periodi vicini alle competizioni, ma spiegategli
che la verifica del loro stato di forma va fatto solo in gara. Le sensazioni
di gara devono essere un campo inesplorato, accessibile solo nel
momento in cui spara lo starter.
Se una gara non va come ci si aspettava, non importa, vorrà dire che,
una volta a casa ripenseremo, atleta ed allenatore, agli eventuali errori
fatti, per poter approntare un piano di attacco più efficace nella
prossima “battaglia”.
Io e tanti altri ci siamo sfiniti prima delle gare a dimostrare a noi stessi
che eravamo in grado di correre ad un certo ritmo, ma poi, nel momento
veramente importante, oramai mentalmente e fisicamente esausti,
abbiamo reso al di sotto delle nostre reali possibilità.
Tutta la programmazione esposta è stata improntata prevedendo la
massima espressione agonistica a fine giugno, cioè quando si sono
svolte le gare più importanti.
177
Dopo questo periodo siamo tornati a lavorare sulla quantità per
ripristinare le condizioni organiche che ci portassero in forma nella
seconda parte della stagione. Per quanto riguarda questo ciclo non
aggiungo niente di speciale, dato che si rifà interamente a quelli già
ampiamente esposti nei periodi precedenti.
Questo è il nostro gruppo (da sx verso dx):
Daniele Conti (atleta)
Matteo Bucarelli (atleta)
Riccardo Calcini (coach)
Cristian Gasparro (atleta)
Fabrizio Rovini (fisioterapista)
William Frullani (atleta)
Marzio Viti (atleta)
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CAPITOLO 10: GRIGLIE DI ALLENAMENTO
STAGIONE AGONISTICA 1999/2000
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CAPITOLO 11: ALIMENTAZIONE ED INTEGRAZIONE
Senza la presunzione di voler fare il dietologo, credo sia giusto parlare di
questo argomento, dato che alimentazione ed integrazione sono due
fattori che ottimizzano la performance dell’atleta.
Vorrei prima di tutto rivolgermi al popolo degli acclamatori della teoria
dell’aiuto, demonizzando l’integrazione alimentare alla stessa stregua
delle sostanze dopanti; gli integratori sono alimenti depurati dalle
sostanze inutili, per apportare solo quei principi attivi d’interesse ad un
determinato metabolismo energetico, o per ripristinare una condizione
fisiologica alterata.
Ad esempio la proteina animale nella nostra alimentazione è sempre
legata ai grassi, dato che gli alimenti che tipicamente la apportano sono
la carne, il latte e suoi derivati, uova. Pensate che per soddisfare
l’esigenza proteica di un atleta, che si allena tutti i giorni, sono
necessari 30/40 g. di proteina al giorno, che possono essere trovate in 3
kg. di carne. Lascio a chiunque le considerazioni sul caso, senza
aggiungere altro.
Ritornando a quello che deve essere l’argomento principale,
l’alimentazione, devo dire che generalmente viene trascurata nei giovani
atleti ed in molti casi anche in quelli evoluti. Molti ragazzi si sentono
191
dire che devono controllare il loro peso forma, senza però avere
un’informazione precisa su come fare. Una buona alimentazione per lo
sportivo deve prevedere tre pasti colazione, pranzo e cena.
1° - Colazione: classica, all’italiana, con latte, caffè, thé, pane,
marmellata e miele, oppure più all’anglosassone, a base di uova, bacon
o pancetta, pane, spremuta di arancio, macedonia, yogurt. È evidente
che quest’ultimo tipo di alimentazione non può essere usato (uova-
pancetta) tutti i giorni, dato il loro contenuto di grassi. Questo pasto è
importante per il suo apporto energetico, per un ragazzo che deve
allenarsi, studiare e gestire le sue molteplici attività, che si hanno in età
post-adolescenziale.
2° - Pranzo: deve esser a base di carboidrati, preferibilmente pasta in
bianco, condita a crudo con olio extra vergine di oliva e parmigiano;
oppure al pomodoro cotto con sola acqua e condito sempre a crudo. La
porzione può variare, soprattutto in base al tempo a disposizione per
avere una digestione corretta; comunque consiglio 1 etto e mezzo.
