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Giornale Italiano di Psicologia dello Sport

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GIORNALE ITALIANO

DI PSICOLOGIA DELLO SPORT

Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT - Numero 9 - 2010 3

RICERCHE

I l tempo dopo la scuola dei bambini: le attività quotidiane e le relazioni con l’adattamento psicosociale

Enrique Ortega*, Emanuela Rabaglietti*/**, Maria Fernanda Vacirca*, Giulia Bardaglio**, Silvia Ciairano*/** * Dipartimento di Psicologia, Laboratorio di Psicologia dello Sviluppo, Università degli Studi di Torino** Centro Ricerche Scienze Motorie, S.U.I.S.M. (Scuola Universitaria Interfacoltà in Scienze Motorie), Università degli Studi di Torino

Nota: questo studio è stato parzialmente finanziato dalla Fon-dazione CRC di Cuneo e dalla Fondazione CRT di Torino che ringraziamo molto per il prezioso contributo offerto.

RiassuntoIn tutta la società occidentale si lamenta spesso un aumento della sedentarietà e più in generale dell’indolenza e della passività, specie tra i soggetti in età evolutiva, a danno di altri tipi di attività, come l’attività sportiva e la stessa attività scolastica. Non sono però reperibili, quanto-meno a livello nazionale, statistiche aggiornate sulle attività che i bambini ed i ragazzi svolgono nel tempo libero dopo la scuola. L’obiettivo di questo studio esplorativo è quello di monitorare le attività svolte dopo la scuola da bambini della scuola primaria, esplorando le relazioni con l’adattamento psicosociale. Gli obiettivi specifici sono: 1) descrivere alcune attività dei bambini nel tempo dopo la scuola in un giorno settimana-le (quali: fare i compiti e piccoli lavoretti in casa, partecipare ad attività di movimento, ad attività sportive e ad attività sedentarie); 2) indagare le relazioni tra le sopraccitate attività e l’adattamento psicosociale (nei termini di comportamento aggressivo, instabilità emotiva e comportamento pro sociale), controllando per il genere. Hanno partecipato 373 bambini (48% maschi), di età compresa tra 7 e 10 anni (M = 8.09, DS = .57). I principali risultati (per mezzo di: statistiche descrittive, Regressione Lineare Gerarchica) hanno evidenziato che: 1) le attività più comuni sono effettivamente quelle sedentarie (56%, più frequenti tra i maschi), seguite dallo svolgimento dei compiti a casa (38%), da attività di movimento libere (30%, più frequenti nei bambini che seguono il tempo pieno e tra le femmine), dalla partecipazione ad attività sportive strutturate (19%, più frequenti tra i bambini più piccoli, tra coloro che fanno il tempo pieno e che vivono in città), ed infine da piccoli lavoretti in casa (14%, più frequente tra i bambini più piccoli e tra le femmine); 2) l’aggressività è collegata positivamente alla partecipazione ad attività sportive strutturate e negativamente alle attività sedentarie, mentre l’instabilità emotiva è negativamente collegata alle attività sportive.

Parole chiaveBambini; attività quotidiane dopo scuola; adattamento psicosociale SummaryIncreases in the levels of sedentary behaviors among children and adolescents, and the effects that these increases have on other kinds of activities such as sport and school activities have been reported in many Western countries. This phenomenon has been difficult to ascertain in Italy due to a lack of up-to-date statistics on the after-school activities in which children and adolescents are involved in. The goal of this explorative study was to monitor the after-school activities of school-age children may be involved in, as well as to explore the relationships with psychosocial adjustment. The specific goals of this study were: 1) to describe some of the after-school activities children were involved in during a day (school homework, collaborating at chores, outside playing, participation in sport and sedentary behavior); 2) to investigate the relation-ships among the above mentioned activities and children psychosocial adjustment (in terms of aggression, emotional instability and prosocial behavior), controlling for gender. A total of 373 children participated in the study (48% boys), ages 7 to 10 years (M = 8.09, SD = .57). The main findings (descriptive statistics and Hierarchic Linear Regression) underlined that: 1) the most common activity was sedentary behavior (56%, more frequent among boys), followed by homework (38%), outside playing (30%, more frequent in children who stayed longer times at school and among girls), participation at structured sport activities (19%, more frequent among younger, students who stayed longer times at school, and children who lived in the city), and finally chores (14%, more frequent among younger and girls); 2) aggression was positively related to sport and negatively related to sedentary behavior, while emotional instability was negatively related to sport activities.

