Plectrum 2/2010

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Notiziario della Federazione Mandolinistica Italiana Periodico Trimestrale - Anno XXI - n. 2 - Settembre 2010

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Notiziario della Federazione Mandolinistica ItalianaPeriodico Trimestrale - Anno XXI - n. 2 - Settembre 2010

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LANNO XXI - n. 2 - Settembre 2010

In copertina: composizione con strumenti a plettro - “Evaristo Baschenis simile”

Editoriale

Costruttori di armonie - Il mandolino, la storia, il mestiere della liuteria e la didattica dello strumento

Comunicato Stampa - Le edizioni Curci presentano 4 nuovi volumi della COLLEZIONE MAURRI

Rolf Lislevand e l’Ensemble KapsbergerModena - XXIII Covegno chitarristicoMandolino Bergamasco da ascoltare - Arriva il cd con autori del ‘700 e ’800

Un futuro per il mandolino in FranciaSerenate - Mandolini al chiaro di luna

I miei 60 anni con l’orchestra Gino Neri - “Vaifro” Santini

Cremona - 100 anni di mandolini

Pagine di Liuteria, a cura di Rocco Amendola - Seconda parte

Concorso Internazionale per mandolino “Raffaele Calace”Concertando - L’ultimo cd dell’orchestra Gino Neri

A Marga Wilden-Hüsgen - Il Premio “Alla Carriera 2009”

Concerto Doppio - L’orchestra giapponese “I Delfini d’Oro” e l’orchestra Gino Neri

Scuola e mandolino - Un rapporto felice

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Care lettrici e cari lettori

L'incontro avvenuto nello scorso Aprile presso la Civica scuola di liuteria di Milano sul tema “Co-struttori di armonie” è stata un'ottima occasione per conoscere lo stato dell'arte di questo mestiere dove “tradizione e cultura devono andare in coppia”, (Lorenzo Lippi). Sempre nell'ambito della tradizione è stato poi affermato che è importante trovare soluzioni nuove, idee, qualcosa che ravvivi “perchè il tempo in cui la tradizione sta ferma, finisce, non c'é niente da fare ” (Raffaele Calace).La riscoperta e la rivalutazione del patrimonio storico sia dal punto di vista costruttivo che musicale rende necessaria la riproduzione di copie di strumenti originali dove “l'interazione musicista - liutaio diventa fondamentale” (Marco Cappucci).Il M° Ugo Orlandi con la consueta chiarezza ha fatto un'analisi circostanziata dell'attuale situazione del mandolino in Italia, “uno strumento serio con liutai seri, con compositori seri ma alla fine i gradi-ni non si fanno. Continuiamo a camminare fermi nello stesso posto. Invece dovremmo riuscire anche noi come hanno fatto gli altri strumenti a crescere”...Questa contraddizione del mandolino é presente e non riusciamo a liberarcene perché alla fine se uno, anche in Lombardia vuole in qualche maniera strappare l'applauso fa la canzone napoletana...Se diciamo che la Lombardia é una capitale e che abbiamo la cultura, tiriamocela fuori senza avere paura. Come mai diciamo che da Napoli vengono i virtuosi quando gli unici tre virtuosi importanti dell'Ottocento erano lombardi?....Le ragioni per studiare il mandolino oggi? “Oggi sicuramente rispetto a quando ho cominciato io il clima culturale é diverso. Allora era chiaro quello che la gente pensava di questo strumento. Pensava che é uno strumento per serenate... è evidente che i mandolinisti possono non solo sopravvivere ma anche fare qualcosa di molto importante con la cultura e la conoscenza del repertorio se si riesce a tener attaccato questo strumento alla sua matrice e l'Italia ha sicuramente un numero impressionante di matrici...”Ed a proposito di matrici vi segnalo il doppio CD di autori bergamaschi del '700 e '800 realizzato dall'Estudiantina Bergamasca in collaborazione con l'Orchestra Mandolini e Chitarre città di Brescia, direttore il maestro Claudio Mandonico.Non meno importante è “Concertando”, l'ultimo CD dell'Orchestra a plettro “Gino Neri” di Ferrarache, come testimonia Edoardo Farina, rappresenta “un'ideale saldatura tra la tradizione storica dei complessi mandolinistici d’un tempo e la moderna ricerca di una specifica identità di linguaggio, di tecnica e di timbrica propri degli strumenti “a plettro”, ormai emancipatisi da una considerazione meramente popolare e folkloristica, sempre più protesi a consolidare risultati di autonomia artistica e di originalità musicale”. Il mandolinista ischitano Fabio Gallucci che ha trovato in Francia un ambiente alquanto eccitante per il mandolino si domanda, in un'intervista rilasciata su MandolinMoments, se l'Italia sia ancora la patria del mandolino. Afferma inoltre che il vantaggio della Francia è dato dall'opportunità di incontrare molti musicisti mentre l'Italia rimane chiusa in se stessa.Sarebbe importante, a questo punto, che Gallucci, in un'altra email, ci descrivesse nei dettagli in che modo è organizzata la musica a plettro in Francia ed in che maniera è stato possibile creare un ambiente stimolante e proiettato verso il futuro.Nel congedarmi da Voi, vi prego vivamente di scusarmi per il ritardo con cui ci presentiamo con questo numero di Plectrum.Speriamo non si ripeta.

Cordiali salutiArtemisio Gavioli

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Riportiamo, qui di seguito, una sintesi de-gli interventi.

Lorenzo Lippi: la liuteria é certamente un mestiere di tradizione. Lo é stato anche di più in passato quando le conoscenze si tra-mandavano da padre in figlio in bottega.La riscoperta di questo antico mestiere attraverso l’uso delle nuove tecnologie e un lavoro di gruppo da parte dei docenti con la collaborazione di istituzioni cultu-rali, associazioni di categoria e operatori del settore costituiscono gli elementi prin-cipali del progetto della Civica Scuola di Liuteria.Abbiamo sempre creduto che tradizione e cultura debbano andare in coppia.Esistono ambiti in cui l’aspetto della cul-tura é fondamentale, per es. nel recupero della liuteria storica e della musica antica. La costruzione dei liuti si è interrotta, qua-si in modo traumatico. Ad un certo punto i liuti non si sono più costruiti. Quindi non esisteva più la tradizione viva. Da questo punto di vista la cultura ha avuto un ruolo fondamentale, essenziale, senza la quale non si sarebbe potuto recuperare questo tipo di tradizioni. Quindi il livello di ricer-

ca storica, il continuo confronto con am-biti contigui ha permesso questo. Anche nell’ambito del mandolino questo tipo di cultura ha un suo peso. Esiste l’ambito del restauro che é tutt’altro che trascurabile dove l’aspetto culturale é fondamentale. Un’ultima nota. In ambito mandolinistico hanno avuto importanza quelle che una volta si chiamavano senza nessuna paura fabbriche, fabbriche di mandolino. Fab-brica non significava catena di montaggio, ma luogo dove parecchi artigiani insieme lavoravano per produrre strumenti. Embergher ha avuto fino a quindici ope-rai. Maldura era ingegnere e musicista. Ha diretto una delle fabbriche che ha prodotto strumenti importanti a livello internazio-nale.Oggi si sta affermando l’immagine del liu-taio come di un artista. In realtà il liutaio è e rimane un artigiano che si sporca le mani col suo lavoro. Ovviamente si tratta di un artigianato creativo.

N.B.: la relazione del M° Tiziano Rizzi caratterizzata da un’ampia ed interessan-te documentazione iconografica, verrà riportata, per motivi tecnici e grafici nel prossimo numero del Notiziario.

Raffaele Calace: io appartengo alla quin-

ta generazione di questa famiglia di liutai che cominciò a Pignola, un piccolo centro vicino a Potenza. All’epoca Pignola era un paese molto importante perché vi andava a svernare la regina Giovanna D’Angiò. Potenza non c’era ancora. Adesso questa collina di fronte a Potenza é un po’ dimen-ticata.Il mio trisavolo, il fondatore della liuteria che si chiamava Nicola Calace, era un far-macista. Abbiamo trovato storicamente la farma-cia, al centro del palazzo Calace. Solo che era costituzionalista, un carbonaro, era un rivoluzionario e quando nel 1821 venne-ro i Borboni a far piazza pulita di tutti i rivoluzionari, anche Nicola Calace venne imprigionato. In questo caso i Borboni fortunatamente non uccidevano tutti, uc-cidevano solo quelli che non contavano. I notabili li portavano come trofei di guer-ra e quindi Nicola Calace fu internato nel carcere di Procida. Dopo quattro anni per fortuna nostra, Fer-dinando di Borbone morì e venne al trono Francesco I di Borbone. Come era abitu-dine di tutti i regnanti di Borbone, il pri-mo atto era un atto di grazia, così anche Nicola Calace fu libero e non tornò più a Pignola anche perchè i possedimenti Cala-

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Il mandolino:la storia, il mestiere della liuteria e la didattica dello strumento.

“Costruttori di armonie”

Martedì 27 aprile 2010, presso la sede della Civica Scuola di Liuteria di Mi-lano si è svolto l’incontro “Costruttori di armonie”, organizzato dalla stessa Scuola di Liuteria e dalla Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte – Milano

Sono intervenuti:Tiziano Rizzi e Lorenzo Lippi, docenti di laboratorio della Civica Scuola di Liuteria di Milano, Raffaele Calace, liuteria Calace di Napoli, Ugo Orlan-di, Conservatorio di Musica G. Verdi di Milano, Marco Cappucci, Accademia Internazionale della Musica, Fonda-zione Scuole Civiche di Milano.

Per la parte musicaleEnsemble “Amici del Mandolino diretto da Vittorio Naldi.Raffaele La Ragione: mandolino.

Lorenzo Lippi (a sin.) e Raffaele Calace

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ce erano stati tutti confiscati.Rimase a Procida e cominciò la liuteria Calace prima con la chitarra di quell’epo-ca poi coi mandolini. Questa tradizione andò avanti con Anto-nio, il secondo Calace che fu quello che dette grande impulso all’ attività al punto tale che Procida gli stava ormai stretta per la difficoltà di reperimento dei materiali e così via. Andò quindi a Napoli alla pic-cola università. Pensate che oggi questa sede non esiste più! Costruì una grande quantità di mandolini, bellissimi mando-lini non moderni, rinascimentali ancora di quell’epoca. Ne ho anch’io alcuni nella mia collezione privata. Antonio Calace fu il primo ad aver fatto molte innovazioni. Fra le tante cose introdusse la meccanica. Nella mia collezione c’é un mandolino che ha la meccanica tutta fatta a mano, é la prima meccanica che ho visto su un mandolino di quell’epoca. Antonio Calace ebbe due figli: Nicola Ca-lace il primogenito ed il secondo Raffaele Calace che poi é stato il più grande, mio nonno. Perchè é stato il più grande Raffaele Cala-ce? Perché oltre ad esserer stato un grande liutaio è stato anche un grande esecutore musicale. Suonava in maniera perfetta il mandolino ma il suo strumento preferito era il liuto cantabile. Cos’era questo liuto cantabile? Era una variazione del mandoloncello con l’ap-plicazione di una quinta coppia di corde. In questo modo diventa uno strumento solista e a detta di chi lo suona é l’unico strumento a plettro che sembra avere una voce umana. Non solo, oltre ad essere un grandissimo esecutore, é stato uno dei più grandi compositori italiani, sconosciuto perché ha scritto per un mandolino che era sconosciuto al pubblico comune. Gli addetti al settore lo conoscevano tutti. C’é una bellissima frase del compianto Giuseppe Anedda: “ Calace é stato per il mandolino quello che Paganini é stato per il violino”. Oltre tremila pagine di musica,

circa duecento composizioni tutte molto belle e molto romantiche. Alcune di que-ste composizioni sono abbastanza famose, tipo la Tarantella che sta su qualunque sito. Voi aprite un sito di mandolino, al 90% trovate la Tarantella di Raffaele Calace. Nei siti americani é in prima pagina. Poi tante pagine importantissime, tante mu-siche che hanno rappresentato veramente l’Italia nel mondo. Mio nonno Raffaele oltre ad essere sta-to una figura così poliedrica, ha un altro grandissimo merito. Ha fatto un viaggio in Giappone di oltre due anni durante il quale ha diffuso il mandolino in quella nazione. Oltre ai tanti mandolini, inviati laggiù che oggi non riusciamo a sapere quanti siano, abbiamo trovato tracce di dischi dell’Otto-cento, tutti incisi in Giappone.Oltre a questo é uno dei pochi europei se non l’unico ad avere avuto la Sacra Commenda del Tesoro giapponese cioé il riconoscimento per un concerto che emo-zionò il capo dello Stato (che allora per i Giapponesi non era soltanto il capo dello Stato).Fino a poco tempo fa i Giapponesi di una certa età, in visita al mio laboratorio, da-vanti a questo diploma s’inchinavano. Mio nonno fu una mente feconda: tanti sono i suoi brevetti. Brevettò anche la ta-

stiera classica a 29 tasti e, di fatto, il man-dolino modello classico A è di quell’epoca. E’ il mandolino fatto per poter competere con l’ensemble per poter suonare col pia-noforte, quindi con un forte volume sono-ro, dalle prestazioni particolari. Mio nonno ha avuto tantissimi riconosci-menti. In un primo momento lavorò col fratello Nicola: infatti la liuteria era dei fratelli Calace (dal 1898 al 1916). Poi per rivalità fra di loro Nicola Calace abbando-nò Napoli ed emigrò in America.Successivamente Raffaele Calace lasciò la tradizione a mio padre, Giuseppe Cala-ce. Forse é quello che ha sofferto di più. E’ stato un ragazzo del ‘99. Fu costretto ad andare due volte in guerra e due vol-te a cominciare da capo. Mi ricordo che a quei tempi era molto difficile trovare il legname. Venivano impiegate anche tavo-le di castagno o di abete che d’abitudine si mettevano nei letti sotto il materasso.Comunque anche di lui abbiamo varie col-lezioni private con strumenti bellissimi. Ha lasciato a me questa tradizione. Io ho cominciato a lavorare nel ‘68. Anch’io sono un appassionato di acustica e di cose varie e sono soprattutto convinto di una cosa che poco fa ha detto il maestro Lip-pi: “La tradizione é importante” però non deve stare ferma.Il tempo in cui la tradizione sta ferma, fi-nisce, non c’é niente da fare. La tradizione si evolve. I tempi cambiano. Sempre nel-l’ambito della tradizione bisogna trovare soluzioni nuove, idee, qualcosa che ravvi-vi e questo penso di averlo fatto.

