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Pronto… ci sei? Periodico di espressività sociale anno 4° n. 1 Marzo 2011 0,50 1 € Cara Italia, in questa ricorrenza dei tuoi 150 anni ti scrivo per ricordarti quando non eri ancora una nazione ed eri divisa in tanti stata- relli; ora ci sono ancora molte divisioni tra nord e sud ma io mi sento un italia- no, come penso si senta ita- liano un lombardo o un cam- pano e spero che sia così. Quanti dialetti ci sono anco- ra nella penisola, a volte incomprensibili per un roma- no come me, a volte più semplici da capire come il toscano e il campano di Napoli. Tutte queste di- versità per me, cara Italia ti fanno ancor più bella e più ricca di cultura, non diamo retta perciò a chi ti vuole dividere, onoriamo la tua ricorrenza. Tu sei un po’ come l’Europa: unita nella diversità; è questo che ti fa particolare. Mario

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0,50 1 €

Cara Italia, in questa ricorrenza dei tuoi 150 anni ti scrivo per ricordarti quando

non eri ancora una nazione ed eri divisa in tanti stata-relli; ora ci sono ancora molte divisioni tra nord e

sud ma io mi sento un italia-no, come penso si senta ita-liano un lombardo o un cam-pano e spero che sia così.

Quanti dialetti ci sono anco-ra nella penisola, a volte

incomprensibili per un roma-no come me, a volte più

semplici da capire come il toscano e il campano di

Napoli. Tutte queste di-versità per me, cara Italia ti fanno ancor più bella e più ricca di cultura, non diamo retta perciò a chi ti vuole dividere, onoriamo la tua ricorrenza. Tu sei un po’ come l’Europa: unita nella diversità; è questo che ti fa particolare.

Mario

Appartenenza è una parola chiave nel concetto di vita di tutti i giorni. Significa in primo luogo avere consapevolezza della propria identità, un fattore che ci regala la dimensione di ciò che siamo e costruisce la persona intorno alla quale ruotano i nostri avvenimenti. Spesso, nel nostro percorso ci capita di condividere determina-te situazioni o comportamenti all’interno di un gruppo ben de-finito, come può essere quello ricreativo o di lavoro, sportivo o di turismo, se magari decidiamo di fare una gita fuori porta. Se condividiamo queste esperien-ze, valori, con il resto della gente che ci circonda, ecco che abbiamo creato una nuova scala d’appartenenza, perché all’interno di quel gruppo abbiamo condiviso comporta-menti, modi di pensare e atteggiamenti. Alla base dell’appartenenza si trova, in genere, un processo di identificazione in cui la nostra sfera coincide perfettamente con quella degli altri membri: ognuno valuta le proprie esperienze non solo come personali, ma anche in base a quello che è il pensiero colletti-vo. Quando raggiungiamo un successo di prestigio con una squadra, che sia di calcio, basket, pallavolo o qualsiasi altra disciplina, ci sentiamo importanti perché parte inte-grante di un progetto comune, nel quale abbiamo infuso il nostro contributo alla pari degli altri membri. Ogni persona spe-rimenta molteplici appartenenze che definiscono la dimensione individuale e sociale della sua identità e proprio queste molte-plici esperienze fanno si che ognuno di noi sia unico, perché in grado di trarre una particola-re sfera cognitiva dalle sue sto-rie di vita. Edoardo Ebolito

“Ciò che ci appartiene non ci lascia mai…” Ma cosa significa appartene-re?. L’appartenenza può riguardare vari ambiti : familiari, sociali, cultu-rali, affettivi. In primo luogo bisogna distinguere il senso di appartenenza con quello del possesso, appartenere a qualcuno o ad un gruppo sociale o familiare non significa essere una loro proprietà. Il vero senso di appar-tenenza si esprime attraverso la condivisione ed il profondo riconosci-mento di determinati valori che ci avvicinano ad una persona o ad un gruppo di persone, ad un movimento di pensiero, e sono proprio questi valori, che fanno sì che non si perda mai di vista il riferimento al quale sentiamo di appartenere. Torniamo sempre almeno fino a che quella per-sona o quel gruppo di persone dimostrano di condividere i valori nei qua-li ci siamo riconosciuti. Questo significa che la vera appartenenza , a differenza del possesso, si esprime nella piena libertà dell’individuo, perché nasce dalla condivisio-ne, dalla scelta, dal rispetto di ciò che siamo e di conseguenza dal rispet-to degli obiettivi di vita che ci siamo prefissati. Nella vera appartenenza l’individuo è libero di andare, di allontanarsi e di ritornare. I motivi dell’allontanamento possono essere di varia natura, momenti di confusione, ricerca di nuove esperienze e conoscenze. L’appartenenza inoltre esprime un bisogno profondo della persona, dan-dole la possibilità di riscontrare in altri il proprio modo di essere, rassi-curandola, facendola sentire partecipe e soprattutto non sola. Negare , evitare l’appartenenza , è un indice di disturbo psicologico, che può por-tare la persona a stare male ed a compiere azioni distruttive. E’ molto importante che l’individuo riconosca prima di tutto di apparte-nere al “mondo”, o meglio “all’umanità”, che tutto sulla terra gli è “parente”, perché questa è la realtà. Ciascun individuo è un elemento importante ed unico di un tutto di cui fa parte , ed ogni sua azione negati-va o positiva influisce sull’evoluzione . Non siamo nati in un deserto, sia-mo nati e viviamo con altre persone , in un contesto sociale e naturale che ci fa compagnia in ogni giorno della nostra vita. Il riconoscimento di que-sta primaria appartenenza è quindi fondamentale e dovrebbe guidare tut-te le nostre azioni, facendoci riflettere sulle conseguenze delle nostre scel-te, sugli effetti che avranno non solo su di noi , ma anche sugli altri.

