Paolo Attivissimo - Luna, Ci Siamo Andati

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  1 ba1200  Paolo Attivissimo LUNA? Sì, ci siamo andati! Le risposte Le risposte ai dubbi più frequenti ai dubbi più frequenti sugli sbarchi lunari sugli sbarchi lunari

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Paolo Attivissimo

LUNA?Sì, ci siamo andati!

Le risposteLe risposteai dubbi più frequentiai dubbi più frequentisugli sbarchi lunarisugli sbarchi lunari

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2 – Luna? Sì, ci siamo andati!

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Paolo Attivissimo

LUNA?Sì, ci siamo andati!

Le risposte ai dubbipiù frequenti

sugli sbarchi lunari

Edizione 2010/03/09

L'edizione digitale aggiornata di questo libroè scaricabile gratuitamente presso

http://complottilunari.info.

In copertina: Gene Cernan durante la sua terza escursione sulla superficie dellaLuna durante la missione Apollo 17, dicembre 1972. L'immagine è tratta dalla fotoNASA AS17-140-21391. La porzione superiore del cielo è stata aggiunta dall'impagi -natore per esigenze grafiche. Credit: NASA.

In quarta di copertina: l'autore insieme a Buzz Aldrin, uno dei due protagonisti del  primo sbarco sulla Luna. Credit: Studio Fotografico Andrea Tedeschi. Sullo sfondo:fotografia della Luna di Fabrizio Mele.

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4 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Permesso d'autore

Il testo originale di questo libro è © 2009-2010 by Paolo Attivissimo. Alcuni di-ritti sono riservati. Some rights reserved .

Quest'opera è distribuita alle seguenti condizioni, basate sulla licenza CreativeCommons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia. I detta-gli legali di questa licenza di distribuzione sono disponibili in italiano pressohttp://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it/legalcode.

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blico, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare, purché sen-

za lucro o profitto, quest'opera alle seguenti condizioni:

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– Non opere derivate. Non è permesso alterare o trasformare quest'o-

pera, né usarla per crearne un'altra. Ne è però permessa la traduzione

fedele e integrale.– Senza lucro o profitto. Non è permesso usare quest'opera per fini

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caso, è possibile concordare con il titolare dei diritti anche utilizzi di que-

st'opera non previsti da questa licenza. Questa licenza lascia impregiudi-cati i diritti morali.

Gli usi consentiti dalla legge sul diritto d'autore e gli altri diritti non sono in al-cun modo limitati da quanto sopra. È specificamente consentita la libera cita -

zione, anche di ampi brani, purché siano indicati fonte e autore.

Quest'opera si avvale del diritto di citazione a scopo accademico e di criticaprevisto dall'Articolo 10 della Convenzione di Berna sul diritto d'autore.

Photo credits: All photographs of Apollo hardware and missions are courtesy of NASA unless otherwise noted. Cartoons are © Moise, used with permission.

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Introduzione – 5

Introduzione

Sono ormai trascorsi quarant'anni da quando l'uomo mise piede perla prima volta sulla Luna. Molti di noi, me compreso, vissero quel mo-

mento straordinario come cronaca che riempì i giornali e ci regalò

una notte insonne indimenticabile di fronte alle immagini, in direttada un altro mondo, che ci arrivavano in casa attraverso il nebulosobagliore del teleschermo.

Ma ormai per un numero crescente di persone quell'impresa è storia:sbiadita, confusa, lontana, conosciuta per sentito dire, riportata super-ficialmente dai media. Se l'idea di andare sulla Luna è già di per sé in-

credibile, mitica e irreale nella sua grandiosità, pensare di averlo fattonegli ormai lontani anni Sessanta del secolo scorso – e di non averlo

più fatto – per molti è comprensibilmente difficile da accettare.Questo libro è dedicato a chi vuole capire come andarono realmentele cose e vuole risposte ai propri dubbi, alimentati magari dalle accu-

se di chi, per proprio tornaconto economico o per brama di sminuirela grandezza altrui e sopperire alle proprie pochezze, si dichiara rab -

biosamente sicuro che fu tutta una messinscena.

Ai “lunacomplottisti”, a coloro che sono impermeabili a ogni argo-mentazione, già convinti di sapere tutto e con i quali è inutile discute-

re, dedico invece il mio compatimento, perché sono incapaci di gioiredi un'avventura esaltante che è una delle poche imprese di pace perle quali il ventesimo secolo ha speranze di essere ricordato comequalcosa di più che un susseguirsi di guerre, devastazioni e genocidi.

Ma queste pagine non sono semplicemente una pedante confutazio-

ne di tesi eccentriche. Sono anche una celebrazione di un istante irri-petibile. Perché ci saranno altri traguardi, altre missioni, altri atterraggisu mondi remoti, ma lo sbarco sulla Luna del luglio del 1969 è e reste -

rà sempre il primo contatto dell'uomo con un altro mondo. Sarà sem-

pre il primo momento in cui l'umanità ha dimostrato, sia pure per unistante, di saper lasciare la propria fragile culla.

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6 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Che incredibile privilegio vivere proprio in quell'unica, minuscola fra-zione della Storia nella quale questo è avvenuto, poter stringere lamano e dire grazie a chi ha compiuto un'impresa che per millenni èstata puro sogno, al di là delle possibilità del più potente dei re, degliimperatori e dei faraoni. Camminare sulla Luna. Questo libro è il miopiccolo tributo a tutti coloro che hanno contribuito a quell'evento.

RingraziamentiVorrei ringraziare tutti i lettori e autori del blog Complotti Lunari e inparticolare Hammer, Trystero, Papageno e Tukler per l'aiuto nelle ri-cerche, per la verifica dei dati e per aver snidato molti miei errori e re-fusi. Quelli che restano sono esclusivamente colpa mia.

Un grazie speciale va a Eric Jones, dell' Apollo Lunar Surface Journal , eai membri del forum Project Apollo, per la disponibilità nel ricercare everificare le informazioni tecniche più stravaganti, e a Nicola Colotti,

che mi ha dato modo d'intervistare Buzz Aldrin.Dedico questo libro ai miei genitori, che mi svegliarono per farmi as-sistere alla diretta dello sbarco sulla Luna condotta da Tito Stagno, e amia zia Iris, che mi regalò negli anni Settanta una copia del meticolo -

so resoconto delle missioni Apollo scritto da Peter Ryan, The Invasionof the Moon 1957-70. Questi due eventi mi hanno contagiato per sem-

pre con la passione per l'epopea spaziale. Quel libro è ancora qui conme, sulla mia scrivania, mentre scrivo questo piccolo omaggio al co-

raggio e all'ingegno di quell'impresa: il tempo passa e ne ingiallisce ifogli, ma non il fascino.

Distribuzione libera e gratuitaL'edizione digitale di questo libro è liberamente duplicabile e distri-

buibile tal quale (non spacciatela per vostra e non stampatela per ri-venderla; il diritto d'autore resta in vigore). Non l'ho scritta per

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Introduzione – 7

diventare ricco, ma per dare al maggior numero possibile di personel'occasione di conoscere i fatti e sbugiardare i contafrottole.

 Tuttavia scrivere un libro tecnico costa tempo e fatica, e comperaremanuali, DVD e documentazione costa soldi. Quindi se vi va di darmiuna mano, non dico certo di no: potete farlo rivedendo questo libro,contribuendo con segnalazioni e indagini per ampliarlo, regalandomiqualcosa dalla mia wishlist su Amazon oppure offrendomi virtualmen-

te un trancio di pizza e una birra tramite Paypal (il mio indirizzo perPaypal è [email protected]). Sarà un incentivo per scrivere altri libri.

Indirizzi Internet abbreviati con TinyurlAlcuni indirizzi Internet delle fonti citate sono indicati con la formaabbreviata generata con Tinyurl.com per agevolarne la digitazione,specialmente per chi usa l'edizione cartacea di questo libro.

Commenti, correzioni e aggiornamentiQuesto libro è un progetto in continua lavorazione. I lunacomplottistiinventano una tesi nuova ogni giorno, per cui è possibile che non tro -

viate qui lo sbufalamento di una specifica asserzione. In tal caso, avvi-satemi scrivendo a [email protected]. Se trovate errori,

segnalatemeli allo stesso indirizzo.

Immagini, filmati e documenti di supportoIl formato cartaceo e, in misura minore, quello elettronico limitano laquantità, qualità e risoluzione delle immagini e non permettono di in-

cludere filmati, molto utili per chiarire alcuni concetti. Così ho prepa -

rato una raccolta di immagini, documenti e filmati su supportodigitale compatto (penna USB e scheda di memoria SD). Le modalitàper ricevere questo materiale sono sul sito ComplottiLunari.info.

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8 – Luna? Sì, ci siamo andati!

In memoriamQuesto libro vuole onorare coloro che hanno pagato il prezzo piùalto per raggiungere la nuova frontiera, spesso in segreto o senza me-

ritarsi neanche una nota a piè pagina nella storia. Troverete le lorostorie in queste pagine. Non dimentichiamo mai che chi nega glisbarchi sulla Luna infanga la memoria di queste persone, delle lorofamiglie e di tutti coloro che hanno lavorato alle imprese spaziali.

Michael J. AdamsMichael P. AndersonCharles A. Bassett II

Valentin BondarenkoDavid M. BrownRoger Chaffee

Kalpana ChawlaLaurel B. Clark 

Georgi Dobrovolski Theodore C. Freeman

Edward G. Givens, Jr.Gus GrissomRick Husband

Greg JarvisVladimir Komarov

Robert H. Lawrence, Jr.Christa McAuliffeWilliam McCoolRonald McNair

Ellison OnizukaViktor PatsayevIlan Ramon

Judith Resnick Dick Scobee

Elliot McKay See, Jr.Michael J. SmithVladislav Volkov

Ed White

Clifton C. Williams, Jr.

Per aspera ad astra.

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La corsa alla Luna – 9

La corsa alla Luna

Siamo negli anni Cinquanta del secolo scor-so. Gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica1 sonoacerrimi nemici. Si puntano addosso a vicen-

da migliaia di bombe atomiche, secondo ladottrina della distruzione reciproca garantitao Mutual Assured Destruction, che non a casosi abbrevia in “MAD” , ossia “pazzo” .

Le due superpotenze nucleari si sfidano an-

che nel cosmo: ciascuna vede la possibilitàdei voli spaziali come una dimostrazione po-

tente della superiorità della propria tecnolo-

gia e quindi del proprio sistema sociale. Lospazio è propaganda.

Il 4 ottobre 1957 l'Unione Sovietica stupiscel'opinione pubblica mondiale lanciando dav-vero, come preannunciato, il primo satelliteartificiale: lo Sputnik 1. Non passa inosserva-to il fatto che lo Sputnik sorvola impune-mente gli Stati Uniti e gli altri paesi del

mondo ed è stato lanciato modificando uno dei missili intercontinen-tali che la Russia sta costruendo per recapitare bombe nucleari in po-

chi minuti sulle città dell'Occidente.

Gli Stati Uniti avviano un piano federale d'emergenza per accelerare ilproprio embrionale programma spaziale, che aveva già raccolto alcu-

1 All'epoca di questi eventi, l'Unione Sovietica includeva gli stati che oggi sichiamano Federazione Russa, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Estonia,Georgia, Kazakistan, Kirghizistan, Lettonia, Lituania, Moldova, Tagikistan,

 Turkmenistan, Ucraina, e Uzbekistan, coprendo 22,4 milioni di chilometriquadrati contro i 9,8 degli Stati Uniti. L'Unione Sovietica si dissolse nel1991. Fonte per l'immagine: Wikipedia (commons.wikimedia.org/wiki/ Category:Maps_of_the_world_indicating_one_country ).

Figura 1. Unione Sovieticae Stati Uniti.

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ni successi, come le prime foto dallo spazio,2 e per recuperare il diva-rio accademico, militare e tecnologico e lo smacco politico di esserestati battuti da quello che ritenevano essere un paese arretrato. Macollezionano inizialmente soltanto ulteriori umiliazioni.

Un mese dopo, il 3 novembre 1957, i sovietici stabiliscono un altro re-

cord con lo Sputnik 2: il primo essere vivente nello spazio, la cagnettaLaika, destinata a morire dopo poche ore perché non è previsto ilrientro a terra. Lo fanno prima ancora che gli americani abbiano lan -

ciato un satellite di qualunque genere.

Il 6 dicembre arriva finalmente il primo ten-tativo statunitense. Il missile Vanguard TV3esplode miseramente sulla rampa di lancio,in diretta TV (Figura 2).

Gli Stati Uniti riescono a collocare in orbitaun satellite, l'Explorer 1, il 31 gennaio 1958,usando un razzo militare Redstone progetta-to e modificato da Wernher Von Braun, crea-

tore dei famigerati missili nazisti V-2 usati suLondra e altre città durante la Seconda Guer-ra Mondiale, passato poi al servizio dei mili-tari americani. Ma i 14 chili dell'Explorer 1sono nulla in confronto ai 500 dello Sputnik 2 e dei quasi 1500 portatinello spazio dallo Sputnik 3 il 15 maggio successivo.

Il vantaggio sovieticoAd agosto del 1958, gli Stati Uniti tentano il sorpasso provando a rag-

giungere per primi la Luna con una sonda automatica, Able 1, ma illancio fallisce dopo 77 secondi di volo, e falliscono anche i tre tentati-

2 Alla fine degli anni Quaranta gli Stati Uniti avevano modificato missilitedeschi V-2 per compiere brevi voli verticali fino a 160 chilometri di

quota, portando nello spazio strumenti scientifici e fotocamere, e neiprimi anni Cinquanta avevano sviluppato missili per il trasporto di bombeatomiche, ma non avevano un lanciatore potente quanto quelli russiperché le loro armi nucleari erano molto più leggere di quelle sovietiche.

Figura 2. Kaboom.

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vi successivi (Pioneer 1, 2 e 3). Invece il 2 gennaio 1959 i sovietici lan -

ciano la sonda Lunik 1, che due giorni dopo passa a 6000 chilometridalla Luna e diventa il primo veicolo ad andare in orbita intorno alSole. Il quinto tentativo lunare americano, Pioneer 4, entra in orbitasolare, ma arriva a non più di 60.000 chilometri dalla Luna il 4 marzodello stesso anno.

I sovietici ottengono anche un altro primato: raggiungono la Lunacon la sonda Lunik 2 il 13 settembre 1959 e neanche un mese dopomostrano al mondo, grazie alla sonda Lunik 3, le primissime immaginidella faccia nascosta del nostro satellite naturale. Gli americani tente-ranno altre nove volte di raggiungere la Luna con una sonda, ma viriusciranno solo cinque anni dopo. Si devono accontentare di missio-

ni scientifiche in orbita terrestre, come l'Explorer 6, che produce unamappa quasi completa delle fasce di Van Allen e le prime immaginitelevisive della Terra dallo spazio. Ma le missioni di prestigio interna-zionale sono tutte sovietiche.

La rincorsa statunitenseNel 1960 gli Stati Uniti riescono a conquistare alcuni primati: il primosatellite meteorologico che produce immagini (TIROS-1, 1 aprile), ilprimo satellite per intercettazioni radio (GRAB-1, 5 luglio), il primo re-cupero di un satellite rientrato dall'orbita terrestre (Discoverer 13, 11agosto) e il primo satellite-spia fotografico (Discoverer 14, 18 agosto).

Sono record di natura prevalentemente militare, motivati dalla neces-sità di rimpiazzare urgentemente con satelliti-spia i segretissimi aereiricognitori U-2 che, con enorme imbarazzo diplomatico, si rivelanoimprovvisamente vulnerabili il primo maggio dello stesso anno,quando uno di questi velivoli viene abbattuto mentre sorvola senzaautorizzazione il territorio sovietico e ne fotografa le installazioni mili-tari più segrete.

E così, ancora una volta, il primato prestigioso e spettacolare spetta

all'Unione Sovietica: ad agosto lo Sputnik 5 porta in orbita piante eanimali (due cani, quaranta topi e due ratti) e, a differenza dei voliprecedenti, li riconduce sani e salvi a terra.

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12 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Il primo uomo nello spazioNel 1961 arriva un nuovo clamoroso recordsovietico: il 12 aprile, Yuri Gagarin diventa ilprimo uomo ad andare nello spazio, e lo faoltretutto compiendo un'orbita intorno almondo con un volo di 108 minuti a bordodella Vostok 1.

Gli americani sono scioccati (Figura 3) e bat-tuti sul tempo ancora una volta e rispondo-

no come possono, con un quarto d'ora di volo umano suborbitale daparte di Alan Shepard il 5 maggio, perché i loro missili che permette-rebbero voli orbitali umani continuano a esplodere in volo durante leprove, mentre quelli russi si dimostrano straordinariamente affidabili.

È con soli quindici minuti di volo spaziale umano al proprio attivo chegli Stati Uniti lanciano la sfida lunare all'Unione Sovietica. Il 25 mag -

gio 1961, il presidente John Fitzgerald Kennedy annuncia:

Io credo che questa nazione debba impegnarsi a raggiungere il traguar -do, prima della fine di questo decennio, di far atterrare un uomo sullaLuna e riportarlo sano e salvo sulla Terra. Nessun singolo progetto di questo periodo susciterà altrettanta emozione nell'umanità o sarà piùimportante per l'esplorazione spaziale a lungo raggio; e nessuno sarà al -trettanto difficile o costoso da realizzare.3

La strategia statunitense è semplice quanto ambiziosa: definire untraguardo grandioso, che faccia colpo sul mondo intero e rilanci l'im-

magine del paese, e che sia sufficientemente lontano e impegnativo

da dare tempo all'industria aerospaziale nazionale di recuperare il di-vario che la separa da quella sovietica.

Kennedy, però, non vivrà abbastanza da vedere l'esito della sua sfida:verrà assassinato a Dallas due anni più tardi, il 22 novembre 1963.

I russi, intanto, procedono inesorabili con i loro successi. Prima ancorache gli americani riescano a compiere un singolo volo umano orbita-

3 “I believe that this nation should commit itself to achieving the goal, before

this decade is out, of landing a man on the moon and returning him safely tothe earth. No single project in this period will be more impressive to mankind or more important for the long-range exploration of space; and none will beso difficult or expensive to accomplish.” 

Figura 3. Shock in USA.

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le, Gherman Titov ripete ed estende l'impresa di Gagarin, effettuandoben 17 orbite ai primi di agosto del 1961 nella Vostok 2.

Finalmente il 20 febbraio del 1962, quasi un anno dopo il primato rus -so e dopo vari altri voli suborbitali, gli Stati Uniti riescono a compiereun volo orbitale con John Glenn nella capsula Friendship 7. Ma l'Unio-

ne Sovietica rilancia: ad agosto fa volare due capsule spaziali contem-

poraneamente (Vostok 3 e 4). I cosmonauti Nikolayev e Popovich sitrovano brevemente a meno di cinque chilometri l'uno dall'altro, e Ni-kolayev stabilisce il record di durata: quattro giorni nello spazio. Duetelecamere mostrano il cosmonauta ai telespettatori russi.

Nel giugno del 1963, Valentina Tereshkova diventa la prima donna avolare nello spazio a bordo della Vostok 6.

Il 12 ottobre 1964 l'Unione Sovietica realizza la prima missione conequipaggio plurimo: la Voskhod 1 porta in orbita ben tre cosmonauti(pigiati e senza tuta, con rischio altissimo, per pura propaganda) pri -ma ancora che gli americani riescano a farne volare due insieme.

Anche la prima passeggiata spaziale è un record russo: lo stabilisce il18 marzo 1965 Alexei Leonov sulla Voskhod 2. Gli Stati Uniti si devonoaccontentare del primo volo di una sonda verso Marte effettuato consuccesso (Mariner 4).

Il primo allunaggio morbido di una sonda automatica e le prime im -

magini trasmesse dalla superficie della Luna sono anch'esse un suc-cesso russo, con la sonda Luna 9, nel febbraio del 1966.

Ma intanto gli americani hanno acquisito

esperienza con i voli spaziali umani e con letecniche necessarie per lo sbarco sulla Luna:fra il 1965 e il 1966, le capsule del program-

ma Gemini (Figura 4) portano coppie diastronauti a compiere cambi di orbita, voli dilunga durata (14 giorni), passeggiate spazialie rendezvous con attracco, stabilendo ancheil record di distanza dalla Terra (Gemini 11,1374 km). Le sonde automatiche Lunar Orbiter eseguono rilievi foto -

grafici della Luna e le Surveyor vi atterrano, saggiando la consistenzadel suolo. Il ritardo rispetto ai sovietici è sostanzialmente recuperato.

Figura 4. Capsula Gemini.

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14 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Invece il programma Apollo, che deve porta-re l'America a camminare sulla Luna, è in cri-si profonda. Il 27 gennaio 1967 Gus Grissom,Ed White e Roger Chaffee periscono nell'in-

cendio della loro capsula durante un'eserci-tazione sulla rampa di lancio (Figura 5). Èuno shock nazionale che impone la drasticariprogettazione del veicolo.

Il 1967 vede anche una perdita sovietica: il24 aprile si verifica la prima morte di unuomo durante un volo spaziale.4 La Soyuz 1,approntata frettolosamente per appagare lafame di propaganda del governo russo, sischianta al suolo durante il rientro, ucciden-

do il cosmonauta Vladimir Komarov.

Apollo, il sorpasso americanoI massicci investimenti statunitensi iniziano adare frutti. Dalle paludi della Florida è emer-so a tempo di record il colossale centro spa-ziale Kennedy di Cape Canaveral. Una seriedi voli senza equipaggio mette a punto lecapsule Apollo e il gigantesco vettore lunareSaturn V, progettato da Wernher Von Braun.

Intanto i russi si aggiudicano un altro prima-to: il 18 settembre 1968, la sonda automaticaZond 5 porta intorno alla Luna i primi esseriviventi (tartarughe, mosche, tarme della fari-na e altri) e li fa tornare indenni sulla Terra.

4 Alcuni ricercatori (per esempio i fratelli Judica Cordiglia) affermano di aver

intercettato comunicazioni di altre missioni russe terminate in modofatale e tenute tuttora segrete. Tuttavia le verifiche incrociate degli storicidell'astronautica (James Oberg e altri) non consentono, per ora, di riteneresufficientemente fondate queste affermazioni.

Figura 5. La capsuladevastata dell'Apollo 1.

Figura 6. Time, 6/12/1968.

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La corsa alla Luna – 15

L'11 ottobre gli Stati Uniti effettuano il primo volo della capsula Apol-lo con equipaggio (Apollo 7), usando un vettore più piccolo (SaturnIB) in orbita intorno alla Terra. Ma occorre bruciare le tappe: la CIA sache i russi stanno tentando in segreto di battere sul tempo l'America.

Due mesi dopo, la missione Apollo 8 è la prima di un Saturn V conequipaggio a bordo. È soltanto il terzo lancio di questo vettore, eppu-

re l'obiettivo è già ambiziosissimo: andare quattrocento volte più lon-

tano di ogni volo umano precedente e circumnavigare la Luna.

Il 24 dicembre 1968, per la prima volta nella storia l'uomo vede con i

propri occhi la Terra come una sfera e osserva la Luna da vicino, orbi-tandovi intorno dieci volte e sorvolandone anche la faccia perenne-mente nascosta all'osservatore terrestre.

L'impatto emotivo sull'opinione pub-

blica mondiale è enorme, grazie an-

che alla diretta televisiva che allavigilia di Natale permette al mondodi vedere la superficie della Luna

scorrere fuori dai finestrini della cap-sula mentre gli astronauti leggonoun passo della Genesi. È la diretta piùseguita della storia fino a quel mo-mento. Gli astronauti Borman, Lovelle Anders scattano fotografie straor-dinarie della Terra che si staglia con-

tro l'orizzonte della Luna (Figura 7).

Il trionfo d'immagine americano, amplificato dalla censura mediaticasulle condizioni disastrose della missione (vomito e diarrea degliastronauti, perdite di sigillante dei finestrini che offuscano la visuale,accumuli d'acqua condensata in cabina), sancisce almeno agli occhidell'opinione pubblica il sorpasso della tecnologia spaziale statuni-tense su quella sovietica.

Ma la corsa alla Luna non è ancora conclusa: resta da effettuare losbarco vero e proprio, e dietro le quinte l'Unione Sovietica non ha af -

fatto rinunciato all'idea di togliere al rivale anche questo primato.

Figura 7 . Noi.

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16 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Il progetto segreto N1-L3L'Unione Sovietica ha avviato segre-tamente il progetto N1-L3 per realiz-zare un missile, l'N1 (Figura 8),grande quanto il Saturn V americanoe capace di lanciare due cosmonautiverso la Luna in un veicolo, denomi-nato L3, che include un modulo lu-

nare per far scendere un singolo

cosmonauta sulla superficie selenica.Di tutto questo non si saprà nullapubblicamente per oltre vent'anni,ma il governo USA ne è al corrente: i suoi satelliti spia hanno fotogra-fato la costruzione dell'N1 e delle sue grandi basi di lancio (Figura 9).

L'N1 si rivela però un pantano politi-co di rivalità fra progettisti e risultatecnicamente inaffidabile. I trenta

motori del suo primo stadio sonoimpossibili da coordinare. È osteggia-to dai militari russi perché è un co-

stoso strumento di propagandaprivo di applicazioni belliche, a diffe-renza dei lanciatori precedenti.

Il primo volo dell'N1 avviene nel feb-

braio del 1969, ed è un fallimento: il

missile esplode 66 secondi dopo ildecollo. Ma non se ne parla in pub-

blico. Anzi, a maggio l'Unione Sovietica dichiara ufficialmente di nonavere alcuna intenzione di mandare cosmonauti sulla Luna, perchénon vuole rischiare vite nell'impresa, e che userà solo veicoli robotici.

Il secondo lancio è un disastro ancora peggiore: il 3 luglio, pochi gior-ni prima dello sbarco americano sulla Luna, l'N1 ricade pochi istantidopo essersi librato dalla rampa. L'esplosione delle sue 2600 tonnella-

te di propellente è la più violenta della storia della missilistica. I satel-liti spia statunitensi rifotografano la base di lancio, devastata tantoquanto le speranze russe di arrivare per primi sulla Luna.

Figura 8. Preparazione dell'N1.

Figura 9. Foto dell'N1 presa da un

satellite militare KH-4 Corona.

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La corsa alla Luna – 17

Ufficialmente, per i russi il progetto N1-L3non esiste; proseguirà, sempre in segreto,per qualche anno, collaudando in orbita ter-restre il modulo di allunaggio (Figura 10), madopo altri due lanci catastrofici l'N1 verrà ab-

bandonato. Nessun russo andrà sulla Luna.

Il governo americano sa che l'Unione Sovie-tica è fuori dalla corsa, ma non può annun-

ciarlo per non rivelare le capacità osservativedei propri satelliti e non smorzare l'effettopropagandistico della competizione. Segre-tamente non c'è più fretta di battere i russi,ma pubblicamente c'è da mantenere unapromessa fatta al mondo da un presidente assassinato. E per l'opinio-ne pubblica, ignara del disastro dell'N1, la gara è ancora aperta.

Le prove generali, poi l'allunaggioLa scadenza posta da Kennedy si avvicina rapidamente e il progettoApollo procede a tappe serrate. Nel marzo del 1969, la missione Apol-lo 9 prova in orbita terrestre il modulo lunare, i sistemi di navigazione,le tute lunari e le manovre di attracco.

A maggio l'Apollo 10 vola verso la Luna e collauda tutte le fasi di unamissione di sbarco tranne l'allunaggio vero e proprio. Il modulo luna-

re si sgancia dalla capsula Apollo e porta due astronauti fino a soli 15chilometri dalla superficie della Luna.

La missione successiva, l'Apollo 11, porta l'u-

manità sulla Luna, in diretta televisiva plane-taria, il 20 luglio 1969. L'allunaggio avvienealle 22:17 ora italiana; Neil Armstrong posacautamente il piede sinistro sulla superficiedella Luna alle 4:57 del 21 luglio. Armstrong

e il collega Buzz Aldrin camminano sul suololunare (Figura 11), vi piantano la bandieraamericana, effettuano esperimenti scientifici,

Figura 10. Il modulo lunarerusso.

Figura 11. Buzz Aldrin.

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18 – Luna? Sì, ci siamo andati!

raccolgono campioni e scattano fotografie che diverranno storiche,mentre il terzo astronauta dell'equipaggio, Michael Collins, li attendein orbita per riportarli a casa.

C'è un ultimo colpo di coda rus-so: il tentativo di riportare sulla Terra campioni di suolo lunare,usando il veicolo automaticoLuna 15, appena prima del ritor-no della spedizione umana ame-ricana. Ma la sonda russa5 sischianta sulla Luna proprio men-

tre Armstrong e Aldrin si appre-stano a ripartire con 22 chili dirocce seleniche.

Fra il 1969 e il 1972 gli Stati Unitieffettuano sei sbarchi lunari, pro-gressivamente più sofisticati ecomplessi, nel corso delle missioni Apollo 12, 14, 15, 16 e 17, portandosulla Luna dodici uomini e raccogliendo oltre 380 chilogrammi di roc-ce seleniche accuratamente selezionate e una quantità immensa didati scientifici di cui ancor oggi prosegue l'analisi.

Anche l'Apollo 13 è una missionelunare, ma viene interrotta perun grave guasto al veicolo all'ini-zio del volo: l'equipaggio si salvafortunosamente.

Dal dicembre del 1972, nessunessere umano ha più visitato ilsuolo della Luna.

5 Alcune fonti ipotizzano che anche le missioni Luna 1969B e 1969C, inaprile e giugno del 1969, furono tentativi di recupero di campioni di suololunare (Tentatively Identified Missions and Launch Failures, NASA,tinyurl.com/tentativirussi ).

Figura 12. L'equipaggio dell'Apollo 11:Neil Armstrong, Michael Collins e Buzz 

 Aldrin. Foto ufficiale, marzo 1969.

Figura 13. Aldrin, Armstrong e Collins nel 2009, in visita al museo Smithsonian.

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Come ci siamo andati – 19

Come ci siamo andati

Per capire le tesi di messinscena lunare e soprattutto le relative smen -

tite occorre conoscere per sommi capi la terminologia, la tecnologia elo svolgimento di una missione lunare Apollo. Questo capitolo è basa-

to sulla missione Apollo 11, la prima a portare l'uomo sulla Luna.

Il lanciatore Saturn VIl missile Saturn V, insieme al veicoloApollo (Figura 14), è un colosso alto

111 metri e pesante circa 3000 ton-nellate. È tuttora il veicolo spazialepiù potente mai realizzato.

È composto da tre stadi, sopra i qualic'è l'Apollo, contenente tre astronau-ti. In cima al missile c'è poi un razzo,il Launch Escape System, da usare persalvare la capsula con gli astronauti

in caso d'emergenza al decollo.Il primo stadio, l'S-IC, ha un diametrodi 10 metri e cinque enormi motoriF-I che consumano 13,3 tonnellate dicherosene e ossigeno liquido al se-condo, portando il Saturn V a unaquota di circa 68 km e a una velocitàdi circa 9900 km/h in poco più di

due minuti e mezzo, dopo i quali lostadio viene sganciato e ricade nel-l'Oceano Atlantico.

Figura 14. Il Saturn V dell'Apollo 11sulla piattaforma di lancio.Dettaglio della foto S69-38660.

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20 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Il secondo stadio, denominato S-II, usa idrogenoe ossigeno liquidi per alimentare i suoi cinquemotori J-2 e proseguire la corsa verso lo spazio,raggiungendo una velocità di quasi 25.000 chilo-metri l'ora e una quota di circa 182 chilometrinove minuti dopo il decollo, per poi essere sgan-

ciato come lo stadio precedente.

Da soli, questi due stadi rappresentano i novedecimi del peso complessivo del Saturn V.

Per raggiungere la velocità di 28.000 km/h ne-cessaria per orbitare intorno alla Terra a 188 kmdi quota occorre anche la spinta del terzo stadio,l'S-IVB, il cui unico motore J-2, a differenza deiprecedenti, è riavviabile a comando.

Poco meno di dodici minuti dopo il lancio, gliastronauti sono in orbita di “parcheggio” terre-stre, dove effettuano vari controlli dell'efficienza

dei sistemi di bordo. Dopo un'orbita e mezza, adue ore e 44 minuti dalla partenza dalla Florida,viene riavviato per quasi sei minuti il motore delterzo stadio, che accelera il veicolo fino a 39.000km/h in direzione della Luna, lontana in quelmomento 403.000 chilometri.6

Il veicolo a questo punto ha la configurazionemostrata in Figura 16 e procede per inerzia, a

motori spenti, verso la propria destinazione, ral-lentando progressivamente per via dell'attrazio-

ne gravitazionale della Terra per poi riaccelerareavvicinandosi alla Luna. Durante i tre giorni diviaggio gli astronauti, assistiti dai computer dibordo e dalle osservazioni e misurazioni effet-tuate da Terra, compiono lievi correzioni di tra-iettoria e una manovra estremamente delicata disgancio, rotazione e riaggancio per predisporre il

veicolo Apollo alla missione lunare e sbarazzarsidel terzo stadio del Saturn V.

6 La distanza Terra-Luna varia da 363.104 a 405.696 km (da centro a centro).

Figura 15.

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Come ci siamo andati – 21

Il veicolo ApolloI tre astronauti viaggiano nel modulo di co-mando (Command Module o CM, la parte co-

nica in alto in Figura 16), largo quattro metri ealto tre e mezzo, con uno spazio abitabile dicirca 6 metri cubi, inferiore a quello del vanodi carico di un furgone e privo di servizi igie-

nici (vengono usati sacchetti per raccogliere irifiuti solidi e un tubo per quelli liquidi). È do-

tato di piccoli razzi di manovra, di uno scudotermico per dissipare il calore prodotto dalrientro nell'atmosfera terrestre e di tre para-cadute: è infatti l'unica parte del veicolo chetorna a Terra.

Dietro di loro c'è il modulo di servizio (ServiceModule o SM, la parte cilindrica in alto in Fi-gura 16), che contiene il propellente per il

motore primario e per i sedici motori di ma-

novra (quattro gruppi di quattro in croce) egran parte dell'ossigeno, dell'acqua, dell'ali-mentazione elettrica e dei sistemi di comuni-cazione necessari per la missione.

All'interno di una carenatura aerodinamica(mostrata in trasparenza in Figura 16), che loraccorda allo stadio S-IVB, c'è il modulo lunare(Lunar Module o LM), ossia il veicolo utilizzatoda due dei tre astronauti per scendere sullaLuna e ripartirne.

Dato che viene utilizzato soltanto nel vuotodello spazio, il modulo lunare non ha bisognodi avere una forma aerodinamica e per ridur-re il propellente necessario è stato privato diogni peso superfluo: sono stati sacrificati per-sino i sedili degli astronauti, che pilotanostando in piedi. Figura 16. Dall'alto: CM,

SM, LM e S-IVB.

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22 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Il modulo lunare è alto 7 metri,pesa complessivamente circa 15tonnellate ed è diviso in due sta-di, mostrati separati in Figura 17.

Lo stadio di discesa (Descent Sta-ge) è la parte inferiore ottagona-le: ha un motore per frenare ladiscesa verso la Luna, quattrozampe d'atterraggio e vani percontenere strumenti scientifici,acqua, propellente e, dall'Apollo15 in poi, l'auto elettrica Rover .

Lo stadio di risalita ( Ascent Stage)contiene la stretta cabina degliastronauti, le provviste (ossigeno,cibo e una riserva d'acqua), icomputer di bordo, gli impiantiradio e TV, il motore di risalita, i sedici motori di manovra (disposti agruppi di quattro come nell'SM) e i relativi serbatoi di propellente.

Sul lato anteriore del modulo dirisalita, gli astronauti hanno duefinestrini triangolari per vedere ilsuolo lunare durante le fasi finalidella discesa e un portello da at-traversare carponi, indossandoun'ingombrante tuta spaziale,

per raggiungere la superficie del-la Luna usando una scaletta col-locata su una zampa dello stadiodi discesa, come mostra in Figura18 l'esemplare conservato al Na-tional Air and Space Museum diWashington, D.C.

A fine escursione, gli astronauti

ripartono a bordo dello stadio dirisalita, usando lo stadio di disce-sa come rampa di lancio.

Figura 17. Spaccato del modulo lunare.

Figura 18. Un LM mai utilizzato.

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Come ci siamo andati – 23

Manovre e rendezvous vitaliIl successo della missione e la sopravvivenza degli astronauti dipen-

dono da alcune manovre molto delicate di sgancio e riaggancio du-

rante il viaggio e di rendezvous (incontro in orbita) intorno alla Luna.

Come mostra la sequenza di Fi-gura 19, durante il viaggio versola Luna, circa tre ore dopo il de-

collo, il modulo di comando equello di servizio (denominaticomplessivamente CSM, Com-mand and Service Module) sisganciano dal resto del veicolo (ilterzo stadio e il modulo lunare)usando i razzi di manovra e loprecedono di alcuni metri.

La carenatura del modulo lunare,divisa in quattro pannelli, viene

espulsa, scoprendo il modulo lu-nare. Gli astronauti ruotano ilCSM di 180 gradi, puntandone ilmuso verso il modulo lunare (LM). Poi pilotano il CSM in modo da ag-

ganciare il LM ed estrarlo dal terzo stadio. Il CSM e il LM proseguonoverso la Luna, mentre il motore del terzo stadio viene riacceso per far-gli cambiare traiettoria: viene mandato a orbitare intorno al Sole op-

pure, nelle missioni dalla 13 in poi, a schiantarsi sulla Luna per creareun sisma artificiale, registrabile dai sismografi collocati dalle missioniprecedenti e utile per sondare la struttura interna del corpo celeste.

A questo punto il CSM e il modulo lunare sono collegati da un tunneldi passaggio, che nei giorni successivi viene aperto. Il LM viene attiva -

to, verificato e preparato per la discesa sulla Luna.

Man mano che il veicolo si avvicina alla Luna, l'effetto frenante dellagravità terrestre si attenua e la velocità aumenta grazie all'attrazionegravitazionale lunare. Gli astronauti devono puntare di nuovo all'in-

dietro l'Apollo per accendere più volte il motore principale del modu-lo di servizio e frenare la caduta, mentre sono dietro la Luna,collocando gradualmente il veicolo in un'orbita quasi circolare intor-

Figura 19. Estrazione del modulo lunare.

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24 – Luna? Sì, ci siamo andati!

no al satellite, a una quota variabile fra 114 e 138 chilometri e a unavelocità di circa 5900 chilometri l'ora.

I due astronauti che dovranno camminare sulla Luna si trasferiscononel modulo lunare, lasciando nel modulo di comando il loro collega, esganciano il LM. Dopo una breve ispezione visiva e una prova finaledei sistemi di bordo, puntano il LM in modo che lo stadio di discesasia in avanti e ne accendono il motore.

Sulla Luna non c'è atmosfera che permetta planate o l'uso di paraca -

dute: la manovra dipende dal perfetto funzionamento dell'unico mo-

tore di discesa, che deve ridurre la velocità da 5900 km/h a zero nelcorso di dodici minuti e poi consentire al modulo lunare di restare li-brato sopra la superficie per il tempo necessario per trovare un puntosicuro per l'atterraggio. I margini di riserva sono ridottissimi.

Raggiunta la superficie lunare, gliastronauti compiono una o piùescursioni per effettuare attivitàscientifiche (la Figura 20 mostra

Aldrin durante l'Apollo 11), segui-ti da una telecamera che tra-smette in diretta verso la Terra.Usano tute dotate di un sistemadi sopravvivenza autonomo e,nelle missioni più sofisticate, unveicolo elettrico che consentespostamenti di vari chilometri. Ilrecord di durata è dell'Apollo 17,

con oltre 22 ore in tre uscite.

Gettando fuori tutta la zavorra possibile, i due astronauti ripartonousando il modulo di risalita: devono farlo in un istante ben precisoper poter incontrare il CSM che sta orbitando intorno alla Luna e ag -

ganciarlo. Se l'unico motore di risalita non si accenderà al momentoesatto, resteranno intrappolati sulla Luna. Se il motore non erogheràla spinta giusta o i calcoli della manovra risulteranno errati, orbiteran-no con la traiettoria sbagliata o si schianteranno. Se il rendezvous e

l'aggancio falliranno, saranno condannati a perire mentre il loro colle-ga rimasto in orbita li abbandonerà per tornare sulla Terra.

Figura 20. Buzz Aldrin sulla Luna.

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Come ci siamo andati – 25

Completato con successo il ren-dezvous (Figura 21, tratta dallamissione Apollo 11), gli astronautilunari ritornano nel modulo dicomando insieme al proprio cari-co di rocce, fotografie e ripresecinematografiche e sganciano lostadio di risalita del modulo lu-

nare, che ricade sulla Luna, men-

tre gli strumenti collocati sulla

superficie selenica trasmettono ipropri dati agli scienziati sulla Terra.

Dopo un periodo di riposo e ve-rifica dei sistemi, il modulo di co-

mando e servizio riaccende ilproprio motore principale peraccelerare e lasciare l'orbita luna-

re, tornando verso la Terra, dovearriva dopo circa tre giorni diviaggio.

Rientro roventePoco prima di raggiungere l'atmosfera terrestre, anche il modulo diservizio viene sganciato. Del colosso alto 111 metri partito pochi gior-ni prima resta a questo punto soltanto una piccola capsula conicaalta tre metri e mezzo, che precipita a circa 38.000 km/h e non hamotori di frenata.

Per rallentare può sfruttare esclusivamente l'attrito con l'aria: la capsu-

la si dispone con lo scudo termico in avanti e l'apice all'indietro, perreggere temperature fino a 2700°C, e deve infilare una traiettoria il cuiangolo deve essere fra 5,5 e 7,5 gradi. Se l'angolo è troppo basso, rim-

balzerà nell'atmosfera e si perderà nello spazio; se è troppo alto, il ca -lore sarà eccessivo e distruggerà prematuramente lo scudo termico,trasformando capsula e astronauti in una meteora incandescente.

Figura 21. Il LM risale dalla Luna.

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26 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Questa fase del rientro sottopone inoltre gliastronauti a una decelerazione molto violen-

ta (fino a 7 g, equivalenti ad avere sette volteil proprio peso normale) e genera un murod'aria ionizzata che per alcuni minuti bloccale comunicazioni radio, per cui da terra nonc'è modo di conoscere l'esito della manovrafino a quando la capsula rallenta abbastanzada poter aprire i propri paracadute stabiliz-zatori, a circa 7000 metri di quota, e le co-

municazioni radio riprendono. I treparacadute primari vengono aperti a 3000metri d'altezza.

La capsula effettua un ammaraggio (Figura 22) nell'Oceano Pacifico,dove galleggia fino a quando viene raggiunta in elicottero dai som-

mozzatori di recupero. Gli astronauti vengono caricati mediante unverricello su un elicottero e trasferiti su una portaerei; un altro elicot-tero recupera la capsula e il suo prezioso carico scientifico.

Per le prime missioni Apolloche sbarcano sulla Luna, al ri-torno gli astronauti vanno inquarantena in camere erme-tiche (la Figura 23 mostraquelli dell'Apollo 11 insiemeal presidente Nixon) e indos-sano tute sigillate non appe-

na usciti dalla capsula, perpaura di ipotetici germi luna-ri. Questa precauzione verràabbandonata a partire dallamissione Apollo 15 e gliastronauti saranno liberi di partecipare immediatamente ai festeggia-menti organizzati in onore della loro impresa.

Questo, in sintesi, è lo svolgimento di una missione lunare con le tec-nologie degli anni Sessanta: margini d'errore minimi, alte possibilità difallimento, senza alcuna possibilità di salvataggio, con tutto il mondoche osserva in diretta TV e il prestigio di una nazione in gioco. È an -

che per questo che nessuno ha più messo piede sulla Luna.

Figura 22. Ammaraggio.

Figura 23. Armstrong, Collins e Aldrin insiemeal presidente Richard Nixon.

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Le prove degli sbarchi – 27

Le prove degli sbarchi

Le presunte prove dei sostenitori della tesi di messinscena sono nu-

merosissime e in una discussione spesso non ci si può soffermare asmontarle una per una come farà la seconda parte di questo libro. Ma

si può usare un altro approccio, che taglia la testa al toro: presentarele prove più chiare e schiaccianti del fatto che ci siamo andati.

Se abbiamo dimostrazioni semplici e inoppugnabili della realtà dellemissioni lunari, è evidente che qualunque argomentazione portata dai“lunacomplottisti” è per forza sbagliata. Perché sia sbagliata lo si potràvedere poi, ma almeno si partirà da questo dato di fatto.

Esistono delle argomentazioni inoppugnabili che rendano evidente la

realtà delle missioni lunari anche a un profano? Sembra difficile poterdimostrare un evento accaduto quarant'anni fa, su un corpo celeste a400.000 chilometri di distanza da noi, visto che non possiamo andarelà a verificare e che la maggior parte delle pezze d'appoggio, per cosìdire, arriva da una fonte unica e pure di parte: la NASA. Ma la rispostaè sì: le prove esistono, anche se non sono quelle che viene spontaneoimmaginare, e sono un'ottima scusa per conoscere meglio il mondoaffascinante dell'esplorazione spaziale.

La documentazioneIl programma spaziale statunitense ha generato una quantità smisu-

rata di manuali tecnici e schemi di progetto per ogni più piccolocomponente dei veicoli, migliaia di articoli scientifici, checklist , proce-dure, misurazioni, dati telemetrici, bilanci, contratti, ordini d'acquisto,

rapporti d'ispezione, cartelle esplicative per la stampa, resoconti dimissione, referti medici, analisi di campioni, trascrizioni integrali dellecomunicazioni radio, e altro ancora (Figure 24 e 25).

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28 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Questa documentazione include fo-

tografie, dirette televisive, riprese ci-nematografiche, telemetrie eregistrazioni audio. Le sei missioni lu-

nari Apollo hanno prodotto oltre6500 fotografie, insieme a decine diore di riprese TV e filmati a colori: equesto è soltanto il materiale giratosul suolo lunare.

  Tutto questo materiale è pubblica-mente disponibile da anni su sempli-ce richiesta, secondo le norme delFreedom of Information Act , e oggi èscaricabile da Internet o acquistabilesu supporto digitale o in volumi car-tacei (come indicato nella bibliogra-fia in fondo a questo libro). Risultacoerente e senza contraddizioni, sal-

vo gli inevitabili refusi ed errori mi-nori di qualunque grande progetto.

Questa documentazione viene stu-diata da quarant'anni dai migliorispecialisti di tutto il mondo, ed è allabase di innumerevoli innovazioniscientifiche e di tecnologie di usoquotidiano, dal navigatore GPS ai te-

lefonini. Viene analizzata oggi contecniche che non esistevano all'epo-

ca e contro le quali non era quindipossibile premunirsi fabbricando unfalso su misura.

Se questa massa di dati fosse fasulla,insomma, gli esperti dei vari paesi delmondo se ne sarebbero accorti. Falsi-ficare in modo perfettamente coe-rente e a prova di futuro tutte questeinformazioni sarebbe stato più diffici-le che andare sulla Luna per davvero.

Figura 24. Un esempio dellavastissima documentazione delle

missioni: uno studio sulla scelta dei siti di allunaggio.

Figura 25. Un altro esempio delladocumentazione tecnica

 pubblicamente consultabile.

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Le prove degli sbarchi – 29

Controlli incrociati

Nei quarant'anni che ormai ci separano dalle imprese lunari, l'erroretecnico più grave trovato finora è che la NASA sbagliò nel dichiararecon disappunto che non c'erano foto del primo uomo sulla Luna, NeilArmstrong, scattate durante la storica escursione, e che tutte le foto-

grafie del primo sbarco mostravano il secondo uomo a mettere piedesul nostro satellite, Buzz Aldrin.

Ma nel 1987 il controllo incrociato fra immagini, trascrizioni delle co-

municazioni radio e resoconti degli astronauti, effettuato dai ricerca-

tori indipendenti H. J. P. Arnold e Keith Wilson,7

rivelò che alcune fotoritraevano in realtà Armstrong anziché Aldrin come diceva la NASA.L'equivoco fu facilitato dal fatto che le tute degli astronauti non ave-

vano i segni distintivi adottati nelle missioni successive (dall'Apollo 13in poi, la tuta del comandante fu dotata di bande rosse) e che il pro-

gramma dell'escursione sulla Luna prevedeva esplicitamente che fos-se soltanto Armstrong a fotografare il compagno e non viceversa.

Ci sono in tutto sei fotografie

a figura intera o parziale diNeil Armstrong sulla Luna: lamigliore è quella classificatacon il codice AS11-40-5886(la Figura 26 ne mostra undettaglio). Certo, non è ungranché, ma è meglio diniente, e soprattutto dimo-stra che i controlli incrociati

indipendenti effettuati suidati delle missioni sono effi-caci e che la parola dellaNASA non viene presa comeoro colato ma sottoposta acontinue verifiche.

Va sottolineato, inoltre, che lascoperta dell'errore commes-

so dalla NASA non è merito

7 Spaceflight , agosto 1987; Spaceflight , dicembre 1987;history.nasa.gov/alsj/a11/a11.5886.html .

Figura 26. Neil Armstrong sulla Luna.

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30 – Luna? Sì, ci siamo andati!

dei lunacomplottisti, ma dei ricercatori esperti di storia dell'astronau-

tica e del loro paziente lavoro di verifica e consultazione delle fonti.

Purtroppo l'errore è rimasto a lungo senza correzione, per cui anchemolte fonti solitamente rigorose riportano tuttora che non vi sono fo -

tografie di Armstrong scattate sulla Luna durante l'escursione, arri-vando a dire talvolta che il suo compagno Aldrin si rifiutò difotografarlo per ripicca per non essere stato scelto come primo uomoa mettere piede sul suolo lunare.8

Le altre immagini lunari di Armstrong sono etichettate AS11-40-5894

(in ombra, sottoesposta), AS11-40-5895 (solo le gambe), AS11-40-5896(ancora le gambe), AS11-40-5903 (riflesso nella visiera di Aldrin) eAS11-40-5916 (parziale, di spalle).

Già qui si può fare una riflessione: se le foto del primo sbarco sullaLuna fossero state realizzate in studio a scopo di propaganda, perchémai la NASA non avrebbe creato neanche un'immagine iconica delprimo uomo sulla Luna da dare in pasto ai media, fornendo invecesoltanto immagini del secondo?

Le fotografieMolti pensano che le missioni lu-

nari, soprattutto le prime, abbia-no scattato soltanto qualche fotodi bassa qualità, perché i media

pubblicano sempre le solite im-magini e spesso attingono a vec-chie copie analogiche, chehanno subito numerosissimi pas-saggi di duplicazione, invece diusare scansioni digitali moderne.

In realtà la prima missione luna-re, l'Apollo 11, scattò ben 339 foto

sulla Luna, usando pellicole sia in

8 Lo afferma per esempio il programma Ulisse, condotto da Alberto Angela,nella puntata trasmessa da Raitre il 22/9/2007 e replicata il 23/5/2009.

Figura 27. Armstrong, Collins e Aldrinesaminano i rullini in formato 70 mm.

Foto NASA AP11-69-H-1247.

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Le prove degli sbarchi – 31

bianco e nero sia a colori in grande formato (70 mm, Figura 27), cari-cate su speciali fotocamere Hasselblad motorizzate con obiettivi Zeissdi altissima qualità (Figura 28): in altre parole, il massimo della tecno -

logia fotografica portatile dell'epoca. I viaggi successivi ne scattaronoancora di più: la missione Apollo 17, per esempio, tornò sulla Terra conun bottino di ben 2237 foto lunari.

  Tutte queste pellicole, tuttoraconservate negli archivi NASA,sono state digitalizzate: le imma-gini sono disponibili via Internetpresso www.apolloarchive.com oeol.jsc.nasa.gov  con risoluzionifino a 4400 x 4600 pixel. Il libroFull Moon di Michael Light ne of -fre una riproduzione a risoluzio-

ne ancora superiore.

Queste scansioni di altissimaqualità restituiscono alle immagi-ni i colori e dettagli originali, offrendo una visione assai più completa,fresca e spettacolare delle escursioni lunari di quarant'anni fa. E le fo -

tografie, oltre ad essere una splendida testimonianza, permettono diverificare la coerenza della documentazione delle missioni lunari at-traverso una serie di controlli incrociati.

Per esempio, l'immagine AS11-40-5903 (la celeberrima “foto del turi-sta”, scattata da Neil Armstrong a Buzz Aldrin durante la missioneApollo 11) circola spesso nella forma e con la qualità mostrate in Figu -

ra 29. Ma se si usa la scansione diretta della pellicola originale (Figura30), emergono colori ben diversi e più vivi e un'inquadratura moltopiù ampia, che include una zampa del modulo lunare e una delle asteutilizzate dal modulo come sensore di contatto con il terreno, situatesotto le zampe e piegatesi dopo l'allunaggio.

L'immagine originale, inoltre, è storta: la fotocamera lunare dell'Apollo11 non aveva mirino e gli astronauti inquadravano alla buona, confi -dando nell'ampio angolo di ripresa dell'obiettivo e traguardando lun-

go l'asse della fotocamera. In questo caso c'è mancato poco cheArmstrong “decapitasse” Aldrin. Per tutte queste ragioni, la foto spes-so viene pubblicata nei media aggiungendo una fetta di cielo finto.

Figura 28. Una fotocamera lunareHasselblad 500EL.

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32 – Luna? Sì, ci siamo andati!

La scansione di alta qualità rivela molti dettagli del suolo che primaerano cancellati dall'eccessivo contrasto e dalle ripetute duplicazionie mette in luce la nitidezza dell'immagine fino all'orizzonte, senzatraccia dell'offuscamento atmosferico tipico delle fotografie scattatesulla Terra: segno che la fotografia è stata scattata nel vuoto.

La direzione delle ombre e la visibilità dell'asta e della zampa del mo-

dulo lunare permettono inoltre di collocare Aldrin rispetto al veicolo.

Figura 29. La classica immagine di Buzz Aldrin sulla Luna, AS11-40-5903, come lamostra la JSC Digital Image Collection.

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Le prove degli sbarchi – 33

L'astronauta ha il sole alle spalle, ma è illuminato dalla luce solare cherimbalza sul suolo e sulla pellicola protettiva riflettente che riveste ilmodulo lunare.

Emerge anche un particolare prezioso che è poco visibile nella versio-

ne di bassa qualità normalmente utilizzata. Nella visiera di Aldrin, in-

fatti, c'è il riflesso deformato del modulo lunare e dell'astronauta che

sta scattando la foto, Neil Armstrong. Ingrandendo questa scansione,rovesciandola per togliere l'effetto speculare e correggendola digital-mente per toglierne la dominante dorata si ottiene il dettaglio di Fi-

Figura 30. Una scansione migliore e integrale della stessa immagine, AS11-40-

5903. Fonte: www.apolloarchive.com.

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34 – Luna? Sì, ci siamo andati!

gura 31, che mostra nitidamente quello che stava davanti ad Aldrindalla sua visuale: il modulo lunare a sinistra, Neil Armstrong al centro,la bandiera americana sopra l'ombra dello stesso Aldrin e il telo verti-cale dell'esperimento sul vento solare a destra.

Si nota, inoltre, che la porzione di zampa del modulo lunare che sivede nella foto complessiva corrisponde esattamente all'immagine vi-sibile nel riflesso della visiera. Falsificare non una, ma ben 339 fotogra-

fie, rendendole perfettamente coerenti fra loro e rispetto alle

comunicazioni radio e alle riprese TV e cinematografiche non sarebbestato certo banale, soprattutto usando le tecnologie analogiche del-l'epoca. Ma non è tutto.

Figura 31. Il riflesso nella visiera di Aldrin, rovesciato e corretto cromaticamente.Credit: NASA, Kipp Teague, Apollo 11 Image Library.

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Le prove degli sbarchi – 35

Nell'ingrandimento emerge un dettaglio invisibile nelle versioni abassa qualità: un puntino azzurro nel cielo nero. È la Terra. Il punto staesattamente nella posizione del cielo lunare, visto dal luogo dellosbarco, in cui si trovava il nostro pianeta fra il 20 e il 21 luglio 1969.9 Losi può verificare con un buon programma di astronomia.

Questo è il genere di controllo incrociato che è possibile effettuaresui dati pubblici delle missioni lunari. Quanto sarebbe stato difficilecreare una messinscena tenendo traccia di tutti questi dettagli?

La diretta TVIl controllo incrociato si estendeanche alle riprese televisive invia-te in diretta dalla Luna (Figura32). Le foto furono scattate quasisempre mentre gli astronautierano inquadrati dalla telecame-

ra portata sulla Luna, per cuisono confrontabili con le imma-gini TV. Finora tutti i riscontrihanno dato esito positivo.

Le riprese TV coprono ogni mi-nuto di tutte le passeggiate luna-ri (eccetto quella dell'Apollo 12, la cui telecamera si guastò pochi mi -nuti dopo l'inizio dell'escursione): per le missioni più lunghe ci sono

decine di ore, con lunghissime sequenze ininterrotte, tutte a coloritranne quelle della prima missione e tutte disponibili al pubblico, peresempio tramite gli ottimi DVD della Spacecraft Films.

Nelle dirette, inoltre, si osservano ripetutamente vari fenomeni chepossono verificarsi soltanto in un ambiente privo d'aria e con gravitàridotta ed erano impossibili da realizzare con gli effetti speciali cine-

matografici dell'epoca, come descritto in dettaglio più avanti.

9 In uno specifico punto della Luna, la Terra è sempre nella stessa posizionein cielo, a parte i leggeri spostamenti prodotti dalla cosiddetta librazione,per cui la data ha un'importanza relativa. I dettagli del calcolo sono pressohistory.nasa.gov/alsj/a11/images11.html.

Figura 32. Un fotogramma della direttadell'Apollo 11.

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36 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Le riprese cinematografiche

Pochi sanno che gli astronautiportarono anche cineprese pro-

fessionali, con pellicola a colori informato 16 mm. La Figura 33, peresempio, mostra Neil Armstrongmentre scende lungo la scalettadel modulo lunare per compiereil primo passo sulla Luna. La pri-ma ora e mezza della sua escur-sione insieme ad Aldrin èdocumentata nitidamente a co-lori su pellicola oltre che nellefoto e nella diretta TV.

Anche queste riprese permettono controlli incrociati. Per esempio, laFigura 34 è un dettaglio del fotogramma della ripresa cinematografi -ca del saluto di Aldrin alla bandiera: è lo stesso istante catturato, daun'altra angolazione, dalla celebre foto di Figura 35.

Figura 33. Armstrong scende sulla Luna.

Figura 34. Apollo 11: Aldrin saluta la bandiera mentre Armstrong lo fotografa.

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Le prove degli sbarchi – 37

Come le dirette televisive, anche questo materiale filmato (tutto pub-

blicamente disponibile) mostra fenomeni che si verificano solo in as-senza d'aria e in bassa gravità, e lo fa con la nitidezza e la ricchezza dicolori della pellicola cinematografica.

Un conto, infatti, è nascondere trucchi (per esempio gli ipotetici filiche renderebbero leggeri i movimenti degli astronauti) in un'immagi-ne televisiva sgranata; un altro è celarli all'occhio ben più acuto della

cinepresa. E si pone comunque il problema di dover realizzare questipresunti trucchi in lunghe sequenze senza interruzioni e senza gli“stacchi” e i cambi d'inquadratura che il cinema usa per nasconderli.

Figura 35. Apollo 11: Aldrin saluta la bandiera. Foto AS11-40-5874.

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38 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Altre fonti informative

Per dare un'idea di quanto sia ricca la documentazione riguardante lemissioni lunari, va segnalato che la cronologia completa delle escur-sioni, con le trascrizioni commentate di ogni singola frase pronunciata,foto scattata e azione effettuata sulla Luna dagli astronauti, è consul-tabile via Internet presso l'  Apollo Lunar Surface Journal  all'indirizzowww.hq.nasa.gov/alsj .

Oltre alla manualistica NASA vi sono numerosissimi libri tecnici dedi-cati alle missioni Apollo e scritti da esperti di astronautica, come l' A-

 pollo Definitive Sourcebook di Orloff e Harland e  A Man on the Moon diAndrew Chaikin, e le biografie degli astronauti lunari e dei direttoridel Controllo Missione a Houston (Failure is not an Option di GeneKranz, Flight di Christopher Kraft).

Esiste anche un'enorme quantità di materiale filmato riguardanteogni aspetto della progettazione e costruzione dei veicoli e della rea-lizzazione dei lanci spaziali, disponibile sia in forma grezza integrale(presso siti Internet come Archive.org e Footagevault.com e in DVD) sia

nella veste di grandi documentari come When We Left Earth, In theShadow of the Moon, For All Mankind , alcuni dei quali sono stati tra-dotti in italiano.

Internet offre anche molti siti specialistici dedicati alla documentazio-

ne e catalogazione minuziosa della storia dell'astronautica, come lavastissima Encyclopedia Astronautica (presso Astronautix.com) e il no-strano ForumAstronautico.it . Anche le tesi di messinscena lunare ven-

gono esaminate e smontate in dettaglio dagli esperti in siti come

 AboveTopSecret.com, Clavius.org, SiamoAndatiSullaLuna.com e molti al-tri elencati nella bibliografia in fondo a questo libro.

Verifica incrociata: il ritardo radioUno splendido esempio di come tutto questo materiale tecnico siaesaminabile, verificabile e coerente, anche in maniere impreviste epoco intuitive, arriva da una ricerca condotta proprio in Italia da LucaGirlanda, dell'INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) di Pisa, insie-me agli studenti del Liceo Scientifico “E. Fermi” di Massa e del Liceo

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Le prove degli sbarchi – 39

Scientifico “A. Vallisneri” di Lucca,10 che hanno scaricato dal sito Inter-net della NASA le registrazioni delle comunicazioni radio delle missio-ni lunari e hanno notato che nelle registrazioni c’è l’eco della voce delControllo Missione sulla Terra.

La voce, infatti, arrivava nelle cuf -fie degli astronauti e veniva cap-

tata anche dai loro microfoni(Figura 36). Gli studenti hannomisurato la durata di quest'anda-ta e ritorno alla velocità dellaluce: circa 2,6 secondi per l'Apol-lo 11. Hanno poi calcolato che perprodurre questo ritardo, la Lunadoveva stare a circa 393.000 chi-lometri.

Ma la Luna varia la propria di-stanza dalla Terra, nel corso del-l’orbita, da 363.000 a 405.000chilometri. Una variazione nonda poco, grazie alla quale il ritar-do oscilla rispettivamente fra 2,4e 2,7 secondi.

Quanto distava la Luna il 21 luglio 1969? Ce lo dicono gli astronomi:393.300 chilometri. Il ritardo radio, insomma, è proprio quello giusto.

Fin qui, direbbe un lunacomplottista, non ci vuole molto a fabbricare

un falso: basta mettere un ritardo fisso. Ma c'è di più. Gli studenti han-no ripetuto l'esperimento con le conversazioni delle missioni che ri-masero sulla Luna per più giorni (Apollo 17) e hanno scoperto chenelle registrazioni originali della NASA il ritardo varia in modo esatta-mente corrispondente al variare della distanza Terra-Luna in quel perio -do. Se si trattasse di un falso, sarebbe incredibilmente ben fatto.

10 Echoes from the Moon, Luca Girlanda, INFN Sezione di Pisa, in  American

 Journal of Physics, settembre 2009, vol. 77, Issue 9, pagg. 854-857,disponibile presso arxiv.org/pdf/0903.3367 . La ricerca tiene conto dellevariazioni dovute alla rotazione terrestre e del fatto che trasmittente ericevente non erano nel centro geometrico dei rispettivi corpi celesti.

Figura 36. Neil Armstrong nel LM, stanco

ma felice dopo la prima escursioneumana sulla Luna. Foto AS11-37-5528.

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40 – Luna? Sì, ci siamo andati!

L'omertà perfetta della NASANei quarant'anni trascorsi dallo sbar-co sulla Luna, non uno dei 400.000tecnici civili delle varie aziende aero-

spaziali che lavorarono al progettoApollo ha mai spifferato qualcosa,magari per sbaglio o durante un mo-

mento d'ubriachezza molesta.

Nessuno ha mai confessato nulla,neanche in punto di morte. Nessunoha mai fatto trapelare qualche dos-sier dimenticato o una foto compro-

mettente che rivelasse la messinscena. Neanche la Mafia riesce a otte-

nere un'omertà così perfetta.

Alcuni lunacomplottisti talvolta an-nunciano di aver trovato documenti,foto o filmati ufficiali che secondo

loro sarebbero stati falsificati o dimo-strerebbero le loro tesi. Ma è sempreemerso che i falsificatori erano inrealtà i lunacomplottisti o che questisegugi dilettanti avevano preso ungranchio.

