QQQ - NAC - Notiziario Arte Contemporanea

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NACNotiziario ArteContemporanea

quindicinale

direttore responsabile:Francesco Vincitorio

Abbonamento annuo:Italia L. 4.000Estero L. 5.000c.c.p. n. 3/23251

ln copertina:Fernand Léger:Les trois figures - 1926

redazione e amministrazione20122 Milano -'via Orti, 3 -tel. 5.461.463

Sommario

Le opinioni contrarieDibattito sulle strutture: Una svoltaV. Fagone: Fede nella pittura (Badodi

all'Eunomia)R. Barilli: Le combinazioni (Del Pezzo

alla Marconi)F. Vincitorio: Inno alla vita (Léger al

Milione) 10

Mostre:

Bari: "S. Salvemini" di E. Spera 11Bergamo: �Pierluca" di R. Beltrame 11Bologna: "J. Le Parc" di F. Caroli 12Como: �A. Calderara" di L. Caramel 12Cremona: "G. Benedini" di E. Fezzi 13Lecco: "T. Sirneti" di E. Cesana 13Livorno: "A. Bonfanti" di E. Fezzi 13Mantova: "C, Revìlla" di R. Margonari 14Matera: "Collettiva" di E. Spera 15Milano: �R. Barisani" di G. Schoenenberger 15

"C. Di Ruggero" di C. Gian Ferrari 15"T. Stefanoni" di F. Vincitorío 16�E. Bordoni" di F. Vincítorio 15"D. Buzzati" di A. Natali 17

Nuoro: �N. Asteria" di M. Di Cara 17Padova: "Gallerie delle Venezie" di F. Vincitorio 1Pesaro: "C. Lorenzetti" di A. Pandolfelli 18Roma: "L. Sguanci" di A. Pandolfelli 13

"F. Brook" di V. Apuleo 19�F. Mulas" di G. Giuffrè 19

Torino: "M. Russo" di M. Bandini 20"B, DevalIe" di M. Bandini 20

Verona: "M. Surbone" di P. Fossati 21Vicenza: "M. Calandri" di S. Fazia 21

Panoramica 1Bari di E. S. 22Cremona di E. F. 22Milano di F. V. 22Roma di V. A. 23Torino di M. B. 23

A. C. Quintavalle: Amor di comune 24F. Quadri: Baruchello e Schifano 25C. Altarocca: Sociologia delI'arte 26Ricordo di Giani 27

Recensione libri:A. Palazzeschi e G. Bruno: Boccioni 28R. Baríllil Scultura del 900 28E. Crispolti: Il surrealismo 28

Le riviste 29Notiziario 30

le opinioni contrarie

Giorni fa la Libreria Galleria Alfieri di Ve-

nezia ci ha inviato la seguente lettera: �Vipreghiamo di voler cortesemente sospende-re l'invio del vostro notiziario d'arte con-

temporanea, non potendo la nostra Libre-

ria esporre per la vendita una rivista sulla

quale, per ragioni a noi incomprensibili,vengono continuatamente pubblicare criti-che negative allìzttivitzì della nostra Galle-

ria. In plico a parte ecc. ecc." Tralascia-mo le sottigliezze - da ambasciatore della

Repubblica Veneta - del gioco delle mi-nuscole (le sole maiuscole sono riservate a

"Libreria" e a "GalIeria") e sorvoliamo pu-re sull'inesattezza di quel "continuatamen-te" (in effetti si è trattato di un unico no-

stro intervento). Fermiamoci invece, un i-

stante, alla storia delle "ragioni a noi in-

comprensibili".E' umano che chi riceva una critica si ar-rabbi e, d'istinto, reagisca come può. Chiè senza peccato scagli la prima pietra. MaBruno Alfieri, oltre che librario e galleri-sta, è anche editore, direttore e redatto-

re di una rivista d'arte contemporanea. Eci sembrava che questo esercizio avrebbedovuto fargli apprendere che avere opinio-ni contrarie è un diritto (e, quando è il ca-so, un dovere) sacrosanto di tutti. Noi l'ab-

biamo esercitato. Lui non l'ha capito eforse, dato il clima di casa nostra, non è in

grado di capirlo. Comunque ha perduto u-na buona occasione per dimostrare una in-telligente, non gretta democraticità.

ABBONAMENTO 1970

RISPARI\/IIERETE L.26OO

Gli aumenti intervenuti dal|'ottobre '68 ci costringono a portare - dal 1 gen-naio 1970 - a L. 300 il prezzo del nostro notiziario. Ma, ne|I'intento di favo-rire ancora di più gli abbonati - che sono, come i lettori sanno, i nostri unici"sovvenzionatori" - abbiamo deciso di lasciare immutato il costo dell'abbona-mento. Il quale perciò rimarrà di L. 4000 per i 22 numeri che usciranno in unanno. In tal modo I'abbonato continuerà a pagare L. 175 circa per ciascun nu-mero (contro le 300 lire di copertina) risparmiando cosi, complessivamente,L. 2600. Inoltre, per facilitare al massimo la diffusione del nostro notiziario,abbiamo stabilito anche l'abbonamento semestrale che costerà L. 2000. Circaeventuali timori sulla continuità della nostra "linea" e sulla nostra "durata"vi garantiamo che terremo fede ai nostri impegni.

DIBATTITO SULLE STRUTTURE

l_Jl\lA SVOLTA

A noi sembra che, con gli interventi di Re-nato Pagetti e Lelio Scanavini, il dibattitosulle strutture - che stiamo facendo ormaida parecchi mesi - sia giunto ad una svolta.lnfatti,anche sulla base di una prima som-maria elaborazione dei dati dell'inchiesta,inviatíci dai lettori, abbiamo constatatocome, sia pure con comprensibili, inelimi-nabili confusioni, siano venute emergendodue linee, diciamo, primarie.Una è quella apparsa ormai in modo espli-cito con l'affermazione di disponibilità diun bibliotecario qualificato, quale è il di-rettore della "civica" di Milano. ll quale,per di più, ha affermato di essere "certo di

interpretare il pensiero della stragrandemaggioranza dei bibliotecari italiani". L'al-tra è quella che, a seguito della proposta diCocchi ("grafica per una scuola"), è statamessa a fuoco, la volta scorsa, da Scanavi-ni con il ricordo di una piccola esperienzacompiuta in una scuola della Brianza. lnaltre parole, abbiamo l'impressione che, aquesto punto, la nostra iniziativa sia sboc-cata su due piattaforme, passibili di ulte-riori discorsi. ln primo luogo la verifica se- in attesa delle gallerie civiche d'arte con-temporanea che, a nostro avviso, restanol'obiettivo finale - le biblioteche pubblichesiano realmente disposte (è un loro "dove-re" ricorda Pagetti) a riservare uno "spa-zio" all'arte contemporanea. E allora sarànecessario discutere in qual modo e perche cosa potrebbe essere utilizzato quello"spazio". ln secondo luogo approfondireciò che si potrebbe e dovrebbe fare perdiffondere nelle scuole la conoscenza della

problematica artistica contemporanea. E,soprattutto, come giustamente sottolineaScanavini, in quella "matrice" che è lascuola elementare.In fondo (e, implicitamente, lo individuòcon esattezza Enzo l\/lari nel convegno diReggio Emilia) sono poi i due problemi-ba-se delle strutture artistiche. Quello di sti-

molare, sostenere, pubblicizzare in un am-bito di utilità pubblica (e, cioè, in~un cir-cuito diverso da quello mercantile) le atti-vità artistiche. E quello di preparare ade-guatamente, di dare insomma a tutti- co-me può fare soltanto la scuola - gli stru-menti per decodificare queste attività. L'in-vito perciò che facciamo ai lettori - fedelio saltuari, non importa - è quello di inizia-re un nuovo, preciso, incisivo discorso.Tenendo naturalmente conto di ciò che èstato detto finora, ma prendendo, soprat-tutto, per base questa focalizzazione chesi è venuta delineando. Se ci è consentita

una semplificazione metodologica: l'aper-tura di Pagetti e l'esperimento di AgrateBrianza narrato da Scanavini.

Per quanto riguarda la prima, il dibattitopotrebbe, secondo noi, svilupparsi, analiz-zandone partitamente i concetti e muoven-dogli tutte le obiezioni che`tale aperturasollecita. (E, noi per primi, vorremmo chie-dergli ragione della qualità delle mostreorganizzate dalla Biblioteca civica di l\/lila-no e da quelle di quartiere, e se esiste, inpratica, nelle biblioteche italiane, una pos-sibilità di gestione autonoma del settoredelle arti visive.) Oppure accettando il suoinvito ad indicare nome, cognome e indi-rizzo di quei bibliotecari che, o si sono ri-fiutati o si rifiuteranno di far svolgere unaattività di arti visive nell'ambito dell'enteda loro diretto. E formulare, infine, pro-poste concrete, ossia realizzabili, per far siche da questi luoghi - in assenza di altri i-donei luoghi pubblici- anche da noi pren-da l'avvio quella che un recente convegnoa Parigi di specialisti in museologia, pro-mosso dall'Unesco, ha definito �la rivolu-zione dei musei in atto nel mondo".

Per realizzare, magari in nuce, questa rivo-luzione, le biblioteche hanno, a nostro av-viso, il vantaggio di essere decentrate e

spesso vitalissime (vedi Dogliani o_ l'indagi-ne compiuta pochi mesi fa sull'attività del-

le biblioteche in Sicilia). Sono luoghi idea-li perchè appartengono a tutti, senza di-stinzione ideologica o altro. Sono luoghiche hanno la comodità di esistere e, spes-so, di funzionare in modo eccellente e, difrequente, già sentono nel loro stesso am-bito questa esigenza di allargarsi ad altreattività. Come dimostra l'inchiesta pro-mossa dalla Biblioteca di Cusano Milani-no dove è risultato che 194 frequentatorisu 235 hanno manifestato il desiderio di

vedervi svolgere mostre d'arte, spettacoli,concerti ecc.Certo bisognerà - come hanno ammonitoNatali ed altri -impedire che diventino sac-che retrive o dominate dalla vanità e dal-l'esibizionismo di pochi "autorevoli anzia-ni". In poche parole: sedi di baronie. Ciòche è indispensabile è che siano, effettiva-mente, un luogo di incontro-scontro e discambio specialmente di giovani: vivace,aggressivo, vitale. Un punto nodale di cul-tura come già accade nei paesi più progre-diti del nostro. E questo, oltre tutto, po-trebbe essere il primo passo verso quei"collegamenti" che fin dall'inizio abbiamovagheggiato e su cui quasi tutti gli inter-venuti al dibattito si sono dimostrati d'ac-cordo. Un incrociarsi e un rimbalzare di e-sperienze nuove per far crescere la nostrasocietà, anche per quanto riguarda la cultu-ra visiva.

Problema, questo, che ci riporta al secon-do tema della nostra proposta di discussio-ne: la scuola. Tutti sappiamo quali amarez-ze, quante preoccupazioni suscití in noi,solo a nominarla, la parola "scuola". Epuò sembrare utopistico volerla gravare -realmente e non come viene fatto oggi - diquest'altro grosso compito che è l'educa-zione visiva. Ma se si pone mente all'impor-tanza della percezione visiva (per citare u-no solo dei suoi aspetti, valga il discorsoche viene facendo Quintavalle, su questecolonne, a proposito della pubblicità) e sesi tiene presente che la quasi totalità degliuomini è, visivamente parlando analfabeta(vedi le parole di Mirko, pubblicate la vol-ta scorsa), apparirà chiaro che la educazio-

ne visiva deve diventare un dovere primariodella scuola. Un'azione che deve, necessa-riamente, iniziare nei primi anni di appren-dimento. Con metodologie rigorose (finia-mola con gli esperimenti �alla plastilina"di tanti insegnanti di educazione artistica).Con materiale adeguato (e qui si potreb-be innestare, egregiamente, la proposta diCocchi sulla legge del 2 per cento.) E,principalmente, con un corpo insegnanteche sia, a sua volta, preparato a questocompito. Problemi grossi, lo sappiamo, ma,a nostro avviso, non insolubili (si pensi acosa potrebbe portare, in proposito, unaristrutturazione delle Accademie). Comun-que, problemi che è urgente dibattere pernon lasciare l'educazione visiva irrimedia-bilmente tagliata fuori dai fermenti che a-gitano le riforme scolastiche. Noi crediamoche questo sia il momento per uno sforzoda parte di chiunque sia interessato - inqualche modo - alle arti visive. -Uno sforzoche nasca dalla consapevolezza de|l'incre-dibile arretratezza in cui ci troviamo inquesto specifico campo. Una arretratezzache grava su tutti. Sulla passiva cecità dimilioni di persone che, a sua volta, toglieall'artista ogni fiducia nella propria utilitàsociale. Una arretratezza che, al massimo,consente mode fallaci e nessuna ricezioneda parte della comunità dei fatti e delle i-dee, spesso decisive, che gli artisti vengonoproponendo. Una arretratezza che contri-buisce, in modo determinante, a condan-narci ad una condizione di sottosviluppoculturale, quale è documentato, quotidia-namente, dai giornali. Canzonissima 0 Mi-lan-Juve: gradimento 100; arte: gradimen-to 0,01.

Ecco perchè riteniamo che non bastino imugugni di galleria o di circolo artisticocittadino. Ecco perchè sollecitiamo questodibattito, auspicando che esso si allarghiai grandi organi di informazione. La spintadi rinnovamento della nostra società nonpuò non riguardare questi temi. Anche per-chè questi temi sono fondamentali proprioa quel rinnovamento che cosi faticosamen-te stiamo vivendo.

fede nella pitturaTra i molti non risolti aspetti del proble-ma "Corrente" - non risolti per la forte i-

deologizzazione con la quale è stata riguar-data, nonostante la brevissima distanza, lastoria del movimento milanese - quello del-la determinazione del contributo di Arnal-

do Badodi non è secondario. Le rare, in-complete mostre dell'artista che di tanto

in tanto vengono presentate da gallerie mi-lanesi (e questa all'Eunomia, pur vasta,non sfugge al carattere di approssimazio-

ne rispetto al traguardo di una definitiva

chiarificazione critica) non rendono ragio-ne della portata del lavoro di Badodi che

per essere stato svolto quasi interamente

negli anni '38-41 può risultare in qualchemodo emblematico delle moralità che il

gruppo dichiarava e del senso in cui veni-

vano orientate certe precise scelte espressi-

ve. Su Corrente gravano oggi come costan-

ti di riferimento angolazioni che si rivela-

rono acute, irreversibili alle conclusioni di

una ricerca che incorporava esperienze ben

distanti (si pensi alla prima pittura di Birol-

li contrapposta agli uomini rossi di Sassu).Il no al Novecento, il no al fascismo sono

negazioni che vengono a sovrapporsi almomento estremo di un processo che si è

sviluppato, va detto, tra ambiguità e con-traddizioni. Tuttavia se il no al Novecento

diventa a un certo punto rifiuto di una

condizione in una particolare società, esso

è, prima, scelta sempre più consapevole,delle possibilità di estendere l'universo del-

la pittura a una dimensione individuale, di

poter sottrarre/sollecitare l'immagine nel-la sua dimensione simbolica. L'aver opera-to - con insistenza, da posizioni diverse -

su questo intervallo attivo della formativi-

tà dell'opera visuale è, per noi, il senso po-

sitivo di Corrente; in questa prospettiva

può anche considerarsi un luogo parallelo

rispetto allo spazio dove in quegli anni a-givano artisti come Arshile Gorki e Hans

Hofmann. Certo nell'operativitá di Cor-

rente c'era viva l'urgenza di un adegua-mento agli svolgimenti della cultura euro-

pea (che non poteva non essere in opposi-zione al percorso orientato in senso ridut-

tivo, e ideologizzato, futurismo-meta isi-

ca-novecento), un recupero faticoso, noncostantemente felice, ma dall'interno, non

di modulo, non passivo. D'altra parte diquale obiettivo traguardo si preoccupasse-ro i pittori di Corrente si può leggere in unlucido testo di Birolli di qualche anno pri-ma �un giorno per arte non dovrà inten-

dersi più compiere in perfetto stile unanuotata in una vasca da bagno, ma com-pierne una in mare aperto". Quali torsi e-legantemente sguazzassero nelle vasche del-

la pittura italiana di quegli anni sappiamotutti; purtroppo anche le geometrie deiprimi astrattisti italiani, che venivano da

mari vitalmenti aperti e agitati, avevanopreferito alla fine ipotizzare sulle rive del

bel lago le glorie del placido "mare nostro".

Aipittoridelmare aperto gli esiti della pit-tura italiana del dopoguerra devono unaattiva libertà, uno spazio vitale di rischio.

Se è stata schematizzata per la pittura de-gli anni cinquanta una linea Corrente-Neo-

realismo questa non è comprensiva diquanto hanno realizzato in quegli anni- con profonda, rigorosa coerenza - artisti

come Birolli, Morlottí, Vedova e anche

Fontana. E Corrente vive di queste "duetensioni".

