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Antonio MASTROBERTI eBook NUOVO REGIME FORFETARIO E NOVITA’ PER I MINIMI Confronto tra i due regimi Requisiti di accesso e passaggio al nuovo regime Semplificazioni Determinazione forfetaria del reddito Agevolazioni contributive Guida alle novità

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Antonio MASTROBERTI

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Guida alle novità

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Cap. 1 ‐ Lo scenario per i contribuenti marginali 

© Wolters Kluwer ‐ Nuovo regime forfetario e novità per i minimi  1 

Capitolo 1 Lo scenario per i contribuenti marginali 

1.1 Premessa: evoluzione del quadro normativo La storia recente del regime di favore riservato ai contribuenti marginali la dice lunga sulla visione miope del Legislatore domestico, che in circa 8 anni ha modificato a ripetizione i caratteri del regime semplificato in‐trodotto con la Legge finanziaria per il 2008, c.d. dei “minimi”, inciden‐do sia sull’aliquota di  imposizione che sui parametri di accesso,  fino a trasformare l’originaria versione del beneficio in una sorta di club esclu‐sivo, riservato a pochi, con vere e proprie espulsioni di certuni a favore di  altri,  ritenuti  più meritevoli,  con  tanti  saluti  alle  esigenze  di  egua‐glianza e ragionevolezza nell’applicazione dei tributi.  

Questa  storia,  in particolare,  si è arricchita, nelle ultime  settimane, di nuovi avvincenti capitoli, e per alcuni contribuenti  si  rinnova anche  in questa fase quella sorta di esilio coatto da regime a regime che davvero rende  l’idea dell’ipertrofia  legislativa degli ultimi  anni  (ci  si  riferisce  a coloro che applicavano il regime dei “minimi”, che in un primo momen‐to  sono  stati  veicolati  verso  il  regime  contabile  semplificato  di  cui  al comma 3 dell’art. 27 del D.L. n. 98/2011, e che oggi sono nuovamente dirottati verso l’applicazione del regime forfetario, salva l’eventuale op‐zione per il regime ordinario).  

Con  i commi da 54 a 89, articolo unico, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 ‐ Legge di stabilità 2015 (di seguito si faccia riferimento anche al solo  comma)  si è  inteso  cambiare completamente  lo  scenario  concer‐nente  i  regimi di  favore  applicabili per  le  attività professionali ed  im‐prenditoriali marginali, intendendo per tali le attività esercitate da sog‐getti che nell’ambito della propria impresa o professione presentano un contenuto livello di ricavi e di costi, come di beni strumentali o di spese per il lavoro dipendente.  

Nella relazione  illustrativa al provvedimento della fine del 2014 veniva evidenziato  che  il  nuovo  assetto  avrebbe  determinato  anche  la  sop‐pressione dei  regimi di  favore vigenti  (regime  fiscale di vantaggio  c.d. dei “minimi”, regime delle nuove iniziative produttive, regime contabile agevolato) caratterizzati, talvolta, da  incoerenze e sovrapposizioni nor‐mative, ferma restando la salvaguardia delle attività già intraprese ap‐

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Cap. 1 ‐ Lo scenario per i contribuenti marginali 

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plicando gli stessi regimi. In pratica in qualche modo si veniva incontro ai soggetti che applicavano, sino al periodo d’imposta 2014, uno dei re‐gimi agevolati, ed in particolare il regime dei “minimi”, che a certe con‐dizioni poteva ancora essere applicato, ma solo dai contribuenti che già erano ammessi allo stesso regime nel corso dell’anno 2014 (per esigen‐ze di sintesi e di comprensibilità e snellezza del testo si faccia riferimen‐to al “regime forfetario” per indicare il regime introdotto dalla Legge di stabilità per  il 2015 ed al regime dei “minimi” per  indicare  il regime di vantaggio regolamentato dall’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. n. 98/2011, che richiama, come è noto, numerose disposizioni previste dalla Legge finanziaria per l’anno 2008). 

Attualmente  queste  conclusioni  risultano  vere  solo  dal  periodo d’imposta  2016,  poiché  sull’onda  delle  polemiche mediatiche  emerse ad  inizio dell’anno 2015  la normativa  introdotta dalla Legge di stabilità per l’anno 2015 (Legge n. 190/2014) è stata già modificata, estendendo la possibilità di accedere al regime dei c.d. “minimi” ai soggetti che ini‐ziano la propria attività nel corso del periodo d’imposta 2015. Resta de‐finitiva,  invece,  la  soppressione del  regime delle nuove  iniziative pro‐duttive, che rimane non applicabile dal 2015. 

Con  la Legge 27  febbraio 2015, n. 11  (nella G.U. n. 49 del 28  febbraio 2015), di conversione del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192 (c.d. Millepro‐roghe) è stata prorogata, in deroga a quanto previsto dalla Legge di sta‐bilità per  il 2015, per  l’anno 2015,  la possibilità di avvalersi del regime dei “minimi”, stante che nell’accezione comune le suddette soppressio‐ni dei regimi previgenti sono state intese come portatrici di forti pena‐lizzazioni per i giovani delle partite IVA. 

1.2 Gli impegni per il futuro Sul piano programmatico si progetta, ad ogni buon conto, una significa‐tiva revisione delle regole di tassazione dei redditi delle piccole imprese e,  in parte, dei  lavoratori autonomi, nell’ottica della semplificazione e della  razionalizzazione, anche al  fine, per quanto possibile, di  limitare complessità e incertezze applicative per gli operatori del settore. 

L’obiettivo  finale è quindi quello di  rendere più coerente  il  sistema di tassazione  delle  piccole  imprese  e  più  semplice  l’applicazione  delle norme  e  la  determinazione  delle  basi  imponibili,  riducendo  i  costi  di adempimento  per  i  contribuenti, ma  di  certo  il  quadro  normativo  in 

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Cap. 1 ‐ Lo scenario per i contribuenti marginali 

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esame, cristallizzato a seguito del combinato disposto dei due interventi maturati a cavallo tra  il 2014 ed  il 2015, non raggiunge nell’immediato questo obiettivo, tant’è che negli stessi atti parlamentari (Atto 2803‐A, del disegno di legge di conversione del Decreto Milleproroghe) si impe‐gna il Governo ad assumere le opportune iniziative legislative:  

per innalzare, coerentemente a quanto già autorizzato dal Consiglio dell’Unione Europea, a 30.000 euro di fatturato annuale il limite di reddito per l’accesso al regime dei “minimi”, al fine di mantenere il valore dell’esenzione  IVA  in termini reali e più aderenti alla realtà economica; è da  intendersi che  il  riferimento al  regime dei “mini‐mi” sia al nuovo regime forfetario, poiché dal 2016 solo una parte dei  contribuenti  applicherà  concretamente  questo  regime,  ed  in particolare non vi potranno accedere le nuove attività;  

per ampliare la fascia di esclusione dagli studi di settore nei primi 3 anni di attività rispetto a quella attualmente prevista dal regime dei minimi (ved. sopra),  intervenendo  in particolar modo sui para‐metri relativi ad investimenti e spese per il personale;  

per introdurre per le PMI forme di tassazione diversificata delle lo‐ro attività e di componenti rappresentative delle varie fasi del ciclo produttivo;  

per emanare un’organica normativa di sostegno sociale e fiscale in favore di una categoria di lavoratori, quella dei titolari di partita IVA individuale, altamente professionalizzata e che contribuisce  in ma‐niera significativa a mantenere in equilibrio il bilancio dell’INPS. 

1.3 Lo scenario e i due regimi a confronto Dalla lettura degli atti parlamentati relativi alla conversione in legge del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192 (c.d. Milleproroghe), ossia, in particolare, il  resoconto della  seduta del 19  febbraio 2015 del disegno di  legge n. 2803‐A, si evince che in determinate situazioni il nuovo regime forfeta‐rio  introdotto dalla Legge di stabilità 2015 è capace di generare un  in‐cremento della pressione fiscale rispetto al regime ordinario, annullan‐done, in molti casi, la convenienza. 

Questo aspetto è emerso anche da uno studio realizzato dalla direzione politiche fiscali di Confartigianato, secondo cui  in base ad analisi effet‐tuate  su un  campione di piccole  imprese  solo una percentuale molto modesta  delle  imprese  operanti  in  regime  di  contabilità  semplificata 

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Cap. 1 ‐ Lo scenario per i contribuenti marginali 

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sceglierebbe il nuovo regime forfetario, percentuale che tende ad azze‐rarsi se si considerano  le  imprese che applicano e possono continuare ad  applicare  il  regime  fiscale  dei  minimi  basato  sull’applicazione  di un’imposta sostitutiva pari al 5%. 

Da  tale  studio,  realizzato  su  un  campione  di  oltre  15.000  imprese, emergerebbe una scarsissima appetibilità del regime forfetario. 

È questo quindi  lo  scenario  in  cui vanno a  collocarsi  le nuove misure, almeno  nella  fase  attuale,  in  cui  il  regime  forfetario  può  considerarsi ancora in una fase di concreta metabolizzazione da parte degli operato‐ri del settore. 

Si tratta di aspetti che erano stati diffusamente posti sotto  i riflessioni nei commenti della stampa specializzata. 

Questi i considerata emersi dall’analisi parlamentare: 

l’IRPEF triplicherà; l’imposta sostitutiva passa, cioè, dal 5 al 15%;  

sotto  il precedente  regime molti  contribuenti potevano  garantirsi l’accesso al regime agevolato con un fatturato fino a 30.000 euro, mentre con il nuovo regime forfetario in alcuni casi dovranno avere ricavi non  superiori a 15.000 euro,  tetto, di contro, elevato, per  i commercianti da 30.000 a 40.000 euro annui;  

il regime forfetario risulta meno conveniente di quello ordinario in virtù delle detrazioni da  lavoratore autonomo non contemplate  in un regime di tipo forfetario (questo effetto vale anche per il regime dei “minimi”;  inoltre, a dire  il vero vengono meno anche altre de‐trazioni, come verificheremo in seguito).   Si tratta quindi di un aspetto, quello delle detrazioni, che per i con‐tribuenti  i quali non possono accedere al regime dei “minimi” può condurre a preferire ad esempio l’adozione del regime di contabili‐tà  semplificata  (in  tal  senso,  come già  segnalato, anche  i  risultati dello studio di Confartigianato). 

Secondo  quanto  emerso  dagli  atti  parlamentari  è  quindi  paradossale che in una fase in cui il mondo professionale registra un drammatico ca‐lo dei ricavi, soprattutto a carico dei professionisti più giovani e meglio formati, si riducano alcune agevolazioni fiscali proprio per chi è in diffi‐coltà, adottando una politica miope che si dimostra incapace di guarda‐re al mercato del lavoro nella sua interezza; la soglia dei ricavi stabilita a 15.000  euro  nell’ambito  del  regime  forfetario  viene  descritta  come 

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Cap. 1 ‐ Lo scenario per i contribuenti marginali 

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“bassa ed  ingiustificata”, poiché  impedisce ab origine  l’accesso al  re‐gime agevolato, aumentando il rischio di evasione, specie in considera‐zione delle conseguenze gravose di uscita dal regime. 

Inoltre,  i diversi coefficienti di redditività finiscono con  l’equiparare si‐tuazioni  che  non  sono  indice  della medesima  capacità  contributiva, sicché anche a parità di attività lavorativa un professionista che durante il periodo di  imposta sostiene spese  importanti, determinerà  l’imposta sulla base dello stesso reddito imponibile di chi invece spese non ne ha sostenuto. 

Applicare sulla base di presunzioni, l’accesso differenziato ad un regime fiscale agevolato in funzione dell’attività svolta non è in linea con i prin‐cipi costituzionalmente di eguaglianza  (art. 3 Cost.) e di capacità con‐tributiva (art. 53 Cost.). 

Si tratta di rilievi  importanti, che, proprio per  il  loro spessore, natural‐mente non vengono in alcun modo scalfiti dalla proroga prevista in sede di conversione  in  legge del Decreto Milleproroghe (cit. Legge n. 11 del 27 febbraio 2015), per un solo anno, della possibilità di accedere al re‐gime dei “minimi”.  

Si aggiunge che, come avremo modo di verificare, queste incongruenze si esasperano, nel sistema forfetario, per i contribuenti che sono davve‐ro  in difficoltà, poiché  in nessun modo viene concesso a questi contri‐buenti, se in perdita, di riportare la perdita alle annualità successive o di utilizzare la perdita per ridurre eventuali altri redditi prodotti nello stes‐so  anno  oggetto  di  tassazione  (ossia  al  di  fuori  dello  schema dell’imposizione sostitutiva). 

 

Imposte sui redditi: comparazione quasi inutile su base soggettiva 

In ogni  caso, per  l’ambito delle  imposte  sui  redditi,  anche per  contri‐buenti con un alto tasso di incidenza dei costi rispetto al reddito, casi in cui  il  livello  reddituale  risente  in misura  positiva  dell’applicazione  dei coefficienti di reddito, la sostanziale triplicazione dell’imposta sostituti‐va risulta un effetto che supera di gran lunga il vantaggio emergente sul fronte della determinazione della base imponibile. 

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Cap. 1 ‐ Lo scenario per i contribuenti marginali 

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Se si prendono in considerazione ricavi pari a 100 ed il tasso di redditivi‐tà più basso previsto nell’ambito del regime dei  forfetario  (coefficienti variabili  in  base  ai  codici Ateco  relativi  all’attività  esercitata),  ossia  la percentuale pari al 40%  (ma per alcune attività si arriva anche ad una redditività dell’86%), e si pone  il caso di un contribuente che abbia un livello quasi  inesistente di costi, ad esempio pari a 5 (a fronte di ricavi pari a 100),  si perviene comunque ad una  situazione  favorevole per  il regime dei “minimi”, poiché: 

 nel regime forfetario il contribuente verserebbe un’imposta sostitu‐tiva pari a 6 (15% di 40);  

 nel  regime dei “minimi”  il contribuente verserebbe un’imposta so‐stitutiva pari a 4,75 (5% di 95). 

Quindi per un  contribuente  che  inizia  la propria  attività nel  corso del periodo d’imposta 2015 sembra esserci poco margine di dubbio rispetto al regime più vantaggioso, ferma restando che  il regime forfetario pre‐senta anche alcuni vantaggi contributivi (ved. capitolo V). 

