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migliorare l’aderenza terapeutica degli assistiti – Modulo 1 1
Patologie dell’apparato respiratorio: informazioni essenziali per il
farmacista per migliorare l’aderenza terapeutica degli assistiti Autore e responsabile scientifico: Prof. Antonio Ponticiello, Professore di Malattie dell’Apparato Respiratorio, Università Federico II, Napoli
Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento n. 12 del 10/06/2010) a
fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni.
Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività
ECM.
Inizio evento: 11/01/2016; ID evento: 12-144214
Introduzione al corso
Il farmacista si trova in una posizione privilegiata nel fornire un valido supporto all’assistito affetto da patologie dell’apparato respiratorio, in particolare asma e BPCO, e nel migliorare l’efficienza del sistema sanitario. Poiché si tratta di patologie croniche non guaribili, gli sforzi del farmacista devono essere rivolti a programmi di prevenzione e ottimizzazione del trattamento terapeutico, per aumentare la compliance dei pazienti e migliorarne lo stato di salute. Fornire istruzioni sull’utilizzo dei farmaci e device, così come la possibilità di effettuare in farmacia la spirometria e la saturimetria, sono alcune delle armi a disposizione del farmacista per migliorare la salute degli assistiti.
Modulo 1. La patologia broncostruttiva: asma e BPCO
Obiettivi formativi Al termine del modulo didattico, il farmacista dovrebbe essere in grado di:
conoscere epidemiologia, fattori di rischio e fisiopatologia di asma e BPCO;
padroneggiare gli elementi fondamentali per la diagnosi differenziale;
comprendere i principi della terapia.
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Executive summary La BPCO, allo stato delle attuali conoscenze, viene indicata come una patologia multifattoriale, la cui
suscettibilità varia molto nel singolo individuo legandosi a una personale predisposizione genetica.
Si stima che la BPCO occupi il sesto posto fra le malattie croniche presenti in Italia, con oltre 2.600.000
cittadini italiani affetti, anche se si ipotizza che il numero di persone affette sia addirittura maggiore. Alla
BPCO viene attribuito almeno il 6% dell’intera spesa sanitaria italiana.
La diagnosi si basa sul riscontro spirometrico di una limitazione persistente al flusso aereo.
I broncodilatatori costituiscono i farmaci di prima scelta per il trattamento sintomatico della BPCO.
L’asma è una malattia eterogenea, caratterizzata da infiammazione cronica e iperresponsività delle vie
aeree che si manifesta con episodi ricorrenti di respiro sibilante (wheezing), dispnea, sensazione di
costrizione toracica e tosse che possono variare nel tempo per comparsa, frequenza e intensità.
Gli elementi patogenetici di fondo dell’asma sono la disfunzione della muscolatura liscia e l’infiammazione
cronica con rimodellamento delle vie aeree.
Il trattamento dell’asma inizia con la riduzione o l’abolizione dell’esposizione alle cause scatenanti. I farmaci
si distinguono in quelli che operano il controllo della malattia (controller) da quelli che rapidamente
alleviano i sintomi (reliever).
Introduzione al modulo
Nel corso degli ultimi decenni ci sono stati importanti cambiamenti sia della nomenclatura sia
dell’epidemiologia delle malattie respiratorie. Alcune di queste, in particolare quelle broncostruttive ad
andamento cronico come l’asma e la BPCO, grazie ad alcuni fattori come l’invecchiamento della
popolazione e l’azione di fattori eziologici quali fumo, alcol e polluenti, hanno fatto registrare un aumento
più che significativo dell’incidenza, assumendo un ruolo di primo piano nel complesso delle malattie
croniche.
L'alta prevalenza di queste patologie, il ruolo fondamentale degli stili di vita e della prevenzione, la caduta
della qualità di vita sia in termini fisici sia psicologici, il carico economico delle famiglie e dello Stato, ne
fanno delle emergenze di carattere mondiale. Nell’affrontare queste emergenze diventa indispensabile la
corretta educazione sanitaria di tutti gli operatori e gli amministratori della sanità, nonché della
popolazione generale, riguardo le forme più appropriate di trattamento e di prevenzione.
BPCO BPCO è l’acronimo di BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva.
BroncoPneumopatia indica una malattia sia dei bronchi sia del polmone. Cronica definisce uno stato
irreversibile ed evolutivo nel tempo. Ostruttiva indica una ostruzione al flusso di aria nelle vie aeree che
riduce la capacità respiratoria.
Definizione e Fattori di Rischio Quella di seguito riportata è la definizione delle linee guida GOLD (Global iniziative for chronic Obstructive
Lung Disease; disponibile online al sito http://www.goldcopd.org) (vedi Figura 1).
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© 2015 Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease
Figura 1: definizione di BPCO GOLD
La società americana e quella europea di malattie dell’apparato respiratorio (American Thoracic Society,
ATS ed European Respiratory Society, ERS) hanno adottato la definizione GOLD proprio per sottolineare la
natura anzitutto prevenibile, ma anche curabile della sindrome, nonché l’incompleta reversibilità al
trattamento farmacologico e l’importanza delle sue comorbidità e conseguenze sistemiche.
La limitazione al flusso è dovuta alla malattia delle piccole vie aeree (infiammazione, fibrosi delle pareti,
tappi intraluminali, aumento delle resistenze) e alla distruzione del parenchima (perdita di attacchi
alveolari e bronchioli respiratori, riduzione della forza di retrazione elastica: enfisema polmonare). Questi
quadri anatomopatologici nel paziente si sviluppano in maniera disomogenea e progressiva, con i sintomi
che si presentano dopo i 40 anni.
Nella maggior parte dei casi la BPCO è provocata dal fumo di sigaretta, seguono l’inalazione di polveri e gas
in ambiente lavorativo. Nella Figura 2 sono evidenziati i principali fattori di rischio.
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Figura 2. Principali fattori di rischio della BPCO
È possibile elencare i principali fattori di rischio anche in ordine di importanza (vedi Tabella 1).
Tabella 1. Principali fattori di rischio in ordine di importanza
++++ Fumo di tabacco (sigaretta>>>pipa, sigaro)
+++ Alcune esposizioni lavorative (silice - cadmio)
++ Inquinamento atmosferico (SO2 – NO2 – O3 – PM10)
+ Condizioni economiche disagiate
+ Abuso di alcool
+ Fumo passivo in età infantile
+ Infezioni virali in età infantile
+ Dieta povera di antiossidanti (Vitamine C, A ed E)
Numerosi studi epidemiologici, clinici e sperimentali indicano che il fumo di tabacco e, in particolare, quello
di sigaretta costituiscono il principale fattore di rischio per lo sviluppo di bronchite cronica e BPCO. Lo
studio più importante che ha dimostrato l’associazione tra fumo e malattie respiratorie è quello di Peto, del
1994, condotto sui medici inglesi maschi, seguiti per 40 anni. I risultati documentano che la mortalità per
BPCO è almeno 7 volte più frequente nei fumatori rispetto ai non fumatori. A parità di tutte le altre
condizioni, l'entità del danno broncopolmonare è direttamente correlata alla quantità globale di fumo
inalato. Stratificando i fumatori per il numero di sigarette fumate al giorno, si evidenzia che l’incremento
del rischio di mortalità è direttamente proporzionale al numero di sigarette fumate: di 7 volte nel gruppo di
fumatori leggeri (1-14 sigarette/die), 10 volte nei fumatori moderati (15-24 sigarette/die) fino ad arrivare a
21 volte in quello dei forti fumatori (oltre 25 sigarette). Ne consegue che limitare il numero di sigarette
fumate si traduce in una diminuzione del rischio.
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Non tutti i fumatori, però, sviluppano ostruzione bronchiale rilevabile clinicamente. Si stima che questi
siano il 15-20%, laddove più frequentemente (40-50%) presentano ipersecrezione mucosa (bronchite
cronica). La BPCO è, ad esempio, una patologia frequente anche in popolazioni non fumatrici, spesso
residenti in aree del mondo in via di sviluppo. Ciò significa che focalizzare l’attenzione sul solo fumo di
sigaretta come fattore causale può tradursi nel rischio di non tenere nella giusta considerazione altri fattori
patogenetici. Rischio che può estendersi anche alla riduzione degli sforzi della ricerca di nuovi e, forse, non
meno importanti agenti e/o condizioni coinvolti nell’eziopatogenesi con l’inevitabile conseguenza
dell’attuazione di programmi di prevenzione incompleti e, quindi, inefficaci.
