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RELAZIONE DELLA COMMISSIONE STORICA PER LA CAUSA DEL SERVO DI DIO PADRE CARLO D’ABBIATEGRASSO (1825-1859) A cura della COMMISSIONE STORICA CASALPUSTERLENGO Santuario “Madonna dei Cappuccini”

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RELAZIONE DELLA COMMISSIONE STORICA PER LA

CAUSA DEL SERVO DI DIO

PADRE CARLO D’ABBIATEGRASSO

(1825-1859)

A cura dellaCOMMISSIONE STORICA

CASALPUSTERLENGOSantuario “Madonna dei Cappuccini”

2010

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INTRODUZIONE

La causa del servo di Dio padre Carlo Vigevano da Abbiategrasso (1825-1859) non parte da zero, ma si collega ai due processi istruiti a Lodi dal 3 maggio 1899 al 20 marzo 19021, e a Milano dal 13 gennaio 1899 al 28 gennaio 19032. Si tratta quindi ora della sua ripresa dopo la stasi di oltre un secolo. Da qui si affacciano subito due problemi: Perché la causa è rimasta ferma così a lungo? Perché la causa iniziò solo quarant’anni dopo la morte del Servo di Dio?

Sono due questioni preliminari che trovano in questa relazione storica una loro spiegazione precisa e dettagliata. L’origine di queste obiezioni si potrebbe trovare in un “Promemoria” conservato a Roma nell’Archivio della Postulazione dell’Ordine che dice così:

«La causa del p. Carlo non è fermata, ma piuttosto ferma. E ciò (secondo il parere di tre avvocati che esaminarono gli atti del processo) non tanto per alcune difficoltà che sorgono da varie deposizioni, ma perché l’istruttoria ottenuta nei due processi (di Lodi e di Milano) è troppo scarsa di prove. I testi non furono bene scelti; basta riflettere che su oltre 80 testi, i religiosi cappuccini non toccarono la dozzina. Troppo si è atteso ad iniziare i processi. Per impiantare saldamente la causa di una vita breve come quella di P. Carlo non si dovevano lasciar correre oltre vent’anni dalla

1 Cf. Roma, APGC, n. 62/2: Copia Publica transumpti Processus rogatorialis ordinaria auctoritate contructi in Curia ecclesiastica Laudensi super fama sanctitatis vitae, virtutum et miraculorum Servi Dei P. Caroli ab Abbiategrasso sacerdotis professi Ordinis Minorum Sancti Francisci Capuccinorum. Vol. unic. Gustavus adv. Savignoni S.R.C. Cancellarius et archivista. Anno 1904. 28 cm., ff. 1r-432v.

2 Roma, APGC, n. 62/1: Copia Publica transumpti Processus rogatorialis ordinaria auctoritate contructi in Curia ecclesiastica Mediolanensi super fama sanctitatis vitae, virtutum et miraculorum Servi Dei P. Caroli ab Abbiategrasso sacerdotis professi Ordinis Minorum Sancti Francisci Capuccinorum. Vol. unic. Gustavus adv. Savignoni S.R.C. Cancellarius et archivista. Anno 1904. 28 cm., ff. 1r-302v.

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morte. Del resto al Signore non mancherebbe modo di supplire alle deficienze umane operando per l’intercessione del p. Carlo veri miracoli»3.

Questo giudizio sembra abbia tarpato le ali alle attese e abbia gelato l’entusiasmo, anche se la fama di santità continuò e continua ininterrotta fino ad oggi, come vedremo. Un’analisi critica secondo i criteri storici moderni, ad ogni modo, farà vedere come questi due processi furono ineccepibili, a livello di procedura e di metodo, ma anche per la scelta di testi qualificati e spiegherà anche perché il processo venne iniziato quarant’anni dopo la morte del Servo di Dio, togliendo del tutto l’impressione che sia stato per incuria o disinteresse.

Al di là di questi interrogativi, si presenta alla Chiesa di oggi e rimane evidente, attorno alla figura di padre Carlo, una ininterrotta fama di santità, di virtù eroiche e di miracoli. Su questo è stato opportuno insistere per verificare se la documentazione raccolta consenta di mettere sufficientemente in risalto la santità e l’esercizio eccellente delle virtù, nonché la fama di santità in vita, in morte e dopo morte e la fama di miracoli, di segni e grazie fino ai nostri giorni. È chiaro quindi che il lavoro fondamentale consiste nel revisionare analiticamente ed eventualmente completare la documentazione storico-archivistica e valorizzare inoltre la fonte testimoniale-giuridica dei due processi.

Il percorso di questo elaborato storico si svilupperà perciò in diverse sezioni:

1) Dopo un elenco sommario della documentazione attualmente disponibile, che verrà in seguito analizzata e ampiamente catalogata, si entrerà direttamente nella biografia documentata del Servo di Dio ambientata nell’epoca in cui visse e nel contesto del cappuccinesimo lombardo.

3 Roma, APGC, n. 62, doc. 9: in Acta et decreta causarum beatificationis et canonizationis O.F.M.Cap. ex regestis manuscriptis SS. Rituum Congregationis ab anno 1592 ad annum 1964. Cura et studio P. Silvini a Nadro O.F.M.Cap. Romae, Apus Postulationem Generalem O.F.M.Cap. – Mediolani, Centro Studi Cappuccini Lombardi, 1964, p. 300.

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2) In seguito si approfondirà la fama di santità dalla morte del Servo di Dio fino ad oggi, in due tappe distinte: a) dalla morte fino alla conclusione del processo canonico (1859-1903); b) da dopo la consegna degli Atti autentici alla Postulazione ad oggi.

3) Una terza parte riguarderà le virtù eroiche del Servo di Dio dimostrate attraverso le diverse testimonianze rilasciate durante il processo di Lodi e di Milano.

4) Una quarta parte cercherà di offrire il profilo spirituale del Servo di Dio e di spiegare l’attualità del suo messaggio come risulta dall’analisi documentaria.

5) Infine in modo analitico si presenterà tutta la documentazione attualmente disponibile sia manoscritta che a stampa con l’elenco degli archivi consultati e la loro consistenza in relazione alla causa di P. Carlo.

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IBREVE BIOGRAFIA DOCUMENTATA DEL

SERVO DI DIO

1. - DOCUMENTAZIONE ATTUALMENTE DISPONIBILE

La documentazione storica e bibliografica finora disponibile è la seguente:

1) I processi manoscritti di Lodi e di Milano con tutti i documenti ivi riportati, inclusa la rogatoria di Bergamo4.

2) I pochissimi scritti superstiti del Servo di Dio5. 3) Le biografie di p. Carlo, incominciando dalla prima,

scritta dal sacerdote terziario francescano Gasparo Olmi (1833-1909) nel 1877; dalle Memorie storiche di autore anonimo pubblicate in tre edizioni: 1880, 1891, 1898; dalla Vita del Servo di Dio scritta da P. Ildefonso Aliverti, revisionata per ordine del superiore provinciale e pubblicata postuma nel 19456, e fino al volume Appunti per una vita di P. Carlo d’Abbiategrasso dfato alle stampe nel 2008 dall’autore p. Evaldo Giudici, nel quale l’autore – che ha dedicato decenni di studi a Padre Carlo – ha fatto confluire studi e pubblicazioni precedenti, offrendo una pregevole

4 Vedi un esame storico di questi processi alle pp. 301-315, 319-321.5 Accurato studio ed edizione critica dei pochi suoi scritti alle pp. 44-

46, 84-88, 93-94, 114-132.6 La Vita di p. Aliverti è importante per la serietà della ricerca

documentaria, iniziata in luogo per l’introduzione del processo diocesano (e quindi compiuta ricuperando testimonianze diretter di persone che avevano conosciuto padre Carlo o che potevano riferire quel che raccontavano genitori e conoscenti) e continuata poi per decenni. Egli stesso dichiara: «Fonte importantissima… sono pure le notizie più varie e più sicure che io ho potuto raccogliere dalla bocca stessa di venerandi testimoni religiosi e secolari, contemporanei e intimi del nostro Servo di Dio» e assicura di riportare «in genere, per tanti particolari di questa vita, quelle notizie che ho potuto avere direttamente da condiscepoli, compagni, maestri, superiori e persone che bene conobbero il nostro Servo di Dio» (Aliverti, Vita, Casalpusterlengo 1945, p. 14 e 29 in nota).

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descrizione della santità e dell’esercizio eroico delle virtù e della fama di santità del Servo di Dio7.

4) Gli articoli di bollettini e di giornali, sia locali del Lodigiano sia quelli parrocchiali, della provincia cappuccina lombarda e dell’Ordine8.

5) I documenti d’archivio, con l’elenco degli archivi consultati e la loro consistenza in relazione alla causa di p. Carlo9.

6) Infine la documentazione finora prodotta in relazione alla storia della causa del Servo di Dio e alla sua ripresa attuale10.

Tutto questo materiale a disposizione degli storici annulla ora il giudizio di povertà di documentazione espresso a Roma relativa-mente agli Atti processuali, con il risultato che la causa si arenò. La documentazione ora c’è e se si raccoglie insieme con cura, crediamo, apparirà abbastanza notevole o almeno più che sufficiente, pur nella brevità di una vita conclusa in trentatré anni.

Ed è proprio su questa “breve” vita che ora è opportuno fermare l’attenzione e ripassarne la documentazione in modo da proporre una biografia tutta documentata con i testi ben scelti, numerati e autenticati. Ma prima è necessario tracciare un sintetico e schematico quadro storico politico ecclesiale sul quale si innesta la breve vicenda biografica di p. Carlo. L’epoca del Servo di Dio, per più aspetti, è densa di trasformazioni sociali, politiche e religiose.

7 Questa biografia era già stata sostanzialmente edita nell’anno mariano 1988, però assai allargata con molte aggiunte di riflessioni devote e letterarie a cura di p. Apollonio Troesi (Cf. Evaldo Giudici – Apollonio Troesi, …e Maria lo prese con sé… P. Carlo Maria Vigevano da Abbiategrasso (1825-1859) cappuccino, Casalpusterlengo 1988. XX-442 p.). La biografia originale di p. Evaldo è stata poi edita di nuovo, spoglia da tutte le sovrastrutture letterarie di p. Apollonio, proponendosi come la biografia più adatta per la causa di p. Carlo. Sulla storia ragionata delle biografie del Servo di Dio vedi ad ogni modo articolo specifico più avanti, alle pp. 268-290, 339-340.

8 Cf. più avanti, pp. 366-434.9 Cf. Appendice: Archivi e documenti, pp. 535-643.10 Per questo ultimo settore di fonti documentarie vedi alle pp. 291-

365.

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2. - L’EPOCA DEL SERVO DI DIO

È una vita che comprende quattro papati: Leone XII Della Genga, dal 1823 al 1829. Il 1825, anno di nascita di padre Carlo, è anno giubilare, 20° anno santo, solennizzato da Leone XII che riprese la serie dei giubilei interrotta per ragioni politiche da papa Pio VII11. Poi Pio VIII Castiglioni dal 1829 al 1830, solo venti mesi di pontificato, col card. Albani segretario di stato che svolse tutti gli affari secolari12; successivamente il camaldolese Gregorio XVI Cappellari dal 1831 al 184613, sotto il quale scoppiarono moti insurrezionali nello Stato Pontificio nel 1831-32 e 1843-45, repressi con l’aiuto dell’Austria che occupò per sette anni Bologna e anche con l’aiuto dei francesi e poi della milizia pontificia. Ma crebbe l’odio contro il dominio austriaco, mentre la Curia romana assumeva un atteggiamento ostile anche di fronte al movimento unitario nazionale, animato dalle società segrete mazziniane che si infiltravano un po’ ovunque, contro particolarmente la sovranità popolare.

Tra i cattolici si sviluppò il neoguelfismo, che voleva una conciliazione del papato con il liberalismo politico e derivava dal quel “liberalismo cattolico” fiorito rapidamente fra il 1830 e il 1848, che aspirava a porre sotto l’egida del papato i diversi stati italiani fino all’eliminazione dell’Austria. Erano idee espresse in vari modi dai patrioti moderati come Alessandro Manzoni († 1873), i sacerdoti e filosofi Vincenzo Gioberti († 1852) e Antonio Rosmini († 1855), gli statisti Cesare Balbo († 1853) e Massimo d’Azeglio († 1866). Nel campo religioso Gregorio XVI fu fecondo d’iniziative, affrontò con l’enc. Mirari vos dell’agosto 1832 l’indifferentismo e lo spirito liberale del tempo, condannò diversi errori, (di Lamennais e altri), dedicò viva attenzione alle missioni14.

11 Cf. K. Bihlneyer – H. Tuechle, Storia della Chiesa. IV: L’epoca moderna. Quinta edizione italiana a cura di Igino Rogger. Brescia, Morcelliana, 1972, 150s.

12 Ibid., 151.13 Ibid., 151-154.14 Ibid., 153s.

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Il papa durante il quale padre Carlo chiuse la sua vita fu il beato Pio IX Mastai-Ferretti dal 1846 al 1878 (che padre Carlo nomina in un suo scritto intitolato: Lamentazione)15; egli col suo atteggiamento più liberale sollevò un entusiasmo come un mito che vedeva il papa alla testa del movimento unitario destinato a cacciare l’Austria e a rinnovare la nazione. Ma Pio IX non volle unirsi alla guerra di Carlo Alberto contro l’Austria, cercando invece di guadagnare il Piemonte al progetto della lega difensiva. Nell’allocuzione del 9 aprile 1848 il papa infranse le diffuse illusioni. Il “tradimento” di Pio IX, come venne detto dagli estremisti mazziniani, portò all’uccisione di Pellegrino Rossi il 15 nov. 1848 e alla proclamazione a Roma della repubblica (9 febbr. 1849). Roma venne liberata dai francesi col generale Oudinot in luglio 1849.

Pio IX, fuggito a Gaeta, rientrava in città nell’aprile 1850, difeso dai francesi fino al 1870. Le legazioni settentrionali fino al 1859 rimasero occupate dagli Austriaci che avevano sconfitto Carlo Alberto, che abdicò a favore del figlio Vittorio Emanuele II (1849-1878). La restaurazione papale del 1850 segnava la fine del neoguelfismo, e l’unica possibilità era l’abolizione del potere temporale, come prese atto il Gioberti nel suo Rinnovamento civile degli italiani (Parigi-Torino 1851)16. L’8 dicembre 1854 Pio IX proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione.

In Austria il cancelliere principe onnipotente Klemens Metternich resse le redini del governo per ben 39 anni, dal 1809 al 1848, con gli imperatori Francesco I († 1835) e Ferdinando I († 1848). Dopo la caduta di Metternich nel 1848 i vescovi riuscirono con il giovane imperatore Francesco Giuseppe I (1848-1916) a ottenere maggiore libertà nelle cose ecclesiastiche fino a fare un concordato con la S. Sede il 18 agosto 1855 che escludeva il giuseppinismo e assecondava la libertà della Chiesa, anche se era contrastato dai liberali e dai protestanti e da molti

15 Vedi più avanti, p. 117.16 K. Bihlneyer – H. Tuechle, Storia della Chiesa. IV: L’epoca

moderna, pp. 154-158.

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dubbi in ambienti cattolici giustificati per alcune disposizioni riguardanti la scuola17.

L’anno 1859, anno della morte di padre Carlo, è anche l’anno della morte del santo curato d’Ars Giovanni Battista Vianney ed è l’anno in cui il Piemonte, con Cavour, si alleò con l’imperatore Napoleone III e fece guerra all’Austria riuscendo a impossessarsi della Lombardia, mentre varie regioni dello stato pontificio si ribellarono al governo papale18. Le annessioni al Regno d’Italia non furono opera di ribellioni popolari, ma di esigue minoranze politiche.

In questo quadro storico politico ecclesiale si inserisce la vicenda biografica di padre Carlo che si svolge per i primi ventisette anni ad Abbiategrasso, grosso paese della provincia di Milano. Sembra perciò opportuno innestare qui un po’ di storia di Abbiategrasso per gli anni in cui vi operò p. Carlo e soprattutto le risonanze politiche delle Cinque Giornate di Milano del 1848 e le aspirazioni di libertà e altri elementi economico-religiosi e culturali del paese che aiutano a inquadrare meglio la presenza del Servo di Dio. A questo proposito lasciamo la parola a uno specialista del settore, il prof. Mario Comincini.

3. ABBIATEGRASSO NEGLI ANNI DI PADRE CARLO

«Quando nacque Gaetano Vigevano (1825), il borgo di Abbiategrasso faceva parte da dieci anni del Regno Lombardo-Veneto ed era capoluogo del Distretto V della Provincia di Pavia, con sede di Pretura. A chi proveniva da Milano, come ebbe a scrivere Cesare Cantù, la prima immagine di Abbiategrasso era una lunga fila di barconi carichi di merci, lungo il Naviglietto che congiungeva il Naviglio Grande al borgo. Erano merci provenienti su carri da Genova fino a Vigevano oppure da Bereguardo sul naviglio omonimo. Da Bereguardo arrivavano soprattutto la legna dei boschi del Ticino, il sale condotto sul Po dall'Adriatico a Pavia e i vini dell'Oltrepo e del Monferrato. Ma al porto di Abbiategrasso giungevano anche grani e

17 Ibid., 168s.18 Ibid., 231-233.

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fieno della campagna circostante e tutte queste merci erano destinate a Milano.

«Il borgo era cinto da un ampio fossato medievale e, al suo interno, gli edifici storici più importanti erano il castello visconteo e la chiesa di S. Maria Nuova. Fuori dal borgo, verso il Ticino, si stendeva un'ampia e fertilissima vallata coltivata a riso, granoturco, frumento, segale, avena e che produceva inoltre fieno, foraggi e legumi. Altri prodotti locali legati all'economia rurale erano i bachi per la seta, il lino e l'olio di noce e di ravizzone. Fiorente era la produzione di burro e formaggi. Da qualche decennio, cioè dalla fine del Settecento, si era aggiunta qualche attività manifatturiera, come filatoi e filande a vapore.

«Prevosto della parrocchia di S. Maria Nuova era don Giuseppe Maria Bozzi, nativo del vicino borgo di Rosate e che nel 1833 sarebbe diventato vescovo di Mantova. Suo successore fu don Giuseppe Lattuada, protagonista di un episodio espressione del sentimento patriottico locale e ancora ricordato negli anni Ottanta dell’Ottocento, come testimonia Sajni nei suoi scritti. Nel 1847, annotò infatti Sajni, in occasione dell’onomastico dell’imperatore d’Austria, il “prevostino” Lattuada fu invitato dall’autorità governativa a celebrare personalmente una messa in canto con altre solenni funzioni religiose. Il prevosto si rifiutò ma aggiunse che, in obbedienza alle leggi, avrebbe fatto cantare la messa dal suo clero. “Per cui – conclude Sajni – si provocò l’arresto e venne condotto, dicesi a Milano, qualche giorno. La sua salute ne risentì e lo stesso anno decesse”. Peraltro l’episodio è stato in seguito ridimensionato e precisato, sulla scorta di documenti d’archivio. Non si era nel 1847 ma nel 1838 (il prevosto sarebbe morto nel 1841) e in particolare era il 30 maggio, giorno onomastico di Ferdinando I. Come ogni anno, in S. Maria Nuova era prevista una funzione religiosa ma il prevosto non diede il permesso di cantare l’inno nazionale da parte di un coretto di fanciulli appositamente istruito dall’organista. Poco dopo riceveva una lettera dell’Imperial Regio Commissario Distrettuale, con la quale lo si invitava a fare in modo che in avvenire “sì interessante funzione si facesse con quel

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maggior decoro e con quella festività che tanto si desidera”. Nel contempo il Commissario lamentava che il “canto dell’Inno Ambrosiano [il “Te Deum”] venne incominciato dal clero coll’aria consueta e poscia l’aria si è mutata in quella del Miserere!”. Non è documentato, comunque, che quell’episodio abbia avuto conseguenze per il prevosto, che quindi fu piuttosto vittima della mitizzazione postrisorgimentale.

«L’adesione alla sommossa milanese del 1848 fu manifestata dal contado in primo luogo con la raccolta di denaro per la “causa nazionale”. E dai piccoli paesi ai grossi borghi, fu un’adesione pressoché unanime. A Milano, per limitarsi all'Est Ticino, arrivarono offerte dalle parrocchie di Turbigo, Motta Visconti, Fallavecchia, Cisliano, Bestazzo. Il parroco e il coadiutore di Corsico coinvolsero una cinquantina tra fittabili e i loro coloni. Altre offerte arrivarono dalle comunità di Robecco, da Castellazzo de’ Barzi e da S. Stefano presso Magenta. L’avvocato Ambrogio Ubicini promosse una sottoscrizione tra la popolazione di Sedriano. Il Commissario Distrettuale di Cuggiono raccolse più di 6000 lire tra 19 comuni del distretto. “Gli assistenti, filere e menere” della filanda dei fratelli Corti di Castano inviarono 163 lire. La pieve di Rosate raccolse in 11 sue parrocchie oltre 2500 lire. I terrieri di Ossona, col clero in testa, recapitarono 208 lire. Anche le tre parrocchie di Abbiategrasso inviarono denaro: quasi 1000 lire quella di S. Pietro, oltre 400 quella di Castelletto, quasi 4000 quella di S. Maria Nuova con ingenti somme versate dal clero (1000 lire solo da don Giuseppe Spreafico), oltre ad argenteria per un valore di 3900 lire (se ne riparlerà); la sottoscrizione di quest’ultima parrocchia ebbe 150 adesioni, tra cui qualche membro della Deputazione Comunale e poi persone di ogni ceto sociale. Si promosse una colletta persino nella locale Pia Casa degli Incurabili, a cui aderirono il personale amministrativo (tra cui il patriota rag. Sartirana), i tre sacerdoti, il medico, il chirurgo ma anche gli inservienti e persino diversi “miserabili ricoverati”; colletta che fruttò 840 lire.

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«I promotori della raccolta di denaro, nelle singole realtà locali, non ricoprivano sempre le stesse funzioni: più spesso l’iniziativa era del parroco, talvolta della parrocchia e del comune insieme, talvolta del solo comune; ma ci furono anche moltissime oblazioni individuali, oppure offerte in natura come gioielli e biancheria per gli ospedali. Il contributo del clero risultò comunque determinante non solo per l’esito della sottoscrizione e anche prima che il Governo Provvisorio emanasse una circolare ai parroci, il 26 giugno, invitandoli ad usare tutta la loro influenza per l’arruolamento volontario e la raccolta di denaro. Circolare a cui seguì, il primo luglio, l’invito dell’arcivescovo a offrire in prestito l’argento delle suppellettili sacre non strettamente legate al culto: e da Abbiategrasso il prevosto Palazzi, già promotore di una serie di collette, inviò sei candelieri e due croci, tutti in argento.

«Il Governo Provvisorio si preoccupò di conquistare alla causa nazionale gli indecisi anche con azioni dirette sul territorio, invitando gli Oblati di Rho a portarsi nelle grosse borgate “per raccomandare l’ordine e la tranquillità”, dimostrando i vantaggi che derivavano anche alla religione e alla popolazione dalla conquistata indipendenza, che andava quindi conservata col rispetto delle leggi. E come primo paese in cui tentare quest’opera di persuasione si segnalava Cuggiono, dove evidentemente la causa nazionale non era molto sentita. La lettera del Governo Provvisorio agli Oblati, datata 30 aprile, fu controfirmata dall’arcivescovo Romilli, con l’invito ai parroci a cooperare. Ci si era rivolti ai religiosi di Rho sia per la loro esperienza “missionaria” sia per il loro sentimento patriottico, che in quei momenti fu dimostrato con l’invio di ben 6200 lire e 24 moggia di frumento (un moggio = circa 150 kg), “da convertirsi in pane per le famiglie indigenti”.

«L’Abbiatense e il Magentino costituivano allora, come s’è detto, un distretto appartenente alla provincia di Pavia e formato da 25 comuni, da Ozzero in su fino a Mesero e Ossona e, verso est, fino a Bareggio. E appunto in ambito distrettuale si costituì, ad Abbiategrasso, un Comitato di Pubblica Sicurezza, come disposto dalle Istruzioni emanate

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dal Governo Provvisorio il 15 maggio ma pubblicate solo il 15 luglio, Comitato che appunto in luglio esortava gli abitanti del distretto a sostenere la sua opera in favore della patria; ne era presidente l’abbiatense abate Cesare Vigevano, cugino di padre Carlo e citato negli atti del processo canonico come fonte per la testimonianza resa da don Luigi Magnaghi, coadiutore di S. Maria Nuova di Abbiategrasso. Purtroppo non si è in grado di ricostruire l’attività di quell’organismo, sciolto dopo qualche settimana per il rientro degli austriaci, che ai primi di agosto organizzò, nell’ambito del territorio di propria competenza, la “leva in massa di tutte le Guardie nazionali mobilizzabili, cioè di tutti gli uomini atti a marciare, dagli anni 18 ai 40. Ognuno che ha un fucile deve portarlo seco con tutte le munizioni che possiede. Quelli che non possono partire devono cederle a quelli che partono. Chi non ha armi marci con gli attrezzi da muover terra e spianare alberi, falci, scuri, vanghe, zappe, ecc. Ogni comune dovrà fornire il pane per una settimana alle Guardie nazionali che marciano sia con armi sia con utensili. Il parroco, il medico condotto e l’ispettore di vigilanza, assistiti dall’agente comunale, costituiranno il comitato della leva in massa. Non è obbligatoria alcuna uniforme, e basterà che ciascun uomo porti una croce rossa al petto. Chi non avesse cappotti o tabarri, porterà con sé una coperta di lana nel suo fardello. Il servizio durerà pei pochi giorni del pericolo dell’invasione del territorio. Nei comuni in cui vi è più di un sacerdote, questo segua la sacra crociata”. Quell’esercito improvvisato era destinato alla linea dell’Adda, da cui si temeva un'offensiva austriaca, e gli uomini del distretto di Abbiategrasso furono destinati a Mazzano, nel Bresciano: erano coloro che, nelle comunità di appartenenza, costituivano il “popolo armato” cioè la Guardia Nazionale, istituita con apposita legge per la tutela dell’ordine pubblico e che sarebbe stata ripristinata dopo la battaglia di Magenta.

«Come a Milano, anche nei borghi e nei paesi non mancarono certamente manifestazioni antiaustriache e inneggianti alla nazione. Ad Abbiategrasso, in particolare,

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sventolò il vessillo tricolore, poi nascosto dal patriota Sartirana col ritorno degli austriaci per ricomparire dopo la battaglia di Magenta; ancora alla fine dell’Ottocento si additava con orgoglio in via Misericordia, nel muro sottostante la finestra del prevosto Palazzi, il sostegno in ferro della bandiera tricolore che egli «faceva sventolare in date occasioni liberali»19.

In questo contesto pieno di passioni, di tensioni e di attese padre Carlo vivrà la sua giovinezza e maturerà il cammino della sua santità. Si capisce come questo periodo della sua vita trascorso in Abbiategrasso sia fondamentale, cioè rappresenti il fondamento sul quale la sua santità andò crescendo e sviluppandosi.

4. – UN “EXCURSUS” DOCUMENTATO DELLA VITA DI P. CARLO D’ABBIATEGRASSO

La cronologia di padre Carlo va dal 1825 al 1859, soltanto 33 anni, pochi, come quelli di Cristo sulla terra, ma intensi di avvenimenti nella fetta di Lombardia in cui visse.

Dal 1825 al 1852, 27 anni, padre Carlo vive e opera nel paese natio di Abbiategrasso, provincia di Milano.

Dal mese di ottobre 1852 a febbraio 1859, 7 anni, è frate cappuccino, con la pausa di circa quattro mesi nel 1854 quando, dopo il noviziato, per motivi di salute viene rimandato a casa.

Sono 27 anni di preparazione, 7 anni di perfezione con gli ultimi 7 mesi di glorificazione, dal 1858 al 1859, a Casalpusterlengo.

Uno sguardo retrospettivo e d’insieme, sulla scorta della documentazione e delle numerose testimonianze, consente di affermare che i suoi trentatré anni sono caratterizzati da una spiccata religiosità manifestata già nel periodo della sua

19 Testo del dr. Mario Comincini inviato il 26 marzo 2010. - Per saperne di più cf. C. Cantù, Grande Illustrazione del Lombardo-Veneto, Milano 1857; P. Parodi, Notizie storiche del borgo di Abbiategrasso, ivi 192.; A. Palestra, Storia di Abbiategrasso, Milano 1956; G. A. Sajni, Diario abbiatense (1886-1899), a cura di Mario Comincini, Milano 1989; M. Comincini, L'Est Ticino e il 1859. Il patriottismo di un territorio e la battaglia di Magenta, Rho 2009.

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fanciullezza e da una crescente tensione verso la santità. Infatti tutto questo appare nelle successive tre tappe della sua vita.

1) VITA IN FAMIGLIA: 1825-1852.

Nato ad Abbiategrasso, grossa borgata milanese, il 30 agosto 1825 alle ore 7,30 pomeridiane, come annota il libro dei Battesimi di quella parrocchia, da Carlo Vigevano e Giuditta Golgi, sarto lui, «cucitrice» lei, giovani sposi da un anno, e mercanti di stoffe20. Gli fu imposto il nome di Gaetano Antonio. Fu subito battezzato in casa dalla levatrice Borsani, perché in pericolo di vita; fu poi portato in chiesa, nella stessa serata, e ribattezzato, per dubbio circa la validità del sacramento, dal coadiutore della parrocchia, don Gioacchino Ramazzatti21. Fu in pericolo di morire

20 Cf. Abbiategrasso, Archivio della Prepositurale di S. Maria Nova, Registro dei matrimoni, tav. 46, s.n. Una storia della nobile famiglia Vigevano viene ricostruita da A. Palestra, Nobiltà decaduta e santità perenne del Padre Carlo d’Abbiategrasso, in L’Eco Cattolica, settimanale religioso di Abbiategrasso, an. 23 (1942) n. 9 (27 febbr.), p. 3, un articolo sul quale si sofferma p. Aliverti, Vita, p. 20s. Circa una «probabile ascendenza ebraica» di padre Carlo osserva il prof. Comincini che si tratta di «un'ipotesi avanzata da frate Evaldo dopo la lettura di un libro sulla vicenda del piccolo Mortara (i cognomi ebraici corrispondono infatti talora a nomi di città e Vigevano confina con Mortara). Peraltro i Vigevano, cristiani, risultano presenti a Castelletto frazione di Abbiategrasso almeno dal Cinquecento: un Cesare viene battezzato il 13 maggio 1571 (Archivio Parrocchiale di Vermezzo, Registro Battesimi 1569-1625; allora Castelletto ecclesiasticamente dipendeva da Vermezzo). Nei registri anagrafici della parrocchia di Castelletto sono poi frequenti le citazioni di membri della famiglia dal Seicento all'Ottocento (es.: matrimonio di Giuseppe Vigevano, 8 ottobre 1689, registro 1675-1714; battesimo di Giuseppe Vigevano, 3 febbraio 1722, Registro Battesimi alla data). Una famiglia quindi cristiana almeno dal Cinquecento. Potremmo trovarci di fronte alla richiesta di giustificare documentalmente l'asserita – per quanto in via ipotetica - ascendenza ebraica di un santo» (nota inviata il 13.05.2010).

21 Cf. Abbiategrasso, Archivio della Prepositurale di S. Maria Nova, Registro dei battesimi, tav. 39, n° 82, documento riportato in Proc. Mediol., doc. I, f. 258r. – A Roma, nell’Arch. Gen. dei Cappuccini (=AGC), MD Servi Dei: Carolus de Abbiategrasso, si conserva la testimonianza autografa di don Francesco Palazzi in data: Abbiategrasso il 29 ottobre 1852 e anche una sua copia; nella copia pubblica del processo rogatoriale

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appena nato, dunque. Il particolare ha importanza: il neonato sarà sempre di costituzione gracile, tanto da richiedere un intervento miracoloso di Maria Santissima nella sua infanzia, da essere dimesso dai Cappuccini per mancanza di salute, fino a morire prematuramente a soli 33 anni, come si vedrà nel prosieguo di questa biografia.

Figlio primogenito di ben diciassette tra fratelli e sorelle, quasi tutti però non sopravvissuti, con genitori di grande fede ed enorme coraggio nella loro missione tanto lunga e dolorosa22. Padre Carlo «crescendo in età, sapienza e grazia», rivelò presto una grandezza di spirito che destava l’ammirazione di tutti.

di Milano, conservata nell’Archivio della Postulazione Generale dei Cappuccini a Roma (APGC) è riportato l’Attestato autentico della nascita e battesimo di p. Carlo da parte del prevosto Parroco don Stefano Balconi, Abbiategrasso 15 febbraio 1899: cf. APGC, 62/1, f. 258r (doc. 1); 62/4, f. 27-28; altra copia in APCL, P 1105/012; edito in Aliverti, Vita, Casalpusterlengo 1945, p. 18. Scrive Pietro Parodi che «Nell'anno 1825, al 30 di agosto, il sac. Gioacchino Ramazzotti «coadiutore titolare» battezzava nella nostra chiesa prepositurale di S. Maria Nuova, il primogenito di Carlo Gerolamo Vigevano e Carolina Giuditta Golzi «mercanti e sartori». Quel bambino, nato in quello stesso giorno alle ore 7 2׀ pomeridiane, si era «in chiesa battezzato sotto condizione essendo dubbio il battesimo conferitogli per pericolo di vita dalla levatrice Borsani di questo borgo in casa». Fu chiamato al sacro fonte Gaetano Antonio ed ebbe a padrino il «fabbro ferraio» Gaetano Golzi di Bofalora, suo nonno» (Pietro Parodi, Notizie storiche del borgo di Abbiategrasso, Abbiategrasso 1924, pp. 239-240).

22 In APCL, P 1105/011 su un foglio anonimo si ricostruisce l’albero genealogico: “Figli di Vigevano Carlo Gerolamo († 9 maggio 1866) e di Golzi Giuditta († 1874). I dati relativi ai congiunti di padre Carlo: genitori, fratelli ecc. si possono ricavare dai registri anagrafici dell’Archivio Parrocchiale di S. Maria Nuova di Abbiategrasso. L’ultimo biografo del Servo di Dio nomina questi fratelli e sorelle: Maria Giovanna è la prima sorellina nata in agosto 1828 e morta l’11 settembre 1831, poi Ambrogia Regina nata il 3 febbr. 1830 e morta il 27 maggio, Paolo Giuliano nato il 9 genn. 1832 e sopravviverà al padre; Carlo Giuseppe nato il 21 gennaio 1833; Maria Regina nata il 21 febbr. 1834 e morta il 17 genn. 1838, Ambrogio Antonio nato il 9 nov. 1835 e morto subito il 26 dicembre, Angela Rosa Luigia nata il 19 nov. 1836, Giuseppina Caterina nata il 24 nov. 1837, Pietro Eliseo il 18 agosto 1839 e morto il 18 sett. 1841, Francesco Ambrogio il 7 dic. 1840 e morto l’8 maggio 1843, Maria Angela Clementa nata il 31 luglio 1843 e morta il 3 agosto 1845, Domenico Andrea nato il 30 nov. 1844 e morto il 9 dicembre, Pietro Marco Luigi nato il 16 aprile 1846. Cf. E. Giudici, Appunti, 29, 31, 37-38 47, 56, 68.

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L’icona della sua spiritualità si può trovare nella effige della Vergine Addolorata con Gesù morto che pende dalle sue braccia, la statua della cappella dell’Addolorata in Abbiategrasso23, che tante volte egli da fanciullo ha visto e davanti alla quale tante volte ha pregato e dalla quale è stato guarito miracolosamente (in data 17 o 18 ottobre 1829/1830) quando aveva cinque anni, al passaggio della statua portata in processione durante la festa che ad Abbiategrasso si celebra per tradizione dal 1758 la terza domenica di ottobre, quasi a chiusura dei grandi lavori agricoli24.

23 Cf. A. Palestra, Il culto alla Madonna Addolorata, in Habiate. Rivista quadrimestrale della Società Storica Abbiatense, 4/11 (maggio-agosto 1979)

24 La prima notizia del fatto miracoloso si trova nella prima edizione delle Memorie storiche, Milano 1880, p. 29), riportata anche nella seconda edizione (anno 1891, p. 32-33) e nella terza (anno 1898, p. 31-32): «In tenera età, infermo a letto, passava in processione sotto le finestre di sua casa, l’immagine della Madonna (la Madonna Addolorata). Il padre Carlo pregava i circostanti a toglierlo da letto ed affacciarlo alle finestre per vedere e venerare l’augusto simulacro: contrariato nel pio e santo desiderio dai genitori ed amici di famiglia, ei raccoglie tutte le sue forze ed a stento balza dal letto, e vista appena la Beatissima Vergine, sente rinnovellarsi la sua vita, fuggire l’infermità, e con profonda meraviglia di tutti si trova pienamente guarito». Negli Articoli del Processo p. Isaia Vice Postulatore così descrive l’episodio: «Egli da giovinetto trovandosi ammalato da non poter discendere dal letto, e passando in processione l’immagine la statua della Vergine Addolorata sotto alle sue finestre, pregava vari amici che lo portassero alla finestra per vederla, ma non ottenendolo, egli da sé discese alla meglio, ed appena veduto il Taumaturgo Simulacro guarì» (n. 30, f. 29). La fonte della notizia è indicata da p. Aliverti: è padre Giovanni Battista Tornatore (1820-1895), il santo religioso di Piacenza della congregazione dei preti della Missione (Lazzaristi), che era venuto due volte a visitarlo a Casalpusterlengo dal Collegio di S. Lazzaro di Piacenza, attratto dalla sua fama di santità. Egli riporta la testimonianza stessa del Servo di Dio e a questo proposito rilasciò una memoria dei suoi due incontri che ebbe con p. Carlo, databile nel 1875, nella quale dice: «Nel discorso che la prima volta ebbi con lui li domandai se aveva speciali grazie da Maria SS.ma (ripeto che la sua grande ingenuità e semplicità mi aprirono subito il cuore ad una grande confidenza con lui) e mi rispose che la divozione a Maria l’ebbe filiale fin da fanciullino, e mi raccontò come da bambino essendo ammalato, mi pare di una piaga, e passando la processione della statua di Maria sotto la finestra della sua casa, chiese di esser affacciato per vederla, e nell’atto che la vide restò guarito». Copia di questo

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Sembra essere questo l’unico fatto della prima infanzia risultante dai documenti. È piuttosto in linea con l’agiografia del tempo quanto scrive l’Anonimo nelle Memorie storiche: «La nascita del nostro Gaetano, come avvenne del Battista, destò palpiti di novella vita e speranza nelle domestiche mura, ed i parenti e gli amici dagli atti e dalla fisionomia del fanciullo, preconizzarono la eccelsa meta, cui doveva giungere nel breve spazio di sua vita coll’esercizio di chiare e peregrine virtù. La pia genitrice riguardavalo come un angelo, … Il padre lo considerava come un dono del Cielo, che con la luce della sua santità doveva illuminare la famiglia e il suo paese… e il bambino fino dagli anni più teneri si mostrava specchio tersissimo d’ogni cristiana virtù»25.

Nella stessa linea è il vice postulatore: i genitori speravano «che la futura santità del neonato avrebbe illustrato la famiglia ed il paese come deporranno i testimoni»26.

I biografi p. Aliverti e p. Giudici parlano degli aspetti della sua incipiente vita spirituale affioranti già nei primissimi anni di vita e vedono già in esercizio tutte le virtù, nei modi propri dell’età. In questo studio il nostro assunto è quello di evidenziare testimonianze, prove, documentazione, pur registrando le narrazioni dei biografi e

documento, inviata al p. Egidio Savini da Milano (1826-1892) in AGC, AD 100. Il fatto è riportato anche da V. Bonari, Brevi cenni, in I Cappuccini della provincia milanese…Parte seconda, vol. II, Crema 1899, pp. 601-602; p. Aliverti, Vita, p. 28: «nella sua tenera età di circa cinque anni»; e naturalmente da p. Evaldo Giudici, Appunti, pp. 32-35, con animazione del fatto e considerazioni.

25 Memorie storiche, Milano 1880, p. 9.26 Proc. Laud., f. 24, art. 3. P. Aliverti riveste l’infanzia «in un alone

soprannaturale»: «Il padre, tutto compreso grato e riconoscente a Dio del dono fattogli, quasi rapito fuori di sé in ispirito, esclamò: ‘Il mio piccolo Gaetano sarà luce che illuminerà la mia casa e il suo paese’. Era Dio che metteva nel cuore dei suoi genitori, parenti e vicini tali presagi. Infatti di giorno in giorno, il bambino rivelava sempre più nuovi segni di particolarissima predestinazione alla più alta santità» (Vita, p. 26). In parallelo con la nascita di San Giovanni Battista! P. Evaldo sottolinea l’esemplarità della vita cristiana dei genitori, prima scuola di formazione spirituale del piccolo Gaetano (Appunti, p. 26-27).

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valutandole27. Sembrerebbe che le espressioni della spiritualità del piccolo Gaetanino si possano cogliere più avanti nell’età, a cominciare dal ciclo scolastico, che era allora di tre anni, quando si colgono le prime testimonianze del suo agire e dell’impatto nella piccola cerchia di famigliari e compagni di scuola28.

Già da piccolo, da sei o sette anni in avanti, nel 1831/32, inizia a frequentare la scuola e manifesta una grande compassione verso i poveri, come san Francesco, fa la

27 Il primo è l’Aliverti, che nel 1945 parla del bambino che apprende dalla mamma piissima a conoscere Dio, a pregare davanti al Crocefisso, ad andare a Messa, alla visita al Santissimo, alla predica, alla Dottrina con i genitori, a cercare Gesù nel tabernacolo: «I suoi occhi cercavano subito il tabernacolo, e non li staccava più dalla porticina… Piccolino ancora, egli, dopo aver mirato un poco il Crocifisso, si commoveva fino alle lacrime… Invece la vista della Madonna, nelle sue immagini, lo rendeva più che mai gioioso» (Vita, p. 27). Fin da quando mosse i primi passi manifestò una singolarissima e tenerissima devozione verso Maria Santissima, che andò sempre più ingigantendo: afferma ancora P. Aliverti (ibid., p. 38). Nella Vita da lui pubblicata nel 1945 non è detto da chi abbia appreso queste notizie così circostanziate: rimane qualche dubbio che siano agli abbellimenti agiografici. P. Evaldo riporta e intravvede nei rapporti di «Gaetanino» con i genitori e con i fratellini e sorelline, che lo seguivano a ritmo serrato e altrettanto rapidamente lasciavano questa terrra, i presagi della futura santità (Appunti, pp. 26-37). Riporta le parole dell’Aliverti: «Dopo la prodigiosa guarigione, tutti constatarono che la devozione di quel bambino verso al Madonna cresceva sempre più, e tutti si persuasero che egli fosse destinato alla santità» (Aliverti, Vita, p. 38; P. Evaldo, Appunti, p. 36).

28 P. Aliverti e P. Evaldo pongono l’inizio della scuola ai sei anni (Vita, p. 28) e non indicano su quale base lo affermino. Gli anni dell’adempimento scolastico andrebbero precisati. L’ordinamento scolastico del 1831 non era quello del 1945. È un argomento studiato; nel Lombardo Veneto direttore delle scuole di campagna era il Parroco. C’è inoltre una precisa testimonianza di un suo compagno di scuola, Gaetano Bonecchi, dello stesso anno di Gaetanino Vigevano: «Venne a scuola con me dal Luraghi»: una scuola privata, dunque, o meglio un maestro che faceva scuola per conto suo, a pagamento (Proc. Mediol., f. 189v; vedi più avanti, alla nota ). Dell’alunno Gaetanino, alla luce del dopo, si esalta il comportamento esemplare. P. Aliverti in nota (p. 29, nota 1) rimanda a Memorie storiche, p. 11 (non ne parlano) e agli Atti del Processo Informativo (non ne parlano), e aggiunge: «In genere, per tanti particolari di questa Vita, quelle notizie che ho potuto avere direttamente da condiscepoli, compagni, maestri, superiori e persone che ben conobbero il nostro Servo di Dio» (ibid.). E nel testo: «Casa, scuola e chiesa compendiano la fanciullezza del nostro Servo di Dio. I genitori, i maestri

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scoperta dei poveri, ai quali dona tutta la sua merenda a scuola tornando a casa digiuno29. Questo amore lo porta ancora giovanissimo a insegnar ai suoi compagni poveri le preghiere e i primi elementi della dottrina cristiana, e saranno poi questi che lo accompagneranno più tardi nell’organizzare un primo oratorio festivo in parrocchia30.

Questa misericordia verso i poveri, i piccoli, gli ammalati, lo spingeva a partecipare sempre ai funerali,

non potevano desiderare una migliore corrispondenza. Tutte le testimonianze scritte ed orali, che ebbi la possibilità di raccogliere, si accordano nell’affermare che nun ragazzo migliore di lui non s’era mai visto» (ibid.). Il migliore per bontà e disciplina. Quanto a risultati scolastici, non furono esaltanti. «Di debole capacità nello studio», lo definì il prevosto don Palazzi nella lettera di raccomandazione ai Cappuccini del 25 ottobre 1852 (vedi più avanti alla nota 47 del capitolo 2: Tra i cappuccini). È chiaro il giudizio di p. Aliverti, ma anche qui – del periodo di cui trattiamo, l’infanzia – non si colgono testimonianze negli Atti del Processo, pur affermate genericamente, se non una sola, della quale parlerò più avanti. Egli cita una fonte nella Vita di P. Carlo: la stessa mamma di Gaetanino. La quale disse ad un certo Palazzini Angelo di Casale: «Il mio Gaetano è sempre stato buono, tanto buono fin da bambino. Il Signore quando mi fece sua madre, non mi ha dato un uomo, ma un Angelo del Paradiso. Ancora piccolino era pieno di compassione per i poveri e per chi pativa. Non finiva mai di chiedermi pane e centesimi per i poverelli. Quando, fanciulletto, andava a scuola, voleva che gli mettessi nel suo canestro tanto pane, tanto companatico e tanta frutta. Ma lui, di solito, tutta quella grazia di Dio non la toccava neppure: la dava tutta quanta ai fanciulli poveri della scuola, che avevano poco o niente. Solitamente veniva a casa digiuno, sempre con il suo canestro vuoto: dolente solo di non aver avuto più roba da poter dare ai suoi piccoli poveri». P. Aliverti udì queste parole dal «buon vegliardo» Angelo Casali di Casale nell’anno 1936; questi apprese l’episodio dal Palazzini, suo fedele amico, «maggiore di tre o quattro anni» (Vita, pp. 36-37). Il Casali è detto «contemporaneo del nostro Servo di Dio» (ibid., p. 36), morì a 93 anni nel Ricovero Vittadini di fronte al Santuario nella Pasqua del 1936 (ibid., p. 150). Nelle deposizioni dei testimoni del Proc. Mediol. si coglie una testimonianza in proposito, l’unica che riguardi l’età «scolare» di Gaetanino: «Riguardo alla sua carità verso il prossimo so che fin da fanciullo istruiva i propri compagni in scuola, dava loro il proprio companatico, comprava loro scarpe, ecc.» (f. 181v-182r). La deposizione è di don Luigi Magnaghi, coadiutore in luogo, che riferiva quanto aveva appreso dal prevosto Palazzi, dal cugino di p. Carlo don Cesare Vigevano, dalla cugina Giovannina, dall’inserviente di don Palazzi per quarant’anni. Molte altre cose riferì, le vedremo in seguito. Quell’«Istruiva i propri compagni in scuola» forse è una prova che Gaetanino non incominciò la scuola a sei anni.

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specie dei poveri, e guidava in chiesa gruppi di giovanetti. Seguiva i più piccoli nella dottrina cristiana, conosceva le famiglie più povere, anche quelle isolate nei cascinali di campagna, e ad esse portava ciò che poteva, anche danari, fino al punto che, se lasciato fare, avrebbe svuotato il magazzino del padre31.

Nel 1832 o 1833 incomincia a confessarsi, anche se della prima confessione non conosciamo esattamente la data.

29 Importante la testimonianza, già riferita, di Angelo Casali, raccolta da p. Aliverti nel 1936, che riporta un incontro avuto nel 1858 dal ramaio ambulante Angelo Palazzini con la madre del Servo di Dio e le parole della madre. Cf. Aliverti, Vita, p. 36-37. Questo Angelo Casali, morto nel 1936, è strano che non sia stato scelto come teste nel processo istruttorio!

30 Cf. Appunti per una vita, p. 46-47. Sono numerose le testimonianze a questo riguardo. Ad es. la signora Giuseppa Albini vedova Scheroni, 77 anni, l’aveva conosciuto ad Abbiategrasso nella sua giovinezza, perché aveva la casa di fronte a quella di p. Carlo e dice che «egli era frequentatore assiduo della chiesa e dei santissimi sacramenti. Si accostava alla confessione ogni otto giorni. Cercava di attirare anche gli altri fanciulli in chiesa, e gli venne assegnato di spiegare la dottrina in una classe di fanciulli, che poi egli conduceva a visitare il Campo Santo, sebbene questi fanciulli gli dessero poco retta e non lo seguissero volentieri» (Proc. Mediol. Testis, f. 159v). Anche Pietro Mazzucchelli, contadino di Abbiategrasso, 51 anni, l’aveva conosciuto personalmente e nel processo dice: «Mi ricordo nei tempi che l’ho conosciuto personalmente, ci conduceva attorno pei santuari in truppa ci centocinquanta ragazzi circa, nelle chiese di San Bernardino, di San Pietro, di Castelletto ecc. e ci faceva dire le orazioni, ci conduceca a confessarci, ci apparecchiava, ed anche nei giorni feriali ci faceva ascoltar la santa Messa» (Ibid., VII Testis, f. 146r).

31 La testimonianza più importante è quella del prevosto di Abbiategrasso don Francesco Palazzi, già richiesta subito dopo la morte di p. Carlo da parte di padre Policarpo da Mola, sesto definitore generale nel capitolo del 1859. È una notizia scritta dallo stesso Palazzi il 5 marzo 1875 a p. Egidio da Milano: «Perdoni se un po’ tardi ho riscontro al di lei foglio 23 p.o p.o Febrario essendomi trovato alquanto di salute affranta. Le notizie riferibili al venerando P. Carlo di Abbiategrasso le ebbi già dettagliate e spedite al Padre Policarpo che me le richiese appena morto il sullodato Padre Carlo» (originale autografo di questa lettera in AGC, MD Servi Dei: P. Carolus de Abbiategrasso, doc. 2). Ma dello stesso parroco c’è un’altra testimonianza, riportata nel Processo di Milano come seconda parte del doc. 5 (Proc. Mediol., ff. 260r-262r), purtroppo non datata, ma potrebbe corrispondere al testo inviato a p. Policarpo da Mola, inserito poi negli atti del processo, risalente quindi al 1859/1860, e

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«Qualche anno prima» della comunione, con il consenso del parroco: affermano p. Aliverti e p. Evaldo32. A undici anni, il 3 aprile 1836, giorno di Pasqua, riceve la prima comunione33

e il 22 maggio 1836 (data testificata dai registri parrocchiali) riceve la cresima nella cappella del palazzo arcivescovile in Milano, probabilmente nella solennità di Pentecoste, dalle mani di S. Eminenza l’arcivescovo card.

intitolata: Osservazioni di fatto sulla vita secolare del Padre Carlo da Abbiategrasso. Qui si riportano alcune preziose indicazioni: «…Premuroso d’istillarla [la pietà] in tutti e molto più nei piccoli fanciulli, tutte le feste ne raccoglieva parecchi, li riuniva a sé d’intorno, li conduceva alle sacre ufficiature e circondato con alta meraviglia di tutti da questa irrequieta comitiva sapeva, adesso con un’occhiata amorevole, poi con qualche carezza, indi con un dolce rimprovero, ricordare ai medesimi la presenza dell’umanato Signore ed avvezzarli all’amor suo ed al rispetto alla sua casa. Alla mattina delle feste, non appena sorta l’aurora, li riuniva in coro per disporli alla santa confessione, e dopo li vespri conduce vali al passeggio che terminava colla visita del cimitero…» (ibid., f. 261r). Questo brano è riprodotto già da G. Olmi, Una gemma dell’Ordine cappuccino, Genova 1877, p. 10; per intero è riprodotto da Aliverti, Vita, p. 39-40, ma si legge in copia anche in APGC, 62/4, pp. 134-138). Nella lettera a p. Egidio, del 5 marzo 1875, don Palazzi ripeteva, più o meno, le stesse cose: «… Frequentissimo a tutte le ufficiature, pratiche di pietà, ogni festa accostavasi ai SS. Sacramenti, e lo scrivente non tanto ascoltava la sua voce, bensì leggeva nel suo volto scorrere le lagrime di un innocenza penitentissima. Ritirava seco alcuni ragazzi, disponendoli alla confessione, ed al dopo [vespro?] / conducevali seco al passeggio la cui meta era ad una chiesa o il cimitero istruendoli nella preghiera dei vivi e dei morti. Straordinaria era la sua carità, che tutto avrebbe voluto fossero del cuore di Dio. Visitava anche qualche infermo e prestava loro i migliori offici con parole consolanti…» (AGC, MD Servi Dei: Carolus de Abbiategrasso, doc. 2). Non sono rare le testimonianze di coloro che erano tra questi fanciulli sotto la guida del giovane Gaetano, come quella di Gaetano Bonecchi, muratore, 74 anni: «Che so dire io è questo, che alla domenica dopo la prima messa, padre Carlo veniva a prenderci in casa, e ci conduceva nell’Oratorio dell’Addolorata, dove ci troviamo in questo momento a cantare. L’ufficio insieme agli scolari del Santissimo Sagramento, poi andavamo in chiesa alla messa cantata. Dopo mezzo giorno ci conduceva alla dottrina. Lui faceva la classe ai più piccoli. In seguito andavamo a San Bernardino a dire il santo rosario» (Proc. Mediol., f. 187r). Baldassare del Grosso, 61 anni, così testimoniò: «Posso dire che egli radunava i ragazzi in chiesa alla festa per la dottrina cristiana che ci spiegava egli stesso con molto ardore; poi in seguito alla dottrina ci conduceva al Lazzaretto dicendo il santo rosario e di là si ritornava sempre insieme alla benedizione in parrocchia» (f. 1733). Luigi

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Gaetano Gaisruck. Suo padrino fu il sig. Antonio Politi del fu Filippo34.

Il breve ciclo scolastico era presumibilmente concluso, l’unico suo impegno era quello di aiutare il padre nel negozio e la madre, sempre alle prese con figli piccoli.

A partire da queste tappe della vita del Servo di Dio – fondamentali per la vita spirituale, inserite nella normale crescita fisica e psichica di un adolescente – pare risulti più

Magnaghi, sac. coad. della parrocchia di Abbiategrasso, 40 anni, riferì ciò che aveva sentito dai defunti don Francesco Palazzi, Cesare Vigevano cugino di p. Carlo, Gv Vigevano cugino pure e Giuseppina Rovaglia servente per 40 anni del detto prevosto Palazzi, testimoni “attendibilissimi”, e dice: «…So che fin da fanciullo istruiva i propri compagni in scuola, dava loro il proprio companatico, comprava loro scarpe etc. So poi che la domenica raccoglieva i suoi coetanei e d’inferiore età in coro per apparecchiarli alla santa confessione e comunione. Spiegava loro la dottrina cristiana e terminate le funzioni parrocchiali, li conduceva nell’Oratorio dell’Addolorata per una breve visita, poi al cimitero a recitare il rosario, ed a passeggio fino a sera allo scopo di tenerli lontani dai cattivi compagni, e raggiungevano talvolta la cinquantina» (f.181v-182r). Ma le testimonianze si potrebbero moltiplicare.

32 P. Aliverti, Vita, p. 31; P. Evaldo, Appunti, p. 43. Si può risolvere l’incertezza consultando gli Stati d’anime della parrocchia di Abbiategrasso. In quelli della diocesi di Lodi (più di 30 archivi parrocchiali riordinati) gli Stati d’anime si compilavano annualmente e a fianco del nome dei figli si segnava C (confessione), C (Comunione), C (Cresima). Si arriva a precisare l’anno. P. Evaldo afferma: ad otto anni, e rileva opportunamente l’importanza e l’influenza nella crescita spirituale di Gaetanino di quella precoce ammissione al Sacramento, concessa (rileva ancora p. Evaldo) in considerazione dell’esemplare comportamento del bambino, colto ormai da quanti lo conoscevano, a cominciare dai suoi genitori, e del vivo desiderio del medesimo. Non risolvono con certezza il problema della data le argomentazioni di p. Evaldo: «A sette anni si poteva solo iniziare la preparazione alla prima confessione»; «Prima ancora di essere ammesso alla santa Comunione, spontaneamente frequentava il sacramento della confessione» (cita p. Idelfonso, Vita, p. 140); «Prima», cioè «qualche anno prima» (da P. Idelfonso, p. 31); «mettiamo lo spazio di due anni, ed arriviamo a poter affermare che Gaetanino a otto anni già frequentava spontaneamente la confessione. Ma le prime furono senz’altro più per tempo ancora» (ivi, pp. 43-44).

33 Aliverti, Vita, p. 31. P. Evaldo precisa: 3 aprile 1836 cioè «il più presto possibile, appena compiuti i 10 anni di età» (Appunti, p. 49). Le descrizioni dell’avvenimento sono piuttosto induttive, prive di testimonianze dirette nonostante i generici richiami ai Processi e agli Atti.

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logico incominciare a cogliere i risvolti della sua personalità e dell’opera in lui dello Spirito Santo, forse troppo anticipati dai biografi. Ora trova la giusta collocazione il manifestarsi sempre più evidente della limpidezza della sua vita morale, del senso del peccato e del pentimento, dell’amore a Gesù nell’Eucaristia e alla sua Santissima Madre, della devozione al Crocefisso e alla Madonna Addolorata, dell’accorrere alla chiesa (messa, sacramenti, dottrina cristiana), della

Dieci, undici anni era l’età normale per l’ammissione. Quanto alla data, in mancanza di controprove, ci atteniamo a quanto ha scritto P. Isaia nella Vita, Art. 2: «Indi (dopo la Cresima) ammesso alla Prima Comunione», quindi a 11 anni circa, l’età comune. Della Prima Comunione riferisce fra Simpliciano da Rescalda: “Ho sentito parlare più di una volta in casa del Prevosto di Abbiategrasso e dai suoi di famiglia del gran fervore con cui si accostò alla prima Santissima Comunione” (Proc. Mediol., f. 114v). Anche fra Apollinare da Arcore: «So per aver udito dai sopraddetti (Prevosto Palazzi, genitori di P. Carlo, persone del luogo) che ricevette la prima Comunione con grande desiderio e fervore» (ibid.,f. 65v). Il cugino Angelo Vigevano testimoniò: «Era divoto della Santissima Comunione perché la riceveva ogni otto giorni, come mi dicevano suo padre e sua madre» (ibid., f. 164v). Il suo amico Giosia Pusterla, che conobbe Gaetano quando aveva 17 anni, testimoniò che aveva molta divozione al Santissimo Sacramento, «come traspariva dal suo contegno in chiesa principalmente dinnanzi all’Altare del Santissimo Sacramento, e dalla Comunione frequente che faceva forse quotidianamente» (ibid., f. 179). Anche Baldassarre Del Grosso: «Ricordo che riceveva la Santissima Comunione con molta compostezza e mi pare di poter dire che la ricevesse ogni giorno» (ibid., f. 173v). Don Luigi Magnaghi riferisce quanto aveva appreso da don Palazzi: che Gaetano «piangeva spesso quando si confessava e comunicava», un vero «dono delle lacrime» a suo giudizio (f. 182v-183r). Don Magnaghi: «Si accostava (alla Comunione) tutte le domeniche e feste con fervore straordinario» (f. 182v). Giuseppa Bonetti, 50 anni, che frequentava la casa dei genitori di p. Carlo asserisce: «Ho sentito parlare più di una volta in casa del prevosto di Abbiategrasso e dai suoi di famiglia del gran fervore con cui si accostò alla prima santissima Comunione» (Proc. Mediol., III Testis, f. 114v). Preziosa e significativa la testimonianza che don Palazzi, nelle sopraccennate Osservazioni di fatto, rilasciò sulla confessione che praticava da giovane il Servo di Dio ogni otto giorni e sulla comunione: «Solamente verso la metà dell’anno 1851 [quando p. Carlo aveva 26 anni] ebbi la sorte di averlo a penitente. Ogni otto giorni genuflettevasi ai miei piedi e per lo più nel mio studio. Fattosi appena il segno della santa croce, mirava estatico il Crocifisso, e la sua confessione era un solo profluvio di lagrime, senza mai avere una pecca di malizia, di rado una venialità volontaria e per ordinario nessuna materia d’assoluzione, per cui lo stesso confessore era umiliatissimo di avere ai suoi piedi non un povero

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compassione per i poveri, del comportamento esemplare in famiglia e in paese. In parallelo si va formando una opinione, non più soltanto nella famiglia e nello stretto raggio dei conoscenti e compagni di scuola, ma tra la gente.

Il Servo di Dio serviva nell’ospedale degli incurabili ad Abbiategrasso. E animava tutto questo con una sempre più grande devozione alla Madonna: digiuno tutti i sabati e vigilie delle sue feste, rosario quotidiano, corona dei sette dolori e dell’Immacolata; e insieme la devozione al Crocifisso, fino a tarda notte, e al Sacro Cuore con i nove officietti e la fondazione in parrocchia della relativa confraternita35. Scrive p. Evaldo che “questa unica devozione (il Crocifisso e l’Addolorata quasi fusi insieme) è il fondamento della sua vocazione alla santità”36.

peccatore, ma un angelo penitente. L’apparecchio che precedeva ed il ringraziamento che faceva seguire ai ricevuti sagramenti erano senza misura di tempo e di affetto, siccome incominciavano all’aurora e duravano al meriggio consumato» (Proc. Mediol. f. 260v; APGC, 62/4, p. 134-135; APCL, P 1105/09; Aliverti, Vita, pp. 39-40.

34 Milano, Arch. Arciv., Pacco N. 1263, Ordinaz. Straordinarie, 1855; Proc. Mediol., doc. 2, f. 258v in calce all’atto di Battesimo; Roma, AGC, MD Servi Dei: Carolus de Abbiategrasso, si conserva la testimonianza autografa di don Francesco Palazzi e una sua copia. Altro certificato di cresima 1836, fatto da don Luigi Magnaghi, Abbiategrasso 15 febbr. 1899, in Proc. Laud., ff. 361v-362r. P. Aliverti scrive: «Sotto le volte del duomo di Milano» (Vita, p. 33), ed anche p. Evaldo (Appunti, p. 51), ma si deve ritenere certa l’annotazione del Registro Parrocchiale. Si noti come nessun teste fa parola della Cresima.

35 Analizzando i temi spirituali sviluppati come una piccola meditazione affettiva e aspirativa con i suoi impegni concreti o propositi nei nove piccoli uffici del S. Cuore e nella Corona dell’Addolorata si ritrovano molti atteggiamenti della spiritualità di riparazione, adorazione e vittima di padre Carlo (Vedi in Appendice il testo delle due devozioni, pp. 632ss). Interessante in particolare la testimonianza di don Luigi Magnaghi di Samarate, coadiutore di Abbiategrasso: «Il prevosto Palazzi, che era stato suo confessore, mi raccontò del fervore straordinario con cui si accostava alla penitenza prorompendo in lagrime, e della sua grande devozione al Sacro Cuore di Gesù, tanto che fu l’iniziatore della Confraternita ancor oggi esistente in onor del Sacro Cuore, incominciando colla divozione dei nuovi officietti, ottenendo dal Prevosto di esporre in chiesa un quadro del Sacro Cuore e da ultimo l’erezione della Confraternita» (Proc. Mediol., f. 182v).

36 Cf. Appunti per una vita, p. 33.

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Questo spirito di devozione richiederebbe uno studio più approfondito perché sta alla base del suo sviluppo spirituale e mistico37.

Le guide spirituali del ragazzo che cresce sono stati, indubbiamente, in primo luogo la grazia divina, e nel piano divino i genitori e il prevosto milanese don Giuseppe Lattuada († 1841) o qualche altro sacerdote della parrocchia, un particolare, questo, che resta inesplorato. A don Lattuada subentrò nel 1842 il prevosto don Francesco Palazzi. Gaetano aveva diciassette anni. Don Palazzi diventò suo confessore e direttore spirituale dal giugno del 185138.

37 Molte altre devozioni coltivava padre Carlo, come alle anime del purgatorio e a san Giuseppe. A Roma, in AGC si conserva nella cartella di padre Carlo d’Abbiategrasso un piccolo foglietto a stampa (della Tip. Arciv. Boniardi-Pogliani di E. Besozzi) che documenta quest’ultima sua devozione e intitolato «Culto perfetto di S. Giuseppe sposo di Maria Immacolata». In esso c’è scritto a mano il nome del Servo di Dio e il giorno nel quale si impegna a compiere questa devozione. Ecco il testo integrale: «Il divoto di S. Giuseppe il frate Carlo da Abbiategrasso è chiamato ad onorarlo con culto speciale il giorno ultimo d’ogni mese e d’ogni anno onde consolarlo nelle sue tribolazioni delle quali furono causa i nostri peccati. Procurerà a questo fine di fare colla maggiore diligenza e fervore le seguenti pratiche: 1.° Accostarsi ai SS. Sacramenti; e non potendo, supplire con un atto di contrizione, e colla Comunione Spirituale. 2.° Assistere con special divozione alla Santa Messa in memoria della presentazione di Gesù al Tempio. 3.° Fare almeno un quarto d’ora di meditazione su le di lui tribolazioni. 4.° Tenersi raccolto nello spirito e passare il giorno in unione a S. Giuseppe. 5.° Fare qualche atto di mortificazione, qualche opera di misericordia spirituale o corporale. 6.° Recitare sette Pater, Ave e Gloria, ad onore delle sue ntribolazioni ed allegrezze. 7.° Chiudere la giornata colla visita al SS. Sacramento; e coll’offerta dekl nostro cuore a S. Giuseppe. – Chi consola S. Giuseppe in vita sarà dallo stesso soccorso in morte» (Roma, AGC, MD Servi Dei: Carolus de Abbiategrasso).

38 Proc. Mediol., doc. 5: deposizione scritta del Prevosto don Palazzi (f. 260v), riportata da p. Aliverti (Vita, p. 39) e da p. Evaldo (Appunti, pp. 63 e 74). Sul Lattuada e Palazzi scrive Pietro Parodi: «Gaetano Vigevano sin da bambino si sentì attratto alla chiesa. A 11 anni ricevette la cresima a Milano nelle mani di S. E. l’arciv. Gaisruk ed ebbe a padrino Antonio Politti. Era allora prevosto del nostro borgo il sac. Milanese Giuseppe Lattuada che, successo al Bozzi, tenne questa prepositura dal 1816 al 1841. Fu questo sacerdote che istillò nell’animo del fanciullo tanto amore per la chiesa? Al Lattuada successe il Palazzi. Il prevosto Francesco Palazzi figlio di Giuseppe e Teresa Remenulfi, era nato a Milano il 17 nov. 1798 e dopo esser stato canonico curato di Somma Lombardo dal 1822 al

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Dunque nei nove anni, dai 17 ai 26, era stato accompagnato nel suo cammino spirituale dal coadiutore o da altro sacerdote della parrocchia39. La deposizione di don Palazzi, testimonio privilegiato oculare e attore è dunque di fondamentale importanza40. Egli conosceva il giovane Vigevano non solo personalmente come parroco, e alla fine anche come suo direttore spirituale e confessore, ma anche «per notizie assunte da questo clero e da questi borghesi» che conoscevano il giovane da prima della sua venuta ad Abbiategrasso, fin dalla fanciullezza. Parla della sua intensa vita interiore e grandissima devozione eucaristica e pratica

1832 e prevosto di Mariano dal 1832 al 1842, fu eletto nel 1842 prevosto di Abbiategrasso. Questi fu la preziosa guida di Gaetano Vigevano» (Pietro Parodi, Notizie storiche del borgo di Abbiategrasso, Abbiategrasso 1924, pp. 239-240) Don Palazzi fu prevosto di Abbiategrasso fino alla morte, 5 luglio 1884.

39 Questo particolare è del tutto ignorato nelle biografie, eppure in quei nove anni (che nel ritmo biologico di quel tempo corrispondevano all’intera gioventù, perché a 26 anni i giovani erano già sposati), nel segreto della coscienza e del confessionale, va scoperta la radice più profonda di quel suo modo di agire, ammirato da tutti e certamente conosciuto e seguito dal Prevosto.

40 È anche la prima deposizione che fu raccolta. La deposizione non porta data; ma tenendo presente che don Palazzi morì il 5 luglio 1884, la data va posta in anni anteriori. Le notizie furono richieste dall’Anonimo stesso: «Mi piace trascrivere alcune brevi memorie che il degnissimo Prevosto di Abbiategrasso D. Francesco Palazzi gentilmente si degnò spedirmi» (Iª edizione, p. 13). Nel Proc. Mediol. si rileva anche una dichiarazione di p. Giustino da Lovero: «Le altre circostanze della vita del padre Carlo che non conosco personalmente e che si riferiscono alla gioventù e vita di padre Carlo, le ho sapute dal suo confessore prevosto Palazzi di Abbiategrasso, il quale veniva a confessarsi da me a Milano, mentre io più di una volta fui ad Abbiategrasso per predicazione» (f. 199v). É inevitabile una domanda: è dunque padre Giustino l’Anonimo? O fu la via per la quale l’Anonimo chiese ed ottenne la deposizione processuale di don Palazzi? Non c’è risposta, ma disponiamo di un altro tassello. Una frase riportata quasi alla lettera da G. Olmi (Una gemma dell’Ordine dei Cappuccini, in Proc. Laud., doc. X, f. 365): «di carattere dolce, umile e mansueto» (Don Palazzi: «era umile, dolce e mansueto come un angelo»: Proc. Mediol., doc. 5, f. 261v), alcune altre frasi e i particolari più significativi riguardanti la giovinezza del Servo di Dio permettono di risalire senza dubbio a quei religiosi del convento di Salò che fornirono all’Olmi la documentazione da cui trasse il volumetto che conosciamo. Questo fu stampato nel 1880; la relazione dunque fu rilasciata a richiesta di quei religiosi, prima di quest’anno.

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dei sacramenti con stupefacente partecipazione interiore e abbondanti lacrime, come è già stato segnalato, e si diffonde sullo zelo che manifestava per il bene delle anime, sulla sua delicatezza di coscienza e carità inesauribile fino a voler prendere su di sé la condanna di delinquenti, come si vedrà più avanti.

Le Osservazioni di don Palazzi erano note sia a G. Olmi sia all’Anonimo delle Memorie Storiche. Ambedue, giusta la moda della agiografia del tempo, aggiungono abbellimenti e traggono immediati insegnamenti per il pio lettore. È piuttosto dalle testimonianze processuali che possiamo cogliere non poche notizie degli anni giovanili di Gaetano. Ricordi di anni lontani di persone che gli erano state molto vicine: Angelo Vigevano, suo primo cugino, maggiore di pochi anni; Fraccapani Maria vedova Golzi Antonio suo primo cugino; Giosia Pusterla, che ebbe Gaetano come suo «unico amico» e lo vedeva quando lavorava al servizio di un suo zio, fratello della madre di Gaetano, e «quasi tutti i giorni» andava a trovarlo quando mise bottega; Primo Marchesi, uno dei ragazzini del gruppo che seguiva Gaetano, come anche Pietro Mazzucchelli e Baldassarre del Grosso. Giuseppa Albini, nata pochi anni prima, lo vedeva crescere e conosceva il suo modo di comportarsi. Abitava nella casa di fronte a quella del Vigevano; Bonecchi Gaetano, della stessa età, del gruppo dei suoi ragazzi, come Carlo Migliavacca, compagno di scuola dal Luraschi41; Angelo Meazza, che ebbe «parecchi rapporti con la sua famiglia»42.

41 Nelle testimonianze si nomina Luraghi (vedi anche sopra, nota 23). Osserva il prof. Comincini che «il maestro "Luraghi" deve certamente identificarsi con Giuseppe Luraschi, assunto dal municipio abbiatense nel 1824 (Archivio Comunale di Abbiategrasso, cart. 83)» (nota inviata il 13.05.2010).

42 Angelo Vigevano: «Mi pare di poter dire che quanti lo conobbero nei primi anni della sua vita condotta in Abbiategrasso, ne hanno avuto grande stima… Fu ritenuto come uomo santo» (Proc. Mediol., f. 164v-165r). Maria Fraccappani: «Per quanto so io, era un uomo dato tutto al bene ed alla pietà e penitenza» (f. 137v). Giosia Pusterla: «Lo ritengo veramente un uomo santo. Dalle persone che conobbero Padre Carlo direttamente non ho mai sentito parlare male» (f. 178v-179v. L’anno di nascita sembra errato). Primo Marchesi: «Per quello che mi consta, tutti

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Ci sono poi – tra i concittadini di padre Carlo – le testimonianze di chi non l’aveva conosciuto personalmente, ma riferiva quanto appreso da testimoni diretti. Un solo laico, Bonecchi Giuseppa, e due sacerdoti: don Luigi Magnaghi e il prevosto don Stefano Balconi. Il primo, coadiutore ad Abbiategrasso con don Palazzi e col suo successore, riferisce quello che ha udito dai defunti don Palazzi, don Cesare e Giovannina Vigevano cugini di padre Carlo, Giuseppina Rovaglia servente per quarant’anni del prevosto don Palazzi, quasi tutti i testimoni del Processo ed alcuni cappuccini. «Posso asserire in coscienza – dichiarò – anche per il complesso della opinione che vive in paese, che padre Carlo fu veramente uomo di straordinaria virtù». Si distinse per la pietà, la carità, l’umiltà, l’assiduità nella preghiera, cui avrebbe voluto dedicare l’intera notte, se non glielo impedivano i genitori, l’apostolato tra i compagni e i ragazzi del paese, la devozione al Sacro Cuore (diede inizio alla Confraternita, ottenne che si ponesse in chiesa un

quelli che l’hanno conosciuto, lo ritengono come Santo» (f. 143r). Pietro Mazzucchelli: «Io sono persuaso che era un santo… L’hanno tutti in concetto di Santo… Parlano tutti bene di lui» (f. 146rv). Baldassarre Del Grosso: «Ad Abbiategrasso, mentre era ancora vivo, lo chiamavano il “Beato”, appunto per significare la sua speciale pietà e bontà. Non saprei dire in quale stima precisamente sia stato tenuto dopo la sua morte. Per parte mia ho continuato a nutrire verso di lui la stima che avevo, parlandone anche in famiglia, ispirandola ai miei figlioli». Riferisce quel che diceva la sorella Rosa: «Col recitare un Pater Ave Gloria a padre Carlo e a San Francesco d’Assisi si è sicuri di non morire in peccato mortale, né di morte improvvisa, e mi pare che questo sia stato raccomandato da padre Carlo, ma non so bene» (f. 174r-175r). Giuseppe Albini: «Per quel che consta a me, lo ebbero tutti in opinione di Santo» (f. 160). Gaetano Bonecchi: «Posso dire di non aver veduto in padre Carlo nessun difetto… era un figliolo quieto, mi pare che tutti lo considerino come un Santo… Ad Abbiategrasso parlano sempre di lui come di un Santo» (f. 188r). Carlo Migliavacca: «Posso dire che è veramente un figliolo di Dio… Quelli che lo conobbero personalmente ritengono che fu veramente brava persona… Qui in Abbiategrasso hanno tutti il desiderio che sia santificato» (f. 190rv). Angelo Meazza: «So che era un bravissimo giovane… Posso dire che era un buon figliolo tra i buoni, anche tra i più attempati di lui… Di quanti lo conobbero personalmente ritengo che la maggior parte lo stimasse un buon figliolo, salvo il dire che vi erano quelli che lo prendevano in ischerzo per la sua devozione… Fu ritenuto in buona stima anche dopo la morte» (ff. 191v-193r).

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quadro che lo rappresentava)43 e alla Madonna Addolorata. «Quanti lo conobbero personalmente n’ebbero una stima straordinaria». Riferisce che don Cesare Vigevano gli diceva che p. Carlo aveva condotta «una vita angelica per la purità e modestia». «Il prevosto Palazzi mi assicurava, già diciassette anni orsono, che io l’avrei veduto posto sugli altari». E dichiara: «La stima qui in Abbiategrasso dura tuttora, e molti nutrono speciale devozione privata e si raccomandano a Lui nelle loro orazioni».

Il prevosto don Stefano Balconi, successore di don Palazzi, non aveva sentito parlare di padre Carlo prima della sua venuta ad Abbiategrasso, ed anche in paese non se sentì parlare subito. Ne venne a conoscenza da parte di padri cappuccini, del coadiutore don Luigi Magnaghi, da don Cesare Vigevano cugino del padre e cappellano nella locale Pia Casa «e da molti parrocchiani che hanno convissuto con padre Carlo. Per le informazioni che ne ho avute ritengo che egli sia stato veramente uomo di distinta virtù. Il mio popolo ha ritenuto e riteneva fin d’allora il padre Carlo come un buon Servo di Dio, ricordando gli atti singolari di virtù operati nei suoi primi anni di gioventù». Si ricordava in particolare lo scrupolo con cui serviva in negozio, l’apostolato tra i ragazzi, il suo modo di pregare con straordinario raccoglimento, la sostituzione proposta dei condannati al carcere. In luogo nessuna istigazione era stata fatta con lo scopo di tener viva la memoria di padre Carlo; era favorita piuttosto dalla pubblicazione e diffusione del libretto Memorie storiche. Non c’erano speciali forme di devozione, «però l’invocano nei loro bisogni e si raccomandano alla sua intercessione specialmente in occasione di malattie. Anche le immagini che sono diffuse

43 Don Luigi Magnaghi: «Il prevosto Palazzi che era stato suo confessore mi raccontò del fervore straordinario con cui si accostava alla Penitenza prorompendo in lagrime, e della sua grande devozione al Sacro Cuore di Gesù, tanto che fu l’iniziatore della confraternita ancor oggi esistente in onor del Sacro Cuore, incominciando colla divozione dei nuovi offici etti, ottenendo dal prevosto di esporre in chiesa un quadro del Sacro Cuore, e da ultimo l’erezione della Confraternita» (Proc. Mediol., f. 181v); vedi a questo proposito anche la deposizione di Angelo Meazza (più avanti nella nota 65).

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nel popolo non sono oggetto di culto». Quanto al giudizio popolare: «Non ho sentito nessuna parola che possa menomare la buona fama e stima che gode in paese. Soltanto qualche vecchia coetanea di padre Carlo diceva che ai suoi tempi lo credevano quasi un po’ deficiente di mente, per il modo con cui trattava in negozio; e poi ora invece comprendono che era virtù quello che giudicavano deficienza di mente»44.

Non aggiungono nulla di nuovo, o non hanno alcun accenno agli anni giovanili di Gaetano Vigevano i dieci confratelli cappuccini che si presentarono al Proc. Mediol. Non più di qualche notizia appresa dal prevosto don Palazzi o ad Abbiategrasso in occasione di predicazioni. Poche e solite le notizie da parte di p. Arsenio da Brescia nel Processo rogatoriale di Bergamo, apprese da persone degne di fede. P. Atanasio da Busto Arsizio nel Proc. Laud. sapeva dalla stessa fonte di Abbiategrasso dell’apostolato tra la gioventù, della devozione al Sacro Cuore, della licenza ottenuta dal confessore prevosto don Palazzi di dedicare fino a quattro ore alla preghiera nella notte, delle sue confessioni come di un angelo in carne. Le testimonianze dei Religiosi sono invece fondamentali, come vedremo in seguito, per la conoscenza degli anni trascorsi da padre Carlo nell’Ordine45.

44 Bonecchi Giuseppe, che nel Proc. Mediol. riferì quel che aveva appreso dal padre «che andava per casa dei genitori del padre Carlo e da parenti e conoscenti. È mia persuasione ed opinione degli abitanti di Abbiategrasso che il padre Carlo sia stato un uomo di virtù straordinaria… In questi ultimi tempi ho sentito dire nel popolo accennandosi al padre Carlo: “l’avevamo qui noi e ce lo siamo lasciato portar via”» (f. 134r-135r). Migliavacca Severina (f. 196rv) rese testimonianza soltanto della propria guarigione, attribuita a padre Carlo. Don Magnaghi (ff. 181v-183v). Don Balconi (ff. 227r-228v). Don Antonio Gioletta, di poco più anziano di p. Carlo: «Ho sempre ritenuto che fosse un figliolo di virtù straordinarie». Gli faceva visita in convento, a Milano. Chi andava a trovarlo a Casale diceva che era un santo (ff. 185r-186r). Don Pietro Giacoboni di Piacenza (f. 212ss).

45 Le informazioni in proposito nel Proc. Mediol. di fra Apollinare da Arcore; p. Paolino da Verdello, provinciale; fra Simpliciano da Rescalda; fra Barnaba da Milano; p. Giustino da Lovero; p. Augusto da Crema; p. Cristoforo da Lecco; p. Vigilio da Chiari; fra Raimondo da Casalpusterlengo; fra Leone da Bagnatica. Nel Proc. Bergom. p. Arsenio

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Dalle molteplici testimonianze de visu o de auditu si ricava che la sua giovinezza è stata assai attiva. Tre fatti eclatanti ad ogni modo restarono soprattutto impressi a più di cinquant’anni di distanza e rivelano la carica di amore soprannaturale che lo animava: lo zelo per portare i fanciulli alla pratica religiosa, il suo modo di servire in negozio, l’offerta di sostituire due rei condannati al carcere.

Egli, specie ogni domenica, riuniva e seguiva i fanciulli, li conduceva a pregare in chiesa e al cimitero e li istruiva, quasi un primo movimento di oratorio, un’azione cattolica ante litteram46. Una nota più umana si legge nella

da Brescia. Nel Proc. Laud. p. Atanasio da Busto Arsizio (ff. 135v-141v).46 Cf. E. Giudici, Appunti per una vita, pp. 74-78. Opportunamente

(osserva don Giulio Mosca) Padre Giudici, a proposito dell’apostolato del giovane Gaetano tra i coetanei e i ragazzi, si pone una domanda: «Era già Oratorio e Azione Cattolica?». Egli risponde: «A poco a poco nacque così, appoggiato e seguito dai sacerdoti, il primo movimento di oratorio festivo». Ed ancora: «Era già, in effetti, azione cattolica in boccio, realizzata umilmente e a fondo», nella sua accezione classica di apostolato cattolico organizzato da laici (Appunti, pp. 75 e 76). Aveva inventato senza saperlo, una forma originale ed efficace di oratorio festivo, senza una sede, ma con la collaborazione di altri giovani. «A tale scopo aveva prescelto alcuni savi buoni compagni commettendo a ciascuno il suo ufficio acciò invigilassero sugli erranti per correggerli ad ogni evenienza e per emendarne i difetti». Forme spontanee, infatti, senza collegamento con l’istituzione di don Giovanni Bosco a Valdocco di Torino. Negli stessi anni o anche prima, già si andavano manifestando. Nella diocesi di Lodi, in città, il vescovo mons. Pagani (che morì nel 1835) diede inizio ai primi due Oratori, uno per gli studenti, uno per gli operai (L. Samarati, I Vescovi di Lodi, p. 303). Il successore mons. Benaglio aprì ai ragazzi la «galleria» al piano nobile del palazzo vescovile, dalla quale si accedeva direttamente all’ufficio, cappella e appartamento privato, ad uso Oratorio e vi impiantò un teatrino (ibid., p. 312). Nella cappella il vescovo celebrava la messa per i ragazzi. A sue spese istituì una scuola serale per i lavoratori. Nel 1864 volle la Pia Associazione di san Francesco di Sales per la difesa e la conservazione della fede cattolica, che ebbe tra le finalità la fondazione e il sostegno nelle parrocchie di Oratori e scuole della Dottrina Cristiana. Nell’archivio di una piccola parrocchia, Caselle Lurani, si conserva un Metodo da osservarsi dai sorvegliatori per la buona direzione dei Fanciulli affidati alla loro custodia (cart. Parrocchia I, fasc. Memorie Storiche), manoscritto senza data né firma, che potrebbe essere degli anni dei primi Oratori: una vera guida per gli educatori (G. Mosca, 100 anni di vita e di battaglie religiose e civili delle parrocchie del Lodigiano, vol. I, pp. 177-178). Forme spontanee anche per quel che riguardava una “azione cattolica” intesa come azione di laici cattolici in

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deposizione di Angelo Vigevano, nato nel 1833, venditore, 66 anni, cugino di p. Carlo: «Accostandosi alla santa confessione vi si portava con tanto trasporto e passione, più che non gli altri quando vanno a godere qualche spettacolo. Coi ragazzi non stava insieme che per pregare e per compiere altre opere buone già dette. Non giuocava mai fuorché con mio fratello della stessa sua età col quale si divertiva qualche volta giuocando alle pallottole in un prato vicino alla casa nostra»47. Di questo apostolato zelante verso i fanciulli il Vice Postulatore inserì il ricordo a titolo di prova della «fede eroica» e «dell’eroica carità verso il prossimo»48

Le testimonianze sono numerose con particolari degni di nota. Don Palazzi testimoniò quel che conosceva personalmente: «Giovane di pietà soda ed instancabile… premuroso di istillarla in tutti e molto più nei piccoli fanciulli, tutte le feste ne raccoglieva parecchi, li riuniva a sé d’intorno, li conduceva alle sacre ufficiature e circondato con alta meraviglia di tutti da questa inquieta comitiva sapeva, adesso con una occhiata amorevole, poi con qualche carezza, indi con un dolce rimprovero ricordare ai medesimi la presenza dell’umanato Signore ed avvezzarli all’amor suo ed al rispetto della sua casa. Alla mattina delle feste, non appena sorta l’aurora li riuniva in coro per disporli alla santa confessione, e dopo li Vespri conducevali al passeggio che terminava colla visita al cimitero»49. Don Palazzi Primo Marchesi ricorda: «Non l’ho mai visto divertirsi o giocare

collaborazione diretta con il clero locale. Senza riferimenti, ovviamente, all’Azione Cattolica Italiana che ha avuto i suoi inizi proprio nel settore giovanile con la Società della Gioventù Cattolica Italiana di Giovanni Acquaderni e Mario Fani nel 1867. Sembra infatti di vedere un gruppo di giovani che affiancano Gaetano Vigevano nella deposizione sopra ricordata di Angelo Meazza.

47 Proc. Mediol., X Testis, f. 165rv. 48 «Cresciuto in età padre Carlo alla preghiera aggiunse l’azione col

raccogliere nelle feste i ragazzi per condurli nelle chiese, al cimitero ed istruirli nel catechismo onde tenere in essi viva ed operosa la fede» (Art. 22). «Esercitò le opere di carità spirituale quando univa in drappelli i giovanetti d’Abbiategrasso per istruirli e condurli alla Chiesa e al cimitero, prepararli a ricevere i Sacramenti, dar sempre a loro ottimi consigli» (Art. 54): ibid., ff. 37r, 42v.

49 Ibid., doc. 5, f. 261r.

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con i ragazzi, ma sempre non si occupava che di attirarli a cose divote»50. Il coetaneo Baldassarre Del Grosso: «Mi pare che la virtù sua particolare sia stato lo zelo per educare cristianamente la gioventù… Radunava i ragazzi in Chiesa alla festa per la Dottrina Cristiana che ci spiegava egli stesso con molto ardore, poi in seguito alla Dottrina ci conduceva al Lazzaretto (cappella cemeteriale) dicendo il Santo Rosario e di là si ritornava sempre insieme alla benedizione in Parrocchia»51. Il suo lontano parente Gianbattista Vigevano: «Quand’io ero giovinetto fu mio maestro di dottrina cristiana. Mi ricordo benissimo che più volte mi aiutò a salire la panca a destra dell’altare maggiore della chiesa di Abbiategrasso, la chiesa parrocchiale, quando avevo da recitare la cosidetta disputa»52. Il coetaneo Gaetano Bonecchi ricorda quando, non ancora quindicenne, «alla domenica dopo la prima messa, padre Carlo veniva a prenderci in casa, e ci conduceva all’Oratorio della Addolorata a cantare l’Ufficio insieme agli Scolari del Santissimo Sacramento, poi andavamo in chiesa alla messa cantata. Dopo mezzogiorno ci conduceva alla dottrina, lui faceva la classe ai più piccoli. In seguito andavamo a San Bernardino a dire il santo rosario»53. I particolari affiorano nella memoria di chi l’aveva conosciuto. Il coetaneo Carlo Migliavacca: «Cercava di tirar dietro i ragazzi per tenerli sulla buona strada… Era divoto della Madonna perché conduceva i ragazzi davanti alla sua immagine»54. La teste Giuseppe Albini dichiara che non tutto filava liscio anche da parte dei ragazzi: «Cercava di attirare anche gli altri fanciulli in chiesa, e gli venne assegnato di spiegare la dottrina in una classe di fanciulli, che poi egli conduceva a visitare il camposanto, sebbene questi fanciulli gli dessero poco retta e non lo seguissero volentieri»55. I ragazzi lo seguivano, ma non era facile condurre quella turba

50 Ibid., f. 143v-144r.51 Ibid., f. 173r.52 Ibid., f. 263r.53 Ibid., f. 187r.54 Ibid., f. 189v-190r.55 Ibid., f. 159v.

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irrequieta. Primo Marchesi: «Ero uno di quelli che per qualche tempo mi son fatto a seguirlo sia in chiesa, quando ci mettevano intorno a lui per le funzioni, sia andando alle passeggiate… Ricordo che una volta essendosi uno di noi spogliato per buttarsi in acqua, lo sgridò, ma non fu ascoltato»56. Non concordano con quanto diceva la teste Giuseppa Bonecchi: da suo fratello Battista aveva appreso che «i ragazzi del paese andavano attorno al padre Carlo come i pulcini alla chioccia, e faceva loro dire le orazioni»57. Maria Fraccapani: «Si adoperava intorno ai giovinetti, li conduceva al camposanto ed in chiesa. A qualcuno proprio povero provvedeva le scarpe per poterli condurre alla chiesa»58. Giosia Pusterla, più avanti in età e suo amicissimo, lo ricorda come «Il maestro della dottrina cristiana». L’esempio dato dal giovane catechista rimaneva impresso nella mente dei ragazzi: «Era molto divoto… specialmente verso il Santissimo Sagramento e verso Maria Santissima». Traspariva dal suo contegno in chiesa, specialmente davanti all’altare dei Santissimo e da come parlava di Maria Santissima. Non era affatto un tipo “cordialone”. Carlo Migliavacca, suo compagno di scuola, ricorda: «L’ho visto tante volte piangere e non mai a ridere»59. «Se ne stava ritirato»: Angelo Meazza, che conosceva bene anche la famiglia, e che, da parte sua, essendo di buona famiglia, “possidente”, faceva vita di società60. Don Luigi Magnani, coadiutore in luogo durante il Processo, riporta quel che diceva la gente: «La domenica raccoglieva i suoi coetanei e d’inferiore età in coro per apparecchiarli alla santa confessione e comunione. Spiegava loro la dottrina cristiana e terminate le funzioni parrocchiali, li conduceva all’Oratorio della Addolorata per una breve visita, poi al cimitero a recitare il rosario, ed a passeggio fino a sera allo scopo di tenerli lontani dai cattivi compagni, e raggiungevano talvolta la cinquantina…

56 Ibid., f. 142r.57 Ibid., f. 134r.58 Ibid., f. 137r.59 Ibid., ff. 179r, f. 190r.60 Ibid., f. 191v.

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Radunava fanciulli per l’accompagnamento del Santissimo Viatico ed anche per la visita a Gesù Sacramentato… ed intorno all’altare della Madonna Addolorata»61. Pietro Mazzucchelli, uno della truppa dei monelli: «Ci conduceva attorno pei santuari in truppa di centocinquanta ragazzi circa… e ci faceva dire le orazioni, ci conduceva a confessarci, ci apparecchiava, ed anche nei giorni feriali cin faceva ascoltare la santa messa»62. Anche fra Apollinare da Arcore riporta quel che aveva udito da don Palazzi e dai compaesani che l’avevano conosciuto: «Era zelante per il bene della gioventù… Quando era fanciullo alla festa raccoglieva i suoi coetanei per prepararli ai Santi Sagramenti ed istruirli nel catechismo, li conduceva al cimitero per tenerli santamente occupati»63. Che Gaetano da “fanciullo” facesse tali cose, sembra incredibile; nelle altre testimonianze è un giovane che opera. Del suo apostolato seppe dalla popolazione anche il successore di don Palazzi, il prevosto don Balconi64.

Un secondo fatto molto ricordato nelle testimonianze si riferisce al servizio che il giovane Gaetano prestava al padre in bottega, dove era talmente scrupoloso e compassionevole verso i poveri che faceva gli interessi del cliente, segnalando eventuali difetti della merce65.

61 Ibid., ff. 182v-183r.62 (Ibid., f. 146r.63 Ibid., f. 61r e 67v.64 Ibid., f. 227rv. Nelle biografie del Servo di Dio, Olmi (Proc. Laud.,

doc. X, f. 367rv), Memorie storiche (ediz. Iª, p. 13), P. Bonari (Brevi cenni, p. 598) riportano la testimonianza scritta del prevosto don Palazzi. P. Aliverti supplisce con raffigurazioni ideali (Vita, p. 35). P. Evaldo Giudici unisce testimonianze qui citate ad affermazioni di p. Aliverti (Appunti, pp. 64-65).

65 Su questo punto sono numerose le testimonianze. Ecco alcuni esempi (ma vedi anche la nota successiva): Giuseppa Bonecchi, 50 anni: «Ho sentito da mio padre che in bottega indicava agli avventori i difetti della merce perché non comprassero, del che fu rimproverato da suo padre, che gli diceva: “Tu va in chiesa”» (Proc. Mediol., IV Testis, f. 134r). Maria Fraccapani moglie di un cugino: «Ancor ragazzo piangeva quando vedeva che la merce in bottega si vendeva ad un prezzo superiore al costo” (f. 137v). «Aiutava i genitori senza profitto»: dichiarò Carlo Migliavacca suo coetaneo (f. 189v). La signora Giuseppa Albini vedova Scheroni, 77 anni: «Nella sua famiglia faceva conoscere i difetti della

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P. Isaia vice postulatore scrive nel capitolo «Eroica giustizia» art. 69: «Custodì la giustizia sin da quando era nel secolo, usando ogni suo potere perché non si defraudasse il suo prossimo. Come accadde nel negozio di tele nella casa paterna che presentando le stoffe agli avventori mostrava loro ogni difetto. Redarguito dal padre di non far vedere agli avventori certe inezie, rispondeva: in coscienza non si

merce ai compratori non ostante i rimproveri del padre, e non stava volentieri nel negozio perché ciò non gli piaceva, di che suo padre si lamentava anche in pubblico» (IX Testis, f. 159r). Interessante a questo proposito la deposizione di Angelo Meazza, possidente, 69 anni: «Mi ricordo che tra di noi tre o quattro giovinotti volendo mettere il quadro del Sacro Cuore in chiesa, ci recammo un giorno, chiamati da lui, in casa del prevosto [don Palazzi] per combinar qualche cosa. Detto quanto importava, il prevosto alzò la voce in nostra presenza contro il Vigevano Carlo, rimproverandolo aspramente perché la mattina, fatte le sue divozioni in chiesa, ritornasse in famiglia ad aiutare la madre nei mestieri di casa, e perché continuasse a vendere la merce al prezzo di costo ed anche meno. Il Vigevano tacque e credo che abbia continuato a fare come prima» (XVII Testis, f. 191v). Nelle Osservazioni di fatto sulla vita secolare del p. Carlo di Abbiategrasso don Francesco Palazzi infatti scriveva: «Di coscienza eccessivamente delicata, figlio essendo di padre mercante, lo serviva in qualità di giovine nella vendita delle merci, ma nello svolgimento delle stoffe, indagava minutamente se potesse trovarvi qualche neo o difettuccio per farlo subito conoscere agli acquirenti, per cui ho dovuto talvolta avvertirlo che in riguardo a certe minuzie hanno gli occhi per esaminarle e che non doveva credere di vendere agli orbi» (ibid., doc. 5, f. 261rv). Il cugino Angelo Vigevano che trascorse insieme l’adolescenza ricordava che «Egli serviva nel negozio di suo padre… In bottega per compassione verso i poveri, vendeva la mercanzia anche a prezzo minore del costo, e si trovava sempre al netto di ogni moneta, perché qualunque cosa ricevesse donava ai poveri… L’unico difetto di cui ho sentito lamentarsi i suoi genitori era quello di trascurare l’interesse della bottega» (ff. 163v-164v). Gaetano Bonecchi, muratore, 74 anni, coetaneo: «Nella sua bottega faceva sollecitazione alla madre perché vendendo la merce fosse larga sul prezzo colla povera gente» (XV Testis, f. 187v). Fra Apollonio da Arcore apprese direttamente dal padre e anche da altri «che in bottega dava la merce con troppa abbondanza» (f. 65v). Fr. Simpliciano Maria Colombo da Rescalda: «Ho sentito dire che in bottega del padre quando vendeva, mostrava agli avventori i difetti della merce, e perciò rimproverato dal padre, rispondeva: “In coscienza non si può”» (III testis, f. 118r). Questo fatto naturalmente è ricordato nelle biografie del Servo di Dio: G. Olmi, Una gemma…, Genova 1877, p. 8-9; Memorie storiche…, Milano 1898, p. 12-13; Aliverti, Vita, pp. 43-44; E. Giudici, Appunti per una vita, p. 58-63.

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può»66. Don Cesare Balconi di Vimercate, lascerà questa curiosa testimonianza: «Qualche vecchia coetanea di padre Carlo diceva che ai suoi tempi lo credevano quasi un po’ deficiente di mente, per il modo con cui trattava in negozio; e poi invece ora comprendono che era virtù quello che giudicavano deficienza di mente»67.

66 Proc. Mediol., f. 44v-45r. Gaetano Vigevano «nella sua giovinezza fece il mercante con il padre» dichiara il suo coetaneo don Antonio Gioletta (Proc. Mediol., f. 184v). Anche Gaetano Bonecchi, coetaneo: «Faceva il mercante in casa» (f. 187r). È imprecisa, dunque, l’affermazione negli Appunti di P. Evaldo: «Lavorava da sarto, in casa o vicino casa» (p. 27). Carlo Migliavacca: «Faceva il mercante aiutando i suoi genitori senza profitto perché faceva conoscere ai compratori i difetti della mercanzia» (f. 189v). Albini Giuseppa, che aveva conosciuto Gaetano, aveva quasi la stessa età e ne aveva sentito parlare da molti compaesani: «Nella sua famiglia faceva conoscere i difetti della merce ai compratori non ostante i rimproveri del padre, e non stava volentieri nel negozio, perché ciò non gli piaceva, di che suo padre si lamentava anche in pubblico» (f. 159rv). Il particolare è confermato anche da Baldassarre del Grosso, compaesano, ed aggiunge: «Ripreso dal padre, dal quale aveva ricevuto un sonoro schiaffo, rispose: datemene un altro, e gli offerse l’altra guancia. Questo lo conosco dalla relazione di mia madre della cui veracità non posso dubitare» (f. 173r). Tutti i particolari, compreso lo schiaffo, sono confermati da una testimonianza rilasciata il 9 ottobre 1900 al superiore del convento di Casalpusterlengo dal “lontano parente” Giovanni Battista Vigevano e inserita alla fine del Proc. Mediol. tra i documenti allegati come doc. 8 (ff. 262v-264v). Tra l’altro dice che «prima che il beato [sic!] padre Carlo si facesse frate, attendeva al negozio del suo genitore Carlo Vigevano, mercante di stoffe in Abbiategrasso; e quel suo genitore gli vibrò uno schiaffo. Perché? L’inallora Gaetano, pur Servo di Dio, stava vendendo (forse a povera gente) una stoffa e per convincere chi era per farne l’acquisto, del come e quanto, esso Gaetano chiedeva un tenue prezzo, dissegli financo il prezzo che quella stoffa fu pagata dal suo genitore! Il Gaetano Vigevano, appena avuto lo schiaffo del genitore, gli sporse il viso della parte non percossa e gli disse: “Padre, datemene un altro anche da questa parte”. Il qui su espresso fatto io l’ho saputo dallo stesso padre del già Gaetano Vigevano, ora il beato e santo padre Carlo» (f. 263v-264r). Il successore di don Palazzi, Prevosto don Stefano Balconi, riferendo l’opinione del popolo, annoverò tra “gli atti singolari di virtù” ricordati anche il fatto che Gaetano “dichiarava i difetti della merce perché i compratori non la comprassero” (f. 227r). Da un punto di vista umano, di semplice buon senso, il comportamento di Gaetano era di danno alla famiglia, tutt’altro che benestante. Il suo stesso parroco e confessore ed estimatore don

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Un radicalismo evangelico che nella cultura mercantile ed economica moderna sarebbe considerato non solo non esemplare, ma addirittura fuorviante e pazzesco68.

Di questa carità, di questo amore verso il prossimo più bisognoso è espressione anche un terzo fatto, ricordato dai suoi compaesani e dai famigliari stessi, come dimostrano gli atti processuali. È quell’eroico zelo spirituale di salvezza delle anime che lo spinge nel 1850 a chiedere di sostituirsi a qualche carcerato o condannato a morte, offrendosi vittima di espiazione e intervenendo in questo senso presso le autorità, anche se poi naturalmente la sua proposta non venne accettata69. Questo episodio, come anche il suo modo di servire in bottega, gli procurarono tanti rimbrotti da tutti i suoi di casa. La testimonianza di fr. Leone Bettoni da Bagnatica († 1912) dice così: «Mi son trovato con suo padre che era di ritorno dai funerali di padre Carlo celebrati a Casalpusterlengo e ne contava tutte le meraviglie del gran concorso e delle guardie che a stento frenavano la folla. Poi si mise a contare alcuni fatti della giovinezza di padre Carlo quand’era in famiglia tra cui che s’era offerto a morire per un condannato, come fosse lui il colpevole e d’averne perciò

Palazzi lo disapprovava: «Ho dovuto talvolta avvertirlo che in riguardo a certe minuzie hanno gli occhi per esaminarle e che non doveva credere di vendere agli orbi» (doc. 5, f. 261v-262r).

67 Cf. Proc. Mediol., f. 228v.68 P. Aliverti, parlando del modo di comportarsi del giovane Gaetano

nel negozio paterno, pone come titolo «Mercante esemplare» e così conclude: «La gente che vedeva così ben tutelati i suoi interessi, affluiva numerosa al negozio: e gli affari dei Vigevano moltiplicavano e prosperavano: come poscia dovettero constatare gli stessi famigliari contradditori di Gaetano, mercante singolare ed esemplare» (Vita, pp. 43-44). Singolare, sì; esemplare (a parte lo spirito che animava il giovane), no. Infatti gli affari non prosperavano affatto con quel sistema, che portava diretto al fallimento. Per fortuna del padre, Gaetano si fece frate! La famiglia però cadrà (per altri motivi) in gravi ristrettezze e la madre finirà in miseria (E. Giudici, Appunti, pp. 62-63).

69 Cf. E. Giudici, Appunti, pp. 80-87; Aliverti, Vita, pp. 45-49: il 15 ottobre 1850 scrive al sindaco per la scarcerazione di due giovani ladri che hanno rubato nella bottega del padre; il 1° novembre 1850 scrive una seconda lettera a favore dei due ladroncelli e si rende disponibile a sostituirli in carcere; il 29 gennaio 1851 scrive ancora al sindaco per la scarcerazione di due assassini condannati a morte, pronto a sostituirli in carcere. Vedi più avanti i testi di queste lettere, pp. 44-46.

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provato sì vivo dispiacere che incontratolo gli diede uno schiaffo»70. Nell’Articolo 57 della Vita presentata dal vice postulatore, a testimonianza dell’eroica carità, il fatto è presentato così: «Il Servo di Dio sentito che certi Luigi Pistoletti e Dionigi Giardinetti furono arrestati quali autori dell’assassinio della milanese Maria Bettes Odonini, maritata Caltini, e che quindi dovevano essere condannati a morte, egli si presentò all’ufficio pretoriale sottoscrivendo la petizione al Governo per offrirsi lui alla morte e lasciar liberi i presenti rei»71. Questo episodio lasciò una traccia profonda nella gente ed è spesso ricordato nelle deposizioni processuali con particolari che meritano di essere sottolineati72.

70 Ibid., f. 249v. 71 Proc. Mediol., f. 43r.72 Così la Signora Giuseppa Albini spiega il fatto: «Mi ricordo che

essendo avvenuta grassazione da parte di due forestieri sopra una signora di Milano che era indirizzata a Vigevano, avendo padre Carlo sentito dire che uno di quelli i quali avevano commesso la grassazione caduti in mano della pubblica giustizia aveva famiglia numerosa con sei figliuoli, spinto da carità, si offerse alla rappresentanza della giustizia, per essere mandato a morte invece del delinquente. Ciò che costò alla sua famiglia grandi noie e dispiaceri» (Proc. Mediol., X Testis, f. 159v). P. Giustino Giudici da Lovero: «Ho sentito pure dal medesimo [prevosto don Palazzi] il fatto di due condannati a morte, pei quali egli si offerse a soffrire la pena perché non volevano ricevere i santissimi Sagramenti» (XIX Testis, f. 200v). Hanno appreso da persone del luogo o da confratelli e in due casi dallo stesso padre di Gaetano l’episodio: don Magnaghi coadiutore («Si offerse due volte al carcere e alla morte per delinquenti condannati»: f. 182r); don Balconi parroco, successore di don Palazzi («Si è offerto una volta a subire la pena di condanna a morte per due condannati dicendo: io sono solo e non ho impegni, mentre quei condannati avevano famiglia»: f. 227v); p. Augusto Franceschini da Crema: «Degli anni di sua giovinezza ho udito dire che si offrì una volta per un condannato a morte, rassegnato egli stesso a morire sulla forca per salvare il reo per provvedere all’assistenza dei suoi bambini» (XXI Testis, f. 219v); Fr. Raimondo Frignati da Casalpusterlengo: «Quando fui a Casale venne suo padre di Padre Carlo al convento e gli domandai “se era vero che padre Carlo quando era ancora a casa si fosse offerto di morire per un condannato a morte”, ed il padre rispose: “È proprio vero, e quando lo seppi, gli diedi una pedata» (XXV testis, f. 248v); con una variante fr. Leone Bettoni da Bagnatica: «Mi son trovato con suo padre, si mise a contare alcuni fatti della giovinezza di padre Carlo quand’era in famiglia, tra cui che s’era offerto a morire per un condannato, come fosse lui il colpevole, e d’averne perciò provato sì vivo dispiacere che

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Anche qui il testimone più autorevole è don Francesco Palazzi, il quale però si riferisce soltanto al fatto criminoso avvenuto il 30 novembre 1850 che riguarda una donna uccisa per rapina e trovata nei boschi di Casterno, una frazione di Robecco sul Naviglio in provincia di Milano. I due ladri assassini, presi dalla giustizia e imprigionati in Abbiategrasso, era ormai voce comune che sarebbero stati condannati a morte, quando intervenne Gaetano Vigevano a perorare la loro causa fino a voler sostituirli nella pena capitale. Questa incredibile offerta della propria vita sollecitò l’intervento del prevosto Palazzi che richiese alla Pretura abbiatense una ufficiale dichiarazione:

«Il 30 novembre 1850, in un bosco nella Valle Ticino, in Territorio di Robecco, venne assassinata e spogliata di danari ed oggetti preziosi, certa Signora Maria Bettes-Odonini, maritata Cattini di Milano, il cui cadavere fu rinvenuto in detto bosco nel giorno 8 successivo Dicembre. Le indagini praticate dalla punitiva giustizia condussero alla scoperta dei malandrini... successivamente arrestati e tradotti alle carceri Pretoriali in Abbiategrasso... Mentre, presso la I.R. Pretura in Abbiategrasso pendeva il processo relativo; e mentre si riteneva generalmente certa la condanna dei detti delinquenti, per gli indizi a loro carico raccolti negli Atti, in cui di già si incolpavano fra loro vicendevolmente del reato; il Vigevano che credeva (come tutti del resto) dovessero essere condannati alla pena di morte (la terribile forca austriaca) tanto più che il paese era in istato d’assedio, con un governo militare, pose un’istanza al protocollo criminale della Pretura per essere sentito in esame nell’accennato processo; e assegnato a comparire, si è presentato, dichiarando in formale protocollo, da lui confermato e sottoscritto, e coi sentimenti più manifesti di cristiana carità, che esso si offriva vittima di espiazione in favore dei nominati due delinquenti,e pregava fervorosamente i Tribunali a lasciarli in libertà e a trattenere lui in carcere per fare subire a lui quella pena a cui i medesimi dovevano essere condannati»73.

incontratolo gli diede uno schiaffo» (XXVI testis, f. 249v); fr. Simpliciano da Rescalda («Ho sentito dire che si è offerto per liberare la vita ad un condannato a morte» (f. 101r). Ma si veda anche più avanti, dove si tratta della fama di santità del Servo di Dio.

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Questa dichiarazione rilasciata a richiesta del parroco don Palazzi, fu dal medesimo trascritta nella relazione che gli era stata richiesta da un padre cappuccino, unitamente alle Osservazioni sulla vita secolare di padre Carlo. Giuseppa Albini, coetanea di Gaetano e sua conoscente, e che aveva sentito parlare di lui e degli anni della sua giovinezza da molti altri, offre qualche particolare: i due delinquenti avevano operato nel territorio del mandamento, ma erano forestieri; «avendo padre Carlo sentito dire che uno di quelli… aveva famiglia numerosa con sei figlioli… si offrì per essere mandato a morte» in suo luogo. «Ciò costò alla famiglia grandi noie e dispiaceri»74. Diversa è la versione di Baldassarre Del Grosso:: «Ricordo che egli stesso andò a proferirsi al colonnello austriaco per subir la pena di morte in luogo di certo Serafino Dell’Uomo, il quale serviva come d’intermedio tra i Milanesi che aspiravano alla cacciata dei tedeschi ed il Piemonte»75. Si tratta a quanto sembra, di un secondo intervento, del tutto distinto dal primo, e potrebbe spiegare meglio l’affermazione della

73 Questa versione ufficiale, raccolta come doc. 5 nel Proc. Mediol., f. 259v-260r, (testo originale in AGC, cart. MD, n. 13), finisce con queste parole: «La presente dichiarazione venne rilasciata da questa Pretura locale, dietro verbale richiesta dallo scrivente, Prevosto Palazzi». E qui il prevosto aggiunge quelle già citate Osservazioni di fatto sulla vita secolare del Padre Carlo di Abbiategrassoí, come per giustificare e spiegare il significato dell’intervento incredibile del giovane Gaetano. - Le ricerche accurate dell’avvocato Silvano Vana nel 1995 presso la Biblioteca dell’Università di Pavia hanno potuto rintracciare nel giornale Gazzetta di Pavia, in data 9 gennaio 1851, nella rubrica “Notizie” un annuncio dell’assassinio in questione, e nella stessa raccolta, alla data 19 luglio 1851, sempre alla rubrica “Notizie” un articolo, che rimandava per una esposizione più completa e dettagliata alla Gazzetta del Tribunale di Milano. Infatti, presso la Biblioteca Braidense di Milano è stata trovata questa Gazzetta che, alla data 7 ottobre 1851, n. 78, foglio di supplemento al Giornale per le scienze politico-legali, sotto la voce “Casi pratici” – col sottotitolo Omicidio con rapina – Due correi – incolpazione vicendevole, è narrato ampiamente (pp. 319-321) tutto il caso. Ma i fascicoli penali presso il Tribunale di Pavia, al quale erano allegate le lettere di Gaetano Vigevano, non sono stati più ritrovati e probabilmente sono stati o smarriti o cestinati.

74 Ibid., f. 159v.75 Ibid., XI Testis, f. 173r.

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Albini: «Ciò costò alla famiglia grandi noie e dispiaceri» per l’evidente peso politico del gesto.

P. Evaldo collega la carcerazione e condanna di Serafino dell’Uomo alle cinque giornate di Milano e ai moti rivoluzionari del 1848, citando la Storia di Abbiategrasso di A. Palestra: Gaetano «andò a profferirsi al colonnello austriaco per subire la pena di morte al posto di un certo Serafino Dell’Uomo, il quale serviva come intermediario tra i milanesi, che aspiravano alla cacciata dei tedeschi, e il Piemonte»76. Il Dell’Uomo è considerato un eroe di Abbiategrasso, dove con spirito patriottico si era costituito un Comitato Provvisorio ed erano stati chiamati tutti gli uomini validi dai 18 ai 65 anni ad arruolarsi per la difesa della patria. Non risulta che Gaetano Vigevano, che aveva allora 23 anni, vi abbia preso parte77. La dichiarazione della Pretura di Abbiategrasso (che non porta data) allegata da don Palazzi alla sua, parla soltanto dei due rei della uccisione perpetrata nel bosco della Valle del Ticino in territorio di Robecco il 30 novembre 1850. «Il paese era in stato d’assedio con governo militare»78.

Don Palazzi non accenna ad un precedente fatto analogo, ricordato da p. Aliverti, avvenuto il 15 ottobre 1850, ma ben più leggero, di due ladruncoli, uno di 16, l’altro di 21 anni, che nello stesso giorno (15 ottobre 1850) avevano rubato due scialli (o due fazzoletti?) nel negozio di suo padre. Questi li aveva denunciati immediatamente e fatti incarcerare. Anche in questo caso il giovane Gaetano chiede alla Pretura del paese di lasciarli liberi e di perdonarli. Non ebbe risposta. Dopo due settimane scrisse di nuovo. In calce alla petizione fu annotato «V(isto). Neg(ativo). Agli atti non potendosi alla supplica aver riguardo»79. Invece sono condannati alla pena di undici

76 A. Palestra, Storia di Abbiategrasso, Milano 1956, p. 243.77 E. Giudici, Appunti, p. 73.78 Proc. Mediol., f. 259v-260r. L’atto eroico del giovane Gaetano, di

offrirsi a scontare la pena in luogo dei condannati, è registrato da tutti i biografi: G. Olmi, p. 12; Memorie storiche, p. 15; Bonari, Brevi cenni, p. 599; P. Aliverti, Vita, pp. 47-50; E. Giudici, Appunti, pp. 85-90.

79 Cf. Aliverti, Vita, pp. 45-47. G. Olmi, Una gemmai, p. 12s, ricorda questo episodio (Proc. Laud., doc. X, f. 368r-369r); anche Memorie

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giorni di carcere. Allora egli interviene di nuovo per farli liberare oppure sostituirli nella pena80.

Qui è opportuno indugiare un momento perché si tratta di una documentazione fortunatamente ritrovata sia nella Pretura di Abbiategrasso, sia nell’Archivio del tribunale di Pavia, anche se le quattro lettere originali di Gaetano Vigevano non sono state purtroppo conservate, se non fortunatamente attraverso una trascrizione fedele di don Ferdinando Rodolfi81. Queste lettere di Gaetano Vigevano storiche, 1a ediz. (p. 16s), 2a ediz. (p. 15s), 3a (p. 14s); un breve cenno anche in V. Bonari, I cappuccini della Provincia milanese, parte II/2, p. 598.

80 P. Aliverti (Vita, pp. 45-50) riporta le lettere con narrazione e commento e qualche particolare trascurato dai biografi precedenti. Alla prima lettera del 15 ott. 1858 (stesso giorno in cui furono incarcerati i due ladruncoli) l’”amorosissimo sindaco” convocò il Vigevano e annotò in calce alla petizione: «In valore a ciò è interrogato il 25 ottobre 1850, riconosce la lettera e dichiara: Dichiaro di non aver agito per suggestione di nessuno» (ibid., p. 46). Il primo novembre il Vigevano ritornò alla carica, chiedendo o di rimetterli in libertà o di poterli sostituire inn carcere. A questa seconda domanda fu apposta questa nota: «V(isto). Neg(ativo). Agli atti non potendosi alla supplica aver riguardo. Pr. S.». Il fascicolo di questo processo è stato rintracciato presso la Pretura di Abbiategrasso. Ne parla p. Evaldo (Appunti per una vita, pp. 79-90), dando rilievo ai due episodi, riporta gli scritti, li commenta. Nella nota 5 a p. 81 egli riferisce della sua visita alla Pretura, della cortesia del Pretore e del personale, del ritrovamento del fascicolo del primo processo. Non erano però incluse le due lettere del Vigevano e ciò che scrive è storicamente molto importante: «Mancano gli autografi di Gaetano, ma dal Processo ci è stato possibile ricavare tanti particolari degli interrogatori. É interessante un particolare, una domanda rivolta dal Pretore a papà Carlo; dopo che tutto sembrava ben spiegato e precisato, ormai, papà Carlo non si aspettava questa domanda: «Se il di lui figlio Gaetano abbia per di lui ordine fatta qualche istanza in proposito». Reagisce, papà Carlo, e risponde: «Non, Signore, e se mai facesse il medesimo pervenire qualche scritto a questa Pretura, prego che non gli si dia retta, per esser lo stesso un po’ esaltato di mente, e fa tutto quello che la gente gli insinua».

81 Questo degno sacerdote, allora professore in seminario e coadiutore titolare di San Michele in Pavia, sarà poi vescovo di Vicenza dal 1911 al 1943, figura importante dell’episcopato del Veneto tra le due guerre. Alla fine dei testi trascritti egli aggiunse una sua dichiarazione, in data 2 agosto 1900, che vale come autentica dei documenti stessi: «Io sottoscritto attesto con giuramento di aver collazionato cotesta copia di lettere di Vigevano Gaetano fu Casrlo, cogli autografi esistenti nell’Archivio del R. Tribunale C. e P. di Pavia allegati al Processo inquisito

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potranno unirsi quindi agli altri pochissimi scritti originali suoi e vengono qui riproposte integralmente con la stessa segnatura originale che avevano nell’incartamento penale:

(l85-CLXX-5) All’Imperial Regia Pretura di Abbiategrasso Abbiategrasso, 15 ottobre 1850. Amorosissimo Sindaco,

Lo supplico che voglia perdonare a quei due delinquenti, che oggi furono carcerati pel furto di n. 2 fazzoletti, come dal mio padre Vigevano Carlo oggi gliene fece avviso. Più desidero che non gli faccia alcun scritto sul libro de la Giustizia; di ciò tanto lo supplico. Quando li avrà messi in liberta, lo supplico di scrivere (a me) poche righe su di un pezzetto di carta, rallegrandomi d’essere stato esaudito.

Non quale Sindaco lo chiamo, ma amoroso fratello lo prego di accettare questa mia supplica.

Sono Vigevano Gaetano di Carlo.

(l87-CLXXII-25) All’Imperial R.Pretura di Abbiategrasso, Abbiategrasso, 1 Novembre 1850.

Seppi che i carcerati V. e R. furono condannati a undici giorni di prigione per il furto dei n. 2 fazzoletti che fecero a mio Padre, di ciò tanto mi dispiace; pertanto adunque io sono a nuovamente supplicare il Sindaco, cioè quello che fu giudice. Amatissimo Sindaco,

Giacchè non ebbe luogo la mia supplica del giorno 21 scorso mese [sic per 15 ott.], che gli feci per ottenere perdono ai carcerati qui sopra mentovati, lo prego di accettare almeno la presente, ed è questa: Sappia,o caro Sindaco, che io non posso soffrire che alcuno dei miei prossimi abbiano ad essere imprigionati nè castigati pel male che mi abbiano potuto fare; pertanto, adunque, mossomi a pietà de’ soprannominati, sono a supplicarlo di nuovo; e queste poche parole sono la mia

contro certi Luigi Pistoletti e Dionigi Gardinetti imputati di omicidio con rapina nell’anno 1851 segnati coi numeri… trascritti dietro licenza del Regio Procuratore del Re dal Cancelliere signor Brizio Lucini e d’averli trovati in tutto conformi all’originale. Pavia dalla Basilica di S. Michele Maggiore il 2 agosto 1900». L’attestazione di don Rodolfi è dichiarata autentica dal vice cancelliere della curia di Pavia don Pietro Veneroni. Queste quattro lettere sono riportate in copia autentica nel Proc. Laud., doc. XI: Copia di lettere autografei, ff. 384r-387r; altra copia in APCL, P 1105/008 (lettera del 15.10 e 1.11.1850 relative al furto subito dal padre) e P 1105/009-010 (lettera e presentazione del 29.1.1851, relative all’assassinio di Maria Bottes Odonini) e anche P 1105/21, pp.11-14.

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supplica: O Egli li rimette subito in libertà o si accetti me per loro; di ciò, tanto lo supplico.

Allora, o mio caro ed amato Sindaco, tanto lo supplico di rimetterli in libertà, e se non può, lo supplico di accettarmi per sostitutore; farammi il piacere a dimandarmi subito, non differendo tempo; e dimandandomi, lasciarli in piena libertà lo supplico medesimamente. Per sommo affetto che io gli protesto di avergli a Lui, quale amato Giudice, è di sempre raccomandarlo a Maria Santissima quale suo figlio. E frattanto lo riverisco e lo saluto di vero cuore.

Sono Vigevano Gaetano di Carlo

(l82-CL VII) All’imperial Regia Pretura di Abbiategrasso Onoratissimo Luogotenente la Pretura,

Farammi piacere indirizzare la unita sigillatura a quell’Ufficio ed a quello cui terrà luogo di Sindaco nel delitto di quei due uomini (cui si dice) che hanno dato la morte a quella povera donna, nei Boschi di Casterno; intanto lo ringrazio di ciò e lo saluto di cuore.

La mia firma si trova nella unita sigillata.

(183-CCXVII) All’Imperial Regia Pretura di Abbiategrasso Abbiategrasso,il 29 gennaio 1851. Onoratissimo Sindaco,

Udii doversi dare la morte a quei due poveri carcerati (cui si dice) aver dato la morte a quella povera donna nei Boschi di Casterno, quindi mi sento mosso da Dio a pietà di cotesti, e già mi nasceva qualche pensiero di salvarli dalla morte, e però io ho voluto consultare con l’orazione se era volontà del Signore, ed ecco ch’Egli ispirommi efficacemente.

Dunque per ispeciale impulso dello Spirito Santo, io ebbi a supplicarlo così. Immensi motivi mi inducono a salvarli, quindi lo supplico: O di condonargli la vita o si metta me per sostitutore di quelli. Lo prego di non tardare a spedirmi una piccola ricevuta, cioè di questa supplica, entro la quale lo supplico di scrivere qualche riga permettendomi che possa visitare i sunnominati, i quali credo trovarsi nella prigione di Abbiategrsso, questa ricevuta che spero da lei avere, desidero che sia indirizzata al Sig. Antonali Natale, Pedone di Abbiategrasso.

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Raccomando di accettare questa supplica ed insieme a me lo prego raccomandarli a Dio così: Padre, nel nome di Gesù e di Maria, salvate quelli da ogni male!

Intanto mi dichiaro suo servo, e nel nome del Signore lo saluto.

Sono Vigevano Gaetano di Carlo.

L’avvocato Silvano Vona, nelle sue accanite ricerche dell’ori-ginale di questi testi, a questo punto commenta: «Alla luce di quanto sopra si comprende il perché Gaetano avesse implorato, nella sua lettera del 29.1.1851, che qualora i due malviventi fossero stati condannati alla pena di morte, si accogliesse la sua domanda di sostituirsi a loro. In quel grido «…immensi motivi mi inducono a salvarli», si manifesta quell’atto eroico di carità cristiana volto a lasciare i due malviventi in vita, se pur nel carcere, perché si potessero ravvedere e salvarsi l’anima per l’Eternità»82.

«Se Gaetano – riflette qui p. Evaldo - chiedeva al Signore di essere condannato a morte al loro posto, potevano sembrare parole esagerate, eppure il Signore le ha accettate, e la domanda fatta per iscritto alle autorità competenti fu esaudita. Dei due si sa che non furono condannati a morte, ma «a vent’anni di carcere duro», perché il vero colpevole dell’omicidio non fu mai possibile scoprirlo, dato che i due si incolpavano a vicenda, e l’arma era una sola, un coltello.

«Dio ha permesso così, perché Gaetano già si era offerto a morire per loro «per immensi motivi», cioè per risparmiarli dal fuoco dell’inferno, mentre Gaetano “vedeva” che si incolpavano a vicenda, e quindi non erano per nulla pentiti.

«Per essere brevi, Gaetano ha ottenuto da Dio di poter morire per loro: il Signore gli concedeva, però, prima almeno due grazie che più chiedeva: essere religioso cappuccino, ed essere sacerdote. Non gli concederà di essere confessore e predicatore per dare la precedenza alla richiesta di Gaetano, in compenso gli darà di essere strumento di miracoli e grazie nel breve tempo che gli resta, prima di morire, a soli 33 anni! E padre Carlo, così, morirà

82 Cf. Casalpusterlengo, Convento Cappuccini, Archivio di Padre Carlo (Arch. PC), Cart. 1, doc. 6: Sintesi di Silvano Vona sugli esiti delle ricerche effettuate, pp. 7-8 (lettera a p. Mariano, Milano 24.02.1995).

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vittima volontaria di carità, quella carità più grande di “dare la vita” per salvare un’anima dall’inferno, una offerta fatta da un giovane laico di 26 anni!»83.

Queste letterine originali di Gaetano Vigevano svelano perciò qualcosa di profondo della sua anima, ci permettono di intravvedere una spiritualità altissima, eroica di amore, in un giovane di 26 anni che ormai aspira ad una consacrazione e offerta totale della sua vita. Del resto sappiamo che l’attrattiva alla vita religiosa era in lui molto sentita. Quando manifestò ai genitori questa sua volontà, trovò specie da parte del padre un netto rifiuto, anzi il padre fece molti tentativi per fargli scegliere la via del matrimonio. Ma fu un fallimento perché questo suo figlio primogenito, che egli molto amava, nonostante le sue fissazioni religiose e la sua mente esaltata (come egli diceva) era già così interiormente consacrato a Dio che non vedeva altro. Le testimonianze su questo punto sono poche, ma chiare nel segnalare questo episodio84.

Una testimonianza molto importante per gli anni trascorsi da p. Carlo ad Abbiategrasso è una lettera di un lontano parente (forse un cugino da parte della madre Golgi) scritta a p. Egidio da Milano, in data Abbiategrasso, 14 Aprile 1881, e sembra opportuno qui riportarla perché riferisce anche una notizia finora non sottolineata nelle biografie, ossia che i genitori volevano che il figlio

83 Testo di p. Evaldo inviato il 9 giugno 2010.84 Fr. Simpliciano Maria Colombo da Rescalda riferisce: «Ho sentito

che i suoi genitori non volevano che si facesse frate, ma colle sue preghiere e colla sua costanza vi riuscì… Non so altro che il padre lo voleva obbligare a prender moglie (Proc. Mediol., III testis, f. 115r, 119v). Il cugino Vigevano Angelo: «So che aveva una grande smania di farsi frate» (X testis, f. 164r). P. Giustino Giudici da Lovero riferisce qualche particolare in più, sentito dal prevosto don Palazzi, «il quale veniva a confessarsi da me a Milano, mentre io più d’una volta fui ad Abbiategrasso per predicazione. So tra le altre cose che impiegò gli anni della sua gioventù in opere di pietà e di carità, ed aggiunge che avendo voluto suo padre dargli moglie, gli offerse successivi abboccamenti con diverse giovani, senza alcun frutto, perché padre Carlo adempiendo alla volontà del padre che gli imponeva tali visite, se ne rimaneva silenzioso, freddo e ad occhi bassi, tanto che il padre dietro sua preghiera dovette desistere da simili tentativi» (XIX testis, f. 199v).

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diventasse prete e questo quando era prevosto don Lattuada:

Non posso dare informazione della giovinezza del Vigevano Gaetano, in Religione Padre Carlo, perché io, magiore di 5 anni di più età, non aveva col picolo Gaetano comune le scuole e non poteva essere a contato. Ero però a contato con suo padre Vigevano Carlo e sua madre Golgi Margherita; oltre l’ammicizia sono anche lontano parente. Conobbi e fui sempre a contato col giovane Gaetano dalla sua età da 15 a 25 anni cioè per 10 anni consecutivi.

Da ragazzo i suoi genitori volevano dal suo Gaetano farne un prete, ma non potendo sostenere la spesa si rivolsero al innalora [all’allora] Preposto di qui Sig. Latuada, pregandolo a farli avere un beneficio patronale, ciò non venne acordato.

In allora, e il giovinetto Gaetano aveva circa 15 anni, si occupò del mestiere di suo padre; era giovane quieto, ubbidiente, asente agli affari del negozio, era piutosto bravo in botega e prometeva essere non solo buon filiolo, ma anche svilupato in comercio.

Il giovane Gaetano era il magiore dei figli di suo padre, era la speranza de’ suoi genitori, i quali avendo numerosa fammilia calcolavano molto su lui. A 20 anni il giovane Gaetano non rifugiva di onesti divertimenti, era di naturale se non tropo alegro, però espansivo.

Più tardi suo padre voleva che prendesse molie. Vi furono due proposte di matrimonio, ma non si combinò niente a motivo di interesse. Sono convinto che nei progetti di matrimonio il giovane Gaetano non faceva altro che ubidire suo padre, il quale sperava con un buon matrimonio del figlio migliorare la sua condizione economica e avantagiare così la fortuna degli altri suoi figli.

Dopo il suo rifiuto in fatto di matrimonio, il giovane Gaetano non ne volle più sentire parlare di altre proposte, allora aveva circa anni 25 e da allora cominciò a essere più concentrato, divoto religioso con una idea fissa, farsi frate e fu allora che si mise a studiare il latino sotto la direzione del sacerdote Sig. don Cesare Vigevano di qui.

Da quel tempo in avanti, cioè sino che stesse qui in Abbiategrasso, il giovane Gaetano tenne una condota non solo buona, ma fu un continuo esempio edificante di religione e di pietà da farlo tenere da tutti quello che lo conoscevano poi un vero Angelo.

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Aparve che la familia del Padre Carlo cominciando dal padre, madre, così tutti i fratelli e sorelle erano tutti chi più o meno affetti di malatia polmonare...85.

La salute cagionevole sarà un grave impedimento alle sue aspirazioni di vita religiosa consacrata e condizionerà notevolmente tutta la sua breve vita. Ad ogni modo una cosa è chiara: se il giovane Gaetano Vigevano non era adatto a coltivare gli interessi mercantili della famiglia, non era però, come pensava il padre, un esaltato e campato per aria, ma era profondamente inserito nella vita sociale e religiosa del suo paese, attento agli avvenimenti che potevano animare la sua carità verso ogni persona bisognosa e sofferente.

Riflessioni conclusive sulle testimonianze di Abbiategrasso

Abbiamo notato come sono numerose le testimonianze sommamente favorevoli dei suoi concittadini di Abbiategrasso, coetanei o comunque informati da testimoni diretti, circa il suo modo di comportarsi negli anni della gioventù. Ma per ottemperare ad una precisa disposizione della Istruzione Sanctorum mater della Congregazione dei Santi di «evidenziare eventuali aspetti negativi… chiarire anche gli elementi negativi di una certa rilevanza nella causa»86, bisogna registrare anche qualche voce discordante, che nel contesto appare piuttosto marginale e frutto di ostilità ideologiche, o – tra i confratelli – trasformata alla fine nell’adesione senza riserve alla generale ammirazione.

Lo stesso suo parroco don Palazzi annota: «La sua bontà, siccome straordinaria, era qualche volta posta a bersaglio dei soliti frizzi inverecondi dei tristi». Il successore di don Palazzi, prevosto don Balconi riferisce: «Qualche vecchia

85 Cf. AGC, MD Servi Dei: Carolus de Abbiategrasso, doc. 26. Vedi anche in Appendice: Roma, Archivio Generale dei Cappuccini. Don Cesare Vigevano era allora cappellano della Pia Casa di Abbiategrasso. Il testo originale e autografo è riprodotto con un po’ di revisione nella punteggiatura.

86 Cf. Santorum mater. Istrizione per lo svolgimento delle Inchieste diocesane o eparchiali nelle Cause dei Santi, Parte IV, Tit. II, cap. III, § 2, 5; cap. IV, art. 76, § 3: in Acta Apostolicae Sedis 99 (2007) 485s.

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coetanea di Padre Carlo diceva che ai suoi tempi lo credevano quasi un po’ deficiente di mente, per il modo con cui trattava in negozio, e poi invece ora comprendono che era virtù quello che giudicavano deficienza di mente». C’era chi «lo prendeva in ischerzo per la sua divozione»: ricorda il suo amico Angelo Meazza. «Noi giovani gli si dava per soprannome Pantona a ragione di un lungo soprabito che portava sempre». E dopo la morte – dichiarò – godeva di buona stima, «tenendo conto che anche su questo punto vi sono persone indifferenti e poco favorevoli». Tutto il mondo è paese, vien da dire!

Due religiosi che testimoniarono nel Proc. Mediol., fra Barnaba da Milano e padre Giustino da Lovero, riferiscono di un’altra malevola interpretazione: si comporta così perché è un «pellagroso» (di difficile interpretazione: debolezza fisica da denutrizione, con conseguenze psichiche, nella concezione del tempo?); ma dal contesto della deposizione sembra che i due si riferissero piuttosto a giudizi colti a Casale e tra i frati. Forse è da interpretare così anche l’altra affermazione di fra Barnaba: «La stima per il padre Carlo dopo la sua morte si è sempre conservata, salvo quei pochi che prima non l’avevano in buona opinione»87. Sembra che interpretazioni, appunti, giudizi sfavorevoli da parte dei concittadini di Abbiategrasso debbano essere ritenuti di ben poco peso. Il giovane Gaetano, a testimonianza di Primo Marchesi che l’aveva conosciuto da ragazzo, «sopportava con pazienza le molestie arrecategli dai suoi coetanei»88.

Difficoltà, contrasti anche in famiglia. Sono colti dalla bocca del padre da alcuni testimoni nel Proc. Mediol.: pedate, schiaffi a quel suo figlio, primogenito, che avrebbe

87 Don Palazzi, in Proc. Mediol., f. 261; don Balconi, f. 228v; Meazza, f. 193-192. Fra Barnaba da Milano: «Non mancavano alcuni pochi, che attribuivano la sua vita singolare a pellegra o ad altra affezione, comunemente però era tenuto come uomo di virtù grandissima» (f. 154v); p. Giustino da Lovero: »La stima che di lui si aveva come di santo, diventò sempre più larga, sebbene qualcuno lo chiamasse pellagroso, sebbene questo stesso avesse poi a testimoniare in favore della santità di Padre Carlo» (f. 206). Ancora Fra Barnaba, f. 154v-155r

88.Ibid., f. 142v.

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dovuto essere il principale sostegno per il negozio e la famiglia. Il padre era mercante, aveva una famiglia con numerosi figli da mantenere, e Gaetano «era largo con gli avventori» (Pietro Mazzucchelli); «vendeva la roba al costo, così da mettere i suoi genitori in pericolo di fallimento» (Primo Marchesi); anzi «a prezzo minore del costo», e i suoi genitori si lamentavano perché trascurava l’interesse della bottega (il cugino Angelo Vigevano ricordava che era l’unico difetto del quale si lamentavano). Giuseppa Bonecchi – un teste che si dimostra molto ben informato – seppe da suo papà, e questi dal padre di Gaetano, che questi lo rimproverava perché «indicava agli avventori i difetti della merce perché non comprassero, e gli diceva: “Tu va in chiesa”»89. Voleva che il giovine si sposasse, gli procurò qualche abboccamento con buone ragazze, ma davanti al suo comportamento inequivocabilmente contrario dovette desistere90.

P. Aliverti dedica due paginette alla descrizione (intuitiva) dei due, anzi tre approcci andati a vuoto e così conclude: «Così anche il nostro santo giovane salvò il principio dell’ubbidienza al genitore, e pose al sicuro la sua vocazione religiosa». Da parte sua p. Evaldo Giudici riporta, con qualche divergenza di interpretazione91. Il padre capì

89 Ibid., ff. 146r (Mazzucchelli), 142r (Marchesi), 164v (Angelo), 134r (Bonecchi).

90 P. Giustino da Lovero (che riferiva quanto udito dal padre di Gaetano e da persone di Abbiategrasso dove era stato varie volte per ministero): «Avendo voluto suo padre dargli moglie, gli offerse successivi abboccamenti con diverse giovani, senza alcun frutto, perché padre Carlo adempiendo alla volontà del padre che gli imponeva tali visite, se ne rimaneva silenzioso, freddo e ad occhi bassi, tanto che il padre dietro sua preghiera dovette desistere da simili tentativi» (ibid., f. 199v). Fra Simpliciano da Rescalda: «Il padre lo voleva obbligare a prendere moglie» (f. 119v). Padre Isaia vicepostulatore nell’Art. 89: «Volendo il genitore del Servo di Dio ammogliarlo quando trovavasi seco lui nel negozio, repugnante e per obbedienza andò a parlare alle due ragazze già avvisate dal padre; ma presentossi con un portamento talmente confuso, modesto e composto che non ardì alzar gli occhi da terra e lo si vide tramare come una foglia in modo che edificò tutti i presenti, ed anche ne risero, ottenne però dal padre di essere dispensato di porsi a tali cimenti» (f. 48v).

91 P. Aliverti, Vita, p. 55-56; P. Evaldo, Appunti, pp. 95-97.

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che quel ragazzo era tagliato per un’altra via, e davanti alla sua decisione di farsi frate, da buon cristiano non oppose difficoltà.

2) TRA I CAPPUCCINI, 1852- 1858: DALLA SS. ANNUNCIATA A CASALPUSTERLENGO

Ad Abbiategrasso Gaetano Vigevano, come Gesù a Nazaret, “cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2, 52). Bambino, ragazzo, adolescente, giovane. A tanti anni di distanza, parenti, sacerdoti, amici, conoscenti, e i figli di questi per sentito dire, conservavano un ricordo nitido dell’esemplarità del suo comportamento, e il ricordo di quel che si sapeva in paese dei fatti straordinari che si narravano di lui, frate nel convento di Casalpusterlengo. Nel Proc. Mediol. poterono testimoniare che la fama di bontà e pietà che lo distingueva negli anni giovanili in paese si era andata trasformando in fama di santità, e che tale fama perdurava ancora, decenni dopo la morte: spontaneamente, senza alcuna pressione, nel cuore dei suoi concittadini.

I primi 27 anni fino al 1852 furono quasi una preparazione alla sua successiva vita cappuccina che inizia faticosamente a causa della sua poca salute. «Aveva una grande smania di farsi frate»: dichiarò il cugino Angelo92. Prima di partire salutò i parenti alla sua maniera, come riferisce Fraccapani Maria, vedova Golgi, esprimendo con realismo il suo radicale distacco dai parenti: «Ricordo che nel 1852 quando stava per partire la prima volta per farsi frate, venne in casa nostra a prender commiato da mio marito che era suo primo cugino. Eravamo presenti io e mia suocera Regina Cagnoni maritata Golzi, e non ci guardò neppure in faccia partendo senza salutarci»93.

Il giovane Gaetano Vigevano non conosceva mezze misure né l’arte diplomatica, e non le conobbe nel resto della sua breve vita. Facendosi frate usciva – secondo le sacre regole del tempo - moriva al mondo, alla famiglia e al

92 Proc. Mediol., f. 164r.93 Proc. Mediol., V testis, f. 137r.

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paese d’origine; ma non venne meno da parte della famiglia il ricordo, l’affetto, quasi la venerazione da parte del padre e della madre per quel figliolo del quale tutti parlavano come di un santo. Il giovane Vigevano si fece frate cappuccino. Probabilmente nessuno si meravigliò. L’aspirazione di Gaetano era dunque risaputa. Il suo nuovo confessore, il prevosto don Palazzi (che però lo conosceva da anni), vide chiaramente l’opera di Dio in quell’anima angelica e il posto a cui Dio lo chiamava. Fu il tramite, privandosi di un prezioso collaboratore, con i frati cappuccini, con i quali aveva un rapporto frequente, come usavano molti parroci lombardi: riteneva l’Ordine il più consono alle aspirazioni mistiche del giovane, che gli erano ben note.

Dopo vari tentativi, venne finalmente accettato il 25 ottobre dal nuovo provinciale padre Francesco da Bergamo († 1872). Fu lo stesso papà di p. Carlo, ormai convinto della vocazione di Gaetano, a portare personalmente la lettera di raccomandazione e sollecitazione del Prevosto al nuovo padre provinciale e ad accompagnarlo, nei primi giorni di novembre 1852, al convento di San Vittore all’Olmo a Milano94.

Ecco il testo della raccomandata di don Palazzi, datata 25 ottobre 1852:

Molto Reverendo Padre, latore della presente è il signor Carlo Vigevano, padre di

quell’angelico giovane, che stette finora attendendo il giorno di entrare in cotest’Ordine rispettabilissimo dei Cappuccini. Non avendo ricevuto finora alcun riscontro, il suddetto di lui padre verrebbe dalla Paternità Vostra Molto Reverenda per risolvere la cosa. Il giovane è veramente un angelo vestito di carne. Di salute piuttosto gracile, ma di volontà ferma e generosa. Il Signore però che ‘dat velle et perficere’ [Filip. 2,13], potrà risolvere a prò del giovane e dell’Istituto ogni ‘pugnatio terminis’ ecc. Accolga M.o Rev.do Padre i sensi di quella stima e profondo rispetto nei quali mi pregio raffermarmi Della P.V.M.o Rev.da Abbiate.so il 25 8bre 1852

94 P. Evaldo, Appunti, p. 101-102; P. Aliverti, Vita, p. 59. Fra Leone da Bagnatica, f. 249v-250. La parte svolta dal padre va accordata con quella svolta dal Prevosto don Palazzi, dal Provinciale e dallo stesso postulante.

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Obb.o e devot.o Serv.re d. Franc.o Palazzi95.

Il papà di Gaetano si presentò al Provinciale con questa lettera, e il nuovo Superiore accettò la richiesta. Valutò il lato negativo (poca salute: la debole capacità allo studio non era d’impedimento per un Fratello); ma anche quello positivo, la santità di vita. «Acconsentendo solo di riceverlo in riguardo alla santità che già proclamavano del giovane Vigevano e della bellissima attestazione del Prep. Parr. Palazzi di Abbiategrasso»96. Il provinciale p. Francesco da Bergamo fu per Gaetano l’uomo della Provvidenza: l’uomo giusto al posto giusto, al momento giusto: lo accolse una prima e lo accoglierà poi una seconda volta, passandolo alla categoria degli studenti97.

I preparativi per la partenza furono rapidi. «Ai primi di novembre» approdò al convento di San Vittore a Milano, dove salutò il papà, che l’aveva accompagnato, ed ebbe l’“obbedienza” che lo destinò al convento della Santissima Annunziata di Borno, in Val Camonica, per iniziarvi il periodo del noviziato98. Fu accolto da p. Ignazio Pedrocchi da Rovetta († 1893), guardiano e maestro dei novizi99. L’8

95 Edita da Aliverti, Vita, p. 57 e da p. Evaldo, Appunti, p. 101. – L’originale e almeno due copie in AGC, MD Servi Dei: Carolus de Abbiategrasso, doc. 4 (autografo); e in un manoscritto dell’archivista generale dell’Ordine p. Egidio da Milano: AD 100, f. 2r.

96 Proc. Mediol., Art. 6, f. 34v, continuazione. Completa le ragioni che si opponevano alla accettazione p. Giustino da Lovero: «Per ragioni dell’età avendo passato i venticinque anni, sia per deficienza negli studi, non avendo compito il ginnasio, come era allora prescritto dalla legge austriaca» . Aggiunge che fu accolto «dietro insistenza del prevosto Palazzi, il quale assicurava che avrebbero accettato un santo da mettere sugli altari» (Proc. Mediol., f. 201r).

97 Ebbe nell’Ordine uffici di alto livello. Si veda in appendice.98 P. Aliverti, Vita, p. 59; P. Giudici, Appunti, p. 102-103. Ambedue

interpretano i sentimenti di somma gioia di Gaetano che diventa Fra Carlo.

99 P. Isaia, in Proc. Mediol., Art. 7, f. 34v-35r. P. Ignazio era giovanissimo, appena 32 anni, con 10 anni soltanto di vita conventuale. La vita di questo religioso (1820-1893) è divisa fra gli uffici di superiore, maestro dei novizi, definitore provinciale e curato. Divulgatore delle sante missioni al popolo. Di vita austera e di coscienza delicatissima, fu direttore spirituale assai ricercato. Molto caritatevole con gli ammalati. Cf. Necrologio, 31 dicembre; vedi anche la nota di Aliverti, Vita del Servo

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novembre vestì l’abito religioso e assunse il nome che il superiore gli impose: Carlo Maria100. Iniziava così la sua vita di religioso cappuccino.

Scrive p. Evaldo: «Dio si era impadronito di quell’anima dandole quasi l’appuntamento tra i cappuccini»101.

La buonissima reputazione del giovane Vigevano era nota al Padre Provinciale e doveva essere nota anche al maestro dei novizi e guardiano che l’accoglieva. Fu ammesso alla vestizione, infatti, pochi giorni dopo il suo arrivo102. Godette da subito, dunque, la stima della nuova famiglia della quale entrava a far parte. Sarebbe stata preziosa nel Processo la deposizione di p. Ignazio, come anche quella del Provinciale p. Francesco, ma ambedue erano già morti, il primo nel 1893, il secondo nel 1872103.

Il vice postulatore p. Isaia riassume negli Articoli: «Fu di grande meraviglia ai religiosi per l’osservanza della regola, mortificazione, umiltà in modo che soddisfatti della santità della sua vita lo dispensarono, in vista della gracile salute, dai digiuni e dell’andar scalzo»104. P. Evaldo cita da p. Aliverti varie testimonianze dell’ammirazione degli altri

di Dio, p. 66, nota 2.100 Milano, APCL, Registro Vestizioni B 125, n. 159: “Vestito al

Convento della Santissima Annunciata il giorno 8.11.1852”. segue una nota che riporteremo più avanti. P. Aliverti ivi suppone che il nome sia stato scelto dal Vigevano in ricordo del padre e del Santo Arcivescovo che dava il nome alla ricostituita Provincia Lombarda dell’Ordine, San Carlo Borromeo, che aveva voluto i cappuccini a Milano. P. Giudici, (Appunti, p. 108) suppone che il nome sia stato chiesto dal Vigevano in ricordo del Padre e del suo primo confessore, oppure che sia stato suggerito dal padre Maestro (che era lo stesso guardiano); Memorie storiche, 1ª ediz., p. 20. Il secondo nome Carlo Maria si trova soltanto in P. Giudici (ibid., p. 108), e sembra piuttosto supposto per il fatto che «più o meno tutti l’aggiungevano per devozione al nuovo nome».

101 Appunti per una vita, p. 142.102 P. Evaldo Giudici rileva che di norma si usava la prudenza di

attendere dodici, quindici giorni (Appunti, p. 108).103 Necrologio, 31 dic. e 3 aprile. P. Giudici si diffonde sui sentimenti

del novizio Fra Carlo (Appunti, cap. 4, p. 105ss), e prima ancora p. Aliverti brevemente (Vita, p. 63-64 e passim), mentre poche righe dedicano le Memorie storiche (1ª ediz., p. 22) e l’Olmi (Proc. Laud., f. 369v: «Il santo giovine, indossando le divise serafiche gustò anticipatamente le dolcezze del paradiso»).

104 Proc. Mediol., Art. 7, f. 35r.

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novizi105; ma si si possono cogliere direttamente dalle loro deposizioni nel Proc. Mediol., nitide ancora quasi cinquant’anni dopo. Dei quindici che furono novizi con Fra Carlo, solo quattro erano vivi quando fu iniziato il Proc. Mediol.106; di questi, tre si presentarono al Tribunale ottemperando all’ordine del padre provinciale107; p. Geremia si trovava in Rezia (Svizzera).

P. Giustino da Lovero fu novizio con padre Carlo dall’ingresso di questi all’agosto 1853 (dopo la professione,

105 Quando Fra Carlo iniziò il noviziato c’erano all’Annunziata altri novizi. Pochi giorni dopo, il 14 novembre, 2 fecero la Professione: P. Vittore da Milano e fra Candido Maria da Milano (P. Evaldo, Appunti, p. 109). Un mese dopo, il 15 dicembre, fece la vestizione fra Michelangelo da Luzzana (ibid., p. 122); il 21 aprile fra Davide da Milano e fra Egidio da Milano (ibid., p. 124). Il 5 maggio la cronaca del noviziato segnò una pagina di lutto: il ritorno a casa del novizio fra Alessandro da Bergamo per malattia (ibid., p. 124-125). Pochi giorni dopo, il 9, la professione di p. Giustino da Lovero e fra Dionigi da Lecco (ibid., p. 125). Negli ultimi mesi del 1853 si effettuarono altre vestizioni: Padre Cherubino da Bagolino e padre Vito da Martinengo il 7 settembre; p. Vigilio da Chiari il 25 (il 23 secondo p. Evaldo; ma la data è indicata dallo stesso P. Vigilio); fra Alberto da Treviglio il 31 di ottobre; padre Geremia da Tuenno e fra Raimondo da Casalpusterlengo il 20 dicembre (ibid., p. 129-130). Nel frattempo, il 20 ottobre padre Eugenio da Correggioverde, già sacerdorte, fece la professione; si aggiunse il 30 dicembre quella di Fra Michelangelo da Luzzana (ibid., p. 129-131). Questo elenco, desunto dall’opera di p. Evaldo che cita il Necrologio, è importante, perché permette di individuare tutti i religiosi che hanno condiviso il noviziato con Padre Carlo, l’anno intero o solo pochi giorni. Nel decorso, era diventato decano dei novizi. Le qualifiche («Padre» e «Frate») ovviamente non si riferiscono alla situazione giuridica del momento, ma a quella successiva e definitiva. Il giovane Vigevano trovò in noviziato: P. Vittore da Milano (Pollak Leopoldo † 18 agosto 1888); Fra Candido da Milano (Tomasini Gaetano † 12 ottobre 1859. Sembra che non si debba individuare nel Fra Candido da Milano del quale il Necrologio non dà i dati, morto l’8 settembre 1912, sacrestano per 40 anni nel convento di Casalpusterlengo); Fra Alessandro da Bergamo, che il 5 maggio 1853 dovette ritornare in famiglia per malattia; P. Giustino da Lovero (Giudici Stefano † 8 aprile 1909 a Casalpusterlengo); Fra Dionigi da Lecco (Fagioli Quirino † 24 ottobre 1868); P. Eugenio da Correggioverde (Sartori Giovanni † 23 maggio 1893. Sei novizi, dunque, quelli che risultano dalle ricerche di P. Evaldo; ai quali si aggiunsero Fra Michelangelo da Luzzana (Vitali Giacomo † 1 aprile 1871)); Fra Davide da Milano (Limonta Pietro † 22 novembre 1861); Fra Egidio da Milano (Savini Giovanni † 10 febbraio 1892: il Necrologio però pone la vestizione al 29.8.1854 e la Professione all’8.9.1855. è necessario una precisazione); P. Cherubino da Bagolino

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9 maggio, era stato trattenuto all’Annunziata in attesa dell’inizio dell’anno scolastico). «L’impressione ricevuta fu quella di un uomo di virtù veramente straordinaria». Il giudizio complessivo della sua vita religiosa comprendeva anche il noviziato: «Condusse una vita di perfetto religioso sebbene fatti straordinari non emergono. Era esattissimo nell’osservanza delle regole fino alla scrupolo». Straordinario era l’esercizio delle virtù. Era sempre assorto in Dio108.

P. Vigilio da Chiari lo vide per la prima volta il 26 settembre 1853. Ma ricordava pochissimo, e confusamente, gli anni del noviziato; darà invece notizie copiose degli anni di studentato109.

Fra Raimondo era di Casale. Entrò in noviziato negli ultimi tempi della permanenza di Fra Carlo. «La mia opinione è che era proprio un santarello»110. Fu a Casale come questuante dal 1862 al 1864, appena tre anni dopo la morte di padre Carlo. Riferì nel Processo quel che diceva la gente. Il suo grande merito, se vogliamo come strumento

(Melzani Giovanni † 13 maggio 1889); P. Vito da Martinengo (Valverti Giovanni † 29 marzo 1870); P. Vigilio da Chiari (Binelli Giovanni † 3 febbraio 1912); Fra Alberto da Treviglio (Bonetti Giuseppe † 3 dicembre 1877); P. Geremia da Tuenno (Leonardi Vincenzo † 3 dicembre 1908); Fra Raimondo da Casalpusterlengo (Frignati Gianpiero † 20 febbraio 1912).

106 Dunque, quindici novizi furono compagni di Fra Carlo. Di questi, ben undici morirono prima del Processo. Vivevano ancora p. Giustino da Lovero, p. Vigilio da Chiari, p. Geremia da Tuenno e Fra Raimondo da Casalpusterlengo.

107 Proc. Mediol., doc. 6, f. 262r: «…volumus et mandamus ut omnes huius nostrae Sancti Caroli Provinciae Religiosi qui ante judicis huius Curiae Archiepiscopalis vocati sunt ad testimonium dicendum de vita et virtute Servi Dei Provinciae nostrae Alumni Patris Caroli ab Abbiategrasso, die et hora ab ipsamet Curia statutis, se praesentent …». Identico ordine in Proc. Laud. e Bergom.

108 Proc. Mediol., f. 199r-200v e passim. P. Giustino fece la sua deposizione quando era vicario del convento di Casalpusterlengo. È da immaginare che sia stato tra i più ferventi sostenitori della causa di beatificazione.

109 Ibid., f. 239v-240r.110 Ibid., f. 246v-248v. La sua dichiarazione «Sono stato con lui due

mesi nel convento dell’Annunciata» (f. 246v) non concorda con la data di vestizione indicata da p. Evaldo (Appunti, p. 130), cioè 20 dicembre, a meno che sia stata allungata l’attesa dopo l’ingresso.

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della Divina Provvidenza, fu quello di far conoscere al confratello il santuario, il convento, la Madonna dei Cappuccini del paese nativo, dove la Madonna attendeva Fra Carlo.

Tra i padri e frati del convento, alcuni hanno deposto. Arsenio da Brescia, che fu poi suo «lettore» di teologia a Milano, dichiarò di aver avuto sempre stima di lui, che poi si mutò in devozione. Ricorda che in quel luogo molto freddo «non curavasi di coprirsi, né di ripararsi dai rigori della stagione per puro spirito di penitenza, talchè contrasse una malattia per la quale, dietro consiglio dei medici, fu rimandato al secolo»111. P. Cristoforo Molteni da Lecco fu guardiano e vice maestro all’Annunziata negli ultimi cinque o sei mesi di permanenza di Fra Carlo. «L’ho ritenuto come un buon novizio, docile, obbediente, fervoroso, esemplare… Era esemplarissimo per obbedienza, per l’amore al patire, pel silenzio, per le lunghe preghiere che faceva, come non accade che di raro nei novizi». La sua deposizione, certamente autorevole, rispecchia le opinioni pro e contro, e l’evolversi del giudizio112.

Le deposizioni degli altri religiosi nel Proc. Mediol. (fra Apollinare da Arcore, p. Paolino da Verdello; fra Simpliciano da Rescalda, fra Barnaba da Milano) non aggiungono nulla: sapevano che era stato novizio all’Annunciata di Borno. P. Atanasio da Busto Arsizio, guardiano a Casale negli anni del Processo, rispondendo all’Art. 8 relativo al tempo del noviziato di Padre Carlo riferisce quel che aveva udito: «Molti dicevano che era un gran santo ed altri dicevano che era un pellagroso». P. Atanasio da Busto Arsizio, che fu novizio pochi anni dopo Fra Carlo, udì da altri che «un giorno interrogato dal P. Maestro come avesse fatto la orazione mentale, rispose con tal copia di dottrina ascetica, che ne restarono meravigliati il Padre e tutta la religiosa famiglia che si trovava in refettorio»113.

Ancora p. Isaia Vice Postulatore dice della particolare cura che i Superiore ebbero della salute malferma del

111 Proc. Bergom., f. 37-38.112 Proc. Mediol., f. 233v-234v.113 Proc. Laud., f. 135v-138v.

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novizio tanto apprezzato: «Soddisfatti della santità della sua vita lo dispensarono, in vista della gracile salute, dai digiuni e dall’andar scalzo»114. P. Evaldo Giudici, ampliando le notizie e interpretazioni di p. Aliverti, dedica il cap. IV “Signore, mi hai chiamato? Eccomi” a una accurata ricostruzione della vita dei novizi e in particolare della attuazione di fra Carlo, e coglie, con piena consonanza di sentimenti il cammino del novizio verso la santità, la stima dei padri e fratelli della famiglia religiosa e la crescente preoccupazione (in questi, perché fra Carlo si rimetteva totalmente alla volontà di Dio) per la sua salute.

A questo punto, prima di continuare il racconto biografico, sarò opportuno dare un breve sguardo alla situazione dei cappuccini di allora in Lombardia.

Situazione dei cappuccini nell’Ottocento lombardo Era un momento storico assai tribolasto. La

soppressione dei conventi e la concentrazione dei frati in quelli rimasti aperti, condotte contemporaneamente nelle altre province del Regno d’Italia, portarono alla costituzione dell’unica provincia cappuccina che comprendeva le quattro custodie di Bologna, Milano, Brescia e Venezia, mentre i conventi della provincia di Parma rimasti aperti venivano divisi tra Milano e Bologna. Il capitolo della provincia si tenne a Milano nel maggio del 1805 e vide l’elezione a provinciale di Felice Azzimonti da Busto Arsizio († 1829)115

mentre alla guida delle custodie restavano i provinciali eletti nei capitoli provinciali degli anni precedenti e Francesco Maria da Ferrara continuava a governare i conventi del bolognese fino al 1808. In settembre il vicario provinciale di Milano avvisava segretamente di togliere i libri buoni dalle

114 Proc. Mediol., f. 35r, Art. 7. I Superiori dovevano imporsi al fervorosissimo novizio.

115 Predicatore, guardiano, definitore, vicario provinciale. Nel capitolo del 1808 fu eletto ministro provinciale di tutte e quattro le province formanti parte del Regno Italico, riunite in una sola per ordine governativo. Avveniuta la soppressione generasle si ritirò con abito ecclesiastico a Cerro Maggiore (Necrologio, Milano 1982, 12 giugno).

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biblioteche, perché stava arrivando un nuovo ordine di fare inventari, preludio a una nuova soppressione116.

Prima della soppressione generale del 1810 ebbe luogo il capitolo provinciale del 1808. Fu convocato dal provinciale Felice da Busto Arsizio il 15 aprile, a nome del ministro per il culto Bovara; si doveva tenere a Milano il 9 giugno e doveva portare alla nomina di un provinciale e di quattro definitori per le custodie, Novara e milanese, Venezia e veronese, Bologna e reggiano, Brescia e bergamasco; i partecipanti dovevano giungere con la lista dei conventi, dei frati, delle disponibilità economiche, delle questue e non dovevano portarsi compagni. Il capitolo confermò il provinciale Felice Azzimonti ed elesse i definitori per le varie zone117. Ma la situazione era tesa. Il 25 aprile 1810 Napoleone firmava il decreto di soppressione generale dei religiosi, pubblicato e messo in vigore il 12 maggio. I religiosi dovevano lasciare l’abito, argenterie, quadri, biblioteche e i conventi con tutti i loro beni venivano indemaniati, venduti o affittati. Ai cappuccini, come a tutti i religiosi, si ordinava di rientrare nelle parrocchie di origine e di mettersi a servizio dei parroci, secondo il progetto francese che voleva anche la chiesa organizzata territorialmente in maniera gerarchica, con tutti i preti che facevano capo ai parroci, i quali facevano capo ai vescovi, ai metropoliti e poi… al ministro dei culti.

A questo punto i frati si trovavano dispersi, salvo qualcuno più coraggioso e intraprendente, che riuscì a organizzare qualcosa di vita comune in luogo privato e a mantenere i contatti con gli altri. Questo era ciò che si aspettavano le istruzioni emanate dal papa il 17 sett. 1810, a quattro mesi dall’emanazione della legge di soppressione, nelle quali, in 19 punti, si cercava di dare indicazioni

116 Cf. Bologna, APC, Campione provinciale V, 143 (si tratta di una voluminosa cronaca manoscritta, o meglio annali della provincia di Bologna in molti volumi).

117 Bologna, APC, Campione provinciale V, 159-160. Su p. Felice Azzimonti cf. Metodio da Nembro, Il convento dei cappuccini in Cerro Maggiore, Milano 1965, pp. 57-59.

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pratiche di aiuto e di guida ai religiosi, nell’attesa di qualche nuovo evento118.

L’Ordine in questi anni era guidato da p. Mariano Veloccia da Alatri, procuratore generale dal 1806 e nominato dal papa vicario generale per tutto l’ordine dal 1814 e per le province spagnole dal 1818 al 1821, anno della sua morte. Egli prese subito contatto con i frati principali delle province soppresse e incaricò un frate, per ogni provincia, come commissario, per darsi da fare a ricostituire e ricuperare i conventi. Continuarono l’opera di restaurazione Ludovico Micara da Frascati, della provincia di Roma, predicatore Apostolico dal 1820, che fu ministro generale dal 1824 al 1830, cardinale in pectore dal 1824, rivelato nel 1826 e morì nel 1847. Poi Eugenio Gruffat da Rumilly, della provincia di Savoia, procuratore generale dal 1836 e ministro generale dal 1838, morì nel 1843119.

In quegli anni fu impossibile la celebrazione di un capitolo provinciale regolare e anche la nomina dei successori avvenne spesso per breve pontificio. Erano tanti i problemi per la fatica di tanti anni di governo tra incertezza per timore di soppressioni, iniziative varie di repressione, difficoltà di mantenere i contatti con i frati dispersi e di trovare una sistemazione per tutti, in particolare per i più giovani, gli anziani, i malati… e poi la ripresa della vita regolare, sui punti più delicati della gestione del denaro e

118 Cf. Bologna, APC, Campione provinciale V, c. 2s 4b. 2f 1: Roma, 17 sett. 1810: Istruzioni emanate da s.s. Pio VII li 17 sett. 1810 pel regolamento dei religiosi soppressi dell’uno e dell’altro sesso (sono numerosissime notizie che occupano oltre 200 pagine del quinto volume del Campione, lasciate da p. Francesco M. Forecchi da Ferrara).

119 Cf. Piergiuseppe Monzio Compagnoni, Le lettere dei Generali Cappuccini durante le soppressioni italiane risorgimentali (Diss.). Roma, Pontificia Università Gregoriana. Facoltà di Storia Ecclesiastica, 1977. - L’inchiesta ordinata da papa Leone XII nel 1826 ci permette di avere i dati sulla sorte dei frati dal momento della soppressione del 1810 (cf. Città del Vaticano, ASV, Congr. vescovi e regolari, Positiones regularium 1826, Ripristinazione conventi, b. 1, giugno 1826). Dati di altra inchiesta sull’attività dei conventi richiesta alle curie diocesane con relazione per ogni convento, in Città del Vaticano, ASV, Congr. vescovi e regolari, Positiones regularium 1826, Ripristinazione conventi, bb. 5 7, giugno 1826.

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della libertà di movimento dopo anni in cui i frati avevano dovuto assumere responsabilità personali e avevano preso abitudini alle quali sembrava difficile rinunciare. Pian piano si rimisero in funzione tanti aspetti, come l’apertura del noviziato alla SS. Annunciata, in Val Camonica, nuovi impegni di predicazione, dispense per età troppo giovane in certi servizi. Un problema era anche l’orario dei conventi, per cui alcuni volevano tenere le chiese aperte fino a mezzogiorno, per rispondere alle nuove esigenze dei fedeli, altri invece volevano chiuderle prima per mantenere il vecchio orario che prevedeva il pranzo intorno alle 11.00. Sorgevano anche diverse animosità fra le diverse parti (bresciani, bergamaschi, milanesi). Si doveva organizzare una più equa distribuzione dei pesi economici tra i conventi. Solidarietà molto sentita dal padre generale che ordinava al provinciale di Parma di inviare quattro sacerdoti per la riapertura del convento di Bergamo, impiegando intanto nei suoi conventi gli spagnoli presenti in provincia120.

C’erano molti personaggi in continuo movimento in quegli anni, quando c’era chi giungeva in convento facendosi accettare per ottenere l’ordinazione sacerdotale. E poi cambiava atteggiamento. L’apostolato della predicazione si apriva a nuove iniziative e a più vasto raggio121. Nel 1845 si riformarono gli studi con l’introduzione della pluralità di lettori al posto di un lettore unico, con esami periodici ecc. Un cambiamento che avvenne anche qui sotto la pressione dell’Austria che già dalla fine del ‘700 con Giuseppe II aveva riformato i corsi per la preparazione al sacerdozio nell’impero.

Una novità era costituita dal dubbio se i questuanti potessero accettare denaro al posto del pane. Evidentemente il denaro cominciava a circolare con maggior abbondanza e ai benefattori risultava più comodo offrire quello, creando complicazioni ai frati che, per la regola professata, non potevano riceverlo.

120 Cf. Roma, AGC, G. 95, s. 2 (1718-1908): Napoli 10 sett. 1838, lettera del generale dei cappuccini a p. Guido da Busseto.

121 Cf. Stanislao da Campagnola, La predicazione in Italia durante le soppressioni religiose napoleoniche (1809-1814), in Collectanea Franciscana, 39 (1969) 304-361.

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L’Ordine dovette attendere il 12 maggio 1847 per poter celebrare di nuovo un capitolo generale dopo 58 anni. Eletto padre Venanzio Burdesio da Torino († 1864), che non poté visitare i frati, nel 1853 gli succedeva il sardo padre Salvatore Saba Zoccheddu da Ozieri († 1863) fino al 1859, quando divenne generale padre Nicola Bacchini da S. Giovanni in Marignano († 1877). In provincia i frati erano dismembrati e disseminati in vari luoghi, anche fuori provincia, tra parenti e conoscenti, e specie in parrocchie e chiese locali. Padre Pierantonio Pelliccioli da Nembro († 1838), già missionario nella Rezia, si era recato a Vienna per ottenere la riapertura dei conventi di Bergamo e di Brescia, appoggiato dai vescovi delle due città e dal provinciale di Trento. Per ottenere il Decreto di riapertura del convento di Bergamo, dove poi i frati rientrarono solennemente il 4 ottobre 1838, egli dovette attendere a Vienna ben 14 mesi dal luglio 1835 fino all’agosto del 1836122. Il Decreto per la Badia di Brescia giunse più tardi, ma i frati vi entrarono prima nello stesso 4 ottobre 1837123. I frati sparsi in altre province limitrofe, quelli anziani ancora viventi e altri di altre province si riunirono e così si aprirono altri conventi.

Nel 1838 il ministro generale padre Eugenio Gruffat da Rumilly († 1843) aveva inviato in Lombardia padre Francescantonio Humpel da Trieste, già ufficiale dell’esercito austriaco, come commissario generale per riaprire conventi. Trovò molte difficoltà burocratiche, suggerite dalle leggi giuseppine, nel chiedere all’arcivescovo card. di Milano Carlo Gaetano di Gaisruk il

122 Cf. Silvio da Brescia, I frati minori cappuccini a Bergamo, Bergamo 1958, pp. 150-159. Dopo la soppressione del 1866, i frati saranno espulsi dal convento di Bergamo il 16 giugno 1868 e i frati dovranno molto sospirare il rientro nel loro antico convento, abitando nel frattempo nell’ex convento dei Celestini. Il vescovo di Bergamo mons. Speranza si opponeva ai cappuccini avendo destinato il convento ad altri usi, ma dopo la sua morte, avvenuta nel 1879, il Municipio nel 1884 pensò di usare per ricovero dei contagiosi di colera, allora scoppiato, il convento dei Celestini. Il nuovo vescovo, mons. Guindani, allora restituì ai frati il convento di Borgo Palazzo (ibid., pp. 165-179).

123 Cf. Silvio da Brescia, I frati minori cappuccini a Brescia, Bergamo 1965, pp. 266-292.

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permesso di riaprire il convento di S. Vittore all’Olmo. Egli sviluppò molte altre trattative con diverse diocesi per aprire altri conventi e accettò come ospizi la SS. Annunciata e il convento di Casalpusterlengo124. Ma nella cronaca della provincia di Parma si legge, con un certo senso di disappunto regionalistico, che non si dovevano accogliere gli inviti di Francesco Antonio da Trieste che girava per le province a cercare frati sostenendo di essere autorizzato a riaprire la provincia di Milano125. Nel capitolo celebrato nel 1840 ad insaputa del governo venne eletto come ministro provinciale padre Francesco Fustinoni da Bergamo († 1872). Questo religioso era stato formato nella provincia di Parma e nel 1841, dietro richiesta del p. Generale, era passato alla Provincia di S. Carlo con altri religiosi di quelle parti per contribuire alla restaurazione di quei conventi. Nella Provincia di S. Carlo in Lombardia era stato più volte definitore, vicario provinciale dal settembre 1841 al 1843, ministro provinciale tre volte dal 1846 al 1849, dal 1852 al 1855 e dal 1858 al 1859, quando nel mese di maggio era stato eletto definitore

124 Cf. Roma, AGC, AE 12: Prospetto degli andamenti, e disposizioni presse pel repristino dei Conventi nello Stato Lombardo do Milano, particolarmente in riguardo al Convento di Milano. 1838. Prezioso codice autografo di p. Francescantonio Humpel dove si leggono i documenti principali della sua attività: la nomina di commissario generale (Roma 6 maggio 1838), il decreto di autorizzazione di Francesco I per il “ristabilimento di qualche convento di Francescani nella Lombardia” (8 luglio 1829)M parte del testamento ddi don Antonio Maria Protti per il ripristino del convento di S. Vittore all’Olmo (24 giugno 1830), lettera all’arciv. di Milano (23 giugno 1838) e al Regio governo (24 sett. 1838), altro ricorso al card. di Milano (10 nov. 1838), i nomi dei religiosi destinati a formare la comunità nel convento di S. Vittore (15 ott. 1838) e altre pratiche per ripristinare il convento di Casalpusterlengo, di Crema, di Mantova, della SS. Annunciata di Borno, di Como, Cremona, una supplica al vescovo di Mantova con l’elenco dei religiosi per il convento di S. Spirito in Mantova, per Casalpusterlengo, Bozzolo, e ancora SS. Annunciata. Alla fine un catalogo dei religiosi lombardi dispersi e presenti nelle varie province di Venezia,, Parma, Trento, Bologna, nella Custodia del Canton Ticino, in Toscana, nella Marca d’Ancona, a Roma, e alcuni religiosi missionari, in tutto 67 sacerdoti e 25 laici.

125 Così si legge nella cronaca della provincia di Parma. Cf. Parma, APC, Campione provinciale II, 499s.

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generale e dovette trasferirsi a Roma. Egli si potrebbe dire giustamente il principale restauratore della nuova Provincia di S. Carlo. Nel settembre dello stesso anno si aprì il noviziato alla Badia di Brescia, poi fu spostato a Bergamo e infine all’Annunciata126.

Alla data 24 novembre 1842 la situazione della provincia era la seguente: nel convento di Bergamo abitava il vicario provinciale, padre Francesco da Bergamo, e aveva sede lo studentato e il noviziato; poi la Badia di Brescia. La SS. Annunciata, Casalpusterlengo e Cremona erano ospizi, in attesa di diventare conventi dopo aver ottenuto dal governo di Vienna il decreto di formale autorizzazione. I religiosi erano 35 sacerdoti, 5 chierici professi, 20 laici professi, 6 chierici novizi, 5 laici novizi, 11 laici terziari, in tutto 82.

Dopo il capitolo generale del 1847, il ministro generale pose fine in quell’anno alle discussioni con la provincia di Milano, che si stava ricostituendo, a proposito delle questue al di là del Po, con un accordo al quale sia il cronista provinciale di Parma che quello di Piacenza dedicano ampio spazio127.

126 Cf. Valdemiro Bonari da Bergamo, Della provincia di s. Carlo, in Id., I conventi e i cappuccini dell’antico ducato di Milano. Memorie storiche raccolte da manoscritti. Parte I: I conventi. Crema 1893, 423-434; Melchior a Pobladura, Historia generalis Ordinis Fratrum Minorum Capuccinorum. Pars tertia (1761-1940). Romae, Inst. Hist. OFMCap., 1951, 37-60; Felice da Mareto, Tavole dei capitoli generali dell’Ordine dei FF.MM. Cappuccini con molte notizie illustrative. Parma 1940, 258-289; Mariano d’Alatri, I cappuccini. Storia d’una famiglia francescana. Roma, istituto Storico dei Cappuccini, 1994. Un Catalogo dei conventi, ospizi, studi, noviziati, predicatori, sacerdoti, chierici e laici della Provincia di S. Carlo in Lombardia redatto a Brescia nel 1847 (cf. AGC, G. 70, 8: Statistiche, doc. 4) enumera cinque conventi (la Badia di Brescia aperto il 4 ottobre 1837; Bergamo, aperto il 4 ott. 1838, Cremona aperto il 25 maggio 1843, SS. Annunciata di Borno, aperto il 4 giugno 1843; Casalpusterlengo, aperto il 12 maggio 1844; e Crema, aperto il 19 maggio 1844), due ospizi (per i religiosi che servono l’Ospedale di Bergamo e l’ospedale di Crema), tre studi (filosofia a Bergamo, teologia a Crema e alla Badia) e un solo noviziato nel convento della ss. Annunciata di Borno. I sacerdoti predicatori sono 39, i sacerdoti semplici (non predicatori) sono 8; i chierici professi sono 11; i laici professi sono 42; in tutto 100 frati.

127 Parma, APC, Campione provinciale III, 64-67; [Piacenza], Registro II, 195-197.

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Il 1848, l’anno della prima guerra d’indipendenza contro la presenza austriaca in Italia e di avvio dell’unificazione sotto la guida del regno di Sardegna, fu fortemente sentito anche tra i frati. Alle notizie della guerra tra austriaci e piemontesi mossisi in aiuto degli insorti di Milano, si diede inizio alle agitazioni, il 20 marzo. Ma il 14 agosto tornarono gli austriaci.

Negli anni seguenti le notizie sono particolari. Il 3 agosto 1850 il generale Venanzio Burdesio da Torino († 1864) decise finalmente di abolire il sistema delle custodie per le elezioni capitolari di definitori e provinciale, dando un forte impulso a una maggiore uguaglianza e unità di spirito fra tutti i frati. Nello stesso tempo si giungeva alla costituzione di un luogo proprio per i neoprofessi, dove riunire tutti insieme i giovani appena usciti dal noviziato a continuare la formazione di base prima di intraprendere gli studi di filosofia e teologia, senza disperdersi più a servizio dei vari conventi, dove naturalmente l’attenzione si dava ad altro che alla loro educazione.

Probabilmente si nutrì di questo spirito l’idea che il cronista segnala nel 1851, sostenuta anche da Roma, di una riforma con frati più desiderosi di osservanza regolare da porre in conventi appositi, ma la risposta inviata dalla provincia diceva che, tutto sommato, c’erano poche osservazioni da fare sulla vita dei frati e così non occorreva alcun convento di riforma128. Il ricupero dei conventi fu

128 Cf. Parma, APC, Campione provinciale, III, 131, 135s. Il desiderio di fondare conventi di ritiro e di maggiore osservanza continuò nell’Ordine per molti anni. Ancora nel 1861 p. Agostino Moretti da Ombriano, come vicario del convento di Milano (e sarà per ben tre volte eletto provinciale) inviava una lettera al ministro generale, dal convento di Milano, S. Vittore all’Olmo, in data 9 giugno 1861, svelando questo suo desiderio di riforma e le possibili contrarietà della provincia. La lettera merita di essere qui riportata perché dimostra come diversi frati erano pieni di zelo santo di rinnovamento: «Sono pochi giorni dacchè ricevetti una lettera da Fr. Alessandro, compagno del R.mo P. Francesco da Bergamo, in cui vengo assicurato, che V.P. R.ma sarebbe pronta a stabilire un convento dove si osservino appuntino le nostre S. Costituzioni, quando Ella conosca quei Religiosi che si sentono chiamati a tanta perfezione. Fr. Alessandro quindi mi stimola a scrivere a quei Religiosi, ch’io penso avere tale disposizione, per poscia manifestarli a V.P.R.ma, affinché Ella possa rilasciare l’ubbidienza a questi tali di

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accompagnato da lavori di restauro praticamente dappertutto con uno sforzo incredibile, sostenuto da pochi frati, molti dei quali anziani, che potevano far conto su fondi costituiti dalle pensioni riscosse durante la soppressione, su offerte di benefattori e su entrate per attività varie.

Quando p. Carlo si fece cappuccino nel 1852 la provincia era così ordinata: il ministro provinciale, p. Francesco da Bergamo era nel convento di Milano insieme al suo segretario p. Cesare da Pavia e al compagno fratello laico fr. Giunipero d’Olgiate Olona. Guardiano era p. Emmanuele da Mandello, ex-provinciale; vicario p. Giammaria da Milano; calendarista e presidente alla sacristia era p. Filippo da Brescia; direttore degli studenti e bibliotecario era p. Arsenio Comincini da Brescia; gli studenti erano nove, i laici sei; rettore dell’ospedale era p. Lorenzo d’Albino con sette

ritirarsi nel convento apposito. Crederei di far torto alle virtù di Fr. Alessandro, se ponessi soltanto in dubbio la veracità delle sue espressioni, ma essendo questo un affare di altissima importanza, e potendo nell’esecuzione incontrare difficoltà grandi, ho creduto prudenza il non esardare un passo prima di essere certissimo della volontà di V.P.R.ma a volersi compiacere di manifestarmi in iscritto la sua volontà, perché senza questo scritto io non potrei nemmeno ottenere fede da’ miei confratelli, i quali certamente andrebbero molto cauti nel dare il lor nome, quando anticipatamente non vengano assicurati della volontà decisiva di V.P.R.ma; perché essendo stato messo in campo altre fiate il santo progetto, e non essendosi mai effettuato, per ragioni ch’io credo inutili il riferire, supponendole abbastanza note a V.P.R.ma, lasciò nel loro animo uno sconforto, e potrei aggiungere una certa qual persuasione di una contrarietà per parte dei Superiori. Veda dunque quanto mi sia necessario un suo pregiato scritto. Affinché poi la cosa abbia meno pubblicità che sia possibile, e V.P.R.ma in sua saggezza possa meglio spianare la via, e rendere effettuabile ciò che senza la sua efficace protezione a noi è impossibile ottenere, io credo utile il prevenirla d’una difficoltà che le sarà mossa, ed è: che se / si stabilisce questo convento ne verrà uno sconcerto alla Provincia, perché i soggetti che vorranno ritirarsi in esso tornano utili in altri posti. Ammesso [Questo canc.] infatti che quelli ai quali ho intenzione di scrivere, dopo un suo pregiato riscontro, sieno propriamente i chiamati, non voglio negare che annoverandosi fra questi due [o tre canc.] Lettori, e due Guardiani, la Provincia per il momento ne sentirà un po’ la mancanza, ma quando [se canc.] si consideri d’altra parte il bene preponderante, e di più alta considerazione che ne verrà alla Provincia stessa, credo che vi sia l’obbligo di stabilire il Conven to di Osservanza speciale…». Cf. Cf. AGC, G. 70, 4: Lett. A-C.

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assistenti e due fratelli laici. Nell’ospizio di S. Caterina addetto all’Ospedale Maggiore di Milano era curato p. Carlo da Milano con un assistente sacerdote e un laico.

Nel convento di Bergamo era guardiano p. Giuseppe da Rovetta e vicario p. Innocenzo da Brescia ex definitore con p. Camillo da Bergamo ex-provinciale e altri quattro sacerdoti; p. Alessandro da Milano era presidente alla sacristia e bibliotecario. I laici erano dieci, curato all’ospedale di Bergamo p. Ilarione d’Assiago ex definitore con due assistenti sacerdoti e un laico. Guardiano alla Badia di Brescia era p. Giuseppe da Bolzone, vicario p. Vincenzo da Goglione lettore e direttore degli studenti; poi altri tre sacerdoti, sette studenti e sette fratelli laici.

A Casalpusterlengo guardiano era p. Mansueto da Verona, vicario p. Cesario da Monza bibliotecario; presidente alla sacristia era p. Filippo dalla Serra de’ Conti, altri tre sacerdoti e un diacono fr. Samuele da Viganò; i laici erano sei tra i quali fr. Modesto da Curnasco sagrestano e compagno di cucina di fr. Ippolito da Vertova, che era cuciniere, mentre gli altri erano due questuanti e un comunitiere. A Crema p. Luigi da Brescia era guardiano, vicario p. Antonio da Lecco presidente alla sacrestia e bibliotecario, p. Paolangelo d’Olgiate Olona ex definitore era lettore e direttore degli studenti; c’era anche un terziario. Gli studenti erano otto, i laici cinque, rettore dell’ospedale era p. Clemente da Ombriano, assistente p. Marcellino d’Agnadello e un fratello laico. A Cremona era guardiano p. Andrea da Brescia, vicario p. Bonaventura da Brescia con altri cinque sacerdoti e sei laici.

La famiglia religiosa che p. Carlo trovò al noviziato della SS. Nunziata di Borno, in Val Camonica era la seguente: guardiano e maestro dei novizi era p. Ignazio da Rovetta, vicario p. Benedetto da Padova, bibliotecario p. Daniele da Bergamo. Curato p. Cristoforo da Lecco vice maestro e presidente alla sacristia. I fratelli laici erano fr. Pacifico da Gandino, maestro della scuola comunale; questuanti erano fr. Cherubino da Cavizzane e fr. Nicola da Riva di Solto; comunitiere era fr, Zaccaria da Casalpusterlengo, cuciniere e portinaio fr. Francesco da Saronno.

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I novizi chierici erano fr. Vittore da Milano, Candido da Milano, Giustino da Lovero e Vitale da Soresina; novizi laici erano fr. Benedetto da Vall’Alta, Bernardo dalla Rova e Dionisio da Lecco. Questo “stato personale” della provincia, inviato al ministro generale da p. Francesco da Bergamo, ministro provinciale, il 17 settembre 1852, termina con una “osservazione” autografa che è utile riportare perché riguarda il maestro dei novizi di p. Carlo:

R.mo P.re M.ro Gen.leIl M.R.P. Ignazio da Rovetta eletto a guardiano e Maestro

de’ novizi benché abbia dieci anni di religione compiti, non tocca però ancora l’anno trigesimo quinto di età voluta dai sacri canoni, essendo nato in giugno l’anno 1820. Quindi mi rivolgo subito al R.mo P.re Procuratore per la relativa dispensa pontificia. E riguardo al ritenere ambi gli uffizi di guardiano e maestro de’ novizi imploro da V.P. R.ma e da codesto G.le Definitorio l’opportuna dispensa del divieto, così richiedendo assolutamente il bisogno. Mi raccomando dunque a lei anche per questa grazia.

Egli, il P.re Ignazio, fu già anni sono Vice maestro de’ novizi. Attesa la scarsezza de’ sacerdoti, e la solitudine del luogo che non ne richiede maggior numero, quattro solo vi sono stabiliti sacerdoti vocali. Ma i laici benché cinque di numero e tutti esemplarissimi professi, presentemente non sono che due i vocali, e due altri prossimi al diritto del voto.

Milano, 17 7bre 1852Fr. Francesco da Bergamo, P.le capp.no (b.i.)129.

Quando padre Carlo si fece cappuccino i frati nel 1853 erano 72 sacerdoti, 1 sacerdote in missione, 11 chierici, 52 fratelli professi, in tutto 136; nel 1859, alla morte di padre Carlo la provincia comprendeva 82 sacerdoti, 34 chierici compresi i novizi, 78 fratelli professi compresi i novizi, in tutto 194.

Nel passato i frati emettevano solo la professione solenne al termine del noviziato. Il 19 marzo 1857 la S. Congregazione dei Regolari, con il decreto Neminem latet stabiliva che, al termine del noviziato, si doveva emettere la professione Semplice e, dopo tre anni, quella Solenne.

129 Cf. Roma, AGC, G. 70, 8: Statistiche, doc. 6. L’abbreviazione finale: b.i. significa: benché indegno.

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Inizialmente si pensava di rifondare la provincia di Brescia. Ma in seguito, il 22 settembre 1843 i padri chiesero al Vicario generale padre Andrea Acciai d’Arezzo († 1856) di poter intitolare la nuova provincia a s. Carlo Borromeo, in ricordo dell’antica amicizia e collaborazione, ma anche in segno di riconoscenza all’imperatrice d’Austria Carolina che tanto aveva operato per la riapertura dei conventi. La proposta fu accolta, approvata anche dal governo austriaco130. Nel 1849 i frati ritornarono a Milano per il servizio spirituale dell’Ospedale Maggiore. Il giorno 11 dicembre 1851 rientrarono nell’antico convento di S. Vittore che avrebbero nuovamente lasciato l’8 gennaio 1865131.

Dal momento della ricostituzione erano ormai molti i conventi, in gran parte ricuperati o aperti, e non mancavano luoghi nuovi. La vita era ripresa, si potrebbe dire che la provincia poteva guardare avanti con fiducia, se non ci fosse stata subito un’altra soppressione.

Era quindi una situazione fluida e difficile, ma i provinciali che si susseguirono in quegli anni, ossia i vicari provinciali Teofilo da Lodi, e Carlo Moro da Brescia († 1855), nel 1840; e poi i ministri provinciali Francesco da Bergamo nel 1841, 1846 e 1852, Emmanuele Pini da Mandello Lario († 1863), nel 1843; Camillo da Bergamo nel 1849, Lorenzo da Albino nel 1855, 1864, 1884; Paolangelo da Olgiate Olona († 1877) nel 1849 e 1851, e Agostino Moretti da Crema († 1888) nel 1869, 1872, 1878, riuscirono egregiamente a tener unita la provincia e a rinvigorirla132.

130 Cf. Silvio da Brescia, I frati minori cappuccini a Brescia, Bergamo 1965, pp. 285-287.

131 Per il ripristino dei cappuccini in Milano, la chiesa e convento di S. Vigttore all’Olmo e altre disposizioni prese per il ristabilimento dei cappuccini nello Stato Lombardo cf. Roma, AGC, AC 113: Egidio da Milano, Memorie diverse intorno alla Provincia e ai conventi di Milano, ms. seconda metà del sec. XIX, 27 cm., 380 pp.

132 Cf. per tutti questi sviluppi della provincia lombarda: Valdemiro Bonari da Bergamo, I conventi e i cappuccini dell’antico ducato di Milano. Memorie storiche raccolte da manoscritti. Parte I: I conventi. Crema 1893, 101-104; Fedele Merelli, Cronologia essenziale della presenza dei cappuccini in Lombardia, in Statistica dei Frati Minori Cappuccini della Provincia di S. Carlo in Lombardia, Milano 1992, 9-17; Id., Il convento dei cappuccini e il tempio del S. Cuore di Gesù in Milano, Milano 1987.

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Noviziato cappuccino, dimissione, riammissione, professione, sacerdozio

Questo il quadro sommario della realtà cappuccina in provincia quando padre Carlo iniziò il noviziato. Il 20 febbraio 1853 ebbe luogo la prima votazione. I religiosi professi del convento espressero il loro giudizio: sette votanti, sette voti a favore, nessun contrario. Il 30 maggio la seconda votazione: otto votanti, otto a favore, nessun contrario. Superati i due scrutini, finito l’anno di noviziato, si tentò di verificare per altri pochi mesi la sua salute. La terza votazione fu ritardata. Nell’incipiente inverno (in Valcamonica l’inverno incomincia presto, ed è rigido) la salute di fra Carlo peggiorò. «Deperendo ogni giorno in salute, i medici lo dichiararono scrofoloso incurabile» (P. Isaia). Era chiaro che non avrebbe retto alla vita severa dei cappuccini del tempo. Nella terza votazione, 16 gennaio 1854, sette votanti, sette voti contrari, nessuno a favore. Così dovette lasciare il convento con sospiri e lacrime, ma sicuro che Dio l’avrebbe fatto morire nell’Ordine133. Nel piccolo registro del padre maestro c’è una nota: «Escluso per motivi di salute soltanto, essendo per altro un ottimo giovine»134.

Toccò al padre maestro dare la triste comunicazione al giovane dimesso. P. Aliverti così descrisse l’incontro: «Chiamò il povero novizio nella sua cella e, com’era il suo carattere, buono ma rustico, gli comunicò senz’altro la sentenza, il suo licenziamento dal noviziato e dall’Ordine cappuccino; e consegnandogli i suoi vestiti da secolare gli disse: ‘Andate subito nella vostra cella, rivestitevi da

133 Cf. Milano, APCL, B 125 lato vestizioni, n. 159 vestito al convento della Santissima Annunciata il giorno 08.11.1852. Nella nota si dice: «Partito lì 26 Gennaio 1954 per poca salute».

134 P. Evaldo Giudici, Appunti: tutto il capitolo da p. 105; Milano, APCL, B 156: Registro dei voti, p. 44; Proc. Mediol., f. 35r, Art. 8; P. Aliverti, Vita, p. 59-66; brevi cenni in Memorie storiche, p. 20-22, 1ª ediz. e seguenti, e in G. Olmi, in Proc.Laud., f. 369v-370r. Dei sette votanti conosciamo i nomi di p. Ignazio da Rovetta, p. Cristoforo da Lecco, p. Arsenio da Brescia e fra Pacifico da Gandino. Testimoniarono al Proc. Mediol. p. Cristoforo e al Proc. Bergom. p. Arsenio; p. Ignazio era morto e fra Pacifico si trovava nel convento dell’Annunciata, e non testimoniò.

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secolare e ritornate prestamente qui’. All’udire la sentenza gli si annebbiò la vista, il suo cuore parve spezzarsi, fu per venir meno: quindi scoppiò a piangere come un fanciullo. Ma fu un istante! Si dominò subito: tanto in lui era radicato l’abito di vedere e di fare, sempre e in tutto, la volontà di Dio»135.

L’anno di prova, quindi, risultò negativo: non per le qualità morali e spirituali del giovane postulante, che erano fuori discussione, ma per la poca salute. L’Ordine cappuccino, infatti, in quei tempi seguiva ancora regole molto severe. L’afferma il vice postulatore p. Isaia: «Per la sua infermiccia e gracile salute temendosi non potesse sopportare le mortificazioni e i digiuni dell’austero ordine Cappuccino, i superiori non volevano saperne di accettarlo»136.

Fu informato il provinciale, p. Francesco da Bergamo, il quale (da testimonianza di p. Augusto da Crema) n’ebbe grande rincre-scimento, perché «lo credeva santo»137. P. Vigilio da Chiari ricorda il momento più doloroso: la

135 Aliverti, Vita, p. 65; P. Evaldo, Appunti, p. 133ss. P. Arsenio da Brescia (nato il 28 nov. 1823, vestizione il 3 ott. 1845 e professione il 4 ott. 1846), che conobbe la prima volta p. Carlo nel convento dell’Annunciata, come egli stesso dice nella sua deposizione («Ho conosciuto il Servo di Dio la prima volta nel convento del Noviziato in Valle Camonica, in comune di Borno»), così dice: «Ricordo che nel noviziato all’Annunciata, luogo molto freddo, non curavasi di coprirsi, né di ripararsi dai rigori della stagione per puro spirito di penitenza, talchè contrasse una malattia per la quale, dietro consiglio dei medici, fu rimandato al secolo. Per questo licenziamento egli proruppe in dirottissimo pianto e preannunciò che sarebbe ritornato in religione. Come di fatto vi ritornò» (Proc. Bergom., f. 38). P. Paolino da Verdello: «Al termine del noviziato venne dimesso per mancanza di salute e credo per la gamba ammalata, mentre aveva compiuto tutto il suo noviziato» (Proc. Mediol., f. 83v).

136 Proc. Mediol., Art. 6, f. 34v. Superiore della Provincia era p. Camillo Cattaneo da Bergamo.

137 P. Augusto da Crema, in Proc. Mediol., f. 219r. P. Isaia vice postulatore: «Deperendo ogni giorno in salute, i medici lo dichiararono scrofoloso incurabile, ed il padre guardiano, dietro avviso dei Superiori, nel licenziarlo dal noviziato, non potè non commuoversi nel veder le lagrime e i sospiri dell’inconsolabile giovane che alzando gli occhi al cielo esclamava ‘fiat voluntas tua! … ma morrò cappuccino’» (ibid., Art. 8, f. 34v).

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deposizione del saio dei cappuccini. «Ammirai in quel momento la pazienza, l’umiltà e la gran confidenza in Dio di ritornare cappuccino. Ho sentito da Fra Pacifico incaricato di spogliarlo degli abiti di cappuccino e di vestirlo dell’abito di secolare, che in quel tempo Fra Carlo non faceva che piangere e supplicare che lo tenessero ancora, ed aggiungeva che Dio mi darà questa grazia di ritornare cappuccino»138.

Importante qui la testimonianza processuale di p. Giustino Giudici da Lovero († 1909), allora vicario nel convento di Casalpusterlengo, 65 anni di età. Egli dice di averlo conosciuto ai primi di novembre del 1852 e rimase con lui nel noviziato all’Annunciata fino ad agosto 1853139. Un altro connovizio, fr. Raimondo da Casalpusterlengo, così ricorda: «Il p. Maestro dopo la partenza di fra Carlo ebbe a dire in una conferenza che di novizi come fra Carlo, così devoti e così buoni, non ne aveva mai veduti»140.

È curiosa qui anche la testimonianza di padre Cristoforo Molteni da Lecco, guardiano e vice maestro dei novizi al tempo di padre Carlo. Egli così rilasciò nei processi:

138 Ibid., f. 240r. Fra Pacifico Scaroni da Gandino (1822-1901) fu per oltre cinquant’anni maestro comunale nella scuola della SS. Annunciata, presso il convento. Cf. Necrologio, Milano 1982, 30 marzo.

139 Cf. Proc. Mediol., ff. 198v-203v, 205v-208r. La testimonianza di Giustino da Lovero è ricordata anche in una lettera che egli scrisse a p. Paolino in data 13 giugno 1898 e riportata da Ildefonso, Vita, p. 191s: «… In religione son vissuto col Padre Carlo nove mesi all’Annunziata, quattro anni a Milano, ed alcuni mesi a Crema, dove per malattia fu levato dallo studio di teologia e mandato a Casalpusterlengo. Al primo vederlo in noviziato, ancora vestito da secolare, mi è sembrato un santo. E molto più ne fui persuaso nel convivere insieme, specialmente nel rendere conto al Padre Maestro della sua orazione, come da noi si costuma nelle conferenze spirituali. Allora non intendeva, come comprendo adesso, che padre Carlo fin dal suo ingresso in religione, conosceva molto bene la scienza dei santi e che di lui si poteva dire con verità: Dedit illi Dominus scientiam sanctorum [Sap 10, 10]…».

140 Ibid., f. 248v. Fr. Raimondo Frignati da Casalpusterlengo, nato il 1831. Dice che è stato due mesi insieme all’Annunciata, quando p. Carlo aveva finito il noviziato e «io lo cominciavo, e ciò presso a poco nel 1854. Poi sono stato un anno e mezzo insieme a San Vittore» (ibid., ff. 246v-248v).

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Venne dimesso dall’Ordine per il solo motivo di salute non ritenendolo sufficiente a sostenere le fatiche della regola; e secondariamente anche perché aveva gli occhi come imbalorditi e sembrava mezzo imbecille; questo fu il mio giudizio, d’accordo col Maestro dei novizi padre Ignazio da Rovetta141. Quando udii che era stato riammesso in convento ricordo che conversando con padre Ignazio da Rovetta ed anche con altri abbiamo disapprovato la riaccettazione supponendo che presto avrebbero dovuto rimandarlo perché non aveva salute sufficiente; ma poi in seguito ci siam ricreduti quando abbiamo sentito di fatti straordinari della sua vita, ed ora son persuaso di aver preso un granchio; da tutto quello che ho sentito lo ritengo anch’io un vero santo142.

Certamente la vita di noviziato allora seguiva delle regole molto dettagliate e austere, che non lasciavano quasi un attimo di libertà personale ed esigevano una continua attenzione e dipendenza dal p. Maestro o Vice Maestro, come si nota in un regolamento composto in quel periodo, conservato in un manoscritto dell’Archivio Generale dei Cappuccini dal titolo: Regole del S. Noviziato della Provincia di Milano143. Si usava dividere la giornata con diversi esami di coscienza144, si parlava in ginocchio145, si facevano molte

141 Questi era morto da pochi anni, il 31 dicembre del 1893. Padre Cristoforo continua: la dimissione fu decisa da padre Ignazio, perché di spettanza del padre maestro dei novizi, non del Capitolo.

142 Proc. Mediol., f. 233v-234rv. La deposizione di p. Cristoforo ebbe luogo il 4 dicembre 1899. Pochi giorni prima, il 30 novembre, p. Venanzio Ducoli da Breno, dal convento di Salò scrisse al Provinciale p. Paolino, e tra le altre cose riferì che p. Cristoforo Molteni da Lecco non aveva nulla da depositare su P. Carlo «perché nel breve tempo che è stato sotto di lui non si è distinto per nulla, anzi dice che lo hanno licenziato, perché malsano e mezzo cretino»: APCL, P 1105/019 (ex cart. 01, doc. 7b). In seguito padre Cristoforo cambiò totalmente il suo giudizio, ma conferma: «In generale lo si è sempre tenuto in buona stima, anche prima ch’egli nel convento di Casalpusterlengo avesse a suscitare fama di sé; sebbene alcuni fino a questo tempo lo ritenessero sempre per una persona meno sviluppata a cagione di malattia e lo chiamassero perciò pellagroso» (f. 234v).

143 Cf. Roma, AGC, G. 70, 2. Si tratta di un ms. di pp. 18, non datato, ma che risale a metà del sec. XIX, diviso in Regole per la Comunità dei Novizi (n. 1-8), Altre regole ed avvertimenti (nn. 1-25), Uffici del decano (nn. 1-17), Uffici degli accoliti (nn. 1-9), Uffici del Sagrestano (nn. 1-13).

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prostrazioni e molte penitenze146, il silenzio era quasi continuo147, il novizio doveva fare un preciso rendiconto al p. Maestro della sua vita spirituale148. Sarebbe interessante rileggere queste regole per avere un’idea del clima assai raccolto spiritualmente e molto impegnato nei vari uffici liturgici e nei lavori del convento. P. Carlo era fuori dubbio il più perfetto osservante di queste regole, e al noviziato potè senz’altro leggere e assimilare nella sua profonda

144 «Esami di coscienza: 1 Alla mattina breve esame della notte (cioè dall’ultimo della sera precedente sino a quel punto); 2° Prima di Sesta e Nona esasme generale dei difetti della giornata. 3° Dopo pranzo appena giunti in cella, esame del difetto e virtù particolare designata dal P. Maestro. I fratelli laici, unitamente a questo, faranno pure l’esame generale corrispondente a quello dei chierici prima di Sesta e Nona. 4° Prima di Compieta esame generale da Sesta e Nona fino a quell’ora. 5° Alla sera esame generale di tutta la giornata ed esame particolare dal dopo pranzo sino a quel punto. Gli esami che si fanno in cella dovranno farsi possibilmente in ginocchio» (Ibid., p. 9).

145 «Si studieranno i novizi di mantenere in ogni tempo perfetto silenzio, sempre parlando in ginocchio a un bisogno, con voce umile e sommessa, ad occhi bassi, non facendo rumore coi piedi nel camminare, massime nel salire o scendere le scale e sempre accompagnando le porte nell’entrare e nell’uscire. Non sarà mai lecito scusarsi né col P. Maestro o Vice Maestro, né coi fratelli stessi, ma sia che si abbia torto o ragione, sopportare tutto per amor di Dio. Richiesti del perché da un Superiore si potrà sempre rispondere con modestia e umiltà…» (Ibid., p. 6).

146 «Terminata la Messa conventuale… ciascun novizio andrà in cella per darvi ordine, facendo la disciplina per lo spazio di un Miserere, quando vi sia stata la SS. Comunione oppure nei venerdì… Si faranno giornalmente dai novizi quindici genuflessioni alla S. Croce e dodici ad onore dell’Immacolata Concezione di Maria SS.ma. Porteranno il cilicio tre volte la settimana cioè la mattina del lunedì, mercoledì e venerdì…» (Ibid., pp. 1, 10).

147 «Terminato l’ufficio [della Madonna] faranno la correzione fraterna in ginocchio con tutta umiltà e carità dopo la quale ognuno si porrà al lavoro assegnatogli dall’ubbidienza, leggendo uno frattanto per un quarto d’ora qualche libro divoto. Terminata la lettura manterranno silenzio, ognuno intento al proprio lavoro, conversando col suo buon Dio che nel silenzio gli parlerà al cuore, eccitandosi vicendevolmente alla presenza di Dio ed a santi affetti col dire di tanto in tanto qualche divota giaculatoria» (ibid., p. 2).

148 « Rendiconto di se stesso. Almeno una volta ogni quindici giorni si farà al P. Maestro il rendiconto di se stesso, manifestando tutti i bisogni dello spirito, vale a dire tutte le tentazioni da cui il novizio sia molestato, tutti i dubbi e le difficoltà che incontra nel tenore di vita intrapresa, come

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preghiera la spiritualità cappuccina attraverso una intensa compenetrazione affettiva e pratica particolarmente degli scritti di due scrittori spirituali cappuccini del Settecento, padre Agostino Pasquali da Fusignano († 1803) e padre Gaetano Migliorini da Bergamo († 1753), assai utilizzati tra i frati come metodo di vita spirituale e di orazione mentale o lectio divina. Si tratta del libretto divenuto allora classico per i novizi e professi intitolato: Modo pratico di santificare le operazioni della giornata e fare con profitto altri esercizi della vita religiosa dato in iscritto a’ suoi novizi, composto da p. Agostino da Fusignano quando era maestro dei novizi e pubblicato dapprima a Bologna nel 1766 e poi ripetutamente stampato. Un’edizione apparve anche a Brescia nel 1842 e un’altra ad Imola nel 1853, anni di padre Carlo. L’importanza di questo piccolo gioiello di spiritualità non si può esagerare, ma riassume la metodica piú lineare e semplice della vita devota e della santità cappuccina. Esso accompagna tutti i gesti del frate da quando si alza di notte a pregare fino a quando la sera si ritira in cella.