Inoltre gli omertosissimi tecnici delprogetto Apollo non sono persone

anonime e non sono militari, ma civi-li, poco avvezzi a mantenere segreti. Iloro nomi e cognomi sono pubblici.Molti sono ancora vivi e ben dispostia parlare delle proprie esperienze.Eppure nessun lunacomplottista osaaccusarli pubblicamente di falso fa-cendo nomi precisi. Per esempio,qualcuno se la sente di dire che l'italoamericano Rocco Petrone (Figu-

ra 38), direttore delle operazioni di lancio delle missioni Apollo, fuparte del complotto? O che l'astronauta italiano Umberto Guidoni,che ha avuto come docenti gli astronauti Apollo, si sia fatto fregare?

Figura 37. Alcuni dei tecnici cherealizzarono i moduli lunari.

Figura 38. Rocco Petrone (1926-2006).

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Le prove degli sbarchi – 41

Il silenzio dei sovieticiCome raccontato nel capitolo Lacorsa alla Luna, anche i sovieticitentarono segretamente di por-tare un cosmonauta sulla Luna edi farlo prima degli americani.C'era in gioco il prestigio politicodella nazione sulla scena mon-

diale e occorreva sfoggiare tec-

nologia per far capire ai paesinon allineati che l'Unione Sovie-tica era uno stato potente, mo-derno e agguerrito con il qualeconveniva allearsi.

Ma l'impresa fallì e il disastro fumesso a tacere: il governo sovie-tico finse di non averci mai pro-

vato. Un'umiliazione cocente,costata oltretutto cifre enormi.

Quindi se l'Unione Sovieticaavesse scoperto che l'impresaamericana era una messinscena– e aveva la tecnologia e le spieper farlo – avrebbe avuto ottimeragioni per rivelarlo al mondo e umiliare pubblicamente il proprio ne-mico. Invece non lo fece: anzi, con un gesto senza precedenti, la tele-visione di stato sovietica annunciò lo sbarco americano pressochéimmediatamente (Figura 39) e trasmise brani della diretta lunare del-l'Apollo 11.

Le rocce lunari

Capita spesso di sentir citare come prova degli sbarchi umani sullaLuna il fatto che le missioni Apollo riportarono sulla Terra campioni diroccia lunare: oltre un migliaio, per un totale di 382 chilogrammi.

Figura 39. Corriere della Sera , 21 luglio1969, pagina 2.

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42 – Luna? Sì, ci siamo andati!

La Figura 40 ne mostra una: pesa 269grammi ed è lunga circa nove centi-metri. Fu raccolta dagli astronautiDave Scott e James Irwin durante lamissione Apollo 15 e battezzata benpresto Pietra della Genesi  perché hacirca 4 miliardi di anni. È una dellerocce più antiche esistenti.

Ma bisogna fare attenzione con que-st'asserzione: infatti un lunacomplot-tista duro e puro può ribattere che anche le missioni sovietiche auto-matiche Luna 16, 20 e 24 riportarono sulla Terra campioni di suolo lu-

nare, fra il 1970 e il 1976 (Figura 41). Volendo essere pignoli, quindi, lerocce dimostrano che gli Stati Uniti mandarono dei veicoli sulla Luna,perché la loro composizione è diversa da quella delle rocce terrestri,ma non sono una prova inoppugnabile dello sbarco di astronauti .

Andando ad analizzare in dettaglio ifatti, tuttavia, emergono differenzeimportanti che permettono comun-que di includere le rocce lunari fra glielementi a supporto degli sbarchi diastronauti sul nostro satellite.

Innanzi tutto la quantità: i campionidi roccia lunare recuperati dalle son-

de automatiche russe ammontano intutto a meno di cinquecento gram-

mi , contro i quasi quattrocento chili dei campioni statunitensi, a testimo-nianza del divario di prestazioni fra i veicoli americani e quelli russi.

Questo dimostra perlomeno che la NASA era capace di far arrivaresulla Luna e di riportare a casa un carico molto più grande rispetto airussi: anche 110 chili di rocce in una sola volta, con l'Apollo 17. Quindivengono perlomeno indebolite le argomentazioni di chi sostiene cheil Saturn V era in realtà un vettore lunare insufficiente.

Figura 40. Una roccia lunare.

Figura 41. Una delle sonde sovietichedella serie Luna, attrezzata per la

raccolta di campioni di suolo lunare.

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Le prove degli sbarchi – 43

In secondo luogo, la qualità: le “rocce”sovietiche sono in realtà granelli comequello di Figura 42, che misura due milli-metri e mezzo (meno di un chicco diriso), sono poco differenziate e proven-

gono tutte dagli strati superficiali.

Quelle americane, invece, pesano fino a11 chilogrammi l'una, provengono anchedal sottosuolo e sono molto varie, segnoche sono state selezionate e raccolte inpunti differenti, effettuando anche trivel-lazioni e carotaggi. Come sarebbe statofatto tutto questo? Con la rudimentale tecnologia robotica degli anniSessanta, oppure mandandoci qualcuno?

C'è ancora una cosa. Paradossalmente, il lunacomplottista che doves-se citare i campioni lunari sovietici si tira la zappa sui piedi, perché lerocce riportate sulla Terra dalle missioni automatiche sovietiche sonogeologicamente uguali a quelle delle missioni Apollo e sono differen-ti da quelle terrestri: questo significa che le rocce russe autenticanoquelle americane e quindi impedisce di argomentare che i campionidi Luna riportati dagli astronauti sono dei falsi.

Specchi sulla Luna

Un altro esempio citato spesso comeprova degli allunaggi è quello dei re-troriflettori laser. Le missioni Apollo11, 14 e 15 collocarono sulla superfi-cie della Luna questa sorta di catari-frangenti di precisione (Figura 43).

Si tratta di dispositivi passivi, chenon richiedono energia per funzio-

nare. Di conseguenza, nonostantesiano trascorsi quarant'anni, è tuttorapossibile colpirli da Terra con un rag-

Figura 42. Un campione di superficie lunare riportato sulla

Terra dalla missioneautomatica sovietica Luna 20.

Figura 43. Il retroriflettore dellamissione Apollo 11. Dettaglio della

foto AS11-40-5952.

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44 – Luna? Sì, ci siamo andati!

gio laser molto potente, puntato su coordinate estremamente precisedella Luna, e ottenere un riflesso rilevabile. Il tempo che passa fra l'in-

vio del raggio e il ritorno del suo riflesso permette di misurare la di-stanza Terra-Luna con una precisione dell'ordine dei centimetri.

Ma va detto che anche i sovietici fecero altrettanto, e senza usareastronauti, con le missioni automatiche Luna 17 e Luna 21, nel 1970 enel 1973. Quindi questi retroriflettori non sono una prova rigorosadella presenza di astronauti sulla Luna: dimostrano però che gli StatiUniti nel 1969 e nel 1971 riuscirono davvero a collocare degli apparatinei punti dove dichiarano di aver effettuato gli sbarchi umani.

Foto di oggetti e veicoli sulla LunaUna delle domande più frequenti e spontanee quando si discute ditesi di complotto lunare è “Ma non si può semplicemente puntare untelescopio e vedere se sulla Luna ci sono i veicoli Apollo?” 

La risposta, purtroppo, è no: non esiste ancora un telescopio sufficien-

temente potente, come spiegato in dettaglio nel capitolo Presunteanomalie tecnologiche. Però si può mandare una sonda automaticaverso la Luna, fotografare i luoghi dove la NASA dice di aver fatto allu-

nare gli astronauti e vedere che cosa c'è.

Infatti questo è stato fatto. Nel2009 la sonda Lunar Reconnais-

sance Orbiter della NASA (Figura44) ha fotografato i siti degli allu-

naggi da 50 chilometri di quotae vi ha trovato i veicoli Apollo eanche le tracce delle improntedegli astronauti, esattamente neiluoghi descritti nella documenta-zione pubblicata quarant'anni fa.

La Figura 45 mostra un'immagi-ne del luogo di allunaggio dell'A-

pollo 17 scattata appunto dal Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO). Alcentro si vede la chiazza chiara della base del modulo lunare e tutt'in-

Figura 44. Disegno del Lunar Reconnaissance Orbiter.

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Le prove degli sbarchi – 45

torno ci sono le linee scure formate dai passi degli astronauti e dalleruote della loro auto elettrica, che hanno smosso la polvere della su-

perficie. Sulla Luna non c'è vento o pioggia che possa cancellarle, percui sono ancora lì. Si notano anche alcuni strumenti di misura (i pun-

tini bianchi) e la bandiera (indicata dalla parola inglese Flag).

La sonda LRO ha fotografato anche gli altri siti di allunaggio. La Figura46 mostra la base del modulo lunare dell'Apollo 11 (la macchia biancapiù grande, accompagnata dai quattro puntini delle zampe); le frecceindicano la telecamera, il retroriflettore citato prima (LRRR) e il sismo-

grafo (PSE).

Figura 45. Immagine del modulo lunare dell'Apollo 17 scattata dalla sonda LROnel 2009. Credit: NASA/GSFC/Arizona State University.

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La freccia muta indica la scia d'impronte lasciate da Neil Armstrongper correre al cratere Little West, a circa 60 metri dal modulo lunare, escattare la foto mostrata in Figura 47, come dichiarato dalle registra-zioni delle comunicazioni radio e dai resoconti di missione.

I controlli incrociati, insomma, confermano la coerenza dei dati pre-

sentati. E si può fare di più.

Figura 46. La base del modulo lunare dell'Apollo 11, fotografata nel 2009 dallasonda LRO con il sole radente (sopra) e con il sole alto (sotto). Credit: NASA/GSFC/ 

 Arizona State University.

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Le prove degli sbarchi – 47

Si può infatti confrontare la foto della sonda LRO con la mappa dell'e-

scursione pubblicata nel 1969 dalla NASA (Figura 48): gli oggetti e idettagli del terreno osservati oggi sono esattamente nelle posizioniindicate quarant'anni fa.

Ma qualcuno potrebbe obiettare che l'LRO è una sonda della NASA e

quindi non ci si può fidare. In realtà l'ente spaziale statunitense si èoccupato esclusivamente del lancio: la fotocamera della sonda e l'in-

terpretazione delle sue immagini sono sotto il controllo di un gruppoaccademico separato, il LROC Science Operations Center presso l'Arizo-

Figura 47. Neil Armstrong sul ciglio del cratere Little West. L'ombra sottile a destra

appartiene allo strumento ALSCC (fotocamera stereo macro per geologia). Foto AS11-40-5961.

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na State University, e di altri gruppi scientifici.11 Occorrerebbe coinvol-gere anche loro nella cospirazione e ottenerne la perfetta, omertosis-sima collaborazione. In alternativa, sarebbe necessario ingannarequesti tecnici così bene da non lasciare la minima traccia di manipo-

lazione delle fotografie: impresa non banale, trattandosi di specialistiin analisi delle immagini digitali. E bisognerebbe falsificare le foto dinascosto tutte le volte che la sonda sorvola i luoghi degli allunaggi,tenendo conto in ciascun caso della diversa angolazione del sole.

Certo, queste foto mostrano i veicoli , non gli astronauti: ma allorachiediamoci quanto sarebbe stato complicato mandare sulla Luna unrobottino per tracciare finte impronte di astronauti, seguendo un per-corso da duplicare esattamente nei resoconti di missione, nelle foto-

grafie, nelle dirette TV e nelle riprese cinematografiche. E fare tuttoquesto sei volte (Figure 49-51). Il ridicolo è dietro l'angolo.

11 L'elenco completo è presso lroc.sese.asu.edu/EPO/Team/Bios.php .

Figura 48. Confronto fra la mappa dell'escursione (Apollo 11 Traverse Map, 1969) ela foto della sonda LRO (2009). Credit: NASA/GSFC/Arizona State University.

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Le prove degli sbarchi – 49

Figura 49. Il sito di allunaggio dell'Apollo 12, fotografato dalla sonda LRO

(2009) con il sole basso. Credit: NASA/GSFC/Arizona State University.

Figura 50. Dettaglio del sito di allunaggio dell'Apollo 12, fotografatodalla sonda LRO (2009) con il sole alto sull'orizzonte. Credit: NASA/GSFC/ 

 Arizona State University.

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50 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Indizi, ma non proveFin qui abbiamo visto forti indicatori di autenticità degli sbarchi uma-ni sulla Luna, chiaramente convincenti per chi valuta il quadro gene -

rale delle evidenze. Sono elementi che rendono l'idea di unamessinscena incredibilmente, assurdamente complicata, però nonsono prove inoppugnabili in senso stretto. Non certo per un luna-

complottista che non si vuole arrendere.

Quello che serve è qualcosa che dimostri che sulla Luna non c'eranoimprobabili robot con le zampette che facevano impronte di astro-

nauti, ma c'erano delle  persone. Qualcosa che documenti un fenome-no che poteva verificarsi soltanto sulla Luna e sia avvenuto inpresenza di astronauti. Qualcosa che preferibilmente non sia fornitodalla NASA.

Ce l’abbiamo.

Figura 51. Il sito di allunaggio dell'Apollo 14, fotografato dalla sonda LRO (2009). Si notano le tracce delle impronte lasciate dagli astronauti e l'ombra del modulo

lunare. Credit: NASA/GSFC/Arizona State University.

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Le prove degli sbarchi – 51

L’altimetria di KàguyaIl veicolo spaziale automatico Kà-guya/Selene, dell’agenzia spazialegiapponese JAXA, ha trascorso 20mesi in orbita intorno alla Luna, ter-minando la propria missione nel2009 (Figura 52). Fra i suoi strumentic’era un altimetro laser con una pre-cisione verticale di 5 metri, che ha

permesso di generare mappe digitalitridimensionali estremamente preci-se dell'intera superficie del nostro satellite.12

Le dettagliatissime immagini riprese dalla fotocamera installata sullasonda possono essere combinate con queste mappe in rilievo ed ela-borate in modo da creare viste virtuali della geografia lunare reale,prese da qualunque angolazione.

L’agenzia spaziale giapponese ha quindi provato a confrontare i pro-

pri risultati con quelli della NASA: ha creato, esclusivamente sulla basedei propri dati, una vista virtuale presa dall'esatta angolazione dallaquale gli astronauti dell'Apollo 15 scattarono una serie di fotografienel luglio del 1971. La Figura 53 mostra il confronto.

12 I dati sono pubblicamente disponibili pressohttps://www.soac.selene.isas.jaxa.jp/archive/index.html.en.

Figura 53. A sinistra, dettaglio della foto AS15-82-11122 scattata nel 1971dall'equipaggio dell'Apollo 15; a destra, elaborazione grafica digitale realizzata

sulla base dei dati della sonda giapponese Kàguya nel 2009.

Figura 52. Disegno della sonda

giapponese Kàguya. Credit: JAXA.

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52 – Luna? Sì, ci siamo andati!

L'oggetto che si vede sulla sinistra nella fotografia della NASA è unaparte del Rover, l'auto elettrica usata durante la missione, e le altrefoto della sequenza includono anche l'astronauta David Scott che vista lavorando, come mostrato dal collage di Figura 54.

In altre parole, nel 1971 la NASA pubblicò foto che mostravano lemontagne lunari viste dal suolo, che corrispondono esattamente aquello che rileva oggi nello stesso punto una sonda giapponese (nondella NASA) e includono un astronauta.

Si potrebbe argomentare che la NASA forse portò sulla Luna un Ro-ver, un manichino vestito da astronauta e un robot che li mettesse inposa e li fotografasse, ma significherebbe ammettere che l'ente spa-ziale statunitense era in grado di effettuare missioni lunari complica-tissime con carichi consistenti. Con una capacità del genere sarebbestata quindi in grado di portare sulla Luna degli astronauti veri.

Un'altra obiezione possibile è che la NASA potrebbe essere riuscita,negli anni Settanta (quando l'elaborazione grafica al computer eraagli albori), a inviare sonde automatiche per raccogliere dati altimetri-ci molto precisi della superficie della Luna o per scattare foto dal suo-

lo, per poi realizzare un set cinematografico che riproducesse

Figura 54. Collage delle fotografie AS15-82-11120, AS15-82-11121, AS15-82-11120della missione Apollo 15 (1971). L'astronauta ritratto è David R. Scott.

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Le prove degli sbarchi – 53

esattamente la geografia reale di ciascuno dei luoghi di allunaggio.Ma l'idea di riuscire a condurre un'operazione di questo livello di sofi-sticazione nel segreto più totale, per ben sei volte, coinvolgendo ine-vitabilmente un altissimo numero di collaboratori, senza che nessunocommetta mai sbagli o spifferi qualcosa, e col rischio di fare una figu-

raccia dinanzi al mondo intero in caso d'errore, pare decisamente ir-realistica.

Sarebbe stato molto più semplice andarci per davvero: anche in casodi fallimento, perlomeno non ci sarebbe stato il rischio di essere coltia falsificare l'impresa.

La polvere parabolicaUn altro aspetto delle immaginidelle missioni lunari difficilmentespiegabile dai lunacomplottisti è

un dettaglio apparentementebanale: la polvere.

Sulla Terra, la polvere che vienesollevata, per esempio dalle ruo-

te di un'auto, resta sospesa nel-l’aria a lungo, formando nubi,volute e scie lunghe come quelleche vedete in Figura 55.

Ma nelle riprese della corsa del-l'auto lunare si osserva che lapolvere molto fine ricade invecebruscamente al suolo, tracciandoun arco parabolico (Figura 56),appunto perché sulla Luna nonc’è aria che ne freni la caduta e latenga sospesa. Quindi le riprese

devono essere state effettuate inun luogo privo di aria. Nel vuoto,insomma.

Figura 55. Polvere sollevata su unastrada sterrata. Credit: Rene Cormier,

Cmgonline.com.

Figura 56. Il Rover della missione Apollo

16 solleva la polvere in modo anomalo.Dettaglio di fotogramma tratto dalleriprese in 16 mm.

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54 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Questo comportamento insolito della finissima polvere lunare si notaanche quando gli astronauti camminano. A ogni passo, i loro piediproducono un ampio ventaglio di granelli che ricadono bruscamenteal suolo e nelle riprese in controluce creano un vistoso riflesso im-

provviso. È un effetto riscontrabile molto chiaramente nelle riprese ci -nematografiche e televisive13 e con un po' di attenzione anche insequenze di immagini statiche come la Figura 57.

Come sarebbe stato possibile ottenere ripetutamente un fenomenodel genere usando gli effetti speciali cinematografici degli anni Ses-santa? C'è chi ipotizza l'uso di una sabbia pesante e a grana grossa,ma nessuno finora ha saputo dimostrare che quest'ipotetica sabbia sicomporti davvero come mostrato dai filmati lunari, cambiando oltre-

tutto riflettività quando viene calciato e diventando molto scuro dacerte angolazioni ma luminosissimo da altre, come si nota in alcunifilmati.

In alternativa, mettere sotto vuoto un intero studio di ripresa, con lefotocamere, le cineprese, le telecamere, le luci e gli operatori, sarebbestata un'impresa tecnicamente arditissima e un incubo organizzativo,e avrebbe richiesto una camera a vuoto immensa (alcuni filmati, infat -ti, mostrano l'auto lunare che percorre centinaia di metri). Eppure an-

cor oggi la camera a vuoto più grande del mondo, a Plum Brook Station nell'Ohio, misura solo 30 metri di diametro: il modulo lunare,da solo, ne occuperebbe un terzo. Ancora una volta, sarebbe stato piùsemplice andare sulla Luna per davvero.

13 Alcuni video con esempi del fenomeno sono disponibili pressotinyurl.com/polverelunare.

Figura 57. Dettaglio di tre fotogrammi successivi del filmato 16 mm dell'Apollo 11.

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Le prove degli sbarchi – 55

La polvere è un elemento rivela-tore anche nei filmati degli allu-

naggi: quando il modulo lunaresta per toccare il suolo, la si vedeschizzar via orizzontalmente,spinta dal getto del motore, eformare una cortina che offuscala visuale (Figura 58). Non appe-na il motore si spegne, la corsadella polvere cessa di colpo, sen-

za formare volute o sbuffi, e ilsuolo torna ad essere visibile.

Confrontiamo questi filmati con il massimo esempio degli effetti spe-ciali dell’epoca: 2001 Odissea nello spazio, uscito nel 1968, poco primadel primo sbarco sulla Luna. Ogni tanto si sente dire che le riprese deiviaggi lunari sarebbero state falsificate proprio con l’aiuto del suo re-gista, Stanley Kubrick, maestro degli effetti speciali cinematografici.

Ma nella sequenza di allunaggio mostrata dal film il comportamentodella polvere è in realtà clamorosamente sbagliato: la polvere formavolute e rimane in sospensione (Figura 59). Segno che la ripresa nonè stata fatta nel vuoto, ma in presenza d'aria. Se questo è il massimoche si potesse fare con la tecnologia degli effetti speciali degli anniSessanta, come avrebbe fatto la NASA a falsificare le riprese lunari?

Figura 58. L'allunaggio dell'Apollo 11.

Figura 59. Un allunaggio rappresentato in 2001 Odissea nello spazio (1968).

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56 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Le dimensioni del presunto setChi sostiene che le immagini degli astronauti lunari furono fabbricatein studio deve anche fare i conti con il fatto che molte foto furonoscattate in sequenza mentre l’astronauta girava lentamente su sestesso, per cui possono essere composte per formare grandi immagi-ni panoramiche come quella di Figura 60, tratta dalla missione Apollo11. Per ottenere lo stesso risultato con gli effetti speciali sarebbe statonecessario un set cinematografico di dimensioni enormi.

Inoltre l'ipotetico set avrebbe dovuto ricevere luce ovunque da una

singola, potentissima fonte luminosa, per evitare ombre multiple.Non basta. Nelle missioni dotate dell'auto lunare Rover ci sono ripreserealizzate con la cinepresa a bordo che durano decine di minuti senzainterruzioni14 e mostrano il paesaggio circostante che scorre tutt'in-

torno e sotto le ruote del Rover, che sollevano la polvere in archi pa-

rabolici che ricadono bruscamente al suolo. Il set sarebbe stato quindisottovuoto e avrebbe dovuto avere proporzioni colossali per consen-

tire un tragitto del genere al suo interno. E come illuminare l'intero

percorso con una sola fonte di luce?Anche senza ricorrere all'auto lunare, per la quale qualcuno potrebbeipotizzare sofisticatissimi modellini in scala ridotta, ci sono sequenzecome quella di Figura 61, tratta dalle riprese televisive della missioneApollo 16, in cui si vedono degli astronauti (non simulabili con model-lini) che camminano allontanandosi continuamente dalla telecamerasenza mai arrivare in fondo all’ipotetico set cinematografico.15

14 Per esempio, la ripresa a colori denominata Traverse to Station 4 dellamissione Apollo 16 dura 25 minuti ininterrotti.

15 La sequenza è consultabile via Internet presso tinyurl.com/houserock.

Figura 60. Composizione di una sequenza di fotografie scattate da Neil Armstrongdurante la missione Apollo 11 (AS11-40-5930/31/32/33/34/39/40; Moonpans.com).

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Le prove degli sbarchi – 57

È importante ricordare che sulla Luna l’assenza d’aria non offusca glioggetti lontani e falsa la percezione delle distanze e delle dimensioni,e mancano oggetti familiari come alberi o case che diano un riferi-mento prospettico. Infatti il masso che sembra appena dietro di loro everso il quale si stanno dirigendo in realtà è un macigno grandecome una palazzina di quattro piani (da cui il nome House Rock ): èalto 12 metri, misura 16 metri per 20, e si trova a 220 metri di distanzadalla telecamera, montata sul Rover.16

È davvero difficile immaginare un set cinematografico segreto, sottovuoto spinto e perfettamente illuminato nel quale si possa fare unacamminata così lunga.

L'andatura lunareI sostenitori della falsificazione delle immagini lunari affermano spes-so che l’andatura caratteristica degli astronauti sarebbe stata realizza-ta usando dei cavi e il rallentatore. Nel 2008 la popolare trasmissionestatunitense Mythbusters ha messo alla prova quest’affermazione:Adam Savage, uno dei conduttori, ha indossato una copia di una tutaspaziale e ha tentato di simulare l'andatura lunare usando sia il rallen-

tatore, sia una speciale imbragatura che regge i cinque sesti del suopeso (Figura 62).

16 Dati del Preliminary Science Report dell'Apollo 16, scaricabile pressowww.hq.nasa.gov/alsj/a16/a16psr.html .

Figura 61. Apollo 16: fasi della camminata di John Young e Charlie Duke dal Rover verso il macigno House Rock a 220 metri di distanza. Da sinistra: House Rock si 

scorge dietro l'astronauta più lontano; la zoomata segue gli astronauti; Young eDuke scompaiono dietro il macigno (la freccia indica uno dei loro caschi).

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58 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Niente da fare: la trasmissionemostra chiaramente che il con-

fronto diretto fra le immagini lu-

nari e l’effetto ottenuto con cavie rallentatore rivela differenzegrossolane.

Infatti i cavi riducono il peso del-l’astronauta fasullo, ma non quel-lo degli oggetti che ha addosso.Questi oggetti, quindi, oscillanosotto l'effetto pieno della gravitànormale, rivelando il trucco. Latesi lunacomplottista è dunquesbagliata.

C’è un solo modo per ottenere lacamminata fluida che vediamonelle immagini delle missioni lu-

nari: creare una vera e propriagravità ridotta. Questo effetto si può ottenere volando su un aereospeciale, battezzato non a caso Vomit Comet , e seguendo una traietto-

ria composta da una serie di parabole, simile a quella di un otto vo -

lante (Figura 63).

Regolando opportunamente velocità e inclinazione dell'aereo, si ot-tiene dentro la cabina a tutti gli effetti un sesto di gravità, propriocome sulla Luna. Questo è infatti il metodo che fu usato dagli astro-

nauti Apollo per il proprio addestramento e, in tempi più recenti, da-

gli attori del film Apollo 13 di Ron Howard per alcune riprese.

Mythbusters ha effettuato questotipo di volo, ottenendo un’anda-tura estremamente fluida senzadover ricorrere al rallentatore: glioggetti trasportati e indossati dalfinto astronauta oscillano lenta-mente e morbidamente, senza

usare il rallentatore. L’effetto èidentico a quello delle immaginidelle missioni lunari (Figura 64).

Figura 62. Mythbusters tenta di simularel'andatura degli astronauti lunari 

usando cavi e rallentatore.

Figura 63. La traiettoria del Vomit Comet.

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Le prove degli sbarchi – 59

Qualcuno potrebbe pensare chesi sarebbe potuto usare questometodo per realizzare finte ripre-se lunari negli anni Sessanta, mac'è un problema: la gravità ridot-ta ottenuta dai voli parabolici diquest'aereo speciale dura pochisecondi e avviene nello spazio ri-stretto di una cabina, mentre leriprese Apollo sono sequenze di

interi minuti in spazi molto ampi.Inoltre, come abbiamo visto, leimmagini delle missioni lunarimostrano fenomeni che possonoavvenire soltanto nel vuoto: sarebbe stato quindi necessario togliereanche tutta l'aria dalla cabina dell'aereo, cosa che avrebbe richiestouna fusoliera assurdamente robusta per reggere la pressione esterna.

L’unico modo per ottenere le riprese della camminata degli astronau-

ti, insomma, è andare davvero sulla Luna. E se le riprese sono autenti -che, è autentico tutto il resto.

Impresa impossibile, ma in un altro sensoMontagne di documentazione, segnali radio perfettamente realistici,

nessuna confessione in quarant'anni, assenso dei sovietici, rocce luna-ri, specchi collocati sulla Luna, foto dei veicoli lasciati sul nostro satel-lite, immagini che possono essere state scattate solo in presenza diun astronauta sulla Luna e sono confermate da missioni spaziali di al-tri paesi, polvere che si comporta in modi possibili solo nel vuoto, unipotetico set sottovuoto di dimensioni assurdamente immense, astro-

nauti che camminano con un'andatura possibile soltanto in un sestodi gravità: queste sono le prove migliori delle missioni Apollo.

Quello che dicono spesso i lunacomplottisti a proposito degli sbarchisulla Luna in un certo senso è vero: nel 1969 l'impresa era davverotecnicamente impossibile. Quella di falsificarli.

Figura 64. Adam Savage di Mythbusterscammina in un sesto di gravità simulata

nella cabina del Vomit Comet.

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60 – Luna? Sì, ci siamo andati!

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 Tesi di complotto, promotori e diffusione – 61

Tesi di complotto,promotori e diffusione

Ci si potrebbe chiedere se davvero valga la pena di rispondere detta-gliatamente alle tesi di complotto lunare, specialmente dopo aver let-to il capitolo precedente. È facile pensare che si tratti di credenzeassurde e di nicchia, condivise e propagandate soltanto da una mani-ca di eccentrici o di cinici venditori di paccottiglia bramosi di seguaci.

In realtà queste tesi di messinscena sono piuttosto ben radicate nel-l'opinione pubblica: provate a fare un sondaggio informale fra amici econoscenti e lo noterete, specialmente tra i giovani. Il disincanto mo-

derno e il passare del tempo, con la graduale scomparsa dalla scenadella viva voce dei protagonisti, rischiano di rinforzare il lunacomplot-tismo, se non viene fatto alcuno sforzo per contrastarlo con i fatti.Sono gli stessi meccanismi che, su un piano ben diverso, alimentanoil negazionismo dell'Olocausto.

Inoltre affrontare queste tesi è un'ottima occasione per raccontare leimprese lunari in un contesto non pedante ma dinamico e spesso di-vertente.

Quanta gente crede al complotto?Nel 1999, un sondaggio effettuato dalla società specializzata Gallup ri-levò che il 6% degli americani riteneva che gli sbarchi sulla Luna “fu-rono falsificati o simulati”. L'89% della popolazione risultò convintadella loro autenticità e il 5% si dichiarò indeciso. Un sondaggio dellaZogby diede risultati sostanzialmente analoghi nel 2001.17

17 tinyurl.com/sondaggio-gallup; tinyurl.com/sondaggio-zogby .

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62 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Il 6% sembra poco, ma equivale a 18,2 milioni di persone che credonoalle tesi di complotto lunare: non è certo un numero trascurabile.

Un altro sondaggio condotto nel 2006 fra i giovani americani di etàcompresa fra 18 e 25 anni ha indicato che il 25% di loro ha “qualchedubbio che la NASA sia andata sulla Luna”  e che il 10% ritiene che sia“altamente improbabile” che ci siano stati sbarchi lunari umani.18

Nel Regno Unito, un sondaggio via Internet, svolto nel 2008 su uncampione di 1000 persone dalla 20th Century Fox in occasione dellancio del film  X-Files: I Want to Believe, ha indicato che il 35% dei par-

tecipanti ritiene che gli allunaggi Apollo furono una finta.19 Un altrosondaggio, effettuato nel 2009, indica invece che i lunacomplottistibritannici sono il 25%.20

In Germania, Der Spiegel  lanciò nel 2001 un sondaggio online che ne-gli anni ha totalizzato più del 46% di voti in favore delle tesi di mes-sinscena.21

Altri sondaggi a partecipazione volontaria (basati quindi su campioni

che non rispecchiano necessariamente la media della popolazione)danno percentuali variabili dal 45 al 62% fra i francofoni, del 60% inSvezia e del 49% in Russia.22 In genere chi crede alle teorie di com-

plotto si adopera più della media per far conoscere le proprie idee,per cui queste cifre vanno prese con un pizzico di cautela, ma sonocomunque degne di riflessione.

Il lunacomplottismo ha anche connotazioni politiche significative:ammettere che gli americani sono riusciti ad andare sulla Luna signi-fica riconoscere il loro primato tecnologico, e ad alcuni regimi ideolo-

18 Engaging the18-25 Generation: Educational Outreach, InteractiveTechnologies, and Space, Mary Lynne Dittmar, in AIAA 2006-7303.

19 US Base Leads Poll's Top Conspiracy Theories, in The Guardian, 31/7/2008,tinyurl.com/56ma2d .

20 Britons Question Apollo 11 Moon Landings, Survey Reveals, in E&T Magazine,2009.

21 Ein kosmischer Streit, www1.spiegel.de/active/vote/fcgi/vote.fcgi? 

voteid=1060.22 www.20min.ch/community/poll/?pollid=10132; www.pouroucontre.com/ 

cgi-file/result.cgi?num=56922; wwwc.aftonbladet.se/vss/special/storfragan/ visa/0,1937,41250,00.html; rnd.cnews.ru/inc/poll/archive.php?p=7 .

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 Tesi di complotto, promotori e diffusione – 63

gicamente schierati questo non va giù. L'antiamericanismo è un fatto -

re importante nelle tesi di complotto lunare, come in quelle sugli at-tentati dell'11 settembre 2001 e sull'ufologia. Negli Stati Uniti questorisentimento prende la forma di diffidenza verso il governo federale ele autorità in generale, come si può leggere negli scritti di Kaysing,René e altri sostenitori della messinscena lunare.

Per esempio, lo storico dell'esplorazione spaziale James Oberg affer-ma che nelle scuole di Cuba e negli altri paesi nei quali vengono in -

viati insegnanti cubani (Nicaragua e Angola, per esempio) si insegnao si è insegnato che gli sbarchi americani sulla Luna furono falsifica-ti.23 Anche i Talebani in Afghanistan negano le missioni lunari, tantoda cercare di convincere i giornalisti che rapiscono.24

Sospettare il complotto non è da stupidi:è da disinformatiChi non ha dubbi sulle missioni lunari commette spesso l'errore di ri -tenere che i sostenitori delle tesi di complotto siano tutti stupidi e pa-

ranoici. Questo causa grandi imbarazzi quando si accorge che fra isuoi conoscenti che stima e che ritiene tutt'altro che stupidi ci sonodubbiosi e lunacomplottisti convinti.

È vero che una parte dei lunacomplottisti è fortemente paranoica:crede non solo alla messinscena lunare, ma anche alle altre tesi di

complotto che circolano soprattutto via Internet, come quelle sulle“scie chimiche”, sull'11 settembre, sull'assassinio del presidente Kenne-dy, sui terremoti generati a comando dagli USA, sulle cure medichealternative soppresse dalle multinazionali del farmaco, sugli UFO na-scosti dai governi e sui gruppi di potere occulti (dai banchieri ebreiagli Illuminati ai Rettiliani).

Ma coloro che seguono le tesi alternative sugli sbarchi lunari nonsono tutti così. Una grandissima parte è semplicemente male infor-

23 Getting Apollo Right , ABC News, 1999, tinyurl.com/yk6rhnj .

24 Obama's cancellation of moon landings is a case of 'No we can't', not 'Yes wecan' , Toby Young, The Telegraph, 2010, tinyurl.com/yzgv564.

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64 – Luna? Sì, ci siamo andati!

mata o non informata del tutto: ha visto soltanto siti Internet e tra-smissioni televisive favorevoli a queste tesi lunari e non è consapevo-le della quantità enorme d'informazioni e di prove che le sbufalano,anche perché spesso sono disponibili solo in inglese o in gergo alta-mente tecnico.

Non c'è nulla di stupido o di paranoico nel subire la forza mediaticadi un programma TV o di un libro: entra in gioco il  principio d'autorità,

perché siamo stati educati a ritenere vero e verificato ciò che trovia -

mo nei libri e nei media, specialmente quando ha come garante ap-

parente un editore o una rete radio o televisiva nazionale.

La differenza fra una persona non informata o male informata e uncomplottista è molto semplice: la prima, dopo che le sono stati pre-

sentati tutti i fatti, capisce di essere stata ingannata o di aver preso unabbaglio e li accetta; la seconda rifiuta i fatti, si barrica dietro qualchemicroscopico dettaglio non spiegato, lo fa assurgere a prova definiti-va del complotto e spesso accusa chi gli ha presentato i fatti di essereun agente pagato dalle forze occulte che hanno ordito il complotto.Non è un'esagerazione: è quello che molti dicono seriamente di me.

In sintesi: è lunacomplottista chi, dopo aver visto che due più due faproprio quattro, insiste ancora a dire che fa cinque.

Copertura mediatica limitata, nonostante tuttoA parziale discolpa di chi si è lasciato incantare dalle tesi di messin-

scena, va detto che la copertura mediatica all'epoca delle missioni lu-nari fu grande ma comunque limitata rispetto agli standard ai qualisiamo abituati oggi. Allora era complicato e costosissimo, per un co -

mune cittadino, procurarsi una copia dei rapporti tecnici della NASAo della serie completa di immagini scattate sulla Luna. Oggi basta an-

dare su Internet e scaricare o consultare gli archivi pubblici della Rete.

All'epoca ci fu anche un notevole controllo politico sulle informazioniriguardanti le missioni Apollo: si trattava di voli dal forte contenuto

propagandistico, per cui molti dettagli imbarazzanti furono taciuti,dando l'impressione diffusa che le missioni furono magicamente per-fette. Oggi, con l'apertura degli archivi e la fine della Guerra Fredda, èpossibile conoscere come andarono realmente le cose.

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 Tesi di complotto, promotori e diffusione – 65

Negli anni Sessanta, le notiziedelle missioni arrivarono al gran-

de pubblico dai giornali e dai te-legiornali nazionali, filtratespesso da giornalisti non partico-larmente competenti, partoren-do vere e proprie bufale storichecome la prima pagina del Mes-saggero del 21 luglio 1969, chespacciò per impronta d'astronau-

ta quella di uno stivale da pesca(Figura 65).

Delle tante fotografie scattate, ilpubblico vide quelle poche scel-te e pubblicate dai settimanalidopo vari passaggi di duplicazio-

ne analogica che ne distruggeva-no qualità e dettagli (Figura 66). I

filmati erano accessibili soltantose trasmessi dalle reti televisive,che tuttora spesso ne ripropon-

gono copie sbiadite e sgranate. Ma oggi esistono anche DVD con ri-versamenti diretti delle fotografie e dei filmati lunari che permettonodi apprezzare la qualità e il dettaglio originali e di vedere anche tuttele immagini che i media all'epoca ignorarono per limiti di tempo.

Sono disponibili anche le registrazioni integrali delle comunicazioni

radio, che permettono di scoprire, per esempio, che la diretta dellaRAI (l'unica disponibile all'epoca in Italia) per l'allunaggio dell'Apollo11 fu un vero pasticcio: Tito Stagno s'inventò e riferì ripetutamentefrasi mai dette dagli astronauti. Nel famoso battibecco fra lui e Rug-

gero Orlando (“Ha toccato! Ha toccato il suolo lunare!” “No, non ha toc -cato” ), annunciò il contatto con il suolo della Luna con un minutod'anticipo, quando in realtà Armstrong e Aldrin erano ancora in voloa oltre 30 metri d'altezza. Il bisticcio fra i due cronisti coprì persino lostorico annuncio “Houston, Tranquility Base here. The Eagle has landed” 

(“Houston, qui base Tranquillità. L'Aquila è atterrata”).25

25 Confronto fra la diretta RAI e la registrazione e trascrizione delletrasmissioni radio NASA, tinyurl.com/lte9by .

Figura 65. La prima pagina del Messaggero.

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66 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Figura 66. Sopra, una scansione recente della pagina doppia della rivista Life dell'8agosto 1969 dedicata alla fotografia del saluto di Aldrin alla bandiera; sotto,

l'immagine digitale scandita direttamente dalla pellicola, disponibile oggi. I colori della rivista hanno subito quarant'anni d'invecchiamento; i dettagli no.

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 Tesi di complotto, promotori e diffusione – 67

Il viaggio era davvero incredibile

Ci sono anche altre attenuanti da considerare. L'era spaziale era inizia-ta soltanto dodici anni prima: lo Sputnik, il primo satellite artificiale,era stato lanciato nel 1957. Il primo aereo di linea con motori a reazio -

ne, il Comet, era entrato in servizio nel 1952. Il primo volo spazialeumano era stato effettuato nel 1961, con Gagarin: otto anni dopo sicamminava già sulla Luna. Gran parte dell'opinione pubblica sempli-cemente non ebbe il tempo di abituarsi all'idea dei voli spaziali.

Fino alla circumnavigazione della Luna da parte dell'Apollo 8, nel

1968, inoltre, nessuna missione umana si era mai spinta oltre l'orbitaintorno alla Terra. Andare sulla Luna significava andare improvvisa-mente quattrocento volte più lontano di qualunque altro volo conequipaggio26 e verso una destinazione altamente simbolica.

Non c'è da stupirsi, insomma, se all'epoca ci fu una certa incredulità.Se si considera inoltre che ancora oggi tutti i voli spaziali umani, an-

che quelli dello Shuttle per raggiungere la Stazione Spaziale Interna-zionale o il telescopio Hubble, non si allontanano dalla Terra per più

di seicento chilometri, è quasi comprensibile che ci sia tuttora qual-che dubbio sulla realtà delle missioni Apollo di quarant'anni fa cheandarono a quattrocentomila chilometri di distanza.

Sono cifre difficili da visualizzare. Se riducessimo la Terra a una sferadi 40 centimetri di diametro, la Luna diventerebbe una pallina da 10centimetri e si troverebbe a undici metri di distanza. Un volo delloShuttle verso la Stazione Spaziale si leverebbe da terra di un solo cen-timetro.

Origini e storiaIl lunacomplottismo non è un fenomeno recente. Secondo AndrewChaikin, autore del libro A Man on the Moon, I primi dubbi sull'autenti-cità delle missioni lunari comparvero nei media addirittura prima de-gli sbarchi, in occasione del volo circumlunare dell'Apollo 8, neldicembre del 1968.

26 La Gemini 11 arrivò a oltre 1000 chilometri di distanza dalla Terra.

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68 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Già un anno dopo il primo sbarco sulla Luna, un sondaggio condottonegli Stati Uniti rilevò che oltre il 30% degli interpellati aveva sospettisulle missioni NASA.27

Il primo libro dedicato all'argomento sembra essere stato Did ManLand on the Moon?  del matematico James J. Cranny, pubblicato nel1970.

L'esistenza delle tesi di messin-

scena è testimoniata ben prestoanche al cinema. Nel film  Agente

007 - Una cascata di diamanti, del1971, James Bond irrompe in unlaboratorio dove si sta simulandouna missione lunare (Figura 67).

Bill Kaysing, il papà dei lunacomplottisti

Nel 1974, due anni dopo la conclusio-ne delle missioni lunari Apollo, BillKaysing (1922-2005) pubblicò auto-

nomamente il libro We Never Went tothe Moon, contenente una lunga se-rie di presunte prove della falsifica-zione dell'impresa spaziale. Il libro fumodificato e ripubblicato più volte,anche in italiano (con il titolo Non

siamo mai andati sulla Luna nel 1997),come mostrato in Figura 68. Kaysingè considerato uno dei fondatori delcomplottismo lunare.

Nel suo libro, Kaysing dichiara di aver“lavorato per parecchi anni come di -rettore delle pubblicazioni tecniche

  presso i laboratori della Rocketdyne

Research, la ditta che ha progettato e

27 www.wired.com/wired/archive/2.09/moon.land_pr.html e Newsweek ,20/7/1970: sondaggio su 1721 persone svolto da Knight Newspapers.

Figura 68. La copertina dell'edizioneitaliana del libro di Bill Kaysing.

Figura 67. Il "set lunare" di Una cascata didiamanti (1971).

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 Tesi di complotto, promotori e diffusione – 69

costruito i motori dei razzi che apparentemente hanno portato le navi -celle Apollo sulla Luna”. Questa descrizione sembrava conferirgli unacerta autorevolezza in materia.

In realtà, andando a leggere la sua stessa biografia,28 emerge che Kay-sing non aveva alcuna preparazione tecnica formale: aveva un bache-lor's degree (grosso modo l'equivalente di una laurea breve italiana) inletteratura inglese.

L'edizione 2002 del libro chiarisce inoltre che Kaysing smise di lavora-re alla Rocketdyne nel 1963, ben prima dell'inizio delle missioni lunari.

È quindi improbabile che la sua esperienza nell'industria aerospazialegli abbia dato modo di acquisire conoscenze tecniche particolari ri-guardanti i veicoli e le tecnologie Apollo, che al momento delle suedimissioni erano ancora nelle prime fasi di sviluppo e comunque fu-

rono massicciamente riprogettate dopo l'incendio fatale dell'Apollo 1nel 1967.

Anzi, Kaysing stesso dichiara quanto segue nel suo libro a propositodel periodo successivo al suo impiego alla Rocketdyne:

“Ho seguito il progetto Apollo solo saltuariamente, senzatroppo interesse, rendendomi conto del programma soloattraverso i suoi sviluppi più clamorosi come – ad esem -

 pio – l'incendio sulla rampa 34. [...] Non ho mai guardatonessun [sic] degli 'allunaggi', ne [sic] ho mai prestato at -tenzione alle presentazioni stampate sui giornali e tra-smesse dagli altri mezzi d'informazione” (Non siamo mai andati sulla Luna, pagina 18).

Inoltre le sue convinzioni che si trattò di una messinscena non sonobasate su documenti tecnici ai quali ha avuto accesso, ma su “premo-nizione, intuizione, telepatia inconscia, informazione attraverso qualchemisterioso ed oscuro canale di comunicazione” (ibid.).

Come capita spesso con i sostenitori delle tesi di complotto di variogenere, insomma, la loro vantata autorevolezza svanisce quando si vaa verificare come stanno realmente le cose. Kaysing non è l'unicoesempio: nessuno dei sostenitori della falsificazione delle missioni lu-

nari ha alcuna competenza in materia spaziale o in effetti speciali.

28 billkaysing.com/biography.php.

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70 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Capricorn One

Le tesi di messinscena lunare ri-presero vigore con il film Capri -corn One di Peter Hyams, nel1978 (Figura 69), che racconta untentativo di fingere lo sbarcoamericano su Marte, realizzatodalla NASA in uno studio cine-matografico per salvarsi la faccia.

L'allusione è resa ancora più evi-dente dall'uso dei veicoli Apolloper la finta missione marziana:cosa vistosamente implausibile,perché Marte richiederebbe unveicolo di atterraggio dalle formeaerodinamiche, non certo unospigolosissimo modulo lunare.

Come se non bastasse, la locan-dina del film riportava questa fra-se: “Sareste scioccati se scopristeche il più grande momento dellanostra storia recente potrebbe nonessere mai accaduto?” 

Ralph RenéRalph René (1933-2008), un autodidatta senza alcuna preparazioneformale in astronautica, pubblicò nel 1994 il libro autoprodotto NASAMooned America!, che divenne rapidamente assai popolare fra i soste-nitori delle tesi di complotto, portando René ad essere intervistato davarie reti televisive (History Channel, National Geographic, Fox TV).

René fu presentato come “fisico” e come “autore/scienziato” nel docu-mentario Did We Land on the Moon? di Fox TV (2001), ma ammise nel-la propria biografia di non avere alcun titolo accademico.29 

29 ralphrene.com/biography.html .

Figura 69. La locandina di CapricornOne (1978).

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 Tesi di complotto, promotori e diffusione – 71

Sempre secondo la sua biografia,René va considerato come ex consu-

lente NASA perché una volta una suaidea fu pubblicata in un libro promo-

zionale della NASA dedicato alle mis-sioni umane verso Marte.

Ralph René sosteneva che il valoreufficiale di pi greco è sbagliato,30 chela teoria della relatività di Einsteinnon è valida e che la legge di gravi-tazione universale di Newton è in er-rore.31

Nonostante queste premesse pocoaffidabili, o forse proprio grazie adesse, le sue tesi riguardanti le missio-

ni Apollo continuano tuttora ad es-sere ripetute nei media tradizionali esu Internet. Verranno discusse in det-taglio nel capitolo dedicato alle pre-sunte prove della messinscena.

Il documentario della Fox

Un'altra tappa fondamentale nello sviluppo del cospirazionismo luna-re fu appunto il documentario Did We Land on the Moon?, che a diffe-

renza di altri materiali pro-complotto, di natura amatoriale, fu unprogramma realizzato professionalmente dalla Fox TV e trasmessosull'omonimo canale nazionale statunitense a febbraio e marzo del2001. L'impatto mediatico fu quindi molto superiore a quello di ognievento precedente e scatenò polemiche e dibattiti.

Nell'ora di trasmissione, condotta dall'attore di  X-Files Mitch Pileggi,furono presentate acriticamente le principali tesi di complotto, dandoampio spazio ai loro sostenitori (Ralph René, Bill Kaysing, Paul Lazarus,

30 ralphrene.com/circle_squared.html .

31 Nel libro The Last Skeptic of Science (1988).

Figura 70. La copertina di NASAMooned America! (1994).

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72 – Luna? Sì, ci siamo andati!

David Percy, Bart Sibrel e altri) senza cercare risposte tecniche alleloro obiezioni e dando pochissimo spazio al portavoce della NASA.

Il documentario fu ripreso da va-rie emittenti straniere e circolatuttora senza alcuna considera-zione per le confutazioni tecni-che che nel frattempo sono statepresentate dagli esperti perognuna delle asserzioni fatte nelprogramma.32

2002, l'anno del cazzottoLa diffusione di Internet nei primi anni Novanta consentì ai sostenitoridelle tesi di messinscena di diffondere rapidamente le proprie idee.Inoltre la disponibilità di videocamere e sistemi di montaggio video abasso costo permise loro di autoprodurre un grande numero di docu -

mentari e di distribuirli inizialmente su videocassette in vendita e poidirettamente via Internet e in DVD.

Questo, insieme all'eco del documentario dellaFox, portò a un'esplosione di produzioni luna-complottiste e di nuovi nomi di sostenitori diqueste tesi, che per ragioni di prolissità non èpossibile esaminare singolarmente qui. Uno,però, va citato: Bart Sibrel (Figura 72).

Nel 2001, il trentasettenne Sibrel pubblicò un vi-deo di circa 47 minuti,  A Funny Thing Happened on the Way to the Moon, nel quale affermò di aver recuperato unospezzone “segreto” di riprese della missione Apollo 11 che dimostranola messinscena. In realtà si trattava di una delle prove tecniche di tra-smissione televisiva effettuate durante la missione, ben conosciuta ecatalogata, ma l'accusa fu sufficiente a farlo diventare celebre fra gliappassionati di settore, grazie anche alla sua partecipazione al già ci-

tato documentario della Fox.

32 Prof. Steven Dutch, University of Wisconsin, tinyurl.com/kuk37 ; Phil Plait,tinyurl.com/e3gx .

Figura 72. Bart Sibrel.

Figura 71. La sigla iniziale del documentario della Fox.

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 Tesi di complotto, promotori e diffusione – 73

Sibrel iniziò così a pedinare gli astronauti lunari (persino quando an-

davano al supermercato) e a chiedere loro di giurare sulla Bibbia diessere andati davvero sulla Luna. Alcuni lo fecero, altri si rifiutarono.

Il 9 settembre 2002, Sibrel inse-guì Buzz Aldrin con un camera-man e un fonico davanti a unhotel a Beverly Hills e lo accusòdi essere “un ladro, un bugiardo eun vigliacco” . Aldrin, che all'epocaaveva 72 anni, rispose con un pu-

gno in faccia al robusto giova-notto (Figura 73). La primareazione di Sibrel fu rivolta al suocameraman: “Sei riuscito a ripren-derlo?” .

L'episodio fece il giro del mondo,rilanciando inevitabilmente la di-scussione sul cospirazionismo lu-

nare. Non vi furono conseguenzegiudiziarie per l'astronauta, dal momento che Sibrel non aveva ripor-tato ferite visibili e non aveva chiesto assistenza medica e Aldrin eraincensurato.33

Sibrel continuò a importunare gli astronauti lunari Alan Bean, GeneCernan, Michael Collins, Al Worden, Bill Anders, John Young e NeilArmstrong, presentandosi talvolta con credenziali false (a Edgar Mit-chell).34 Raccolse le registrazioni delle proprie imprese in un nuovo

documentario,  Astronauts Gone Wild (2004), nel quale si vedono Cer-nan, Bean e Mitchell giurare sulla Bibbia di Sibrel che sono effettiva-

mente andati sulla Luna (Armstrong rifiuta, dicendo “Signor Sibrel,conoscendola probabilmente quella Bibbia è fasulla” ). Questo non haimpedito a Sibrel di continuare ad accusarli pubblicamente di averfalsificato tutto.

33 news.bbc.co.uk/2/hi/americas/2272321.stm.

34 Secondo Clavius.org, Sibrel si introdusse anche senza permesso nelgiardino di Neil Armstrong per confrontarlo con le sue tesi e l'astronautachiamò la polizia. Sibrel fu poi licenziato dall'emittente TV di Nashvilledove lavorava come cameraman.

Figura 73. A destra, Buzz Aldrinsorprende con un pugno Bart Sibrel.

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74 – Luna? Sì, ci siamo andati!

I media italiani

Anche le reti televisive nazionali italiane hanno offerto spazio e riso-nanza, spesso in modo acritico, alle tesi di cospirazione lunare. Le tra-smissioni Voyager  (Rai) e Mistero (Mediaset) hanno dedicato interepuntate all'argomento (Figura 74), sia pure fra una storia e l'altra di ra -

pimenti da parte di alieni e di profezie Maya di cataclisma per il 2012.

Persino trasmissioni solitamentepiù autorevoli e compassate del-le precedenti, come Enigma e La

Storia siamo noi , entrambe dellaRAI, hanno presentato in detta-glio le asserzioni complottiste,senza fare alcuna verifica prelimi-nare e senza dare spazio allesmentite degli esperti.35

Della questione s'è occupata an-

che la rivista specialistica Foto-

grafare, sostenendo decisamentee per vari anni le accuse di falsifi-cazione delle fotografie Apollo. L'insolita ragione di una scelta cosìforte e atipica da parte di una testata apparentemente autorevolenella materia del contendere, è descritta nel prossimo capitolo.

Naturalmente non mancano anche i siti Internet italofoni esplicita-mente pro-complotto, fortunatamente controbilanciati da siti chesmontano le loro argomentazioni. Entrambi gli schieramenti sono ci -

tati nella bibliografia in fondo a questo libro.

Quattro tesi fondamentaliIl cospirazionismo lunare non è omogeneo: è un insieme variegato ditesi. Una delle caratteristiche che lo contraddistingue, come capitaspesso nel mondo bizzarro delle tesi di complotto su vari eventi, è

35 Per esempio la puntata di La Storia siamo noi , di Giovanni Minoli, del22/8/2006 e la puntata di Enigma di febbraio 2003.

Figura 74. Roberto Giacobbo conduceuna puntata di Voyager (RAI) sui 

complotti lunari.

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 Tesi di complotto, promotori e diffusione – 75

che mentre esiste una sola versione “ufficiale”, per così dire, delle mis-sioni lunari, coerente e ben documentata, esistono almeno quattroversioni alternative principali che si contraddicono a vicenda.

Può essere quindi molto istruttivo, e in alcuni casi ricreativo, evitare dicontrapporre “credenti” e “scettici”, come avviene di solito, e mettereinvece a confronto due fazioni di lunacomplottisti che sostengonoversioni differenti e incompatibili degli eventi.

Questa suddivisione delle tesi di complotto lunare è importante an-

che per un altro motivo: ne mette in luce le contraddizioni ed eviden-

zia il fatto che molti lunacomplottisti non hanno pensato alleimplicazioni delle proprie tesi predilette e quindi si trovano a fare af -fermazioni che si negano a vicenda, come vedremo tra poco.

Ringrazio Moise per le vignette che illustrano i quattro gruppi princi-pali di credenze sulle missioni lunari.

Non ci siamo mai andatiLa NASA non disponeva dellatecnologia per missioni cosìsofisticate e le radiazioni del-le fasce di Van Allen intornoalla Terra sono ancor oggi unostacolo letale insormontabi-le per un equipaggio.

Fu quindi necessario falsifica-re tutti i voli spaziali umaniverso la Luna, compresequindi le missioni Apollo 8,10 e 13, che ufficialmente avrebbero invece orbitato intorno alla Lunasenza atterrarvi. Ed è per questo che non ci siamo più “tornati”.

 Tutte le immagini, le riprese TV e cinematografiche, le trasmissioni ra-dio e la telemetria degli astronauti sulla Luna e intorno alla Luna sono

quindi fasulle, frutto di effetti speciali su un set cinematografico e dioperazioni segrete dei tecnici della NASA. Le missioni da falsificare fu-

rono quindi ben nove.

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76 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Infatti la NASA fallì nell'impresa complicatissima di simulare perfetta-mente ogni dettaglio delle missioni: l'occhio attento dei lunacomplot-tisti si accorse di anomalie nelle immagini e di impossibilitàscientifiche che il governo americano cercò e cerca tuttora di zittire.

Ci siamo andati, ma il primo sbarco fu falsificato

Il primo allunaggio, quellodell'Apollo 11, fu falsificatoperché i veicoli non eranoancora pronti e collaudati,ma tutte le missioni prece-denti e successive furono au-tentiche.

Questa tesi spiega, per esem-

pio, la differenza qualitativafra la sgranata diretta TV in

bianco e nero del primosbarco e quelle nitide e a co-

lori di tutte le missioni suc-cessive. Giustifica anchel'effettiva differenza qualitati-va fra le foto dell'Apollo 11 equelle delle missioni dalla 12in poi, l'uso di tute spazialidifferenti e la durata assai più lunga delle escursioni lunari: una solauscita di due ore e mezza per l'Apollo 11, contro due escursioni diquasi quattro ore ciascuna già per l'Apollo 12.

Anche il fatto che gli astronauti dell'Apollo 11 rimasero vicinissimi alpunto di atterraggio, diversamente da tutte le altre missioni, è spiega-

to con la necessità di usare un set cinematografico di dimensioni ri-dotte.

La finzione iniziale, insomma, servì per far credere all'Unione Sovietica

che aveva perso la corsa alla Luna e guadagnare tempo per andarcipoi davvero.

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 Tesi di complotto, promotori e diffusione – 77

Ci siamo andati, ma le foto furono falsificate

Le missioni furono tutte reali,ma non fu possibile mostrar-ne al mondo le foto perchéla pellicola fu velata dalle ra-diazioni cosmiche, si sciolseper l'eccessivo calore o sicongelò per l'eccessivo fred-

do, oppure perché le condi-zioni d'illuminazione cosìanomale della Luna fecerosbagliare le regolazioni delle fotocamere, ottenendo immagini propa-gandisticamente inaccettabili. Fu quindi necessario fabbricare una se-rie di foto politicamente presentabili usando gli effetti speciali.36

Ci siamo andati, ma abbiamo trovato gli alieni

Forse non tutte le missionifurono reali, ma alla fine an-dammo sulla Luna, trovando-

la però già occupata dagliextraterrestri. Vi sono foto-grafie che mostrano UFO nelcielo lunare e registrazioniclandestine che documenta-no la sorpresa degli astro-nauti nello scoprire di nonessere soli sulla Luna. Per questo non siamo più tornati: gli alieni nonci vogliono fra i piedi.

In alternativa, vi furono anche delle missioni segrete, oltre a quelle uf -ficiali, per andare a recuperare veicoli alieni abbandonati, dai quali laNASA carpì i segreti delle tecnologie usate per lo Shuttle e per variprogetti militari tuttora sconosciuti al resto dell'umanità.

36 Bill Kaysing, Non siamo mai andati sulla Luna, pag. 54.

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78 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Dicono proprio così

Vorrei mettere in chiaro una cosa, prima che a qualcuno venga il dub-bio: queste quattro tesi principali non sono invenzioni mie o degli “uf -ficialisti”, concepite per ridicolizzare i sostenitori della messinscenalunare. Ciascuna è documentata negli scritti, nei video e nei siti Inter-net dei vari lunacomplottisti. E ce ne sono di peggiori.

Cosa ancora più importante, i rispettivi sostenitori di ciascuna dellequattro tesi principali affermano di avere prove schiaccianti della pro -

pria, che smentiscono quelle concorrenti. Mettersi in disparte e veder-

li accapigliarsi può essere quindi molto interessante.

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Le presunte prove della messinscena – 79

Le presunte provedella messinscena

I lunacomplottisti affermano di aver snidato varie anomalie nelle im -magini e nei video delle missioni e di aver individuato delle impossi-bilità tecnologiche e fisiche che provano le loro tesi di messinscena.

In realtà queste presunte anomalie e impossibilità sono tali soltantoper i non addetti ai lavori. Invece chi si occupa di fotografia, di tecno -

logia spaziale o di astronomia per lavoro sa benissimo che ciò chesembra strano o implausibile al profano è in realtà esattamente quel-lo che ci si aspetta che succeda nello spazio e sulla Luna. Soltanto

inesperti e dilettanti sollevano obiezioni sull'autenticità delle missionilunari: invece in quarant'anni nessun esperto di settore ha mai solle-

vato dubbi documentati sulla questione. Anzi, molte delle presunteanomalie in effetti autenticano le immagini delle missioni Apollo,come spiega Dennis Muren, vincitore di sei Oscar per gli effetti spe-ciali di film come Jurassic Park, Terminator 2, The Abyss, E.T., Star Wars :37

“Una simulazione di uno sbarco sulla Luna [realizzata con gli ef -fetti speciali degli anni Sessanta] sarebbe potuta sembrare piut -

tosto autentica al 99,9% della gente. Il fatto è che non avrebbeavuto l'aspetto che invece ha. Sono sempre stato molto consape-vole di cosa è finto e cosa è reale, e gli sbarchi lunari furono sicu -ramente reali. Guardate 2001 Odissea nello spazio oDestinazione Luna o Capricorn One o qualunque altro film am-bientato nello spazio: hanno sbagliato tutti. Non era affatto quel -lo l'aspetto della Luna. C'era una lucentezza insolita nelleimmagini dalla Luna, nel modo in cui la luce si rifletteva nella fo-tocamera, che letteralmente non è di questo mondo. Nessuno

avrebbe potuto falsificarla.”  

37 In The Wrong Stuff , Roger van Bakel, Wired (1993), tinyurl.com/ydnxn3a.

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80 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Questa seconda parte del libro raggruppa in categorie le presunteprove e le smonta una per una, metodicamente, usando i fatti tecnici.Come avrete immaginato, alla fine non resta più nulla del castello diprove dei sostenitori delle tesi di complotto lunare, ma è interessantevedere quali sono gli errori ricorrenti e gli schemi di pensiero chestanno alla base di queste tesi.

Alcune di queste presunte prove, inoltre, richiedono parecchia ricercadocumentale per reperire le circostanze esatte e le informazioni tec-niche necessarie per sbufalarle, anche perché i lunacomplottisti ten-

dono a presentare documenti, filmati e fotografie senza indicare daquale missione provengono.

Di conseguenza, trovare la spiegazione corretta di un'apparente ano-

malia può essere impegnativo anche per molti addetti ai lavori, chespesso si trovano ad avere a che fare con i lunacomplottisti ma sonopreparati sulla scienza e sulla tecnologia di oggi, non su quella diquarant'anni fa e men che meno sugli errori commessi dai sostenitoridelle tesi di messinscena.

Uno degli scopi di queste pagine è raccogliere le spiegazioni già for-nite negli anni dai loro colleghi e offrire un vademecum di pronta ri -sposta. La versione su carta di questo libro, inoltre, è utile per i casipiù disperati: può essere usata anche come corpo contundente assaipersuasivo.

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Presunte anomalie fotografiche – 81

Presunte anomaliefotografiche

Chi dice che gli sbarchi umani sulla Luna furono falsificati afferma ditrovare prove evidenti nelle fotografie presentate al mondo dallaNASA ormai quarant'anni fa. Molte di queste accuse nascono dall'i-gnoranza dei principi di base della fotografia tradizionale. Non c'è dasorprendersi: ormai molte persone non hanno mai usato altro che fo-tocamere digitali completamente automatizzate e hanno quindi po-

chissima conoscenza dei dettagli della tecnologia fotograficamoderna, men che meno di quella degli anni Sessanta.

Premessa: la tecnologia fotografica

Come già accennato, le circa 20.000 fotografie scattate durante lemissioni Apollo furono ottenute tutte usando pellicole fotografiche:all'epoca non esistevano le fotocamere digitali. Le pellicole usate perle foto scattate sulla Luna dagli astronauti furono principalmente Ko-

dak Ektachrome MS ed EF a colori, in formato 70 mm, con sensibilità

di 64 e 160 ASA rispettivamente, e Kodak Panatomic-X in bianco enero, sempre in formato 70 mm, con sensibilità di 80 ASA.

Queste pellicole erano inserite in caricatori sigillati rimovibili (la parteposteriore della fotocamera in Figura 75) e derivavano dalle pellicoleusate per le ricognizioni fotografiche in alta quota, che dovevanosopportare temperature fino a -40°C. Il loro speciale supporto di po-

liestere Estar aveva una temperatura di fusione di 260°C. Questo sup-

porto, più sottile di quelli normali, permetteva inoltre di contenere in

ciascun caricatore un numero di pose superiore alla norma: 160 a co -lori e 200 in bianco e nero.

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82 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Per le foto a colori fu sceltodi usare pellicola di tipo in-vertibile, ossia che producediapositive, anziché la nor-male pellicola che genera ne-gativi. Questa scelta puòsembrare strana, dato che lapellicola per negativi ha unamaggiore tolleranza alle con-

dizioni di luce difficili e alle

sovra e sottoesposizioni, mafu dettata dal fatto che usan-

do dei negativi sarebberosorti problemi di fedeltà dei colori.

Nelle foto scattate nello spazio o sulla Luna, infatti, sarebbe mancatospesso qualunque oggetto familiare da usare come riferimento per icolori, come si fa sulla Terra, e quindi i tecnici dei laboratori fotograficinon avrebbero saputo come regolare il procedimento di stampa dei

negativi per ottenere i colori reali. La pellicola per diapositive non haquesto problema.