Ugo Orlandi: se c’é una ditta di liuteria che opera da quasi duecento anni raggiun-gendo diecimila mandolini, se ci sono al-tre ditte a Napoli che funzionano e fanno degli ottimi strumenti non ci dovrebbero essere problemi col mandolino, dovrebbe

Tiziano Rizzi

Marco Cappucci e Ugo Orlandi

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essere lo strumento che tutti conoscono e che tutti suonano. In realtà non é così.Stiamo parlando di uno strumento serio con liutai seri, con compositori seri ma alla fine i gradini non si fanno. Continuia-mo a camminare fermi nello stesso posto. Invece dovremmo riuscire anche noi come hanno fatto gli altri strumenti a crescere. La contraddizione é anche storica. Possia-mo anche analizzare le ragioni politiche che non sono dipese da noi ma da quel-lo che la Spagna ha fatto nella parte me-ridionale della nostra Italia, però ci sono sempre state due velocità. Sotto Roma non ci sono mai state orchestre di mandolini e l’unica realtà che é riuscita a tenere in piedi un gruppo più o meno numeroso, è stata la famiglia Calace. Quello che é successo possiamo veramen-te vederlo in parallelo con le bande. E’ la stessa identica storia. Ma cosa é succes-so? E’ che le orchestre a plettro e le bande non hanno seguìto, diciamo, le mode o i cambiamenti della società. Quando non c’era la radio, la televisione, non c’era il CD o l’LP, non c’era niente e solamente quelli che avevano un certa possibilità economica potevano vedere l’opera in teatro, io orchestra a plettro e banda che facevo le trascrizioni d’arie d’opere avevo il mio seguito. E’ ovvio poi che quando arriva il CD o l’LP che costa un euro e che lo trovo ovunque, io non sono più esportabile come paragone di qualità....E’ anche chiaro che l’appiattimento di que-sta tradizione su Napoli e sul meridione, a noi non ha fatto sicuramente bene, ma a loro ha fatto peggio perché oggi a Napoli l’Arbore di turno che vuole propagandare il disco, di che cosa parla? Di pizza e di mandolini. Non parla mica delle sonate di Scarlatti...Questa contraddizione del mandolino é presente e non riusciamo a liberarcene perché alla fine se uno, anche in Lombar-

dia vuole in qualche maniera strappare l’applauso fa la canzone napoletana come l’orchestra giapponese di Nagoia che é in Italia questa settimana a Torino e che ha fatto come bis “Funiculì Funiculà” e “O Sole Mio”. Ma sapete quante canzoni ci sono della tradizione piemontese, veneta e lombarda scritte per mandolino? Vi dico un nome: Angelo Alfieri. E’ il pri-mo mandolinista che ha inciso dischi in Italia. Voi andate a prendere il libro che parla di queste incisioni e vedrete scritto il mandolinista napoletano Angelo Alfieri che invece é nato a Gallarate. Perché? Per-ché tutto ciò che é mandolino deve essere forzatamente Napoli. Ma la colpa non é dei Napoletani, la colpa non é della fami-glia Calace che ha fatto i mandolini bene e spero che continui a farli ancora meglio come tutti gli altri. Il problema é vostro, scusate. E’ la vostra cultura, é la vostra maniera di fare cultura che non funziona. Se noi diciamo che la Lombardia é una capitale e che abbiamo la cultura, tiriamo-cela fuori senza avere paura. Come mai diciamo che da Napoli vengono i virtuo-si quando gli unici tre virtuosi importan-ti dell’Ottocento erano lombardi? Anche questa é una contraddizione. Bartolomeo Bortolazzi da Tuscolano sul Garda, il vir-tuoso più importante dell’Ottocento, Pie-

tro Vimercati da Milano, figlio fra l’altro di liutai, Gaspare Vimercati, ha suonato in tutta Europa, in Finlandia, in Russia, una quantità di concerti incredibile. Giovanni Vailati da Crema, il cieco del mandolino, il Paganini del mandolino. Allora anche questa é una contraddizione. Come mai con questi “pezzi da 90” ci tro-viamo poi a non avere più i liutai milanesi, liutai che hanno lo stesso blasone della fa-miglia Calace? Passando, poi, brevemente a parlare di cosa oggi può fare un mandolinista e quali sono le ragioni per studiare il mandolino, dopo tutto quello che ho detto la situazione è quella che è ma è chiaro che i mandolini-sti possono, come dire, sopravvivere e an-che poi fare qualcosa di molto importante dove c’é la cultura e la conoscenza del re-pertorio e dove c’é una proposta culturale che effettivamente riesca a tenere attacca-to questo strumento alla sua matrice.E l’Italia ha sicuramente un numero im-pressionante di matrici perché noi abbia-mo parlato oggi di Napoli e di Milano, ma se parliamo di Genova o di Torino o di Firenze, non possiamo dimenticare che queste altre tre realtà hanno una storia, un’importanza altrettanto grande e quindi é chiaro che c’é la possibilità di interveni-re e di lavorare professionalmente. Oggi sicuramente rispetto a quando ho cominciato io il clima culturale é diverso. Allora era chiaro quello che la gente pen-sava di questo strumento. Pensava che é uno strumento per serenate, una definizio-ne, questa, che è anche antica perché Fou-chetti nel suo trattato del 1770 dice che “il mandolino supporta la mediocrità” inteso che puoi suonare il mandolino anche non benissimo che comunque qualcuno che ti applaude lo trovi perché il suo suono é talmente accattivante e poco diffuso che comunque ha la sua importanza. Ovviamente quello che noi vogliamo fare non é accontentarci della mediocrità e cercare sempre di più di mostrare l’impor-tanza del repertorio di questo strumento e

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Mostra didattica con strumenti originali e copie realizzate dalla Civica Scuola di Liuteria

Ensemble “Amici del mandolino”

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La Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte è un’istituzione privata non profit nata a Milano nel 1995 per volontà di Franco Cologni, che ne è il Presidente.Le iniziative della Fondazione, finalizzate a un “nuovo Rinascimento” dei mestieri d’arte, si rivolgono soprattutto ai giova-ni: formare nuove generazioni di Maestri d’Arte, salvando le attività artigianali d’eccellenza dal rischio di scomparsa che le minaccia, è infatti uno degli scopi che la Fondazione da sempre persegue. La Fondazione Cologni si propone anche di individuare i nuovi mestieri d’arte del nostro tempo, tracciandone una prima mappa e sottolineando caratteristiche pe-culiari e nuove specificità.A questo scopo promuove, sostiene e fi-nanzia una serie di iniziative culturali, scientifiche e divulgative: l’attività edi-toriale, l’organizzazione di convegni e di mostre, il finanziamento della ricerca scientifica attraverso il Centro di ricerca “Arti e mestieri” istituito presso l’Uni-versità Cattolica di Milano, per creare una consapevolezza scientifica verso tutto quanto c’è di eccellente, appassionante e stimolante nell’intraprendere un mestiere

d’arte e cercare di aprire strade nuove al connubio creativo tra la mente e la pas-sione.

LA CIVICA SCUOLA DI LIUTERIAdi Milano

La riscoperta di un antico mestiere attra-verso l’uso delle nuove tecnologie e un lavoro di gruppo da parte dei docenti con la collaborazione di istituzioni culturali, associazioni di categoria e operatori del settore costituiscono gli elementi princi-pali del progetto della Scuola.

La nascita del primo Corso di Liuteria del Comune di Milano risale al 1978 quando la Civica Scuola di Musica istituì, con il supporto di una struttura privata, un Cor-so libero per la ricostruzione e il restauro degli strumenti musicali antichi. La scuola è oggi suddivisa in corsi di formazione professionale, corsi e semi-nari di aggiornamento e corsi liberi per principianti ed amatori. La Civica Scuola di Liuteria di Milano è frequentata ogni anno da circa 70 studenti sia italiani sia stranieri.

se é possibile la maniera migliore per ese-guirlo. Marco Cappucci: sono Marco Capucci e da alcuni anni sono docente di mandolino classico e antico presso l’Accademia In-ternazionale della Musica di Milano. Un piccolo cenno alla mia esperienza mu-sicale legata al mandolino e poi mi rial-laccerò a quello che ha detto in maniera abbastanza “dura” il maestro Orlandi, ma che é decisamente corrispondente a quella che é stata ed è tuttora la realtà. Ho iniziato ad avvicinarmi al mandolino perché lo suonava mio nonno. All’epoca molti suonavano il mandolino perché era

uno strumento economico, molto diffuso e c’erano le orchestre a plettro che suo-navano musica da ballo nei paesini della bassa padana. Successivamente mio padre decise di mandarmi a lezione da qualcu-no che potesse insegnarmi il mandolino e non fu facile. Alla fine trovò un amico, un conoscente, che era un professionista, un violoncellista ma era anche un chitarrista e un trombettista. Una figura che ricordo con molto affetto: alle 14.30 entravo in questa casa, coi pa-vimenti in marmo ed il profumo del caffè appena fatto. Mi riceveva questo signore di vecchi tempi, provvisto di una cultura veramente vasta, sempre in giacca e cra-vatta. Una bellissima giacca da camera. Iniziò ad insegnarmi il mandolino propo-nendomi non solo i metodi per mando-lino ma anche i metodi per violino e al-tri strumenti. Dopo un anno secondo lui ero diventato decisamente bravo e, ad un certo punto, fece un discorso prima a me e poi a mio padre: “sì, il mandolino puoi sempre suonarlo. Puoi sempre entrare in orchestra. Se però vuoi viverci é il caso di studiare uno strumento più serio” e così mi indirizzò al violino. Qualche anno più tardi ad un incontro a Brescia, vidi passare delle persone con in mano custodie per mandolino. “Stu-diano il mandolino”, mi dissero. ”Sì, qui c’é un’orchestra a plettro, sono veramente

molto bravi. Chi la dirige é la Dorina Fra-ti”. Così iniziai ad andare a Brescia a le-zione dalla Dorina Frati e con lei mi diplo-mai. Tutto questo per dire che cosa? Per dire che effettivamente imparare a suonare il mandolino poneva delle difficoltà e, no-nostante avessi preso lezioni da professio-nisti, non c’era conoscenza di corsi seri. Chiaramente oggi la situazione é un po’ cambiata per quanto riguarda l’approccio. Gli sbocchi professionali sono difficili, però sono difficili per tutti gli strumenti non solo per il mandolino. Certo il mando-lino paga lo scotto di essere stato relegato a strumento per canzonette e serenate...Oggi in un panorama non solo italiano, ma internazionale, sempre più spesso vie-ne riproposta la musica con gli strumenti originali ed anche il mandolino in questo senso si sta adeguando. Questo consente la riscoperta e rivalutazione del patrimo-nio storico, sia dal punto di vista costrutti-vo, che musicale vero e proprio. Trovare degli strumenti originali funzio-nanti è chiaramente molto raro, di conse-guenza la strada più percorribile é quella di trovare delle copie, quindi preziosissimi sono i liutai, di strumenti storici. A volte il rischio di andare a copiare qual-cosa é quello di non poter valutare in anti-cipo qual é il risultato finale. Ecco quindi che l’interazione musicista - liutaio di-venta fondamentale.

Dott.ssa Virgilia Villa coordinatrice della Civica Scuola di Liuteria

Vittorio Naldi ed alcuni componenti dell’Ensamble

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Come tesi del dottorato di ricerca in “Sto-ria dell’arte comparata, civiltà e culture dei paesi mediterranei” presso l’Univer-sità di Bari, nasce questo interessante la-voro di Fedele Depalma. Con competenza ed attento spirito critico l’autore dimostra che il colascione fu tra gli strumenti più diffusi nel Regno di Na-poli tra la fine del “500 e la seconda metà

del “700 per l’accompagnamento di vil-lanelle , danze, sfessanie ed, in generale, di canti della tradizione improvvisativa di tipo orale. “In particolare il colascio-ne sembra frequentemente associato ai cantastorie popolari ed alle mascherate carnascialesche, elementi che (implicita-mente) sembrano confermare la deriva-zione turca dello strumento...”. In quanto strumento popolare il colascione divenne presto autentico emblema di una vasta area letteraria in polemica con la cultura accademica.Nel suo non facile compito Fedele De-palma riesce a delineare le vicende del colascione nella trattatistica e nella lette-ratura, ricreando gli ambienti vivi in cui il colascione era più utilizzato.Il M° Giuseppe A. Pastore nell’introdu-zione al volume, così si esprime:“L’acume e la professionalità dell’edito-re Del Grifo che lo ha dato alle stampe, hanno così reso possibile a tutti noi di respirare nuovamente questa atmosfera musicale del passato, in un volume che ci riporta ad una Napoli che ha dato vita, nei secoli, ad un’arte musicale ma non solo, un’arte che ha fatto dire a J. J. Rousseau

che “solo a Napoli si trovano i geni”.Il volume è poi impreziosito dall’allegato CD musicale che riporta registrazioni di brani, di grande impatto emotivo. Racco-mandiamo infine agli appassinati il capi-tolo di Mauro Squillante: “un contributo alla ricostruzione della prassi esecutiva del colascione attraverso una riflessione sulle parafrasi e trascrizioni per altri stru-menti”.