Dal tuo giaciglio alato guardami sempre…… Ché da lontano ciò che neanche tu sai

Infinitamente mi sorregge Dott.ssa Maria Teresa Frattini

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Qualcosa di personale pag. 2 L’appartenenza alla propria famiglia: le mie radici L’appartenenza alla propria famiglia: le mie radici

Terra Mia pag. 5 L’appartenenza scientifica: L’appartenenza scientifica: L’uomo e il Regno animaleL’uomo e il Regno animale

Quelli che… io ci provo L’appartenenza alla Nazione:L’appartenenza alla Nazione: Buon Compleanno Italia!Buon Compleanno Italia! pag. 8 Scarabocchi di gente: L’appartenenza come discendenzaL’appartenenza come discendenza pag. 12 Speciale: Il Fumetto pag. 16

Anno IV n. 1 Marzo 2011

Periodico trimestrale di espressività sociale iscritto al Registro della Stampa e dei Periodici del Tribunale Ordinario di Tivoli con n° 5 del 18/04/08 realizzato dal gruppo operatori-utenti della Residenza Socio-Riabilitativa Rosaurora Collaboratori: ALTER Cooperativa Sociale a.r.l Centro Diurno Riabilitativo “Volo Libero” di Albano Laziale Struttura Residenziale Socio-Riabilitativa Villa Palma Editore Liberi S.a.s. Ideatore del progetto Dott.ssa M. Teresa Frattini Direttore Edoardo Ebolito Capo-redattore Francesco Cagnoni Coordinatore didattico Francesca Latini Impaginazione e grafica Francesca Latini Responsabili area stampa e distribuzione Arnaldo Prudenzi Allestimento internet Mauro Muccioli Disegno: Nadia Crescenzi Lettura: Sara Leo Scrittura digitale: Arnaldo Prudenzi

Pronto… Ci sei???

In rilievo

Intervista alla

Direttrice del Museo

Civico Naturalistico di

Capranica Prenestina

A pagina 6

Il cognome Lepri, mio, di mio padre e di mio nonno, che faceva il giudice, risale alla notte dei tempi: al medio-evo, come forse molti altri cognomi ed in senso etimologico vuol dire ”timido come una lepre” quindi più che alla volontà dell’animale e alla

sua agilità (per fortuna perché di quelle due qualità ne sono quasi pri-vo) si riferisce alla sua timidezza e all’essere un po’ pauroso, caratte-ristiche che certamente il mio carattere condivide. Il mio cognome è diffuso in circa 300 comuni più che altro distribuito nell’Italia centra-le tra la Toscana e l’Umbria , comunque è presente anche nel Lazio in particolare nella provincia di Roma. A me piace il mio cognome, perché mi ricorda un animale molto simpatico la lepre. Da bambino e alle me-die mi prendevano un po’ in giro con antipatia con frasi del tipo”chiamo il cacciatore boom!” oppure più tardi al ginnasio frasi come ”Dichiaro aperta la stagione venatoria!” Ma a me è sempre piaciuto. Mio padre a mia volta mi raccontava di essere timido come me; non che ora per me il nome significhi pari pari quello che uno può essere ma nel mio caso ci vedo delle analogie. Mio nonno invece, pur essendo giudice era un po’ contradditorio e al momento delle decisioni importanti come quella di assolvere e condannare si affidava, essendo lui molto religioso, all’aiuto di Dio. Per me sbagliava perché nella sua mansione, così deli-cata, doveva valutare con l’uso della ragione . Fatto sta che secondo il racconto di mio padre morì di occlusione duodenale, una malattia molto psicosomatica, forse perché non aveva dentro di sé elaborato bene i sensi di colpa di aver mandato in carcere qualche pove-raccio!!!

e

Storie di vita dei ragazzi percorrono le pagine di questa rubrica, concepita come spazio confi-denziale, ma non privato, di verità. Si siedono nell’atrio e hanno voglia di racconta-re: alcuni comin-ciano a parlare, al-tri preferiscono scrivere. Si guardano, si confrontano, si narrano: si lascia-no finalmente es-sere protagonisti indiscussi. È la loro storia a parlare: i loro toni sono pacati, la lu-cidità del discorso pregnante, lo sguardo si fa serio. La penna registra e la carta assorbe le emozioni dei lo-ro vissuti, raccon-tati ai lettori con sconcertante sin-cerità.

