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Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu NUOVE FORME DI CITTADINANZA NEL COSTITUZIONALISMO MULTILIVELLO: GLI SVILUPPI DELLA GIURISPRUDENZA EUROPEA E COSTITUZIONALE Tommaso Nicola Poli Dottore di ricerca in Diritto pubblico e cultura dell’economia nell’Università di Bari ABSTRACT: Il contributo analizza il concetto di cittadinanza alla luce della sua progressiva emancipazione dallo Stato nazionale: la categoria giuridica della cittadinanza si compone attualmente di una dimensione formale, ancorata allo Stato, e di una dimensione sostanziale, appaltata a nuovi centri decisionali a livello sovranazionale e infranazionale. Esso esamina la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte costituzionale. La prima, nonostante alcune aperture nei confronti dei cittadini economicamente inattivi, continua ad alimentare il convincimento che la cittadinanza europea corrisponda ad uno status privilegiato piuttosto che ad una vera e propria forma di cittadinanza. La seconda, invece, riconosce alle Regioni, nell’ambito delle proprie competenze concorrenti e residuali e nei rispettivi limiti della Costituzione, ampia autonomia per la previsione di interventi socioassistenziali anche a favore degli stranieri al di là del nucleo irriducibile dei diritti fondamentali, facendo salva la previsione di talune differenziazioni tra cittadini nazionali e stranieri basate sul criterio della ragionevolezza. Pertanto, la cittadinanza, a qualunque livello normativo, rimane «selettiva», accogliendo ancora, contraddittoriamente, coloro che sono forniti di sostanze economiche piuttosto che i soggetti più deboli e bisognosi PAROLE CHIAVE: Cittadinanza europea, Costituzione, Diritti umani, Costituzionalismo multilivello, Sentenza Zambrano 1. Esclusione ed inclusione alla luce del mutato contesto internazionale La progressiva erosione del potere statale verso l’alto, a livello sovranazionale, e verso il basso, a livello territoriale interno 1 , e la proliferazione delle dichiarazioni di diritti, a livello internazionale, costituiscono il segnale più evidente che la Costituzione non sia soltanto un «atto», ma soprattutto un «processo» 2 , le cui disposizioni sono, inevitabilmente e 1 Sulla progressiva erosione della sovranità statale e sulla “diffusione” del costituzionalismo a livello sovranazionale e sub-nazionale possono vedersi, volendo, le notazioni introduttive e i riferimenti contenuti nel mio, Diritti sociali e autonomia statutaria: l’efficacia delle disposizioni degli Statuti regionali e autonomi ci, in MANGIAMELI (a cura di), Il regionalismo italiano dall’unità alla Costituzione e alla sua riforma, Vol. II, Milano, 2012, pp. 493 ss.. 2 SPADARO, Dalla Costituzione come “atto” (puntuale nel tempo) alla Costituzione come “processo” (storico). Ovvero della continua evoluzione del parametro costituzionale attraverso i giudizi costituzionalità, in Quad.

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: Il contributo analizza il concetto di cittadinanza alla luce della sua progressiva emancipazione dallo Stato nazionale: la categoria giuridica della cittadinanza si compone attualmente di una dimensione formale, ancorata allo Stato, e di una dimensione sostanziale, appaltata a nuovi centri decisionali a livello sovranazionale e infranazionale. Esso esamina la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte costituzionale. La prima, nonostante alcune aperture nei confronti dei cittadini economicamente inattivi, continua ad alimentare il convincimento che la cittadinanza europea corrisponda ad uno status privilegiato piuttosto che ad una vera e propria forma di cittadinanza. La seconda, invece, riconosce alle Regioni, nell’ambito delle proprie competenze concorrenti e residuali e nei rispettivi limiti della Costituzione, ampia autonomia per la previsione di interventi socio–assistenziali anche a favore degli stranieri al di là del nucleo irriducibile dei diritti fondamentali, facendo salva la previsione di talune differenziazioni tra cittadini nazionali e stranieri basate sul criterio della ragionevolezza. Pertanto, la cittadinanza, a qualunque livello normativo, rimane «selettiva», accogliendo ancora, contraddittoriamente, coloro che sono forniti di sostanze economiche piuttosto che i soggetti più deboli e bisognosi

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NUOVE FORME DI CITTADINANZA NEL

COSTITUZIONALISMO MULTILIVELLO: GLI

SVILUPPI DELLA GIURISPRUDENZA EUROPEA E

COSTITUZIONALE

Tommaso Nicola Poli Dottore di ricerca in Diritto pubblico e cultura dell’economia nell’Università di Bari

ABSTRACT: Il contributo analizza il concetto di cittadinanza alla luce della sua progressiva

emancipazione dallo Stato nazionale: la categoria giuridica della cittadinanza si compone

attualmente di una dimensione formale, ancorata allo Stato, e di una dimensione sostanziale,

appaltata a nuovi centri decisionali a livello sovranazionale e infranazionale.

Esso esamina la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte

costituzionale. La prima, nonostante alcune aperture nei confronti dei cittadini economicamente

inattivi, continua ad alimentare il convincimento che la cittadinanza europea corrisponda ad uno

status privilegiato piuttosto che ad una vera e propria forma di cittadinanza. La seconda, invece,

riconosce alle Regioni, nell’ambito delle proprie competenze concorrenti e residuali e nei rispettivi

limiti della Costituzione, ampia autonomia per la previsione di interventi socio–assistenziali anche a

favore degli stranieri al di là del nucleo irriducibile dei diritti fondamentali, facendo salva la

previsione di talune differenziazioni tra cittadini nazionali e stranieri basate sul criterio della

ragionevolezza. Pertanto, la cittadinanza, a qualunque livello normativo, rimane «selettiva»,

accogliendo ancora, contraddittoriamente, coloro che sono forniti di sostanze economiche piuttosto

che i soggetti più deboli e bisognosi

PAROLE CHIAVE: Cittadinanza europea, Costituzione, Diritti umani, Costituzionalismo multilivello,

Sentenza Zambrano

1. Esclusione ed inclusione alla luce del mutato contesto internazionale

La progressiva erosione del potere statale verso l’alto, a livello sovranazionale, e verso

il basso, a livello territoriale interno1, e la proliferazione delle dichiarazioni di diritti, a livello

internazionale, costituiscono il segnale più evidente che la Costituzione non sia soltanto un

«atto», ma soprattutto un «processo»2, le cui disposizioni sono, inevitabilmente e

1 Sulla progressiva erosione della sovranità statale e sulla “diffusione” del costituzionalismo a livello

sovranazionale e sub-nazionale possono vedersi, volendo, le notazioni introduttive e i riferimenti contenuti nel

mio, Diritti sociali e autonomia statutaria: l’efficacia delle disposizioni degli Statuti regionali e autonomici, in

MANGIAMELI (a cura di), Il regionalismo italiano dall’unità alla Costituzione e alla sua riforma, Vol. II,

Milano, 2012, pp. 493 ss.. 2 SPADARO, Dalla Costituzione come “atto” (puntuale nel tempo) alla Costituzione come “processo” (storico).

Ovvero della continua evoluzione del parametro costituzionale attraverso i giudizi costituzionalità, in Quad.

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continuamente, in movimento e vanno, quindi, di volta in volta, reinterpretate ed applicate

alla luce del mutato contesto sociale, economico e politico–istituzionale. Si tratta di un

fenomeno che – come ha fatto notare un’attenta dottrina – conduce, oggi, per un verso,

all’europeizzazione e all’internazionalizzazione del diritto costituzionale di matrice statale e,

per un altro, alla costituzionalizzazione del diritto europeo e del diritto internazionale3.

L’interazione dei diversi livelli normativi e le mutazioni sociali, economiche e politico–

istituzionali in corso inducono, pertanto, a rivedere una serie di categorie proprie del diritto

costituzionale, compresa quella della cittadinanza4. Alla distinzione originaria, risultante dal

testo costituzionale, tra cittadino nazionale e straniero si affiancano ora nuove categorie che in

queste appaiono difficilmente sussumibili: i cittadini europei economicamente attivi, quelli

economicamente inattivi e quelli «statici»; gli extracomunitari con permesso di soggiorno

regolare e quelli con permesso di soggiorno irregolare5.

Il riconoscimento di una pluralità di regimi giuridici differenti si apprezza di fronte a

taluni fenomeni di carattere globale: le migrazioni di massa, di cui la Costituzione italiana non

tiene conto perché, rispetto al passato, si presentano in modo nuovo, essendo divenuta la

penisola italiana, dal 1947 ad oggi, da terra di emigrazione terra di immigrazione. L’art. 35,

comma 4, Cost. tutela la libertà di emigrazione e la tutela del lavoro all’estero, ma non

disciplina lo status giuridico dello straniero che viene affidato, ai sensi dell’art. 10, comma 2,

cost., n. 3, 1998, pp. 343 ss.; LUCIANI, Dottrina del moto delle Costituzioni e vicende della Costituzione

repubblicana, in www.osservatoriosullefonti.it, n. 1, 2013, pp. 1 ss.. 3 RUGGERI, Interpretazione conforme e tutela dei diritti fondamentali, tra internazionalizzazione (ed

“europeizzazione”) della Costituzione e costituzionalizzazione del diritto internazionale e del diritto

eurounitario, in www.rivistaaic.it, n. 00, 2010, p. 28. Per un quadro generale di tale processo di interazione tra

livelli normativi si rinvia a GABRIELE, Europa: la “Costituzione” abbandonata, Bari, 2008, specie pp. 141 ss.;

HÄBERLE, Dallo Stato nazionale all’Unione europea: evoluzioni dello Stato costituzionale. Il Grudgesetz come

Costituzione parziale nel contesto della Unione europea: aspetti di un problema, in Dir. pubbl. comp. ed eur., II,

2002, pp. 455-462; più recentemente ID., ¿Tienen España y Europa una Constitución?, in ReDCE, n. 12, 2009,

pp. 353-393, spec. 389-390. 4 Sulla relazione tra le trasformazioni costituzionali in atto e la ridefinizione dei parametri (Stato, nazione e

sovranità) che definiscono il discorso sulla cittadinanza si esprime SALAZAR, «Tutto scorre»: riflessioni su

cittadinanza, identità e diritti alla luce dell’insegnamento di Eraclito, in Pol. dir., n. 3, 2001, pp. 373 ss.. 5 La distinzione tra cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti e irregolarmente soggiornanti si desume

dallo stesso T.U. in materia di immigrazione (d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286). L’art. 2 del T.U., infatti, attribuisce

allo straniero regolarmente soggiornante i diritti civili attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni

internazionali in vigore per l’Italia e il testo unico dispongano diversamente.

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Cost., alla regolazione della legge ordinaria in conformità delle norme e dei trattati

internazionali, fatta eccezione per la previsione del diritto di asilo.

A questo quadro, dopo la seconda guerra mondiale e la consacrazione dei diritti nei testi

costituzionali degli Stati nazionali, si unisce la proliferazione di dichiarazioni di diritti in

ambito internazionale che, in nome del principio «supercostituzionale» della dignità umana6 e

accompagnata dal divieto di discriminazione in base alla origine nazionale7, conduce il

giurista, sposando la lettura diffusa nella letteratura sociologica8, a farsi promotore del

riconoscimento dell’universalità dei diritti dell’uomo e della rimozione o, quantomeno, del

superamento del concetto di cittadinanza nazionale9, ricevendo riscontro, altresì, nelle

decisioni della giurisprudenza costituzionale10.