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Una ricerca di Fedele Depalma

“ ‘O RE DE LI STROMIENTE”

Tav. XXI - J. Callot “I balli di Sfessania”, incisione 1622Tav. XXX - Filippo Falciatore “Tarantella a Mergellina” 1750Detroit Institute of Art

Il colascione nelle fonti musicali,letterarie ed iconografiche

Tav. II - da Filippo Bonanni, “Gainetto Armonico” LV, Roma 1722 p.100

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Buone notizie per i mandolinisti. La Collezione Maurri si arricchisce di quattro volumi che raccolgono una serie di titoli scelti tra i più importanti per valore storico e artistico. Pubblicato dalle Edizioni Curci, il celebre catalogo fiorentino, da sempre un punto di riferimento nel settore, ritorna alla ribalta con due volumi firmati da Carlo Munier: Bluette op. 232 per mandolino e pianoforte e 10 Terzetti caratteristici per mandolino. A questi si affiancano le prime edizioni di due brani inediti, scritti da compositori del nostro tempo: Preludio per ensemble a plettro di Luca Mereu e Serenata per orchestra a plettro di Andrea Marena. Un’ampia selezione di musiche, dunque, che risponde alla richiesta crescente di repertorio per questi affascinanti strumenti che oggi, anche in Italia, conoscono un felice momento di reinassance.

L’origine della collana si deve all’intraprendenza di Raffaello Maurri (1863-1935): un editore, mandolinista e chitarrista che insieme al fratello Pilade, liutaio, alla fine dell’Ottocento aprì un negozio specializzato a Firenze e iniziò a stampare un vasto catalogo di musiche soprattutto per strumenti a plettro. Oggi la collezione Maurri è pubblicata dalle Edizioni Curci ed è curata da Maria Cleofe Miotti e Vittorio Naldi. Ogni volume presenta un’edizione critica dei brani selezionati, arricchita di brevi note biografiche sul compositore e da un’introduzione storica e analitica. Testi in italiano, inglese, tedesco e giapponese.

BLUETTE OP. 232 per mandolino e pianoforte di CARLO MUNIER – EDIZIONI CURCI 2010 – PREZZO: € 11 (partitura e parti staccate)

10 TERZETTI OP. 230 per tre mandolini – 10 pezzi caratteristici composti da autori celebri e trascritti da CARLO MU-NIEREDIZIONI CURCI 2010 – PREZZO: € 14

PRELUDIO per ensemble a plettro di LUCA MEREU – EDIZIONI CURCI 2010 – PREZZO: € 14 (partitura e parti stac-cate)

SERENATA per orchestra a plettro di ANDREA MARENA – EDIZIONI CURCI 2010 – PREZZO: € 17 (partitura e parti staccate)

INFORMAZIONI PER IL PUBBLICO:[email protected] www.edizionicurci.it

Ufficio stampa: Alice Bertolini - tel. 335 615 8183 - [email protected]

(Nella pagina seguente le schede di presentazione dei singoli volumi)

Comunicato StampaLe Edizioni Curci presentano quattro nuovi volumidella COLLEZIONE MAURRI

a cura di Maria Cleofe Miotti e Vittorio Naldi

Il celebre catalogo fiorentino, punto di riferimento per i mandolinisti di tutto il mondo, torna con una serie di titoli tra i più importanti per valore storico e artistico. Due i brani inediti, per ensemble e orchestra a plettro. Testi in italiano, inglese, tedesco e giapponese.

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BLUETTE

Bluette op. 232, per mandolino e piano-forte, fu originariamente pubblicata dalle Edizioni Bratti di Firenze con il numero di catalogo 2500; poi, a seguito dell’acquisto dell’intero catalogo da parte delle Edizio-ni Maurri, avvenuto nel giugno del 1937, è stata ricatalogata con il n. 6179. Il brano è costituito da una danza principale in la maggiore a cui seguono due trii, in re mag-giore e in la minore, e una cadenza, affidata al mandolino, che riconduce alla prima dan-za. Al mandolino spetta il ruolo del solista accompagnato dal pianoforte. La melodia, interpretata dallo strumento a plettro, non presenta particolari difficoltà tecniche e si caratterizza per la grazia e la leggerezza che infondono al pezzo un carattere salot-tiero, leggero, tipico della musica eseguita in ambito domestico. La seconda parte è più espressiva e cantabile, caratterizzata da legature di fraseggio che prevedono l’uso del tremolo. Nell’Andantino cantabile in la minore cambia il metro di base, che passa da 2/4 a 6/8, e la parte del mandolino pre-senta note doppie, le seste; il carattere più popolaresco viene sottolineato dall’accom-pagnamento del pianoforte in cui si posso-no cogliere reminescenze verdiane.

TERZETTI

Il volume dei Terzetti Op.230 presenta 10 pezzi caratteristici composti da autori ce-lebri e trascritti per tre mandolini da Carlo Munier, in un’antologia da egli stesso de-finita di media difficoltà. Anche in questo caso, come già per la raccolta Utili dulci*, l’autore persegue finalità didattiche non solo di tipo tecnico strumentale ma anche di educazione musicale e culturale dell’al-lievo che, proprio grazie a queste trascri-zioni, può avvicinarsi a pagine immortali della musica operistica, pianistica, sinfoni-ca, cameristica. Se, infatti, in questo perio-do si trovano frequentemente trascrizioni per orchestra a plettro di pagine celebri, come testimoniano i frequenti concorsi a premi per trascrizioni banditi all’inizio del Novecento, non è invece così consueto trovare adattamenti per 3 mandolini. Con la sua raccolta Munier copre questa lacu-na. Un ulteriore arricchimento per l’allie-vo deriva dalla varietà di generi musicali contemplati: dalla composizione di caratte-re sacro alla danza di impronta popolare, vengono poste la basi per l’assimilazione di stili diversi. Dal punto di vista tecnico la parte del primo mandolino si distingue per l’impiego più frequente di posizioni acu-

te, anche con note raddoppiate all’ottava; il secondo mandolino interpreta spesso il ruolo di controcanto arrivando ad utilizzare la quarta posizione; mentre il terzo mando-lino ha un ruolo più di accompagnamento ed è caratterizzato da note doppie o arpeg-giate con funzione di sostegno armonico e ritmico, e dai timbri più scuri. Grande at-tenzione viene poi riservata all’espressivi-tà: Munier riempie le pagine di indicazioni dinamiche, segni di espressione, legature, note staccate, abbellimenti che permettono agli allievi di scegliere in modo consape-vole se utilizzare la tecnica del tremolo o le note pizzicate. Nelle tre voci, che in questa edizione vengono presentate in partitura, non compaiono indicazioni delle pennate e sono state conservate in massima parte le diteggiature originali dell’edizione Maurri. Le poche aggiunte o variazioni sono state apportate per una migliore articolazio-ne delle dita, o per rendere con maggiore espressività sonora il carattere della frase.

PRELUDIO

In questo brano le caratteristiche timbriche degli strumenti a plettro vengono ampliate, grazie all’uso del tremolo al posto del più comune pizzicato, per ottenere quella so-norità lieve tipica degli strumenti ad arco e creare così un’atmosfera soffusa e poe-tica, quasi romantica. Il brano apre con un tema che viene ripreso da ogni strumento e che è costruito su quattro note che si svi-luppano in nove battute. Si conclude, poi, con una brevissima coda. Accompagnata dalle chitarre e dal contrabbasso, la man-dola per prima espone il tema. Lo ripete poi una seconda volta, mentre il mandolino espone dapprima una nuova idea melodica per poi ripetere a sua volta il primo tema. Il secondo mandolino esordisce con una nuo-va melodia, mentre la mandola riprende il tema proposto dal primo. Tocca poi al se-condo mandolino riprendere il tema origi-nale, mentre gli altri strumenti recuperano le idee melodiche precedenti arricchite da una nuova. L’ultima esposizione spetta al mandoloncello, contrappuntato dagli altri strumenti così come già in precedenza per le altre voci. Luca Mereu è nato a Roma nel 1963. Si è diplomato in chitarra al Con-servatorio di Santa Cecilia e in mandolino presso il Conservatorio di L’Aquila. Ha studiato composizione con Mauro Borto-lotti e musica elettronica con Michelangelo Lupone. Attivo come esecutore in diverse formazioni da camera, è impegnato nella composizione per strumenti a plettro, per arricchirne il repertorio e diffonderne la letteratura originale. Il suo intenso e ap-passionato lavoro di ricerca ha portato alla

pubblicazione di alcuni CD monografici, tra cui “Racconti sulle otto corde”, una monografia dedicata alle sue composizioni proprio per strumenti a plettro. Nel 1994 ha vinto il terzo premio della terza edizione del Concorso Internazionale di Composi-zione per orchestre a plettro indetto dalla Federazione Mandolinistica Italiana.

SERENATA

Composta nel 2008 da Andrea Marena è di-visa in 5 movimenti. Ha un carattere essen-zialmente lirico e mediterraneo e rievoca, in un susseguirsi di canti e danze, i colori e i profumi dei paesi che si affacciano sul mare nostrum. Questa composizione con-serva alcuni elementi della Serenata clas-sica, come ad esempio la piccola marcia In punta di piedi che apre la Serenata. Dopo l’Entrata segue la Canzone, caratterizzata da un ritmo ostinato che serve da base per un tema di carattere orientale e nostalgico. Nel Notturno invece l’allusione è alle at-mosfere moresche dell’Alhambra di Gra-nada. In questo brano è prevista anche la presenza lirica ad libitum del violoncello che può sostituire il mandoloncello. L’In-termezzo è una danza dalle movenze ora malinconiche ora scherzose, ad esso segue il Finale, dall’andamento deciso e marca-to e dalle ascendenze spagnolesche. Nella partitura sono state inserite alcune diteg-giature e l’indicazione del tremolo ove previsto; nel caso in cui la parte del man-doloncello sia eseguita dal violoncello, la scelta delle arcate o dell’effetto pizzicato viene lasciata al gusto dell’esecutore. L’organico originale e completo di questa composizione include mandolino primo e secondo, mandola, chitarra, mandolon-cello (o violoncello) e percussioni. Però tuttavia può essere eseguita anche per soli mandolini primo e secondo, mandola e chitarra. Andrea Marena nasce a Geno-va nel 1960 e compie gli studi musicali a Torino, diplomandosi in pianoforte, musi-ca corale, direzione di coro e, con Felice Quaranta, in composizione. Si è perfezio-nato in direzione d’orchestra con Franco Ferrara e ha seguito corsi di composizione con Franco Donatoni e Gyorgy Ligeti. È autore di musiche pianistiche, cameristiche e sinfoniche tra cui sette sinfonie, tre quar-tetti per archi, due opere liriche e la cantata per coro e orchestra Il libro dei morti su testo egizio. Si è dedicato anche alla com-posizione per strumenti a plettro per i quali ha scritto, oltre alla presente Serenata, tre Acquarelli, una Ninna nanna e numerosa musica per mandolino e chitarra e mando-lino e pianoforte. Insegna composizione al Conservatorio di musica di Bari.

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Nato nel 1961 a Oslo, Rolf Lislevand studia la chitarra classica in Accademia di Musica dello Stato Norvegese. Duran-te gli studi, si esibisce regolarmente in numerosi clubs e gruppi con la chitarra elettrica; ciò li apporterà un’esperienza preziosa dell’improvvisazione che se-gnerà profondamente il suo tocco nel lin-guaggio musicale e nell’avvicinamento alla musica antica. Dopodichè entra nella Scuola Cantorum Basiliensis dove prose-gue i suoi studi con i maestri Hopkinson Smith e Eugène Dombois prima di es-sere invitato dal maestro Jordi Savall ad accompagnarlo in diverse formazioni e opere: Hespèrion XX, La Capella Real de Catalunya e Le Concert des Nations. Con Savall acquista una perfetta conoscenza della musica francese per viola da gamba del XVII secolo; Monserrat Figueras a sua volta gli farà scoprire la musica voca-le spagnola del XVI e XVII secolo.Nel 1987 si stabilisce a Verona, dove cer-ca di ricostruire l’autentica prassi ese-cutiva della musica italiana della prima

metà del seicento. Forma così l’Ensemble Kapsberger e dal 1993 registra sia con il gruppo che come solista sotto l’etichetta AUVIDIS/NAIVE. Lo stesso anno di-venta professore della Staatliche Hoch-scule fur Musik a Trossingen (Germania) e quindi lascia il posto al CNR di Tolosa (Francia).Al suo primo disco, tratto dalla musica di Hieronymus Kapsberger, si vede attri-buito non solo critiche calorose ma anche il “Diapason d’Or dell’ anno 1994” e, lo stesso anno, il MIDEM a Cannes, con la qualifica di “Miglior Disco di musica strumentale anteriore al 1650”. Nel 1995 Gramophone lo elegge “Critic’s choice”. Con gli album che seguono, “Encuentro”, “Codex” e “Alfabeto”, Rolf Lislevand porta avanti l’idea di un’interpretazione basata su un equilibrio sottile tra la ricerca musicologica, la più attuale, l’ispirazione e la creatività di un musicista con la cultu-ra musicale europea del XXI secolo, sfor-zandosi di restare fedele il più possibile allo stile supposto autentico dell’epoca.

Con l’Ensemble Kapsberger, propone delle nuove conce-zioni artistiche delle musica strumentale del XVII secolo, quasi una revisione della tra-dizione attuale della musica antica. La sua interpretazione di opere di autori quali Kapsberger, Santiago de Murcia, Gaspar Sanz e di compositori meno noti hanno dato una nuova spinta a tutta una generazione di musicisti.Lislevand reintroduce degli elemen-ti ritmici d’improvvisazione reale, una maestria meravigliosa dei timbri e dello spazio sonoro e restituisce il valore della tradizione della musica di un tempo per un pubblico di oggi.Contemporaneamente al suo lavoro con il gruppo, registra il repertorio solistico di liuto e chitarra con dei dischi consacrati alla musica di J.S. Bach, Gaspar Sanz e alla scuola francese di liutisti del XVII secolo e s’impone come uno dei liutisti di riferimento della nostra epoca, rico-nosciuto da numerose critiche e premi discografici: Diapason d’Or dell’anno, 10 de répertoire, Choc du Monde de la Musi-que, Grammophone’s critic’s choice, Spe-lemannsprisen etc.Spinto dall’ispirazione e dalla curiosità, collabora con importanti esponenti nei più diversi campi musicali: orchestre baroc-che (come direttore d’orchestra), musica jazz, flamenco e musica popolare di varia provenienza, inclusa la musica araba ed orientale, musica contemporanea.Dal 2006 Lislevand incide per la presti-giosa casa editrice ECM in Germania. Col progetto CD Nuove Musiche viene impressa una importante nuova direzio-ne all’interpretazione della musica anti-ca, con l’introduzione di elementi quali l’improvvisazione e la componente rit-mica – sempre nel rispetto di una lettu-ra autentica della partitura. Attualmente, si esibisce in diversi festival in Europa, negli Stati Uniti e in Oriente, in qualità di solista o direttore del suo gruppo. Nel contempo, si occupa attivamente della sua classe di musica antica a Trossingen, dove sviluppa una metodo d’insegnamento che muove da un concetto del tempo diverso dal nostro, in accordo con una visione umanistica dell’uomo e della sua espres-sione artistica.