Poiché gli attuali presidi terapeutici non sono in grado di modificare la storia naturale della malattia,
controllare l’incidenza e la prevalenza delle malattie respiratorie croniche passa attraverso la riduzione dei
fattori di rischio. La prevenzione è uno degli obiettivi prioritari di sanità pubblica e se la prevenzione
primaria è la più efficace per evitare l’insorgenza della malattia, anche la prevenzione secondaria,
attraverso la sorveglianza epidemiologica e la diagnosi precoce dei casi, quando risulta più facile modificare
il suo percorso naturale, è di grande rilievo sia ai fini terapeutici sia dei costi socioeconomici della BPCO.
L’esistenza di una individuale predisposizione genetica sembra essere una caratteristica tanto dei soggetti
fumatori quanto di quelli non fumatori. Gli studi di genetica effettuati su campioni di soggetti non fumatori,
poiché ancora limitati, devono ancora dare risultati di rilievo e, attualmente, l’unico fattore ereditario certo
per lo sviluppo di enfisema polmonare, sia nei fumatori (associazione più forte) che non, resta il deficit di
alfa1-antitripsina, forma peraltro rara che riguarda 1/5.000 casi circa.
Il fumo passivo è altrettanto importante in quanto è stato ormai stabilito che contiene numerosi fattori
irritanti e rappresenta l’esposizione al fumo per i soggetti non fumatori. I bambini che vivono con genitori
fumatori hanno una maggiore prevalenza di sviluppare sintomi e malattie respiratorie e alterazioni delle
prove di funzionalità respiratorie. Alcuni studi epidemiologici (AHSMOG e SAPALDIA, tra quelli con follow-
up più lungo), sebbene in numero limitato, documentano l’associazione tra fumo passivo e sviluppo di
BPCO.
Un altro fattore di rischio accertato, soprattutto per le donne, in particolare per quelle di alcuni paesi come
la Cina, è l’abitudine a usare le biomasse come combustibile, soprattutto se in piccoli ambienti. Non meno
importante è l’associazione tra BPCO e fattori come l’asma bronchiale di lunga data, l’esposizione a fumi e
irritanti nel posto di lavoro e la dieta povera di antiossidanti.
La BPCO, allo stato delle attuali conoscenze, viene pertanto indicata come una patologia multifattoriale, la
cui suscettibilità varia molto nel singolo individuo legandosi a una personale predisposizione genetica. Una
possibile rappresentazione di come possono agire i vari fattori viene proposto dalle linee guida GOLD (vedi
Figura 3).
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Progetto strategico mondiale per la diagnosi, trattamento
e prevenzione della BPCO:Fattori di rischio della BPCO
Figura 3. Possibile rappresentazione dei diversi fattori di rischio della BPCO
Prevalenza La BPCO è tradizionalmente considerata una malattia dei maschi over 50, sebbene oggi vi siano numerose
osservazioni scientifiche circa la presenza della malattia già in soggetti di età compresa tra 20 e 45 anni.
Nonostante sia prevalente nei maschi, la differenza di frequenza tra i sessi è sempre più sottile. Ciò si
spiega, probabilmente, non solo con l’aumento del tabagismo nelle donne, ma anche con una più
frequente associazione, nel sesso femminile, con alcuni fattori di rischio quali l’asma e la bronchite cronica,
come si evince dall’analisi dei questionari self reported.
Una stima esatta della prevalenza della malattia è tuttora non facilmente calcolabile a causa della variabilità
delle definizioni adottate nel tempo e dei diversi metodi di diagnosi utilizzati negli studi clinico-
epidemiologici. Infatti, studi di popolazioni e di metanalisi hanno chiaramente dimostrato che la prevalenza
varia notevolmente tra paese e paese e, a volte, anche all’interno dello stesso paese e che i dati che
provengono da aree geografiche che non sono l’Europa o il Nord America sono inaffidabili. Solo
recentemente linee guida e iniziative internazionali quali GOLD, BOLD e PLATINO hanno promosso una
metodologia standardizzata per la raccolta dei dati, permettendo una comparazione affidabile dei dati
provenienti da aree geografiche diverse.
Le stime di prevalenza per il continente americano (NHANES III e PLATINO) sono rispettivamente del 13,5%
per gli USA e dal 7,8 fino al 20% in Sud America nel gruppo di età superiore a 40 anni.
Secondo lo studio BOLD, studio di prevalenza della BPCO, la prevalenza media della BPCO, stimata sulla
base di esami funzionali in 12 aree prevalentemente urbane di tutti i continenti sommando i livelli di gravità
intermedia o elevata, è risultata pari a 10,1% (11,8 per i maschi e 8,5 per le donne), con un intervallo
compreso tra 5,9 e 19,1% fra le diverse are geografiche. Esposizione al fumo di sigaretta e età media delle
popolazioni studiate sono risultati essere esplicativi di queste differenze nella prevalenza. Gli autori stessi
hanno, però, sottolineato l'importanza di altri fattori locali, sia individuali sia di esposizione, nel
determinismo della variabilità di prevalenza osservata.
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In Italia non si dispone di dati attendibili di prevalenza della BPCO. L'ultima stima riportata dall'Istituto
Nazionale di Statistica si riferisce a una diagnosi di bronchite cronica o enfisema ed è pari a 4,5% per l'intera
popolazione, con una lieve minore frequenza nelle femmine rispetto ai maschi. Questa stima, che pone la
BPCO al sesto posto fra le malattie croniche presenti in Italia, tradotta in valore assoluto riguarda oltre
2.600.000 cittadini italiani. Questo numero esprime quasi certamente una sottostima delle dimensioni reali
della prevalenza della malattia, in analogia a quanto rilevato in altri paesi.
Viegi e coll. hanno condotto uno studio di prevalenza dei disturbi ostruttivi su un campione della
popolazione del Nord-Italia, utilizzando criteri clinici e quelli stabiliti dell’ERS nel 1995 e dall’ATS nel 1986.
In accordo ai criteri clinici, la prevalenza è risultata essere del 9,9% nei soggetti tra 25 e 45 anni e del 28,8%
in quelli al di sopra dei 45 anni. Risultati ancora diversi sono stati osservati in riferimento ai parametri ERS e
ATS. Considerando solo le forme moderate/gravi nei soggetti al di sopra dei 45 anni, la prevalenza è
risultata, con i tre diversi set di criteri, rispettivamente del 4,4, del 3,6 e del 5,2%. Anche dai dati ISTAT
emergono percentuali di prevalenza di bronchite cronica simili: 5,9% tra le donne e 7% tra gli uomini, con
valori che tendono ad aumentare notevolmente (18% dopo i 65 anni, 33% dopo i 75 anni) tra i maschi.
L’entità della sottodiagnosi della BPCO oscilla mediamente tra il 25 e il 50%.
Secondo le stime del WHO sono oltre 65 milioni nel mondo i soggetti con BPCO e di questi nel 2005 ne sono
morti più di 3 milioni, ovvero il 5% della mortalità considerata nella sua globalità. Circa il 90% avviene nei
paesi in via di sviluppo.
Le stime per il futuro sono tutt’altro che incoraggianti: in una proiezione al 2020, la BPCO si porta al terzo
posto, a livello mondiale, tra le principali cause di morte.
Nel Rapporto sullo stato di salute 2005-06 del Ministero della salute si evidenzia che:
1) il 50% dei decessi per cause respiratorie è attribuibile alla BPCO (ISTAT, Cause di Morte, 2002,
2005);
2) in generale i tassi di mortalità sono più elevati nel Sud rispetto al Nord del Paese e sono più elevati
nei maschi rispetto alle femmine e nella fascia di età al disopra dei 65 anni; nel 1996 la BPCO è stata
stimata l’ottava causa di disabilità negli uomini e la settima nelle donne
I dati sulla mortalità per BPCO in Italia sono influenzati dalla tendenza a indicare, in situazioni cliniche
spesso complesse, altre malattie come causa principale del decesso. Pur con questo limite, la BPCO si
situava al quarto posto fra tutte le cause di morte in Italia nel 2003, con un tasso di 6,9/10.000 abitanti.
Tale frequenza è diminuita in armonia con il decrescere della mortalità generale fra il 2003 e il 2006,
portandosi a un tasso annuale di 5,5/10.000 abitanti e mantenendosi al quarto posto fra le cause di morte.
Infine, i costi sociali sia diretti, per la diagnosi e cura della malattia, sia indiretti, dovuti alla perdita di
produttività misurata come giornate di lavoro perse che già al momento costituiscono un notevole peso per
la bilancia sanitaria, sono destinati ad aumentare come dimostrano tutti gli studi epidemiologici.