Di pari passo non possono sottacersi le resistenze verso il riconoscimento

dell’universalità dei diritti per i problemi collegati al «costo dei diritti»11 e per la reticenza

6 RUGGERI, Appunti per uno studio sulla dignità umana dell’uomo, secondo diritto costituzionale, in

www.rivistaaic.it, n. 1, 2011, pp. 1 ss.; POLITI, Diritti sociali e dignità umana nella Costituzione repubblicana,

Torino, 2011, pp. 109 ss.; RUGGERI, SPADARO, Dignità dell’uomo e giurisprudenza costituzionale (prime

notazioni), in Pol. dir., 1991, pp. 343 ss.; SILVESTRI, Considerazioni sul valore costituzionale della dignità della

persona, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, 14 marzo 2008; MONACO, La tutela della dignità umana:

sviluppi giurisprudenziali e difficoltà applicativa, in www.forumcostituzionale.it. 7 La previsione del divieto di discriminazione in base alla nazionalità ricorre in tutte le dichiarazioni

internazionali: l’art. 2 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, l’art. 2 par. 1 del Patto

internazionale sui diritti civili e politici del 1966, l’art. 14 della CEDU, l’art. 21 della Carta dei diritti dell’Unione

europea e l’art. 18 TFUE. Negli ultimi due casi citati, tuttavia, la portata del principio di non discriminazione non

ha un riconoscimento generale, essendo relegata nell’ambito di applicazione dei Trattati. 8 Cfr., per tutti, MARSHALL, Citizenship and Social Class, 1950, trad. it. Cittadinanza e classe sociale , Roma-

Bari, 2002. 9 Di «irruzione» di categorie sociologiche parla STAIANO, Migrazioni e paradigmi di cittadinanza: alcune

questioni di metodo, in www.federalismi.it, 5 novembre 2008, p. 11. Per una critica all’utilizzazione di categorie

sociologiche nel discorso sulla cittadinanza, e specialmente a Marshall, si rinvia a FERRAJOLI, Dai diritti del

cittadino ai diritti della persona, in ZOLO (a cura di), La cittadinanza. Appartenenza, identità, diritti, Roma-Bari,

1994, pp. 263 ss.. 10 Questo indirizzo interpretativo della Corte costituzionale è stata inaugurato dalla decisione n. 120 del 1967,

seguita poi, nello stesso senso, dalle decisioni 104 del 1969, 177 e 244 del 1974, 54 del 1979, 62 del 1994, 432

del 2005, 148 del 2008. Sul ruolo della giurisprudenza costituzionale nel riconoscimento e nell’estensione dei

diritti inviolabili agli stranieri si rinvia alle osservazioni di PACE, Dai diritti del cittadino ai diritti fondamentali

dell’uomo, in www.rivistaaic.it, n. 00, 2010, pp. 1 ss.; ONIDA, Lo statuto costituzionale del non cittadino, in

www.associazionedeicostituzionalisti.it, pp. 1 ss.. 11 Sul costo di tutti i diritti e non soltanto di quelli sociali si rinvia, per tutti, a HOLMES, SUNSTEIN, The costs of

rights. Why Liberty Depends on Taxes, trad. it. Il costo dei diritti. Perché la libertà dipende dalle tasse, Bologna,

2000. Sul tema, nella dottrina italiana, cfr. BIN, Diritti e fraintendimenti, in Ragion pratica, 2000, pp. 19 ss.;

SALAZAR, Dal riconoscimento alla garanzia dei diritti sociali, Torino, 2000, pp. 13 ss.; D’ALOIA, Diritti e Stato

autonomistico. Il modello dei livelli essenziali delle prestazioni, in Le Regioni, 2003, p. 1105 e, più

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ideologica di alcune formazioni politiche nei confronti degli immigrati12. Il primo impone,

anche per effetto della contingente crisi economico–finanziaria, di rivedere al ribasso le

prestazioni erogative dei diritti, persino di quelli essenziali e specialmente di quelli sociali13,

secondo logiche che fissano, di nuovo, criteri di natura insieme esclusiva ed inclusiva, specie

nei confronti degli “ultimi arrivati” che vantano un legame meno intenso con il territorio, in

nome di sentimenti di appartenenza che sfociano, a volte, anche in esaltazione identitaria14. Le

seconde rivelano una «curvatura etnica»15 delle modifiche della legge sulla cittadinanza che,

per esempio, si rivela attraverso la previsione, in tema di naturalizzazione, di un termine di

residenza legale raddoppiato per l’acquisto della cittadinanza rispetto ai cinque anni, stabiliti

dalla disciplina precedente, per gli immigrati non comunitari e ridotto a quattro anni per i

cittadini di un altro Stato membro dell’Unione16.

La riflessione sulla cittadinanza, pur muovendo da una comune premessa, cioè il mutato

contesto economico, sociale e politico–istituzionale, conduce, tuttavia, la dottrina ad esiti

diametralmente opposti.

Da una parte la continua ed inarrestabile evoluzione della tecnologia e delle

comunicazioni, che agevola i flussi migratori da un Paese all’altro, sollecita taluni a proporre

il superamento della nozione originaria di cittadinanza a favore del riconoscimento

dell’universalità dei diritti fondamentali e la sostituzione delle categorie antitetiche di

recentemente, SPADARO, I diritti sociali di fronte alla crisi (Necessità di un nuovo “modello sociale europeo”:

più sobrio, solidale e sostenibile), in www.rivistaaic.it, n. 4, 2011, pp. 1 ss.. 12 Sulla chiusura ideologica manifestata nel corso degli ultimi anni verso gli immigrati v. IPPOLITO, Cittadinanza

e cittadinanze tra inclusione ed esclusione, in CAMPEDELLI, CARROZZA, PEPINO (a cura di), Diritto di Welfare.

Manuale di cittadinanza e istituzioni sociali, Bologna, 2010, pp. 86 ss.. 13 Per questo motivo può essere enunciato il carattere universale dei diritti fondamentale solo in una prospettiva

astratta. Cfr. MORELLI, Il carattere inclusivo dei diritti sociali e i paradossi della solidarietà orizzontale, in

www.gruppodipisa.it, pp. 3 ss.. 14 BIONDI DAL MONTE, Lo Stato sociale di fronte alle migrazioni. Diritti sociali, appartenenza e dignità della

persona, in www.gruppodipisa.it, pp. 1 ss.; SPADARO, I diritti sociali di fronte alla crisi, cit., p. 5. 15 IPPOLITO, op. cit., p. 87. 16 Sulla legge italiana sulla cittadinanza e sui progetti di riforma v. ROSSI, Immigrazione e diritti a quattordici

anni dalla legge Turco-Napolitano, in ROSSI, BIONDI DAL MONTE, VRENNA (a cura di), La governance

dell’immigrazione. Diritti, politiche e competenze, Bologna, 2013, pp. 61 ss.; NALIN, Riforma della legge

italiana sulla cittadinanza e diritto dell’Unione europea, in TRIGGIANI (a cura di), Le nuove frontiere della

cittadinanza europea, Bari, 2011, pp. 161 ss.; SCHILLACI, La riforma della legge n. 92/1991: i progetti in

discussione, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, n. 00 del 02.07.2010.

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cittadino e straniero alla persona che, in quanto tale, è titolare di diritti e di doveri17. La

cittadinanza acquisirebbe una dimensione eminentemente inclusiva, estendendo i diritti di

cittadinanza anche a coloro che non vantano alcun legame pregresso di natura etnico–

territoriale con lo Stato entro il quale si trovano e abbandonando la peculiare logica

escludente che, fino ad oggi, ha caratterizzato il «non cittadino» rispetto al cittadino

nazionale.

Dall’altra parte la creazione di nuovi centri di potere indurrebbe il giurista, e

specialmente il costituzionalista, a delineare nuovi contorni della cittadinanza tant’è che più

che di un’unica cittadinanza, legata all’appartenenza ad uno Stato nazionale e alla sua identità

etnica18, si fa strada l’idea della presenza di una pluralità di “cittadinanze” a seconda dei

contesti (rectius livelli) normativi in cui la persona si colloca ed agisce. Si ripropongono,

pertanto, vecchie e nuove dinamiche, insieme escludenti ed includenti, forse mai sopite, che,

unitamente alle recenti ed insostenibili politiche di spesa pubblica regressive derivanti dalle

direttive imposte da istanze sovranazionali, rivelano l’insostituibilità di una siffatta nozione,

ancorché essa possa essere disciplinata nel modo più inclusivo possibile19.

2. Forma e sostanza di un concetto giuridico in trasformazione

Per rispondere al dibattito, approfondito dalla dottrina costituzionale, non è possibile

procedere, in virtù delle menzionate trasformazioni costituzionali, da una prospettiva

eminentemente interna o, comunque, relegata alle fonti di natura esclusivamente statale.

17 Si fanno portavoce, auspicando una tale inversione di tendenza, RODOTÀ, Il diritto di avere diritti, Roma-Bari,

2012, pp. 19 ss.; RUGGERI, Note introduttive ad uno studio sui diritti e doveri costituzionali degli stranieri, in

www.rivistaaic.it, n. 2, 2011, p. 16; AZZARITI, La cittadinanza. Appartenenza, partecipazione, diritti delle

persone, in Dir. pubbl., n. 2, 2011, p. 437; RESCIGNO, Note sulla cittadinanza, in Dir. pubbl., 2000, p. 765;

FERRAJOLI, op. cit., pp. 288 ss.. 18 Sulla nozione di cittadinanza e sulle radici storiche della nozione si rinvia a GROSSO, Le vie della cittadinanza,

Padova, 1997; BERTI, Cittadinanza, cittadinanze e diritti fondamentali, in Riv. dir. cost., 1997, pp. 3 ss.;

CERRONE, La cittadinanza e i diritti, in NANIA, RIDOLA (a cura di), I diritti costituzionali, Milano, 2006, pp. 277

ss.; ROSSI, La porta stretta: prospettive della cittadinanza post-nazionale, in www.forumcostituzionale.it;

CARIDÀ, La cittadinanza, in www.forumcostituzionale.it; AZZARITI, La cittadinanza. Appartenenza,

partecipazione, diritti delle persone, in Dir. pubbl., n. 2, 2011, pp. 425 ss.. 19 RIMOLI, Universalizzazione dei diritti fondamentali e globalismo giuridico: qualche considerazione critica, in

Studi in onore di Gianni Ferrara, Vol. III, Torino, 2005, pp. 360 ss..

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Di fronte alle attuali spinte globali e locali, accanto alla cittadinanza della nazione, che

diviene solo una delle comunità politiche, si affiancano altre forme di cittadinanza: alcune

espressamente definite ed altre, invece, formatesi per via dei procedimenti di decentramento

verso il basso20. Lo Stato detta, ormai, la disciplina delle modalità di acquisto e di perdita

della cittadinanza e delle condizioni di ingresso e di espulsione degli stranieri, ma non

definisce in maniera autonoma lo statuto di diritti e di doveri del cittadino e dello straniero.

Solo la cittadinanza formale rimane, quindi, circoscritta nelle mani dello Stato centrale, al

quale è riservata espressamente, a seguito della riforma del Titolo V, la materia della

«cittadinanza», oltre alle materie di politica di immigrazione, vale a dire l’«immigrazione» e

la «condizione giuridica dello straniero».

La cittadinanza europea, ai sensi dell’art. 20 TFUE, malgrado i tentativi di formazione

della giurisprudenza europea di una propria identità autonoma, rimane concetto derivato da

quella nazionale, aggiungendosi a quest’ultima per i cittadini degli Stati membri dell’Unione

europea21, il cui ordinamento amplia e dilata lo spazio di azione degli individui al di là del

proprio Stato di appartenenza attraverso l’attribuzione di una serie di diritti e doveri,

eliminando, piano piano, in talune sfere di propria competenza, la distinzione tra cittadini

20 Cfr. SPINACI, Libertà di circolazione, cittadinanza europea, principio di eguaglianza, Napoli, 2011, p. 77.

Sulla crisi dei concetti tradizionali in tema di cittadinanza per effetto della creazione della cittadinanza europea si

rinvia a LOGROSCINO, La cittadinanza dell’Unione: la crisi dei concetti tradizionali, in Dir. Un. Eur., n. 2, 2006,

pp. 407 ss.. Sulla cittadinanza europea v. LIPPOLIS, La cittadinanza europea, Bologna, 1994; CARTABIA, I diritti

fondamentali e la cittadinanza dell’Unione, in BASSANINI, TIBERI (a cura di), Le nuove istituzioni europee.