Va segnalato, tuttavia, che in molti casi questa scelta non è proprio ac‐cordata al contribuente, che  invece è chiamato a scegliere tra applica‐zione  del  regime  forfetario  e  quello  ordinario  (ad  esempio  regime  di contabilità  semplificata). Ad  esempio,  non  può  scegliere  di  aderire  al regime dei minimi con sostitutiva al 5% un contribuente che nel periodo d’imposta 2014 applica il regime semplificato, poiché non siamo in pre‐senza di una nuova attività. 

Ma si tratta di una comparazione che non ha molto senso su di un piano generale, poiché  in realtà una operazione di politica fiscale può essere meritevole anche se abbassa il livello del piano dei vantaggi attribuiti a pochissimi per estenderlo ad una  fascia più ampia di contribuenti. Nel complesso si dovrebbe quindi verificare  il gap rispetto alle  imposte da versare applicando il regime ordinario, oltre a considerare le indubitabi‐li semplificazioni fiscali applicabili per l’IVA, gli studi di settore, l’IRAP, e le semplificazioni contabili ed amministrative, nonché le specifiche age‐volazioni previste sul piano contributivo. 

 

Vi è poi  la questione  specifica  IVA,  ripresa nelle motivazioni degli atti parlamentari già sopra citati: con la decisione n. 2013/678/UE del Con‐

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Cap. 1 ‐ Lo scenario per i contribuenti marginali 

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siglio  dell’Unione  Europea,  in  deroga  all’art.  285  della  Dir.  n. 2006/112/CE,  l’Italia era già autorizzata ad esentare dall’IVA  i soggetti passivi il cui volume d’affari non superi i 65.000 euro annui, e la prece‐dente  decisione  n.  2010/688/UE  del  15  ottobre  2010  del  Consiglio dell’Unione Europea autorizzava  l’Italia ad applicare  il regime dei mini‐mi, mantenendo quale soglia massima, per  l’applicazione del regime,  i precedenti 30.000 euro di  fatturato annuale; analogamente a quanto contenuto nella precedente decisione  (n. 2008/737/CE del 15  settem‐bre 2008),  lo stesso Consiglio autorizzava  l’Italia a conservare  la citata soglia  di  30.000  euro  al  fine  di mantenere  il  valore  dell’esenzione  in termini reali.  

Si  è  poi  evidenziato  che molte  piccole  e medie  imprese  per  requisiti reddituali o di spesa per beni strumentali, si posizionano per poco al di sopra  del  limite minimo  reddituale  imposto  dalla  legislazione  ai  fini dell’esonero  dell’applicazione  alle  stesse  degli  studi  di  settore,  nono‐stante il persistere degli attuali ed avversi fattori economici di contesto (crisi del mercato produttivo, creditcrunch, calo delle commesse, etc.) che rendono sempre più difficile la sopravvivenza sul mercato. 

Pertanto, le stesse, nonostante rappresentino, con una diffusione terri‐toriale che garantisce uno sviluppo geografico equilibrato, la spina dor‐sale del tessuto produttivo italiano, vengono penalizzate da una politica di  accertamento  fiscale  che  le  sottomette  a parametri di  congruenza superati o poco rappresentativi della loro realtà imprenditoriale. 

Anche questi ultimi rilievi presentano un carattere strutturale, come è appena il caso di sottolineare, sicché la soluzione approntata per il bre‐ve estendendo la possibilità di applicare il regime dei “minimi” alle nuo‐ve attività del 2015 (cit. Legge n. 11/2015) non può certamente consi‐derarsi risolutiva. 

Date tali premesse, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 (ossia dal 2015):  

1. si introduce il nuovo regime agevolato per gli autonomi di tipo forfe‐tario;  gli  elementi  caratteristici  possono  essere  sintetizzati nell’aliquota dell’imposta sostitutiva  fissata al 15% e nelle modalità forfetarie di determinazione del reddito, parametrate ai ricavi; a dif‐ferenza  del  regime  dei  “minimi”  il  regime  agevolato  non  presenta una durata specifica, ma richiede solo il rispetto dei requisiti previsti 

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Cap. 1 ‐ Lo scenario per i contribuenti marginali 

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per accedere allo stesso regime; si deve sottolineare che alle start up il  regime  dei  forfetari  garantisce  l’abbattimento  reddituale  di  1/3 (ved. cap. III) e che nel complesso non abbiamo una base imponibile sovrapponibile con quella prevista nell’ambito del regime dei “mini‐mi”,  in cui  il reddito è determinato  in modo analitico  (ved. anche  il cap.  IV); su di un piano comune con  il regime dei “minimi” possono essere considerate, salvo specifiche eccezioni, le semplificazioni pre‐viste per l’ambito IVA, IRAP, per gli studi di settore, le semplificazioni contabili e amministrative, mentre un elemento di distinguo matura in relazione all’agevolazione prevista in materia contributiva (cfr. ca‐pit. V), che  spetta ai  soli contribuenti che determinano  il  reddito a forfait; 

2. viene ad essere soppresso il regime delle nuove iniziative produttive (art. 13 della Legge 23 dicembre 2000, n. 388), che si applicava a chi avvia un’attività  imprenditoriale o di  lavoro autonomo. Tale regime per  il primo periodo d’imposta e  i due successivi prevedeva  il paga‐mento  di  un’imposta  sostitutiva  dell’IRPEF  del  10%  e  una  serie  di semplificazioni  contabili;  la  soppressione  di  questo  regime  rimane ferma  anche  a  seguito  delle  recentissime modifiche  apportate  alla Legge di  stabilità 2015  in  sede di  conversione  in  legge del Decreto Milleproroghe  (cit.  Legge  n.  11/2015);  questo  vuol  dire  che  se  un contribuente inizia ad esempio nel corso dell’anno 2015 o in annuali‐tà successive una nuova attività non può accedere al suddetto regi‐me;  

3. ai soggetti che applicavano il regime delle nuove iniziative produttive è  lasciata  la possibilità, ricorrendone  i presupposti, di transitare nel nuovo  regime  forfetario,  ferma  la possibilità di esercitare  l’opzione per il regime ordinario; per i soggetti costituiti nel 2013 o nel 2014 è anche prevista  la possibilità,  se  transitano nel  regime  forfetario, di applicare  la  riduzione  di  1/3  del  reddito  (ved.  cap.  IV),  in  quanto debbono considerarsi ancora alla stregua di start up;  

4. rimane in piedi il regime dei “minimi” di cui all’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla Leg‐ge 15  luglio 2011, n. 111, e  l’art. 1, commi da 96 a 115 e 117, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria per il 2008), per i soggetti, che, presentandone i requisiti, decidono di avvalersene nel corso  del  periodo  d’imposta  2015;  si  è  quindi  pensato  di  lasciare 

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Cap. 1 ‐ Lo scenario per i contribuenti marginali 

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aperte  le  porte  del  suddetto  regime  ai  contribuenti  che  iniziano l’attività nel corso dell’anno 2015;  

5. viene lasciata la possibilità ai vecchi “minimi” (anche ad esempio ad un soggetto che ha iniziato l’attività nel corso dell’anno 2013) di con‐tinuare  ad  applicare  tale  regime  fino  all’esaurimento  dei  suoi  due vincoli  temporali di  applicazione, ossia  fino  al  compimento del de‐corso del quinquennio o fino al raggiungimento del 35esimo anno di età; in ogni caso tali “minimi” possono decidere di accedere al nuovo regime forfetario in base ad una libera scelta, che potrebbe dipende‐re da una  serie di  fattori non necessariamente  incentrati  sulla  sola comparazione dell’aliquota dell’imposta sostitutiva (rispettivamente 5% o 15% per i “minimi” o i forfetari), ma ad esempio essere influen‐zata dalla volontà di  fruire delle agevolazioni contributive che man‐dano in soffitta i minimali previsti per artigiani e commercianti;  

6. anche  il regime contabile agevolato di cui all’art. 27, comma 3, del D.L. n. 98/2011  (esonero dagli obblighi di  registrazione e di  tenuta delle scritture contabili, e dagli obblighi di liquidazione e versamenti periodici IVA, nonché esenzione IRAP), ossia il contentino riservato ai soggetti che con  le nuove regole del regime dei “minimi” non pote‐vano  beneficiare  dell’applicazione  della  sostitutiva  al  5%,  cessa  di avere applicazione a partire dal periodo d’imposta 2015 (comma 85) ed i soggetti che per l’anno 2014 applicavano questo regime si trove‐ranno, se rispettano i requisiti di legge, ad applicare, per il 2015, di‐rettamente il regime forfetario; in particolare, la proroga disposta in sede di conversione in legge del Decreto Milleproroghe (cit. Legge n. 11/2015) non esplica efficacia per  il regime contabile agevolato ma solo per il regime dei “minimi”.  

L’abrogazione, a partire dall’anno 2016, anche della disciplina prevista dalla Legge finanziaria per il 2008 deriva dalla circostanza che il regime disciplinato dal D.L. n. 98/2011 faceva perno, per molti versi, su tale di‐sciplina,  salvo  regolare  a  parte  alcuni  specifici  profili  (aliquota dell’imposta sostitutiva, ambito temporale di applicazione, e così via). 

Dal periodo d’imposta 2016,  infine, non vi sarà più  la possibilità di ac‐cedere al regime dei “minimi” e quindi l’unica applicazione di tale regi‐me  riguarderà  coloro  che  erano  entrati  in  questo  regime  prima dell’anno 2015 o nel corso del corrente anno. 

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Cap. 1 ‐ Lo scenario per i contribuenti marginali 

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Questi soggetti potranno sempre decidere, in base ad una libera scelta, di accedere al regime ordinario od al regime forfetario introdotto dalla Legge di stabilità per  l’anno 2015, ed  in ogni caso occorre considerare che il regime dei “minimi” si applica per un lasso temporale limitato. 

È noto,  infatti, che tale ultimo regime  introdotto con  il D.L. n. 98/2011 presenta una portata applicativa limitata nel tempo (un quinquennio) o comunque collegata all’età del contribuente (che se under 35 anni può applicare detto regime sino al compimento del 35esimo anno di età), e si basa sull’applicazione di una imposta sostitutiva pari al 5% del reddito imponibile, che viene ad essere determinato facendo riferimento al cri‐terio di  imputazione  temporale per cassa, ma non  in modo  forfetario, poiché nel caso specifico valevano le regole di determinazione del red‐dito previste, a  seconda dei  casi, per  le  imprese, dall’art. 66 del TUIR (regole  dei  soggetti  in  contabilità  semplificata)  e  per  i  professionisti dall’art. 54 del TUIR, regole che in ogni caso sono basate sulla compara‐zione tra componenti positivi e negativi di reddito. 

Anche questo  regime presenta, come già evidenziato, numerose  sem‐plificazioni  fiscali e  contabili,  a partire dall’ambito  IVA e proseguendo con gli studi di settore o l’IRAP. 

In pratica,  le semplificazioni e  le esenzioni sono essenzialmente specu‐lari a quelle previste per il regime forfetario, ragione per cui il raffronto poggia, per molti versi, sull’aliquota e sulle modalità di determinazione del reddito o su qualche favor aggiuntivo previsto sul piano contributivo per i forfetari. 

Qualche considerazione a parte richiede  l’esame dei meccanismi di ac‐cesso. Nel caso dei forfetari, in particolare, siamo in presenza di un livel‐lo di ricavi che varia a seconda dell’attività esercitata, mente per  il re‐gime dei “minimi” il parametro è fissato a 30.000 euro; in entrambi i ca‐si  la valutazione concerne  l’annualità precedente  rispetto a quella og‐getto di tassazione, ma qualche distinguo emerge anche  in relazione a questo punto. 

Per i “minimi”, ad esempio, la decadenza può determinare effetti nello stesso anno di avvio delle attività se lo scarto rispetto al limite di legge previsto per i ricavi supera il 50% dello stesso limite, ed analoghi effetti maturano nel caso in cui i presupposti della decadenza vengano riscon‐trati  in sede di accertamento, ma  la differenza sostanziale tra  i due re‐

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Cap. 1 ‐ Lo scenario per i contribuenti marginali 

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gimi è dettata dal requisito della novità dell’attività esercitata:  il regi‐me dei “minimi” è riservato alle nuove attività di impresa o professiona‐li mentre il regime forfetario può essere applicato da tutti i contribuen‐ti, fermo che  in caso di start up scatta un’agevolazione supplementare nella determinazione del reddito. 

La situazione che si trova di fronte, pertanto, un contribuente che avvia le proprie attività nel corso dell’anno 2015 è quella che offre una dop‐pia chance applicativa, ossia  la possibilità di avvalersi del regime forfe‐tario  introdotto con  la Legge di stabilità per  il 2015 oppure del regime dei “minimi”, ed in diversi casi il contribuente potrebbe ad esempio non presentare  i requisiti di accesso al primo regime ma potere accedere a quello dei “minimi”, ad esempio  in base al volume dei  ricavi maturati nel periodo d’imposta precedente. Ovviamente rimane sempre in piedi la possibilità di applicare il regime ordinario. 

Si veda lo schema che segue. 

Tavola 1 ‐ Novità per i marginali 

 

 

L’art. 1, comma 89, della cit. Legge n. 190/2014, prevede, altresì, che con decreti di natura non regolamentare del Ministro dell’Economia e delle  Finanze  possono  essere  dettate  le  disposizioni  necessarie  per l’attuazione dei commi da 54 a 88. È poi previsto che con provvedimenti 

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Cap. 1 ‐ Lo scenario per i contribuenti marginali 

12  © Wolters Kluwer ‐ Nuovo regime forfetario e novità per i minimi

del direttore dell’Agenzia delle Entrate sono stabilite  le modalità appli‐cative del nuovo regime agevolato forfetario. 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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CAPITOLO 2 I requisiti di accesso ed il passaggio  

al nuovo regime 

2.1 Ambito soggettivo di applicazione del regime forfetario I soggetti  interessati al regime forfetario, così come al regime dei “mi‐nimi”, sono persone fisiche con struttura e capacità produttiva di scarsa entità che operano in qualità di fornitori di beni o servizi. 