Qualcosa di personale

L’appartenenza alla famiglia: Scrivere delle proprie radici è scrivere di se stessi

Mario: L’appartenenza in senso longitudinale: il mio cognome

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La mia famiglia nei suoi componenti non ha avuto grandi cime, ma per il lavoro era sem-pre in prima linea. Mio padre mi ha sempre ricordato che il lavoro soprattutto per l’uomo era importantissimo oltre che vitale. Ha fatto una vita intera di lavoro, dedican-

dosi come i suoi avi al continuare della famiglia, della vita. So ben po-co dei suoi avi, di suo padre, che si sono tramandati il dovere ed an-che la serietà nel trascorrere i loro giorni. Anche mia madre non ha mancato, è stata una semplice casalinga ma ha voluto tanto bene sem-pre ai figli. Li ricordo con tanto piacere.

Durante le scuole medie mi prendeva-no in giro, dicendo-mi Gabucci. Oggi però mi trovo bene con il mio cognome.

Andreacchio è il cognome di mia madre. Quando ero piccola chiamavo mia madre Andretta e mi piaceva il suo cognome , perché è un po’ ridicolo. Il mio cognome è diffuso di più nelle Marche, in Toscana, in Liguria e in Lombardia, nel Lazio e in Campania. Il cognome di mia madre si trova anche in America.

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Lo stemma di famiglia!

Che albero sono? Chi sono i miei

rami? E le mie radici?

Sonia: Io e il mio cognome

Carlo: Il mio cognome

Io sto bene con il mio cognome ma certe volte nel passato mi prendeva-no in giro con dei prover-bi e mi arrabbiavo sem-pre! È uno dei cognomi più diffusi: è presente ON 573 comuni ed anche in America!

Arnaldo L’appartenenza alla famiglia

Mio nonno che è morto nel 1960 era stato partigiano e di nome si chiamava Mario. Mio nonno ha vissuto durante le due guerre. Un altro fratello di nonno dopo le due guerre andò in prima linea. Aveva anche altre due sorelle una a Roma l’altra a Cortona. Mentre quella a Roma se la passava bene perché aveva sposato un commesso viaggiatore l’altra a Cortona era poverissima e mio nonno dopo le guerre gli mandava un piccolo vaglia postale con poche migliaia di lire.

Sandro: Mio nonno

Mario: ho rappre-sentato la dolcezza, l’onestà, la contrad-dittorietà, l’ironia, la petulanza e la la-boriosità. Tutte ca-ratteristiche della mia famiglia e dei

miei avi

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La mia famiglia è composta nel ramo paterno da genitori che hanno sempre vissuto nei din-torni di Roma. Le poche notizie in proposito sono molto scarse. Infatti mio padre era il primo figlio di due bambini da parte di mia nonna Isolina che io ho visto in vita poche

volte e ne serbo un ricordo molto affievolito. Anche mio nonno Asca-nio lo ricordo così. Mio padre mi parlava molto spesso della sua vita: in particolare mi ricordava di quando insieme ai suoi amici era co-stretto a rubare ad americani e tedeschi del cibo. Mi raccontava an-che degli anni che lavorò e divenne uno tra le persone discretamente bene, ma mi raccontava anche con molta nostalgia dei primi anni di vita e di come insieme a mia madre mi volevano molto bene. Del ramo della famiglia materna conosco solo mia madre, perché mio nonno Al-fredo è morto in guerra durante lo sbarco di Messina. Mia nonna ma-terna non l’ho conosciuta neppure, perché morta prima della mia na-scita. In complesso posso dire che ho una famiglia con una parentela molto positiva e laboriosa oltre che istruita, di cui vado fiero e ne sono orgoglioso. L’appartenenza alla famiglia è molto importante per me, è un valore che dobbiamo riscoprire nella società di oggi, dove la sua immagine è indice di ripetuta violenza e di abbandono.

Alfredo: La storia della mia famiglia

Io sono l’ultima di tre sorelle ma non sono di una famiglia benestante. Mia madre è stata una donna che sapeva e sa tutt’ora cucinare bene, ed anche cucire, ricamare in un bel mo-do, dato che è sarta. Mentre invece, si è sempre prestata, anche se aveva un mestiere

in mano, a lavare scale e gli uffici. Mentre mio padre ha trovato un buon lavoro.: in biglietteria al Colosseo. Questo lavoro, gli ha giovato tanto, finché un giorno, andò in pensione . Le mie sorelle sono ragazze semplici, ma soprattutto legate sia a me che ai genitori. La sorella che ha 3 anni più di me ha terminato lo studio di ragioneria. Ha vinto un posto di lavoro al collocamento pure lei un posto al ministero come im-piegata. Mentre l’altra che è più grande di otto anni ha svolto piccoli lavoretti in gioventù come sciampista. Adesso ha avuto un collasso, si è sentita male, e ha avuto un intervento, al cervello, ed oggi sta nella sedia a rotelle, da disabile, povera sorella mia.

Antonella: La mia famiglia

Marco ho rappresen-tato la creatività degli artisti, quella di mio nonno fotografo, di

mio padre e di mia so-rella; la laboriosità di mia madre; la sessua-lità e l’immigrazione, perché siamo una fa-miglia venuta dalla

Calabria.