Commento al Trattato di Lisbona, Bologna, 2008, pp. 99 ss.. 21 L’affermazione, tuttavia, ormai, appare più teorica che reale. Nei fatti la Corte di giustizia, sin dalla sentenza

Micheletti (C-369/90, 7 luglio 1992), ha sostanzialmente, in taluni casi, intaccato la titolarità esclusiva degli Stati

membri in materia di riconoscimento della cittadinanza per cui la cittadinanza europea, nonostante sia ancora

accessoria rispetto a quella nazionale, influenza e condiziona la cittadinanza nazionale. Nel caso citato la Corte

di giustizia, chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di un cittadino argentino di stabilirsi in Spagna in forza della

seconda cittadinanza italiana, ha ritenuto, in ragione del riconoscimento per la legge spagnola della sola

cittadinanza di ultima residenza (quella argentina), che uno Stato membro non può limitare gli effetti

dell’attribuzione della cittadinanza di un altro Stato membro, non ritenendo rilevante, altresì, la circostanza che il

sig. Micheletti non avesse alcun legame materiale con l’ordinamento italiano. La Corte, inoltre, più

recentemente, ha avuto occasione di precisare, nella decisione Rottman (Janko Rottman c. Freistaat Bayern, 2

marzo 2010, C-135/08, par. 56), in merito alla decisione di revoca della cittadinanza nazionale, che occorre

verificare «se tale perdita sia giustificata in rapporto alla gravità dell’infrazione commessa». Si rinvia a

MONTANARI, La cittadinanza in Europa: alcune riflessioni sugli sviluppi più recenti, in www.rivistaaic.it, n. 2,

2012, pp. 5 ss.; MARGIOTTA, VONK, Doppia cittadinanza e cittadinanza duale: normative degli Stati membri e

cittadinanza europea, in Dir. imm. citt., n. 4, 2010, pp. 27 ss.; TRIGGIANI, La cittadinanza europea per la

“utopia sovranazionale”, in St. int. eur., n. 3, 2006, pp. 450 ss..

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nazionali e stranieri appartenenti ad altro Stato dell’Unione, persino attraverso l’estensione di

alcuni diritti politici22.

La categoria giuridica della cittadinanza si compone, quindi, di una dimensione formale,

ancorata allo Stato, e di una dimensione sostanziale23 e impone, di conseguenza, una

riflessione sul tema dei diritti degli stranieri sia comunitari sia extracomunitari e sulle relative

differenze di status. Il contenuto sostanziale della cittadinanza, infatti, è ormai “appaltato” a

nuovi centri decisionali a livello sovranazionale e a quello infranazionale. I diritti e i doveri

dei cittadini europei, dei cittadini statali, degli immigrati regolari e di quelli irregolari sono

disegnati dalla legislazione di derivazione europea e regionale.

Per esempio l’art. 20, par. 2, TFUE offre un ampio catalogo di diritti ai cittadini europei:

il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri; il diritto di

elettorato attivo e passivo alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali nello

Stato membro in cui risiedono alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato; il diritto di

godere, nel territorio di uno Stato terzo nel quale lo Stato membro di cui non hanno la

cittadinanza non è rappresentato, della tutela diplomatica di qualsiasi Stato membro, alle

stesse condizioni dei cittadini di detto Stato; il diritto di petizione al Parlamento europeo, di

ricorso al Mediatore europeo e di rivolgersi alle istituzioni europee in una qualsiasi lingua

dell’Unione e di ricevere risposta nella medesima lingua.

Oltre ai diritti menzionati, i cittadini europei, che esercitano la libertà di circolazione nel

territorio degli Stati membri diversi da quello di appartenenza, ricevono, per mezzo del

divieto di discriminazione in base alla nazionalità, una serie di benefici sociali in presenza di

talune condizioni, definite dalla normativa primaria e secondaria europea, al fine di favorire il

processo di integrazione europea. Per tale ragione l’applicazione combinata della cittadinanza

europea (art. 21 TFUE) e del principio di non discriminazione (art. 18 TFUE) diviene il banco di

prova per verificare la possibilità di una progressiva formazione di una cittadinanza sociale

europea di emanazione giurisprudenziale che sia sganciata dalla originaria logica mercantile

22 GROSSO, I cittadini europei e i diritti di partecipazione nella Carta di Nizza: un’occasione perduta?, in Quad.

cost., n. 1, 2003, pp. 53 ss.. 23 Su questa distinzione si rinvia a RONCHETTI, La cittadinanza sostanziale tra Costituzione e residenza:

immigrati nelle regioni, in www.costituzionalismo.it, pp. 1 ss..

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dell’impianto europeo attraverso l’accesso alle prestazioni sociali per i cittadini europei

transfrontalieri, anche non economicamente attivi24.

Analogamente, a livello regionale, la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001

ridefinisce i campi di intervento degli organi sub-statali che hanno acquisito la competenza

legislativa per riempire di contenuto il concetto di cittadinanza e le politiche per

l’immigrazione attraverso l’attribuzione delle materie relative ai servizi sociali, all’abitazione,

all’assistenza sanitaria, all’istruzione, alla formazione e all’inserimento al lavoro25 e, pertanto,

dettano, in nome della propria autonomia costituzionale, negli ambiti di propria competenza e

nei limiti fissati dalla Costituzione, nuovi diritti sia negli Statuti sia nelle leggi26.

3. La tendenza inclusiva della cittadinanza europea e il limite delle

situazioni puramente interne

La previsione nel testo dei Trattati della libertà di circolazione e di soggiorno nel

territorio di uno Stato membro diverso da quello di appartenenza, unitamente al principio di

non discriminazione in base alla nazionalità, potrebbe alimentare la percezione e la

convinzione che la cittadinanza europea sia ormai divenuta lo statuto fondamentale dei

cittadini degli Stati membri. L’applicazione incondizionata del diritto di libera circolazione e

di soggiorno, infatti, dovrebbe, in teoria, assicurare l’accesso dei cittadini europei migranti

24 Sulla progressiva estensione cross-border dei diritti sociali a favore dei soggetti non economicamente attivi si

rinvia a GIUBBONI, Diritti e solidarietà in Europa. I modelli sociali nazionali nello spazio giuridico europeo,

Bologna, 2012, pp. 144 ss.; SPINACI, Divieto comunitario di discriminazione in base alla nazionalità e principio

costituzionale di eguaglianza, in Dir. pubbl., n. 1, 2007, pp. 241 ss.; LOLLO, Il paradigma inclusivo della

cittadinanza europea e la solidarietà transnazionale, in www.gruppodipisa.it, p. 5. 25 Si tratta delle cosiddette politiche per l’immigrazione. Cfr. RUGGERI, SALAZAR, “Ombre e nebbia” nel riparto

delle competenze tra Stato e regioni in materia di emigrazione/immigrazione dopo la riforma del Titolo V, in

Quad. reg., n. 1, 2006, p. 42; BIONDI DAL MONTE, I diritti sociali degli stranieri tra frammentazione e non

discriminazione. Alcune questioni problematiche, in Ist. fed., n. 5, 2008, pp. 563 ss.; PATRONI GRIFFI, Stranieri

non per la Costituzione, in www.forumcostituzionale.it, pp. 6 ss.; CAPONIO, Governo locale e immigrazione in

Italia. Tra servizi di welfare e politiche di sviluppo, in Ist. fed., n. 5, 2004, pp. 805 ss.; MABELLINI, La

dimensione sociale dello straniero tra uniformità (sovranazionale) e differenziazione (regionale), in Giur. cost.,

n. 1, 2011, p. 814. 26 LONGO, Regioni e diritti. La tutela dei diritti nelle leggi e negli Statuti regionali, Macerata, 2006, pp. 14 ss..

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alle medesime prestazioni erogate dallo Stato membro ospitante nei confronti dei propri

cittadini nazionali27.

Si tratta, tuttavia, ancora di un auspicio e non di un traguardo definitivamente realizzato.

Come precisa, nelle sue decisioni, la Corte di giustizia «lo status di cittadino dell’Unione

europea è destinato ad essere28 lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri»29.

L’istituzione, con il Trattato di Maastricht del 1992, della cittadinanza europea30 ha

determinato la progressiva emancipazione della libera circolazione dalla finalità prettamente

economica che ne circoscriveva la portata ai soli migranti comunitari economicamente attivi

ma non ha provocato, contestualmente, la nascita di un diritto assoluto di circolazione31.

Perciò, al fine di evitare fenomeni di «shopping sociale» che possano minare la tenuta dei

sistemi di welfare nazionali32, la direttiva 2004/38/CE33, in applicazione dell’art. 21 TFUE, ha

comunque condizionato la circolazione e il soggiorno, per un periodo superiore a tre mesi, dei

cittadini non economicamente attivi negli Stati membri dell’Unione diversi da quello di

27 DINELLI, Recenti tendenze in materia di cittadinanza europea: oltre il limite delle «situazioni puramente

interne» all’ordinamento degli Stati membri, in Foro amm. – TAR, n. 5, 2011, p. 1789. 28 Corsivo aggiunto. 29 L’auspicio ricorre frequentemente nelle decisioni della Corte di giustizia. Ex multis: Grzelczyk c. Centre public

d’aide sociale d’Ottignies-Louvain-la Neuve, 20 settembre 2001, C-184/99, par. 31; Baumbast c. Secretary of

State for the Home Department, 17 settembre 2002, C-413/99, par. 82; Garcia Avello c. Belgio, 2 ottobre 2003,

par. 22; Rottman, cit., par. 43. 30 Il primo riconoscimento della cittadinanza europea si trova nel Trattato di Maastricht del 1992 che, all’art. 8

TCE, prevede che «Ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati,

fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli

stessi». 31 Sul percorso dell’individuo nel processo di integrazione europea dalla dimensione eminentemente produttiva a

quella di cittadino si veda ZUPPETTA, Il consolidamento della cittadinanza europea: un’ipotesi di studio, in

www.amministrazioneincammino.luiss.it, pp. 1 ss.; BALDINI, ALCARO, Profili evolutivi della cittadinanza

europea: «Verso un diritto privato comunitario»?, in Riv. it. dir. pubbl. com., n. 2-3, 2002, pp. 456 ss.. 32 Le politiche sociali, sin dall’edificazione della Comunità economica europea, sono state relegate nei confini

statali: è stata coniata, pertanto, l’espressione di «governo delle differenze» per indicare la decisione originaria, a

livello europeo, di rinunciare alla costruzione di un welfare unico europeo e di conservare differenti sistemi di

protezione sociale in ciascuno degli Stati membri dell’UE parallelamente alla costruzione di un mercato comune.

Si rinvia a GIUBBONI, Diritti e solidarietà in Europa, cit., p. 33; AMATO, Tra Stato sociale e dimensione

europea, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, 13 maggio 2009; DE CABO MARTIN, Constitucionalismo del

Estado social y Unión europea en contexto globalizador, in ReDCE, n. 11, 2009, pp. 17 ss.. 33 Sulla direttiva 2004/38/CE si rinvia a COUSINS, Diritto di soggiorno, sicurezza sociale e il concetto evolutivo di

cittadinanza europea, in Riv. dir. sic. soc., n. 1, 2008, pp. 65 ss.; M. DI FILIPPO, La libera circolazione dei

cittadini comunitari e l’ordinamento italiano: (poche) luci e (molte) ombre nell’attuazione della direttiva

2004/38/CE, in Riv. dir. int., n. 2, 2008, pp. 420 ss..