La "distanza" nella quale Badodi amava di-

pingere la piccola gente dei suoi biliardi,dei suoi interni affollati (e restava piccolagente anche nella grande, inconsueta "bat-

taglia di Milazzo" purtroppo qui non e-sposta) risultava critica dell'anonima mo-

numentalità dell'arte di regime, dell'affa-bilità post romantica. ll colore acido, fram-

mentato, ma disteso per fitte trame, di-venta occasione di un acceso incontro con

gli oggetti, le persone; la stessa ironia con

la quale vengono perlustrate le calde atmo-

sfere di questi quadri è termine vivo di una

immaginazione che ha rare pause. L'inti-

mismo di Badodi appare cosi scoperto,meno drammatico di quello di Migneco,ma continuo e fatto acuto dalle improvvi-se tensioni cromatiche.

Badodi appare tra i pittori di Corren-

te forse il più compromesso in questa di-stanza: l'ascendenza che Valsecchi propo-ne nella direzione della scapigliatura lom-barda, una ascendenza critica, è una indi-

cazione di lettura suggestiva. Ma riguar-dando in una prospettiva ormai compiutail lavoro di Badodi, oltre il rimpianto perquello che poteva contenere di sviluppi ilsuo iter di pittore già felicemente proget-tato - Badodi non tornò più dalla Russia

1A. Badodi: Gli amanti

dove era andato come ufficiale - colpiscela rete di influenze positive, non duplicati-ve che è possibile leggere nelle opere degliartisti del movimento. Dietro le tele e i di-

segni qui raccolti è possibile cogliere il lu-cido atto di fede nella pittura di Birolli co-me terra promessa di una felicità (che non

è solo della pittura), l'ardore immaginativodi Sassu, la serpentina acida di Migneco;ma anche il rimbalzo degli splendori con-sumati dalla pittura di Mafai, il percorsogià segnato dei Sei di Torino, da dove ve-niva a delinearsi la fisionomia di Guttuso.

Nella storia dell'arte italiana di questo se-colo bisognerà guardare con attenzione a

ciò che è successo negli anni tra il '30 e il'40, in molte - anche opposte - direzioni.E se, a un certo punto, si volesse tenta-re un confronto tra le sue punte e lagrande pittura internazionale non ci sa-

rebbe, secondo noi, da nascondere la fac-cia.

Vittorio Fagone

DEL PEZZO ALLA MARCONI

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Lucio Del Pezzo può vantarsi di essersimosso fin dagli inizi in due direzioni venu-te poi di grande attualità. Gli si può attri-buire da sempre il gusto per una ricerca"popolare", e nello stesso tempo l'avver-tenza che una simile ricerca "popolare"non poteva non portarlo "oltre la pittura",verso una resa plastica svolta nello spazio.Naturalmente, perchè sia valida questa bre-ve caratterizzazione, bisogna intendersi su-bito sulla nozione di "popolare" e pren-derla in questo caso in un senso molto piùvasto di quello poi codificato dalla PopArt - del resto non ancora sorta quandoDel Pezzo cominciava ad affermarsi. "Po-polare" come sinonimo del �già fatto", diforme e materiali di dominio pubblico, im-mediatamente riconoscibili nei loro valorie nei loro significati da parte di tutta una

comunità.All'interno di questa prima scelta di fon-do, il lavoro di Del Pezzo si caratterizzapoi, come è ben noto, per il suo distribuir-si in due "tempi" che sono anche due mo-di diversi e quasi paradigmatici di esperirele possibilità stesse del "popolare". L'arti-sta parte dall'accezíone di esso che può a-ver corso in una comunità pretecnologica,non raggiunta dalla civiltà dei consumi, o-ve di conseguenza desideri, speranze, subli-mazioni si proiettano su materiali di estra-zione sacra, di provenienza atavica, di tra-mando familiare. Materiali, è meglio preci-sare, falsamente sacri, falsamente nobili eantichi. ln realtà, paccottiglia dozzinale,bazar pittoresco di orpelli consunti e in-giallitì.'E' almeno quanto risulta dalla ri-cognizione, ovviamente demìstificante,chene effettua Del Pezzo nel periodo napole-tano: non senza però che questo esame di-sincantato non si lasci a sua volta afferraredal fascino di tutti quei sospiri e desideridi compensazione che si incrostano sui ma-

teriali �popolari" fino a farne come tantiex-voto. Fin da quel momento insomma ilmovimento è complesso, in quanto DelPezzo registra dapprima una caduta - lanobìltá di partenza di certi simboli subitodegradata a luogo banale e di cattivo gu-sto - per poi procedere a un'operazione diriscatto mediante l'attraversamento e il ri-baltamento del cattivo gusto stesso.Questo schema di caduta e di recupero

non muta quando poi Del Pezzo, spostan-dosi a Milano e a Parigi, viene a contatto,come si usa dire, con una civiltà tecnologi-ca o del benessere. Le forme "pulite" cheora compaiono, tratte dal repertorio dellefigure geometriche o da quello di elementiornamentali di gusto démodé, vagamenteliberty o forse meglio Art Deco, voglionoessere anche in questo caso le elevazioni ei risarcimenti che una comunità, questavolta però di tipo borghese e industriale,si ammannisce per consolarsi della pochez-za dei valori quotidianamente incontrati.Siamo insomma nel regno del kitsch, seper kitsch dobbiamo intendere fondamen-talmente una falsa elevazione, un falso ri-scatto artistico ottenuto troppo rapida-mente e a buon prezzo. L'artista tuttavianon sceglie per sè la parte facile del fusti-gatore di una simile caduta. Al contrario,anche qui recupera quanto di affascinantepuò essere insito in questo stesso costituirsidi un paradiso a buon mercato. C'è insom-ma un lavorare "alla seconda", per via indi-retta, però cosi sottile e nascosto da rischia-re talora di sfuggire alla comprensione. Si èpotuto pensare infatti che Del Pezzo pren-desse "sul serio" i simboli metafisici ri-spolverati dal museo recente della nostrapittura, da Morandi e da De Chirico. Ed e-ra allora un bel guaio, tentare di giustifica-re questa improvvisa impennata "metafisi-ca" in un contesto di cultura certamente

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L. Del Pezzo: Sagittario (part) 1969

non favorevole ad essa. Occorreva forse at-tendere certe operazioni di Lichtensteinper ritrovare casi analoghi di andirivieni: leforme del museo moderno (un Picasso, unLéger) decadute a vili stereotipi di massa,ma per ciò stesso divenute nuovamente ap-petibili per lo spessore della frequentazio-ne banale che così andava ad incrostarle.Bisogna del resto ammettere che qualchevolta Del Pezzo concedeva troppo alla bel-lezza plastica delle sue forme, imbroglian-do cosi ancor più la pista alle sue spalle.E forse in tempi recenti si era aggiuntaqualche tentazione di rivaleggiare con le�strutture primarie": tentazione sbagliata,giacchè per Del Pezzo la "nozione" dellefigure adottate, siano queste anche le piùelementari, sfere o piramidi, è sempre piùimportante della "quantità materica" dellaloro incarnazione. Tanto è vero che eglipuò scorrere a suo piacere dal grande al pic-colo formato. Ora però, nella mostra alloStudio Marconi, l'artista sembra aver ri-

preso in mano tutte le fila del proprio di-scorso, puntando decisamente al reperto-rio di nozioni, al grande vocabolario riccodi tutte le possibili ambiguità, dove cioè ilcilindro a righe bianchee rosse, al di là del-la sua bellezza formale, può ricordare il ba-stoncino di zucchero filato o il palo d'at-tracco delle gondole veneziane; dove lastruttura squadrata diventa mensola o ve-trina per sciorinare soprammobili; dove loscivolo su cui scorrono coni e sfere sembraessere ricavato da una porta pomposa nellesue linee liberty. ll museo, ovvero l'iperu-ranio delle pure idee, si abbassa al livellodi un lessico familiare, ma cosi si umaniz-za, si gonfia di significati e di allusioni, sipropone come cordiale gioco combinato-rio cui tutti possono partecipare, non se-condo le regole di un'austera grammaticaneoplastica, ma secondo le vive istanze diun allargamento dell'area della significazio-ne.

Renato Barilli

LEGER AL MILIONE

INNO A

Giusto a 37 anni di distanza, la Galleriadel Milione ripresenta una serie di operedi Fernand Léger. Allora (si era nel '32 edera una novità per l°Italia) una quindicinadi guazzi e disegni. Oggi, una trentina traolii e disegni, trenta lito e una piccola ce-ramica. Tenuto anche conto della faticaaffrontata per raccoglierle, senza dubbioun bel regalo di Natale. Di cui, specie intempi di astinenza di iniziative pubbliche,come è quello che stiamo attraversando,dobbiamo doppiamente rallegrarci. Primo,perchè, in verità, di questo pittore da noisi è visto pochino. (Cosi, d°acchito, mi ven-gono in mente soltanto le sue presenze nel-la sezione �quattro maestri del cubismo�alla Biennale del �50 e a quella successiva ,dove c°erano una ventina di opere, nonchèle mostre postume di Torino e Roma). Insecondo luogo perchè Léger è Léger.Inutile, cioè, rifarne qui - sia pure in bre-ve - la storia. Tanto più che in questa mo-stra, se si esclude un acquarello del �l7 eduna lito del �29, i cosiddetti �tempi eroi-ci�, quelli che servono per capire varie co-se, sono purtroppo assenti. Tuttavia qual-che osservazione vale forse la pena farla.Anche perchè è una rara occasione di os-servare un così cospicuo numero di opere(soprattutto per Léger, non c°è riproduzio-ne che tenga! ) e alcune sono veramente dinotevole importanza. Specialmente quelledel periodo dal �26 al �39 (vale a dire primadel lungo esilio negli Stati Uniti) che per-mettono di cogliere molto bene il trapassoda una pittura ancora, forse, troppo intri-gata da influenze culturali, ad una visionecompletamenteclibera, tutta sua, assoluta-mente autonoma. Certo uno degli inni piùbelli alla vita, creati in questo nostro secolo.Parlando di in�uenze culturali non vorreiessere frainteso. Nel �26, Léger aveva dige-rito da un pezzo la lezione di Cézanne. Ela �cura� cubista ed alcune esperienze a-stratte, proprio di quegli anni, lo stavanoportando rapidamente nel vivo di quel tipi-co periodo che fu detto degli ()b/et: dansZ'espace. Ma bisogna tener presente che so-no pure gli anni della vicinanza a Ozenfant(dirigevano insieme, come è noto, l'Atelier

LLA VITA

di rue Notre-Dame-des-Champs) e un pò dipurismo (quel purismo che, sottopelle, lointeresserà fino alla fine: si rammentinogli �omaggi� a David e a Ingres e l'ultima�passione� per Paolo Uccello), come dice-vo, un pò di purismo gli rimane attaccato.Un'aria ordinata, leggermente ferma, ma-gica, un tantino intellettualizzata - comu-ne, d�altronde, a tanta pittura europea diquegli anni - di cui, per fortuna, la terra-gna, genuina natura del normanno si libe-rerà presto. E verranno allora quelle com-posizioni, i paesaggi, le figure, che - anchein piccole dimensioni - testimonierannodel suo grande, eccezionale vigore. Un sen-so sano, ottimistico della vita, una energiavitale (giustamente De Micheli accenna,nella breve prefazione, ad una certa analo-gia con Boccioni) che vien fuori di prepo-tenza, come un �pugno� dal quadro.Si potrebbe parlare a lungo delle ragioni-stilistiche e linguistiche - che produconoquesta sensazione di forza, questa energica,salutare scrollata ai sentimentalismi e aidecadentismi. Si potrebbero analizzare isuoi �colori contrapposti�, la estrema sem-plificazione delle forme, la sua capacità diincastrare queste forme in un discorso cheha l'epicità di qualcosa di realmente primi-tivo, di popolare, di solare. E si potrebbesviscerare, per esempio, la sua accettazionedel mondo contemporaneo (le �macchine�e le luci pubblicitarie di Broadway) oppu-re la sua�monumentalità�, intesa come ar-te sociale, ossia arte per tutti.Ma, forse, continuerebbe a venir fuori che,alla base di tutto, c'è sempre questa suaincoercibile, fiducia nella vita. Una fiduciatraboccante, anche se tutt�altro che cieca,che viene rivelata sia dalla minuzia amoro-sa con la quale disegna un tronco d�a1bero(c`è, qui, un disegno straordinario del �3 l ),sia dagli ormai celebri dipinti dedicati ai�grandi soggetti�, di cui, in questa mostra,c'è un eco nello �studio� perla GrandeParade del �53. Una fiducia elementare,bellissima, empatetica, che fa di questopittore un grande maestro. Un maestro intutti i sensi.

Francesco Vincitorio

most re

BARI

Galleria Bussola: S. Salvemini

H procedere per fotogrammi, da non mol-to adottato dal Salvemini, per Poccasionepresentato in catalogo da Pietro Marino,non è assunto (mi riferisco alle opere dia-letticamente più aperte) come mezzo disviluppo linguistico di una percezione vi-siva colta in un momento determinato delsuo evolversi, e quindi seguita nei successi-vi sviluppi e trasformazioni, ma è assimila-to come fatto momentaneo ed isolato dicui ne è testimone il tono iterativo dellanarrazione. H procedere per sequenze efotogrammi è comunque connesso ad unevidente e positivo periodo di crisi - ed inquesto senso la determina ulteriormente -che attesta una avvenuta trasformazione,per alcuni aspetti ancora in atto, della im-postazione ed impaginazione pittorica checerca di uniformarsi ad un nuovo svilupponell'analisi del Soggetto-Oggetto. Traspare,tuttavia, dai lavori presentati, una non su-perata formazione di base espressionistache però il Salvemini tenta di recuperare,almeno in parte, alle sue nuove esperienze:si vedano infatti certi paesaggi o 'interni'dove il tratto è eccessivamente caricato dalcolore. H suo, comunque, è un discorso ar-tisticamente valido e portato avanti con u-na serietà di intendimenti che cerca mag-giore coerenza volto com'è a recuperare,sopra ogni cosa, interamente il senso, piùconcreto ed umano delle cose, che vadaoltre il determinismo tecnologico e le in -�uenze di struttura.

Enzo Spera

BERGAMO

Galleria Lorenzelli: Pierluca

�Lacerazione", �Aggressione�, sono titoliricorrenti in queste sculture di Pierluca(Degli Innocenti). Gli anni, 1958-62, po-trebbero suggerire un mondo informalecon esiti verso Pespressionismo astratto e,quale punto di riferimento, un Burri; mararamente un suggerimento sarebbe cosìsviante, anche se un murale del '60, �La-cerazione Il�, testimonia un preciso assor-bimento di tale tendenza. Nelle opere cheLorenzelli ha raccolto per questo ricordodell'artista, scomparso nel �68 all'età di44 anni, e che documentano appunto il pe-riodo '58-'62, non solo l°emotivitå non èmai prorompente, ma l�artista ha fatto

Pierluca: Lacerazione 24 B - 61

qualcosa di più che chiudere l'opera in unasalda unità. Ha tagliato netto tutti i pontiche potrebbero legarla direttamente al tes-suto storico circostante, eliminando ogniriferimento a ciò che può averla motivata.L�opera ci si dà unicamente come ricondu-cibile a una razionalità moderatrice che de-termina una configurazione sempre saldis-sima e lucidamente equilibrata e che argi-na e raffrena il mondo di forze e di tensio-ni suggerite dalle lamiere, spesso a pacco,piegate, lacerate, sfogliate e colate suibordi, fermandole nel momento stesso incui vengono evocate: irrigidite per sempreentro la configurazione impressa al pezzo.Ed è razionalità che si pone come 'causadell'opera, non come sua finalità espressi-va, che la sovrasta ma iniziando e finendocon essa, per cui dalla configurazione, allatraccia del gesto che ha segnato una mate-ria limpida e lavorata con un mestiere distraordinaria concisione e pulizia,alla forzacompressa e imprigionata che pervade que-sti pezzi, ogni cosa acquista una sorta di i-neluttabilità che brucia senza residui qual-siasi interpretazione intellettualistica o e-stetizzante o soltanto emotiva. Su questamatrice si modula Pindividualità delle sin-gole opere. Ora è il rame a suggerirci un rit-mo più morbido e un'emotività più pacatacome in �Lacerazione 35�, ora, come nelmurae cer ion `i co ra ocr -l�La az eV�,el nt st omatico tra Pargenteo dell'alluminio e il ne-reggiare dell'acciaio slabbrato ad accen-tuare la perentorietã decisa di un'opera distraordinaria concisione. Talvolta ci inca-tena la forza, quasi primigenia, imprigio-

nata nel pezzo, come in �Lacerazione24 b�, e talvolta, come in �LacerazioneVII�, è l°equilibrio e la perfetta coordina-zione delle parti, al confine del virtuosi-smo, a ridestarci un moto di attonita sor-presa. Un'opera e una mostra che si im-pongono alla nostra attenzione, oggi forsepiù che negli anni in cui queste sculturesono nate, per la fecondità e le apertureche racchiudono.