L’ambito soggettivo del regime forfetario, ai sensi del comma 54, è cir‐coscritto alle persone fisiche esercenti attività di impresa, arte o profes‐sione che, nell’anno solare precedente, hanno conseguito ricavi o com‐pensi, ragguagliati ad anno, non superiori a determinate soglie che va‐riano a seconda del codice Ateco che ricomprende l’attività d’impresa o professionale  esercitata.  Sono  previsti  specifici  requisitivi  e  fattori  di esclusione di  cui  si dirà al paragrafo  successivo,  realizzando anche un raffronto con  i requisiti di accesso del regime dei “minimi”, che risulta ancora utilizzabile per le nuove attività del 2015.  

La prima cosa da segnalare è che nel regime forfetario non costituisce un fattore ostativo  lo svolgimento di attività di  impresa o di  lavoro au‐tonomo  in un periodo d’imposta precedente. Pertanto,  il contribuente potrebbe  iniziare adesso, nel 2015  (o nei periodi d’imposta successivi) la propria attività, ma potrebbe anche avere aperto la partita IVA da di‐versi anni.  

A  pure  titolo  esemplificativo,  si  evidenzia  che  l’Agenzia  delle  Entrate, con la circolare n. 6/E del 19 febbraio 2015 ha confermato la possibilità di accedere al nuovo regime per un  imbianchino che esercitava  la pro‐pria attività di impresa in regime di contabilità semplificata sin dall’anno 1980. 

Questa è una prima ed  importante distinzione con  il regime dei “mini‐mi”, come rivisitato con l’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. n. 98/2011, che risulta applicabile esclusivamente alle nuove attività (od ai soggetti che l’avevano  intrapresa successivamente al 31 dicembre 2007). Si ricorda, infatti,  che  con  il  citato D.L.  n.  98/2011  fu  in  qualche modo  ristretto l’ambito applicativo del regime dei “minimi” alle sole nuove attività, e che  nell’originaria  versione  di  tale  regime,  introdotta  con  la  Legge  n. 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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244/2007  (Legge  finanziaria  per  il  2008),  non  era  preclusiva  la  circo‐stanza che il contribuente fosse già in attività.  

Attenzione: nuove attività 2014 o 2015 

Dato  che  per  l’anno  2015  è  ancora  possibile  accedere  al  regime  dei “minimi”,  va  sottolineato  che  con  il  provvedimento  del  Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 22 dicembre 2012, attuativo dei commi 1 e 2 dell’art. 27 del D.L. n. 98/2011, è  stato disposto  che per  stabilire quale sia il periodo di imposta di inizio di una nuova attività produttiva non  si  fa  riferimento  alla  mera  apertura  della  partita  IVA,  bensì all’effettivo  esercizio  dell’attività,  da  intendersi  come  la  prima  effet‐tuazione di operazioni attive relative all’attività caratteristica ovvero di quelle passive sempre preordinate a tale attività. Sono, a tal fine, consi‐derate rilevanti  le attività necessarie all’allestimento dell’attività come l’acquisto di beni strumentali o di beni destinati alla rivendita o da uti‐lizzare per rendere prestazioni di servizi. 

Con  la  circolare  n.  6/E  del  19  febbraio  2015  (risposte  a  quesiti  della stampa specializzata)  l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di confer‐mare questa  impostazione,  con particolare  riferimento  a  soggetti  che avevano aperto la partita IVA a fine dicembre dell’anno 2014. In quella fase,  in  particolare,  l’attenzione  era  focalizzata  su  eventuali  aperture della posizione IVA utili ad applicare il regime dei “minimi”, ritenuto più vantaggioso rispetto al regime forfetario, situazione che invece non po‐teva verificarsi se la suddetta apertura della partita IVA si fosse verifica‐ta nel corso dell’anno successivo.  

Quindi l’Amministrazione finanziaria ha ribadito che affinché un’attività si consideri “svolta”  ‐ ai fini dell’applicazione del regime fiscale di van‐taggio ‐ non è sufficiente  la mera apertura della partita IVA, dovendosi fare  riferimento  all’effettivo  esercizio  di  un’attività  di  impresa  arte  o professione, e quindi maturava  l’esigenza, nel  caso  specifico,  che  alla data del 31 dicembre 2014 fossero state effettuate operazioni compro‐vanti il concreto esercizio di un’attività d’impresa o professionale. Que‐sto criterio di valutazione potrebbe quindi portare, attualmente, a tra‐sporre di un anno  l’ingresso nel regime dei “minimi” con sostitutiva al 5% per i contribuenti che si erano limitati ad aprire la partita IVA senza dare corpo allo svolgimento di nuove attività, con conseguente “allun‐gamento” del complessivo ambito di applicazione del regime (dal 2015 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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al 2019 in luogo del quinquennio 2014‐2018, in cui però il 2014 avrebbe assunto  un  rilievo  solo  formale  poiché  con  tutta  probabilità  il  contri‐buente non presentava un reddito imponibile). 

Nell’ambito del regime forfetario è però previsto un sistema premiale di riduzione del reddito d’impresa riservato alle nuove attività  (c.d. start up). 

Nella  relazione  illustrativa  al  disegno  di  Legge  di  stabilità  per  l’anno 2015 viene precisato che è riconosciuta la possibilità per i soggetti am‐messi  a  fruire  al  regime  forfetario, di porre  in  essere operazioni  con l’estero, nel presupposto  che  la peculiare  tipologia di  operazioni non rappresenta di per sé indice di una struttura organizzativa incompatibile con il regime forfetario. 

Non possono accedere al  regime  forfetario o a quello dei “minimi”  le società, di qualsiasi tipo, mentre sono ammessi, oltre agli  imprenditori individuali, anche  le  imprese  familiari o coniugali  (sempre che  tali  im‐prese non realizzino una società di fatto). Sono ammessi anche i sogget‐ti che svolgono attività professionale, ma rimangono fuori dal perimetro applicativo coloro che svolgono l’attività professionale in forma associa‐ta. Da questo punto di vista i presupposti soggettivi di accesso sono gli stessi di quelli previsti nell’ambito del regime dei “minimi”. 

Vedremo poi che tra  i requisiti ostativi all’accesso al regime forfetario, così come al regime dei “minimi”, è prevista anche la partecipazione in un  soggetto  fiscalmente  trasparente,  tra  i quali vanno annoverate an‐che le associazioni professionali. 

Memori di quanto avvenne per il regime dei “minimi” e della correlata procedura di  infrazione 2013/2027 (discriminazione del regime  imposi‐tivo verso i soggetti UE non residenti in Italia, anche alla luce delle sen‐tenze della Corte di Giustizia Europea: cfr. Corte di Giustizia, Sentenza C‐279/93), si deve mettere in conto la partecipazione nel regime forfe‐tario  introdotto con  la Legge di stabilità anche per  i soggetti non resi‐denti ma che risiedono  in uno degli Stati dell’Unione Europea o  in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo che assicu‐ra  un  adeguato  scambio  di  informazioni  con  l’Italia  (quindi  anche l’Islanda,  il  Liechtenstein,  la Norvegia)  e  che  producono  nel  territorio italiano redditi che costituiscono almeno  il 75% del reddito complessi‐vamente prodotto.  In tal senso depongono chiaramente anche  le  indi‐

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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cazioni della  relazione  illustrativa al provvedimento  recato dalla Legge di stabilità 2015.  

Queste conclusioni valgono, ad ogni buon conto, anche per accedere al regime  dei  “minimi”,  stante  le modifiche  apportate  all’art.  1,  comma 99, lett. b), della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, con l’art. 7, comma 3, della Legge 30 ottobre 2014, n. 161 (Legge europea 2013‐bis) a seguito della procedura di infrazione già menzionata. 

Di seguito esaminiamo  le cause di esclusione (comma 57) ed  i requisiti di accesso (comma 54), prima in relazione al regime forfetario e poi per il regime dei “minimi”. 

È  importante  sottolineare  sin d’ora  che al  riguardo  se per  le  cause di esclusione  occorre  impostare  la  verifica  in  relazione  al  periodo d’imposta per  il quale si  intende applicare  il regime agevolato per  i re‐quisiti  di  accesso  detta  verifica  assorbe,  invece,  il  periodo  d’imposta precedente (salvo alcuni requisiti per i “minimi”). 

Tuttavia, in relazione alle ipotesi di decadenza il comma 71 prevede, in ogni caso, che  il regime forfetario cessa di avere applicazione a partire dall’anno successivo a quello  in cui viene meno taluna delle condizioni di cui al comma 54  (requisiti di accesso) ovvero si verifica taluna delle fattispecie indicate al comma 57 (cause di esclusione). 

Questi riflessi emergono anche per i “minimi”. In entrambi casi è previ‐sta una ulteriore ipotesi di decadenza a seguito dell’attività di controllo. 

Tavola 1 ‐ Requisiti di accesso, cause di esclusione e decadenza: i tempi 

 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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2.2 Cause di  esclusione dal  regime  forfetario  e dal  regime dei “minimi” Per quanto riguarda le cause di esclusione dall’applicazione del regime forfetario va segnalato, innanzi tutto, che esse riguardano la situazione relativa al periodo d’imposta oggetto di tassazione, per  il quale  il con‐tribuente  applica  il  regime,  e  non  interessano,  dunque,  il  periodo d’imposta precedente, al quale deve essere ricondotta, invece, la verifi‐ca  relativa alla  sussistenza dei  requisiti  relativi ai  ricavi, alle  spese per lavoro ed ai beni strumentali (ved. il paragrafo successivo).  

V’è poi da  segnalare  che  le  cause di esclusione previste per  il  regime forfetario sono sostanzialmente speculari a quelle previste nell’ambito al regime dei “minimi”, con qualche distinguo che sarà di volta in volta segnalato. Anche la prassi di riferimento è quella licenziata nel corso del tempo per tale ultimo regime. 

Sono escluse, pertanto: 

- le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini dell’IVA (vedi  tabella di  seguito) o di  regimi  forfetari di determinazione del reddito;  sono  quindi  esclusi  dall’applicazione  del  regime  forfetario anche  i soggetti che  fruiscono di altri regimi  forfetari di determina‐zione  del  reddito.  Per  i  “minimi”  la  causa  di  esclusione  riguarda esclusivamente  l’adozione  di  un  regime  speciale  IVA.  L’esercizio  di una attività esclusa dal  regime  forfetario  in quanto  soggetta ad un regime speciale IVA ed espressiva ai fini dell’imposta sul reddito del‐le persone  fisiche di un reddito d’impresa, preclude  l’accesso al re‐gime per le altre attività esercitate non in regime speciale (cfr. citata relazione  illustrativa). Nella circolare n. 7/E del 2008  l’Agenzia delle Entrate ha confermato questa impostazione anche in relazione ad ul‐teriori  attività  di  lavoro  autonomo  eventualmente  esercitate; l’Agenzia delle  Entrate ha precisato,  con  la  cit.  circolare n. 7/E del 2008, che  i produttori agricoli, qualora esercitino  l’attività nei  limiti dell’art. 32 del TUIR, ancorché assoggettati ai fini IVA al regime spe‐ciale di  cui agli artt. 34 e 34‐bis, potevano avvalersi del  regime de contribuenti minimi con riguardo alle altre attività di  impresa arte e professioni eventualmente svolte. Nella menzionata ipotesi, i contri‐buenti assolvono agli adempimenti IVA previsti per i produttori agri‐coli  secondo  le  disposizioni  contenute  negli  artt.  34  e  34‐bis  del D.P.R. n. 633/1972 e, ai fini IRPEF, sono tenuti a dichiarare il reddito 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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fondiario mentre, relativamente alla ulteriore attività di impresa o di lavoro  autonomo,  potranno  avvalersi  del  regime  dei  contribuenti minimi  e  assolvere  ai  relativi  adempimenti  analiticamente descritti nella circolare n. 73/E del 2007. Ad esempio,  il soggetto che,  in ag‐giunta  all’attività  agricola  assoggettata  al  regime  di  cui  all’art.  34, eserciti anche attività di riparazione autoveicoli, potrà avvalersi rela‐tivamente a quest’ultima del regime dei contribuenti minimi, qualora ne ricorrano i presupposti. In nessun caso l’attività agricola, sia essa espressiva di reddito fondiario o di reddito d’impresa, potrà rientrare nel regime dei contribuenti minimi qualora sia assoggettata al regi‐me speciale di cui ai più volte citati artt. 34 e 34‐bis. 

Quanto  ai  regimi  speciali  IVA  nella  relazione  illustrativa  alla  Legge  di stabilità 2015 viene evidenziato che è precluso  l’accesso al regime for‐fetario nel caso in cui il contribuente, anche solo marginalmente, si av‐valga delle disposizioni relative alle seguenti attività:  

Tabella 1 ‐ Regimi speciali IVA che ostacolano l’accesso al regime forfetario 

a) agricoltura e attività connesse e pesca (artt. 34 e 34‐bis del D.P.R. n. 633/1972); 

b) vendita sali e tabacchi (art. 74, comma 1, del Decreto IVA); 

c) commercio dei fiammiferi (art. 74, comma 1, del Decreto IVA); 

d) editoria (art. 74, comma 1, del Decreto IVA); 

e) gestione di servizi di telefonia pubblica (art. 74, comma 1, del De‐creto IVA); 

f) rivendita  di  documenti  di  trasporto  pubblico  e  di  sosta  (art.  74, comma 1, del Decreto IVA); 

g) intrattenimenti, giochi e altre attività di  cui alla  tariffa allegata al D.P.R. n. 640/1972 (art. 74, comma 6, del Decreto IVA); 

h) agenzie di viaggi e turismo (art. 74‐ter del Decreto IVA); 

i) agriturismo (art. 5, comma 2, della Legge n. 413/1991); 

j) vendite a domicilio (art. 25‐bis, comma 6, del D.P.R. n. 600/1973); 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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Tabella 1 ‐ Regimi speciali IVA che ostacolano l’accesso al regime forfetario 

k) rivendita di beni usati, di oggetti d’arte, d’antiquariato o da colle‐zione (art. 36 del D.L. n. 41/1995); 

l) agenzie di vendite all’asta di oggetti d’arte, antiquariato o da colle‐zione (art. 40‐bis del D.L. n. 41/1995). 