ROLF LISLEVANDe l’Ensemble Kapsberger

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Il prossimo 30 ottobre 2010 si terrà a Modena il XXIII Convegno Chitarristico. L’evento, organizzato sotto gli auspici dell’Accademia

Nazionale di Scienze, Lettere e Arti a cura del Comitato Scientifico costituito da Giuliano Balestra, Simona Boni, Giovanni Indulti, Enrico Tagliavini, Vincenzo Pocci, sarà ospitato come lo scorso anno nelle eleganti sale dell’antico Palazzo Coccapani-D’Aragona, nel suggestivo cuore storico della città emiliana. Proprio questo Palazzo aveva accolto nel 1933 il primo Convegno Chitarristico ideato da Romolo Ferrari, fautore della rinascita chitarristica italiana, i cui importanti meriti a favore dello strumento sono stati riconosciuti nella recente pubblicazione del volume Romolo Ferrari e la chitarra in Italia nella prima metà del Novecento (Modena, Mucchi, 2009). In linea con la tradizione instaurata da Romolo Ferrari si sta attualmente lavorando a questo nuovo Convegno, nel segno di uno sforzo condiviso di ricerca e di valorizzazione della chitarra nella dimensione dell’indagine documentata, sostenuta da un approccio musicologico ed esecutivo.Il programma della giornata prevede come di consueto interventi musicali affiancati a relazioni su temi di ricerca (arricchite dalla proiezione di immagini e documenti inediti), nell’obiettivo sempre

di approfondire e diffondere la conoscenza della storia chitarristica italiana, nel suo svolgimento storico dalle origini a oggi. Il convegno si aprirà alle ore 10.00 con l’intervento del M° Giuliano Balestra sul tema Emilio Pujol e la vihuela all’Accademia Chigiana che metterà in luce inediti aspetti legati al profilo artistico dell’illustre maestro spagnolo in relazione al suo apporto musicologico sul repertorio antico. In ordine all’evoluzione storica dello strumento, il compositore e ricercatore Giovanni Indulti, referente didattico scientifico del biennio di secondo livello dell’Istituto Superiore di Studi Musicali di Modena, interverrà sulla chitarra nel Seicento, con particolare riferimento all’opera di Francesco Asioli, musicista attivo nell’ambito del mecenatismo estense. Di questo autore

saranno proposte alcune interessanti pagine, unitamente alle celebri variazioni sulla Follia di Spagna di François Le Cocq, nell’esecuzione filologica su chitarra a cinque cori a cura del M° Rosario Cicero. L’Ottocento sarà affrontato dal M° Mario Dell’Ara con un approfondimento sulla querelle tra ‘Carullisti’ e ‘Molinisti’ negli anni della Guitaromanie. In linea con la poetica ottocentesca della chitarra, a conclusione della mattinata interverrà la nota concertista M° Filomena Moretti con l’esecuzione di pagine di Regondi e Paganini. I lavori del convegno riprenderanno nel pomeriggio con un intervento iconografico sulla chitarra nella pittura italiana dell’Ottocento, a cura dell’architetto Carla Costa che al tema ha dedicato un recente contributo di ricerca, suscitando

MODENA - XXIII CONVEGNO CHITARRISTICO

XXII Convegno Chitarristico - foto dell’insieme dei partecipanti

XXII Convegno Chitarristico tenutosi nel 2009 - Apertura dei lavori

Sotto gli auspici dell’Accademia Nazionaledi Scienze, Lettere ed Arti.

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l’interesse dei cultori dello strumento. L’apertura al Novecento avverrà sulle note del Memento per chitarra e quartetto d’archi del compositore tedesco Herbert Baumann. L’opera, dedicata alla memoria di Romolo Ferrari ed eseguita per la prima volta in occasione XXI Convegno Chitarristico (Tokio, 5-14 marzo 1962), sarà interpretata dal M° Massimo Nalbandian e dal Quartetto di Modena. A seguire un approfondimento sui rapporti chitarristici tra Italia e Russia nella prima metà del Novecento a cura del M° Alexander Mironov che proporrà l’ascolto di rare e suggestive composizioni per chitarra eptacorde. La riflessione sugli attuali sviluppi compositivi sarà oggetto della relazione ed esecuzione del M°

Piero Bonaguri, dal titolo Una proposta di nuova musica: una risorsa per la chitarra? Ancora su aspetti compositivi contemporanei interverrà il M° Cristiano Porqueddu, in un’analisi monografica sul tema Melancholia: solitudine e materia nella musica di Angelo Gilardino. A conclusione del convegno il M° Enrico Tagliavini eseguirà opere di chitarristi-compositori della prima metà del Novecento quali Di Ponio, Mozzani, Murtula, Terzi.In occasione del Convegno sarà possibile visitare presso le sale dell’Accademia due esposizioni, una dedicata alla liuteria contemporanea e una sulla discografia storica italiana per chitarra (1900-1960: dischi e cataloghi d’epoca).

Il Comitato Scientifico, anche in riferimento al progetto denominato Chitarra in Italia illustrato nel sito

www.chitarrainitalia.it,invita alla partecipazione e alla collaborazione tutti i chitarristi

nell’intento di condividere esecuzioni musicali, ricerche, documenti e

naturalmente la passione per la chitarra.

Sede del convegno:

Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti, Corso Vittorio Emanuele II n. 59,

Modena. Ingresso libero.Per informazioni:

[email protected]

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Un tempo i mandolini risuonavano non solo nei teatri, piccoli e grandi, ma anche nelle osterie e nelle case. Lo stesso

teatro di Bergamo bassa venne inaugurato nel 1791 al suono del mandolino (naturalmente ancora non si chiamava Donizzetti). Le trincee italiane della prima guerra mondiale ospitarono migliaia di mandolini. Davano voce ad un’anima che stava lì a ripararsi dalle raffiche della mitraglia e sognava la casa, l’amore, gli amici del quartiere. Bergamo ebbe una grande tradizione anche per quanto riguarda la musica per mandolino, addirittura i suoi comici della commedia dell’arte portarono ancora prima del Rinascimento mandole e mandolini in giro per l’Europa, anche a Napoli, dove questo strumento trovò particolare successo fino a divenirne la patria. D’adozione. L’arte del mandolino viene riproposta nella nostra città dall’orchestra per strumenti a plettro “Estudiantina”. Nelle scorse settimane l’impegno dell’Estudiantina ha prodotto anche un disco doppio che offre brani di compositori bergamaschi e che viene presentato oggi alle 18.30 nella biblioteca Tiraboschi. E’ stato realizzato dall’Estudiantina in collaborazione con l’Orchestra Mandolini

e Chitarre città di Brescia, direttore il maestro Claudio Mandonico. L’incontro alla Tiraboschi prevede una relazione del maestro Ugo Orlandi – bresciano, uno dei massimi esecutori ed esperti di musica per mandolino al mondo – e l’esecuzione dal vivo di alcuni brani di autori che spaziano dal Settecento fino al secolo scorso: Giacomo Veginy, Luigi Cornago,

Eugenio Giudici, Angelo Bettinelli, Amedeo Amadei. Verrà allestita anche una “natura morta” con strumenti ed oggetti, una composizione simile a quelle famose dei Baschenis. L’iniziativa rientra nelle attività del Circolo Mandolinistico Italiano al quale l’orchestra bergamasca Estudiantina aderisce. Si tratta del primo atto di una ricerca più ampia sui compositori bergamaschi per mandolino. Ma potrebbe rappresentare il capitolo primo su una ricerca sistematica con incisione di musiche di compositori bergamaschi di tutti i tempi. Un’opera del genere non esiste. L’importanza della cultura musicale del mandolino nella nostra città é sottolineata non solo dalla lunga lista di compositori, ma anche dagli episodi: per esempio l’inaugurazione del Donizetti, alla quale diede il suo contributo il mandolinista Giulio Gaudenzi. Un fatto fondamentale per la cultura musicale della città: quel giorno si ascoltò una delle voci più apprezzate del tempo, quella di Luigia Todi, che propose un’aria della “Didone abbandonata” di J. G. Naumann, trascritta dal Gaudenzi, che annotò: “Aria cantata dalla celebre virtuosa Luigia Todi in occasione della inaugurazione del teatro, da me tradotta per mandolino”.La rinascita dell’Estudiantina é dovuta in

MANDOLINO BERGAMASCODA ASCOLTARE

di Paolo Aresi

ARRIVA IL CD CON AUTORI DEL ‘700 E ‘800

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particolare all’impegno di tre persone: i musicisti Pietro Ragni, Giacomo Parimbelli e Michele Guadalupi. L’orchestra aveva avuto anni di fulgore nella prima parte del Novecento, aveva organizzato concorsi e

concerti di livello internazionale ma poi aveva conosciuto un periodo di decadenza e aveva chiuso i battenti. Sotto il nome di Estudiantina, un prestito letterario iberico (da estudiantes, ossia

studenti), troviamo numerosi gruppi musicali formati da strumenti a corde pizzicate, inizialmente come ensemble spontanei o estemporanei, e poi ben presto trasformati in vere e proprie associazioni, quasi sempre mantenendo la tradizione amatoriale, diffusi in tutta l’Europa fra ‘800 e ‘900. Scrive Ugo Orlandi: “La ragione di questa denominazione é costituita dalla volontà di sottolineare una delle matrici storiche e, probabilmente dal punto di vista socio-culturale, la più significativa: quella costituita dal movimento studentesco universitario iberico della Tuna o delle serenate notturne itineranti (come la “rondalla” in Spagna e “capa negra” in Portogallo, tuttora esistenti), spontanee o commissionate. Tale pratica non é certo databile nella sua origine, ben precedente alla seconda metà del XIX secolo ma rappresenta la continuità delle famose serenate “pizzicate” fissate nella memoria collettiva da Mozart nel Don Giovanni, o da Paisiello e Rossini ne “Il Barbiere di Siviglia”. Alla base della vera e propria esplosione della moda delle Estudiantine, dalla penisola Iberica a Francia, Inghilterra, Italia, Germania, Nord e Sud America, sta l’enorme successo ottenuto da un gruppo di studenti madrileni che, a partire dal 1879, decisero di intraprendere una tourneé nelle Americhe sotto il semplice nome di Spanish students, Estudiantina española, per l’appunto”.

Da L’Eco di Bergamo 10.06.2010

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Fabio Gallucci è arrivato come stagista al Festival Mandolinistico di Lunel. Era il 2004. “Lunel è una piccola cittadina nel Sud della Francia e quando sono arrivato per la prima volta alla stazione ferroviaria che era molto piccola un po’ sperduta, mi sono chiesto se ero arrivato nel posto giusto” Fabio ricorda. “Poi ho scoperto un mondo nuovo legato al mandolino con musica meravigliosa e veramente grandi artisti come Hamilton de Holanda, Ricardo Sandoval, Mike Marshall e così via”, dice.Fabio ora ha trent’anni. E’ nato ad Ischia, un’isola vicino a Napoli. Qui ha imparato a suonare il mandolino all’età di sei anni. “Ho incontrato tanti insegnanti, ma non tutti meritano questo titolo. Prima di tutto ho studiato dall’età di quindici anni a Napoli con Mauro Squillante prima di entrare in conservatorio, dove ho finito i miei studi nel 2002. Fortunatamente ho presto capito che questo era solo un punto di partenza. Dovresti sapere che non

abbiamo una buona Scuola di mandolino in Italia”, Fabio dice. Continua: “la mia curiosità e ricerca personale mi hanno indotto a studiare con Florentino Calvo al conservatorio di Argenteuil in Francia. Più tardi ho studiato con Juan Carlos Muñoz a Lussemburgo”. Il chitarrista Antonio Pilato é un amico di Fabio, anche lui è di Ischia. Nel 1998 hanno formato il duo Gallucci – Pilato. Hanno passato i primi anni ad esplorare il repertorio classico originale per mandolino e chitarra ed a suonare in jam sessions. “Poi abbiamo deciso di studiare e lavorare seriamente. Abbiamo scoperto la musica brasiliana che ci piace ancora molto. Abbiamo esplorato la musica tradizionale napoletana ed abbiamo incontrato molti grandi compositori contemporanei come Antonello Paliotti, Luca Iacono, Dimitri Nicolau, e tanti altri”, Fabio dice e continua, con il nostro duo abbiamo suonato in diversi stati europei.Il Nov’ Mandolin Ensemble è nato sei anni fa. Tutti i componenti sono allievi di Florentino Calvo. “Il nostro scopo rimane sempre quello di fare conoscere il repertorio classico originale e di stimolare nuovi compositori. Abbiamo lavorato molto in Francia facendo concerti e seminari. Durante questi anni abbiamo incontrato e collaborato con molti grandi musicisti e solisti come Mike Marshall, Ricardo Sandoval, Cristobal Soto, Florentino Calvo, e Patrick Vaillant, “ dice Fabio. “Quando ero studente al Conservatorio di Napoli, il mio insegnante mi ha proposto di suonare un pezzo per mandolino solo di un compositore contemporaneo che era sconosciuto in Italia. Il mio insegnante non conosceva i simboli usati dal compositore e così mi misi in contatto con lui, Dimitri Nicolau, che abitava a Roma, per chiedergli le informazioni di cui avevo bisogno per suonare il suo brano” ricorda ed afferma. “Da qui un grande interesse per la sua musica che era totalmente sconosciuta”. In Italia, sino ad allora nessun altro musicista aveva suonato o registrato brani di Dimitri Nicolau. Col suo amico chitarrista Antonio Pilato intraprese una vera missione per rendere conosciuto questo compositore e la sua musica. Dimitri Nicolau è morto nel 2008. Fabio

dice: Dimitri aveva una grande personalità ed un grande carisma, idee e principi che ha mantenuto per tutta la vita. Aveva un “quiet power”. Era un amico ed una pietra miliare.Due anni dopo il primo incontro di Fabio col Festival di Lunel, il Nov’ Mandolin Ensemble è stato invitato al Festival per una fantastica avventura musicale. Olivier Chabrol, l’organizzatore del festival, ha dato al Nov’Mandolin Ensemble l’opportunità di suonare con Mike Marshall in un concerto. “Durante lo stesso festival ho anche insegnato in una master class la classica tecnica del mandolino e questo é stato un punto d’inizio per la mia nuova vita in Francia. Il vantaggio della Francia è dato dall’opportunità di incontrare molti musicisti mentre l’Italia rimane chiusa in se stessa” afferma Fabio.Nel 2007 Oliver e Fabio hanno fondato una scuola di mandolino a Lunel in collaborazione col festival. E’ aperta a tutti gli stili musicali. Ora, tre anni dopo, essi hanno 25 studenti provenienti dalla regione, dai 7 agli 80 anni a tutti i livelli. Fabio dice: “Gli studenti hanno il vantaggio di poter partecipare agli worshops ed ai concerti del festival. In realtà il vero grande vantaggio è quello di poter incontrare tanti artisti provenienti da tutto il mondo”.Fabio non ama parlare di progetti futuri ma menziona “un nuovo CD di Gallucci e Pilato con opere in prima mondiale dedicate al duo. In effetti stiamo attendendo molte nuove composizioni dagli Stati Uniti, dall’Italia e dalla Francia. E’ anche programmato un CD con opere per Trio”. “Nov Mandolin collabora con Patrick Vaillant che é il musicista più interessante della Francia. E ci sono sempre studi, arrangiamenti, concerti, seminari, ed alcuni progetti segreti. Parlerò di questo più avanti” Fabio conclude.