BOLOGNA

Galleria Dè Foscherari: J. Le Parc

Renzo Beltrame

Julio Le Parc, artista argentino poco piùche quarantenne da dieci anni stabilmenteoperante a Parigi, fu tra i fondatori nel1960, con Sobrino e Morellet, del Gruppodi Ricerche d'Arte Visuale, di cui ha con-diviso e alacremente alimentato negli an-ni le prese di posizione polemiche e le di-chiarazioni programmatiche. La mostradell'artista alla Dè Foscherari, che ha unpò forse il torto di non saper creare il do-vuto risalto �ambientale� alle composizio-ni esposte, non~numerose, serve utilmentea saggiare le esperienze recenti degli ag-guerriti ricercatori cinetici francesi, e ilmargine, sia pure non sconvolgente, di ori-ginale divergenza dalle prove del maestroVictor Vasarely. Ecco esposta la serie del-le �Forme in contorsione�, in cui una odue lucide lamelle metalliche si flettonolentamente, mosse da un congegno mecca-nico innescato dallo spettatore, su pannel-li variamente rigati o anche monocromi,creando in questa progressione un campopercettivo continuamente variabile, insie-me costituito dalle varie modulazioni diflessione e dal gioco mutevole della rifles-sione del fondo sullo specchio delle laminein movimento. Ecco ancora il �ContinuoMobile Luminoso� in cui una serie volatiledi specchietti metallici appesi a fili riflettee diffonde variamente per tutto Pambien-te alla minima sollecitazione la luce di unasorgente sovrastante, creando una diasporaluminosa tutt'intorno lo spettatore. O an-cora le cinque strutture cubiche sovrappo-ste, i �Cinque movimenti sorpresa 1966�,in cui una serie di pulsanti installati difronte all'osservatore invita a saggiare lediverse combinazioni cinetiche: e frulleråora una bandierina a strisce, due laminecontrapposte si fletteranno con un puntodi congiunzione, o ruoterà lentamente unquadrato in prospettiva. Iprocessi percet-tivi, le possibilità percettive dell°occhio edella psiche alle sollecitazioni di mutamen-

ti programmati, atti a provocare uno statodi incongruenza e instabilità visiva, vengo-no vagliati e precisati instancabilmente, el°intento è certo quello, in fine, di definireuna possibile razionalità costruttiva. In untramando culturale che, educato sapiente-mente alle ricerche fenomenologiche e pu-rovisibilistiche, tende infine a un°operativi-tà rigorosa: come osservava Morellet nel'62, rilevando che �una vera esperienza do-vrebbe muovere da elementi controllabiliche progrediscono sistematicamente secon-do un programma�. Specificamente si do-vrà sottolineare poi l�esigenza costante inqueste opere di sollecitare e coinvolgere lospettatore nell� �azione� formale, che fufin dall'inizio uno dei punti programmati-ci fondamentali del Gruppo parigino.

Flavio Caroli

COMO .

Galleria Giovio: A. Calderara

Quando, visti i lavori di Mondrian o diVan Doesburg o di Albers o di tanti altriartisti non figurativi europei, si passa aguardare le opere degli astrattisti italiani,sempre, o almeno quasi sempre, si è colpi-ti dal clima particolare di eleganza garbatae sentimentale che le unisce, nonostante lemolte differenze e divergenze. Si tratta diuna caratteristica comune, e spesso di unlimite che attenua la lucida consequenzia-lità dellbrganizzazione delle forme, intro-ducendo fattori sfuggentemente sensitiviin ricerche impostate sul controllo razio-nale e su procedimenti rigorosi. Anche Cal-derara partecipa di questa koinë. Per luinon si tratta però mai di una inconscia econtradditoria sovrapposizione; nè di unaconcessione al gusto; e neppure di un qual-cosa che si accetta o si cerca come un utilesoprappiù. Al contrario, essa entra in mo-do determinante tra i poli del suo lavoro,appunto svolgentesi, mi sembra, nel tenta-tivo di dar concretezza, ordine e razionali-tà ad una sensibilità vibrante, sottile, ma-turata nell'osservare la natura, la sua luce,i suoi colori, più che nell°inseguire rappor-ti d°origine geometrica e sperimentale. Ilsuo obiettivo è quello di decantare in for-me esatte, �assolute� - senza tuttavia maitradire la contingenza del fenomeno - unaccostamento non riduttivo (cioè anchesentimentale e magari �spirituale�) del rea-le. In Calderara non è, licinianamente, lageometria che diviene sentimento, ma ilsentimento che diviene geometria. Ove�sentimento� va inteso nel senso più lar-

go, di adesione emotiva alle cose, di vibra-zione poetica, di vitale avvicinamento allanatura; e dove �geometria� non è mai si-nonimo di irrealtà o di astrazione solomentale. Un procedimento, questo, che dàal lavoro di Calderara una tensione tuttaspeciale e che, del resto - come ancora unavolta si può constatare in questa mostracomasca, che presenta anche alcuni lavorigrafici degli anni anteriori al 1959, Fannodella �conversione� a1l'astrattismo - erastato intrapreso dal pittore ben prima diabbracciare modi esclusivamente non figu-rativi.

Luciano Caramel

CREMONA

Galleria Cornice: G. Benedini

Una dibattuta immagine di ambiguità èquella che prende concretezza nelle situa-zioni dipinte da Gabriella Benedini. Certielementi sono in fase di metamorfosi davegetali in tecnologici, da umani in altritrapassi biologici. Dalle forme naturali na-scono frammenti 'metafisici', che però siavvicinano a forme e tempi da �science fic-tion'. Tuttavia, alla rigidezza di un'eventua-le mutazione in 'monstrum� tecnologico,G. Benedini riesce sempre a sostituire unaambiguità visionaria più sottile, che si spar-ge da una superstite fine tessitura pittori-ca, e da certi inserimenti di ultima sugge-stione storica (come l�apparizione scorcia-ta del sarcofago di Ilaria del Carretto, inquadri e litografie recenti). Per ora, il ten-tativo di svisare e vanificare le immaginidella �neofigurazione� è compiuto attraver-so questa difficile metamorfosi in atto, eattraverso quella dislocazione di nuclei fi-gurali in piani surreali. La dimensione cheviene cosi istituita in questa pittura sfiorasempre un certo �dilemma� psicologico, cheè reso suggestivo da una forte carica delsubconscio. Del resto, la Benedini ha sem-pre mostrato una notevole flessibilità nel-l'uso del linguaggio traslato, con certi pe-netranti scambi di figura. Ora, anche nellaspinta ad una possibile allegoria di comuni-cabilitã nell'ambito di un evento già più�spaziale� (che intimamente psicologico),rimane un ultimo, vago sentore di stanzaterrestre; una nostalgia che, mentre scaldail dialogo fra germi di residui figurali rac-chiusi in schemi geometrici, lascia incertala definizione degli oggetti e dei luoghi ;che hanno qualcosa di inquietante proprioper quella strana sostanza �mista� di cuison fatte le �cose� e i loro �rapporti�.

Elda Fezzi

LECCO

Galleria Stefanoni: Turi Simeti

Dopo i trattamenti empirici ma illuminan-ti di Fontana e di Manzoni, la tela è diven-tata un medium ordinario per l�espressio-ne di significati plastici, soprattutto con laesperienza di operatori, come Castellani eBonalumi, che ne hanno verificato pun-tualmente la disponibilità mediante pro-cessi ragionati. Sostituendo la tela ai mate-rialì rigidi che usava prima, 'I`uri Simeti nonsi muove quindi su un piano di sperimen-talismo tecnologico, ma parte da strumen-ti collaudati per promuoverli a nuove pos-sibilità espressive. Spinta e ,ritenuta con-temporaneamente da una sagoma ellittica(segnale emblematico in tutte le esperien-ze di Simeti) la tela si pronuncia natural-mente in tensioni concave e convesse, se-condo i momenti di pressione e di resisten-za. L'effetto primario è quello di un flui-do elastico che si plasma in ragione di uncorpo che lo penetra. Un significato dina-mico denotato plasticamente e quindi ditangibile concretezza. Alla dinamicità for-male, si aggiunge però una sorprendentemutabilità dell'aspetto percepibile, soloche cambi di direzione o di intensità la lu-ce che lambisce la tela sagomata. Secondol'incidenza della luce, concavitã e conves-sitã si rivelano alla vista come situazioni re-versibili e il corpo ellittico ora sembra pla-smare dal di dentro il sistema fluido orasembra levitare al di sopra, modulandolosolo in virtù di proprietà magnetiche, lospazio sottostante. Per queste dimensioni,la struttura di Simeti non si rende fruibilecome oggetto ma si rivela un fecondo pro-duttore di immagini, che hanno il signifi-cato di eventi spaziali estremamente plau-sibili. Questi caratteri assicurano un per-corso autonomo al suo discorso che pure,si raccomanda immediatamente per le lim-pide qualità estetiche.

Eligio Cesana

LIVORNO

Galleria Peccolo: Arturo Bonfanti

Ogni inquadratura di Arturo Bonfanti, co-me quelle di pochi altri 'astratti' rigorosi,suggerisce sempre, per associazione di i-dee, un rapporto con qualche luogo, o spa-zio che pure deve esistere in qualche parte.Nella pittura di Bonfanti ciò è forse dovu-to a quella densità materica, a quello spes-sore di colore-luce che rinsangua le tabula-ture compatte, intersecate ormai da radi

passaggi di elementi �fisici�; e che rende l'o-perazione 'astratta' come se fosse dotata diuna concretezza quasi realistica. Bonfantiha saputo scaldare, fin dall'inizio della suasintesi intorno al �30, quei �sintagmi cri-stallizzati° che già si divulgavano dalle pro-grammazioni d'obbligo dell'Abstraction-Création'. Quello che sottende sempre, erende distinta la parabola singolare del pit-tore bergamasco, è soprattutto il principiodi vitalizzare l'intera superficie dipinta;occupar1a,ispessirla di colore-luce. Abitar-la di un raro 'oggetto' geometrico, dappri-ma; in seguito, addirittura assorbirne la�figura� in uno spiraglio �altro�, in unaspaccatura diversa che ha la precisa funzio-ne di far sentire il rilievo, la presenza tan-gibile di quell'intera mappa dipinta. E' co-me se Bonfanti abbia cercato di mimetiz-zare, nelle esoteriche plaghe di un caldodeserto di dune, sia la lingua di certe espe-rienze costruttiviste, sia la �parola� mo-randiana. La sostanza cromatico-luminosaè ancora l'elemento che dosa la connessio-ne grave, tenace della �superficie�, su cuiappaiono lenti spostamenti di sezioni, pia-ni, quasi passaggi di cunei geografici. Laseverità della composizione, che tra l'altrosa di accurato, appassionato manufatto(ben lontana da provocazioni �op�, di fre-quenza seriale, meccanica) non impedisceuna disponibilità alla �lettura� topografi-ca; così, ogni dipinto pare Pingrandimen-to di un dettaglio della vasta �emulsione 'della luce, legata intrinsecamente alla poro-sità della materia pittorica, che conserva appunto un'arcana pesantezza, come di mu-ro o di corposa zona di arena. Quella vo-lontà di cercare un infinito dello spazio,che è propria della lunga pazienza degli a-strattìsti, è precisata, registrata anche oggida Bonfanti nella progressiva immersionedell°elemento geometrico dentro il tessutocromatico, fino a diventare non un corponel corpo, ma una componente della su-perficie, come ogni altra tonalità più bassao più alta, più rara 0 più densa di colore;tutto è inteso a staccare la costruzione dal-l�appiombo geometrico, o dalla sorda ano-nimia di finestra dipinta, tipica di certe al-tre soluzioni 'astratte°. Se poi l�intenzionedello spazio infinito è contraddetta daquella consistenza di �cosa� concreta, di pa-rete impregnata di gravezza materica, oquasi simile ad un sobrio intaglio ligneo,questo è, in ultima istanza, il tributo indi-viduale di Bonfanti �contro� la stremataieraticitã dell°esperienza �astratta�, che pu-re intuiva strutture in mezzo alla nostalgiadella pittura-pittura, la più acuta e diffici-

le che ancora sia possibile in qualche de-cennio intorno alla metà del XX secolo.

Elda Fezzi.

MANTOVA

Galleria Greco: Carlos Revilla

E' sintomatico che un pittore provenienteda una regione che ha una storia ed unarealtà socioeconomica tanto drammatichecome quelle del Perù, abbia immediata-mente accettato di svolgere le sue ricerchepoetiche nell'ambito figurativo ed abbiaguardato soprattutto ai surrealisti ed inparticolare a quello che si va scoprendocome uno dei più allucinati ed allucinanti:il belga René Magritte. Direi però che l'ap-porto surrealista nella opera di Revilla èstato recepito come stimolo, per cui delsospetto di decadentismo di cui a volte siè parlato (anche senza una ragione plausi-bile, fin qui) a proposito degli elaboratidel primo gruppo bretoniano, non è possi-bile trasferire la nozione sulla sua opera.Tantomeno riguardo ai disegni di cui que-sta mostra offre ampia panoramica. Revil-la ha accolto le possibilità associative dicerti simboli, riproposti da lui in formatotemica, come elementi specchio di alcu-ne situazioni tipo. Ha pure accolto 1�estre-ma libertà inventiva che Pirrazionalismosurrealista ha proposto a livello d°immagi-ne, cosi come la causticità e l'ironia can-nibalistica, la goliardìca violenza anarcoi-de, l'amarezza riflessiva che i dipinti miglio-ri del surrealismo storico hanno proposto.Questi elementi nelle sue mani non sonostati usati quali strumenti di rielaborazio-ne estetica in un gioco raffinato, ma comemeccanismi - funzionanti - di una vitalediaristica esistenziale in cui tutta la barba-rica foga immaginativa di cui l'artista è do-tato ha modo di esprimersi, mordendo fe-rocemente sulla realtà. L�opera di Revil-la ha dunque una tipicità assai pronuncia-ta, a differenza di altri artisti suoi conter-ranei che, trasferitisi in Europa, hanno pre-ferito adeguarsi al culturalismo sperimen-tale d'importazione statunitense. Que-sti disegni condotti accuratamente, masenza ineffabilitá formali, con un penninoappuntito che ricorda, a tratti, quello diGrosz, si arricchiscono di tanto in tanto diqualche violento contrappunto colorato,unica concessione al richiamo visivo. Mapiù spesso, il segnale colorato è lì comememento o con precise funzioni simboli-che.

Renzo Margonari

MATERA p

Galleria Scaletta: Collettiva

Collettiva presentata sotto il titolo di: �I-tinerario Pittorico�; quale sia il presuntoitinerario è difficile da stabilire volendorimanere nell°ambito della informazione eformazione culturale. Ecco che ancora unavolta si ripropongono isoliti problemi con-nessi alle �Collettive' organizzate secondoesigenze di 'Galleria' e non di corrente e ditendenza. I problemi possono ridursi atre e precisamente: 1), quale valore posso-no avere le collettive �minestrone�'? - Nes-suno! - Se non quello di confondere le i-dee già di per sé sufficientemente confuse:vicino ad un Mirò fa bella mostra un pae-saggio appannato di Omiccioli; un Braqueriflette nel vetro dell'incorniciatura unamarina di Enotrio; un Hartung sta a stret-to gomito con un Attardi, mentre un Mari-ni sta quasi appiccicato ad una donnina diTreccani: 2), grosse firme ammassate sen-za ordine fanno buona la pietanza? Ed in-fine (ed è questo, forse, l'unico interroga-tivo risolvibile in una atmosfera che co-mincia ad odorare di �strenne'): 3), il solofine di smercio e di svendita ne giustifical'esistenza? Purtroppo, queste di grossinomi affermati, sono le �mostre� che piac-cìono ai �collezionisti� di provincia i qualisanno guardare solo alla firma e non allavalidità dell'opera firmata, e che la dome-nica, dopo aver assistito al rito religioso,con il Bolaffi alla mano (ediz. 1968), debi-tamente fornito per Poccasione dalla Gal-leria, si improvvisano intenditori d'arte.

Enzo SperaMILANO

Salone Annunciata: R. Barisani

Renato Barisani non appartiene, per la da-ta di nascita, alla generazione che ha fattouscire l�opera ottico-concreta dalla superfi-cie piana portandola nella tridimensionali-tà della struttura primaria e dell'ambiente.E' un artista che ha dietro di sè tutta unaricerca astrattista in senso classico sfocia-ta nella sua adesione al gruppo �MAC�. Maè proprio questo distacco temporale (ecritico) che gli ha permesso, in epoca re-cente, di riprendere alcune formulazionidella ricerca di strutture primarie, ambien-tali, sotto un'angolatura diversa. Nella ri-cerca di strutture primarie vi è si una spin-ta razionale alla semplificazione, ma vi èanche una componente irrazionale volta alrecupero di dati come il gigantismo e ilprimordiale (o primitivo) ancorchè presen-

Fl. Barisani: Oggetto bianco 1968

tati in una veste geometrica; ciò spiega ilfacile passaggio di parecchi artisti appar-tenenti a questa tendenza a formulazioni i-bride (con la �pop�), poi funk e �povere�.Questo lato irrazionale, nelle recenti ope-re di Barisani, non appare. L°artista, purservendosi di forme primarie, componibilia piacere nello spazio, resta un razionali-sta: un razionalista che fa suo un linguag-gio più recente e lo piega alle sue esigenze.Le forme di Barisani sono di una semplici-tà �complessa�, calcolatissima: sono in le-gno rivestito di formica colorata; esse han-no la possibilità di venire composte insvariati modi. Questa componibilità è unapossibilità ludica prevista nei minimi par-ticolari. Sia su piano orizzontale (comescansione di spazio), sia su piano verticale,(come struttura plastica in crescita), que-sti elementi offrono soluzioni illimitatecontenute nello studio dell�elemento ba-se, il quale, a sua volta si presenta come�forma� bella, autonoma. Si potrà obiet-tare che le strutture primarie di Barisanimancano di aggressività, di brutale eviden-za; e ciò appare proprio per l'assenza di ir-razionalitá nella sua ricerca - per il suo co-sciente rifiuto di questa irrazionalità. Ma èda apprezzare, in queste opere, l'intelli-genza vigile, la definizione (che si sospettalaboriosa) della forma �giusta�, dimostra-tiva: un modulo, non a livello utilitario,ma per il diletto dello spirito - che peròmodulo rimane, ripetibile a piacimento.