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appartenenza, al possesso di risorse economiche sufficienti e di un’assicurazione sanitaria che

consenta loro di non divenire un onere eccessivo per le risorse dello Stato ospite34.

Ciononostante, i giudici di Lussemburgo hanno manifestato tendenze inclusive anche

con riferimento ai cittadini «inattivi» sprovvisti di risorse economiche sufficienti, facendo

leva sull’applicazione estensiva del “grimaldello”35 del divieto di discriminazione in virtù del

solo status di cittadino europeo e tenendo conto, altresì, delle preoccupazioni legate ad

un’estensione troppo ampia dei beneficiari di vantaggi sociali36. A partire dal caso Martinez

Sala37, pertanto, secondo un modello di solidarietà di tipo atomistico38, è stato riconosciuto, di

volta in volta, ai cittadini economicamente non attivi, in nome di una certa «solidarietà

finanziaria dei cittadini di [uno] Stato con quelli degli altri Stati membri»39, il diritto di

usufruire di prestazioni socio–assistenziali alla duplice condizione che questi non diventino

34 CELOTTO, Quando un «diritto» non è un diritto: sulla circolazione e soggiorno dei cittadini comunitari, in

Quad. cost., n. 4, 2010, p. 860, osserva che «la libertà di circolazione e di soggiorno del cittadino comunitario è

già così affievolito da poter non essere considerato un vero e proprio diritto» e prende come riferimento la

decisione Baumbast, cit, che prima (par. 80) riconosce che «il diritto dei cittadini di uno Stato membro di fare

ingresso sul territorio di un altro Stato membro e di soggiornarvi costituisce un diritto direttamente attribuito dal

Trattato», ma poi (par. 85) ne limita la portata affermando che «il diritto di soggiorno dei cittadini dell'Unione

sul territorio di un altro Stato membro è certamente attribuito subordinatamente alle limitazioni e alle condizioni

previste dal Trattato CE nonché dalle relative disposizioni di attuazione». Nello stesso senso v. APPICCIAFUOCO,

Lo status sociale dei cittadini europei economicamente non attivi: una “cittadinanza sociale di mercato

europeo”?, in Le nuove frontiere, cit., p. 285. 35 Per LOLLO, Prime osservazioni su eguaglianza e inclusione, in www.giurcost.org., p. 5, il principio di non

discriminazione è il «motore dell’ordinamento europeo». 36 Sul pericolo della tenuta dei sistemi di welfare state nazionali di fronte alle progressive aperture della Corte di

giustizia cfr. S. GIUBBONI, Diritti e solidarietà, cit., pp. 225 ss.; ID., Confini della solidarietà. I modelli sociali

nazionali nello spazio giuridico europeo, in Pol. dir., n. 3, 2011, pp. 395 ss.; SPINACI, Divieto comunitario di

discriminazione, cit., pp. 253 ss.; FERRERA, Verso una cittadinanza sociale ‘aperta’. I nuovi confini del welfare

nell’Unione Europea, in working paper 1/2004, www.urge.it. 37 Nel caso Martinez Sala la Corte avvia, infatti, un duplice profilo innovativo: da una parte estende l’ambito di

applicazione del principio di non discriminazione che viene svincolato dalle previsioni sui limiti della libertà di

circolazione dei cittadini inattivi; dall’altra, definisce in senso lato il campo di applicazione del principio di

parità di trattamento permettendo la concessione di un beneficio sociale con riferimento ad una situazione nella

quale la ricorrente non poteva risultare beneficiaria in quanto non poteva essere qualificata come lavoratrice

subordinata. Sul punto v. GIUBBONI, Diritti e solidarietà, cit., pp. 186; SPINACI, Divieto comunitario di

discriminazione, cit., pp. 245 ss.; PROTTO, María Martínez Sala v. Freistaat Bayern e la cittadinanza

dell’Unione, in Dir. pubbl., 2000, pp. 877 ss.. 38 GIUBBONI, Diritti e solidarietà, cit., pp. 23, 228. 39 Grzelczyk, cit., par. 44.

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un onere eccessivo per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante40 e che dimostrino

un certo legame di integrazione con la società del Paese ospitante41.

L’effetto della cittadinanza europea e il divieto di discriminazione continua, invece, ad

essere escluso dall’ambito delle cosiddette «situazioni puramente interne», che non

presentano alcun collegamento con il diritto dell’Unione. Ne rimangono fuori, pertanto, i

cittadini «statici», che non ricevono i benefici derivanti dall’esercizio della libera

circolazione. Per tale ragione, il diritto alla libera circolazione diviene, più che un diritto

connesso alla cittadinanza, la condizione necessaria per accedere agli altri diritti derivanti

dallo status di cittadino europeo, nonostante questo si aggiunga per il semplice possesso della

cittadinanza nazionale di uno degli Stati membri. Ciò, quindi, produce, paradossalmente, «una

non perfetta sovrapposizione dello status di cittadino e l’esercizio concreto di tutti i diritti che

connotano tale status»42. E, anzi, genera la conseguenza perversa delle «discriminazione alla

rovescia», fenomeno che suole indicare la disparità di trattamento del cittadino stanziale

rispetto al cittadino europeo che soggiorni in altro Paese membro rispetto a quello di

appartenenza a causa dell’applicazione della disciplina di diritto interno più restrittiva rispetto

40 Ibidem. 41 La Corte ricorre a criteri come la residenza abituale, il sufficiente grado di integrazione nella società del Paese

ospitante e il legame con il mercato del lavoro del medesimo per i cittadini in cerca di lavoro. Ex multis si

vedano le decisioni: Martínez Sala, cit.; Baumbast c. Secretary of State for the Home Department, 17 settembre

2002, C-413/99; Grzelczyk, cit.; Maire-Nathalie D’Hoop c. Office national de l’emploi, 11 luglio 2002, C-

224/98; Brian Francis Collins c. Secretary of State for Work and Pensions, 23 marzo 2004, C-138/02; Michel

Trojani c. Centre public d’aide sociale de Bruxelles (CPAS), 7 settembre 2004, C-456/02; Dany Bidar c. London

Borough of Ealing, Secretary of State for Education and Skills, 15 marzo 2005, C-209/03); Kunquian Catherine

Zhu e Man Lavette Chen c. Secretary of State for the Home Department, 19 ottobre 2004, causa C-2000/02. Cfr.

GIUBBONI, Diritti e solidarietà in Europa, cit., pp. 185 ss., 221 ss.; MARTIN VIDA, La dimensión social de la

ciudadanía europea, con especial referencia a la jurisprudencia comunitaria en materia de libre circulación des

los ciudadanos comunitarios y acceso a las prestaciones de asistencia social, in ReDCE, n. 8, 2007, pp. 95 ss.;

CAPPUCCIO, Il principio di non discriminazione nella giurisprudenza comunitaria tra espansione dei diritti e

tecniche di decisione, in AA.VV., Scritti in onore di Lorenza Carlassare. Il diritto costituzionale come regola e

limite al potere, Vol. III, Napoli, 2009, pp. 882 ss. Sull’applicazione del criterio della residenza dei cittadini

inattivi per accedere alle prestazioni sociali si veda AMADEO, Il principio di eguaglianza e la cittadinanza

dell’Unione: il trattamento del cittadino europeo “inattivo”, in Dir. Un. Eur., n. 1, 2011, pp. 90 ss.; DE

PASQUALE, Problemi interpretativi della nozione giuridica di cittadinanza: un concetto «europeizzato» di diritto

pubblico interno? La controversa relazione tra cittadinanza dell’Unione europea e cittadinanze nazionali degli

Stati membri, in Riv. it. dir. pubbl. com., n. 3/4, 2012, pp. 461 ss.. CARROZZA, Noi e gli altri. Per una

cittadinanza fondata sulla residenza e sull’adesione ai doveri costituzionali, in La governance

dell’immigrazione, pp. 43 ss.. 42 PALLADINO, Il diritto di soggiorno nel “proprio” Stato membro quale (nuovo) corollario della cittadinanza

europea, in St. int eur., n. 2, 2011, p. 342.

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a quella di emanazione europea più favorevole, di cui, invece, si avvale, nel medesimo

territorio, il cittadino di altro Stato membro che abbia esercitato la libertà di movimento43.

In attesa di una soluzione europea per arginare tali ingiuste differenze di trattamento

prodotte, che fino ad ora rimangono sostanzialmente affidate a ciascun ordinamento interno44,

la natura complementare della maggior parte dei diritti inerenti allo status di cittadino

dell’Unione all’esercizio della libertà di circolazione alimenta il convincimento che la

cittadinanza europea corrisponda ad uno «status di straniero privilegiato»45 piuttosto che una

vera e propria forma di cittadinanza in cui i diritti siano riconosciuti a tutti i cittadini

indipendentemente dall’esercizio della libera circolazione46.

Orbene, la recente decisione Ruiz Zambrano47, poi sconfessata dalle successive

McCarthy48 e Dereci49, della giurisprudenza della Corte di giustizia europea è stata salutata da

taluni come un «cambio di paradigma»50 verso la creazione di una cittadinanza davvero

43 A livello esemplificativo si possono ricordare la disciplina italiana dei lettori di lingua stranieri che, censurata

dalla giurisprudenza europea, ha finito per favorire i lettori provenienti da altri Stati dell’Unione a discapito di

quelli nazionali e la normativa italiana sulla pasta che, ponendo condizioni più rigide per la produzione rispetto a

quelle degli altri Stati membri, è stata sottoposta al parametro del principio di non discriminazione sulla base

della nazionalità e del principio del mutuo riconoscimento, finendo per favorire i produttori degli altri Stati

dell’Unione a danno di quelli italiani. Cfr. SPINACI, Divieto comunitario di discriminazione, cit., pp. 286 ss.. Per

un quadro generale delle discriminazione alla rovescia e per la proposta di taluni rimedi e su un confronto tra

Corte di giustizia e Corte costituzionale si rinvia a SPITALERI, Le discriminazioni alla rovescia nella recente

giurisprudenza comunitaria: rimedi insufficienti o esorbitanti?, in Dir. Un. Eur., n. 4, 2007, pp. 917 ss.;

NASCIMBENE, Le discriminazioni all’inverso: Corte di giustizia e Corte costituzionale a confronto, ivi, pp. 717

ss.. 44 Il problema delle cd. «discriminazione alla rovescia» è stato dapprima risolto dalla Corte costituzionale, sent.

443 del 1997, nella quale è stata censurata per contrasto con l’art. 3 Cost. la discriminazione alla rovescia subita

dalle imprese italiane rispetto alle imprese europee per l’applicazione della normativa interna che imponeva

condizioni più restrittive per utilizzare alcuni ingredienti nella preparazione della pasta. Recentemente la legge 7

luglio 2009 ha introdotto, nella legge 4 febbraio 2005 n. 11 (cd. Legge comunitaria), l’art. 14-bis il quale

consente la disapplicazione della norma interna che potrebbe causare la discriminazione. Cfr. DINELLI, op. cit., p.

1796; DI COMITE, L’uguaglianza tra cittadini europei? Una nuova sfida per un problema annoso, in Le nuove

frontiere, cit., p. 106; LOLLO, Prime osservazioni, cit., p. 7. 45 CARTABIA, Cittadinanza europea, in Enc. giur. Trecc., Vol. VI, Aggiornamento, Roma, 1995, p. 3.