Le fotocamere usate per quasi tutte le fotografie scattate durante leescursioni sulla Luna furono delle Hasselblad 500EL motorizzate, conesposizione e messa a fuoco manuale e obiettivo a lunghezza focalefissa, quindi senza zoom. Le missioni dalla 11 alla 14 portarono sullasuperficie lunare solo un obiettivo Zeiss Biogon grandangolare (60mm); dall'Apollo 15 in poi fu aggiunto un teleobiettivo da 250 mm.

L'avanzamento della pellicola era gestito automaticamente dal moto-re elettrico della fotocamera (il blocco inferiore in Figura 75).

La messa a fuoco era guidata da indicazioni sulle ghiere dell'obiettivoed era agevolata dalla notevole profondità di campo offerta dall'o -

biettivo grandangolare e dalla forte illuminazione solare: le regolazio-

ni consigliate erano f/5.6 per i soggetti in ombra e f/11 per gliastronauti in pieno sole. L'obiettivo era dotato di levette di regolazio-ne maggiorate per consentirne l'azionamento anche con gli spessi

guantoni della tuta spaziale. Anche il pulsante di scatto era molto piùgrande del normale per lo stesso motivo.

Figura 75. Una Hasselblad 500EL per escursioni lunari. Credit: Hasselblad.com.

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Presunte anomalie fotografiche – 83

L'esposizione era regolata amano: sul caricatore c'eranodei promemoria per le rego-

lazioni del diaframma e deltempo di posa (Figura 76).

La mira era approssimativa,perché non c'era un mirinovero e proprio, che sarebbestato inutilizzabile attraversoil casco della tuta spaziale: gliastronauti puntavano la foto-camera guardando lungo ilsuo asse, assistiti dall'ampiez-za dell'inquadratura dell'o-biettivo grandangolare (circa49° in altezza e larghezza, 66°in diagonale).

Le fotocamere usate per le escursioni erano argentate per riflettere laluce e il calore del sole e ridurre il rischio di surriscaldamento; quelleusate a bordo erano nere.

Armati di queste nozioni di base sulla tecnica fotografica utilizzataper le immagini scattate sulla Luna dagli astronauti delle missioniApollo, possiamo ora affrontare le presunte anomalie che i lunacom-

plottisti ritengono di aver trovato.

Non ci sono stelle nelle foto

IN BREVE: Certo che non ci sono: non ci devono essere. La superficie del -la Luna era illuminata a giorno dal Sole e le fotocamere erano regolatedi conseguenza. Le stelle sono troppo fioche per essere fotografate conregolazioni diurne. Si vedono solo Venere e la Terra.

IN DETTAGLIO: Nei disegni e nei film di fantascienza che presentano

ambientazioni lunari vengono spesso mostrate le stelle nel cielo, maè una licenza artistica che forse ha abituato male i profani. In realtà intutte le foto scattate nello spazio sotto l'intensa illuminazione delSole le stelle non ci sono.

Figura 76. Un caricatore di pellicola dellamissione Apollo 11. Si nota l'adesivo con il  promemoria delle regolazioni per le varie

condizioni di luce.

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84 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Non ci sono nelle foto d'epoca, comequella di Figura 77, datata 1965 escattata in orbita terrestre durante lamissione Gemini 4, e neanche nellefoto scattate più recentemente dalnostro Umberto Guidoni o in quelledegli altri astronauti dello Shuttle,come lo svizzero Claude Nicollier,mostrato in Figura 78.

Ci vuole un tempo di posa almeno2500 volte superiore a quello dellefoto lunari per catturare la luce dellestelle.38 Chi lamenta la mancanza del-le stelle nelle foto Apollo rivela quin-

di di non sapere nulla di fotografia. Èquello che fa Bill Kaysing, esponente di spicco del lunacomplottismo,quando chiede “Perché nelle fotografie di tutte le missioni Apollo le solestelle visibili sono quelle della bandiera americana?” nel suo libro. 39

Il problema è spiegare l'errore a chi ècosì incompetente in materia. Non sipuò parlare di tempi di posa o disensibilità della pellicola, per cui oc-corre proporre un esperimento prati-co: in una serata limpida in cui sivedono le stelle, andare di sera allostadio o in un parcheggio all'aperto

ben illuminato e chiedere di fotogra-

fare l'ambiente circostante inqua-drando anche il cielo. Le stelle nonrisulteranno nelle foto.

Si può far notare, per esempio, chebasta un lampione, un fanale d'autoo la Luna piena per rendere invisibiligran parte delle stelle non solo alla fotocamera, ma anche all'occhiodell'osservatore, che pure ha una maggiore capacità di adattamento.

38 Test dello Studio Fotografico Andrea Tedeschi, tinyurl.com/2500volte.

39 Kaysing, Non siamo mai andati sulla Luna, pagina 61 dell'edizione italiana.

Figura 78. Claude Nicollier nellospazio durante la missione Shuttle

STS-103 (1999). Niente stelle.

Figura 77. Ed White durante la passeggiata spaziale della Gemini 4

(1965). Non ci sono stelle.

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Presunte anomalie fotografiche – 85

Inoltre chi non osserva il cie-lo assiduamente rimane col-pito dalla luminosità intensadella Luna piena e quindiprobabilmente troverà effica-ce questa considerazionesemplice: se la Luna piena fasparire le stelle alla vistaquando la guardiamo lassùin cielo, figuriamoci quante

stelle potevano mai vederegli astronauti, che su quellaLuna ci camminavano.

Non bisogna però caderenell'errore di affermare chenon ci sono affatto stelle innessuna foto lunare. Peresempio, la fotografia AS16-123-19657 (Apollo 16, 21 aprile 1972, Figu-

ra 79) mostra le stelle delle costellazioni del Capricorno e dell'Acqua -rio insieme alla Terra. Ma fu scattata usando uno speciale telescopiocon fotocamera sensibile al lontano ultravioletto e impostando untempo di posa lungo, senza inquadrare il paesaggio circostante.

Ci sono anche foto di altricorpi celesti, anche se non sitratta di stelle in senso stret-to. Nelle foto AS16-117-18815,

16 e 17 (Apollo 16) si scorge ilpianeta Venere. Alan She-pard, durante la missioneApollo 14, colse Venere chesplendeva accanto a una fal-ce di Terra e ne scattò unaserie di fotografie: un detta-glio di uno di questi scatti èvisibile in Figura 80. Venere è

di gran lunga più luminosa di qualsiasi altra stella propriamente det-ta, tanto che è visibile anche di giorno sulla Terra, se si sa dove guar-dare, ma in queste foto appare come un puntino.

Figura 79. Foto telescopica nell'ultraviolettoscattata durante l'escursione dell'Apollo 16.

Figura 80. Dettaglio della foto AS14-64-9191.L'oggetto a sinistra è una delle antenne del 

modulo lunare.

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86 – Luna? Sì, ci siamo andati!

In compenso la Terra e l'antenna del modulo lunare sono fortementesovraesposte, a conferma del fatto che se si regola la fotocamera percatturare l'immagine fioca delle stelle, si sovraespone il suolo, che di-venta tutto bianco. Agli astronauti di norma interessava fotografare ilpaesaggio della Luna, non le stelle, per cui regolarono le fotocamereper fotografare correttamente il suolo. Tutto qui.40

La bandiera sventola nel vuoto

IN BREVE:  Non sventola, ma pende da un'astina orizzonta-le ed è immobile.

IN DETTAGLIO: Ci sono colo-ro che obiettano che il drap-

po della bandiera sulla Lunasembra garrire nel vento (Fi-gura 81). Ma sulla Luna non

c'è aria e quindi non c'è ven-to: di conseguenza, secondoloro, il drappo dovrebbe pen-

zolare mollemente dall'asta.

In realtà la bandiera sembrasventolare perché è sorrettada un'asta orizzontale tele-scopica, ben visibile sul suo bordo superiore se si guardano con at-

tenzione le foto (Figura 82). La NASA, infatti, si rese conto in anticipoche una bandiera floscia non avrebbe fatto un bell'effetto nel vuoto equindi escogitò questa soluzione tecnica semplice ed efficace.

La bandiera è stropicciata perché fu portata sulla Luna strettamenteripiegata e arrotolata in una custodia montata sulla zampa del modu-

lo lunare che reggeva anche la scaletta. Gli astronauti decisero di nonspianare troppo il drappo per conferirgli appunto un aspetto vivaceche desse l'idea di uno sventolio tradizionale.

40 Maggiori dettagli sono disponibili nell'articolo Perché nelle foto lunari nonci sono le stelle? presso tinyurl.com/nientestelle.

Figura 81. Dettaglio di AS11-40-5874.

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Presunte anomalie fotografiche – 87

Guardando bene le foto, in-

fatti, si nota che il drapponon ha le ondulazioni tipichedi un telo gonfiato dal vento,ma è accartocciato, con pie-ghe spigolose. In alcune mis-sioni, inoltre, l'astina non siestese completamente, percui il bordo superiore dellabandiera rimase in parte rac-

colto invece di tendersi, con-tribuendo alla stropicciatura.

Infine, le immagini scattate inmomenti differenti (Figura83) mostrano che la bandieranon cambia posizione se non viene sfiorata dagli astronauti.

Figura 82. L'astina orizzontale che regge il drappo. Dettaglio di AS11-40-5874.

Figura 83. La bandiera dell'Apollo 11 non si muove più dopo essere stata piantata.Fotogrammi dalle riprese automatiche su pellicola 16 mm.

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88 – Luna? Sì, ci siamo andati!

L'apparente sventolio della bandiera viene segnalato dai lunacom-

plottisti anche con altri indizi: il suo movimento durante le riprese te-levisive in diretta e il cambio di posizione dopo la fine dell'escursione.Queste presunte anomalie verranno discusse nei capitoli successivi.

Gli oggetti in ombra sono troppo chiari

IN BREVE: Sulla Luna le ombre degli oggetti non devono affatto esserenerissime: sono rischiarate dalla luce solare riflessa dal terreno, dagli astronauti e da qualunque altro oggetto vicino.

IN DETTAGLIO: I sostenitoridelle tesi di messinscena di-cono che l'unica fonte d'illu-

minazione sulla Luna è il Solee non c'è aria che diffonda laluce. Quindi, secondo loro, leombre degli oggetti dovreb-

bero essere scurissime.

Invece nelle foto lunari sinota per esempio che le par-ti in ombra degli astronautisono chiaramente visibili,come se ci fosse una secon-

da fonte luminosa appositaper rischiararle. Sarà forse un

riflettore dello studio cine-matografico?

In effetti foto come quella di Buzz Aldrin ai piedi del modulo lunare(Apollo 11, foto AS11-40-5869, Figura 84) suscitano spesso dubbi an-

che in chi non è lunacomplottista duro e puro ma è semplicementeperplesso.

In realtà l'astronauta è semplicemente colpito dal riverbero della su-

perficie lunare illuminata a giorno dal Sole. La scienza insegna che lapresenza o assenza d'atmosfera è irrilevante per questo fenomeno.

Figura 84. Aldrin sulla scaletta del modulolunare.

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Presunte anomalie fotografiche – 89

Può sembrare ovvio dirlo, ma la Luna è visibile in cielo proprio perchériflette la luce del Sole. La riflette poco, più o meno quanto l'asfalto,ma quanto basta per creare una gran bella Luna piena e da essere l'u-

nico corpo celeste chiaramente visibile in pieno giorno dalla Terra.

La quantità di luce riflessa dalla superficie lunare verso qualunquecosa che si erge sopra di essa è minore di quella che colpisce un og-

getto esposto alla luce solare diretta: ma come ben sa qualunque fo -

tografo, è sufficiente regolare la fotocamera in modo che raccolga piùluce. Abbiamo visto in Figura 76 che i caricatori di pellicola riportanoappunto le regolazioni per effettuare foto di soggetti in ombra.

Questa regolazione, però, comporta che gli oggetti illuminati diretta-

mente dal Sole siano sovraesposti: infatti nelle foto Apollo che mo-

strano correttamente soggetti in ombra si nota che la superficielunare illuminata direttamente dal Sole è sovraesposta e quindi moltochiara o addirittura bianca.

È facile dimostrare che il riverbero del suolo lunare è sufficiente a illu-

minare un astronauta che sta in ombra: basta costruire un modellino

del modulo lunare e collocarlo su una superficie dipinta di grigiomolto scuro, che rifletta la luce grosso modo quanto la Luna. Poi simette questo plastico all'aperto, di notte, lontano da muri che possa-no riflettere la luce e falsare l'esperimento, e lo si illumina con unasingola fonte luminosa: si ottiene l'effetto visibile in Figura 85.

Se si regola l'esposizione del-la fotocamera in modo da fo-

tografare correttamente i

soggetti in ombra, si ottieneun risultato molto simile aquello della foto dell'allunag-

gio: l'astronauta sulla scalettaè ben illuminato e visibile,pur non essendoci altra luceche quella riflessa dalla su-

perficie lunare simulata, e leparti della superficie che

sono illuminate dal “sole” ri-sultano slavate e sovraespo-

ste.

Figura 85. Un modellino di modulo lunarerealizzato dall'autore di questo libro.

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90 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Le ombre non sono parallele

IN BREVE: Le ombre sono sì parallele, ma esiste una cosa chiamata pro-spettiva che fa sembrare che convergano nelle fotografie. Come i binari del treno.

IN DETTAGLIO: Tracciando ledirezioni delle ombre in mol-te fotografie lunari si scopreche non sono parallele (Figu-

ra 86). Ma dovrebbero esser-

lo, dicono i lunacomplottisti,perché l'unica fonte di luce èil Sole, che sta a una distanzaenorme.

Bart Sibrel, nel documentariodi Fox TV Did We Land on theMoon? , ha dichiarato che “Al -l'aperto, alla luce del sole, le

ombre sono sempre parallele fra loro e quindi non si intersecano mai” . Lastessa tesi è stata presentata nel corso del programma Voyager  (Rai-due, 4 marzo 2009). Se le ombre nelle foto lunari hanno direzioni dif -ferenti, argomentano i sostenitori della messinscena, vuol dire chec'erano due fonti di luce, e questo è impossibile sulla Luna. Due fontidi luce implicano l'uso di un set cinematografico.

Innanzi tutto, se davvero cifossero state fonti di luce

multiple, ogni oggetto avreb-be dovuto proiettare ombremultiple, come fanno i calcia-tori allo stadio nelle partitenotturne. Invece nelle fotolunari ogni oggetto formauna sola ombra.

In secondo luogo, anche sul-

la Terra le ombre prodottedal Sole non sono sempreparallele nelle fotografie, an-

Figura 86. Immagine di ombre non parallele,tratta dal documentario di Fox TV Did We

Land on the Moon? (2001).

Figura 87. Elena, mia moglie, funge pazientemente da controfigura d'astronauta.

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Presunte anomalie fotografiche – 91

che se lo sono dal vivo, perché nelle fotografie entra in gioco la pro -

spettiva. Dipende dall'angolazione di ripresa.

Per esempio, la Figura 87 mo-stra delle ombre di alberi altramonto (il sole è a destra).Da quest'angolazione sem-

brano sostanzialmente paral-lele, come lo erano in realtà.Ma se l'angolazione cambia,come in Figura 88, quellestesse ombre sembrano con-vergere. È soltanto un'illusio-ne ottica dovuta appuntoalla prospettiva.

Chi sostiene questa tesi, dun-

que, dimostra non solo dinon avere capito il concetto elementare di prospettiva, ma anche dinon avere spirito d'osservazione. Altrimenti si sarebbe reso conto,semplicemente guardandosi intorno, che stava affermando una verae propria sciocchezza.

Gli astronauti hanno ombre di lunghezze differenti

IN BREVE:  Per forza, la Lunanon è una palla da biliardo

 perfettamente liscia. Se c'è unavvallamento o un rialzo del terreno, la lunghezza delleombre cambia.

IN DETTAGLIO: Nelle foto-grafie e nelle riprese cinema-tografiche delle missionilunari si nota che ogni tanto

le ombre degli astronautihanno lunghezze differenti(Figura 89).

Figura 88. Le stesse ombre della foto precedente ora convergono.

Figura 89. In un fotogramma dalle ripresecinematografiche dell'Apollo 11 le ombre

degli astronauti hanno lunghezze differenti.

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92 – Luna? Sì, ci siamo andati!

La tesi lunacomplottista, proposta per esempio da David Percy di Au-lis.com,41 è che l'effetto sia prodotto dalla diversa vicinanza degliastronauti-attori ai riflettori del set cinematografico. La realtà è che lasuperficie della Luna è irregolare e presenta avvallamenti d'ogni sor-ta, che si notano poco per via della mancanza di oggetti familiari diriferimento ma alterano la lunghezza delle ombre.

Infatti si può ricostruire lascena con un plastico illumi-nato da una singola fonte diluce molto lontana e verifica-re che un astronauta che sitrovi in un avvallamento an-

che modesto proietta un'om-

bra di lunghezza differenterispetto a quella del suocompagno che sta in piano(Figura 90).

Nell'immagine della missioneApollo 11 mostrata in Figura89, l'astronauta di sinistra èsemplicemente in una lieve concavità del terreno che gli accorcial'ombra. Questa concavità è documentata da varie fotografie dellostesso luogo, come per esempio la AS11-37-5473, di cui la Figura 91mostra un dettaglio: la reale forma del terreno è rivelata dalla curva-tura dell'ombra dell'asta della bandiera.

Quello che sorprende è che

David Percy è un membrodella Royal Photographic So-

ciety britannica ed ha ricevu-to vari premi per il propriolavoro come cameraman. Inteoria, quindi, dovrebbe sa-pere piuttosto bene come sicomportano le ombre deisoggetti fotografati su terreniaccidentati.

41 www.aulis.com/nasa6.htm .

Figura 90. Un plastico mostra come un lieve

avvallamento cambi la lunghezza delleombre.

Figura 91. Dettaglio della fotografia AS11-37-5473 (Apollo 11).

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Presunte anomalie fotografiche – 93

L'ombra del modulo lunare arriva fino all'orizzonte

IN BREVE: Quello non è l'orizzonte: è il bordo rialzato di un cratere, checopre il vero orizzonte, parecchio più lontano.

IN DETTAGLIO: Nella foto-grafia AS11-40-5931, trattadalla missione Apollo 11,l'ombra del modulo lunarearriva praticamente fino all'o-rizzonte (Figura 92). Secondo

i lunacomplottisti, questo ri-velerebbe che l'immagine sa-rebbe stata scattata su un setcinematografico molto pic-colo e che l'“orizzonte” sareb-

be la zona in cui il fondalenero incontrava il pavimentodel set.

Ma se osserviamo un'altra fo-tografia della stessa situazio-ne, scattata da una distanzamaggiore (Figura 93), notia-mo che l'ombra non arrivaaffatto fino all'orizzonte. Anzi,scopriamo che il “set cinema-tografico” dev'essere statopiuttosto grande.

In realtà l'ombra arriva al bor-do rialzato di un cratere largocirca quindici metri, che co-

pre il vero orizzonte, parec-chio più lontano. Il cratere èquello denominato Double,riscontrabile sia nelle foto-grafie scattate dalle sonde automatiche Lunar Orbiter nel 1967, due

anni prima dello sbarco dell'Apollo 11 (per esempio nella foto V-76-H3), sia nelle immagini più recenti della sonda Lunar ReconnaissanceOrbiter, acquisite nel 2009 (Figura 94).

Figura 92. Dettaglio della fotografia AS11-40-5931 (Apollo 11).

Figura 93. Foto AS11-40-5961 (Apollo 11).

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94 – Luna? Sì, ci siamo andati!

In Figura 94, il cratere Doublesi trova a sinistra e legger-mente più in basso rispettoal modulo lunare, che è lamacchia chiara al centro, at-torniata da quattro puntinipiù scuri che sono le zampedel veicolo. I puntini bianchinella zona inferiore dell'im-

magine sono gli strumenti la-

sciati sulla Luna da NeilArmstrong e Buzz Aldrin.

Va notato, comunque, chel'orizzonte sulla Luna è molto più vicino che sulla Terra per via delledimensioni più piccole del nostro satellite: salvo ostacoli e per un os-servatore i cui occhi siano a 1,7 m dal suolo, sulla Luna l'orizzonte sitrova a circa 2,5 chilometri dall'osservatore. Sulla Terra è a una distan -

za quasi doppia: circa 4,7 chilometri.

Manca l'ombra della bandiera

IN BREVE: No, non manca. L'ombra del drappo è fuori dall'inquadraturama c'è in altre foto; quella dell'asta si vede nelle scansioni di alta qualità.

IN DETTAGLIO: La celeberrima fotodel saluto di Buzz Aldrin alla bandie-

ra americana (Apollo 11, Figura 95), èspesso accusata di essere un foto-

montaggio, asserendo che mancal'ombra della bandiera, che quindi fuaggiunta successivamente.

L'accusa è stata formulata pubblica-mente per esempio da Giulio Forti,direttore della rivista fotografica Re-

flex , nel corso della trasmissioneEnigma di Raitre a febbraio del 2003. Figura 95. Foto AS11-40-5874.

Figura 94. Immagine del sito di allunaggiodell'Apollo 11 ripresa dal Lunar Reconnaissance Orbiter (2009).

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Presunte anomalie fotografiche – 95

Ma la grande lunghezza delle ombre degli oggetti vicini rivela che ilSole era basso e quindi l'ombra del drappo cadeva al di fuori dell'in-

quadratura. Calcoli e documenti indicano che l'elevazione del Solesull'orizzonte, nel luogo di allunaggio dell'Apollo 11 fra il 20 e il 21 lu-

glio 1969, fu compreso fra 14 e 15,4°.

Inoltre esistono molte altre immagini della bandiera esattamente nel-la medesima posizione (Figura 91, per esempio) e anche un'altra an -

golazione del momento del saluto (Figura 34). Lì l'ombra c'è.

L'ombra dell'asta, invece, c'è anche nella foto sospetta: non la si vede

nelle copie sgranate usate solitamente dai sostenitori delle tesi dimessinscena, ma è presente negli originali ad alta risoluzione (Figura96). È la sottile linea scura che si scorge dietro le gambe dell'astronau -

ta, grosso modo all'altezza delle caviglie. L'asta aveva un diametro dicirca 2,5 cm, per cui è logico che proietti un'ombra poco visibile, spe-cialmente se guardata di sbieco come nella fotografia controversa.

Quest'ombra sfugge a molti osservatori anche perché non si trova

dove viene spontaneo cercarla, ossia alla stessa altezza alla quale sitrova la base dell'asta, perché dietro la bandiera c'è un avvallamentodel terreno che la deforma, come abbiamo visto in Figura 91.

Il veicolo proietta un'ombra impossibile sulla Luna

IN BREVE: Non è l'ombra del veicolo: è la sagoma in controluce di uno

dei suoi piccoli motori di manovra, visto da vicino.IN DETTAGLIO: A pagina 13 del suo libro NASA Mooned America, Ral-ph René mostra una fotografia (Figura 97) che a suo dire è un ingan-

Figura 96. Dettaglio di AS11-40-5874 (Apollo 11).

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96 – Luna? Sì, ci siamo andati!

no clamoroso della NASA, perché mostrerebbe l'ombra dell'ugello delmodulo di comando o dei motori di manovra del modulo lunare chesi proietta sulla superficie della Luna da un'altezza di ben 69 miglianautiche (circa 127 chilometri).

René si chiede sarcasticamentequale luogo meraviglioso sia maila Luna, dove un piccolo motoreriesce a disegnare un'ombra daicontorni netti su una superficielontana quasi 130 chilometri.

L'autore lunacomplottista nonsembra aver considerato che sesi trattasse davvero di un'ombraproiettata sulla superficie dellaLuna, dovrebbe avere dimensionicolossali per sembrare così am-

pia nella fotografia nonostante ladistanza, e siccome un'ombraprodotta da una sorgente agrandissima distanza come ilSole non può essere più grandedell'oggetto che la genera (i rag-

gi luminosi arrivano infatti paral-leli), anche la navicella spazialedovrebbe essere gigantesca.

Infatti non si tratta affatto di

un'ombra proiettata sulla super-ficie della Luna, ma della sagoma di una porzione di uno dei gruppidi quattro motori di manovra dello stadio superiore del modulo luna-re (visibili per esempio in Figura 17). In altre parole, non è l'ombra lon-

tana di una parte del veicolo: è la parte stessa, che si trova a pochimetri dall'osservatore.

Questo fatto diventa chiaro se si consulta la foto originale (AS11-37-5437) anziché la versione sgranata e sfocata proposta da René: la pre -

sunta “ombra” ha in realtà riflessi metallici nella sua parte conica su-periore.

Figura 97. La pagina del libro di René chemostra la presunta foto falsa.

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Presunte anomalie fotografiche – 97

Tutte le foto sono perfetteIN BREVE: No, ce ne sono anche molte che fanno schifo, ma NASA egiornali preferiscono mostrare quelle migliori. Come ai matrimoni.

IN DETTAGLIO: Bill Kaysing, nel documentario Did We Land on theMoon? , si chiede come fu possibile scattare migliaia di foto nitidissi-me e perfettamente inquadrate, visto che le fotocamere erano cosìdifficili da usare. In effetti gli astronauti dovevano regolare a mano l'e -

sposizione e la messa a fuoco, non potevano portare la macchina fo-tografica agli occhi per mirare, e nessuno, prima di loro, avevascattato foto sul suolo lunare.

Figura 98. Foto AS11-37-5437 (Apollo 11).

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98 – Luna? Sì, ci siamo andati!

In realtà non è affatto veroche tutte le foto sono perfet-te: semplicemente la NASApubblicò solo quelle buone,come avviene in qualunquereportage fotografico. Ma ne-gli archivi dell'agenzia spa-ziale ci sono tante foto lunarisottoesposte, sovraesposte,mosse, sfocate e mal inqua-

drate: non vengono mostratequasi mai, proprio perchéfanno schifo (Figure 99-101).

Quando le foto erano distri-buite soltanto mediante lastampa, non si sprecava spa-zio e denaro pubblicandoquelle venute male e si dava

la priorità a quelle riuscite.

Figura 99. Foto AS11-40-5984 (Apollo 11). Sefosse stata esposta correttamente,

mostrerebbe Neil Armstrong con la visieraalzata (in basso a sinistra).

Figura 100. Serie di foto sovraesposte dalla missione Apollo 17.

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Presunte anomalie fotografiche – 99

Oggi, invece, le immaginipossono essere disseminatea costo zero via Internet, equindi sono tutte disponibiliper la consultazione.

I rullini completi di tutte lemissioni Apollo sono visiona-bili ad altissima risoluzioneper esempio presso il sito delLunar and Planetary Institutee contengono intere sequen-

ze di scatti riusciti male.42

Inoltre le fotocamere eranodotate di obiettivi grandan-

golari, equivalenti a obiettivida 24 mm tradizionali, coninquadrature molto larghe che rendevano sufficiente una mira allabuona in direzione del soggetto. Questo salvò molti scatti che altri-menti sarebbero stati un fiasco, come la famosa “foto del turista” fattada Neil Armstrong a Buzz Aldrin (Figura 30), in cui per un pelo il sog-

getto non viene decapitato. In effetti, se si osserva bene questa foto-grafia, si nota che manca l'antenna radio in cima allo zaino, mozzatadall'inquadratura.

Gli astronauti si erano addestrati a valutare l'esposizione e la messa afuoco a occhio, con l'ausilio di guide precalcolate dagli esperti, comefacevano da sempre i fotografi prima che venissero inventati gli auto-

matismi e quando non c'era tempo di usare un esposimetro. Le con-dizioni d'illuminazione al suolo erano abbastanza facili da dedurre inanticipo, perché la quantità di luce che illumina la Luna è nota e nonci sono nubi o foschie che possano alterarla.

Infine, l'intensa illuminazione diurna dell'ambiente lunare riduce iproblemi di messa a fuoco: come i fotografi ben sanno, la luce intensapermette una grande  profondità di campo, ossia un ampio intervallodi distanze tutte contemporaneamente a fuoco, che riduce la necessi-

tà di effettuare una messa a fuoco precisa per ogni scatto.

42 www.lpi.usra.edu/resources/apollo/catalog/70mm/ .

Figura 101. Foto AS12-47-7009 (Apollo 12).

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100 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Ci sono foto dello stesso luogo con e senza LM

IN BREVE: Non è lo stesso luogo. Quelle sullo sfondo non sono collinettevicine, ma montagne lontane, che non cambiano aspetto se ci si spostasolo di qualche centinaio di metri.

IN DETTAGLIO: Alcuni lunacomplottisti segnalano che ci sono foto-

grafie che mostrano lo stesso luogo con e senza il modulo lunare. Aloro dire, si capisce che si tratta del medesimo luogo perché le colli-nette sullo sfondo sono assolutamente identiche.

La loro tesi è che si tratti quindi di fondali finti, maldestramente rici-

clati per più di una fotografia della messinscena. L'esempio di Figura102 è tratto dal già citato documentario di Fox TV Did We Land on theMoon? : a sinistra c'è il modulo lunare, ma a destra no.

Andando a verificare l'origine delle fotografie si scopre dove sono sta-te scattate: nella zona del massiccio di Hadley, durante la missioneApollo 15. Questo rivela un dato essenziale: le “collinette” sullo sfondosono in realtà montagne altissime a molti chilometri di distanza. Ilmonte Hadley, per esempio, è alto 4500 metri.

Immaginate quindi di fotografare il Monte Bianco da casa vostra e dispostarvi di un paio di chilometri per fare un'altra foto. Non vi sor-prenderà di scoprire che la vostra casa non sarà più visibile, ma lo

sfondo del Monte Bianco sarà sostanzialmente identico. Questo èesattamente quello che avviene nelle foto lunari incriminate: sonoscattate in due luoghi differenti e inquadrano oggetti molto lontani.

Figura 102. Due immagini con sfondi identici, tratte dal documentario Did WeLand on the Moon? (Fox TV, 2001).

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Presunte anomalie fotografiche – 101

I cataloghi pubblici delle fo-

tografie lunari permettono diidentificare le due immagini:sono porzioni delle fotoAS15-82-11057 (a sinistra) eAS15-82-11082 (a destra).

La documentazione dellamissione e il resoconto delleattività43 indicano che la pri-ma fotografia fu scattata dal-la posizione Station 8, a circa125 metri a nord-ovest delmodulo lunare, mentre la se-conda fu scattata dalla posi-zione Station 9, situata a 1400metri a ovest del modulo lu-

nare e visibile nella mappache descrive gli spostamenti

degli astronauti (Traverse Map, Figura 103). In altre parole, le due fotofurono scattate a circa un chilometro e mezzo l'una dall'altra. Eccoperché il modulo lunare manca nella seconda: si trova altrove.

L'equivoco fra collinette e montagne nasce non solo dalla mancanzadi ricerche di riscontri contestuali da parte dei lunacomplottisti, maanche da un fenomeno fisico: sulla Luna non c'è aria, quindi non esi -ste il graduale offuscamento atmosferico che ci indica visivamenteche un oggetto è lontano, e non ci sono oggetti familiari (alberi, case)

che diano il senso delle dimensioni. Inoltre, come già notato, l'oriz-

zonte sulla Luna è molto più vicino che sulla Terra: è a soli 2,4 chilo-

metri dall'osservatore.

 Tutto questo rende difficile rendersi conto che quelle che sembranoessere collinette vicine sono in realtà montagne alte 4500 metri, si -tuate a diversi chilometri dal punto di allunaggio e viste da punti di -versi.

La tesi dei fondali viene inoltre sbugiardata se si confrontano in det-

taglio le immagini originali: emerge che l'aspetto delle montagne sul-

43 Apolloarchive.com ; Surface Operations Overview , Lunar and PlanetaryInstitute, tinyurl.com/ygr3cfv .

Figura 103. Dettaglio della mappa degli spostamenti degli astronauti dell'Apollo 15.

La Station 8 non è visibile perché troppovicina al LM (indicato dalla X).

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102 – Luna? Sì, ci siamo andati!

lo sfondo varia lievemente a causa del cambio di punto di osservazio-ne. Questo significa che le montagne delle foto sono oggetti tridi-mensionali, tanto che la loro prospettiva cambia.44

Luci del set riflesse nelle visiere

IN BREVE: Non sono luci del set, sono riflessi sui graffi dellavisiera. Si capisce guardandole foto originali.

IN DETTAGLIO: In alcunefoto si vedono riflessi sospet-ti sui caschi degli astronauti(Figura 104): secondo i luna-complottisti, sono le luci delset cinematografico nel qua-le sono state falsificate le im-

magini degli sbarchi lunari.

È un'affermazione fatta, peresempio, dal tedesco GernotGeise nel programma La Sto-ria siamo noi  di Giovanni Mi-noli, trasmesso dalla RAI il 22agosto 2006. Come è prassidei lunacomplottisti, non ci

viene detto da quale missio-ne è tratta la foto.

Ci vuole una paziente ricercain archivio per scoprire che sitratta di un'immagine dellamissione Apollo 12, e specifi-camente di un particolaredella foto classificata come

AS12-49-7281, scattata duran-

44 Altri casi di presunti "fondali riciclati" vengono esaminati pressowww.braeunig.us/space/hoax-jw.htm .

Figura 104. Un'immagine dei presunti "riflettori", tratta da La Storia siamo noi.

Figura 105. Alan Bean nella foto AS12-49-7281(Apollo 12).

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Presunte anomalie fotografiche – 103

te la seconda passeggiata lunare effettuata durante quella missione.L'astronauta ritratto è Alan Bean; quello riflesso nella visiera è Charles“Pete” Conrad. La Figura 105 mostra la foto completa.

Ingrandendo la foto originalesi scopre che i “riflettori” nonhanno affatto né la forma néla disposizione dei riflettori diun set fotografico. Nella ver-sione di scarsa qualità pre-sentata dai lunacomplottistisembravano luci circolari di-sposte a distanze regolari,ma l'ingrandimento dell'ori-ginale (Figura 106) rivela laloro reale natura altamenteirregolare.

A questo punto la spiegazio-

ne reale diventa molto evidente: si tratta di riflessi della luce del solesui graffi della visiera. I caschi erano dotati di alette parasole lateraliretrattili (visibili ai lati della parte a specchio del casco in Figura 105),azionati manualmente dagli astronauti.

Ogni tanto gli astronauti,estraendo o retraendo que-ste alette, urtavano la visieracon i loro guanti ruvidi, spor-chi di polvere lunare, che è

molto abrasiva perché nonsubisce l'erosione prodottasulla Terra dall'acqua e dalvento e quindi è molto spi-golosa, come una sorta dicarta vetrata naturale. I reso-

conti delle missioni degliastronauti citano spesso iproblemi di graffi e intasa-menti dovuti alla natura par-ticolare della polvere.

Figura 106. Ingrandimento dei "riflettori" nellafoto originale.

Figura 107. Il riflesso del sole su una tutadurante l'addestramento sulla Terra. Dal 

documentario When We Left Earth.

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104 – Luna? Sì, ci siamo andati!

La formazione di una banda di riflessi sulle visiere, ai lati del riflessoprincipale del Sole, anche sulla Terra è ben visibile in Figura 107, chemostra una tuta spaziale Apollo durante l'addestramento degli astro-

nauti. È difficile pensare che ci fosse bisogno di collocare in cielo unafila di riflettori per questa foto.

Il fenomeno delle visiere graffiate è ben visibile anche nelle foto degliastronauti a bordo dello Shuttle e della Stazione Spaziale Internazio-

nale in tempi ben più recenti, come quella di Figura 108, tratta dallamissione STS-118 di agosto 2007 e catalogata come ISS015-E-22561.

Crocette nere coperte dagli oggettiIN BREVE: Non sono coperte: sono erose dal processo fotografico, comeavviene per qualunque oggetto sottile su fondo chiaro sovraesposto. E nelle foto originali spesso ce n'è un residuo che manca nelle pessime co-

 pie usate dai lunacomplottisti.

IN DETTAGLIO: Dentro le fotocamere Hasselblad usate per le escur-sioni lunari c'era un vetrino sul quale c'erano incise delle crocette di

riferimento, chiamate in gergo fiducials o reseau marks; ogni braccioera lungo un millimetro e spesso due centesimi di millimetro. La cro -

cetta centrale era più grande per distinguerla dalle altre e indicare il

Figura 108. La visiera graffiata dell'astronauta Clay Andersonmentre lavora all'esterno della Stazione Spaziale Internazionale.

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Presunte anomalie fotografiche – 105

centro dell'immagine originale. Il vetrino era a contatto con la pellico-

la quando veniva scattata una foto: in questo modo su ogni fotografiavenivano sovrimpresse queste crocette, utili per rivelare eventuali de-

formazioni dell'immagine durante i vari processi di sviluppo, stampa eduplicazione (Figura 109).

Il problema, secondo i lunacom-

plottisti, è che in alcune fotogra-fie lunari queste crocette sitrovano dietro gli oggetti foto-grafati. Lo si nota per esempionelle immagini mostrate in Figu-

ra 110.

Secondo il già citato David Percy,“questa situazione è impossibile edeve essere il risultato di una ma-nipolazione tecnica e di un ritoccodell'immagine” . Lo ha dichiaratonel documentario Did We Land on the Moon? (2001).

Bisognerebbe chiedersi, innanzitutto, che senso avrebbe mai,nell'ipotetica messinscena, alte-rare queste crocette, dato chenon riguardano oggetti partico-larmente significativi.

Figura 109. Le crocette di riferimento sul vetrino di una fotocamera Hasselblad.

Figura 110. Le crocette sospette secondo David Percy.

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106 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Qualcuno potrebbe teorizzare che le crocette sono coperte perché glioggetti furono sovrapposti in seguito, in sede di ritocco: ma se glisbarchi lunari fossero stati ricostruiti in studio, che bisogno ci sarebbestato di fare sovrimpressioni e ritocchi? Sarebbe bastato tornare instudio e fare qualche altra foto con gli oggetti già a posto: se non s'èpotuto, allora le foto furono davvero scattate sulla Luna, e quindi nonci fu alcuna messinscena.

La spiegazione di questa situazione “impossibile”  è in realtà moltosemplice. L'indizio cruciale è già presente nel documentario della Fox:ogni oggetto che “copre” una crocetta è bianco e fortemente illumi-nato dal sole.

Quando si fotografa un oggetto fili-forme scuro contro uno sfondo chia-ro e sovraesposto, l'oggetto tende ascomparire, inghiottito dal chiarorecircostante: è un fenomeno ben notoai fotografi con il nome di blow-out .Lo si vede per esempio in Figura 111per i dettagli del viso, per le labbra eper la montatura degli occhiali. Lostesso avviene quando si usano me-todi non digitali per copiare fotogra-fie: si perdono i dettagli fini.

Andando a vedere gli originali dellefotografie sospette, scopriamo esat-tamente lo stesso effetto: la parte apparentemente mancante delle

crocette filiformi si trova sempre su uno sfondo chiaro e sovraesposto,e in realtà non è del tutto scomparsa, ma ha subìto proprio la stessaattenuazione mostrata sopra. Nel documentario della Fox e in altrefonti che mostrano queste presunte anomalie, le parti di crocettasembrano essere svanite del tutto soltanto perché è stata mostratauna versione di bassa qualità delle foto in questione: un altro espe-diente ricorrente dei lunacomplottisti.

La Figura 112 mostra l'immagine originale dalla quale è tratto il detta-

glio di sinistra presentato da Percy: è la fotografia AS16-107-17446,realizzata durante la missione Apollo 16. La Figura 113 mostra invecela fotografia AS11-40-5931, riferita alla missione Apollo 11.

Figura 111. Un viso sovraesposto fascomparire i dettagli e assottiglia lamontatura filiforme degli occhiali.

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Presunte anomalie fotografiche – 107

In altre parole, non c'è nulla di anomalo nelle crocette di riferimentopresenti nelle fotografie lunari. Anzi, si comportano esattamente nelmodo previsto dalle leggi ottiche che governano la fotografia e testi-moniano quindi che gli oggetti che secondo i sostenitori della mes-

sinscena erano stati aggiunti in seguito erano in realtà presentinell'immagine originale, tanto che attenuano le crocette.

Figura 112. Foto AS16-107-17446 e dettaglio.

Figura 113. Foto AS11-40-5931 e dettaglio.

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108 – Luna? Sì, ci siamo andati!

C'è una “C” su un sasso

IN BREVE: Non è il segno dello scenografo per ricordare dove mettere il sasso, è un pelucco finito nella foto durante uno dei passaggi di duplica -

 zione. Nell'originale non c'è.

IN DETTAGLIO: in una foto della missione Apollo 16 si vedono unalettera “C” su un sasso e un'altra “C” sul terreno: sono le lettere di rife-

rimento usate dagli scenografi per pianificare la collocazione dellerocce sul finto terreno lunare. È una tesi proposta, per esempio, dal -l'autore francese Philippe Lheureux, nel suo libro Lumieres sur la

Lune.45

La foto in questione è la AS16-107-17446 (già vista in Figura 112) e ri -trae l'astronauta Charlie Duke alla Station 4 di Stone Mountain. La let-tera “C” comparirebbe sul sasso in basso a sinistra. La seconda lettera“C” si troverebbe nel terreno, accanto al sasso che reca la presunta let -tera, come si può vedere nell'immagine qui sotto, tratta dal sito pro-messinscena Aulis.com (Figura 114).

45 news.bbc.co.uk/2/hi/world/monitoring/media_reports/1399132.stm .

Figura 114. Le presunte "C" su una roccia e sul suolo lunare. Immagine tratta dal sito Aulis.com.

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Presunte anomalie fotografiche – 109

Questa presunta prova è così priva di senso che non si capisce perchévenga presentata senza fermarsi per quell'istante che basta per ren-

dersi conto della sua assurdità.

La pubblicazione ufficiale di una foto che mostra due lettere “C” chenon ci devono essere e che rivelano il segretissimo inganno, vitaleper il destino del paese, implicherebbe una catena di errori davveroinaudita: avrebbero dovuto sbagliare prima l'allestitore, lasciando invista ben due segni di riferimento, poi il fotografo, che non si sarebbedovuto accorgere dei segni lasciati in mostra, e poi tutta la serie dipersone addette alla selezione e pubblicazione delle fotografie. Possi-bile che in tutta questa catena di addetti, nessuno abbia notato l'erro-

re che rovinava la messinscena supersegreta?

E che senso avrebbe avuto etichettare dei sassi di scena con una sin -

gola lettera? È un sistema di etichettatura che avrebbe permesso sol-tanto ventisei oggetti. Un po' pochi per un set che deve ritrarre laLuna, la cui superficie è costellata di sassi, sassi e ancora sassi.

E ancora: come farebbe la “C”, se fosse davvero tracciata su un lato in-

clinato di un sasso ruvido e irregolare, ad avere una forma così sor-prendentemente regolare dal punto di vista di sbieco dal quale la siguarda in questa foto? Lo stesso vale per la “C” sul terreno.

A queste obiezioni logiche possiamo però aggiungere anche la spie-

gazione tecnica, resa ancora più significativa dal fatto che l'ha trovatanel 2001 un lunacomplottista (i cui colleghi continuano però a pre -

sentare tuttora questa presunta prova come se nulla fosse) e dal fattoche la “C” è effettivamente presente nella “versione ufficiale” fornita

dal sito NASA del Johnson Space Center (Figura 115).46

Steve Troy di Lunaranomalies.com, un sito scomparso nel 2008 che so-

steneva varie prove di complotto lunare ma non questa, spiegò47 inestremo dettaglio che nel 2001 si fece mandare da vari enti collegatialla NASA delle copie su pellicola della foto incriminata e le analizzòalla ricerca della presunta “C”, senza trovarla.

46 images.jsc.nasa.gov/luceneweb/fullimage.jsp?photoId=AS16-107-17446.

47 Il sito originale non esiste più ma è archiviato presso Archive.org(web.archive.org/web/20080131090910/http://www.lunaranomalies.com/c-rock.htm ).

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110 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Figura 115. La foto con la "C" negli archivi NASA del Johnson Space Center.

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Presunte anomalie fotografiche – 111

Così Troy ricontattò gli enti per chiedere come mai un sito “ufficiale”invece presentava la “C”, e uno di essi, il Lunar and Planetary Institutedi Houston, scoprì che una delle loro stampe recava appunto il segnoanomalo, che però non era presente nelle  pellicole (copie degli origi-nali scattati sulla Luna) dell'istituto.

L'LPI fornì a Troy una scansio-

ne alla massima risoluzionepossibile della stampa inquestione, che chiarì la natu-

ra del segno misterioso: unbanale pelucco (Figura 116).

Chiaramente non si tratta diun segno di matita, ma di unoggetto filiforme arricciato.Non sembra un caso che la“lettera” trovata sul sasso siaproprio una lettera che corri-sponde a una delle forme che può facilmente assumere un pelucco: èuna C, non una K, F, H, M o A, per esempio.

Il Johnson Space Center spiegò a Troy che una di queste stampe di-fettate era stata acquisita con uno scanner verso la fine degli anni 80o i primi anni 90 del secolo scorso, e da qui era rimasta sul sito.

Infatti in altre scansioni dellastessa fotografia, eseguite di-rettamente dagli originali e

disponibili nelle collezioniNASA consultabili via Inter-net, la “C” sul sasso non c'è.

Inoltre in queste scansioni adalta risoluzione si nota chel'altra presunta “C” è in realtàsemplicemente un'ombra va-gamente simile a una lettera,

generata da una minuscolaasperità del terreno (Figura117). Fine del mistero.

Figura 116. La "C" si rivela essere un pelucco.

Figura 117. Dettaglio di una scansione direttadella foto originale.

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112 – Luna? Sì, ci siamo andati!

L'antenna dello zaino appare e scompare

IN BREVE: L'antenna situata sullo zai -no “scompare” soltanto nelle versioni abassa risoluzione delle foto. Nelle ver -sioni di alta qualità c'è eccome. L'an-tenna, inoltre, era piatta, per cui si vede poco nelle foto nelle quali è di -sposta di taglio.

IN DETTAGLIO: Alcuni sostenitori

delle tesi di messinscena segnalanoche l'antenna radio situata sullo “zai-no” della tuta degli astronauti (ilPLSS, in gergo) scompare e ricompa-re in foto scattate quasi contempora-neamente.

Questo fenomeno viene interpretatocome prova che le fotografie furono

in realtà scattate in momenti diffe-renti e che gli sbadati addetti alla messinscena si dimenticarono direndere coerente questo dettaglio in tutte le immagini.

Un esempio dell'antenna che scom-

pare e ricompare è dato dalle fotoAS11-40-5942 e AS11-49-5943, dellamissione Apollo 11 (Figure 118 e 119),che mostrano Buzz Aldrin mentre

trasporta gli strumenti da lasciaresulla Luna prima di collocarli e instal-larli. Come indica la loro numerazio-

ne, ufficialmente queste fotografiesono state scattate una dopo l'altra.Eppure nella prima l'antenna non c'è,mentre nella seconda è vistosamen-

te presente.

La vera spiegazione di questa pre-sunta prova rivela uno degli errori ri-correnti fondamentali dei sostenitori

Figura 118. Dettaglio della foto AS11-49-5942.

Figura 119. Dettaglio della foto AS11-49-5943.

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Presunte anomalie fotografiche – 113

delle tesi di complotto: l'uso di immagini a bassa risoluzione, spessotratte da riviste o libri, a supporto delle proprie tesi. Infatti la primafoto è tratta dall'archivio online a bassa risoluzione del Johnson Spa-

ce Center, ma l'esame delle versioni ad alta risoluzione chiarisce chel'antenna in realtà c'è in entrambe le foto (Figura 120).

L'antenna dunque c'è, ma come sispiega la vistosa differenza del suoaspetto nelle due immagini? La ri-sposta richiede una conoscenza mol-to approfondita delle attrezzatureadoperate per le missioni Apollo, percui è abbastanza comprensibile chealcuni lunacomplottisti si siano la-sciati ingannare dai loro preconcetti.Meno comprensibile è che abbianolanciato accuse di falsificazione sen-

za controllare negli archivi documen-tali com'erano fatte queste antenne.

Infatti le antenne VHF degli astronauti, usate per le comunicazioni ra-dio, non erano tradizionali astine a sezione circolare, ma sottili laminemetalliche leggermente incurvate e lucidate a specchio, simili a quel-le di un metro a nastro, che si ripiegavano di lato per riporle (Figura121). Viste di taglio, ossia stando di fronte o dietro l'astronauta, sonoquasi invisibili contro lo sfondo nero del cielo lunare. Viste di piatto,cioè stando di lato rispetto all'astronauta, diventano molto più visibili,specialmente quando riflettono la luce del sole o il suolo illuminato.

Nella prima foto (5942), Aldrin è vistoda dietro e quindi l'antenna è di ta-glio. Nella seconda foto (5943), inve-ce, l'astronauta è girato di tre quarti,per cui l'antenna ci mostra la suaparte piatta, sulla quale batte il sole.In altre immagini, come la AS11-40-5874 (quella del saluto alla bandiera),l'astronauta è visto di lato, ma ha ilsole di fronte a sé, per cui i lati piattidell'antenna non sono illuminati mase ne scorge comunque il bordo.

Figura 120. Dettaglio della foto AS11-49-5942 in alta risoluzione.

Figura 121. Dettaglio dell'antennaVHF di Charlie Duke (Apollo 16).

Courtesy of K.C. Groneman and D.B.Eppler, NASA Johnson.

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114 – Luna? Sì, ci siamo andati!

La rivista Fotografare dice che le foto sono false

IN BREVE: Non lo dice la rivista: lo dice un singolo autore, che è anchel'editore della rivista stessa ed è noto per le sue eccentricità pseudoscien-tifiche, dalla numerologia satanista agli avvistamenti di UFO. Oltretuttoinanella una serie di clamorosi errori tecnici.

IN DETTAGLIO: Sulla quarta di copertina del libro Non siamo mai an-dati sulla Luna di Bill Kaysing compare questa sorprendente citazioneche fa riferimento alla rivista italiana Fotografare:

Fotografare, n.8/'89: “Le famose foto degli americani sul -

la Luna (finalmente si può raccontare) sono state fattesulla Terra, di notte, con una illuminazione artificiale.Questo si vede chiaramente osservando le foto, ma lagente ha creduto in massa alle spiegazioni che hannodiffuso.” 

Una rivista di fotografia checonferma le teorie lunacom-

plottiste di falsificazione del-le foto parrebbe una provaincontrovertibile. In effetti larivista Fotografare pubblicònell'agosto del 1989 quantocitato da Non siamo mai an-dati sulla Luna (Figura 122).

La spiegazione di quest'ap-parente prova è una delle piùbizzarre del lunacomplotti-smo. L'articolo è infatti firma-to da Cesco Ciapanna,editore di Fotografare, noto aisuoi lettori per i suoi articolidecisamente eccentrici, spesso dedicati a temi per nulla attinenti allafotografia. Per esempio, il numero 92 sarebbe a suo dire la chiave nu -

merologica di moltissimi eventi storici, e lo stesso articolo di Fotogra-

fare con le asserzioni pro-messinscena offre anche quest'asserzionesurreale: “...un virus non è un'entità fisica, ma è solo un'alterazione del  programma genetico, e non è assolutamente fotografabile.” 

Figura 122. Dettaglio di pagina 86 di Fotografare , n.8/89. Credit: Massimo e

Giuliano (lettori di Complottilunari.info).

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Presunte anomalie fotografiche – 115

Ciapanna è anche sostenitore della teoria dell'AIDS come malattia in-

ventata e inesistente e cultore dell'onomanzia, l'arte divinatoria che sifonda sull'interpretazione del nome, in relazione alla sua origine o allelettere che lo compongono. Alcuni interessanti esempi della sua va-

stissima produzione in questo settore sono raccontati presso Thalidei-de.com e lamentati dai lettori nel forum della rivista stessa ancora nel2006.48

Secondo Ciapanna, inoltre, Isaac Asimov, Leonardo, Dante e Petrarcanon sarebbero mai esistiti e gli ebrei farebbero parte di un grandecomplotto incentrato sul numero 92. Accuse talmente esasperanti daindurre il rabbino Toaff a consigliare il boicottaggio della rivista aisuoi correligionari.49

Visto l'approccio scientificamente disinvolto dell'autore, la sua affer-mazione a sostegno della falsificazione delle immagini degli sbarchilunari va dunque presa con una certa cautela. Il contesto è insommaben diverso, in quanto ad autorevolezza, da quello che parrebbe leg-

gendo semplicemente la quarta di copertina di Non siamo mai andati sulla Luna.

Le affermazioni di natura strettamente fotografica che compaiononell'articolo pubblicato da Fotografare sono discusse nelle pagine cheseguono.

L'astronauta sembra sotto un riflettore

IN BREVE: Non è sotto un riflettore: se lo fosse, anche il terreno davanti alui sarebbe illuminato. Il suolo intorno a lui è chiaro perché è privo di pol -vere, spazzata via dal getto del modulo lunare.

IN DETTAGLIO: L'articolo della rivista Fotografare di agosto 1989 cita-to qui sopra afferma che nella foto AS11-40-5903 che ritrae Buzz Al -drin (la “foto del turista” di Figura 30) “si vede che la sorgente di luce staalla destra di chi guarda, in alto, dietro all'astronauta, appena fuori dal campo riflesso dalla visiera. La luce è molto potente, ma non arriva all'o-

48 tinyurl.com/thalideide; tinyurl.com/onomanzia.

49 Il complotto di Fotografare, di Luca Rodaro, Bollettino del CICAP”, Anno IV, n.2, agosto 1992, ripubblicato presso tinyurl.com/bollettinocicap.

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116 – Luna? Sì, ci siamo andati!

rizzonte, e infatti lo sfondo, sia quello dietro l'astronauta, sia quello dietroal fotografo (che si riflette nella visiera dell'astronauta) è buio. Del soleneppure l'ombra.” 

L'autore dell'articolo, Cesco Ciapan-na, illustra le sue affermazioni conl'immagine di Figura 123, che è assaipiù contrastata della foto originale(Figura 30).

La tesi dell'orizzonte troppo buio ri-

corre spesso nella letteratura luna-complottista. L'obiezione di buonsenso è che gli autori di una messin-

scena del genere per conto del go-

verno USA non sarebbero certo statiné tanto a corto di soldi da non ave-re abbastanza riflettori né tanto in-

competenti da dimenticarsi diilluminare correttamente lo sfondo:sarebbe stato un errore da veri dilet-tanti di fotografia. Un errore che sarebbe poi sfuggito anche agli inca-ricati della scelta e pubblicazione delle fotografie falsificate, ma nonall'occhio sagace dei lunacomplottisti.

Anche nella versione molto contrastata di Ciapanna si nota un altrofatto interessante: il terreno in primissimo piano, davanti all'astronau-

ta, è scuro quanto quello situato verso l'orizzonte. E come si nota me-glio nella scansione di alta qualità, l'area chiara sembra essere una

banda grosso modo centrale, che si estende inclinata da sinistra a de-stra.

L'ipotetica fonte di luce artificiale “potente” e situata “appena fuori dal campo riflesso dalla visiera”  dovrebbe quindi essere circoscritta conmolta precisione all'area appena intorno all'astronauta. Ma allora nonsi spiegherebbe come mai l'ombra di Aldrin appena davanti ai suoipiedi, nella zona “schiarita” del terreno, non sia sbiadita da questa fon-

te di luce artificiale ma rimanga netta e nera. E non si spiegherebbe il

fatto che quest'ipotetica seconda fonte di luce non produce una se-conda ombra dell'astronauta.

Figura 123. Immagine tratta dallarivista Fotografare , agosto 1989.

Credit: Massimo e Giuliano (lettori di Complottilunari.info).

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Presunte anomalie fotografiche – 117

Se la differenza di luminosità del terreno non è spiegabile con un'illu-

minazione differente o con una fonte di luce supplementare mirata,possiamo considerare un'altra spiegazione: il terreno stesso avevazone con luminosità differenti. E in effetti c'è un'ottima ragione per-ché le cose stiano così, ma per capirla occorre mettere insieme varielementi del rompicapo.

Dalla direzione delle ombre e dalla posizione della zampa del modulolunare (LM), che nell'immagine completa si vede parzialmente a de-

stra in primo piano, si deduce che Aldrin si trova in fianco al LM e chela zampa inquadrata è quella destra (rispetto ai finestrini del veicolo).

Questo è confermato dallafotografia immediatamenteprecedente, ossia la AS11-40-5902 (Figura 124), dove sinota la stessa banda chiarache attraversa orizzontal-mente la porzione centraledell'immagine. Anche altrefoto prese dalla stessa posi-zione e che inquadrano più asinistra, come la AS11-40-5885 e la AS-11-40-5886, mo-strano lo stesso fenomeno.

Dalla documentazione tecni-ca risulta inoltre che la ma-novra di discesa prevedeva di

tenersi il sole alle spalle, inmodo da avere l'ombra del LM come riferimento altimetrico. Quindi ladirezione generale d'arrivo del LM, nelle foto 5902 e 5903, è da in altoa destra. Ma c'è un particolare importante da aggiungere.

Nelle trascrizioni dei dialoghi dell'allunaggio, pubblicamente disponi-bili, si nota che Aldrin descrisse gli ultimi secondi di volo parlando discivolamento verso destra (102:45:25 Aldrin: “4 forward. 4 forward. Drif -ting to the right a little. 20 feet, down a half” ), che Armstrong corresse

eccessivamente, facendo scivolare il LM verso sinistra. Questi sposta-menti sono osservabili chiaramente nella ripresa dell'allunaggio su

Figura 124. Foto AS11-50-5902 (Apollo 11).

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118 – Luna? Sì, ci siamo andati!

pellicola 16 mm, anch'essa disponibile. Il LM spazzò così una fascia di-sposta all'incirca a 90° rispetto alla sua direzione d'arrivo.

Aldrin, quindi, nelle foto in questione si trova proprio nella fascia delsuolo lunare spazzata dal getto del motore del modulo lunare duran-

te queste ultime manovre di correzione. Il getto asportò parte dellostrato di polvere superficiale fine, alterando la riflettività del terreno.Per questo il terreno intorno ad Aldrin è più chiaro: è diverso dal ter -reno più distante.

Questa presunta prova dimostra quanto possa essere difficile, anche

per un fotografo molto esperto, spiegare le apparenti anomalie pre -senti in alcune immagini lunari se non conosce in estremo dettagliole circostanze in cui fu scattata una fotografia e lo svolgimento dellemissioni.

Le foto in controluce sono impossibili senz'aria

IN BREVE: L'aria non c'entra nulla. Il riverbero degli oggetti circostanti  permette il controluce anche nel vuoto.

IN DETTAGLIO: Molti sostenitori del-le tesi di falsificazione delle foto lu-

nari notano che alcune immaginimostrano astronauti fotografati conil sole praticamente alle spalle, quin-

di in controluce, eppure perfetta-

mente illuminati. “Il controluce sullaLuna è impossibile perché non c'è at -mosfera che rifletta la luce” , afferma ilgià citato articolo della rivista Foto-grafare di agosto 1989, mostrandouna versione di bassa qualità dellafoto AS15-85-11514 (la Figura 125 nepresenta una scansione migliore).

Ma la fisica e l'ottica insegnano chela presenza di atmosfera non c'entranulla con la possibilità di fare foto in controluce. Nel controluce, infat-ti, le zone in ombra non sono rischiarate dalla diffusione della luce

Figura 125. Dettaglio dellafotografia AS15-85-11514 (Apollo 15).

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Presunte anomalie fotografiche – 119

prodotta dalla presenza di un'atmosfera. La diffusione è il fenomenoche produce per esempio il chiarore del cielo notturno sopra una cit-tà, dovuto alla luce dell'illuminazione stradale riflessa in tutte le dire-zioni dalle particelle sospese nell'aria.

Invece le ombre, sulla Terra comesulla Luna, vengono rischiarate prin-

cipalmente dalla riflessione della lucesugli oggetti circostanti: una paretevicina, per esempio. È un trucco chesi usa spesso in fotografia per schiari-re le ombre troppo marcate su unsoggetto: si colloca fuori dall'inqua-dratura un pannello chiaro che riflet-te la luce e il gioco è fatto (Figura126).

Sulla Luna la riflessione è prodottaprevalentemente dal suolo (che, va ricordato, è tutt'intorno ed è illu -

minato a giorno dal Sole) e dalle tute bianche degli astronauti.

Il fatto che non occorra l'atmosferaper fotografare in controluce o ri-schiarare le ombre è dimostrato an-

che da varie foto scattate durante lemissioni dello Shuttle: anche se ilsoggetto è nel vuoto dello spazio, laluce riflessa dalle superfici circostantie dalla Terra illuminata dal Sole è più

che sufficiente a schiarirne le ombre,come si vede in Figura 127: benchél'unica fonte di luce diretta sia il Sole,le superfici chiare del vano di caricodella navetta spaziale sono sufficientia illuminare molto intensamente lezone in ombra dell'astronauta.

La spiegazione della presunta ano-

malia, insomma, è la stessa della sezione Gli oggetti in ombra sonotroppo chiari : cambia la tesi lunacomplottista, che là ipotizzava riflet-tori per schiarire i soggetti in ombra e qui nega il controluce.

Figura 126. Riflessione su superfici chiare usata per schiarire le ombre

di un soggetto. Fonte:WhatDigitalCamera.com.

Figura 127. L'astronauta BruceMcCandless lavora all'esterno dello

Shuttle (1984). Foto GPN-2000-001075.

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Non si vedono i massi descritti da Neil Armstrong

IN BREVE: I massi pericolosi che Armstrong dice di aver sorvolato non ci sono nelle foto lunari perché sono a oltre 400 metri di distanza e comun-que non furono fatte foto nella loro direzione: sarebbero state controsole.Ma ci sono nelle foto scattate dalla sonda automatica LRO.

IN DETTAGLIO: I resoconti del primo allunaggio sottolineano spessoche gli automatismi del modulo lunare lo stavano portando a posarsiin un inagibile cratere circondato da grandi massi. Ma Armstrong pre-se i comandi e continuò il volo manualmente per cercare una zona li-

bera. La ricerca durò a lungo, tanto che alla fine Armstrong allunòquando gli restavano pochi secondi di carburante.

L'episodio viene citato spesso perché sottolinea l'importanza di avereun pilota a bordo che possa sopperire alle inadeguatezze dei sistemiautomatici e mette in evidenza la difficoltà e i rischi dell'impresa luna-re. Ma andando a guardare le fotografie scattate dagli astronauti siscopre che di questa distesa di massi non c'è traccia: a perdita d'oc-chio, la superficie lunare è liscia e priva di asperità e di qualunque

masso significativo. Viene il dubbio che possa trattarsi di un dettaglioaggiunto per romanzare la storia e renderla più accattivante.

È un dubbio che possiamochiarire andando a verificarei dati. La traiettoria di allu-

naggio (ground track ) è de-scritta dall'  Apollo 11 MissionReport  (Figura 128). La deci-

sione di Armstrong è trascrit-ta nel Technical Debrief  del1969. L'  Apollo 11 Preliminary Science Report  identifica ilcratere irto di massi con ilnome di West Crater , visibileappunto in Figura 128, cheperò non mostra alcun mas-so per via della sua scarsa ri-

soluzione. Ma oggi abbiamole immagini della sonda Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO), che mo-

strano la zona in estremo dettaglio. E i massi ci sono (Figura 129).

Figura 128. La traiettoria di allunaggio( ground track  ) dell'Apollo 11 termina sullasinistra. Il cratere al centro è il West Crater.

Dettaglio tratto dall' Apollo 11 MissionReport.

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Presunte anomalie fotografiche – 121

Figura 129. La zona d'allunaggio vista dalla sonda LRO. Il cratere West èin alto. Il puntino chiaro in basso a sinistra è la base del modulo lunare.

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122 – Luna? Sì, ci siamo andati!

In particolare, l'immagine M109080308RE scattata dall'LRO, di cui la Fi-gura 129 è un particolare, coglie in grandissimo dettaglio il cratereWest (in alto in questa figura, ruotata di novanta gradi rispetto allaprecedente) e permette di vedere che effettivamente è tappezzato ecircondato da massi, che risaltano come puntini bianchi. Le loro di-mensioni sono facilmente intuibili se si considera che il puntino bian-

co in basso a sinistra nella figura è la parte centrale dello stadio didiscesa del modulo lunare, che al netto delle zampe ha una larghezzadi circa quattro metri.

I massi non si vedono nelle foto scattate dagli astronauti per due ra-gioni fondamentali. La prima è che erano troppo lontani per esserefotografati: la scala di Figura 128 indica che il centro del cratere Westera a circa 420 metri dal modulo lunare.

La seconda ragione è che dalluogo in cui si trovavano gliastronauti, fotografare il cra-tere West avrebbe significatopuntare la fotocamera in di-rezione del Sole, cosa cheavrebbe restituito immaginidi pessima qualità, piene diriflessi (come la Figura 130,presa quasi controsole), percui non furono effettuatiscatti in quella direzione.