È la giornata di un novizio cappuccino, e vi riconosciamo tutte quelle pratiche vissute durante l’anno del noviziato come si faceva nel passato. In particolare le «tre divote affettuose genuflessioni» o prostrazioni alla Vergine Immacolata che ripetute quattro volte al giorno formano «le dodici stelle che la incoronano in cielo» o le «cinque profonde adorazioni» alla santa Croce, da ripetersi tre volte al giorno «in memoria de’ quindici misteri della Passione ». Poi lo studio della regola con i diversi «precetti» e le «libertà»; le virtú principali del religioso, ossia l’umiltà, la mortificazione, l’ubbidienza, la povertà, la castità, la pazienza, la rassegnazione al divin volere, il silenzio e «l’operare da religioso»; e come recitare le «orazioni vocali» e il «modo di fare l’orazione mentale». Il metodo e lo svolgimento era praticamente ricavato dalla Pratica di orazion mentale di Mattia Bellintani da Salò († 1611), ma l’elemento connettore di tutte le pratiche, che dava il tono complessivo di

pure il modo che tiene nel fare orazione, il cammino e progresso nella vita spirituale, cosa di somma importanza per acquistare, conservare e accrescere lo spirito religioso» (ibid., p. 9).

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devozione e di spiritualità al religioso, erano le orazioni giaculatorie, ossia l’orazione aspirativa o aspirazione, orazione affettiva, del cuore, cosí amata dai cappuccini. Agostino da Fusignano consacra alcune paginette a questo argomento, considerandolo fondamentale per imparare il «modo di sempre orare», di fare la comunione spirituale, di visitare il Santissimo Sacramento, di onorare la Vergine Maria e le sacre immagini e di andare per il mondo, tutte pratiche richiamate e regolate con l’esercizio della presenza di Dio, della conformità al divino volere e del puro amore. Tutto questo viene messo in evidenza nell’esperienza spirituale di padre Carlo con accostamenti e confronti che riescono a penetrare in certo modo nella sua metodica di vita spirituale assimilata al noviziato149.

L’altro autore, che fece epoca tra i cappuccini fino al Concilio Vaticano II, era Gaetano Migliorini da Bergamo, particolarmente con il suo aureo libro di meditazioni Pensieri e affetti sopra la Passione di Gesù Cristo per ogni giorno dell’anno, ricavati dalla Scrittura e dai Santi Padri, libro che si leggeva un po’ in tutti i conventi dell’Ordine come introduzione alla meditazione silenziosa in coro. Padre Evaldo nella sua recente biografia di p. Carlo riesce non rare volte a confrontare certe espressioni di preghiera affettiva del Servo di Dio con analoghe e quasi identiche espressioni affettive presenti nelle meditazioni di padre Gaetano, e chi legge resta colpito da questa convergenza che fa intuire come nessuna parola cadesse a vuoto nello spirito contemplativo di padre Carlo, ma vi restava impressa trasformandosi in ferventi giaculatorie, continue aspirazioni del cuore e atti d’amore puro, operando nel modo più perfetto possibile, raggiungendo anche l’«estasi delle opere», come dice padre Evaldo, che accompagna sempre ed è il segno più chiaro e caratteristico della vera “estasi d’amore”, abbandonato con somma confidenza all’obbedienza, nella volontà di dare la sua vita per i fratelli,

149 Su questo autore e la sua spiritualità cf. C. Cargnoni, Spiritualità, santità e devozioni, in I Cappuccini in Emilia-Romagna. Storia di una presenza. A cura di Giovanni Pozzi – Paolo Prodi. Bologna, Grafiche Dehoniane, 2002, p. 167-170.

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nella compassione e condivisione mistica del dolore come Cristo in croce, in un’immersione che diventa sempre più continua nel mistero di amore e di dolore di Cristo crocifisso e del cuore addolorato di Maria150.

Purtroppo la sua fragile salute convinse il p. Maestro a rimandarlo a casa. Il medico lo aveva dichiarato ammalato di scrofolosi incurabile. Al terzo scrutinio avvenuto il 16 gennaio 1854 aveva ricevuto tutti i voti contrari151. Fra Carlo, ormai di nuovo Gaetano Vigevano, dieci giorni dopo, il 26 gennaio, lasciava il convento152. Lo stato di salute di Gaetano doveva essere preoccupante; infatti, anche in considerazione della distanza e della stagione invernale, i frati gli procurarono una “vettura” che lo portò ad Abbiategrasso. La vettura fu messa a disposizione dal lanificio dei Cappuccini di Bergamo153.

Possiamo immaginare lo sconcerto in casa Vigevano, anche i commenti della gente, la gioia probabilmente della truppa dei ragazzi. «Il Parroco di Abbiategrasso si meravigliò assai del suo licenziamento dalla religione ed ebbe a dire che col licenziamento di quel giovane avevano

150 Su Gaetano Migliorini da Bergamo cf. Metodio da Nembro, Gaetano Migliorini da Bergamo nel Settecento religioso italiano. Milano, Centro Studi Cappuccini Lombardi, 1959.

151 Vedi sopra, p. 72s.152 Milano, APCL, B 156, p. 44: «Partito il 26 gennaio per poca

salute». È dunque confusa ed errata l’affermazione nel Proc. Mediol., f. 239v-240r di P. Vigilio da Chiari, sopra ricordata: «Mi ricordo di averlo veduto un giorno nel convento dell’Annunziata di Borno e precisamente il 26 settembre 1853. Io era entrato come novizio il giorno innanzi 25 settembre e la mattina al giorno dopo andando in refettorio, mentre i novizi manifestavano i loro difetti, il padre Maestro rampognò severamente il novizio fr. Carlo perché a quanto mi sembra non voleva mangiare di grasso e digiunare come gli altri, ma fare maggiori penitenze degli altri. Venne espulso dal refettorio e nello stesso giorno spogliato dell’abito e dimesso dal convento. Nello stesso giorno venne espulso dal refettorio e nello stesso giorno spogliato dell’abito e dimesso dal convento». Questa testimonianza confonde cronologicamente fatti avvenuti in giorni diversi.

153 «Soddisfatta la vettura di fr. Carlo da Abbiategrasso. Mil 9:9»: fattura liquidata il 1° febbraio 1854 (APCL, sez. 7, cass. 9, cart. 3, doc. 77, f. 22, citato da P. Evaldo, Appunti, p. 136).

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licenziato un santo, tanta era la stima che egli aveva del Padre Carlo»154.

Gaetano, ritornato in famiglia, al negozio, alla parrocchia, non si mise il cuore in pace. Dio lo voleva frate cappuccino, di questo era sicuro. Dio lo metteva alla prova. Ed ora gli apriva la strada che in pochi anni, in un rapido succedersi di eventi, l’avrebbe portato ad essere docile ed umile strumento di grazie.

In maggio dello stesso anno 1854 padre Carlo, che sollecitava continuamente il suo confessore don Palazzi perché lo facesse ritornare in convento, venne di nuovo riammesso dal padre provinciale Francesco da Bergamo155

come terziario francescano nel convento di S. Vittore all’Olmo a Milano156. Ancora una volta il prevosto don Palazzi e p. Francesco da Bergamo, superiore provinciale, seppero vedere con chiarezza il disegno di Dio.

154 P. Arsenio da Brescia, in Proc. Bergom., f. 40.155 Importante una lettera di don Francesco Palazzi, scritta a p. Egidio

da Milano in data Abbiategrasso 5 marzo 1875, che si conserva autografa e in copia in Roma, AGC, MD Servi Dei: Carolus de Abbiategrasso e ms. AD 100, f. 2v-3r: «… Egli non aspirando che alla più cruda penitenza voleva ricoppiare in se stesso Gesù Crocefisso e per potere liberamente appagare il suo voto, pregò lo scrivente acciò lo ricevessero li R.R. PP. Cappuccini. Lo accolsero infatti, ma debole di salute venne rimmesso alla sua famiglia onde se ne procurasse miglioramento. In questo frattempo erano presso di me in una giornata li RR. PP. Mansueto = Francesco Maria prov.le = Padre Cesare secretario e Padre Pino. Eravamo a tavola, e comparve il novizio. Non pregava, ma piangeva per essere ancora accettato al convento. Tutti ammutolirono, e lo scrivente / rimandando il novizio alla sua casa gli disse: Va non dubitare, che siccome Iddio ti vuole, il tuo voto si compirà. Poi rivoltomi ai Padri dissi loro: Lo accettino questo angelo, che deve finire ad essere collocato sugli altari. Tanto bastò che l’accettarono prontamente». Secondo questa testimonianza, quindi, i frati che si fermarono presso il parroco di Abbiategrasso erano quattro: p. Mansueto da Verona che era guardiano di Casalpusterlengo, il ministro provinciale p. Francesco Fustinoni da Bergamo, il suo segretario p. Cesare da Pavia e padre Pino che però non risulta nei nomi dei frati del tempo. Olmi, Una gemma, Genova 1877, p. 15, parla di tre cappuccini; Memorie storiche, Milano 1898, p. 25; Aliverti, Vita, p. 67 (che copia le Memorie storiche), e p. Evaldo, Appunti, p. 142 (che copia Aliverti), parlano di due cappuccini.

156 Così Memorie storiche, p. 26; G. Olmi, Una gemma, p. 16; Aliverti, Vita, 68; Evaldo, Appunti, p. 144-147.

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Fondamentale qui è la deposizione processuale del suo compagno fr. Barnaba Bozzotti da Milano († 1908) che conobbe padre Carlo prima nel convento milanese di S. Vittore e poi a Crema e così lo dipinge:

Era l’anno 1854, mi pare in ottobre, e mi trovavo nel convento di San Vittore in Milano in qualità di Terziario con l’abito; in assenza temporanea di Fra Ginepro portinaio stava a sorvegliare la porta; mi si presentò allora un sacerdote che domandò di parlare col Padre Provinciale; gli risposi che non si poteva perché incomodato, ma alle sue insistenze, gli chiesi chi fosse, ed allora salii ad annunciare al Padre Provinciale Padre Francesco da Bergamo che il Prevosto di Abbiategrasso voleva parlare con lui. Risalito col detto signor Prevosto, rimasi presente al colloquio. Il Prevosto pregò il Padre Provinciale di accettare nell’Ordine il Padre Carlo dicendo: “In questo giovinetto avrete un santo”. Padre Provinciale chiese anche a me cosa si dovesse fare, ed io per quello che aveva sentito dai miei compagni, risposi di sì, e sulle nuove insistenze del Prevosto, che ricordava l’andata del Padre Provinciale ad Abbiategrasso e le supplichevoli ripetute istanze dal Padre Carlo in quella circostanza per essere riammesso, fui per acconsentire. Due giorni dopo venne in convento padre Carlo e così ho condotto con lui la vita per tre mesi157.L’umile Fra Barnaba, sostituto del portinaio, ancora

semplice terziario, aveva suggerito la soluzione con la stessa sua presenza al colloquio: terziario, come lui, con semplice tunica e cingolo dei terziari. Come tale, infatti, fu accolto. «Fu accettato (in qualità però di Terziario) nel convento dei cappuccini di Milano. La sua umiltà lo fece rimaner pago anche di ciò, e per la seconda volta disse

157 Proc. Mediol. f. 151rv; P. Isaia, ibid., art. 9, ff. 34v-35r. È già stato ricordato quanto afferma fr. Raimondo da Casalpusterlengo: «Dallo stesso genitore ho sentito che rimandato a casa per malattia, non faceva che piangere protestando che voleva morire in convento, tanto che per timore di perderlo, si risolvette a ricondurlo al Padre Provinciale; il quale lo accettò in vista dell’insistenza fatta, per quanto so io» (ibid., f. 249v-250v). Fra Apollinare da Arcore intese «dal prevosto Palazzi di Abbiategrasso che dopo essere stato licenziato dai cappuccini, più volte insisteva per ottenere da lui di essere di nuovo ammesso» (ibid., f. 61v). P. Atanasio da Busto Arsizio riferì in Proc. Laud. il racconto del fatto che aveva udito dalla voce dello stesso don Palazzi (f. 137v).

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addio al suo paese» (103). «Venne applicato al lanificio dell’Ordine nella speranza che il lavoro lo riabilitasse nella salute»158.

Il nuovo terziario era all’ultimo gradino della gerarchia conventuale: aiutante di fra Barnaba. Dal lanificio (confezione abiti per i religiosi) passò alla cucina, all’orto e alla sacrestia. Era una frana: troppo assorto in Dio! Ubbidientissimo ma inaffidabile. Aiutante cuciniere, dimenticando una volta di chiudere le spine dell’acqua, al mattino tutta la cucina era allagata con tutta la legna e il resto. Ma egli miracolosamente riesce ad accendere la stufa e l’acqua brucia come fosse stoppia159. Aiutante sagrestano prosciuga con la bocca il pavimento dove era caduta dell’acqua benedetta160, oppure va nell’orto per prendere un po’ di fiori e si perde rapito davanti a una croce161, oppure

158 G. Olmi, in Proc. Laud., f. 370v; p. Isaia: «Il Provinciale tocco dalle lacrime di Fr. Carlo lo accettò come Terziario onde provare nel convento di Milano la sua salute, e diede ottimi risultati» (Proc. Mediol., Art 10, f. 35v).

159 È sempre la testimonianza preziosa di fr. Barnaba: «Un’altra volta essendo stato incaricato il padre Carlo di sostituire il cuciniere, lasciò aperti i rubinetti dell’acqua contenuta in un grande recipiente collocato in una camera superiore e vi si ritirò a fare orazione in chiesa. La mattina di buon’ora io mi accorsi che tutta la cucina era allagata, sicché tutto quanto vi si trovava era inzuppato d’acqua. Corsi in cerca di padre Carlo perché venisse ad aprire e lo trovai in coro dinnanzi al Crocifisso. Venne, ci industriammo di riparare il danno, ma difficile era accendere il fuoco, perché la legna era tutta bagnata. Allora padre Carlo disse: «Lasciate fare a me, faccio io, faccio io», e senza difficoltà alcuna accese il fuoco soggiungendo: «Vedete che il Signore mi ha fatto la grazia» (ibid., f. 152v-153r).

160 «Un’altra volta essendo caduta dell’acqua santa dalla piletta nella chiesa, lo vidi prostrato in terra a lambire colla lingua le gocce che erano cadute, venendo poi in sagrestia a dimandare a me della bambagia per asciugare ancor meglio il pavimento, rincrescendogli molto che l’acqua santa si disperdesse in terra» (ibid., f. 152r).

161 «Quando ero io sagrestano lo pregai che volesse comporre un mazzo di fiori cogliendoli nell’orto. Dopo molto tempo andai io stesso in ortaglia e lo trovai in ginocchio dinnanzi a una croce; aveva raccolto non già dei fiori d’ornamento, ma papaveri e sementi di verdure destinate alle seminagioni; mi inquietai alquanto, mi pregò di aver pazienza inginocchiandosi a baciar la terra. Ma poi il padre guardiano avvertita la cosa ci inflisse ad ambedue la disciplina. E il padre Carlo mi esortava ancora alla pazienza per amor di Dio, ma cosa meravigliosa in ortaglia

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trovava modo di fare molta penitenza di nascosto e particolarmente di notte162. La proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione gli aumenta ancor più la devozione alla Vergine, tanto che in una sua lettera al suo antico padre spirituale e confessore don Palazzi fa sapere di avere «segni particolari d’unione con Dio» e gli chiede che preghi per ottenergli «il dono di compatire Maria Addolorata». Questa lettera non venne però spedita, ma resta importantissima perché è una delle pochissime finestre aperte per capire un po’ lo spirito del Servo di Dio e merita qui di essere ad integrum riportata con le bellissime note spirituali di p. Evaldo:

Milano, dal Convento (nostro) Cap. Reverendo ed Amantissimo Sig.e Salute e grazia nel Signore. All’incominciar che faccio della presente, subito intendo

movere le membra convenienti in tal effetto nel Nome del

nessuno si accorse del danno arrecato da padre Carlo, mentre gli ortaggi e le verdure non presentano guasto alcuno» (ibid., f. 152r-v).

162 «Era un giovane che faceva molte stramberie e la ragione era che lui si trovava sempre assorto in orazione. Siccome appunto per questo anche di notte non era in cella, ma si portava sempre in chiesa o in qualche cappella; il padre guardiano, padre Emmanuele da Mandello mi comandò che lo sorvegliassi. Per questo incarico lo sorpresi più di una volta in coro, dinnanzi al Crocifisso, o in cappella prostrato a fare orazione, tanto astratto che pur non si accorgeva della mia presenza. Lo richiamava al bisogno di prender riposo ed egli mi pregava che lo lasciassi continuare, finché cedeva e tornava in cella, donde forse tornava ad uscire per la sua prediletta occupazione della preghiera. Un’altra volta lo trovai nella cappella detta di San Carlo (ch’era la cella dove si ritirava san Carlo per fare gli esercizi spirituali) colle spalle nude che faceva su di sé medesimo la più aspra penitenza. Le spalle erano tutte una piaga ed il sangue era spruzzato sulle pareti della cappella tanto che il giorno appresso io dovetti lavare il muro. Adoperava una disciplina speciale di catenelle terminate di palline di piombo fornite di punte. Lo invitai a ritirarsi e commosso a quello spettacolo lo baciai in fronte piangendo; egli mi pregò che lo lasciassi attendere ancora alla penitenza, ma io fui duro e lo condussi nella sua cella ritirandogli la disciplina che gli restituii il giorno appresso per le sue insistenti preghiere. Mi avvenne poi di trovarlo nella sua cella, non già in letto come gli avevo raccomandato per la sua malattia, ma disteso in terra col capo appoggiato ad un ceppo. Mi disse in risposta ai miei rimbrotti: «Se sapesse, fratello, come si sta bene, mi pareva di essere sulle piume» (ibid., ff. 151v-152r, 153r).

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Divinissimo nostro Redentore163, pel quale sono creato, redento, conservato e chiamato alla Sua Casa. Però per Esso intendo al movere d’ogni membro del mio corpo, e con ogni pensiero, desiderio e volontà, ed affetto del cuor recargli tutta la fede, adorazione, lode, benedizione e glorificazione che da uomo colla grazia di Dio si possa dare; e però benché sia finito nella grazia, tuttavia essendo col mio Capo (Gesù Cristo) un solo (al quale mi consacrai pel solo motivo: perché è Gesù; e da Lui eletto a questa Serafica Religione, pel medesimo suo fine; cioè la gloria del Suo Divinissimo Padre, del quale Egli è splendore e sua compiacenza) e da Lui per inspirazione mosso ad offerirlo al Divin Suo Padre, con Lui Stesso; quindi colla sua Umanità Sacrosanta e Divinissima Anima Sua specialmente nelle Sante Comunioni Sacramentali; non che in ogni momento (che ora per consolarlo e perché anche non abbia a desiderare di spesso mie lettere, gli faccio sapere che ho segni particolari d’unione con Dio), ecco che gloria164. Ah

163 P. Evaldo commenta in nota (Appunti, p. 170, nota 3): «Si vede subito dalle prime parole che fra Carlo ripete e fa suo il linguaggio imparato dal Modo Pratico studiato nel s. Noviziato. “All’incominciare che faccio... intendo movere le membra convenienti... nel nome del Divinissimo nostro Redentore....” ecc. È un concetto che nel Modo pratico si ripete, anche se con parole diverse, almeno una decina di volte: qui aiuta a scoprire un poco meglio la spiritualità di fra Carlo. Lo scritto tutto è impregnato di una intensa unzione spirituale straordinaria: vedi, per esempio, l’intenzione di voler “movere ogni membro del corpo” per scrivere, e “ogni pensiero, desiderio e volontà dell’anima e affetto del cuore” per “recar a Dio tutta la fede, adorazione, lode, benedizione e glorificazione che da uomo colla grazia di Dio si possa fare”. Ripete quasi alla lettera un’altra raccomandazione del Modo Pratico per le preghiere di ogni mattino: “offerire a Signore tutti i nostri sensi, potenze, e membra; ...indirizzare a lui li pensieri, le parole, le operazioni di tutta la giornata, protestando di tutto voler fare a sua gloria, ed onore con intenzione di dargli, se fosse possibile, tutto l’onore che merita..”(pp. 6.7.14.22.28.33, ecc.). Fra Carlo, all’intenzione generale aggiunge quella del minimo particolare, del pur minimo movimento nello scrivere. La sua tendenza è ad essere più abbondante ed insistente nei termini - lui che ne conosceva tanto pochi! ».

164 Ancora p. Evaldo, Appunti, p. 171, nota 4: «È tra le affermazioni di importanza assoluta, che bisogna sottolineare, conoscere bene e cercare di gustare profondamente. Ha il sapore d’una confidenza che fra Carlo si lascia sfuggire dall’intimo della sua anima, aperta, come sempre, al suo ex Direttore Spirituale: “Ho segni particolari di unione con Dio”: un segreto che, in fondo, Don Palazzi era giusto che conoscesse, quale “caro Padre e Benefattore” della sua anima al quale sta appunto parlando della

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che in questo punto mi sovvengo d’aver offeso questo mio buon Dio! Oh non l’avessi mai offeso! Quanto mi sarebbe caro; e però questo sia il mio continuo dolore: Oh me infelice! Sono peccatore. Perciò mio caro Padre (così debbo chiamarlo) lo scongiuro di raccomandarmi a Maria Santissima mia speranza, per la quale intendo che tutti i meriti che possa acquistarmi165 in quest’esilio di........166, siano tutti in accrescimento di Gloria per Essa, la quale nutre un immenso

“propria offerta a Dio Padre con Gesù nella Comunione e in ogni momento”, cioè continuamente. Secondo le terminologia della teologia mistica, significa che la preghiera di fra Carlo sta già invadendo o sconfinando nell’alta contemplazione infusa. Parla, per ora, soltanto di ‘segni particolari’, ma sappiamo che un simile fenomeno “ogni volta va toccando un maggior numero di potenze” dell’anima, “fino a sottometterle tutte”(cf. A.R. Marin, Teologia della perfezione cristiana, 6a

ediz. Roma 1965, n. 443, p. 872, nota). Lo potremo vedere meglio più avanti, anche se - e ci teniamo a dirlo - non siamo proprio in grado di accompagnare questo ‘crescendo’, e neppure di farne notare ogni volta tutti i minimi particolari, in questo avanzare nella contemplazione infusa».

165 Evaldo, Appunti, p. 171, nota 5: «Ecco una affermazione nuova della devozione di fra Carlo alla Madonna, considerata vera àncora di salvezza per lui ‘peccatore’. La chiama “mia speranza, per la quale intendo che tutti i meriti che possa acquistarmi in questo esilio... siano tutti in accrescimento di Gloria per Essa...». Sappiamo già qualcosa della devozione di fra Carlo alla Madonna, e conosciamo bene tutta la struttura mariana della sua pietà e vita religiosa, sia prima di entrare in convento, sia dopo. Lo stesso Modo Pratico di vita si incaricava di ricordare ed insistere varie volte su tale devozione alla Vergine «alla quale indirizzare con grande affetto tutte le operazioni del giorno, desiderando di volerLe tutta la gloria che ci è possibile» (Modo Pratico, p. 37). Qui, però, fra Carlo, proprio per la sua tendenza già notata sopra di essere più abbondante nei termini - e qui anche più insistente e più preciso, - va molto più in là. Il suo un concetto di vita e di devozione che sembra mutuato direttamente da s. Luigi Maria Grignion de Montfort, insegnato nei suoi due volumetti Trattato della Vera Devozione a Maria Vergine, e Il Segreto di Maria, o La schiavitù d’Amore della Vergine SS.. Questo secondo opuscolo fra Carlo non lo potè neppure conoscere, perchè tradotto in italiano soltanto dopo la morte di p. Carlo. La traduzione del primo, invece, era stata pubblicata a Torino nel 1851, quindi appena tre anni prima. La frase in esame è troppo breve per potersi dire che fu suggerita, a fra Carlo dalla lettura dell’operetta del Santo, ma più che sufficiente per poter affermare che i due spiriti progredivano sulla medesima via della ‘vera’ totale devozione alla Madonna. Scrive il Santo De Montfort: «L’essenziale di questa devozione consiste nell’interiore ch’essa deve formare... Chi vi dimorerà in modo stabile? Colui solo al

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zelo pella Gloria di Dio,e simile pietà pel genere167 umano. / Se desidera da me saper come la passo nella sanità corporale, sappia che in168 quest’inverno fui discretamente sano, e però mi raccomando caldamente alle sue sante orazioni perché possa proseguire nella mia vocazione, e di già a Gloria di Dio mi sento speranza di conseguire, quindi molto confido perocchè dal momento che si sente inspirato a chieder una grazia (per sentenza dei Santi, ed in particolare di S. Agostino) segno è che Dio vuol concederla169. Sappia poi a sua consolazione che ho molto buona opinione sulla preghiera che

quale lo Spirito di Gesù Cristo svelerà questo segreto; l’anima molto fedele che vi condurrà egli medesimo perché avanzi di virtù in virtù, di grazia in grazia, di lumi in lumi, e giunga alla trasformazione di se stessa in Gesù Cristo ed alla pienezza dell’età Sua in terra e della Sua gloria in cielo» (Trattato, 119). «Questa devozione consiste dunque nel darsi interamente a Maria SS. col fine di essere per mezzo suo interamente di Gesù Cristo. Bisogna darLe... i nostri beni interni e spirituali, cioè i nostri Meriti, le nostre virtù, e le nostre buone opere passate, presenti e future... e ciò senza pretendere nè sperare verun’altra ricompensa per la nostra offerta e il nostro servizio, che l’onore di appartenere a Gesù Cristo per mezzo di Lei e in Lei» (Trattato, 121). Come si può vedere, il concetto qui è ripetuto da fra Carlo quasi alla lettera. La rassomiglianza è troppo palese per essere ignorata; quindi, anche se distante negli anni, - quasi un secolo e mezzo, - fra Carlo si trovava a ripetere la stessa intuizione e la stessa esperienza, con i medesimi palpiti di s. Luigi Maria Grignion de Montfort. Le due anime si trovavano l’una accanto all’altra nell’onorare ed amare Maria SS. ‘in verità’».

166 Evaldo, Appunti, p. 172, nota 6: «”Questo esilio di...”: la sua situazione precaria e provvisoria a Milano come Terziario, in attesa sempre che gli si apra nuovamente il s. Noviziato su al convento della SS. Annunziata. È esilio il convento, ed esilio (attesa) la vita di terziario! Qui tutto è solo attesa!». Diversa è l’interpretazione di don Mosca: «È un’interpretazione che contrasta con la spiritualità di fra Carlo, in particolare con il suo spirito di perfetta obbedienza. Quando scrisse la lettera non era più terziario. Con il decreto del 30.I.1855 della Sacra Congregazione per lo stato dei Regolari era stato riammesso come novizio, aveva già fatto la vestizione per la seconda volta e aveva terminato il mese assegnatogli. Nelle parole “Questo esilio di…” (sic) si potrebbe vedere piuttosto un riferimento alla preghiera della Salve Regina, come suggeriscono anche le parole precedenti: “Maria Santissima mia speranza”. Nella preghiera: “vita, dolcezza, speranza nostra… esuli figli di Eva…”, è l’esilio di questa terra! Sta parlando infatti di Maria Santissdima e della sua volontà di dedicare tutti i suoi meriti “in accrescimento di Gloria per Essa”» (Testo inviato il 30.6.2010).

167 genere: agg. interl.168 in: agg. interl.

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abbia fatta in una Messa, e che appunto per questa siami170

avvenuto ogni bene. Intanto io lo riverisco e lo saluto nel Nome del Signore, ed in Lui tutto il Clero e peccorelle del suo gregge. Possa, o mio caro benefattore dell’anima mia, ritrovarsi in questa vita sempre unito nel dolce Cuor del nostro adorabilissimo Gesù, onde eternamente goderlo nell’altra col Divinissimo suo Padre, e Santo Spirito, al quale sia onore, e lode, ora ed in eterno. Un altro pensiero oppure desiderio ora mi avvenne, ed è che possa ottenermi in particolare il dono, cioè di compatire Maria Addolorata. 169 Ecco dove sta ancorata la fiducia incrollabile, la azione diretta

dello spirito di confidenza di fra Carlo in mezzo a tutte le sue apparenti contraddizioni! «Dal momento - scrive - che si sente uno ispirato a chiedere una grazia, segno è che Dio vuole concederla». Una verità come questa l’avrà ascoltata - e molto volentieri! - da qualche confratello che lo incoraggiava a non desanimare, forse addirittura dal suo confessore in convento, e l’avrà fatta subito sua, e ora non si sentiva più tanto solo a sperare: c’era con lui ‘s. Agostino e tanti Santi!’. È difficile - e non ci mettiamo neppure! - leggere tutte le opere del grande s. Agostino alla ricerca di questa frase. Ma a guardare bene, il concetto che racchiude è ripetuto, indirettamente ma insistentemente, moltissime volte negli scritti del santo Dottore. Nel «Trattato sulla Prima Lettera di s. Giovanni», per esempio, si legge: «L’intera vita del fervente cristiano è un santo desiderio... Facendoci attendere (Dio) intensifica il nostro desiderio, col desiderio dilata l’animo, e, dilatandolo, lo rende più capace. Cerchiamo, quindi, di vivere in un clima di desiderio perché dobbiamo essere riempiti... La nostra vita è una ginnastica del desiderio» (Trattato 4, PL 35, coll. 2008-2009). Nella lunga “Lettera a Proba”, poi, pare che s. Agostino parli proprio solo di questo. Ne trascriviamo qui almeno due brevi periodi: «Nella preghiera ci rivolgiamo a Colui che, come dice il Signore medesimo, già sa quello che ci è necessario, prima ancora che glielo chiediamo (cfr. Mt 6,7-8). Potrebbe sembrare strano che Dio ci comandi di fargli delle richieste quando egli conosce, prima ancora che glielo domandiamo, quello che ci è necessario. Dobbiamo però riflettere che a Lui non importa tanto la manifestazione del nostro desiderio, cosa che egli conosce molto bene, ma piuttosto che questo desiderio si ravvivi in noi mediante la domanda perchè possiamo ottenere ciò che egli è già disposto a concederci... Lo riceveremo con tanta maggior capacità, quanto più salda sarà la nostra fede, più ferma la nostra speranza, più ardente il nostro desiderio» (Lettera 130,8,15 - 17,9,18). E più avanti: «La raccomandazione dell’Apostolo: ‘Fate presenti a Dio le vostre necessità’ (Fil 4,6) non si deve intendere nel senso che dobbiamo portarle a conoscenza di Dio. Egli infatti le conosceva già prima che fossero formulate. Esse devono piuttosto divenire maggiormente vive nell’ambito della nostra coscienza. Esse, poi, devono contare su un atteggiamento fatto di fiduciosa attesa dinanzi a Dio...» (Lettera 130,9,18. - 10,20). È poi da ammirare la semplicità e... la ‘convinzione’ di fra Carlo nel voler

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Sono il171 suo ex172 penitente Fra Carlo Maria di Abbiategrasso Cap.no.

Un P.S., probabilmente aggiunto a questa lettera più tardi, quando venne ordinato sacerdote, è unito più giustamente alla pagina del suo “piccolo diario”173.

Religiosi anche autorevoli, come p. Cristoforo da Lecco e p. Ignazio da Rovetta (suoi superiori all’Annunciata), ed altri, erano contrari (l’abbiamo visto) alla sua riammissione

ricordare al buon don Palazzi la frase di s. Agostino! Il rev. prevosto gia l’aveva accennata - e in latino citando s. Paolo nientemeno! - «Dio da il volere e il fare» (Fil 2,l3) (cf. p. 53) - La citazione di s. Agostino fatta da fra Carlo era.... pioggia sul bagnato, ma fra Carlo ne era tanto convinto ed entusiasta! In breve: tutto quanto fra Carlo aveva sospirato, aspettato, chiesto e sognato finora, altro non era che... una lezione di ‘ginnastica del desiderio’ da parte di Dio! Una lezione a volte dolorosa ma non certamente inutile o sterile...».

170 mi: agg. interl.171 vos canc.172 ex: agg. interl.173 «La lettera fu pubblicata la prima volta in Memorie storiche (1a

ediz. 1880, pp. 74-76; 2a ediz. 1891, pp. 89-91; 3a ediz. 1893, pp. 88-91). Qualche frase è ritoccata («insano tentativo», scrive p. Evaldo, Appunti, p. 169, nota 2) e vi è aggiunta una data: 20 marzo 1852. Non c’è nell’originale. Comunque è evidentemente errata, perché a quella data fr. Carlo era ancora semplicemente Gaetano Vigevano e viveva adf Abbiateghrasso. P. Aliverti (Vita, p. 258s) riporta la data e tutto il resto, ma in nota 2 segnala l’errore e corregge: 1854. Cioè con un altro errore, perché fr. Carlo era di nuovo G. Vigevano, dimesso dall’Ordine e ritornato a casa sua» (nota di don Mosca). La lettera autografa, conservata a Milano, APCL, P 1105/001, pp. 1-2, non reca nessuna data, ma si potrebbe datare a fine marzo-inizio aprile 1855. P. Evaldo, Appunti, p. 169, sarebbe propenso a datarla alla fine gennaio o inizio febbraio 1855, ma l’espressione «in quest’inverno fui discretamente sano», permette di pensare ad un inverno già finito, ma ancora vicino, quindi subito dopo la professione, per il riferimento alla sua consacrazione «al mio Capo (Gesù Cristo)… da lui eletto a questa Serafica Religione», quindi, fine marzo, primi di aprile. Si spiega anche il fervore che traspare dalle parole. Il testo qui riportato, riveduto attentamente sull’originale, si legge, completo, giustamente senza l’aggiunta P.S., a p. 169-174 del volume di p. Evaldo, ed è riprodotto anche in Aliverti, Vita, p. 258-259, che egli data erroneamente al 20 marzo 1854, quando p. Carlo, secondo la cronologia più accreditata, non era ancora rientrato in convento (venne a Milano nel maggio 1854, o, secondo la testimonianza di fr. Barnaba, in ottobre 1854 («Era l’anno 1854, mi pare in ottobre»: vedi sopra in prossimità alla nota 78). Ma se il P.S. è stato scritto insieme alla lettera, bisognerebbe

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perché ritenevano che non avesse la salute necessaria. E invece – scherzi della Provvidenza! – la salute reggeva nonostante qualche attacco di febbre «miliaria», e nonostante l’epidemia di «vaiolo» (ma si trattava probabilmente di colera) che imperversò nel 1854 a Milano, in tutta la Lombardia e anche nel convento di S. Vittore174. Il padre provinciale passò sopra a tutte le difficoltà e scrisse al procuratore generale, a Roma, perché inoltrasse alla Sacra Congregazione per lo stato dei Regolari una domanda di riconoscimento dell’anno di noviziato effettuato, al fine di ammetterlo alla Professione. Con un decreto della Sacra Congregazione in data 30 gennaio 1855 fu riconosciuto valido l’anno già compiuto, si doveva aggiungere un altro mese di noviziato e premettere alla professione un corso di dieci giorni di esercizi spirituali, nello stesso convento di

spostare ulteriormente la data a marzo 1856, cioè dopo l’ordinazione sacerdotale (ma sembra improbabile, il P.S. ha tutte le sembianze di un’aggiunta successiva alla lettera). Vedi qui più avanti, a p.

174 P. Augusto da Crema, in Proc. Mediol., f. 219r; G. Olmi ha una variante: «Il primo impiego che si diede al nostro terziario fu quello di aiutare il cuciniere. In questo impiego si dimostrò sottomesso, ubbidientissimo, e ricco di spirito religioso, quasi fosse un vecchio professo. Una volta il cuciniere lo riprese un po’ aspramente per un fallo di cui non era colpevole, e fra Carlo senza punto scomporsi s’inginocchiò davanti a lui, e gli chiese perdono, come se fosse stato meritevole di quella lavatina di testa. Dalla cucina passò in sacrestia. Nell’ufficio di sacrista il suo zelo aumentò di vita, e con i suoi esempi edificò quanti lo conobbero» (Proc. Laud., f. 370v-371r). Ancora Fra Barnaba da Milano, che ricordava dettagliatamente vari episodi. “Ho condotto con lui la vita per tre mesi. Era un giovane che faceva molte stramberie, e la ragione era che lui si trovava sempre assorto in orazione”. Di notte si portava in chiesa o in una cappella a pregare. Il guardiano p. Emanuele da Mandello gli affidò l’incarico di sorvegliarlo e di riportarlo in cella. Si flagellava con una disciplina di catenelle terminanti con palline di ferro con punte. Una volta lambì con la lingua le gocce di acqua benedette cadute al suolo; altra volta, mandato a raccogliere fiori da Fra Barnaba (sacrista, allora), raccolse papaveri e sementi e se ne stesse in orazione inginocchiato davanti ad una croce; aiutando in cucina, lasciò aperti i rubinetti, allagando la cucina, mentre Fra Carlo stava in coro appoggiato ad un ceppo (ivi, f. 151v-153r). Fra Barnaba li chiamava “stramberie”, ma coglieva perfettamente l’elevatezza mistica di quell’ultimo arrivato, deputato a dargli un aiuto.

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San Vittore questa volta, e non nel rigido clima dell’Annunciata175.

Gli ulteriori fatti della sua biografia si susseguono velocemente nei cinque successivi anni fino alla fine. Fra Carlo, per particolare concessione dei superiori maggiori inviata al provinciale il 30 gennaio 1855, fece un mese di noviziato a Milano e il 14 febbraio vestì nuovamente il saio francescano176. Ma prima di procedere alla professione solenne dei voti (la professione era allora unica), la comunità doveva esprimere il suo consenso o il rifiuto. «Poteva – umanamente parlando – rimettere Fr. Carlo sulla via del ritorno definitivo ad Abbiategrasso, nonostante tutta la più buona volontà dei superiori. Per essere ammesso alla professione occorreva sempre ottenere quel benedetto voto favorevole della maggioranza dei frati del convento che non si era ottenuto al terzo scrutinio all’Annunciata di Borno: un diritto irrinunciabile dei frati, al quale voto lo stesso superiore provinciale era vincolato severamente a rispettare»177. In attesa di conferma, si può ritenere che lo scrutinio sia stato effettuato e che il risultato sia stato favorevole178. Anche in questa circostanza p. Carlo sfiorò di essere rimandato a casa. Dopo il mese di noviziato, fr. Simpliciano M. Colombo da Rescalda che convisse con padre Carlo nel convento di S. Vittore di Milano dal 20 aprile 1856 al 26 maggio 1857, così deponeva a questo riguardo nel processo: «Una sola cosa ricordo poco favorevole che nella votazione per passare da laico a studente ebbe un voto contrario, non so poi per quale

175 Proc. Mediol., f. 153r. P. Evaldo Giudici dedica al ritorno in convento e ai pochi mesi da terziario, e in particolare ai rapporti con Fra Barnaba, una trentina di pagine (Appunti, pp. 145-167), cioè fino a quando questi fu trasferito all’Annunciata per l’anno di noviziato. S’incontreranno ancora.

176 Milano, ACPL, B vestizioni, p. 12. P. Paolino da Verdello: «Il padre provinciale di allora p. Francesco da Bergamo alle reiterate istanze del medesimo padre Carlo lo riammise alla religione circa un anno dopo conscio delle sue qualità e virtù non ordinarie» (Proc. Mediol., f. 83v).

177 Ibid.178 Cf. Milano, APCL, B 156: Registro dei voti. Cf. P. Giudici, Appunti,

p. 176-178.

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motivo. Il fratello che gli negò il voto mi confidò di averglielo negato perché lo riteneva pellagroso»179.

Sembra che si tratti di due votazioni distinte: una (quella ricordata da p. Isidoro da Desio), relativa al consenso alla professione di Fra Carlo; l’altra per il passaggio del nuovo professo dallo stato di fratello laico a quello di studente avviato al sacerdozio. Nella prima il responso fu favorevole per un solo voto di maggioranza, quello dello stesso p. Isidoro. Scrive p. Aliverti: «Buona parte di quei Frati, specialmente Fratelli laici, gli diedero voto sfavorevole, nonostante che in coscienza lo riputassero un santo, col pretesto che lo volevano più sano e più scienziato»180. Nella seconda votazione, a testimonianza di Fra Simpliciano, un solo fratello fu contrario (è un pellagroso, la vita dei frati non è per lui); gli altri ritennero che avrebbe potuto far fronte, nello stato sacerdotale, almeno ai ministeri poco impegnativi, come la celebrazione della messa, il coro, la visita agli ammalati, senza ambire alla confessione e predicazione, che costituivano due categorie di maggiore rilievo.

Padre E. Giudici ritiene che fu effettuata un’unica votazione comprensiva dei due pareri da esprimere181. Non

179 Proc. Mediol., III testis, f. 101r. Importante qui anche una lettera di p. Isidoro da Desio al vice postulatore p. Isaia, in data Crema 11 luglio 1898, nella quale si conferma questo fatto: «…se non vi fosse stato un voto favorevole del padre Isidoro alla fine del mese di compimento dell’anno di noviziato concesso da Roma, il padre provinciale Francesco sarebbe stato a malincuore costretto a rimandarlo a casa, puramente perché i contrarii lo volevano più sano e più scienziato». Cf. Raccolta fedele, ,ms. p. 4-5; Aliverti, Vita, p. 71; Evaldo, Appunti, p. 179. P. Isidoro dice nella lettera, scritta sotto vincolo di giuramento, che un voto salvò il novizio fra Carlo, quello di padre Isidoro, cioè il suo, par di capire.

180 Vita, p. 71. Commento di P. Evado Giudici, Appunti, p. 178-180.181 Appunti, p. 176-180. In questo brevissimo periodo della vita di

madre Carlo emergono solo quattro nomi di religiosi: il p. provinciale Francesco da Bergamo, fra Barnaba da Milano, fra Simpliciano da Rescalda, p. Isidoro da Desio. Di questi, testimoniarono nel Proc. Mediol. fra Barnaba e fra Simpliciano; p. Francesco era già morto; p. Isidoro non testimoniò. Poche settimane dopo la professione, quando ormai fra Carlo era acquisito definitivamente nella provincia lombarda dell’Ordine cappuccino, padre Francesco da Bergamo, nel Capitolo del 27 aprile, presentò la rinuncia al governo della provincia. Nei tre ani fu strumento della provvidenza divina nel momento più cruciale della singolare via alla

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si spiegherebbero però i due risultati contrastanti. Evidentemente l’opinione dei confratelli nei riguardi di Fra Carlo non era omogenea con quella del padre provinciale. Fra Carlo è un sant’uomo, sì; ma cos’è in grado di fare nei nostri conventi? Non per nulla tutti i frati erano lombardi!

Con il decreto di ammissione alla professione, la professione solenne (allora unica) ebbe luogo nella chiesa del convento di San Vittore il 30 marzo 1855, giorno dell’Addolorata, venerdì di Passione in cui allora liturgicamente si commemorava la Madonna Addolorata 182.

Superato questo scoglio, la sera del 29 marzo 1855, fra Carlo stese il documento prescritto per la professione, allora unica. Questo testo autografo composto dietro dettatura e secondo il modulo ufficiale, anche stavolta vale la pena riportarlo per intero, rivisto sull’originale, perché, come giustamente scrive l’ultimo biografo, «serve, con le sue numerose date, a gettare un po’ di luce su questo periodo molto ignorato della sua vita»183:

In nomine Domini. Amen.

santità e alla missione alla quale fra Carlo era chiamato.182 Decretum pro admissione ad professionem, Roma 27 febbraio

1855, a firma del procuratore e commissario generale p. Lorenzo da Brisighella (Milano, ACPL cartella personale P. Carlo d’Abbiategrasso, Sez. 20, cass. 07, cart. 32). Dai Registri delle Professioni Religiose in Proc. Mediol., doc. 3, f. 258v-259. Erronea quindi la data in G. Olmi (31 maggio: Proc. Laud., f. 370v-371r); Memorie storiche (3ª ediz., p. 27: 30 maggio); Bonari (Brevi cenni, p. 600: 31 maggio); P. Aliverti (Vita, p. 69: 29 marzo 1854; in contrasto con quanto scrive esattamente nella nota sottostante e nella pagina seguente); esatto P. Evaldo (Appunti, p. 181-182, 184), il quale riporta la petizione scritta da fr. Carlo il giorno precedente 29 marzo (p. 181-182, da APCL, Registro delle Professioni, f. 112, 185, dove però appare la data 29 marzo: B 125, p. 112 secondo l’elenco provvisorio compilato dall’archivista p. Fedele Marelli, pagine non numerate). P. Evaldo riporta anche la commossa relazione del rito (ore 8 del 30 marzo) apparsa sul giornale L’amico del popolo di Milano il 5 aprile. P. Aliverti, Vita, p. 255-257; P. Isaia, in Art. 12: «Migliorato in salute gli si ottenne da Roma la licenza di professar come chierico, ed avuta la favorevole votazione dei religiosi, dopo un ammirabile apparecchio emise i solenni voti nel 30 marzo 1855 alla presenza del suo genitore, dei frati e di molti devoti, i quali rimasero edificati della sua pietà e compostezza» (Proc. Mediol., f. 36).

183 Evaldo, Appunti, p. 181; segue il testo dell’atto di professione.

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Io fra Carlo da Abbiategrasso, avendo fatto più di 14. mesi di Noviziato in qualità di Chierico, cioè dal 10. novembre 1852. al 25. gennaio 1854. nel Convento della SS. Annunziata in Valcamonica, e volendo approffittare del Decreto della Sacra Congregazione sopra lo stato de’ Regolari (ottenutomi dal Reverendissimo Padre Procuratore e Commissario Generale), la quale Congregazione in vigore del sullodato Decreto in data 30. gennaio 1855. mi concedeva di poter fare la mia solenne professione dei voti in qualità di Chierico dopo aver fatto un altro mese di Noviziato con dieci giorni di SS. Esercizi; come in realtà ho fatto l’uno e gli altri, essendo stato rivestito dell’Abito di Novizio Chierico il giorno 14. febbraio 1855. e avendo cominciato i SS. Esercizi il giorno 16. marzo 1855. volendo, dico, approffittare di questa Pontificia concessione, oggi giorno 29. marzo 1855. alle ore 5. pomeridiane in questo Convento di S. Vittore agli Olmi in Milano mi costituisco personalmente prima della mia solenne professione alla presenza del R. P. Placido da Maggianico delegato dal Molto Rev. P. Provinciale a ricevere la mia solenne Professione, non che di tre altri Padri della Famiglia di Milano cioè RR. PP. Salvatore da Caravaggio, Isidoro da Desio e Gaudenzio da Cremona, e protesto con mio giuramento di voler fare la mia solenne Professione di mia sincera libera e spontanea volontà, e di essere sano di mente e di corpo; e di non aver alcun impedimento canonico nè fisico nè morale, che possa ostare a quest’atto solenne, sapendo inoltre tutto quello che devo promettere ed osservare. Tutto questo prometto e giuro toccando questi Sacrosanti Evangeli di Dio, i quali mi assistano.

Io Fra Carlo di Abbiategrasso Novizio Cappuccino Milano 29 marzo 1855 (timbro)

Fr. Placido da Maggianico Delegato Fr. Sebastiano da Caravaggio Testimonio

Fr. Isidoro M. da Desio Testimonio Fr. Gaudenzio da Cremona Testimonio”184.

184 Cf. APCL, B 125 Registro delle professioni, f. 112. Nell’atto di professione dice di avere ottenuto un Decreto (30.01.1855) dalla Sacra Congregazione per lo stato dei Regolari, su richiesta del procuratore generale. In forza di tale decreto viene riconosciuto valido l’anno di noviziato dal 10.11.1852 al 25.01.1854 con la supplenza di un altro mese di noviziato: vestito il 14.02.1855 e con 10 giorni di esercizi spirituali iniziati il 16.03.1855; Evaldo Giudici, Appunti, p. 181-182; vedi anche Aliverti, Vita, 69, nota 2. – Importante la nota di p. Evaldo, Appunti, p. 182-183, nota 19: «P. Placido da Maggianico (Co). Todeschini Lorenzo.

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La cerimonia della professione solenne celebrata il 30 marzo 1855 nella chiesetta del convento di S. Vittore venne

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descritta da un cronista ampolloso due giorni dopo nel

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giornale L’Amico del Popolo185. Fatta la professione, fra Carlo inizia, come chierico, la

trafila degli studi che l’avrebbero condotto al sacerdozio. Una trafila che per lui doveva essere particolarmente pesante ed impegnativa. A trent’anni non aveva fatto che qualche anno di scuola con il maestro Luraschi, nella

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fanciullezza186. Saltò a piè pari il ginnasio, e in aprile 1855 fu inviato a Bergamo per il corso filosofico, presso lo studentato filosofico della Provincia. Ci rimase gli ultimi tre

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mesi dell’anno scolastico187. Tanto bastò per convincere i superiori che lo studente Fra Carlo – con la salute che incominciava di nuovo a preoccupare, la mancanza di preparazione e i risultati, - non era in grado di seguire il

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corso filosofico normale188. È importante, per i pochi mesi che p. Carlo rimase a Bergamo, la testimonianza di padre Augusto Franceschini da Crema che fu maestro di grammatica e di retorica nel convento di Bergamo, nel 1855

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per sei mesi, proprio quando era presente p. Carlo189. Egli rivela una notizia che non trova riscontro in nessun’altra testimonianza. Dice che p. Carlo, «riammesso in religione, venne applicato al lanificio dell’Ordine nella speranza che il lavoro lo riabilitasse nella salute». Il lanificio era stato

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rimesso nel convento di Bergamo190. Soprattutto egli afferma che «un giorno mi venne in cella a domandare il permesso di poter scrivere a tutti i nostri chierici della Provincia di Lombardia una lettera circolare per esortarli a

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corrispondere alla grazia della vocazione, e le sue parole

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erano accompagnate da un profluvio di lacrime»191.Il nuovo superiore provinciale p. Lorenzo Colleoni da

Albino († 1887) lo promosse direttamente al corso teologico, che iniziava dopo l’estate. Comprese probabilmente che quello studente era così ricco di scienza divina, anche se povero di salute e di studi umani, che avrebbe potuto fare un gran bene da sacerdote semplice in un convento o nell’altro. Tanto valeva farlo arrivare presto alla meta, con il bagaglio di cognizioni necessarie. Fra Carlo ritornò al convento di San Vittore per seguire il corso teologico.

Due mesi dopo cadde ammalato di febbre miliare. Era scoppiato il colera a Milano, da agosto 1854 al gennaio seguente, e riscoppiato tra luglio e agosto 1855, ed egli avrebbe voluto servire i colerosi negli ospedali e nel

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convento192. Si offriva a tutti, come a lavare i fazzoletti degli

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altri193, a prestare altri umili servizi senza essere obbligato

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da nessuno194. Un teste asserisce che era spesso così assorto in Dio che pareva non avesse più percezione sensitiva: «Era tutto assorto e bisognava chiamarlo per ritornare agli atti

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comuni»195. Egli aspirava al martirio e voleva essere

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missionario196, anche perché in quegli anni la provincia non aveva ancora missioni per mancanza di personale, come scriveva qualche anno dopo (il 9 ottobre 1859) il ministro provinciale padre Paolo Angiolo d’Olgiate Olona al padre generale Nicola da S. Giovanni in Marignano; una lettera che è come uno spaccato della provincia di allora:

La Provincia conta appena circa ottanta sacerdoti, di cui nove sono ancora studenti, alcuni sono meschini per salute corporale ed alcuni altri (bisogna che lo dica con dolore) sono di poco spirito religioso. È composta di otto conventi formali e di due ospizi, ai quali potendo in seguito dovrà aggiungersi il terzo, cioè il nostro antico convento di Cerro già accettato. Ha a carico cinque stabilimenti sanitari, cioè tre in Milano, uno a Bergamo ed uno a Crema, ne’ quali pubblici stabilimenti sono impiegati sedici sacerdoti tutti attivi, e dovrebbero essere diciannove, ma la paucità de’ soggetti fa tollerare un tal numero. Appena fassi inetto qualcuno al servizio per motivi o fisici o morali bisogna prontamente sostituire. (S’aggiunga che) in addietro furono fatte a questo ufficio Provinciale varie e ripetute dimande per rimettere conventi, come a Mantova, ove sono ora i Trentini, a Pavia, Casalmaggiore, S. Salvatore presso Erba, ma la mancanza di soggetti ha sempre costretto i Superiori della Provincia a dare negativa. Di più, in vista di tanta penuria di sacerdoti li miei antecessori, e specialmente il min. prov. Francesco da Bergamo, ora definitore generale, hanno sempre implorato ed ottenuto da’ superiori delle Missioni Estere che questa provincia venisse esentata dal dare soggetti per le medesime.

Ora non altrimenti è costretto fare l’umile sottoscritto supplicando istantemente la P.V. Rma a compenetrarsi dei bisogni in cui versa la Provincia di S. Carlo, e ad impetrare qualora sia d’uopo, dalla S. Congregazione d’essere risparmiata anche al presente dal prestare missionarj apostolici. Potrei altro aggiungere a conferma di quanto le ho qui esposto, ma la saggia esperienza, onde è fornita pel regime della Provincia, saprà bastantemente calcolare le critiche circostanze di questa meschina Provincia, che estendesi sopra la popolazione di quasi tre millioni di abitanti,

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e le funeste conseguenze cui subirebbe menomandone i

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soggetti…»197.

P. Carlo a Milano aveva ritrovato i suoi compagni di noviziato. Tre di questi e il «lettore» p. Arsenio deposero al Proc. Mediol.: grazie ad essi possiamo conoscere il Fra

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Carlo studente e (per quel che interessa in questo capitolo)

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il giudizio dei confratelli a suo riguardo198.P: Arsenio: «Nei tre anni che gli fui lettore rilevai che il

Servo di Dio era di poca capacità ma esattissimo e diligente nello studio e nella scuola, e si scorgeva in lui quasi un’estasi continua in Dio tanto era il suo raccoglimento, la sua devozione e la sua pietà». Egli aveva sentito parlare di lui da molte altre persone: «Da parecchie persone, tra queste ricordo i suoi condiscepoli e gli studenti che ebbero relazione con lui … Sia per la conoscenza personale che io ebbi del Servo di Dio, sia per quello che sentii raccontare da persone che lo conobbero, con tutta certezza posso dire che egli era un uomo di virtù del tutto singolare … Essendo egli decano degli studenti dovea il Servo di Dio sorvegliare i suoi compagni. Appena udiva il suono della campana, sulla fine della ricreazione, accennava all’istante alla porta e

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conduceva i compagni allo studio, il che dimostrava in lui

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una esattissima obbedienza»199.Un altro superiore, che gli fu maestro di grammatica e

rettorica a Bergamo, padre Augusto da Crema, concorda: «Si distingueva nell’orazione perché sempre assorto in Dio, e di qui veniva che non riuscisse negli studi, come so per

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mia personale esperienza»200. In consonanza anche le dichiarazioni di due suoi condiscepoli: p. Giustino da Lovero e p. Virgilio da Chiari.

P. Giustino, suo compagno in noviziato, a Milano e a Crema ricordava che era stato accolto nonostante le difficoltà dell’età, superiore ai venticinque anni, e «la deficienza degli studi, non avendo compito il ginnasio, come era allora prescritto dalla legge austriaca»”, e descrive il suo modo originale di studiare: «Della sua non riuscita negli studi, si potrà accagionare al fatto che egli non consumava il tempo degli studi sui libri. Ed è vero, poiché preparandosi allo studio colla recita dell’Ave Maria, lo si trovava ancora in ginocchio al termine dello studio; dipendeva questo dalla sua concentrazione in Dio. Era anche lento nel compiere i suoi doveri, ma ciò attribuisco alla sua malferma salute, ed ancora al trovarsi di continuo alla presenza di Dio, donde la sua grande ponderazione … In religione era stimato come persona buona, pia, devota, osservantissimo di tutte le

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regole, quantunque fosse tenuto in poco conto perché quasi

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minus habens ed incapace allo studio»201.P. Virgilio da Chiari, già compagno di noviziato e poi

compagno di studio a Milano per un anno: «Nella sua qualità di decano sorvegliante degli altri studenti, era di una carità sorprendente e zelo per il bene dei confratelli … Negli studi era diligentissimo, ma assai corto, ossia limitato di mente. La sua vita era continua preghiera. Presso i confratelli studenti era tenuto per esemplarissimo, così presso la maggior parte dei religiosi. Qualcuno lo giudicava

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un po’ fanatico e pellagroso, per l’irremovibilità nel

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proposito di stare scrupolosamente alle Costituzioni»202. P. Isaia vice postulatore presenta piuttosto la

consapevolezza dei propri limiti in Fra Carlo: «Destinato per compimento degli studi a Bergamo e a Milano, vedendo che se progrediva nella mortificazione e penitenza non permetteva l’infermiccia sua salute di coltivare quei talenti accordatigli dal Signore per l’acquisto delle scienze

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ecclesiastiche, afflitto e rassegnato, pose ogni suo studio

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all’acquisto della scienza dei santi»203.Con una rapidità che oggi sarebbe impensabile, a pochi

mesi dall’inizio del corso teologico il padre provinciale comunicò agli studenti del primo anno le date del ricevimento degli Ordini Sacri. Così il 16 dicembre 1855 padre Carlo ricevette la tonsura e gli ordini minori dal vescovo titolare, vicario generale e capitolare mons. Carlo

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Caccia Dominioni204, nella cappella arcivescovile di Milano. Il 22 e 23 dicembre ricevette nella stessa cappella il

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suddiaconato e il diaconato205 da mons. Carlo Bartolomeo Romilli, arcivescovo di Milano († 7 maggio 1859), successore del cardinal Gaisruck († 18 novembre 1846). Il 26 dicembre, giorno di S. Stefano, fu ordinato sacerdote dal

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vescovo Carlo Caccia Dominioni206 sempre nella stessa cappella, assieme a p. Giulio Stecchetti da Bergamo († 1897), p. Candido Tomasini da Milano († 1859), p. Cherubino Melzani da Bagolino († 1889), p. Vito Valverti da Martinengo († 1870), p. Geremia Leonardi da Tuenno (†

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1908) e p. Antonio Micheletti da Milano († 1881)207. Il tutto nell’ambito di un corso di esercizi spirituali di dieci giorni. P. Aliverti in una nota spiega che ciò avveniva nel rispetto di due norme: non esigeva esisteva ancora alcuna norma canonica che imponesse gli interstitia tra i singoli Ordini, ed i religiosi (gli Ordini religiosi) godevano del particolare privilegio di anticipare le sacre ordinazioni anche nel primo anno di teologia. Papà e mamma furono presenti, immaginiamo con quanta gioia e consolazione, alla sua

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ordinazione sacerdotale, come afferma p. Evaldo Giudici208. Il giorno dopo 27 dicembre celebrò la prima santa messa

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solenne nella chiesa del convento di Milano209. Alla fine di dicembre dell’anno 1855, Fra Carlo divenne padre Carlo, ma continuò ad essere studente.

A Milano rimase quasi tre anni, fin verso la fine di aprile 1858. Furono anni d’intensità straordinaria e di profondo assorbimento nella Passione di Cristo e nel Cuore

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addolorato di Maria, i suoi amori210. Ogni settimana, scrive padre Evaldo, c’era «un pomeriggio di fuoco», e talmente [p. Carlo] si trasformava nel pomeriggio di venerdì che piangeva a calde lacrime e misticamente agonizzava ai piedi

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della Croce con san Giovanni e l’Addolorata211. Tutti poi conoscono la famosa predica sulla Passione, espressa solo con lacrime e singulti, nel suo primo esercizio oratorio in

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refettorio, che fece piangere tutti212. Ma anche quella singolare iniziativa, già accennata, di voler «scrivere una lettera circolare a tutti i giovani studenti dell’Ordine perché ponessero ogni cura, diligenza, impegno ad ornarsi delle divine virtù di Gesù Cristo e a riempirsi dello spirito del nostro serafico padre san Francesco, così che fossero fatti degni di spargersi per il mondo a predicare il santo Vangelo

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e convertire con i loro esempi gli uomini a Dio»213. Come sacerdote si distingueva nel fervore estatico durante la

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celebrazione. Su questo aspetto numerose sono le

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testimonianze214.È difficile però assegnare ad un preciso momento o

periodo degli anni di studio episodi ricordati dai testimoni (quarantacinque anni dopo), ma non precisati nel tempo. La consacrazione sacerdotale permette di assegnare a prima i vari uffici esercitati nella comunità (sacrestia, orto, portineria, ecc.) e a dopo quelli riferentisi al ministero sacerdotale: per esempio la predica in refettorio, una esercitazione; il Trattato della SS. Trinità; il ministero esercitato. Di questi ci sono testimonianze. «Era devotissimo nel celebrare la santa messa» fino da allora: P. Giustino da Lovero. Della sua devozione all’Eucarestia p. Arsenio da Brescia, che l’aveva conosciuto all’Annunciata ed era suo “lettore” di teologia a Milano, afferma: era «innamorato del Santissimo Sacramento». E p. Paolino da Verdello, suo condiscepolo: «Tenerissima era la devozione che aveva al Santissimo Sacramento … da qui il bisogno naturale in lui di starsene le ore ed ore immobile davanti al santo Tabernacolo». E della preparazione alla prima messa: «So di mia scienza che si preparò con un fervore straordinario e direi da santo con preghiere, digiuni e vigilie in modo che era di edificazione a tutti». «Quando celebrava la santa messa era tanta la sua devozione e compunzione che si vedeva benissimo esser egli tutto assorto nel suo Gesù e per il che egli avrebbe impiegato più ore nel celebrare la santa messa, se ciò fosse dipeso da lui, non poteva però essere mai più breve di tre lunghi quarti d’ora ed anche di un’ora. Questo avveniva nei giorni feriali nei quali i fedeli avendo agio l’ascoltavano molto volentieri ricevendo le più soavi impressioni. Alla festa era però più discreto non oltrepassando mai la mezz’ora per quel che mi

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ricordo»215. Da subito, appellandosi alle costituzioni, non

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volle accettare offerte per le messe216.Oltre la celebrazione della santa messa padre Carlo

esercitava qualche altro ministero. Non la confessione e predicazione, essendo ancora studente, né mai le esercitò in seguito. Celebrava le messe nelle cascine. Testimoniò p. Vigilio che «Venendo mandato d’inverno nei cascinali poco distanti dalla città di Milano a celebrare la santa messa, non volle mai usare la vettura che si mandava dagli interessati per trasportarlo, e ciò in omaggio alla regola che prescrive di non usare dei veicoli se non in caso di grave necessità, sebbene i padri superiori lo volessero e ne lo

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rimproverassero come disobbedienza. Così anche dei digiuni

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e del mangiare di magro»217. P. Arsenio da Brescia mette in rilievo che il gran

concorso dei fedeli per ricevere la benedizione di p. Carlo nel convento di Casale c’era già stato a Milano, all’inizio del suo ministero sacerdotale: «Lo stesso praticò il Servo di Dio in Milano, dove pure si notava un grande concorso di fedeli

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per ottenere la sua benedizione»218. Benediceva non soltanto i fedeli. Fra Simpliciano da Rescalda, che si trovava nello stesso convento di San Vittore, ricorda: «Diceva la santa messa ed andava anche a celebrarla nei dintorni di Milano, al Molinazzo, alla Cascina Moglia, a San Siro ed altri siti, e qui si benediva la campagna, le bestie, ecc. … È capitato questo, che l’ortaglia (del convento), verdure e piante essendo invase dai bruchi, ricevuto l’ordine dal padre guardiano di benedirla, padre Carlo obbedì ed indossata la cotta e stola disse a me, che portavo il secchiello dell’acqua santa: ha lei fede che vadano via? Io risposi di sì; padre Carlo

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benedisse, ed il giorno seguente i bruchi scomparvero»219. Non sono passati molti anni da quando i parroci di campagna venivano chiamati per simili incombenze nelle campagna e negli orti, e i risultati, per quella fede che padre Carlo chiedeva al suo chiericone, non mancavano.

Anche dopo l’ordinazione sacerdotale l’incombenza maggiore di padre Carlo era quella di studiare. I risultati li abbiamo già visti. Ciononostante godeva la stima di tutti. Ancora fra Simpliciano testimoniò: «Tutti avevano una grande stima di lui, e ricordo che trovandomi in convento da pochi gironi mi faceva gran senso vedere il padre guardiano strapazzare senza motivo il padre Carlo; tra me dicevo: cosa toccherà a me che faccio tanto meno bene di padre Carlo? Ma il padre guardiano mi chiamò a sé e mi disse: Non scandalizzatevi se faccio così con padre Carlo, perché è un santo e voglio provarlo». «Era così esatto in tutte le più piccole regole (dichiarò p. Paolino da Verdello, suo

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condiscepolo), che non solo le osservava per lui, ma

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riduceva anche gli altri colle esortazioni ad osservarle»220.Nel capitolo provinciale del 22 aprile 1858 fu rieletto

padre Francesco Fustinoni da Bergamo, che aveva saputo cogliere la santità di vita del giovane Gaetano Vigevano di Abbiategrasso, raccomandatogli da quel parroco, l’aveva riammesso in noviziato e gli aveva facilitato l’accesso allo studentato e al sacerdozio. Ancora una volta mise p. Carlo, virtuosissimo religioso ma mediocre studente, sulla strada giusta, che l’avrebbe condotto alla meta che Dio aveva stabilito. Senza attendere la conclusione del corso teologico (mancava il 4° anno), p. Carlo fu assegnato al convento di

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Crema, in località Sabbioni221. Nella decisione sembra di poter leggere la convinzione che a Milano non avrebbe fatto grandi progressi e che tanto valeva – dopo le esperienze largamente positive nella campagna attorno a Milano – metterlo in un convento di campagna, nel quale rendersi utile (guadagnarsi il pane), anche se privo di facoltà di predicare e confessare. Avrebbe potuto anche studiare qualche materia del 4° anno, sotto la guida di un padre competente.

Il convento di Porta Ombriano presso Crema, dopo la soppressione napoleonica, era stato riacquistato per gli stessi frati dal conte Giacomo Mellerio nel 1841, e quasi del tutto rifabbricato dal sig, Giambattista Monticelli Strada nel 1842 e 1843, e provveduto delle occorrenti suppellettili dal conte Giovanni Vimercati nel 1844, così che i cappuccini

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poterono riaverlo e vi rientrarono solennemente il giorno 19

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maggio 1844222. Con l’aiuto di benefattori i frati avevano ingrandito la

chiesa allungandola con l’aggiunta di due nuove cappelle, sotto la guida del frate ingegnere p. Gaetano Negrosoli da

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Bergamo (1881)223. I frati a partire dal 1845 avevano sviluppato la loro attività di servizio pastorale, officiando la chiesa dell’Ospedale degli Infermi con p. Vincenzo da Milano. Nel 1855 quasi tutti i frati, a turno, prestarono assistenza spirituale ai colerosi ricoverati nell’Ospedale delle Teresine, al punto da ricevere un attestato di riconoscenza da parte del podestà Giacomo Guarini; e nel luglio del 1859, poco dopo l’ingresso a Crema delle truppe piemontesi, due padri e due frati laici, all’invito della Congregazione Municipale, accorreranno ad assistere i feriti di guerra; e ancora nell’estate del 1867 i frati saranno di nuovo in mezzo ai colerosi. Nel frattempo però la legge di soppressione emanata a Firenze il 7 luglio 1866 sopprimeva giuridicamente di nuovo tutte le congregazioni religiose e i frati vennero fatti sloggiare dal Regio Demanio il 16 luglio

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1868. Il ripristino del convento sarebbe avvenuto soltanto

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otto anni anni dopo224.Al convento di Crema non fu assegnato il solo Padre

Carlo. Fu deciso di spostarvi tre novizi dall’Annunciata e tre

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studenti sacerdoti da Milano225. Poche settimane dopo questi ultimi lasciarono Milano prima ancora dell’alba: c’erano 45 Km. da percorrere a piedi, e bisognava

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raggiungere il convento prima di sera. Non fu una fatica da

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poco per p. Carlo226.P. Carlo risultava presente come studente di morale

assieme a p. Cherubino Melzani da Bagolino († 1889) e fr. Giustino Giudici da Lovero († 1909), il futuro grande estimatore e testimone nel processo diocesano milanese. Prolettore di morale era p. Salvatore Locatelli da Caravaggio († 1879). Il padre maestro era p. Innocenzo

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Grealdi da Brescia († 1869) e vice maestro era p. Giacinto

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Meazza da Abbiategrasso, che poi uscirà dall’Ordine227. Non ci sono molte notizie sulla permanenza di p. Carlo a

Crema, che, del resto, fu brevissima, meno di due mesi. Si conoscono tuttavia due episodi che preannunciano il suo futuro carisma di operare miracoli e guarigioni. Di uno è testimone fr. Barnaba da Milano che così lo racconta:

«Stando nel medesimo convento una volta vennero a cercare un padre per benedire un bambino moribondo. Incaricato il padre Carlo, io gli fui compagno per condurlo alla casa dell’ammalato. Entratovi padre Carlo in ginocchio benedisse il bambino, lo prese fra le braccia, lo baciò dicendo: “Questo bambino non ha bisogno di morire, e non morirà, dategli da mangiare”, lo ricollocò nella culla e lo benedisse di nuovo. Usciti, mentre eravamo in cortile, la madre col bambino in braccio venne ad aprire la porta ed allora mi

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accorsi che il bambino accarezzava la madre chiedendo da

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mangiare»228.

Un secondo episodio di guarigione è narrato da un certo Angelo Nichetti, che da ragazzo aveva frequentato il convento e aveva spesso servito la messa a p. Carlo. La sua testimonianza non risulta nei processi, ma è stata raccolta da p. Aliverti nel 1934, quando questo teste era novantenne. Costui aveva 17 anni quando ebbe la ventura di accompagnare p. Carlo a visitare e confortare una donna gravemente ammalata e già spedita dai medici. La sua

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benedizione operò la seconda guarigione miracolosa

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documentata, che lasciò esterefatto lo stesso medico229. Non ci sono altre informazioni che permettano di

cogliere i sentimenti dei confratelli della numerosa famiglia religiosa dei Sabbioni nei confronti del nuovo venuto, a parte quelli già noti del gruppetto di giovani frati inviati da Milano. Fatto sta che p. Carlo rimase in quel convento soltanto un paio di mesi. Sembra che da quel Guardiano sia stato scaricato a quello di Casalpusterlengo. La ragione? Scrive p. Isaia da Milano negli “Articoli”: «A Crema in poche mesi edificò assai quegli abitanti, indi per la malferma salute gli venne assegnato il Convento da Casalpusterlengo che per recarvisi, quel p. guardiano ve lo fece condurre

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sopra del carretto del Convento»230. Fra Simpliciano da Riscalda, invece, ha sentito dire che «siccome non voleva accettare la elemosina della messa, il p. guardiano di Casalpusterlengo, trovandosi a Crema, lo domandò al p.

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guardiano di Crema e il padre provinciale lo concesse

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subito»231. Fra Apollinare da Arcore, che era nel convento di Casale

quando vi giunse p. Carlo, riporta quel che gli rispose il p. guardiano: «Era a Crema, non lo volevano e l’ho condotto

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qui»232. In poche parole i superiori di quella comunità se ne liberarono alla prima occasione. Scrive l’Aliverti: «Sulla fine

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di giugno 1858» fu destinato a Casale233. Nemmeno due mesi dal suo arrivo.

Gli scritti del Servo di Dio Non possiamo qui sorvolare un particolare

importantissimo, per non dire fondamentale, della sua esperienza spirituale, rilevabile in alcune paginette autografe del Servo di Dio che svelano i motivi profondi e le ispirazioni e aspirazioni del suo cammino spirituale. Abbiamo già incontrato e riportato alcuni suoi scritti, come le lettere che egli scrisse alla Pretura di Abbiategrasso nel 1850-51, una lettera non datata (ma di fine marzo-inizio aprile 1855) scritta al suo antico padre spirituale e confessore don Palazzi e il documento per la professione del

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29 marzo 1855234. Ma ci sono altri scritti che ora è opportuno presentare, analizzare e trascrivere. Si tratta di tre brevi scritti che non hanno un nesso, attribuibili a tre momenti distinti dell’itinerario spirituale di fr. Carlo, redatti nel periodo della sua permanenza a Milano nel convento di S. Vittore all’Olmo, dopo la sua professione religiosa e dopo

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la sua ordinazione sacerdotale. Verranno qui riprodotti

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integralmente riletti sugli originali e in edizione critica235. Il primo scritto esprime una “lamentazione” per

l’indifferenza e ingratitudine dell’anima verso Maria Addolorata. Come scrive don Mosca, esso «rivela densità di concetti, non esposti però con un linguaggio e in una sintesi teologica di sufficiente livello. Sembrano piuttosto attinti e affastellati abbastanza disordinatamente, da testi o lezioni scolastiche (vedi per esempio la citazione latina finale, che dà un tocco di eleganza ad un discorso abbastanza sgangherato sotto l’aspetto letterario); e ancor più da letture che l’avevano colpito nel profondo dello spirito (i Pensieri e affetti di p. Gaetano da Bergamo, citati da p. Carlo), assimilate in ferventi preghiere e meditazioni nella vita conventuale, in naturale evoluzione di convinzioni già consolidate negli anni giovanili ad Abbiategrasso, e diventate ormai fondanti della sua spiritualità – spiritualità di mistico – sotto la luce della divina ispirazione. Il collegamento con la devozione sentitissima alla Madonna Addolorata che aveva segnato la sua pietà negli anni giovanili trascorsi ad Abbiategrasso, è evidente, ed è ancora vivissima (a Casale ci sarà una evoluzione); d’altra parte il periodare grammaticalmente scadente dimostra la mancanza di una previa preparazione culturale. Per queste ragioni il testo non si potrebbe collocare oltre il primo anno del corso teologico 1855/1856. È giusta la data indicata da p. Evaldo, «tra la professione religiosa e l’ordinazione

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sacerdotale» perché nell’intestazione Fra Carlo si presenta

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come C.C. ossia come Chierico Cappuccino236.

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Ecco il testo esatto237 in edizione critica con il commento Lamentazione

Sull’indifferenza ed Ingratitudine di Fra Carlo C.C.verso Maria ne’ suoi Dolori.

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Fra Carlo, forse è scusabile questa tua Indifferenza che

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verso M.a 238 hai, chi è così dispiacevole239 agli occhi di Dio Padre, che questa (Madre del Suo Divin Figliuolo e tua da

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Gesù240 istesso assegnata allora ché si trovava pendente in

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Croce non tanto241 pei peccati, quanto più per l’amore che aveva verso di te) aveva preordinata ab eterno a cooperatrice de’ suoi adorabili consigli, altissimi et impenetrabili all’umano intendimento sì, ma santissimi quanto ne è l’Autore, però in particolare perché fosse la Corredentrice dell’Uman genere, la Madre della Misericordia, della Pietà e della Carità, l’Avvocata de’ peccatori poiché non essendovi chi possa veramente operare per la loro eterna salute, essendo Iddio sì inimico del peccato e quindi del peccatore, (perocchè gli occhi del

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Signore stanno sul giusto, Oculi Domini super Justos242) volle costituire Maria per tale effetto? Inviti tutto il cielo e la Terra ad esclamare: O Misericordia del Signore, O Adorabili Consigli

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di Dio, O Dio Ineffabilissimo.- Sia fatta243, lodata, benedetta, adorata ed in eterno esaltata la giustissima, altissima, ed amabilissima Volontà di Dio in tutte le cose! Ora vieni in

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proposito244. Di quanto tu sei debitore a Maria?... Molti sono i doveri che ne devi a Maria ed uno fra i massimi è quello di compatirla ne’ suoi dolori. Mira, fra Carlo, la tua Madre a piè della Croce e non distacca il viso se non ti struggi di compassione, di amore, di riconoscenza, ed imitazione, sollevala da’ suoi dolori acerbissimi, pregala di dividerli teco, e la tua gioia in terra non sia che il piangere i peccati tuoi ed i dolori di Gesù e di Maria, e in particolare il loro Cuore sommamente rammaricato per l’eterna dannazione de’ reprobi.

Oh mio Dio non sia io in questo numero, e così per tutti, massime di quelli che sono in dovere di giustizia, di osservanza e di Carità, e specialmente del Sommo Pontefice Papa Pio IX, e de’ miei tutti di Casa di raccomandare. Pondera (Fra Carlo) bene questa considerazione: Maria partorì Gesù

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nel gaudio, te245 per lo contrario nel dolore, da Gesù ebbe somma riconoscenza, amore e ricompensa; da te fin ora ebbe indifferenza, negligenze, ingratitudini, effetti di sconoscenza,

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disamore. 246 Questi247 sono248 gli ossequii che da te vedeva che

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gli avresti prestato; dimmi adunque, 249 quale cordoglio sarà

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stato di250 Maria251 in tale previsione dolorosa e funesta? Ah

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Maria permettetemi che vi nomini ancora252 Madre, e

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sappiate253 che è254 più grande ancora la vostra benignità che

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non la mia ingratitudine; d’ora in avanti, ora per sempre a

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voi255 mi consacro con tutta l’estensione del cuor mio256, deh cara Madre compatite la mia miseria non che la mia malizia, m’accuso di esser misero e malizioso per colpa mia, ma ora

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voglio farne veramente penitenza. Maria 257 Mater

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misericordiae misere<re> nobis,258. Mater pietatis sis nobis propitia, Mater Charitatis ora pro nobis ad Dominum Jesum

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Christum ut lavat nos259 quos in sanguine suo redemit [Ap 1,5; 5,9]. Amen.

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† Viva Gesù e Maria. Amen.260.

Un secondo scritto di p. Carlo è considerato un «esercizio di eloquenza» e sta a dimostrare la sua volontà di annunciare la Parola di Dio che è tutta concentrata

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nell’amore di Dio261. Una paginetta sopravvissuta miracolosamente, senza capo né coda, ma sufficiente a delineare, come scrive p. Evaldo, «lo stile di padre Carlo, la sua lingua italiana migliorata ma sempre incerta e non sempre corretta – anche questa è una brutta copia piena di correzioni fatte e da farsi – ed è soprattutto presente la sua anima piena di concetti e di sentimenti che si accumulano

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come un fiume in piena»262. Anche qui ne diamo un’edizione riveduta e critica, con le citazioni bibliche aggiunte nel testo:

J.M.J. Che è mai quest’Amore? è Dio stesso, noi lo sappiamo e ne rammentiamo ogni giorno: Deus charitas est [1Gv 4, 16]. La fonte di questo Amore qual è? É Dio Padre che abita una luce inaccessibile [1Tm 8, 16], e che però conoscendosi genera un Figlio di sua propria natura e volontà, il qual Figlio naturale conoscendo se stesso, ragione del Padre, ama il Padre non potendo diversamente avvenire, ed amandosi producono lo Spirito Santo, Spirito del Figlio che procede da una sol natura: Spiritus qui a Patre procedit [Gv 15, 26]. Sì, Fratelli, questo è lo Spirito che mise nei nostri cuori Iddio: Misit Deus Spiritum Filii Sui in corda vestra [Gal 4, 6]. Quanto, fratelli, costa a Dio tal decreto d’Amore? Udite.

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Creò Iddio263 l’Uomo ad immagine e simiglianza sua [Gen 1, 16] e quindi destinato a vivere una vita spirituale [Sap 2, 23]. Ma che avvenne? Quel Spirito di tenebre che tuttora va

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circuendo264 cercando chi divorare [1Pt 5, 8], è desso che

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ravinò da pianta questa natura e in maniera che265 provocò266

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Dio ad esterminarla, e però disse:267 Non permanebit Spiritus meus in homine in aeternum, quia caro est [Gen 6, 3]. Notate bene fratelli queste parole: quia caro est: poiché questo avvenne per la prevaricazione, ed essendovi i Figli di Dio e

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figlie degli uomini [cf. Gen 6, 2],268 i primi comunicandosi colle secunde generarono, e Dio vedendo la gran malizia degli

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uomini, tocco nell’intimo del Cuore dal dolore: 269 Distruggerò, disse, l’uomo [Gen 6, 7] che ho creato, dalla faccia della terra,

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dall’uomo fino270 alle cose animate, dal rettile fino agli uccelli

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del cielo: poenitet271.

L’ultimo testo di p. Carlo richiede una più grande attenzione. È il più personale, quasi brevi appunti di meditazione nella profonda consapevolezza di essere sacerdote. Sembra un piccolissimo diario dell’anima, che fissa sulla carta le illuminazioni del momento. Brevi riflessioni e propositi annotati man mano, senza alcun nesso, anche a distanza di tempo. Aprono uno spiraglio che permette di penetrare nel profondo di un’anima mistica. Non sono cose da dire agli altri, come nei precedenti due suopi scritti, ma da tenere per sé. Il commento di p. Evaldo, di grande sensibilità spirituale, è guida sicura alla comprensione. La calligrafia, minuta e nitida, è meno curata; non curata è la forma. Pensieri scritti di getto, con pochissime correzioni. Lo scritto (una paginetta) non ha titolo né data, e si può collegare l’inizio con la ordinazione sacerdotale, la forte impressione delle prime messe celebrate «in questo povero luogo, con pochi assistenti», cioè copn l’inizio del suo modesto servizio di ministero in cascine o frazioncine della campagna, vicino a Milano. Siamo dunque ai primi mesi dell’anno 1856. Solo più avanti pone alcune date, che restano punti di riferimento importanti per la sua vita, come il suo onomastico la sera del 4 novembre 1857 festa di san Carlo Borromeo; la solennità del Natale 1857 e l’anniversario della ordinazione sacerdotale il giorno seguente; il 25 marzo 1858, festa dell’Annunciazione di Maria e in quell’anno vigilia dell’ultimo venerdì di quaresima dedicato ai sette dolori di Maria Santissima; 29 D (di detto mese), la domenica delle Palme e Lunedì Santo, 30, l’anniversario della sua professione religiosa. Si arriva quasi alla fine derl terzo anno di teologia e al suo invio a Crema. Verso la fine i pensieri – brevissimi – sono annotati in due colonne. Qualche frase è oscura. I riferimenti scritturistici sono aggiunti da p. Evaldo, per segnalare le fonti del pensiero del Servo di Dio. Lo scritto non ha «né capo né coda», come si suol dire: né inizio, né conclusione. Si può forse avanzare il dubbio che il foglietto sia quanto è rimasto di un piccolo diario, su fogli staccati,

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non su quaderno, del quale l’uno o l’altro confratello abbia

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prelevato una pagina come reliquia272.

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Ripresentiamo in completa edizione critica questo

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importantissimo testo273 che lascia trasparire lampi luminosi dell’anima mistica del Servo di Dio e suggerisce interpretazioni più precise della sua spiritualità, come fa p. Evaldo nelle sue note esplicative che riportiamo:

Ricordati Carlo, che sei fatto spettacolo al mondo, agli angeli, ed agli Uomini. Ricordati di meditare bene i tuoi doveri

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e di adempirli. Sei sacerdote per Dio, sii pertanto

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irreprensibile a gloria di G.C.274.

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In conoscermi massimo peccatore, e vaso di Misericordia

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mi sento confidenza275.Un Dio si sacrifica in sacrificio di Adorazione, Vittima,

Ringraziamento, ed Impetrazione sotto le semplici apparenze

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di pane e vino, in questo povero luogo, con pochi assistenti,

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per mio mezzo...”276.

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Anche solo in accorgermi che sono di carne tremerò,

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inoltre277 odio santo278 ne concepirò. Esso infatti è il mio nemico intrinseco che per fino alla morte mi accompagna. Quando poi concepirò che l’anima fu avvilita sotto questa carogna, mi profonderò in umiliazione e Dio m’innalzerà, e mi farà fecondo di pensieri, desideri, affetti ed azioni divine, perocchè non sarà altro che lo Spirito di Dio che opererà. Chi

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può dubitare della fedeltà di Dio? Solo279 lo sollecito delle cose

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umane280.

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Poiché piena è la terra della vostra Misericordia, [Sal 32, 5] io intendo continuamente stare unito a Voi pei fini che Gesù

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si sacrifica a Voi e dimora con noi281. La sera del 4 novembre 1857, giorno di S. Carlo, mi

illuminò che Egli visse povero e penitente ed era pure innocente; quindi avviene che al vivere contrario di mia vita mi sento confondermi. Piacciavi darmi spirito di penitenza e vivere con Voi per un continuo martirio di dolore e d’amore,

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siccome voi m’inspirate e spero fermamente di ottenere,

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poiché sento gran confidenza282. Al nominare Gesù mi profonderò nella cognizione di Lui in

questi punti, cioè di Uomo nel presepio, di Vittima sulla Croce e di Cibo nel SS. Sacramento; così pure nel nominare Maria mi profonderò nella cognizione di Essa Madre di Gesù e

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Madre mia pietosissima. Gran confidenza mi sento ancor ora

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in Voi283.Oggi (giorno memorando pel Mistero del’Incarnazione del

Figlio di Dio) pure sento gran confidenza per l’esecuzione de’

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miei propositi, e mi sovviene pure che sono elevato alla

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dignità284 sublime del Sacerdozio, che mi ha meritato Gesù Cristo Agnello di Dio con tutti i suoi meriti. Paratus sum etc. (Sal 118, 60). Di Cristo sta scritto: Zelus domus tuae comedit

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me. [Sal 68, 10]. Attendi pur tu, Carlo285. La legge di Dio sia

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scritta nel mio povero cuore [Sal 36, 31]286.

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Quanti peccati si commettono anche in un istante e vanno

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a ferire G.C.287.

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25. marzo 1858. Ebbi sentimenti di speranza: questa è

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riposta nel mio seno288.

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29. D289 Vidi povertà per necessità290. Udii consonanza di

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voce nel cantare. Udii pazzi a dare nelle smanie. ‖ Ebbi291 santi

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sentimenti di imitazione cioè del silenzio di Maria, quindi

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proposi quanto già ho proposto292.

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30. Oggi, come anniversario della mia professione sarà il

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giorno del trionfo293. ‖ Conobbi in qualche parte qual sono. Per

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il che mi sentii sentimenti di confidenza294.

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La mia mente terrò sempre fissa sopra me stesso e Dio e

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quindi ne conoscerò le relazioni295. ‖ Tutto quanto posso fare

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non tralascierò. Ogni opera sia secondo il più perfetto296.

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Rinnoverò ogni momento i miei voti297.

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Per completezza aggiungiamo un testo, conservato

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nell’archivio provinciale dei cappuccini a Milano298, un quadernetto manoscritto che porta sul frontespizio, a matita, aggiunto, “Fra Carlo”. Inizia con il titolo: Breve trattato razionale del mistero dells SS.ma Trinità. In realtà sono tre quadernetti (tre infatti sono le copertine), dedicati a “Discussione”, “Discussione seconda”, “Discussione sesta”, suddivisi in “capi”. L’esame grafologico richiesto dalla Vice Postulazione alla dott.sa Patrizia Artori (della Associazione Grafologi Professionisti e consulente di Tribunali) escludel’attribuzione a padre Carlo. Si può aggiungerer che né lo stile né il contenuto concordano con i pochi scritti autentici. In conclusione si possono riportare le parole ammirate di p. Aliverti: «Richiamiamo ancora l’attenzione e la meditazione del lettore sopra questi pochi, purtroppo!... troppo pochi manoscritti del Servo di Dio, giunti a noi. Ora, uno, che in cos’ poche parole raccoglie, riunisce, sintetizza con incomparabile chiarezza, dottrine della più alta teologia dogmatica e mistica, si potrà mai pensare che sia un tardo di mente, od un ignorante? Da qui si può capire come dotti personaggi stupivano della sua prudenza e della sapienza delle sue risposte. È che padre Carlo per innocenza aveva tutte le grazie del bambino, e per l’intelligenza era la mente eletta del sapiente. Era la sua profondissima umiltà, la sua sottilissima arte – propria dei

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santi – che riuscivano a lasciarlo nella oscurità»299. Un’«alta teologia dogmatica e mistica» attinta non nei libri, ma nell’unione diretta, ininterrotta, con Dio.

In questa altissima tensione spirituale p. Carlo trascorse i due anni o poco più nel convento di Milano.

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3) GLI ULTIMI MESI A CASALPUSTERLENGO:(FINE GIUGNO 1858-21 FEBBR. 1859)

P. Carlo, quasi improvvisamente destinato a Casalpusterlengo, fu sospeso per sempre dagli studi. Per questo non potrà né confessare né predicare. Resterà un

Predicatore. Nato il 1.11.1804; vestizione il 1.3.1832; professione il 5.3.1833; morte il 7.8.1855 (Necrologio 82, 7 agosto). - P. Gaudenzio da Cremona. Curtarelli Giuseppe. Ebbe parte importante nella costruzione del Convento del S. Cuore a Milano. Fu anche valido aiuto nella erezione della chiesa della Madonna del Suffragio in Milano. Nato il 29.12.1823; vestizione il 24.9.1847; professione il 28.10.1848; ordinazione il 15.3.1851; morto il 4.1.1899 (Necrologio 82, 4 gennaio). - Il documento autografo di fra Carlo porta una lunga cancellatura tra la 6ª e la 7ª riga, segno di una non facile adattazione del formulario comune che doveva essere accomodato, con varie aggiunte e modifiche, al caso particolare e anomalo di fra Carlo. - Una piccola curiosità: gli esercizi spirituali durarono dieci giorni, iniziarono la sera del 16 marzo e terminarono il mattino del 27. Perché la professione non ebbe luogo il giorno stesso o almeno non il dì seguente, 29, ma si aspettò fino al giorno 30? Probabilmente fu per un calcolo evidente di convenienza. Il giorno 30 era venerdì, - e per essere precisi, era il venerdì del tempo di Passione, - giorno, quindi in cui a Milano, nelle chiese di rito ambrosiano, non si celebravano funzioni o messe: era possibile, perciò, avere più numerosi fedeli nella piccola chiesa del convento, e anche più facile era la presenza non solo di parenti ed amici di Abbiategrasso, ma anche degli stessi sacerdoti e del prevosto don Palazzi! I giorni 28 e 29, perciò servirono benissimo per mettere a punto tutto ciò che di scritto e di preparazione prossima era richiesto e necessario per la solenne funzione, senza rubare tempo e attenzione agli esercizi spirituali». – Vedi anche in Proc. Laud., doc. 9, f. 362v-363r: Attestato di professione religiosa avvenuta il 30 marzo 1855 a Mi S. Vittore (vestizione 8 nov. 1852), Fr. Guglielmo M. da Bergamo, min. prov. Dal convento del S. Cuore di Milano, 28 giugno 1899.

185 Cf. Giovedì 5 aprile 1855, p. 42-43. Il testo è riportato da P. Evaldo, Appunti, pp. 184-187, ripreso da P. Aliverti, Vita, p. 255-257, Appendice I: «C’era presente papà Carlo Vigevano accorso ad assistere alla solenne cerimonia. Ma c’è da credere che fossero in tanti quelli venuti da Abbiategrasso quel giorno».

186 Vedi sopra, p. 28, nota 41.187 P. Aliverti afferma che avrebbe seguito le lezioni dei «primi

elementi di logica e di filosofia: scienze allora insegnate dal pio e dottissimo padre Arsenio Comincini da Brescia» (Vita, p. 73; ripetuto da

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semplice sacerdote che celebra la messa, prega, benedice, esorta e compunge i cuori300.

Iniziano così gli ultimi suoi sette mesi di vita, che sono un prodigio crescente. Nel convento di Casale c’erano tredici Frati301. Don Codazzi scrive: «Taluni di questi ultimi non mostravano troppo buon concetto di P. Carlo, specie quando si seppe che da Crema questi doveva essere

p. Evaldo, Appunti, p.191s). In realtà dalla Statistica redatta dopo il capitolo provinciale del 23 aprile 1858 a Bergamo era lettore di belle lettere, direttore e guardiano p. Giannantonio da Brescia, mentre nel triennio precedente p. Arsenio da Brescia era lettore e direttore a Milano e nel 1858 risultava definitore, maestro dei novizi e vicario alla SS. Annunciata. Cf. Roma, AGC, G. 70, 8: Statistiche an. 1852 e 1858.

188 P. Aliverti, Vita, p. 73-74. Docente, “lettore”, p. Arsenio da Brescia, un nome illustre per cultura nella provincia. P. Arsenio però, deponendo nel Processo; dichiarò di essere stato suo “lettore” in teologia, a Milano, come vedremo.

189 P. Augusto da Crema nel 1852 era studente di teologia a Milano e divenne sacerdote il 24 marzo 1855. Quindi era novello sacerdote a Bergamo; nel 1858 era prolettore di filosofia al convento della Badia di Brescia. Cf. Roma, AGC, G. 70, 8: Statistiche an. 1852 e 1858.

190 Cf. V. Bonari, I conventi e i cappuccini bergamaschi, Milano 1883, p. 21. Gli addetti al lanificio, chiamati “lanini”, alla fine del 1852 erano Fr. Filippo Negri da Casalpusterlengo († 1881), Fr. Girolamo da Lodi, fr. Pietro da Cavenago e fr. Giuseppe Cutter d’Aviatico († 1894), e nel 1858 fr. Biagio Fazzini da Premana († 1878), Fr. Tiburzio Caronni da Seveso († 1908) e fr. Galdino Maccari da Gandino († 1890). Cf. AGC, G. 70, 8: Statistiche (an. 1852 e 1858.

191 Proc. Mediol., XXI testis, f. 220rv. Secondo questa testimonianza il fatto dovrebbe essere avvenuto a Bergamo, dopo la sua professione religiosa, e non a Milano, come sembra supposto dagli altri biografi. A meno che p. Carlo abbia ritentato altre volte a Milano di ottenere questo permesso dal direttore degli studenti che doveva essere o p. Arsenio da Brescia o p. Agostino da Crema.

192 Alcune testimonianze rivelano questa sua brama di servire gli ammalati colerosi. Fr. Apollinare Redaelli da Arcore: «So che ammalato domandò di poter assistere i colerosi di Casalpusterlengo nel 1859, ma non gli venne concesso» (Proc. Mediol., f. 71v). Ma secondo i primi biografi, già prima quando era a Milano aspirava a questo servizio. Cf. Memorie storiche, Milano 1898, p. 38: «Nel colera del 1854, trovandosi infermo a letto, e dimenticando i propri malori, pregava il guardiano a permettergli di assistere i colerosi»; Aliverti, Vita, p. 119; Evaldo, Appunti, p. 200. Significativo anche ciò che asserisce fr. Barnaba Bozzotti da Milano: « Vi fu tempo in cui anche in convento dominava il vaiuolo, ed

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mandato a Casalpusterlengo»302. Una conferma è nella deposizione di fra Apollinare da Arcore: «Quando arrivò al convento dove mi trovavo anch’io abbiamo osservato al padre guardiano: ‘a che ci ha mandato un infermo?’». Il p. guardiano rispose: «Che ne sapete voi altri? Era a Crema non lo volevano e l’ho condotto qui»303. Si accorse presto che con la sola benedizione guariva gli infermi.

P. Isaia da Milano negli “Articoli” afferma: «Appena arrivato al convento del santuario di S. Salvario dei io che aveva l’incarico dell’infermeria mi trovava molto occupato. Padre Carlo era affetto di migliara, con tutto ciò egli mi supplicava che gli cedessi le mie parti, al che io opposi un rifiuto» (Proc. Mediol., f. 153r).

193 Frate Apollinare Redaelli da Arcore depone che «quando aveva da lavar fazzoletti da naso con bel modo si faceva dare fazzoletti anche da tutti gli altri per poterli lavare lui e siccome era lento così succedeva che sonando la campana per andare in chiesa o altrove non aveva ancora terminato, ed allora si recava dai confratelli a dimandar scusa se non era arrivato in tempo e che lo farebbe poi» (Proc. Mediol., f. 74r-v). Simpliciano Maria Colombo da Rescalda: «Le opere buone in cui si è distinto il padre Carlo sono quelle della carità verso i suoi confratelli come per es. fino al punto di lavare i loro fazzoletti, di ritardare alquanto il suono della campana per lasciarli riscaldare» (ibid., f. 101v).

194 P. Giustino Giudici da Lovero: «Si occupava di preferenza negli uffici più vili e umili della casa» (ibid., f. .200r).

195 P. Giustino da Lovero (ibid., f. 200r).196 Testimonianza di fr. Apollinare Redaelli da Arcore, laico

cappuccino: «Ho sentito dire da Padri del suo gran desiderio pel martirio» (Proc. Mediol., I testis, f. 66v). Questa aspirazione al martirio è ricordata anche nell’art. 20 della vita di p. Carlo preparata dal vice postulatore p. Isaia per l’esame dei testimoni: «Qualmente ecc. rivelò l’eroismo della sua fede col desiderio del martirio e di dar il sangue per Gesù Cristo. Questo veementissimo desiderio più volte manifestò ai superiori e compagni e lo consumava di santo ardore» (ibid., f. 37r).

197 Roma, AGC, G. 70, 3, doc. 8bis.198 P. Arsenio, come già si è detto, aveva conosciuto Fra Carlo

all’Annunciata, era dunque di famiglia in quel convento: «Ho conosciuto il Servo di Dio la prima volta nel convento del noviziato di Borno». Aggiunge: «Mi sono trovato insieme anche nel convento di Milano dove gli fui maestro di teologia per due o tre anni» (Proc. Bergom., f. 37-38).

199 Ibid., f. 39-40.200 P. Augusto da Crema (Proc. Mediol., f. 219v-220v), parla però di

sei mesi a Bergamo, lo chiama “novizio”, «Nella conversazione coi suoi condiscepoli, nei momenti di ricreazione faceva ad arte cadere il discorso sopra la passione di nostro Signore, raccomandandone la devozione ai compagni novizi»: si può pensare, dunque, che Fra Carlo abbia trascorso

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Cappuccini, venne conosciuta da tutti la sua santità»304. Da “tutti” i laici, che incominciarono ad accorrere al Santuario, ma non da tutti i religiosi. C’è la testimonianza particolarmente importante, perché di un testimone dei fatti che andava cogliendo con gli occhi di un bambino: quella del chierichetto del convento il piccolo Sante Peviani. «Lo tenevano tutti per un gran santo. Solo che in principio i frati lo trascuravano, anzi il p. guardiano una volta mi disse che il p. Carlo lo si poteva chiamare Padre Inutile, perché tutto il a Bergamo anche i mesi estivi, cioè fino a prima dell’inizio del corso teologico. «Un giorno venne in cella a domandare il permesso di poter scrivere a tutti i nostri chierici della Provincia di Lombardia, una lettera circolare, per esortarli a corrispondere alla grazia della vocazione, e le sue parole erano accompagnate da un profluvio di lacrime». Pur non avendo altri rapporti fuori della scuola con i novizi, dimostra di essere molto ben informato sul comportamento di Fra Carlo.

201 P. Giustino da Lovero, ibid., f. 201r-202r, 205v.202 P. Virgilio da Chiari, ibid., f. 240r-241v.203 P. Isaia, in Proc. Mediol., art. 13, f. 35v. P. Aliverti riporta dati ed

episodi testimoniati nel Processo (Vita, p. 73-80). P. E. Giudici parla di Fra Carlo studente di filosofia (Appunti, pp. 191-210), studiando, sulla scorta delle testimonianze, i sentimenti profondi e l’opera di Dio nelle azioni di quello studente che anche come studente era una frana, ma da tutti era ammirato per la santità della vita. Non sempre testimoni e biografi concordano nello stabilire il momento di alcuni fatti particolarmente significativi, pur ricordati da tutti, come la predica sulla passione di NSGC, fatta durante il pasto frugale, o meglio non fatta per il profluvio di lacrime. Nei biografi le deduzioni sono legittime; non sempre però risultano le fonti, se non in modo generico. Ad esempio: «Forse nessun ambizioso fu mai così smanioso di apparire, come egli di nascondere (ai confratelli) le sue esimie doti d’animo, mente e cuore. Faceva sforzi di sante industrie per comparire un povero idiota. Invece era fornito di bella intelligenza, di fine e pronta intuizione, di giudizio santo, diritto, sicuro, e di buona memoria. Egli vedeva di colpo il nesso di un’idea con l’altra; e se non fosse stato per il suo basso sentire di se stesso, con facilità poteva confondere tanti spiriti superficiali. Così risulta da documenti, dove tra l’altro si legge: ‘Fino dai primi giorni di scuola di teologia dette luminosi esempi non solo di diligenza e perfetta osservanza dei propri doveri, ma anche di comprendimento nel coltivare le discipline ecclesiastiche. Ed unanimi erano i consensi di coloro che gli furono compagni di religione, dei tanti secolari che lo conobbero, e che ebbi la fortuna di avvicinare’». Le affermazioni di p. Aliverti (Vita, p. 74-74) sono riprese da p. Giudici (Appunti, p. 218), il quale però opportunamente mette piuttosto in rilievo la modestia della cultura di Fra Carlo. Bisogna dire che i pochi suoi scritti che conosciamo testimoniano una scienza ascetica e mistica ammirevole, frutto della unione con Dio più che dello

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giorno lo spendeva nella preghiera. Sull’ultimo però anche i padri lo presero a stimare e venerare»305.

In una testimonianza scritta, sollecitata da p. Aliverti nei primi mesi del 1933, già sacerdote, parroco, monsignore, fornì notizie particolareggiate in proposito. «Gli altri padri stimavano tutti le sue virtù, e l’esattezza e prontezza con cui soddisfaceva alla regola»: aveva dichiarato nel processo. Ciononostante, egli «vedeva e notava spesso che quelli non amavano e non simpatizzavano troppo con quella presenza,

studio, ma non un elevato pensiero teologico. I quadernetti che l’archivista provinciale ha segnalato nell’APCL (P 1105/05), dal titolo Breve trattato razionale del mistero della SS Trinità, con una soprascritta in matita: “P. Carlo”, non sono di padre Carlo. Si tratta forse di una dispensa in uso nel corso teologico, utilizzata da p. Carlo. Si può ritenere che padre Carlo non fosse in grado di produrre uno studio di tale livello sulla Santissima Trinità mancando di conoscenza approfondita della Sacra Scrittura e della lingua latina, con soli tre anni di scuola elementare e tre mesi di filosofia alle spalle, e all’età di quasi trent’anni. Bisognerebbe rintracciare quale testo o dispensa era in uso nello studentato. (Cf. Documento B).

204 Su di lui cf. Paolo Rappellino, Monsignor Carlo Caccia Dominioni vicario della diocesi di Milano negli anni del Risorgimento (1859-1866). Milano, Ed. NED, 2004.

205 Cf. Milano, APCL, P 1105/013: Foglio anonimo in cui si elencano le date della tonsura, suddiaconato, diaconato e presbiterato; P 1105/014: Foglio anonimo in cui si riporta la data della cresima (1836) e gli ordini minori e maggiori, aggiungendo i nomi dei compagni (si presume) di presbiterato.

206 Cf. Attestato di S. Ordinazione al Presbiterato il 26 dic. 1855 dal vescovo Carlo Caccia Dominioni, firmato dal vic. generale Mantegazza, Milano 20 giugno 1899, in Proc. Mediol., f. 259r-v, doc. 4; Proc. Laud., f. 362r-v, doc. 8.

207 Cf. Milano, Arch. Curia Arciv., Fald. n. 1263: Ordinazioni straordinarie del 1855.

208 «Erano presenti papà Carlo e mamma Giuditta; a ringraziare Dio con fr. Carlo – ora padre Carlo – si unì trionfante don Palazzi con la parrocchia tutta, specie i giovani» (Appunti, p. 213). Di tutti gli Ordini Sacri, Minori e Maggiori p. Aliverti porta i dati precisi, desunti dai documenti originali della Curia Arcivescovile di Milano (Vita, p. 80-81). Dei sette ordinati al sacerdozio, suoi compagni di corso, nessuno testimoniò al Processo: cinque erano morti, p. Geremia era in Rezia, Testimonium dell’ordinazione sacerdotale in Proc. Mediol., doc. 4, f. 259r. P. Giudici, Appunti, p. 210-237 scruta l’animo del novello sacerdote, riferendo e interpretando episodi e comportamenti ricordati dai testimoni del Processo e citando come maggior fonte l’Aliverti.

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e non ambivano e non desideravano per nulla ch’ei fosse presente alla conversazione comune, perché si sentivano imporre troppo da quella modestia e semplicità cara si, ma anche aveva qualche cosa di molto serio e sovranamente grave. Talchè quando … se n’andava al coro, essi respiravano …. Quel guardiano, testa un po’ strana e bislacca, quel che tutti l’hanno conosciuto accoglieva p. Carlo con modi e parole, proprio non gentili, e, seccandosi

209 Fr. Simpliciano da Rescalda ricorda: «Ho sentito delle grandi preghiere e penitenze con cui si preparò alla prima messa» (Proc. Mediol., f. 115v).

210 P. Paolino Belotti da Verdello: «So che molte volte in religione lo sorpresi in ginocchio davanti al suo Crocifisso, nel cuore della notte, e so anche che passava-in tale orazione e contemplazione si può dire quasi tutta la notte, benché rigidissimo fosse l’inverno» (Proc. Mediol., f. 91r-v). Fra Simpliciano Maria Colombo da Rescalda: «Era molto assiduo all’orazione e domandava speciali permessi per vegliare in cella a pregare. So pure da testimoni di veduta che una volta stette due ore sulla neve ginocchioni in orazione davanti a una Croce in corte del convento di San Vittore» (ibid., f. 101v). Fr. Barnaba da Milano: «Varie volte l’ho trovato in chiesa dopo l’Ave Maria in ginocchio trascinando la lingua in terra lungo la chiesa tracciando una croce» (ibid., f. 158r).

211 Di questi venerdì parla fr. Barnaba Bozzotti da Milano: «Più volte l’ho osservato rapito veramente in estasi specialmente nei Venerdì dopo la santissima Comunione ed assistendo alla santa Messa, tanto che un giorno assistè a tre messe credendo sempre che la prima non fosse finita. Ebbe certo il dono della profezia come ho già detto e anche quello delle lagrime perché per es. al Venerdì intorno all’ora dell’agonia piangeva a calde lagrime» (Proc. Mediol., f. 154r-v)

212 Numerose sono le testimonianze. P. Paolino Bellotti da Verdello così riferisce: «Si facevano le prove di tutti gli studenti colla recita di prediche a diversi temi. Al Padre Carlo era toccata la predica sulla Passione di Gesù Cristo. Annunciato il testo proruppe in pianto, né sapeva come cominciare l’esordio, ripetendogli più volte le prime parole del medesimo, finalmente giunse a frenare il pianto e cominciò. Ma che! Recitate poche righe di nuovo preso da vivissima commozione del soggetto di cui stava parlando, di nuovo proruppe in un dirottissimo pianto, e per quanto io lo esortassi a proseguire suggerendogli le parole, egli non potè mai superare la commozione da cui si trovava in preda. Dopo sei o sette minuti o più il Provinciale che assisteva a questa recita con tutta la religiosa famiglia, rivoltosi al Padre Carlo gli ordinò di discendere dalla Cattedra dicendogli: Basta, basta, avete predicato abbastanza. Era così fortemente compreso del soggetto che andati in coro a far la visita al Santissimo Sagramento, non gli venne fatto di dire una parola di preghiera continuandogli un profluvio di lagrime» (Proc.

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di quelle continue richieste di licenze, lo mandava non di raro a quel paese a farsi benedire… Ricorda di aver sentito i religiosi alla presenza di p. Carlo scherzare e ridere sul di lui conto, come di un missionario ridicolo, di una caricatura di missionario… e vedeva allora che p. Carlo accoglieva questi sberleffi, come del resto altri parecchi, senza alterarsi d’un punto, anzi con ilarità e allegrezza. Non era cosa rara che i suoi confratelli avessero la tentazione, facilitata per una parte dal carattere rimesso e mansueto

Mediol., f. 87r-v). Fr. Simpliciano Maria Colombo da Rescalda: « So che una volta nel convento di San Vittore qui a Milano dovendo fare in refettorio la predica della Passione dopo detto l’esordio incominciando le prove si mise invece a piangere e di tal modo da far piangere gli altri religiosi. Allora il Provinciale gli disse: «Venite giù dal pulpito che avete predicato abbastanza» (ibid., f. 102r). P. Arsenio Comincini da Brescia: «Il Servo di Dio si distinse nella devozione alla Passione di Nostro Signore. Al quale proposito ricordo una predica tenuta da lui nel refettorio del convento a Milano, nella quale dopo l’esordio avendo proseguito un po’ nel discorso sulla Passione del Signore, non potò più trattenere il pianto talchè dovette interrompere la predica. Molti dei padri, tra i quali era anch’io, piansero per la commozione» (Proc. Bergom., p. 40s (ms. in Arch. Curia Vesc. di Bergamo); f. 81r (copia autentica in Roma, APGC, 62/3).

213 Cf. P. Evaldo, Appunti per una vita, p. 227-234.214 Per es. p. Paolino da Verdello: «So che era talmente amante del

ritiro e del chiostro che per lui era un vero martirio ogni qualvolta ne dovesse uscire. Quando celebrava la Santa Messa era tanto la sua devozione e compunzione che si vedeva benissimo esser egli tutto assorto nel suo Gesù e per il che egli avrebbe impiegato più ore nel celebrare la Santa Messa, se ciò fosse dipeso da lui; non poteva però essere mai più breve di tre lunghi quarti d’ora ed anche di un’ora. Questo avveniva nei giorni feriali nei quali i fedeli avendo agio l’ascoltavano molto volentieri ricevendo le più soavi impressioni. Alla festa però era più discreto non oltrepassando mai la mezz’ora per quel che mi ricordo. Celebrando poi qualche volta non era raro che gli sgorgassero dagli occhi le lagrime» (Proc. Mediol., f. 87v-88r). Fr. Simpliciano M. da Rescalda: «So che celebrava la santa messa con moltissima devozione e con tale contegno che faceva invidia» (ibid., f.101v).

215 P. Arsenio, Proc.Bergom., f. 42; p. Giustino, in Proc. Mediol., f. 201v; p. Paolino, ibid., f. 84r, 87v-88r. Tutti i religiosi testimoni sono concordi. P. Isaia nell’Art. 28 (ibid., f. 38v): «Quando accostandosi frequentemente alla Santa Eucaristia lo si ammirava da tutti infiammato, commosso e cogli occhi pieni di lacrime; e da religioso, quando celebrando la santa messa cogli occhi bassi e raccolti osservando anche le più piccole cerimonie, sembrava di vederlo come estatico e trasfigurato massime nei solenni momenti della consacrazione e comunione».

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del p. Carlo superata dall’altra dalla nessuna sua praticità (in agibilibus) in opere umane… di muovergli appunti e osservazioni anche mordaci, disapprovazioni acre, rimproveri e disprezzi, e per la più parte quella tentazione non veniva superata»306.

Eppure tutti vedevano il suo modo di pregare, di celebrare la Messa, le grazie e i miracoli che otteneva, l’afflusso dei fedeli, i penitenti che assediavano i

216 Fra Simpliciano da Rescalda, condiscepolo: domanda «Padre Carlo accettava l’elemosina della Messa?»; risposta: «No, non accettava»; domanda: «Non era tenuto per obbedienza ad accettare l’elemosina?», risposta: «Non voleva accettare perché stava alle Costituzioni, ed applicarla per benefattori» (Proc. Mediol., f. 103r). P. Giustino da Lovero, condiscepolo, dà la spiegazione: «Si potrebbe far addebito del non aver voluto egli, nonostante il comando dei Superiori, applicare le Messe secondo le loro intenzioni quando seppe che venivano ricevute elemosine in denaro. Ma egli si teneva obbligato in coscienza a rifiutarsi, sia per le istruzioni del Direttore (spirituale) p. Arsenio da Brescia, sia per l’esatta osservanza delle regole e costituzioni nostre (f. 202v) … In allora non vi era la dispensa pontificia, e si poteva osservare benissimo questo precetto, stante le circostanze del governo del tempo» (f. 207rv). P. Vigilio da Chiari, condiscepolo, ricorda che disubbidiva ad altri ordini, dati a suo vantaggio, perché non conformi alle Costituzioni. «Per l’irremovibilità nel proposito di stare scrupolosamente alle Costituzioni, qualcuno lo giudicava un po’ fanatico e pellagroso» (f. 241v). «Era esemplarissimo per obbedienza» - ricorda P. Cristoforo da Lecco - ma per notizia avuta da altri, ma certa, so che egli si rifiutava ostinatamente a ricevere denaro in elemosina di messe, nonostante che il padre provinciale Francesco da Bergamo osservasse che poteva coscienziosamente, per permesso della Santa Sede. Il padre provinciale desistette in seguito dal fare premura, e nell’Ordine vi era, e forse vi sono ancora padri vecchi che approvavano il fatto che padre Carlo per stare fedeli alla Costituzione (f. 234v-235r). Eppure era «umilissimo ed ossequiosissimo verso i superiori» assicura p. Paolino (f. 92v); «dipendeva in ogni cosa anche minima dal consiglio dei suoi direttori» (f. 92r). Anche p. Augusto da Crema (f. 220v-221r). – C’era una corrente nella Provincia Lombarda dei Cappuccini che disapprovava «l’abuso troppo patente del raccolto denaro, con solenne scandalo… la patente ew continua e grave violazione di povertà» e invocava il ritorno al rigore della Regola primitiva. P. Fedele da Provezze del convento di Cremona, a nome di altri sei sacerdoti e quattro laici, si rivolse al cardinale cappuccino Giusto Recanati con una lettera in data 20 novembre 1861 implorando che ottenesse dal Santo Padre l’assegnazione di un convento nel quale fosse ammessa l’osservanza della Regola stretta. Scrisse. «Siamo intimamente convinti essere porecisa volontà di Dio questa riforma, e di ciò ne accertava il nostro buon Padre Carlo d’Abbiategrasso, morto or fanno tre

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confessionali! Fra Apollinare dice che la gente invadeva perfino la casa. I confessori avevano un gran lavoro, la vita in convento era condizionata da p. Carlo, specialmente di quei padri o fratelli che dovevano assisterlo, sino a rendere difficile la vita comune.

«Sull’ultimo però anche i padri lo presero a stimare e venerare», scrisse don Sante Peviani. É confermato da un altro sacerdote che frequentava il santuario, don Bassano Sordi: «In principio i padri cappuccini lo ritenevano un anni in concetto di santità, giudicato pazzo dai Superiori, perché e colla vita santa e colle parole infuocate, e specialmente coi prodigi moltissimi operati sugli ultimi anni di sua vita, altamente rimproverava in essi lorol’abuso troppo patente del raccolto denaro e la manomessa povertà avvera sopra la Provincia di San Carlo in Lombardia avvera la sentenza del Padre San Francesco: chi disprezza la povertà cade in ogni eccesso più abominevole». Sembra che la petizione non abbia avuto seguito. La lettera giunse a Roma tre giorni dopo la morte del Cardinale. P. Fedele nel 1873 fu secolarizzato (Cf. Arch. PC, cart. 134, n. 32: riproduzione dattiloscritta della lettera e della nota informativa, da AGC, Mic 152/2, v. 9-12). Sia la stranezza dei corsi e ricorsi della storia, o sia l’ispirazione della Provvidenza, poco più di un secolo dopo, nello stesso convento di Cremona, prese vita un movimento similare. A capo proprio un cappuccino di Casalpusterlengo, P. Alvaro. La Santa Sede riconobbe il movimento e concesse l’autonomia. Sono i “Fratelli di San Francesco”, ancora in numero ridotto di aderenti, quasi tutti giovani, ma in espansione. Casuale che le stesse idee di padre Carlo fossero riprese da un Casalino che ha maturato la sua vocazione nel santuario di p. Carlo?

217 Proc. Mediol., f. 240v-241r.218 Proc. Bergom., f. 41.219 Proc. Mediol., f. 102rv.220 Fra Simpliciano, f. 102v; p. Paolino, ff. 93v-95v. P. Paolino in

particolare, e gli altri condiscepoli dimostravano nel Processo di conservare un ricordo vivissimo, in minuti particolari, delle manifestazioni di una santità vera in quell’umilissimo fraticello che la Provvidenza aveva messo al loro fianco. Le loro testimonianze sono particolarmente convincenti. Un fatto in particolare rimase impresso nella memoria di tutti: la predica (una esercitazione, che si teneva durante il pranzo in refettorio) sulla Passione di NSGC, cui ho già accennato. Una vivace descrizione è nella deposizione di p. Paolino (f. 87v-88r). P. Arsenio da Brescia dichiarò: «Molti dei Padri, tra i quali ero anch’io, piansero per la commozione» (Proc. Bergom., f. 40-41). Anche Fra Simpliciano: «Si mise invece a piangere, in tal modo da far piangere gli altri religiosi» (Proc. Mediol., f. 102r). Fra Apollinare sentì dire che «Il Superiore dovette dirgli: ‘Venite giù, padre Carlo, che avete predicato abbastanza’» (f. 67v). Fra Barnaba da Milano, al suo fianco gli suggeriva le parole, ma invano: conservava ancora un preciso ricordo dell’episodio.

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povero fraticello semplice e buono non altro che a dire la S. Messa, dopo però anche i cappuccini riformarono il loro giudizio e lo venerarono anch’essi»307.

Nel convento di Casale ogni giudizio negativo fu spazzato via dalla morte di padre Carlo, la morte di un santo, e dall’immediato accorrere di una fiumana di gente per pregare davanti a quella salma esposta nel Santuario. Le parole scritte dal guardiano poche ore dopoil transito al cielo sconfessavano e riparavano ogni malevolo giudizio:

Padre Carlo continuò a piangere anche durante la Visita al SSmo in Coro in uso dopo il pranzo (f. 87rv).

221 Per il convento di Crema e la famiglia religiosa di quegli anni c’è in Roma, AGC, G. 70 (8), tra le varie statistiche, al doc. n. 8, la seguente: Statistica dei Cappuccini della Provincia di S. Carlo in Lombardia disposta secondo le famiglie formate nella Congregazione immediata al Capitolo Provinciale tenuto in Milano li 23. Aprile 1858. Ministro provinciale era p. Francesco da Bergamo, e il Segretario ed esaminatore provinciale era p. Cesare da Pavia. Nel documento, alla fine si elencano i religiosi presenti nel convento di Crema: «M.R.P. Innocenzo da Brescia, ex definitore e maestro de’ novizi, guardiano. R.P. Giacinto da Fiumicello, vicario. R.P. Salvatore da Caravaggio, prolettore di morale. R.P. Giacinto da Abbiategrasso, vice maestro. Studenti di Morale: P. FR. CARLO DA ABBIATEGRASSO. P. Fr. Cherubino da Bagolino. Fr. Giustino da Lovero. Novizi chierici: Fr. Andrea da Milano. Fr. Teofilo da Bergamo. Fr. Filippo da Saronno. Laici professi: Fr. Gabriele da Pergine. Fr. Felice da Condino. Fr. Gianmaria da Pontida. Fr. Antonio da Serina. Fr. Benedetto da Vallalta. Fr. Barnaba das Milano. Fr. Cristoforo da Gardone. Ospitale: R.P. Clemente da Ombriano, rettore. R.P. Gaudenzio da Cremona, coadiutore. Fr. Alessio da Cantù, terziario». Sul convento di Crema cf. V. Bonari, I conventi e i cappuccini bresciani. Memorie storiche, Milano 1891, p. 67-71.

222 Cf. Archivio Parrocchiale Convento Sabbioni, cart. B: Cronaca del rientro dei Cappuccini in convento – 1844. Per tutti gli avvenimenti che portarono al ripristino del convento dei Sabbioni si veda la documentazione raccolta in Crema, Archivio Storico Diocesano, cart. Padri Cappuccini – Porta Ombriano.

223 Cf. Crema, Arch. Parr. Conv. Sabbioni, cart. C. - Su questo cappuccino, che giunse all’Ordine già ingegnere nel 1845, e insegnò scienze fisiche e matematiche cf. V. Bonari, I conventi e i cappuccini Bergamaschi. Memorie storiche, Milano 1883, pp. 232-234.

224 Per la storia del convento e relative soppressioni cf. lo studio accurato di Sauro Bellodi, La presenza dei cappuccini ai Sabbioni dalla fondazione del convento alla fine dell’Ottocento, in Id., Cappuccini ai Sabbioni di Crema. Storia di una comunità. Gorle, Editrice Velar, 1993, pp. 7-54, specie pp. 24-54.

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«La morte di lui… fu bella come la sua vita: fuu preziosa al cospetto del Signore come la morte dei santi… Pareva proprio un angelo disceso dal cielo a rivestire le umane spoglie… Il popolo si affollava sempre viepiù… Pareva proprio di contemplare il vivo ritratto d’un Santo già venerato in su gli altari… In tutte le sue operazioni traspariva lo splendore d’ogni cristiana virtù…»308.

Il fraticello giunto al convento era del tutto sconosciuto a Casale, non era preceduto, presso i fedeli, da fama di

225 Uno dei tre studenti sacerdoti era P. Giustino da Lovero, compagno di Padre Carlo fin dal noviziato (Proc. Mediol., f. 199r). Sarebbe stato tra i confratelli più convinti ed impegnati nella Causa di beatificazione. Non risultano le ragioni precise dello spostamento di padre Carlo. Il primo biografo, p. Aliverti, scrive: «Allo scopo di alleggerire il peso degli studi» (Vita, p. 83). P. Evaldo Giudici: non solo, ma si volle porlo «vicino ai novizi, come elemento di continuo buon esempio» (Appunti, p. 252). Al convento di Crema fu assegnato anche il Fratello Barnaba da Milano, che l'aveva conosciuto nel noviziato di Milano. Ambedue furono testimoni nel Proc. Mediol.

226 Così simpaticamente è descritto questo trasferimento nel piccolo libro di Cronaca del convento di Crema: «Il giorno 21 maggio 1858 furono trasferiti dal noviziato della SS. Annunciata di Borno, in questo nuovo noviziato di Crema, tre chierici novizi, cioè fra Andrea da Milano, fra Teofilo da Bergamo e fra Filippo da Saronno, onde dare principio al nuovo noviziato. Questo traslocamento dei tre novizi suddetti fu eseguito in questa maniera: per ordine del m. r. p. provinciale e con sua obbedienza scritta si partì il p. vice maestro Giacinto da Abbiategrasso da questo convento di Crema coll’uomo, e carretto, e si portò al nostro convento dell’Abbadia di Brescia, ivi lasciò l’uomo e il carretto di Crema, e si prese l’uomo e il carretto dell’Abbadia, e si trasferì all’Annunziata, e dopo un giorno di riposo, di nuovo si partì coi tre novizi per il convento dell’Abbadia, ove pernottarono una notte, ed il giorno susseguente arrivarono al mezzogiorno al convento di Crema, del dì 25 maggio, collo stesso carretto di Crema, che ivi aspettava appositamente» (da p. Evaldo, Appunti, p. 253, che cita da Cronologia del Convento di Crema, pp. 149ss.).

227 P. Carlo l’aveva subito pronosticato, come asserisce fr. Barnaba Bozzotti da Milano nella sua deposizione ai processi: «Mi ricordo che ivi presente disse un giorno al padre Giacinto da Abbiategrasso: “Lei non morrà in religione. Si arricchirà e finirà male”. Ciò che infatti avvenne, perché detto religioso uscì dal convento il medesimo anno, e morì poi a Milano lasciando dei beni nonostante il voto di povertà per beneficenze dotali» (Proc. Mediol., f. 153r). Riferì il fatto anche p. Giustino da Lovero: ivi, f. 202v). P. Aliverti (Vita, p. 85-86); P. Atanasio da B.A. in Proc.Laud., f. 141r.

228 Proc. Mediol., f. 153r-v.

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santità. È affermato decisamente da p. Giustino da Lovero compagno di padre Carlo nei primi anni di vita religiosa, e che fu poi a Casale come superiore ed ivi morì nel 1909: «Non è vero che la venuta di padre Carlo a Casale fosse preceduta dalla fama di santità. A Casale nemmeno si sapeva che padre Carlo esistesse; l’ho udito dire da moltissimi; né poteva essere diversamente… Era un santo, si, ma da tutti ignorato, e ben poco conosciuto dagli stessi

229 Cf. Proc. Mediol., f. 153rv; Aliverti, Vita, p. 84; P. Evaldo, Appunti, pp. 258-261.

230 Proc. Laud., f. 36v, Art 15.231 Proc. Mediol., f. 116r.232 Ibid., f. 66v.233 P. Aliverti, Vita, p. 86-89; Evaldo Giudici, Appunti, p. 264-269. 234 Vedi sopra rispettivamente alle pp. 44-46, 84-88, 93-94.235 «La paziente ricostruzione dei passaggi di un documento, partendo

dall’originale, permette di raccogliere elementi che sembrano di poco conto, ma che servono a completare (anche se nel nostro caso non ci siamo ancora) il mosaico. Nel nostro caso chiariscono come questi pochi testi autografi si sono salvati. Nelle tre edizioni di Memorie storiche, in una nota introduttiva si legge che sono stati «trovati tra i manoscritti del p. Carlo e che un religioso suo confratello conserva presso di sé quale cara memoria e preziosa reliquia». P. Aliverti (Vita, p. 258, nota 1) scrive: «Furono trovati tra i manoscritti del suo confratello padre Samuele da Viganò, cor unum et anima una col Servo di Dio, e li conservava quali care e preziose reliquie». C’è una divergenza tra le due annotazioni: quest testi erano tra i manoscritti di padre Carlo, o tra quelli di padre Samuele? Nel primo caso, ce n’erano altri; nel secondo caso, sembrerebbe di no».

236 Cf. P. Evaldo, Appunti, p. 203, nota 14. - In realtà la spiegazione di questa abbreviazione forse non è sicura, perché non corrisponderebbe al significato delle abbreviazioni solitamente usate nelle statistiche o liste o stato personale o elenchi dei religiosi composti dopo il capitolo provinciale per distribuire i frati nei diversi conventi. Ad es. nello “Stato personale” dopo il capitolo del 1852 (Cf. Roma, AGC, G. 70, 8: Statistiche, doc. 6: Stato Personale dei Religiosi componenti la Provincia de’ Cappuccini di S. Carlo in Lombardia all’epoca del Capitolo Prov.le 3 settembre 1852) i nomi dei religiosi sacerdoti (eccetto che fossero ancora studenti) sono contrassegnati con diverse abbreviazioni per caratterizzare il loro servizio pastorale. Alcuni esempi: «Milano-Ospitale: Rettore M.R.P. Lorenzo d’Albino c.p.c.»: la sigla vuol dire “confessore, predicatore, confessore in chiesa”, perché i cappuccini non confessarono nelle proprie chiese fino alla seconda metà del Settecento, quando dovettero ammettere le confessioni (Cf. C. Cargnoni, Le controversie per le confessioni: un episodio della presenza dei cappuccini in Valle Camonica,

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fratelli, la sua virtù ben spesso era chiamata fatuità»309. Anche don Gaspare Olmi, primo biografo del Servo di Dio, che attingeva a notizie fornitegli dai cappuccini: «I primi due o tre mesi fu una perla nascosta agli occhi di tutti, meno dei Cappuccini che in lui consideravano un modello di perfezione»310.

Concorda con la deposizione di p. Giustino quella di don Sante Peviani, casalino, chierichetto del Santuario: «Appena giunto al convento di Casale fu da tutti riconosciuto e tenuto in Francescanesimo in Valle Camonica. Atti del Convegno di studio, Breno 17-18-19 dicembre 1982. Brescia, Consorzio dei Comuni del B.I.M. di Valle Camonica - Realizzazione Editrice Vannini, [1984], 99-186). Se il nome finisce con c.c. (ad es.: «Borno SS. Nunziata: R.P. Daniele da Bergamo, Bibliot.o c.c.») vuol dire “confessore in chiesa”; se termina con un solo c. significa semplicemente “confessore”, riferendosi a sacerdoti che avevano studiato morale e teologia, ma non erano predicatori, ossia non avevano ricevuto dal ministro generale la facoltà o patente della predicazione. Nella lista dopo il capitolo provinciale del 15 aprile 1864, con p. Lorenzo M. d’Albino ministro provinciale (Cf. Roma, AGC, G. 70, 8: Statistiche, doc. 11: Elezioni fatte nel Capitolo Provinciale celebrato nel convento di Bergamo il 15 Aprile 1864), le sigle sovrabbondano, ad es. c.p.c.c. (= confessore, predicatore, confessore in chiesa), c.c.c. (= confessore, confessore in chiesa). Si noti come nessun chierico studente, anche se è già sacerdote, è contrassegnato da sigla. Perciò la sigla C.C. che p. Carlo scrive dopo il suo nome dovrebbe significare semplicemente “confessore in chiesa” (e quindi il testo sarebbe stato composto dopo l’ordinazione sacerdotale), anche se poi sembra che non abbia mai esercitato il sacramento della confessione, essendo chiamato prevalentemente a dare benedizioni. Infatti p. Paolino da Verdello, alla domanda: Quale apostolato sacerdotale ha svolto p. Carlo e come l’ha esercitato, rispondeva: «L’ha esercitato specialmente nel benedire e nell’esortare nell’atto delle benedizioni. Non esercitò poi il ministero della confessione perché era stato levato dallo studio innanzi tempo causa della salute» (Proc. Mediol., f. 84v). – Su questo argomento rimane il dubbio. Si veda anche più avanti, a p. 133, nota 1).

237 Originale in APCL, P 1105/002. È su foglio intero, non di quaderno: anche in questo particolare si differenzia dagli altri due scritti.

238 verso Ma agg. interl.239 corr. interl. ex malveduta240 corr. interl. ex questo241 tanto agg. interl.242 Sal 33,18; 1 Pt 3,12. 243 fatta agg. interl.244 «Lo scritto riempie tutta intera la paginetta, e l’inizio - o

intestazione - è tanto bene ordinato da dare veramente l’impressione che

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per santo, moltissima gente accorreva a farsi benedire»311. Un altro testimonio, don Fratti, delinea un primo periodo nel quale la gente non si rendeva ancora conto della straordinaria spiritualità del nuovo frate: «Mi pare che non subito sia stata riconosciuta la sua santità»312. Don Fratti era di Casale, ma si trovava nel seminario diocesano di Lodi ancora seminarista, e a Casale ritornava soltanto per le vacanze. Gli parlò del frate l’amico Bertoglio, «come di un

fra Carlo lo volesse scrivere per un fine importante e per un uso frequente. Tutto lo scritto è compenetrato del pensiero del proprio nulla di fronte a Dio: nulla, più il peccato, l’ingratitudine e l’indifferenza. Tutto, fra Carlo, deve a Dio e alla Vergine, che danno tutto per lui, dolore e Passione compresi: tutto ciò rende ancor più tragica l’indifferenza sua, una cosa ‘lamentabile’ a dir poco. Ci si accorge subito che anche qui la sua parola non è sufficiente per dire tutto; cerca di esprimersi, ma le parole, almeno in questo primo lungo periodo, pare non vengano, mentre i pensieri e gli affetti urgono dentro. Ne nascono queste righe che difficilmente si possono limare e adattare alle regole della nostra grammatica e della nostra sintassi! Vi si nota pure il tormento di voler - e dover - rimanere nell’ambito del titolo - chiamiamolo così, - cioè di una preghiera alla Madonna Addolorata, mentre il pensiero di Dio vuol entrare ad ogni costo e prendere le redini del discorso, o almeno camminare parallelo» (Evaldo, Appunti, p. 204, nota 16).

245 in vece canc.246 Sono canc.247 adunque canc.,248 sono agg. interl.249 in canc.250 di agg. interl.251 ad canc.252 ancora agg. interl.253 e sappiate agg. interl.254 è agg. interl.255 a voi agg. interl.256 «Finalmente il discorso riesce a mettersi in ordine, ma solo dopo il

lungo e pieno sfogo del cuore coll’abbondantissimo «sia fatta, lodata ... volontà di Dio in tutte le cose». Qui giunge finalmente al punto, ma è già quasi a metà foglio. Parla ora della Madonna Addolorata,poi alla Madonna Addolorata: usa parole e sentimenti vivissimi di confidenza, di compassione ed umiltà: «Mira, fra Carlo la tua Madre a piè della Croce e non distacca il viso...». In realtà la ‘Lamentazione’ già dall’inizio è contemplazione di Maria, posta in una luce abbagliante accanto a Gesù; poi si fa invito a se stesso a mai distogliere nè la mente, nè il cuore, nè lo sguardo da tale visione, per consumarsi “di compassione, amore,

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individuo singolare per virtù»313. «I padri stimavano la sua virtù, l’esattezza, la prontezza dell’osservanza della regola», attestò ancora don Peviani314; i fedeli che frequentavano il santuario invece non potevano non accorgersi del suo modo di svolgere il ministero, di pregare, di celebrare Messa, affatto comune. Anche il suo aspetto fisico colpiva. Così lo ricordava Carlo Borsotti: «Aveva l’aspetto di un morto, e mi

riconoscenza” ecc. verso di Lei e di Gesù. «Pondera bene (fra Carlo) questa considerazione». Ma tanto per lo sguardo come per la mente e per il cuore, tutto viene detto con parole e frasi fatte proprie dalla lettura del libro di meditazione giornaliera in comune sulla Passione di Gesù (e di Maria) Fra Carlo non copia, non cita a memoria: tenta di esprimere sentimenti ed affetti che ha imparato a vivere e fare propri, con l’umiltà e la gioia di doversi esprimere con parole non sue. È uno studio che sarebbe entusiasmante poter seguire e approfondire, ma che qui male sappiamo presentare con alcuni riferimenti tolti dal libro stesso. «Comunicate (o Maria) i sentimenti pietosi dell’anima vostra alla mia; acciocchè il vostro Figlio sia degnamente da me compatito... Mira bene, anima mia, or Maria, or Gesù; e osservando le gravissime loro afflizioni, cagionate da’ tuoi peccati, esci in devoti sfoghi che sieno misti di compassione e di contrizione. Oh quanto è addolorato Gesù! Oh quanto addolorata Maria! Ma oh quanto sono l’uno e l’altro più addolorati per i miei peccati che per tutto il rimanente della penosa passione» (P. Gaetano, Pensieri ed Affetti sopra la Passione di Gesù Cristo per ogni giorno dell’anno, ricavati dalla Scrittura e dai SS. Padri, med. 307, vol. II, Milano 1876, p. 74). E più avanti: “Nostra vera Madre è Maria, che spiritualmente ci ha partoriti a piè della croce, come corporalmente partorì Gesù nel presepio.. O Gesù, affettuosissimo Padre, che vi renderò io per questo di avermi lasciato per madre la vostra Madre Santissima?... O Maria per me tutta piena di carità, vi ringrazio che vi siete degnata di accettarmi per figlio nonostante la mia indegnità e viltà: io ancora vi accetto con umilissima riverenza per madre; e vi supplico di essermi madre senza riguardo a’ miei demeriti. Siatemi madre ad ottenermi quelle grazie le quali nelle mie necessità voi vedete che mi saranno più proprie e più opportune a salvarmi. Impetratemi la grazia di una vera devozione, per cui mi diporti da vostro degno figliuolo: e tanto mi basta”. (P. Gaetano, Pensieri ed Affetti sopra la Passione di Gesù Cristo, med. 341, vol. II, Milano 1876, pp. 152-153; l’opera di p. Gaetano era conosciuta da padre Carlo in una edizione precedente, ad es. quella in 4 volumi di Milano, G. Pogliani, 1821 o di Monza, tipogr. Corbetta, 1840. Cf. Biblioteca dei Frati Minori Cappuccini di Lombardia (1535-1900), a cura di p. Ilarino da Milano, Firenze 1937, p. 153s)». Un esame meno affrettato e superficiale di questo scritto dovrebbe rivelare molte intimew meraviglie dell’anima di fr. Carlo, e certamente aiuterebbe a sentire tutta la commozione del suo animo e l’intensità dei suoi sentimenti» (P. Evaldo,

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fu detto che la causa erano le penitenze che faceva»315. Una annotazione del teste Gaetano Mainini sarà sempre più riscontrabile: «Col suo esempio commoveva tante persone, alcune delle quali anche si convertivano» e «Quando benediceva, il padre Carlo pareva un uomo in estasi»316.

Presto incominciò a girare la voce in paese di fatti straordinari che si attribuivano a p. Carlo. In un paese, per di più di vita religiosa intensa e attaccatissimo al suo santuario e alla sua Madonna, la voce divenne subito di Appunti, pp. 205-206, nota 17).

257 Maria agg. interl.258 ora pro nobis canc.259 Dopo nos c’è il segno (1) e dopo sanguine suo c’è (quos) e sopra il

numero 1, per indicare che questo quos deve essere posto al segno indicato (1), cioè dopo nos.

260 Originale autografo a Milano, APCL, P 1105/03. - «(L’ultimo brano - “d’ora in avanti, ora e per sempre mi consacro...” - non è già nella realtà della ‘Consacrazione’ al Cuore Addolorato e Immacolato di Maria, che i Vescovi in questi anni hanno fatto, finalmente, dopo esserne stati richiesti dalla Vergine stessa?)» (P. Evaldo, Appunti, p. 206, nota 19).

261 L’originale in APCL, P 1105/03. Scrive don Mosca: «Sembra una esercitazione non scolastica, anche se attinge a libri o lezioni, ma da leggerte ai confratelli. Degli anni del corso teologico, quindi 1855-1858. Non è però una predica al popolo per l’elevatezza dei concetti, e nemmeno una riflessione per se stesso. Il discorso è aperto da “J.M.J.”, non ha titolo, ed è troncato con l’inixio di una citazione “poenitet”. Il “me” seguente è cancellato e non c’è un punto che concluda. Continuava, quindi, su un altro foglietto, che non c’è più. La pagina non è trascritta per intero in Memorie storiche, in Appendice, ma sono poste in coda di “Pensieri ed affetti” (p. 79) le prime dodici linee, nella 1a edizione 1880. Nella 2a del 1891 (pp. 93-94) è tolto un inciso: “Spirito del Figlio che procede da una sola natura: Spiritus qui a Patre procedit”. Nella 3a del 1898 (pp. 94-95) l’inciso è accomodato: “Ed amandovi avviene l’ammirabile processione dello Spirito Santo», in luogo di “ed amandpso producono lo Spirito Santo. Spirito del Figlio ecc.”. P. Aliverti (Vita, p. 261) copia la 2a edizione di Memorier storiche, includendo altre piccole varianti. P. Evaldo (Appunti, p. 235) riporta fedelmente, ma senza “J.M.J” e introduce i riferimenti scritturistici».

262 P. Evaldo, Appunti, p. 236; il testo ibid, p. 235.263 Creavit Deus canc.264 chi canc.265 Dio canc.266 ad canc.267 Paenitet me fecisse hominem canc.268 questi canc.

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dominio pubblico. Quarant’anni dopo il ricordo sarà non sbiadito, approssimativo, ma ancora nitido.

Andrea Codazzi, l’uomo di fatica del convento, andava dicendo di quel suo viaggio col carretto per accompagnare da Crema a Casale un frate, padre Carlo d’Abbiategrasso, e di come ad un segno di croce tracciato da lui il temporale era cessato immediatamente. «Il Codazzi era un uomo serio, e parlava convinto di quel che racconta», afferma

269 Sterminerò canc. 270 agli canc.271 me canc.272 Significativa è questa dichiarazione inviata al guardiano di

Casalpusterlengo, in data Lodi il 30 agosto 1967, dal can. mons. Giovanni Antonelli: «Al rev.mo padre guardiano di Casalpusterlengo, temendo che dopo la mia morte il prezioso autografo del ven. padre Carlo da Abbiategrasso vada smarrito, lo dono con tutto il cuore all’Archivio dei rr. pp. Cappuccini di Casalpusterlengo perché ivi sia conservato. Certifico che mi fu donato dalla ottantenne signore Coralli di Casalpusterlengo verso il 1933. L’autografo le fu donato tanti anni prima da un rev. Padre cappuccino di Casalpusterlengo (non ricordo più il di lui nome). È stata assicurata dal detto Padre l’autenticità dell’Autografo. Ricordo ch’io fui a Casalpusterlengo come coadiutore dal 15 luglio 1931 al 28 ottobre 1936. In fede di che / Can. Mons. Giovanni Antonelli. /Consegnato il 5-2-1968» (Originale in APCL, P 1105/004). Questa lettera sembra una conferma dell’ipotesi che fossero più numerosi gli scritti, ma che i foglietti siano spariti in diverse mani. Tre soltanto sono stati ricuperati. Nonostante le ingiunzioni della Sacra Congregazione e dell’Ordinario dioceasano. Non ubbidivano né frati, né preti, né anime devote.

273 Originale autografo in APCL, P 1105/02. Le trascrizioni precedenti, di Memorie storiche e di p. Aliverti, in certo senso manipolano il testo, suddividendolo inn due parti cui pongono i titoli. “Proponimenti” e “Pensieri ed affetti” (Memortie storiche, I ediz., pp. 76-79; II ediz. pp. 91-94; III ediz. pp. 91-95; p. Aliverti, Vita, pp. 259-261: testo identico). P. Evaldo segnala l’incongruenza (Appunti, p. 237 nota 37) e giustamente preferisce «ignorare completamente le due trascrizioni».

274 È l’annotazione in calce alla lettera al parroco don Palazzi (vedi sopra, nota 82, p. 88). Le tre edizioni delle Memorie storiche (rispettivamente alle pp. 76, 91, 91) e p. Aliverti (Vita, p. 259) la pongono all’inizio di questo testo. Queste poche parole infatti non hanno niente a che vedere con la lettera. Per il contenuto e per la grafia è da collegare come prima annotazione a quel che segue nella pagine successiva, cioè in quella qui ora riportata.

275 «I testimoni lo dissero che p. Carlo “aveva un bassissimo concetto di sè reputandosi un grandissimo peccatore, e nelle sue confessioni, benchè non avesse quasi mai materia da accusare, pure si accostava con

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Buonalancia Marianna317. Del viaggio da Crema a Casale ci sono due versioni. La prima è quella che possiamo chiamare ufficiale, perché negli “Articoli” di p. Isaia: «Viaggiando da Crema a Casale col suo padre guardiano Daniele da Bergamo, trovandosi in luogo solitario, oscurandosi il tempo e minacciando furioso temporale, il p. guardiano disse: ‘Dio sa che tempesta abbiamo imminente’; rispondendo P. Carlo ‘che Dio ci aiuterà’, benedisse il tempo e ad un tratto si calmarono i venti ed il tempo abbonacciò». E precisa

tanto pianto e confusione da sembrare il più gran peccatore della terra; e a chi si raccomandava alle sue preghiera rispondeva: ‘Non sapete che vi raccomandate ad un gran peccatore?’ (Articoli, 94: cf. Proc. Mediol., f. 49r). Che il peccatore sia allo stesso momento ‘vaso di misericordia’ è solo se la Madre della Misericordia, Maria SS. lo prende tra le sue mani e gli ispira tale confidenza. Confidenza è una parola che ritornerà spesso in questi pochi scritti e che noi già conosciamo come frutto della pratica costante della Vera Devozione alla Madonna, secondo lo spirito di s. Luigi Mania Grignion de Montfort. Ritorna, riaffiora in questo scritto con facilità, come elemento sempre presente nella sua anima. Interessante la santa logica dei suoi sentimenti: “perché mi sento peccatore, sono un vaso di Misericordia” - maiuscola: è la ricchezza di Dio e delle anime tutte di Dio! - “e mi sento fiducioso”, perché un peccatore cosa può fare, se non aggrapparsi a Chi lo sta salvando, e non lasciarlo mai più?» (P. Evaldo, Appunti, pp. 238-239, nota 39).

276 «Questo pensiero non sapremmo dire se debba o no essere staccato dal precedente. Nel manoscritto - tutta, qui, è scrittura fitta fitta - potrebbe anche sembrare unito. La frase in sospeso è veramente una esclamazione ed affermazione piene di meraviglia massima, in cui tutto ciò che è soltanto mezzo - le apparenze del pane e del vino, il luogo, i pochi assistenti, egli stesso... - tutto è nulla di fronte al ‘Tutto’ che si sacrifica per tutti! ‘Un Dio!’ Questi pensieri lo trattenevano, lo assorbivano. Erano un po’ il suo gridare “Mio Dio, mio tutto” come s. Francesco! Era contemplazione continua, pure in mezzo alle attività. La sua commossa meraviglia si ripeteva specialmente nella s. Messa, ‘un Dio che si sacrifica’! La Messa! Era stato lo scopo, quasi, della sua vita! con lui stesso fatto sacrificio continuo nella vita religiosa!» (Ibid., p. 239, nota 46). Possiamo aggiungere che, forse, qui c’è anche una reminiscenza di una frase di san Francesco: «O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! (Lettera a tutto l’Ordine. II. Della santa Messa, in Fonti Francescaneí [= FF]. Nuova edizione, Padova 2004, p. 149, n. 221).

277 l’ canc.278 che canc.279 il canc.

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(portando l’episodio come esempio di virtù eroica di obbedienza), che p. Carlo «dimandò l’obbedienza al suo p. guardiano e compagno di benedire il tempo, e tosto si calmò la tempesta»318. La seconda versione è il racconto del viaggio che faceva il conduttore del carretto Andrea Codazzi, uomo di fatica del convento.

P. Aliverti parecchi anni dopo, nel 1934, convinse don Francesco Codazzi, figlio di Andrea, ormai defunto, a

280 «Ora il riferimento diretto con l’Eucaristia quasi scompare, e sembra dare più attenzione alla vita ascetica e consacrata. Le parole usate qui sono forti, ma s. Francesco non fu più tenero né meno espressivo contro se stesso. Sono pensieri così pieni di significato e di conseguenze, che è difficile spiegare con poche parole. I termini sono mutuati un po’ dalle Costituzioni Cappuccine che raccomandavano: “E perchè siamo chiamati a questa vita, acciocchè mortificando il nostro Uomo estrinseco, vivifichiamo lo spirito; esortiamo i Frati ad assuefarsi a patire la penuria delle cose del mondo, ad esempio di Cristo, ch’essendo del tutto Signore elesse per noi d’esser povero e patire (2Cor 1,5; 4, 7-12; 8, 9; Sal 90, 5)”(Cf. Cost., cap. 4, in Regola e Testamento del serafico padre s. Francesco con le Costituzioni dei frati minori cappuccini approvate dalla S. Congr. dei Vescovi e Regolari e confermate dalla fel. mem. di pp. Urbano VIII. Palermo, Stab. Tip. di Francesco Lao, 1854). E’ chiara in questa riflessione di p. Carlo, sia l’azione del dono divino del Timore del Signore, - infatti, i suoi effetti sono appunto “un grande orrore per il peccato... e un vivo sentimento della grandezza e maestà di Dio, che ci porta ad una profonda adorazione, piena di riverenza ed umiltà” (Cf. Antonio Royo Marin, Teologia della perfezione c ristiana, Roma 1965, n. 250, p. 596), - sia la sua relazione con la virtù della Speranza - “e Dio m’innalzerà...” - (ibid. 360, p. 750), con l’unico desiderio di piacere a Dio più che a se stesso, e di seguire la Sua azione ... “fedele…e sollecita delle cose umane”!» (P. Evaldo, Appunti, pp. 239-240, nota 41).

281 «L’accenno, di nuovo, all’Eucaristia è chiaro, come è altrettanto chiaro il proposito di vivere una vita eucaristica continua, quasi uno “stato” eucaristico ininterrotto, alimentato al sacrificio e alla presenza di Gesù, ‘con Lui’ per il Padre. “La più piccola azione del cristiano che sale ai cielo per mezzo di Cristo, con Cristo e in Cristo, acquista un valore in certo modo infinito e glorifica immensamente Dio. Vivere incorporati a Cristo, non ci stancheremo mai di ripeterlo, dovrebbe costituire l’unica e costante preoccupazione del cristiano. Soltanto così è possibile rimanere sempre sulla via maestra che conduce alla santità, volti direttamente a Dio, senza tentennamenti e deviazioni”» (Cf. Antonio Royo Marin, Teologia della perfezione c ristiana, Roma 1965, 22, p. 74). (P. Evaldo, Appunti, p. 240, nota 42).

282 Questa è la prima annotazione che porta una data,- il giorno onomastico di p. Carlo! - e sembra dare a tutti questi pensieri infilati e

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mettere per iscritto quel che suo padre ricordava e raccontava a tutti e in casa: dal guardiano fu mandato con il carretto a prelevare p. Carlo da solo. Quando lo vide, «rimase sconcertato. Un intimo senso glielo suggeriva buono, utile, santo; le apparenze invece dicevano che a Casale sarebbe stato di peso, più che di giovamento». Nel tragitto, in aperta campagna, si scatenò un violentissimo temporale. P. Carlo non volle fermarsi, passarono illesi nella

letti finora la nota di un piccolo diario spirituale “Egli visse povero...”. Chi? Cesù? S. Carlo? Sembra che qui tutto si identifichi con Gesù: i santi sono ‘imitatori’ suoi! Questa annotazione è una illuminazione improvvisa da parte di Dio che fa vibrare profondamente l’anima, e ne esce un accordo che è un po’ l’anima tutta - o la sintesi - della spiritualità di p. Carlo: umiltà, spirito di povertà, di penitenza, di unione intima continua con Gesù sino al martirio ininterrotto di dolore e di amore, e la ripetuta fiducia di essere esaudito ‘perché sento gran confidenza’, quasi le stesse parole della lettera di p. Carlo a Don Palazzi tre anni prima. “L’amore divino immerge la sua spada nelle parti più intime e segrete dell’anima, e ci separa da noi stessi... non meno che se i persecutori a colpi di spada separassero lo spirito dal corpo. Quanto può durare questo martirio? Dall’istante in cui ci doniamo a Dio senza alcuna riserva, fino al termine della vita” (Françoise - Madeleine de Chaugy, Memoires sur la vie et les vertus de sainte J.F. de Chantal, III, 3, 3.e edit., Paris 1842, pp. 314-3l9). E p. Carlo “sente gran confidenza”, e “spera fermamente di ottenere” questo “continuo martirio di dolore e amore” dei santi!» (P. Evaldo, Appunti, pp. 240-241, nota 43).

283 «È messa a fuoco, in queste parole, l’essenza della (sua) devozione francescana. Il primo biografo di s. Francesco, il Celano, dice: “(S. Francesco) meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere.. Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la Carità della Passione” - e “tutto il rispetto e tutta l’adorazione al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, nel quale tutte le cose che son in cielo e in terra sono state pacificate e riconciliate con Dio”(FF, n. 2l7) - “aveva impresse così profondamente nella memoria sua, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro” (FF, n. 467). Da s. Francesco ad oggi il pensiero - il filone - non si è esaurito, anzi! Le recentissime Costituzioni Cappuccine, approvate dopo il Conc. Vat. II, raccomandano: “Accesi dell’Amore di Cristo, per rendersi a Lui più conformi, contempliamolo nell’umiliazione dell’Incarnazione e della Croce, e celebrando in comune letizia l’Eucaristia, partecipiamo al mistero pasquale, pregustando la gloria della sua risurrezione, finchè Egli venga” (Costituzioni 1983, cap. 1, n°. 2, 2). Quindi tutta la spiritualità francescana cappuccina è “un profondersi nella cognizione di Gesù Uomo.. . Vittima. . . e Cibo”. A p. Carlo basta nominare Gesù per sentire chiara nel cuore la presenza viva e reale - “Presepio, Calvario, Ostia” - di Gesù, e di Maria presente nella grotta di Betlemme, sul Calvario, e nel

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furia della tempesta, mentre p. Carlo non si distraeva un momento nella preghiera. Andrea capì che menava un santo. E lo diceva a tutti: «Casalini, non vi ho condotto soltanto un frate, ma un frate santo!». Si ricordava in paese che il padre aveva benedetto il tempo, e il temporale si trasformò in benefica pioggia. I due e il carretto, e la bestia giunsero a destinazione asciutti, sotto la pioggia319. In realtà, a ben guardare, le due versioni nonnsono in contrasto. Il guardiano, nella deposizione processuale,

suo cuore al momento del Suo Sacrificio e della Sua Comunione! Quante volte, in un giorno, li avrà ripetuti quei due nomi santissimi e carissimi! E con “gran confidenza”!» (P. Evaldo, Appunti, pp. 241-2412, nota 44).

284 di canc.285 Legen canc.286 «Il Natale, - continua, quindi, il piccolo diario ‘dell’anima’ - gli

ricordava la sua Ordinazione, avvenuta proprio nei gaudi natalizi della festa di s. Stefano, e nel mistero del Natale - l’abbiamo appena visto - voleva immergersi sempre più “al nominare Gesù”. Ancora una volta - è necessario ripeterlo? - tutto gli causa sentimenti di “gran confidenza”, “per l’esecuzione” dei suoi propositi. Voleva vivere riconoscentissimo a Dio e sempre col cuore a leggere e fare la volontà di Dio. Indubbiamente la vita di unione con Dio era continua, attiva, e ‘divorata’ dallo zelo della ‘casa-abitazione-e-coabitazione’ di Dio!» (P. Evaldo, Appunti, p. 242, nota 44).

287 «È una di quelle costatazioni che fanno soffrire il cuore dei santi e degli innamorati di Gesù, come p. Carlo. Le sofferenze fisiche e morali non contano più, anzi aiutano a fare scudo - un nostro povero piccolo scudo - a Gesù, quasi a voler noi rimanere feriti e uccisi per Lui, e soffrire in vece sua. Se in realtà questo è impossibile, almeno ci resta il desiderio, il desiderio dì patire, di essere con Lui. Questo p. Carlo, l’ha avuto per tutta la sua vita» (Ibid., p. 242, nota 46). Importante, a questo proposito, una testimonianza di fr. Simpliciano da Rescalda: «Ho sentito da molti che si faceva vittima dei peccati degli uomini, dicendo che piuttosto che venisse offeso il Signore preferiva morire» (Proc. Mediol., f. 117r).

288 «È il giorno dell’Annunciazione alla Vergine SS., e la sera, quell’anno, già si commemoravano i primi Vespri dell’Ufficio della Madonna Addolorata, che ricordava a p. Carlo la sua Professione Religiosa. Tutta questa abbondante presenza e questi ricordi della Madonna gli facevano nascere in cuore irresistibilmente “sentimenti di speranza”. La liturgia cantava che quel giorno Maria “concepì nella mente prima ancora che nel suo seno verginale” il Figlio di Dio, Gesù. E p. Carlo ci sta a dire che anche a lui Maria SS. concedeva di avere “riposti” nel suo seno “sentimenti di speranza”, come forza, seme, fonte di vita, piccola atmosfera in cui vive e respira con Gesù» (P. Evaldo, Appunti, pp. 242-243, nota 47).

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ricordava la sua parte a fianco di p. Carlo; il Codazzi, molti anni dopo, ricordava la sua parte. Ambedue non davano importanza alla presenza dell’altro. Le deposizioni non contrastano, certo, concordano nell’essenziale: la parte del fraticello, padre Carlo.

Poi fu una famiglia a rendersi conto che c’era qualcosa di straordinario in quel Frate: la famiglia Luigi Peviani, gente benestante, del rione S. Antonio. «Una mattina sul finire del mese di luglio 1858», il figlio Santino chierichetto

289 Così nel testo, una D maiuscola prima di scrivere Vidi. Sia nelle Memorie storiche (Milano ed. 1898, p. 94), sia in Aliverti (Vita, p. 260) questo D è stato reso con “detto”, ossia 29 detto, il giorno 29 del detto mese di marzo. – Si noti che da qui in avanti il testo appare scritto su due colonne, e nella successione i pensieri sono da leggersi rispettivamente il primo a sinistra e l’altro a destra.

290 Una frase oscura, ma sembra alludere a un detto delle costituzioni cappuccine che dice: «E devono pensare che l’evangelica povertà principalmente consiste in non aver affetto a cosa alcuna terrena, in usar queste cose del mondo parcissimamente, quasi per forza, costretti dalla necessità, e a gloria di Dio benedetto, dal quale si deve il tutto riconoscere» (Cost. 1643, cap. IV alla fine).

291 un canc.292 «Può sembrare questo il punto più oscuro o difficile da

interpretare o intendere. Lo trascriviamo esattamente come nel manoscritto, con la linea verticale in mezzo a dividere le prime tre brevi affermazione dall’ultima. Vediamo che p. Carlo di parole ne spende sempre poche, specie in queste annotazioni, e anche di sentimenti non ne manifesta molti, succinto, breve e parco com’è. Perchè, allora, questa volta usa parole che a prima vista sembrano una divagazione dal suo intenso vivere di Dio e in Dio? Dobbiamo subito pensare che se fossero veramente una distrazione o divagazione, ben difficilmente le avrebbe scritte, anzi! le avrebbe allontanate con forza! E’ logico arguire, invece, che tutto qui ha un preciso significato, forse da scoprire bene. Una cosa - una prima cosa - che impressiona subito è il contrasto tra “le voci del canto, i pazzi a dare nelle smanie”, e “il silenzio di Maria”. Poi i termini “Vidi... udii... silenzio” sono termini ripetuti e che richiamano s. Giovanni nell’Apocalisse: un messaggio da annunciare, dopo di averlo “visto e udito nel silenzio”. Un elemento da far notare è anche la data all’inizio, - “29” - di marzo: era il Lunedì Santo. La liturgia del giorno e del giorno precedente - la Domenica della Palme, con la processione, il canto dei bambini osannanti e la lettura della Passione di Gesù nella Messa - dava spunti per “vedere-udire-imitare” a tutti. Qualcuno ha anche detto che si tratta di “divagazioni mistiche che non hanno riscontro in qualcosa di positivo e di concreto”. Può darsi. Positivo e concreto, però, è il proposito fatto qui da P. Carlo, anzi, rinnovato: perché non c’è proprio più niente di nuovo, ormai, che possa distrarlo dal suo cammino: “quindi proposi

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del santuario, dopo avere servito la messa a p. Carlo e aver ricevuto la sua benedizione, correndo «sotto la pioggia dirotta senza ombrello, traversando vie e campi, giunse alla sua casa, distante non meno di un chilometro», perfettamente asciutto320.

Ma a rivelare a tutto il paese il dono concesso da Dio all’umile fraticello giunto al convento, scelto come strumento della sua misericordia e dell’amore privilegiato di

quanto già ho proposto”!» (P. Evaldo, Appunti, p. 243, nota 48).293 «‘Sarà’: è un desiderio, un programma, una data fissa nella sua

vita, - quasi un proposito - che gli ricorda, però, nessun trionfo se non quello della bontà di Dio e della Vergine Maria. Non c’è nulla di trionfalistico, ma solo il ricordo e la gratitudine di un avvenimento grande - e impegnativo! - che si può cantare con le parole della Madonna stessa: “L’anima mia canta le grandezze del Signore e il mio spirito esulta, perchè Dio ha fatto grandi cose”! (Lc 1, 46) in me piccolo. Era il giorno che gli ricordava il trionfo dell’Addolorata contro tutte le difficoltà, le impossibilità umane a condurre avanti e portare a realizzazione la sua vocazione, e invece quel giorno aveva trionfato, e da quel giorno continuava a vincere, nonostante tutto» (P. Evaldo, Appunti, pp. 243-244, nota 49).

294 «Senza data, sembra superato o superfluo il desiderio di scrivere un diario: scompaiono le date, ma le impressioni prendono un tono che realmente non è di questo povero nostro mondo limitatissimo. Gli restano solo brevi impressioni, brevissmi ‘propositi’, ma gli scappa questa singolare confidenza in puro linguaggio mistico, fuori di ogni tempo e di ogni spazio - “in qualche parte” indefinita: dell’anima? del tempo? della personalità? o di un luogo materiale non chiaro, non determinato? - come se una luce improvvisa gli illumini la mente per mostrargli se stesso. Poco sopra aveva già detto che “si considerava di carne, una carogna”: ora vede solo ciò che “è” in tutta la luce di Dio, e il fiume della confidenza e della gratitudine straripa nuovamente, gli inonda l’anima che si inebria ancora una volta. È lo “stato di infanzia spirituale”, o meglio, è una rinnovata “esperienza del divino” (cf. Antonio Royo Marin, Teologia della perfezione c ristiana, Roma 1965, l36, p. 306). Il libro della meditazione quotidiana gli suggeriva: “Deh, onnipotente mio Dio, stampatemi profondamente nell’anima questa cognizione di pratico sentimento che da me stesso io non sono buono da niente: poiché solamente a misura che io conoscerò la mia viltà e fragilità e nichilità mi moverò a confidare nella vostra infinita bontà” (P. Gaetano M. da Bergamo, Pensieri ed Affetti sopra la Passione di Gesù Cristo, med. 167, pp. l72-l73). - La preghiera è esaudita pienamente: “conobbi”! finalmente!» (Appunti, p.244, nota 50).

295 «Il linguaggio sembra conservare il tono ascetico, ma il punto d’arrivo - “conoscerò le relazioni” in Dio è contemplazione infusa, è mistica, “che produce ordinariamente un’esperienza passiva di Dio e della

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Maria Santissima venerata nel Santuario, fu la guarigione di Francesca Pavesi. É affermato esplicitamente da don Sante Peviani: «Ricordo precisamente che dopo la guarigione della Pavesi che fece gran chiasso, era tale e tanta la folla, che veramente ingombrava chiesa, piazza e convento, tanto che si dove’ mandare le guardie per mantenere l’ordine»321. La Pavesi era una giovane donna, terziaria francescana, che da sette anni giaceva a letto ammalata e ridotta agli estremi. P. Anselmo da Montodine volle farle una visita. Si portò dietro sua azione divina nell’anima” (Teologia della perfezione c ristiana, Roma 1965, 136, p. 307). P. Carlo, che si trova nella unione mistica, si sente “in riguardo a questo favore, in una dipendenza assoluta della volontà divina; giacché da Dio solo dipende concedere, aumentare, ritirare l’unione” (ibid., 416, p. 831). Per questo, da parte sua deve solo - e come lo vuole! - “tenere sempre fissa la sua mente” in una continua attenzione a Dio e in una continua vigilanza su se stesso in relazione a questa unione. Il Modo Pratico [di santificare le operazioni della giornata e fare con profitto altri esercizi della vita religiosa dato in iscritto a’ suoi novizi, di p. Agostino Pasquali da Fusignano] gli suggeriva cinque punti o mezzi per aiutarsi a “sempre orare”, e gli raccomandava: “La vita del Religioso, e massime di un Frate Minore, deve essere, come dicono le nostre Costituzioni, una continua orazione. L’orare gli deve essere così naturale, come gli è il respirare” (cf. APCL, Ms. A. 381: Modo Pratico, f. 33). “Ciò che costituisce il fondamento ultimo e la radice dell’umiltà è, quindi, la relazione alle infinite perfezioni di Dio. Questo fa sì che tale virtù stia in intima relazione con le virtù teologali e rivesta un certo carattere di culto e di venerazione verso Dio, che lo avvicina molto alla virtù della religione. In base a questo principio si può comprendere in qualche modo l’umiltà sempre più grande dei santi e l’umiltà incomparabile di Gesù. I santi, infatti, a misura che crescono nella perfezione e nella santità, ricevono pure da Dio maggiori luci sulle sue infinite perfezioni. Per conseguenza, percepiscono sempre più acutamente l’abisso che esiste fra la grandezza di Dio e la loro propria miseria. Sorge in loro una profonda umiltà per cui si metterebbero con piacere ai piedi dell’uomo più vile e spregevole del mondo. Non c’è pericolo che le luci di Dio facciano insuperbire un’anima: se procedono effettivamente da Lui, esse la sommergeranno sempre più profondamente nell’abisso dell’umiltà. ”(Teologia della perfezione c ristiana, Roma 1965, n. 350, p. 735). Alla fine è il dialogo mistico di s. Francesco “fatto preghiera vivente”: “Chi se’ tu o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vermine vilissimo e disutile servo tuo?” (FF, nn. 682, l9l6)» (Appunti, pp. 244-245, nota 51).

296 «Due propositi chiari, uno slancio unico. Fare “tutto quanto posso” per non dire mai nessun ‘no’ al Signore, ma anche fare tutto “secondo il più perfetto”! Il criterio di scelta è la maggior perfezione e generosità possibili. C’è tutto un capitolo della teologia della perfezione ascetica sul ‘fare tutto secondo il più perfetto’ (p. es. Teologia della perfezione c

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p. Carlo del quale era confessore, e gli ordinò che la benedicesse. «Questi disse: guarirai subito, ma dopo un (non) lungo tempo ricadrai nel primiero malore e morrai: come avvenne, perché nel giorno dopo sana e salva si alza dal letto e dopo tre anni ammalò e morì»322. I testi sono unanimi anche nel collegare a questa guarigione l’immediata diffusione della fama di santità di P. Carlo.

Ma quando avvenne la guarigione della Pavesi? Una domanda importante, perché collegata alla manifestazione ristiana, Roma 1965, n. 120, p. 266; n. l23, p. 275; nn. 159-161, pp. 369-380, ecc.). Giungere ad un proposito così deciso è promettere a se stesso di non dire mai “Basta!” a Dio! E p. Carlo non l’ha veramente mai voluto dire, fino alla morte, incalzato anche dalle raccomandazioni scritte nel Modo Pratico: ...“vi avverto di considerare bene i doveri dello stato di vita da voi abbracciato, l’obbligo, ed impegno che ora avete di incamminarvi direttamente alla santità ed alla perfezione. Onde per assicurar dal pericolo la vostra eterna salute e passar sicuro fra lacci di rilassatezza, abusi inganni e mali esempi fra i quali vi conviene camminare, dovete eleggervi un tenor di vita particolare, e farvi una coscienza timorosa, che tema con timor filiale ogni colpa benché leggera, col far vostro impegno e stabilirvi sodamente sul punto di voler star sulla più serrata e rigorosa osservanza di ogni benchè minimo religioso dovere, attendendo di proposito a sradicare dal vostro cuore ogni attacco, ogni affetto ed inclinazione viziosa e terrena colle armi possenti dell’orazione, e mortificazione dell’amor proprio come conviene all’esser vero Religioso, e Religioso Cappuccino...” (Modo Pratico, ff. 58-60). Questo proposito di “far tutto secondo il più perfetto” non è novità tra i santi. P. Carlo l’aveva imparato (forse) dalla vita della beata M. Maddalena Martinengo?» (Appunti, p. 245-246, nota 52).

297 «Rinnovare periodicarnente i voti è un dovere e un consiglio ricordati da tutti i maestri di spirito. P. Carlo punta subito ai massimo: promette (a se stesso) di rinnovarli “ogni momento”! Si sente, “è” del Signore continuamente, definitivamente, “ogni momento”, corpo, mente, volontà, pensiero, forze, slancio, tutto. Non ammette proprio un minimo intervallo di tempo o di spazio per una tregua. Non è una esagerazione: è una vita! È la sua vita! Esclude ogni monotonia, ogni rassegnazione o automatismo, continuamente crea qualcosa di “nuovo”, qualcosa che cresce, come una fiamma che non si spegne mai e che allo stesso tempo si rinnova ogni minimo istante: è la fiamma che consuma lentamente il sacrificio di p. Carlo! Il Modo Pratico gli insegnava che “se noi sceglieremo con avvedutezza un’orazione Giaculatoria, se noi la diremo in ogni istante, in ogni momento, senza che niuno se ne avvegga staremo sempre con Dio, sempre accresceremo il fervore con indicibil vantaggio della nostr’anima” (Modo Pratico, f. 22). Ma il ‘fervore’ serve solo per ‘vivere’ l’offerta totale! La consegna era: “Rinnovate con vivo affetto, anche più volte il giorno la vostra Professione...” (ibid., f. 43). Con “vivo

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di una santità fino ad allora accuratamente nascosta. La risposta non è univoca, ci troviamo di fronte ad un’altra divergenza. Le “Vite” di padre Carlo anteriori al primo Processo, e nel Proc. Laud. l’unica testimonianza che accenna genericamente ad una data, affermano: ottobre, fine ottobre; p. Aliverti e p. Evaldo Giudici: agosto323. Non ci sono elementi certi; è utile a questo punto riportare in ordine cronologico i primi fatti straordinari operati da padre Carlo: il che porta a ritenere che prima della guarigione affetto”! Un affetto “continuamente” vivo!» (Appunti, p. 246, nota 53).

298 Cf. APCL, P 1105/05 (vedi la descrizione nel catalogo dell’Archivio più avanti, in Appendice, a p. 557).

299 P. Aliverti, Vita, p. 249.300 La questione sollevata se p. Carlo abbia confessato è da escludere.

P. Carlo sembra che non abbia mai confessato, ma semmai solo “consigliato” con le sue brevissime esortazioni. Resta però il dubbio perché p. Carlo si sia contrassegnato con l’abbreviazione C.C. se l’interpretazione di questa abbreviazione da noi proposta è esatta. Da notare, tuttavia, che i “semplici sacerdoti”, non patentati alla predicazione, destinati a sostenere l’osservanza regolare delle comunità conventuali, potevano confessare. Cf. Fedele Merelli, L'ufficio di "Predicatore" tra i Cappuccini lombardi, in Atti dei Frati Minori Cappuccini della Provincia di S. Carlo in Lombardia, 22 (1988) n. 1, pp. 51-77. Del resto il teste più interessante della vita di p. Carlo a Casalpusterlengo, «da quando venne a Casale fino alla sua morte», don Sante Peviani, asserisce che il Servo di Dio si è esercitato soprattutto in queste opere buone: «nel benedire, pregare, confessare qualche uomo, e scopare il convento» (Proc. Laud., f. 91v): quindi sporadicamente confessava. Infatti lo stesso don Sante Peviani, narrando un episodio di una guarigione di un giovane che sembrava pazzo e irrequieto, afferma che costui volle confessarsi da p. Carlo. Ecco il passo: «Fermatisi i genitori col giovane alcun poco davanti alla Madonna a pregare, il giovane poi si alzò, andò in sagrestia dove era ritornato il p. Carlo, e lo pregò onde lo volesse confessare. E il p. Carlo ben volentieri lo esaudì, confessandolo e anche amministrandogli la SS.ma Comunione. E da quel punto il giovane, che era, come dissi, irrequieto e faceva strani moti da sembrare pazzo, cominciò ad esser calmo e quieto; poi coi suoi genitori andò in sagrestia per ringraziare il p. Carlo e chiedendo scusa ai suoi parenti li baciava. Il p. Carlo gli raccomandò di esser buono e si licenziò» (Proc. Laud., f. 109r).

301 Li elenca p. Evaldo, Appunti, p. 276s. Guardiano era p. Daniele Prina da Bergamo, venuto dal convento di Salò; vicario era p. Giovanni Maria Bassi da Milano, il più anziano della famiglia, di 72 anni; Sul documento originale (Stato effettivo della Comunità Religiosa dell’Ordine dei Cappuccini nel luogo di Casalpusterlengo nella Diocesi di Lodi al fine dell’anno Camerale 1858), inviato al governo austriaco, è annotato che p.

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suindicata altre grazie siano state concesse per intercessione di padre Carlo: don Peviani pone nella prima metà di agosto la guarigione di un giovane di 21 anni, che i genitori, residenti a Mantova, avevano portato al santuario perché padre Carlo lo benedicesse324; don Bassiano Sordi, sacerdote coadiutore nella parrocchia di Somaglia, pone al 14 agosto la guarigione di una donna del paese, Merli

Carlo Maria da Abbiategrasso e fr. Umile Vitali da Bergamo provenivano dal convento di Crema. Fotocopia di questo doc. nella raccolta di don Giulio Mosca: Incoronazione della Madonna dei Cappuccini di Casalpusterlengo 1780. Tutti i documenti. Casalpusterlengo, Biblioteca Mariana Santuario, 2007, p. 11 (fasc. 1: Cenni storici).

302 P. Aliverti, Vita, p. 88.303 Proc. Mediol., f. 66v.304 Ibid., f. 36v; don Sante Peviani, f. 94r.305 Proc. Laud., f. 93v.306 Raccolta fedele, f. 7 e 11, in APCL, P1105/023. P. Atanasio da

Busto Arsizio: «Molti dicevano che era un gran santo, ed altri dicevano che era un pellagroso» (Proc. Laud., f. 135r). Ai suoi tempi (era guardiano a Casale durante il primo processo e aveva conosciuto padre Carlo dagli anni del noviziato) poteva affermare: «Ritengo che fosse di grande santità e di virtù straordinarie, e lo arguisco dalla fama che di lui corre in religione e fuori» (ibid., f. 135v).

307 Proc. Laud., f. 122v. P. Aliverti, Vita, p. 145-148. Conclude con una considerazione: «Questi non sapevano di essere, nelle mani di Dio, i preziosi strumenti che dovevano dare gli ultimi tocchi al suo capolavoro, al suo Santo». P. Evaldo Giudici, Appunti, pp. 276-288 aggiunge: «Sappiamo bene, però, che non mancavano i confratelli che simpatizzavano con padre Carlo, e specialmente uno, padre Samuele da Viganò, anima veramente santa e piena di spirito» (p. 288).

308 Vedi il testo di questa lettera-necrologio più avanti, pp. 169-171.309 Proc. Mediol., doc. XXV, f. 415r-416r. Riporta un articolo di p.

Giustino in Annali Francescani, anno XXIX, p. 516-518. Corregge l’affermazione di Memorie storiche edite nello stesso anno in 3a edizione, p. 52-53. “Fratelli”, cioè confratelli in Religione. Con questa decisa affermazione va accordata la deposizione dello stesso p. Giustino nel Proc. Mediol.: «Quando andò a Casalpusterlengo sebbene non l’avessero mai veduto prima di allora, era voce universale ‘E’ arrivato tra noi un santo’. Di lì l’immediato concorso che si ebbe al Santuario per farsi benedire da lui, e siccome…» (f. 205v). Sembra che la deposizione debba essere intesa nel senso che p. Carlo, giunto a Casale non conosciuto, fu quasi subito riconosciuto come tale dai fedeli che frequentavano il santuario per il modo con cui lo vedevano svolgere il suo ministero. P. Giustino continua: «Siccome le sue benedizioni producevano effetti

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Maria325; il teste Angelo Borsotti ricorda il suo primo incontro con il nuovo frate nella messa solenne delle festa anniversaria della Incoronazione, prima domenica di settembre326. Ancora don Peviani fu testimone, come chierichetto, della istantanea guarigione di uno sciancato, «ancor prima che avvenisse la manifestazione su larga scala della santità di padre Carlo coll’operazione dei numerosi

straordinari, il concorso si faceva sempre maggiore. Dapprima benediceva i singoli, poi tutti insieme, e venivano dal Lodigiano, dal Cremonese, Pavese e Piacentino, tanto da mettere in sospetto la Polizia Austriaca» (ibid.).

310 Proc Laud., doc. X, f. 374r.311 Ibid., f. 94r.312 Ibid., f. 151r.313 Ibid.314 Ibid., f. 96v. Benché lo trascurassero in principio e solo

«sull’ultimo anche i frati lo presero a stimare e venerare» (f. 93v).315 Ibid., f. 346r. Borsotti Francesco: «Conduceva una vita di

patimenti e preghiera giorno e notte» (f. 228r).316 Ibid., f. 204r.317 Ibid., f. 156v-157r. Cf. P. Evaldo, Appunti, pp. 263-269, che si

appoggia su una testimonianza tardiva del 10 marzo 1934 rilasciata da mons. Francesco Codazzi, figlio di Andrea Codazzi, che mise per iscritto ciò che raccontava il padre. Non è detto nelle testimonianze giudiziali. Questa testimonianza è riportata da p. Aliverti, Vita, pp. 87-88. Ma esiste una seconda versione più antica del viaggio fatto a piedi da p. Carlo con il guardiano di Casalpusterlengo che sarebbe venuto a prelevarlo a Crema e durante il tragitto, una benedizione al tempo minaccioso avrebbe portato la bonaccia.

318 Proc. Laud., f. 39v, Art 86. È la prima versione, quella del primo biografo, Gasparo Olmi (ibid.,"Documenti", f. 374r): «Il guardiano di Casalpusterlengo andò a prendere il p. Carlo a Crema, ove era di famiglia, con un carretto a motivo della sua malferma salute. Nel viaggio successe un gran temporale. Il Padre Carlo domandò al suo nuovo Superiore il permesso di benedire il tempo, e benedettolo appena, subito il temporale cessò». Anche fra Apollinare da Arcore (Proc. Mediol., f. 68v-69r). Anche Fra Simpliciano da Rescalda aveva sentito raccontare (ibid., f. 117r) e altri. Anche in Memorie storiche, 1ª ediz., p. 50-51.

319 P. Aliverti, Vita, p. 89.320 Ibid., f. 109r-110v. Delizioso il racconto di Santino, ormai don

Sante, anzi monsignore, parroco di Livraga: padre e madre non credevano alle sue parole, pensavano che avesse perduto l’ombrello dato dai frati. Nello stesso giorno il papà andò dai cappuccini per chiarire il fatto. La testimonianza di don Peviani, in E. Giudici, Appunti, pp. 290-294,

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prodigi, né pur anco era incominciato l’accorrere straordinario»327.

P. Giudici annovera due altre guarigioni operate «agli inizi della sua attività in Casale»: quella di un bambino di sette anni con una profonda ferita in fronte328 e quella della quattordicenne Giacoma Novati a rischio di perdere un braccio per una banale infezione a un dito329. Nel settembre inoltrato Angelo Borsotti e Pietro Salamina furono guariti dalla febbre terzana nell’orto del convento: «Padre Carlo ci è rilasciata inizialmente con brevissimo accenno nel Proc. Laud. f. 93v: «Ho visto operare prodigi… tali sono… non essermi io bagnato dalla pioggia…», ma è narrata a lungo successivamente (ibid., ff. 109r-110v) e anche in una lettera-deposizione del 12 giugno 1899, quando era prevosto di Livraga; il testo è riportato da p. Aliverti, Vita, pp. 166-168.

321 Ibid., f. 104r.322 Cf. Annali Francescani, anno XXIX, num. 16, p. 485; inoltre l’art.

105 di P. Isaia da Milano, Proc. Laud., f. 43v. Benché nell’art. 14 affermi: “Appena arrivato al convento del Santuario di S. Salvatore dei Cappuccini, venne conosciuta da tutti la sua santità”, e rimandi la diffusione della fama a dopo la guarigione della Pavesi: “D’allora, dopo i piccoli drappelli vi accorse una folla di gente tale che ingombrando e chiesa e piazzetta, ai Frati si rendeva impossibile la osservanza regolare, non potevano più passare né carretti né carrozze ed ivi si trasformarono come un mercato per modo che si dovette chiamare le guardie per mantenere l’ordine, non si violasse la clausura e regolassero l’entrata alla chiesa, tanto si era già divulgata la fama della sua santità” (Art. III, f. 45rv). L’episodio è riportato dai primi biografi: P. Calì, p. 39, anno 1877; don G. Olmi, in Proc. Laud., doc X, f. 374v) anno 1880; Memorie storiche Ia ediz. 1880, p. 47-48 e seguenti edizioni; P. Bonari, Brevi cenni, p. 602, anno 1899: però attribuisce il ritorno della malattia e la morte alla ricaduta «nella vita di prima» (poco onesta). Anche la generalità dei testimoni nel Proc. Laud. che avevano conoscenza diretta: don Saverio Guasconi, f. 114r; don Bassano Sordi, f. 124r e 128r; don Alessandro Fratti, f. 151v. Buonalancia Marianna: «Fin dal giorno in cui Padre Carlo venne a Casale sentii parlare dello stesso Padre e tutti dimostravano grande stima di uno santo» (f. 154v, 156, 157). La Buonalancia conosceva la Francesca Pavesi perché di frequente era mandata dalla madre a portarle qualche elemosina. Padre Carlo le disse: «Se sarai una buona giovane e sarai fedele a Maria guarirai e continuerai ad essere sana; ma se ti abbandonerai alle vanità e cose del mondo, ricadrai nel tuo stato attuale. Il che purtroppo avvenne… Egli già prevedeva quanto sarebbe poi avvenuto alla Pavesi» (I57v-I58r). Ed ancora: Monico Cristina, f. 165rv («Se tornerai alla vita di prima»); Spelta Bassiano, f. 186r (però confonde il Frate con P. Samuele); Chiappa Petronilla, f. 190r e 192v; Mangini Giambattista, f. 199; Mainini Gaetano, f. 204v e f. 205v: «Prima della guarigione della Pavesi si diceva a Casale che Padre Carlo era un

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guardò e sorrise, e da quell’istante ci cessò la febbre e non l’ebbimo più»330. Ad ottobre don Peviani assegna la profezia dei leoni che cercano di sbranare la Chiesa e del Leone che li vincerà331. Don Saverio Guasconi, di Casalpusterlengo, testimonia che, presentandosi alla barriera di Piacenza (allora, altro Stato) si sentì dire dall’ufficiale che verificava i documenti: «Ma essi sono di Casale? É vero che in quel paese c’è un Padre Santo, il quale fa accorrere tanta

santo, e che nel venire a Casale aveva con la benedizione dissipato un temporale. Dopo la guarigione della Pavesi la folla andò di mano in mano crescendo…». Mosconi Maria ha particolari un po’ discordanti (f. 232r); Borsotti Antonio, f. 243r e 244r; Gagliani Maria, f. 254v; Borsotti Angelo, f. 258r e 260r; Gastaldi Luigia, f. 292v: “Divulgatasi la voce della guarigione ottenuta dalla Pavesi dopo la benedizione di Padre Carlo, mentre prima solamente alcuni si portavano a farsi benedire, la folla venuta anche da lontano…”. Per quanto riguarda i testimoni nel Proc. Mediol., solo i padri Simpliciano da Riscalda, f. 122r, Giustino da Lovero, f. 202v, Augusto da Crema, f. 222r e fra Raimondo da Casalpusterlengo, f. 247v (che avevano vissuto per qualche tempo con padre Carlo) hanno conoscenze approssimative del fatto; nessun laico vi fa riferimento. Padre Augusto: «Tutti nel paese (Casalpusterlengo) poterono verificare coi loro occhi» (ivi). P. Arsenio da Brescia (Proc. Bergom., f. 43r) testificò che l’episodio «era narrato da parenti, religiosi e laici di Casalpusterlengo». Don Sante Peviani: vedi la testimonianza raccolta da p. Aliverti in Raccolta fedele, p. 15 (ms. in APCL, P 1105/131-139). É assunta anche da p. Aliverti, Vita, p. 154-156: «Se farai bene, vivrai a lungo: ma se ritornerai alla vita di prima, entro tre anni tu morirai del male presente!». E anche da p. Evaldo Giudici, Appunti, pp. 295-297. Nelle dichiarazioni dei testi citati si rilevano due divergenze: Padre Anselmo o il Guardiano? Ricaduta nella malattia e morte per evoluzione naturale, o per castigo per ritorno a una vita moralmente negativa? É da notare che questa seconda interpretazione non è presente nelle biografie al primo Processo, ma è costante nei testimoni del Processo e in quella di padre Bonari, contemporanea.

323 Riprendiamo dai primi agiografi: P. Calì, p. 39: “Tre mesi dopo” l’arrivo a Casale; da P. Calì o dai suoi informatori riportano G. Olmi, in Proc. Laud., doc. X, f. 374r: «I primi due o tre mesi fu una perla nascosta», f. 374v: «In un giorno di ottobre dell’anno 1858» e Memorie storiche Ia ediz., p. 46: «Per volgere di due o tre mesi, nulla vi è di nuovo nella sua vita». Tra i testimoni nei Processi una sola deposizione fa riferimento ad una data approssimativa, non della guarigione, ma della successiva esplosione dell’attenzione generale, quella di don Saverio Guasconi: «Il concorso straordinario, la folla incominciò in ottobre 1858» (f. 115r). P. Aliverti, riferendosi ai Processi Informativi, riporta: «mese di ottobre», ma ritiene che si debba anticipare la data di due mesi, ad agosto (Vita, p. 155), prima della guarigione operata il 14 di quel mese a

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gente?»332. Alcune guarigioni miracolose registrate «alla fine di ottobre» sembra debbano essere inserite già nell’accorrere impetuoso delle folle dopo il diffondersi della voce della guarigione della Pavesi anche per la provenienza da altri luoghi: quella della donna cieca333 e di un uomo semiparalizzato di Soresina334.

I due ultimi episodi ci portano direttamente al momento della rapidissima diffusione delle notizie delle straordinarie

Somaglia (p. 170). P. Evaldo Giudici assume questa data: «Un giorno che possiamo senz’altro fissare ai primi di agosto» (Appunti, p. 295, citando in nota p. Aliverti p. 155; p.. 297 nota 30). Ritengo che la differenza dei due mesi sia risolvibile se si riuscisse ad avere notizia precisa della fine dell’anno scolastico 1857-1858 di p. Carlo e confratelli. Furono inviati a Crema, penso, alla fine del terzo anno di teologia. Si riuscirebbe a precisare i due mesi trascorsi a Crema, il passaggio a Casale, i «due o tre mesi» prima della guarigione miracolosa della Pavesi.

324 Proc. Laud., f. 108-108v-109. Padre Carlo invitò i genitori a confessarsi perché lo stato di peccato era di ostacolo alla grazia di Dio. Poi Padre Carlo benedì il giovane che dava segni di pazzia e questi divenne del tutto calmo. Don Peviani, allora ancora chierichetto, presente al fatto, dichiarò che il giovane volle confessarsi e comunicarsi da p. Carlo (ivi, f. 109r). Credo si debba intendere che lo ascoltò in confessionale (se era stato pazzo non gli era imputabile alcun peccato): non aveva infatti la facoltà di confessare. Vedi, però, un’altra interpretazione sopra, alla nota 188.

325 “Raccolta fedele” di P. Aliverti, in APCL, P 1105/131-139, ms. p. 20-21: Merli Angela abitante a Casale, che vivente P. Carlo aveva pochi anni, afferma una guarigione ottenuta da sua zia Merli Maria, soprannominata Rodera, che abitava a Somaglia, e il fatto fu che «portatosi p. Carlo alla Somaglia a benedire la Merli Maria ammalata da parecchio tempo, il dì 14 agosto, vigilia della Madonna Assunta domandò il P. Carlo alla decombente se desiderava l’indomani andare alla chiesa a fare le sue devozioni. Al che l’ammalata rispose: Oh sì, e quanto se fosse possibile». Allora P. Carlo le disse: «State di buon animo, confidate nella Madonna e dimani andrete alla chiesa. L’indomani difatti l’inferma si portava con tutto il popolo alla Parrocchiale, guarita; sì che tutta Somaglia fu in quel giorno ripiena di stupore. II sottoscritto dichiara per la verità che la suddetta Merli Maria detta Rodera fu per qualche anno inferma obbligata a letto. Dopo ottenuta la grazia come sopra, non solo lasciò il letto; ma io stesso la vidi lavorare nei campi per tutto il giorno, perfettamente guarita: e ciò sino alla morte». Segue la firma di don Bassano Sordi. La testimonianza non porta data, ma siccome altre rese da don Sordi, registrate a continuazione, portano la data 13.1.1899 Casalpusterlengo (rese presumibilmente per iscritto nel convento dei Cappuccini), si può assegnare la stessa data. Lo stesso don Sordi nella sessione processuale del 6 aprile 1900 testimoniò che riferiva quanto

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guarigioni operate da padre Carlo, attribuite ad un frate che perciò si riteneva santo. Quanto detto, infatti, dimostra che la guarigione della Pavesi fu preceduta ed accompagnata da altre guarigioni, e che tutte influirono su quella diffusione, non solo in luogo (Casale, Somaglia), ma anche lontano: Mantova, Piacenza, Pavia, Soresina.

A Casale, comunque, il fatto che colpì di più fu la guarigione della Pavesi: tutti sapevano che era ammalata da

aveva udito, essendo stato coadiutore di Somaglia dal 1863. Maria Merli le aveva narrato che lei stessa aveva mandato «a pregare Padre Carlo onde si portasse a benedirla… Padre Carlo alla persona mandata dalla Merli ad invitarlo rispose: La benedirò; abbia fiducia nella Madonna, come diceva sempre». E aggiunge - non ripetendo quel che era avvenuto il 14 e il 15 agosto – «Il fatto si è, come mi attestò la Merli, che guarì subito, e dopo, per molti anni che sopravvisse, potè attendere a tutti lavori…»(Proc. Laud., f. 130v-131). Lo stesso episodio è ricordato con qualche variante non da poco conto dalla nipote Merli Angela in Mazzaroli: quando Padre Carlo le fece visita «disse a mia zia che incominciasse una novena ad onore della Madonna che otterrebbe la guarigione, e prima di partire la benedisse. Mia zia piena di fede, mi fece provvedere due stampelle, sostenuta dalle quali aveva fede poter alla fine della novena portarsi alla chiesa per confessarsi e comunicarsi. E di fatto, la vigilia dell’Assunzione di Maria SS. potè, sostenuta dalle stampelle, portarsi in chiesa per fare le sue devozioni, e dopo quindici giorni gettò via le stampelle e guarita completamente e senza l’aiuto delle stampelle, potè a piedi venire a Casale e attendere ai lavori domestici e della campagna» (Ivi, f. 246v-247r). Nonostante qualche sfasatura nelle due relazioni, sembra che non si possano mettere in dubbio l’identità della persona miracolata e il fatto. E comunque, per quel che interessa in questo capitolo, la data affermata da Don Sordi: 14 e 15 agosto. P. Aliverti ha altre varianti e aggiunte riportate da una fonte non citata (virgolette all’inizio, mancano però alla fine), ma dovrebbe essere tra le dichiarazioni da lui trascritte: «Il 14 agosto 1858, Vigilia dell’Assunta, titolare di detta parrocchia, Padre Carlo è dal suo padre Guardiano mandato colà a confessare e a celebrare Messa il dì dopo, solennità di Maria Assunta» (Raccolta fedele, p. 169-170, citando don Sordi). Nella stessa linea Padre Evaldo (Appunti, p. 298-301). Secondo P. Isaia, in Proc. Laud. “dei miracoli in vita” n. 3, f. 53r: P. Carlo si portò a Somaglia il 14 agosto per benedire l’inferma.

326 Il Borsotti vide Padre Carlo in coro, inginocchiato, in mezzo ai laici, senza rivolgere lo sguardo ad alcuno. All’intonazione del Gloria «aprì le braccia e le sollevò in alto cogli occhi rivolti al cielo, dai quali sgorgavano copiose lacrime, rimase in quell’atteggiamento come di estatico fino alla fine della Santa Messa» (Proc. Laud., f. 257r). Nella testimonianza scritta raccolta dall’Aliverti il Borsotti dà altri particolari: Padre Carlo era inginocchiato al lato del leggio, senza alcun punto di

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anni ed ora tutti la vedevano sana, in chiesa, per le strade. Incominciò subito l’accorrere delle folle: folle di devoti e di infermi335. Il 1° novembre santuario, convento, la piazzetta, la strada furono invasi da una marea umana. L’occasione era ottima: i giorni dei Santi e dei Defunti sentitissimi dalla popolazione, la consuetudine di andare dai frati per la confessione per l’acquisto della indulgenza plenaria. Salamina Pietro ricorda nella sua deposizione: «Dopo alcun tempo che era a Casale, cominciò a diffondersi la fama che appoggio; nella funzione, durata due ore, mai battè le palpebre né fece un movimento, benché quasi pressato dalla gente. Il Borsotti «come parecchi suoi amici, che lo stettero osservando, anzi fissando dal principio alla fine, stupirono tanto che non ebbero più in mente di badare alla musica, né a checchessia altro pertinente alla funzione: ed essi restarono persuasi che con una virtù, comune forza od un coraggio puramente umano non si poteva arrivare a tanto» (APCL, Raccolta fedele, f. 28-29; P. Aliverti, Vita, p. 117; Evaldo Giudici, Appunti, p. 311-315 con riflessioni).

327 Raccolta fedele, f. 14-15. Sul far della sera giunse un giovanetto che si reggeva sulle grucce, accompagnato da sua madre. Padre Carlo si fece dare le grucce senza le quali non poteva muoversi né camminare, le mise in un ripostiglio sottostante all’altare, gli diede in mano una candela accesa e stando al suo lato lo condusse a fare il giro della chiesa leggendo sul rituale le preghiere di benedizione; seguivano la madre piangente e Santino Peviani il chierichetto con l’aspersorio. Il giovanetto camminava. Padre Carlo raccomandò che non parlassero dell’avvenuto e che ringraziassero la Madonna e S. Giuseppe. Cf. P. Aliverti, Vita, p. I71; P. Evaldo Giudici, Appunti, p. 317-320 con considerazioni.

328 Ibid., p. 323. Riporta la relazione di Salamina Antonio (Raccolta fedele, f. 58): il fratello Serafino, allora di sette od otto anni, cadendo da una loggia, riportò una ferita in fronte di un paio di cm. di profondità e larghezza. «Per tre mesi di seguito fu curato con cerotti e cataplasmi, ma inutilmente. Portato al P. Carlo, chinatosi su di lui lo baciò sulla fronte sulla piaga. Due o tre giorni dopo, essa si era perfettamente arginata e asciugata». Nella relazione non è detto però quando sia avvenuto il fatto. Cf. P. Isaia, in Proc. Laud., “Dei miracoli in vita”, n. 18, f. 56v-57r.

329 Evaldo, Appunti, p. 323-325. Raccolta fedele, f. 56-58, riporta la relazione 4a. Alla ragazza si infettò l’indice della mano destra per un panereccio d’indole assai maligna. Si allargò alla mano e al braccio, gonfiandoli enormemente, degenerò in una fistola, provocando dolori sempre più gravi. La madre portò la figliola a padre Carlo, il quale intinse dell’olio della lampada che ardeva all’altare della Madonna, segnò il braccio, benedì la ragazza: cessò il dolore, uscì sangue, il braccio divenne normale. «La ragazza è guarita», dichiarò il medico, stupefatto: «Ma questo è un miracolo!». La relazione ha una annotazione: «Testimoni: la suddetta miracolata, don Sante Peviani». Però non dice quando avvenne il fatto. Don Peviani nel Proc. Laud. f. 101r, 107rv pone «tra settembre e

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c’era un padre che faceva miracoli, e andò sempre più estendendosi attirando nel Santuario grandissima folla, e che nella festa di Tutti i Santi, credo nel 1858, la folla era sterminata». E continua: «Non solo nella piazza, ma anche nelle strade vicine si trovavan carretti che avevan condotto ammalati ed altre persone alla chiesa. Nei giorni festivi poi per mantenere il buon ordine vi erano anche i gendarmi». Così ha inizio ed esplode la sua clamorosa missione

ottobre, nelle ferie autunnali» la guarigione di una signora giacente nell’ospedale di Pavia, ormai in agonia, operata da padre Carlo con una preghiera e benedizione davanti alla affige della Madonna, dando al marito che era ricorso l’annuncio: «Andate a pigliarla, che è guarita». Però nella testimonianza scritta dice espressamente «Quand’era già incominciata la straordinaria affluenza quotidiana di popolo» (Raccolta fedele, f. 13-14: il giorno dopo una moltitudine devota ed entusiasta ascolta la donna miracolata che grida a gran voce il suo grazie alla Madonna). Cf. Proc. Laud., art. II, P. Isaia da Milano, Dei miracoli in vita , f. 55.

330 Proc. Laud., f. 258rv. La febbre terzana passò al frate portinaio!331 Primo capitolo, nota 16. Don Peviani non udì quelle parole, le udì

la mamma, «nella chiesa di Sant’Antonio, una mattina che celebrò la messa, come altri; ne ebbe una profonda impressione: e quelle parole di padre Carlo, da essa un po’ malconcie, ella le ripeteva spesso con un senso di paura e di terrore, ritenendole parole profetiche» (Raccolta fedele, f. 17); Proc. Laud., f. 103v-104r). P. Aliverti, Vita, p. 160: «Ritengo nell’autunno del 1858».

332 Raccolta fedele, f. 25. Don Guasconi era allora seminarista, precisa: «nelle vacanze». L’anno scolastico iniziava i primi giorni di ottobre. Cf. Proc. Laud., f. 113r.

333 É Don Peviani che ricorda che una domenica mattina verso le 9.30 «sulla fine del mese di ottobre, quando già incominciatasi a diffondere la fama della virtù di padre Carlo», fu condotta su un carretto «una donna cieca e che non poteva muoversi». Padre Carlo uscì dalla chiesa, benedisse la donna, le toccò gli occhi con una pezzuola intinta nel secchiello dell’acqua santa, e quella all’istante esclamò: «Oh Madonna, ci veggo!. Scese senza alcun aiuto dal carretto ed entrò in chiesa a ringraziare la Madonna (Proc. Laud., f. 107-108. Testimonianza di don Peviani, chierichetto, presente con il secchiello dell’acqua santa). Raccolta fedele, f. 14; P. Isaia, in Proc. Laud., Dei miracoli in vita, n. 12, f. 55v.

334 Pietro Salamina attesta una guarigione operata “in una domenica prima del giorno dei Santi”: un uomo di Soresina, portato con un carretto, appoggiatosi alle grucce e sorretto da quattro persone si trascinò all’altare della Madonna, dove fu benedetto da p. Carlo. Pregò, si rialzò, uscì da chiesa e salì da solo sul carretto. «Alla domenica susseguente

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taumaturgica336, tutta collegata al santuario della Madonna di S. Salvario, detta dei Cappuccini, nel convento di Casalpusterlengo.

Fu questa pressione che non lasciava respiro a portare la poca salute di p. Carlo al tracollo, nello stesso mese di novembre. Dichiarò ancora il Salamina: «In estate (p. Carlo) era in stato di sufficiente salute e dopo i Santi si ammalò credo per etisia»337.

Prima di accompagnare il Servo di Dio nei suoi ultimi mesi di vita è opportuno indugiare un momento sulla storia del convento e santuario dove egli, accanto alla Madonna, ha operato prodigi di santità338.

moltissimi vennero da Soresina per farsi benedire da p. Carlo. Le grucce rimasero ai lati dell’altare a testimonianza del fatto» (Proc. Laud., f. 179). P. Isaia da Milano (ibid., Dei miracoli in vitaí, n. 10 ) pone come data il 1° novembre.

335 Ancora don Guasconi: «Quanto al concorso della folla lo sentii a dire varie volte e da varie persone che il concorso era veramente straordinario, e questa folla, per quanto a me consta, cominciò in ottobre del 1858» (Proc. Laud., f. 115v): cioè quando era già rientrato in seminario. Mangini GianBattista con i testimoni che avevano vissuto quei mesi straordinari: «Appena si diffuse la fama che il padre Carlo operava miracoli, ho veduto io stesso tutte le volte che andavo al santuario, la folla sterminata che veniva da Lodi, Cremona, Pavia, Mantova e da tutte le parti condotte qui su carri, carrozze, carretti per ricevere la benedizione di padre Carlo. Sentii che alcuni guarivano subito e altri in seguito dopo qualche tempo» (Ibid., f. 198v). Nella stessa deposizione parla di «folle di infermi» (f. 199r).

336 Il vice postulatore p. Isaia ha elencato ufficialmente 18 miracoli avvenuti durante la vita di P. Carlo. Cf. Proc. Mediol., f. 107r-111r; Proc. Laud., f. 52v-57r.

337 Proc. Laud., f. 174v-175v: «Alla domenica c’era molta gente, e per la folla i Padri non potevano nemmeno confessare». Pietro Salamina era di casa in convento e nel Santuario, assistè anche alla morte di padre Carlo. Don Bassano Sordi: «So che a Casale e in tutti i paesi intorno parlavano della santità di padre Carlo, dopo una guarigione operata in Casale». Si tratta della Pavesi, ma forse già succedeva da prima: «Non so se abbia incominciato il concorso dopo la guarigione della Pavesi, però, essendomi portato tante volte ai Cappuccini ho trovato piazza e chiesa gremite di gente venuta anche da paesi lontani per farsi benedire da padre Carlo» (ibid., f. 124 e 128). Identico il ricordo dei testimoni oculari dei fatti e di altri che ne avevano sentito parlare in famiglia.