Nel 2003, Dal Negro e coll., attraverso una survey telefonica, stimarono una spesa media annuale
attribuibile ai costi diretti della BPCO di circa € 1.200 per paziente, dovuta essenzialmente ai costi di
ospedalizzazione. I costi indiretti risultarono inferiori a causa dell’età avanzata della popolazione
interessata dalla patologia. Più recentemente, lo studio multicentrico SIRIO (Social Impact of Respiratory
Integrated Outcomes) ha stimato un costo medio totale per paziente BPCO/anno di oltre 2.100 euro, quasi
per intero dovuto ai costi per ricoveri ospedalieri e per il trattamento farmacologico e l’ossigenoterapia
domiciliare a lungo termine. Questi sono costi perlopiù legati alle riacutizzazioni di malattia. Lo studio ICE
(Italian Costs for Exacerbations in COPD), 706 pazienti di 24 centri, ha documentato un costo medio
generale dei ricoveri ospedalieri per riacutizzazioni di BPCO di € 3.218.
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Le patologie respiratorie figurano al terzo posto tra le cause di assenza dal lavoro per malattia: tra queste,
la BPCO è responsabile del 56% per il sesso maschile e del 24% per quello femminile, con una stima di circa
10 milioni di giornate lavorative perse ogni anno.
Nel succitato Rapporto del Ministero della Salute, viene riportato che, anche utilizzando una stima
conservativa, alla BPCO viene attribuito almeno il 6% dell’intera spesa sanitaria italiana; la quota maggiore
è rappresentata dalle ospedalizzazioni.
Segni e sintomi Nella BPCO possono essere evidenziati tre distinti processi:
la bronchite cronica, caratterizzata da ipertrofia e iperplasia delle ghiandole delle vie aeree più
grandi che comporta tosse ed espettorazione;
la malattia delle piccole vie (infiammazione cronica con distorsione, fibrosi peribronchiale, quindi
ostruzione);
l’enfisema polmonare (riduzione della superficie alveolare e del ritorno elastico).
I segni e sintomi comprendono:
tosse, soprattutto mattutina, accompagnata da espettorazione di muco (catarro);
wheezing (respiro sibilante);
dispnea.
La tosse cronica è praticamente costante nei fumatori al di sopra dei 50 anni. È il primo sintomo a
manifestarsi e solitamente è evidente al mattino, in quanto si accumula muco durante la notte. Il paziente
tipicamente sente i bisogno di liberarsi al mattino appena sveglio e spesso riferisce che l’eventuale difficoltà
a liberarsi del muco condiziona in senso peggiorativo il proprio stato di salute. In generale, la quantità di
catarro non supera i 60 ml al giorno e il muco si presenta non troppo viscoso e di colore trasparente. Un
aumento della produzione del catarro e il viraggio del colore verso il colore giallo o verdastro è, quasi
sempre, il segno di una riacutizzazione batterica. La presenza costante di abbondanti secrezioni, purulente
e a volte chiazzate di sangue, possono indicare la presenza di bronchiectasie. L’emissione di sangue deve
sempre allarmare il paziente e indurlo a esami diagnostici più approfonditi per la maggiore frequenza delle
neoplasie polmonari nei soggetti con BPCO.
Il wheezing, detto anche respiro sibilante, corrisponde all’auscultazione polmonare di rumori cosiddetti
secchi: sibili, gemiti, ronchi auscultabili soprattutto in fase espiratoria.
La dispnea, ovvero la sensazione di “mancanza di fiato”, compare più precocemente nei soggetti fumatori,
circa 40 anni, mentre è più tardiva nei BPCO non fumatori, circa 50 anni. Inizialmente si evidenzia come
dispnea da sforzo e i pazienti, a volte, tendono a mascherarla con una riduzione delle attività fisiche. Poiché
è progressiva, con il tempo tende a manifestarsi anche a riposo limitando le normali attività quotidiane. La
sua genesi è multifattoriale, ma il fenomeno dell’iperinflazione dinamica e i conseguenti disturbi della
meccanica respiratoria hanno un ruolo preminente.
I succitati sintomi respiratori della BPCO purtroppo compaiono quando le alterazioni funzionali sono già in
uno stato avanzato, irreversibile e possono già essere quantificabili con la spirometria (esame ventilatorio)
(vedi Figura 4).
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Figura 4. Progressione dei sintomi della BPCO nel tempo
(da Falcone et al. Il volto delle BPCO che cambia, Quaderno 3)
Il grado di ostruzione non sempre correla con l’entità dei sintomi, ma il riscontro del deficit ostruttivo è
essenziale per la diagnosi e la rapida messa in atto dei presidi, terapeutici e non, utili a impedire il rapido
peggioramento della funzione ventilatoria, l’incremento dei sintomi e il rapido scadimento della qualità di
vita.
La disuassefazione al fumo è la prima misura da adottare. I sintomi si manifestano maggiormente nei
soggetti che continuano a fumare, palesandosi in maniera direttamente proporzionale ai pack/year fumati.
Il parametro pack/year, o indice tabagico, identifica il carico di tabacco che il soggetto ha utilizzato nel
corso della sua vita di fumatore. Il calcolo è semplice: il n° sigarette fumate al giorno viene moltiplicato per
gli anni di fumo e poi diviso per 20 (il contenuto di un pacchetto di sigarette).
I sintomi tendono a migliorare già nel corso del primo anno di astensione dal fumo, per ridursi
significativamente entro 5 anni, in particolare nei soggetti con VEMS (volume espiratorio massimale al
primo secondo) compreso tra 55 e 90% del predetto (con Indice di Tiffeneau <70%).
In fase avanzata di malattia, questi sintomi si associano spesso a manifestazioni cliniche extratoraciche che
documentano il passaggio della BPCO da malattia solo polmonare a patologia sistemica con insufficienza
cardiorespiratoria.
Sintomi e segni “sistemici” sono:
cuore: ipertrofia ventricolare destra (presente in 40% dei soggetti affetti da BPCO) fino al cuore
polmonare cronico e alla insufficienza ventricolare destra;
rene: insufficienza renale cronica;
sangue: aumento dell’ematocrito;
metabolismo: perdita di peso, malnutrizione, riduzione della massa muscolare;
osteoporosi e disfunzioni endocrine;
SNC: cefalea, nausea, alterazioni dei riflessi, tremori, ansia e depressione (in particolare tra i giovani
e nel sesso femminile).
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Comorbidità Si intende con questo termine la presenza di condizioni patologiche concomitanti alla BPCO, che
differiscono dai segni e sintomi sistemici, in quanto questi ultimi sono una diretta conseguenza della
malattia. Molto esplicativo l’esempio della patologia cardiaca ischemica come comorbidità, mentre il cuore
polmonare è una conseguenza sistemica. Le comorbidità hanno un notevole impatto sia sulla salute del
soggetto sia economico e sul numero dei ricoveri.
Le comorbidità della BPCO sono state classificate tradizionalmente in base all’approccio clinico-patologico
in:
respiratorie: asma, polmonite, embolia polmonare, ipertensione polmonare, fibrosi polmonare
idiopatica, apnea ostruttiva nel sonno e cancro del polmone;
cardiovascolari: cardiopatie ischemica, aritmie, insufficienza cardiaca congestizia, ictus e
ipertensione;
metaboliche: sindrome metabolica, diabete, ipertensione, dislipidemia, osteoporosi e disfunzione
muscolo-scheletrica;
neoplasie maligne: cancro del polmone, cancro dell’esofago e della mammella;
psichiatriche: depressione, ansia e insonnia;
varie: insufficienza renale, malattia da reflusso gastro-esofageo/ulcera peptica e disfunzione
erettile.
Riacutizzazioni La storia naturale della BPCO non è lineare, ma segnata da eventi di acuzie della malattia, appunto definiti
“riacutizzazioni”, che secondo la definizione GOLD identifica un “un prolungato peggioramento delle
condizioni del paziente rispetto allo stato stabile e oltre le normali variazioni giornaliere, che insorge
acutamente e richiede una modificazione del trattamento in un paziente affetto da BPCO”.
Questi eventi, che richiedono l’intensificazione del trattamento o l’ospedalizzazione, rivestono un ruolo
importante nella storia della malattia, in quanto contribuiscono a determinare l’aumento della morbilità e
della mortalità e a ridurre la qualità della vita del paziente.
I sintomi di solito riportati dal paziente sono un peggioramento del respiro, tosse, aumento dell’escreato e
cambiamenti nel colore dell’escreato (vedi Tabella 2).
Tabella 2. Descrizione clinica della BPCO riacutizzata
Categoria di segni Descrizione
Respiratori Aumento della dispnea Aumento del volume e della purulenza dell’espettorato Aumento della tosse Respiro frequente e superficiale
Sistemici Febbre Tachicardia Disturbi neurologici
(Da Progetto ASCO)
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Le riacutizzazioni sono molto spesso dovute a infezioni e in minor misura agli inquinanti. In Tabella 3
vengono riportati gli agenti infettanti più frequenti.
