Presentazione dell’Esortazione Apostolica EVANGELII GAUDIUM · Evangelii Gaudium 24 novembre...

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Presentazione dell’Esortazione Apostolica EVANGELII GAUDIUM P. Ennio Brovedani sj Firenze, 11 febbraio 2014 A cura della formazione permanente

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P r e s e n t a z i o n e d e l l ’ E s o r t a z i o n e A p o s t o l i c a

E VA N G E L I I G A U D I U M

P. Ennio Brovedani sjFirenze, 11 febbraio 2014

A cura della formazione permanente

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Il 2013 passerà sicuramente alla storia, - alla storia della chiesa, ma anche alla storia universale, - per due eventi inattesi, sorprendenti e straordinari e che, in senso teologico (con tutte le cautele del caso), possono essere anche considerati’ “segni dei tempi”, rivelazione di una volontà o azione salvifica di Dio: le dimissioni di Benedetto XVI (11 febbraio 2013) e l’elezione di papa Francesco, il card. (argentino) Jorge Mario Bergoglio (13 marzo 2013), 266º vescovo di Roma.

Le dimissioni di Benedetto XVI non costituiscono una no-vità assoluta, semmai sorprendente. Il codice di diritto canonico, infatti, contempla la rinuncia all'ufficio del romano pontefice. Vi sono stati vari casi di rinuncia, più o meno documentati (otto), soprattutto nei tempi più antichi del papato.

Prima di Benedetto XVI, 265° vescovo di Roma, che ri-nunciò l'11 febbraio 2013, nel XV° secolo, all'epoca dello Scisma d'Occidente a Roma si era dimesso Gregorio XII, 205° vescovo di Roma. Il più celebre caso di rinuncia all'ufficio di romano pontefice (citato da Dante Alighieri, Inferno III, 58-60) fu quello di Celestino V, 192° vescovo di Roma - XIII° secolo;

- Papa Clemente I, 4° vescovo di Roma, – I° secolo;- Ponziano, 18º vescovo di Roma – III° secolo; - Silverio, 58º vescovo di Roma – deposto nel VI° sec.

Vi sono poi molti altri casi, più problematici, in cui si dis-cute se vi sia stata rinuncia o addirittura rinuncia tacita. I casi di

- Martino, 74° vescovo di Roma – VII° secolo e di - Benedetto IX, 145° vescovo di Roma – XI° secolo.

A parere di molti qualificati osservatori, il pontificato di papa Francesco sembra annunciare l’inizio di una nuova sta-gione storica e pastorale della Chiesa e, soprattutto (per quello che riguarda il nostro Paese):

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- la fine della polemica sui «valori non negoziabili» [triste e avvilente. È un’espressione impropria, per non dire indispo-nente: i valori morali non sono dell’ordine della negoziabilità (come i valori economici, materiali o strumentali). In quanto proiezione ideale di un “dover essere”, si propongono e mai si impongono. Sarebbe meglio parlare di valori irrinunciabili per la nostra tradizione e identità, nel rispetto dell’autonomia legisla-tiva dello Stato o della comunità civile di appartenenza],

- la fine del movimentismo come esibizione e imposizione collettiva delle identità,

- e la fine della reciproca negazione della legittimità (mo-rale e intellettuale) di posizioni effettivamente incompatibili, che hanno creato diversi problemi di convivenza civile e isti-tuzionale.

Viviamo in un contesto sociale istituzionale laico, in cui la laicità non è semplicemente una sensibilità o una opzione per-sonale, ma è, di fatto (piaccia o non piaccia), lo statuto nuovo e dominante della cittadinanza e della società e cultura contempo-ranea.

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E s o r ta z i o n e a p o s t o l i c aE va n g e l i i G a u d i u m

24 novembre 2013, solennità di Cristo Re

La Evangelii Gaudium (La gioia del vangelo) è un’esortazione apostolica: una delle tipologie di documenti uf-ficiali redatti dai pontefici della chiesa cattolica.