338 Per queste notizie viene proposto parte dello studio criticamente fondato di don Giulio Mosca, specialista del settore, edito in modo abbreviato nella raccolta dal titolo: Incoronazione della Madonna dei

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Il convento e santuario della Madonna dei Cappuccini

«Anticamente la terra di Casalpusterlengo contava ben quartro chiese. Una di queste, nei campi, lungo il Brembiolo, era dedicata al Santissimo Salvatore, detto popolarmente San Salvario. In quella chiesa - modesta chiesa di campagna - nella prima metà del secolo XV, a giudizio di studiosi di storia dell'arte, fu posta una statua di terracotta dipinta rappresentante la Madonna con il Bambino, opera di un vasaio locale - secondo la tradizione. Nell'anno 1574, nella stagione estiva, «incominciaronsi a vedere divote processioni d'huomini religiosi, quali ordinatamente camminando con lumi accesi nelle mani arrivavano a quel Sacro Luogo, lo circondavano, e nel passare avanti l'immagine di nostra Signora, con profonda humiltà la riverivano et adoravano... Hanno di più detto (testi degni di fede) per cosa verissima essere apparsa essa Vergine Santissima sopra di questo luogo visibilinente risplendentissima a benedire esso luogo, alla quale apparitone correano tutti gli terrieri in numero di duo o tre mila piangendo per divotione, e raccomandandosi molto affettuosamente alla santa intercessione di quella gran Signora». È quanto scrive p. Salvatore da Rivolta († 1643), cappuccino, storico contemporaneo dei fatti. Sono testimonianze - scrive - di «molti secolari di Casale e da altri circonvicini», «testi di fede degni»339.Cappuccini di Casalpusterlengo 1780. Tutti i documenti. Casalpusterlengo, Biblioteca Mariana Santuario, 2007, pp. 1-26 (fasc. 1: Cenni storici), e con uno sviluppo più ampio nel volume dello stesso autore: Il Santuario della Madonna dei Cappuccini, Casalpusterlengo 1987, primo della serie Casalpusterlengo: le chiese, la religiosità popolare e le sue espressioni, che è la storia del santuario più aggiornata e documentata. Sulla storia del convento e del Santuario di Casalpusterlengo vedi anche: P. Valdemiro Bonari, I conventi e i cappuccini dell’antico Ducato di Milano. Parte prima: I conventi, Crema 1893, pp. 262-276; La Madonna, i Cappuccini e Casalpusterlengo. Breve storia della devozione alla Madonna dei Cappuccini in Casalpusterlengo (LO), Casalpusterlengo 1997. Molti documenti in copia autentica sul santuario e convenyto di Casalpusterlengo nel sec. XIX si trovano in AGC, G. 70 (C-L)

339 Cf. P. Metodio da Nembro, Salvatore da Rivolta e la sua cronaca, Milano 1973, p. 339s.

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«Eccezionale nella storia delle apparizioni della B. V. Maria, forse unico, sembra, il fatto del ripetersi delle visioni notturne, e a una moltitudine di persone. I Confratelli Disciplini di Santa Marta si mossero per primi e trasferirono la sacra immagine in paese, nella loro chiesa di Sant'Antonio: le campagne, infatti, non erano affatto sicure. Ma la statua, secondo la tradizione secolare, fu ritrovata in San Salvario. Là la Madonna voleva essere venerata340. I personaggi visti nelle apparizioni si scoprì che erano frati cappuccini: un nuovo Ordine nato nel ceppo Francescano, che si stava diffondendo in Lombardia dopo il Concilio Tridentino, grazie alla protezione del cardinale acivescovo di Milano san Carlo Borromeo. Avevano aperto un convento a Lodi, pochi anni prima, nel 1565. Dietro richiesta del Rettore e dei Deputati della Comunità, con l’appoggio del vescovo di Lodi mons. Scarampo, il capitolo provinciale nell'autunno dello stesso anno 1574 accolse la petizione e inviò due frati a Casale: p. Marco da Bergamo e fra Fortunato da Milano. Il 26 ottobre presero possesso del luogo, segnando i confini e piantando una croce, secondo il costume dell'Ordine. Pochi giorni dopo un delegato del Vescovo di Lodi benedì solennemente la prima pietra del convento da costruire. Sotto la direzione dei due cappuccini la popolazione procurò il materiale occorrente e mise mano all'opera. Erano tempi di miseria, durante la dominazione spagnola, e il borgo "era pieno di poveri". Due anni dopo il convento era pronto: un refettorio, una stanzetta per cucina, un ripostiglio «per i fiaschi del vino et il pane» (allora non potevano tenere altre scorte), una stanzetta con camino per ricevere pellegrini e forestieri, e al piano superiore le celle. I frati vi si stabilirono, e non pochi: «Nel principio sin al numero di venti», un numero che testimonia l'accorrere della popolazione a venerare l'immagine di Maria. Alla chiesetta vetusta aggiunsero un locale dietro l'altare principale, che serviva da sacrestia e da coro. Una descrizione precisa ci è data dagli atti della visita pastorale di mons. Bossi, effettuata il 16 gennaio 1584341. Il primo guardiano fu p. Domenico da Brescia. In luogo fiorirono le

340 Ibid., p. 340.

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vocazioni alla vita severa dei Minori cappuccini. Tra questi si distinse p. Giulio da Casale, il secondo guardiano, «tra gli uomini illustri del tempo, morto in concetto di santità a Biella nel 1580». Sotto la sua guida «il grosso borgo per la moralità e per le pratiche religiose era divenuto un monastero»342. Fu fondato il Terz'ordine Francescano, che però all'inizio ebbe la sede nella chiesetta di San Rocco, ai margini del borgo.

«Il convento si dimostrò presto insufficiente, e la costruzione difettosa. Il Consiglio della Comunità propose la ricostruzione del convento, ma più vicino al borgo, presso la chiesa di San Rocco. Il feudatario di Codogno il cardinale principe Ercole Teodoro Trivulzio offrì di ricostruirlo a proprie spese a Codogno, portandovi l'immagine miracolosa. I religiosi non si mettevano d'accordo, e infine decisero di non trasferirsi altrove «per fedeltà alla Regina del Cielo e alla Protettrice sua». Dovevano custodire la «cappella picciola» e la statua che vi si trovava, oggetto di «grandissima devozione». Il capitolo provinciale finì col deliberare la ricostruzione di tutto: chiesa, coro e convento, ad eccezione della cappella originaria. I1 12 luglio 1622 fu benedetta la prima pietra; il 25 aprile dell'anno successivo s'impartì la benedizione all'opera completata. Il 5 novembre 1642 il vescovo di Lodi mons. Michelangelo Seghizzi, domenicano († 1625) consacrò la chiesa dedicandola al Santissimo Salvatore e a San Francesco343. Come giorno anniversario della dedicazione stabilì la festa della Ascensione. Furono costruiti allora la navata, presbiterio,

341 Ibid. – Lodi, Archivio della Curia Vescovile, Atti della visita di Mons. Bossi e di Mons. Taverna.

342 Milano, Archivio di Stato, fondo "Religione parte antica", cart. 6493 e 6500, doc. 1 e 2; Salvatore da Rivolta, Vite di alcuni frati Cappuccini della Provincia di San Carlo in Lombardia, al giorno e mese della morte; Metodio da Nembro, Salvatore da Rivolta e la sua Cronaca, pp. LXXXVII, 27, 28, 195, 215, 343, 416.

343 Ivi c. 1: verbali dell'anno 1597; Informazione in Archivio Storico di Lodi 1943, pp. 80-81; P. Metodio da Nembro, Salvatore da Rivolta e la sua cronaca, pp. CXIX, 79, 34lss; Lodi, Arch. Curia Vescovile, cart. "Cappuccini", I fasc., Chiesa; Visita Pastorale di Mons. Bossi e Sinodo laudense III, a. 1619: il numero dei religiosi.

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coro, sacrestia attuali, con la cappella della Madonna incorporata. Cento anni dopo furono aggiunte le due cappelle laterali a questa, al lato destro. Le tre cappelle a sinistra e l'attuale facciata furono eseguite soltanto negli anni 1892-93. Si completò in questa occasione la decorazione alla cappuccina con rivestimenti, altari e cancellate in noce, che davano al Santuario un aspetto tipico e una dignità artistica. Il Santuario fu arricchito di opere d'arte, tra queste la tela dell'Ascensione del Signore del Malossi, firmata e datata, che è da annoverare tra le migliori opere barocche del Lodigiano344.

«Lungo i secoli la devozione alla Madonna dei Cappuccini o di San Salvario o di Casale non è mai venuta meno. È provato dall'entità delle opere realizzate; dal «numerosissimo concorso del popolo (di Casale) e dei popoli circonvicini» iniziale, che si ripete in occasione delle festività; dal quotidiano prezioso servizio delle confessioni; dal numero dei religiosi presenti; dalle testimonianze di grazie e miracoli: «Molto onorata per le gratie che concede»; da documenti, pubblicazioni, ex-voto. Una «inconsiderata mano, con atto arbitrario quanto incosciente, senza approvazione di nessuno» nell'anno 1705 distrusse tutte le tavolette, gli stendardi e gli oggetti votivi che tapezzavano l'intera parete di sinistra della chiesa. Non si trova altra spiegazione: quel Guardiano volle vestire la statua della Madonna secondo la moda del tempo, ad imitazione della Madonna di Loreto, conosciuta e venerata, e fece scomparire tutto ciò che ricordava com'era prima. Un vestito più ricco fu eseguito nel 1740: «Nell'anno 1740... si fece un Manto di tela d'Argento fiorato, color d'aria, con una veste guarnita d'oro con fondo d'argento... ad onore e decoro della nostra Beatissima Vergine». Non è difficile trovare ancora riproduzioni di questa immagine in oggetti di devozione e nei dipinti murali in cortili e strade nei paesi dei dintorni.

344 Tela del Malossi in Metodio da Nembro, Salvatore da Rivolta e la sua cronaca, p. 346; Armando Novasconi, Il barocco nel Lodigiano, Lodi 1968, p. 276; Mario Marubbi, Monumenti e opere d'arte nel Basso Lodigiano, Guardamiglio 1987, p. 37.

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«A questa Madonna vestita fu concesso l'onore della incoronazione. Fu una semplice - e provvidenziale - coincidenza a dar principio al cammino che condusse a classificare l'immagine della Madonna dei Cappuccini tra le più famose e venerate. Un religioso in viaggio verso Roma, p. Giuseppe Maria da Lugano (il convento di Lugano faceva ancora parte della Provincia di Lombardia, prima della istituzione di quella di San Fedele del Ticino), Predicatore Apostolico, transitò da Casale e fece tappa presso i confratelli del luogo, dove si era in attesa del nuovo guardiano e governava la piccola comunità religiosa il vicario, p. Carlo da Casale. Chiese a P. Giuseppe Maria che a Roma s'interessasse di ottenere la concessione della corona per la statua della Madonna. L'interpellato mantenne la promessa e con la sua intraprendenza e per l’alto ufficio che rivestiva riuscì ad ottenere rapidamente le corone dal Capitolo della Basilica di S. Pietro. Il 3 settembre 1780, prima domenica del mese, il vescovo di Lodi mons. Andreani, delegato dall'Arciprete della Basilica Vaticana, card. Enrico duca di York (1725-1807), pose le corone d'oro sul capo della Madonna e del Bambino con una cerimonia solennissima, davanti a una folla immensa. Della Madonna incoronata rimangono vari ricordi: la tela con l'iscrizione che fu posta sulla facciata della chiesa quel giorno; la lapide commemorativa all'ingresso; un'altra tela che si trova ora nel museo parrocchiale; una statuetta di terracotta che in seguito fu spesso riprodotta. Nell'occasione i religiosi sacerdoti del convento firmarono una impegnativa che li obbligava a conservare le corone sul capo della Beata Vergine e del Bambino345. Si può immaginare con quale fedeltà e zelo i frati abbiano mantenuto fede all'impegno; ma le corone rimasero al loro posto per pochissimi anni.

«Mentre nel santuario si scriveva la pagina più bella, i frati cappuccini non erano affatto sicuri di conservare non solo le corone, ma nemmeno la chiesa e il convento. Nel periodo del giuseppinismo e assolutismo illuminato una colluvie di leggi particolarmente dure contro i religiosi e le

345 Cf. Casalpusterlengo, Arch. Parrocchiale, cart. Madonna dei Cappuccini.

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religiose provocarono la soppressione e l’incameramento di un gran numero di conventi. I cappuccini di Casalpusterlengo si salvarono grazie all'intervento deciso del vescovo mons. Andreani, sollecitato dai Deputati dell'Estimo del borgo e dei paesi circostanti, «seguitando l'impulso universale del Popolo». I Deputati, e il vescovo a sua volta, fecero presente che i frati erano «occupati totalmente nell'udire le confessioni, predicare, assistere ai moribondi di tutto il distretto, ed agli infermi dell'hospitale» e anche come maestri della «scuola normale»346.

«Si salvarono dagli austriaci, ma non dai francesi. Invasa (o liberata, a seconda dei punti di vista) la Lombardia, l'esercito di Napoleone, malamente equipaggiato e per niente rifornito dalla «Gran Nazione che offriva generosamente la libertà ai Popoli» (e che sollecitava dalle sue truppe un congruo bottino), non si accontentò di vivere alle spalle dei liberati, ma si diede a rubare a man bassa, a imporre taglie e contributi insopportabili, e a repressioni feroci.

«A sole due settimane dall'entrata in Lodi e Milano, il 31 maggio, seguendo le direttive della Congregazione Generale dello Stato di Milano, la Municipalità di Lodi ordinò: «Per sollevare al possibile il pubblico dalle imposte... tutti gli argenti ed ori delle chiese nonchè dei Regolari e Monache, si devono ritirare... eccettuati quei vasi sacri nelle chiese, che non ne avessero altri d'altro metallo necessari all'amministrazione dei sacramenti». Puntuale, il 2 giugno, iniziando da Casale il giro delle requisizioni, il Delegato della Municipalità si presentò al convento. Esigeva anche le due corone, ma i frati si rifiutarono, adducendo «il giuramento solenne da essi prestato nelle mani del fu Monsignore Vescovo Andreani per pubblico istromento con cui si sono obbligati a conservare e custodire le dette Corone». Ci voleva ben altro che un pubblico istromento per fermare le pretese dei giacobini: e due settimane dopo,

346 Lodi, Arch. Curia Vescovile, cart. 21: Casalpusterlengo; cart. Cappuccini I, fasc. 1800. Casalpusterlengo, Arch. Comunale, tit. IV, sez. I, cart. 20 fase 25 n 8; tit. VI, cart. 28; Fraschini Cattaruzza, Leggere scrivere e far di conto. Tre secoli di scuola a Casalpusterlengo, p. 14.

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grazie «ai solidi e persuasivi argomenti dell'esercito conquistatore», un frate dovette consegnare a Lodi, alla Municipalità, le corone. Pesate a dovere: «dal peso di once sei e denari diecinove a lire novanta l'oncia»347.

«Come finirono le corone? Probabilmente furono vendute dalla stessa Municipalità per far soldi, dovendo pagare l'enorme taglia imposta dall'Armata. Furono sostituite con due corone di rame dorato. E venne il peggio. La Repubblica Italiana completò l'opera. Il 16 luglio 1805 si presentò alla porta del convento il Cancelliere Comunale. Gli mossero incontro i dodici frati in processione, con la croce astile e le candele accese. Il Cancelliere lesse l'ordine prefettizio di soppressione, sequestro dell'edificio e di ogni cosa, e di espulsione. Il Guardiano lesse la scomunica contro i mandanti e gli esecutori. Il 5 agosto, celebrata la Messa e la Benedizione Eucaristica di chiusura delle SS.me Quarantore, elevata l'ultima preghiera alla Madonna della cui immagine erano stati fedeli custodi per 230 anni con folla accorsa, con le poche cose personali lasciarono il convento e il santuario. L'uno e l'altro furono chiusi e incamerati dal governo. La Direzione del Demanio mise all'asta e vendette il convento348. La chiesa si salvò perché l'intrepido prevosto di Casalpusterlengo don Alessandro Rosa riuscì a farla dichiarare sussidiaria della parrocchiale per il servizio religioso della zona gravitante attorno alla cascina Lampugnana, col titolo originario di San Salvario. Il parroco vi pose, in alcuni locali isolati dal convento e adiacenti alla chiesa, un coadiutore con funzioni di cappellano e custode. L'amministrazione passò alla Fabbriceria Parrocchiale. Uno dei fabbricieri, Lazzaro Fugazza, delegato per la chiesa e già benefattore della medesima, comprò dal primo acquirente convento e terreno

347 Nel verbale di requisizione: «Sotto il giorno 16 giugno 1796. Hanno consegnato i soprascritta Cappuccini di S. Salvatore di Casalpusterlengo le sopra espresse corone d'oro in peso d'once 6 e denari 19 a lire 90 l'oncia, che importano lire seicento undici, e soldi cinque». Il credito non fu mai pagato.

348 Casalpusterlengo, Arch. Comunale, tít. IV, sez. I, cart. 20, fasc. 5, 6, 7; Lodi, Arch. Curia Vescovile, cart. Casalpusterlengo, 10 fasc. Cappuccini I.

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e lasciò per testamento una somma perché vi si costituisse una coadiutoria a custodia del santuario, coll'obbligo di rimettere i frati cappuccini appena possibile. La figlia vendette tutto a don Giuseppe Novasconi di Castiglione349.

«Intanto le sorti politiche della Lombardia erano mutate: dopo la eliminazione di Napoleone la regione era ritornata agli austriaci. Francesco I riprese la politica religiosa dei predecessori, benché in forma non virulenta e con qualche inevitabile marcia indietro. Tra l'altro si dichiarò disponibile a riaprire í conventi destinati all'istruzione ed educazione della gioventù, al ricovero e assistenza di orfani ed ammalati, «ed anco agli Ordini de' Mendicanti in quanto siano necessari per la causa delle anime e per le confessioni». Un riconoscimento che non era gente inutile e oziosa quella che viveva nei conventi, ma che era insostituibile.

«Don Novasconi - con il sostegno del prevosto, dei fabbricieri, della Deputazione Comunale, del vescovo di Lodi - fece i primi passi: chiese ed ottenne nel 1834 da papa Gregorio XVI l'approvazione per la ricostituzione della famiglia religiosa. Solo dieci anni dopo, per le pressioni del vescovo mons. Benaglio, si ottenne l'autorizzazione di S. Maestà Apostolica. L'istromento della formale erezione fu firmato il 12 maggio 1844. La Fabbriceria concedeva in uso ai Religiosi la chiesa rimessa alla medesima dal Governo e il convento con terreno donati alla Fabbriceria da don Novasconi. La formula studiata permetteva di mettere al sicuro í beni da eventuali successive soppressioni. L'usufrutto era riservato ai Religiosi. Non fu facile per la provincia mettere insieme dodici frati per la scarsità del personale della ricostituita Provincia di San Carlo. Il convento era in buona parte distrutto. La Fabbriceria fece ricostruire una nuova ala e continuò a pagare le imposte come titolare dei beni350.

349 Casalpusterlengo, Arch. Parr., fasc. Bilancio di San Salvatore, 1807, 1808, 1809, 1810, 1811; cart. 3, fasc. l, 3, 30, 154, 155; cart. 1, fasc. 2; Lodi, Arch. Curia Vescovile, cart. 21: Casalpusterlengo, fasc. Miscellanea.

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Il convento e il santuario erano così ritornati ai cappuccini anche se dovevano presto subire un’altra soppressione, ma intanto erano preparati a ricevere padre Carlo d'Abbiategrasso che giungeva da Crema alla fine di giugno dell'anno 1858 per trascorrervi gli ultimi mesi della sua esistenza. L'umiltà non riuscì a nascondere la santità. Si cominciò a parlare di miracoli.

Nel breve giro dei sette mesi trascorsi a Casalpusterlengo la fama di quel che operava raggiunse Abbiategrasso. È interessante notare questo legame dei suoi concittadini che rimase sempre vivo verso di lui. Lo dimostrano le numerose testimonianze. Giuseppa Albini dichiarò nel Processo «che suo marito avendo sentito dire che p. Carlo a Casalpusterlengo faceva miracoli, un giorno prese una vettura e si recò a tal luogo, fece domandare padre Carlo da cui ricevette la benedizione». Don Antonio Gioletta, suo conterraneo e coetaneo, si recava a fargli visita quando era ancora studente nel convento di San Vittore all’Olmo. Afferma: «Molte persone di Abbiategrasso poco tempo prima della sua morte andavano a trovarlo a Casalpusterlengo, ed andarono ai suoi funerali dicendo che si trattava di un santo». Il cugino Angelo Vigevano riferì che suo padre (fratello del padre di Gaetano) gli diceva dei miracoli che operava in vita: c’era, dunque, un rapporto continuo tra la famiglia e padre Carlo, verosimilmente causato dalle notizie del cattivo stato di salute e delle cose straordinarie che si dicevano di lui. Quando, nel febbraio 1859, le sue condizioni si facevano sempre più gravi, papà e mamma, e Don Palazzi ed altre persone di Abbiategrasso gli fecero visita. Furono presenti al funerale, o almeno il papà. Pochi anni dopo, tra il 1862 e il 1864, lo troviamo di nuovo a

350 Lodi, Arch. Curia Vescovile, cart. Cappuccini 2; cart. Casalpusterlengo 20 Miscellanea, cart. Casale. 10: istromento donazione Don Novasconi 8.7.1843 e dí ricostituzione della famiglia religiosa 12.5.1844; Arch.. Parr. Fabbriceria, cart. 8 fasc. 5 e 3; cart. 3, fasc. 30; Lodi, Arch. Mensa Vescovile, arm. VI, cart. 21, fasc. Soppressioni e variazioni... dall'anno 1772; Arch. Comunale, tit. IV, sez. I, cart. 20 fasc. 5, n 13.

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Casale sulla tomba del figlio e a colloquio con i frati in convento351.

Minori sono le tracce della madre. I biografi p. Aliverti e p. Evaldo Giudici la descrivono come donna esemplare352. Di fatto, nelle deposizioni dei testimoni, che riassumevano i ricordi dei compaesani, appare qualche volta con il marito, e una sola volta – dopo l’ingresso di Gaetano nella vita religiosa – in colloquio con il figlio. Fraccappani Maria, vedova di un suo fratello, riferì che la madre di Padre Carlo, sua zia, le aveva parlato del suo spirito penitente («in convento non voleva che brodo, mettendovi solo un po’ di pane per comando dei superiori») e di quando gli aveva fatto visita a Casale: «Gli manifestò il desiderio che pregasse per gli affari della casa che andavano male; al che rispose, che avrebbe pregato per l’Anima, non per le cose del Corpo; annunziando alla madre che negli ultimi anni

351 Don Gioletta, f. 185 e 186. Giuseppa Albini, f. 160-160v. Nel proseguo: «… (mio marito) era in possesso di un pezzettino della sua tunica, non so per quale parte pervenutagli e che egli riteneva come reliquia» (f. 160v). Vigevano Angelo, f. 164v. Dichiarò anche: «Stando nel convento di Casalpusterlengo venne per un quindici giorni ad Abbiategrasso». La notizia non ha però conferma e sembra inverosimile. Probabilmente si confuse con la permanenza di altri cappuccini in parrocchia per predicazione, che l’avevano conosciuto e parlavano di lui. Fra Apollinare da Arcore, l’infermiere di padre Carlo: «Dal Prevosto e da persone di Abbiategrasso e dai genitori conosciuti in occasione dell’ultima malattia del padre Carlo sempre udii che quel figliolo fosse una fortuna e un regalo del Cielo» (f. 65v). La visita di don Palazzi è confermata anche da don Magnaghi, coadiutore di don Palazzi: «Il Prevosto Palazzi che lo visitò prima di morire fu edificato della sua singolare pietà» (f. 183r). Salamina Pietro conferma: «C’erano anche il padre e la madre del p. Carlo che seguivano il feretro piangendo» Proc. Laud. (f. 173v). Buonalancia Marianna invece ricorda solo il padre: «Anche il padre di p. Carlo accompagnava piangendo di consolazione» (ibid., f. 156r: di consolazione, evidentemente, per quelle esequie trionfali). Fra Leone da Bagnatica lo incontrò per caso in viaggio, mentre ritornava dal funerale. «Gli contò tutte le meraviglie del gran concorso e delle guardie che a stendo frenavano la folla» (f. 249v). Della successiva visita a Casale del papà di padre Carlo pochi anni dopo il funerale è testimone fra Raimondo da Casalpusterlengo, tra il 1862 e il 1864, quando risiedeva in quel convento (f. 248v).

352 P. Aliverti, che ha raccolto notizie in luogo, Vita, p. 26ss; P. Giudici, Appunti, p. 27: «Una persona straordinaria per bontà d’animo, per umiltà e pietà».

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sarebbe vissuta di elemosina. Il che si avverò, avendo dovuto io stessa venirle in soccorso”. Nello stesso incontro, io credo, le disse: «Mamma, adesso non siete più voi mia madre, mia mamma è la Madonna»353. Ancora la Maria Fraccapani (la teste che meglio conosceva la famiglia di padre Carlo) sembra affermare che la famiglia nei decenni successivi alla sua morte l’abbia alquanto dimenticato: «Per circostanze di varie disgrazie toccate in famiglia nell’epoca successiva alla morte di Padre Carlo, non se ne parlò quasi più fino al momento che si è incominciata ad iniziare questa causa»354. Seguì la morte del papà, e poi della mamma355. Nella solenne traslazione delle reliquie di padre Carlo dal cimitero al Santuario erano presenti quattro congiunti: Vigevano Battista, Golzi Eliseo, Golzi Adele e Golzi Paolina. Il primo, cugino probabilmente per parte del padre; Eliseo e Adele figli di un fratello della madre di padre Carlo sposato con la Fraccapani Maria testimone nel Proc. Mediol. e già defunto, quindi cugini del Servo di Dio, e Paolina figlia di Eliseo356. Ai tempi del Processo in famiglia ancora si ricordava la guarigione di Paolo Vigevano fratello di padre Carlo, che in una visita nel convento di Casale era stato da

353 Proc. Mediol., Fraccapani, f. 137v-138r. “Padre Carlo era solito chiamare mamma la Madonna”: P. Giustino da Lovero, f. 201v. La profezia è confermata da don Luigi Magnaghi coadiutore in luogo, che non aveva conosciuto padre Carlo, ma riferiva quel che aveva appreso da sacerdoti, famigliari, religiosi, testimoni nel Processo e altre persone di Abbiategrasso – «Predisse che la madre sua sarebbe morta povera, come avvenne» (f. 182v).

354 Proc. Mediol., f. 139r. La Fraccapani parlava della famiglia di Padre Carlo? Della propria, dei Vigevano in genere?

355 Le date sono da ricercare nei registri parrocchiali, anche quelle dei fratelli o sorelle sopravvissuti. Meglio sarebbe fotocopiare gli atti di nascita e battesimo e di morte di tutti i componenti della famiglia di padre Carlo, utilizzando quelli citati da P. Evaldo.

356 “Cittadini Abbiatensi che presenziarono la festa (sic) della traslazione delle spoglie di Padre Carlo dal cimitero al Convento dei RR.PP. Cappuccini di Casalpusterlengo, nel giorno di mercoledì 4 maggio 1898”. C’è una divergenza tra la deposizione della Fraccapani (Proc. Mediol., f. 139r: “un figlio di Eliseo”) e l’elenco: “Golzi Paolina”. Potrebbe trattarsi di un banale errore di scrittura, una a in luogo di o: Paolina, Paolino. La difficoltà è facilmente risolvibile controllando gli Stati d’Anime della Parrocchia. Fotocopia dell’originale dell’elenco in Appendice.

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lui benedetto e guarito: «Ricordo pure che il fu Paolo Vigevano fratello del Santo padre Carlo, tenne, mi pare, per più di un anno bendato il viso siccome avevalo affetto di male e (se non erro) per scrofolosità; e che poi fu guarito. Allora, dietro mia interrogazione, mi disse: ch’esso era stato costì dal suo fratello padre Carlo, e che fu guarito per intercessione del medesimo»357.

La profezia alla madre e la guarigione del fratello sembrerebbero di segno contrario: le parole colpirono dolorosamente la mamma e chi ne venne a conoscenza; la guarigione donò una grande gioia a Paolo e alla famiglia358. Ma ad Abbiategrasso non si ricordavano soltanto questi due episodi. Quasi tutti i testimoni locali sapevano dei fatti prodigiosi che avvenivano per sua intercessione nei pochi mesi di permanenza nel convento di Casale. Anche Giuseppa Bonecchi fece una deposizione dettagliata della guarigione ottenuta con un atto di devozione a padre Carlo quando aveva 11 anni, quindi nel 1860. Per una infermità al piede sinistro fu operata varie volte, i medici volevano tagliare il piede. «Mio padre andò o mandò a Casalpusterlengo con due calze per farle benedire sotto l’intercessione del padre Carlo; ritornò anche con una medaglia che tenni al collo per molto tempo. Ho usato le calze, ed entro il temine di cinque o sei mesi mi trovai perfettamente guarita. Potei alzarmi dal letto e camminare. Io, mio padre e i miei parenti attribuimmo la guarigione ad una grazia di padre Carlo, verso il quale conservo qualche divozione». Riferiscono il fatto il Prevosto

357 Giovanni Battista Vigevano, lontano parente di padre Carlo, al guardiano dei cappuccini di Casalpusterlengo, rispondendo ad una sua richiesta, in data 9 ottobre 1900: Proc. Mediol., doc. 8, f. 264r.

358 Si hanno testimonianze di una sola visita della mamma a Casale. Ritengo che si debba individuare in quella fatta con il suo sposo, nell’ultima malattia del figliolo. Questi era ormai prossimo alla morte e aspettava che venisse la Madonna e l’accompagnasse all’incontro con Dio. “Era solito chiamare mamma la Madonna” (P. Augusto da Lovero, f. 201r). La profezia – di sapore evangelico (Lc 8,21 “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”), ma umanamente quasi crudele – si comprende alla luce della coscienza del suo imminente passaggio all’eternità, che l’assorbiva interamente. L’episodio va meglio inquadrato nello studio dell’eroicità delle virtù.

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don Balconi e Giosia Pusterla: «So di una tal giovine Bonecchi che guarì da una malattia ai piedi coll’aver usato delle calze benedette alla tomba di padre Carlo»359.

Riassume bene il prof. Comincini nella «Relazione in merito al processo milanese» sopracitata le convinzioni dei testimoni di Abbiategrasso circa la santità del loro concittadino, a comprova della continuità della fama di santità. «Nel processo istruttorio milanese la continuità della fama di santità di padre Carlo da Abbiategrasso si riscontra nelle deposizioni di alcuni testi, in particolare con riferimento alla domanda n. 23 (f. 275v) dell’interrogatorio d’ufficio, avente il seguente tenore: In quale stima fu ritenuto (scil: padre Carlo) dopo la sua morte? Le risposte a questa domanda sono state raggruppate in due sezioni. Nella prima la continuità è confermata solo su base

359 Proc. Mediol., Domande 19, 20, 23: Albini Giuseppa, f. 160-161v; Vigevano Angelo, f. 164v-165r; Baldassarre Del Grosso, f. 174rv (non sa dopo morte); Don Luigi Magnaghi, f. 183rv; Gaetano Bonecchi, f. 188r; Carlo Migliavacca, f. 190v. Unanime era il giudizio di santità. Una devozione a padre Carlo si conservava, quantunque non organizzata o sostenuta dal clero, ma spontanea. Il prevosto Balconi: «Escludo il carattere di istigazione da parte di persone interessate; la buona memoria viveva però; sia perché il popolo rammentava le sue virtù e gli atti speciali di sua vita sopraindicati, sia per due edizioni delle memorie di sua vita che circolavano in mezzo al popolo e che erano molto ricercate… Speciali forme di devozione, no; però l’invocano nei loro bisogni, e si raccomandano alla sua intercessione specialmente in occasione di malattie. Anche le immagini che sono diffuse nel popolo non sono oggetto di culto». Ricorda la guarigione della Bonecchi e aggiunge: «Ve ne sono poi molte altre grazie, non però di rilievo che si ritengono ottenute per intercessione di padre Carlo, che al presente non so ricordare». Anche il coadiutore don Luigi Magnaghi: «Molti nutrono speciale divozione privata e si raccomandano a lui nelle loro orazioni. So che molte persone da me benedette facendo una novena a padre Carlo attribuiscono le guarigioni alla sua intercessione. In particolare certa Gilardoni nel mese di giugno scorso essendo gravemente ammalata di emorragia polmonare e gastrite, viaticata da me, e dal medico dichiarata in pericolo di morte, dopo una novena al padre Carlo si trovò guarita». La stessa miracolata, Severina Migliavacca in Gilardoni fece nel Processo una deposizione dettagliata della gravità della sua infermità che la portava alla morte, e della novena novena a Padre Carlo, tenendo sotto il guanciale un involtino contenente una reliquia di Padre Carlo (f. 195r-196v). Migliavacca Carlo, f. 190rv; Angelo Meazza, f. 192v-193r. Gli altri danno conferma all’una o all’altra domanda.

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personale, cioè senza riferimenti a un preciso ambito territoriale: sono le deposizioni dei cappuccini. La seconda sezione raggruppa invece le testimonianze in ambito abbiatense, attraverso la deposizione dei testi (religiosi e laici) provenienti appunto dal luogo di nascita di Padre Carlo. Da questa seconda sezione, per le diverse circostanze che emergono, si evince che la fama di santità in Abbiategrasso fu ininterrotta a partire dalla morte di padre Carlo fino agli inizi del Novecento»… Il prof. Comincini specifica, con precise citazioni: Don Luigi Magnani: «La stima qui in Abbiategrasso fu conservata e tuttora dura, e molti nutrono speciale devozione privata e si raccomandano a Lui nelle loro orazioni» (f. 183r). Don Antonio Gioletta: “Lo ebbero in stima di santità” (f. 186r). Don Stefano Balconi… «Il mio popolo ha ritenuto e riteneva fin d’allora il Padre Carlo come un buon Servo di Dio, ricordando gli atti singolari di virtù operati nei suoi primi anni di gioventù» (f. 227r). Alla domanda: «Sa che nel popolo si furono fatte istigazioni per tener viva nel popolo la memoria di Padre Carlo» si risponde: «Escludo il carattere d’istigazione da parte di persone interessate; la buona memoria viveva però….» (ff. 227v-228r) (dà le spiegazioni sopra riportate). Giuseppa Bonecchi: «In questi ultimi tempi ho sentito dire nel popolo accennandosi al Padre Carlo: l’avevamo qui noi e ce lo siamo lasciati portar via». (f. 135r). Albini Giuseppa: «Fu tenuto come santo anche dopo la sua morte» (f. 160v). Angelo Vigevano: »Fu ritenuto come uomo santo» (f. 165r). Baldassarre del Grosso: »Non saprei dire in quale stima precisamente sia stato tenuto dopo la sua morte; Per parte mia ho continuato a nutrire verso di Lui la stima che avevo, parlandone anche in famiglia ed ispirandola nei miei figlioli» (f. 174v). Gaetano Bonecchi: »Ad Abbiategrasso parlano sempre di Lui come di un santo» (f. 188r). Carlo Migliavacca: »Qui in Abbiategrasso hanno tutti il desiderio che sia santificato» (f. 190v). Angelo Meazza: »Fu ritenuto in buona stima anche dopo la sua morte, tenendo calcolo

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che anche su questo punto vi son persone indifferenti e poco favorevoli» (f. 193r)360.

Intervento del governo austriaco, ultima malattia e morte santa

La notizia di guarigioni prodigiose si sparse e fu un crescendo di folla che chiedeva benedizioni, e fiorivano grazie e miracoli, e anche cinque o sei confessori non bastavano ad ascoltare le confessioni dei fedeli, e a volte anche sei gendarmi erano mandati per custodire la clausura e far largo quando passava padre Carlo e per sorvegliare nel timore che scoppiassero sommosse361. Certamente la

360 Prevosto Balconi, in Proc. Mediol., f. 227v-228v; don Magnaghi, f. 183v; Migliavacca, f. 195v-196v; Bonecchi, f. 135rv; don Balconi, f. 228v; Pusterla, f. 179v. I testi della prima sezione (confratelli di padre Carlo, religiosi cappuccini) sono riportati più avanti, nell’analisi fatta dal prof. Comincini, alle pp. 285-292.

361 Le testimonianze sono numerose, ma piuttosto limitate in proporzione di moltissimi fatti strepitosi di conversione e di guarigione avvenuti durante le benedizioni di p. Carlo. Nessuno ha pensato di tenerne nota autentica e quotidiana e al suggerimento di un dotto prelato in questo senso rispondeva p. Samuele da Viganò che non sarebbero bastati neanche due notari a scrivere tutto il giorno. Cf. Aliverti, Vita, p. 206. Possiamo qui riportare alcuni esempi: P. Paolino da Verdello: «vari prodigi ebbe ad operare e in via generale lo dimostra l’immenso concorso di popolo che da ogni parte affluiva a lui per le benedizioni, tale che l’autorità politica se ne ebbe ad impensierire e fece pratiche perché da Casale fosse allontanato; e fu l’opera del vescovo d’allora Benaglia che s’interpose presso la medesima autorità onde fosse lasciato a Casale dicendo che era una benedizione per la sua diocesi. In particolare poi ho parlato con un uomo della diocesi di Lodi e di un paese vicino a Casale che mi depose con giuramento nella mia qualità di Provinciale, che da ragazzetto, essendo nato sordo muto, ed essendo riusciti inutili i tentativi di operazione per dargli l’udito e la loquela, suo padre lo condusse al padre Carlo; questi fatta preghiera sopra di lui lo benedisse, lo baciò in fronte e da quel momento udì e si mise a parlare. Di questo fatto ho ordinato la deposizione dell’individuo stesso del quale non ricordo ora precisamente né il nome né l’età» (Proc. Mediol., f. 84v-85r); p. Giustino da Lovero: «Si è detto che a Casalpusterlengo convertiva i peccatori dicendo loro qualche semplice parola di pietà, per esempio: “Amate la Madonna” e correvano in massa a confessarsi…. Il padre Carlo come sacerdote non si prestò ad altro che a dir la santa Messa, a far le sante comunioni e benedire e con questo solo fece egli più bene in poco tempo che non altri religiosi colla predicazione di molti anni… quando andò a

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maggior parte dei fatti straordinari sono raccontati senza data, ed è impossibile essere più precisi. Ma uno dei pregi della biografia di p. Carlo scritta da p. Evaldo è la rilettura dei numerosi fatti taumaturgici non in una dimensione miracolistica di meraviglioso, ma come connessi e derivanti da una personalissima vita spirituale nella compassione e unione al dolore di Cristo Crocifisso e della Vergine Addolorata. Nel processo di Lodi le testimonianze ridondano di racconti dei miracoli, e non poteva essere diversamente perché i sette mesi della vita di padre Carlo a Casalpusterlengo furono un’esplosione di grazie e miracoli ai piedi di Maria. Egli era convinto che le preghiere della Chiesa sono infallibili e producono la guarigione. Ma era la sua unione e conformità a Cristo che gli faceva sentire una profonda compassione e condivisione dei dolori degli altri e una volontà di donare continuamente la sua vita per la salvezza delle anime. E lo faceva con semplicità, come se non fosse opera sua. Padre Evaldo è riuscito a sciogliere il meraviglioso di questi miracoli e a scoprirvi dentro nascosta

Casalpusterlengo, sebbene non l’avessero mai veduto prima d’allora, era voce universale “è arrivato fra di noi un santo”. Di lì l’immediato concorso che si ebbe al Santuario per farsi benedire da lui e siccome le sue benedizioni producevano effetti straordinari il concorso si faceva sempre maggiore; sul principio benediceva i singoli, poi per la folla sempre crescente dovette appagarsi di benedire in globo il popolo che accorreva dal Lodigiano, dal Cremonese, Pavese e Piacentino tanto da mettere in sospetto la Polizia Austriaca e la sua benedizione produceva grandi e generali guarigioni» (ibid., ff. 202v-203r, 205v). Don Sante Peviani: «Ho sentito una volta esortare a purgarsi l’anima dai peccati prima di benedire; so però che lo faceva di frequente, quando poi rivolgeva qualche parola al popolo, moltissimi erano gli uditori che commossi accorrevano al confessionale, tanto che tante volte neppure erano bastanti i frati confessori. È vero che si prestava sempre per la benedizione anche negli ultimi tempi quando era ammalato, e non potendo da sé discendere per venire in chiesa, i frati lo portavano alla cappella della Madonna per benedire i fedeli… Ricordo precisamente che dopo la guarigione della Pavesi, che fece gran chiasso, era tale e tanta la folla, che veramente ingombrava chiesa, piazza e convento, tanto che si dovè domandare le guardie per mantenere l’ordine» (Proc. Laud., f. 99r, 104r), ecc. Seguire tutti gli episodi miracolosi avvenuti a Casale con p. Carlo e segnalati dai ricordi dei testimoni e da altre notizie richiederebbe moltissime pagine. Le prime biografie devote, come pure le ricerche di p. Aliverti e di p. Evaldo si dilungano assai su questo argomento.

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un’altissima perfezione, fino all’eroismo letteralmente ripetuto che leggiamo in san Francesco che lavava i lebbrosi e lavandoli li guariva, o della beata Angela da Foligno che beveva l’acqua con cui aveva medicato le piaghe dei lebbrosi come fosse una dolcissima comunione sacramentale con Cristo362.

Il grande afflusso della gente è descritto efficacemente in una relazione del maestro Luigi Fenini, personaggio di rilievoi. Per il gran concorso di forestieri «venivano ingombrate d’ogni sorta di veicoli tutti gli stallazzi, alloggi, alberghi, osterie, corti e aje di privati, e ciò nonostante, rigurgitavano le contrade del paese, specie la strada da Sant’Antonio ai Cappuccini – quasi un chilometro – di inospitabili, che dovevano per mancanza d’un ricovero qualsiasi, lasciare animali, carri, carrozze, all’aria aperta, fortunati ancora quelli, che non avendo portato seco un viatico, di trovare di che poter sfamare se e le loro bestie perché le vendite ed i negozi non arrivavano a soddisfare tutti». Il maestro Fenini, allora ancor molto giovane, ricorda le brevi parole che padre Carlo rivolgeva alla moltitudine: quando nominava Dio, la Madonna, le cose celesti: «sembrava che lui le vedesse, le toccasse, o quasi». Ricorda il comportamento delle persone presenti: «Il popolo tutto, all’apparire di padre Carlo si prostrava ginocchioni come un sol uomo per venerare in lui il santo… Parecchi, in conseguenza delle profonde impressioni avute da quelle parole e da quelle scene, mutarono intieramente la loro vita, apertamente scorretta e scandalosa, in un vivere morigerato e cristiano, che poi mantennero sempre»363.

362 Cf. Appunti per una vita, pp. 354-359.363 Raccolta fedele, f. 26ss: Relazione del Maestro Fenini su Padre

Carlo, com’è riferita da p. Aliverti. Luigi Fenini, pochi anni dopo, nel 1871, fu tra i fondatori e il segretario del circolo della gioventù cattolica di Casalpusterlengo, il primo in diocesi di Lodi, n. 41 in Italia, quindi tra i primi. Era assistente don Angelo Noli Dattarino, che abbiamo visto cappellano della chiesa di San Salvario alla soppressione del convento e promotore fiscale nella causa di p. Carlo. Il M. Fenini fu poi sindaco cattolico di Casalpusterlengo nel 1906-1907 ed ancora dal 1914 al 1919, quindi durante la prima guerra mondiale. Cf. D.G. Mosca, 100 anni di vita e di battaglie religiose e civili delle parrocchie del Lodigiano, vol. I, p. 65ss; Franco Fraschini, Casalpusterlengo da Borgo a città, vol. II, p. 653.

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Questo straordinario movimento di folla alla chiesa del convento rese sospettoso il governo austriaco che nel novembre 1858 intervenne presso la curia di Lodi per far allontanare padre Carlo da Casalpusterlengo. La prima lettera del governo austriaco porta la data 3 novembre. Fino al 7 dicembre si sviluppa un fitto carteggio tra le autorità civili e quelle religiose (vescovo e ministro provinciale dei frati)364.

364 Questo fitto epistolario è raccolto tra i documenti nel Proc. Laud.: doc. 12: lettera dell’imperial delegazione al commissario dei cappuccini, Lodi, 11 novembre 1858 (ff. 387r-388r); doc. 13: lettera del vicario generale don Luigi Anelli, all’imperial regia delegazione provinciale, Lodi, dalla Curia Vescovile, 8 novembre 1858 (ff. 388r-389v); doc. 14: lettera del prevosto don Luigi Veneroni a mons. vicario generale, Casalpusterlengo 9 nov. 1858 (ff. 389v-391r); doc. 15: lettera di p. Francesco da Bergamo all’imperial regia delegazione provinciale, Milano, 18 novembre 1858 (ff. 391r-391v); doc. 16: lettera di p. Francesco da Bergamo alla curia vescovile di Lodi, Milano 18 nov. 1858 (pp. 392-393, qui conta per pagina); doc. 17: lettera di mons. Gaetano Benaglio vesc. di Lodi, Dal Palazzo Vescovile, 29 nov. 1858 (ff. 393-394); doc. 18: lettera di mons. G. Benaglio al p. commissario provinciale Francesco da Bergamo, Lodi, Curia Vesc. 1 dicembre 1899 (ff. 395-396v); doc. 19: lettera di p. Francesco da Bergamo al vescovo di Lodi, Milano 7 dic. 1858 (ff. 396v-397v). Queste lettere sono riportate anche in altri archivi: Roma, AGC, AD 100 (copia) e MD Servi Dei: Carolus de Abbiategrasso, docc. 16-22: Copia della relazione del vicario generale di Lodi canonico L. Anelli, alla imperial regia delegazione provinciale, Lodi, dalla Curia vescovile, 8 novembre 1858 (N. 21 P.R.) [edita in Aliverti, Vita del Servo di Dio, p. 198-199; Giudici, Appunti per una vita, p. 360-361]; copia della lettera di Pindacci, della imperial regia delegazione provinciale, al p. commissario provinciale p. Francesco da Bergamo, Lodi, 11 nov. 1858 (N. 155 P.R.) [ediz. in Aliverti, Vita del Servo di Dio, p. 200; anche, ma non integralmente, in Giudici, Appunti per una vita, p. 364]; copia della risposta del ministro provinciale dei cappuccini in Lombardia p. Francesco da Bergamo a Pindacci della imperial regia delegazione provinciale, Milano, 18 nov. 1858 (N.80). [edita in Aliverti, Vita del Servo di Dio, p. 201; brano in Giudici, Appunti per una vita, p. 366]; copia della lettera di p. Francesco da Bergamo alla curia vescovile, Milano, 18 nov. 1858 (N. 81). [edita in Aliverti, Vita del Servo di Dio, p. 201-202; brano in Giudici, Appunti per una vita, p. 366]; copia di lettera del vescovo Gaetano Benaglio a p. Gianmaria Bassi da Milano, vicario del convento dei cappuccini di Casalpusterlengo, Lodi, 29 nov. 1858 (N. 1040). [ediz. in Aliverti, Vita del Servo di Dio, p. 204-205; Giudici, Appunti per una vita, p. 371-372]; copia della lettera del vesc. G. Benaglio al ministro provinciale p. Francesco da Bergamo, Lodi dal Palazzo Vescovile, 1

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È necessario qui esaminare e specificare bene i motivi storici di queste inchieste, indagini e sospetti del governo austriaco che già presentivano lo scontro con il Piemonte, come avverrà nel 1859, poiché si tratta di «uno dei pochi insiemi documentari rilevanti che riguardano padre Carlo, ma che escono dall’ambito della congregazione cappuccina. Si tratta del già noto scambio epistolare tra i funzionari dell’imperial-regio governo e il vescovo di Lodi Gaetano Benaglio, oltre che il provinciale dei cappuccini. La polizia asburgica, diffidente al massimo grado per tutto ciò che poteva creare sedizione, disordine o comunque usciva dallo stretto controllo governativo, proprio in quei mesi di altissima tensione politica vedeva a Casalpusterlengo un afflusso straordinario di gente, attratta dalla fama dei miracoli del padre Carlo. Immediatamente si attivò per interrompere quegli assembramenti che potevano essere pericolosi per l’ordine pubblico e, chissà, nascondere qualche complotto o far penetrare nel Regno Lombardo-Veneto qualche inflitrato, visto che il confine con il ducato di Parma e Piacenza era vicinissimo.

«La richiesta della polizia imperiale rientra nella logica dello stretto controllo esercitato dal governo sulla Chiesa: pur regolato da un concordato abbastanza favorevole, il rapporto era comunque segnato dal tradizionale giuseppinismo e dalla visione di una Chiesa che doveva sostenere l’impero nella sua opera di difesa contro la rivoluzione. Tanto più che un decennio prima, nelle “cinque giornate di Milano” e nella prima guerra d’indipendenza, non erano mancati chierici e sacerdoti che avevano aderito ai moti antiaustriaci. Così che, quando le truppe di Radetzki ripresero il controllo della Lombardia, il governo costrinse i vescovi a epurare i seminari degli elementi (studenti e insegnanti) ritenuti pericolosi.

dicembre 1858 (N. 1052). [ediz. in Aliverti, Vita del Servo di Dio, p. 202-203; Giudici, Appunti per una vita, p. 372-373]; copia della lettera di p. Francesco da Bergamo al vesc. Benaglia, Milano, 7 dic. 1858 (N. 85). [ediz. in Aliverti, Vita del Servo di Dio, p. 203-204; un breve cenno in Giudici, Appunti per una vita, p. 374]. Milano, APCL, P 1105/01-07 (copia autentica degli stessi documenti).

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«Ma i funzionari imperiali si trovarono davanti la ferma opposizione di Benaglio al trasferimento forzato di padre Carlo. Il vescovo Benaglio poteva far sentire la sua voce. Membro di una famiglia nobile bergamasca ben collegata col potere austriaco, Benaglio non aveva mancato di collaborare con le iniziative paternalistiche del governo austroungarico, ad esempio la fondazione dell’oratorio cittadino per i giovani apprendisti o la società di mutuo soccorso. Era, dunque, in dialogo positivo con il regime vigente. Ma, trattandosi di un mondo ancora, per certi aspetti, “feudale” o per lo meno “ancien régime”, una figura come il vescovo nobile contava ancora e poteva esercitare un certo potere, a motivo delle adesioni e degli appoggi che una figura come Benaglio poteva raggiungere a Vienna o altrove. E bisogna dire che il vescovo di Lodi non mancò di giocare le sue carte per evitare il trasferimento di padre Carlo, con notevole efficacia.

«Se poi si pensa che il presule lodigiano contava novantun primavere! Era nato, infatti, nel lontano 1768! Era stato nominato, quasi settantenne, a Lodi nel 1837 e da quel momento, con attività pressoché instancabile, aveva svolto le sue funzioni. Ad esempio, nel 1857 aveva consacrato le chiese parrocchiali di Basiasco e Zorlesco e quella, all’estremo della diocesi, di Caselle Landi; nel 1858 quella di Massalengo; nel 1862 consacrerà quella di Bertonico, addirittura nel 1866 quella di Casalpusterlengo: solo per dare un’idea di quegli anni e di uno dei riti episcopali, peraltro piuttosto complesso, senza contare le cresime e tutto il governo diocesano. Morì quasi centenario nel 1868, e pare che fino a poche settimane prima della morte abbia esercitato importanti atti di ministero.

«Dunque un governo che riteneva di avere la Chiesa come necessario instrumentum regni e collaboratrice della politica di ordine e di sicurezza contro il liberalismo e la “rivoluzione”; e un vescovo che, pur pienamente integrato in questo sistema, usava del sistema per difendere una certa libertà della Chiesa stessa. E in mezzo, il padre Carlo, che coi gendarmi aveva avuto a che fare solo in gioventù,

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quando supplicava di imprigionare lui al posto di noti malfattori»365.

Intanto p. Carlo il 9 novembre 1858, si ammala gravemente di broncopolmonite e alla fine del mese guarisce quasi miracolosamente, continuando il suo apostolato di benedizioni miracolose366.

Verso la fine di gennaio 1859 di nuovo egli si ammala gravemente di etisia e il 18 febbraio chiede e riceve il S. Viatico. E dopo tre giorni di agonia il 21 febbraio 1859 alle ore 10,30 muore, allietato da una visione della Madonna.

Degli ultimi tre giorni della sua vita, in agonia, e della sua santa morte scrivono tutti i biografi del Servo di Dio. Li ricapitola p. Evaldo Giudici citando in particolare p. Alfonso Aliverti e le Memorie storiche pubblicate a Lodi nel 1880367.

Di particolare valore sono le testimonianze scritte da due persone che meglio hanno conosciuto la fragilità del corpo e la elevatezza dello spirito di padre Carlo: il medico del convento dott. Carlo Cesaris e il guardiano p. Daniele da Bergamo. Presentano una sintesi dei pochi mesi della sua residenza a Casale, coronata dalla duplice luce della croce e della gloria negli ultimi giorni della sua vita terrena.

Il dott. Cesaris, uomo di scienza e di fede, ricorda «l’aspetto esile e patito, la macilenza, il pallore»; la prima caduta nella malattia di petto, nell’autunno 1858, che fece dubitare dell’avvenire «per la sua meschina costituzione, le frequenti emorragie, la persistenza della tosse e della febbre»; le sue suppliche e pianti perché non gli vietasse il suo servizio, quando lo invitava a moderare lo zelo e ad avere maggiori riguardi per la salute. Era l’unico conforto in

365 Dalla relazione sul Proc. Laud. di don Angelo Manfredi, Lodi, 10 settembre 2008.

366 P. Evaldo, Appunti, p. 362-368.367 P. Evaldo, Appunti, p. 414ss; Ildefonso Aliverti da Vacallo, Vita del

Servo di Dio padre Carlo d’Abbiategrasso sacerdote Cappuccino, Casalpusterlengo 1945 (di particolare autorità, come è già stato detto, avendo potuto l’autore comunicare con numerose persone – religiosi, sacerdoti, laici – che avevano avuto stretti rapporti con p. Carlo); Anonimo, Memorie storiche sulla vita di Padre Carlo d’Abbiategrasso sacerdote Cappuccino, Lodi 1880, p. 67ss e successive edizioni; V. Bonari, Brevi cenni…, in I Cappuccini della Prov. Milanese” parte seconda, vol. II: Biografie dei più distinti.., Crema 1899, p. 605ss.

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mezzo alle sue pene, rispondeva. «Le fatiche e le troppo vive emozioni accelerarono il decorso della tisi». Stremato di forze, riceveva gli ammalati nella sua cella, continuava a benedire con voce semispenta, «finché mormorando devote aspirazioni, si spense nel 21 febbraio 1859»368.

Nel primo Processo Rogatorio tenuto a Lodi fu riportata la lettera di partecipazione della morte di padre Carlo inviata ai conventi della Provincia di San Carlo in Lombardia dal padre guardiano di Casalpusterlengo il giorno stesso della morte. Padre Carlo era «un angelo disceso dal cielo». Ha dato decoro e splendore al santuario, e una rinomanza mai avuta in passato: accorreva gente di ogni età, sesso e condizione, secolari ed ecclesiastici, per raccomandarsi alle orazioni di colui che tutti proclamavano santo, ed ottenevano guarigioni e grazie. «Pareva di contemplare il vivo ritratto di un santo già venerato sugli altari». In tutte le azioni trapelava la santità e lo splendore d’ogni cristiana virtù. Ha lasciato ai religiosi cappuccini «l’esempio luminoso di perfetta abnegazione e totale distacco dalle cose terrene»369. Ecco il testo completo:

368 Proc. Laud., f. 356r-357r: doc. II: Memoria scritta dal dott. Cesaris di Casalpusterlengo medico curante di P. Carlo,. Del dott. Carlo Cesaris traccia un profilo rispettosissimo il primo storico di Casalpusterlengo don Luigi Alemanni già citato, che lo conobbe da vicino: «Venerando ed illustre, segnalatissimo specialmente per gli studi e l’esperienze feconde nella cura delle malattie di petto, per le quali egli, ancora studente nell’università di Pavia, applicò tra i primi e propugnò con mirabili successi il metodo dell’audizione». Nei sommovimenti politico-militari del 1848, essendo fuggite le autorità locali, salvò Casale dalla rappresaglia delle truppe austriache, e di nuovo nel 1859. Lo vedremo ancora a fianco dei Cappuccini quando il convento fu chiuso dal patrio governo. La famiglia Cesaris emerse nell’800 come la più illustre e tra le più benemerite e benefiche della cittadina (L. Alemanni, Storia di Casalpusterlengo, p. 271ss.). Questo impulso interiore a servire gli ammalati anche con grave sacrificio personale era colto anche dai laici (teste Antonia Vida, f. 296v).

369 La lettera è riportata da G. Olmi, Una gemma dell’Ordine de’ Cappuccini, Genova 1877, pp. 34-38, e in Proc. Laud., doc. X, f. 380v; Memorie storiche dell’Anonimo, 2ª ediz., p. 82, e 3ª edizione; Aliverti, Vita, p. 261ss; P. Giudici, Appunti, p. 417ss. Non può sfuggire l’importanza primaria di questa lettera, scritta da chi, giorno per giorno, aveva seguito l’operato di padre Carlo come superiore diretto. Si veda il Documento A negli Allegati.

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M.R.P. Osserv.moIl giorno 21 del corrente alle ore 10½ antemeridiane, dopo

longhissima agonia, esalava nel bacio del Signore l’anima sua benedetta il nostro confratello il Padre Carlo d’Abbiategrasso, di età naturale di 33 anni e sette incirca di Religione, munito di tutti i conforti della chiesa, lasciando così sulla terra un profondo dolore della sua perdita, ed una memoria eterna di sua giustizia. In memoria aeterna erit justus [Sal 111, 7]. La morte di lui, invece di chiamarla con l’amaro nome di morte, può dirsi piuttosto una soave separazione dell’anima dal corpo per volare nel seno del suo Signore; fu dessa bella come fu la sua vita; fu preziosa nel cospetto del Signore come la morte dei Santi: Pretiosa in conspectu Domini mors sanctorum ejus [Sal 115, 15].

Inutile sarebbe che io facessi cenno delle di lui virtù, imperocchè ognuno che conobbe il P. Carlo non può a meno di confessare che egli pareva proprio un Angiolo disceso dal Cielo a vestire la umana spoglia: egli non alzava mai gli occhi da terra, non parlava se non per necessità, ed anche quelle poche parole che egli proferiva, non erano, se non di edificazione, sapendo che il silenzio è fedel guardia del cuore.

A conso1azione, però, del serafico nostro Ordine, permetta almeno che io riepiloghi tutta la di lui vita in quel breve ed ultimo periodo di sette mesi che visse in questo nostro Convento di Casalpusterlengo, bastevole a tessere il più bello degli encomii che sia a me dato dalle eminenti virtù del nostro confratello defunto.

A maggior gloria di Dio, e ad onore della sua divina Religione, posso attestare che Iddio stesso, Colui che sceglie i deboli per confondere i forti [1Cor 1,27], per mezzo del suo fedel Servo il P. Carlo, ha voluto in questi ultimi tempi glorificare maggiormente la sua santissima Madre, ed accrescere a questo nostro Santuario decoro e splendore, elevandolo ad una rinomanza, cui non era forse giammai salito per il passato. Nel declinar dello scorso anno, lo stesso Casalpusterlengo e tutti i popoli circonvicini sono testimoni irrefragabili dello spettacolo sorprendente che compivasi nella nostra Chiesa dinanzi alla Madonna del Salvatore. Impartiva il P. Carlo la benedizione agli infermi ed ai divoti che concorrevano alla Madonna di questo Santuario per ottenere la guarigione, ed altre grazie, / e divulgatasi la fama che molti venivano esauditi nei loro desideri, il popolo si affollava sempre vi e più; e nella metà di Novembre tale era divenuto il

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concorso, e sì strepitoso sino a movere sorveglianza delle autorità civili, ed a ridestare il più vivo e giocondo interessamento di tutte le autorità ecclesiastiche.

Era quindi uno spettacolo veramente commovente vedere tanto popolo d’ogni età, d’ogni sesso e d’ogni condizione, ricchi e poveri, secolari ed ecclesiastici, accorrere a questo Santuario per raccomandarsi alle orazioni del P. Carlo, e per essere da lui benedetti, proclamandolo tutti qual santo. Lo stesso libertino ed incredulo accorse più volte, non saprei, se per semplice curiosità, oppure per avere appiglio alle derisioni; lo stesso libertino, o incredulo, ripeto, non potè mai smentire la voce del popolo; poichè egli stesso, non scorgendo nel nostro buon padre Carlo nessuna ostentazione, nè nel portamente, nè nelle parole; ma bensì sul volto di lui un’aria di paradiso, rimaneva compunto, e partiva con apparenza di una profonda commozione. Ed in verità, a chi guardava il P. Carlo in atto di benedire l’infermo, e il popolo fedele, pareva proprio di contemplare il vivo ritratto di un santo già venerato sugli altari.

Nè solo in atto di benedire, ma in tutte le sue operazioni traspariva lo splendore d’ogni cristiana virtù, poiché tutto alla fine si compendiava in quel santo amor di Dio, che era sempre avvampante nel di lui cuore; e fu appunto per mezzo di quel grande spettacolo compiutosi nella nostra chiesa, che Iddio ha voluto manifestare al mondo con varii segni di grazie e di guarigioni la santità del nostro confratello, e lo splendore delle sue eminenti virtù. Fu per tale modo, che Iddio ha voluto dare alla Religione Cappuccina un esempio luminoso di perfetta annegazione e distacco totale dalle cose terrene, ed a tutti i fedeli cristiani uno stimolo soave a percorrere generosamente ed intraprendere la via dei divini comandamenti e della propria salvezza.

Sebbene sperare dobbiamo, che l’anima di lui sia nel gaudio del suo diletto Signore, tuttavia essendo incomprensibili i giudizi di Dio, ed investigabili le sue vie [Rm 11, 33], trovando egli imperfezioni anche nelle anime più pure, se andasse bisognoso di refrigerio, raccomando alla P.V.M.R. di pubblicare questa mia alla Reverenda sua famiglia per renderla avvertita del consueto suffragio.

Riverendola distintamente pieno di stima e venerazione mi dico

Di V.P.M.R.Dal Convento di Casalpusterlengo li 21 febbrajo 1859

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Devotissimo ServoF. Daniele Guard.o

D.S. Oltre a quanto si è detto di sopra ad encomio del nostro Confratello posso altresì aggiungere a Gloria di Dio, che tutto il Rev.do Clero di Casale colla rispettiva Confraternita sta apparecchiandosi per esprimere con solenni funerali l’estimazione grande, e venerazione, che si è meritata la vita edificante del Nostro buon P. Carlo370.

Queste parole lasciano sorpresi, se appena si ricordano i giudizi dello stesso padre guardiano e dei religiosi di pochi mesi prima. È la resa totale, il riconoscimento della grandezza di colui che avevano sottostimato e - alcuni - anche disprezzato.

Non venne meno, anzi si fece ancor più pressante l’accorrere dei fedeli negli ultimi giorni, nella consapevolezza dell’ormai imminente cessazione del fiume di grazie distribuito dalla benevolenza della “Madonna dei Cappuccini” per intercessione di p. Carlo, che si riteneva suo vilissimo strumento. Padre Carlo pregava la Madonna per tutti; ora tutti, nella consapevolezza della perdita imminente, pregavano per lui. «Il santuario si gremiva da mane a sera di gente di ogni classe e condizione, che pregava, pregava instancabilmente, per padre Carlo. Si voleva dalla Madonna il miracolo»371.

Da parte sua, pur «tormentato dalla infermità e soprattutto dalla stanchezza, non ricusava mai di discendere nella chiesa a benedire; venendo alle volte persone da lontani paesi, erano i frati costretti a prenderlo in due e portarlo alla Cappella della Madonna per benedir coloro che desideravano grazie e miracoli». Così sintetizzò in

370 Il testo qui riportato (che ha alcune varianti rispetto a quello edito da p. Evaldo, Appunti, pp. 417-419) è trascritto esattamente dalla lettera che p. Daniele inviò al guardiano del convento di Cremona lo stesso giorno della morte di p. Carlo, il 21 febbraio 1859, come risulta dal timbro postale di Casalpusterlengo; dal timbro di Cremona risulta che la lettera giunse il giorno dopo, 22 febbraio. Il documento qui utilizzato è conservato a Roma, in AGC, cart. MD Servi Dei: P. Carolus de Abbiategrasso, doc. 9 (probabilmente autogr.).

371 P. Ildefonso, Vita, pp. 210-212. Si vedano le pagine dedicate alla partecipazione popolare al decorso e alla conclusione delle ultime fasi della malattia in Evaldo Giudici, Appunti, pp. 385-413.

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particolare il vice postulatore della causa p. Isaia da Milano372. Per proteggerlo dalla calca dei fedeli e abbreviare il tragitto i frati, che lo portavano di peso, si fermarono poi presso l’altare maggiore. Il padre guardiano, che era stato militare e non aveva abbandonato la rudezza acquisita, con voce stentorea imponeva ordine e invitava alla devozione373.

Il penoso accompagnamento fu proibito dal medico. Non scese padre Carlo, salirono i fedeli. Non bastò la clausura (a quei tempi ancora severa) a fermare l’invasione. Portavano gli ammalati nella cella. Don Sante Peviani, il chierichetto di padre Carlo, che aveva libero accesso nella cella, ricorda: «Non potendo più in ultimo abbandonare il letto e discendere in chiesa gli si portavano alcuni ammalati in cella perché li benedicesse, tra i quali il giovinetto Tronconi Davide che andava soggetto al mal epilettico, e benedetto da Padre Carlo, guarì completamente»374. «La metà di febbraio giunse da Milano un carretto con un misero padre e quattro figli, tre dei quali attratti nelle loro membra. Questo drappello di afflitti chiedeva la benedizione del p. Carlo, il quale già s’incamminava ai secoli eterni. Come esaudirli? … Le lacrime del pio genitore indussero il p. guardiano ad introdurli tutti nella cella dell’infermo, e benedetti da lui partirono pieni di gioia e colla dolce speranza della guarigione»375.

372 Proc. Laud., Articoli, cap. “Dell’eroica carità verso il prossimo” Art. 60, f. 35; Art. 77, f. 38. Numerose le testimonianze: Don Sante Peviani, f. 99; Pietro Salamina, f. 174rv («quattro o cinque volte»); Marianna Buonalancia in Guasconi, f. 157 («qualche volta»); Petronilla Chiappa ved. Bonini, f. 191v-192r («molte volte», per l’insistenza dei fedeli); Bassiano Spelta, f. 185 («Più volte… all’altar maggiore perché non aveva più forze di giungere all’altare della Madonna»); Michele Vaccari, f. 322v-323r («scese nella chiesa per benedire la Carolina detta Titecna di Secugnago soggetta al mal caduco. Non ne fu più soggetta, e visse molti anni»); G. Olmi, Una gemma dell’Ordine Cappuccino, f. 378v («Due volte», poi il medico lo proibì).

373 Proc. Laud.,, teste GiovanBattista Mangini, f. 198.374 Proc. Laud., art. 122, f. 47v, f. 99. Annotò nella deposizione che il

Tronconi era ancora «vivente e sano».375 Proc. Laud., doc. X, f. 378v-379r. È da ritenere che la notizia sia

pervenuta all’autore G. Olmi da un testimone oculare, quel religioso suo amico residente in un convento sul lago di Garda (f. 364), del quale non dà il nome.

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Dietro gli ammalati, altra gente. Dopo quarant’anni Pietro Salamina ricorda: «Nell’ultimo giorno della vita del p. Carlo trovandomi in convento, vidi padre Carlo sul letto di morte con in mano il Crocifisso, che si raccomandava l’anima, e questo vidi dalla fessura dell’uscio, perché non avevo coraggio d’entrare». Francesco Borsotti ricordava quel che gli avevano detto i genitori: «Quando era agonizzante accompagnò egli stesso la preghiera degli agonizzanti recitata dai frati assistenti». Carlo Leva aveva appreso da una zia come padre Carlo anche vicino alla morte pregasse con fervore376.

Quell’implacabile, impietoso, irrefrenabile accorrere di gente nella sua cella, rendeva l’aria del piccolo locale irrespirabile. L’aveva notato perfino il fedele chierichetto Sante: «Moltissime persone si trovavano nella sua stanza e gli toglievano il respiro, e non le mandava fuori se non ottenuta prima l’ubbidienza del superiore» 377.

Durante i pochi mesi trascorsi a Casale padre Carlo era ritenuto un santo378. La sua fu la morte di un santo. La

376 Proc. Laud.,, rispettivamente f. 173, 228, 224v; Olmi, Una gemma, f. 379v: «La sua cella era visitata da ogni genere di persone».

377 Proc. Laud., art. 123, f. 47v-48r, f. 102v. Il particolare è riportato da p. Isaia negli Articoli (ibid., f. 40) con quasi identiche parole. Particolarmente autorevole la testimonianza resa da fra Apollinare da Arcore, che assistette come infermiere padre Carlo nella malattia. Etisia, sembrava. «Circa un mese prima della morte la folla che accorreva per essere benedetta era tale e tanta da richiedere l’intervento della forza per mantenere l’ordine. La folla andava sempre crescendo finché il padre Carlo fu in grado di discendere anche sostenuto per dare le benedizioni» (Proc. Mediol., f. 75v). Si mise a letto solo sette od otto giorni prima di morire. Era obbedientissimo, ricevette due volte i santi sacramenti, non pronunziò mai un lamento, era sempre in preghiera (ibid., 62v). «Per tre giorni stette senza dir parola; al principio guardava la gente che andava e veniva e richiesto benediceva con la mano, poi per ben due giorni stette senza far nessun segno». «Portavano ammalati nella sua cella. Venne un pittore, forse spontaneamente, e gli fece il ritratto, ma padre Carlo non se ne accorse» (f. 78v). Fra Apollinare fu l’unico – della dozzina di frati (pochi!) che resero testimonianza nei Processi – che visse con padre Carlo a Casale. Gli altri lo conobbero in altri conventi, come novizio o studente.

378 È espressamente dichiarato da tutti i testimoni del primo Processo: ritenuto santo in vita e dopo morte. Si vedano anche tutte le biografie. Particolarmente significative le opinioni dei Prevosti di Abbiategrasso don Palazzi, la guida spirituale che lo sostenne

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conclusione della sua vita terrena fu accompagnata da doni soprannaturali, a suggello di una serie non misurabile, e comunque straordinaria, di grazie ottenute e distribuite. Quando, con la partecipazione di tutti i frati e di altre persone, gli fu portato il Viatico, pur fisicamente disfatto, con gesto umanamente inspiegabile d’un balzo si mise a sedere sul giaciglio e seguì il rito con commoventi espressioni di fede e di amore verso Gesù Eucaristico. Subito dopo entrò in agonia379. L’esercizio eroico dello

nell’accidentato approdo nell’Ordine cappuccino e che gli fece visita nell’ultima malattia (P. Isaia, ibid., f. 137v), e di Casalpusterlengo don Veneroni, che seppe cogliere e proteggere la missione apostolica di padre Carlo. La teste Antonietta Vida dichiarò: «Tutti lo ebbero in conto di Santo e di Angelo, e particolarmente il Prevosto Veneroni» (ibid., f. 295v). Padre Ildefonso (Vita, p. 216) riporta le parole del prevosto don Veneroni, accorso con altri sacerdoti per l’ultimo saluto nella cella dove padre Carlo completava il suo sacrificio: «Fui rapito dalla più grande ammirazione, vedendo con quale dolce allegrezza e santa rassegnazione padre Carlo sopportava la sua malattia. Addirittura indicibile stupore mi prese, quando l’ottimo religioso, non potendo quasi più respirare per le molte persone radunate nella sua celletta, e non osando egli di sua autorità congedarle, si volse verso il suo padre guardiano e pregò lui a licenziarle perché si sentiva soffocare». Questa ammirazione di don Veneroni e degli altri sacerdoti è registrata anche negli Articoli del I° processo canonico da p. Isaia, f. 45v (art. 116). Nella “Vita” (ivi f. 37v-38) anche la testimonianza di don Palazzi prevosto di Abbiategrasso accorso a visitarlo nell’ultima malattia: «Rimase edificatissimo non meno che i religiosi di Casalpusterlengo ed i medici curanti nell’ammirare la serenità ed allegrezza del Servo di Dio tra dolori spasmodici e tosse insistente». Commentò: «L’ho detto io che avrebbero avuto un Santo!» (Fra Apollinare da Arcore, in Proc. Mediol., f. 73). P. Isaia registrò anche (ibid., f. 46v) la presenza di padre Giovan Battista Tornatore: «Assistette anche alla morte del Servo di Dio». Era religioso eminente della Congregazione dei Preti della Missione (1820-1895) del Collegio Alberoni di Piacenza, confondatore nella stessa città delle Figlie di Sant’Anna, in fama di santità. Che padre Carlo fosse conosciuto anche a Piacenza è testimoniato da don Saverio Guasconi, sacerdote casalino: un poliziotto addetto al controllo dei passaporti, gli chiese notizie e conferme (ibid., f. 113). L’opinione di questi tre eminenti sacerdoti, e dello stesso vescovo di Lodi mons. Benaglio, era condivisa dal clero in genere. È affermato in varie dichiarazioni di testi del primo processo, come queste: «Non solo il popolo, ma anche i Sacerdoti lo proclamavano Santo». (Petronilla Chiappa ved. Bonini, f. 192v); «Venivano anche sacerdoti e parroci a ricevere la benedizione del p. Carlo ed avranno anche conferito con lui» (Mangini Giovanni Battista, f. 199v).

379 P. Isaia, ibid., f. 33; Olmi, Una gemma, f. 379v.

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spirito di mortificazione, di penitenza, di totale adesione alla volontà di Dio, di dedizione ai fratelli anche tra le più acute sofferenze degli ultimi giorni è colto da tutti i testimoni del primo Processo canonico che avevano conosciuto il Padre, ed è rilevato da tutti i biografi380.

Non mancò un’altra prova della santità di padre Carlo: il dono della profezia. Dalle testimonianze raccolte nel primo Processo se ne colgono tre: all’inferma Francesca Pavesi, poco dopo la sua venuta a Casale, aveva annunciato la guarigione ed anche la ricaduta e la morte, se fosse ritornata al comportamento precedente381; a Caterina

380 Si veda in particolare il volume di P. Evaldo Giudici, Appunti, pp.385-413, che analizza fatti e sentimenti, come pure più avanti, dove si parla dell’eroicità delle sue virtù.

381 La guarigione della Pavesi è forse quella più ricordata. In realtà manifestò il potere taumaturgico delle benedizioni impartite da p. Carlo. «Il fatto eccitò grande entusiasmo nel popolo di Casale Pusterlengo» (Mangini Giov. Battista, f. 199). È ricordato infatti da chi viveva ai tempi del Padre per conoscenza diretta (si intravvedono le persone che andavano a visitarla a casa, i chierichetti che accompagnavano processionalmente il Santissimo con campanelli e lampioni nella pubblica Comunione di Pasqua, come si usava allora e si usò ancora per circa un secolo), e per sentito dire dagli altri. Si vedano i particolari nelle deposizioni di don Alessandro Fratti, f. 151v-152; Marianna Buonalancia in Guasconi, f. 157v; Monico Cristina in Salamina, f. 165; Salamina Pietro, f. 175; Spelta Bassiano, f. 186; Chiappa Petronilla ved Bonini, f. 192v; Mangini GiovanBattista, f. 199; Mainini Gaetano, f. 205v; Mosconi Maria ved. Dosio, f. 232; Borsotti Angelo, f. 260. Il vice postulatore padre Isaia riporta come prima questa guarigione prodigiosa negli Articoli del Processo (f. 42v). Così pure l’allegata Vita dell’Olmi (doc. X, f. 375v): «Dopo la guarigione della Pavesi la fama di quest’uomo incominciò ad estendersi, e principiaronsi a vedere drappelli di persone recarsi al Convento per avere la benedizione del Padre Carlo». La Pavesi era una donna povera, costretta a letto da sette anni, assistita e aiutata da buone persone. Era terziaria francescana; ma nel passato c’era stato qualcosa di negativo, che padre Carlo conobbe per interiore ispirazione. Egli aveva accompagnato il suo confessore padre Anselmo da Montodine nella visita alla sorella inferma della Mosconi Maria, un’inferma pienamente conforme alla volontà di Dio, e la Mosconi accompagnò i frati a casa della Pavesi. Chiese la guarigione. Padre Carlo, obbedendo a un ordine del confratello, la benedì e disse: “Guarirai”. Tre ore dopo si alzò. Visse “qualche anno” o” molti anni” guadagnandosi da vivere prestando servizi in varie famiglie, e morì della stessa malattia (Mosconi Maria, ibid.). Gliel’aveva preannunciato lo stesso padre. Ma se questo era stato colto dai testi, pochi colsero il significato vero e completo della profezia, che la

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Ghezzi, la morte prossima del figlioletto di 4 anni, infermo382; prima di morire predisse a sacerdoti e laici che lo visitavano persecuzioni contro la Chiesa e il Papa383. Le profezie si avverarono puntualmente, come fu testimoniato quarant’anni dopo al Processo canonico.

Un’ultima prova della santità di padre Carlo si può ravvisare sul letto di morte: il dono dell’estasi, e in particolare della visione di Maria Santissima, la più logica

Pavesi comprese molto bene, tanto da riferire al teste Angelo Borsotti che tornava a Casale a Natale dell’anno 1859 al termine della guerra, e che la conosceva come inferma prima di partire per il servizio militare, che padre Carlo «le aveva detto che sarebbe morta se non avesse ascoltato i suoi consigli» (ibid.). Don Alessandro Fratti dichiarò: «Era voce nel popolo che il p. Carlo imponesse alla suddetta inferma di non ballare più, e che se avesse ballato, si sarebbe di nuovo ammalata … Dimenticato il suggerimento, avendo dopo qualche anno ballato di nuovo, ricadde ammalata e morì» (ibid.). Pietro Salamina: «P. Carlo le disse: Guarda che se non farai bene, morirai presto; ed infatti … per tre anni continuò in buona salute, ma, come si diceva dal popolo, essendo caduta in qualche mancanza, morì» (ibid.). «Essendo caduta nella primiera leggerezza, morì»: Monico Cristina in Salamina, f. 165. Illuminante la testimonianza di Buonalancia Marianna in Guasconi, che frequentava la casa della ammalata per portare qualche elemosina: «Il Padre disse: se sarai una buona giovane e sarai fedele a Maria guarirai e continuerai ad essere sana, ma se ti abbandonerai alle vanità e cose del mondo, ricadrai nel tuo stato attuale. Il che purtroppo avvenne, avendo detta giovane cominciato a vivere leggermente, parlando con soldati» (ibid.). Capiremo meglio quest’ultimo inciso “tra poco”. L’episodio è ricordato nella “Vita” di padre Isaia (ibid., f. 43v) e in quella del’Olmi (f. 374rv).

382 Proc. Mediol., doc. X, f. 378v-379. È da ritenere che la notizia sia pervenuta all’autore da un testimone oculare, quel religioso suo amico residente in un convento sul lago di Garda (f. 364). Del fatto c’è una compiuta descrizione negli Articoli di padre Isaia, con particolari evidentemente attinti da altre testimonianze, oltre quelle trascritte nel Processo. «Visitando un bambino di quattro anni figlio di Caterina Ghezzi di Casalpusterlengo, gravemente infermo, prese il fanciullo, e disse benedicendolo in fronte: presto verrai in Paradiso con me! La madre piangendo si rivolse agli astanti: sentite che cosa dice Padre Carlo!? Infatti dopo un anno il bambino raggiunse nel cielo il P. Carlo» (ibid. f. 42v). L’episodio è testimoniato da Bardella Francesco di Fombio (ibid., f. 265v: «Udii a Casale») e da Gastaldi Luigia di Casale (ibid., f. 291v: «Sentii dire»). Avrebbero dovuto deporre anche su questo punto i testimoni Baldi Luigi e Bassi Maddalena in Bassi di Casale e Grassi Carlo di Chignolo Po, che con altri dieci testimoni non furono convocati a deporre perché il Tribunale riteneva documentati a sufficienza gli Articoli

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conclusione di una vita tutta dedicata al suo servizio384

perché «era Lei a fare le grazie»385. Non aveva mai dato una benedizione nel santuario «senza rivolgere alla Madonna uno sguardo di fiducia»386.

L’inizio della lettera circolare inviata dal padre guardiano ai conventi della Provincia precisa le coordinate cronologiche e biografiche dell’avvenuta morte del Servo di

sui quali intendevano deporre (ibid., f. 326ss). P. Ildefonso Aliverti precisa: «Due mesi dopo la morte di P. Carlo, il piccolo, riammalatosi, raggiungeva in cielo il Servo di Dio» (Vita, pp. 182-183). Anche Memorie Storiche 1880, p. 66. P. Evaldo, Appunti, pp. 389-390. P. Isaia riferisce della guarigione di un’altra bambina di appena otto mesi, figlia della stessa Caterina Ghezzi, nell’ottobre 1858 o poco dopo, sembrerebbe: «Era così curva e rattrappita che i medici avevano già perduta la speranza di guarigione, e anche vivendo doveva rimanere gobba e sformata: come infatti da cinque giorni non prendeva né latte né alcun cibo. La madre allora corre da P. Carlo per fargli benedire le vesti; a quella benedizione vi fu unita la grazia perché la madre nel ritorno, trovò la figlia vispa e rifatta» (Proc. Mediol., f. 44).

383 Un’altra profezia va tenuta in particolare considerazione, anche per il legame mai sottolineato con avvenimenti politici che impressero il cambio di direzione alla vita pubblica in Lombardia e nella stessa Casale. Don Sante Peviani riferisce in questi termini: «Io direttamente da lui non ho sentito nulla; più volte però la mia madre mi disse di aver più volte sentito il P. Carlo dire che molti leoni ci sono nel mondo che vogliono sbranare la Chiesa, ma verrà un leone più forte che vincerà e sbranerà questi leoni. E questo lo disse nell’ottobre 1858. e sapendo che il Padre Carlo né leggeva giornali, né domandava di ciò che accadeva in società, credo di non poter attribuire questi pronostici ad induzioni umane, ma ad ispirazioni superiori» (Proc. Laud. f. 103v-104). Don Peviani testimoniò (da bambino, chierichetto, frequentava la cella del Padre) che aveva pochissimi libri, che l’aveva visto leggere poche volte (ibid., f. 94), e leggere soltanto vite di santi (ibid., f. 101). Non aveva dunque interessi culturali o di studio. Don Bassiano Sordi, di Secugnago, coadiutore a Somaglia, testimoniò: «Non so che si interessasse d’altro che non fosse Dio» (f. 124). Padre Isaia sintetizzò così negli Articoli: «Popoli e Re hanno peccato! Oh Dio quanta sventura alla Chiesa, al Papa, alla Società! È necessaria una forza da Leone!» Proc. Mediol., f. 42v). Quel “Leone” con la l maiuscola mi pare sia un preciso riferimento al Papa di fine secolo, Leone XIII.

384 «Se si sappia che il p. Carlo ebbe grazia di estasi e rapimenti, ed in quale circostanze» è la domanda n. 18 che il Tribunale di Lodi doveva rivolgere a ciascun testimonio, secondo l’elenco disposto da quello dell’arcivescovo di Milano (ibid., f. 348ss). Padre Isaia scrive che «fu insignito del dono delle estasi che lo interrompevano sovente tra le

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Dio 387. Ma c’è un altro fatto narrato «varie volte» dallo stesso religioso: «Otto giorni dopo dalla morte di Padre Carlo, due minuti prima che suonasse la sveglia della mattina, udì la voce chiara e netta del p. Carlo, che in dialetto milanese gli disse: “Stia ben, P. Guardian, mi vo in Paradis»: questo raccontò padre Daniele, secondo la testimonianza di p. Atanasio da Busto Arsizio, guardiano a sua volta ai tempi del Processo canonico. Questi chiese a padre Daniele se era addormentato o sognava. Rispose «che

meditazioni ed operazioni, da restarne immobile, con meraviglia di tutti i suoi confratelli». Il fatto è comprovato da varie testimonianze del Processo. Riferisco alcune relative a visioni sul letto dell’ultima malattia. Don Francesco Bignami: «Sentii che nell’ultima malattia, anche straziato da dolori penosissimi, non si lamentò mai, e che nella morte parve assorto in un’angelica visione» (ibid., f. 279v). Ancora padre Isaia nella “Vita”: «Nell’ultima malattia la Madonna consolò l’eroica fede del suo servo col favorirlo di frequenti visite ed estasi» (f. 30). E al f. 43: «Egli fu parimenti visitato da frequenti apparizioni specialmente dalla Madre di Dio nella sua ultima malattia come rivelò al sacerdote don Giovanni Battista Tornatore che si era recato per visitarlo». Padre Ildefonso Aliverti, Vita, p. 215 riporta un’altra testimonianza di don Peviani: «Un dopopranzo degli ultimi giorni di malattia del Padre Carlo, io, undicenne, mi trovavo vicino al padre Samuele da Viganò e al padre Anselmo da Montodine che stavano discorrendo, col Prevosto don Luigi Veneroni, del padre Carlo. Io udii ben chiaramente quei due padri raccontare al signor Prevosto che quella mattina, essi due stando nella cella dell’ammalato padre Carlo, lo videro ad un tratto restare come assorto, con gli occhi in una presenza che egli mostrava di vedere e di sentire troppo bene, ma a loro affatto invisibile; e poi parlare con gran riverenza e amore con la Madonna Santissima, con la medesima vivezza e naturalezza che avrebbe fatto con uno di loro. Quei due padri, raccontando ciò, si mostravano intimamente persuasi che in quella mattina padre Carlo aveva visto e parlato proprio con la stessa Santissima Vergine Maria». Ibid., p. 193 la conferma stessa di padre Carlo a quel sant’uomo che era padre Tornatore: «Gli domandai se aveva visita da Maria Santissima in quella sua malattia e mi rispose di sì» (ambedue in Evaldo Giudici, Appunti, pp. 403 e 402). Il più autorevole, don Peviani, riporta ricordi personali ancora precisi: «Nella cella l’ho visto più volte rivolto verso il cielo sorridente quasi in estasi e qualche volta anche parlare e mi pare di aver sentito esclamare: Vengo, o Madonna» (ibid., f. 97v). Padre Aliverti (Vita, p. 218), le Memorie storiche (Lodi 1880, p. 70), padre Giudici (Appunti, p. 412) pongono la visione nell’ultimo istante di vita: «Vengo, o Madre; vengo, o Madre!». Negli Articoli non è ricordato il fatto.

385 Teste Petronilla Chiappa ved Bonini: «Mi pare ora di vederlo colle braccia e coll’occhio rivolti alla Madonna dire agli infermi: Non è in me che dovete confidare, è la Madonna che fa le grazie» (ibid., f. 191).

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era sveglissimo e stava aspettando il suono della traccola»388. Anche don Sante Peviani, il chierichetto privilegiato allora, testimoniò: «Ho sentito più volte il guardiano padre Daniele da Bergamo dire che gli era apparso padre Carlo e gli aveva detto: Stia bene, vado in Paradiso»389. Era la notizia più bella, già data per scontata; ma preoccupante per noi poveri peccatori, per quei giorni di purgatorio!

Non si può tacere un grande rammarico, che colgo in p. Ildefonso Aliverti, ed è condiviso dal maggior studioso del Servo di Dio, p. Evaldo Giudici e da altri periti storici: il rammarico che «a nessuno, né dei frati né dei preti né dei secolari, passò per la mente il pensiero di scrivere e lasciare alla posterità qualche cronaca»390.

386 Teste Bardella Francesco di Fombio: “So che quando benediceva gli ammalati li benediceva dall’altare della Madonna, e prima rivolgeva a lei uno sguardo di fiducia”. (ivi 265). Vedi anche testimonianze di Borsotti Angelo, di casa nel convento, f. 258; Salamina Claudina in Pomati, f. 335; Gastaldi Luigina, f. 291, ed altre ancora.

387 Ibid., doc. X, G. Olmi, Una gemma dell’Ordine Francescano, f. 380v.

388 Ibid., teste P. Atanasio da Busto, f. 140v. Da p. Aliverti una espressione dialettale più verosimile: «Ch’el staga ben, Pader Guardian: vo in Paradìs». Riporta conferme e altri particolari della apparizione: «Si disse da molti, che dopo il funerale, Padre Carlo apparve al suo Padre Guardiano nel corridoio a pian terreno, vicino alla cosiddetta stanza della carità in convento: gli sorrise del suo sorriso celeste, luminoso, e con voce chiara, limpida, piena di gioia ed affetti, gli disse nel suo nativo milanese…» (Aliverti, Vita, p. 221). Riportato da P. Giudici, Appunti, p. 423.

389 Ibid., f. 105. Anche P. Benvenuto da Darfo: «Attesto con giuramento d’aver udito dalla bocca di padre Daniele da Bergamo queste parole: mi è comparso il padre Carlo, e mi ha detto in dialetto milanese: Padre Guardiano, la saluto, io vado in Paradiso»(Proc. Mediol., doc. 7, f. 262rv). Nello stesso Proc. Mediol., f. 222, p. Augusto da Crema: «Poco dopo la morte, egli apparve allo stesso padre guardiano tutto sorridente, ringraziandolo delle premure usategli, e soggiungendo nel dargli l’ultimo addio che se ne andava in Paradiso».

390 P. Aliverti, Vita, p. 261. Sollecitazioni in tal senso non erano mancate. Scrive che «un dotto prelato» disse ad «un ottimo religioso»: «Certamente loro provvederanno a tenere nota giornaliera, autenticata, di tutti questi avvenimenti meravigliosi e fatti strepitosi, vero?». La risposta fu (di padre Samuele Viganò): «Eh, ghe voeur alter! Serian minga asèe du nudar a laurà tut el dì. E poeu e poeu l’è minga asèe anca

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Esistono due atti di morte di padre Carlo: nel Registro di Anagrafe Civile (a carico, allora, del parroco), e nel Registro dei Morti della parrocchia. Nel primo: «66. Revdo Padre Carlo al secolo Vigevano Gaetano, anni 33, cattolico, celibe sacerdote regolare, nato ad Abbiategrasso appartenente al convento dei PP. Cappuccini di questa parrocchia, figlio di Vigevano Carlo e Golzi Giuditta, deceduto li 21 febbraio ore 10 matt, sepolto li 23 d° nel cimitero, pneumonite». Segue la firma don Pesatori Francesco. Nel registro dei Morti della Parrocchia: «Anno ac mense ut supra (1859, febbraio), die vero vigesima prima, Vigevano Cajetanus (Pater Carolus) filius Caroli et Golzi Judith natum Abbiategrasso, nunc pertinens ad conventum PP. Capucinorum hujus paroeciae, sacerdos annorum triginta trium, omnibus Ecclesiae subsidiis donatus, hac mane hora decima obdormivit in osculo Domini, cujus cadaver exequiis persolutis in Sanctuario SS. Salvatoris, inumatum fuit in coemeterio Comunali»391.

Dopo tre giorni di visite ininterrotte, sono celebrati solennemente i funerali. La salma (malgrado l’opposizione dei frati) viene trasportata dal santuario alla parrocchiale per tutte le vie di Casalpusterlengo e poi viene umilmente deposta nel cimitero civico392.

Questi fatti del funerale e sepoltura e devozione della gente al Servo di Dio, importanti anche per dimostrare la

mò!». Cioè: ci vuol altro; non sarebbero abbastanza due notai, a lavorare tutto il giorno. E poi, e poi non basterebbero ancora! Cf. anche padre Giudici, Appunti, p. 20.

391 Casalpusterlengo, Archivio Parrocchia SS. Bartolomeo e Martino, Libro Atti di Morte anno 1859, n. 66 (Anagrafe Civile); Registro dei Morti 1847-1880, n. 66 (Anagrafe parrocchiale). Traduzione: «Nell’anno e mese come sopra, il giorno 21 Vigevano Gaetano (Padre Carlo) figlio di Carlo e di Golzi Giuditta, nato ad Abbiategrasso, al presente appartenente al convento dei Padre Cappuccini di questa parrocchia, sacerdote, di anni trentatre, ricevuti tutti i sussidi della Chiesa, questa mattin alle ore 10 si è addormentato nel bacio del Signore, il suo cadavere dopo la celebrazione delle esequie nel Santuario del SS. Salvatore, fu inumato nel cimitero comunale». Senza firma, ma la calligrafia è quella di don Pesatori: il sacerdote che metterà in salvo le sue spoglie mortali!

392 Per questi fatti vedi E. Giudici, Appunti, pp. 400-423, e le pagine successive di questa relazione che riportano il contributo di don Mosca sulla fama di santità.

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fama di santità del Servo di Dio, formerasnno la seconda parte di questo elaborato storico.

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IILA FAMA DI SANTITA’ POST MORTEM

La breve vita di padre Carlo qui velocemente tratteggiata e minuziosamente provata con ogni documentazione e testimonianza disponibili è già in se stessa una prova della fama di santità. Infatti non è chi non veda come questa vicenda biografica sia stata «un’esistenza mistica con Dio come Chiesa viva» e si sia svolta in una singolare luce di virtù e di pietà, corroborata alla fine da continui fatti prodigiosi, miracoli e segni e dal carisma della guarigione, della riconciliazione con Dio e della consolazione degli ammalati e dei sofferenti in una profonda esperienza mistica mariana. Ma prima di entrare in questo tema di santità eroica e attuale, vogliamo esaminare più analiticamente e approfondire come la fama di santità, già presente in vita, come si è visto, è durata ininterrottamente dalla morte del Servo di Dio fino ad oggi. L’argomento sarà sviluppato in due tappe:

1) dalla morte fino all’istruzione dei Processi diocesani di Lodi e di Milano (1859-1904);

2) dal Processo ai giorni nostri393.

II/1. - LA FAMA DI SANTITA’ FINO AL PROCESSO DEL 1903

1. - FUNERALE E SEPOLTURA

Giustamente Padre Giudici394 ritiene che i frati non dettero immediatamente l’annuncio della morte con la campana395. C’era da comporre la salma, far verificare il

393 Lo studio sulla fama di santità dalla morte del Servo di Dio ad oggi è stato curato con acribia da don Giulio Mosca, uno dei periti storici, che ha già contribuito a molte pagine della biografia documentata. Le pagine seguenti sono sue e in esse vengono inglobati anche gli importanti apporti documentari e storici dei due altri periti storici, Mario Comincini e don Angelo Manfredi.

394 Appunti, p. 415.395 Sul campanile fatto costruire dalla Fabbriceria Parrocchiale

(subentrata nella proprietà della chiesa dopo la soppressione del

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decesso da un medico396, preparare un luogo adatto nella chiesa per trasferire ed esporre la salma. Fu deposta nella terza cappella, al lato di quella della Madonna397. C’erano le incombenze quotidiane: il coro, il pranzo.

Quando la campana rintoccò “da morto” e alle 2 del pomeriggio come al solito fu aperta la chiesa, c’era già una folla in attesa impaziente di poter entrare. La voce del felice transito al cielo di Padre Carlo si era diffusa come un lampo398. Padre Isaia così riassume le testimonianze: «Appena i rintocchi della campana dettero il segno della morte del Servo di Dio, tosto i Casalesi bussando e gridando alle chiuse porte della Chiesa e del Convento, volevano entrare a vederlo, e si dovette in furia e in fretta portarvi qui il cadavere nel Santuario, ove appena si aprirono i battenti, tosto una immensa folla vi si riversò

convento) in luogo dell’umile torricella di legno con castello di legno esistenti, nel 1818, c’erano tre campane (Lodi, Arch. Stor. Dioc., cart. Cappuccini, I fasc., 2; L. Monti, Almanacco Codognese per l’anno 1823, p. 151; G. Mosca, Casalpusterlengo : le chiese, la religiosità popolare e le sue espressioni, vol I°: Il Santuario della Madonna dei Cappuccini, p. 37). I “botti da morto” si effettuavano e si effettuano con una sola campana.

396 Atto di morte nel Registro di Anagrafe Civile sopracitato. 397 Oggi la terza a destra entrando. Nel santuario esistevano soltanto

il presbiterio con l’altare maggiore e le tre cappelle del lato destro, quella centrale con la statua della Madonna (corrispondeva alla chiesa primitiva). Le tre cappelle avevano ancone e “rastrelli” e quella centrale un pregevolissimo tabernacolo (trasferito, qualche decennio fa, nella chiesa del convento dell’Annunciata di Borno), opere tutte in legno di noce scolpite da Francesco da Cedrate, intagliatore famoso, con l’aiuto del nipote fra Vitaliano da Cedrate e fra Andrea da Torino apprendista negli anni 1723-1725 (cf. P. Metodio da Nembro, Salvatore da Rivolta e la sua cronaca, Milano 1973, pp. 347 e 350; G. Mosca, Il santuario, pp. 22-23). La terza cappelletta era dedicata a San Felice da Cantalice, con una tela di Tommaso Formenti, spostata in seguito nella attuale cappella a lui dedicata (G. Mosca, ibid., p. 22). Un teste, Francesco Borsotti di Casale, non testimonio oculare dei fatti, riferì che i suoi genitori dicevano che la salma di Padre Carlo fu esposta in una sala del convento (Proc. Laud. f. 226): si confondevano forse con altri frati morti a Casale. Le altre testimonianze sono concordi nell’affermare l’esposizione della salma nella cappella suddetta, o almeno in chiesa.

398 Padre Aliverti, Vita, p. 182 scrive: «Le campane di tutte le chiese di Casale ed oltre» si unirono al triste annuncio. Padre Giudici riporta, Appunti, p. 416. Dato il carattere vivace dei cittadini di Casale,si può ritenere la notizia accettabilissima.

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impetuosamente, tentando tagliarvi i capelli, barba ed abito per farne reliquie in modo che ci vollero tutte le forze dei Religiosi per contenere quella moltitudine»399.

Padre Giudici, citando P. Aliverti e le Memorie storiche400, scrive: «La massa del popolo irruppe nel santuario: gendarmi, frati, e un corpo di uomini nerboruti ebbero a sudare non poco per far sfilare con un certo ordine tutti davanti alla salma, e impedire eccessi di devozione indiscreta: tentavano, infatti, alcuni di gettarsi a piangere sul cadavere, di tagliargli l’abito, i capelli, la barba, perfino pezzetti di carne». Questo particolare, dell’assalto alle reliquie, è rimasto impresso a lungo nella memoria dei testimoni oculari e di chi – in famiglia – dai medesimi l’aveva appreso401.

399 Proc. Laud., art. 124, f. 48r. La teste Chiappa Petronilla ved. Bonini si era trovata tra la folla che era accorsa ai rintocchi della campana e faceva forza per entrare nella chiesa. Così pure Luigia Gastaldi, che riuscì a baciare la mano di padre Carlo. Vide anche «diversi uomini, che purtroppo poco praticavano la religione, accorrere a baciargli la mano, per la stima che di lui avevano come santo» (ibid., f. 292v). Un particolare inaspettato è ricordato da fra Apollinare da Arcore, l’unico dei religiosi testimoni che partecipò al succedersi dei fatti: «Il morto era seduto al di là dei cancelli di una cappella» (Proc. Mediol. f. 78v), quella della Madonna, allora, la seconda a destra. Il particolare della posizione del cadavere non è segnalato da altri testimoni. É lecito qualche dubbio sulla deposizione.

400 P. Giudici, Appunti, pp. 415-416; Memorie storiche, p. 70; P. Aliverti, Vita, p. 219. L’episodio è ricordato anche dai primi biografi. P. Isaia negli Articoli del Processo (f. 48v): per far fronte all’irrompere dei fedeli e alle richieste di reliquie, «ci vollero tutte le forze dei religiosi per contenere quella moltitudine … Vari religiosi stettero tre giorni continui ai fianchi del cadavere per difenderlo dalla ressa del popolo e far toccare pannolini, rosari ed altri oggetti”. Così pure la Vita dell’Olmi (Una gemma, p. 33; Proc. Laud., doc. X, f. 380r): «Bisognò fargli la guardia, perché chi tagliavagli la barba, chi i capelli, chi l’abito. Per soddisfare alle richieste del popolo fu distribuito ciò che il Padre aveva adoperato, e al primo abito che gli si era messo dopo morte ne fu sostituito un secondo». Fra Sempliciano da Rescalda testimoniò d’aver appreso da fra Apollinare infermiere e dal guardiano p. Daniele che i fedeli tagliavano pezzetti d’abito per conservare una reliquia (Proc. Mediol., f. 123r).

401 A quarant’anni di distanza, appena prima dell’apertura del processo, il primo storico di Casalpusterlengo don Luigi Alemanni, devotissimo della Madonna dei Cappuccini, dei frati, di padre Carlo, sintetizza: «Il popolo, che l’aveva per santo, nelle poche ore in cui si

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L’esposizione della salma si protrasse per tre giorni. Non era nelle norme o nelle abitudini, chè anzi si tendeva a seppellire i morti il più presto possibile, il giorno stesso della morte, anche solo per evitare contagi. Si volle facilitare l’afflusso non solo dei Casalesi, ma anche dai paesi vicini. La stagione fredda, la magrezza stessa di padre Carlo rendevano possibile ritardare il funerale, che si andava frattanto predisponendo. Il padre guardiano intendeva

lasciò esposto il cadavere, a gara contendevasi particelle dell’abito, di capelli, della barba; i suoi funerali furono un trionfo di affetto,di gratitudine» (Storia di Casalpusterlengo, p. 133). Nel processo cogliamo particolari molto significativi. Chiappa Petronilla ved. Bonini, testimone dei fatti, osserva: «Se non fosse stata la forza dei Religiosi avrebbero portato via anche il cadavere. Nei tre giorni facevano toccare pannolini, rosari ed altri oggetti presentati dal popolo, e distribuivano reliquie, ed io stessa ebbi una particella dei sandali» (Proc. Laud., f. 193r). Anche un sacerdote di Casale, don Giuseppe Mazza, ricorda «l’affluenza affatto straordinaria con cui il popolo accorse al Convento appena seppe della morte del Padre Carlo, per vederlo, e averne reliquie», e di aver sentito dire che i Religiosi «dovettero usare della forza per contenere quella moltitudine» (f. 146r). Altro particolare importante è ricordato dalla teste Buonalancia Marianna in Guasconi: non solo la folla immensa accorsa, la difficoltà dei Religiosi di mantenere ordine: la gente accorreva «a pregare, a far toccare cose, e molti anche si accostavano ai Sacramenti» (f. 158v). «Si facevano toccare pannolini, rosari ed altri oggetti, anzi un pezzo dell’abito lo ebbe anche mia madre» (ibid.). Vida Antonietta ebbe della bambagia toccata alle sue ossa (f. 297r). Il padre guardiano si prestava a distribuire reliquie a chi le richiedeva (teste Salamina Pietro, f. 175v). Altre testimonianze sono riassunte nella Vita di P. Isaia (Articoli 124 e 125) e nella breve biografia di Olmi (ibid., doc. X, f. 380r; Una gemma, p. 33). Dagli Appunti manoscritti (f. 33) citati da P. Giudici (Appunti per una vita, p. 416) apprendiamo che «la stessa sua cella venne spogliata di ogni cosa: sudario – ne aveva uno solo! – mantello, sandali, corona che appartenevano a padre Carlo, se ne fecero reliquie da distribuire al popolo smanioso». Ancora padre Apollinare dà un quadro esatto di quelle ore convulse. «Appena spirato, essendo grande la folla che voleva vedere padre Carlo, io dissi al padre guardiano: Qui non ci aiutiamo più, teniamo chiuso il convento e portiamo da basso il morto in una cappella della chiesa. Così si fece; il morto era seduto al di là dei cancelli di una cappella; venne messo ordine alla gente: venivano per vederlo e passavano dinnanzi senza che potessero toccarlo e fermarsi. Quando la folla fu diminuita, allora si permise che molti si avvicinassero, e chi gli tagliava la barba, i capelli, chi l’abito. Per soddisfare la pietà di costoro e le molte richieste si dovette, dopo aver tagliata in parte in basso la tonaca che portava, metterne altre due sopra il suo corpo, per poi ridurle a pezzi da distribuire. Credo che per meno di tre giorni sia stato

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attenersi alle tradizioni cappuccine, fors’anche per evitare inopportune manife-stazioni di devozione popolare in contrasto con le norme canoniche: al cimitero per la via più breve, senza alcuna solennità. Ma non la pensava così la gente di Casale, anzi lo stesso prevosto don Veneroni. Come scrisse don Alemanni, questi vollero che i funerari fossero «un trionfo di affetto,di gratitudine»402. Don Veneroni era di casa nel convento, fu uno dei pochi parroci di Casale che seppero conservare la buona armonia con i frati: cosa non facile. Al momento di dare inizio alle esequie, ci si rese conto della massa di gente che gremiva la chiesa, la piazza, la via di accesso, superiore ad ogni aspettativa, e si seppe dell’attesa lungo le strade del paese del passaggio del funerale da parte di una folla non minore e apparve chiaro che era impossibile far transitare il funerale per il sentiero che moveva quasi direttamente al cimitero e che era inevitabile farlo transitare per le vie del borgo403.

esposto il cadavere; furono sempre vicini al corpo uno o due frati per prendere pannilini, rosari ecc. onde farli toccare al cadavere, per ordine del padre guardiano e soddisfare così la pietà dei devoti» (Proc. Mediol., f. 78v-79r). Ovviamente, sia pure in modo succinto, tutti i biografi parlano della morte, esposizione, trasporto funebre, sepoltura della salma di p. Carlo e lapide apposta.

402 Storia di Casalpusterlengo, p. 401. Nei tre giorni dell’esposizione il teste Mainini Gaetano trovò la chiesa sempre «tutta occupata» (Proc. Mediol., f. 206r).

403 Gli anziani del paese ricordano questo sentiero campestre, che da secoli univa il castello del feudatario con la cascina che ne portava il nome («Cascina Lampugnani») e poi il quartiere di S. Rocco al Santuario («el santé di Capucin»). Si girava dietro l’orto del convento e si entrava nel sentiero. Si proseguiva costeggiando il muro di recinzione fino alla via mantovana o cremonese o pavese. Fin qui esiste tuttora, ma ampliato e asfaltato. Attraversava il Brembiolo, allora un colatore di tutto rispetto, e lo costeggiava (sempre in aperta campagna) fino alle poche case della Senavra e alla Strada Larga, ai portici, dove un tempo facevano recapito i barconi che trasportavano sulle acque del fiumicello mercanzie e raccolti. Dopo l’incrocio della via Mantovana un sentiero si dipartiva, attraversava il “Travacòn” su un ponticello malmesso e portava rapidamente al retro del cimitero. Oppure si percorreva la Mantovana, che non aveva ovviamente il traffico attuale, fino all’incrocio con la via di Piacenza, e da qui all’entrata del cimitero. Non era pensabile far transitare la folla per quel sentiero. Molto più agibile era l’altra strada, sia pur campestre: «il sentiero fuori del convento, che piega verso Sant’Antonio» (Borsotti Francesco: Proc. Laud., f. 228v). Gli anziani del paese ricordano anche

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Il giorno 24 febbraio si celebrarono i funerali. L’orario non risulta da alcuna testimonianza; ma è da ritenere che abbia occupato la mattinata (non si celebravano infatti messe in ore pomeridiane), comprendendo la celebrazione delle messe da Requiem dei confratelli sacerdoti404, non esistevano le concelebrazioni); la messa del funerale da parte del p. guardiano (si trattava di chiesa di religiosi esente); il lunghissimo accompagnamento al cimitero; la inumazione.

Nell’atto di morte, nel registro parrocchiale dei defunti è detto: «celebrate le esequie nel santuario del SS. Salvatore»405. Le testimonianze nulla dicono di chi abbia celebrato il funerale, ma è ovvio ritenere che siano state celebrate dal p. guardiano. Non sono concordi circa il passaggio nella chiesa parrocchiale. L’Olmi dice espressamente: «Il funerale si fece nella chiesa del convento». Le Memorie storiche dell’Anonimo: «Finite le solenni e modeste esequie, immensa calca di popolo con clero e confraternite accompagnò il cadavere dal convento al camposanto». Al contrario, fra Apollinare da Arcore, che aveva vissuto con p. Carlo nel convento di Casale ed era stato suo infermiere, dichiarò: «I funerali furono solennissimi e si dovette per gran concorso spontaneo del clero e del popolo portarlo alla parrocchia dove funzionò il prevosto del luogo». Ma è da ritenere più vero quel che è

questa stradina di campagna, più ampia e più percorsa della precedente, che voltava verso occidente dov’è il “Madonnino” del viale dei Cappuccini (ai tempi di padre Carlo non esisteva né Madonnino né viale) e raggiungeva la contrada dei Cappuccini e le prime case del borgo, dov’è la cappelletta di Santa Marta, dell’omonima confraternita che possedeva ed officiava la chiesa di Sant’Antonio e di Santa Marta appunto.

404 Stato effettivo della Comunità Religiosa, in data 15 nov 1858 (Arch. Stor. Dioc., fald. Parrocchia di Casalpusterlengo, fasc. 222-221: Maria Madre del Salvatore). Oltre il guardiano padre Daniele da Bergamo, il vicario p. Giovanni Maria da Monza, p. Policarpo da Caravate, p. Anselmo da Montodine, p. Samuele da Vigano, c’erano cinque frati laici.

405 Fotocopia autenticata in Allegato A: «Cuius cadaver exequiis persolutis in Sanctuario SS. Salvatoris…» (Arch. Parr. Casalp., Registro dei defunti 1858).

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scritto nell’atto di morte406. Benché non ci siano testimonianze decisive, la fermata nella chiesa parrocchiale dasvanti alla quale sfilava il corteo funebre, clero e popolazione, non poteva mancare.

Quel che è certo è che una gran folla si riunì nella chiesa dei frati,nel piazzale e nei terreni circostanti per partecipare al funerale: è dichiarato da tutti i testimoni che erano presenti o che riferivano quanto avevano sentito raccontare in proposito da testimoni a loro volta oculari407. Tutti i biografi concordano su questo punto408.

406 G. Olmi, Una gemma, p.33; Proc. Laud., doc. X, f. 380r; Anonimo, Memorie storiche, pp. 70-71 1ª ediz.; Teste Belloni Cristorofo, Proc. Laud., f. 212v: «Fu portato direttamente dalla Chiesa del Convento al Cimitero, così almeno mi fu riferito». E premette: «Non furono funerali singolari»: cioè si seguì la norma o l’uso. Il teste don Alessandro Fratti, allora giovane seminarista (f. 151), seppe dalla madre che la folla che seguiva il funerale «dalla Chiesa dei Cappuccini giungeva alla Parrocchiale». Di questa sosta nella chiesa parrocchiale non parla don L. Alemanni nella sua Storia di Casalpusterlengo, pag. 401, pur attentissimo ai fatti riguardanti il santuario e i cappuccini. P. Evaldo Giudici (Appunti, pp. 420-421) cita P. Aliverti (Vita, p. 220), che cita a sua volta la testimonianza di don Sante Peviani: «La processione… distendevasi dalla chiesa dei Cappuccini, per la contrada Sant’Antonio, alla parrocchiale». Senonché non risulta negli atti del processo che don Peviani abbia testimoniato qualcosa relativamente al funerale di padre Carlo. Fra Apollinare, in Proc. Mediol. f. 63r.

407 «Al funerale c’era tutto il popolo di Casale»: Gastaldi Luigina, Proc. Laud., f. 291r; Cremonesi Domenico non potè entrare per la gran folla. E fa una delicata osservazione: «Vidi una gran turba di popolo, ma io non potei entrare in chiesa per la folla. A tutti piangeva il cuore per la perdita» (ibid., f. 311v); Salamina Pietro: «una gran quantità di gente di Casale e d’altri paesi d’intorno» (ibid., f. 177v). «I funerali grandiosi»: scrive la mamma al figlio allora seminarista Alessandro Fratti sopraricordato (ibid., f. 151r); con parole simili Fogliani Caterina in Tosi «una moltitudine sterminata» (ibid., f. 248v); Pella Marcella «numero sterminato di popolo» (f. 255r); Chiappa Petronilla «gran moltitudine di popolo, non solo di Casale, ma anche di tutte le altre parti» (f. 190). «Immenso concorso di popolo» testimonia don Francesco Bignami (f. 287v); e. don Giuseppe Mazza «gran concorso di popolo, di Casale e di luoghi lontani» (f. 145r). Buonalancia Marianna in Guasconi conserva un ricordo preciso: «I funerali furono grandiosi per la concorrenza di popolo; venne gente da tutte le parti, ed io fui testimonio di fatto, perché anch’io ero nella folla» (f. 156r). Sono alcune testimonianze, tra tante.

408 P. Isaia negli Articoli degli atti processuali: «Ai solennissimi funerali intervennero persone di tutte le parti del Lodigiano» (Proc.

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Una divergenza (che non meraviglia nel ricordo pur puntuale dei due testimoni che vi accennano, anziani e quarant’anni dopo i fatti) riguarda la lunghezza del corteo funebre. Secondo la mamma del seminarista Fratti «la folla … dalla chiesa di cappuccini giungeva alla parrocchiale»; secondo Spelta Bassano «la salma si trovava ancora al convento, e la testa della processione già era al cimitero, che anch’esso rigurgitava di gente. E ciò dicevano tutti»: risulta semplicemente raddoppiata la lunghezza della strada percorsa e quindi il numero dei partecipanti409.

Dalle deposizioni si possono cogliere particolari interessanti dell’accompagnamento funebre, perché danno il senso esatto di quella manifestazione popolare che i frati del convento avevano cercato accuratamente di evitare. «C’erano anche molti signori, e quasi tutti, poveri e ricchi, portavano la propria candela accesa»410. «C’erano anche il padre e la madre del p. Carlo che seguivano il feretro piangendo»411. «Assisteva la confraternita di Casale in

Laud., f. 48v). Concorda G. Olmi: «Il funerale che si fece nella chiesa del convento fu solennissimo: i Casalesi vollero che il cadavere del Servo di Dio nel suo trasporto al camposanto passasse per le loro contrade, nonostante che si allungasse di molto il cammino». Partecipò, scrive, «una quantità immensa di popolo, non solo di Casalpusterlengo, ma anche dei paesi circonvicini» (Una gemma, p. 33; Proc. Laud., doc. X, f. 380r). P. Evaldo Giudici cita p. Aliverti (Appunti, p. 420), che a sua volta riporta la Vita di P. Isaia (Art. 126, cioè f. 48v sopracitato).

409Alessandro Fratti: Proc. Laud., f. 151r; Spelta Bassano: f. 184r: «Circa un Km e mezzo», o anche due.

410 Teste Salamina Pietro, f. 173v.411 Ivi. Buonalancia Marianna in Guasconi ricorda invece che «anche il

Padre di P. Carlo accompagnava piangendo di consolazione» (f. 156r). Un religioso Cappuccino del convento di Albino, Fra Leone da Bagnatica, che non aveva conosciuto Padre Carlo, ma ne aveva sentito parlare spesso, incontrò per caso il padre del Servo di Dio, che tornava appunto dal funerale. «Gli contò tutte le meraviglie del gran concorso e delle guardie che a stento frenavano la folla», oltre a numerosi particolari della sua giovinezza (Proc. Mediol., f. 249v).

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divisa»412. Anzi, i confratelli portarono il feretro413. C’era il clero secolare414. Nessun accenno alle autorità civili e alle guardie o gendarmi415, e nemmeno ai frati, che non potevano mancare. Si ha l’impressione che veramente il popolo fedele di Casale – non aderendo alla volontà dei frati, o per lo meno del Guardiano (obbediente ovviamente alla sacra regola) – abbia preso possesso del funerale: il Prevosto, il clero, la Confraternita del SS. Sacramento o le Confraternite, il passaggio per le vie del borgo, la

412 Teste Salamina Pietro, f. 177v. Mainini Gaetano ricorda: «Io stesso intervenni ai funerali quale Confratello del Santissimo Sacramento» (f. 204v). Non ricordava se c’erano altre Confraternite: se c’erano – dichiara – non portavano l’abito (f. 206). La teste Buonalancia invece ricorda la partecipazione «di varie Confraternite» (f. 159). Gagliani Caterina, guarita al passaggio del feretro di P. Carlo quando fu riportato al santuario, gli si raccomandò ricordando che aveva partecipato al suo funerale portando uno stendardino con un’altra ragazza (f. 249). Uno stendardino della Scuola della Dottrina Cristiana, frequentatissima allora a tutte le età. Non c’erano ancora le Figlie di Maria, né altre associazioni al di fuori delle classiche Confraternite: SS.mo Sacramento, Madonna del Rosario, Scuola della Dottrina Cristiana. Padre Isaia negli Articoli parla di «molte Confraternite» presenti (f. 48v). Solo la teste Mosconi Maria ved Dosio afferma che «il funerale era seguito anche dalla Banda Musicale» (f. 133). Il particolare è alquanto dubbio, e probabilmente la Mosconi si confonde. Sembra che la Banda sia stata fondata nei primi decenni del 1900 (A. Milanesi, Cenni sulla tradizione musicale a Casalpusterlengo, p. 23).

413 «Il feretro era portato sulle spalle dai fratelli del SS. Sacramento» (G. Olmi, Una gemma, p. 33; Proc. Laud., doc X, f. 380r). Non risultano testimonianze dirette nelle carte del processo. Ci si aspetterebbe che fossero stati i frati a portare il feretro, tanto più che dei 13 religiosi residenti nel convento due soltanto erano anziani. Né i Confratelli, nei pochi casi nei quali usavano partecipare con divisa e croce processionale ai funerali, usavano portare il feretro. Si volle dunque tributare un omaggio singolare a padre Carlo. Dalle testimonianze rese dai religiosi nel Proc. Mediol., modesto l’apporto. Ancora fra Apollinare da Arcore, l’unico teste che era stato presente al funerale: «I funerali furono solennissimi e si dovette per gran concorso di popolo portarlo alla parrocchia dove funzionò il Prevosto del luogo. La gente accorsa da otto a dieci miglia lontano formava due ali fitte dal convento alla parrocchia distanti un chilometro. Collo stesso concorso di popolo fu portato al cimitero del Comune in una sola cassa più solida dell’ordinario. Tutti senza eccezione dicevano che era morto un santo» (ibid., f. 62v-63). In breve p. Paolino da Verdello, Provinciale: «Seppi di una folla immensa che concorse ai funerali di lui, come ad un santo» (ibid., f. 85v).

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partecipazione corale di tutta la popolazione, tutta unita per tributare l’ultimo, riconoscente saluto a chi aveva ottenuto da Dio a suo vantaggio una autentica pioggia di grazie corporali e spirituali, nella fiducia che la sua intercessione presso Dio e la Madonna Santissima non sarebbe venuta meno. Si può così interpretare il gesto gentile, quasi una carezza, che si ripetette durante tutto il tragitto: «Tutti desideravano toccare la cassa, sperando e credendo di ottenere grazie»416. P. Evaldo Giudici sintetizza così: «Il popolo e le autorità di Casale… si impadronirono della venerata salma, che trasportarono per tutte le vie principali del borgo. I Confratelli del SS. Sacramento vollero portarlo sulle loro spalle, lungo tutto il percorso. Tutte le associazioni religiose e le confraternite parrocchiali, in divisa propria, l’accompag.navano, con il clero in testa numerosissimo, fino all’insigne chiesa prepositurale»417.

414 G. Olmi, Una gemma, p. 33; Proc. Laud., f. 380r. «Numeroso», quindi non solo di Casale: Padre Isaia, f. 48v. La teste Buonalancia Marianna in Guasconi: «Moltissimi sacerdoti» (f. 159r).

415 Le guardie o gendarmi (da non confondere con i poliziotti), dipendenti dalla Amministrazione Comunale, alla fine di quell’anno 1859 sollecitarono (ed ottenessero) un supplemento di paga per il maggior lavoro svolto, ma non a causa del servizio prestato presso il santuario, ma per l’andare e il venire delle truppe piemontesi in guerra contro l’Austria. (Casalpusterlengo, Arch. Com., verbale adunanza Consiglio Comunale 23.12.1859; cart. 24A).

416 Teste Monico Cristina in Salamina, f. 163v.417 Appunti, p. 420. Egli riporta l’Aliverti, Vita, p. 220. Più

genericamente G. Olmi relativamente alla partecipazione della «quantità immensa del popolo» e del Clero secolare (Una gemma, p. 33; Proc. Laud., f. 380r). In realtà quell’”impadronirsi della salma” non era affatto una imposizione, una prepotenza, decisa all’ultimo momento. Il necrologio inviato agli altri conventi porta una nota aggiunta, dello stesso giorno della morte: «Posso altresì aggiungere a gloria di Dio che tutto il Rev.do Clero di Casale colla rispettiva Confraternita sta apparecchiandosi per esprimere con solenni funerali l’estimazione grande, e venerazione, che si è meritata la vita edificante del nostro buon P. Carlo». Qui emergono i sentimenti del padre guardiano: non si opponeva, anzi si rallegrava di quella volontà di esprimere l’estimazione e venerazione generale con un funerale solenne. «Cgi ero io per porre impedimento?». Poteva mettersi il cuore in pace, davanti alla santa Regola e ai superiori: come poteva opporsi alle ragioni che clero e confraternita gli avevano esposto, forse in un apposito incontro? Si veda il Documento A.

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Padre Carlo non deluse le aspettative dei fedeli. Ci sono testimonianze di guarigioni avvenute durante il funerale. Don Francesco Bignami, parroco di Corte Sant’Andrea, presente al funerale, dichiarò: «Ho sentito affermare che si erano ottenute grazie»418.

La fiumana del popolo in preghiera percorse le vie di Casale: contrada dei Cappuccini, chiesa di Sant’Antonio, piazza, chiesa parrocchiale con sosta per preci o rito funebre, contrada di San Rocco, chiesa di San Rocco, inizio della via per Piacenza fino al cimitero. Non esisteva la Via Emilia, né risulta che il corteo funebre abbia percorso anche le contrade del quartiere San Bernardino.

Il cimitero di trovava e si trova nella “Basura” del Brembiolo, “al crosione”, cioè all’incrocio delle antiche vie per Piacenza, Cremona e Pavia419. Si riduceva allora (pur già ampliato) al primo campo, con muro di recinzione, cancello d’ingresso, vialetto centrale, una cappelletta al centro. Attorno a questa venivano sepolti i sacerdoti. Padre Carlo fu sepolto a pochi passi a sinistra dell’ingresso della cappella420.

418 Ibid., f. 279v.419 Era stato aperto con delibera dei Deputati dell’Estimo del

2.10.1786, in esecuzione (con un ritardo di quasi 20 anni), dell’ordine di Sua Maestà Imperiale Giuseppe II° dell’11.10.1768. Giuseppe II° aveva ordinato la chiusura di tutti i “campisanti” esistenti attorno alle chiese parrocchiali, che evidenziavano la contiguità dei vivi e dei morti nella Comunità Parrocchiale. Non mancavano le buone ragioni; ma forse prevaleva l’intento di laicizzare la vita sociale secondo i canoni dell’illuminismo. D. G. Mosca “Casalpusterlengo: le chiese, la religiosità popolare e le sue espressioni” vol IV°, p. 447ss: inizi e sviluppi; Casalpusterlengo, Arch. Parr., faldone “Chiese sussidiarie”, fasc. Chiesa San Rocco: “Cronaca” della Confraternita del Gonfalone f. 19, con precise notizie dell’apertura del cimitero; Arch. Com. Casalp., Tit. III, sez. IV, cart. 19, fasc 3.

420 Dal verbale dell’esumazione, più avanti. Teste Spelta Bassiano, f. 186r: «Fu tumulato in una tomba distinta, ma in terra comune, però in un luogo vicino a tombe di altri sacerdoti». L’ubicazione è confermata da altri testi: Mainini Gaetano, f. 206 e Buonalancia Marianna in Guasconi, f. 159r. Grossi Antonio – testimonio privilegiato perché fu presente alla sepoltura, prima esumazione e traslazione – dichiarò: «Mi trovavo nel febbraio 1859 nel cimitero di Casal Pusterlengo quando si stava per tumulare la salma del Padre Carlo morto pochi giorni prima, e vidi la fossa già apparecchiata, scavata di fronte all’antica cappella; non posso

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La sepoltura in una fosse comune fu voluta irremovibilmente dal padre guardiano. I Casalesi non erano d’accordo. Lo storico loacle mons. Angelo Bramini, devotissimo della Madonna dei Cappuccini, ha scritto: «Veramente i Casalesi che troppo apprezzavano la santità del loro Padre non volevano affatto che fosse sepolto nel terreno comune, ed alcune persone facoltose, dopo aver sostenuto invano il disegno di seppellirlo nella chiesa, insistettero per erigergli una tomba speciale nel cimitero, ma quei superiori di allora, i quali con esagerata prudenza avevano già consigliato l’allontanamento di padre Carlo, ancora vivente, da Casale, vi si opposero. Fecero molto male, perché le sue spoglie nel 1898 sarebbero state trovate in condizioni assai migliori»421.

Sull’umilissima tomba (tale l’avrebbe voluta padre Carlo) fu posta una croce, ritengo. I ricordi dei testimoni nel processo canonico divergono. Secondo il teste Spelta Bassiano, la salma fu deposta in una fossa comune, «col solo distintivo che su di essa posero una croce su cui era dipinto il suo nome»422. Gastaldi Luigia dichiarò: «Fu sepolto in fossa comune. Non ricordo di aver visto sopra di essa croce o lapide»423. Padre Isaia nella Vita afferma: «I Casalesi vi prepararono una tomba distinta con una lapide che ricordasse ai posteri la santità di Padre Carlo»424. Da parte sua l’Alemanni, casalino, scrive: «La riconoscente pietà dei attestare se il terreno fosse stato anteriormente già scavato per altro defunto, la cassa però racchiudente la salma del Padre Carlo fu deposta in quella fossa e coperta, e i fedeli andavano su di essa a pregare» (f. 342v). È lecito però dubitare che la salma fosse deposta nella tomba in una cassa o feretro. Nelle due esumazioni delle quali parleremo non c’è accenno od avanzi lignei, anche se nel 1859 le casse o feretri erano ormai ammessi. Citerò la documentazione più avanti. «Quando fu disposto di far fare questo cimitero fu fatta ordinazione acciò durasse lungo tempo senza ampliarlo che tutti li cadaveri fossero sepolti non in cassa di sorta alcuna» (Cronaca, f. 21). La norma fu verosimilmente cambiata quando il primitivo campo fu raddoppiato, tra il 1819 e il 1821 (Casalpusterlengo, Arch. Com., tit. III, sez. IV, cart. 19, fasc. 5; Arch. Parr. Casalp., Fald. 10, n. 6; G Mosca, Casalpusterlengo…, pp. 449-450).

421 Bramini, Un’oasi dello Spirito, pp. 234-235.422 f. 293v.423 f. 206r.424 f. 48r.

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casalesi nel cimitero murò una modesta lapide al santo cappuccino, unico ricordo di lui»425. Questo il testo della lapide:

In questa sepolcral solitudineriposano in pace

le sacre ceneri del SacerdoteCappuccino Padre Carlo d’Abbiategrassoper lo splendore delle sue eminenti virtù

morto in concetto di santitànel convento di Casalpusterlengo

il giorno 21 febbraio 1859nell’età di anni 33.

A perpetua memoria i devoti Casalesiquesto monumento posero426.

Io ritengo (ripeto) che sulla tomba sia stata posta una semplice croce di ferro con il nome di padre Carlo. Non è pensabile che mancasse sulla tomba di un sacerdote, di un religioso. Null’altro.

Quanto alla lapide, si hanno notizie precise da documenti conservati nell’archivio comunale di Casalpusterlengo. Il padre guardiano, nel giro di pochi giorni dopo la sepoltura di padre Carlo inoltrò una petizione all’imperial regio commissario distrettuale di Casalpusterlengo di autorizzazione a collocare «nel cimitero una lapide monumentale che ricordi le virtù del rev. padre Carlo, al secolo Gaetano Vigevano». Il commissario girò la petizione alla deputazione comunale per competenza, e questa rispose al medesimo dichiarando che non c’era nulla da eccepire alla apposizione della lapide «alla cinta di questo cimitero», a fianco di quelle esistenti. La pratica fu inoltrata dal padre guardiano, e non poteva avere altro attore; ma l’iniziativa fu dei devoti di Casale e presumibilmente del prevosto don Veneroni e degli altri sacerdoti. Infatti nella lettera al commissario il guardiano si

425 Storia di Casalpusterlengo, p. 132s; Proc. Laud., doc. XX, f. 401v.426 Ibid., f. 402r in nota. «Monumento» dà l’idea di una lapide vistosa;

don Alemanni la giudica «modesta». Quel che padre Isaia chiama «tomba distinta con lapide», i Casalesi giudicavano «modesta lapide».

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riservava la verifica della iscrizione quando gli sarebbe stata «offerta». Evidentemente non era ancora stata realizzata427. Padre Aliverti riconosce questo merito dei Casalesi: «Dobbiamo riconoscere che fu soltanto per la inestinguibile devozione dei Casalesi che, malgrado il volgere del tempo, la memoria del Padre Carlo si mantenne sempre viva. Essi che indicavano sempre ai figli e ai nipoti il luogo preciso dove giacevano le sacrate sue ossa, impedendo così che andassero irreparabilmente perdute, murarono questa lapide, che si legge ancor oggi sulla cinta del cimitero»428. «Ancor oggi»: era l’anno 1945. Non si sa quando e come sia andata perduta. Si può immaginare dove sia finita: in una discarica!429.

2. - SULLA TOMBA, LA DEVOZIONE POPOLARE

Le testimonianze verbalizzate nel I° Processo, relative agli Articoli 127-140, cioè agli anni successivi alla morte di Padre Carlo fino alla conclusione del processo canonico, permettono di documentare il fiorire, durante quei quarant’anni, della devozione popolare e di coglierne le

427 Casalp., Arch. Com., tit. III, sez IV, cart. 18, fasc. 19: lettera 1.3.1859 dell’I R Commissario Distrettuale; nel retro, minuta della risposta della Deputazione Comunale in data 3.3.1859.

428 Aliverti, Vita, p. 221. Ancor prima, nel Proc. Mediol., fra Simpliciano Maria da Rescalda, che visse alcuni anni nel convento di Casale, dichiarò: «So che gli venne messa una lapide, che ho ancora vista nel cimitero» (f. 123v). Si era nel maggio 1899.

429 Proc. Laud., I° Processo can. F. 159: la teste Buonalancia Marianna in Guasconi ricorda che «la lapide fu posta sul muro esterno del cimitero, e quando il cimitero fu abbellito la lapide fu trasportata sul muro interno». Erano gli anni 1876-1886 nei quali si protrassero i lavori di «abbellimento»: nuovo muro di cinta, nuova cappella centrale (ora passaggio al secondo campo) con la serie di cappelle private ai due lati. Era ancora sul muro interno quando la Buonalancia fece la sua deposizione, e c’era ancora nel 1945. Dopo di allora non si hanno più notizie. Non c’era quando nell’anno 1987, preparando il 4° volume della storia delle chiese già citato, ricopia per il capitolo Iscrizioni quelle esistenti nel cimitero riguardanti i sacerdoti (p. 420ss). C’era stato un nuovo «abbellimento» del muro di cinta prospiciente la Via Emilia, e finirono in discarica anche quelle lapidi che si erano salvate precedentemente. Altre pagine di storia casalina irresponsabilmente buttate, secondo le tradizioni locali!

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espressioni e i frutti. Alla prima generazione di testimoni oculari si aggiunge la seconda: i figli, che testificano quanto appreso dai genitori e da altre persone, oppure singole guarigioni post mortem, delle quali erano testimoni oculari. Si aggiungono altre fonti giudiziarie (gli Articoli o “Vita” di Padre Isaia Vice Postulatore, e alcuni “Documenti”) ed extra giudiziarie (pubblicazioni ed altro). Purtroppo nelle testimonianze individuali si riscontrano pochissime date, anche approssimative; cosicché non è possibile rilevare una linea, ascendente o discendente nel tempo, della devozione fiorita sulla tomba, che pur c’è stata. Nel complesso, le attestazioni vennero ritenute convincenti, ed addirittura abbondanti, tanto da esonerare dal deporre ben 14 testi che avevano già prestato giuramento previo430.

Tutte si basano su un presupposto universalmente condiviso: padre Carlo, era, è un santo. La persistenza dopo morte della fama di santità nei numerosi fedeli di Casale, dei paesi vicini e di luoghi anche lontani, è confermata da tutte le testimonianze verbalizzate. Tutti i testimoni lo ritenevano un santo: sia quelli che l’avevano conosciuto, sia quelli che solamente ne avevano sentito parlare. Riassume bene padre Isaia negli Articoli: «Per le eminenti virtù del Servo di Dio e per le grazie che i devoti ottenevano in suo nome come risuonò benedetto in vita, molto più si propagò dopo la morte, imperocché si andò di anno in anno diffondendo non solo nella Lombardia, ma ancora in molte altre parti. Non venne mai meno nel popolo la devozione ed andandovi le pie persone a pregare su quella tomba si tenevano certi di pregare un’anima che già si trovava in Dio»431.

Concordano le testimonianze dei sacerdoti nati e residenti in luogo, che avevano anche conosciuto padre Carlo. Don Giuseppe Mazza: “Ho sentito dire molte volte che anche da paesi estranei molti accorrevano alla tomba

430 Sessione XXV del 5 luglio 1900: “Rmus Episcopus Iudex, annuente Procuratore Fiscali, judicavit depositiones assumptas jam sufficientes esse ad probationem omnium Articolorum, atque ideo decrevit, adprobante Procuratore Fiscali, renuntiare et omittere examen aliorum testium inductorum et juratorum” (segue l’elenco: f. 326ss).

431 Proc. Laud. f. 48v.

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del Padre Carlo per la santità dello stesso Padre, ed anche per grazie ricevute”. Don Saverio Guasconi: “Benché di Casale, io non ho visto pregare sulla tomba, ho sentito però che ciò si faceva per ottenere grazie. Se poi si siano da questi ottenute, non lo so”. Don Alessandro Fratti: “Ho sempre sentito dire che da tutti si riteneva un santo. Ho sentito dire che si facevano preghiere a Padre Carlo”. Don Bassiano Sordi (era di Secugnago e si trovava coadiutore a Somaglia): “Nei nostri paesi del Lodigiano continuò dopo morte la fama che godeva in vita, ma in quanto agli altri paesi sia di Lombardia che di altre regioni, nulla posso dire. Sentivo dire che il popolo accorreva al cimitero”. Più limitata nel tempo la testimonianza di Don Sante Peviani, il fedele chierichetto, perché entrò in Seminario e dopo l’ordinazione sacerdotale fu assegnato ad altre parrocchie:”Nei primi tre o quattro anni dalla morte so che moltissimi del popolo accorrevano, e ci andai anch’io, ma essendo poi io entrato in Seminario, più non me ne curai. So poi che quelli che ci andavano, andavano nella persuasione di pregare un Santo. Quanto alla folla sempre crescente non so niente, essendo lontano da Casale”432. Concordano le testimonianze dei laici. Gastaldi Luigina:”Dopo la sepoltura molti si recavano a pregare sulla tomba e a invocare grazie da che fu sepolto fino al trasporto (al santuario)”. Spelta Bassiano: «Lo ritenevano anche dopo la morte in concetto di Santo, andavano a pregare sulla sua tomba, cercavano la vita e immagini». Chiappa Petronilla ved. Bonini: «ho visto

432 Don Mazza, f. 146; Don Guasconi, f. 116v; Don Fratti, f. 151; Don Sordi, f. 129; Don Peviani, f. 104v. Alle testimonianze di questi sacerdoti anziani e personalmente legati a Padre Carlo si aggiungono le deposizioni dei più giovani Don Francesco Bignami di Cornogiovine parroco di Corte Sant’Andrea (“So che si compirono prodigi per intercessione di Padre Carlo” f. 280: depone circa la guarigione di un suo “piccolo cugino”) e Don Giovanni Cerri di Mulazzano parroco di Cascine Passerini (“L’ebbero e l’hanno in concetto di Santo”). Forse una deposizione importante l’avrebbe potuta fare Don Angelo Noli Dattarino che era stato coadiutore a Casale e titolare della cappellania Novasconi in San Salvario negli anni della soppressione del convento, ma era Procuratore Fiscale nella Causa. Altre preziose testimonianze avrebbero potuto rendere il Prevosto Don Veneroni e il coadiutore Don Pesatori, difensori e devoti del Servo di Dio: ma erano già deceduti quando ebbe inizio il Processo canonico.

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moltissime volte la gente portarsi a pregare sulla tomba di padre Carlo, come pure più volte udii che si erano ottenute grazie. Certo che coll’andar del tempo la folla andò diminuendo». Salamina Pietro: «Alcune pie persone di portavano al cimitero, e pregavano sulla tomba di padre Carlo, e speravano che fosse in Paradiso. Chiedevano al Santuario il libricino della sua vita e qualche reliquia, e desideravano che venisse posto sugli altari». Buonalancia Marianna in Guasconi: «So che molta gente, anche forestieri, andavano al cimitero a pregare sulla tomba di padre Carlo colla speranza di ottenere qualche grazia per sua intercessione, ed anch’io ci sono andata, in compagnia di mia madre, e prendevamo anche della terra ricoprente la tomba sua. So che vi fu e vi è continua ricerca di immagini e vite del padre Carlo, per avere le quali fanno anche qualche offerta, ed è vivo il desiderio che possa essere beatificato»433. A distanza di settant’anni dalla morte ha riassunto bene mons. Angelo Bramini, casalino, che conosceremo meglio: «Sulla tomba di padre Carlo i Casalesi si recarono ancora a pregare, e nuovamente furono da lui beneficati». Unanimi in proposito le affermazioni degli agiografi, sulla base delle testimonianze raccolte. Le Memorie storiche dell’Anonimo: «Spenta una volta la cara esistenza dell’umile Cappuccino, non si spense la possanza di Dio in operare meraviglie mercé l’intercessione di padre Carlo a vantaggio dei Casalesi e popoli circonvicini, come non ebbe termine la devozioni di questi verso quello … Difatti molti prodigi si raccontano… Non è meraviglia adunque se la maggior parte dei Casalesi spesso vanno a pregare sulla fossa del padre Carlo e vi dimandano soccorso ed ajuto in tutte le strette della vita». P. Giovanni da Milano: «La sua tomba fu meta continua dei devoti, che, tratti dalla fama delle sue virtù, venivano nuovamente a lui per grazie»434.

433 Gastaldi, f. 293r; Spelta, f. 186v; Chiappa, f. 193; Salamina, f. 177v; Buonalancia, f. 159r.

434 Un’oasi dello spirito, p. 235; Memorie storiche” 2ª ed., pp. 82-87; Annali Francescani 1.8.1898; doc. XXIII, f. 405v.

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Queste testimonianze aprono il ventaglio delle espressioni della devozione popolare, della quale abbondano le testimonianze.

Don Bassiano Sordi, sopracitato, disse: «Sentivo dire che il popolo accorreva al cimitero raccogliendo terra della tomba di padre Carlo, la mettevano sulle parti ammalate, e che credevano veramente di pregare un santo». Anche la Buonalancia ne fa esplicito riferimento. La stessa testimonianza da Vaccari Michele di Secugnago: «Anche dopo la morte fu tenuto in concetto di santo, e lo pregavano e lo pregano per ottenere grazie». Lissori Paola di Mirabello testimoniò della guarigione del padre dopo avergli posto al collo un sacchetto con la terra della tomba e aver terminata una novena a padre Carlo. Don Francesco Bignami, parroco di Corte Sant’Andrea, rende testimonianza della guarigione improvvisa di un cuginetto di 13 anni, Ercole Andena, già dato per spacciato dai medici: il ragazzo portava al collo un sacchetto, egli non sapeva cosa contenesse, ma era terra o erba della tomba. Monico Cristina in Salamina attribuisce la conversione di “un Tizio”, dai comportamenti immorali e ubriacone, ad una grazia di Padre Carlo, ottenuta dopo che il medesimo e la madre e la sorella si erano posti al collo un piccolo sacchetto con terra raccolta sulla sua tomba. «Ora si porta benissimo». Don Sante Peviani testimoniò: «Ho sentito parlare di molte grazie e guarigioni ottenute per intercessione di padre Carlo, e molte più ottenute in seguito all’applicazione di parti dell’abito del medesimo, e della terra del suo sepolcro». Zavaglia Rosa in Ottolini: «Andavano a prendere la terra sulla sua tomba e la portavano al collo, e ne facevano novene per ottenere grazie». E Vaccari Michele: «Prendevano la terra per applicarla alle membra inferme, e tanti ottennero grazie», anche se non sa addurre fatti particolari435.

Lo stesso potere di guarigione, per l’intercessione di padre Carlo invocato come santo, era attribuito da altri devoti all’erba raccolta sulla sua tomba. Monico Cristina in

435 Don Sordi, f. 129r; Buonalancia, f. 159r: Vaccari, f. 322r; Lissori, f. 276r; don Bignami, f. 280r; Monico, f. 170r; don Peviani, f. 105r; Zavaglia, f. 237r; Vaccari, f. 322v.

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Salamina testimonia la guarigione di Brigida Mazza, cui si preannunziava l’amputazione del braccio, pochi giorni dopo che sul braccio era stata applicata l’erba raccolta sulla tomba. Le seguenti tre deposizioni ne specificano l’uso. Mangini Giovanni Battista: «Sentii dire che andavano sulla sua tomba, portavano via l’erba che su di essa nasceva, e che bevendo il decotto di quell’erba guarivano». Borsotti Antonio: «Andava la gente a raccogliere l’erba che cresceva sulla sua tomba per applicarla come un rimedio». Padre Isaia negli Articoli registra la guarigione di una donna travagliata dalla podagra e in fin di vita, e di un’altra guarita da tosse dolorosa con novena e assunzione di un decotto ricavato dall’erba colta sopra la tomba. Quirci Clotilde testimoniò: «Ho sentito che tanti andavano sulla tomba del p. Carlo a raccogliere l’erba che su di essa cresceva e la mettevano al collo per guarire dalla febbre, il che ottenevano»436.

Non era superstizione, era la semplice fede dei fedeli, che poneva quell’erba e quella terra, in contatto in qualche modo con le venerate spoglie del Servo di Dio, al livello di reliquie. Di fatto le guarigioni si ottenevano, Dio le concedeva, e il merito era riconosciuto alla intercessione di padre Carlo, che tutti tenevano per santo.

Altri devoti facevano ricorso a preghiere sulla sua tomba e alla recita di novene, sulla tomba o in famiglia. Don Giuseppe Mazza, prete di Casale, testimonia: «Ho sentito molte volte dire che anche da paesi estranei molti accorrevano alla tomba di Padre Carlo per la santità o per le grazie ricevute». De Filippi Virginia in Vida: «Ho sentito che tutti quelli che vanno a domandare la grazia restano graziati». Don Saverio Guasconi, nato e domiciliato a

436 Monico, f. 164r; Mangini, f. 197v; Borsotti, f. 243v; Quirci, f. 303r. Anche Salamina Claudina in Pomati: «Sentii dire che tre o quattro persone furono guarite dalla febbre per intercessione di Padre Carlo pregando sulla sua tomba» (f. 335v). La “febbre” della Quirci e Salamina va intesa per febbre tifoidea che serpeggiava frequentemente nel territorio, anche per l’insufficiente deflusso delle acque, che creava stagni persistenti. Soltanto dopo la metà del ‘900 nelle campagne del Basso Lodigiano furono debellate le ricorrenti forme epidemiche. Padre Isaia, f. 50r.

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Casalpusterlengo: «Ho sentito che si sono ottenute grazie e guarigioni speciali ad intercessione di padre Carlo … Benché di Casale, io non ho visto pregare sulla tomba di padre Carlo, ho sentito però che ciò si faceva per ottenere grazie. Se poi si siano da questi ottenute, non lo so». Ma riporta quanto aveva appreso circa quattro guarigioni prodigiose. Monico Cristina in Salamina riferisce della guarigione del figlio di Galliani Maria ottenuta con una novena a padre Carlo. Goldaniga Maria in Ferri: «So che ha operato molti prodigi anche dopo la morte, e anch’io quando mi si ammalò qualche figlio leggermente, ricorsi a padre Carlo facendogli la novena e sempre ottenni la grazia, come pure trattandosi di trovare un posto a due dei miei figli, ricorsi a padre Carlo, e potei collocarli bene non solo nel corpo, ma anche per l’anima». Sono collegate alla recita di novene a padre Carlo le guarigioni di Fiorenzola Angelo di Somaglia e di Mazza Pasquina, la conversione del marito di Favini Giulia di Somaglia437. «Facevano novene per ottenere grazie»: dichiarò Zavaglia Rosa in Ottolini. E Spelta Bassano: «La gente andava al cimitero a fare le novene»438.

All’uso della terra e dell’erba della tomba e alla recita delle novene va aggiunto la ricerca e l’uso delle reliquie. E qui ci spostiamo al Santuario della Madonna dei Cappuccini. Gastaldi Luigina: “So che desideravano le reliquie”. Don Peviani dichiara: “Ho sentito parlare di molte grazie e guarigioni ottenute per l’intercessione di padre Carlo, e molte più ottenute in seguito all’applicazione di parti dell’abito del medesimo». Continuava dunque la distribuzione anche dopo i tre giorni della esposizione precedenti il funerale. Don Giuseppe Mazza: «Che ci sia ressa di popolo a cercare reliquie l’ho sentito dire»439. Ancora nel Santuario si faceva ricorso ad altro mezzo. Bricconi Giuditta di Somaglia dichiara: «Avevo la mamma ridotta in uno stato di prostrazione generale, e il coadiutore

437 Don Mazza, f. 146r; De Filippi, f. 69v; Don Guasconi, f. 114r; Monico Cristina in Salamina, f. 167r; Goldaniga, f. 313v; Don Sordi, f. 123r; Monico, f. 167r; Salamina Pietro, f. 179v guarigione Mazza Pasquina; Don Sordi, f. 132v, conversione.

438 Zavaglia, f. 237r e Spelta, f. 184r.439 Gastoldi, f. 293r; Don Peviani, f. 105r; Don Mazza, f. 146v.

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don Bassano Sordi le aveva consigliato di fare una novena a padre Carlo ancora tumulato nel cimitero. Allora io mi portai alla chiesa dei cappuccini di Casale, e diedi ad un frate dell’olio perché lo facesse ardere nella lampada che stava davanti al quadro di padre Carlo che si trovava nella chiesa dei Cappuccini vicino alla sagrestia,e mi feci dare poi un po’ di quell’olio che ardeva. Avutolo ritornai alla Somaglia, e mia madre si unse le orecchie e lo stomaco con quell’olio, e dopo due o tre giorni era pienamente guarita, come continua anche oggi, udendo perfettamente». Nel santuario era dunque un quadro che rappresentava padre Carlo, esposto vicino alla sagrestia e spostato in seguito altrove, davanti al quale i devoti esprimevano la devozione al Servo di Dio con la lampada accesa e facendo uso dell’olio della lampada per unzioni che accompag.navano la preghiera. Ritroveremo queste usanze, e altre simili, dopo che le venerate spoglie di padre Carlo furono portate nel Santuario440.

Il discorso, sulla scorta delle dichiarazioni dei testimoni del primo Processo, va ormai verso l’evidenza di una convinzione univoca, comune, generale, del potere taumaturgico, cioè di capacità di impetrare grazie e miracoli da Dio, di padre Carlo, invocato come santo. Le

440 Ibid., f. 274r. Il quadro cambiò collocazione, perché Fra Simpliciano Maria da Riscalda testimoniò (anno 1899): «So che in una stanza presso la porta del convento era stato esposto il ritratto di padre Carlo e la gente vi andava e lo venerava come Santo. Dopo poi questo quadro venne fatto ritirare non so da chi» (Proc. Mediol. f. 123v). Un “lontano parente”, Giovanni Battista Vigevano, ricorda che il fratello del padre, Paolo, guarito dal Padre stesso, gli diceva che «in cotesto luogo (ove io non sono mai stato) vi è il ritratto di padre Carlo in atto di benedire» (ibid., doc. 8, f. 264r). P. Cristoforo da Lecco, che fu nel convento di Casale dal 1890 al 1896, dichiarò nel Proc. Mediol.: «Ho trovato una devozione generale non solo nei terrieri, ma anche dei paesi più lontani, e devozione continuata, sempre; non vi era giorno che non si presentasse qualcheduno al ritratto del padre Carlo. Il quale ritratto fu poi levato dal padre provinciale e posto in refettorio. Questa devozione in questi ultimi tempi va sempre più estendendosi» (f. 235rv). Pare di poter intuire la ragione: non era ammissibile il culto pubblico. Gastaldi Luigia testimoniò che «Molte grucce di ammalati guariti dal p. Carlo colla semplice benedizione furono lasciate nella chiesa dei cappuccini, anzi io stessa le vidi» (f. 292r).

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testimonianze di questa convinzione comune, suffragata dalla relazione di fatti precisi, sono numerose e così convincenti (come ho già rilevato) da portare il Tribunale a rinunciare all’ascolto di altri testimoni.

Gastoldi Luigina: «So che molti, dopo che il padre Carlo fu sepolto, fino a che la salma fu portata ai Cappuccini, si portavano al cimitero a pregare e a invocare grazie». Vide la Peviani, idropica, pregare sulla tomba, e poi la vide guarita. Anche Salamina Pietro ricorda questa guarigione, dopo aver affermato: «So che anche dopo morte operò miracoli». Leva Carlo: «Ho udito parecchie volte e da parecchi che dopo la morte si ottennero vari miracoli per sua intercessione. L’opinione di Santo in cui era tenuto padre Carlo in vita continuò e continua a Casale anche al presente». Riporta la guarigione di Pierino Vida. Borsotti Francesco: «Fu sempre ritenuto da quelli di Casale in opinione di santo, e come tale fu ritenuto da quelli estranei al paese»441.

Dichiararono che dopo la morte avevano sentito dire di miracoli, di “molti miracoli”, Gagliani Maria in Pilla; Borsotti Angelo; Bardella Francesco di Fombio; Trezzi Marianna; Mainini Gaetano; Vida Antonietta; Salamina Claudina442. Oltre i precedenti, rendono testimonianza di specifiche guarigioni anche Monico Cristina in Salamina (guarigione di Pomati Carlo, già spedito dei medici, e di Maria Mosconi); Merli Angela in Mazzaroli (lei stessa fu guarita da una nevralgia che la tormentava da 12 anni). Le deposizioni nel Processo Mediolanense sia dei confratelli di padre Carlo sia dei suoi concittadini di Abbiategrasso (non numerose, né dettagliate, ma comunque sufficienti) di mostrano in perfetta sintonia il persistere del ricordo, l’eco di quanto avveniva a Casale anche dopo la morte, la convinzione della sua santità, la costante preghiera a lui rivolta con fiducia,

441 Gastoldi, f. 293r; Salamina, 173v; Leva, f. 225r; Borsotti, f. 228r.442 Gagliani, f. 255r; Borsotti, f. 260r («Operò molti miracoli anche

dopo morte, e se ne ricevono ancora»); Bardella, f. 265v; Trezzi Marianna, f. 308r; Mainini, f. 205r; Vida, f. 296r. Salamina Claudina in Pomati: «Sentii dire che tre o quattro persone furono guarite dalla febbre per intercessione del P. Carlo pregando sulla sua tomba» (f. 335v). Febbri “terzane”, frequenti in paese.

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l’ottenimento di grazie. Non aggiungono molto, ma confermano443.

La guarigione del ragazzo Andena Ercole, avvenuta appena prima della traslazione della salma di padre Carlo dal Cimitero al Santuario, fu tra quelle che ebbero maggior numero di testimoni e di controlli medici444. In questo capitolo si dà dei miracoli un cenno generico. Si dedicherà un altro capitolo ad una presentazione dei singoli miracoli.

443 Proc. Laud., Monico, f. 169r e f. 166v; Merli, f. 246r. Nel Proc. Mediol. dopo un primo elenco di domande da sottoporre ai testimoni, equivalenti a 139 Articoli presentati dal Vice Postulatore, il Promotore Fiscale predispose un secondo formulario, molto più ristretto (26 domande), adeguato alle conoscenze che potevano avere persone comuni, o comunque non appartenenti alla stretta cerchia dei confratelli e frequentatori del convento e del Santuario. Fu utilizzato a Milano e a Lodi. C’era una domanda precisa, non espressa nel precedente: «Se sappia di prodigi operati per sua intercessione dopo la sua morte» (f. 275r, n. 24). Ad Abbiategrasso in genere i testimoni non sanno di miracoli compiuti dopo la morte: Mazzucchellli Pietro, f. 147r; Albino Giuseppe, 160v; Del Grosso Baldassarre, f. 174v; don Antonio Giolitta di Abbiategrasso, già parroco di Cassago, f. 186r; Bernocchi Gaetano, f. 188v; Mazza Angelo, f. 193r. Ha sentito dire di guarigioni miracolose avvenute, ma non sa riferire i particolari il cugino Vigevano Angelo f. 165r; «anche in questi ultimi giorni» aggiunge Migliavacca Carlo, f. 190v. Fracappani Maria ha sentito dire di miracoli avvenuti anche ad Abbiategrasso. «Conosco in gran parte per aver sentito dire» (f. 139r). Sorprendente quel che ha sentito dire Marchesi Primo: «Sulla sua tomba sono nati spontaneamente i fiori» (f. 143r). Ma ci sono anche precise testimonianze di grazie ottenute dai concittadini di padre Carlo. Don Stefano Balconi, parroco da 14 anni, successore di don Palazzi, che in precedenza non conosceva nulla di Padre Carlo: «Ho sentito parlare da molti parrocchiani coetanei di padre Carlo… L’invocano nei loro bisogni, e si raccomandano alla sua intercessione in occasione di malattie… Vi sono poi molte altre grazie, non però di rilievo che si ritengono ottenute per l’intercessione di padre Carlo, che al presente non so ricordare». Ricorda in particolare la guarigione di Boneschi Giuseppa (f. 227r- 229r). La signora Boneschi dà relazione della propria guarigione, all’età di 11 anni, come la sentiva ricordare dal papà. Il piede sinistro si era ammalato. Penò un anno con medicazioni, ricovero all’ospedale, varie operazioni. Il piede era gonfio, si trattava di periostite, i medici volevano tagliare il piede. Il padre si portò a casa la bambina. Andò o mandò una persona a portare un paio di calze a Casale a farle benedire sulla tomba di Padre Carlo. Era l’anno 1860 circa, un anno dopo la morte di padre Carlo. Ritornò con una medaglia che la bambina portò al collo per molto tempo. Nel giro di cinque o sei mesi si trovò guarita perfettamente. «Io, mio padre, e i miei parenti attribuimmo la guarigione ad una grazia di Padre

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Conseguenza della comune convinzione della santità di padre Carlo, ed insieme causa dell’affermarsi sempre più della medesima convinzione, fu la diffusione di immagini e di biografie del Servo di Dio. È un dato di fatto registrato da padre Isaia, vice-postulatore della Causa, negli Articoli: «Vi è una continua e sempre maggiore richiesta di reliquie del Servo di Dio, delle sue immagini e biografie».

Su questo Articolo 132, e su tutti gli Articoli predisposti da padre Isaia furono interrogati i primi 14 testimoni. quasi tutti erano a conoscenza personalmente di tale richiesta.

Carlo, verso il quale conservo qualche devozione» (f. 135v-136r). Migliavacca Severina in Gilardoni ricorda la sua guarigione da un’ulcera allo stomaco che l’aveva condotta ad abbondanti sbocchi di sangue, alla perdita di sensi, agli ultimi Sacramenti. Per consiglio del suo confessore don Luigi Magnaghi fece una novena, di nove Pater Ave Gloria, a padre Carlo tenendo sotto il cuscino un involtino con un frammento di osso di padre Carlo. Di giorno in giorno si sentì meglio, guarì in quindici giorni (f. 195v-196v). L’episodio – avvenuto nel giugno 1899 – è testimoniato dallo stesso don Magnaghi, coadiutore. Parla di emorragia polmonare e gastrite. Aggiunge: «So che molte persone da me benedette facendo una novena al padre Carlo attribuiscono la guarigione alla sua intercessione… Le persone dalle quali ebbi queste informazioni mi sono sembrate attendibilissime perché testimoni oculari e di scienza diretta e di ineccepibile rettitudine». Cita il prevosto Palazzi, la vecchia servente, il cugino di padre Carlo don Cesare e la sorella di questi Giovannina (f. 183v). Tra i religiosi presentatisi al Tribunale di Milano Fra Raimondo da Casalpusterlengo, che era vissuto con padre Carlo ed era stato nel convento di Casale dal 1862 al 1864, ricordava di aver sentito dire dei miracoli operati in vita, ma non sapeva dire di quelli operati dopo morte (f. 248r). Padre Augusto da Crema invece: «ne ho sentito narrare parecchi, ma non fui testimonio» (f. 222r). Anche Fra Barnaba da Milano: «So che ne sono avvenuti parecchi, ma io non fui testimonio. Conosco quanto ho detto per mia scienza e mia propria esperienza» (f. 155r). Padre Apollinare da Arcore, confratello di padre Carlo nel convento di Casale: «Non so di prodigio visto con i miei occhi, ma so di molti prodigi avvenuti per relazione di altri; per la lontananza del tempo non so precisarne alcuno, e per debolezza di memoria» (f. 63r)… «Tanti andavanmo al cimitero per pregarlo e facevano novene per domandar grazie» (f. 79r). Anche Fra Simpliciano Maria da Riscalda: «Ho sentito dei miracoli operati dopo la sua morte a Casalpusterlengo» (f. 102r-103r).

444 Deposizione della madre Ercoli Angela, f. 210r. Il marito era emigrato in Svizzera, gli annunciò la prossima morte del figlioletto. Dopo la guarigione lo raggiunse con il resto della famiglia. Il Tribunale accolse la sua deposizione in anticipo, in considerazione della partenza.

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Riportiamo in nota le risposte445. I verbi sono al presente (c’era richiesta quando rispondevano in Tribunale), e solo due (Buonalancia e Salamina, si veda nella stessa nota) distinguono: “Vi fu e vi è”, “desiderava e desidera”. Si può ritenere che il verbo al presente indichi qualcosa che avviene da sempre. Potrebbe essere dimostrato dal fatto che la prima biografia di quasi vent’anni prima (1880) fu rapidamente ristampata,come vedremo in seguito.

Ancora una volta veniamo a trovarci nella impossibilità di delineare la linea costante, o la curva, o la serie di curve ascendenti o discendenti della devozione al Servo di Dio nei quarant’anni seguenti la sua morte.

La diffusione di immagini, agiografie, reliquie conferma il rapporto permanente con il convento e il santuario dei cappuccini. La devozione popolare, cioè, si dirige alla tomba che racchiude le venerate spoglie di padre Carlo, ma non cessa di dirigersi a quel Santuario che da secoli costituiva il cuore della religiosità di Casale. Una duplice fedeltà, in un intreccio di fatti, luminosi e tristi, che hanno caratterizzato il secolo XIX. Si va infatti dalla prima soppressione voluta dai francesi, al ritorno dei cappuccini; dai giorni esaltanti vissuti da padre Carlo alla seconda soppressione voluta dal patrio governo, alla riapertura, alle feste del I° centenario della incoronazione della venerata effige di Maria Santissima, alla nuova esaltazione di padre Carlo con la traslazione delle spoglie al santuario e l’apertura del processo di canonizzazione.

445 Don Bassiano Sordi: «Ho sentito dire che si cercano continuamente immagini e biografie di padre Carlo» (f. 130)”; Buonalancia Marianna: «So che vi fu e vi è continua ricerca di immagini e di vite di padre Carlo, per ottenere le quali si fanno anche qualche offerta» (f. 159v). Spelta Bassiano non sa di reliquie, ma sa che sono molto ricercate immagini e la vita (f. 186v). Uguale la testimonianza di Mangini Giovanni Battista (f. 195v). Salamina Pietro ha ricordi più sfumati: «In principio alcuni andarono a domandare il libricino della sua vita e qualche reliquia. (I “libricini non furono pubblicati “in principio” f. 178r). Monico Cristina in Salamina si riferisce piuttosto al breve tempo successivo alla traslazione della salma nel Santuario: «Si ricercano reliquie, immagini e la sua vita» (f. 166r). «Molte immagini si donano dai frati, e molte si comprano presso i rivenditori»: dichiara Mainini Gaetano (f. 206r).

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Verso questa meta si dirige, in modo sempre più evidente, l’aspettativa, il desiderio del popolo cristiano. Dei sacerdoti, in primo luogo, di quelli almeno che avevano conosciuto padre Carlo ed erano ancora vivi: don Peviani, don Guasconi, don Sordi, don Mazza446. Don Bassiano Sordi dichiara: «So pure che tutti desiderano vivamente la beatificazione di padre Carlo, chi santificheranno?».

Comune, generale il desiderio anche dei laici447. Mangini Giambattista dice: «Tutti desiderano che sia fatto santo, anzi si meravigliano che non sia ancora innalzato all’onore degli altari». Del «desiderio vivissimo di tutti che s’introduca presso la Santa Sede la causa della sua beatificazione e che presto venga innalzato agli onori degli altari» si fa portavoce lo stesso padre Isaia vice postulatore della Causa448.

3. - LA TOMBA, RIFUGIO DEL POPOLO CRISTIANO NELLE TRIBOLAZIONI

È stato un mistero della Provvidenza divina l‘esplosione di grazie straordinarie, operate in alcuni momenti della storia per l’intercessione di Maria Santissima in una chiesa a lei dedicata, concesse non a una o a poche persone prescielte, ma all’intera popolazione di un borgo, Casalpusterlengo, ed anzi di un territorio più vasto. Era successo (come abbiamo ricordato) con le misteriose apparizioni attorno all’antica chiesa di San Salvario e alla effige di Maria SS. in essa venerata, e ripetutamente, nelle calde serate dell’agosto dell’anno 1574. Migliaia di persone, di Casale e dei dintorni, furono partecipi. Un caso forse unico nella storia, che registra solo apparizioni a singole

446 Don Peviani (f. 105r): «So però di aver detto ai Cappuccini di far introdurre la causa di beatificazione perché era un santo». Don Guasconi (f. 117v): «è desiderio comune». Don Sordi (f. 130r). Don Mazza (f. 146v): «Mi unisco a tutto il popolo nel desiderio che si affretti la beatificazione».

447 Dell’esistenza di questo desiderio, vivo, universale, testimoniano Buonalancia (f. 159v), Monico (f. 166r), Salamina (f. 178r), Spelta (f. 186v), Mangini (f. 195v), Mainini (f. 206r).

448 Ibid., f. 49v. Padre Isaia coglie piuttosto l’aspettativa generale dopo trionfale traslazione della salma nel Santuario.

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persone449. Era successo nel 1780, quando, in occasione della incoronazione della statua decretata dal Capitolo della Basilica Vaticana, si riaccese la devozione alla “Madonna di Casale” o “Madonna dei Cappuccini” in tutta la diocesi450. Abbiamo appena detto dell’esplosione di grazie elargite per mano (per così dire) dell’umilissimo fraticello padre Carlo d’Abbiategrasso. Altre seguiranno. Con la sua santa morte, con l’apoteosi proclamata dal popolo cristiano con il funerale, non venne a cessare – nel piano della Provvidenza divina – il suo ufficio di intermediario tra la misericordia di Dio, l’amore materno di Maria e la moltitudine dei sofferenti nel corpo e nello spirito, intesi come individui e come comunità.

Ma ancora una volta (e non sarà l’ultima), nel piano della Provvidenza divina, le pagine esaltanti si intrecciarono con le più tristi. Era già capitato, e la memoria era ancora fresca a Casalpusterlengo. Nemmeno vent’anni dopo l’incoronazione, nel 1796 gli invasori francesi, appena conquistato il territorio, requisirono le corone della Madonna e del Bambino con tutti gli oggetti preziosi delle chiese451. Nel giro di pochi anni, nel 1805, gli ultimi conventi dei cappuccini furono soppressi, compreso quello di Casale. I frati furono scacciati, il convento fu messo in vendita, si salvò la chiesa, assegnata alla Parrocchia come sussidiaria. L’abbiamo visto.

Con lo stesso odio antireligioso, come una vendetta diabolica, il tutto si ripetette dopo la conclusione della vita terrena di padre Carlo, tempo di grazia, travolgendo frati, santuario, la stessa comunità parrocchiale. Capitò a Casale e in tutti i territori che il Piemonte veniva annettendo con le armi, con l’astuta politica di Cavour e i plebisciti votati da infime frange della popolazione, pur in nome di un ideale altissimo e condiviso: l’unificazione dell’Italia452. Padre Carlo

449 G. Mosca, Casalpusterlengo: le chiese, la religiosità popolare e le sue espressioni, vol I°, p. 13ss e note con riferimenti bibliografici.

450 Ibid., p. 26ss; G. Mosca, Incoronazione della Madonna dei Cappuccini di Casalpusterlengo 1780. tutti i documenti.

451 Ibid., p. 30ss e note. Fasc VI°.452 La bufera dell’anticlericalismo liberal-massonico, in parallelo con

le varie fasi della unificazione in una nazione, si abbattè sulla Chiesa e sui

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l’aveva predetto; ma nessuno poteva pensare che la triste storia avrebbe avuto inizio quasi immediatamente.

Egli morì il 21 febbraio 1859. Morì in pace, appena appena in tempo, quasi alla vigilia delle operazioni militari rapidamente concluse della seconda guerra d’Indipendenza. La disfatta dell’esercito imperiale austriaco, la vittoria delle truppe franco-piemontesi portarono alla liberazione della Lombardia e alla annessione (non da tutti condivisa) al Regno dei Savoia. Casale si trovava all’incrocio delle strade per Lodi-Milano, Piacenza e per Pavia-Cremona-Mantova.

cattolici. Le leggi sabaude furono estese ai territori annessi (Arch. Com. Lodi, Fondo “Sottoprefettura, Delegato Provinciale di Polizia”, cart. 145: applicazione delle leggi sabaude in Lombardia). Altre se ne aggiunsero, a getto continuo, tese a combattere la Chiesa, a spogliarla dei beni a lei affidati nei secoli per l’esercizio della sua missione, a circoscrivere od eliminare l’influenza di sacerdoti e religiosi sul popolo cristiano, a intralciare quell’associazionismo dei cattolici che portava i semplici fedeli, laici, in prima fila nelle battaglie di libertà e giustizia sociale. Il Regno d’Italia fu dalla nascita saldamente posseduto dagli anticlericali laicisti, titolari di tutti i gangli del potere e beneficiari privilegiati. Percentuali minime delle popolazioni avevano voce nelle elezioni; erano escluse le masse: la gente del popolo, contadini, operai, donne. Erano le stesse classi oppresse dal padronato terriero ed industriale, da politici, borghesi, arrivisti, clientele, consorterie al potere. Per reazione venne montando la questione sociale, fino alle soglie di un drastico rovesciamento del potere, predicato dal socialismo. L’unificazione dell’Italia era nelle aspirazioni di una larghissima parte del popolo; ma l’opera meritoria fu iniziata e perseguita nel peggiore dei modi. I cattolici furono emarginati, angariati, vilipesi, pur essendo sudditi leali del nuovo stato che si stava costituendo, del nuovo governo, del nuove Re. Erano contrari, nell’ambito politico, a quel modo di fare l’Italia: l’Italia di pochi che si imponevano ai molti, combattendo le più profonde convinzioni religiose e morali del popolo e ignorandone le più vitali esigenze economiche. L’evoluzione legislativa e l’esercizio del potere, specie da quando furono annessi lo Stato della Chiesa e Roma stessa, crearono nella coscienza dei Vescovi e sacerdoti e fedeli un drammatico contrasto tra il sentimento di fedeltà alla Chiesa e l’amore di Patria. Un contrasto che fu a lungo insolubile. Le conseguenze furono laceranti anche – per quel che ci interessa – anche nella diocesi di Lodi e in Casale stessa. L’argomento è ampiamente trattato in G. Mosca, Cento anni di vita e di battaglie religiose e civili delle parrocchie del lodigiano, sulla base di un’ampia documentazione di prima mano rintracciata in parecchi archivi, diocesani, civici e parrocchiali. Ivi riferimenti all’amplissima bibliografia relativa, ricca di interpretazioni anche fortemente contrastanti e talvolta settarie, mettendo nel numero quelle celebrative-officiali-imperanti.

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Un incrocio importante militarmente. Truppe austriache presidiavano il borgo. Nel mese di giugno furono requisiti i mezzi di trasporto (carri, cavalli, buoi); i militari congedati furono richiamati alle armi e accompagnati a Lodi; furono murati gli accessi ai campanili, per impedire che il suono delle campane annunciasse o favorisse una sollevazione. In luglio si ebbe un sabotaggio: la linea telefonica fu interrotta tra Casale e Zorlesco e i cavi sparirono. Il comandante in capo gen. Giulay proclamò la legge marziale. Un fittabile dei dintorni, Saverio Griffini, mise insieme una legione di volontari e accorse a Milano. Ebbe la prima medaglia d’oro del Risorgimento. Il paese si salvò dalla vendetta di Giulay per l’intercessione del dott. Cesaris; o per l’intercessione di Padre Carlo, che da pochi mesi li aveva lasciati, pensarono i Casalini.

I fatti bellici ebbero comunque qualche influenza nel breve arco di tempo del succedersi delle operazioni militari. Cogliamo la testimonianza di p. Augusto da Crema: «A Casalpusterlengo la buona memoria di lui venne alquanto raffreddata dal passaggio delle truppe nella ritirata dei Tedeschi del 1859, ma in seguito ebbe di nuovo a rivivere l’entusiasmo della memoria del Santo Religioso, come dura tuttora per grandi benefici e grazie singolari che i fedeli ottengono per sua intercessione». Ma quel che p. Augusto chiama “raffreddamento” della devozione non era altro che la gran paura di quel che d’improvviso stava avvenendo e di quel che avrebbe potuto accadere. La gente non aveva altro modo di proteggersi: si rinchiudeva in casa, sprangava le porte, e dalle fessure delle finestre spiava ogni movimento. Il sistema nel Basso Lodigiano, terra di confine e per di più molto esposto al brigantaggio, era in uso da secoli, e s’accompagnava alla guardia posta sul campanile, che ad ogni movimento sospetto nella campagna si metteva a suonare “a martello”, col risultato che anche i vicini si mettevano a suonare, e poi quelli un po’ più lontani, cosicché tutto il territorio era in subbuglio e nessuno sapeva perché453.

453 Si veda dello storico cittadino Franco Fraschini: Un uno del Risorgimento, Saverio Griffini e le pagine dedicate alla prima guerra

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Agli Austriaci in fuga subentrarono i Franco-Piemontesi, fortunatamente senza combattimenti. Rimasero a presidio, a ridosso dell’alveo del Po e dei confini di stato, due reggimenti, il 37° e il 61°. Fu attrezzato un ospedale militare, nel quale morirono diversi militari francesi feriti al fronte454.

La guerra si concluse rapidamente. Cominciava un nuovo ordine. I Casalini – che non sono mai stati gente pacifica, accomodante – si divisero prontamente in due partiti contrapposti: i “patriotti” e – a giudizio di questi – gli “antipatriotti”. Tra i primi si ritrovò il piccolo gruppo degli anticlericali, per convinzione, conversione o convenienza. Erano pochi, la popolazione era compattamente religiosa e praticante. Ma siccome era gente che contava, acquisirono subito le leve del potere: in luogo, nella Sottoprefettura di Lodi (la provincia Lodi-Crema fu declassata), nella Prefettura di Milano, e dovunque, a tutti i livelli.

d’Indipendenza e in particolare al gen. Griffini in Casalpusterlengo, da borgo a città (da p. 226). Proc. Mediol., f. 221v. Si vedano le pagine perfino spassose di G. Mosca, Retegno: una storia singolare, p. 73ss, con abbondante documentazione. Retegno si trova a pochi Km. da Casalpusterlengo.

454 Abbondante documentazione originale nell’Arch. Com. Lodi. Per quanto qui citato: cart. 24, 24a, 249; Arch. Com. Casalp., Tit. IV, sez. 2°, cart. 136, fasc. 89, cart. 139, fasc. 84 e 15. Alla fine del 1859 le Guardie Comunali presentarono al Consiglio Comunale una richiesta di aumento di soldo in considerazione delle eccezionali prestazioni richieste dalle operazioni militari (ibid., cart. 136, fasc. 89). Non per i servizi eccezionali svolti presso i cappuccini, per mettere ordine alle folle che accorrevano da padre Carlo! La petizione fu discussa e accolta come “gratificazione” nel Consiglio Comunale del 23.12.1858, in considerazione dei «molti passaggi militari durante la guerra» (verbale in cart. 65). L’anno 1859 fu un anno nero per la storia locale. Dopo l’epidemia di colera di pochi anni prima era scoppiata quella del vaiolo, e si diffondeva la pellagra (ibid., cart. 269). A testimonianza di fra Apollinare da Arcore (uno dei religiosi del convento e infermiere) padre Carlo, benché ammalato, si era offerto per l’assistenza agli infettati, ma aveva avuto un diniego dal padre guardiano (f. 72r). Le inondazioni del Po si susseguirono per tre anni, dal 1857 al 1859, sconvolgendo il territorio circostante (ibid., cart. 33). Per le operazioni belliche si susseguirono danni, requisizioni, alloggiamenti imposti e a carico, prestiti forzosi e “volontari” (ibid., cart. 86, 4, 16, 265; 132, 186). Tutto ciò si sovrapponeva all’endemico stato di povertà che regnava nelle campag.ne: sotto gli austriaci, e sotto il novello governo patrio.

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I devoti di padre Carlo ebbero subito modo di ricordare la sua profezia. Il significato fu sempre più chiaro, tanto che i testimoni la ricordarono al Processo canonico, quando – come vedremo – la legislazione e l’apparato governativo assunsero nuove e più gravi forme persecutorie. La profezia, di tono più generale e da leggere nel tempo (si veda l’accenno esplicito a un “Leone” vincitore, che si potrebbe intravedere nel grande pontefice Leone XIII), li riguardava personalmente.

Alla annessione della Lombardia fece seguito quella delle Romagne, tolte allo Stato Pontificio. Il governo non poteva aspettarsi la riconoscenza della Chiesa. Ordinò la celebrazione dei festeg-giamenti in ogni comune, pur disponendo che si cercasse di evitare ogni urto col clero, se l’autorità ecclesiastica rifiutava il canto del Te Deum. Anche nel caso di promulgazione della bolla pontificia di scomunica per il re Vittorio Emanuele II, che si preannunciava, «si dovevano evitare scandali e conflitti, massime nei luoghi consacrati al culto” e si doveva riferire immediatamente al governo. Lo zelante delegato di Pubblica Sicurezza di Casale, Rinaldini, riferì all’In-tendente di Lodi “una voce vaga, che poteva essere vera» secondo la quale ai parroci era stata distribuita una copia della bolla. La pubblicazione, scrisse, sarebbe stata un avvenimento grave in tutti i paesi, «massime in questo borgo, ove il partito clericale e retrivo è molto numeroso, forte ed influente, sostenuto da una truppa fanatica di uomini e donne del volgo, tutti agli ordini del clero, ed anche appoggiato per giunta dai padri cappuccini che qui hanno un convento, che non a torto lo scrivente sospetta conventicola dei difensori del potere temporale del papa e degli austriacanti». La pubblica tranquillità – denunciò il Rinaldini – era in grave pericolo. «Mille sono le arti che adopera questo partito avverso alla causa nazionale e al Re… Lo scrivente conosce invero i più influenti di questa consorteria che si serve del manto religioso per scopi tutt’affatto mondani e per tenere in Comune un predominio funesto allo sviluppo del progresso e delle libere istituzioni. Sono costantemente vigilati e possibilmente se ne studiano i movimenti, le

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riunioni, i passi e le fisionomie». Un’autentica montatura, fondata su “voci vaghe”, conventicole sospettate, vigilanza poliziesca (questa, sì, di tipo “austriacante”), di fantasiose interpretazioni di passi, fisionomie e volti!

Venne a maggio la festa dello Statuto. Si celebrava anche in chiesa con il canto del Te Deum. Il prevosto don Veneroni celebrò la messa solenne con il canto di ringraziamento, ma non «salì sul pergamo per spiegare al popolo di quanto valore alle individuali franchigie riesca questo Statuto conosciuto di nome, intrinsecamente noto a pochi». Così permetteva che «mille abitanti mojano digiuni di fratellevol dottrina, gonfi di superstizioni, spaventati dagli inferni per l’opera dello stesso parroco”. Il quale era definito “bacchettone… energumeno… che spandeva fumosa bava dalla bocca»455.

Tanto bastò alle Autorità di Pubblica Sicurezza per decidere di dare una lezione al “partito clericale e retrivo” alla “truppa fanatica”, col gettare in carcere il capo, cioè il parroco. Ma la voce si diffuse in paese. Don Veneroni era sacerdote di grande preparazione, autorità, pietà, carità, eloquenza. Stava completando l’ampliamento della chiesa parrocchiale, mettendo molto del suo e dei redditi parrocchiali, dando lavoro e pane. La gente era stata con lui quando aveva testimoniato al vescovo l’universale venerazione per padre Carlo, nemmeno due anni prima, e aveva permesso al vescovo di opporsi al suo trasferimento da Casale; ora era di nuovo con lui per proteggerlo dalle prepotenze della nuova Polizia. Un gruppo di persone si presentò al Delegato per protestare. La Guardia Nazionale non mosse un dito. Per Rinaldini si trattò di una “sommossa”. Quattro uomini, designati come “capi della sommossa” furono gettati in carcere. Nel processo furono

455 Il Corriere dell’Adda di Lodi, maggio 1860, un certo Vestro in Cronache dei Comuni. Il resto è altrettanto elevato: «Allontanate la sorgente d’ogni inganno, l’alleato dell’Austria, il nemico del progresso, della libertà… altrimenti nel giorno del pericolo vedrete la strage nelle contrade d’ogni paese suscitata da cannibali con cappello a tre punte»: che erano i preti. La corrispondenza veniva da Casalpusterlengo; il colpevole di misfatti era il prevosto don Veneroni! La denuncia del Rinaldini in Arch. Com. Lodi, fondo Sottoprefettura, cart. 78.

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assolti per inesistenza del reato. Le sorelle Quattri, che, richiamate dal clamore, erano uscite dall’asilo Infantile che dirigevano accompagnate dalle bambine per vedere cosa succedeva, furono indagate dall’ispettore scolastico. Il Rinaldini segnalò i preti “austropapisti” e denunciò «il partito femminino che tanto scandalosamente si abbandonò a dimostrazioni in favore del parroco»456.

La Polizia attese una nuova occasione. E giunse presto. La domenica 17 luglio don Veneroni usò parole forti in difesa della religione e della morale. Della predica non abbiamo il testo, conosciamo solo quel che riferì - per sentito dire - il delegato Rinaldini, che non era certo una fonte superiore ad ogni sospetto. Don Veneroni invitò i contadini a rispondere con coraggio al “Signor Padrone” se cercava di trascinarli contro il Papa nella presente situazione politica, e invitò le donne a sostenere mariti e figli. Deplorò anche apertamente il comportamento immorale di “certi stranieri” (francesi? o più probabilmente piemontesi?), ufficiali del 29° Reggimento di stanza. Tre giorni dopo don Veneroni fu arrestato e rinchiuso nelle carceri di Lodi. Scrive don Alemanni, primo storico di Casalpusterlengo: «In faccia ai suoi nemici aveva la colpa di non essere cane muto, e di non saper tollerare né eresie nuove in movimento in paese, né orge notturne, né quelle misure indegne che di mano in mano sapeva dirette a sedurre avvenenti maritate o ingenue giovinette»457.

456 Ibid. La cartella porta la dicitura: Moti a Casalpusterlengo 1860. La nuova Polizia, o la precedente riciclata, eseguiva le direttive del nuovo Governo con metodi ben poco accattivanti, tali da far quasi rimpiangere i precedenti. In modo macroscopico si vide nel Meridione, liberato o conquistato, il risultato dei metodi adottati dal governo e dall’esercito piemontese. Fortunato Pasqualino, uno dei più dotati e brillanti meridionalisti, definì quell’epopea “la pietosa e orribile storia” del Sud al momento della unificazione.

457 Storia di Casalpusterlengo, p. 247ss. Erano fatti recenti, che bruciavano ancora, e che don Alemanni – casalino – aveva vissuto nella sua infanzia. La relazione del Delegato permette di individuare tra il gruppo anticlericale del luogo i “Signori Padroni”, quella categoria che fu sempre a galla e sempre beneficiò ampiamente del nuovo ordine. I due ufficiali donnaioli furono individuati e denunciati da una delegazione di parrocchiani al gen. Stefanelli che li rimosse e diresse una circolare al presidio con un ordine: nessuno osi intrigarsi nelle cose del paese per

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A questo punto, nei mesi di carcerazione di don Veneroni in attesa del processo (che non ebbe luogo, perché scarcerato in istruttoria per l’insussistenza delle accuse), venne alla luce il vero capo della cricca anticlericale: l’ing. Agostino Beza, sindaco di Casalpusterlengo458. Scrisse una lettera “riservata” all’Intendenza di Lodi. Cercò di scalzare il prestigio del prevosto dando una interpretazione tendenziosa a quelli che erano i suoi meriti: l’ascendente sulla popolazione l’assistenza agli infermi, la grande generosità verso i poveri; il grave carico economico dell’ampliamento della chiesa parrocchiale, la prudenza, la piena adesione alle direttive del vescovo nei riguardi delle autorità civili, gli stretti rapporti con i sacerdoti della parrocchia e dei paesi vicini. Attribuì a lui e alla «consorteria prevostina reazionaria» la colpa della «poca

servire ad un partito (Alemanni, ibid., p. 251). Il Tribunale di Lodi ordinò la scarcerazione di don Veneroni in istruttoria per insussistenza delle accuse. Il vescovo mons. Banaglio protestò presso l’Eccelso Regio Governo: «Ognuno stupì che il molto merito del prevosto Veneroni venisse punito nientemeno che con una cattura… Quello che poi, in mezzo a così amara vicissitudine, maggiormente si ebbe a deplorare, fu l’opinione cui più o meno venne il basso popolo, che l’attuale dominazione avesse per iscopo di osteggiare il clero e la religione» (ibid., p. 25; Arch. Com. Lodi, ibid.).

458 I Beza avevano un palazzo nel rione di Sant’Antonio. Vi abitava anche il Delegato Rinaldini. Erano una famiglia religiosa. Il fratello Don Angelo beneficò in morte la chiesa di Sant’Antonio (Arch. Com. Casal., Tit. IV, Culto, sez. 2, cart. 22, fasc. 30: testamento a. 1872). Nel 1844, quando fu formalmente ricostituita la famiglia religiosa dei cappuccini dopo la prima soppressione, Agostino Beza fu uno dei firmatari dell’atto notarile costitutivo, come testimone: era dunque molto vicino ai frati (Arch. Fabbr. Casal., fald. 8, fasc. 5). Era stato addirittura amministratore dei beni della parrocchia, e quindi uomo di fiducia del prevosto Veneroni. Passò alla sponda opposta. Per ragioni politiche? Di carriera? Il decreto reale di nomina a sindaco di Casalpusterlengo gli fu trasmessa dall’Intendente Circondariale di Lodi con lettera del 20.2.1860, per il triennio 1860-61-62 (ibid., tit. XI, Amministrazione, sez. I, cart. 54, fasc. 54). Succedeva al primo sindaco, Opimio Cassina, nominato nel 1859 e già dimissionario, come anche il I° Deputato dott. Carlo Cesaris che abbiamo conosciuto come medico del convento e di padre Carlo, e il secondo Vincenzo Grazioli. Non desistettero dalle dimissioni benché il Commissario Distrettuale assicurasse ai due, ritirandole, la nomina a Deputati della Congregazione Provinciale (ibid., fasc. 54, lettera 24.9.1859).

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popolazione patriottica» e del «malumore e avversione contro l’attuale Governo». Lui era il più odiato, scrisse, perché la gente l’accusava di aver aizzato con il suo partito i due officiali a denunciare il parroco e di non aver impedito la sua carcerazione. «Da qualche giorno sono guardato di malocchio e pressochè sfuggito. Se quindi per disavventura il Veneroni dovesse ritornare in paese, cosa che ritengo che le Superiori Magistrature non vorranno permettere, un forte popolare tumulto vedesi inevitabile dal malcelato entusiasmo che si va fomentando dai reazionari, ed io per primo, nonché l’autorità cui affidata la pubblica sicurezza divenissimo non solo lo scherno e il ludibrio della reazione, ma saressimo gravemente compromessi, di modo che mi vedrei costretto di dare l’immediata mia dimissione»459.

In ottobre il prevosto don Veneroni ritornò in paese e fu accolto con giubilo dai Casalini. Il Beza ci ripensò, ma pur scornato non si dimise. Al termine del triennio nel 1863, fu nominato sindaco di nuovo il Cassina (l’ing. Beza rimase nel Consiglio) e di nuovo nel 1866460.

Nello stesso anno 1866, il 20 agosto, don Veneroni fu ancora preso di mira, questa volta da parte del pretore locale Vedovi. «Innocente ancora, ma perseguitato dalla cupa legge dei sospetti, fu detruso a domicilio coatto a Gallarate»461. Nuova condanna nel 1867 per un matrimonio

459 Arch. Com. Lodi, ibid.: lettera 3.8.1860 su carta intestata”Municipio di Casalpusterlengo”. Nella stessa cart. 78 tutta la documentazione degli avvenimenti fin qui ricordati. Ho riportato il giudizio dello storico don Alemanni; altra campana in Il Proletario, secondo numero 5.6.1860. Più ampiamente in G. Mosca, 100 anni ecc., p. 31ss e note. Si può ripetere quanto scritto nella nota 34: «Don Veneroni predicava quel che aveva sempre predicato, come era suo dovere: onestà dei costumi, le verità insegnate dalla Chiesa, l’ubbidienza ai pastori della Chiesa, il rigetto e la condanna di quanto era in contrasto. Al tempo degli austriaci, dei “Piemontesi”, e degli Italiani. Chi rimaneva scottato accusava il parroco di antipatriottismo».

460 Arch. Com. Casal., tit. XI, cart. 54, fasc. 54 e fasc. 60.461 Arch. Stor. Dioc., cart. Casalpusterlengo 20: fascicolo del processo.

La “legge dei sospetti”, emanata nel mese di maggio in vista della guerra, autorizzava a condannare al carcere anche in assenza do reati comprovati per il semplice sospetto di antipatriottismo. Don Gelmini, poi vescovo di Lodi, fu tra i designati al domicilio coatto; don Angelo Bersani Dossena, poi suo vescovo coadiutore, dovette rifugiarsi in Svizzera per tre mesi

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celebrato con dispensa pontificia ma senza regio exequatur, dietro consiglio della Curia462. Perfino il liberale Corriere dell’Adda di Lodi, di fronte al susseguirsi di leggi eversive, protestò contro le continue vessazioni subite dal clero, dando atto del buon comportamento di quello lodigiano463.

Opimio Cassina, confermato sindaco per il triennio 1866-67-68, si dimise dopo un anno. Per evitare una crisi nella Amministrazione, e non accettando l’incarico nessun altro, l’ing. Beza assunse l’ufficio di facente funzione di Sindaco, in attesa che il Sottoprefetto comunicasse il decreto reale di nomina464.

Intanto il patrio governo inflisse alla Chiesa un altro durissimo colpo: con la legge 3036 del 7.7.1866 Ordini e Congregazioni religiose furono private del riconoscimento civile: civilmente inesistenti, le loro Case furono soppresse, incamerate dal Demanio, destinate ad uso pubblico o messe all’asta. La grande rapina impoverì la Chiesa cattolica italiana, e ben poco contribuì a risanare l’enorme debito dello Stato Italiano. Dopo l’estensione della legge, nell’anno seguente, a benefici, cappellanie, collegiate, fondazioni, legati, conservarono la personalità giuridica soltanto diocesi, capitoli, parrocchie, seminari, Fabbricerie. Ora, il convento, chiesa, terreno annesso erano stati donati alla Fabbriceria Parrocchiale, come abbiam visto. I religiosi ne erano soltanto usufruttuari. Si potè pensare dunque che fossero al sicuro; ma il 5 ottobre 1866 la Direzione

senza abito religioso; il prevosto di Sant’Angelo don Bassano Dedé fu rinchiuso nella carceri di Lodi e poi inviato in domicilio coatto ad Abbiategrasso; il suo coadiutore don Domenico Savaré fu arrestato, e poi fuggì a Venezia e a Roma (Comitato Diocesano in morte di mons. Domenico Antonio Gelmini vescovo di Lodi; G. Baroni, Mons. Angelo Bersani Dossena, in Archivio Storico Lodigiano 1929; Pietro Novati, Testimoni scomodi 1848-1948. Il Movimento Sociale Cattolico nel Lodigiano, pp. 59 e 97; D. G. Mosca, Pagine di storia santangiolina, pp. 78 e 85. Per don Dedé e don Savaré (poi padre somasco) ricca documentazione in Arch. Parr. S.Angelo).

462 Arch. Parr. Casal., Cart. “Parroci”: lettera del 2.5.1867 alla Curia.463 NN. 23 e 30 del luglio 1866.464 Arch. Com. Casal., cart. 55, fasc. 60: lettera Sottoprefetto

29.1.1866; verbale Giunta Municipale 6.1.1867 (tit. XI, sez. 5, fasc. 3); lettera Sottoprefetto 17.3.1867.

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Provinciale del Demanio comunicò la presa in possesso dei beni, nonostante che pochi giorni prima l’Agente locale delle tasse avesse certificato che i religiosi erano semplici usufruttuari, non proprietari465.

Tutto ciò era ben noto al sindaco Beza, che era stato testimone nel 1844 nell’atto notarile della ricostruzione della casa religiosa in edificio riconosciuto, civilmente, appartenente alla Fabbriceria. Era stata una intuizione provvidenziale. L’atto esecutivo venne ritardato. Ma la cricca anticlericale al potere in luogo ricorse ad altre vie per ottenere la cacciata dei frati. Il delegato di Polizia segnalò al sottoprefetto con lettera del 16.3.1868 che era iniziato un triduo di funzioni religiose in ringraziamento dell’esito del fatto di Mentana. Il sottoprefetto rispose che il triduo era stato disposto dal vescovo e non aveva alcun addentellato con quel fatto. Dispose: non si prendano provvedimenti; se però assume carattere ostile, si denunci all’autorità giudiziaria466. Con perfetto tempismo, pochi mesi dopo, nel mese di giugno, si prese la predica di un frate, non saprei dire se coraggioso o imprudente (non abbiamo il testo della predica), come prova di quel che il delegato Rinaldini aveva denunciato (il convento è un covo di austriacanti e papalini).

Il sindaco Beza in via amministrativa ordinò l’immediata chiusura del convento. Il 30 giugno convocò i fabbriceri (riconosceva dunque la proprietà dell’edificio alla fabbriceria) e procedette all’atto di soppressione della casa religiosa, all’inventario di tutto quello che si trovava nel convento e in chiesa e al sequestro di tutto. I frati furono cacciati: la legge proteggeva i ladri, non i derubati. Il I° luglio spedì un telegramma al Sottoprefetto: «Convento chiuso. Chiave ufficio. Oratorio aperto perché ordine pubblico minacciato. Custodia tempio a sacerdote laico». Nel verbale dell’atto sopraindicato si legge: «Il signor Sindaco, visto che dalla chiusura del tempio poteva derivare

465 Arch. Fabbr. Casal., cart. 3, fasc. 30: lettera della Direzione Provinciale del Demanio e certificato dell’Agente; Arch. Stor. Dioc., cart. Cappuccini 2.

466 A Mentana i garibaldini avevano subito una sanguinosa sconfitta; ma il fatto risaliva al novembre dell’anno precedente. Arch. Com. Casal., cart. 23, fasc. 42: la denuncia proveniva dunque dal Comune.

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serie conseguenze che avrebbero potuto minacciare l’ordine pubblico, determinò di lasciarlo aperto, incaricando alla custodia il prete Guasconi Saverio, riservandosi di riferire tutto alla R. Sottoprefettura». Era la democrazia e la libertà della nuova Italia!

Fu colpito il cuore della Casale cattolica. Che sarebbe insorta se avessero chiuso il Santuario. Don Alemanni ricorda con pagine commosse quel triste episodio. Possiamo pensare con quanta amarezza e con quante preghiere i fedeli siano accorsi alla tomba di padre Carlo, e quanti abbiano ricordato la sua profezia.

I frati non se ne andarono da Casale. Si stiparono in una casa dell’antica via che conduceva alla precedente chiesa parrocchiale dedicata a San Bartolomeo, nel quartiere San Rocco (ora vicolo Angelo Cesaris), in quella indicata nello Stradario come proprietà della parrocchia. Ancora una volta don Veneroni difendeva i religiosi. E fu lui con la Fabbriceria a resistere fortemente alle pretese del Demanio e a ottenere nel giro di qualche anno la riapertura del convento e il ritorno dei frati467. Custodi e cappellani della

467 Ricca documentazione dei fatti in Arch. Fabbr. Casal. (ibid.); in Arch. Com. Casal., tit. IV, Culto, cart. 21, fasc. 24, tit. XI Amministrazione, sez. V, fasc. 3; Verbali Giunta Municipale 1860/1897: verbale 1.7.1868 con plauso al Sindaco per aver evitato tumulti popolari col tener aperta la chiesa; in Arch. Stor. Dioc., cart. Cappuccini; Arch. Com. Lodi, Sottoprefettura cart. 219. Si vedano gli storici locali: Don Alemanni, oc p. 144ss; mons Angelo Bramini, Un’oasi dello spirito, p. 237ss; Franco Fraschini, Casalpusterlengo da borgo a città, vol. I, p. 248ss; più dettagliati e documentati: G. Mosca, Casalpusterlengo: le chiese, la religiosità popolare e le sue espressioni, vol. I, p. 47ss, e Cento anni ecc” vol. I, p. 31ss. Accenno in P. Giudici, Appunti per una vita, p. 437. Inaccettabile quanto scrive P. Aliverti, Vita del Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso, p. 223, collegando la data di morte di don Pesatori con la soppressione (erroneamente), accusa di disinteresse i sacerdoti di Casale, la Curia, le Autorità: «I sacerdoti del luogo, la Curia Vescovile di Lodi, e le altre Autorità, in tante altre faccende affaccendati, brillano per la loro assenza e il loro disinteressamento» mentre il convento era chiuso e i frati erano violentemente dispersi e scacciati. Don Pesatori morì e fu sepolto nel 1872, non nel 1869. In questo anno i preti di Casale col prevosto don Veneroni e l’avallo della Curia davano un riparo ai frati, impedivano la chiusura del santuario, si opponevano con tutti gli appigli alle leggi al Sindaco e al Demanio, riammettevano i frati nel convento abusivamente, rendevano possibile la ricostituzione della casa religiosa.

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chiesa furono don Saverio Guasconi che vedremo tra i testimoni nel Processo canonico per la beatificazione di padre Carlo, e don Angelo Noli Dattarino, che – divenuto personaggio di spicco a livello diocesano – rivestirà nel Processo l’ufficio di Fiscale.

Mons. Angelo Bramini, casalino e grande devoto della Madonna dei Cappuccini, scrisse: «Casale era ferita al cuore e con quell’atto tanto settario quanto meno intelligente, si credeva d’aver soffocato d’un tratto l’anima di un popolo intero, ma non fu così». Quando, pochi anni dopo, venne a Casale per la prima visita pastorale il nuovo vescovo di Lodi mons. Domenico Maria Gelmini, fu ricevuto e accompag.nato da «una immensa moltitudine di popolo» e constatò lo spirito «buonissimo e sinceramente cristiano» della popolazione468. Parole che furono certamente di

Va anche tenuto presente che la gestione economica della Fabbriceria faceva capo non al parroco e al vescovo, ma all’Amministrazione Comunale e alla Prefettura. Diversa l’informazione che si può desumere dalla comunicazione inviata dal Sindaco di Casale alla Sottoprefettura in data 2 luglio, giorno successivo alla chiusura del convento: «I PP Cappuccini sortirono parte l’altro giorno, parte in oggi senza alcun lamento, ritirandosi chi alle case proprie, chi in abitazioni private in paese, e momentaneamente fino a che avranno provveduto definitivamente alla loro stabile posizione». A richiesta dei frati fu concesso di portare con sé gli effetti personali e i poveri mobili della cella: lettiera di legno greggio in cattivo stato, pagliericcio, coperta, sedia, tavolino (questo era tutto l’arredamento!). Nulla fa posto all’asta o venduto dal Demanio. (Arch. Com. Casalp., ibid.). L’intero fascicolo: Soppressione del Convento dei Cappuccini e della annessa chiesa o santuario di San Salvario. Passaggio dei beni alla Fabbriceria della Chiesa Parrocchiale di Casalpusterlengo. Disordini locali a proposito di riapertura. Nomina di un custode, è riprodotto in fotocopia nell’Arch. Stor. Dioc.).

468 Bramini, ivi p. 239. Arch. Stor. Dioc: atti della prima Visita Pastorale, 27 e 28 ottobre 1872. Nel frattempo si mise in luce ancora una volta il sindaco Beza. Il Sabato Santo 27.4.1869, «esultando per il risorgimento di Cristo», caricò il fucile con pallottole da caccia alla lepre, si portò alla finestra e sparò, accompagnando il suono festoso delle campane. Non centrò le lepri, ma tre persone che transitavano per la Via Larga (l’attuale via Marsala). Fu processato, e fu assolto, perché «mosso da forza irresistibile» festeggiava la risurrezione! Come poteva permettersi il Tribunale Regio di condannare un personaggio del genere? (La Plebe, 1.6.1869: Cronaca giudiziaria). E i tre malcapitati? Non erano mossi da forza irresistibile, e forse nemmeno esultavano per il

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grande consolazione per don Veneroni e che mettevano in luce da che parte stava la popolazione.

4. - L’AVALLO DIVINO IN UNA NUOVA PIOGGIA DI GRAZIE

Nel formulario predisposto dal vice postulatore padre Isaia469 i miracoli, dei quali viene chiesta conferma ai testimoni, sono suddivisi “in vita” e “dopo morte”. Qui ci interessano questi ultimi. Per quanto possibile (dato che nelle deposizioni in genere non si precisano date), tento di metterli in ordine cronologico, e li raggruppo in quattro tempi: il giorno del funerale; i quarant’anni delle sepoltura nel cimitero; il giorno della traslazione al Santuario; il tempo successivo. Risultano scomposte le deposizioni, ma rendono più leggibile il fluttuare della devozione popolare nello scorrere del tempo.

Il giorno del funerale. È già stata ricordata la deposizione di don Francesco Bignami, che fu presente: «Ho sentito affermare che si erano ottenute grazie»470. È una testimonianza generica, di un teste – sacerdote, parroco di una parrocchia vicina – informato e credibile; ma non abbiamo dati precisi. Si collega con il tempo immediatamente post mortem l’apparizione del servo di Dio al guardiano p. Daniele471.

risorgimento di Cristo: peggio per loro!469 I 140 articoli nel Proc. Laud., ff. 23v-52r; editi anche a parte col

titolo: Articoli per l’esame dei testimoni sulla fama di santità sopra le virtù e miracoli nel Processo Ordinario Mediolanen. seu Lauden. della Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso sacerdote professo nell’Ordine dei Cappuccini di S. Francesco. Milano, Tipografia Francescana dei Fratelli Lanzani, 1899; inoltre altri 27 articoli aggiunti: ibid., ff. 52r-60v.

470 Vedi sopra: Funerale e sepoltura, e nota 25.471 Vedi sopra: L’ultima malattia e la morte santa, p. 179, note 88-89.

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I quarant’anni della sepoltura nel cimitero. Ho già riportato dichiarazioni di testimoni affermanti in modo generico miracoli operati dal Servo di Dio dopo morte, ed alcuni in modo particolare 472.

Ora vediamo i singoli casi che risultano comprovati. Padre Isaia Vice Postulatore include quattro nomi473: una donna inferma di podagra, Ercole Andena, Mazza Pasquini, Angelo Lissori. Solo questi quattro sono riferibili agli anni della sepoltura nel cimitero, tra i sedici elencati (più l’apparizione al padre Guardiano) nel primo e secondo elenco.

Padre Isaia (art, 134) scrive: «Una donna da molti anni travagliata da podraga e spedita anche dai medici, fece raccogliere dell’erba crescente sul sepolcro del p. Carlo e fattala bollire ne prendeva un sorso per ogni giorno ed in fine della Novena rimase perfettamente guarita». Aggiunge: «Collo stesso rimedio guarì pure un’altra donna da tanto tempo martoriata da una tosse continua e dolorosa» 474.

Padre Isaia (2° elenco, art. 19): «Mazza Pasquini di Casal-pusterlengo travagliata da parecchio tempo da idropisia che i medici non avevano potuto guarire, venuta stranamente rigonfia, si portò al cimitero, dopo aver fatto una novena al padre Carlo, e là sulla fossa del Servo di Dio pregò fervorosamente. All’istante si sentì invadere da un diffuso rimescolio in tutta la persona; si ritirò alquanto ed emise una gran quantità di orine. Sortiva poi dal cimitero arzilla e stecchita e interamente sana, né mai più le si rinnovò l’idropisia»475.

472 Vedi sopra: Sulla tomba, la devozione popolare, grazie e miracoli, pp. 195-207.

473 I primi due sono indicati negli Articoli 134 e 140; gli altri due nel secondo schema ridotto, nn. 19 e 25. Il secondo formulario, ridotto, 27 punti, è concentrato sui miracoli in vita e dopo morte. Il secondo elenco presentato al Tribunale di Milano ha due nomi in meno. Miracoli post mortem in Proc. Laud. f. 49v-51v, 57r-60v; in Proc. Mediol., ff. 56r-58r, 111r-113v. Un terzo formulario fu inviato al Tribunale di Lodi dal Promotore Fiscale di Milano con 27 domande (Proc. Laud., ff. 349r-350v).

474 Proc. Laud., f. 50r.475 Ibid., f. 57r. Monico Cristina in Salamina testimoniò: «Posso

accertare d’aver conosciuto la Mazza Pasquini da molto tempo gonfia per modo da offender l’occhio di chiunque la vedesse. La rividi per parecchi

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Ed ancora: «Rossori Angelo di Mirabello… nel 98 si trovava da due anni con una escrescenza alla gola della grossezza di un uovo… non c’era altro rimedio che l’operazione… per la minaccia di generazione in tumore maligno. I parenti gli misero al collo un pacchettino di terra del sepolcro del Servo di Dio e incominciarono una novena. Al termine della quale la dolorosa escrescenza era interamente scomparsa. Né mai più si rinnovò»476.

Agli ultimi mesi della sepoltura è da assegnare la guarigione di Andena Ercole, prima della festa di San Giuseppe del 1898. Padre Isaia (Art. 140): «Un certo Ercole Andena di anni 13 sulla fine del dicembre 1897, ammalò di bronchite degeneratasi in pleurite e polmonite in modo che il medico lo dava già per spedito e disse che non avrebbe veduto la festa di San. Giuseppe. La madre fece una novena al Sacro Cuore di Gesù senza ottenere la grazia, ne fece una seconda a Maria Santissima, e nulla ottenne; finalmente le venne suggerito di fare una terza novena al Servo di Dio e le fu offerto un sacchetto di terra raccolta sul sepolcro di lui

anni dopo, guarita e snella nella persona, e seppi da molte persone degne di fede che la sopraddetta donna aveva compiuto una novena al padre Carlo, fatta al cimitero sulla sua tomba, e che uscita dal camposanto si scaricò di tant’acqua che rimase guarita» (f. 169r). Salamina Pietro aggiunge qualche particolare: «era molto gonfia tanto che non poteva muoversi che lentamente… Da allora in poi, scomparsa la enfiagione, per molti (18 o 20) anni godè di piena salute. Morì poi di altra malattia» (f. 179v). Anche Gastaldi Luigia, f. 293r.