Inoltre, prima della pasta è consigliabile mangiare una buona insalata
di stagione, condita con olio extra vergine e limone, dato che la sua
introduzione nello stomaco, prima degli altri alimenti, crea un pH
ottimale e la presenza di enzimi che migliorano la digestione ed
assimilazione dei vari cibi.
192
Assolutamente non si deve mangiare la frutta a fine pasto, perché
darebbe un surplus calorico che sarebbe un ostacolo nella ricerca del
peso forma. Questa è giusto mangiarla lontano dal pranzo e cena, come
“spuntino” dopo gli allenamenti.
3° - Cena: deve essere il momento delle proteine animali o vegetali
abbinate sempre ad una buona verdura cotta o cruda. La proteina
animale può essere assunta tramite carne, uova, latte e derivati, pesce;
quella vegetale attraverso legumi.
Avvertenze generali per il mantenimento del peso forma
Non si devono mangiare: oli cotti, quindi tutti quegli alimenti molto
saporiti, tipici della cucina italiana; non abbinare carboidrati e grassi,
quindi dissociare il più possibile la dieta. Mangiare la frutta sempre
lontano dai pasti principali. Non bere alcolici, non mangiare a fine pasto
dolciumi, ma anche essi lontano dai pasti principali (pochi!!!). Bere
molta acqua lontano dai pasti principali, soprattutto durante
l’allenamento.
Chiaramente queste sono delle regole di massima poi ognuno, per
problemi specifici, deve rivolgersi ad un dietologo, possibilmente
specializzato nelle problematiche degli sportivi.
Il modo di alimentarsi che ho esposto non deve essere un fenomeno
isolato al periodo che si trascorre a giocare sui campi di atletica, ma
193
secondo me, dovrebbe diventare una regola di comportamento. È chiaro
e giusto che talvolta si debba degustare le sensazionali pietanze della
nostra cucina, innaffiandole con del buon vino, perché la vita è fatta
anche di questi piaceri, ma questa non deve essere una regola.
Passando poi allo specifico degli integratori alimentari, questi sono
estremamente utili per tutti gli atleti che si allenano intensamente,
doppiando le sedute giornaliere, quindi consumando tantissime energie
e logorando il fisico molto di più rispetto ad una persona normale.
Gli integratori sono dunque importanti in una disciplina come il
decathlon, dove gli atleti devono sottoporsi ad uno stress fisico enorme.
Chiaramente questo è il mio giudizio, ed ognuno deve agire secondo le
sue convinzioni; nella mia esperienza ho visto che una buona
alimentazione ed una integrazione appropriata migliorano le
performances, perché l’atleta arriva alle competizioni fisiologicamente e
fisicamente integro, senza i postumi, molto spesso presenti, dei mesi di
duro lavoro che separano dalle gare.
Il piano di integrazione che propongo ad atleti che si allenano attraverso
9 sedute settimanali, è costituito dall’assunzione mattutina di carnitina
e glutammina, da prodotti a base aminoacido-proteica, da prendere
lontano dai pasti principali come “merenda”, oppure nelle diete povere
194
di cibi ricchi di proteina; inoltre sono determinanti gli antiossidanti di
scorie dei processi metabolici, inibenti la prestazione sportiva.
Una parentesi particolare è necessaria aprirla per la tanto demonizzata
creatina, che è composta da fosforo +3 aminoacidi e si trova
naturalmente nel nostro organismo, prodotta dal fegato.
L’importanza della creatina è da ritrovarsi nella sua capacità di
ricostituzione della ATP e quindi di recuperare più velocemente. Sulla
sua assunzione si potrebbe aprire un dibattito ed io, per tagliare la testa
al toro, credo che debba essere presa in piccoli dosaggi, 3 g. al giorno,
tutte le volte che l’atleta si allena e, soprattutto, durante la gara, dove
un pronto recupero consente una migliore espressione agonistica.
Infine un sobrio multivitaminico, un integratore di sali minerali
ipotonico e, non ultimo, un apportatore di zuccheri a lento rilascio
(durante l’allenamento per avere sempre energia a disposizione senza
innalzare la glicemia, con conseguente produzione di insulina); tutto
questo quadro di alimentazione ed integrazione può diventare un’arma
in più per ottenere dei buoni risultati.