UN FUTURO PER IL MANDOLINOIN FRANCIA

da: MandolinMoments 28 Luglio 2010

Fabio Gallucci è italiano ed ha tro-vato un ambiente sempre più ecci-tante per il mandolino in Francia. Pensa che sia un’illusione ritenere che l’Italia sia ancora la patria del mandolino.

Fabio ha collaborato alla realizzazione di tre album:

Duo Gallucci-Pilato:Dal Vesuvio All’ America Latina

Nov’ Mandolin Ensemble: Mosaïque

Serenata Mediterranea

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I CompositoriA cura di Emanuele Cappellotto

e Maura Mazzonetto

UMBERTO DE MARTINODalle sue musiche pubblicate sulla rivista musicale “Il Plettro”, edita da Alessandro Vizzari a Milano, ci é dato sapere che il compositore è stato attivo sicuramente dal 1908 al 1926 e che la sua ispirata e leggiadra serenata C’ERA LA LUNA é stata premiata nel 1908 con medaglia di bronzo al Concorso Internazionale indetto dalla rivista stessa.

CARLO GRAZIANI-WALTERPianista, compositore e direttore d’orchestra, nacque a Bruxelles nel 1851 dalla baronessa J. Walter de Rotenstein e dal conte Massimiliano Graziani. Visse in Italia dove ottenne la nazionalità. Si dedicò alla musica sia come interprete che come compositore, didatta, direttore d’orchestra ed editore. Scrisse alcune opere liriche. Si dedicò anche all’arte nascente del Cinema componendo la colonna sonora per il film muto “Gli ultimi giorni di Pompei” (1913) di Eleuterio Ridolfi. Come didatta compose raccolte di brani per la scuola, pezzi facili per pianoforte, un metodo per il canto corale. Diresse il Regio Circolo Mandolinistico Regina Margherita nato nel 1881 a Firenze. Animatore della vita musicale toscana dell’epoca, fu

promotore di diverse imprese editoriali. Morì a Firenze nel 1927, SERENATA IDILLIACA fa parte delle sue numerose composizioni dedicate agli strumenti a corde pizzicate ed é un suggestivo e romantico brano che testimonia la grande sensibilità del compositore.

RICCARDO DRIGONacque a Padova nel 1846. Compositore, direttore d’orchestra e pianista, nel 1878 fu invitato a dirigere gli spettacoli all’Opera Italiana di San Pietroburgo, incarico che mantenne per sette anni. Nel 1886 l’Opera Italiana venne chiusa

SERENATEmandolini al chiaro di luna

Il termine Serenata viene usato in ambiente colto alla fine del ‘500 come titolo di musiche vocali e, nel ‘600, in composizioni celebratice con voci e trumenti, come omaggio a una o più persone di riguardo. Nella seconda metà del ‘600, il termine viene anche applicato a brani puramente strumentali. Nei secoli successivi, la serenata nelle sue varie accezioni, fu molto in auge e ben presente anche nella produzione di celebri compositori. Nella tradizione popolare essa veniva cantata sotto la finestra dell’amata come segno di corteggiamento ed espressione d’affetto. La voce spesso si accompagnava con uno o più strumenti;

quelli a pizzico, con il loro suono garbato e gentile, si rivelano particolarmente idonei a creare un’atmosfera poetica e delicata. La magia della sera si fondeva con la musica e aiutava a rendere palesi i sentimenti più intimi. Questo cd rievoca il fascino e l’incanto che questa forma musicale e gli strumenti a pizzico hanno elargito nei secoli. Da qui la scelta della nostra orchestra di interpretare brani di autori che hanno dato, in modo sapiente e appassionato, vitalità e prestigio ad una antica tradizione. Nel nostro programma, oltre al grande e inimitabile Mozart, sono presenti compositori di fine ‘800 quali De Martino, musicista ispirato e dalle

origini pressoché sconosciute; Graziani Walter, dalla profonda sensibilità musicale e umana, Calace, figura fondamentale nel mondo mandolinistico; Drigo celebre in Russia per i balletti e nel mondo per la ‘sua’ serenata; il contemporaneo e amante della cultura italiana Baumann; infine La Rocca, giovane e originale compositore veneto. La collaborazione generosa dell’orchestra e di solisti eccellenti e ben affermati per le loro qualità artistiche hanno assicurato una interpretazione sempre viva, sensibile e partecipata.

Maura Mazzonetto

10 Serenate dirette daMaura Mazzonetto

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e gli affidarono la direzione dei Balli Imperiali, carica prestigiosa che terrà fino allo scoppio della Rivoluzione di Ottobre. Fu molto apprezzato in Russia come direttore d’orchestra e compositore di balletti di successo che gli diedero l’opportunità di collaborare con i più famosi coreografi dell’epoca. Tornato in Italia, morì a Padova nel 1930. La SERENATA, tratta dal balletto “Les Millions d’Arlequin” accompagnata dai mandolini, divenne una popolare melodia, resa famosa in tutto il mondo grazie anche all’interpretazione di Enrico Caruso.

MAX BAUMANNNacque a Kronach in Baviera nel 1917 da un insegnante di musica. Dopo i primi studi “domestici” continuò gli studi prima ad Halle, poi Passau, ed infine alla Musikhochschule di Berlino dove studiò pianoforte, trombone e direzione d’orchestra. Tra i suoi insegnanti Paul Hindemith, Konrad Friedrich Noetel e Boris Blacher. Insegnò nella Musikhochschule di Berlino. E’ stato direttore d’orchestra e di coro. Morì a Berlino nel 1999. L’opera compositiva di Baumann é ampia e variegata: dai brani per pianoforte alla musica da camera, dalla musica per organo agli oratori, cantante, opere teatrali, composizioni per piccoli ensemble, grandi orchestre o cori. SERENATA DANZANTE ITALIANA comprende tre brani. Il primo prende l’ispirazione dal famoso Capriccio n. 24 per violino solo di Niccolò Paganini.

E’ un omaggio al compositore e violinista genovese con l’elaborazione di 8 variazioni, originali e molto caratterizzate: alcune virtuosistiche, altro melodiche, alcune ritmiche, altre molto espressive. La numero 7 presenta inoltre una parte solistica della chitarra elettrica accompagnata dai plettri. “Barcarola” e “Tamburello” completano l’opera, confermando l’interesse del compositore per la cultura musicale italiana.

ALBERTO LA ROCCANasce a Thiene (Vicenza) nel 1967. Intraprende giovanissimo lo studio

della chitarra diplomandosi nel 1987 al Conservatorio di Verona sotto la guida di Giancarlo Rado. Contemporaneamente si laurea in Discipline dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo presso l’Universeità di Bologna. Ha frequentato corsi di perfezionamento tenuto da chitarristi di fama internazionale quali Angelo Gilardino, Stefano Grondona, Ruggero Chiesa, e Leo Brouwer. Scrive prevalentemente per strumenti a pizzico. Insegna chitarra presso il Conservatorio di Musica Statale di Adria (Rovigo). SERENATA PER SALOME’, composta nel 2009, é una “fantasia” su temi tratti dalla musica di scena per l’opera teatrale “Salomé” di Oscar Wilde (scritta in francese nel 1891 per Sarah Bernhardt). Il dramma e la musica di La Rocca giocano sulla perenne ambivalenza tra amore e morte, lussuria e ripugnanza. Tutto il brano è pervaso da un senso di presagio funesto che sfocerà inevitabilmente nella tragedia finale. LE GOLOSE, serenata madrigale, ci riporta ad un’atmosfera “Belle Epoque” dove, al tavolino del Caffé Baratti & Milano di piazza Castello a Torino, Guido Gozzano osserva e svela, con simpatica ironia, i falsi perbenismi delle dame di inizio “900 che tentano maldestramente di nascondere al mondo i loro peccati di gola. Grazie alla scrittura di Gozzano ed alla musica di La Rocca, scrutiamo i vizi, i gesti nascosti, le paure, i desideri di una media borghesia contesa tra buone maniere e vizi irresistibili.

Il CD: Mandolini al Chiaro di Luna - “Serenate”

Umberto De Martino (fine “800 – inizi “900) C’era la luna – Serenata per orchestra a plettro“All’amico carissimo Cav. Carlo Ferraro”

Carlo Graziani – Walter (1851-1927) Serenata idilliaca op.260 per orchestra a pletto

Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791) “Deh vieni alla finestra” - serenata (canzonetta) dal dramma giocoso“Don Giovanni” trascrizione per ensemble a plettro baritono: Vincenzo Di Donato / mandolino solista: Andrea Bazzoni

Raffaele Calace (1863 – 1934)Serenata malinconica op. 120 “Alla gentile Signorina Lydia Strigari” elab. per orchestra a plettro di Claudio Mandonico

Serenata gaia op.75 per orchestra a plettro “ A Oreste Cangiano” Serenata romantica op.94 per orchestra a plettro (elab. Di Claudio Mandonico)

“Alla gentile Signorina Natalia Natale” mandolino: Emanuele Cappellotto

Riccardo Drigo (1846 – 1930) Serenata dal balletto “Les Million d’Arlequin” per soprano e orchestra a plettro(trascr. Di Ugo Orlandi) testo poetico di Mario Lago (Guglielmo Zanibon) soprano: Annunziata Lia Lantieri

Max Baumann (1917 – 1999) Serenata danzante italiana per orchestra a pletro e chitarra elettrica 1. Tema e otto variazioni (VII var.: cadenza di Patrizio Baù) “Omaggio a Niccolò Paganini”

2. Barcarola 3. Tamburello, chitarra elettrica: Patrizio Baù

Alberto La Rocca (1967)Serenata per Salomè sulla musiche di scena del dramma di Oscar Wilde per violoncello, chitarra a 10 corde

ed orchestra a plettro violoncello: Enrica Frasca / chitarra a 10 corde: Alberto La RoccaLe golose - Serenata madrigale per soprano ed ensemble a plettro “Al soprano Annunziata Lia Lantieri”

soprano: Annunziata Lia Lantieri / testo poetico di Guido Gozzano

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Giuseppe Santini soprannominato Vaifro nato a Vigarano Mainarda (Fe) il 22 giugno 1927 è stato per sessant’anni musicista nell’Orchestra a plettro “Gino Neri” di Ferrara ove ha rivestito l’incarico soprattutto di primo mandoloncello. Si è congedato dal sodalizio due anni fa all’età di 80 ove in occasione del tradizionale concerto di Capodanno al Teatro Comunale della sua città, al termine ha preso la parola con un pizzico di commozione e con il suo impeccabile stile da autentico gentleman ha ringraziato il pubblico ferrarese e quanti hanno contribuito a dargli le soddisfazioni dovute nell’ambito della prestigiosa orchestra. Impiegato per 40 anni presso l’Ufficio ragioneria dell’Amministrazione Provinciale, racconta attraverso questo breve incontro come nacquero l’amore e la passione per la musica.

G. Santini “Eravamo negli anni ‘30 quand’ero bambino e abitavo in un borgo nei pressi del mio paese natale. Di sera e soprattutto tra la primavera e l’estate si usava organizzare nei cortili degli intrattenimenti ove erano quasi sempre protagonisti il violinista Alfredo Mazzoni e il fisarmonicista Sante Giovannini. Benché avessi solamente 9 anni in quelle occasioni stavo immobile a osservare gli interpreti e ad ascoltare, letteralmente affascinato e rapito dai suoni emessi dai loro strumenti. Fu Mazzoni ad intuire quel mio straordinario interesse per la musica, cosicché propose a mia madre la sua intenzione a darmi delle lezioni.Il mio primo strumento fu un violino, dimensioni un tre/quarti di seconda mano con il quale mi affiancai al compaesano violinista Antonio Testoni per passare qui a Ferrara un anno più tardi sotto la guida del professor Packner Pareschi, dove nel frattempo la mia famiglia si era trasferita”.In seguito, si aggregò ad un gruppo di ragazzi che come lui suonavano quasi per hobby in un’improvvisata orchestrina in grado di esibirsi nelle sale da ballo di città e provincia. Il grande salto si verificò però

nel 1948 con l’ingresso nella “Gino Neri” - che allora aveva sede nel malandato palazzo di Via Renata di Francia, divenuto più tardi sede universitaria - ove in quel Circolo di cultura musicale, noto anche come Circolo Mandolinistico, Santini conobbe Corrado Celada e Italo Pazzi, insegnanti che si sarebbero rivelati determinanti per la sua successiva formazione musicale.