476 Ibid., ff. 58v-59r. Lissori Paola, figlia del Lissori: «Sapendo che il Padre Carlo operava dei prodigi, subito mi portai al cimitero di Casalpusterlengo, raccolsi un po’ di terra della tomba del P. Carlo, e, tornata a casa, posta quella terra in un sacchetto, l’appesi al collo di mio padre. Incominciai una novena al P. Carlo,e, questa terminata, subito scomparve l’escrescenza, e fu guarito, e da allora in poi mai più riapparve, e sempre godette ottima salute» (ibid., f. 276rv). Anche la moglie del Lissori rilasciò la sua testimonianza, concordante con le precedenti e più dettagliata. Trascrivo il finale: «Entro i nove giorni della novena s’aprì il tumore, ne uscirono le guaste, ed entro quindici giorni era scomparsa l’escrescenza non solo, ma anche la cicatrice. Dopo la novena ci portammo alla chiesa dei Cappuccini, e rendemmo grazie al Signore. Questo fatto è avvenuto nel mese di giugno del 1898» (ff. 316v-317v). Penso che il fatto sia avvenuto proprio a cavallo della traslazione delle reliquie al santuario: sulla tomba appena prima fu raccolta la terra; novena e il resto dopo il 4 maggio.

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per appenderlo al collo. Al terzo giorno il figlio incominciò a migliorare ed in poco tempo con meraviglia di tutti guarì sì perfettamente, che ancor oggi non sente male alcuno»477.

Altri miracoli attribuiti all’intercessione di padre Carlo nei quarant’anni della sepoltura nel cimitero sono stati segnalati nel Proc. Laud. Angela Merli in Mazzaroli: «Ero da circa dodici anni di frequente tormentata da dolori alla testa e ai denti che mi assalivano improvvisamente e mi duravano

477 Proc. Laud., f. 51v. La testimonianza più autorevole è quella della mamma Ercoli Angela in Andeana. Conferma quanto scritto da p. Isaia, con qualche precisazione. Parla del ragazzo che all’ultimo, giorno e notte continuava a rigettare acqua e anche le medicine. Pose al suo collo il sacchetto che conteneva un pezzetto d’osso di p. Carlo che le aveva dato Bassiano Bertoli. Disse sempre e a tutti che conteneva terra del sepolcro «per evitare questioni che sarebbero sorte nel popolo… Mio figlio guarito porta ancora al collo la reliquia». Solo l’ultima notte della novena «cominciò a riposare alquanto, e alla mattina mi disse che si sentiva un po’ meglio». Al terzo giorno il medico, che attendeva la morte del ragazzo, si fece vedere e non voleva credere che fosse guarito: impossibile, ha una cicatrice nel polmone. Trovò il ragazzo senza febbre. Tornò un’altra volta, il ragazzo stava bene, e non tornò più (ff. 210r-211r). Il medico curante dott. Giacomo Bianchi rilasciò una dichiarazione che è agli atti del Processo (doc. III, ff. 357v-358v): la diagnosi della malattia, il decorso che non lasciava prevedere più di qualche settimana di vita, il «sommo stupore» di una guarigione che in poche settimane lo riportò ad una vita normale, senza che rimanesse segno nei polmoni. Bassiano Bertoli, lattoniere, aveva approntato la cassetta di zinco quando, il 21.5.1897, erano stati riesumati i resti mortali di padre Carlo per deporli nella nuova cappella funebre dei Cappuccini, conferma nella sua deposizione (f. 222v) quanto già detto: «Senza che gli altri se ne accorgessero, presi un pezzetto di osso e me lo posi in tasca. Dopo che ebbi saldato a fuoco la cassa di zinco, ritornai a casa mia. Ivi giunto, venne la madre di Andena Ercole, che piangendo mi disse che il suo figlio Ercole moriva. Siccome io stesso avevo veduto il ragazzo, perché vicino di casa, e dovei constatare come giudicavano anche i medici, che la sua guarigione era impossibile, diedi a quella donna il pezzetto dell’osso di padre Carlo, aggiungendo che glielo mettesse al collo» (ff. 222v-223r). Ma va rilevato che il Bertoli, non anziano (46 anni), a breve distanza di tempo dai fatti (esumazione 21.5.1897 – malattia del ragazzo da fine dicembre ’97 a S. Giuseppe 1898 - deposizione in tribunale 23.3.1900), si confonde in un particolare: fece dono della reliquia non appena tornato a casa dopo l’esumazione, ma parecchi mesi dopo. La guarigione è attestata da vari altri testimoni: Mangini GiovBattista (f. 200v); Salamina Pietro, vicino di casa, parla di sacchetto con la terra (f. 178rv); Borsotti Antonio, che ha sentito dire (f. 243v); don Francesco Bignami, parroco di Corte Sant’Andrea, fu avvertito che il suo piccolo cugino Ercole era in fin

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anche quindici giorni, ed erano tanto dolorosi che mi costringevano anche a gridare e stare in letto, feci una novena recitando nove Pater e nove Requiem alla Madonna dei Cappuccini perché concedesse al padre Carlo di farmi la grazia che imploravo. Terminata la novena, nella quale tutti i giorni mi portavo al cimitero dov’era sepolto il padre Carlo, guarii dalla nevralgia, e non la sentii più, benché da allora siano passati venti anni» (f. 9r). «Una sua zia di Somaglia era stata guarita da padre Carlo. Bricconi Rosa, che ora ha sessantaquattro anni, nel dicembre 1897 fu presa da generale prostrazione di forze, cosicché era diventata rattrappita, perdette l’udito sì da non sentire neppure il suono delle campane, né poteva digerire il cibo: non aveva però perduta la vista. Il sacerdote coadiutore della Somaglia don Bassiano Sordi mi suggerì di fare una novena al p. Carlo, che era ancora tumulato nel cimitero di Casal Pusterlengo. Allora mi portai nella chiesa dei cappuccini di Casale, e diedi ad un frate dell’olio perché lo facesse ardere nella lampada che stava davanti al quadro del padre Carlo che si trovava nella chiesa dei cappuccini vicino alla sagrestia, e mi feci dare poi un po’ di quell’olio che ardeva. Avutolo ritornai a Somaglia, e mia madre si unse le orecchie e lo stomaco con quell’olio, e dopo due o

di vita e già spacciato dai medici, il 18 marzo, ma solo il 23 potè recarsi a Casale; trovò il ragazzo «che saltellava giocando alla palla e mangiava castagne crude»: era guarito perfettamente (f. 280rv); Gastaldi Luigia seppe dalla mamma del ragazzo quel che era avvenuto (f. 293rv). Nel Proc. Mediol. p. Paolino da Verdello, superiore provinciale e già condiscepolo di padre Carlo, riferisce con esattezza il fatto: «Ne sono avvenuti molti (di miracoli dopo la morte), ne dirò uno di propria scienza e del quale ho ricevuto deposizione giurata dalla madre e dal figlio che ebbe la grazia, nonché del medico stesso». Una pia donna diede alla madre un po’ di terra estratta dalla fossa – attesta – che fu applicata al ragazzo in un sacchetto (Proc. Mediol., f. 86rv). Monico Cristina, abitava di fronte agli Andena, vedeva il ragazzo «col volto cadaverico e molto gracile» e aveva udito dalla madre stessa piangente il verdetto del medico che preannunciava la sua morte entro pochi giorni. Dichiarò che la madre stessa aveva preso dalla tomba di p. Carlo un po’ di terra, l’aveva posta in un sacchetto che appese al collo dell’infermo, e che questi in pochi giorni era guarito. Era tuttora sano e ancora portava al collo il sacchetto (f. 167v-168). Buonalancia Marianna (f. 159v-160); don Saverio Guasconi: la mamma lo trovò che si vestiva: «sono guarito, e mi alzo» (f. 114rv).

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tre giorni era pienamente guarita, come continua anche oggi udendo perfettamente»478. Ancora Gastaldi Luigia: «So che molti, dopo che il p. Carlo fu sepolto, fino a che la salma fu portata ai cappuccini, si portavano al cimitero a pregare e ad invocare grazie. Io stessa la vidi guarita». L’inferma si chiamava Peviani: non va quindi confusa con la Mazza Pasquini già citata.

Monico Cristina in Salamina, che si dimostrava particolarmente informata e sull’operato di p. Carlo per conoscenza diretta, e sui miracoli compiuti dopo morte, ricorda la guarigione di Brigida Mazza, defunta: «Provando dolori vivi nel braccio destro, e temendo di averela sventare di perdere il braccio come la propria figlia a cui fu amputato, mando la figlia a prendere un poco d’erba sulla tomba di P. Carlo», l’applicò sul braccio e in pochi giorni guarì e più non sentì dolore. Ricorda anche la propria guarigione. «Ero stata colpita da polmonite secca che mi ridusse in tre giorni in fin di vita, tanto che mi vennero amministrati i SS. Sacramenti e anche l’Estrema Unzione. Mia madre era desolata perché colla mia morte sei piccoli bambini sarebbero restati senza madre, e lamentandosi con mio marito, parendole che fosse indifferente. Seppi poi, perché in allora io avevo perduto i sentimenti, che pieno di fede mio marito aveva risposto: io ho veduto i miracoli del p. Carlo, ed egli farà guarire Cristina. Difatto, avendo fatto

478 Angela Merli, f. 246r. È uno dei due miracoli ricordati nelle tre edizioni delle Memorie storiche dell’Anonimo. Guarì bevendo un decotto di erbe bollite colte sulla tomba di p. Carlo (p. 72). La guarigione avvenne dunque prima del 1880, data della 1ª edizione delle Memorie. Giuditta Bricconi, f. 274r. Con qualche divergenza il n. 20 dei miracoli elencati da p. Isaia. «Esortata a fare una novena a p. Carlo e datale da una conoscente dell’olio della lampada dell’altare di San Francesco (ove riposano le ossa di p. Carlo) se ne unse gli occhi e le orecchie. In pochi giorni, occhi, orecchie, stomaco, tutto ritornò ad uno stato normale e sano;anzi di una sanità vigorosa» (f. 57v). L’interessata stessa dice che p. Carlo era ancora tumulato nel cimitero. La lampada dunque non era posta nella cappella di San Francesco (in antecedenza cappella della Madonna) «ove riposano le ossa di p. Carlo: non davanti al sepolcreto, che non esisteva ancora, ma davanti al quadro di p. Carlo», com’è detto espressamente dalla Bricconi. Don Sordi, però, datando autunno 1898 (f. 132r). È ricordato nella 3ª edizione delle Memorie storiche come appena avvenuto (anno 1898, p. 84).

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dare una benedizione nel santuario dove mio marito si portava ogni giorno, cominciai a star meglio, benché la convalescenza durasse tre mesi, guarii completamente». La medesima teste ricorda la conversione di un Tizio udita dalla madre e dalla sorella del medesimo. Aveva stretto relazioni con la nipote maritata, né voleva recedere, e si ubriacava tutti i giorni. Madre e sorella ricorsero a padre Carlo: prelevarono della terra sulla tomba, ne fecero tre pacchettini e se lo posero al collo, Tizio compreso. Dopo quattro o cinque mesi Tizio abbandonò la relazione e l’ubriachezza. «Ora si porta benissimo»479.

La traslazione trionfale dei venerati resti mortali del Servo di Dio al santuario fu costellata da fatti straordinari. Padre Carlo, e la Madonna, e il buon Dio non si lasciarono vincere in generosità. Al plebiscitario tributo di fede, amore e riconoscenza, rimasti inalterati a quarant’anni dalla morte, risposero con una pioggia di grazie simile a quella elargita nei pochi mesi di permanenza di padre Carlo ai piedi della Madonna dei Cappuccini. Le testimonianze abbondano.

Padre Isasia vice postulatore registra: «Nel solenne trasporto delle ossa molti infermi seguendo il cadavere ottennero grazie di guarigione». P. Paolino da Verdello, provinciale, presente alla traslazione: «Mi fu riferito nel giorno stesso, benché non abbia avuto tempo di appurare la verità, che si ottennero grazie prodigiose». Tra i testimoni nel Proc. Laud: Chiappa Petronilla ved Bonini: «Assistetti anch’io al solenne trasporto, ma non vidi alcuna guarigione, benché mi sia stato detto che in quell’occasione ne avvennero»; Croce Paola di Casalpusterlengo abitante a Lodivecchio: «Mi fu detto che quando accadde il trasporto delle ossa di p. Carlo, s’operarono tre miracoli a Casal Pusterlengo. Erano persone che non conoscevo»; Morini Teresa in Peviani: «Quando dal cimitero fu trasportato alla chiesa dei cappuccini, molte donne mi dissero che varie

479 Gastaldi Luigia, f. 293r. Il Prontuario dei fatti prodigiosi e relativi testimoni (Arch. Stor. Dioc., cart. Processo P. Carlo d’Abbiategrasso) identifica l’idropica nella sola Mazza Pasquini. Salamina Pietro, f. 173v. Monico Cristina, f. 164rv e 169v-170r. È l’altra guarigione registrata da Memorie storiche, nelle tre edizioni.

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mamme portarono i loro bambini ammalati e che subito guadagnarono in salute». Porta, ad esempio, la guarigione della propria figlioletta, che vedremo in seguito. Nel Proc. Mediol. fra Simpliciano da Riscalda dichiarò: «So di due o tre grazie avvenute in quel giorno, di guarigioni straordinarie, ma non so i particolari». Accenna a «una donna inferma che si trovò al trasporto delle ossa del padre Carlo e guarì mentre avveniva il trasporto» e a «una ragazza che non ci vedeva prima che passasse la processione pel trasporto, e che dopo ebbe la vista»480. Ricordò altri episodi, come vedremo in seguito. Si ha l’impressione che questo umile fratello laico abbia conservato più di ogni altro confratello il ricordo di fatti pur recentissimi.

Delle guarigioni straordinarie avvenute durante la traslazione negli Articoli p. Isaia ne registra quattro: Maria Mosconi, Ottolini Maria, Gagliani Caterina, Peviani Orsola. Scrive di Mosconi Maria ved. Dosio Francesco: «Era da quattro anni sofferente di gravi dolori artritici che spesse volte per più giorni l’inchiodavano a letto spasimando ad ogni piccolo movimento, pregava il Servo di Dio per la guarigione onde aiutare la sua famiglia. Sentendo che si doveva fare il trasporto delle ossa a stento e con grande dolore sostenuta da una donna si trascinò al cimitero e al passare delle ceneri disse con grande fede per tre volte: “Padre Carlo, fatemi la grazia, fatemi guarire!”. Tosto le sopravvenne come un deliquio, ed “Oh Dio! Padre Carlo aiutatemi!” e tosto non sentì più male alcuno ed accompag.nò senza dolore la divota salma alla Parrocchia e al convento». Padre Giustino da Lovero, (che fu con p. Carlo all’Annunciata, a Milano e a Crema, e che stava per iniziare il suo ufficio di vicario a Casale): «Mi limito a dire di quelle grazie di cui posso riferire direttamente, e sono quelle che avvennero in occasione del trasporto della sua salma al Santuario. La prima fu di una donna da quattro anni affetta da reumatismi acuti, che la rendevano inerte e che aveva

480 Proc. Laud., art. 131, f. 49v. Chiappa Petronilla, f. 193v; Croce Paola, f. 338r; Morini Teresa, f. 252v; p. Paolino, in Proc. Mediol., f. 96v; fra Simpliciano, ibid., f. 124r; P. Isaia, art. 131, 134, 136, ibid., ff. 56r-57r.

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conosciuto padre Carlo vivente. Nel giorno del suo trasporto si fece condurre alla porta del cimitero, e pregò padre Carlo: “Fatemi la grazia, fatemi la grazia”, e incontenente fu liberata dai suoi dolori. Che più non risentì»481.

Negli Articoli segue il ricordo della guarigione di Ottolini Maria, di anni 4, figlia di Pasquale e Zavaglia Rosa. «Era affetta da più tempo da oftalmia in modo che non ci vedeva più, voleva essa pure recarsi alla processione, ma la madre le fece capire essere inutile, che non ci vedeva lo stesso. Passando la processione sotto la sua finestra ella vi si

481 P. Isaia, art. 135, ibid., f. 56v; p. Giustino da Lovero, ibid., f. 206r. Una relazione dettagliata del fatto fu resa nel Proc. Laud. dalla stessa Maria Mosconi ved. Dosio Francesco. Si recò da sola, disse, «benché a lenti passi», al cimitero. Pregando padre Carlo gli disse: «Voi vi siete degnato di venire due volte in casa mia, e non avete fatto la grazia a mia sorella perché disse che voleva fare la volontà di Dio, fatela a me la grazia, piuttosto guarire o morire, perché trovandomi sola in casa non sono in grado di fare quasi nulla. Ripetei tre o quattro volte questa invocazione, e poi mi si oscurarono gli occhi e pregai padre Carlo di ottenermi piuttosto di morire in casa mia che non lungo la strada. Cominciai allora a sentirmi alleviata dai dolori in modo che potei portarmi alla chiesa parrocchiale. Dovendo stare in piedi per la folla, mi trattenni un po’, e poi andai a casa a bere un po’ d’acqua. Mi pareva di sentire vicino a me una persona che mi ripeteva: Hai ricevuto la grazia, hai ricevuto la grazia. Allora io dissi: Se ho ricevuto la grazia, andrò ad accompagnare la funzione al convento dei Cappuccini, e non sentendo dolore mi portai al convento, e da allora in poi non sentii più dolori, quantunque molte volte mi trovassi anche bagnata dalla pioggia, e bagnata anche per essere andata a far il bucato» (ff. 233v-234v). Le donne facevano il bucato sulle rive del Brembiolo, l’umile fiumicello che attraversava il borgo. L’istantanea guarigione della Mosconi è attestata anche da don Saverio Guasconi residente in Casalpusterlengo (f. 177r), che seppe dalla stessa Mosconi (ff. 114v, 117r-118r). Vida Antonietta (f. 297r). Salamina Pietro (f. 178r). La sorella della Mosconi, Rosa, aggiunge altri particolari: vescicanti, rimedi, ricoveri in ospedale, tutto risultava inutile; si fece accompagnare da una donna al cimitero; «continuò a migliorare e da allora in poi, benché abiti in una casa umidissima, non ebbe mai più a lamentare dolori d’artrite e continua perfettamente sana» (f. 325v-326r). Gagliani Maria ricorda la guarigione «della Mosconi» fra i «molti miracoli» operati da padre Carlo (f. 254v). Anche Monico Cristina in Salamina, che riporta quel che le aveva raccontato diverse volte l’interessata. Aggiunge una precisazione: «Dalla Mosconi seppi che non era prima inchiodata a letto, ma solo sentiva forti dolori» (f. 166v-167r).

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appostò, e all’apparire del feretro la bambina aprì gli occhi e gridò: “madre, ci veggo!”. E vede tuttora benissimo»482.

Nel 2° schema ridotto si legge di Gagliani Caterina di Casalpusterlengo: «Da quindici mesi soffriva continui ed acutissimi dolori al ventre per glandole putrescenti. Curata invano dal medico e da esso abbandonata, fiduciosa nella intercessione di p. Carlo, fece uno sforzo per adornare le mura di sua casa, ove doveva passare la processione pel trasporto delle ossa del Servo di Dio, e al momento del

482 P. Isaia, art. 136, f. 57r. Precisa nei particolari la deposizione della madre: «Da otto giorni circa e non di più era affetta da male agli occhi per modo che teneva le palpebre chiuse». Non le apriva neppure per assumere le gocce che aveva ordinato il medico, tanto che la mamma dovette desistere dai tentativi. La bambina diceva di non poterli aprire. Quando passò la processione, la madre voleva vederla, e così la bambina, che insisteva: «Padre Carlo mi farà la grazia, ed io vedrò la processione». «Allora condussi per mano la Maria alla casa di una mia parente, e la bambina fece il segno della croce e non aveva ancora finito di recitare tre Ave Maria, che volgendo da una parte e dall’altra la testa, quasi cercasse la luce, d’un tratto disse: “Vedi, mamma, che il P. Carlo mi ha fatto la grazia, veggo la processione”. Si meravigliavano quelli che avevano vista lei il giorno prima cercare a tentoni per uscire dalla casa, mentre altri giudicavano che fosse stato un male ordinario di occhi. Gli occhi della fanciulla erano veramente rossi, ma il giorno dopo avevano ripigliato il colore naturale. Da allora in poi la mia bambina, che ora ha sei anni, ha sempre visto benissimo» (f. 237v-238r). P. Giustino da Lovero registra l’episodio (Proc. Mediol., f. 206r), ed anche Mangini GianBattista: «Ho sentito dire da tutti che la Ottolina Maria era orba, e che, trasportandosi le ossa dal cimitero alla chiesa, la bambina a tentoni venne sulla via Pozzolo per la quale passava il feretro», convincendo la madre. «Al giungere del feretro, disse: Ecco la cassa del p. Carlo, e da quell’istante, e anche attualmente vede benissimo» (f. 200rv). Don Guasconi ha sentito da vari, non conosce i particolari (f. 118r). Questo è l’unico miracolo che ricorda p. Arsenio da Brescia, interrogato per rogatoria a Bergamo dove si trovava infermo: «Ho sentito dire che il Servo di Dio dopo la sua morte ha operato diversi prodigi anche di prima classe. Al presente non ricordo che di una giovine del tutto cieca, la quale nell’occasione che la salma veniva trasportata dal cimitero alla chiesa del convento dei Cappuccini in Casalpusterlengo, voleva assistere alla processione. La madre le disse che era inutile perché non ci vedeva. Ma essa insistette e volle affacciarsi alla finestra. Quando passò per la via sottoposta il feretro essa aperse gli occhi e incominciò a vedere, e anche al presente mi pare che viva ancora col beneficio della vista» (Proc. Bergom., f. 44-45).

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passaggio raccomandandosi vivamente a lui. Cessarono tosto i dolori, né mai più li risentì»483.

Ancora P. Isaia registra: «La bambina Peviani Orsola di Casalpusterlengo affetta di forte meningite, di cui il medico aveva detto che sarebbe morta o sarebbe rimasta stupida o cretina, raccomandata dalla madre al Servo di Dio nel momento che passavano le ossa del p. Carlo, rimase guarita subito e perfettamente, senza nessuna delle conseguenze

483 Proc. Laud., n. 22, f. 58r. Dettagliata la deposizione della Gagliani nel Proc. Laud.: “Attesto che da almeno 18 mesi io era affetta da forti dolori al ventre, e come disse il medico, per almeno una quarantina di glandole che vi si erano formate. Non potevo riposare mai, e perciò i miei occhi erano diventati sì gonfi che non potevo neppure toccarli, e alzandomi dal letto potevo appena fare qualche passo in casa, ma curva profondamente sulla vita. Essendosi sparsa la voce che la salma di padre Carlo sarebbe stata trasportata dal cimitero alla chiesa dei Cappuccini, ricorsi con fede a lui, recitando tutti i giorni a lui delle orazioni, e pregandolo che mi facesse guarire, e siccome ai funerali del p. Carlo io con un’altra ragazza avevo portato uno stendardino, confidavo che mi avesse da fare la grazia. Infatti la mattina del 4 maggio 1898 sentendomi assai meglio, potei aiutare quelli che addobbavano esternamente la casa nel cortile interno della quale io abitavo. Giunto il feretro del P. Carlo vicino alla mia casa, con maggiore divozione e fiducia pregai, recitando dei Gloria Patri e dei Requiem perché non sapevo quale dei due recitare, il padre Carlo a guarirmi e nel pomeriggio di quello stesso giorno potei portarmi alla chiesa dei Cappuccini, dove era stato portato il p. Carlo. Dopo quindici giorni nei quali ancora risentii qualche leggero incomodo, sparì totalmente il male, e più niente sentii, e ancor oggi son totalmente sana. Aggiungo che il medico che mi curava ebbe a manifestare con quelli della mia famiglia che dubitava trattarsi di cancro al ventre, e disse anche a me che avevo una malattia cronica» (f. 249rv). Anche la nipote Claudina Salamina in Pomati testimoniò il fatto. La zia Caterina soffriva grandi dolori in tutto il corpo, andava curva, il dott. Bianchi che la curava non sperava nella guarigione, perché le ghiandole andavano in putrefazione. Suo marito Antonio Tosi l’accompag.nò lentamente alla casa della sorella. Non poteva inginocchiarsi, s’appoggiò alla finestra quando passò il feretro: cominciò subito a sentire sollievo, iniziò una novena a P. Carlo, si portò alla chiesa dei Cappuccini. Finita la novena andò sempre migliorando. “Attende tuttora alle faccende in famiglia” (f. 336rv). Un’altra teste, Quirci Clotilde, riferisce alcuni particolari, che conosceva di persona. Il dott. Bianchi, medico condotto, riteneva che avesse nel ventre glandole che sarebbero trasformate in cancrena, che la malattia fosse incurabile e che la Gagliani avrebbe terminato di soffrire soltanto con la morte. La teste afferma con la Salamina Claudia aveva convinto l’inferma a portarsi al portone del cortile per chiedere la grazia della guarigione a padre Carlo quando passava il corteo funebre con le sue

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minacciate dal medico». La guarigione della piccola di otto mesi è ricordata dalla madre, Morini Teresa in Peviani. Si ammalò, secondo il medico «aveva acqua nel cervello, e continuava sempre a peggiorare, così che il medico, compassionandomi, mi disse che quando la bambina sarebbe cresciuta l’avrei dovuta mandare al manicomio, perché sarebbe rimasta stupida». Al trasporto dei resti di padre Carlo si portò in una casa vicina, «lungo la via che sta presso il convento (dunque nella contrada dei cappuccini, che portava da Sant’Antonio al santuario). Portava sulle spalle la bambina, pregò padre Carlo che la guarisse. Il giorno dopo cominciò a migliorare, dopo quindici giorni era guarita. «Ancor oggi sta bene e va a scuola, ed anche il medico e i vicini sono meravigliati della sua guarigione». Il fatto è confermato da Campagnoli Giuseppe in Fraschini, che abitava nel medesimo cortile. La bambina da un mese si lamentava continuamente, giorno e notte. Il dott. Bianchi la visitava ogni giorno, prescriveva rimedi e diceva che la bambina, colpita dalla meningite, non sarebbe guarita, ma sarebbe rimasta stupida. Quando passò il feretro la mamma iniziò una novena a padre Carlo, al nono giorno la bambina era guarita484.

P: Isaia elenca anche questa guarigione: «Facchini Angela di anni 7 abitante a Cascine de’ Passerini, da 15 mesi colta da rachitismo, era diventata affatto impotente a reggersi in piedi e a camminare, onde doveva trascinarsi od essere portata. Avuta la bambagia di padre Carlo, la mamma l’appese alla ragazzetta e incominciò la novena; s’era nell’estate ’98. la figlioletta incominciò a reggersi da

reliquie. La Gagliani acconsentì, si fece accompag.nare da una donna, s’inginocchiò al passaggio, “e nel medesimo istante fu guarita, tanto che nel giorno stesso potè portarsi a piedi al santuario dei Cappuccini, ed ancor oggi sta bene» (f. 303rv).

484 P. Isaia, f. 58. Morini Teresa in Peviani, f. 253-253v: «Aveva acqua al cervello». Campagnoli, f. 319-319v. P. Giustino da Lovero parla invece di «un ragazzetto affetto di non so qual malattia, ma che dal medico era stato dichiarato che o sarebbe morto o sarebbe rimasto cretino. La madre al passar della processione del trasporto della salma, pregò Padre Carlo e il ragazzo guarì subito perfettamente» (Proc. Mediol., f. 206v). Un «ragazzetto» in luogo della piccola Orsola: non sempre concordano nei particolari le deposizioni dei testimoni.

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sé, e in poco tempo fu perfettamente dritta, forte e sana». Ribolini Marcella in Fugazza di Cascine dei Passerini, testimonia la guarigione della figlia di Rosa Facchini di nome Angela, di circa otto anni, abitante nella stessa località. La bambina era inferma di rachitismo, i medici l’avevano dichiarata incurabile. «Udendo che le ossa del p. Carlo si trasportavano dal cimitero alla chiesa dei cappuccini e che operava tanti prodigi, eccitata anche dalla fanciulla che le diceva: preghiamo padre Carlo onde mi ottenga la grazia di poter camminare, cominciarono (madre e figlia) una novena al p. Carlo, e la fanciulla incominciò subito a migliorare, e entro tre mesi fu completamente guarita e anche ora sta bene”. In giugno passò per Cascine un frate cappuccino, gli fu presentata la bambina, ed egli le fece dono di un pezzetto dell’abito di p. Carlo perché lo ponesse al collo «per ottenere più prestamente la guarigione»485. P. Giustino ricorda anche «una donna che da parecchi anni soffriva di mal di capo che l’obbligava a stare in casa; si adoprò ad adornare la strada dove dovea passare la processione. E dimandata da altre persone perché si affaticasse, rispose: voglio che padre Carlo mi faccia la grazia. Ed infatti fu liberata dai suoi dolori di capo. Devo però soggiungere che dopo circa sei mesi li risentì benché meno fortemente»486.

485 Proc. Laud., f. 272r. Anche p. Giustino da Lovero testimonia: «Una giovinetta della Cascina dei Passarini dai quattordici ai quindici anni, attratta che non poteva camminare, raccomandandosi a p. Carlo in qjuel giorno stesso del suo trasporto, guarì perfettamente» (Proc. Mediol., f. 207). P. Giustino non ricorda il nome né l’età giusta, ma è da ritenere che si tratti della stessa Angela. Depose anche anche il parroco di Cascina Passerini don Giovanni Cerri. Si era recato in occasione della Pasqua nella frazione Mazzone per confessare un’inferma e la madre della Angela lo pregò di confessare anche la bambina. Da cinque anni era inferma e si doveva portare sempre sulle braccia. Avevano pregato p. Carlo il giorno della traslazione, e da quel giorno la bambina aveva incominciato a camminare benché lentamente. Non era andata alla parrocchia distante due Km perché non era ancora in forze. «Ora credo che cammini speditamente» (ibid., f. 270).

486 Proc. Mediol., f. 206v-207r. Padre Giustino non riporta il nome della donna. Sembra che non possa identificarsi con guarigioni simili, dato che precisa il giorno della traslazione e aggiunge il particolare della ricaduta.

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Un giovane falegname di 21 anni, Pomati Carlo, nato a Santa Cristina prov. di Pavia, domiciliato a Zorlesco (allora comune confinante con quello di Casalpusterlengo), e al momento della deposizione domiciliato a Milano, testimoniò la propria guarigione. Si ammalò il 20 settembre 1897, si riprese, ricadde nella malattia. I medici dichiararono: pleuro bronchite polmonite. Dovette abbando-nare il lavoro, passava giornate a letto. Ricorse a vari medici: il dott. Segrada di Zorlesco, il dott. D’Adda di Casale che gli pronosticò una malattia molto lunga, il prof. Cesaris di Casale che gli pronosticò pochi mesi di vita e consigliò l’isolamento in una stanza, per non trasmettere la malattia ad altri. Il 4 maggio 1898 andò al cimitero «seguii il trasporto, mi fermai tre ore in piedi nella chiesa durante tutta la funzione e recitai qualche preghiera. Il giorno dopo mi portai alla chiesa dei Cappuccini, dove incominciai una novena al p. Carlo, e di mano in mano che andava compiendo la novena, a poco a poco scompariva il dolore, finché questa terminata scomparve affatto il dolore al petto, né più risentii e neppure risento di dolori di sorta». Fu chiamato alla visita per il servizio militare e il medico non riscontrò alcun segno della malattia passata, ma fu ugualmente dichiarato inabile per la dichiarazione del dott. Sagrada. «Anche in altri casi, avendo ricorso al padre Carlo, trovai sempre aiuto e conforto»487.

La pioggia di grazie non cessò con la deposizione delle reliquie del Servo di Dio nel sepolcreto del santuario. Procedo nell’argomento per conservare la unità dell’argomento: continuerò a registrare anche le guarigioni straordinarie avvenute prima e durante il processo canonico per la beatificazione e canonizzazione in sede diocesana (Milano, Lodi, Bergamo) risultanti nello stesso processo. Tre sono i miracoli da assegnare ai mesi successivi alla traslazione fino a novembre-dicembre dello stesso anno 1898: Maraschi Carolina di Lodivecchio, Gagliani Pietro,

487 Proc. Laud., f. 332v-333v. P. Isaia, f. 59rv (in Proc. Mediol., f. 112v-113v) aggiunge: «Da dieci mesi egli sostiene indefesso lavori faticosi, senza sentire disturbo alcuno». Monico Cristina: «Era un giovine sano e benaitante nella persona» (Proc. Laud., f. 169rv). Il fratello Giovanni (ibid., f. 305v-306r).

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Ferri Teresa488. Apre il dopo-traslazione l’intervento prodigioso attribuibile a Padre Carlo a vantaggio della bambina di Lodivecchio. P. Isaia riferisce di una ragazzetta di sette anni finita sotto una carrozza, sotto le ruote, in fin di vita a dichiarazione del medico e guarita in pochi giorni dopo essere stata avvolta in un panno che il giorno precedente era stato deposto sulla bara di p. Carlo durante la traslazione al santuario. P. Giustino testimoniò che «nel giorno del trasporto vi erano alcune persone di Lodi Vecchio che fecero toccare dei panni al feretro di padre Carlo. Ora avvenne che il giorno dopo una ragazzina figlia del Segretario Comunale, restò travolta sotto una carrozza che portava sei persone. Chiamato il medico, questi ebbe a dire: perché mi chiamate, che ha poco da vivere? Allora la madre involse la fanciulla nel fazzoletto che era stato deposto sulla bara di padre Carlo, e dopo qualche giorno la fanciulla guarì perfettamente»489.

488 Padre Isaia nella sua qualifica di vice postulatore presentò al giudice del Tribunale di Milano il «supplice libello»: Dat, facit, exibet atque producit positiones et articulos infrascriptos… Itaque ponit et provare vult intendit. 140 articoli, nei quali sono esposti la vita, la fama di santità, le virtù e i miracoli che dovranno essere comprovati dai testimoni. Gli Articoli sono stati stampati dalla Tipografia Francescana di Milano e furono presentati da P. Isaia a Milano il 13 gennaio 1899 (terza sessione) e a Lodi l’8 maggio (seconda sessione). I quattro miracoli descritti negli Articoli erano dunque avvenuti tra l’8 maggio e gli ultimi mesi del 1898.

489 Proc. Laud., art. 139, f. 51rv; Proc. Mediol., f. 207r. Tra le persone di Lodi Vecchio presenti al trasporto delle reliquie di p. Carlo è facile intravvedere la Croce Paola di Casalpusterlengo, residente in quel borgo, già citata come testimone, devota della Madonna dei Cappuccini e di padre Carlo: nel Processo espose infatti nei dettagli l’accaduto. Era una giovane sposa di 28 anni, di condizione agiata. Il 4 maggio era a Casale per il trasporto e aveva posto sulla bara di padre Carlo un panno. Il giorno dopo nella piazza del borgo la piccina, Carolina Maraschi, fu investita e calpestata dai due cavalli e schiacciata dalle ruote della carrozza. Il medico, subito accorso con il sacerdote coadiutore, fratello della Croce, disse a questi che amministrasse gli ultimi sacramenti. «Appena seppi della disgrazia succeduta, mandai ai genitori della fanciullina un panno che avevo posto sulla bara del padre Carlo quando furono trasportate le sue ossa dal cimitero alla chiesa dei Cappuccini. La bambina passò la notte pessimamente, e i parenti, che avevano applicato quel panno alla bambina, continuarono a pregare padre Carlo onde la guarisse. Alla mattina mio fratello fece fare alla bambina la prima

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«Gagliani Maria, maritata a Pilla Marcello, di Casale, dichiara che suo figlio Pietro era da quattro anni ammalato per una piaga alla gola da cui scaturiva marciume e fetore insoffribile, cagionato da un osso fuori posto. Curato all’ospedale da due valenti medici non si potè e non si ardì estrarre l’osso. Non trovandosi alcun miglioramento nella cura, la pia madre ricorre fiduciosa al p. Carlo incominciando una novena il 22 maggio 1898. alla notte del terzo giorno l’osso si staccò da se stesso e lo portò al sacrestano del convento in quella stessa mattina qual prova dell’avvenuta grazia490.

P: Isaia ricorda Ferri Teresa: «Colpita da flemmone interno d’origine assai maligna, doveva averne, ad andar bene la cura, per tre mesi, ma la sua madre avendo fatto toccare un fazzoletto di lana alla Madonna dei Cappuccini e

Comunione, e subito cominciò a migliorare dimodochè dopo otto giorni era perfettamente guarita» (Proc. Laud., f. 338v-339r).

490 Proc. Laud., art. 137, f. 50v-51r. Dettagliata la deposizione della mamma. «Mio figlio, Pietro, essendo stato ammalato di tifo intorno all’età di sedici anni, la malattia gli lasciò un deposito nella gola, per modo che cominciò a sentire dolori, gli si aperse un foro che dai medici fu giudicato una fistola, dalla quale usciva ogni giorno e più volte al giorno una materia d’un fetore orribile. Mio figlio, benché si portasse a una bottega di falegname, pure molte volte e anche per parecchi giorni non poteva portarsi al lavoro pei dolori che soffriva. Feci applicare a mio figlio tutti i rimedi esterni che mi furono suggeriti, ma inutilmente; né i medici, che affermavano avesse un osso nella gola, ardirono estrarlo. Dopo alcuni giorni che la salma di Padre Carlo era stata trasportata alla chiesa dei Cappuccini, sentii come una voce interna che mi diceva: fai tante cose; ma va’ dal Padre, che lo farà guarire. Allora incominciai una novena, uniformandomi alla volontà di Dio, e nel terzo giorno della novena mio figlio mi chiamò e mi disse: Guarda, mamma, mi pare che mi sorta dal foro della gola un osso, e difatto colle dita estrasse un piccolo osso che conservo ancora, e da allora in poi non sentì più dolore, il foro si cicatrizzò, e guarì completamente, ed ora è sano e continua nel suo lavoro a Milano, dove ha famiglia. Aggiungo che la cicatrizzazione avvenne circa quattro settimane dopo l’estrazione dell’osso che qui mostro» (ff. 255r-256r). Nella Notula testium al n. 29 figura Pilla Marcello, ma la teste è la moglie Gagliani Maria. Monico Cristina in Salamina ricorda quel figlio di Maria Gagliani con la gola fasciata e le inutili cure dei medici e degli ospedali. Ricorda la guarigione con una novena a padre Carlo. «Era scrofoloso tutto pieno, in modo che si mostrava tutto increspato sotto la gola». Si confonde circa l’età: non poteva avere quattro anni nel 1898 e «almeno ventisei» alla fine dello stesso anno! (f. 167r).

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sul sepolcro del Servo di Dio, appena le pose il fazzoletto benedetto, tosto la febbre, già salita a 41 gradi, all’istante diminuì, e dopo due giorni riprese le sue ordinarie occupazioni». La stessa Ferri ha ricordi precisi. Il Sabato Santo dell’anno 1898, trovandosi a letto da tre giorni per dolori fortissimi fece chiamare il dott. Bianchi, che trovò un bubbone esterno e disse che bisognava intervenire con una operazione, della quale non poteva prevedere l’esito. La febbre era a 41 gradi. “Mia madre prese un fazzoletto di lana, si portò al convento dei cappuccini, lo pose sulla tomba del p. Carlo; poi tornò a casa e mi pose sulla sede del male il fazzoletto sopra l’ascesso. Mi sentii subito sollevata dal dolore, e benché mi fossi fermata a letto il giorno di Pasqua fin che cessasse la febbre al lunedì mi alzai, e non sentii più nessun dolore né molestia, come neppur ora sento. Aggiungo che non solo al contatto del fazzoletto mi sentii subito sollevata, ma scomparve anche il bubbone”491.

Appena a tempo per essere inglobati negli Articoli di p. Isaia le guarigioni ottenute per l’intercessione di padre Carlo dei due piccoli Peviani Battista e Vida Pierino.

«Peviani Battista, bambino di cinque anni, nel gennaio ’99 era stato colto repentinamente e furiosamente dall’angina che in poco tempo lo condusse agli estremi. Dopo aver il poverino ansato affannosamente e sudato era rimasto come morto strangolato. Le parenti che l’assistevano nella suprema angoscia invocavano lacrimando, ad alta voce, l’aiuto di padre Carlo e promisero una candela e una novena. Il bambino ad un tratto si riebbe e dopo pochi giorni era perfettamente guarito»492.

491 Proc. Laud., art. 138, f. 51r; Ferri Teresa, ibid., f. 239v-240r. Buonalancia Marianna seppe dalla madre della Ferri Teresa della guarigione e la vedeva «in florida salute» (ibid., f. 159v-160r). Goldaniga Maria in Ferri, madre di Teresa: dopo che pose sul flemmone il fazzoletto che aveva fatto toccare la tomba di p. Carlo da un frate, e aveva iniziata una novena, all’ottavo giorno Teresa era completamente guarita (ibid., f. 314rv). Monico Cristina seppe dal marito della Ferri Teresa della guarigione ottenuta per l’intercessione di p. Carlo e avvenuta in pochi giorni, mentre il medico riteneva che occorressero almeno tre mesi (ibid., f. 167rv).

492 Ibid., n. 24, f. 58v.

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La guarigione di Vida Pierino, probabilmente l’ultima registrata prima del Processo, e la più dettagliata, inclusa negli Articoli di p. Isaia, è anche quella comprovata dal maggior numero di testimonianze. Il che significa che quella guarigione aveva colpito in modo particolare la popolazione. «Il bambino di due anni Pierino Vida di Francesco e Virginia de Filippi, circa le feste di Natale del 1898 ammalavasi delle cosiddette rosole, indi a poco a poco veniva colto da meningite, poi da bronchite e pleurite, la quale complicazione di malattie aveva ridotto il corpicciolo del povero bambino ad uno stato generale di profonda decomposizione. Guasto e alterato il sangue, non dava che marcia sanguigna dalle aperture che gli si facevano ai fianchi per estrarre le materie purulenti». Il medico curante dott. D’Adda e anche il dott. Bianchi dichiararono che la guarigione era impossibile e che bisognava rassegnarsi a perderlo entro poche settimane. Anche il farmacista Noldi diceva alla mamma di non acquistare altri medicinali, per non tormentare inutilmente il piccino. Qualcuno suggerì alla madre di fare una novena a padre Carlo, ed ella iniziò subito. «Finita appena la novena il bambino incominciò a riprendere vigore ed appetito, in quattro o cinque giorni fu affatto fuori di pericolo, e dopo quindici giorni trovatasi in istato così normale di salute e così ben aitante che tutti meravigliati ripetevano ad una voce: fu veramente strappato dalle braccia della morte miracolosamente»493.

493 Ibid., ff. 59v-60v, n. 27. La madre De Filippi Virginia, di trent’anni, di famiglia agiata, nata a Torre del Monte (Tortona), abitò a Castiglione, poi a Casale, dove sposò Vida Francesco. Questi si era trasferito in Svizzera e la sposa doveva ricongiungersi con lui. Il Tribunale la convocò per prima, perché il giorno seguente sarebbe partita per la Svizzera. La sua deposizione è dettagliata e concorda con la descrizione di p. Isaia. Del medico curante dott. D’Adda ricorda lo stupore, il timore di una ricaduta, la lode per aver essa dato testimonianza in Curia: «Brava, ha fatto bene, ne ho mandati altri ai Cappuccini (= alla tomba di p. Carlo) e ad altri santi, ed hanno ottenuto la grazia». Al marito in Svizzera aveva scritto quando ormai il bambino si trovava alla fine e lei si trovava sola, e poi per annunciargli la guarigione dopo la novena (ibid., ff. 69v-71v). Al chimico farmacista Edoardo Nolfi fu chiesta una dichiarazione scritta, che figura con il n. IV nell’elenco dei Documenti presentati dal vice postulatore nella sess. XXXVIII, ma nel Transunto la dichiarazione non è allegata. Numerose sono le attestazioni dei testimoni: Vida Antonietta,

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Altri miracoli furono segnalati sotto giuramento nel Processo da parte di testimoni. P. Atanasio da Busto Arsizio, guardiano nel convento di Casale nel periodo del Processo: «In quanto poi ai miracoli, posso aggiungere che un giovinetto di Casale, di cui ignoro il nome, cadendo si ruppe una gamba alla rotella del ginocchio, e che due medici chiamati dalla madre per visitare il giovinetto, dichiararono che egli sarebbe sempre rimasto storpio, tanto si erano discostate le ossa l’una dall’altra. Fasciata dai medici la gamba del fanciullo, la madre, temendo che realmente il giovinetto dovesse restare storpiato, cominciò subito la novena al p. Carlo. All’ottavo giorno il giovinetto, gettata via la fasciatura e il bastoncello che prima gli serviva

che descrive il bambino «portato in giro dalla mamma sua perché non poteva respirare, e sul di lui volto apparivano i segni della prossima distruzione. Il dott. D’Adda disse che per far guarire quel bambino si richiedeva un miracolo». Alla fine della novena, la madre, ritornando a casa, vide che il bambino era sceso da solo in cortile. Il dott. D’Adda le disse: «Se fossi chiamato come testimonio, potrei attestare altre guarigioni operate dal padre Carlo». La Vida commenta: «Io però credo che se fosse anche chiamato, certo non vorrebbe venire» (ibid., f. 297rv). Così è stato, sembrerebbe! Leva Carlo, che abitava nella stessa casa della De Filippi, la moglie e la figlia con un’altra donna le suggerirono di far una novena a p. Carlo. Alla fine della novena la moglie del Leva si prestò a rimanere in compagnia del bambino, mentre la mamma usciva per le compere. Il bambino, che da tempo non emetteva che qualche gemito di tanto in tanto, chiamò la mamma e al suo ritorno chiese di mangiare. Dopo otto giorni camminava, giocava, era sano, e il medico e lo speziale chiedevano se era quello per il quale non si aveva più speranza (ibid., f. 225r-226r). Borsotti Francesco, che abitava nello stesso cortile, tutte le sere faceva una visita a quel povero piccino che metteva compassione. Quando i medici dichiararono che non c’era più niente da fare, tutte le donne che abitavano in cortile si unirono alla De Filippi per fare la novena a padre Carlo, non potendo essa andare al santuario. Al compiersi della novena, alle 10 e mezza, il bambino incominciò a parlare e a domandare cibo, in otto giorni era guarito. «Il fatto destò in tutti, non solo negli inquilini della casa, ma anche per il paese grande meraviglia», e il dott. Bianchi, quando vide il fanciullo, disse alla signora Vida: «Ha ricevuto una grazia» (ibid., ff. 228v-229v). Borsotti Carlo, vicino di casa, che ospitava nella sua “stufa” (un angolo della cucina ristretto attorno alla stufa con pareti posticce di carta di giornale, unica zona riscaldata) il bambino e la mamma durante l’inverno (ibid., f. 346rv). Gastaldi Luigia, altra vicina di casa: con la novena fu ottenuta la grazia. «Il bambino discese in corte, e benché nel volto fossero rimaste tracce della malattia, era perfettamente guarito» (ibid., ff. 293v-294r).

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d’appoggio, corse al convento pregandomi alla presenza di vari altri padri a voler tener nota della grazia ottenuta. Io stesso poi e altri padri abbiamo veduto il fanciullo correre per la chiesa e per la sacrestia come se non avesse mai avuto male di sorta»494.

Ferri Teresa in Arrigoni dichiara: il Sabato Santo 1899, «essendo a letto da tre giorni per dolori fortissimi che provavo al fianco sinistro, feci chiamare il dott. Bianchi il quale esaminatami trovò un bubbone esterno e mi disse che si doveva fare una operazione, e non assicurava la guarigione, senza indicare alcun tempo. La febbre, come disse il medico, era a 41 gradi, e mi fece applicare tre sanguisughe. Mia madre che assisteva alla visita del medico, dopo che egli se ne fu partito, prese un fazzoletto di lana, si portò al convento dei Cappuccini, lo pose sulla tomba del padre Carlo; poi tornò a casa e mi pose sulla sede del male il fazzoletto sopra l’ascesso, mi sentii subito sollevata dal dolore, e benché mi fossi fermata a letto il giorno di Pasqua finchè cessasse la febbre, al lunedì mi alzai, e non sentii più nessun dolore né molestia, come neppure ora ne sento. Aggiungo che non solo al contatto del fazzoletto mi sentii subito sollevata, ma scomparve anche il bubbone»495.

Bertoli Bassiano segnala il caso, che sembra unico tra quelli risultanti nel Processo, della conversione di un protestante. C’era in paese un certo Soffientini «ascritto alla setta protestante, anzi ne faceva triste propaganda, scrivendo sui giornali e parlando contro la religione cattolica. Un giorno fu pregato da me, che portavo ai cappuccini un mio nipote infermo, che intendevo deporre sulla tomba del padre Carlo colla speranza di ottenere la guarigione, a volermi aiutare. Alla porta della chiesa il Soffientini non voleva entrare, ma sollecitato e ancor da me pregato, continuò ad aiutarmi e ciò facendo entrò anch’egli.

494 Proc. Laud., f. 140v-141r. P. Atanasio fu l’unico religioso che depose al Processo di Lodi.

495 Ibid., f. 239v-240r. Monico Cristina in Salamina riferisce quel che diceva il marito della Ferri (f. 167r). Buonalancia Marianna in Guasconi ha appreso dalla mamma della Ferri (f. 159: «Fece toccare la statua della Madonna e il sepolcro»).

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Entrando poi non diede segno alcuno di devozione, ma con modo distratto e indifferente. Frattanto venne un padre cappuccino a benedire mio nipote e quando lo benedisse anch’io mi feci il segno della santa croce, ma il Soffientini non si mosse, stava lì fermo, indifferente, appoggiato ad un muro. Ciò vedendo il frate gli disse: “E lei non si segna?” A tale domanda il Soffientini subito, come scosso, fece il segno della croce e recitò un Pater e Ave, e in allora incominciò la sua conversione che in seguito compì con la solenne abiura dei suoi errori»496.

Monico Cristina in Salamina testimonia del permanere della devozione a Padre Carlo dopo il trasporto dal cimitero nel santuario, come risultava dalle richieste di reliquie, immagini e biografie. Porta un esempio: «Io stessa venni pregata da una signora di Zorlesco di procurarle una reliquia, e di far toccare alla tomba dello stesso p. Carlo un fazzoletto, ciò che di fatto feci. La detta signora è ancora vivente, chiamasi Losi Fioralba»497.

La teste Goldaniga Maria in Ferri dichiarò: «Anch’io, quando mi si ammalò qualche figlio leggermente, ricorsi al

496 Ibid., f. 222rv. La conversione del Soffientini (una persona che rimase sempre inquieta, in una famiglia di alta religiosità) rappresenta uno dei pochi dati che emergono (per quanto so, non conoscendo studi metodici in proposito) del protestantesimo Lodigiano. In nome della libertà di religione «si spalancarono le porte alle Sette protestanti ferocemente anticattoliche, specie di provenienza inglese, e divenne lecito ogni attacco alla morale pubblica, alla Chiesa, alla religione professata dalla quasi totalità del popolo italiano,la quale religione era l’unico fattore di unità, dalle Alpi alla Sicilia» (D. G. Mosca, Cento anni di vita e di battaglie delle parrocchie del Lodigiano, I° vol., p. 29). Nord e Sud (occupato militarmente) non avevano in comune né la storia, né la lingua (la gente parlava il dialetto locale), né l’economia, e nemmeno una politica che riconoscesse i diritti di tutti. L’Italia era fatta (o quasi); si andavano facendo gli italiani. C’era un debito da saldare con l’Inghilterra, politica e soldi, e l’apertura alle Sette fu merce di scambio; ma le porte aperte dal governo italiano furono chiuse dal popolo italiano: le Sette, sussidiate dall’Inghilterra e poi dagli Stati Uniti, non raccolsero molti adepti, men che meno del Lodigiano. L’attenzione del vescovo era comunque costante, come risulta dalle visite pastorali e dalle finalità della Pia Associazione San Francesco di Sales per la difesa e conservazione della fede cattolica eretta in diocesi.

497 Proc. Laud., f. 166rv. Nella deposizione non è detto espressamente della guarigione della Losi, ma il contesto lo fa presumere.

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padre Carlo, facendogli la novena e sempre ottenni la grazia, come pure particolarmente trattandosi di trovare un posto a due miei figli, ricorsi al padre Carlo, e potei collocarli bene non solo per il corpo, ma anche per l’anima»498.

Ancora don Bassiano Sordi, coadiutore a Somaglia, dichiarò: «Ieri una persona agiata, cioè Favini Giulia di Somaglia mi disse che quasi sempre dopo il suo matrimonio con Zocchia Antonio ebbe sempre a soffrire per il temperamento focoso e perché si lasciava prendere dal vino, restando quasi sempre con danno della famiglia all’osteria; un mese fa circa, udendo parlare delle grazie che si ottengono ad intercessione del p. Carlo, fece anch’essa la novena, e da allora in poi il marito si è mutato in meglio, e invece di sprecare provvede alla famiglia»499.

5. - LE VICENDE DEI RESTI MORTALI

Un documento che porta la data del 14 ottobre 1859 dà la descrizione esatta dello stato in cui si trovava il cimitero di Casale quando vi fu sepolto padre Carlo: fu infatti stilato pochi mesi dopo. Permette di comprendere meglio le successive vicende di quelle povere ossa che non avevano trovato pace nei pochi mesi trascorsi nel convento di Casale e nemmeno dopo morte, fino a che non ritornarono nel santuario. Si tratta del verbale della visita eseguita dal medico provinciale di Milano. Dà un quadro macabro della situazione. Tutta l’area era occupata da cadaveri, ovunque si riscontravano frammenti di casse ed ossa. «Siccome le tumulazioni si praticavano fin qui senza ordine e alla rinfusa, così quasi in ogni punto si rinvengono delle chiazze di terreno nelle quali vennero recentemente deposti dei cadaveri». Poiché dovunque si trovavano salme non ancora consunte, non si poteva nemmeno procedere al necessario

498 Ibid., f. 313v. Il cognome della teste (Ferri Goldaniga Maria, n. 32 nella Notula testium) sia da leggersi più chiaramente Goldaniga Maria in Ferri, perché rispondendo ad altra domanda e deponendo circa la guarigione miracolosa della figlia, la chiama Ferri Teresa (vedi n. 22).

499 Ibid., f. 131v. «Ieri»: 6 luglio 1899; «un mese fa»: giugno ’99.

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espurgo del terreno. Per l’avvenire il medico provinciale ordinò che «per un certo periodo di tempo» si seppellissero i cadaveri solo nella «parte di ponente» dell’area, cioè quella prospiciente il Brembiolo, in modo che, trascorso il tempo necessario per la consumazione delle parti molli dei cadaveri (valutato in 4 anni) si passasse a seppellire i morti della seconda metà dell’area e a provvedere all’espurgo della prima. La Deputazione doveva sorvegliare l’opera del seppellitore, far apporre paletti che indicassero l’epoca dei seppellimenti e che questi si effettuassero con un certo ordine500.

Questa premessa è necessaria, perché permette di intravedere le ragioni di un episodio che è fondamentale in questo capitoletto: come mai – nonostante queste precise disposizioni delle autorità e il Regolamento cemeteriale – si sono salvati i resti mortali di padre Carlo? Infatti sono rimasti dov’erano stati sepolti per quasi quarant’anni.

Si può cogliere il rispetto e la considerazione verso il defunto padre Carlo da parte delle autorità locali, ligie per quasi tutto il tempo agli orientamenti anticattolici dei governanti nazionali, o almeno l’attenzione a non provocare clamorose reazioni nei devoti Casalini già molto suscettibili per natura; ma ci fu anche la provvidenziale determinazione di un sacerdote di Casalpusterlengo che aveva conosciuto e ammirato padre Carlo, don Francesco Pesatori, coadiutore, benvisto anche dai nuovi governanti501. Lasciò scritto nel testamento che voleva essere sepolto nella tomba di padre Carlo. Il che significa che poteva disporre della medesima. Volle cioè impedire che i resti mortali di padre Carlo venissero gettati nell’ossario comune. Furono ancora una volta il clero e la gente di Casale a «salvare» padre Carlo. Né i frati potevano agire, perché il convento era ancora

500 Casalpusterlengo, Arch. Com., tit. III, sez. IV, cart. 19, fasc. 26. Si allega la copia autenticata. Vicende del cimitero comunale in G. Mosca, Casalpusterlengo: le chiese…, vol IV: L’attuale Cimitero Comunale, p. 447ss. Il verbale è firmato dal medico provinciale, dal deputato Vincenzo Grazioli e dall’ing. Agostino Beza, del quale iniziava la fulminea ascesa politica.

501 Don Francesco Pesatori morì all’età di 57 anni il 31.1.1872 (ACP Registro dei Morti 1860-1876, n. 21).

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chiuso, e la Fabbriceria Parrocchiale stava lottando contro il Demanio per rivendicare la proprietà dell’edificio. Don Veneroni e la Fabbriceria avevano ottenuto la riapertura della chiesa in quanto sussidiaria e avevano messo un cappellano (don Angelo Noli Dattarino, che vedremo Fiscale nel Processo canonico), che a sua volta reintrodusse alla chetichella i frati502.

La più attendibile versione del fatto ci è data da un testimonio oculare con una deposizione nel Processo: Buonalancia Marianna in Guasconi di Casalpusterlengo. «Vennero estratte le ossa di padre Carlo, e in quella fossa venne deposta la salma del sac. Pesatori don Francesco, e che dopo il tumulatore che aveva disseppellito le ossa di padre Carlo coperte in parte da qualche brandello della tonaca di frate, unitamente alla corona dei cappuccini, come io stesso vidi, le raccolse e le ripose sopra la cassa del Pesatori, tutto poi ricoprendo di terra»503.

502 Vedi sopra. P. Aliverti riporta il fatto (Vita, p. 223), ma con varie inesattezze, corrette da p. Evaldo Giudici, Appunti, p. 434ss. Nessun cenno in p. Isaia, Articoli e G. Olmi, doc. XX, nel Processo.

503 Proc. Laud., f. 159r. Concorda la testimonianza di Carlo Borsotti: «Nel 1871 (sbaglia di un anno) nel mese di gennaio avendo accompagnato al cimitero di Casal Pusterlengo il defunto sac. D. Francesco Pesatori, perché avevo amicizia con lui, vidi scavata la fossa nella quale era stata riposta la salma del p. Carlo, perché si voleva riporre di sotto la salma del Pesatori. Il tumulatore che nel 1859 aveva seppellito il padre Carlo era il medesimo che stava per deporre anche il Pesatori. Aveva però prima raccolte le ossa del padre Carlo e depostele sopra la neve mentre si calava il feretro del Pesatori, sul quale dopo aver posto uno strato di terra perché non nascesse confusione, il tumulatore raccolte tutte le ossa del p. Carlo, ve le collocò dicendo che, se col tempo si volesse riunirle in una cassetta o elevare un monumento,si sarebbero trovate tutte riunite» (ibid., f. 343v-344r). Si ritrovarono tutte riunite, infatti, quando la tomba fu di nuovo aperta per riporre le ossa in una cassetta, come vedremo. Anche il teste don Sordi aveva sentito dire che, aperta la tomba le ossa furono deposte «in disparte sulla neve» , riposte sopra la terra con la quale fu coperto il feretro di don Pesatori, e ricoperte di nuovo (ibid., f. 129r). Troveremo una comprova nel verbale della esumazione dell’anno 1897. Nessun documento nell’Arch. Comun. Tit. III, sez. IV, cart. 19 (fascicoli annuali relativi al cimitero comunale): non c’è il fascicolo anno 1872. Risulta pertanto inaccettabile la ricostruzione di p. Aliverti (Vita, p. 223) che attribuisce a tre presenti alla sepoltura di don Pesatori – Antonio Grassi, Antonio Lusardi, Domenico Comizzoli – l’iniziativa autonoma del salvataggio dei resti mortali di padre

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È possibile ritenere che la felice riuscita delle celebrazioni del primo centenario della incoronazione della venerata effige della Madonna dei Cappuccini (primi di settembre 1880) e il forte impatto conseguito nel Lodigiano abbiano favorito ed effettivamente rafforzato, in quell’anno e nei successivi, il rifiorire in luogo e nella diocesi della devozione non soltanto alla Madonna, ma anche al servo di Dio padre Carlo. A poco più di vent’anni dalla sua santa morte, nella memoria di tutti gli adulti che l’avevano conosciuto di persona la Madonna dei Cappuccini e padre Carlo erano inseparabili. A testimonianza, le prime Vite di padre Carlo scritte in quell’anno. Ne parleremo.

Negli anni attorno all’80 si vennero completando nel cimitero le opere di ampliamento che hanno dato al primo campo l’aspetto rimasto sostanzialmente inalterato fino al presente. Ad ovest, lungo il lato verso il Brembiolo si andava costruendo una serie di cappelle private, a destra e a sinistra di quella centrale. Nel 1883 mons. Bersani, vescovo ausiliare di Lodi, benedì le nuove opere504. I padri cappuccini acquistarono la quarta cappella partendo dal muro di cinta a sud, verso la via Mantovana, nona dalla cappella centrale, non dopo il 1881, perché in quell’anno vi fu sepolto il primo frate, padre Samuele da Viganò (Sala Camillo), già amico fraterno di padre Carlo nella sua breve presenza a Casale505.

Carlo, mentre preti, curia vescovile e autorità «erano in tante altre faccende affaccendati e brillavano per la loro assenza e disinteresse!». Don Pesatori era coadiutore della parrocchia, e possiamo benissimo ritenere che attorno alla tomba ci fossero il parroco don Veneroni con tutti i suoi sacerdoti. Era il 1° febbraio 1872, non nel 1869. In coda alla visita pastorale di mons. Gelmini, effettuata nei giorni 27 e 28 ottobre 1872, pochi giorni dopo, il 2 novembre, furono riammessi ufficialmente i cappuccini nel convento e santuario. Quanto alla autorità civile non saprei immaginare a quale titolo avrebbe dovuto essere presente.

504 Arch. Com. Casal., tit. III, sez. IV, cart. 19, fasc. 3, n. 11. Non fu concessa la celebrazione della messa nella cappella centrale, con loculi per la sepoltura dei parroci, fino al 1898, quando si apportarono correzioni alla decorazione, più consone alle esigenze della liturgia (Arch. Com. Casal. e Arch. Parr. Casal., cart. 10, n 6. Alemanni, p. 81; G. Mosca, Casalpusterlengo: le chiese…, vol. 4°, p. 450ss).

505 Nella cappella funebre seguirono p. Rocco da San Colombano al Lambro (Lanzani Giovanni) nel 1889; fra Zaccaria da Casalpusterlengo

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Anche padre Samuele era un sant’uomo. Ma nel cimitero rimasero separati, a poche decine di metri di distanza. Perché i resti umani di padre Carlo non furono esumati e deposti più decorosamente in un «colombario» della cappella dei frati? Si opponeva la gente, che sulla tomba coglieva erba e asportava terra per le devozioni personali? Non risulta nell’Archivio Comunale di Casalpusterlengo alcuna petizione dei religiosi confratelli, né alcuna risposta negativa da parte della Amministrazione Comunale, la quale (a prescindere dal colore politico) sempre esonerò la tomba

(Medaglia Giuseppe), o da Codogno secondo gli Stati effettivi 1859-1860, (a Casale già al tempo di padre Carlo), nel 1891; p. Filippo da Saronno (Clerici Pietro) nello stesso anno; p. Cirillo da Bergamo (Bellingardi Luigi) nel 1892; p. Guglielmo da Goglione (Cantoni Raffaele) nel 1895. Seguono padri e fratelli del secolo 20°. (Dati dell’iscrizione nella cappella in G Mosca, ibid., p. 425). Fra Filippo da Saronno era stato novizio con padre Carlo a Crema (P. Giudici, Appunti, p. 253). Padre Samuele, nato il 14.7.1822, professo il 25.12.1854, morto a Casale il 20.2.1881 (Necrologio della Provincia Lombarda dei PP Cappuccini), era stato amico carissimo di padre Carlo, suo collaboratore nel segreto del confessionale, strumento instancabile a sua volta della misericordia divina che si riversava su una folla di devoti e di penitenti. «Per 25 anni fu confessore e padre spirituale specialmente di sacerdoti nel santuario di Casalpusterlengo» (Necrologio, data 20 febbraio), e prima si era messo in luce come cappellano in ospedali della Lombardia specialmente in periodi di epidemie. Fu il prototipo di quella serie di «confessori dei preti », altamente benemeriti, ininterrottamente fino al presente sempre disponibili in santuario, che continuano la missione di padre Carlo e ne trasmettono lo spirito. «Quando nel 1892 la salma fu dissepolta (per lo svuotamento decennale delle tombe, reputa p. Aliverti (Vita, p. 237; o per lasciar posto nella cappella ad altro confratello defunto?), fu ritrovata incorrotta, il che suscitò ammirazione e devozione per lui nel popolo» (ibid.). Nel maggio successivo una donna inferma a letto Orsola Mondaniera, soggetta a continue convulsioni isteriche e a vomiti incessanti, storpia ad una mano, priva dell’uso della parola, avendo saputo del rinvenimento della salma incorrotta di padre Samuele, iniziò una novena. Al terzo giorno ebbe nel sonno una visione di padre Carlo e padre Samuele che conosceva solo dai ritratti. Questi le si avvicinò e le disse: «È finito il tempo dei tuoi dolori». La giovane si svegliò, vide i due Padri uscire dalla stanza e scendere la scala. Cessarono le convulsioni, riprese a mangiare normalmente, la mano si raddrizzò, cominciò a parlare speditamente. P. Aliverti scrive che il fatto fu testimoniato personalmente dalla Mondaniera in una deposizione (Vita, p. 238), ma il nome non appare tra i testi del Processo. Padre Evaldo Giudici, Appunti, p. 450-451 riporta l’episodio.

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di don Pesatori – tomba di padre Carlo - dallo svuotamento stabilito dal regolamento cemeteriale. L’iniziativa doveva necessariamente partire dai frati del convento, anche perché alla direzione della parrocchia non c’era più il prevosto don Luigi Veneroni, difensore e ammiratore di padre Carlo, morto nel 1878, dopo tre anni di grave malattia che l’aveva privato di tutte le energie fisiche e mentali. Il successore don Luigi Ottobelli e il successore di questi don Luigi Ciceri506 non avevano conosciuto padre Carlo.

Qualche difficoltà mi pare di dover cogliere anche nelle affermazioni di alcune fonti scritte, relativamente alla modesta croce posta sulla tomba. «Su di essa posero una croce su cui era dipinto il suo nome», dichiarò nel Proc. Laud. il teste Spelta Bassiano507. Non poteva mancare sulla tomba di un sacerdote e religioso. La croce contrassegnava ancora la tomba, quando si effettuò l’esumazione della salma. Ma un altro teste, Gastaldi Luigi, dichiarò che sapeva dov’era la tomba, una tomba comune, ma che non ricordava di aver visto sopra di essa croce o lapide508. Un teste importante come don Saverio Guasconi, rigoroso nelle

506 Don Luigi Ottobelli, già prevosto Vicario Foraneo di Zelo Buon Persico, divenne parroco di Casalpusterlengo nel 1879. Fu pastore di grande carità, predicatore rinomato, aperto alle esigenze dei tempi nuovi, generosissimo verso i poveri e la chiesa, realizzatore di opere notevoli e di associazioni religiose e sociali. Ebbe l’accortezza di non surriscaldare l’atmosfera (a Casale non era cosa di poco conto), conseguendo per la parte cattolica buone affermazioni e buoni rapporti nell’ambito cittadino. Trascorse gli ultimi anni ammalato e stremato di forze. Nel luglio 1891 lasciò la parrocchia; fu per pochi mesi canonico della cattedrale e morì alla fine di novembre, a 59 anni (G. Mosca, Cento anni di vita e di battaglie religiose e civili delle parrocchie del Lodigiano, I° vol., p. 95ss). Fu nominato prevosto di Casale l’arciprete di Lavagna don Luigi Ciceri, in fama di intransigente. Per quasi tre anni la cricca liberale che dominava il Comune, sostenuta dalle Superiori Autorità, impedì la concessione del regio Placet. Fu degno successore di don Ottobelli, dimostrando zelo e capacità organizzative in sintonia coll’affermarsi del movimento sociale cattolico in diocesi. A livello diocesano si mise in luce come intransigente accanito con rapporti diretti con il vescovo mons. Rota e lo stesso papa Pio X. (ibid., p. 147ss). Visse, come attore, la traiettoria della vita parrocchiale e civile fino alla prima guerra mondiale. Morì infatti nel 1916, lasciando tutti i suoi beni all’oratorio maschile che aveva fondato.

507 Proc. Laud.,f. 206r.508 Ibid., f. 293v.

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dichiarazioni, dice di non sapere dov’era sepolto padre Carlo509: non ricordava dunque alcun segno. Don Peviani, il più informato nei riguardi dei mesi trascorsi da padre Carlo nel convento, per alcuni anni frequentò la tomba, fu testimone delle moltissime persone che vi accorrevano; ma poi entrò in seminario, diventò sacerdote e poi parroco, visse lontano da Casale, non «se ne curò più», e non sapeva se il concorso continuava. Circa la croce non dice nulla510. Lo storico casalino, devotissimo della Madonna dei Cappuccini e di padre Carlo, don Luigi Alemanni, scrive: «Dopo alcuni anni, ricercato ansiosamente nell’erbosa fossa, nessuna traccia lasciò»511. Non c’era, dunque, la croce. Don Alemanni, da quando era entrato in seminario a 11 anni, viveva in seminario, ma faceva la vacanza a casa sua, in via Marsala. «Dopo alcuni anni»: da quanto? Non dalla sepoltura, perché l’Alemanni non era ancora nato. Dopo l’ingresso in seminario nel 1874? Dopo il sacerdozio del 1886? Coinciderebbe con la testimonianza di Petronilla

509 Ibid., f. 117r. Don Guasconi, nativo del luogo ed ivi residente, aveva conosciuto personalmente padre Carlo; nella deposizione è molto preciso nel distinguere ciò che sa per conoscenza diretta e ciò che ha appreso da altri. Non ha dubbi sulla santità e fama di santità di padre Carlo. Però non fu presente al funerale né all’esumazione; partecipò al trasporto solenne al santuario. Dalla sua affermazione pare che si possa dedurre che non si sia mai recato alla tomba di padre Carlo. Non aveva visto pregare su di essa; però «aveva sentito che si faceva per ottenere grazie. Se poi si siano ottenute non lo so» (Ibid., f. 116v).

510 Ibid., f. 104v. Il che non significa che si sia dimenticato di padre Carlo. Non è in grado di testimoniare circa quel che era successo a Casale nei quarnat’anni successivi alla sepoltura.

511 Storia di Casalpusterlengo, p. 133. L’Alemanni, impegnatissimo a Lodi come vicerettore del seminario, direttore del settimanale diocesano, elemento di punta del movimento cattolico sociale, scrittore ed oratore apprezzato, lavoratore instancabile, si sentiva coinvolto nelle cose di Casale. Morì nell’agosto 1897, pochi mesi dopo l’esumazione dei resti mortali di padre Carlo e la loro deposizione nella cappella dei frati nel cimitero. In questo momento (come leggiamo nel verbale) la croce sulla tomba c’era. Bisogna anche tener presente che dal 1872 quella era la tomba di don Pesatori. Si scrisse sopra la croce il suo nome? Andò perduta con il tempo? Fu rimessa, comunque, quando si decise la nuova sistemazione, certamente più decorosa, dei resti mortali di padre Carlo? A cura, si potrebbe pensare, del nuovo guardiano padre Leone da Briosco, assegnato provvidenzialmente a Casale nel 1896, dopo aver esercitato per sei anni l’ufficio di maestro dei novizi (Necrologio, data 6 luglio).

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Chiappa ved. Bonini: «Coll’andar del tempo la folla andò diminuendo sulla tomba»512. Si potrebbe vedere una controprova nella prima planimetria delle tombe eseguita nel 1895. Riporta solo quelle disposte in modo regolare, fianco a fianco, ai bordi dei quattro giardinetti divisi dai due vialetti513. Non appare né il nome di padre Carlo né quello di don Pesatori. Sulla quarta tomba a sinistra del vialetto centrale, primo riquadro, c’è segnato: «N. 28 Mutti don Francesco». Era morto l’11.2.1892, si era fatto seppellire vicino alla tomba di padre Carlo, che, come è testimoniato dalla planimetria, non era in prima fila514.

Il rifiorire dell’interesse verso padre Carlo è da collegare fuori dubbio al succedersi di interventi che andavano mutando il povero aspetto della chiesa di San Salvario in quello molto più decoroso di un santuario mariano. Elenchiamo le opere di ampliamento e di decorazione in nota515. Animò l’opera il guardiano, padre Cristoforo da

512 Proc. Laud., f. 193r.513 Arch. Com. Casal., tit. III, sez. IV, cart. 19, fasc. 12.514 Don Francesco Mutti era coadiutore a Villanova quando il prevosto

Don Venturini lo chiamò a Casale nel 1847 (Arch. Stor. Dioc., cart. 7, Casalpusterlengo Miscellanea: lettera al vescovo 20.8.1847). Conobbe dunque padre Carlo. Fu fedele collaboratore del successore don Veneroni. Condivideva le sue idee, possiamo supporre anche nei riguardi del Padre. Anche le idee politiche, che abbiamo già esposto. Per questa ragione era considerato dal locale delegato di pubblica sicurezza Rinaldini «il più intrigante, il più attivo reazzionario e cattivo genio anche del parroco» (Arch. Com. Lodi, arch. Sottoprefettura, cart. 78, fasc Mutti don Francesco).

515 La volta del presbiterio fu alzata; sulla parte di fondo fu aperta la grande nicchia nella quale fu trasferita la statua della Madonna; furono collocati in presbiterio, l’ancona che incorniciava la nicchia, il nuovo altare, le balaustre con cancelletto centrale e cancellate. La navata fu ampliata aggiungendo una campata e spostando in avanti la facciata. Sul lato sinistro furono aggiunte tre cappelle identiche a quelle esistenti a destra, con cancellate, e quella centrale (con la bella tela della Ascensione del Molossi) anche con l’altare. Tutto in legno di noce , anche l’alto zoccolo che coprì le pareti. La «severa ed affatto cappucinesca architettura» (Cairo Giarelli, Codogno e il suo territorio, vol 2°, p. 144) che faceva del santuario di Casale un unicum nell’ampio patrimonio artistico della diocesi di Lodi, fu accuratamente eliminata quando si volle «aggiornare» il tempio dopo il Concilio Vaticano II°. Il pittore locale Angelo Prada decorò il presbiterio, le cappelle e la facciata; Zambelletti di Lodi la navata. I lavori iniziati nel 1892 si conclusero nell’Anno Santo

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Lecco516, anche creando problemi con la Sottoprefettura e il Subeconomo alla Fabbriceria Parrocchiale, che civilmente era proprietaria della chiesa, data in libero uso ai religiosi. Tutte le opere furono eseguite grazie alle generose offerte dei Casalini e dei devoti di tutta la diocesi517.

L’esumazione dei resti mortali, la ricognizione di quanto fu rinvenuto, la deposizione provvisoria nella cappella mortuaria dei Frati dovevano essere seguite rapidamente dalla solenne traslazione al santuario; ma le difficoltà incontrate nell’ottenimento delle necessarie autorizzazioni ritardarono di un anno il compimento del progetto.

Chi prese l’iniziativa? Il vice-postulatore p. Isaia imposta così l’Articolo 129: «Nonostante i 39 anni già trascorsi dopo il suo felice passaggio, pure i Casalesi fecero le pratiche legali pel trasporto delle ossa del Servo di Dio nel santuario dei Cappuccini, per riporlo innanzi alla statua di Maria»518. Padre Isaia dava per acquisiti e il vivo desiderio dei Casalesi e devoti in genere di una collocazione degna delle ossa di padre Carlo nel luogo più adatto, cioè in San Salvario, e che gente di Casale aveva saputo coinvolgere il paese intero e si era fatto carico di tutte le spese: tasse, notaio, «sepolture», nuove cassette tempietto per il trasporto, addobbo delle vie, celebrazione liturgica, sepolcreto nel santuario.

Non si riscontra una conoscenza precisa di come sia stata presa la decisione della traslazione nemmeno tra i pochi interpellati in fase testimoniale. Espressero un parere,

1900.516 Necrologio, in data 2 settembre.517 Padre Leone rivolse un appello ai devoti della diocesi (Il Cittadino,

16.6.1894). Generosamente offrirono i Casalesi. Il vescovo mons. Rota nella visita pastorale di quell’anno annotò: i «Lavori di restauro ed abbellimento compiuti in questi ultimi anni per cura del guardiano padre Cristoforo da Lecco dietro spontanee e generose offerte dei Casalesi e di tutta la diocesi Lodigiana» (Arch. Stor. Dioc., Visita Pastorale 7-10.12.1894). La Fabbriceria Parrocchiale riuscì ad ottenere dal Subeconomo la revoca dell’ordine di sospensione dei lavori, la sanatoria per quelli eseguiti e l’autorizzazione a procedere, dimostrando che le spese non gravavano sul bilancio della chiesa, ma erano sostenute interamente dalle offerte volontarie (Arch. Fabbr. Casal., cart. 13, fasc. 263 e 261). Più dettagliatamente in G Mosca (oc ,vol I°, p. 56ss e note).

518 Proc. Laud., f. 49r.

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infatti, soltanto quattro sacerdoti nel Processo di Lodi e due religiosi in quello di Milano519. L’iniziativa non veniva dal prevosto don Luigi Ciceri, che tra l’altro con i guardiani non era in pacifiche relazioni; né potevano prendere l’iniziativa i laici. L’iniziativa fu presa con ogni probabilità dal nuovo provinciale eletto il 10.6.1896, padre Paolino da Verdello, amico, compagno ed estimatore di padre Carlo. Così scrive

519 Don Sante Peviani: «So che era desiderio dei Casalesi che fosse trasportato, come di fatto avvenne, della cosa però non mi sono occupato» (f. 104v). Don Saverio Guasconi: »So che furono fatte le pratiche legali, perché necessarie; se poi siano state fatte dai Casalesi non lo so. E nemmeno se le pratiche fatte per la reposizione nel luogo dove benediceva siano state fatte dai Casalesi» (f. 116v). Don Bassiano Sordi: «Non posso dire quanto alle pratiche fatte dai Casalesi, benché desiderassero che le ossa del padre Carlo fossero trasportate dal cimitero alla Chiesa dei Cappuccini. So però dallo stesso padre Leone che in allora era guardiano del convento, che esso padre aveva avuto gran parte per ottenere il trasporto»(f. 129v). Don Giuseppe Mazza: «Ritengo che le pratiche pel trasporto siano fatte dai Casalesi, ma non posso provarlo» (f. 146v). Gli altri testimoni non furono interpellati in proposito o non avevano notizia. Nel formulario per le interrogazioni inviato in un secondo tempo dal Tribunale di Milano (f. 349 ss), molto più ridotto, la domanda relativa all’Articolo 129 fu tolta. A Milano queste furono le risposte date da due religiosi soltanto sui nove convocati: fra Apollinare da Arcore: «Ho sentito che sono stati quelli di Casale a far le pratiche per il trasporto delle ossa nel santuario» (Proc. Mediol., f. 79v), e p. Paolino da Verdello, provinciale: «Lo prova il fatto e quello che avvenne nel 1897-98 e che fu fatto dai Casalesi nel trasporto della salma è stata in tutta veridicità nell’atto notarile che io stesso ho fatto stendere » (f. 196r). Sorprende la deposizione di p. Atanasio da Busto Arsizio, guardiano in carica a Casale durante il Processo: «Ritengo con morale certezza, che le pratiche del trasporto siano state fatte dai Casalesi, ma non posso provarlo» (Proc. Laud., f. 146v). Era il successore di padre Leone, e dai frati e dai fedeli del luogo che frequentavano santuario e convento poteva avere notizie precise. Non si tratta di attribuire meriti, né la “questione” ha un peso storico per significative conseguenze. Con p. Aliverti, che si trovava “di famiglia”, cioè risiedeva nel convento di Casale in quegli anni, possiamo ritenere che, conclusi i radicali restauri nel santuario, “i superiori cappuccini pensarono che fosse venuto il momento di soddisfare il desiderio vivissimo dei casalesi di trasportare al santuario le venerate spoglie di padre Carlo, il cui ricordo, dopo 4quarant’anni dalla morte, era in tutti ancora vivente e palpitante» (Vita, p. 255). Quel generico «I superiori» è stato ristretto ed individuato da p. Giudici in p. Paolino da Verdello. In piena armonia, dunque, si decise di non attendere oltre. Si era atteso fin troppo!

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anche p. Giudici520. In piena consonanza con lui, il nuovo guardiano inviato a Casale, padre Leone da Briosco. Questi era l’unico che sotto l’aspetto legale potesse presentare la richiesta al sindaco del luogo. Nessuna difficoltà al trasferimento nella cappella mortuaria poteva venire dalla civica amministrazione, alla quale premeva forse che ritornasse disponibile quella tomba che aveva avuto un trattamento privilegiato e non conforme ai regolamenti.

Tutto iniziò – sembrerebbe – con un incontro di padre Leone con il sindaco Raimoldi, che non era certamente un “clericale” (il particolare importante, perché sottolinea il fatto che c’era devozione per il Servo di Dio anche fuori della cerchia dei devoti). In data 21.5.1897 il sindaco scrisse al guardiano: «In risposta alle precorse nostre verbali intelligenze, le partecipo che nulla osta a che la S.V. proceda all’esumazione dei resti mortali del già padre Carlo d’Abbiategrasso… Colla massima stima…»521. Evidentemente l’intervento era stato predisposto in antecedenza per lo stesso giorno. «Dietro richiesta del m.r. padre Leone da Brioso, guardiano dei cappuccini del convento di San Salvario in luogo», alle ore 3 pomeridiane si procedette alla esumazione dei resti mortali di padre Carlo e alla deposizione nella cappella dei frati. Stese il verbale il notaio dott. Francesco Rognoni di Casalpusterlengo522. Erano presenti padre Leone, il prevosto don Luigi Ciceri con la qualifica di delegato della curia vescovile di Lodi; tre persone in grado di identificare la tomba di padre Carlo: (Grassi Antonio, Lusardi Antonio, Comizzoli Domenico); il medico comunale dott. Giacomo Bianchi, due testimoni dell’atto (Marzari Bartolomeo e padre Giustino da Lovero

520 P. Evaldo Giudici”Appunti per una vita, p. 453. La data del Capitolo (10.6.1898) è evidentemente erronea.

521 Arch. Com. Casal., tit. III, Sanità sez. IV, cart. 19, fasc. 37 Trasporto resti mortali Padre Carlo: lettera del sindaco al p. guardiano. Fotocopia autenticata in Appendice.

522 Arch. Stor. Dioc., fald. Processus pro beatificationie P. Caroli de Abbiategrasso OFM Capucinorum, fasc. Padre Carlo d’Abbiategrasso: Verbale dell’esumazione dei resti mortali di Gaetano Vigevano in religione Padre Carlo da Abbiategrasso dell’ordine dei Cappuccini. In appendice: fotocopia autenticata.

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del convento). Nella tomba segnata con «una piccola croce in lamina di ferro» con il nome del Padre, alla profondità di m. 1.30 «si rinvennero riunite in un gruppo alquante ossa», che il medico elencò e dichiarò appartenenti ad un individuo di sesso maschile, di media età, di statura piuttosto alta. Così ricordavano padre Carlo i presenti. Sotto uno strato di terra vennero rinvenute le ossa di don Pesatori. Quelle di padre Carlo vennero deposte «in una cassa di legno dolce, rivestita internamente di una lamiera di zinco, la quale venne chiusa con saldatura di stagno. La cassetta medesima venne quindi assicurata con un nastro nero munito di n. 5 suggelli di ceralacca rossa colla dicitura seguente: “La Parrocchia di Casale Pusterlengo SS Bartolomeo e Martino”. Venne apposto un coperchio di legno assicurato con chiodi, e la cassetta fu trasportata nella cappella (…). Alle 5 pomeridiane l’operazione era conclusa»523.

523 Uno dei presenti rese testimonianza in proposito nel Processo canonico, Antonio Grassi. Da questa possiamo cogliere qualche notizia. «Parecchi erano accorsi»; tra questi il coadiutore don Carlo Gelmini, che – par di capire – provvide ad apporre i suggelli della parrocchia. L’«impiegato» Marzari Bartolomeo, testimone, risulta essere il cancelliere della Real Pretura, che appose i suggelli della Pretura sulla cassetta (Proc. Laud., f. 344rv). Era presente un altro testimone del Processo, Bertoli Bassiano, che dichiarò:«Nel giorno nel quale si compì l’esumazione delle spoglie del padre Carlo, benché io non ricordi né il giorno né il mese nel quale fu compiuta, avendo io portato una cassa di zinco in cui dovevano essere poste le ossa dello stesso padre, senza che gli altri se ne accorgessero, presi un pezzetto di osso e me lo posi in tasca. Dopo che ebbi saldato a fuoco la cassa di zinco, ritornai a casa mia». Giunto a casa, trovò la madre di Andena Ercole che piangeva perché il figliolo stava morendo, le diede il pezzetto d’osso perché glielo mettesse al collo. Gli fu subito messo, in un sacchetto. Pochi giorni dopo il ragazzo era guarito perfettamente (ibid., f. 222v). Ne abbiamo parlato. Meraviglia che questa guarigione, comprovata da dichiarazione medica e da vari testimoni, non sia stata valorizzata per portare più avanti al causa di beatificazione. Della corona dei cappuccini e dei brandelli della tonaca di p. Carlo e dei resti della cassa della sepoltura non si fa cenno: erano stati prelevati nella esumazione del 1872. La voce del catalogo dell’Arch. PC, cart. 16, n. 1 è da correggere: i resti umani di p. Carlo furono rinvenuti il 21 novembre 1871 nella tomba di don Pesatori (data errata perché questi morì il 31.1.1872), raccoltiin un mucchietto a parte, non in una cassa di legno e in una di zinco. Non si parla di sandali, fu rinvenuta la corona del Rosario. I resti di p. Carlo furono posti nelle cassette di legno e di zinco alla riesumazione, il 21.5.1897 e depositati nella cappella

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Quel primo passo – la deposizione dei resti mortali nella cappelle cemeteriale – provocò e preparò i successivi. Un mese dopo, in data 18 giugno 1897, padre Leone indirizzò un «ricorso all’Onorevole Giunta Municipale di Casalpusterlengo»: si faceva interprete del «generale sentimento della popolazione» e chiese l’autorizzazione a dare alle spoglie di padre Carlo una più onorifica sepoltura nella loro chiesa524. L’On. Giunta ritenne di non aver poteri in proposito, e decise di trasmettere l’istanza al Sotto Prefetto di Lodi525. Nello stesso giorno il sindaco Raimoldi la trasmise al Sotto Prefetto con una lettera nella quale dichiarò che a lui sembrava che non esistesse alcuna ragione in contrario ed espresse «Il pieno e incondizionato parere favorevole a tale concessione anche nei rapporti della pubblica sicurezza»526. Il Sotto Prefetto, a breve giro di posta, rispose: «Quantunque fosse (personalmente) persuaso della irricevibilità del ricorso», aveva rimesso la petizione al Prefetto. Questi aveva deciso: non può essere accolta, perché contraria alla legge sanitaria527. Si può immaginare lo sconcerto dei frati, del clero locale, dei devoti. Né era da sperare considerazione e favori da parte dell’apparato politico statale, includendo il Prefetto di Milano e il Sotto Prefetto di Lodi. Al Regio Prefetto la curia vescovile inviò una dichiarazione: «Presa visione del ricorso del sac. don Vigano Camillo a cotesta R. Prefettura tendente ad ottenere il permesso d’esumare i resti mortali del fu padre Carlo d’Abbiategrassso al secolo Vigevano Gaetano, onde trasferirli nel sepolcreto esistente nella chiesa San Salvario, e ciò perché le chiare virtù del defunto hanno la speranza che possa iniziarsi un processo di beatificazione, il sottoscritto dichiara essere ciò conforme a verità, anzi

funebre dei Frati nel cimitero comunale. 524 Ibid.: estratto del Verbale della Giunta Municipale in data

21.6.1897.525 Arch. Com. Casal., ibid. 526 Ibid.: Lettera del sindaco.527 Ibid.: lettera del vice prefetto al sindaco 26.6.1897 e lettera del

sindaco al padre guardiano 27.6.1897 per trasmettere la risposta del Sotto Prefetto. Di tutte le lettere indirizzate al p. guardiano gli originali in Arch. PC, cart. 16.

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attesta che l’Autorità Ecclesiastica sta raccogliendo memorie ed atti per le opportune informazioni ad introdurre la causa»528. Da questa dichiarazione – da attribuire, ritengo, a mons. Mazzi già cancelliere e dallo stesso anno 1897 vicario generale – possiamo dedurre due cose: 1ª l’esumazione e il trasferimento al santuario erano in ordine alla speranza di avviare il processo di beatificazione; a tal fine voluti; 2ª era già iniziata (giugno ‘97) la raccolta «di memorie ed atti». Ma – forse per ispirazione di padre Carlo,

528 Arch. Stor. Dioc., Processus de Canonizatione: minuta senza data e firma. Fotocopia autenticata in Appendice. Ecco i documenti relativi a esumazione e trasferimento delle spoglie di padre Carlo esistenti nell’Arch. Com. Casalp. e riportati in fotocopia autenticata in Appendice: 21.5.1897 sindaco a guardiano: nulla osta; 18.6. petizione del guardiano alla Giunta Municipale; 21.6. estratto verbale Giunta; 21.6. sindaco al Sottoprefetto di Lodi; 26.6 risposta del medesimo a sindaco, negativa; 28.6. comunicazione della medesima dal sindaco al guardiano; 10.2.1898 Consiglio Provinciale Sanità al sindaco autorizzando il trasferimento alla chiesa; 26.2 Prefettura di Milano dispone visita di Commissione Sanitaria Provinciale; 28.2 conferma del sindaco alla Prefettura; 28.2 sindaco comunica al guardiano la visita; 29.2. sindaco dà incarico al dott. Bianchi di partecipare alla visita in luogo dell’Ufficiale Sanitario infermo; 7.3. Prefettura sollecita il sindaco a riscuotere dagli interessati la tassa di L. 120; 12.3 Sottoprefetto trasmette al sindaco l’autorizzazione alla traslazione; 14.3 sindaco comunica a guardiano il decreto di autorizzazione; 28.4. guardiano comunica al sindaco data della traslazione e la decorazione di strade e piazza; 28.4 stampato di annuncio della traslazione. Il diniego della Regia Prefettura non meraviglia. La Polizia segnalava l’azione intensa dei cattolici, del «Partito clericale», dell’Opera dei Congressi in particolare, nelle sue diramazioni regionali, diocesane e parrocchiali. Nella esumazione e traslazione di un frate venerato da tutto il popolo la Prefettura vedeva una manovra dei clericali, un pericolo. Si stavano effettuando in Milano i preparativi per il XV° Congresso dell’Opera dei Congressi, che si tenne infatti alla fine dell’estate. Fu il più importante della serie, e mise in luce la forza organizzativa dei cattolici italiani esclusi dalla vita politica del Paese: comitati diocesani e parrocchiali, sezioni giovanili, Casse Rurali, Mutue Operaie, leghe professionali, giornali, ecc. Il Congresso confermò la linea cattolica: nessuna concessione o patteggiamento con i liberali che monopolizzavano il potere. L’ira del governo Di Rudinì – imbarcati i radicali di sinistra – andava visibilmente montando contro il “partito clericale” e quelli “sovversivi” (socialisti, anarchici, repubblicani). La autorità di Pubblica Sicurezza moltiplicavano minacce e misure restrittive (G. Mosca, Cento anni di vita e di battaglie religiose e civili delle parrocchie del Lodigiano, capit. X: la situazione nel Lodigiano e a Casalpusterlengo).

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o per la tenacia del guardiano padre Leone, o per l’innata capacità dei Casalini di litigare – fu individuata un’altra strada. Ancora per il tramite del sindaco una petizione del padre guardiano fu trasmessa al Consiglio Provinciale di Sanità. Era la strada giusta. Per via gerarchica (Sotto Prefetto, Sindaco, Padre Guardiano) giunse il parere favorevole anche perché negli stessi giorni, nel numero del Monitore dei tribunali, anno 38, 18 giugno 1897, erano state pubblicate le nuove disposizioni di legge relative alla esumazione e traslazione in una chiesa dei resti di persone per le quali si era iniziato il processo di beatificazione529. Alla Prefettura veniva a mancare la ragione del diniego.

Il 2 marzo si riunì nella cappella funebre dei cappuccini la Commissione nominata dal Prefetto della Provincia di Milano per procedere all’esame delle ossa. Era composta dal medico provinciale cav. dott. Iginio Pampana, dal membro del Consiglio Sanitario Provinciale cav. dott. Luigi Simonetta, cav. avv. Luigi Pisati assessore municipale, del dott. Giacomo Bianchi rappresentante dell’Ufficiale Sanitario. Inoltre don Carlo Gelmini coadiutore, in rappresentanza del parroco locale, padre Leone da Bosco guardiano del convento dei cappuccini, Grassi Antonio e Goldaniga Vincenzo custode del cimitero in qualità di testimoni e il notaio dott. Francesco Rognoni che stese il verbale. Tutto fu trovato conforme a quanto descritto nel verbale della esumazione. Le ossa furono rinchiuse nella cassetta di zinco con due vasi di terracotta contenenti calce viva per la migliore conservazione e una bottiglia di vetro con la dichiarazione che le ossa appartenevano a padre Carlo d’Abbiategrasso, per future identificazioni. La cassetta venne assicurata con un nastro di seta nero con

529 “Disposizioni”, in Arch. PC, cart. 16, n. 2; Arch. Com. Casal., ibid.: lettera del Sotto Prefetto del 10.2.1898 al sindaco, con la condizione che fosse verificata con una visita ai resti mortali l’idoneità al trasporto, e dietro pagamento di un vaglia postale di L. 30. Da parte sua la Prefettura comunica al sindaco la data della visita: 2 marzo, ore 11.30 (lettera 26.2.1898). Risposta del sindaco al Prefetto (28.2.1898); comunicazione al padre guardiano nella stessa data, ed ancora nella stessa data delega al medico comunale dott. Bianchi a presenziare in luogo dell’Ufficiale Sanitario che era ammalato.

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cinque suggelli di ceralacca con timbro «Parrocchia di Casalpusterlengo SS Bartolomeo e Martino», fu inserita nella cassetta di legno, con coperchio assicurato con due liste di zinco incrociate e saldate, e di nuovo fu deposta in una tomba della cappella. Il tutto si svolse in un’ora, dalle 12 alle 13530.

Si pensò subito al solenne trasporto. E qui tutto il paese fu coinvolto: frati, clero, autorità, popolo. Il guardiano comunicò al sindaco la data: 4 maggio. Confermò il rispetto delle leggi: «un funerale normale, con ufficio funebre nella chiesa parrocchiale. A meglio condecorare tali onoranze funebri – scrisse il guardiano – verranno tirate ad equa distanza tra loro lungo il percorso sandaline di color nero, attaccandole ai muri delle case, come suole praticarsi in altre circostanze e sulla piazza maggiore verranno impiantati dei pali per le stesse»531. Furono diramati inviti a partecipare con «L’orario della funzione»: ore 8 Processione al Cimitero (dalla chiesa parrocchiale, è da presumere); ore 8.30 solenne trasporto alla chiesa parrocchiale; Messa Cantata, discorso; ore 10 continua la processione al santuario dove sarà impartita l’assoluzione al feretro e solenne deposizione nel luogo designato532. Lo stesso testo dell’annuncio fu riportato dal settimanale diocesano Il Cittadino di Lodi533.

530 Arch. Stor. Dioc., ibid.: processo verbale. Fotocopia autenticata in Appendice. Pochi giorni dopo la Prefettura ordinò il versamento di L. 120 per procedere all’emissione del decreto di autorizzazione al trasporto dal cimitero alla chiesa di San Salvario (ibid.: lettera al sindaco 7.3.1898). Furono versate. Il 12 il Sotto Prefetto comunicò al sindaco il decreto emesso dal Prefetto due giorni prima (ibid.: lettera). In data 14 marzo il sindaco trasmise al padre guardiano copia del decreto: veduta la relazione della Commissione Sanitaria Delegata e la quietanza della Ricevitoria del Registro locale, sentito il parere del Consiglio Provinciale di Sanità, fu autorizzato il trasferimento dei resti mortali «al sepolcreto all’uopo predisposto nella chiesa di San Salvatore» (ibid., lettera 10.3.1898).

531 Arch. Com. Casal., ibid.: lettera del p. guardiano del 28.4.1898. La foto del funerale conferma il particolare delle sandaline.

532 Arch. Com. Casal., ibid.: copia invito a stampa datato 28.4.1898.533 Proc. Laud., doc. XXI, f. 403rv; Il Cittadino di Lodi, 30.4.1898, p. 3

col. 1 in Cronaca.

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Ancora una volta abbiamo notizie precise dal verbale steso dal notaio Rognoni. Alle 7.30 del 4 maggio si presentarono nella cappella mortuaria dei frati cappuccini il guardiano padre Leone, il coadiutore don Carlo Gelmini in rappresentanza del parroco, Vincenzo Goldaniga custode del cimitero, i testimoni Mazari Bartolomeo e Scotti Antonio. Il Goldaniga aprì la tomba sottostante il pavimento della cappella, estrasse la cassetta che racchiudeva le ossa di padre Carlo. I presenti riscontrarono che nessuna manomissione era stata effettuata. La cassetta «fu racchiusa in un nuovo e più capace cofano di legno», che venne trasportato nella cappella centrale per essere addobbata più decorosamente, «in attesa del trasporto solenne, che verrà fatto oggi stesso verso le ore dieci»534.

E solenne fu veramente il trasporto delle povere ossa dell’indimenticato padre Carlo, tanto da lasciare in chi fu testimone il senso di un avvenimento straordinario, grandioso. Il vice postulatore p. Isaia annota sinteticamente nell’Articolo 130: «Quegli avanzi vennero solennemente trasportati dal cimitero alla Parrocchiale, accompagnati da più di ottomila persone con intervento di numerosissimo clero secolare e regolare… Compita la solennissima ufficiatura da Requiem nella Parrocchiale si rimise in viaggio ancora quell’immensa turba di popolo per accompagnare le ossa del Servo di Dio nel santuario dei cappuccini»535.

Una più dettagliata relazione di come si è svolta la traslazione fu pubblicata da padre Giovanni da Milano negli Annali Francescani a pochi mesi di distanza536. Ritengo che

534 Arch. Stor. Dioc., ibid.: Verbale del trasporto delle spoglie del Rev. Padre Carlo da Abbiategrasso.

535 Proc. Laud., f. 49r. Concordi le testimonianze rese da don Sordi («numerosissimo popolo e molti sacerdoti», f. 129v); don Sante Peviani («immenso popolo», f. 104r); don Guasconi («numeroso clero e popolo anche da altri luoghi», f. 117r); don Mazza («numeroso clero e affluenza di popolo», f. 146v); don Fratti («sterminata folla», f. 152rv); Gagliani Caterina («moltitudine sterminata», f. 248v).

536 Annali Francescani, I° agosto 1898, p. 452ss (Proc. Laud., Doc. XXIII, f. 403v ss). Continua nel Doc. XXIV, f. 408r ss da Annali Francescani, 16 agosto 1898 p. 484ss, senza firma. Ultimo articolo nella stessa rivista, numero successivo p. 516ss in Doc. XXV, a firma p.

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il religiosa sia stato tra i numerosi confratelli presenti, considerando la ricchezza di particolari della relazione stessa. Non fu un trasporto funebre – scrive – ma piuttosto un trionfo: un trionfo deliberato da un popolo intero che sospende i lavori di maggio nei campi, lascia macchine e stabilimenti537. «Tutta una borgata di settemila abitanti consacra un’intera giornata alla memoria di un umile frate». Descrive l’incedere solenne della processione, la croce, i vessilli delle società religiose, la gioventù biancovestita, la larga rappresentanza dei cappuccini con il padre provinciale e definitori, il clero di Casale al completo e numerosi altri sacerdoti, il cofanetto con le ossa portato da quattro padri cappuccini «fra uno sfarzo di lumi e una moltitudine di devoti», il suono lento e grave delle campane, addobbi che ornavano a festa finestre e balconi, le due ali di popolo, la folla che stipava il cimitero all’inizio e la chiesa parrocchiale ancor prima che giungesse la processione, la Messa celebrata dal prevosto Don Ciceri, l’elogio tenuto dal barnabita padre Cesare Barzaghi, il proseguimento della processione fino al santuario, le ultime parole del prevosto di Abbiategrasso a nome della rappresentanza che l’accompagnava, ed infine la deposizione «nel sepolcreto, scavato a sinistra di quell’altare, e propriamente in quel

Giustino da Lovero.537 Casale Pusterlengo (come si scriveva allora) alla fine del secolo

XIX era annoverato tra i principali borghi della campagna lodigiana. La popolazione si aggirava appunto sui 7000 abitanti. Gran parte di questi si guadagnava da vivere (uomini, donne, ragazze e perfino bambini) lavorando nei campi. C’erano commercianti e artigiani. Per l’intraprendenza anche imprenditoriale e la laboriosità dei Casalini si era venuto formando un nucleo industriale notevole, il maggiore nella campagna. Torchi, incannatoi e filande per la lavorazione della seta, fabbriche di stoviglie, fornaci di laterizi, quattro industrie lattiero-casearie, una segheria, una ditta di imballaggi (F. Fraschini, Casalpusterlengo da borgo a città, vol I°, p. 263ss). Non solo gli operai (tra i quali già si andava affermando il socialismo), ma anche contadini (allora la categoria più numerosa) e i commercianti. «Benché fosse il tempo nel quale i contadini sono pressati dai lavori nei campi»: affermò p. Paolino da Verdello presente alla traslazione (Proc. Mediol., f. 96v). «I negozi di Casale si tennero in quel giorno tutti chiusi, mentre son sempre aperti anche in festa»: fra Simpliciano Maria da Riscalda, che fu «di famiglia a Casale» (ibid., f. 123v). Si fermò l’intero Borgo.

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luogo ove egli ascoltava i bisognosi e impartiva la benedizione agli infermi».

Com’era successo in occasione del funerale, quarant’anni prima, anche questa volta la direzione del rito funebre sfuggì dalle mani dei frati. Di nuovo clero e popolo fecero a modo loro. Il padre guardiano si era impegnato con il sindaco (come abbiamo visto, e ci doveva essere una precisa condizione da parte dell’autorità politica, mentre già disordine e sommosse s’infittivano anche in Lombardia) a far celebrare un funerale ordinario e a mettere sandaline «da morto». Capitò invece che tutte le Associazioni religiose parteciparono con i loro vessilli; finestre e balconi furono decorati “a festa” come per una processione; si seguì l’itinerario non dei funerali ma delle processioni538.

538 Il corteo funebre percorreva (e percorre) un itinerario fisso: dalla casa alla chiesa parrocchiale, al cimitero. Preso alla rovescia, per padre Carlo: dal cimitero alla chiesa di San Rocco, contrada San Rocco, all’angolo della contrada di San Martino (oggi Via Garibaldi) il corteo non si diresse alla vicina piazza, ma tirò dritto, percorse la contrada di Pozzolo fin nei pressi della chiesa di San Bernardino, poi la contrada di Rivadersa (oggi Via Cavallotti) fino a raggiungere la piazza e la chiesa parrocchiale, e poi la Contrada Granda, la Chiesa di Sant’Antonio, la Contrada dei Cappuccini. Chiese di San Rocco, San Bernardino, Sant’Antonio, chiesa “grande”: il classico itinerario delle processioni del Corpus Domini e della Madonna del Rosario. Un particolare della deposizione del teste Mangini Giovanni Battista nel Proc. Laud. non lascia dubbi in proposito: «A tentoni venne sulla via Pozzolo per la quale passava il feretro». Parla della guarigione di Maria Ottolini; era il sacrista di San Bernardino e abitava proprio in quella via (f. 200r). Il numero dei partecipanti al corteo funebre, valutato in 8000 presenze, non è da ritenere esagerato. Vessilli, stendardi e bandiere delle associazioni religiose, numerose e fiorenti, assicuravano un gran numero di partecipanti. A Casale c’erano allora la Pia Unione Figlie di Maria; Confratelli e Consorelle del Santissimo Sacramento (i soci erano ammessi dall’età di 14 anni: ecco la «gioventù bianco vestita delle confraternite» che è espressamente citata dal cronista); le Confraternite della Madonna del Rosario, del Carmine, della Madonna di Lourdes, quelle dedicate al Sacro Cuore, il Terz’Ordine Francescano; le Scuole della Dottrina Cristiana degli adulti; gli oratori femminile tenuto dalle Suore di Madre Cabrini e quello maschile, neonato; la Società di San Luigi Gonzaga con la sezione giovanile; la Società Cattolica Operaia. I soci erano migliaia, complessivamente! (G. Mosca, “Casalpusterlengo: le chiese ecc, vol 2°, pp. 124-125; 100 anni ecc., cap IX). E c’era gente che veniva da paesi e città. C’è una fotografia (unica, mi risulta) dell’avvenimento, scattata

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I resti mortali di padre Carlo giunsero al santuario verso mezzogiorno. Il rev. prevosto di Abbiategrasso «con una parola robusta, infiammata (scrisse il cronista in Annali Francescani sopracitati) a nome della rappresentanza del luogo nativo, ringraziò la popolazione di Casale per le solenni onoranze tributate al loro concittadino e auspicò vicino il giorno in cui la Chiesa l’avrebbe iscritto all’albo dei Santi»539. Alle tre e mezza pomeridiane si trovarono nella

nella piazza mentre la parte centrale del corteo funebre muove dalla chiesa parrocchiale al Santuario. È riprodotta negli Appunti di p. Evaldo, p. 448. È purtroppo difettosa, ma permette di intravvedere il sarcofago a forma di tempietto portato a spalla da quattro frati cappuccini, ai due lati file compatte di Confratelli con candele, tre frati davanti (provinciale e definitori?), diacono e suddiacono chiaramente, celebrante del quale si distingue solo il piviale che indossa; gente ai due lati, una torma di ragazzetti che segue il corteo. Purtroppo non si distingue il volto del celebrante, ma io ritengo che si tratti del prevosto don Ciceri: le esequie le celebrava il parroco, aveva celebrato la messa, ai suoi lati diacono e suddiacono senza barba e con berretto in testa. Fossero stati religiosi cappuccini avrebbero avuto la barba e non il berretto: i tre erano del clero di Casale. Sullo sfondo della foto, pali e sandaline (queste, sì, nere), e la facciata della chiesa parrocchiale, appena rifatta dopo l’allungamento dell’edificio, e ancora coperta dalle impalcature. Fu inaugurata (si legge negli Atti della seconda Visita Pastorale di mons. Rota) il 7 maggio 1898. (Si noti la data: «tre giorni dopo»): «Solenni feste celebrate con l’intervento di tre Vescovi ad onore di Cristo Redentore, inaugurandosi quale monumento dell’omaggio che universalmente gli si renderà in questo finir di secolo, la grandiosa facciata della chiesa parrocchiale» (Arch. Stor. Dioc., Atti 2ª Visita Pastorale, fine maggio 1899, Parrocchia di Casalpusterlengo, cart. 19). La fama dell’avvenimento si diffuse. Fra Leone da Bagnatica, del convento di Albino (Bg) si trovò per caso con il papà di padre Carlo che ritornava dalla traslazione. La Lega Lombarda di Milano del 7/8 maggio 1898 riportò una corrispondenza da Casalpusterlengo con al relazione della traslazione «degli ultimi avanzi di un santo al Santuario dei Cappuccini». Parla delle vie addobbate con pompa, gremite di popolo; della partecipazione del clero secolare e regolare, delle autorità civili e della rappresentanza di Abbiategrasso. La cassa sorretta da quattro padri cappuccini venne portata come in trionfo alla chiesa parrocchiale e poi al santuario. Tutte le botteghe erano chiuse in segno di festa. I fedeli s’inginocchiavano al passaggio o si stringevano dietro il feretro. «Casale volle che passasse per tutte le sue vie». Un «immenso popolo» lo salutò all’ingresso nel Santuario (Proc. Mediol., doc. 9, f. 264v).

539 Arch. Stor. Dioc., Processus: elenco dei Cittadini Abbiatensi che presenziarono la festa della traslazione delle spoglie…: clero, parenti, rappresentanti della Fabbriceria, della Confraternita del SSmo

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chiesa il padre guardiano, don Gelmini in rappresentanza del prevosto, il provinciale p. Paolino da Verdello, i testimoni Mazzari e Scotti e il notaio dott. Rognoni per gli ultimi adempimenti.

La cassetta con le ossa del Padre fu tolta dal cofano in cui era stata posta per la traslazione; fu rinchiusa in un’altra di legno assicurata con viti; «venne indi deposta nell’apposita fossa scavata nella cappella dedicata a San Francesco d’Assisi e cioè nella cappella di mezzo del lato destro di chi entra in chiesa. Tale fossa trovasi precisamente rasente la balaustra, all’estremità di questa e a destra dell’altare. Deposta in detta fossa la cassa venne coperta con lastre di vivo e sopra le stesse vennero ricollocate le mattonelle del pavimento già prima rimosso»540.

Condannato ancora una volta al nascondimento, vien da dire! Solo in seguito, e per volontà del popolo casalese fu posta una piccola lapide:

HicComuni hujus populi casalensis voto

ex coemeterio traslataossa jacent

Patris Caroli AbbiatensisCapucinorum Ordinis

qui mirae sanctitatis odoreobiit anno MDCCCLIX541.

Padre Carlo ritornava nella sua chiesa, ai piedi della sua Madonna, in mezzo alla sua gente e ai suoi confratelli. Ma su quegli stessi frati che l’avevano accompagnato si scatenò Sacramento, del Comitato Parrocchiale con bandiera, del Terz’Ordine Francescano con stendardo e persone diverse, per un totale di 34 partecipanti (elenco autenticato in Appendice).

540 Ibid.: Verbale del trasporto delle spoglie del R. Padre Carlo da Abbiategrasso a rogito dott. Francesco Rognoni notajo, 4 maggio 1898. (Arch. Stor. Dioc., ibid.).

541 «In questo luogo per comune voto del popolo di Casale giacciono le ossa di padre Carlo d’Abbiategrasso dell’Ordine dei Cappuccini traslate dal cimitero. Morì in profumo di ammirabile santità nell’anno 1859» (G. Mosca, Casalpusterlengo: le chiese ecc., vol 4°, pp. 411-413). La lapide fu sostituita nel 1932 dalla attuale.

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di nuovo l’ira dei nemici della Chiesa, appena conclusa la giornata trionfale della traslazione, per quella specie di legge del contrappunto insita nella storia del santuario e già ripetutamente rilevata. Non su quelli rimasti a Casale, ma su quelli venuti da Milano a condecorare la traslazione e che erano ritornati a casa loro, nel convento di Via Monforte di Milano, cinque giorni dopo. E non solo sui frati! I nuovi assalti del leone diabolico della profezia di padre Carlo!

Quale colpa avevano commesso i Cappuccini? Si veda in nota542. Nessuna! Ma il trattamento doveva servire di

542 Nel gennaio di quell’anno 1898 era aumentato il prezzo della farina di frumento di importazione e il Governo e i Comuni avevano aumentati i dazi. Farina di frumento e di granoturco, pane e polenta, erano la componente essenziale della già povera alimentazione delle classi lavoratrici. Le proteste furono generali. Disordini scoppiarono in tutta l’Italia. Nella vicina Piacenza 5000 militari occuparono la città, ci furono barricate, saccheggi di forni, arresti, morti, feriti. A Lodi e nel territorio non ci furono sommovimenti; solo a Casale alcune donne convinte “da un gruppo socialista” iscenarono una protesta in Comune, e per alcuni giorni ci furono tentativi di tumulti, sedati dai Reali Carabinieri e dall’esercito. Erano i giorni della inaugurazione della facciata della chiesa parrocchiale e della intronizzazione della statua del Sacro Cuore di Gesù! Il Governo Rudinì rispose con la forza. A Milano e provincia il 7 maggio fu proclamato lo stato di assedio e fu conferito ogni potere al generale Bava Beccaris, comandante della 3° Armata. A Milano i militari spararono sulla f.la e si ebbero 83 morti e 450 feriti. Il giorno 9, poco dopo mezzogiorno, mentre nel cortile del convento dei Cappuccinisi di Via Manforte distribuiva pane e minestra alla consueta piccola f.la di poveri, un soldato, ritenendo che si trattasse di una convocazione di rivoltosi, diede l’allarme. All’una del pomeriggio l’esercito aprì una breccia nelle mura di cinta a cannonate e diede l’assalto al convento. Un poveretto, trafitto da una baionetta, fu gettato sulla piazza a morire; un altro, trovato nascosto in coro, fu ucciso dov’era con una fucilata. I religiosi che si trovavano in coro per la preghiera dopo pranzo, e quelli che si trovavano in altri locali o nelle celle, furono ammanettati e condotti (a un certo punto, di corsa) in Prefettura. Tra essi, lo stesso padre provinciale, che pochi giorni prima aveva partecipato alla traslazione dei resti mortali di padre Carlo. Alcuni vi giunsero feriti: P. Alessandro da Lodi di 73 anni, subito ricoverato in ospedale, come anche p. Isaia da Gerenzano (che vedremo guardiano a Casale), a lungo tra vita e morte. Furono ammassati in una stanzetta in numero di 29. Persone amiche portarono qualcosa da mangiare. Il generale Bava Beccaris riconobbe l’innocenza dei religiosi, ma per salvare le apparenze, per non confessare apertamente l’errore con il loro ritorno al convento che frattanto era stato ripetutamente e minuziosamente perquisito senza alcun risultato, il giorno seguente li

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minaccia a preti e a frati, sospettati dal Governo, specialmente a quelli della campagna e al clero giovane di Milano. Dopo l’arrabbiato Crispi, che annoverava socialisti e cattolici in blocco e l’intera classe lavoratrice tra i nemici della Patria, il capo del Governo Di Rudinì colse l’occasione attesa per dare agli avversari politici un colpo decisivo: a socialisti, anarchici, repubblicani, Camere del Lavoro, Leghe, giornali; ed anche ai cattolici, all’Opera dei Congressi, cui facevano capo Comitati Parrocchiali, Circoli, Casse Rurali, Cooperative, Mutue: migliaia di opere, tutto l’associazionismo sociale cattolico in Lombardia e altrove. Nemici della Patria, ribelli politici, perturbatori della pace sociale!

A Casale il 20 maggio fu sciolto il Comitato Parrocchiale con la Sezione Giovanile. Chiusa la sede, confiscato tutto. Quali reati avevano commesso? Un anno dopo il prevosto don Luigi Ciceri scrisse al vescovo mons. Rota: «L’Ecc. Vs. insieme con il parroco di Casalpusterlengo era sotto osservazione, ora anche questa è cessata. Lo so da fonte sicura, da chi ha veduto la lettera spedita dalla Real Arma dei Carabinieri»543. Don Ciceri, parroco zelante e molto

fece trasportare presso i Padri Barnabiti, in carrozza chiusa. Furono rimessi in libertà dieci giorni dopo, a due a due per non dar nell’occhio. (P. Fedele Merelli, Il convento dei Cappuccini e il tempio del Sacro Cuore di Gesù in Milano, p. 13ss.; Id., La breccia del convento di Monforte Milano, 9 maggio 1898). Il Tribunale di Guerra di Milano celebrò 114 processi con 779 imputati, dei quali 652 furono condannati. «Cifre che fanno venire la pelle d’oca… momento di aberrazione mentale, che lascia tristi tracce»: scrisse Il Po, giornale non “cattolico”, ma liberale di Codogno (20 agosto 1898). Fu prosciolto Il Cittadino di Lodi; fu condannato, e duramente, don Albertario, il focoso direttore dell’Osservatore Cattolico di Milano. Il suo difensore potè dichiarare nel processo: «Non una ribellione di cattolici, non una dimostrazione di clericali, non un imputato riconosciuto socio di una associazione cattolica» (Il Cittadino di Lodi, il 2.7.1898: Una preziosa dichiarazione). In realtà le denunce e i processi intentati contro sacerdoti, religiosi, laici e stampa cattolica si conclusero con altrettante assoluzioni per inesistenza di reato. Don Albertario pagò per tutti.

543 Arch. Stor. Dioc., cart. 11: Casalpusterlengo, fasc. 3: lettera datata Pentecoste 1899. In G. Mosca, Cento anni di vita e di battaglie religiose e civili delle parrocchie del Lodigiano, cap X° e note: informazione dettagliata del coinvolgimento del territorio diocesano. F. Fraschini, Casalpusterlengo da borgo a città, vol. I, p. 299ss.

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attivo, era stato previdente: aveva favorito e sempre continuò a favorire la fondazione e la crescita di associazioni religiose, devozionali, dedicate in particolare al Sacro Cuore di Gesù, alle quali aderiva un numero impressionante di fedeli, nell’insieme migliaia di persone. Queste associazioni sfuggivano alle prevaricazioni della civica autorità.

In giugno il Governo fu costretto a dimettersi. Il 5 settembre fu abrogato lo stato d’assedio nella città e provincia di Milano. La ripresa del movimento sociale cattolico fu faticosa. Non mutò l’animo dei governanti, tessuto di sospetti, minacce e prevaricazioni. Non vennero meno «i leoni che vogliono sbranare la Chiesa»; ma secondo la profezia di padre Carlo, il grande, più forte Leone XIII e con lui la Chiesa resistevano impavidi.

Un anno dopo la trionfale traslazione delle spoglie di padre Carlo al santuario e la contemporanea repressione governativa,quasi negli stessi giorni di maggio, il 3 maggio il vescovo di Lodi mons. GiovanBattista Rota diede inizio al processo di beatificazione. Verso la fine del mese, 27-28 maggio, effettuò la seconda visita pastorale a Casale e nei Decreti volle manifestare il suo compiacimento per la vita parrocchiale, «per quanto lo permettono le tristi condizioni presenti»544. In vista dell’Anno Santo 1900 si stavano completando i lavori nel santuario, la nuova facciata monumentale della chiesa parrocchiale, i restauri delle chiese sussidiarie di Sant’Antonio e San Bernardino. Al Civico Ospedale erano state chiamate le suore di Maria Bambina, che si aggiungevano a quelle di Madre Cabrini, dedite alla gioventù femminile. Madre Cabrini aveva aperto a Casale la terza casa per mettere la neonata Congregazione sotto la protezione della Madonna dei Cappuccini. Stava nascendo l’Oratorio Maschile. L’Anno Giubilare fu segnato da celebrazioni memorabili.

Casale godeva di un supplemento d’anima: il santuario, la Madonna dei Cappuccini, la Madonna di Casale. Nel santuario padre Carlo, ritornato a casa, ritornava a

544 Arch. Stor. Dioc., Atti della seconda Visita Pastorale.

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richiamare folle di fedeli che imploravano grazie, perdono, consolazione, coraggio.

6. - IL LUNGO CAMMINO VERSO LA GLORIA DEGLI ALTARI

La persistenza della devozione a padre Carlo nel decorso degli anni; le manifestazioni di questa devozione, note a Casale, nei dintorni e anche più lontano; l’ottenimento di grazie; la presenza, a lungo, tra i frati cappuccini di confratelli che avevano conosciuto e apprezzavano padre Carlo, e che avevano anche compiti di governo della comunità e di formazione; la presenza frequente dei cappuccini nelle parrocchie, richiesta ed apprezzata, per la predicazione, celebrazioni, confessioni, visite agli ammalati, portavano irresistibilmente a togliere la lampada da sotto il moggio (voglio dire il ristretto ambito del convento, del santuario, del borgo) e a porla sul candeliere. Cioè a far conoscere in ambiti sempre più vasti la santità dell’umile fraticello, la sua vita straordinaria, le opere nelle quali si rendeva evidente l’intervento di Dio e della Santissima Vergine Maria. Ciò comportava oltre il passa-parola prevalente mezzo di comunicazione, il ricorso alla stampa, strumento insostituibile per la diffusione delle notizie e l’innesto nella mentalità corrente545.

545 Appena eliminata l’oppressione austriaca, nel 1860, iniziò la pubblicazione a Lodi il Corriere dell’Adda, cui si aggiunse il Fanfulla da Lodi e a Codogno Il Po, espressioni delle varie anime risorgimentali liberali. In parallelo le voci della sinistra socialista: Il Proletario, seguito da La Plebe. Tutti anticlericali, in modo virulento, ad eccezione del più misurato Il Po. Ma i cattolici non stettero a guardare. Dal 1864 per trent’anni Il buon Pastore”, una rivista fondata e diretta da don Angelo Bersani, poi vescovo coadiutore, ebbe un numero sorprendente di abbonati, in tutta Italia. Nel 1878 nacque Il Lemene, settimanale, che con la venuta del vescovo mons. Rota lasciò il posto a Il Cittadino di Lodi nel 1890, affidato alla direzione di don Luigi Alemanni, di Casale. Il Cittadino è l’unico sopravvissuto dei giornali fondati nell’800 e si appressa a festeggiare i 120 anni di vita e i 20 di trasformazione da settimanale in quotidiano. Terzo degli unici tre quotidiani cattolici sopravissuti in Italia: Avvenire, L’Eco di Bergamo, Il Cittadino! La diocesi già dal 1860 disponeva di una tipografia vescovile, che ebbe varie gestioni.

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«Subito dopo la morte» di p. Carlo, un religioso del convento di Casale, p. Policarpo Realini da Caravate546, scrisse al prevosto di Abbiategrasso don Palazzi una lettera, chiedendo notizie degli anni giovanili di p. Carlo. Lo stesso don Palazzi lo dichiara in una lettera che ricorderemo più avanti, in risposta a quella di p. Egidio da Milano che gli aveva chiesto le stesse notizie, una quindicina d’anni dopo: «Le notizie riferibili al venerando p. Carlo di Abbiategrasso le ebbi già dettagliate e spedite al padre Policarpo che me le richiese appena morto il sullodato padrte Carlo547. Padre Policarpo raccolse altro materiale? Non sappiamo. Confluì in quello che una quindicina di anni dopo raccolse p. Egidio da Milano, come vedremo.

Questa notizia, comunque, permette di ridimensionare il rammarico espresso da tutti i biografi e il sott’inteso rimprovero ai confratelli di padre Carlo, di non essersi preoccupati di lasciare una documentazione di quanto era avvenuto e stava avvenendo. Sembra di poter arguire che la famiglia religiosa, tutta testimone, abbia avuto questa preoccupazione e abbia delegato l’opera a p. Policarpo. Non conosciamo il seguito. Certo non risulta che altri confratelli abbiano tenuto nota, durante e dopo la brevissima permanenza di padre Carlo nel convento di Casale, dei fatti del tutto straordinari che si moltiplicavano e richiamavano le folle. La santa Regola che certamente privilegiava l’umiltà e il nascondimento? Le facili e frequenti «obbedienze» che spedivano i frati da un convento all’altro? La mancanza di spazio per iniziative in luogo, in attesa di deliberazioni del supremo organo di governo nella Provincia? Una certa qual ritrosia personale? La provvidenza? Però proprio la provvidenza divina volle che mettesse radice a Casale chi doveva essere testimonio e poi custode fedele della memoria: p. Samuele da Viganò. Era nel convento di Casale quando nell’estate del 1858 vi fu assegnato padre Carlo, e vi rimase fino alla morte. «Per venticinque anni fu confessore e guida delle anime soprattutto sacerdotali nel santuario dei Casalpusterlengo»: è scritto nel Necrologio della Provincia

546 Questo nome non risulta nel Necrologio dei cappuccini lombardi.547 Cf. AGC, cart. MD Servi Dei: P. Carolus de Abbiategrasso, doc. 2.

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Lombarda548. Padre Samuele va forse individuato come referente in luogo per ogni richiesta di notizie relative a padre Carlo durante i primi decenni dopo la sua morte. Ma la spinta decisiva alla pubblicazione della prima biografia del servo di Dio sembra sia venuta da altre parti: da un amico cappuccino che «dalle sponde del lago di Garda» spedì alcune notizie. Era poco, ma bastava – scrive il destinatario – «per mettere insieme un libriccino capace di fare molto bene». Il destinatario era don Gaspare Olmi, sacerdote terziario francescano, residente a Genova, esperto in pubblicazioni agiografiche. Ne uscì un “libriccino” di 40 pagine, formato piccolo, stampato dalla Tipografia Arcivescovile di Genova nell’anno 1877 con il titolo: Una gemma dell’Ordine dei Cappuccini, ossia Brevi cenni biografici del P. Carlo d’Abbiategrasso scritti da G Olmi Terziario Francescano. La figura di padre Carlo lo affascinava. I cenni biografici sono essenziali. Le considerazioni sono abbondanti e tese a svegliare ammirazione e devozione nel lettore, secondo lo stile comune alle agiografie del tempo. Ma chi era l’«amico»? Un amico molto amico, perché gli metteva in mano una documentazione completa, anche se succinta, alla quale l’Olmi dette la veste discorsiva di un libro. Egli infatti ignorava l’esistenza di padre Carlo.

P. Evaldo Giudici nell’ultimo volume dedicato allo studio del servo di Dio549 individua il convento sulle sponde del lago di Garda, quello di Salò. E fa i nomi di p. Lorenzo da

548 Stato Effettivo della Comunità religiosa al fine dell’anno camerale 1858, in Arch. Stor. Dioc., cart. Parrocchia Casalpusterlengo, fasc. 221-222; Necrologio dei Frati Minori Cappuccini della Provincia di San Carlo in Lombardia , 20 febbr. Padre Samuele nacque a Viganò il 14.7.1822 (nome civile: Sala Camillo); morì a Casalpusterlengo il 20.2.1881. Fu religioso molto conosciuto e stimato, anzi venerato come immagine vivente dell’indimenticato padre Carlo. Quando la sua tomba fu riaperta, dieci anni dopo la morte, la salma fu ritrovata incorrotta. I resti umani furono i primi deposti nella cappella funebre quando fu edificata per i religiosi defunti (G. Mosca, Casalpusterlengo, le chiese, la religiosità popolare e le sue espressioni, vol 4°, p. 425). Di una apparizione di p. Samuele con p. Carlo all’inferma Orsola Mondaniera si riferirà nell’elenco delle guarigioni attestate extra e dopo il Processo (P. Aliverti, Vita del Servo di Dio, pp. 237-238, riportata anche da P. Evaldo, Appunti, pp. 450-451).

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Albino (il provinciale che aveva aperto al riammesso frate Carlo le porte degli studi teologici e del sacerdozio), guardiano dal 1872 al 1873; di p. Virgilio da Chiari, vicario dal ’73 al ’74; p. Egidio da Milano, di famiglia dal 1874; p. Eugenio da Correggioverde, di famiglia dal 1876. Il primo aveva vissuto con p. Carlo tre anni nel convento di San Vittore a Milano; gli altri tre erano stati suoi compagni di studio o di noviziato. «Da uno di questi – scrive p. Evaldo – supponiamo, il materiale per il libriccino fu spedito all’amico Gasparo Olmi». Rimane prudentemente sulle generali; ma credo che si possa fare un passo avanti ed individuare in p. Egidio di Milano colui che compilò la documentazione attinta da ricordi personali e da confratelli e superiori del convento di Salò o residenti altrove. Una prova che non lascia adito a dubbi viene da una semplice scorsa del catalogo dell’AGC. I documenti e i molti fogli (brutta copia) di quelli inviati come materiale a uno che stava scrivendo la vita del Servo di Dio lo dimostrano550. Egli scriveva in data 11 gennaio da Salò: «Ecco le notizie del p. Carlo. Scriva subito, presto, bene come al suo solito, Faccia risaltare questo servo di Dio. E si ricordi di cogliere l’occasione di una parola d’encomio all’Ordine cappuccino… Spero ch’Ella

549 E. Giudici, Appunti per una vita, p. 446.550 Vedi elenco dei documenti in Appendice, pp. 555-580. Da questo

materiale cogliamo le prove. Trasferendosi a Roma, p. Egidio si portò dietro le carte, le mise al sicuro. Gli Appunti relativi a «guarigioni di febbri – a mille guarigioni» costituiscono una raccolta di materialer per una “vita”. Si tratta di episodi datati: gennaio 1859, 1860, luglio 1864, 1868 o 1868 (AGC, cart. MD Servi Dei: P. Carolus de Abbiategrasso, doc. 3: cf. in Appendice, p. 544). Del 5 marzo 1875 è la lettera al Prevosto di Abbiategrasso don Palazzi a p. Egidio, in risposta ad una sua richiesta di notizie circa la giovinezza di padre Carlo. Don Palazzi ripete quel che aveva scritto a p. Policarpo del convento di Casale, che gli aveva rivolto la stessa richiesta «appena morto il sullodato padre Carlo» (ibid., doc. 2: Appendice, p. 542s). Dello stesso anno la lettera a p. Egidio scritta da Piacenza da p. Alessandro da P[iacenza] il 21 aprile, per confermare che padre Tornatoire aveva assicurato che avrebbe messo per iscritto un pro-memoria sui suoi incontri con p. Carlo (ibid., doc. 8 e doc. 10: Appendice, p. 545s). I «molti fogli di notizie del p. Carlo» inviati a chi aveva assunto l’incarico di scrivere la Vita del Servo di Dio: la minuta, o una copia conservata in archivio, scritta da p. Egidio l’11 gennaio 1877, dove parla di guarigioni miracolose che ha raccolto (vedi qui sopra nel testo).

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si metterà tosto con lena al lavoro, e saprà tributare quest’onore a S. Francesco esaltando il p. Carlo… Se non fossi poi troppo ardito bramerei poter leggere il suo lavoro prima delle stampe. Se poi ella potesse cedermi applicazioni di Messe spererei di poter con queste alienarci molte copie della Vita frl P. Castrlo tra religiosi miei conoscenti. Nelle memorie che le spedisco non ho messo descrizioni di guarigioni miracolose, avvenute in vita ed anche dopo morte; se però ella credesse bene averle sottomano e pubblicarle, me ne avvisi che gliele spedirò»551. Il che significa che egli è stato il punto di riferimento dei biografi di quegli anni, anche dopo l’Olmi. Era favorito dalla sua posizione di Archivista della casa generalizia e nell’archivio è rimasto il materiale da lui raccolto552.

L’opuscolo di G. Olmi si conclude con la morte e il funerale di p. Carlo e la lettera di comunicazione del p. guardiano ai conventi della Provincia. Non ha dati posteriori553.

Nello stesso anno 1877, a Napoli, in una serie di articoli dedicati ai Santuari Mariani d’Italia nella rivista I gigli di Maria, fu incluso anche quello della Madonna dei Cappuccini di Casalpusterlengo: Il Santuario di Maria e i Cappuccini di Casalpusterlengo presso Lodi in Lombardia. Autore: P. Arcangelo da Taormina (Calì), noto storico dell’Ordine, citato più semplicemente come Padre Calì. Tre pagine sono dedicate a P. Carlo. P. Evaldo rileva che l’autore attinge all’operetta di G Olmi, citando o no, senza aggiungere nulla di nuovo554. L’articolo-opuscolo dimostra

551 AGC, cart. MD Servi Dei: P. Carolus de Abbiategrasso, doc. 24, p. 8.

552 P. Egidio aveva il fiuto e il taglio del ricercatore, dello storico: nel 1870 aveva fondato gli Annali Francescani a Milano; nel ’79 fu chiamato a Roma come archivista generale. Esercitò l’ufficio fino alla morte, che sopravvenne il 10.2.1892. Tra l’altro aiutò la monumentale edizione e diffusione dell’opera del card. Massaia, celebre missionario in Etiopia (cf. Necrologio, 10 febbr.).

553 Nel Proc. Laud. è allegato come doc. X, da f. 363r a f. 383v.554 Pp. 39-41; P. Evaldo, Appunti, p. 446. L’articolo fu riprodotto come

Estratto con giunte in un opuscolo stampato a Napoli nell’anno 1877. P. Calì scrive in apertura: «Nel 1872, trovandomi a Cremona, mi venne in mente di fare una gita fino a Casalpusterlengo, e visitare il celebre

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comunque che il nome di Padre Carlo diventava sempre più noto, anche in altre regioni dell’Italia in costruzione. Fu tutto merito dei confratelli di P. Carlo.

In terra lodigiana, dove ovviamente era più viva la devozione al Servo di Dio, i devoti che accorrevano a Casale, al santuario e alla tomba nel cimitero, chiedevano pressantemente Vite da leggere e da diffondere. Al Proc. Laud. fu dichiarato da vari testimoni. Offrirono una occasione particolarmente favorevole le celebrazioni solenni del I° centenario della incoronazione della effige di Maria Santuario di Maria di S. Salvatore, che con tanto impegno e zelo viene officiato in mezzo a mille contrasti, dai Cappuccini» (p. 5)… «Il simulacro della Vergine di S. Salvatore, sì venerato dai Casalesi e forestieri, è uno dei più celebri d’Italia» (p. 8). Scrisse l’opuscolo (o forse ne ebbe l’ultima informazione) quando, verso la fine del 1872, i religiosi avevano potuto ricostituire la famiglia conventuale (p. 43). Cita espressamente l’Olmi (p. 41). Del tutto mal informato il giudizio sulla parte sostenuta dal clero per la riapertura del convento: «e dopo mille angarie ed ostacoli messi innanzi da chi doveva zelare la gloria di Dio e il ripristinamento del monastero» (p. 43). Si riferiva al parroco del luogo? Don Veneroni da sempre amico dei religiosi, ammiratore e difensore di P. Carlo a suo tempo, ebbe il merito di essersi opposto, con la Fabbriceria parrocchiale, alla chiusura e incameramento di convento e chiesa, di avervi introdotto di nuovo i religiosi prima con sotterfugi contra legem poi con approvazione governativa, e di aver permesso la rifondazione ecclesiastica della famiglia religiosa sotto il mantello protettore della Fabbriceria, che civilmente risultava ed era proprietaria del convento, e della Parrocchia, della quale la chiesa di San Salvario era sussidiaria. Per questi titoli si potè mettere al riparo convento e chiesa da nuove soppressioni, che il Calì stesso paventava («I Cappuccini per ora stanno e staranno nel loro convento»). Il giudizio è altrettanto ingiusto, se riferito al vescovo mons.Gelmini che aveva sostenuto l’opera di don Veneroni e che, in occasione della visita pastorale alla fine di ottobre era stato al santuario per celebrare la messa e parlare alle Figlie di Maria riunite nel coro. «Con somma gentilezza» il Guardiano gli fece sapere che la chiesa era esente. «Il Vescovo non istò e gradì la colazione offerta». Senonché passò alla chiesa di Sant’Antonio, e là fu preso da dolori fortissimi, e dovettero riportarlo alla casa parrocchiale. Non era stato avvelenato, non si pensi male! (G. Mosca, Cento anni ecc, p. 68 e note; Atti Visita Pastorale). Male informato, padre Calì, anche se si riferiva alle difficoltà sorte al ritorno dei Cappuccini circa trent’anni prima. Avevano sbagliato sia il p. guardiano, ritenendo di riprendere possesso sic et simpliciter del convento e della hiesa, che giuridicamente appartenevano alla Fabbriceria Parrocchiale e alla chiesa parrocchiale, e aveva sbagliato il parroco don Venturini a ritenere i religiosi semplòici dipendenti del parroco.

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SS. venerata nel santuario555. Evidentemente, erano dirette alla Madonna, i resti mortali di P. Carlo giacevano nel cimitero comunale, ma la memoria era sempre viva, e si colse l’occasione per mettere a disposizione delle folle che accorrevano al santuario un volumetto di poche pagine scritto per la gente comune, con lo scopo di sostenere ed espandere una devozione che stava recando grandi frutti spirituali. È probabile che l’iniziativa sia stata presa dallo

555 «Il guardiano p. Lorenzo da Milano, con la collaborazione di un comitato di sacerdoti e laici di Casale, organizzò feste in grande. Si voleva esprimere la riconoscenza della popolazione e dei religiosi alla Madonna, alla intercessione della quale attribuivano la nuova apertura del santuario e del convento. I tempi erano tutt’altro che favorevoli; eppure giunsero al santuario pellegrinaggi da tutta la diocesi. Presiedettero le celebrazioni il vescovo mons. Gelmini e il suo coadiutore mons. Angelo Bersani Dossena, che tenne il panegirico, poi dato alle stampe. Nel panegirico, in verità, il vescovo coadiutore non fece alcun cenno a Padre Carlo» (Sul culto della Madonna. Discorso recitato da mons. vescovo coadiutore di Lodi a Casalpusterlengo nell’occasione che si celebrava il centenario della incoronazione della statua della Madonna sotto il titolo di San Salvatore presso il convento dei cappuccini. Lodi, Tip. Vesc. Quirico Tamagni Marazzi, 1880). Copia in Arch. Parr. Casalp., cart. 27, Cappuccini I°. Padre Carlo da Subiaco dà un’ampia relazione delle feste: Il Santuario della Madonna detta di San Salvatore e il convento dei Cappuccini di Casalpusterlengo. Notizie storiche di P. Mauro da Subiaco Lettore Cappuccino. Milano, Tip. Serafino Ghezzi, 1889, cap. VII, p. 39ss. Altre pubblicazioni riguardanti in santuario, di tipo storico, divulgativo, devozionale, furono curate dai Cappuccini. Merita di essere segnalato un omaggio alla Madonna (Invocazioni o litanie della Madonna di Casale) per gli accenni del tutto inconsueti ai problemi più vivi del tempo: del lavoro, politici, religiosi: «Oh Madonna di Casale… perché proteggi l’operaio – contro al secolo immorale… - Deh difendi il giornaliero – dall’avaro uom brutale… - Poi preserva i nostri figli – dal fier turbine sociale… - Benedici ogni cortese – la famiglia e il Bel Paese – rendi prospero e morale … - O Madonna di Casale, te domanda il poveretto… - Tu conserva i nostri armenti, - vigne e campi siano esenti – da tempeste ed altro male – Tutto il popolo di Lodi – qui t’invoca coi bei modi – Sua Signora Nazionale … - O Madonna di Casale». «Regalo ai lodigiani» è detto nell’intestazione. Gli umilissimi versi non portano firma. Furono stampati a Lodi ed arricchiti di una indulgenza concessa dal vescovo mons. Gelmini. Le parole, successivamente ritoccate, sono conosciute dagli anziani. Le celebrazioni – scrive il Bramini – suscitarono un immenso entusiasmo in tutto il Lodigiano. La Fabbriceria Parrocchiale (civilmente proprietaria del santuario) chiese alla Giunta Comunale che provvedesse all’ordine pubblico, mettesse a disposizione i pompieri, vietasse il traffico dei veicoli ed ogni altro ingombro nel recinto antistante il santuario ed autorizzasse

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stesso guardiano p. Lorenzo da Milano con il comitato di sacerdoti e laici di Casale che intelligentemente chiamò a collaborare (dove prendevano i soldi i frati, da poco rientrati nel convento?). Il volumetto infatti fu stampato a Lodi nel 1880 dalla Tipografia Cattolica della Pace con l’“Admittitur” del canonico Luigi Fiorini delegato dal vescovo. Portava il titolo: Memorie storiche sulla vita di Padre Carlo di Abbiategrasso sacerdote Cappuccino. Ottanta pagine, formato piccolo. L’autore? Anonimo! Ma qualche particolare permette di fare ipotesi. In primo luogo l’autore è un religioso cappuccino: «Io però con altro criterio giudicando il mio confratello…»556; dimostra inoltre una conoscenza esatta della Regola e della vita che si conduceva nei conventi. Forse non ha conosciuto Abbiategrasso557; è stato invece a Casalpusterlengo558 e nel convento559. Si manifesta molto informato circa gli anni trascorsi da p. Carlo

la posa in opera di archi ed ornamenti per le vie del paese. La Giunta, presieduta per la terza volta dall’ing. Beza, accedette alle richieste: con quanto entusiasmo – dato i precedenti – non saprei dire. A spese (precisò il Sindaco) della Fabbriceria (G. Mosca, Casalpusterlengo: le chiese, la religiosità popolare e le sue espressioni, vol I: Il Santuario della Madonna dei Cappuccini, pp. 55-56). Appena 12 anni prima lo stesso sindaco Beza aveva annunciato trionfante al sottoprefetto di Lodi con un telegramma: «Convento chiuso. Chiave ufficio. Oratorio aperto perché ordine pubblico minacciato. Custodia tempi a sacerdote laico» (Arch. Com. Casal., tit. IV, sez. 2, cart. 21, fasc. I). Celebrazioni del centenario: Arch. Fabbr. Casal., cart 7, n 85; Cronologio del convento, f. 39r; P. Mauro da Subiaco, Il Santuario della Madonna detta di San Salvatore e il convento dei Cappuccini di Casalpusterlengo, pp. 40-45; P. Valdemiro Bonari da Bergamo, I conventi e i cappuccini dell’antico ducato di Milano, memorie storiche. Parte 1°. I conventi, p. 272; Bramini, Un’oasi dello spirito, p. 245ss; G. Mosca, Casalpusterlengo, vol I, pp. 55-56 e Incoronazione della Madonna dei Cappuccini 1780. Tutti i documenti, fasc. 8°.

556 «Il mio confratello»: Padre Carlo (p. 41).557 Memorie storiche, pp. 7-8, all’inizio del I° capitolo. La descrizione

fu rimaneggiata, resa più elogiativa, nella 2° edizione, stampata ad Abbiategrasso.

558 Ibid., pp. 44-45: «La grossa borgata di Lombardia», il carattere degli abitanti, alquanto idealizzato e forse circoscritto a quelli che frequentavano il santuario

559 Ibid., p. 45: i dormitori piccoli, le celle anguste, la ricca biblioteca, la chiesa di modesta parvenza

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nell’Ordine, per conoscenza personale e per informazioni raccolte560.

L’autore però non risiedeva in un convento di Lombardia: «Il trovarmi distante dai luoghi dove visse p. Carlo ha fatto sì che poche sono le notizie a me pervenute»561. «Distante» quanto? In un convento del Bergamasco o del Bresciano o di altri territori lombardi? No: sarebbe stato sempre possibile l’acquisizione di notizie. Sulla copertina di una copia del libretto pervenute dalla biblioteca dei cappuccini di Cremona c’è una annotazione a mano: «Scritte da p. Arcangelo Calì da Taormina Cappuccino (vedi testimonianza di p. Valdimiro Bonari, «I Cappuccini della Provincia Milanese», parte 2°, vol 2°, pag. 607)». Segue la firma: p. Arsenio da Casorate. In effetti nel luogo citato dell’opera di P. Bonari, storico della Provincia Lombarda dell’Ordine, si legge: «Di quanto abbiamo sopra esposto, parte (viene) dalla vita del servo di Dio, anonima, ma scritta dal p. Arcangelo Calì da Taormina Cappuccino, pubblicata a Lodi nel 1880 dalla Tipografia della Pace, in 16°, di pag. 80»562. P. Idelfonso Aliverti da Vacallo (del quale prenderemo in considerazione gli scritti) cita nella bibliografia le «Memorie storiche su la vita di P. Carlo d’Abbiategrasso (anonime, che il padre Bonari dice essere di p. Arcangelo Calì da Taormina)»563. “Dice”: non sembra molto sicuro della attribuzione. P. Mariano d’Alatri mette

560 Per esempio, dai confratelli che avevano vissuto a Casale con p. Carlo (p. 67ss dedicate alla infermità e morte). L’autore scruta l’animo di padre Carlo, ne rileva le devozioni, l’osservanza perfetta della Regola, le virtù, la santità di vita, i giudizi dei confratelli e del popolo, il susseguirsi dei fatti straordinari, la santa morte. Lo scopo è di far conoscere il Servo di Dio e di esaltarne la figura. Siamo nell’agiografia. Allega in Appendice alcuni scritti: lettera al prevosto di Abbiategrasso, Proponimenti, Pensieri ed affetti. Nel cap VI riporta documenti relativi al tentativo dell’autorità politica di allontanare padre Carlo da Casale. Cita espressamente a p. 13 le notizie che gli erano state comunicate dal Prevosto don Palazzi.

561 Prefazione, pp. 4-5562 I cappuccini della provincia milanese. Parte II/2, Crema 1899, p.

607. Sono le ultime parole conclusive del capitolo dedicato a padre Carlo, che fu completato dagli editori (la provincia religiosa, immagino) con la narrazione della traslazione dei resti mortali di p. Carlo al santuario.

563 Vita del Servo di Dio Padre Carlo d’Abbiategrasso sacerdote cappuccino (1825-1859), nella bibliografia, p. 13.

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tra parentesi quadra «Arcangelo Calì da Taormina» come autore delle Memorie storiche564. P. Evaldo Giudici l’ultimo storico di padre Carlo – che ha dedicato decenni della sua vita allo studio del Servo di Dio, ponendo le basi che hanno reso possibile la ripresa della causa di beatificazione, – dedica alcune pagine al «piccolo giallo». Egli esprime l’opinione che nel volumetto uscito anonimo, attribuito a padre Calì, sia confluito il materiale raccolto dal sacerdote lodigiano don Carlo Talini, del quale parleremo subito565. È probabile intravvedere qui di nuovo la regia di p. Egidio da Milano, negli ultimi tempi di Salò e appena immesso nella nuova prestigiosa carica, a Roma. Dopo la pubblicazione della “Vita” dell’Olmi aveva continuato a raccogliere documentazione e l’aveva portata a Roma. Una documentazione accurata, già ordinata, da far pensare quasi ad una intenzione di mettere mano ad una nuova biografia, o comunque da utilizzare a questo fine566. Lo fa pensare il titolo apposto ad una serie di fogli con l’intestazione “Memorie del padre Carlo. Al molto reverendo Padre Predicatore”567. Da inviare, dunque, non a don Olmi, che non era “padre”, e tanto meno “predicatore”, ma potrebbe calzare esattamente al destinatario p. Calì. Si tratterebbe,

564 Santi e santità nell’Ordine Cappuccino, II: Il Sette e l’Ottocento. A cura di Mariano d’Alatri. Roma, Postulazione Generale dei Cappuccini, 1981, bibliografia p. 91.

565 Evaldo, Appunti, p. 447ss. Le ragioni addotte comprovano la particolare autorevolezza che avrebbe avuto una pubblicazione di don Talini, e come scrittore, e per la facilità dell’accesso all’archivio della Curia diocesana essendo segretario del vescovo mons. Gelmini e del coadiutore mons. Bersani. In realtà non c’è nessuna prova che i suoi manoscritti siano stati inviati a p. Calì. Anzi, potrebbe escluderlo il fatto che le sue carte sono andate disperse dopo la morte, avvenuta il 9.5.1885, mentre il volumetto in parola fu pubblicato cinque anni prima. Che questo sia stato stampato a Lodi, nella tipografia “Cattolica”, significa semplicemente che fu commissionato a Lodi, o meglio a Casale, dalla commissione per i festeggiamenti del I° centenario, che seppe scegliere il momento opportuno.

566 Cf. AGC, AD 100: P. Carlo da Abbiategrasso: vedi Appendice, p. 541.

567 Ibid., MD Servi Dei: P. Carolus de Abbiategrasso, doc. 25; come pure le cinque pagine del doc. 27: Vita del P. Carlo d’Abbiategrasso capppuccino. Introduzione.

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nel caso, di una copia trattenuta a Roma. Per uscire dal dubbio basterebbe confrontare questi manoscritti con Memorie storiche, prima edizione.568. La lettura attenta dell’articolo della rivista napoletana del 1877 e del volumetto pubblicato a Lodi nel 1880, rende evidente che non pochi passi del secondo riprendono, ripetono, ampliano, arricchiscono notevolmente le scarne pagine dell’articolo che ricordano soltanto i pochi mesi di permanenza di Padre Carlo nel convento di Casale. Le Memorie storiche si

568 Le “Memorie storiche” ricordano l’apparizione al padre guardiano pochi giorni dopo la morte, la guarigione di una donna angustiata dalla podagra, di un’altra che soffriva di tosse permanente, nella seconda e terza edizione, e del ragazzo Ercole Andena nella terza («Anzi mi piace qui riferire in conferma un meraviglioso e recente fatto, per l’autenticità del quale si spera di avere un attestato del medico curante che potrebbe essere nuovo impulso, per introdurre i sospirati processi» p. 84). L’autore icorda la devozione dei Casalesi che si recavano a pregare sulla sua tomba. Accenna a una decina di miracoli operati in vita, senza dati e nomi con una sola eccezione. Da un confratello ha avuto alcuni scritti di p. Carlo, che allega in Appendice (in parte, frasi scelte messe in fila). Dall’Archivio della Provincia, forse, ha avuto le carte relative all’intervento delle autorità di Polizia. Riporta la lettera di p. Carlo al prevosto di Abbiategrasso, Proponimenti, Pensieri ed affetti che sembrano piuttosto frasi scelte ed ordinate: «trovati tra i manoscritti del padre Carlo e che un religioso suo confratello, conserva presso di sé quale cara memoria e preziosa reliquia» (p. 74). «Una versione, però, ahimè! già riveduta e corretta – leggi, manipolata – … opera certamente dell’amico padre Samuele, che con tanta devozione li aveva conservati»: commenta padre Evaldo Giudici, Appunti, pp. 448-449, nota 41, avanzando precise ipotesi. Sembra che, in sostanza, esaurita l’edizione o per l’occasione dei festeggiamenti dei 100 anni, si rielaborò un po’ più ampiamente e con diretta conoscenza il materiale che da Salò era stato messo a disposizione dell’Olmi che ne aveva ricavato il noto esiguo libricino, che aggiungendo anche una appendice. Il persistere dell’interesse di p. Egidio ad ogni modo è fuori dubbio. La trascrizione manoscrittas degli articoli pubblicati dal settimanale diocesano di Lodi Il Lemene dal 19 giugno al 9 ottobre 1880 relativi alla storia del Santuario e alle celebrazioni del centenario della Incoronazione, potrebbe essere stata richiesta da p. Egidio a Casale, ma potrebbe anche essere l’originale da lui scritto, inviato in copia a Casdale e fatto pubblicare sen settimanale (cf. AGC, AD 38: Da Lodi a Casale e da Casale a Codogno ai terzi posti: in Appendice, p. 542s). Del 1881 è la lettera inviata a lui dal cugino di padre Carlo Angelo Vigevano, datata Abbiategrasso 14 aprile, in risposta tardiva ad una sua richiesta di notizie relative alla giovinezza di padre Carlo e ai supertstiti della sua famiglia (Ibid., MD Servi Dei: P. Carolus de Abbiategrasso, doc. 25: in Appendice, p. 540s).

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estendono invece su tutto l’arco della vita. In Appendice, una lettera, pensieri ed affetti di p. Carlo569. Del dopo-morte scrive: «Ma spenta una volta la cara esistenza dell’umile cappuccino, non si spense la possanza di Dio in opere meravigliose mercè l’intercessione del padre Carlo a vantaggio dei Casalesi e popoli circonvicini, come non ebbe termine la devozione di questi verso quello… Difatti molti prodigi si raccontano (accenna a quelli sopra ricordati)… Non è meraviglia dunque se la maggior parte dei Casalesi spesso vanno a pregare sulla fossa del padre Carlo e vi dimandano soccorso e aiuto in tutte le strette della vita»570. Si augura che «altri di lena più forte voglia accingersi a scrivere una compiuta storia di sua vita, e così fare vieppiù manifesta le grandi meraviglie che il Signore operò nell’umile suo servo», e che «si introducesse presso la S. Sede la causa di sua beatificazione»571.

569 P. Evaldo Giudici, Appunti, dedica gran parte del capitolo VIII: Fecondo di pensieri… ed azioni divine (pp. 234-250) ai pochissimi scritti di P. Carlo. Riporta gli scritti dagli originali, per intero, e li accompagna con una analisi accurata e con consonanza di sentimenti. Se si confrontano le due trascrizioni, si deve dire con p. Evaldo: «Ci riesce difficile spiegare perché non sia stata trascritta mai fedelmente e per intero» (p. 235) la unica, breve, incompleta predica scritta (o esercizio omeletico, scolastico), ed altrettanto le brevi annotazioni scritte nel convento di Milano. Da queste annotazioni (egli scrive) «sono stati stralciati già fin dal lontano 1880 i così chiamati “Proponimenti” e “Pensieri ed affetti di Padre Carlo” creando una divisione o una scelta un po’ semplicistica e sommaria, che potrebbe sembrare anche ovvia, ma che nell’originale proprio non c’è, e che noi perciò preferiamo ignorare completamente, per essere fedeli il massimo possibile alla verità su P. Carlo». P. Evaldo è l’unico che presenta i testi originali e completi. L’Anonimo del 1880 è riportato da P. Idelfonso Aliverti, Vita, pp. 258-261. Il Proc Mediol. e Proc. Laud. non includono gli scritti, che sono stati raccolti, esaminati posteriormente dalle Curie di Milano e Lodi e sono stati approvati in un passo successivo il 9.12.1908 dalla Sacra Congregazione dei Riti (P. Evaldo, Appunti, p. 475). Però dal decreto del vescovo di Lodi che introduce la causa (prot. 476/09 CSS dell’11.6.2009) risulta che gli scritti editi in copia autenticata erano già stati consegnati al vescovo stesso con il Supplice libello. Sembra utile o necessario rintracciare e verificare fonti e passaggi e la certezza di quanto detto nel decreto.

570 Memorie storiche, pp. 72-73.571 Ibid., p. 73 e Prefazione.

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Le Memorie storiche dell’Anonimo furono ristampate ad Abbiategrasso dalla Tipografia Bollini Cav. Giuseppe nel 1891 con l’Admittitur della curia vescovile di Lodi del 1880, con qualche variante: si correggono e si aggiungono le notizie riguardanti Abbiategrasso, qualche altra considerazione è aggiunta, il libretto di piccolo formato passa da 80 a 96 pagine. É possibile dare un nome a chi ha curato l’edizione. Il prevosto don Stefano Balconi, successore di don Palazzi, nel Proc. Mediol. dichiarò tra l’altro che aveva appreso notizie del servo di Dio ad Abbiategrasso, da padri cappuccini che venivano a predicare, dal cappellano della Pia Casa locale don Cesare Vigevano congiunto di padre Carlo, dal suo coadiutore don Luigi Magnaghi che era stato coadiutore di don Palazzi, da molte persone che avevano conosciuto il padre. «Il popolo rammentava le sue virtù e gli atti speciali di sua vita». In mezzo al popolo circolavano due edizioni di memorie della sua vita, molto ricercate: una prima, più antica (quella dell’Olmi, si presume), della quale si conservavano poche copie, e non sapeva di chi fosse, e una seconda della quale pure ignorava l’autore. «So che di questa seconda fu fatta ristampa per cura del padre cappuccino Vigilio che si trovava in Abbiategrasso per la predicazione quaresimale, e questo per aderire al desiderio di molti che la volevano»572.

572 Proc. Mediol., f. 226v-227-228; (Necrologio, voce) Ritroviamo uno dei religiosi, condiscepoli ed ammiratori di padre Carlo, che a Salò avevano dato inizio ad una decisa azione del ricupero della sua memoria tra i confratelli della Provincia e i fedeli. Padre Vigilio da Chiari (Binelli Giovanni) era stato ordinato sacerdote nello stesso anno della morte di p. Carlo: era quindi suo coetaneo e compagno negli anni della formazione. La Presentazione iniziale è però di qualcuno del luogo: «nostra storia» (p. 8), «nostro Gaetano» (p. 11). Sembra che l’iniziativa non abbia avuto alcun rapporto con i frati di Casale. Giunse però al momento giusto. L’anno seguente 1892 nel santuario ebbero inizio i lavori di ampliamento, trasformazione, abbellimento che diedero all’edificio sacro quell’aspetto, tipicamente cappuccino, che fu smantellato pezzo dopo pezzo nell’aggiornamento postconciliare e che le persone anziane del luogo ricordano con grande nostalgia. Su progetto e con la direzione dell’ing. Pietro Grazioli l’edificio fu allungato sul davanti ricostruendo la facciata, portichetti laterali, fu allargato con l’aggiunta delle tre cappelle simmetriche a sinistra. La statua della Madonna fu collocata in presbiterio, in una nicchia, sopra un nuovo altare con ancona e con il

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La parte, preziosissima, svolta da p. Egidio da Milano, confratello di padre Carlo e di padre Vigilio, viene a cessare. L’anno seguente, 1892, morì. Le carte, raccolte con tanto amore e con tanta competenza, rimasero (fortunatamente) sepolte nell’Archivio Generale e ora sono agevolmente consultabili, grazie alla catalogazione effettuata da p. Costanzo Cargnoni. Non furono proposte alla Postulazione Generale, per quanto risulta, per l’inoltro di una Causa di beatificazione; furono dimenticate in Provincia, dove non s’era salvato che tre pagine autografe di padre Carlo per merito di qualche frate che le aveva conservate come reliquie. Nell’ultimo decennio del secolo XIX le iniziative vengono prese in luogo, senza una mente direttiva: a Casale, ad Abbiategrasso, da religiosi e sacerdoti con l’appoggio dei fedeli, poi dei superiori provinciali (Padre Paolino da Verdello, altro confratello di padre Carlo).

Una terza edizione venne alla luce nell’anno 1898, a Milano, nella Tipografia Fratelli Lanzani, con Admittitur della prima e con 108 pagine. Anonima ancora, ma da alcune frasi premesse alla prefazione si deduce che il volumetto è stato ripubblicato «nella fausta occasione del solenne trasporto degli avanzi mortali… onde appagare il vivo desiderio di quei devoti che continuamente insistevano per averle. Nonostante i 39 anni già trascorsi dal suo passaggio da questa all’altra vita pure vive ancora benedetto ed onorato il nome del p. Carlo per tutta la Lombardia e principalmente nel Lodigiano… In quel di Casale e fin dove giunse la fama dell’umile cappuccino, è desiderio e speranza di molti divoti che s’introducesse presso la S. Sede la causa di sua beatificazione, e che presto venisse elevato alla gloria degli altari». Al voto già espresso monumentale tabernacolo di Fr. Francesco da Cedrate. L’altare fu consacrato da mons. Rota il 2 settembre 1892. Furono posti i rastrelli al presbiterio e alle tre nuove cappelle, ricopiando quelli che il famoso intagliatore aveva eseguito nel 1723-25, e rivestite le basi delle pareti: il tutto in legno di noce. Ne uscì una chiesa, un «santuario» mariano, con caratteristiche proprie, unico in diocesi: finché si volle ridurre a «chiesa parrocchiale» come le altre. Rispondendo a un «Appello» del padre guardiano, p. Cristoforo da Lecco, non solo i Casalesi, ma tutta la diocesi contribuì alla realizzazione (G. Mosca, Il santuario della Madonna dei Cappuccini, p. 56).

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nelle due precedenti edizioni è aggiunto: «Speriamo che non sia lontano l’avventurato giorno!»573. Il volumetto fu edito a Milano, e quindi credo che abbiamo indicazioni sufficienti per ritenere che l’edizione fu disposta dal ministro provinciale p. Paolino da Verdello, magna pars dell’apertura del processo canonico574, in vista della traslazione dei resti umani di p. Carlo nel santuario. Ai miracoli compiuti dopo morte aggiunge la narrazione della guarigione del ragazzo Ercole Andena, appena avvenuta. Alla prima appendice presente nelle edizioni precedenti è aggiunta una seconda con il decreto del prefetto di Milano che autorizza la traslazione dei resti umani di p. Carlo al santuario e il verbale di esumazione575.

Nell’anno seguente 1899 fu pubblicata l’opera insigne di p. Valdemiro Bonari, I Cappuccini della Provincia Milanese. Parte seconda vol II: Biografie dei più distinti: Brevi cenni sul Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso. È evidente l’utilizzo delle Memorie dell’Anonimo, spogliate delle continue pie considerazioni, ridotte all’essenziale, cioè ad un profilo di padre Carlo, certo non completo. Padre Bonari morì nel 1896. Il suo lavoro è da ritenere terminato, infatti cita le fonti: «Di quanto abbiamo sopra esposto, parte è conoscenza nostra personale, parte abbiamo da correligiosi, dal preposto di Abbiategrasso e dalla vita del Servo di Dio anonima, ma scritta dal p. Arcangelo Calì da Taormina Cappuccino, pubblicata a Lodi nel 1880 dalla Tipografia della Pace, in 16°, di pag. 80». Non va oltre la sepoltura di p. Carlo. A firma N.d.R. si aggiungono brevi notizie della esumazione e della traslazione al santuario. A cura degli

573 Prefazione.574 Nell’Appendice è riportato il verbale della esumazione delle ossa di

padre Carlo (24.5.1897). Nella Prefazione accenna alla istanza che «i buoni Casalesi» avevano fatto al Prefetto per ottenere che fossero deposte nel santuario dei cappuccini. Si riporta anche il decreto di autorizzazione (11.3.1898). Il libretto fu dunque pubblicato appena prima della traslazione, cioè in marzo-aprile 1898.

575 Nell’anno seguente, esponendo l’episodio nel Proc. Mediol. in qualità di teste, dichiarò che conosceva l’episodio «di sua propria scienza, avendo ricevuto deposizione giurata della madre e del figlio che ebbe la grazia, non che del medico stesso» (f. 86); Memorie storiche, pp. 84-87.

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Editori si riporta la cronaca della traslazione apparsa negli Annali Francescani I°.8.1898, che citeremo a suo luogo576.

Siamo sempre nell’ambito dell’Ordine dei cappuccini: il terziario G. Olmi di Genova per pressioni di un religioso non nominato, p. Calì da Taormina, p. Bonari da Bergamo; poi p. Mauro da Subiaco, p. Mariano da Alatri, p. Aliverti da Vacallo (Canton Ticino, Svizzera); alcuni scritti di padri della provincia lombarda. Viene da chiedersi: e Casale, e il Lodigiano, dov’era venerato? Nessuno ha scritto di p. Carlo? Eppure – abbiamo letto – le sue biografie erano ricercatissime!

576 I Cappuccini della Provincia Milanese dalla sua fondazione – 1535 – fino a noi. Parte seconda, vol II: Biografie dei più distinti nei secoli XVIII e XIX. Memorie storiche raccolte da manoscritti pel P. Valdemiro Bonari da Bergamo lett. Cappuccino. Crema, Tip S. Pantaleone di Luigi Meleri, 1899, pp. 597-611. Nello stesso volume, pp. 271-272, un sintetico accenno. La Nota dell’Editore rileva che «Le biografie di padre Carlo edite fino ad ora sono assai scarse, troppo scarse di particolari riguardanti la sua santità e lo splendore di quelle opere prodigiose che gettò abbarbagliante luce nel tramonto di sua vita presso la Madonna dei Cappuccini di Casale. La causa ne è che i contemporanei non presero note, né lasciarono memorie scritte». Ricerca le ragioni: non si resero conto di aver a che fare con un santo da altare; da parte di p. Carlo l’abilità di attribuire tutto a Dio e alla Madonna; la brevità del tempo e l’irrompere delle grazie che «lasciavano sbalorditi e confusi». Riporta la risposta di p. Samuele da Viganò che fu molto vicino a p. Carlo: non si è tenuto nota dei fatti perché ci sarebbero voluti due notai a scrivere «da mattina a sera e poi non basterebbe ancora». «Ora, troppo tardi, per servire ai processi informatori sulla fama di santità e miracoli, si vanno raccogliendo dalla bocca dei pochi superstiti i più noti ed importanti di quei fatti prodigiosi e grazie d’ogni genere che p. Carlo spargeva a piene mani; ma tali particolari sono un nulla a fronte di quel dilagare di miracoli che tutti concordemente attestano con la più profonda convinzione e commosso sentimento, senza poterne rendere molte particolarità sfuggite ormai dalle loro memorie. Che possa sorgere presto chi avvalendosi dei vecchi e dei nuovi materiali possa darci della santità e della virtù taumaturgica di p. Carlo una idea esatta» (nota, p. 605). Il volume fu pubblicato nel 1899, quindi quando era iniziato il processo per la beatificazione e l’audizione dei testimoni. Padre Bonari era morto nel 1895. Il volume venne pubblicato postumo del 1890. Nel convento di Casalpusterlengo erano state raccolte le dichiarazioni scritte dei testimoni e dal 3 maggio si susseguivano le sessioni processuali dedicate alla verbalizzazione delle testimonianze. L’estensore della nota era evidentemente al corrente.

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Un tentativo ci fu, e forse, anzi certamente qualcosa di più: l’inizio di una ricerca metodica di testimonianze. È affermato espressamente dal primo storico di Casalpusterlengo, don Luigi Alemanni: «Non molto tempo dalla sua morte cominciarono le ricerche per iniziare il processo di beatificazione presso la Romana Congregazione; e assiduo ricercò documenti e i fatti il prof. sac. Carlo Talini di Lodi, al quale, come a primo mio maestro in Seminario, è caro rendere omaggio di riconoscenza e d’affetto, ricordandone lo zelo, la pietà, l’operosità indefessa, non assecondata pur troppo dall’esilissima salute fisica, che, presto esaurita, lasciò libero il volo a quell’anima ardente. Colla morte di lui cessarono le ricerche, né sappiamo come siano finite le memorie del sac. Talini»577. Egli morì a soli 32 anni il 9 giugno 1885. Che si sia fatto qualche passo per l’apertura del processo in quegli anni è molto dubbio, non ci sono prove. É pervenuta una richiesta in tal senso a Roma? Nulla risulta negli Archivi: AGC, APGC, APCL, Arch. Stor. Dioc. Di Lodi. Che gli scritti di don Talini siano confluiti nel volumetto di p. Calì, cioè le Memorie storiche dell’Anonimo (ipotesi presentata da p. Evaldo Giudici, sulla base di alcuni indizi) non può essere accolta, perché il volumetto fu stampato cinque anni prima della morte di don Talini578. L’ultima pubblicazione su padre Carlo prima della apertura del processo canonico è costituita da tre articoli pubblicati negli Annali Francescani nell’anno 1898, pochi mesi dopo la traslazione delle spoglie di p. Carlo al santuario. Il primo

577 Storia di Casalpusterlengo, p. 133. Don Alemanni termitò il volume nel 1896, lo pubblicò nel 1897, fece appena a tempo a vedere stampato il frutto della sua ricerca storica sul borgo nativo: morì infatti, stroncato dalle fatiche dell’apostolato, nelle prime ore del giorno 28 agosto 1897.

578 Appunti, pp. 447-448. Si poteva sperare che don Alemanni potesse mettere mano ad una “storia” vera di p. Carlo, quale auspicava l’autore delle Memorie storiche: «Spero eziandio che altri, di lena più forte, voglia accingersi a scrivere una compiuta storia di sua vita e virtù» (Ia ediz., p. 73). Aveva tutte le doti necessarie, era una personalità eccezionale, ed era Casalino e devoto della Madonna dei Cappuccini, in tutta l’esuberanza del carattere; ma la morte lo colse a soli 32 anni. Del concittadino prof. don Giuseppe Balossi, letterato stimato in Lodi, in grado di affrontare l’impresa, non risultano particolari interessi in materia.

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porta la firma di p. Giovanni da Milano, ed è la cronaca dell’evento, cui aveva preso parte. Il secondo non porta firma, ma dovrebbe essere la prima parte di quello seguente. È una relazione inviata al padre provinciale con segnalazione di guarigioni straordinarie attribuite alla intercessione di p. Carlo e dei testimoni. Il terzo è una testimonianza personale di p. Giustino da Lovero, già compagno di p. Carlo all’Annunziata di Borno, a Milano e a Crema. Si trovava nel convento di Casale. Lo scritto porta la data del 13 giugno 1898: si noti, quaranta giorni appena dopo la traslazione. Egli confronta le proprie conoscenze con quanto scritto nelle Memorie storiche dell’Anonimo appena pubblicate nella terza edizione, e conferma «di scienza certa», corregge inesattezze, deplora lacune579.

Gli articoli sono di particolare importanza testimoniale. Ritengo utile trascrivere le affermazioni finali. «Sebbene in quei giorni (della residenza di padre Carlo) non fossi presente a Casale, posso dire di essere testimonio anche di questa parte, perché più volte ho udito raccontare i suoi prodigi in ogni loro circostanza, o da chi li aveva ricevuti, o da chi ne fu testimonio oculare. Dunque di scienza certa confermo tutto quanto sta scritto nelle Memorie storiche. Solo deploro che vi siano molte lacune, giacché molte altre cose vi sarebbero da aggiungere a pubblica edificazione». Esprime il voto che p. Arsenio «palesasse, in quanto può, le interne operazioni della grazia, che, argomentando dagli effetti esterni, dovette essere in lui abbondantissima». Brama anche che si raccolgano dalle labbra di fra Apollinare, il solo ancor vivente che era stato presente alla di lui preziosa morte, «tutte le parole e le circostanze che l’accompagnarono». E aggiunge: «Per quanto mi riguarda, ci tengo a dichiarare che lungi dall’aver amplificato, non ho scritto altro che ciò che sarei pronto a confermare colla santità del giuramento. Quanto ho udito da altri ho scritto fedelmente, senza nulla aggiungere del mio. E se altri fatti

579 Primo articolo, I° agosto 1898, n. 15, pp. 452-455; Proc. Laud. doc. XXIII, f. 403v ss. Secondo articolo, 16 agosto, n. 16, pp. 444-448; Proc. Laud., doc. XXIV, f. 408ss. Terzo articolo, I° sett., n. 17, pp. 516-518; Proc. Laud., doc. XXV, f. 414ss.

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notevoli verranno a mia cognizione, mi sarà un gradito dovere tenerne esattissima nota. Finirò dicendole, che voto universale di questa gente si è di vedere presto il p. Carlo innalzato agli onori degli altari». Segue la data: «Casalpusterlengo, 13 giugno 1898» e la firma : «F. Giustino da Lovero Cappuccino»580.

Nelle pubblicazioni che si succedevano dal 1877 si nota una attenzione prudente ai fatti che si presumevano miracolosi, operati in vita da padre Carlo e attribuiti alla sua intercessione dopo morte. Non si doveva e non si voleva precorrere il giudizio della Chiesa. Alcuni soltanto vengono riferiti; ma insieme diventa sempre più esplicita e pressante l’attesa di un riconoscimento ufficiale dellas Chiesa dalla santità della vita e della soprannaturalità dei fatti. Ora si punta decisamente a raccogliere materiale per l’avvio del Processo diocesano che introduca la Causa di beatificazione e santificazione.

Si può plausibilmente pensare che in occasione della traslazione, essendo presenti a Casale il ministro provinciale e i definitori, colpiti dall’esito che non è esagerato dire trionfale, si giunse alla conclusione che ormai non si poteva procrastinare l’apertura del processo canonico. Ci sono indizi precisi nella deposizione resa al Proc. Mediol. dallo stesso ministro provinciale, p. Paolino da Verdello: «Di questo fatto ho ordinato la deposizione dell’individuo stesso del quale non ricordo ora precisamente né il nome né l’età». Aveva parlato «con un uomo della diocesi di Lodi e di un paese vicino a Casale, che mi depose con giuramento nella mia qualità di Provinciale, che da ragazzetto, essendo nato sordomuto, ecc.»; e ancora: «Ne sono avvenuti molti (di miracoli), ne dirò uno di mia propria scienza e del quale ho ricevuto deposizione giurata dalla madre e del figlio che ebbe la grazia, non che del medico stesso, avvenuto in Casale l’anno scorso nel mese di marzo ecc.». Si tratta della guarigione di Achille Andena. Di fatti relativi alla traslazione o successivi dice: «Mi fu riferito…», dimostrando di essere al corrente di quel che succedeva581.

580 Proc. Laud., doc. XXV, f. 416-416v. 581 Proc. Mediol., ff. 84v-86r, 96r-97r.

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P. Giustino da Lovero, io ritengo, fu incaricato dal provinciale di raccogliere testimonianze con l’accuratezza che sarebbe stata esigita dal tribunale. Padre Giustino era la persona giusta: era stato condiscepolo di padre Carlo, ne conservava un vivo ricordo; era una figura autorevole e stimata nella provincia (era stato superiore); risiedeva nel convento di Casale (e vi rimase fino alla morte, 8.4.1909)582. Egli iniziò subito la ricerca: riporta infatti la lettera di Pesatori Angelo che testifica la guarigione di Ottolini Maria, datata 6 maggio,due giorni dopo la traslazione! O forse si era già dedicato a questa incombenza anche in precedenza? Mi pare che si possa considerare p. Gustino tra i maggiori artefici della preparazione dell’apertura del processo. Non solo raccoglie testimonianze, ma ora sappiamo che è lui – più che il padre guardiano, che qualche volta è nominato – che ha invitato e convinto i testimoni a presentarsi a deporre. L’elenco con i loro nomi sarà presentato al tribunale dal vice postulatore padre Isaia583.

582 Necrologio dei Frati Minori Cappuccini, 8 aprile. Di questo intenso lavoro c’è ampio riscontro nell’APCL nei «molti documenti e tre fascicoli di testimonianze precedenti i processi (P 1105/022-024: vedi in Appendice, pp. 549-552), e ancora, specificatamente, riguardanti grazie e miracoli post mortem (P 1105/029: Appendice, p. 552-554). Una sua lettera al padre provinciale mise la ricerca storica sulla vita di padre Carlo sul binario che conosciamo. Aveva sentito che il guardiano intendeva far scrivere da “P. Arcangelo siciliano (senza dubbio, padre Calì) una nuova Vita. Egli aveva criticato le Memorie storiche appena ristampate come povera, incompleta, non mancante di errori, perché poco informata (la prima edizione era infatti del 1880). Si dichiarava – rispettosamente – contrario per il pericolo che andassero perduti tutti i documenti che bisognava inviargli, e perché sarebbe stato più onorevole per la Provincia che scrivesse la Vita un confratello «di casa nostra», più tosto che «un forestiero di Sicilia», con la possibilità di far vedere il manoscritto da altri, prima di darlo alle stampe. Il provinciale lo ascoltò. La raccolta di notizie a cui aveva tanto lavorato rimase a Casale, e alla famiglia di Casale fu aggregato il frate che si sarebbe dedicato all’opera: p. Ildefonso Aliverti, del quale parleremo. La lettera porta la data 5 dicembre 1899 (cf. P 1105/58). Arriverà a Casale in rinforzo lo stesso vice postulatore per il processo diocesano, padre Isaia da Milano, come guardiano. La provincia assume in proprio l’impegno di affrontare processo canonico e causa.

583 Alla quinta domanda del formulario per l’interrogazione dei testi, la quasi totalità di questi rispose che erano stati invitati a deporre dai padri cappuccini. I testimoni erano in genere di Casalpusterlengo, ma non

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Nell’articolo, cioè nella lettera al provinciale, emergono nomi di religiosi cappuccini e di sacerdoti considerati particolarmente informati: il prevosto don Palazzi di Abbiategrasso; fra Giunipero (ossia fra Giunipero da Castel di Lecco, Carlo Caspani nato nel 1851, morto nel1926 a Crema, questuante); p. Arsenio da Brescia (Lorenzo Comincini); fra Apollinare (da Arcore, GianBattista Redaelli), questuante, che aveva assistito p. Carlo nella malattia e in morte. Preziose queste figure di umili frati questuanti (el frà cercòn) vicini alla gente, amati da tutti: essi conoscono persone, famiglie e fatti. Non è l’autore delle Memorie storiche, e non ne rivela il nome. Il vice postulatore attinse da questa lettera i dati delle guarigioni post mortem iscritte negli Articoli 135, 136,, 137, 138, 139584.

A questo punto, alla vigilia dell’apertura del processo canonico per la beatificazione di padre Carlo, dopo la lunga serie di fatti e di testimonianze riportate,sembra di poter ritenere dimostrato senza ombra di dubbio che la fama di

mancano quelli residenti in altri paesi del circondario: fu un impegno non da poco, che dimostra una dedizione esemplare. Lettera del Pesatori in Proc. Laud., f. 410v-411r: articolo in Annali Francescani del 16 ag. 1898.

584 Guarigione di Maria Mosconi, Art. 135: «La Mosconi è pronta a confermare il suesposto con giuramento. Molti sono i testimoni… Basti ricordare per tutti il sac Don Saverio Guasconi». Cita Memorie storiche, terza edizione (doc. XXIV, f. 409v). Guarigione di Ottolini Maria, Art. 136: lettera firmata da Pesatori Angelo con indicazione di altri testimoni (doc. XXIV, f. 410v-411r). Guarigione di Gagliani Pietro, Art. 137: dichiarazione della madre (ibid., f. 411rv). Guarigione di Ferri Teresa, Art. 138: deposizione del marito, con indicazione di altri testimoni: medico, madre ed altri (ibid., f. 411v-412r). Guarigione della bambina di Lodivecchio investita da una carrozza, Art. 139: relazione di fra Giunipero, in attesa di quella promessa dal parroco del luogo (ibid., f. 413rv). Dei miracoli operati da p. Carlo in vita ricorda quello della bambina Belloni Giovannina. Art. 107: descrive quanto attestano la madre, la Giovannina e Peveralli Olimpia (ibid., f. 412rv). Guarigione di Scarpanti Luigi di Meleti, N. 17 dei Miracoli in vita, f. 56v: testimonianza della figlia, tutta la parrocchia è testimone (ibid., f. 412v-413r). Anche Il Cittadino di Lodi (30.4.1898) annunciò la traslazione delle spoglie di padre Carlo, e il 7.5, diede un riassunto della cronaca pervenuta in ritardo, ma in forma così modesta, da meravigliare, avendo come direttore un Casalino della levatura di don Alemanni (doc. XXI, f. 402v e doc. XXII, f. 403rv). La corrispondenza non aggiunge nulla a quanto già conosciamo.

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santità che l’aveva accompagnato in vita, in morte e dopo morte, non è venuta mai meno: fino alla vigilia, cioè, dell’apertura del processo, nel quale la fama sarà confermata dalla totalità dei testimoni. Possiamo anche affermare, a questo punto, che lo stesso processo fu determinato proprio dalla pressione della venerazione del popolo cristiano, religiosi clero e fedeli. Non è possibile non vedere un piano della provvidenza divina, dalla quale esclusivamente provenivano le grazie elargite a quanti ricorrevano alla intercessione del servo di Dio. Quanto alle convinzioni dei fedeli e del clero del luogo (cioè: di Casale e circondario, ma anche in un raggio sempre più vasto, nel Lodigiano, in Lombardia e oltre), sembra non permangano dubbi, però con qualche eccezione che è doveroso segnalare. Quanto ai confratelli della provincia lombarda è interessante cogliere una evoluzione che presenta opinioni contrastanti, che convergono alla fine.

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II/2. - LA FAMA DI SANTITÁ POST MORTEM DAL PROCESSO DEL 1903 AD OGGI

1. - IL PROCESSO CANONICO PER LA INTRODUZIONE DELLA CAUSA DI BEATIFICAZIONE

Il primo cenno ai passi preparatori all’introduzione della causa di beatificazione di padre Carlo probabilmente è da individuare nella sopracitata minuta della lettera inviata dalla curia vescovile di Lodi al regio prefetto di Milano, in appoggio alla petizione inoltrata dal padre guardiano dei cappuccini di Casalpusterlengo, per ottenere l’autorizzazione a trasferire i resti mortali di padre Carlo dal

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cimitero comunale alla chiesa del convento, San Salvario, o Santuario della Madonna dei Cappuccini585.

La minuta è senza data e senza firma. Certamente non è stata scritta dal vescovo mons. Rota, il quale aveva una calligrafia minutissima, tale da esasperare chi legge i suoi scritti. Non può essere che del vicario generale, mons. Luigi Mazzi: soltanto il vicario generale infatti poteva rilasciare una dichiarazione officiale: «L’Autorità Ecclesiastica sta raccogliendo memorie ed atti ad introdurre la causa». Possiamo pensare a rapporti in corso con il ministro provinciale p. Paolino da Verdello a Casale con il padre guardiano, con i sacerdoti della parrocchia e quel gruppo di fedeli che premeva per la traslazione delle reliquie di padre Carlo e si faceva carico delle spese.

A causa delle difficoltà frapposte da viceprefetto e prefetto la traslazione si effettuò un anno dopo, il 4 maggio 1898586 (vedi capitolo precedente). Alla deposizione nel sepolcreto del Santuario preparato appositamente erano presenti non soltanto il padre guardiano e il prevosto (o meglio don Gelmini in sua rappresentanza, come nella esumazione e deposizione provvisoria nella cappella cemeteriale), ma anche il superiore provinciale p. Paolino da Verdello con i definitori. Presenze officiali, dunque, che lasciano intravvedere la decisione già presa di introdurre la causa. Infatti p. Paolino dedicò il breve tempo disponibile durante la sua permanenza nel convento di Casale a raccogliere personalmente testimonianze di guarigioni attribuite alla intercessione di padre Carlo, prima di partire per Milano, dove lo richiamavano con la massima urgenza i drammatici eventi in corso. Lo stesso giorno della traslazione p. Ildefonso “da Como” ricevette la deposizione scritta con giuramento rilasciata da Ercoli Angela di Casalpusterlengo relativa alla guarigione del figlio Ercole, che era avvenuta appena prima della festa di San Giuseppe dello stesso anno 1898587. P. Ildefonso da Como è lo stesso

585 Vedi sopra, p. 258s e nota 137.586 Vedi sopra al cap. 5: Le vicende dei resti mortali, pp. 244-265.587 APCL, P 1105/023, p. 34; anche a p. 20, Giuseppe Pareti. La data

del 4 maggio è la prima che appare nelle deposizioni scritte e datate

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p. Ildefonso Aliverti da Vacallo che conosciamo. Lo stesso artificio usato da p. Isaia da Gerenzano: essendo pressoché ignoti i paeselli di provenienza, correggono: da Como, da Milano. Aspirazioni alla nobiltà delle origini?

È a questo punto che l’ingranaggio si mise in moto, appena calmate le acque a Milano, pur essendo la città ancora sottoposta, con la Provincia, allo stato di assedio. p. Paolino, testimone oculare del trionfale tributo di onore e di devozione reso a padre Carlo, prese contatto – suppongo – con il Postulatore Generale dell’Ordine per le cause di beatificazione, S. Ecc. mons. Mauro Bernardo Nardi, vescovo titolare di Tebe e ausiliare del vescovo di Oppido Mamertina. Non risulta che sia stata reperita la lettera di padre Paolino588, esiste comunque la risposta del Postulatore. Così è riassunta da p. Evaldo Giudici: «È del 15 giugno 1898, infatti, una lettera di questa rev.ma Ecc.za a un ‘m. r. padre’ – certamente doveva trattarsi del padre provinciale, p. Paolino da Verdello – dove dice: «Sono rimasto stupefatto nel leggere la sua pregiatissima. Mai mi sarei immaginato tante belle cose riguardo al padre Carlo d’Abbiategrazzo. È vero che nessuno me ne aveva informato. Da quanto vedo è una causa che non si può trascurare. Quindi abbia la bontà di mandarmi tutto ciò che possiede intorno a questo Servo di Dio: vita, documenti o relazione, ecc, perché se vi sono elementi sufficienti incominceremo subito la causa»589.

relative a guarigioni ottenute ricorrendo alla intercessione di padre Carlo.588 Nessun accenno negli Atti del Processo, né è riportata dai biografi,

né nell’APGC a Roma. Possiamo presumere che p. Paolino abbia dato una relazione di quanto aveva visto personalmente a Casale, dei ricordi personali e di quelli di altri religiosi che avevano conosciuto padre Carlo, del diffondersi della venerazione anche al di là di Casale e della diocesi di Lodi, della universale convinzione che si trattasse di un santo, da riconoscere ufficialmente. Il postulatore generale (che era della provincia umbra dell’Ordine) ignorava vita ed opere di padre Carlo e la venerazione popolare. A Casale il giorno stesso della traslazione aveva avuto la dichiarazione scritta del dott. Bianchi relativa alla guarigione di Ercole Andena (Proc. Laud., f. 357v-358r, doc. III).

589?? P. Evaldo Giudici, Appunti, p. 469. Cita tra virgolette da “Processo n. 62” (nota 73 in calce), ma non mi è stato possibile interpretare la fonte. Questo il testo della lettera del Postulatore:

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L’introduzione della causa, in realtà, era sì nei voti del popolo cristiano, ma non poteva essere questo ad iniziare il procedimento canonico, e nemmeno il clero locale, e nemmeno lo stesso vescovo diocesano che probabilmente poco sapeva di padre Carlo. L’iniziativa poteva partire soltanto dai cappuccini. Così fu certamente. Ed essendo un’impresa che coinvolgeva sotto vari aspetti la provincia tutta, era necessaria – credo – una deliberazione del capitolo

A. R. P. Isayae a Mediolano Bernardus Nardi Ep. Tit. Thebanus, Postulator Generalis Ordinis Capuccinorum plurimam in Domino salutem.

Cum praecipuae nostri muneris partes sint ut ad Dei gloriam et Ordinis nostri decus intenta cura advigilemus causis Servorum Dei qui Ordinem nostrum sanctitate vitae illustrarunt apud Apostolicam Sedem promovendis, ideo magna fuimus laetitia affecti cum acceperimus famam sanctitatis Patris Caroli de Abbiategrasso et populorum erga eum pietatem late per Insubriam vigere augerique in dies. Deesse ideo muneri nostro existimaremus, ni sedulam protinus operam demus Ordinariis inquisitionibus adornandis ut testes examinentur qui de ejus sanctitate, virtutibus ac miraculis testimonium dicere valeant. Cum autem in hoc opus incumbere per nos ipsi nequeamus, idcirco qui vices nostras geras, te A.R.P. Isaiam a Mediolano de cujus idoneitate ac zelo plurimum in Domino confidimus, eligimus ac constituimus. Tibique tradimus omnes necessaria set opportunas facultates ut Vice-Postulatoris officium rite, recte ac libere exercere valea,s quas omnes hic expressas volumus, et intelligimus, etiamsi peculiari mentione indigerent, praesertim praestandi omne licitum et honestum juramentum, etiam in animam nostram, illud maxime quod de calumnia appellatur. Vi igitur praesentis Mandati tuum erit testes examinandos inducere, articulos ad probandum exhibere, instare apud quoscumque Judices sive Ordinarios, sive ab Apostolica Sede delegandos; documenta tradere eidem Processui conficiendo addenda, aliaque omnia peragere usque ad Causae implementum quae necessaria et opportuna videbuntur. Quondam vero Causae hujusmodi graves postulant expensas, Tibi enixe commendamus et facultatem facimus eleemosynas corrogandi quibus eae, quas diximus, impensate sustineri valeant. In quorum fidem has Tibi litteras dedimus manu nostra et sigillo Postulationis firmatas.

Romae ex Aedibus Generalitiis S. Laurentii a Brundisio die vigesima quinta mensis novembris anno 1898. + Fr. Maurus Bernardus Nardi qui supra (L.S.). (copia nel Proc. Bergom. f. 21-22 e nel Proc. Laud., f. 15r-16r).

Poche righe, relative all’avviamento della causa, in p. Ildefonso Aliverti da Vacallo, Vita, p. 227: “L’eco di quella trionfale traslazione e delle grazie miracolose che l’accompagnarono e seguirono, fatti pubblici dagli “Annali Francescani” di Milano, conosciuti a Roma, destarono attenzione e vivo interesse presso il Rev.mo Mons. Mauro Nardi, Postulatore delle Cause dei Cappuccini, che dopo aver avuti più minuti

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provinciale guidato dal ministro provinciale p. Paolino da Verdello, il più deciso sostenitore dell’impresa stessa.

Quali siano stati i passi successivi, non è ancora chiaro. Nessun documento nell’APGC. Nell’APCL, nel catalogo realizzato da p. Merelli, dopo il riordino totale della parte dell’archivio dedicata a p. Carlo, il sottotitolo «Documenti di procedura per la causa» non dà risposta a questo punto della ricerca590. Di certo, venuto a conoscenza della lettera

rapporti, non si ritenne dal manifestare una certa meraviglia come fino a qui non si fosse pensato ad avanzare domanda per la Causa di Beatificazione; e compiuti con grande sollecitudine i necessari preparativi, dispose che fossero iniziati i Processi canonici di informazione presso le RR. Curie di Milano e di Lodi: ove infatti si aprirono regolarmente i relativi lavori nel principio del seguente anno 1899”. P. Aliverti cita in nota p. Bonari, Brevi cenni, p. 612, in I Cappuccini della Provincia Milanese” parte II, vol. II. Per l’esattezza, padre Bonari era già morto nel 1896: la pagina 611 (non 612) fu aggiunta dagli “Editori” nel 1899 come anche l’articolo apparso negli Annali Francescani. P. Aliverti copia il testo, senza virgolette. È lecito pensare che il p. Paolino abbia fatto pervenire a Roma, con la massima sollecitudine, le poche “Vite” già pubblicate (Olmi, le “Memorie”, P. Calì, P. Bonari e gli articoli apparsi sugli Annali Francescani). È pertinente l’osservazione fatta da p. Evaldo Giudici alla biografia di p. Ildefonso (alla quale va aggiunta la nota degli “Editori” aggiunta al testo di p. Bonari sopraccitata, dalla quale p. Ildefonso aveva attinto): non è vero che «l’eco di quella trionfale traslazione e delle grazie miracolose che l’accompagnarono e seguirono, fatti pubblici dagli Annali Francescani di Milano», fecero conoscere padre Carlo al postulatore, perché solo nel mese di agosto la rivista pubblicò i tre articoli dedicati a padre Carlo (Appunti, p. 468).

590 Nella copia pubblica dei Proc. Mediol. e Proc. Laud. non risulta alcun cenno alla trafila di contatti preparatori. Ovviamente si parte dalla costituzione del Tribunale di Milano e (dietro rogatoria del medesimo) di quelli di Lodi e di Bergamo e dalla presentazione del “supplice libello” da parte del Vice Postulatore. Il quale presentò a Milano il mandato del Postulatore Generale mons. Nardi, mosso da grande letizia «cum accepimus famam sanctitatis Patris Carolis ab Abbiategrasso et populorum erga eum pietatem late per Insubriam vigere augerique in dies» (f. 17). Il concetto è ripetuto e ampliato nel “supplice libello” dal vice postulatore: per la costante fama di santità lasciata dal Servo di Dio, “plures pii devotique fideles ad ejus imploramdum patrocinium accurrentes insignes gratias et prodigia a Deo obtinuerint. Quondam vero eadem sanctitatis fama quin decrevit, mirum in modum aucta sit apud etiam doctos gravesque viros, qui eum dignum existimant ut, accedente Sanctae Sedis Apostolicae judicio, Beatificationis et Canonizationis honore decoretur…» (f. 14, Proc. Laud., f. 10v). Nelle “Lettere rogatorie”

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del postulatore generale (comunicatagli da padre Paolino, si può pensare), il vescovo di Lodi mons. Rota procedette immediatamente al primo passo, che è sempre collegato con l’apertura del Processo di beatificazione: la ricognizione della salma. A distanza di poche settimane dalla risposta del postulatore, il 12 luglio, il cancelliere della curia vescovile don Abele Tornielli, per speciale mandato, effettuò la ricognizione. Non secondo le procedure solite, ma in modo alquanto singolare, attese le circostanze. Si tenne conto che l’esumazione e l’identificazione dei resti umani erano state fatte l’anno precedente, e che solo poche settimane prima, il 2 marzo, si era eseguita la ricognizione, al più alto livello di ufficialità, civile, sì, ma alla presenza del coadiutore don Gelmini in rappresentanza del parroco, delegato a sua volta dal vescovo, e del padre guardiano del convento locale; che alla cassetta contenente le ossa recuperate erano stati apposti i suggelli della parrocchia, prima di essere deposta nella cappella cemeteriale dei frati; che il 4 maggio erano state verificate le condizioni della cassetta e dei sigilli e dichiarati privi di qualsiasi segno di manomissione, e si era provveduto alla traslazione e tumulazione nel santuario. La ricognizione, in fondo, doveva essere fatta da un medico, non da un canonico o da un curiale. Di ogni intervento era stato steso il verbale da parte di un notaio. Inoltre la prudenza suggeriva di non percorrere la strada della richiesta di autorizzazione civile ad una nuova investigazione, inutile oltretutto. Una strada che si era dimostrata impervia, e in un momento del tutto avverso (i fatti di Milano, il coinvolgimento degli stessi padri cappuccini, l’acuirsi dei sospetti ed ostilità del Governo per tutto quel che sapeva di clericale). Di fatto la ricognizione del Cancelliere consistette nel rimuovere la pietra tombale, controllare che la cassetta e i sigilli non erano stati manomessi e corrispondevano a quanto era descritto nel verbale del 2 marzo, apporre altre sei suggelli in ceralacca inviate al vescovo di Lodi dal Giudice Deputato del Tribunale di Milano can. Luigi Colombo: «Noveris praeconceptam famam sanctitatis Servi Dei… ob mirabilia, quae ad ejus intercessionem a Deo fieri divulgantur, mirum in modum auctam et propagatam fuisse» (Proc. Laud., f. 11r; APCL, P 1105/061-097: vedi Appendice, pp. 556-558).

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rossa, dei quali tre con l’effige di San Bassiano ed altre tre con lo stemma del vescovo mons. Rota.

«Dopodiché (la cassetta) venne rinchiusa di nuovo nella cassa di legno da cui venne tratta e calata nell’apposito sepolcreto che trovasi in cornu evangelii dell’altare di San Francesco all’estremità del presbitero e precisamente vicino alla balaustrata di legno». All’atto assistettero come testimoni e firmarono il verbale steso dallo stesso Cancelliere, Davide Quirico e l’avv. Luigi Pisati (assessore effettivo della Amministrazione comunale591.

Tanto bastò. Infatti nella lettera rogatoriale diretta al vescovo di Lodi il giudice deputato del Tribunale di Milano can. don Luigi Colombo scrisse: «Peracta legali recognitione corporis quod in ecclesia S. Salvarii Casalipusterlenghi tuae Dioecesis tumulatum reperitur»592. Il documento porta la data del 1° aprile 1899.

A questo punto, prima di prendere in considerazione la fase diocesana del Processo Canonico, è necessario proporsi un quesito, che del resto è già affiorato: perché iniziò soltanto quarant’anni dopo la morte del Servo di Dio?

Riportiamo l’analisi di p. Costanzo Cargnoni: «Non fu per incuria o disinteresse. La risposta non può

essere che storica, ossia furono la triste situazione socio-politica del tempo che sfociò nelle soppressioni governative del 1866, le difficoltà di coordinamento con il centro dell’Ordine per la dispersione dei frati e l’inefficienza delle strutture provinciali. È in questo contrasto che si inserisce anche la triste e drammatica vicenda della «breccia di Monforte» nei tumulti di Milano del 6-10 maggio 1898, sopra ricordati. «La mentalità poi dei frati perseguitati dalle soppressioni era condizionata dalla convinzione che per i nostri conventi più importante fosse fare dei santi che non manifestarli esternamente: “sanctos facere, non sanctos patefacere». Ma quando con il capitolo generale del 1884 venne eletto padre Bernardo Christen d'Andermatt († 1909)

591 Arch. Stor. Dioc., Processus pro snctificatione P. Caroli de Abbiategrasso: Verbale 12 luglio 1898.

592 Proc. Laud.: Letterae rogationales, f. 11r. In calce l’arcivescovo card. Andrea Ferrari raccomanda la petizione del Giudice Deputato.

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ed ebbe inizio la grande opera di restaurazione dell'Ordine, allora fu possibile anche aprire il processo e raccogliere le deposizioni593. Sulla rivista ufficiale dell'Ordine, fondata da questo ministro generale, vennero pubblicate precise norme emanate per gli Ordini regolari dalla Congregazione dei Riti. In una di queste si richiamavano "la fedele custodia e buona amministrazione dei capitali, redditi e danari risultanti da pie oblazioni cd elemosine, e destinati a sostenere le cause di beatificazione e canonizzazione" e si segnalava come questo fosse divenuto "tanto più indispensabile negli ultimi tempi disastrosi, che incominciarono a correre per le corporazioni religiose, e nei rivolgimenti pur anche delle pubbliche cose economiche. Sbandate le religiose famiglie e confiscatine i beni, essendosi tentato involgere nell’invasione anche quelli delle predette causa affidati alle procure e Postulazíoni di Regolari, fu d'uopo ricorrere ai civili tribunali per la rivendica e far valere il diritto inerente ad esse Postulazioni...»594. Inoltre il 27 gennaio 1886 Leone XIII approvava l'elezione di padre Mauro Nardi da Leonessa (1836-1911) della provincia umbra, a Postulatore Generale dell'Ordine, consacrato poi nel 1895 vescovo titolare di Tebe e ausiliare del vescovo di Oppido Mamertina. Egli svolgerà l'ufficio di Postulatore generale fino al 1910 e con lui vennero istruiti i processi di Lodi e di Milano»595.

593 Sulla figura di padre Bernardo d'Andermatt, per il cui centenario della morte è stato svolto un convegno internazionale a cura dell’Istitutpo Storico dei Cappuccini (Roma, 11-13 marzo 2010), cf. Felice da Mareto, Tavole dei capitoli generali cit. p. 299-301; Hilarin Felder, General und Erzbischof P. Bernard Christen von Andermatt (1837-1909) und die Erneuerung des Kapuxinerordens, Schwyz, Verlegt bei der Drittordens, 1943; trad. inglese: Bernard Christen of Andermatt Minister general and Archbishop 1837-1909 and the restoration of the Capuchin Order. Translated by Berchmans Bittle. Detroit, St. Bonaventure Friary, 1952; recente edizione italiana:Ministro generale e arcivescovo Bernard Christen da Andermatt e il rinnovamento dell’Ordine dei Cappuccini (Varia, 26). Roma, Istituto Storico dei Cappuccini, 2010.

594 Decretum circa Postulatores Causarum Servorum Dei in Ordinibus Regularibus (17 sett. 1885) del cad. Bartolini, prefetto della S. Congr. Dei Riti, in Analecta O.F.M. Cap. 2 (1886) 72-73.

595 Lexicon Capuccinum. Promptuarium historico-bibliographicum Ordinis Fratrum Minorum Capuccinorum (1525-1950). Romae 1951, coll.

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Questa la spiegazione storica presentata da p. Costanzo Cargnoni596. Concorda e completa, rilevando la situazione politica, il prof. don Angelo Manfredi:

«L’obiezione “Troppo si è atteso ad iniziare i processi" deve essere ripensata alla luce delle vicende dell'ordine dei cappuccini. Padre Carlo morì nel febbraio 1859. Il 29 aprile gli austriaci di Gyulai invadono il Piemonte. Il 7 giugno i franco-piemontesi entravano in Milano. Il 24 giugno la cruenta battaglia di Solferino e San Martino fu il colpo di grazia alla resistenza austriaca. L'armistizio fu sottoscritto il 12 luglio. Poco più di un anno dopo, nell'ottobre 1860, il re di Sardegna Vittorio Emanuele II incontrava Garibaldi a Teano: erano ormai annessi tutti i ducati del centro-nord, le già pontificie Romagna, Marche e Umbria, e tutto il meridione.

«Nel frattempo, progressivamente, venivano estese ai territori annessi le leggi piemontesi, tra cui le note "leggi Siccardi" del 1850 e la legge del 2 maggio 1855 che sopprimeva gran parte dei conventi. Per tutto il periodo 1860-1866 l'opinione pubblica fu attraversata da dibattiti riguardanti i privilegi della Chiesa, e non mancarono le normative che riducevano alcune opportunità per l'entrata in seminari e monasteri, ad esempio l'esenzione dal servizio militare per i chierici. E si diffondeva a livello politico la pressione per arrivare all'abolizione delle congregazioni religiose. Nel 1866 e 1867, con una serie di normative, non solo quasi tutti i beni ecclesiastici furono incamerati dallo stato, ma fu tolto il riconoscimento giuridico e vennero soppresse le congregazioni religiose, che da quel momento in avanti non potevano più accettare novizi. Ora, nei conventi italiani questa normativa non arrivò come un fulmine a ciel sereno, ma negli anni tra il 1860 e il 1867 i religiosi si aspettavano forti restrizioni e dovevano cercare di porre un argine alle conseguenze, oltre che gestire una situazione che già con le sole normative "piemontesi" del 1850-55 era precaria.

1199-1200.596 Relazione circa la causa del Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso ,

Roma 28 maggio 2009.

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«Come è stato detto con chiarezza nella relazione, in molte congregazioni le leggi 1866-67 crearono una situazione di incertezza e di crisi. Così avvenne per i cappuccini, in Italia e in particolare nella provincia di San Carlo, già relativamente debole. Solo nel 1884, con l'elezione di padre Bernardo di Andermatt, si poté attuare una piena riorganizzazione dell'ordine. A questo punto, che il processo si sia avviato solo nel 1899, nell'occasione dell'esumazione delle reliquie del padre Carlo, non solo è spiegabile, ma anzi è una prova storica rilevante della continuazione del culto e della fama di santità del padre Carlo: nessuno aveva dimenticato quel povero fraticello morto poche settimane prima dello sconvolgimento epocale che attraversò la penisola italiana!»597.