KeywordsChildren; after-school daily activity; psychosocial adjustment

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DI PSICOLOGIA DELLO SPORT

Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT - Numero 9 - 201010

RICERCHERI

CERC

HE

L’orientamento dell’attenzione nei calciatori: applicazione del paradigma di Posner con stimoli sport-specifici

Nicola TulloPsicologo, Dottore di ricerca in “Scienze Psicologiche”

RiassuntoL’utilizzo del paradigma del suggerimento spaziale (Posner, 1980) in psicologia dello sport ha evidenziato che gli atleti esperti, rispetto ai non atleti, sono maggiormente efficaci nell’orientare l’attenzione nel campo visivo e che tale abilità dipende da specifiche caratteristiche dello sport praticato (Castiello e Umiltà, 1992). Di recente è stato dimostrato che il paradigma del suggerimento spaziale può essere utilizzato anche con stimoli visivi sport-specifici (Cañal-Bruland, 2009). L’obiettivo di questo lavoro è indagare l’orientamento dell’attenzione in calciatori esperti attraverso l’utilizzo del paradigma del suggerimento spaziale con stimoli sport-specifici (reali situa-zioni di gioco). 30 calciatori (15 esperti e 15 non esperti) e 15 non atleti sono stati sottoposti a due condizioni del paradigma di Posner. Nella condizione di controllo sono stati utilizzati gli stimoli visivi classici del paradigma (frecce e croce), nella condizione sperimentale sono stati utilizzati stimoli visivi tipici del calcio (giocatore che effettua un passaggio e giocatore a riposo). I risultati confermano gli effetti tipici del paradigma di Posner e mostrano che i calciatori esperti utilizzano strategie di orientamento attentivo più efficaci in presenza di stimoli visivi sport-specifici (condi-zione sperimentale). I risultati suggeriscono che l’impiego di paradigmi sperimentali sport specifici non solo rappresentano un utile strumento per lo studio dei differenti processi attentivi negli atleti ma forniscono un notevole contributo per l’implementa-zione di programmi specifici di preparazione mentale.

Parole chiaveOrientamento dell’attenzione; stimoli visivi; calciatori

SummaryThe spatial cueing paradigm (Posner, 1980) in sport psychology has demonstrated that expert athletes exhibit a higher attentional flexibility than non-athletes in orienting attention in visual space and that such ability depends on specific characteristics of sport practice (Castiello & Umiltà, 1992). Recent studies have shown that the spatial cueing paradigm can be used with sport-specific visual cueing (Cañal-Bruland, 2009). The aim of this study was to investigate the attention orientation in expert soccer players by using the Posner’s cueing paradigm with sport-specific stimuli (real game situations). Thirty soccer players (15 experts, 15 non-expert) and 15 non-athletes performed two conditions of Posner’s cueing paradigm. In the control condition classic visual cueing of paradigm were used (arrow and cross), in the experimental condition soccer visual cueing were used (a lateral pass of player and player at rest). The results confirmed the typical effect of Posner’s cueing paradigm and showed that expert soccer players used more efficient strategies for orienting their attention by sport-specific visual cueing (experimental condition). This result suggests that sport-specific experimental paradigms in sport psychology are very im-portant to study different attentional processing in athletes and that they are essential to optimize sports training programs.