 

- i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti  in uno degli Stati Membri dell’UE o  in uno Stato aderente all’Accordo sullo  SEE  che  assicuri  un  adeguato  scambio  di  informazioni  e  che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75% del reddito complessivamente prodotto (si veda anche il paragrafo precedente); per  i  “minimi”  la causa di esclusione non prevedeva alcun distinguo, ma a seguito della procedura di  infrazio‐ne UE con l’art. 7, comma 3, della Legge n. 161/2014 è stato modifi‐cato  l’art. 1,  comma 99,  lett. b), della  Legge 24 dicembre 2007, n. 244, e quindi anche  i soggetti non residenti possono accedere al re‐gime di vantaggio se risiedono in uno degli Stati membri dell’UE o in uno  Stato  aderente  all’Accordo  sullo  SEE  che  assicuri  un  adeguato scambio di informazioni, a patto che i redditi siano prodotti nel terri‐torio dello  Stato  italiano  in misura pari  almeno  al 75% del  reddito complessivamente prodotto; per  l’individuazione del concetto di re‐sidenza occorre fare riferimento ai criteri generali enunciati all’art. 2, comma 2, del TUIR secondo cui ai fini delle imposte sui redditi si con‐siderano  residenti  le persone che per  la maggior parte del periodo d’imposta sono  iscritte nelle anagrafi della popolazione  residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile (cfr. circolare Agenzia delle Entrate n. 7/E del 2008);  

i soggetti che  in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili (ex art. 10, comma 1, n. 8, del Decreto  IVA), o di mezzi di  trasporto nuovi  (di cui all’art. 53, comma 1, del D.L. n. 331/1993); identica disposizione è prevista per i “minimi”;  

coloro  che  partecipano,  contemporaneamente,  all’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale, a società di persone o 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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associazioni in regime di trasparenza ovvero a società a responsabi‐lità limitata in trasparenza per opzione. La disposizione trova appli‐cazione anche per i “minimi”, salvo le distinzioni che seguono. 

A questo proposito è stato chiarito, nella più volta citata relazione  illu‐strativa alla Legge di stabilità 2015, che il riferimento alla “contempora‐neità” per la verifica della causa ostativa impedisce l’accesso al regime a coloro  che  detengono  partecipazioni  in  costanza  di  applicazione  del regime forfetario.  

Pertanto, emergono i seguenti riflessi fiscali:  

è possibile accedere al regime forfetario nelle  ipotesi  in cui  la par‐tecipazione  in  una  società  di  persone  o  in  una  s.r.l.  trasparente venga ceduta prima dell’inizio di una nuova attività che dà diritto all’accesso al regime forfetario. Questa regola vale anche se la par‐tecipazione nella società di persone o in una s.r.l. trasparente ven‐ga  ceduta  nel  corso  dello  stesso  periodo  di  imposta, ma  prima dell’accesso al regime forfetario; 

Esempio 

Potrebbe trattarsi del caso in cui Tizio, persona fisica, detiene una par‐tecipazione nella società Gamma S.n.c., e decide a giugno del 2015 di disfarsene, anche in funzione dell’apertura, a settembre, di una partita IVA per lo svolgimento diretto di attività imprenditoriale, posizione con la quale  intende accedere al regime agevolato sin dallo stesso periodo d’imposta 2015. 

 

non è preclusa  l’applicazione del  regime  forfetario nelle  ipotesi  in cui  la partecipazione sia acquisita nel corso dello stesso periodo di imposta, successivamente alla cessazione dell’attività per la quale il regime è stato applicato; 

Esempio 

Potrebbe  trattarsi  del  caso  in  cui  l’imprenditore  Tizio,  persona  fisica, applichi  il  regime  forfetario dal 2015 ma  in cui  lo  stesso  imprenditore cessi l’attività imprenditoriale, ad esempio a settembre dell’anno 2016, per  poi  acquistare  una  partecipazione  nella  società Gamma  S.n.c.  ad esempio ad ottobre dello stesso anno.  In tal caso, ferma restando che 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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per una persona fisica il reddito viene ad essere determinato in relazio‐ne ad un unico periodo d’imposta, ossia l’anno 2016, siccome il reddito d’impresa  in  regime  forfetario  viene  ad  essere  prodotto  prima dell’acquisto della suddetta partecipazione nulla osta a che in relazione a tale reddito vengano applicate le regole previste dalla Legge di stabili‐tà per  l’anno 2015 per  la parte concernente  il reddito di  impresa pro‐dotto in regime forfetario.  

Ai  fini della  verifica della  causa ostativa  riferita  alla partecipazione  in società di persone, associazioni professionali o s.r.l. trasparenti è irrile‐vante se  la partecipazione sia detenuta nell’ambito dell’impresa  indivi‐duale ovvero in qualità di persona fisica. 

Non costituisce causa ostativa all’accesso al  regime  il possesso di una partecipazione  in  società  di  capitali  non  trasparenti. Non  dovrebbero essere ammessi, pertanto, nemmeno i soci professionisti di una società tra avvocati, cui i relativi redditi vengono ad essere imputati per traspa‐renza, ma si rinvia ai chiarimenti che saranno resi dai competenti Orga‐ni.  

Va  sottolineato che questo  trattamento non  sembra del  tutto  sovrap‐ponibile rispetto a quello applicabile ai contribuenti che  intendono ac‐cedere al regime dei “minimi” o che già applicano  lo stesso dai periodi d’imposta precedenti al 2015. Con  la risoluzione n. 146/E del 9 giugno 2009, dell’Agenzia delle Entrate, fu precisato che la causa di esclusione di cui all’art. 1, comma 99,  lett. d), prevista per  i “minimi”, operava  in tutti i casi in cui il contribuente, nello stesso periodo d’imposta, avesse esercitato  in forma  individuale un’attività d’impresa, artistica o profes‐sionale ed avesse partecipato a società di persone o associazioni di cui all’art. 5 del TUIR; con la circolare n. 17/E del 30 maggio 2012 l’Agenzia delle Entrate ebbe poi modo di chiarire che questa preclusione operava anche  se  nel  corso  del  periodo  d’imposta,  ed  in  ogni  caso  prima dell’inizio dell’attività d’impresa o di lavoro autonomo, la partecipazio‐ne veniva dismessa.  In questa occasione  l’Amministrazione  finanziaria ebbe modo di osservare come fosse evidente la volontà del Legislatore di evitare che redditi appartenenti alla stessa categoria, d’impresa o di lavoro autonomo, conseguiti nello stesso periodo d’imposta ed imputa‐bili al medesimo contribuente fossero assoggettati a due diversi regimi di tassazione. 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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C’è  da  dire  che  attualmente,  in  forza  della  sostanziale  uniformità  del dettato normativo di riferimento (che però in un caso prevede la conte‐stualità ed in un altro la contemporaneità) dovrebbe essere adottato un criterio ermeneutico uniforme per  i due regimi (forfetario e dei “mini‐mi”), poiché diversamente in ipotesi limite il contribuente che ha inizia‐to una nuova attività nel 2015 (ad esempio a giugno) avendo dismesso ad esempio in corso dello stesso anno (ad esempio ad aprile) una parte‐cipazione in una s.n.c. si vedrebbe costretto ad applicare il regime forfe‐tario a discapito del regime dei “minimi”, ma non se ne intravede il mo‐tivo sul piano della concreta razionalità nell’applicazione di determinati istituti, essenzialmente. Si rinvia, ad ogni buon conto, ai chiarimenti che saranno resi dai competenti Organi. 

Si ribadisce, infine, che le cause di esclusione vanno riferite al momento di applicazione del regime e non all’anno antecedente all’ingresso nel medesimo; pertanto, il verificarsi di una delle predette cause nell’anno precedente all’accesso non è di  impedimento all’applicazione del regi‐me qualora la stessa sia venuta meno prima dell’inizio di tale anno. 

2.3 Condizioni di accesso al regime forfetario Va innanzi tutto evidenziato che i requisiti di accesso vanno verificati in relazione all’annualità precedente  rispetto a quella per  la quale  si  in‐tende accedere al nuovo regime  forfetario.  I requisiti di accesso al re‐gime dei “minimi” saranno esaminati nel paragrafo 2.4. 

Così, per una società che intende accedere sin dall’anno 2015 al regime forfetario, ad esempio perché opera già da diversi anni, occorrerà veri‐ficare il livello dei ricavi e delle spese sull’annualità 2014. 

Sono previsti ben quattro requisiti di accesso, di cui un primo relativo al livello dei ricavi o dei compensi, un secondo relativo alle spese sostenu‐te  per  il  lavoro,  il  terzo  relativo  alle  spese  per  beni  strumentali  ed  il quarto  concernente  la  produzione  di  eventuali  altri  redditi  diversi  da quello di impresa o professionale. In alcuni casi abbiamo una sostanzia‐le sovrapposizione dei requisiti con quelli previsti per il regime dei “mi‐nimi”, mentre in altri abbiamo delle sensibili differenze. 

Certamente un importante elemento di differenziazione è costituito dal requisito della prevalenza del reddito d’impresa o professionale rispet‐to  ad  altre manifestazioni  reddituali  riconducibili  alla  sfera del  lavoro 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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dipendente,  requisito  previsto  esclusivamente  in  relazione  al  regime forfetario. 

Una  importante  differenza  attiene  proprio  alla  posizione  dei  contri‐buenti che avviano la propria attività, e ricordiamo che anche per i con‐tribuenti che  iniziano  l’attività nel corso dell’anno 2015 è possibile ac‐cedere al regime dei “minimi”. In particolare, nell’ambito di questo se‐condo regime se  in sede di  inizio attività si dichiara di presumere  il su‐peramento dei  requisiti di  legge  (ad esempio  in  relazione ai  ricavi) ed invece poi gli stessi requisiti non vengono rispettati superando la soglia dei  ricavi  (30.000  euro  da  ragguagliare  ad  anno)  per  oltre  il  50%, l’applicazione del regime dei “minimi” viene meno sin dall’inizio del pe‐riodo d’imposta, ossia nel caso specifico dallo stesso periodo d’imposta 2015 (si veda anche il par. 2.4).  

Va osservato che  invece questa  limitazione non è prevista nell’ambito del regime forfetario, ragione per cui se il contribuente dichiara di rien‐trare nelle condizioni di legge per i ricavi e poi sfora il tetto massimo di ricavi,  anche per oltre  il 50%,  rimane  ferma  l’applicazione del  regime forfetario per l’anno 2015. 

Esempio 

Si  prenda  in  considerazione  il  caso  di  un  imprenditore  che  inizia l’attività a marzo dell’anno 2015 e che  intende accedere al regime dei “minimi”, ma che poi a consuntivo realizza, tenendo conto del raggua‐glio ad anno, ricavi di importo corrispondente a 50.000 euro. In questo caso  il  contribuente ha  indicato  in  fattura e nel Mod. AA9/8  (ove ag‐giornato e secondo  le  indicazioni che saranno rese dai competenti Or‐gani)  la propria volontà di accedere al  regime dei “minimi”, ma a  fine anno a consuntivo non emergono le condizioni di legge atte a supporta‐re questo regime, e quindi risulta obbligato a riaddebitare  l’IVA e a re‐golarsi come se avesse applicato sin dall’inizio  il regime ordinario, an‐che ai fini delle imposte sui redditi.  

Tenendo  conto  che  questo  contribuente  al  contempo  non  realizza nemmeno  le  condizioni per accedere al  regime  forfetario  si dovrebbe poter escludere  l’applicazione, per  l’anno 2015, oltre  che per  il 2016, dell’agevolazione  introdotta dalla  Legge di  stabilità 2015,  e  ciò  anche per evitare tutte le complicazioni connaturate al passaggio da regime a 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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regime da periodo a periodo, anche se sul piano formale lo sforamento del limite dei ricavi previsti per il regime forfetario (ad esempio 40.000 euro quando  il contribuente ha dichiarato 50.000 euro), non determi‐nerebbe  l’impossibilità di applicare  il regime forfetario per  il primo pe‐riodo di attività, regime il quale, peraltro, si pone quale regime naturale per  il contribuente, che però ha manifestato una diversa  intenzione  in sede di comunicazione dell’inizio attività. Si rinvia, ad ogni buon conto, alle precisazioni che saranno rese dai competenti Organi. 

Se però il contribuente in questione optasse direttamente per il regime forfetario  avrebbe  diritto  ad  applicare  questa  agevolazione  nel Mod. UNICO 2016, e quindi anche questo costituisce un fattore di valutazio‐ne nell’ambito della scelta tra il regime dei “minimi” e quello forfetario, ferma restando  le complicazioni di cui si è già fatta segnalazione  in or‐dine al passaggio da regime a regime, sia sul fronte IVA che in relazione all’ambito delle imposte sui redditi. 

Nel dettaglio, l’art. 1, comma 54, della Legge n. 190/2014, stabilisce che i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o profes‐sioni  applicano  il  regime  forfetario  se,  al  contempo,  nell’anno  prece‐dente hanno  rispettato  4  requisiti,  ciascuno dei quali  individuato  con una lettera da a) a d). Il primo requisito attiene al conseguimento di ri‐cavi ovvero alla percezione di compensi, ragguagliati ad anno, non su‐periori  ai  limiti  indicati nell’allegato n. 4  annesso  alla  stessa  Legge n. 190/2014,  diversi  a  seconda  del  codice  Ateco  che  contraddistingue l’attività esercitata; al riguardo si veda  la Tab. n. 2; per  individuare  i ri‐cavi o i compensi rilevanti a questi fini occorre fare riferimento a quan‐to previsto, rispettivamente, dagli art. da 57 a 85 del TUIR e 54 del TUIR. 

Esempio 

Se si considera la posizione di un’impresa che svolge attività dei servizi di alloggio e ristorazione (cod. Ateco 55‐56) si riscontra che  il  limite di ricavi, riferito all’annualità precedente (per il 2015 rileva il 2014) è pari a 40.000 euro. In questo caso, peraltro, il coefficiente di redditività pre‐suntivo è pari al 40%. 

 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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Tra  i ricavi, deve, quindi, essere compreso anche  il valore normale dei beni destinati al consumo personale o  familiare dell’imprenditore da attribuire in conformità alle disposizioni contenute nell’art. 9, comma 3, del TUIR.  

Tale limite deve essere ragguagliato all’anno nel caso di inizio di attività in corso di anno. Non rileva, in ogni caso, l’indennità di maternità sosti‐tutiva del reddito di impresa.  