In quanto «esortazione apostolica», ha una valenza mag-isteriale minore, rispetto per es. a un’enciclica. Nella sostanza e in pratica, però, questo documento costituisce un innovativo e audace programma di pontificato e, in un certo senso (per le sue molteplici implicazioni), qualcosa di più coinvolgente e impe-gnativo di un’enciclica. Spesso, per esempio, in questo testo, papa Francesco si riferisce e ampiamente cita documenti di diverse conferenze episcopali: del Brasile, della Francia, delle Filippine, degli Stati Uniti, dell’Oceania e dell’America Latina. E’ un documento dalla complessa e personalissima redazione.

In ogni caso, c’è un ordine di valenza magisteriale e di autorevolezza dei documenti della Chiesa:

1. Costituzione apostolica [In latino constitutio apostolica, essendo un atto promul-

gato direttamente dal papa come capo della chiesa, è rivestito del carisma dell'infallibilità papale (concerne tutto ciò che è “in ordine alla salvezza”). Si tratta di documenti papali particolar-mente importanti e solenni, riguardanti un insegnamento defini-tivo o disposizioni di una certa rilevanza; la costituzione prende il nome della prima o dalle prime parole che la compongono.

In ragione del suo contenuto specifico la costituzione stes-sa può essere definita come costituzione dogmatica (per esempio la Lumen Gentium e la Dei Verbum del concilio Vaticano II) e costituzione pastorale (la Gaudium et Spes dello stesso con-

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cilio)]. 2. Enciclica [L'enciclica (dal greco enkýklos, "in giro", "in circolo") è

una lettera pastorale del papa della Chiesa cattolica su materie dottrinali, morali o sociali, indirizzata ai vescovi della chiesa stessa e, attraverso di loro, a tutti i fedeli. Giovanni Paolo II (1978-2005) 14 encicliche, per es: Redemptor Hominis 1979; Veritatis Splendor 1993; Fides et Ratio 1998; Benedetto XVI (2005-2013) 3 encicliche: Deus Caritas est 2005; Spe Salvi 2007; Caritas in veritate 2009; Francesco (2013-oggi): Lumen Fidei 2013].

3. Esortazione apostolica [Un documento che il Papa elabora a partire dalle propo-

sizioni che il sinodo dei vescovi produce come frutto dei suoi lavori. Esistono anche esortazioni apostoliche che non sono frutto dei lavori di un sinodo. Giovanni Paolo II (15 esortazioni apostoliche, per es.: Familiaris Consortio; Christifideles laici; Vita consecrata); Benedetto XVI (4, per es: Sacramentum cari-tatis, sull’eucarestia; Verbum Domini, sulla parola di Dio]; Fran-cesco (Evangelii gaudium, esortazione apostolica sull'annuncio del Vangelo nel mondo attuale, frutto del sinodo sulla nuova evangelizzazione)].

4. Lettera apostolica [È simile all'esortazione apostolica, ma nella forma se ne

distingue in quanto è indirizzata a un destinatario particolare e non a tutti i vescovi, per es: Tertio Millennio Adveniente di Giovanni Paolo II del 10 novembre 1994, in preparazione per il Giubileo dell'anno 2000; Mulieris Dignitatem di Giovanni Paolo II, del 1988, in occasione dell'Anno Mariano].

5. Lettera semplice 6. Messaggio

Molti documenti ecclesiali restano chiusi nei cassetti, sen-

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za essere conosciuti e attuati. Sono un po’ tanti e a volte anche ridondanti. Probabilmente non sarà così per l’esortazione apos-tolica Evangelii Gaudium (EG) di papa Francesco, in ragione del suo prevalente stile pastorale e del suo approccio decisamente in-novativo. Papa Francesco abbozza e prospetta il nuovo volto che la Chiesa dovrà assumere all’inizio di questo terzo millennio.