Arnaldo: i simboli che rappresentano i caratte-ri della mia famiglia so-no la religione, l’onestà, il lavoro e l’educazione

Alfredo: La storia della mia famiglia

Ancor prima di esprimere l’amore e il rispetto per ciò che ci circonda e per ciò che quotidianamente viviamo, dovremmo essere in grado di osservare nel cuore delle cose per scoprire l’aspetto insolito, poco noto o dato per scontato. Questa rubrica è non solo spazio dedicato alla natura e alle sue creature ma è invito ad osservare, ad apprezzare e a riflettere sul valore della sua esistenza

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L’appartenenza da un punto di vista scientifico: Che significa appartenere al Regno Animale?

L’uomo per le teorie di Darwin è frutto dell’evoluzione della specie come anche altri animali. Discendono dai primati: la scimmia, l’uomo di Neanderthal, l’homo erectus, l’homo sapiens e l’homo sapiens-

sapiens che è quello dell’era del fuoco e del ferro, dalla quale dopo millenni si è sviluppata la civiltà umana. I primi indizi risalgono a decine di migliaia di anni prima degli antichi Egizi e si trovano nell’Africa delle savane perché nel resto della terra c’era la glaciazione. Io volevo però conciliare le tesi evoluzionistiche di Darwin (naturalista inglese) con quelle creazionistiche o meglio quelle delle religioni che sono più cono-sciute fra noi. Per me un’ipotesi potrebbe essere quella illustrata nel film”Odissea nello spazio”, dove si vede che la scimmia eretta cioè l’uomo erectus di Neardenthal si avvicina ad una pietra rettangolare chiamata “monolite”, le cui radiazioni irraggiano una particolare ener-gia che può essere quella dello sviluppo della forma linguistica ed an-che della distinzione tra il bene e il male, come poteva essere quella del giardino dell’Eden dopo la caduta di Adamo ed Eva per la Bibbia e il Corano. L’uomo secondo le teorie di Charles Darwin (antropologo ingle-se dell’800) discende dai primati meno evoluti che esistono tutt’oggi cioè le scimmie. Dalla scimmia ha appreso molti comportamenti come quello della cura dei figli (l’uomo primitivo). La femmina della scimmia che ha infatti due mammelle come la donna. Dalla scimmia più antropo-morfa che poteva assomigliare ad un gorilla di adesso si sviluppò se-condo la scala evolutiva l’uomo di Neaunderthal prima che era meno curvo ed aveva la struttura più eretta essendo bipede e plantigrado, poi l’uomo erectus con la struttura ancora più eretta e la forma del cranio più simile a quella dell’uomo attuale e più intelligenza ma ancora suoni gutturali, l’uomo sapiens che aveva una maggiore capacità manua-le e poteva usare bastoni per uccidere le ptrede (come nel film 2001 Odissea nello spazio) e l’uomo sapiens-sapiens che è quello che poi si è evoluto nell’uomo attuale cioè quello che ha l’intelligenza creativa e la parola. L’uomo sapiens-sapiens è il nostro antenato vero e aveva già utensili di metallo conoscendo l’uso del fuoco.

Morio: Scienza e religione

Intervista alla Dottoressa Rosaria, Direttrice del Museo Civico Naturalistico dei Monti Prenestini a Capranica Prenestina (Rm)

ARNALDO: Salve Dottoressa e grazie per la sua disponibilità. Cominciamo subito. Lei già conosce la nostra rivista, perché la intervistammo qualche tempo fa a proposito della montagna. Eccoci di nuovo, questa volta ad porle delle domande sull’appartenenza dell’uomo al mondo animale. DOTT.SSA ROSARIA: Per quanto riguarda l’appartenenza dell’uomo al mondo animale bisogna partire da molto molto lontano. L’uomo sicuramente appartie-ne al mondo animale, in quanto mammifero, ma il vero problema è che è il mon-do animale ad appartenere all’uomo, che lo gestisce e lo condiziona, lui che è un animale come gli altri. SONIA: L’uomo è tra gli animali il più intelligente. Come si è evoluta nelle di-verse fasi l’intelligenza umana? DOTT.SSA ROSARIA: Secondo me l’uomo è stato in grado di ingegnarsi per semplificarsi la vita: ha capito quindi che semplificandosi la vita di ogni gior-no, avrebbe vissuto meglio. E così è stato. Il suo ingegno è stato motivato e sollecitato dalla continua ricerca della semplificazione: ad esempio come pos-so arrivare nel modo più semplice, più facile, nel modo più immediato a quella destinazione? Dove vivo meglio? Cosa mi permette di vivere meglio? Ingegno e semplificazione delle condizioni di vita sono essenziali nell’evoluzione.

MARCO: Si dice che l’uomo discenda dalla scimmia. Cosa avevano in comune e cosa hanno in comune oggi?

DOTT.SSA ROSARIA: Sicuramente l’uomo è un animale, ma oggi ha ben poco in comune con le scimmie. Queste si comportano d’istinto mentre l’uomo ragio-na molto e sta perdendo il comportamento istintivo. Il gorilla ha una grande scatola cranica ma questo non vuol dire che sia più intelligente dell’uomo, poi-ché essa è proporzionata al corpo. L’uomo nel corso dell’evoluzione ha ridotto le dimensioni della scatola cranica, poiché si è assottigliato ed ha assunto la posizione eretta, senza incurvarsi, e pertanto era necessario essere più minu-ti ed agili.

SANDRO: Circa la creazione come conciliare le tesi evoluzionistiche della creazione con i miti biblici?