Rimane però qualche dubbio, non risultando documenti che li contraddicono. La Provincia Lombarda era pressata da tanti e gravi problemi, carente di persona da dedicare al compito difficile, specialistico, di introdurre una Causa del genere, non in grado di affrontare le spese corrispondenti. Sta il fatto però che per decenni nel convento di Casale e nella Curia provinciale non si è avuto cura di seguire gli eventi straordinari succedutesi in vita e dopo morte di Padre Carlo per conservarne la memoria scritta. A quasi quarant’anni dalla morte, provvidenzialmente, le condizioni si avverarono. Si trovarono gli uomini giusti a Milano (p. Paolino da Verdello e p. Isaia da Milano); a Roma (mons. Nardi); a Casale (p. Leone da Brioso, p. Giustino da Lovero e p. Ildefonso da Vacallo). Vescovi giusti governavano l’archidiocesi milanese (un sant’uomo egli stesso, il beato card. Ferrari) e la diocesi di Lodi (mons. Rota, che volle presiedere personalmente tutte le sessioni), e con loro i collaboratori componenti ambedue i Tribunali: gente esperta a Milano, a Lodi sacerdoti, ma senza esperienza specifica nei processi per le cause dei santi (c’era infatti in diocesi una sola Venerabile, suor Antonia Belloni, clarissa di clausura e Codognop, nativa della Triulza (una frazione confinante con Casalpusterlengo, devota della Madonna dei

597 Parte seconda della lettera indirizzata al Giudice Delegato dal Tribunale mons. Gabriele Bernardelli, in data 21 luglio 2009.

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Cappuccini, morta nel 1719, dichiarata venerabile da un decreto della Congregazione del 19 gennaio 1899, a conclusione di una causa iniziata nel 1751 a Lodi e senza ulteriori ritorni). Si dimostrarono però perfettamente all’altezza del compito, come risultas da un semplice confronto tra i due Processi diocesani. Perfettamente all’altezza il Giudice, il vescovo diocesano mons. Rota e il vice postulatore p. Isaia da Milano.

Una sintesi dei processi diocesani è presentata dal dott. Mario Comincini e dal dott. prof. don Angelo Manfredi, qui riprodotta di seguito:

«La “copia pubblica” del processo istruttorio mìlanese è rappresentata da un manoscritto di 302 fogli, pari a 604 facciate. Il collegio dei giudici era costituito dal giudice delegato rev. Luigi Colombo e dai giudici aggiunti rev. Marco Magistretti e rev. Giuseppe Confalonieri. La funzione di Promotore Fiscale fu affidata al rev. Angelo Nasoni e quella di notaio al rev. Luigi Mambretti. Vice Postulatore era padre Isaia da Milano, nominato da mons. Bernardo Nardi Postulatore dell'Ordine. Colombo era Canonico Ordinario del Duomo, Confalonieri era Dottore in Diritto Canonico, Nasoni era teologo e Fiscale della Curia. Mentre il teologo Magistretti fu un noto studioso di storia liturgica e non solo598.

«Il processo istruttorio fu formalizzato in 38 sessioni (udienze), dal 13 gennaio 1899 al 28 gennaio 1903 (in quest'ultima al Vice Postulatore fu dato mandato di recapitare a Roma il transunto del processo). Il caid. Ferrari fu presente alla prima e all'ultima sessione. La prima si tenne nel palazzo arcivescovile, la seconda fino alla diciottesima nell'oratorio di S. Filippo presso la chiesa di S. Satiro, la diciannovesima nell'Oratorio dell'Addolorata presso la chiesa abbiatense di S. Maria Nuova, la ventesima fino all'ultima di nuovo nel palazzo arcivescovile. Le prime tre sessioni e le ultime undici furono dedicate ad aspetti procedurali (insediamento del collegio istruttorio,

598 Profilo biografico del teol. Magistretti in M. Navoni, Dizionario della Chiesa Ambrosiana III, pp. 1851-1843.

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ammissione dei testi, acquisizione di documenti, collazione tra originale e copia dei verbali ecc.).

«Per l'esame dei testi, si adottò un interrogatorio d'ufficio costituito da 26 domande nonché da un articolato proposto dal Vice Postulatore e costituito da 140 articoli, suddivisi in 9 sezioni (Vita, Virtù eroiche, Osservanza dei voti, Doni soprannaturali, Miracoli in vita, Fama di santità in vita, Morte, Fama di santità dopo la morte, Miracoli dopo la morte. Le domande sulle virtù eroiche, in particolare, hanno lo scopo di far emergere la spiritualità di Padre Carlo - d'ora in avanti: PC - attraverso episodi, comportamenti ecc.). Le domande dell'interrogatorio d'ufficio vertono sull'identità del teste, su quanto è a sua conoscenza in merito alla vita e alle virtù di PC e su eventuali rapporti con lo stesso PC599. Mentre l'articolato del Vice Postulatore è focalizzato su specifici episodi e circostanze, al punto da richiedere spesso, come risposta, solo un "Sì", un "No" o un "Non So": di fatto una biografia circostanziata di PC, appunto perché ogni articolo corrisponde a una vicenda avente per protagonista il nostro personaggio (dati che, nella loro sostanza, si ritrovano poi nelle diverse biografie di PC); ciò spiega perché gli Articoli occupino i ff. da 33 e 58, cioè 52 facciate, del manoscritto.

«I testi escussi su istanza del vice postulatore furono 21, 9 religiosi e 12 laici. Più in dettaglio:

1 -Frate Apollinare da Ancore, laico cappuccino, che visse con PC nel convento di Casalpusterlengo e lo assistette durante l'agonia.

2 - Frate Paolino da Verdello, superiore provinciale dell'Ordine, che fu con PC nel convento di San Vittore di Milano dal 1855 per due anni.

3 - Frate Simpliciano Maria da Rescalda, che convisse con PC nel convento di S. Vittore di Milano dal 24 aprile 1856 al 26 maggio 1857.

4 - Frate Barnaba da Milano, laico cappuccino, che conobbe PC prima nel convento milanese di S. Vittore e poi a Crema.

599 Proc. Mediol., f. 274r-276r.

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5 - Don Antonio Gioletta, abbiatense, che conobbe personalmente PC.

6 - Don Luigi Magnaghi. coadiutore nella parrocchia di S. Maria Nuova di Abbiategrasso, che riferisce quanto appreso su PC dal prevosto abbiatense Palazzi, da don Cesare Vigevano cugino di PC, da due laici e da alcuni cappuccini.

7 - Frate Giustino da Lovere, vicario del convento di Casalpusterlengo. Come novizio, fu con PC dal novembre 1852 all'agosto del 1853 nel convento dell'Annunciata di Borno, quindi dal 1855 al 1858 in S. Vittore di Milano per gli studi e infine a Crema nel 1858. Inoltre riferisce quanto saputo da don Palazzi di Abbiategrasso e fornisce un elenco di grazie post mortem.

8 - Don Pietro Giacoboni, canonico della cattedrale di Piacenza, "dottor in ambo le leggi" ed Esaminatore Prosinodale. Conobbe PC a Casalpusterlengo nel novembre del 1858 quando, con due amici, lo intervistò "attratto dalla fama di santità"; a quell'epoca il sacerdote era ancora laico e, dottore in legge, stava effettuando il tirocinio per diventare avvocato.

9 - Padre Augusto da Crema, cappuccino, curato dell'Ospedale Maggiore di Bergamo. Maestro di grammatica e di retorica di PC, nel convento di Bergamo, nel 1855 per sei mesi.

10 - Bonecchi Giuseppa, abbiatense, si considera guarita da PC.

11 - Fraccapani Maria, abbiatense, conobbe PC.12 - Marchesi Primo, abbiatense, conobbe PC.13 - Mazzucchelli Pietro, abbiatense, conobbe PC. 14 - Albini Giuseppina, abbiatense, conobbe PC. 15 - Vigevano Angelo, cugino di PC.16 - Del Grasso Baldassarre, abbiatense, conobbe PC. 17 - Pusterla Giosia: PC fu "l'unico suo amico".18 - Bonecchi Gaetano, abbiatense, conobbe PC. 19 - Migliavacca Carlo, abbiatense, conobbe PC.20 - Meazza Angelo, conobbe PC.21 - Migliavacca Severina, abbiatense, conobbe PC.«I testi escussi d'ufficio furono invece cinque:

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1 - Mons. Stefano Balconi, parroco di S. Maria Nuova di Abbiategrasso. Riferisce quanto raccolto in luogo e il suo giudizio sui prodigi attribuiti a PC è prudente: alla domanda: "Sa di grazie speciali ottenute per intercessione di Padre Carlo, avvenute in Abbiategrasso anche nel presente?", risponde: "So di una certa Bonecchi Giuseppa, quando era ragazza ebbe la guarigione di un piede ammalato e lo riteneva come grazia speciale di Padre Carlo. Ve ne sono poi molte altre grazie, non però di rilievo, che si ritengono ottenute per intercessione di Padre Carlo, che al presente non so ricordare"600.

2 - Padre Cristoforo da Lecco, cappuccino di Salò. Conobbe PC nel convento di Borno negli anni 1857-59.

3 - Padre Virgilio di Chiari, cappuccino di Salò. Conobbe PC nel convento di Borno e lo rivide nel 1856 nel convento milanese di S. Vittore.

4 - Frate Raimondo da Casalpusterlengo, laico cappuccino. Visse per due mesi con PC nel convento di Borno e un anno e mezzo nel convento milanese di S. Vittore.

5 - Fra Leone da Bagnatica, laico cappuccino. Riferisce quanto appreso da altri cappuccini e dal padre di PC.

«Quanto invece all'acquisizione di prove documentali, nella verbalizzazione (ff 258 sgg.) si trascrivono alcuni documenti, oggi allegati in originale al fascicolo presso l'Archivio Storico Diocesano di Milano (Sacri Riti, Processi di Canonizzazione, 55), e cioè: certificato di nascita, di cresima, della professione religiosa e dell'ordinazione, una testimonianza del prevosto abbiatense Palazzi; una dichiarazione di padre Benvenuto da Darfo cappuccino; una testimonianza di Giovanni Battista Vigevano; estratto de "La Lega Lombarda", quotidiano milanese, del 7 maggio 1898, a proposito della traslazione delle spoglie601.

«Un aspetto che il processo lodigiano non chiarisce è quello dell'eventuale esercizio del ministero della confessione da parte di PC. Al riguardo, nel processo

600 Ibid., f. 228v-229r.601 Ibid., f. 258r.

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milanese si hanno le seguenti testimonianze: frate Apollinare da Arcore: "Non predicava né confessava, per non aver compiuti, in causa di poca salute, gli studi necessari; frate Paolino da Verdello: "Non esercitò il ministero della Confessione perché era stato levato dallo studio innanzi tempo causa della salute, frate Simpliciano Maria da Rescalda. "Non confessava né predicava perché ancora studente”602.

«Con riferimento alla continuità della devozione, sia ad Abbiategrasso sia a Casalpusterlengo, si ritiene opportuno segnalare le seguenti testimonianze: don Magnaghi: "La stima qui in Abbiategrasso fu conservata e dura tuttora e molti nutrono speciale devozione privata e si raccomandano a lui nelle loro orazioni". Bonecchi Gaetano: "Ad Abbiategrasso parlano sempre di lui come di un santo". Padre Paolino da Verdello: "L'affluire non mai interrotto in questi quaranta anni al suo sepolcro per avere grazie e favori”, infine mons. Balconi ricorda due antiche biografie di PC che circolano in Abbiategrasso, molto ricercate603.

«Come nel processo lodigiano, anche in quello milanese manca una valutazione scientifica di eventi asseriti miracolosi. Frate Apollinare da Arcore, a proposito dei digiuni di PC durante l'ultima sua malattia, ricorda che "anche il medico di nome Cesare restava molto edificato”604. Si tratta certamente del dr. Cesaris, menzionato nel processo lodigiano, che le parole di frate Apollinare sembrano descrivere come un cristiano devoto e che tuttavia, al pari di altri medici (si veda la relazione di don Angelo Manfredi per il processo lodigiano), in occasione di guarigioni ritenute miracolose non risulta aver espresso una valutazione scientifica. Di più: il suo nome - "Dottor Cesario Carlo" - compare nella notula dei testi che il vice postulatore chiede ai giudici milanesi di far interrogare nel processo rogatoriale lodigiano e la mancanza della sua testimonianza

602 Ibid. Fra Apollinare, f. 62r; Fra Paolino, f. 85r; Fra Simpliciano, f. 102r.

603 Ibid. don Magnaghi, f. 183r; Benecchi, f. 188r; Padre Paolino, f. 85v-86r; Mons. Balconi, f. 228r.

604 Ibid. Fra Apollinare, f. 73v e 105v.

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fa pensare ad un rifiuto a deporre. Diverso è invece il caso di un ragazzo afflitto da polmonite e poi etisia: "I1 medico, chiesto dalla mamma se sarebbe vissuto fino alla festa di S. Giuseppe, rispondeva: Mai, mai, é impossibile (...). Visitato dal medico il giorno 4 di maggio 1898, fatta un'accurata visita constatò la perfetta guarigione (...)". Di questo asserito miracolo, precisa padre Paolino da Verdello, "ho ricevuto deposizione giurata della madre e del figlio che ebbe la grazia, non che del medico stesso”, deposizione che peraltro non venne prodotta né gli venne chiesta da parte dei giudici interroganti. Mancando i nomi dei protagonisti della vicenda, svoltasi a Casalpusterlengo, sarebbe forse utile verificare se la testimonianza può integrarne un'altra, di analogo argomento, raccolta a Lodi.

«Dal punto di vista procedurale, c'è una circostanza che, a parere di chi scrive, va attentamente considerata. Nelle prime due sezioni, dedicate agli aspetti formali, si fa riferimento a un processo rogatoriale da instaurarsi a Bergamo, su richiesta del Vice Postulatore, per raccogliere la testimonianza di padre Arsenio da Brescia, che era stato direttore spirituale di PC; richiesta che risulta ammessa605. Così come risulta formalizzata - quindi inoltrata al vescovo Rota – la rogatoria per i testi lodigiani, con allegati il loro elenco (88 nominativi) e il testo dell'articolato su cui ascoltarli (25 articoli, sui miracoli in vita e in morte): si veda la sessione decima; e, nella sezione ventottesima (14 aprile 1902), si dà atto dell'avvenuta ricezione della rogatoria effettuata a Lodi. Nella stessa sessione ventottesima si dà pure atto dell'avvenuta ricezione del plico sigillato contenente la rogatoria effettuata a Bergamo e a questa presa d'atto si fa seguire la trascrizione dei relativi atti formali (lettera del giudice delegato di Bergamo al card. Ferrari sulle modalità con cui era stata acquisita la testimonianza di padre Arsenio; lettera del Promotore Fiscale Remondini di Bergamo al Promotore Fiscale Mons. Nasoni, sullo stesso argomento; la "externa inscriptio" che si leggeva sull' "Exemplum seu transumptum authenticum

605 Ibid. f. 15r. In un primo tempo l’istanza riguardava anche Padre Augusto da Crema, che però fu ascoltato, come si è visto, a Milano.

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processus rogatorialis Auctoritate Ordinaria in civitate Bergomensi constructi”606. È quindi opportuna l'acquisizione del processo rogatoriale di Bergamo, che per la qualità del teste - Direttore Spirituale di PC - potrebbe fornire utili elementi per delineare la spiritualità di PC, elementi peraltro presenti già in alcune delle testimonianze di cui sopra, in particolare, ovviamente, quelle dei religiosi che vissero col nostro personaggio.

«In conclusione, il processo di Milano rappresenta il tronco principale della fase istruttoria della causa di canonizzazione di PC. Dal punto di vista formale, va segnalato il rigore procedurale nell'acquisizione delle prove, peraltro in conformità a una prassi canonica collaudata, basata su una rigida normativa. Costante fu pure il rispetto dei ruoli e delle funzioni tra la terna dei giudici e il pubblico ministero, a salvaguardia del principio del contraddittorio. Da segnalare anche la diligente attività del Vice Postulatore nella citazione dei testi e nella formulazione dei quesiti da rivolgere a essi: è da ritenere che sia stato rintracciato, certamente anche con l'ausilio dell'Ordine a vari livelli, chiunque fosse ancora in vita tra coloro che erano venuti in contatto, a titolo diverso, con PC. Così come va sottolineato l'alto numero di religiosi chiamati a deporre, testi "qualificati" per gli stretti legami avuti con PC e la sua spiritualità, per un'adeguata sensibilità nel corrispondere alle corrette attese del procedimento, per il grado d'istruzione che può facilitare la percezione delle sfumature della dialettica processuale ecc.

«Le prove acquisite sono quasi totalmente testimoniali. Il "silenzio” delle fonti documentali, per le considerazioni fin qui espresse, fa pensare quindi a una ricerca d'archivio che, benché condotta con la massima diligenza (per iniziativa, presumibilmente, del Vice Postulatore con il coinvolgimento dell'Ordine), non diede risultati. D'altra parte eventuali carte superstiti di PC, per la fama di santità diffusasi già in vita, sarebbero state conservate come reliquie da chiunque - a partire dall'Ordine - e quindi sarebbero state acquisite agli atti con facilità.

606 Ibid., f. 265ss, 250r, 254r.

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Mario CominciniAbbiategrasso, 10 gennaio 2009»607.

Del processo rogatoriale di Lodi, la relazione del prof. don Angelo Manfredi:

«Ho esaminato la “copia publica” del transunto del processo ordinario laudense "super fama vitae. virtutum et miraculorum” del servo di Dio padre Carlo da Abbiategrasso OFM. Capp.

«La copia, redatta nel 1904 a cura della Congregazione dei Riti, riporta il verbale delle 45 sessioni del processo ordinario a Lodi. Esse si sono tenute dal 3 maggio 1899 al 20 marzo 1902, tutte nel palazzo episcopale di Lodi salvo la quarta, svoltasi nella Chiesa di San Salvario ossia nel santuario della "Madonna dei Cappuccini"' in Casalpusterlengo, il 30 maggio 1899, dedicata al giuramento di gran parte dei testi. La maggior parte delle udienze, precisamente trentotto, si tennero tra il maggio 1899 e il luglio del 1900. Altre sei, dedicate alla rilettura completa del processo, si svolsero nel maggio-luglio 1901. L'ultima per la spedizione presso la S. Sede degli atti si tenne nel marzo 1902. Questi indugi presumo dipendessero dal lavoro di copiatura degli atti, che credo fossero interamente manoscritti: nel processo, almeno nella copia da me vista, si trascriveva interamente anche la breve vita del servo di Dio del 1877608. Dunque la raccolta delle testimonianze fu concentrata in poco più di un anno.

«Alle udienze. come giudice ordinario, prese parte sempre il vescovo di Lodi, mons. Giovanni Battista Rota. Anche se alla prima udienza venne nominato come Giudice delegato mons. Luigi Mazzi, vicario generale, questi non ebbe nessun ruolo nel processo e non compare mai nelle carte609. Oltre al vicepostulatore, il padre Isaia da Milano, compaiono negli atti il procuratore fiscale (oggi si direbbe promotore di

607 “Relazione in merito al processo milanese sul Servo di Dio Padre Carlo d’Abbiategrasso” 10.1.2009.

608 Proc. Laud., f. 363v-383v.609 Così è anche per i due giudici aggiunti, don Giovanni Savaré e don

Carlo Bersani Dossena.Si vedano in Appendice le schede.

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giustizia) Angelo Noli Dattarino e il vice-procuratore, Luigi Bersani, Notario attuario fu sempre Abele Tornielli. Quella che potremmo chiamare équipe lodigiana del processo è formata da canonici del capitolo cattedrale con notevole cultura, almeno in base agli standard del clero del tempo, incarichi in curia, e notevole esperienza"610. Lo stesso vescovo Rota, che volle presiedere personalmente tutte le udienze, era figura qualificata per ottenere una rigorosa procedura: sacerdote di buona cultura storica e giuridica, quasi un erudito di secoli passati, prima di esser vescovo di Lodi non aveva avuto incarichi direttamente pastorali ma si era dedicato soprattutto agli studi.

«Si noti che il 21 marzo 1900, nella sessione 24, il canonico Noli Dattarino, defunto, fu sostituito dal canonico Ferdinando Corne-liani611. Sono soprattutto Noli Dattarino prima e Corneliani poi a presenziare all'escussione dei testimoni, insieme a Rota, padre Isaia e Tornielli612.

«Quest'ultimo con notevole esattezza giuridica e documentaria redige tutti gli atti, riportando pure le diverse citazioni e altre documentazioni. Ogni interrogatorio viene riletto ai testimoni stessi che possono aggiungere o mutare qualcosa, e si registrano pochissimi casi di aggiunte, generalmente per confermare e rafforzare affermazioni già fatte. L'interrogatorio dei testimoni avviene sempre secondo un preciso formulario, trascritto ai ff. 349r-350v. Questo

610 Angelo Noli Dattarino (o Dattarini), nato nel 1841 e ordinato nel 1884, di nobile famiglia lodigiana, era canonico, procuratore della curia, giudice sinodale ed esaminatore sinodale. Luigi Bersani, nato nel 1830 e ordinato del 1853, era canonico dal 1893 dopo aver esercitato il ministero di prevosto e vicario foraneo di Corno Giovine, allora sede di discreta importanza. Con studi specialistici in teologia e filosofia era Abele Tornielli, nato nel 1859 e ordinato nel 1882, quasi subito impegnato in incarichi diocesani e cancelliere per lunghi anni. Questi dati e quelli delle note successive sono tratti dagli “Stati del clero” annessi ai calendari liturgici annuali della diocesi di Lodi.

611 Ibid., f. 215v. Don Ferdinando Corneliani, nato nel 1824 e ordinato nel 1847, succedeva a Noli anche come procuratore della curia.

612 Nelle ultime sessioni come notario aggiunto appare don Domenico Abbà, coadiutore della parrocchia della Cattedrale, mentre il cursor incaricato di inviare ai testimoni e ad altri le convocazioni è sempre don Federico Sagrada, maestro delle Sacre Cerimonie in Cattedrale e seminario.

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documento viene ogni volta chiuso e sigillato e alla sessione successiva se ne controlla l'integrità. Presumo che questa fosse la procedura, descritta e seguita alla lettera.

«I testimoni sono alcuni sacerdoti e molti uomini e donne di Casalpusterlengo e dei dintorni (Zorlesco, Secugnago, Maleo...). Un solo religioso cappuccino fu interrogato a Lodi, il guardiano del convento: le testimonianze dei confratelli di padre Carlo sono raccolte nella parte milanese del processo. Alcune domande del formulario (ad esempio: "13. Se sappia che il P. Carlo coltivasse particolari devozioni, e quali. 14. Se sappia che il P. Carlo fu specialmente assiduo nel culto del SS. Sacramento dell'Eucaristia": f. 350r) sono evidentemente rivolte ai confratelli, e infatti i testimoni interrogati a Lodi rispondevano con sequenze di "non so... non so niente... non so niente…”.

«Un buon numero di testi riferisce di aver conosciuto p. Carlo: sono i più anziani, poiché le vicende si erano svolte quarant’anni prima. Altri invece non lo conobbero personalmente o erano molto piccoli e ricordavano vagamente le folle, le benedizioni, i funerali, ma potevano testimoniare di guarigioni prodigiose avvenute dopo la morte di p. Carlo e in particolare in occasione del trasferimento dei resti mortali del religioso dalla povera fossa al cimitero di Casalpusterlengo al santuario dei Cappuccini, evento del 1898 e quindi molto recente rispetto al processo in corso.

«Tra i laici ci sono "possidenti", "proprietari'' e persone "di condizione civile" ma anche piccoli artigiani, "stoviglieri", falegnami e altri. E' un piccolo mondo di una cittadina della bassa padana, con forti legami con la pratica sacramentale (all'esplicita domanda se avessero fatto confessione e comunione a pasqua, molti rispondono “anche più volte l'anno”, qualcuno "tutti i mesi" o con maggior frequenza ancora), varia cultura (alcuni sottoscrivono la loro testimonianza con la croce perché non sanno scrivere), e i bisogni più immediati di fronte alla sofferenza, alla malattia, alla vecchiaia. La maggioranza delle testimonianze concerne eventi di guarigione a seguito delle benedizioni di p. Carlo,

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o, dopo la sua morte, ottenute con preghiere e novene, con l'applicazione di terra o erba tolta dalla sua sepoltura al cimitero, o durante il trasporto in santuario nel 1898, o attraverso l'utilizzo di reliquie, in senso proprio (frammento di osso) o per contatto (panni, fazzoletti)... I singoli fatti miracolosi normalmente vengono sostenuti da diverse testimonianze indipendenti e verosimilmente affidabili: si tratta a volte degli stessi guariti, o di persone di famiglia che raccontano minutamente sintomi e tempi di guarigione, o di vicini o amici che narrano anche della sorpresa per eventi inaspettati. Nel racconto delle guarigioni si citano frequentemente medici locali: Cesaris, Bianchi, D'adda, che sono medici condotti dei paesi o comunque praticano in zona. Soprattutto i nomi del dottor Bianchi e del dottor D'adda (o Dadda) ricorrono nella guarigione di un bambino, Ercole Andena, quattordicenne, da una grave forma di broncopolmonite, guarigione ottenuta post mortem e testimoniata ampiamente. Mi sono chiesto come mai almeno in questo caso non si potesse interrogare almeno uno dei medici, e ottenere una dichiarazione da essi. In effetti la dichiarazione c'é, conservata tra i documenti della sessione 35, firmata dal dottor Giacomo Bianchi. Una analoga dichiarazione del farmacista Edoardo Nolfi, che aveva anche lui seguito il caso Andena, "deest- negli atti613. La testimone Antonietta Vida, "possidente" di 47 anni, affermava: "ll medico stesso D'Adda, al quale la madre riferì che il bambino era guarito, giudicò che lo voleva ingannare, ma

osservandogli la madre che poteva vederlo guarito, aggiunse: «se fossi chiamato come testimonio, potrei attestare altre guarigioni operate dal P. Carlo». Io però credo che se fosse anche chiamato, certo non vorrebbe venire”614. Non si specifica oltre il motivo di questo possibile rifiuto. Per quel che conosco la realtà medica del tempo, imbevuta di ideologia positivista e di anticlericalismo, è possibile che molti di questi medici volessero evitare di compromettersi con un "affare"

613 Ibid., f. 357v-358r, 4 maggio 1898; Dott. Bianchi, f. 351v in elenco Documenti al n. 4, ma non incluso.

614 Ibid., f. 297v, sess. 32 dell’8 giugno 1900.

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tipicamente ecclesiastico. Dunque l'attestato di cui sopra parlavo può assumere un valore notevole da un punto di vista storico.

«Per quanto riguarda i testimoni, va rilevato che nella sessione 35 (5 luglio 1900) il tribunale decide di rinunciare all'interrogatorio di quattordici testimoni già giurati, di cui si riporta l'elenco, peraltro dopo aver raccolto ben cinquanta testimonianze. Nella sessione successiva (13 luglio 1900)615 si raccolgono le testimonianze di altri tre testi ex officio. Credo che entrambe le scelte fossero parte della prassi del tempo riguardo alle cause dei santi. Anche i testi ex officio attestano la fama di santità e le guarigioni miracolose operate dal servo di Dio.

«Nell'escussione dei testimoni, il procuratore fiscale o il suo vice sono sempre presenti e sottoscrivono. Solo in un caso il procuratore fiscale fa osservare la differenza tra le note biografiche prodotte dal vicepostulatore e quanto una teste, Maria Mosconi, che raccontava di una guarigione da lei stessa ricevuta, affermava di sé, e il giudice, cioé il vescovo Rota, chiede specificazioni616. Dunque l'opera dell'«avvocato del diavolo» era effettiva e libera, anche se ebbe pochissime occasioni per esercitarsi.

«Le testimonianze sul servo di Dio raccolte nella diocesi di Lodi riguardano per la massima parte le guarigioni ottenute dalle sue benedizioni e dopo la sua morte. Ritengo di poter dire che non si poteva ottenere di più dalla gente di Casalpusterlengo e dintorni. Padre Carlo visse a Casale pochi mesi, sostanzialmente durante un autunno e un inverno. Rimaneva per lo più in convento, sia per motivi di salute, sia perché questo è quanto facevano i frati in quel tempo. Che cosa potevano vedere i fedeli laici del paese? I momenti in cui stava in preghiera davanti all'eucaristia e alla statua della Madonna e le sue benedizioni. Da buon frate, aveva pochissimi contatti con l'esterno, e le testimonianze

615 Ibid., f. 326v-327v e 329r-340r.616 Ibid., f. 234v.

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attestano quella “mortificazione degli occhi" che imponeva di tenere lo sguardo basso e nascosto con tutti e in modo particolare con le donne. 1 più informati sono coloro che frequentavano il convento, e soprattutto il buon Sante Peviani, chierichetto del santuario, piccolo amico di padre Carlo come solo i bambini sanno aver confidenza, e più tardi sacerdote e parroco della vicina Livraga. E' evidente che a quarant'anni di distanza, a Lodi si potevano raccogliere quasi solo le attestazioni delle "grazie" ottenute dal servo di Dio. Se, come credo, i confratelli sono stati interrogati nel processo milanese, le notizie più ampie sulla vita religiosa, sulla preghiera, sulla spiritualità e sulla mortificazione di padre Carlo si troveranno lì.

«C'é un aspetto del ministero di padre Carlo d'Abbiategrasso che rimane ancora non chiaro, e forse potrebbe essere ulteriormente precisato. Padre Carlo esercitava o no il ministero delle confessioni? Avendo fatto circa un anno di studi teologici prima dell'ordinazione, molto difficilmente poteva ottenere il permesso di confessare, allora sottoposto a rigidi controlli almeno, a quanto mi consta, per il clero diocesano. Qualche testimone ricorda vagamente che forse confessava, uno ricorda, ma in maniera dubitativa, di essersi confessato da lui. Don Francesco Bignami, nato a Corno Giovine nel 1849 e parroco a Corte Sant' Andrea, affermava che il servo di Dio esercitava il ministero “nel benedire gli ammalati, perché né confessava né predicava, impedito dal cagionevole stato di sua salute”617. E in effetti la maggior parte dei testimoni interrogati sul tema non lo ricordano né predicare né confessare, mentre ricordano che a sentire le sue brevi

617 Ibid., f. 278v. La piccola frazione di Corte S. Andrea, ora quasi interamente spopolata, sull’argine del Po, nel luogo dove Sigerico, Arcivescovo di Canterbury, raccontava di aver attraversato il fiume nel suo viaggio di ritorno da Roma sulla Via Francigena (sec X), appartiene al Comune di Senna Lodigiana, ma fino agli anni ’70 del XX secolo era diocesi di Milano, un’enclave lontana decine di chilometri dall’arcidiocesi. Evidentemente era incardinato a Lodi, ma si era presentato al concorso per questa parrocchia milanese. Probabilmente la prassi era frequente.

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parole prima della benedizione e la sua figura macerata dai digiuni, moltissimi accedevano al sacramento della penitenza. e in alcuni casi chiedeva a chi gli portava malati da benedire di confèssarsi prima di ottenere la benedizione. Certamente lo stato di salute impediva a padre Carlo di predicare, esercizio che in quel tempo richiedeva forza fisica e soprattutto... polmonare, ed era ritenuto assai faticoso. Per quanto riguarda il permesso di confessare, bisognerebbe capire se, per il diritto canonico dell'epoca, un frate cappuccino doveva avere un riconoscimento episcopale, come oggi avviene, per esercitare il ministero della penitenza. Se sì, forse nell'archivio diocesano di Lodi si potrà verificare se questo permesso gli sia stato rilasciato.

«In conclusione, mi pare di poter affermare che il processo laudense sia stato svolto secondo i dettami del diritto canonico e con la maggior accuratezza storica possibile. Le testimonianze raccolte mi sembrano ampie, affidabili, e capaci di dare un'idea interessante dell'ambiente in cui padre Carlo è vissuto negli ultimi mesi della sua vita. La corte era formata da persone colte, esperte e decise a compiere un'opera accurata. I documenti raccolti, in particolare le lettere del giovane Gaetano al tribunale di Abbiategrasso e lo scambio epistolare tra I'imperial-regio governo, il padre provinciale dei cappuccini e il vescovo Gaetano Benaglio618, già pubblicati nelle biografie del servo di Dio, sono, credo, tutto quello che può essere reperibile a livello di archivi sulla breve vita di padre Carlo, e vengono accuratamente trascritti619.

«Dunque, dal punto di vista del metodo e della procedura, ritengo che il lavoro del tribunale laudense sia storicamente ineccepibile. Il contenuto, come già si diceva, era fortemente segnato dai dati riguardanti i fatti

618 Ibid., f. 384r-393r.619 I documenti del tribunale di Abbiategrasso, trascritti dall’archivio

del Tribunale di Pavia, furono raccolti e controllati da don Ferdinando Rodolfi, allora professore in seminario e coadiutore titolare di San Michele in Pavia, che sarà poi vescovo di Vicenza dal 1911 al 1943, figura importante dell’episcopato del Veneto tra le due guerre.

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"prodigiosi" avvenuti nei pochi mesi della presenza di padre Carlo a Casalpusterlengo e dopo la sua morte. Ma, ripeto, davvero di più non si poteva domandare a chi l'aveva conosciuto in quel brevissimo, sorprendente periodo.

Lodi, 10 settembre 2008Don Angelo Manfredi».

Alla relazione di don Manfredi va aggiunta qualche notizia riguardante l’atmosfera che si creò in luogo (Casalpusterlengo) tra i testimoni. Quanto segue va considerato con attenzione. Allo scopo preciso di seguire il Processo predisponendo la lista dei testimoni fu inviato al convento di Casale p. Bonaventura d’Alzano. In data 5 giugno 1899 scrisse una lettera preoccupata ed indignata al vice postulatore p. Isaia da Milano: una dozzina di testimoni convocati dal giudice per la deposizione giurata (tutti avevano rilasciato dichiarazioni per iscritto su quanto intendevano testimoniare), non si erano presentati. «Anco parecchi di quelli che avevano giurato si mostrano ora renitenti a subire l’esame». Era in atto «una propaganda di insinuazioni terrorizzanti, per ritirare i testimoni dal presentarsi». Dicono: «Ci hanno detto tante cose… che bisogna guardar bene quel che si fa… la memoria dopo quarant’anni… c’è del fanatismo, della leggerezza… la scomunica…». Sono spaventati da persone in autorità, forse preti. Invece di atterrire le coscienze potrebbero presentarsi al Tribunale e riferire francamente ciò che a loro risulta disordinato, scorretto ecc. Padre Bonaventura trova una spiegazione nel contrasto esistente tra il clero parrocchiale e i religiosi: «Qui a Casale sa come stiamo coi preti». Il vescovo gli aveva detto ripetutamente che i testimoni erano troppi: 30 primari e 60 secondari. Padre Bonaventura pensava che fossero necessari per sostenere «l’architettura o congegno», perché non risultasse minacciato seriamente l’esito della Istruttoria, e in particolare la rapidità e l’economicità, coll’evitare sessioni supplementari. Chiese consiglio su come comportarsi, «per sentirsi sollevato nel sentimento della responsabilità che mi si è imposta, dacché ricorda

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bene che io sono qui solo per questo»: per sostenere l’azione del vice postulatore nel Processo620.

Ecco il testo della sofferta e problematica lettera:Rev.do P. Isaia cariss.o,

Ciò che si temeva avvenne. Una propaganda di insinuazioni terrorizzanti, per ritrarre i Testimoni dal presentarsi. Ha avuto luogo in questi giorni e temo voglia continuareIo non l’ho saputo che jeri, eppure essa ha avuto principio e un primo largo svolgimento fin dal dì dei giuramenti. Una dozzina di testimoni ch’io aspettavo al dopo pranzo, e son certo, come m’hanno riportasto ora, che essi sarebbero venuti tanto volentieri, non hanno avuto il coraggio dopo lo spavento che la loro timida e debole coscienza aveva subito, di presentarsi. E non solo questi ma anco parecchi dim quelli che hanno giurato si mostrano ora renitenti a subire l’esame. Li ho domandato: Ma perché? Non lo sapevate anche prima che eravate obligati sotto giuramento a dire la verità e la sola verità? Che se no avreste commesso peccato mortale e sareste diventati spergiuri? Non vi avevo io detto che dovevate dirla tutta intiera la verità, come stava nella vostra coscienza, non un punto di più, né un punto di meno, perché né Dio, né i Santi non hanno bisogno di bugie o di esagerazioni? Rispondono che sì; se si va avanti vi direi: E questo non vi spaventava prima?. No, soggiungono, ma adesso vi hanno detto tante cose… che insomma bisogna guardar bene cosa si fa, perché poi noi non possiamo sapere se sia proprio un Santo, e che guai se si dice una parola sola su una cosa che non sia proprio certa, che dopo 40’anni è tanto facile che la memoria sbagli… e che c’è del fanatismo, della leggerezza, che si va a un grande rischio di commettere un peccato che non può assolvere che il Papa, e che ha la scomunica. Ci hanno anche detto: Guardi il tale, la tale, il tal altro con che si sono ritirati perché gente savia e di coscienza (ed erano precisamente quelli che…. avevano spaventato per i primi), e noi come si fa che siamo gente ignorante… e via di questo passo. E lei sa cosa conviene a discorrere con gente spaventata; molto più con gente semplice spaventata nella coscienza da persone di autorità… Mi domanda se con queste parole intende designare dei preti? Non rispondo affermativamente , in me è venuta la persuasione che non

620 Cf. APCL, P 1105/107.

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siano altri, ma non l’ho domandato, né l’ho voluto sapere, perché il saperlo direttamente e con certezza mi farebbe male. Come, dimando io a me stesso, se sono preti hanno la coscienza di sorprendere la semplicità la debolezza della povera gente, per ritrarli dal fare questo che essi debbono bene accorgersi che per questa povera gente è un opera buona e santa fatta con tutta la buona coscienza, un’opera che essi sanno torna a massima gloria di Dio, della Chiesa e a bene delle anime? Io mi confondo a pensare che possono come preti, sapendo che nelle altre Diocesi, al cominciar d’un processo si trattono s’invitano e si obligano tutti i fedeli che conoscano o sappiano qualche cosa del Servo di Dio a presentarsi a diporta, e qui invece sarebbero i preti che ritraggono quelli che loro stessi dovrebbero esortare a compiere un quasi-dovere di coscienza. Sta il fatto che qui alcuni dei nostro Testimonii, invitati o no non so dai preti o da chi, si sono fatti dispensare dai preti (quasi che essi abbiano una facoltà simile, e riconoscendosi con ciò stesso un corrispondente dovere o legame nei testimoni. Insomma, io dico, se da amendue le parti sono preti, non devono avere un po’ di testa per riflettere che è un alterare le coscienze e sostenere una parte così poco corretta – per riflettere se mai essi conoscono qualche cosa di disordinato, di fatturato, di sterile, di precotto, di esagerato, hanno piuttosto il dovere di presentarsi essi stessi al Tribunale a riferire il tutto francamente sotto la propria responsabilità e non ricorrerea queste arti meschine? Io avrei bene procurato che lo facessero perché ho la coscienza dalla mia come conosco la riservatezza degli altri nostri nel lavoro di preparazione, e posso misurare la portata della buona coscienza dei nostri Testimonii. Io l’ho detto ad alcuni nostri Testimonii, che a quei zelanti che lavorano a spaventarli rispondessero così, e potevo farlo senza temerità quando non mi si dicesse che fossero preti, ma ho capito che non ne avranno il coraggio.

Mi perdoni se mi sono diffuso alquanto in queste considerazioni: è per farle capire non tanto l’impostura della cosa, che non ce n’è bisogno, quanto la delicatezza del momento, per me e per noi qui a Casale, ove sa come stiamo coi preti. Io non saprei da che parte prenderla per diportarmi con forza insieme e con prudenza. Come le ho detto in proposito all’osservazione fattami ripetutamente da Sua Ecc. Mons. Vescovo che i testimoni eran troppi. Io non posso rinunciare a nessuna parte di essi che non fosse un numero

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men che esiguo, perché i tratti rilevanti esteriori di virtù eroiche, nella vita religiosa di P. Carlo essendo pochi, bisogna vedere di stabilirli tutti e non perderne, se è possibile, nessuno, come altronde occorre per la stessa ragione allargare la base per stabilire la fama r l’impressione generale di vera santità, donde la 20a di Testimonii primarii. Questo da una parte. Dall’altra, essendosi la sua santità, per beneplacito di Dio, manifestata nella virtù taumaturgica di un gran numero di grazie e prodigi, non mi pare molto averne scelto anche et post mortem una trentina, non essendovene per ora nessuno di prima classe, e quindi gli altri 60 testimoni: due per grazie o miracoli. Se mi si rompe questa architettura o congegno, io temo minacciato seriamente quell’esito dell’Istruttoria che vorrei decisivo a primo tratto, a scanso di altri disturbi e spese e ad assicurazione della maggior possibile celerità di comunicazione. Ma se questi testimonii mi si sottraggono, e non per opera dell’autorità e del Tribunale, ma di invidiosi che postragono oltre a tutto il resto, la gloria del loro Santuario e della loro patria? Cosa faccio io? Se ella dopo aver considerato bene il tutto, e specialmente la gran brutta cosa che sarebbe il creare, o il dar luogo ad nuovo contrasto coi preti di qui, se crede, dopo averne fatto parola col Superiore vorrà darmi qualche consiglio in proposito, onde io possa sentirmi sollevato nel sentimento della responsabilità che mi si è imposta. (dacchè ricorda bene che io sono qui solo per questo), mi farà un grande favore e glie ne sarò tenutissimo.

Oggi come oggi non ho ancora avuta risposta dal Parroco di Livraga, se può o no presentarsi posdimani, Mercoledì. Se risponde dimani a dirmi di no, vorrò essere in un bel fastidio.

Ho ufficiato Tornielli perché voglia favorire a ricevere i sacerdoti testimonii in casa sua per la refezione del mezzodì, computando a tutto nostro carico le spese, ma non ancora ebbi risposta. Se saprà a tempo i dì delle sedute vedrò di inviare a Lodi pel giuramento i Testimoni primarii non giurati; se li potrò però persuadere, o meglio svuotarli dalla paura che ci hanno messo in corpo.

Intanto la riverisco rispettosamenteFra Bonaventura d’Alzano

Casalpusterlengo 5.6.99.

Nella XXXV sessione al Tribunale, dopo aver interrogato 50 testi, rinunciò a convocare gli altri 14 che

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avevano già fatto giuramento, ritenendo sufficientemente illustrati gli Articoli proposti dal vice postulatore621.

Del medesimo prof. Manfredi sono le note relative al processo rogatoriale di Bergamo622 :

«Alcune note sulla rogatoria bergamasca. Il documento (ne ho visto la fotocopia) consta sostanzialmente del verbale del processo bergamasco, svoltosi in quattro sessioni nei giorni 10 febbraio (sessioni I e II), 21 febbraio (sessione III), 7 aprile 1899. La prima e l’ultima sessione sono di tipo procedurale, la II e III recepiscono l'interrogatorio del padre Arsenio da Brescia, già lettore di teologia nel convento dei cappuccini di Milano e confessore del padre Carlo da Abbiategrasso nel periodo della sua presenza nel convento milanese. Il padre Arsenio viene interrogato "in cubiculo, in quo testis examinandus iacet infirmus", presso il convento dei cappuccini di Bergamo. Padre Arsenio (al secolo Lorenzo Comincini… singolare omonimia con uno dei membri della commissione storica!) dichiara di aver compiuto settantasei anni. Il processo vero e proprio consta di 84 pagine numerate, compresi gli annessi, e ad esso si allegano altri documenti.

«Il giudice delegato dal vescovo Gaetano Camillo Guindani di Bergamo è monsignor Giacinto Arcangeli, già vicario generale di Bergamo e da poco nominato vescovo di Asti, della cui diocesi non aveva ancora preso possesso. Il procuratore fiscale è il canonico Samuele Remondini, teologo del capitolo della cattedrale. Il notario è Tommaso Signori (almeno così mi sembra di leggere nella non facile grafia), cancelliere della curia bergamasca. E' sempre presente il vicepostulatore, il già noto padre Isaia da Milano.

«Padre Arsenio viene interrogato con il formulario già ritrovato nel processo laudense, e può offrire contenuti e informazioni che nel processo laudense, da me esaminato, non figuravano. Il teste conferma pressoché tutti i tratti

621 Proc. Laud., sessione in data 5.7.1900, ff. 326v-327v.622 Lettera al Giudice delegato, in data 21 luglio 2009.

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spirituali noti del padre Carlo: devozione al Crocifisso, all'Eucaristia, alla Madonna, a s. Francesco; il dono delle lacrime, su cui si sofferma maggiormente con qualche ricordo; l'umiltà e il senso del peccato, tanto da accusarsi con forza e pentimento di "difetti leggerissimi"623; la mortificazione fino all'estremo; la vita religiosa "esattissima"; la castità; la povertà. Si tratta di conferma di notizie già conosciute dalle biografie e da altre testimonianze. Ne emerge un profilo spirituale molto semplice, essenziale, direi classico: un frate che vive una grande fede, una mortificazione corporale e spirituale "d’altri tempi", tipica di alcuni ordini religiosi, una preghiera prolungata e segnata forse non da visioni vere e proprie ma dalla partecipazione profonda alla passione di Cristo, una obbedienza e un'osservanza della regola che facevano tutt’uno con la virtù dell’umiltà, una confessione sincera... di peccati minimi.

«A proposito di obbedienza, si può forse cogliere un aspetto, che non saprei definire se problematico o no, nel "conflitto" tra obbedienza e mortificazione: "Debbo aggiungere che il padre vicario in un giorno che mi pare fosse di stretto digiuno ordinò al padre Carlo di mangiar carne; ma il padre Carlo non volle mangiarne; io penso perché temesse che ciò fosse contro la regola e la coscienza, mancando la manifesta necessità secondo la norma dataci dal nostro Santo Padre"624.

«Oltre che una autorevole conferma senza macchie del profilo spirituale del padre Carlo e dell'esercizio delle virtù, la testimonianza di padre Arsenio ci informa sugli studi di padre Carlo, già sacerdote: "gli fui maestro di teologia per due o tre anni"625.

«Ossia il padre Carlo fu sì ordinato dopo solo un anno di studio, ma poté proseguire le lezioni nei successivi anni di permanenza a Milano.

«Per concludere le mie personali sottolineature della rogatoria bergamasca, noto che mons. Arcangeli, che pure

623 Proc. Bergom., f. 66.624 Ibid., f. 70.625 Ibid., f. 38.

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aveva mandato di interrogare altri “con–testes”, scrive nella sua accompagnatoria: "Non giudicai necessario esaminare alcun conteste, perché, convenendo meco anche il promotore fiscale, dalla deposizione del teste non si poté rilevare la necessità di appurare o comprovare fatti o circostanze speciali asserite dal teste e note ad altri da lui nominati»626.

Unificando e riassumento i dati, il Processo “ordinaria auctoritate” celebrato nella curia arcivescovile di Milano ebbe inizio con la prima sessione il 13 gennaio 1899 presieduta dall’arcivescovo card. Andrea Ferrari e dedicata agli adempimenti legali introduttori; quello rogatoriale della curia vescovile di Lodi il 3 maggio 1899 con la prima sessione presieduta dal vescovo mons. Giovanbattista Rota per gli stessi adempimenti; il processo rogatoriale della curia vescovile di Bergamo tenne la prima sessione il 10 febbraio 1899 davanti al vescovo Gaetano Camillo Guindani per gli adempimenti procedurali.

A questo tribunale si chiedeva soltanto di raccogliere la deposizione come teste p. Arsenio da Brescia, degente come infermo grave nel convento cittadino, cosicché – giudicando che non c’era bisogno di convalide da parte di altri testimoni data l’autorevolezza e la perfetta cognizione – concluse rapidamente il processo: lo stesso giorno padre Arsenio iniziò la sua deposizione e la concluse nella terza sessione del 21 febbraio.

Nella quarta ed ultima de 7 aprile 1899 il giudice delegato, mons. Giacinto Arcangeli vicario generale e vescovo eletto di Asti, pose fine al processo e inviò gli atti all’em.mo card. arcivescovo di Milano, per mezzo del “portatore” p. Luigi da Guanzate. A Lodi la raccolta delle deposizioni dei testi si concluse il 7 novembre 1900 (sess. XXXVIII). Nella successiva del 15 maggio 1901 lo “scriba” don Ferdinando Colombo consegnò il transunto o copia pubblica autenticata; l’8 luglio (sess. XLIV) si concluse la verifica dell’esatta corrispondenza dei due testi autentici, e nell’ultima (20 marzo 1902) il “portatore” Isaia da Milano

626 Ibid., f. 87.

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ricevette il plico, che consegnò alla Cancelleria della curia arcivescovile di Milano il giorno stesso.

Il Tribunale arcivescovile acquisì le carte processuali di Lodi e Bergamo in plichi chiusi e sigillati nella sessione XXVIII del 14 aprile. Nella medesima sessione fu eletto come “scriba” p. Luigi da Guanzate per la stesura della copia delle carte processuali del tribunale di Milano. Il transunto fu riconosciuto autentico nella sessione XXXVIII del 28 gennaio 1903. Fu la sessione conclusiva, celebrata davanti al card. arcivescovo. In essa fu eletto p. Isaia da Milano come “portatore” dei plichi sigillati dei transunti originali.

Nel verbale si dice genericamente «Sacrae Rituum Congregationi sive ejus Reverendo Patre Domino Secretario exibendi»627. Il «portatore» p. Isaia da Milano consegnò i plichi sigillati al postulatore generale in Roma. Questi, a sua volta, li presentò il 27 febbraio 1903, chiusi e sigillati, al Cancelliere e archivista della Sacra Congregazione dei Riti per l’iscrizione negli Atti628. In forza di un recente decreto di

627 Proc. Mediol., f. 299r.628 Tutti i dati relativi ai processi di Milano e Lodi sono stati desunti

anche in questo capitolo (come nei precedenti) dalle fotocopie dei transunti originali messi a disposizione dalla Vice Postulazione. Quelli relativi al Processo di Bergamo sono desunti dalla fotocopia autenticata degli atti originali conservati nell’archivio di quella Curia Vescovile. Sulla copertina è scritto: “Processus Rogatorialis authenticus originalis Auctoritate Ordinaria in hac civitate Bergomensi confectus in causa Beatificationis et Canonizationis Servi Dei P. Caroli ab Abbiategrasso super fama sancitatis vitae, virtutibus et miraculis, cujus exemplum sive trasumptum remissus fuit per Deputatum Portatorem Excell. Tribunali Ecclesiatico in Curia Archiep. Mediolanensi erectum hac die VIIIaprilis anno 1899. sac. Jo Signori Not a A”. dal momento della acquisizione del plico sigillato del transunto da parte del tribunale Arcivescovile sopraricordato, del plico non si hano altre informazioni. L’approdo alla Cancelleria della Sacra Congregazione Romana risulta da una copia autentica conservata a Roma, APGC, ms. 62/4: Mediolan. seu Lauden. Exemplum seu transumptum processus rogatorialis in Civitate Bergomensi peracti in causa beatificationis et canonizationis Servi Dei P. Caroli ab Abbiateghrasso O.M.S. Francisci Capuccinorum, che riporta il timbro della Cancelleria. Il dott. Mario Comincini rintracciò gli Atti originali nell’archivio della Curia Diocesana di Bergamo e dalla medesima ebbe la fotocopia autenticata. Ma un’altra copia originale dovrebbe conservarsi presso la Curia Arcivescovile di Milano, come asserisce il sac.

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papa Leone XIII i plichi furono aperti, ne fu fatta copia, che fu dichiarata perfettamente concordante con il transunto autentico. Il postulatore doveva pur disporre di una copia, per prendere visione del Processo, studiarlo, per poi seguire la causa presso la Congregazione. Solo il 7 novembre dell’anno successivo 1904 il cancelliere rilasciò testimonianza dell’acquisizione629.

A questo punto, con la consegna del transunto alla Sacra Congregazione penso che si possa ritenere concluso il Processo diocesano in tutte le sue fasi.

2. – UNA CAUSA CHE NON VA AVANTI

1) I primi ed ultimi passi della Congregazione dei RitiCarlo Carcano, cancelliere arcivescovile alla fine del transunto sopra citato conservato a Roma con queste significative parole: Transumptum hoc conforme est originali quod asservatur in Curia Archiepisc. Mediolanensi. Mediolani, die 23 februarii 1920. Sac. Carcano Carolus, Cancellar. Archiep. Della fase diocesana dei Processi si rintracciano le copie pubbliche dei transunti con relativi documenti e il catalogo dei testi nell’APGC, n. 61/3 e 62/4; gli originali degli stessi Atti e Documenti nell’Arch. Dioc. di Lodi; gli «Articoli per l’esame dei testimoni», Milano, Tipogr. Francescana, 1899, e deposizioni scritte dei testimoni in APCL, P 1105/093-107 (in Appendice, pp. 570-572), oltre materiale già precedentemente citato.

629 Si riporta la dichiarazione rilasciata dalla Cancelleria della Sacra Congregazione dei riti. “Ex Aedibus Cancelleriae Congregationis Sacrosum Ritum, testor ego subscriptus praesentem copiam Publicam, que constat foliis 432, hoc comprehenso, fideliter extractam et exemplatam fuisse ab autentico Transumato Processus Ordinaria auctoritate conscructi in Curia Ecclesiastica Laudesi super fama sanctitatis vitae, virtutum et miraculorum Servi Dei P. Caroli ab Abbiategrasso Sacerdotis Professi Ordinis MinorumCapuccinorum, clauso et sigillis obsignato in Actis Sacrorum Rituum congregationis esibito, ac deinde servatis servandus rite aperto in vim peculiaris Decreti sa: me. Leonis Papae XIII, quod datum fuit die vigesima septima Februarii anni millesimi nongentesimi tertii; eamdemque Copiam diligenter colaltam, opportune emendatam rubricisque a me subscripto cum dicto autentico Transumato Processus Rogatorialis ut suopraconfecti in omnibus et per omnia concordare salvo etc. omni ect. In quorum fidem Romae hac die 7 Novembris 1904 Gustavus Adv. Savignoni S.R.C. Cancellarius et Archivista”, con timbro: Cancelleria Sacrorum Rituum Congregationis. Identica la dichiarazione rilasciata per l’acquisizione del transunto di Milano, ad eccezione del numero delle pagine: 302.

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Possiamo seguire agevolmente i passi successivi della Causa presso la Sacra Congregazione dei Riti (ora Sacra Congregazione per le Cause dei Santi) grazie alla ricerca eseguita nel 1964 da padre Silvino da Nadro su tutte le Cause dell’Ordine cappuccino630. Si tratta, purtroppo, di pochi passi.

Già dal 1903, 7 marzo, a richiesta del postulatore generale mons. Bernardo M. Nardi, gli Em.mi cardinali preposti avevano eletto e deputato come Ponente o Relatore della Causa il card. Antonio Agliardi, vescovo della sede suburbicaria di Albano631. Il 23 febbraio di quattro anni dopo, 1907, ancora a petizione del postulatore generale, fu data facoltà al Promotore della Fede di procedere alla acquisizione di tutti gli scritti del Servo di Dio nei luoghi pertinenti632. Non erano emerse, dunque, difficoltà circa i processi diocesani. In data 2 maggio il Promotore Alessandro Verde impartì la disposizione per l’acquisizione degli scritti all’Arcivescovo di Milano e al vescovo di Lodi633. Mons. Giovanni Battista vescovo di Lodi pubblicò l’ordine della S. Congregazione con un editto a stampa (Tip. Vesc. Quirico e Camagni) con il quale rivolse a tutti i fedeli l’invito a consegnare lettere e scritti entro il 7 settembre dello stesso anno. L’editto portava la data del 22 luglio. Una copia fu inviata al guardiano del convento di Casalpusterlengo634. A Milano il vicario generale mons. Stefano Balconi fece pubblicare nel foglio ufficiale diocesano nel mese di agosto l’ordinanza arcivescovile e in data 31 agosto scrisse al parroco di Abbiategrasso perché interessasse la popolazione.

630 Cf. Acta et decreta causarum beatificationis et canonizationis o.f.m.cap. ex regestis manuscriptis SS. Rituum Congregationis ab anno 1592 ad annum 1964. Cura et studio p. Silvini a Nadro O.F.M.Cap.

doctoris in lure canonico. Romæ, apud Postulationem Generalem O.F.M.Cap. – Mediolani, Centro Studi Cappuccini Lombardi, 1964, pp. 298-300.

631 Arch. SRC, Decreta in causis Servorum Dei, vol. 75, 1905, f. 46v.632 Ibid., vol. 79, 1907, f. 23r.633 Ibid., vol. 79, 1907, f. 54d, 56.634 APCL, P 1105/007, copia spedita al p. guardiano.

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Ecco il testo della lettera del vicario generale della curia di Milano al parroco di Abbiategrasso per ricercare gli scritti del Servo di Dio:

Curia Arcivescovile di MilanoMilano, 31 agosto 1907R.mo Signore,Non le sarà certamente sfuggita 1'ordinanza

arcivescovile fatta di pubblica ragione nel Foglio Ufficiale diocesano dell'usc. mese di agosto, relativa agli scritti del p. Carlo d’Abbiategrasso cappuccino, che la S. Sede ordina siano raccolti.

Potendo presumersi, che, se tali scritti non mancano, più numerosi abbiansi a trovare presso la popolazione di codesta parrocchia, che fu la patria del p. Carlo, interesso il ben noto zelo della S.V. perchè voglia anche dal pulpito invitare i fedeli ad esibire detti scritti, qualora ne fossero in possesso.

Gradirò di conoscere in seguito quail siano stati i risultati della pratica, anche all'uopo di poter meglio corrispondere agli intendimenti della S. Sede.

E con ogni ossequioIl Vicario GeneraleR.mo D. Stefano Balconi Al Prop. Parroco di S. Maria N. in Abbiategrasso

Analogo decreto fu emanato dal vescovo di Lodi mons. Battista Rota relativamente alla raccolta degli scritti di padre Carlo in data 22 luglio 1907: «In esecuzione del rescritto della S. Congregazione del 7 giugno p.p…. ordiniamo… coloro che conservano scritti… o stesi di sua mano, o da lui dettati, o fatti per ordine di lui, siano manoscritti, siano a stampa, li consegnino alla Nostra Curia Vescovile non più tardi del giorno 7 settembre prossimo; coloro che sanno che da altri si conservino scritti come sopra si presentino entro lo stesso termine»635. È rintracciabile un ulteriore passo: «Alla Postulazione Generale pervenne un plico di 23 articoli con fogli 425, cui fu apposto a matita sul primo foglio “1908”.

635 Cf. Milano, APCL, P 1105/007 (ex cart. 04, doc. 37); Abbiategrasso, Arch. Parr. Santa Maria Nuova.

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Catalogo dei testi; virtù, miracoli, fama di santità in vita; morte e funerali; miracoli e fama di santità dopo morte. A Roma furono apposti i titoli ai capitoli o fascicoli a matita e in latino636

Si può presumere che nessun nuovo scritto di p. Carlo sia venuto alla luce, oltre i pochi già noti e pubblicati, conservati in conventi dei cappuccini. La Curia di Lodi in data 27 settembre inviò a Roma l’istromento autentico relativo637. Non si ha notizia della risposta della Curia Arcivescovile di Milano. Il 9 dicembre 1908638 gli scritti furono approvati: «post approbationem scriptorum», ma p. Silvino non riporta il testo del decreto.

Dopo quell’ultimo dato, una frase raggelante: dopo quella data «nihil amplius auctum est in causa». È registrata la ricognizione del corpo in data 28 agosto 1932639. La ricerca di p. Silvino si conclude con un “promemoria” che si riporta640.

In data 25 marzo 1907 il vice postulatore generale, p. Giuseppe da Carate, scrisse da Roma al vice postulatore (non precisato, doveva trattarsi di p. Isaia da Milano) per chiedere notizie sollecitate dal Promotore della Fede, «dovendosi far proseguire la Causa del Servo di Dio»641.

Dopo l’approvazione dei pochi scritti del Padre Carlo, avvenuta in data 9 dicembre 1908, niente più si è fatto per portare avanti la beatificazione, «non fermata (come leggiamo nel pro-memoria sopra citato) ma piuttosto

636 In APCL, P 1105/098-102 e 103 i corrispondenti mss. di p. Isaia vice postulatore, in italiano. Il materiale fu inviato a Roma in modo un po’ affastellato. Si veda più avanti a p. 326 e nota 58.

637 Arch. SRC, Decreta in causis Servorum Dei, vol. 80, 1908, p. 203.638 Ibid.639 Atti originali, in Arch. Stor. Dioc. Lodi, “Processus pro

sanctificatione”. Dalla Congregazione una risposta alla petizione presentata direttamente nelle mani del Papa, a firma Edward Nowac, segretario, in data 7 luglio 1992. Si riferirà a suo luogo.

640 Roma, APGC, n. 62: Documenta, 9. Vedi qui, pp. 1s e 538. Queste le poche notizie che si raccolgono dai documenti dell’Archivio della Congregazione per le cause dei Santi. Cf. Catalogo, più avanti, pp. 536-539.

641 Milano, APCL, P 1105/136, p. 20.

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ferma… perché l’istruttoria ottenuta nei due Processi (di Lodi e di Milano) è troppo scarsa di prove».

Gli scritti di padre Carlo risultano approvati con decreto della Sacra Congregazione dei Riti in data 25.3.1907, come abbiamo appena detto, ma il decreto non è stato ancora rintracciato. Presso l’APGC, n. 62/4 esiste il «Catalogus testium eorumque scientiae causa ex processu Laudensi, ex processu Mediolanensi», che porta sul frontespizio, a matita, «Anno 1908 Servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso». I fogli sono 344rv, numerati sul retto. Nel Catalogo di p. Costanzo Cargnoni segue una nota: «Questa raccolta sembra una prima informatio sulla vita, virtù e fama di santità del Servo di Dio che avrebbe dovuto essere poi completata e pubblicata, ma restò manoscritta fino ad oggi»642. Sembrerebbe che a Roma la Postulazione Generale non abbia dimostrato (per quanto risulta dalle carte) un particolare interesse al far progredire la causa presso la Sacra Congregazione. Nella provincia lombarda iniziò il Processo canonico di P. Innocenzo da Berzo, vice postulatore ancora p. Isaia da Milano. Compiuta egregiamente la sua parte nei processi diocesani di padre Carlo, non aveva più competenze in Roma. L’impegno si rivolse a favore della causa di p. Innocenzo643. Vedremo i successivi passi, che sembreranno poco più che formali644.

642 Vedi più avanti, in Appendice, p. 544. dove è riportato anche un sommario delle diverse parti. Un materiale da confrontarsi con altre simili raccolte e sommari presenti in APCL, P 1105/098-103: Documenti del processo di P. Carlo (Appendice, pp. 570-572).

643 In Arch. PC, cart. 17, n. 15: Decreto per la Causa di P. Innocenzo da Berzo. Si accenna a p. 3 che i processi iniziarono nel 1909. Si deduce che da quella data la Provincia si dedicò totalmente a lui. Cf. Atti 1 (1943) pp. 6-9.

644 In verità anche questa causa ha avuto lentezze. Venticinque anni dopo, nel 1934, il ministro provinciale, in occasione della canonizzazione del fratello laico cappuccino beato Corrado da Parzham, invocò dal postulatore generale la introduzione della causa di padre Innocenzo da Berzo, perché «anche un sacerdote cappuccino vada presto sugli altari, per far conoscere che anche nella classe dei sacerdoti nostri fons sanctitatis est indeficiens» (Cf. Atti della Provincia I [1943] 46). Della causa di padre Carlo spunta una traccia nell’anno 1920: la Cancelleria della Sacra Congregazione dei Riti, in data 23 febbraio 1920, trasmise

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2) Grazie attribuite alla intercessione di P. CarloL’attesa a Casale, nel Lodigiano ed oltre, di notizie da

Roma, di come andava la causa iniziata, era viva. Era alimentata di volta in volta dalla presenza in convento di tre religiosi che avevano avuto una parte di primo piano nella fase dei processi diocesani (p. Giustino da Lovero, già compagno di padre Carlo, vicario; p. Ildefonso Aliverti, che aveva raccolto e raccoglieva testimonianze; p. Isaia, già vice postulatore, guardiano); dal ricordo degli avvenimenti di pochi anni prima (la trionfale traslazione delle reliquie di padre Carlo dal cimitero al santuario; la convocazione di numerose persone del paese al Processo diocesano con il relativo rinverdire del ricordo di padre Carlo, delle sue opera straordinarie e delle grazie ottenute per sua intercessione dopo morte); dalla abituale frequenza di numerosi devoti ai piedi della venerata immagine della Madonna dei Cappuccini e alla tomba del suo servo fedele; ma soprattutto dai miracoli o grazie stroardinarie delle quali si veniva man mano a conoscenza.

Alcuni sono già stati ricordati, fino a ridosso della conclusion del processo diocesano. Seguono anni dei quali non possiamo presentare alcuna documentazione. L’abbiamo invece per gli anni 1906-1907, grazie ad un articolo di p. Isaia da Milano, datato Lodi 20 settembre 1907:

«Alla domanda di molti devoti ed anche di distinti personaggi di Milano, di Lodi, di Abbiategrasso, di Casalpusterlengo ecc ecc che mi fanno pur sapere a qual punto si trovano a Roma i processi di beatificazione del nostro Servo di Dio, p. Carlo d’Abbiategrasso, non posso far altro rispondere che il tutto ancor si trova sub judice della Sacra Congregazione dei Riti… Posso però dire che il Servo di Dio fa continuamente sentire la sua potente voce taumaturga… Bisognerebbe infatti aver dimorato alcun poco nel santuario dei cappuccini di Casalpusterlengo, ove sta il suo sepolcro, per vedere alla Postulazione Generale il transunto conforme all’originale del processo per rogatoria di Bergamo (APGC, n. 63/3). Sfuggono le ragioni.

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quanto si mantenga ancora viva la divozione al servo di Dio. Vedrebbero gli egregi lettori degli “Annali”, la commovente manifestazione di fede sia negli ammalati che intraprendono lunghi e faticosi viaiggi per dimandar grazie, sia nei graziati che vi ritornano per sentimenti di gratitudine ad offrire doni e i voti della riconscenza, sia nei numerosi pellegrini che insistentemente ivi fanno ressa per avere l’immagine del Padre Santo, una sua reliquia o almeno una particella di bambagia nella quale furono avvolte le sue ossa; e tutti prima di ripartire vogliono con pannolini, rosari ed altri oggetti toccare la pietra che ricopre il suo sepolcro».

Dopo l’accenno interessante al modo con cui si esprimeva la devozione dei fedeli, l’articolista riporta la serie di guarigioni attribuite all’intercessione del servo di Dio in meno di due anni:

Doldi Anna di anni 8, abitante nella cascina Ridotta di Capergnanica (Crema), nel 1906 era affetta da meningite e data come spedita da tre medici: dietro consiglio di un cappuccino di Crema i genitori fecero una novena a Padre Carlo confidando nella sua protezione; «con meraviglia di tutti videro nell’ottavo giorno la bambina migliorare in modo da incominciare ad alzarsi dal letto ed in pochi altri giorni rimettersi in perfetta salute».

Da grave artrite alle gambe era travagliato un bergamino della cascina Gorghi di Secugnago da due anni. Molte volte non riusciva a muovere un passo. Si raccomandò al servo di Dio e dopo due novene ottenne la desiderata guarigione. In un’altra cascina dello stesso Comune una giovane, che a stento e con dolori poteva muovere una gamba (forse in seguito a una febbre tifoidea), si rivolse al servo di Dio ed ottenne la medesima grazia. Alla Cassinarda del medesimo Comune una certa Fornari Antonia, dopo aver ricorso per due anni ai medici a causa di una grave malattia agli occhi, quand’era già in procinto di perdere totalmente la vista, si rivolse a Padre Carlo con una novena e alla fine di questa si recò al santuario sulla tomba per ringraziarlo della guarigione ottenuta.

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Pezzini Maddalena di anni 46, di Castiglione d’Adda, fu liberata senza dolore da un carcinoma mammellare che la travagliava acerbamente da nove anni.

Padre Adeodato di Piacenza, carmelitano scalzo, nel marzo 1907, chiese imagine, preghiera, reliquia di Padre Carlo per un suo confratello converso, Fra Massimo, che soffriva di artrite tramutatasi in gotta da 15 o 16 anni, e aveva trovato un grande giovamento da dieci giorni, appena terminate una seconda novena al servo di Dio. Cominciava la terza, nella speranza di essere guarito.

A Torino due coniugi di famiglia benestante vennero accusati di un omicidio avvenuto ad ora tarda della notte nelle vicinanze della loro casa. Si raccomandarono a Padre Carlo e attribuirono alla sua intercessione la grazia della assoluzione in Corte d’Assise.

In Lodi il giovane Soldi Carlo, di anni ventuno, fin dai tredici anni era affetto da gravissima osteoperiostite del bacino. I medici non avevano potuto alleviare menomamente i suoi dolori, ritenevano anzi che nè medicina nè chirurgia avrebbro potuto arrestare la corsa fatale: «era questione di tempo». I parenti pregavano insistentemente Dio e la Vergine SS.ma, e una zia condusse al santuario il giovane, accompagnato dalla madre e dalla sorella. Pregarono Padre Carlo, fecero impartire una benedizione con il Santissimo Sacramento, fecero voto di ricondurlo dopo la guarigione. Il giovane non ebbe più il minimo disturbo. Due anni dopo si recarono al santuario per adempiere al voto, consegnarono una memoria scritta e la dichiarazione del medico curante dott. D. Paperini: «Quando ogni speranza di guarigione pareva perduta, il malato cominciò a migliorare e il miglioramento continuò rapido, progressivo, fino alla guarigione inaspettata e duratura. Inaspettata perchè sopraggiunta quando sembrava follia lo sperare, duratura perchè da due anni non ha più il malato accusato il più piccolo disturbo inerente alla malattia sofferta». L’attestato portava la data del 20 sett. 1907.

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A testimonianza di una fama e di una devozione esistenti non solo in luoghi vicini come Secugnago (paese legato al Servo di Dio fin dai mesi della sua presenza a Casalpusterlengo) e Castiglione d’Adda, ma anche a Lodi e nella più lontana Torino.

L’articolo datato: Lodi, 20 settembre 1907, fu pubblicato in Annali francescani, periodico del Terz’Ordine, nel numero del 1° gennaio 1908 con il titolo: Defunctus adhuc loquitur, a firma di Fr. Isaia, il quale aggiunge una postilla: «Fortunata la diocesi di Lodi che nei suoi confini racchiude una dei più celebri santuari del mondo cattolico ove si custodiscono le ossa d’un santo cappuccino, e sollecita a risvegliare l’invitta fede e a concorrere generoso ad ultimare la splendida nuova via che dal borgo di Casale immette direttamente al Luogo Santo, alla tomba venerata»645.

Di molte altre grazie si riferisce nell’inserto del bollettino del Santuario e nei “quadernoni” presso la tomba, già analizzati.

a) ARCHIVIO DI PADRE CARLO D’ABBIATEGRASSO

(Casalpusterlengo, Arch. PC, Cart. n. 20: “Beatificazione di P. Carlo. Tutto il Processo storico… a partire dall’anno 1908”)

Anno 1908?

M.R.P. Isaia,le spedisco un ragguaglio della grazia fatta da P. Carlo

Cappuccino di Abbiategrasso, qui ai Sabbioni.Essendo io stato chiamato a benedire una ragazzetta di 5

anni, e vedendola ammalata gravemente, diedi una reliquia del P.Carlo di mettergli al collo, e gli facessero una novena.

La ragazzetta di 5 anni si ammalò alla metà di gennaio. In prima di polmonite, passato qualche giorno la malattia si

645 Annali Francescani, 1 gennaio 1908, pp. 491-495, la postilla a p.

495.

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voltò in tifo; di poi in meningite. Di modo che il Sig. Dottore di condotta non dava più nessuna speranza di guarigione.

Si deve poi notare che chi l’assisteva, mi dissero che dal primo giorno che si ammalò, in fino al giorno che guarì non ha mai parlato.

Era così aggravata dal male, che si agitava continuamente da tal nervoso e convulso, che tutta si contorceva e ci volevano due persone continuamente accanto che la curassero perché non saltasse fuori dal suo letticiuolo.

Ma venuto il 15 di febbraio, con meraviglia di tutti, la ragazzetta saltò fuori dal suo letticiuolo sana e salva. E quello che è più, senza restargli nessuna imperfezione. Che il Sig. Dottore in vederla ebbe a dire più volte a quelli di casa: ”quella ragazzetta è un vero Mosè salvato dalle acque”.

O aspettato fin ora a scriverle, per verificare sempre più la sua guarigione.

Ed io attesto che essendo andato in sua casa il giorno 9 agosto, la vidi questa ragazzetta a corrermi incontro, tutta allegra domandandomi la medaglia.

Il nome del Dottore di condotta è Segalini Angelo.Il nome del suo Padre: Poloni Giovanni.Il nome della sua Madre: Mileti Domenica.Il nome delle due donne che l’assistevano: sua Madre e

l’altra Cremonesi Angela.(seguono le firme, 10 con i vicini).

NB. Il fatto è narrato due volte. Alla seconda si aggiunge: in fede Padre Fedele, Cappuccino da Brivio.

Anno 1908

R.P.Guardiano,credo bene farle noto una nuova grazia, o miracolo, fatto

per l’intercessione del Padre Carlo Cap. da Abbiategrasso.Chiamato a benedire una fanciulla, vidi in quella casa un

pianto di compassione. Era infatti, la poverina, moribonda e spedita da tre medici: dal Dott. Spagnoli Giuseppe di Crema, dal Dott. Ragazzi Giovanni di Crema, dal Dott. di condotta

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Bassi Giuseppe di Ombriano che disse: “Io ti ordino questa medicina, ma potete non prenderla, perché è già moribonda”.

Dopo d’averla benedetta, gli consegnai la reliquia del Padre Carlo, dicendogli che avessero fede, e P.Carlo gli poteva fargli la grazia, con dirgli anche che facessero una novena di 9 Pater, Ave e Gloria al P.Carlo.

Infatti questa ragazza, di 8 anni (era l’anno 1906) era ammalata di meningite e moribonda. L’ottavo giorno della Novena incominciò a levarsi; e guarì da tale malattia senza imperfezioni; e guarì così perfettamente che non ha più sofferto niente.

Incontrandomi con sua madre, che teneva a mani una fanciulla, mi disse:”Padre, eccola qui quella mia figlia, che mi ha benedetta due anni or sono dal giugno 1906, tutta giuliva e sana, con il libro di scuola in mano,che studia allegramente”.

Il nome del Padre è Doldi Fermo.Il nome della Madre è Doldi Maria.Il nome della figlia è Doldi Anna.Il nome del paese è Cascina Ridotta, sotto Capergnanica

(Crema).Padre Fedele Cap. attesta.

Anno 1910 “Necrologio dei Frati Minori Cappuccini della Provincia di S.

Carlo in Lombardia.- Primo Semestre” (Milano, Premiata Tipogr. Pont. Ed Arciv. S. Giuseppe via S. Calocero, 9 – 1910):

“21-2-1859 Casalpusterlengo. – P. Carlo Vigevano d’Abbiategrasso. Sacerdote. Perfetto imitatore del P. San Francesco; le sue virtù commossero la Lombardia tutta e parte del Piemonte; i popoli in folla correvano a Lui e ne riportarono grazie tali che la stessa incredulità ne rimase attonita. Morì in concetto di santità e ne è già introdotta la causa per la sua beatificazione. La sua vita fu nascosta con Cristo in Dio”.

Anno 1913

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«Un'altra grazia fatta dal Padre Carlo Cap.».Nel mese di giugno v’era qui ai Sabbioni ed Ombriano

una specie di peste contagiosa contro i fanciulli dai 2 ai 5/6 anni; la quale in otto giorni li conduceva al sepolcro. Questa malattia consisteva: in prima apparivagli sulla faccia e sul corpo la scarlattina; ed insieme di soppiatto la polmonite anche doppia, di modo che questi poveri fanciulli , con tutte le cure che il medico poteva applicare, non c’era mezzo di salvarli.

Il Sig. Lodi Andrea, qui dei Sabbioni, aveva quattro figlie e un figlio; i due ultimi, dell’età di 10 mesi l’uno e 4 anni l’altro, l’un dopo l’altro il morbo glieli tolse.

Dopo otto giorni la figlia ultima di 6 anni si ammalò anch’essa dello stesso male, e fatti venire due medici per visitarla e farne il consulto della malattia, dissero che era in stato grave.

I suoi genitori mi domandarono di benedirla e gli raccomandai di metterle al collo la reliquia di P.Carlo e fargliene una novena.

Appena che io ero partito, così ella mi disse, questa povera sua madre vedendo che perdeva anche questa, come fuori di sé alza le mani e gli occhi al cielo ed esclama: ”Oh Padre Carlo! Oh Padre Carlo! Fammi questa grazia, salvami almeno questa, ecc”. Dopo due ore, ecco che la figlia rinvenne e cominciò a star bene: e dopo due o tre giorni l’ebbe sana e salva.

Ed io stesso attesto che, essendo andato in sua casa il giorno 6 agosto, la vidi questa ragazzetta a corrermi incontro colle altre due sorelline tutta allegra, domandandomi la medaglia.

In fede, Padre Fedele Capp. Da Brivio.(Seguono le firme dei 2 medici e dei genitori. Nelle firme il

cognome però non è Lodi, ma Doldi).

Anno 1919Il sottoscritto dichiara d’aver ottenuto per mezzo del

Padre Carlo da Abbiategrasso la guarigione di sua malattia, che avvenne in questo modo.

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Io mi sono ammalato il 13 marzo 1919 di polmonite doppia, pleurite e bronchite. La malattia durò 5 giorni; dopo i quali il medico non mi dava nessuna speranza di guarigione e quasi spedito. Ora io sentendo questo dal medico pensai a mettermi al sicuro col ricevere anche gli ultimi Sacramenti per assicurarmi alla buona morte:

Con tutto ciò sentendo in me ancora una speranza di guarigione con ricorrere ad un medico spirituale, cioè al Padre Carlo Cappuccino con confidenza; che mentre fece anche tante grazie a tante altre persone, la farebbe anche a me, col darmi la guarigione.

Io feci, dunque, la Novena a questo Padre Carlo Cappuccino, con tutto amore confidenza; e con tutta mia consolazione e contento, sull’ultimo giorno della Novena, mi sentii bene, e quindi guarito perfettamente.

Ed allora in poi mi sento veramente bene.In fedeMargheritti Fiorenzo di Crema Ombriano

Sabbioni 23/4/1919Tutta l’intera famiglia Riboli espone la sua riconoscenza al

B. P. Carlo Cappuccino per la grazia ottenuta, cioè l’immediata guarigione del proprio congiunto Mario, spedito dal Medico con broncopolmonite. Con somme grazie, la famiglia Riboli.

b) GRAZIE O MIRACOLI POST MORTEM DI P. CARLO D’ABBIATEGRASSO

(Archivio Provinciale Cappuccini Lombardi APCL)

Grazie o miracoli post mortem

P 1105/029 (ex cartella 05 doc. 39 [il 38 manca anche nel vecchio catalogo]) 01.09.1898 Giovanni Maraschi [cognome scritto in modi un po’ diversi] testimonia guarigione figlia Luigina: il nome si ricava da alcuni foglietti uniti.

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P 1105/030 (ex cartella 05 doc. 40) su un fogliettino piccolo guarigione di Rosa Zanarini.

P 1105/031 (ex cartella 05 doc. 41) scritto sull’8a di un fascicolo a stampa: note di 4 grazie senza nessuna formalità giuridica. Il fascicolo contiene: Appello pel ristauro ed abbellimento del Santuario della Madonna presso Casalpusterlengo, nella Diocesi di Lodi firmata: Casalpusterlengo, 9 Giugno 1895 F. Lorenzo Crespi da Milano Ministro Provinciale dei Cappuccini con altre scritte e foto santuario, p. 6 + 2 non numerate.

P 1105/032 (ex cartella 05 doc. 44) sono raccolti, in modo veramente informale, 3 grazie.

P 1105/033 (ex cartella 05 doc. 45) 09.09.1899 Don Carlo Coppa parroco di Busnago testimonia guarigione “di una madre inferma d’una grave malattia”.

P 1105/034 (ex cartella 05 doc. 46) 04.11.1899 Don Carlo Coppa scrive a p. Bonaventura in risposta ad una sua del 05.10 (che manca). Non si capisce se la guarigione sia la stessa di P 1105/033. Dice che, pur essendo una grazia speciale, non può essere considerata miracolo

P 1105/035 (ex cartella 05 doc. 47) in modo informale e breve vengono narrate 2 grazie post mortem e 1 in vita.

P 1105/036 (ex cartella 05 doc. 48) 20.09.1907 Don Daniele Passerini [incerto il cognome] testimonia grazia in favore di Carlo Sordi. Unito foglietto con minuta.

P 1105/037 (ex cartella 05 doc. 48a) 16.03.1908 Sac. Fr. Adeodato della Croce carmelitano scalzo di Piacenza, parla di miglioramenti di un confratello giunto alla 3a novena. Chiede reliquie e immaginette.

P 1105/038 (ex cartella 05 doc. 49) P. Fedele Sironi da Brivio testimonia grazia per Anna Doldi.

P 1105/039 (ex cartella 05 doc. 50) P. Fedele Sironi da Brivio testimonia 2 distinte grazie in favore di Agostina Piloni e Agostina Doldi.

P 1105/040 (ex cartella 05 doc. 51) 26.08.1913 P. Fedele Sironi da Brivio testimonia 2 distinte: per la prima trascrive il testo precedente con alcuni particolari mutati e invece di chiamare la guarita Agostina Doldi la chiama Agostina Lodi. La seconda grazia riguarda Angela Poloni.

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Sembra che in queste grazie P 1105/038-40 ci sia un po’ di confusione.

P 1105/041 (ex cartella 05 doc. 52) Margherita Fiorenza di Crema Ombriano testimonia grazia ricevuta.

P 1105/042 (ex cartella 05 doc. 53) 23.04.1919 famiglia Riboli testimonia grazia per Mario Riboli.

P 1105/043 (ex cartella 05 doc. 54) 08.09.1939 Cesarina Buttaboni testimonia grazia ricevuta.

P 1105/044 (ex cartella 05 doc. 55) lettera di 4 pagine, ma incompleta, scritta dalle suore cappuccine di Capriate. Solo al termine della parte si accenna ad una grazia attribuita a p. Carlo.

P 1105/045-046 (ex cartella 05 doc. 56-57) semplici appunti.

P 1105/047 (ex cartella 05 doc. 58) Elisabetta Luraschi Perversi: narra della figlia guarita, ora chiede grazia per sé.

P 1105/048-051 (ex cartella 05 doc. 59, 60, 61, 61a) Foglietti informali di grazie.

P 1105/052-053 2 buste di lettere.Altre guarigioni post mortem si trovano (senza pretesa

di completezza) in P 1105/023 p. 17-19, 31; P 1105/24 f. 04r.v., f. 05r.v., f. 08r., p. 09-12, 14-15.

Reliquie

P 1105/054 (ex cartella 02 doc. 15) Pezzetto di abito, con autenticazione, donato da Dino Bono.

P 1105/055 (ex cartella 02 doc. 16) Pezzetto di soprabito, in busta semplice, che p. Idelfonso Aliverti ricevette dalla famiglia di p. Carlo. Parla di altre parti dello stesso vestito distribuite al vescovo e ad altri.

P 1105/056 (ex cartella 02 doc. 17) 07.02.1945 testimonianza piuttosto incerta di p. Agatangelo Calvi da Milano circa la rotula di un ginocchio di p. Carlo usata come reliquia.

P 1105/057 (ex cartella 02 doc. 18) Varie dichiarazioni (senza autentiche) riguardanti la cassa di legno e i sandali di p. Carlo.

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P 1105/058 (non registrata nel vecchio catalogo) 24.04.1985 p. Serafico Lorenzi, archivista provinciale al Sig. Italo Farina di Casalmaiocco, manda reliquia ottenuta per contatto.

Altre due reliquie, non catalogate nel vecchio:P 1105/140 Regola e testamento del serafico padre s.

Francesco [unite Costituzioni dei cappuccini], Tipografia Boniardi-Pogliani di Ermenegildo Besozzi, Milano 1851. – p. 229. È una di quelle regole che i frati portavano nell’abito. Che sia appartenuta a p. Carlo è scritto sul primo foglio. Un foglio manoscritto di p. Gaetano Ardemagni da Borghetto Lodigiano † 1942 testimonia che trovò questo libro tra quelli di scarto del convento di Crema. Unito altro foglio che lo avvolgeva.

P 1105/141 Scatoletta trovata tra le cose appartenute a f. Raffaele Perego. All’interno con busta a stampa con riproduzione del sigillo dell’Ordine: “Legno della cassa del servo di Dio Padre Carlo M. da Abbiategrasso cappuccino”.

c) “VITA DEL SERVO DI DIO…” DI P. IDELFONSO ALIVERTI

P. Aliverti ha una parte importante in questa voce. Sembra che abbia avuto l’incarico di raccogliere in luogo (Casalpusterlengo) la documentazione delle grazie attribuite alla intercessione di padre Carlo durante il primo Processo, o vi si dedicò spontaneamente per ammirazione. Essendo l’opera alquanto discussa nell’ambito cappuccino, è necesario ricostruire i vari strati della sua ricerca e collocarli cronologicamente, per distinguere l’opera del ricercatore da quella dello storico. La Vita fu infatti pubblicata dopo la sua morte, nel 1945, con la rielaborazione di altre mani. Questo lavoro si potrà fare forse in seguito, essendo possibile la consultazione del materiale originale esistente nell’Archivio della Provincia dell’Ordine, a partire dagli «Appunti per la vita del P. Carlo da Abbiategrasso Cappuccino», Roma, febbr. 1914 (ms di 14 pagine fitte, senza l’indicazione dell’autore): potrebbe

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essere la prima stesura, nella quale andò innestando le successive acquisizioni646. Un materiale voluminoso è segnalato nel catalogo di P. Merelli647, che vi aggiunge una annotazione: «In realtà il volume non è tutto suo ed ebbe una lunga storia. In Atti della Provincia dei Frati Minori di Lombardia (4 [1943-1945] p. 218) si dice che non fu possibile pubblicarla prima perché necessitava di larga emendazione. Il rifacimento fu assunto da p. Carlo Varischi da Milano e fu rivisto da p. Arsenio Binda da Casorate»648. In realtàle bozze stampate dalla Tipografia Gambarini di Franco Cairo di Casalpusterlengo portano l’Imprimatur in data 1932649. Nel 1934, 30 dicembre, il ministro provinciale p. Giangrisostomo Marinoni da Clusone comunicò a p. Aliverti che, in base ai rilievi ricevuti, la “Vita” non si poteva pubblicare650. Il ministro provinciale p. Guido Foiadelli da Curnasco comunicò a p. Carlo Varischi con lettera del 9.1.1945 che p. Ildefonso Aliverti aveva accettato che si correggesse il suo dattiloscritto che gli invia, e di nuovo pochi giorni dopo, il 18 gennaio, con indicazioni sul modo di procedere651.

Intanto ne riproduciamo i dati minimi.Tralasciamo quelli assegnati a prima della traslazione

dei resti mortali di padre Carlo al Santuario e agli anni del Processo, perché vanno confrontati con quelli del cap. 4: «L’avallo divino in una nuova pioggia di grazie» ed eventualmente ivi innestati tra quelli testimoniati nel primo Processo. Riportiamo miracoli presunti e grazie non ancora registrate:

646 Cf. APCL, P 1105/60 (vedi in Appendice il catalogo, p. 567).647 Ibid., P 1106-1107/03 (537 pp.); anche P 1105/131-139 (Catalogo,

pp. 575-580).648 Cf. infra, p. 578.649 Ibid., P 1105/127.650 Ibid., P 1106/02. Si vedano anche i numeri seguenti 03-08 e P

1107/01-03.651 Ibid., P 0364/09/67 e 68. In Arch. PC, cart. 11, nn. 14 e 14b, giudizi

e recensioni: Atti 4, pp. 218, 283.

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Francesca Ferrari, guarita da febbri alte dichiarate inguaribili al termine di una novena iniziata il 5 maggio 1898652.

Calza Rosa in Sfondrini di Zorlesco ammalata di febbri alte inguaribili, guarita con terra prelevata dalla tomba ancora scoperchiata nel cimitero il 2 agosto 1898653.

Tagliabue Giuseppe di Monza, ridotto a uno scheletro per deperimento causato dall’avversione ad ogni tipo di cibo, nell’aprile 1899. Dietro suggerimento di un amico, Angelo Pesatori di Casalpusterlengo, iniziò una novena, e alla fine si trovò guarito654.

Novati Angela di Casale, una bambina di 12 anni, a fine maggio 1899 caduta da un pianerottolo, tra un grosso trave e le bocce sparse sul terreno, senza alcun danno per l’invocazione a padre Carlo istintivamente elevata dai genitori presenti al fatto655.

Bramini Giovanna di Casalpusterlengo risanata il 2 agosto 1898, al termine di una novena, da dolori atroci a un orecchio656.

Monaco Giovanna in Brusca nello stesso giorno 2 agosto, al termine di una novena, guarita dai danni di un colpo di sole che l’aveva privata completamente dell’udito e della vista657.

Gatti Maria di nove anni, residente a Villavesco, colpita da polmonite ed etisia, data per spedita dal medico, guarita al termine di una novena nel dicembre 1898, tenendo sul petto un po’ di terra prelevata dalla madre sulla tomba vuota di Padre Carlo nel cimitero658.

Moroni Giovanni della stessa parrocchia di Villavesco, soggetto ad attacchi di epilessia e slogato in modo da non potersi reggere. La madre nel mese di maggio 1898 si recò

652 Questo elenco è tolto da Aliverti, Vita, pp. 235-254 (cap. XXI: Pioggia di grazie): qui n. 15, p. 244.

653 Ibid., n. 16, p. 244.654 Ibid., n. 18, p. 245.655 Ibid., n. 20, p. 246s.656 Ibid., n. 21, p. 247s.657 Ibid., n. 22, p. 248.658 Ibid., n. 23, p. 248.

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al santuario, pregò sulla tomba di padre Carlo, prelevò poca terra alla tomba del cimitero. Tornata a casa iniziò la novena, e al terzo giorno il ragazzo fu perfettamente guarito659.

Plodari Martina anch’essa di Villavesco, da sei mesi affetta di tumore o peritonite, si raccomandò per mesi a padre Carlo, e il 28 agosto 1899 si trovò improvvisamente risanata. Le tre guarigioni sono confermate dal parroco locale don Angelo Rognoni e da don Gaetano Marchesi del luogo660.

Filippazzi Carlo, un bimbo della frazione Barattieri della parrocchia di Cascine, rachitico, con deboli gambe contorte, con sporgenze gibbose sul petto e sulla schiena. Fu raccomandato dalla mamma a padre Carlo nei giorni della traslazione, fece una novena e al temine il bambino si mise a camminare e a correre, e tutto il corpo ritornava alla normalità661.

Visigallli Francesco di Casalpusterlengo di anni tredici, che da quattro era tormentato da acuti dolori al basso ventre, nonostante medici ospedali medicine, guarì perfettamente al temine di una novena, sul finire del 1899. Non ebbe più alcun dolore662.

Il figlioletto di Romeo Ferrari di Codogno guarì improvvisamente nel giugno 1898, al terzo giorno della novena che stavano facendo i genitori (il padre era di poca religione). Per la prima volta il bambino incominciò a parlare, si levò dalla culla (aveva un anno e mezzo) e non ebbe più dolori663.

Il ragazzo Paolo Fasoli di Casalpusterlengo, con un ginocchio fracassato e incurabile, risanato e ritornato alle condizioni normali dopo una novena, nel dicembre 1898. Dovrebbe corrispondere al giovanetto di cui nella

659 Ibid., n. 24, p. 248.660 Ibid., n. 25, p. 248s.661 Ibid., n. 28, p. 250s.662 Ibid., n. 29, p. 251.663 Ibid., n. 30, p. 251s.

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deposizione di p. Atanasio di Busto Arsizio, che però non ricorda il nome664.

Ricchini Pierina in Ricchini Pietro della SS.ma Annunziata di Borno, ridotta in fin di vita dopo il parto di due gemelli, ricevuti gli ultimi Sacramenti. Dietro l’invito di un padre cappuccino che la unse con bambagia che aveva toccato le ossa di padre Carlo, incominciò una novena e quando la terminò era guarita. Ritornò alle sue mansioni di mamma665.

Aldo Bavesi residente a Milano, un giovane di 28 anni, a letto gravissimo per polmonite e ascesso polmonare, con respiro comatoso. Fu raccomandato a padre Carlo sulla sua tomba nel santuario il 25 febbraio 1935 dal fratello Giuseppe dietro consiglio di Bernardino Salamina di Casalpusterlengo. Al ritorno a Milano, constatò il miglioramento, che continuò nei giorni successivi, fino a riprendere il lavoro normale nel giro di pochi mesi666.

P. Aliverti conclude il capitolo e la “Vita” (seguono le appendici) con un richiamo ai confratelli Cappuccini e ai fedeli delle diocesi di Lodi e Milano e in particolare di Casale «al dovere di riparare qualche freddezza e negligenza di questi ultimi decenni col rinnovare il fervore di fede e di devozione dei loro antichi padri verso questo loro grande benefattore»667.

Lo stesso p. Aliverti, o chi mise mano alla redazione definitiva, operò una scelta del materiale documentario tuttora conservato nell’APLC (pp. 13-16 dei Manoscritti riguardanti P. Carlo d’Abbiategrasso), nel quale grazie e miracoli operati post mortem sono una cinquantina. Nella Cronaca del convento: «1933, 15 ottobre. La signorina Tonani Santina, affetta da forte esaurimento nervoso, per cui non poteva continuare i suoi studi e sostenere gli esami, fa devozione al p. Carlo con una novena, ed ottenne in pochi giorni la guarigione e così potè subire gli esami e studi.

664 Ibid., n- 31, p. 252; Proc. Laud., f. 140v-141r.665 Ibid.,, n. 32, p. 253. L’episodio è riportato negli Annali

Francescani, n. 16, nov. 1907, p. 705.666 Ibid., n. 33, p. 253s.667 Ibid., p. 254.

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Riconoscente è venuta a deporre la grazia e a ringraziare padre Carlo (P. Giovita capp.)».

3) QUALCHE FIAMMATA, CHE PERÒ NON FA PROGREDIRE LA CAUSA

COLLEGIO DI S. LORENZO DA BRINDISIVIA BONCOMPAGNI, 71ROMA, 3 maggio 1914

M. R. P. Osso mo,Fino dall'anno scorso, e a più riprese, avevo pregato il M.

R. P. Provinciale di costì a presentarmi un Religioso al quale affidare 1'incarico di raccogliere tutte le notizie anche le più minute riguardanti la vita dei due Servi di Dio Carlo da Abbiategrasso e Innocenzo da Berzo.

Ne ebbi sempre risposte di dilazione.Venuto a Roma il P. Galdino pensai che sarebbe stato al

caso, e che egli sarebbe stato più libero di V. P. M. R., per andare in giro per i processi e per le ricerche, e quindi avutone favorevoli informazioni dal M. R. P. Provinciale, l'ho nominato Vice Postulatore.

Questa nomina non annulla le antecedenti e quindi rimane anche la P. V. M. R. Vice Postulatore e vivamente La prego di cooperare col nuovo, al buon esito delle cause di codesta Provincia.

Entro il mese saranno pronte le istruzioni per il Processiculus Diligentiarum nella Causa di Innocenzo da Berzo, ed il nuovo Vice Postulatore verra dalla P. V. M. R. per avere indicazioni e schiarimenti e spero che Lei si presterà ad aiutarlo e a rendergli più facile il compito affidatogli.

Ho voluto renderLe ragione di questa nomina, affinche non sia fatta oggetto di sinistre e poco benevole interpretazioni.

Gradisca intanto i miei più affettuosi ossequi, che partecipo pure a codesti carissimi Padri, mi raccomandi al Signore e mi creda.

Suo aff. mo confratelloPadre Giuseppe Antonio Bussolari da S. Giovanni in

Persiceto Postulatore Generale

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Questa lettera è indirizzata a Padre Isaia Guzzetti da Gerenzano, Vicepostulatore († 17 .09.1922).

Si parla della nomina di padre Galdino Garzonio da Mezzana Superiore (VA) come secondo vicepostulatore delle cause di beatificazione dei Servi di Dio Carlo da Abbiategrasso e Innocenzo da Berzo)668.

Qualche anno dopo, nel 1922, viene annotato nella Cronistoria del convento: «L’altare vicino al pulpito, e cioè a sinistra dell’altar maggiore, venne fin dal principio lasciato libero per dedicarlo a p. Carlo d’Abbiategrasso quando fosse elevato agli onori degli altari. Ma svanite le speranze, p. Isaia vi pose un piccolo quadro della B. Martinengo»669. «Fin dal principio»: cioè, quando furono edificate le cappelle del lato sinistro, anni 1892-1893. «Svanite le speranze»: proprio anche da parte del guardiano e vice postulatore, p. Isaia, figura di primo piano nei Processi Canonici di Milano e Lodi!

Eppure nel Martyrologium Fratrum Minorum Provinciae Mediolanensis sarà scritto, pochi anni dopo: «(21 feb.) Nono Calendas Martii. Casalispusterlengi, Servi Dei Caroli Vigevano ab Habbiategrasso, Sacerdotis et confessoris ex Ordine Minorum Capuccinorum, cuius vita abscondita cum Christo in Deo, ab omnibus, etiam incredulis, magni semper est habita»670.

4) PER PADRE CARLO UNA CAPPELLA NEL SANTUARIO

Una ripresa forte della devozione al Servo di Dio fu prodotta dalle grandiose celebrazioni della seconda Incoronazione della Madonna, effettuate nel 1930, nel 150° anniversario della prima. Si ripeteva quanto successo alla fine dell’800, quando dopo i grandi lavori di ampliamento, abbellimento e arredamento del Santuario, si decise: bisogna portare qui i resti umani di padre Carlo. Scrive mons. Bramini: «Condotti a termine i restauri del Santuario, i cappuccini pensarono che fosse ormai venuto

668 Cf. APCL, P. 0401/03/11.669 Cf. p. 9, anno 1922, B 300.670 Seregno, Tip. degli Orfani dei Concezionisti, 1929, p. 21.

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il momento di soddisfare al desiderio vivissimo dei Casalesi di togliere dal cimitero comune le venerate spoglie del Servo di Maria, padre Carlo d’Abbiategrasso, il cui ricordo dopo quasi quarant’anni dalla morte era in tutti ancora vivente e palpitante»671. E passa ai suoi giorni (1930): «Mentre scriviamo la causa del Servo di Dio padre Carlo pare assopita e il venerato apostolo di Maria, Gloria del nostro santuario e della nostra Casale, pare sia dimenticato. Occorre che la sua memoria sia ravvivata, che pellegrini e Casalesi si prostrino a pregare sulla sua tomba per invocarne l’intercessione nelle loro necessità; occorre pregare Dio, che è mirabile nei suoi Santi, perchè lo glorifichi ad onore della Madre sua Maria di cui padre Carlo è stato il servo fedele e l’apostolo ardente. La Madonna di San Salvatore affretti il giorno nel quale le ossa benedette di padre Carlo, tratte dal silenzio della tomba, possano essere posate sul Suo altare»672.

La Cronistoria del convento riporta: «Durante l’estate del 1932 la Famiglia Religiosa, con a capo il guardiano, discusse sulla opportunità di riesumare le V. Ossa e collocarle in più degno luogo, togliendole dal sottosuolo. Il m.r.p. Valdimiro da Grignano, provinciale, approvò il disegno, dicendo: “Sì, lo si deve fare, d’intesa con l’Autorità Diocesana. Purtroppo p. Carlo noi l’abbiamo un po’ dimenticato”. Se ne parlò quindi al vescovo, mons. Calchi Novati, il quale fu felicissimo di accordare i debiti permessi, promettendo che nella occasione farebbe lui stesso la “Canonica ricognizione del corpo” in una data da stabilirsi. Ma, dove collocare le Ven. Spoglie? … In fondo alla chiesa, a destra di chi entra, eravi una stanzetta adibita a ripostiglio. In un pomeriggio di luglio, dopo la consueta visita al SS. Sacramento, tutta la famiglia religiosa si portò a visitare detta stanzetta, e, uno ore, si disse essere quello il luogo ideale da trasformare in “Sacello per il P. Carlo”, e ne fu decisa l’attuazione»673.

671 Un’Oasi dello spirito, p. 255.672 Ibid., p. 256-257.673 Cf. Cronistoria del convento, anno 1932, p. 7.

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Il guardiano, padre Donato da Malvaglio, prese contatto con il postulatore generale, p. Raffaele da Valferena. Non abbiamo la lettera, ma la risposta, che porta la data 12 giugno 1932. Riferendosi ad un articolo del Corriere della sera premette che bisogna essere molto circospetti nel parlare di grazie o miracoli.

La pratica di padre Carlo a lui risultava ferma per il fatto che i due avvocati che avevano sdtudiato la causa avevano ritenuto di non insistere nella medesima «perchè difettosa o forse deficiente». Aggiunse: «Ora non posso darle davvero speranza di riprenderla e metterla in careggiata, a meno che (come dissi per altre cause) Iddio non dimostri di volerlo Lui operando qualche miracolo».

Circa l’esumazione e traslazione, riteneva che spettasse al p. Provinciale autorizzarle in quanto Ordinario Religioso, interpretando in tal senso il can. 1214: Nullum cadaver perpetuae sepulturae ecclesiasticae ubivis traditum exhumare licet, nisi de licentia Ordinarii. Sarebbe stato presente, se gli fosse stato possibile674.

P. Donato, avuto il consenso del provinciale e del vescovo di Lodi, inviò al postulatore generale la seguente lettera:

Rev.mo Padre,il m. r. p. Provinciale, della mia provincia, P. Valdimiro

da Grignano, è favorevolissimo e desiderosissimo che le spoglie mortali del Servo di Dio P. Carlo Maria Vigevano da Abbiategrasso, Cappuccino, vengano collocate in luogo più degno che non sia più 1'attuale sottosuolo in una cappella della Chiesa quasi invisibile.

Il luogo dove le spoglie si collocherebbero, attualmente, è una stanzetta divisa dalla Chiesa da un tavolato, abbattuto il quale, la stanzetta, metri 3 per 4, avrebbe comunicazione colla Chiesa; si eseguirebbe un "cancello-porta" dal quale si vedrebbe il piccolo sarcofago entro cui sono custodite le sacre spoglie; davanti poi al piccolo sarcofago s'infisserebbe una lapide marmorea, descrivente nelle sue linee precisamente una tomba sul tipo, se 1'ha presente, di quella di P. Innocenzo da Berzo. Il sarcofago, mascherato dalla qui

674 Cf. APCL, P. 1105/136, p. 20-21.

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detta lapide, sarebbe sostenuto da due o quattro pilastrini o colonnette fatte su disegno.

Il "sepolcro-cappella" verrebbe poi sobriamente e seriamente decorato da semplicissime linee di una colorazione che la V.P.R. potrebbe suggerire; secondo il mio concetto non dev'essere una "cappella mortuaria", ma neanche una "cappella letizia gloria". Questa 1'ambientazione nuova delle spoglie di P. Carlo.

L'esumazione e il trasporto si farebbe la mattina del 5 settembre quando il Vescovo Diocesano potrebbe essere già qui per un'altra funzione religiosa, quella, cioè, della Benedizione degli infermi in uso a farsi dopo la festa solenne dell'Incoronazione della Madonna che quest'anno avrà luogo i1 4 settembre, cadendo in tal giorno la prima Domenica di Settembre.

Ora alcune domande:1°) Se ò dato bene il mio pensiero: Le pare che si

procederebbe senza incappare in qualche offesa del Diritto Canonico?

2°) La traslazione si potrebbe farla con una certa solennità? E in questo caso si devono recitare preces defunctorum? Oppure in silenzio? Non sarebbe il caso di cantare la Messa di Requiem?

3°) Quale 1'iscrizione da collocare sulla lapide marmorea esterna? E, cioè, si può scrivere: Ossa del Servo di Dio - Padre Carlo Maria da Abbiategrasso - morto in concetto di santità" ecc..?

4°) Come ò detto, il Vescovo Diocesano sarà qui per la funzione già detta che si svolgerebbe dalle ore 8 e mezza in avanti; sarebbe bene interessarlo perchè anticipi la sua venuta di un'ora e così averlo presente al trasporto delle sacre ossa? Oppure è meglio farla da noi la funzione circa le ore 7 del mattino indipendentemente del Vescovo?

Ecco: se V. P. Rev.ma si decidesse di farci il preziosissimo dono della Sua presenza, può immaginarsi come la cosa si svolgerebbe nei giusti termini e magnificamente.

In attesa di un suo responso desideratissimo, La ringrazio

sin d'ora e mi dico aff.moP. D.”

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Il Postulatore rispose con tre lettere. Non si conserva la prima, la seconda porta la data del 5 luglio e cita la precedente, la terza porta la data del 16 luglio. Indica alcune esigenze: far parola al vescovo; chiedere l’approvazione al p. provinciale al progetto di sistemazione della salma, sul quale non ha nulla da osservare; non dare pubblicità; usare le preghiere da morto come per qualsiasi defunto. Una nuova revisione della salma non gli sembra conveniente, per evitare complicazioni con l’autorità civile-sanitaria. Suggerisce di scegliere un giorno nel quale non sia presente nel santuario il vescovo e di «fare tutto da noi». Non può assicurare, ma farà il possibile per essere presente675.

Non pare di poter leggere nelle lettere del postulatore l’entusiastica adesione del p. provinciale e di mons. Calchi Novati e nemmeno un impegno a prendere in mano la causa. Non si fa parola di un vice-postulatore.

A Casale i frati e la gente non seguirono i consigli del postulatore generale («non conviene dare all’affare una pubblicità»). Al contrario, scelsero una giornata di massimo concorso al santuario: il pomeriggio del lunedì della festa di settembre, nel quale giorno, da due anni soltanto, era stata introdotta la benedizione degli ammalati, che aveva un grandissimo impatto. Inoltre quel giorno iniziavano i festeggiamenti per il centenario di sant’Antonio di Padova.

Il giorno 28 agosto, alle ore 8 e 30 della sera, a porte chiuse, si effettuò l’esumazione delle ossa del Servo di Dio. Partecipanti: mons. Cesare Manzoni, prevosto di Casale, delegato del vescovo; can. don Luigi Salamina, promotore della fede; don Felice Patrini, notaio ed attuario; testimoni p. Giovita da Malegno e p. Marcello da Intimiano; presenti: p. Valdimiro da Grignano Provinciale, p. Donato Malvaglio guardiano e rettore della chiesa. Come testimone firmò p. Ildefonso Aliverti da Vacallo. Capomastro Bruschi Enrico676. Secondo la Cronistoria del Convento, imprecisa in vari

675 Il carteggio tra il guardiano p. Donato e il postulatore in Arch. PC, cart. 16, nn. 19-21.

676 Arch. Stor. Diocesano, De recognitione et traslatione exuviarum Servi Dei Fr. Caroli ab Ab. Ord. Fr. Minor. Cap. Casalpusterlengo 1932.

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punti, era presente «tutta la Religiosa Famiglia e qualche devoto», e p. Raffaele da Valfenera postulatore generale. La cassetta con le ossa fu portata nella cappella interna del convento e don Patrini notaio deputato chiuse la porta a chiave ed appose otto sigilli.

Il 4 settembre alle ore 8 del mattino si procedette alla ricognizione. Fu eseguita personalmente da mons. Calchi Novati vescovo diocesano. Era il giorno della festa anniversaria della Incoronazione, e avrebbe poi celebrato la messa pontificale. Presenti nel coro della chiesa: i medici locali dott. Giulio Fornaroli e Giovanni Marzagalli; testimoni p. Donato da Malvaglio e p. Marcello da Intimiano; il falegname Angelo Brazzoli e il fabbro stagnaio Giuseppe Bertoli; oltre il Promotore della Fede, can. don Luigi Salamina, il notaio don Patrini e p. Raffaele da Valferena postulatore generale. La vecchia cassetta, rovinata dalla umidità, fu sostituita con una nuova; vi furono deposte le ossa avvolte in carta pergamena; un’ampolla di vetro contenente qualche resto della cassetta precedente e un po’ di terra del sepolcreto; un’ampolla di vetro con la pergamena a ricordo: «Ossa Servi Dei Caroli Abiatecensis nati XXX augusti 1825 mortui die XXI Februarii 1859 quae primum in Ecclesia S. Salvatoris die IV mai 1898 condita, nunc demum die 4 septembris 1932 ab Episcopo recognita ed in novo sacello recondita fuere ad gloriam» (seguono le firme dei soprannominati); due vasi ripieni di calce viva.

La cassetta fu sigillata con nastro rosso e sei sigilli e fu deposta in una cassa di zinco, e questa in un’altra di legno. «Quibus omnino completis, omnibus praesentibus concomitantibus, per Religiosos Capucinos reverenter capsae delatae fuerunt in Ecclesiam S. Salvatoris, ibique, praecibus de more absolutis, in aptato laculo conditae sunt … Operarii jurati omnia quae ad bene recondendum corpus pertinent compleverunt». Davanti alla cassa posero la lapide che ancor oggi si vede. Con le firme dei sopranominati termina il verbale “De recognitione et translatione”.

Sembrerebbe che tutto si fosse concluso in quel paio di ore antecedenti al pontificale di mons. Calchi Novati, 4 settembre. Ma non fu così. Era predisposto, come risulta dal

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programma diffuso. Si volle lasciare spazio alla devozione popolare. Terminata la parte ufficiale, presieduta dal vescovo, i resti mortali di p. Carlo furono riportati (io penso) nella cappellina interna del convento (cioè l’infermeria nella quale era spirato padre Carlo).

Il giorno dopo, lunedì 5 settembre, «alle ore 15, la S. Urna usciva dalla porta del convento, portata a spalla da quattro padri cappuccini; passava tra due fitte ali di popolo, a migliaia e migliaia accorso per la cicostanza, ed entrava in chiesa per le solenni esequie. Il discorso commemorativo fu tenuto dal rev.mo padre Cesare Barzaghi barnabita, il medesimo che 34 anni prima aveva commemorato il Servo di Dio nella traslazione al santuario dal civico cimitero. La riposizione del “nuovo sacello” avveniva alle ore 16 o poco dopo; alla presenza di mons. vescovo di Lodi, mons. prevosto ed il Podestà di Abbiategrasso, dei nipoti e pronipoti di padre Carlo, del postulatore generale dei cappuccini, di molti religiosi cappuccini, di molto clero e di un’immensa folla di popolo, compresi molti venuti da Abbiategrasso”677.

Continua un altro testimonio del fatto, il prevosto mons. Manzoni: «Terminata la deposizione del p. Carlo si ritornò all’altar maggiore, si cantarono le Litanie della Madonna e si impartì da mons. vescovo la S. Benedizione. Il parroco di Abbiategrasso, prima che il vescovo tornasse in casa, ricordò la devozione degli Abbiategratesi al p. Carlo, che là ebbe origine e cominciò la sua vita santa, e chiese al vescovo e al guardiano che, avvenuta la beatificazione e canonizzazione, fosse concessa ad Abbiategrasso una reliquia insigne. Finalmente il vescovo, oppresso dai fedeli che volevano baciargli l’anello, dopo molto tempo potè tornare in conveno e così si chiusero le feste della Madonna e di p. Carlo, che ora ha più degna sepoltura. Speriamo che farà miracoli, e così salirà sugli altari. Veramente gli Abbiategrassesi accennavano ad una grazia, in quanto che un bambino da loro recato in gravi condizioni con timore di menelangite, stava meglio. Volesse Iddio glorificare i suoi

677 Cf. Cronistoria del Convento, an. 1932, p. 7s; in Arch. PC, cart. 16, n. 23: relazione dei lavori eseguiti; nn. 24 e 25: Programmi.

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santi!». A sera il padre guardiano tenne in piazza un discorso di chiusura. Non c’erano stati miracoli “materiali” – disse – ma un grande miracolo per la vita cristiana: 10 padri in confessionale e due ore ininterrotte di Comunioni678.

Non risulta che quei giorni di esaltazione del Servo di Dio, nonostante la presenza dello stesso postulatore generale (che non era della provincia lombarda), abbiano avuto qualche influsso nella causa che lo riguardava.

Tenne viva la fiaccola p. Idelfonso Aliverti, e per decenni fu forse l’unico, a parte l’evento della nuova traslazione.

Era nel convento di Casale nei due anni precedenti la prima traslazione, dal cimitero al santuario, era presente alla traslazione; «per quella devozione che fin dai primi anni di religione, aveva per quel caro Servo di Dio», si dedicò a raccogliere testimonianze, e perseverò nell’opera. Ritornato a Casale, alla fine di dicembre 1931 il guardiano, padre Donato, lo pregò di riordinare e ricopiare i documenti conservati nell’Archivio. «Fu allora che mi soccorse il pensiero che, forse, il Signore mi servava questa fatica in vista del privilegio dei miei anni: ché ormai sono il solo della nostra monastica Provincia che ebbe la sorte di godere la famigliarità e la dimestichezza di tanti padri e fratelli che convissero con il caro Servo di Dio Padre Carlo, che gli furono compagni, condiscepoli, connovizi persino; e che potè parlare con molti sacerdoti lodigiani e tante persone d’ambo i sessi che videro parlarono trattarono con Padre Carlo e furono testimoni oculari delle sue virtù, della sua santità, dei suoi prodigi e miracoli … Poco a poco carezzai l’ardito disegno di scrivere io stesso una “Vita” del Servo di Dio»679.

No si può non rilevare i suoi meriti. Lo stesso padre provinciale, fra Guido da Curnasco, nella lettera posta in apertura del volume di p. Aliberti, esprime apprezzamento e riconoscenza per un lavoro che costituisce «un avvenimento di grande importanza per la storia della nostra Provincia e per la Causa dello stesso Servo di Dio».

678 Cronaca della Parrocchia di Casalpusterlengo, an. 1932 alla data; Il Cittadino, 9 settembre.

679 Aliverti, Vita, “Introduzione”, p. 11-12.

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La lettera porta la data 4 maggio 1945. Mentre il libro era in stampa a Casalpusterlengo, poco più di un mese dopo, il 25 giugno p. Aliverti morì nel convento di Cerro Maggiore. Il ministro provinciale fa amare considerazioni: «Per quanto la memoria di Padre Carlo non si sia mai spenta nei cuori dei nostri religiosi, è innegabile tuttavia che allo scomparire di coloro che ebbero contatto coi contemporanei del nostro glorioso confratello, è scesa attorno a Lui l’ombra del silenzio. I fedeli, tranne quelli del luogo, non più guidati hanno disertato la di Lui tomba, così frequentata un tempo; la stampa nostra da troppi anni tace sulla vita meravigliosa di questo impareggiabile figlio di San Francesco, di questo devotissimo figlio della Madonna di Casale, della Madonna dei Cappuccini, della nostra Madonna! Riesce veramente misterioso questo silenzio, questa specie di raffredda-mento di fronte ai fulgori di santità e di potenza divina in cui ci appare il Servo di Dio nella descrizione di questa bella vita»680.

Per quella pubblicazione, e specificatamente in vista della ripresa della Causa, il ministro provinciale aveva sollecitato la collaborazione di tutti i religiosi della provincia già nell’anno precedente. «Rivolgo viva preghiera a tutti i nostri religiosi, specie ai rev. padri e ai ven. fratelli più anziani, i quali hanno avuto contatti diretti con quei nostri confratelli e quelle altre persone ormai defunte, le quali convissero e bene conobbero il nostro Servo di Dio p. Carlo da Abbiategrasso, perché facciano la carità di stendere essi per iscritto o riferire a qualche nostro incaricato che invieremo, tutto quello che allora si diceva circa la vita, le virtù e le grazie operate dallo stesso p. Carlo.

«A tutti, e in particolare ai nostri Superiori rivolgo la raccomandazione di raccogliere quelle testimonianze, memorie e documenti che eventualmente essi riuscirebbero ancora a trovare circa questo Servo di Dio, e trasmetterle a questa nostra Curia Provincializia.

«Questo perché, accogliendo autorevoli voti di tanti religiosi della nostra provincia, come di alcuni degnissimi prelati e di numerosi fedeli della diocesi di Lodi e in

680 Ibid., p. 9-10.

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particolare del territorio di Casalpusterlengo, dove, il 21 febbraio 1859, presso il santuario della cara Madonna, quel nostro grande confratello, a soli 33 anni di vita rendeva l’anima a Dio in grande fama di santità, e dove fortunatamente è ancor viva presso quelle buone popolazioni la privata venerazione al Suo sepolcro glorioso, sarebbe mio vivo desiderio di favorire con ogni mezzo, ancora a nostra disposizione, la pubblicazione di una biografia che degnamente illustri la mirabile vita di quel santo cappuccino, troppo, forse, da noi dimenticato, ed inoltre di aggiungere nuovo materiale che favorisca la riapertura dei processi informativi circa l’eroicità delle Sue virtù, per sollecitare, se così piacerà al Signore, la causa di beatificazione di quel grande Servo di Dio»681.

Non risulta che la circolare del ministro provinciale e il volume di p. Aliverti abbiano fatto fare qualche passo alla Causa a Roma. Ma la lettera che segue ci fa scoprire che le aspirazioni alla ripresa della Causa erano tutt’altro che spente in luogo, cioè a Casale e in diocesi di Lodi. Il ministro provinciale, p. Benigno da S. Ilario, accolse le sollecitazioni della Curia di Lodi (c’era quindi l’interesse del vescovo mons. Calchi Novati) e incaricò il guardiano di Casalpusterlengo di prendere contatto personalmente con il nuovo postulatore dell’Ordine, p. Bernardino da Siena.

CURIA PROVINCIALIZIADEI MINORI CAPPUCCINIMILANOMilano, 10 Nov. 1948

681 Atti della Provincia, IV 1944. L’anno seguente 1945 il ministro provinciale insistette (non aveva trovato rispondenza?): «Rivolgo viva preghiera a riferire a un incaricato che invieremo tutto ciò che si diceva circa la vita, le virtù e le grazie operate dal Servo di Dio per la pubblicazione di una degna biografia che favorisca la riapertura dei Processi e per sollecitare la Causa di beatificazione di quel gran Servo di Dio» (Comunicazioni, in Atti 4 (1945) p. 190. A p. 218 degli stessi Atti si annuncia che «la vita tanto attesa ha potuto vedere la luce alla fine dello scorso agosto.Necessitava di larga emendazione e di vasta riflessione, che per la tarda età, l’autore non si sentiva in grado di compiere». Alle pp. 240-242 il necrologio di p. Ildefonso Aliverti (Arch. PC, cart. 17, nn. 18, 21-22).

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M.R.P. Guardiano.Ho il piacere di comunicarLe che in data odierna ho dato il

nome di V.P. come rappresentante del P. Provinciale al Convegno interprovinciale che avrà luogo in Roma nei giorni 21-27 novembre. V.P. dovrà trovarsi in Roma nel pomeriggio del 21 e rimanervi fino alla conclusione del Convegno. Prenderà alloggio nel Convento di Piazza Barberini. Prima della partenza dovrà passare da me per ritirale l’Obbedienza che è quella dello stesso Padre Provinciale.

Nell’occasione della sua andata a Roma sono pregato dall’incaricato delle Cause dei Servi di Dio della Diocesi di Lodi di incaricare V.P. ad interessarsi presso il nuovo postulatore dell’Ordine Rev.mo P. Bernardino da Siena per conoscere se si ha la possibilità di avere il processo informativo sulla Vita ecc. del nostro P. Carlo d’Abbiategrasso, processo istituito nella Diocesi di Lodi e inviato a Roma fino dagli ultimi anni del secolo scorso, onde vedere se ci sia la possibilità di riassumere la Causa di questo Servo di Dio, che tanta devozione riscuote nel nostro Santuario di Casalpusterlengo. Anzi il suddetto incaricato di Lodi suggerisce di far consegnare all’Avv. della Curia Romana Mons. Cioppa tale processo informativo per conoscere le probabilità di riuscita.

Si capisce, queste cose V.P. le proponga al Rev.mo Padre Postulatore a nome del P. Provinciale il quale, se del caso, farà la richiesta ufficiale.

AugurandoLe un felice viaggio, La prego di portare il mio saluto a tutti i Confratelli lombardi residenti in Roma e il nostro devoto ossequio al Rev.mo P. Generale, al Rev.mo P. Procuratore e agli altri Rev.mi Superiori.

BenedicendoLa di cuore mi aff.mo confr.fr. Benigno da S. Ilario MilaneseMin. Prov. OFM.Capp.

Questa la risposta del Postulatore in calce alla lettera del Provinciale: «Secondo i documenti che sono in archivio la causa non è fermata ma è ferma. Così com’è difficilmente potrebbe avere esito positivo, per varie ragioni dette a voce al m.r.p. Clemente da Milano: nel caso che si verificassero

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veri miracoli, allora si potrebbe tentare. Fra Bernardino da Siena»682.

Una porta chiusa!Lo stesso padre Benigno in visita canonica, il 20

febbraio 1949, al convento di Casalpusterlengo, incontrando la Congregazione del Terz’Ordine Francescano annotava sul loro Registro dei Verbali un giudizio positivo sulla fraternità e scriveva un invito ai Terziari di farsi carico di diffondere la devozione al Servo di Dio padre Carlo in questi termini: «Oltre le pratiche ordinarie di culto, la Congregazione di Casalpusterlengo dovrebbe curare con particolare impegno la devozione al Servo di Dio padre Carlo da Abbiategrasso, tutti animando a ricorrere alla potente intercessione di questo Servo di Dio che tante grazie ha già elargito al popolo lodigiano»683.

Nel Lexicon Capuccinum. Promptuarium Historico-Bibliographicum Ordinis Fratrum Minorum Capuccinorum (1525-1950), Romae 1951, col. 348: nella voce «Carolus ab Abbiategrasso, Prov. Mediolanensis. Natus a. 1825, Ordinem ingressus a. 1852. Post vitam austeritate et caritate plenam, sancte obiit 21 febr. 1859. De ipso Processus informativi iam confecti sunt». Segue una breve bibliografia.

Dopo l’approvazione dei pochi scritti di padre Carlo, avvenuta in data 9 dicembre 1908, niente si è fatto per promuvere la sua causa di beatificazione, «non fermata, ma piuttosto ferma… perché l’istruttoria ottenuta nei due processi (di Lodi e di Milano) è troppo scarsa di prove»684.

Molto più esplicita e sentita l’aspettativa dei Lodigiani che venisse ripresa la causa per la beatificazione. Il quotidiano cattolico di Milano L’Italia in data 3 settembre 1960, in un articolo con un titolo molto significativo, «Guai toccare ai lodigiani…») scrisse di Padre Carlo: «In fama di santità, vide via via genti tribulate di ogni altro luogo e di ogni contrada accorrere a lui per ottenere grazie e guarigioni. Da tempo è in corso il processo per la sua

682 Arch. PC, cart. 15/1-2.683 Ibid., cart. 15/3.684 Frase già varie volte riportata, cf. pp. 1, 327, 355s, 429, 506, 539.

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beatificazione. Le popolazioni lodigiane attendono con trepida fiducia che il loro Servo di Dio venga beatificato». Nel santuario – dice – si compie un miracolo, «è la preghiera dei tribulati nella vita che dà conforto e nuove speranze».

Al contrario, sembra che la memoria del Servo di Dio non avesse rilevanza nella provincia religiosa dei cappuccini. È testimonio vivace padre Apollonio Troesi, autore di una vita di padre Carlo con padre Giudici, e missionario in Brasile, da dove trasmise una sua testimonianza in data 26 febbraio 2009: «Hai sentito parlare di padre Carlo nella tua vita di fratino e poi di frate? Rispondo con certezza e sicurezza… che io ricordi nada de nada (niente di niente)!... I nostri educatori e, poi ancora più avanti, io stesso, diventato educatore ed insegnante! … Non erano argomenti che ricorressero… Mea culpa, mea culpa: dobbiamo tutti dire e confessare… Meno male che adesso i tempi sono cambiati e si stanno ricuperando tutte le nostre figure… Ho paura che sia troppo tardi, ma forse non è mai troppo tardi!»685.

5) I PASSI LENTI, MA SULLA VIA GIUSTA

Sulla scia di alcuni, pochi cappuccini che han preso a cuore e che si sono impegnati per la causa di p. Carlo, ne hanno studiato la vita, han raccolto documentazione, hanno sostenuto la devozione popolare che non ha mai conosciuto periodi di oblio, e cioè dei padri Isaia da Milano o da Gerenzano, Giustino da Lovero Valtellinese e Idelfonso Aliberti da Vacallo, la Provvidenza ha posto al servizio della Madonna dei Cappuccini nel santuario di Casalpusterlengo un frate che rientrava in Italia, per obbedienza e in pessime condizioni di salute, dopo anni di vita missionaria nel territorio amazzonico del Brasile: P. Evaldo Giudici. Da 35 anni nell’umile e prezioso servizio di sacrestia e del confessionale, ha dedicato a p. Carlo ogni momento libero dal ministero. Le sue pubblicazioni (libri e articoli), frutto di ricerche minuziose e di sensibilità e consonanza spirituale,

685 Cf. Arch. PC, cart. 18, 83.

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prepararono il terreno, diffondendo la devozione686. Ne parlo nel capitolo 10.

Potremmo partire, in decenni più vicini, da una lettera del postulatore generale p. Bernardino Romagnoli da Siena, del 9 gennaio 1980, in risposta ad un quesito posto da p. Evaldo Giudici, relativo agli atti di devozione verso p. Carlo ammissibili presso la sua tomba: piccoli lumini sì, candele no687. Di nuovo, a richiesta di p. Evaldo, il nuovo postulatore generale p. Paolino Rossi informa in data 29ottobre 1987 in merito allo stato attuale della Causa688. Dell’anno 1988 è una delibera del capitolo provinciale. La mozione capitolare n. 14 diceva: «Si auspica che venga ripresa ufficialmente la Causa di beatificazione del Servo di Dio p. Carlo d’Abbiategrasso. Favorevoli 65, contrari 0, astenuti 5»689. Non so di passi successivi. La Provvidenza fornì l’occasione del tutto imprevista.

La venuta del papa Giovanni Paolo II a Lodi ispirò un passo, non in linea con le norme canoniche, ma che si dimostrò efficace. Si riproduce il carteggio: la petizione al papa (1) e le risposte della Segreteria di Stato (2) e della Congregazione delle Cause dei Santi (3).

1SANTUARIO PARROCCHIALE MARIA MADRE DEL SALVATORECASALPUSTERLENGO

5 Maggio1992Beatissimo Padre,nel momento in cui con esultanza accogliamo nella Santità

Vostra Pietro che viene a confermare nella fede degli apostoli la Chiesa che è in Lodi, noi sottoscritti Frati Cappuccini di Casalpusterlengo, da quattro secoli custodi del più insigne Santuario mariano della Diocesi di Lodi per volontà prodigiosamente espressa da Maria Santissima, osiamo

686 Su di lui vedi più avanti, a p. 363s.687 Cf. Arch. PC, cart. 5, 4.688 Ibid., cart. 5, 5.689 Atti della Provincia, XXII, n. 2, p. 173.

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chiedere alla Santità Vostra il dono della elevazione alla gloria degli altari del Servo di Dio Padre Carlo d’Abbiategrasso cappuccino.

Egli è vissuto in questo convento negli ultimi tempi della sua breve vita, dando esempio delle più alte virtù operando la conversione del cuore ed ottenendo da Maria Santissima un numero straordinario di grazie e di miracoli per la folla di sofferenti nello spirito e nella carne che accorreva da tutto il lodigiano. A 133 anni dalla sua santa morte la tomba posta nel santuario è frequentata e molti affermano di ricevere grazie per sua intercessione.

Fu ritenuto un santo non solo dai fedeli di Casalpusterlengo e dei paesi circonvicini, ma anche dal clero locale e dal Vescovo di Lodi, il quale ne prese fortemente la difesa quando la sospettosa polizia austriaca chiese che venisse allontanato dal convento.

Scrisse: “È un soggetto che sparge odore di vera santità e che fa tanto bene”. Il segretario del suo successore (e quindi con esplicita approvazione) pochi anni dopo raccolse prove e documenti per il processo canonico.

Il processo canonico fu effettuato presso le Curie delle Diocesi di Lodi e di Milano e, felicemente concluso, fu trasmesso alla Sacra Congregazione competente. Frattanto passarono gli anni e molti testimoni della vita di P. Carlo e dei fatti straordinari da lui operati morirono. Non si produsse una documentazione maggiore, come richiesto, e la Causa non fu portata avanti.

In questi ultimi anni la vita del Servo di Dio è stata di nuovo studiata e illustrata e sorprendentemente risulta illuminante per il nostro tempo da poter essere proposta come modello di autentica esperienza cristiana. Testimonia l’umiltà e la povertà al nostro mondo secolarizzato e agnostico propone per la vita una lettura di fede semplice e convinta. Ad un mondo estroverso e superficiale offre l’esempio di una esistenza vissuta costantemente alla presenza di Dio. Ai laici e ai giovani presenta l’esempio di essenzialità spirituale e di attiva presenza nella Parrocchia.

Infatti ad Abbiategrasso dove visse fino ai 26 anni, inventò un “oratorio” e una “Azione Cattolica” esemplari prevenendo i tempi.

Noi pensiamo, Santità, che la figura di Padre Carlo sia ancora attuale per i cristiani di oggi. Riteniamo che la diocesi intera, se venisse proclamato Beato, grazie all’intervento di

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Vostra Santità, avrebbe un potente richiamo agli ideali evangelici.

Sottoscrivono questa petizione il nostro Ministro Provinciale, i Reverendi Vicari Foranei della Diocesi a nome del Clero diocesano e con ben maggior autorità, lo stesso Pastore Sua Ecc. Mons. Giacomo Capuzzi Vescovo di Lodi.

Voglia concedere a tutti, Santità, l’apostolica benedizione. (Seguono le firme autografe):Per i Frati del Convento: Padre Mariano Brignoli, Superiore (timbro del convento)Padre Fidenzio Volpi, Ministro Provinciale OFM Capp.Mons. Enrico Orsini, Vicario Foraneo di CasalpusterlengoMons. Casto Fiorani, Vicario Foraneo CodognoDon Virginio Andena, Vicario Foraneo di Sant’Angelo Lod.Don Michele Bassanetti, Vicario Foraneo di S. Martino in

StradaMons. Giancarlo Pizzamiglio, Vicario Foraneo di

LodivecchioDon Domenico Morstabilini, Vicario Foraneo di PaulloMons. Lino Magenes, Vicario Foraneo di Spino d’AddaMons. Mario Grossi, Vicario Foraneo di LodiMons. Pettinari Giovanni Battista, Canonico Arciprete e

Presidente Capitolo CattedraleS.Ecc. Mons. Giacono Capuzzi, Vescovo di Lodi (timbro del

vescovo)

2Dal Vaticano, la Segreteria di Stato rispose con lettera

del 2 luglio 1992:

SEGRETERIA DI STATOPrima Sezione – Affari GeneraliN. 306.836

Dal Vaticano, 2 Luglio 1992Reverendo Padre,

con lettera del 5 maggio u.s., Ella ha fatto pervenire al Sommo Pontefice una petizione sottoscritta dallEcc.mo Vescovo di Lodi, dal Ministro Provinciale dell’Ordine dei Cappuccini, dai Vicari Foranei di codesta Diocesi perché la causa di beatificazione del padre cappuccino Carlo d’Abbiategrasso giunga presto a conclusione.

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Il Santo Padre, che ha apprezzato tale atto di devozione ed i sentimenti che l’hanno suggerito, La ringrazia e, mentre invoca l’abbondanza dei doni celesti su di Lei e su tutti i confratelli del convento, imparte loro l’implorata Benedizione Apostolica.

Mi pregio inoltre di significarLe che è stata cura di questo Ufficio trasmettere detta istanza alla competente Congregazione delle Cause dei Santi.

Profitto della circostanza per confermarmi con sensi di distinta stimaDev.mo nel SignoreMons. G. Battista ReSostituto

__________________

Reverendo PadreP. MARIANO BRIGNOLISuperiore del Santuario “Madonna dei Cappuccini”CASALPUSTERLENGO

La risposta della Congregazione dei Santi è del 7 luglio 1992:

3CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTIProt. 1873-1/92

Roma, 7 luglio 1992 Reverendo Padre Superiore

La Segreteria di Stato di Sua Santità ha trasmesso a questa Congregazione la cortese Lettera del 5 maggio scorso, con la quale la Paternità Vostra ha espresso il desiderio che il Servo di Dio CARLO D’ABBIATEGRASSO, Sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, sia elevato alla gloria degli altari.

Mi compiaccio per il Suo vivo interesse nella causa del suddetto Servo di Dio e La informo di aver inviato fotocopia della Sua lettera al Postulatore Generale dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, Rev.mo P. Paolino Rossi, O.F.M. Cap., per conoscenza e competenza.

Lieto di porgerle i sensi di religioso ossequio, mi confermodella Paternità Vostra dev.mo nel Signore

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Edward NowacArcivescovo tit. di Luni Segretario690.

L’iniziativa del guardiano-parroco p. Mariano Brignoli, di p. Evaldo Giudici e di tutta la famiglia religiosa non rimase senza conseguenze: coinvolse direttamente e nel modo più autorevole la postulazione generale dell’Ordine, la provincia nella persona del ministro, la diocesi con l’ufficiale adesione del clero (dai vicari foranei al presidente del capitolo, al vescovo stesso). La stampa dette risonanza al fatto. P. Mariano chiese al provinciale la nomina di un vice-postulatore.

Il postulatore generale p. Paolino Rossi compì il passo successivo, che si dimostrò decisivo: la nomina del vice-postulatore. Il ministro provinciale indicò il nominativo: p. Mariano Brignoli. Era la scelta più opportuna, perché evidentemente il cuore e la mente della iniziativa (che non si dimostra facile) doveva essere il santuario e il convento di Casale. Questa la lettera di nomina:

Stimato P. Mariano Brignoli, essendo necessaria una persona idonea che possa

rappresentarmi davanti alla Curia Archidiocesana di Milano e alla Curia Diocesana di Lodi durante l’istruttoria del Processo sulla vita, virtù e fama di santità del Servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso… in virtù del legittimo mandato che mi è stato conferito dal Ministro Generale… ottenuto il permesso dal Ministro Provinciale di Milano, P. Fidenzio Volpi, per la presente La nomino Vice-Postulatore di detta Causa perché possa agire sia davanti alle Curie di Milano e Lodi, quanto davanti a qualsiasi Curia d’Italia. A tale scopo Le concediamo tutte le facoltà relative a questo compito…

F/to Fr. Paolino Rossi, Postulatore Generale OFM Cap. Roma 07.07.1993.

Padre Mariano Brignoli cessò dall’ufficio di guardiano-parroco nell’anno 1997, allo scadere del terzo triennio. Dal

690 Cf. questi documenti in Atti dei Frati Minori Cappuccini della Provincia di S. carlo in Lombardia, vol. XXVI, n. 2 (luglio-dicembre 1992), p. 208-210; Arch. PC, cart. 6: “Corrispondenza con la Santa Sede”, copie originali e corrispondenza relativa.

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nuovo provinciale p. Eugenio Bollati e dal definitorio nell’anno 2000 fu proposto come vice-postulatore p. Evaldo Giudici, la persona più legata al servo di Dio e alla sua causa.

P. Evaldo Giudici ebbe la nomina dal postulatore generale in data 14 agosto 2000. Nell’Archivio di Padre Carlo (= Arch. PC)691 sono registrati tutti i rapporti e i passi compiuti dai Vice-Postulatori p. Brignoli e p. Giudici. Il rientro in Italia di mons. Serafino Spreafico vescovo emerito di Grajaù (Brasile), con il quale p. Giudici aveva operato come missionario prima della infermità che lo costrinse a ritornare in patria, ha portato una accelerazione decisa della Causa. Egli fu «autorizzato verbalmente dai Superiori della Prov. Capp. di Lombardia ad affiancare p. fra Evaldo per tale servizio». S’impegnò a svolgere «con discrezione e, solo, in forma fraterna (tale servizio), come mi fu chiesto dal p. Raffaele della Torre, vicario provinciale, responsabile delle Cause dei Santi della nostra Provincia»692.

Il 26 ottobre 2007 presso il convento di Casalpusterlengo si riunì il Comitato Preparatorio sotto la presidenza di mons. Spreafico che l’aveva nominato e convocato. Presenti, oltre monsignore, p. Evaldo Giudici, p. Angelo Donida, mons. Gabriele Bernardelli delegato per le cause dei Santi della Curia Vescovile, don Giulio Mosca dioc. di Lodi, don Giuseppe Parolo e dott. Mario Comincini di Abbiategrasso, Angelo Bassanini e Aldo Milanesi collaboratori di Casalpusterlengo. Si avvia, seguendo le direttive del postulatore generale e di p. Costanzo Cargnoni, socio dell’Istituto Storico dell’Ordine Frati Minori Cappuccini, l’iter che dovrà portare, a Dio piacendo, alla ripresa della Causa avendo come obiettivo il riconoscimento del titolo di Venerabile.

Il 21 novembre, nel Santuario, nella Messa concelebrata presieduta da mons. Spreafico, fu dato l’annunzio pubblico.

691 Arch. PC, cart. 5: «Corrispondenza con la Postulazione Generale» e cart. 7: «Corrispondenza Vice Postulazione».

692 Cf. lettera di mons. Spreafico a fra Florio Tessari e fra Paolino Rossi, postulatore penerale, in data 2 agosto 2006. Per tutta la trafila seguita si veda la documentazione in Arch. PC, cart. 7: “Corrispondenza Vicepostulazione”.

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Il quotidiano diocesano Il Cittadino nello stesso giorno dette l’annuncio: «Padre Carlo, via all’iter di canonizzazione». Il giorno seguente dette una relazione della celebrazione, sollecitando casalesi e lodigiani a inviare al convento testimonianze utili a documentare la conservazione ininterrotta della devozione al Servo di Dio. Lo stesso invito fu ripetuto da Il Cittadino il 1° aprile 2008: «Per canonizzare padre Carlo occorre il sostegno dei fedeli, scrisse mons. Spreafico. Questo sarà possibile se i fedeli dell’intera diocesi lodigiana sosterranno questo cammino, che potrebbe durare anni». Anche Il popolo di Codogno nel numero di aprile 2008. Di nuovo Il Cittadino nella pagina del 22 agosto dedicata alla vicina Festa anniversaria della Incoronazione: «I fedeli di padre Carlo d’Abbiategrasso tornano a sperare: diventerà Venerabile?».

Mons. Spreafico, intanto, andava costituendo Comitati Storici: «Commissione storica Frati Cappuccini», 4 componenti; «Commissione storica Diocesi di Lodi», 8 componenti; «Commissione storica Diocesi di Milano», 7 componenti; oltre i «Responsabili e collaboratori», altre 7 persone. Un’altra commissione fu costituita da mons. Spreafico ad Abbiategrasso il 21 settembre; a sua volta si suddivise in tre (da Bollettino parrocchiale, a firma Franco Mauroner).

Il lavoro preparatorio svolto a Roma da p. Cargnoni e da membri della Commissione che si riunisce a date ravvicinate a Casale rende possibili i contatti ufficiali con la postulazione generale.

Fu il Pastore della diocesi, mons. Giuseppe Merisi, a dare il primo, inaspettato annuncio ufficiale della riapertura della Causa, a Casale, nel santuario, il 6 febbraio 2009. Nella celebrazione di chiusura della visita pastorale al vicariato di Casalpusterlengo, davanti all’urna contenente le spoglie del fondatore e patrono della Chiesa Laudese San Bassiano, portate in tutte le comunità parrocchiali in occasione del XVI centenario della sua morte, disse: «Voglio annunciare che, dopo aver ottenuto il nulla osta della Santa Sede, è mia intenzione accettare il libello fattomi pervenire il 22 aprile 2008 dal Postulatore Generale dei frati minori

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cappuccini, con il quale, a nome del ministro provinciale dei frati minori cappuccini lombardi, domanda la riapertura della causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio p. Carlo da Abbiategrasso, le cui spoglie riposano in questa chiesa. A Dio piacendo, la prima sessione pubblica e solenne del processo, da me presieduta, si terrà in questa stessa chiesa il 7 settembre del corrente anno».

Il bollettino ufficiale della diocesi (La diocesi di San Bassiano) nel n. 4 dell’anno 2009 pubblicò l’Editto, il Decreto di ammissione del libello, e di introduzione della Causa e di nomina del Tribunale, costituito da mons. Gabriele Bernardelli cancelliere della Curia, come Giudice Delegato Vescovile; mons. Piergiuseppe Coita, come Promotore di Giustizia, don Sergio Bertoni, come Notaio Attuario. Il documento Prot. N.CL. 476/09 CSS porta la data 11 giugno 2009, e fu pubblicato anche da Il Cittadino del 27.6. Nell’ambito dell’Ordine il ministro provinciale p. Alessandro Ferrari diede l’annuncio della riapertura della Causa a tutti i frati della provincia693

Mons. Vescovo invitò «Tutti e singoli i fedeli a comunicarci direttamente o a far pervenire al Tribunale Diocesano tutte quelle notizie, dalle quali si possono in qualche modo arguire elementi favorevoli o contrari alla fama di santità del detto Servo di Dio». In data 23 giugno (Prot.N.CL. 532/09 CSS) mons. Vescovo nominò i membri della Commissione storica: p. Costanzo Cagnoni, don Giulio Mosca, don Angelo Manfredi, prof. Mario Comincini. Veniva a cessare l’aiuto fraterno, prezioso e molto efficace di mons. Spreafico. Subentrò come aiuto del vice postulatore p. Mariano Brignoli, che ritornava a Casale come vicario.

693 Arch. PC, cart. 15, 6.

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10. – L’ECO DELLE CELEBRAZIONI E DELLE DEVOZIONI NEL SANTUARIO

1. Raccolta di articoli vari

Le solenni celebrazioni nel Santuario della Madonna dei Cappuccini nel 1930 per la seconda Incoronazione della venerata effigie ebbero risonanza nella stampa. Le celebrazioni, la statua della Madonna, la storia del santuario erano ovviamente gli argomenti trattati; ma anche in quell’anno straordinario l’umile fraticello, che ai piedi della sacra immagine (allora nella seconda cappella a destra) distribuiva le grazie che la Madonna concedeva, fu ricordato694.

La traslazione dei resti umani del Servo di Dio nella nuova cappella nel 1932 fu annunciata da padre Aliverti, allora in un convento del Canton Ticino, con un commosso articolo diretto «al buon popolo Casalese e Lodigiano» su Annali Francescani695. Ricorda i meriti, in vita e dopo morte, di padre Carlo, «una storia edificante di pietà, di umiltà, di semplicità e di candore filiale… Padre Carlo è vostro Padre!».

Ne Il Cittadino (settimanale cattolico di Lodi, 9 settembre 1932) la relazione a firma dott. Jader Timossi: Le solenni feste al Santuario di Casalpusterlengo: la preparazione; le celebrazioni della domenica; la benedizione degli ammalati del lunedì, lungo il viale, con il Vescovo diocesano e un centinaio di frati e sacerdoti, e l’ufficio funebre in memoria di Padre Carlo, con la traslazione dei suoi resti nella nuova cappella, con la partecipazione di una moltitudine di fedeli.

694 Si veda negli “Annali Francescani” alla vigilia della Incoronazione l’articolo firmato Solitarius (31 agosto 1930, pp. 498-501: La Madonna dei Cappuccini di Casalpusterlengo); L’Italia, quotidiano cattolico di Milano (1° agosto 1930: Un Santo Frate milanese); I Santuari d’Italia illustrati. Rivista mensile del Pro Famiglia (Ottobre 1930, pp. 147-159); Arch. Parr. Casalp., cart 1ª e 1 ª Cappuccini.

695 Cf. Annali Francescani, 1932, p. 518-519: “Casalpusterlengo. Trasporto delle ossa del Servo di Dio P. Carlo M. da Abbiategrasso”.

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Un invito ad «accorrere a frotte il prossimo 21 febbraio 1933 al Santuario ad assistere le solenni funzioni anniversarie» di p. Aliverti, indirizzato ai fedeli di Casalpusterlengo, fu riportato nella “Cronaca Cittadina” di L’Eco Cattolico settimanale cattolico religioso Abbiatense del 17 febbraio 1933. Ancora p. Aliverti su “Annali Francescani”696 ricorda le celebrazioni annuali del 21 febbraio, anniversario della morte del Servo di Dio, effettuate con solennità. «Spontaneo sorse quindi l’invito a tutti devoti e devote della santa memoria di padre Carlo, che sono senza numero, di correre ad assistervi, ed a pregare dinanzi le venerate sue ossa». Negli Annali Francescani dello stesso anno 1933 in data 31 marzo è lo stesso articolo di p. Aliverti riportato da L’Eco Cattolico. Negli Annali il 30 settembre697, relazione della festa annuale dell’anniversario dell’Incoronazione: pellegrinaggi, nuova cappella dedicata a San Francesco con la statua del santo, copia del San Francesco del Dupré, scolpita dal codognese Aleardi; la Messa pontificale del vescovo di Como; la Messa del lunedì per gli ammalati, più di duecento, si parla di una grazia, proposta all’autorità ecclesiastica: «Chissà non sia il venerabile P. Carlo d’Abbiategrasso, così divoto lui di questa Madonna, che benedica dal cielo». È ancora p. Aliverti che nel 1934 dal Canton Ticino scrive un articolo su Annali Francescani698 per ripresentare la figura di padre Carlo e in particolare la sua santa morte come risultava dagli atti del Processo di beatificazione. «Iddio, anche dopo la morte, dimostrò con continue grazie e prodigi quanto gli sia caro il suo fedele servo, padre Carlo d’Abbiategrasso, cappuccino. Tutta Casalpusterlengo – possiamo ben dire tutta la diocesi di Lodi, e più oltre ancora – è testimonio, che è più vivo che mai, nella memoria e devozione di tutti».

Nel 1935 incominciò l’avventura, finita tragicamente, delle guerre fasciste, a cominciare dalla conquista

696 Annali Francescani, 28 febbr. 1933, p. 121-123: “LXXIV anniversario della morte del Servo di Dio Padre Carlo d’Abbiategrasso cappuccino”.

697 Ibid., p. 565-566: “La Madonna di Casale” a firma g.c.v.698 Ibid., 16 marzo 1934, pp. 139-142: Settantacinquesimo

anniversario della morte del Servo di Dio.

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dell’impero. Il 2 ottobre Mussolini capo del governo convocò su tutte le piazze d’Italia l’intera nazione per annunciare l’inizio della guerra contro l’Etiopia. Incominciarono a partire soldati anche da Casalpusterlengo. È facile pensare alle preghiere, di chi partiva e dei famigliari che rimanevano, alla Madonna dei Cappuccini: immaginiamo, anche a padre Carlo, da allora in poi, fino alla sconfitta finale nell’anno 1945. La Madonna li seguì, in un certo senso. «Un gruppo di donne – scrive F. Fraschini - pensò inviare loro (ai militari che erano rimasti in Etiopia) qualche cosa che ricordasse il paese natio»: una tela rappresentante la Madonna dei Cappuccini699. «Il 21 marzo 1937 l’immagine venne portata in corteo dal santuario alla stazione ferroviaria con l’accompagnamento delle bande musicali di Casale e di Livraga. Venne spedita alla Missione dei Cappuccini in Africa Orientale»700. Nel Santuario proseguivano le due celebrazioni annuali in onore di padre Carlo: il 21 febbraio anniversario della morte e il lunedì della Festa «la Commemorazione». Nel 1937 fu presente il prevosto mitrato di Abbiategrasso «per chiedere una grazia per sé e la sua parrocchia, al suo parrocchiano p. Carlo… Ricordò come ancor oggi padre Carlo dopo 78 ani e più dalla sua morte vive sempre nella memoria e nel cuore dei suoi concittadini di Abbiategrasso, come fosse sparito ieri. Esortò tutti all’imitazione delle sue eccelse virtù, e chiese ai Casalesi che tra la loro parrocchia e Abbiategrasso abbia a stabilirsi una perpetua fraternità di affetto e unione di preghiera»701.

Nel 1938, giunse a tempo per la celebrazione del 21 febbraio il decreto vescovile che concedeva la facoltà di impartire in tale giorno la Benedizione Eucaristica in forma solenne. Era un riconoscimento dell’importanza di quella celebrazione702.

699 E. Fraschini, Casalpusterlengo da borgo a città, vol 2°, p. 471-472.700 Cf. Arch. Parr. Casalp., Cronaca Parrocchiale, in data 21 marzo

1937.701 Il Cittadino, 6 settembre 1937: Alla Madonna dei Cappuccini.702 Cronistoria del convento dall’ottobre 1937 al dicembre 1950, f. 4.

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Nel 1939, si celebrò solennemente l’80° anniversario della morte. «La folla dei fedeli fu imponente e edificante». La settimana precedente celebrò il 90° di sua vita mons. Peviani, il chierichetto di padre Carlo, presente il vescovo diocesano mons. Calchi Novati703. Il fatto è annotato anche nel Cronicon della parrocchia di Livraga, con una annotazione: fu anche la sua ultima messa. Tornato a casa, si pose a letto e pochi giorni dopo morì. Padre Carlo lo accompagnò fino al letto di morte, come 80’anni prima esattamente il piccolo Sante aveva accompagnato padre Carlo. Fece dono al convento della sua biblioteca e di un “ritratto autentico” del Servo di Dio704. La Messa della Commemorazione il lunedì della Festa fu celebrata da mons. Giacinto Ambrosi, vescovo di Chioggia705.

Le stesse celebrazioni nel 1939, che furono dedicate all’80° della morte di padre Carlo706. Il p. guardiano tenne la commemorazione. «È il Santo di casa in molte famiglie. In attesa della sua glorificazione sappiamo di tante grazie che continuamente p. Carlo opera nel silenzio». Fu tenuta alle 8 di sera. Il 1° settembre era iniziata la guerra con l’invasione della Polonia da parte della Germania. Fu ordinato l’oscuramento totale, per cui non fu possibile l’illuminazione tradizionale del Santuario; la proibizione di circolare per le auto private, per il che molti devoti lontani non poterono raggiungere il Santuario; e, dato il momento, fu sopresso il concerto bandistico nel piazzale. «Nonostante però tutto questo, le feste riuscirono trionfali». Fu aggiunto un triduo in onore della novella Beata Madre Cabrini «nella chiesa stessa da lei frequentemente visitata in vita, specialmente quando l’Istituto suo dava i primi passi, i più difficili»707.

Il 21 febbraio 1940 ci fu un grande concorso in Santuario, nonostante il cattivo tempo ed il freddo itntenso: «Continua sempre viva la devozione del popolo verso il

703 Ibid., f. 7.704 Ibid., f. 9.705 Ibid., f. 11.706 Ibid., f. 15; “Annali Francescani, febbraio 1939, p. 106-110, a firma

p. Arsenio da Casorate; Il Cittadino, 15 settembre 1939.707 Cf. Il Cittadino.

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Servo di Dio»708. Omaggio di folle al Santuario dei Cappuccini: intitolò la cronaca della Festa di settembre Il Cittadino” (6 settembre 1940). Era ritornato p. Domenico da Origgio come guardiano. Il 10 giugno l’Italia era entrata in guerra. La folla dei devoti dimostrava l’attaccamento della terra lodigiana al Santuario, «vero asilo degli spiriti affaticati dal disorientamento moderno e in cerca di un raggio di speranza ai piedi di Maria. La devozione alla Madonna dei Cappuccini è inseparabile dal ricordo di P. Carlo che coi numerosi miracoli operati in vita, diffuse tra noi l’amore alla Madonna. Per me sono certo che quando Dio lo crederà opportuno, il divoto servo di Maria salirà agli onori degli altari».

Il 21 febbraio 1941, Ufficio funebre e Messa dell’anniversario. Il giorno precedente giunsero i chierici studenti dei Frati Carmelitani di Piacenza. a piedi, e a piedi ritornarono! A settembre la consueta folla. «Nonostante la cessata circolazione delle autocorriere, l’amore alla Madonna fu più forte delle difficoltà. Riapparvero i tradizionali carrelli carichi di pellegrini». Nella Messa per gli ammalati guarì improvvisamente una giovane di Zorlesco ammalata da parecchi anni di spondilite709.

Ho già segnalato il ritorno a Casale di p. Domenico da Origgio come Guardiano:godeva in paese grande autorevolezza e stima, per le qualità personali, lo spirito d’iniziativa, la capacità di coinvolgere le persone. Su Il Cittadino le corrispondenze da Casale sono firmate da d.p.r. (don Pierino Rinaldi, coadiutore seguitissimo dalla gioventù), e da s.l. (don Luigi Salamina, sacerdote casalino devotissimo della Madonna dei Cappuccini: nelle sue visite a Casale non lasciava il paese senza aver fatto una visita alla Madonna dei Cappuccini, dalla quale era stato guarito miracolosamente, figura eminente per cultura nel clero lodigiano). Dopo la celebrazione funebre del 21 febbraio 1942 p. Domenico fece pubblicare sul settimanale

708 “Cronaca del convento”, f. 23.709 Cronaca del convento, f. 34 e 44; foglio dattilografato n. 18; Il

Cittadino, 29 agosto.

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diocesano una precisazione tanto importante, che vale la pena riprodurla per intero.

«L’avere trasportate le ossa venerande del p. Carlo al Santuario della Madonna, fu un bene e fu anche un male.

Un bene, perché i devoti in una sola visita al Santuario possono pregare all’altare della taumaturga Madonna e sostare, orando, sul sepolcro del Servo di Dio. Un male, perché le molte grazie che si ottengono al sepolcro di p. Carlo non possono totalmente attribuirsi alla sua intercessione. La ragione è evidente. Nel Santuario, non si può a meno di volgere lo sguardo alla Madonna, che troneggia dalla sua splendida nicchia, la quale tiene il posto principale nel Santuario stesso.

Nelle Cause di Beatificazione, bisogna sapere distinguere bene le grazie ed i miracoli, i quali sono necessari alla beatificazione stessa; bisogna cioè, presentare alla Sacra Congregazione dei Riti a Roma, sia le grazie che i miracoli ottenuti per intercessione unicamente del Servo di Dio che si vuole glorificare.

Ciò posto, tutti i devoti di p. Carlo da Abbiategrasso, visitando il Santuario , possono pregare la Madonna, anzi devono pregare la Madonna per la glorificazione di p. Carlo, il quale era devotissimo della Madonna, alla quale attribuiva, per umiltà, tutte le grazie miracolose, che concedeva a tutti quelli che ricorrevano a lui e da lui volevano essere benedetti.

Fatto questo, bisogna pregare Dio che conceda grazie e miracoli solamente per intercessione del Servo di Dio, p. Carlo da Abbiategrasso.

Ottenuto qualche miracolo, per esempio guarigioni che umanamente parlando non si potevano ottenere della scienza medica o chirurgica, bisogna stendere le più ampie e circostanziate relazioni da inviarsi alla Postulazione Generale, affinchè il p. Postulatore possa giudicare se questo fatto, ritenuto miracoloso, merita di essere presentato al giudizio della Santa Sede per la beatificazione.

Questo è necessario assolutamente.Quindi tutti quelli che ricevono grazie segnalate, o

miracoli, o fatti miracolosi, per intercessione del Servo di Dio padre Carlo da Abbiategrasso, devono mandare la loro relazione al p. guardiano dei Cappuccini di Casalpusterlengo. Questi con tutta sollecitudine trasmetterà tale relazione al rev.mo p. Postulatore Generale a Roma.

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Tutto questo è necessario per la gloria di Dio, della Madonna dei Cappuccini, e per la glorificazione dello stesso Servo di Dio e devoto della Madonna, p. Carlo da Abbiategrasso, sacerdote cappuccino».

La precisazione era necessaria, perché in quegli anni ebbe notorietà la guarigione ritenuta miracolosa della ragazza di Zorlesco l’anno precedente, verificata personalmente e immediatamente dal Vescovo. Un’altra avvenne durante la Benedizione degli ammalati dello stesso anno 1942: la sign.ra Gina Quattri di Casale, da quattro anni paralitica, impossibilitata a camminare, si alzò dalla poltroncina e si mise a camminare. Da allora condusse una vita normale. Le celebrazioni di settembre assunsero una particolare solennità, perchè padre Domenico volle ricordare il centenario del ritorno dei Cappuccini nel convento dopo la soppressione che abbiamo ricordato in un capitolo precedente, e il cinquantesimo dalla intronizzazione della venerata immagine della Madonna nella nicchia del presbiterio. Don Rinaldi scrisse un articolo brillante (era il suo stile) per mettere in rilievo la devozione verso la Madonna dei Cappuccini dei suoi giovani, tutti militari, riportando un lungo elenco di lettere ed offerte per Messe. Da fidanzati, la meta della passeggiata domenicale era il Santuario; «dal Santuario sono partiti con la cartolina in tasca, le lacrime agli occhi e l’immagine della Madonna sul cuore» (Il Cittadino, 18 gennaio, 27 febbraio, settembre 1942, volantino con programma della festa). Per la prima volta la commemorazione di padre Carlo fu spostata dalla sera alle ore 16 del pomeriggio: presumo, per ragioni di sicurezza.

Nel 1943 la vita si rese più difficile anche nelle nostre campagne. Allo stillicidio dei feriti e caduti che non risparmiava alcun Comune, alle notizie dell’andamento della guerra, alle ristrettezze imposte dalla tessera annonaria e dal mercato nero, alla difficoltà e pericolosità dei viaggi per raggiungere il posto di lavoro, si aggiunsero i bombardamenti di Milano, il conseguente riversarsi di sfollati nei paesi, i frequenti e imprevedibili mitragliamenti lungo la ferrovia e la Via Emilia, la stretta imposta

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all’oscuramento, le requisizioni. E poi la caduta di Mussolini, lo sfaldamento dell’esercito, la nascita della Repubblica Sociale e delle sue forze armate, l’occupazione tedesca. La Festa del Santuario capitò tra il 25 luglio e l’8 settembre, date fatidiche della storia d’Italia. Ma si ebbe il coraggio di effettuare tutte le celebrazioni tradizionali. Il Prevosto di Casale mons. Cesare Manzoni si lamentò del fatto che sedessero sulle centinaia di sedie disposte lungo il viale per la Benedizione degli ammalati non solo questi, ma vecchiette e bambini, una “turba” che le occupava. «Speriamo che l’anno venturo all’allontanarsi della guerra dall’Italia, al Santuario tutto possa riuscire con più splendore e suggellato da qualche miracolo mariano»710.

Dell’anno 1944 Cronaca e settimanale diocesano (stando a quanto catalogato nell’Arch. Capp. Casalp.) non offrono dati. È facilmente immaginabile che per la popolazione il Santuario, la Madonna dei Cappuccini e padre Carlo siano rimasti il rifugio cui ricorrere per ritrovare coraggio e speranza, in situazioni che andavano sempre più aggravandosi per l’aggiunta di nuove calamità: le violenze dei nazifascisti, la resistenza, i renitenti, i partigiani, gli sbandati, sabotaggi, requisizioni, le frequenti incursioni aeree con le distruzioni e le vittime conseguenti. Nelle Feste di settembre «per ragioni di facile comprensione fu sospesa la benedizione degli ammalati». Si tenne la Commemorazione di padre Carlo (volantino con aggiunta erronea: 1945).

Il 21 febbraio 1945, all’Ufficio solenne di padre Carlo «Il concorso dei fedeli fu discreto. A Pasqua, il 1° aprile, un centinaio di soldati tedeschi di stanza nelle scuole comunali parteciparono alla Messa e Comunione». Nei primi mesi dell’anno «i pellegrinaggi furono meno degli altri anni». L’esercito tedesco era ormai in rotta. Il 25 aprile, l’insurrezione, la liberazione, gli ultimi, sanguinosi scontri anche nei paesi della Bassa Lodigiana, le vendette, l’inizio della vita democratica, il CLN. Nell’euforia e nel disordine imperante in quel momento, si celebrarono con grande entusiasmo le Feste di settembre, secondo lo schema

710 Cronaca del convento, f. 78.

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tradizionale: le Quarantore in preparazione; sabato sera pellegrinaggio parrocchiale dalla “Chiesa granda”; domenica Sante Messe, alle 8 quella prelatizia del Prevosto Mons. Manzoni, di diritto e intoccabile, Messa solenne pontificale, Vespro, panegirico e Benedizione Eucaristica; lunedì mattina, Messa e benedizione degli ammalati; lunedì pomeriggio Commemorazione del Servo di Dio padre Carlo. «Più di 2000 Comunioni. Vennero infermi anche da molto lontano, Piacenza, Parma, Milano. Il santuario è sempre stato affollatissimo, specialmente al lunedì, da pellegrini e da divoti». Nell’occasione fu presentato il volume di p. Idelfonso Aliverti da Vacallo, Vita del Servo di Dio Padre Carlo d’Abbiategrasso sacerdote cappuccino 1825-1859. L’autore, che per quasi cinquant’anni si era dedicato allo studio e alla raccolta della documentazione di padre Carlo, non vide il libro stampato: morì nel convento di Cerro Maggiore il 25 giugno, mentre l’opera era in stampa (f. 27, riferendo quanto scritto nel nuovo quindicinale religioso della diocesi Il pensiero cattolico, 23 sett. 1945. Nello stesso foglio si riporta un articolo di giornale senza indicazione (Il Cittadino) che dice il contrario: «Non si potè celebrare la Giornata degli ammalati per ovvie ragioni».

Nel 1946, la normale celebrazione del 21 febbraio, alla quale si aggiunse «la triplice supplica a Dio per la sua beatificazione alla tomba». In settembre, cose in grande: il sabato sera «si può dire che tutto il paese dai piccioli ai grandi, con le autorità civili in testa, tutte le associazioni al completo, partecipò». Per la benedizione degli ammalati, si permise l’accompagnamento di un solo famigliare e si richiese il certificato medico (attesa del miracolo? per lasciare una sedia ai soli ammalati? Le norme erano state stabilite da p. Domenico nel 1942). La Commemorazione fu tenuta dal vescovo di Carpi mons. Dalla Zuanna cappuccino, e a chiusura «fantastica illuminazione del Santuario, del campanile e del viale». L’oscuramento era finito! E la banda di Secugnago in concerto: bastava poco ai Casalini di allora711.

711 Cronaca del convento, f. 87; Il Pensiero Cattolico, 30 agosto e 13 settembre 1946.

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Dell’anno 1948 nell’Arch. Capp. Casalp. non c’è documentazione: sarebbe stata interessante, perchè fu l’anno delle elezioni politiche del 25 aprile, che impedirono la sovietizzazione dell’Italia. Lo storico cittadino prof. Franco Fraschini dedica ottime pagine agli avvenimenti politici dagli anni della guerra a quelli della democrazia e della ricostruzione (2° volume).

Particolare solennità fu data alle celebrazioni in memoria di padre Carlo nel 1949, 90° anniversario della sua morte. In preparazione, il 18 febbraio, il can. don Salamina scrisse un articolo per Il Cittadino” (18 febbraio), che val la pena riportare: «Ricordo un giorno non molto lontano un industriale di Milano, in viaggio d’affari a Casalpusterlengo, esprimeva l’estremo dolore per il fratello lasciato a Milano già in fin di vita. Mio fratello, ora in Paradiso, suggerì di far dare una benedizione al p. Carlo nel Santuario dei Cappuccini. Così fu fatto e tornato l’industriale a Milano trovò il fratello fuori pericolo. Non so se il fatto sia stato notificato, ma so che tanti fatti simili non sono stati notificati. Leggendo la vita di p. Carlo, vien da domandarsi: come mai un taumaturgo simile non è ancor stato canonizzato? Si potrebbe rispondere: perché più nessuno se ne occupa a Roma. A suo tempo furono spediti gli atti del processo lodigiano: poi…».

L’articolo riportato nel Bollettino del Santuario, ha una continuazione, che è la relazione dei vari momenti delle giornate 20-21 febbraio: discorso commemorativo; Messa solenne del padre Provinciale; benedizione degli ammalati che si presentavano; alle 10,30, ora del transito, Benedizione Eucaristica impartita da un altro apprezzatissimo sacerdote casalino, don Mario Ravani prevosto di Secugnago, altra solenne Benedizione nel pomeriggio. In coda all’articolo: «Vedremo noi padre Carlo d’Abbiategrasso glorificato dalla Chiesa? Dipende un po’ da noi. È necessario ricorrere con fede a Lui nei nostri bisogni; è necessario farlo conoscere, specialmente agli ammalati. Non fu sempre compassionevole verso di essi? Importunarlo con fiducia bisogna; compirà miracoli! Non dimenticare mai di segnalare le grazie che eventualmente si ricevessero o

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alla Sagristia del Santuario o ai superiori dei conventi cappuccini di Lombardia». Nel Bollettino della parrocchia, La Fiaccola, 28 agosto il programma della Festa di settembre, con la Commemorazione del Servo di Dio.

Nella documentazione raccolta nell’Archivio c’è un vuoto, che va dal 1950 al 1959. Su L’Italia del 3 settembre 1960 in un articolo di G. Addamonte dedicato alla Festa (180° anniversario della Incoronazione): «Guai toccare ai lodigiani, e in particolare alla gente di Casale, la figura pia e singolare di questo, è proprio il caso di dirlo, fragilissimo fraticello… In fama di santità, vide via via genti tribolate di ogni altro luogo e di ogni contrada accorrere a lui per ottenere grazie e guarigioni. da tempo è in corso il processo per la sua beatificazione. Ma le popolazioni lodigiane attendono con trepida fiducia che il loro Servo di Dio venga beatificato». C’è un miracolo – osserva – che si ripete nel santuario: quello della preghiera dei tribolati nella vita, che dà conforto e nuove speranze. Nella relazione della Festa su Il Cittadino 16 settembre, la Commemorazione tenuta da un altro eminente sacerdote casalino, mons. Angelo Bramini, autore di una storia del santuario della quale parliamo a parte e organizzatore della Incoronazione di trent’anni prima. Per la Benedizione degli ammalati si accenna per la prima volta del servizio delle Dame e dei Barellieri dell’UNITALSI che collaboravano da qualche anno con il personale medico e paramedico del vicino ospedale, diretto già da allora dal dott. Pozzi. La funzione si celebrava nel piazzale, e alla fine i malati «sfilavano, con composto ordine, nel Santuario per il saluto alla Madonna miracolosa».

Altro vuoto fino al 1979. In Cammino scintilla, mensile dei Frati Cappuccini Lombardi, dicembre, una relazione della Festa dell’anniversario della Incoronazione. La Commemorazione di padre Carlo fu tenuta da un altro casalino, questa volta di adozione, di grande merito: il parroco, mons. Enrico Orsini: don Enrico, e basta, a Casale. Commentò, da par suo, la sofferenza penitente, accetatta e voluta, che contraddistinse tutta la vita di padre Carlo e fu strumento di grazia nella sua presenza a Casale. P. Evaldo

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Giudici pubblicò un suo primo studio sulla vita di padre Carlo: C’è Padre Carlo.

L’anno 1980 fu eccezionale per il Santuario: si celebrò il secondo centenario della 1ª Incoronazione della Madonna e il 50° della seconda. Un denso programma fu predisposto dal guardiano padre Luigi Caserini con i collaboratori. Un programma che coinvolse tutta la diocesi e che si estese all’intero mese di settembre. La Messa e i Vespri celebrati dal card. Opilio Rossi; i pellegrinaggi di Casale, dei cappuccini della provincia, dei vicariati. Si fece conto che circa 50.000 persone siano accorse ai piedi della Madonna. Tra questi, in aprile e maggio i sacerdoti del decanato di Abbiategrasso e i pellegrini delle parrocchie della città (8 aprile, 1° maggio). Padre Carlo ebbe un posto di onore: la messa della Commemorazione fu concelebrata da tutti i sacerdoti diocesani e religiosi nativi di Casalpusterlengo, presieduti dal Prevosto di Abbiategrasso e con la partecipazione delle Religiose di origine casalina. «Tutti insieme rappresentavano davanti alla Madonna dei Cappuccini i 46 sacerdoti, frati e religiose viventi di Casale a servizio della Santa Chiesa di Dio in diocesi e fuori. Tutti devono molto a lei»712.

Nel 1983 La Fiaccola, settimanale della parrocchia SS. Bartolomeo e Martino di Casalpusterlengo, pubblicò una serie di articoli su padre Carlo di Aldo Milanesi: 20 febbraio, 13 marzo, 20 marzo. Un’osservazione amara di un frate: «Voi Casalini avete qui un Santo di tutto rispetto e l’avete dimenticato. Comunque è successo anche ad Abbiategrasso» (20 febbraio). Nello stesso anno, ad iniziativa di p. Luigi Caserini, guardiano, e di Franco Pedrazzini, presidente della Pro Loco, fu organizzata una grande mostra di opere dedicate alla vita di padre Carlo. Furono invitati pittori celebri. Le opere inviate illustrano un libro dedicato al Padre, nel quale gli scritti sono di autori di

712 In Il Cittadino, 9 ottobre 1981 la presentazione; Ordine e libertà, Abbiategrasso 9.3 e aprile; “Il Cittadino”, 5 settembre; “La Fiaccola”, 7 settembre. In ArchParrCasalp., cart. Cappuccini, ricca documentazione; Autori Vari, “La Madonna dei Cappuccini, secondo centenario della Incoronazione”.

10/9

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grande prestigio (Il Giorno, 10 giugno; Il Cittadino, 17 giugno). Solenne commemorazione di Padre Carlo nel programma annuale (Il Cittadino, 2 settembre), a carico di un altro sacerdote casalino, il sottoscritto, battezzato per l’occasione Luigi, anziché Giulio, rientrato definitivamente dalla missione in Venezuela, proprio mentre approdava al convento di Casale dalle Missioni in Brasile p. Evaldo Giudici, che diventerà il più convinto, tenace, meritevole studioso e propagandista del Servo di Dio, ambedue ormai senza più forze.

Le celebrazioni del 2° centenario della Incoronazione, come era già successo in occasioni similari, portarono ad una notevole ripresa delle celebrazioni annuali, anche per merito di p. Caserini Guardiano e di mons. Enrico Orsini, parroco e Vicario Foraneo, ed anche di una maggior intesa tra frati e preti. «Non sono mancati i momenti di declino per cause di ordine generale, ma i tempi cambiano un’altra volta in meglio»: scrisse D. Giancarlo Marchesi in Il Cittadino, 29 agosto 1986. Il pellegrinaggio di tutte le parrocchie del Vicariato continuava, nella settimana precedente la festa, alla vigilia quello tradizionale cittadino. Si erano uniti quelli delle parrocchie di Retegno e Triulza, ai quali si aggiunsero negli anni successivi i pellegrinaggi di tutte le parrocchie del Vicariato di Codogno; poi quello di Sant’Alberto di Lodi, ed altri ancora. Continuano tuttora, a trent’anni dall’inizio! Le parrocchie incominciano ai piedi della Madonna l’anno pastorale.

Quell’anno in convento si dette inizio alla “Biblioteca Mariana”. Nella stampa a disposizione l’attenzione è concentrata sulla festa anniversaria dell’Incoronazione; non si dà più rilievo alla messa anniversaria della morte di padre Carlo, 21 febbraio, mentre non manca mai la Commemorazione, che non è più discorso commemorativo, ma santa messa con omelia, il lunedì della Festa. Su “L’Avvenire” una pagina intera nella serie Santuari d’Italia, 7 settembre 1986.

Immancabile la commemorazione di padre Carlo nel 1987. Era l’Anno Mariano, e su Il Cittadino 4 settembre in un articolo firmato DGM (don Giulio Mosca) si ricordava che

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in un Anno da vivere a tutti i livelli (Roma, diocesi, parrocchie), il Santuario della Madonna dei Cappuccini, il più importante e frequentato, diveniva il punto di riferimento centrale per la diocesi di Lodi. Si rievocò un momento che segnò in modo particolarissimo il legame del Santuario con la diocesi: quando il vescovo mons. Benaglio si oppose al progetto della Amministrazione governativa di allontanare padre Carlo da Casale, e per la santità dell’umile frate, e per «lo straordinario rammarico che proverebbe Casale e tutta la diocesi a perdere così rispettato soggetto», e per la stima che nutriva per «tanti rispettosissimi miei diocesani», che la polizia bollava «come ignoranti, esaltati e fanatici». Nel convento si inaugurò il Chiostro dell’Ave Maria. Enrico Cappelletti pubblicò I Madunìn de Casàl e d’i paès visìn, e la parrocchia SS. Bartolomeo e Martino, il primo Quaderno de La Fiaccola: Il Santuario della Madonna dei Cappuccini di don Giulio Mosca, primo volume di Casalpusterlengo: le chiese, la religiosità popolare e le sue espressioni. Il Santuario fu meta di pellegrinaggi da tutta la diocesi713.

Nel 1988 dedicato a padre Carlo un nuovo libro di p. Evaldo con la collaborazione di p. Apollonio Troesi: …E Maria lo prese con sé, è una riedizione del precedente volumetto C’è Padre Carlo, ampliato e corretto714. Immancabile il ricordo di padre Carlo. Dedicato al Servo di Dio anche un articolo di Enrico Cipelletti in La Fiaccola, in data 15 aprile 1990: «La santità di un frate ‘inutile’ … che è diventato casalino per sempre».

L’anno 1992 registrò per la diocesi di Lodi un avvenimento unico: la visita di un Papa, papa Giovanni Paolo II. Al grandissimo dono fatto alla diocesi si aggiunse un altro: un’ispirazione venuta da Dio, io penso. P. Evaldo, che divideva il suo tempo, tra santuario, confessioni e padre Carlo, disse a un sacerdote, uno dei suoi numerosi penitenti,

713 Il Cittadino, 28 agosto e 4 settembre; La Fiaccola, 6 settembre.714 Il Cittadino, L’informatore di Santa Maria Nuova di Abbiategrasso,

giugno. Il Cittadino, 2 settembre: articolo di Francesco Cerri di storia del Santuario, ed altro del parroco guardiano p. Caserini sulle attività che vi si svolgono.

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che sapeva del numero speciale de Il Cittadino in preparazione: «A Lodi han pensato di ricordare i più bei fiori di santità dei quali può vantarsi la diocesi?». Quel sacerdote chiese a sua volta al direttore del giornale: Avete pensato a…..?. Risposta: No, pensaci tu. Metto a disposizione tutte le pagine necessarie. In pochi giorni, dietro semplici telefonate, si riunirono 30 medaglioni che occuparono sette pagine del giornale. Non poteva mancare padre Carlo. Nell’ambito del convento si chiesero: «Perché non cogliere l’occasione e non consegnare nelle mani del Santo Padre una petizione per la ripresa della causa di padre Carlo?». Per la stessa via fu incaricato quel sacerdote di prendere qualche contatto perchè la petizione fosse rappresentativa non solo delle aspirazioni dei frati cappuccini del convento, ma anche del clero diocesano. I competenti di Curia, interpellati, risposero che quella non era la via. Si tirò dritto. L’incaricato prese contatto con chi poteva rappresentare il clero diocesano, cioè con i Vicari Foranei. Il padre guardiano passò da ciascuno, tutti firmarono la petizione; la firmò anche il padre Provinciale e lo stesso vescovo mons. Giacomo Capuzzi, che poi la consegnò direttamente al Segretario del Papa. Chi funse da tramite ricorda ancora lo sguardo desolato del Papa, cui si leggeva in volto una sofferenza acuta, quando si trovò davanti lo scalone che conduce dalla cattedrale all’appartamento del vescovo, come per dire: «Anche questo mi avete combinato?». Ma là, nello studio del vescovo, l’aspettava anche la lettera per la causa di padre Carlo. La petizione e la risposta sono riportate nel capitoletto che ripercorre i passaggi della Causa715. Nello stesso numero un articolo di p. Evaldo Giudici di preparazione alla Festa anniversaria della Incoronazione: «Un nuovo beato nel Lodigiano», e il programma presentato da Renato Goldaniga. In Comune di Casalpusterlengo dello stesso anno 1992 Gabriella Sidoli afferma: «Ancor oggi, dopo tanto tempo, la figura di questo

715 “Il Cittadino”, numero speciale, 13 giugno; 29 giugno: “Da Casalpusterlengo appello dai Cappuccini al Papa: ‘Beatificate padre Carlo d’Abbiategrasso’”; 29 agosto, relazione di D. Giulio Mosca: “L’occasione fornita dalla recente visita di S.S. Giovanni Paolo II nella nostra diocesi, dove gli è stata consegnata una lettera della Comunità Cattolica locale”.

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umile servo di Dio e la sua eccezionale missione di carità svolta a Casale viene ricordata ed esaltata da tutta una aneddotica popolare e la sua devozione non accenna a diminuire né tra il popolo, né tra i frati, e sono molti ad affermare di aver ricevuto una Grazia dopo averlo invocato. Se fosse santo, è difficile dirlo, ma un sant’uomo lo fu, tanto da essere citato sempre come esempio di vera e autentica vita cristiana».

Un articolo su padre Carlo su La Fiaccola, 5 aprile 1998; un altro il 5 settembre 1999, che annuncia la Commemorazione tradizionale e segnala che «Padre Carlo è approdato anche su Internet. Chi volesse saperne di più ed è collegato ad Internet, può curiosare alla pagina <http://www.comunicare.it/ofmcap/p_carlo/welcome.htm>.

Ed ancora il 3 settembre 2000: «I pellegrinaggi al sepolcro di padre Carlo d’Abbiategrasso sono ininterrotti. L’affetto di molti si esprime anche nel semplice pellegrinaggio spirituale. Da qui padre Carlo continua la sua opera di evangelizzazione e di conforto».

Nel 2002 nel Dizionario illustrato dei cognome e famiglie del Lodigiano, edito da Il Cittadino, troviamo I miracoli di Padre Carlo d’Abbiategrasso716. Padre Carlo e il chierichetto Sante Peviani sono raffigurati in una tela di Luigi Campagnoli, pittore casalino, che fu presentata ne Il Cittadino” del 13 giugno 2002 e nella stessa data nel quotidiano di Piacenza Libertà, diffuso anche nel Basso Lodigiano: Casale. Quell’acquazzone che non bagnò. Un quadro per ricordare il miracolo di Padre Carlo; il 23 giugno su La Fiaccola.

Nel 2005 si ricordano ad Abbiategrasso i 180’anni della nascita di padre Carlo in un articolo di Francesco Villa, Padre Carlo da Abbiategrasso ha compiuto 180 anni, nel bollettino parrocchiale Il Quadriportico n. 4 del 2005. Ricorda i particolari della nascita, che sembrò non dare adito alla sopravvivenza, e alla guarigione operata dalla

716 Dizionario, n. 17, p. 209: «Dal 1898 le spoglie del Servo di Dio riposano nel Santuario casalino e dal 1932 sono custodie nella prima cappella a destra, meta di numerosissimi devoti», e «Sante Peviani e l’ombrello di padre Carlo d’Abbiategrasso».

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Madonna Addolorata. Ritiene che i due fatti meritino di essere ricordati nel luogo dove sono avvenuti, e domanda: «Perché, allora, non segnalarli in modo permanente a tutta la popolazione, e ai sempre più frequenti visitatori della nostra città, con una targa sul luogo dove sorgeva l’umile abitazione della famiglia Vigevano, in corrispondenza degli attuali numeri civici 51, 53 e 55 di Corso Giacomo Matteotti?».

Ancora Il Quadriportico”, marzo 2008: un articolo di Mario Comincini, Testimonianze abbiatensi: padre Carlo da Abbiategrasso. Riporta testimonianze di persone di Abbiategrasso rese nel primo Processo.

Nel 2009 facendo riferimento al decreto di riapertura della Causa di beatificazione di padre Carlo, pubblicato nel numero della domenica precedente, da noi riportato nel capitolo dedicato alla storia della Causa, Il Cittadino fece seguire una serie di articoli dedicati al Servo di Dio. Il primo, dell’avv. Mario Comincini, storico della città di Abbiategrasso e membro della Commissione Preparatoria, fu pubblicato in data 4 luglio: «Padre Carlo d’Abbiategrasso, un’esistenza straordinaria. Non volevano tenerlo in convento perché la cattiva salute gli impediva la vita austera». Ricorda gli anni trascorsi nel paese natale, fino al suo ingresso nell’Ordine dei frati minori cappuccini, all’età di 27 anni.

L’11 luglio 2009 seguì l’articolo di padre Evaldo Giudici, vice postulatore della Causa e ferratissimo storico di padre Carlo, che rievocava il fondamento della santità di padre Carlo, cioè la vita di intimità con Dio. Nel numero festivo successivo, 18 luglio, don Giulio Mosca, storico della diocesi e membro della Commissione Preparatoria, ripercorse gli anni dalla morte del Servo di Dio fino al riconoscimento delle sue grandi virtù nei Processi Diocesani di Milano, Lodi e Bergamo.

Il 29 agosto don Angelo Manfredi, docente dello Studio Teologico Interdiocesano e membro della commissione storica, illustrò il Processo Canonico effettuato a Lodi sotto la presidenza personale del vescovo mons. Gianbattista Rota, come risulta dal voluminoso incartamento degli Atti.

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Nello stesso numero, data la prossimità della Festa anniversaria della Incoronazione, si presenta il denso programma, nel quale – come ogni anno – è inclusa la Commemorazione di padre Carlo, che veniva ad assumere una importanza straordinaria, perché in quella occasione mons. vescovo avrebbe dato inizio al Processo Diocesano. Annuncio anche in Il Quadriportico del marzo 2009, a firma Silvana Rovati Re. Si fa riferimento ad un incontro avvenuto nel mese precedente, nel quale il dott. Comincini aveva illustrato la luminosa figura del concittadino e la necessità di «recuperare altre testimonianze da aggiungere alla voluminosa documentazione» del primo Processo. «Sarà fondamentale inserire ulteriori notizie da cui possa emergere che nella nostra città mai è venuta meno la devozione nei confronti di padre Carlo, anche se, apparentemente, la sua figura e le sue opere sembrano essere state dimenticate negli ultimi cinquant’anni».

Anche in un’altra pubblicazione locale, Ordine e libertà dell’11 settembre 2009 l’annuncio e una domanda: «Padre Carlo sarà santo?». È la domanda che i devoti del Servo di Dio oggi si pongono.

Si è riportata qui la documentazione esistente presso il Santuario717. Qualche stralcio degli articoli permette di individuare la fedeltà alle due celebrazioni annuali: 21 febbraio anniversario della morte del Servo di Dio, il lunedì successivo alla Festa della Incoronazione (1ª domenica di settembre) la Commemorazione. Permette anche di cogliere la memoria viva nel tempo a vari livello: locale (Casalpusterlengo), diocesano, Abbiategrasso ed altrove con minori testimonianze. Questa documentazione, però, non copre tutti gli anni. Ci sono vuoti di decenni. A completamento si allegano altri elenchi di pubblicazioni.

2. Nella diocesi di Lodi: «Il Cittadino»

Un elenco degli articoli pubblicati da Il Cittadino dai primi anni del 1900 fino al presente, relativi al Santuario della Madonna dei Cappuccini di Casalpusterlengo, il

717 Vedi in Arch. PC, cart. 2 (Appendice, pp. 568-572).

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maggior santuario mariano della diocesi, è stato compilato da Francesco Cerri, ricercatore, pubblicista, prezioso collaboratore dell’Archivio Storico Diocesano di Lodi. È stato pubblicato dal don Giulio Mosca in Incoronazione della Madonna dei Cappuccini di Casalpusterlengo 1780. Tutti i documenti (fasc. 11) ed è qui riprodotto. L’asterisco segnala gli articoli che riguardano il Servo di Dio o hanno riferimenti718.

3. In Casalpusterlengo:A) Cronaca della parrocchia di Casalpusterlengo

Fonte primaria della storia locale religiosa e civica è la Cronaca della Parrocchia di Casalpusterlengo di mons. Cesare Manzoni, parroco dal 1916 al 1950719. Il successore, mons. Domenico Saletta, continuò la cronaca parrocchiale in altro modo: collezionando articoli apparsi sul bollettino parrocchiale La Fiaccola e sul settimanale diocesano Il Cittadino. In seguito lascerà il posto alla semplice raccolta dei numeri de La Fiaccola. Casalpusterlengo fu parrocchia unica fino al 1970, quando fu eretta la nuova parrocchia che ora porta il titolo di «Maria Madre del Salvatore» retta dai padri cappuccini. La Cronaca e La Fiaccola si riferiscono all’intero paese, ora città, fino al 1970. Le parrocchie di Vittadone e Zorlesco, le due frazioni del Comune, hanno avuto vita propria.

Mons. Cesare Manzoni, tra i sacerdoti più in vista della diocesi, docente di teologia al seminario diocesano, parroco della Cattedrale, fu nominato prevosto vicario foraneo di Casalpusterlengo nel 1916. Fece l’ingresso il 30 luglio, e pochi giorni dopo, il 2 agosto, per il Perdono d’Assisi, si recò al santuario per celebrare la s. messa «come di consueto»720. Nel 1917 vi si recò il 17 maggio, festa della Ascensione,

718 Cf. in Appendice: Pubblicazioni bibliografiche, n. 7, alle pp. 509-520.

719 Questa Cronaca del parroco mons. Cesare Manzoni va dal 1916 al 1944 in sei registri manoiscritti e dattiloscritti. Manca il 7°. È conservata nell’Arch. Parrocchiale.

720 Cronaca, vol. I, p. 6.

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titolare della chiesa (San Salvario, Santissimo Salvatore) e il 2 settembre, festa anniversaria della Incoronazione, per la celebrazione della messa in canto e dei vespri solenni, come di consueto e come di diritto, secondo gli accordi per il rientro dei frati cappuccini del 1845721. Erano presenze officiali del parroco; in realtà mons. Manzoni fu di casa nel convento, perché vi andava ogni settimana per confessarsi. Il 7 ottobre vi tenne il ritiro del clero, predicato dal guardiano padre Domenico da Origgio722.

La messa dell’Ascensione del 1918723 fu particolarmente solenne, perché il parroco si portò dietro i preti soldati di stanza a Casale e don Sante Vigorelli parroco di Caviaga, apprezzato compositore, che eseguirono musica polifonica, di don Perosi e altri. Il 18 maggio portò al santuario la gioventù, dai due oratori maschile e femminile, per la conclusione degli esercizi spirituali724. Il 2 giugno impartì la benedizione eucaristica alla chiusura del mese di maggio725. «Il tempio era pavesato magnificamente… l’altare risplendeva d’innumerevoli lumi. Affollata la chiesa nonostante che molti erano assenti per la monda del riso». Il 12 giugno giunse il ministro generale dell’Ordine fra Venanzio da Lisle-en-Rigault in visita canonica. Fu ricevuto alla stazione ferroviaria dal guardiano, clero della parrocchia, le autorità, la gente. Si diresse con corteo di carrozze al santuario, attraversando il paese accompagnato dal suono delle campane e dai saluti della gente che si riversava nelle strade. All’inizio e alla fine del viale (voluto da padre Isaia da Milano), archi di trionfo. Nel santuario, canto del Te Deum, discorso. Sul piazzale, omaggio del presidio militare al completo, con discorso militare (era un ex militare). Si recò poi ad ossequiare il parroco nella sua casa, presente il sindaco. Il padre generale si felicitò per la buona armonia tra sacerdoti e religiosi726. Il I° settembre

721 Ibid., pp. 36 e 61.722 Ibid., p. 67.723 Ibid., p. 101.724 Ibid., p. 102.725 Ibid., p. 109.726 Ibid., p. 110.

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mons. Manzoni celebrò messa e vespri solenni al santuario e partecipò al pranzo, per la festa della Incoronazione.

Nell’anno 1919 è registrata la partecipazione alla festa della Ascensione, 29 maggio727, non a quella di settembre. Si dedica invece spazio alla incoronazione della Immagine della Madonna delle Grazie nella chiesa parrocchiale, e al vasto programma realizzato, 11-15 settembre728. Nel 1920, messa solenne della Ascensione e vespri con tutto il clero della parrocchia e una folla di devoti. Il 30 maggio, dopo la dottrina domenicale nella chiesa parrocchiale, sfidando il temporale, si effettuò un pellegrinaggio di ringraziamento e di impetrazione alla Madonna dei Cappuccini. Il guardiano, padre Domenico da Origgio, disse: ringraziamento per la guerra finita e vinta e per il ritorno della quasi totalità dei soldati casalini; impetrazione della protezione di Maria perché questi conservino la fede, e delle grazie anche temporali in giorni che anche a Casale si stavano rivelando assai torbidi729. Il giorno successivo, chiusura del «mese di maggio» con vespri solenni e partecipazione di mons. vescovo, che fece un «lunghissimo discorso». Dopo di che, chiusura del “mese” anche nella chiesa parrocchiale! I soldati che partivano da Casale si portavano addosso un pezzettino della veste della Madonna, che nel 1915 era stata cambiata con quella nuova realizzata da Giuseppina Grecchi. La sorella Cecchina (che poi fece dono al museo parrocchiale del vestitino del Bambin Gesù) riferiva la convinzione comune che quei soldati erano ritornati tutti730.

«Terminata la guerra, nel pieno degli sconvolgimenti politici che seguirono, vissuti vivacissimamente anche a Casale, il guardiano padre Domenico da Origgio volle portare in processione la statua della Madonna». ΄Da tempo vagheggiava tale processione΄: scrive il prevosto mons. Manzoni nella ΄Cronaca731. L’8 maggio 1921, dopo una

727 Cronaca, vol. II, p. 7.728 Ibid., pp. 15-18.729 Ibid., pp. 59-60.730 D. Giulio Mosca, Casalpusterlengo: le chiese, la religiosità

popolare e le sue espressioni, Vol. I°: Il Santuario della Madonna dei Cappuccini, pp. 60-61.

731 Cronaca, vol. II, pp. 96ss.

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settimana di solenni funzioni, sfilò per tutte le vie del borgo l’interminabile processione che accompagnava la venerata effige posta su un carro trainato da buoi. Cinquantamila persone parteciparono o assistettero alla processione, con il vescovo diocesano ed altri cinque vescovi. Predicò il futuro vescovo, mons. Rolla. L’occasione – settimo centenario della fondazione del Terz’Ordine Francescano - era forse inadeguata; ma il momento richiedeva un intervento pacificatore al di sopra delle parti che dilaniavano il paese. E la Madonna dei Cappuccini, a Casale, era veramente al di sopra delle parti! Sfortunatamente non fu ascoltata732. A chiusura delle feste, il giorno 10, alle 5,30 del mattino una «numerosissima» processione si recò dalla chiesa parrocchiale al santuario per ringraziare la Madonna. Mons. Prevosto celebrò la messa e nell’omelia invitò a pregare «per la calma degli animi, perché non si perpetui l’odio, la provocazione, la vendetta, portando alla Camera i nemici di Dio, sieno essi rossi o gialli, destri o sinistri»733. Come la Madonna, non fu ascoltato!

Nel 1922 non sono segnati l’Ascensione e il pellegrinaggio di fine maggio, probabilmente perché il prevosto partecipò al Congresso Eucaristico di Roma. Alle feste di settembre partecipò solo la mattina, perché nel pomeriggio dovette presenziare al Congresso Eucaristico di plaga di Castiglione d’Adda734. Feste, congressi e processioni con un coraggio incredibile: nei due mesi precedenti, scontri tra fascisti e socialisti, con morti da ambedue le parti, devastazioni, sciopero generale, scioglimento del Consiglio Comunale735. Nel 1923, messa solenne dell’Ascensione il 10 maggio736. Il 30 maggio pellegrinaggio al santuario, anticipando di mezz’ora alle 5, in considerazione di chi doveva prendere il treno e delle donne occupate nelle filande locali, e con una novità: sindaco fascista e maresciallo dei carabinieri pochi giorni

732 Cf. G. Mosca, Il santuario della Madonna dei Cappuccini, p. 61.733 Ibid., p. 100.734 Cronaca, vol. III, p. 38.735 Ibid., pp. 32-36.736 Ibid., p. 43.

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prima avevano ordinato che si ponesse un nastro tricolore al gagliardetto del Circolo maschile e non si cantasse il «Noi vogliam Dio… che è nostro Re», considerato canto antipatriottico. Il prevosto cedette sul nastro, ma non sul canto737. Nel 1924 il guardiano invitò a celebrare la messa solenne della Ascensione il vicario capitolare mons. Felisi, senza nemmeno avvisare il parroco. Mons. Manzoni non era l’uomo che passava sopra a diritti e doveri, ma pro bono pacis non creò problemi, ma non mancò di far presente che era in atto un progetto di scalzare gli accordi, che pur avevano salvato chiesa e convento nella seconda soppressione738. Come previsto anche nel 1925 il guardiano ripetè il colpo invitando il vicario capitolare, ma questi rifiutò, e dovette ripiegare sul prevosto739. Come in precedenza la processione di fine maggio740 e la festa di settembre741. Anche nel 1926: il 12 maggio, l’Ascensione, «con concorso di popolo immenso, di molto superiore al consueto», chiusura del «mese di maggio» e pellegrinaggio ai cappuccini742. Il congresso eucaristico diocesano di Codogno nella prima domenica di settembre occupò il prevosto743. In ottobre seguì la solennissima incoronazione dell’immagine della Madonna delle Grazie nella chiesa parrocchiale744.

Il cambio del guardiano padre Galdino nel 1927 riportò la pace in convento, tra i devoti e con il clero. «L’affiatamento del guardiano col prevosto piacque assai alla popolazione e si vide nella stessa solennità della Ascensione». Presiedette il vescovo mons. Menegazzi. Per consiglio del padre provinciale il clero fu invitato a pranzo745. La festa di settembre fu conglobata con quella del centenario di San Francesco dal 26 agosto al 4 settembre,

737 Ibid., pp. 51-52.738 Ibid., p. 93.739 Ibid., p. 152-153.740 Ibid., p.-153.741 Ibid., p. 165.742 Cronaca, vol. IV, p. 1.743 Ibid., p. 20.744 Ibid., p. 30ss.745 Ibid., p. 70-71.

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con processione in paese746. Come al solito, l’Ascensione, il pellegrinaggio di fine maggio, la festa di settembre nel 1928747.

Nel 1929, dominata dalla Conciliazione tra la Santa Sede e la nazione italiana, l’Ascensione celebrò mons. Angelo Bramini, casalino748. Nel pellegrinaggio del 31 maggio, nella predica di mons. Manzoni: «Maria volle qui scegliere l’oasi del Lodigiano e non solo del Lodigiano, e del P. Carlo, al quale devesi ricorrere perché coll’intercessione di Maria rinnovi i molti prodigi operati in vita, ed affretti il giorno della sua beatificazione, già bene avviata nei processi informativi della sua virtù»749. É il primo accenno a padre Carlo nella Cronaca. É da collegare – si suppone - al processo diocesano per la causa di beatificazione di madre Cabrini, nel quale era giudice delegato aggiunto. Mons. Manzoni era compaesano di Madre Cabrini, l’aveva conosciuta, a Casale essa aveva aperto la terza casa della sua congregazione allo scopo preciso di metterla sotto la protezione della «Madonna dei Cappuccini». La Serva di Dio madre Cabrini richiamò l’attenzione: un Servo di Dio l’avevano a Casale! E un altro suo compaesano che aveva conosciuto a Roma, p. Domenico Savarè, somasco, era Servo di Dio! Solo madre Cabrini è giunta alla meta: la canonizzazione.

Non era stata casuale la celebrazione di mons. Bramini all’Ascensione. Era ritornato da Roma dopo gli anni trascorsi come vice rettore nel pontificio collegio Urbaniano dove si formano i migliori sacerdoti “indigeni” dell’allora Sacra Congregazione di Propaganda Fide, e a Casale era pars magna della commissione che stava preparando le celebrazioni del 150° anniversario della Incoronazione, che comprendevano una seconda Incoronazione, come per rendere alla Madonna e al Bambino le corone requisite dai Francesi il 16 giugno 1796. Registrando la celebrazione della festa di settembre, mons. Manzoni annotò:

746 Ibid., pp. 87-88.747 Ibid., pp. 128, 130, 139.748 Cronaca, vol. V, p. 26.749 Ibid., p. 32.

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«Incominciandosi quest’anno il 150 dalla Incoronazione si diede alla festa maggior solennità, e si cantarono anche i vespri solenni»750. L’8 dicembre si dette inizio ufficialmente all’Anno Giubilare con una processione al santuario. Vi parteciparono almeno 2000 persone, tutte le autorità locali, le scuole con Balilla e Piccole Italiane. Trovarono la statua della Madonna privata dall’abito settecentesco che la nascondeva da un paio di secoli: era la condizione precisa posta dal card. arcivescovo di Milano Idelfonso Schuster per venire a Casale ad incoronarla751.

L’anno 1930 fu contrassegnata da celebrazioni mensili, preparatorie al grande avvenimento della seconda Incoronazione752, conferenze753, pellegrinaggi754. Non mancò l’influsso di quelle celebrazioni in tutta la vita religiosa della parrocchia, anche come assistenza alla predicazione. Del quaresimale disse il sacrista: «Mai vista tanta gente in quarant’anni»755. Per gli esercizi spirituali della gioventù femminile si dovettero portare a San Bernardino anche le panche della parrocchia756. Si celebrò l’Ascensione e il pellegrinaggio a chiusura del «mese di maggio» «con concorso straordinario massimo da parte delle nostre associazioni cattoliche, che questa volta seppero vincere il sonno e la stanchezza» (alle 5 del mattino!), perfino quasi al completo Paggetti e Ancelle, già debitamente confessati757. Alle feste straordinarie della seconda Incoronazione la Cronaca dedica le pp. 119-127758. Per la prima volta il giorno seguente, lunedì 8 settembre, “la giornata degli infermi”:

750 Ibid., pp. 47-48.751 Ibid., pp. 47-48 e 76-77.752 La prima, ibid., p. 76.753 Quella di mons. Bramini, Ibid., p. 100.754 Primo, quello del seminario di Lodi con il vescovo, l’8 maggio, p.

104.755 Ibid., p. 101.756 Ibid., p. 102.757 Ibid., pp. 108-110.758 In Arch. Parr. Casalp., cart. Cappuccini, tutte le carte del Comitato

Organizzativo. Numero unico Ipsa Regnet. Appendice 3ª edizione del volume di mons. Bramini, Un’oasi dello spirito; D. G. Mosca, Incoronazione della Madonna dei Cappuccini di Casalpusterlengo 1780. Tutti i documenti, fasc. 9: 1930: seconda incoronazione.

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nella mattina, S. Messa e Comunione di circa 300 infermi davanti al Santuario; nel pomeriggio, la Processione Eucaristica e la Benedizione individuale di più di 400 ammalati disposti lungo il viale, davanti al recinto del Ricovero Vittadini e davanti all’ospedale civico. Si ebbero vari miracoli, dei quali si conserva la documentazione medica nell’ArchParrCasalp. Cart. “Cappuccini”. Le celebrazioni si conclusero la sera del 21 settembre con una processione aux flambeaux, con migliaia di partecipanti (tra i quali, tra parentesi, anche il sottoscritto, che all’età di 5 anni procedeva ammirando gli sforzi di un compagnuccio della fila davanti che tentava tenacemente di dar fuoco ai lunghi capelli di una bambina che veniva a trovarsi davanti a lui). Il Comitato organizzativo, prima di sciogliersi, procedette ufficialmente alla consegna in deposito delle due corone d’oro ai frati cappuccini del convento. L’atto notarile fu firmato dal vescovo di Lodi, dal parroco, dal podestà, da mons. Bramini, dal provinciale dei cappuccini, dal guardiano p. Eustorgio da Verano (in data 31 gennaio 1931).

Nello stesso anno, in maggio, il giorno 14, l’Ascensione; il giorno 30, la processione di chiusura del mese di maggio. Tutto secondo la tradizione. Ma lo stesso giorno – per una dinamica già rilevata nella prima parte di questo lavoro - subito dopo la glorificazione piombò addosso una specie di reazione diabolica. Ancora per merito del patrio governo, questa volta di matrice fascista. A mezzogiorno, in esecuzione dell’ordine prefettizio di chiusura dei Circoli Cattolici ed Oratori, il parroco fu convocato all’oratorio per il sequestro del materiale e la chiusura delle sedi. L’Oratorio fu quasi subito riaperto, ma ai giovani del Circolo fu proibito di entrare nell’Oratorio: si accusava il Circolo di essere il ricetto dei vecchi Popolari. Il 2 settembre furono riaperti i Circoli, il 5 settembre si celebrò la festa anniversaria dell’Incoronazione. Alla sera si ripetè la fiaccolata della arrocchia al santuario. Al mattino seguente si volle ripetere la benedizione degli ammalati, disposti lungo il viale. «Terminata la messa, il vescovo si fece a benedire gl’infermi singolarmente tra la commozione generale ed il pianto degli infermi e degli assistenti. Molte lacrime versò pure il

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prevosto che faceva da assistente al vescovo. Durante la funzione parecchi diedero segno di guarigione. Ma bisognerà ben verificare i fatti»759.

Nel 1932, celebrazione dell’Ascensione il 5 maggio760, chiusa del “Mese di maggio” il 29 maggio761, pellegrinaggio al santuario al 31, «lunghissimo, vi presero parte tutte le associazioni cattoliche coi rispettivi labari»762. É finalmente nel programma della festa anniversaria della Incoronazione di questo anno, 4 settembre, che trova spazio la venerata memoria di padre Carlo d’Abbiategrasso.