Già ad una prima lettura dell’esortazione, si co-glie subito la differenza tra un pastore che si cura delle persone e un dottore che si cura dei discorsi. [Da informazioni che sono riuscito a raccogliere: il documento sarebbe l’esito di una pro-fonda conversione interiore maturata in 15 anni di presenza, es-perienza e condivisione delle estreme povertà umane, sociali, culturali, politiche e spirituali, nelle popolatissime periferie di Buenos Aires in Argentina. Queste periferie saranno sempre più numerose: tra pochi decenni – sostiene l’ONU – l’80% della popolazione mondiale vivrà in grandi megalopoli].

Sembra che sullo sfondo dell’esortazione apos-tolica ci sia la domanda di Gesù, che troviamo nel vangelo di Luca (Lc 18,8) a conclusione della parabola del giudice diso-nesto e della vedova, sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. Papa Francesco e tutti noi, sappiamo quanto questa domanda di Gesù sia oggi più che mai attuale e urgente:

- Ci troviamo di fronte a un cristianesimo ormai di mi-noranza, in cui si sono interrotti e sono profondamente mutati i tradizionali canali di trasmissione della fede e

- molte tradizionali forme di vita cristiana, assai diffuse nelle precedenti generazioni, si sono svuotate di significato e hanno subito un abbandono o disinteresse di massa.

Già nel 1990, Giovanni Paolo II aveva più volte sollecitato a passare da una pastorale della conservazione a una pastorale

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della missione. L’appello, però, non ha avuto molto seguito e le ricadute sulla realtà ecclesiale sono state poco rilevanti. La mis-sione è stata declinata

- più in termini di forte presenza pubblica e - meno nell’assunzione di uno stile evangelico caratteriz-

zato dall’abitare la società alla maniera del lievito nella pasta. Le ragioni sono molteplici e in parte dovute: - alla resistenza di un certo clericalismo, - alla diffusa riduzione dell’esperienza cristiana alla prati-

ca religiosa e all’etica, - al distacco tra l’esistenza e la fede, - a un annuncio prevalentemente dottrinale e - a una Chiesa, come sostengono alcuni osservatori, che ha

perso il senso della trascendenza e si è ridotta a “agenzia etica” e servizio caritativo e sociale.

Rispetto a questo quadro, l’esortazione di papa Francesco segna una svolta, un innovativo cambio di sensibilità, orientam-ento pastorale e di paradigma ecclesiologico

che buona parte dell’episcopato e del clero at-tuale non è forse ancora pronta a recepire.

Il documento si compone di una Introduzione e di cinque

ca-pitoli, con abbondanti citazioni bibliche. Nell’INTRODUZIONE si enuncia la gioia che dovrebbe

contraddistinguere chi ha accolto il vangelo e lo comunica agli altri, e costituisce la chiave di lettura/interpretazione dell’intero documento (EG 1-18). Nei cinque capitoli si affrontano alcuni tra i problemi e temi più rilevanti e urgenti dell’evangelizzazione/missione di oggi:

1. LA TRASFORMAZIONE MISSIONARIA DELLA CHIESA, che non comporta solo una vera e propria riforma

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della chiesa, ma anche una rinnovata comprensione e traduzione della dottrina cattolica in un linguaggio comprensibile e recepi-bile dall’uomo contemporaneo (EG 19-49).

2. CRISI DELL'IMPEGNO COMUNITARIO e di alcune distorte dinamiche ecclesiali, per comprendere il contesto e le ragioni nel quale ci tocca vivere e avviare la nuova evangeliz-zazione (EG 50-109). È suddiviso in due parti: 6

a) un’analisi del nostro tempo e dei cambiamenti che inter-pellano il nostro stile ecclesiale (EG 52-75);

b) le tensioni, i disagi e le anomalie che, dentro la chiesa, rendono poco credibile o efficace l’annuncio evangelico (EG 76-109).

3. Le costanti dell’ANNUNCIO DEL VANGELO: gli el-ementi permanenti e irrinunciabili del vangelo (il kerygma), al di là dei contesti storici e geografici (EG. 110-175).

4. La DIMENSIONE SOCIALE DELL'EVANGELIZ-ZAZIONE (EG 176-258). È Il capitolo più esteso dell’esortazione apostolica, a dimostrazione di quanto il tema stia a cuore a papa Francesco.