Tabella 3. Agenti infettanti più frequentemente responsabili di riacutizzazioni
Batteri
Haemophilus influenzae
Moraxella catarrhalis
Streptococcus pneumoniae
Pseudomonas aeruginosa
Staphylococcus aureus
Chlamydia pneumoniae
Virus
Rhinovirus
Coronavirus
Virus influenzali
Virus parinfluenzali
Adenovirus
virus respiratorio sinciziale
In un terzo dei casi non si riesce a identificare la causa. Alcune patologie, inoltre, possono simulare una
riacutizzazione e talvolta complicarla: la polmonite, lo scompenso cardiaco congestizio, il pneumotorace, i
versamenti pleurici, l’embolia polmonare e le aritmie cardiache. I pazienti fumatori presentano un maggior
numero di riacutizzazioni rispetto ai non fumatori. Il riscontro di una riacutizzazione apre un processo di
attenta valutazione del paziente in quanto, in alcuni casi, è da considerare anche il ricovero ospedaliero. La
decisione del luogo e del tipo di trattamento passa attraverso un processo diagnostico che comprende la
clinica, l’esame dell’espettorato, l’esame radiologico e le prove di funzionalità respiratoria nonché la
valutazione dei gas ematici, processo utile anche ai fini della diagnosi differenziale e dell’identificazione
della causa. La terapia prevede l’uso di antibiotici, broncodilatatori e steroidi anche per via sistemica, fino
all’uso di ossigeno e ventilazione meccanica.
Diagnosi La BPCO, come si è già detto, una patologia largamente sottodiagnosticata. Esplicativo di questa
affermazione è il grafico di Soriano (Lancet 2009) riportato in Figura 5.
Figura 5. Rapporto tra BPCO diagnosticata e non diagnosticata in diversi paesi
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La malattia va sempre sospettata nei soggetti con le caratteristiche che sono descritte nelle linee guida
GOLD (vedi Figura 6). In tutti questi va effettuato un esame spirometrico.
© 2015 Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease Figura 6. Caratteristiche per sospettare una BPCO
Come si può notare, la spirometria deve diagnosticare una limitazione persistente al flusso aereo. Per
questo motivo non è decisivo il riscontro di un’ostruzione (riduzione dell’Indice di Tiffeneau: VEMS/CVF,
capacità vitale forzata), ma che questa sia ancora presente dopo che lo stesso soggetto sia stato sottoposto
a un test di reversibilità farmacologica, utilizzando un broncodilatatore a rapida azione come il salbutamolo
(vedi Figura 7).
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L’esame spirometrico va eseguito dopo una dose adeguata di un broncodilatatore a breve durata
d’azione per a ridurre la variabilità del test
la presenza di un VEMS/CVF < 0.70 dopo broncodilatatore conferma la persistente ostruzione
bronchiale
Ove possibile, i valori spirometrici misurati vanno comparati coi valori normali età-correlati al fine di
evitare sovra-diagnosi negli anziani
Progetto strategico mondiale per la diagnosi, trattamento e
prevenzione della BPCO:
Valutazione dell’ostruzione bronchiale: spirometria
Figura 7. Valutazione dell’ostruzione bronchiale tramite spirometria
Di seguito (vedi Figura 8) viene riportata la classificazione di gravità della BPCO secondo il criterio
spirometrico.
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© 2015 Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease Figura 8. Classificazione di gravità della BPCO secondo il criterio spirometrico
Nei soggetti con grave limitazione al flusso, il tempo di svuotamento dei polmoni è superiore a quello
disponibile per cui l’inspirazione comincia prima del raggiungimento del normale volume di fine espirazione
(air trapping). Ciò comporta una iperinsufflazione polmonare, con aumento del Volume Residuo che porta a
una riduzione della Capacità Inspiratoria. Questo fenomeno è non significativo in caso di BPCO stabile, ma
diventa molto evidente nel corso di esercizio fisico (iperinflazione dinamica), nel caso di gravi ostruzioni e di
riacutizzazione.
L’iperinflazione è la causa della scarsa tolleranza all’esercizio fisico di questi pazienti e costituisce la base
fisiopatologica dell’utilizzo dei broncodilatatori (vedi Figura 9).
Figura 9. Meccanismo della dispnea
Altre indagini diagnostiche sono:
radiografia del torace: raramente diagnostica ma utile per escludere altre malattie e valutare la
presenza di eventuali comorbidità;
capacità di diffusione: aiuta a valutare la gravità (non è essenziale per la gestione del paziente);
saturimetria e/o gas arteriosi: la pulsossimetria è utile per misurare il grado di saturazione di
ossigeno del sangue arterioso e identificare la necessità di ossigeno-terapia;
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valutazione di un deficit di alfa-1-antitripsina: va fatta in pazienti di origine caucasica che
sviluppino BPCO al di sotto dei 45 anni di età e che hanno forte familiarità per BPCO;
test da sforzo: misure obiettive della ridotta tolleranza allo sforzo, sia mediante la semplice misura
della distanza percorsa al proprio passo in sei minuti (6 Minute Walking Test, 6MWT) o nel corso di
sforzi crescenti eseguiti in laboratorio, costituiscono indici importanti di misura indiretta dello stato
di salute e della prognosi.
Gravità di malattia e guida al trattamento Attualmente, la determinazione della gravità della malattia, del suo impatto sullo stato di salute del
paziente e il rischio di riacutizzazioni future per guidare la scelta del trattamento viene espresso
dall’integrazione delle seguenti caratteristiche della malattia che vanno valutate singolarmente (vedi Figura
10):
gravità dei sintomi in atto;
severità dell’alterazione spirometrica;
frequenza delle riacutizzazioni;
presenza di comorbidità.
© 2015 Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease
Paziente Caratteristiche Classificazione
Spirometrica
Riacutizzazioni/
anno
CAT mMRC
ABasso rischio
Sintomi lieviGOLD 1-2 ≤ 1 < 10 0-1
BBasso rischio
Sintomi graviGOLD 1-2 ≤ 1 ≥ 10 > 2
CAlto rischio
Sintomi lieviGOLD 3-4 > 2 < 10 0-1
DAlto Rischio
Sintomi graviGOLD 3-4 > 2 ≥ 10 > 2
Nel valutare il rischio, tenere in considerazione il valore
più alto fra stadio GOLD o storia di riacutizzazioni. Una o
più ospedalizzazioni per riacutizzazioni di BPCO
dovrebbe essere considerata a alto rischio
Progetto strategico mondiale per la diagnosi,
trattamento e prevenzione della BPCO:
Valutazione combinata della
gravità della BPCO
Figura 10. Valutazione combinata della gravità di BPCO
Viene a delinearsi un quadro in cui i pazienti vengono assegnati a uno dei 4 gruppi individuati (A, B, C o D).
Come si può notare in alto a sinistra, i gruppi del quadrante basso (A e B) esprimono un basso rischio,
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laddove i quadranti superiori uno alto. Nella suddivisione in quadranti di destra e sinistra viene invece
indicata la gravità dei sintomi.
Raccomandazioni BPCO stabile
Accertamento diagnostico
Cessazione dal fumo
Stili di vita 1. corretta alimentazione e controllo del peso 2. attività fisica 3. socializzazone
Scelta terapeutica appropriata
Smettere di fumare, come più volte affermato, è la misura che ha la maggiore possibilità di modificare la
storia naturale della BPCO. Un counseling offerto dal medico o da operatori sanitari, anche breve (ad es., 3
minuti), contribuisce ad aumentare in maniera significativa i tassi di cessazione del fumo. Sia la terapia con
sostituti della nicotina (gomme da masticare, spray inalatori o nasali, cerotti, compresse sublinguali,
pastiglie) sia l’uso di farmaci quali la vareniclina, il bupropione e la nortriptilina aumentano sensibilmente la
durata di astinenza dal fumo. In tutti i pazienti affetti da BPCO l’attività fisica risulta benefica e va
ripetutamente incoraggiata.
I broncodilatatori costituiscono i farmaci di prima scelta per il trattamento sintomatico della BPCO. I
farmaci broncodilatatori a lunga durata d’azione sono più semplici da usare e più efficaci rispetto a quelli a
breve durata d’azione. Riducono le riacutizzazioni e le conseguenti ospedalizzazioni, riducono i sintomi e
migliorano la qualità della vita. Sono usati spesso in associazione in quanto, sfruttando diversi meccanismi
d’azione, risultano più efficaci con minori effetti collaterali. L’aggiunta di un trattamento regolare con
steroidi inalatori migliora i sintomi, la funzionalità respiratoria e la qualità di vita e riduce la frequenza di
riacutizzazioni, ma aumenta il rischio di polmonite, per cui è indicato in pazienti con un VEMS inferiore al
60% del teorico. Il trattamento regolare con steroidi per via sistemica va, invece, sempre evitato. In pazienti
selezionati (BPCO grave e molto grave = GOLD 3 e 4 e una storia di frequenti riacutizzazioni), l’inibitore della
fosfodiesterasi-4 roflumilast è in grado di ridurre le riacutizzazioni che richiedono un trattamento con
steroidi sistemici.