Si è registrato un primo accenno nel 1929, quando prese l’avvio il programma della nuova Incoronazione. Nel numero unico Ipsa Regnet, tra le «fulgide gemme nell’aurea corona della Madonna di San Salvatore» fu ricordato, con la venerabile suor Antonia Belloni della Triulza di Codogno e la serva di Dio madre Francesca Cabrini, anche p. Carlo d’Abbiategrasso. Dopo l’onore reso alla Madonna, bisognava rendere onore anche al suo servo fedele. Si volle dare ai suoi resti mortali una dimora più nobile: una cappella ricavata in un locale risultante dal prolungamento della navata verso la fine dell’800, a destra entrando nel santuario, mentre a sinistra nello stesso anno la famiglia Rossi aveva donato statua di San Francesco, altare, arredamento, decorazione. Il posto giusto: visivamente Padre Carlo riprendeva il suo umile ministero di portinaio della Madonna: sulla porta, ad attendere pellegrini e devoti da presentare a Maria SS.ma. L’iniziativa, partita nell’ambito sopra segnalato, fu portata a termine dai frati cappuccini. (Mons. Bramini, infatti negli anni 1931-1932 non era a Casale, ma a Trino, Vercelli). Il padre guardiano, dunque, p. Donato da Malvaglio. Si riporta nel capitolo 9 la relazione di mons. Manzoni, delegato dal vescovo per l’esumazione e presente con il vescovo alla ricognizione e deposizione763. Tenne il discorso p. Barzaghi, dei Barnabiti

759 Cronaca, vol. V, pp. 155-169.760 Ibid., p. 228.761 Ibid., p. 234.762 Ibid., p. 235.763 Ibid., p. 242-245.

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di Lodi, altro «Servo di Dio», che aveva già parlato alla traslazione delle spoglie di padre Carlo nel 1898. Il parroco di Abbiategrasso, presente con una delegazione, parlò esplicitamente di beatificazione e canonizzazione, di reliquia insigne per la sua parrocchia, di un bambino in gravi condizioni che avevano portato ed era migliorato764. Mons. Manzoni commenta: «Volesse Iddio glorificare i suoi santi!». Da parte sua mons. Bramini scrisse nel 1930: «mentre scriviamo la causa del Servo di Dio padre Carlo pare assopita e il venerato apostolo di Maria, gloria del nostro santuario, e della nostra Casale, pare sia dimenticato» (Un’oasi dello spirito)765. Scriverà invece nel 1965: «La causa canonica di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio è in corso a Roma. Con le preghiere e i voti più ardenti se ne implora dalla Madonna una felice conclusione che glorifichi anche in terra l’Apostolo di Maria»766.

Dal 1933 si ritornò all’ordinario: 23 maggio, festa dell’Ascen-sione767; 31 maggio pellegrinaggio mattutino a chiusura del “mese di maggio”768; 10 settembre, con una settimana di ritardo per il pellegrinaggio a Roma per l’Anno Santo, la Festa anniversaria della Incoronazione. L’11 la Benedizione degli ammalati. «Non si ebbero grazie straordinarie, palesi, ma ci fu maggior raccoglimento e devozione dello scorso anno… Al pomeriggio dello stesso giorno si ebbe la commemorazione del padre Carlo, del quale si ricordano, se non i miracoli, almeno le grazie»769. Da notare: in pochi mesi, processione della Madonna di Lourdes (tre giorni prima); delle Quarant’ore a Sant’Antonio; Corpus Domini; quella grandiosa ed eccezionale di Gesù Nazareno, un mese prima, pellegrinaggio al Santuario il 10; Congresso Eucaristico della Gioventù Maschile diocesana: 4300 giovani! Una Chiesa in marcia!?

764 Ibid., p. 245.765 Ibid., p. 256.766 Mater Salvatoris. Breve storia del Santuario, p. 132.767 Cronaca, vol. VI, p. 30.768 Ibid., p. 31.769 Ibid., p. 57.

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Anche nel 1934: Ascensione 10 maggio770; non è segnato il pellegrinaggio, ma fu forse una dimenticanza; Festa di settembre, il 9, e la Benedizione degli ammalati il mattino seguente. «Erano moltissimi; ma molti non avevano che il male dell’età o poco più». C’era attesa, aspirazione ad altri miracoli, ma «Forse i disordini del ballo e della profanazione della festa impediscono la manifestazione della divina volontà»771. Ed ancora nel 1935: Ascensione 30 maggio772; pellegrinaggio parrocchiale il giorno successivo, con chiusura “Mese di Maggio”773; Festa della Incoronazione 8 settembre e Messa e Benedizione degli ammalati il 9. «Moltissimi, ma in gran parte vecchi, che forse aspettavano la rimozione di quegli acciacchi che ne sono il corredo. Si disse che un bambino avesse ottenuto la guarigione vedendo e camminando: ma per ora è meglio sospendere il giudizio»774. Meno di un mese dopo incominciò l’avventura in Abissinia, voluta dal Duce ed applaudita, in genere, dal popolo italiano. Tre Cappuccini, destinati in Eritrea, con altri partenti per il Brasile, furono a Casale per un omaggio alla Madonna dei Cappuccini. Il Podestà offrì un ricevimento ufficiale, presente l’elite della cittadinanza, il Prevosto, il Padre Provinciale, che inneggiò al Fascismo che poneva il pensiero religioso alla base del rinnovamento della Patria. Il Prevosto propose un pellegrinaggio al Santuario «per ottenere ai combattenti, massime ai nostri concittadini, valore, incolumità e ritorno in Patria»775. Il «Pellegrinaggio alla Madonna dei Cappuccini per il trionfo della patria» ebbe luogo il 10 novembre, con grande partecipazione, rappresentanze ufficiali e un discorso patriottico di esaltazione dell’impresa «civilizzatrice» da parte di mons. prevosto, che oggi suonerebbe assolutamente stonato776.

770 Ibid., p. 104.771 Ibid., p. 121.772 Ibid., p. 155.773 Ibid., p. 156.774 Ibid., pp. 165-166.775 Ibid., p. 169.776 Ibid., pp. 178-179.

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Nel 1936, Messa e Vespri dell’Ascensione777, con Te Deum per la vittoria in Africa; del pellegrinaggio di fine maggio non si fa parola; nella Festa di settembre, ritardata al 13 settembre per ragione del Congresso Eucaristico Diocesano, triduo, messa pontificale e funzione pomeridiana, messa e benedizione degli ammalati778. «Dopo la benedizione degli infermi, al pomeriggio si tenne come di consueto la commemorazione del padre Carlo». Alla sera, altra funzione col canto del Te Deum779. Importante quel «come di consueto», perché permette di ritenere che la commemorazione fu sempre fatta, a partire dal 1932, anche se al prevosto sfugge l’annotazione.

Un collegamento con la guerra d’Abissinia, ormai diventata colonia dell’Italia, anche nel 1937. Durante la visita pastorale di mons. Calchi Novati, 18-20 marzo, egli si recò al Santuario per benedire la riproduzione su tela della Madonna dei Cappuccini destinata all’Africa Orientale780. Il 21 la tela (del pittore Stefenini) fu accompagnata non con un “corteo” come prevedeva il Guardiano, ma con una “processione” come impose il Parroco, ponendosi il piviale, alla stazione ferroviaria. In stazione la tela fu arrotolata, e iniziò il lungo viaggio verso la missione dei Cappuccini in Africa781. Nella Cronaca” sfuggì la registrazione della Festa della Ascensione, si registrò la processione mattutina e la chiusura del “Mese di Maggio”782. «La Festa della B. V. dei Cappuccini è riuscita solennissima. Si aprì quest’anno col pellegrinaggio al Santuario, al quale presero parte tutte le Associazioni Cattoliche con numerosissimo popolo e colla rappresentanza delle Autorità»783. Questo pellegrinaggio, che tuttora continua, la vigilia della Festa, iniziò nell’anno 1937. Funzioni solenni la domenica 5, benedizione degli ammalati il lunedì, che per sua volontà fu tenuta da mons.

777 Ibid., p. 208.778 Ibid., pp. 225-226.779 Ibid., p. 228.780 Cronaca, vol. VI, quinterni aggiunti, p. 6.781 Ibid., p. 8.782 Ibid., p. 16.783 Ibid., p. 25.

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Calchi Novati, il vescovo diocesano. La Commemorazione di padre Carlo fu tenuta dal prevosto di Abbiategrasso. Disse che «era venuto per una grazia da ottenere per intercessione del P. Carlo ed invitava il popolo ad unirsi a lui per ottenerla». Il guardiano, p. Alessandro da Presezzo «disse del padre Carlo che non si voleva canonizzare prima del giudizio infallibile della Chiesa, perciò si era commemorato col suffragio; ma che nella certezza che già godesse dei trionfi celesti si era invocato nelle preghiere alla Santissima Trinità per ottenere le grazie che ci occorrono»784.

Nel 1938 si premise alle celebrazioni solite un pellegrinaggio penitenziale ad petendam pluviam, il I° maggio, trovandosi la campagna, per la siccità, in uno stato da far temere la carestia. «Vi parteciparono tutte le autorità civili e militari ed un popolo immenso». Il padre guardiano in un magnifico discorso dimostrò «che la siccità è un castigo del Signore, del quale tutti, in qualche modo, siamo causa con i nostri peccati. La profanazione della festa, le bestemmie, i disordini di ogni fatta sono la vera ragione del tremendo castigo»785. Tre giorni dopo, allo stesso scopo, processione di San Bernardino, del tutto eccezionale. Autorità e folla “immensa”, e i Maestri, e i Cappuccini, e la predica dello stesso tono. «Subito dopo le funzioni un gran vento ha densato le nubi che diedero un po’ di pioggia e si spera ne verrà dell’altra ben più copiosa»786. Sopravvenne la visita e il trionfo di Hitler a Roma, mentre il papa Pio XI si ritirava per protesta a Castelgandolfo. Manzoni commentò: «Il cielo si fece bronzeo»787. Al 26, l’Ascensione; al 31, il pellegrinaggio di fine maggio788; il 3 settembre, quello della sera della vigilia della festa di settembre, sempre «con immenso popolo e tutte le autorità civili». Messa pontificale e Vespri della domenica; il lunedì, Benedizione degli ammalati al mattino, e «solenne commemorazione di p.

784 Ibid., pp. 26-27.785 Ibid., p. 56.786 Ibid., pp. 57-58.787 Ibid., p. 59.788 Ibid., pp. 60-61.

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Carlo» al pomeriggio. Mons. Manzoni riassume sempre prediche e discorsi, e ricorda tra l’altro l’introduzione del celebrante, il Vescovo di Chioggia, cappuccino: «Incominciò con dire della difficoltà di parlare di padre Carlo, mentre la Chiesa non ha detto la sua parola definitiva, e perché non appartiene alla schiera di quei santi che lasciarono una larga scia del loro passaggio; è dei così detti piccoli santi, che senza essere piccoli per la virtù, non apparvero per opere grandiose dinanzi al mondo»789.

Alla festa della Ascensione del 1939 mons. Manzoni “pontificò” grazie al titolo di Protonotario Apostolico ad instar concessogli in occasione del 50° di Messa (Pio XI lo riceveva in udienza privata quando si recava a Roma), mattina e pomeriggio790. Non ebbe luogo il pellegrinaggio di fine maggio per la pioggia e la sovrapposizione di celebrazioni in parrocchia e ai Cappuccini791. Pellegrinaggio ai Cappuccini la vigilia; la domenica 3 settembre, la festa; il lunedì, la benedizione degli infermi. Dominava la preoccupazione per la guerra appena iniziata, il I° settembre, con l’invasione della Polonia da parte della Germania792. L’8 ottobre, essendo San Francesco proclamato Patrono d’Italia, «tutte le autorità locali convennero al Santuario per implorare per l’intercessione del Santo la pace giusta per la nostra Patria»793. Nel 1940 solite celebrazioni nella Sagra del Santuario, 2 maggio, festa della Ascensione794, e processione di chiusura del “Mese di Maggio” anticipata al 30795. A settembre, pellegrinaggio, Messa e Vespri di un Vescovo, Benedizione degli infermi, Commemorazione di padre Carlo, Benedizione Eucaristica serale796. Era ritornato come guardiano p. Domenico da Origgio. Nel 1941, al 22 maggio, Sagra

789 Ibid., pp. 72-73.790 Ibid., p. 105.791 Ibid., p. 107.792 Ibid., pp. 112-113.793 Ibid., pp. 117-118.794 Ibid., p. 133.795 Ibid., p. 135.796 Ibid., pp. 140-141.

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dell’Ascensione797; non si fa cenno al pellegrinaggio di fine maggio; come al solito quello della vigilia della Festa di settembre (ci fu un contrattempo: i frati si dimenticarono di aprire il portone della chiesa, le autorità se ne andarono). Presiedette la Messa pontificale e il Vespro del 7 settembre e la benedizione degli infermi il vescovo di Lodi mons. Calchi Novati. Nel pomeriggio, la Commemorazione di padre Carlo. L’oratore, padre Desio o Doroteo, «non volle anticipare il giudizio della Chiesa… É vero – disse – che p. Carlo attribuiva i miracoli alla Beata Vergine, ma non si può negare che furono anche suoi»798.

Nel 1942 il guardiano p. Domenico, con l’approvazione del provinciale e del vescovo, fece sostituire gli angeli della nicchia con un plastico rappresentante frati e abitanti attorno alla Madonna, come si vede ora, ricostruendo la scena delle visioni. Fu benedetto il 4 maggio799. Alla Ascensione il prevosto non presenziò, perché impegnato in cattedrale per la celebrazione del XXV di ordinazione episcopale del Papa800. Il pellegrinaggio di chiusura del “Mese di Maggio” fu tenuto come conclusione della Festa del Papa in luogo per il Giubileo sopra ricordato801. Pellegrinaggio della vigilia il 5 settembre. Mons. Rolla, lodigiano, vescovo di Forlì, celebrò la domenica e il lunedì per gli ammalati, e tenne la Commemorazione di padre Carlo. «Il discorso venne ascoltato con grande attenzione e fu veramente degno della fama di mons. Rolla»802.

Nel maggio 1943, due processioni al Santuario: il 9 maggio, di intonazione penitenziale: «Accettiamo dal Signore il flagello della guerra, con tutte le sue conseguenze, e saremo benemeriti della Patria più dei soldati che ne difendono i confini»803; il 31 sera per la chiusura804. Pochi giorni dopo, il 3, padre Domenico volle

797 Ibid., p. 169.798 Ibid., pp. 167-169.799 Ibid., p. 193.800 Ibid.801 Ibid., p. 195.802 Ibid., pp. 201-202.803 Ibid., p. 216.804 Ibid., pp. 215-216.

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celebrare l’Ascensione in forma più solenne, dato che stavano per concludersi gli anni di permanenza a Casale, e invitò anche il vescovo805. «Un guardiano eccellente, che lascia di sé ottima memoria»: scrisse mons. Manzoni, che tenne sempre con lui ottime relazioni806. Le celebrazioni di settembre caddero nel pieno dei rivolgimenti politici e militari che fecero seguito alla defenestrazione di Mussolini il 25 luglio: l’armistizio e l’occupazione germanica. Ciononostante si tenne il pellegrinaggio della vigilia «con numeroso popolo colla presenza delle autorità che ebbero un posto distinto nel presbiterio, mentre il Prevosto dovette stare in piedi», Messa e Vespri della domenica 5 settembre, messa e benedizione degli ammalati («non si ottennero guarigioni segnalate»), ultima predica di p. Domenico. Fu tenuta la Commemorazione di padre Carlo807. Nel 1944 non c’è cenno alla Ascensione e alla chiusura del ”Mese di maggio”. É da pensare che siano state tenute regolarmente, perché sono segnate le altre feste e processioni (sempre numerose), nonostante il momento politico e sociale molto turbato. Non si accenna alle celebrazioni di settembre. S’avvicinava la guerra. Bombardamenti, mitragliamenti passaggi di aerei si moltiplicavano.

Ho l’impressione (per un inciso «dopo la guerra») che la cronaca dell’ultimo anno sia stata compilata in seguito, facendo uso di appunti. É infatti molto più breve, pur non mancando dei sunti e commenti delle prediche proprie e altrui.

Purtroppo non si trova il 7° volume, di particolare interesse, trattandosi degli anni della Resistenza, Liberazione, ripresa della vita democratica.

Per quanto riguarda padre Carlo: il prevosto, legatissimo al Santuario, non fa parola riguardo l’anniversario della morte, il 21 febbraio; partecipò fedelmente alle celebrazioni tradizionali (Ascensione, “Mese di maggio”, festa anniversaria della Incoronazione) alla Benedizione degli ammalati da quando fu istituita (1930) e alla

805 Ibid., p. 218.806 Ibid., p. 220.807 Ibid., pp. 224-225.

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Commemorazione di Padre Carlo dal 1932. La Cronaca riflette le attenzioni del prevosto e del clero, ed interpretava ed educava la devozione popolare, che pur seguiva anche vie proprie, non sempre collimanti con le direttive del Parroco.

B) La Fiaccola: Settimanale ParrocchialeLa collezione de La Fiaccola808 inizia con il 1948, ancora

come supplemento de L’Angelo della famiglia, mese di luglio, ma si trasforma subito in supplemento de La famiglia cristiana. Nell’anno 1949 è riportato il programma della festa di settembre, nel quale c’è la commemorazione di padre Carlo, senza messa, in ore pomeridiane. Nel 1950 (data 3 settembre La Madonna del Santissimo Salvatore) un caloroso invito: «È un’oasi il nostro santuario. Ad esso, per lunghe generazioni, han mosso il passo i nostri avi; e quante grazie ne riportarono! Andiamoci anche noi…!». Ancora nel 1951 in occasione della festa, un articolo messo in evidenza: Omaggio a Maria, Castellana di Casale. Si ricorda la tradizionale devozione del popolo di Casale verso la Madonna, la «sua Madonna, quella dei Cappuccini, e come tale l’ha sempre considerata». Qualche divergenza; la devozione si concentra piuttosto sulla Madonna delle Grazie venerata nella chiesa parrocchiale, con processione nel mese di maggio. Nell’articolo si ricorda il pellegrinaggio parrocchiale annuale dalla chiesa parrocchiale al santuario, la sera precedente alla festa di settembre809.

Nel 1952 nessun accenno al santuario. Mancano le annate 1953-1954. Già dai primi anni presi in considerazione (dato che non disponiamo delle annate precedenti), per quel che qui interessa, non c’è alcun cenno alla messa anniversaria in suffragio di padre Carlo il 21 febbraio; non ci sono cenni delle celebrazioni della festa di settembre, quindi anche della commemorazione di padre Carlo. Così nel 1955 e 1956. Nel 1957 una foto della benedizione degli ammalati, da Il Cittadino (15 sett.) e

808 Cf. Casalpusterlengo, Arch. Parr. SS. Bartolomeo e Martino.809 La Fiaccola, 2 sett.

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ancora da Il Cittadino la cronaca: fu tenuta al pomeriggio, probabilmente non ebbe luogo la Commemorazione. Nel 1958 un pellegrinaggio parrocchiale al santuario è messo nel programma per la fine di maggio per l’Anno Lourdiano. Nel 1959 in data 15 febbraio, ritaglio de L’Italia: Il centenario di Padre Carlo d’Abbiategrasso. Si annuncia: «Il 22 febbraio p.v. nel Santuario dei Cappuccini di Casalpusterlengo, sarà solennemente celebrato il centenario della morte del Servo di Dio». Alla manifestazione religiosa sarà presente il vescovo di Lodi e tutte le autorità locali. «La fama di santità vide via via genti tribolate di ogni luogo e di ogni contrada avvicinarsi trepidanti a lui. È invero, per ciò che questo religioso ebbe a compiere fra le popolazioni di tutto il lodigiano e delle confinanti terre del cremonese, del piacentino e del pavese, si formò la persuasione delle sue taumaturgiche virtù… In tutto il lodigiano la sua figura è tuttora venerata, ed è ancora per il solco da lui lasciato, se ancora oggi tanti e poi tanti uomini di ogni fede politica, anche tra i più accesi estremisti, puntualmente convengono a questa Santuario». «É di ieri la notizia che un uomo affetto da grave forma di cancro sia stato da lui miracolosamente risanato. Ed ora le popolazioni lodigiane attendono con trepida fiducia che il loro Servo di Dio venga beatificato» (a firma Giuseppe Addamonte). Della festa di settembre si ricorda l’«edificante cerimonia degli ammalati al santuario»810.

Nel 1960 è mons. Bramini, l’autore della prima storia del Santuario, che tiene la Commemorazione di Padre Carlo811. Nulla nel 1961. Nel 1962, da parte del prevosto di Codogno mons. Gennari, la Commemorazione, supplica al Servo di Dio, benedizione eucaristica812. Nel 1963 monopolizza la data la presenza dell’urna di S. Bassiano, tappa della “Pregrinatio” organizzata in diocesi per il XVI centenario della consacrazione episcopale del fondatore della Chiesa Laudense. Si rileva la numerosa partecipazione dei Casalesi al santuario nell’anniversario della

810 Ibid., 13 sett.811 Ibid., 11 sett.812 Ibid., 26 agosto.

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Incoronazione813. Nel 1964 l’attenzione è concentrata sul Congresso Eucaristico di Casale per la Bassa, che ebbe il suo culmine la domenica 30 agosto con la partecipazione di migliaia di persone, «un trionfo»814.

Nessun accenno a celebrazioni nel Santuario negli anni 1965 e 1966. Relazione della festa di settembre nel 1967815

e della benedizione degli ammalati (effettuata in chiesa, a causa del cattivo tempo), come anche nel 1968816, senza accenni alla Commemorazione di padre Carlo. Dal febbraio 1969 La Fiaccola diventa quarta facciata de La Domenica, edizioni paoline, con la specialità di non portare né data né numerazione progressiva dei singoli numeri settimanali.

Da Il Cittadino dell’11 settembre 1970 la relazione della festa anniversaria e della cerimonia di erezione della nuova parrocchia «Beata Vergine Maria in San Salvario», comprendente la parte di Casale al di là della via Pavese. Primo parroco p. Sergio Caglio. La Fiaccola riporta «un saluto fraterno e cordiale», unito al «proposito a sentirci noi dell’antica parrocchia più solidariamente, più consapevolmente, responsabilmente, cordialmente attaccati alla nostra chiesa, ai nostri sacerdoti, alle nostre istituzioni». La divisione, opportuna, ma imposta, creerà il gelo nei rapporti tra i responsabili delle due parrocchie, anche a causa degli incauti aggiornamenti postconciliari dell’interno del santuario, privandolo dell’aspetto suo proprio (unica chiesa nel Lodigiano di stile cappuccinesco, con la disapprovazione dei fedeli, che vedevano piuttosto prevalente la volontà di avere una chiesa parrocchiale come le altre. Non una parola delle celebrazioni nel 1971, 1972, 1973 .

Alla fine di questo anno morì improvvisamente il prevosto don Domenico Saletta. La Fiaccola si mette in proprio, raddoppiando il formato, tipografia locale ARS. Il 24 marzo 1974 il vescovo mons. Oggioni annunciò personalmente il nome del nuovo parroco: don Enrico

813 Ibid., 3 sett.814 Ibid., 16 agosto e ss.; “L’Italia”, 30 ag.815 Ibid., 3 agosto.816 Ibid., 13 sett.

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Orsini. Il 28 aprile, l’entrata. A giugno, per la prima volta, unica processione del Corpus Domini, dalla chiesa “granda” al santuario. Don Orsini parla del valore del dialogo, di collaborazione, di corresponsabilità. Il 14 luglio il primo articolo su La Fiaccola di un cappuccino: Celebrazione di una presenza pluricentenaria (400 anni di presenza dei frati a Casale, al santuario). Un trafiletto firmato La Redazione: a proposito di responsabilità, non monopolio, ma un settimanale espressione di tutta la comunità ecclesiale, dialogo aperto, responsabilità di chi firma, no ad articoli polemici e offensivi. C’era tutto don Enrico, il parroco adatto per fedeli e non fedeli in perpetuo contrasto, secondo le tradizioni locali. Per la festa di settembre lo storico locale prof. Franco Fraschini scrive del rapporto Frati-Casale nei secoli. «Quando, poi, tra i religiosi giunse quel cappuccino di fiamma che rispondeva al nome di Carlo d’Abbiategrasso, allora i fedeli si fecero folla, folla che invocò la sua parola e il suo gesto benedicente». In data 8 sett., cronaca del pellegrinaggio parrocchiale del 31 agosto, vigilia della festa, che assumeva un carattere penitenziale e iniziava nella chiesa di Sant’Antonio. Nell’omelia nel santuario: unione dei cuori, riconciliazione, cambiamento. L’omaggio alla Madonna dei Cappuccini diventerà l’inizio dell’anno pastorale, nel quale venivano annunciate le linee da seguire. Don Orsini fu fedele a questa impostazione in tutti gli anni del suo servizio. La Fiaccola fu affidata al nuovo coadiutore don Peppino Codecasa ed assumeva una prevalente impostazione di strumento di formazione. Insieme le due parrocchie parteciparono al pellegrinaggio per l’acquisto delle indulgenze dell’Anno Santo nella Cattedrale di Lodi il 27 ottobre.

Nel 1975 per la prima volta si fa cenno alla sagra della parrocchia di San Salvario, il giorno dell’Ascensione: «ci uniamo nella gioia, nella preghiera, nella comunione fraterna dei Padri e a tutti i fedeli della parrocchia». Nel numero del 31 agosto in evidenza il programma delle «Solenni celebrazioni 195° anniversario della Incoronazione della Madonna dei Cappuccini», con la messa e Commemorazione di padre Carlo. Nella settimana

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successiva il resoconto della Marcia della fede della vigilia, «con un foltissimo numero di giovani ed adulti». Nel 1976 un affettuoso omaggio di don Mosca, ospite del parroco don Orsini al rientro dalle Missioni: «La Madonna è la Madre di tutti: dei Casalini, un po’ di più». Si ricorda padre Carlo; «Anche senza il potere di operare miracoli, santi uomini non son mai mancati attorno alla Madonna, e la gente ha sempre saputo riconoscerli quasi d’istinto. Amministratori misericordiosi dell’infinita misericordia del Signore, predicatori instancabili della devozione alla Madonna, voce della preghiera di tutto il popolo, semplici, poveri, sempre accoglienti e disponibili, i cappuccini sono cari a tutti». «Cara i me fratuciòn»: li chiamava un casalino puro sangue: don Mario Ravani. L’articolo concludeva. «Oh Madonna di Casale! Se Casale è quel che è nella vita religiosa, è per merito tuo. Se non riesci tu a mettere insieme e a condurre a salvezza i ‘mesi matti de’ Casàl’ chi ci riuscirà?» (ivi, 21 marzo). La festa annuale è annunciata nel numero del 29 agosto e in evidenza tra l’altro il pellegrinaggio della vigilia e la messa, supplica, discorso commemorativo di padre Carlo. Anche nel 1977 e 1978 . Nel 1979 , in evidenza la «Festa patronale di San Salvario» (Ascensione di N.S.G.C.); il saluto al nuovo parroco p. Luigi Caserini (ivi 30 settembre e successivi). «Festeggiamenti» di settembre con la messa in Commemorazione di Padre Carlo e un articolo «La Madonna di Casale».

Nel primo numero del 1980 è subito annunciato “Un anno mariano”: le solenni celebrazioni nel mese di settembre del 2° centenario della Incoronazione e una missione cittadina. Nel periodico una serie di articoli del sottoscritto, rientrato a Casale, ospite del parroco don Orsini, dopo un altro periodo trascorso in Venezuela (29 giugno; 7, 14, 28 settembre; 5 e 12 ottobre). La cronaca delle realizzazioni del vasto programma (messa pontificale del card. Opilio Rossi, la messa degli ammalati, quella in Commemorazione di padre Carlo concelebrata dal parroco di Abbiategrasso e dai sacerdoti casalini, le messe dei vescovi nelle domeniche di settembre, i pellegrinaggi di parrocchie, vicariati, dei religiosi cappuccini ed altri,

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Seminario Diocesano, Azione cattolica, chierichetti della diocesi; e processione conclusiva con la grande tela della Incoronazione; oltre i connessi: ordinazione di diaconi e sacerdoti cappuccini, mostra d’arte sacra, esposizione Casale per la sua Madonna 1780-1980 nel Museo parrocchiale, servizi giornalieri di Radio Casale, e in seguito la missione cittadina predicata dai padri cappuccini. Il tutto è documentato nel volumetto: La Madonna dei Cappuccini, 2° centenario della Incoronazione.

Nel 1981 «Una folla ai Cappuccini… una massa di gente ha letteralmente stipato tutti gli spazi disponibili nell’ampio campo sportivo e vicinanze del santuario dei Cappuccini per la festa dell’anniversario della Incoronazione. Probabilmente l’imponenza delle celebrazioni dell’anno scorso ha ravvivato la devozione e l’interessamento per il nostro Santuario». Solenne pellegrinaggio della vigilia dalla chiesa parrocchiale. «La parrocchia di San Bartolomeo si unisce, nella preghiera, alla comunità cristiana dei Cappuccini nella festa della Vergine di Casale». Messa Commemorativa di padre Carlo. Così anche nel 1982. Nel 1983, nella settimana dell’anniversario della morte un articolo: Omaggio a Padre Carlo da Abbiategrasso. Una visita ai Cappuccini di Aldo Milanesi, con continuazione nei numeri 6, 13, 20 marzo, con espliciti richiami alla Vita” scritta da p. Aliverti. Conclude: «Potrebbe seguire una petizione alle Superiori Autorità ecclesiastiche per togliere dall’oblio la pratica di beatificazione di Padre Carlo d’Abbiategrasso». Il pellegrinaggio tradizionale dà ai partecipanti la possibilità di lucrare l’indulgenza plenaria dell’Anno Giubilare della Redenzione. Messa e Comme-morazione di padre Carlo nel programma della festa.

Nel 1984, ancora nel programma dell’Anno Giubilare della Redenzione, pellegrinaggio alla cattedrale delle quattro parrocchie cittadine, con partenza dal santuario (numero 12 febbraio ed altri). Della festa di settembre, unica voce nel Diario la processione. Breve notizia anche nel 1985, numero 4 agosto. Anche nel 1986, numero 7 settembre. Nel 1987 è segnalata la festa patronale di San Salvario (Ascensione) n. 31 maggio; si celebra

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congiuntamente l’Anno Mariano la domenica 7 giugno nel santuario, n. 7 giugno; si riporta il programma della festa anniversaria con la Commemorazione di Padre Carlo, n. 6 settembre. Ogni anno nella parrocchia maggiore, pur ricordando la devozione popolare nelle varie chiese, non si tiene il “mese di maggio” serale perché si fa ai Cappuccini. «La Parrocchia, consapevole della devozione dei Casalini alla Madonna dei Cappuccini, non intende fare alcuna concorrenza, anzi esorta i fedeli a frequentare l’incontro mariano programmato» (n. 3, maggio). In un giorno stabilito la Parrocchia maggiore vi partecipa ufficialmente. Così anche nel 1988 (n. 3 maggio), come ogni anno, e per il mese di maggio e per la sagra dell’Ascensione («Questa comunione è garanzia sincera di riconoscenza ai padri cappuccini per il bene, soprattutto spirituale, che continuano a svolgere anche in favore della nostra parrocchia… Il santuario della Madonna appartiene a tutta la città di Casale», n. 15, maggio). Non c’è cenno alla festa di settembre.

La Fiaccola non usciva nel mese di agosto; la festa anniversaria della Incoronazione è la prima domenica di settembre, e il programma doveva necessariamente avere poco spazio: nessuno nell’anno precedente, solo per il pellegrinaggio parrocchiale della vigilia nel 1988, e una piccola nota di Enrico Cipelletti: «El festòn ai Capucin, che si tiene nei primi giorni di settembre con una grande manifestazione di folla, quasi a ringraziare la Madonna che da tanti secoli protegge la nostra città» (4 settembre). É fuori di dubbio che non mancasse mai la Commemorazione di padre Carlo. Novità al convento: p. Caserini lascia, subentra il nuovo guardiano parroco p. Mariano Brignoli (vari articoli). Nel 1989, stelloncini per la solennità dell’Ascensione, la serata del Mese di maggio, il pellegrinaggio della vigilia (nn. 7 e 14 maggio, 6 agosto, 3 settembre). Uguale impo-stazione, con qualche variante, negli anni successivi: 1990 (13 e 27 maggio; 5 agosto e 2 settembre con Commemorazione); 1991 ( 12 maggio e 4 agosto); 1992 ( 24 e 31 maggio, 2 agosto e 6 settembre); 1993 (23 maggio, 1 agosto e 5 settembre con

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Commemorazione); 1994 (22 e 15 maggio, 7 agosto e 4 settembre).

Nel 1996 ricorreva il 25° di erezione della parrocchia «dei Cappuccini» (come si chiama correntemente). Nel numero del 12 maggio il parroco mons. Orsini scrive: «In comunione con i Cappuccini», un’esperienza che è andata maturando con la reciproca buona volontà e il consenso dei fedeli. Ricordati i tre appuntamenti: serata nel mese di maggio (n. 26 maggio, con Cronaca di un anniversario (del 25°) di Daniela Friggè; festa patronale dell’Ascensione, il 19 maggio; festa di settembre, 4 agosto e 1 settembre.

Serata del mese di maggio anche nel 1997 (n. 18 maggio) e pellegrinaggio della vigilia della festa anniversario della Incoro-nazione (nn. 10 agosto e 7 settembre), con commemorazione di padre Carlo. Il 29 giugno un articolo di A. Milanesi: Affettuoso legame fra la Madonna, i Cappuccini e Casale, a presentazione di una nuova storia del santuario scritta da un frate che non appone la firma, ma è facilmente individuabile perché «innamorato della Madonna e di Padre Carlo».

Nel 1998, adesione alle celebrazioni della Ascensione (n. 24 maggio) e pellegrinaggio della vigilia (n. 6 settembre). Nel 1999, pellegrinaggio della vigilia (nn. 8 agosto e 5 settembre). Appena una settimana dopo, l’11 settembre, l’ingresso del nuovo parroco don Franco Anelli, che succede a mons. Enrico Orsini che rinuncia alla parrocchia per limiti di età. Aveva saputo operare con molta saggezza nel tessere rapporti di collaborazione in Casale.

Con la nuova impostazione, anche tipografica, de La Fiaccola, conseguente al cambio della guida della parrocchia, dall’anno 2000 in poi i rapporti con la parrocchia dei cappuccini vanno diradandosi. Mai un accenno, come nei cinquant’anni precedenti approssi-mativamente, alla celebrazione anniversaria della morte di Padre Carlo, il 21 febbraio. Due soli anni, nel 2003 e 2004, si afferma di condividere la festa patronale dell’Ascensione (nn. 23 maggio e 1 giugno).

La serata del mese di maggio nel santuario viene sostituita da una processione dalla chiesa parrocchiale al

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santuario, come apertura del mese (nn. 23 e 30 aprile 2000; n. 29 aprile 2001; nn. 28 aprile e 5 maggio 2002; n. 11 maggio 2003, vicariale, con partecipazione del vescovo). Poi rimane, a conclusione del “Mese”, il convenire nella chiesa parrocchiale delle processioni provenienti dalle tre chiese sussidiarie, San Bernardino, San Rocco, Sant’Antonio, a chiusura del “Mese”. Ogni anno ha luogo il pellegrinaggio tradizionale della vigilia (antivigilia) della festa anniversaria della Incoronazione (nn. 6 agosto e 3 settembre 2000; 5 agosto 2001; 4 agosto e 1 settembre 2002; 3 agosto 2003; 8 agosto 2004; 7 agosto e 5 settembre 2005; 6 agosto 2006; 9 settembre 2007 con breve relazione).

Nessun accenno al programma della festa, della messa degli ammalati, della commemorazione di Padre Carlo, ma soltanto del pellegrinaggio cittadino da Sant’Antonio al santuario. Con due eccezioni. Nel 2000, Anno Santo, si ricorda in un articolo: Cappuccini con noi da trent’anni di Franc. Dionigi, l’anniversario della erezione della parrocchia dei Cappuccini e la celebrazione commemorativa di padre Carlo. «I pellegrinaggi al sepolcro di padre Carlo sono ininterrotti. L’affetto di molti si esprime anche col semplice pellegrinaggio spirituale. Da qui padre Carlo continua la sua opera di evangelizzazione e di conforto» (3 settembre 2000). Nel n. 18 novembre 2007 uno stelloncino in evidenza: Padre Carlo santo? Mercoledì 21 novembre, al santuario dei cappuccini, durante la santa messa delle ore 17, verrà ufficialmente annunciato che sta per essere riaperta la causa per la canonizzazione di padre Carlo d’Abbiate-grasso.

Alla celebrazione, presieduta dal vescovo dei cappuccini, mons. Serafino Spreafico, saranno presenti i due parroci della città, autorità cittadine e studiosi come don Giulio Mosca e il prof. Franco Fraschini, facenti parte della Commissione che dovrà raccogliere materiale sulla figura del frate cappuccino. Ci sarà anche padre Mariano, ex parroco ed aiutante di padre Evaldo, vicepostulatore della Causa. Non si sono potute consultare le ultime annate, 2008 e 2009.

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Don Franco, in qualità di vicario foraneo, non perde occasione per richiamare che la persona di p. Carlo è un fatto cittadino e che la sua spiritualità costituisce una risorsa spirituale per tutta la popolazione. Ne è testimonianza la sua presenza alle diverse celebrazioni per il 150° della morte del Servo di Dio e per la riapertura della Causa. In particolare ha voluto inserire nel Corso annuale di Teologia per laici, nell’ambito della storia della Chiesa dell’800, una Tavola Rotonda sulla figura significativa di p. Carlo (21 febbraio 2010).

Sembra che si possa aggiungere una osservazione. Il bollettino parrocchiale è sempre compilato con un numero ristrettissimo di persone, che non riassume la complessità delle convinzioni della popolazione. La sensibilità, per quanto riguarda padre Carlo, ed in genere per la problematica religiosa e civica, varia da persona a persona, anche da parroco a parroco.

Altre testimonianze vanno tenute presenti, ed ancor più il fatto della partecipazione dei fedeli alle celebrazioni, sempre notevole nonostante l’avvicendarsi delle generazioni, l’immissione di «forestieri», italiani e stranieri, nel tessuto cittadino, e le difficoltà pastorali del momento.

4. Convento Padri Cappuccini CasalpusterlengoA) Cronaca del convento817

La cronaca, scrive fra Fedele Merelli, arriva fino al 1937 con molti vuoti e correzioni. Si parla di p. Carlo da Abbiategrasso a: p. 9 sotto l’anno 1924 testo; p. 66-70 sotto l’anno 1932 dedica alcune pagine a: «Cappella del Servo di Dio padre Carlo da Abbiategrasso» quindi alla traslazione. Ad un certo punto dice che durante l’estate 1932 dice che il provinciale p. Valdemiro da Grignano approvò il disegno dicendo: «Sì, lo si deve fare, d’intesa coll’Autorità

817 In APCL, B 300: Cronistoria Conventuale di Casalpusterlengo (Maggio 1922-1937).

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Diocesana; purtroppo p. Carlo noi l’abbiamo un po’ dimenticato», p. 67; p. 84 archivio conventuale sotto l’anno 1934.

Anno 1922, Cronistoria, pag. 9. L’altare vicino al pulpito, e cioè a sinistra dell’altare maggiore, venne sin dal principio lasciato libero per dedicarlo a p. Carlo d’Abbiategrasso quando fosse elevato agli onori degli altari. Ma svanite le speranze, P. Isaia vi pose un piccolo quadro della B. Martinengo; un altro Guardiano fece venire dal Convento dell’Annunziata il quadro di S. Giovanni da Capistrano.

Anno 1932, Cronistoria pp. 66-70: Cappella del Servo di Dio Padre Carlo da Abbiategrasso

Le ossa del Servo di Dio P. Carlo M. Vigevano da Abbiategrasso, Cappuccino, morto in concetto di santità, a soli 33 anni, il 21 febbraio 1859 nel convento di Casalpusterlengo, giacevano nel Cimitero Civico.

La sua tomba era sempre stata meta di devoti, che domandavano al Signore grazie e favori, mediante l’intercessione di Lui, Santo Religioso.

Per voto del popolo, quelle Venerate Spoglie furono poi trasportate al Santuario essendo Provinciale dei Cappuccini Lombardi il m. r. p. Paolino da Verdello e guardiano in luogo il m. r. p. Leone da Briosco. La solennissima funzione assunse l’aspetto di vera apoteosi, pel concorso di autorità e di popolo, si compì il 4 maggio 1898.

Le V. Ossa, dopo la ricognizione fatta dalla Ven. Curia di Lodi, vennero chiuse in un cassetto di zinco, e munita dei sigilli, venne collocata nella cappella centrale a mezzogiorno (ora cappella del S. Cuore di Gesù). In quella stessa cappella, come già notammo, fu sempre venerata la statua della Madonna di S. Salvario dalle origini fino al 1892, anno in cui fu collocata sull’Altare Maggiore, essendo Provinciale il m. r. p. Lorenzo da Milano e guardiano in luogo il p. Cristoforo da Castello di Lecco. Fu la devozione dei fedeli, che suggerì di riporre le S. Spoglie del Servo di Dio nel sottosuolo di quella Cappella e in quel luogo medesimo, ove Egli benediceva le folle che correvano al Santuario.

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A rimprovero e a confusione un po’ di tutti, si deve notare che il Servo di Dio fu, col tempo, alquanto dimenticato; pur tuttavia è certo che non mancò mai, da parte del popolo, una fiammella di devozione intorno al V. Sepolcro, rivelato dalla seguente epigrafe su lapide marmorea:

4 Mai 1898.Hic – Communi Hujus Populi – Casalensis –Voto – Ex

Coemeterio translata – Ossajacent – Patris Caroli

Abbiategratensis – Capuccinorum Ordinis – qui – MiraeSanctitatis odore – Obiit – Anno MDCCCLIX

Durante l’estate del 1932 la famiglia religiosa, con a capo il guardiano discusse sull’opportunità di riesumare le V. Ossa e collocarle in più degno luogo, togliendole dal sottosuolo. Il m. r. p. Valdimiro da Grignano, provinciale, approvò il disegno, dicendo: «Si, lo si deve fare, d’intesa coll’Autorità Diocesana. Purtroppo p. Carlo noi l’abbiamo un po’ dimenticato». Se ne parlò quindi al vescovo mons. Calchi Novati, il quale fu felicissimo di accordare i debiti permessi, promettendo che nella occasione farebbe lui stesso la “Canonica ricognizione del corpo” in una data da stabilirsi.

Ma, dove collocare le Ven. Spoglie?... In fondo alla chiesa, a destra di chi entra, eravi una stanzetta adibita a ripostiglio. In un pomeriggio di luglio, dopo la consueta visita al SS. Sacramento, tutta la famiglia religiosa si portò a visitare detta stanzetta, e, uno ore, si disse essere quello il luogo ideale da trasformare in «Sacello per il p. Carlo», e ne fu decisa l’attuazione.

Anno 1932 L’esumazione della Ven. Ossa.La sera del 3 settembre, alle ore 20, l’Attuario della

Curia di Lodi, il Can. Don Felice Patrini, munito di tutte le facoltà per simili funzioni ed osservato tutto ciò che devesi osservare, ordinò di procedere all’esumazione. Erano presenti: il Capomastro Bruschi Enrico, tecnico; il r. padre Valdimiro da Grignano, Provinciale; il rev. padre Raffaele da Valfenera, Postulatore Generale, venuto da Roma per la

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circostanza; mons. Cesare Manzoni, prevosto di Casale e dottore in S. Teologia; il prof. don Luigi Salamina; giudici, il m. r. p. Donato da Malvagio, guardiano in luogo; il r. p. Giovita da Malegno, vicario; il r. p. Marcello da Intimiano, Discreto: testimoni; più tutta la religiosa famiglia e qualche devoto.

A circa 90 cm. di profondità si rinvenne la piccola cassa di legno-dolce, contenente un’altra di zinco, ove stavano le Ossa del Servo di Dio. I pietosi, che l’avevano deposta il 4 maggio 1898 ebbero cura d’attornare la preziosa cassetta con materie impenetrabili l’umidità; pur tuttavia la cassetta di legno si trovò corrosa e marcia in tutti i lati, tranne la superiore; mentre in ottimo stato era quella di zinco, con tutti i sigilli intatti nonostante fosse coperta di abbondante umidità che a lungo andare avrebbe compiuta l’azione sua fatale.

La sera stessa si portò, con grande devozione, la cassetta nella cappellina interna del convento, già cella del Servo di Dio e dove Egli morì; e alle 21,30, a cerimonia finita l’Attuario don Felice Patrini chiuse la porta a chiave e la munì con otto sigilli della Curia di Lodi.

E così chiusa e sigillata rimase fino al momento della “Canonica Ricognizione”, fatta il giorno 4 e 5 mattina, settembre 1932, da S. Ecc. il vescovo di Lodi, presenti i due medici di Casale: dott. Giulio Fornaroli e dott. Giovanni Marzagaglia, nonché tutto il personale richiesto e voluto dal diritto canonico818.

Il solenne trasporto in Santuario e la riposizione nel “nuovo Sacello”

Terminata tutta la lunga e minuta cerimonia della “Canonica Ricognizione”, lavate le S. Ossa con alcool puro, ricosparse poi di una soluzione conservatrice, avvolte, pezzo per pezzo, in carta-pecora-isolante, legate con nastro di seta rosso, furono riordinate e sigillate nuovamente nella cassetta di zinco, e questa a sua volta racchiusa in altra di legno-noce; e tutto fu pronto per il solenne trasporto che doveva aver luogo nel pomeriggio. Così alle ore 15, del

818 Cf. Cronaca minuta del Santuario e del convento.

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giorno 5 settembre 1932, la S. Urna usciva dalla porta del convento, portata a spalla da quattro padri cappuccini; passava tra due fitte ali di popolo, a migliaia e migliaia accorso per la circostanza, ed entrava in chiesa per le solenni Esequie. Il discorso commemorativo fu tenuto dal rev.mo padre Cesare Barzaghi barnabita, il medesimo che, 34 anni prima, aveva commemorato il Servo di Dio, nella traslazione al Santuario dal Civico Cimitero. La riposizione nel “nuovo sacello” avveniva alle ore 16, o poco dopo; alla presenza di mons. vescovo di Lodi, mons. prevosto ed il podestà di Abbiategrasso, dei nipoti e pronipoti di p. Carlo, del postulatore generale dei cappuccini, di molti religiosi cappuccini, di molto clero e di un’immensa folla di popolo, compresi molti venuti da Abbiategrasso819.

Il “Sacello”, a detta di tutti, è ben riuscito e piace anche perché concilia molto la pietà e la devozione. La parte marmorea è dello scultore Balzarini Giuseppe di Codogno; la decorativa del pittore Marzagaglia Domenico di Casalpusterlengo; la piccola cancellata in ferro-battuto del fabbro Meazzi di Casalpusterlengo.

La spesa incontrata per ora va da 5000 a 6000 lire.Così quel locale, rustico e disadorno, adibito a

ripostiglio, divenne una cappelletta ideale, che adorna il Santuario e degnamente raccoglie le Ven. Ossa del Servo di Dio…., ricordato colla seguente epigrafe dettata dal p. guardiano:

Sacre Spogliedel Servo di Dio

Padre Carlo M. Vigevano da Abbiategrassodei Frati Minori Cappuccini Lombardi

N. il 30 agosto 1825 - M. il 21 febbraio 1859dal Civico Camposanto traslate in questo Santuario

il 4 maggio 1898In questo Sacello ricomposte

il 5 settembre 1932.

Con l’opera qui descritta, nel mese di ottobre 1932, terminavano i lavori, intorno al santuario, iniziati il 30 settembre 1931.

819 Cf. Cronaca del Santuario e del convento.

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Dalla Cronaca del convento820:7 settembre 1970. Commemorazione p. Carlo

d’Abbiategrasso. Nel pomeriggio, durante la celebrazione della Messa vespertina, il predicatore p. Fedele Frigerio da Verano Brianza (MI) con parola convincente rievocò la vita del Servo di Dio p. Carlo di Abbiategrasso” che a tutt’oggi, riscuote tanta venerazione (vedi pure il Bollettino Santuario).

Settembre 1972. Commemorazione del Servo di Dio p. Carlo di Abbiategrasso. Ore 17 S. Messa con discorso di p. Giambattista Castelli – Supplica

10 dicembre 1972. Nel nuovo Salone «Padre Carlo d’Abbiategrasso» si è tenuto un ritiro per uomini e giovani dettato dal parroco p. Sergio Caglio. Vi hanno partecipato 68 uomini e giovani.

Settembre 1975. Commemorazione del Servo di Dio p. Carlo di Abbiategrasso. Il discorso commemorativo del Servo di Dio è stato recitato da p. Cesario Pesenti durante la celebrazione della S. Messa vespertina. Sempre numerosissimi i fedeli partecipanti.

Settembre 1976. Con piacere si deve dare atto che tanto per la solennità della Madonna come per la giornata degli ammalati e a sera alle ore 17 per la Commemorazione del Servo di Dio p. Carlo di Abbiategrasso, le funzioni liturgiche sono affollatissime.

8 aprile 1980. Giungono da Abbiategrasso e paesi limitrofi 25 sacerdoti per un ritiro spirituale. Pranzano con noi.

7 settembre 1981. Giornata degli ammalati e Commemorazione di p. Carlo di Abbiategrasso. Alla sera, alle ore 17 il monsignore di Abbiategrasso celebra la Commemorazione di p. Carlo: S. Messa e predica.

21 marzo 1982. Inaugurazione del nuovo Oratorio. Molti si sono accontentati di osservare dal di fuori

820 In Archivio (Arch. PC, cart. n. 2/13, 27) si conservano in fotocopia alcune pagine della Cronaca del convento: da ottobre 1937 a dicembre 1950.

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l’inaugurazione ufficiale del salone intitolato «Auditorium P. Carlo d’Abbiategrasso». È stata una giornata magnifica.

21 febbraio 1989. 130° Anniversario della morte del Commemorazione del Servo di Dio p. Carlo. Lo abbiamo ricordato il 21 febbraio. La chiesa alle ore 17 era gremita: P. Evaldo ha parlato di lui. A lato del presbiterio è stato esposto il grande quadro raffigurante il Servo di Dio benedicente. Moriva in questo convento 130 anni fa e nello stesso giorno veniva esposta la Salma in Santuario.

18 giugno 1989. Domenica. La S. Messa delle ore 11 è teletrasmessa sul primo canale nazionale. Padre Luigi Caserini aveva sollecitato dal 1987 una tal ripresa e ha presieduto con gioia la celebrazione. Invasione dei potenti mezzi televisivi sul sagrato e in chiesa. Dalle lettere pervenute da tutta Italia e pubblicate sul nostro periodico, si deduce che la storia del Santuario e del Commemorazione del Servo di Dio ha interessato molto.

30 aprile 1992. Ritiro dei Sacerdoti di Codogno e di Casale qui da noi. Per merito di don Giulio Mosca e di padre Evaldo si propone e viene accolta all’unanimità (con remore di un solo sacerdote) di chiedere che il vescovo presenti al Papa, a Lodi il prossimo 20 giugno, una petizione a favore della Causa di beatificazione del Servo di Dio p. Carlo di Abbiategrasso. Su consiglio di esperti la petizione verrà consegnata al Santo Padre dal vescovo, ma avrà come punto di partenza il convento: verrà compilata da Superiore locale, sottoscritta dal ministro provinciale dei cappuccini, dai Vicari Foranei della diocesi, dal Presidente del Capitolo della Cattedrale e dallo stesso vescovo. Arriverà una risposta dalla Segreteria di Stato, firmata da mons. Re e dalla Sacra Congregazione per i Santi. Sul periodico 5/1992 viene riportata la documentazione.

Settembre 1992. La Commemorazione del Servo di Dio p. Carlo è tenuta da mons. Carlo Ferrari di S. Angelo Lodigiano.

Settembre 1996. Festosa la Commemorazione del Servo di Dio p. Carlo.

Settembre 1998. Commemorazione di p. Carlo d’Abbiategrasso. È ormai tradizione radicata che il giorno

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dopo la festa dell’Incoronazione si tenga una solenne celebrazione eucaristica commemorando il nostro p. Carlo. P. Pietro Resta con molto entusiasmo ha tenuto un forte pensiero per la circostanza. Sono presenti, come di solito, i nostri novizi cappuccini di Lovere.

21 febbraio 1999. Commemorazione della morte del Servo di Dio p. Carlo d’Abbiategrasso. Abbiamo avuto tra noi p. Fedele Merelli, il nostro archivista provinciale, che ha presieduto la celebrazione tenendo una ispirata omelia su p. Carlo.

Settembre 1999. Alle ore 17.00 in Santuario, la Messa solenne per la commemorazione di p. Carlo d’Abbiategrasso presieduta da p. Mariano Brignoli, vice postulatore e predicata da p. Daniele Marchi. La chiesa gremita, segno visibile della deozione alla Madonna e a p. Carlo.

21 febbraio 2000. NB. Anche se non documentato nel Cronicon, posso attestare che in questa data venni dagli Ospedali Riuniti di Bergamo, in qualità di vice postulatore, per onorare il Servo di Dio ed ebbi la presidenza e l’onore dell’omelia (pubblicata poi sul periodico) alla S. Messa delle 17. Con molta partecipazione di popolo. In fede, fra Mariano Brignoli.

Settembre 2000. Il nuovo vice postulatore della Causa di beatificazione di p. Carlo d’Abbiategrasso, p. Evaldo Giudici, presiede la celebrazione della sera.

21 febbraio 2001. Si è svolto il giorno 21 febbraio l’anniversario della morte di p. Carlo Vigevano d’Abbiategrasso. Ogni anno sembra che aumenti la partecipazione e cresca la devozione a questo nostro umile confratello. P. Ismaele Bertani, ex ministro provinciale, ha tenuto l’omelia di circostanza.

21 febbraio 2004. Sempre molto partecipata la Commemorazione del Servo di Dio p. Carlo d’Abbiategrasso con omelia del vice postulatore p. Evaldo Giudici.

Settembre 2004. Termina il giorno con la commemorazione del Servo di Dio p. Carlo d’Abbiategrasso e la presenza dei novizi cappuccini. Omelia di p. Evaldo Giudici.

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5 settembre 2005. Al pomeriggio si tiene la commemorazione del Servo di Dio p. Carlo d’Abbiategrasso e tiene l’omelia p. Franco Fusar Bassini. Sono presenti anche i i nostri nuovi novizi.

4 settembre 2006. Alle ore 17 in Santuario si tiene la commemorazione del Servo di Dio p. Carlo d’Abbiategrasso da p. Agostino Valsecchi.

3 settembre 2007. Al pomeriggio S. Messa alle ore 17 con la commemorazione di p. Carlo d’Abbiategrasso tenuta da p. Evaldo vice postulatore.

8 settembre 2008. Al pomeriggio alle 17 S. Messa con omelia di p. Evaldo.

21 febbraio 2009. Sabato. 150° della orte di p. Carlo. Alle 9.30 incontro dei Frati con p. Costanzo Cargnoni e alle 11 in chiesa con i fedeli: parla p. Evaldo. Nel pomeriggio alle 16 in Sala Tau per tutti e alle 17.30 concelebrazione presieduta da mons. Spreafico con Bernardelli e don Mosca.

7 settembre 2009. Alle 16 Apertura dell’Inchiesta Diocesana per la Causa di canonizzazione del Servo di Dio p. Carlo. C’è il vescovo di Lodi, mons. Spreafico, mons. Staffieri, mons. Bernardelli e un buon gruppo di frati, capeggiati dal provinciale. Nell’occasione è aperta al pubblico una sala dedicata a p. Carlo. Si trova all’entrata del convento, sulla sinistra.

B) Bollettino del Santuario «La Madonna dei Cappuccini»

Si riporta l’elenco di tutti gli articoli pubblicati sul periodico La Madonna dei Cappuccini dal 1948 al 2008 che riguardano il Servo di Dio821.

C) Inserto del bollettino «Padre Carlo da Abbiategrasso»

L’inserto, a cura della Vicepostulazione, è nato come Semestrale di 8 pagine in gennaio 1994 e inviato a tutti gli abbonati del Periodico La Madonna dei Cappuccini. È

821 Cf. Santuario “Madonna dei Cappuccini”, Arch. PC, cart. 10 (vedi in Appendice, pp. 586-604).

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compilato da fra Mariano Brignoli fino al 2000, da fra Evaldo Giudici in seguito.

5. Provincia Frati Minori Cappuccini di LombardiaA) Annali Francescani (APCL, P 1105/123)

31.8.1930: La Madonna dei Cappuccini di Casalpusterlengo, di Solitarius.

Pagine di storia del santuario. 150° anniversario della Incoronazione. «Con sapiente consiglio gli organizzatori della presente solennità vollero ricordata la memoria del grande cappuccino, Venerabile Servo di Dio Padre Carlo Vigevano da Abbiategrasso». In realtà le commemorazioni cominciarono due anni dopo. Padre Carlo fu però ricordato nel numero unico Ipsa regnet. O si parlò di commemorazioni già da allora?

1932: Trasporto delle ossa del Servo di Dio Padre Carlo Maria da Abbiategrasso, di p. Idelfonso Aliverti da Vacallo.

Annuncio della traslazione a un nuovo «maestoso sepolcro». Ricorda la devozione del popolo casalese e lodigiano. «Se dopo 73 anni e più, la devozione dei popoli non si è spenta, ma anzi s’infresca, prende sempre novelle forme di amore, confidenza e fiducia in Lui: giustizia e gratitudine vuole, che il merito sia riconosciuto ai Casalesi prima, e ai lodigiani dopo».

28.2. 1933: LXXIV Anniversario della morte del Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso cappuccino, di P. Idelfonso Aliverti da Vacallo.

«Il giorno 21 febbraio c.m., ricorse il settantesimoquarto Anniversario della morte beata del Servo di Dio… Al santuario della Madonna dei Cappuccini, tanto cara, e devotamente amata e venerata dai Casalesi e dai Lodigiani… e non solo da essi, in quel giorno si celebrarono solennemente onoranze e suffragi anniversari. Spontaneo sorse quindi l’invito, a tutti i devoti e devote della santa memoria di Padre Carlo, che sono senza numero, di accorrere ad assistervi, ed a pregare dinanzi le venerate sue ossa». Ricordato un episodio della sua vita, invita a ricorrere a Lui nei bisogni materiali e spirituali. «Non

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temiamo di far torto alla Madonna… Egli penserà a presentare anche in cielo come faceva in terra le nostre suppliche alla vergine Madre».

31.3.1933: Il Servo di Dio Padre Carlo Vigevano d’Abbiategrasso, di P. Idelfonso Aliverti da Vacallo.

«Rifiorisce P. Carlo nei nostri cuori: lo sentiamo e lo vediamo come lo videro e lo sentirono i nostri padri e le nostre madri». Riporta il ricordo del piccolo Sante Peviani, i momenti dell’agonia e della morte, l’accorrere di tutto il popolo. «Volato in cielo,… non cessò di prediligere i suoi buoni Casalesi e devoti d’ogni luogo… ma anche la devozione di Casale e dei suoi devoti per P. Carlo non è mai venuta meno». Ciò proclama l’accorrere «ognor crescente al suo glorioso sepolcro».

30.9.1933: La Madonna di Casale, di g.c.v.É la cronaca delle celebrazioni anniversarie della

Incoronazione. Un inciso: «chissà che sia il Venerabile Padre Carlo d’Abbiategrasso, così devoto lui di questa Madonna, che benedica dal cielo» i pellegrini che accorrevano a onorare e a supplicare la Madonna dei Cappuccini. Quel “venerabile” è un po’ in anticipo!

B) Atti della Provincia dei Frati Minori Cappuccini di S. Carlo in Lombardia

1) Stato attuale di talune Cause di religiosi della nostra Provincia morti in odore di santità

Come risulta dalle Opere del P. Valdimiro da Bergamo, molti sono i religiosi,di questa nostra Provincia morti in odore di Santità, e di parecchi furono anche fatte talune pratiche per la loro beatificazione.

Le cause però che attualmente promettono meglio, sono quelle riguardanti i Servi di Dio P. Innocenzo da Berzo, P. Carlo da Abbiategrasso e F. Tommaso da Olera.

Come è noto, il Servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso è morto il 21 febbraio 1859. Purtroppo i processi informativi furono fatti dalla Ven. Curia di Lodi solo nel 1897 ,essendo

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provinciale il m.r.p. Paolino da Verdello, vice-postulatore della causa il m.r.p. Isaia da Gerenzano.

Il 4 maggio 1898 le spoglie furono traslate dal cimitero di Casalpusterlengo a quel nostro Santuario e deposte nel sottosuolo della Cappella già della Madonna, nel punto stesso ove Egli benediceva le folle dei divoti che traevano a Lui, fiduciose nella sua virtù taumaturga.

Il 5 settembre 1933 se ne fece la ricognizione canonica delle ossa da Sua Ecc. mons. Pietro Calchi Novati, vescovo di Lodi istante il m.r.p. Donato da Malvaglio, guardiano di Casalpusterlengo, presente il r.mo p. postulatore generale dell'Ordine e il m.r.p. Valdimiro da Grignano provinciale822.

2) Migliorie in santuarioAnche nell'interno del santuario si fecero migliorie e

precisamente si ridussero a cappelle i due vani vicino alle porte di entrata, a sinistra mettendosi la statua del P. S. Francesco, e a destra la tomba marmorea del Servo di Dio Padre Carlo da Abbiategrasso823.

3) Messaggi del provinciale p. ValdimiroSe si prescinde da tre gruppi, cioè i Sette Fondatori

dell’Ordine dei Serviti, i diciannove martiri Gorcomiensi ed i ventisei Martiri Giapponesi, i santi canonizzati in circa mille anni e precisamente dal 993 anno in cui si celebrò la prima solenne canonizzazione con S. Ulrico di Augusta fino al 1925 per tutto il mondo e per tutta la Chiesa di Dio si sono avute solo centocinquanta canonizzazioni!824.

Milano, 18 Maggio 1934.Reverendissirno Padre Postulatore,Sono quindi a pregarla, anche a nome della Religiosa

Provincia nostra, ai valersi adoperare, perchè coll'inizio del nuovo anno venga introdotta una tale causa. Anche un Sacerdote Cappuccino vada presto sugli 'altari, per far conoscere che anche nella classe dei Sacerdoti nostri "fons sanctitatis est indeficiens".

822 Atti, 1 (1934), pp. 15-16.823 Ibid., p. 25.824 Ibid., pp. 40-41.

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Devotissimo Fra Valdimiro M.a da Grignano Min. Prov. Capp.825.

4) Lettera Pastorale del M. R. P. Provinciale in occasione del IV Centenario della venuta dei Cappuccini in Lombardia

Vi sono quelli che rifulsero per mirabile santità e di alcuni ne è in corso la causa di Beatificazione, e noi tutti auspichiamo il momento di poter vedere su gli altari i nostri santi confratelli: P. Innocenzo da Berzo - di cui è ormai pronta la posizione per il Processo Apostolico dell' eroicità delle virtù - e P. Carlo da Abbiategrasso826.

5) La Festa della Madonna dei Cappuccini - 1936La Festa della “Madonna dei Cappuccini” giunse

quest’anno con qualche ritardo per lasciar campo al Congresso Eucaristico. In compenso la folla dei devoti, meno numerosa degli altri anni, mostrò un contegno e una pietà più raccolta e sentita……

Nel pomeriggio (del lunedì) si fece la solenne funzione commemorativa del Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso con grande concorso di devoti. Fu molto interessante e ascoltatissimo il sacro Oratore che ne illustrò la vita e la “pioggia di grazie” che si diparte continuamente dalla venerata tomba827.

6) La Festa della Madonna dei Cappuccini - 1937Le festività in quest’anno, ebbero luogo dal 2 al 6

settembre e furono contraddistinte da un carattere prevalentemente propiziatorio, per ottenere così, più facilmente, al mondo, mediante l’intercessione di Maria, la tranquillità e la pace.

L’indomani, lunedì, fu consacrato ai malati e alla commemorazione del Servo di Dio Padre Carlo d’Abbiategrasso.

825 Ibid., p. 46.826 Ibid., pp. 152-153.827 Ibid., 1 (1936), pp. 252-253.

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Si ebbe poi la bella sorpresa della venuta, a Casale di mons. prevosto d’Abbiategrasso, il quale funzionò nella pomeridiana commemorazione del Servo di Dio, di cui parlò alla moltitudine accorsa, con accenti commoventissimi. A sera tardi, il popolo casalese ritornò numerosissimo al santuari dove, con funzione solenne, si chiusero i riuscitissimi festeggiamenti,i quali oltre che onorare la Madonna, guadagnarono certo misericordia ai peccatori, rassegnazione ai tribolati e, lo vogliamo sperare, tranquillità alla nazioni828.

7) Casalpusterlengo - 79.esimo Anniversario della morte del Servo di Dio p. Carlo da Abbiategrasso

Il 21 Febbraio ricorrendo l'anniversario del beato transito del Servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso, il nostro santuario di Casalpusterlengo fu affollato come nei giorni di grande festa.

Fin dal mattino alle ore 5 .cominciò l'affluenza dei devoti .che con spirito di vera devozione si accostarono numerosissimi ai SS. Sacramenti, riempiendo la chiesa ad ogni messa celebrata.

Nel pomeriggio fu un continuo avvicendarsi di fedeli prostrantisi davanti alla cappella che custodisce le venerate spoglie del Servo di Dio, fiduciosi di ottenere grazie per la sua intercessione.

L'elogio del Servo di Dio fu tenuto con rara competenza dal guardiano locale il r.p. Alessandro da Presezzo.

Si chiuse la festa colla benedizione eucaristica; il concorso dei fedeli però non cessò che a notte inoltrata829.

8) Dalla lettera del Provinciale padre Benigno che indice la seconda Visita alla Provincia

Le gravi parole che il S. Padre lasciò ai Padri Capitolari nell’udienza concessa il 10 giugno p.p.: «Conservare la

828 Ibid., 2 (1937), pp. 72-73.829 Ibid., 2 (1938), p. 127.

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nostra bella e santa famiglia» , è pure il desiderio dei nostri Religiosi830.

9) Casalpusterlengo – Festa al Santuario della Madonna 1938

Anche quest'anno le annuali feste al nostro santuario sono ritornate a risvegliare sempre più la fede e ad alimentare la pietà nel popolo di Casale e dintorni per l'assiduità alle prediche e per il numeroso concorso ai Sacramenti.

Precedute da un triduo di SS. Quarant'ore predicate dal r. p. guardiano locale, furono condecorate dall'intervento dell’illustre confratello cappuccino mons. Giacinto Ambrosi vescovo di Chioggia che tenne solenne pontifìcale, celebrò le lodi della Vergine con commemorazione di P. Carlo da Abbiategrasso831.

10) Casalpusterlengo – Feste annuali al Santuario della Madonna

L’ottantesimo della morte del P. Carlo da Abbiategrasso, che, accanto alla Beata Vergine da lui tanto amata e onorata in vita, non manca di favorire i suoi devoti, trovò presenti ognuno, non ostante l’inclemenza del tempo832.

11) Casalpusterlengo: Anniversario del Servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso

Anche quest'anno il 21 febbraio, anniversari della piissima marte del Servo di Dia P. Carlo da Abbiategrasso, è stato celebrato nel nostro Santuario di Casalpusterlengo con degne onoranze funebri, alle quali ha conferito maggior solennità l'intervento del m. r. p. provinciale, p. Benigno da S. Ilario Milanese. L'oratore nella commemorazione tenutasi nel pomeriggio disse come P. Carlo abbia un magnifico risalto nella storia del santuario casalese. Ma segno non dubbio della sempre viva fiducia che noi abbiamo nella sua

830 Ibid., pp. 144-145.831 Ibid., p. 172.832 Ibid., 2 (1939), p. 278.

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intercessione è stato il concorso numeroso dei devoti e la notata presenza di qualche lettiga sul piazzale durante le sacre funzioni.

La giornata si chiuse con la benedizione eucaristica impartita al popolo desideroso di vedere la fronte di P. Carlo circonfusa dell'aureola dei santi833.

12) Casalpusterlengo: Festa annuale al Santuario della Madonna

Preceduta dalla adorazione delle SS. Quarant’ore, nella solita cornice di fede e di intensa pietà, l'annuale festa della “Madonna dei Cappuccini” ha attirato anche quest'anno gran folla di gente, proveniente dai paesi più lontani della Diocesi.;

L'illustre borgata di Casale fu tutta presente, la sera del 31 agosto, al solenne pellegrinaggio guidato dal veneratissimo prevosto locale.

Il primo settembre, solennità della Madonna, celebrò la S. Messa e i vespri pontificali s. ecc. mons. Celestino Cattaneo, arcivescovo, vicario apostolico emerito dell'Eritrea.

Il giorno 2, fu consacrato, come gli altri anni, alla Benedizione agli ammalati che venne impartita da s. ecc. mons. Cattaneo lungo il viale del Santuario, e alla commemorazione del Servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso834.

13) Casalpusterlengo: Anniversario del Servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso. 1942

Colla solita liturgia funebre si è celebrato, solennemente nel Santuario della Madonna dei Cappuccini, al 21 febbraio, l'anniversario della preziosa morte del Servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso.

833 Ibid., 3 (1940), p. 11.834 Ibid., 3 (1940), p. 79.

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Al mattino Ufficio e Messa in canto; alle ore 15 commemorazione dello stesso P. Carlo, tenuta dal padre guardiano e benedizione solenne835.

14) Casalpusterlengo: Feste al Santuario nel centenario del ritorno dei Cappuccini. 1942

L’anniversario dell’incoronazione della Madonna ha assunto ormai la sua definitiva forma le SS. Quarantore come preparazione, la 1 domenica di Settembre come festa della Madonna dei Cappuccini; la giornata degli ammalati e la commemorazione di P. Carlo come chiusura. Quest’anno però nella ricorrenza del centenario del ritorno dei nostri padri a Casalpusterlengo le celebrazioni hanno assunto un tono di particolare solennità.

Lunedì il santuario assunse le vesti del raccoglimento: la funzione degli ammalati celebrata da mons. Rolla. La commemorazione di P. Carlo che riempì di sé, delle sue opere il secolo scorso dal 1842 ad oggi, e siamo certi che riempirà ancor più quello che s’inizia836.

15) Decreto per la Causa di Padre Innocenzo da Berzo

È importante il Decreto riportato, firmato dal card. Carlo Salotti, perché accenna che «nell’anno 1909 presso la Curia di Brescia vennero incominciati i Processi sulla santità, sugli scritti e sul non culto» per il Padre Innocenzo da Berzo. L’anno 1909 coincide con la dedizione totale della Provincia alla Causa di P. Innocenzo, che ha come vice postulatore p. Isaia da Gerenzano. Da questa data inizia il silenzio su Padre Carlo da Abbiategrasso837.

16) Elenco bibliografico per l’anno 1943Idelfonso da Vacallo, Memorie storiche del Servo di Dio

Padre Carlo da Abbiategrasso cappuccino. (Dai processi

835 Ibid., 3 (1942), p. 197.836 Ibid., p. 245.837 Ibid., pp. 6-9.

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informativi). [Seconda edizione]. Milano, S.A.S.T.E. [1943]. 16,5 x 11,5, 37 [2] p. Con una illustrazione.

Questa ristampa suggerita dalla necessità di soddisfare alla pietà dei devoti al Servo di Dio, è una copia in tutto uguale alla prima edizione. Ha il merito di riportare per la prima volta la nuova effige del Servo di Dio P. Carlo, dovuta al pittore Piero Posi di Milano838.

17) Casalpusterlengo - Anniversario della morte del Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso. 1944

La data del sereno trapasso del Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso spirato nella giovane età di soli 33 anni, è stata commemorata il 21 febbraio con Ufficio solenne e Messa in canto, eseguita dagli studenti cappuccini della provincia parmense.

P. Idelfonso da Vacallo ha tratteggiato succintamente dinnanzi a un discreto numero di fedeli la vita del Servo di Dio, mirando a ridestare in tutti i presenti la stessa fiducia che in lui avevano riposto i casalini suoi contemporanei839.

18) Per il Servo di Dio Padre Carlo. Comunicazione del Padre Provinciale P. Guido da Curnasco

«Rivolgo viva preghiera a tutti i nostri religiosi, specie ai rev.di padri e ai ven. fratelli più anziani, i quali hanno avuto contatti diretti con quei nostri confratelli e quelle altre persone ormai defunte, le quali convissero o bene conobbero il nostro Servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso, perché facciano la carità di stendere essi per iscritto o riferire a qualche nostro incaricato che invieremo, tutto quello che allora si diceva circa la vita, le virtù e le grazie operate dallo stesso P. Carlo… perché sarebbe mio vivo desiderio di favorire… la pubblicazione di una biografia che illustri… la mirabile vita di quel santo cappuccino, troppo, forse, dimenticato … e aggiungere nuovo materiale che

838 Ibid., 4 (1943), p. 81.839 Ibid., 4 (1944), p. 106.

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favorisca la riapertura dei Processi… per la Causa di Beatificazione…»840.

19) Casalpusterlengo: Anniversario della morte del Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso. 1945

Ebbe luogo il 21 febbraio coll’usuale programma. Al mattino ufficio funebre seguito da Messa solenne di suffragio cantata dal r. p. guardiano del luogo. Per le eccezionali condizioni del momento, il concorso da parte dei devoti tanto alla funzioni del mattino – di troppo anticipate per evitare la molestia degli aerei nemici – quanto a quelle vespertine svolte col cuore in trepidazione «per i frequenti allarmi, le raffiche della mitraglia e lo scoppio delle bombe» è stato assai modesto.

P. Leone da Mandello Lario, quaresimalista della Parrocchiale, tenne l’orazione funebre.

Si spera che a settembre la gente non mancherà di riversarsi numerosa sulla tomba del Servo di Dio per averlo mediatore presso la taumaturga Madonna841.

20) Nota bibliografica – Per la vita del servo di Dio P.Carlo da Abbiategrasso

Nello spazio di una pagina viene recensito il volume Una gemma dell’Ordine de’ Cappuccini ossia Brevi cenni biografici del P.Carlo d’Abbiategrasso, scritta da G. Olmi, terziario di San Francesco. Genova, Tipografia Arcivescovile, 1877842.

21) Casalpusterlengo: Festa al Santuario della Madonna dei Cappuccini. 1945

Sotto il titolo: «Al Santuario dei Cappuccini» così è riportata la cronaca della festa dal Pensiero Cattolico quindicinale di Lodi:

«La consueta festa della Madonna dopo 165 anni non ha perduto nulla della sua popolare entusiastica divozione. Il

840 Ibid., p. 147.841 Ibid., 4 (1945) 190.842 Ibid., p. 194.

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rituale è ormai fissato: SS. Quarantore, festa della Madonna con benedizione degli ammalati. Commemorazione di P. Carlo d'Abbiategrasso.

«Al pomeriggio la commemorazione di P. Carlo chiuse il ciclo annuale della festa. La predicazione fu sostenuta con facondia da Padre Siro da Corgéno e la musica magistralmente eseguita dalla Schola Cantorum di Somma (sic!) Lodigiana»843.

22) Casalpusterlengo: Ricorrenza annuale della morte del S. d. D. P. Carlo. 1946

L’anniversario del transito del Servo di Dio venne celebrato con solenne rito funebre. Al mattino: Ufficio, S. Messa ed esequie. Nel pomeriggio, alle ore 15, devota commemorazione dello stesso, tenuta dal p. guardiano e seguita dalla benedizione eucaristica.

Buona il concorso dei devoti e ammiratori delle eroiche virtù del Servo di Dio, la cui protezione si fa visibilmente sentire in quanti lo invocano fiduciosi nelle loro necessità844.

23) Ricorrenza annuale a Casalpusterlengo e a Berzo

Il 21 febbraio è stato devotamente celebrato l’anniversario della orte del Servo di Dio P.Carlo da Abbiategrasso, le cui spoglie mortali riposano in una cappella del santuario, già teatro delle molte meraviglie operate dal servo di dio nei pochi mesi di sua dimora845.

23bis) Casalpusterlengo – Bollettino mensileAnche il nostro santuario tanto caro alle popolazioni

lodigiane, come tanti altri santuari mariani, ha finalmente nel bollettino La Madonna di Casalpusterlengo il suo portavoce cui auguriamo larga diffusione e vivo interessamento. Non è piccolo merito che il m. r. padre

843 Ibid., 4 (1945), p. 235.844 Ibid., 5 (1946), p. 29.845 Ibid. 5 (1948), p. 234.

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Agatangelo da Milano, guardiano del luogo, abbia saputo realizzare un’idea caldeggiata da tanti846.

24) Casalpusterlengo: Anniversario del S. di D. Padre Carlo da Abb. - 1949

L'annuale commemorazione ha assunto quest'anno una particolare solennità ricorrendo il 90.mo del felice transito. Il pomeriggio del 20 febbraio il r. p. Carlo da Milano tenne il discorso commemorativo. Il santuario era letteralmente stipato da una folla devota che ascoltò con molta attenzione per quasi un'ora la pia rievocazione della vita e delle virtù del Servo di Dio. L'indomani l'Ufficio solenne fu celebrato dal m. r. p. provinciale il quale nella visita alla locale Congregazione del T.O.F. aveva spronato tutti i terziari a zelare la Causa del Servo di Dio, la quale non é fermata, ma ferma. Può cioè essere ripresa per la devozione dei fedeli e sopratutto per i miracoli che il Signore si degnerà compiere per la glorificazione del suo Servo. Nella costituzione del nuovo Discretorio del T.O.F. il p. visitatore ha voluto ci fosse un membro con l'incarico di zelare la Causa del S. d. D.847.

25) Casalpust. Anniversario del S. d. D. Padre Carlo da Abbiategrasso – 1950

Il 21 febbraio ebbe luogo l’annuale commemorazione del servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso con solenne ufficio funebre al mattino e discorso commemorativo nel pomeriggio, tenuto dal rev. p. Celeste da Origgio848.

26) Casalpusterlengo e Berzo Inferiore: Ricorrenze annuali

Tanto a Casalpusterlengo quanto a Berzo Inferiore, nei loro rispettivi giorni 21 febbraio e 3 marzo vennero solennemente ricordati il S. di D. P. Carlo e il Ven. P. Innocenzo, la cui memoria si fa sempre più viva nelle nostre popolazioni e invocata la loro protezione. La ricorrenza a

846 Ibid.,p. 235.847 Ibid., 6 (1949), p. 12. 848 Ibid., 6 (1950), p. 127.

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Berzo è stata preceduta dalla santa Missione, predicata dai RR. PP. Erasmo da Treviolo e Aureliano da Milano849.

27) Casalpusterlengo: Solennità per il primo centenario della morte del Servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso - 1959

Nel nostro convento di Casalpusterlengo è. stato celebrato solennemente il 21 febbraio scorso il centenario della morte del nostro con fratello, P. Carlo d'Abbiategrasso, di cui è in corso il processo della causa di beatifìcazione, che ebbe inizio presso le Curie di Milano e di Lodi nel 1899.

La celebrazione è stata organizzata dal Superiore locale P. Pierdamiano da Treviglio in coincidenza con quella pure centenaria delle apparizioni di Maria SS. a Lourdes.

P. Olinto da Solzago con un triduo di predicazione ha religiosamente preparato i fedeli alla fausta ricorrenza, presentando i più salienti aspetti della vita del Servo di Dio innestati sul messaggio lourdiano.

La commemorazione centenaria di P. Carlo, che fu una pia e singolare figura di frate, che visse molti anni in questo santuario mariano in fama di santità, ha richiamato una larga partecipazione di cittadini non solo della parrocchia e del comune, ma anche da lodigiano e delle confinanti terre del cremonese, del piacentino e del pavese, riconoscenti all'opera di carità da lui svolta a Casale durante la sua vita e alle grazie che gli vengono attribuite dopo la morte. Un gruppo di sessanta pellegrini, tra i quali anche alcuni parenti del Servo di Dio, ha fatto presente alla celebrazione il paese d'origine: Abbiategrasso.

Alla manifestazione è intervenuto, quasi in via privata per la prudenza del caso, il vescovo di Lodi che si è degnato di tessere un elogio fervoroso e ammirato delle virtù di Padre Carlo alla folla che gremiva letteralmente il santuario.

Dell’avvenimento si è interessata la stampa come: L’Italia di Milano, Il Cittadino di Lodi, Corriere d’Informazione, Corriere Lombardo, L’Arpione di Bologna. La Radio Italiana, nelle notizie “Alta Italia” per mezzo de

849 Ibid., 6 (1951), p. 223.

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Sig. Giuseppe Addamonte ha trasmesso un magnifico commento alla festività centenaria. Il periodico bimestrale del santuario di Casalpusterlengo: La Madonna dei Cappuccini è uscito con un numero dedicato al Servo di Dio850.

28) Casalpusterlengo: Inaugurazione del nuovo ospizio per i pellegrini

La tradizionale festa dell'Incoronazione della Madonna nel nastro santuario di Casalpusterlengo quest'anno venne anticipata dal 5 alla domenica 4 di settembre. I festeggiamenti riuscirono particolarmente solenni sia per la ricorrenza del l80° anniversario della prima incoronazione del simulacro (1780) sia per l'inaugurazione di un ampio e luminoso salone, corredato di tutti i servizi moderni, che verrà adibito alle spirituali attività del santuario.

Nel pomeriggio, mons. A. Bramini, prevosto della cattedrale di Lodi, tenne il discorso commemorativo del servo di Dio P. Carlo d'Abbiategrasso, il taumaturgo apostolo di Maria, che un secolo fa attrasse da tutta la Lombardia al santuario casalese folle di devoti percorse da una vivida fiamma di entusiasmo religioso851.

29) Lettera del P. Generale per il IV centenario dei Cappuccini a Casalpusterlengo. 1974

Il ven. P. Carlo Vigevano da Abbiategrasso vi rese una breve (1958-1959) ma entusiasmante testimonianza che il carisma della devozione alla Madonna dinamizza e rende copiosa l’efficacia del ministero sacerdotale e si riversa in abbondanza di grazia e anche in singolarità di prodigi sui fedeli; essi riconoscono nei sacerdoti, che si dimostrano fedeli interpreti e animatori del culto alla Madre della Chiesa, i più autentici e autorevoli amministratori dei misteri di Gesù Cristo852.

850 Ibid., 9 (1959), pp. 205-206.851 Ibid., 9 (1960), p. 386.852 Ibid., 14 (1974), pp. 476-477.

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30) Casalpusterlengo: pellegrinaggio della provincia al Santuario della Madonna

Vi si descrive la cronaca di una giornata indimenticabile e commovente per il clima di preghiera e di fraternità che subito si creò ai piedi della Madonna. Il santuario della Madonna è stato pacificamente invaso da 160 frati. Non si parla del Servo di Dio. Ma il seme rimane perché verranno documentate delle testimonianze853.

31) Capitolo Provinciale, 28 luglio 1988, pomeriggio

«Si procede alla votazione delle singole mozioni: … 14a) Si auspica che venga ripresa ufficialmente la causa di beatificazione del Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso. Favorevoli 65, contrari 0, astenuti 5» 854.

32) Petizione al S. Padre per la Causa di Beatificazione del servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso

Vengono riportati i testi: della petizione al Papa in Visita alla diocesi di Lodi, (sottoscritta dal guardiano, provinciale, vescovo, vicari foranei della diocesi) e le risposte della Segreteria di Stato e della Congregazione delle Cause dei Santi855.

33) Nomina del VicepostulatoreIl postulatore generale p. Paolino Rossi, su indicazione

di padre Fidenzio Volpi ministro provinciale, il 7 luglio 1993, nomina padre Mariano Brignoli vice-postulatore della Causa del servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso856.

34) Relazione al Capitolo Provinciale

853 Ibid., 14 (1974), pp. 559-560.854 Ibid., 22/2 (1988), p. 173.855 Ibid., 26/2 (1992), pp. 208-210.856 Ibid., 27/3 (1993), pp.321-322.

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«Sono stato nominato vicepostulatore della causa di canonizzazione del servo di Dio Padre Carlo da Abbiategrasso in data 07.07.1993 dopo che da molti anni l’incarico era vacante. Nonostante l’assenza di guide ufficiali, la devozione al servo di Dio tra i fedeli è stata costante.

«La fraternità del convento-santuario di Casalpusterlengo, che da sempre si è fatta carico di custodirne il sepolcro e alimentarne la venerazione, trova attualmente in padre Evaldo Giudici un convinto sostenitore.

«La devozione al Servo di Dio ha la sua espressione più alta in due commemorazioni annuali che richiamano folle a gremire il santuario: il 21 febbraio nell’anniversario della sua santa morte e il primo lunedì di settembre successivo alle festività della Incoronazione della Madonna, nel ricordo della traslazione delle sue ceneri dalla “Cappella della Madonna” all’attuale sepolcro. Sono i momenti ecclesiali nei quali si prega per la canonizzazione del servo di Dio. Una preghiera comunitaria viene recitata ogni mattina dai fedeli dopo la celebrazione eucaristica.

«Biografie. Una breve biografia dal titolo C'è Padre Carlo guida i lettori alla sua conoscenza. Un volume più sostanzioso: ...E Maria lo prese con sé…, scritto dai padri Apollonio Troesi ed Evaldo Giudici, è a disposizione in molte copie nel magazzino conventuale.

«Stampa. Il bimestrale La Madonna dei Cappuccini, oltre che del santuario, e della parrocchia, da sempre è portavoce del Servo di Dio. Ogni numero gli riserva almeno due pagine di informazione di grazie ricevute e di cultura. La vicepostulazione cura la stampa di un semestrale a colori di otto pagine come allegato redazionale al periodico del santuario: siamo al sesto anno. Diverse copie vengono spedite per la diffusione ad ogni parroco del Basso Lodigiano ai parroci e alle comunità religiose del vicariato di Abbiategrasso, alle fraternità dei nostri conventi.

«In Internet. Dal mese di giugno scorso molti navigatori di Internet si lasciano edificare per la prima volta dal servo di Dio Padre Carlo e dalla sua spiritualità. Padre Mario

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Traina - lo ringraziamo vivamente - ha realizzato un sito in rete con una piacevole lettura della vita di Padre Carlo, in 5 brevi capitoli di 18 pagine intercalate da 11 fotografie (alcune a colori).

«Ecco il sito: <http://www.comunicare.it/ofmcap/p_carlo>

«Un auspicio. Quando il santuario "Madonna dei Cappuccini" era più sentito dalla Provincia come "nostro" e vi si faceva riferimento per pellegrinaggi "provinciali" o per celebrazioni degli anniversari di vita religiosa o di sacerdozio, anche i frati oltre che venerare la "nostra" Madonna, sostavano al sepolcro del Servo di Dio per ammirarne la vita e ispirarsi a lui. Così pure facevano i missionari destinati alle missioni di Eritrea e Brasile prima di partire. Un desiderio: la Provincia torni "in processione" a Casalpusterlengo. La Madonna, i Casalini e la comunità parrocchiale accoglieranno i frati con festa. Fra Mariano Brignoli, Vicepostulatore»857.

6. Parrocchia di Abbiategrasso

(A cura del dott. Mario Comincini).

1924. Breve sintesi della vita di padre Carlo d’Abbiategrasso cappuccino, dalla nascita in Abbiategrasso, all’ingresso nell’Ordine dei cappuccini, alla sua morte nel convento di Casalpusterlengo.

«Morì in fama di santità e fu sepolto nel cimitero di Casalpusterlengo. Da quel luogo venne rimosso nel 1898 per essere portato nel Santuario della Madonna dei Cappuccini, ove giacciono ancora quelle spoglie»858.

1942. Nobiltà decaduta e Santità perenne del Padre Carlo d’Abbiategrasso, in L’eco cattolica, 27.2.1942.

«Nel secolo scorso Abbiategrasso diede alla chiesa cattolica un umile fraticello che morto in giovane età nel convento di Casalpusterlengo, per la santità della sua vita e per i miracoli ottenuti con la sua intercessione, s’avvia a

857 Ibid., 34 (2000), pp. 193-194.858 Cf. Piero Parodi, Notizie storiche del Borgo di Abbiategrasso-1924,

pp. 239-240.

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salire agli onori degli altari». Ricostruisce la storia della nobile famiglia Vigevano, decaduta. «Dagli umili popolani sorse una nobiltà uova, una nobiltà che non conosce tramonti, che al vecchio blasone consunto e cancellato dal tempo, sostituisce l’aureola della santità, la quale supera le contingenze del tempo e rifulge di imperitura gloria».

1956. Breve sintesi di mons. A. Palestra, Storia di Abbiategrasso, pp. 260-261: «Ora egli è sepolto nel santuario di Casalpusterlengo e la sua tomba è meta di assidui pellegrinaggi che si susseguono da quasi un secolo. Forse verrà un giorno in cui l’umile fraticello passato inosservato nel frastuono di rivoluzioni e di guerre della prima metà del secolo XIX, diventerà il figlio più illustre del vecchio borgo, coronando con la sua santità i fasti millenari di Abbiategrasso».

1980. Nel medesimo settimanale, in data 23 febbraio: Gli Abbiatensi al santuario di Casalpusterlengo per ricordare il loro concittadino P. Carlo Vigevano. «Si spera di poter presto riaprire i processi di glorificazione. Si annunciano pellegrinaggi. A firma E.M.»

1980. Il clero del Decanato in pellegrinaggio a Casalpusterlengo sulla tomba di P. Carlo Maria Vigevano da Abbiategrasso, in Ordine e libertà, settimanale abbiatense, aprile 1980. È la cronaca del pellegrinaggio, presieduto dal decano don Luigi Volpi. «È stato un doveroso omaggio alla memoria di uno dei migliori figli della nostra terra». Il bicentenario della Incoronazione della Madonna dei Cappuccini è l’occasione «sia per onorare Maria SS, sia per incrementare la devozione verso P. Carlo, per intercessione del quale molte persone affermano di ricevere tante grazie».

1980. Giovedì 1° Maggio, Pellegrinaggio cittadino a Casalpusterlengo alla tomba di P. Carlo di Abbiategrasso, nello stesso periodico, in data 30 marzo. A cura dei padri Cappuccini della Pia Casa, con l’adesione di tutte le parrocchie cittadine.

1988. Vita e spiritualità ricordate in un volume. Ricorrono l’anno venturo 130 anni dalla morte di P. Carlo Vigevano, frate cappuccino sulla via della santità. Nel

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medesimo periodico, in data 27.5.1988, si presenta il volume di p. Evaldo Giudici e p. Apollonio Troesi: E Maria lo prese con sé …: «Quasi 130 anni sono passati dalla morte del trentatreenne fraticello santo. La sua città natale saprà certamente onorarlo solennemente come merita e non solo con una targa sbagliata posta in una via periferica».

2003. Mario Comincini, Prodigi dal Cinquecento al Novecento nell’Abbiatense e nel Magentino, vol I, pp. 89-93: cap. Padre Carlo e le grazie agli Abbiatensi. «In vita, Padre Carlo operò soprattutto guarigioni, previa soltanto la sua benedizione». Egli stesso, ancora bambino, fu guarito dalla Madonna Addolorata. Testimonianze di abbiatensi di eventi prodigiosi da lui operati sono conservate nell’Archivio Storico Diocesano di Milano. L’autore (perito storico della Causa di beatificazione e canonizzazione) riporta le testimonianze più significative.

11 - SULLA TOMBA DEL SERVO DI DIO

1) Al cuore della devozione a padre CarloDalle deposizioni dei testimoni nel primo Processo e

dallo studio incluso nella prima parte di questo lavoro si può dedurre, senza alcun dubbio, che la tomba di padre Carlo nel cimitero comunale sia stata per quasi quarant'anni, ininterrottamente, meta della devozione popolare dei concittadini di Casalpusterlengo e dei dintorni, dei fedeli della diocesi di Lodi, e di devoti provenienti anche da lontano. Una meta a sè, distinta dalla chiesa di San Salvario, comunemente chiamata chiesa dei Cappuccini o della «Madonna dei Cappuccini» o della Madonna di Casale, o più brevemente: il santuario.

La traslazione dei resti umani del servo di Dio dal cimitero al santuario e la sepoltura definitiva ricomposero l'unità, l'interdipendenza della devozione a padre Carlo da quella alla Madonna. Padre Carlo ritornava al suo ufficio – di accogliere, presentare a Maria, intercedere – quando la tomba era ai piedi della venerata Immagine (nella seconda

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cappella a destra) e nella sistemazione attuale, nella cappella aggiunta, all'ingresso nella chiesa.

É impossibile entrarci senza posare lo sguardo sulla tomba e 1'immagine. Chi ha frequentato il santuario fin da piccolo859 può ritenere che per la gente che va al santuario abitualmente – per la messa domenicale o feriale, la confessione, le funzioni tradizionali, le iniziative della vita parrocchiale – sia del tutto naturale rivolgere una breve preghiera, un pensiero a padre Carlo. Sono di casa! E non sono poche, se si considera il numero degli abitanti della parrocchia dei cappuccini, e anche dell’altra, molto più grande, dato che il legame affettivo dei Casalini con il loro Santuario non conosce confini parrocchiali.

Le persone che affluiscono al santuario diventano folla per la messa e benedizione degli ammalati nel settembre di ogni anno, il lunedì della festa anniversaria della Incoronazione, quando l'implorazione si fa corale, per presenti ed assenti. Ci sono le feste del santuario, in particolare quella della Incoronazione, con un grande concorso, ci sono i pellegrinaggi, quelli parrocchiali che si ripetono ogni anno, in primo luogo quello cittadino, e quelli diocesani, più rari, ma che portano al santuario migliaia di partecipanti.

Durante il Congresso Diocesano Mariano del 1949 nell'ambito della Peregrinatio Mariae, per tre ore ininterrottamente sfilò gente davanti alla Madonna. Nell’Anno mariano 1954, giunsero centinaia di pellegrinaggi (pellegrinaggi, non pellegrini) dal Lodigiano, dal Milanese, Pavese, Piacentino, Cremasco, Cremonese, Bergamasco; i convegni e pellegrinaggi dei vari rami di Azione Cattolica, quando questa, con i vescovi mons. Calchi Novati e mons. Benedetti, era fiorente e coinvolgeva tutto il laicato impegnato. E i tre massimi avvenimenti nel santuario lungo tutto il secolo XX: l’8 maggio 1921, unica processione nella storia con la statua della Madonna; anno 1930, seconda Incoronazione della venerata effige; settembre 1980 bicentenario della prima Incoronazione. Una stima di 50.000

859 Don Mosca, che scrive queste pagine, dice che fin dagli anni ‘30 del secolo scorso egli ha visitato il santuario.

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partecipanti provenienti da tutta la diocesi e da oltre è del tutto realistica, stando alle pubblicazioni (articoli e volumi) pubblicati in quelle occasioni.

Ma al santuario affluiscono molte altre persone. Qui c’è sempre un padre cappuccino a disposizione per le confessioni e la direzione spirituale: il che non avviene altrove. C’è chi cerca, in pellegrinaggi solitari o con pochi intimi, rassegnazione, consolazione, forza, grazie, miracolo, per sè o per persone care. Dall’anno 1995 in poi si conservano gli scritti lasciati nei «quadernoni» e foglietti sulla tomba del Servo di Dio da pellegrini e devoti860.

L’ininterrotto accesso alla tomba del servo di Dio, come espressione della comune convinzione della sua potente intercessione presso Dio, è una convinzione che porta alla recita della preghiera perché conceda al suo Servo fedele la gloria degli altari.

Della moltitudine di devoti e di pellegrini che si sono inginocchiati e s'inginocchiano ai piedi della Madonna, quanti hanno sostato in preghiera sulla tomba di Padre Carlo? E quanti sono andati al santuario proprio per rivolgersi a lui? Non possiamo azzardare percentuali o numeri, ma l'evidenza dei fatti permette di pensare che la gran parte dei devoti che frequentano il santuario e dei pellegrini l'abbia fatto e lo faccia.

Non i vescovi di Lodi, non i superiori e i frati del convento, non i sacerdoti di Casale, pur ammettendo la loro personale devozione, e nemmeno il personale interessamento e impegno di alcuni religiosi assegnati al convento di Casale, pur benemeriti, hanno conservato viva ed efficace la memoria del Servo di Dio lungo tutto il secolo (di questo stiamo parlando) che va dal primo Processo al presente. Il merito primario va ascritto a questa tenace devozione popolare, dei semplici, che non corrono dietro agli approfondimenti dei teologi, alle novità dei liturgisti, alle considerazioni dei sapienti, ma si trova in sintonia con la semplicità e umiltà di Padre Carlo, umile fraticello che

860 Cf. Santuario “Madonna dei Cappuccini”, Arch. PC, cart. 3 (cf. più avanti, p. 574), e lo studio su questo materiale fatto da don Angelo Manfredi, qui alle pp. 416-428.

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non è propriamente ricordato per cultura e dottrina. Ai piccoli il Padre si rivela. Gli umili segni del loro passaggio davanti alla tomba di Padre Carlo parlano di amore, riconoscenza, fiducia, implorazione: fiori, lumini, candele, e soprattutto le frasi scritte nei "quadernoni”, che se commuovono chi le legge non possono non commuovere il cuore del Padre.

Ovviamente non si vogliono negare o sottovalutare i meriti dei confratelli dell'Ordine Cappuccino nel conservare e favorire la devozione popolare a Padre Carlo. Di alcuni: di quei guardiani e soprattutto degli addetti al santuario, che hanno sempre avuto una grande cura della cappella e sono stati e sono a disposizione dei fedeli. La Provvidenza ha disposto che a questo prezioso servizio si aggiungesse in questi ultimi decenni, dal 1975 in poi, l'instancabile opera di studio della vita del Servo di Dio e della diffusione dei risultati, svolta da p. Evaldo Giudici. É stata determinante per risvegliare nella aspettativa del popolo cristiano e nell'Ordine la decisione di riprendere l'iter della beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio. Si sono registrati i passi decisivi nel capitolo 9.

A titolo di documentazione, la testimonianza più importante sarebbe quella dei guardiani del convento e dei religiosi addetti al santuario, in primo luogo di p. Evaldo Giudici. La rendono nel Processo come testimoni convocati dalla vice postulazione; oppure, per l'ufficio che ricopre nel Processo stesso (vice postulatore) non può rendere testimonianza. Si aggiunge, nella medesima sede, quella dei laici che per la frequentazione assidua e da tutta la vita, sono pienamente informati e credibili.

Nell'insieme, il presente capitolo non dovrebbe lasciare alcun dubbio circa l’ininterrotto accesso alla tomba del Servo di Dio, come espressione della comune convinzione della sua potente intercessione presso Dio. Convinzione che porta alla recita della preghiera perchè conceda al suo Servo fedele la gloria degli altari.

2) Ricordi di P. Evaldo Giudici, da 35 anni custode della cappella e del sepolcro del Servo di Dio

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A decenni di distanza, p. Evaldo Giudici, custode della cappella e del sepolcro di p. Carlo, riporta alcuni ricordi:

«All’inizio (negli anni 1975-80) era mio dovere mantenere sempre fornito di candele il Sacello di p. Carlo. La gente ne accendeva tante. C’erano persone che ne zelavano la pulizia e i fiori. C’era un bel banchino o inginocchiatoio, e lì nell’angolo un bel porta-candele. Soprattutto c’erano sempre fiori, a volte in quantità. Servivano per nascondere anche le macchie che l’umidità sulle pareti creava ed erano troppo vistose. I fiori erano sempre tanti, anche di plastica: servivano! Mi ricordo, però, che gli altari da fornire di candele erano cinque, ma un quarto e a volte un terzo delle candele da preparare era per la Tomba di P. Carlo.

«Un giorno, il Vescovo Mons. Paolo Magnani, mi parlò che secondo Lui quelle candele, sulla tomba di P. Carlo, potevano essere un poco segno di “culto”, e che forse era meglio mettere lumini come sulle tombe dei cimiteri. Scrissi subito al M. Rev. P. Bernardino da Siena, allora Postulatore Generale delle Cause dei Santi: mi rispose, in data 9 gennaio 1980, che dovevo far scomparire questo abuso, e da allora alla tomba di p. Carlo apparvero solo lumini rossi. Sembravano ancora più numerosi delle candele agli altri Altari, e come si distinguevano!

«Una novità fu l’abbellimento nel 1986 della piccola cancellata all’ingresso della Cappella, realizzata in ferro battuto nel 1932 dal fabbro Meazzi di Casalpusterlengo. Il suo allievo Mario Chiesa, apprezzato artigiano, mi chiedeva suggerimenti per un progetto. Non mi fu difficile consigliare simboli. Dominante è il tema della croce: su un lato della cancellata essa è intrecciata ai grani della corona del Rosario, sull’altro essa è accanto ad una M come nello stemma mariano del Papa Giovanni Paolo II. Due stupendi gigli, sulle parti mobili del cancello, danno unità ai simboli. L’insieme sembra un ricamo di piccoli capolavori. Così la tomba di Padre Carlo è un libro aperto che prepara all’ossequio della Madonna.

«Una vicenda singolare è stata vissuta più volte per lo sforzo di mantenere l’inginocchiatoio: ne hanno fatto

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scomparire vari, alcuni anche belli. Una sorpresa che ogni volta ci sconvolgeva parecchio…

«Dal settembre 1990 fu giocoforza togliere anche i lumini di cera per sostituirli con la luce elettrica. Fu imposizione, essendo – si diceva – quelle elettriche più pulite e senza traccia di nero fumo sulle pareti della Chiesa, appena ripulita con difficoltà con i lavori di deumidificazione. Non ce l’aspettavamo, ma i fedeli hanno capito. Lo sforzo di togliere l’umidità delle pareti e di ripulirle dalle conseguenze del nerofumo ha dato un risultato buono, ma ha spento tante fiammelle accese…! Ora sembra un pulito… spento, che con un po’ di tempo diventerà normale. Ma… era meglio prima, era più “acceso”!

«Durante il Giubileo del 2000 fu posta la vetrata luminosa (alta due metri) di P. Carlo, su in alto sopra la tomba. È stata realizzata in vetro-fusione da Mariano Barbieri nel suo studio d’arte di Castiglione d’Adda. Padre Carlo con stola e apersorio, sembra messo lì a bella posta, all’ingresso del Santuario, per ripetere a tutti, col suo gesto adattato, l’invito: “Andate a ringraziare la Madonna”.

«Che rimane sempre vivo e molto significativo è il monumento in marmo e il quadro di P. Carlo del pitt. Pietro Posi. Non sono segni di antichità, ma di Qualcuno che è sempre vivo e presente, che accoglie tutti ogni volta. Tutti toccano con devozione. Tutti si inginocchiano a pregare. Dal 1995 possono anche scrivere, all’inizio su foglietti volanti, ora su un quaderno lì aperto, un loro pensiero o sentimento di preghiera. Ora sembra davvero tutto più vivo… e incoraggia a vivere con Padre Carlo!

fra Evaldo M.11 marzo 2010861

3) Invocazioni e ringraziamenti dei devoti nei “Quadernoni” presso il Sepolcro

Riportiamo la puntuale analisi storica fatta da don Angelo Manfredi:

861 Cf. Arch. PC, cart. 18.

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«Ho preso visione dei 15 quaderni intitolati “Al sepolcro di p. Carlo”. Essi raccolgono scritti, preghiere, richieste, ringraziamenti nel periodo che va dal 29 settembre 2001 al 24 ottobre 2009. Si contano globalmente 6870 scritti, con una media di 71 scritti circa al mese. Il numero di scritti è sostanzialmente costante per i primi cinque anni (circa 60 al mese di media), cresce progressivamente dalla fine del 2006 (dal dicembre 2006 al gennaio 2008 si può calcolare una media di 78 scritti al mese) con un balzo in avanti nel 2009 (circa 130 scritti al mese). In questo decennio, comunque, si nota una costante attenzione presso il sepolcro del frate.

«Quali caratteristiche si ravvisano in questi scritti? Si tratta di richieste di intercessione e di dichiarazioni di gratitudine. Queste ultime, benché numericamente inferiori, sono tutt’altro che rare, e frequentemente fanno riferimento a scritti precedenti di supplica. La maggioranza di essi è rivolta a “Padre Carlo”, abbastanza frequentemente associato nella preghiera alla “Madonna dei Cappuccini”, qualche volta al beato Innocenzo da Berzo o a altri santi o beati. A volte le suppliche sono rivolte alla Vergine Maria. Comunque il riferimento a padre Carlo è di gran lunga il più forte. Normalmente ci si rivolge semplicemente a “padre Carlo”, talvolta a “padre Carlo Maria” o a “padre Carlo d’Abbiategrasso”. Altri aggettivi sono pressoché assenti, se si eccettuano tre soli casi, uno dei quali di una persona proveniente da Milano, in cui lo si chiama “beato”862.

«Che cosa si chiede a padre Carlo? La massima frequenza è quella di richieste di guarigione. Leggendo le suppliche si intuisce facilmente la vicinanza di un ospedale con, tra l’altro, un importante e conosciuto reparto oncologico. Molte sono anche le richieste di grazie spirituali, ad esempio chiarire la propria vocazione. Si prega per la propria famiglia, per i figli, per il matrimonio. Ma si prega frequentemente per il lavoro, per ottenerlo o per mantenerlo863; per la propria azienda864,

862 Quaderni I, 91; IX, 54; XIV, 37.863 Ad esempio, ma i casi sono davvero molti: I, 45; II, 28; III, 45. 76.864 Ad esempio I, 26.

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per ottenere la liquidazione865; per la casa866. C’é dunque un orizzonte, diremmo, professionale e sociale inatteso trattandosi di una figura nota soprattutto per i miracoli riguardanti la salute. Non mancano richieste di intercessione per esami universitari, sia da parte di genitori e nonni, sia dagli studenti stessi.

«Non solo frati e sacerdoti pregano per la beatificazione di padre Carlo.

«Chi scrive a padre Carlo? Ogni età: giovani, adulti, anziani, qualche bambino. Spesso il livello è molto popolare, come emerge dalle grafie, dalla grammatica e dalla sintassi. Difficile fare una statistica sul sesso, si potrebbe dire che le donne sono in maggioranza, ma gli uomini non mancano.

«Ci sono persone che scrivono con una certa frequenza e costanza.

«La provenienza degli scriventi è, nella maggioranza dei casi, non dichiarata, così come la maggior parte dei messaggi è anonima o riporta tutt’al più una sigla. Si può presumere che molti siano della città di Casalpusterlengo. Tuttavia un attento esame mostra una certa diffusione della devozione a padre Carlo.

«Anzitutto i devoti provengono da paesi del Lodigiano: Lodi Vecchio867, Mairano868, Lodi869, Casalmaiocco870, Codogno871, S. Martino872, Cornegliano Laudense873, Ospedaletto Lodigiano874, Castelnuovo Bocca d’Adda875. Per chi conosce il territorio, oltre a provenienze adiacenti a Casalpusterlengo è singolare incontrare paesi posti a una certa distanza, quali Mairano e Casalmaiocco.

865 I, 81.866 II, 29; VII, 91, ecc.867 II, 83.868 III, 28.869 VI, 7.870 VI, 32; XV, 45.871 VIII, 24; XIII, 60.872 In Strada o Pizzolano? VIII, 55.873 Pellegrinaggio: XIV, 35.874 Pellegrinaggio: XIV, 37.875 XIV, 38; XV, 64.

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«C’è poi il ricorrente riferimento di devoti dal paese d’origine del Servo di Dio, cioé Abbiategrasso876.

«Ma è singolare incontrare pellegrini da altre zone della Lombardia, apparentemente senza connessioni a una vicenda così localizzata. Ecco le provenienze: Milano877 e S. Giuliano Milanese878; paesi della provincia di Pavia879; Palazzo Pignano, in provincia di Cremona e diocesi di Crema880; Pegognaga, provincia di Mantova881; alcuni sono pellegrinaggi collettivi: da Bergamo882, da Busnago883, da Carate Urio (CO) e altri oratori dei dintorni884.

«Ma le tracce di una diffusione della devozione al Servo di Dio escono dall’ambito lombardo: oltre alla vicina Piacenza885, ci sono Ravenna886, Rovigo887, Comacchio888, dunque l’area del delta del Po. Una preghiera è di una coppia di sposi nel loro anniversario, provenienti da Casapulla, tra Caserta e Santa Maria Capua Vetere889. Un pellegrinaggio proviene da Bologna890.

«Non mancano preghiere di stranieri, presumibilmente in maggioranza immigrati residenti a Casalpusterlengo o nei dintorni: bielorussi (2, 35 con dedica anche in cirillico) e le preghiere in cirillico sono frequenti e a un certo momento

876 Cf. I, 88; II, 23. 103; V, 1; VI, 46; XIV, 42; XV, 24. 58.877 I, 91; VI, 65; VII, 26; XIII, 63.878 VIII, 21.879 Corteolona: II, 11; IX, 10; Broni: VI, 12; Vigevano: X, 46.880 XIV, 67.881 VII, 24.882 XIV, 68.883 (MI: XV, 50.884 XV, 47.885 I, 60.886 II, 4.887 III, 67.888 FE: III, 94.889 VII, 88.890 XIII, 67.

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diventano costanti891; romeni892; ispanici893; albanesi894. Vi sono suppliche in lingua inglese895; in francese896. Una preghiera è per “i miei figli capoverdiani”897. Potremmo dire che la devozione al padre Carlo assume in questi anni una dimensione ecumenica!

«Questa breve sintesi della massa di materiale conservato nei quaderni mi sembra porti alla conclusione che il riferimento al padre Carlo d’Abbiategrasso sia rimansto costante in questi anni, provenendo sicuramente da una continuità degli anni precedenti: infatti il primo quaderno “parte” subito con molte richieste e ringraziamenti, segno che alla tomba del padre Carlo il pellegrinaggio e la supplica non partono nel settembre 2001. E’ evidente che in questi ultimi anni, grazie all’opera dei padri cappuccini e in particolare di padre Evaldo Giudici, spesso citato, il ricordo del Servo di Dio è stato tenuto vivo e incrementato, ma partendo dalla base solida ricostruita dagli altri documenti. La sua figura è più diffusa di quanto si pensi, “attecchisce” facilmente presso i nuovi arrivati nel territorio, ha una dimensione molto popolare e però non sembra affatto anticipare tempi e modalità del culto che sono la decisione solenne della Chiesa può comportare. Per tutti, c’é “Padre Carlo”. La sua intercessione, strettamente connessa con il culto alla Beata Vergine Maria, è invocata per molte circostanze della vita quotidiana».

Scheda tecnica sulla documentazione«Si tratta di 15 quaderni formato “protocollo” (cm 30 x

20,5). Le pagine sono numerate a timbro, ed è a questi numeri che qui sopra si fa rifermento.

«In ogni quaderno è inserito un foglio, con una scheda riassuntiva che riporta, oltre alle date estreme, anche un

891 III, 86 e V, 29. 31. 32. 33. 39. 40. 58; VI, 10. 16. 27; VII, 8. 13. 33. 34. 53. 54. 87; VIII, 44. 56. 72. 96; IX, 4. 14; 11, 6. 53. 56; XIII, 62; sono quasi tutte, ma non tutte, della stessa persona.

892 II, 103 e VI, 60 in romeno.893 VII, 59; IX, 19. 59; XIII, 40; XIV, 74; XV, 57; XI, 55; X, 22. 55.894 (?: XII, 18.895 II, 39; VII, 87; VIII, 48. 95; XI, 60.896 V, 18; XII, 71, quest’ultimo certamente dall’Africa; probabilmente

di stranieri sono anche IV, 55; VIII, 95; X, 67.897 XIII, 69.

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numero complessivo di scritti e una sorta di «catalogazione» soggettiva degli scritti, distinti tra «ringraziamento», «richiesta di aiuto generico», «richiesta interessamento per grazie spirituali» e così via. Si individuano anche «dichiarazioni interessanti» o «dichiarazioni di vescovi, frati, sacerdoti...».

n° 1: dal 29 settembre 2001 al 5 agosto 2002 = 657 scritti

n° 2: dal 6 agosto 2002 al 9 settembre 2003 = 553 scrittin° 3: dal 10 settembre 2003 al 7 settembre 2004 = 558

scrittin° 4: dal 9 settembre 2004 all’8 febbraio 2005 =332

scrittin° 5: dall’8 febbraio 2005 al 15 agosto 2005 = 324 scrittin° 6: dal 15 agosto 2005 al 28 marzo 2006 = 448 scrittin° 7: dal 28 marzo 2006 al 7 dicembre 2006 = 547 scrittin° 8: dal 7 dicembre 2006 al 5 agosto 2007 = 595 scrittin° 9: dal 6 agosto 2007 all’8 gennaio 2008 = 422 scrittin° 10: dall’8 gennaio 2008 al 17 maggio 2008 = 444

scrittin° 11: dal 17 maggio 2008 al 29 agosto 2008 = 382

scrittin° 12: dal 29 agosto 2008 al12 gennaio 2009 = 404 scrittin° 13: dal 13 gennaio 2009 al 1 aprile 2009 = 367 scrittin° 14: dal 1 aprile 2009 al 9 luglio 2009 = 403 scrittin° 15: dal 9 luglio 2009 al 24 ottobre 2009 = 434 scritti«Nel faldone sono pure inserite alcune copie di un breve

studio sul quaderno 15, dattiloscritte, con l’individuazione di alcune testimonianze ritenute particolarmente significative e la loro trascrizione»898.

4) Suppliche al Sepolcro di Padre Carlo dal 16 agosto al 23 ottobre 2009

Il quaderno in esame è il n. 15 e raccoglie le testimonianze dei fedeli e dei pellegrini che si sono

898 Testo di don Angelo Manfredi, Lodi 8 marzo 2010.

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soffermati sulla tomba di P. Carlo dal 10 luglio 2009 al 24 ottobre 2009. Consta di 76 pagine e di 434 testimonianze come per i quaderni precedentemente trattati si è cercato di catalogare gli scritti dai quali risulta che la maggior parte di essi sono richieste di aiuto, di protezione anche spirituale, oppure di ringraziamento. Alcuni scritti sono particolarmente importanti (a giudizio di chi li ha esaminati) e vengono riportati per intero899.

Pagine di ringraziamentoPag. 24, lettera B: “Grazie P. Carlo di aver aiutato mio

marito a guarire dal suo Pneumotorace, evitando così l’operazione. Tutto è iniziato il giorno della ricorrenza della tua morte”. F.to Luigina di Abbiategrasso (MI) 6-08-09.

Pag. 25, lettera C: “Caro P. Carlo, grazie per avermi guidato nel cammino della mia vita, fino adesso. Sei stato un grande maestro. Chiedo scusa se ho mancato di rispetto a chi mi ama nella vita. Ti prego stai sempre vicino alla mia compagna, illuminando la strada del suo cammino. Veglia sempre su di lei”.

Pag. 47, lettera D: “Gli oratori di Carate Urio, Soglio e Brino di passaggio ringraziano per l’ospitalità e pregano P. Carlo per il futuro del loro cammino. F.to Don Maurizio e Don Eugenio 09-09-09”.

Pag. 63, lettera C: “Grazie P. Carlo per avermi concesso la grazia che ti ho domandato in questi mesi. Non ci sono parole… Francesco”.

Pag. 68, lettera B: “Ritengo di avere ricevuto una grazia da P. Carlo e lo voglio dire!!! Grazie”.

Richieste di aiuto per problemi non precisatiPag. 8, lettera E: “P. Carlo ti prego tanto, fa che mio

marito rimanga nella nostra casa e nella nostra famiglia. Illuminalo e guidalo verso la luce del nostro matrimonio. Grazie infinite”.

Pag. 9, lettera C: “P .Carlo mi sento tanto sola perchè mio marito ritorna da sua mamma …. stasera è l’ultima sera

899 Cf. Casalpusterlengo, Arch. PC, cart. 22/15.

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che stiamo insieme …. Ti prego fallo tornare presto da me grazie”.

Richiesta di aiuto e di intercessione per problemi dello spirito e per casi difficili - affido-benedizione

Pag. 28, lettera C: “P. Carlo ti affido i Sacerdoti di questa città. Tu sai, ti ringrazio per le tue preghiere”.

Pag. 59, lettera A: “Caro P. Carlo assisti i miei figli, mio papà, i miei nipoti e dammi la forza di andare avanti. Proteggimi sempre e soccorrimi nelle mie tribolazioni. Negli ultimi anni la mia vita è stata percorsa da umiliazioni, sofferenze e pianti. Fa che per me e i miei figli e i miei nipoti ci possa essere un futuro più sereno e tranquillo. Grazie P. Carlo”. 29-09-09.

Richiesta intervento e sostegno per malattie e casi disperati

Pag. 12, lettera E: “Caro P. Carlo, ti prego di insistere presso il cuore di Dio, affinché mia sorella Barbara possa al più presto riacquistare pienamente e completamente il dono della guarigione da questa brutta malattia e restare ancora un po’ qui con il figlio Davide, almeno fino alla sua maggiore età. Grazie di cuore Giuliana”. 29-07-09.

Pag. 17, lettera B: “Caro P. Carlo, speranze per guarire non ce ne sono più, mi affido a te, affido a te e alla Madonna Davide, datemi la possibilità di seguirlo anche dall’aldilà. Fate che possa se non essere con voi in Paradiso, di essere con voi e Gesù e di poter pregare per le persone che hanno pregato per me, nell’ora della mia morte statemi vicino e accoglietemi con misericordia nel regno del Paradiso! Datemi la possibilità di essere vicina a tutti quelli che hanno pregato per me e di poter fare il bene che non ho potuto insieme a voi! Grazie per tutte le gioie che mi avete concesso in questo periodo della malattia, delle persone amiche che mi sono state vicino e perfino delle persone che non conoscevo che hanno pregato per me e Davide. Se ho sbagliato chiedo perdono a tutti e mi rimetto alla volontà di Dio, prega per la mia famiglia! Barbara e Davide”. 06-08-09.

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Pag. 18, lettera A: “Caro P. Carlo Maria, io non ti conosco, ma forse tu conoscerai me. Sono una povera peccatrice ma votata a fare del bene al prossimo sempre con il cuore. Sono una mamma con una croce pesantissima te la offro in cambio della guarigione di questa mamma Barbara: degnissima e dolcissima del piccolo Davide. Sai bene che è per lui l’unico riferimento non avendo affettivamente un papà. Ti supplico di intercedere presso l’Altissimo che serba pure le preghiere da me rivolte alla Beata Madre Vergine Maria di Lourdes. Accogli la mia preghiera e sarò testimone della tua santa intercessione. Claudia Maria”. 06-08-09.

Pag. 19, lettera B: “Caro P. Carlo, una carissima amica e tua devota sta attraversando un momento grave di salute. Sai che è sempre presente alle tue celebrazioni come volontaria, aiutala a superare questo grave momento e intercedi presso la Beata Vergine Maria. Grazie”.

Pag. 38, lettera B: “Caro P. Carlo prega per Barbara e Davide perché il bene che vuoi per loro sia presto visibile a loro e a coloro che li amano. Prega perché, come per Lazzaro, questa malattia non sia per la morte ma per la GLORIA DI DIO. Signore sta a loro vicino più che mai! Sostienili! Accarezzali! Abbracciali! Dai loro presto tanta gioia: ti prego! Signore aumenta la mia fede. Maria.

Pag. 72, lettera B: “O Padre Carlo questa volta la mia richiesta e la mia domanda è molto grande. Lo sai tu e hai capito. Lei ti aspetta e incomincia a credere in te.Ha Tanto bisogno di una grazia da parte tua e di una grande preghiera a Gesù da parte tua. Lei ha bisogno di essere forte e di sopportare il peso della malattia e se mi permetto lo chiedo così “Ha bisogno di guarire.” È troppo chiedere un miracolo speciale? Io gli ho detto che sei miracoloso. Aiutala a guarire come hai fatto con il mio nipote. Io ci credo e lei pregherà dagli U.S.A. senza conoscerti. Pregherà P. Carlo. Anch’io prego con fiducia. Un occhio verso di lei solleva molti dolori e chissà la salverai. Aiuto P. Carlo grazie.”

Dichiarazioni interessanti

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Pag. 20, lettera H: “P. Carlo, ricordati di Sr. Maria Maddalena e della santificazione dei frati della Diocesi di Lodi”. 09-08-09 Don B.

Pag. 50, lettera B: “Devoti in pellegrinaggio da Busnago, 50 persone, il 13-09-09.

Richieste di Vescovi-Sacerdoti-FratiPag. 3, lettera B: “Accompagna gli ultimi miei passi con

tutta la provincia di Ma.pa Makapa”. Frei Aquilino dal Brasile. 23-07-09.

Pag. 3, lettera F: “Grazie a Dio, ormai prossimi alla solenne riapertura del Processo Diocesano sulla fama di santità del caro Padre Carlo, di te esemplare nella COMUNIONE INTIMA CON DIO, sotto la protezione della Vergine di Casale ti chiediamo di avere fiducia in te accrescendo in noi, con la nostra partecipazione, l’imitazione delle tue eroiche virtù”. Serafino Spreafico Vescovo (Brasile ).16-07-09.

Pag. 26, lettera F: “Grazie Signore per la causa del Servo di Dio Padre Carlo, il cui processo diocesano sarà riaperto il 7 Settembre p.v. sotto la protezione della Madonna di Casale: W la Diocesi di Lodi W l’ordine dei Frati Minori Cappuccini specie se la fama di santità del S. di Dio sarà nell’impegno di imitazione del suo straordinario carisma.” Serafino Spreafico Vescovo (Brasile ). 19-08-2009.

Pag. 44, lettera F: “Carissimo Confratello Cappuccino, Sacerdote P. Carlo, nel giorno corrente, finalmente, riaprono il “processo diocesano” sulla tua “figura-carisma”. Grazie a Dio , alla tua/nostra Madonna di Casale, ma anche a Te!! Aiutaci con la tua assistenza ad imitarti nella contemplazione di Dio. Accompagna tutti i Missionari !!” Serafino Spreafico Vescovo emerito di Grajahu Maranhao (Brasile ) Magnificat! Alleluia! Gracias a Deus!! 07-09-2009.

Pag. 65, lettera A: “ I frati Cappuccini Lombardi riuniti nel celebrare i giubilei presbiteriali e di professione religiosa hanno pregato sulla tomba di p. Carlo d’Abbiategrasso”.

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Pag. 76, lettera B: “ Caro e potente Servo di Dio P. Carlo, ricevi il mio/nostro GRAZIE e, per volontà di Dio intercedi quanto prima da Lui il Miracolo con le due Basi sicure e documentate : la prima quella Teologica e l’Intercessione Tua; la seconda quella Clinica-cura della malattia senza spiegazione scientifica. Ti desideriamo BEATO quale esempio di radicale contemplazione di Dio e della Madonna di Casale e quale Ministro Straordinario della Missione di Consolazione” Serafino Spreafico.(Vescovo –Brasile ). 23-10-2009.

5) Il «raccoglitore bianco»«Nel raccoglitore che mi è stato consegnato sono

raccolte varie decine di schede prestampate, formato A5, predisposte dai padri del Santuario per agevolare la comunicazione di informazioni e grazie. Delle schede esistono due versioni: una più vecchia, ancora ciclostilata, databile attorno agli anni 80-90 del XX secolo. L’altra più recente, dal 2000 circa, e la maggior parte delle testimonianze è di questa seconda serie.

«Inoltre sono stati raccolti alcuni biglietti e lettere lasciati presso il sepolcro di padre Carlo.

Datazione e questioni cronologiche«Purtroppo la gran maggioranza delle testimonianze non

è datata, e molte sono anonime. Però per quanto riguarda la persistenza della fama di santità, queste schede documentano alcuni aspetti interessanti. Anzitutto alcuni devoti collocano l’inizio della conoscenza e della devozione a padre Carlo ad anni precisi. Queste alcune date dichiarate: 1994 – 1988 – 1985 – 1976. Diverse persone affermano di esser devote a p. Carlo «da circa 25 anni», e si può risalire quindi attorno agli anni 1970-1975. Almeno due testimonianze collegano la loro devozione agli insegnamenti dei genitori, e una di esse parla di una devozione «da circa 70 anni», quindi attorno al 1930-1935. Un altro dichiara di conoscere padre Carlo da cinquant’anni.

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«Vorrei infine ricordare un caso del 2001, che afferma di far riferimento a padre Carlo «da almeno 30 anni». Questo devoto racconta un’esperienza che si stacca dalle molte conservate in questi foglietti e nei quaderni e che chiedono grazie o ringraziano per ragioni di salute, di lavoro o di vicende famigliari. La riporto per intero: «Dopo essermi allontanato dalla religione per alcuni decenni, ho iniziato un lento avvicinamento alla fede. Esso però trovava un insormontabile ostacolo nella confessione sacramentale. Ho pregato molto padre Carlo d’Abbiategrasso affinché sbloccasse questa drammatica situazione. Sono stato esaudito. Gli sono grato di avermi consentito la ripresa di una vita cristiana interrotta».

Diffusione geografica della fama di santità«Molte annotazioni si collocano a Casalpusterlengo e in

parrocchie adiacenti (Secugnago, Codogno, Somaglia, Corno Giovine, Ospedaletto Lodigiano, S. Martino Pizzolano, S. Stefano Lodigiano); altre si collocano geograficamente nella diocesi di Lodi, ma in parrocchie a una certa distanza dal santuario e non legate dagli storici pellegrinaggi annuali (Lodi, S. Martino in Strada, Castiraga Vidardo, Corte Palasio, Crespiatica, Cavenago d’Adda, S. Angelo Lodigiano). Oltre a diversi riferimenti abbiatensi, tra cui un sacerdote di Garbagnate Milanese ma originario di Abbiategrasso, e di paesi vicini (Besate, Ozzero), riconosciamo persone che conoscono padre Carlo e si rivolgono a lui nel pavese (Pavia, Cava Manara, Bornasco, Monticelli Pavese), nel piacentino (Piacenza, Ziano Piacentino), nel cremonese (Soresina, Torre de’Picenardi ); un riferimento molto occasionale viene da Cortenuova (BG), uno da Casagiove (CE) dichiara di avere parenti a Casalpusterlengo.

«Una persona di Milano dichiara di aver conosciuto padre Carlo «nella chiesa di viale Piave a Milano».

«Vi sono tracce di devozione a padre Carlo tra gli immigrati romeni e latinoamericani.

«Senza particolari novità rispetto ai quaderni, si evidenzia una certa diffusione della conoscenza della figura

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di padre Carlo e della sua fama di santità, che non è legata unicamente a Casalpusterlengo e ad Abbiategrasso.

Modalità di diffusione della fama di santità«Le schede prestampate chiedono in che modo si è

venuti a conoscenza della persona di padre Carlo. Oltre che tramite parenti e conoscenti, per lo più di Casalpusterlengo, svolgono un ruolo consistente le riviste, gli opuscoli e le biografie, talvolta le immaginette. In alcuni casi è la conoscenza di qualcuno dei padri cappuccini, in particolare padre Evaldo, a mediare nei confronti della figura di padre Carlo.

«La vicinanza dell’ospedale di Casalpusterlengo ha permesso a diverse persone di conoscere padre Carlo in situazione di malattia di parenti.

Conclusione«Il materiale del raccoglitore ci offre sostanzialmente

una conferma di quanto già si è desunto dai quaderni, anche per quanto riguarda le grazie richieste. Il fatto nuovo è sicuramente la testimonianza di una devozione presente almeno a Casalpusterlengo e dintorni non solo negli anni ’70 del XX secolo, ma addirittura fino agli anni ’30»900.

6) Commemorazioni annuali e testimonianzeIn questa parte documentaria si rimanda a ben 67

discorsi commemorativi per lo più pronunciati da religiosi cappuccini, ma anche da sacerdoti secolari e vescovi dal 1895 al 2008901. Si elencano poi molte testimonianze rilasciate per iscritto da religiosi e laici, dal 1908 a prima del 7 novembre 2007902 e altre scritte da vescovi, religiosi e laici dal 7 novembre 2007 in poi903.

900 Studio di don Angelo Manfredi, Lodi, 30 giugno 2010.901 I testi sono conservati o in copia cartacea, o stampati sul bollettino

del santuario o riferiti per un cenno di cronaca, e sono tutti raccolti nell’Arch. PC, cart. 4 (Appendice, pp.

902 Sono 43 testimonianze conservate in Arch. PC, cart. 12 (Appendice, pp.

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Particolare rilievo assume la testimonianza del sig. Carlo Lucchini che riportiamo integralmente:

Casalpusterlengo, 20 luglio 2009.Venuto a conoscenza della necessità di avere

documentazione valida per accelerare la beatificazione del servo di Dio padre Carlo d’Abbiategrasso, voglio raccontare la mia storia personale legata a questo Frate e culminata nel 1989.

Sono un ex alcolista caduto nel tunnel dell’alcool non per gravi dispiaceri, ma per cattive abitudini. Fino a 22 anni correvo in bicicletta senza mai toccare un goccio di alcool. Più tardi ho incominciato a frequentare i bar e a bere qualche bicchiere. Il mio lavoro mi portava all’estero, per tre, quattro mesi di seguito ogni anno, e in questi periodi ero assolutamente astemio. Quando rientravo in Italia riprendevo a bere, prima uno, poi due, poi tre bicchieri di bianco, tutto ciò per parecchi anni.

A quarantatré anni sono rimasto vedovo con tre figli piccoli – mia moglie era stata inferma quattro anni – e mi sono risposato con una persona più giovane di me; con lei vivo già da ventisette anni, serenamente. Dalla seconda moglie ho avuto altri tre figli; ho continuato a lavorare all’estero e a comportarmi a casa allo stesso modo sopra descritto, diventando così un alcolista vero e proprio con crisi epilettiche.

Avevo comunque un punto fermo: la fede. Pregavo continuamente - anche rimbambito dall’alcool - la Madonna dei Cappuccini, soprattutto padre Carlo di cui conservavo una piccola immagine nel portafoglio.

Così come ero ho dovuto abbandonare il lavoro per malattia perché non potevo reggermi in piedi. Una mattina ho accusato improvvisamente forti dolori allo stomaco e al fegato. Era il 1° febbraio 1989. Per farmeli passare ho pensato, di andare al bar a bere. Sono stato malissimo, ho dovuto tornare a casa e chiamare la croce rossa. Al pronto soccorso ho udito dal prof. Priccolo, che parlava con mia moglie, queste testuali parole: «Suo marito avrà sì e no un giorno di vita». Pur rimbambito dall’alcool e dai dolori, la mia mente è andata alla immaginetta di padre Carlo, racchiusa nel portafoglio, e ho incominciato a pregarlo.

903 Elenco di 81 testimonianze raccolte in Arch. PC, cart. 18 (Appendice, pp.

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Mi hanno diagnosticato pancreatite acuta e calcolosi. Due giorni dopo sono stato portato in sala operatoria e da quel momento ho perso la conoscenza per dieci giorni. Improvvisamente alle dieci del mattino di un mercoledì (12 febbraio 1989) mi sono svegliato come se nulla mi fosse successo. Alla mia richiesta di spiegazioni il prof. Priccolo rispose: «Alza il lenzuolo e vedrai cosa ti è successo»; così ho fatto e ho visto tutto il basso ventre incerottato con sondini grossi come un dito, per un intervento chirurgico in «laparotomia esplorativa e colecistectomia». Anche oggi porto i segni dei numerosi punti, delle cicatrici e una pancreatite che tuttavia non mi crea problemi.

La zia, che mi aveva assistito mentre ero in coma, mi ha poi detto che in quei giorni continuavo a guardare il crocifisso e a farmi il segno della croce e che stringevo l’immagine di padre Carlo nella mia mano.

Dopo un mese e otto giorni di ricovero mi hanno dimesso e il professore, nel consegnarmi la lettera, mi ha raccomandato di non bere più perché lui stesso ancora in quel momento era meravigliato del mio risveglio.

Sono immediatamente andato sulla tomba di padre Carlo e a Lui ho chiesto di togliermi il vizio del bere. Da quel momento non ho più toccato, a tutt’oggi, un goccio di vino.

Una sera recatomi al pronto soccorso con il mio bimbo più piccolo, perché era caduto male, il professore mi presentò ad alta voce: «Eccolo qui il morto che cammina». Ho ripreso a lavorare e ho allevato i miei figli. Ora in pensione aiuto i figli o altri che ne abbiano bisogno.

Ho voluto raccontare la mia vicenda perché voglio ringraziare pubblicamente Padre Carlo per la sua continua attenzione morale e materiale nei miei confronti. Se sto bene è merito suo.

In fede,Carlo LucchiniViale Cappuccini, 142/c Casalpusterlengo904.

904 Cf. Santuario “Madonna dei Cappuccini”, Arch. PC, cart. 18, doc. 81.

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IIIAPPUNTI SULL’EROICITA’ DELLE

VIRTU’

Per la prova dell’esistenza dell’eroicità delle virtù è importante ricordare che si tratta di abiti eroici di virtù frequentemente e costantemente ripetuti, come spiegava Benedetto XIV prompte, faciliter, constanter, cum gaudio905. Ora dai documenti e testimonianze raccolti risultano chiaramente e con certezza morale questi abiti virtuosi nel Servo di Dio. Certamente è necessario tener conto della mentalità, delle forme di vivere comuni, del livello culturale, morale, ascetico-spirituale dell’epoca in cui egli ha vissuto906.

Eroicità delle virtù in genereDalle diverse testimonianze raccolte sia nel processo di

Milano che in quello di Lodi appare questa convinzione di trovarsi di fronte a un uomo di eccezionale virtù. P. Giustino da Lovero dice: «L’ho veduto la prima volta ai primi di novembre del 1852 e la impressione ricevuta fu quella di un uomo di virtù veramente straordinaria»907. Fr. Giovanni Radaelli da Arcore: «Dalle cose udite e da me vedute mio son formata la convinzione cvhe era uomo di somma virtù e

905 Cf. De Servorum Dei beatificazione et de Beatorum canonizatione, L. III, cap. XXI, nn. 10-11.

906 Si vedano, ad es., i seguenti studi che possono in qualche modo illustrare questi diversi aspetti: Storia della spiritualità italiana, a cura di Pietro Zovatto. Roma, Città Nuova Editrice, 2002, 478-593 (= La spiritualità dell’Ottocento italiano); Chiesa e religiosità in Italia dopo l’Unità (1861-1878). Atti del quarto Convegno di Storia della Chiesa, La Mendola 31 agosto-5 settembre 1971. (Scienze storiche ; 3,1-2; 4,1-2). 4 v. Milano, Vita e Pensiero, 1973. In particolare gli studi di Mario Bendiscioli, La pietà specialmente del laicato sulla scorta dei manuali di devozione diffusi nell’Italia settentrionale, ibid., vol. Relazioni – II, pp. 154-176; Innocenzo Colosio, Le “Istituzioni di teologia ascetica e mistica” di A. Ighina (1815-1906) e la spiritualità nell’Italia dell’800, ibid., vol. Comunicazioni – II, pp. 51-103; T. Goffi, La spiritualità dell’Ottocento. (Storia della spiritualità, 7). Bologna, Edizioni Dehoniane, 1989.

907 Proc. Med., XXX testis, f. 199r.

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non ne ho visti altri»908. Fr. Simpliciano Maria Colombo da Rescalda: «Secondo me era distinto in tutte le virtù, ma specialmente nella carità, umiltà e penitenza… So per tutto il tempo che sono stato insieme a lui che si mostrò perfetto in tutte le virtù, senza che si potesse fare alcuna osservazione»909. Giuseppa Bonecchi: «È mia persuasione ed opinione degli abitanti di Abbiategrasso che padre Carlo sia stato un uomo di virtù straordinaria»910. È un ritornello continuo nelle deposizioni911.

Possiamo riassumere così il giudizio complessivo dei confratelli cappuccini negli anni trascorsi nell’Ordine e dopo morte. «Alcuni pochi attribuivano la sua vita singolare a pellegra od altra affezione, comunemente però era tenuto come uomo di virtù grandissima» (Fra Barnaba da Milano). Aggiunge: «La stima per p. Carlo dopo la sua morte si è sempre conservata, salvo quei pochi che prima non l’avevano in buona opinione»912. Altri religiosi si ricredettero da un primitivo giudizio negativo.

P. Cristoforo da Lecco, il guardiano che accolse il giovane Vigevano come novizio all’Annunciata di Borno, e

908 Ibid., I testis, f. 60v.909 Ibid., III testis, f. 101r, 116r.910 Ibid., IV testis, f. 134r.911 Ecco qualche esempio di altre testimonianze: Pietro Mazzucchelli:

«Da quello che consta a me era fin da giovane un uomo santo, dato all’orazione» (VI testis, f. 142r). Fr. Barnaba Bozzotti da Milano: «Ho potuto arguire che egli era veramente un uomo di straordinaria virtù. Mi pare che siasi distinto in tutte le virtù, accenno in particolare la pietà e la mortificazione» (VIII testis, f. 153v). La signora Giuseppa Albini: «Mi pare di poter dire che padre Carlo sia stato veramente uomo di grande virtù» (IX testis, f. 159r). Don Domenico Antonio Gioletta, parroco di Cassago: «Ho sempre ritenuto he fosse un figliuolo di virtù straordinarie» (XIV testis, f. 185r). P. Augusto Franceschini da Crema: «Fui sempre persuaso che il padre Carlo sia prima di entrare in religione, sia in religione, sia stato un uomo di virtù straordinaria, un’anima veramente eletta» (XXI testis, f. 219v). Don Saverio Guasconi: «Ritengo che era uomo di virtù, e lo argomento dal suo contegno veramente singolare che inspirava santità» ( Proc. Laud., III testis, f. 113r). Marianna Buonalancia Guasconi: «Ritengo fosse un uomo di gran virtù, lo dimostrava la devozione straordinaria che aveva in chiesa, la modestia nel non guardare mai a nessuna persona, e queste cose imporessero in me, quantunque ancora fanciulla, un concetto di gran santità» (Ibid., VIII testis, f. 155r), ecc.

912 Proc. Mediol., f. 154v- 155r.

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che lo dimise, riconobbe il suo errore nella deposizione processuale: «Venne dimesso dall’Ordine per il solo motivo di salute, non ritenendolo sufficiente a sostenere le fatiche della regola; secondariamente anche perché aveva gli occhi come imbalorditi e sembrava mezzo imbecille; questo fu il mio giudizio d’accordo col maestro dei novizi P. Ignazio da Rovetta… Quando udii che era stato riammesso in convento, ricordo che conversando con P. Ignazio da Rovetta ed anche con altri abbiamo disapprovato la riaccettazione, supponendo che presto avrebbero dovuto rimandarlo perché non aveva salute sufficiente; ma poi in seguito ci siamo ricreduti quando abbiamo sentito di fatti straordinari nella sua vita, ed ora sono persuaso di aver preso un granchio; da tutto quello che ho sentito lo ritengo anch’io un vero santo»913. Forse si riferiva a questa deposizione p. Giustino da Lovero: «La stima che di lui si aveva come di santo, diventò sempre più larga sebbene qualcuno lo chiamasse pellagroso, sebbene questo stesso avesse poi a testimoniare in favore della santità di P. Carlo»914.

Chi conservò un giudizio negativo, dunque (un “pellagroso”); e chi pervenne a un giudizio totalmente positivo (è un santo). Ci fu anche chi conservò sempre la più alta stima, negli anni trascorsi nell’Ordine e dopo morte.

P. Augusto da Crema, suo maestro di grammatica a Bergamo: «Fui sempre persuaso che il P. Carlo sia prima di entrare in Religione, sia in Religione, sia stato uomo di virtù straordinaria… un’anima veramente eletta… Dei religiosi e secolari che lo conobbero personalmente specialmente negli ultimi anni della vita, posso dire che ne ebbero grande stima come di un santo… Si è ritenuto da tutti che colla sua morte fosse morto un santo, e che l’Ordine avesse un fratello ed un protettore in Paradiso, mentre stimava che non avesse toccato il Purgatorio».

913 Ibid., f. 234v: «In generale lo si è sempre ritenuto in buona stima, anche prima ch'egli nel convento di Casalpusterlengo avesse a suscitare fama di sè; sebbene alcuni fino a questo tempo lo ritenessero sempre per una persona meno sviluppata a cagione di malattia e lo chiamassero perciò pellagroso».

914 Ibid., f. 206r.

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Fra Raimondo da Casalpusterlengo: «Fu sempre ritenuto in buona opinione anche dopo morte». P. Paolino da Verdello, Superiore Provinciale: »L’opinione mia era di santo, e tale per quanto mi consta era l’opinione di tutti gli assennati e massime dei nostri Superiori». Ancora P. Cristoforo da Lecco, innrisposta alla domanda: «Sa se in Religione vi siano persone contrarie all’avviamento del presente Processo?», disse: «Non conosco persona, anzi sarebbe scandaloso se vi fosse»915. A questo punto possiamo dire che gli stessi giudizi sono constatabili nei concittadini di Gaetano Vigevano e nei confratelli di P. Carlo d’Abbiategrasso. Risulteranno tali anche nel borgo di Casalpusterlengo.

Risulta più facile cogliere i giudizi degli abitanti di Casale e vicinanze nei confronti del giovane frate giunto al convento dei Cappuccini nel mese di luglio del 1858.

In realtà, molto è già stato detto; qui si esplicitano e si collegano le testimonianze processuali che permettono di affermare che la fama di santità creatasi a Casale nei brevi mesi della sua permanenza, e manifestatasi in modo imponente nei giorni seguenti la sua morte e nella celebrazione del funerale, non era venuta meno col trascorrere dei decenni. Nelle deposizioni dei testimoni si legge il nitido ricordo conservato dalla popolazione di fatti sempre più lontani nel tempo.

È evidente, come appare dalle testimonianze, la convinzione profonda del popolo cristiano di rivolgersi ad una persona santa perché intercedesse presso Dio: va a pregare sulla sua tomba al cimitero; utilizza quasi come reliquie e talismani terra ed erba della tomba, in qualche modo a contatto con le sue spoglie mortali; là trova rifugio nelle tribolazioni personali e in quelle inferte dai nemici alla comunità cristiana; ottiene grazie e in particolare guarigioni miracolose; spinge e supporta i frati cappuccini nella decisione di mettere al sicuro e di dare degna sepoltura definitiva ai suoi resti mortali, e decreta onori trionfali alla

915 Queste ultime citazioni, in successione: P. Augusto da Crema, in Proc. Mediol., ff. 219rv, 221v; fra Raimondo da Casalpusterlengo, ibid., f. 248r; p. Paolino da Verdello, f. 85v; p. Cristoforo da Lecco, f. 233v- 234v.

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loro traslazione al Santuario, e sulla nuova tomba continua il pellegrinaggio. Una convinzione profonda di tutte le componenti del popolo cristiano: gerarchia, clero, religiosi e soprattutto semplici fedeli, che porta alla decisione di introdurre la Causa di beatificazione e canonizzazione. Le deposizioni processuali, infatti riferiscono fatti che sono noti ad altri, o a molti, o a tutti in paese, e testimoniano una devozione non ristretta a poche persone, ma condivisa in parrocchia e ben oltre, fatti, del resto, che sono stati ricordati nell’esame della vita del Servo di Dio.

Quell’accorrere al santuario per chiedere la benedizione di P. Carlo era già una prova della fiducia posta nella sua intercessione davanti a Dio e a Maria Santissima: cioè della credenza comune che fosse un religioso veramente santo. Quel che la gente pensava è riferito dai testimoni, all’unanimità. Non c’è che l’imbarazzo della scelta:

Mainini Gaetano: «Quelli che lo conobbero lo ritennero un santo ed io pure avevo del P. Carlo questo concetto… L’opinione di santo che aveva in vita fu conservata dopo morte, ed anche attualmente è viva». Mangini Giovan Battista, sacrista di San Bernardino: «Generalmente fu ritenuto per un santo… Si confermò anche dopo morte l’opinione che fosse un santo». Vida Antonietta: «Sempre fu tenuto in concetto di santo… Udii dire che celebrava con tanta devozione la Santa Messa, che molti accorrevano ad ascoltarla anche solo per ammirarlo…. Ho sentito il popolo ripetere che solamente al vedere P. Carlo si restava persuasi della sua santità… Tutti poi desideriamo che venga innalzato all’onore degli altari». Ghidoni Pietro di Fombio, testimone di una guarigione miracolosa: «Sentii dire da mia madre che era un uomo di virtù… Si diceva che facesse miracoli… Tutti lo credevano un buon religioso… A Casale molti lo hanno in concetto di santo, e negli altri luoghi è tenuto da alcuni virtuoso». Vaccari Michele di Secugnago: «Ritengo fosse un uomo santo perché benediva e guariva gli infermi… Lo tennero tutti quelli lo conobbero, in concetto di santo… Anche dopo morte fu tenuto in concetto di santo, e molti lo pregavano e lo pregavano per ottenere grazie». Gagliani Maria: «Sentii da tutti dire che era un santo… che

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operava molti miracoli… Non solo dai buoni, ma anche dagli scapestrati il P. Carlo fu ritenuto un santo».

Borsotti Antonio: «Al modo con cui si presentava si mostrava essere un santo… Ho sentito anche gli altri dir tutti che era un santo… Pareva che andasse in estasi quando era innanzi all’altare… Tutti lo tenevano in concetto di santo, e ho anzi sentito anche due che non andavano mai in chiesa dire che anch’essi, dopo averlo visto lo ritenevano un santo… Anche dopo la morte fu ritenuto un santo». Borsotti Carlo: «Non ho mai sentito persona alcuna dire la minima parola di critica del Padre Carlo, anzi, tutti lo ebbero in concetto di santo». Grassi Antonio: «Più volte assistetti alla Messa da lui celebrata, ed era tale la compunzione e devozione con cui celebrava che sembrava proprio un santo ed un estatico, ed anche quando benediceva gli infermi, attraeva gli sguardi degli astanti che ammiravano la sua virtù». Pedrazzini Luigia residente a Valloria testimonia una grazia ricevuta da Padre Carlo quand’era ancora bambina ed abitava a Maccastorna ritiene che fosse un santo per la grazia ricevuta e sentiva dire che «vivo faceva molti miracoli e tutti lo tenevano in concetto di santo».

Della venerazione universale testimonia anche Mosconi Rosa: «Ritengo fosse un uomo santo, e perché tutti lo dicevano, e perché operava molti miracoli… Tutti quanti anche i cattivi, avevano venerazione per il Padre Carlo, né ho mai sentito parola che potesse mostrare disistima di lui… Anche dopo morte fu sempre tenuto come santo». Questa venerazione in vita e anche dopo morto è testimoniata da Salamina Pietro: «Tutti lo tenevano in concetto di santo, anzi ho visto anche uomini di poca religione far passare le mani dai cancelli e toccarlo (toccare la pietra tombale) e poi fare il segno della Santa Croce». Spelta Bassano rileva che c’era anche chi parlava male: «Ho udito la massima parte delle persone che avevano conosciuto il Padre Carlo parlarne bene, e alcuni cattivi parlarne male». Ricorda un certo Albanesi Bassiano, colpito da apoplessia, guarito da Padre Carlo dopo aver conferito con lui in uno stanzino vicino alla sacrestia (confessionale degli uomini?), e che questi «ogni volta che sentiva alcuno motteggiare le opere

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di Padre Carlo li redarguiva dicendo: Tacete io sarei morto se non avessi avuto la benedizione di Padre Carlo… Lo tennero tutti quelli che lo conobbero in concetto di santo, e anche quelli che prima lo motteggiavano si persuasero, come credo, della di lui virtù».

Nella testimonianza di Antonietta Vida la dichiarazione del medico curante dott. D’Adda davanti al piccolo Pierino guarito improvvisamente al termine di una novena a Padre Carlo: «Se fossi chiamato come testimonio, potrei attestare altre guarigioni operate dal Padre Carlo». Aggiunge: «Io però credo che se fosse anche chiamato, certo non vorrebbe venire». Il dott. Giacomo Bianchi, invece, pur non accennando né a Padre Carlo né a miracoli rilasciò una dichiarazione scritta sulla guarigione “senza cure speciali”, “clinicamente guarito” dalla tubercolosi polmonare con complicazioni, che non lasciavano prevedere che qualche settimana di vita, del suo assistito, il ragazzo quattordicenne Andena Ercole.

Un altro medico di Casale, Carlo Cesaris, di alti meriti civici, che era stato il medico curante di Padre Carlo, nella crisi dell’autunno del 1858 e nel decorso finale della tisi che lo portò alla morte, a distanza di 40 anni «senza che il tempo trascorso ne abbia indebolite le rimembranze», come »un punto luminoso tra le nebbie del tempo che fu».

Ricorda un fraticello, Padre Carlo, il suo aspetto esile e patito, la macilenza, il pallore, «e quella sua compostezza che giustificava la riputazione di santo uomo che lo circondava; la dedizione alle richieste dei fedeli fino al sacrificio di se stesso»916.

916 Le testimonianze citate, in successione: Mainini Gaetano, in Proc. Laud., f. 204v-205r; Mangini GiovBattista, ff. 197rv; Vida Antonietta, ff. 296r-297r; Guidoni Pietro di Fombio, ff. 262r-263r; Vaccari Michele di Secugnago, ff. 321v-322v; Gagliani Maria, ff. 254r-255r; Borsotti Antonio, ff. 242r-243v; Borsotti Carlo, ff. 345v-346r; Grossi Antonio di San Martino Pizzolano, f. 343rv («non mi consta però che convertisse i peccatori»); Pedrazzini Luigia, f. 286rv; Mosconi Rosa, f. 324r-325r (P. Carlo fu nella sua casa e guarì la sorella. «Sentii dire che convertiva i peccatori»); Salamina Pietro, f. 173r; Albanesi Bassiano, f. 182v-183v. Identiche o simili affermazioni anche negli altri testimoni. Dott. D’Adda, f. 297r; dott. Giacomo Bianchi, doc. III, f. 357v-358r; dott. Carlo Cesaris, doc. II, f. 356r-357r.

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Concordi con le testimonianze dei fedeli quelle dei sacerdoti, circa il riconoscimento delle virtù straordinarie del Servo di Dio e della venerazione del popolo cristiano negli anni dopo la morte. Don Saverio Guasconi di Casale: «Sentivo da tutti ch’era un uomo, per così dire, straordinario… Era un uomo di virtù, e lo argomento dal suo contegno veramente singolare che ispirava santità.. un uomo tutto compreso di Dio ed occupato da Lui… Né mai sentii alcuno parlarne male». Don Bassiano Sordi di Secugnago coadiutore a Somaglia: «Era generale la voce e opinione proclamante il Padre Carlo qual santo, e quindi ne sentii molti a parlarne, e sempre con venerazione… L’ho sentito dire da tutti, era una sol voce che il P. Carlo operava miracolo, benché alcuni scredenti attribuivano le guarigioni all’entusiasmo col quale si portavano gli ammalati al P. Carlo, ma il popolo non badava alle parole di questi credenti … Le parole di P. Carlo commovevano certamente, perché, sia nella chiesa dei Cappuccini, sia in quelle delle vicine parrocchie, numerosi erano quelli che accorrevano a mondarsi con il Sacramento della Penitenza… Nei nostri paesi del Lodigiano continuò dopo la morte la fama che godeva in vita, ma in quanto agli altri paesi sia di Lombardia, sia di altre regioni, nulla posso dire …. Il popolo dice: Se non santificano P. Carlo, chi santificheranno?». Don Giuseppe Mazza di Casalpusterlengo : «era un uomo di singolare virtù dal complesso di sua vita, da quello che io stesso ho veduto. Credo si sia in modo particolare distinto nella obbedienza, nella mortificazione, nello spirito di devozione… in uffici di carità… Che ci sia ressa di popolo a ricercare reliquie, l’ho sentito dire, quanto al desiderar che sia posto sugli altari mi unisco anch’io a tutto il popolo, ad apprezzare, se piacerà a Dio, questo sommo onore». Don Alessandro Fratti di Casalpusterlengo parroco a Roncadello: «Ritengo che fosse veramente un santo, e perché traspariva la santità da tutto il complesso anche esterno del suo portamento, e perché tutti quanti lo giudicavano tale. Ho sempre sentito da tutti che si riteneva un santo». Don Francesco Bignami, di Corno Giovine, parroco a Corte Sant’Andrea: «Ritengo che fosse un uomo di virtù, e udii

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parlare di grazie ottenute per sua intercessione in parecchie parrocchie del Lodigiano in cui fui coadiutore… Lo tennero come un uomo angelico e di virtù veramente eroiche… Fu ritenuto da tutti come un uomo santo, e non sentii, mai neppure da quelli indifferenti in fatto di religione, anche un semplice accenno che intaccasse la sua aureola di santità»917.

Senza dubbio il sacerdote che più ha ammirato P. Carlo è stato il Prevosto di Casalpusterlengo, don Luigi Veneroni, la più bella figura di parroco di questa parrocchia. A lui va il merito della decisa posizione presa dal vescovo mons. Benaglio di fronte al tentativo della polizia governativa di spostare P. Carlo dal convento di Casale. Della sua venerazione per P. Carlo testimoniano le Memorie storiche: «Alla presenza della religiosa famiglia dei Cappuccini, attestò di essere grandemente compreso di stima e riverenza, perché osservo in lui tale una compostezza e modestia della persona, tale una dolce serenità un’aria di celestiale bontà, … umiltà e riverenza che non posso a meno di dire : Quegli è un santo giovine, vero seguace del Poverello d’Assisi»; rileva la sua ammirazione per il comportamento nella malattia, il modo di presentarsi all’altare della Madonna e di parlare, che induceva tutti a vita migliore e i peccatori alla conversione, lo spirito di penitenza, la sua vita come rapita in Dio.

Tra i testimoni nel 1° Processo ricordo Antonietta Vida: «Tutti lo ebbero in conto di santo e di angelo, e particolarmente il Prevosto Veneroni». In modo più ampio Chiappa Petronilla: «Non solo il popolo, ma anche i sacerdoti lo proclamavano santo», e Mangini GiovanBattista : «Venivano anche sacerdoti e parroci a ricevere la benedizione del P. Carlo». Il Vicepostulatore p. Isaia da Milano afferma che il concetto di santità che avevano il vescovo e il popolo era condiviso da personaggi illustri, tra i quali ricorda il prevosto di Casale che volle fargli visita sul letto di morte. P. Idelfonso Aliverti : «Anche

917 Don Saverio Guasconi, f. 113-113v.114; Don Bassiano Sordi, f. 121-122, 125, 129-130; Don Giuseppe Mazza, f. 144 e 146v; Don Alessandro Fratti, f. 150 e 151; Don Francesco Bignami, f. 278v e 279v.

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il Prevosto di Casale, don Luigi Veneroni, volle vederlo un’ultima volta …. Dichiarò: Fui rapito dalla più grande ammirazione vedendo con quale dolce allegrezza e santa rassegnazione Padre Carlo sopportava la sua malattia...». Sarebbe stata preziosissima una deposizione di don Veneroni; ma già dal 1875 fu colpito da paralisi che lo privò delle energie fisiche e mentali, e morì il 28 luglio 1878: povero, avendo speso tutti i suoi beni per l’ampliamento della chiesa parrocchiale e per i poveri918.

Il riconoscimento più alto della santità di P. Carlo in vita è venuto dal vescovo di Lodi mons. Benaglio. Qui ricordo soltanto che, facendo riferimento alle «più accurate indagini» e in particolare alla relazione del Prevosto di Casale, scrisse alla Imperial Regia Delegazione Provinciale, per mezzo del Vicario Generale e personalmente, la sua ammirazione per P. Carlo, al quale nulla si poteva imputare: «Non voglio che si dica, o che appaia agli atti, di avere io pure cospirato all’allontanamento da questa mia Diocesi di un soggetto che sparge odore di vera santità e che fa tanto bene”, anche per lo “straordinario rammarico che proverebbe Casale e tutta la mia diocesi a perdere così rispettato soggetto, e sarei per poco avvolto nelle pubbliche disapprovazioni»919.

Sarà un suo successore a dire la parola definitiva: apertura del Processo, giudizio positivo, passaggio della Causa all’istanza superiore, la Sacra Congregazione Romana: mons. Giovanni Battista Rota. Dopo un secolo, l’attuale vescovo mons. Giuseppe Merisi riprende la Causa.

Purtroppo interi settori della documentazione della fama di santità in vita e dopo morte di p. Carlo sono andati perduti: l’«infinità di lettere» che p. Carlo riceveva, «nelle quali si raccomandavano di una speciale benedizione» attestata da p. Aliverti; gli oggetti lasciati come ex voto dai

918 “Memorie storiche”, 1a ediz., p. 39-42; Antonietta Vida, in Proc. Laud., f. 295v; Chiappa Petronilla, f. 192v; Mangini GiovanBattista, f. 199v; P. Isaia da Milano, art. 116, f. 46rv; P. Aliverti, Vita, p. 216; D.G. Mosca, “Cento anni ….”, vol. I, p. 95.

919 Numerose altre attestazioni della più alta stima e di venerazione nell’intero fascicolo dell’Arch. Stor. Diocesano di Lodi, “Processus pro sanctificatione”, del quale è allegata la copia autenticata.

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graziati, «occhiali, bende, vesti, pannilini, bastoncini, grucce, stampelle d’ogni sorta e dimensione, grazie, ex voto etc. riempivano molti anni ancor non sono una stanzetta in sacrestia», spariti, come lamentava p. Bonaventura d’Alzano; il ricordo dei «molti prodigi operati a favore di famiglie lontane» cui accenna la teste Ercoli Angela920.

Si può concludere questo capitolo con l’affermazione di P. Paolino da Verdello: «Sì dai Religiosi che dai secolari fu sempre tenuto come uomo di straordinarie virtù. Prova ne sia l’affluire non mai interrotto in questi 40’anni al suo sepolcro per avere grazie e favori e l’immenso concorso del popolo al trasporto della sua salma», dal cimitero al santuario921.

Era quindi generale la convinzione della santità eroica del Servo di Dio, come si potrà vedere esaminando velocemente le diverse virtù, da lui esercitate, con fedeltà davvero incredibile. Lo si è visto con abbondanza di particolari e di parole sia nella vita del Servo di Dio, sia nella fama di santità rimasta ininterrotta fino ad oggi. Esaminando però l’esercizio delle virtù in specie risalterà un vero modello di donazione totale ed eroica a Dio e ai fratelli, da proporsi all’imitazione dei religiosi e dei semplici fedeli.

Fede eroicaNon è difficile presentare e dimostrare l’eroicità nelle

singole virtù teologali infuse nel Battesimo: la fede, come fondamento, si presenta come “obbedienza” a Dio, “obbedienza della fede” (Rm 16, 26; 1, 5; 2Cor 10, 5-6) con la quale l’uomo si abbandona a Dio liberamente, prestandogli il pieno omaggio dell’intelletto e della volontà. Il Servo di Dio ha praticato eroicamente la fede nel suo totale affidamento a Dio, con opere e atti ripetuti con facilità, prontezza e diletto spirituale. Per questa fede

920 P. Aliverti, Vita, p. 195; “Raccolta fedele”, f. 16: P. Bonaventura riferisce le parole di don Veneroni: «Ma poi non c’è là nel Santuario un cumulo di documenti parlanti delle operazioni prodigiose di P. Carlo? Occhiali, ecc.»; Ercoli Angela, in Proc. Laud., f. 209r.

921 Proc. Mediol., f. 85v-86r. – Questo excursus introduttivo ha utilizzato un contributo di don Giulio Mosca.

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eccezionale, Padre Carlo nelle varie vicende della sua vita ha messo Dio al di sopra di tutto, sempre teso ad ascoltarlo, accoglierlo con disponibilità senza limiti. Un atteggiamento che è già eminente nei suoi primi anni nell’ambito famigliare, accompagnato dalla sua docilità all’opera educatrice dei suoi genitori e dei sacerdoti, da un costante impegno di crescita nella conoscenza della dottrina cristiana e più ancora da una preghiera fervente. Diversi e qualificati sono i testi de visu e molti anche quelli de auditu a videntibus che rivelano i diversi aspetti di questa sua fede, come il fervore della sua prima Comunione, l’ardore delle sue confessioni, una preghiera diuturna di preparazione e ringraziamento, un’intensità di devozione, insegnata anche ai suoi coetanei e protratta persino nelle ore notturne922. Una fede nutrita dai sacramenti e da una solida devozione divenne poi abito sublime e carismatico negli ultimi anni tra i frati cappuccini e nel santuario di Casale; una fede sorretta e provata da una ricca devozione ai santi, al Crocifisso, alla

922 Ricordiamo alcune testimonianze: Fr. Simpliciano da Rescalda: «Ho sentito parlare pià d’una volta in casa del Prevosto di Abbiategrasso e dai suoi di famiglia del gran fervore con cui si accosatò alla prima santissima Comunione… Ho sentito in quando alla confessione che talvolta piangeva confessandosi. Ho sentito che in chiesa pel suo gran fervore era guardato da tutti» (Proc. Mediol., f. 114v-115r); Fraccapani Maria Golgi: «Ho sentito inoltre che si adoperava intorno ai giovinetti, che li conduceva al Camposanto ed in chiesa, facendo loro recitare il santissimo Rosario… Mia zia Golgi Giuditta maritata Vigevano madre di Padre Carlo mi diceva che bisognava costringerlo ad andare a letto per obbedienza, altrimenti avrebbe vegliato tuutta notte pregando, nonostante la rigida stagione» (ibid, f. 137v). P. Atanasio da Busto Arsizio: «Mi raccontò più volte il Prevosto Palazzi che il giovane Vigevano richiese di poter attendere anche di notte all’orazione mentale, e avendogli il Prevosto rifiutato il permesso, insistette ripetutamente, finché il Prevosto, mosso da tante istanze, gli accordò prima un’ora, poi due e anche quattro di orazione, che egli, con somma consolazione del suo spirito, compiva esattamente. Essendosene accorte le sorelle del Gaetano ch’egli protraeva di tanto l’orazione, e anche in stagione fredda, lo pregartono a coricarsi per timore che ne soffrisse nella salute. Ed egli rispondeva che aveva licenza di far ciò dal Prevosto, e per un bisogno speciale che aveva di far orazione… Mi disse il Prevosto di Abbiategrasso che si accusava con tante lacrime e compunzione di sue colpe che erano lievissime nella S. Confessione, che gli sembrava aver dinanzi un angelo» (Proc. Laud., f. 138r-v). ecc.

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Vergine Addolorata, ecc. che raggiunge le vette della contemplazione infusa ed estatica evidente nel suo continuo spirito di orazione, nella sua celebrazione eucaristica e nelle sue benedizioni agli ammalati e ai sofferenti e straordinaria devozione mariana. Alcune delle numerose testimonianze illustrano bene questa sua luminosa fede. P. Giustino Giudici da Lovero depone: «La sua fede viva la deduco dalla compostezza esterna del corpo, che lo rivelava sempre assorto in Dio, e dal modo con cui celebrava la santa Messa. Bisognava vederlo in coro per giudicare del suo spirito di orazione, era tutto assorto e bisognava chiamarlo per ritornare agli atti comuni. Riguardo alla orazione posso aggiungere questo che ho udito dal Prevosto Palazzi, che fin da quando era a casa passava le notti in orazione le tre o quattro ore e dalle sorelle esortato a mettersi a riposo, rispondeva che aveva bisogno di far orazione ed aveva il permesso dal suo padre spirituale… Non poteva passare davanti al Santissimo Sacramento senza trattenersi un po’ anche se fosse stato occupato in officii di sagrestia. Compieva le genuflessioni con ambi i ginocchi baciando la terra con grande raccoglimento. Era divotissimo, come ho già detto, nel celebrare la santa Messa come appariva dal suo volto infiammato. Per l’argomento della sua divozione ricordo che nei pochi momenti di ricreazione mentre era ordinariamente muto, se l’argomento fosse caduto sulla Madonna, sul Santissimo Sacramento, sulla Passione, sopra san Francesco d’Assisi, immediatamente pigliava parola in modo eloquente»923.

P. Paolino Bellotti da Verdello, ministro provinciale al tempo della sua deposizione al processo, era stato assieme a P. Carlo nel convento di San Vittore di Milano dal 1855 per quasi due anni e attesta che «tenerissima era la divozione che aveva al SS. Sacramento ed a Maria Santissima. Da qui il bisogno naturale in lui di starsene le ore e ore immobile davanti al santo tabernacolo e direi in una continua preghiera anche quando era fuori della chiesa. Della divozione a Maria SS. era tenerissimo e lo deduco dalla compostezza dalla devozione che traspariva anche

923 Proc. Mediol., XIX testis, f. 200r, 201v.

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dall’esterno quando coi suoi condiscepoli recitava il piccolo Ufficio della Madonna, dalle frequenti aspirazioni a Maria SS., dal parlarne spesso come egli faceva. Questo di mia propria scienza. Poi si manifestò più largamente a Casalpu-sterlengo… Quando celebrava la Santa Messa era tanto la sua devozione e compunzione che si vedeva benissimo esser egli tutto assorto nel suo Gesù e per il che egli avrebbe impiegato più ore nel celebrare la Santa Messa, se ciò fosse dipeso da lui; non poteva però essere mai più breve di tre lunghi quarti d’ora ed anche di un’ora. Questo avveniva nei giorni feriali nei quali i fedeli avendo agio l’ascoltavano molto volentieri ricevendo le più soavi impressioni. Alla festa però era più discreto non oltrepassando mai la mezz’ora per quel che mi ricordo. Celebrando poi qualche volta non era raro che gli sgorgassero dagli occhi le lagrime…. dovea avere il dono della contemplazione al mirarlo ore intere come corpo immobile colle braccia incrociate sul petto. Era grandissima la venerazione che aveva ai nomi di Gesù e di Maria tanto che ne raccoglieva i pezzetti di carta dove fossero scritti questi due nomi santissimi e raccolti li abbruciava. Questo in vista e per adempiere le raccomandazioni del nostro santo padre Francesco»924. Quest’ultimo aspetto è rilevato in altre testimonianze, come da fr. Apollinare da Arcore: «Ho visto io più volte raccogliere quei libri o quelle carte su cui sospettasse esservi il nome di Gesù e di Maria perché non venissero calpestate»925. Fr. Barnaba da Milano aggiungeva: «Posso dire che era divoto specialmente della SS. Eucarestia perché vi si recava innanzi in adorazione quanto più frequente poteva, riceveva la santissima Comunione come un serafino, celebrava la santa messa con grande divozione, avendogliela io più volte servita… Più volte l’ho osservato rapito veramente in estasi specialmente nei Venerdì dopo la santissima Comunione ed assistendo alla santa Messa, tanto che un giorno assistè a tre messe credendo sempre che la prima non fosse finita»926. P.

924 Ibid., ff. 83v, 84rv, 87v-88r.925 Ibid., f. 68r.926 Ibid., f. 154r.

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Arsenio da Brescia afferma: «Ricordo che in Milano, dove era studente e già sacerdote, doveva recarsi a celebrare in luoghi molto lontani, nella stagione invernale, camminando nella neve; e ciò nonostante, arrivato alla chiesa dove doveva celebrare vi faceva una buona mezz’ora di preparazione ad altra mezz’ora di ringraziamento senza riscaldarsi»927.

La fede vivissima nell’Eucarestia si esprimeva anche verso la dignità del sacerdote, come sottolinea questa testimonianza di don Domenico Antonio Gioletta: «Mi pare che si sia distinto specialmente nella pietà, nell’umiltà e nello zelo per le anime. Ricordo che andato io a trovarlo al convento di San Vittore all’Olmo in Milano, a stento io potei farlo sedere alla mia presenza, dicendo egli che davanti ad un ministro di Dio non osava sedersi»928. Don Sante Peviani, testimone privilegiato per aver conosciuto personalmente P. Carlo da quando venne a Casale fino alla sua morte, sulla devozione all’Eucaristia, così diceva: «Tutto il tempo che gli rimaneva libero dall’adempimento delle pratiche della vita monastica lo passava prostrato davanti al SS. Sacramento, pregando a braccia aperte…insisteva di ricever la SS. Comunione quando era ammalato… la divozione e fervore con cui celebrava la S. Messa, e dopo l’elevazione era sì assorto che non vedeva né sentiva più nulla…Dalla vista degli atti suoi di culto e religione. Segnatamente il modo di pregare, la frequenza con cui faceva il segno della croce, il modo con cui questo santo segno lo faceva, non potei a meno di argomentare la fede viva che aveva. Ricordo …La sua vita fu una continua orazione, e mi ricordo averlo veduto non solo in chiesa, ma anche in giardino pregare, inginocchiarsi, star colle braccia aperte anche per delle mezz’ore di tempo invocando la SS. Trinità… Servendogli la Messa più volte l’ho visto prima confessarsi, e molte volte nell’uscire dalla sagrestia piangeva, e quasi sempre nella celebrazione della S. Messa piangeva dalla consacrazione alla Comunione»929. Per il sacramento della confessione, che egli frequentava con assiduità e profonda compunzione p.

927 Proc. Bergom., f. 29rv.928 Ibid., f. 185r.

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Arsenio da Brescia dice: «Sono stato per più anni confessore del Servo di Dio a Milano, e posso dire che egli si accostava al sacramento della penitenza con lagrime accusandosi di difetti leggerissimi, dimostrandosi animato da vivissima fede»930.

Anche la sua devozione alla Vergine era straordinaria e risulta fin dai primi anni della sua breve vita. Questa sua devozione, particolarmente alla Vergine Addolorata ai piedi della croce, era per lui così accentuata da diventare come l’ambiente e il riferimento esemplare di tutta la sua vita interiore animata dalla fede. Essa era veramente esistenziale come respiro della sua vita, tanto che appare con profonda evidenza nei suoi pochissimi superstiti scritti ed esigerebbe un approfondimento particolare. Già nella lettera a don Francesco Palazzi scriveva queste significative parole: «…lo scongiuro di raccomandarmi a Maria Santissima mia speranza, per la quale intendo che tutti i meriti che possa acquistarmi in quest’esilio di…, siano tutti in accrescimento di Gloria per Essa, la quale nutre un immenso zelo pella Gloria di Dio,e simile pietà pel genere umano… possa ottenermi in particolare il dono, cioè di compatire Maria Addolorata»931. Questa centralità di “compatire Maria Addolorata” viene spiegata in modo sublime nell’altro suo scritto, un frammento della sua contemplazione, nel quale P. Carlo si lamenta per la sua

929 Proc. Laud., f.- 92v, 96v-97r, 98r. Si potrebbero aggiungere altre testimonianze, come quella, istantanea ed efficace di Pietro Salamina: «Era sempre innanzi all’altare della Madonna in cui si conservava il SS.mo, e vi stava in ginocchio colle mani giunte e con molto raccoglimento… Lo vedevo sempre innanzi al suo altare a pregare. Due o tre volte lo vidi anche in ortaglia innanzi ad un’immagine di S. Giuseppe» (Proc. Laud., f. 173r). Oppure Antonio Grassi: «Più volte assistetti alla S. Messa da lui celebrata, ed era tale la compunzione e divozione con cui celebrava che sembrava proprio un santo ed un estatico» (ibid., f. 343r).

930 Proc. Bergom., f. 66. Si veda anche sopra, p. 14, nota 26, dove vien riportata la preziosa testimonianza di don Francesco Palazzi. Significativo anche ciò che dice fr. Apollinare da Arcore: «So dal padre Anselmo suo confessore che voleva confessarsi tutti i giorni e che alle volte padre Anselmo [da Montodine] si rifiutava, ed obbediva prontamente» (Proc. Mediol., f. 67v). P. Anselmo Anselmi da Montodine si trovava a Casalpusterlengo nel 1859 ed era giovane di 37 anni. Cf. Roma, AGC, G.70, 8, doc. 9: Stato effettivo… 1859.

931 Vedi sopra, alle pp. 53-54 e 56.

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“indifferenza e ingratitudine verso Maria ne’ suoi dolori”, dal momento che Gesù dalla croce l’ha data a noi come ”cooperatrice de’ suoi adorabili consigli” e “corredentrice dell’uman genere, Madre della misericordia, della pietà e della carità, avvocata de’ peccatori”. Perciò ne fa un punto fondamentale della sua spiritualità quando grida dal profondo del suo cuore: «Mira, fra Carlo, la tua Madre a piè della Croce e non distacca il viso se non ti struggi di compassione, di amore, di riconoscenza, ed imitazione, sollevala da’ suoi dolori acerbissimi, pregala di dividerli teco, e la tua gioia in terra non sia che il piangere i peccati tuoi ed i dolori di Gesù e di Maria, e in particolare il loro Cuore sommamente rammaricato per l’eterna dannazione de’ reprobi»932. È tutto un abbandono, un affidamento totale a Maria, come del resto egli stesso dice: «D’ora in avanti, ora per sempre a voi mi consacro con tutta l’estensione del cuor mio»933. Così nell’ultimo suo scritto, appunti di diario spirituale, fa capolino questa sua devozione, unita al Nome di Gesù: «Al nominare Gesù mi profonderò nella cognizione di Lui in questi punti, cioè di Uomo nel presepio, di Vittima sulla Croce e di Cibo nel SS. Sacramento; così pure nel nominare Maria mi profonderò nella cognizione di Essa Madre di Gesù e Madre mia pietosissima. Gran confidenza mi sento ancor ora in Voi»934.

Su queste convinzioni di fede appare profondo e attraente il suo amore a Maria, particolarmente nei suoi dolori, da quando era fanciullo e nella sua gioventù trascorsa ad Abbiategrasso935 fino all’esplosione finale e

932 Sopra, a p. 67-68.933 Qui a p. 68.934 Vedi sopra, p. 74.935 Don Luigi Magnaghi: «Era divoto particolarmente della Madonna

ed intorno al suo altare nell’Oratorio dell’Addolorata radunava i figliuoli ed aveva desiderio che la Madonna nel suo simulacro qui venerato gli comparisse in punto di morte» (Proc. Mediol., f. 182v); Bonecchi Gaetano: «So che era divoto specialmente del Sacro Cuore e ci faceva recitare i nove Ufficietti ed era divoto anche di Maria Santissima Addolorata. Era divoto del sagramento della penitenza che riceveva con compunzione… Era divoto della Madonna Santissima e specialmente del simulacro che si venera in questo Oratorio (f. 187v), un particolare quest’ultimo asserito anche da Carlo Migliavacca (f. 190r); Giuseppa Bonecchi: «Ho sentito

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carismatica nel santuario della Madonna dei Cappuccini a Casale. Qui le testimonianze si sprecano. P. Paolino da Verdello riferisce: «La devozione verso Maria era tenerissima, e lo deduco dalla compostezza, dalla devozione che traspariva anche dall’esterno, quando coi suoi condiscepoli recitava il piccolo ufficio della Madonna, dalle frequenti aspirazioni a Maria Santissima, dal parlarne spesso come egli faceva. Questo di mia propria scienza. Poi si manifestò più largamente a Casale Pusterlengo nella occasione speciale, quando a quel Santuario si portavano i fedeli per ricevere da lui le benedizioni»936. La sua attività taumaturgica a Casalpusterlengo era tutta legata indissolubilmente a Maria, con una confidenza e abbandono profondamente filiale, come altre testimonianze chiaramente affermano. Così p. Giustino Giudici da Lovero, molto bene informato, si esprime in questi termini: «Era solito chiamare “mamma” la Madonna. Del resto per la devozione verso Maria SS.ma potrebbe addursi la sua vita a Casalpusterlengo… Piangeva frequentemente durante l’orazione, lo commuoveva specialmente la divozione alla Passione di G.C. ed alla Madonna. Si è detto che a Casalpusterlengo convertiva i peccatori dicendo loro qualche semplice parola di pietà, per esempio: “Amate la Madonna” e correvano in massa a confessarsi»937. L’amore alla Vergine aveva soppiantato ogni altro amore naturale,

dire che conduceva i suoi coetanei a San Bernardino, all’Addolorata a recitare il rosario della beata Vergine Maria» (f. 134v); Giuseppa Albini: «So che era particolarmente devoto della Madonna Addolorata che si venera molto ad Abbiategrasso» (f. 160r) e da altri.

936 Proc. Mediol., f. 84r.937 Ibid., f. 201v-203v. Anche fr. Apollinare da Arcore: «Era

specialmente divoto della Madonna e stava quasi sempre al suo altare nel santuario… Quando uno è sempre all’altare della Madonna non si può a meno di dire che sia specialmente divoto di Lei» (ibid., f. 61r); P. Augusto da Crema: «So che esercitava il ministero sacerdotale a Casalpusterlengo, nel benedire all’altare della Madonna quelli che vi accorrevano, raccomandandone loro la divozione con parole piene di unzione ed efficacissime» (ibid., f. 221r). Don Pietro Giacoboni: «In quel giorno stesso in cui gli ho parlato mi accorsi che mostrava gran trasporto verso la Madonna e specialmente la Madonna di Casalpusterlengo, ed aggiungo ch’egli mi raccomandava in modo particolare la divozione a Maria Santissima» (f. 213r).

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come afferma Fraccapani Maria Golgi: «So che sua madre, come ella stessa mi disse, andata a trovarlo a Casalpusterlengo, sentì dirsi: Mamma, adesso non siete più voi mia mamma, mia mamma è la Madonna»938. I giorni e le feste mariane erano da lui preparate con speciale fervore, come depongono p. Augusto da Crema: «So che nutriva tenerissima divozione alla Madonna, come ho potuto rilevare io stesso personalmente, sapendolo il più fervoroso nelle novene delle sue feste»939 e fr. Barnaba da Milano: «La sua divozione alla Madonna l’argomento dal modo con cui santificava il sabato, con specialissime mortificazioni»940. Armato della corona del rosario era continuamente teso alle sue ispirazioni e pronto ai suoi comandi materni. Per tutti ne dà testimonianza don Sante Peviani: «Ricordo che sempre recitava la corona che sempre la teneva in mano, e anche agli altri inculcava e raccomandava questa divozione… Ricordo che nella cella l’ho visto più volte rivolto verso il cielo sorridente quasi in estasi e qualche volta anche parlare, e mi pare aver sentito esclamare: Vengo, o Madonna»941.

A queste solide e necessarie devozioni (eucaristica e mariana) p. Carlo aggiunse altre particolari devozioni. Di queste parlano diverse testimonianze che servono a rendere la sua fede più incarnata nella vita quotidiana. Don Sante Peviani dice: «Raccomandava spesso la divozione a S. Giuseppe dicendo: S. Giuseppe esser più potente al SS. Cuor di Gesù dopo la Madonna….Sempre quando gli servivo la S. Messa mi diceva di recitare per lui dopo la SS. Elevazione cinque Pater, Ave, Gloria all’arcangelo S. Michele»942. Fr. Barnaba da Milano aggiunge: «Mi pare che sia stato divoto specialmente del SS. Sacramento, dell’Addolorata, di san Francesco e di san Carlo»943. E completa Giustino da Lovero, quasi riassumendo: «Coltivò in special modo la devozione al Santissimo Sacramento

938 Ibid., f. 138r.939 Ibid., f. 220v.940 Ibid., f. 154r.941 Proc. Laud., f. 97rv.942 Ibid., f. 97v, 103r:943 Proc. Mediol., f. 154r.

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dell’Eucarestia, alla Passione di Gesù Cristo, alla Madonna ed a san Francesco… Per l’argomento della sua divozione ricordo che nei pochi momenti di ricreazione mentre era ordinariamente muto, se l’argomento fosse caduto sulla Madonna, sul Santissimo Sacramento, sulla Passione, sopra san Francesco d’Assisi, immediatamente pigliava parola in modo eloquente»944.

Speranza eroicaTutto ciò che è stato detto circa la sua grande fede e il

primato di Dio nella sua vita dimostra implicitamente la sua non comune speranza. «Speranza, di fatto, è una parola centrale della fede» e trasforma e sorregge la vita, scrive Benedetto XVI nell’enciclica Spe salvi945 Una speranza che lo orientava continuamente verso le realtà ultraterrene, in un distacco totale dal mondo, dalle cose materiali, da se stesso, sembrando quasi imbambolato perché continuamente assorto e preso dalla presenza di Dio.

944 Ibid., f. 201rv. Il suo amore ai santi lo portava a leggere le loro vite. Fr. Simpliciano da Rescalda depose: «So che durante le brevi ricreazioni raccontava ciò che di devoto ed edificante aveva letto» (f. 118r). È documentato fin dall’inizio il suo amore a s. Rosa da Lima, attinto dalla devozione locale. Ma era aperto anche ai santi contemporanei come il venerabile calabrese p. Bernardo Maria Clausi dei Minimi, religioso dei Minimi, nato a San Sisto dei Valdesi, frazione del Comune di San Vincenzo La Costa (Cosenza), il 26 novembre 1789 e morto 20 dic. 1849 a Paola, famoso per i molti miracoli, che operava specialmente mediante la "Madonnina" che portava sempre con sé. Significativa la testimonianza di Giovanni battista Tornatore: «Nella mia prima visita gli feci conoscere il Servo di Dio il P. Bernardo Maria Clausi morto in concetto di santità, e nella seconda visita egli me ne parlò con sentimenti di singolare divozione, sicché mi persuasi che il Signore gli dovette aver accordati lumi speciali della santità del detto Servo di Dio» (Vedi in Appendice: Roma, AGC, AD 100). Don Sante Peciani: «È un fatto che il P. Carlo non istava mai ozioso, ma o pregava o leggeva libri di vite di Santi, non prendeva mai diversimenti, e quando in ricreazione si trovava coi Padri discorreva sempre di gesta di santi, ed in modo speciale del Padre Bernardo Maria Clausi, del quale mi donò due immagini. E di questo fui più volte testimonio oculare» (Proc. Laud., f. 101r).

945 Cf. Lettera enciclica Spe salvi [30 nov. 2007]. Suppl. a L’Oss. Rom. Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2007, p. 3s, 23.

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Il Servo di Dio manifestò questa virtù particolarmente in un atteggiamento di confidenza profonda, rivelato dai suoi piccoli scritti e chiaramente spiegata nella lettera a don Palazzi, dove scrive: «Mi raccomando caldamente alle sue sante orazioni perché possa proseguire nella mia vocazione, e di già a Gloria di Dio mi sento speranza di conseguire, quindi molto confido perocchè dal momento che si sente inspirato a chieder una grazia (per sentenza dei Santi, ed in particolare di S. Agostino) segno è che Dio vuol concederla»946. Il tema è così forte che ricorre con insistenza anche nell’ultimo suo scritto: «In conoscermi massimo peccatore, e vaso di Misericordia mi sento confidenza… Ebbi sentimenti di speranza: questa è riposta nel mio seno… Chi può dubitare della fedeltà di Dio?... sento gran confidenza… Gran confidenza mi sento ancor ora in Voi… sento gran confidenza…mi sentii sentimenti di confidenza»947. Per questo non ha mai dubitato che Dio lo avrebbe aiutato a realizzare la sua vocazione, anche quando era stato spogliato dell’abito e dimesso dal noviziato per malattia. Le testimonianze ricordano questa sua incrollabile fiducia. P. Vigilio da Chiari dice: «Ho sentito da fra Pacifico incaricato di spogliarlo degli abiti di cappuccino e di vestirlo dell’abito secolare che in quel tempo fra Carlo non faceva che piangere e supplicare che lo tenessero ancora ed aggiungeva che Dio mi darà questa grazia di ritornare cappuccino»948. Lo stesso ripete Fr. Simpliciano Maria da Rescalda: «Ho sentito che quando il Padre Guardiano chiamò in stanza Padre Carlo per licenziarlo, egli si mise a piangere, alzò gli occhi al cielo dicendo: “Fiat voluta tuia”, e poi disse: “Se il Signore mi vuol cappuccino mi farà guarire”»949. La sua perseveranza era frutto della sua grande speranza, fondata sulla fedeltà di Dio misericordioso e su una fiducia e confidenza incrollabili, pur nelle difficoltà e sofferenze. Chiaramente p. Paolino da Verdello esprimeva questo aspetto: «Era così viva la sua speranza che si teneva

946 Vedi sopra, a p. 54 e nota 90.947 Sopra, pp. 71-78 con le preziose note di p. Evaldo.948 Proc. Mediol., f. 239v.949 Ibid., f. 115r.

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sicuro di essere esaudito nelle sue preghiere… Nel tempo che sono stato con lui negli studi le sue esortazioni oltreché accendevano i cuori d’amor di Dio, metteva anche in essi una forza grande a sopportare le angustie e le tribolazioni, cui per avventura alcuno fosse soggetto»950.

Questa eroica speranza traspariva anche da un suo distacco totale, interiore ed esteriore, dalle cose della terra, tutto proiettato verso i beni del cielo, con particolare evidenza nell’ultima sua malattia. A comprova di quanto affermato si possono citare queste due brevi testimonianze: Fraccapani Maria Golgi: «Sua madre mi disse che essendosi recata a trovarlo a Casalpusterlengo, gli manifestò il desiderio che pregasse per gli affari della casa che andavano male; al che rispose che avrebbe pregato per l’anima, non per le cose del corpo»951. Fr. Apollinare da Arcore: «Io l’ho sentito molte volte nella sua malattia ripetere: Tanto è il bene che mi aspetto, che ogni pena mi è diletto»952. È chiaro quindi che tutta la vita del Servo di Dio, sia secolare che religiosa, è segnata dalla speranza, esercitata in misura eroica.

Carità eroica verso Dio e verso il prossimoIl primato dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo

forma il comandamento fondamentale di Cristo, «è la forma delle virtù; le articola e ordina tra loro; è sorgente e termine della loro pratica cristiana» come si legge nel Catechismo della Chiesa cattolica, e come scrive Benedetto XVI nell’enc. Deus caritas est, «i santi hanno attinto la loro capacità di amare il prossimo, in modo sempre nuovo, dal loro incontro col Signore eucaristico… Amore di Dio e amore del prossimo sono inseparabili, sono un unico comandamento. Entrambi però vivono dell’amore preveniente di Dio che ci ha amati per primo»953.

950 Ibid., f. 88r, 91v.951 Ibid., f. 137v.952 Ibid., f. 68r. Sull’ultima malattia prima della morte vedi anche

sopra, nella parte II dove si tratta della fama di santità, p. 91ss.953 Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1827s; Lett. enc. Deus

caritas est [25 dic. 2005]. Suppl. a L’Oss. Rom. Città del Vaticano, Tipografia Vaticana, 2005, n. 18, p. 42.

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Tutte le virtú esercitate da Padre Carlo trovano la loro fontale ispirazione nella virtú della carità, frutto dello Spirito e pienezza della legge. Una carità verso Dio e verso il prossimo che lo faceva soffrire per le offese a Dio, che egli coltivava giorno e notte con la preghiera affettiva del cuore davanti al Crocifisso, all’Eucaristia e alla Vergine Addolorata; un amore che gli faceva sentire in sé le sofferenze degli altri e ne faceva una comunione eroica d’amore, un amore di abbandono alla volontà di Dio e dei fratelli con la spontaneità di un fanciullo, una prontezza a dare la vita per ogni sofferenza e male e per la salvezza delle anime. Essendo questo il punto centrale della santità del Servo di Dio, le testimonianze a questo proposito sono numerose e dettagliate. Ne citiamo alcune più significative.

P. Paolino da Verdello assicura che «frequentissime erano le sue aspirazioni al Cielo954 e investito del più ardente amore verso Dio ne formava unico oggetto dei suoi discorsi chiudendosi in continuo silenzio quando si parlasse d’altro. Ogni momento della giornata (scrive il suo biografo), ogni azione anche ordinaria e comune aveva la sua preghiera di offerta e le giaculatorie si intrecciavano una su l’altra in nodi interminabili»955. Don Saverio Guasconi: «Il concetto che mi feci e ho è che fosse un uomo tutto compreso di Dio ed occupato a Lui»956. Don Sante Peviani: «Non si curava di altre cose tranne quelle di Dio e spettanti a Dio»957 Don Bassiano Sordi che da ragazzo aveva servito qualche volta la messa a p. Carlo e l’aveva visto benedire, pregare e operare miracoli, attesta: «L’ho udito qualche volta dire: “Amiamo Dio che è fonte della grazia”, e siccome era gracile di complessione e con voce esile, non poteva esser sentito che da quelli che eran vicini, ma però dal modo con cui si esprimeva, traspariva l’anima infervorata. Non so che si interessasse di altro che non fosse Dio»958.

954 Anche fr. Apollinare da Arcore era rimasto colpito da questo atteggiamento: «Lo vedevo di frequente alzare gli occhi aspirando al cielo» (Proc. Mediol., f. 71r)

955 Proc. Mediol., f. 91v.956 Proc. Laud., f. 113v.957 Ibid., f. 98v.958 Ibid., f. 124v.

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Questo primato di Dio nella sua vita che lo obbligava giorno e notte ad amarlo con tutto il cuore trovava il suo incentivo e alimento nella contemplazione della Passione di Cristo, che non era sentimentalismo o semplice preghiera, ma intima condivisione e ansia di conformità. È rimasta famosa la prova in refettorio della ptredica sulla Passione che non potè proclamare per il pianto che poi continuò a lungo959. Ma è un ritornello continuo nelle deposizioni processuali. P. Augusto da Crema ricorda: «Non saprei dire di una sua particolare divozione alla Santissima Eucaristia, ma quanto alla divozione alla Passione di Gesù Cristo posso dire che nella conversazione coi suoi condiscepoli, nei momenti di ricreazione faceva ad arte cadere il discorso sopra la Passione di Nostro Signorte, raccomandandone la divozione ai compagni novizi»960. Don Bassiano Sordi, importante testimone per i mesi di permanenza di P. Carlo a casale, è ancora più incisivo: «Sentii anche dire che aveva una particolare divozione alla Via Crucis. Una volta poi io stesso in sacrestia l’ho veduto parlare della Passione di Nostro Signore, tenendo in mano il Crocifisso, e le sue parole erano accompagnate dalle lacrime»961. Il Crocifisso lo teneva sempre davanti agli occhi e spesso nelle mani, come nella sua dolorosa malattia, al dire di Fr. Apollinare da Arcore: «Nei suoi dolori estremi stringeva il Crocifisso, lo copriva di baci ripetendo: Gesùmio misericordia et fiat volutas tua»962. Lo dice anche don Sante Pievani: «Più d’una volta, anzi frequentemente l’ho visto stringere al cuore il SS. Crocifisso, baciarlo e dire: Fiat volutas tua; parole che ripeteva anche quando doveva pigliare delle medicine che gli portavano gran dolore alla gola»963.

Dall’amore a Cristo crocifisso ricavava un grande dolore per i peccati del mondo. Ne soffriva tremendamente e per questo aumentava il sacrificio di se stesso a Dio facendosi vittima in unione a Cristo per i peccati degli uomini. Era questo, come egli stesso scrisse, il suo “continuo martirio di dolore e d’amore”. Per questo motivo il pianto in lui era

959 Vedi sopra, p. 64, nota 114.960 Proc. Mediol., f. 220r.961 Proc. Laud., f. 121v.962 Proc. Mediol., f.71r.963 Proc. Laud., f. 98v.

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frequente964. Alcune testimonianze fanno capire questa sua sofferenza. All’art, 44 che dice «Qualmente il Servo di Dio sentiva acerbissimo dolore al veder che tanto nel mondo si offendeva Iddio; ed innanzi al Santissimo sacramento offriva se stesso quale vittima di riparazione», P. Paolino da Verdello risponde: «Lo so per mia scienza perché lo manifestava colle parole ed anche coll’esortare a pregare per i peccatori»965. Don Sante Pievani conferma dicendo: «Che cercasse d’insinuare anche agli altri l’orrore dell’offesa di Dio posso affermarlo, dicendo esso sempre: Cammina alla presenza di Dio e non peccherai»966. Fr. Simpliciano da Rescalda dichiara: «Ho sentito da molti che si faceva vittima dei peccati degli uomini, dicendo che piuttosto che venisse offeso il Signore preferiva morire»967. Perciò, come depose fr. Apollinare da Arcore, «schivava qualunque apparenza di male. Provava dispiacere nel vedere anche le piccole mancanze dei frati»968. Il suo apostolato di benedizioni ai sofferenti e ammalati era soprattutto una guarigione del loro cuore e conversione a Dio. Lo testimonia don Sante Peviani: «Ho sentito una volta esortare a purgarsi l’anima dai peccati prima di benedire; so però che lo faceva di frequente; quando poi rivolgeva qualche parola al popolo, moltissimi erano gli uditori che commossi accorrevano al confessionale, tanto che tante volte neppure erano bastanti i frati confessori»969. Anche don Bassiano Sordi: «Una volta o due lo vidi piangere mentre esortava i peccatori a detestare i peccati, e so che molti si sono confessati… Parecchie volte ho sentito il P. Carlo esortare il popolo a non rinnovare coi peccati la Passione a Nostro Signore e a purgarsi l’anima colla

964 Carlo Migliavacca: «So che piangeva molto di spesso, l’ho visto tante volte a piangere e non mai a ridere» (Proc. Mediol., f. 190r).

965 Ibid., f. 91r. P. Giustino da Lovero ricorda le conversioni che avvenivano all’altare della Madonna: «A Casalpusterlengo convertiva i peccatori, dicendo loro qualche semplice parola di pietà, per esempio: “Amate la Madonna”, e correvano in massa a confessarsi» (ibid., f. 202v-203r).

966 Proc. Laud., f. 98r.967 Proc. Mediol., f. 117r.968 Ibid., f. 70v.969 Proc. Laud., f. 99r.

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confessione. Le parole del P. Carlo commovevano certamente perché, sia nella chiesa dei cappuccini, sia in quelle delle vicine parrocchie, numerosi erano quelli che accorrevano a mondarsi col sacramento della penitenza…P. Carlo edificava veramente il popolo col suo contegno, e quando rivolgeva al popolo, con molta unzione, poche parole, quali: “Uccidete il peccato. Convertitevi al Signore”, tutti restavano commossi»970. Era convinzione di tutti che egli avesse conservato l’innocenza battesimale971.

Non è necessario condensare tutto qui perché altre prove ed osservazioni sono state esposte precedentemente nel tracciato della vita documentata e anche nella fama di santità. Resta però il fatto che tutta la breve vita del Servo di Dio fu caratterizzata da un amore fattivo per il prossimo e specialmente per i poveri e tribolati e ammalati. Il suo forte amore a Dio gli causava di conseguenza un forte amore al prossimo. Le testimonianze sono concordi nel segnalare l’eroismo di questa carità verso il prossimo, sia nel periodo della sua giovinezza trascorsa ad Abbiategrasso, sia negli anni della sua vita cappuccina. Come è stato narrato nella vita documentata il fatto più eclatante, non compreso né dai genitori né dalle autorità religiose e politiche, è stato un puro atto d’amore, quando «si offrì a morire in luogo di un condannato stimandosi uomo inutile»972. Era pronto a dare la vita per salvare questi fratelli che avevano sbagliato, e non solo per un motivo di misericordia sociale, ma soprattutto per zelo della loro salvezza eterna. Egli stesso fa

970 Ibid., f. 122r, 124v-125r, 128v-129r. Altre testimonianze: Buonalancia Marianna: «So che benediceva gli ammalati, e non solo otteneva guarigioni corporali, ma eccitava nel popolo la compunzione, così che molti si accostavano ai SS.mi Sacramenti» (f. 155v). Petronilla Chiappa: «Ho sentito più volte il P. Carlo ripetere a quelli che colà si portavano per ottener grazie, che prima dovessero purgarsi l’anima, e poi si facessero benedire per ricevere la grazia. Attesto pure che molti erano i confessori e moltissimi erano quelli che accorrevano a confessarsi» (f. 191v).

971 P. Giustino da Lovero diceva: «Ho certezza da parte di chi lo conosceva personalmente che portò alla tomba l’innocenza battesimale» (ibid., f. 200r).

972 Così testimoniò Fr. Apollinare da Arcore, in Proc. Mediol., f. 60v. Ma molti altri si diffondono con particolari non sempre esatti su questo eroico atto di amore.

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intuire questo motivo profondo di amore soprannaturale del prossimo, come è stato già detto nella breve biografia documentata e dove si tratta della fama di santità973. Il suo impegno nella formazione cristiana dei fanciulli del paese e nell’aiutare i poveri è largamente documentato e diventa tutto un atto singolare di amore, come è già stato ben documentato. Ricordiamo alcune testimonianze: «Mi pare che la virtù sua particolare sia stata lo zelo per educare cristianamente la gioventù»974. «Riguardo alla sua c arità verso il prossimo so che fin da fanciullo istruiva i propri compagni in scuola, dava loro il proprio companatico, comprava loro scarpe ecc.»975. «So dal Prevosto Palazzi che nei primi anni di sua vita in parrocchia si occupava con lodevole risultato nell’insegnare il catechismo ai fanciulli, prepararli ai Santissimi sacramenti, condurlio al cimitero a recitare il santo Rosario, come anche la sua premura nel correggerli dai loro difetti con quella carità e dolcezza per cui i ragazzi lo amavano»976. Questa carità è descritta mirabilmente dal suo confessore don Palazzi con queste parole: «Di carità inesauribile; viveva del solo desiderio che tutti si salvassero e a tale scopo aveva prescelto alcuni savi buoni compagni commettendo a ciascuno il suo ufficio acciò in vigilassero sugli erranti per correggerli ad ogni evenienza e per emendarne i difetti. Se alcuno soffriva ed avesse a scontare qualche gastigo in pena di qualche colpa o reato commesso, egli volentieri e spontaneo offri- vasi a surrogarne in tutto il paziente… Era umile, dolce e mansueto come un agnello. La sua bontà siccome straordinaria, era qualche volta posta a bersaglio dei soliti frizzi inverecondi dei tristi; ma sempre coerente a quello slancio di carità e d’amore che lo struggeva a Dio, benediceva l’incontro del disprezzo tenendo per massima che un’anima non sarà mai tanto contenta se non quando è dal mondo vituperata. Del resto in ogni qualsivoglia attrito,

973 Vedi sopra, pp. 17-23 e più avanti dove si tratta di “cosa pensavano ad Abbiategrasso di Gaetano Vigevano”, che è un’ulteriore analisi critica della biografia di P. Carlo.

974 Baldassare del Grosso (Proc.Mediol., f. 173r).975 Don Luigi Magnaghi (ibid., f. 181v).976 P. Giustino Giudici da Lovero (ibid., f. 200v).

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sia dei suoi, come dei compagni, egli sempre rispondeva col più piacevole sorriso e profondo silenzio»977. Questa delicatezza di carità fattiva divenne ancor più attenta quando il Servo di Dio divenne frate cappuccino. Le testimonianze dei confratelli che lo hanno conosciuto sono ricche di particolari. P. Vigilio Binelli da Chiari ne riferisce alcuni: «Nella sua qualità di decano sorvegliante degli altri studenti, era di una carità sorprendente e zelo per il bene dei confratelli… Quanto alla carità era per quanto si possa dire esimio nel compatire e nel prestar servizi ai confratelli e nell’eccitarli al bene»978. Fr. Apollinare da Arcore dice: « Ho sentito dai compagni del Noviziato che sapeva infondere animo in essi. Di spesso ho visto recarsi a visitare gli ammalati per confortarli e servirli… Quando aveva da lavar fazzoletti da naso con bel modo si faceva dare fazzoletti anche da tutti gli altri per poterli lavare lui e siccome era lento così succedeva che sonando la campana per andare in chiesa o altrove non aveva ancora terminato, ed allora si recava dai confratelli a dimandar scusa se non era arrivato in tempo e che lo farebbe poi. Appena che fu nel convento di Casalpusterlengo sebbene malaticcio si prestava a scopare il convento e siccome io era il più giovane e toccava a me far questo, così veniva ad aiutarmi in questo servizio, essendosi spontaneamente presa l’obbedienza»979. Un altro particolare rilevato dalle testimonianze è l’amore ai poveri per cui si privava del cibo e la disponibilità continua a benedire gli ammalati, anche quando non aveva più le forze. P. Paolino da Verdello riferisce: «So che della sua mensa ne lasciava una gran parte perché fosse data ai poveri. So che fino agli ultimi giorni di sua vita discendeva nel Santuario, benché affranto dai suoi malori, a benedire quanti a Lui

977 Cf. Osservazioni di fatto sulla vita secolare del Padre Carlo di Abbiategrasso (ibid., doc. 5, f. 261v-262r).

978 Proc. Mediol., f. 240v, 241r.979 Questo prestarsi a lavare i fazzoletti lo ricorda anche Simpliciano

da Rescalda: «Le opere buone in cui si è distinto il padre Carlo sono quelle della carità verso i suoi confratelli come per es. fino al punto di lavare i loro fazzoletti, di ritardare alquanto il suono della campana per lasciarli riscaldare» (ibid., f. 101rv).

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ricorrevano; e questo per testimonianza di molti»980. Sul letto di morte, prima di ricevere la Comunione in forma di viatico, chiese perdono a tutti i confratelli, come riferisce il suo infermiere fr. Apollinare da Arcore: «Ho visto sul letto di morte che all’entrare del SS. Viatico si alzò a sedere con slancio d’amore e prima di comunicarsi si rivolse a tutti gli astanti domandando perdono di tutte le offese recate e del suo mal esempio»981. La continuità di questo amore sempre pronto e generoso fino alla morte rende davvero eroica la sua carità verso il prossimo.

Virtù cardinali in modo eroicoSe passiamo ad esaminare le quattro virtù cardinali,

anche qui notiamo dell’eroismo e diversi aspetti non comuni.

La prudenza, che modera e guida tutte le altre virtù, «dispone la ragione pratica a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo»982. Il Servo di Dio P. Carlo sapeva scegliere il vero bene in ordine all’ultimo fine, e lo si nota già negli anni trascorsi in famiglia e poi tra i cappuccini. P. Paolino da Verdello asserisce categoricamente: «La sua prudenza rifulge da tutta la sua vita per quanto mi è noto. So che dipendeva in ogni cosa anche minima dal consiglio dei suoi direttori»983.

La sua grande riservatezza, che spesso era silenzio, si manifestava quando doveva uscire dal convento. Varie

980 Ibid., f. 92r. Altre simili testimonianze: Fr. Simpliciano da Rescalda: «So che risparmiava parte della sua minestra per darla ai poveri. Ho sentito dire che ammalato non si è mai rifiutato di discendere a benedire gli infermi più che ha potuuto» (f. 117v-118r); don Sante Peviani: «È vero che si prestava sempre per la benedizione anche negli ultimi tempi quando era ammalato, e non potendo da sé discendere per venire in chiesa, i frati lo portavano alla cappella della Madonna per benedire i fedeli» (Proc. Laud., f. 60r); don Bassiano Sordi: «L’ho visto otto o dieci volte a benedire gli ammalati, e una o due sorretto, perché infermo non poteva da solo reggersi, benediceva all’altare della Madonna» (ibid., f. 125r).