5. EVANGELIZZATORI CON SPIRITO: contiene varie riflessioni e motivazioni spirituali per un rinnovato impulso mis-sionario. È la parte più personale di papa Francesco e contiene il maggior numero di riferimenti biblici (EG 259-288).

Introduzione: (E’ molto importante: contiene la chiave di interpretazione/lettura dell’intero documento e il fondamento biblico/teologico/spirituale della nuova evangelizzazione/mis-sione: ci aiuta a si-tuare nel corretto contesto le diverse valutazi-oni e gli innume-revoli e, a volte, singolari ammonimenti e esor-tazioni, che a una prima lettura percepiamo come provocazioni, per una loro corretta interpretazione e comprensione).

Fin dall’introduzione (EG 1) papa Francesco ribadisce come l’incontro (relazione) personale con Gesù ci renda “uo-

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mini liberi” (nel senso della libertà evangelica). “Uomini liberi” significa: “liberati:- dal peccato (resistenza a fare il bene - quando è in con-

flitto con i nostri interessi), - dalla tristezza (accidia egoista, sterile pessimismo, ag-

gressività, ecc.), - dal vuoto interiore (che si manifesta nella mondanità

spirituale), - dall’isolamento”. Il più importante esito o manifestazione di questa relazio-

ne personale e del progressivo e spesso travagliato cammino di liberazione interiore è la gioia, una gioia che “sempre nasce e rinasce” (in relazione al contesto e alle circostanze: alla qualità della nostra relazione personale con Gesù Cristo).

Ebbene, l’evangelizzazione/missione e il cam-mino pastorale della chiesa nei prossimi anni deve essere con-trassegnata e animata da questa gioia [serenità e libertà interiore]. La mancanza di gioia, del resto, era proprio quello che Friedrich Nietzsche (1844-1900, il padre del nichilismo contemporaneo, rimproverava ai cattolici del suo tempo, come si legge, per es., in Umano troppo umano (1878): “Le vostre facce sono state per la vostra fede più dannose delle vostre ragioni. Se il lieto mes-saggio della Bibbia vi stesse scritto in viso, non avreste bisogno di esigere sempre fede nell’autorità di questo libro”.

Anche papa Francesco lo sottolinea nell’Introduzione (EG 6; 10), quando afferma che gli evangeliz-zatori non dovrebbero mai “avere una faccia da funerale” (uno stile di quaresima senza Pasqua) […], non dovrebbero, cioè, mai “essere tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi”, ma “ministri del Vangelo la cui vita irradi (gioia e) fervore” e la cui fede/fidu-cia rimanga salda anche nei passaggi più cruciali e tormentati.

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La gioia, quindi, non è mai banale esultanza, né sovrecci-tazione adolescenziale o nevrotica, ma serena sensazione e rassi-curazione di aver trovato, nel discernimento spirituale, la strada giusta (o in senso evangelico, la via, la verità e la vita).

La gioia della salvezza è un tema che attraversa tutta la Bibbia (dall’AT al NT) e papa Francesco - in maniera forse un po’ disinvolta, ma fedele al metodo ignaziano dell’oratio, medi-tatio et contemplatio - cita molti testi biblici (EG 4-6: Isaia, Zac-caria, Sofonia, Lamentazioni, vari testi di Luca e Giovanni), non solo nell’introduzione, ma in tutto il documento.

Il mondo attuale, però, - ammonisce papa Francesco – è caratterizzato da una “molteplice ed opprimente offerta di con-sumo” (senza precedenti nella storia dell’umanità),

un consumismo insidioso che incatena l’uomo, rendendolo triste: “una tristezza individualista che scaturisce dal cuore [diventato] comodo [accomodante] e avaro”. E “quando la vita interiore è ingabbiata e catturata nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri” e non palpita più la gioia e “l’entusiasmo di fare il bene” (EG 2).