Per l’accesso al regime i ricavi devono essere assunti considerando, per quanto  concerne  le  imprese,  la  competenza economica.  In pratica,  si dovrà tener conto, per la verifica del citato limite, anche delle cessioni o prestazioni  eventualmente  non  ancora  fatturate  per  le  quali,  però,  si sono verificati i presupposti previsti dall’art. 109, comma 2, del TUIR. 

Questo  costituisce  certamente un  fattore di  complicazione,  capace di ingenerare, peraltro,  confusione  applicativa,  visto  che  sul  fronte della determinazione del reddito (concernente l’annualità successiva) rileva il criterio di cassa (si veda oltre). 

La questione è stata peraltro oggetto di un quesito presentato al tradi‐zionale  appuntamento  di  inizio  anno  con  le  risposte  dei  tecnici dell’Agenzia delle Entrate  (c.d. Telefisco del 29  gennaio 2015,  cfr.  cit. circolare n. 6/E del 2015), cui era stato chiesto come ci si dovesse rego‐lare  in relazione alla quantificazione dei ricavi per un soggetto che nel periodo d’imposta 2014 applicava il regime dei “minimi”, come riformu‐lato a seguito del D.L. n. 98/2011, stante che tale regime prevede, co‐munque, l’applicazione del criterio di cassa. 

La risposta dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito che ai fini  in esame si deve  tenere  conto del  regime applicato dal  contribuente,  ragione per cui  se  quest’ultimo  applicava  il  regime  dei  “minimi”  non  vale,  ai  fini dell’accesso  al  regime  forfetario,  il  criterio di  competenza, ma  invece deve farsi riferimento al criterio di cassa. 

Come evidenziato nella  relazione  illustrativa al provvedimento,  i  ricavi di competenza dell’anno precedente a quello di accesso al regime rile‐vano anche se relativi ad una attività cessata diversa da quella  iniziata nel corso dell’anno successivo e per la quale si intende usufruire del re‐gime  forfetario.  In  sostanza,  i  ricavi  conseguiti nell’anno  solare prece‐dente prescindono, totalmente, dall’attività a cui gli stessi si riferiscono, 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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pertanto la posizione del contribuente va considerata nel suo insieme e non in relazione alla specifica attività svolta. 

Per l’esatta individuazione dei ricavi si deve fare riferimento, per le im‐prese, a quanto previsto dall’art. 85 del TUIR  (in virtù del  rinvio di cui all’art. 56 del TUIR. Si veda anche quanto previsto dall’art. 57 in materia di ricavi. Per  i professionisti si veda  l’art. 54 del TUIR, che peraltro an‐novera tra i compensi anche quelli conseguiti sotto forma di partecipa‐zione agli utili), e quindi, a titolo esemplificativo, anche ai contributi  in conto esercizio o alle  indennità conseguite a titolo di risarcimento, an‐che  in  forma assicurativa, per  la perdita od  il danneggiamento di beni quali ad esempio quelli alla  cui produzione o al  cui  scambio è diretta l’attività dell’impresa. 

Senza elencare le numerose ipotesi ivi contemplate, che nella massima parte  dei  casi  non  riguardano  la  posizione  dei  contribuenti  di  piccola dimensione interessati dal regime in esame, merita sottolineare quanto previsto dalla  lett. c), comma 1, del cit. art. 85, secondo cui  rientrano tra i ricavi anche i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di parte‐cipazioni, anche non rappresentate da titoli, al capitale di società ed en‐ti di  cui all’art. 73,  che non  costituiscono  immobilizzazioni  finanziarie, diverse da quelle cui si applica la participation exemption, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (è poi previsto che se  le partecipazioni sono nelle società o enti di cui all’art. 73, comma 1, lett. d, del TUIR ossia ai soggetti non residenti, si applica il comma 2 dell’art. 44 del TUIR). 

Il comma 55 prevede, in completa sintonia con quanto era già previsto per il regime dei “minimi”, che ai fini della determinazione di tale limite non rilevano i ricavi e i compensi derivanti dall’adeguamento agli studi di settore ed ai parametri. 

L’Agenzia delle Entrate, con  la circolare n. 6/E del 2015, ha avuto poi modo di precisare,  in  risposta ad uno  specifico quesito, che all’infuori dei ricavi o compensi derivanti dall’adeguamento agli studi od ai para‐metri ogni altro  ricavo o compenso concorre alla  formazione delle so‐glie di accesso al regime forfetario, compresi quelli derivanti da cessioni all’esportazioni effettuate con la Città del Vaticano e con San Marino. 

Nel caso di esercizio contemporaneo di attività contraddistinte da dif‐ferenti codici Ateco, si assume il limite più elevato dei ricavi e dei com‐

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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pensi  relativi alle diverse attività esercitate. Va  ricordato che nel caso del  regime  dei  “minimi”  il  limite  dei  ricavi  deve  essere  riferito  alla somma dei ricavi e compensi relativi alle singole attività (cfr. circolare n. 73/E del 21 dicembre 2007, Agenzia delle Entrate). Nella Tab. n. 2 sono riportati i limiti dei ricavi utili per accedere al regime forfetario, distinti per tipologia di attività esercitata. 

Tabella 2 ‐ Limiti di accesso al regime dei ricavi e compensi 

Settore e codice attività ATECO 2007 Limiti ricavi o compensi 

Industrie alimentari e delle bevande: (10 ‐ 11)   35.000 

Commercio all’ingrosso e al dettaglio: 45 ‐ (da 46.2 a 46.9) ‐ (da 47.1 a 47.7) ‐ 47.9  

40.000 

Commercio ambulante e di prodotti alimentari e bevan‐de: 47.81  

30.000 

Commercio ambulante di altri prodotti: 47.82 ‐ 47.89  20.000 

Costruzioni e attività immobiliari: (41 ‐ 42 ‐ 43) ‐ (68)   15.000 

Intermediari del commercio: 46.1   15.000 

Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione: (55 ‐ 56)   40.000 

Attività professionali,  scientifiche,  tecniche,  sanitarie, di istruzione, servizi finanziari ed assicurativi: (64 ‐ 65 ‐ 66) ‐ (69 ‐ 70 ‐ 71 ‐ 72 ‐ 73 ‐ 74 ‐ 75) ‐ (85) ‐ (86 ‐ 87 ‐ 88)  

15.000 

Altre attività economiche: (01 ‐ 02 ‐ 03) ‐ (05 ‐ 06 ‐ 07 ‐ 08 ‐ 09) ‐ (12 ‐ 13 ‐ 14 ‐ 15 ‐ 16 ‐ 17 ‐ 18 ‐ 19 ‐ 20 ‐ 21 ‐ 22 ‐ 23 ‐ 24 ‐ 25 ‐ 26 ‐ 27 ‐ 28 ‐ 29 ‐ 30 ‐ 31 ‐32 ‐ 33) ‐ (35) ‐ (36 ‐ 37 ‐ 38 ‐ 39) ‐ (49 ‐ 50 ‐ 51 ‐ 52 ‐ 53) ‐ (58 ‐ 59 ‐ 60 ‐ 61 ‐ 62 ‐ 63) ‐ (77 ‐ 78 ‐ 79 ‐ 80 ‐ 81 ‐ 82) ‐ (84) ‐ (90 ‐ 91 ‐ 92 ‐ 93) ‐ (94 ‐ 95 ‐ 96) ‐ (97 ‐ 98) ‐ (99) 

20.000 

Il  secondo  requisito  di  accesso  al  regime  forfetario,  individuato  dalla lett. b) del citato comma 54, stabilisce che i contribuenti applicano il re‐gime forfetario se nell’anno precedente hanno sostenuto spese per un ammontare complessivamente non superiore ad euro 5.000 lordi per:  

lavoro accessorio di cui all’art. 70 del D.Lgs. n. 276/2003;  

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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per lavoratori dipendenti (art. 49 del TUIR);  

per  collaboratori  di  cui  all’art.  50,  comma  1,  lett.  c)  e  c‐bis),  del TUIR, anche assunti secondo la modalità riconducibile a un progetto ai sensi degli artt. 61 ss. del cit. D.Lgs. n. 276/2003 (in sostanza, bor‐sisti, collaboratori coordinati e continuativi, contrattisti a progetto);  

le  somme erogate  sotto  forma di utili da partecipazione agli asso‐ciati in partecipazione che apportano solo lavoro (reddito assimila‐to a quello di lavoro dipendente per chi lo percepisce) di cui all’art. 53, comma 2, lett. c), del TUIR;  

le somme erogate dall’imprenditore ai propri familiari per  il  lavoro prestato (art. 60 del TUIR). Si è già segnalato che l’accesso al regime forfetario spetta anche alle imprese familiari. 

Il terzo requisito di accesso, individuato dalla lett. c) del comma 54, at‐tiene al costo complessivo, al lordo degli ammortamenti, dei beni stru‐mentali, che alla chiusura dell’esercizio non deve superare 20.000 euro. A tal fine rileva quindi il costo al lordo delle quote di ammortamento. Il suddetto costo va computato nel seguente modo:  

per  i beni  in  locazione finanziaria rileva  il costo sostenuto dal con‐cedente;  

per i beni in locazione, noleggio e comodato rileva il valore normale di cui all’art. 9 del TUIR; tale ultima disposizione prevede, al comma 3, che per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condi‐zioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializza‐zione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto pos‐sibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i ser‐vizi e,  in mancanza, alle mercuriali e ai  listini delle camere di com‐mercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore;  

i beni, detenuti  in regime di  impresa o arte e professione, utilizzati promiscuamente per l’esercizio dell’impresa, dell’arte o professione 

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e per l’uso personale o familiare del contribuente, concorrono nella misura del 50%;  

i beni di costo unitario non superiore a 516,46 euro non rilevano;  

i  beni  immobili,  comunque  acquisiti,  ed  utilizzati  per  l’esercizio dell’impresa,  dell’arte  o  della  professione  sono  irrilevanti;  questa esclusione acquista un certo rilievo, oltre che per i requisiti di acces‐so, anche ove  si  considerino anche  le  regole  concernenti  la  tassa‐zione delle plusvalenze dei beni dell’impresa, di cui si dirà nel capi‐tolo quarto. 

Al Videoforum organizzato da  Italia Oggi  il 22  gennaio 2015  l’Agenzia delle Entrate ha precisato,  in risposta ad uno specifico quesito (queste risposte, così come quelle rese a Telefisco, sono poi state trasfuse nella circolare n. 6/E del 19 febbraio 2015, dell’Agenzia delle Entrate), che nel valore dei beni strumentali da considerare ai fini dell’accesso al nuove regime forfetario non sono ricompresi anche  i beni immateriali (avvia‐mento, spese di  impianto, e così via). In particolare,  l’Agenzia ha ricor‐dato che  in relazione al regime dei “minimi” con  la circolare n. 7/E del 2008 ebbe modo di chiarire che il riferimento contenuto nella norma al‐la nozione di strumentalità dei beni da prendere  in considerazione  in‐duce a ritenere che non rilevino a questi fini taluni costi riferibili ad atti‐vità  immateriali,  come  quello  sostenuto  per  l’avviamento  o  altri  ele‐menti  immateriali comunque riferibili all’attività, che non si caratteriz‐zano per il loro concreto utilizzo nell’ambito dell’attività d’impresa o di lavoro autonomo. Con lo stesso documento di prassi l’Amministrazione finanziaria ha  avuto modo di  chiarire  che  al  fine di  verificare  il  limite all’acquisto dei beni strumentali si assumono  i corrispettivi relativi alle operazioni effettuate ai sensi dell’art. 6 del Decreto  IVA, e che conse‐guentemente  occorre  far  riferimento  all’ammontare  dei  corrispettivi degli acquisti che rilevano in base alle ordinarie regole dell’IVA, secondo cui i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi costi‐tuiscono  la base  imponibile cui è commisurata  l’imposta. Pertanto, co‐me già chiarito con la cit. circolare n. 7/E del 2008, sia in fase di accesso che durante  la  sua  applicazione,  il  rispetto del  limite degli  acquisti di beni strumentali va verificato con riferimento al costo sostenuto al net‐to dell’IVA, anche se non è stato esercitato il diritto alla detrazione. 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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2.3.1 La prevalenza del reddito La lett. d) del più volte citato comma 54 prevede, quale ultimo requisito di  accesso  al  regime  forfetario,  che  i  redditi  conseguiti  nell’attività d’impresa, dell’arte o della professione debbono essere  in misura pre‐valente rispetto a quelli eventualmente percepiti come redditi di lavoro dipendente e  redditi assimilati a quelli di  lavoro dipendente, di cui  ri‐spettivamente agli artt. 49 e 50 del TUIR; la verifica della suddetta pre‐valenza non è, comunque, rilevante se il rapporto di lavoro è cessato o la  somma dei  redditi d’impresa, dell’arte o professione e di  lavoro di‐pendente o assimilato non eccede l’importo di 20.000 euro. 

Pertanto, per effetto di una modifica che è stata  introdotta dalla Com‐missione  Bilancio  del  Senato  al Maxiemendamento  del  d.d.l.  Stabilità per  il 2015,  in caso di presenza di altri redditi di  lavoro dipendente ed assimilati (es: da pensione) la lett. d) del comma 54 prevede che per ac‐cedere al  regime  forfetario  i  redditi di  impresa o di  lavoro autonomo debbono essere prevalenti rispetto ai primi.  

Attenzione La  suddetta  condizione  non  è  prevista  per  il  regime  dei  “minimi”,  e quindi molta attenzione va fatta  in quei casi  in cui un soggetto  lascia  il proprio  lavoro od aveva altri redditi prima di  iniziare  la nuova attività, perché  l’unica chance concretamente praticabile potrebbe essere pro‐prio quella basata sull’applicazione di una imposta sostitutiva del 5%.  

Questa regola viene meno in due casi:  

1. se  la  somma  di  tutti  i  redditi  in  questione  non  eccede  il  limite  di 20.000 euro;  

2. se  il  rapporto di  lavoro è  cessato. A questo  riguardo  sembrerebbe che la suddetta interruzione del rapporto di lavoro debba intervenire sempre nell’anno di osservazione  (l’anno precedente a quello per  il quale si intende accedere al regime), anche se tra una cessazione del rapporto di lavoro, ad esempio a dicembre dell’anno 2014 ed a gen‐naio dell’anno 2015 non si intravedono sostanziali differenze di ordi‐ne pratico. Si rinvia, ad ogni buon conto, ai chiarimenti che saranno resi dai competenti Organi. 