KeywordsOrienting attention; visual cueing; soccer players

INTRODUZIONE

Evidenze empiriche mostrano come l’attenzione sia orien-tata nello spazio (Posner, 1980). Ad esempio, nei paradig-mi di suggerimento spaziale (Posner, Snyder e Davidson, 1980) ai partecipanti viene chiesto di premere un tasto alla comparsa di uno stimolo-target in uno dei due emicampi visivi. Prima della presentazione del target i partecipanti ricevono un segnale informativo sulla posizione più pro-babile dello stimolo (cue). Le prove nelle quali lo stimolo compare nella posizione segnalata dal cue vengono defini-te prove valide mentre quelle in cui esso compare nella po-sizione opposta e meno probabile vengono definite prove invalide. In generale le risposte sono più rapide nelle prove valide (effetto cueing) che nelle prove invalide. Inoltre le risposte assumono valori intermedi se il partecipante non riceve alcuna informazione sulla probabilità di comparsa dello stimolo (prove neutre). La differenza tra il tempo di risposta nella prova invalida e in quella neutra rappresenta il ‘costo’ che si paga per aver orientato l’attenzione sulla posizione sbagliata. La differenza tra prova valida e prova neutra, invece, rappresenta il ‘beneficio’ che si ottiene per aver orientato l’attenzione sulla posizione giusta.Numerosi studi hanno indagato in laboratorio l’orienta-mento dell’attenzione negli atleti utilizzando variazioni del paradigma di Posner (per una rassegna si veda Mem-mert, 2009). Infatti diverse discipline sportive richiedono un’elevata flessibilità attentiva in termini di rapide e cor-rette anticipazioni delle mosse dell’avversario. Tali abilità di anticipazione consistono nello spostare in modo rapido l’attenzione e nel prevedere cosa sta per succedere sulla base di alcuni segnali visivi presenti nell’ambiente.I risultati delle ricerche in questo ambito hanno mostrato che gli atleti esperti di diverse discipline open skill, rispetto a principianti e ai non atleti, sono maggiormente efficienti nell’orientare l’attenzione nel campo visivo e che tale abi-lità dipende da specifiche caratteristiche dello sport pra-ticato (Nougier, Ripoll e Stein, 1989; Castiello e Umiltà, 1992; Lum, Enns e Pratt, 2002). Inoltre l’allenamento, o più in generale l’esercizio fisico, portano ad una riduzione dei tempi di reazione fra gli atleti esperti, soprattutto nelle prove invalide del paradigma, dimostrando che in questa tipologia di atleti i tempi di risposta legati ai ‘costi’ attentivi diminuiscono (Pesce, Casella e Capranica, 2004).Di recente è stato dimostrato che il paradigma del sugge-rimento spaziale può essere utilizzato in ambito sportivo anche con stimoli visivi specifici. In particolare, McAulif-fe (2004) ha rilevato differenze tra atleti e non atleti nel trattare le informazioni presenti nel campo visivo eviden-ziando che l’effetto cueing è maggiore negli atleti quando essi devono rispondere soltanto a determinati stimoli visivi presenti all’interno di specifici scenari attentivi.Cañal-Bruland (2009) in uno studio sulle strategie attenti-ve e decisionali nei calciatori ha utilizzato una variante del paradigma di Posner introducendo stimoli visivi sport-spe-

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Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT - Numero 9 - 2010 13

RICERCHE

Sara Piattino*, Francesca Riccardi**, Pierfrancesco Gulotta****Dipartimento di Scienze Antropologiche, Sezione di Psicologia, Università degli Studi di Genova**IRCCS G. Gaslini, U.O.C. Psicologia Clinica***Villa Ridente, Struttura Psichiatrica Residenziale,Terapeutica Riabilitativa, Albissola Marina, Savona

“Il corpo percepito”: quando la mente non riflette lo specchio

RiassuntoL'immagine corporea rappresenta sia il vissuto corporeo sia la rappresen-tazione mentale del proprio corpo. E' dimostrato che un'immagine positiva di sé esprime un rapporto armonico col corpo, mentre un rapporto negati-vo può esprimere disagio, predisponendo lo sviluppo di una dispercezio-ne del proprio corpo (globalmente inteso), o di alcune sue parti, come nel caso degli atleti di body building in agonismo (BB). Lo scopo della ricerca è stato quello di esaminare le differenze nella percezione dell'immagine corporea tra popolazione generale e BB in agonismo. Sono stati inclusi nello studio soggetti maggiorenni e BB iscritti alla IFBB (Italian Federation of Body Builders). Ai partecipanti dello studio (N = 349 soggetti, F = 45.4%; n1 controllo = 300; F = 54.7%; n2 body builder = 49; F = 36.2 %) è stata richiesta la compilazione di una scheda anagrafica e di due que-stionari self report sull’immagine corporea, il Body Image Questionnaire (BIQ; Koide and Tamaoka, 2006) e la sezione “A” del Body Uneasiness Test (BUT_a; Cuzzolaro et al., 2000). I risultati non hanno evidenziato un livello globale di disagio significativo nella percezione del proprio corpo in base alle risposte fornite dai partecipanti dallo studio. Tuttavia, nei BB emerge un disagio collocabile in fascia a rischio, soprattutto, per le donne che raggiungono punteggi vicino ai valori critici del BUT. Dal confronto tra i gruppi sono emersi risultati interessanti. Nello specifico, tra le sottoscale del BUT è stata riscontrata una differenza significativa alla scala WP (fobia del peso). Nelle sottoscale BIC (preoccupazione eccessiva per il proprio peso) e CSM (controllo compulsivo dell'aspetto fisico), il gruppo dei BB ha ottenuto punteggi medi vicini al cut off del BUT indicando possibili prodromi di dispercezione corporea. I risultati ottenuti confermano, quindi, le conclusioni presenti in letteratura (Davis, 1992; Davis, Elliott, Dionne and Mitchell, 1991; per una recente rassegna, vedere, Dawes,, Mankin, 2004), che evidenziano la possibilità, nei BB, di sviluppare comportamenti e stili di vita tali da costituire dei fattori di rischio nello sviluppo della vigoressia , detta anche “complesso di Adone” (Morselli, 1886; Pope, 2000) . In futuro, questi risultati potranno essere approfonditi, in quanto si intende inserire un confronto con un gruppo clinico e uno studio applicativo-esperienziale realizzato utilizzando un protocollo di intervento standardizzato (attività motoria strutturata) in una serie di incontri per pazienti cronici caratterizzati da un livello di funzionamento psicotico.