[Una volta l’insidia era il “comunismo”, oggi è il “consum-ismo”: le nuove cattedrali del consumo sono i grandi e “sacrali” Centri Commerciali]. Il problema dei cristiani di oggi, allora, non è quello di confrontarsi o di competere con chi non crede o con chi crede in una fede diversa, perseguendo a volte, - in modo ossessivo, - un dialogo, che potrebbe celare un segreto o inconscio bisogno di convertire l’altro.

Il vero e più urgente problema di ogni cristiano di oggi è spirituale: “rinnovare (direi: rigenerare) oggi stesso l’incontro/relazione personale con Gesù Cristo”, il cui amore in-finito e incrollabile è a fondamento delle più alte espressioni e manifestazioni della libertà e dignità umane (EG 3).

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Non solo, ma esso costituisce il vero e autentico dinamismo interiore della tanto invocata, propagandata e ricer-cata autonomia e realizzazione personale (EG 10). “Solo grazie a quest’incontro – o relazione/rigenerazione – con l’amore di Dio”, […] siamo liberati dalla solitudine, dall’isolamento della nostra coscienza e dall’autoreferenzialità (EG 8) e saremo mag-giormente sensibili e attenti alle necessità degli altri.

C’è, allora, una sostanziale e fondamentale dif-ferenza tra:

- una fede autenticamente evangelica che libera e predi-spone al servizio, e

- una fede narcisistica e individualistica, che ci ripiega in noi stessi ed è, piuttosto, espressione di una nevrosi, se non ad-dirittura di un’ideologia in cui l’io si protegge, si difende e, nar-cisisticamente, si gratifica.

La nuova evangelizzazione, pertanto, - non è un fatto di persuasione dell’altro, di proselitismo,

di tecniche o strategie comunicative all’avanguardia (prolifer-azione di siti Internet),

- né tantomeno di formule e prassi codificate una volta per sempre, come se il Vangelo fosse una verità sull’uomo che i cris-tiani possiedono e si limitano a trasmettere agli altri (la questione antropologica). [Siamo di fronte al rischio per la chiesa di papa Francesco di essere risucchiata nel buco nero dello scontro sulla "sfida antropologica": è un rischio perché riporterebbe la situazi-one ad una chiesa dominata da un paradigma culturale occiden-tale, tra l’altro, demograficamente minoritario. Papa Francesco, invece, sta cercando di riportare il cattolicesimo alla sua origi-naria qualità evangelico/cristiana.] Il discernimento dell’agire pastorale, ovviamente, avviene sempre nel legame con la memo-ria della tradizione, s’innesta in una storia viva: non è, però, un

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reperto da museo, un prezioso fossile da preservare sotto vetro.

No! La nuova evangelizzazione (soprattutto oggi) è “conversione alla prossimità” (e non conversione al cristiane-simo-cattolicesimo, come per molto tempo si è inteso), perché la fede cristiana è realizzazione dell’umano e non fuga da esso; ed è piena realizzazione dell’umano quale esito di un sempre rinnovato incontro/relazione personale con Gesù Cristo.

Il cristiano, in altri termini, si relaziona con gli altri e con il mondo, nella logica della comunione, del servizio e mai del possesso predatorio o dell’imposizione di una dottrina.

A volte, infatti, - scrive Papa Francesco – incon-

triamo persone che si presentano con una veste di perfetta orto-dossia, ma non vivono o sono incapaci di vivere la prossimità.

L’introduzione del documento si conclude con l’indicazione dei “tre principali ambiti” dell’evangelizzazione (i praticanti, i non praticanti e i lontani dalla chiesa) e poi con l’indicazione della prospettiva pastorale verso cui papa Francesco intende ind-irizzare la chiesa cattolica del terzo millennio: la decentralizzazi-one. « Avverto la necessità - dice papa Francesco - di procedere in una salutare “decentralizzazione”» […] Non è opportuno che il papa sostituisca gli episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori. (EG 16).