195
SCHEDA TECNICA DEGLI INTEGRATORI
Carnitina: è un integratore proenergetico che, fissandosi alla molecola
di grasso, costituisce la chiave che consente di entrare nei mitocondri;
questi sono organelli presenti in ogni cellula dell’uomo e, attraverso il
ciclo di Krebs, i grassi vengono bruciati per produrre energia.
Perché va usata: negli sport di forza e velocità si ottiene un risparmio di
glicogeno e proteina muscolare, quindi un miglior recupero ed una
ridotta formazione di ammoniaca e, quindi, di acido lattico.
Nei regimi alimentari ipocalorici e nelle diete iperlipidiche consente
l’utilizzazione di una fonte di energia in più.
Dosaggio: è opportuno fare cicli di 6 settimane per ottimizzare i processi
metabolici e l’uso energetico dei grassi. Il dosaggio utile è di 200 mg. Al
giorno.
Glutammina: è un aminoacido non essenziale, che recenti studi ne
hanno evidenziato la capacità di passare attraverso la barriera
ematoencefalica, migliorando la lucidità generale dei processi mentali
degli atleti. La carenza di glutammina nel cervello anticipa il momento
di stanchezza psico-fisica.
Altro effetto è quello disintossicante a livello muscolare, favorendo lo
smaltimento delle tossine accumulate durante l’allenamento.
196
Dosaggio: 3 g. al giorno prima e durante l’attività fisica.
Aminoacidi - proteine: per quanto riguarda i primi è giusto diversificarli
in 20 tipi, di cui 8 essenziali (che il nostro organismo non è capace di
sintetizzare) e vengono assunti con l’alimentazione. Di questi otto sono
estremamente utili agli atleti i 3 aminoacidi ramificati (L-leucina, L-
valina, L-isoleucina) che favoriscono la sintesi proteica e sono utilizzati
anche a scopo energetico. Rappresentano il 40% della richiesta
aminoacidica dell’organismo ed hanno le seguenti funzioni: favoriscono
la costruzione di nuove proteine muscolari, hanno funzioni energetiche,
ritardano la produzione di acido lattico.
Dosaggio: massimo 5 g. al giorno, prima dell’allenamento come funzione
proenergetica; 30 minuti dopo, quando inizia la fase anabolica di
ricostruzione muscolare.
Le proteine sono invece utili nelle diete ipo-proteiche, come sostitutivi di
pasto, ed assicurano la sintesi di nuove strutture proteiche all’interno
dell’organismo. La moderna tecnologia ha messo a disposizione
preparati a base di latte contenenti lattalbumina e lattoglobuline che
rappresentano i costituenti più ricchi di aminoacidi essenziali.
La maggior parte delle aziende produttrici di integratori proteici si sono
premunite di delattosarli, ovvero di privarli del lattosio, zucchero del
latte, che in molte persone causa intolleranze! Vengono dunque usati
197
quando c’è un considerevole impegno sportivo e si vuol diminuire di
grasso corporeo.
Dosaggio: vanno assunte tenendo presente la normale alimentazione,
circa 30 g. al giorno, lontano dai pasti principali.
Antiossidanti: sono essenzialmente sostanze come le vitamine C ed E,
che intervengono nel prevenire la distruzione di parti della cellula
durante l’allenamento intenso, ad opera di sostanze di scarto del
metabolismo dette radicali liberi.
E’ evidente che in una integrazione completa non possono mancare e,
soprattutto in discipline come il Decathlon, assumono una importanza
determinante per agevolare i processi di recupero muscolare.
Dosaggio: in commercio esistono moltissimi prodotti ed io consiglio di
attenersi alle prescrizioni delle etichette.
Multivitaminici: le vitamine sono essenziali per il funzionamento
dell’organismo ed è necessario assumerle attraverso gli alimenti, per
potenziare il funzionamento di altri strutture metaboliche, vedi enzimi.
Inoltre agiscono da fattori antiossidanti, combattendo la iperproduzione
di radicali liberi, che generano una risposta organica comunemente
chiamata “fatica”.
Dosaggio: minimo prescritto sull’etichetta ed una buona alimentazione
garantiscono il fabbisogno medio giornaliero.