Come si diceva, anche la suddetta verifica va realizzata nell’anno prece‐dente a quello di accesso nel regime in esame (ad esempio, per il 2015 la verifica riguarda il 2014). 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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Si prendano in considerazione i seguenti esempi: 

Caso 1: si supponga che nell’anno 2014 il reddito di impresa sia pari ad 8.000 euro e che il reddito di lavoro dipendente sia pari a 15.000 euro; in questo caso per l’anno 2015 il contribuente non potrà accedere al re‐gime agevolato. 

Caso 2: si supponga che nell’anno 2014 reddito di lavoro autonomo sia pari a 7.000 euro e che il reddito di lavoro dipendente sia pari a 12.000 euro;  in questo caso per  l’anno 2015  il contribuente potrà applicare  il regime forfetario, nonostante il fatto che il reddito attratto a sostitutiva non possa considerarsi prevalente. 

Caso 3: si supponga che nell’anno 2014 il reddito di impresa corrispon‐da a 16.000 euro e che il reddito di lavoro dipendente sia pari a 12.000 euro;  in questo caso per  l’anno 2015  il contribuente potrà accedere al regime  forfetario. Non  scatta,  in particolare,  il confronto con  la  soglia pari a 20.000 euro. 

Caso n. 4: si supponga che nell’anno 2014 reddito di impresa sia pari a 10.000 euro e che il reddito di lavoro dipendente sia pari a 12.000 euro, ma si supponga anche che il rapporto di lavoro in questione sia cessato a  novembre  dell’anno  2014;  in  questo  caso,  nonostante  il  reddito d’impresa non sia prevalente e la somma dei due redditi sia di importo eccedente al valore di 20.000 euro, per l’anno 2015 il contribuente po‐trà comunque applicare il regime forfetario perché comunque il rappor‐to di lavoro si è chiuso. 

2.4 Requisiti di accesso al regime dei “minimi” Va  innanzi tutto sottolineato che  il regime dei “minimi” riesumato pro tempore in sede di conversione del Decreto Milleproroghe (cit. Legge n. 11 del 27 febbraio 2015) è quello contemplato dall’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. n. 98/2011, ragione per cui occorre fare riferimento ai requisiti previsti dall’art. 1, comma 96, della Legge n. 244/2007, come  integrati dal suddetto Decreto (entra  in gioco anche  il requisito della novità, es‐senzialmente),  avendo  poi  a  mente  l’estensione  operata  nel  corso dell’anno 2015 alle nuove attività proprie di tale ultimo anno.  

I soggetti che iniziano l’attività possono applicare il regime dei “minimi” se prevedono di  rispettare  le condizioni di accesso,  tenendo conto,  in 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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particolare, che il limite dei 30.000 euro di ricavi o compensi deve esse‐re ragguagliato all’anno. 

Come già anticipato nei paragrafi precedenti, se in sede di inizio attività si dichiara di presumere il superamento dei requisiti di legge (ad esem‐pio  in relazione ai ricavi) ed  invece poi gli stessi requisiti non vengono rispettati  superando  la  soglia dei  ricavi per oltre  il 50%,  l’applicazione del  regime  dei  “minimi”  viene  meno  sin  dall’inizio  del  periodo d’imposta,  ossia,  nel  caso  specifico,  dallo  stesso  periodo  d’imposta 2015. 

Con  la circolare n. 73/E del 2007  l’Agenzia delle Entrate ebbe modo di chiarire che se  in corso d’anno (nel 2015)  i corrispettivi o  i ricavi supe‐rano  la soglia pari a 30.000 euro  incrementata del 50%, è dovuta  l’IVA relativa alle operazioni effettuate nel corso dell’intero anno solare. Per la  frazione d’anno antecedente al  superamento del  limite  la  suddetta IVA sarà determinata mediante scorporo dai corrispettivi,  in ogni caso facendo salvo  il diritto alla detrazione dell’imposta assolta sugli acqui‐sti. 

Scattano in questo caso una serie di adempimenti che il contribuente è tenuto ad assolvere fin dall’inizio del periodo d’imposta in corso al mo‐mento del superamento del limite, ossia l’istituzione dei registri IVA en‐tro  il termine per  l’effettuazione della  liquidazione periodica relativa al mese o  trimestre  in  cui è  stato  superato  il  limite,  vanno  rispettati  gli obblighi  IVA  ordinariamente  previsti  per  le  operazioni  effettuate  suc‐cessivamente al superamento del  limite, deve essere presentata  la co‐municazione dati e la dichiarazione annuale IVA e va versata la relativa IVA a saldo entro  i termini ordinari; vanno poi annotati  i corrispettivi e gli acquisti effettuati anteriormente al superamento del  limite entro  il termine  per  la  presentazione  della  dichiarazione  annuale  IVA,  vanno istituiti i registri e le scritture contabili, e bisogna annotare le operazioni con  le modalità e nei termini  ivi stabiliti a decorrere dal mese  in cui è stato superato il predetto limite, va presentata la comunicazione dati ai fini degli studi di settore e dei parametri e le dichiarazioni dei redditi ed IRAP e vanno versate  le  imposte sui  redditi a saldo,  risultanti dalla di‐chiarazione  annuale;  il  reddito  va  calcolato  applicando  le  regole  del TUIR e scatta l’obbligo di applicare l’IRAP, nonché di annotare le opera‐zioni relative alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, nonché agli 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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acquisti  effettuati  anteriormente  al  superamento  del  predetto  limite entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale. 

Per le disposizioni attuative del regime dei “minimi” occorre quindi fare riferimento al Provv. del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 22 dicem‐bre 2011, e in quanto alla prassi il punto di partenza sono le indicazioni della circolare n. 17/E del 2012, dell’Agenzia delle Entrate, che per molti versi fa perno sui chiarimenti resi dalla stessa Amministrazione finanzia‐ria in relazione all’originaria versione del regime dei “minimi”, introdot‐ta con  la Legge finanziaria per  l’anno 2008 (circolare n. 73/E del 2007, circolare n. 7/E del 2008, circolare n. 13/E del 2008). Resta ferma la du‐rata e l’impostazione del regime dei “minimi”, ragione per cui il regime fiscale di vantaggio può essere applicato esclusivamente per  il periodo di  imposta  in cui  l’attività è  iniziata e per  i quattro periodi di  imposta successivi. Coloro che allo scadere del quinquennio non hanno ancora compiuto  trentacinque anni, possono prolungare  l’applicazione del re‐gime  fino  al periodo di  imposta di  compimento del  trentacinquesimo anno di età. 

Ad esempio Un contribuente di 38 anni che inizia l’attività nel corso dell’anno 2015 potrà applicare  la  sostitutiva al 5%  fino al periodo d’imposta 2019,  ri‐correndone i presupposti applicativi. 

 

Ad esempio Un contribuente che inizia nel 2015 la propria attività ed ha 25 anni po‐trà  invece continuare ad applicare  il regime dei minimi  fino al periodo d’imposta 2025,  ferma  restando  la verifica dei  requisiti di accesso, da effettuare di anno in anno. 

 

È previsto un doppio ordine di requisiti, di cui un primo riguardante  il “peso” dell’attività svolta, ed un secondo da ascrivere all’elemento del‐la novità dell’attività esercitata. 

In particolare, sotto il primo profilo, il regime dei contribuenti minimi è riservato alle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato esercen‐ti attività di impresa, arti o professioni, che nell’anno solare precedente hanno conseguito ricavi o compensi  in misura non superiore a 30.000 euro. Come sottolineato con la prassi diffusa dall’Agenzia delle Entrate 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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(cfr. circolari n. 73/2007, n. 7/2008 e n. 13/2008) ai fini della determi‐nazione di tale limite:  

i ricavi e  i compensi rilevanti sono quelli richiamati rispettivamente dagli artt. da 57 a 85 (imprese) e 54 del TUIR (professionisti);  

rilevano i ricavi di competenza dell’annualità precedente, ad esem‐pio  i  ricavi  relativi  all’anno 2014 per  i  contribuenti  che  intendono accedere  al  regime  forfetario  dal  2015,  avvalendosi  della  proroga approvata  in  sede di  conversione  in  legge del Decreto Milleproro‐ghe;  

non  rilevano  i  ricavi  e  i  compensi  derivanti  dall’adeguamento  agli studi di settore e dai parametri;  

se sono esercitate contemporaneamente più attività,  il  limite va ri‐ferito alla somma dei ricavi e compensi relativi alle singole attività (si tratta di un aspetto che nell’ambito del regime forfetario è rego‐lato diversamente: in caso di contemporaneo svolgimento di attività relativi a diversi codici Ateco si assume il limite più elevato dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate);  

per i soggetti che svolgono attività di rivendita di generi soggetti ad aggio o a  ricavo  fisso assume  rilievo  l’aggio o  il  ricavo  fisso,  ferma restando che non possono applicare  il regime dei contribuenti “mi‐nimi” coloro che si avvalgono dei regimi speciali IVA;  

nel  caso  di  svolgimento  di  attività  occasionale  non  rientrante  in quella  oggetto  del  regime  dei  “minimi”  non  rilevano  gli  eventuali compensi occasionali per prestazioni di consulenza qualificabili co‐me redditi diversi ai sensi dell’art. 67 del TUIR. 

Per avvalersi del  regime dei “minimi” è poi necessario  rispettare ulte‐riori condizioni. Nell’anno solare precedente il contribuente: 

non deve  aver effettuato  cessioni  all’esportazione, ovvero opera‐zioni assimilate alle cessioni all’esportazione, servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali, operazioni con lo Stato della Cit‐tà del Vaticano o con la Repubblica di San Marino, trattati ed accor‐di  internazionali  (cfr.  artt.  8,  8‐bis,  9,  71  e  72  del  D.P.R.  n. 633/1972);  le prestazioni per  le quali non sussiste ai  fini dell’IVA  il requisito della  territorialità non precludono  l’accesso al regime dei 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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“minimi”, ferma che le stesse rilevano ai fini del limite pari a 30.000 euro previsto per i ricavi (circolare n. 13/2008);  

non deve aver sostenuto spese per  lavoro dipendente o per colla‐boratori di cui all’art. 50, comma 1, lett. c) e c‐bis), del TUIR, anche assunti con le modalità riconducibili ad un progetto o programma di lavoro, o fase di esso, ai sensi degli artt. 61 ss. del D.Lgs. 10 settem‐bre 2003 n. 6;  tale disposizione vale anche  in  relazione alle  spese per prestazioni di  lavoro effettuate dall’imprenditore medesimo o dai suoi  familiari, di cui all’art. 60 del TUIR, ad eccezione dei com‐pensi corrisposti ai collaboratori dell’impresa familiare; rilevano an‐che le somme sostenute per il TFR, intendendo per tali le quote ma‐turate nel periodo d’imposta (circolare n. 13/2008);  

non deve aver erogato somme sotto forme di utili di partecipazione agli associati con apporto costituito da solo lavoro di cui all’art. 53, comma 2,  lett. c) del TUIR;  in caso di attività affidate al raggruppa‐mento  temporaneo  svolte dai professionisti  in modo  autonomo  e separato non emergono ostacoli all’accesso al regime. 

Inoltre, il contribuente non deve aver acquistato, anche mediante con‐tratti di appalto e di  locazione, nei  tre anni precedenti a quello di  in‐gresso nel  regime, beni strumentali di valore complessivo superiore a 15.000 euro, considerato al netto dell’IVA. 

Il  valore  dei  beni  strumentali,  sia  mobili  che  immobili,  è  costituito dall’ammontare dei corrispettivi  relativi alle operazioni di acquisto ef‐fettuate anche presso soggetti non titolati di partita IVA. Rileva il corri‐spettivo  complessivo  del  bene  strumentale  acquisito,  a  prescindere, quindi, dalle modalità con le quali l’acquisto medesimo è stato finanzia‐to (ad esempio un contributo, cfr. circolare n. 13/2008). 

I predetti  corrispettivi  rilevano, ai  fini della determinazione del valore complessivo degli acquisti nel triennio, con riguardo al momento in cui le operazioni  si  considerano effettuate ai  fini  IVA  (art. 6 del D.P.R. n. 633/1972) e quindi, in genere, al momento della consegna o spedizione per  l’acquisto di beni mobili e al momento di stipula dell’atto per beni immobili.  I  beni  strumentali  solo  in  parte  utilizzati  nell’ambito dell’attività di impresa o di lavoro autonomo rilevano per un valore pari al 50% dei relativi corrispettivi. 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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2.5 La condizione della novità per i “minimi” 

Su questo aspetto si ritornerà nel capitolo quarto, nel paragrafo in cui si illustrano  le  condizioni di accesso per  l’ulteriore beneficio  consistente nella riduzione ad 1/3 del reddito riservato alle start up. 

Infatti  il  Legislatore della  Legge di  stabilità dell’anno 2015 ha  ripreso, essenzialmente, le condizioni che a suo tempo erano previste dal D.L. n. 98/2011, ferma restando che in un caso (“minimi”) si dà riferimento alla soglia di accesso pari a 30.000 euro e che  in un secondo caso  (regime forfetario) si punta alle soglie di ricavi variabili in base all’attività eserci‐tata.  L’aspetto  sarà  quindi  affrontato  sinteticamente  in  questa  sede, anche per il fatto che se un contribuente non è al primo anno di attività può determinarsi questo genere di situazioni: 

caso 1: già applicava il regime dei “minimi”, caso in cui potrà conti‐nuare  ad  applicare  questo  regime  fino  all’esaurimento  del  quin‐quennio o al compimento del 35esimo anno di età;  

caso 2: si era costituito ad esempio nel corso del 2014 e non aveva deciso di applicare il regime dei “minimi”: attualmente questo con‐tribuente non potrà comunque accedere al regime dei “minimi”, ri‐servato alle nuove attività costituite nel corso dell’anno 2015; con le disposizioni previste in sede di conversione in legge del Decreto Mil‐leproroghe (cit. Legge n. 11/2015) sono state infatti riprese le dispo‐sizioni del D.L. n. 98/2011, che consentivano questa scelta alle sole nuove attività che realizzino i requisiti di legge;  

caso 3: non  sembra possibile che un contribuente che applicava  il regime delle nuove  iniziative produttive possa adesso applicare  il regime  dei  “minimi”;  al  più,  in  base  alle  disposizioni  recate  dal comma 86, art. 1, della Legge n. 190/2014, questo contribuente po‐trà applicare il regime forfetario (ricorrendone i presupposti), ferma restando la possibilità di optare per il regime ordinario (comma 88). A  questo  contribuente,  peraltro,  in  caso  di  accesso  al  regime  dei “minimi”, è lasciata anche la possibilità di avvalersi della riduzione di 1/3 del reddito, se ha  iniziato  l’attività nel corso del 2013 (ma solo fino per l’anno 2015) o nel 2014 (ma solo per gli anni 2015 e 2016). 