Parole chiaveImmagine corporea; body building; vigoressia

SummaryBody image concerns both the physical body and its mental representa-tion. It has been demonstrated that a positive image of oneself represents a harmonious relationship with the body, while a negative relationship may cause discomfort, leading to misconceptions of one's body (as a whole), or some of its parts, as in the case of body builders in professio-nal athletic career (BB). The aim of the research was to examine differen-ces in the perception of body image between the general population and BB. In the study, the subjects were aged > 18 and had entered the IFBB (Italian Federation of Body Builders). Participants of the study (N = 349 subjects, F = 45.4%; control n1 = 300, F = 54.7%; body builder n2 = 49, F = 36.2%) were required to complete a personal details sheet, two self re-port questionnaires about their body, the Body Image Questionnaire (BIQ; Tamaoka and Koide, 2006) and the "A" Body Uneasiness Test (BUT_a; Cuzzolaro et al., 2000). The results did not reveal a significant overall level of discomfort in body image according to the answers provided by participants of the study. However, in the BB group there appears to be a discomfort that places BBs at risk, particularly for women who reach sco-res close to the critical values of BUT. The comparison between the groups has given interesting results. Specifically, among the subscales of the BUT there was a significant difference to the WP (weight phobia) scale. In the subscales, BIC (excessive preoccupation about weight) and CSM (control compulsive disorder in physical appearance), the group of BB has been cut off close to the mean scores of BUT indicating possible early signs of bodily misconception. The results confirmed therefore the findings in the literature (Davis, 1992, Elliott Davis & Dionne Mitchell, 1991, for a recent review, see Salvo, online), highlighting the possibility in the BB to develop behaviours and lifestyles that constitute risk factors in the development of “vigorexia”, also known as “Adonis complex” (Morselli, 1886; Pope, 2000). In future, we’re going to include a comparison with a clinical group and a study of application-experiential achieved using a standard protocol intervention (structured motor activity) in a series of meetings with chronic patients characterized by a level Operating psychotic.

Key wordsBody image; body building; vigorexia

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Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT - Numero 9 - 2010 19

RASSEGNE

Monica Emma Liubicich*, Emanuela Rabaglietti** *, Silvia Ciairano** **Centro Ricerche Scienze Motorie, Scuola Universitaria Interfacoltà in Scienze Motorie, Università degli Studi di Torino**Dipartimento di Psicologia, Laboratorio di Psicologia dello Sviluppo, Università degli Studi di Torino

L’anziano in movimento: una rassegna ragionata

RiassuntoIl profilarsi di una nuova lettura dei benefici dell’attività motoria per gli anziani, secondo cui non è tanto importante l’ampiezza del gesto, quanto una buona condizione fisica generale che sia di presupposto per l’autonomia nella vita quotidiana, ci porta a riflettere sul movimento come strumento per il benessere globale dell’individuo ed in particolare per gli anziani. Le persone anziane, sia che trascorrano la loro esistenza in situazione normativa sia ospiti in Residenze Sanitarie Assistenziali, necessitano di stimoli utili a riattivare il movimento e a creare momenti di comunica-zione che sono motivo della vita stessa del gruppo. Del resto la partecipazione all’attività motoria ed allo sport sembra essere uno dei fattori protettivi per la salute fisica e psicologica dell’individuo così come la sedentarietà uno dei fattori di rischio più rilevanti che possono condurre alla disabilità con la conseguente perdita dell’autonomia.

Parole chiaveEtà anziana; attività motoria; benessere psicologico e fisico

SummaryThe current knowledge in the area of physical activity for elderly suggests that range of motion is not as much important as good physical functioning for autonomy in daily life. This knowledge encourages us to reflect about the movement as a tool for global well-being of individuals, and particularly for older people. Elderly, who spend their lives both in normative condition and in residential care facility, need incentives to help reactivating the movement and to seek opportunities of communication, which is reason of living in group. At the same time, physical activity and sport participation seems to be protective factors for physical and psychological health of the individual, while a sedentary life is one of the most important risk factor that can lead to disability and, consequently, to loss of autonomy.