 Tuttavia esiste un altro docu-

mento fotografico della zonarealizzato dagli astronautidell'Apollo 11: la ripresa cine-matografica su pellicola 16mm a colori effettuata durante la discesa e l'allunaggio. Dato che ilmodulo lunare sorvolò il cratere West lasciandoselo sulla sinistra, inquesta ripresa la distesa di massi si dovrebbe vedere.

E in effetti è così: la Figura 131 ne mostra un fotogramma, ripreso da

circa 120 metri di quota. I massi sono chiaramente visibili anche daquell'altezza.

Figura 130. Foto AS11-40-5935, presacontrosole (Apollo 11). Il cratere West è adestra, appena fuori dall'inquadratura.

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Presunte anomalie fotografiche – 123

Come ulteriore riscontro, i ricer-catori René e Jonathan Cantinhanno realizzato un filmato checonfronta la ripresa dell'allunag-

gio con una fotografia della zonarealizzata dalla sonda Lunar Orbi-ter, verificando l'effettiva corri-spondenza dei vari crateri.50

La questione dei massi mancanti,insomma, invece di essere unaprova di complotto, diventa unabuona occasione per effettuarecontrolli incrociati sui documentidisponibili e verificare che sonocoerenti fra loro.

Mancano le tracce delle ruote della jeep lunareIN BREVE:  Mancano o sembranomancare perché sono coperte dal -le impronte degli astronauti, per -ché le ruote lasciavano comunquetracce poco visibili o perché gli astronauti spesso giravano la jeepsollevandola letteralmente per un'estremità.

IN DETTAGLIO: In alcune fotonon ci sono nel suolo lunare letracce delle ruote della loro jeepelettrica (il Rover), né davanti nédietro. Eppure nel medesimo suolo si vedono molto bene le improntedelle suole degli astronauti. Secondo i lunacomplottisti, gli assistentidi scena dimenticarono di tracciare i segni delle ruote nel piazzare ilRover sul set, rivelando così la finzione (Figura 133).

50 Il filmato è consultabile nell' Apollo Lunar Surface Journal e scaricabilepresso tinyurl.com/allunaggio11.

Figura 132. Dettaglio della foto AS15-86-11603 (Apollo 15).

Figura 131. I massi della zona di allunaggio, visti da circa 120 metri di quota, in un fotogramma tratto dalla

ripresa in 16 mm.

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124 – Luna? Sì, ci siamo andati!

In realtà ci sono varie ragioniper l'assenza di tracce di ruo-

te. In alcune foto, le traccesono state semplicementecoperte dalle successive im-

pronte degli astronauti, chespesso scendevano dal veico-

lo e vi giravano intorno: cosaperaltro indispensabile, ap-punto, per scattare le foto-

grafie che mostrano il Rover.Questo è proprio quello chesi vede nella foto di Figura133 presentata come presun-ta prova: andando a scoprir-ne la fonte, risulta che sitratta della foto AS17-137-20979, che documenta la riparazione improvvisata del parafango rot-

to effettuata dagli astronauti dell'Apollo 17. Ovviamente gli astronauti,per eseguire la riparazione, camminarono tutt'intorno alla ruota, can-

cellando quindi le tracce del suo battistrada.

Le impronte degli astronautisi vedono in basso e anche adestra nella foto completa(Figura 134), che è a colori emolto meno contrastata del-

la versione che viene presen-

tata dai lunacomplottisti (cheè tagliata, guarda caso, pro-

prio in modo da escluderequasi tutte le impronte).

In altre foto il veicolo si tro-

vava su un terreno copertoda uno strato di polverepoco profondo (come la Ter-ra, anche la Luna non èuguale dappertutto), per cuile ruote lasciarono sì delle

Figura 133. La presunta prova: mancano letracce delle ruote. Dal forum di 

Davidicke.com, tinyurl.com/mancanotracce.

Figura 134. La foto AS17-137-20979 senzatagli e nei suoi colori originali.

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Presunte anomalie fotografiche – 125

impronte, ma sotto forma di segni tenui, visibili soltanto nelle foto-

grafie ad alta risoluzione e non nelle pessime copie mostrate di solito.

Va considerato, inoltre, che leruote del Rover non avevanopneumatici o un battistradacontinuo, ma erano costituiteda una maglia metallica sullaquale erano applicate laminedi titanio intervallate e dispo-ste a lisca di pesce (Figura135). La polvere fine tendevaquindi a passare attraverso lamaglia e poi uscirne, come sefosse passata da un setaccio,senza quindi lasciare le trac-ce scolpite tipiche di un batti-strada tradizionale che compattail terreno.

La frequente assenza di trac-ce è dovuta anche a un'altraragione poco intuitiva: il Rover era un veicolo estremamente leggeroe sulla Luna le cose pesano un sesto che sulla Terra. Il Rover pesava200 chilogrammi sulla Terra e quindi sulla Luna ne pesava soltanto 33.Più precisamente, la sua massa era invariata ma il suo  peso era ridotto,per cui lo sforzo necessario per sollevarlo sulla Luna corrispondeva aquello richiesto per sollevare 33 chili sulla Terra.

Di conseguenza, quando gli astronauti volevano fare curve strette oinversioni a U, sollevavano letteralmente un'estremità del Rover e logiravano. Anzi, questa era un'operazione esplicitamente prevista du-

rante l'estrazione del Rover dal modulo lunare, che richiedeva una ro -

tazione di 180 gradi del veicolo per orientarne la parte anteriore indirezione di marcia.

Questo peso modesto era inoltre distribuito sull'area di contatto dellequattro ruote, per cui il Rover esercitava una pressione relativamente

bassa sul terreno anche quando era gravato dal peso (anch'esso ri-dotto dalla bassa gravità) dei due astronauti.

Figura 135. Dettaglio della foto AS16-108-17620. Si notano la trasparenza del 

battistrada e la scarsa scolpitura del terreno.

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Negli archivi NASA ci sono foto ritoccate

IN BREVE: Sì, alcuni siti NASA contengono foto ritoccate. Ma i ritocchi sono riparazioni di graffi o imperfezioni presenti nelle copie, non sono al -terazioni. E se le foto fossero state ritoccate per alterarle, vorrebbe direche furono scattate sulla Luna: altrimenti sarebbe bastato tornare in stu-dio e rifarle per bene.

IN DETTAGLIO: La cosa potrà sorprendere, ma è effettivamente veroche alcuni vecchi archivi Internet della NASA contengono foto ritoc-cate. Per esempio, presso Spaceflight.nasa.gov  si trova la foto S69-

40308 (Figura 136), che è vistosamente ritoccata con il “copia e incol-la” nella parte superiore destra (Figura 137): sembra proprio che qual-cuno abbia copiato una porzione dell'immagine e l'abbia incollata inposizione leggermente spostata.

È una tecnica usata spesso nel fotoritocco digitale per coprire un det -taglio sgradito o un'imperfezione della foto. Si notano persino parti-celle di polvere presenti sulla pellicola scandita che sono statecopiate e incollate.

Figura 136. Fotogramma S69-40308 dalla ripresa 16 mm dell'Apollo 11, tratto daSpaceflight.nasa.gov a febbraio 2010. In alto a destra, la zona ritoccata.

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Presunte anomalie fotografiche – 127

Questo, tuttavia, non dimostra che la NASA effettui fotoritocchi perabitudine e nasconda chissà cosa. Infatti i suoi archivi contengono al-tre copie della fotografia in questione prive di ritocco,51 dalle quali sicapisce che si tratta di una semplice correzione digitale di scansionitratte da vecchie copie danneggiate degli originali su pellicola. I ritoc-chi servono solo per ripulire togliendo graffi e pelucchi, non per in-

gannare.

Infatti la NASA, contrariamente a quanto ritengono molti lunacom-

plottisti, non è una ricchissima, monolitica agenzia governativa: è unagrande burocrazia divisa in compartimenti stagni, che spesso lavora-no senza collaborare fra loro e con una sorprendente povertà di fondie di mezzi.

Il risultato è che i vari dipartimenti della NASA hanno preparato epubblicato su Internet indipendentemente fra loro, nel corso del tem-

po, archivi fotografici basati sul materiale che avevano nei propri ar-chivi. In molti casi, quel materiale non è tratto direttamente dai

51 Per esempio nell' Apollo Lunar Surface Journal , tinyurl.com/nonritoccata.

Figura 137. Dettaglio dell'immagine precedente. Le frecce evidenziano le parti duplicate.

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128 – Luna? Sì, ci siamo andati!

preziosissimi originali, ma è una scansione di copie di copie di copiefatte su pellicola decenni fa e che nell'arco degli anni si sono sbiaditee hanno subito danni vistosi a furia di essere maneggiate. Non aven-

do fondi stanziati per una nuova acquisizione delle immagini, i dipar-timenti hanno usato quella che avevano.52 È quello che è successoanche con la presunta lettera “C” su una roccia, discussa nelle pagineprecedenti.

Gli originali non ritoccati e scanditi correttamente sono disponibilipresso quattro fonti Internet di riferimento: l'  Apollo Lunar Surface

 Journal , il Lunar and Planetary Institute, il Gateway to Astronaut Photo-graphy of Earth e l' Apollo Archive.53

In realtà l'intera accusa di fotoritocco è un autogol per il lunacom -

plottismo. Se infatti le foto fossero ritoccate o alterate in modo più vi -stoso di una semplice correzione di graffi o difetti, vorrebbe dire chefurono effettivamente scattate sulla Luna: altrimenti sarebbe statosufficiente tornare al set cinematografico e scattarle di nuovo senzaerrori.

C'è una foto falsa di Collins

IN BREVE: La foto non è falsa: unlunacomplottista l'ha manipolata

 per spacciarla per falsa.

IN DETTAGLIO: Secondo il luna-

complottista Ralph René, l'auto-biografia dell'astronauta lunareMichael Collins contiene una fo-

tografia falsificata (Figura 138).

René afferma che l'autobiografiala descrive come una foto che ri-trae Collins nel 1966 mentre ef -fettua una passeggiata spaziale

52 Corrispondenza dell'autore con Dave Williams del NASA GoddardSpaceflight Center, settembre 2003.

53 Le coordinate sono indicate nella bibliografia in fondo a questo libro.

Figura 138. La foto incriminata, nellaversione presentata da René.

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Presunte anomalie fotografiche – 129

durante il volo della Gemini 10, ma in realtà è un'immagine realizzatadurante l'addestramento in aereo e poi manipolata dalla NASA (Figu-

ra 139). Stando a René, questo “dimostra assolutamente che la NASAiniziò a falsificare le fotografie tre anni prima che le missioni Apollo ini -

 ziassero – si dice – a portare uomini sulla Luna.” 

L'accusa è contenuta nel libro diRené N asa Mooned America! ed èripetuta dallo stesso autore neldocumentario  Apollo 11 - il latooscuro della Luna, di Willy Brun-

ner e Gerhard Wisnewski, tra-smesso da La Storia siamo noi (Raidue, 22 agosto 2006).

I fatti sono ben diversi. Innanzitutto, la foto accusata di esserealterata (Figura 138) non compa-re in alcuna pubblicazione NASA,ma soltanto in alcune edizioni diun libro autobiografico (Carryingthe Fire)54 sul quale la NASA nonha alcuna giurisdizione. L'altera-zione della fotografia non è quin-

di attribuibile alla NASA, masemmai alla casa editrice.

Inoltre in quelle edizioni la fotografia alterata non viene mai presen-

tata come immagine della passeggiata spaziale della Gemini 10: anzi,

viene poi riproposta senza alterazioni e con una didascalia che chiari-sce che fu scattata durante l'addestramento. E Collins stesso, nel libro,dice chiaramente (e con rammarico) che non ci sono foto della suapasseggiata spaziale. È René, e soltanto René, ad asserire che la NASAdichiara che l'immagine mostra una passeggiata spaziale.

Nel 2003, quando René era ancora in vita, lo storico dell'astronauticaJames Oberg gli offrì 10.000 dollari se fosse riuscito a presentare unaqualunque edizione del libro di Collins nella quale la foto alterata fos-

54 L'edizione 1974 della Farrar, Straus & Giroux e l'edizione 1975 dellaBallantine Books. Non compare nelle edizioni recenti del libro.

Figura 139. L'altra versione della foto.

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130 – Luna? Sì, ci siamo andati!

se descritta come uno scatto effettuato durante una passeggiata spa-ziale. René non vi riuscì, e finora non vi è riuscito nessun altro.55

La manipolazione dei lunacomplottisti prosegue nel documentario diBrunner e Wisnewski, durante l'intervista a René: prima viene mostra-ta la copertina del libro di Collins, poi subito dopo una pagina checontiene la foto incriminata sotto la dicitura “Gemini 10 space walk” (“passeggiata spaziale Gemini 10”), come mostrato in Figura 140. Ma lapagina non proviene dal libro di Collins: è tratta da quello di René. Losi capisce leggendone il testo, chiaramente riconoscibile se si effettuaun fermo immagine nella registrazione.

In altre parole, tutta l'accusa di falsificazione contro Collins e la NASAè una montatura. Invece di dimostrare “assolutamente”  che la NASAfalsificò delle immagini, dimostra che i sostenitori delle tesi di com-

plotto lunare sono disposti a manipolare i fatti pur di trovare soste-

gno alle loro argomentazioni.

E se sono costretti a ricorrere a giochetti di montaggio o a falsificazio -

ni della realtà per trovare una gruccia alle loro accuse, vuol dire chenon hanno argomentazioni più solide.

Troppe foto in troppo poco tempo

IN BREVE: Le oltre 120 fotografie scattate con una sola fotocamera du-rante la breve escursione lunare dell'Apollo 11 non sono troppe: quasi la

metà fu realizzata dagli astronauti a turno, a gruppi di 8-12 scatti in rapi -da successione, senza cambiare punto di ripresa ma semplicemente ruo-

55 www.clavius.org/bibaulis2003.html .

Figura 140. Nel documentario presentato dalla Rai, la dissolvenza fa sembrare che

la foto incriminata sia presente nel libro di Collins, ma le pagine mostrate sonoquelle del libro di René.

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Presunte anomalie fotografiche – 131

tando su loro stessi, per formare delle panoramiche. Con questo sistemasi arriva in fretta al centinaio di scatti. Lo stesso vale per le altre missioni.

IN DETTAGLIO: Le foto scattate sulla Luna sono troppe rispetto altempo disponibile agli astronauti: non avrebbero avuto tempo di far-ne così tante, quindi alcune sono sicuramente false. Questa è la teoriasostenuta, per esempio, da Jack White.56

White afferma che il tempo totale trascorso sulla Luna dalle varie mis-sioni ammonta a 4834 minuti e che furono scattate in totale 5771 fo -

tografie. Questo equivale a una media di 1,19 foto per ogni minuto di

escursione lunare, ossia una foto ogni 50 secondi, a prescindere datutte le altre attività che gli astronauti dovevano svolgere. Nel casodell'Apollo 11, addirittura, fu effettuato uno scatto ogni 15 secondi: 121fotografie, dice White, in 151 minuti.

Esaminiamo quest'ultimo caso, il più clamoroso. I dati sono quasiesatti: il caricatore di pellicola usato durante la passeggiata lunaredell'Apollo 11 contiene 122 scatti, non 121 come dice White, fatti all'e -

sterno del modulo lunare (catalogati con i codici da AS11-40-5850 ad

AS11-40-5970 più AS11-40-5882A), e l'escursione di Aldrin e Arm-strong durò due ore e 31 minuti, secondo l'  Apollo Definitive Source-book .

Ma un conto elementare rivela che 122 foto in 151 minuti non sono“una foto ogni 15 secondi” , ma meno di una foto al minuto. Come faWhite ad arrivare a 15 secondi? Facile: introduce un valore “arbitrario” (lo chiama lui così) di due ore, da sottrarre a causa delle altre attivitàdegli astronauti durante l'escursione:

Let's arbitrarily calculate a MINIMUM time for these tasksand subtract from available photo time.

Perché proprio due ore, e non due e un quarto, o una e mezza? Whitenon fornisce alcuna ragione per la sua scelta di questo dato. È moltofacile ottenere risultati impossibili se si alterano i dati a proprio favoreintroducendo valori arbitrari.

Inoltre White evita di specificare che gli astronauti fecero molti scatti

doppi e multipli: due o più foto fatte nello stesso punto, senza perde-re tempo a riposizionarsi e riprendere la mira, componendo delle pa-

56 www.aulis.com/skeleton.htm .

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132 – Luna? Sì, ci siamo andati!

noramiche. Quando si crea una panoramica si può realizzare facil-mente una decina di scatti in pochi secondi (provateci con la vostrafotocamera), e questo altera non poco il calcolo del tempo medio. Ve-diamo alcuni esempi.

Le foto da AS11-40-5881 ad AS11-40-5891 (11 scatti, quasi il 10% di tut-te le foto della passeggiata) furono riprese da Buzz Aldrin per formarela panoramica di Figura 141.

Le fotografie da AS11-40-5905 ad AS11-40-5916 (12 scatti, il 10% del to-

tale) compongono un'altra panoramica scattata sempre da Aldrin emostrata in Figura 142.

Gli scatti da AS11-40-5930 ad AS11-40-5941 (dodici foto) furono fattida Neil Armstrong per formare la panoramica mostrata in Figura 143.

Figura 141. Panoramica assemblata da Dave Byrne per l' Apollo Lunar SurfaceJournal con le foto AS11-40-5881/5891.

Figura 142. Panoramica assemblata da Brian McInall per l' Apollo Lunar SurfaceJournal con le foto AS11-40-5905/5916.

Figura 143. Panoramica assemblata da Brian McInall per l' Apollo Lunar Surface

Journal con le foto AS11-40-5930/5941.

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Presunte anomalie fotografiche – 133

Il documento NASA   Apollo 11 Preliminary Science Report  contienecome Figura 3.15 la mappa mostrata qui sotto, che indica il luogo e ladirezione di ognuno degli scatti lunari della missione Apollo 11 (Figu-

ra 144). Come si vede, il numero di scatti realizzati in rapida sequenzadalla medesima posizione è davvero notevole.

Figura 144. Mappa delle posizioni e direzioni di ciascuna fotografia scattata sullaLuna dalla missione Apollo 11.

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134 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Oltre alle panoramiche mostrate fin qui, dalla Figura 144 si nota cheanche le foto dalla 5850 alla 5858 (9 scatti) formano una panoramicae che lo stesso vale per le foto dalla 5954 alla 5961 (8 scatti).

In totale, quindi, nella missione Apollo 11 ben 52 foto su 121 fannoparte di panoramiche nelle quali le immagini furono scattate in rapi-da sequenza, senza spostarsi e senza rimettere a fuoco fra uno scattoe il successivo.

Lo stesso principio vale anche per le missioni successive, nelle qualigli astronauti non solo scattarono numerose sequenze panoramiche

(la Figura 145 ne mostra una tratta dall'Apollo 16), ma realizzarono an-che molte foto in coppie, per produrre immagini stereoscopiche. Unafoto stereoscopica è composta da due scatti eseguiti simultaneamen-te o a brevissima distanza di tempo da due punti di vista leggermen-

te differenti.

Conoscendo i fatti, non c'è da stupirsi, quindi, che gli astronauti neabbiano scattate così tante; c'è invece da stupirsi che Jack White, cheafferma di essere profondo studioso della materia, non abbia consi-derato questo fatto ampiamente documentato ed evidente dalle fotostesse.

Manca l'ombra dell'astronauta

IN BREVE: In una fotografia di un astronauta che saluta la bandiera sul -la Luna, l'astronauta non proietta alcuna ombra sul terreno. È segno di un fotomontaggio? No, semplicemente l'astronauta stava saltando nell'i -stante in cui fu scattata la fotografia e quindi la sua ombra è spostata di 

lato anziché attaccata ai suoi piedi.

Figura 145. Panoramica assemblata con le foto AS16-113-18313/18330 da LennieWaugh per l' Apollo Lunar Surface Journal.

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Presunte anomalie fotografiche – 135

IN DETTAGLIO: Chi presentaquesta presunta prova di foto-montaggio (Figura 146) spessonon indica il riferimento di cata-logo della NASA che permette-rebbe di identificare la foto echiarire subito il mistero.

Conoscendo bene le immaginidelle escursioni lunari, tuttavia, siriesce a scoprire che la foto è laAS16-113-18339, scattata durantela missione Apollo 16. Il coman-

dante John Young si fece foto-

grafare dal collega Charlie Dukementre effettuava un salto du-

rante il saluto alla bandiera. Di conseguenza, i piedi di Young non toc-cano il suolo e quindi la sua ombra non si trova direttamente sotto dilui, ma è spostata verso destra e in basso. Infatti se si osserva la foto -

grafia originale, anziché la versione spesso tagliata ad arte, si nota chel'astronauta proietta eccome un'ombra (Figura 147).

Figura 146. Il presunto fotomontaggiodell'astronauta che saluta la bandiera.

Figura 147. Dettaglio della foto AS16-113-18339. L'ombradell'astronauta è spostata verso destra.

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136 – Luna? Sì, ci siamo andati!

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Presunte anomalie in video e filmati – 137

Presunte anomaliein video e filmati

I sostenitori delle tesi di messinscena lunare credono di aver trovatoprove delle proprie argomentazioni non solo nelle fotografie, comeabbiamo visto nel capitolo precedente, ma anche in presunte anoma-lie delle riprese televisive trasmesse in diretta dallo spazio e dallaLuna e nelle riprese cinematografiche delle missioni spaziali.

Per capire perché queste anomalie sono solo presunte occorre cono-

scere un po' di tecnologia della trasmissione televisiva e della cine-

matografia degli anni Sessanta.

Premessa: la tecnologia video e cinematograficaDurante le missioni Apollo furono realizzate sia riprese video, usandotelecamere che trasmettevano le proprie immagini verso la Terra,dove venivano ritrasmesse e registrate su nastro magnetico, sia ripre-

se cinematografiche, usando cineprese che “registravano” a bordo le

immagini su pellicola in formato 16 mm.Oggi si tende a usare termini come “filmato” o “video” per indicare in-

differentemente i due tipi di ripresa, ma negli anni Sessanta non eracosì: c'era una differenza enorme fra televisione e pellicola, e la secon-

da aveva di gran lunga la meglio sulla prima in termini di qualità emobilità.

La tecnologia televisiva, infatti, non aveva ancora beneficiato granchédella miniaturizzazione dell'elettronica, per cui le telecamere a colori

da studio alla fine degli anni Sessanta erano ingombrantissimi e inef -ficienti mostri da oltre 160 chili, come quelle mostrate in Figura 148.

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138 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Le prime telecamere a colori“portatili”, come la Ikegami HL-33,comparvero soltanto negli anniSettanta. Le cose andavano unpo' meglio per quelle in bianco enero, ma si trattava comunque dioggetti massicci e pesanti, inuti-lizzabili in luce fioca, che dipen-

devano da un'alimentazioneelettrica di rete e da apparecchi

di registrazione e di regia ancorapiù ingombranti. Oltretutto forni-vano immagini piuttosto scaden-ti: niente di paragonabile a quelle che ci offrono oggi le minuscole vi-deocamere in alta definizione che portiamo con noi in vacanza.

Le cineprese, invece, erano già una tecnologia matura: erano compat-te, leggere, robuste e completamente autonome grazie al loro funzio-

namento meccanico o a batterie. Le cineprese amatoriali erano poco

più ingombranti di una fotocamera. Una Arriflex professionale perpellicola da 16 mm pesava circa sei chili e non occorreva altro, a parteun eventuale registratore per l'audio e una buona scorta di pellicola,per ottenere nel luogo più sperduto immagini a colori la cui qualitàera largamente superiore a quella televisiva dell'epoca. La cinepresaprofessionale era l'alta definizione portatile degli anni Sessanta.

Si usavano le cineprese praticamente per tutti i servizi di attualità, peri reportage di guerra e anche per documentare in dettaglio esperi-

menti scientifici, lanci di missili e collaudi di velivoli, grazie anche alrallentatore, difficilissimo da ottenere con le telecamere dell'epoca.

Gli inconvenienti di fondo delle cineprese erano ovviamente l'autono-

mia, limitata dalla quantità di pellicola disponibile, e l'impossibilitàdella trasmissione in diretta, perché la pellicola andava sviluppatausando un processo chimico. Ma se la diretta non serviva e una diffe-rita era accettabile, negli anni Sessanta la pellicola era regina. È im-

portante tenerlo presente per capire le scelte tecniche fatte dallaNASA per documentare le missioni Apollo.

Figura 148. Telecamere a colori RCA TK-

43 negli anni Sessanta. Fonte:Oldradio.com.

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Presunte anomalie in video e filmati – 139

Le cineprese Apollo

Le missioni lunari furono equi-paggiate con cineprese, denomi-nate Data Acquisition Cameras(DAC), che usavano cartucce dipellicola in formato 16 millimetria colori (Figura 149). Erano estre-mamente compatte e leggere:compresa la cartuccia laterale,misuravano circa 22 per 12 centi-metri, con uno spessore di seicentimetri e mezzo, e pesavano1300 grammi.

Una di queste cineprese eramontata nel modulo lunare inmodo da riprendere verso il basso attraverso il finestrino destro delveicolo (come si può vedere nella foto AS11-36-5389 di Figura 150). Ègrazie a questa tecnologia semplice ma efficace che abbiamo le im -

magini a colori della discesa del modulo lunare verso la Luna e quelledi Neil Armstrong mentre effettua il primo passo sul suolo lunare epronuncia la sua celeberrima frase.

Gran parte della prima escursio-

ne lunare (86 minuti su 131) fuimmortalata a colori con questosistema, inizialmente a cadenzanormale e poi al ritmo di un fo-

togramma al secondo per rispar-miare pellicola.

Ciascuna cartuccia ne contenevainfatti solo 39,6 metri, che sareb-

bero stati sufficienti per ripren-

dere poco più di tre minuti emezzo a cadenza normale (24 fo-

togrammi al secondo): riducendo

la cadenza si aumentava la dura-ta, al prezzo di ottenere immagi-ni dai movimenti meno fluidi e

Figura 149. La cinepresa Maurer 16mmusata a bordo del modulo di comando

dell'Apollo 11. Fonte: SmithsonianNational Air and Space Museum.

Figura 150. La cinepresa Maurer in

 posizione prima dello sbarco sulla Luna.Dettaglio della foto AS11-36-5389.

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140 – Luna? Sì, ci siamo andati!

più a scatti. Alcuni esempi delle immagini di questa cinepresa sonovisibili nelle Figure 34, 83 e 136.

Nelle missioni successive la cine-presa fu portata sul suolo lunare:l'Apollo 12 e 14 la collocarono sulporta-attrezzi mobile, mentre lemissioni 15, 16 e 17 la montaronosulla jeep lunare (Figura 151, chepermette di notare le dimensionidavvero ridotte della cinepresa).

 Tutte le riprese effettuate in que-sto modo sono oggi disponibili atutti in media risoluzione via In-

ternet e in alta risoluzione suiDVD e Blu-ray pubblicati dallecase di produzione specializzatecome la Spacecraft Films.

Le telecamere Apollo

 Trasmettere immagini televisive dallo spazio e dalla Luna comportavadue sfide tecnologiche mai affrontate prima. Una era realizzare unatelecamera che funzionasse nel vuoto e con sbalzi termici fortissimifra luce e ombra, sopportasse le violente vibrazioni del decollo eavesse dimensioni e pesi talmente ridotti, rispetto ai colossi dell'epo-

ca, da permettere a un astronauta di trasportarla e maneggiarla neglispazi ristretti dei veicoli spaziali e sul suolo lunare. L'altra era trovare ilmodo di trasmettere fino a Terra un segnale televisivo in diretta daquasi 400.000 chilometri di distanza, usando soltanto l'energia elettri-ca disponibile a bordo del veicolo Apollo e un impianto di trasmissio -

ne radio concepito per scopi di tutt'altro genere.

La NASA scelse di installare a bordo due telecamere differenti: unaper il modulo di comando, da usare per le riprese interne, e una per le

riprese esterne sulla superficie della Luna. Entrambe furono fabbrica-te su misura dalla Westinghouse a partire dalla missione Apollo 9.Quella per interni fu a colori dall'Apollo 10 in poi.

Figura 151. A sinistra in alto, la cinepresamontata sul Rover, accanto a CharlieDuke, durante l'addestramento per 

l'Apollo 16.

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Presunte anomalie in video e filmati – 141

La telecamera per le riprese lunari dell'Apollo 11 (a destra in Figura152) consumava solo 6,5 watt, misurava 28 x 15 x 7,6 centimetri e pe-sava 3,3 chilogrammi. Per ottenere questo risultato di miniaturizzazio-

ne e di leggerezza fu necessario utilizzare 43 circuiti integrati (unararità per l'epoca) e un componente speciale, un tubo SEC (secondary electron conduction), che all'epoca era sotto segreto militare.

Fu necessario sacrificare il colore:le immagini del primo sbarco fu-

rono così in bianco e nero.

Le missioni successive furono do-tate di una telecamera lunare acolori, che come quella per inter-ni usava un metodo particolareper produrre immagini a colori:un disco con filtri rossi, verdi eblu (color wheel ) che girava da-vanti al sensore, generando ternedi immagini filtrate che venivanoricomposte dagli impianti di rice-zione sulla Terra per ottenere icolori originali. Questo sistemaera estremamente compatto e affidabile, ma aveva il difetto di crearescie multicolori intorno agli oggetti in rapido movimento.

Risolta la miniaturizzazione, restava l'invio del segnale dalla Luna alla Terra. Le limitazioni degli impianti di trasmissione di bordo consenti-vano una larghezza di banda di soli 700 kHz, mentre una trasmissione

televisiva normale ne richiedeva 6000. Fu quindi necessario rinunciareal formato TV standard (NTSC) e adottarne uno speciale con una riso-

luzione inferiore. Per l'Apollo 11 questo formato aveva 320 linee pro-

gressive e 10 fotogrammi al secondo, contro le 525 linee interlacciatee i 30 fotogrammi al secondo della normale trasmissione televisiva(c'era anche una modalità “ad alta definizione”, 1280 linee e 1 foto-

gramma ogni secondo e mezzo: fu realizzata ma non fu mai usata).

Questo impose la necessità di usare degli apparati per convertire il

segnale ricevuto sulla Terra e adattarlo allo standard televisivo nor-male. Mancando la tecnologia digitale per le elaborazioni delle imma-gini in tempo reale, fu usato un sistema abbastanza drastico: una

Figura 152. Stan Lebar, capo del progettodelle telecamere Apollo della

Westinghouse, mostra la telecamera per 

interni (a sinistra) e quella lunaredell'Apollo 11 (a destra).

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142 – Luna? Sì, ci siamo andati!

telecamera standard riprese le immagini lunari mostrate su un moni-tor speciale ad alta persistenza. La perdita di qualità dovuta a questaconversione fu in parte compensata da alcuni dispositivi elettronici,ma comunque la differenza fra il segnale ricevuto dalla Luna e quelloconvertito rimase molto grande (Figure 153 e 154).

Figura 153. L'immagine convertita, trasmessa dalle reti televisivemondiali.

Figura 154. L'immagine originale ricevuta dalla Luna,fotografata dal monitor prima della conversione.

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Presunte anomalie in video e filmati – 143

Le escursioni delle missioni Apollo 12 e 14 usarono una telecamera acolori con una risoluzione inferiore, 262 linee, ma un maggior numerodi fotogrammi al secondo, ossia 60, che diventavano 20 finali per viadell'uso di terne di immagini filtrate per comporne una a colori.

Le missioni Apollo 15, 16 e 17 ebbero in dotazione una telecamera dif -ferente e più grande, la Ground Commanded Television Assembly (GCTA) della RCA, montata sull'auto elettrica Rover e comandata di-rettamente da Terra. Questa telecamera aveva un obiettivo zoom 6x,una risoluzione di circa 200 linee e generava 60 fotogrammi al secon-

do, ridotti a 20 effettivi dopo la conversione, come quella precedente.

Per le missioni Apollo 16 e 17 furono inoltre introdotti sistemi di ela-borazione delle immagini più sofisticati, che ridussero il rumore difondo e migliorarono notevolmente la qualità delle trasmissioni a co-

lori. L'elaborazione fu realizzata dalla società privata Image Transformdi North Hollywood, in California, alla quale le immagini ricevute dallaLuna venivano inviate per l'elaborazione istantanea prima di distri -buirle alle reti televisive mondiali per la diffusione in diretta. In uncerto senso, quindi, si può dire che alcune dirette lunari furono effet-tivamente realizzate a Hollywood.

Il segnale dell'Apollo 11 fu ricevu-

to dalle grandi antenne situate inCalifornia (Goldstone, 64 metri didiametro, Figura 155) e in Austra-lia (Parkes, 64 metri, e Honeysuc-kle Creek, 26 metri). Per lemissioni successive questi im-

pianti furono coadiuvati dall'an-tenna da 26 metri installata aFresnedillas, vicino a Madrid.

  Tutte le riprese televisive sonooggi disponibili via Internet e suDVD con le stesse modalità diquelle cinematografiche. Inoltrenel 2009 è stato effettuato il re-

stauro digitale della diretta tele-visiva dell'Apollo 11, che ha restituito alle immagini parte della loroqualità originale ed è anch'esso acquistabile su DVD.

Figura 155. L'antenna a Goldstone negli anni Sessanta.

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144 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Ora che sono stati descritti gli aspetti salienti delle tecnologie video ecinematografiche disponibili agli astronauti lunari negli anni Sessantaè possibile esaminare con maggiore cognizione di causa le varie pre-

sunte anomalie segnalate dai sostenitori delle tesi di messinscena.

La bandiera sventola nel vuoto

IN BREVE: No, non sventola: dondola. E lo fa soltanto quando gli astro-nauti la toccano o sfiorano. Il modo in cui dondola, inoltre, è diverso daquello normale e dimostra anzi che le riprese avvennero nel vuoto.

IN DETTAGLIO: Nelle riprese televisive si nota che talvolta la bandieraamericana oscilla come se fosse stata colpita da un refolo di vento.Quindi, dicono i lunacomplottisti, c'era aria e si trattava di un set, nondella Luna, dove non c'è atmosfera.

Ci si potrebbe chiedere perché mai il set della più importante messin-

scena della storia dovrebbe avere degli spifferi e perché mai i registi

sarebbero stati così stupidi da lasciare dei ciak sbagliati che tradisco-no il trucco, ma c'è un'altra considerazione più concreta.

Osservando i video, infatti, sinota che la bandiera “sventola”soltanto quando un astronauta lascuote, per esempio ruotandonel'asta per conficcarla nel terreno(Figura 156). Dopo che gli astro-

nauti l'hanno piantata e lasciataassestare, tutte le riprese di unastessa missione mostrano la ban-

diera spiegazzata esattamentenello stesso modo, come abbia-mo visto per esempio in Figura83 per l'Apollo 11.

Inoltre nelle riprese lunari si nota

che quando l'astronauta lascia andare l'asta della bandiera, il drappodondola per un po' e lo fa in modo innaturale, rigido, senza esseresmorzato subito e senza cambiare forma come avviene invece in at-mosfera, proprio perché nei video delle missioni Apollo la bandiera si

Figura 156. Oscillazione della bandieranelle riprese video mentre l'astronauta

ne conficca l'asta nel suolo.

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Presunte anomalie in video e filmati – 145

muove nel vuoto: quindi il dondolio anomalo della bandiera non èuna conferma della presunta messinscena, ma è invece una prova chele riprese furono effettuate in assenza d'atmosfera. Guardate bene ifilmati della bandiera lunare e confrontateli con il movimento di unabandiera in aria: noterete subito la differenza rivelatrice.

La popolare trasmissione statuni-tense Mythbusters si è occupatain dettaglio di questa tesi nel2008 e l'ha messa alla prova inmodo molto efficace: ha colloca-to una ricostruzione fedele dellabandiera lunare in una grandecamera a vuoto e ne ha ripreso ildondolio sia in presenza d'aria,sia dopo che l'aria era stata ri-mossa. La differenza è evidente:la bandiera, quando è nel vuoto,oscilla molto più a lungo e in

modo uguale a quello visibile neivideo lunari. In altre parole, il mo-vimento anomalo della bandiera, invece di essere una prova a favoredelle tesi di messinscena, è una conferma del fatto che le riprese delleescursioni lunari furono davvero effettuate nel vuoto.

C'è però un punto delle riprese video della missione Apollo 15 nelquale la bandiera oscilla senza essere stata toccata dall'astronautache le passa vicino. Si tratta presumibilmente di un effetto elettrosta-

tico, simile a quello che si ottiene sfregando contro un maglione dilana un bastoncino di plastica, che attira capelli o pezzetti di carta erespinge invece altri materiali.

L'astronauta, camminando sulla superficie della Luna (che ha una ca-rica elettrica propria di alcuni volt per via dell'effetto ionizzante deiraggi ultravioletti e delle particelle provenienti dal Sole), può aver ac-cumulato una carica elettrostatica che attira o respinge la bandiera. Ilvuoto quasi perfetto in prossimità della superficie lunare, essendo al-tamente dielettrico (sostanzialmente incapace di condurre correntielettriche), facilita questo tipo di accumulo. È un fenomeno che sulla Terra, in atmosfera, sarebbe difficilmente osservabile su un drappocosì grande, che verrebbe frenato dalla resistenza dell'aria.

Figura 157. Una bandiera viene fattaoscillare nel vuoto dalla trasmissione

Mythbusters (2008).

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146 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Primi passi ripresi da fuori: impossibile

IN BREVE: Non c'è alcun mistero nella ripresa televisiva dall'esterno del modulo lunare del primo astronauta a mettere piede sulla Luna, Neil 

 Armstrong: esiste semplicemente perché c'era una telecamera automati -ca installata all'esterno del veicolo.

IN DETTAGLIO: Consultando la documentazione tecnica delle missio-

ni Apollo si scopre che la telecamera lunare era collocata su una staf -fa (Figura 158) all'interno di un contenitore ribaltabile, chiamatoModular Equipment Storage Assembly  o MESA, situato su uno dei lati

della base ottagonale dello stadio di discesa del modulo lunare.Il primo astronauta a uscire dal modulo lunare azionava, mentre erain cima alla scaletta, un cavo che sganciava questo contenitore e neconsentiva l'apertura verso il basso per gravità, mettendo così auto-

maticamente in posizione la telecamera (Figura 159), che era già acce-sa e collegata agli impianti di trasmissione del modulo lunare.

L'obiettivo grandangolare dellatelecamera permetteva di inqua-drare, da un punto fisso calcolatoin anticipo, la scaletta e l'astro-

nauta durante la sua discesa ver-so il suolo, senza quindi averbisogno di operatori TV collocatiall'esterno.

La medesima telecamera venivapoi tolta dal suo alloggiamento emontata su un treppiede a unacerta distanza dal modulo lunare,al quale era collegata da un cavo,in modo da riprendere l'interaescursione sulla superficie dellaLuna, oppure fissata sui porta-at-trezzi o sull'auto elettrica lunare.

Nel caso dell'Apollo 12, tuttavia, la telecamera fu puntata per errore

verso il Sole poco dopo l'inizio della prima escursione e non potéquindi fornire immagini accettabili.

Figura 158. La telecamera lunaremontata sottosopra sulla sua staffa nel 

MESA.

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Presunte anomalie in video e filmati – 147

La telecamera era montata sottosopra nel proprio alloggiamento al-l'interno del MESA e quindi le immagini della discesa lungo la scalettavenivano trasmesse rovesciate. I tecnici sulla Terra provvedevano a ro-vesciare di nuovo l'immagine per restituirla con l'orientamento cor-

retto. All'inizio della diretta dell'Apollo 11 i tecnici si dimenticaronomomentaneamente quest'incombenza, per cui i primi istanti dellatrasmissione risultarono capovolti.

Figura 159. Il simulatore per l'addestramento degli astronauti mostra il contenitoreribaltabile MESA e il suo alloggiamento della telecamera (indicata dalla freccia), in

 posizione per riprendere la discesa dalla scaletta.

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148 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Decollo dalla Luna ripreso da fuori: impossibile

IN BREVE:  Non è impossibile: semplicemente, il video della ripartenzadel modulo lunare dalla Luna fu ripreso automaticamente dalla teleca-mera comandata da Terra.

IN DETTAGLIO: Alcuni lunacom-

plottisti e semplici dubbiosi sichiedono chi mai sarebbe rima-sto sulla Luna per riprendere ildecollo del modulo lunare.

La risposta è semplice: la teleca-mera era montata sul Rover (l'au-to lunare), parcheggiata a circa90 metri dal veicolo spaziale, ver-so est, proprio per questo moti-vo, ed era radiocomandata da unoperatore sulla Terra. Infatti la te-lecamera era appunto denomi-

nata Ground Controlled Television Assembly, ossia “apparato televisivocontrollato da terra” .

Ci sono in realtà tre riprese deldecollo, effettuate rispettivamen-

te durante le missioni Apollo 15,16 e 17. La documentazioneNASA nota che fu calcolato unanticipo di circa due secondi nel-

l'invio dei comandi per far alzaree zoomare la telecamera inmodo da seguire il modulo luna-re che si arrampicava in cielo.

Il segnale, infatti, impiegava circadue secondi per viaggiare dalcentro di controllo di Houston fino ai trasmettitori dislocati in varipunti del mondo e poi coprire la distanza Terra-Luna alla velocità del-

la luce. Nella ripresa dell'Apollo 15 la telecamera rimase immobile; inquella dell'Apollo 16 tentò di seguire la salita del modulo lunare manon vi riuscì. La ripresa dell'Apollo 17 riuscì invece perfettamente.

Figura 160. Decollo dalla Luna dellostadio di risalita del modulo lunare

dell'Apollo 17.

Figura 161. Animazione della ripresa del decollo del modulo lunare, tratta dal documentario Live from the Moon

(Spacecraft Films).

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Presunte anomalie in video e filmati – 149

La telecamera trasmise le immagini direttamente verso la Terra me-

diante l'antenna parabolica montata sulla jeep lunare, come avevafatto per tutta la durata delle escursioni degli astronauti. L'intero ap-

parato era alimentato autonomamente da batterie, per cui continuò atrasmettere anche dopo la partenza degli astronauti, inviando a lun-

go immagini del paesaggio lunare, di nuovo immobile e privo di vitadopo la breve visita dell'uomo.

Gli astronauti si rialzano aiutati da caviIN BREVE: È vero che nei video si vede che gli astronauti, quando cado-no, si rialzano con incredibile facilità, come se fossero sollevati da cavi in-visibili. Ma lo fanno perché sulla Luna pesano in tutto meno di 30 chili. Il movimento sembra strano perché non ci si rende conto che lo zaino spo-sta il baricentro indietro e in alto.

IN DETTAGLIO: Gli astronauti, sulla Luna, pesavano un sesto del nor-male. Zaino e tuta pesavano circa 81 chili in tutto sulla Terra, per cui

sulla Luna pesavano 13,5 chili, e anche l'astronauta aveva un peso for-temente ridotto: un uomo di 80 chili sulla Luna è un fuscello da 13chili.

  Tutto compreso, insomma, unastronauta pesava una trentinadi chili. Non c'era quindi motivodi far fatica a rialzarsi.

La manovra sembra insolita per-ché oltre alla gravità ridotta c'è ilfatto che l'astronauta porta unozaino piuttosto pesante in pro-

porzione al proprio peso corpo-

reo (sulla Terra, lo zaino PLSSpesa 26 chili; sulla Luna ne pesa4,3), per cui il suo baricentro èspostato. Per questo gli astronauti camminano pendendo in avanti,

come chi porta un carico di legna in montagna.Ipotizzare l'uso di cavi, inoltre, è ridicolo perché ci sono riprese conti-nuative che durano decine di minuti, durante i quali gli astronauti

Figura 162. Un astronauta si rialzaspingendosi con le braccia dopo una

caduta in avanti.

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150 – Luna? Sì, ci siamo andati!

cambiano direzione e posizione ripetutamente. Come avrebbero fattoa non ingarbugliarsi questi ipotetici cavi?

Inoltre nella tesi dei cavi c'è il problema che molte delle inquadraturesono ampie, per cui gli ipotetici cavi avrebbero dovuto avere lun-

ghezze enormi per non far vedere l'argano che li reggeva.

Si vede il bagliore dei cavi che reggono gli astronauti

IN BREVE: Sì, ogni tanto si vedono nei video dei bagliori allungati soprale teste degli astronauti. Ma non si tratta dei fili che li reggono e che di -ventano momentaneamente visibili riflettendo la luce. In realtà è sempli -cemente il riflesso dell'antenna montata sopra lo zaino oppure un difettocreato dalla compressione e conversione ripetuta dei video.

IN DETTAGLIO: Il bagliore momenta-neo che compare sopra le teste degliastronauti in alcune riprese non è un

riflesso di ipotetici cavi per simularela gravità ridotta: di solito è un rifles-so dell'antenna radio montata sullozaino degli astronauti. Essendo piattae lucida, tende a non essere visibilequando è di taglio e poi ricompare,riflettendo la luce, quando l'astro-nauta si gira (Figura 163).

Il bagliore è spesso colorato di blu,rosso o verde perché questi erano icolori primari dei filtri rotanti delletelecamere a colori usate sulla Luna.Questi filtri si avvicendavano moltorapidamente, creando immagini mo-

nocromatiche che venivano ricom-

poste a Terra per riottenere il colore.Questo sistema aveva quindi il difet-

to che se un oggetto compariva soloper un istante veniva colto da unosolo dei filtri e ne assumeva il colore.

Figura 163. Un bagliore coloratosopra la testa di un astronauta.

Figura 164. Il filtro rotante coloratodella telecamera lunare.

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Presunte anomalie in video e filmati – 151

In altre occasioni si tratta di artefatti di compressione, ossia errori e fal-si dettagli causati dalla conversione ripetuta dei video da un formatoall'altro, per esempio per la pubblicazione su Youtube: è un effettoche si nota in qualunque video copiato e convertito ripetutamente. Ivideo originali delle missioni lunari, ai quali bisogna sempre fare rife-

rimento per qualunque analisi invece di basarsi su copie sgranate e ri -convertite chissà quante volte, non presentano questi fenomeni.

I salti degli astronauti sono troppo miseriIN BREVE: Non sono miseri rispetto alla gravità ridotta: semplicementegli astronauti erano bardati in una tuta che raddoppiava la loro massaed era ben poco flessibile, per cui non potevano darsi molto slancio. Inol -tre sulla Luna si riduce il peso , ma non la massa, e non c'era motivo di ri -schiare incidenti mortali con salti esagerati.

IN DETTAGLIO: Uno dei balzi più ce-lebri e citati è quello di John Young

durante il saluto alla bandiera, nellamissione Apollo 16 (Figura 165). I so-

stenitori della messinscena ritengo-

no che il salto sia stranamentemodesto. Eppure sulla Luna gli astro-

nauti dovrebbero poter compieresalti enormi, visto che pesano un se-sto del normale. I cavi non riuscivanoa tirarli su abbastanza in fretta?

La spiegazione sta in un insieme diragioni. Primo, l'astronauta indossa una tuta e uno zaino che sulla Ter-ra pesano complessivamente 80 chili, ossia quanto l'astronauta stesso.È vero che sulla Luna pesano un sesto, ossia circa 13 chili, ma sono co-

munque 13 chili di zavorra che riducono la possibilità di salto.

Secondo, nello spazio e sulla Luna si riduce il  peso, ma non la massa(un concetto che ci viene ricordato quando tentiamo di far cambiare

direzione a un carrello della spesa pieno di acquisti). Quindi l'astro-nauta che salta deve vincere l'inerzia di tutti e 80 i chili della tuta edello zaino, oltre a quella del proprio corpo, proprio come sulla Terra.

Figura 165. John Young salta mentresaluta la bandiera e Charlie Duke lo

fotografa.

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152 – Luna? Sì, ci siamo andati!

 Terzo, si tratta di un salto eseguito dafermi, senza rincorsa (Figura 166),cosa che limita l'altezza raggiungibi-le anche sulla Terra.

Quarto, la tuta è molto rigida e impe-disce di muovere rapidamente gam-

be e braccia per darsi slancio.

Quinto, l'astronauta è sulla Luna, cir-condato dal vuoto. Rischia di morire

soffocato se cade e si rompe il cascoo si danneggia lo zaino contenentel'ossigeno e i sistemi di controllo della temperatura oppure si strappala tuta. In queste condizioni, magari è meglio non fare tentativi di sal-to troppo esagerati.

Infatti l'errore dei lunacomplottisti è di considerare il salto di Youngcome il massimo possibile, quando in realtà era semplicemente il mi-nimo indispensabile per scattare una foto insolita dell'astronauta che

saluta la bandiera mentre è apparentemente sospeso a mezz'aria. Inaltri casi i salti furono molto più significativi.

Per esempio, nei resoconti della missione Apollo 11 l'astronauta NeilArmstrong riferì di aver effettuato un salto che gli permise di raggiun-

gere il terzo piolo della scaletta del modulo lunare, che stimò trovarsia 150-180 centimetri dal suolo.57 Questo balzo è visibile nelle registra-zioni della diretta televisiva della sua missione.

Ma ad Armstrong non parve opportuno fare troppi esperimenti in talsenso: notò infatti che c'era “una tendenza a rovesciarsi all'indietro du-rante i salti alti. Una volta quasi caddi, e decisi che ne avevo avuto abba-stanza” .58 Una caduta all'indietro avrebbe infatti comportato il rischiodi causare avarie allo zaino sulla schiena dell'astronauta, con il risulta-to di dover interrompere l'escursione prima del previsto.

57  Apollo 11 Technical Crew Debriefing, 31 luglio 1969, in The NASA MissionReports - Apollo 11, Volume 2, pagina 89.

58 ibid ., pagina 76.

Figura 166. John Young un istante

 prima del salto senza rincorsa.

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Presunte anomalie in video e filmati – 153

Il ciak sbagliato dello sbarco sulla Luna

IN BREVE: C'è un video in cui si vede Neil Armstrong che scende la sca-letta, pronuncia la sua famosa frase, ma sullo sfondo cade un traliccioche reggeva dei riflettori fuori dall'inquadratura e il regista grida “Stop!”.Non è la prova che i video furono falsificati e non è una delle riprese sba -gliate, trapelata per errore: si tratta semplicemente di un video pubblici -tario girato nel 2002.

IN DETTAGLIO: Il video, ricono-scibile dalla scritta sovrimpressa

Moontruth.com, è in realtà unaburla girata nel 2002 dall'agenziapubblicitaria londinese The ViralFactory per farsi conoscere.

Il sito Moontruth.com oggi è unguscio vuoto, ma nel 2002 eragestito da quest'agenzia, comerisulta dai dati d'intestazione

(whois) raccolti all'epoca, e con-teneva una pagina scritta inmodo da far credere che il video fosse un “ciak” sbagliato delle ripresedell'Apollo 11. C'era però anche una pagina nascosta che spiegava laburla. Eccone una traduzione:

 Abbiamo girato usando una telecamera a tubo Ikegami originale degli anni Sessanta, presso i Mount Pleasant Studios, a Londra. La persona nella tuta spaziale è un at -

tore. Il resto del “cast” è praticamente la troupe , che ha pensato che si trattasse di un'idea molto divertente e nevoleva fare parte.

Il veicolo di allunaggio e il “paesaggio lunare” erano unset costruito dal nostro art director, Richard Selway. Lascaletta lungo la quale scende “Neil” è stata realizzata inbase ai disegni tecnici originali scaricati da Internet. Il re-sto del set è stato costruito in modo da rispecchiare l'ori -

ginale il più fedelmente possibile.La superficie lunare era polvere di cemento. Era disgusto-sa. Anche tenendo al massimo la ventilazione dello stu-

Figura 167. Un fotogramma dal video

 pubblicitario Moontruth.

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154 – Luna? Sì, ci siamo andati!

dio, si intrufolava dappertutto, e a un certo punto nefluttuava così tanta che le luci producevano una quanti -tà di riflessi indesiderati.

Il filmato è stato elaborato durante la post-produzione per dare a “Neil” la sua leggerezza e l'effetto cometa del -l'originale. Abbiamo riregistrato ed elaborato l'audio per ricreare l'effetto del suono che arriva dalla luna.

Pensiamo sia piuttosto convincente, e una cosa è certa: ècostato molto meno che andare davvero sulla Luna.

Queste spiegazioni sono oggi archiviate presso Archive.org e docu-

mentate in dettaglio nel sito Complottilunari.info.59

La vedova di Kubrick e altri hanno confessato

IN BREVE: Ci sono dei video in cui l'astronauta Aldrin, l'ex segretario di stato americano Kissinger, il segretario alla difesa Donald Rumsfeld, lavedova del celebre regista Stanley Kubrick e altri confessano che gli sbar -chi furono una messinscena. Ma le “confessioni” sono in realtà tratte daun documentario-parodia francese, Opération Lune ( Dark Side of theMoon, Operazione Luna )60 , di William Karel, trasmesso dalla rete televisi -va Arte nel 2002.

IN DETTAGLIO: Lo scopo del docu-

mentario è ricordare allo spettatoreche la televisione va sempre guarda-ta con occhio critico, senza fermarsialla superficialità delle immagini tol-te dal contesto e senza fidarsi del-l'apparente autorevolezza attribuitaai personaggi celebri.

Infatti se lo si guarda tutto e con at-tenzione ci si accorge delle assurditàdette dai protagonisti e si nota che

59 tinyurl.com/moontruth-burla.

60 http://www.imdb.com/title/tt0344160/ .

Figura 168. I titoli di testa del documentario Operazione Luna.

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Presunte anomalie in video e filmati – 155

alcuni dei nomi citati sono presi di peso dal mondo della finzione ci-nematografica e specificamente dai film di Kubrick, come Jack Torran-

ce (da Shining) e David Bowman (da 2001 Odissea nello spazio).

Altri nomi provengono da altri classici del cinema, come nel caso diEve Kendall e George Kaplan, che sono nomi tratti da Intrigo interna-

 zionale di Hitchcock; di Marla Vargas che è il nome di Ava Gardner inLa contessa scalza di Mankiewicz; di Ambrose Chapel, che è il nomeintorno al quale ruota la vicenda de L'uomo che sapeva troppo di Hit-chcock; e di W.A. Koenigsberg, che è un'allusione a Woody Allen, lecui iniziali sono W.A. e il cui vero nome è Allen Stuart Koenigsberg.

Inoltre sui titoli di coda ci sono i “fuori scena” dei vari intervistati, chesi chiedono se sono stati credibili nel recitare le battute.

Vari spezzoni del documentario circolano su Youtube, tolti dal propriocontesto, e vengono spesso presi per veri dai lunacomplottisti che sifermano alla visione superficiale e non fanno alcun controllo di veri -dicità: in altre parole, dimostrano in pieno la tesi del documentario-parodia.

La NASA ha “smarrito” i nastri della diretta TV

IN BREVE: No: la NASA nel 2009 ha ammesso di aver perso le registrazio-ni dirette del primo sbarco sulla Luna, quelle di migliore qualità, ma nonha smarrito le registrazioni di qualità normale (quelle trasmesse in TV al -l'epoca). La versione di migliore qualità era registrata in un formato vi -

deo speciale su costosi nastri di telemetria, che furono cancellati qualcheanno dopo per riciclarli, perché si pensava che non servissero e le imma -gini non fossero convertibili in modo migliore di quanto già fatto. I nastri 

 perduti non contengono riprese inedite o differenti da quelle che già co-nosciamo.

IN DETTAGLIO: Come descritto nella premessa tecnica di questo ca-pitolo, per ottenere la diretta sgranata del primo sbarco sulla Luna fu-

rono necessarie acrobazie tecnologiche stravaganti, in un'epoca in cui

la TV era tutta analogica, senza elaborazioni computerizzate. Si dovet-

te usare una telecamera in formato non standard e poi convertirne ilsegnale per la trasmissione mondiale.

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156 – Luna? Sì, ci siamo andati!

La NASA registrò questo segnaleconvertito su bobine di nastro vi-deo normali della miglior qualitàdisponibile allora, e questi nastrici sono ancora (Figura 169).

Il segnale diretto dalla Luna, in-

vece, non era registrabile usandoapparecchi standard, per cui laNASA lo registrò su una traccia dei nastri di telemetria della missione.Ma così facendo, i nastri contenenti le immagini televisive di massimaqualità furono etichettati come normale telemetria e archiviati insie-

me a tutti gli altri. Alcuni anni dopo la fine del progetto Apollo, la te-lemetria archiviata fu dichiarata non più utile e le sue costose bobinedi nastro furono mandate alla cancellazione per essere riutilizzate.

Infatti la prassi della NASA, come tanti enti grandi e piccoli, era di can-

cellare e riusare le bobine di nastro magnetico delle telemetrie dopoche erano passati alcuni anni e il progetto che le aveva generate eraterminato. Alla fine del progetto Apollo, la telemetria fu quindi man-

data al riciclo, e con essa furono cancellate le immagini migliori delladiretta.

Sono questi i nastri lunari perduti: non contenevano immagini diffe -

renti o aggiuntive rispetto a quelle disponibili nelle videoregistrazioniche tutti conosciamo, ma ci avrebbero offerto immagini decisamentemigliori, in termini di dettaglio e nitidezza, di quel momento irripeti -bile (Figura 170).

Figura 169. Una delle bobine videooriginali della missione Apollo 11. Credit:

DC Video.

Figura 170. A sinistra, la diretta TV come fu trasmessa; a destra, l'originale primadella conversione, in un'immagine ottenuta fotografando il monitor del ricevitore.

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Presunte anomalie in video e filmati – 157

Va detto che all'epoca era tecnicamente impensabile poter estrarreda quei nastri una versione migliore di quella già convertita e oggi di-sponibile (l'elaborazione digitale delle immagini era ancora agli albo-

ri), ed è per questo che non fu data loro molta importanza. Inoltrealcuni spezzoni delle immagini originali sono disponibili grazie alle ri-prese amatoriali su pellicola effettuate all'epoca da uno dei tecnici, Edvon Renouard, ed è possibile che riemergano copie non ufficiali diquelle storiche trasmissioni.

È pubblicamente disponibile il rapporto della NASA sulla ricerca deinastri contenenti la registrazione video diretta (non convertita) dell'e-scursione lunare dell'Apollo 11.61 Per fare ammenda, la NASA ha incari-cato la società di restauro cinematografico Lowry Digital di ripulire ericomporre le videoregistrazioni migliori recuperate dagli archivi. Marimane il rammarico per l'occasione perduta.

Gli astronauti fingono di riprendere la Terra

da lontanoIN BREVE: No, sono realmente lontani dalla Terra. Se facessero finta di esserlo, inquadrando la Terra attraverso un finestrino circolare che fungada mascherino come asseriscono i lunacomplottisti, le nubi cambiereb-bero in continuazione; invece restano invariate.

IN DETTAGLIO: Nel suo video  AFunny Thing Happened on theWay to the Moon, il lunacomplot-tista Bart Sibrel presenta un vi-deo che a suo dire sarebbesegreto e inedito e mostrerebbegli astronauti dell'Apollo 11 men-

tre simulano una ripresa conce-pita per far sembrare che sianolontani dalla Terra, visibile comeuna sfera sospesa nel cielo (Figu-

ra 171).

61 tinyurl.com/nastriperduti1; tinyurl.com/nastriperduti2.

Figura 171. Un fotogramma del video che

secondo Sibrel dimostra unafalsificazione.

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158 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Secondo Sibrel, nel video gli astronauti sono invece ancora in orbitabassa intorno alla Terra, al di sotto delle fasce di Van Allen, e hannooscurato completamente la cabina del modulo di comando e colloca-to la telecamera in modo che inquadri da lontano un finestrino circo-

lare del modulo di comando. In questo modo, dice Sibrel, il finestrinomostra soltanto una porzione circolare della Terra vicina, che cosìavrebbe dato l'impressione di essere una sfera: le pareti oscurate dellacabina avrebbero simulato l'oscurità dello spazio.

In realtà il video non è affatto segreto e inedito: si tratta di una seriedi trasmissioni televisive a colori, effettuate dagli astronauti Apollodurante il viaggio verso la Luna, rispettivamente 10 ore e mezza e 34ore dopo il decollo, quando si trovavano a circa 94.500 e 240.000 chi-lometri dalla Terra. La serie è disponibile integralmente da tempo neiDVD della Spacecraft Films dedicati alla missione Apollo 11. La versio-

ne presentata da Sibrel è invece tagliata ad arte, rimontandola fuorisequenza. Quella completa mostra semplicemente gli astronauti chesi esercitano per effettuare una trasmissione televisiva durante il viag-gio: provano inquadrature e regolazioni dell'esposizione, come si sen-

te ascoltando i loro dialoghi con il Controllo Missione, disponibilinell' Apollo Flight Journal .

Inoltre il trucco asserito da Sibrel non potrebbe funzionare: se la cap-

sula Apollo fosse stata in orbita bassa intorno alla Terra, avrebbe avu-

to sotto di sé, e quindi mostrato, porzioni continuamente differentidel pianeta nel giro di pochi minuti. Invece nel video integrale si vedeche le nuvole sono sempre le stesse per quindici minuti.

Nel decollo dalla Luna manca la fiammata del motore

IN BREVE: Manca perché è giusto che manchi: la combustione dello spe-ciale propellente del modulo lunare non produce fiammate.

IN DETTAGLIO: Secondo il documentario Did We Land on the Moon? ,nei video del decollo del modulo lunare dalla Luna si dovrebbe vede -

re la fiammata del motore del veicolo che s'accende per sollevarlo:

ma non c'è, quindi la ripresa della partenza dalla Luna dev'essere sta-ta simulata.

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Presunte anomalie in video e filmati – 159

In realtà la fiammata non c'è perla semplice ragione che non cideve essere. Infatti non tutti ipropellenti producono una fiam-

mata visibile quando reagiscono.

In particolare, il modulo lunareutilizzava una miscela di Aerozi-ne 50 (50% idrazina, 50% dimetilidrazina asimmetrica) e tetrossi-do di diazoto: due sostanze co-

siddette ipergoliche, ossia chereagiscono innescandosi sponta-neamente non appena vengonoa contatto l'una con l'altra.

Il prodotto della combustione diqueste sostanze è incolore e tra-sparente: per questo non c'è unafiammata sotto il modulo lunareche decolla. Chi non è espertodel settore forse si aspetta che cidebba sempre essere una fiam-

mata perché è quello che vedenel decollo dei grandi missili sul-la Terra. Ma quei missili usanopropellenti molto differenti emeno tossici di quelli ipergolici.

I propellenti usati dal modulo lu-nare erano adoperati anche daaltri veicoli spaziali, come i vetto-ri Titan: infatti i loro lanci nonproducevano fiammate (Figura172). Questo stesso genere dipropellente è stato usato per de-cenni anche per i motori di manovra della navetta spaziale, perchéconsente di realizzare motori estremamente semplici e affidabili.

Figura 172. Decollo del vettore Titan che porta la capsula Gemini 12, 11 novembre

1966. Si nota lo scarico dei motori  pressoché incolore.

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160 – Luna? Sì, ci siamo andati!

TV a colori dallo spazio ma non dalla Luna

IN BREVE: L'Apollo 11 trasmise immagini televisive a colori durante il viaggio nello spazio ma in bianco e nero dalla Luna, ma non per nascon-dere meglio i trucchi usati per simulare l'escursione lunare. Semplicemen-te, il modulo di comando aveva un impianto di trasmissione eun'antenna che potevano far arrivare a terra un buon segnale a colori,mentre quelli del modulo lunare erano molto meno potenti.

IN DETTAGLIO: La missioneApollo 11 effettivamente trasmise

immagini televisive in diretta acolori sia durante il tragitto versola Luna (Figura 173), sia mentreera in orbita intorno alla Luna.Ma le riprese televisive dell'e-scursione lunare furono in bian-

co e nero.

Bart Sibrel asserisce, in  A Funny 

Thing Happened on the Way tothe Moon, che le immagini mo-

nocromatiche e meno nitide ser-virono a celare gli effetti specialiutilizzati per la messinscena.

La vera ragione è che le trasmissioni a colori furono realizzate utiliz-zando la telecamera e gli impianti di trasmissione installati a bordodel modulo di comando, che rispetto al modulo lunare aveva a dispo-

sizione molta più energia ed era dotato di un'antenna di trasmissioneassai più grande. Il modulo di comando era alimentato con celle acombustibile, mentre il modulo lunare aveva soltanto batterie. Questopermetteva di usare più potenza per generare il segnale televisivotrasmesso. Inoltre gli impianti di trasmissione del modulo lunare nonavevano la larghezza di banda sufficiente per inviare un segnale a co-

lori; quelli del modulo di comando sì.

Non sarebbe stato possibile usare il modulo di comando come ripeti-

tore più potente, perché il modulo orbitava intorno alla Luna ognidue ore circa e quindi spesso non era a portata del modulo lunare odella Terra o di entrambi.

Figura 173. Buzz Aldrin ripreso dallatelecamera a colori del modulo di 

comando mentre si trova nel modulolunare, durante il viaggio verso la Luna

dell'Apollo 11. Immagine S69-39532.