Ad ogni buon conto, l’art. 27, comma 2, del D.L. n. 98/2011 prevede che l’accesso al regime fiscale di vantaggio (minimi) è ammesso a condizio‐ne che: 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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a) il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti  l’inizio dell’attività di  impresa o professionale, attività artistica, professio‐nale ovvero d’impresa, anche in forma associata o familiare;  

b) l’attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prose‐cuzione di altra attività precedentemente svolta sotto  forma di  la‐voro dipendente o autonomo, escluso  il caso  in cui  l’attività prece‐dentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;  

c) qualora venga proseguita un’attività d’impresa svolta  in preceden‐za  da  altro  soggetto,  l’ammontare  dei  relativi  ricavi,  realizzati  nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del predet‐to beneficio, non sia superiore a 30.000 euro.; 

d) nella circolare n. 17/E del 2012 l’Agenzia delle Entrate ebbe modo di sottolineare  che  tali  requisiti  sono  identici  a  quelli  previsti  per l’applicazione del  regime delle nuove  iniziative  imprenditoriali e di lavoro autonomo, di  cui all’art. 13 della  Legge n. 388/2000, e  che pertanto restavano validi in proposito i chiarimenti forniti con i pre‐cedenti documenti di prassi, salvo quanto precisato nella stessa cir‐colare n. 17/E del 2012 (si rinvia al cap. IV). 

2.6 Cause di esclusione dal regime dei “minimi” Ai sensi dell’art. 1, comma 99, della Legge n. 244/2007 (Legge finanzia‐ria per il 2008) sono esclusi dal regime dei “minimi” i soggetti non resi‐denti che svolgono l’attività nel territorio dello Stato (si è già evidenzia‐to che non sono esclusi i soggetti non residenti che risiedono in uno de‐gli Stati dell’Unione Europea o  in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo che assicura un adeguato scambio di  infor‐mazioni con l’Italia ‐ quindi anche l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia ‐ e che producono nel territorio italiano redditi che costituiscono alme‐no il 75% del reddito complessivamente prodotto) e coloro che si avval‐gono di regimi speciali di determinazione dell’IVA (ved. paragrafi prece‐denti), coloro che, in via esclusiva o prevalente, effettuano operazioni di cessione di fabbricati o porzioni di fabbricato e terreni edificabili (di cui all’art. 10, n. 8, del D.P.R. n.  633/1972), ovvero di mezzi di  trasporto nuovi (di cui all’art. 53, comma 1, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, con‐vertito con modificazioni dalla Legge 29 ottobre 1993, n. 427). Non rien‐trano, infine, tra i contribuenti “minimi” coloro che, pur esercitando at‐tività  imprenditoriale,  artistica  o  professionale  in  forma  individuale, 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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partecipano, nel contempo, a società di persone o ad associazioni pro‐fessionali, costituite in forma associata per l’esercizio della professione, di cui all’art. 5 del TUIR, o a società a responsabilità  limitata a ristretta base proprietaria che hanno optato per  la  trasparenza  fiscale, ai sensi dell’art. 116 del TUIR. 

Si  tratta di  situazioni  che  in buona parte  sono del  tutto  speculari alle cause di esclusione già descritte per il regime forfetario; le concrete dif‐ferenze rispetto a tale ultimo regime sono state evidenziate di volta  in volta nei paragrafi precedenti (ad esempio in merito alla questione del‐la partecipazione in un soggetto trasparente). Anche in questo caso, va sottolineato,  le  cause  di  esclusione  vanno  considerate  in  relazione all’anno di imposizione e non in relazione all’annualità precedente. 

2.7 Adempimenti per l’accesso al regime agevolato  Occorre distinguere la posizione dei contribuenti già attivi da quelli che iniziano  l’attività nel corso dell’anno 2015; questa seconda  ipotesi sarà trattata nel paragrafo successivo.  

Nella relazione illustrativa alla Legge di stabilità viene ad essere eviden‐ziato  che  il  regime  forfetario opera  come  regime  fiscale naturale, nel senso che i soggetti che hanno i requisiti prescritti dalla norma non so‐no tenuti ad esercitare una opzione per  l’ingresso nello stesso, salva  la facoltà di optare per  l’applicazione dell’IVA e delle  imposte sui redditi nei modi ordinari.  In  linea generale, pertanto,  l’accesso al regime age‐volato per gli autonomi avviene automaticamente, senza cioè porre  in essere  alcuna  comunicazione  all’Amministrazione  finanziaria,  sia  essa preventiva o  successiva  (nella dichiarazione annuale).  In  tal  senso de‐pone anche la risposta resa dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 6/E del 19  febbraio 2015,  la quale non manca di evidenziare, ad ogni buon conto, oltre alla necessità di rispettare  i requisiti previsti dall’art. 1, comma 54, della Legge n. 190/2014, anche che non deve sussistere alcuna causa di esclusione  (prevista dal comma 57). L’ipotesi contem‐plata è ad esempio quella di un contribuente che già era operante ed applicava le regole ordinarie e che entra, in modo naturale per rispetto dei requisiti di accesso, nel regime forfetario. 

A questa ipotesi basilare dovrebbe essere associata quella di un contri‐buente che applicava  il regime delle nuove  iniziative produttive. Sicco‐me questo regime è stato soppresso, dal 2015 questo contribuente, se 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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rispetta  i  requisiti di  legge,  entra naturalmente nel  regime  forfetario, ferma restando la possibilità di optare per il regime ordinario. 

Questione già più complessa è quella di un contribuente che adottava il regime dei “minimi”, e che come più volte evidenziato può permanere nel suddetto  regime  fino ad esaurimento del quinquennio o al compi‐mento del 35esimo anno di età  (comma 88). Nella Legge n. 190/2014 non sono infatti regolati gli adempimenti a carico del contribuente che intenda permanere nel regime dei “minimi” e non applicare, dal 2015, il regime forfetario, pur realizzando i requisiti applicativi di tale ultimo re‐gime. Questa è quindi  la situazione che si era cristallizzata prima delle modifiche  intervenute con  la Legge n. 11 del 27 febbraio 2014, di con‐versione del Decreto Milleproroghe. Al riguardo dovrebbero emergere indicazioni a breve. Si ritiene, in ogni caso, che il comportamento passi‐vo  del  contribuente  deponga  inevitabilmente,  in  questo  caso,  per  la prosecuzione nell’adozione del regime dei “minimi”. 

Altro aspetto da sottolineare è che non è prevista una durata minima di applicazione del regime forfetario, dal che deriva che, essenzialmente, il contribuente potrebbe anche sperimentare per un solo anno, ad esem‐pio per  l’anno 2015,  i benefici del regime agevolato, per poi decidere, per il 2016, di optare per l’applicazione dell’IVA e delle imposte sui red‐diti con modalità ordinarie, e solo  in  tale ultimo caso, come vedremo, scatterebbe un obbligo  triennale di permanenza  in quest’ultimo  regi‐me. Va anche sottolineato, peraltro, che come avremo modo di verifica‐re non  sono pochi gli adempimenti e gli  ingolfamenti procedurali  che maturano nel passaggio da un regime all’altro (ad esempio in materia di rettifica dell’IVA), forse il vero nodo applicativo di questi regimi, ragione per cui è sempre da consigliare una scelta oculata e prospettica, ossia una adesione convinta nell’accedere ad un determinato regime, poiché diversamente  si  rischia di  complicare anziché  semplificare gli adempi‐menti fiscali/amministrativi.  

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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Attenzione Al di  là del calcolo di convenienza economica, se  l’opzione per un regi‐me  agevolato,  quale  può  essere  il  regime  forfetario  od  il  regime  dei “minimi”,  deriva  da  esigenza  di  semplificazione,  il  contribuente  do‐vrebbe tenere in conto anche le complicazioni connaturate al passaggio da regime a regime, sia sul piano delle imposte sui redditi che su quello contabile/amministrativo, che in ordine agli obblighi di rettifica dell’IVA. Va quindi consigliata sempre una adeguata analisi di convenienza tra le due opzioni percorribili, anche in senso prospettico. 

In realtà, qualche  indicazione viene ad essere resa all’Amministrazione finanziaria già nella dichiarazione IVA relativa al periodo d’imposta pre‐cedente a quello di accesso al regime forfetario, anche se queste infor‐mazioni  non  sono  finalizzate  all’esercizio  dell’opzione  (IVA  2015  per l’anno 2014). Nelle  istruzioni alla modulistica approvate con provvedi‐mento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 28 gennaio 2015 vie‐ne precisato, in particolare, che il rigo VA14 deve essere compilato dai contribuenti che a partire dal periodo d’imposta  successivo  (2015)  in‐tendono avvalersi del regime forfetario, barrando  la casella 1 per  indi‐care  che  si  tratta dell’ultimo anno  in  cui  vengono  applicate  le  regole ordinarie  ai  fini  IVA.  Viene  al  contempo  precisato  che  in  tal  caso l’eventuale  imposta  dovuta  a  seguito  delle  operazioni  di  rettifica dell’IVA  deve  essere  indicata  nel  rigo  VF56  riservato  alle  rettifiche dell’IVA derivanti dall’applicazione dell’art. 19‐bis2. 

Come si è già evidenziato, per accedere al regime forfetario in presenza dei  requisiti  di  legge  occorre  regolarsi  in  modo  concludente  sin dall’inizio dell’anno, con particolare riferimento agli adempimenti IVA. È quindi importante sapere che già dal 1° gennaio 2015 le fatture devono essere emesse senza IVA, apponendo l’annotazione: “operazione effet‐tuata ai sensi dell’art. 1, comma 58, della Legge n. 190/2014”.  

2.7.1 Adempimenti in caso di inizio attività Ulteriori  profili  di  interesse  emergono  per  i  contribuenti  che  iniziano un’attività d’impresa, arte o professione; sinora era stato chiarito che se questi contribuenti presumono di avere  i requisiti previsti dalla norma per applicare il regime forfetario devono darne comunicazione nella di‐chiarazione di inizio attività (Mod. AA9), da presentare ai sensi dell’art. 35 del D.P.R. n. 633/1972. Il problema però riguardava, fino ad un dato 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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momento, la sola possibilità di accedere al regime forfetario, poiché alle nuove attività del 2015 era precluso l’accesso al regime dei “minimi”. 

Con  la pubblicazione  in Gazzetta Ufficiale  (n. 48 del 28  febbraio 2015) della Legge n. 11 del 27 febbraio 2015, di conversione  in  legge del De‐creto  Milleproroghe,  di  cui  si  è  ampiamente  già  argomentato,  per l’anno 2015 rientra in gioco, anche se solo per le nuove attività, anche il regime dei “minimi”. Si pone quindi  il problema di come distinguere  la posizione di coloro che accedono al regime dei “minimi” rispetto a quel‐la dei contribuenti che accedono al regime forfetario. 

Peraltro,  non  si  può  escludere  che  per  una  nuova  attività  iniziata  ad esempio a gennaio del corrente anno il contribuente abbia già espresso la volontà di aderire al regime forfetario, ed è chiaro che a quest’ultimo deve essere concessa  la possibilità di  ritornare sui proprio passi appli‐cando  il  regime dei “minimi” a partire dall’annualità 2015. Allo stesso modo, si deve ritenere che chi avesse deciso di applicare  il sistema or‐dinario,  applicando  in  fattura  l’IVA,  possa  adesso  ritornare  sui  propri passi decidendo di aderire al regime dei “minimi”. 

Questo potrebbe quindi essere un passaggio delicato per i contribuenti interessati,  che  in  ogni  caso,  essendo,  per  definizione,  contribuenti marginali, potrebbero anche non essere ancora del tutto  informati sul nuovo regime e sulle recenti modifiche normative  intervenute  in corso d’opera, e quindi ad esempio emettere la fattura con IVA in base ad una semplice reiterazione di un processo applicato da sempre. Ricordiamo, su questo punto, che in occasione delle precedenti innovazioni legislati‐ve che comportavano una scelta simile a quella adesso in esame, di per sé tranciante (dentro o fuori al nuovo regime), l’Amministrazione finan‐ziaria  ha  lasciato  al  contribuente  la  possibilità  di  ritornare  sui  propri passi  anche  in  caso di emissione della  fattura  con  IVA.  In particolare, con la circolare n. 7/E del 2008 (quesito 3.2) l’Agenzia delle Entrate eb‐be  modo  di  sottolineare  come  l’emissione  di  fattura  con  addebito dell’imposta al  cessionario o  committente poteva essere derivata, nel caso specifico, dalle incertezze applicative inevitabilmente connesse al‐le rilevanti novità  introdotte dai commi da 96 a 117  (Legge  finanziaria per il 2008) evidenziando come questa circostanza di fatto non risultas‐se di per sé sola espressiva della volontà di non avvalersi del regime dei contribuenti minimi.  Con  l’occasione  fu  quindi  precisato  che  i  contri‐buenti che  intendevano applicare  il nuovo regime potevano effettuare 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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le  opportune  rettifiche  dei  documenti  emessi  con  addebito dell’imposta, e quindi, per il cedente, emettendo nota di variazione (da conservare, ma senza obbligo di registrazione ai fini IVA) per correggere gli errori commessi con la fattura; per il cessionario o committente, che avesse registrato  la  fattura, emergeva  l’obbligo di registrare  la nota di variazione,  salvo  il  suo  diritto  alla  restituzione  dell’importo  pagato  al cedente o prestatore a titolo di rivalsa. 

Al contempo fu precisato che soltanto se unitamente all’emissione della fattura con addebito dell’imposta il contribuente avesse, altresì, eserci‐tato il diritto alla detrazione e proceduto alle liquidazioni periodiche del tributo il comportamento poteva essere considerato inequivocabilmen‐te espressivo dell’opzione per il regime ordinario. 