Possiamo dire allora che la vera novità dell’esortazione apostolica è un duplice mutamento di paradig-ma:

1) un cambio nel modo di pensare e vivere la nuova evan-gelizzazione e missione: (non come conquista, o indottrinamen-to, ma) “conversione alla prossimità” (un mutamento di para-digma pastorale/missionario);

2) un cambio nel modo di pensare, gestire e vivere la co-

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munità cristiana e la chiesa cattolica: “decentralizzazione” (un mutamento di paradigma ecclesiologico). Oltre alla conversione interiore di ogni singolo cristiano ci deve essere una conversione visibile della comunità cristiana: una decentralizzazione, ossia, non una semplice, banale e rispettosa o rassegnata recezione di decisioni e pronunciamenti che vengono dall’alto. Viene pros-pettata una chiesa più “prossima”, più comunionale, più fraterna, più sinodale in cui si cammina insieme nella corresponsabilità di una fede condivisa, valorizzando la pluralità dei carismi, senza che uno (fosse pure quello del pastore universale) prevalga sugli altri.

Ne consegue che la chiesa non può essere auto-referen-ziale, ma è “chiesa in uscita”, in Esodo, secondo la dinamica propria della Rivelazione e Tradizione Biblica (EG 20), perché la Parola di Dio chiama, manda verso terre sempre nuove, spro-na ad andare verso l’altro (cfr. Gen. 12,1-3; Es 3,10; Ger. 1,7) [L’esperienza religiosa e la missionarietà non sono autentiche se non passano attraverso l’esodo]. Fin dall’inizio del 1° capitolo sulla trasformazione missionaria della chiesa, papa Francesco esorta, infatti, a “uscire dalle nostre comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo” (EG 20). “La gioia del Vangelo […] è una gioia missionaria […] ha sempre la dinamica dell’esodo e del dono, dell’uscire da sé” (EG 21), […] senza indugio, senza repulsioni e senza paura (EG 23).

Una volta acquisito che la nuova evangelizzazione è “con-versione alla prossimità” e “decentralizzazione” della comunità ecclesiale, i cinque capitoli (che seguono) affrontano alcuni tra i problemi, temi e situazioni più rilevanti, delicati e urgenti dell’evangelizzazione di oggi, in un mondo sempre più globaliz-zato e profondamente mutato.

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Possono essere interpretati e letti come una decli-nazione del paradigma della prossimità e della decentralizzazi-one in diversi ambiti e nelle controverse dinamiche della realtà umana, sociale e ecclesiale.

Il primo capitolo prende in considerazione LA TRAS-FORMAZIONE MISSIONARIA DELLA CHIESA, che com-porta non solo una vera e propria trasformazione/riforma della chiesa comunità e istituzione, ma anche una rinnovata compren-sione e traduzione della stessa dottrina cattolica in un linguaggio che sia comprensibile e recepibile dall’uomo di oggi (EG 19-49), sempre all’insegna della “prossimità”, della condivisione e della “decentralizzazione” (che vengono ulteriormente declinate), e mai della supponente estraneità o dell’intransigente e indispo-nente affermazione o contrapposizione dottrinale.

[Torna ad insistere Papa Francesco] La nuova evangeliz-zazione

- non è (o non nasce da) una visione o precomprensione ideologica (la pretesa, cioè, di possedere una verità rivelata sull’uomo, a cui spetta l’ultima parola, come sicuro baluardo contro le insidie del relativismo);

- non è neppure l’adeguamento a una moda (come se fosse una questione di ricorso ai più efficaci o efficienti mezzi di co-municazione):

- e nemmeno rispettoso proselitismo (per convertire più persone al cristianesimo/cattolicesimo – con tutte le precauzi-oni del dialogo), ma è (prima di tutto) farsi, rendersi prossimo, nel senso più autenticamente evangelico del termine, come vie-ne ulteriormente precisato nel paragrafo 24 (chiave di lettura dell’intero capitolo).

La comunità evangelizzatrice: - sa prendere l’iniziativa senza paura - sa “accorciare le distanze”,

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- sa relazionarsi alle persone, condividendo le loro fatiche e le loro debolezze,

- sa coinvolgere e lasciarsi coinvolgere, sullo stile di Gesù che, mettendosi in ginocchio, ha “lavato i piedi ai suoi disce-poli”.