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DOTT.SSA ROSARIA: Sono due mondi che si toccano ma marcatamente separati. La scienza ci dice che noi siamo degli animali e quindi sottostiamo alle regole della natura. L’uomo si è evoluto anche perché è cambiato l’ambiente intorno, è cambiato il suo contesto: la scoperta del fuoco ha inciso sulla masticazione, che ha comportato cambiamenti della dentatura; le dimensioni dei denti sono cambiate; oggi la mancanza del dente del giudizio in alcune persone è il segno dell’evoluzione. L’uomo di Neanderthal per un periodo ha convissuto con l’uomo Sapiens. Erano presenti tutti e due questi uomini, erano di due specie diverse, e tutti e due erano intelligenti, tanto che l’uomo di Neanderthal aveva una sua civiltà, aveva costruito degli strumenti, aveva costruito delle cose. L’uomo Sapiens invece aveva aggiunto la creatività, l’essere artistico. L’uomo di Neanderthal si è estinto non perché meno intelligente ma perché si era esaurito il suo processo di evoluzione, come è accaduto per i dinosauri. MONICA: A proposito delle condizioni che hanno permesso all’uomo di evolversi, si possono fare delle pre-visioni per il futuro? DOTT.SSA ROSARIA: Di certo non abbiamo la sfera magica che ci predige il futuro. Di certo sappiamo che non sottostiamo più solo all’influenza della natura ma anche della tecnologia. Sono tanti i fattori che condizionano la nostra evoluzione. Come vi ho detto prima i denti del giudizio non crescono più o danno dei problemi e questo perché noi andiamo verso una semplificazione: non abbiamo più bisogno di tutti questi denti, abbiamo una alimentazione che non li richiede, andiamo verso un processo di evoluzione. Le nostre ossa e in generale tutto il nostro corpo si modella a secondo di quello che mangiamo, quello che facciamo, siamo in continua e lenta evoluzione. MARIO: Chi è che studia l’evoluzione dell’uomo e la sua cultura alle diverse età? Qual è il suo curriculum studiorum? Quali sono le sue prospettive di ricerca e di occupazione? DOTT.SSA ROSARIA: Si chiama paleontologo umano colui che studia i reperti fossili umani, che sono qualcosa di veramente straordinario perché non si trovano così facilmente. Il paleontologo si forma stu-diando scienze naturali con indirizzo paleontologia umana. Le prospettive di lavoro sono legate all’estero perché in Italia le ricerche sono solo in ambito universitario. Poi c’è l’antropologo culturale che studia tutti gli elementi culturali che riguardano l’uomo, cioè i riti, le popolazioni umane. Poi c’è l’antropologo fo-rense che studia con le ricerche di polizia scientifica i resti umani.

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Quelli che… ...Io ci provo!

Imparare a farsi un’idea propria e divulgarla; imparare a fare, creare, inventare; a provare anche senza averlo mai fatto; imparare a ricono-scere nel prodotto la propria espressione; imparare a misu-rarsi e a mettersi in gioco; sempre e co-munque avere la vo-glia di imparare. “Quelli che...io ci provo” è lo spazio del confronto, della prova, dell’esercizio e soprattutto della relazione tra l’Io e il Mondo, quel mondo che sempre di più appa-re distante e poco vivibile. Questa rubrica vuo-le offrire un pretesto per essere attivi in esso, un modo per essere “dentro” indipendentemente dallo strumento di espressione

Buon Compleanno Italia!Buon Compleanno Italia! 17 marzo 2011:

150 anni dell’Unità d’Italia

L’Italia per molto tempo fu considerata “espressione geografica”, invece per me come dice l’Inno Nazionale era una realtà sin dal tempo degli antichi Romani. C’era la Gallia Cisalpina che era situata dove è ora la Padania ma dagli Appennini in giù

era composta da popolazioni simili di origine mediterranea uniti poi dalla potenza espansionistica della Roma dei Cesari. Comprendeva quindi la penisola ma anche le tre isole maggiori (una oggi fa parte della Francia). Si trattava di popolazioni diverse ma simili per ori-gine e per la razza mediterranea (come i Greci, i Sardi e Corsi e i Siculi). Nel nostro Risorgimento, quello per intenderci cominciato nel 1848 dalla monarchia Sabauda con Carlo Alberto, re di Sarde-gna. Ci fu un primo tentativo di unire tutta la penisola e cacciare gli Austriaci dalla Lombardia ma i Savoia furono sconfitti. Vi erano poi dei movimenti rivoluzionari repubblicani, dei quali il più impor-tante esponente fu Mazzini. Non ebbero però grande risultato, perché i moti spontanei di rivolta furono tutti soffocati nel sangue come in Lombardia e nel regno delle due Sicilie cioè Napoli e Paler-mo, retto dai Borboni, discendenti degli Spagnoli. Solo più tardi con la spedizione dei mille di Garibaldi e con l’aiuto di Napoleone III di Francia si conquistò la Lom-bardia e tutto il resto della peni-sola. Nel 1861 si realizzò l’Unità d’Italia sotto la corona sabauda ma la capitale si spostò da Torino a Firenze, perché Roma era ancora sotto la protezione dei Francesi. Di tutto questo io penso che era inevitabile e giusto che sia stata fatta l’Italia ma come diceva Gior-gio Gaber in un disco “or sarebbe da fare gli italiani” nel senso che ci dovremmo sentire più uniti sot-ci dovremmo sentire più uniti sot-to la nostra bandiera to la nostra bandiera e rispettosi dei principi di lealtà al Presidente e alla Costituzione.