Tabella 4. Principali farmaci usati nel trattamento della BPCO
Beta2-agonisti - Beta2-agonisti a breve durata d’azione - Beta2-agonisti a lunga durata d’azione
Anticolinergici - Anticolinergici a breve durata d’azione - Anticolinergici a lunga durata d’azione
Combinazione di beta2-agonisti a breve durata d’azione + anticolinergici nello stesso inalatore
Combinazione di beta2-agonisti a lunga durata d’azione + anticolinergici nello stesso inalatore
Metilxantine
Steroidi inalatori
Combinazione di beta2-agonisti a lunga durata d’azione + steroidi inalatori nello stesso inalatore
Steroidi sistemici
Inibitori delle fosfodiesterasi 4
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Di seguito (vedi Tabella 5) si riportano le raccomandazioni GOLD per il trattamento della BPCO non
in riacutizzazione (stabile) a seconda del gruppo di gravità a cui viene assegnato il paziente.
Tabella 5. Raccomandazioni GOLD per il trattamento della BPCO stabile
Gruppo di pazienti Rischio di riacutizzazioni
Sintomi Prima scelta Terapia alternativa
A Basso Lievi SAMA prn o SABA prn
LAMA o LABA o SAMA+SABA
B Basso Gravi LAMA o LABA LAMA+LABA
C Alto Lievi ICS+LABA o LAMA LAMA+LABA o LAMA+PDE4-i o LABA+PDE4-i
D Alto Gravi ICS+LABA e/o LAMA
ICS+LAMA+LABA o ICS+LABA+PDR4-i o LABA+LAMA o LAMA+PDE4-i
ICS: Inhaled CorticoSteroids, corticosteroidi inalatori; LABA: Long Acting Beta Agonists, beta2-agonisti a
lunga durata; LAMA: Long Acting Muscarinic Antagonists, anticolinergici a lunga durata; PDE4-i:
PhosphoDiEsterase4 inhibitors, inibitori delle fosfodiesterasi 4; prn: pro re nata, al bisogno; SABA: Short
Acting Beta-Agonists, beta2-agonisti a breve durata; SAMA: Short Acting Muscarinic Antagonists,
Anticolinergici a breve durata.
Asma Bronchiale
Definizione È una malattia eterogenea, caratterizzata da infiammazione cronica e iperresponsività delle vie aeree e
causa episodi ricorrenti di respiro sibilante (wheezing), dispnea, sensazione di costrizione toracica e tosse
che possono variare nel tempo per comparsa, frequenza e intensità. I sintomi si associano a
broncocostrizione, reversibile spontaneamente o dopo terapia, e possono essere scatenati o peggiorati da
fattori come infezioni virali, allergeni, fumo di tabacco, esercizio fisico e stress. L’infiammazione, in
particolare nel tipo allergico, interessa tutte le vie aeree e si associa a un processo di alterazione strutturale
della parete bronchiale che prende il nome di rimodellamento. Nel caso di asma allergica, il paziente
presenta un’altra caratteristica, l’atopia, il fattore più conosciuto e importante per lo sviluppo dell’asma.
Per iperresponsività delle vie aeree, o iperreattività, si intende un’abnorme reazione broncostenotica a
stimoli che sono innocui per i soggetti sani. Essa è espressione del rimodellamento delle vie aeree.
Epidemiologia L’asma è un malattia cronica comune e potenzialmente grave, che può essere controllata ma non curata. Si
ritiene che ne soffrano non meno di 300 milioni di persone nel mondo e ai quali si aggiungeranno altri 100
milioni nel 2025. La maggiore prevalenza si registra spesso al di sotto degli 8 anni, con un secondo picco
nell’età adulta sopra i 50 anni. È più frequente nei maschi in età pediatrica e nelle donne in età adulta.
I più recenti studi epidemiologici sono l’ISAAC (International Study of Asthma and Allergies in Childhood) e
l’ECRHS (European Community Respiratory Health Survey).
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Lo studio ISAAC è stato eseguito in 66 centri di 37 paesi per la fascia di età 6-7 anni e in 106 centri di 56
paesi per la fascia di età 13-14 anni. Complessivamente hanno partecipato alla ricerca 193.404 bambini di
6-7 anni e 304.679 di 13-14 anni. L’obiettivo era stabilire la prevalenza di asma, rinocongiuntivite allergica e
eczema nel 2002 e confrontare questi dati con quelli risultati da una analoga rilevazione realizzata nel
1995.
Lo studio ECRHS ha riguardato 140.000 adulti in 22 Paesi europei di età compresa tra 20 e 44 anni. Questi
studi hanno mostrato una prevalenza di asma compresa tra il 10 e il 15% nei bambini e superiore al 5-10%
negli adulti. I tassi più elevati si sono riscontrati nei paesi occidentali, soprattutto tra le popolazioni di
origine anglosassone (vedi Tabella 6).
Tabella 6. Prevalenza di asma clinica nel mondo
Scozia 18,4 Costa d’Avorio 7,8 Italia 4,5
Jersey 17,6 Colombia 7,4 Oman 4,5
Guernsey 17,5 Turchia 7,4 Pakistan 4,3
Galles 16,8 Libano 7,2 Tunisia 4,3
Isole di Man 16,7 Kenia 7,0 Capo Verde 4,2
Inghilterra 15,3 Germania 6,9 Lettonia 4,2
Nuova Zelanda 15,1 Francia 6,8 Polonia 4,1
Australia 14,7 Norvegia 6,8 Algeria 3,9
EIRE 14,6 Giappone 6,7 Corea del Sud 3,9
Canada 14,1 Svezia 6,5 Bangladesh 3,8
Perù 13,0 Tailandia 6,5 Marocco 3,8
Trinidad e Tobago 12,6 Hong Kong 6,2 Territori occupati di Palestina
3,6
Costa Rica 11,9 Filippine 6,2 Messico 3,3
Brasile 11,4 Emirati Arabi Uniti 6,2 Etiopia 3,1
USA 10,9 Belgio 6,0 Danimarca 3,0
Fiji 10,5 Austria 5,8 India 3,0
Paraguay 9,7 Spagna 5,7 Taiwan 2,6
Uruguay 9,5 Arabia Saudita 5,6 Cipro 2,4
Israele 9,0 Argentina 5,5 Svizzera 2,3
Barbados 8,9 Iran 5,5 Russia 2,2
Panama 8,8 Estonia 5,4 Cina 2,1
Kuwait 8,5 Nigeria 5,4 Grecia 1,9
Ucraina 8,3 Cile 5,1 Georgia 1,8
Ecuador 8,2 Singapore 4,9 Nepal 1,5
Sud Africa 8,1 Malesia 4,8 Romania 1,5
Repubblica Ceca 8,0 Portogallo 4,8 Albania 1,3
Finlandia 8,0 Uzbekistan 4,6 Indonesia 1,1
Malta 8,0 Repubblica di Macedonia
4,5 Macau 0,7
In Italia la prevalenza si attesta al 3,5% negli adulti e al 10% per i bambini tra i 5 e 14 anni. La mortalità è in
diminuzione nei paesi occidentali grazie all’introduzione degli steroidi nel trattamento e alla maggiore
possibilità di accedere al servizio sanitario. È ancora un problema sanitario importante nei paesi in via di
sviluppo. La stima a livello mondiale è di circa 250.000 morti all’anno. In Italia, circa un decennio fa, si
attestava tra 1.000 e 1.500 all’anno.
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I costi della malattia, invece, sono elevati. In Italia l’asma consuma circa il 2% della spesa sanitaria totale. I
costi diretti rappresentano il 50% della spesa e sono particolarmente alti in quel 20% di pazienti affetti da
asma grave che consumano l’80% delle risorse destinate all’asma.
Eziologia L’asma è una malattia multifattoriale che risulta dall’interazione di fattori di rischio individuali o endogeni, e
fattori di tipo ambientali. I primi predispongono allo sviluppo della malattia, mentre quelli ambientali
facilitano l’insorgenza della malattia e scatenano i sintomi e le riacutizzazioni (vedi Tabella 7).