L’espressione risale a WEILER, L’Italia in Europa. Profili istituzionali e costituzionali, Bologna, 2000, p. 231. 46 PALLADINO, op. cit., p. 345. 47 Gerardo Ruiz Zambrano c. Office national de l’emploi (ONEm), 8 marzo 2011, C-34/09. 48 Shirley McCarthy c. Secretary of State for the Home Department, 5 maggio 2011, C-434/09. 49 Dereci e a. c. Bundesministerium für Inneres, 15 novembre 2011, C-256/11. 50 REICH, The Constitucional Relevance of Citizenship and Free Movement in an Enlarged Union, in Eur. Law

Jour., 2005, p. 678. Viene definita, invece, «rivoluzionaria» la sentenza Zambrano da MARTINICO, CASTALDI,

Rethinking (EU) citizenship, in Perspectives on Federalism, n. 2, 2011, p. V.

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inclusiva51. Queste, tuttavia, impongono una lettura coordinata che faccia emergere gli spunti

creativi – se ve ne sono – all’interno del magmatico percorso verso la costruzione di una

cittadinanza che prescinda dalla libera circolazione e, specialmente, dall’apporto materiale del

singolo individuo nel processo produttivo del Paese ospitante52.

Le pronunce si potrebbero collocare nel solco dei precedenti Garcia Avello53, Chen54 e

Rottman55, alle quali si potrebbe addebitare l’iniziale e progressiva emersione di un autonomo

51 Infatti secondo GIUBBONI, Diritti e solidarietà in Europa, cit., p. 21, perché la cittadinanza acquisisca valenza

davvero fondamentale dovrebbe conferire anche ai cittadini statici un autonomo patrimonio di diritti

fondamentali. 52 Le decisioni citate sono state approfondite dalla dottrina. Cfr. PALLADINO, op. cit., 331 ss.; GALLO, La Corte

di giustizia rompe il vaso di Pandora della cittadinanza europea, in Giorn. dir. amm., n. 1, 2011, pp. 39 ss.; S.

SPINACI, La sentenza Zambrano e McCarthy e i nodi irrisolti della cittadinanza europea, in Giur. cost., n. 3,

2011, pp. 2543 ss.; ZILLER, Il diritto di soggiorno e la libera circolazione nell’Unione europea, alla luce della

giurisprudenza e del Trattato di Lisbona, in Dir. amm., n. 4, 2008, pp. 939 ss.; AMADEO, Il principio di

eguaglianza e la cittadinanza dell’Unione: il trattamento del cittadino europeo “inattivo”, in Il Dir. dell’Un.

Eur., n. 1, 2011, pp. 59 ss.; CALVANO, Cittadini «statici» e diritti disuguali, in Giur. cost., n. 3, 2011, pp. 2535

ss.; BERNERI, Le pronunce Zambrano e McCarthy: gli ultimi sviluppi giurisprudenziali sulle unioni famigliari

tra cittadini comunitari ed extracomunitari, in Quad. cost., n. 3, 2011, pp. 696 ss.; VECCHIO, Il caso Ruiz

Zambrano tra cittadinanza europea, discriminazioni a rovescio e nuove possibilità di applicazione della Carta

dei diritti fondamentali dell’Unione, in Dir. pubbl. comp. eur., III, 2011, pp. 1249 ss.; ROSSI, Il caso McCarthy:

la cittadinanza europea e la cruna dell’ago, ivi, pp. 1238 ss.; MARÍN CONSARNAU, Nuevos matices a la

protección que ofrece el estatuto de ciudadano de la Unión, in Rev. Der. Com. Eur., n. 41, 2012, pp. 221;

PAGANO, Ricongiungimento familiare, cittadinanza e residenza: dal caso Zambrano al caso Dereci, in Dir. com.

sc. int., n. 3, 2012, pp. 467 ss.. 53 Carlos Garcia Avello c. Stato belga, 2 ottobre 2003, C-148/02. La questione era originata dal fatto che le

autorità belghe avevano rifiutato di cambiare il nome dei figli del ricorrente poiché, di solito, tale facoltà viene

accordata ai cittadini che abbiano esclusivamente la cittadinanza belga. In questo caso l’applicazione del diritto

dell’Unione scaturisce dalla circostanza che i due figli del sig. Garcia Avello soggiornavano legalmente in

Belgio, di cui avevano la cittadinanza, oltre a quella spagnola. 54 Kunquian Catherine Zhu e Man Lavette Chen c. Secretary of State for the Home Department, 19 ottobre 2004,

causa C-2000/02. In questo caso una bambina avente nazionalità irlandese, figlia di cittadini cinesi, si era

stabilita con la madre, dopo la nascita, nel territorio del Galles. La bambina, pur essendo nata nell’Irlanda del

Nord, aveva acquisito la cittadinanza della Repubblica d’Irlanda, in quanto la legge sulla cittadinanza irlandese

prevedeva l’acquisto della nazionalità irlandese da parte di chiunque fosse nato nell’isola di Irlanda a meno che

non intesse ottenere una cittadinanza diversa. La bambina, pertanto, essendo nata in Irlanda del Nord e

risiedendo in Galles, pur avendo la cittadinanza della repubblica di Irlanda, non aveva mai abbonato il territorio

del Regno Unito. La Corte di giustizia, pertanto, è stata chiamata a pronunciarsi sulla possibilità di riconoscere

alla madre, cittadina di un Paese terzo, e alla bambina il diritto di soggiornare sul territorio del Regno Unito. 55 Janko Rottman c. Freistaat Bayern, 2 marzo 2010, C-135/08. La Corte, nel caso in oggetto, è stata chiamata a

pronunciarsi sulla vicenda di un cittadino austriaco che, dopo aver perso la relativa cittadinanza in seguito

all’acquisto di quella tedesca, subiva successivamente anche la revoca della cittadinanza tedesca a causa della

scoperta di progressi, da parte delle autorità tedesche, di procedimenti penali che aveva volontariamente celato

fraudolentemente.

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concetto di cittadinanza europea56. In queste decisioni, infatti, il potere di ingerenza

dell’Unione non deriva dall’esercizio del diritto di libera circolazione ma, piuttosto, dalla

circostanza che i minori, nei casi Chen e Garcia Avello, avessero la cittadinanza di uno Stato

membro diverso da quello di residenza. Per tale ragione la Corte di giustizia ha negato, infatti,

l’operare del limite delle situazioni puramente interne57 sulla base della considerazione che un

collegamento con il diritto europeo vi sarebbe anche nell’ipotesi di cittadini europei che

soggiornino nel territorio di un altro Stato membro diverso da quello di cui hanno la

cittadinanza nazionale, ancorché questi non abbiano esercitato il diritto alla libera

circolazione58.

Dello stesso tenore la sentenza Rottman, benché il ricorrente si fosse effettivamente

trasferito dall’Austria alla Germania. Per la Corte «la situazione di un cittadino dell’Unione

che – come il ricorrente nella causa principale – si trovi alle prese con una decisione di revoca

della naturalizzazione adottata dalle autorità di uno Stato membro, la quale lo ponga, dopo la

perdita della cittadinanza di un altro Stato membro da lui posseduta in origine, in una

situazione idonea a cagionare il venir meno dello status conferito dall’art. 17 CE e dei diritti ad

esso correlati, ricade, per sua natura e per le conseguenze che produce, nella sfera del diritto

dell’Unione»59. Sulla base di questo ragionamento si è ritenuto che spetti al giudice del rinvio

verificare «se la decisione di revoca in questione nella causa principale rispetti il principio di

proporzionalità per quanto riguarda le conseguenze che essa determina sulla situazione

56 È l’auspicio dell’Avvocato generale Sharpston che, proprio nella causa Zambrano, facendo riferimento nelle

proprie conclusioni ai precedenti Garcia Avello, Chen e Rottman, suggerisce il riconoscimento, ai sensi dell’art.

21 TFUE, di un autonomo diritto soggiorno indipendente dal diritto alla libera circolazione. Si vedano le

conclusioni dell’Avvocato generale Eleanor Sharpston presentate il 30 settembre 2010, parr. 100-101. 57 DINELLI, op. cit., pp. 1781 ss.; AIELLO, LAMONACA, Diritto di soggiorno dei familiari del cittadino europeo:

erosione del limite delle situazioni puramente interne e delimitazione del nucleo essenziale del diritto di

cittadinanza, in Riv. it. dir. pubbl. com., n. 2, 2012, p. 334; ARENA, I limiti della competenza pregiudiziale della

Corte di giustizia in presenza di situazioni puramente interne: la sentenza Sbarigia, in Dir. Un. Eur., n. 1, 2011,

pp. 201 ss.. 58 Garcia Avello, cit., parr. 26-27; Chen, cit., parr. 18-19. 59 Rottman, cit., par. 42. In realtà la Corte avrebbe potuto fondare il suo iter argomentativo sulla base della

circostanza che il sig. Rottman si fosse trasferito dall’Austria alla Germania, avendo esercitato il diritto di

circolazione nel territorio dell’Unione. È il rilievo di AIELLO, LAMONACA, op. cit., p. 333; MONTANARI, op. cit.,

p. 8. Cfr. anche ID., I limiti europei alla disciplina nazionale della cittadinanza, in Dir. pubbl. comp. eur., III,

2010, pp. 948 ss..

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dell’interessato in rapporto al diritto dell’Unione, in aggiunta, se del caso, all’esame della

proporzionalità di tale decisione sotto il profilo del diritto nazionale»60.

In quest’ultima decisione, nonostante gli spunti di originalità offerti, la cittadinanza

europea e i diritti ad essa correlati assumono rilievo autonomamente e non come presupposto

per l’esercizio di uno specifico diritto collegato allo status della cittadinanza europea, violato

o ostacolato dagli Stati membri61. Il caso Ruiz Zambrano, invece, individua direttamente

nell’art. 20 TFUE uno dei contenuti dello status di cittadino, cioè il diritto di non essere

allontanato dal territorio dell’Unione, ivi compreso il territorio dello Stato membro di cui si

ha la cittadinanza nazionale e da cui non ci è mai mossi62. Di conseguenza la Corte inibisce

agli Stati membri di adottare provvedimenti che abbiano come effetto quello di privare i

cittadini di uno Stato membro dell’Unione dei diritti di cittadinanza. Riconosce, pertanto, il

diritto di soggiorno e il diritto ad ottenere un permesso di lavoro al cittadino extracomunitario,

genitore di un bimbo cittadino belga che non abbia mai esercitato la libera circolazione

all’interno del territorio europeo63, sulla base della circostanza che il divieto di soggiorno per i

genitori extracomunitari di un cittadino dell’Unione inciderebbe sull’esercizio dei diritti dei

loro figli, i quali sarebbero costretti ad abbandonare il territorio dello Stato membro per

seguire i genitori64. La motivazione dei giudici impedisce, quindi, di poter affermare, in

maniera inequivocabile, che sia stato eliso il limite delle situazioni puramente interne, le quali

non potranno essere invocate ogni qualvolta un provvedimento dello Stato membro abbia

l’effetto di privare il cittadino europeo dei propri diritti65.

Le successive pronunce McCarthy e Dereci ripercorrono l’iter argomentativo del

precedente Ruiz Zambrano ma, nonostante le affinità, ne correggono il tiro. La prima, a

seguito del giudizio di proporzionalità, nega il diritto di soggiorno del coniuge

extracomunitario poiché la misura nazionale non produce l’effetto di privare la moglie

60 Rottman, cit., par. 55. 61 DINELLI, op. cit., p. 1799. 62 Zambrano, cit., par. 42. 63 Ivi, par. 43. 64 Ivi, par. 44. 65 AIELLO, LAMONACA, op. cit., p. 336.