198
Sali minerali: l’integrazione salina dovrebbe essere la prima da attuarsi
in ogni sport, dato che una disidratazione del 5% comporta un calo
prestativo del 20%. La giusta integrazione salina durante lo sforzo deve
essere fatta con prodotti ipotonici, poco concentrati con una osmolarità
di 175 mOm/L., cioè prossima a quella del sudore.
Dosaggio: direttamente proporzionale alla necessità dello sforzo, sia
indotta dalla temperatura esterna.
Energetici: sono importanti in ogni sport perché stabilizzano la glicemia
diminuendo la fatica, mantengono entro il livello di guardia il glicogeno
muscolare, vero carburante dei nostri muscoli. Le maltodestrine
rappresentano la giusta cura a quanto sopra esposto, perché capaci di
essere prontamente assimilati e rilasciati lentamente. Sono dunque utili
durante la prestazione. Dopo la prestazione sono più indicati zuccheri
come il glucosio, che apporta energia in breve tempo, soddisfacendo la
necessità di un atleta altamente affaticato.
Dosaggio: è sempre determinato dall’intensità dello sforzo.
Durante le gare di Decathlon l’integrazione più adeguata è quella che
prevede l’utilizzo di energetici, sali minerali, aminoacidi ramificati e
creatina da assumere a piccole dosi in vari momenti della competizione.
Commento [RB1]: Deguata p que
199
N.B.: un’avvertenza scrupolosa è quella che ogni atleta, che intenda
seguire una corretta integrazione, si debba rivolgere ad un buon
dottore-dietologo sportivo il quale, attraverso le sue conoscenze
fisiologiche e sportive, compili un piano di alimentazione ed integrazione
adeguato ad ogni atleta.
Ogni prodotto deve avere dei cicli di assunzione alternati ad altri di
scarico, ad esempio 4 settimane - 1 settimana, ed inoltre, e con questo
concludo, non pensiate assolutamente che l’uso esagerato
dell’integrazione migliori esponenzialmente una positiva risposta
fisiologica, perché rappresenterebbe solo un surplus di sostanze
alla stregua di una alimentazione eccessiva!!!
200
Per concludere, uno degli appartenenti al nostro gruppo, William
Frullani, è riuscito a piazzarsi al 3° posto ai Campionati Europei 2001
under 23 ad Amsterdam, “cappellando” disgraziatamente il giavellotto,
con il quale avrebbe potuto conseguire la seconda piazza di tale
manifestazione. I risultati da lui conseguiti sono stati:
100 m. 10,65
Lungo 7,58
Lancio del peso 13,80
Salto in alto 2,13
400 m. 48,78
110 H 14,68
Disco 41,61
Asta 4,40
Giavellotto 43,89 (!?)
1.500 m. 4’45”69
Totale punteggio 7.871
MA QUESTA E’ TUTTA UN’ALTRA STORIA…
ARRIVEDERCI E GRAZIE.
Indirizzo del sito Internet del nostro gruppo di allenamento, attraverso il
quale vorremmo confrontarci con tutti gli appassionati di prove multiple:
web.quipo.it/club8000
201
DEDICHE DEI RAGAZZI E DEGLI ADDETTI AI LAVORI…
Su richiesta del mio fraterno amico Riccardo Calcini, ho preso spunto
per scrivere alcune mie riflessioni sul Decathlon, una specialità che ho
praticato per circa 10 anni. Posso solo dire che questa mia attività ha
dato spunto ad un modo di vita che mi sta accompagnando e cioè: fare
le cose una per volta e che le difficoltà possono accadere in qualsiasi
momento prima che la gara sia conclusa.
Con questo volevo dire che il Decathlon può diventare anche uno stile di
vita. Perché nel Decathlon occorre far bene tutto e sgarrare anche in
una sola disciplina può voler dire doversi arrendere.
Spero che questo non mi capiti mai.
Fabrizio Rovini
202
Dedica ad un giovane collega.
Sono particolarmente orgoglioso di scrivere nuovamente di Riccardo
Calcini per questo suo secondo contributo tecnico-culturale (il primo fu
la sua Tesi di Diploma ISEF).