E. Farina Maestro Santini sessant’anni in Orchestra non sono pochi! Come è iniziata la passione per Circolo Mandolinistico? Allora probabilmente non ne avrebbe immaginato una così lunga permanenza… G. Santini L’esperienza con la “Gino Neri” ebbe inizio un anno dopo la ripresa dell’attività dovuta alla forzata sospensione a causa degli eventi bellici. Il debutto in concerto avvenne sempre al Teatro Comunale di Ferrara in occasione della celebrazione del 50° anniversario della fondazione dell’Orchestra sorta nel 1898, concedendomi immediatamente una grande soddisfazione, quindi lo stimolo a continuare. Prima mandolinista di fila poi mandoloncellista, ho vissuto un’avventura ricca di momenti

emozionanti con numerose tournée all’estero e gli intensi programmi concertistici svolti in Italia.

E. Farina In passato l’Orchestra ha eseguito in massima parte musiche tratte da eccellenti trascrizioni, non disponendo di parti originali per questa formazione. Quali pagine ha preferito rispetto ad altre nell’ambito dell’enorme archivio presente? G. Santini Tra i miei cavalli di battaglia attinenti il repertorio classico ricordo con piacere l’esecuzione de “Il Cigno” tratto dall’opera “Il carnevale degli animali” di Camille Saint-Saëns, versione originale per violoncello e pianoforte, qui interpretato nell’arrangiamento mandoloncello e arpa, un tema assai toccante e dall’espressività unica… Poi sicuramente ho sempre preferito i brani tradizionali rispetto al moderno-contemporaneo di cui oggi l’Orchestra dispone, innovazione dovuta ai nuovi compositori che recentemente hanno iniziato a scrivere giustamente forme destinate unicamente ai “plettri”. E. Farina Lei è stato anche un instancabile insegnante di uno strumento abbastanza insolito quale il mandoloncello fatto di

“I MIEI 60 ANNI CON L’ORCHESTRA A PLETTROGINO NERI”

Intervista di Edoardo Farina

Ferrara: INCONTRO CON GIUSEPPE “VAIFRO” SANTINI

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compromessi tecnici-musicali e raramente dotato di letteratura propria…G. Santini Per 46 anni ho insegnato presso la Scuola Provinciale a plettro e a pizzico, sempre in seno all’Orchestra, ove ho contribuito alla formazione di una quindicina di elementi entrati tutti nella formazione estense.Il mandoloncello mi ha sempre affascinato per la sua unicità rappresentante l’analogo violoncello ad arco, non facile tecnicamente ma di grande passione, anche se purtroppo recentemente soggetto alla crisi della vocazione non essendoci in modo particolare ragazzi interessati ad apprenderne la conoscenza a favore ad esempio della chitarra o del mandolino…

E. Farina Come è cambiata l’orchestra “Gino Neri” in tutti questi decenni dai tempi degli esordi ad oggi? G. Santini Sono cambiate diverse cose, prima di tutto il livello professionale: da dilettanti inseriti in una collocazione assolutamente amatoriale nati con il semplice scopo di divertirsi suonando

pagine tratte da opere tradizionali sinfoniche più o meno celebri, con insospettata rapidità si è cresciuti parecchio essendo oramai in grado di confrontarsi con le condizioni di un certo mercato musicale e la competenza richiesta nel sostenere performance all’interno o all’esterno delle stagioni concertistiche nazionali ed internazionali. Imponendosi in modo favorevole un rigore tecnico esecutivo molto più elevato e senza nulla togliere alla bellezza di fare musica, le mutate esigenze artistiche hanno comportato la ricerca di uno sforzo maggiore, ottenuto serenamente grazie all’eccellente capacità sia da parte degli esecutori che dei direttori, sempre più giovani e preparati, sapendo condurre l’Orchestra in modo mirabile e lusinghiero nel corso degli ultimi anni.

Giuseppe Santini ricordando con grande riconoscenza i maestri che si sono succeduti alla guida del gruppo e i tanti colleghi che nell’arco di tutti questi anni gli sono stati accanto, ha lasciato un libro

per tracciare le tappe più significative e i ricordi indelebili di oltre mezzo secolo trascorso con l’Orchestra a plettro “Gino Neri” di Ferrara Nella prefazione de “I miei sessant’anni nell’Orchestra Gino Neri” che ha realizzato in collaborazione con Beatrice Boldrini, Enrico Spinelli, direttore della biblioteca Ariostea, scrive “…la così lunga militanza di Giuseppe Santini è indicativa di un ideale di vita e di un sentimento musicale fondati sulla tradizione. Egli è vissuto con e nella Gino Neri dal 1948 ad oggi, ne ha conosciuto i componenti che si sono avvicendati, i direttori di ieri (Savini, Musi, Donnoli e Pazzi) e di oggi (Tunioli, Fabbri e Squarzina), i dirigenti come l’inimitabile Mario Roffi sino all’attuale Florio Ghinelli, ha partecipato a circa seicento concerti, è andato in tournée in Europa, nell’ ex URSS e negli Stati Uniti d’America, è stato infaticabilmente presente a tutte le prove dell’orchestra suonandone il repertorio sia antico che moderno…”

Cremona è giustamente celebrata nel mondo come la città del violino. Meno nota — ma non meno importante — è la sua tradizione legata al mandolino, strumento che nella vulgata è invece legato a doppio filo a Napoli. Basti dire che già Stradivari creava splendidi mandolini — un esemplare, già in mostra a Cremona nel 1987, è di proprietà di Charles Beare —, che all’inizio del ’900 a Cremona ha operato l’orchestra mandolinistica migliore del mondo, la ‘Poli’, e che il direttore di questa (ing. Gian Francesco Poli) inventò letteralmente il quartino di mandolino e il mandolone basso per completare l’organico della sua compagine a plettro.La ‘casa’ del mandolino in città è da sempre la Società Filodrammatica Cremonese, dunque il Teatro Filo, il cui attuale presidente Giorgio Mantovani è da tempo intenzionato a riaffermare quella gloriosa tradizione.Una bella iniziativa è in programma nelle prossime settimane. Si tratta della rievocazione del Concorso Internazionale Mandolinistico che si tenne in città nel 1910 e di cui ricorre dunque il centenario.Una rassegna di respiro veramente mondiale per cui si mobilitò tutta la cittadinanza, come si potrà evincere dalla mostra documentaria (diplomi, manifesti, cartelloni, foto, strumenti) allestita dall’1 al 3 ottobre prossimi a CremonaFiere

nell’ambito del salone Mondomusica. La stessa esposizione verrà ripresa dall’1 al 21 novembre nel Salone dei Decurioni di Palazzo Comunale e andrà a collocarsi nell’orbita delle manifestazioni culturali per la Festa del Torrone 2010. Ultimo ma non ultimo, sempre il 21 novembre è prevista una grande rassegna, con orchestre nazionali e internazionali di mandolini, in piazza del Comune. Nel pomeriggio dello stesso giorno le orchestre di mandolini che converranno in città saranno ricevute in Comune dal sindaco, assisteranno all’audizione dei violini storici, poi avranno luogo i singoli concerti delle varie orchestre al Teatro Filo. La sera, alle ore 21, si darà vita a un Concertone (così è definito) mandolinistico sempre all’interno del Filo, allietato dalle musiche della grande orchestra formata dalla somma delle singole orchestre esibitesi nel pomeriggio. Alla partecipazione del concorso si astenne «per cavalleria e senso di responsabilità » l’orchestra della Società Filodrammatica, che in quegli anni iniziava a fare incetta di primi premi nelle principali competizioni internazionali.Il primo premio assoluto fu assegnato alla ‘Mandolinata Ateniese’, che aveva dovuto vedersela con 22 agguerriti gruppi mandolinistici provenienti da tutta Italia e da mezza Europa. Per la realizzazione dell’evento si costituirono diversi

comitati, tra cui ‘Comitato d’Onore e delle Feste’, ‘Comitato artistico del Concorso Mandolinistico’, oltre naturalmente al ‘Comitato Organizzatore’, più diverse altre commissioni speciali: finanze, ricevimenti, musica, addobbi, alloggi, sfilata, corpi di musica, spettacoli, trasporti e posta. Come si legge nelle cronache dell’epoca «tutto è organizzato con molta cura». Suggestivo il diploma per i vincitori con la Cremona del Campi di sfondo, opera dell’artista Carlo Vittori.L’Amministrazione Comunale dà una cospicua mano, concedendo l’uso del salone al primo piano di Palazzo Comunale, l’utilizzo di tutte le aule del centro Plasio e la Banda Municipale per i vari festeggiamenti. A tutte le scuole della città è concesso un giorno di vacanza per partecipare al corteo. Il sindaco e la giunta, con le maggiori autorità civili e militari, ricevono in pompa magna i rappresentanti delle Società mandolinistiche in concorso e i membri della giuria. La Mandolinistica Ateniese oltre a primo premio guadagna una medaglia d’oro, una quadro d’autore e 700 lire dell’epoca. L’archivio della Filodrammatica conserva tutti i documenti di quella straordinaria manifestazione rimasta negli annali come una delle più riuscite della ‘Città della Musica’. Tra qualche giorno si potranno rivedere in mostra.

CREMONA - CENTO ANNI DI MANDOLINI

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Cari lettori, completiamo con questa seconda parte dell’articolo le nostre conoscenze sui “decori ebanistici” inseriti sugli strumenti musicali per impreziosirne l’aspetto.Nella prima parte ci siamo occupati del decoro applicato al contorno della tavola armonica (FILETTO) ed abbiamo concluso che esso è necessario ma non deve essere “troppo” largo, altrimenti compromette la durata dello strumento e la sua resa acustica.Diamo adesso uno “sguardo” agli altri decori presenti, alla loro posizione e alla loro interferenza con la durabilità e l’acustica. Fig.1La “bocca” o “buca”, più correttamente foro armonico è in genere “evidenziata” con un bel contorno ampio fatto con vari materiali e tecnologie diverse. Fig.2Prendiamo in esame questa bocca, appartenente ad un Mandolino Napoletano dei primi anni del 1900. Fig. 3Come si può vedere l’effetto finale è molto accattivante, ma entriamo per

un momento in maniera intuitiva nei dettagli della realizzazione per capire se il “prezzo acustico” che paghiamo ne giustifica la realizzazione. Come si può ben leggere dall’immagine riassuntiva che riporta i diversi punti delle varie fasi esecutive, dopo aver scelto con cura il piano armonico, con fibre di legno (quelle più scure) diritte e ben distribuite, ne taglio una bella fetta e la riempio di “stucco”. Fig. 4Sì ! avete capito bene, quella parte nera che viene colata all’interno dello scavo fatto sulla tavola armonica è proprio stucco.Stucco che nella migliore delle ipotesi è realizzato con gommalacca fusa, in altri casi lo si trova anche come polvere di carbone impastata con colla.Oggi ci sono le resine epossidiche, ma sempre stucco rimane.

Ma quale effetto acustico produce lo stucco?Si comporta come una mano che poggia sulla tavola armonica mentre lo strumento suona, impedisce le vibrazioni e l’emissione acustica è penalizzata.A questo punto sorge spontanea la domanda: ma questo “contorno” della bocca è proprio indispensabile?La risposta è Sì !

ANCHE L’OCCHIO VUOLE LA SUA PARTE MA...NON DIMENTICHIAMO L’ORECCHIO

a cura di Rocco Amendola

SECONDA ED ULTIMA PARTE

Fig. 1

Fig. 4Fig. 3

Fig. 2

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E le motivazioni sono le stesse gìà esposte per il bordo della tavola armonica con una ulteriore motivazione che è legata agli effetti delle vibrazioni sulle fibre del legno che, se non circoscritte, potrebbero sfaldarsi.Passiamo adesso ad un altro punto critico dei decori ebanistici sul mandolino, il “battipenna” in inglese “Pickguard”, in passato realizzato in vera tartaruga, sostituito poi con celluloide con imitazione di tartaruga. Fig. 5Purtroppo il plettro per quanto lo si voglia controllare può graffiare il piano armonico in questa zona, come evidenziano le immagini riportate. Fig.6Quindi una protezione per ridurre o evitare questi effetti estetici è purtroppo indispensabile.Dico purtroppo perché, la medaglia ha sempre un rovescio, infatti in questo caso il problema è simile a quello dello stucco sul contorno della bocca.