Key wordsElderly; physical activity; psychological and physical well-being

INTRODUZIONE

In una società che si appresta a divenire tendenzialmente vecchia o mol-to vecchia, saranno sempre più necessari studi e ricerche indirizzate al mondo dell’anziano e finalizzate alla progettazione di interventi che possano contribuire a migliorarne la qualità della vita. Il fondamento te-orico che sta alla base della necessità di stimolare la persona anziana a mantenersi attiva, ad auto-motivarsi e a conservare e ricercare relazioni sociali appaganti, trova spunto nelle teorie che considerano lo svilup-po un processo che abbraccia l’intera esistenza degli individui (Baltes, 1987). Tuttavia, accettare i segni dell’invecchiamento rappresenta una delle sfide più difficili da superare per l’individuo in questa fase della vita (Hendry e Kloep, 2002), così come la perdita dell’indipendenza può diventare uno dei compiti di sviluppo più duri da affrontare (Pearlin e Mullan, 1992). Affrontare la sfida di un corpo che cambia, che non è più un veicolo per essere al mondo, ma un ostacolo da superare per continuare a essere al mondo (Spagnoli, 1995), accettarne i mutamenti riscoprendo il piacere di muoversi, di stare con gli altri, ma anche la possibilità di imparare nuovamente a conoscersi, di mantenere le abilità acquisite trasferibili alla quotidianità per restare quanto più possibile a lungo autonomi, può divenire un momento di promozione della salute e di prevenzione del rischio a cui ogni anziano è esposto.Alcuni studi di meta-analisi (ad es., Rydwik, Frandin e Akner, 2004) relati-vi all’attività motoria dedicata a ospiti di Residenze Sanitarie Assistenzia-li sembrano evidenziarne l’importanza in particolare per gli effetti positivi sul miglioramento della forza, della resistenza, della mobilità articolare e dell’equilibrio. Anche se in possesso di una buona condizione fisica e psichica generale, l’anziano privato della ricchezza di stimoli che il con-testo sociale rappresenta, talvolta avulso dal proprio ambiente familiare ed affettivo, tenderebbe inesorabilmente a regredire ripiegandosi su se stesso. Se la relazione tra individuo ed ambiente forma un sistema inte-grato e dinamico di elementi inseparabili e che si influenzano reciproca-mente (Magnusson e Stattin, 1998), allora è necessario anche verificare attentamente ed analizzare il contesto in cui l’individuo vive.

L’ INVECCHIAMENTO COME PROCESSO MULTIFATTORIALE

Negli ultimi anni, la linea di demarcazione tra maturità e vecchiaia si è venuta ad attenuare rispetto al passato. Un numero sempre maggiore di persone, infatti, arriva all’età della pensione in ottima salute, con un buon aspetto fisico, e perfettamente integrato in famiglia e in società. Inoltre, l’allungamento della vita media e la diminuzione del tasso di natalità ha portato ad un invecchiamento delle società occidentali, con un incre-mento, in assoluto ed in percentuale, della popolazione di età superiore

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Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT - Numero 9 - 2010 27

RASSEGNE

Stefania Toselli, Giuseppe CiavolaDipartimento di Biologia Evoluzionistica Sperimentale, Unità di Antropologia, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna

RiassuntoIl costante innalzamento dei livelli prestazionali nello sport agonistico degli ultimi decenni ha comportato di conseguenza un notevole aumento dell’impegno fisico richiesto agli atleti per il raggiungimento di tali performance; ciò ha fatto sì che sempre più spesso ci si interroghi su quali riverberi la pratica sportiva agonistica possa avere sullo stato di salute degli atleti. Alcuni sport, poi, definiti estetici, sono maggiormente chiamati in causa a tal proposito data la determinanza che l’estetica corporea presenta in tali discipline e delle caratteristiche antropometriche richie-ste per poter raggiungere elevati livelli di prestazione motoria. Il presente studio rappresenta una revisione della letteratura riguardo al fatto che il raggiungimento ed il mantenimento delle succitate caratteristiche estetiche ed antropometriche, oggi considerate peculiarità quasi imprescindibili di tali sport, possano comportare dei rischi per la salute degli atleti che li praticano, soprattutto se di genere femminile.