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Presunte anomalie in video e filmati – 161

Set televisivi riciclati

IN BREVE: Ci sono due video della missione Apollo 16 che secondo laNASA furono ripresi in luoghi e giorni differenti, eppure il paesaggio e il terreno intorno agli astronauti sono identici. Non è un set riciclato: qual -cuno ha alterato i video applicandovi un audio differente da quello origi -nale, così sembrano ripresi in momenti diversi, ma in realtà le immagini fanno parte di un'unica ripresa ininterrotta e si riferiscono a eventi sepa-rati soltanto da sette minuti, non da un giorno intero, e avvengono nellostesso luogo.

IN DETTAGLIO: Il video TheRocks Cry Out: Apollo 16 Anomaly di Bart Sibrel e il documentariodella Fox Did We Land on theMoon? accusano la NASA di averutilizzato la stessa scenografiaper due luoghi differenti dellamissione Apollo 16, situati aquattro chilometri di distanza l'u-

no dall'altro e oltretutto visitati indue giorni differenti (Figure 174 e175).

Il primo spezzone (Figura 174),quello in cui si vede un soloastronauta, viene presentato dal-la Fox con la dicitura “Day One” (“primo giorno” ). Il secondo (Figu-

ra 175), che mostra due astronau-ti, reca la dicitura “Day Two” (“secondo giorno” ), ma il luogo èindubbiamente lo stesso e anchel'inquadratura è uguale.

Secondo la Fox, la NASA ha di-chiarato che il secondo video èriferito al secondo giorno e fu ripreso “a due miglia e mezzo di distan-

 za” (circa 4 chilometri) dal luogo visitato il giorno precedente. Standoalle ricerche di Phil Plait (autore di BadAstronomy.com e tutt'altro chesostenitore delle tesi di complotto), in effetti esiste una videocassetta

Figura 175. Un fotogramma del secondospezzone contestato dalla Fox e da Bart 

Sibrel.

Figura 174. Un fotogramma del primospezzone contestato.

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162 – Luna? Sì, ci siamo andati!

pubblicata dalla NASA, intitolata “Nothing So Hidden...” , che confermaqueste affermazioni. Tutto sembra indicare una prova inoppugnabiledi falsificazione.

Ma esaminando le copie integrali delle trasmissioni televisive dellamissione Apollo 16 (per esempio quelle distribuite in DVD dalla Spa-cecraft Films) si scopre che qualcosa non torna nella tesi della Fox edi Sibrel.

Innanzi tutto, emerge inequivocabilmente che i due spezzoni di videomostrati dalla Fox non sono riferiti a due giorni differenti, ma fanno in

realtà parte di una singola sequenza ininterrotta, ripresa durante il se-condo giorno di escursione in un unico luogo, e sono separati dapoco più di sette minuti , non da un intero giorno: appaiono rispettiva-mente a 144 ore e 48 minuti e a 144 ore e 55 minuti nella cronologiadella missione.

In secondo luogo, l'audio non corrisponde. Le frasi pronunciate nei vi-deo presentati dai lunacomplottisti si riferiscono a momenti comple-tamente differenti rispetto alle immagini mostrate.

Infatti consultando le trascrizioni NASA (Technical Air-to-Ground VoiceTranscripts) risulta, per esempio, che la frase “Well, I couldn't pick a bet -ter spot” (“Be', non avrei potuto scegliere un punto migliore” ), fatta senti-re dalla Fox sul primo spezzone, proviene in realtà dall'escursione delprimo giorno a 123 ore e 58 minuti. Le due frasi udibili sul secondospezzone, ossia “That is the most beautiful sight” (“È una visione bellissi -ma” ) e “It's absolutely unreal!”  (“È assolutamente irreale” ), provengonorispettivamente da 124 ore e 3 minuti e da 144 ore e 16 minuti.

 Tirando le somme: un'unica sequenza di sette minuti è stata erronea-mente descritta come se si trattasse di due riprese separate girate aun giorno di distanza e in luoghi differenti; a queste due riprese è sta-to applicato un audio sbagliato che si riferisce a momenti del tuttodiversi (in due casi riguardano addirittura il giorno precedente). Pro-

babilmente si tratta soltanto di un errore di montaggio commesso inun documentario della NASA ma assente nelle registrazioni video ori-ginali integrali, che sono quelle che fanno testo. Un errore sul quale i

sostenitori delle tesi di messinscena hanno imbastito una presuntaprova perché non si sono presi la briga di andare a fondo e verificarepresso le fonti originali, nelle quali non c'è nessuna contraddizione.

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Presunte anomalie tecnologiche – 163

Presunte anomalietecnologiche

Discutere con chi dice che gli sbarchi lunari furono falsificati in unostudio cinematografico è abbastanza facile se le argomentazioni pro-poste riguardano presunte anomalie nelle fotografie e nelle ripresevideo, come abbiamo visto nei capitoli precedenti: di norma bastanotempo, ragionamento e buon senso, insieme a un po' di esperienzafotografica, per capire dove sta l'errore del lunacomplottista.

Le cose cambiano quando il dibattito si sposta sulle presunte impos-sibilità o stranezze di natura tecnologica riguardanti le missioni Apol-

lo. In questo caso è facile imbattersi in obiezioni che non si smontanosenza una preparazione tecnica e storica accurata.

Nessuno ha più messo piede sulla Luna

IN BREVE: Vero, ma questo non vuol dire che sia impossibile farlo oggi oche fosse impossibile farlo allora: vuol dire semplicemente che andare

sulla Luna costa tantissimo, è molto pericoloso, e oggi nessuno lo vuolefare perché non c'è più la motivazione politica che giustificò il rischio di vite umane e la spesa negli anni Sessanta. La Guerra Fredda non c'è più,l'Unione Sovietica neppure, e sulla Luna ci siamo già andati, per cui lamotivazione è davvero scarsa.

IN DETTAGLIO: Se davvero era possibile andare sulla Luna con la tec-nologia degli anni Sessanta, perché non ci torniamo? Alcuni lunacom-

plottisti insinuano, con questa domanda, che andare sulla Luna

adesso rivelerebbe che non ci siamo mai andati; altri rincarano ladose dicendo che ancor oggi è tecnicamente impossibile farlo, figu-

riamoci se lo era quarant'anni fa. Ma ci sono anche persone semplice-

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164 – Luna? Sì, ci siamo andati!

mente dubbiose che si chiedono perché non si ripete l'impresa con imezzi ben più moderni di oggi.

La risposta è semplice: portare degli astronauti sulla Luna è molto dif -ficile, costa moltissimo ed è estremamente pericoloso, e non c'è piùnessuna motivazione politica per spendere fiumi di denaro e rischiarevite umane in questo modo.

All'epoca c'era da battere il regime sovietico ed era imperativo ricon-

quistare il prestigio politico e tecnologico degli Stati Uniti: oggi no.Negli anni Sessanta i politici finanziarono il programma lunare con

circa 150 miliardi di dollari di oggi e le vite degli astronauti furonoconsiderate sacrificabili per la patria, per cui furono fatti molti com-

promessi tecnici che aumentarono le possibilità di fallimento.

Per esempio, l'Apollo 12 fu lancia-ta durante un temporale, finendoper essere colpita da due fulminiche quasi costarono la vita all'e-quipaggio (Figura 176).

Il modulo lunare aveva un solomotore per la discesa e un solopropulsore per la risalita dallaLuna, e anche il modulo di co-

mando e servizio doveva contaresu un singolo motore: se falliva-no, gli astronauti erano spacciati.

Le manovre più delicate di rendezvous dovevano essere effettuate in-

torno alla Luna, anziché vicino alla Terra, per ridurre il peso del veico-

lo: così se l'incontro del modulo lunare con il modulo di comando eservizio falliva, non c'era un secondo tentativo e non c'erano possibili-tà di soccorso.

Ogni missione ebbe la propria generosa dose di guasti e crisi sfiorate,e l'Apollo 13 subì un'esplosione a bordo che obbligò a rinunciare allamissione: se fosse avvenuta durante il ritorno dalla Luna, anziché al-l'andata quando le provviste di bordo erano al massimo e il modulolunare era ancora disponibile come scialuppa, l'esito sarebbe statoinesorabilmente mortale. Gli astronauti Apollo furono molto fortunati.

Figura 176. Un fulmine colpisce la rampadi lancio dell'Apollo 12 al decollo. Foto

NASA S69-60068.

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Presunte anomalie tecnologiche – 165

Oggi il budget della NASA è quasi dimezzato rispetto ad allora, 62 lenorme di sicurezza sono molto più severe e la perdita di un equipag-

gio è politicamente assai meno accettabile. La corsa per superare i so-vietici è finita da un pezzo, per cui si effettuano missioni di scienzaanziché di prestigio, meno costose e rischiose, usando sonde automa-

tiche che hanno riportato grandissimi successi scientifici in tutto il si-stema solare e limitando i voli spaziali umani a soste in orbitaterrestre, per esempio per visitare la Stazione Spaziale Internazionale.

Inoltre non c'è, al momento, nessuna motivazione tecnica o scientificasufficiente per un ritorno alla Luna con astronauti, e per gli Stati Unitisi tratterebbe di rifare qualcosa che è già stato fatto.

Se la cosa sembra assurda, si può considerare un altro esempio dispedizione esplorativa verso luoghi mai raggiunti prima che poi nonfu più ripetuta per decenni: quella per raggiungere il Polo Sud. I primiuomini a raggiungere il Polo Sud geografico furono Roald Amundsene la sua squadra, il 14 dicembre 1911, seguiti 34 giorni dopo da RobertScott e i suoi uomini, che perirono durante il viaggio di ritorno. Poipiù nessuno mise piede al Polo Sud per ben 45 anni, fino al 31 otto -

bre 1956, quando l'ammiraglio della Marina degli Stati Uniti George J.Dufek vi atterrò con un aereo.

I russi non ci provarono: sapevano che era impossibile

IN BREVE: No, ci provarono eccome. Solo che il loro grande razzo vettoreN1, progettato appositamente per la missione lunare, aveva una spiace-

vole tendenza a esplodere. Per cui il progetto fallì, gli americani arrivaro -no primi, e il piano lunare sovietico fu abbandonato e tenuto segreto per non ammettere l'imbarazzo, come descritto nel capitolo La corsa allaLuna. Ma la documentazione è rimasta.

IN DETTAGLIO: Un complotto lunare in realtà ci fu, ma non quello dicui tanto parlano i cospirazionisti spaziali. Fu quello sovietico per farsparire ogni traccia di aver tentato di raggiungere la Luna con unequipaggio, sia per circumnavigarla prima che lo facessero gli ameri-

cani con l'Apollo 8, sia per atterrarvi per primi con un cosmonauta.

62 In dollari rivalutati al 2007, il totale dei budget NASA nel periodo 1963-1969 fu 200,1 miliardi; quello nel periodo 2003-2009 è pari a 113,1 miliardi.

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166 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Il progetto L1 di circumnavigazioneaveva due scenari. Nel primo, un vet-tore Proton avrebbe lanciato unacapsula L1 (una Soyuz ridotta all'es-senziale) dotata di uno stadio sup-

plementare Block D direttamenteverso la Luna. Nel secondo, lo stessovettore Proton avrebbe collocato inorbita intorno alla Terra la capsula L1e lo stadio Block D senza equipaggio;

subito dopo, un altro vettore (proba-bilmente di tipo R-7) avrebbe porta-to nella stessa orbita una secondacapsula Soyuz con tre cosmonauti abordo. Due di loro si sarebbero tra-sferiti a bordo della capsula L1 perpoi dirigersi verso la Luna e circum-

navigarla; il terzo sarebbe rientrato aterra con la Soyuz con la quale era

partito.Questo progetto fu approvato e fi-nanziato dalle autorità sovietiche efu avviata la produzione dei veicoli,con l'intento di circumnavigare laLuna entro il 1967, un anno prima de-gli americani. Ma l'incidente fataledella Soyuz 1 che costò la vita al co-

smonauta Komarov e problemi con l'affidabilità del vettore Protoncomportarono rinvii che permisero agli americani di completare lacircumnavigazione per primi.

C'era anche un altro progetto, l'N1-L3, per un vero e proprio allunag-

gio con un singolo cosmonauta, come descritto nel capitolo La corsaalla Luna. Ma l'inaffidabilità del colossale vettore N1 (Figura 177) cau-sò anche in questo caso rinvii che diedero agli Stati Uniti il tempo diperfezionare la propria tecnologia e compiere per primi l'impresa.

L'ultimo tentativo russo di circumnavigare la Luna fu compiuto pochigiorni prima dello sbarco dell'Apollo 11 e fallì quando il vettore N1

Figura 177. Confronto dimensionalefra vettore N1-L3 (a sinistra) e

Saturn V-Apollo.

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Presunte anomalie tecnologiche – 167

che portava la capsula L1 senza equipaggio esplose catastroficamen-

te sulla rampa di lancio.

Il complotto sovietico ebbe un notevole successo (tanto che i luna-complottisti ci credono ancora adesso): le autorità russe dichiararonoche da parte loro non c'era mai stata una corsa alla Luna, che non c'e-ra alcuna intenzione di portare un russo sulla Luna e che anzi non sisarebbe mai rischiata la vita di cittadini sovietici in un'impresa cosìpericolosa quando le sonde automatiche potevano compierla altret-tanto egregiamente. I media occidentali abboccarono, tanto che an-

che lo stimatissimo giornalista televisivo Walter Cronkite dichiaròpubblicamente nel 1974 che i soldi spesi per le missioni Apollo eranostati sprecati, perché “non c'era mai stata una corsa alla Luna” .63

Ma la realtà dei tentativi russi di arrivare alla Luna, sospettati dagliesperti e in parte noti ai servizi segreti statunitensi, si venne a saperepubblicamente con il crollo del regime sovietico negli anni Novanta.

I computer erano troppo primitiviIN BREVE: La tecnologia informatica dell'epoca era modesta rispetto aquella di oggi, ma era comunque sufficiente perché a bordo c'erano trecomputer molto potenti: gli astronauti, tutti addestrati a calcolare traiet -torie, orbite e rendezvous a mano. Inoltre il grosso della potenza di cal -colo era nei grandi computer sulla Terra.

IN DETTAGLIO: Spesso capita di sentir dire che un moderno telefoni-

no ha più memoria e potenza di calcolo del computer delle missioniApollo e che quindi è impensabile che sia stata raggiunta la Luna conun trabiccolo del genere. Le cose stanno un po' diversamente.

Innanzi tutto, non c'era un computer a bordo dei veicoli Saturn-Apol-lo, ma sette: due AGC ( Apollo Guidance Computer ), uno nel modulo lu-

nare e uno nel modulo di comando; un LVDC (Launch Vehicle Digital Computer ) a bordo del Saturn V; e un AGC ( Abort Guidance System) nelmodulo lunare. Gli altri tre erano gli astronauti, tutti addestrati a cal-

63 Fifth Anniversary – Apollo in Retrospect , CBS, luglio 1974, citato in Cronkiteon Space: Inspiration, not Information, di James Oberg, in Space Review ,6/3/2006, www.thespacereview.com/article/570/1.

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168 – Luna? Sì, ci siamo andati!

colare traiettorie, rendezvous e orbite usando regoli calcolatori e adorientarsi usando le stelle. Inoltre a Terra c'erano i grandi calcolatoridel Controllo Missione.

Concepire gli astronauti come “computer” di bordo non è una battu-

ta: fu la scelta che permise gli allunaggi, sopperendo alle lacune degliautomatismi dell'epoca. Basti pensare alle correzioni che dovetterofare Armstrong e Aldrin per evitare, come già detto, che i sistemi au-tomatici di allunaggio li portassero in una distesa irta di massi, o alriallineamento manuale effettuato da James Lovell durante l'Apollo 13dopo che il sistema di navigazione era stato spento per risparmiare lapoca energia rimasta per far sopravvivere gli astronauti.

È vero che la potenza di calcolodei computer di bordo dei veicoliApollo era modestissima rispettoagli standard odierni: per esem-

pio, gli AGC (Figura 178) avevanocirca 8000 byte di memoria RAMciascuno (un PC portatile oggi neha comunemente due miliardi,cioè duecentocinquantamila voltedi più) e un clock a 2,048 MHz (sì,è una virgola, non un indicatoredi migliaia). Ma bisogna tenerepresente che erano computerdedicati a un'unica funzione (lanavigazione) e non dovevano

gestire interfacce grafiche ani-

mate o altri fronzoli.

Tutto andò troppo liscio

IN BREVE: La NASA si prodigò per dare l'impressione che fosse così, mala realtà fu ben diversa. Tre astronauti morirono sulla rampa di lancio(Apollo 1). L'Apollo 13 ebbe un'esplosione a bordo che le impedì di allu-

nare e quasi uccise l'equipaggio. L'Apollo 12 fu colpita da un fulmine al decollo. L'Apollo 11 ebbe un guasto al computer proprio durante l'allu-naggio, e il riaggancio del modulo lunare alla capsula Apollo, dopo l'al -

Figura 178. Un Apollo GuidanceComputer (AGC).

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Presunte anomalie tecnologiche – 169

lunaggio, fece perdere il controllo dei veicoli. Vari equipaggi furono per -seguitati da nausea, vomito e diarrea. Praticamente tutte le missioni eb-bero avarie e guasti, ma si preferì non pubblicizzarli.

IN DETTAGLIO: Capita spesso di sentire considerazioni meravigliatesulla perfezione dei voli lunari Apollo. Come è possibile che macchinecosì incredibilmente complesse e potenti, realizzate portando al limi-te la tecnologia di quarant'anni fa, abbiano funzionato così precisa-mente? E come fecero gli astronauti a comportarsi in modo cosìimpeccabile e professionale in quelle condizioni?

In realtà questa perfezione è un'impressione dettata dalla conoscenzasuperficiale degli eventi e dal fatto che l'importanza politica dellemissioni spaziali impose un velo di discrezione sugli errori, sugliaspetti meno dignitosi e sui fallimenti. Essendo in gioco il prestigionazionale, non fu dato molto risalto ai problemi. Ma alcuni furono tal-mente grandi da non poter essere nascosti. Non va dimenticato, infat-ti, che su sette missioni di sbarco lunare, una fallì (Apollo 13). Treastronauti (White, Grissom e Chaffee) morirono sulla rampa di lancio(Apollo 1). E tutte le missioni ebbero problemi che per poco non por-tarono al disastro o all'annullamento. Ecco qualche esempio tratto dairapporti tecnici.

Apollo 7. In cabina si formarono accumuli d'acqua provenienti dagliimpianti di raffreddamento: rischio grave, in un ambiente pieno di cir-cuiti elettrici. L'equipaggio fu colpito dalla stitichezza e da un raffred-

dore che bloccò le vie nasali: problema serio in una missione spaziale,perché in assenza di peso il muco si accumula invece di defluire e sof -fiarsi il naso causa forti dolori alle orecchie. Inoltre durante il rientro,

con la testa incapsulata nel casco, gli astronauti non avrebbero potu-to soffiarsi il naso e l'accumulo di pressione non compensata avrebbepotuto sfondare i loro timpani. Nonostante il parere contrario dellaNASA, gli astronauti eseguirono il rientro senza casco e non subironodanni. L'equipaggio, inoltre, litigò con il Controllo Missione, parlandoapertamente di “esperimenti mal preparati e concepiti frettolosamenteda un idiota” e rifiutandosi ripetutamente di eseguire gli ordini da Ter-ra. Fu una delle varie ribellioni poco pubblicizzate degli equipaggi.64

64  Apollo: the Epic Journey to the Moon, di David Reynolds e Wally Schirra.

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170 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Apollo 8. La prima circumnavigazione umana della Luna fu disturba-ta dal vomito e dalla diarrea degli astronauti, in particolare Frank Bor-man. Il sigillante di alcuni finestrini ebbe delle perdite cheoffuscarono la visuale, guastando le osservazioni necessarie per la na-vigazione, e si ripresentarono gli accumuli d'acqua in cabina. Duranteil volo, l'astronauta James Lovell cancellò per errore parte della me-moria del computer, per cui il sistema di misurazione inerziale dellaposizione (IMU) credette che la capsula fosse ancora sulla rampa dilancio e accese automaticamente i motori di manovra per tentare dicorreggere il problema. Gli astronauti dovettero calcolare e reimmet-

tere manualmente i dati corretti.Apollo 9. L'astronauta Rusty Schweickart vomitò ripetutamente acausa della nausea da assenza di peso. Si guastarono un motore dimanovra del modulo di comando e servizio e la luce di posizione delmodulo lunare: due elementi importanti, visto che i due moduli dove-

vano separarsi di oltre 100 km in orbita intorno alla Terra e poi ricon-

giungersi. Ci riuscirono comunque, grazie all'abilità degli astronauti.

Apollo 10. Quando lo stadio di risalita del modulo lunare si sganciòda quello di discesa, a soli 15 km dalla superficie lunare, un'imposta-zione errata dei comandi lo fece girare su se stesso all'impazzata. L'e -

quipaggio riprese il controllo solo due secondi prima che il modulolunare si ritrovasse su una rotta irreversibile di caduta sulla Luna.

Apollo 11. La missione più celebre fu una vera carrellata di disastrisfiorati. Durante la discesa sulla Luna, il computer di atterraggio delmodulo lunare si sovraccaricò ripetutamente. Le istruzioni preimpo-state avrebbero inoltre portato il modulo lunare verso una zona pie-

na di massi e crateri, sulla quale il veicolo non avrebbe potuto posarsi:fu solo l'intervento manuale di Armstrong e Aldrin, che cambiaronoluogo d'atterraggio, a salvare la missione.

Le comunicazioni radio in orbita lunare, dopo la separazione del mo-

dulo lunare dal modulo di comando, furono talmente disturbate eframmentarie che Armstrong e Aldrin non udirono il via all'allunaggioda parte del Controllo Missione. Per fortuna Michael Collins, nel mo-

dulo di comando, lo udì e lo riferì ai suoi compagni Armstrong e Al-

drin nel modulo lunare.

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Presunte anomalie tecnologiche – 171

 Terminato l'allunaggio, uno dei serbatoi di carburante dello stadio didiscesa del modulo lunare non sfiatò correttamente, rischiando diesplodere. Solo il Controllo Missione se ne accorse, e chiese con di-screzione agli astronauti di attivare manualmente lo sfiato.

Dopo l'escursione lunare, prima di decollare, gli astronauti si accorse-ro che la manopola di un interruttore di alimentazione dei circuiti delmotore a razzo necessario per decollare era stata rotta, probabilmen-

te dall'urto dello zaino della tuta di Aldrin, e non era più azionabile.Senza chiudere quell'interruttore, non potevano decollare. C'eranoanche delle soluzioni alternative, ma gli astronauti improvvisaronousando un pennarello per chiudere l'interruttore rotto.

Al rientro dalla Luna, quando il modulo lunare si riagganciò al modu-

lo di comando e servizio, l'allineamento leggermente errato dei dueveicoli li fece ruotare su loro stessi. I rispettivi computer di bordo sicontrastarono a vicenda, facendo girare ancora più all'impazzata idue veicoli agganciati. Solo la bravura di Collins e Armstrong permisedi correggere manualmente la rotazione caotica dei veicoli.

Apollo 12. Il fulmine che colpì il Saturn V durante il decollo causò lospegnimento completo dei computer di bordo dell'Apollo. Soltantoun suggerimento inviato dai tecnici a terra via radio (l'ordine di impo-

stare “SCE to AUX” ) permise di riavviare i computer ed evitò che lamissione venisse interrotta immediatamente. Durante la diretta TV, latelecamera fu puntata contro il Sole e il suo sensore si bruciò, renden-

dola inservibile. Nell'ammaraggio a fine missione, il vento fece oscilla-re la capsula appesa ai paracadute e gli astronauti subirono ben 15 gdi decelerazione; una cinepresa cadde dal proprio supporto e colpì

Alan Bean alla tempia. Se fosse caduta pochi centimetri più a sinistraavrebbe causato un trauma cranico potenzialmente fatale.

Apollo 13. Come accennato, il veicolo subì l'esplosione di un serbato-

io d'ossigeno, togliendo aria ed energia agli astronauti. Fu necessariousare il modulo lunare come scialuppa d'emergenza e rientrare preci-pitosamente a Terra. James Lovell fu costretto a riallineare manual-mente i sistemi di navigazione traguardando le stelle.

Apollo 14. Fallirono cinque tentativi di aggancio del modulo lunaredurante il viaggio verso la Luna. Il sesto andò bene, senza alcun moti-vo evidente. Nonostante l'anomalia si decise di proseguire il volo.

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172 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Apollo 15. A fine volo, uno deitre paracadute usati per consen-

tire l'ammaraggio al rientro sulla Terra non funzionò correttamen-te (Figura 179), causando un im-

patto violento con la superficiedell'oceano.

Apollo 16. Il motore principaledel modulo di comando e servi-zio, necessario per tornare sulla Terra, segnalò un'avaria mentre ilveicolo era in orbita intorno allaLuna. Fu quasi annullato l'allunaggio.

Un elenco più dettagliato dei vari guasti critici e meno critici che col-pirono le varie missioni è disponibile nella sezione Discrepancy Sum-mary dei rapporti Postlaunch Mission Operation Report .

Non aveva senso fare il rendezvous in orbita lunare

IN BREVE: Le procedure di volo delle missioni Apollo comportavano unrischiosissimo incontro fra due veicoli in orbita intorno alla Luna. È veroche sarebbe stato molto più prudente e sensato effettuare queste mano-vre stando in orbita intorno alla Terra o non farle del tutto, sbarcando di -rettamente sulla Luna con un unico veicolo invece di usare un moduloapposito, ma questa scelta avrebbe richiesto un missile enorme. Il  ren-

dezvous intorno alla Luna fu scelto perché, conti alla mano, i pesi e le potenze occorrenti di questa soluzione sono molto minori: gli unici fatti -bili negli anni Sessanta.

IN DETTAGLIO: Alcuni lunacomplottisti trovano assurda l'idea che laNASA scelse di effettuare complicatissime manovre di sgancio, riag-

gancio e rendezvous fra modulo di comando e modulo lunare intornoalla Luna anziché farle in orbita terrestre, dove c'era più possibilità disoccorso, o meglio ancora seguire il modello classico e semplice pre-

sentato dai film di fantascienza: un unico veicolo che parta dalla Terra,sbarchi sulla Luna e ritorni, senza dividersi in pezzi da ricomporre gof -famente e rischiosamente.

Figura 179. L'ammaraggio dell'Apollo 15.

Si nota un paracadute difettoso. Foto AS15-S71-42217.

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Presunte anomalie tecnologiche – 173

In effetti il piano iniziale della NASA era proprio quello di sbarcare sul-la Luna con un unico veicolo, grande e alto, chiamato tailsitter : malanciarlo direttamente verso la Luna avrebbe richiesto un missile im-

menso, il Nova (Figura 180), che non esisteva ancora e non poteva es -sere approntato in tempo per la scadenza imposta dal presidenteKennedy. L'unico vettore sviluppabile per tempo era il Saturn V, relati-vamente più piccolo.

I progettisti pensarono così di usare un primo Saturn V per lanciare iltailsitter  vuoto in orbita terrestre e poi lanciare un secondo Saturncon il propellente. Questa era la tecnica chiamata Earth Orbit Rendez -vous, a lungo prediletta dalla NASA: ma implicava due lanci ben coor-

dinati e un pericoloso trasbordo di propellente nello spazio.C'era un'alternativa: dividere il tailsitter  in due veicoli distinti. Quelloprincipale sarebbe rimasto in orbita lunare e quello secondario, una

Figura 180. A destra, il Nova; al centro, il C-5, precursore del Saturn V. DocumentoM-MS-G-36-62, aprile 1962.

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174 – Luna? Sì, ci siamo andati!

scialuppa specializzata e ridotta all'osso, sarebbe sceso sulla Luna.Questo riduceva il peso complessivo così drasticamente da permette-re di lanciare l'intera missione con un solo missile Saturn V, al prezzodi un delicato rendezvous in orbita lunare (Lunar Orbit rendezvous oLOR). Una scelta rischiosa, dunque, ma perfettamente sensata.

Il concetto, oltretutto, non era affatto nuovo: L'idea del LOR risale al1916, quando fu concepita dal russo Yuri Vasilievich Kondratyuk. Ma laNASA fu estremamente riluttante a correre questo rischio. Un inge -

gnere di basso rango della NASA, John Houbolt, nel 1961 scavalcò legerarchie e scrisse un'accorata lettera all'amministratore associatodella NASA, Robert C. Seamans Jr., lamentando di essere “una voce nel deserto” . Questo fece riesaminare l'idea del LOR, che rimase comunqueosteggiata a lungo. L'ossessione di un tecnico sconosciuto divenne ilpiano della NASA per raggiungere la Luna.65

Nessuno punta un telescopio sui veicoli lasciati

sulla LunaIN BREVE: Non lo si punta perché neppure il più potente telescopio terre-stre oggi disponibile è in grado di mostrare oggetti così piccoli e lontani.Per farlo ci vorrebbe un telescopio con uno specchio di almeno 45 metri,e oggi non ce ne sono.

IN DETTAGLIO: Le leggi dell'ottica pongono un limite alla risoluzione,ossia alla finezza del dettaglio ottenibile da un telescopio. Questo li-mite dipende dalle dimensioni della lente principale o specchio pri-mario dello strumento (più sono grandi, più è acuta la “vista”dell'apparecchio) e non è aggirabile applicando lenti addizionali peringrandire l'immagine.

L'oggetto più grande lasciato sulla Luna dagli astronauti Apollo è labase del modulo lunare, che da zampa a zampa in diagonale misuracirca nove metri. Alla distanza minima possibile della superficie dellaLuna da quella della Terra, ossia circa 355.000 chilometri, vedere unoggetto del genere equivale a scorgere una moneta da un euro che

sta a 900 chilometri. Nessun telescopio odierno è in grado di farlo.

65  Apollo: the Epic Journey to the Moon, Reynolds e Schirra.

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Presunte anomalie tecnologiche – 175

Non lo può fare neppure il telescopio spaziale Hubble, che alla distan-

za della Luna non riesce a vedere dettagli che misurino meno di 80metri.

È un dato ben poco intuitivo: do-

potutto, i telescopi vedono galas-sie lontanissime, mentre la Lunaè praticamente dietro l'angolo.Davvero neanche i più potentitelescopi vedono un oggetto dinove metri sulla Luna?

Sì, perché le galassie sono enor-mi e gli oggetti lasciati sulla Lunasono molto piccoli: il fatto chesiano molto più vicini non com-

pensa affatto la differenza di di-mensioni.

Per esempio, la galassia di Andromeda, nonostante stia a ben due mi-

lioni di anni luce (19.000.000.000.000.000.000 di chilometri), nel cielonotturno appare più grande della Luna piena. Solo che è molto fiocae quindi è difficile vederla a occhio nudo. Per questo motivo i granditelescopi sono progettati non tanto per ingrandire, quanto per racco-

gliere la luce debolissima di questi oggetti lontani.

Facendo gli opportuni calcoli, risulta che per vedere da Terra le basidei moduli lunari Apollo soltanto come un puntino indistinto ci vor-rebbe un telescopio con uno specchio primario di almeno 45 metri.66

Se si volessero vederne i dettagli in modo da poterlo riconoscere, ledimensioni dovrebbero essere ancora più colossali.

Il record attuale di dimensioni per un telescopio è poco più di diecimetri, e un telescopio con uno specchio da 30 metri (denominato conpoca fantasia Thirty Meter Telescope) non sarà pronto prima del 2018.

66 Il dato si calcola usando la formula di Dawes: risoluzione in secondi d'arco

= 11,6 / diametro dell'obiettivo in centimetri. La dimensione angolare diun oggetto, espressa in secondi d'arco, si calcola con la formula(dimensione dell'oggetto / distanza) x 206.265. La base del LM sulla Luna,vista da Terra, ha una dimensione angolare di 0,0052 secondi d'arco.

Figura 181. Il telescopio spaziale Hubble.

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176 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Esiste anche una tecnica, l'interferometria, che permette di abbinaredue telescopi per ottenere una sorta di telescopio “virtuale” con unarisoluzione pari a quella di uno strumento il cui specchio primario siagrande quanto la distanza fra i due telescopi abbinati. Il Very Large Telescope in Cile, uno dei più grandi osservatori attrezzati per questogenere di osservazioni, raggiungerebbe in condizioni ideali una riso-

luzione di 0,002 secondi d'arco, sufficiente a mostrare il modulo luna-re come una decina di pixel (punti che compongono l'immagine). 

Ma c'è un problema: l'interferometria consiste nel combinare le im-

magini di più telescopi ottenute nell'arco di vari giorni ed elaborarleelettronicamente. Sfuma quindi l'idea di poter portare un lunacom-

plottista a un osservatorio e dirgli di guardare nell'oculare di un tele-scopio per vedere con i suoi stessi occhi come stanno le cose.

Nessuno manda sonde per fotografare i veicoli Apollo

IN BREVE: Nessuno le manda appositamente per questo scopo, visto che

non ci sono dubbi fra gli addetti ai lavori sulla realtà delle missioni lunari;ma nel corso degli anni vari paesi hanno inviato sonde che hanno foto-grafato in dettaglio la Luna e anche i luoghi di allunaggio delle missioni 

 Apollo. Le loro immagini confermano la presenza dei veicoli e degli stru-menti di queste missioni esattamente dove la NASA afferma di averli la -sciati.

IN DETTAGLIO: Nel corso dei quattro decenni successivi alle missionilunari umane, Cina, India, Giappone e Stati Uniti hanno messo in orbi-

ta intorno alla Luna numerosi satelliti automatici, alcuni dei qualisono tuttora in funzione.

Molti di essi avevano a bordo telescopi e fotocamere, ma non di tiposufficientemente potente da mostrare direttamente i veicoli degliastronauti. Tuttavia la sonda giapponese Kàguya ha rilevato unachiazza di suolo lunare di colore alterato esattamente dove la NASAdice di aver fatto posare il modulo lunare dell'Apollo 15 (Figura 182).Questa chiazza è compatibile con le variazioni del colore del terreno

prodotte dal getto del motore di allunaggio, che sposta la polvere su-perficiale ed espone la roccia sottostante, di colore differente.

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Presunte anomalie tecnologiche – 177

La sonda statunitense Lunar Re-connaissance Orbiter (LRO) è sta-ta la prima ad avere strumentiadatti a fotografare i veicoli Apol-lo, e lo ha fatto. Le prime imma-gini sono state pubblicate il 17luglio 2009. Alcune immagini deivari siti di allunaggio Apollo sonomostrate nel capitolo Le provedegli sbarchi .

Inoltre alcuni strumenti dellasonda giapponese Kàguya han-

no eseguito rilievi altimetricimolto precisi delle zone deglisbarchi, scoprendo che corri-spondono esattamente alle alti-metrie osservabili nelle foto degliastronauti americani di quarant'anni prima. Anche questo aspetto è

descritto in dettaglio nel capitolo appena citato.

La jeep non ci stava dentro il modulo lunare

IN BREVE: Ci stava eccome: era ripiegata.

IN DETTAGLIO: Molti si chiedono come ci stesse dentro il modulo lu-

nare il Lunar Roving Vehicle, l'automobile elettrica usata dagli astro-

nauti nelle missioni Apollo dalla 15 alla 17. In effetti questo veicolo,lungo poco più di tre metri, largo 1,8 e alto 1,1, sembra a prima vistadecisamente incompatibile con le dimensioni del modulo lunare, lacui base misurava circa 4,3 metri di diametro e doveva offrire postoanche per il motore di allunaggio e per il relativo carburante.

La risposta è semplicissima: la jeep lunare era trasportata ripiegata,per cui stava dentro uno degli appositi alloggiamenti vuoti a forma dicuneo predisposti nella base del modulo lunare ed era agganciata

esternamente, protetta soltanto da una coperta termica. Il veicolo erapoco più di un telaio d'alluminio con quattro piccoli motori elettrici(più due per lo sterzo), un pacco batterie e due seggiolini tubolari.

Figura 182. L'alone chiaro al centro si trova dove allunò l'Apollo 15. Credit:

 JAXA/Selene.

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178 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Sulla Terra pesava in tutto 200 chilogrammi. Essendo elettrica, non leservivano cambio, alberi di trasmissione e assali per le ruote (i motorierano accoppiati direttamente alle ruote), per cui poteva essere ripie-gata in una forma molto compatta (Figura 183).

Le riprese televisive degli sbarchi mostrano molto bene la proceduraper estrarre e ricomporre il Rover nella sua configurazione di utilizzo.

Figura 183. Il Rover dell'Apollo 15, strettamente ripiegato a cuneo e con le ruoteraccolte, è pronto per essere caricato nell'alloggiamento apposito della base del 

modulo lunare. Foto AP15-71-HC-684.

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Presunte anomalie tecnologiche – 179

L'Apollo non raggiunse la velocità di fuga

IN BREVE: La velocità di fuga , necessaria per sfuggire al campo gravita- zionale della Terra e quindi poter raggiungere la Luna, è 11,2 chilometri al secondo, cioè 40.320 chilometri l'ora. Ma la NASA dice che la velocitàmassima raggiunta dall'Apollo 11 fu 38.989 chilometri l'ora. Dunque non

 poteva raggiungere la Luna? In realtà non occorre affatto raggiungere lavelocità di fuga per arrivare alla Luna, perché non è necessario sfuggireal campo gravitazionale terrestre: basta raggiungere una velocità checonsenta un'orbita ellittica intorno alla Terra che abbia una distanzamassima pari a quella della Luna.

IN DETTAGLIO: Questa tesi è un esempio classico di terminologiascientifica usata a sproposito per dare l'impressione di competenza eserietà. La tesi parte da dati esatti: la velocità di fuga, ossia la velocitàche permette di abbandonare il campo gravitazionale del nostro pia-neta, è effettivamente 11,2 chilometri al secondo, pari a 40.320 chilo-

metri l'ora. Ed effettivamente la NASA dichiara, a pagina 30 del PressKit della missione Apollo 11, che la velocità raggiunta alla fine dell'ac -

censione dello stadio S-IVB per dirigersi verso la Luna (Translunar In-

 jection) fu 35.533 piedi al secondo, pari a 38.989 chilometri l'ora.Milletrecento chilometri l'ora in meno.

All'orecchio di un profano questa sembra una contraddizione insana-bile. Ma l'errore sta nella premessa: la velocità di fuga di 11,2 chilome -

tri al secondo va raggiunta se si vuole sfuggire  permanentementeall'attrazione della Terra. Un veicolo che raggiunga questa velocitànon ricadrà mai più sulla Terra e continuerà ad allontanarsene all'infi-nito, senza dover consumare altro propellente.67 Le missioni lunari

Apollo, invece, non dovevano ottenere affatto questo risultato: anzi,gli astronauti ci tenevano a tornare a casa.

Per arrivare alla Luna è sufficiente raggiungere una velocità che pro-

duca non la fuga definitiva dalla Terra, ma una semplice orbita ellitti-ca intorno alla Terra stessa, allungata in modo che abbia un apogeo(distanza massima dal nostro pianeta) pari alla distanza Terra-Luna. Sela Luna si trova nel punto di massima distanza, la si raggiunge. In altreparole, i veicoli Apollo non avevano alcun bisogno di arrivare alla ve-

locità di fuga per sbarcare sulla Luna.

67 Più precisamente, sfuggirà all'attrazione terrestre ma non a quella di altricorpi celesti, come per esempio il Sole.

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180 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Anzi, il fatto di non raggiungerela velocità di fuga è un vantaggioin termini di sicurezza, perchégarantisce che il veicolo torni au-

tomaticamente verso la Terra,senza dover effettuare alcunamanovra o accensione di motori.Questo è particolarmente utile incaso di avarie, come avvenne nelcaso dell'Apollo 13, che utilizzò

appunto la traiettoria denomina-ta free return (ritorno spontaneo)e mostrata in Figura 184.

Il Saturn V non era abbastanza potente

IN BREVE: Un'analisi matematica delle riprese del decollo sembra dimo-

strare che il primo stadio del missile Saturn V non aveva la velocità di -

chiarata ufficialmente dalla NASA e che quindi il missile poteva portarefino alla Luna molto meno carico di quanto dichiarato. Ma l'analisi si ri -vela un colabrodo di errori commessi da una persona senza esperienzain missilistica o traiettorie spaziali: non considera che il vero lavoro di 

 portare i veicoli Apollo verso la Luna lo faceva il terzo stadio, non il pri -mo (che insieme al secondo aveva solo il compito di portare i veicoli inorbita intorno alla Terra), e ammette che l'orbita terrestre fu raggiuntacorrettamente dai veicoli Apollo: ma a quel punto la velocità del primo

stadio era irrilevante ai fini del carico trasportabile verso la Luna.IN DETTAGLIO: Un'analisi del russo Stanislav Pokrosvky68 sostiene chel'effettiva velocità del missile lunare Saturn V al momento dell'esauri -mento del propellente del primo stadio e della sua separazione dalresto del vettore era solo la metà di quella dichiarata ufficialmente.

Questo rivelerebbe che i motori F-1 del primo stadio non erano abba -

stanza potenti da trasportare verso la Luna le 46 tonnellate del mo-

dulo di comando e servizio e del modulo lunare. Secondo i calcoli diPokrovsky, la conseguenza della velocità ridotta fu che il carico massi-

68 supernovum.ru/public/index.php?doc=62 (in russo).

Figura 184. Le principali traiettorieutilizzate dalle missioni Apollo. Dal Press

Kit dell'Apollo 11.

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Presunte anomalie tecnologiche – 181

mo trasportabile sulla Luna dal Saturn V era circa 28 tonnellate. Il mo-

dulo lunare ne pesava circa 15; i moduli di comando e servizio ne pe-savano in tutto oltre 30.

In altre parole, secondo Pokrovsky la NASA poteva portare fino allaLuna uno o l'altro dei veicoli Apollo, ma non tutti e due, e quindi po-

teva al massimo effettuare una circumnavigazione della Luna, rinun-

ciando al modulo lunare e usando solo il modulo di comando equello di servizio.

Ma il dato della velocità è calcolato (con dovizia di formule e grafici

spettacolari e apparentemente autorevoli) partendo dalla distanzaapparente progressiva fra il missile e le fiammate dei retrorazzi delprimo stadio, misurata osservando i fotogrammi sgranati di un filma-to (Figura 185). Non è una base molto solida o precisa: misurare ilpunto esatto in cui finisce una fiammata è piuttosto difficile.

Pokrovsky, inoltre, dà per sconta-to che le fiammate dei retrorazzisi fermarono istantaneamente in

aria e quindi siano usabili comepunto fermo di riferimento per ilcalcolo della velocità del missile.Considerato che la separazionedel primo stadio avveniva a circa70 chilometri d'altezza, dove l'at-mosfera è circa 10.000 volte piùtenue che a livello del mare, lefiammate mantennero invece

per inerzia buona parte della ve-locità verticale supersonica ac-quisita durante il decollo,“inseguendo” il missile e quindi falsando qualunque stima di distanzee velocità basata sulla loro posizione rispetto al missile stesso.

A parte queste imprecisioni di stima, nell'analisi di Pokrovsky c'è unerrore di fondo che la invalida completamente. Infatti il primo stadiodel Saturn V, insieme al secondo, aveva l'unico scopo di collocare in

orbita terrestre il terzo stadio e i veicoli Apollo: fatto questo, avevaesaurito il proprio compito. Non contribuiva al viaggio verso la Luna: aquesto provvedeva esclusivamente la spinta del terzo stadio.

Figura 185. I fotogrammi del filmato del decollo analizzati da Pokrovsky.

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182 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Siccome Pokrovsky ammette chein un modo o nell'altro l'orbitaterrestre fu raggiunta, e fu rag-

giunta dal terzo stadio e dal vei-colo Apollo completo da 46tonnellate (altrimenti il primostadio non si sarebbe arrampica-to così lentamente come lui so-

stiene), risulta che tutte le sueconsiderazioni sulla vera o pre-

sunta velocità del primo stadiosono semplicemente irrilevanti aifini di quante tonnellate si potes-sero portare sulla Luna.

Va notato, inoltre, che nella fisicadei lanci spaziali conta la velocitàfinale raggiunta, necessaria perrestare in orbita senza ricadere

sulla Terra: la velocità di salitaconta soltanto in termini di con-

sumo di propellente e di disagiodegli astronauti per via dell'acce-lerazione. Il Saturn V era tuttosommato un vettore “dolce”, datoche la sua massima accelerazio-

ne era circa 4,7 g poco primadella separazione del primo sta-

dio; i vettori Titan delle missioniGemini, per esempio, raggiunge-vano i 7 g.

Il LM era troppo piccolo per risalire dalla Luna

IN BREVE: Per ripartire dalla Luna non occorre vincere la resistenza del -l'aria. La forza di gravità è sei volte minore di quella terrestre. Raggiunge-re l'orbita lunare richiede quindi molto meno propellente che partiredalla Terra, specialmente con un veicolo ridotto al minimo indispensabi -

Figura 186. Separazione del primo stadiodel Saturn V durante il lancio dell'Apollo

11. Foto S69-39958.

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Presunte anomalie tecnologiche – 183

le. Inoltre non occorreva raggiungere la velocità di fuga lunare, ma sol -tanto quella orbitale: a dare la spinta supplementare per tornare sullaTerra provvedeva il motore del modulo di servizio.

IN DETTAGLIO: Le dimensionidavvero minime e l'aspetto fragi-le dello stadio di risalita del mo-

dulo lunare, usato per ripartiredalla Luna (Figura 187), contra-stano con l'enormità massicciadel Saturn V adoperato per parti-re dalla Terra. C'è chi dubita cheun veicolo così minuscolo fossedavvero all'altezza del compito esi chiede dove fosse stivato tuttoil propellente necessario per rag-

giungere la velocità di fuga dallaLuna (8568 chilometri l'ora).

In realtà le due situazioni sonodrasticamente differenti. Il Saturn V doveva sollevare le proprie 2900tonnellate iniziali, accelerare fino a 25.000 chilometri l'ora e portare a188 chilometri di quota ben 130 tonnellate di carico e infine lottarecontro la resistenza dell'aria e la forza di gravità della Terra.

Lo stadio di risalita del modulo lunare, invece, doveva sollevare 4,5tonnellate di massa iniziale (di cui ben 2,3 erano propellente, per cuila massa da sollevare si riduceva molto durante l'ascesa), accelerarefino a circa 6650 chilometri l'ora e portare a un'altezza massima di 83

chilometri un carico di 2,2 tonnellate. Tutto questo senza dover con-trastare la resistenza dell'aria, visto che la Luna non ha un'atmosferasignificativa, e dovendo vincere l'attrazione gravitazionale della Luna,che è sei volte minore di quella terrestre.

Inoltre è errato il concetto di dover raggiungere la velocità di fuga:come già visto per il Saturn V in partenza dalla Terra, anche per il de-

collo dalla Luna non è necessario raggiungere questa velocità (checonsentirebbe di allontanarsi indefinitamente dal corpo celeste senza

ulteriore consumo di propellente), ma è sufficiente raggiungere unavelocità che consenta un'orbita: nel caso del modulo lunare, un'orbitaellittica con altezza variabile da 16,6 a 83 chilometri.

Figura 187. Lo stadio di risalita dell'Apollo16. Dettaglio della foto AS16-122-19530.

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184 – Luna? Sì, ci siamo andati!

La spinta supplementare per tor-nare verso la Terra veniva data,infatti, dal motore del modulo diservizio, che restava in orbita in-torno alla Luna proprio per evita-re di far scendere e risalire altramassa. Fu proprio per ottenerequeste grandi riduzioni di massache la NASA scelse la strategiadel rendezvous lunare.

  Tutti questi fattori riduconoenormemente le prestazioni ne-cessarie e quindi rendono suffi-cienti circa 2350 chilogrammi dipropellente, costituito da 910 chilogrammi di Aerozine 50 e 1440 chi-logrammi di tetrossido di diazoto. Queste sostanze hanno una densi-tà di 0,903 g/cm3 e 1,443 g/cm3 rispettivamente e quindi occupanocirca 1 metro cubo ciascuna: un volume compatibile con quello dei

due serbatoi situati nei rigonfiamenti presenti ai lati opposti dello sta-dio di risalita (uno dei serbatoi, quello dell'Aerozine 50, è la sfera late-rale visibile in Figura 188).

Il modulo lunare era un trabiccolo instabile

IN BREVE: La forma irregolare del modulo lunare, con il suo unico moto-re centrale, sembrerebbe instabile quanto un pallone da calcio in equili -brio su un dito e a prima vista parrebbe avere con un baricentro alto chelo avrebbe fatto rovesciare. Ma se si studia la sua struttura si scopre che èin effetti molto più facile da stabilizzare di quella di qualunque missiletradizionale, perché i suoi pesi principali sono collocati al di sotto del centro di spinta del motore e quindi il suo baricentro è molto basso.

IN DETTAGLIO: Bart Sibrel sostiene che il modulo lunare ha un bari-centro alto e un unico motore collocato in basso. Questo, a suo avvi-so, lo rende troppo instabile per poterlo pilotare. Sibrel, che non è untecnico aerospaziale, ritiene di poter giudicare la stabilità di un veico-lo spaziale semplicemente guardandone qualche fotografia.

Figura 188. Spaccato dello stadio di risalita del modulo lunare, tratto dalla

documentazione Grumman.

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Presunte anomalie tecnologiche – 185

In realtà un esame tecnico meno superficiale, basato su alcune sem -

plici considerazioni di fisica, rivela che il modulo lunare è invece unveicolo più facile da stabilizzare rispetto a un missile convenzionale.

Nello stadio di discesa e in quellodi risalita, i serbatoi di propellen-

te, che sono le parti più pesanti,sono collocati il più in basso pos-sibile nel veicolo, lateralmente ri-spetto al motore (Figura 189).Questa è una configurazionemolto meno instabile di quella diun missile tradizionale, nel qualei serbatoi (e quindi la massa) sitrovano sopra i motori. Anche di-sporli lateralmente aiuta a stabi-lizzare il veicolo, un po' come l'asta di un equilibrista sul filo.

Inoltre i motori principali non si trovano in basso come può sembrare,ma in posizione elevata: quello dello stadio di risalita sporge addirit-tura dentro l'abitacolo (Figura 190). Quindi il centro di spinta (il puntoimmaginario sul quale “appoggia” il veicolo a motore acceso, situatoalla sommità dell'ugello) è vicino al baricentro: una soluzione idealeper la stabilità.

Infine, i sedici motori di manovrasono disposti su bracci sporgenti,il più lontano possibile dall'assedi spinta del motore primario, in

modo da sfruttare il braccio dileva nella propria azione.

L'aspetto asimmetrico del modu-lo lunare è dovuto proprio allascelta di bilanciarlo: nello stadiodi risalita, per esempio, il serbato-

io del tetrossido di diazoto è piùvicino all'asse di spinta del moto-

re rispetto al serbatoio dell'Aero-zine 50 perché quest'ultimo pesadi meno.

Figura 189. Disposizione dei serbatoi nello stadio di discesa del LM.

Figura 190. Sezione dello stadio di risalitadel LM: in grigio il motore principale.

Dall' Apollo Operations Handbook  ,volume 1, con evidenziazioni aggiunte.

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186 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Gli astronauti avrebbero sbilanciato il LM

IN BREVE: No, perché gli spostamenti degli astronauti avevano un effet -to molto modesto e venivano compensati automaticamente.

IN DETTAGLIO: Nel documentario Did We Land on the Moon?  di Fox TV, Ralph René afferma che i movimenti degli astronauti nella cabinadel modulo lunare avrebbero spostato continuamente il centro dimassa e quindi avrebbero sbilanciato il veicolo. Non potendo correg-

gere questo squilibrio, il modulo lunare sarebbe precipitato. Quindinon poteva volare e gli sbarchi lunari sono falsi.

I fatti sono ben diversi. Innanzi tutto, il modulo lunare era dotato dinon uno, ma due sistemi automatici di stabilizzazione separati, cheazionavano i motori di manovra (quelli disposti a gruppi di quattro subracci sporgenti) per compensare continuamente eventuali sbilancia-menti. Non spettava al pilota effettuare manualmente queste corre-zioni, che si notano, fra l'altro, nei filmati del decollo: si manifesta uncaratteristico dondolio periodico, dovuto appunto all'accensione deimotori di manovra per regolare l'assetto.

Il concetto non è affatto insolitoe non lo era neanche all'epoca:qualunque missile ha lo stessoproblema di gestire gli sposta-menti del baricentro (dovuti peresempio allo spostamento delpropellente o al suo progressivoesaurimento). In atmosfera si

usano pinne stabilizzatrici, men-tre nello spazio si usano motoriprimari orientabili e piccoli razzidi manovra, presenti su tutti iveicoli spaziali, sia russi sia ameri-cani, Shuttle compreso.

In secondo luogo, gli astronautistavano vicinissimi al centro di

massa del modulo lunare e nonavevano spazio per effettuare grandi movimenti (Figura 191). Oltretut-to pesavano molto meno dei serbatoi di propellente (uno da 910 chili

Figura 191. La posizione degli astronauti durante il volo dello stadio di risalita del 

modulo lunare. Il motore principale si trova in mezzo a loro; i serbatoi di 

carburante sono alle estremità laterali della sagoma. Dettaglio della Figura 1-6

dell' Apollo Operations Handbook .

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Presunte anomalie tecnologiche – 187

e uno da 1440), per cui non potevano alterare più di tanto l'equilibriodel veicolo. C'era semmai il problema di correggere lo sciabordio delpropellente nei serbatoi man mano che si vuotavano: di questo si oc-cupavano appunto i sistemi automatici.

Il simulatore del LM si schiantò perché instabile

IN BREVE: Si racconta che poche settimane prima del volo dell'Apollo 11,il veicolo che simulava sulla Terra il comportamento del modulo lunare si schiantò, quasi uccidendo Neil Armstrong, che ne aveva perso il control -lo. Questo sembra dimostrare che il modulo lunare effettivo era incon-trollabilmente instabile e che la NASA non possa aver risolto un

 problema del genere in così poco tempo. In realtà l'incidente di Arm-strong avvenne quattordici mesi prima della missione Apollo 11, e non fudovuto alla perdita di controllo da parte dell'astronauta, ma a un guastooccasionale del veicolo. Quando il veicolo non aveva guasti, era perfetta-mente controllabile, tanto che vi furono effettuati oltre 790 voli.

IN DETTAGLIO: Gli astronautiutilizzarono due tipi di simulatorivolanti, denominati Lunar Lan-ding Research Vehicle (LLRV) e Lu-nar Landing Training Vehicle(LLTV), per prendere dimesti-chezza sulla Terra con il compor-tamento del modulo lunare, cheera un veicolo unico nel suo ge-nere.

L'LLRV e l'LLTV erano in sostanzatelai sui quali era montato verti-calmente un motore a reazioneorientabile che reggeva i cinquesesti del peso del veicolo: il pesorimanente (quello che avrebbeavuto sulla Luna) era sostenutoda due motori a razzo regolabili.Come il modulo lunare effettivo,avevano sedici piccoli motori di

Figura 192. Un LLRV in volo nel 1964.Dettaglio della foto NASA ECN-506.

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188 – Luna? Sì, ci siamo andati!

manovra a razzo per regolarne l'assetto. Un sistema elettronico gesti-va il motore primario per tenerlo sempre orientato verticalmente aprescindere dall'assetto del veicolo e regolarne la potenza in mododa simulare gli effetti dell'accelerazione verticale ridotta che si ha sul-la Luna. L'autonomia era modesta (circa due minuti di volo), ma per-metteva di raggiungere una quota di circa 1200 metri.

Furono costruiti dapprima due LLRV, seguiti da tre LLTV. L'incidente diNeil Armstrong avvenne il 6 maggio 1968 con un LLRV (Figura 193): ilsistema di pressurizzazione dei motori di manovra ebbe un'avaria cherese il veicolo ingovernabile, complice anche una folata di vento, percui Armstrong non ebbe altra scelta che usare l'apposito seggiolinoeiettabile, atterrando incolume con il paracadute.

Durante i voli di addestramento,questi veicoli sperimentali ebbe-ro altri due incidenti, nel dicem-

bre del 1968 e nel gennaio del1971, che portarono alla loro di-struzione (i piloti si salvarono). Ilunacomplottisti tendono a insi-nuare che lo schianto fosse laconclusione normale dei voli diquesti veicoli, ma in realtà i cin-

que simulatori totalizzarono ben792 voli con atterraggio regolare.Anche L'LLRV di Armstrong ave-va volato regolarmente 281 volte

in precedenza.

69

Tutti i problemi tecnici si risolsero magicamente

IN BREVE: No. I problemi si presentarono in tutte le missioni e i primi lan-ci furono concepiti, come è consueto, proprio per collaudare i veicoli e si -stemarne o ridurne i difetti prima delle missioni vere e proprie.

69 Unconventional, Contrary, and Ugly: The Lunar Landing Research Vehicle, diGene J. Matranga, C. Wayne Ottinger e Calvin R. Jarvis con C. ChristianGelzer. NASA SP-2004-4535 (2005), pagina 142.

Figura 193. Neil Armstrong scende con il  paracadute dopo l'avaria del suo LLRV.

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Presunte anomalie tecnologiche – 189

IN DETTAGLIO: Secondo il programma Voyager  (Rai, 4 marzo 2009),mentre le prime missioni furono funestate da una serie di gravi pro-

blemi tecnici, con cancellazioni e rinvii, tutto si risolse per incanto intempo per i voli lunari: per esempio, le missioni Apollo 2 e 3 furonocancellate, la 4 e la 5 furono effettuate senza astronauti e denotaronoproblemi ai motori principali, la 6 ebbe problemi con l'accensione delsecondo e terzo stadio, e il Saturn V subiva pericolose oscillazioni giàpochi minuti dopo il lancio. Tutti questi guasti scomparvero improvvi-samente per ricomparire solo con l'Apollo 13. Secondo David Percy,invece, le oscillazioni (denominate “pogo”  in gergo tecnico) continua-

rono fino all'Apollo 10 e poi tutto funzionò perfettamente.70

Si nota subito che le due fonti lunacomplottiste si contraddicono a vi -cenda, ma mettiamo a confronto le loro asserzioni con i fatti docu-

mentati.

Le missioni Apollo 2 e 3 non furonoaffatto cancellate: più semplicemen-te, questi nomi non furono mai usatiformalmente. Dopo il disastro dell'A-

pollo 1, in cui perirono durante un'e-sercitazione a terra dentro la capsulagli astronauti Grissom, White e Chaf -fee, l'apposito comitato di designa-zione delle missioni, il NASA Project Designation Committee, decise che ilnome formale del lancio successivosarebbe stato Apollo 4.

Il salto della numerazione è in partedovuto al fatto che i nomi  Apollo 2 e

 Apollo 3 erano già stati usati infor-malmente per due lanci di collaudosenza equipaggio, avvenuti nel 1966e denominati formalmente AS-203 e AS-202. Il primo servì a collauda-re l'S-IVB, quello che sarebbe diventato il terzo stadio del Saturn V, abordo del vettore Saturn IB (Figura 194). Il secondo collaudò lo scudotermico del modulo di comando Apollo e servì per qualificare il vetto-

re Saturn IB al trasporto di equipaggi.

70 Mary Bennett e David Percy, Dark Moon, pagina 128.

Figura 194. Decollo dell'AS-203("Apollo 2").

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190 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Va notato che anche il nome  Apollo 1 fu per molto tempo una desi-gnazione solo informale: fu resa ufficiale soltanto dopo la tragedia ein seguito alle insistenze delle vedove dei tre astronauti periti.

I lanci dell'Apollo 4 e 5 furono sì effettuati senza astronauti, ma perottime ragioni non sospette: l'Apollo 4 fu il primo lancio del vettoreSaturn V, e secondo la prassi dell'epoca ogni vettore destinato a tra -

sportare astronauti doveva prima essere collaudato senza equipaggio.Il lancio collaudò anche l'isolamento contro le radiazioni. Stando airapporti tecnici,71 l'Apollo 4 non denotò affatto problemi ai motoriprincipali ma anzi fu considerato un grande successo.

Anche L'Apollo 5 non aveva bisogno di equipaggio, perché fu un col-laudo automatico del modulo lunare (in particolare dei suoi motori edella separazione dei suoi stadi) e dei sistemi automatici di gestionedel volo (Instrument Unit ) nella configurazione che sarebbe stata usa-ta dal Saturn V. Non vi furono problemi ai motori, che comunque sa -

rebbero stati irrilevanti per le missioni lunari, dato che questo lanciousò un Saturn IB, non un Saturn V.

L'Apollo 6 (Figura 195) fu il se-condo collaudo generale (“all-up” ) del Saturn V, senza equipag-

gio, e verificò la capacità del mo-

dulo di comando di bloccare leradiazioni delle fasce di Van Al-len. Non ebbe problemi con l'ac-censione del secondo e terzostadio, come afferma Voyager , ma

ne ebbe di altro genere.

Infatti il primo stadio subì oscilla-zioni violente dovute all'effetto“pogo”  (risonanza della strutturadovuta al flusso del propellente,che fa oscillare avanti e indietro ilvettore lungo il proprio asse); ilsecondo stadio ebbe problemi a

uno dei suoi cinque motori, che si spense in anticipo, seguito da unaltro; il terzo stadio si accese correttamente, ma con una spinta infe-

71 Saturn V Launch Vehicle Flight Evaluation Report – AS-501 Apollo 4 Mission.

Figura 195. Separazione dell'anellointerstadio fra il primo e secondo stadio

dell'Apollo 6. Fotogramma ripreso dauna delle cineprese automatiche

installate per il collaudo.

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Presunte anomalie tecnologiche – 191

riore al previsto. Questi problemi furono analizzati e in gran parte ri -solti per i voli successivi cambiando le frequenze di risonanza deicomponenti e aggiungendo degli smorzatori. È a questo che servonoi voli di collaudo.

Contrariamente a quanto detto da Voyager e Percy, i problemi di oscil-lazioni rimasero anche in tutte le missioni successive. Per esempio, simanifestarono nel motore centrale del secondo stadio dell'Apollo 8 edell'Apollo 10. Le missioni Apollo 11 e 12 ebbero vibrazioni violentedello stesso motore centrale, dovute però a un diverso effetto “pogo” .Nell'Apollo 13 questo effetto fu così violento da causare lo spegni -mento automatico del motore per evitare la distruzione del veicolo,ma modifiche apportate all'Apollo 14 lo ridussero a livelli tollerabili.

Nella sezione Tutto andò troppo liscio, inoltre, abbiamo visto che tuttele missioni ebbero guasti e problemi di vario genere. L'idea che lemissioni lunari divennero improvvisamente impeccabili è dunque unmito.

Manca il rumore dei motori nell'audio dell'allunaggio

IN BREVE: Nel modulo lunare, gli astronauti sono vicinissimi al motoredi discesa e hanno letteralmente dentro la cabina quello di risalita. Eppu-re nelle comunicazioni radio stranamente non si sente il rumore del mo-tore a razzo. Ma è giusto così: i microfoni erano fatti apposta per captaresolo i suoni vicini e smorzare il rumore ambientale, e comunque nel vuo -to non c'è interazione del getto dei motori con l'aria, che è la principale

causa di rumore.IN DETTAGLIO: Bill Kaysing, nel libro Non siamo mai andati sulla Luna,nota a pagina 207-208 che “parlare vicino un motore a razzo in azionesarebbe impossibile, sia per le vibrazioni che per il volume sonoro svilup-

 pato” , eppure le registrazioni delle voci degli astronauti sono prive dirumore.

Se è per quello, non c'è il rumore dei motori neppure nelle registra-

zioni delle voci degli astronauti che decollano con lo Shuttle. In aereo,quando parla il comandante, la sua voce non è coperta dal rumoredei motori, anche se quello stesso rumore è udibile nella cabina deipasseggeri. La vicinanza del microfono alla bocca di chi parla permet-

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te alla sua voce di coprire l'eventuale rumore di fondo dei motori, chenon è di “circa 140-150 decibel” come afferma Kaysing.

Infatti quando un motore a razzoviene azionato nel vuoto, il suogetto non incontra l'atmosferacircostante, colpendola a velocitàsupersonica, per cui vengono amancare le interazioni e le onded'urto che invece generano il for-te rumore udibile a terra durantei lanci di grandi vettori. Si odetalvolta un botto nell'istante del-l'accensione, prima che la com-

bustione si stabilizzi a regime, esi percepisce qualche vibrazione,ma a parte questo i motori nonfanno rumore. Se Kaysing fossestato l'esperto di missilistica che

sosteneva di essere, l'avrebbe sa-puto.

Va detto, inoltre, che i microfoniutilizzati per le missioni spaziali ein aviazione sono concepiti appositamente per funzionare in ambien-

ti rumorosi. Captano soltanto suoni molto vicini e vanno quindi tenutimolto vicini alla bocca, tanto che l'astronauta Bill Anders (Apollo 8) lichiamava scherzosamente “tonsillofoni”  (“tonsil mike” ) perché a suo

dire occorreva praticamente metterselo in gola per farlo funzionare.

Figura 196. Bill Anders si prepara per lamissione Apollo 8. Si notano i microfoni 

ai lati del mento. Foto 68-H-1330.