Mario: L’appartenenza storica

8 Marco, Garibaldi

Cara Italia,Cara Italia, Ti guardo come sei sempre stata ardita, combattiva e fiera, e capace di rialzarsi

da ogni catastrofe e riuscire a stare in piedi ed a ricominciare da capo, come do-po il conflitto mondiale. Sei cresciuta fino a diventare quella di oggi. Sono tra-

scorsi 150 anni della tua vita e si è assistito alle varie lotte per l’unità linguistica, per l’istruzione, per creare una coscienza nazionale tra le varie componenti , che

ancora oggi ti fanno soffrire in quanto nazione. Io ho studiato tanto della tua esistenza. Il tuo nome è legato a quello di molti artisti, scrittori, poeti come Mo-

nicelli che indicavano una strada per inserire il progetto della unione, oppure Foscolo che piangeva con il suo “Ortis” della libertà del patimento. Oggi l’Italia è un paese unito nella moneta, nella politica e nel comune contesto che mi fanno

sentire fiero di essere italiano

Alfredo

Ti scrivo per dirti che da Repubblicana sei molto più bella che da Monarchica. 150 anni sono passati i mili-tari e i Garibaldini sono morti ma per una causa giusta. W Garibaldi W la Repubblica. Sandro

Tu sei la più bella. La più bella di tutti i Paesi Europei. Ci hai portato serenità libertà e pace. Ti faccio tutti auguri del tuo compleanno dei tuoi 150 anni. Monica

Nel giorno del tuo compleanno voglio dirti che sono molto affezionato a te e ogni volta che ti vedo sia in televisione che in fotografia ti vedo sempre più bella ed ospitale. I tuoi luoghi sono mèta di riflessione, di concentrazione di

pensieri, da millenni danno sfogo alle qualità di artisti, scrittori, poeti e narrato-ri. Sono luoghi che fanno bene anche alla salute, quando si fa sport, come ad esempio quello di montagna con la sua aria squisitamente ossigenante. Mi pia-cerebbe girare in tutti i tuoi luoghi, conoscere i vari dialetti e chissà che varietà

di opinioni e di costumi! Sarei contento di conoscerti più a fondo, ed anche quest’anno durante il soggiorno estivo voglio avvicinare la gente d’Italia anche più da vicino, per sentirmi più attaccato a te, tu che sei la terra più bella che

esista. Lo dicono anche all’estero. Ti amo Italia, Arnaldo 9

Antonella, Garibaldi e Anita

Sei una bella nazione, nonostante le tue contraddi-zioni politiche e sociali. Voglio dirti che qui si sta

meglio rispetto ad altre nazioni, perché c’è un clima e delle bellezze naturalistiche meravigliose che le altre nazioni credo ci invidino; soprattutto poi c’è la pace e non la guerra come avviene spesso in altri stati; non prevedi la pena di morte per i reati

e i malati vengono curati bene e specialmente quelli psichici. Si mangia bene, sei un bel Paese

dove ci sono molti artisti, monumenti antichi e dei bellissimi castelli medioevali ed anche dei vasti par-chi naturalistici come quello d’Abruzzo. Sei gremita di belle donne che non hanno nulla da invidiare alle altre donne dell’Europa e delle altre nazioni insom-

ma tanti auguri e buon compleanno. La vera America vera sei tu con il tuo benessere e

la tua libertà. Grazie Marco

Italia sei una bella signora di 150 anni che mantiene una maestosa andatu-ra e una bella linea. Sei ancora giovane oh Italia. Hai ancora un lungo

futuro davanti a te: sei appena nata! Amo camminare lungo le tue strade, fare lunghe passeggiate per via del Corso e via Nazionale con i turisti che visitano il Colosseo e l’Altare della Patria. Mi piace camminare sempre su di te e mi rallegrano i ricordi nostalgici delle passeggiate fatte con i ragazzi di Rosaurora, passando lungo viuzze strette e larghe del centro di Roma

con una arietta fresca e mattutina e con il profumo di dolci e caffè ! Carlo

Cara italia, in questa ricorrenza di 150 anni ti scrivo per ricordarti quando non eri ancora una nazione ed eri divisa in tanti staterelli; ora ci sono ancora molte divisioni tra nord e sud ma io mi sento un italiano, come penso si senta italiano un lombardo o un campano e spero che sia così. Quanti dialetti ci sono ancora nella penisola, a volte incomprensibili per un romano come me, a volte più semplici da capire come il toscano e il

campano di Napoli. Tutte queste diversità per me, cara Italia, ti fanno ancor più bella e più ricca di cultura, non diamo retta perciò a chi ti vuole dividere, onoriamo la tua ricorrenza. Tu sei un po’ come l’Europa: unita nella

diversità; è questo che ti fa particolare. Ti saluto e ti ringrazio di tutte le bellezze paesaggistiche e artistiche che mi hai fatto vedere e ora che sono in questa comunità spero di rincontrarti presto

durante qualche soggiorno estivo, grazie da Mario. 10

Dall’Italia all’Unione Europea. Un omaggio alla nostra moneta in pensione: La Lira