Parole chiaveSport estetici; caratteristiche antropometriche; estetica corporea; disturbi alimentari; disturbi mestruali

SummaryOver the last decades, the sharp raise in performance levels strictly related to competitive sports has implied a serious consequence. That is, a steady increase in athletes’ physical engagement required to obtain such high-level performances. This trend should be taken into account and, therefore, never undervaluated. As a matter of fact, there are growing concerns regarding the effective athletes health status. In particular, the so called “aesthetic sports” are principally considered as responsible for the above mentioned practices because they place heavy emphasis on body appearance. The latter seems to be involved in such agonistic disciplines. It is not by change, moreover, if also some specific anthropometrical features are clearly and obligatorily required to achieve such satisfying performance results. This complex topic may be tackled from different angles. The present study is aimed at represen-ting a more specific review in literary production concerning intensive training rela-ted to the above-quoted aesthetic and anthropometrical characteristics. On the one hand, the achievement as well as the maintenance of these features are considered nearly essential peculiarities nowadays; on the other hand, such perfection requested could also determine some health risks for engaged athletes, and females above all.

Key wordsAesthetic sports; anthropometrical characteristics; body appearance; eating disor-ders; menstrual disorders

GLI SPORT ESTETICI

Gli sport si possono dividere in categorie in base a vari criteri classificatori, uno dei quali è quello che li suddivi-de tra “non leanness” e “leanness sport” sulla base della determinanza o meno del requisito della magrezza ai fini del successo sportivo. Tortsveit e Sundgot-Borgen (2005) suddividono, infatti, gli sport in sette gruppi: tecnici (tiro con l’arco, golf...), giochi di palla (calcio, pallavolo...), di potenza (lancio del peso, lancio del disco...), di resi-stenza (maratona, ciclismo su strada...), estetici (danza, ginnastica ritmica...), con categorie di peso (lotta, weight-lifting...) ed, infine, antigravitazionali (ginnastica artistica, salto in alto...), assegnando solamente agli ultimi quattro la qualifica di leanness sport. All’interno di questi ultimi, per i quali la magrezza gioca un ruolo determinante, si può tuttavia effettuare una ulteriore suddivisione, relativa-mente alle modalità di determinazione delle classifiche e dei punteggi, che può avvenire tramite la mera rilevazio-ne strumentale ed oggettiva della prestazione o tramite la valutazione inevitabilmente soggettiva di una giuria.I leanness sport possono essere, quindi, ulteriormente suddivisi in due gruppi: non-judged e judged sport. La differenza è significativa: negli sport prestazionali, o non-judged sport, la magrezza è ricercata in quanto migliora la prestazione: ad esempio, si può correre più a lungo e più veloci se si è magri. In questi sport è la semplice rilevazio-ne strumentale di un dato a sancire il vincitore e il corpo non viene sottoposto al giudizio estetico dei giudici.Negli sport estetici il corpo non è considerato solo come mezzo, ma anche come fine: è parte inscindibile della performance. Il corpo viene sottoposto al giudizio estetico dei giudici, contribuendo al successo dell’atleta (Norton, Olds, and Australian Sports Commission, 1998; Daniels, Niles e Frederick, 2008). Il fisico deve quindi avere una estetica approvata e di successo, conforme ai dettami delle giurie.Gli sport estetici, tra i quali si possono annoverare, tra gli altri, la ginnastica, nelle due specialità artistica e ritmica, il pattinaggio artistico, il nuoto sincronizzato, i tuffi e la dan-za, fanno parte degli sport assoggettati al giudizio delle giurie e sono pertanto definiti anche judged sport.Gli sport estetici sono incentrati sull’aspetto estetico, la grazia dei movimenti, e su determinati requisiti fisici. Gli sport di magrezza (leanness sport) incoraggiano il rag-giungimento di una bassa percentuale di grasso nella

Sport estetici ed atlete: composizione corporea, disturbi alimentari e mestruali

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Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT - Numero 9 - 2010 33

STRUMENTI

Marina Gerin BirsaPsicologa dello sport, Psymedisport Group, Romans D’Isonzo (GO)Alexia BandinoPsicologa, Psymedisport Group, Romans D’Isonzo (GO)