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Presunte anomalie fisiche – 193

Presunte anomaliefisiche

Troppo caldo: la pellicola si sarebbe liquefatta

IN BREVE: È vero che sulla Luna la temperatura oscilla da +100 a -100°C,ma questi sono i valori massimi e minimi, raggiunti dopo il “mezzogior -no” del lungo giorno lunare (che dura quattordici giorni terrestri) e al ter -mine dell'altrettanto lunga notte. Ma gli astronauti allunarono pocodopo l'alba locale, quando le temperature erano molto più miti. Oltretut -

to quei valori sono riferiti al suolo, rispetto al quale la pellicola era isolatagrazie al vuoto, come in un thermos. Sulla Luna, infatti, non c'è atmosfe-ra che conduca il calore dal suolo alla pellicola. La pellicola era comun-que di un tipo speciale, resistente agli sbalzi termici, già usata per lericognizioni aeree d'alta quota, e le fotocamere erano trattate per riflette-re il calore dell'esposizione al Sole, che non è molto diverso da quello chesi ha in montagna sulla Terra.

IN DETTAGLIO: Secondo Bill Kaysing, sulla Luna “le macchine fotogra-

fiche passavano da una temperatura di +100° nelle zone esposte allaluce solare diretta, ai -100° delle zone d'ombra. Immaginate quale stresstermico avrebbe subito un materiale tanto delicato come un'emulsionefotografica...” .72

Stando a quanto scritto da Kaysing, insomma, le fotografie lunari sa-rebbero impossibili. Ma l'analisi dei fatti dimostra che questo autorelunacomplottista è scivolato su un errore scientifico grossolano.

Innanzi tutto, le temperature citate sono quelle massime e minime,che si raggiungono rispettivamente dopo la metà del giorno lunare

72 Bill Kaysing, Non siamo mai andati sulla Luna, pagine 53-54.

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(che comporta quattordici giorni terrestri di esposizione al Sole) e ap-

pena prima dell'alba (dopo quattordici giorni terrestri di buio). Tuttigli sbarchi lunari avvennero poco dopo l'alba lunare, quando le tem-

perature erano lontane da questi estremi. L'elevazione massima delSole sull'orizzonte fu di 48,7° al termine della terza escursione dell'A-

pollo 16. Nella stessa missione furono rilevate temperature di 57°C alsole e -100°C all'ombra.

In secondo luogo, quei valori si riferiscono alla temperatura del suololunare. Ma sulla Luna non c'è un'atmosfera significativa che possa es-sere riscaldata dal suolo, per cui non c'è modo di trasmettere caloredal suolo alla pellicola. È lo stesso principio del vuoto isolante chefunziona così bene nei thermos. Nel vuoto, il calore non si propagaper conduzione e/o convezione, come sulla Terra, ma soltanto per ir -raggiamento. Non c'è aria calda che scaldi gli oggetti per contatto. Diconseguenza, la temperatura al suolo è praticamente irrilevante per lapellicola, e parlare di questi valori estremi di temperatura in relazionealle pellicole è ingannevole ed è un errore dilettantesco.

Inoltre sulla Luna un oggetto esposto al sole riceve praticamente lastessa quantità di energia termica che riceve sulla Terra in alta monta -gna in una giornata limpida, perché l'irradiazione dipende dalla di-stanza dalla fonte di calore, e la Luna e la Terra sono sostanzialmentealla stessa distanza dal Sole. Non c'è nulla di magicamente incendia-

rio nella luce solare che colpisce la Luna: è la stessa che riceviamo quisul nostro pianeta.

In altre parole, una pellicola esposta al sole sulla Luna subisce lo stes-so tipo di sollecitazioni termiche che subisce sulla Terra in una gior-

nata di sole intenso in alta montagna. E sappiamo che persino i turistiriescono a fare foto in montagna e anche nel caldo dei tropici o deldeserto senza che si squagli la pellicola o risultino colori orripilanti.

Si può obiettare che sulla Luna il lato esposto al Sole della fotocame-

ra si scalda fortemente, mentre quello in ombra si raffredda altrettan-to intensamente; ma occorre tenere conto del fatto che questiprocessi non sono repentini, anche perché fra fotocamera e pellicolac'è poco trasporto di calore: infatti dentro la fotocamera c'è il vuoto,

proprio come in un thermos. Il calore e il freddo si propagano dallafotocamera verso la pellicola e viceversa per conduzione soltanto nel-le poche zone di contatto fra fotocamera e pellicola.

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Presunte anomalie fisiche – 195

Del resto, se si sostiene che è im-

possibile che una pellicola sop-

porti le condizioni di vuoto e ditemperatura sulla Luna, allora sideve sostenere che tutte le fotofatte nello spazio durante le pas-seggiate spaziali russe e america-ne sono false, perché non ci sonodifferenze, né di temperatura nédi vuoto né di esposizione al

sole, fra le condizioni sulla Luna equelle in orbita intorno alla Terra.Per esempio, la Figura 197 mostral'astronauta Ed White durante lasua escursione all'esterno dellacapsula Gemini 4, nel 1965: portacon sé una fotocamera (eviden-

ziata dal cerchio), e l'immagineche lo ritrae fu scattata con un'altra fotocamera che si trovava an -

ch'essa all'esterno. Nessuna delle due pellicole si rovinò.Inoltre le fotocamere lunari erano state trattate appositamente inmodo da avere superfici riflettenti, anziché quelle classiche nere,come già visto in Figura 28. Queste superfici riflettenti respingevanogran parte del calore ricevuto dal Sole.

Nel caso delle foto lunari, oltretutto, non fu impiegata una pellicolaqualsiasi, ma una pellicola da 70 mm della Kodak, concepita apposita-

mente per le ricognizioni fotografiche in alta quota, nelle quali dove-

va sopportare temperature fino a -40°C. Questa pellicola aveva unabase sottile di poliestere (Estar) fatta su misura, che fonde a circa260°C, ed usava un'emulsione Ektachrome in grado di lavorare suun'ampia gamma di temperature.

C'è chi obietta che le pellicole chimiche hanno una gamma di tempe-

rature piuttosto ristretta, tanto che i fotografi professionisti stannobene attenti a tenere le pellicole al caldo o al fresco secondo necessi-tà. Ma questa è una gamma ottimale, specificata per ottenere i risulta-ti cromatici migliori: non vuol dire che al di fuori della gamma lapellicola si rompe o si liquefa.

Figura 197. Ed White usò una fotocameradurante la sua passeggiata spaziale nel 

1965. Foto NASA S65-30431.

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Le fasce di Van Allen avrebbero ucciso gli astronauti

IN BREVE:  No, queste fasce nonsono così mortali: i russi le feceroattraversare da cavie animali sen-

  za problemi e gli americani effet -tuarono missioni sperimentali per vedere se la schermatura dellecapsule Apollo era sufficiente. Co-munque le missioni lunari seguiro-no traiettorie apposite cheevitarono di attraversare le zone di radiazione più intensa. La dose di radiazioni ricevuta dai rapidi pas-saggi attraverso le fasce di Van Al -len delle missioni Apollo fu inferiore a quella di una radiografia toracicao a quella prodotta dall'ambiente naturale a livello del mare in tre anni.

IN DETTAGLIO: I sostenitori della messinscena lunare affermano chec'è un ostacolo letale per qualunque missione lunare con astronauti:

le fasce di van Allen, due zone di radiazione disposte intorno alla Terraa distanze variabili secondo l'attività del Sole ma grosso modo com-

prese fra 100 e 10.000 chilometri per quella interna, più intensa, e fra18.000 e 60.000 chilometri per quella esterna. Quindi, dicono, gli sbar-chi umani sulla Luna delle missioni Apollo sono impossibili:

Sarebbe infatti impossibile, a detta di ogni scienziato chesi rispetti, che un qualunque essere vivente attraversi ad -dirittura le Fasce di Van Allen, altrochè arrivare sulla

Luna. (Le F. sono una stretta e poderosa cintura di radia- zioni, che va da un polo all'altro della Terra, e che a suavolta protegge la Terra dalle radiazioni cosmiche, maalla quale è impensabile per noi anche solo avvicinarsi.Ci hanno provato, negli ultimi anni, gli astronauti delloShuttle, con risultati ben poco confortanti).73

Come spesso avviene, non è fornita alcuna fonte tecnica a supporto aqueste affermazioni: si dice genericamente “a detta di ogni scienziato

che si rispetti” , senza però fare nomi specifici o riferimenti a pubblica-zioni autorevoli di settore.

73 Massimo Mazzucco, su Luogocomune.net , tinyurl.com/vanallen.

Figura 198. Rappresentazione graficadelle fasce di Van Allen.

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Presunte anomalie fisiche – 197

In realtà basta consultare la letteratura specialistica (per esempio i te-sti riportati nella bibliografia in fondo a questo libro) per notare chela questione della relativa pericolosità delle radiazioni delle fasce diVan Allen era ben nota (furono scoperte nel 1958) e ritenuta perfetta-mente risolvibile.

Nel 1968 la sonda sovietica Zond 5 attraversò le fasce di Van Allen perportare intorno alla Luna vari esseri viventi, che tornarono incolumi.Per le missioni Apollo, l'esposizione alle fasce fu calcolata e misuratatramite lanci di prova: specificamente, la missione Apollo 6 (aprile1968) portò in orbita terrestre una capsula Apollo priva di equipaggioe piena di strumenti proprio per misurare la capacità del veicolo dibloccare le radiazioni delle fasce di Van Allen. L'esposizione risultòcomparabile a quella di qualche radiografia medica, quindi più chesopportabile.

La NASA dichiara, nel Mission Report dell'Apollo 11, che la dose totaledi radiazioni misurata dai dosimetri e ricevuta dagli astronauti duran-

te tutto il viaggio fu compresa fra 0,25 e 0,28 rad. Il dosimetro specifi-co per le fasce di Van Allen rilevò dosi di 0,11 rad per la pelle e 0,08rad in profondità, quindi al di sotto dei valori significativi dal punto divista medico. Un ulteriore approfondimento è disponibile nella pub-

blicazione NASA Biomedical Results of Apollo.

Chi non si volesse fidare della NASA può consultare, per esempio, l'ar-ticolo divulgativo The Van Allen Belts and Travel to the Moon di BillWheaton, specialista in astronomia a raggi gamma presso il Jet Pro-

pulsion Laboratory (JPL).74 Wheaton fornisce dati concreti sulle radia-zioni nello spazio e specificamente nella zona più pericolosa, appunto

le contestate fasce di Van Allen. Emerge che i dati scientifici pubblica-ti dalla NASA a proposito delle radiazioni di queste fasce devono es -sere veritieri, altrimenti anche i satelliti automatici odierni, che leattraversano e ne sono influenzabili, non funzionerebbero e verreb-

bero fritti.

L'astronomo Phil Plait osserva, nel libro Bad Astronomy: Misconcep-tions and Misuses Revealed, from Astrology to the Moon Landing 'Hoax',che i dosimetri portati dagli equipaggi Apollo rilevarono un dosaggio

cumulativo grosso modo pari a una radiografia toracica, ossia 1 milli-gray. La dose media risultò inferiore a 1 rem, pari alla radiazione pro-

74 www.wwheaton.com/waw/mad/mad19.html .

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198 – Luna? Sì, ci siamo andati!

dotta dall'ambiente naturale che una persona riceve, vivendo al livel-lo del mare, nel corso di tre anni.

Inoltre James Van Allen stesso sottolineò, già nell'articolo del 1960 Onthe Radiation Hazards of Space Flight, che le fasce non avviluppanol'intero pianeta e non vanno affatto “da un polo all'altro” , ma formanouna sorta di ciambella che sfuma a partire da circa 30° al di sopra e aldi sotto dell'equatore. Per aggirarle o passare attraverso le loro zonemeno intense basta quindi adottare una traiettoria opportunamenteinclinata: cosa che fecero appunto tutti i veicoli delle missioni Apollo,sia all'andata sia al ritorno (Figura 199).

L'intero transito dell'Apollo 11 attraverso le fasce di Van Allen duròcirca 90 minuti; la zona di massima intensità fu aggirata in una decinadi minuti.

Figura 199. La traiettoria di partenza dell'Apollo 11. Quella di rientro fu ancora piùinclinata. Fonte: Rocket & Space Technology.

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Presunte anomalie fisiche – 199

Le radiazioni spaziali avrebbero ucciso gli astronauti

IN BREVE:  No. Le radiazioni presenti nello spazio interplanetario sono paragonabili a quelle ricevute dagli astronauti della Stazione SpazialeInternazionale, che restano nello spazio anche per sei mesi di seguito.

IN DETTAGLIO: Alcuni lunacomplottisti argomentano che gli astro-

nauti Apollo rimasero fino a dodici giorni al di fuori del campo ma-gnetico terrestre, che protegge dalle radiazioni letali presenti nellospazio: questo avrebbe dovuto ucciderli. Ma i sostenitori di questatesi usano il termine “radiazioni” senza cognizione di causa. Non tutte

le radiazioni sono uguali e non tutte sono letali: molto dipende dalladose. Anche la vita quotidiana ci espone alla radiazione naturale pro-

dotta dall'ambiente.

Nella sezione precedente si è visto che una missione lunare media,stando ai dosimetri portati dagli astronauti Apollo, li espose comples-sivamente a una dose inferiore a 1 rem, che è quella che si riceve dal -l'ambiente in tre anni di vita al livello del mare.

Specificamente, le radiazioni nello spazio interplanetario e sulla Lunasono paragonabili a quelle ricevute dagli astronauti che percorronoun'orbita terrestre bassa, come quella della Stazione Spaziale Interna-zionale. Ecco alcuni dati, espressi in rem/anno, delle radiazioni assor-bite da un essere umano a varie quote e nello spazio:75

Livello del mare 0,02 - 0,04

1500 metri 0,04 - 0,06

3000 metri 0,08 – 0,1212.000 metri (jet) 2,8

Orbita terrestre bassa 10

Fasce di Van Allen 500

Superficie lunare 7 – 12

Spazio interplanetario 13 – 25

75 Missione impossibile? , Eugene N. Parker, in Le scienze, luglio 2006.

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I raggi X nello spazio avrebbero velato le pellicole

IN BREVE: No, perché le dosi non sarebbero state sufficienti. Gli esperi -menti effettuati dai lunacomplottisti usano metodi grossolanamente er -rati e dosaggi enormemente superiori a quelli che potevano ricevere le

 pellicole nelle varie fasi del viaggio.

IN DETTAGLIO: Il libro Dark Moon di Bennett e David Percy descrive itest effettuati da David Groves: alcune pellicole sono state esposte araggi X e si sono velate o addirittura cancellate. Quindi, secondo loro,la stessa cosa si sarebbe dovuta verificare anche per le pellicole por-

tate sulla Luna.Ma i test di Groves hanno esposto la pellicola ai raggi X direttamente,senza protezione, mentre le pellicole lunari rimasero per quasi tutto ilviaggio dentro contenitori schermati, all'interno dell'ulteriore scher-matura offerta dalla capsula Apollo e dal LM. Anche quando furonoportate sulla superficie lunare, rimasero all'interno del caricatore me-tallico delle fotocamere, che aveva anch'esso un'azione schermante.

Inoltre questi test hanno bombardato le pellicole di prova con un fa-scio da 8 MeV (milioni di elettronvolt) usando un acceleratore lineare.Secondo gli astronomi, invece, i raggi X provenienti dallo spazio han-

no un'energia di meno di 5 keV (migliaia di elettronvolt): milleseicentovolte più deboli di quelli che hanno velato le pellicole di Groves.

È una differenza importante non solo in termini numerici: infatti perschermarsi da raggi X con energia inferiore a 5 keV bastano alcuni fo-

gli di carta; per quelli inferiori a 3 keV basta addirittura qualche deci-na di centimetri d'aria.

L'esperimento di David Groves dichiara di aver esposto le pellicole diprova a 25, 50 e 100 rem di radiazioni. Ma l'unità è grossolanamentesbagliata, perché il rem si usa soltanto per indicare le radiazioni assor-bite dai tessuti del corpo umano. Usarla per le pellicole indica unascarsa competenza in materia che poco si addice a un vero esperto dieffetti delle radiazioni. È come dire che le distanze si misurano in litri.

È vero, però, che per i raggi X 1 rad equivale a 1 rem. Se ipotizziamo

che Groves intendesse parlare di dosi da 25 a 100 rad, abbiamo vistodalla sezione precedente che 25 rad, la dose più bassa usata da Gro -

ves, equivalgono a vari anni di permanenza nello spazio.

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Presunte anomalie fisiche – 201

Il viso esposto al sole si sarebbe ustionato

IN BREVE: No. La radiazione solare sulla Luna è la stessa che ricevono gli astronauti quando lavorano all'esterno della Stazione Spaziale Interna-

 zionale o dello Shuttle, eppure non li si vede rientrare ustionati, perchéanche la parte trasparente del casco, oltre alla visiera dorata riflettente,filtra e blocca i raggi ultravioletti che causano le ustioni solari.

IN DETTAGLIO: Secondo i luna-complottisti, sulla Luna i raggisolari non filtrati dall'atmosfera

dovrebbero ustionare il volto de-gli astronauti, eppure ci sonofoto e filmati in cui girano tran-

quillamente con la visiera protet-tiva alzata (Figura 200).

Le radiazioni solari sarebbero“poderose”  e “milioni di volte piùforti di quelle che noi riceviamo,

filtrate dall'atmosfera, sulla Terra” .Così afferma, perlomeno, Massi-mo Mazzucco del sito Luogoco-mune.net, aggiungendo che perquanto possa essere filtrante ilmateriale trasparente del casco,“non è certo pensabile di poter 

 passare più di un paio di secondi alla diretta luce del sole, senza friggerecome cotechini. Al di là della radiazioni cosmiche, infatti, la superficie lu-

nare raggiunge al sole delle temperature medie fra i cento e i duecentogradi centigradi, mentre all'ombra le temperature si abbattono drastica-mente sotto i meno-cento gradi centigradi.” 76

“Friggere come cotechini” è un'espressione indubbiamente colorita, maè priva di qualunque fonte autorevole ed è contraddetta dal semplicefatto che anche gli astronauti che lavorano all'esterno dello Shuttle odella Stazione Spaziale Internazionale non beneficiano dell'effetto fil-trante dell'atmosfera terrestre e quindi sono esposti alle stesse “pode-

rose” radiazioni solari dei loro colleghi lunari, eppure non si ustionanoil viso né friggono come cotechini. Lo si nota, per esempio, in Figura

76 tinyurl.com/cotechini . Va detto che il cotechino non si frigge, si fa bollire.

Figura 200. Un fotogramma tratto dalleriprese televisive della missione Apollo 17.

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202 – Luna? Sì, ci siamo andati!

201. Va poi chiarito che le temperature del suolo non c'entrano nullacon le ustioni o scottature solari, come ben sa chi va in montagna e siscotta benché ci siano neve e ghiaccio per terra. Le ustioni sono pro-

dotte dai raggi ultravioletti presenti nella luce solare, non dal calore.

I fatti tecnici spiegano comestanno le cose realmente: il cascotrasparente pressurizzato ( pres-sure helmet ) che circonda la testadell'astronauta sotto il cascoesterno è fatto di Lexan, un ma-teriale estremamente resistente esoprattutto altamente opaco airaggi ultravioletti.

In pratica, gli astronauti lunarinon si ustionano per lo stessomotivo per il quale non ci si ab-

bronza stando in auto se non si abbassano i finestrini: il materiale tra-sparente lascia passare la luce visibile ma blocca i raggi ultravioletti.

Durante le escursioni lunari e le passeggiate spaziali, gli astronauti in-dossano sopra il casco pressurizzato un ulteriore casco protettivo do-

tato di due visiere: una più interna, che filtra ulteriormente i raggiultravioletti e quelli infrarossi, e una esterna (quella dorata), che filtrala luce visibile (come gli occhiali da sole a specchio) per ridurre l'ab-

bagliamento e fornisce una barriera aggiuntiva a raggi ultravioletti einfrarossi.77 Gli astronauti alzano la visiera dorata quando si trovano inombra o penombra e a volte dimenticano di riabbassarla quando tor-

nano al sole, ma restano comunque protetti contro le scottature. Almassimo rischiano di essere abbagliati dalla luce intensa.

I cambi di rullino all'aperto erano impossibili

IN BREVE: Non erano impossibili: gli astronauti avevano fotocamere ap- posite che consentivano il cambio di rullino anche in pieno sole e con i 

guanti della tuta. Era una tecnologia già usata comunemente dai foto-grafi professionisti. L'operazione è visibile nelle dirette televisive.

77 Biomedical Results of Apollo, sezione 6, capitolo 6, Pressure Helmet Assembly .

Figura 201. Jerry L. Ross lavora all'esternodello Shuttle Atlantis (1991). Foto NASA

S37-18-03.

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Presunte anomalie fisiche – 203

IN DETTAGLIO: Secondo alcunilunacomplottisti è impossibileche gli astronauti potessero cam-

biare la pellicola delle proprie fo-

tocamere mentre indossavanogli spessissimi guantoni dellatuta spaziale e oltretutto all'aper-to, in pieno sole. Inoltre nelle re-gistrazioni delle missioni nonrisulta che rientrassero nel mo-

dulo lunare ogni volta che dove-vano cambiare rullino. Quindi, sidice non possono aver fatto tut-te le migliaia di fotografie che as-seriscono di aver scattato.

La risposta è semplice: le pellicole delle fotocamere Hasselblad utiliz-zate sulla Luna non erano i classici rullini con delicate linguette da in-

filare stando al buio o in ombra, ma caricatori sigillati con innesto a

scatto sul corpo della fotocamera (Figura 202), fatti appositamenteper essere cambiati anche alla luce del giorno: una tecnologia che ve-

niva già utilizzata comunemente dai fotografi professionisti dell'epo-

ca per poter cambiare pellicola anche a metà di un rullino.

Non tutte le missioni, comunque,effettuarono cambi di caricatore:per esempio, la missione Apollo11 ne usò uno solo durante l'e-

scursione lunare.Maneggiare i caricatori con iguanti della tuta spaziale non eracomunque un problema, datoche erano cubi da 10 centimetricirca (Figura 203). Inoltre i carica-tori usati sulla Luna furono modi-ficati per dotarli di anelli di presapiù grandi del normale, in mododa consentire la rimozione delladarkslide (lamina estraibile di protezione della pellicola, Figura 204)anche indossando gli spessi guanti della tuta spaziale.

Figura 202. Innesto di un caricatore sul 

corpo di una fotocamera Hasselblad. I caricatori usati sulla Luna erano piùgrandi di quello mostrato. Immagine

tratta dal manuale Hasselblad.

Figura 203. Charlie Duke ha in mano uncaricatore di pellicola e sta per 

cambiarlo. Immagine tratta dalla diretta

televisiva della missione Apollo 16.

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204 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Nelle normali fotocamere com-

merciali che usano un caricatore,la darkslide si rimuove dopo avermontato il caricatore sul corpodella fotocamera, in modo da po-

ter cambiare pellicola anche ametà senza che prenda luce. Inquelle lunari, invece, bisognavarimuovere la darkslide prima dimontare il caricatore. Questa dif -

ferenza era dovuta alla presenzadella reseau plate, ossia il vetrinosul quale erano incise le crocetteoggi visibili nelle fotografie.

Questa variazione significava an-

che che la porzione di pellicolavisibile prendeva luce ed era inu-

tilizzabile. Tuttavia la cosa non

era un problema nel caso parti-colare degli astronauti, che nor-malmente non cambiavanocaricatore prima di averne esauri-to completamente la pellicola.

Gli astronauti, inoltre, effettuava-no regolarmente tre o quattroscatti a vuoto quando iniziavano

un caricatore per far avanzare lapellicola ed essere sicuri di farefoto su una porzione di pellicolache non aveva preso luce.

La Figura 205 mostra un caricatore utilizzato sulla Luna nella missioneApollo 11. Il confronto con il caricatore di Figura 204 permette di nota-re, sulla destra, l'anello di estrazione della darkslide, che nel caricatoreApollo è molto più grande proprio per consentirne l'uso anche con iguanti della tuta durante le escursioni sulla superficie selenica.

Figura 204. Caricatore Hasselblad 

normale, con darkslide parzialmenteestratta. Credit: Ulrich Lotzmann.

Figura 205. Il caricatore R della missione Apollo 11, oggi esposto al National Air and Space Museum di Washington, D.C.

Si noti l'anello maggiorato per estrarre ladarkslide con i guanti della tuta

spaziale.

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Presunte anomalie fisiche – 205

Impossibile raffreddare un astronauta nel vuoto

IN BREVE: Non è impossibile: basta trasferire il calore a dell'acqua cheviene poi scaricata. Gli zaini avevano una riserva d'acqua apposita.

IN DETTAGLIO: Sul sito italiano Luogocomune.net78 si afferma che"non si conosce nessuna tecnologia in grado di raffreddare l'interno di una tuta, chiusa ermeticamente, senza un qualunque compressore/de-compressore che si preoccupi di trasformare e disperdere il calore. Biso-gnerebbe infine spiegare come sia possiblie [sic] disperdere caloredirettamente nel vuoto atmosferico." 

In realtà basta leggere i manualitecnici dell'epoca per rendersiconto che la tecnologia necessa-ria c'era eccome. Il calore genera-to dall'astronauta sulla Lunaveniva smaltito mediante unasotto-tuta aderente, il Liquid Coo-ling Garment , nella quale veniva

fatta circolare acqua, come avvie-ne in alcune tute di piloti e mec-canici di Formula Uno.

L'acqua così riscaldata entrava inuno scambiatore di calore conte-nuto nello zaino dell'astronauta,dove cedeva il proprio calore auna riserva separata d'acqua pari

a quattro litri, portati a 5,2 nelletute delle missioni più avanzate. 

L'acqua raggiungeva un sublima-tore, dove veniva lentamente acontatto con il vuoto esterno. Ilconseguente calo di pressione, inossequio alle leggi della fisica, neabbassava la temperatura: l'acqua ghiacciava sulla superficie esterna

del sublimatore e lì si trasformava direttamente da ghiaccio in vaporeacqueo, che veniva scaricato all'esterno con un apposito condotto.

78 tinyurl.com/cotechini .

Figura 206. L'interno di uno zaino delletute spaziali Apollo.

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206 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Il sistema permetteva di smaltire fino a 2000 BTU/ora, più che suffi-cienti per tenere fresco un astronauta, tanto che John Young osservòche la regolazione intermedia lo faceva gelare.

Manca il cratere prodotto dal motore del LM

IN BREVE: No, non manca: non ci deve essere. L'idea che il motore del modulo lunare dovesse produrre un cratere durante l'allunaggio derivada alcuni disegni pubblicati dalla NASA prima degli sbarchi. Ma si trattadi rappresentazioni artistiche: i tecnici sapevano già che non si sarebbeformato un cratere, perché le sonde automatiche Surveyor avevano giàeffettuato allunaggi e trasmesso le immagini del suolo circostante.

IN DETTAGLIO: Bill Kaysing79

scrisse che le fotografie non mo-

strano il cratere sotto il modulolunare, che invece c'è "in tutte leanimazioni NASA sui voli lunari" .

È indubbiamente vero che inmolte delle illustrazioni prepara-te dalla NASA e dalla stampa perspiegare l'allunaggio prima cheavvenisse c'è un vistoso crateresotto il modulo lunare, prodottodal suo motore. La Figura 207mostra una di queste illustrazio-

ni, realizzata dal celebre artistastatunitense Norman Rockwell.

Ma le illustrazioni artistiche sono,appunto, artistiche. Non hannopretesa di rappresentare con as-soluta fedeltà la fisica di un even-

to. Spesso in questo genered'immagine ci sono licenze stili-

stiche utili a rendere più viva edefficace l'immagine. Per esempio,

79 Non siamo mai andati sulla Luna, pagina 202.

Figura 207. Illustrazione dell'allunaggiorealizzata da Norman Rockwell.

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Presunte anomalie fisiche – 207

nell'illustrazione di Rockwell sono visibili le stelle, ma abbiamo già vi -sto che salvo condizioni particolari le stelle non sono visibili dallaLuna quando la superficie è illuminata dal Sole. Anche la falce di Terraè impossibile, perché per avere il nostro pianeta illuminato in quelmodo il Sole dovrebbe stare sotto l'orizzonte lunare e quindi il suolodella Luna dovrebbe essere buio; invece nell'illustrazione le ombreprovengono da sinistra e il terreno è illuminato.

La presenza del cratere nelle illustrazioni, insomma, non prova che lemissioni lunari furono falsificate: prova semplicemente il talento arti-stico di chi voleva realizzare immagini dinamiche e di forte impatto.

Oltretutto non è vero che tutte leillustrazioni NASA mostrano uncratere sotto il modulo lunare. LaFigura 208 mostra un disegnodella Grumman (la società chefabbricò il modulo lunare): qui ilcratere non c'è e la Terra è illumi-nata coerentemente rispetto alladirezione delle ombre.

Chiarito quest'errore di fondo, ècomunque sensato chiedersicome mai non vi siano segni evi-denti di crateri o alterazioni vi-stose della superficie sotto il veicolo di allunaggio. È comprensibilepensare che per tenere librato un veicolo da ben 15 tonnellate comeil modulo lunare, il suo motore a razzo dovesse produrre una spinta

decisamente ragguardevole che ne contrastasse il peso e che quindiavrebbe dovuto produrre sconvolgimenti vistosi del terreno sotto-

stante. O almeno così ci suggerisce l'istinto.

Ma i fatti raccontano una storia ben diversa. Innanzi tutto, la gravitàsulla Luna è un sesto di quella terrestre, per cui le 15 tonnellate dipeso del modulo lunare diventano 2,5 tonnellate. Il dato di 15 tonnel-late è riferito al peso iniziale del veicolo, che però diminuiva manmano che veniva consumato il propellente. I dati di telemetria80 docu-

mentano un consumo di circa 8000 chilogrammi di massa di propel-lente, per cui la massa del modulo lunare al momento dell'allunaggio

80  Apollo 12 - The Nasa Mission Reports , Apogee Books, 1999.

Figura 208. Disegno del modulo lunarerealizzato dalla Grumman prima dello

sbarco. Immagine S69-38662.

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208 – Luna? Sì, ci siamo andati!

era circa 7000 chilogrammi anziché 15.000. Nella gravità lunare, que-sto si traduce in un peso finale di circa 1200 chilogrammi. Per tenerelibrato il modulo lunare appena prima dell'allunaggio, insomma, ba-stava una spinta di 1200 chili.

Inoltre la superficie della Luna è costituita da roccia coperta da unostrato di polvere, per cui il getto di un motore con una spinta di 1200chilogrammi si sarebbe limitato a spazzar via la polvere, scoprendo laroccia sottostante: proprio quello che si vede nelle foto (Figura 209).

Figura 209. L'ugello del motore di discesa del modulo lunare dell'Apollo 11. Si notano in primo piano la superficie rocciosa liscia e priva di polvere e i segni araggiera prodotti dal getto del motore. Foto AS11-40-5921.

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Presunte anomalie fisiche – 209

Risolta la questione del cratere, ci si può chiedere se un motore comequello del modulo lunare avrebbe dovuto produrre una bruciatura ofusione delle rocce lunari sottostanti. Secondo dati ed esperimentipubblicati presso Clavius.org,81 la temperatura del getto del motore didiscesa del modulo lunare, all'uscita dall'ugello, era circa 1500°C. Ilgetto, però, si espande rapidamente nel vuoto, per cui (come qualun-

que gas che si espande) si raffredda altrettanto rapidamente.

Gli stessi esperimenti hanno inoltre verificato che persino cinque mi-nuti di torcia ossiacetilenica, che brucia a oltre 3100°C, sono insuffi-cienti a fondere una roccia simile a quella lunare. Pertanto la fusionedelle rocce sotto il modulo lunare è improbabile: l'unico effetto che siottiene è un leggero scolorimento. In effetti in alcune foto, come laAS11-40-5921, si nota proprio uno scolorimento nella zona diretta-mente sotto l'ugello, ma potrebbe trattarsi anche dell'effetto dellareazione chimica del suolo con il propellente.

L'assenza di un cratere era in effetti prevista da tempo dai tecnici. Lesette sonde automatiche Surveyor, allunate fra il 1966 e il 1968, aveva-no trasmesso immagini televisive del suolo dopo l'allunaggio senzamostrare crateri sotto i veicoli. Le loro analisi chimiche e fisiche aveva-no già chiarito che la superficie della Luna era piuttosto compatta equindi aveva un comportamento prevedibile.

Decollo dalla Luna, anticipo video impossibile

IN BREVE:  Non era impossibile riprendere il decollo con la telecamera

comandata da Terra: il modulo lunare doveva decollare in un istante ben preciso. Bastava conoscerlo e anticiparlo per compensare il ritardo di tra-smissione e ricezione dei comandi.

IN DETTAGLIO: La tesi di David McGowan, nel sito Wagging theMoondoggie,82 è che sarebbe stato impossibile riprendere il decollodel modulo lunare dalla Luna, come avvenne per le missioni Apollo15, 16 e 17, a causa del ritardo dei segnali radio che da Terra comanda-

vano il movimento della telecamera. L'operatore della telecamera

81 www.clavius.org/techcrater.html.

82 davesweb.cnchost.com/Apollo5.html .

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210 – Luna? Sì, ci siamo andati!

avrebbe dovuto prevedere il futuro per fare una ripresa così perfetta.In realtà l'orario del decollo era pianificato con precisione e quindi l'o-

peratore sapeva esattamente quando dare i comandi in anticipo.

Siccome il segnale della telecamera ci metteva circa un secondo e unquarto a viaggiare alla velocità della luce dalla Luna alla Terra, l'opera-

tore avrebbe visto il decollo del modulo lunare con un secondo e unquarto di ritardo e il suo comando di movimento della telecameraavrebbe impiegato un altro secondo e un quarto per arrivare sullaLuna. Con ritardi del genere, sarebbe stato impensabile, secondo McGowan, ottenere una ripresa come quella dell'Apollo 17, che segueperfettamente la salita del veicolo nel cielo della Luna.

I fatti sono ben diversi. Il modulo lunare doveva partire in un istanteestremamente preciso per incontrare in orbita il modulo di comando.Il momento esatto del decollo era quindi noto, così come lo era la tra-

iettoria di salita del modulo lunare. Fu quindi sufficiente calcolare ilgiusto anticipo nell'invio dei comandi.

Le zampe dei moduli lunari non sono impolverate

IN BREVE: Lo sono in alcune missioni e in altre no. Nulla di strano: dipen-de semplicemente dalla natura del terreno nella zona di allunaggio, per -ché la geologia e la polvere sulla Luna non sono uguali dappertutto:alcune missioni scesero in zone pianeggianti, altre in zone montuose. Di -

 pende anche dalle modalità di contatto con il suolo: alcuni piloti feceroallunaggi delicati, altri meno; alcuni scesero verticalmente, altri spazza-

rono lunghe strisce. Anche sulla Terra non tutti gli atterraggi sono uguali.IN DETTAGLIO: Nelle foto della missione Apollo 11 le zampe del mo-

dulo lunare sono prive di polvere; ma nelle immagini scattate dagliastronauti dell'Apollo 17 si vede che le zampe sono visibilmente spor-che di polvere (Figura 210). Come mai così tanta differenza? Se lochiede, per esempio, la trasmissione televisiva Voyager  (Raidue) del 4marzo 2009.

Si potrebbe essere tentati di rispondere semplicemente “E con que-

sto?” . Chissà mai quale importanza cruciale potrebbe avere la quantitàdi polvere presente sulle zampe del modulo lunare. Domande comequesta sono un classico esempio di accanimento sui dettagli, tipico

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Presunte anomalie fisiche – 211

delle tesi cospirazioniste in questo e altri campi. Si focalizza l'attenzio-

ne su un aspetto minuscolo, assolutamente banale ed insignificante,e lo si ingigantisce presentandolo come se fosse una prova devastan-

te di manipolazione, invece di arrivare alla risposta più ovvia e sempli-ce, che in questo caso è la seguente: la polvere sulle zampe èdifferente perché i due veicoli allunarono in due posti geologicamen-

te differenti.

Non ci vuole un genio particola-re per capire che la Luna non ètutta uguale e uniforme. Non èuna palla da biliardo monoliticae uniformemente impolverata.Anche a occhio nudo si possonodistinguere i cosiddetti “mari” , os-sia le pianure lunari, e le zonemontuose. Hanno colori differen-ti e sono fatti di rocce geologica-mente diverse tra loro.

Se uno dei due moduli lunari ci-tati da Voyager  fosse allunato inpianura e l'altro fosse arrivato in una zona montuosa, sarebbe perfet -tamente comprensibile che uno avesse incontrato un terreno diffe-rente dall'altro.

Ed è infatti esattamente quello che è successo. La missione Apollo 11allunò nel Mare della Tranquillità: una zona estremamente pianeg-

giante, scelta proprio perché comportava minori difficoltà di allunag-

gio. La panoramica di Figura 211 è un collage delle fotografie scattatedurante quella missione dal medesimo punto.

Figura 210. Un fotogramma dallatrasmissione Voyager mostra la zampa

dell'Apollo 11 (a sinistra) e quelladell'Apollo 17 (a destra).

Figura 211. Composizione di una sequenza di fotografie scattate da Neil Armstrongdurante la missione Apollo 11 (AS11-40-5930/31/32/33/34/39/40; Moonpans.com).

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212 – Luna? Sì, ci siamo andati!

La missione Apollo 17 allunò invece nella Valle di Taurus-Littrow, e lefoto panoramiche di Figura 212 documentano l'aspetto assai montuo-

so della zona.

Non pare così misterioso che due zone geologicamente così differen-

ti possano avere stratificazioni di polvere altrettanto differenti. Pete

Conrad (Apollo 12) e Dave Scott (Apollo 15) riferirono di aver dovutoeffettuare un allunaggio strumentale già da trenta metri di quota acausa della polvere. Altri piloti non segnalarono lo stesso problema.

Inoltre non tutti gli allunaggi furono identici. Alcuni arrivarono al suo-

lo delicatamente; altri piuttosto bruscamente. Alcuni moduli lunariscesero pressoché verticalmente; altri, come quello dell'Apollo 11, ri-masero librati a pochi metri d'altezza e spazzarono lunghe strisce, an-

che a destra e a sinistra, prima di posarsi. Con manovre così differenti,

non è così strano pensare che la quantità di polvere spostata dal get-to del motore possa essere stata altrettanto differente.

Apollo 11, motore spento ma zampe pulite

IN BREVE: Certo che sono pulite: la polvere è schizzata via lontano, spin-ta dal getto del motore, perché sulla Luna non forma volute che restano

in aria nelle vicinanze, ma segue lunghe traiettorie orizzontali che nonsono frenate dall'aria. Il motore dell'Apollo 11 non fu affatto spento pri -ma di allunare: i lunacomplottisti ne presentano un audio falsificato.

Figura 212. Panoramiche della zona di allunaggio dell'Apollo 17. DaMoonpans.com.

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Presunte anomalie fisiche – 213

IN DETTAGLIO: La trasmissione Voyager (Raidue) del 4 marzo 2009 af -ferma che il modulo lunare dell'Apollo 11 toccò il suolo della Luna“con il motore spento: Armstrong stesso dice di non vedere più nulla a

 pochi metri dalla Luna.” Il programma rinforza il concetto dell'allunag-

gio a motore spento facendo ascoltare l'audio dell'allunaggio, nelquale si sente un colorito ”BAM!” di una voce d'astronauta via radio. Ilconcetto è importante, perché se il motore era spento, non può averspazzato via la polvere. Infatti Voyager osserva che “quasi nulla è statospostato”  e che “le zampe del modulo lunare sono pulite e brillanti.Come mai sotto il modulo non sembra essere accaduto nulla?” 

Ma andando a verificare la tra-scrizione delle comunicazioni ra-dio dell'allunaggio dell'Apollo 11si scopre che è falso che il modu-lo lunare toccò con il suolo “conil motore spento” e che il ”BAM!” èstato aggiunto da Voyager  ed èassente nelle registrazioni origi-

nali: proviene invece dalla missio-ne Apollo 15 (la voce è quella diIrwin, a 104:42:29). Il presuntomistero, insomma, è stato fabbri-cato ad arte.

Nelle comunicazioni radio dell'A-

pollo 11, a 102:45:40 Buzz Aldrindice “Contact Light” : significa che

almeno una delle sonde alte 173centimetri, situate sotto le zampedel modulo lunare (Figura 213),ha toccato il suolo, accendendoun'apposita spia in cabina. A102:45:43, il registratore di bordocapta la voce di Neil Armstrongche dice “Shutdown“  (spegnimento). Un secondo più tardi, Aldrin co-

munica via radio “Okay. Engine stop”. Il motore principale fu dunque

spento non  prima, ma quattro secondi dopo il contatto con il suolo,ed ebbe quindi tutto il tempo di spazzar via la polvere sottostanteprima che le zampe vere e proprie toccassero il terreno lunare.

Figura 213. Una delle sonde di contattocollocate sotto le zampe del modulolunare. Dettaglio della foto AS11-44-

6574.

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214 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Le impronte degli astronauti sono troppo nitide

IN BREVE:  No, sono esattamentequello che ci si aspetta da polverearida e non levigata nel vuoto.

IN DETTAGLIO: Ralph René e al-tri sostengono83 che per ottenereimpronte nitide nella polvere oc-corre che la polvere sia umida, al-trimenti si ottengono soltanto

impronte indistinte. ”Le unichetracce chiare che possiamo lascia-re su una spiaggia sabbiosa, nonimporta quanto sia grezza o finela sabbia, sono quelle vicino all'ac -qua"  dice René. Ma sulla Lunanon c'è umidità, per cui secondoi lunacomplottisti non si dovreb-

bero formare impronte così nette

come quelle lunari.

Chi sostiene questa tesi non considera che la sabbia terrestre è sog -

getta a condizioni ben diverse da quelle presenti sulla Luna. Sulla Ter-ra, l'azione dei vari agenti atmosferici muove e rimescolacontinuamente i granelli di sabbia, dando loro superfici lisce che han-

no un attrito molto ridotto. Sulla Luna quest'azione levigante non c'èe quindi i granelli della “sabbia“ lunare (tecnicamente si chiama rego-lite) sono spigolosi e ruvidi e quindi tendono ad incastrarsi fra loro

più di quanto faccia la sabbia terrestre.

Anche la forza di gravità che agisce sulla polvere lunare è diversa: èun sesto di quella terrestre, per cui gli accatastamenti di granelli sullaLuna hanno una minore tendenza a crollare. Inoltre la regolite lunareha una notevole carica elettrostatica, per cui i granelli lunari tendonoad aderire fra loro. 84

83 NASA Mooned America!, pagina P-7.84 Effects of gravity on cohesive behavior of fine powders: implications for 

 processing Lunar regolith, Otis R. Walton, C. Pamela De Moor e Karam S. Gill,in Granular Matter, vol. 9 n. 6 (2007).

Figura 214. Un'impronta lasciata da Buzz  Aldrin (Apollo 11). Dettaglio della foto

 AS11-40-5877.

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Presunte anomalie fisiche – 215

Sulla Terra tutto questo non av-viene e un'impronta nella sabbiaasciutta collassa. Queste differen-

ze consentono invece alla regoli-te del suolo lunare di formareimpronte molto più nitide dellanorma terrestre.

Come ulteriore conferma, la tra-smissione Mythbusters ha collo-cato in una camera a vuoto unmateriale geologicamente identi-co alla regolite e ha provato a la-sciarvi un'impronta, ottenendo un risultato molto simile a quello visi-bile nelle foto lunari nonostante la gravità sei volte maggiore e l'as-senza di elettricità statica significativa (Figura 215).

Il portello del modulo lunare era troppo strettoIN BREVE: No, non era troppo stretto perché ci passasse un astronautacon tuta e zaino. I lunacomplottisti che affermano di aver trovato dimen-sioni incompatibili hanno misurato la larghezza della tuta spaziale flo-scia anziché indossata e con le braccia ai lati del corpo, ma gli astronauti 

 passavano dal portello stando carponi e quindi con le braccia sotto il corpo, cambiando drasticamente la propria larghezza effettiva.

IN DETTAGLIO: James Collier, autore del libro e DVD Was It Only a Pa-

 per Moon? , racconta di aver misurato direttamente il vano del portelloanteriore di un modulo lunare e di aver scoperto che era largo solo 81centimetri. Questa larghezza, a suo dire, non avrebbe permesso a unastronauta, bardato nella propria tuta spaziale e con lo zaino di so -

pravvivenza sulle spalle, di uscire dal modulo lunare, perché l'astro-

nauta in tuta sarebbe stato largo quanto il vano del portello e quindivi sarebbe rimasto incastrato. Mary Bennett e David Percy ripetono lastessa affermazione nel loro libro Dark Moon.

Le dimensioni del vano del portello indicate da queste fonti sono so-stanzialmente esatte: circa 81 centimetri in altezza e in larghezza.85

85  Apollo 11 Press Kit ; Lunar Module Operations Handbook .

Figura 215. L'impronta ottenuta nellaregolite nel vuoto da Mythbusters.

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216 – Luna? Sì, ci siamo andati!

L'errore nella tesi lunacomplottista sta nel metodo di misura della lar-ghezza dell'astronauta. Lo zaino passa agevolmente dal vano del por-tello, perché è largo circa 51 centimetri: ma secondo i lunacomplottistila tuta spaziale sarebbe larga 81 centimetri, ossia quanto il vano dalquale sarebbe dovuta passare. Solo che questa misura si riferisce allatuta quando non è indossata e quindi è piatta. Qualunque indumentorisulta più largo quando è spianato che quando viene indossato, perun'ovvia ragione geometrica.

Inoltre la misura viene presa da gomito a gomito, disponendo le brac-cia ai lati del tronco, e spianando anche le maniche, che quindi diven -

tano più larghe di quanto lo siano quando la tuta viene indossata. Magli astronauti passavano dal vano del portello stando carponi, quindicon le braccia raccolte sotto di sé, per cui è scorretto includere la lar-ghezza delle maniche (oltretutto flosce). La larghezza massima realedegli astronauti era quella delle spalle, che da un vano di 81 centime-

tri (grosso modo la larghezza di una tipica porta di casa) passavanoagevolmente.

Del resto, basta guardare le foto-

grafie lunari, come la AS11-40-5862 (Figura 216), che mostraBuzz Aldrin mentre scende dalmodulo lunare passando dalvano del portello, per capire chela larghezza del vano era suffi-ciente. La manovra, a detta degliastronauti, non era facile, ma era

comunque fattibile.Chi avesse dubbi residui puòprocurarsi una copia delle tuteApollo, liberamente acquistabilenei negozi specializzati in facsi-mili di oggetti aerospaziali, e mi-surare le dimensioni del vano delportello visitando l'esemplareoriginale di modulo lunare espo-

sto al pubblico presso il NationalAir and Space Museum di Wa-shington, D.C..

Figura 216. Buzz Aldrin esce dal modulolunare per raggiungere la superficie dellaLuna. Dettaglio della foto AS11-40-5862.

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Presunte anomalie fisiche – 217

Le tute pressurizzate sarebbero state gonfissime

IN BREVE: No, perché erano dotate di uno strato di contenimento para-gonabile a quello che si vede nei tubi flessibili usati per innaffiare e ave -vano apposite articolazioni a soffietto.

IN DETTAGLIO: Alcuni lunacomplottisti si chiedono come gli astro-

nauti potessero flettere le dita dentro i guanti della tuta spaziale e piùin generale come potessero muoversi, visto che le tute, se fossero sta-te pressurizzate come sostiene la NASA, nel vuoto si sarebbero gon -

fiate come un omino Michelin.

Per capire che la tesi è sbagliata basta considerate che non si gonfia-

no neanche le tute spaziali usate oggi dagli astronauti che lavoranoall'esterno dello Shuttle o della Stazione Spaziale Internazionale equelle usate per le passeggiate spaziali dai cosmonauti russi. Ma i fattitecnici spiegano in dettaglio la presunta anomalia.

Le tute erano pressurizzate sol-tanto a circa 0,3 atmosfere (unterzo della pressione atmosfericanormale) ed erano dotate di unostrato di contenimento: una retenon espandibile integrata nellostrato di neoprene che costituivail Pressure Garment , ossia la parteermetica della tuta che racchiu-

deva il corpo dell'astronauta. Latuta, insomma, si poteva espan-

dere soltanto fino al punto in cuiquesta rete risultava tesa. Se siimmagina un palloncino colloca-to dentro un sacchetto di retinao si guarda la struttura di un tubo flessibile per innaffiare, si ha unbuon esempio di strato di contenimento.

Inoltre le dita, le spalle, le ginocchia e i gomiti della tuta avevano arti-colazioni a soffietto che facilitavano i movimenti ed erano progettate

per essere flessibili senza però gonfiarsi (Figura 217).

Figura 217. Gene Cernan verifica la tagliadello strato ermetico della tuta spaziale,

il Pressure Garment. Si notano learticolazioni a soffietto anche sulle dita.Foto NASA 72-H-253.

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218 – Luna? Sì, ci siamo andati!

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Altre presunte anomalie – 219

Altre presunteanomalie

Gli astronauti avevano espressioni colpevoli

IN BREVE: No. I lunacomplottisti scelgono ad arte solo le foto nelle quali gli astronauti hanno espressioni serie e le spacciano per manifestazioni ricorrenti di sensi di colpa dovuti alla messinscena. Ma ci sono molte al -tre foto e riprese filmate nelle quali gli astronauti sorridono e ridono.

IN DETTAGLIO: “Sembra più che altro che gli sia morto il gatto” : vienedescritta così, per esempio su Luogocomune.net,86 l'espressione diArmstrong, Collins e Aldrin in Figura 218. La partecipazione all'ingan-

no globale sarebbe la ragione di "quella strana espressione 'agrodolce' che si nota spesso su tutti i 'terzetti' di ritorno dalla missioni lunari”.

86 tinyurl.com/espressioni-tristi .

Figura 218. Le espressioni di Armstrong, Collins e Aldrin (Apollo 11) mentreincontrano il presidente Nixon durante l'isolamento di quarantena dopo il loroviaggio lunare, nell'unica foto dell'evento mostrata dal sito Luogocomune.net.

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220 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Si tratta invece, molto banalmente, di una delle tante fotografie scat-tate mentre stanno ascoltando il presidente dell'epoca, Richard Nixon,che parla con loro: in questo scatto hanno un'espressione seria per-ché il presidente sta esprimendosi in tono serio, per cui non c'è dastupirsi se i visi degli astronauti non sono contorti in una smorfia diilarità. Ridere in faccia al presidente degli Stati Uniti sarebbe stato de-cisamente fuori luogo.

Ma i sostenitori della ”tesi del gatto morto” hanno semplicementescelto ad arte una fotografia che si adatta alla loro argomentazione,perché non hanno mostrato, per esempio, quelle delle Figure 219 e220: due altri istanti dello stesso evento, nei quali gli astronauti inveceridono insieme a Nixon.

Anche gli altri astronauti delle missioni lunari, contrariamente a quan-

to asserito dai sostenitori della messinscena, si dimostrarono tutt'altroche tristi dopo le loro missioni. In questi quarant'anni hanno parteci-pato a numerosissime conferenze pubbliche e interviste televisive,

Figura 219. Gli astronauti dell'Apollo 11 ridono insieme al presidente Nixon.Dettaglio della foto S69-21365.

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Altre presunte anomalie – 221

nelle quali hanno raccontato con piacere e divertimento le proprieesperienze lunari.

Una menzione particolare va fat-ta, per esempio, per Alan Bean,Pete Conrad e Richard Gordon, ilcui video  Apollo 12 Uncensored èuna carrellata di aneddoti e bat-tute che non sembrano certo in-

dicare sensi di colpa o imbarazzi.

Questa tesi lunacomplottista èforse una delle più emblemati-che: mostra molto chiaramente isintomi di una visione del mon-

do nella quale ogni cosa, persinouna comune e normale espressione seria, è interpretata come provadell'esistenza della colossale cospirazione.

Neil Armstrong non rilascia interviste

IN BREVE: Le rilascia eccome, ma poche e scelte con cura, perché non gli  piace apparire nei media generalisti dopo la sbornia di celebrità che se-guì l'allunaggio. Preferisce le conferenze tecniche, nelle quali è tutt'altroche reticente e schivo. 

IN DETTAGLIO: Alcuni lunacomplot-

tisti affermano che Neil Armstrong,comandante della missione Apollo 11e primo uomo a mettere piede sullaLuna, non è mai più apparso in tele-visione dopo le celebrazioni imme-diatamente successive all'impresalunare del 1969. Secondo loro, la suaassenza dai media è dovuta a un pre-sunto senso di colpa per aver menti-

to al mondo durante l'altrettantopresunta messinscena lunare e pertutti gli anni successivi.

Figura 220. Un altro momento di allegriadegli astronauti dell'Apollo 11 con Nixon.

Figura 221. Neil Armstrong

intervistato per il programmastatunitense 60 Minutes.

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222 – Luna? Sì, ci siamo andati!

La realtà è parecchio diversa. Peresempio, negli anni SettantaArmstrong fu persino testimonial pubblicitario televisivo per laChrysler (Figura 222).

È però vero che da allora ha cen-

tellinato con molta cura le pro-

prie apparizioni pubbliche e haprotetto la propria immagine da-gli speculatori. Fece causa nel1994 alla Hallmark Cards per averusato il suo nome e la sua vocesenza permesso in una decorazione natalizia (il risarcimento fu devo-

luto alla Purdue University, dove si era laureato). Nel 2005 il suo bar-biere mise all'asta i suoi capelli tagliati, che andarono a uncollezionista per 3000 dollari; l'astronauta minacciò azione legale e ilbarbiere donò il ricavato dell'asta a un ente benefico.

Una delle poche interviste personali ad Armstrong è quella concessanel 2005 al popolarissimo programma 60 Minutes della rete televisivastatunitense CBS in occasione della pubblicazione della sua biografia,curata dallo storico James Hansen e intitolata First Man: The Life of Neil 

 A. Armstrong.87

Armstrong resta comunque un uomo riservato e modesto, che prefe-risce parlare di argomenti tecnici. Fece parte delle commissioni pub-

bliche d'inchiesta sugli incidenti dell'Apollo 13 (1970) e della navettaChallenger (1986), che lo riportarono alla ribalta in due momenti

drammatici del programma spaziale statunitense. Fu poi il conduttoredei documentari televisivi statunitensi First Flights with Neil Armstrong(1991) e Man On the Moon, e in tempi più recenti ha concesso lunghis-sime interviste tecniche ai curatori dell' Apollo Lunar Surface Journal epartecipato al documentario When We Left Earth (2008).

Nel 2009 ha celebrato il quarantennale dello sbarco sulla Luna parte-

cipando, insieme ad Aldrin e Collins, alla  John H. Glenn Lecture, unaconferenza annuale che si tiene al National Air and Space Museum

dello Smithsonian Institution a Washington, D.C., e al gala per il qua-

87 L'intervista completa e la relativa trascrizione sono disponibili pressotinyurl.com/armstrong-cbs.

Figura 222. Neil Armstrong in uno spot 

della Chrysler (1979).

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Altre presunte anomalie – 223

rantennale della missione Apollo 12 presso il Kennedy Space Center,dove ha dimostrato una discreta verve umoristica e autoironica.88 Nonsembrano certo le scelte di una persona che si vergogna.

La NASA non affronta le accuse

IN BREVE: Niente affatto: ha anzi pubblicato parecchio materiale sull'ar -gomento. Tuttavia ha dichiarato di non volerne produrre altro, per nonregalare dignità a un insieme di tesi che la comunità scientifica ritiene ri -dicolo. La NASA preferisce lasciare ad altri il compito di ribattere alle sin-gole presunte prove di messinscena.

IN DETTAGLIO: C'è chi insinua che la NASA abbia qualcosa da na-scondere perché non affronta direttamente il dibattito con i sosteni-tori delle tesi di messinscena e non pubblica delle smentite alle loropresunte prove.

In realtà la NASA ha pubblicato smentite piuttosto dettagliate. Dopo

la messa in onda del documentario di Fox TV Did We Land on theMoon? nel 2001, aggiunse varie pagine di risposta al proprio sito Webpartendo da materiale già pubblicato nel 1977.89

Ma c'è un limite all'investimento che la NASA intende fare per ribatte-

re ai dubbi e alle argomentazioni lunacomplottiste. Nel 2002, in rispo-

sta al documentario di Fox TV, che aveva dato nuova apparenteautorevolezza alle tesi alternative, la NASA stanziò 15.000 dollari aquesto scopo e incaricò James Oberg, ingegnere aerospaziale e stori-

co delle missioni spaziali, di scrivere un libro apposito, orientato prin-cipalmente agli insegnanti e agli studenti.

Il progetto fu annullato poco dopo, in seguito alle polemiche nei me-dia che accusavano la NASA di conferire dignità a tesi demenziali.“Cercare di fornire una risposta mirata a queste cose non fa altro che

88 Video disponibili presso tinyurl.com/neil-glenn e tinyurl.com/neil-apollo12 .

89 Did U.S. Astronauts Really Land on the Moon? , in NASA Facts, 1977,

ripubblicato il 14/2/2001 (tinyurl.com/smentite-nasa1); The Great MoonHoax , 23/2/2001 (tinyurl.com/smentite-nasa2); The Moon Landing Hoax ,30/3/2001 (tinyurl.com/smentite-nasa3); Did We Really Land on the Moon? Suggestions for Science Teachers, 4/3/2001 (tinyurl.com/smentite-nasa4).

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224 – Luna? Sì, ci siamo andati!

dare credibilità a qualcosa che è, di fatto, asinesco”, dichiarò a novembre2002 Sean O'Keefe, direttore della NASA. Oberg annunciò l'intenzionedi proseguire il progetto comunque, usando finanziamenti di altraprovenienza, ma finora non risulta che il libro sia stato pubblicato.

Da allora la diffusione crescente di Internet ha permesso a molti ap-

passionati ed esperti di rispondere alle tesi di messinscena nei proprisiti. La bibliografia di questo libro ne elenca alcuni dei più popolarinelle varie lingue. Di conseguenza, una replica diretta da parte dellaNASA è diventata sostanzialmente superflua: la vera risposta è costi-tuita dalla pubblicazione della vastissima documentazione che atte-sta la realtà degli sbarchi lunari.

Gli astronauti lunari non affrontano i dubbiosi

IN BREVE: Al contrario, molti di loro hanno risposto esplicitamente alledomande dei dubbiosi, hanno partecipato a dibattiti televisivi e si sonolasciati intervistare anche dai complottisti lunari, arrivando ad accettare

di giurare sulla Bibbia davanti alle loro telecamere.

IN DETTAGLIO: Molti autori di libri e filmati pro-complotto si lamen-

tano che gli astronauti che hanno visitato la Luna rifiutano il dibattitocon loro e non rispondono alle loro argomentazioni; questo, dicono,sarebbe un comportamento sospetto.

In realtà gli astronauti lunari hanno risposto più volte alle tesi di mes-sinscena. Per esempio, nel 2001 John Young (Apollo 10, Apollo 16)

partecipò al Today Show  della rete televisiva statunitense NBC percontrobattere le singole asserzioni lunacomplottiste di Bill Kaysing,aggiungendo una considerazione tranciante: “Se fosse stata una mes-sinscena, perché l'avremmo fatta più di una volta?” .90

Alcuni di loro hanno accettato di essere intervistati a lungo dai soste-nitori delle tesi di falsificazione, e Gene Cernan (Apollo 10, Apollo 17),Alan Bean (Apollo 12) e Edgar Mitchell (Apollo 14) hanno addiritturaaccolto la sfida di giurare sulla Bibbia in video per venire incontro alle

insistenze di Bart Sibrel (Figura 223).

90 8/8/2001, trascrizione disponibile presso tinyurl.com/today-show2001.

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Altre presunte anomalie – 225

Altri hanno preferito rispondere a queste insistenze con un pugno,come nel caso di Buzz Aldrin dopo essere stato accusato da Sibrel diessere “un ladro, un bugiardo e un vigliacco” , o con una ginocchiata nelsedere, come quella assestata sempre a Sibrel da Edgar Mitchell allafine dell'intervista in cui aveva giurato sulla Bibbia (entrambi gli epi-sodi sono documentati nel video Astronauts Gone Wild 2004 di Sibrel).

Di solito, però, gli astronauti lunari liquidano le tesi di messinscena

con poche parole trancianti, come quelle di Gene Cernan: ”Io sonostato là, io ho lasciato le mie orme sulla Luna, e questo nessuno me lo può togliere”.91

I documenti NASA non sono disponibili

IN BREVE: La NASA ha da sempre dato accesso a copie della propria do-

cumentazione tecnica, fotografica e cinematografica a chi ne faceva ri -chiesta e ne pagava le spese di duplicazione e spedizione. Ora che i documenti si possono distribuire a costo zero via Internet, è disponibilecon un semplice clic una quantità immensa di documentazione.

IN DETTAGLIO: Bill Kaysing, nel libro Non siamo mai andati sulla Luna,pone questa domanda: “Perché i documenti della NASA sul programma

 Apollo, pur non essendo classificati (ovvero, a divulgazione limitata) nonsono disponibili al pubblico?“ (pagina 19).

91 In the Shadow of the Moon, di David Sington (2007).

Figura 223. Edgar Mitchell, Gene Cernan e Alan Bean giurano sulla Bibbia surichiesta del lunacomplottista Bart Sibrel. Dal video Astronauts Gone Wild (2004)

di Sibrel.

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226 – Luna? Sì, ci siamo andati!

L'obiezione di Kaysing è parzialmente scusabile perché la prima edi-zione del suo libro risale al 1974, quando Internet non esisteva, equella italiana è datata 1997, prima della diffusione di Internet in Italia,ma oggi è decisamente obsoleta. Infatti i vari siti Internet della NASAoffrono la possibilità di scaricare, gratuitamente o a pagamento, deci-ne di migliaia di pagine di manuali, schemi tecnici e rapporti, insiemea tutte le fotografie di tutte le missioni Apollo. Un elenco parziale diquesti archivi pubblici di documentazione è nella bibliografia in fon-

do a questo libro.

Va detto, comunque, che l'asser-zione di Kaysing era fasulla an-

che all'epoca, perché la NASAforniva già allora tutta la docu-

mentazione pubblica a chi ne fa-ceva richiesta e ne pagava i costidi riproduzione e spedizione:cosa che ovviamente facevano inpochi, se si considera che per

esempio uno dei manuali delmodulo lunare è costituito da ol-tre 1700 pagine.92

Alcuni documenti furono tenutiriservati per alcuni anni perchériguardavano tecnologie militari(come quella della telecamera lu-

nare dell'Apollo 11) o utilizzabili

per scopi militari dai nemici, mafurono resi pubblici nel giro dipochi anni, come si vede in Figu-

ra 224: persino la documentazio-

ne di un componente di assolutaavanguardia come il computer dinavigazione, realizzato dall'MIT, fu resa disponibile al pubblico già nel1973, soltanto quattro anni dopo il primo sbarco e un anno dopo iltermine delle missioni lunari.

92  Apollo Operations Handbook, Lunar Module, LM 10 and Subsequent .

Figura 224. La copertina del rapporto di  progetto del computer di navigazionedei veicoli Apollo reca i timbri di rilascio

al pubblico nel 1973.

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Altre presunte anomalie – 227

I progetti del Saturn V sono stati “persi”

IN BREVE:  No, sono archiviati sumicrofilm presso il Marshall SpaceFlight Center e su carta negli archi -vi della Rocketdyne e in quelli fe-derali statunitensi. Comunque ci sono ancora tre Saturn V interi esposti al pubblico, per chi li voles-se esaminare.

IN DETTAGLIO: John Lewis, nellibro Mining the Sky (1996), scrissedi aver tentato di procurarsi i di-segni tecnici di progetto del vet-tore Saturn V senza riuscirvi: “I miei tentativi di trovarli, vari anni fa, non ebbero successo: i progetti sono evidentemente stati 'persi'” .Questa frase diede origine alla

credenza che i progetti del Sa-turn V fossero stati distrutti in-

tenzionalmente. Secondo alcunilunacomplottisti, la distruzionesarebbe servita a nascondere ilfatto che il vettore in realtà nonfunzionava e non era in grado diraggiungere la Luna come di-chiara la NASA.

Nel 2000, tuttavia, la NASA93 chia-rì che i disegni tecnici esistonotuttora, ma su microfilm, non sucarta, e sono conservati presso ilMarshall Space Flight Center diHuntsville, in Alabama. Inoltre gliarchivi federali di East Point, inGeorgia, conservano circa 82 me-tri cubi di documenti riguardanti

93 Saturn 5 Blueprints Safely in Storage, Space.com, 13/3/2000.

Figura 225. Uno dei disegni tecnici “persi” del Saturn V. Fonte: Up-ship.com.

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228 – Luna? Sì, ci siamo andati!

il Saturn, e la Rocketdyne (la società che realizzò tutti i motori princi -pali dei tre stadi del Saturn V) custodisce “dozzine di volumi” nell'am-

bito del progetto di mantenimento delle conoscenze tecniche suimotori giganti del vettore.