Quanti ricordi mi susciti! Quand’ero bambino, mio padre mi ha insegnato a spenderti ed a risparmiarti. Ti voglio dire di come eri bella con le tue banconote stampate su carta finissi-ma e artisticamente molto pregiata. Anche le monete di me-tallo fanno parte della tua e della mia storia, perché sono sta-

te le prime monete che ho speso da bambino, quando mio padre me le donava ogni setti-mana e in occasione dei compleanni. Fin da adolescente ho vissuto la tua storia ed hai avuto mire economiche e politiche per tanti anni. Ora che ti stanno dimenticando ti voglio soltanto dire con nostalgia che soffro la tua mancanza.

Alfredo: Cara Lira, la tua storia è anche la mia

Mario, La Lira

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Cara lira, sei stata la rappresentante della nostra Italia. Ora che non ci sei più ti voglio dire che qualche volta ripensando al lavoro, mi ricordo con quanta passione lo svolgevo per averti a fine settimana. Mi ricordo anche quante volte per merito tuo mi sono tolto soddisfazioni come pranzi, vestiti, e partite allo sta-

dio la domenica. Ripenso anche a quando ti ebbi per la prima volta dopo tanto tempo, quando presi la pensione d’invalidità, poiché ero reduce da una forte nostalgia di te. Non lo so, ma quando adesso vedo l’euro non mi fa lo stesso effetto. Le cose si possono a-vere come prima con te, ma tu sei sempre nel mio cuore, o bella donna. Con affetto Arnaldo

Alfredo: Cara Lira, la tua storia è anche la mia

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“Scarabocchi di gente” è lo spazio della creatività. Vari i soggetti, molteplici i mezzi ma uni-co il fine: l’espressione. Protagonista indiscussa è l’esperienza e-stetica, fatta non di canoni e di criteri acca-demici ma di libera e incon-dizionata e-spressività. L’Io non si im-provvisa arti-sta, perché in verità è sem-pre stato tale. La rubrica offre però l’occasione per manifestarlo.

Apparteniamo a te Italia e alle tue bellezze! Quanto ne siamo fieri!

L’appartenenza della nostra cultura: la

L’appartenenza della nostra lingua: la Firenze Rinasci-mentale

L’appartenenza storica: La Torino Monarchica

Appartenenza come discendenza:Appartenenza come discendenza:

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La nostra discen-denza culturale proviene dagli anti-chi romani che par-lavano latino. A me piace la città di Roma, perché ha

avuto costruito un grande impero governato con sapienza per centinaia di anni. Gli stessi Romani antichi mi attraggono nel vestiario e per la cultura politica.

Monica: La discendenza da Roma Antica

Roma è una città che per descriverla non basta questo quaderno. Essa è legata alla latinità: ha avuto la sua era con l’impero romano, che ha passato periodi repubblicani e monarchici, pri-ma di diventare imperiale. Conserva oltre a monumenti e reliquie della grande civiltà, an-che lo stato della Città del Vaticano, che ospi-ta il Pontefice, capo della chiesa cattolica. Roma è soprattutto la nostra capitale.

Alfredo: Roma Capitale

O Roma o Morte diceva G.Garibaldi nel 1848 quando il grande generale prese la città con un pugno di eroici combattenti per la libertà. Roma fu la città libera-

ta per ultima nel nostro risorgimento per colpa dei Francesi di Napoleone III che difendevano il papa. Ma è anche la cit-tà dei papi contemporanei, primo fra tutti papa Woityla che nel 2000 chiese perdono per tutte le colpe della chiesa nei secoli, come l’Inquisizione e le persecuzioni ai pensatori e ai filosofi dell’era moderna, è la città di papa Giovanni XXIII e di papa Luciani che morì dopo solo trenta giorni di pontifica-to, morto anche in circostanze misteriose. Roma è quindi un monumento alla Laicità e alla Cristianità allo stesso tempo. Due sponde del fiume Tevere che si confrontano continua-mente. Roma è la città dove ho vissuto per 33 anni e consi-dero ancora la mia città, non vedo l’ora di tornarci quando faccio le uscite da solo dalla mia comunità di Gallicano, un paesino del Lazio. Le periferie di questa città invece non mi piacciono affatto, sono immense scoordinate fatte solo di strade a scorrimento veloce complicate perché tutte eguali, senza servizi e strutture multifunzionali come giardini, scuole e ospedali

Mario: La mia Roma

Nel nostro soggiorno la pri-ma tappa è stata Firenze, la città più rinascimentale d’Italia a mio parere. Mèta di artisti, Firenze è la più ardita e superba per l’arte e le sue vie sono un’attrattiva anche medioevale. Piazza della Signoria è magnifica, arrivo di turisti e sempre piena di giorno. C’è anche nella piazza il David di Donatello davanti a Palaz-zo degli Uffizi, dove sono esposte opere di Michelange-lo e Caravaggio. Altra mèta, appena arrivati a Firenze, fu il Ponte Vecchio, con la sua suggestiva veduta sull’Arno. E’ una bellissi-ma città, è profondamente italiana.