Gualtiero Schoenenberger

Galleria Visualità: C. Di RuggeroUn ambiente bianco interrotto da elemen-ti bianchi, sospesi o sporgenti dalle pareti,al contrario di quanto si possa pensare, in-terviene in maniera violenta sulla nostra

percezione, abbagliandoci, prima, coinvol-gendoci un attimo dopo. Infatti passandofra i dischi mobili sospesi di Carmine DiRuggero si può cogliere e fruire una espe-rienza di spazio organica e completa, e cioèil fatto percettivo che si esperisce intervie-ne a tutti i livelli della sensazione, e non so-lo allìmmediatamente recepibile. Questeopere dunque si propongono di configurarelo spazio al livello di visualità pura, attra-verso la rappresentazione di un accidentespaziale che sia possibile fruire interamentenella percezione. E� in questo ambito chesi attua il processo di oggettualizzazionedell'immagine (Dorfles) appunto, di spa-zio. Ma allora non ha più significato parla-re di bidìmensionalità, di scultura o digrandi dischi, bensì di capacità di realizza-re elementi che forniscano in modo imme-diato questa percezione dell'idea di spa-zio, e questo ambiente (perchè non di unsolo elemento si può parlare) raggiunge intermini molto chiari la dimensione voluta.

Claudia Gian Ferrari

Galleria Apollinaire: T. StefanoniE� stato Tino Stefanoni stesso a spiegarmi- con aria di scusarsi - che l'idea di esporreun unico tipo di segnale (in luogo di tuttala serie �variata� che egli aveva preparatoperl'0ccasione) era venuta a Le Noci, pro-prietario della galleria. Confesso che a me,invece, è sembrata idea giusta e la confer-ma che, spesso, le cose si vedono meglio�da fuori�. L'aver disposto per terra, allarinfusa, un certo numero di �cartelli stra-dali�, identici (triangolo bianco e rosso conuna curva e un albero stilizzati) produce,

Tino Stefanoni

secondo me, una sensazione più univoca.Ci si aspetta, cioè, da un momento all'al-tro, di veder entrare, invece del collezioni-sta, uno stradino dell°ANAS il quale, cari-catili su una carrìola, li va a montare suqualche strada. Con questa scelta unitariae questo tipo di esposizione. si facilita in-somma la ricezione di ciò che è la sostan-za della proposta di Stefanoni. Mezzo gio-co e mezza sollecitazione alla immaginazio-ne. Il tutto con estrema semplicità, senzala minima sovrastruttura o artifizio conven-zionale. Forse perchè il messaggio possaconservare tutta la sua originaria freschez-za. Sono anni che questo giovane artistapersegue, con pazienza, questo suo discor-so pulito, aurorale. Una semplicità, direi,meglio, quasi un�umile povertà di mezzi e-spressivi, che basa la sua efficacia - al mas-simo - su1l'iterazione dell'immagine. Nonè facile, per chi le veda per la prima volta,superare la sorpresa del troppo semplice,troppo facile. Ma il silenzio stesso, stavoper dire il pudore, che promanano da que-ste sue cose, mi pare che, alla fine, preval-gano sulla diffidenza. E giunge suasiva echiara la sua voce a ricordarci una possibi-le strada per riportarci ad una condizionepiù umana. Appunto dove un albero è unalbero. è un albero.

Galleria Pagani: Enrico Bordoni

La mostra che la galleria Pagani ha volutodedicare a Enrico Bordoni è una iniziativameritoria perchè serve a ricordare - a po-chi mesi dalla morte - un pittore, probabil-mente non di prima grandezza, ma certofra i più sensibili e aperti di questo dopo-guerra. Un artista che, come scrisse unavolta Lara Vinca Masini, era capace, comepochi, �di captare, spesso di anticipare eprecedere le oscillazioni più lievi della co-scienza artistica contemporanea�. Questamostra è antologica e comprende operedal �43 alle ultime, del '69. Oltre un venti-cinquennio di pittura che si snoda, conchiara leggibilità, dalle prime scomposizio-ni quasi �a vetrata", via via attraverso unaastrazione formale che tendeva semprepiù ad organizzarsi equilibratamente. Sem-pre però con una grande attenzione allequalità espressive del colore. Anzi, dal '45fino al �50, si nota un accentuarsi di espres-sività drammatica, denunciata da grandiimmagini con un contorno nero, marcato,e da predominanti tonalità grigio plumbee.Un breve arco molto significativo che oggiè possibile osservare con un distacco chemette in risalto la sincerità di quella crisi.

Poi un lungo iato e nel '58 l'affiorare di e-leganze neo-liberty, quasi subito riassorbi-te dagli �Arké". Una invenzione bordonia-na in cui queste eleganze e questo rappor-to �interno-esterno" si affinano e dove, suuna unità di fondo, basilarmente materica,viene in un certo senso a riflettersi Parti-colarsi delle vicende artistiche generali.Dapprima l'informale e, infine, una speciedi rilievo, di marchio ripetuto e di diversegrandezze, che egli viene articolando in va-ri discorsi. Ma per suggerire - sempre - que-sta esigenza di �ornamentalità�, vale a di-re di organizzato lirismo. Fino agli ultimimonocromi, in cui questi marchi vengonoad essere localizzati in una piccola zonadel quadro e si perdono anch°essi nel colo-re. Ancora una volta un lieve, personale,sensibile recepire le linee determinanti del-le attuali esperienze artistiche.

Francesco Vincitorio

Galleria Cortina: Dino Buzzati

Sinceramente, un discorso critico sull'ope-ra di Buzzati non ci sentiamo di farlo. Poi-chè non risulterebbe affatto critico consi-derata la collocazione dell'autore al di fuo-ridi qualsiasi area espressiva pittorica. Me-glio forse parlare di illustrazione o di fu-metti. Buzzati è un cattivo disegnatore eun mediocrissimo cartoonist, privo di sa-pienza, invenzione, originalità personale econtinuità stilistica. Anche su questo pia-no, quindi, il discorso muore subito. E allo-ra, come affrontare la sua opera? Consi-derando la storia che ha alle spalle la ten-tazione scivola alla letteratura. Una lette-ratura, oggi, in ritardo di trent'anni, gioca-ta sul magico quotidiano, sul frammento direaltà traslato a coinvolgere paure e desi-deri a livello inconscio, collegata a una me-moria sotterranea in cui si mescolano i se-gni e le aggressività dell°infanzia eletti a mi-sura di uno spazio psicologico che escludesempre e comunque la razionalità. Unospazio che se lo fece un tempo leggibilescrittore, qui nelle tavole e nei fumetti ap-pare gracile e scontato. Si da restringere ilsuq lavoro a una confessione esibizionisti-ca e autoironica. Cosi ecco delinearsi unpersonaggio freudiano, teso a costruirsi unrapporto con le cose volutamente arbitra-rio su cui proietta le proprie fantasie e ten-sioni elette a unica realtà. Poichè è chiaro,una sorta di dissociazione ha capovolto itermini del reale in Buzzati e lo spinge a vi-vere nell'unica dimensione che gli è possi-bile, quella fantastica, che il disegno, l'im-magine, la storia, quotidianamente gli con-

sentono di materializzare. Non staremo quia descriverla, tanto infantile, frustrata epatologica ci sembra, anche se molti fram-menti di essa possono vivere in noi, inte-grati però da acquisizioni assai più elabo-rate. Comunque il quadro culturale che neesce, tenendo conto di ogni stratificazionedel personaggio Buzzati, è perlomeno sor-prendente e induce, a dir poco, a molteperplessità se lo si pone a confronto dellaposizione operativa che egli ricopre all'in-terno di un foglio così carico di aspirazio-ni al1°ufficialità e oggi, con questa Orfeoed Euridice a cui appartengono i disegniesposti, nel cast �artistico� di un grandeeditore.

Aurelio Natali

NUORO

Galleria Chironi 88: Nello Asterìa

I dipinti di Asterìa si sviluppano in tessitu-re cromatiche a scansioni ritmiche dove1'armonia è affidata al rigoroso rispetto delrapporto ambiente-spazio-luce. L'e1emen-to formale si identifica con l'ansia espressi-va di una tematica suggestiva che attinge alsubcosciente estrinsecandosi, a livello frui-tivo, in un linguaggio plastico destaeliano,ma inteso come esito di un°urgenza creati-va formulata sull'accentuazione dei valoritimbrici, il cui punto di convergenza è in-dividuabile nelle trame materico-spazialidelle sue città antiche fino alla rappresen-tazione di un�autonoma visione della cittàdel futuro, quasi dolmen-grattacieli. Pre-minente, si avverte in queste opere, la tre-pidazione panica dell�artista sulla sorte del-l'Uomo destinato ad inserirsi, in veste dispettatore, nella scena del progresso scien-tifico e ineluttabilmente isolato in unneo-spazio del1�habitat futuro. Pur avendoAsterìa eliminato ogni richiamo figurativo,è sottintesa la presenza di un'umanità la-tente, perplessa e allarmata per il propriodivenire, per il nuovo spazio bio-fisico chegli verrà assegnato e che sarà certamentee sostanzialmente diverso da quello che o-ra ci è dato conoscere.

Mario Di .Cara

PADOVA

Filarmonico: Gallerie delle Venezie

Si tratta di una mostra-incontro tra 10gallerie delle Venezie, che un gruppo digiovani (Gruppo Artistico Incontro) hamesso insieme, con non pochi sacrifici,nell�intento - come spiega Toni Toniato

nel volumetto-catalogo - di dare a Padovauna effettiva presenza nel dibattito artisti-co d�oggi. Le gallerie presenti al CircoloFilarmonico Artistico in Piazzetta Pedroc-chi sono le seguenti: Antenore e La Chioc-ciola di Padova, L'Argentario di Trento, IlCavallino e Il Traghetto di Venezia, Ghel-fi di Verona, Girasole di Udine, Goethe diBolzano, Hausammann di Cortina e S.Giorgio di Mestre. Più che un panoramavogliono rappresentare un primo �inven-tario� per tentare uno scambio utile ad al-largare il discorso finora troppo asfittico,specie dentro alcune mura cittadine. Unainiziativa coraggiosa che, sia pure coni li-miti derivanti dalla eccessiva preoccupazio-ne mercantilistica di qualche galleria, unavolta che fosse allargata e sistematicizzata,potrebbe rivelarsi proficua. Infatti nontragga in inganno la eccezionale fiorituradi gallerie d°arte anche in provincia. Bastaun minimo di attenzione per accorgersiche, spesso, forse per carenza di informa-zione, il giro degli artisti presentati è piut-tosto ristretto e con preponderanza di�professori�, a scapito dei giovani. E allo-ra questo mettere a confronto le proprie�scelte� non può che stimolare un discor-so più aperto. Gli artisti sono circa 80 equindi non è il caso di fare segnalazioni.Solo per dare un'idea del ventaglio in cuisi articolano le presenze si potranno citareinomi di Zigaina e Ciussi, Celiberti e Biasi,Plattner e Anselmi, Gianquinto e Costa-longa, Olivotto e la Zanon, Basaglia e laFedrizzi.

Francesco Vincitorio

PESARO

Galleria Il Segnapassi: C. Lorenzetti

Del tutto inedite e nuove le sculture cheCarlo Lorenzetti ha esposto a Pesaro in oc-casione della presentazione al pubblicodella bella cartella di serigrafie realizzatain collaborazione con 'Il Segnapassi' e acui fanno da misurato e sensibile commen-to i versi di Cesare Vivaldi. A conferma diquanto già ebbi a notare a proposito dellasua ultima mostra, e che lo stesso Vivaldiaveva avvertito sin dal '65, la scultura diLorenzetti si è fatta più ariosa e smateria-lizzata, ormai non più scultura, in un di-scorso fantastico e libero, di una fresca egioiosa spontaneità. Questa volta il metal-lo è stato sostituito dal legno su cui il co-lore interviene ora con grafici e spazialitracciati su un fondo neutro. Le ampie for-me si aprono come grandi ali che vibrano

C. Lorenzetti: Gocciolone 1969

nell'atmosfera, mentre l'aria circola libera-mente nelle aperture e negli spazi che leombre portate mutevolmente variano emoltiplicano. Eppure, dietro questa nuovae sempre imprevedibile ricchezza di im-magini, a volte melodicamente liriche, avolte ironicamente aggressive, non è diffi-cile riconoscere il sempre vigile e rigorosa-mente controllato senso della costruzioneche costituisce una delle costanti dell'ope-ra dell'artista romano. Pertanto, più cheuna svolta, il lavoro presente di Lorenzettimi sembra documentare un arricchimentoe sviluppo del suo mondo fantastico, purrappresentandone una tappa importante,tale da imporre questa mostra all'attenzio-ne della critica e del pubblico come unadelle più interessanti di quest'anno: mad°altra parte Lorenzetti non ha mai delu-so le aspettative, sempre coerente con sestesso, in un progressivo e costante svilup-po di quella che può definirsi una delle piùvive e originali personalità della giovanescultura europea.

Antonio Pandolfelli

ROMA

Galleria Piattelli: Loreno Sguanci

Se il motivo di maggior interesse della mo-stra napoletana di maggio era rappresenta-to dalle candide �plastiche�, alcuni im-portanti �legni� di recentissima produzio-ne fanno nuovamente gravitare l'interessedi questa mostra romana intorno alle ope-re realizzate in quest'ultimo materiale. Sitratta di corporee e incombenti presenzealle quali il più diretto intervento dello

scalpello e della sgorbia e la più scopertacostruzione degli incastri aggiungono unsenso di forza primitiva e barbarica, quasiaggressive macchine da guerra medievali.Nell'impostazione più spaziale e nei mar-gini rotti da simboliche volute è facile ri-conoscere le conseguenze de1l'esperienzadelle plastiche (di cui già scrissi nel n. 15di NAC), anche se qui tutto appare piùcontrollato e calcolato. Un più grave sensodella Storia carica l'opera di significati an-tichi e magiche evocazioni, là dove il legnomeglio si presta all'incidere lento di un rac-conto, rispetto alla più epigrarnmatica im-mediatezza della plastica. In entrambi icasi, è ora chiaro, a Sguanci non interessatanto il materiale come espressione tecno-logica 0 definizione materiologica - comeappunto avverte Crispolti nella presenta-zione - ma come �media� in cui un diver-so concetto del tempo e dello spazio, delpresente e del passato, meglio possono tro-vare la loro espressione.

Antonio Pandolfelli

Galleria Farnese: Federico Brook

Maurizio Calvesi presentando in catalogoquesta personale di Federico Brook alla�Farnese�, scrive �oggetti che potremmodefinire architettonici, sia per il senso co-struttivo dei volumi, sia per la funzione,che non è quasi immaginabile fuori diun'architettura alla quale si integrino edella quale entrino a far parte�; e più a-vanti ancora, a proposito del materiale u-sato (le lastre di metacrilato: una specie diplastica trasparente nel cui ambito l'artistainserisce il metallo), �fungono insomma davuoti rispetto al metallo, ma da pieni ri-spetto all'atmosfera�. In sostanza, la sug-gestiva ipotesi del Calvesi propone una so-luzione negli antichi termini vagheggiati daLe Courbousier (integrazione arte-architet-tura), completata da una rivendicazione dispazio. Certo, l'acuta speculazione criticadi Calvesi riesce dialetticamente a sugge-stionare una simile lettura. Ma sino a chepunto,'in verità, il discorso di Brook realiz-za le ipotesi del critico? Noi diremmo in-tegralmente una volta accettata l'opera diBrook come metalinguaggio. Il gioco di LeParc, Parte ludica cosciente di una impos-sibilità di risolversi fuori dalle categorie;l'estrema resa all'immanenza tragica di unasituazione con la convinzione che non esi-stano soluzioni fuori da una certa integra-zione, sia pure con intenzioni ironiche.Non la dissacrazione della scultura, cioè,né l�antica angoscia della scultura dinanzi

alla tragedia del mondo moderno espressaattraverso Pesasperazione materica, bensil'ipotesi tecnologica proposta in terminiliberatori. L�oggetto, allora, diventa ele-mento inserito in uno spazio, pur conser-vando le caratteristiche della statuaria (cir-colarità della visione, costruzione attraver-so la luce nel gioco dei vuoti e dei pieni).Allora non potremo forse dire di sculturao operazione artistica (superiamo pure ledivisioni categoriali) risolta con mezzi tec-nologici, cioë all°insegna di quel concettoche vuole la tecnica misura dell'universocontemporaneo (contrapposizione al1'anti-co concetto greco che vuole l'uomo misu-ra dell'universo? ) Attenti ad una siffattasuggestione! Se non si considera questaimpostazione alla luce di pura ipotesi fe-nomenologica, il rischio più immediato èquello che Argan, pur nell�entusiasmo perla tecnica, rifiuta, cioè �la liquidazione fi-nale della storia da parte della tecnologia�.Brook riteniamo tenga presenti questecomponenti ed affida ancora al1'uomo, alsuo intervento, il movimento delle suemacchine-oggetto: il caleidoscopio di im-magini quasi fantascientifiche che dal mo-vimento 0 dall'idea di movimento che ilmetallo nichelato produce attraverso ilmetilpolimecratilato, suggerisce ancora unmargine di fantasia (che non è orizzontespirituale, si badi bene) ma è, e resta, un e-lemento vitale attraverso il quale l'uomoafferma la propria presenza. Anche se noipreferirernmo una tale affermazione in ter-mini di umanità.