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cittadina europea dei suoi diritti, obbligandola a lasciare il territorio dell’Unione66. La

seconda, invece, esplicita la ratio67 che aveva guidato la decisione McCarthy, specificando

che «la mera circostanza che possa apparire auspicabile al cittadino di uno Stato membro, per

ragioni economiche o per mantenere l’unità familiare nel territorio dell’Unione, che i suoi

familiari, che non possiedono la cittadinanza di uno Stato membro, possano soggiornare con

lui nel territorio dell’Unione, non basta di per sé a far ritenere che il cittadino dell’Unione sia

costretto ad abbandonare il territorio dell’Unione qualora un tale diritto non gli venga

concesso»68. Deduce, pertanto, che l’emancipazione dei diritti di cittadinanza dal requisito

della circolazione transfrontaliera possa adottarsi soltanto nei casi in cui possa essere

compromesso il godimento effettivo e reale dei diritti legati alla cittadinanza dell’Unione69.

Le ultime due sentenze ridimensionano espressamente la portata del leading case Ruiz

Zambrano, il quale, del resto, in linea con i precedenti, impone che il cittadino europeo abbia

direttamente o per il tramite dei suoi familiari risorse sufficienti per far fronte alle proprie

esigenze70. Espressamente precisano che «la posizione del cittadino dell’Unione […] che non

abbia fatto uso del diritto alla libera circolazione non può essere assimilata, per questa sola

ragione, a una situazione puramente interna»71 e che il diritto dell’Unione potrà essere

invocato soltanto nella circostanza in cui i provvedimenti nazionali «abbiano l’effetto di

privare il godimento reale ed effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status

suddetto»72.

66 McCarthy, parr. 49-50. 67 Cfr. il commento su quest’ultima decisione di CORTÉS MARTÍN, Sobre lo esencial de los derechos vinculados

a la ciudadanía y su articulación con el derecho fundamental a la vida familiar, in Rev. Der. Com. Eur., n. 40,

2011, pp. 871 ss.. 68 Dereci, par. 68. 69 Ivi, par. 74. 70 La decisione Zambrano (par. 44), infatti, impone il rilascio al genitore extracomunitario, oltre che del

permesso di soggiorno, del permesso di lavoro, condizione minima perché la famiglia possa godere di risorse

economiche sufficienti e i figli cittadini europei possano esercitare i diritti relativi al proprio status. Il passaggio

ricorre anche nel caso Chen (par. 28) in cui la Corte di giustizia effettua una verifica delle risorse sufficienti di

cui dispone la madre cinese perché queste non diventino un onere per l’assistenza sociale dello Stato membro

ospitante. Ci si chiede, pertanto, quale sarebbe stata la soluzione della Corte nel caso in cui il sig. Zambrano non

fosse stato integrato nella società belga o fosse stato disoccupato oppure non avesse versato i contributi

previdenziali. Sul punto si rinvia a GALLO, op. cit., p. 47. 71 Dereci, par. 61, McCarthy, par. 46. 72 Dereci, parr. 64, 74; McCarthy, parr. 46, 57.

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4. Il riconoscimento della potestà legislativa regionale in materia di

immigrazione

Di pari passo, a seguito delle riforme costituzionali n. 1 del 1999 e n. 3 del 2001, si

registra, a livello sub-nazionale, una nuova dinamica inclusiva in merito alla disciplina

giuridica degli stranieri73. Fino ad allora, lo status degli immigrati era stato disciplinato

esclusivamente dal testo unico in materia di immigrazione (d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286), che,

in linea con la giurisprudenza costituzionale74, riconosce allo straniero «i diritti fondamentali

della persona umana previsti dalle norme di diritto internazionale, dalle convenzioni

internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti» e

allo straniero regolarmente soggiornante nel territorio statale i diritti in materia civile attribuiti

al cittadino italiano75. Il testo unico dispone, all’art. 1, co. 4, che «nelle materie di competenza

legislativa delle Regioni le disposizioni del presente testo unico costituiscono principi

fondamentali ai sensi dell’art. 117 della Costituzione» ed, altresì, attribuisce espressamente

alle Regioni, ai sensi dell’art. 3, co. 5, l’adozione di misure di integrazione sociale nell’ambito

delle proprie competenze per rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno esercizio dei

diritti e degli interessi degli stranieri76.

In tale contesto gli Statuti regionali, approvati dopo il 2001, e alcune recenti leggi

regionali dimostrano una spiccata attenzione nei confronti degli stranieri, i quali, specie per

quanto concerne i diritti di natura sociale e politica, non sono ancora equiparati al cittadino

nazionale. È il caso delle disposizioni dettate dagli Statuti delle Regioni Piemonte, Liguria

73 VIVALDI, I diritti sociali tra Stato e Regioni: il difficile contemperamento tra principio unitario e promozione

delle autonomie, in www.gruppodipisa.it, pp. 20 ss., rileva che proprio nel campo dell’immigrazione, insieme a

quello di protezione e cura dei soggetti indigenti, vi sono i maggiori spunti di novità della normazione regionale

che, invece, in altri ambiti vede limitato il suo raggio di azione a fronte di un favor, manifestato dalla

giurisprudenza costituzionale, a senso unico per il legislatore statale in nome dell’esigenza della garanzia dei

diritti. In generale sulle politiche regionale di partecipazione degli stranieri v. FERRAIUOLO, Le nuove politiche

regionali in materia di partecipazione degli stranieri, in www.dirittifondamentali.it, n. 1, 2012, pp. 1 ss.. 74 V. supra nota 10. 75 Art. 2, co. 1 e 2, d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286. 76 Cfr. RONCHETTI, Ultimi atti del conflitto tra Stato e Regioni tra immigrazione e integrazione degli stranieri, in

www.associazionedeicostituzionalisti.it, n. 00 del 02.07.2010. Sui diritti sociali dei migranti si veda G.

BASCHERINI, CIERVO, I diritti sociali degli immigrati, in PINELLI (a cura di), Esclusione sociale. Politiche

pubbliche e garanzie dei diritti, Firenze, 2012, pp. 17 ss.; BASCHERINI, Immigrazione e diritti fondamentali.

L’esperienza italiana tra storia costituzionale e prospettive europee, Napoli, 2007, pp. 261 ss.; CIERVO, I diritti

sociali dei migranti, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, n. 00 del 02.07.2010.

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Emilia-Romagna, Toscana, Campania e Calabria (che promuovono il godimento dei diritti

sociali e politici dei migranti)77, le quali, in talune occasioni, benché non siano state dichiarate

costituzionalmente illegittime, sono state qualificate mere dichiarazioni di natura puramente

«culturale o politica» e, quindi, giuridicamente «inefficaci»78, o, per esempio, della legge

della Regione Toscana 9 giugno €2009 n. 29 recante «Norme per l’accoglienza, l’integrazione

partecipe e la tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana», della legge della Regione

Puglia 4 dicembre 2009 n. 32 recante «Norme per l'accoglienza, la convivenza civile e

l’integrazione degli immigrati in Puglia» e della legge della Regione Campania 8 febbraio

2010 n. 6 «Norme per l’inclusione sociale, economica e culturale delle persone straniere

presenti in Campania»79, tutte impugnate dallo Stato per asserita violazione delle competenze

tra Stato e Regioni in materia di immigrazione80.

77 Si vedano l’art. 11, co. 1, dello Statuto della Regione Piemonte; l’art. 2, co. 3, dello Statuto della Regione

Liguria; l’art. 2, co. 1, lett. f), dello Statuto della Regione Emilia-Romagna; l’art. 3, co. 6, dello Statuto della

Regione Toscana; l’art. 8, co. 1, lett. o), dello Statuto della Regione Campania; l’art. 2, co. 2, lett. h), dello

Statuto della Regione Calabria. Si rinvia a GENTILINI, I contenuti (eventuali?) dei nuovi Statuti delle Regioni

ordinarie: una riflessione sul caso della materia “immigrazione”, in Il regionalismo italiano, cit., pp. 281 ss.. In

realtà la previsione dei diritti dei migranti negli Statuti regionali dopo la riforma del Titolo V si inserisce

all’interno di un progetto rivolto alla promozione dell’autonomia regionale nei confronti delle fasce più deboli

delle popolazioni regionali e, quindi, alla previsione di una pluralità di disposizioni statutarie di principio. Sul

punto si rinvia a CATELANI, CHELI (a cura di), I principi negli Statuti regionali, Bologna, 2008. 78 Corte cost., sentt. 372, 378 e 379 del 2004. La cosiddetta «denormativizzazione» delle disposizioni statutarie

non esclude che le stesse possano comunque divenire auspici per futuri interventi del legislatore regionale,

ancorché la Corte costituzionale, in un’altra decisione successiva (sent. n. 365 del 2007, cons. in dir. n. 4), abbia

prefigurato l’illegittimità costituzionale delle leggi regionali che intendessero dare a queste attuazione. Sul punto

si rinvia al mio, Diritti sociali e autonomia statutaria, op. cit., pp. 493 ss.. 79 A queste si aggiungono la legge regionale della Regione Marche 26 maggio 2009 n. 13 recante «Disposizioni

a sostegno dei diritti e dell’integrazione dei cittadini stranieri immigrati»; la legge regionale della Regione

Calabria 12 giugno 2009 n. 18 recante «Accoglienza dei richiedenti asilo, dei rifugiati e sviluppo sociale,

economico e culturale delle Comunità locali»; la legge regionale della Regione Liguria 6 marzo 2009 n. 4

recante «Modifiche alla legge regionale 20 febbraio 2007 n. 7 (Norme per l’accoglienza e l’integrazione sociale

delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati)»; la legge regionale della Regione Lazio 14 luglio 2008 n. 10

recante «Disposizioni per la tutela dell’esercizio dei diritti civili e sociali e la piena eguaglianza dei cittadini

stranieri immigrati»; la legge della provincia di Bolzano 28 ottobre 2011 n. 12 recante «Integrazione delle

cittadine e dei cittadini stranieri». 80 Rispettivamente Corte cost., sentt. nn. 269 e 299 del 2010, 61 del 2011. Su tutte e tre le decisioni si rinvia a

BIONDI DAL MONTE, Regioni, immigrazioni e diritti fondamentali, in www.forumcostituzionale.it; C. CORSI,

Immigrazione e diritti sociali: il nodo irrisolto del riparto di competenze tra Stato e Regioni, in La governance

dell’immigrazione, cit., pp. 237 ss.. Sulla decisione n. 269 del 2010 cfr. SALAZAR, Leggi statali, leggi regionali e

politiche per gli immigrati: i diritti dei “clandestini” e degli “irregolari” in due recenti decisioni della Corte

costituzionale (sentt. nn. 134 e 269/2010), in AA.VV., Scritti in onore di Franco Modugno, Napoli, 2011, pp.

3237 ss.. STRAZZARI, Stranieri regolari, irregolari, “neocomunitari” o persone? Gli spazi di azione regionale in

materia di trattamento giuridico dello straniero in un’ambigua sentenza della Corte, in

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Le decisioni della Corte costituzionale, che hanno scrutinato le leggi regionali,

chiariscono i rapporti tra la legislazione statale e quella regionale in materia di immigrazione,

respingendo le eccezioni sollevate dallo Stato e riconoscendo ampia autonomia, nell’ambito

delle proprie competenze concorrenti e residuali e nei rispettivi limiti della Costituzione, alle

Regioni per la previsione di interventi socio–assistenziali a favore degli stranieri. Sono stati

precisati i contorni del riparto di competenze tra Stato e Regioni: da una parte la competenza

esclusiva statale in materia di «immigrazione» e «condizione giuridica dei cittadini non

appartenenti all’Unione europea» concernente gli aspetti relativi alle politiche di

programmazione dei flussi di ingresso e di soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale;

dall’altra la potestà legislativa regionale, nei settori di competenza concorrente e residuale,

dall’assistenza sociale all’istruzione, dalla salute all’abitazione81.