Arnaldo: Firenze

Rinascimentale

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Firenze secondo me è una splendida città e bella per i suoi monumenti famosi in tutto il mondo. Infatti è frequentata da molti turisti stra-nieri ma anche di tutta Italia. Io ci sono stato due volte. E’ formata da

numerosi ponti perché è attraversata dal fiume Arno, il ponte più antico è ponte Vecchio, dove si trovano numerosi negozi di oreficeria. La piazza principale è piazza della Signoria, dove sorgono statue bellissime come il David Di Michelangelo Buonar-roti. La città è collegata bene dalla Ferrovia con la stazione di S.Maria Novella, una grande stazione con molti binari da cui prende il nome dall’omonima basilica. C’è anche qualche parco (il giardino di Boboli). Inoltre ci sono molte gallerie d’arte situate in vari punti della città con il famoso dipinto La Venere del Bot-ticelli.

Marco: Firenze, città dei monumenti

Torino è la città che ha contribuito più di tutte all’Unità d’Italia, perché faceva parte del Regno di Sardegna e in quella capitale regnavano i Savoia, in seguito i primi e unici re D’Italia. E’ la città della ricostruzione industriale dopo la guerra con il miracolo economico della Fiat degli Agnelli e delle grandi folle di operaie degli anni 60 per i diritti sindacali dei lavoratori. A Tori-no ci sono stato nel ‘74, quando andavo al Liceo Sperimentale, du-rante i mondiali di calcio, con mia madre a trovare mio padre, che era separato da lei, e che lavorava lì come provveditore agli studi. Mio padre aveva aiutato gli operai della Fiat a fare le 150 ore cioè un programma di studi pagato dall’azienda. Torino è una città neo-classica con i viali molto larghi, è attraversata dal Po, di cui ne ho visto le rive, e la città medioevale che invece è stata costruita dopo. Troppo bella è invece la collina, dove c’è la basilica di Superga e piazza Statuto dove c’è la reggia dei Savoia, belle anche le sue stra-de umbertine con i portici.

Mario: La Torino

Monarchica

Venezia è famo-sa perché ci sono le gondole che vanno sui canali e uno di questi è il Canal

Grande che viene visitato da chiunque va a Venezia in viaggio. Ho visto sempre molte cartoline di questa città ma non ci sono mai stata. E’ la città dell’amore, dove le coppiet-te o gli sposini fanno un giretto in gondola per un po’ di goccioline di rugiada.

Antonella: Venezia, città degli innamorati

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Un omaggio a te Italia! sei sempre la meglio. In tutti questi anni hai combattuto

battaglie e fatto rivoluzioni. Hai delle belle isole come U-stica, Sicilia, Sardegna, Ventotene, isola D’Elba. Hai dei

luoghi suggestivi come il Parco Nazionale del Circeo, quel-lo Pollino,Parco Nazionale del Gran Paradiso, Parco Na-zionale D’Abruzzo. Hai dei bellissimi vulcani, l’Etna, il bel Vesuvio, Stromboli, Lipari, e Vulcano. Hai una capi-

tale stupenda con il suo Colosseo, i Fori Imperiali, le cata-combe, l’Altare della Patria, l’Arco di Costantino, la Pira-mide Egizia. Per non parlare pure delle bellissime piazze, piazza di Spagna, piazza San Pietro, residenza del Papa

(città del Vaticano). Hai dei bellissimi capoluoghi: Aosta, con il monte Bianco, il Gran Paradiso e il Monte rosa; le

stupende coste come quella ligure, quella amalfitana, la costiera romagnola. Per non parlare delle ricette: gli gnoc-chi, le piadine romagnole, la pizza napoletana, i tortellini

di Bologna. Poi abbiamo anche piazza dei Miracoli, la torre pendente di Pisa, il duomo di Milano, la piccola

Gubbio, la splendida Venezia, la Reggia di Caserta, re-sidenza dei Borboni.

Infine il mare:indimenticabile Mediterraneo!

Sonia

In passato mi è capitato di girare molto a lungo il tuo stivale con il mio 128 Fiat negli anni Ottanta e negli anni Settanta con il treno. Mi sei piaciuta in tutti i tuoi paesaggi: le cam-pagne padane, specialmente Torino, la città della Fiat, che ora vogliono venderla agli stra-nieri Americani per via della globalizzazione; città soprattutto delle bellezze architettoni-che, la Mole, la basilica di Superga e il Po. Che dire poi di Napoli e del suo splendido golfo delle bellezze di Pompei e del Vesuvio col suo pennacchio! Ti saluto e ti ringrazio di tutte le bellezze paesaggistiche e artistiche che mi hai fatto vedere e ora che sono in questa comuni-

tà spero di rincontrarti presto durante qualche soggiorno estivo, grazie da Mario.

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“Pronto… Ci sei?” è un’iniziativa non tanto di informazione quanto di comunicazione. Si rivolge pertanto non a destinatari passivi ma soprattut-to ad interlocutori attivi che possano supportarla attraverso articoli, lettere,

disegni, fotografie e testimonianze. Ringraziamo tutti quanti che con la loro partecipazione condividono con noi l’esperienza di questo progetto e

NON SOLO…

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