Vito Apuleo

Galleria La Nuova Pesa: F. Mulas

Preso dalla foga polemica Franco Solmi,che presenta la mostra, non si accorge for-se che _il suo discorso porta paradossal-mente il. segno sbagliato e che, cambiatocorn e giusto di segno, precipita la tesi,cioe il pittore, che voleva sostenere. �CosiPimmaginazione resta applicabile all'arte,come ingrediente dell' �estetico� ...'� : ap-punto, e strano sarebbe negarlo, com'è in-vece costretto a fare il critico bologneseper poter poi affermare che �Mulas, presacoscienza della illegittimità dell'immagina-zione - 0, meglio, della sua improbabilitàsociale - la toglie decisamente di mezzo�.Col risultato che i suoi quadri restano, ap-punto, privi d'immaginazione. Ma più pro-duttivo è andare alla radice di un vizio po-lemico che rimbalza,ripartendovisi in egualmisura, dalle parole di Solmi alle tele diMulas. ltitoli di queste, come queste dida-

scalici, sono �Occidente�, �Notte del Mag-gio�, �Dialogo col potere", �L'immagina-zione non prese il potere�, e via di seguito;scalinate ossessive, statue infrante, poli-ziotti in agguato e dimostranti in fuga so-no isoggetti, dipinti con un verismo gelidoe scostante su cui ristagna, ed è il malepeggiore, certo pittoricismo che scontor-na le statue di luce giallina e intenerisce icieli. E� il peggior male perchè scopre lecarte, e mostra che la lezione - magari inbuona fede - è imparaticcia, e che ci vuolben altro perchè terrore e ossessione si fac-ciano davvero immagine. guñpdo si affer-ma che �la mercificazione e immagine èla condizione prima della sua scorrevolez-za sociale� si dice, a mio parere, cosa sen-za senso, perchè tra l�im magíne e la mercenon ci sono ponti. Se poi s°intenda, manon credo, riferirsi al mercato, vien vogliadi chiedersi dove e perchè sono esposti iquadri di Mulas. Polizia rivoluzione sistemasono termini di politica, non d°arte; e que-st'ultima non s°occupa della �realtà che ilsistema ci concede� ma di ben altra realtà,

iù com rensiva e profonda, nella qualeFa prima ga travasata e filtrata, perchè pos-sa significare davvero al di là della propa-anda. Se Mulas vuole far politica facciaaure, ma se vuol fare dei quadri non ha dadarci altro che la misura in cui ciò che de-nuncia brucia sulla sua propria carne, s'im-prime a fuoco nel suo spirito,ãi fa sua per-sonale esperienza. Se si tratta i misura au-tentica la sua esperienza sarà la nostra e lesue immagini ci toccheranno. Altrimentisarà accademia, magari di bell'effetto, osvolta nella sede del partito piuttosto chetra i gessi d�una scuola di belle arti.

Guido Giuffrè

TQ RINOGalleria Franzp: Mario Russo

L'antioggettualità e l'antistrutturalità delleopere di Mario Russo, realizzate in incom-pletezza e instabilità formale mediantemembrane trasparenti di polietilene por-tate al limite estremo di rottura con 1�in-sufflazione di aria, stimolano il momentomentale della percezione nella trasposizio-ne e nel contempo identificazione con lavitalità organica. La processualità dell'e-nergia vitale nell'atto allarmante di dira-marsi ed espandersi (in totalità naturale econ intenzioni simboliche di ordine cosmo-logico), dalla germinazione all'accresci-mento, in un continuo riferimento ad unaconsistenza fisiologica ed al corso creativo

e nell'innescamento di un procedimentofantastico, è la polarità della ricerca opera-tiva di Russo. Il rimando all'ispezione or-ganica della natura alla condizione di pri-mordio: la sacca placentare, l°embrione, lecavità recise venose, nel ciclo crescita-svol-gimento, morte-rigenerazione, inteso comeprofondo rapporto e ritorno alla matrice,oggettivato qui con la pulsazione e il cine-tismo di un materiale plastico industria-le, è la dialettica contrapposizione, in flui-dità situazionale, alla razionalità e pro-grammazione tecnologica. Il gonfiarsi equindi l'afflosciarsi di queste forme nellospazio (in un certo senso vicine a quelledi Piene, Coburn, Frazier), con un ritmocasuale, ne determinano infine un'attiva-zione rapportata alla loro estensibilità e di-latazione in una dimensione temporale a-fasica e inedita, resa intrigante dalla tra-sparenza quasi radiografica e dalla dissolu-zione della plasticità. -

Galleria Stein: Beppe Devalle

A cinque anni dalla sua ultima personaletorinese alla Galatea, Devalle presenta allaStein un'unica grande opera �Prospettiva�1968, già esposta la scorsa primavera allaGalleria Blu di Milano, e vari �Progetti�.Il discorso del giovane artista torinese ver-te sull'analisi strutturale dello spazio, inda-gato e catturato al di là della bidimensio-nalità del dipinto, solidificantesi in pro-pulsione dinamica e controllata fuori dellasuperficie stessa, in apertura d�evento conl°ambiente e con il fruitore.Nell'opera esposta, il fotogramma di unpaesaggio industriale con alberi è il puntodi partenza, a reticolo, di una caduta inar-restabile di linee prospettiche nello spazio,che diviene cosi aggregazione macroscopi-ca di strutture cristalline tetraedriche inaccrescimento, in dipanazione polidirezio-nale e in aggetto e rientro continuo di pia-ni. La logica ottica che deriva dalla molti-plicazione e scorrimento di essi, più chemeccanicistica indagine del reale, verte a li-vello di astrazione gnoseologica. Questaricerca - evidente anche nei �Progetti� di-segnati esposti - saldamente inserita nellacultura post-pop e ottico-geometrica at-tuale (e che ha lontane origini nel ritmo a-nalitico di scomposizione e ricomposizio-ne cubista, nel dinamismo-vorticismo futu-rista e nel costruttivismo) polarizza e ve-rifica con rigore e metodo costruttivo qua-si scientifico, la fenomenizzazione e l'im-manenza di un ordine normativo.

Mirella Bandini

VERONA

Galleria Ferrari: Mario Surbone

Non ultimo merito di questa limpida mo-stra è di aver riportato l'accento su ciò chesi può definire il riposo, 0 la stasi, dellageometria. Perchè di geometria a lungo s'ëparlato in questi anni, e tanti luoghi di ti-po geometrico si son proposti, rifugiando-si magari dietro le sagome dei triangoli edei cerchi come dietro ad emblemi in sèvalidi e sicuri e quindi abbastanza evasivi,che alla fine veder tuffare canoni e model-li in un orizzonte fluido che li rimette dicontinuo in gioco, e in forse, finisce col-l'esser proposta degna d'udienza. Tantopiù se, ed è il caso di Surbone, questi �enti�son messi ancor più in luce d'ambiguità dauna impostazione spaziale che ne prolun-ga l'eco e ne deforma su piani diversi laconsistenza: non si ferma, cioè in superfi-cie ma mira a valutarne un ideale percorsodi installazione nello spazio e di determi-nazione mossa e dinamica della collocazio-ne. Surbone, dunque, ritaglia e separa sulfoglio di cartone un disegno prestabilito ene verifica il comportamento spaziale, letensioni e gli spostamenti sul piano: in talmodo il 'disegno' resta come in sospensio-ne, spinto verso una sua percezione men-tale, e gli intagli e le superfici sottese colmobile gioco delle luci costituiscono i tem-pi successivi, lo sviluppo temporale di un�a-zione fino alle sue estreme conseguenze.Ne consegue che la geometria non è unoschema statico, né un emblema precostitui-to, che assuma e sistemi una volta per tut-te la varietà interessata, ma un procedi-

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M. Surbone: lncìso bianco 1 1969

mento mobile, uno sviluppo continuo e lacui sistemazione è ambigua, cioè instabilee pronta a riprendere moto. Il punto su cuiruota una mostra come questa è nella pro-fonda modificazione che ne subisce la geo-metria e quindi il teatrino spaziale in cuiessa si dipana: vale a dire da una certezzaimmobile di eco metafisica si passa a regi-strare un dinamismo psicologico, per cui isegni e le cadenze connotano un più evasi-vo (uso la parola anche nel suo implicitosenso di moto) mondo, instabile e turbato.Con un esito inatteso, ma, proprio sul fron-te psicologico (che del resto è indaginetutt°ora aperta del romanzo figurativo piùrecente) ineccepibile, quello di una sensi-bilità al tempo, al prima e al poi, ed essen-zialmente al dopo rispetto al punto in cui1'intuizione è scattata. E che il luogo geo-metrico, deputazione dello spazio, assumavigore di tempo, è, grazie a Surbone, unfelice esito.

Paolo Fossati

VICENZA

Galleria L�Incontro: M. Calandri

I simboli delle civiltà nel tempo: qui lastruttura della ispirazione e della narrazio-ne di Mario Calandri. Una pittura che visi-ta tempi e luoghi che hanno segnato mo-menti di una storia umana ricalcolata amemoria e rifusa in montaggi fermi e in-cantati, in assoli contemplati. Gli episodifigurali, che stemmano delle civiltà esteti-che, hanno una risonanza semantica cosiassoluta da funzionare nel contesto dellacomposizione come indeterminate quanti-tà metafisiche. Cosi questa pittura apparen-temente discorsiva e storicistica, si fa sur-reale e mitologica, proprio perchè anchel�intestazione urbanistica e architettonica,la illustrazione simbologica e la narrazionespazio-temporale, ravvicinano questa incli-nazione intellettuale (che immagina l'esi-stenza) a una poetica della seconda volta(Pavese), a un'etica della miscredenza esi-stenziale, a un'elegia (troppo illuminata)che allontana ogni dato reale del mondo edella storia nei fondali equivoci e estasiatidi una memoria fantomatica. Di qui quelvideo pittorico interrotto, velare, simulta-neo, traslucido: una memoria affettiva,compromessa, malata, partecipa in profon-di chiaroscuri l�intera sceneggiatura del rac-conto. Una memoria celebrativa più che e-vocativa, commemorativa più che conosci-tiva: l'estetismo, si capisce, è a due passida questa letteratissima pittura.

Salvatore Fazia

panonamigcaBARI Di LINQ c|RAl_Do, che espone alla con-NICE, sarebbe meglio tacere: non vedo, infatti, neisuoi lavori di ispirazione "verzuriana" nulla di origi-naleedi artisticamente valido. In modo personale lanatura floreale è invece rivissuta e pateticamentetrasposta nei "cartocci" di GASTONE BREDDO,presente alla VERNICE con un nutrito numero di o-pere (forse troppe e male assortite). La visione chequesti ha della natura è intima e delicata. I fiori,troppo spesso presi a modello per un discorso cherischia di esaurirsi nella monotonia, sono, tuttavia,costantemente colti neII'insieme di composizioni mi-surate che rivivono, comunque, nonostante lo stu-diato mestiere, in ogni trasposizione, di una luceche ne sa diluire i colori per fonderli in perfetta uni-tà compositiva. Legato alla natura appare anchePIERO GIUNNI, proposto alla Galleria CAMPANI-LE, che riesce, però, a trasformarla completamentenella pastosità compatta del colore disteso a larghespatolate con prevalenza monocromatica, tanto chel'oggettività iniziale è sguainata dal suo significatoe rivissuta neII'astrazione, pur sempre entro certi li-miti naturalistici, senza perdere mai di vista l'essen-za intera delle cose. Un discorso a parte per quantoriguarda la pittura del leccese ENZO SOZZO chepresenta alla PICCINNI i paesaggi immobili ed ab-bacinati dei paesi della Puglia rivissuti e reinterpre-tati non per il tramite deIl'eIemento umano ma perla presenza costante di motivi architettonici che te-stimoniano con le loro volute frastagliate e baroc-che una secolare situazione umana statica ed invo-luta. Questo il motivo dominante del|'ispirazionedel leccese, concepita ed attuata con una poeticarealistica di stampo primo novecento volutamentepersa nella plasticità cromatica di certa scuola meri-dionale. ll paesaggio pugliese domina anche l'ispira-zione pittorica del barese NICOLA FORTUNATOche espone alla MICHELANGELO.

E. S.

CREMONA Incisioni di senolo TARQUINIOnella LIBRERIA ,RENZI. Opere composte dal1945-50 ad oggi segnano una vicenda articolata suesperienze culturali affrontate con vigore; legano al-I'inizio con un particolare realismo lucido e taglien-te che, dopo il '60, viene applicato non più alle fi-gure singole o a gruppi, ma al paesaggio: dapprima'colIine', poi 'demoIizioni', 'rovine' architettate sec-camente in schemi incisivi. Recenti sono le più com-plesse figure nell'ambíente. Alla CORNICE una mo-stra di un certo interesse, soprattutto per I'accosta-mento fra ricerca artistica e 'objets trouvês', formemodellate dalla �natura": fossili, sassi, radici pada-ne e pietre istriane portate dal pittori jugoslavi JA-SNA MARETIC e JOSIP DIMINIC, che hanno tenu-to recentemente una personale nella stessa galleria,con olii e serigrafie. Oltre agli oggetti naturali, sonoinserite nella mostra incisioni di MORENI, VEC-CH IATI, un'interessante sequenza grafica e fotogra-fica del giovane pittore cremonese GIANNI TONI-NELLI; altre litografie, tempere e disegni di NA-PONI, PIROLI, BENEDETTI, DRAGONI, GROS-SO, CASTELLANI, JOS, GALLI, ACHILLI. OscarDe Marchi, nelI'inteIligente prefazione in catalogo,ricorda il Focillon: "La natura é piena di oggettid'arte e l'arte è piena di curiosità naturaIi".

E. F.

MILANO Alla saletta grafica del MILIONE unatrentina di disegni di André Masson, dal 1923 al'69. Una occasione per ammirare la eccezionale ve-na grafica di questo comprimario del movimentosurrealista. Il segno è scattante, fantasioso, libero, eriassorbe, quasi fin dall'inizio, le varie sollecitazioniculturali. Ve ne sono alcuni, recentissimi, vera-mente sorprendenti per la elegante energia di cuisono carichi. ONORATO WORKSSHOP, nuova gal-leria a Piazza Belgioioso 2, ha aperto con "segnaliimmaginari elettrici, immagini su tela, multipli perdonne (stoffe)" di EUGENIO CARMI, insieme aigioielli di KIKYVICES VINCI. Già questa elenca-zione rivela quale tipo di discorso vi si propone.Spiace, perchè I'artista non merita certo di finire,per un malinteso concetto di arte-vita, in un giro e-sclusivamente mondano-mercantilistico. Con unasimpatica autopresentazione, in cui vengono ricor-dati i compagni dei tempi �eroici" di Via Solferino(si parla di quarant'anni fa ed essi erano Birolli, DelBon, Lilloni, ecc.) ALFREDO MANTICA ha pre-sentato al CANNOCCHIALE dipinti recenti. Fede-le al motto "dipingere un quadro è materializzareun'emozione", che apre, a mò di epigrafe, il suoscritto, egli ripropone una serie di pitture in cui ilcolore e gli accordi sono diventati ancora più "bel-Ii" e struggenti. Un colore-luce cantante, che è ilnucleo della sua ricerca. L'americano WILLIAMGONGDON è un pittore ormai italianizzato che vi-ve spostandosi per la nostra penisola, specie ad Assi-si e a Subiaco. E queste opere esposte alla CADA-RIO sono infatti paesaggi italiani. Ma sentiti e resi-specie questi luoghi cari al cristianesimo - con unospirito drammatico che, come dice AgnoldomenicoPica nella presentazione, evoca �corruschi baluginiimedievali". L'uso frequente della spatola e del"graffio" esaltano questa dialettica vita-morte. AllaGALLERIA IL CIGNO mostra del vietnamitaPHAM TANG. Come spiega nella presentazione Ar-gan, Ia sua tecnica ci riporta subito alla cultura del-l'Estremo Oriente. Piccoli frammenti di sottilissimaporcellana che si aggregano e si organizzano comecellule. La sottigliezza della tecnica, quasi un attod'amore che traspare anche dalla politezza - da lac-ca - del quadro, diventano, più della stessa immagi-ne frantumata, un paziente elevarsi a sfere di altaspiritualità. Nel catalogo 'della mostra LE DUEREALTA' alla GALLERIA ARTECENTRO, Anto-nio Fomez che ne è stato I'organizzatore, chiariscele ragioni di questa proposta: ossia I'ar\titesi tra real-tà tecnologica e realtà antitecnologica. In altre pa-role, alle opere di chi crede di poter modificare da"dentro" il sistema nel quale viviamo (MASCAL-CHI, PRINA, GRIGNANI, MUNARI, LA PIETRA,BORIANI, si contrappone l'azione correttiva o dis-sacrante di altri (ILACQUA, MONDANI, RAMO-SA, RAFFO, CAVALIERE, PERSICO, SIMONET-TI, e lo stesso FOMEZ) che contestano questa "ci-viltà dei consumi". La tesi è suggestiva ma, a mioparere, troppo semplicistica. Tanto è vero che ì con-fini tra i due gruppi sono spesso aleatori e alcuni,per ammissione dello stesso Fomez, non si sa dovemetterli (vedi: BARBANTI, VALLE', CARABBA).Questo dovrebbe essere una spia. La mostra "reg-ge" soltanto per ragioni estetiche. Cioè, solo la e-steticità - nel senso più ampio del termine - può sal-vare e rendere "necessari" sia tecnologici che anti.