La comunità evangelizzatrice, in altri termini, - “Accompagna l’umanità in tutti i suoi processi, per quan-

to duri e prolungati possano essere. Conosce le lunghe attese e la sopportazione apostolica. L’evangelizzazione usa molta pazien-za, ed evita di tenere conto dei limiti» (EG 24).

- Non solo e non da ultimo, la comunità evangelizzatrice - e “la stessa chiesa - evangelizza e si evangelizza (anche) con la bellezza della Liturgia”. Papa Francesco ritiene che questa tras-formazione missionaria della Chiesa, nel senso specificato, di “conversione alla prossimità” e di “decentralizzazione” istituzi-onale e comunitaria, sia improrogabile e dovrebbe riguardare in senso missionario ogni aspetto della vita ecclesiale (relazioni, consuetudini, stili, orari, linguaggi, strutture …), in vista di una pastorale più espansiva e aperta (cfr. EG 27).

È anche consapevole che i tanti documenti prodotti dalla chiesa “sono rapidamente dimenticati”. Precisa allora che quello che intende esprimere in questo documento “ha un significato programmatico e delle conseguenze importanti”.

Per questo invita a costituire in tutte le regioni della terra uno « stato permanente di missione » (EG 25) ed

“esorta” tutta la chiesa, nella molteplice pluralità delle sue espressioni e istituzioni (parrocchie, comunità di base, comunità religiose, movimenti, associazioni, chiese particolari, vescovi e lo stesso papato), a “entrare in un deciso processo di discernimento, purificazione (delle motivazioni) e riforma” (EG 30): in quanto “un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare,

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complica la vita della chiesa e la sua dinamica missionaria”. L’obiettivo principale dei processi partecipativi, infatti, “non è l’organizzazione ecclesiale, bensì il sogno missionario di arri-vare a tutti” (EG 31-32). Esorta, allora, tutti ad abbandonare il comodo alibi e pigro criterio pastorale del “si è fatto sempre così”.

Il punto di partenza della nuova evangelizzazione e della trasformazione missionaria della Chiesa, è la PARROCCHIA, “comunità di comunità” e “chiesa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie”, - “Sebbene […] non sia l’unica istituzione evangelizzatrice”.

Purché stia realmente in contatto con le famiglie (prossima) […] e “non diventi una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi” (cfr. EG 28). Papa Francesco riconosce che il rinnovamento delle parrocchie è uno dei capitoli inattuati della riflessione ecclesiale recente (“non ha dato ancora sufficienti frutti”). (in questa di-rezione) esorta anche tutte le altre realtà ecclesiali a non perdere il contatto con la parrocchia del luogo, a “integrarsi con piacere nella pastorale organica della Chiesa particolare” (EG 29) .

Allo stesso modo, esorta i vescovi “ad ascoltare tutti e non solo alcuni, sempre pronti a fargli i complimenti” (EG 31), e an-che il papato ad essere “più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione” (EG 32).

[Detto, specificato e chiarito tutto questo] L’esortazione poi non offre indicazioni dettagliate per il rinnovamento, proprio perché intende attivare la corresponsabilità creativa e audace dei credenti a tutti i livelli e non dettare ogni decisione dall’alto (cfr. EG 33).

Quello che conta, - ribadisce papa Francesco (altro para-digma importante di evangelizzazione) – è assumere (nel farsi

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prossimo) lo stile e la logica evangelica: un annuncio, cioè, che non si irrigidisca su aspetti secondari, ma riveli sempre il centro o il cuore dell’insegnamento di Gesù. “Una pastorale in chiave missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine che si tenta di imporre a forza di insistere. […] L’annuncio si concentra sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario» (EG 35). Il Vaticano II e ancora prima Tommaso d’Aquino, hanno più volte affermato che c’è una gerarchia delle verità, in campo sia dogmatico sia morale, e che “ogni verità si comprende meglio se la si mette in relazione con l’armoniosa totalità del messaggio cristiano” (EV 36-37). Tutto questo è det-to, come ammonimento, a chi ostenta ossessivamente la propria ortodossia e, di fatto, riduce l’annuncio cristiano a messaggio etico, a metro per giudicare gli altri. «In tal modo siamo fedeli a una formulazione, ma non trasmettiamo la sostanza» (EG 41) e riduciamo l’annuncio cristiano a ideale umano o a teoria etica alternativa a tante altre.