981 Proc. Mediol., f. 70v-71r.982 Cf. Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1806.983 Proc. Mediol., f. 92r.

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testimonianze dicono che ne provava grande dolore: «So che era talmente amante del ritiro e del chiostro che per lui era un vero martirio ogni qualvolta ne dovesse uscire»984. «Quando doveva uscire dal convento era per lui un sacrificio»985La sua prudenza lo teneva molto attento e mortificato, ma sempre urbano e cortese. E sapeva dare consigli ed esortazioni, come testimoniò il sagrestano della chiesa di S. Bernardino Mangini Giovanni Battista: «Anch’io qualche volta domandai consiglio al P. Carlo che me lo diede subito. E mi fu detto che anche altri domandassero a lui consiglio e che li desse sempre buoni. Siccome però raccomandava la divozione al SS. Sacramento e alla Madonna, ritengo che i suoi fossero più esortazioni che consigli»986.

La giustizia è la virtù morale che consiste nella costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo ciò che è loro dovuto. Questa virtú brillò in modo particolare nella vita del Servo di Dio. Attentissimo ad evitare ogni ombra di peccato, era rigoroso nella fedeltà agli obblighi derivanti dai suoi voti religiosi e dai suoi propositi speciali che accompagnavano il suo cammino di fede. Essa fu una costante e ferma disposizione di P. Carlo, già da ragazzo, a dare a ciascuno il suo e piangeva se la merce nella bottega del padre si vendeva a prezzo ingiusto; e come cappuccino la fedeltà scrupolosa all’osservanza della regola e delle costituzioni dell’Ordine, e la sua schiettezza, lealtà, delicatezza verso tutti. Ecco alcune testimonianze. Fraccapani Maria Golgi: «Ancor ragazzo piangeva quando vedeva che la merce in bottega si vendeva ad un prezzo superiore del costo»987. «Ho sentito dire che in bottega del padre quando vendeva mostrava agli avventori i difetti della merce, e perciò rimproverato dal padre, rispondeva: “In coscienza non si può”»988. Era «come estrema delicatezza di

984 Ibid., f. 87v.985 Fr. Apollinare da Arcore (Ibid., f. 67v).986 Proc. Laud., f. 198r.987 Proc. Mediol., f. 137v.988 Fr. Simpliciano M. da Rescalda (ibid., f. 118rv).

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coscienza di non voler portare danno minimo a nessuno»989. Ma su questo particolare, che dispiaceva ai suoi genitori perché contrario agli affari della loro bottega, e manifestava una volontà radicale di giustizia sociale ante litteram, ci siamo già soffermati e a quelle pagine rimandiamo990. I frati lo giudicavano osservante al massimo dei doveri religiosi, e non sempre però accettavano, se non dopo molta riflessione, la sua volontà di osservanza radicale letterale della regola e delle costituzioni senza nessuna dispensa. Su questo punto era inflessibile, tanto che ha insinuato un possibile dubbio sulla sua obbedienza. Abbiamo a questo proposito diverse testimonianze che, colte insieme e tra loro raffrontate, danno la giusta misura del fatto e alla fine in pratica giungono ad un giudizio positivo, anzi alla meraviglia di simile fedeltà eroica a san Francesco e alle regole dell’Ordine.

Paolino da Verdello in generale dice: «Posso attestare per mia propria scienza che era osservantissimo nelle minime costumanze dell’Ordine, tanto più poi ciò che era la regolare osservanza»991. Giudizio ripetuto da P. Giustino da Lovero: «Era esattissimo nell’osservanza delle regole fino allo scrupolo»992, e da Vigilio da Chiari: «Era grandemente osservante delle nostre sante costituzioni. Presso i confratelli studenti era tenuto per esemplarissimo; così presso la maggior parte dei religiosi»993. La sua osservanza della regola era radicale, alla lettera e si sentiva portato in questo dallo spirito e dalla sua coscienza e non ammetteva nessun edulcoramento o dispensa perché voleva seguire in tutto l’intenzione di san Francesco. Nelle deposizioni si avverte un tentativo di giustificare questo suo modo di osservare la regola e le costituzioni; ma certamente superava grandemente l’osservanza comune dei frati di allora. Presentiamo alcune deposizioni processuali che

989 Don Stefano Balconi (ibid., f. 227v).990 Vedi sopra, p. 16, nota 31; 214, nota 225.991 Proc. Mediol., f. 91r.992 Ibid., f. 201r.993 Ibid., f. 240v.

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manifestano diverse sfumature di giustificazione di questo radicalismo.

P. Giustino da Lovero: «Così ancora si potrebbe far addebito del non aver voluto egli, nonostante il comando dei superiori, applicare le messe secondo la loro intenzione, quando seppe che venivano ricevute elemosine in denaro. Ma egli si teneva obbligato in coscienza a rifiutarsi, sia per le istruzioni del direttore padre Arsenio da Brescia, sia per l’esatta osservanza delle regole e costituzioni nostre»994.

Ecco il giudizio di P. Arsenio da Brescia: «Debbo aggiungere che il padre Vicario in un giorno che mi pare fosse di stretto digiuno ordinò al padre Carlo di mangiare carne, ma il Padre Carlo non volle mangiarne; io penso perché temesse che ciò fosse contro la regola e la coscienza mancando la manifesta necessità secondo la norma dataci dal nostro Santo Padre. Aggiungo ancora che il Servo di Dio appoggiato alle costituzioni pontificie e a quelle dell’Ordine nostro, non volle mai applicare la Messa per ricevere la elemosina anche quando si trattava dei bisogni del convento. Secondo me la cosa in sé era giusta e lodevole, essendo pienamente conforme alle costituzioni, eccetto il caso in cui avesse avuto qualche ordine dal superiore e non l’avesse osservato, il che io ignoro, anzi lo credo inverosimile»995.

Cristoforo da Lecco: «In generale lo si è sempre ritenuto in buona stima anche prima ch’egli nel convento di Casalpusterlengo avesse a suscitare fama di sé; sebbene alcuni fino a questo tempo lo ritenessero sempre per una persona meno sviluppata a cagione di malattia e lo chiamassero perciò “pellagroso”… Per notizia avuta da altri, ma certa, so che egli si rifiutava ostinatamente a ricevere denaro in elemosina di messe, nonostante che il padre provinciale Francesco da Bergamo asseverasse che poteva coscienziosamente per permesso della Santa Sede. Il padre provinciale desistette in seguito dal far premura e nell’Ordine vi era e forse vi sono ancora padri vecchi che

994 Ibid., f. 202rv.995 Proc. Bergom., f. 70.

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approvano il fatto di Padre Carlo per stare fedeli alle Costituzioni»996.

Vigilio da Chiari: «Ricordo che venendo mandato d’inverno nei cascinali poco distanti dalla città di Milano a celebrare la santa Messa non volle mai usare della vettura che si mandava dagli interessati per trasportarlo, e ciò in omaggio alla regola che prescrive di non usare dei veicoli se non in caso di grave necessità, sebbene i padri superiori lo volessero e ne lo rimproverassero come di disobbedienza. Così anche dei digiuni e del mangiar di magro. I superiori lo esortavano a tralasciare i digiuni ed a mangiar di magro come gli altri perché poco sano; ed egli invece non voleva perché si giudicava capace e si riteneva obbligato alla regola… Qualcuno lo giudicava un po’ fanatico e pellagroso per l’irremovibilità nel proposito di stare scrupolosamente alle costituzioni. Veramente l’ostinazione colla quale voleva mangiare di magro, andar scalzo per la neve ed in genere l’eccesso della penitenza per essere fedele alle regole e alle costituzioni, non ostante la volontà dei superiori e la sua malferma salute; però io stesso lo scusava per lo spirito particolare con cui si vedeva guidato da Dio»997. Anche fr. Simpliciano da Rescalda lo giustificava: «Alla domanda perché padre Carlo non accettava le elemosine delle messe rispondeva “che non voleva accettare perché stava alle costituzioni, ed applicarla pei benefattori»998.

Tutto questo impegno di giustizia, per un’osservanza radicale della regola e delle costituzioni cappuccine, in un periodo difficile di sbandamenti dopo le soppressioni e di faticosa rifondazione della provincia cappuccina lombarda, non può apparire se non come un grande eroismo.

La fortezza è la virtù morale che, nelle difficoltà, assicura la fermezza e la costanza nella ricerca del bene. Essa rafforza la decisione di resistere alle tentazioni e di superare gli ostacoli nella vita morale. La virtù della fortezza rende capaci di vincere la paura, perfino della morte, e di affrontare la prova e le persecuzioni.che è

996 Proc. Mediol., f. 234v-235r.997 Ibid., f. 240v-241r-242r.998 Ibid., f. 103r.

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costanza nella ricerca del bene999. Essa appare grande in P. Carlo nonostante la fragilità della sua salute, come quando affronta sofferenze, rinunce, sacrifici e penitenze di digiuni e flagellazioni, è pronto a dare la sua vita per prigionieri e assassini, resiste ad ogni fatica nel suo carisma di consolazione, anche se deve essere portato di peso fra la gente per le sue benedizioni, è deciso a osservare la regola ad litteram secondo una decisione di coscienza che non accetta dispense e privilegi. Questa radicale tenacia nell’osservanza regolare restò come un pungolo nella memoria dei frati, che non tutti condividevano questa radicalità e per questo davano anche giudizi poco benevoli sulla sua persona1000. P. Giustino da Lovero su questo punto osservava: «Quanto alla fortezza posso dire che l’atto più forte da lui esercitato fu nello star fermo nel non voler celebrare la santa Messa con recezione di elemosina contro al Guardiano e Provinciale per osservare esattamente la regola»1001. Un aspetto già visto precedentemente e vieme riproposto più avanti parlando della sua obbedienza.

La temperanza è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati. Nel Servo di Dio essa appare con una sana discrezione assecondata da una disponibilità di sottomissione e di obbedienza, anche se, in qualche maniera, certe volte la tenacia del Servo di Dio potrebbe apparire testardaggine. Anche qui abbondano le testimonianze dei confratelli che hanno vissuto insieme nei conventi. Era una continua penitenza e mortificazione, una capacità di dominio di sé. Questa virtú era, si potrebbe dire, il contorno o il tono della vita del Servo di Dio, tanto è rimarcata come una caratteristica inconfondibile del suo spirito. Addirittura l’immaginario collettivo ne aveva fatto quasi una icona di un rinato padre del deserto. Salamina Pietro così lo presenta: «Da mio padre, che andava di frequente al convento a portare il pane, ho sentito che

999 Cf. Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1808.1000 Si veda sopra dove si tratta di “Cosa pensavano i frati del novizio-

studente-confratello”, pp. 1001 Proc. Mediol., f. 207v.

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andava a piedi completamente nudi e che mangiava le erbe»1002. Così anche Angela Merli: «Posso dire d’aver sentito più volte da mia madre che il P. carlo stava sempre in giardino a far orazione, esposto al freddo e al sole e che mangiava le radici»1003. Era una penitenza che lo riempiva di pace, di serenità, di grande mitezza e gioia interiore. «In tutti i suoi atti – riferisce p. Paolino da Verdello - e nelle sue conversazioni era di una squisita affabilità e rispetto con tutti senza distinzione. So che era di animo mitissimo e non era pericolo che mai gli uscisse una parola che non fosse improntata alla più dolce e soave mitezza»1004. Anche don Bassiano Sordi: «È certo che la mansuetudine si manifestava nel suo tratto esterno che lo rendeva caro a tutti»1005 P. Vigilio da Chiari: «Era di una pazienza inalterata, perché in mezzo ai rimproveri, mortificazioni a cui lo assoggettavano sempre era ilare e contento»1006.

Tutta la gamma degli esercizi penitenziali consueti nella tradizione cappuccina si trovano nel Servo di Dio, con una voluttà instancabile e una perseveranza degna dei più grandi santi penitenti. È un ritornello continuo nelle deposizioni processuali, con un crescendo che splende ancor più negli ultimi mesi della sua vita. Già molti aneddoti sono stati proposti nella biografia documentata. Possiamo ora aggiungere altri particolari che lasciano stupiti al pensiero della sua fragile salute, per cui si comprende come era lo spirito del Signore che sosteneva e alimentava questo eroismo penitenziale.

Giustino da Lovero si diffonde nei dettagli: «Aveva lo spirito di mortificazione perché so che in convento invece di dormire sul pagliericcio dormiva per terra. Rigorosissimo nei suoi digiuni e credo sia morto presto per questo. Usava il cilicio non solo per quello che era prescritto per tutti, ma

1002 Proc. Laud., f. 162v.1003 Ibid., f. 245r.1004 Proc. Mediol., f. 92v, 93r.1005 Proc. Laud., f. 125v.1006 Proc. Mediol., f. 240v.

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ancora in là. Non si copriva e non si riparava d’inverno dal freddo. Non si liberava mai dalle molestie delle zanzare e delle mosche, e l’ho coi miei occhi [visto] essere punto dalle zanzare fino al sangue senza far il minimo movimento per scacciarle. Era padrone di se stesso e dominava i suoi sensi in modo perfetto, gli occhi particolarmente e la lingua». Barnaba da Milano: «Varie volte l’ho trovato in chiesa dopo l’Ave Maria in ginocchio trascinando la lingua in terra lungo la chiesa tracciando una croce». P. Arsenio da Brescia: «Ricordo che nell’anno 1855 mi pare, nei mesi più rigidi dormiva con una sola coperta leggera, senza aver mai domandato al superiore il permesso d’usare altra coperta più pesante e conveniente per la stagione. Ciò mi fu riferito dai religiosi del noviziato. Io poi in generale notavo in lui uno spirito speciale di mortificazione…Come suo direttore posso dire che il Servo di Dio con digiuni e discipline mortificava il suo corpo e so che bisognava moderarlo nel fervore di queste penitenze»1007. Le testimonianze si potrebbero moltiplicare

Voti religiosi in grado eroicoSe entriamo ad esaminare i consigli evangelici e le

Beatitudini nella vita di P. Carlo, anche qui incontriamo eroismo continuo.

La povertà e un grande amore verso i poveri, già si manifestavano nei suoi anni giovanili quando, da bambino, si privava del suo cibo per darlo ai compagni di scuola poveri. Poi il suo distacco dai soldi per cui non voleva ricevere elemosine in danaro, il suo portamento umile e dimesso, il non aver nulla per sé, e soprattutto il suo distacco interiore che lo rendeva totalmente disposto all’azione di Dio. Anche qui varie sono le testimonianze.

P. Augusto da Crema: «Ciò che concerne lo spirito di povertà e mortificazione dirò che la sua cella era la più spoglia di tutto, l’abito suo sempre logoro e che lasciava sempre il vino e la carne, né mai ne usava»1008. Lo stesso dice P. Polino da Verdello: »La sua povertà era altissima, e

1007 Proc. Bergom., f. 68.1008 Proc. Mediol., f. 219v.

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credo che non potesse essere più stretta. Egli avrebbe voluto indossare un abito che andasse a cenci e non essendogli ciò consentito sceglieva sempre il più logoro e rattoppato… So che avrebbe voluto sempre gli uffici più umili e faticosi»1009. Il calzolaio Spelta Bassiano si riferisce all’ultima malattia di P. Carlo e al suo spirito di povertà con queste parole: «Non ho mai visto il P. Carlo prender qualche cosa senza ordine, e nell’ultima malattia mi fu detto che, avendo Fr. Apollinare che lo assisteva chiestagli la corona del rosario che lui P. Carlo adoperava, questi rispose: “Delle cose di questa terra non son padrone di nulla; se da Dio vi sarà destinata l’avrete”»1010.

Cristofero da Lecco: «Per notizia avuta da altri, ma certa, so che egli si rifiutava ostinatamente a ricevere denaro in elemosina di messe, nonostante che il padre provinciale Francesco da Bergamo asseverasse che poteva coscienziosamente per permesso della Santa Sede. Il padre provinciale desistette in seguito dal far premura e nell’Ordine vi era e forse vi sono ancora padri vecchi che approvano il fatto di Padre Carlo per stare fedeli alle Costituzioni»1011.

Don Bassiano Sordi: «Ho ammirato il distacco che il P. Carlo aveva delle cose di questa terra, perché avendo io consegnato al P. Carlo L. 10 in oro, elemosina consegnata a me da mia madre per la celebrazione di una S. Messa, la lasciò subito cadere in terra, e se ne soffregò le dita nell’abito, e poi non curandosi si portò a benedire gli ammalati. La moneta fu raccolta dal P. Guardiano»1012. Non toccare danaro era nella tradizione antica cappuccina, che si rifaceva all’esempio di san Francesco. E nelle costituzioni cappuccine del 1643, quelle vigenti ancora al tempo di P. Calo, si leggono frasi che il Servo di Dio aveva assimilato radicalmente e sulle quali non transigeva, come queste: «Non si curino per celebrare di ricever alcun premio in terra, ad essempio di Giesù Cristo sommo sacerdote, che

1009 Ibid., f. 94v, 95r.1010 Proc. Laud., f. 185v.1011Proc. Mediol., f. 234v-235r.1012 Proc. Laud., f. 123v.

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senza alcun suo premio temporale, per noi s’offerse nella dura croce…Soleva dire il Serafico Padre, che i suoi veri frati non devono fare più stima della pecunia e de’ danari che della polvere, anzi fuggirla e haverla in orrore come un serpente velenoso»1013. Da qui la sua eroica osservanza.

La castità si rifletteva nel suo volto chino e sorridente, nel suo amore al ritiro, e anche nel trattare con la gente con naturalezza, anche con le donne, con spontanea autorevolezza, senza ombra di misoginia. Una castità coltivata davanti al Crocifisso e alla Madonna e all’Eucaristia e nell’amore ai fratelli.

Arsenio da Brescia: «Era poi mortificatissimo negli occhi per amore della virtù della castità»1014. P. Paolino da Verdello: «Non ho potuto mai vedere i suoi occhi perché li teneva sempre fissi in terra e tanta era l’abitudine che per nessuna sorpresa li alzava»1015. P. Augusto da Crema: « Si distinse in una purezza angelica»1016. P. Vigilio da Chiari: «Riguardo alla purità era un angelo»1017. Don Bassiano Sordi: «la purità… era veramente illibata»1018. In questo c’è una unanimità assoluta nelle testimonianze.

Che dire dell’obbedienza? Nel Servo di dio la virtù dell’obbedienza era come una realtà esistenziale continua ed è stata un punto fermo della sua spiritualità, esemplare anche nei fatti piú ordinari e semplici. Non faceva nulla senza l’obbedienza. Si sentiva piccolo nelle mani di Dio e di Maria e pronto a lasciarsi portare ovunque il superiore e i confratelli volevano.

Paolino da Verdello: «So che dipendeva in ogni cosa anche minima dal consiglio dei suoi direttori»1019. Fr. Apollinare da Arcore: «Quanto ai digiuni ed alle discipline

1013 Cf. Cost. 1643, capp. III e IV (Constitutiones OFMCap. Vol. I: Constitutiones antiquae (1529-1643). Editio anastatica. Romae 1980, pp. 585, 593.

1014 Proc. Bergom., f. 69.1015 Proc. Mediol., f. 94r.1016 Ibid., f. 219v.1017 Ibid., f. 241r.1018 Proc. Laud., f. 121r.1019 Proc. Mediol., f. 92r.

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mi consta che le usava finché l’obbedienza glielo permetteva»1020. Pietro Salamina: «Parecchie volte l’ho visto scopare il convento e dal Frate cuciniere sentii che andava anche in cucina a lavare i piatti, e ciò faceva, come egli stesso affermava, per ubbidienza»1021. Don Sante Pievani osservò ripetutamente che «sempre quando lo vedevo parlare col Superiore era inginocchiato, e non si alzava se non in seguito ad ordine del superiore stesso»1022. Praticamente P. Carlo aveva conservato, per sua scelta, un atteggiamento come di un novizio, ed era anche una persuasione del tempo fra i cappuccini dire, come lode e verifica di santità, che uno si era conservato come un novizio.

Ma qui potrebbe sorgere il dubbio, già segnalato dai frati di allora, se P. Carlo nel suo radicalismo di osservanza letterale della regola francescana non abbia assunto un atteggiamento di disobbedienza. Risponde P. Giustino da Lovero: «Devo aggiungere per ciò che riguarda la sua obbedienza, di cui parlai nell’interrogatorio decimo sesto, che il suo atto di rifiutarsi di celebrare la messa con applicazione di ricevere elemosina in denaro non fu un atto di disobbedienza, ma un dovere di coscienza per l’esatta osservanza della regola nostra la quale proibisce la recezione del denaro. In allora non vi era la dispensa pontificia e si potea osservare benissimo questo precetto, stante le circostanze del governo del tempo»1023. Il Servo di Dio, nella preghiera e nella luce della sua coscienza davanti a Dio, condivideva totalmente le parole di san Francesco nella regola: «Comando loro fermamente di obbedire ai loro ministri in tutte quelle cose che hanno promesso al Signore di osservare e non sono contrarie all’anima e alla nostra regola»1024. P. Augusto da Crema in questo senso spiegava il fatto: «So che venne tacciato di disobbedienza e riluttanza agli ordini dei superiori quando gli intimarono di uniformarsi al vitto comune, anche per l’uso della carne,

1020 Ibid., f. 73v-74r.1021 Proc. Laud., f. 174v.1022 Ibid., f. 103r.1023 Proc. Mediol., ff. 202rv, 307rv.1024 S. Francesco, Regola bollata, cap. IX, 3 (Fonti Francescane.

Nuova edizione. Padova 2004, p. 96).

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stante la gracilità della sua complessione, e la malferma salute. Ma per una non retta interpretazione delle nostre Costituzioni dell’Ordine, le quali proibiscono di ricorrere “ad pecuniam” se non per cose strettamente necessarie al vestito e al vitto dei religiosi, egli riputandosi abbastanza in forze per non violar l’osservanza di questo punto di regola, si credette obbligato in coscienza a non valersi di questa agevolezza che i superiori muniti delle debite facoltà accordano ai religiosi. La mia convinzione è che egli abbia fatto bene, perché agiva secondo la voce della sua coscienza, per quanto erronea»1025. E questo era controcorrente e vero eroismo.

Umiltà eroicaNon parliamo della sua umiltà che era così spontanea,

così profonda, così sentita, avvalorata anche dal suo stato prima di chierico non abilitato, e poi di semplice sacerdote che dovrà accontentarsi di celebrare la messa, di distribuire la comunione e di benedire. Il sentimento profondo di umiltà, fondato su una convinzione del cuore e su una conoscenza di sé e di Dio accompagnò tutta la vita del Servo di Dio. Era una una volontà di annullamento di sé. Egli era convinto di essere un grande peccatore e cercava l’umiliazione con gioiosa voluttà “come un assetato nel più caldo estate beve acqua fresca», per usare un’esoressione di P. Paolino da Verdello: «Era così umile il suo portamento in tutte le sue azioni che pareva l’umiltà personificata. Le lodi ed i biasimi, rimproveri e correzioni le più acerbe, fattegli a ragione o a torto, non era mai possibile che gli strappassero o un movimento o una parola che indicassero un leggerissimo risentimento, anzi posso aggiungere che si assorbiva le umiliazioni con quella voluttà che un assetato nel più caldo estate beve acqua fresca. Una volta che si ebbe un fortissimo rimprovero da un suo compagno, egli zittì, non si mosse. Interrogato da me perché non rispondesse parola alcuna, mi rispose queste precise parole: “Io metto tutto nel sacco”. Parlava di sé come se fosse il più gran peccatore, e pregato delle sue orazioni a Dio,

1025 Proc. Mediol., f. 220v-221r.

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rispondeva: “Lo farò, ma sono un gran peccatorer”. So che avrebbe voluto sempre gli uffici più umili e faticosi»1026.

Le testimonianze sono numerosissime e unanimi. Ne scegliamo alcune significative.

P. Giustino da Lovero: «Per l’umiltà mi riferisco al modo con cui parlava di sé chiamandosi “gran peccatore”, come l’ho sentito più volte, mentre ho certezza da parte di chi lo conosceva personalmente che portò alla tomba l’innocenza battesimale. Per quanto ingiustamente rimproverato non si risentiva mai. Si occupava di preferenza negli uffici più vili e umili della casa»1027.

P. Augusto da Crema: «Ciò che edificava e commuoveva tutti quelli che andavano a farsi benedire da lui era l’esempio di umiltà che dava loro allorché, professandosi riconoscenti a lui delle raccomandazioni e buone esortazioni che faceva, nonché delle grazie che ottenevano in seguito alle dette sue benedizioni, egli volgeva lo sguardo alla Madonna riferendone a Lei sola il merito e chiamandosi povero peccatore di Lei indegnissimo servo»1028.

P. Vigilio da Chiari: «Egli era dotato d’umiltà profondissima; non manifestava che i propri difetti; non mai il bene che operava e le grazie che riceveva»1029.

Raimondo da Casalpusterlengo: «Si distingueva specialmente nella virtù dell’umiltà, perché anche al ricevere strapazzate forti, non c’era pericolo che rispondesse, anzi diceva a chi lo rimproverava: Pregate il Signore perché mi emendi»1030.

Leone da Bagnatica: «Ho sentito dai suoi compagni ad esaltare la sua grande umiltà, che la dimostrava col dimandare la benedizione a tutti e se alcuno s’inginocchiava a lui per ricevere la sua benedizione, egli era il primo a prevenirlo»1031.

1026 Ibid., f. 94v-95r.1027 Ibid., f. 200r.1028 Ibid., f. 222v.1029 Ibid., f. 240r.1030 Ibid., f. 247r.1031 Ibid., f. 249v.

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Apollinare da Arcore: «Non solo ai superiori portava gran rispetto ma anche agli inferiori ed a qualunque fratello sino ad inginocchiarsi dinanzi a tutti e questo faceva anche sacerdote professo dinnanzi ai laici e fino alla fine della sua vita tutte le volte che bisognava parlare… Era sempre solito anche innocente inginocchiarsi innanzi a chicchessia domandar perdono se rimproverato»1032.

Arsenio da Brescia: «Io stesso come suo direttore e confessore ebbi a sperimentare il bonissimo concetto che aveva di se medesimo reputandosi un grandissimo peccatore e manifestando anche questo suo concetto col pianto e con segni di gran confusione…parlava coi superiori in ginocchio, e bisognava che il superiore gli comandasse di alzarsi, come ho dovuto fare io stesso. E riceveva le loro parole con sentimento manifesto di grande umiltà. Ed ho sentito dire, non ricordo da chi, che non si lamentava mai delle correzioni che talvolta forse anche a torto gli venivan fatte»1033.

Un atteggiamento o pratica o stato costante di umiltà e di minorità che fuori dubbio è stato vissuto dal Servo di Dio in grado eroico.

Questi molteplici aspetti della vita virtuosa eroica del Servo di Dio, come sono testimoniati nei processi di Lodi e specie di Milano, si intrecciano insieme a formare una abito meraviglioso di santità nella caratteristica inconfondibile della spiritualità francescana e cappuccina. Sembra perciò dimostrata la loro eroicità, perché padre Carlo viveva carismaticamente immerso in Dio nel cuore misericordioso di Cristo Crocifisso e di Maria Addolorata1034.

Per completare il quadro della santità eroica del Servo di Dio si potrebbero esaminare i carismi di cui è stato arricchito, anche se questi non fanno parte dell’essenza della santità. Si possono discernere in lui due specie di carismi o doni soprannaturali: i carismi soggettivi e quelli

1032 Ibid., f. 72r, 73r.1033 Proc. Bergom., f. 69-70.1034 La biografia di p. Evaldo, in pratica, è un approfondimento delle

virtù eroiche del Servo di Dio e può completare tutto il quadro della sua spiritualità eminente. Ad essa si rimanda per ulteriori particolari aspetti.

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oggettivi. I primi, a beneficio della sua persona, come il dono della contemplazione, delle visioni e delle estasi, e già durante la vita la fama di questi doni sembra esistesse. I carismi oggettivi, a beneficio del prossimo, furono la scrutazione dei cuori, la conoscenza di cose e situazioni a distanza e le profezie e diverse sono le testimonianze. Tutti questi aspetti della sua vita spirituale carichi di intensità e di continua eroica fedeltà hanno avvolto la figura del Servo di Dio di una fama di santità già durante la vita per le sue taumaturgiche benedizioni ai sofferenti, ammalati e disperati. Questa fama non è venuta meno col tempo, ma ha continuato ininterrottamente dopo la morte del Servo di Dio fino ad oggi, come è stato dimostrato esaustivamente nella seconda parte di questa relazione storica.

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IVPROFILO SPIRITUALE DEL SERVO DI

DIO E SUA ATTUALITA’

Dallo sguardo dato alla documentazione archivistica e alle biografie, soprattutto all’ultimo lavoro di p. Evaldo Giudici, non riesce difficile tracciare le linee maestre di un profilo completo della vita, delle virtù e dell’attività del Servo di Dio, ricavandone un caratteristico profilo spirituale. Lasciamo la parola a p. Evaldo che è riuscito a penetrare anche nelle fonti della spiritualità di p. Carlo con convincente interpretazione ed acuti e verosimili confronti. Ne risulta che il Servo di Dio visse in anticipo, quarant’anni prima, l’infanzia spirituale di santa Teresina e sperimentò l’affidamento totale alla Vergine insegnato da san Luigi M. Grignion de Montfort, che padre Evaldo evidenzia nella frequente espressione usata da padre Carlo nei suoi scritti, quando ripete: «Sento confidenza, sento gran confidenza, mi sentii sentimenti di confidenza». Merita qui di essere riletta una pagina significativa e luminosa che padre Evaldo scrive a questo proposito:

«Quel continuo ripetere la propria confidenza in Dio e in Maria SS. ci indica per quale cammino progrediva padre Carlo verso la santità. Abbiamo già fatto notare che s. Luigi Maria Grignion de Montfort enumera tra gli effetti della Vera Devozione Mariana proprio questa virtù della confidenza. Non solo la confidenza, evidentemente, ma anche, p. es. la “conoscenza e il disprezzo di se medesimo” su cui tanto insiste questo scritto di padre Carlo, e altri effetti che è troppo lungo esaminare qui. Questo, però, della confidenza è veramente il più vivo in padre Carlo. Il Santo de Montfort parla, anzi, di “confidenza grande”, e lo scritto di padre Carlo ripete più volte tale grandezza, e più appare chiara anche dal contrasto dei due effetti messi quasi a confronto o in

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opposizione contro ogni logica umana: “Al conoscermi massimo peccatore e vaso di misericordia mi sento confidenza”; e più avanti: “conobbi in qualche parte qual sono” - s. Luigi Maria de Montfort accenna appunto che “col lume che lo Spirito Santo darà per mezzo di Maria... conoscerai il tuo cattivo fondo, la tua corruzione e la tua incapacità a qualsiasi bene e, in seguito a siffatta conoscenza, ti disprezzerai, nè penserai a te se non con orrore... Insomma, l’umile Maria ti farà parte della profonda sua umiltà, la quale farà sì che ti terrai in niun conto, non disprezzerai nessuno e amerai di esser disprezzato” “per il che mi sentii sentimenti di confidenza”. ‘Grande confidenza’ egli sente ‘per la esecuzione dei suoi propositi’, per la devozione a Maria, per la sua speranza nell’aiuto della Vergine SS., ecc.

«Queste parole gettano veramente una luce nuova - tutta nuova, e insistente! - sulla figura di padre Carlo. Il suo ritratto vero deve per forza avere il sorriso sulle labbra e la gioia nel cuore, e negli occhi la luce del bambino condotto per mano, o meglio ancora, sollevato in braccio, conscio della propria piccolezza e sicuro solamente della sicurezza delle braccia che lo sollevano. “Gran confidenza mi sento ancora in Voi” Maria SS.! Insomma, il dono del Timore di Dio gli ha dato veramente “il sentimento soprannaturale della nostra impotenza”»1035.

Quindi semplicità, fiducia, desiderio immenso e continuo di vivere come Gesù e Maria, fino a voler dare la vita in riscatto di reclusi e condannati a morte, una disponibilità di servizio senza limiti di tempo e di forze, ma soprattutto la presenza continua del Crocifisso e della Madre Addolorata ai piedi della croce.

«Il servo di Dio padre Carlo Vigevano da Abbiategrasso – scrive ancora p. Evaldo - ha vissuto una breve vita, 33 anni. La sua formazione umana e cristiana si evolve nella famiglia, nella parrocchia e nel commercio (nel negozio paterno); soltanto sette anni tra i frati cappuccini.

«È un testimone di vita cristiana nel negozio paterno con la sua integerrima onestà aumentando la clientela perché –

1035 Ibid., p. 247-248.

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anche contro il parere o la volontà del padre – si sente in dovere di evidenziare eventuali difetti della merce. In parrocchia è capace di tenace relazione con i ragazzi riuscendo ad appassionarli alla catechesi, a fermarsi in chiesa e ad accompagnarli al cimitero.

«A 25 anni scrive lettere per ottenere la scarcerazione o la personale sostituzione di due ladri, più avanti chiederà di scrivere un messaggio a tutti gli studenti del’ordine cappuccino e, infine, a Casalpusterlengo accoglie e prega con folle e folle di pellegrini e li rasserena.

«Spirito giovanile si lascia plasmare con rapidità dalla grazia di Dio fino a divenirgli spontaneo lo stile di mitezza di Gesù e di intraprendenza nel bene delle anime.

«Il segreto che da’ forza e certezze alla sua vita è l’essere costantemente sintonizzato sulla persona umana di Gesù in una fede lineare, semplice e convinta che si esprime con una vigile e riconoscente adorazione a Dio accompagnata, nelle sue relazioni con le persone, da un profondo atteggiamento di stima verso tutti, perché tutti sono figli amati dal Signore.

«La gente semplice intuisce e percepisce la sua luce viva che lo rende simpatico e accattivante: per questo lo cercavano e lo cercano tuttora. La sua esperienza evangelica ispira e illumina il cammino di tanti credenti che si impegnano nella santità.

«Padre Carlo, si potrebbe chiamare anche “Padre Carlo della Madonna dei Cappuccini” a motivo del Santuario che porta questo nome e nel quale svolge, negli ultimi sette mesi di vita, il ministero della consolazione dello spirito e del sollievo del corpo verso tanti pellegrini sofferenti del Basso Lodigiano che ricorrono fiduciosi a lui come a taumaturgo affinché lui li accompagni dalla Madonna. Li accoglie con un animo così disponibile e comunicativo di grazia che tornano alle proprie famiglie “guariti”.

«Pur con tanta fragilità di salute, con poca esperienza – sacerdote da tre anni e ancora studente di teologia e senza la facoltà di confessare – a Casalpusterlengo il Servo di Dio esercita il ministero della consolazione con il sostegno della divina grazia e con quella umana naturalezza che gli deriva

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dal vivere ininterrottamente la consacrazione religiosa e sacerdotale nella imitazione di Cristo Salvatore.

«Il messaggio della breve vicenda cristiana dell’umile cappuccino taumaturgo è di grande attualità: è un insegnamento di giustizia, verità e onestà nel commercio e negli affari; un invito alla riconciliazione e solidarietà con i piccoli e i più poveri; un modello meraviglioso di apostolato dei laici e, soprattutto, un richiamo ad un’intima unione al Cuore di Cristo crocifisso e al Cuore immacolato e addolorato di Maria.

«Il Servo di Dio p. Carlo potrebbe essere proposto ai sacerdoti – specie a coloro che accolgono e ascoltano i sofferenti per orientarli e spronarli verso la pratica dell’amore di Dio e della vita di Chiesa – come un autorevole patrono del ministero della consolazione!»1036.

CONCLUSIONE

La Commissione storica preliminare incaricata di compiere un primo sondaggio storico-documentario per la riapertura del processo diocesano in forma giudiziale, avendo esaurito queste ricerche (come si nota nel copiosissimo elenco bibliografico e archivistico posto in Appendice) vede la validità, la necessità e l’opportunità di questa riapertura, avvalendosi soprattutto della constatazione che la fama di santità è rimasta ininterrotta fino ad oggi, e che i processi di Lodi e di Milano hanno ancora una loro grande validità.

Le conclusioni positive, dopo la lunga ricerca documentaria e lo studio della bio-bibliografia del Servo di Dio, si possono riassumere con le parole di don Giulio Mosca, uno dei periti storici:

«Premetto che mi riferisco soltanto alle prove della persistenza della fama di santità del Servo di Dio Padre Carlo d’Abbiategrasso dalla sua santa morte fino al presente, dato che a questo si restringe la documentazione che ho presentato. Dò per esaminati in precedenti parti del “testo unico” la vita, le opere straordinarie, le virtù eroiche,

1036 Appunti di p. Evaldo in data 6 febbraio 2009.

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la fama di santità in vita. I riferimenti, inevitabili e necessari, permettono di rilevare il riflesso, cioè il giudizio, i convincimenti formatisi nel popolo cristiano (semplici fedeli, sacerdoti della parrocchia, confratelli, superiori nella diocesi e nella provincia religiosa), conservati e fedelmente trasmessi dalla generazione di Padre Carlo e dalla successiva, fino ai nostri giorni.

«Premetto anche di aver tenuto presente costantemente la mia personale previa convinzione della santità di Padre Carlo, e per le mie origini casaline e per la mia frequentazione del santuario fin dalla fanciullezza e, in seguito, dei religiosi, e la necessità di distinguere quel che è devozione alla Madonna dei Cappuccini e devozione al Servo di Dio: cosa difficile, anche per lo strettissimo legame che univa Padre Carlo alla Madonna. Mi pare di poter affermare che la lunga pratica abbia assicurato l’obbiettività del testo, che è constatabile nella ventina di volumi di storia religiosa diocesana pubblicati, e la severità del metodo storico.

«Ciò premesso, credo di poter affermare:1) che la documentazione raccolta, anche con il

contributo degli altri periti, è abbondante, minuziosa, completa;

2) che tutta la document6azione porta ad un’unica conclusione: la fama di santitù – pur rilevando qualche voce discordante e pur ammettendo alti e bassi – si è mantenuta viva nel popolo cristiano nel 150 anni dalla sua santa morte ed ha oggi una nuova fioritura;

3) che tale fama, unitamente alla prova della santitù della vita e delle opere di Padre Carlo e alla constatazione della attualità del suo insegnamento nei nostri tempi, rende legittima, e quasi doverosa, conformemente alle attese del popolo cristiano, la ripresa della Causa, in vista di ulteriori passi nel riconoscimento ufficiale della santità del Servo di Dio da parte della Chiesa.

«Pertanto – avendo approfondita conoscenza personale del ricco materiale documentario riportato ed esaminato nel mio contributo [e riportato in Appendice], pur suscettibile di nuovi apporti; in piena coscienza davanti a Dio in un ufficio

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di tanta delicatezza; nella qualifica di Perito storico convocato dal Tribunale Ecclesiastico Diocesano per la Causa di padre Carlo da Abbiategrasso, di mia spontanea e libera volontà dichiaro che ritengo adeguatamente studiata nelle sue espressioni e nel trascorrere del tempo, e provata, la fama di santità del Servo di Dio Padre Carlo d’Abbiategrasso»1037.

La Commissione storica quindi è convinta che la figura del Servo di Dio, nel mondo di oggi così tormentato, sarà un richiamo ai valori fondamentali della fede e dell’amore di Cristo, valorizzerà positivamente come una risorsa e un valore, col suo carisma di misericordia e di compassione, le malattie, sofferenze e tribolazioni così diffuse nell’angosciata società moderna, entrerà decisamente nel clima oggi così fortemente mariano del popolo cristiano, e diventerà un modello ed un esempio nell’apostolato della vita religiosa e della Chiesa.

Valgono in questo senso le parole di mons. Serafino Spreafico:

«É doveroso riconoscere che la devozione al Servo di Dio Padre Carlo, prolungatasi fino ad oggi, è una prova singolarissima della Volontà di Dio a favore della sua causa. La devozione anteriore verrebbe di chiamarla una ‘devozione vuota’, senza alcun effetto giuridico nell’avanzare della causa, mentre è oramai ‘devozione piena’ con la proclamata riapertura giudiziale del suo processo. La situazione della causa era staticamente ferma, cioè, anche se si fossero avverati 10-100 veri miracoli rimaneva fermata. Vale ricordare tale verità per ringraziare il Signore per così grande grazia…

«Da subito, quindi, occorre ripartire per l’ampia e giusta - dico soprattutto - imitativa devozione al Servo di Dio. Questa assume, ormai, il valore della massima prova della santità eroica del Servo di Dio. In certo senso, essa deve concentrare il maggiore sforzo di scoperta-imitazione-testimonianza delle Virtù Teologali e Cardinali, dei Doni e dei Frutti dello Spirito Santo praticati dal Servo di Dio. Tale sforzo soprannaturale, inteso come singolare grazia di Dio,

1037 Lettera firmata da don Giulio Mosca e inviata il 26 aprile 2010.

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sarà intrapreso inizialmente e soprattutto dai promotori della stessa devozione, per potere - conseguentemente ed efficacemente - proporre e sostenere con vigore la stessa devozione ai numerosi devoti del nostro Servo di Dio. In effetti, il riconoscimento della santità ufficiale del nostro Servo di Dio Padre Carlo - come per qualsiasi eroico seguace di Cristo- deve essere collegato con il processo di santità di tutta la Chiesa, in primo luogo dei suoi confratelli e di tutti i suoi devoti».

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VA P P E N D I C E

BIBLIOGRAFICA E DOCUMENTARIAARCHIVI CONSULTATI E LORO

CONSISTENZA

I - PUBBLICAZIONI BIBLIOGRAFICHE

1) Biografie di Padre CarloG. Olmi, Una gemma dell'Ordine de' Cappuccini, ossia brevi

cenni biografici del P. Carlo d'Abbiategrasso, scritti da un terziario di San Francesco. Genova, Tip. Arcivescovile, 1877.

Anonimo (P. Arcangelo Cali da Taormina?), Memorie storiche sulla vita del Padre Carlo d'Abbiategrasso sacerdote cappuccino, Ia ediz. Lodi, Tipografia Cattolica della Pace, l880; 2a ediz Abbiategrasso, Tip. Bollini cav. Giuseppe, 1891; 3a ediz. Milano, Tip. Frat. Lanzani, 1898.

P. Isaia da Milano o Gerenzano, Articoli per l'esame dei testimoni sulla fama di santità sopra le virtù e i miracoli nel Processo Ordinario mediolan. seu lauden. della causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio P. Carlo d'Abbiategrasso, sacerdote Professo dell'Ordine dei Cappuccini di san Francesco. Milano, Tip. Frat. Lanzani, 1899.

Per le nozze di diamante di mons. Sante Peviani. Numero unico. Anno 1930.

P. Idelfonso Aliverti da Vacallo, Memorie storiche del Servo di Dio Padre Carlo d'Abbiategrasso cappuccino (dai processi informativi). Milano, S.A.S.T.E. - Casalp., Tip. Gambarini, 1932.

A Mons. Francesco Codazzi, Prelato Domestico di Sua Santità. Numero unico, supplemento de Il Cittadino, 29.10. 1939.

P. Idelfonso Aliverti da Vacallo O.F.M. Capp., Vita del Servo di Dio Padre Carlo d'Abbiategrasso cappuccino (1325-1359). Casalpusterlengo, Santuario Madonna dei Cappuccini – Varese, Soc. An. La Tipografica, 1945. Edizione postuma, curata da P. Carlo Varischi da Milano.

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Lexicon Capuccinum. Romae 1951, v. Carolus ab Abbiategrasso, col. 348.

Padre Carlo d'Abbiategrasso nel 1° centenario della sua morte (I859-I959), in La Madonna dei Cappuccini, numero unico, genn/febbr 1959.

Santi e santità nell’Ordine Cappuccino. II: Il Sette e l’Ottocento, a cura di Mariano d’Alatri. Roma, Postulazione Generale dei Cappuccini, 1981, pp. 295-306 (Evaldo Giudici, Le benedizioni del servo di Dio Carlo Maria da Abbiategrasso).

Necrologio dei Frati Minori Cappuccini della Provincia di San Carlo in Lombardia. Milano, Curia Provinciale dei Frati Minori Cappuccini, marzo 1982. Voce.

Bibliotheca Sanctorum. Prima appendice, Roma, Città Nuova editrice, 1987, coll. 1434-1435.

Evaldo Giudici - Apollonio Troesi, ...e Maria lo prese con sé ... P. Carlo Maria Vigevano da Abbiategrasso (1825-1359 cappuccino. Anno Mariano 1988, Biblioteca Mariana di Casalpusterlengo - Gorle, Editrice VELAR.

(P. Evaldo Giudici), …C’è Padre Carlo! Biografia del Servo di Dio Padre Carlo d’Abbiategrasso cappuccino. Casalpusterlengo, Biblioteca Mariana Madonna dei Cappuccini, Ia ediz. 1979; IIa

ediz. 1992.Breve biografia del Servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso. A

cura di P. Mariano Brignoli, Vice-Postulatore. Casalpusterlengo 1999.

P. Evaldo Giudici, Appunti per una vita di P. Carlo d’Abbiategrasso (1825-1859). Casalpusterlengo, Santuario Madonna dei Cappuccini, 2008.

2) Volumi di storia del Santuario con riferimenti a Padre Carlo

P. Arcangelo Calì da Taormina, Il santuario di Maria e i Cappuccini di Casalpusterlengo presso Lodi in Lombardia. Memorie storiche. Estratto da I Gigli di Maria, Napoli, con aggiunte. Napoli, Tip. Frat. Testi, 1877.

Anonimo, Il santuario della b. Vergine detta di S. Salvatore venerata nella chiesa dei Cappuccini presso Casalpusterlengo. Notizie ristampate nell'occorrenza del primo centenario della di lei incoronazione. Milano, Serafino Ghezzi, 1880.

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P. Mauro da Subiaco, Il santuario della Madonna detta di S. Salvatore e il convento dei cappuccini di Casalpusterlengo. Notizie storiche. Milano, Tip. Serafino Ghezzi, 1889.

P. Valdemiro Bonari da Bergamo, I conventi e i Cappuccini dell'antico Ducato di Milano. Memorie storiche raccolte da manoscritti. Crema, Tip. S. Pantaleone di L. Meleri, 1893.

P. Valdemiro Bonari, I Cappuccini della Provincia Milanese dalla sua fondazione 1535 fino a noi. Parte seconda. Vol. II: Biografie dei più distinti nei secoli XVIII e XIX. Crema, Tip. S. Pantaleone di L. Meleri, 1899.

P. Domenico M. da Origgio, Il Santuario della Madonna dei Cappuccini in Casalpusterlengo. 1a ediz. Milano, Tip. Frat. Lanzani, 1921; 2a ediz. S. A. Stampa Periodica Italiana, 1937.

Mons. Angelo Bramini, La Madonna di San Salvatore detta dei frati Cappuccini in Casalpusterlengo (Milano). monografia nella serie "I Santuari d'Italia illustrati". Milano, Pro Familia, 1930.

Mons. Angelo Bramini, Un'oasi dello spirito, studio critico storico intorno al santuario della Madonna di S. Salvatore in Casalpusterlengo (Milano). 1a ediz. Casalpusterlengo, Tip. Gamberini, 1930; 2a e 3a nello stesso anno.

Mons. Angelo Bramini, Trionfo di fede (1730-1930). La celebrazione del 150° anniversario dell'Incoronazione Romana della Madonna di S. Salvatore dei Cappuccini di Casalpusterlengo. Casalpusterlengo, Tip. Gamberini, 1930. aggiunto alla 3a edizione del precedente e in fascicolo separato.

AA.VV., Ipsa regnet. Numero unico in occasione del 150° della incoronazione. Casalpusterlengo, Tip. Gambarini, 1930.

Il Cittadino. Numero unico per il 150° della incoronazione AA.VV. 12.8.1930.

P. Severino da Milano e P. Donato da Malvaglio, Cronaca del Santuario. Ms. di 94 pagine nell'Archivio del convento (1930-1931).

Don Gerolamo Toscani, I mille santuari mariani d'Italia illustrati. 1960.

Mons. Angelo Bramini, Mater Salvatoris. Storia del Santuario della Madonna di San Salvatore detta dei Cappuccini di Casalpusterlengo. 1965 senza indicazione della tipografia.

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La Madonna dei Cappuccini. 1574- IV centenario-1974. Numero unico del periodico bimestrale del santuario, 1974 luglio-agosto.

Bibliografia retrospettiva: 1° convento e santuario di S. Salvatore: storia, attività e vita; 2° il Servo di Dio padre Carlo d'Abbiategrasso, sacerdote cappuccino (1825-1859). A cura di P. Costanzo Cargnoni da Pisogne, in La Madonna dei Cappuccini (vedi citazione precedente).

Anonimo (nella Introduzione p.e.g., Padre Evaldo Giudici), C'è Padre Carlo.... Casalpusterlengo, ediz. "Madonna dei Cappuccini" – Brescia, Linotipografia Squassina, 1979.

AA.VV., La Madonna dei Cappuccini, secondo centenario della incoronazione. 1780 Casalpusterlengo 1980. A cura Padri Cappuccini del convento di Casalpusterlengo. Codogno, Tip. Grafiche Frat. C. Giusani & Gorini, 1980.

E. Cipelletti, El santuari di Capucin e la Madona di Casalin. Tra storia e poesia, nel volume precedente 1980.

Don Giulio Mosca, Il Santuario della Madonna dei Cappuccini. vol I dei "Quaderni de 'La Fiaccola"', (collana "Casalpusterlengo: le chiese, la religiosità popolare e le sue espressioni"). Casalpusterlengo, Tipolito ARS, 1987.

Anno Mariano 1987-1988. La Madona di Capucin. Maggio 1988. Tre acquaforti di Teodoro Cotugno. Testo di Don Giulio Mosca, 1988.

La Madonna, i Cappuccini e Casalpusterlengo. Breve storia della devozione alla Madonna dei Cappuccini in Casalpusterlengo (Lodi). Casalpusterlengo, Biblioteca Mariana Madonna dei Cappuccini, 1997.

Don Giulio Mosca, Incoronazione della Madonna dei Cappuccini di Casalpusterlengo 1780. Tutti i documenti. Casalpusterlengo, Biblioteca Mariana Santuario – Lodi, Tip. Sollicitudo Arti Grafiche, 2007.

P. Evaldo Giudici, Appunti per una vita di P. Carlo d’Abbiategrasso (1825-1859). Casalpusterlengo, Santuario Madonna dei Cappuccini – Frascati, Tip. Giammarioli, 2008.

3) Volumi di storia locale con accenni a padre Carlo a Casalpusterlengo

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Sac. Prof. Luigi Alemanni, Storia di Casalpusterlengo. Lodi, Tip. Vescovile Quirico e Camagni, 1897.

Prof. Franco Fraschini, Casalpusterlengo attraverso i secoli. Casalpusterlengo, a cura Pro Loco, 1968.

Prof. Franco Fraschini, Casalpusterlengo borgo antico. Casalpusterlengo, Tip. ARS, 1972 (da articoli in "La Fiaccola").

Aldo Milanesi, Gent de Casal o rivada a Casàl. Casalpusterlengo, Pro Loco, Tip. ITC, 1990.

Prof. Franco Fraschini, Casalpusterlengo da borgo a città. Casalpusterlengo, Ed. "Il Progetto", Tip. ARS, 1993.

Prof. Franco Fraschini, Da Roncaglia antica a Somaglia nuova. Pgg. 56 sgg. 1994.

4) Volumi di storia locale con accenni a padre Carlo ad AbbiategrassoSono stati reperiti riferimenti a Padre Carlo di

Abbiategrasso nelle seguenti pubblicazioni:- Piero Parodi, Notizie storiche del borgo di

Abbiategrasso, Abbiategrasso, Tip. Editr. Benvenuto Nicora, 1924, pp. 239-240:

Nell'anno 1825, al 30 di agosto, il sac. Gioacchino Ramazzotti «coadiutore titolare» battezzava nella nostra chiesa prepositurale di S. Maria Nuova, il primogenito di Carlo Gerolamo Vigevano e Carolina Giuditta Golzi «mercanti e sartori». Quel bambino, nato in quello stesso giorno alle ore 7 ׀2 pomeridiane, si era «in chiesa battezzato sotto condizione essendo dubbio il battesimo conferitogli per pericolo di vita dalla levatrice Borsani di questo borgo in casa». Fu chiamato al sacro fonte Gaetano Antonio ed ebbe a padrino il «fabbro ferraio» Gaetano Golzi di Bofalora, suo nonno (1). Gaetano Vigevano sin da bambino si sentì attratto alla chiesa. A 11 anni ricevette la cresima a Milano «nelle mani di S. E. l’arciv. Gaisruk ed ebbe a padrino Antonio Politti. Era allora prev. del nostro borgo il sac. Milanese Giuseppe Lattuada che, successo al Bozzi, tenne questa prepositura dal 1816 al 1841. Fu questo sacerdote che istillò nell’animo del fanciullo tanto amore per la chiesa? Al Lattuada successe il Palazzi. Il Prev. Francesco Palazzi figlio di Giuseppe e Teresa Remenulfi, era nato a Milano il 17 nov. 1798 e dopo esser stato can.co curato di

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Somma Lombardo dal 1822 al 1832 e prev. di Mariano dal 1832 al 42, fu eletto nel 1942 prev. di Abbiategrasso. Questi fu la preziosa guida di Gaetano Vigevano che, anelando d’esser Cappuccino, fu accolto nel Convento dell’Annunciata di Borno, in Valle Canonica, l’8 nov. 1852 e là il P. Guardiano Ignazio da Rovetta gli impose il nome di Carlo. La sua gracile fibra non gli permise però di rimanere in quel Convento e dovette suo malgrado ritornare ad Abbiategrasso. Studiò poi teologia e divenuto sacerdote passò a Crema, quindi al Convento dei Cappuccini di Casalpusterlengo, ove rimase dal 1858 al 1859. Quivi moriva il P. Carlo Vigevano di Abbiategrasso, sacerdote cappuccino, addì 21 settembre del 1859. (2) Morì in fama di santità e fu sepolto nel cimitero di Casalpusterlengo. Da quel luogo venne rimosso nel 1898 per essere portato nel Santuario della Madonna dei Cappuccini, ove giacciono ancora quelle spoglie.

(1) Arch. Par. S. Maria Nuova, Abbiategrasso. Battesimi 1824-29, Tav. 18 n. 82(2) G. Olmi. Brevi cenni biografici del P. Carlo d’Abbiategrasso. Genova 1877. Memorie storiche sulla vita del Padre Carlo da Abbiategrasso, sacerdote cappuccino. 3 ed. Milano, 1898. P. Domenico M. da Origgio. Il Santuario della Madonna dei Cappuccini in Casalpusterlengo, Milano, 1921 pag. 33-35.

- Ambrogio Palestra, Storia di Abbiategrasso. A cura della Banca Popolare di Abbiategrasso. Milano 1956, pp. 260-261:

Gaetano Vigevano, divenuto poi padre Carlo di Abbiategrasso, nacque nel nostro borgo il 30 agosto 1825 da Carlo e Giuditta Golzi, ambedue di umili condizioni. Vigevano Carlo faceva il sarto, per quanto sia provato che egli fosse discendente di una grande casata medievale, i da Vigevano a lor volta enucleati da un'altra nobile casata longobarda, i da Besate.

La vita di Gaetano Vigevano è molto semplice; dopo una fanciullezza straordinariamente mite e religiosa, favorita anche da un fisico debole e malaticcio, nel 1852 entra nell'Ordine dei Capuccini iniziando la sua vita di religioso nel Convento dell'Annunziata di Borno in Valcamonica. La debole costituzione fisica lo costrinse lasciare il Convento dopo neanche un anno di permanenza; ma egli ha uno «spirito di titano in virginee forme » e nel 1854 ritorna in Convento, prende il nome di padre Carlo di Abbiategrasso e riesce a

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rimanervi applicandosi tenacemente allo studio, per cui nel 1855 (26 dicembre) viene ordinato sacerdote.

Nel 1858 è destinato al Convento Santuario di Casalpusterlengo, dove la sua alta spiritualità francescana lo solleva a vette di straordinaria santità. Il 21 febbraio 1859 l'esile fraticello consunto dall'etisia, a cui purtroppo era predisposto a causa della gracile costituzione, muore serenamente, chiudendo con il serafico trapasso la serie di innumeri episodi di vita vissuta, simili ai Fioretti della più bella tradizione francescana.

Ora egli è sepolto nel Santuario di Casalpusterlengo e la sua tomba è meta di assidui pellegrinaggi che si susseguono da quasi un secolo. Forse verrà un giorno in cui l'umile fraticello passato inosservato nel frastuono di rivoluzioni e di guerre della prima metà del secolo XIX, divènterà il figlio più illustre del vecchio borgo coronando con la sua santità i fatti millenari di Abbiategrasso.

Dei nuovi indirizzi seguiti nella vita religiosa è indice caratteristico la fondazione del primo Oratorio maschile avvenuta nel 1885 per testamento dal sacerdote abbiatense Claudio Gusberti.

Fu veramente un gesto avveduto e presago dei tempi nuovi, perchè da quell'umile istituzione uscirono le nuove generazioni giovanili che diedero inizio ed impulso all'Azione Cattolica, al movimento sociale cristiano, all'attività dei cattolici nel campo politico, per cui di nuovo la vita religiosa ritornò ad inserirsi anche esteriormente nei principali coefficienti della millenaria storia di Abbiategrasso.

- Mario Comincini, Prodigi nell’Abbiatense e nel Magentino dal Cinquecento al Novecento, Rho, Società Storica Abbiatense, 2003, vol. I, pp. 89-93 (volume già agli atti).

Abbiategrasso, 10 febbraio 20l0

5) Bibliografia retrospettiva(A cura di padre Costanzo Cargnoni da Pisogne O.F.M. Cap.)

Questo elenco bibliografico sviluppato in ordine cronologico riguarda prevalentemente scritti editi e vuole accontentare i lettori più esigenti e colmare le lacune di una storia e di una attività spirituale ancora attuali.

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A. Convento e santuario di san Salvatore: storia, attività, vita.

[P. Onorato da Pavia, o.f.m. cap. m. 1590, Storia del Santuario di S. Salvatore in Casalpusterlengo]: cf. Ilarino da Milano, O.F.M.CAP., Biblioteca dei Frati Minori Cappuccini di Lombardia (1533-1900), Firenze, Leo S, Olschki, 1937, p. 261, n. 1398.

[Salvatore Rasari da Rivolta d’Adda, o.f .m. cap.], Fondatione del convento di Casalpusterlengo de’ P. Capuccini, in Metodio da Nembro, o.f.m.cap., Salvatore da Rivolta e la sua Cronaca (Centro Studi Cappuccini Lombardi, XIX), Milano 1973, p. 339-351: dal cod. ms. 427: Fondatione de' conventi della Provincia di Milano de' FF. Minori del P. S. Francesco detti Capuccini, conservato in Milano, viale Piave, 2, nell’Archivio Provinciale dei Cappuccini Lombardi (= APCL).

P. Zaccaria Boverio da Saluzzo, o.f.m.cap., Annali dei Frati Minori Cappuccini tradotti nell’italiano da Fra Benedetto Sambenedetti da Milano, I/2. Torino 1641, p. 493 (an. 1574, n. IV).

Stato del Convento di Casalpusterlengo nel 1650, in Atti della Provincia dei Frati Minori Cappuccini di Lombardia, vol IX (1958-1960) 424 (“Appendice III”).

[Cronologio di Casalpusterlengo]: Origine, Costruzione ed Ampliazione del convento e chiesa de’ Frati Minori Cappuccini nell’insigne Borgo di Casalpusterlengo. Di più ragualiasi d’altre notizie spettanti allo stesso. Cod. ms. 312, 41 in APCL – sec. XVIII – Diverse mani.

Brevi notizie sopra il celebre simulacro della B. Vergine detta di S. Salvatore, che si venera nella chiesa dei RR. PP. Cappuccini di Casalpusterlengo, da uno di questi raccolte e consacrate alla stessa Maria Santissima, Piacenza, Presso G. Tedeschi vicina a S. Fermo, 1781, 71 p. ant. inc. - Altre edizioni: Milano, P. Agnelli, 1822, 70 [ 2] p.; Lodi, Tip. di C. Wilmant e F., 1848, 58 [ 3] p

L. Monti, Almanacco Codognese per l'anno 1823, Parte IV, Codogno. presso L. Cairo, p. 138-153.

F.[Felice] Cali’ [= Arcangelo Cali’ da Taormina, o.f.m.cap.(?), Il Santuario di Maria e i Cappuccini di Casalpusterlengo presso Lodi in Lombardia. Memorie storiche. (Estratto dal giornale napolitano I Gigli a Maria con aggiunte), Napoli, Tip. dei F.lli Testi, 1877, 43 [2] p.

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Il Santuario detta beata Vergine detta di S. Salvario venerato nella chiesa dei Cappuccini presso Casalpusterlengo. Notizie ristampate nell'occorrenza del primo centenario della di lei incoronazione. Milano, Tip. S. Ghezzi, 1880. 64 p., ant. inc. (Ristampa, con lievi ritocchi, delle Brevi notizie... cit.).

Casalpusterlengo. Centenario della incoronazione della B. Vergine, in Annali francescani, XI {1880} 502-509 {«Un centenario in Lombardia»}; ibid., 603-607 («A Casalpusterlengo »).

Sul culto della Madonna. Discorso recitato da mons. vescovo coad. di Lodi a Casalpusterlengo nell'occasione che si celebrava il centenario dell'incoronazione della statua della Madonna sotto il titolo di S. Salvatore presso il convento dei Cappuccini, Lodi. Tip. vescovile Quirico, 1880, 19 p.

Andiamo a Casalpusterlengo! Invocazioni e litanie della Madonna di Casale con opportune riflessioni, regalo ai lodigiani nella fausta ricorrenza del primo centenario dell’incoronazione, Lodi, Tip. della Pace, 1880, 38 p.

Incoronatio veteris imaginis ss. deiparae cum puero Jesu in Ecclesia Capuccinorum Casalis Pusterlengorum existentis, Romae, ex Typ. ed. industriale. 1888, 14 p.; vedi anche; Analecta O.F.M.Cap., IV (1888) 314-315, 343- 345.

P. Mauro da Subiaco, o.f.m. cap., Il Santuario della Madonna detta di S. Salvatore e il convento dei Cappuccini di Casalpusterlengo. Notizie storiche, Milano, Tip. di S. Ghezzi, 1889, 64 p.

P. Valdemiro Bonari da Bergamo o.f.m. cap., I conventi e i Cappuccini dell'antico Ducato di Milano. Memorie storiche raccolte da manoscritti, Crema. Tip. S. Pantaleone di L. Meleri, 1893, p. 262-276 («Del convento di Casal-pusterlengo»).

L. Alemanni, Storia di Casalpusterlengo, Lodi, Tip. Vescovile Quirico e Camagni 1897, p. 129-148 (“I Cappuccini”).

Pellegrinaggio dei Terziari Francescani al Santuario della Madonna dei Cappuccini di Casalpusterlengo, in Annali Francescani, XLIV (1913) 573-574.

Notizie francescane: Casalpusterlengo. ibid. XLVI (1915) 567.G. Agnelli, Lodi ed il suo territorio, Lodi 1917, p. 722..P. Domenico da Origgio, o.f.m. cap., Il Santuario della Madonna

dei Cappuccini di Casalpusterlengo. Milano, Tip. F.lli Lanzani,

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[1921] , 85 [2] p., con ill.; 2a ed,; Milano, Stampa Periodica Italiana, [1937], 55 p., con ill.

[Solenni giornate francescane] a Casalpusterlengo, in Annali Francescani, LII (1921) 287-294

Descriptio geographica et statistica Provinciarum et Missionum Ordinis Min. Capuccinorum in XXXVIII tabulis, edita iussu Ministri Generalis, Romae 1929, p. 23, Tab. IV.

A. Bramini, Tra le antiche memorie della nostra Terra. Il Santuario della Madonna di S. Salvatore in Casalpusterlengo, in Il Cittadino – Lodi, an. XXXVIII (1930): articoli a puntate, poi riuniti nel seguente volume:

Un'oasi dello spirito. Studio critico storico intorno al Santuario della Madonna di S. Salvatore in Casalpusterlengo (Milano), 1. ed., Casalpusterlengo, Tip. Ed. Gambarini 1930, 280 [3] p. con ill. f.t. Questo volume ebbe, nello stesso anno 1930, due altre edizioni; nella 3. ed. l’autore aggiunge il seguente fascicolo:

Trionfo di fede (1780-1930). La celebrazione del 150° anniversario dell’incoronazione Romana della Madonna di S. Salvatore detta dei Cappuccini di Casalpusterlengo. Casalpusterlengo, Tip. Gambarini, [1930], 32 [10] p. con ill. – E’ stato anche edito in fasc. separato.

La Madonna di S. Salvatore detta dei Frati Cappuccini di Casalpusterlengo (Milano), in I Santuari d’Italia illustrati. Riv. mensile del « Pro Familia», on. 1930, an. in III – N. 10, p. 147- 159, con ill.

Le celebrazioni di Casalpusterlengo, in Annali Franc., 61 (1930) 708-725.

Solitarius, La Madonna dei Cappuccini di Casalpusterlengo, ibid, 498-501.

AA.VV., Ipsa regnet. Giornale numero unico, edito dalla Tip. Ed. Gambarini di Franco e G. Cairo nell’anno 150° dell’incoronazione della Madonna dei Cappuccini, Casalp. 1930, 6 p.

Ricordo del Santuario della Madonna di S. Salvatore detta dei Cappuccini in Casalpusterlengo (Milano), Casalpusterlengo, Tip. Gambarini, 1930, [17] p. Album fotografico di 16 ill.

[P. Severino da Milano, o.f.m.cap. - P. Donato da Malvaglio, o.f.m.cap. ], Cronaca del Santuario {1 ag. 1930 - 31 ag. 1931): quaderno mss. di 94 p. num., presso l'Archivio del convento di Casalpusterlengo.

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Riconoscenza alla “Madonna dei Cappuccini”, in Annali Franc., 62 (1931), 563-64.

Solenni feste alla “Madonna dei Cappuccini” di Casalpusterlengo, ibid. 62 (1932) 566-67.

Jader Timossi, dr., Le solenni feste al Santuario di Casalpusterlengo, in Il Cittadino, Lodi, 9 sett. 1932..

Casalpusterlengo. 10 sett. 1933 [migliorie al Santuario], in Atti della Provincia dei Fr. Min. Capp. di Lombardia, vol. I (1934-36) 25.

(g.c.v.), La Madonna di Casale, in Annali Franc., 64 (1933) 565-66.

P. Arrigoni - A. Bertarelli, Rappresentazioni popolari d'immagini venerate nelle chiese della Lombardia, conservate nella raccolta delle stampe di Milano. Catalogo descrittivo. Milano, Impensis A. Bertarelli, 1936, p. 92, n. 485 (« S. Maria dei Cappuccini santuario»).

La festa della Madonna dei Cappuccini di Casalpusterlengo, in Annali Franc., LXVII (1936) 592, vedi anche in Atti della Provincia, vol. I, p. 352.

La festa della Madonna dei Cappuccini [2-6 sett. '37], in Atti della Provincia, vol. II (1937-39) 72-73.

Feste al santuario della Madonna [sett. '38], ibid., 172, Feste annuali al Santuario della Madonna [sett. '39], ibid., 277-78.

P. Alessandro da Presezzo, o.f.m. cap., Mons. Cesare Manzoni e la «Madonna dei Cappuccini », in A Monsignor Cesare Manzoni Protonotario Apostolico nella solennità della sua Messa d'Oro i suoi parrocchiani di Casalpusterlengo offrono ossequienti – 24 ott. 1937, Casalpusterlengo, Tip. F. Cairò, 1937, p 14-15

(s.l.) Omaggio di folle al Santuario dei Cappuccini, in Il Cittadino – Lodi 6 sett. 1940

I frati della Madonna, ibid. Lodi, 22 ag. 1941.Festa annuale al santuario della Madonna, in Atti della

Provincia, lugl. - sett. 1940, vol. III (1940-42) 79.P. Antonino da Castellamare, o.f.m.cap., I Cappuccini di

Casalpusterlengo a S. Francesco d’Assisi Patrono Primario d’Italia, in Annali Francescani, LXXI (1940) 132..

I Cappuccini di Casalp. nel 70° della proclamazione di S. Giuseppe a Patrono universale della Chiesa, ibid., 181.

Casalpusterlengo: convegno per un maggior incremento del T.O.F., in Atti della Provincia. apr. - sett. ’41, vol. III, p, 138.

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Celebrazioni religiose al Santuario dei Cappuccini, in Il Cittadino, Lodi 29 ag. 1941.

Sosta al Santuario nel centenario del ritorno dei Cappuccini, in Atti della Provincia, lug.- dic. ’42, vol. III, p. 245.

[Centenario del ritorno dei Cappuccini a Casalp.], in Annali Franc. 73 (1942) 194.

La Madonna dei Cappuccini dolce castellana di Casalp., ibid. 307-309

Le feste centenarie della Madonna dei Cappuccini, ibid.. 327.Un gruppo di studenti cappuccini della provincia di Parma

sfollati all'ombra del santuario della Madonna, in Atti della Provincia, genn.- apr. ’44, vol. IV (1943-45) 106.

Festa al Santuario della Madonna dei Capp. ibid., giu-ott. '45, p. 235.

La Madonna di Casalpusterlengo. Bollettino mensile a cura dei Padri Cappuccini, Milano, Tip. S.A.S.T.E., 1948 ss., con ill. Fondato da p. Agatangelo Calvi da Milano. Dal 1950 il titolo è: La Madonna dei Cappuccini. Ora è «periodico bimestrale del santuario parrocchiale di Casalpusterlengo». Contiene molti articoli su padre Carlo d'Abbiategrasso e sulla storia e attività del Santuario. Alcuni di questi articoli, i più significativi, sono elencati nella presente raccolta bibliografica. Per gli altri si rimanda al bollettino stesso.

Casalp. - Bollettino mensile, in Atti della Provincia, genn.- giu. 1948, vol. V (1946-48} 235.

Casalp.: inizio delle solenni celebrazioni e chiusura della «Peregrinatio Mariae» ibid. apr - giu. '41, vol.. VI (1949 -51) 43.

Casalp.: convegno unione sacerdotale francescana (11 ott. ’49), ibid., 112; Convegno francescano sacerdotale (18 ott. ’50), ibid., 200.

Lexicon Capuccinum. Romae 1951, v. Casalpusterlengo, c, 357 s.Casalp.: Esercizi agli ordinandi (20-27 fcbbr. '53), in Atti della

Provincia, vol. VII (1952-54) 139.Convenzione tra il M.R.P. Provinciale e il Vescovo di Lodi per il

Santuario di Casalpusterlengo (Lodi, 3 ott. 1953), ibid., 291-92.Fr. Al(varo), La nostra Madonna, in La Madonna dei

Cappuccini, an. VII – n. 4-5, apr.-mag. ’54, p. 1-2.Don L. Salamina, Il viale dei Cappuccini, ibid., N, 11, nov. 54, p,

3-4; N. 12, dic ’54 p. 4-5.Convegni per giovani fratelli laici a Casalpusterlengo, in Atti

della Provincia, vol. VIII (1955-57) 152-453, 299, 394.

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[Lavori eseguiti nel 1956-61], ibid., vol. X (1961-63 ) 91; {lavori nel 1962 - 431 ibid., vol. X (1964-66) 81s.; [lavori nel '64-72] ibid., vol. XIII (67-69) 66, vol. XIII (1970-72) 97-98.

Innovazioni d Santuario della Madonna dei Cappuccini, in Il Popolo bombardo, Milano, 18 gen. 1958.

A. Borsotti, Il Santuario dei Cappuccini di Casalpusterlengo e la sua statua della Madonna, (fascicolo dattiloscritto inedito, in trascriz. di p. Gianmaria da Spirano OFM cap. Cremona, 17 mag. 1958. Consta di 8 p.; presso l’APCL e l’arch. del convento di Casalpusterlengo).

P. Gianmaria da Spirano, o.f.m. cap., La nostra Madonna. Forme e storia del prezioso simulacro, in La Madonna dei Cappuccini, nov.-dic. 1959, p. 6-8.

Convento di Casalpusterlengo, in Scintilla di Annali Francescani, N. 10, Milano, ott. 1960.

AA vv., I mille santuari mariani d’Italia illustrati, Roma, Assoc. Santuari mariani, [I960], p. 120-121 («Madonna dei Cappuccini in Casalpusterlengo»)

(p.l.), Il nostro Santuario nel triennio 1958-61, in La Madonna dei Cappuccini XII (1961) 6-9, lug. ag.. 1961.

Trent'anni di storia (1930-1960), ibid., lugl-ag. I960, p. 6-15C. Addamonte, Nel Santuario di Casalpusterlengo la festa

dell'Incoronazione della Vergine, in L'Italia, Milano 3 sett. I960.E., Un'oasi dello spirito il santuario casalese, in Il Cittadino,

Lodi, 16 sett. 1960.Inaugurazione del nuovo ospizio per i pellegrini, in Atti della

Provincia, lugl -sett. 1960, vol. IX ('58-60) 386.(p.1.). Sempre più bello ed accogliente il Santuario dei

Cappuccini, in Il Cittadino, Lodi, 1 sett, 1961.Straordinaria affluenza a Casalpusterlengo alla festa della

Madonna dei Cappuccini, in II Cittadino - Lodi, 14 sett. 1962.Artisti del legno - Collocata un'opera settecentesca, in Mobilia,

Via Console Marcello 8 - Milano, 28 genn. 1965.A. Bramini, Mater Salvatoris». Storia del Santuario della

Madonna di San Salvatore detta dei Cappuccini in Casalpusterlengo, (ediz. minore], [s.n.t.], [1965], 157 [2] p., con ill.

P. Macario da Sforzatica, o.f.m. cap., La nuova edizione della storia del nostro Santuario a cura di mons. Bramini, in La Madonna dei Cappuccini, nov.- dic. 1965, an. XVIII, p. 8-10.

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Erezione della nuova Parrocchia della Madonna dei Cappuccini di S. Salvario a Casalpusterlengo, in Il Cittadino Lodi, 11 sett. 1970, p. 3.

Casalp.: erezione a parrocchia della nostra chiesa-santuario «Madonna dei Cappuccini» (16 sett. 1970), in Atti della Provincia, vol XIII ('70-72) 279-281.

Festeggiamenti per la costituzione della nuova parrocchia e per il primo parroco (20 mag. 1971), ibid., 464-65

P. Costanzo da Pisogne, o.f.m. cap., I frati della Madonna e la Madonna del frati. Note introduttive, in La Madonna dei Cappuccini, an. XXIII N. 5, sett.-dic. 1970, p. 7-8; La prima comparsa dei Cappuccini, ibid., XXIV N. 1, genn.-febr. 1971, p. 5-7; Fondazione del convento e della nuova chiesa di S. Salvario, ibid,, N. 2, mar.- apr. 71, p. 6-7; Il tempo e lo spazio di una chiesa famosa, ibid., N. 3, numero unico festeggiamenti nuova parrocchia, p. 5-8.

B. Servo di Dio padre Carlo d’Abbiategrasso, sacerdote cappuccino (1825 – 1859)s.v., Varietà, in L'amico del popolo. Settimanale cattolico, 3 apr.

1855, n 42s,. (descrive la professione religiosa solenne di P. Carlo nel convento di San Vittore a Milano).

G. Olmi, Una gemma dell'Ordine de' Cappuccini, ossia brevi cenni biografici del P. Carlo d'Abbiategrasso, scritti da un Terziario di S. Francesco, Genova. Tip. Arcivescovile, 1877, 39 p.

[P. Arcangelo Cali’ da Taormina, o.f.m. cap. (?)], Memorie storiche sulla vita del Padre Carlo di Abbiategrasso sacerdote cappuccino, Lodi, Tip. Cattolica della Pace, 1880, 80 p; 2. ed.: Abbiategrasso, Bollini cav. Giuseppe Tipografo, 1891, 96 p.; 3. ed.: Milano. Tip. Fili Lanzani, 1898, 108 p.

P. Giovanni da Milano, o.f.m. cap., Il trasporto delle ossa di P. Carlo d'Abbiategrasso. in Annali Franc., XXIX (1898) 452-455

P. Giustino da Lovero, o.f.m. cap., Il trasporto delle ossa di Padre Carlo da Abbiategrasso (Lettera al M.R.P. Provinciale), ibid., 484-488, 516-18

P. Isaia Guzzetti da Gerenzano, o.f.m.cap., Articoli per l'esame dei testimoni sulla fama di santità sopra le virtù ed i miracoli nel Processo Ordinario Mediolanen. seu Lauden. della causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio P. Carlo d'Abbiategrasso, sacerdote Professo nell'Ordine dei Cappuccini di S Francesco, Milano, Tip. Lanzani, 1899, 23 p.

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Un miracolo del Servo di Dio P. Carlo d'Abb. in Casalp. in Annali Franc. 30 (1899) 304.

P. Valdemiro Bonari da Bergamo, o.f.m.cap., I Cappuccini della Provincia milanese dalla sua fondazione -1535- fino a noi. II/2:: Biografie dei più distinti nei secoli XVIII e XIX. Memorie storiche raccolte da manoscritti, Crema, Tip. S, Pantaleone di L. Moleri, 1899, p. 597-611 («Brevi cenni sul servo di Dio P. Carlo d'Abbiategrasso - 1825 1959»).

P. Bonaventura d'Alzano Maggiore, o.f.m. cap., Nuove grazie di P. Cario d'Abbiategrasso, in Annali Franc., 30 (1899) 653, 679.

P. Isaia da Gerenzano, o.f.m.cap.. Defunctus adhuc loquitur, ibid., XXXIX (1908) 491.

[P. Idelfonso da Vacallo, o.f.m. cap.], Memorie storiche del Servo di Dio Padre Carlo da Abbiategrasso Cappuccino (dai processi informativi), Casalpusterlengo, Tip. Gambarini, [l932], 36 p.; altra «edizione: Milano. S.A.S.T.E. [1932), 37 p.

Cronaca cittadina [memorie di p. Carlo d'Abbiategrasso], in L'Eco Cattolica - Abbiategrasso, 17 febr. 1933.

Il 74 anniversario della morte del Servo di Dio P. Carlo d'Abbiategrasso Cappuccino, in Annali Franc., 64 (1933) 121-123.

Il Servo di Dio P. Carlo d'Abbiategrasso, ibid., 170-172.75 anniversario della morte del Servo di Dio P. Carlo

d'Abbiategrasso cappuccino, ibid., 65 (1934) 139-142.L’anniversario di P. Carlo da Abbiategrasso presso i

Cappuccini di Casalpusterlengo, ibid.69 (1938) 161.79.esimo anniversario detta morte dd Servo di Dio P. Carlo da

Abbiategrasso [21 febr. 1938], in Atti della Provincia, vol. II (1937-39) 127.

P. Arsenio da Casorate, o.f.m.cap., Il Servo di Dio Padre Carlo da Abbiategrasso nell’80° anniversario della sua morte, in Annali Franc., 70 (1939) 106-110.

Vita francescana. Casalpusterlengo: Il Servo di Dio P. Carlo d'Abbiategrasso cappuccino, ibid., 71 (1940) 129.

Anniversario del Servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso [21 feb. '46 e '42], in Atti della Provincia, vol. III (1940-42) 11, 197.

D.A.P. [= Don Ambrogio Palestra], Nobiltà decaduta e santità perenne del Padre Carlo d’Abbiategrasso, in L’eco Cattolica – Abbiategrasso, 27 febbr. 1942

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P. Domenico da Origgio, o.f.m. cap., Casalpusterlengo. Il Servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso, in Il Cittadino - Lodi, 27 feb. 1942..

Anniversario detta morte del Servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso, in Atti della Provincia, genn.-apr. 44, vol. IV (1943-45) 106; genn.-mar. '45, vol. IV, p. 190; genn.-giu. ’46, vol. V ('46-48) 29; genn.-mar. '49 vol. VI ('49-51) 12..

P. Idelfonso da Vacallo, o.f.m. cap., Vita del Servo di Dio Padre Carlo d'Abbiategrasso sacerdote cappuccino ( 18251859). Casalpusterlengo, Santuario “Madonna dei Cappuccini”, [1945]. 271 p. con ill. (ediz. curata da P. Carlo Varischi da Milano).

Fr. Carlo da Milano, o.f.m. cap., Nel 90° Anniversario detta santa morte del Servo di Dio P. Carlo d'Abbiategrasso, in La Madonna di Casalpusterlengo, an. II febr. 1949, p. 11-13.

Lexicon Capuccinum, Romae 1951, v. Carolus ab Abbiategrasso, col. 348.

Solennità per il primo centenario detta morte del Servo di Dio Padre Carlo da Abbiategrasso (21 feb. 1959) in Atti della Provincia, vol. IX (1958-60) 205-206.

P. Carlo d'Abbiategrasso nel 1° Centenario della sua morte (1859-1959), in La Madonna dei Cappuccini - Numero Unico, genn.-feb 1959, 25 p.

Centenario d'un frate in odore di santità. Solenne funzione per Padre Carlo da Abbiategrasso. in Corriere d'Informazione - Milano, 20 feb. 1959.

Acta et Decreta Causarum Beatificationis et canonizationis O.F.M. Cap. ex regestis manuscriptis SS. Rituum Congrgatione ab anno 1592 ad annum 1964, cura et studio P. Silvini a Nadro, o.f.m. cap., Romae, Apud Postulationem Generalem, o.f.m. cap., - Mediolani, Centro Studi Capp. Lombardi, 1964, p 298-300 [S.D. Carolus ab Abbiategrasso sac. Prov. Langobardicae (1825-1859) (62) ].

[P. Gianmaria da Spirano, o.f.m.cap.], Servo di Dio P. Cario d'Abbiategrasso, in La Madonna dei Cappuccini, XV (1963) - N. 2, mar.-apr., p. 6-12.

(p.l ), Un autografo del Servo di Dio P. Carlo d'Abb., ibid., XXI (1967) - N. 1, genn.-mar., p. 5-9.

Il Servo di Dio P. Carlo d'Abbiategrasso nel 110° anniversario della morte, ibid., XXII (1969) - N. 1-2, gen.- mar. p. 1-4.

[Don Francesco Ferrari], Commemorazione del Servo di Dio P. Carlo d'Abbiategrasso nel 111° anniversario della morte, ibid., XXIII (1970) - N. 1, p. 6-10.

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6) Bibliografia e notizie varieLa cart. 11 di Arch. PC contiene riferimenti bibliografici che si

riferiscono al Servo di Dio (cf. a pp. 619-622 di questo contributo).

7) Bibliografia redatta da Francesco CerriLorenzo Monti, Almanacco Codognese per l’anno 1823 ...

Casalpusterlengo S. Salvario, pp. 138-153.Parecchie puntate e altre note di storia e cronaca intorno alla

Madonna di Casale, nel 1° centenario dell'Incoronazione, "Il Lemene", 1880.

La festa dell'Incoronazione della Madonna dei Cappuccini. "II Lemene", 8/9/1888.

La festa dell'Ascensione al Santuario dei Cappuccini di Casalpusterlengo, "Il Lemene", 8/6/1889.

Il Santuario della Madonna detta di S. Salvatore e il Convento dei Cappuccini dì Casalpusterlengo, P. Mauro da Subiaco, 1889.

Il Santuario dei PP. Cappuccini a Casalpusterlengo "Il Cittadino", 4/7/1891.

Pellegrinaggio al Santuario della Madonna detta dei Cappuccini di Casalpusterlengo, "Il Cittadino, 27/8 - 3,10 e 18/9/1892.

Appello dei Padri Cappuccini di Casalpusterlengo per completare i lavori del loro Santuario, "Il Cittadino, 16/6/1894.

Lavori al Santuario dei Cappuccini a Casalpusterlengo, "Il Cittadino" , 11/8/1894.

400 pellegrini provenienti da Borsetto lodigiano, "Il Cittadino", 23/10/1897.

Storia di Casalpusterlengo compilata dal Sac. Prof. Luigi Alemanni, 1897. pp. 129-148: I Cappuccini.

Le Quarantore al Santuario dei Cappuccini predicate da Padre Ermenegildo, "Il Cittadino", 17/9/1898.

1500 pellegrini di Casalpusterlengo con il loro Parroco al Santuario dei Cappuccini, "Il Cittadino”, 8/10/1898.

La Missa Pontificalis del Perosi alla festa dei Cappuccini, “Il Cittadino”, 29/9/1900 e 6/10/1900.

Ai Cappuccini, chiusura delle feste con il Vescovo di Novara, "Il Cittadino", 13/10/1900.

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Casalpusterlengo, nuovi vandalismi ai Cappuccini, "Il Cittadino", 25/4/1903.

Al Santuario dei Cappuccini di Casalpusterlengo; due Decreti: per la festa dell'Incoronazione e per la Messa votiva, "Il Cittadino", 11/6/1904.

Funzioni solenni al Santuario dei Cappuccini, "Il Cittadino", 3/9/1904.

Per un viale al Santuario dei Cappuccini, "II Cittadino", 26/1/1907.

Ai Cappuccini di Casalpusterlengo, Messa d'Oro di Padre Giustino da Lovero, “Il Cittadino", 19/9/1908.

Casalpusterlengo - Il Vescovo celebra la festa della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 11/9/1915.

Al Santuario della Madonna dei Cappuccini celebrato il decennio di Messa dei sacerdoti lodigiani, "Il Cittadino", 7/6/1919.

Il pittore Angelo Prada affresca la facciata del Santuario della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 9/8/1919.

Pellegrinaggio straordinario dei bambini di Borgbetto Lodigiano al Santuario della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 12/6/1920.

Feste Centenarie Terziarie Francescane al Santuario della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino”, 30/4/1921.

Casalpusterlengo - Solenni festeggiamenti al Santuario della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 16/9/1922.

Ai Cappuccini di Casalpusterlengo, le celebrazioni del 7° Centenario della morte di S. Francesco, "Il Cittadino", 2 e 9/9/1927.

Il Santuario di Casale oasi dello spirito, “Il Cittadino", 30/8/1929.

Numero unico per il 150° dell'Incoronazione della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 12/8/1930, autori diversi.

Un'oasi dello spirito - Studio critico-storico intorno al Santuario della Madonna di S. Salvatore in Casalpusterlengo (Milano), 1930, di mons. Angelo Bramini.

Santuari d'Italia illustrati - Madonna di S. Salvatore (Casalpusterlengo), pp. 146 -159, ottobre 1930, monografìa redatta da mons. Angelo Bramini.

Santuario della Madonna di S. Salvatore in Casalpusterlengo di Mons. Angelo Bramini su "Il Cittadino* del 22/11/1929 più

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cronaca; 6/12 più cronaca; 13/12 più cronaca; 20/12 più cronaca; 2 e 9/1/1930 più cronaca; 16/1 più cronache; 23/1 più cronache; 13/2 più cronache; 20/2 più cronache; 27/2,6/3, 27/3, 17/4 più cronache; 24/4, 1,8,15 e 29/5, 12/6, 3,17 e 31/7, 21 e 28/8 più cronache; 4,11 e 18/9. 13/11 e 4/12/1930 e 5/2/1931.

Trionfo di fede - 1780/1930 - pp, 32 più appendice - "Il Cittadino", s.d.

Brembio - pellegrinaggio alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 23/4/1931.

Il 17 maggio giornata mariana dai Cappuccini, “Il Cittadino", 21/5/1931.

Feste solenni alla Madonna dei Cappuccini, “Il Cittadino", 13,20 e 27/8; 3,10 e 17/9/1931.

I terziari di Lodi ai Cappuccini, “Il Cittadino", 24/9/1931.Terracotta riproducente la Madonna dei Cappuccini, "Il

Cittadino", 1/10/1931.Convegno Uomini Cattolici al Santuario dei Cappuccini "Il

Cittadino", 22/10/1931.Santuario-La Madonna dei Cappuccini, "La Squilla Giovanile",

22/10/1931.Gli Uomini Cattolici al Santuario dei Cappuccini, "Il Cittadino".

22/7/1932.Padre Carlo da Abbiategrasso (morto e sepolto nella chiesa dei

Cappuccini in Casalpusterlengo), 1937, pag. 37.Feste solenni alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 19 e

26/8/1932.Le feste della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 2 e

9/9/1932.La Gioventù Femminile in onore della Madonna dei

Cappuccini, "Il Cittadino", 23/9/1932.Solenne Pontificale del novello Vescovo Crotti alla Madonna

dei Cappuccini, "Il Cittadino", 19/5 e 2/6/1933.Mese di maggio al Santuario della Madonna dei Cappuccini,

"Il Cittadino", 9/6/1933.Il Santuario della B.V. dei Cappuccini, "Il Cittadino", 18 e

25/8; 1,8 c 15/9; 20/10/1933.Casalpusterlengo -Il 75° della morte di Padre Carlo al

Santuario della Madonna dei Cappuccini, "II Cittadino", 23/2/1934.

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Imponente manifestazione della Gioventù Femminile alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 18/5/1934.

Feste solenni alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 24/8/1934.

76° della morte di Padre Carlo da Abbiategrasso Cappuccino, "II Cittadino", 15/2/1935.

Festeggiamenti al Santuario della Madonna dei Cappuccini', "Il Cittadino", 23/8 e 20/9/1935.

Casalpusterlengo - Venti Cappuccini in visita alla Madonna prima di partire per l'Eritrea - e cronache d'arte, "Il Cittadino", 18/10/1935.

Al Santuario della Madonna dei Cappuccini, anniversario della morte di Padre Carlo (1859), "Il Cittadino", 14/2/1936.

Messa d'Oro al Santuario dei Cappuccini, "Il Cittadino", 13/3/1936.

Giornata Eucaristica della Gioventù Femminile al Santuario dei Cappuccini, "Il Cittadino", 1/5/1936.

Feste solenni alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 28/8 e 18/9/1936 e 16/10/1936.

Casalpusterlengo, un'oasi dello spirito, "L'Economia Nazionale", 1936, pagg. 113-115.

Il 19 marzo il Vescovo alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 3/3/1937.

Il quadro della Madonna di Casalpusterlengo è partito per L'Asmara, "Il Cittadino", 2/4/1937.

Feste alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 27/8 e 11/9/1937.

L’anniversario del Servo di Dio, Padre Carlo da Abbiategrasso Cappuccino, "Il Cittadino", 18/2 e 4/3/1938.

Festa al Santuario alla Madonna dei Cappuccini e il IV centenario della nascita di S. Girlo Borromeo, "Il Cittadino", 6/5/1938.

Federazione Giovanile Diocesana - Le belle adunate giovanili di maggio al Santuario di Casalpusterlengo, "Il Cittadino", 21/5/1937.

Il pellegrinaggio al Santuario della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 27/5/1938.

La sagra al Santuario della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 3/6/1938.

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Feste solenni alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 26/8/1938.

Al Santuario della Madonna dei Cappuccini, le Quarantore e la festa della Madonna, "Il Cittadino", 9/9/1938.

Mille giovani del Basso Lodigiano alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 19/5/1939.

Al Santuario della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 26/5/1939.

Feste solenni alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 18/8 e 15/9/1939.

Preghiere e commemorazioni alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 28/7/1939.

Feste francescane ai Cappuccini, "Il Cittadino", 6 e 13/10/1939.

I Cappuccini a S. Francesco Patrono Primario d'Italia, "Il Cittadino", 26/1/1940.

Ai Cappuccini l'anniversario di P Carlo, "II Cittadino", 1/3/1940.

Al Santuario dei Cappuccini - Il 70° della proclamazione di S. Giuseppe Patrono Universale della Chiesa, "Il Cittadino", 5/4/1940.

Sagra e giornata di preghiere alla Madonna dei Cappuccini. "Il Cittadino", 26/4/1940.

Alla Madonna dei Cappuccini, "II Cittadino", 14/6/1940.Feste solenni alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 30/8

e 6/9/1940.La Madonna dei Cappuccini tra i soldati, "Il Cittadino",

18/10/1940.La Madonna dei Cappuccini sempre prodigiosa, "Il Cittadino",

8/11/1940.Al Santuario della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino",

20/12/1940.Al Santuario della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino",

24/1/1941.Funzioni commemorative al Santuario dei Cappuccini, "Il

Cittadino", 18/4/1941.Feste francescane al Santuario dei Cappuccini, "Il Cittadino",

16/5/1941.

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Omaggi di Lodi alla Madonna:... e dei Cappuccini, "Il Cittadino", 23/5/1941.

Orio Litta - Il pellegrinaggio dei bambini alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 30/5/1941.

Casalpusterlengo - I Frati della Madonna, "Il Cittadino", 22/8/1941.

Celebrazioni religiose al Santuario dei Cappuccini, "Il Cittadino", 29/8/1941.

Al Santuario dei Cappuccini, "Il Cittadino", 12/9/1941.Il soldato e la Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino",

16/1/1942.Casalpusterlengo - Santuario della Madonna, "Il Cittadino",

6/2/1942.Casalpusterlengo - Il Servo di Dio Padre Carlo, "Il Cittadino",

27/2/1942.Gioventù di Azione Cattolica - Pellegrinaggio giovanile ai

Santuari Mariani... la Madonna dei Cappuccini - Nel centenario del ritorno dei Cappuccini, "II Cittadino", 8/5/1942.

I giovani di tutta la Diocesi il 31 maggio alla Madonna dei Cappuccini, "II Cittadino", 22/5/1942.

Il pellegrinaggio del 11/5 rinviato al 7/6/1942, "Il Cittadino", 29/5/1942.

Il programma del pellegrinaggio del 7/6/1942, "Il Cittadino", 5/6/1942.

Il pellegrinaggio della Gioventù Cattolica domenica scorsa al Santuario della Madonna dei Cappuccini, "II Cittadino", 12/6/1942.

Centenario di riconoscenza - Il ritorno dei Cappuccini salutato come il sole di primavera dopo un lungo inverno, "Il Cittadino", 21/8/1942.

Straordinarie solennità ai Cappuccini, "Il Cittadino", 28/8/1942.

Le feste centenarie alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 11 e 18/9/1942.

Ordinati sette Diaconi dal Vescovo di Lodi nel Santuario della Madonna dei Cappuccini, "11 Cittadino", 2/4/1943.

Casalpusterlengo - Giornata dell'Esercito con funzione religiosa nella Prepositurale e ai Cappuccini, "Il Cittadino", 14/5/1943.

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Orio Litta in pellegrinaggio al Santuario dei Cappuccini, "Il Cittadino", 4/6/1943.

Zorlesco in pellegrinaggio alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 4/6/1943.

I Sacerdoti dell'Unione francescana al Santuario della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 11/6/1943.

Il 50° di Padre Domenico da Origgio, "Il Cittadino", 18/6/1943.

Al Santuario otto Ordinazioni Sacerdotali, "II Cittadino". 25/6/1943.

Funzione sacerdotale al Santuario dei Cappuccini, "Il Cittadino", 28/6/1943.

Straordinarie solennità alla Madonna dei Cappuccini. "Il Cittadino", 27/8 e 10/9/1943.

Convegno dell'Unione Sacerdotale Francescana al Santuario della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino". 22/10/1943.

Studenti Emiliani Cappuccini sinistrati ospiti al Santuario della Madonna dei Cappuccini di Casalpusterlengo, "Il Cittadino", 17/3/1944.

Al Santuario dei Cappuccini, "Il Cittadino", 8/9/1944.Convegno Unione Sacerdotale alla Madonna dei Cappuccini,

"Il Cittadino", 23/9/1944.Solennità alla Madonna dei Cappuccini, "Il Pensiero

Cattolico". 30/8/1946.Pellegrinaggio-convegno Uomini Cattolici al Santuario della

Madonna dei Cappuccini - e le feste di settembre, "Il Pensiero Cattolico", 13/9/1946.

L'Unione Sacerdotale Francescana al Santuario della Madonna dei Cappuccini. "Il Pensiero Cattolico". 27/9/1946.

Restauri al Santuario della Madonna dei Cappuccini. "Il Pensiero Cattolico", 16/5/1947.

Ascensione, sagra al Santuario dei Cappuccini, "Il Pensiero Cattolico", 23/5/1947.

L'Unione Sacerdotale Francescana al Santuario dei Cappuccini. "II Pensiero Cattolico", 6/6/1947.

La guarigione della Marnini al Santuario dei Cappuccini, "Il Pensiero Cattolico". 10/10/1947.

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Al Santuario della Madonna dei Cappuccini, Mons. Fadini Vicario Generale commemora S. Giuseppe Cafasso, "Il Pensiero Cattolico", 17/10/1947.

Convegno Sacerdotale Francescano ai Cappuccini, "Il Pensiero Cattolico", 11/6/1948.

Alla Madonna dei Cappuccini, "Il Pensiero Cattolico", 3/9/1948.

L'Unione Sacerdotale Francescana al Santuario dei Cappuccini, "Il Pensiero Cattolico", 1/10/1948.

il Santuario della Madonna di S. Salvatore a Casalpusterlengo, "Il Cittadino", 28/1/1949.

Pellegrinaggio Diocesano alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 8,15 e 29/4/1949.

Volle di fedeli al Santuario della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 2/9/1949.

Convegno Sacerdoti Francescani ai Cappuccini, "Il Cittadino", 14/10/1949.

Ai Cappuccini la Messa d'Oro del Padre Guardiano, "Il Cittadino", 26/5/1950.

La morte di Padre Domenico da Origgio Guardiano dei Cappuccini, "Il Cittadino", 24/11/1950.

Solennità della Madonna del SS. Salvatore a Casalpusterlengo, "Il Cittadino", 1/8/1950.

Madonna dei Cappuccini, "11 Cittadino", 19/9/1952.Alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 11/9/1953.Ritiro sacerdotale francescano ai Cappuccini, "Il Cittadino",

9/10/1953.Santuario della Madonna dei Cappuccini - Convegno

Sacerdotale Francescano con meditazione del Vescovo di Lodi, "Il Cittadino", 4/6/1954.

La festa della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 27/8 e 17/9/1954.

Il 176c anniversario dall'incoronazione della Madonna diS. Salvano, "I1 Cittadino", 31/8/1956.

Convegno di Sacerdoti ai Cappuccini, "Il Cittadino", 7/6/1957.Il Vescovo al Santuario dei Cappuccini per la funzione degli

ammalati, "Il Cittadino", 6/9/1957.

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Maggio Mariano degli Uomini Cattolici: a Roncomarzo e al Santuario della Madonna dei Cappuccini l'11/5 in mattinata, "Il Cittadino", 16/5/1958.

Ritiro del Clero al Santuario dei Cappuccini, "Il Cittadino", 13/6/1958.

Solennità Mariana alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 29/8/1958.

Commemorato dal Vescovo Padre Carlo Cappuccino a cento anni dalla morte, "Il Cittadino", 27/2/1959.

Ammalati al Santuario dei Cappuccini, "Il Cittadino", 11/9/1959.

Festa della Madonna dei Cappuccini e convegno di ammalati, "Il Cittadino", 26/8/1960.

Al Santuario di Casale inaugurati nuovi ambienti per i pellegrini, "Il Cittadino", 16/9/1960.

I mille santuari mariani d'Italia illustrati, 1960- per la Diocesi di Lodi, testo di Don Gerolamo Toscani, pp. 120s.

Le Donne di Azione Cattolica in pellegrinaggio alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 21/4/1961.

Ai Cappuccini - Il Giubileo sacerdotale di Padre Aronne, "Il Cittadino", 11/8/1961. Più accogliente e bello il Santuario dei Cappuccini, "Il Cittadino", 1/9/1961.

Al Santuario dei Cappuccini, "Il Cittadino", 3/11/1961.Giovani di Azione Cattolica riuniti in preghiera nel Santuario

della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 13/4/1962.Al Santuario della Madonna ilei Cappuccini festeggiato il

nuovo Beato Innocenzo da Berzo, "Il Cittadino", 25/5 c 7/6/1962.Alla Madonna dei Cappuccini convegno di malati col Vescovo,

"Il Cittadino", 24/8/1962.Straordinaria affluenza alla Madonna dei Cappuccini, a

Casalpusterlengo con il Vescovo, "Il Cittadino", 14/9/1962.Ai Cappuccini di Casale la Pasqua dei ciechi, "II Cittadino",

26/4/1963.Convegno di malati al Santuario della Madonna dei

Cappuccini, "Il Cittadino", 30/8/1963.L'annuale festa della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino",

28/8/1964.Festa alla Madonna dei Cappuccini di Casale, "Il Cittadino",

27/8/1965.

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Mater Salvatoris - Storia del Santuario della Madonna di San Salvatore detta dei Cappuccini in Casalpusterlengo, 1965, di mons. Angelo Bramini.

Grandioso il Presepio dei Cappuccini nel Santuario di Casalpusterlengo, "Il Cittadino", 23/12/1966.

Festa ai Cappuccini, "Il Cittadino", 1/9/1967.Due Vescovi ai Cappuccini di Casale, "Il Cittadino", 8/9/1967.Festa annuale al Santuario dei Cappuccini, "Il Cittadino",

30/8/1968.Solennità mariana al Santuario dei Cappuccini, "Il Cittadino",

13/9/1968.Antica fede e folclore al Santuario dei Cappuccini, "Il

Cittadino", 12/9/1969.1900 della Incoronazione della Madonna dei Cappuccini a

Casale, "Il Cittadino", 4/9/1970.A Casale eretta la parrocchiale dei Cappuccini, "Il Cittadino",

11/9/1970.Feste mariane a Casale e i quattro secoli della venuta dei

Cappuccini, "Il Cittadino", 30/8/1974.Festa al Santuario della Madonna dei Cappuccini, "Il

Cittadino", 31/8/1973.Salvatore da Rivolta e la sua cronaca, 1973, pagg. 339-351 di

Metodio di Nembro - Fondazione del Convento di Casalpusterlengo.

1574 - IV Centenario - 1974, "La Madonna dei Cappuccini", numero unico, autori diversi.

I Cappuccini e la Madonna diS. Salvario, "Cammino", agosto-settembre 1974, pp. 236-244.

La festa della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 19/9/1975.

Casalpusterlengo borgo antico, di Franco Fraschini, vol. I, 1976, pp. 100-115.

Casalpusterlengo - Appunti di storia locale - Le traversìe del Santuario Madonna dei Cappuccini. "Il Nuovo Broletto", febbraio 1978.

Casalpusterlengo - 1805 - Pagine di storia -1 Frati Cappuccini cacciati da Casale da Napoleone, "Il Nuovo Broletto", luglio 1978.

Il primo Parroco di S. Salvario, Padre Sergio Caglio, lascia la parrocchia dei Cappuccini, "Il Cittadino", 7/9/1979.

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Parrocchia dei Cappuccini - Il saluto del nuovo Parroco Padre Luigi Caserini, "Il Cittadino", 12/10/1979.

2000 anniversario dell'Incoronazione della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 1/8/1980.

Casale in festa - La Madonna dei Cappuccini nel secondo centenario dell'Incoronazione, "Il Cittadino", 5/9/1980.

Affollatissimo il Santuario dei Cappuccini - Solenne pontificale del Card. Opilio Rossi, "Il Cittadino", 12/9/1980.

La chiusura dei festeggiamenti al Santuario della Madonna dei Cappuccini -Due secoli di storia..., "Il Cittadino", 26/9/1980.

La Madonna dei Cappuccini, secondo centenario della Incoronazione, 1980, autori diversi.

Furto sacrilego ai Cappuccini: i preziosi ex-voto che si trovavano nella nicchia centrale, "Il Cittadino", 23/1/1981.

"La Madonna dei Cappuccini", un santuario sempre vivo, "Il Cittadino", 4/9/1981.

Casalpusterlengo - Madonna dei Cappuccini - Festa in Santuario, "Il Cittadino", 27/8/1982.

La Visita Pastorale, "Il Cittadino", 1 e 8/10/1982.Casalpusterlengo - Si rinnova ogni anno la devozione dei fedeli

al Santuario della Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 2/9/1983.

Visita del Card. Giovanni Colombo ai Cappuccini, "Il Cittadino", 7/9/1984.

La "Nuova Biblioteca Mariana" nel Santuario della Madonna dei Cappuccini a Casalpusterlengo, Rivista francescana "Cammino-Scintilla", giugno-luglio 1985.

Casalpusterlengo - Il Santuario della Madonna dei Cappuccini, 1987, di Don Giulio Mosca.

Cappellette - I Madunin de Casal e d'i paès visin, 1987, autori diversi.

Monumenti e opere d'arte nel Basso Lodigiano... Santuario della Madonna dei Cappuccini, di Mario Marubbi, 1987, pp. 37-38.

Santuario della Madonna dei Cappuccini: il 25° di Padre Caserini e i 450 anni dei Cappuccini in Lombardia, "Il Cittadino", 24/5/1985.

Una mostra dedicata ai 450 anni di presenza dei Cappuccini in Lombardia, "Il Cittadino", 30/8/1985.

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Il Lodigiano in pellegrinaggio alla Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 29/8/1986.

Anniversario 206° della Incoronazione - Alle celebrazioni i Vescovi: Bossi, Garava glia e Magnani, "Il Cittadino", 5/9/1986.

Le comunità del Vicariato e la Madonna dei Cappuccini. "Il Cittadino", 28/8/1987.

Un Santuario per l'Anno Mariano: la Madonna dei Cappuccini, "Il Cittadino", 4/9/1987.

Dalla Casa Circondariale di Lodi i detenuti in pellegrinaggio, "Il Cittadino", 6/5/1988.

Camminiamo nella Diocesi di Lodi alla scoperta dei Santuari mariani: la Madonna dei Cappuccini di Casalpusterlengo, "Il Cittadino", 2/9/1988.

Padre Luigi Caserini lascia i Cappuccini di Casale, "Il Cittadino", 16/9/1988.

Benvenuto Padre Mariano, nuovo Parroco dei Cappuccini, "Il Cittadino", 28/10/1988.

Padre Carlo Maria Vigevano da Abbiategrasso (1825-1859) Cappuccino... e Maria lo prese con sé..., 1988, di Evaldo Giudici e Apollonio Troesi.

Tutto bene per la Filodrammatica "Padre Carlo d'Abbiategrasso", "Il Cittadino", 5/5/1989.

Alla Madonna dei Cappuccini 210 anni dopo la Incoronazione, "Il Cittadino", 25/8/1990.

Mons. Capuzzi e Mons. Staffieri al Santuario dei Cappuccini, "Il Cittadino", 1/9/1990.

La Madonna dei Cappuccini, bimestrale del Santuario, compie nel 1991 il suo 44 ° anno di vita, "La Madonna dei Cappuccini", aprile 1997.

211Anniversario alla Madonna dei Cappuccini di Casale, "Il Cittadino", 31/8/1991.

...C'è Padre Carlo! Biografia di P. Carlo d'Abbiategrasso cappuccino, 1a ediz. 1979; 2a ediz. 1992.

II - ARCHIVI E DOCUMENTI REPERIBILI

1) ROMA, ARCHIVIO DELLA S. CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI (Ricerca di P. Silvino)

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Cf. Acta et decreta causarum beatificationis et canonizationis o.f.m.cap. ex regestis manuscriptis SS. Rituum Congregationis ab anno 1592 ad annum 1964 . Cura et studio p. Silvini a Nadro O.F.M.Cap. doctoris in lure canonico. Romæ, apud Postulationem Generalem O.F.M.Cap. – Mediolani, Centro Studi Cappuccini Lombardi, 1964, pp. 298-300:

S. D. Carolus ab Abbiategrasso, Sac. Prov. Langobardicae (1825-1859)

MEDIOLANEN. SEU LAUDEN.Natus est Dei Servus in loco Abbiategrasso, Mediolanensis

dioeceseos, die 30 augusti 1825 eodemque die in ipsa paterna domo, ob mortis periculum, baptizatus fuit nomenque Cajetani Antonii ipsi impositum fuit. Parentes eius Carolus Vigevano et Iudith Golzi, humiles nec divites, sed christianis virtutibus vere praediti, filium in timore Domini erudierunt. Inde a pueritia Servus Dei non dubia pietatis et charitatis praebuit indicia.

Ad altiora vocatus, inter Capuccinos recipi instanter petiit; voti compos factus seraphicum habitum induit die 8 novembris 1852 in coenobio SS. Annuntiatae; at infirmae valetudinis causa aliquot post menses novitiatum relinquere coactus est. Postea tamquam tertiarius receptus est in conventu S. Victoris Mediolanensis civitatis, et tandem denuo uti novitius clericus die 29 martii 1854 novitiatum inchoavit et perfecit in eodem coenobio, ex apostolica dispensatione. Insequenti anno die 30 martii solemnem emisit professionem. Die 26 decembrls 1855 sacerdotio auctus est.

Anno 1858 ad conventum oppidi Casalpusterlengo, intra laudensis dioeceseos flnes, mittitur; ibi adest celebre B. Mariae Virginis sanctuarium. Fervens fuit eius pietas, ardens in Deum et proximum charitas, illibata castitas, altissima paupertas, profunda humilitas, dira poenitentia. Servum suum fidelem clarificavit Deus signis et supernis donis. Phtisi consumptus ibidem mortuus est die 21 februarii 18591038.

Fama sanctitatis eius in dies percrebuit ita ut de introducenda eius causa beatiflcationis agi coeptum sit. Anno 1899 in curiis ecclesiastica Mediolanensi et Laudensi inchoati sunt processus ordinarii informativi super fama sanctitatis vitae, virtutum et

1038 Cf. Lexicon Capuccinum, v. Carolus ab Abiategrasso, c. 348 cum bibliographia ibidem notata; Ildefonso da Vacallo, ofmcap., Vita del Servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso, Casalpusterlengo 1945.

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miraculorum in genere, qui anno 1903 rite clausi Romam delati sunt.

1903 die 27 februarii: indultum aperitionis processus ordinarii super fama sanctitatis vitae in genere.

MEDIOLANEN. SEU LAUDEN.Romam delatus et in actis S. Rituum Congregationis exhibitus

est processus ordinarius informativus super fama sanctitatis vitae, virtutum et miraculorum in genere praedicti Servi Dei P. Caroli ab Abbiategrasso, sacerdotis professi Ord. Mm. S. Franc. Capuccinorum. Hinc r.mus d.nus Bernardus M. Nardi, episcopus titularis Thebanus et eiusdem Ordinis Postulator Generalis, a SS.mo D.no N.ro Leone PP. XIII humillime flagitavit ut ad eiusdem processus aperitionem rite deveniri queat. Sacra porro Rituum Congregatio, vigore facultatum sibi specialiter ab ipso SS.mo D.no N.ro tributarum, benigne precibus annuens petitam memorati processus aperitionem concessit, servatis tamen omnibus de iure, stylo et consuetudine servandis. Contrariis non obstantibus quibuscumque. - 1903 die 27 februarii1039.

1903 die 7 martii: deputatio card. Antonii Agliardi in causae ponentem.

MEDIOLANEN. SEU LAUDEN.Quum penes S. Rituum Congregationem pertractanda sit

causa beatif. et canoniz. Servi Dei P. Caroli ab Abbiategrasso, sacerdotis professi ex Ordine Min. S. Franc. Capuccinorum, r.mus d.nus Bernardus M. Nardi, episcopus titularis Thebanus et eiusdem Ordinis Postulator Generalis, SS.mum D.num N.rum Leonem PP. XIII humillime exoravit ut aliquem ex e.mis et r.mis Patribus sacris tuendis Ritibus praepositis in huius causae ponentem seu relatorem eligere ac deputare dignaretur. Sacra porro Rituum Congregatio, vigore facultatum sibi specialiter ab eodem SS.mo D.no N.ro tributarum, e.mum et r.mum d.num card. Antonium Agliardi, episcopum Albanen, in praefatae causae ponentern seu relatorem elegit ac deputavit, cum omnibus facultatibus necessariis et opportunis. Contrariis non obstantibus quibuscumque. - 1903 die 7 martii1040.

1039 Archivio della Congregazione dei Sacri Riti = Arch. SRC, Decreta in causis Servorum Dei, v. 75, 1903, p. 45v.

1040 Arch.SRC, Decreta in causis Servorum Dei, v. 75, 1905, p. 46v.

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1907 die 23 februarii: decretum super perquisitione scriptorum.

MEDIOLANEN. SEU LAUDEN. Quum agendum sit de introducenda causa beatif. et canoniz.

Servi Dei P. Caroli ab Abbiategrasso, Ord. Mm. S. Franc. Capuccinorum, r.mus d.nus Bernardus M. Nardi, episcopus titularis Thebanus et eiusdem Ordinis Postulator Generalis, SS.mum D.num N.rum Pium PP. X suppliciter exoravit ut facultates necessarias et opportunas impertire dignaretur ad peragendam ipsius Servi Dei scriptorum perquisitionem in locis a R. P. D. promotore s. fidei designandis et cum eius instructione. Sacra porro Rituum Congregatio, vigore facultatum sibi specialiter ab eodem SS.mo D.no N.ro tributarum, benigne annuit pro gratia iuxta preces, dummodo in omnibus adamussim servetur instructio ab ipsomet promotore s. fldei apposite tradenda. Contrariis non obstantibus quibuscumque. - 1907 die 23 februarii1041.

Die 2 mai 1907 promotar fidei Alexander Verde dat suam instructionem pro perquisitione scriptorum Servi Dei eamque dirigit archiepiscopo Mediolanensi et episcopo Laudensi1042.

Die 27 septembris 1907 subsignatur instrumentum authenticum perquisitionis scriptorum in curia Laudensi1043. Post approbationem scriptorum, quae facta est die 9 decembris 1908, nihil amplius auctum est in causa.

Die 28 augusti 1932 peracta fuit recognitio corporis1044.

Circa statum praesentem causae referre hic praestat quoddam « Promemoria » in Archivio Postulationis Ordinis asservatum: “La causa del p. Carlo non è fermata, ma piuttosto ferma. E ciò (secondo il parere di tre avvocati che esaminarono gli atti del processo) non tanto per alcune difficoltà che sorgono da varie deposizioni; ma perché l’istruttoria ottenuta nei due processi (di Lodi e di Milano) è troppo scarsa di prove. I testi non furono bene scelti; basta riflettere che su oltre 80 testi, i Religiosi Cappuccini non toccarono la dozzina. Troppo si è atteso ad

1041 Arch. SRC, Decreta in causis Servorum Dei, v. 79, 1907, p. 23r.1042 Arch. SRC, Decreta in causis Servorum Dei, v. 79, 1907, p. 54d,

56.1043 Arch. SRC, Decreta in causis Servorum Dei, v. 80, 1908, p. 203.1044 Instrumentum recognitionis habetur in Roma, APGC, n. 62:

Reliquiarum relationes, 1, 2. Questo materiale documentario purtroppo non risulta più nell’Archivio della Postulazione Generale.

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iniziare i processi. Per impiantare solidamente la causa di una vita breve come quella di P. Carlo non si dovevano lasciar correre oltre vent’anni dalla morte. Del resto al Signore non mancherebbe modo di supplire alle deficienze umane operando per l’invocazione del P. Carlo veri miracoli»1045.

PROCESSUS Processus ordinarius super fama sanctitatis vitae, virtutum et

miraculorum in genere a. 1899-1903 constructus, in APGC, n. 62, 1, 2, 3.

2) ROMA, ARCHIVIO DELLA POSTULAZIONE GENERALE DEI CAPPUCCINI (APGC)

Conserva le copie pubbliche dei Processi di Milano e di Lodi, una copia della deposizione di p. Arsenio da Brescia nel processo rogatoriale di Bergamo e una inedita primitiva Informatio sulle virtù eroiche e fama di santità del Servo di Dio:

1) APGC, n. 62/1: Copia Publica transumpti Processus rogatorialis ordinaria auctoritate contructi in Curia ecclesiastica Mediolanensi super fama sanctitatis vitae, virtutum et miraculorum Servi Dei P. Caroli ab Abbiategrasso sacerdotis professi Ordinis Minorum Sancti Francisci Capuccinorum. Vol. unic. Gustavus adv. Savignoni S.R.C. Cancellarius et archivista. Anno 1904.

Manoscritto cartaceo, datato 7 novembre 1904, si compone di ff. 1r-302v, scritti su entrambi i lati e numerati sul recto, di dimensioni cm. 27x20. Legatura orig. in pergamena. Buono stato di conservazione. In questo processo rogatoriale sono raccolti diversi documenti autentici che vengono qui elencati con la numerazione originale:

Documenti nel Processo rogatoriale di Milano

1045 Cf. Roma, APGC, n. 62: Documenta, 9. – In contrasto oggettivo a questa osservazione e interpretazione è già stato esaurientemente risposto nelle pagine precedenti di questa relazione storica. Anche questo documento non risulta più nell’APGC.

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1. Attestato autentico della nascita e battesimo di p. Carlo da parte del prevosto Parroco don Stefano Balconi, Abbiategrasso 15 febbraio 1899 (f. 258r).

2. Attestato di cresima rilasciato da don Luigi Magnaghi, Abbiategrasso, Prepositurale di S. Maria Nuova, 15 febbr. 1899 (f. 258r-v).

3. Attestato di vestizione e professione rilasciato dal min. prov. p. Guglielmo M. da Bergamo, Milano S. Cuore, 28 giugno 1899 (258v-259r).

4. Documento dell’ordinazione sacerdotale rilasciato dal vicario generale di Milano Mantegazza, Milano, Curia arciv. 20 giugno 1899 (ff. 259r-v)

5. Dichiarazione rilasciata dalla Pretura di Abbiategrasso su richiesta di don Palazzi sull’omicidio fatto dal Pistoletti e Gardinetti (259v-260r). A questa segue una dichiarazione dello stesso Palazzi dal titolo: Osservazioni di fatto sulla vita secolare del Padre Carlo di Abbiategrasso (ff. 260r-262r).

6. Decreto del min. prov. Paolino da Verdello perché i frati si presentino al processo, Milano 30 gennaio 1899 (f. 262r).

7. Testimonianza con giuramento di p. Benvenuto da Darfo dell’apparizione di p. Carlo dopo morte al guardiano p. Daniele da Bergamo, con firme di autenticazione da parte di fr. Giustino da Lovero, Guglielmo da Bergamo, Brescia 28 febbr. 1899 (ff. 262r-v).

8. Lettera e testimonianza su p. Carlo fatta da Giovanni Battista Vigevano, cugino? Di p. Carlo, 9 ottobre 1900 (ff. 262v-264v).

9. I resti mortali di Padre Carlo (Casalpusterlengo 5 mg): dal giornale Lega Lombarda 7-8 maggio 1898 (ff. 264v-265v).

2) APGC, n. 62/2: Copia Publica transumpti Processus rogatorialis ordinaria auctoritate contructi in Curia ecclesiastica Laudensi super fama sanctitatis vitae, virtutum et miraculorum Servi Dei P. Caroli ab Abbiategrasso sacerdotis professi Ordinis Minorum Sancti Francisci Capuccinorum. Vol. unic. Gustavus adv. Savignoni S.R.C. Cancellarius et archivista. Anno 1904.

Ms. Cart., datato 7 nov. 1904, si compone di ff. 1r-432v, scritti su entrambi i lati e numerati sul recto, di dimensioni cm. 27x20. Legatura orig. in pergamena. Buono stato di conservazione. Anche in questo processo rogatoriale sono raccolti 25 documenti

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autentici qui segnalati con la numerazione originale (cf. ff. 351v-352v):

Documenti riportati nel Processo rogatoriale di Lodi

1. Litterae obedientiales Patris Provincialis Cappuccinorum pro religiosis suis ut in Processu sistere possint coram iudice, Milano 10 maggio 1899 (ff. 395v-396r).

2. Dichiarazione del medico dott. Carlo Cesaris che assistette il P. Carlo nella sua infermità, Casalpusterlengo 28 nov. 1898 (ff. 356r-357r).

3. Dichiarazione del medico dott. Giacomo Bianchi, interessante il fatto narrato nel n. 140 degli articoli stampati (cioè la malattia e guarigione del quattordicenne Andena Ercole (ff. 357v-358v), Casalp. 4 maggio 1898.

4. Documentum IV (deest): Dichiarazione del chimico farmacista Edoardo Nolfi, interessante il fatto narrato nel N. 27 degli Articoli manoscritti.

5. Narrazione di una guarigione ottenuta per intercessione del P. C. da un giovanetto di Maleo, certo Salari Luigi, stesa dal sac. D. Enrico Tarenzi (Maleo 16 genn. 1899), e firmata da vari testimoni e dallo stesso Parroco di Maleo (10 febbr. 1859, 10 genn. 1900) (ff. 358v-360v).

6. Certificato di nascita e battesimo del p. Carlo, steso da prev. Parroco Stefano Balconi, Abbiategrasso 1 gennaio 1899 (ff. 361r-v).

7. Certificato di cresima 1836, fatto da p. Luigi Magnaghi, Abbiategrasso 15 febbr. 1899 (ff. 361v-362r).

8. Attestato di S. Ordinazione al Presbiterato il 26 dic. 1855 dal vescovo Carlo Caccia Dominioni, firmato dal vic. generale Montegazza, Milano 20 giugno 1899 (362r-v)

9. Attestato di professione religiosa avvenuta il 30 marzo 1855 a Mi S. Vittore (vestizione 8 nov. 1852), Fr. Guglielmo M. da Bergamo, min. prov. Dal convento del S. Cuore di Milano, 28 giugnoi 1899. (ff. 362v-363r).

10. Vita del P. Carlo esposta da G. Olmi (Genova 1877) (ff. 363r-383v).

11. Copia autentica di quattro lettere autografe del P. Carlo esistenti nell’Archivio del R°. Tribunale C. e P. di Pavia allegati al Processo inquisito contro certi Luigi Pistoletti e Dionigi Gardinetti imputati di omicidio con rapina (Abbiategrasso 1851 (ff. 384v-387r):

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1) 182, CLXVII: Biglietto al Luogotenente di Pretura, 29 genn. 1851 (ff. 384r-384v).

2) 183, CLXVIII: Lett. al Giudice: Abbiategrasso il 29 gennaio 1852 (ff. 384v-385r).

3) 185, CLXX: Lett. all’Imperiale Regia Pretura di Abbiategrasso, 15 ottobre 1850 (ff. 385r-385v).

4) 187, CLXXII: Idem, 1 novembre 1850 (ff. 385v-386v).

5) Segue l’autentica del sac. Ferdinando Rodolfi Professore del Seminario e Coadiutore Tit. a San Michele (Pavia, dalla Basilica di S. Michele Maggiore, 2 agosto 1900) (ff. 386v-387r).

12. Lettera dell’Imperial delegazione al Commissario dei Cappuccini, Lodi, 11 novembre 1858 (ff. 387r-388r).

13. Lettera del Vicario Generale Don Luigi Anelli, all’Imperial Regia Delegazione Provinciale, Lodi, dalla Curia Vescovile, 8 novembre 1858 (ff. 388r-389v).

14. Lettera del Prevosto Don Luigi Veneroni a mons. Vicario Generale, Casalpusterlengo 9 nov. 1858 (ff. 389v-391r).

15. Lettera di p. Francesco da Bergamo all’Imperial Regia Delegazione Provinciale, Milano, 18 novembre 1858 (ff. 391r-391v).

16. Lettera di p. Francesco da Bergamo alla Curia Vescovile di Lodi, Milano 18 nov. 1858 (ff. 392-393, qui conta per pagina).

17. Lettera di mons. Gaetano Benaglio vesc. di Lodi, Dal Palazzo Vescovile, 29 nov. 1858 (ff. 393-394).

18. Lettera di mons. G. Benaglio al p. Commissario Provinciale Francesco da Bergamo, Lodi, Curia Vesc. 1 dicembre 1899 (ff. 395-396v).

19. Lettera di P. Francesco da Bergamo al vescovo di Lodi, Milano 7 dic. 1858 (ff. 396v-397v).

20. Storia di Casalpusterlengo del prof. D. Luigi Alemanni, dalla p. 129 alla p. 133 (Lodi, Tip. Vesc. Quirico e Camagni, 1896) (ff. 398r-402v).

21. Dal giornale «Il Cittadino di Lodi», anno IX, n. 18, p. 3, col. 1° in Cronaca (30 aprile 1898) (ff. 402v-403r).

22. Dallo stesso giornale, an. IX, n. 19, p. 2, col. 2-3 (7 maggio 1898) (ff. 403r403v).

23. Giovanni da Milano, Il trasporto delle ossa di P. Carlo di Abbiategrasso sacerdote cappuccino: dagli Annali Francescani, an. XXIX, n. 15, p. 452-455, 1 agosto 1898 (ff. 403v-408r).

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24. Continua lo stesso articolo, ma qui firmato da p. Giustino da Lovero, in Annali Francescani, an. XXIX, n. 16, p. 484-488, 16 agosto 1898 (ff. 408r-414r)

25. Continua lo stesso articolo, ma qui firmato da p. Giustino da Lovero da Casalpusterlengo, 13 giugno 1898: Annali Francescani, an. XXIX, n. 17, p. 516-518 (ff. 414r-416v)

3) APGC, n. 62/3: Mediolan. seu Lauden. Exemplum seu transumptum processusu rogatorialis in Civitate Bergomensi peracti in causa beatificationis et canonizationis Servi Dei P. Caroli ab Abbiateghrasso O.M.S. Francisci Capuccinorum.

Ms. cart., datato 23 febbraio 1920, si compone di ff. 1-60 scritti su entrambi i lati e numerati sul recto, di dimensioni 31x21. Legatura in cartoncino grigio. Buono stato di conservazione.

Raccoglie, in copia autentica, la deposizione di p. Arsenio Comincini da Brescia rilasciata nel 1899. All’ultimo foglio, si leggono due autentiche del documento: “Ex Cancelleria Sacrae Rituum Congregationis = Hoc exemplar Processus Rogatorialis in Civitate Bergomensi confecti in Causa Beat. Et Canonizationis Servi Dei Caroli ab Abbiategrasso O.M.S. Francisci Capuccinorum, constans pag. 59 concordat cum respectivo tramsumpto asservato in Cancellaria Sacrae R.tuum Congregationis. In fidem Romae 15 –XII-[19]04. Sac. adm. Joannes Catri (?) S.M. not. et Cancellarius». Questa autentica è scritta sul lato sinistro del f. trasversalmente dal basso in alto e porta il timbro della Cancellaria della Congr. dei Riti.

Una seconda autentica si legge nelle ultime righe del fascicolo: «Transumptum hoc conforme est originali quod asservatur in Curia Archiepisc. Mediolanensi. Mediolani, die 23 februarii 1920. Sac. Carcano Carolus, Cancellar. Archiep.»

4) APGC, n. 62/4: Catalogus testium eorumque scientiae causa ex processu Laudensi et ex processu Mediolanensi.

Ms. cart., non rilegato, non datato [sul foglio iniziale facente funzione di frontespizio è stata scritta a matita: 1908, Servo di Dio Carlo da Abbiategrazzo]. Si compone di 23 fascicoli numerati a matita azzurra da 1 a 23, di dimensioni 28,5x20, e di complessivi 344 ff. ( ma in realtà, per sbagli di numerazione, sono ff. 437) scritti su entrambi i lati e numerati sul recto. E in alcuni casi

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scritti anche sul verso ma senza numerazione. I fogli bianchi sono esclusi dalla numerazione. Buono stato di conservazione.

Questa raccolta sembra una prima Informatio sulla vita, virtù e fama di santità del Servo di Dio che avrebbe dovuto essere poi completata e pubblicata, ma restò manoscritta fino ad oggi. Ecco l’indice dei diversi fascicoli o capitoli, intitolati a matita sull’originale:

1. Catalogus testium eorumque scientiae causa ex Processu Laudensi et ex Processu Mediolanensi, ff. 1-25.

2. De ortu, patria, parentibus, ff. 26-28.3. De Pueritia et Adolescientia, ff. 29-41.4. De Vita in Religione et de Ministerio Sacerdotali, ff.42-68.5. De Virtutibus in genere, ff.69-79.6. De Fide, ff. 8090.7. De Spe, ff. 9197.8. De Caritater in Deum, ff. 98-120.9. De Caritate in Proximum, ff. 121-144.10. De Prudentia, ff. 145-148.11. De Iustitia, ff. 149-15712. De Fortitudine, ff. 158-163.13. De Temperantia, ff. 164-172.14. De Paupertate, ff. 173-175.15. De Castitate, ff. 176-179.16. De Obedientia, ff. 180-185.17. De Humilitate, ff. 186195.18. De Donis Superni set miracoli in vita, ff. 196-254 (la

numerazione originale dopo il f. 199, invece di scrivere 200, scrive 140 fino a 194, e condiziona così tutta la successiva numerazione dei fogli. Verrà riportata la numerazione esatta e tra parentesi quella errata del ms.

19. De Fama Sanctitatis in vita, ff. 255-300 (195-240).20. De obitu (et de concursu ad funus: canc.), ff. 301-312 (241-252).21. De concursu ad funus et de Sepulcro, ff. 313-333(253-

268): dopo il f. 317 (257), il compilatore scrive anche sul verso fino al f. 325 (261), per cui la numerazione si allunga di cinque nuovi fogli.

22. De Fama Sanctitatis post obitum, ff. 334-368 (269-299): anche qui dal f. 345 (280), fino al f. 351 (283) il compilatore ha scritto anche sul verso del foglio, con un aumento, perciò, di nuovi quattro fogli.

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23. De Miraculis post obitum, ff. 369-437 (300-344): dal f. 379 (310) fino al f. 425 (330) i fogli sono scritti anche nel verso, per cui la numerazione si accresce di 24 nuovi fogli.

3) ROMA, ARCHIVIO GENERALE DEI CAPPUCCINI (AGC)Catalogo dei documenti e manoscritti che si riferiscono al Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso († 1859)

I – AGC, cart. MD Servi Dei: P. Carolus de Abbiategrasso, prov. Langobardicae († 1859)

[elenco dei documenti come si trovano con un numero progressivo]

1. Copia del libretto di G. Olmi, Una gemma dell’Ordine de’ Cappuccini, ossia Brevi cenni biografici del P. Carlo d’Abbiategrasso scritti da G. Olmi terziario di S. Francesco. Genova, Tipografia vescovile, 1877. 12 cm., 40 p. [Ex libris: “P. Egidio da Milano, Cappuccino. Brescia per Salò”].

2. Lettera di Francesco Palazzi prevosto di Abbiategrasso a P. Egidio da Milano, Abbiategrasso 5 marzo 1875 [originale, autografa]:

M.to Rev.do P. Egidio

Perdoni se un po’ tardi ho riscontro al di lei foglio 23 p.o p.o

Febrario essendomi trovato alquanto di salute affranta. Le notizie riferibili al venerando P. Carlo di Abbiategrasso le ebbi già dettagliate e spedite al Padre Policarpo che me le richiese appena morto il sullodato Padre Carlo. Eccole tuttavia ripetuti cenni sul medesimo: egli fu sempre anche da ragazzetto di ottima indole e di forbita pietà. Lontano dai compagni e solamente amico della Chiesa, e dato all’ubbidienza de’ suoi genitori, ed ai piccoli suoi affari di famiglia, che dal suo canto si trattavano colla più scrupolosa coscienza. Perocché essendo la professione del Padre quella di mercantello di telerie, egli nell’aiutarlo nella vendita, inanzi tutto indigava quali diffetti avessero, e subito gli scopriva all’acquirente non senza dispiacere del padre, per il che quest’ultimo trovavasi nella posizione di far senza di tale angelico aiutante.

Frequentissimo a tutte le ufficiature, pratiche di pietà, ogni festa accostavasi ai SS. Sacramenti, e lo scrivente non tanto ascoltava la sua voce, bensì leggeva nel suo volto scorrere le lagrime di un innocenza penitentissima. Ritirava seco alcuni

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ragazzi, disponendoli alla confessione, ed al dopo [pranzo?] / conducevali seco al passeggio la cui meta era ad una chiesa o il cimitero istruendoli nella preghiera dei vivi e dei morti. Straordinaria era la sua carità, che tutto avrebbe voluto fossero del cuore di Dio. Visitava anche qualche infermo e prestava loro i migliori offici con parole consolanti. Anzi il suo spirito di bontà si spinse una volta all’eccesso. Trovavasi in queste carceri un delinquente per omicidio, e temendosi piombasse su di lui per giudizio statario la condanna di morte, egli portossi di solo all’Ufficio pretoriale affinché in luogo del reo si puonesse lui anche colla morte.

Egli non aspirando che alla più cruda penitenza voleva ricoppiare in se stesso Gesù Crocefisso e per potere liberamente appagare il suo voto, pregò lo scrivente acciò lo ricevessero li R.R. PP. Cappuccini. Lo accolsero infatti, ma debole di salute venne rimmesso alla sua famiglia onde se ne procurasse miglioramento. In questo frattempo erano presso di me in una giornata li RR. PP. Mansueto = Francesco Maria prov.le = Padre Cesare secretario e Padre Pino. Eravamo a tavola, e comparve il novizio. Non pregava, ma piangeva per essere ancora accettato al convento. Tutti ammutolirono, e lo scrivente / rimandando il novizio alla sua casa gli disse: Va non dubitare, che siccome Iddio ti vuole, il tuo voto si compirà. Poi rivoltomi ai Padri dissi loro: Lo accettino questo angelo, che deve finire ad essere collocato sugli altari. Tanto bastò che l’accettarono prontamente. Del resto il sacerdote che scriverà la sua vita potrà avere contezza di questo religioso sino alla sua morte assumendone le informazioni di tutto da suoi correligiosi. Tanto per di lei norma e ad esito del suddetto suo foglio nell’atto che la prega raccomandarmi al Signore nelle sue sante orazioni. Mi pregio d’essere colla più distinta stima e considerazione

Suo divot.o S.red. Francesco Palazzi Prev. Parr. V.T.

3. “Guarigioni di febbri – a mille guarigioni” [2 pp.]- Appunti di guarigioni operate da padre Carlo: tre guarigioni nel 1859 quando era in vita; e altre quattro negli anni successivi, nel 1860, luglio 1864 e 1867 o ’68 [forse sono appunti di qualcuno che stava raccogliendo materiale per la vita di p. Carlo].

3. Lettera di don Francesco Palazzi al padre guardiano del convento di S. Vittore all’Olmo a Milano, Abbiategrasso il 25 ottobre 1852. [originale, autografa.]. È la lettera portata

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a Milano dal padre di p. Carlo. Sulla busta conservata si legge: “Informazione segreta”. È la lettera pubblicata in Aliverti, Vita del Servo di Dio, p. 57 e in P. Evaldo, Appunti per una vita, p. 101, dove però non è pubblicata la conclusione, che è questa: “Accolga M.o Rev.do Padre i sensi di quella stima e profondo rispetto nei quali mi pregio raffermarmi Della P.V.M.o Rev.da Abbiate.so il 25 8bre 1852 Obb.o e devot.o Serv.re d. Franc.o Palazzi…”.

4. Attestato del battesimo di Vigevano Gaetano ricevuto il 30 agosto 1825, ricavato dall’Archivio di S. Maria Nuova, inviato da don Francesco Palazzi da Abbiategrasso il 29 ottobre 1852 [foglio autografo con timbro di S. Maria Nuova].

5. Attestato della cresima ricevuta da Vigevano Gaetano nel 1836, e ricavato dai Registri dei cresimati conservati nell’Archivio di S. Maria Nuova di Abbiategrasso, inviato da don Francesco Palazzi [foglio autografo con timbro di S. Maria Nuova, in data: Abbiategrasso il 29 ottobre 1852].

6. Foglietto stampato (13 x 9 cm.) di aggregazione al “Culto perpetuo di S. Giuseppe sposo di Maria Immacolata”. Stampato a Milano, die 12 decembris 1854, Tip. Arciv. Ditta Boniardi-Pogliani di E. Besozzi. 10 cm. Inizia così: “Il divoto di S. Giuseppe il Frate Carlo da Abbiategrasso è chiamato ad onorarlo con culto speciale il giorno ultimo d’ogni mese e d’ogni anno…” [Le parole in corsivo sono scritte a penna].

7. Tre fogli di note che narrano l’accorrere della gente a ricevere benedizioni da P. Carlo ogni giorno con anche 12 carrozze davanti al convento, e come la gente aspettava lungamente il suo turno, e come, anche dopo la morte del Padre, la gente si portava davanti al quadro di P. Carlo in sagrestia, e poi fu posto nel coretto, e che per 5 o 6 anni la tomba non aveva un filo d’erba perché la gente levava la terra come reliquia e riceveva grazie [1° foglietto]. Attestazione di Fr. Silvestro che accompagnava P. Carlo a celebrare messa alla Bucasca e la gente al suo passaggio si inginocchiava. Poi che gli albergatori di Casale dissero che non ebbero tanto concorso come nel tempo di P. Carlo. E che

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venendo il medico per un frate visitò anche p. Carlo che gli fece in due giorni cinque salassi che lo sfinirono [2° foglietto]. La sua devozione e preghiera [3° foglietto]. Purtroppo sono tre foglietti senza data.

8. Lettera di Fr. Alessandro da [Piacenza?] a p. Egidio da Milano, Piacenza, 21 aprile 1875 [orig., autogr.]:

Rev.do P. Egidio amatiss.

Ho eseguito immediatamente la sua commissione presso dei Bertola, i quali promettevano di spedire subito jersera le pagelle desiderate da codesto loro P. Guardiano, al quale favorisca presentare miei ossequi. Il Lazarista etc. è proprio il Sig. Tornatore; e l’ho già pregato, prima anche di ricevere la preg. sua del 19 aprile, di estendere di suo pugno una relazione intorno alla visita fatta col Servo di Dio P. Carlo. Lo farà, ma con comodo; del resto, da quanto mi disse il Sig.r Tornatore, l’impressione sua fu favorevolissima, e trovò nel P. Carlo tutti i caratteri di santità. Noti che il Tornatore pure è un sant’uomo.

Il P. Angelico da Mombello, amico, sin nel secolo, e compagno del nostro P. Basilio dal Ponte dell’Olio, mi manda alcuni cenni, arrivatimi in questo punto, che io accludo qui. Metto in questo incarto anche una lettera autografa che teneva qui in Piacenza il Conte Giuseppe Nasalli, il quale gentilmente me la prestò. Affido il tutto a V.P.R. senza avere io tempo di dare una scorsa agli scritti. Il P. Angelico mi dice di avere alcune lettere del P. Basilio. Io ricordo di avere lette alcune lettere stampate da quel P. Damiano da Viareggio (Missionario Prefetto, poi spogliato e morto miseramente in una locanda), il quale faceva menzione della devozione che anche i Musulmani hanno al Sepolcro del P. Basilio (sebbene non si sappia precisamente ove l’abbiano deposto), sicché per devozione si portavano di là sassolini per reliquia. Io non saprei adesso ove trovare queste poche lettere stampate di detto P. Damiano.

Termino questo mio scarabocchio scritto in mezzo a mille impicci, chiamate di gente ecc. Ma V.P. mi ha sempre compatito, lo farà anche oggi. Tanti saluti dal P. Provinciale e dal

Piacenza 21 agosto 1875Suo Aff.o Ser. F. Alessandro da P.[iacenza?] Capp.

9. Lettera necrologica del Padre Daniele da Bergamo guardiano del convento di Casalpusterlengo, in data 21 febbraio 1859 al Guardiano del convento di Cremona

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[originale, autografa, forse], con un P.S. di altra mano, ma significativo: “Oltre a quanto si è detto di sopra ad encomio del nostro Confratello posso altresì aggiungere a gloria di Dio, che tutto il Rev.do Clero di Casale colla rispettiva Confraternita sta apparecchiandosi per esprimere con solenni funerali l’estimazione grande, e venerazione, che si è meritata la vita edificante del Nostro buon P. Carlo”.

10. Copie dei documenti n. 2, 4-6 [3 pagine mss., cm. 29,5 x 21, forse di p. Egidio da Milano].

11. Due fogli manoscritti che raccolgono appunti sulla vita di P. Carlo dal noviziato al convento di Casalpusterlengo [altra mano, fogli 29,5 x 21 cm.].

12. Due fogli ms. [29,5 x 21 cm] che trattano in breve la storia della Madonna di Casalpusterlengo fino alla festa dell’Incoronazione del 1780.

13. Copia della dichiarazione rilasciata dalla Pretura abbiatense ”dietro verbale richiesta dello scrivente Prev. Palazzi [mano calligrafica ignota. cf. P. Idelfonso Aliverti da Vacallo, Vita del Servo di Dio…Casalpusterlengo 1945, p. 48; P. Evaldo Giudici, Appunti per una vita, p. 85s].

14. Copia delle “Osservazioni di fatto sulla vita secolare del P. Carlo d’Abbiategrasso Capp.”, di don Francesco Palazzi [testo s.d. edito in Aliverti, Vita del Servo di Dio, p. 39-40].

15. Copia della Relazione del Vicario Generale di Lodi Canonico L. Anelli, alla Imperial Regia Delegazione Provinciale, Lodi, dalla Curia vescovile, 8 novembre 1858 (N. 21 P.R.) [edita in Aliverti, Vita del Servo di Dio, p. 198-199; Giudici, Appunti per una vita, p. 360-361].

16. Copia della lettera di Pindacci, della Imperial Regia Delegazione Provinciale, al P. Commissario Provinciale p. Francesco da Bergamo, Lodi, 11 nov. 1858 (N. 155 P.R.) [ediz. in Aliverti, Vita del Servo di Dio, p. 200; anche, ma non integralmente, in Giudici, Appunti per una vita, p. 364].

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17. Copia della Risposta del ministro provinciale dei Cappuccini in Lombardia p. Francesco da Bergamo a Pindacci della Imperial Regia Delegazione Provinciale, Milano, 18 nov. 1858 (N.80). [edita in Aliverti, Vita del Servo di Dio, p. 201; brano in Giudici, Appunti per una vita, p. 366].

18. Copia della lettera di p. Francesco da Bergamo alla Curia Vescovile, Milano, 18 nov. 1858 (N. 81). [edita in Aliverti, Vita del Servo di Dio, p. 201-202; brano in Giudici, Appunti per una vita, p. 366].

19. Copia di lettera del vescovo Gaetano Benaglia a P. Gianmaria Bassi da Milano, vicario del convento dei cappuccini di Casalpusterlengo, Lodi, 29 nov. 1858 (N. 1040). [ediz. in Aliverti, Vita del Servo di Dio, p. 204-205; Giudici, Appunti per una vita, p. 371-372].

20. Copia della lettera del vesc. G. Benaglia al ministro provinciale P. Francesco da Bergamo, Lodi dal Palazzo Vescovile, 1 dicembre 1858 (N. 1052). [ediz. in Aliverti, Vita del Servo di Dio, p. 202-203; Giudici, Appunti per una vita, p. 372-373].

21. Copia della lettera di P. Francesco da Bergamo al vesc. Benaglia, Milano, 7 dic. 1858 (N. 85). [ediz. in Aliverti, Vita del Servo di Dio, p. 203-204; un breve cenno in Giudici, Appunti per una vita, p. 374].

22. Altra copia della lettera circolare necrologica di P. Daniele da Bergamo [cf. sopra, n. 10].

23. Copia dell’”Iscrizione della lapide posta al Campo Santo”:

«In questa sepulcrale solitudine - Riposano in pace - Le sacre ceneri del sacerdote – Cappuccino – Padre Carlo Vigev<ano di Abbiategrasso – per lo splendore – delle sue eminenti virtù – Morto in concetto di santità – nel convento di Casalpusterlengo – il giorno XXI. Feb. MCLIX [sic!] nell’età dì anni 33 – A perpetua memoria i devoti Casalesi – questo monomento posero».

24. Seguono molti fogli di “notizie del P. Carlo”, inviate, sembra, da p. Egidio da Milano a uno che stava

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raccogliendo materiale per scrivere una vita del Servo di Dio, come risulta da una lettera dello stesso Egidio da Milano, Salò 11 gennaio 1877, dove si legge:

«Ecco le notizie del P. Carlo. Scriva subito, presto, bene come al suo solito, Faccia risaltare questo servo di Dio. E si ricordi di cogliere l’occasione di una parola d’encomio all’Ordine cappuccino… Spero ch’Ella si metterà tosto con lena al lavoro, e saprà tributare quest’onorte a S. Francesco esaltando il P. Carlo… Nelle memorie che le spedisco non ho messo descrizioni di guarigioni miracolose, avvenute in vita ed anche dopo morte; se però ella vedesse bene averle sottomano e pubblicarle, me ne avvisi che gliele spedirò..».

Segue un foglio bianco con questo titolo: “Memorie del P. Carlo. Al molto reverendo Padre Predicatore”. Le notizie riguardano la vita di P. Carlo: il suo viaggio da Crema a Casale, la sua ammirabile devozione, che venne alla ribalta quando guarì miracolosamente la terziaria Pavesi, e la folla ognor crescente e le guarigioni e miracoli alla sua benedizione, fino alla morte e al funerale. [sono 6 pagine fitte 29,5 x 21 cm.

25. Segue una lettera scritta da un lontano parente (forse un cugino da parte della madre Golgi) a p. Egidio da Milano, da Abbiategrasso, 14 Aprile 1881 e sembra significativa per ciò che dice:

Non posso dare informazione della giovinezza del Vigevano Gaetano, in Religione Padre Carlo, perché io magiore di 5 anni di più età non aveva col picolo Gaetano comune le scuole e non poteva essere a contato.

Ero però a contato con suo padre Vigevano Carlo e sua madre Golgi Margherita, oltre l’ammicizia sono anche lontano parente.

Conobbi e fui sempre a contato col giovane Gaetano dalla sua età da 15 a 25 anni cioè per 10 anni consecutivi.

Da Ragazzo i suoi genitori volevano dal suo Gaetano farne un prete, ma non potendo sostenere la spesa si rivolsero al innalora Preposto di qui Sig. Latuada pregandolo a farli avere un beneficio patronale, ciò non venne acordato.

In allora e il giovinetto Gaetano aveva circa 15 anni si occupò del mestiere di suo padre, era giovane quieto, ubbidiente, asente

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agli affari del negozio, era piutosto bravo in botega e prometeva essere non solo buon filiolo, ma anche svilupato in comercio.

Il giovane Gaetano era il magiore dei figli di suo padre, era la speranza de’ suoi genitori, i quali avendo numerosa fammilia calcolavano molto su lui.

A 20 anni il giovane Gaetano non rifugiva di onesti divertimenti, era di naturale se non tropo alegro, però espansivo.

Più tardi suo padre voleva che prendesse molie. Vi furono due proposte di matrimonio, ma non si combinò niente a motivo di interesse.

Sono convinto che nei progetti di matrimonio il giovane Gaetano non faceva altro che ubidire suo padre, il quale sperava con un buon matrimonio del figlio migliorare la sua condizione economica e avantagiare così la fortuna degli altri suoi figli.

Dopo il suo rifiuto in fatto di matrimonio il giovane Gaetano non ne volle più sentire parlare di altre proposte, allora aveva circa anni 25 e da allora cominciò a essere più concentrato, divoto religioso con una idea fissa, farsi frate e fu allora che si mise a studiare il latino sotto la direzione del sacerdote Sig. don Cusano Vigevano di qui.

Da quel tempo in avanti cioè sino che stesse qui in Abbiategrasso il giovane Gaetano tenne una condota non solo buona, ma fu un continuo esempio edificante di religione e di pietà da farlo tenere da tutti quello che lo conoscevano poi un vero Angelo.

Aparve che la familia del Padre Carlo cominciando dal padre, madre, così tutti i fratelli e sorelle erano tutti chi più o meno affetti di malatia polmonare.

Ora della familia del Padre Carlo resta:1. la sorella Giovanna credo a Milano2. Un filio del fratello defunto Paolo che trovasi a Milano

nell’Istituto dei Martiniti.3. Un filo della sorella Luigia defunta che trovasi con suo

padre Eguali Celeste (?) a Milano4. Un filio della defunta Giuseppa che trovasi presso suo

padre Iosi Giovanni maestro a S. Felice sul Panaro provincia di Modena.

Qui in Abbiategrasso trovasi ancora una zia del Padre Carlo certa Vigevano Giuseppa lavandaia. Ci sono pure altri cucini Vigevano e Golgi.

Abbiategrasso, li 14 aprile 1881.

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26. Altri due fogli di memorie su P. Carlo: uno, intitolato “Memorie sulla vita del P. Carlo”, tratta del papà di P. Carlo che sarebbe andato al convento di Milano a raccomandarsi al figlio che pregasse perché i suoi affari prosperassero e non andassero male come stava avvenendo e la risposta di p. Carlo, assai forte. E poi come egli pregava ovunque, già da quando era fanciullo. Un altro foglio che ricorda come sulla tomba non c’era più erba, e poi la liberazione di un indemoniato con un bacio, e testimonianza di fr. Dositeo che quando p. Carlo era a Milano, andava di notte anche in stagione fredda a pregare davanti ad una immagine del Crocifisso dipinta sul muro e vi rimaneva lungamente.

27. Seguono cinque pagine numerate, fitte, intitolate «Vita del P. Carlo da Abbiategrasso Cappuccino. Introduzione – Il secolo ed il Frate»

Qui finisce la cartella dell’AGC, MD Servi Dei: Carolus ab Abbiategrasso.

II – AGC, AD 100: P. Carlo da AbbiategrassoÈ un fasc. cart, seconda metà del sec. XIX (dopo 1875);

mm 340 x 240 (c. 1); cc. 16; numerazione recente; bianche le c. 1r-v, 9r-16v; legatura coeva in cartoncino; provenienza: dal materiale del p. Egidio Salvini da Milano; raccolta di documentazione sul p. Carlo da Abbiategrasso (1825-1859), inviata al p. Egidio Savini da Milano (1826-1892); unica mano di anonimo del sec. XIX, dopo il 1875 in quanto è trascritta una lettera in tale data.

Contiene copia dei documenti già segnati sopra e li indichiamo con i numeri sopra elencati e secondo l’ordine di trascrizione: n. 5, 6, 4, 2, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 17, 21, 22, 10 (e anche 23).

L’ultimo documento in copia è la testimonianza di Gianbattista Tornatore, confondatore delle Figlie di S. Anna.

(NB. [per spiegare come era confondatore] ANNA ROSA GATTORNO, vedova CUSTO, nacque a Genova, il 14 ottobre 1831… il 13 marzo 1866, con altre cinque compagne, Rosa diede inizio, a Piacenza, alla nuova

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fondazione religiosa. Accanto alle felicitazioni non mancò la reazione degli anticlericali, che definirono la fondazione «un nuovo covo di gesuitismo». Subito dopo incontrò p. Giovanni Battista Tornatore, dei Preti della Missione, il quale, espressamente richiestone, scrisse le Regole e fu poi ritenuto Confondatore dell'Istituto. Per suo influsso, ma soprattutto a seguito di un suo intuito, Rosa sostituì il titolo iniziale di «Figlie di Maria Immacolata, Minime di S. Francesco d'Assisi» in quello attuale di Figlie di Sant'Anna).

Questo è il testo di Giovanni Battista Tornatore [purtroppo senza data, ma del 1875: cf. sopra, doc. n. 9]:

Avendo inteso parlare della sanità del P. Carlo mi portai due volte da Piacenza a Casal Pusterlengo a bella posta per visitarlo, e trovai veramente che tutto in lui spirava aria di santità. L’aspetto,il tratto, il discorso mi fecero concepire di lui una stima di uomo santo. Sovrattutto rimarcai in lui un’aria di grande semplicità, innocenza, ingenuità da vero bambino.

Nel discorso che la prima volta ebbi con lui li domandai se aveva speciali grazie da Maria SS.ma (ripeto che la sua grande ingenuità e semplicità mi aprirono subito il cuore ad una grande confidenza con lui) e mi rispose che la divozione a Maria l’ebbe filiale fin da fanciullino, e mi raccontò come da bambino essendo ammalato, mi pare di una piaga e passando la processione della statua di Maria sotto la finestra della sua casa, chiese di esser affacciato per vederla, e nell’atto che la vide restò guarito. In quel discorso mi disse che si sentiva un grande desiderio della conversione degli eretici, e che desiderava di potervisi applicare. In questa circostanza rimarcai un atto di pronta obbedienza, poiché mentre stavamo discorrendo a soli a soli venne un religioso ad avvisarlo che vi era gente che desiderava esser da lui benedetto all’altar di Maria, ed egli interrompendo la parola, subito vi si portò (era il suo officio di benedire al detto altare).

La seconda volta che lo visitai lo trovai infermo della malattia che morì. L’aria di serenità con cui stava in letto sotto il male era veramente angelica (era malattia di petto). Lo domandai se aveva visite da Maria in quella sua malattia, e mi rispose di sì. Per aver presso di me una sua divozione presi pretesto che avea le labbra tinte di sangue, e gliele pulii col fazzoletto bianco e netto, e lo conservai per venerazione.

Nella mia prima visita gli feci conoscere il Servo di Dio il P. Bernardo Maria Clausi [religioso dei Minimi, Nato a San Sisto dei Valdesi, frazione del Comune di San Vincenzo La Costa (Cosenza), il 26 novembre 1789 – morto 20 dic. 1849 a Paola] morto in concetto di santità, e nella seconda visita egli me ne parlò con

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sentimenti di singolare divozione, sicché mi persuasi che il Signore gli dovette aver accordati lumi speciali della santità del detto Servo di Dio.

In queste due visite tanto fu l’impressione di santità che mi lasciò che dopo la sua morte ogni giorno lo ricordai e tutt’ora lo ricordo come un avvocato in cielo. Noto che considerai bene il suo modo di caminare, di parlare, la sua modestia d’occhi, e tutto era di uomo celeste piuttosto assorto in Dio, che solamente alla sua presenza. Questo è il poco che posso dire in tutta coscienza. Aggiungo che giunto là uno di quei padri mi disse: È venuto a trovare il nostro Bambino?. Ciò che mostra che il P. Carlo era tenuto per uomo di grand’innocenza e di semplicità colombina quale vuole il S. Vangelo.

Gio. Battista TornatorePrete della Cong.ne della MissioneCollegio S. Lazzarto Piacenza

III – AGC, AD 38: Da Lodi a Casale e da Casale a Codogno ai terzi posti (Dal giornale di Lodi, Il Lemene, anno 1880)

Ms. cart, 91 pp., num. Orig.; precedente segnatura: Arm. AQ IV 38. Contiene una trascrizione calligrafica (eseguita o fatta eseguire da p. Egidio Salvini da Milano (1826-1892) di articoli del giornale lodigiano Il Lemene editi dal 19 giugno al 9 ottobre del 1880 circa il santuario dei cappuccini di Casalpusterlengo in occasione del primo centenario dell’incoronazione della beata Vergine Maria ivi venerata; parla di P: Carlo alle pp. 45-47, 69, 82-83.Indice: [introduzione] (1-5), Origine della statua e vicende della cappella (5-11), I cappuccini di Milano invitati a Casale (11-17), Le celesti rivelazioni (18-23), Dell’apparizione della Madonna (24-30), Il santuario e il convento (30-36), Storie consolanti (36-43), Dolore e amore (43-50), L’incoronazione (50-57), Una pioggia di grazie (57-64), Il sommo pontefice Leone XIII (65-67), A Casalpusterlengo (67-71), Feste centenarie [firmato da p. Felice] (71-76), I primi pellegrini lodigiani (76-79), [parole del Lemene] (79-83), [sul finire le relazioni] (83-87), Per l’ultima volta (87-91).

Fr. Costanzo Cargnoni, Roma, 8 febbraio 2010

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4) MILANO, ARCHIVIO PROVINCIALE CAPPUCCINI LOMBARDI (APCL)

Manoscritti riguardanti P. Carlo da Abbiategrasso: P 1105-1107 e altri sparsi - Catalogo

A cura di P. Fedele Merelli, archivista provinciale

1. P 1105 I documenti raccolti in questo faldone erano già riuniti e

conservati in un cassetto con un catalogo dattiloscritto provvisorio (a foglietti) che viene conservato in 1105/00A.

Con l’occasione dell’introduzione del Processo di Beatificazione ho messo mano a queste carte cercando di dare un ordine logico e assegnando una collocazione archivistica, appunto P 1105. Dopo il nuovo numero tra () è segnata la collocazione provvisoria che non andrà più citata.

NB: nel catalogo si usano i termini miracolo e grazia non in senso tecnico, ma nel senso generico in cui li usano i testimoni.

1105/00A vecchio catalogo provvisorio che si riferisce solo ai contenuti di 1105

1105/00B nuovo catalogo, cioè questo.

Manoscritti autografi di p. CarloP 1105/001-004 (ex cartella 02 docc. 12, 13, 14, 2) manoscritti

autografi con una busta e una lettera che spiegano la loro storia. Copia di P 1105/001 in P 1105/021 p. 14-18

P 1105/05: Fuori dal vecchio catalogo, mischiati insieme ad altre carte, questa sera 03.01.2010, ho trovato 2 quadernetti numerati con macchinetta numeratrice ad olio, risultano di 28 fogli. Occorrerà verificare se la disposizione assunta con questa numerazione è corretta o se ci sono pagine fuori posto.

Il titolo a f. 1r. è: Breve trattato razionale del mistero della SS.ma Trinità.

Le copertine dei 2 quadernetti dicono che sono stati stampati a Varese – Tip. A. Ubicini. In un articolo del Corriere della Sera del 27.02.2003, pag. 59, a firma Paolo Carnevale, La storia di Varese negli antichi manoscritti, si legge che nel 1853 la tipografia [Motta Pedemonti di Varese] viene acquistata dal marchese milanese Andrea Ubicini. Perciò questi quadernetti sono del tempo di p. Carlo.

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Il primo quadernetto ha sulla copertina “Fra Carlo” scritto a matita. Non sono un calligrafo, perciò bisognerà sentire un esperto che confronti questi quaderni con le uniche due lettere autografe, ma io sono convinto che questi sono scritti autografi di p. Carlo ed io li colloco nel nuovo catalogo tra gli scritti autografi.

Ragioni elementari che mi sembrano attestare la paternità:La F di Fra, in copertina, corrisponde all’uso che ne fa in P

1105/002. Ci sono poi delle lettere che sono tipiche: D maiuscola, M maiuscola, z minuscola, ecc.

C’è anche un’altra caratteristica, anche se non sono esperto di p. Carlo. Sulla parte alta di alcuni fogli ci sono frasi spirituali che, di per sé, non c’entrano con lo studio. 5v.: “Maria! Oh dolce nome!...”. 6r.: “Gesù mio misericordia!”. 6v.: “Tribulatio et angustia invenerunt me; mandata tua nuditatis mea est”. 10r.: “Fiat voluntas tua”. Non ci sono altre frasi simili1046

P 1105/06 Esame grafologico (non era registrato nel vecchio catalogo) 28-29.01.1988 fatto su P 1105/001

P 1105/007 (ex cartella 04 doc. 37) 22.07.1907 Mons. Giovanni Battista Rota, vescovo di Lodi, a stampa (Tip. Vesc. Quirico e Camagni), pubblica l’ordine della S. Congregazione dei Riti che dispone la raccolta di tutti gli scritti del Servo di Dio entro il 7 settembre 1907. Questa copia fu spedita come lettera al Guardiano dei Cappuccini di Casalpusterlengo.

Copie di manoscritti di p. CarloP 1105/008-010 (ex cartella 01 docc. 8-10) copie di lettere

eseguite dal sacerdote Ferdinando Rodolfi. Gli originali si trovavano nell’Archivio del Tribunale di Pavia

Dettaglio:P 1105/008 (ex cartella 01 doc. 8) lettera del 15.10.1850 e del

01.11.1850P 1105/009 (ex cartella 01 doc. 9) lettera del 29.01.1851P 1105/010 (ex cartella 01 doc. 19) lettera del 29.01.1951Per i contenuti si rimanda alla copia P 1105/021 p. 11-14

Documenti riguardanti la vita di p. CarloP 1105/011 (ex cartella 01 doc. 1) Foglio anonimo in cui si

ricostruisce l’albero genealogico: “Figli di Vigevano Carlo

1046 Lo scritto però non è autografo. Cf. sopra, p. 131.

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Gerolamo († 8 maggio 1866) e di Golzi Giuditta († 1874). Sul retro un testo che non c’entra.

P 1105/012 (ex cartella 01 doc. 2) Certificato autentico di Battesimo rilasciato il 15.02.1899 dalla Prepositurale di Santa Maria Nova in Abbiategrasso

P 1105/013 (ex cartella 01 doc. 3) Foglio anonimo in cui si elencano le date della Tonsura, Suddiaconato, Diaconato e Presbiterato

P 1105/014 (ex cartella 01 doc. 4) Foglio anonimo in cui si riporta la data della Cresima (1836) e gli ordini come a P 1105/013, aggiungendo i nomi dei compagni (si presume) di presbiterato

P 1105/015 (ex cartella 01 doc. 6) Foglio anonimo: “Stato della Famiglia di Casalpusterlengo al tempo della dimora di p. Carlo”. Priva di date, non ha alcun valore storico, ma per questo argomento andranno fatte altre ricerche

Documenti che testimoniano alcuni aspetti della vita di p. Carlo

P 1105/016 (ex cartella 01 doc. 4b aggiunto successivamente) Dattiloscritto firmato da f. Evaldo Giudici nel 1979 in cui ricostruire i contenuti di un manoscritto che non si troverebbe. Si tratta della testimonianza di F. Barnaba Bozzotti da Milano che si trova P 1105/022 p. 01-04

P 1105/017 (ex cartella 01 doc. 5) 10.03.1934 Sac. F. Codazzi, Castiglione d’Adda, ricostruisce quanto suo padre gli riferì del viaggio che fece con p. Carlo nel trasferimento dai Sabbioni di Crema a Casalpusterlengo

P 1105/018 (ex cartella 01 doc. 7a) [senza data] Sac. Pietro Giacoboni, Canonico della Cattedrale di Piacenza, testimonia quanto p. Carlo gli disse circa la sua vocazione

P 1105/019 (ex cartella 01 doc. 7b) 30.11.1899 P. Venanzio Ducoli da Breno scrive al Provinciale da Salò. Tratta di vari argomenti, tra cui: riferisce che p. Cristoforo Molteni da Lecco non ha nulla da depositare su p. Carlo “perché nel breve tempo che è stato sotto di lui non si è distinto per nulla, anzi dice che lo hanno licenziato, perché malsano e mezzo cretino…”

P 1105/020 (ex cartella 06 doc. 82) Copia autentica di Documenti originali spediti a Roma spettanti la Causa del P. Carlo

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da Abbiategrasso, Cappuccino. Per questa occasione ho numerato le pagine e sono 7, + 1 bianca:

p. 01-02: 08.11.1858 N. 21 P. R., Lodi Curia Vescovile, Canonico L. Anelli V.e G. scrive a I. R. Deleg.e Provinciale: risponde a richieste di indagini sul comportamento di p. Carlo e delle persone che vanno da lui. Riferisce i giudizi discordi ma, dopo una verifica, afferma: “è Religioso di pura e sincera vita”. Parla anche della gente che va da lui. Fu richiesto dal Padre Commissario Provinciale se trasferirlo, ma l’ha lasciato libero di decidere.

p. 02-03: 11.11.1858 N. 155 P. R., Lodi, L’I. R. Delegato Provinciale Pindacci al Commissario Provinciale dei Cappuccini: chiede esplicitamente il trasferimento di p. Carlo

p. 03-04: 18.11.1858 N° 80 da Milano P. Francesco Fustinoni da Bergamo Ministro Provinciale alla Imperial Regia Delegazione Provinciale, risponde al n. 155 (citato) dice che p. Carlo è gravemente malato, perciò in nome della carità non lo trasferirà. Se dovesse guarire si atterrà alle indicazioni della curia vescovile di Lodi

p. 04-05: 18.11.1958 N° 81 da Milano [probabilmente dello stesso p. Francesco Fustinoni] alla Curia Vescovile di Lodi: chiede, in caso di guarigione, se ritengono necessario il trasferimento

p. 05: 29.11.1858 N° 1040 da Lodi il vescovo Gaetano [Benaglia] a M. R, P. Vicario. Loda il Signore per la guarigione di p. Carlo e non vuole il suo allontanamento

p. 05-06: 01.12.1858 N° 1052 da Lodi il Vescovo Gaetano Benaglia al R. P. Comm. Provinciale risponde alla lettera del 18.11: dichiara e motiva la sua contrarietà al trasferimento

p. 06-07: 07.12.1858 N° 85: [probabilmente dello stesso p. Francesco Fustinoni] al Vescovo di Lodi ringrazia per le sagge indicazioni contenute nella lettera protocollata 1052

P 1105/021 (ex cartella 06 doc. 83) Copia autentica di Documenti originali spediti a Roma spettanti la Causa del P. Carlo da Abbiategrasso, Cappuccino. Per questa occasione ho numerato le pagine e sono 19, + 1 bianca:

p. 01-02 N° 155: 11.11.1858 L’I. R. Delegato Provinciale Pindacci al Commissario Provinciale dei Cappuccini: chiede di nuovo l’allontanamento di p. Carlo riconoscendogli meriti, ma incolpando le “popolazioni ignoranti” che lo frequentano

p. 02 N° 80: si ripete il documento P 1105/020 alle p. 03-04p. 03 N° 81: si ripete il documento P 1105/020 alle p. 04-05p. 03-04 N° 1040 si ripete il documento P 1105/020 p. 05p. 04-05 N° 1052 si ripete il documento P 1105/020 p. 05-06

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p. 05-06 N° 85 si ripete il documento P 1105/020 p. 06-07p. 06-08 N° 21 si ripete il documenti P 1105/020 p. 01-02p. 08-09 si racconta la vicenda di Maria Bottes Odonini

maritata Cattini uccisa il 30.11.1850p. 09-11 Don Francesco Palazzi prevosto: Osservazioni di fatto

sulla vita secolare del Padre Carlo da Abbiategrasso P 1105/008-010

p. 11 N° 185 CLXX 5: 15.10.1850: Vigevano Gaetano di Carlo (P. Carlo) all’Imp. Regia Pretura di Abbiategrasso: intercede per i due arrestati che avevano rubato 2 fazzoletti a suo padre. In nota: In valore a ciò è interrogato il 25 ottobre 1850, riconosce la lettera: dichiara di non aver agito per suggestione di nessuno.

p. 11-12 N° 187 CLXXII 25: 01.11.1850: Vigevano Gaetano di Carlo (P. Carlo) all’Imp. Regia Pretura di Abbiategrasso: i due che avevano rubato i fazzoletti, Villa e Rivolta, sono stati condannati. Chiede di rilasciarli o di potersi sostituire. Con nota.

p. 12-13 N° 182 CLXII: 29.01.1851: [non firmata, perché la firma è sull’allegato] Vigevano Gaetano di Carlo (P. Carlo) all’Imp. Regia Pretura di Abbiategrasso: invia l’allegato per i 2 che hanno ucciso una donna nei boschi di Casterno e sono condannati a morte.

p. 13-14 allegato alla precedente: chiede per i due il condono della vita o di potersi sostituire

Una nota attesta che gli ultimi documenti furono trascritti dal Sac. Ferdinando Rodolfi professore nel Seminario di Pavia… gli originali sono all’Archivio del Tribunale di Pavia 02.06.1899. Copia in P 1105/008-010

p. 14-18 copia di P 1105/01P 1105/022-024 (ex cartella 04 doc. 35): contiene molti

documenti e principalmente 3 fascicoli che sono testimonianze precedenti i processi: contiene testimonianze sulla vita, le virtù, su grazie compiute in vita e grazie compiute post mortem. Questi documenti andrebbero separati secondo i contenuti, ma ora sono inseparabili e rimangono insieme solo perché testimonianze raccolte prima dei processi.

Descrizione particolareggiata:P 1105/022 Raccolta Autentica dei Documenti e Testimonianze

sulle Virtù, Grazie e Miracoli operati da P. Carlo d’Abbiategrasso. Compilata innanzi all’Apertura del Processo Ordinario. Fascicolo 1°, manoscritto p. [2 non numerate], [2 aggiunte con il n. 1a], 21, [3 non numerate e bianche], dopo la p. 17 (bianca) è inserito un foglio più piccolo con il n. 17.

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p. 01a: P. Isidoro Berti da Desio 11.07.1898: testimonianza vita

p. 01-04: F. Barnaba Bozzotti da Milano [senza data]: testimonianza vita

p. 05: Sig. Angelo Borsotti [senza data]: testimonianza vitap. 07-08: Sig. Angelo Borsotti [senza data]: testimonianza su

grazie in vitap. 09: Signora Antonietta Quattri e sua sorella [senza data]:

testimonianza vita Signor Antonio Borsotti [senza data]: testimonianza su grazie e vita

p. 10-11 tre brevi testimonianze [senza data] Calzari Luigi testimonia miracoli in vita

Sac. Giuseppe Massa testimonia vitaBelloni Sante testimonia vitap.12-13 Antonio Grassi [senza data]: testimonianza vita,

morte, esumazionep. 14-15 Pietro Salamina [senza data] testimonia vita e

miracoli in vita e post mortem. In data 08.06.1899 P. Bonaventura Minelli da Alzano Maggiore aggiunge altra testimonianza sulla vita fatta dallo stesso Salamina.

p. 16 Giovanni Battista De’ Po’ [senza data]: miracoli in vitap. 17-18 (foglio più piccolo) 15.10,1898 Don Giovanni Cerri

parroco di Cascine dei Passerini testimonia guarigione, dopo morte di p. Carlo, di Angela Facchini

p. 19 12.01.1899 Sorelle Gagliani: guarigione dopo morte di Pietro Pilla

f. 20r.v. Orsola Mondoni [senza data] racconta la sua guarigione avvenuta dopo una novena a p. Samuele Sala da Viganò che gli comparve in sogno. P. Carlo non c’entra, era solo molto amico di p. Samuele.

p. 21 13.01.1899 Don Zaverio Guasconi e Beltrami Maria in Grossi testimoniano di aver udito un fatto di bilocazione

p. 21 (sullo stesso foglio) p. Atanasio Pozzi da Busto Arsizio [senza data]: testimonia di una profezia fatta da p. Carlo

P 1105/023 Raccolta Autentica dei Documenti e Testimonianze sulle Virtù, Grazie e Miracoli operati da P. Carlo d’Abbiategrasso. Compilata innanzi all’Apertura del Processo Ordinario. Fascicolo 2°, manoscritto p. 36 (qualche volta diventano fogli). Mancano le p. 28-30 (ma stando al vecchio catalogo potrebbe essere errore di numerazione). Sono più piccole le p. 13-20

p. 01-12 Don Sante Peviani [senza data]: testimonianza sulle virtù di p. Carlo (così nel titolo), ma anche sulle grazie. È

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comunque una testimonianza in terza persona con firma che dovrebbe essere autografa

p. 13-19 12.01.1899 Don Sante Peviani testimonia in prima persona sulla vita

p. 20 04.05.1898 Giuseppe Pareti con firme di testimoni dichiara la sua guarigione operata da p. Carlo in vita

p. 22-23 varie testimonianze di grazie ricevute per intercessione di p. Carlo in vita. Testimoni: Rosa Mosconi, Angela Merli, Domenico Merli

p. 24-25 Don Bassano Sordi 13.01.1899 testimonia su grazia e su virtù di p. Carlo

p. 26-27 Don Zaverio Guasconi [senza data, in terza persona, con troppe correzioni] testimonia sulla vita

p. 31 “Miracoli o grazie miracolose avvenute il 4. Maggio 1898 per intercessione del P. Carlo”

p. 33 Don Bassano Sordi testimonia su una grazia avvenuta nel 1898

p. 34 Angelo Ercoli 04.05.1898 testimonia grazia per il figlio dopo morte

p. 36 Bonaventura Minelli da Alzano (che compare in vari documenti) 03.02.1899 testimonia guarigione di Peviani Battista avvenuta il 17.01.1899

P 1105/024 Raccolta Autentica dei Documenti e Testimonianze sulle Virtù, Grazie e Miracoli operati da P. Carlo d’Abbiategrasso. Compilata innanzi all’Apertura del Processo Ordinario. Fascicolo 3°, manoscritto p. 15 (alcune volte sono fogli, altre volte diventano pagine)

p. 01 Relazione [senza data] guarigione in vita di Luigia Sangermani Pedrazzini

p. 02 contiene 2 relazioni [senza data e senza firme]: testimonianze vita di Don Giovanni Ferrari e di Antonietta vedova Signorini

p. 03 P. Giustino Giudici da Lovero [senza data, con sola firma autografa]: testimonia guarigione in vita di Giovannina Belloni avvenuta nel 1858

f. 04r.v. “Relazione di Lissoni Angelo di Mirabella con guarigione (1898) [senza data e senza firme]

f. 05r.v. Relazione di Antonio Salamina [senza data e senza firma]: narra di 2 grazie, la prima in vita

f. 06 r.v. “Relazione del Maestro Ferrini (o Fenini o Felini) su P. Carlo” [senza data, senza firma, sembrerebbe incompleto]: testimonia vita. Sembra manchi qualcosa.

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p. 07 [senza data né firme] riferisce di grazia in vita di Luigi Scarpanti

p. 07-08 [senza data né firme] riferisce una grazia in vita per il figlio del conte Paolo Marazzi di Moscazzano. La nota che precede sembra rimandare a Valdemiro Bonari, ma non ho trovato questo episodio

f. 08r. [senza data né firme] guarigione post mortem di Pierino Vida

f. 08v. è stato cancellato il contenuto con matita rossa in modo da poterlo usare per narrare la guarigione. Carta intestata con stemma di mons. Giovanni Battista vescovo di Lodi † 1914 con data 22.02.1899, poi corretta in 03.05.1899, senza firma, in latino. Nomina Abele Tornielli, attuale cancelliere della curia, notaio attuario per il processo di p. Carlo

f. 09r.v. [senza data né firme] guarigione in vita di Giacoma Novati

p. 09 [senza data né firme] guarigione post mortem di Paolo Fasoli

p. 10 [senza data né firme] guarigione post mortem di Romeo Ferrari

p. 11 [senza data né firme] guarigione post mortem di Francesco Visigalli

p. 12 [senza data né firme] guarigione post mortem di Carlo Filippazzi

p. 13 [senza data né firme] Relazione di Spelta Bassano guarigione in vita della moglie di un negoziante di Sant’Angelo Lodigiano

p. 14 [senza data né firme] guarigione post mortem di Angela Novati

p. 15 [senza data né firme] guarigione post mortem (1899) di Giuseppe Tagliabue

Documenti di grazie o miracoli in vitaP 1105/025 (ex cartella 05 doc. 42) 18.01.1899 il parroco di

Abbiategrasso firma testimonianza guarigione di Giuseppa Bonecchi anche se nella firma semianalfabeta della guarita si legge Baneli

Altre guarigioni in vita si trovano (senza pretesa di completezza) in P 1105/022 p. 07-08, 10, 16; P 1105/023 p. 20, 22-23; P 1105/024 p. 01, 03, 07-08, f. 09

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Documenti circa la morte di p. CarloP 1105/026A-B (ex cartella 02 doc. 19) 2 copie della

necrologia scritta da p. Daniele Prina da Bergamo il 21.02.1859. La A è la lettera autentica spedita al convento di Crema. Altra copia in P 0233/086

P 1105/027 (ex cartella 01 doc. 7) Mons. Sante Peviani, Casalpusterlengo 09.09.1935, testimonia di essere stato presente alla morte di p. Carlo e il modo in cui morì. Questa dichiarazione fu richiesta da p. Idelfonso Aliverti, che aggiunge un commento e si firma 10.09.1935

P 1105/028 (ex cartella 01 doc. 11) Certificato di morte rilasciata da don Carlo Gelmini coadiutore della Parrocchia prepositurale di S. Bartolomeo in data 17.12.1897 e vidimato dalla Curia Vescovile di Lodi 18.12.1897

Grazie o miracoli post mortemP 1105/029 (ex cartella 05 doc. 39 [il 38 manca anche nel

vecchio catalogo]) 01.09.1898 Giovanni Maraschi [cognome scritto in modi un po’ diversi] testimonia guarigione figlia Luigina: il nome si ricava da alcuni foglietti uniti.

P 1105/030 (ex cartella 05 doc. 40) su un fogliettino piccolo guarigione di Rosa Zanarini

P 1105/031 (ex cartella 05 doc. 41) scritto sull’8a di un fascicolo a stampa: note di 4 grazie senza nessuna formalità giuridica. Il fascicolo contiene: Appello pel ristauro ed abbellimento del Santuario della Madonna presso Casalpusterlengo, nella Diocesi di Lodi firmata: Casalpusterlengo, 9 Giugno 1895 F. Lorenzo Crespi da Milano Ministro Provinciale dei Cappuccini con altre scritte e foto santuario, p. 6 + 2 non numerate

P 1105/032 (ex cartella 05 doc. 44) sono raccolti, in modo veramente informale, 3 grazie

P 1105/033 (ex cartella 05 doc. 45) 09.09.1899 Don Carlo Coppa parroco di Busnago testimonia guarigione “di una madre inferma d’una grave malattia”

P 1105/034 (ex cartella 05 doc. 46) 04.11.1899 Don Carlo Coppa scrive a p. Bonaventura in risposta ad una sua del 05.10 (che manca). Non si capisce se la guarigione sia la stessa di P 1105/033. Dice che, pur essendo una grazia speciale, non può essere considerata miracolo

P 1105/035 (ex cartella 05 doc. 47) in modo informale e breve vengono narrate 2 grazie post mortem e 1 in vita

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P 1105/036 (ex cartella 05 doc. 48) 20.09.1907 Don Daniele Passerini [incerto il cognome] testimonia grazia in favore di Carlo Sordi. Unito foglietto con minuta

P 1105/037 (ex cartella 05 doc. 48a) 16.03.1908 Sac. Fr. Adeodato della Croce carmelitano scalzo di Piacenza, parla di miglioramenti di un confratello giunto alla 3a novena. Chiede reliquie e immaginette

P 1105/038 (ex cartella 05 doc. 49) P. Fedele Sironi da Brivio testimonia grazia per Anna Doldi

P 1105/039 (ex cartella 05 doc. 50) P. Fedele Sironi da Brivio testimonia 2 distinte grazie in favore di Agostina Piloni e Agostina Doldi

P 1105/040 (ex cartella 05 doc. 51) 26.08.1913 P. Fedele Sironi da Brivio testimonia 2 distinte: per la prima trascrive il testo precedente con alcuni particolari mutati e invece di chiamare la guarita Agostina Doldi la chiama Agostina Lodi. La seconda grazia riguarda Angela Poloni

Sembra che in queste grazie P 1105/038-40 ci sia un po’ di confusione

P 1105/041 (ex cartella 05 doc. 52) Margherita Fiorenza di Crema Ombriano testimonia grazia ricevuta

P 1105/042 (ex cartella 05 doc. 53) 23.04.1919 famiglia Riboli testimonia grazia per Mario Riboli

P 1105/043 (ex cartella 05 doc. 54) 08.09.1939 Cesarina Buttaboni testimonia grazia ricevuta

P 1105/044 (ex cartella 05 doc. 55) lettera di 4 pagine, ma incompleta, scritta dalle suore cappuccine di Capriate. Solo al termine della parte si accenna ad una grazia attribuita a p. Carlo

P 1105/045-046 (ex cartella 05 doc. 56-57) semplici appuntiP 1105/047 (ex cartella 05 doc. 58) Elisabetta Luraschi

Perversi: narra della figlia guarita, ora chiede grazia per séP 1105/048-051 (ex cartella 05 doc. 59, 60, 61, 61a) Foglietti

informali di grazieP 1105/052-053 2 buste di lettereAltre guarigioni post mortem si trovano (senza pretesa di

completezza) in P 1105/023 p. 17-19, 31; P 1105/24 f. 04r.v., f. 05r.v., f. 08r., p. 09-12, 14-15

ReliquieP 1105/054 (ex cartella 02 doc. 15) Pezzetto di abito, con

autenticazione, donato da Dino BonoP 1105/055 (ex cartella 02 doc. 16) Pezzetto di soprabito, in

busta semplice, che p. Idelfonso Aliverti ricevette dalla famiglia di

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p. Carlo. Parla di altre parti dello stesso vestito distribuite al vescovo e ad altri

P 1105/056 (ex cartella 02 doc. 17) 07.02.1945 testimonianza piuttosto incerta di p. Agatangelo Calvi da Milano circa la rotula di un ginocchio di p. Carlo usata come reliquia

P 1105/057 (ex cartella 02 doc. 18) Varie dichiarazioni (senza autentiche) riguardanti la cassa di legno e i sandali di p. Carlo

P 1105/058 (non registrata nel vecchio catalogo) 24.04.1985 p. Serafico Lorenzi, archivista provinciale al Sig. Italo Farina di Casalmaiocco, manda reliquia ottenuta per contatto

Altre due reliquie, non catalogate nel vecchio:P 1105/140 Regola e testamento del serafico padre s.

Francesco [unite Costituzioni dei cappuccini], Tipografia Boniardi-Pogliani di Ermenegildo Besozzi, Milano 1851. – p. 229. È una di quelle regole che i frati portavano nell’abito. Che sia appartenuta a p. Carlo è scritto sul primo foglio. Un foglio manoscritto di p. Gaetano Ardemagni da Borghetto Lodigiano † 1942 testimonia che trovò questo libro tra quelli di scarto del convento di Crema. Unito altro foglio che lo avvolgeva.

P 1105/141 Scatoletta trovata tra le cose appartenute a f. Raffaele Perego. All’interno con busta a stampa con riproduzione del sigillo dell’ordine: “Legno della cassa del servo di Dio Padre Carlo M. da Abbiategrasso cappuccino”

Documenti riguardanti biografie in progetto o realizzate

P 1105/058 (ex cartella 03 doc. 20) 05.12.1899 P. Giustino Giudici da Lovero scrive da Casalpusterlengo al provinciale, perché ha saputo dell’intenzione del guardiano di far scrivere una nuova biografia di p. Carlo a p. “Arcangelo siciliano”. P. Arcangelo, potrebbe essere Arcangelo Calì da Taormina † 1915 che aveva pubblicato: Il santuario di Maria e i cappuccini di Casalpusterlengo presso Lodi in Lombardia. Memorie storiche, Estratto dal giornale Napolitano I Gigli a Maria con giunte, Tipografia dei Fratelli Testa, Napoli 1877. A conferma di questa ipotesi, p. Valdemiro Bonari da Bergamo, I cappuccini della provincia milanese dalla sua fondazione - 1535 - fino a noi. Parte seconda. Vol. II.°: biografie dei più distinti nei secoli XVIII.° e XIX.°, Tip. S. Pantaleone di Luigi Meleri, Crema 1899, p. 607, afferma che il fascicolo anonimo: Memorie storiche sulla vita del padre Carlo di Abbiategrasso Sacerdote Cappuccino, Tipografia Cattolica della Pace, Lodi 1880 è stato scritto da p. Arcangelo Calì

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da Taormina. La biografia ebbe tre edizioni 1880, 1891 e 1898. Non risulta abbia pubblicato altre biografie di p. Carlo

P 1105/060 (ex cartella 03 doc. 21) “Appunti per la Vita del P. Carlo da Abbiategrasso Cappuccino”. Roma Febbraio 1914, manoscritto di p. 14 fitte. Da un’analisi esterna non risulta l’autore.

I documenti voluminosi della biografia scritta da p. Idelfonso Aliverti verranno collocati in: P 1106-1107/03

Causa Beatificazione di p. CarloCausa sospensione accenni in P 1105/136 p. 21

Documenti di procedura per la causaP 1105/061 (ex cartella 06 doc. 62) 15.06.1898 Mons. Nardi

Mauro Bernardo da Leonessa cappuccino, postulatore generale, vescovo † 1911: [senza destinatario che probabilmente era sulla busta] si meraviglia delle cose che si dicono su p. Carlo che non conosceva. Chiede la documentazione per iniziare processo

P 1105/062 (ex cartella 06 doc. 63) 30.09.1898 Mons. Nardi Mauro [senza destinatario] chiede l’indicazione di un vice-postulatore

P 1105/063 (ex cartella 06 doc. 64) 25.11.1898 Mons. Nardi Mauro con firma autografa, sigillo a secco, nomina p. Isaia Guzzetti da Gerenzano [detto anche da Milano] vice postulatore

P 1105/064 (ex cartella 06 doc. 65) 00.00,1899 p. Isaia Guzzetti da Milano ad un vescovo per la costituzione del Tribunale ordinario. Vedi anche P 1105/070

P 1105/065 (ex cartella 06 doc. 66) 06.01.1899 4 pagine, ma manca la finale e la firma, quindi non è completa. La scrittura è di mons. Mauro Nardi:istruzioni sul processo

Vedere P 1105/024 f. 08v: nomina Abele TornielliP 1105/066 (ex cartella 06 doc. 67) 11.01.1899 Don Angelo

avverte che trova difficoltà a comporre il tribunaleP 1105/067 (ex cartella 06 doc. 68) 30.01.1899 Don Stefano

Balconi (Casalpusterlengo) dice che la mamma di p. Carlo non si chiama Colzi, ma Golzi. Propone alcuni testimoni

P 1105/068 (ex cartella 06 doc. 69) 19.05.1899 Mons. Nardi Mauro [non avendo la busta manca sempre di destinatario]: nella diocesi di Lodi è stato costituito il Tribunale, chiarifica alcune regole dei processi

P 1105/069 (ex cartella 06 doc. 70) 10.06.1899 Mons. Nardi Mauro a un’Ecc.za: risponde a un dubbio sugli interrogatori tenuti lontano dalla sede principale (fuori diocesi)

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P 1105/070 (ex cartella 06 doc. 71) 30.06.1899 Mons. Nardi Mauro: ancora sui testi fuori dalla diocesi di Lodi e su altre questioni che non c’entrano con i processi

P 1105/071 (ex cartella 06 doc. 72) 26.07.1899 Mons. Nardi Mauro: su vari argomenti. Per il processo affronta la questione di un testimone

P 1105/072 (ex cartella 06 doc. 73) 07.11.1899 Milano all’Ordinario di Piacenza: Sac Luigi Colombo, canonico ordinario della Metropolitana giudice deputato, e Can. Giuseppe Confalonieri Dottore in diritto canonico e giudice aggiunto (con cera lacca): per il cursore Pietro Giacoboni canonico

P 1105/073 (ex cartella 06 doc. 74) 09.11.1899 [con sigillo in cera lacca] Cancelliere di Piacenza per cursore

P 1105/074 (ex cartella 06 doc. 75) 19.12.1899 Mons. Nardi Mauro: i due processi di Lodi e di Milano vanno pubblicati insieme

P 1105/075 (ex cartella 06 doc. 76) 24.05.1903 [l’anno potrebbe essere anche 1905, ma non è senz’altro 1900 come nel vecchio catalogo]: il Canonico Luigi Mambretti, da Milano ad un destinatario anonimo: dice che il Processo di P. Carlo è in Archivio ma è sigillato col timbro del Cardinale. Altro problema di dove si trovi la rogatoria di Bergamo. Suggerisce i modi per vederli o ottenerne copia

P 1105/076 (ex cartella 06 doc. 77) A stampa con parti manoscritte e sigillo a secco: 18.02.1903 Il Canonico Stanislao Cavori (incertezza sul cognome) della Sacra Congregazione dichiara di ricevere il transunto del processo da p. Isaia da Milano

P 1105/077 (ex cartella 06 doc. 78) 20.05.1905 da Roma, a nome di mons. Mauro Nardi si dice di cercare il piccolo processo di Bergamo perché non è stato portato a Roma

P 1105/078 (ex cartella 06 doc. 79) P. Giuseppe Rivola da Casola vice postulatore da Roma al vice postulatore (P. Isaia): chiede informazioni sui luoghi ove ha abitato p. Carlo

P 1105/079 (ex cartella 04 doc. 80) Domanda in latino simile a P 1105/064 [senza data]

P 1105/080 (ex cartella 06 doc. 81) [senza data] forse manca di una lettera accompagnatoria o di una introduzione. Avvocato Luigi Toeschi tratta 5 punti riguardanti i processi

P 1105/083-087 (ex cartella 04 doc. 28) Convocazione dei testimoni fatte dai Cursori: Segrada don Federico (3 docc.) ; Luigi Borromeo (4 docc) nessuno è datato

P 1105/088-097 (ex cartella 04 doc. 29) 10 documenti, a stampa, indirizzati ai testimoni per il giuramento del processo.

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Non sono firmate. Le pagine facendo da busta, nell’aprirle si sono un po’ rotte.

P 1105/088 Giuditta Bersani di SomagliaP 1105/089 Francesco BorsottiP 1105/090 Don Bassiano Sordi di SomagliaP 1105/091 D. Benigno incertezze sul cognomeP 1105/092 D. Sante PevianiP 1105/093 Bonalancia Guasconi MariannaP 1105/094 D. Zaverio GuasconiP 1105/095 Incerto il cognome LuigiP 1105/096 Mazza MariaP 1105/097 Merli-Marsaglia Angela

Documenti del processo di p. CarloP 1105/098-102 (ex cartella 04 doc. 30-34) P. Isaia M.

Cappuccino Vice Postulatore, Articoli per l'esame dei testimoni sulla fama di santità sopra le virtù ed i miracoli nel processo ordinario Mediolanen. seu Lauden. della causa di beatificazione e canonizzazione del servo di Dio p. Carlo d'Abbiategrasso Sacerdote Professo nell'Ordine dei Cappuccini di S. Francesco, Tipografia Francescana dei Fratelli Lanzani, Milano 1899 (27 gennaio), p. 23. Altra copia in Biblioteca Francescano-Cappuccina Provinciale 199 F 047. È diverso da P 1105/103, vedi nota

Indice: trascritto rispettando maiuscole e minuscoleVita. nn. 1-16 , pp. 3-5Delle Virtù eroiche in generale nn. 17-18, pp. 5-6Della Fede Eroica, nn. 19-36, pp. 6-8Dell’Eroica Speranza, nn. 37-42, pp. 8-9Dell’Eroica Carità verso Dio, nn. 43-53, pp. 9-10Dell’eroica carità verso il prossimo, nn. 54-60, pp. 10-11Delle virtù cardinaliDell’eroica prudenza, nn. 61-67, pp. 11-12Dell’Eroica Giustizia, nn. 68-72, p. 12Dell’Eroica Fortezza, nn. 73-77, pp. 12-13Dell’Eroica Temperanza, nn. 78-82, pp. 13-14Dell’osservanza dei voti, nn. 83-92, pp. 14-15Dell’Eroica Umiltà, nn. 93-98, pp. 15-16Dei Doni soprannaturali, nn. 99-103, pp. 16-17Dei Miracoli in Vita, nn. 104-109 , pp. 17-18Della Fama di Santità in vita, nn. 110-117, pp. 18-19Della Preziosa Morte, nn. 118-126, pp. 19-21Della Fama di Santità dopo la morte, nn. 127-132, p. 21Dei Miracoli dopo morte, nn. 133-140, pp. 21-23

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Particolarità delle copie: P 1105/098-102Salvo il n. 098, le altre non hanno segni aggiunti al testo

stampato. I nn. 099-100 non hanno l’Avviso di p. 2 che invece hanno le altre copie

In particolare P 1105/098 (ex cartella 04 doc. 30) porta in copertina, a matita, il nome di Bonalancia Marianna. A p. 1 p. Idelfonso Aliverti, in data 01.09.1932 testimonia di aver ricevuto dal sig. Guasconi Luigi, figlio di Bonalancia Marianna, un documento. Non si precisa di cosa si tratti, ma probabilmente è questa copia.

P 1105/103 (ex cartella 04 doc. 36). Manoscritto. Titolo di copertina: Processo Informativo di P. Carlo d’Abbiategrasso. Titolo a p. 2: Mediolan. Beatificationis et Canonizationis Servi dei P. Caroli ab Oppido Abbiategrasso Sacerdotis Professi Ordinis Minorum S. Fr. Capuccinorum. Ora è stato numerato da me p. 151 scritte, prima aveva i numeri di paragrafi 162. È un altro interrogatorio rimasto manoscritto. Ci sono interventi con note correttive usando la parola “falso” di p. Idelfonso Aliverti da Vacallo alle p. 3, 49, 72, 87, 138, 141-143, 150

Indice:Della vita del Servo di Dio, nn. 1-17, pp. 3-20Delle Virtù eroiche in generale, nn. 18-20, pp. 20-22Della Fede Eroica, nn. 21-43, pp. 23-44Della Eroica Speranza, nn. 44-52, pp. 45-53Della eroica Carità verso Dio, nn. 53-66, pp. 53-65Della eroica Carità verso il Prossimo, nn. 67-75, pp. 66-73Delle virtù Cardinali e primieramente della eroica Prudenza,

nn. 76-82, pp. 73-80Della Eroica Giustizia, nn. 83-88, pp. 80-85Della eroica Fortezza, nn. 89-95, pp. 86-91Della eroica Temperanza, nn. 96-100, pp. 91-95Dell’osservanza dei voti, nn. 101-110, pp. 95-104Della eroica Umiltà, nn. 111-117, pp. 104-110Dei doni Soprannaturali, nn. 118-122, pp. 110-114Dei Miracoli in Vita, nn. 123-128, pp. 114-121Della Fama di Santità in Vita, nn. 129-138, pp. 121-129Della Preziosa Morte, nn. 139-147, pp. 129-138Della Fama di Santità dopo la morte, nn. 148-153, pp. 139-144Dei Miracoli dopo morte, nn. 154-162, pp. 144-151P 1105/104 (ex cartella 04 doc. 34a) 21.04.1899 P. Isaia [da

Gerenzano] 21.04.1899. Manoscritto senz’altro incompleto, perché parte dal n. X e va fino al XXVI. Si tratta di domande per l’interrogatorio circa i miracoli in vita e post mortem.

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P 1105/105 (nel vecchio catalogo era collocato in cartella 4 dopo il doc 35) Prontuario per la verifica di autenticità dei Fatti prodigiosi contenuti negli Articoli Stampati e nei Manoscritti, p. 6 [senza data né firma].

Testi dei processiP 1105/106 (ex cartella 04 doc. 35, senza numerazione ma

solo segnato alla fine del vecchio catalogo con “Pro-memoria riguardante i testi” ; “ Notula testium a Vice Postulatore exibitum”. Si tratta di scritti che spesso sanno di brutta copia, comunque mai ufficiali. Per questa occasione li ho numerati e sono 22 p.

p. 01-03: [senza data né firma] Promemoria riguardante i Testi da escutersi

p. 05-11: 21.04.1899 con aggiunta 07.05.1899, p. Isaia Guzzetti da Milano: Notula Testium a Vice-Postulatore exhibitorum, con molte correzioni

p. 13-16: 21.04.1899 p. Isaia Guzzetti da Milano: Notula Testium, con molte correzioni

p. 17-18: 12.05.1899 p. Isaia Guzzetti da Milano: testo senza titolo, ma riguardante alcuni testimoni

p. 19: [senza data] p. Isaia Guzzetti da Milano: testo senza titolo, ma riguardante testi

p. 21-22: 00.03.1900 p. Isaia Guzzetti da Milano: testo senza titolo, ma riguardante testi

P 1105/107 (ex cartella 05 doc. 43 p. 1-4 lettera; 5-6 P. S. ; 7-8 nota) 05.06.1899 p. Bonaventura Minelli da Alzano a p. Isaia. Nella lettera racconta che alcuni testimoni spaventati fanno difficoltà a presentarsi al processo; nel P. S. suggerisce di parlarne al Vescovo; nella nota parla della “spiritosità” di p. Carlo e narra 4 guarigioni in vita.

Esumazione dei Resti mortali di p. CarloP 1105/108 (ex cartella 07 doc. 84) 21.05.1897 [qualcuno ha

corretto con matita rossa 1898]: Verbale dell’esumazione dei resti mortali di Gaetano Vigevano in religione padre Carlo da Abbiategrasso dell’Ordine dei Cappuccini, rilasciato a p. Leone Viganò da Briosco. Copia autentica rilasciata dal notaio dott. Francesco Rognoni. Numerato da me in questa occasione p. 7 + 1 bianca.

Traslazione dei Resti mortali di p. Carlo nella chiesa dei cappuccini

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P 1105/109 (ex cartella 07 doc. 85) 00.06.1897 [senza firma] All’Onorevole Giunta Municipale di Casalpusterlengo si chiede di poter inumare i resti mortali nella chiesa dei cappuccini

P 1105/110 (ex cartella 07 doc. 86) 19.06.1897 a stampa da “Monitore dei Tribunali” p. 495: Esame delle leggi riguardanti l’esumazione e la traslazione in senso generale e non nello specifico di p. Carlo

P 1105/111 (ex cartella 07 doc. 87) 28.06.1897 Il Municipio di Casalpusterlengo con firma non identificata del Sindaco al guardiano dei cappuccini: parla dei ricorsi fatti dal Municipio alla Sottoprefettura e da questa alla Prefettura. Conclusione: esclude che si possa traslare

P 1105/112 (ex cartella 07 doc. 88) 18.12.1897 Il Cancelliere della Curia di Lodi [firma non identificata] dichiara vere le ragioni che motivano la richiesta di traslazione

P 1105/113 (ex cartella 07 doc. 89) 10.02.1898 Il Sotto Prefetto di Lodi al Sindaco di Casalpusterlengo: il Consiglio Provinciale di Sanità è favorevole alla traslazione a condizione che vengano ispezionate le ossa e possano essere “equiparate ai residui della cremazione”. Sono unite ricevute postali

P 1105/114 (ex cartella 07 doc. 90) 28.02.1898 Il Sindaco al guardiano: avverte che il 02.03.1898 alle ore 11 e ½ arriverà la Commissione per esaminare lo stato della salma

P 1105/115 (ex cartella 07 doc. 91) 02.03.1898: Processo verbale dell’esame delle ossa che si ritengono essere appartenute al R.° Cappuccino Padre Carlo da Abbiategrasso al secolo Vigevano Gaetano, fatta a cura del Consiglio Sanitario Provinciale di Milano. Copia autentica rilasciata dal notaio Dott. Francesco Rognoni. Numerato da me in questa occasione p. 4

P 1105/116 (ex cartella 07 doc. 92) 10.03.1898: il Sindaco riferisce il testo della Prefettura di Milano: per poter traslare occorre pagare L. 120.

P 1105/117 (ex cartella 07 doc. 93) 10.03.1898 Il Prefetto di Milano autorizza la traslazione

P 1105/118 (ex cartella 07 doc. 94) 29.04.1898 Il Sindaco pone le ultime condizioni per la traslazione

P 1105/119 (ex cartella 07 doc. 95) 04.05.1898 Verbale del trasporto delle spoglie del R.° Padre Carlo da Abbiategrasso, al secolo Vigevano Gaetano fatto dal Cimitero Comunale di Casalpusterlengo alla Chiesa di San Salvario o dei Cappuccini. Copia autentica rilasciata dal notaio Dott. Francesco Rognoni. Numerato da me in questa occasione p. 7 + 1 bianca

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P 1105/120 (ex cartella 07 doc. 96) 23.07.1898 Dalla Curia Vescovile di Lodi si testimonia di aver posto i sigilli sulla “cassetta” dei resti mortali

P 1105/121 (ex cartella 07 doc. 97) 28.12.1932 Sac. Felice Patrini notaio della Curia di Lodi autentica tutti i documenti riguardanti la traslazione dei resti mortali di p. Carlo. Per questa occasione ho numerato le p. del manoscritto autenticato dal notaio, risultano p. 23, + 1 bianca.

P 1105/122 (ex cartella 07 doc. 98) 2 copie dattiloscritte mediante carta carbone, ma su carta di formato differente di tutti i documenti di cui a P 1105/121

Per questa traslazione si veda la cronaca in P 1105/134; si veda anche P 1105/136 p. 21

P. Carlo nella stampa (quotidiani e riviste)NB.: Sotto questa voce vengono catalogati solo gli articoli

presenti nel vecchio catalogo. Altri libri e articoli andranno posti sotto la voce Bibliografia su p. Carlo.

P 1105/123 (ex cartella 03 doc. 22) Elenco di articoli comparsi in Annali Francescani dal 1898 al 1939. Forse la ricerca dovrà essere approfondita

P 1105/124 (ex cartella 03 doc. 23) P. Idelfonso Aliverti da Vacallo, Cronaca Cittadina, in L’Eco cattolico settimanale cattolico religioso Abbiatense 14 (1933) n. 7, 17.02.1933, p. [3]

P 1105/125 (ex cartella 03 doc. 24) Padre Idelfonso Aliverti da Vacallo, Settantacinquesimo Anniversario della morte del Servo di Dio Padre Carlo da Abbiategrasso Cappuccino, Tip. Franco Cairo, Casalpusterlengo [senza data], p. 4 (3 copie)

P 1105/126 (ex cartella 03 doc. 25) P. Arsenio da Casorate, Il servo di Dio Padre Carlo da Abbiategrasso nell’ottantesimo della sua morte, Tip. Franco Cairo, Casalpusterlengo [senza data], p. 4

P 1105/127 (ex cartella 03 doc. 26) Bozze con imprimatur e correzioni di: P. Idelfonso Aliverti da Vacallo (Canton Ticino) – Cappuccino, Memorie storiche del servo di Dio padre Carlo da Abbiategrasso cappuccino (dai processi informativi) [1 ed.], Tip. Gambarini di Franco Cairo, Casalpusterlengo [data da imprimatur 1932], p. 36. Copia a stampa si trova nella Biblioteca Francescano-Cappuccina Provinciale di Milano alla segnatura 015 B 15, edizione di lusso con copertina incisa 015 B 15bis. La 2 ed. conservata nella stessa Biblioteca alla segnatura 200 C 249 è priva di data: l'opuscolo mantiene le date 1932 di imprimatur e di approvazioni. La bibliografia di Atti della Provincia del 1943 (p. 81) lo pone sotto l'anno 1943 anche se nel testo la data è 143

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(sic!). Bibliographia Franciscana tom. VII (p. 298, n. 4674) dice 1942

P 1105/128 (ex cartella 03 doc. 27) Fotocopia di un testo conservato nella Biblioteca Francescano-Cappuccina Provinciale di Milano alla segnatura 14 F 15: A[mbrogio †1995] Palestra, Storia di Abbiategrasso, Banca Popolare di Abbiategrasso, Abbiategrasso 1956, p. 260-261

P 1105/129 (non c’era nel vecchio catalogo) D[on] A[ambrogio] P[alestra], Nobiltà decaduta e Santità perenne del Padre Carlo d’Abbiategrasso, in L’Eco cattolico settimanale cattolico religioso Abbiatense 1942, 27.02.1942

P 1105/130 (non c’era nel vecchio catalogo) La Commemorazione di S. Carlo ai PP. Cappuccini, in L’Italia 01.11.1938, ma riguarda solo San Carlo Borromeo

P 1105/130 (non c’era nel vecchio catalogo)Aggiunta provvisoriamente (ex cartella 03 doc. 27 ma non numerata) Centenario d’un frate in odore di santità. Solenne funzione per padre Carlo da Abbiategrasso, in Corriere d’Informazione Milano, 20.02.1959

Documenti copiati da p. Idelfonso Aliverti da Vacallo

P 1105/131-139 (ex cartella 08 doc. 99-107) Praticamente di queste copie in APCL esistono già originali o copie. I documenti originali si distinguono perché sono descritti per intero. Purtroppo lui stesso si accorse di non aver fatto bene a distinguere un po’ questo materiale (cfr. P 1105/139 in fondo alla pagina). Ci volle certamente tanta pazienza, peccato che abbia perso parte del merito scrivendo a p. 53: “ma che noia!”.