Il "Satyricon" è di moda ed è naturale che ancheBRUNO CASSINARI vi si sia cimentato. Questa se-rie di illustrazioni, esposte alla CAVOUR, confer-mano però, accanto ad una raggiunta, grande sapien-za, I'affievolirsi di una vera ricerca. Il segno corre, icolori si accostano con effetti molto belli, quasi or-mai per virtù propria. Ma a tanta spontaneità, fa di-fetto quel senso vigile, che solo può produrre un ri-sultato espressivamente persuasivo. All'AGRlFO-GLIO opere recenti di MARIO BARDI. Un momen-to forse di ripensamento in questo pittore siciliano.Il quale mi sembra che stia avvertendo I'insufficien-za di una narrazione che per voler essere epica, fini-sce per essere illustrativa. Ecco perchè, probabil-mente, egli cerca, sempre più, il taglio fotografico o,addirittura, una base iniziale fotografica. Quasi a su-perare il punto morto della resa delI'immagine reali-stica e, soprattutto per caricarla di queI|'allarme cherestituisca una carica autenticamente rivoluzionariaal dipinto.GIULlO TU RCATO è, come noto, un ar-tista da anni sulla breccia, pronto a far gruppo peraffermare più perentoriamente le sue idee. Dal grup-po "Forma" al "Nuovo Fronte delle Arti", da quel-lo degli "Otto" a "Continuità", è stato tutto unprodigarsi, anche se non sempre le sue opere Iegava-no con quelle dei compagni di strada. E la confermala si può avere pure in questa mostra alla SANT'AN-DREA dove sono esposti alcuni tipici suoi "rilievicon bolle" e certi recenti dipinti con sabbia, vaga-mente iridescenti e natalizi. Un edonismo di fondo,e, malgrado tutti i propositi, una tentazione ad eva-dere (gli asseriti modelli orientali non mi sembranomolto convincenti) che a mio avviso ne limitano no-tevolmente il peso ela incidenza. La pittura di GIA-COMO BE RGOMI non è quella che si suol dire unapittura nuova. Ma questa sua esposizione alla GAL-LERIA IL VERTICE certifica una serietà di cui bi-sogna dargli atto. Più che le figure, sono i paesaggi,specie quelli di borghi rurali, deserti di uomini, cheriescono a far sentire una gravezza del vivere che, amala pena, trova una luce nei colori rosati con cui-quasi fossero intonaci - squadra queste sue case. Al-l'ANGOLARE dipinti di SERGIO TAGLIABUE.Forse un pò troppo cifrati; ed è un peccato. Infat-ti, nell'impasto di alcune vedute lacustri o di certenature morte, c'è una dolcezza armoniosa che è sin-cera. E al tempo stesso, una capacità di "tenerIa",con notevole sapienza tecnica. Presentato da una ec-cellente pagina di Franco Solmo, espone alla GAL-LERIA VITRUVIO, MARIO BOCCHINI. La suaè una pittura tradizionale, "naturalista". Senon-chè, in quelle spiagge di Romagna, ìllividite da unaluce grave e malinconica (come grave è la sua pen-nellata) c'è davvero un gran silenzio, �come il sensodi una lunga attesa". Natura come luogo della co-scienza, scrive Solmi e quel relitto di barca riesce,realmente, a testimoniare una condizione umana.Un approfondimento - e lo sottolinea Ambesi nel-la presentazione - delle linee già tracciate dalla rivo-luzione picassiana, è quello che sta compiendo VIN-CENZO PISCIONE (VILLA l..lTTA ad Affori). Leimmagini vengono stilizzate secondo "regoIa", ma ènel dilatarsi della forma e nei colori fortemente per-sonalizzati che è possibile cogliere questa sua ricer-ca di essere attuale.

F. V.

RQMA Operazione Natale. Basti guardare alla

GALLERIA �IL GABBlANO", abitualmente stimo-lante per l'intensa attività (sia pure di tendenza)che dopo averci proposto le litografie di BRAQU E,ecco ora passare ad una collettiva che occupa il ca-lendario dal 5 al 31 dicembre. Lo stesso dicasi per il"FANTE DI SPADA" la "SM 13" ela GALLERIA�LA MARGHERITA". Caludio Bruni nelle sale del-la "MEDUSA" raccoglie le litografie di DE CHIRI-CO: una passeggiata nella memoria: la riedizione del-la tematica metafisica (del cui valore storico di por-tata europea siamo stati sempre fermissimi asserto-ri). Solo che "Ettore ed Andromaca" tornano data-ti 1967, 1969: cui prodest? La GALLERIA �ZA-NINI" propone VIRGILIO GUIDI: un giusto equi-Iibrio tra certa "doratura" romana ed i Ianguori la-gunari, che rappresentano poi, a nostro avviso, lepunte più valide di questo artista romano di nascitaeveneziano d'adozione. L'ENTE PREMI ROMA ren-de omaggio a CARLO CORSI, ma l'artista bologne-se richiede un discorso a parte. La GALLERIA "ILCAPITELLO" ci propone TURCATO, limitato aglianni 1946-1955, il Turcato cioè in bilico tra il "Fron-te nuovo delle arti" ed il gruppo degli "Otto" tra iquali Lionello Venturi lo colloca. TI LSON raccoglienelle sale della "CONTlNl" le sue metafore poeti-che: l'aIfabeto estremamente elementare, cioè, dellesue scatole policrome a suggerirci un gioco della me-moria risolto in pura evasione. Alla "BORGOGNO-NA" PAOLO GANNA espone le sue visioni emble-matiche in cui surrealismo ed espressionismo sias-sommano risolvendosi in una visione staccata, quasiglaciale, nel cui ambito l'uomo cerca una dimensione,solo che i simboli sono troppo enfatizzati (il con-trasto monumento-capelloni, la struttura a blocchi)I'impianto estremamente da neo-figurazione insom-ma) ed il messaggio risulta declamato.

V. A.

TORINO Ana Ganefia |_AMiNiMA �|'omaggic:alla Pittura" di CARLO HOLLESCH. Grandi trofeidi fiori e frutta barocchi, in uno squillare di coloriviolenti e acidi cli derivazione pop, percettivamentefocalizzati a riquadro in alcune parti del dipinto tralo straripamento e la ridondanza materica e forma-le. All'APPRODO prima mostra personale in Italiadel romano SIMMY TROIANI che vive e lavora inOlanda. Le "bambole" proiettate nei suoi dipinti inuna dimensione metafisica e surreale, diventano lamisura umana di una condizione di sopraffazione edi alienazione. Alla Galleria LA ROCCA personaledello scultore altoatesino ADOLF VALLAZZA chepresenta opere in legno, che vanno da un naturali-smo espressìonista all'astrattismo di forme apertenello spazio. Segue la collettiva di M. PRON PA-CHNER, F. BIBOLLET, G. B. DE ANDREIS, M. L.CRIDA, L. BADARELLO, M. BIGA. Alla NARCI-SO postuma del pittore piemontese GIOVANNlGUAR LOTTI nel centenario della nascita. Nei suoidipinti, sempre legati al naturalismo e alI'impressio-nismo ottocentesco, la freschezza e la spontaneitàdi una tavolozza istintiva e sicura. Al "CIRCOLODEGLI ARTlSTl" ultime opere postume (1952-1962) di un altro pittore piemontese DOMENICOVALINOTTI: paesaggi in cui il realismo è portatodi pari passo con una sensibìlissima indagine tonalee cromatica, in un'apertura di orizzonti e di cieliprospetticamente esaltati.

M. B.

AMQR[N

l\/li sono già occupato, circa un anno fa, su

queste pagine, dell'opera di Claudio Ca-

vazzini, e precisamente di una sua corag-

giosa mostra anti-mostra di manifesti tira-

ti in poche copie e incollati per strada aParma. L'idea di Cavazzini ha interessato

anche un altro operatore, Riccardo Luma-

ca, e cosi, assieme, hanno progettato unmanifesto che fosse sintesi della loro posi-

zione critica nei confronti della pubblicità,

sociologicamente vista come momento del

condizionamento e, quindi, funzionale al

sistema. Fin qui dunque il discorso appare

coerente, almeno da un preciso punto di

stazione. D'altro canto però la realizzazio-

ne dell'immagine-manifesto risulta essere

stata particolarmente difficile, ed è spiega-

bile se si considera che, in fondo, pubblici-

tà è un concetto astratto e che non è age-

vole 'narrarlo'. Cavazzini e Lumaca hanno

dunque stampato, in serigrafia, qualchecentinaio di grandi manifesti con un gatto

nero tenuto da una mano che lo porge am-

biguamente al pubblico; il gatto è sostan-

zialmente rappresentato come aggressivo;sopra la scritta: "pubblicità è amore?

Lo stile della stesura grafica (due i colori,uno, il nero, per l'immagine figurale, rosso

per la scritta) è quello, schematicamente,del fumetto ingrandito che caratterizza al-

cune delle recenti esperienze di Lumaca;

l'impatto però dell'immagine appare dimi-nuito dall'uscita recentissima di un aperiti-

vo "ferocemente trilly" con tanto di pan-tera nera accanto, e dalla 'iconologia' del-

la tigre, anzi del "Tigre", divenuto ridan-

ciano, di Esso. Ma, a parte questo, misembra che il pur interessante tentativo

dei due giovani lasci aperti molti dubbi a

livello proprio di capacità espressiva: la

scritta qui non è metafora della immagi-

ne, nè vi è in alcun modo relazionata, ma

COMUNE

semplicemente riporta due concetti astrat-

ti, con qualche eco anche della recente di-

citura (inizio di una più vasta campagnapromozionale) apparsa su tutte le canto-nate: "Liebig vi ama". Che la pubblicità

sia amore, e che vi sia su ciò qualche dub-

bio è idea accettabile ma per niente lega-ta, almeno in questo contesto, alla manoed al gatto: ci si dovrebbe infatti accorge-re che la mano è quella della pubblicità,

che porge un prodotto (il gatto) che inve-

ce di, poniamo, far le fusa, graffia. Comesi vede il discorso è troppo complesso peressere efficace, né lo semplifica certo l'a-

desione, per suo verso meritoria, della Gal-leria del Teatro del Comune all'iniziativa

medesima, adesione per la quale è stato

giustamente richiesto di inserire lo stemma

crociato del Comune e la dicitura "Comu-

ne di Parma, Galleria del Teatro", in bas-

so, isolata, a destra nel manifesto stesso

(non sotto in piccolo), cosi che il lettore

meno addentro a questi simbolismi potrà

pensare che si tratti dell'amore-odio un pò

graffiante ed incerto, quindi, della Galleria

del Teatro del Comune per il cittadino, a-

more su cui, appunto, si esprime qualchedubbio, dico nel manifesto.

lnventare una immagine che uccida, me-

taforicamente, altre immagini, non è possi-bile, si può inventare una immagine cheveicoli un nuovo contenuto, un contenuto

concreto, è a questo impegno, mi sembra,

che dovrebbero rivolgersi questi due purdotati grafici. Diceva un amico milanese:

no alle parole astratte, che qui vuol direno ai simboli. Tutta la storia della comuni-

cazione visiva sta a convalidare questa te-

si; la retorica non ha mai ucciso la retori-

ca, semmai le ha fatto scudo, magari gial-loblù.

Arturo Carlo Quintavalle

IL CINEMA E Gli ARTISTI

baPunheHn a sgh�anu

La volta scorsa, introducendo il discorso

sull'epidemia filmica fra gli artisti, si è ac-

cennato alla sua origine americana. Venen-

do ora a parlare dell'ltalia bisogna premet-tere subito che da noi il pittore che fa il ci-

nema sa di lavorare ancora in pura perdita.

Anche se questa attività non è più margi-nale, come ad esempio per Gianfranco Ba-

ruchello, autore ormai di una dozzina di

films e la cui Verifica incerta, un lavoro di

montaggio del 1965, è una delle prime e-

sperienze valide del genere compiute nel

nostro paese. �ll cinema�, dice Baruchello,�ci aiuta a vedere le cose, è un mezzo per

riscoprire il mondo, per accorgersi di quelche ci sta intorno. E' un lavoro che ci arric-

chisce, anche se, a differenza della pittura,lo si fa come un gioco".

Come un gioco iniziò anche Mario Schifa-

no che è il pittore che più compiutamen-

te ha seguito la parabola di Warhol, fino al

rifiuto del suo mezzo naturale originario eall'intrapresa recentissima di una autenti-

ca attività professionistica con un produt-tore come Carlo Ponti. ll debutto di Mario

Schifano era avvenuto con una serie di cor-

tometraggi in cui portava avanti certe espe-

rienze pop (Round Trip), o di volta in vol-ta' studiava con divertimento e insistenza

da neofita, le possibilità specifiche del

mezzo nuovo: la rifrazione dell'immagine

(Anna Carini d'agosto vista dalle farfalle),

la durata dei fotogrammi (Serata), la de-

formazione grazie all'uso di lenti o del

grande angolare nel bellissimo Pittore aMilano. '

I risultati di queste ricerche convergononel primo |ungometraggio,Satellite (1968):iprimi films sono direttamente citati in un

preludio privato di visioni cinematografi-

che riprodotte con obiettivo fisso in una

saletta con obiettivo e schermo, che sfocia

nel lirismo onirico della seconda parte, nelmomento cioè dell'attività interiore del l'ar-

tista e del trascorrere della sua giornata. llfilm è di sapore autobiografico non soloper il tornare del mondo e delI'ispirazionepittorica di Schifano; dell'ìnvisibile prota-gonista (identificato con la stessa cinepre-sa) ritornano infatti le ossessioni in un lun-

go claustrofobico itinerario nel chiuso di

due stanze, bombardate dalle immagini ri-correnti di films documentari diapositiveche riportano la presenza ossessiva e con-

dizionante della realtà esterna, soprattuttoemblematizzata nella guerra del Vietnam(con una sovrapposizione di colori can-gianti e di pop sound). Poi, finalmente,dal suono del telefono sgorga un'immagi-ne libera vitale marina; e da ultimo una se-

rie di disegni tracciati da una mano infan-

tile estrinsecano un messaggio. C'è già inSatellite una precisa composizione e un di-

segno narrativo, che arriverà alla maturità

nelle successive due opere della trilogia,Umano non umano e Trapasso consunzio-ne efine, in cui l'impegno politico diviene

sovrastante. ll primo di questi due films è

stato presentato in anteprima al Festival di

Venezia, ma le pellicole sono tuttora inedi-

te, per quanto se ne preannunci una distri-

buzione normale nei circuiti alternativi del

cinema d'essai. E proprio questo ingressoin distribuzione rappresenta il fatto nuovo

e importante: non solo per la insperatapossibilità di divulgazione ma anche perilati negativi che E condizionamenti della

distribuzione possono in seguito determi-nare sulla libertà dell'artista.