Il Vangelo, poi, deve poter parlare oggi. “Gli enormi e rapidi cambiamenti culturali richiedono che

prestiamo una costante attenzione per cercare di esprimere le verità di sempre in un linguaggio che consenta di riconoscere la sua permanente novità” (EG 41). Ci sono infatti “norme o precetti ecclesiali che possono essere stati molto efficaci in altre epoche, ma che non hanno più la stessa forza educativa e persua-siva, come canali di vita.” (EG 43)

La Chiesa, infine, è chiamata “ad essere sempre aperta: la casa aperta del Padre”.

Tutti devono poter partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, e far parte della comunità. “Nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. Questo vale soprattutto quando si tratta di quel sacra-

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mento che è “la porta”, il Battesimo. L’Eucaristia, sebbene costi-tuisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli. (EG 47)

Tutto questo esige discernimento: il conside-rare con prudenza e audacia le possibili conseguenze pastorali di queste convinzioni e decisioni. Ma anche in questo discerni-mento, più della paura di sbagliare, prevalga “la paura di rinchi-uderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione,

- nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, - nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli» (EG 49).

Il secondo capitolo, - NELLA CRISI DELL’IMPEGNO COMUNITARIO - propone una descrizione e valutazione del contesto sociale, culturale e religioso/ecclesiale in cui si innesta la nuova evangelizzazione e in cui siamo chiamati a concreta-mente declinare il paradigma della "prossimità" e a operare una operativa “decentralizzazione” pastorale.

Papa Francesco si sofferma brevemente - ,“con uno sguar-do pastorale”, - su alcuni aspetti della realtà socio-culturale e ecclesiale che, a suo parere, possono compromettere o indebo-lire le dinamiche del rinnovamento missionario della chiesa, a cominciare (I parte, EG 52-75) dall’indicazione e valutazione di alcune “sfide del mondo attuale”, per passare a considerare e a mettere in guardia contro tutta una serie di tentazioni o dinami-che distruttive che, purtroppo, sono presenti e operanti “tra gli operatori pastorali, dai vescovi fino al più umile e nascosto dei servizi ecclesiali” (II parte, EG 76-109).

Il terzo capitolo - L'ANNUNCIO DEL VANGELO - af-fronta direttamente il tema dell’evangelizzazione, e più precisa-mente il soggetto e le costanti dell’evangelizzazione, ossia gli elementi irrinunciabili al di là dei contesti storici e geografici

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(EG. 110-175). È la sezione in cui è maggiormente presente il materiale elaborato durante il sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione del 2012. Si coglie anche una certa disomoge-neità, forse dovuta alla varietà dei contributi di cui si è cercato di fare sintesi (soprattutto nelle sezioni che riguardano l’omelia e la sua preparazione).

Il quarto capitolo - LA DIMENSIONE SOCIALE DELL'EVANGELIZZAZIONE - è il più esteso dell’esortazione apostolica, a dimostrazione di quanto il tema stia a cuore al papa. L’intero capitolo si concentra con una certa ampiezza su due grandi questioni che sembrano fondamentali in questo momento della storia e che determineranno il futuro dell’umanità:

1. l’ inclusione sociale dei poveri - lo sviluppo integrale dei più abbandonati della società,

2. e la questione della pace e del dialogo sociale. (EG 185)

Nel quinto e ultimo capitolo - EVANGELIZZATORI CON SPIRITO – papa Francesco propone “alcune riflessioni circa lo spirito della nuova evangelizzazione”, non, - come ci si potrebbe aspettare al termine di un documento magisteriale, - concreti orientamenti, proposte e prospettive, ma alcune moti-vazioni spirituali per rigenerare l’impulso missionario. (EG 259-288).