Riccardo in pochissimi anni si è dedicato “anima e corpo” al
meraviglioso mondo della disciplina più completa, il Decathlon. Il suo
lavoro non è apprezzabile solo per i recenti risultati tecnici ottenuti, ma
per il suo personale metodo, per la sua filosofia di allenamento che
scaturisce dalle esperienze d’atleta, ma anche dalla voglia di scoprire
sempre cose nuove e di speculare ed infine gli va riconosciuto il coraggio
di voler divulgare il proprio pensiero, di volersi mettere in discussione
per mantenere vivo un ambiente che ha la necessità di evolversi, di
progredire culturalmente per un naturale sviluppo della nostra amata
dissciplina.
Renzo Avogaro
203
Sono in silenzio, sdraiato. Guardo in alto, vedo nuvole e non sento più
niente. Vorrei addormentarmi e rimanere lì. Sono stanco, stanco morto.
Mi dico: “Questa volta è l’ultima! Basta, non lo rifaccio”.
Invece penso già al prossimo Decathlon.
Marzio Viti
Se un giorno mia figlia dovesse dirmi: “Papà voglio fare le prove
multiple”.
Cosa le risponderei…?
Luciano Asta
204
Emozione, coraggio, fatica, vita.
Francesco (Cilliuzzo)
Chi non è dentro non sa cosa si prova!
Daniele Conti
205
Quello che voglio sottolineare del Decathlon è come sia impossibile
mantenere una normale cognizione del tempo. Intendo dire che, quando
sei costretto a pensare in ogni istante a ciò che stai facendo e alle
risposte del tuo corpo, la tua mente si addensa di informazioni e
sensazioni ed il risultato è totalmente particolare. Durante la
competizione le ore volano, mentre ad un ricordo successivo (una
settimana, un anno o venti anni dopo) riemergono particolari momenti
che suscitano in te nuove forti sensazioni. Questo è il motivo per me il
Decathlon è soprattutto una esperienza che mi permette di arricchire la
mia vita di emozioni interiori (che siano belle o brutte non importa).
Paolo Mottadelli
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Da quando, nel Settembre 1999, ho iniziato ad allenarmi per il
Decathlon, l’atletica non è stata più qualcosa di fine a sé stessa. Anche
fuori dalla pista sono diventato più tenace, responsabile, esigente,
propenso al sacrificio. Auguro a tutti, qualunque sport pratiichiate, di
raggiungere lo stesso risultato.
William Frullani
In un’epoca nella quale tutto tende alla specializzazione, dei tipi
rinascimentali come i decathleti possono sembrare fuori posto.
In realtà, forse, stanno tracciando la strada. E’ gente che si spende in
due giorni di gare complicandosi la vita fra specialità non sempre
gradite e tabelle che traducono la loro fatica in arido numero che
sommato ad altri nove altri aridi numeri darà la sentenza.
Pur non avendo le loro loro qualità fisiche mi sono sempre ritrovato
nella loro mentalità e filosofia di vita, cercando di capirne e
assecondarne le esigenze. Mi piace pensare di contribuire col mio lavoro
a creare le condizioni ideali per il miglioramento dei loro risultati.
Gabriele Manfredini
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Mah, due giornate di fatica, ripagate sempre da una gioia collettiva, una
gioia che nasce dal pensare a ciò che si è provato negli allenamenti, ai
problemi risolti e a quelli nuovi. Comunque ancora le esperienze sono
poche, spero di evolvermi ai livelli di chi vedo tra i veterani durante le
gare e di essere un futuro punto di riferimento per le prossime nuove
leve.
Matteo Bucarelli
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Beh, pensando ad una gara come questa, ho subito in mente le varie
sensazioni che si susseguono durante la lunga competizione… mi
riferisco all’arrivo allo stadio, l’incontro con gli “amici-nemici”, poi alla
trepidazione prima della partenza dei 100 metri, oppure ai numerosi
momenti di difficoltà che inevitabilmente accompagnano una disciplina
così intensa! Ma l’emozione più bella è la grande soddisfazione che si
prova all’arrivo degli interminabili 1.500 metri… ti senti veramente
bene… provare per credere!