RiassuntoIl Questionario sulle Abilità Mentali (QuAM) è un test che esamina otto diversi costrutti: la stima di sé come atleta, la gestione dell’ansia agonistica, la capacità di prestare attenzione, la capacità immaginativa, il grado di motivazione all’attività sportiva, il grado di assertività o aggressività, la gestione dello stress e la presenza di obiettivi da perse-guire in gara. Il QuAM si compone di 48 item ed il tempo di compilazione complessivo si aggira sui 15/20 minuti. La somministrazione del test QuAM è di pertinenza dello psicologo e non dell’operatore di psicologia dello sport: il questionario può essere ri-proposto (re-test), per esempio, al termine del ciclo di mental training per constatare se ci sono stati dei cambiamenti significativi nei comportamenti e la resa in gara degli atleti e quali aree necessitino di ulteriori approfondimenti. La nostra ricerca è stata condotta su un campione di 243 atleti con l’obiettivo di testare l’effettiva attendibilità e validità del questionario nella misurazione di queste otto abilità mentali, attraverso un’analisi statistica comprendente la descrizione del campione, l’analisi fattoriale, la consistenza interna (Alpha di Cronbach), la correlazione fra item, il confronto fra le medie per età, genere, tipologia di sport.

Parole chiaveAssessment; abilità mentali SummaryThe Questionnaire of Mental Skills is a test that examines eight different constructs: the athlete’s self-esteem, the competitive anxiety management, the ability to pay atten-tion, the Imagery ability, the degree of motivation in sporting activities, the degree of aggressiveness or assertiveness, the stress management and the presence of targets for the performance. It is composed by 48 items and the total build time is about 15/20 minutes. The administration of QuAM test is relevance of the sport psychologist and not of the operator in sport psychology: the questionnaire can be repeated (re-test), as an example, at the end of the cycle of mental training to see if there were significant chan-ges in behavior and performance of athletes in the race and which areas require further investigation. Our research is carried out on a sample of 243 athletes with the aim to test the actual reliability and validity of the questionnaire in the measurement of these eight mental skills, through a statistical analysis covering the description of the sample, the factor analysis, the internal consistency (Cronbach's Alpha), the correlation between items, the comparison between the averages for age, gender, typology of sports.

Key wordsAssessment; mental skills.

INTRODUZIONE

Nell’ambito della ricerca psicometrica internazionale legata alla psicologia dello sport si è preso in esame inizialmente lo studio della personalità degli atleti. La psicologia della personalità prende in esame lo studio delle modalità di interazione degli individui, relativa-mente a pensieri ed azioni, e analizza come vengono attuati gli scambi e le relazioni nel contesto della vita quotidiana (Mischel, 1996).I test di personalità sono degli strumenti preposti alla formulazione di una valutazione o di una interpretazio-ne, aventi l'obiettivo primario di valutare l'individuo e formulare delle previsioni riguardanti il suo comporta-mento. I test che normalmente vengono utilizzati per queste finalità si distinguono in proiettivi ed oggettivi o strutturati: nei test proiettivi lo stimolo é ambiguo e si presta ad essere variamente interpretato dal soggetto in esame; nei test oggettivi, come ad esempio gli in-ventari ed i questionari, lo stimolo é definito e richiede una risposta circoscritta.Gli strumenti oggettivi di valutazione forniscono delle risposte valutabili a livello quantitativo, sono di faci-le somministrazione e possono essere sottoposti ad elaborazioni ed analisi statistiche. L’interesse degli studiosi e dei ricercatori negli ultimi anni si è spostato decisamente sugli strumenti psicometrici in grado di fornire preziose indicazioni sulle diverse abilità mentali impiegate dall’atleta durante la propria pratica sporti-va. Sulla base della nostra esperienza e della lettera-tura presa in esame, alcuni anni fa è stato creato lo strumento che presentiamo in questo articolo. Si tratta del Questionario sulle Abilità Mentali (QuAM), un test che esamina otto diversi costrutti: la stima di sé come atleta, la gestione dell’ansia agonistica, l’attenzione e la concentrazione, la capacità immaginativa, la moti-vazione all’attività sportiva, l’assertività, la gestione dello stress e gli obiettivi da perseguire.La scelta di privilegiare proprio questi otto costrutti na-

Il Questionario sulle Abilità Mentali (QuAM) come strumento per l’assessment psicologico dell’atleta

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DI PSICOLOGIA DELLO SPORT

Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT - Numero 9 - 2010 45

ESPERIENZE

Ilaria Castino*, Giorgio Oggero***Dott.ssa in Psicologia Clinica e di Comunità, Esperta in Psicologia dello Sport**Allenatore Nazionale Fisdir (Federazione italiana sport disabilità intellettiva relazionale), Tecnico Nazionale CIP (Comitato Italiano Paralimpico)