P 1105/131 (ex cartella 08 doc. 99) Manoscritto p. 18 + 4 bianche. Copia autentica di Documenti originali spediti a Roma spettanti la Causa del P. Carlo da Abbiategrasso, Cappuccino.

p. 1-7 uguale a P 1105/020p. 7-17 uguale a P 1105/021 p. 8-18p. 18 aggiunto: attestato di Nascita… e famiglia religiosa di

Casalpusterlengo che ci sono già tra i documenti catalogati e c’erano anche in P 1105/021 p. 18-19

P 1105/132 (ex cartella 08 doc. 100) Manoscritto p. 9 + 3 bianche

p. 1 copia di P 1105/112p. 2-3 copia di P 1105/111p. 3-4 copia di P 1105/109

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p. 4-5 copia di P 1105/117p. 5-6 copia di P 1105/120p. 6-7 copia P 1105/113 con nota sugli allegatip. 7 copia di P 1105/114p. 8-9 copia di P 1105/116p. 9 copia di P 1105/118P 1105/133 (ex cartella 08 doc. 101) Numerati da me p. 14, +

3 bianchep. 1-7 copia di P 1105/108p. 7-9 copia di P 1105/115p. 10-13 copia di P 1105/119P 1105/134 (ex cartella 08 doc. 102) Numerati da me p. 6, + 2

bianche: Procedura tenuta per la traslazione delle venerate ossa del Servo di Dio, P. Carlo da Abbiategrasso dei Minori Cappuccini da loculo ove giacevano dal 4 maggio 1898… 28.08.1932. È una cronaca.

P 1105/135 (ex cartella 08 doc. 103) Numerati da me p. 3p. 1-2 copia di P 1105/007p. 2-3 copia di P 1105/028P 1105/136 (ex cartella 08 doc. 104) Già numerate p. 24p. 1-7 copia di P 1105/107p. 8-9 copia di P 1105/063p. 10 copia di P. 1105/064p. 10-11 copia di P 1105/079p. 11-13 copia di P 1105/080p. 13-14 copia di P 1105/065 risultava già incompletap. 15-16 copia di P 1105/068p. 16 copia di P 1105/069p. 16-17 copia di P 1105/070. Contiene altri argomenti e p.

Idelfonso ne fa commento durissimop. 18 copia di P. 1105/071p. 18-19 copia di P 1105/074p. 19 copia di P 1105/077p. 20 copia di P 1105/078p. 20-21 12.06.1932 P. Raffaele Quirico da Valfenera al

guardiano di Casalpusterlengo: accenna, ma senza sapere esattamente la causa, alla sospensione dei processo. Dice le modalità dell’esumazione e traslazione

p. 22 copia di P 1105/066p. 22-23 copia di P 1105/075p. 23 copia di P 1105/076p. 24 copia di P 1105/067

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P 1105/137 (ex cartella 08 doc. 105) numerata da me p. 5 + 3 bianche

Copia di P 1105/104P 1105/138 (ex cartella 08 doc. 106) pagine numerate 100 + 2

bianche; articoli 162Copia di P 1105/103P 1105/139 (ex cartella 08 doc. 107) Raccolta Fedele pagine

numerate 68 + 2 bianche. p. 01-04 copia di P 1105/022 p. 01-04p. 04-05 copia di P 1105/022 p. 01ap. 05-12 copia di P 1105/023 p. 01-07p. 12-13 copia simile di P 1105/024 p. 14p. 13-17 copia di P 1105/023 p. 09-12p. 17-19 copia di P 1105/023 p. 13-19p. 19-20 copia di P 1105/023 p. 20p. 20-22 copia di P 1105/023 p. 22-23 sono varie graziep. 22-23 copia di P 1105/023 p. 24-25p. 23-26 copia di P 1105/023 p. 26-27p. 26-28 copia di P 1105/024 f. 06r.v. anche per il trascrittore

sembra incompletop. 28-30 copia di P 1105/022 p. 05-08p. 31 copia di P 1105/024 p. 10p. 31-32 copia di P 1105/024 p. 09p. 32-33 copia di P 1105/022 p. 09p. 33-35 copia di P 1105/022 p. 10-11 p. Idelfonso aggiunge la

sua testimonianzap. 35-36 copia di P 1105/024 p. 11p. 37-37 copia di P 1105/024 p. 12p. 37-38 copia di P 1105/022 p. 12-13p. 38-39 copia di P 1105/024 p. 13p. 39-40 copia di P 1105/024 p. 14p. 40-41 copia di P 1105/022 p. 16p. 41-43 copia di P 1105/022 p. 14-15 p. Idelfonso aggiunge

particolarip. 43 copia di P 1105/022 p. 19p. 44 copia di P 1105/022 p. 17-18p. 45 copia di P 1105/022 p. 21 era anche allora senza firmep. 46-47 copia di P 1105/022 f. 20r.v. nella copia c’è un brano

in piùp. 47-48 guarigioni di Villavesco: Martina Plodari, Maria Gatti,

Giovanni Moroni non ci sonop. 48 copia di P 1105/023 p. 34

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p. 49-68 tralascio di confrontarle, anche perché ci sono ripetizioni, correzioni, ecc.

P 1105/140-141 messi nelle reliquie

2. P 1106-1107/03 Materiale riguardante la biografia scritta da p. Idelfonso

P. Idelfonso Aliverti da Vacallo (Canton Ticino), Vita del servo di Dio padre Carlo d’Abbiategrasso sacerdote cappuccino (1825-1859), Santuario “Madonna dei Cappuccini”, Casalpusterlengo (Milano) 1945, p. 271.

In realtà il volume non è tutto suo ed ebbe una lunga storia. In Atti della Provincia dei Frati Minori Cappuccini di Lombardia 4 (1943-1945) p. 218 si dice che non fu possibile pubblicarla prima perché necessitava di larga emendazione. Il rifacimento fu assunto di p. Carlo Varischi da Milano e fu rivisto da p. Arsenio Binda da Casorate. Elenco le copie annotando alcune caratteristiche quando ci sono, ma se fosse necessario bisognerà fare uno studio approfondito

P 1106/01 2 f. manoscritti: Rilievi intorno alla biografia di p. Cardo da Abbiategrasso. Anonima e senza data, ma potrebbe essere quella che cita la prossima lettera dove è detto che chi la fece non era frate. Ci sono 3 osservazioni “pesanti” di p. Idelfonso.

P 1106/02 30.12.1034 P. Giangrisostomo Marinoni da Clusone Ministro Provinciale (poi Vescovo) a p. Idelfonso: dice che in base alle osservazioni critiche (forse le precedenti) non si può pubblicare

P 1106/03-05 Manoscritto rilegato i 3 fascicoli. Il titolo esterno è scritto da p. Carlo Varischi: Vita di P. Carlo da Abbiategrasso scritta da P. Idelfonso Aliverti ofmcap. da p. 1 a 57; da 58 a 83; da 84° 104. Sul terzo fascicolo si legge: “Omnia sub correctione Santae Matris Ecclesiae ponam” Questa divisione forse è solo per poterla rilegare con graffette centrali, Esternamente non ci sono date di composizione. All’interno le correzioni sono poche: all’inizio fatto con penna rossa, poi con sovrascrittura

P 1106/06 Manoscritto a fogli sciolti. Il titolo esterno è scritto da p. Carlo Varischi: P. Idelfonso Aliverti, Vita di P. Carlo d’Abbiategrasso. Titolo interno (sempre di Varischi); Fogli sparsi del P. Idelfonso. La numerazione è discontinua. Non ci sono elementi per stabilire la data di composizione

P 1106/07 Manoscritto a fogli sciolti f. 356, ma ci sono tantissime irregolarità nella numerazione.

All’inizio imprimatur originale con firma autografa, sigillo, e breve lettera di mons. Pietro Calchi Novati vescovo di Lodi

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01.12.1938. Dentro si notano correzioni autografe a matita di p. Varischi come alle pp. 1,2,3,4,8,11,18 per citarne alcune. I bordi del manoscritto sono un po’ sciupati perché sono difficili da pareggiare per uso di carta di diversi formati e perché sono stati conservati a qualche modo. Ora il bordo sinistro è pareggiato e il bordo destro è protetto da cartoncino ripiegato

P 1106/08. Dattiloscritto con numerazioni varie P. Idelfonso Aliverti da Vacallo (Canton Ticino) O.F.M. Cap., Vita del Servo di Dio padre Carlo d’Abbiategrasso sacerdote cappuccino (1825-1873). È la copia originale della P 1107/01. Ma ci sono varie differenze. Se ai fini della causa occorresse un approfondimento, bisognerà studiarle e compararle. Sulla copertina di cartone c’è scritto: I

P 1107/01 Dattiloscritto con numerazioni varie. Copia con carta carbone di P 1106/08, ma con differenze. Sulla copertina di cartone c’è scritto: III. Che manchi un II? All’inizio ci sono 4 p. manoscritti di p. Carlo Varischi “Fotografie per la Vita del Servo di Dio Padre Carlo d’Abbiategrasso”: sono 81

P 1107/02 Dattiloscritto da carta carbone e non originale. Manca di titolo, ha l’indice. Se non ci sono irregolarità di numerazione sono f. 330 + 6, + indice. Ho comunque l’impressione che sia una versione ancora lontana dall’edizione. Sulla carta che avvolge il dattiloscritto si legge: “2° Copia (sconosciuta all’autore) della Vita di Padre Carlo d’Abbiategrasso scritta dal R. Padre Idelfonso Capp.” Segue una nota manoscritta di p. Martirio Bertolini da Romallo: “Biografia dattiloscritta di P. Carlo, scritta da P. Idelfonso Aliverti da Vacallo e data alle stampe nel 1945”.

P 1107/03 Testo editoP 1107/04-07 Iconografia (fotografie e immaginette)Questa non è una ricerca iconografica, ma solo l’archiviazione

delle immagini raccolte in archivio, mancano le più recenti che sono conservate nella raccolta di immagini della provincia che non hanno ancora una collocazione. Quelle qui raccolte possono avere anche varie copie.

P 1107/04/01-09 (Riproduzioni del dipinto di Posi Girardi Pietro † 1971 conosciuto come Posi Pietro

P 1107/04/01 (ex cartella 02 doc. 19b) Copia di “La Fiaccola” di Casalpusterlengo Bollettino mensile parrocchiale dell’agosto 1942. Sulla copertina è pubblicato il quadro di p. Carlo

P 1107/04/03 con dicitura stampataP 1107/04/05 in formato cartolinaP 1107/04/06 immaginetta più grande con preghiera sul v.

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P 1107/04/07 immaginetta più piccolaP 1107/05/01-03 sulla 01 stampato: “Il più somigliante

ritratto…”P 1107/06/01-10 altri ritratti di p. CarloP 1107/07 Dicitura da stamparsi a tergo delle Immagini… è

una breve biografia con correzioni

P 1107/08/01-05 Morte e tombaP 1107/08/01 sul retro si legge: Trasporto della cassa del P.

Carlo dal Cimitero-Parrocchia-Santuario 1898 maggioP 1107/08/02 UrnaP 1107/08/03-05 tombe

P 1107/09/01-04 PersonaggiP 1107/09/01 mons. Sante PievaniP 1107/09/02 Mons. Manzoni parroco di CasalpusterlengoP 1107/09/03-04 Cesare Maria Barzaghi barnabita

P 1107/10/01-18 Luoghi di P. CarloP 1107/11/01-03 VARIA ritrovata tra le biografie

scritte da p. IdelfonsoP 1107/11/01: sulla prima pagina un’epigrafe per il processoSulle p. 3-4 11.12.1940 lettera di mons, Luigi? in cui narra una

grazia in favore di p. IdelfonsoP 1107/11/02 29.10.1935 P. Raffaele Quirico da Valfenera su

una grazia

Altri documenti sparsi in APCL e non contenuti in P 1105-1107

Cartella personale. Tutti i frati defunti o dimessi, dalla ricostituzione della provincia (1836), hanno una cartella personale che contiene i documenti strettamente individuali: di ingresso nell’ordine, di studio, di curriculum formativo, qualche lettera importante ai superiori, ecc.). Quando le ho sistemate tutte non ho trovato la cartella personale di p. Carlo. Ne ho aperta una successivamente che si trova: Sezione 20, cassetto 07, cartella 32, ma contiene solo un documento: “Decretum pro admissione ad professionem, Roma 27.02.1855 firmata da P. Lorenzo da Brisighella Procuratore e Commissario Generale-

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Statistiche: contengono solo le date essenziali del frate.

B 122 [con titolo posteriore errato], n. 182B 135, p. 8, n. 116: Elenco dei Sacerdoti Cappuccini della

Provincia di S. Carlo in Lombardia fatto il 30 ottobre anno 1845, manoscritto

B 139, f. 5, n. 122: Elenco dei Religiosi della Provincia dei Cappuccini di S. Carlo in Lombardia, manoscritto

B 142, p. 17 n. 43: p. Cesare Rama da Brignano Gera d’Adda, Statistica dei Religiosi Cappuccini della Provincia di S. Carlo in Lombardia dal 1840 al 1898, Tipografia Fratelli Lanzani, Milano 1898: naturalmente lui è posto nel Necrologio.

Documenti relativi alla formazione iniziale di p. Carlo

B 125 lato vestizioni, n. 159 vestito al convento della Santissima Annunciata il giorno 08.11.1852. Nella nota si dice: “Partito lì 26 Gennaio 1954 per poca salute”.

B 156, p. 44: Registro dei Voti [intesi come votazioni] 1840.1a votazione 20.02.1853: 7 voti favorevoli e nessun

contrario2a votazione 30.05.1853: 8 voti favorevoli e nessun

contrario3a votazione 16.01.1954: 0 voti favorevoli e 7 contrariNota: “Escluso per motivi di salute soltanto, essendo per

altro un ottimo giovine”.B 125 lato professioni, p. 112: il 29.03.1855 emette la

professione religiosa a Milano nel convento di San Vittore. Allora era ancora una professione unica. Nell’atto di professione dice di avere ottenuto un Decreto (30.01.1855) dalla Sacra Congregazione per lo stato dei Regolari, su richiesta del Procuratore Generale. In forza di tale decreto viene riconosciuto valido l’anno di noviziato dal 10.11.1852 al 25.01.1854 con la supplenza di un altro mese di noviziato: vestito il 14.02.1855 e con 10 giorni di esercizi spirituali iniziati il 16.03.1855.

P 0003/23 H p. Domenico Borroni da Origgio † 1950: Casalpusterlengo 10 settembre 1934 P. Carlo da Abbiategrasso p. 4 manoscritte, commemorazione

P 0003/42 p. Giustino Giudici da Lovero † 1909 Madonna di S. Salvatore Casalpusterlengo [senza data], manoscritto p. 13, accenna anche a p. Carlo suo compagno

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P 0063/76 p. Marcello Zanfrini da Intimiano manoscritti p.13, c’è la commemorazione del 1936 e altro

P 0071/70 p. Alessandro Cattaneo da Presezzo † 1970 vari foglietti manoscritti di predica

P 0079/191 p. Siro Riponi da Corgeno † 1968 varie pagine manoscritte di prediche

P 0092/98 p. Macario da Sforzatica, cioè p. Giuliano Bassis da Sforzatica † 1974 Commemorazione di p. Carlo, dattiloscritto f. 8 + 2: commemorazione tenuta il 21.02.1960

P 0106/11 p. Ezechiele Ghirardi da Bondo Petello † 1976 manoscritto f. 4 senza data commemorazione

P 0273/06 p. Giovanni Battista Castelli da Caronno Pertusella † 1980 f. 2 dattiloscritti e f. 1 manoscritto: commemorazione senza data

P 0359/02 p. Carlo Varischi da Milano † 1990 Una specie di lettera per raccogliere testimonianze e appunti p. 4 manoscritte e f. 1 dattiloscritto

P 0359/03 p. Carlo Varischi: Vita del Ven. P. Carlo da Abbiategrasso (ms. del P. Idelfonso da Vacallo) manoscritto f. 14 (uno ripetuto): non si capisce se è un sunto o sono note al manoscritto.

P 0342/01 P. Carlo Varischi, Il Servo di Dio Padre Carlo Maria da Abbiategrasso. Una vita con la Madonna, in La Madonna dei Cappuccini. Numero speciale 27 (1974) n. 4 luglio-agosto, p. 39-44. A p. 41-42 parla e trascrive il manoscritto autografo che si trova in P 1105/002. Il manoscritto di questo articolo con note bibliografiche e altro è conservato in P 0344/02

In P 0363/10 è conservato un articolo dattiloscritto di p. Carlo Varischi, Un prezioso autografo del servo di Dio Padre Carlo da Abbiategrasso, dattiloscritto f. 4 con unite 2 copie fotografiche di P 1105/002.

P 0364/09/67 P. Guido Foiadelli da Curnasco ministro provinciale † 1969 scrive a p. Carlo Varischi da Varese 09.01.1945: dice che p. Idelfonso Aliverti ha accettato che si corregga il suo dattiloscritto, glielo rimanda e gli comunica alcune indicazioni su come procedere. Pare che p. Carlo abbia manifestato problemi, se così va intesa un’altra lettera manoscritta del 18.01.1945 in cui lo incoraggia a proseguire nel lavoro P 0364/09/68

P 0401/03/11 p. Giuseppe Antonio Bussolari postulatore generale (poi vescovo), Roma 03.05.14 per le vice postulazioni del b. Innocenzo e del p. Carlo. Dice la fatica di trovarne uno, allora

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ha nominato p. Galdino Garzonio da Mezzana Superiore, ma rimane in carica anche il destinatario della lettera

P 0491/05 P. Paolino Rossi scrive a p. Fidenzio Volpi, ministro provinciale, (poche righe) riguardo riassunzione della causa di p. Carlo

P 0652/66/01 [fotocopia] 05.05.1992 petizione al Papa per la causa

P 0652/66/02 [fotocopia] Risposta di Giovanni Battista Re sostituto

P 0652/66/03 [fotocopia] Risposta di mons. Edward Nowak segretario Causa dei Santi

P 0980/11-13 Mazzo di carte raccolte da p. Mariano Brignoli, quasi tutti in fotocopia di documenti esistenti presso altri archivi

5) MILANO, ARCHIVIO DI STATO (Ricerca dott. Mario Comincini)

Sono stati consultati i seguenti fondi:- Processi politici - Questura - Questura Gabinetto - Cancellerie austriache- Regio Governo di LombardiaNessun documento è stato reperito su Padre Carlo di

Abbiategrasso.Abbiategrasso, 3 febbraio 2010

6) MILANO, ARCHIVI E BIBLIOTECHE DI MILANO E ALTROVE

(Ricerca avv. Silvano Vona e dott. Mario Comincini)Cfr. Arch. PC, cartella n. 1, pp. 560s.

7) CASALPUSTERLENGO, CONVENTO CAPPUCCINI: ARCHIVIO PADRE CARLO (ARCH. PC)

1. ARCH. PC, CARTELLA N. 1

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Archivi visitati da: Avv. Silvano Vona Via valtorta, 6 20127 Milano tel 02 2893609 - Oppure: Via Angeli Custodi, 63. Valle Crosia, tel. 0184 254560; dott. Mario Comincini, Archivista di Abbiategrasso, già incaricato di Archivi Statali.

1 - Carteggio fr. Evaldo - avv. Vona per ricerche di archivio, “Anche in Austria, ho il traduttore!”, “Avanti con le ricerche!”, 1991 (due lettere)

2 - Autorizzazione all’avv. Vona di p. Fidenzio, Provinciale, per ricerche negli Archivi, 30.04.1991

3 - Visita Archivio Arcivescovile, Milano 17.05.1991: relazione con esiti positivi

3 bis - Visita Arch. di Stato, Milano, 17.05.1991: esiti negativi, documenti distrutti

4 - Richiesta autografi di Gaetano Vigevano all’Archivio di Stato di Alessandria (7 maggio 1992)

5 – Prof. Mario Comincini a p. Evaldo riferisce di ricerche, autorizzazioni, distruzioni e abbandono di danni di guerra, versamenti” da Tribunali ad Archivi di Stato (20 maggio 1992)

6 - Sintesi di Vona sugli esiti delle ricerche effettuate, (10 pagg.), 24.02.1995

7 - Racconto processo di Pistoletti Luigi e Gardinetti Dionigi, 1851: Giornali: Gazzetta di Pavia , 09.01.1851; Gazzetta di Pavia, 19.07.1851, Gazzetta dei Tribunali, 07.10.1851

8 - Lettere della signora Lori cg.ta Vona, ( 22 giugno e 24 luglio 2008) con fascicolo di n.20 pagg. numerate (in calce, da 1 a 20) e una piccola busta rettangolare. Il fascicolo e la busta contengono tutti gli appunti (dal 1991 al 2008) delle ricerche eseguite dal marito avv. Silvano Vona, ora gravemente infermo: tessere per accedere all’Archivio di Stato Milano 1991, Permesso di frequenza alla biblioteca, 1993, Richiesta di autorizzazione a visitare l’Archivio penale di Pavia, 02.12.1994, Appuntamento per accedere all’Archivio Curia di Lodi, 5 novembre 1994, Scontrino del Ministero per i beni culturali e ambientali, 1995, per accedere a consultare La Gazzetta di Pavia, 1850-1851, Scontrino per accedere alla Biblioteca Università Cattolica Milano, 1995, N. tre biglietti Ferrovie dello Stato, A.R. Milano-Pavia, 1995, Riferimenti telefonici: Archivio di Stato Torino, Archivio di Stato Milano, 1995, (per cercare la Gazzetta dei Tribunali di Milano 1851), Biblioteca francescana, Biblioteca Ambrosiana, Università degli Studi, Bocconi, Università Cattolica (Biblioteca), Braidense (Tutti i periodici), Cancelleria Tribunale Pavia, Archivio di Stato Pavia, Università di Pavia

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(Biblioteca), Giornali (Gazzetta di Pavia, La Provincia Ticinese, Giornale di Pavia), Archivio Storico Breda.

2. ARCH. PC, CARTELLA N. 2

Articoli su vari quotidiani, settimanali, periodici, ecc…dal 1908 al 2009

1. Annali Francescani, 39 (1 gennaio 1908) pag 491-495 Defunctus adhuc loquitur di padre Isaia da Milano

2. Annali Francescani - 31 agosto 1930: La Madonna d. capp. di Casalp.go

2bis. Il Cittadino – 8 maggio 1930 L’Apostolo della Madonna del Salvatore settembre 1932

3. L’Italia – 1 agosto 1930: Un santo frate milanese4. I Santuari d’Italia, Numero unico – ottobre 1930: La

Madonna di San Salvatore5. Annali Francescani - 1932, p. 518: Trasporto delle ossa

di p. Carlo 6. Il Cittadino – 9 settembre 1932: Le solenni feste al

Santuario – La traslazione delle Ossa 7. L’Eco Cattolica – 17.02.1933 (sett. di Abbiategrasso) -

Cronaca cittadina8. Annali Francescani - 1933, p. 121: LXXIV anniversario

morte di p. Carlo9. Annali Francescani – 31.3.1933, p. 170ss: Il Servo di Dio

Padre Carlo 10. Annali Francescani – 30.9.1933, p. 565ss: La

Madonna di Casale11. Annali Francescani – 1934, p. 139: 75°

anniversario morte di p. Carlo 12. Il Cittadino - 6.sett.1937: Eco delle solenni feste 13. Cronistoria del convento, ottobre 1937 - dicembre

195014. Annali francescani –1939, p. 106ss: P. Carlo

nell’80° della morte15. Il Cittadino – 15 settembre 1939 – LXXX della

morte. Guerra già dichiarata16. Il Cittadino – 6 sett. 1940: Omaggio di folle al

Santuario dei Cappuccini17. Il Cittadino – 23 maggio 1941: Omaggi di lodi alla

Madonna18. Dal 1941 al 1945: Spunti di cronaca dattiloscritti

ripresi da: “Il Cittadino”; “ Il Pensiero cattolico”; “Cronistoria”

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19. Il Cittadino – 22 agosto 1941: I frati della Madonna20. Il Cittadino – 29 agosto 1941: Celebrazioni al

Santuario dei Cappuccini21. Settembre 1941 - Programma delle feste22. Il Cittadino – 12 Sett. 1941: Al santuario della

diocesi23. Il Cittadino – 27 febb. 1942: Il Servo di Dio, di p.

Domenico da Origgio 24. Manifesto Sett. 1942: Straordinarie solennita’ per

Centenario del ritorno dei frati capp. Programma 25. Il cittadino Sett. 1942: Casalpusterlengo - Le feste

centenarie 26. Locandina , 4 Settembre 1945 - Solenne

Commemorazione del Servo di Dio p. Carlo 27. Cronicon – 23 settembre 1945, si riporta dal

quindicinale Il Pensiero Cattolico la cronaca della Solennità dell’Incoronazione e la recensione della Biografia di Padre Carlo di P. Idelfonso da Vacallo

28. Il Pensiero Cattolico - 30.8.1946: Solennita’ alla Mad. dei cappuccini

29. Il Pensiero Cattolico - 13.9.1946: Alla Madonna dei cappuccini

30. Il Pensiero Cattolico - 5 settembre 1947: Casalpusterlengo

31. Il Cittadino -18.02.1949: Ai margini del 90° ann. della morte di p. Carlo

32. La Fiaccola - 28 agosto 1949: Feste anniv. dell’Incoronazione della Madonna

33. L’Italia – 3 sett. 1960: Nel Santuario di Casale la Festa di Giuseppe Addamonte

34. Il Cittadino - 16 sett. 1960: Un’oasi dello spirito il Santuario casalese

35. Cammino di Scintilla-dic. 1979, p. 6s: Commemorazione di p. Carlo, di f.e.m.:

36. Ordine e Libertà - sett. Abbiatense – 09.03.1980: Gli Abbiatensi al Santuario per ricordare p. Carlo

37. Ordine e Libertà, 30 marzo 1980: Pellegrinaggio cittadino alla tomba di Padre Carlo

38. Ordine e Libertà, aprile 1980: Il Clero del Decanato in pellegrinaggio sulla tomba di p. C.

39. Il Cittadino – 5 settembre 1980 – Programma dei festeggiamentI, una pagina

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40. La Fiaccola – 7 settembre 1980: Celebrazioni della Settimana

41. Il Cittadino – 12 settembre 1980: Ai Cappuccini di Casale, di d.G.M. - Casale e i paesi...

42. - Il Cittadino - 9.10.1981: Il Bicentenario, recensione del volume La Madonna dei Cappuccini.

43. La Fiaccola – 20 febbraio 1983: Omaggio a p. Carlo, di Aldo Milanesi, Una visita…

44. La Fiaccola – 13.03.83: Omaggio a p. C arlo, di Aldo Milanesi, Le Beatitudini. I parte

45. La Fiaccola – 20.03.83: Omaggio a p. Carlo, di A. Milanesi, Le Beatitudini. II parte

46. Il Giorno - 10 giugno 1983 - Grandi firme per riscoprire padre Carlo

47. Il Cittadino – 17.6.1983: Iniziativa Originale … per ricordare P. Carlo

48. Il Cittadino – 2 sett. 1983: 203° Anniversario dell’Incoronazione della B.V.Maria

49. Il Cittadino – 29 agosto 1986: Il Lodigiano in pellegrinaggio – Lunedì 8 settembre…

50. Avvenire - 7 settembre 1986: Carlo d’Abbiat. Il Servo di Dio venerato come padre

51. Il Cittadino – 28 agosto 1987: Nella memoria… 207° dell’Incoronazione

52. Il Cittadino – 4 settembre 1987: Un santuario per l’Anno Mariano

53. La Fiaccola – 6 settembre 1987: Al santuario dei cappuccini

54. Il Cittadino – 1988: Un nuovo libro su padre Carlo, recensione di “C’è padre Carlo”

55. Informatore di S. Maria di Abbiategrasso- giugno 1988: Rec. ..e MARIA lo prese con sé…

56. Il Cittadino – 2 settembre 1988: Alla scoperta dei santuari

57. La Fiaccola 15 aprile 1990: La santità di un frate “inutile”, di Enrico Cipelletti

58. Comune di Casalpusterlengo 1992: P. Carlo d’Abbiategrasso, Fu Santo o Sant’uomo?, di Gabriella Sidoli

59. Il Cittadino 13 giugno 1992 Speciale, il Papa a Lodi, p. 24: Sulle Orme di S. Francesco, di p. Evaldo Giudici

60. Il Cittadino 29 giugno 1992: Appello dai Cappuccini al Papa: Beatificate P. Carlo

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61. Il Cittadino – 29.8.1992: Padre Carlo, dal convento dei Cappuccini di Casale l’importante suggerimento. La richiesta ufficiale inoltrata alla Santa Sede. Nuovo beato del Lodigiano?, di Don Giulio Mosca

62. Il Cittadino – 29.8.1992: Nuovo Beato del Lodigiano?

63. Il Cittadino – 29.8.1992: Per la festa torna mons. Magnani

64. La Fiaccola. 29 giugno 1997: Affettuoso legame fra la Madonna, i Cappuccini e Casale recensione volume sulla Madonna di padre Evaldo (Aldo Milanesi)

65. La Fiaccola - 5 aprile 1998: Padre Carlo, Servo di Dio, di Pietro Buttafava

66. La Fiaccola - 5 settembre 1999: Casale ricorda padre Carlo

67. La Fiaccola – 3 settembre 2000: Cappuccini: con noi da 30 anni

68. Il Cittadino (Cognomi e famiglie del lodigiano) - 12.4.2002, p. 133: Sante Peviani e l’ombrello di p. Carlo

69. Il Cittadino (Cognomi del lodigiano) - 1.5.2002, p. 209: I miracoli di Padre Carlo

70. Il Cittadino – 13.6.2002: Carlo d’Abbiategrasso, il suo primo miracolo è diventato un quadro, di Francesco Dionigi

71. Liberta’ - 13 giugno 2002: Un quadro per ricordare il miracolo di padre Carlo

72. La Fiaccola – 23 giugno 2002: Un quadro di Padre Carlo

73. Il Quadriportico, boll. parrocchiale di Abb., 2005, p. 16: P.Carlo ha compiuto 180 anni.

74. Il Quadriportico, 10.2007, p. 18: Riapertura della causa di Venerabilità di Padre Carlo

75. Il Cittadino – 21.11.2007: Padre Carlo d’Abbiategrasso via all’iter di canonizzazione, di Francesco Dionigi

76. Il Cittadino – 22.11.2007: Ieri nel pomeriggio l’annuncio p. Carlo sarà canonizzato

77. Il Cittadino – 1.4.2008: Per Canonizzare p. Carlo occorre il sostegno dei fedeli

78. Il Popolo codognese – aprile 2008: Si prega e si spera per la canonizzazione di P. Carlo

79. Il Cittadino – 22 agosto 2008: I fedeli di P. Carlo tornano a sperare: diventerà “Venerabile”

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80. Il Cittadino – 21 febbraio 2009: P.Carlo d’Abbiategrasso Oggi due appuntamenti

81. Il Cittadino – 04 luglio 2009, p. 12 (recuperare la pagina de Il Cittadino)

82. Il Cittadino – 27 giugno 2009: L’editto del vescovo e Presentazione di don G. Bernardelli

83. Il Cittadino – 11 luglio, p. 11: Il religioso intensifico’…, di padre Evaldo

84. Il Cittadino – 18 luglio 2009: Il cammino della santità, di don G. Mosca

85. Il Cittadino – 29 Agosto 2009, p. 7: Ne parlarono nel 1899, di don Mosca

86. Il Cittadino – 8 settembre 2009, p. 1, con rimando a pag. 22 (da recuperare): Padre Carlo Beato, tre vescovi a Casale

87. Il Cittadino – 27 ottobre 2009, p. 6: I santi lodigiani, di don Spini

88. Il Quadriportico, 10, marzo 2008: Testimonianze abbiatensi di Padre Carlo (M. Comincini)

89. Il Quadriportico, 13, marzo 2009, p. 9: Padre Carlo Vigevano da Abbiategrasso

90. Conferenza di M. Comincini 2009: L’Abbiategrasso di Padre Carlo. Figure di don Palazzi e di Serafino Dell’Uomo, patriota

91. Ordine e Liberta’ settimanale Abbiatense – 11.09.2009: P. Carlo sarà santo?

3. ARCH. PC, CARTELLA N. 3

Suppliche nei “quadernoni” e foglietti al Sepolcro di Padre Carlo

La cartella contiene: - n. 16 Quadernoni numerati, dal 29 settembre 2001 al 6

febbraio 2010.- Una busta di foglietti (con data o senza data) dal 1995.

4. ARCH. PC, CARTELLA N. 4

Commemorazioni sul Servo di Dio Padre CarloNota. La numerazione dei testi di questa cartella seguono un

ordine cronologico. Di alcune commemorazioni esiste solo il cartaceo, di altre esiste solo un cenno, di altre esiste cartaceo e

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pubblicazione sul bollettino del Santuario La Madonna dei Cappuccini [=LMDC].

1. 1895 (circa): P. Giustino da Lovero Valtellinese. Con supporto cartaceo.

2. 1934 settembre: P. Domenico Borroni da Origgio - supporto cartaceo.

3. 1936 febbraio - e febbraio1937: P. Marcello da Intimiano. Con supporto cartaceo.

3. BIS Senza data: P. Marcello da Intimiano. Con supporto cartaceo.

4. 1944 febbraio: P. Idelfonso da Vacallo, Atti della Provincia, IV, n.4 - (cenno).

5. 1945 febbraio: P. Leone da Mandello Lario, Atti della Provincia, IV, n. 7 - (cenno).

6. 1946 (?)febbraio e Quaresima: Padre Agatangelo Calvi - Schemi in cartaceo.

7. 1947(?) settembre: P. Giambattista da Caronno Pertusella (VA) – cartaceo.

8. 1948 (?) febbraio: P. Alessandro da Presezzo. Cartaceo.8bis. 1948 settembre: Periodico LMDC, 1948 (novembre), p. 9,

cronista 9. 1949 febbraio: Don Luigi Salamina, 90° Ann. S. Morte –

LMDC 1948, aprile, p. 31.10. 1950 febbraio: P. Celeste da Origgio, LMDC 1950 aprile,

p. 31. 11. 1950 febbraio: P. Paolo Melzani, cartaceo.12. 1950 agosto: Padre Evaristo Cerioli da Ombriano, I

benefici sociali – religiosi portati dalla Madonna di Casalpusterlengo, LMDC agosto 1950, p. 60-61.

12. 1960 febbraio 1960, P. Macario da Sforzatica, 21.2.1960, cartaceo.

13. 1963 febbraio, P. Gianmaria Recanati da Spirano, LMDC, marzo aprile 1963, p. 6.

14. 1965 febbraio: P. Guido da Curnasco, LMDC, 1965, marzo-aprile, p. 10.

15. 1965 settembre: P. Alipio Este da Telgate, LMDC, 1965, settembre ottobre, p. 13.

16. 1967 settembre: P. Guglielmo Carrara da Albino, LMDC, 1967 novembre-dicembre, p. 5.

17. 1968 settembre: P. Doroteo da Origgio LMDC, 1968 ottobre-novembre, p. 4.

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18. 1969 gennaio-marzo: P. Isaia da Gerenzano, LMDC, 1969 gennaio-marzo, p. 1, 110° Ann.

19. 1969 settembre: P. Ezechiele da Rigosa LMDC 1969 ottobre-dicembre, p. 6. Cartaceo.

20. 1970 febbraio: Don Francesco Ferrari, LMDC 1970 gennaio-febbraio, 111° Ann., p. 6.

21. 1973 settembre: P. B. , LMDC 1973 luglio-ottobre, p. 8. 22. 1974 luglio: P. Carlo Varischi da Milano LMDC 1974,

luglio-agosto, p. 39.23. 1979 3 settembre: Mons. Enrico Orsini, 1979. Supporto

cartaceo doppio con qualche differenza.24. 1980 (?) settembre: Monsignore di Codogno mons.

Casto Fiorani. Cartaceo.24bis. 1980 settembre: Parroco di Abbiategrasso LMDC

1980 settembre ottobre, p. 22. Supporto cartaceo. 25. 1983 settembre: Don Giulio Mosca 5.9.1983. Supporto

cartaceo. 26. 1984 settembre: Don Mario Ferrari, LMDC 1984

settembre-ottobre, p. 12.27. 1986 settembre: Don Giuseppe Barbesta, P. Carlo scrive

a tutti giovani, LMDC 1986, novembre – dicembre, p. 10. Supporto cartaceo.

28. 1988 settembre: P. Apollonio Troesi, LMDC 1988 novembre-dicembre, p. 11; II parte LMDC1989, gennaio febbraio, p. 11. Supporto cartaceo.

29. 1989 settembre: P. Natale Merelli, 4.9.1989. Con supporto cartaceo

30. 1991 settembre: P. Maurizio Muzzioli del 2.9.1991. Supporto cartaceo.

31. 1992 settembre: Mons. Carlo Ferrari, LMDC 1992, settembre-ottobre, p. 6. Cartaceo.

32. 1993 febbraio: P. Bruno Signori da Nembro LMDC (1993 marzo-aprile), p. 14.

33. 1993 novembre-dicembre: P. Cesario Pesenti - LMDC 1992 settembre-ottobre, p. 14.

34. 1994 febbraio: P. Costanzo Cargnoni LMDC 1994 marzo-aprile, p. 14. Cartaceo.

35. 1994 settembre-ottobre: P. Franco Fusar Bassini LMDC 1994, Ghe voren ben?, p. 14.

36. 1995 febbraio: P. Gianni Terruzzi LMDC 1995, marzo-aprile, p. 14. Supporto cartaceo.

37. 1995 settembre: P. Pietro Ducoli da Breno LMDC 1995, settembre-ottobre, p. 14. Supporto cartaceo.

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38. 1996 febbraio: P. Natale Merelli LMDC 1996, marzo-aprile, p. 14; 1996 maggio-giugno, p. 14.

39. 1996 settembre: P. Eugenio Bollati LMDC 1996, novembre-dicembre, p. 14. Cartaceo.

40. 1997 febbraio: Mons. Battista Pettinari LMDC 1997, marzo-aprile p. 14; e 1997 maggio-giugno, p. 14. Cartaceo.

41. 1997 settembre: P. Evaldo Giudici LMDC 1997, novembre-dicembre, p. 14 e 1998 gennaio-febbraio, p. 14.

42. 1998 febbraio: P. Ismaele Bertani LMDC 1998, marzo-aprile, p. 14 e 1998 maggio-giugno, p. 14; e 1998 luglio-agosto. Cartaceo.

43. 1998 settembre-ottobre: P. Pietro Resta LMDC 1998, settembre-ottobre, p. 14; 1998 novembre-dicembre, p. 14. Cartaceo.

44. 1999 febbraio: P. Fedele Merelli LMDC 1999, marzo-aprile, p. 14; maggio-giugno, p. 14. Cartaceo.

45. 1999 settembre: P. Daniele Marchi LMDC 1999, settembre-ottobre, p. 14 e novembre-dicembre, p.14: Con supporto cartaceo.

46. 2000 febbraio: P. Generoso Del Ferro LMDC 2000, marzo-aprile, p.14; maggio-giugno, p.14; e luglio-agosto 2000, p. 14.

47. 2000 settembre: Padre Ismaele Bertani LMDC 2000 settembre-ottobre, p.14; novembre-dicembre, p. 14; gennaio-febbraio 2001. Cartaceo.

48. 2001 febbraio: P. Evaldo Giudici LMDC 2001, marzo-aprile, p. 14; maggio-giugno, p.14; luglio-agosto 2000, p.14.

48bis. P. Evaldo Giudici, senza data: Per una commemorazione di Padre Carlo da Abbiategrasso.

49. 2001 settembre: P. Evaldo Giudici LMDC 2001, settembre-ottobre, p. 14; novembre-dicembre, p. 14; gennaio-febbraio 2001, p. 14.

50. 2002 febbraio: P. Mariano Brignoli LMDC 2001 marzo-aprile, p. 14; maggio-giugno, p. 14.

51. 2002 settembre: P. Evaldo Giudici LMDC 2002, settembre-ottobre, p. 14; novembre-dicembre, p. 14.

52. 2002 settembre: P. Evaldo Giudici LMDC 2002, novembre-dicembre, p. 14.

53. 2003 febbraio: P. Evaldo Giudici LMDC 2003, marzo-aprile, p. 14; maggio-giugno, p. 14.

54. 2003 settembre: P. Evaldo Giudici LMDC 2003, settembre-ottobre, p. 14; novembre-dicembre, p. 14; gennaio-febbraio 2004, p. 14. Cartaceo.

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55. 2004 febbraio: Padre Evaldo Giudici LMDC 2004, marzo-aprile, p. 14; maggio-giugno, p. 14. Supporto cartaceo.

56. 2004 settembre: Padre Evaldo Giudici LMDC 2004, settembre-ottobre, p. 14; novembre-dicembre, p. 14. Con supporto cartaceo.

57. 2005 febbraio: P. Evaldo Giudici LMDC 2004, marzo-aprile, p. 14; maggio-giugno, p. 14. Supporto cartaceo.

58. 2005 settembre: P. Franco Fusar Bassini LMDC 2005, novembre-dicembre, p. 14 e gennaio-febbraio 2006. Con supporto cartaceo.

59. 2006 febbraio: P. Evaldo Giudici LMDC 2006, marzo-aprile, p. 14; maggio-giugno, p. 14. Supporto cartaceo.

60. 2006 settembre: P. Agostino Valsecchi LMDC 2006, settembre-ottobre, p. 14; novembre-dicembre, p. 14.

61. 2007 febbraio: P. Evaldo Giudici LMDC 2007, marzo-aprile, p. 14; maggio-giugno, p. 14. Supporto cartaceo.

62. 2007 settembre: P. Natale Merelli LMDC 2007 settembre-ottobre, p. 14.

63. 2008 febbraio: P. Evaldo nei 149° della morte del 21.2.2008. Supporto cartaceo.

64. 2008 settembre: P. Evaldo Giudici del 8.9.2008. Con supporto cartaceo.

65. 2008 febbraio: P. Evaldo Giudici LMDC 2008, marzo-aprile, p. 14; maggio – giugno, p. 14.

66. 2008 settembre: P. Evaldo Giudici LMDC 2008 settembre-ottobre, p. 14; novembre-dicembre, p. 14.

5. ARCH. PC, CARTELLA N. 5

Corrispondenza con la Postulazione Generale1) Roma, 15.6.1898 - Da f. Mauro Nardi, Vescovo e

Postulatore Generale, Roma - Richiesta di vita, documenti, ecc.2) Roma, 19 maggio 1899 – Disposizioni di fr. Nardi Vescovo

circa lo svolgimento del Processo.3) Roma, 3.5.1914 – Da p. Giuseppe Bussolari, Postulatore

Generale a P. Isaia, Vicepostulatore, per la nomina di p. Galdino Garzonio, come secondo Vicepostulatore.

4) Roma, 9.1.1980 – Da p. Bernardino Romagnoli da Siena, Post. Gen. a p. Evaldo , in merito agli atti di devozione di p. Carlo (candele no, piccoli lumini si).

5) Roma, 29.10.1987 – Da p. Paolino Rossi a p. Evaldo in merito dello stato attuale della causa.

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6) Roma, 7.7.1993 – p. Paolino Rossi nomina p. Mariano Vicepostulatore.

7) Casalpusterlengo, 7.10.1993 – Ringraziamento di p. Mariano a p. Paolino per la nomina a Vicepostulatore. É allegato un foglietto di appunti del Vicepostulatore con richieste di suggerimenti al Postulatore.

8) Casalpusterlengo, 20.11.1995 – Lettera di p. Mariano a p. Paolino per informazioni.

9) Casalpusterlengo, 12.12.1999 - Lettera di p. Mariano a p. Paolino per chiarimenti.

10) Roma, 13.12.1999 – Risposta di P. Paolino a p. Mariano alla lettera del 12.12.1999.

11) Casalpusterlengo, 13.12.1999 – Da p. Mariano a p. Paolino in merito all’attività della Vicepostulazione.

12) Roma, 15.12.1999 - Indicazioni di P. Paolino a p. Mariano relativi alla lettera del 13.12.1999.

13) Roma, 14.8.2000 - Nomina di Vicepostulatore in p. Evaldo fatta da p. Paolino Rossi.

14) Roma, 19.03.2001- Da p. Paolino a p. Evaldo in merito alla situazione della causa.

15) Casalpusterlengo, 4.3.2004 – Da p. Evaldo a p. Florio Tessari, Postulatore Generale, richiesta di come procedere per la causa di p. Carlo.

16) Casalpusterlengo, 15.8.2007 – Da Mons. Serafino a p. Florio e p. Paolino in merito alla causa.

17) Casalpusterlengo, 19.8.2007 – Da p. Evaldo a p. Florio e p. Paolino, - Invio di materiale raccolto su cd.

18) Roma, 31.8.2007 – Da p. Florio a a p. Evaldo in merito alla lettera di p. Evaldo del 19.8.2007.

19) Roma, 3.3.2008 - Da p. Florio a p. Evaldo esprimendo soddisfazione per il lavoro svolto e suggerimenti.

20) Milano, 21.3.2008 – Richiesta di p. Alessandro Ferrari a p. Florio per la riapertura della causa.

21) Roma, 22.4.2008 – Da p. Florio a Mons. Giuseppe Merisi – Supplex Libellus.

22) Roma, 28.4.2008 – Da p. Florio – Lista dei Testi (è un elenco poi superato).

23) Lodi, 18.9.2008 – Da Mons. Gabriele Bernardelli, Cancelliere vescovile, a p. Florio per chiarimento su alcune questioni.

24) Roma, 24.9.2008 – Risposta di p. Florio alla lettera di Mons. Bernardelli del 18.9.2008.

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6. ARCH. PC, CARTELLA N. 6

Corrispondenza con la Santa Sede1) Casalpusterlengo, 5.5.1992 – Lettera di p. Mariano a Mons.

Capuzzi per la presentazione al Papa di un appello per la ripresa della Causa del Servo di Dio p. Carlo.

2) 5.5.1992 – Lettera al Papa in Visita pastorale alla diocesi di Lodi.

3) 6.5.1992 – Lettera dei Vicari Foranei di Casale e Codogno al Vescovo Capuzzi nella quale condividono l’iniziativa di un appello al Papa.

4) Milano, 28.5.1992 - Lettera di p. Fidenzio Volpi, Provinciale, al Vescovo Capuzzi nella quale condivide l’iniziativa.

5) Casalpusterlengo, 5.6.1992 – Lettera via fax a p. Paolino Rossi da p. Mariano per eventuali sue segnalazioni in merito.

6) Città del Vaticano, 2.7.1992 – Segreteria di Stato del Vaticano comunica che la richiesta è stata inoltrata alla Congregazione delle Cause dei Santi.

7) Città del Vaticano, 7.7.1992 – La sacra Congregazione per le Cause dei Santi comunica che ha inoltrato l’appello al Postulatore Generale Paolino Rossi.

7. ARCH. PC, CARTELLA N. 7

Corrispondenza Vicepostulazione1) 5.12.1899 – Lettera di p. Giustino da Lovero al p.

Provinciale perché si scriva una nuova biografia di p. Carlo.2) 15.6.1993 – Richiesta di p. Mariano al p. Fidenzio Volpi per

la nomina di un Vicepostulatore.3) 19.9.1993 - p. Fedele Merelli da alcune risposte a p.

Mariano. 4) 11.10.1993 – Da p. Mariano a Mons. Giovanni Cipolla,

Parroco di Abbiategrasso.5) 11.11.1993 – Appello di p. Mariano a conclusione dei ritiro

dei parroci e coadiutori dei vicariati di Casale e Codogno tenuto in Santuario.

6) 13.11.1999 – Da p. Maurizio Annoni, Provinciale, a p. Mariano – Richiesta di relazione sulle attività svolte dalla Vicepostulazione dal 1997 al 2000.

7) 27.12.1999 – Relazione di p. Mariano al Capitolo Provinciale in merito alla Causa.

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8) 4.11.2000 – Lettera di congratulazione di p. Mariano (da Bergamo Ospedali Riuniti) a p. Evaldo per la nomina a Vicepostulatore.

9) 2.2.2001 – Lettera di Mons. Serafino Spreafico a p. Evaldo per suggerimenti.

10) 1.8.2007 - Lettera di Mons. Serafino Spreafico a p. Evaldo con indicazioni e suggerimenti anche di p. Costanzo.

11) Elenco Responsabili e collaboratori delle varie Commissioni.

12) 12.9.2007 – Considerazioni circa la ripresa della causa di p. Carlo fatte da p. Costanzo.

13) 18.9.2007 – Presentazione dei lavori della causa di p. Carlo redatta da mons. Spreafico.

14) 1.10.2007 – Richiesta ai Vescovi la testimonianza.14Bis) 2.10.2007 – Proposta di testo da pubblicare su “Fra

noi” per annunciare ai Frati la riapertura della Causa e la richiesta di testimonianze sulla continuità d. fama di santità del Servo di Dio P. Carlo.

15) Verbale riunione del 18 ottobre 2007.16) 26.10.2007 – Incontro per avviare l’iter della

“riapertura” della Causa.17) 7.11.2007 – Comunicazione per la Concelebrazione

Eucaristica del 21.11.2007.18) Annuncio e invito domenicale per chiedere le

testimonianze sulla fama di santità di p. Carlo.19) 21.11.2007 – Lettera-invito ai fedeli a testimoniare

seguendo una Griglia di domande sulla fama di santità del Servo di Dio

20) 21.11.2007 – Concelebrazione per l’annuncio della riapertura della causa di p. Carlo con richiesta di testimonianze sulla continuità della fama di santità (cronaca).

21) 20.12.2007 – Comunicazione della prossima riunione delle Commissioni.

22) 31.1.2008 – Ordine del giorno per la riunione.23) 1.2.2008 – Secondo incontro per avviare l’iter della

causa si p. Carlo.24) 15.3.2008 –Lettera di p. Evaldo a p. Alessandro

Ferrari, Provinciale, per aggiorna mento causa.25) 30.4.2008 – Lista dei Testi.26) 20.5.2008 – Lettera di ringraziamento e

comunicazione di p. Evaldo a p. Costanzo.27) 24.5.2008 - Comunicazione della prossima riunione

delle Commissioni.

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28) 10.6.2008 - Comunicazione della prossima riunione, ordine del giorno.

29) 13.06.2008 - Terzo incontro per avviare l’iter della causa si p. Carlo.

30) 10.9.2008 – Relazione di Don Angelo Manfredi sul Processo Laudense del Servo di Dio P. Carlo.

31) 10.10.2008 - Comunicazione della prossima riunione, ordine del giorno.

32) 31.10.2008 - Quarto incontro per avviare l’iter della causa si p. Carlo.

33) 10.1.2009 – Relazione del prof. Mario Comincini sul Processo Milanese del Servo di Dio P. Carlo.

34) - 07.1.2009 – Si annunciano ai Frati le Celebrazioni per il 150° della morte del Servo di Dio P. Carlo per il prossimo 21 febbraio e la Presentazione della nuova Biografia.

35) 15.1.2009 - Comunicazione della prossima riunione, ordine del giorno.

36) 20.1.2009 – Relazione inviata da Comincini per la riunione del 30.1.2009.

37) 30.1.2009 - Quinto incontro per avviare l’iter della causa si p. Carlo.

38) 06.02.2009 – Il Vescovo a conclusione della Visita Pastorale al Vicariato annuncia nella Concelebrazione la Riapertura della Causa in Santuario il 07.09.09.

39) 07.02.2009 – “Cancelliere, ecco i perché dell’attualità del SdDPC” con un Compendio Cronologico della vita del Servo di Dio.

40) 3.3.2009 – Lettera di p. Costanzo a don Giulio Mosca su sue osservazioni.

41) 10.03.09 – Partecipata la Celebrazione del 150° della morte del Servo di Dio P. Carlo in due momenti.

42) 30.04.09 – Indicazioni di fra Costanzo per la sistemazione dell’Archivio del Servo di Dio P. Carlo.

43) 30.04.09 – Nota per la Commissione Storica. Comunicazione di Mons. G.Bernardelli.

44) 07.05.09 – Si chiedono all’APCL fotocopie autenticate degli scritti autografi del Servo di Dio P. Carlo.

45) 12.05.09 – Padre Fedele Merelli dell’APCL risponde che trasmetterà.

46) 03.06.09 – Si trasmettono al Responsabile diocesano: i manoscritti del Servo di Dio, la Biografia Appunti per una vita…, la lettera ufficiale di ri-nomina del Vicepostulatore per la preparazione dell’Editto.

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47) Editto del vescovo e Decreto per la Riapertura dell’inchiesta diocesana il 07.09.09 p.v.

48) 23.06.09 – Si chiede al Vescovo di Bergamo di cercare la deposizione di padre Arsenio da Brescia fatta per rogatoria a Bergamo nel processo diocesano di Milano il 16 e 21 .02.1899 e della quale non v’è traccia nella copia pubblica.

49) 03.07.09 – “I verbali degli interrogatori 1899 a padre Arsenio da Brescia” sono stati trovati e inviati alla Cancelleria Diocesana di Lodi. Disponibili in copia autenticata.

8. ARCH. PC, CARTELLA N. 8

Corrispondenza fra A.C.P.L. e Vicepostulazione1) 15.11.1977 – Da APCL, p. Serafico, a p. Evaldo – Invio

fotocopie di documenti su p. Carlo.2) 05 04.1979 - Da APCL, p. Serafico a p. Evaldo – Invio

notizie su frati contemporanei di p. Carlo.3) 09.07.1979 - Da APCL, p. Serafico a p. Evaldo – Invio

notizie su frati contemporanei di p. Carlo. 4) 14.03.1981 - Da APCL, p. Serafico a p. Evaldo – Dal

registro delle Vestizioni 1840-1859.5) Da APCL, p. Serafico a p. Evaldo - Religiosi nel convento di

Crema al 14.4.1861.6) 25.01.1982 - Da APCL, p. Serafico a p. Evaldo – Situazione

della famiglia religiosa presente a Casalpusterlengo prima del Capitolo Prov. del 1858.

7) 17.01.1984 - Da APCL, p. Serafico a p. Evaldo – Situazione della famiglia religiosa presente a Salò negli anni 1869-1880.

8) 24.04.1985 - Da APCL, p. Serafico al Sig. Italo Farina – Invio reliquia di p. Carlo e per conoscenza a p. Evaldo.

9) 23.9.1986 – Da APCL, p. F. Merelli a p. Evaldo - Invio Ordinazioni Stabilite nei vari Capitoli.

10) 5.7.1988 - Da APCL, p. Serafico a p. Evaldo – ricerca sul pittore Pietro Maggio e il Brambilla Ferdinando.

11) 04.01.2008 - Da APCL, p. F. Merelli a p. Evaldo- Ringrazia per la documentazione ricevuta da p. Evaldo, riguardante il Servo di Dio p. Carlo.

9. ARCH. PC, CARTELLA N. 9

Divulgazione della fama di santità del Servo di Dio P. Carlo

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1) 27.7.1985- Dal convento di Lovere – Spedizione di materiale per diffusione p. Carlo.

2) 24.5.1988- Da p. Caserini – Invio biografia di p. Carlo.3) 24.5.1988- Da p. Caserini a p. Alessandro Ferrari – Invio

biografie di p. Carlo.4) 03.6.1988- Da p. Erminio M, Bergamo - Ringraziamento

per la biografia di p. Carlo.5) 22.6.1988 - Da p. Paolino Rossi, Roma – Ringraziamento

per la biografia di p. Carlo.6) 27.6.1988- Da p. Aurelio Capodilista, Castel s.Pietro (BO) –

Richiesta biografia. 7) 08.7.1988- Da p. Carmine De Filippo, Roncilione(VT) -

Richiesta biografia p. Carlo.8) 12.7.1988- Da p. Carlo M. Laborde. Morcone(BN) -

Richiesta biografia p. Carlo.9) 13.7.1988- Da p. Paolo Melzani, Appiano Gentile – Ringraz.

per la biografia. 10) 14.7.1988- Da p. Candido, Isernia - Richiesta

biografia p. Carlo.11) 15.7.1988- Da p. Corrado Q. Corazza, Bologna -

Ringraz. per la biografia di p. Carlo.12) - 15.7.1988- Da p. Floriano Bellon, Villafranca (Vr) -

Richiesta biografia p. Carlo.13) 19.7.1988- Da p. Stefano Baldini, Firenze -

Ringraziamento per la biografia. 14) 19.7.1988- Da p. Leopoldo, Cosenza -

Ringraziamento per la biografia di p. Carlo.15) - 29.7.1988- Da Curia Prov. Frati Cap., Messina-

Ringraz. per la biografia di p. Carlo 16) 30.7.1988- Da Curia Prov. Frati Cap., Foggia -

Ringraz. per la biografia di p. Carlo.17) 03.8.1988- Da Curia Prov. Frati Cap., Assisi -

Ringraz. per la biografia di p. Carlo.18) -17.9.1988- Da p. Luigi Caserini, Bergamo –

Pagamento per le 12 biografie di p. Carlo.19) 27.9.1988- Da Libreria s. Francesco Assisi -

Richiesta biografia p. Carlo.20) -9.10.1988- Da p. Mariano al Parroco di

Abbiategrasso - Invio biografia di p. Carlo.21) 10.10.1988- Da p. Ambrogio, Pontedera (PI) - Invio

biografia di p. Carlo.22) 2.10.1990- Da p. Mariano a Edizioni Multigraf,

Spinea(VE) - Ordinaz. Semestrini.

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23) – 01.5 1992- Da p. Mariano lettera personalizzata a tutti i Frati di Lombardia con invio ad ogni frate della biografia appena pubblicata C’e’ padre Carlo di p. Evaldo.

24) 24.6.1993 - Da p. Mariano a Edizioni Multigraf, Spinea (VE) - Ordinaz. Semestrini.

25) -01.8.1994- Da p. Mariano a… - Invio copie opuscolo dedicato a p. Carlo per diffusione.

26) 15.1.1998 Divulgazione del Periodico Semestrale su p. Carlo.

27) 11.12.2004 - Da Curia Prov. - Si chiede breve testo per pubblicazione fascicolo divulgativo relativo ai nostri confratelli più illustri in santità - p. Alessandro Ferrari.

28) Senza data - Da parrocchia S. Maria Assunta in Cielo, Visciano (NA).- Richiesta di materiale divulgativo su p. Carlo.

29) Vito Calandrino, Reggio Calabria, chiede immaginette, 9 settembre 2009.

30) Edgar Raùl Veròn, Paraguay, chiede reliquie e stampe del Servo di Dio P. Carlo, 10 settembre 2009.

31) Bottini geom. Flavia di Abbiategrasso (abita la Casa natale del Servo di Dio) chiede due copie di Appunti… di p. Evaldo, 16 ottobre 2009.

32) Fray Pio de Jesus Recolletti, Messico, chiede reliquia e immagini Servo di Dio P. Carlo, 6 novembre 2009.

10. ARCH. PC, CARTELLA N. 10

Elenco articoli sul periodico del santuario La Madonna dei Cappuccini (= LMDC) dal 1948 al 2008

Gennaio-marzo 1948, p. 6: Notizie storiche del santuario. Cinque secoli di storia ; p. 7: Il confidente di Maria SS. Servo di Dio P. Carlo d'Abbiategrasso.

Aprile 1948, p. 6: Albo d’oro.Giugno 1948, p. 10: Interessante per gli abbonati e per tutti i

devoti della Madonna.Agosto-settembre 1948, p. 2: Programma delle feste

settembrine.-p. 7: La giornata degli ammalati.Ottobre 1948, p. 6: Avvertenza.- p. 12: L’angolo del pellegrino.Novembre 1948, p. 3: Confidenze. – p. 9: Commemorazione

del Servo di Dio P.Carlo M. da Abbiategrasso – cronista.

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Gennaio 1949, Calendario del Santuario Madonna dei Cappuccini Casalpusterlengo – 1949. p. 4: Come l’ho visto io, il Santuario della Madonna dei Cappuccini. – p. 7: Comunicazioni

Febbraio 1949, p. 10: Fiorita di grazie. – p. 11: Nel 90 anniversario della santa morte del SdD p. Carlo – Fra Carlo da Milano; p. 13: Comunicazioni; - p. 13: Domande di grazia e ringraziamenti a p. Carlo d’Abbiategrasso.

Marzo 1949, p. 28: Presso la cancelleria del santuario si possono acquistare

Aprile 1949, p. 31: Ai margini del 90° anniversario della Santa Morte di P. Carlo d’Abbiategrasso - Don Luigi Salamina.

Luglio-agosto 1949, p. 60: Fiorita di grazie; - p. 64: Commemorazione del Servo di Dio padre Carlo Maria da Abbiategrasso.

Settembre 1949, p. 70: In casa nostra; - p. 72: Avviso sacro.Ottobre 1949, Festa dell’Incoronazione; L’angolo del

pellegrinoDicembre 1949, Nel Santuario. Febbraio 1950, p. 18: Avviso sacro.Aprile 1950, p. 31: Anniversario Solenne del Servo di Dio

Padre Carlo da Abbiategrasso, di p. Celeste da Origgio.Agosto 1950, p. 50: I benefici sociali – religiosi portati dalla

Madonna di Casalpusterlengo, di -Padre Evaristo da Ombriano (continua)

Settembre 1950, p. 67: Avvisi SacriOttobre 1950, p. 78: L’annuale solennità dell’Incoronazione

della nostra Madonna. Febbraio 1951, p. 12: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso

Cappuccino, di Elios; p. 12-13: Avvisi Sacri.Marzo 1951, p. 22: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso

Cappuccino Sintesi Cronologica, di Elios.Aprile 1951, p. 28: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso

Cappuccino Il Taumaturgo, di Elios - Riconoscenza di benefici.Giugno 1951, p. 45: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso

Cappuccino- Il Cavaliere di Maria, di Elios.Luglio 1951, p. 54: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso

Cappuccino - II Consolatore, di Elios.Agosto 1951, p. 50-61: Il Santuario della Madonna dei

Cappuccini – prospetto storico Settembre 1951, p. 66: Cronaca del Santuario; p. 69: Il Servo

di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino Annuale Rievocazione, di Elios; p. 70: Avvisi Sacri; p. 75: Lettera al Direttore.

Ottobre 1951, p. 80: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino - Il Rosariante, di Elios; p. 84: Padre Carlo – cronista.

Dicembre 1951, p. 97: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino A te, o Padre il mio salmo!

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Gennaio 1952, p. 7: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino - Fremito novello, di Elios

Febbraio 1952, p. 12: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino - Un carcere, di Elios

Marzo 1952, p. 21: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino. Il “dies natalis „ , di D.Celso Ferrari; p. 24: E P. Carlo? –Cronista.

Aprile 1952, p. 29: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino Riconoscenza.

Maggio 1952, p. 38: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino.

Giugno 1952, p. 45: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino

Luglio 1952, p. 51: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino; p. 52: Visita illustr.e

Agosto-settembre 1952, p. 64: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino; Avvertimento importante; Avvisi Sacri (allegato).

Ottobre-novembre 1952, p. 79: Il Servo di Dio P.Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino Rileggendo la vita- P.C.d.M (cont.); p. 81: Ricordando Padre Carlo –P.I.

Dicembre 1952, p. 92: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino Leggendo la vita (cont.); Cent’anni fa…. F. VE.

Gennaio 1953, p. 1: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino - Rileggendo la vita, di Frate Vento; p. 4: Cronaca del Santuario.

Febbraio 1953, p. 14: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso 21 febbraio 1953 - Leggendo la vita – F. Vento.

Marzo-aprile 1953, p. 24: Cronaca del Santuario; p. 27: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso- Esagerato - Rileggendo la vita, di f. Vento.

Maggio 1953, p. 3: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino Leggendo la vita, fr.Vento.

Giugno 1953, p. 4: Cronaca del santuario; p. 6: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino Leggendo la vita, di fr.V.

Luglio-agosto 1953, p. 12: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino fidanzato, di fr. V ento.

Settembre 1953, p. 4: Avvisi Sacri; p. 6: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino frate fallito, di fr.Vento.

Ottobre 1953, p. 2: Il giorno degli ammalati; p. 8: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino il servo di Maria, fr. Vento.

Novembre 1953, p. 5: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino -Frate finalmente, ma…, di f. Vento.

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Marzo 1954, p. 6: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino - studente, f.Vento; p. 7: 95°Anniversario della Morte del Servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso.

Aprile-maggio 1954, p. 1: La nostra Madonna ai nostri tempi; p. 10: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino - 95° Anniversario della morte, P.L.; p. 13: Cronaca del santuario.

Giugno 1954, p. 6: Santuari Mariani Francescani - Madonna del Sasso; p. 13: Doverosa riconoscenza.

Luglio-agosto 1954, p. 7: Avvisi sacri.Settembre 1954, p. 11: Il Servo di Dio P. Carlo

d’Abbiategrasso Cappuccino -Amava il Signore, di f. Vento.Ottobre 1954, p. 11: Il Servo di Dio P.Carlo d’Abbiategrasso

Cappuccino Due mesi nel Convento di Crema, fr. Vento; p. 12: Cronaca del Santuario.

Novembre 1954, p. 11: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino come divenne casalese, fr. Vento.

Dicembre 1954, p. 11: Il Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino - folle folle folle, F.V.

Gennaio 1955, p. 9: Il Servo di Dio P.Carlo d'Abbiategrasso cappuccino, la via stretta, fr. V.

Febbraio 1955, p. 12: Avviso Sacro - 21 febbraio 1955 - 96° Anniversario della morte di p. Carlo.

Marzo-aprile 1955, p. 11: P. Carlo d’Abbiategrasso - frate Vento; p. 13: Cronaca del santuario.

Luglio-agosto 1955, p. 6: Santuario Madonna dei Cappuccini – prospetto storico.

Settembre 1955, p. 6-7: Avvisi Sacri - Cronaca del SantuarioOttobre-novembre 1955, Pro memoria ai nostri lettori ed

abbonati; p. 11: Cronaca del Santuario.Dicembre 1955, p. 3: Le nostre lapidi; p. 9: Bontà della nostra

Madonna.Gennaio-febbraio 1956, p. 5: Avviso Sacro – 21 febbraio1956 –

97° Anniversario della morte di p. Carlo; p. 9: Devoti riconoscenti; p. 12: Diario Sacro – anniversario della morte del SdD p. Carlo.

Marzo-aprile 1956, p. 11: Cronaca del Santuario.Maggio-giugno 1956, p. 10: Riconoscenza a padre Carlo

d'Abbiategrasso; p. 11: All’ombra della croce, del Canonico Mons. Luigi Salamina.

Settembre-ottobre 1956, p. 3: Avvisi Sacri.Novembre-dicenbre 1956, p. 11: Cronaca del Santuario.Gennaio-febbraio 1957; 21 Febbraio: Anniversario della morte

del Servo di Dio Padre Carlo d'Abbiategrasso.

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Marzo-aprile 1957, Solenne commemorazione per il 98° anniversario della morte di p. Carlo.

Maggio-giugno 1957, p. 12: Cronaca del Santuario 21 Febbraio.

Luglio-agosto 1957, p. 5: Santa Messa di diamante del M. Rev. P. Donato da Malvagio; p. 7: Le nostre epigrafi (continua).

Settembre-ottobre 1957, p. 3: Avvisi Sacri; p. 9. Le nostre epigrafi (continua).

Novembre-dicembre 1957, p. 10: Le nostre epigrafi; p. 11: Cronaca del Santuario.

Gennaio-febbraio 1958, Diario sacro – 21 febbraio, 99° anniversario della morte di p. Carlo.

Marzo-aprile 1958, p. 13: Cronaca del Santuario.Settembre-ottobre 1958, p. 9: Cronaca del Santuario.Novembre-dicembre 1958, Servo di Dio Padre Carlo

d’Abbiategrasso devota riconoscenza.Gennaio-febbraio 1959. Numero del giornalino dedicato a P.

Carlo, p. 1: La voce di un Centenario; p. 3: Curia Vescovile Lodi “Pax Christi”, T.V Benedetti, Vescovo di Lodi; p. 5: Curia provincializia dei minori cappuccini Milano - p. Romano; p. 5: Chiesa prepositurale; SS. Bartolomeo e Martino – Mons Saletta; p. 6: Comune di Casalpusterlengo – Maria Bernabei – sindaco; p. 7: Prepositurale Collegiata di S. Maria Nuova Abbiategrasso; p. 8: Programma delle manifestazioni per il Primo Centenario della morte del Servo di Dio Padre Carlo d'Abbiategrasso; p. 10: La sua vita: p. 12: Due apostoli nella gloria di Maria - F. GM.; P. 17: Dopo la Morte di Padre Carlo d'Abbiategrasso - P. Dom. F.; p. 19: Rivive nel ricordo e nel cuore dei devoti - P.L.; P. 22: La Lettera necrologica - Fr. Daniele da Bergamo; p. 25: Verso la Beatificazione – P.Don F.; p. 26: Diario sacro.

Marzo-aprile, p. 11: Cronaca del santuario. Echi di un centenario - P.L.

Maggio-giugno 1959, p. 7: Fiori di riconoscenza.Luglio-agosto 1959, p. 2: Devoti carissimi della Madonna; p. 6:

Avvisi Sacri.Settembre ottobre 1959, p. 5: Fiori di riconoscenza; p. 11:

Cronaca del Santuario.Novembre-dicembre 1959, p. 5: Fiori di riconoscenza.Gennaio-febbraio 1960, p. 3: Avviso Sacro 101° Annivesario

della morte del Servo di Dio P. Carlo; p. 4: Servo di Dio padre Carlo - Vecchio e nuovo secolo – P.L.; p. 7: Padre Carlo fu un’anima di silenzio; p. 8: L’uomo del Silenzio - P.G.; Fiori di riconoscenza.

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Marzo-aprile 1960, p. 11: Fiori di riconoscenza; p. 12: Cronaca del Santuario.

Maggio-giugno 1960, p. 9: Fiori di riconoscenza.Luglio-agosto 1960, p. 3: Avvisi Sacri; p. 6: Trent’anni di storia

-secondo trentennio - p. L.Settembre-dicembre 1960, p. 4: Riconoscente Omaggio M.R

Padre Donato da Malvaglio; p. 14: Fiori di riconoscenza; p. 17: Cronaca del Santuari.

Gennaio-febbraio 1961, p. 5: Avviso Sacro, 102° Annivesario della morte di P. Carlo; p. 6: Padre Carlo d’Abbiategrasso, p.L.; p. 7: Fiori di riconoscenza.

Marzo-aprile 1961, p. 10: Fiori di riconoscenza.Maggio-giugno 1961, p. 7: Ven. P. Innocenzo da Berzo verso la

gloria degli altari, Fr. Gm.; p. 12: Fiori di riconoscenza.Luglio-agosto 1961, p. 5: Avvisi Sacri.Settembre-ottobre 1961, p. 2: Fiori di riconoscenza; p. 11:

Cronaca del santuario.Novembre-dicembre 1961, p. 7: Fiori di riconoscenzaGennaio-febbraio 1962, p. 2: Avviso Sacro, 103° Annivesario

della morte di P. Carlo; p. 11: Cronaca del Santuario; p. 12: Fiori di riconoscenza.

Maggio-agosto 1962, p. 5: Avvisi Sacri; p. 9: Fiori di Riconoscenza.

Settembre-ottobre 1962, p. 2: Fiori di riconoscenza; p. 9: Corrispondenza.

Novembre-dicembre 1962, p. 4: Fiori di riconoscenza.Gennaio-febbraio 1963, p. 1: 21 Febbraio 1963, 104°

Annivesario della morte di P. Carlo: p. 8: Fiori di riconoscenza; p. 9: I nostri morti -Andena Ercole.

Marzo-aprile 1963, p. 5: Fiori di riconoscenza; p. 6: Servo di Dio Padre Carlo d’Abbiategrasso - Commemorazione di P.Gianmaria,Luglio-ottobre 1963, p. 4: Fiori di riconoscenza.

Gennaio-febbraio 1964, p. 1: 21 Febbraio 1964, 105° Annivesario della morte di P. Carlo; p. 2: Ricordo del Servo di Dio; p. 3: Commemorazione del Servo di Dio; p. 120: Fiori di Riconoscenza.

Marzo-aprile 1964, p. 5: Fiori di riconoscenza.Luglio-agosto 1964, p. 5: Fiori di riconoscenza.Settembre-ottobre 1964, Avvisi Sacri.Novembre-dicembre 1964, p. 6: Solennità celebrative di

settembre; p. 10: Fiori di riconoscenza. Gennaio-febbraio 1965, p. 1: 106° Annivesario della morte di

P. Carlo 1859-1965; p. 2: Servo di Dio Padre Carlo

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d’Abbiaregrasso; p. 10: Fiori di Riconoscenza; p. 11: Vita del Santuario.

Marzo-aprile 1965, p. 9: Vita del Santuario; p. 10: Commemorazione del Servo di Dio Padre Carlo d'Abbiategrasso, P. Guido; Fiori di Riconoscenza.

Maggio-giugno 1965, p. 14: Fiori di riconoscenza.Luglio-agosto 1965, Avvisi Sacri.Settembre ottobre 1965, p. 13: Commemorazione del Servo di

Dio Padre Carlo, di P. Alipio da Telgate; p. 17: Fiori di Riconoscenza

Novembre-dicembre 1965, p. 10: Fiori di riconoscenza.Gennaio-febbraio 1966, p. 1: 107° Annivesario della morte del

Servo di Dio P. Carlo; p. 2: Carissimi amici del Santuario; p. 4: Al Servo di Dio Padre Carlo d'Abbiategrasso, di p.Antonino; p. 5: I Cappuccini ritornano ad Abbiategrasso, P.L.; P. 8: Fiori di Riconoscenza.

Marzo-aprile 1966, p. 3: Fiori di riconoscenza.Maggio-giugno 1966, p. 8: Fiori di riconoscenza.Luglio-agosto 1966, p. 11: Fiori di riconoscenza.Settembre-ottobre 1966, Avvisi Sacri.Novembre-dicembre 1966, p. 12: Fiori di riconoscenza.Gennaio-febbraio 1967, p. 6: Domenica 19 febbraio, 108°

anniversario della morte del Servo di Dio p. Carlo; p. 13: Fiori di riconoscenza.

Marzo-aprile 1967, Ricordo di p. Aronne da Verano Brianza, P.L.; Fiori di Riconoscenza.

Maggio-giugno 1967, p. 6: Fiori di riconoscenza.Luglio-agosto 1967, Commemorazione del Servo di Dio Padre

Carlo d'Abbiategrasso.Novembre-dicembre 1967, p. 5: Vita del Santuario

Commemorazione del Servo di Dio Padre Carlo d’Abbiategrasso; p. 14: Fiori di Riconoscenza.

Febbraio-marzo 1968, p. 4: Fiori di riconoscenza; p. 4: Un autografo del Servo di Dio Padre Carlo d'Abbiategrasso; p. 12: Vita del Santuario.

Giugno-luglio 1968, p. 10: Fiori di riconoscenza.Agosto-settembre 1968, p. 10: Commemorazione del Servo di

Dio Padre Carlo d'Abbiategrasso. Fiori di Riconoscenza Ottobre-novembre 1968, p. 4: Le nostre solennita’-

Commemorazione del Servo di Dio P.Carlo, - P.Doroteo; p. 8: Padre Gianmaria da Spirano († 24 agosto 1968), Padre Carlo, di P.L.; p. 14: Fiori di riconoscenza.

Dicembre 1968, p. 2: Fiori di riconoscenza.

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Gennaio-marzo 1969, p. 1: Commemorazione del Servo di Dio P.Carlo nel 110° anniversario della morte, di P.Isaia; p. 4: Fiori di Riconoscenza; p. 15: Vita in Santuario.

Aprile-giugno 1969, p. 5: Fiori di riconoscenza.Luglio-agosto 1969, p. 11: In memoriam don Pietro Lazzarini-

parroco (1884 -1969), di P.L.; p. 17: Fiori di riconoscenza.Settembre 1969, Commemorazione del Servo di Dio Padre

Carlo d'Abbiategrasso.Ottobre-dicembre 1969, p. 6: Le piu’ care solennita’-

Commemorazione del Servo di Dio p. Carlo, di P. Ezechiele da Rigosa; p. 9: Fiori di Riconoscenza; p. 10: Vita in Santuario.

Gennaio-febbraio 1970, p. 6: Commemorato il Servo di Dio Padre Carlo d'Abriategrasso nel 111° anniversario della morte, di Don Francesco Ferrari; p. 10: Fiori di Riconoscenza; p. 14: Vita del Santuario.

Marzo-aprile 1970, p. 8: Fiori di riconoscenza. Maggio-giugno 1970, p. 9: Fiori di riconoscenza.Settembre-ottobre 1970, p. 7: Giornata degli ammalati.Settembre-dicembre 1970, p. 1: La voce del superiore parroco

- Ai Padri Cappuccini; p. 6: Fiori di Riconoscenza.Gennaio-febbraio 1971, p. 12: Fiori di riconoscenza.Marzo-aprile 1971, p. 13: Fiori di riconoscenza.Luglio-agosto 1971, p. 11: Fiori di riconoscenza.Settembre-ottobre 1971, p. 1: La voce del parroco.Novembre-dicembre 1971, p. 8: Cronaca del Santuario; p. 14:

Fiori di Riconoscenza.Gennaio-febbraio 1972, p. 6: Fiori di riconoscenza.Marzo-aprile 1972, Fiori di riconoscenza.Maggio-giugno 1972, p. 5: Fiori di riconoscenza.Luglio-agosto 1972, p. 12: Fiori di riconoscenza.Settembre-ottobre 1972, p. 6: Fiori di riconoscenza; p. 11:

Cronaca de Santuario - 4 settembre: giornata degli ammalati.Novembre-dicembre 1972, p. 13: Fiori di riconoscenza.Gennaio-febbraio 1973, p. 13: Fiori di riconoscenza.Marzo-aprile 1973, p. 13: Fiori di riconoscenza.Luglio-ottobre 1973, p. 8: Commemorazione del Padre Carlo

d'Abbiategrasso, di P.B.; Fiori di Riconoscenza.Novembre-dicembre 1973, p. 4: Insigni devoti pellegrini al

Santuario di Casalpusterlengo.Gennaio-febbraio 1974, p. 2: Omelia di S. E. Mons. Vescovo; p.

13: Fiori di riconoscenza.Maggio-giugno 1974, p. 14: Fiori di riconoscenza.

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Luglio-agosto 1974, p. 2: Avvisi Sacri – Programma; p. 5: Curia provincializia dei frati minori cappuccini; p. 11: I Casalesi ed i frati cappuccini; p. 28: Variazioni; p. 31: I frati di San Salvario; p. 39: Il Servo di Dio P. Carlo –Una vita con la Madonna, di p.Carlo Varischi; p. 46: Bibliografia retrospettiva (a cura di Padre Costanzo Cargnoni da Pisogne O.F.M. Cap.).

Settembre-dicembre 1974, p. 8: Le celebrazioni centenarie -lunedi’ 2 settembre.

Luglio-ottobre 1975, p. 2: Solenni Celebrazioni.Gennaio-febbraio 1976, p. 2: Fiori di riconoscenza.Novembre -dicembre 1976, Vita del Santuario.Gennaio-febbraio 1977, p. 1: La voce del superiore-parroco;

C’è Padre Carlo d’Abbiategrasso (continua 1).Marzo-aprile 1977, p. 2: C’è Padre Carlo d’Abbiategrasso

(continua 2).Maggio-giugno 1977, p. 3: C’è Padre Carlo d’Abbiategrasso

(continua 3).Luglio-ottobre 1977; C’è Padre Carlo d’Abbiategrasso

(continua-4).Novembre-dicembre 1977, C’è Padre Carlo d’Abbiategrasso

(continua-5).Gennaio-febbraio 1978, p. 1: La voce del Superiore-Parroco; …

C’è Padre Carlo D’Abbiategrasso (continua-6).Marzo-aprile 1978, …C’è Padre Carlo D’Abbiategrasso

(continua-7).Maggio-giugno 1978, …C’è Padre Carlo d’Abbiategrasso

(continua-8); p. 11: Vita del santuario, 21 febbraio.Luglio-ottobre 1978, p. 2: 198° Anniversario Incoronazione

della Madonna dei Cappuccini; …C’è Padre Carlo d’Abbiategrasso (continua-9).

Novembre-dicembre 1978, …C’è Padre Carlo d’Abbiategrasso (continua-9); p. 11: Vita del santuario.

Gennaio-febbraio 1979, p. 4: Presente da centovent'anni.Maggio-giugno 1979, p. 8: Vita del santuario - 21 Febbraio.Luglio-ottobre 1979, P. 3: Commemorazione del Servo di Dio

Padre Carlo d’Abbiategrasso.Ottobre-novembre 1979, p. 2: I Cappuccini di Lombardia dalla

“cara Mamma”.Marzo-aprile 1980, p. 8: Uno dei piu’ bravi di casa nostra.Luglio-agosto 1980, p. 15: Commemorazione di p. Carlo

d’Abbiategrasso; p. 24: Per grazia ricevuta.Settembre-ottobre 1980, p. 22: La commemorazione di Padre

Carlo, di D.O.

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Novembre-dicembre 1980, p. 11: La tomba di Padre Carlo.Gennaio-febbraio 1981, p. 8: La Madonna dei Cappuccini in

Casalpusterlengo; p. 12: La devozione alla Madonna in Padre Carlo (prima puntata).

Marzo-aprile 1981, p. 12: La devozione alla Madonna in Padre Carlo (seconda puntata).

Maggio-giugno 1981, p. 3: Padre Evaldo Giudici: 25 anni di Sacerdozio; p. 16: La devozione alla Madonna in Padre Carlo (terza puntata).

Luglio-agosto 1981, p. 5: Commemorazione di P. Carlo d’Abbiategrasso; p. 9: Una lettera di Padre Carlo (quarta puntata).

Settembre-ottobre 1981, p. 3: La devozione alla Madonna in Padre Carlo (quinta puntata).

Novembre dicembre 1981, p. 11: L'alfabeto di Padre Carlo (sesta puntata); p. 13: Un libro ricordo – recensione

Gennaio febbraio 1982, p. 9: La devozione alla Madonna in Padre Carlo (settima puntata)

Marzo-giugno 1982, p. 5: La devozione alla Madonna in Padre Carlo (ottava puntata)

Luglio-agosto 1982, p. 3: Commemorazione del S. Di Dio P.Carlo; p. 12: La devozione di Padre Carlo alla Madonna (nona puntata)

Settembre ottobre 1982, p. 11: La devozione di Padre Carlo alla Madonna (decima puntata)

Novembre-dicembre 1982, p. 13: Padre Carlo prega per noiGennaio - febbraio 1983, p. 13: Grazie, Padre Carlo!Marzo-aprile 1983, p. 10: Grazie, Padre Carlo!; 5

Settembre:Mostra messaggio su Padre Carlo organizzata dalla Pro Loco e dai Frati

Maggio-giugno 1983, p. 10: Brambati e Padre Carlo; p. 11: Padre Carlo a Somaglia

Luglio-agosto 1983, p. 11: Al santuario dei cappuccini. Per ricordare Padre Carlo

Settembre-ottobre 1983, p. 12: Grazie, Padre CarloNovembre-dicembre 1983, p. 12: L'olio della lampada Gennaio-febbraio 1984, p. 10: sul ponte del brembioloMarzo aprile 1984, p. 8: padre c arlo: «giovanna, tuo figlio

guarirà»Maggio-giugno 1984, p. 6: una poesia su padre carlo

cappuccino; p. 7: padre carlo, che malaccio…Luglio-agosto 1984, p. 3: La benedizione degli ammalati

lunedì' 3 settembre - ore 9; p. 12: Dopo la confessione Padre Carlo

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mi ha guarita; p. 12: lunedì 3 settembre, Commemorazione di Padre Carlo

Settembre-ottobre 1984, p. 12: commemorazione padre carlo, di don mario ferrari

Novembre-dicembre 1984, p. 8: padre carlo guarisce un bambino

Gennaio-febbraio 1985, p. 11: padre carlo, trovami un lavoro!

Marzo-aprile 1985, p. 10: spettacolo teatrale al fatebenefratelli di s. colombano; p. 13: Un rischio superato

Maggio-giugno 1985, p. 1: 450° della presenza dei cappuccini in lombardia; p. 35: Padre Carlo d'Abbiategrasso: una perla del santuario

Luglio-agosto 1985, p. 1: 205 anniversario della incoronazione della madonna; p. 11: un intervento chirurgico felicemente riuscito

Settembre-ottobre 1985, p. 6: hanno offerto: pro beafificazione di padre carlo per grazia ricevuta; p. 12: un devoto di padre carlo

Novembre-dicembre 1985, p. 10: la reliquia di padre carloGennaio-febbraio 1986, p. 13: a cinque anni padre carlo mi ha

guaritaMarzo-aprile 1986, p. 6: una settimana originale; p. 9: il nuovo

cancelletto alla tomba di padre carloMaggio-giugno 1986, p. 5: maggio: cronaca di una giornata; p.

12: margheritti fiorenzo ringrazia padre carlo; presso la sacristia puoi trovare immagini, medaglie e quadretti di padre carlo

Luglio-agosto 1986, p. 4: 2o6° anniversario della incoronazione; padre carlo primo di 17 figli; p. 5: la giornata degli ammalati

Settembre-ottobre 1986, p. 8: tra due specchi: padre carloNovembre-dicembre 1986, p. 10: padre carlo scrive a tutti i

giovani, di don giuseppe barbestaGennaio-febbraio 1987, p. 1: una nuova storia del santuario; p.

10: ho invocato padre carlo!Marzo aprile 1987, p. 12: padre carlo l'osteria dei tre reMaggio-giugno 1987, p. 6: il nostro bollettino compie 40 anni;

p. 11: padre carlo di abbiategrassoLuglio-agosto 1987, p. 8: padre carlo ci aiuta sempreSettembre-ottobre 1987, p. 1: un santuario per l’anno

mariano; p. 12: padre carlo d'abbiategrassoNovembre-dicembre 1987, p. 9: per grazia ricevuta; p. 13:

padre carlo in veste nuova; è aperta la sottoscrizione per la stampa del libro «padre carlo d'abbiategrasso»

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Gennaio-febbraio 1988, p. 12: a primavera un fiore per padre carlo; sottoscrizione per la stampa del libro di padre carlo d'abbiategrasso

Marzo-aprile 1988, p. 12: il sogno diventa realta’: un libro su padre carlo. per la stampa del nuovo libro hanno offerto

Maggio-giugno 1988, p. 2: nuova biografia di padre carlo «…e maria lo prese con sé»; p. 6: maggio a casale

Luglio-agosto 1988, p.2: 208° anniversario della incoronazione; p. 11: una lapide di marmo bianco a padre carlo d'abbiategrasso

Settembre-ottobre 1988, in copertina, commento sulla biografia di p. carlo; p. 11: padre carlo, quel piccolo frate che ci aiuta a crescere

Novembre-dicembre 1988, in copertina, eccellenza reverendissima; p. viii: curia provinciale frati minori cappuccini; p. 11: un piccolo grande frate. commemorazione di p. apollonio, 1a

parte; p. 13: pellegrini in santuarioGennaio-febbraio 1989, p. 11: ad imitazione di cristo

commemorazione, di p. apollonio (2a parte); p. 13: commemorazione beato innocenzo da berzo; p. 14: ci hanno scritto; p. 16: curia provinciale frati minori cappuccini

Marzo-aprile 1989, p. V: Vita della parrocchia; p. 13: Padre Carlo d'Abbiategrasso, una grazia in novena

Maggio-giugno 1989, p. 3: Editoriale. Beata sei tu Maria!; p. 7: Pagine di storia, la presenza di un frate santo, p. Fraschini; p. VIII: Vita parrocchiale, solidarietà; p. 12: Beato Innocenzo da Berzo: la santità dentro al quotidiano; p. 13: Centenario del Beato Innocenzo da Berzo; p. 14: Ci hanno scritto

Luglio-agosto 1989, p. 4: Testimonianze: Padre Gianluigi ritorna pellegrino; p. VII: Vita parrocchiale, solidarietà; p. 11: Beato Innocenzo da Berzo alla scuola di padre Carlo; p. 12: Padre Carlo da Abbiategrasso, una prodigiosa ricetta; p. 14: La nostra Madonna in tv; p. 15: Festeggiamenti nel 209° anniversario della Incoronazione.

Settembre-ottobre 1989, p. 12: Padre Carlo d'Abbiategrasso, i suoi primi trent’anni; p. 13: Beato Innocenzo da Berzo sulla via della croce; p. 15: Parole da ricordare.

Novembre-dicembre 1989, p. 4: Ci hanno scritto; p. VII: Offerte; Una panca per la chiesa; p. 12: Beato Innocenzo da Berzo, chi cerca si incontra; p. 13: Racconti - riconoscenza per Padre Carlo.

Gennaio-febbraio 1990, p. 4: Ci hanno scritto; p. II: Offerte; p. 13: Padre Carlo d'Abbiategrasso, le grucce al piedi dell'altare.

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Marzo-aprile 1990, p. 4: Ci hanno scritto; p. III: Offerte; p. 12: Padre Carlo d'Abbiategrasso, né cappuccino né avvocato; p. 13: Sono disponibili le saguenti pubblicazioni.

Maggio-giugno 1990, p. 4: Ci hanno scritto; p. III: Offerte; p. 11: Cronaca dal Santuario; p. 12: Padre Carlo d'Abbiategrasso, la parola ai testimoni.

Luglio-agosto 1990, p. 4: Festeggiamenti in onore della Madonna dei cappuccini; p. III: Offerte; p. 11: Ci hanno scritto; p. 12: Padre Carlo d'Abbiategrasso, i ricordi dei concittadini.

Settembre-ottobre 1990, p. 4: Ci hanno scrtto; p. VI: Offerte; p. 12: Padre Carlo d'Abbiategrasso una porta sempre aperta; p. 13: Alcuni libri disponibili; p. 14: Cronache del santuario.

Novembre-dicembre 1990, p. 4: Ci hanno scritto; p. V: Offerte; p. 12: Padre Carlo d'Abbiategrasso, l'attimo vincente.

Gennaio-febbraio 1991, p. 14: Padre Carlo d'Abbiategrasso, i prodigi di un bambino.

Marzo-aprile 1991, p. VI: Offerte; p. 4: Ci hanno scritto; p. 12: Cronache del santuario; p. 14: Padre Carlo d'Abbiategrasso, caro signor giudice.

Maggio-giugno 1991, p. V: Offerte; p. 14: Padre Carlo d'Abbiategrasso, presente tra noi.

Luglio-agosto 1991, p. 4: Festeggiamenti per il 211° anniversario della Incoronazione; p. III: Offerte; p. 11: Ci hanno scritto; p. 14: Padre Carlo d'Abbiategrasso, il pranzo è servito.

Settembre-ottobre 1991, p. V: Offerte; p. 14: Padre Carlo d'Abbiategrasso, tutto diventa nuovo.

Novembre-dicembre 1991, p. III: Offerte; p. 11: Ci hanno scritto; p. 14: Padre Carlo d'Abbiategrasso, guarigioni miracolos.

Gennaio-febbraio 1992, p. II: Offerte; p. IV: Commemorazione di Padre Carlo; p. 11: Ci hanno scritto; p. 14: Padre Carlo d'Abbiategrasso, il dito di Dio.

Marzo-aprile 1992, p. VIII: Offerte; p. 12: Ci hanno scritto; p. 14: Padre Carlo d'Abbiategrasso, trentatre anni di santità.

Maggio-giugno 1992, p. 3: Editoriale in attesa del nuovo beato; p. V: Scaffale cappuccino; p. VIII: Offerte; p. 14: Ci hanno scritto - Padre Carlo d'Abbiategrasso il giorno dell'arrivo; p. 16: El madunin d'la cuntrada d'i spin.

Luglio-agosto 1992, p. 4: Festeggiamenti per il 212° anniversario della Incoronazione; p. VIII: Offerte; p. 11: Ci hanno scritto; p. 14: Padre Carlo d'Abbiategrasso, presente in santuario.

Settembre-ottobre 1992, p. 3: Editoriale, beato sia; p. 4: Avvenimenti, Padre Carlo sugli altari; p. 6: Un angelo popolare. Commemorazione di mons. Carlo Ferrari; p. 8: Padre Carlo

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d'Abbiategrasso a scuola di cristianesimo; p. 9: Una richiesta nel contesto della visita a Lodi del Pontefice; p VI: Offerte; p. 10: Ci hanno scritto; p. 13: Cronache del santuario.

Novembre-dicembre 1992, p. 8: Il santuario nel cuore; p. VII: Offerte; p. 14: Padre Carlo d'Abbiategrasso, più’ grande dei fuochi; p. 15: Chi prega trova.

Gennaio-febbraio 1993, p. V: Offerte; p. 14: Padre Carlo d'Abbiategrasso allora come adesso; p. 15: Commemorazione di Padre Carlo d'Abbiategrasso. Chi prega trova.

Marzo-aprile 1993, p. VIII: Offerte; p. 14: Padre Carlo d'Abbiategrasso, un cammino di rivoluzione; p. 15: Le grazie di Padre Carlo.

Maggio-giugno 1993, p. VII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: Padre Carlo d'Abbiategrasso, il dono della benedizione.

Luglio-agosto 1993, p. 4: Festeggiamenti per il 213° anniversario della Incoronazione; p. II: Ancora tra noi; p. IV: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: Padre Carlo d'Abbiategrasso, biografia a colori.

Settembre-ottobre 1993, p. 3: Editoriale. e la causa continua; p. VII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 11: Pellegrinaggi; p. 14: Padre Carlo d'Abbiategrasso diventerà beato; p. 15: Postulazione generale.

Novembre dicembre 1993, p. VIII: Offerte; p. 14: Una presenza attuale. Commemorazione di p. Cesario Pesenti; p. 15: Sulla strada dei santi.

Gennaio-febbraio 1994, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 12: Documenti a ciascuno il suo.

Marzo-aprile 1994, p. 6: Documenti una vita da santo; p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: Una grande confidenza. Commemorazione p. Costanzo Cargnoni.

Maggio-giugno 1994, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto.Luglio-agosto 1994, p. II: Offerte; p. 9: Festeggiamenti per il

214° anniversario dell’Incoronazione; p. 14: Padre Carlo d'Abbiategrasso, la guarigione di Francesca.

Settembre-ottobre 1994, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: Ghe voren ben? Commemorazione di p. F. Fusar Bassini.

Novembre-dicembre 1994, p. viii: offerte; p. 14: padre carlo d'abbiategrasso. padre nostro.

Gennaio-febbraio 1995, p. viii: offerte; p. 12: avvenimenti il vestito della madonna dei cappuccini.

Marzo-aprile 1995, p. viii: offerte; p. 9: ci hanno scritto; p. 14: un disegno più grande. commemorazione di p. gianni terruzzi.

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Maggio-giugno 1995, p. viii: offerte; p. 9: ci hanno scritto; p. 14: padre carlo d'abbiategrasso il miracolo fra noi.

Luglio-agosto 1995, p. 6: documenti. 4 settembre 1880; p. viii: offerte; p. 9: festeggiamenti per il 215° anniversario dell’incoronazione.

Settembre-ottobre 1995, p. 4: cronache del santuario; p. viii: offerte; p. 9: ci hanno scritto; p. 14: dio ha bisogno degli uomini. commemorazione di p. pietro ducoli; p. 15: ascoltando padre carlo.

Novembre-dicembre 1995, p. viii: offerte; p. 9: ci hanno scritto; p. 14: padre carlo d'abbiategrasso una preghiera che libera.

Gennaio-febbraio 1996, p. VIII: Offerte; p. 9; Ci hanno scritto.Marzo-aprile 1996, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p.

14: Festa dolorosa. commemorazione, di p. Natale Merelli (continua).

Luglio-agosto 1996, p. 4: Documenti. Evviva la Madonna di Casale; p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 15: Festeggiamenti per il 216° Anniversario della Incoronazione.

Settembre-ottobre 1996, p. 7: La proposta di Padre Carlo; p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: Festa dolorosa. Commemorazione, di p. Natale Merelli.

Novembre-dicembre 1996, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: Santo a tempo di record. Commemorazione, di p. Eugenio Bollati.

Gennaio-febbraio 1997, p. 4: Anniversari cinquant’anni, ma non li dimostra; p. VII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto.

Marzo-aprile 1997, p. VIII: Offerte; p. 14: Un esempio da imitare; Commemorazione, di mons. Battista Pettinari (cont.).

Maggio-giugno 1997, p. VIII: Offerte; p. 14: L'imitazione di Cristo. Commemorazione, di mons. Battista Pettinari.

Luglio-agosto 1997, p. VIII: Offerte; p. 15: Festeggiamenti per il 217° anniversario della Incoronazione.

Settembre-ottobre 1997, p. 5: I pellegrini di Padre Carlo; p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 4: Padre Carlo d'Abbiategrasso, una risposta in più.

Novembre-dicembre 1997, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: La festa del cuore. Commemorazione, di p. Evaldo Giudici (cont.).

Gennaio-febbraio 1998, p. VIII: Offerte; p. 14: Una vera festa. Commemorazione, di p. Evaldo Giudici.

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Marzo-aprile 1997, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: Perché a te e a me no? Commemorazione, di p. Ismaele Bertani (continua).

Maggio-giugno 1998, p. 2: Madre celeste; associazione mariana; p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: I segni di Dio. Commemorazione, di p. Ismaele Bertani (continua).

Luglio-agosto 1998, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 11: Festeggiamenti per il 218° anniversario della Incoronazione; p. 14: Una tirata alla barba. Commemorazione, di p. Ismaele Bertani (fine).

Settembre-ottobre 1998, p. 5: Una piccola Lourdes; p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: Perché a te? Commemorazione, di padre Pietro Resta (continua).

Novembre-dicembre 1998, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: Beato Carlo prega per noi. Commemorazione, di p. Pietro Resta.

Gennaio-febraio 1999, p. XII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 10: Fra storia e leggenda; p. 14: A Casale di padre Carlo. Parole e musica per un nuovo canto.

Marzo-aprile 1999, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: Un cuore pieno d'amore. Commemorazione, di p. Fedele Merelli (continua).

Maggio-giugno 1999, p. III: Offerte; p. 14: Un esempio per tutti. Commemorazione, di padre Fedele Merelli.

Luglio-agosto 1999, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 10: Festeggiamenti per il 219° anniversario della Incoronazione; p. 14: Padre Carlo d'Abbiategrasso. storia del primo ritratto.

Settembre-ottobre 1999, p. 5: Benedizione ammalati. momenti di prova; p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: Il progetto di Dio. Commemorazione, di p. Daniele Marchi (continua).

Novembre-dicembre 1999, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: Quel chicco di grano. Commemorazione, di padre Daniele Marchi.

Gennaio-febbraio 2000, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 15: Preghiera a padre Carlo.

Marzo-aprile 2000, p. VIII: Offerte; p. 14: Un piccolo grande frate. Commemorazione, di p. Generoso Del Ferro (cont.).

Maggio-giugno 2000, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: Una sola benedizione. Commemorazione, di p. Generoso Del Ferro (cont.).

Luglio-agosto 2000, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 11: Festeggiamenti per il 220° anniversario della Incoronazione;

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p. 14: Un grande santo. Commemorazione, di padre Generoso Del Ferro.

Settembre-ottobre 2000, p. 6: Una piccola Loreto; p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: Vivere con Gesù. Commemorazione, di padre Ismaele Bertani (continua).

Novembre-dicembre 2000, p. VIII: Offerte; p. 14: Far vivere le parole. commemorazione, di p. Ismaele Bertani (continua).

Gennaio-febbraio 2001, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: Dio in azione. commemorazione, di padre Ismaele Bertani.

Marzo-aprile 2001, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: Arrivederci in Paradiso. Commemorazione, dì p. Evaldo Giudici (cont.).

Maggio-giugno 2001, p. VIII: Offerte; p. 14: Fino all'ultimo respiro. commemorazione, di p. Evaldo Giudici (cont.).

Luglio-agosto 2001, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 10: Festeggiamenti per il 221° anniversario della Incoronazione; p. 14: Chiedi per noi. Commemorazione, di padre Evaldo Giudici.

Settembre-ottobre 2001, p. 8: Di tutto di più; p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 10: Una promessa mantenuta; p. 14: Padre Carlo d'Abbiategrasso. Strumenti in mano a Dio.

Novembre-dicembre 2001, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto; p. 14: Nel cuore della citta’. Commemorazione, di p. Evaldo Giudici (continua).

Gennaio-febbraio 2002, p. viii: Offerte; p. 14: Il miracolo più' grande. commemorazione, di padre Evaldo Giudici.

Marzo-aprile 2002, p. VII: Ci hanno scritto; p. VIII: Offerte; p. 14: Un segno che continua. Commemorazione, di p. Mariano Brignoli (cont.).

Maggio-giugno 2002, p. VIII: Offerte; p. 14: E venne un uomo di Dio. Commemorazione, di padre Mariano Brignoli.

Luglio-agosto 2002, p. 11: Festeggiamenti per il 222° anniversario della incoronazione.

Settembre-ottobre 2002, p. VIII: Offerte; p. 14: La grandezza di un servo. commemorazione, di p. Evaldo Giudici (cont.).

Novembre-dicembre 2002, p. VIII: Offerte; p. 14: Un progetto d'amore. commemorazione, di padre Evaldo Giudici.

Gennaio-febbraio 2003, p. VIII: Offerte; p. 9: Ci hanno scritto.Marzo-aprile 2003, p. VIII: Offerte; p. 14: Guarire nell'anima.

commemorazione, di padre Evaldo Giudici (cont.).Maggio-giugno 2003, p. VIII: Offerte; p. 14: Fino all'ultimo

momento. commemorazione, di padre Evaldo Giudici.

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Luglio-agosto 2003, p. VIII: Offerte; p. 9: Festeggiamenti per il 223° anniversario della incoronazione; p. 11: Padre Carlo d'Abbiategrasso… pregherò' per te.

Settembre-ottobre 2003, p. 3: Una giornata speciale; p. VIII: Offerte; p. 12: Un popolo in festa; p. 14: Seguire con il cuore. Commemorazione, di p. Evaldo Giudici (continua).

Novembre-dicembre 2003, p. VIII: Offerte; p. 14: Tutta la vita. commemorazione, di padre Evaldo Giudici (continua).

Gennaio-febbraio 2004, p. VIII: Offerte; p. 14: Come una candela accesa. commemorazione, di p. Evaldo Giudici.

Marzo-aprile 2004, p. VII: Ve parli un pitinìn... d'i fra d'i capùcìn el fra cunfesùr; p. VIII: Offerte; p. 14: In ogni momento. Dall'omelia di padre Evaldo Giudici (continua).

Maggio-giugno 2004, p. 14: Una lezione di vita. Dall'omelia di padre Evaldo Giudici.

Luglio-agosto 2004, p. VIII: Offerte; p. 9: Festeggiamenti per il 224° anniversario della Incoronazione.

Settembre-ottobre 2004, p. VIII: Offerte; p. 14: Si è fatta viva. commemorazione, di padre Evaldo Giudici (continua).

Novembre-dicembre 2004, p.VIII: Offerte; p. 14: Guardate su a lei. Dalla commemorazione di padre Evaldo Giudici.

Gennaio-febbraio 2005, p. VIII: Offerte.Marzo-aprile 2005, p. VIII: Offerte; p. 14: Una presenza viva.

Dalla commemorazione di padre Evaldo Giudici.Maggo-giugno 2005, p. VIII: Offerte; p. 14: C’e’ un cuore che

batte. Commemorazione, di padre Evaldo Giudici.Luglio-agosto 2005, p. 12: Correva l’anno 1948; p. 15:

Festeggiamenti per il 225° anniversario della Incoronazione.Settembre-ottobre 2005, p. 7: La novita’ di quest’anno; p. VIII:

Offerte.Novembre-dicembre 2005, p. 14: Un angelo vestito di carne.

Commemorazione, di p. F. Fusar Bassini (cont).Gennaio-febbraio 2006, p. VIII: Offerte; p. 14: Il segreto di p.

Carlo. Commemorazione, di p.f.fusar bassini.Marzo-aprile 2006, p. VIII: Offerte; p. 14: L’amico di Gesu’.

Commemorazione, di padre Evaldo Giudici (continua).Maggio-giugno 2006, p. V: Un prezioso tesoro; p. 14: La vita

come offerta. Commemorazione, di padre Evaldo Giudici.Luglio-agosto 2006, p. 4: Commemorazione di padre Carlo

d’Abbiategrasso; p. VIII: Offerte; p. 14: Una casa fraterna.Settembre-ottobre 2006, p. 14: Ad imitazione di Cristo.

Commemorazione, di p. Agostino Valsecchi (cont.).

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Novembre-dicembre 2006, p. VIII: Offerte; p. 14: Al cuore della carita’. Commemorazione, di p. Agostino Valsecchi.

Gennaio-febbraio 2007, p. VIII: Offerte.Marzo-aprile 2007, p. VIII: Offerte; p. 14: La preghiera del

cuore. Commemorazione, di p. Evaldo Giudici (cont.).Maggio-giugno 2007, p. VIII: Offerte; p. 14: Nel nome del

Padre. Commemorazione, di p. Evaldo Giudici.Luglio-agosto 2007, p. 6: Commemorazione di padre carlo

d’abbiategrasso.Settembre-ottobre 2007, p. VIII: Offerte; p. 14: La vita per i

fratelli. Commemorazione, di p. Natale Merelli.Novembre-dicembre 2007, p. 14: Il sole all’improvviso.Gennaio-febbraio 2008, p. VIII: Offerte; p. 14: Santo subito.Marzo-aprile 2008, p. VIII: Offerte; p. 14: Verso il paradiso.

Commemorazione, di p. Evaldo Giudici (continua).Maggio-giugno 2008, p. V: Un prezioso tesoro; p. 14: La vita

come offerta. Commemorazione, di p. Evaldo Giudici.Luglio-agosto 2008, p. VII: Curs de dutrina; p. VIII: Offerte; p.

9: Commemorazione di padre carlo d’abbiategrasso.Settembre-ottobre 2008, p. 14: Bastava vederlo.

Commemorazione, di p. Evaldo Giudici (continua).Novembre-dicembre 2008, p. viii: Offerte; p. 14: Una

presenza costante. Commemorazione, di p. Evaldo Giudici.

11. ARCH. PC, CARTELLA N. 11

Bibliografia e notizie varie (estratti)1. Il santuario della beata Vergine di S. Salvatore e il

convento dei cappuccini in Casalpusterlengo, Milano 1880, p. 52, c’è il volume in fotocopia in ArchPC.

2. In morte di don Carlo Talini, necrologia, 1985, Il Lemene, anno VIII, n. 24, 13.06.1885 (accompagnato da lettera di Francesco Cerri).

2bis. Orazione funebre in lode del sac. don Carlo Talini, 5 pp. - don Pietro Trabattoni, parroco di Maleo – 1885.

3. Il santuario della Madonna detta di S. Salvatore e il convento dei cappuccini in Casalpusterlengo, Milano 1889 di p. Mauro da Subiaco, pp. 30-39.

4. Padre Carlo Vigevano – morto in concetto di santità. estratto da I cappuccini della provincia milanese, parte seconda, vol. II, Biografie dei più distinti nei secoli XVIII e XIX , di p. Valdemiro Bonari, Crema 1899, pp. 596-611.

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5. Don Gaspero Olmi, necrologia su La settimana religiosa, Genova, p. 201, Genova 25 aprile 1909 – lettera accompagnatoria.

6. Il santuario della Madonna dei cappuccini in Casalpusterlengo, p. Domenico da Origgio, 1921, p. 28-31.

7. Notizie storiche del borgo di Abbiategrasso, di Piero Parodi, Abbiategrasso 1924, p. 239s .

8. Martyrologium fratrum minorum provinciae mediolanensis, 1929, p. 21 (a Lovere c’è il volume).

9. Un’oasi dello spirito. 1930, mons Bramini, pp. 16, 23, 227, 235,, 237, 252, 257ss, Gambarini e Cairo, Casalpusterlengo,

10. Ipsa regnet, 1930, numero unico nel 150° dell’incoronazione. testo originale.

11. I santuari d’Italia illustrati, rivista mensile del pro familia, anno III, 10, 1930, p. 154.

12. Nozze di diamante di mons. Sante Peviani, numero unico, 1930 p. 5-8 – cenni biografici di don Sante.

13. A mons. Francesco Codazzi, 1939, suppl. a Il cittadino, 29.10.1939 nella nomina a prelato domestico di sua santità. Originale.

14. Pregi e limiti. Giudizio positivo sulla pubblicazione della biografia di padre Carlo scritta da p. Idelfonso da Vacallo. testo in 2 fogli, originale, dattiloscritto, non firmato, né datato.

14bis. Atti della provincia di San Carlo in Lombardia, 4 (pp. 218, 283): comunicazione e recensione della vita di Padre Carlo scritta da p. Idelfonso da Vacallo.

15. Lexicon capuccinum, 1951, p. 348, v. Carolus ab Abbiategrasso, fotocopia

16. Storia di Abbiategrasso, di A. Palestra, 1956, pp. 260s, 293, 298, fotocopia.

17. La sua vita. dati biografici. Dal periodico La madonna dei cappuccini, numero-speciale nel centenario della morte, gennaio 1959, p.10-11

18. Acta et decreta causarum… p. Silvini a Nadro ofmcap, Milano centro studi cappuccini, 1964, estratto, p. 298ss, fotocopia.

19. Beato Innocenzo da Berzo, di p. Gianmaria da Spirano, tip. lux de cruce Milano, 1961, testi: introduzione pag. IX-XXI e cap. IX, pp. 125-128, 258s.

20. Mater Salvatoris, di mons. A. Bramini, 1965, pp. 77, 113-132, 141.

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21. Solenni celebrazioni… nel IV centenario apparizioni e venuta dei cappuccini, 1974, bibliografia, p. 53ss.

22. La prima voce del coro. Articolo su padre Carlo, di Evaldo Giudici, su vol. La Madonna dei cappuccini, II centenario dell’Incoronazione, 1980, pp. 72-80.

23. Santi e santita’ nell’Ordine cappuccino, Roma 1981, Mariano da Alatri, II vol, testo di p. Evaldo, pp. 295-306, n. 3 copie.

24. Lettera di fra Eutimio Rainoldi da Arigna (4 giugno 1982) sulla beata Angela da Foligno. trascrive: l’esperienza mistica della beata di padre Pasquale Valugani, 1964, n. 53, p. 179: tra i lebbrosi.

25. Bibliotheca Sanctorum, Città Nuova editrice, 1987, in appendice, voce: Vigevano Gaetano, una colonna di Mariano da Alatri, p. 143s, fotocopia.

26. Casalpusterlengo, le chiese, la religiosita’ popolare e le sue espressioni, di don Giulio Mosca, Casalpusterlengo 1987, - i 4 voll. in biblioteca mariana - pp. 45s, 59s,, 63s, 411-414, 425s, 440s.

27. P. Fidenzio Volpi – autorizzazione per la stampa del volume “… e Maria lo prese con sé… - Mons. Magnani.” testo originale, firmato, per la prefazione al volume “… e Maria lo prese con sé…” , 24 febbraio 1988, cf. cart. 15/5. - P. Apollonio Troesi. lettera nella quale afferma che il volume non è “barocco”.

28. Franco Fraschini, prefazione dattiloscritta per “ …e Maria lo prese con sé”, 1988.

29. Casalpusterlengo da borgo a citta’ , due voll., f. fraschini, 1993, pag. 123-125 , i voll. in biblioteca mariana.

30. La Roncaglia antica e Somaglia nuova di F. Fraschini, 1994, pag. 56-60.

31. Sulle orme dei santi, Roma, 2000, p. Costanzo, p. 328s.

32. Linck creato 11.06.1999 da fr. Mario Traina, cartaceo della breve biografia del Servo di Dio, 12 pp. (c’è anche il testo cartaceo 2005 con foto).

http://www.comunicare.it/ofmcap/p_carlo/http://www.comunicare.it/ofmcap/p_carlo/welcome.htm

33. Prodigi dal Cinquecento al Novecento nell’Abbiatense, di Mario Comincini 2003, cap.: Padre Carlo e le grazie agli abbiatensi, pp. 89-93.

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34. Padre Carlo capùcìn, poesia del m.o Aldo Milanesi, Dal fornaciaio alla Madonna, Casalpusterlengo, 2007, p. 40s (pubblicata anche nel 1984 e 1988).

35. Breve scheda biografica, di fr.Evaldo, 2 pp. in inglese e italiano.

36. Elenco di articoli pubblicati da Il lemene, La squilla giovanile e soprattutto da Il cittadino - 13 fogli -. elenco curato da Francesco Cerri, archivista della Curia.

37. Biblioteca francescano-cappuccina provinciale, elenco di 13 pp., 99 titoli sul santuario, frati e Servo di Dio Padre Carlo. linck = www.infoteca.it/bfcp/opac.htm, www.comunicare.it/luoghi/archivio

38. “Modo pratico di santificare le operazioni della giornata e fare con profitto altri esercizi della vita religiosa, coi ricordi soliti a darsi ai novizi allorchè partono dal noviziato dopo la professione” APCL, ms. A. 381 – (il testo è stato edito nel 1842 a Brescia dalla tip. vescovile in S. Barnaba).

39. Bibliografia di padre Evaldo, ossia elenco di tutto il materiale raccolto in preparazione per la preparazione delle pubblicazioni editoriali e ora distribuito in queste cartelle.

12. ARCH. PC, CARTELLA N. 12

Testimonianze dei fedeli prima del 7 nov. 20071) - 1908 - Testimonianza di p. Fedele di Brivio2) - 26.8.1913 - Testimonianza di p. Fedele di Brivio3) - 1919 - Margherita Fiorenzo - Ombriano4) - 23.4.1919 - Famiglia Riboli - Sabbioni5) - 1930 Discorso pronunciato da Margherita Milanesi

Castaldi in occasione della presentazione del libro “Un oasi dello Spirito”

6) - 15.10.1933 - P. Giovita C. Cappuccino7) - 29.7.1947 - Paolo Andena – Varano Borghi (VA)8) - 2.8.1974 - P. Pasquale R. Ministro Generale OFMC – Roma9) - 17.1.1980 - Gallinelli Aldina - Abbiategrasso10) - 27.2.1980 - Enrico Canziani - Gallarate11) - 1983 - Giovanna Bramini - Casale 12) - 15.8.1990 - Paola, Luca, Carlo Oddone - Abbiategrasso13) - 13.4.1993 - Palvelli Marilena - Maddaloni (CE)14) - 15.8.1993 - Castiglioni Angelo e Esposto Mariarosa -

Secugnago15) - 12.11.1993- Filiberti Dagnela - Milano

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16) - 7.01.1994- Maria Adele Migliavacca - Abbiategrasso17)- 12.4.1995 - Famiglia Vanzulli - Milano18)- Apr. 1995 - Giovanna Boffini - Bertonico19)- 1° sem. 1995 - Franca Papetti - Lodi20) - 27.2.1996 – Losi Paola – Caselle Landi21) – 16.3.1996 – Giuseppina Maccarini e Passera Carolina –

Arcene22) – 13.7.1996 – Losi Paola – Caselle Landi23) – 26.10.1996 – Mussida Maria – Casale24) – 8.10.1997 – Graziella Cattoni – Magenta25) – 13.3 e 2.5. 1998 – Clementina Poli – Gazzanica(BG)26) – 19.11.1998 – Luisa e Roberto Garlaschi - S. Pellegrino27) – 10.11.1999 – Carelli Marinella – Casale28) – 13.12.1999 – Degradi Leonina – Casale29) – 2000 – Ferruccio30) – 2001 – Paolo Rossi – Secugnago31) – 2002 – Belotti Chiara - Lodi32) – 7.8.2002 – Annavazzi Carolina33) – Ott. 2002 – Antonella34) – 17.11.2002 - Claudio35) – 2° sem.2003 – Bramini Giovanna36) – 11.05.2004 – Griffini Maria Vittoria – Ostia Lido37) – 30.7.2004 – Ciaccafava Riccardo – Forlì38) – 2005 – una mamma39) – 28.10.2005 – Balzarini Mario Francesco – Casale40) – 25.8.2005 - anonimo41) – 18.11.2005 – Azzellino Luciano – Carcere di Opera (MI)42) – 6.6.2007 – Adele Rossi Pirovano – Varese43) – 21.6.2007 – Luciana Contardi - Codogno

13. ARCH. PC, CARTELLA N. 13

Dati, fatti e persone del secolo XIX

1. L’albergo dei tre re in Casalpusterlengo. era localizzato (nella ora) via Gramsci

2. Lanificio. conto spese 1853.3. Epidemia colera nel milanese nel 1836 e 1854. (ricerche di

padre Isidoro Castoldi). 4. Statistica religiosi cappuccini dalla fondazione della

provincia 1840, estratto.

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5. 1840-1859 “ballottazioni”: registro voti ai novizi per l’ammissione alla professione.

6. Elenco dei sacerdoti cappuccini dal 1845-1855 con dati di vestizione e professione.

7. 1845. convocati a Lodi parroco e superiore cappuccini di Casalpusterlengo per atto di rinuncia della parrocchia al contributo annuale della cera dal santuario.

8. Libro dei morti (1847-1860), registro ecclesiastico, estratto.9. Convento S. Vittore. Rientro solenne dei cappuccini.

allocuzione dell’arciv. Carlo Bartolomeo Romilli.10. Registro vestizioni 1852: «fr. Carlo inizia l’anno della

probazione l’8 novembre».11. 1855. Il podestà di Milano ringrazia i cappuccini per

l’assistenza ai colerosi in varie case di soccorso.12. Decreto di ammissione alla professione solenne, Roma,

27.02.185513. Atto di professione solenne, copia del manoscritto

autografo del Servo di Dio p. Carlo.14. Stato effettivo comunità religiosa (1856) a

Casalpusterlengo. n. 13 frati.15. 1856. Il podestà di Milano ringrazia di nuovo i cappuccini

per l’assistenza ai colerosi in varie case di soccorso, «senza desiderio di retribuzione».

16. Fra Barnaba da Milano, 1857, atto di vestizione e professione solenne.

17. Cronaca convento Crema 1858-1864, n. 2 ff.: superiori, noviziato, studio teologico.

18. Libro dei morti (1857-1865), registro civile, estratto.19. Registro morti comune di Casalp., febbraio 1859.20. Elezione discreto capitolare del convento di

Casalpusterlengo 1849.21. Elenco religiosi Casalpusterlengo, aprile 1855, 12 frati.22. Elenco religiosi Casalpusterlengo, 1858, (prima del

capitolo), 12 frati.23. Elenco religiosa famiglia convento di Crema, «esteso pel

capitolo prov. 1858», 15 frati.24. Elenco padri vocali al capitolo prov.le 1858, esito voti

ricevuti dai nuovi superiori.25. Stato effettivo della comunità di Casalp. 1858, 13 frati,

nota di venuti e partiti.26. 1849 Dichiarazione di avvenuta lettura della solita teologia

morale, soluzione del caso di morale e dubbio sulla regola.

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27. 1849 Dichiarazione di avere svolto «la sacra istruzione cristiana in tutte le domeniche ai fratelli laici e agli uomini del convento».

28. Sante messe ricevute, celebrate, Casalpusterlengo 1848-1849.

29. Sante messe ricevute, celebrate e cedute, Casalpusterlengo 1850-1852.

30. Sante messe ricevute, celebrate e cedute, Casalpusterlengo 1855-1856.

31. Sante messe ricevute, celebrate e cedute, Casalpusterlengo 1856-1858.

32. Padre Fedele da Provezze, lettera al card. G. Recanati. 1861.

33. Lettera di p. Daniele da Bergamo (1862) a un parroco per impegno di predicazione.

34. Lettera di p. Daniele al medesimo parroco (1862) per disdire l’impegno per malattia.

35. Don Carlo Talini (1853-1885). orazione funebre, di don Pietro. Trabattoni, arciprete di Maleo.

36. Necrologio frati cappuccini, ed. 1910 ed ed. 1982, estratto della voce «21 febbraio 1821 p. Carlo».

37. Dott. Carlo Cesaris (1817-1904), 3 pp., notizie biografiche raccolte da Aldo Milanesi.

38. Viaggio del Servo di Dio da Crema a Casalpusterlengo (3 pp.) raccontato nel 1934 da don F. Codazzi come l’aveva ascoltato da suo padre.

39. Codazzi don Francesco (1875-1953), curriculum.40. P. Giovanni Battista Tornatore (1820-1895), lettera a fr.

Evaldo nel 1979 dal collegio Alberoni (PC) con notizie biografiche.41. S. Rosa da Lima, patrona del comune di Abbiategrasso.

Lettera del parroco (1983) con notizie sulla devozione.42. Don Luigi Veneroni, don Giuseppe Mazza, don Francesco

Saverio Guasconi, sacerdoti diocesani, estremi anagrafici.43. P. Francesco Faustinoni da Bergamo. (1872) nel 1841

inviato provinciale a Bergamo come fondatore della ricostruita provincia di San Carlo. Breve annuncio della sua morte su Annali Francescani.

44. P. Daniele Prini da Bergamo (1821-1887). annuncio ai frati della sua morte.

45. P. Lorenzo Colleoni da Albino († 1887). annuncio ai frati della sua morte.

46. P. Ignazio Pedrocchi da Rovetta († 1893). annuncio ai frati della sua morte. (una pag. e mezza).

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47. P. Paolino Bellotti da Verdello (1837-1917). annuncio ai frati della sua morte.

48. Gazzetta di Pavia, 9 gennaio 1851.49. Gazzetta di Pavia,19 luglio 1851.50. Gazzetta de tribunali, n. 78 – 7 ottobre 1851 (tre fogli).51. Norme di polizia in materia di notifiche (26 marzo 1859).

14. ARCH. PC, CARTELLA N. 14

Vita personale di Padre Carlo1. Genealogia. Alcuni Vigevano a Genova nel 1391.2. Famiglia Vigevano. Stato della famiglia del Servo di Dio

padre Carlo. I genitori hanno avuto 17 figli (dal 1825 al 1851).3. Certificazione matrimonio genitori di p. Carlo.

Certificazione di Battesimo di p. Carlo. (Lettera di p. Eligio Bertoli da Chiari su ricerche eseguite in Archivio parrocchiale di Abbiategrasso quando era cappellano all’ECA locale, 30 gennaio 1980).

4. Denuncia di Carlo Vigevano del furto di due fazzoletti di stoffa dalla sua bottega, 15 ottobre 1850.

5. Ballottazione per ammettere i novizi alla Professione. - SS.Annunciata 1852.

6. Decretum pro admissione ad professionem, rilasciato da Fr. Lorenzo, Procuratore Generale, Roma 27 febbraio 1855. Indirizzo del destinatario p. Francesco da Bergamo, Provinciale.

7. Trascrizione dell’Atto di Professione di Fra Carlo, 29 marzo 1855.

8. Tavola (lista) della Famiglia religiosa di Crema, 23 aprile 1858.

9. Kaiser fra Camillo, pittore – chiamato al capezzale per immortalare le sembianze del Servo di Dio p. Carlo.

10. Necrologia del Servo di Dio scritta dal guardiano p. Daniele, 21 febbraio 1859 – due testi.

11. Referto psicologico sulla scrittura del Servo di Dio p. Carlo. Istituto indagini psicologiche, Milano, 29 gennaio 1988.

12. Riferimenti per consultare la Cronaca (1922-1950) del convento di Casalpusterlengo in ACPL.

13. Scheda biografica del Servo di Dio p. Carlo.14. Certificazione di morte di Cattaneo Luigia, nata a Como,

anni 22, moglie di Vigevano Paolo, morta a Milano il 5 settembre 1867.

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15. Certificazione di morte di Vigevano Paolo, anni 40, già guardia daziaria, vedovo di Cattaneo, morto a Como il 26 novembre 1872.

16. Calendario date delle festività liturgiche dal 1814 al 1870, in lingua magiara-ungherese.

17. Rituale latino. Fotocopia pagine del testo usato dal Servo di Dio p. carlo con le sue impronte digitali.

18. I manoscritti del Servo di Dio (fotocopia) (Professione, Lamentazione, ….).

19. I Tabernacoli di Fra Francesco da Cedrate: quello attuale in questa chiesa che proviene da Bergamo dove il Servo di Dio sostò come sacerdote-studente e quello della SS. Annunciata di Borno = sono Reliquie che ricordano che padre Carlo ha aperto e chiuso questi tabernacoli e davanti ai quali ha sostato per adorare l’Eucarestia.

15. ARCH. PC, CARTELLA N. 15

ISTITUZIONI: Curia diocesana di Lodi - Curia provinciale frati cappuccini Milano

1. Padre Benigno Re Cecconi, ministro provinciale scrive (10.11.1948) al guardiano perchè nel recarsi a Roma chieda al Postulatore circa la probabilità di riuscita nel riassumere la Causa del Servo di Dio padre Carlo.

2. Fra Bernardino da Siena, postulatore generale. Dichiarazione con autografo, novembre 1948 nel contesto di una lettera di Fr. Benigno da S. Ilario M. al guardiano di Casalpusterlengo.

3. Padre Benigno, in visita canonica a Casalp., invita il TOF a farsi carico di diffondere la devozione al Servo di Dio p. Carlo, 20 febbraio 1949- il testo originale in archivio.

4. P. Pasquale Rywalski, ministro generale. Lettera per il Bicentenario dell’Incoronazione della Madonna dei Cappuccini, 16 maggio 1980.

5. Mons. Magnani – testo originale, firmato, per la prefazione al volume: … e Maria lo prese con sé… , 24 febbraio 1988 (cf. Cart. 11/27).

6. A tutti i frati della provincia. Il ministro provinciale Alessandro Ferrari annuncia la riapertura del della Causa di beatificazione del Servo di Dio p. Carlo, 30 agosto 2009.

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16. ARCH. PC, CARTELLA N. 16

Sepoltura, ricognizioni, traslazioni del Servo di Dio p. Carlo.

1. Dichiarazione di autenticità circa la cassa di zinco, la cassa di legno e due sandali trovati nella sepoltura del Servo di Dio p. Carlo il 21 novembre 1871.

2. Disposizioni di legge per l’esumazione e trasporto dal cimitero alla chiesa dei resti di una persona quando è iniziato il processo di beatificazione. Monitore dei Tribunali, anno 38, 19 giugno 1897, Milano.

3. Il sottoprefetto di Lodi prega il sindaco di comunicare a don Camillo Viganò (guardiano) che il Consiglio Provinciale di sanità ha accolto la domanda di traslazione delle ossa di padre Carlo ad alcune condizioni. Tassa £ 30. 10 febbraio 1898.

4. Il prefetto avverte il sindaco di Casalpusterlengo che la Commissione Sanitaria delegata a constatare lo stato della salma del padre Carlo sarà a Casalpusterlengo mercoledì 2 marzo alle 11.30.

5. 26 febbraio 1898.6. Il sindaco trasmette la sopraddetta comunicazione al padre

guardiano di Casalp. 28 febbraio 1898.7. Il Sindaco comunica al prefetto di Milano che essendo

malato l’ufficiale sanitario sarà sostituito dal medico condotto dott. Giacomo Bianchi. 28 febbraio 1898.

8. Il sindaco delega il dott. Giacomo Bianchi in surroga e rapprsentanza dell’Ufficiale Sanitario il 2 marzo per constatare che la salma sia ridotta in stato da esser equiparata ai residui della cremazione. 28 febbraio 1898.

9. Processo verbale dell’esame delle ossa del Servo di Dio p. Carlo a cura del Consiglio Sanitario Provinciale di Milano. 2 marzo 1898.

10. Il prefetto di Milano comunica al sindaco di Casalpusterlengo il decreto per il trasferimento delle ossa di Padre Carlo, in risposta alla nota del 28 febbraio 1898. 7 marzo 1898.

11. Il Prefetto incarica il Sindaco di Casalpusterlengo che curi l’esecuzione del decreto sotto la rigorosa osservanza dellle norme vigenti. 10 marzo 1898.

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12. Il sottoprefetto di Lodi rimette al sindaco di Casalp. il decreto prefettizio che autorizza il trasporto delle ossa… affinchè lo trasmetta al padre Guardiano. 12 marzo 1898.

13. Il sindaco del municipio da Casalpusterlengo comunica al padre guardiano che il prefetto di Milano decreta l’autorizzazione per trasferire i resti di padre Carlo al sepolcreto in san Salvario. 14 marzo 1898.

14. Manifesto dei cappuccini con programma del «solenne trasporto delle venerate spoglie del loro caro e santo confratello» dal cimitero alla parrocchia e poi al santuario. 28 aprile 1898.

15. Il guardiano comunica al sindaco con lettera il programma del trasporto dei resti mortali di padre Carlo. Il percorso sarà condecorato di sandaline color nero e nella piazza Maggiore saranno impiantati pali di sostegno che verranno rimossi a trasporto ultimato. 28 aprile 1898.

16. Il sindaco prende atto e partecipa che nulla osta ad impiantare i pali nella piazza Maggiore restando inteso l’obbligo di ripristinare il terreno. 28 aprile 1898.

17. Il notaio Francesco Rognoni prende atto che Goldaniga Vincenzo, custode del cimitero, apre la tomba del Servo di Dio nella cappella mortuaria dei padri cappuccini e leva la cassetta di legno, che risulta non manomessa, e viene racchiusa in nuovo cofano di legno. Ore 8, 4 maggio 1898.

18. Il notaio Francesco Rognoni scrive il processo verbale del trasporto dell’urna con le ossa del Servo di Dio p. Carlo dal cimitero comunale alla Chiesa di San Salvario in una fossa scavata nella cappella dedicata a San Francesco dopo autorizzazione di competente autorità superiore. Ore 3.30 pomeridiane, 4 maggio 1898.

19. Il guardiano, padre Donato da Malvaglio, spiega al postulatore generale il progetto della cappella col sepolcro del Servo di Dio in santuario. 26 giugno 1932.

20. Padre Raffaele, postulatore generale, risponde invitando a informare il provinciale e il vescovo. Assicura la sua presenza. 5 luglio 1932.

21. Padre Raffaele, postulatore generale. Fare o non fare la ricognizione. 16 luglio 1932.

22. Il guardiano, padre Donato, promuovendo una pesca di beneficenza per le prossime feste di settembre, annuncia il trasporto delle ossa del Servo di Dio per il 5 settembre. 30 luglio 1932.

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23. Dalla Cronaca del Convento, sintesi in 11 pagine di lavori eseguiti (porticato, cappella, sepolcro, epigrafe…), dell’esumazione e solenne trasporto dei resti mortali del Servo di Dio. 1932.

24. Dépliant di sei pagine con i programmi delle feste solenni dall’1 all’11 settembre 1932.

25. Programmi pubblicati (su Il Cittadino?) con il medesimo testo qui sopra.

26. Traslazione delle ossa di padre Carlo da Abbiategrasso, Il Cittadino, 9 settembre 1932.

17. ARCH. PC, CARTELLA N. 17

Atti della Provincia dei Frati Minori Cappuccini di S. Carlo in Lombardia

Sono riportati tutti i riferimenti (numerati da 1 a 34) che riguardano p. Carlo d’Abbiategrasso e la sua causa dal 1934 al 20001047.

18. ARCH. PC, CARTELLA N. 18Testimonianze richieste ai fedeli il 7 novembre 2007

1 – S.E. Mons. Claudio Baggini, Vescovo di Vigevano2 – S.E. Mons. Franco Cuter, Vescovo di Grajaù – MA-Brasile3 – S.E. Mons. Rino Fisichella, Ausiliare di Roma4 – S.E. Mons. Lino Garavaglia, Vescovo di Cesena-Sarsina5 – S.E. Mons. Paolo Magnani, Vescovo Emerito di Treviso6 – S.E. Mons. Serafino Spreafico, Vescovo Emerito di Grajaù7 – S.E. Mons. Bassano Staffieri, Vescovo della Spezia-Sar-Bru8 – Fra Sergio Andriotto Capp., San Giovanni Rotondo9 – Fra Aquilino Apassiti Capp., Marabà-PA Brasil10 – Fra Gaudenzio Barbaglio Capp., Casalmaggiore11 – Fra Michelangelo Bocchiola Capp., Albino12 – Fra Mariano Brignoli Capp., Bergamo13 – Fra Angelo Carrara Capp., Bergamo14 – Fra Luigi Caserini Capp., Bergamo15 – Fra Ignazio Comizzoli Capp., Bergamo16 – Fra Generoso Dal Ferro Capp., Lovere1047 Questi riferimenti a p. Carlo sono riportati sopra, al paragrafo B)

Atti della Provincia, alle pp. 420-435.

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17 – Fra Serafico Lorenzi Capp., SS. Annunciata 18 – Fra Natale Merelli Capp., SS. Annunciata19 – Fra Odorico Mizzotti Capp., Brunate20 – Fra Raffaele Orlando, post-novizio studentato di

Cremona21 - Fra Marcantonio Pirovano Capp., Abdjan – Cote d’Ivoire22 – Fra Pasquale Rota Capp., Gerusalemme23 – Fra Guerino Vitali Capp., Sondrio24 – Fra Rocco Zoia Capp., Cerro Maggiore25 – Fra Pierantonio Zanni Capp., Capanema- Parà- Brasil26 – Suor Paola Bassi, Capp.na, Bergamo27 – S.ra Andena Maria Assunta, Casale28 – S.ra Balzarelli Margherita, Somaglia29 – Sig. Angelo Bassanini, Casale30 – S.ra Luisa Bassanini, Casale31 – S.ra Luigia Bassi in Sesenna, Casale32 – S.ra Giovanna Boffini, Bertonico33 – S.ra Luciana Boffini, Somaglia34 – S.ra Mariarosa Bonalda, Codogno35 – Ing. Giovanni Franco Brambilla, Somaglia36 – S.ra Maria Brugnoni Rossi, Borghetto Lodigiano37 – S.ra Marinella Carelli, Casale38 – S.ra Rita Carolfi Garà, Casale39 – S.ra Giuseppina Casali, Casale40 – Sig. Amato Chiesa, Casale41 – Sig. Amato Chiesa, Casale42 – Sig. Enrico Cipelletti, Casale43 – Fam. Rocco Cipressi-Paola Baiunco, Abbiategrasso44 – S.ra Marisa Codazzi, Casale45 – S.ra Luciana Contardi, Codogno46 – Sig. Atanasio Cappelletti, Casale47 – S.ra Maddalena Cremaschi, Casale48 – S.ra Teresa Dragoni, Casale49 – Sig. Italo Farina, Casalmaiocco50 – S.ra Sandra Fassinetti, Casale51 – Sig. Enrico Ferrari, Casale52 – Sig. Piero Friggè, Casale53 – S.ra Rosamaria Fusari, Casale54 – Sig. Pietro Giandini, Brembio55 – S.ra Daniela Giaveri, Casale56 – S.ra Carolina Livraghi, Casale57 – S.ra Ennia Lampugnani, Casale58 – Sig. Giovanni Lupi, Casale

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59 – S.ra Angela Mantegazza, Casale60 – S.ra Adele Marazzi, Casale61 – S.ra Maria Marocchi (Pia), Casale62 – Sig. Aldo Milanesi, Casale63 – S.ra Carolina Montini, Casale64 – S.ra Rosa Morosini, Casale65 – S.ra Gabriella Orlandi Conturbia, Casale66 – Sig. Pierangelo Pasquini, Casale67 – S.ra Angela Patrini, Casale68 – Sig. Venanzio Pinciroli, Senna Lodigiana69 – S.ra Mariassunta Pistore, Casale70 – S.ra Maria Poggi, Casale71 – S.ra Maria Teresa Poggi, Casale72 – Sig. Gabriele Rossi, Casale73 – S.ra Franca Ruggeri, Cremona74 – Sig. Giorgio Stancheris, Nembro75 – S.ra Vanda Vaccari,76 – Sig. Francesco Vignati, Somaglia 77 – Fra Fidenzio Volpi78 – Don Virginio Andena 79 – Sacerdoti nativi di Casalpusterlengo80 – Pagani Angelo, Sindaco di Casalpusterlengo81 – Lucchini Carlo

19. ARCH. PC, CARTELLA N. 19ICONOGRAFIA Quadri, ex voto, disegni devozionali, fotografie, cartoline,

immagini, medaglie, varie presenti nella pinacoteca, nel convento, nel museo e altrove

A - In Pinacoteca:1. Quadro (115,5 x 84,5) raffigurante busto di padre Carlo in

una cornice ovale con quattro angeli e sotto la seguente epigrafe: «P. Carlo d’Abbiategrasso Minore Cappuccino morto in concetto di santità il 19 (sic) febbraio 1859». In basso a destra firma del pittore: P. Jõ. Franciscus Capp. pinxit 1925. Tecnica: olio su tela. Catalogato della Provincia di Lombardia Frati Minori Cappuccini: 011-552.

2. Quadro (50 x 35) di padre Carlo benedicente un gruppo di fedeli con sullo sfondo la Madonna dei Cappuccini. Eseguito nel 1994 da Francesco Piarulli di Montanaso Lombardo. Sul verso è incollata una lettera manoscritta del pittore a padre Mariano

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Brignoli capp. Dono dell’autore, maggio 1994. Tecnica: olio su tela. Catalogato: 011-504.

3. Stampa incorniciata (35,5 x 25). Raffigura il Servo di Dio con didascalia: “Vera effige del Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso Cappuccino morto in concetto di santità nel Convento di Casalpusterlengo il 21 febbraio 1859 d’anni 33”. Iscrizione sul cartiglio in alto: ORAZIONE / CARITA’ / UMILTA’/ PENITENZA. Sul cartiglio in basso: POVERTA’ /OBBEDIENZA / CASTITA’. Entro nimbo luminoso: ins. in bs. al centro). Tecnica: Cromolitografia su carta. Catalogato: 011-501.

4. Stampa incorniciata (34,5 x 25) identica alla precedente, donata da Cipolla Angela, Casalpusterlengo. Catalogato 011-501 bis.

5. Manoscritto incorniciato (14 x 22) del 20 ottobre 1911 firmato da Fr. Aurelio da Pieve Delmona Cappuccino e Cappellano beneficiato del Santuario, restaurato dalle Suore del Monastero di Viboldone. Questo manoscritto si riferisce al quadro che «è il vero ritratto da morto del Venerabile Padre Carlo Vigevano d’Abbiategrasso» conservato nell’Archivio Provinciale e attribuito a Fra Camillo Kaiser. Tecnica: inchiostro su carta. Catalogato 011-531.

6. Ex-voto tavola lignea (27,5 x 44): è raffigura un giovane ammalato, a letto, di cui sporge solo la testa. Il frate, che è nell’atteggiamento di benedire l’ammalato, è identificabile con padre Carlo; egli stringe nella mano sinistra un aspersorio e sopra il saio indossa la stola. Sulla parete frontale vi è un altarino che ha ai lati due rosari appesi al muro; sull’altarino è raffigurata l’immagine della Madonna che rappresenta la statua esposta in chiesa. Un terzo rosario pende da un Crocifisso appeso sopra il comodino, sul quale ci sono un bicchiere e una bottiglia. Sopra il letto un quadro e a lato altri due piccoli quadri; sul letto una coperta con frange bianche e trapunta blu. Tecnica: olio su tavola. Catalogato 011-512.

7. Ex-voto di forma ottagonale (81,5 x 71). Raffigura un angelo ricamato su tessuto che porta un fascio di spighe sulla tomba di padre Carlo. Il piccolo monumento riporta la seguente didascalia: «Riconoscenza a Padre Carlo»; ai piedi della tomba la scritta: Laboravit. Tecnica: seta, cotone, fili d’oro e d’argento, carta. Catalogato 011-505.

8. Quadro (80 x 60) raffigura p. Carlo che si stringe al cuore un libro e ha gli occhi fissi sul Crocifisso. Siglato con due lettere indecifrabili in bs a dx. (sec. XX) Tecnica olio su tela. Catalogato 011-564.

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9. P. Carlo in atto d’invocazione con gli occhi rivolti al cielo, con la mano dx protesa in atto di benedizione e la mano sx con aspersorio e rituale. Del pittor Paolo Galleani di Codogno 1928 La figura di p. Carlo è copia di quella in 011/001 - Tecnica: olio su tela (37x27). Ubicazione: Pinacoteca . Catalogato 011/502

10. Quadro (50 x 40) raffigurante p. Carlo eseguito dal pittore Angelo Austoni (è presente la sua firma), donato a padre Luigi Caserini il 27 ottobre 1981. Catalogato 011-503.

11. Formella di Germani Guido (31 x 21). Rappresenta padre Carlo, il quale benedice alcuni fedeli e indica con la mano sinistra la Madonna dei Cappuccini attorniata da angeli e nella mano destra tiene l’aspersorio. Sullo sfondo si vede lo scorcio del Santuario. Il quadro da cui è copiato questo altorilievo è in 011/217. Tecnica: terracotta. Catalogato 011-546.

12. Cinque medaglie che rappresentano, da una parte, padre Carlo con la scritta: «Servo di Dio P. Carlo da Abbiategrasso Cappuccino», dall’altra la Madonna dei Cappuccini con la scritta: «Madonna dei Cappuccini Casalpusterlengo».

13. Medaglietta con spilla raffigurante padre Carlo.14.Cartolina, fatta a quadretto, raffigurante la tela del pittore

Posi che si trova nella cappella di padre Carlo.15. Foto (33 x 49) del 1922 di padre Isaia da Gerenzano,

vicepostulatore della Causa di Beatificazione del Servo di Dio padre Carlo; fotografo M. Rigotta.

B – In Convento:In Cartella è archiviato il carteggio per commissionare le

tele e la realizzazione della Mostra realizzata in Auditorium nel 1979-1980 dalla Biblioteca Mariana e dalla Pro Loco.

1. Sandali di p. Carlo. (Sec. XIX) tecnica : cuoio, 27 x 11,5. Le due suole si presentano legate da spago con due sigilli in cera rossa (stemma francescano), avvolte (sotto lo spago) con carta recante note manoscritte - Altro cartellino manoscritto: Suole del Servo di Dio/ padre Carlo/ d’Abbiategrasso/ non rompere i sigilli.- Il tutto è avvolto in carta con l’iscrizione manoscritta: Suole dei sandali del Servo di Dio/ p. Carlo d’Abbiategrasso.- Note manoscritte: Sandali del padre Carlo/ da Abbiategrasso cappuccino trovati nella sua sepoltura dopo 12 dodici anni dalla sua preziosa morte il giorno 21 Novembre 1871 nel cimitero di Casalpusterlengo./ in fede fra Benvenuto cappuccino testimonia di veduta della scoperta fatta/ fra Giunipero cappuccino testimonio

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della scoperta fatta/ andati il giorno 6 Giugno 1873 presenti il padre guardiano Remigio … da Darfo e don… coadiutore in… Ubicazione: Stanza del Guardiano. Catalogato 011-024

2. Camillo Kaiser (Fra) Ritratto di padre Carlo (sec.XIX). Tecnica: olio su tela su tavola (13,5 x 11). Ubicazione: attualmente conservata nel caveau del Museo dei Beni Culturali Cappuccini di Milano. Era in stanza del guardiano. Sul verso: Notizie su carta stampata di p. Carlo precedente al 1932 perché vi si dice: «Le sue ossa riposano adesso nel luogo medesimo dove vivente benediceva il popolo». L’aggiunta con inchiostro completa: «Ora riposano [perciò dopo il 1932] in apposito loculo del santuario»; sul retro della cornice a sx : questa pittura - quasi contemporanea al Servo di Dio – conservarla gelosamente o in questo convento o nell’archivio provinciale. A dx: cornice per ritratto del V. P. Carlo (refettorio). Catalogato: 011/023

3. Angelo Austoni, ritratto di p. Carlo (1981), Tecnica: pastello su carta (50x40). Ubicazione: corridoio Frati Convento. – Iscrizione manoscritta su cartellino al verso in bs a dx: CONSEGNATO A / PADRE CASERINI LUIGI / IL QUADRO DI P. CARLO /… / ESEGUITO A PASTELLO / E CONESGNATO IL GIORNO / 27.10.81:IN FEDE / austoni angelo. Catalogato 011/503

4. Silvio Consadori, Ritratto di padre Carlo. (1982) Tecnica: pennarello su carta. (25 x 25). Ubicazione: corridoio frati convento. Catalogato 011/007

5. Vito MeLotto, Il piccolo Gaetano distribuisce il suo pane ai bambini poveri. (1982), firmato. Tecnica: pastello a cera su carta (50 x 36,5). Ubicazione: corridoio frati convento. Catalogato 011/005

6. Claudio Devoti, (1980), Il piccolo Gaetano guarisce improvvisamente al passaggio della processione con il simulacro dell’Addolorata. Il bambino con la mamma alla finestra della sua stanza vede i portantini e il simulacro della Madonna, tra le case. Tecnica: china su carta (21 x 9). Ubicazione: Cartella Arch. PC. Non catalogato.

7. Claudio Devoti, (1980). P. Carlo con l’indice sinistro alzato rivolge una breve esortazione prima di benedire. (dis. 21 x 9) Ubicazione: Cartella Arch. PC. Non catalogato.

8. Ugo Maffi, Oltre le mura del convento, la Vergine SS. lo chiamava, ma le porte restavano chiuse (1983). Tecnica: acquerello e inchiostro su carta ( 74,5 x 56). Ubicazione: corridoio frati convento, catalogato: 011/014.

9. A. Marengo, Un bel dì verso mezzogiorno capitarono alla casa del sig. prevosto di Abbiategrasso il p. Francesco da

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Bergamo e il suo segretario (1982). In primo piano i due frati con don Palazzi e alle loro spalle la casa canonica. Tecnica: inchiostro, pastello, acquerello su carta. Ubicazione: corridoio frati convento. Firmato e datato. Catalogato:011/006

10.Mario Castellani, Fra Carlo fa bruciare la legna bagnata (1982) : alcuni frati vi si riscaldano. Tecnica: carboncino su carta (43 x 34,5). Ubicazione: corridoio frati convento. Catalogato 011/011

11.Oscar Di Prata, «Portava Cristo a tutti e tutti a Cristo». Padre Carlo, in piedi e mani in alto, mostra la pisside ai fedeli. (1982) Tecnica: tempera su carta (58 x 48,5). Ubicazione: corridoio Frati Convento. Catalogato 011/012

12.Luigi Brambati, Elevazione dal suolo” di p. Carlo . I fedeli vedono la sua ombra proiettata al suolo, trasformata in croce. (1982) Tecnica: China su carta (41,5 x 33). Ubicazione: corridoio frati convento. Catalogato 011/010

13.Camillo Kaiser (Fra), attribuito. P. Carlo guarisce una cieca, con la Madonna vestita di manto (sec. XIX). Tecnica: olio su tela (129 x 97). Ubicazione: Museo per i visitatori. Catalogato 011/001

14.Franco Ferlenga, P. Carlo guarisce un paralitico sul carretto (1982) Tecnica: carboncino su carta (62 x 46). Ubicazione: corridoio frati convento. Catalogato 011/013

15.Guillermo Roux (Buenos Aires – 2845 Delev. Gallo Martinez – Argentina), 1982, (25 x 33). Ritratto di p. Carlo: «Sento gran confidenza». Tecnica: matita e tempera su carta (35 x 25). “P. Carlo è raffigurato con “viso scarno, zigomi pronunciati, occhi con sopracciglia inarcate. Sprigiona grande forza emotiva, un ritratto meraviglioso, perfetto, uno dei migliori che sia dato a vedere” (Franco Pedrazzini). Ubicazione: corridoio convento. Catalogato 011/008

16.Gino Carrera, «Non sono più io che vivo» (1981), Tecnica: inchiostro di china (43 x 39). Una grande stanza, quasi un tunnel, con una finestra aperta sullo sfondo. Ci sono due sedie vuote, distanti; e una figura appoggiata ad un ripiano. Firmato e datato. Ubicazione: corridoio frati convento.

17.Camillo Kaiser (Fra) (?) Ritratto di padre Carlo con crocifisso. (sec. XIX) Tecnica: olio su tela (70x56). Restaurato da fra Francesco Calloni. Ubicazione:corridoio del refettorio. Catalogato 011/022

18.Felice Vanelli, 1982, (Tela corridoio frati convento), «In Cristo anche la morte è vinta». «Gli opposti si incontrano». Tecnica: olio su tela (97 x 158) Raffigura padre Carlo in

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meditazione dei misteri del Natale e di Cristo deposto dalla croce. Catalogato 011/015

19.Giacomo Bassi - Ritratto «Padre Carlo è punto di riferimento dei contadini dei dintorni» (2004). Sullo sfondo: schizzo del Santuario della Madonna dei Cappuccini e di contadine/i con attrezzi di campagna. Firmato e datato. Tecnica: acquarello e inchiostro. Acquarello e inchiostro. Ubicazione: corridoio frati convento. Non catalogato.

20.Italo Farina - disegno a tempera. Ritratto di padre Carlo che tiene nella mano dx il Crocifisso mentre con la sx. indica la Madonna dei Cappuccini (utilizzato nel volume Appunti 2008)

21.Camillo Ribolini - Ritratto di p. Carlo (2001). Si rifà alla tipica iconografia. In basso al centro è incisa l’iscrizione: Padre Carlo da Abbiategrasso. S. Rocco Al Porto Via Dante, 7 – tel. 0377.56264, commissionato e donato da Luigi Meazzi p.g.r. dopo viaggio a Medjugorie (anni 41)- Tecnica: scultura in bassorilievo su gesso (50 x 40). Ubicazione: corridoio frati convento. Non catalogato.

22.Luigi Campagnoli - Benedizione (2005). P. Carlo benedicente tiene un aspersorio. Vicino a lui un ostensorio entro una nuvola. In basso un tavolo con il pane, il rituale, il vassoio con l’acqua santa e un plico di immagini, posti su un panno. Tecnica: matita nera su carta (23,9x31,4). Ubicazione: archivio p. Carlo. Non catalogato.

23.Luigi Campagnoli, Studio per quadro P. Carlo (2002). Rappresenta il piccolo Sante Peviani, vestito da chierichetto, in piedi, con lo sguardo rivolto al nubifragio. Sulla sua spalla un braccio destro in segno di protezione. Sopra la scena c’è una croce. Tecnica: matita nera su carta (23,9x31,4). Ubicazione: archivio p. Carlo. Non catalogato.

24.Luigi Campagnoli, Oltre le nubi è sempre sereno (2002). Il chierichetto Sante Peviani, inginocchiato davanti all’altare, riceve la benedizione da padre Carlo, che tiene la mano sinistra sul cuore e la destra sulla testa del bambino. Sullo sfondo a dx è raffigurato un nubifragio. In alto la croce in un nimbo di luce e a sx il busto della Madonna dei Cappuccini. Sul retro la fotocopia di una foto che ha per protagonista il chierichetto diventato sacerdote, ripreso accanto all’anziano padre e ad un parente. Sotto è ripreso uno stampato che racconta l’episodio dell’ombrello. Tecnica: olio su tela (50 x 60). Ubicazione: cappellina del convento. Firmato e datato. Non catalogato.

25.Luigi Campagnoli, n. 18 disegni – studio, firmati, di vario formato, in preparazione alle opere sopra indicate. (2001-2002)

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Tecnica: matita nera su carta. Ubicazione: archivio p. Carlo. Non catalogati.

26.Pietro Posi: Padre Carlo benedicente i fedeli, sullo sfondo simulacro della Madonna senza manto, attorniata da Angeli (perciò antecedente al 1942). Firmato in bs a dx: P. G. Posi. Tecnica: olio su tela (81,5 x 58, con cornice: 99,5 x 76,5). Ubicazione: Chiesa, prima Cappella a dx, parete sx. Iscrizione dipinta in bs al centro sulla cornice: SERVO DI DIO / * 1825 P. CARLO DA ABBIATEGRASSO *1859. Catalogato: 011/217

27.Padre Isaia Guzzetti da Gerenzano (detto anche da Milano † 17.09.1922). Promotore e primo vicepostulatore della Causa di canonizzazione del Servo di Dio p. Carlo nei processi di Lodi e di Milano. Tecnica: olio su tela (115 x 86). Pitt. Piero Posi?. Ubicazione: corridoio frati convento. Catalogato: 011/004

28.Epigrafe su lastra marmorea a ricordo del luogo della morte di Padre Carlo (1988) Tecnica: marmo bianco lucido (30 x 50). Ubicazione: salone superiore. Iscrizione: in questo luogo / morì il servo di Dio / P. Carlo M. Vigevano da Abbiategrasso / il 21.2.1859 alle ore 10.30. Catalogata: 011/039

29.Laura Donelli, Ritratto di padre Carlo (2002 ). Tecnica: olio su tela (30 x 25). Ubicazione: stanza di p. Evaldo. Non catalogato.

30.Laura Donelli, n. 3 disegni raffiguranti padre Carlo (due ritratti e un padre Carlo benedicente). Tecnica: pastello su carta. Ubicazione: Arch. PC. Non catalogati.

31.Barbieri Mariano, di Castiglione d’Adda. (2000). Vetrata artistica incorniciata sopra il Sepolcro nella cappella: immagine di Padre Carlo con stola, avvolto da fasci luminosi, aspersorio nella mano sn e con la dx invita ad andare dalla Madonna. Tecnica: vetro-fusione con ombreggiature a grisaille nera (2,10 x 1,15 compresa la cornice). Non catalogato

C - Museo:

32. Cassa di legno (44 x 40 x 107) contenente l’urna di zinco e i resti della cassetta di legno che custodirono le ossa del Servo di Dio Padre Carlo dal 1898 al 1932; nella cassa si trova anche della bambagia. Catalogato 011-563.

33.Inginocchiatoio (91 x 43) che si trovava nella cappella dell’infermeria, già cella dove morì il Servo di Dio padre Carlo. Catalogato 011-562..

34. Disegni di Renato Tallarini Residente Milano in via Martinetti. N. 22 disegni a soggetto:

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1. «Accostò le labbra al muro del chiostro, lo baciò e disse: “Io morirò cappuccino”» (episodio ripreso da p. 102 …E Maria lo prese con sè…).

2. «Annunciato il tema proruppe in un dirottissimo pianto» (p. 190)

3. «Fra Carlo in ginocchio impone le mani a un bambino e lo benedice» (p. 218).

4. «Durante i fuochi d’artificio si pose in un canto e non sollevò palpebra» (p. 262).

5. «Al bambino storpio diede una candela, poi: Vieni con me figliolo e lo fece camminare attorno alle panche della chiesa» (pp. 282-284).

6. «Alla bambina cieca: Guarda su, come è bella la Madonna e la bambina fece eco alla mamma Guarda mamma come è bella la Madonna» (p. 286).

7. «Un bacio intenso e prolungato sulla piaga» (p. 287).8. «I malati vengono portati su da padre Carlo morente:

promette loro la guarigione» (p. 360).9. «Presto tu verrai con me in paradiso» (p. 351-352).10. «Vengo, o Madre! Vengo, o Madre» (p. 369).11. «Mamma, mamma, la Madonna mi ha guarito».12. «Li portava dentro la bottega per far vedere a papà

quanto il “suo amico” era soddisfatto». 13. «Mostrava agli avventori i difetti dei tessuti» (1997).14. Il quadro del Sacro Cuore (1997).15. «Era lo spettacolo della domenica pomeriggio»

(1995).16. «Era lo spettacolo della domenica mattina».17. Chiese di sostituire due condannati a morte (1997).18. «Papà vuole che Gaetano si sposi» (1997). 19. «Non ci guardò neppure in faccia» (1997).20. «In casa di don Palazzi, il Provinciale decide per la

riammissione di Gaetano al convento di San Vittore» (1997). 21. «Innanzi al Crocifisso stava inginocchiato più ore…

e le sorelle…» (2000). 22. «Aveva una speciale attrattiva verso gli infermi e i

poveri».

D - Conservati nel BCCMUSEUM

1. Attribuito a fra Camillo Kaiser (XIX sec.), ritratto dal Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso, sacerdote cappuccino.

Tecnica: olio su tela (20 x 15). Catalogato APCL 0020

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2. Ignoto (XIX sec.), Servo di Dio P. Carlo d’Abbiategrasso, OFMcap.

Materia eTecnica: olio su compensato (36,5 x 42). Catalogato APCL 0052.

3. Ignoto (XIX sec.), cassa del sandalo di P. Carlo d’Abbiategrasso, OFMcap. Materia: legno (7 x 29,5 x 14). Catalogato APCL 0408.

4. Fra Damaso Bianchi (1999), acquarello, raffigura il Servo di Dio della tradizionale iconografia, benedicente i fedeli con l’aspersorio. Non trovata in MUSEUM, provare a chiedere a P. Fedele.

5. Fra Umberto Cuni Berzi, tavola conservata in Museo, pubblicata dalla Velar in Santi Cappuccini Lombardi, 2005.

Trovato nulla di questo frate, ho trovato solo 3 opere di padre Umberto Soranzo che ha dipinto il Volto Santo, la Madonna con Bambino e delle donne che raccolgono il fieno. Non credo siano queste che le interessano.

E – Convento Sabbioni di Crema

6. Paolo Zambellini, pittore lodigiano. «L’istituzione delle SS. Quarantore»: raffigura frati in adorazione dell’Eucarestia in un ostensorio poggiato sull’altare. Si notano due frati vissuti per breve tempo nel convento dei Sabbioni di Crema: il beato Innocenzo da Berzo e il Servo di Dio padre Carlo da Abbiategrasso. Tecnica: affresco. Ubicazione: Chiesa del convento, sulla parete a dx del presbiterio.

20. ARCH. PC, CARTELLA N. 20Repertorio di documentazione a partire dall’anno 1908

al 2003, pp. 143 (utilizzata nei singoli capitoli).

21. ARCH. PC, CARTELLA N. 21

Abbiategrasso: Ricerche del dr. Mario Comincini e articoli vari.

8) CASALPUSTERLENGO, ARCHIVIO PARROCCHIALE

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Parrocchia SS. Bartolomeo e Martino in Casalpusterlengo

(Ricerca D.G. Mosca)

Nei Registri dei Defunti: atto di morte di padre Carlo. Atto di morte di don Francesco Pesatori.

Nei Registri dei Morti (anagrafe civile): atto di morte di p. Carlo;

Collezione 6 registri manoscritti e dattiloscritti della “Cronaca” della parrocchia di Casalpusterlengo del parroco mons. Cesare Manzoni, dal 1916 al 1944. Non si ritrova il vol. 7° (vedi cap. 10);

Collezione de “La Fiaccola” settimanale della Parrocchia, dal 1950 al 2008. Fu fondato nel 1917, ma sono state conservate le annate precedenti;

Cart. 27, 1 e 2 “Cappuccini, Santuario Madonna”, nei quali è stato riunito il materiale riguardante Santuario e Religiosi. Copiosa documentazione della seconda Incoronazione 1930 e del 2° Centenario 1980. Non c’è altro riguardante P. Carlo;

Archivio Fabbriceria Parrocchiale: gestione amministrativa dei beni in ordine cronologico, annuale. Tra i beni, la chiesa di San Salvario assegnata alla Chiesa Parrocchiale come sussidiaria dopo la 1° soppressione del 1805, e lo stesso convento, donato alla Fabbriceria da Don Novasconi, da dare in usufrutto ai Frati Cappuccini alla ricostruzione della Casa Religiosa. Non risultano accenni a P. Carlo;

Neppure risultano accenni negli altri cart. Il sottoscritto ha riordinato l’Archivio, or sono vari decenni, e ne ha fatto uso per i vari volumi dedicati alla storia di Casalpusterlengo.

9) CASALPUSTERLENGO,ARCHIVIO COMUNALE (ricerca D.G. Mosca)

Consultati numerosi faldoni relativi agli anni dalla venuta di padre Carlo a Casale fino al 1° processo.

Tit. III, sezione 4°, cart. 18, fasc. 19: lapide per padre Carlo 1859.

Cart. 18, fasc. 26: stato del cimitero 1859.Cart. 18, fasc. 2: concessioni cemeteriali (mancante anno

1872, sepoltura don Pesatori).Cart. 19, fasc. 3: costruzioni, ampliamenti, manutenzione.

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Cart. 19, fasc. 37: pratica esumazione e traslazione ossa padre Carlo 1897 - 1898 (documenti n. 16).

Tit. IV, sez. 2°, cart. 21, fasc. 24: documentazione completa della soppressione del convento 1868-1871.

Tit. XI, sez. 5°, Convocati e Consigli, cart. 65: fasc. 2: Verbali Consiglio Comunale 1802/97; fasc. 3: Verbali Giunta Municipale 1860/97.

10) ABBIATEGRASSO, ARCHIVI VARI

(Ricerca dott. Mario Comincini)1 - Archivio Comunale. É dotato di un inventario assai

analitico, redatto in anni recenti secondo le indicazioni della Soprintendenza Archivistica della Lombardia. Sono state consultate le buste che, per la materia, potevano avere attinenza col nostro argomento. Nessun documento reperito.

2 - Archivio Parrocchiale di S. Maria Nuova. Privo di inventario recente. Sono state consultate tutte le buste che, per arco cronologico e/o per materia, potevano avere attinenza col nostro argomento (Delegazione Provinciale, Curia, Estranei, Pretura, Prepositura ecc.). Si è reperita solo una lettera della Curia Arcivescovile di Milano al prevosto Balconi, datata 31 agosto 1907, con la richiesta di acquisizione in luogo di eventuali scritti di padre Carlo, per la causa di canonizzazione allora aperta; non c'è traccia di una eventuale risposta (cartella 51 - si allega copia fotostatica). Dai registri anagrafici di questo archivio, se necessari, si possono ricavare i dati relativi ai congiunti di padre Carlo: genitori, fratelli ecc.

3 - Archivio Parrocchiale di S. Pietro. Nessun documento reperito.

4 - Archivio Parrocchiale di S. Antonio Abate, località Castelletto. Nessun documento reperito.

Abbiategrasso, 28 ottobre 2008

11) LODI, ARCHIVIO STORICO DIOCESANO

Diocesi di Lodi ASDL(Ricerca D.G. Mosca)

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In “Serie Processi Beatificazione e Canonizzazione”: “Processus pro sanctificatione P. Caroli de Abbiategrasso OFM Capp”: plico sigillato del primo Processo;

carteggio completo relativo al tentativo di allontanamento di p. Carlo da Casalpusterlengo da parte dell’autorità civile;

Stato effettivo della famiglia religiosa dell’anno 1858;Verbale dell’esumazione dei resti mortali di Gaetano Vigevano

in religione padre Carlo d’Abbiategrasso dell’Ordine dei cappuccini, rogito notarile 21 maggio 1897;

Minuta della lettera della Curia Vescovile alla Prefettura, con la quale si dichiara conforme a verità quanto esposto dal padre guardiano di Casalpusterlengo, al fine di ottenere la autorizzazione a trasferire le ossa di p. Carlo al santuario (senza data);

Processo verbale dell’esame delle ossa che si ritengono essere appartenute al R. cappuccino padre Carlo da Abbiategrasso al secolo Vigevano Gaetano, fatto a cura del Consiglio Sanitario Provinciale di Milano, rogito notarile 2 marzo 1898;

Verbale del trasporto delle spoglie R° padre Carlo da Abbiategrasso al secolo Vigevano Gaetano fatto dal cimitero Comunale di Casalpusterlengo alla chiesa di San Salvario o dei Cappuccini, rogito notarile 4 maggio 1898;

Testimonio del cancelliere vescovile don Abele Tornielli di aver constatato che i sigilli apposti alla cassetta contenenti i resti mortali di padre Carlo erano intatti al momento della deposizione nel sepolcro della chiesa dei Cappuccini, in data 12 luglio 1898;

“De recognitione et translatione exuviarum Servi Dei Fr. Caroli ab Abbiategrasso Ord. Fr. Minor. Cap. Casalpusterlengo 1932”;

In “Serie Vescovi” cart. 33 mons. Benaglio e cart. 56 mons. Rota: nessuna notizia relativa a padre Carlo;

In “Serie Registri Licenze Confessioni”: registro 1790-1870: non risulta padre Carlo d’Abbiategrasso;

In “Serie Parrocchie”: “Parrocchia di Casalpusterlengo” b I “S. Maria Madre del Salvatore “ fasc. 221 Santuario: rappresentanza ufficiale di Abbiategrasso alla traslazione delle spoglie di p. Carlo dal cimitero al Santuario 4.5.1898;

ivi: domanda e concessione della facoltà di impartire la benedizione eucaristica solenne il 21 febbraio di ogni anno, anniversario della morte del servo di Dio p. Carlo d’Abb.;

ivi fasc 222 Padri Cappuccini: non ci sono altri documenti relativi a p. Carlo.

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Da un controllo del catalogo dell’Archivio della Mensa Vescovile, che ha anche reparti non riguardanti l’amministrazione dei beni della Mensa, nessun accenno a padre Carlo.

12) LODI, ARCHIVIO COMUNALE (ricerca don G. Mosca)Archivio Sottoprefettura, dal 1861 data di soppressione della

provincia di Lodi e Crema e del passaggio alla provincia di Milano con Lodi sede del Sottoprefetto: controllate tutte le 272 schede dei faldoni;

fald 9 Delegato Provinciale di Polizia: Famiglia Religiosa nel convento dei cappuccini di Casalpusterlengo anno 1869;

fald 53: carteggio con il Commissario Distrettuale di Casalpusterlengo circa l’ordine pubblico 1855 – 1857 – 1859.

Nessun accenno a padre Carlo.

13) DIOCESI DI LODI, ARCHIVI PARROCCHIALI (ricerca don G. Mosca)

Archivio Parrocchia di Somaglia, alla ricerca della “Vacchetta di sacrestia” anno 1858, per una conferma della Messa celebrata da padre Carlo il 15 agosto. Le vacchette non sono state conservate.

Archivio Parrocchia di Livraga, dove è stato parroco mons. Sante Peviani già chierichetto di padre Carlo: nella Cronaca della parrocchia l’ultima Messa celebrata nel Santuario al compimento dei 90 ‘ anni, il 14.2.1938. Da una rapida consultazione di varie cartelle, non è risultata alcuna memoria relativa a padre Carlo.

Archivio Parrocchia di Santo Stefano Lodigiano, dove mons. Peviani è stato parroco: nessun scritto relativo a padre Carlo. É un archivio che io, come parroco, ho sistemato perfettamente, catalogando il tutto.

Altri Archivi Parrocchiali che io ho sistemato nel giro di quasi trent’anni: Santa Cabrini, Lodi - Brembio - Castiglione d’Adda – Mirabello – Melegnanello - Secugnago - Terranova dei Passerini – Vittadone - Codogno San Biagio – Camairago – Cavacurta – Fombio - Castelnuovo Bocca d’Adda – Guardamiglio – Maleo – Retegno - Salerano - Zelo Buon Persico – Bargano - Borghetto Lodigiano - Sant’Angelo Lodigiano, parrocchie della Basilica, di S. Maria Madre della Chiesa, Maiano - Camporinaldo -

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Caselle Lurani - Marudo - Miradolo Terme - Valera Fratta - Ossago Lodigiano - Boffalora d’Adda. Conosco anche gli Archivi Parrocchiali di San Rocco al Porto e Casalmaiocco. Nessuna traccia di padre Carlo. Soltanto nell’Archivio di Cavacurta ho rinvenuto un opuscolo di 40 pagine: “Memorie storiche del Servo di Dio Padre Carlo da Abbiategrasso cappuccino (dai processi informativi)” di P. Aliverti. In percentuale si tratta di un terzo delle parrocchie con parroco residente: quindi sufficientemente indicativo.

III - ICONOGRAFIA, IN SANTUARIO E ALTROVE

1 – Arch. PC, Cartella n. 19.

Quadri, ex voto, disegni devozionali, fotografie, cartoline, immagini, medaglie, varie

Oggetti riguardanti il servo di Dio padre Carlo d’Abbiategrasso presenti nella pinacoteca, nel convento e nel museo a lui dedicato1048.

2 – Immagini di padre Carlo nel Lodigiano(Ricerca a cura di don G. Mosca)

Non risultano riproduzioni del Servo di Dio tra le immagini sacre affrescate lungo le strade, nei cortili, nelle cascine, nei "Madunin" delle campagne. É la testimonianza dei maggiori conoscitori della campagna lodigiana, il giornalista Eugenio Lombardo e l'arch. Giacomo Bassi, e per quanto riguarda Casale e dintorni, Enrico Cipelletti.

Il Gruppo fotografico Casalese, presidente Elio Calzari, ha due riproduzioni fotografiche: la nota ed unica foto della traslazione di padre Carlo 1898 e una sua immagine (stampa a colori, che credo sia dell'800, con cornice) esistente nel "Museo della civiltà contadina" di Cavenago d' Adda, e proveniente certamente da cascine del Comune. Non è stato possibile avere contatti con il museo della fotografia di Cavenago d'Adda.

1048 Cf. Cartella 19, pp. 632-640 di questo contributo.

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Nessuna immagine del Servo di Dio nei musei della Civiltà contadina o simili esistenti nel Lodigiano: Cavacurta, Mairago, Livraga, Sant'Angelo Lodigiano.

Immagini sacre ("santìn") sono state raccolte dall'arch. Giacomo Bassi in famiglie. Sono certamente più diffuse.

Sono state consegnate ad ogni parrocchia dei Vicariati di Casalpusterlengo e di Codogno immagini incorniciate (cm.100 x 70), da esporre. Risultano esposte nelle chiese di Turano Lodigiano, Castiglione d’Adda, Orio Litta. Per le altre chiese non sono stati interpellati i parroci.

3 – Immagini di Padre Carlo in altri luoghi

Convento Frati Cappuccini fraz. Sabbioni di CremaPaolo Zambellini, pittore lodigiano. “L’istituzione delle

SS. Quarantore”: raffigura Padre Piantanida da Ferno, promulgatore delle Quarantore, rivolto ai fedeli perché si uniscano ai Frati nell’adorazione dell’Eucarestia in un ostensorio poggiato sull’altare; sono rappresentati, uno accanto all’altro, il beato Innocenzo da Berzo e il Servo di Padre Carlo. Tecnica: affresco. Ubicazione: parete dx del presbiterio nella Chiesa del convento1049.

AbbiategrassoChiesa di San Pietro: opera a pastello del pittore prof.

Antonio Martinotti, anno 1991. Raffigura Padre Carlo benedicente una famiglia con la dx e la sn. posata sul capo di un bimbo. In alto come sfondo la Vergine Addolorata. Ubicazione: seconda cappella.

IV - DEVOZIONI DI P. CARLO D’ABBIATEGRASSO

Promesse fatte da N S. Gesù Cristo alla Santa Margherita M. Alacoque per le persone devote del Sacro Cuore:

1049 Già riferito sopra, a p. 640.

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1. Io darò loro tutte le grazie necessarie nel loro stato. 2. Io metterò la pace nelle loro famiglie. 3. Io le consolerò nelle loro afflizioni. 4. Io sarò loro sicuro asilo in vita, e specialmente in

morte. 5. Io spargerò abbondanti benedizioni sopra tutte le loro

imprese. 6. I peccatori troveranno nel mio cuore la fonte e

l'oceano della misericordia. 7. Le anime tiepide s'infervoreranno. 8. Le anime fervorose giungeranno rapidamente a

grande perfezione. 9. Io benedirò le case, ove l'immagine del mio Sacro

Cuore verra esposta e onorata. 10. Io darò ai Sacerdoti il dono di commuovere i cuori

più induriti. 11. Le persone che propagheranno questa devozione

avranno il loro nome scritto nel mio Cuore, e non ne sarà cancellato giammai.

12. Nell'eccesso della misericordia del mio Cuore, prometto che spargerò gli influssi del mio amore onnipotente su tutti quelli, i quali si comunicheranno nel primo venerdì di ogni mese per nove mesi consecutivi, e concederò loro la grazia della perseveranza finale, onde non moriranno nella mia disgrazia, né senza avere ricevuti i Santissimi Sacramenti: e il mio Cuore sarà per essi, in quell'ora estrema, sicuro asilo contro gli assalti dell'infernale infernale.

Allettati da sì consolanti promesse, ricorriamo con fiducia, in ogni nostro bisogno, al Cuore di Gesù; nelle tentazioni rivolgiamoci a Lui per aiuto; nelle fribolazioni, nelle afflizioni a Lui domandiamo rassegnazione e conforto. Al Cuore di Gesù il primo pensiero dell 'alba, a Lui l'ultimo pensiero della giornata. Tutte le azioni, anche le più ordinarie, siano fatte a gloria sua. Quando dobbiamo assoggettarci a un lavoro pesante, a una occupazione noiosa, invece di aprire la bocca a un lamento, apriamola per pronunciare una piccola preghiera al Cuore di Gesù. Regola di ogni nostra azione sia: Tutto per il Cuore di

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Gesù , e da questo Cuore Sacratissimo saremo assistiti e consolati in vita e in morte.

I NOVE UFFICI IN ONORE DEL SACRO CUORE DI GESÙ CRISTO

Offerta quotidiana da recitarsi da ciascunoMio Dio, Padre, Figliuolo e Spirito Santo, io vi offro, in

unione dei meriti di Gesù Cristo, tutte le orazioni, azioni e patimenti miei di questo giorno alla maggior vostra gloria, in adempimento della vostra santissima volontà; a onore di Maria Santissima mia cara Madre, del mio santo Angelo Custode e di tutti i miei santi Avvocati; in piena remissione e soddisfazione dei miei peccati; per la conversione dei peccatori e perseveranza dei giusti; secondo le intenzioni dei Sommi Pontefici, per l'acquisto delle sante Indulgenze, a vantaggio e perfezione spirituale de' miei fratelli adoratori e figli del Divin Cuore, e di tutti quelli per i quali sono obbligato di pregare; in ringraziamento di tutte le grazie che finora mi avete concesse e che mi concederete per i meriti di Gesù Cristo. Così sia.

UFFICIO PRIMOIL RIPARATORE

Affetti - Concedeteci, Eterno Padre, il necessario lume affinché sia conosciuto da tutti il SS. Cuore di Gesù vostro Figliuolo. Infiammate, o Santo Spirito, i nostri cuori, affinché ardentemente lo amiamo. E Voi, SS. Vergine, interponete la validissima mediazione vostra, onde provino il potere di questo Cuore divino tutti quelli che ricorrono alla infinita sua misericordia.

Ritirato spesso durante il giorno nel divin Cuore ripeterà: Vi adoro o mio Gesù Sacramentato e adoro il Cuore vostro così infiammato di amore per me. Voi siete il luogo del mio dolce il ritiro, il caro obiettivo dell'amor mio.

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Gesù mio, desidero che in questo punto entriate nell'anima mia, e mi abbruciate, o divin Cuore, del divin vostro fuoco. Mi unisco a Voi, o augusto coro di Troni, per onorare in compagnia vostra il divin Cuore del mio Gesù.

Visita al SS Sacramento - Vi supplico per i meriti del vostro Cuore dolcissimo, o mio Sacramentato Signore, che vi degniate di regnare sopra di noi poveri adoratori vostri, e che operiate in noi secondo gli amorosi vostri disegni. (5 Gloria Patri).

Ripeterà cinque volte la seguente Orazione : Concedetemi, o Gesù mio, che io possa trarre qualche anima alla devozione del vostro Cuore Sacratissimo: e se tanto non mi vien fatto, deh! almeno infiammate sempre più le anime che la professano, del vostro santo amore.

Orazione - Per la infinita bontà, o amabile mio Gesù, fate che tutti conoscendo i fallaci piaceri del mondo, vengano a gustare le ineffabili delizie che Voi tenete preparate a quelli che sinceramente vi amano.

Si cerchi di tirar qualcuno alla devozione del SS. Cuore.

UFFICIO SECONDOIL RIPARATORE

Affetti - Vi domando perdono, o mio Dio, delle ingiurie che ricevete continuamente.

Spesso durante il giorno chiusosi dentro al SS. mo Cuore dirà: Augusto coro delle Podestà celestiali, venite in mio aiuto a risarcire il Cuore dolcissimo di Gesù delle Messe mal celebrate, delle Comunioni fatte in stato di freddezza dalle anime che gli sono in modo speciale consacrate, principalmente da me e dai miei fratelli adoratori del divin Cuore, e finalmente di tutto quello da noi commesso che avesse a Voi dispiaciuto.

Visita al SS Sacramento - Mi chiudo nella piaga del SS. Cuore di Gesù, per non separarmi mai da lui. Offro, o mio Dio, alla divina vostra Maestà questo SS. Cuore in soddisfazione dei tanti oltraggi che ricevete continuamente dài peccatori.

Orazione - Amorosissirno Cuore del mio Gesù, quanti oltraggi ricevete mai nell'adorabile Eucaristia! Voi qui date

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la più bella prova del vostro amore e gli uomùii mostrano l'eccesso della loro ingratitudine. Ah! Potessi io cancellare col mio sangne così orribili iniquità! Voglio, o Gesù mio, usare ogni possibile mezzo per riparare tante offese. Voglio a Voi consacrare tuffi i giorni del vivere mio; e per amore del vostro dolcissimo Cuore voglio rendere a Voi e in Voi l'ultimo respiro della mia vita. Così sia.

Esatta osservanza degli obblighi del proprio stato.

UFFICIO TERZOL'ADORATORE

Affetti - Vi adoro profondamente, o SS.ma Trinità, e in unione del SS. Cuore di Gesù vi benedico e vi lodo con tutte le forze dell'anima mia. Ah! Quanto desidero di potere coi deboli affetti miei in qualche modo supplire all'universale dimenticanza che di Voi mio Dio, regna tanto nel mondo.

Spesso durante il giorno: Sanctus, Sanctus, Sanctus Dominus Deus exercituum; Plena est omnis terra gloria tua; Gloria Patri, gloria Filio, gloria Spiritui Sancto.

Visita al SS. Sacramento - Concedetemi, o Sacramentato mio Bene, e con me a tutti i miei fratelli adoratori e figli del divin Cuore, e a tutti i Sacerdoti e Religiosi, spirito di fervore e di santo zelo per ben adempiere gli obblighi del nostro stato particolare. O Cuore divino, che veramente amate e adorate il grande Iddio, abbiate pietà di noi.

(Questa stessa giaculatoria si ripeta ancora per tre volte).

Offerta - O eccelso coro delle celestiali Dominazioni, offrite meco all'augnsto Cuore di Gesù tutto il bene che vien fatto nel mondo cattolico, e consacratelo alla sua maggior gloria.

Orazione - O mio Gesù, degno adoratore della divina Maestà, io mi unisco con tutto il mio spirito alle adorazioni che Voi rendete al vostro divin Padre nel segreto del vostro Sacratissimo Cuore; brame rei di poter riunire nella mia fede e nel mio cuore tutti gli affetti che Voi medesimo ispirate a Maria Santissima e ai vostri Santi, per adorarvi e glorificarvi, come Voi meritate, per tutta l'eternità.

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Profondo rispetto in chiesa.

UFFICIO QUARTOL'AMANTE

Affetti - O beati Serafini del Paradiso, ottenete a me quelle fiamme d'amore verso il SS. Cuore di Gesù, di cui Voi tanto ardete, e supplite colle incessanti adorazioni vostre alla mia somma freddezza.

Visita al SS. Sacramento - Cuore adorabile del mio Gesù Sacramentato, io vi consacro i momenti tutti della mia vita. Lascio il mio cuore entro a questo sacro Tabernacolo con Voi rinchiuso, perché in unione col coro dei Serafini vi adori e vi ami ora e sempre. Così sia.

Ripeterà tre volte: Vi amo, Cuore amabilissimo del mio Gesù, si, vi amo, ma con amore, ahi!, troppo freddo. Deh! Fatemi ardere e con me tutte le creature, del fuoco dell'amor vostro ora e in eterno.

Prima di dormire - Io dormo, ma il mio cuore veglia in quello dell'amato mio Bene.

Svegliandosi la notte - Vi amo, Cuore dolcissimo del mio Gesù, in compagnia dei Serafini e singolarmente con Maria Santissima.

La mattina appena svegliato - Vi ringrazio delle adorazioni che Voi, o beati Serafini, per me presentaste al cuore adorabile del mio buon Gesù.

Orazione - O SS. Cuore del mio Gesù, divina fornace di quell'amoroso fuoco che veniste ad accendere in terra, e che tanto bramate che si accenda in tutti, deh!, fate che i nostri cuori si consumino in fiamme si belle. Serafini della corte celeste, io vi supplico e vi scongiuro di dire all'Autore della vita mia che desidero vivamente di ardere e di languire d'amore per lui.

Diligentissimo adempimento dei più minuti doveri.

UFFICIO QUINTOIL DISCEPOLO

Affetti - Ah! Signore, fate che tutti e specialmente i Sacerdoti, che sono maestri dei fedeli, approfittino degli

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esempi luminosi del vostro Cuore divino, né mai si allontanino dalla vostra celeste dottrina.

Spesso durante il giorno: Cuore di Gesù, scuola di santo amore, in Voi mi ritiro, acciò, tolte da me tutte le vane scienze del mondo, mi accendiate il cuore di santi affetti.

Visita al SS. Sacramento - Dio mio, che illuminate ogni uomo che viene in questo mondo e dirigete ogni volontà, diffondete gli splendori celestiali della vostra increata sapienza sopra di tutti i seguaci dell'errore, e fate che accolgano con docilità nel loro cuore le sublimi verità del vostro santo Vangelo. - Oh! Quante lezioni di perfezione ci vengono dal vostro Cuore divino. Deh! Fate che, da noi accolte e ben custodite, producano frutti ubertosi di cristiane virtù. E voi, Cherubini, ricevetemi in compagnia vostra, onde possa esser a parte degli splendori celesti che escono dal Cuore Sacratissimo del mio Gesù.

Aspirazioni - Dolce Cuore del mio Gesù, fa' ch'io t'ami sempre più. - Cara Maria, Madre del mio Signore, fatemi amante del suo Sacro Cuore.

Orazione - Ben presto resta ammaestrato quegli di cui Voi, o Divino Cuore, vi fate maestro. Deh! Istruite anche me, Cuore amabile: e perché vi siete degnato di accettarmi per vostro discepolo, aprite l'udito del mio cuore, fatelo docile alle vostre lezioni e convertite tutti quelli che resistono alla verità.

Si osservi più che si può il raccoglimento fra la giornata.

UFFICIO SESTOLA VITTIMA

Affttti - Mio Dio, desidero ardentemente di sacrificare tutto me stesso in unione del SS. Cuore di Gesù, per placare lo sdegno vostro contro dei poveri peccatori.

Offerta - Mi offro a Voi, o Sacratissimo Cuore del mio Gesù, affinché vi degniate di farmi partecipe dello stato vostro di vittima nel SS. Sacramento e conformiate gli affetti miei coi movimenti dell'ardentissima vostra carità. Così sia.

Visita al SS. Sacramento - Vi adoro in unione del santo coro delle Virtù, o divina Giustizia, che per nostra salute

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foste soddisfatta da questo divin Cuore per nostro amore sacrificato.

Nella S. Messa - Vi offro, o Eterno Padre, in unione di questo Cuore divino, che adesso per mio amore sacrifica tutto se stesso, l'anima mia, il mio cuore, il mio corpo e tutte le azioni mie presenti e future. Deh! Abbiate pietà di me e di tutti quanti i peccatori.

Orazione - O Sacratissimo Cuore, che sopra i nostri altari vi fate vittima di amore, che altro desiderate, che altro chiedete, se non che ci uniamo a Voi come vittime partecipi del vostro Sacrificio? Eccomi qui, o Signore; prendete possesso di me, affinché io sia un'ostia sacrificata e consumata nelle fiamme del vostro amore, a maggior gloria dell'Eterno vostro Padre e per la salvezza dei peccatori. Padre celeste, che mi avete eletto per vittima, ricevetemi benignamente nel SS. Cuore del vostro unico Figlio sacrificato per me.

Qualche atto di interna o esterna mortificazione ogni giorno.

UFFICIO SETTIMOIL SERVO FEDELE

Affetti - O Cuore dolcissimo del mio Gesù, qual gloria non è la mia nel portar le catene del tenero e generoso amore, che volontariamente mi tengono stretto a Voi Sacramentato mio Bene!

Al suono delle ore - Sia fatta, lodata e in eterno esaltata la giustissima, altissima, amabilissima volontà di Dio in tutte le cose.

Visita al SS. Sacramento -Accettate, o Signor mio Gesù Cristo, l'offerta che vi fa il vostro servo di tutto se stesso per ottenere dall'infinita vostra misericordia che siate più spesso e più degnamente visitato in questo adorabile Sacramento, e che produciate in tutti i cuori frutti di grazia e di salute, di cui Voi siete la inesausta sorgente. Arcangeli Santi, chiamate i convitati alla Mensa del divin Agnello e vestiteli della veste nuziale.

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Aspirazioni - Dolce Cuore del mio Gesù, fa' ch'io t'ami sempre più. Cara Maria, Madre del mio Signore, fatemi amante del suo Sacro Cuore.

Orazione - Onnipotente amore del mio Dio, che avete rotto le catene che mi tenevano schiavo lontano da Voi, oh!, se mi fosse dato trarre a seguirmi tutti quelli che al pari di me sono fuggiti, e far loro gustare come io gusto, ai piedi de' vostri altari, le delizie di questa nuova schiavitù che fa altrettanti felici quanti sono stati i suoi schiavi! O misteriosa soggezione di Gesù nel Sacramento dell'amor suo! Io mi consacro tutto ad onorarvi e a procurare o desiderare almeno di trarre a Voi tutti i cuori.

Obbedienza alle divine ispirazioni.

UFFICIO OTTAVOIL SUPPLICANTE

Affetti - Eterno divin Padre, animato io da viva fede e da piena confidenza nei meriti del SS. Cuore di Gesù vostro Figliuolo, ve li offro per ottenere la pienezza delle grazie vostre tanto sopra di me, quanto sopra quelli che si trovano in qualche pericolo di anima e di corpo. Concedete, o misericordioso Iddio, la grazia vostra pel Cuore SS. di Gesù ai poveri agonizzanti, e liberate dalle pene che soffrono le Anime sante del Purgatorio.

Spesso durante il giorno: Eterno Padre, pel Cuore Sacratissimo di Gesù Cristo vostro Figliuolo, unico oggetto delle vostre compiacenze, concedetemi la grazia...

Visita al SS. Sacramento - Amabile Coro degli Angeli, e Voi in particolare, Angelo mio custode accompagnatemi in questa visita al nostro Sacramentato Signore, e insieme col SS. Cuore di Gesù offrite all'eterno Padre tutte le orazioni, azioni e patimenti miei di questo giorno alla maggior gloria e a suffragio delle Anime sante del Purgatorio. Pater noster.

Orazione - Ascoltate, o Cuore divino, le voci dei bisognosi, e siate il consolatore dei tribolati, giacché fu sempre vostro piacere, o Cuore misericordioso, il perdonare e il far bene a tutti.

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Qualche atto di carità o di umiltà col prossimo, ogni giorno.

UFFICIO NONOLO ZELANTE

Affetti - O Cuore SS.mo di Gesù, deh!, glorificatevi per Voi stesso, facendo coll'aiuto vostro arrivare tutti alla perfezione delle cristiane virtù; in special modo però noi, che siamo vostri amati fighuoli. E voi, o Principati della corte celeste, presentatevi in unione di tutti gli altri angelici cori a sua divina Maestà, e colla vostra intercessione ottenete che sia riconosciuto in tutte le parti della terra il Cuore SS.mo del mio Gesù, e che Egli tragga al suo amore tanti idolatri e infedeli che non lo conoscono, e tanti cristiani che gli negano le dovute adorazioni.

Spesso durante il giorno: O Cuore adorabile, quanto è mai grande il mio desiderio di poter degnamente risarcire l'amor vostro per i difetti che abbiano potuto commettere quelli tra i miei fratelli che fossero stati negligenti nel ben adempiere i loro uffizi.

Visita al SS. Sacramento - Vi adoro, o mio Gesù Sacramentato; e adoro il Cuor vostro così infiammato di amore per me; desidero che in questo punto entriate, o Gesù mio, nell'anima mia e mi abbruciate, o divin Cuore, del divin vostro fuoco. - Nove Gloria Patri.

Orazione - O SS. Cuore di Gesù, tanto di noi amante, quanto siete in Voi amabile e quando sarà che io vi vegga amato ardentemente da tutti! Oh se potessi pubblicare le meraviglie del vostro amore e procurarvene fedele corrispondenza da tutti i cuori!

Impedire con prudenza, se si può, gli oltraggi a Dio . Io per esservi grato, e per riparare alla mia infedeltà, vi dono il cuore e interamente mi consacro a Voi, amabilissimo Gesù, e col vostro aiuto propongo di non più peccare.

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CORONA DEI SETTE DOLORI DELLA SS. VERGINE

Gloria al Padre

PRIMO DOLORE

Compatisco, o Santa Madre Addolorata, quel gran cordoglio che Vi trafisse il cuore in udire dal santo Simeone che il Vostro dilettissimo Figlio, unico Amore dell’anima vostra, dovea essere conficcato in Croce; e che il Vostro innocentissimo petto doveva essere trapassato dalla spada acutissima del dolore. Vi prego per questo lungo spasimo, che vi accompagnò per tanti anni, ad impetrarmi grazia, ch'io da oggi avanti sappia come compatire, a Vostra imitazione, la passione e morte del Vostro Figlio e mio Signore e possa fare una buona e santa morte. Un Pater e sette Ave, recitando ad ogni Ave: Santa Madre deh! Voi fate Che le Piaghe del Signore Ed i Vostri Gran Dolori Siano impressi nei nostri cuori.

SECONDO DOLORE

Compatisco, o Santa Madre, Addolorata, quel gran dolore che soffriste nella persecuzione di Erode per la morte degl'Innocenti e fuga in Egitto, dove patiste timore, povertà e incomodi in terra forestiera e barbara. Vi prego, per sì alta pazienza, ad impetrarmi grazia di soffrire pazientemente, a Vostra imitazione, i travagli di questa misera vita, lume per conoscere Dio tra le tenebre dell'Egitto di questo mondo e di fare una buona e santa morte. Un Pater e sette Ave, recitando ad ogni Ave: Santa Madre deh! Voi fate Che le Piaghe del Signore Ed i Vostri Gran Dolori Siano impressi nei nostri cuori.

TERZO DOLORE

Compatisco, o Santa Madre, Addolorata, quel gran dolore che Vi trafisse nella perdita del Vostro bellissimo e amatissimo Figlio Gesù in Gerusalemme, spargendo per tre

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giorni fiumi di pianto da' Vostri occhi purissimi. Vi prego per quelle lagrime e sospiri di quei tre giorni per Voi amarissimi, ad impetrarmi tanto lume, che io non perda mai il mio Dio, ma che lo trovi una volta per sempre, e soprattutto nel punto della mia morte. Un Pater e sette Ave, recitando ad ogni Ave: Santa Madre deh! Voi fate Che le Piaghe del Signore Ed i Vostri Gran Dolori Siano impressi nei nostri cuori.

QUARTO DOLORE

Compatisco, o Santa Madre, Addolorata, quel gran dolore che soffriste in vedere il Vostro benedetto Figliuolo inviato al Calvario con la pesantissima Croce sopra le spalle e cadere sfinito sotto di quella. S'incontrarono allora, o mia dolente Regina, occhi con occhi e cuore con cuore. Vi prego per quella tormentosa compassione che ne aveste, ad impetrarmi grazia di portar la mia croce con pazienza in compagnia del vostro e mio Gésu fin che vivo, e di fare una buona e santa morte. Un Pater e sette Ave, recitando ad ogni Ave: Santa Madre deh! Voi fate Che le Piaghe del Signore Ed i Vostri Gran Dolori Siano impressi nei nostri cuori.

QUINTO DOLORE

Compatisco, o Santa madre Addolorata quell'eccessivo dolore che soffriste in vedere il vostro amatissimo unigenito morire in croce con tante pene e disonori; e senza niuno di quei consuli e refrigerii che si concedono anche ai piu rei. Vi prego per la dolorosa tenerezza del Vostro crocifisso Figliuolo, che nella sua croce siano crocifisse le mie passioni e di fare una buona e santa morte. Un Pater e sette Ave, recitando ad ogni Ave: Santa Madre deh! Voi fate Che le Piaghe del Signore Ed i Vostri Gran Dolori Siano impressi nei nostri cuori.

SESTO DOLORE

Compatisco, o Santa Madre Addolorata, quello spasimo che soffriste in veder ferito da una lancia il Cuore di Cristo morto. Quella ferita sì, o mia dolente Madre, fu tutta Vostra, e in ricevere il suo santissimo cadavere tutto svenato nel Vostro seno materno, il Vostro Cuore fu trafitto crudelmente. Vi prego per quelle angosce inesplicabili

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dell'anima Vostra ad impetrarmi il vero amore del mio Gesù, che mi ferisca il cuore, acciò non trovi più luogo il peccato e l'amor profano del mondo facendomi fare una buona e santa morte. Così sia. Un Pater e sette Ave, recitando ad ogni Ave: Santa Madre deh! Voi fate Che le Piaghe del Signore Ed i Vostri Gran Dolori Siano impressi nei nostri cuori.

SETTIMO DOLORE

Compatisco, o Santa Madre Addolorata, quella incosolabile amarezza che provaste nel riporre il Vostro morto Figlio Gesù nella sepoltura, fino ad accomodarvelo con le Vostre mani. Rimaneste allora, o mia piangente signora, sepolta con tutta l'anima, ove giaceva sepolto il corpo del Vostro Figliuolo. tutta l'anima, ove giaceva sepolto il corpo del Vostro Figliuolo. Vi prego, per tanti martirii del Vostro Cuore, ad impetrarmi, per meriti dei Vostri sette dolori, in vita il perdono della Vostra presenza, e dopo morte la gloria del Paradiso. Così sia. Un Pater e sette Ave, recitando ad ogni Ave: Santa Madre deh! Voi fate Che le Piaghe del Signore Ed i Vostri Gran Dolori Siano impressi nei nostri cuori.

Antifona

La spada del dolore trapasserà l'anima tua. Prega per noi, Vergine Dolorosissima. Acciò siam fatti degni delle promesse di Cristo.

OREMUS

Intervenga per noi, te ne preghiamo, Signore Gesù Cristo, adesso e nell'ora della nostra morte, presso la tua clemenza la beata Vergine Maria tua Madre, la cui santissima anima nel tempo delle tua passione fu trafitta dalla spada del dolore e nella tua gloriosa resurrezione fu ripiena di immensa gioia: Tu che vivi e regni con Dio Padre, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. R. Così sia.

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SOMMARIO

INTRODUZIONE...........................................................................1I – BREVE BIOGRAFIA DOCUMENTATA.......................................4

1. Documentazione attualmente disponibile.................42. L’epoca del Servo di Dio............................................63. Abbiategrasso negli anni di padre Carlo...................84. Un “excursus” documentato della vita di P. Carlo....13

1) Vita in famiglia: 1825-1852............................................14Riflessioni conclusive nelle testimonianze di Abbiategrasso................................................................50

2) Tra i Cappuccini: 1852-1858..........................................53Situazione dei Cappuccini nell’Ottocento lombardo.....60Noviziato cappuccino, dimissione, riammissione,

professione..............................................................72Gli scritti del Servo di Dio.............................................114

3) Gli ultimi mesi a Casalpusterlengo: 1858-1859..........133Il convento e santuario della “Madonna dei Cappuccini”...................................................................148Intervento del governo austriaco, ultima malattia e morte santa...................................................................162

II – LA FAMA DI SANTITÀ POST MORTEM..................................184II/1 – La fama di santità fino al processo del 1903...........184

1. Funerale e sepoltura.................................................1842. Sulla tomba, la devozione popolare...........................1973. La tomba, rifugio del popolo cristiano nelle tribolazioni....................................................................209

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4. L’avallo divino di una nuova pioggia di grazie..........2235. Le vicende dei resti mortali.......................................2446. Il lungo cammino verso la gloria degli altari.............268

II/2 – La fama di santità post mortem dal processo del 1903 ad oggi..........................................................................291

1. Il processo canonico per l’introduzione della Causa di beatificazione........................................................291

2. Una Causa che non va avanti....................................3241) I primi e ultimi passi della Congregazione dei Riti.............................................................................3242) Grazie attribuite all’intercessione di P. Carlo.......328

a) Archivio di P. Carlo d’Abbiategrasso..............332b) Grazie di miracoli post mortem di P. Carlo............................................................................336c) “Vita del Servo di Dio…” di P. Idelfonso Aliverti.................................................................339

3) Qualche fiammata, che però non fa progredire la Causa.........................................................................3434) Per Padre Carlo una Cappella nel Santuario.........3455) I passi lenti, ma sulla via giusta............................357

3. L’eco delle celebrazioni e delle devozioni nel Santuario.......................................................................366

1) Raccolta di articoli vari.........................................3662) Nella Diocesi di Lodi: “Il Cittadino”......................3833) In Casalpusterlengo...............................................384

a) Cronaca della Parrocchia di Casalpusterlengo.................................................384b) “La Fiaccola”, settimanale parrocchiale.........400

4) Convento Padri Cappuccini Casalpusterlengo......410a) Cronaca del convento......................................410b) Bollettino del Santuario “La Madonna dei

Cappuccini”.....................................................418c) Inserto del bollettino “Padre Carlo da

Abbiategrasso”................................................4185) Provincia Frati Minori Cappuccini di Lombardia...................................................................................418

a) Annali Francescani..........................................417b) Atti della Provincia dei Frati Minori

Cappuccini di Lombardia................................4206) Parrocchia di Abbiategrasso..................................435

4. Sulla tomba del Servo di Dio.....................................437

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1) Al cuore della devozione a Padre Carlo.................4372) Ricordi di P. Evaldo Giudici, da 35 anni custode

della Cappella e del Sepolcro del Servo di Dio......4403) Invocazioni e ringraziamenti dei devoti nei

“Quadernoni” presso il Sepolcro...........................4424) Suppliche al Sepolcro di Padre Carlo dal 16

agosto al 23 ottobre 2009......................................4485) Il “Raccoglitore bianco”........................................4526) Commemorazioni annuali e testimonianze............454

III – APPUNTI SULL’EROICITÁ DELLE VIRTÙ..............................457Eroicità delle virtù in genere.........................................457Fede eroica....................................................................468Speranza eroica.............................................................477Carità eroica verso Dio e verso il prossimo...................479Virtù cardinali in modo eroico.......................................486Voti religiosi in grado eroico.........................................493Umiltà eroica.................................................................497

IV – PROFILO SPIRITUALE DEL SERVO DI DIO E SUA ATTUALITÀ................................................................................501V – APPENDICE BIBLIOGRAFICA E DOCUMENTARIA. ARCHIVI

CONSULTATI E LORO CONSISTENZA.....................................5081. Pubblicazioni bibliografiche...........................................508

1) Biografie di Padre Carlo............................................5082) Volumi di storia del Santuario con riferimenti a P. Carlo..............................................................................5093) Volumi di storia locale con accenni a P. Carlo a

Casalpusterlengo.......................................................5114) Volumi di storia locale con accenni a P. Carlo ad

Abbiategrasso............................................................5125) Bibliografia retrospettiva..........................................5146) Bibliografia e notizie varie........................................5247) Bibliografia redatta da Francesco Cerri...................524

2. Archivi e documenti reperibili........................................5351) Roma, Archivio della S. Congregazione delle Cause

dei Santi....................................................................5352) Roma, Archivio della Postulazione Generale dei

Cap-puccini (APGC)...................................................538Documenti nel Processo rogatoriale di Milano............................................................................539

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Documenti riportati nel Processo rogatoriale di Lodi.....................................................................540

3) Roma, Archivio Generale dei Cappuccini (AGC).......5444) Milano, Archivio Provinciale Cappuccini Lombardi

(APCL).......................................................................5555) Milano, Archivio di Stato...........................................5826) Milano, Archivi e biblioteche di Milano e altrove.......................................................................................5827) Casalpusterlengo, Convento e Santuario “Madonna

dei Cappuccini”: Archivio Padre Carlo (Arch. PC)...................................................................................583

8) Casalpusterlengo, Archivio Parrocchiale..................6409) Casalpusterlengo, Archivio Comunale......................64010) Abbiategrasso, Archivi vari.....................................64111) Lodi, Archivio Storico Diocesano............................64212) Lodi, Archivio Comunale.........................................64313) Diocesi di Lodi, Archivi parrocchiali.......................643

3. Iconografia, in Santuario e altrove................................6464. Devozioni del Servo di Dio al S. Cuore e a Maria Addolorata.............................................................................647

I nove uffici in onore del S. Cuore di Gesù....................648Corona dei sette dolori della SS. Vergine.....................656

SOMMARIO.............................................................................661