Franco Quadri

PROBLEMI Dl ESTETICA

SOCIOLOGIA DELL"ARTE

Si sa che la sociologia dell'arte combatteper conquistarsi un suo �posto al sole�,cercando di mostrare di avere le idee chia-re di fronte alla straordinaria complessitàdei problemi che deve risolvere. Difficoltàstanno in agguato da tutte le parti: occor-re definire la personalità sociale de1l°auto-re e i suoi rapporti con il pubblico, biso-gna osservare l°influenza` che le struttureeconomiche, conoscitive, morali ecc. eser-citano sulle espressioni artistiche, e anche,viceversa, il peso che queste ultime hannosui nuovi modi di pensiero e sui nuovicomportamenti sociali; e chi ne ha più nemetta. Senza dire per inciso del grosso no-do costituito dalla sociologia marxista, che,come è ben noto, offrendo il primato allaprassi, economica e politica, ne deriva unnesso più o meno rigido di dipendenza perl'attività artistica. La causa della mancan-za di forza d'urto della sociologia dell°arteè forse da ricercarsi in questa stessa ric-chezza di argomenti. Mentre i suoi risulta-ti sono stati fin qui precari e contraddit-tori, quelli ad esempio della sociologia po-litica o religiosa hanno avuto modo di af-fermarsi piuttosto brillantemente.Di tutto questo è cosciente Jean Duvi-gnaud, autore già affermato con studi piùche pregevoli sul teatro e su1l'attore. Que-sta sua Sociologia dellìzrte (Ed. Il Mulino1969), curata con intelligente precisioneda Graziella Ungari Pagliano e integrata daun'utile bibliografia, ci interessa quindiproprio perchè intende portare avanti undiscorso impregiudicato, che tocca il pun-ctum dolens della situazione: come riser-vare autonomia al fatto artistico che vienebombardato da sollecitazioni chiaramenteestranee, eteronome, anche se complemen-tari. La ricerca di Duvignaud tenta così�di ritrovare le forme del radicarsi dell'im-maginario nella nostra esistenza collettiva,senza dogmatismo e senza pedanteria�(p. 13). Sottoliniamo il �senza dogmati-smo�. Per lui allora un'opera d'arte è au-tentica quando ribadisce �la sua estranei-tà rispetto alle preoccupazioni politiche,finanziarie o ideologiche immediate� ,quando essa non può �servire di giustifi-cazione a nessun�altra attività se non a sestessa� (p. 29). L°arte inserita in un oriz-zonte mondano, dove la sua peculiaritàtrae forza dall'essere posta in un circuito

dinamico e accidentato, in presenza dellealtre attività umane.Per procedere su questa strada, occorresgombrare il campo dalle più dannose mi-stificazioni estetiche: saltano cosi tutte lemitologie su una presunta essenza dell'ar-te, sull'origine primitiva delle arti, sull'ar-te come copia della realtà e della natura,oppure sull�arte come affine e vicina al sa-cro, al religioso, al magico. Poi Duvignaud,constatati i limiti delle posizioni di unWölfflin e di un Croce, allontana polemi-camente e garbatamente il metodo di la-voro di Lukàcs e dei lukacsiani, compre-so Goldmann (�la prassi regna ma non go-verna", ha scritto Renato Barilli), e si sof-ferma a considerare gli aspetti positivi deirisultati della scuola di Warburg, con Pa-nofsky e Francastel, il cui tentativo è dicostituire in fondo un'�archeologia�, nelsenso di Foucault, delle strutture fonda-mentali della vita immaginaria. TuttaviaPanofsky e Francastel �non esaminanoche un momento dello sviluppo della crea-zione, lasciando da parte l'elemento di co-municazione e di significato aperto che es-so implica necessariamente� (p. 39). Ed ec-co che Duvignaud entra nel vivo della suaricerca, mettendo a punto degli strumentioperativi per la pratica della sociologia del-l'arte. Emergono cosi, tra gli altri, i con-cetti molto interessanti di �dramma�(�l'insieme dei comportamenti, delle emo-zioni, degli atteggiamenti, delle ideologie,delle azioni, delle creazioni che, al Zivellodell'z'ndz`viduo creatore, cristallizzano l'in-tera società ed impegnano la genesi dell'0-pera nell�ingranaggio delle forze contrad-dittorie che compongono la vita colletti-va�, (p. 41), di �segno polemico� (il segnocome fascio di attività, come comporta-mento psicosociale), e di �anomia", cherisale al Durkheim (�l°insieme dei fenome-ni di assenza di regole risultanti dal cam-biamento di struttura sociale, in una stes-sa �durata continua' �, p. 50: per cui i mo-menti di rottura sarebbero i più favorevolialle grandi creazioni). Questi strumenti o-perativi saranno poi da mettere a contattocon la realtà concreta degli �atteggiamentiestetici�, che sono i modi di concepire il fe-nomeno artistico, e cioè in definitiva le va-rie poetiche. Una simile attenzione �aper-ta� permette da ultimo all'autore di coglie-

re alcuni tratti distintivi del1'arte del nostrotempo, come quello della valorizzazionedel �fatto�, naturale 0 artificiale che sia, edel riscatto estetico del banale e del comu-ne. Quest�ultima tendenza presenta peròper l'autore il pericolo di approdare aun�eccessiva omogeneità di risultati, percui �la creazione immaginaria autentica,se vuol ritrovare la propria efficacia, devericorrere a nuovi significati, più intensi opiù paradossali" (p. 115).Sarà evidente a questo punto come la pro-posta fondamentale di Duvignaud, quelladi conciliare la radiosità individuale del fe-nomeno estetico con una ricca relazionali-tà mondana, vale soprattutto come propo-sta, perchè le sue indicazioni non sembra-no costituire una nuova metodologia siste-matica.

Ma le sue indicazioni sono importanti seconsiderate come esigenze per un metodonuovo, comprensivo ed elastico, che miri aimmettere nella sociologia dell'arte la vitatumultuosa, non schematizzata a senso u-nico, delle varie epoche. C°è poi un punto,fondamentale, da mettere bene in luce:l'opera d'arte, per Duvignaud, grazie a unasottile virtù dialettica, è sempre contesta-tiva, mette sempre in crisi isistemì e iva-lori contemporanei, nel momento stessoche senza di essi non può sussistere. L'arteè una �scommessa� sul futuro, è il lavoro,il progetto, dell'utopia. E' questa riservadi attendibilità e di apprezzamento a ga-rantire soprattutto la socialità stessa del-l°arte, fucina di nuovi modelli di compor-tamento esistenziale.

Claudio Altarocca

RICORDO Dl RENATO GIANI

letterati che dipingono

Renato Giani e` morto, di recente, a 56 anni, aMontecatini. Oltre che letterato (basti ram-mentare �Il matrimonio di Adriano", uscito nel 1950) fu critico d'arte appassionato c at-tento. Desideriamo ricordarlo con due brani di un suo libretto ormai introvabile, dovequeste sue grandi passioni sembrano congiungersi. Si tratta di un volumetto edito dal �Ca-vallino�, per una mostra di 60 letterati italiani, da lui organizzata nel '43, insieme a CarloCardazzo. Vi narrò le peripezie per giungere a raccogliere le opere ma, giá il titolo, �Il gio-co del Paradiso", dice della finissima indagine che, cogliendo questa occasione, egli seppesvolgere sul tema dei letterati che disegnano c dipingono.

Così di fastidio in fastidio, momento per momento, la mostra si è potuta allestire; oggieccone i risultati, esposti al pubblico come davvero rara curiosità.Che i letterati dipingessero, da molte parti si diceva: che i letterati dipingono e disegnano,eccone le prove: questa è la mostra della loro capacità di conquistarsi, perlomeno nel gio-co, il paradiso infantile, come dice Piero Torriano (�Settegiorni�) per Alfonso Gatto pitto-re

mediante il disegno e la pittura il letterato, lo scrittore, pure senza sciogliersi appieno,perchè infine mai potrà sciogliersi da un tema di avaro raccoglimento donde ei nasce e traemotivi e sviluppi, cosidetti, poi, quasi scusa o spiegazione d`una volgare e dolce pigrizia af-fettiva, �umanistici�, - approfondisce il proprio silenzio, scava nella propria vicenda senti-mentale più consueta, si avvia incontro alla solennità d°una scoperta: la propria psicologiaa tu per tu con forme e volumi, e si inoltra nella solitudine d'una ricerca che nasce invo-lontaria e poi come in numerosi esempi attuali- De Pisis il più antico, Gatto il più vicino anoi, volge a vera attività e consuetudini, necessità, etc., in un assiduo motivo di carta pen-na colori chiaroscuri, empiti che non sarebbero suoi, del letterato, senza un progresso veroe proprio, quel processo o evoluzione che conduce il poeta dall' �essenziale� alla canzonet-ta, dalla linea �pura� all°architettura. Una volta di più, in tale modo il letterato tocca l°an-sia della trasfigurazione, mantenendosi nei limiti del gioco.Dalla musica al silenzio, dunque, e da uno svago non creativo ma solo ricreativo e crepusco-lare, a uno svago o meglio una impresa attiva di creazione entro la quale anche appoggiarsisaldamente:

27`

A. Palazzeschi e G. BrunoBOCCIONIEd. Rizzoli

Il trentaquattresimo volume della collana�Classici dell�arte" della Rizzoli è dedica-to a Umberto Boccioni. Considerando ilprezzo, accessibile sul serio a tutti, non sipuò che essere grati a questa casa editrice,sia pure con un pò di rammarico per lasproporzione a favore degli artisti antichi.Con questi volumi essa sta compiendo unopera divulgativa davvero encomiabile. C'èda sottolineare che la completezza degliapparati critici e filologici li rende prezio-si anche agli specialisti. Unico neo (d�al-tronde già rilevato in occasione di vari vo-lumi precedenti) la presentazione affidataad un letterato. Nel caso in questione: Al-do Palazzeschi. Specie con i debiti che ab-biamo, tutti, verso questo autore, non in-tendo certo riaprire la querelle sui criticie letterati. Tanto più che Palazzeschi, peressere stato uno dei protagonisti delle bat-taglie futuriste - e, fra l�altro, amico frater-no di Boccioni - in teoria era il più adattoper tale compito. Ma il risultato confermache la formula è sbagliata. Di fronte al ri-gore con cui Gianfranco Bruno ha curatola ricostruzione della personalità dell'arti-sta, grazie alla scelta e al taglio dell�itinera-rio critico (dalla pagina di Apollinaire del�1 2 a quella di Ballo del °64) e ad una ana-lisi delle singole opere accurata e, malgra-do la sinteticità, particolarmente acuta (siveda la sottolineatura della �qualità� del-Faggancio boccioniano al colore degli im-pressionisti),il testo di Palazzeschi- che pe-raltro è quello graficamente preponderan-te - finisce per essere assolutamente inade-guato. Si salva soltanto quando, nel corsodel ragionamento, dalla sua zampa di gros-so scrittore cava fuori in poche righe un ri-trattino affettuosissimo del Boccioni uo-mo. In verità troppo poco. Infatti il di-scorso critico èveramente arcaico e generi-co. Tanto per fare un esempio, invece delBoccioni teorico, viene messo in risalto ilBoccioni storico dell°arte che, impastatodi vecchi schemi progressisti com°era, nonè certo da ricordare. E per quanto riguar-da i �precedenti� non trova di meglio cheriscoprire che l�arte moderna nasce in la-guna.

R. Barílli: SCULTURA DEL 900E. Crispolti: IL SURREALISIVIOEd. Fratelli Fabbri

Sempre in tema di pubblicazioni divulga-tive, mi sembra opportuno segnalare an-che questi due libri apparsi, rispettivamen-te, nelle collane �Capolavori della scultu-ra� e �Mensili d�arte�, entrambe dei Fra-telli Fabbri. In realtà quello di Barilli con-sta di 2 volumi. Ma è solo per esigenze edi-toriali. Il discorso è unitario e a me sem-brano pagine esemplari. Valga il brano sul-Fatemporalità di Brancusi o quello sullaprovincialità di Arturo Martini. Niente diripetitorio (come, invece, sono di solitoqueste cose) ma una interpretazione auto-noma, basata sulle più recenti conoscenzee metodologie. Spesso con suggerimentiinnovatori che capovolgono tradizionalivalutazioni. Un quadro sommario ma or-ganico e motivato che viene riassunto nelledue coppie di concetti: struttura-essenza(prevalenti nei primi decenni del �900) edevento-esistenza(prevalenti intorno al �4O).Punti di riferimento utilissimi per avvici-narsi alla realtà della vicenda della scultu-ra moderna. Un libro che, pari pari, passe-rei fra i testi scolastici.Il compito di Crispolti era molto più diffi-cile. Non solo perchè concentrare in unaventina di pagine, sia pure grandi, la mol-teplicità delle esperienze dei surrealisti eraimpresa disperata. Ma anche perchè il ter-mine surrealismo - fin dal famoso manife-sto di Breton - è stato sempre piuttostofluido. Si rammentino le scomuniche ap-punto di Breton o le frequenti identità sur-realismo-metafisica. Ciò, senza tener con-to delle questioni delle date e dei precur-sori. Uno per tutti, il caso di Alberto Mar-tini. In tali condizioni ha fatto bene l°au-tore a tenersi, quanto più possibile, ai fat-ti. Fatti concentrati in poche righe machiari e densi di significato. Fatti di cuiquesto libro è pieno. Anche di quelli me-no noti, come per esempio quelli cecoslo-vacchi e del nord Europa. Un solo appun-to, ma che riguarda le collane dei FratelliFabbri in generale. Cioè l°assenza in coper-tina del nome degli autori. Dato che sonolibri sigillati nella plastica, si compra a sca-tola chiusa. Che - specie per un liibro - nonè un corretto comprare.

F. V.

LE RIVISTE

CRITICA D'ARTE n. 106/107ll numero èdedicato ad un saggio di C. L. Ragghian-ti dal titolo "Bologna cruciale 1914".

MARCATRE n. 46/49R. Estival: Dall'avanguardia estetica alla rivoluzio-ne di maggio - Amirpour, Bracci, Gorelli, Maschiet-to: Il restauro dell'utenza - M. Diacono: Poesia a-stratta e oggettuale- U. Carrega: Dalla piccola socie-tà - D. Rot: Lettera a Richard Hamilton - L. Saffa-ro: La proposizione descrittiva universale - G. Berti-ni: Efter lcaros - F. Bernabei: Strutturalìsmo e cri-tica d'arte - A. Jouffroy: L'abolizione delI'arte -C. Lonzi: Mario Nigro.

QUADRANTE LAFHANO Set/Ot. 69Discussione su �Campo Urbano".

GALA ot/nov. 69M. Pistoi: l progetti di Rambaudi - Le scelte imposte- L. lnga Pin: Scheda per Cioni Carpi - R. Comi: Igeomorfologismi di Fazion.

LINEA GRAFICA set/ot. 69F. Solmi: Stile l'Oreal - G. Martina: Jean - CharlesRousseau -G. Celant: Marcello Nizzoli - S. Maugeri:L'astrattismo - F. Lucini: Serigrafia e arte - C. Mu-nari: Le arti.

CIVILTA' DELLE MACCHINE lug/ago. 69C. Bo: Sassu e la presenza ignota - Una testimonian-za di Sassu.

L'OSSERVATORE ot. 69a cura di Giovanni Lugaresi: Lettere a F. BalillaPratella di Severini, Russolo, De Pìsis - C. Lelj: lsímbolisti.

IL DOMANI D'lTALIA n. 5A. F. : Lippi pittore solitario.

LA STAGIONE n. 7/8L. Budigna: Adolfo Grassi- M. Di Cara: Concretez-za interiore nelle opere d'arte visiva - M. P. Luchíni:Osvaldo Poggio - C. Mac: Marcello Guasti- M. P.Luchini: Pier Cesare Fraccarì - C. Maccari: DinoBuzzati - M. P. Luchini: Enrico Villani.

LA RASSEGNA lug. 69L. Mattei: L'Universo di Fontana, poeta dello spa-zialismo.

RISORGIMENTO n. 8A. Dragone: ll monumento di Cuneo - G. Brizío:Fritz Baugmartner.

OPUS INTERNATIONAL n. 13/14ll numero è dedicato a "L'image érotique".

GAZETTE DES BEAUX ARTS set. 69P. Jullían: Nostalgies fin de siécle - P. Romane Mu-sculus: L'ascendance royale de Toulouse Lautrec.

a cura di Luciana Peroni e Marina Goldberger

ART and ARTISTS nov. 69R. Durgnat: Continuo malessere per le scuole d'ar-te - K. Coutts - Smith: Branko Ruzic - D. Cameron:Gente nel parco - P. Gilmour: Il parco di Oslo conle sculture di Vigeland ~ W. Haftmann: La grafica diKitay dal 1963 al 1969 - R. C. Kenedy: Il periodoparigino di Kandinsky - B. Reade: David Carr - W.Packer: Derrik Greaves - M. Battersby: Claude Lo-vat Fraser- H. Lyttleton: Forme di vetro - A. D.: Loscultore César espone a Nancy - F. Swann: Davidlnshaw - J. Hermann: Pitture francesi dal 1900 inpoi - N. Cusden: Bill Thomas - M. Granger: Eviden-za del pensiero.

THE CONNOISSEUR nov. 69L. Boyer Gilliest Disegni europei nella raccolta Ha-vemeyer - S. Silver: L'arte come piacere, nella vitacontemporanea. Il nuovo modo di disporre le galle-HE.

APOLLO ot. 69D. Sutton: Diaghhilev.

A D n. 7/69J. Reichardt: Richard Hamilton.

STUDIO INTERNATIONAL nov. 69H. Dalwood: Una scultura per Wolverhampton - S.Fausset: Visita al quattordicesimo collegio d'arte -J. Benthall: Tecnologia ed arte nella preistoria delvisibile-J. Benthall: Hans Jenny - J. Kosuth: Arte efilosofia, parte Il - J. Elderfield: La linea dell'uomolibero - B. Robertson: Paul Huxley.

HUMBOLDT n. 39J. Pla: Carlos Colombino, pittore paraguayano.

UNIVERSITAS mag. 69M. Briont Franz Marc.

KUNSTCRONIK n. 12G. von der Osten: ll museo e la sua attuale missio-ne sociale.

KUNST & HANDWERK lug. 69W. Kind: Pensare radicalmente - C. Behrisch: Bien-nale d'arazzi a Losanna - L. Schultheis: Tappezze-rie fiamminghe di Mary Dambiermont - C. Post: Gliarazzi di Fritz Riedl.

DU nov. 69La raccolta d'arte di Henry Clay Frick.

GEBRAUCHSGRAPHIK set. 69R. Netzer: Unione fra arte e scienza nei dipinti e di-segni di Cornelia Honegger - S. Riescher: Risultatod'un concorso scolastico perla pubblicità.