In ogni caso esistono tre esemplari completi del Saturn V, liberamenteaccessibili al pubblico, presso il Kennedy Space Center a Merritt Islandin Florida, il Johnson Space Center di Houston, in Texas, e lo U.S. Spa-ce & Rocket Center di Huntsville, in Alabama.

La NASA manipola le registrazioni e mancail ritardo radio

IN BREVE: La NASA no, ma i documentaristi sì. Per esigenze narrative, nei documentari spesso i dialoghi vengono riassunti o rimontati. Per questo,

 per esempio, a volte non c'è il ritardo radio nelle comunicazioni Terra-Luna. Ma nelle registrazioni e trascrizioni di riferimento pubblicate dallaNASA e descritte come integrali c'è tutto, anche il ritardo radio.

Figura 226. Un esemplare visitabile di Saturn V presso lo U.S. Space & Rocket Center di Huntsville, in Alabama. Fonte: Spacecamp.com.

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Altre presunte anomalie – 229

IN DETTAGLIO: In alcuni filmati degli sbarchi lunari gli astronauti ri-spondono troppo rapidamente alle comunicazioni radio provenientidalla Terra. Le onde radio ci mettono un secondo e un quarto a copri-re la distanza Terra-Luna: quindi fra le parole del Controllo Missione aHouston e le risposte degli astronauti dovrebbe esserci una pausa al -meno lunga altrettanto. Se manca, sostengono i lunacomplottisti,vuol dire che le comunicazioni erano fasulle.

Molto più banalmente, vuol dire che le comunicazioni originali sonostate rimontate per togliere le pause. Infatti quest'anomalia si notanei documentari, non nelle registrazioni originali. I documentari, conpochissime eccezioni, tendono a rielaborare immagini e audio per to -

gliere i tempi morti e non interrompere la narrazione, concentrandolasui momenti salienti.

Per esempio, molti documentari presentano l'allunaggio dell'Apollo11 facendo sembrare che “Tranquility Base here, the Eagle has landed” (“Qui Base Tranquillità, l'Aquila è atterrata” ) siano le prime parole pro-

nunciate sulla Luna. In realtà ascoltando le registrazioni originali eleggendo le trascrizioni complete (disponibili per esempio presso l'A-

pollo Lunar Surface Journal) si scopre che prima di quelle storiche pa-role ci fu tutta una serie di comunicazioni tecniche.

Ecco i dialoghi completi, a partire dal primo contatto con la Luna:

102:45:40 Aldrin: Contact Light.

Questa segnalazione banale, che informa il Controllo Missione che al-meno una delle sonde lunghe circa 170 centimetri sotto le zampe delmodulo Lunare ha toccato il suolo lunare, è (volendo essere pignoli)la vera prima frase pronunciata sulla Luna.

La litania di messaggi tecnici, indispensabili per la messa in sicurezzadel modulo lunare, prosegue dopo che il modulo lunare si è piena-mente posato al suolo:

102:45:43 Armstrong: Shutdown.

102:45:44 Aldrin: Okay. Engine Stop.

102:45:45 Aldrin: ACA out of Detent.

102:45:46 Armstrong: Out of Detent. Auto.

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230 – Luna? Sì, ci siamo andati!

102:45:47 Aldrin: Mode Control, both Auto. Descent Engi -ne Command Override, Off. Engine Arm, Off. 413 is in.

A questo punto, da Terra parla Charlie Duke, futuro astronauta dell'A -

pollo 16, che in questa fase della missione è il Capcom, ossia la perso-

na che tiene i contatti via radio con gli astronauti:

102:45:57 Duke: We copy you down, Eagle.

102:45:58 Armstrong: Engine arm is off. [pausa] Houston,Tranquility Base here. The Eagle has landed.

Come si può notare, si tratta di una lunga serie di messaggi tecnici dinessun interesse per lo spettatore: per questo vengono omessi neidocumentari. Tutto qui.

Un altro esempio di taglio ricorrente per esigenze narrative arriva su-

bito dopo questi dialoghi: Charlie Duke, comprensibilmente in predaall'emozione, s'impapera e non riesce a pronunciare il nuovo nomedel modulo lunare, Tranquility . Inizia dicendo “Roger, Twan...”, poi si fer-ma e si corregge: “...Tranquility. We copy you on the ground. You got a

bunch of guys about to turn blue. We're breathing again. Thanks a lot.” Nella maggior parte dei documentari questa papera viene eliminata.

Anche la famosissima frase “Un  piccolo passo per un uomo, ungrande balzo per l'umanità”  èspesso presentata scorrettamen-te per brevità mentre Neil Arm-

strong salta giù dalla scaletta del

modulo lunare. In realtà, nella re-gistrazione video integrale Arm-

strong salta e atterra, comeprevisto, sulla base circolare dellazampa del veicolo, senza toccareil suolo Lunare. Poi fa vari com-

menti, risale lungo la scaletta conun balzo per verificare di esserein grado di farlo (la scaletta iniziaa circa un metro e mezzo dal suolo), ridiscende, descrive l'ambientecircostante e soltanto a questo punto poggia cautamente il piede si-nistro sul suolo lunare e pronuncia la frase fatidica (Figura 227).

Figura 227. Armstrong si appresta a posare il primo piede sulla Luna.Fotogramma tratto dall'edizionerestaurata della diretta televisiva.

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Altre presunte anomalie – 231

L'errore commesso sistematicamente dai lunacomplottisti è di consi-derare i documentari alla stregua di dati ufficiali quando in realtà nonlo sono. I dati veri e propri, quelli completi, quelli che fanno fede,sono contenuti nelle registrazioni integrali, non nei documentari.

La roccia lunare donata dagli USA all'Olanda è falsa

IN BREVE: Certo che è falsa: non proviene dalla NASA, che non l'ha mai autenticata. È troppo grande: è un vero e proprio sasso, mentre tutte lealtre donazioni sono frammenti minuscoli. La storia che la circonda nonha senso: sarebbe stata donata nel 1969 a un ex primo ministro in pen -sione anziché a un rappresentante del governo olandese in carica, sareb-be rimasta sepolta nel museo invece di essere esibita come rarità, ed èfacilmente riconoscibile come falsa già dal colore. La targhetta contieneinoltre un vistoso errore ortografico. Gli indizi suggeriscono che si tratti di un equivoco o di una burla di due artisti olandesi, risalente al 2006.94

IN DETTAGLIO: Ad agosto 2009

si è diffusa nei media la notiziache i curatori del museo naziona-le olandese Rijksmuseum, adAmsterdam, avevano scopertoche un reperto presentato peranni come campione di roccia lu-

nare portato dagli astronauti del-la missione Apollo 11 era in realtàun pezzetto di legno pietrificato(Figura 228).

Stando ai resoconti giornalistici,la presunta roccia lunare sarebbestata donata il 9 ottobre 1969dall'ambasciatore statunitense J.W. Middendorf a un ex primo mi-nistro olandese, Willem Drees,durante il tour mondiale degli astronauti dell'Apollo 11 poco dopo la

94 Molti degli elementi di questa vicenda sono frutto delle ricerche di DiegoCuoghi, che ringrazio di cuore per la collaborazione offerta.

Figura 228. La finta “roccia lunare“ e lasua targhetta descrittiva.

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232 – Luna? Sì, ci siamo andati!

loro storica missione del 1969, in occasione di una mostra dedicata al-l'esplorazione spaziale. Alla morte di Drees, nel 1988, il reperto sareb-

be stato messo in esposizione nel museo. Ma nel 2006 Arno Wielders,un fisico e imprenditore aerospaziale, lo vide e informò il museo cheera altamente improbabile che la NASA avesse donato una preziosis-sima roccia lunare tre mesi dopo il ritorno della prima missione e pri -ma che avesse luogo il secondo sbarco. Una telefonata all'entestatunitense che si occupa della gestione di tutti i reperti lunari con -

fermò il dubbio: il curatore dell'ente si dichiarò certo che non potessetrattarsi di roccia proveniente dalla Luna.

Le indagini svolte nel 2009 da Xandra Van Gelder, chief editor della ri-vista Oog del museo, confermarono che si trattava di un falso. VanGelder dichiarò che l'oggetto era stato verificato inizialmente tramiteuna semplice telefonata alla NASA: l'ente spaziale non aveva autenti-cato specificamente quel reperto, ma aveva soltanto dichiarato cheera possibile che i Paesi Bassi avessero ricevuto una roccia lunare,dato che la NASA ne aveva donate a oltre 100 paesi nei primi anniSettanta. Era però molto improbabile che la NASA avesse donato al -

l'Olanda una roccia così grande: le donazioni ad altri paesi sono fram-menti minuscoli, mentre la “roccia lunare” misura cinque centimetri emezzo per due.

Van Gelder segnalò anche che non era chiaro il motivo per cui la pre-sunta roccia lunare sarebbe stata donata dall'ambasciatore statuni-tense a un ex primo ministro che nel 1969 non era più in carica daundici anni, anziché alle autorità del governo in carica. L'ambasciatorespiegò che a lui risultava di aver ricevuto il reperto dal Dipartimento

di Stato USA, ma non ricordava i dettagli precisi della vicenda.A parte la sua storia incoerente e implausibile, l'oggetto aveva ancheaspetti visivi palesemente sospetti: per esempio, le tinte rossicce, bendifferenti da quelle delle comuni rocce seleniche. Il petrologo Wimvan Westrenen, della Libera Università di Amsterdam, disse di essersiaccorto subito che c'era qualcosa di anomalo. Un esame microscopi-co e spettroscopico di un frammento rimosso dal reperto permise diindividuare quarzo e strutture cellulari tipiche del legno.

Per tutte queste ragioni, la “roccia lunare” è oggi catalogata dal Rijk -smuseum come oggetto numero NG-1991-4-25, con la descrizione“Pezzo di legno pietrificato nero e rosso” , e classificata inequivocabil-

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Altre presunte anomalie – 233

mente come “falso” . Le parole “Pietra lunare portata dall'equipaggiodell'Apollo 11” sono riportate soltanto come "titolo dell'opera”.

Un'altra serie di anomalie emer-ge se si confronta il reperto conun vero campione di roccia luna-re donato all'Olanda, quello con-

servato al museo di Boerhaave(Figura 229).

Quello vero è incapsulato nella

plastica e montato su un suppor-to che reca diciture chiare che lodescrivono esplicitamente comeuna serie di frammenti della su-

perficie della Luna portato sulla Terra dall'Apollo 11 e donato alpopolo olandese (non a una sin-

gola persona) dal presidente sta-tunitense Nixon (non da unambasciatore).

Quello falso non è incapsulato omontato, ed è accompagnato daun semplice cartoncino dorato. Oltretutto il cartoncino non dice affat-to che si tratta di roccia lunare: dice semplicemente “Con i compli -menti dell'Ambasciatore degli Stati Uniti d'America”, per cui potrebberiferirsi a qualunque oggetto. Il cartoncino contiene anche errori orto-

grafici inconsueti: “Apollo-11” , con il trattino, è uno svarione ben poco

inglese ma molto olandese, e la parola “Centre“  è scritta secondo lagrafia britannica anziché quella americana (“Center” ).

A tutto questo bisogna aggiungere che un reperto così importante(ci sono soltanto 380 chili di roccia lunare in tutto il mondo) vennealla ribalta soltanto durante una “esposizione artistica” organizzata nel2006 dal duo di artisti di Rotterdam Liesbeth Bik e Jos van der Pol,specializzato in happening, anziché durante una mostra scientifica.L'evento artistico prevedeva che il duo ponesse ai visitatori “varie do-

mande su quest'oggetto, mai rivelato prima al pubblico, e sui piani del Rijksmuseum di aprire un museo sulla Luna” : un quesito decisamente

Figura 229. In alto, nella sfera

trasparente, un vero campione di roccialunare donato all'Olanda dagli USA.Fonte: www.museumboerhaave.nl.

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234 – Luna? Sì, ci siamo andati!

semiserio. Ma va anche detto che il 9 ottobre 1969 gli astronauti del-l'Apollo 11 erano davvero ad Amsterdam in visita ufficiale.

Le ipotesi che si prospettano a questo punto, sulla base degli elemen-

ti disponibili e in attesa di sviluppi, sono il malinteso o la burla.

Il malinteso potrebbe essersi ori-ginato in vari modi. Per esempio,nel catalogare il lascito dell'exprimo ministro Drees il pezzo dilegno pietrificato potrebbe esse-

re stato rinvenuto vicino a un bi-glietto realizzato per contodell'ambasciatore in occasionedella visita degli astronauti Apol-lo e qualcuno potrebbe aver as-sociato erroneamente i dueoggetti, pensando che si trattas-se di roccia lunare; oppure il pezzo potrebbe essere stato davvero as-sociato al biglietto perché l'ambasciatore Middendorf lo voleva dona-re come souvenir (e per questo l'avrebbe ricevuto dal Dipartimento diStato).

La burla sembra invece essere suggerita dal contesto provocatoriodella mostra organizzata dai due artisti olandesi e dal fatto che alcunidettagli da loro presentati sono fasulli. Per esempio, in un'intervista ri-salente al 200795 raccontano di essere stati proprio loro a trovare l'og-

getto nei depositi temporanei del museo. In un cassetto, dicono, c'era“una piccola roccia con un biglietto. Sul biglietto c'era scritto che la roc -

cia proveniva dalla Luna” : ma le fotografie del biglietto dimostranoche non c'è alcuna indicazione del genere.

Due cose sono certe: la prima è che non si tratta di un reperto auten-

ticato dalla NASA; la seconda è che chi volesse asserire che questoepisodio dimostra che fu architettata una messinscena lunare do-

vrebbe spiegare perché la sofisticatissima organizzazione necessariaper creare una finzione dalla cui perfezione dipendeva il prestigioplanetario degli Stati Uniti avrebbe realizzato un falso così incredibil-

mente, assurdamente dilettantesco.

95 becomingdutch.vanabbe.nl/blog/?p=175.

Figura 230. La “roccia lunare“ comeappare nel catalogo del Rijksmuseum.

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Altre presunte anomalie – 235

L'astronauta Grissom fu ucciso per farlo tacere

IN BREVE: Ucciderlo in un incidente che avrebbe rivelato proprio i pro-blemi che si volevano nascondere non sembra una strategia particolar -mente astuta.

IN DETTAGLIO: Nel documenta-rio di Fox TV Did We Land on theMoon? , Scott Grissom, figlio del-l'astronauta Gus Grissom peritocon Ed White e Roger Chaffee

nell'incendio della capsula Apol-lo 1 durante un'esercitazione il27 gennaio 1967, afferma che lacapsula “fu sabotata intenzional -mente”.

Alcuni lunacomplottisti96 sosten-

gono che Grissom fu ucciso per-ché criticava apertamente il programma Apollo e si apprestava ad an-

nunciare che la capsula non avrebbe mai potuto raggiungere la Luna.È una tesi particolarmente assurda: secondo chi la sostiene, Gus Gris-som stava per rivelare pubblicamente che i veicoli Apollo erano peri-colosamente inaffidabili e quindi qualcuno avrebbe deciso di zittirlofacendolo morire... in un incendio della capsula che avrebbe rivelato atutti che i veicoli Apollo erano pericolosamente inaffidabili.

Le accuse di Scott Grissom non sono supportate da prove concrete. Ildocumentario della Fox dice che “la causa dell'incendio è ancora un

mistero”, ma è un'affermazione ingannevole. Infatti non è nota la cau-sa specifica dell'incendio, ossia quale componente innescò le fiamme,ma le cause generali del rogo sono in realtà ben note e documentate.

La capsula era afflitta da numerosi difetti e problemi tecnici irrisolti: irapporti NASA, lungi dall'insabbiare, parlano apertamente di “carenzedi progettazione, fabbricazione, installazione, rilavorazione e controlloqualità... assenza di soluzioni progettuali di protezione antincendio... in-stallazione di componenti non certificati”.97  

96 www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=3275.

97 Report of Apollo 204 Review Board – Findings, Determinations and Recommendations (1967).

Figura 231. Scott Grissom nel documentario Did We Land on the

Moon? (2001).

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236 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Il portello era doppio e si apriva verso l'interno, rendendo difficile l'u-

scita d'emergenza; inoltre richiedeva lunghissime operazioni per lasua apertura. Durante l'esercitazione fatale, inoltre, la capsula avevaun'atmosfera di ossigeno puro a pressione superiore a quella atmo -

sferica. Un'atmosfera di questo genere rende estremamente facili in-

cendi catastrofici, perché qualunque materiale combustibile vi bruciamolto più violentemente che in un'atmosfera d'aria. È lo stesso tipo diproblema che richiede precauzioni severissime nelle camere iperbari-che: una scintilla è sufficiente a innescare un rogo.

La tragedia obbligò la NASA e lesocietà appaltatrici a rivederedrasticamente le proprie proce-dure e a riprogettare a fondo tut-ti i veicoli Apollo per ridurre ilrischio d'incendio. Nel corso di 21mesi (tanti ne trascorsero primadel primo volo con equipaggio,l'Apollo 7), fra le varie modifiche,

tutti i materiali infiammabili furo-no rimpiazzati con soluzioni al-ternative autoestinguenti, le tutein nylon furono sostituite conmodelli in materiale non infiam-

mabile e resistente alle alte temperature, il portello fu riprogettatoper aprirsi verso l'esterno in meno di dieci secondi e l'atmosfera dibordo fu cambiata: 60% di ossigeno e 40% di azoto a pressione atmo-

sferica al decollo e 0,3 atmosfere di ossigeno puro per il resto della

missione.Il documentario della Fox afferma inoltre che “la capsula rimane rin-chiusa in una base militare”. È un dettaglio falso, aggiunto apposita-mente per creare un'atmosfera d'intrigo che non corrisponde ai fatti.In realtà la capsula, al termine delle indagini, fu portata al centro di ri-cerca della NASA di Langley, a Hampton (Virginia), dove rimase con-

servata fino al 2007, quando fu collocata in un capannoneclimatizzato sempre presso lo stesso centro, che non va confuso con

le strutture militari che esistono a Langley: la NASA è un ente civile.

Figura 232. I resti della capsula Apollo 1.Fonte: Chariots for Apollo.

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Altre presunte anomalie – 237

L'ispettore della sicurezza Baron fu ucciso

IN BREVE: Thomas Baron morì in un incidente d'auto dopo aver testi -moniato anche per iscritto di fronte al Congresso e dopo aver reso pub-bliche le proprie critiche alla sicurezza dei veicoli Apollo. Eliminare untestimone dopo che ha già testimoniato è inutile.

IN DETTAGLIO: Thomas Ronald Ba-ron era un ispettore della sicurezza edella qualità che lavorò al centrospaziale Kennedy da settembre del

1965 a novembre del 1966, segnalan-do ai propri superiori numerosissimeinadempienze del personale, la scar-sa qualità delle lavorazioni e l'inos-servanza delle regole di sicurezza. Lesue segnalazioni, però, non si basa-vano sulle proprie osservazioni diret-te, ma sulle parole di altre persone, equesto contribuì a dar loro poco

peso. Alcune sue critiche, presentatealla NASA alla fine del 1966 in unrapporto di circa 55 pagine, furonoaccolte, ma altre vennero ritenute infondate. Baron, sentendosi igno-

rato, fece trapelare alla stampa le proprie segnalazioni. Questa sceltaindusse la North American Aviation (la società costruttrice del modu-

lo di comando dei veicoli Apollo) a licenziarlo nel gennaio del 1967.

Baron iniziò a redigere autonomamente un rapporto più dettagliato,

lungo circa 500 pagine. Dopo l'incendio letale dell'Apollo 1, che costòla vita agli astronauti Grissom, White e Chaffee il 27 gennaio 1967, Ba-ron consegnò il rapporto ai comitati del Congresso statunitense chestavano indagando sul disastro e il 21 aprile 1967 testimoniò di frontea un sottocomitato diretto dal membro del Congresso Olin Teague.Una settimana dopo aver testimoniato, Baron e la sua famiglia mori-rono quando la loro auto fu investita da un treno a un passaggio a li-vello. Il suo rapporto esteso non è più riemerso.

I fatti, raccontati in questo modo, si prestano certamente a una tesi dicospirazione: Baron sarebbe stato eliminato per zittirlo ed evitare chesi venisse a sapere che il progetto Apollo era in crisi o era una messin-

Figura 233. Thomas Baron.

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238 – Luna? Sì, ci siamo andati!

scena. Ma la tesi si scontra con un problema logico fondamentale: Ba-ron morì dopo aver parlato ai giornali, dopo aver consegnato il rap -

porto esteso al Congresso e dopo aver testimoniato davanti alsottocomitato della commissione. Non solo: morì dopo che i problemigravissimi della progettazione del modulo di comando Apollo eranodiventati di dominio pubblico nella maniera più tragica ed evidente,ossia con la morte di tre astronauti. Eliminare Baron a questo puntodella vicenda sarebbe stato assolutamente inutile.

Va inoltre sottolineato che la dinamica dell'incidente può sembrarebizzarra e sospetta a prima vista, ma se si riflette sui dettagli organiz-zativi di un omicidio perpetrato mediante investimento da parte diun treno ci si rende conto che coordinare un treno in modo che passiesattamente al momento giusto per colpire proprio l'auto di Baron èun'impresa decisamente inverosimile. Ci sarebbero stati metodi moltopiù semplici per un'eliminazione calcolata di un testimone scomodo.

La sorte del rapporto di 500 pa-gine è poco chiara. Nei verbalidella testimonianza di Baron ri-sulta che il rapporto fu discussoe che il comitato del Congressofu riluttante a includerlo comeatto ufficiale perché la sua lun-

ghezza rendeva scomodo e co-

stoso stamparlo, specialmente sesi trattava di testimonianze di se-conda mano che non sarebbero

state ammissibili giuridicamente.NASA e North American Aviation,ossia le parti che avevano più datemere dalla sua pubblicazione,non poterono distruggerlo, perché non ne ebbero mai la disponibili-tà: Baron lo diede direttamente ai membri del Congresso. È possibileche il rapporto fu restituito a Baron o semplicemente cestinato.

Comunque siano andate le cose, l'esistenza o meno del rapportocambia poco i fatti: la NASA e soprattutto la North American Aviationerano già sotto i riflettori per il disastro dell'Apollo 1 e le loro inadem -

pienze erano già diventate pubbliche. Il rapporto avrebbe fatto benpoca differenza di fronte alle bare di Grissom, Chaffee e White.

Figura 234. La bara di Gus Grissom al cimitero di Arlington, scortata da Alan

Shepard, John Glenn, Gordon Cooper e John Young. Foto 67-H-141. Scan: Ed Hengeveld.

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Altre presunte anomalie – 239

Ben dieci morti misteriose fra gli astronauti

IN BREVE: Non sono misteriose. Il mestiere di pilota di velivoli ad altissi -me prestazioni, portati al limite per fare sperimentazione, è molto perico-loso. I piloti collaudatori morivano spesso negli anni Cinquanta eSessanta, anche al di fuori del programma spaziale: basta leggersi qual -che libro di storia dell'aviazione. E due di loro non c'entravano nulla conil progetto Apollo.

IN DETTAGLIO: Il documentario di Fox TV Did We Land on the Moon? dice che “fra il 1964 e il 1967 dieci astronauti in tutto persero la vita in in-

cidenti molto strani. Questo equivaleva alla morte di uno stupefacente15% di tutto il corpo astronauti della NASA.“  Subito dopo, Bill Kaysingafferma che “per mantenere una bugia coperta e sotto silenzio è neces-sario eliminare tutti quelli che potrebbero parlarne”. L'insinuazione, in al-tre parole, è che le morti misteriose furono necessarie per manteneresegreta la bugia della messinscena. I lunacomplottisti non si limitanoa parlare di foto falsificate: qui lanciano accuse di omicidio plurimo.

Il documentario mostra quasi esclusivamente fotografie prive di

nomi, ma una paziente ricerca permette di identificare chi erano que-sti dieci morti misteriosi e verificare se avevano davvero legami con ilprogetto Apollo e se gli incidenti in cui persero la vita furono strani.Procediamo nell'ordine in cui compaiono nel documentario.

Theodore Cordy Freeman. CapitanoUSAF, ingegnere aeronautico, pilotacollaudatore di velivoli sperimentali.Morì il 31 ottobre 1964, in un inci-

dente aereo: il T-38 che pilotava fucolpito da un'oca sul parabrezza,frammenti del quale furono aspiratidai motori, causandone l'avaria. Free-man si eiettò, ma la quota di volo erainsufficiente e il paracadute non

ebbe il tempo di aprirsi. Aveva 34 anni. Faceva parte del terzo gruppodi astronauti scelto dalla NASA nell'ottobre del 1963 per i progetti Ge-

mini e Apollo. La sua morte avvenne due anni prima del primo volo

di collaudo delle capsule Apollo e tre anni prima di quello del SaturnV. Non fu mai assegnato a una missione specifica.

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240 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Edward Galen Givens, Jr. Maggioredell'USAF e pilota collaudatore, fu se-lezionato come astronauta dallaNASA nel 1966 per il quinto gruppo,che doveva fornire piloti astronautiper l' Apollo Applications Program, al-l'epoca concepito come un insiemedi dieci allunaggi e 30 voli verso sta-zioni spaziali orbitanti intorno alla

 Terra. Ebbe il ruolo di membro dell'equipaggio di supporto dell'Apol-

lo 7. Morì in un incidente d'auto il 6 giugno 1967, a 37 anni.Robert Henry Lawrence, Jr. Maggio-re e pilota collaudatore USAF, fu sele-zionato nel giugno del 1967 per ilprogetto militare MOL (Manned Orbi -ting Laboratory ) di stazioni spazialiper osservare il territorio dei poten-

ziali nemici. Lawrence divenne così il

primo astronauta designato di colo-re. Contribuì in modo importante alprogramma spaziale: i suoi voli sperimentali con aerei appositamentemodificati furono fondamentali nello sviluppo delle traiettorie di pla-nata ripida senza motore utilizzate in seguito dallo Shuttle. Ma le sta-

zioni spaziali militari statunitensi furono annullate e Lawrence nonvolò mai nello spazio. Morì l'8 dicembre 1967 nello schianto dell'adde-

stratore supersonico F-104 pilotato dal suo allievo, mentre gli inse-gnava a compiere un flare, una delle pericolose manovre di

atterraggio sperimentali usate dagli aerei spaziali dell'epoca, comel'X-15, e che Lawrence aveva sviluppato e padroneggiato. Aveva 31anni. Non ebbe alcun legame con il progetto Apollo.

Clifton Curtis Williams, Jr. Maggioredei Marines degli Stati Uniti, pilotacollaudatore; membro del terzogruppo di astronauti selezionati dallaNASA nell'ottobre del 1963. Fu asse-

gnato all'equipaggio di riserva dellaGemini 10 e a quello dell'Apollo 9.Morì il 5 ottobre 1967, all'età di 35

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Altre presunte anomalie – 241

anni, quando un guasto meccanico all'addestratore supersonico T-38che stava pilotando rese inservibili i comandi. L'aereo iniziò un rollioincontrollato; Williams si eiettò, ma era troppo veloce e troppo basso.

L'insegna della missione Apollo 12 ha quattro stelle in suo onore: unaper ciascuno degli astronauti che volò, più una per Williams. La suaspilla con le ali, quella che viene consegnata a ogni astronauta, è sullaLuna: vi fu portata da Alan Bean (suo comandante nell'equipaggio diriserva della Gemini 10) con la missione Apollo 12.

Elliot McKay See, Jr. Ingegnere e pi-

lota della Marina USA, pilota collau-datore; membro del secondo gruppodi astronauti scelti dalla NASA nelsettembre del 1962. Oltre a parteci-pare all'addestramento come astro-

nauta, fu anche responsabile dellasupervisione della progettazione edello sviluppo dei sistemi di guida e

navigazione. Fu scelto come comandante per la missione Gemini 9,ma morì il 28 febbraio 1966 insieme a un altro astronauta designato,Charles Bassett, nell'impatto del jet T-38 che stava pilotando, duranteun atterraggio strumentale. Aveva 38 anni.

Michael James Adams. MaggioreUSAF e pilota collaudatore, fu sele-zionato come astronauta per il pro-

getto militare MOL. Il progetto fuannullato prima dei voli, ma Adams

divenne comunque un astronauta apieno titolo, perché come collauda-tore dell'aereo-razzo ipersonico spe-rimentale X-15 raggiunse la quota di

266.000 piedi (81 km) il 15 novembre 1967, qualificandosi dunquecome astronauta anche secondo i criteri USAF, più severi di quelliNASA. Ma il volo gli fu fatale: un guasto agli impianti elettrici dell'X-15e un principio di disorientamento fecero assumere al velivolo un as-setto errato che indusse uno spin a mach 5. Sottoposta a sollecitazio-

ni insostenibili, la struttura dell'aereo si disintegrò, uccidendo Adams.Non ebbe nessun legame con il progetto Apollo.

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242 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Charles Arthur "Art" Bassett II. Ca-pitano USAF, pilota collaudatore,membro del terzo gruppo di astro-

nauti scelti dalla NASA nell'ottobredel 1963. Fu selezionato per la mis-sione Gemini 9 insieme a Elliot See,ma i due morirono il 28 febbraio1966 nello schianto del loro jet daaddestramento T-38, durante l'avvici-

namento per un atterraggio strumentale in condizioni di scarsa visibi-

lità. Bassett aveva 34 anni.Gus Grissom, Ed White, RogerChaffee. Come visto nelle sezioniprecedenti, questi tre astronauti peri-rono il 27 febbraio 1967 durante l'ad-

destramento, a causa dell'incendio alsuolo della loro capsula Apollo 1.

 Tiriamo le somme: dei dieci “mortisospetti”, due (Michael James Adams

e Robert Henry Lawrence) erano astronauti militari, per nulla coinvoltinel progetto Apollo; quattro, ossia Charles Bassett, Elliott See, Theodo-

re Freeman e Clifton Williams, perirono in tre incidenti aerei con ad -

destratori supersonici T-38 (erano piloti collaudatori); Ed Givens ebbeun incidente d'auto; e Gus Grissom, Ed White e Roger Chaffee moriro-

no nell'incendio dell'Apollo 1.

Dieci morti nell'arco di tre anni non sembrano una casistica sospetta

per un gruppo di piloti che quotidianamente compivano voli ad altorischio su velivoli sperimentali ad alte prestazioni. Chi avesse dubbi inmerito può leggere The Right Stuff di Tom Wolfe per capire quanto gliincidenti mortali fossero la tragica norma in quegli anni di sperimen-tazione frenetica.

Sembra invece molto disonesto che vengano inclusi due morti chenon c'entravano nulla con il progetto Apollo. È facile gonfiare le stati -stiche se il 20% del campione è aggiunto senza motivo.

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Realtà alternative – 243

Realtà alternative

A volte i sostenitori delle tesi di messinscena lunare si rendono contoche le loro presunte prove del complotto comportano assurdità ocontraddizioni e cercano di sanarle imbastendo delle asserzioni che

rispondano alle obiezioni più logiche. Questo li porta a creare veri epropri scenari di storia alternativa che è opportuno conoscere per po-

terne evitare le trappole.

I russi furono pagati per tacere

Se si fa notare a un lunacomplottista che i russi non contestarono la

realtà delle missioni lunari americane, spesso si ottiene in risposta l'af -fermazione che il governo dell'Unione Sovietica fu pagato per tenerela bocca chiusa.

In particolare, secondo Ralph René,98 il prezzo del silenzio sarebbestato un enorme quantitativo di grano venduto sottocosto dagli StatiUniti all'Unione Sovietica nel 1972. Una ricerca negli archivi di settoreevidenzia invece che lungi dall'esservi un accordo fra le due superpo-

tenze, in quell'anno l'Unione Sovietica riuscì ad acquistare sul libero

mercato, tramite prestanome, il 30% del raccolto di grano statuniten-se nel giro di poche settimane, approfittando oltretutto degli incenti-vi del governo USA all'esportazione agricola. L'operazione fubattezzata dai giornali The Great Russian Grain Robbery  (“La grande ra-

 pina russa del grano”, con un gioco di parole sulla celebre ”grande rapi -na al treno” inglese del 1963).

Il grano non fu venduto sottocosto come afferma René, ma l'enormeacquisto scatenò il rialzo dei prezzi del prodotto, che nell'arco di un

anno triplicarono.99

Un'operazione analoga riuscì ai russi anche nel98 NASA Mooned America! , pag. 41.

99 What Land Crash? , Marcia Zarley Taylor, tinyurl.com/grano1972 (2007).

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244 – Luna? Sì, ci siamo andati!

1975. Inoltre va notato che le vendite di grano statunitense alla Russianon erano in sé una novità: ve ne erano state, di minore entità e con -

cordate, anche durante la presidenza Kennedy, e anche gli stati alleatidell'europa occidentale vi avevano partecipato.

In altre parole, René inverte causa ed effetto per adattare gli eventi aipropri preconcetti: non fu il governo USA a vendere sottocosto, ma ful'acquisto da parte del governo russo a far salire i prezzi in seguito.

C'è poi una considerazione difondo: se davvero fosse bastato

offrire ai russi uno sconto sull'ac-quisto del grano per ottenere illoro silenzio sulle prestigiosissi-me missioni lunari, si sarebbe po-

tuto usare lo stesso sistema perottenere altri risultati forse unpo' più importanti. Per esempio,si sarebbe potuta comperare lanon interferenza sovietica nellaguerra del Vietnam o la fine dellacorsa agli armamenti, oppuremagari ottenere che i russi nonpuntassero i loro missili nuclearisulle città americane. Secondoquesta visione, insomma, l'interastoria del ventesimo secolo sa-rebbe una panzana.

Restando in ambito di complotti lunari, questo scenario comporta unulteriore aumento del numero dei partecipanti alla cospirazione e delconseguente rischio che qualcuno vuoti il sacco: anche i russi, quindi,sarebbero stati al corrente della messinscena, eppure sarebbero riu-

sciti a mantenere il segreto assoluto per quarant'anni.

C'è poi un altro fatto che non combacia con lo scenario del silenziocomprato: il progetto lunare russo. Se ci fosse stato un tacito accordoper lasciare che l'America vincesse la corsa alla Luna simulandola in

studio, non avrebbe avuto senso tutto il costosissimo e fallimentareinvestimento sovietico nella realizzazione del vettore gigante N1 edel veicolo lunare L3.

Figura 235. Un vettore N1 sovietico incostruzione.

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Realtà alternative – 245

Le rocce lunari furono falsificate

Alcuni lunacomplottisti ipotizzano uno scenario riguardante i cam-pioni di roccia provenienti dalla Luna: sarebbero stati creati in labora-

torio in modo da risultare credibili anche agli esperti, sapendo chetanto non c'era nulla con il quale confrontarli. In alternativa, sarebbe-

ro state utilizzate le meteoriti, alcune delle quali sono di origine luna-re. Con la scusa che erano pochi e preziosi, i finti campioni sarebberostati dispensati soltanto ai geologi fidati.

I fatti non combaciano con que-

sto scenario: ogni anno vengonodistribuiti circa 400 campionitratti dalle rocce lunari Apollo. Leprocedure per richiederli a scoposcientifico e didattico sono pub-

bliche e piuttosto semplici.100 IlLunar Sample Disk Kit , contenentecampioni di roccia lunare prove-nienti dalle missioni Apollo incap-

sulati in un involucro trasparente, èaccessibile a qualunque inse-gnante che segua un corso dicertificazione della durata di treore.101

Numerosi campioni di questerocce sono stati donati ai museidi oltre 100 paesi del mondo.

È sbagliato, inoltre, asserire chenon ci sarebbe la possibilità diconfronto: anche le missioni so-vietiche automatiche Luna 16, 20 e 24 riportarono sulla Terra dei cam -

pioni di roccia lunare fra il 1970 e il 1976.

Anche l'idea di usare meteoriti lunari rinvenute sulla Terra e spacciarleper campioni portati dagli astronauti è contraddetta dai fatti. I cam -

pioni Apollo provenienti dalla superficie della Luna, infatti, hanno del-

100 www-curator.jsc.nasa.gov/lunar/sampreq/index.cfm.

101 www.nasa.gov/centers/goddard/visitor/loan/ .

Figura 236. Una sezione dal Lunar 

Petrographic Educational Thin SectionSet, che può essere richiesto daqualunque facoltà di geologia.

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246 – Luna? Sì, ci siamo andati!

le caratteristiche ben diverse dalle meteoriti lunari. La più vistosa èche la superficie delle rocce portate dagli astronauti è tappezzata diminuscoli crateri prodotti dall'impatto ad altissima velocità di micro-

meteoriti (Figura 237).

Questo fenomeno, non replicabi-le in laboratorio negli anni Ses-santa, non si osserva nellemeteoriti, perché l'attraversa-mento dell'atmosfera terrestre neerode la superficie.

Anche le caratteristiche geologi-che delle rocce lunari Apollo te-stimoniano la loro provenienzanon terrestre: sono prive di mine-rali contenenti acqua e altrettan-

to prive di qualunque alterazionegeologica, ben diversamente dal-le rocce terrestri. Per esempio,ecco il commento di Steven Dut-ch, professore di geologia della University of Wisconsin, che ha esami-nato personalmente i campioni Apollo e ha risposto alle tesi di com-

plotto lunare:102

“L'acqua è ovunque sullaTerra – c'è nel magma; lerocce profonde della crostavengono alterate da fluidi 

caldissimi e quelle vicine allasuperficie vengono alteratedall'acqua di superficie. L'oli -vina, in particolare, si alterafacilmente. Nell'immagine[Figura 238], l'olivina è frat -turata, ma le fratture sonoassolutamente pulite. L'olivi -na inalterata è del tutto in-trovabile sulla Terra.

102 tinyurl.com/geologo-lunare.

Figura 237. Ingrandimento dei minuscoli crateri prodotti sulle rocce lunari dalle

micrometeoriti.

Figura 238. Sezione di roccia lunare Apollo fotografata da Steven Dutch,

University of Wisconsin.

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Realtà alternative – 247

Questo non sarebbe stato falsificabile. Queste rocce hanno gra-nulosità visibili a occhio nudo: significa che si sono raffreddatelentamente. Fabbricarle sinteticamente avrebbe richiesto di mantenere le rocce a 1000 °C per anni, raffreddandole lentamen-te sotto pressioni di centinaia di atmosfere. Ci sarebbero voluti anni per creare i macchinari, altri anni per imparare a effettuareil processo correttamente, e poi altri anni ancora per creare il ri -sultato finale. Partendo dallo Sputnik nel 1957, non ci sarebbestato tempo a sufficienza per farlo. E sarebbe stato necessariosintetizzare centinaia di chili di vari tipi differenti di roccia.

...Perché creare rocce assolutamente prive d'acqua? Non se loaspettava nessuno. Sarebbe stato molto più semplice falsificaredelle rocce contenenti acqua... nessuno si sarebbe insospettito. E sarebbe stato necessario introdurre esattamente le quantità giu-ste di elementi radioattivi e sottoprodotti per ottenere la radio-datazione delle rocce a 4 miliardi di anni fa – più di qualunqueroccia terrestre. E sarebbe stato necessario prevedere lo sviluppodi nuovi metodi di datazione, non utilizzati nel 1969, e assicurarsi 

che anche quegli elementi fossero presenti nelle quantità corret -te. Non è come aggiungere carote a uno stufato. Per imitare i ri -sultati della datazione potassio-argon bisognerebbe aggiungereargon inerte e intrappolarlo soltanto nei minerali di potassio, efarlo in proporzione esatta rispetto al potassio." 

Kubrick girò il falso allunaggio

Spesso si cita il nome di Stanley Kubrick, regista di 2001 Odissea nellospazio, come autore delle false riprese spaziali Apollo. Tuttavia bastadocumentarsi sulla vita del regista, come ha fatto egregiamente Die -

go Cuoghi,103 per rendersi conto che la lavorazione di 2001 Odisseanello spazio impegnò Kubrick dal 1964 al 1968 e che negli anni suc-cessivi il regista si dedicò ai preparativi per il film Napoleone (mai rea-lizzato a causa del fallimento della casa di produzione, la UnitedArtists, dopo che erano stati commissionati i costumi ed effettuati i

sopralluoghi per le riprese) e poi realizzò Arancia Meccanica (1971).

103 www.diegocuoghi.com/Moon_hoax.htm.

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248 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Non solo: Kubrick, sin dai primi anni Sessanta, non abitava più negliStati Uniti, ma nel Regno Unito (dove girò anche 2001), e aveva unanota fobia per i viaggi, specialmente quelli in aereo.

La leggenda della sua partecipa-zione alla simulazione dei viaggilunari gli era probabilmentenota. Non sembra infatti casualeche Danny, uno dei protagonistidel suo film Shining (1980), in-

dossi un maglioncino con lascritta “Apollo”  disegnata su unmissile (Figura 239). Naturalmen-te il fatto è stato invece interpre-tato da alcuni sostenitori dellatesi di complotto lunare comeatto di silente confessione daparte di Kubrick.104

Gli astronauti rimasero in orbita terrestreAlcuni lunacomplottisti, come per esempio Bart Sibrel, sostengonoche gli astronauti delle missioni Apollo partirono realmente con i lorovettori Saturn V e rientrarono con gli ammaraggi che il mondo vide,ma in realtà non andarono sulla Luna: rimasero in orbita intorno alla Terra.

In questo modo gli astronauti non avrebbero dovuto affrontare le ra-diazioni delle fasce di Van Allen, che secondo Sibrel e colleghi sareb-

bero letali, e avrebbero potuto effettuare le trasmissioni televisive incui mostravano di essere in assenza di peso. Soltanto le riprese lunarisarebbero state falsificate.

Questo scenario avrebbe il vantaggio di ridurre notevolmente la por-tata della messinscena e il numero dei partecipanti alla finzione: i vei-coli sarebbero stati realmente funzionanti e soltanto un ristretto

gruppo di addetti avrebbe dovuto sapere del cambiamento di rotta.La partenza sarebbe stata reale, il rientro sarebbe stato altrettanto au-

104 www.jayweidner.com/ShiningSecrets.html .

Figura 239. Danny indossa un maglionecon la scritta “Apollo” in Shining (1980).

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Realtà alternative – 249

tentico e gli astronauti sarebbero stati in un luogo dove nessunoavrebbe potuto incontrarli per sbaglio e nel quale avrebbero subitorealmente gli effetti fisiologici dell'assenza di peso.

Sembra facile, per come lo de-scrivono i lunacomplottisti. Maquesto scenario si scontra in par-tenza con l'impossibilità di falsifi-care, con la tecnologia deglieffetti speciali degli anni Sessan-

ta, le riprese televisive e cinema-tografiche sulla superficie dellaLuna.

Poi c'è la questione dei segnali.Le trasmissioni radio e televisivedegli astronauti sarebbero arriva-te dall'orbita terrestre anzichédallo spazio profondo, compor-tando una vistosissima differenzadi puntamento delle grandi an-tenne riceventi situate nei varicontinenti (in California, in Au-stralia e in Spagna). Un'orbita in-

tera intorno alla Terra al di sottodelle fasce di Van Allen dura nonpiù di un paio d'ore, per cui leantenne avrebbero dovuto ”inse-

guire” il veicolo degli astronautiman mano che si spostava rapidamente nel cielo, mentre durante unviaggio lunare le antenne sarebbero rimaste puntate costantementeverso la Luna, inseguendola nel suo lento spostamento in cielo nel -l'arco di ventiquattro ore.

Il puntamento sbagliato delle antenne sarebbe stato visibile non soloai tecnici, ma anche ai profani nelle vicinanze, che si sarebbero chiesticome mai non puntavano verso la Luna. Per non parlare del fatto chei sovietici, in gara con gli Stati Uniti per raggiungere il prestigiosissi-mo traguardo della Luna, si sarebbero accorti della messinscenausando i loro radiotelescopi. Se ne sarebbero accorti anche i radioa-matori che ascoltarono le trasmissioni radio dai veicoli Apollo pun-

Figura 240. Cosa ci fa un modulo lunarein orbita intorno alla Terra? Semplice: è il collaudo effettuato durante la missione

 Apollo 9. Foto AS09-21-3183.

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tando le antenne verso il nostro satellite: avrebbero invece visto il se-gnale sparire periodicamente quando la capsula, nella sua orbita in-

torno alla Terra, calava dietro l'orizzonte locale.105

Ma c'è un'altra obiezione che rendevistosamente assurda la tesi del ”par-cheggio in orbita”: i veicoli sarebberostati visibili da Terra. Qualunquebuon astrofilo sa che anche i piccolisatelliti per telecomunicazioni sonovisibili nel cielo notturno (e guastanomolte fotografie astronomiche), per-ché restano illuminati a giorno dalSole mentre sorvolano le zone delpianeta dove è già calata la notte. Unveicolo grande come l'Apollo (con osenza lo stadio S-IV B) non sarebbepassato inosservato.

Per esempio, lo Shuttle, che viaggiain orbita intorno alla Terra a distanzemaggiori rispetto a quelle dei veicoliApollo, è visibile a occhio nudo conestrema facilità: è un punto luminosoche si sposta rapidamente nel cielo,documentabile con una semplice fo-tocamera amatoriale.

I veicoli delle missioni Apollo sareb-

bero stati quindi facilmente visibilida Terra per le due settimane di du-

rata della finta missione. Avrebberoattraversato il cielo come puntiniestremamente luminosi in pochi mi-nuti, attirando inevitabilmente la cu-riosità e l'attenzione degli astronomiprofessionisti e dilettanti. Sarebberostati fotografabili e identificabili conun buon telescopio. Infatti le missio-

105 www.svengrahn.pp.se/trackind/Apollo17/APOLLO17.htm.

Figura 241. Accensione dello stadio

S-IVB dell'Apollo 8. Fonte:osservatorio Smithsonian, Maui.

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Realtà alternative – 251

ni Apollo furono proprio avvistate in questo modo, non solo in orbitaterrestre ma anche durante il viaggio da e verso la Luna, dagli astrofilie dagli astronomi di tutto il mondo.

Le immagini di Figura 241, per esempio, furono scattate dall'osserva-

torio astrofisico Smithsonian a Maui il 21 dicembre 1968 e ritraggonol'Apollo 8, la prima missione umana a uscire dall'orbita terrestre e cir-cumnavigare la Luna. Mostrano l'accensione dei motori per lasciarel'orbita intorno al nostro pianeta e dirigersi verso la Luna. Il successivoscarico del carburante residuo dallo stadio S-IVB fu visibile anche aocchio nudo e fu documentato da vari astrofili del Regno Unito.

Anche l'incidente occorso all'Apollo 13, che comportò il rilascio di unanube di ossigeno, fu documentato visivamente da Terra. Addirittura laNASA fu costretta a fare ricorso alle osservazioni telescopiche profes-sionali dell'osservatorio Chabot di Oakland per determinare l'esattaposizione del veicolo in modo da poter calcolare l'ultima accensionedel motore del modulo lunare, usato come retrorazzo d'emergenza, efar rientrare sani e salvi gli astronauti.106

La Figura 242 mostra al centro ilmodulo di comando, il modulodi servizio e il modulo lunare del-l'Apollo 13, a oltre 23000 chilo-

metri dalla Terra, in rotta verso laLuna (che gli astronauti in questamissione potranno solo circum-

navigare senza sbarcarvi, a causadi una grave avaria). 

Gli altri quattro oggetti sono ipannelli dentro i quali veniva ca-renato il modulo lunare per il de-collo e che venivano espulsidurante il viaggio verso la Luna.La fotografia fu scattata il 12 apri-le 1970 attraverso il telescopio da60 centimetri di Table Mountain, in California. Le striature diagonali

sono stelle, deformate dal movimento del telescopio per inseguire ilveicolo spaziale durante i cinque minuti di esposizione della pellicola.

106 Tracking the Apollo Flights, www.astr.ua.edu/keel/space/apollo.html .

Figura 242. Al centro, il modulo di comando e servizio, agganciato al 

modulo lunare; i quattro puntini piùfiochi sono i quattro pannelli della

carenatura che racchiudeva il modulolunare. Credit: James W. Young.

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Va aggiunto, giusto per scrupolo, che le posizioni e gli eventi registra-ti dagli astrofili e dagli astronomi coincidono esattamente con le po-

sizioni e gli eventi descritti dalla documentazione tecnica della NASAper le singole missioni.

I segnali arrivarono da un satellite in orbita terrestreo lunare

Un'altra ipotesi ricorrente nel cospirazionismo lunare è che le dirette TV e le comunicazioni radio furono preregistrate e poi trasmesse daun satellite automatico in orbita intorno alla Terra o sulla Luna.

L'orbita terrestre va scartata per le ragioni presentate nelle pagineprecedenti: i radioamatori, perfettamente in grado di ricevere le co-

municazioni radio delle missioni lunari, si sarebbero accorti che la di -rezione dalla quale proveniva il segnale cambiava rapidissimamente(un satellite in orbita intorno alla Terra attraversa il cielo di una datalocalità in pochi minuti). Un'orbita geostazionaria sarebbe stata co-

munque rivelatrice del trucco, perché non avrebbe seguito il gradualespostamento della Luna nel cielo.

Collocare il trasmettitore in orbita lunare o sulla superficie della Lunaavrebbe risolto in parte il problema, ma sarebbe rimasto un altro indi -zio estremamente facile da notare: il cosiddetto effetto Doppler .

La frequenza radio delle trasmissioni di veicolo che si sposta nellospazio subisce infatti una variazione, chiamata appunto effetto Dop-

 pler , a seconda della velocità di allontanamento o avvicinamento ri-spetto a chi riceve il segnale, esattamente come il rumore della sirenadi un'ambulanza di passaggio cambia tonalità quando si avvicina oallontana da noi. Questa variazione sarebbe stata rilevabile da qua-lunque radioamatore ben attrezzato.

Sarebbe stato quindi necessario che il trasmettitore si spostasse nellospazio seguendo esattamente il profilo della missione dichiarato dallaNASA, variando frequenza non soltanto durante il viaggio, ma anche

ad ogni orbita lunare, quando si allontanava e poi avvicinava alla Ter-ra nel corso dell'orbita stessa. E sarebbe stato necessario un secondo

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Realtà alternative – 253

trasmettitore che simulasse esattamente i movimenti del modulo lu-

nare quando era separato dal modulo di comando e servizio.

Ci sarebbe stata, inoltre, l'ulteriore complicazione di trasmettere nonsolo le comunicazioni radio e TV, ma anche i dati di telemetria che in-

formavano il Controllo Missione sullo stato del veicolo. Sarebbe statoquindi indispensabile fabbricare tutta questa massa di dati telemetricie oltretutto trasmetterli in modo che corrispondessero, con sincroni-smo perfetto, alla direzione e velocità del veicolo, rilevabili tramitel'effetto Doppler.

Va aggiunto che la rete di ascolto delle trasmissioni spaziali non eratutta sotto il controllo della NASA o del governo statunitense. Peresempio, buona parte delle comunicazioni radio delle varie missioni,e in particolare la diretta del primo sbarco sulla Luna, arrivarono tra-mite i radiotelescopi australiani di Parkes e Honeysuckle Creek, gestitida tecnici del posto. Non gente senza nome, ma persone reali, che ri -lasciano in proposito dichiarazioni come questa per chi avesse deidubbi o, peggio ancora, insinuasse una cospirazione:107

“Io ero il cittadino australiano, alle dipendenze del governo au-straliano, responsabile per la gestione delle operazioni presso il sito primario di ascolto qui, vicino a Canberra. Posso confermarecome fatto scientifico e tecnico che noi puntammo la nostra an-tenna lungo la traiettoria verso la Luna, sulla Luna e di ritornodalla Luna e trasmettemmo e ricevemmo segnali radio conte-nenti comandi, telemetria, televisione insieme a informazioni di navigazioni derivanti dalle angolazioni dell'antenna, dalle fre-quenze Doppler e dai ritardi bidirezionali di distanza. Impossibile

da falsificare.” 

– Mike Dinn, vicedirettore di stazionea Honeysuckle Creek, Australia108

107 www.uwgb.edu/DutchS/PSEUDOSC/ConspiracyTheoryDidWeGototheMoon.htm.

108 www.honeysucklecreek.net/people/dinn.html.

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Gli errori nella messinscena sono messaggi in codice

Una delle giustificazioni più interessanti e creative nella visione alter-nativa della realtà proposta dai complottisti, sia da quelli lunari sia daquelli che si occupano di altri episodi storici, è la teoria dell'informato-re (whistle-blower, in inglese).

Prima o poi al sostenitore delle tesi di messinscena viene chiestocome mai l'asserita falsificazione è letteralmente costellata di decinedi errori macroscopici e dilettanteschi come quelli denunciati dai suoicolleghi pro-complotto. Se si trattò di una cospirazione ai più alti li-

velli, che aveva a disposizione le sofisticatissime risorse del potentegoverno statunitense e metteva a repentaglio il prestigio dell'interanazione, non ha senso che il risultato sia un'accozzaglia di svarioni.

La risposta tipica del buon cospirazionista lunare è disarmante: gli er-rori furono lasciati intenzionalmente da coloro che parteciparono allamessinscena. Si vergognavano di farne parte e cercarono di espiare lapropria colpa lasciando messaggi in codice che le persone capaci dipensare con la propria testa avrebbero astutamente colto.

Il difetto logico di questa spiegazione è che crea una tesi di complot-to per giustificarne un'altra e implica che gli organizzatori della cospi-razione siano così stupidi da non accorgersi che nella messinscenasono stati introdotti errori grossolani. Mettere una “C” su un sasso, odimenticarsi di mettere le stelle nelle foto quando ci vogliono, peresempio, non sembrano sbagli che possano passare inosservati.

Questa giustificazione implica inoltre che siano stupidi anche tutti gliesperti dei settori interessati: gli astronauti, gli ingegneri aerospaziali,gli astronomi e gli astrofili di tutto il mondo, compresi quelli di paesinon proprio amici degli Stati Uniti. Così stupidi che non colgono que -

sti errori intenzionali che invece il complottista, pur non sapendo nul-la di spazio, astronautica o astronomia, sa percepire in modolampante.

Purtroppo chi è convinto di essere l'unica persona intelligente, capa-ce di cogliere la vera realtà che agli altri sfugge, non è incline ad ab-

bandonare questa visione patologica. Se si è messo in testa un'idea

senza ragionare, non c'è ragionamento che gliela potrà levare. In casicome questi la discussione è inutile e non è il caso di insistere.

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UFO e allunaggi – 255

UFO e allunaggi

Una delle tante contraddizioni del cospirazionismo riguardante lemissioni lunari è che coesistono tesi che negano la realtà di questiviaggi e tesi che invece affermano che le missioni Apollo avvennero

eccome, tanto che incontrarono dei veicoli extraterrestri e che addirit-tura vi furono missioni lunari segrete.

Le segnalo qui perché fanno parte del repertorio del buon lunacom-

plottista ma soprattutto perché sono molto divertenti da citare du-

rante una discussione per poi assistere al colorito dibattito fra le variefazioni dei sostenitori dei complotti lunari.

Si vedono UFO nelle foto lunariAlcuni appassionati di ufologia sostengono che le foto scattate sullaLuna dagli astronauti mostrino la presenza di veicoli alieni. Per esem-

pio, Ufocasebook.com include, nella sezione The Best UFO Pictures Ever Taken (“Le migliori foto di UFO mai scattate” ),109 tre fotografie della mis-sione Apollo 16 (Figura 243).

È forse il caso di ribadire che chi presenta queste fotografie affermache furono realmente scattate sulla Luna, in netta contrapposizionecon il lunacomplottismo “classico”, quello che nega gli sbarchi lunari.

Gli “UFO“ visibili in queste fotografie, e in molte altre delle missioniApollo, non sono dischi volanti che la NASA ha disinvoltamente la-sciato nelle fotografie sperando che nessuno se ne accorgesse. Sonosemplici riflessi del Sole nell'obiettivo della fotocamera: in gergo sichiamano lens flare e sono un fenomeno che si verifica anche sulla Terra, anche se di solito lo si nota meno perché sulla Terra il cielo,

quando c'è fuori il Sole, è molto luminoso, mentre sulla Luna è nero.

109 ufocasebook.com/bestufopictures3.html .

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Le foto in questione sono, dall'al-to in basso, la AS16-114-18423, laAS16-114-18422 e la AS16-109-17804. O meglio, sono porzioni diqueste immagini, stranamente ri-tagliate in modo da non mostra-re un dettaglio importante:andando a recuperare le scansio-

ni integrali di alta qualità di que-ste immagini, si scopre infatti che

nelle foto originali gli “UFO” sonoin realtà due per ciascuna foto esono sempre allineati in direzio-

ne del Sole, la cui posizione nelcielo è indicata dalla direzionedelle ombre. Questi sono sintomiclassici di un lens flare.

Nella terza fotografia, in partico-

lare, il fenomeno sarebbe inequi-vocabile se qualcuno non avesseritagliato la porzione superioredell'immagine. Si vedrebbe che ilsecondo “UFO” è addirittura da-vanti al parasole del casco dell'a-stronauta, come si vede neldettaglio mostrato in Figura 244.È abbastanza difficile credere che

questi ritagli provvidenziali sianofrutto del caso o che i veicolialieni siano grandi come tafani.

Gli archivi fotografici delle mis-sioni Apollo contengono decinedi immagini afflitte da lens flare.In quelle a colori si nota anchel'effetto arcobaleno prodotto dal-

la differente rifrazione dei colori all'interno dell'obiettivo (visibile peresempio in AS16-113-18373): ulteriore conferma che si tratta di un ef -fetto o difetto fotografico e non dell'immagine di un oggetto reale.

Figura 243. Alcuni presunti UFO nellefoto lunari, secondo Ufocasebook.com.

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UFO e allunaggi – 257

Non tutti gli “UFO” visibili nelle foto lunari sono effetti fotografici. Al-cuni sono oggetti reali che però per l'occhio del profano sono di diffi-cile interpretazione, specialmente se non se ne conosce il contesto:

per esempio, spesso di tratta di parti del veicolo che sono state sgan-

ciate dopo l'uso oppure schegge di rivestimento che si sono staccatedal veicolo e lo seguono per inerzia.

Figura 244. Dettaglio della foto AS16-109-17804, inclusa la parte che risultatagliata nella versione mostrata da Ufocasebook.com. Si nota il parasole alzato

sul casco dell'astronauta.

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258 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Il distacco di frammenti era unfenomeno molto frequente. LaFigura 245 mostra lo stadio S-IVBdella missione Apollo 8 dopo lasua separazione dal modulo dicomando e servizio: si nota losciame di frammenti che lo cir-condano.

La Figura 246 mostra invece unpezzo di rivestimento di Mylarstaccatosi dal modulo di coman-

do dell'Apollo 10. L'astronautaJohn Young stimò che misurasseuna cinquantina di centimetri.

Senza sapere di cosa si tratta esenza alcun riferimento di distan-

za, una fotografia del genere puòfare la felicità di molti ufologi, einfatti questa è una delle imma-gini più ricorrenti fra gli appas-sionati del settore. Ma laconsultazione dell'archivio com-

pleto delle immagini originali adalta risoluzione permette di sco-prire che esistono almeno altredue foto (AS10-28-3989 e 3900)

che mostrano lo stesso fram-

mento in altre fasi della sua lentarotazione su se stesso. Se combi-nate per creare una fotografia stereoscopica, permettono di capirechiaramente che si tratta di un oggetto piccolo e vicino a chi guarda.

Buzz Aldrin, il secondo uomo sulla Luna, vide un UFO

Questa tesi ufologica scaturisce da una dichiarazione fatta da Buzz Al-drin in un documentario inglese intitolato First on the Moon: The Un-told Story (2005). Ecco le parole di Aldrin in traduzione:

Figura 245. Foto AS08-16-2583.

Figura 246. Foto AS10-28-3988.

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UFO e allunaggi – 259

“C'era qualcosa, là fuori, che era abbastanza vicino da poterloosservare. E cosa poteva essere? Mike [Collins] decise che potevaguardarlo dal telescopio e ci riuscì, e quando [l'oggetto] era inuna certa posizione aveva una serie di ellissi. Ma quando lomettevi bene a fuoco sembrava a forma di L. Questo non ci chiariva molto la situazione... Ovviamente non avremmo escla-mato 'Ehi, Houston, abbiamo qualcosa che si muove accanto anoi, non sappiamo cos'è, ce lo potete dire voi?'. Non l'avremmocerto fatto! Perché sapevamo che quelle trasmissioni sarebberostate ascoltate da gente di ogni sorta, e chissà mai che qualcu-

no potesse pretendere che tornassimo subito a casa per via de -gli alieni o di altre ragioni. Per cui non lo facemmo, echiedemmo semplicemente con cautela a Houston dove si tro-vasse lo stadio S-IVB. Qualche minuto dopo ci dissero che era acirca undicimila chilometri per via della manovra, per cui non

 pensavamo di osservare qualcosa di così distante. Così deci -demmo, dopo averlo guardato per un po', che era ora di dormiree di non parlarne fino al ritorno, durante il debriefing.” 

Aldrin è troppo divertito quandoparla di alieni (Figura 247) perchéle sue parole possano essere in-

terpretate come ammissione diun incontro con gli extraterrestri,ma il documentario ricama nonpoco su queste frasi, mostrandoanche un oggetto sgranato (cheperò non è quello visto dall'Apol-

lo 11, bensì uno avvistato duranteun'altra missione Apollo) e di-cendo che l'oggetto avvistatodagli astronauti non fu mai iden-

tificato con certezza.

Sembra, insomma, che un astronauta Apollo dica di aver visto un UFOe di aver deciso insieme ai colleghi di mettere a tacere la cosa, o al -meno così sostengono alcuni siti ufologici.110 Ma andando a verificare

i fatti emerge che la congiura del silenzio non la fanno gli astronauti:la fanno i documentaristi a caccia di clamore.

110 www.ufo-radio.net/historic_ufo/apollo11/index.html.

Figura 247. Buzz Aldrin raccontal'episodio “ufologico” nel documentarioFirst on the Moon: The Untold Story

(2005).

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260 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Infatti la spiegazione più probabile e non extraterrestre dell'avvista-mento era già stata data da Aldrin direttamente durante l'intervistaper il documentario, ma era stata tagliata, come ha riferito111 Aldrinstesso a David Morrison, del Nasa Astrobiology Institute, e continuatuttora ad essere ignorata dai media.

Aldrin aveva spiegato alla troupedel documentario che l'oggettoche li ”inseguiva” era con tuttaprobabilità uno dei quattro pan-

nelli interstadio che racchiudeva-no il modulo lunare, come sivede in Figura 248.

Al decollo dalla Terra e per partedel volo verso la Luna, il modulolunare stava sopra lo stadio S-IVB(il cilindro in basso a sinistra inFigura 248) e sotto il modulo dicomando e servizio, protetto daquesti quattro pannelli. Durante il tragitto, veniva effettuata la mano-vra di Transposition and Docking: il modulo di comando e servizio sisganciava dallo stadio S-IVB e ruotava di 180°, viaggiando “in retro-

marcia”. I pannelli di protezione del modulo lunare venivano aperti apetalo e sganciati dallo stadio S-IVB, in modo da permettere al modu-

lo di comando e servizio di agganciarsi al modulo lunare ed estrarlo.

Fatto questo, il modulo di comando e servizio e il modulo lunare ac -

coppiati (l'astronave Apollo vera e propria) si allontanavano dallo sta-

dio S-IVB, che successivamente veniva spinto in un'orbita che evitassecollisioni con il veicolo Apollo. Ma i pannelli di protezione erano giàsganciati dallo stadio prima che cambiasse di rotta, per cui non veni -vano coinvolti nella manovra di deviazione. Ubbidendo diligentemen-

te alle leggi newtoniane del moto, quindi, questi pannelliproseguivano per inerzia lungo la traiettoria del veicolo Apollo comegabbiani dietro una nave fino al momento in cui l'Apollo non effet -tuava correzioni di rotta, come si vede anche in Figura 242.

Negli anni successivi, Aldrin ribadì la vera natura dell'avvistamento inpiù occasioni, per esempio nel corso del popolare Howard Stern Show 

111 astrobiology.nasa.gov/ask-an-astrobiologist/question/?id=1568.

Figura 248. Estrazione del modulo lunaredalla carenatura interstadio, costituita

dai quattro pannelli aperti a petalo.Dettaglio del disegno NASA S-66-5107.

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UFO e allunaggi – 261

del 15 agosto 2007 e in un'intervista televisiva al Science Channel,nella quale chiese di chiarire ai telespettatori che non aveva visto unveicolo alieno.

L'emittente rifiutò. La storia dell'astronauta che ammette di aver vistoun UFO è troppo ghiotta e quindi continua a girare. Eppure la faccen-

da era già stata discussa appunto durante il citato debriefing oltretrentacinque anni prima, come si può leggere alle pagine da 6-33 a 6-36 dell' Apollo 11 Technical Crew Debriefing, datato 31 luglio 1969.

È ironico che durante la missione gli astronauti scelsero di non parla-

re via radio della questione perché temevano che i loro commenti sa -rebbero stati male interpretati, ma che poi questa scelta del silenziosia stata interpretata come prova di qualcosa da nascondere. Propriocome avevano previsto, insomma, le loro parole sono state grossola-namente fraintese.