Tabella 7. Fattori di rischio per insorgenza di asma
Individuali Ambientali Predisposizione genetica Atopia Iperreattività bronchiale
Allergeni Sensibilizzanti professionali Fumo di tabacco Inquinamento atmosferico Infezioni delle vie aeree
Minori Minori
Sesso Etnia Obesità
Fattori socio-economici Dimensioni del nucleo familiare Abitudini alimentari e farmaci Vita prevalente in ambienti interni Stress e fattori psicosociali
L’atopia è la predisposizione individuale a produrre grandi quantità di IgE in risposta agli antigeni ambientali
che innescano una reazione immunologica. I soggetti affetti, che hanno una storia sia personale sia
familiare di rinite, orticaria, eczema, hanno un rischio molto più elevato di sviluppo dell’asma. In questo
caso l’asma viene definita asma allergica o estrinseca, al contrario di quella in cui non è identificabile un
responsabile della malattia e che viene definito asma intrinseca. I soggetti con atopia che diventano
sensibili agli allergeni nei primi tre anni di vita spesso diventano asmatici, laddove quelli che si
sensibilizzano dopo i 10 anni hanno un rischio di asma quasi pari ai bambini non sensibilizzati. L’asma e
l’atopia possono essere ereditati insieme, eventualità che aumenta significativamente il rischio di asma, o
indipendentemente l’uno dall’altra.
Un altro fattore endogeno cruciale è rappresentato dall’iperreattività bronchiale, anche esso in parte
ereditabile. Si associa alla tendenza a produrre elevate quantità sieriche di IgE. Tra i fattori ambientali più
importanti è la presenza di allergeni e tra le principali fonti di allergeni domestici si annoverano i derivati
degli acari della polvere e il pelo di animali domestici come cani, gatti, coniglio e criceti; seguono gli
scarafaggi e i miceti. Le specie più diffuse di acari sono i Dermatophagoides pteronyssinus e farinae che
infestano materassi, cuscini, tappeti e tessuti da arredamento, peluche. Si nutrono di epidermide esfoliata e
sono favoriti nella crescita da una temperatura compresa tra i 15 e i 30 °C a da umidità relativa tra 60 e
80%. Nell’ambiente esterno prevalgono i pollini. Tra i più comuni abbiamo le Graminacee, le Composite e le
Urticacee, come la Parietaria. Un categoria particolare di allergeni sono i sensibilizzanti di natura
professionale, come gli isocianati, i sali di platino e altri (se contano oltre 300), che vengono utilizzati in
alcuni settori industriali e dell’agricoltura. Più esposti sono i verniciatori, i lavoratori di materiali plastici e gli
addetti alle pulizie. Gli inquinanti ambientali agiscono favorendo l’effetto di altri agenti, come gli allergeni e
le sostanze professionali. Importanti cofattori per l’insorgenza di asma sono il fumo attivo e passivo e le
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infezioni delle vie respiratorie, sia virali sia batteriche, soprattutto se riscontrate frequentemente e in
giovane età.
Tra i fattori scatenanti sono ancora da menzionare alcuni farmaci, in primis i FANS come l’acido
acetilsalicilico e i beta-bloccanti, l’esercizio fisico, le emozioni intense e la malattia da reflusso
gastroesofageo.
Patogenesi Gli elementi patogenetici di fondo dell’asma sono la disfunzione della muscolatura liscia e l’infiammazione
cronica con rimodellamento delle vie aeree. Queste sono il risultato di una complessa interazione tra cellule
infiammatorie e strutturali che cooperano alla realizzazione dei processi infiammatori e di remodeling. Il
pattern infiammatorio in pratica è simile sia nell’asma allergica sia non, sebbene sia più conosciuta e
studiata la reazione immunoallergica.
La cascata infiammatoria inizia quando un antigene di varia natura viene processato dalle cellule
presentanti l’antigene (APC – Antigen Presentino Cell) e presentate a un linfocita T che prolifera. Le APC
sono in grado di indirizzare la maturazione della cellula T in senso Th1, che produce IFN gamma e
interleuchina 12 (IL-12), o Th2, che produce IL-4,5,13. Le risposte allergiche sono di tipo Th2. Queste,
attraverso la produzione di citochine come la IL-4 e IL-13, inducono il linfociti B a produrre IgE, che si legano
alla superficie cellulare di mastociti e basofili causando la produzione/liberazione di mediatori che
promuovono il fenotipo asmatico. Quando questo individuo, ormai sensibilizzato, viene a contatto
nuovamente con l’antigene, vengono rapidamente liberati dalle cellule succitate istamina, prostaglandine e
leucotrieni responsabili dell’edema, dell’ipersecrezione e della broncostruzione della reazione asmatica
precoce. A seguito di questa, vengono liberate altre citochine (IL-4,5,8,13, Tumor necrosis factor) che sono
capaci di reclutare cellule infiammatorie, soprattutto eosinofili, che accorrono nel sito di infiammazione
segnando il passaggio alla reazione asmatica tardiva. Gli eosinofili sono le cellule più implicate nella genesi
delle alterazioni strutturali attraverso il rilascio di potenti agenti infiammatori come la Proteina cationica e
la Proteina basica maggiore. Anche le cellule strutturali, come si è detto, quali epitelio delle vie aeree,
cellule della muscolatura liscia e endoteliali, contribuiscono alla cronicizzazione e all’amplificazione
dell’infiammazione attraverso produzione e rilascio di citochine.
Fisiopatologia Nel loro insieme, le modificazioni indotte dall’infiammazione si traducono in diffuso restringimento delle
vie aeree e nell’aumento dell’iperreattività. Questo fenomeno riguarda l’intero albero bronchiale, ma è
massimo nei bronchi piccoli, di 2-5 mm. Esso è sostenuto dalla contrazione della muscolatura liscia
bronchiale, dall’edema delle vie aeree, dall’ispessimento delle stesse e dalla ipersecrezione di muco.
Schematicamente il succedersi di eventi che avviene nell’attacco di asma è il seguente: broncostruzione con
riduzione del flusso di aria; per compensare il paziente tende a ventilare a volumi più elevati ma di fronte
alla riduzione del passaggio di aria, evidente in fase espiratoria, aumenta il volume residuo e compare
iperinflazione polmonare e aumento del lavoro respiratorio. Ciò induce anche una ineguale distribuzione
della ventilazione negli alveoli con alterazione della diffusione alveolo-capillare (scambi gassosi) con
ipossiemia e ipocapnia (riduzione di CO2) da iperventilazione. Ovviamente questi quadri diventano
particolarmente gravi nelle crisi asmatiche protratte o nei casi di asma di difficile trattamento e nello stato
di male asmatico.
Clinica Le manifestazioni cliniche dell’asma variano molto in termini di intensità e di dinamica temporale, sia tra
diversi soggetti sia nello stesso soggetto in momenti diversi. I sintomi tipici sono la dispnea, il respiro
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sibilante, la tosse e il senso di costrizione toracica. Possono presentarsi singolarmente o associati e in
maniera variabile per intensità, durata e rapidità di insorgenza, in maniera episodica e soprattutto durante
la notte o al mattino. Le crisi possono infatti durare da pochi minuti fino ad ore. Lo spettro di gravità è
molto ampio.
Diagnosi Tabella 8. La diagnosi di asma
Anamnesi
Esame obiettivo
Prove di funzionalità respiratoria
Spirometria
Test di reversibilità
Test di provocazione bronchiale aspecifico
Indagini per identificare i fattori di rischio Indagini allergologiche (prick test, Prist e Rast) Visite otorinolaringoiatrica e gastroenterologica
Altre:
Diagnosi differenziale asma/BPCO (test di diffusione alveolo-capillare)
Biomarcatori (espettorato indotto, ossido nitrico)
Nell’anamnesi è molto importante indagare il tipo e la gravità di sintomi, la modalità di comparsa
(progressiva o rapida), la stagionalità, il luogo (aperto o casa o posto di lavoro), la durata, la frequenza,
eventuale relazione con fattori scatenanti, orario (se di notte o di giorno). Si completa con la ricerca di
patologie associate come la rinite, la sinusite e il reflusso gastroesofageo (vedi Tabella 8).
L’esame obiettivo può essere del tutto normale tra una crisi e un’altra. Caratteristici dell’auscultazione sono
rumori secchi, fischi e sibili prevalentemente espiratori.
La spirometria è indispensabile per la diagnosi, la valutazione del grado di gravità e il monitoraggio
dell’asma. Le prove di funzionalità respiratoria forniscono una valutazione diretta della limitazione al flusso
di aria, il grado di ostruzione e la sua reversibilità. Il deficit ventilatorio ostruttivo è contrassegnato da un
Volume Espiratorio Massimo nel 1° Secondo (VEMS) ridotto in presenza di una Capacità Vitale Forzata (CVF)
normale o di poco ridotta con relativa diminuzione del rapporto VEMS/CVF (indice di Tiffeneau) (vedi
Modulo 2). Il termine reversibilità si riferisce a una aumento significativo del VEMS (> 12%), rispetto al
valore basale, registrato dopo che al soggetto ostruito siano stati somministrati 4 puff di salbutamolo, un
beta2-agonista a rapida azione.