Mi spiego meglio, se il battipenna viene inserito con il bordo superiore a filo con il piano armonico, significa che il suo spessore dovrà entrare nella tavola, e quindi per fare ciò dovrò scavare la tavola in modo da far entrare l’intero spessore del battipenna nel legno .Questo comporta che tolgo il legno e lo sostituisco con materiale diverso.Ma la cosa diventa ancora più grave, quando l’area del battipenna per motivi puramente estetici viene allargata a dismisura in zone in cui detto intervento non è necessario. Come può vedersi in queste immagini. Fig. 7Ma allora posso incollarlo direttamente sul piano armonico senza togliere legno!Purtroppo non è così, in entrambi i casi l’effetto sarà sempre quello prodotto da una mano appoggiata sul piano armonico, ostacolerà le vibrazioni e quindi la produzione del suono.Be ! ma allora non c’è rimedio !Si il rimedio c’è, solo che bisogna intervenire anche culturalmente sul problema.Mi spiego meglio. Se avete mai visto la chitarra di un chitarrista flamenco vi sarete accorti che questa presenta in prossimità della buca svariati graffi, motivo di vanto e non di vergogna.Il violino di un violinista concertista, non è certo perfetto in tutte le sue parti, ma presenta delle zone più usurate che altre, ma non per questo il violinista corre dal suo liutaio ogni giorno a farsi ritoccare lo strumento nelle parti consumate.Si potrebbe così continuare con altri esempi, la pelle di un tamburo, gli ottoni, ecc.ecc. .Ma allora prendiamo coscienza che qualche graffio sullo strumento non è una gogna per il musicistaanzi, al contrario è segno di lavoro con lo

strumento ed il problema è bello e risolto.Scoperta dell’acqua calda direbbe qualcuno!Allora un altro rimedio ci sarebbe, quello di ridurre al minimo l’area interessata dal battipenna che potrebbe anche essere costituito da un supporto in plastica adesiva estremamente sottile, in modo tale da limitare i danni che esso comporta (in commercio sono già disponibili).E’ qui di giovamento ricordare che, (l’argomento verrà trattato in altri articoli prossimi) se lo strumento è verniciato con vernici naturali alla gommalacca, basta poco per rinfrescare la parte della tavola graffiata, poco anche in termini economici se ci si rivolge ad un onesto liutaio professionista.Siamo giunti quasi al termine di questo argomento così intricato ed intrigante sui decori ebanistici.Come! e gli altri punti di interesse sullo strumento ?Tastiera, paletta, guscio, fascia di fondo.Bene, questi punti li chiameremo “meno sensibili acusticamente”, pertanto sarà solo il gusto e il semplice ricordo che si tratta di strumenti musicali a guidarci nella individuazione di quei decori che arricchiscono e non appesantiscono lo strumento. Fig. 8 Nella immagine finale riportata, vengono riassunte in ordine di rilevanza acustica le parti decorate.Il Musicista dovrà ricercare uno strumento con questo compromesso per avere una buona resa acustica senza penalizzare l’estetica.In tal modo, come promesso nella prima parte di questo articolo, siamo ora in grado di scegliere un buon strumento, curando “l’occhio” ma senza penalizzare “l’orecchio”.

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Fig. 5 - 6 - 7

Fig. 8

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Sulle colline, a pochi kilometri da Campobasso, sorge la bella cittadina di Ripalimosani, nota non solamente per l’amenità del suo territorio ma soprattutto per possedere, esposta sull’altar maggiore della Cattedrale, la terza copia (per ordine cronologico) della Sacra Sindone.In quest’estate 2010, Ripalimosani è stata però, anzitutto, un polo culturale di assoluto rilievo nel panorama del mandolinismo nazionale ed internazionale, accogliendo, nei giorni 31 luglio e 1 agosto, la 7° edizione del Concorso internazionale di mandolino “Raffaele Calace” ed in seguito, il 15 agosto, il grande concerto della centenaria Orchestra a plettro “Gino Neri” di Ferrara.Ma è al primo di questi eventi che

intendiamo ora riferirci.In seguito alla soppressione, dopo alcune edizioni, del Concorso dedicato a “Giacomo Sartori” ad Ala di Trento, quello attuale, dedicato a “Raffaele Calace”, rimane l’unico concorso per mandolino esistente in Italia. Il Concorso fu istituito nel 1994 a Pignola (PZ), paese natìo di Raffaele Calace, rinomato mandolinista, compositore e fondatore dell’omonimo atelier di liuteria che a Napoli, dopo quattro generazioni, mantiene tutt’oggi intatta la prestigiosa opera creata dal capostipite. Dopo le sei edizioni svoltesi a Pignola, la sede del Concorso si è, quest’anno, spostata a Ripalimosani, assecondando un vivo desiderio del cav. Antonio Di Lauro, appassionato di mandolino e strumenti a

plettro, ottimo organizzatore, responsabile del locale Circolo Musicale “P. Mascagni”, che ne ha assunto, coadiuvato da vari componenti il Circolo stesso, la realizzazione e la direzione artistica. Nella mattinata di sabato 31 luglio, nel Salone di Palazzo Ducale, è stata ufficialmente aperta la settimana edizione del Concorso Internazionale per mandolino “Raffaele Calace” con l’intervento del dott. Artemisio Gavioli, Presidente della Federazione Mandolinistica Italiana, cointeressata alla manifestazione, il quale dopo i saluti e ringraziamenti di rito, ha ricordato le norme che regolano il concorso e presentato i membri della Giuria, composta oltre che da se stesso, dal cav. Raffaele Calace Jr. di Napoli (Presidente), assegnatore del premio in palio, e dai mandolinisti di fama internazionale : Vincent Beer-Demander (Francia), Sebastiaan De Grebber (Olanda) e Mauro Squillante (Italia), docente di mandolino al Conservatorio di Bari.Dopo un breve cenno di saluto da parte del Dott. Paolo Petti, Sindaco di Ripalimosani, si è proceduto all’appello dei candidati : sette i presenti, su otto iscritti, provenienti dall’Italia e dall’estero, ed all’estrazione a sorte dell’ordine di apparizione dei concorrenti nel concorso pomeridiano. A chiusura, infine, la presentazione illustrativa, da parte di Annamaria Calace, figlia e prosecutrice dell’arte famigliare, del mandolino oggetto di premio.

CONCORSO INTERNAZIONALE PER MANDOLINO “RAFFAELE CALACE”7° EDIZIONE

di Christine Teulon

Ripalimosani (CB) 31-7/1-8 / 2010

Da sin. Natalia Marashova, Carla Senese e Maren Kroll (rispettivamente 1°, 2° e 3° classificate)

Il momento della premiazione

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Alle 16, puntuali, nello stesso Salone del Palazzo Ducale, davanti alla Giuria ed alla presenza di alcuni osservatori esterni, mentre un folto, inatteso pubblico si addensava, silenzioso ed attento, nelle sale adiacenti, si è dato inizio al Concorso, procedendo nell’ordine stabilito dalla precedente estrazione. Si sono così susseguiti : Marco Botticella, di Campobasso, Patrizio Petrucci, di Ariccia (Roma), Carla Senese, di Napoli, Daniele Potente, di Terrazzano (Campobasso), Carmine Mascitelli, di Ripalimosani (Campobasso), Maren A. Kroll (Germania) e Natalia Maraschova (Russia-Germania), dei quali rimandiamo in appendice il programma presentato.Base di concorso, il pezzo d’obbligo tratto, a scelta del candidato, dal catalogo di composizioni per mandolino di Raffaele Calace, ed uno o più brani liberamente scelto dal repertorio originale per mandolino, con durata complessiva dell’esecuzione non superiore ai 20 minuti di suono.Va rilevato che il giudizio si basava esclusivamente sulle esecuzioni mandolinistiche, indipendentemente se i musicisti avessero o meno, e come diversi hanno presentato, uno strumento accompagnatorio.Emozione senz’altro palpabile per la maggioranza dei partecipanti che, comunque, hanno tutti saputo affrontare la propria prova con impegno e determinazione. Evidente il livello molto diversificato dei concorrenti, che si poteva cogliere distintamente, dovuto certamente sia al percorso didattico intrapreso, che all’approccio personale verso lo strumento, od alla tipologia dello strumento impiegato.Abbiamo così potuto apprezzare il grado

di impegno dimostrato da giovani e giovanissimi, quali Botticella, Petrucci, Potente e Mascitelli, che affrontando per la prima volta un concorso e superando lo stato emozionale che a tratti ricorreva, hanno innegabilmente offerto un saggio del livello qualitativo che ognuno sapeva di poter in quel momento rendere. Diverso il portamento delle tre mandoliniste presenti, espressione di una sicurezza dettata da un lungo ed approfondito percorso di studi, dall’esperienza acquisita nell’abitudine di suonare in pubblico e dalla personalità intrinseca ad ognuna che ha determinato la diversità nella scelta repertoristica e nella differenziazione esecutiva di ciascuna, ciò che ha reso sicuramente più ardue alcune valutazioni della Giuria.Verdetto rimandato alla serata di chiusura del giorno seguente, anche se evidenti deduzioni si potevano già chiaramente delineare al termine di questo interessante e valido pomeriggio concorsuale.

Dopo una piacevole mattinata dedicata alla visita di Campobasso ed un pomeriggio di rilassante libertà, alle 21.30 di domenica 1° agosto, nella Chiesa di S. Maria Assunta, nel centro di Ripalimosani si è tenuto il grande concerto di chiusura della 7° edizione del Concorso “Raffaele Calace” e la proclamazione del vincitore.Folto e molto partecipe il pubblico, numerose le autorità e gli osservatori presenti quella sera nell’ampia Cattedrale ripesana.Preceduto od intercalato da vari interventi di autorità e preposti, quali il cav. Di Lauro, artefice della manifestazione, il Sindaco di Ripalimosani, il Dott. Gavioli, presidente della FMI, la Sig.ra Grazia d’Aquila, Presidente del locale Circolo “P. Mascagni” e fattiva collaboratrice di A. Di Lauro, il liutaio Raffaele Calace Jr, il Sig. Nicola Vista di Pignola, organizzatore delle precedenti edizioni del concorso, il concerto mirava ad offrire al pubblico cittadino ed alle autorità locali un saggio delle attitudini tecnico-intepretative di ogni concorrente, attraverso l’esecuzione di un pezzo scelto personalmente dal candidato. Seppur libero di proporre un qualsivoglia brano tratto dal proprio repertorio personale, tutti gli esecutori hanno deciso di riproporre una delle composizioni presentate al concorso e, per la maggior parte, un brano di Calace.Grazie all’impegno di ogni singolo, all’emotività venuta meno in un contesto meno formale della fase concorsuale, il risultato della serata è stato dei più riusciti. Si è potuto distintamente gustare l’effettivo valore di ogni candidato ed il grande pubblico, pur non conoscitore del settore, ma pienamente partecipe ed attento, è stato in grado di decretare, senza indugi, attraverso applausi più o meno sonori, più o meno prolungati, il proprio apprezzamento, confermando, in un certo

Il cav. Antonio di Lauro, direttore artistico del Circolo Musicale “Mascagni” ed il liutaio Raffaele Calace Jr.

Grazia D’Aquila, presidente del Circolo “Mascagni”

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qual senso, ciò che sarebbe stato il responso della Giuria; in particolare una spontanea ovazione e richiamo in proscenio per la vincitrice, Natalia Marashova, che ad una platea non certo familiare con questo tipo di repertorio, ha presentato l’impegnativo e contemporaneo brano di Yasuo Kuwahara “Improvised poem”, suonato a memoria, irto di difficoltà e ricco di varietà tecnico-esecutiva, di cui la concorrente ha saputo trasferire ogni resa emotiva, ogni finezza interpretativa.Esito della 7° Edizione del Concorso internazionale di mandolino “Raffaele Calace”:- 1° Premio ed assegnazione del mandolino, esemplare unico, della liuteria Calace di Napoli: Natalia Marashova (Russia-Germania)

- 2° Premio : Carla Senese, di Napoli- 3° Premio : Maren A. Kroll (Germania)- Attestati di partecipazione : Marco Botticella, Patrizio Petrucci, Daniele Potente, Carmine Mascitelli.Calato il sipario, rimane l’evidenza della indispensabilità di mantenere viva l’istituzione anche in Italia di concorsi a varie fasce d’organico e livello esecutivo, e ciò per una progressione musicale e culturale dei nostri giovani sempre maggiore.Ma vivo resta anche l’apprezzamento per il notevole impegno profuso dal cav. Di Lauro nel realizzare una manifestazione di classe cui lo stesso Di Lauro, i suoi collaboratori e tutta la comunità di Ripalimosani possono andare fieri.

7° Concorso “R.Calace” Ripalimosani (CB) - 31.07 – 01.08.2010Giuria: Raffaele Calace, Napoli (Presidente) – Artemisio Gavioli, Vittorio V.to (Italia) Vincent Beer

Demander (Francia) – Sebastiaan De Grebber (Paesi Bassi) - Mauro Squillante, Bari (Italia)

Elenco candidati e brani eseguiti

Marco Botticella Campobasso mandolino e ChitarraR. Calace Piccola gavotta, E. Marucelli Valzer fantastico, E. Barbella Concerto in re maggiore

Patrizio Petrucci Ariccia (Roma) mandolino e ChitarraR. Calace Les maries, L. van Beethoven Sonatina in do minore, R. Calace Rondò, R. Calace Secondo Bolero

Carla Senese Napoli mandolino e chitarraR. Calace Serenata romantica op. 94, Serenata ungherese, E. Marucelli Valzer Fantastico,

R. Calace I Bolero op. 26

Potente Daniele Ferrazzano (CB) mandolino e pianoforteR. Calace Penta (valzer) op. 16 mandolino e pianoforte, C. Munier Capriccio Spagnolo op. 276

Carmine Mascitelli Ripalimosani (CB) mandolino e pianoforteA. Vivaldi, Concerto in do maggiore mandolino e pianoforte, R. Calace, Danza Spagnola op. 105

mandolino e pianoforteT. Hlouschek, Varationen sul tema” Wenn ich ein voglein war” mandolino

Maren Kroll ( Gmund, Germania) mandolino solo R. Calace Preludio X, H. Konietzny “Ochiana”