RiassuntoAnche se ancora poco visibile il Judo per disabili mentali è una realtà presente in molte palestre italiane. Ad oggi però non esiste un metodo che aiuti chi inizia a lavorare con questi ragazzi. Tra le difficoltà che i maestri si trovano ad affrontare negli allenamenti vi sono ad esempio l’incapacità di concentrazione prolungata e la mancanza di consapevolezza dei propri punti di forza, che molti di questi atleti presentano. Spesso, infatti, i ragazzi passano da un’attività all’altra, da uno sport all’altro, dal momento che le strutture che si occupano di loro tendono a offrire a tutti le stesse attività uniformando le proposte, ma dimenticandosi in tal modo di valorizzare le differenze e le capacità di ciascuno. Prendere consapevolezza delle proprie capacità è possibile solo in un ambiente in cui è permesso metterle in atto, sperimentarle e in tal modo riconoscersele e vedersele riconosciute. Solo così lo sport può diventare un mezzo di crescita e dare la possibilità, anche a chi fino a quel momento ha avuto poche occasioni di farlo, di sentirsi “potente”, efficace, padrone della situazione. Le esperienze finora tentate, anche se non ancora numerosissime, sono state positive e spronano a continuare su questa strada.

Parole chiaveJudo; SFERA; disabilità mentale; integrazione

SummaryEven if judo for disable people is not particularly visible in Italy, it is an activity practiced in many gyms. So far, unfortunately, it does not exit a method to help teachers involved with these athletes. The coaches have several difficulties in the daily work with disable athletes due, for example, to the lack of athletes’ concentration capability and the awareness of their own strengths. Very often disable athletes move from a sport activity to another because who look after them do not adopt individualized learning strategies to suit individual needs. Disable persons can attain awareness of their own skills through practice and help provided by professionals. In this way, sport can help people to empower themselves and master situations.

Key wordsJudo; SFERA; mental disability; integration

LA RICERCA DI UN METODO

Anche se ancora poco visibile, il Judo per disabili mentali è una realtà presente in molte palestre italiane. Ad oggi, però, non esiste un metodo che aiuti chi inizia a lavorare con questi ragazzi; per questo motivo, a partire dal 2009, i responsabili di alcuni gruppi di Judo si sono uniti e, chiedendo la collaborazione di psicotera-peuti, educatori, esperti in Psicologia dello Sport, stanno cercan-do di organizzare le loro esperienze e conoscenze in un metodo organico. Questa ricerca di un metodo ha portato all’applicazione del Modello SFERA, sviluppato dal Professor Giuseppe Vercelli e in fase di validazione presso l’Unità Operativa in Psicologia dello Sport del SUISM di Torino, come metodo di lavoro all’interno della pratica judoistica.SFERA è un acronimo formato dalle iniziali dei cinque attrattori che lo compongono: Sincronia, Punti di Forza, Energia, Ritmo e Attiva-zione, che, come spiega il professor Vercelli, sono fondamentali al fine di una prestazione d’eccellenza (Vercelli, 2006). Nel Judo, come nelle altre arti marziali, sono previsti esercizi che ricercano e allenano naturalmente i cinque attrattori della SFERA. Aumen-tando la consapevolezza di questo meccanismo e riconoscendo le sensazioni che suscitano i singoli attrattori, è possibile arricchire l’esperienza sportiva e migliorare l’apprendimento.

IL PERCORSO

Il percorso che porta il ragazzo a praticare il Judo con consape-volezza inizia, là dove necessario, con un lavoro propedeutico di avvicinamento alla disciplina, rivolto soprattutto ai bambini o a quei soggetti che presentano maggiori difficoltà a livello relazionale o motorio. Il modello SFERA è presente nel lavoro fin dall’inizio an-che se durante gli esercizi propedeutici non viene ancora spiegato agli atleti, ma semplicemente applicato dai tecnici per la creazione di esercizi mirati a potenziare i cinque fattori. Inoltre viene utilizza-ta l’imitazione. L’importanza di quest’ultima sta nella sua capacità di andare ad attivare i Neuroni Specchio. Attraverso i quali diventa possibile acquisire nuove capacità osservandole nel comporta-mento del modello.Il soggetto automaticamente viene spinto a ripetere le azioni dell’istruttore, anche a distanza di tempo: in questi casi il modello fa da rinforzo, sia esso reale, legato cioè ai risultati positivi da lui ottenuti comportandosi in codesto modo, o vicariante, vale a dire legato a un atto di fiducia verso la persona che insegna vista come competente e capace di guidare a un risultato. In un secondo tem-po, o con coloro che non necessitano di un lavoro propedeutico, si

Judo e disabilità mentale: una via per il potenziamento del Sé