Nei pazienti con anamnesi e sintomi suggestivi di asma bronchiale, ma con normale funzione polmonare, è
indicata l’esecuzione di un test di reattività bronchiale aspecifico. Il test alla metacolina è ampiamente
diffuso. La prova consiste nella registrazione delle modificazioni del VEMS dopo inalazione di dosi crescenti
di metacolina, fino al raggiungimento di una deflessione del valore di VEMS uguale o > 20% rispetto al
valore iniziale ottenuto dopo inalazione di una soluzione tampone. Il grado di reattività viene espresso in
termini di PD20 VEMS, che è la dose cumulativa di metacolina che ha provocato al caduta del VEMS del
20%. Se la PD20 > 1600 microgrammi il soggetto è normoresponsivo, tra 800 e 1600 ha una iperresponsività
di grado lieve, tra 200 e 800 è di grado moderato e di grado severo se la PD20 < 200.
La figura 11 riporta le raccomandazioni GINA per la diagnosi di asma bronchiale.
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Sintomi: tosse, sibili, dispnea,
intolleranza allo sforzo
Spirometria
Sindrome ostruttiva?
Test di reversibilità
Ostruzione
reversibile?
Test di
broncostimolazione
Iperreattività
bronchiale?
Sospetto clinico
di Asma
si
no
si
siTrattamento ex
adiuvantibus 4-6
settimane
no
Diagnosi di
Asma
Diagnosi
alternative
all’Asma
no
nosi
Diagnosi
alternative
all’Asma
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Figura 11. Raccomandazioni GINA per la diagnosi di asma bronchiale
L’infiammazione nell’asma può anche essere valutata in modo non invasivo, esaminando l’espettorato che,
quando non spontaneo, viene indotto facendo inalare una soluzione ipertonica. L’analisi dell’espettorato
fornisce informazioni sia sulle cellule coinvolte sia su citochine e mediatori della flogosi. Nei pazienti
asmatici che non sono in trattamento con steroidi risultano aumentati i livelli di ossido nitrico esalato
(FeNO), sebbene ciò sia riscontrabile anche nella rinite allergica. Infine, i test cutanei (prick test)
rappresentano il principale strumento diagnostico dello stato allergico. Sono semplici da eseguire, di rapida
esecuzione e molto sensibili.
Classificazione di gravità Il livello di gravità dell’asma va stabilito inizialmente perché è su di esso che si basa l’impostazione del
trattamento più appropriato. Il livello di classificazione non deve considerarsi statico. Infatti, la gravità
dell’asma può variare considerevolmente nel tempo e non è raro il riscontro del passaggio da un livello a un
altro, ovviamente anche più basso di quello iniziale (vedi Figura 12).
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Sintomi Sintomi notturni FEV1 o PEF
Step 4
Grave
Persistente
Continui
Attività fisica limitataFrequenti
FEV1 60% predetto
Variabilità PEF> 30%
Step 3
Moderato
Persistente
Quotidiani
Attacchi che limitano
l’attività
> 1 volta/settimanaFEV1 60-80 % predetto
Variabilità PEF> 30%
Step 2
Lieve
Persistente
> 1 volta/settimana
ma < 1 volta / giorno> 2 volte al mese
FEV1 ≥ 80 % predetto
Variabilità PEF 20-30%
Step 1
Intermittente< 1 volta/settimana ≤ 2 volte al mese
FEV1 ≥ 80 % predetto
Variabilità PEF < 20%
Classificazione di gravità prima dell’inizio del trattamento
La presenza di almeno uno dei criteri di gravità è sufficiente per classificare un paziente in un determinato livello di gravità
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Caratteristiche cliniche in assenza di terapia
Figura 12. Classificazione di gravità dell’asma prima dell’inizio del trattamento
Al contrario, nei soggetti in trattamento è più importante valutare il controllo indipendentemente dalla
gravità iniziale. Per controllo si intende il raggiungimento di uno stato di salute nel quale le manifestazioni
cliniche e fisiopatologiche della malattia sono assenti o ridotte al minimo. Idealmente questo dovrebbe
riguardare anche gli indici di infiammazione. Molta importanza è data alle riacutizzazioni. In base ai risultati
che si ottengono, come si può notare nella seguente tabella 9, l’asma si può definire come controllata,
parzialmente controllata e non controllata.
Tabella 9. Livelli di controllo dell’asma
Caratteristiche Controllato Parzialmente
controllato
Non controllato
Sintomi giornalieri Nessuno
(<2/settimana)
>2/settimana
3 o più aspetti presenti
nell’asma parzialmente
controllato
Limitazione delle attività Nessuna Qualche
Sintomi notturni/risvegli Nessuno Qualche
Necessità di farmaco al
bisogno
Nessuna
(<2/settimana)
>2/settimana
Funzione polmonare (PEF
o FEV1) §
Normale <80% del predetto o del
personal best (se noto)
Riacutizzazioni Nessuna 1 o più per anno * 1 in qualsiasi
settimana$
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* Qualsiasi riacutizzazione dovrebbe essere prontamente seguita da una revisione del trattamento di
mantenimento per assicurarsi che esso sia adeguato
$ Per definizione, 1 riacutizzazione in una qualsiasi delle settimane di monitoraggio rende l’intera settimana
non controllata
§ La funzione polmonare è valutabile solo in individui con età superiore a 5 anni
Tratto da: Progetto Libra 2013
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Terapia dell’asma Il trattamento dell’asma inizia con la prevenzione. In tal senso assume grande rilevanza l’educazione
sanitaria del paziente e della famiglia. La riduzione o, quando possibile, l’abolizione dell’esposizione a
fattori di rischio (quali allergeni, infezioni virali, inquinanti, farmaci), migliora il controllo dell’asma, previene
le riacutizzazioni e diminuisce la necessità di trattamento farmacologico. La precoce identificazione di
sensibilizzanti occupazionali e l’evitare ulteriori esposizioni nei soggetti sensibilizzati sono importanti
misure della gestione dell’asma occupazionale. Importanti azioni preventive sono la ridotta esposizione al
fumo e agli inquinanti ambientali, il trattamento delle comorbidità (rinosinusite e reflusso gastroesofageo)
e la riduzione di peso nei soggetti obesi. Tra tutte queste misure, evitare l’esposizione al fumo di sigaretta,
sia in utero sia dopo la nascita, rappresenta l’unico intervento preventivo di dimostrata efficacia.
Gli obiettivi della terapia farmacologica sono rappresentati dal controllo adeguato della sintomatologia, dal
mantenimento della funzione polmonare il più vicino possibile nella norma e dalla prevenzione delle
riacutizzazioni. I farmaci si distinguono in farmaci che operano il controllo della malattia (controller) da
quelli che rapidamente alleviano i sintomi (reliever) (vedi Tabella 10).
Tabella 10. Terapia farmacologica dell’asma bronchiale
Farmaci per il controllo dell’asma Farmaci per il sollievo dei sintomi
Corticosteroidi inalatori (CSI) Beta2-agonisti inalatori a rapida azione
CSI + Beta2-agonisti a lunga durata d’azione Corticosteroidi sistemici
Antagonisti recettoriali dei leucotrieni Anticolinergici a breve durata d’azione
In casi selezionati:
Anti-IgE (omalizumab)
Corticosteroidi sistemici
Metilxantine a lento rilascio
Cromoni
I primi vengono somministrati quotidianamente anche per periodi prolungati, ai fini di spegnere
l’infiammazione e raggiungere il controllo dell’asma. I secondi vengono perlopiù utilizzati al bisogno per
risolvere rapidamente la broncocostrizione (salbutamolo, fenoterolo). Come si è detto, gli schemi
terapeutici si differenziano a seconda del livello di gravità dell’asma, mentre nelle fasi successive
l’approccio è di tipo scalare (step wise): è possibile diminuire o aumentare il trattamento farmacologico in
base al controllo della malattia (vedi Tabella 11).