WELTKUNST ot. 69H. Richter: Grafica di Picasso a Colonia - G. Metken:Max Ernst- G. Jappe: Paul Klee - H. W. Petzet: Fer-nand Léger.

NOTIZIARIO

MOSTRE IN ITALIA

ANCONA Foglio: MasacciASTI Giostra: grafica contemporaneaBARI Rosta 2: Salvatore Fiume

Cornice: Lino CiraldoBussola: Salvatore SalveminiMichelangelo: Nicola FortunatoPiccinni: Enzo SozzoSportelli: Paesaggio iugoslavoVernice: Gastone Breddo

BERGAMO Colombari: Enrico PromettíLorenzelli: Abraham Mintchine

BIELLA Cìrc. Artisti: Dante SelvaBOLOGNA Duemila: Elio Di Blasio

Tempo: Giuseppe LandiniNuova Loggia: Fautrier

BORGOMANERO L'lncontro: 5 pittoriBRESCIA Cavalletto: Gìannetto Fíeschi

Sincron: Incontro post PejoAcme: Shu TakahashiFant Cagni: Gioxe De Micheli

BRINDISI Mediterranea: Alfonso BottoneCAGLIARI Artisti: Giovanni ThermesCANTU' Pianella: Francesco FedeliCATANIA Sicilia: Gaetano LongoCECINA Bandini: Franco SerrettiCESENA Paese Nuovo: TulliCHIERI Comunale: Gruppo SurfantaCOMO Salotto: Kuri Tsujimoto

Colonna: Giuliano CollinaCREMONA Cornice: Gabriella Benedini Azzoni

Portici: Gruppo 2 SalesinaRenzi: Gino Cortelazzo

DOMODOSSOLA Galletti: SimionatoFABRIANO Virgola: Libero FerrettiFIRENZE Spinetti: Luciano Lombardi

Vaglio: StandeSpinetti: Luciano LombardiMichelangelo: Mario TozziGAI: Pier Luigi MalesciPalazzo Vecchio: Alfredo Fabbrilnquadrature: Franco FranciniValiani: Donella NelliSprone: Alfredo CífaniS. Jacopo: Elda TerzanoPrato: Lucio VennaLeonardo: M. Fucini e B. CatarziSteen: Pietro AnnigoniTavarnuzze: Giuseppe BatacchiCancelli: Bruno RicchyConti: Marcello BoccacciEverest: Margherita Magonzi

FORLI' Mantellini: Giovanna BelliniGENOVA G 1: Vincenzo Guidotti

Salotto: Nicola OttriaGROSSETO Incontro: Giacomo PorzanoGUIDIZZOLA Soraya: Ferdinando CapisaniLA SPEZIA 2001: Enzo FaraoniLECCO Stefanoni: PlessiLEGNANO Museo: Marcel JancoLIVORNO Peccolor Arturo BonfantiLUZZARA: Carlo BaruffaldiMACERATA Foglio: Masacci

a cura di A. M. Beltrame, S. Nlarcon, S. Pozzati

MANTOVA lnferriata: Gianfranco BellutiMinerva: Alberto Ruberti

MATERA Studio: Salvador DaliMILANO Accademia: Manlio Manvati al 8/1

Agrifoglío 1 : Zanini dal 7/1Agrifoglío 2: Martone dal 7/1Annunciata 1: De Pisis gennaioAnnunciata 2: Bruno Gambone gennaioAntoniano: Orfeo Molinari al 6/1Apollinaire: Renato Carnevale dal 12/1Ariete: Mario Nigro dal 10/1Ars Italica: Ghioni dal 10/1Artecentro: Modest Cuixart dal 8/1Barbaroux: Scarpanti dal 8/1Bergamini: Osvaldo Licini al 15/1Bibl. Civica: Albino De Francesco al 10/1Bolzani: Alfredo Corradi dal 1/1Borgogna: Asger Jorn gennaioCadario: Navarro dal 7/1Cairola: Pizzirani dal 12/1Cannocchiale: Neri dal 10/1Castello: Felice Casorati dal 10/1Cavour: Marisa Ciacci dal 8/1Colonne: Rocco Fodale dal 10/1Cortina: Lorenzo Pepe dal 7/1Cripta: Cesare Fumagalli al 10/1Diagramma: Fausto Gianinazzi dal 9/1Diaframma: Alfredo Troisi dal 11/12Falchi: Burri, Capogrossí, FontanaGìanferrari: Piero Marussig gennaioGiorno: Maffettone dal 5/1Incisione: Intergrafica al 20/1Jolas: Lalanne gennaioLambert: Brice Marden gennaioLevante: Simbolisti gennaioMarconi 1 : Lucio Del Pezzo al 25/1Milano: Peter Philips dal 14/1Milione: Fernand Léger al 18/1Morone: Pierre Schevallej al 12/1Naviglio 1 :Pio Manzù dal 9/1Naviglio 2 :Stuart Berkeley dal 9/1Ore: IX Premio del disegno al 16/1Pagani: Luis Latapie dal 7/1Pater: Fabbri dal 7/1Pegaso: Candido Po dal 7/1Sagittario: Orfeo Tamburi dal 10/1S. Ambrogio: Sei pittori scelti dal 3/1S. Ambroeus: Calderoni al 9/1S. Andrea: Eugenio Degani al 12/1Schwarz: Jiri Balcar al 27/1S. Fedele: Ontano - Del Franco dal 8/1Ticino: R. Samos al 12/1Toninelli: Robert Motherwell dal 13/12Tosellì: Gianni Piacentino al 20/132: Bruno Caruso dal 9/1Venezia: Bernardo PasottiVertice: Anna Racconto dal 2/1Villa Litta: Vincenzo Piscione al 10/1Vinciana: Bernard Buffet dal 17/1Vismara: Nello Asteria dal 30/12Visualitâi Piero Manzoni al 20/'IVitruvio: De Felice dal 8/1

MODENA Muratori: Luigi AriggiPalace Hotel: Gino ScapinelliTassoni: Ilia Peikov

NAPOLI Palazzo Reale: Grafica italianaNUORO Chironi 88: Nello AsteriaOM EGNA Alberti: collettivaPADOVA Antenore: Salvatore Fiume

A Dieci: Alberto CasarottiChiocciola: Emilio Greco

PALERMO Cenacolo: Vincenzo VinciguerraPIACENZA Sala 14: Plinio SidoliPISA Artecasa: Carlo LapucciPONTEDERA: Mostra nazionale di pitturaPORDENONE Sagittaria: Renzo Tubaro

Mulino: CollettivaPORTOGRUARO Comunale: Alda BoscoloPRATO Del Rigo: Tosco AndreiniREGGIO EMILIA Rizzoli: Luisa StroccoROMA Premi Roma: Carlo Corsi

Condotti 85: Peter PhillipsFiamma Vigo: Mario FallaniIolas Galatea: E. S. MattaMedusa: Giorgio De ChiricoNuova Pesa: Franco MulasObelisco: Fortunato DeperoS M 13: Arte astratta italianaVertice: Antonio CorazzaHermes: Helene de BeauvoirAstrolabio: Elda Cuttitta CeseranoPiattelli: Loreno SguanciContini: TilsonCapitello: Giulio TurcatoZanini: Virgilio GuidiLevi: Le Corbusier

S. CROCE sull'Arno Banti: Arnaldo MiniatiSANREMO Beniamino: Michelangelo CorbellatiSEREGNO G I 3: Giuseppe JacchiniSIENA Jacopo della Quercia: Renato MischiSUZZARA Ferrari: Grafica 39TERNI Poliantea: Michelangelo ConteTORINO Narciso: Giovanni Guarlotti

La Rocca: Grafica contemporaneaFauno: Giorgina LattesSperone: Lawrence WeinerStein: Beppe De ValleFranzp: Mario Russo

TRENTO Argentario: Curt StenvertTREVISO Città Treviso: Francesco Paolo ArgentieriTRIESTE Torbandena: Giorgio Celibertì

Tribbio: Tranquillo MarangoniVARESE Bilancia: Adriano Spilimbergo

Ilaria: Alberto CroceInternazionale: Silvana Bruno

VENEZIA Riccio: Manlio AlzettaTraghetto 2: Nino PeriziCanale: Renato BorsatoBevilacqua La Masa: lncisori venetiS. Stefano: Luigi TomazVenezia: Dino BoschiCavallino: Ursula Stock

VERCELLI Centro: Antonio MuntadasVERONA La città: grafica oggi

Grafica Uno: Nereo TedeschiS. Luca: Mario GattiFerrari: Mario Surbone

VICENZA Salotto: Mario Lupo

UBRI

Italiani

CARLO L. RAGGHIANTI: Severo Pozzati - Bolo-gna 1913-1918. Ediz. Tamari, Bologna.UDO KULTERMANN: Nuove forme della pittura.Ediz. Feltrinelli.P. COURTHION: Seurat. Ediz. Garzanti.BALZAROTTI e STABIN: William Congdon. Ediz.Jaca Book.ELIGIO CESANA: I simboli trovati di Scanavino.Ediz. Stefanoni, Lecco.FRANCO GRASSO: La Sicilia di Mario Bardi. Ediz.Sciascia.MAN LIO MALABOTTA: L'opera grafica di FilippoDe Pisìs. Ediz. Comunità.AUTORI vari: Valeriano Trubbiani - sculture1968/69. Ediz. A L 2 Roma.ARMANDO BRISSONI: Antonio Fasan. Ediz. Ca-nova, Treviso.MARIO BORGIOTTI e PAUL NICHOLLS: MarioPuccini e Ulvi Liegi. Sant'Ambrogio Milano.DAVID LEVINE: identikit - 99 caricature. Ediz.Einaudi.LILIAN MERY IRLANDA: Bruno Orfei. Ediz. Laluna, Perugia.MURILO - MENDES e CESARE VIVALDI: Gasto-ne Bìggi. Ediz. Foglio OG.GEORGES PILLEMENT: Michele Cascella. Ediz.Silvana.RAFFAELE DE GRADA: Guttuso, disegni giovani-li. Ediz. Vangelista.JEAN DUVIGNAUD: Sociologia clelI'arte. Ediz. IlMulino, Bologna.CHARLES FELD e RENE' CHAR: Picasso, disegnidal 1966 al 1968. Ediz. Garzanti.TEATRO Dada a cura di Gian Renzo Morteo e Ip-polito Simonis. Ediz. Einaudi.

Stranieri

WIELAND SCHMIED: Alfred Kubin. Ediz. Pall MallPress, London.MARC EDO TRAULBAUT: Van Gogh, Le mal ai-mé. Ediz. Edita Lausanne, Lausanne.UDO KULTERMANN: Neue Formen des Buldes.Ediz. Ernst Wasmuth, Berlin.W. G. STRICKLAND: A Dictionary of Irish Artists.Ediz. Press Shannon Ireland, Dublin.JULES DAVID PROWN e BARBARA ROSE: Lapeinture americaine. Ediz. Skira.MAURICE NADEAU: Les dessins de Paul Delvaux.Ediz. Denoel.GERMAN BAZIN: Histoire de I'avant garde en pein-ture. Ediz. Hachette.HOMMAGE a MARC CHAGALL. Numero specialdel XX Siecle.VICTOR BRAUNER: Les dessins magiques. Ediz.Denoel.MARCEL ZAKAR: L'art de notre temps: bilan.Ediz. Emile - Paul.DENYS CH EVALIER: Picasso, époques bleu et ro-se. Ediz. Flammarion.M. EEMANS: La peinture moderne en Belgique.Ediz. Meddens.

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GAZZ. UFF. n. 296 del 24 nov. 69. Concorso perun pannello in ceramica, stazione ferroviaria di Cal-tagirone;compenso L. 7.600.000. Concorso per unastatua di bronzo raffigurante "Leonardo" per la fa-coltà di ingegneria dell'università di Roma; compen-so L. 8.450.000. Concorso per una pittura (affre-sco, olio o tempera) per le scuole "Stampa" di Ver-celli; compenso L. 2.350.000.

IL SOTTOSEGRETARIO alla Pubblica Istruzione,Sen. Limone, rispondendo ad una interrogazione, haprecisato chela gestione commissariale della Bienna-le di Venezia sarà prorogata fino al 30 giu. p.

L'ISTITUTO CENTRALE DI STATISTICA ha pub-blicato i risultati di una indagine relativa alla produ-zione libraria in Italia nel 68. Su 15.680 libri editiin quell'anno, quelli dedicati alle arti sono stati 783(di cui 217 scolastici), pari cioè al 5 per cento circadella produzione complessiva.

SALVADOR DALI' ha illustrato con 13 xilografieuna edizione di "Alice del paese delle meraviglie",tirata in 2500 copie, per una casa editrice america-na. Il libro è il più costoso del mondo; infatti costacirca 220 mila lire.

A BOLOGNA i premi "Fiera di BoIogna" perle mi-gliori opere grafiche destinate alla gioventù e all'in-fanzia, sono stati assegnati al volume �La cité del'an 2000" di Michel Ragon (Francia) e al volume"The Little Black Fish" di Samad Berhangi, illustra-to da F. Mesghalìe (Iran).

A PADOVA alla 18 Biennale Triveneta i premi sonoandati a Alberto Viani,Nino Springolo, Renzo Bia-sion, Antonio Fasan, Antonio Music, Giuseppe Zi-gaina, Bruno Chersicla, Claudio Palcich.

A FAENZA Ia Societa Amici deIl'Arte annuncia perapr/mag 70 la 3 Biennale nazionale di grafica con-temporanea.

A PALERMO, in febbraio, 3 Mostra nazionale d'ar-te figurativa '70, al Teatro Politeama Garibaldi, or-ganizzata dall'Associazione Siciliana per le Lettere ele Arti.

LA GALLERIA SCHWARZ ha pubblicato una car-tella di Giangiacomo Spadari con 20 ritratti di rivo-luzionari dal 1789 ai nostri giorni.

I PREMI PULITZER '59 per la fotografia sono sta-ti assegnati a Moneta J. Sleet e a Edward T. Adams.

IL CLAUSTRO, Galleria d'arte di Porza (Canton Ti-cino) ha pubblicato una cartella dì 29 disegni diCornelia Forster.

ARTISTI DECEDUTII il fotografo Elio Luxardo aMilano il 28 nov.; lo scultore Alfio Catana a Terni il3 dic.; il pittore Nicola Galante a Torino il 4 dic.

A PARIGI alla nuova galleria del Grand Palais si è a-perta (e durerà fino all'8 mar) una mostra antologi-ca di Marc Chagall che comprende 204 pitture, 26sculture, 87 bozzetti teatrali, 83 ceramiche, 26 ve-trate e 3 tappeti.

A FIRENZE Wilma Michaud, che è succeduta al pa-dre nella direzione della omonima galleria, ha volu-to rendere omaggio alla memoria del padre con unamostra dedicata alla vecchia rivista "ll Selvaggio".

A MILANO, in occasione delle premiazioni per lafesta di S. Ambrogio, medaglie d'oro di benemeren-za civica anche a Luciano Minguzzi e Marcello Niz-zoli.

A ROMA presso lo Studio d'arte S M 13 esposizio-ne e rilancio di una cartella di serigrafie, ideata daPrampolini e edita dall'Art Club nel '55 e dedicataaIl'Arte astratta italiana.

A TRIESTE borsa di studio di L. 400 mila del Co-mune a favore di un giovane triestino versato nellearti visive. lnf. Ripartizione Pubblica Istruzione.

A FAENZA alla Galleria Municipale del Voltonedella Molinella esposizione di una raccolta di dipin-ti moderni lasciati al Comune dal collezionistaFrancesco Papiani.

A FIRENZE II "Centro ricerche estetiche F uno"ha pubblicato una cartella di serigrafíe di Baldi, Bas-si, Masi, Massimo e Maurizio Nannucci, Tolu, Zen.Presentazione di A. Bonito Oliva.

D. A. SIQUEIROS ha scritto la presentazione peruna mostra, in una galleria di Città del Messico, dicento dipinti fatti in carcere cla Sofia Celorio Bassi,accusata, come è noto, della uccisione del conteAcquarone.

A PARIGI a cura dell'lstituto di cultura italiana, e-sposizione aIl'Hotel de Gallifet, dedicata alla Vetre-ria d'arte di Murano.

A VARSAVIA nel giu. '70 si terrà la 3 Biennale in-ternazionale del manifesto.

A BRNO nel set. '70 si terrà la 4 Biennale interna-zionale delle arti grafiche organizzata daIl'Unionedegli Artisti Cecoslovacchi.

A CHICAGO il Museo "Art Institute", che peraltroquest'anno non ha organizzato grandi esposizioni,ha avuto 2 milioni di visitatori. ll numero dei soci èdi 41 mila.

A FIRENZE alla 3 Rassegna internazionale d'artefigurativa, organizzata dal Gruppo Artistico Fioren-tino, in Borgo S. Frediano, sono stati premiati: Gian-carlo Cecchi, Sigfrido Wolf, Simone Grossi, Ema-nuele Scarnicci, Domenico Marinello.

NAC è in vendita presso le principali librerie.

Autorizz. del Tribunale di Milano n. 298 del 9 sett. 1968Sped. in abbonamento postale - Gruppo Il Lire 300