La Corte esclude, altresì, nei casi citati, che il riconoscimento della competenza

legislativa regionale, ove riferita anche agli stranieri irregolari, possa violare la potestà

esclusiva statale e, di conseguenza, legittimare il soggiorno dell’immigrato irregolare nel

territorio dello Stato in quanto la normativa è diretta esclusivamente ad assicurare la tutela dei

«diritti fondamentali»82 che la Costituzione riconosce spettanti alla persona in quanto tale a

prescindere dal suo status83.

L’autonomia regionale, tuttavia, è stata ancora ricondotta nell’alveo delle disposizioni

del testo unico sull’immigrazione che riconoscono la possibilità di interventi legislativi

regionali secondo quanto previsto dall’art. 1, co. 4, provocando esiti non univoci: il testo

unico, infatti, è considerato come un contenitore di principi fondamentali, inclusa la

www.forumcostituzionale.it. Sulle sentenze nn. 299 del 2010 e 61 del 2011 cfr. RONCHETTI, I diritti fondamentali

alla prova delle migrazioni (a proposito delle sentenze nn. 299 del 2010 e 61 del 2011), in www.rivistaaic.it, n.

3, 2011. Sulla sentenza n. 61 del 2011 cfr. RANDAZZO, La salute degli stranieri irregolari: un diritto

fondamentale “dimezzato”?, in www.giurcost.org; MABELLINI, op. cit., pp. 804 ss.. 81 Corte cost., sentt. nn. 299 del 2010 (cons. in dir. 2.2.1), 134 del 2010 (cons. in dir. 2), 61 del 2011 (cons. in

dir. 2.1). 82 La Corte cost., sent. n. 61 del 2011 (cons. in dir. 2.1), espressamente precisa che «la lettera e la portata

teleologica delle norme regionali impugnate non consentono di interpretare le stesse nel senso che gli interventi

ivi previsti, ove riferibili appunto anche agli immigrati irregolari, permettano neppure indirettamente di

legittimarne la presenza nel territorio dello Stato, interferendo sulla potestà, di esclusiva spettanza dello Stato,

relativa alla programmazione dei flussi di ingresso e di soggiorno nel territorio nazionale ovvero ai presupposti

ed alle modalità di regolarizzazione dello straniero» 83 Corte cost., sent. n. 148 del 2008 (cons. in dir. 3).

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disposizione dell’art. 41 che equipara, ai fini della fruizione delle prestazioni socio-

assistenziali, i cittadini nazionali esclusivamente agli stranieri regolarmente soggiornanti84.

Tale lettura appare anacronistica in virtù della mutata cornice costituzionale che inverte il

riparto di competenze a favore delle Regioni e, per di più, alla luce di un’altra recente

pronuncia in cui la Corte richiama il testo unico non più come principio fondamentale rispetto

alla legislazione regionale ma «come paradigma sulla cui falsariga calibrare l’odierno

scrutinio di ragionevolezza»85. Per tale ragione, nella decisione n. 61 del 2011, la Corte

costituzionale precisa che la legislazione regionale, nell’ambito materiale dell’assistenza e dei

servizi sociali, spettante alla competenza legislativa residuale, dovrebbe ritenersi pienamente

legittimata a dispiegarsi in nome dell’autonomia costituzionalmente riconosciuta86.

Ciò induce a sostenere che le Regioni possono estendere il godimento dei diritti

fondamentali o, quantomeno, il nucleo irriducibile di essi anche allo straniero irregolarmente

soggiornante nel territorio statale, in virtù della riconosciuta titolarità di tutti i diritti

fondamentali che la Costituzione riconosce alla persone. E, infatti, le decisioni, riprendendo

alcuni precedenti giurisprudenziali, attribuiscono «un nucleo irriducibile del diritto alla salute

protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, il quale impone di

impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possono appunto pregiudicare

l’attuazione di quel diritto»87 e «il diritto sociale ad una (sebbene precaria e temporanea)

sistemazione alloggiativa»88 che devono essere riconosciuti «anche agli stranieri, qualunque

sia la loro posizione rispetto alle norme che regolano l’ingresso ed il soggiorno nello Stato»89.

84 Cfr. CORSI, op. cit., pp. 249 ss., la quale sottolinea che le disposizioni del T.U. dell’immigrazione possono

costituire, tutt’al più, uno standard di riferimento di cui la legislazione debba tener conto, vale a dire debbono

ritenersi un «minus obbligatorio» rispetto a tutti gli interventi a favore degli immigrati che ciascun ente

territoriale riterrà opportuno promuovere. 85 Corte cost., sent. n. 432 del 2005. Su questa sentenza vedere i commenti di RIMOLI, Cittadinanza, eguaglianza

e diritti sociali: qui passa lo straniero, in Giur. cost., n. 6, 2005, pp. 4675 ss.; GNES, Il diritto degli stranieri

extracomunitari alla non irragionevole discriminazione in materia di agevolazioni sociali, ivi, pp. 4681 ss.;

CUNIBERTI, L’illegittimità costituzionale dell’esclusione dello straniero dalle prestazioni sociali previste dalla

legislazione regionale, in www.forumcostituzionale.it. 86 Corte cost., sent. n. 61 del 2011 (cons. in dir. 3.1). 87 Corte cost., sentt. nn. 269 del 2010 (cons. in. dir. 4.1); 299 del 2010 (cons. in. dir. 2.2.1); 61 del 2011 (cons. in

dir. 5.1), 432 del 2005 (cons. in dir. 5.1); 252 del 2001 (cons. in dir. 4). 88 Corte cost., sentt. nn. 61 del 2011 (cons. in dir. 3.1). 89 Corte cost., sentt. nn. 61 del 2011 (cons. in dir. 5.1), 252 del 2001 (cons. in dir. 4).

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Queste prestazioni fondamentali non sono suscettibili di alcuna differenziazione per cui

il trattamento dell’extracomunitario regolare o irregolare è equiparato a quello del cittadino

nazionale90. Diversamente, al di là del nucleo irriducibile di questi diritti fondamentali

«personalissimi» il legislatore regionale può dettare per le prestazioni non essenziali o per

quelle facoltative delle discipline giuridiche differenziate tra lo straniero e il cittadino

nazionale purché esse poggino sul criterio della ragionevolezza e non su criteri arbitrari.

Esclusa la possibilità di fondare tale differenziazione sul requisito della cittadinanza91, si dà

rilievo ora alla titolarità di un permesso di soggiorno valido ora alla titolarità del permesso di

soggiorno CE ora alla durata della previa residenza sul territorio nazionale92. Di conseguenza,

le prestazioni sociali sono riconosciute in maniera differente da Regione a Regione sulla base

talvolta di criteri differenti talvolta di un medesimo criterio che condiziona il relativo

beneficio a periodi di residenza pregressi diversi, producendo, da una parte, l’effetto

90 PEZZINI, Lo statuto costituzionale del non cittadino: i diritti sociali, in www.associazionedeicostituzionalisti.it,

pp. 26 ss., distingue, infatti, i diritti legati alla «catena della cittadinanza» e i diritti legati alla «catena del

personalismo». Secondo l’A. per i diritti sociali appartenenti alla catena del personalismo – che trovano il

proprio fondamento nell’art. 2 Cost. – va applicato il divieto di non discriminazione; viceversa, per i diritti legati

alla catena della cittadinanza trova applicazione il principio di ragionevole differenziazione. Cfr. anche BIONDI

DAL MONTE, Lo Stato sociale di fronte alle migrazioni, cit., p. 24. 91 Paradigmatica, al riguardo, è la citata decisione della Corte cost., sent. n. 432 del 2005 (cons. in dir. 5.2) in cui

la Corte ha ritenuto che l’adozione del requisito della cittadinanza come criterio di accesso al beneficio, previsto

dalla legge della Regione Lombardia 12 gennaio 2002 n. 1, che assicurava la circolazione gratuita sui mezzi di

trasporto a tutti gli invalidi cittadini italiani finisse «per introdurre nel tessuto normativo elementi di distinzione

del tutto arbitrari, non essendovi alcuna ragionevole correlabilità tra quella condizione positiva di ammissibilità

al beneficio (la cittadinanza italiana, appunto) e gli altri peculiari requisiti (invalidità al 100% e residenza) che ne

condizionano il riconoscimento o ne definiscono la ratio e la funzione». Cfr. anche Corte cost., sent. n. 306 del

2008 (cons. in dir. 9), in cui la Corte precisa, in relazione all’indennità di accompagnamento, che «le scelte

connesse alla individuazione delle categorie dei beneficiari – necessariamente da circoscrivere in ragione della

limitatezza delle risorse finanziarie – debbano essere operate, sempre e comunque, in ossequio al principio di

ragionevolezza, ma anche che al legislatore è consentito introdurre regimi differenziati, circa il trattamento da

riservare ai singoli consociati, soltanto in presenza di una “causa” normativa non palesemente irrazionale o,

peggio, arbitraria». Più recentemente la Corte cost., sent. n. 187 del 2010, è intervenuta, dichiarando

incostituzionale la norma che subordinava l’erogazione di un assegno di invalidità alla titolarità di un permesso

di soggiorno di lungo periodo in quanto contrario al divieto di non discriminazione di cui all’art. 14 CEDU. Sulla

prevalenza del criterio legato alla condizione soggettiva di svantaggio rispetto al possesso dello status di

cittadino in queste due decisioni v. COZZI, Un piccolo puzzle: stranieri e principio di eguaglianza nel godimento

delle prestazioni socio-assistenziali, in Quad. cost., n. 3, 2010, pp. 554 ss.; LOCCHI, Facta sunt servanda: per un

diritto di realtà in tema di uguaglianza degli stranieri, ivi, pp. 571 ss.; BIONDI DAL MONTE, I diritti

fondamentali degli stranieri tra discrezionalità del legislatore e sindacato costituzionale, in La governance

dell’immigrazione, cit., pp. 107 ss.. 92 CODINI, Immigrazione e Stato sociale, in Dir. pubbl., n. 2, 2012, pp. 629 ss.; F. BIONDI DAL MONTE, Lo Stato

sociale di fronte alle migrazioni, cit., pp. 23 ss..

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paradossale che taluni, pur essendo in possesso delle medesime condizioni personali,

potranno goderne soltanto in alcuni territori e non in altri93 e, dall’altra, che la cittadinanza

nazionale non costituisca più requisito determinante per l’accesso ai diritti sopra la soglia

minima94.

Si rileva, pertanto, in via generale, il condizionamento della maggior parte delle

prestazioni alla residenza sul territorio. Il criterio, tuttavia, è stato ulteriormente aggravato

attraverso la predisposizione di un sistema basato sulla residenza formale, la cosiddetta

«residenza anagrafica», piuttosto che su quella sostanziale di rilievo civilistico che, insieme

con l’irrigidimento delle condizioni necessarie per la relativa iscrizione, crea nuovi tipi di

esclusione sociale, anche per i migranti regolarmente soggiornanti95, ed esaspera – secondo la

Corte costituzionale –proprio la posizione dei soggetti più bisognosi e più disagiati96.