Una missione lunare segreta recuperò un'astronavealienaUn'altra tesi ripresentata periodicamente dai media112 è che vi sarebbestata una missione militare segreta, battezzata Apollo 20, svolta con-

giuntamente da astronauti statunitensi e cosmonauti sovietici per re-cuperare un veicolo alieno scoperto sulla Luna.

Secondo la narrazione di tale William Rutledge, che asserisce di esse-

re stato uno degli astronauti di questa missione insieme all'americana

Leona Snyder e al russo Alexei Leonov, un vettore Saturn V sarebbepartito di nascosto nel 1976 dalla base militare di Vandenberg, in Cali-fornia, diretto verso la faccia non visibile della Luna. Là, infatti, le rico-gnizioni dell'Apollo 15 avevano scoperto un gigantesco vascelloalieno.

La presenza del veicolo sarebbe confermata da immagini pubblicatenegli atlanti fotografici lunari, per esempio nel dettaglio della fotoNASA AS15-P-9625 mostrato in Figura 249. L'“astronave” sarebbe la

forma chiara allungata al centro dell'immagine.

112 Mistero, Italia 1, 25 ottobre 2009; Luna, 40 anni in chiave aliena - Dalle“presenze” all'Apollo 20, Flavio Vanetti, Corriere della Sera, 19/7/2009.

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262 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Già questo aspetto dovrebbe farriflettere sulla plausibilità dellastoria: se l'esistenza di un veicoloextraterrestre sulla Luna è cosìtop secret da motivare addiritturauna missione congiunta russo-americana segreta, bisogna chie-dersi come mai l'astronave è sta-ta invece lasciata in bella mostranelle fotografie pubblicate.113

Dato che le immagini della faccianascosta della Luna erano dispo-

nibili all'epoca soltanto se laNASA o l'Unione Sovietica le rila-sciavano, sarebbe stato sempliceritoccarle prima di diffonderle, inmodo da non rivelare nulla.

  Tuttavia la storia di Rutledge è

corredata di molti dettagli narra-tivi ricchi di riferimenti tecnici,apparentemente credibili per inon esperti, e da video impres-sionanti, che mostrano addirittu-

ra un cadavere alieno umanoide(Figura 250) e immagini ravvici-nate del veicolo extraterrestre.

Se si mette da parte l'impattoemotivo della crudezza delle im-

magini e si svolge una ricerca attenta, emerge chiaramente che lastoria è in realtà un falso piuttosto ben costruito, realizzato dall'artistafrancese Thierry Speth e sbugiardato anche dagli ufologi del CUN(Centro Ufologico Nazionale).114

Per esempio, l'esame attento dei video presentati da Rutledge per-mette di scoprire una ben poco futuristica molla in una delle ripresedella presunta astronave. Inoltre in uno dei video che mostra l'interno

113 www.lpi.usra.edu/resources/apollo/frame/?AS15-P-9625.

114 www.cun-veneto.it/apollo20.htm .

Figura 249. La presunta astronave alienasarebbe visibile al centro di 

quest'immagine.

Figura 250. Il presunto cadavere alieno

mostrato da Mistero.

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del modulo lunare, uno degli astronauti risulta essere un torso flut-tuante, perché è stato sovrapposto allo sfondo con un mascherinosbagliato. Questi dettagli rivelano la falsificazione. Il “cadavere alieno”è semplicemente una delle sculture di Speth.115

Sul piano tecnico, è assurdo pensare che si possa far partire un missi-le alto più di cento metri dalla California senza che nessuno lo vedadecollare e senza che gli astronomi e gli astrofili di tutto il mondo loavvistino durante il tragitto verso la Luna (come avvenne per le altremissioni Apollo). Inoltre lanciare un vettore da Vandenberg, sulla co-

sta ovest degli Stati Uniti, anziché da Cape Canaveral, sulla costa est,avrebbe fatto ricadere il gigantesco primo stadio sul suolo statuniten-

se, con il rischio evidente e intollerabile di danni a cose e persone, in -

vece di cadere nell'Atlantico come consueto.

Non lo si sarebbe potuto lanciare in direzione ovest, ossia sopra il Pa-cifico, perché avrebbe comportato un'enorme penalizzazione. I missiliorbitali vengono lanciati sempre verso est per sfruttare la velocità dirotazione della Terra, che alla latitudine di Cape Canaveral è di circa1470 chilometri l'ora. Lanciarli verso ovest significherebbe lottare con-

tro la medesima velocità di rotazione: il missile partirebbe in retro-marcia, per così dire, con una penalità di 1470 chilometri l'ora.

E l'astronave? Un esame delle foto originali ad alta risoluzione chiari-sce che si tratta soltanto di una forma del terreno che l'occhio tendea interpretare come una sagoma regolare nelle immagini sgranate.

115 complottilunari.blogspot.com/2009/10/apollo-20-la-missione-top-secret-per.html.

Figura 251. Particolare della foto NASA AS15-P-9625.

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264 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Gli astronauti trovarono strutture aliene sulla Luna

Una delle numerose tesi ufologiche riguardanti le missioni lunari so-stiene che Neil Armstrong e Buzz Aldrin, i due astronauti protagonistidel primo sbarco umano sulla Luna, sarebbero stati sorpresi da unavisione inaspettata e misteriosa durante la loro escursione: strutturerealizzate da esseri extraterrestri sulla Luna. In preda allo stupore,avrebbero commentato via radio ciò che stavano vedendo mentre ilControllo Missione intimava loro concitatamente di usare per questecomunicazioni un canale radio criptato.

La trasmissione della diretta sarebbe avvenuta, secondo chi sostienequesta tesi, con alcuni secondi di differita che avrebbero concessoalla NASA la possibilità di censurare questa breve discussione e, da al-lora, di tenerla segreta; ma alcuni radioamatori sarebbero comunqueriusciti ad ascoltarla e registrarla. Eccone la traduzione fedele:

 Astronauta 1: Ah, cos'è quello? 

 Astronauta 2: Abbiamo una spiegazione per questa cosa? 

Houston: (Non) l'abbiamo, non vi preoccupate, continuate il vo-stro programma! 

 Astronauta 1: Oh Dio, è, è, è, davvero fantastico! Non lo potrestemai immaginare! 

Houston: Roger, lo sappiamo. Potreste andare dall'altra parte? Tornate dall'altra parte! 

 Astronauta 1: Beh, è ben (attrezzato), molto spettacolare... Dio... e

quello cos'è? 

 Astronauta 1: E' (cavo), ma che diavolo è? 

Houston: Usate Tango, Tango! 

 Astronauta 1: Ora lì c'è una specie di luce! 

Houston: Roger, abbiamo capito, lo abbiamo (visto), perdete lacomunicazione, Bravo Tango, Bravo Tango, selezionate Jezebel,

 Jezebel!  Astronauta 1: ...si, ah! ...ma questo è incredibile! 

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UFO e allunaggi – 265

La registrazione è stata presenta-ta come autentica da varie tra-smissioni televisive italiane,116 main realtà proviene da  Alternative3, un documentario-parodia bri-tannico del 1977.

Anche senza conoscerne la fonte,gli indizi di falsità sono evidenti:un semplice confronto con levoci originali di Armstrong e Al-drin rivela che le voci nella regi-strazione ufologica non sono leloro. La reazione degli astronautialla visione dei presunti extraterrestri è del tutto surreale: i due sem-

brano mostrare solo stupore, non descrivono ciò che vedono, se noncon poche frasi confuse, e non mostrano alcuna apprensione per l'im-

provvisa scoperta di una forma di vita extraterrestre, come invece sa-rebbe naturale aspettarsi.

Inoltre sono molto diversi da quelli autentici i “bip” (Quindar tones)che scandiscono la comunicazione, il rumore di fondo e la distorsionedelle voci, e le pause tra le frasi degli astronauti e quelle di Houstonsono troppo brevi se si considera la distanza Terra-Luna che i segnaliradio dovevano percorrere (un segnale radio ci mette 1,3 secondi aviaggiare dalla Terra alla Luna e altrettanti per tornare).

Esiste anche un'altra versione di questi fantomatici dialoghi, pubblica-ta in origine in un articolo di Sam Pepper sul tabloid americano-cana-

dese National Bulletin del 29/9/1969 con il titolo “Phony TransmissionFailure Hides Apollo 11 Discovery... MOON IS A UFO BASE!”. Non è chiarose si trattasse di un tentativo di parodia come   Alternative 3, ma necondivide certamente l'impostazione implausibile e la condisce conespressioni pseudotecniche come “scandito l'orbita”, “In 625 alla quin-ta, auto-relé impostati” che possono far colpo sul profano ma sono deltutto prive di senso per chi fa astronautica per mestiere.

116 Mistero, Italia 1, 25/10/2009; Top Secret , Rete4, 2/7/2007.

Figura 252. Un fotogramma dellatrasmissione Mistero dedicata a questa

 presunta registrazione lunare ufologica,descritta come proveniente da“documenti ufficiali sull'esistenza aliena”.

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266 – Luna? Sì, ci siamo andati!

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Come discutere con i lunacomplottisti – 267

Come discuterecon i lunacomplottisti

Una raccomandazioneNon fatelo. Non discutete mai con un lunacomplottista, ossia con chi èfermamente convinto che le missioni lunari furono in un modo o nel-l'altro una messinscena, se il vostro intento è convincerlo che ha tor -to: è uno spreco di tempo. Non c'è nulla che possiate fare per far

cambiare idea a una persona afflitta da questo genere di disturbo de-lirante.

Discutere con un dubbioso, invece, può essere costruttivo. Il dubbiosoè ancora ricettivo al ragionamento e alla presentazione di prove benargomentate e fondate. Molte persone hanno perplessità sulle mis-sioni lunari semplicemente perché non conoscono l'argomento ehanno sentito parlare delle tesi di messinscena: non avendo gli stru -

menti per determinare chi ha ragione e chi ha torto, fanno l'unica

cosa sensata, cioè mantengono il dubbio.C'è una sola situazione in cui vale la pena di discutere con un luna-

complottista: quando l'intento è di rendere chiara ai dubbiosi l'assur-dità delle tesi di cospirazione lunare e la condizione patologica di chile propaganda. A prima vista, infatti, alcune tesi di complotto lunarepossono sembrare plausibili e possono quindi sedurre i perplessi. Ser-ve allora qualcosa che faccia emergere in modo facilmente compren-sibile le incoerenze della visione lunacomplottista.

Così ho preparato una serie di domande che, sulla base della miaesperienza, tendono a mettere rapidamente in crisi il lunacomplotti-sta DOC. Lo obbligano a giustificare le proprie idee con spiegazioni

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268 – Luna? Sì, ci siamo andati!

che non è in grado di dare senza contraddirsi. Spesso producono an-

che in lui una reazione emotiva molto intensa, che vale più di millepagine di spiegazione tecnica nel rendere chiaro al dubbioso che as-siste alla discussione chi ha torto e chi ha ragione.

Queste stesse domande, in particolare la prima, sono comunque utilianche come punto di partenza per una conversazione con una perso-

na dubbiosa: la inducono a riflettere sulla coerenza e plausibilità deipropri dubbi, almeno quanto basta per voler approfondire l'argomen-

to, per esempio tramite le pagine di questo libro.

Se avete tempo per una sola domandaCapita spesso che l'argomento del lunacomplottismo salti fuori incontesti nei quali non c'è modo di avviare una discussione articolata.Se avete soltanto trenta secondi, fate questa domanda.

Il nostro astronauta Umberto Guidoni ha studiatocon gli astronauti che sono andati sulla Luna. Li co-

nosce personalmente. Se non ha dubbi lui, che èdel mestiere, perché dovremmo averli noi?

Poi andate via o cambiate argomento.

Domande da fare ai lunacomplottistiPermettetemi qualche consiglio tattico preliminare.

Uno dei modi più efficaci per mettere in crisi un lunacomplottista èchiedergli risposte tecnicamente documentate (cioè che citino fontitecniche precise) alle seguenti domande senza cadere in contraddi-zione. Non accettate frasi come ”lo sanno tutti che...” : chiedete fonti edocumenti che comprovino le sue affermazioni. Senza documenti o

dimostrazioni, le sue argomentazioni sono aria fritta.Spesso il lunacomplottista ricorrerà all'attacco personale, chiedendovise siete ingegneri aerospaziali o avete lauree specialistiche o altre cre -

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Come discutere con i lunacomplottisti – 269

denziali che vi autorizzino a discutere della materia. Se le avete, ditelo.In ogni caso, mettete in chiaro che siccome la realtà degli sbarchi sul-la Luna ha il supporto dell'intera comunità tecnica e scientifica, le vo-

stre competenze individuali sono irrilevanti. Poi chiedete allunacomplottista quali credenziali o supporti autorevoli ha lui . Non neavrà.

Non consentite cambi d'argomento: sono una tattica abituale. Siateserenamente inamovibili: avete fatto una domanda, avete diritto auna risposta. Ripetete la domanda, se è stata elusa, e sottolineate ilfatto che il lunacomplottista ha tentato di eluderla. Se alla fine il luna-complottista tenta un ”Sì, ma...”, non mancate di far notare che quel“Sì” è un'ammissione di torto sullo specifico argomento.

Non impantanatevi in discussioni sugli aspetti minuziosamente tecni-ci delle missioni lunari: non chiariscono affatto la questione per chinon è esperto. I complottisti amano insistere su dettagli insignificanti.Non controbattete con altri dettagli tecnici: rispondete chiedendo “E quindi?”  in modo che il lunacomplottista debba spiegare perché ildettaglio tecnico sul quale sta elucubrando è così importante. Di soli-to non ci riuscirà. Poi riportate la discussione su temi più generali emeno tecnici. Ricordate che il modo migliore per far vedere quant'èridicolo il lunacomplottismo è lasciar parlare un lunacomplottista.

Buon divertimento.

1. Quali e quante missioni sarebbero state falsificate,di preciso?Furono falsificate tutte quelle lunari? Soltanto la prima (Apollo 11)? Oaddirittura tutte le missioni spaziali precedenti? E quelle sovietiche?

Qualunque cosa risponda, il complottista lunare si mette nei guai dasolo.

Se dice che furono falsificate tutte le missioni, comprese quelle primadello sbarco, allora la portata della messinscena diventa ridicolmenteenorme e il materiale filmato e i reperti che sarebbe stato necessariofalsificare crescono a dismisura, insieme al numero degli addetti ai la-vori perfettamente omertosi da oltre quarant'anni.

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270 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Se dice che soltanto le missioni con sbarco sulla Luna (dalla 11 in poi)furono falsificate, allora accetta che quelle senza sbarco furono auten-

tiche. Ma allora accetta come vere le immagini di quelle missioni. Cheperò sbugiardano le asserzioni sulle fotografie, come ”mancano lestelle”, “la pellicola si squaglia o si vela nello spazio”  e “le ombre sonotroppo chiare”, e smentiscono l'idea che fosse tecnologicamente im-

possibile raggiungere la Luna e che le radiazioni dello spazio profon -

do avrebbero ucciso gli astronauti, perché le missioni Apollo 8 e 10furono anch'esse lunari: lasciarono l'orbita terrestre, attraversarono lefasce di Van Allen e circumnavigarono la Luna.

Se dice che fu falsificata soltanto l'Apollo 11, allora deve spiegare per-ché sarebbe stato necessario falsificarla quando la prima missione se-condo lui autentica, l'Apollo 12, avvenne soltanto quattro mesi piùtardi . E se le missioni successive sono secondo lui autentiche, allora lefoto di queste missioni sono utilizzabili come termine di paragoneper sbugiardare le tesi di messinscena riguardanti le fotografie.

2. Qual è la versione lunacomplottista degli eventi,in dettaglio? Se ne può avere una coerente?In quarant'anni, nessun lunacomplottista c'è riuscito. Tutti quelli checi hanno provato si sono incagliati nelle contraddizioni della propriaversione o si sono lanciati in ipotesi prive di qualunque supporto tec-nico o documentale.

L'unica versione dei fatti coerente e documentata è quella storica: sul-la Luna ci siamo andati. Sei volte.

Il lunacomplottista potrebbe ribattere che gli basta dimostrare che laversione “ufficiale” è falsa. A parte il fatto che i cospirazionisti lunarinon sono riusciti neanche a fornire questa dimostrazione presentan-

do almeno una prova inoppugnabile in quarant'anni, le tesi di com-

plotto asseriscono che sia accaduta una serie alternativa di eventi.Allora occorre chiedere al lunacomplottista di presentare questi even-

ti alternativi sotto forma di un quadro completo. Così si vede se il

quadro è coerente o è una crosta.

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Come discutere con i lunacomplottisti – 271

3. Le foto lunari sono state ritoccate o no?

Per esempio, nella famosa foto di Aldrin con la bandiera (Figura 35), labandiera è stata aggiunta o no? Qualunque risposta porta il lunacom-

plottista a contraddirsi.

Se dice che le foto furono fatte in studio, allora non si capisce perchéci sarebbe stato bisogno di ritoccarle: sarebbe bastato rifarle. Se diceche le foto furono ritoccate, allora questo implica che sono autenti-che, ossia fatte sulla Luna, altrimenti sarebbe stato sufficiente rifarle.

E se le foto furono fatte in studio, come mai non pensarono di farneun po' anche ad Armstrong, visto che tutto sommato era il personag-

gio più “storico”, essendo il primo uomo sulla Luna, e invece le fotomostrano praticamente tutte Buzz Aldrin?

4. Come ha fatto la NASA a mantenere il segretoperfetto per tutti questi anni?Diamine, non ci riesce la Mafia, volete che ci riescano gli americani?Per quarant'anni?

5. Come mai, in tutti questi anni, nessuno dei cinquecentomila dipendenti delle società coinvolte siè mai fatto avanti per denunciare la truffa?I veicoli furono progettati e fabbricati da società commerciali, comeBoeing e Grumman, nelle quali la segretezza non è mai perfetta. Se latesi è che i veicoli non potevano funzionare, il lunacomplottista devespiegare perché nessuno dei tecnici se ne accorse. Se la tesi è che sene accorsero ma temevano ritorsioni, deve spiegare perché non c'èmai stata nessuna confessione in punto di morte, quando non c'erapiù nulla da perdere, o durante un momento di ubriachezza molesta.

Se invece il lunacomplottista sostiene che furono costruiti dei veicoliperfettamente funzionanti, fino all'ultimo bullone, allora deve spiega-

re perché a quel punto non sarebbero stati usati.

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272 – Luna? Sì, ci siamo andati!

6. Se le missioni umane sulla Luna erano impossibili,

perché i russi ci provarono?Il lunacomplottista dovrà spiegare come mai ci furono ripetuti tenta-tivi sovietici di portare un cosmonauta sulla Luna, il progetto di sbar -co N1-L3. Se obietta che l'N1-L3 fallì, va ricordato che c'era anche ilprogetto L1, che aveva tutte le carte in regola per avere successo e fuannullato perché gli americani arrivarono per primi a circumnavigarela Luna.

7. Perché i sovietici non si accorsero della messinscenae non la denunciarono al mondo?Se ne sarebbero accorti, grazie alla loro rete di spionaggio e di inter-cettazione delle comunicazioni radio e di telemetria. Avrebbero avutotutti i motivi per denunciare la falsificazione. Far fare una figuraccia airivali capitalisti degenerati sarebbe stata un'occasione ghiottissima.

Eppure rimasero zitti. Come mai?Una delle risposte preferite dei lunacomplottisti a questa domanda,oltre alla tesi del grano venduto sottocosto già vista nei capitoli pre-cedenti, è “perché avevano anche loro i loro scheletri nell'armadio”. Di-cono che prima del famoso primo uomo nello spazio (Yuri Gagarin) cifurono altre missioni che fallirono. Gagarin sarebbe stato semplice-mente il primo a tornare vivo.

A parte il fatto che usare un'ipotesi di complotto per giustificarne

un'altra non è il massimo del rigore scientifico (dove sono le confer-me autorevoli di queste missioni pre-Gagarin?), durante la GuerraFredda gli USA non si fecero scrupolo di denunciare le falsità dellapropaganda sovietica e viceversa, per cui sembra un tantinello ridico-

lo e implausibile che si siano fatti questa reciproca cortesia di starezitti soltanto per i voli spaziali, così carichi di prestigio politico.

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Come discutere con i lunacomplottisti – 273

8. Quante foto e quante ore di ripresa filmata

e di diretta TV sarebbe stato necessario falsificare?Chiedete al lunacomplottista delle cifre. Probabilmente non le avrà.Spiegate che soltanto le foto scattate sulla Luna sono oltre 6500. Sol -tanto le riprese TV e cinematografiche della missione Apollo 16 sullaLuna ammontano a oltre quattordici ore. E fate notare che sarebbestato necessario creare tutto questo materiale senza incoerenze ocontraddizioni.

9. Come sarebbe stato possibile, con gli effetti specialidegli anni Sessanta, impedire che la troupe e leattrezzature di scena fossero riflesse nelle visierea specchio degli astronauti?Chiedete al complottista lunare di spiegare con precisione quale tec-nica di ripresa avrebbe permesso questo risultato. Fate notare che

spesso le visiere non mostrano semplicemente il cielo nero, ma riflet-tono i dettagli del terreno e degli strumenti circostanti.

L'unico modo plausibile per “nascondere” la troupe sarebbe stato nonaverla: usare soltanto la fotocamera, cinepresa o telecamera mostratenelle immagini, impugnata dall'altro astronauta o montata su un sup-

porto. Ma questo avrebbe significato rinunciare a qualunque suppor-to tecnico o effetto realizzabile da una troupe e da apparati di ripresapiù sofisticati e quindi avrebbe reso ancora più complicata la messin-

scena.Per esempio, il “cameraman” avrebbe dovuto lavorare vestito da astro-

nauta e il set avrebbe dovuto essere perfetto (anche la “quartaparete”, quella dietro il punto di ripresa, avrebbe dovuto simulare ilsuolo e il cielo lunare). Per non parlare della necessità di lavorare nelvuoto per ottenere il moto parabolico della polvere calciata dagliastronauti.

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274 – Luna? Sì, ci siamo andati!

10. Come sarebbe stato possibile, con gli effetti

speciali di allora, ottenere il movimento parabolicodella polvere calciata dagli astronauti e sollevatadal Rover senza formare volute?È un effetto che si può ottenere soltanto nel vuoto. Chiedete una de-

scrizione tecnica di come sarebbe stato ottenuto quest'effetto senzaandare sulla Luna, sottolineando che occorre ottenerlo mentre si rea-lizza contemporaneamente la camminata degli astronauti. Non sonoammessi trucchi digitali, perché negli anni Sessanta non c'era la grafi-

ca computerizzata. Chiedete una dimostrazione.

12. Quanto sarebbe stato grande il set?Fate notare che ci sono sequenze ininterrotte come quella riassuntain Figura 253 e tratta dalla missione Apollo 16. Sottolineate quantastrada fanno gli astronauti senza arrivare in fondo al “set”. Il masso sul-

lo sfondo si rivela essere grande come una casa. Chiedete spiegazioni.

13. Voi trovate errori rivelatori dappertutto: ma allorachi lo fece, questo complotto, Stanlio e Ollio?

Chiedete di spiegare perché il complotto dal quale dipendeva il pre-stigio mondiale degli Stati Uniti avrebbe così tante anomalie vistosis-sime. Poi chiedete come mai le vedono solo i lunacomplottisti.

Figura 253. Apollo 16: Young e Duke visitano il macigno House Rock, che è a 220metri di distanza e che nella prima foto a sinistra è dietro l'astronauta più lontano.

Nell'ultima foto, la freccia indica uno dei caschi degli astronauti.

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I veri segreti della Luna – 275

I veri segretidella Luna

Rispetto ai resoconti scientifici, le tesi di complotto lunare hanno ilvantaggio di essere delle ottime storie da raccontare. Ma non c'è bi-sogno di inventarsi assurde tesi di complotto per rendere interessantile missioni lunari. Ecco alcuni esempi di natura decisamente rustica,che comprensibilmente non furono raccontati pubblicamente all'e-poca e quindi sono tuttora poco conosciuti: ce ne sono molti altri, an-

che di genere meno pruriginoso ma comunque affascinanti, chesaranno presentati in un libro apposito.

La pausa di Aldrin sulla scalettaPer decenni, molti di coloro chevidero in diretta le immagini del-la prima passeggiata sul suolo lu-

nare o che le rividero e

studiarono dopo l'evento si sonochiesti come mai Buzz Aldrinfece una lunghissima pausa ametà della scaletta (Figura 254)prima di scendere e poi raggiun-

gere il suo compagno Neil Arm-

strong.

Paura? Momentaneo stordimen-

to dovuto al ritorno ad un ambiente con gravità? Pausa di raccogli -mento spirituale? Nulla di tutto questo. Nel magnifico documentario

Figura 254. Aldrin si sofferma sullascaletta.

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276 – Luna? Sì, ci siamo andati!

del 2007 In the Shadow of the Moon, a 69 minuti dall'inizio, Aldrin rive-la la natura di quella pausa misteriosa.

“Secondo il piano di volo, dovevamo fermarci 10-15 secondi allabase della scaletta e tenerci al bordo della zampa d'allunaggio,limitandoci a controllare la nostra stabilità, eccetera. Ho deciso di approfittare di quell'intervallo per... uh... per occuparmi di unafunzione corporale, riempiendo un po' il sacchetto per l'urina, per non dovermene preoccupare dopo. Ognuno ha i suoi primati lu-nari, e questo non me l'ha conteso nessuno.” 

Corrosione sospettaIn un'attività complessa come unlancio spaziale, la quantità dicose che possono andare storteè immensa e spesso sono i pro-

blemi di origine inattesa quelliche fanno dannare di più. Peresempio, il Reliability Bulletin(bollettino di affidabilità) datato8 marzo 1968 e mostrato in Figu-

ra 255 segnala gravi problemi dicorrosione nelle condotte in ac-ciaio inossidabile delle rampe dilancio 34 e 37 al centro spazialeKennedy.

Il rapporto rivela la causa dellacorrosione: l'attacco combinatodi acido urico e cloruro. Il clorurofa parte dell'ambiente nel luogodi lancio, ma l'acido urico no. Vie-ne da una ”fonte umana... Si so-spetta da qualche tempo la prassi occasionale del personale di espletare

le proprie necessità fisiologiche dalla torre di lancio... Audizioni personali nell'area del sito di lancio hanno confermato la probabile fonte umanasulla base delle pratiche osservate."  

Figura 255. Il rapporto sulla corrosionedelle condotte rivela una fonte inattesa

di acido.

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I veri segreti della Luna – 277

In altre parole, non c'erano bagni sulla torre di lancio, e se scappava lapipì, la si faceva dall'alto della torre, col risultato di corroderne l'accia -

io e mettere a repentaglio il missile.

In un altro caso analogo, il rivelatore di perdite d'idrogeno della torredi lancio diede l'allarme, provocando l'attivazione del sistema di sicu-

rezza a pioggia d'acqua, con danni per milioni di dollari. Si scoprì cheil rivelatore era scattato per via della “emissione gassosa di un robustoingegnere” della Chrysler che stava cambiando un componente nellevicinanze.117

Buste e fuoribustaScott, Worden e Irwin, gli astro-

nauti della missione Apollo 15,(Figura 256), portarono sullaLuna di nascosto 398 buste af -

francate oltre alle 243 autorizzatedalla NASA per la filatelia com-

memorativa.

Lo fecero per conto di H. WalterEiermann, che a sua volta agivasu ordine di un filatelista tedesco,Hermann Sieger, con l'intesa checento delle buste clandestine sa-

rebbero state cedute dagli astro-nauti a Eiermann in cambio di7000 dollari, depositati su unconto estero, per ciascun astro-

nauta e le altre 298 sarebberostate conservate dai membri del-l'equipaggio come souvenir.

Eiermann, però, vendette le proprie buste a Sieger, che a sua volta le

mise pubblicamente in vendita poco dopo la missione. Lo sfrutta-mento economico delle missioni spaziali da parte degli equipaggi era

117 Memorable Moments - My Years with the Apollo Program, John T. Everett.

Figura 256. David Scott, Alfred Worden e James Irwin. Foto AP15-S71-22401.

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278 – Luna? Sì, ci siamo andati!

severamente proibito: ne nacque uno scandalo che coinvolse anche ilcollega Jack Swigert (Apollo 13). Swigert, Scott e Worden furono ri-mossi dal servizio come astronauti; Irwin si dimise per dedicarsi allapredicazione religiosa.

Commemorazione segretaVerso la fine della loro storica escursione lunare, quando Neil Arm-

strong era ancora sulla superficie e Buzz Aldrin era già rientrato, fra idue astronauti ci fu uno scambio di parole molto guardingo. Arm-

strong chiese ad Aldrin: “Cosa mi dici di quel pacchetto dalla tua... ma-nica? L'hai preso?” 

“No,“ gli rispose laconico Aldrin. “OK, lo prendo io quando salgo” ribattéil collega. Dopo una pausa, Aldrin gli chiese “Lo vuoi adesso?” e Arm-

strong gli disse “Immagino di sì”. Altra pausa, poi Armstrong chiese“OK?” e Aldrin gli rispose “OK”.

Il pacchetto di cui parlavano era un insieme di og-

getti commemorativi da lasciare sulla Luna: una top-

pa dell'Apollo 1, in onore di Gus Grissom, Ed White eRoger Chaffee, morti nell'incendio dell'Apollo 1 sullarampa di lancio; un ramoscello d'ulivo, realizzato inoro, identico a quelli che hanno con sé i due astro-

nauti per le proprie mogli e per quella di MichaelCollins (Figura 257); e un disco di silicio contenente

messaggi da circa 70 capi di stato del mondo e altridati.

Questo è il contenuto ufficiale, secondo il comunica-to stampa NASA 69-83F del 13/7/1969. Ma secondoquanto scrisse Aldrin nel suo libro Men from Earthvent'anni dopo, il pacchetto conteneva anche altrioggetti politicamente molto delicati: due medagliesovietiche, una per commemorare il cosmonauta

Vladimir Komarov, morto al termine del volo dellasua Soyuz I per la mancata apertura del paracadute,e una in onore di Yuri Gagarin, il primo uomo a orbitare intorno alla

Figura 257. Unramoscello d'ulivo

in oro comequello lasciato

sulla Luna.

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I veri segreti della Luna – 279

 Terra, morto in un incidente aereo nel 1968. Un gesto di cavalleria fraviaggiatori dello spazio che ai tempi della Guerra Fredda, con l'Unio -

ne Sovietica acerrima nemica, rischiava di non essere gradito a moltie fu quindi taciuto.

Donne nude sulla LunaA novembre del 1969, Alan Bean e Charles “Pete” Conrad sbarcarono

sulla Luna, nella seconda missione lunare del programma Apollo,mentre Richard Gordon li attendeva in orbita. Si capì subito che que-sta era una missione allegra. A differenza della storica frase di NeilArmstrong, “È un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l'uma -nità”, il debutto di Conrad fu “Sarà stato piccolo per Neil, ma per me èbello lungo!” La battuta alludeva sia alla bassa statura dell'astronauta,sia a una scommessa fatta con la giornalista Oriana Fallaci per dimo-

strarle che le parole degli astronauti non erano decise da un copionescritto dalla NASA.

Ma a un certo punto, dopo circadue ore e mezza di passeggiatasulla superficie lunare, la missio-

ne prese una svolta insolita: i dueastronauti si misero a ridere cosìtanto che furono accusati di es-sere ubriachi o in preda all'“estasispaziale”. Conrad spiegò nel nu-

mero di dicembre 1994 di Play -boy  la ragione delle risate. I dueastronauti avevano sul polso del-la tuta la sequenza delle proce-dure da eseguire durantel'escursione: la cuff checklist , unquadernetto ad anelli costituito da fogli di carta plastificata ignifuga.Una soluzione rustica ma efficace. A loro insaputa, qualche burlone

aveva inserito delle fotocopie delle Playmate (rigorosamente stampa-te su carta ignifuga) fra i fogli delle istruzioni, dotandole di didascaliea doppio senso.

Figura 258. La cuff checklist di AlanBean, pilota del modulo lunare, con la

Playmate Cynthia Myers, Miss Dicembre1968.

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280 – Luna? Sì, ci siamo andati!

A Conrad capitarono Miss Set-tembre 1967, Angela Dorian, conil commento “Visto qualche colli -na o avvallamento interessante?”, eMiss Ottobre 1967, Reagan Wil-son (“Partner preferito per le cor -date” ); Bean si trovò MissDicembre 1968, Cynthia Myers(“Non dimenticare di descrivere le

 protuberanze" ), e Miss Gennaio

1969, Leslie Bianchini (”Rilevare lasua attività” ).

Non si tratta di una leggenda odi un aneddoto colorito: sul sitodella NASA118 ci sono le immaginidelle Playmate in questione, trat-te dalle cuff checklist . È un casopiù unico che raro di donne nude offerte intenzionalmente dal sito

dell'ente aerospaziale statunitense, solitamente molto formale, oltreche il primo episodio documentato di foto osé portate su un altrocorpo celeste.

118 www.hq.nasa.gov/office/pao/History/alsj/a12/cuff12.html .

Figura 259. Pete Conrad. La sua cuff checklist è aperta alla pagina conReagan Wilson, Miss Ottobre 1967.Dettaglio della foto AS12-48-7071.

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Per saperne di più – 281

Per saperne di più

Per esigenze di spazio e per non appesantire la lettura, nelle pagineprecedenti non mi è stato possibile indicare esplicitamente tutte lefonti tecniche dalle quali ho tratto i dati citati nel testo, ma ho tenuto

traccia di ogni singola fonte, per cui chi avesse bisogno di risalire al-l'origine di uno specifico dato non deve far altro che contattarmipresso [email protected].

I principali documenti che ho utilizzato come fonti sono comunqueradunati ed elencati qui e valgono anche come spunto per letture evisioni di approfondimento sulla materia trattata.

Molti dei documenti citati sono disponibili anche via Internet: per

brevità, non tutti i loro indirizzi sono riportati qui. Sono però consul-

tabili presso l'apposito blog ComplottiLunari.info, all'indirizzo abbre-viato tinyurl.com/fontilunari .

I rapporti e le foto NASA su supporto digitaleÈ disponibile una serie di penne USB contenenti le collezioni comple-te ad altissima risoluzione delle fotografie scattate dalle varie missioniApollo, i principali documenti tecnici della NASA e le versioni originalia colori delle fotografie utilizzate per questo libro. Chi volesse riceverequesto materiale può contattarmi per i dettagli all'indirizzo di [email protected].

Archivi fotografici

Lunar and Planetary Institute (www.lpi.usra.edu/resources/apollo/ca -talog/70mm/ ).

Gateway to Astronaut Photography of Earth (eol.jsc.nasa.gov ).

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282 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Apollo Archive (apolloarchive.com).

Lunar Panoramas  (spacemodels.nuxit.net/Panoramas/index.htm): pa-noramiche realizzate unendo digitalmente varie foto lunari originali.

LIFE Magazine (images.google.com/images?q=Apollo+source%3A-life&btnG=Cerca+immagini ).

Nasa Images (www.nasaimages.org).

NIX - Nasa Image Exchange (nix.nasa.gov ).

Science Photo (www.sciencephoto.com).

Ranger Photographs of the Moon (www.lpi.usra.edu/resources/ran-ger ).

Apollo Lunar Surface Closeup Camera (ALSCC) (www.lpi.usra.edu/ -resources/apollo/catalog/alscc ).

Apollo Image Atlas (Metric Camera) (www.lpi.usra.edu/resources/ -apollo/catalog/metric ).

Apollo Image Atlas (Panoramic Camera) (www.lpi.usra.edu/resour -ces/apollo/catalog/pan).

Apollo Image Atlas (35 mm Nikon) (www.lpi.usra.edu/resources/apol -lo/catalog/35mm).

Lunar Orbiter Photo Gallery (www.lpi.usra.edu/resources/lunarorbi -ter ).

Lunar Orbiter Photographic Atlas of the Moon (www.lpi.usra.edu/re-sources/lunar_orbiter ).

Siti di documentazione tecnica

Agenzia Spaziale Italiana (www.asi.it ) (in italiano).

Apollo 11 audio (www.nasa.gov/mission_pages/apollo/40th/apol -lo11_audio.html ).

Apollo at NASA (nssdc.gsfc.nasa.gov/planetary/lunar/apollo.html ).

Apollo Bibliography (history.nasa.gov/alsj/apollo.biblio.html ).

Apollo Flight Journal (history.nasa.gov/afj/ ): cronologia dettagliata ecommentata delle singole missioni, con le trascrizioni di tutte le co-

municazioni radio.

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Per saperne di più – 283

Apollo Lunar Surface Journal (www.hq.nasa.gov/alsj ): cronologiacompleta delle escursioni lunari, con le trascrizioni commentate diogni singola frase pronunciata, foto scattata e azione effettuata dagliastronauti.

Apollo Saturn Reference Page (www.apollosaturn.com).

Apollo Technical Data Library (www.cs.indiana.edu/sudoc/image_30-000061709352/30000061709352/pdf/techdata.htm ): documenti e ma-nuali specifici del modulo di comando, del modulo lunare e delvettore Saturn V; rapporti preliminari e conclusivi e Press Kit  (cartellestampa) di ciascuna missione.

Apollo TV (www.apollotv.net ).

Clementine Color Images of the Moon (ser.sese.asu.edu/MOON/ -clem_color.html ).

Clementine Lunar Map (www.nrl.navy.mil/clm).

Consolidated Lunar Atlas (www.lpi.usra.edu/resources/cla).

De la terre à la lune (www.de-la-terre-a-la-lune.com).

Deepcold (www.deepcold.com): progetti spaziali militari USA-URSS.Encyclopedia Astronautica ( Astronautix.com).

HORIZONS (ssd.jpl.nasa.gov/horizons.cgi ): un sito NASA che permettedi calcolare dimensioni, fase e posizione di qualunque corpo celestedel sistema solare visto da qualunque altro in qualunque data (nelcaso specifico, l'aspetto della Terra vista dalla Luna).

Kaguya (wms.selene.jaxa.jp): archivio video della sonda.

Kaguya/Selene (www.jaxa.jp/projects/sat/selene/index_e.html ): sondalunare giapponese.Lunar Reconnaissance Orbiter (lunar.gsfc.nasa.gov; centauri.larc.na-sa.gov/lro).

Moonport (www.hq.nasa.gov/office/pao/History/SP-4204/cover.html ):storia delle basi di lancio.

NASA JSC Transcript Collection (Mercury to Apollo) (www.jsc.nasa.-gov/history/mission_trans/mission_transcripts.htm).

NASA Office of Logic Design (klabs.org/history/history_docs/ -mit_docs/index.htm): un archivio di documenti riguardanti i computerdi navigazione e di controllo dei veicoli Apollo.

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284 – Luna? Sì, ci siamo andati!

NASA Technical Reports Server (ntrs.nasa.gov ): vastissima collezionedi rapporti tecnici riguardanti l'intero programma spaziale statuniten-se e le conoscenze scientifiche che ne sono scaturite.

PBS Race to the Moon (www.pbs.org/wgbh/amex/moon/index.html ).

Radiation Effects and Analysis (radhome.gsfc.nasa.gov/top.htm ). Unodei principali archivi di documentazione sugli effetti delle radiazioniriguardanti il volo spaziale, gestito dal Goddard Spaceflight Center.

Russian Space Web (www.russianspaceweb.com): notizie e storia dellospazio dalla Russia.

The Apollo Program (1963-1972) (nssdc.gsfc.nasa.gov/planetary/lunar/ apollo.html ): l'archivio del National Space Science Data Center, conte-nente documenti su tutte le missioni Apollo, comprese quelle di col-laudo senza equipaggio.

The Space Race (www.thespacerace.com).

Unmanned Spaceflight (www.unmannedspaceflight.com).

We Choose the Moon (www.wechoosethemoon.org).

Working on the Moon: Lessons from Apollo (www.workingonthe-moon.com/index.html ).

Libri, documenti tecnici e biografie

35 Years Ago, "One Small Step..." . Jack Yanosov. In QST , febbraio 2005.

 A Man on the Moon: The Voyages of the Apollo Astronauts. Andrew

Chaikin, Penguin Books, New York (1994). Ripubblicato da Penguin(2007). ISBN-10: 014311235X.

 Adventures in Celestial Mechanics: A First Course in the Theory of OrbitsSzebehely, Victor G. University of Texas Press, Austin (1989).

 ALSEP Data Handling Estimates.  BellComm Memorandum for File B6905062. R.J. Pauly (1969).

 An Annotated Bibliography of the Apollo Program. Redatto da Roger D.Launius e J.D. Hunley e pubblicato con il titolo Monographs in Ae-

rospace History, n. 2 (1994). An Introduction to Celestial Mechanics. Moulton, Forest R.. Dover Publi-

cations, New York (1970).

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Per saperne di più – 285

 An overview of medical-biological radiation hazards in earth orbits. Stau-ber, M. C.; Rossi, M. L.; Stassinopoulos, E. G., Goddard Space FlightCenter (1984).

 Apollo 10 – The NASA Mission Reports, Robert Godwin, Apogee Books.ISBN 1896522688.

  Apollo 10 Color Television,  Westinghouse Defense and Space Center News Release (1969).

 Apollo 10 Optical Tracking, in Sky and Telescope, luglio 1969, pagg. 62-63.

 Apollo 11 – The NASA Mission Reports, Volume 1, Robert Godwin, Apo-gee Books. ISBN 189652253X.

 Apollo 11 – The NASA Mission Reports, Volume 2, Robert Godwin, Apo-

gee Books. ISBN 1896522491.

 Apollo 11 – The NASA Mission Reports, Volume 3, Robert Godwin, Apo-

gee Books. ISBN 1896522858.

 Apollo 11 Photography, 70-mm, 16-mm and 35-mm Frame Index, Natio-nal Space Science Data Center (1970).

 Apollo 11 Technical Air-to-Ground Voice Transcription. Manned Space-craft Center (1969).

 Apollo 12 – The NASA Mission Reports, Volume 1, Robert Godwin, Apo-

gee Books. ISBN 1896522548.

 Apollo 12 – The NASA Mission Reports, Volume 2, Robert Godwin, Apo-

gee Books. ISBN 1894959167.

 Apollo 13 – The NASA Mission Reports, Robert Godwin, Apogee Books.

ISBN 1896522556. Apollo 13 Television. Comunicato stampa Westinghouse, 1970.

 Apollo 14 – The NASA Mission Reports, Robert Godwin, Apogee Books.ISBN 1896522564.

 Apollo 15 – The NASA Mission Reports, Robert Godwin, Apogee Books.ISBN 1896522572.

 Apollo 15 Final Lunar Surface Television Operations Plan. NASA MannedSpacecraft Center (1971).

 Apollo 16 – The NASA Mission Reports, Robert Godwin, Apogee Books.ISBN 1896522580.

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286 – Luna? Sì, ci siamo andati!

 Apollo 17 – The NASA Mission Reports, Robert Godwin, Apogee Books.ISBN 1896522599.

 Apollo 7 – The NASA Mission Reports, Robert Godwin, Apogee Books.ISBN 1896522645.

 Apollo 8 – The NASA Mission Reports, Robert Godwin, Apogee Books.ISBN 1896522661.

 Apollo 9 – The NASA Mission Reports, Robert Godwin, Apogee Books.ISBN 1896522513.

 Apollo Black-and-White Television Scan Converter. M.V. Sullivan, SMPTE 

 Journal , vol. 79, pagg. 621-625 (1970). Apollo Color Television Camera. L.L. Niemyer, Jr., Westinghouse Defense

and Space Center (1969).

 Apollo Color Television Subsystem: Operation and Training Manual. We-stinghouse (1971).

 Apollo Experience Report – TV Systems. Paul P. Coan, Manned Space-flight Center Television Subsystem Manager, NASA Technical Note TN D-7476 (1973).

 Apollo Lunar Landing Launch Window: the Controlling Factors and Con-straints. Robin Wheeler, Apollo Flight Journal .

 Apollo Lunar Television Camera: Operations Manual. Stan Lebar, Westin-

ghouse Defense and Space Center (1968).

 Apollo Unified S-Band System. K.E. Peltzer, Goddard Space Flight Center(1966).

 Apollo: The Definitive Sourcebook . Richard W. Orloff, David M. Harland.

Springer (2006). ISBN-10: 0387300430.Carrying the Fire: An Astronaut's Journeys. Michael Collins. Farrar,

Strauss, and Giroux (1974). Ripubblicato da Cooper Square Press(2001). ISBN-10: 081541028X.

Communications on the Moon. In Electronics World (agosto 1969).

Comparison of Measured LM/EVA Link Transmission Losses on Apollo 15with Predicted Values. BellComm Memorandum for File B71 12012. I.I.Rosenblum (1971).

EVA Communications from Surveyor III Site on Apollo 12 . BellComm Me-morandum for File B69 10020. I.I. Rosenblum (1969).

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Per saperne di più – 287

EVA VHF Communications with LM on Apollo 15 Traverses.   BellCommTechnical Memorandum TM-71-2034-2. I.I. Rosenblum (1971).

Failure Is Not an Option. Gene Kranz. Berkeley Publishing Group, NewYork (2000). Ripubblicato da Simon & Schuster (2009). ISBN-10:1439148813.

First Color TV from Space. Warren C. Wetmore, Aviation Week and Spa-ce Technology, pagg. 18-20 (26 maggio 1969).

Flight: My Life in Mission Control . Chris Kraft. Plume (2002). ISBN-10:0452283043.

Full Moon. Michael Light, Alfred A. Kropf (1999). ISBN-10: 0375414940.Fundamentals of Astrodynamics. Bate, Roger R., Mueller, Donald D., e

White, Jerry E. Dover Publications, New York (1971).

Genesis: The Story of Apollo 8. Robert Zimmerman. Random House,New York, (1998).

Ground Control Television Television Engineering Notebook . Richard Bo-hlmann e coll., Manned Spacecraft Center (4/1971 - 4/1972).

Ground-Controlled Television Assembly: Final Report . RCA R-3901-F(1972).

Ground-Controlled Television Assembly: Interim Final Report. RCA R-3838F (1972).

Ground-Controlled Television Assembly: Operation and Checkout Ma-nual . RCA (1971).

Il bluff spaziale sovietico, Leonid Vladimirov, Edizioni Paoline, 1976.

 Journey to the Moon: The History of the Apollo Guidance Computer . Hall,

Eldon C. American Institute of Aeronautics and Astronautics, Re-ston, Va. (1996).

Liftoff: The Story of America's Adventure in Space. Michael Collins, GrovePress, New York (1988).

Lunar Television Camera: Pre-Installation Acceptance Test Plan.NASA/MSC-SESD-28-105 (1968).

Lunar TV Camera: Statement of Work (Final Draft). NASA/MSC (1966).

Mankind's Giant Leap. Robert Hotz, Aviation Week and Space Technolo-gy , pag. 17 (28 luglio 1969).

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288 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Manned Space Flight Network (MSFN) Postmission Report on the AS-506(Apollo 11) Mission. Goddard Spaceflight Center, (1970).

Moon Lander: How We Developed the Lunar Module. Kelly, Thomas J..Smithsonian History of Aviation and Spaceflight Series, Dominick Pisano et al., eds. Smithsonian Institution Press, Washington, D.C.(2001).

Moon Missions: Mankind's First Voyages to Another World. William F.Mellberg, Plymouth Press, Michigan (1997).

Network Controller's Mission Report Apollo 11 (1969).

On the Radiation Hazards of Space Flight . James A. Van Allen, Universityof Iowa, in Physics and Medicine of the Atmospheres and Space, O. O.Benson Jr e Hubertus Strughold, John Wiley & Sons (1960).

Optical Observations of Apollo 12, in Sky and Telescope, febbraio 1970,pagg. 127-130.

Optical Observations of Apollo 8, di Harold B. Liemon, Sky and Telesco- pe, marzo 1969, pagg. 156-160.

Photography Equipment and Techniques - A Survey of NASA Develop-ments. Albert J. Derr, Technology Utilization Office, NASA (1972).

Proceedings of the Apollo Unified S-Band Technical Conference, Goddard Space Flight Center, July 14-15, 1965. K.E. Peltzer, Goddard SpaceflightCenter (1965).

Radiation Hazards to Crews of Interplanetary Missions: Biological Issuesand Research Strategies. Task Group on the Biological Effects of Space Radiation, Space Studies Board, Commission on PhysicalSciences, Mathematics, and Applications of the National Research

Council. National Academy Press (1997).Radiation Plan for the Apollo Lunar Mission (1969).

Report of Apollo 204 Review Board (1967).

Review of Particle Properties, Particle Data Group, Lawrence BerkeleyLaboratory (1999).

Shooting the Apollo Moonwalks. Sam Russell, in  Apollo Lunar Surface Journal .

Summary of Medical Experience in the Apollo 7 Through 11 Manned Spa-ceflights. Berry, C.A., Aerospace Medicine 41 (maggio 1970): 500-19.

The Apollo 13 Accident , in Sky and Telescope, luglio 1970, pag. 14.

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Per saperne di più – 289

The Color War Goes to the Moon. Stan Lebar, in Invention & Technology ,Estate 1997.

The Last Man on the Moon. Eugene Cernan e Don Davis. St. Martin'sPress, New York, (1999). ISBN-10: 0312263511.

The Lunar Television Camera. E.L. Svensson, Westinghouse Engineer n. 3,pagg. 46-51 (marzo 1968).

The Probability of an ALSEP Accepting an Erroneous Command Bell -Comm Memorandum for File B69 12007 . J.E. Johnson (1969).

The Radiation Environment . J. Barth, Goddard Spaceflight Center.

Theory of Orbits. Szebehely, Victor G.. Academic Press, New York (1967).Tracking Apollo to the Moon. Hamish, Lindsay. Springer-Verlag London

(2001).

Trajectories in the Earth-Moon Space with Symmetrical Free Return Pro- perties. Arthur J. Schwaninger, NASA Technical Note D-1833 (1963).

TV Show of the Century: A Travelogue with No Atmosphere. Stanley Le-bar e Charles P. Hoffman, Electronics (1967).

Where No Flag Has Gone Before: Political and Technical Aspects of Pla-cing a Flag on the Moon. Anne Platoff, NASA Contractor Report188251 (1993).

World Spaceflight News. Lunar Module Reference. Progressive Manage-ment (2000).

Acquisti di materiale e documentazione

Astronaut Store (www.astronautstore.org): modelli, oggetti di volo,autografi. Gestito dagli astronauti Mercury.

Collectionspace.it (www.collectionspace.it ): libri rari, meteoriti, auto-

grafi, oggetti di volo, modelli (in italiano).

Collectspace (www.collectspace.com): autografi, oggetti provenientidalle missioni spaziali, modelli.

Footagevault (www.footagevault.com): riversamenti digitali in alta de-

finizione delle riprese cinematografiche e televisive delle missionispaziali.

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290 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Kennedy Space Center (www.thespaceshop.com): modelli, vestiario,spille.

Moonpans.com (www.moonpans.com): poster panoramici realizzaticomponendo le fotografie scattate sulla Luna.

Orbitec (www.orbitec.com): simulante di regolite (replica della polverelunare utilizzata per i collaudi dei veicoli e degli strumenti lunari)

Spacecraft Films (www.spacecraftfilms.com): DVD e Blu-ray dei filmatioriginali integrali delle missioni; documentari sul programma spazialestatunitense.

Up-Ship.com (www.up-ship.com/drawndoc/drawndocspacesaturn.htm):stampe e disegni tecnici dei veicoli Apollo, dei vettori Saturn e di mol-ti altri veicoli spaziali realizzati o soltanto progettati.

Libri pro-complottoDark Mission: The Secret History of NASA, Richard Hoagland e Mike Bara

(2007 ). Feral House, ISBN 1-9325-9526-0.Dark Moon: Apollo and the Whistle-Blowers, Mary Bennett e David S.Percy (2001). Adventures Unlimited Press, ISBN 0-9328-1390-9.

NASA Mooned America!, Ralph René (1994).

Non siamo mai andati sulla Luna, Bill Kaysing (1997). Cult Media NetEdizioni, ISBN 88-87179-00-X (in italiano).

One Small Step? The Great Moon Hoax and the Race to Dominate Earthfrom Space, Gerhard Wisnewski e Johanna Collis (traduttrice) (2008).

Clairview Books, ISBN 1905570120.We Never Went to the Moon, Bill Kaysing (1974). Edizione autoprodotta.

We Never Went to the Moon: America's Thirty Billion Dollar Swindle. BillKaysing e Randy Reid (1976). Health Research Books. ISBN 0-7873-0487-5.

Siti pro-complotto Atmosphärenfahrt-Index – die Beweise für die Mondlüge (www.geschi -chteinchronologie.ch/atmosphaerenfahrt-index.html ).

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Per saperne di più – 291

Aulis Online (www.aulis.com).

Luogocomune (www.luogocomune.net/site/modules/sections/index.- php? op=viewarticle&artid=19) (in italiano).

Moonmovie (www.moonmovie.com).

DVD, video e trasmissioni TV pro-complotto

 A Funny Thing Happened on the Way to the Moon, Bart Sibrel (2001).

 Apollo 11 Press Conference, Bart Sibrel (2004).  Apollo 11: Monkey Business: False Photography Unedited , Bart Sibrel(2004).

 Apollo One Accident Report , Bart Sibrel (2007).

 Astronauts Gone Wild , Bart Sibrel (2004).

Conspiracy Theory: Did We Land on the Moon? (Fox, 2001).

Enigma (RAI, febbraio 2003) (in italiano).

La Storia Siamo Noi (RAI, 22/8/2006) (in italiano).Mistero (Italia 1, 25/10/2009) (in italiano).

Top Secret , (Rete4, 2/7/2007) (in italiano).

Voyager (RAI, 4/3/2009) (in italiano).

Film e documentari-parodia ritenuti veridai lunacomplottisti

 Alternative 3, di Christopher Miles (Anglia Television, 1977).

Capricorn One, di Peter Hyams (Associated General Films, 1978).

Dark Side of the Moon (Operazione Luna/Opération Lune), William Karel(Arte France/Point du Jour, 2002).

Moontruth (The Viral Factory, 2002).

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292 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Libri di risposta alle tesi di complotto lunare

Bad Astronomy: Misconceptions and Misuses Revealed , from Astrology tothe Moon Landing 'Hoax'". Phil Plait (J Wiley & Sons, ISBN 0471409766.

DVD, video e trasmissioni TV neutrali o di rispostaalle tesi di complottoFor All Mankind (Apollo Associates/FAM Productions, 1989).

In the Shadow of the Moon (Discovery Films/FilmFour, 2007).Mythbusters – NASA Moon Landing (n. 104, 27/8/2008).

Penn & Teller: Bullshit! – Conspiracy Theories (n. 3-03, 9/5/2005).

The Truth Behind the Moon Landings (Discovery Science, 2003).

When We Left Earth: The NASA Missions (Dangerous Films, 2008).

Siti di risposta alle tesi di complotto

AboveTopSecret.com (www.abovetopsecret.com).

ApolloHoax (www.apollohoax.net ).

Bad Astronomy (www.badastronomy.com/index.html ).

Apollo 11 Smoking Guns (apollo11.forumfree.it ) (in italiano).

Clavius (www.clavius.org).

Complotti Lunari (www.complottilunari.info ) (in italiano).Forum Astronautico (www.forumastronautico.it ) (in italiano).

Moon Hoax? No Thanks di Diego Cuoghi (www.diego-cuoghi.com/Moon_hoax.htm) (in italiano).

Rocket and Space Technology (www.braeunig.us/space/ ).

Siamo andati sulla Luna (www.siamoandatisullaluna.com) (in italia-no).

Apollo 11, Smoking Gun (sulterrorismo.splinder.com/post/9492269/A- pollo+11,+Smoking+Gun) (in italiano).

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Per saperne di più – 293

Indice5 Introduzione6 Ringraziamenti

6 Distribuzione libera e gratuita

7 Indirizzi Internet abbreviati con Tinyurl

7 Commenti, correzioni e aggiornamenti

7 Immagini, filmati e documenti di supporto

8 In memoriam

9 La corsa alla Luna10 Il vantaggio sovietico

11 La rincorsa statunitense12 Il primo uomo nello spazio

14 Apollo, il sorpasso americano

16 Il progetto segreto N1-L3

17 Le prove generali, poi l'allunaggio

19 Come ci siamo andati

19 Il lanciatore Saturn V

21 Il veicolo Apollo

23 Manovre e rendezvous vitali

25 Rientro rovente

27 Le prove degli sbarchi

27 La documentazione29 Controlli incrociati  30 Le fotografie

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294 – Luna? Sì, ci siamo andati!

35 La diretta TV  

36 Le riprese cinematografiche38 Altre fonti informative

38 Verifica incrociata: il ritardo radio

40 L'omertà perfetta della NASA

41 Il silenzio dei sovietici

41 Le rocce lunari

43 Specchi sulla Luna

44 Foto di oggetti e veicoli sulla Luna

50 Indizi, ma non prove

51 L’altimetria di Kàguya

53 La polvere parabolica

56 Le dimensioni del presunto set

57 L'andatura lunare

59 Impresa impossibile, ma in un altro senso

61 Tesi di complotto, promotori e diffusione61 Quanta gente crede al complotto?

63 Sospettare il complotto non è da stupidi: è da disinformati64 Copertura mediatica limitata, nonostante tutto67 Il viaggio era davvero incredibile

67 Origini e storia68 Bill Kaysing, il papà dei lunacomplottisti 70 Capricorn One70 Ralph René71 Il documentario della Fox  72 2002, l'anno del cazzotto74 I media italiani  

74 Quattro tesi fondamentali75 Non ci siamo mai andati  76 Ci siamo andati, ma il primo sbarco fu falsificato

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Per saperne di più – 295

77 Ci siamo andati, ma le foto furono falsificate

77 Ci siamo andati, ma abbiamo trovato gli alieni 78 Dicono proprio così

79 Le presunte prove della messinscena

81 Presunte anomalie fotografiche81 Premessa: la tecnologia fotografica83 Non ci sono stelle nelle foto

86 La bandiera sventola nel vuoto88 Gli oggetti in ombra sono troppo chiari  90 Le ombre non sono parallele91 Gli astronauti hanno ombre di lunghezze differenti 93 L'ombra del modulo lunare arriva fino all'orizzonte94 Manca l'ombra della bandiera95 Il veicolo proietta un'ombra impossibile sulla Luna97 Tutte le foto sono perfette100 Ci sono foto dello stesso luogo con e senza LM

102 Luci del set riflesse nelle visiere104 Crocette nere coperte dagli oggetti  108 C'è una “C” su un sasso112 L'antenna dello zaino appare e scompare114 La rivista Fotografare dice che le foto sono false115 L'astronauta sembra sotto un riflettore118 Le foto in controluce sono impossibili senz'aria120 Non si vedono i massi descritti da Neil Armstrong123 Mancano le tracce delle ruote della jeep lunare

126 Negli archivi NASA ci sono foto ritoccate128 C'è una foto falsa di Collins130 Troppe foto in troppo poco tempo134 Manca l'ombra dell'astronauta

137 Presunte anomalie in video e filmati137 Premessa: la tecnologia video e cinematografica139 Le cineprese Apollo

140 Le telecamere Apollo144 La bandiera sventola nel vuoto146 Primi passi ripresi da fuori: impossibile

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296 – Luna? Sì, ci siamo andati!

148 Decollo dalla Luna ripreso da fuori: impossibile149 Gli astronauti si rialzano aiutati da cavi 150 Si vede il bagliore dei cavi che reggono gli astronauti 151 I salti degli astronauti sono troppo miseri 153 Il ciak sbagliato dello sbarco sulla Luna154 La vedova di Kubrick e altri hanno confessato155 La NASA ha “smarrito” i nastri della diretta TV 157 Gli astronauti fingono di riprendere la Terra da lontano158 Nel decollo dalla Luna manca la fiammata del motore160 TV a colori dallo spazio ma non dalla Luna

161 Set televisivi riciclati  

163 Presunte anomalie tecnologiche163 Nessuno ha più messo piede sulla Luna165 I russi non ci provarono: sapevano che era impossibile167 I computer erano troppo primitivi  168 Tutto andò troppo liscio172 Non aveva senso fare il rendezvous in orbita lunare174 Nessuno punta un telescopio sui veicoli lasciati sulla Luna176 Nessuno manda sonde per fotografare i veicoli Apollo177 La jeep non ci stava dentro il modulo lunare179 L'Apollo non raggiunse la velocità di fuga180 Il Saturn V non era abbastanza potente182 Il LM era troppo piccolo per risalire dalla Luna184 Il modulo lunare era un trabiccolo instabile186 Gli astronauti avrebbero sbilanciato il LM187 Il simulatore del LM si schiantò perché instabile

188 Tutti i problemi tecnici si risolsero magicamente191 Manca il rumore dei motori nell'audio dell'allunaggio

193 Presunte anomalie fisiche193 Troppo caldo: la pellicola si sarebbe liquefatta196 Le fasce di Van Allen avrebbero ucciso gli astronauti 199 Le radiazioni spaziali avrebbero ucciso gli astronauti 200 I raggi X nello spazio avrebbero velato le pellicole201 Il viso esposto al sole si sarebbe ustionato

202 I cambi di rullino all'aperto erano impossibili 205 Impossibile raffreddare un astronauta nel vuoto206 Manca il cratere prodotto dal motore del LM

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209 Decollo dalla Luna, anticipo video impossibile210 Le zampe dei moduli lunari non sono impolverate212 Apollo 11, motore spento ma zampe pulite214 Le impronte degli astronauti sono troppo nitide215 Il portello del modulo lunare era troppo stretto217 Le tute pressurizzate sarebbero state gonfissime

219 Altre presunte anomalie219 Gli astronauti avevano espressioni colpevoli 221 Neil Armstrong non rilascia interviste

223 La NASA non affronta le accuse224 Gli astronauti lunari non affrontano i dubbiosi 225 I documenti NASA non sono disponibili  227 I progetti del Saturn V sono stati “persi” 228 La NASA manipola le registrazioni e manca il ritardo radio231 La roccia lunare donata dagli USA all'Olanda è falsa235 L'astronauta Grissom fu ucciso per farlo tacere237 L'ispettore della sicurezza Baron fu ucciso239 Ben dieci morti misteriose fra gli astronauti 

243 Realtà alternative243 I russi furono pagati per tacere245 Le rocce lunari furono falsificate247 Kubrick girò il falso allunaggio248 Gli astronauti rimasero in orbita terrestre252 I segnali arrivarono da un satellite in orbita terrestre o lunare254 Gli errori nella messinscena sono messaggi in codice

255 UFO e allunaggi255 Si vedono UFO nelle foto lunari  258 Buzz Aldrin, il secondo uomo sulla Luna, vide un UFO261 Una missione lunare segreta recuperò un'astronave aliena264 Gli astronauti trovarono strutture aliene sulla Luna

267 Come discutere con i lunacomplottisti

267 Una raccomandazione268 Se avete tempo per una sola domanda

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298 – Luna? Sì, ci siamo andati!

268 Domande da fare ai lunacomplottisti

275 I veri segreti della Luna275 La pausa di Aldrin sulla scaletta

276 Corrosione sospetta

277 Buste e fuoribusta

278 Commemorazione segreta

279 Donne nude sulla Luna

281 Per saperne di più281 I rapporti e le foto NASA su supporto digitale281 Archivi fotografici  282 Siti di documentazione tecnica284 Libri, documenti tecnici e biografie289 Acquisti di materiale e documentazione

290 Libri pro-complotto290 Siti pro-complotto291 DVD, video e trasmissioni TV pro-complotto291 Film e documentari-parodia ritenuti veri dai lunacomplottisti 292 Libri di risposta alle tesi di complotto lunare292 DVD, video e trasmissioni TV neutrali o di risposta alle tesi di 

complotto292 Siti di risposta alle tesi di complotto

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Siamo davvero andati sulla Luna? Questolibro esamina i dubbi più frequenti riguardanti lemissioni Apollo che portarono l'uomo sulla Lunafra il 1969 e il 1972 e li chiarisce, smontandouna per una le presunte prove presentate da chiafferma che si trattò invece di una colossalemessinscena.

Ma l'esplorazione delle tesi alternative è anche

uno spunto per raccontare l'epopea della corsaalla Luna, presentandone aspetti pressochésconosciuti al grande pubblico, come il progettolunare sovietico, i disastri sfiorati ma taciuti e le

foto di Playboy portate di nascosto sulla Luna.

Per smontare dubbi e deliri,onorare coraggio e ingegno.

Paolo Attivissimo (a destra, conBuzz Aldrin, uno dei primi dueuomini a mettere piede sullaLuna) è un giornalista informatico,

conduttore della trasmissione IlDisinformatico (RSI) e studioso

delle "bufale" mediatiche, dallecatene di Sant'Antonio alle tesi di complotto sull'11settembre. Da sempre appassionato di astronautica,

gestisce il sito ComplottiLunari.info ed è autore del

documentario libero Moonscape, che ripercorre le missioni

lunari con immagini inedite e restaurate.