Fabio Menichetti
Per essere chiamato ATLETA è necessario saper gestire il proprio corpo
in modo corretto. Il movimento ci è stato detto che è frutto di un
insieme di catene cinetiche. Non è pensabile che ogni distretto corporeo
non sia addestrato e potenziato in ugual misura. Camminare, correre,
saltare, lanciare, i famosi schemi motori di base sono gli elementi
portanti dell’atletica. Le prove multiple, il Decathlon, cosa
rappresentano, cosa hanno rappresentato per me?
Dal punto di vista motorio: il controllo segmentario di tutto il mio corpo,
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in ogni distretto; il sapermi gestire con abilità in ogni disciplina.
Dal punto di vista motivazionale: la vita quotidiana ti porta ad
affrontare tanti “ostacoli” più o meno ardui. La disciplina , il rispetto
altrui, il rispetto delle regole si sono sviluppate in modo esponenziale e
proporzionale all’impegno che esercitavo nell’affrontare gli allenamenti e
le gare del Decathlon.
Cosa ha rappresentato per me il Decathlon? TUTTO! (Sportivamente
parlando). E’ la disciplina sportiva alla quale lego le maggiori sensazioni
emotive. A distanza di tanti anni (47) passati sui campi di atletica sono
ancora vive nel mio essere le sensazioni di gioia, di divertimento, di
spossatezza che ogni volta che gareggiavo mi riempivano e mi
gratificavano. Sono riconoscente al mio allenatore, il signor Betti, che mi
ha insegnato tanti rudimenti di questa disciplina atletica. Un auspicio
per chi ha a cuore le sorti dell’atletica: propagandate le prove multiple.
Solo attraverso una adeguata preparazione “multipla” avranno atleti
monocompetizione validi.
Rinaldo Calcini
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211
INDICE
Prefazione ....................................................................................................... 2 PREMESSA..................................................................................................... 7 CAPITOLO 1: ASTA ......................................................................................... 9 ESERCIZI PROPEDEUTICI DI PREACROBATICA..................................................... 9 ACROBATICA DI BASE ........................................................................................ 11 Propedeutica per il salto volteggio......................................................................... 15 ESERCIZI DI PREACROBATICA SPECIFICA PER IL SALTO CON L’ASTA................ 30 SALTO CON L’ASTA ............................................................................................. 38 Primo approccio al salto con l’asta........................................................................ 39
CAPITOLO 2: SALTO IN ALTO....................................................................... 49 ESERCIZI PROPEDEUTICI ................................................................................... 52
CAPITOLO 3: SALTO IN LUNGO.................................................................... 61 ESERCIZI PROPEDEUTICI ................................................................................... 62
CAPITOLO 4: LANCI...................................................................................... 84 Peso, Disco e Giavellotto....................................................................................... 84 Disco................................................................................................................... 86 Peso .................................................................................................................... 90
CAPITOLO 5: 100 M.................................................................................... 104 CAPITOLO 6: 400 M. (Da cui scaturisce l’allenamento dei 1.500 m.)........... 119 CAPITOLO 7: 110 H. ................................................................................... 127 Esercizi propedeutici di passaggio e di ritmica. ................................................... 132 Altri esercizi....................................................................................................... 133 Esercitazioni specifiche di ritmica....................................................................... 136
CAPITOLO 8: ESERCIZI DI FORZA PER LE VARIE DISCIPLINE .................. 144 100 m................................................................................................................ 146 Salto in lungo .................................................................................................... 148 Peso .................................................................................................................. 148 Alto ................................................................................................................... 150 400 m. e 100 H.................................................................................................. 151 Disco................................................................................................................. 151 Asta................................................................................................................... 152
CAPITOLO 9: PROGRAMMAZIONE FORZA ................................................. 153 Preparazione alle “INDOOR” ............................................................................... 155 MODALITA’ D’USO DELLA PROGRAMMAZIONE 1999/2000 ............................... 170
CAPITOLO 10: GRIGLIE DI ALLENAMENTO STAGIONE AGONISTICA 1999/2000 ................................................................................................. 179 CAPITOLO 11: ALIMENTAZIONE ED INTEGRAZIONE................................. 190 SCHEDA TECNICA DEGLI INTEGRATORI........................................................... 195
DEDICHE DEI RAGAZZI E DEGLI ADDETTI AI LAVORI…........................... 201