93 BIONDI DAL MONTE, I diritti sociali degli stranieri, cit., p. 565. 94 BIONDI DAL MONTE, Lo Stato sociale di fronte alle migrazioni, cit., pp. 29 ss.. 95 La legge n. 94 del 2009 (cd. “Pacchetto sicurezza”) ha, infatti, introdotto per la residenza anagrafica una

verifica da parte degli uffici comunali competenti delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile in cui il

richiedente intende fissare la propria residenza. Sull’adozione del criterio della residenza anagrafica si veda

RONCHETTI, La cittadinanza sostanziale, cit., pp. 7 ss.. 96 La Corte costituzionale, nella sentenza n. 40 del 2011 (cons. in dir. n. 4.1), sindacando la legittimità

costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 31 marzo 2006, così come modificato

dall’art. 9 commi 51, 52, 53 della legge regionale 30 dicembre 2009 n. 24, chiarisce che l’esclusione assoluta di

intere categorie di persone dalle provvidenze sociali regionali, fondata sul difetto del possesso della cittadinanza

europea ovvero su quello della mancanza di una residenza temporalmente protratta per almeno trentasei mesi,

debba ritenersi illegittima per violazione del principio di eguaglianza in quanto introduce elementi di distinzione

arbitrari, finendo per pregiudicare proprio i soggetti che sono maggiormente esposti alle condizioni di disagio.

Su questa decisione v. TALLINI, Errare humanum est, perseverare autem diabolicum: brevi considerazioni sulla

(nuova) legge del friuli-Venezia Giulia n. 16/2011 “in materia di accesso alle prestazioni sociali” da parte degli

stranieri, in www.forumcostituzionale.it; CORVAJA, Cittadinanza e residenza qualificata nell’accesso al welfare

regionale, in Le Regioni, n. 6, 2011, pp. 1257 ss.. In pendenza del giudizio definito nella sentenza n. 40 del 2011,

il legislatore friulano, con la legge regionale 30 novembre 2011 n. 16 (Disposizioni di modifica della normativa

della normativa regionale in materia di accesso alle prestazioni sociali e di personale), ha modificato la

disposizione discriminatoria, eliminando da quasi tutta la legislazione regionale il requisito decennale della

residenza sul territorio nazionale. Ha, tuttavia, sottoposto la fruizione di benefici sociali regionali alla ricorrenza

generalizzata di «un’anzianità di residenza» di ventiquattro mesi, alla quale si aggiunge per gli stranieri titolari di

carta di soggiorno o di permesso non inferiore ad un anno il requisito di essere residenti sul territorio regionale

da almeno due anni e della residenza quinquennale sul territorio nazionale. Di recente sulla legislazione friulana

si è pronunciata la Corte costituzionale che, nella decisione n. 222 del 2013 (cons. in dir. n. 6), ripercorre l’iter

argomentativo della precedente sentenza n. 40 del 2011 per invalidare la disposizione che impone un requisito di

ordine generale di cinque anni non rispettoso dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza. Definisce (cons. in

dir. n. 7), altresì, irragionevole il criterio della residenza nel territorio regionale di ventiquattro mesi: le

provvidenze si riferiscono ai soli casi di indigenza per cui non è possibile ravvisare «alcuna correlazione tra il

soddisfacimento dei bisogni primari dell’essere umano, insediatosi nel territorio regionale, e la protrazione nel

tempo di tale insediamento».

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5. Osservazioni conclusive

La perdita di centralità dello Stato centrale a favore di enti sovranazionali e sub-

nazionali ha determinato il correlativo e progressivo indebolimento della cittadinanza statale,

la cosiddetta cittadinanza–appartenenza, a favore di nuove forme di cittadinanza di

partecipazione, quella europea e quella regionale97. Il percorso compiuto, tuttavia, non è stato

ancora ultimato a fronte della preoccupazione degli Stati nazionali per la tenuta dei propri

sistemi di welfare. Da una parte, la potenziale estensione dei titolari di diritti sociali nei

confronti dei cittadini europei migranti inattivi e l’allentamento delle situazioni puramente

interne a livello europeo, dall’altra, l’innalzamento verso l’alto delle prestazioni nei confronti

degli extracomunitari a livello regionale non favorirebbero le dinamiche di controllo statale

della spesa assistenziale degli Stati membri e, alla lunga, indebolirebbero gli stessi sistemi

sociali nazionali incentivando quella tendenza, rafforzata dai nuovi vincoli fiscali provenienti

dal Fiscal Compact e dalla legge costituzionale n. 1 del 2012 introduttiva del pareggio di

bilancio98, a ridurre il livello generale delle prestazioni socio-assistenziali99.

I “presunti” passi avanti e i successivi dietrofront della Corte di giustizia sono il

sintomo della preoccupazione della tenuta dei sistemi di welfare nazionali, già

particolarmente compromessi dalle precedenti pronunce che avevano ampliato il novero dei

beneficiari di aiuti sociali nei confronti dei soggetti inattivi, escludendo, nelle decisioni

McCarthy e Dereci, persino il diritto all’unità familiare, sancito nell’art. 7 della Carta dei

diritti e nell’art. 8 della CEDU, dal nucleo essenziale dei diritti scaturenti dalla cittadinanza

europea, il quale, viceversa, acquisirebbe rilevanza solo nella circostanza in cui fosse

97 Sulla distinzione tra cittadinanza–appartenenza e cittadinanza–partecipazione v. RESCIGNO, Cittadinanza:

riflessioni sulla parola e sulla cosa, in Riv. dir. cost., 1997, pp. 37 ss.. 98 BIFULCO, Jefferson, Madison e il momento costituzionale dell’Unione. A proposito della riforma

costituzionale sull’equilibrio di bilancio, in www.rivistaaic.it, n. 2, 2012; BILANCIA, Note critiche sul c.d.

“pareggio di bilancio”, ivi, n. 2, 2012; CABRAS, Su alcuni rilievi critici al c.d. “pareggio di bilancio”, in ivi, n.

2, 2012; CIOLLI, I Paesi dell’Eurozona e i vincoli di bilancio. Quando l’emergenza economica fa saltare gli

strumenti normativi ordinari, ivi, n. 1, 2012; PIROZZOLI, Il vincolo costituzionale del pareggio di bilancio, in

ivi, n. 4, 2011; G. BOGNETTI, Il pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, ivi, n. 4, 2011; FABBRINI, Il

Fiscal Compact: un primo commento, in Quad. cost., n. 2, 2012, pp. 434-438. 99 GIUBBONI, Diritti e solidarietà in Europa, cit., pp. 24, 229 ss.; AMADEO, op. cit., p. 91; SPINACI, Divieto

comunitario di discriminazione, cit., pp. 254 ss..

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necessario assicurare il godimento dei diritti inerenti a tale status e, quindi, nell’ipotesi in cui i

cittadini extracomunitari dovessero prendersi cura dei familiari e sostenerli

economicamente100.

Il medesimo timore si avverte, peraltro, nelle decisioni della Corte costituzionale, che,

seppure riconoscano ampia autonomia al legislatore regionale nella definizione di uno spazio

di diritti a livello territoriale nell’ambito delle proprie competenze, sacrificano i diritti in

ragione delle risorse disponibili101. Specialmente le decisioni della Consulta nn. 61 del 2011,

già citata, e le successive 325 del 2011, 115 e 120 del 2012102 rivelano l’impossibilità di

riconoscere il carattere universale dei diritti fondamentali a tutti gli individui a prescindere dal

proprio status, fatta eccezione unicamente per il «nucleo duro»103. Per tale ragione l’eventuale

esercizio della discrezionalità legislativa delle Regioni per la previsione di livelli di

prestazioni superiori al contenuto minimo essenziale o di prestazioni facoltative nei confronti

sia dei cittadini nazionali sia degli stranieri appare una prospettiva alquanto teorica, dovendo

fare letteralmente i conti con la limitatezza delle risorse disponibili e con i vincoli di bilancio.

Pertanto le dinamiche inclusive, che si sono parzialmente prospettate, rischiano di

arrestarsi di fronte al contesto economico attuale. Le «spinte» appaiono – per usare le parole

di Antonio Ruggeri – «vigorose o contrastanti (o, forse meglio, non convergenti).

L’integrazione sembra, infatti, voler accorciare la distanza che ad oggi separa la condizione

100 AIELLO, LAMONACA, op. cit., p. 347. 101 Sul punto cfr. MIDIRI, Diritti sociali e vincoli di bilancio nella giurisprudenza costituzionale, in aa.vv., Scritti

in onore di Franco Modugno, Napoli, 2011, pp. 2235 ss.; CIOLLI, I diritti sociali al tempo della crisi economica,

in www.costituzionalismo.it, n. 3, 2012, pp. 1 ss.. 102 Sulla sentenza della Corte cost., sent. 325 del 2011 v. il commento di RUGGERI, Summum ius summa iniuria,

ovverosia quando l’autonomia regionale non riesce a convertirsi in servizio per i diritti fondamentali, in Quad.

reg., n. 1, 2012, pp. 15 ss. Sulla decisione della Corte cost., sent. n. 115 del 2012 cfr. i commenti di LUPO,

RIVOSECCHI, Quando l’equilibrio di bilancio prevale sulle politiche sanitarie regionali, in

www.forumcostituzionale.it, MORGANTE, Il principio di copertura finanziaria nella recente giurisprudenza

costituzionale, in www.federalismi.it, 5 settembre 2012; MARESCA, Il principio di copertura finanziaria

«prevale» sul parametro della dignità umana?, in www.dirittifondamentali.it, n. 2, 2012. 103 RUGGERI, Corti e diritti, in tempi di crisi, in www.dirittifondamentali.it, pp. 19 ss.; ID., Il futuro dei diritti

fondamentali: viaggio avventuroso nell’ignoto o ritorno al passato?, in www.federalismi.it, 15 febbraio 2013,

pp. 6 ss; RAUTI, La “giustizia sociale” presa sul serio. Prime riflessioni, in www.forumcostituzionale.it, 22

dicembre 2011, p. 4; GAMBINO, NOCITO, Crisi dello Stato, governo dell’economia e diritti fondamentali, in

www.astrid-online.it, p. 27. Su alcune notazioni critiche in ordine all’individuazione del nucleo duro dei diritti

fondamentali si rinvia a BENVENUTI, voce Diritti sociali, in Dig. disc. pubbl., Aggiornamento, Torino, 2012, pp.

270 ss.; CIOLLI, op. cit., p. 20.

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degli uni e degli altri soggetti; la crisi, di contro, ulteriormente allungarla»104. E, allora, per

ora, la cittadinanza, a qualunque livello normativo, sia sovranazionale sia sub-nazionale,

rimane «selettiva»105, accogliendo ancora, contraddittoriamente, coloro che sono forniti di

sostanze economiche piuttosto che i soggetti più deboli e bisognosi, consapevoli tutti che la

soluzione della questione sociale e dell’estensione della fruizione dei benefici sociali si

collochi sul piano dell’Unione europea106 a meno che non voglia tradursi nella realtà il

paventato rischio di una futura regressione delle prestazioni sociali anche per i cittadini

nazionali107.

104 RUGGERI, Corti e diritti, cit., p. 22. 105 DE FIORES, L’Europa al bivio. Diritti e questione democratica nell’Unione al tempo della crisi, Roma, 2012,

pp. 88 ss.. 106 GIUBBONI, Il diritto alla sicurezza nazionale fra frontiere nazionali e solidarietà europea, in

www.immigrazione.it, n. 175 del 1° settembre 2012, p. 8, il quale ravvisa la soluzione dell’annoso problema in

«una (nuova) scelta politica fondamentale sul patto di solidarietà tra i popoli europei, che non può avvenire nelle

ovattate aule d’udienza della Corte di Lussemburgo, senza che ne maturino le condizioni di contesto politico –

oggi del tutto assenti – all’interno dell’Unione» 107 Ciò si impone anche per la salvaguardia dei diritti delle generazioni future. Sul punto cfr. LUCIANI,

Generazioni future, distribuzione temporale della spesa pubblica e vincoli costituzionali, in Dir. soc., n. 1, 2008,

pp. 145 ss.; SPADARO, L’amore dei lontani: universalità e intergenerazionalità dei diritti fondamentali tra

ragionevolezza e globalizzazione, ivi, pp. 169 ss..