Natalia Marashova (Russia-Germania) mandolino soloG. Leone Air 4, R. Calace Gran preludio, Y. Kuwahara“Improvised Poem”

la Chiesa di Ripalimosani e, di fronte, il “Castello” sede del Concorso

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Negli ultimi decenni l’interesse per gli strumenti a plettro e per la loro letteratura si è affermato

con insospettata rapidità dopo l’eclissi subita nella prima metà dell’Ottocento e la successiva rinascita, determinata dapprima dai compositori italiani quali Calace, Munier, Manente, Guindani e poi dai compositori della Scuola Tedesca quali Hermann Ambrosius, Kurt Schwaen e Hans Gal. I “plettri”, collocatisi finalmente in un’area propria e autonoma, hanno raggiunto - a cominciare dalla seconda metà dell’Ottocento - una dimensione di rispetto in dominio italiano ed europeo e, nel secolo scorso, anche negli Stati Uniti, in Giappone e Corea. Nell’attuale panorama, l’Orchestra a plettro “Gino Neri“ ricopre un posto di grande importanza sia per la longevità del complesso musicale sia per le particolarità del suo organico nonché per l’ampiezza del repertorio.La “Gino Neri” apprestandosi oggi a superare il 112° anno di attività, propone la decima registrazione discografica, nella quale vengono interpretate composizioni originali e brani scelti dalla grande tradizione operistica europea, appositamente trascritti per orchestra a plettro. Il disco, non ha un carattere monografico o monotematico, ma si pone – come il titolo indica - sotto il segno artistico di uno speciale… concertando che mette insieme musiche e musicisti a volte molto diversi tra loro, approdando tuttavia a un risultato unitario. Le diverse tracce - in dialettico confronto – danno infatti forma a un disco ove convivono autori distanti per caratura artistica, per stile e personalità, dell’Ottocento e della prima metà del Novecento. Alcuni sono di riconosciuto nome, altri di minore fama o, a volte, noti solamente in ámbiti regionali: musicisti di aree geografiche e culturali diverse, con opere

che oppongono forti passioni e intensi colori mediterranei (Bizet, Carmen) ad atmosfere e paesaggi nordici di grande suggestione (Grieg, Olav Trygvason); musiche originali per strumenti a plettro (Songe Fantasque di C. Guidani, Feierlicher Reigen di H. Ambrosius e le Pagine d’Album di G. Manente) di fronte a trascrizioni di opere classiche. In breve, vi è ideale saldatura tra la tradizione storica dei complessi mandolinistici d’un tempo e la moderna ricerca di una specifica identità di linguaggio, di tecnica e di timbrica propri degli strumenti “a plettro”, ormai emancipatisi da una considerazione meramente popolare e folkloristica, sempre più protesi a consolidare risultati di autonomia artistica e di originalità musicale. L’Orchestra, dunque, conferma – con questo suo nuovo album - una sua adesione al dialogo dell’antico e del moderno, a sostegno di una più forte identità degli strumenti “a plettro”, in particolare del mandolino che, finalmente, oggi trova una progressiva affermazione anche in ámbito accademico, con l’attivazione di cattedre per l’insegnamento dello strumento nei Conservatori.L’attuale organico strumentale è inalterato, per tipologia di strumenti, rispetto all’originale progetto del maestro Gino Neri (1882-1930), il direttore al cui nome l’Orchestra è intitolata. Formato dall’intera famiglia dei “plettri” – sulla base della tripartizione classica mutuata dagli “archi” - con la triade “mandolino-mandola-mandoloncello”,l’organico annovera anche altri strumenti meno noti e diffusi quali i mandolini quartini, le mandole contralto, bassi e contrabbassi nonché i più classici contrabbassi ad arco, arpa, batteria e timpani, permettendo di affrontare con grande completezza l’intero repertorio romantico e tardo-romantico.Questa ultima realizzazione discografica,

infine, offre la più densa e pregnante prova dell’Orchestra, il cimento più esaltante per il solista e gratificante per il direttore, nel “Concerto n. 2 in La minore” del napoletano Raffaele Calace (1864-1934). Originale composizione per mandolino e pianoforte - una delle opere più rappresentative ed interessanti appartenenti alla letteratura mandolinistica - è stata per questa occasione trascritta con accompagnamento orchestrale da Stefano Squarzina, direttore della “Gino Neri” e affidata al mandolino solista di Carlo Aonzo, interprete fornito di grande musicalità e di limpida tecnica. Il Concerto viene proposto integralmente, nella tripartizione formale classica: al primo tempo segnato Maestoso dal tono incalzante e progressivo, seguono lo stupendo cantabile del secondo tempo, il Largo mesto, e il conclusivo Allegro non troppo, trascinante e virtuosistico. La scrittura di Calace risente evidentemente dell’influenza tardo-romantica della Scuola Mandolinistica Napoletana del Novecento; l’impeto del classicismo beethoveniano si associa alla tecnica straordinaria dello strumento.

CONCERTANDO…Brani originali e trascrizioni per Orchestra a plettro

di Edoardo Farina

TRACKLIST

G. Bizet – CARMEN Suite dall’opera 01) - Aragonaise 02) - Tema del destino 03) - Habanera 04) - La Garde Montante 05) - Seguedille 06) - Intermezzo 07) - Les Toreadors E. Grieg - OLAV TRYGVASON 08) - Preghiera e danza nel tempio G. Manente 09) - Reverie de poete 10) - Danza Originale H. Ambrosius 11) - FEIERLICHER REIGEN C. Guindani 12) - SONGE FANTASQUE R. Calace - Concerto in La minore n°II Op. 144 13) - Allegro Maestoso 14) - Largo Mesto 15) - Allegro

Orchestra a plettro “Gino Neri”Via Trenti n° 42, 44100 Ferrara

(+39) 0532 770028 (+39) 335 [email protected]

L’ultimo CD dell’Orchestra a plettro “Gino Neri” di FerraraMandolino solista: Carlo AonzoDirettore: Stefano Squarzina

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Nell’ambito dell’Assemblea Generale della Federazione Europea (EGMA), il 5 Giugno 2010 a Bruchsal, la Federazione Mandolinistica Italiana ha inteso onorare la Prof.ssa Marga Wilden Hüsgen per il lavoro di tutta la sua vita, conferendole il “Premio alla Carriera” 2009.Questo si sarebbe dovuto realizzare nell’Ottobre 2009 durante la manifestazione “Giornate Nazionali sul Mandolino a Vittorio Veneto” ma difficoltà di programmazione lo hanno impedito.La cerimonia di premiazione è avvenuta alla presenza dei 17 membri della Federazione Europea, della prof.ssa Caterina Lichtenberg, di Mike Marshall con la musica del Duo Katsia Prakopchyk e Roland Faber. La targa d’onore della FMI è stata consegnata dal Dott. Michele De Luca e dal Dott. Artemisio Gavioli presidente della FMI.Sulla targa d’onore è scritto quanto segue: La Federazione Mandolinistica Italiana esprimendo grande apprezzamento ed ammirazione per la Prof.ssa Marga Wilden-Hüsgen per le ricerche sulla storia

del mandolino, per i suoi fondamentali metodi di studio di questo strumento ma soprattutto per aver dedicato la sua vita all’insegnamento trasmettendo non soltanto valori artistici ma anche i più alti valori morali, assegna alla Prof.ssa Marga Wilden-Hũsgen il “Premio alla Carriera 2009”. Il Presidente della FMIArtemisio Gavioli

A MARGA WILDEN-HÜSGENil “Premio alla Carriera 2009”

Marga Wilden-Husgen è nata a Roetgen/Eifel (Germania) nel 1942. A dieci anni ha iniziato a suonare il mandolino studiando con Vincent Hladky a Vienna e Konrad Wölki a Berlino. E’ stata spalla dei primi mandolini nel “Fidium Concentus“ dell’orchestra NRW ed ha all’attivo numerosi concerti sul territorio nazionale e all’estero.Ha effettuato ricerche sulla storia del mandolino e pubblicato lavori basilari per la didattica dello strumento. Ha sviluppato una tecnica del mandolino orientata alla prassi esecutiva classica e rivitalizzato la prassi esecutiva del mandolino barocco. Ha pubblicato un metodo per mandolino per la casa editrice Schott, un compendio per la tecnica ed ha curato edizioni di musiche antiche e nuove composizioni originali per mandolino. Nel 1992 é diventata docente ordinaria alla Hochschule für Musik di Wuppertal, presso la quale aveva già l’incarico di insegnamento sin dal 1979.

Istituito dalla Federazione Mandolinistica ItalianaSulle note del mandolino

di Katsia Prakopcyk

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CONCERTO DOPPIOL’Orchestra a plettro Giapponese “Delfini d’Oro” e l’Orchestra “Gino Neri”

di Edoardo Farina

Primo Maggio in musica e non solo nelle principali località italiane ma anche a Ferrara con una performance dell’Orchestra

a Plettro “Gino Neri” preceduta, come evento straordinario, dall’Orchestra Nipponica “Delfini d’Oro” ospite per la prima volta nella nostra città. Alla presenza di un discreto pubblico, del Presidente dell’Orchestra “Gino Neri”, Dr. Florio Ghinelli e del presidente della Federazione Mandolinistica Italiana, Dr. Artemisio Gavioli, doppio concerto per due formazioni che si sono alternate il palco della sala S.Francesco presso la centralissima via Terranuova, ove abbiamo avuto la possibilità di ascoltare dapprima il gruppo giapponese in tournée in vari comuni della nostra Penisola diretto dai maestri Hirokazu Nan’ ya eccellente mandolinista anche in qualità di solista, alternandosi con Mitsutama Okamura, e a seguito la concittadina “Gino Neri” diretta come di consueto dal maestro Stefano Squarzina. La “Delfini d’Oro” proveniente da Nagoya, (piccolo centro appartenente alla regione di Chubu nell’isola di Honshu), dispone nelle sue fila di una formazione pressoché analoga alla “Gino Neri”, pur essendo

in diversa disposizione strumentale, costituita da mandolini, mandole, mandoloncelli, chitarre e il contributo del contrabbasso, ed è composta da musicisti amatoriali accomunati dalla passione della musica e dall’amore per gli strumenti a plettro; nata nel 1987 è divenuta ben presto presenza rilevante nel panorama mandolinistico giapponese presentando brani del repertorio classico e popolare, integrato da composizioni di autori contemporanei. I giapponesi come ben sappiamo amano la musica italiana e in modo particolare le formazioni di tipo plettristico, tant’ è che vantano il maggior numero di ensemble e orchestre al mondo essendo addirittura primi, seguiti solamente dai tedeschi. Il programma proposto è stato costituito

quasi interamente dai nostri classici del mandolino nelle esecuzioni di autori quali Giuseppe Manente, direttore di banda del 3° Reggimento Fanteria dell’Esercito nei primi anni del secolo scorso e autore di numerosissimi brani di carattere patriottico, poi i “minori” ma non per qualità C. Graziani-Walter, G. Battista-La Scala, Pietro Morlacchi, non trascurando brani scritti da compositori orientali qui eseguiti in prima assoluta, quali Naohiro Nakata e Jiro Nakano.Peccato per l’interpretazione, nonostante la buona capacità di lettura, eccellente precisione e poche note sbagliate, l’effetto è apparso statico senza una vera espressione modulare e un minimo di ricerca musicale filologica, dovuta in parte all’utilizzo di strumenti tutti uguali visibilmente di “fabbrica” e non di liuteria artigianale; ma ciò che è emerso in modo particolare è soprattutto un’evidente mancanza della corretta prassi esecutiva plettristica, ovviamente assai lontana dagli schemi europei e come tale a loro totalmente sconosciuta. La seconda parte, affidata alla formazione ferrarese, ci ha fatto ascoltare pagine senza tramonto tratte da un repertorio tra Settecento e Novecento, quali Il Califfo di Bagdad – Ouverture dall’opera del compositore francese François-Adrien Boïeldieu appartenente al pieno stile galante, poi la più nota Suite Carmen di George Bizet, ancora di Giuseppe Manente da Pagine d’album – “Reverie de Poete” e “Danza originale”, e a conclusione “Piccoli Eroi”, dedicato ai soldati della Prima Guerra Mondiale presentato per l’occasione unendo le due orchestre, ricordando la riuscitissima e prestigiosa tournée della “Gino Neri” svoltasi nel 2004 nel Paese del Sol Levante.

Ferrara - sala S. Francesco - 1° maggio 2010

Scambio di omaggi fra i Direttori delle due Orchestre

L’Orchestra “I Delfini d’Oro”

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Proseguono i corsi di mandolino tenuti dal m° Roberto Verona in tre scuole elementari di Udine, “Ada Negri”, “Dante Alighieri” e “Collegio della Provvidenza” che grande successo continuano ad ottenere presso i Dirigenti delle scuole, gli insegnanti, le famiglie e i ragazzi stessi. Questa iniziativa, che viene riproposta regolarmente dal 2001, è, lo ricordiamo, un progetto ideato e realizzato dalla Assoplettro Friuli-Venezia Giulia che fin dalla sua fondazione, nel 1996, ha sempre tenuto in grande considerazione quell’importantissimo target che é l’insegnamento del mandolino nelle scuole elementari quale iniziativa di base per lo sviluppo e la rivalorizzazione di uno strumento di antiche e nobili origini che ha pieno diritto ad avere la stessa dignità e

riconoscimento di ogni altro strumento del repertorio classico. In quest’ottica, un plauso ed appagante ricordo va allo spettacolo organizzato per le scuole dagli Amici della Musica di Udine, al Palamostre nel gennaio scorso. Ideato e presentato dalla Prof.ssa Luisa Sello, coadiuvata dalla Prof.ssa Simonetta Fabro, lo spettacolo metteva in scena un “Barbiere di Siviglia” trasformato ad hoc per i ragazzi delle elementari, pieno di colpi di scena simpatici e frizzanti dove, accompagnati da un ottimo pianista, si sono esibiti una soprano messicana, un baritono cinese, un tenore udinese, il coro degli scolari ed un’orchestra composta da un gruppetto di nove giovanissimi mandolinisti provenienti dalle classi quinte della “Dante Alighieri”. L’impegno e l’entusiamo dimostrato dai

ragazzi hanno fatto sì che la futura classe quinta sia già prenotata per uno spettacolo analogo in programmazione da parte degli Amici della Musica per il mese di Febbraio 2011. Nel frattempo, i ragazzi delle quarte e quinte di tutte tre le scuole udinesi si stanno apprestando a sostenere una serie di saggi di notevole impegno prima della chiusura dell’anno scolastico. Buone notizie arrivano ache dalla provincia di Pordenone, dove diversi dirigenti di scuole elementari e medie si sono dimostrati interessati ad aprire corsi per l’insegnamento del mandolino nei propri istituti. Un segno di qualità che ci dà buone speranze per il futuro di questo interessatisssimo strumento.

di Christine Teulon

SCUOLA E MANDOLINO,UN RAPPORTO FELICE

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Scuola “ADA NEGRI”classe 5°A

Scuola “ADA NEGRI” classe 5°B Scuola “DANTE” classe 5°A

Scuola “DANTE” classe 5°B Scuola “Collegio della Provvidenza” classe 5°

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Rocco Amendola (L. A. R. - Liuteria Amendola Rocco)Via Ciancio, 13 - 84083 CASTEL S. GIORGIO (Salerno)Tel. 328 / 7528763 - www. larchit.com - [email protected]