Tabella 11. Approccio progressivo alla terapia dell’asma nell’adulto
Step 1 Step 2 Step 3 Step 4 Step 5
Scegliere uno: Scegliere uno: Aggiungere uno o più:
Aggiungere in progressione
Opzione principale
Beta2-agonisti a rapida azione al
CSI a basse dosi CSI a basse dosi + LABA
CSI a medie dosi + LABA
CSI ad alte dosi + LABA
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bisogno
Altre opzioni (in ordine decrescente di efficacia)
Antileucotrieni + cromoni
CSI a basse dosi + Antileucotrieni* CSI a dosi medio-alte
Antileucotrieni Teofillina LR
Antileucotrieni Anti-IgE (omalizumab)** Teofillina LR CS Orali Termoplastica
Beta2-agonisti a rapida azione al bisogno***
Programma personalizzato di educazione
Controllo ambientale, immunoterapia specifica, trattamento delle comorbilità
CSI: corticosteroidi inalatori, LABA: beta2-agonisti a lunga durata d’azione, LR: lento rilascio
* i pazienti con asma e rinite rispondono bene agli antileucotrieni
** nei pazienti allergici ad allergeni perenni e con livelli di IGE totali sieriche compresi tra 30 e 1500 U/ml
*** le combinazioni budesonide/formoterolo e beclometasone/formoterolo possono essere utilizzate
anche al bisogno in aggiunta al trattamento regolare con la stessa combinazione
L’immunoterapia specifica può essere indicata in quei pazienti con asma allergica da lieve a moderato,
specie se associata a rinite, meglio se con una o poche sensibilizzazioni, in cui sia evidente una relazione tra
sintomatologia ed esposizione all’allergene. Non è indicato nell’asma severa persistente.
BPCO e asma bronchiale, un caso clinico esplicativo Giovanni è un dipendente di banca di anni 58, altezza 180 cm, peso 68, abitante in città, fumatore. Anamnesi familiare e fisiologica
Padre forte fumatore, deceduto per insufficienza cardio-respiratoria a 75 anni.
Madre vivente e affetta da asma bronchiale.
Un fratello e una sorella più giovani, fumatori, non hanno sintomi respiratori.
Nato a termine, allattamento al seno materno.
Sposato, due figli sani, uno fumatore.
Mangia e beve senza eccessi.
Fumatore di 15 sigarette/die dall’età di 18 anni (30 pack/year = n° sigarette fumate al giorno x anni
di fumo/20).
Fino all’età di 50 anni ha praticato calcio, sci, bicicletta, attività ridotta ultimamente a causa di
affaticamento con lo sforzo
Anamnesi patologia remota e prossima
Ha sofferto fin dall’età di 10 anni di rinite.
I test cutanei hanno dimostrato sensibilizzazione ad acari della polvere e al pelo di animali
domestici.
Negli ultimi anni soffre spesso, almeno tre volte l’anno, di raffreddore e faringo-laringite
accompagnati da tosse con modesta espettorazione mucosa e oppressione toracica anche per
sforzi lievi.
Recentemente ha presentato uno stato acuto febbrile con dispnea e tosse più insistente.
Esame obiettivo generale
Paziente, vigile e collaborante, non febbrile.
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Apparato cardio-circolatorio
Toni cardiaci parafonici e lontani su tutti i focolai. Frequenza normale, senza extrasistoli. Lieve
ipertensione.
Addome
Fegato non dolente e palpabile, addome trattabile.
Apparato respiratorio
Torace “a botte”. Frequenza ventilatoria: 20 atti respiratori minuto.
Murmure vescicolare auscultabile su tutto l’ambito toracico, con riduzione lieve alle basi e presenza
di qualche sibilo espiratorio.
Il medico di famiglia che lo visita formule le seguenti ipotesi diagnostiche:
Asma bronchiale
BPCO
Bronchite cronica
Bronchite “asmatica”
Scompenso Cardiaco Congestizio
Bronchiectasie
Reflusso gastroesofageo
Richiede una radiografia del torace e una spirometria semplice e, sulla scorta del quadro clinico e
anamnestico, nell’attesa degli accertamenti, propende per la diagnosi di asma e prescrive una terapia
inalatoria con un broncodilatatore a breve durata d’azione e uno steroide.
Dopo circa due settimane Giovanni ritorna per il controllo:
La Rx del torace mostra accentuazione della trama e lieve iperdiafania.
La spirometria semplice documenta un deficit ventilatorio di tipo ostruttivo di grado lieve-
moderato.
Il paziente riferisce che i sintomi sono più evidenti al mattino quando sente l’esigenza di
espettorare e di assumere i farmaci prescritti. Ha avvertito una continua stanchezza. Non pensa che
i suoi sintomi siano realmente migliorati.
Il medico conferma la terapia.
A favore di questa soluzione vi sono alcuni punti:
Anamnesi per familiarità di asma
Rinite (atopia)
Episodi ricorrenti di tosse, affanno, oppressione toracica
Tosse soprattutto notturna e , almeno all’inizio, secca.
Sintomi scatenati dall’esercizio fisico, infezioni.
Ostruzione polmonare
Quelli che invece sono a sfavore sono:
Episodi di tosse, spesso produttiva, e almeno tre volte all’anno
Sensazione di costrizione/oppressione restrosternale per periodi prolungati
Dispnea da sforzo aumentata progressivamente negli ultimi anni
Sintomi più accentuati al mattino con necessità di espettorazione e assunzione dei farmaci
Sintomi che permangono nonostante la terapia
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Commento
Il problema di fondo è nel corretto inquadramento della patologia broncostruttiva. Come si è più volte
affermato, la BPCO è per definizione una malattia caratterizzata “da una limitazione persistente al flusso
aereo”, mentre l’asma bronchiale è caratterizzata da ostruzione bronchiale non persistente, solitamente
reversibile spontaneamente o in seguito alla terapia; il declino della funzionalità respiratoria può evolvere
in alcuni casi in una ostruzione irreversibile a causa del rimodellamento delle vie aeree. La spirometria è
indispensabile per la diagnosi della patologia ostruttiva.
TEST DI REVERSIBILITA’
OSTRUZIONE
PRESENTE
SPIROMETRIA
OSTRUZIONE
ASSENTE
TEST DI PROVOCAZIONE
BRONCHIALE ASPECIFICO
Diagnosi di asma
Prove di funzionalità respiratoria
© 2013 PROGETTO LIBRA •
www.ginasma.it Se l’ostruzione è presente e irreversibile, la diagnosi non può essere per definizione di asma. Come
enunciato dalle linee GOLD, un rapporto VEMS/CVF post-broncodilatarore < 0.70 (70%) conferma la
presenza di persistente ostruzione bronchiale e, quindi, di BPCO.
© 2015 Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease
L’esame spirometrico va eseguito dopo una dose adeguata di un broncodilatatore a breve durata
d’azione per a ridurre la variabilità del test
la presenza di un VEMS/CVF < 0.70 dopo broncodilatatore conferma la persistente ostruzione
bronchiale
Ove possibile, i valori spirometrici misurati vanno comparati coi valori normali età-correlati al fine di
evitare sovra-diagnosi negli anziani
Progetto strategico mondiale per la diagnosi, trattamento e
prevenzione della BPCO:
Valutazione dell’ostruzione bronchiale: spirometria
Giovanni viene sottoposto al test di reversibilità, che risulta negativo, e effettua una spirometria globale
che mette in evidenza il fenomeno dell’air trapping (aumento del volume residuo) tipico delle ostruzioni
persistenti. La Tc del torace in alta risoluzione documenta un quadro di tipo enfisematoso e l’emogasanalisi
una ipossiemia patologica per l’età.
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WHO. Burden of COPD (http://www.who.int/respiratory/copd/burden/en/)
Questionario ECM
1. Il principale fattore di rischio per la BPCO è:
a) uso di biomasse come combustibile
b) inquinamento industriale
c) fumo di sigaretta
d) deficit di alfa1-antitripsina
2. La limitazione al flusso nella BPCO è dovuta a?
a) malattia delle piccole vie aeree
b) distruzione del parenchima
c) malattia delle piccole vie aeree e distruzione del parenchima
d) nessuna delle risposte indicate
3. La percentuale di persone fumatrici che sviluppano BPCO è?
a) 5-7%
b) 15-20%
c) 40-50%
d) 65-70%
4. Quale delle seguenti affermazioni sull’asma bronchiale NON è corretta?
a) la prevalenza di asma è compresa tra il 10 e il 15% nei bambini
b) la prevalenza di asma è superiore al 5-10% negli adulti
c) la prevalenza è superiore per le popolazioni di origine anglosassone
d) la prevalenza in Italia è sopra la media mondiale
5. Quale dei seguenti principi attivi NON è un broncodilatatore?
a) teofillina
b) tiotropio
c) terbutalina
d) roflumilast
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6. Nell’asma, le prove di funzionalità respiratoria forniscono una valutazione diretta di?
a) limitazione al flusso di aria
b) grado di ostruzione
c) reversibilità
d) tutte le risposte
7. Qual è la classe terapeutica che comprende i farmaci considerati di prima linea per il trattamento a
lungo termine dell’enfisema polmonare?
a) broncodilatatori
b) corticosteroidi
c) antibiotici
d) inibitori della fosfodiesterasi
8. Sono farmaci che operano il controllo della malattia asmatica i seguenti eccetto:
a) corticosteroidi inalatori (CSI)
b) corticosteroidi sistemici
c) antagonisti recettoriali dei leucotrieni
d) Beta2-agonisti a lunga durata d’azione