Precisazioni di analogo tenore furono rese, peraltro, con  la circolare n. 17/E del 30 maggio 2012,  in occasione delle modifiche apportate  con l’art. 27, primi due commi, del D.L. n. 98/2011, in relazione alla seconda versione del regime dei “minimi”. In questo caso si era posto, peraltro, anche  il problema dell’aggiornamento del Mod. AA9/10. Fu precisato, in  sostanza,  che  a  causa  delle  incertezze  applicative  inevitabilmente connesse alle  rilevanti novità  introdotte dall’art. 27 del D.L. n. 98 del 2011:  

i soggetti che avevano iniziato l’attività nel 2012 e, nelle more delle istruzioni fornite dall’Amministrazione, avevano già aperto la partita IVA senza effettuare alcuna comunicazione, potevano presentare la dichiarazione  di  variazione  dati  entro  sessanta  giorni dall’emanazione della stessa circolare n. 17/E del 2012, senza incor‐rere in alcuna sanzione per il ritardo;  

che  per  le  stesse  ragioni  l’emissione  di  fattura  con  addebito dell’imposta al cessionario o committente nelle more delle istruzio‐ni  fornite  dall’Amministrazione  non  doveva  essere  intesa  quale comportamento concludente ai  fini dell’opzione per  il regime ordi‐nario;  

che coloro che intendevano applicare il nuovo regime, potevano ef‐fettuare, entro sessanta giorni dalla pubblicazione della  stessa cir‐colare o entro  la prima  liquidazione IVA successiva se  la stessa sca‐deva  dopo  il  predetto  termine,  le  opportune  rettifiche  dei  docu‐menti emessi con addebito dell’imposta. 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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Ulteriori  implicazioni  emergono,  peraltro,  sul  piano  contabile,  poiché sono molte  le semplificazioni riservate ai contribuenti che decidono di avvalersi del regime agevolato, ma queste semplificazioni vanno adot‐tate  sin  dall’inizio  dell’anno  di  riferimento,  che  nella  specie  potrebbe essere la stessa annualità 2015. 

Riassumendo, per  coloro  che  iniziano  l’attività nel  corso dell’anno, ad esempio nel 2015, è necessario comunicare nella dichiarazione di inizio attività  (Mod. AA9)  la propria  intenzione di accedere al nuovo regime, indicando anche di presumere la sussistenza dei requisiti di legge previ‐sti per applicare il regime. Questo aspetto è stato peraltro oggetto di un comunicato  dell’Agenzia  delle  Entrate,  diffuso  in  data  31  dicembre 2014, con il quale era stato evidenziato che per le nuove attività che in‐tendevano applicare il regime forfetario, fino all’approvazione e pubbli‐cazione del modello aggiornato della dichiarazione di  inizio attività,  si poteva barrare la casella prevista per l’adesione al precedente “Regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità, previsto dall’art. 27, commi 1 e 2 del Dl n. 98/2011” (ex regime dei “mi‐nimi”). 

Dopo il mutamento dello scenario normativo si pone, attualmente, per il solo anno 2015, un nuovo problema applicativo, poiché il contribuen‐te deve essere messo  in condizione di poter  indicare se aderisce al re‐gime dei “minimi” oppure al regime forfetario in sede di inizio attività e quindi si ritiene che a breve  la modulistica sarà aggiornata con  la pos‐sibilità di  indicare ciascuno dei due regimi,  ferma restando che attual‐mente  il Mod. AA9/8 prevede, per vie traverse, già  il percorso che do‐vrebbe  considerarsi  più  vantaggioso,  ossia  l’indicazione  dell’adozione del regime dei “minimi”, solo che  in base al predetto comunicato que‐sta indicazione assumeva significato ai fini dell’adozione del regime for‐fetario. Nei primi commenti della stampa specializzata è stato eviden‐ziato che per segnalare  il regime applicato si può  fare riferimento alle indicazioni rese nelle fatture emesse (senza IVA), ragione per cui rileve‐rebbe  il  comportamento  concludente, dato  che nel  caso dei  “minimi” verrebbe  inserito  il  riferimento  all’art.  1,  comma  100,  della  Legge  n. 244/2007 mentre nel caso del regime forfetario varrebbe il riferimento all’art. 1, comma 58, della Legge n. 190/2014. In realtà è probabile che a breve  l’Amministrazione  finanziaria diffonda nuove  istruzioni, anche 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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in merito alla suddetta comunicazione di inizio attività (ad esempio con un nuovo comunicato). 

Attualmente si pongono, ad ogni buon conto, una serie di situazioni  li‐mite, come quelle esaminate nei casi che seguono: 

Caso n. 1: Revirement dal regime forfetario al regime dei minimi  Si  supponga  che  un  contribuente  abbia  iniziato  la  propria  attività all’inizio dell’anno ed abbia quindi già comunicato all’Agenzia delle En‐trate  la  propria  intenzione  di  aderire  al  regime  forfetario  introdotto dalla Legge  finanziaria per  l’anno 2015. Per  far ciò  il contribuente ha compilato  il Mod. AA9 barrando  la  casella prevista per  l’adesione al precedente “Regime  fiscale di vantaggio per  l’imprenditoria giovanile e  lavoratori  in mobilità,  previsto  dall’art.  27,  commi  1  e  2  del Dl  n. 98/2011” (ex regime dei “minimi”). Questa indicazione ha fatto segui‐to alle  indicazioni rese dall’Agenzia delle Entrate con  il comunicato di cui  sopra. Dopo  le modifiche  approvate  con  la  Legge  n.  11/2015  di conversione del Decreto Milleproroghe il contribuente potrebbe o vo‐ler confermare tale scelta oppure decidere di applicare, ricorrendone le condizioni, il regime dei “minimi”. 

Si supponga che  il contribuente, dopo aver valutato  la situazione, de‐cida  di  aderire  al  regime  dei  “minimi”.  È  chiaro  che  al  contribuente deve essere  lasciata questa possibilità, ma vediamo quali sono gli ef‐fetti pratici. Se tale contribuente ha  indicato nella  fattura  il riferimento al regime forfetario di cui alla Legge di stabilità 2015 ma intende ora accedere al regime  dei  “minimi”,  potrà  sostituire  il  vecchio  documento  emesso con un nuovo documento nel quale  indicherà  il riferimento al regime di  cui all’art. 27 del D.L. n. 98/2011.  In questa  ipotesi, ad ogni buon conto,  il contribuente non aveva applicato  l’IVA e continua a non ap‐plicarla, ragione per cui non dovrebbe emergere l’esigenza di applica‐re una nota di variazione ex art. 26 del D.P.R. n. 633/1972. Sul punto saranno  probabilmente  resi  chiarimenti  a  breve  da  parte dell’Amministrazione finanziaria. 

Se  il  contribuente  realizza  entrambi  i  requisiti  di  accesso,  come nell’ipotesi  in esame, occorre anche capire se  lo stesso risulterà chia‐mato a presentare, una volta approvato, un nuovo Mod. AA9/8, nel quale, se del caso, indicare la propria situazione al Fisco. Non è infatti 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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obbligatorio né necessario aderire al  regime dei  “minimi”  (essenzial‐mente da considerarsi più conveniente), e quindi  in ogni caso  il Fisco dovrebbe sapere a quale regime intende accedere il contribuente, an‐che ai  fini della verifica del rispetto dei  limiti concernenti  i ricavi, co‐municato nello stesso Mod. AA9/8. 

In ogni caso, laddove la modulistica in esame non fosse aggiornata, va‐le,  in  questi  casi,  il  comportamento  concludente,  attestato dall’indicazione  in  fattura  del  riferimento  normativo,  con  sigillo,  ad ogni  buon  conto,  nella  dichiarazione  dei  redditi  relativa  al  periodo d’imposta 2015  (UNICO 2016‐PF),  in cui, a seconda dei casi,  il contri‐buente dichiarerà i redditi o nel quadro LM (per i “minimi”) o nel nuo‐vo quadro che sarà predisposto per il calcolo a forfait del reddito (per i “forfetari”). 

 

Caso n. 2: se il contribuente realizza i requisiti di accesso per entrambi i regimi  ed  ha  avviato  le  proprie  attività  dopo  l’entrata  in  vigore  della Legge n. 11 del 27 febbraio 2015 (3 marzo 2015) di conversione del De‐creto Milleproroghe è chiaro che deve  indicare a quale dei due regimi intende aderire e che per accedere ad esempio al regime forfetario non può barrare  la  casella destinata ai  soggetti  che applicano  il  regime di vantaggio di cui all’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. n. 98/2011.  

Questa scelta assume un certo rilievo, tra le altre cose, anche ai fini del riscontro dell’ipotesi di decadenza, che nel caso del  regime dei “mini‐mi” può determinare una estromissione dal regime agevolato a partire dallo stesso primo periodo d’imposta di attività, se i ricavi dichiarati su‐perano di oltre il 50% il limite pari a 30.000 euro (ragguagliato ad anno). 

2.8 Opzione per il regime ordinario Come è già emerso dalla lettura della relazione illustrativa alla Legge n. 190/2014,  le disposizioni di  riferimento prevedono  in  realtà un vero e proprio esercizio dell’opzione  solo nel  caso  in  cui  il  contribuente,  che presenta i requisiti per applicare il regime forfetario, decida di applicare l’IVA e  le  imposte sui redditi nei modi ordinari;  in tale  ipotesi, pur rile‐vando il comportamento concludente posto in essere dal contribuente, è  necessario  comunicare  all’Amministrazione  finanziaria  il  proprio  in‐tento  con  la  prima  dichiarazione  annuale  da  presentare  successiva‐mente alla scelta effettuata, con effetti, in linea generale, per un trien‐

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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nio,  al  termine del quale  la  scelta  fatta  resta  valida di  anno  in  anno. L’art. 1,  comma 110, della  Legge n. 244/2007, prevede disposizioni di analogo tenore anche in relazione al regime dei “minimi”. 

Attualmente  nella  modulistica  non  è  prevista  alcuna  opzione  valida nell’ambito del regime forfetario per l’applicazione delle regole ordina‐rie. È noto che l’esercizio ai fini delle imposte dirette e dell’IVA per il re‐gime ordinario viene realizzato, normalmente, nel quadro VO della di‐chiarazione  IVA, che attesta, sostanzialmente a consuntivo,  il compor‐tamento  del  contribuente  realizzato  nell’anno  precedente.  Se  però  si prende  in considerazione  la dichiarazione  IVA 2015 per  l’anno 2014 si constata che nel quadro VO attualmente è prevista  l’opzione per  il re‐gime ordinario da parte dei contribuenti ex “minimi” di cui all’art. 27 del D.L. n. 98/2011 (ved. Tavola 2). Per  i contribuenti che applicano il regi‐me agevolato introdotto dalla Legge di stabilità per il 2015 è da ritenersi che questa opzione  sia  concretamente esercitabile a partire dall’anno prossimo, nel Mod. IVA 2016, nel quale  il contribuente che per  il 2015 applica il regime ordinario (pur presentando i requisiti di accesso al re‐gime forfetario) comunica a posteriori la scelta già esercitata in concre‐to, ossia l’applicazione dell’IVA e delle regole previste nel sistema ordi‐nario. 

Tavola 2 ‐ Ritaglio della dichiarazione IVA 2015, quadro VO 

 

Ad esempio, potrebbe trattarsi di un imprenditore che per il 2015 abbia deciso di accedere al  regime agevolato e che a partire dall’anno 2016 decida di rientrare nel regime ordinario. In questo caso  il contribuente risulta tenuto: 

a ripristinare la contabilità (a seconda dei casi il regime semplificato o quello ordinario) ed a  regolarsi conseguentemente anche ai  fini IVA, ad esempio nell’emissione delle fatture; 

a comunicare  la propria decisione con  la prima dichiarazione utile, che a questo punto dovrebbe essere la dichiarazione IVA 2017 rela‐tiva all’anno 2016. 

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Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime 

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Dispone  infine  il citato art. 1, comma 70, della Legge n. 190/2014, che trascorso  il  periodo  minimo  di  permanenza  nel  regime  ordinario, l’opzione  resta valida per ciascun anno successivo,  fino a quando per‐mane  la  concreta  applicazione della  scelta operata.  Identiche disposi‐zioni  sono  previste,  nell’ambito  del  regime  dei  “minimi”,  dall’art.  1, comma 110, della Legge n. 244/2007. 

Ad esempio  La scelta di applicare  il regime ordinario per  il triennio “2015‐2017” va comunicata con la prima dichiarazione utile nel corso dell’anno 2016. In questo  caso a  regime,  trascorso  il  triennio  “ordinario”  (ad esempio,  il triennio  “2015‐2017”),  il  regime  normale  si  rende  applicabile  sino  a quando concretamente permane  la scelta effettuata, per cui  l’ingresso nel regime forfetario è comunque effettuato in modo concludente e na‐turale (ad esempio, dal 2018), senza dover effettuare alcuna comunica‐zione al Fisco (come in sede di accesso diretto, dal 2015). 

 

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Cap. 3 ‐ Le semplificazioni 

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Capitolo 3 Le semplificazioni 

3.1 Semplificazioni IVA 

Sono numerose  le semplificazioni previste ai fini  IVA per  i soggetti che applicano  il  regime  forfetario.  Si  spazia  dall’esenzione  dall’obbligo  di esercitare la rivalsa dell’IVA e dunque di applicare l’IVA in fattura al di‐vieto  di  detrarre  l’IVA  sugli  acquisti;  viene meno  l’obbligo  di  versare l’IVA e di presentare la dichiarazione IVA. Ulteriori semplificazioni sono previste sul piano amministrativo e contabile.  I contribuenti che adot‐tano il regime forfetario sono assimilati, dal punto di vista concettuale, per quanto concerne le operazioni passive, ai consumatori finali. Analo‐go trattamento è previsto per  i contribuenti “minimi”, ragione per cui le eventuali valutazioni comparative attengono, sostanzialmente, al raf‐fronto  con  le  complicazioni  ed  il  carico  di  adempimenti  connessi all’adozione del regime ordinario. Di seguito si illustreranno le semplifi‐cazioni previste dalla Legge di stabilità 2015 per i contribuenti forfetari. 

I benefici sono sensibili, ed in particolare la convenienza, anche sul pia‐no economico, rispetto alla mancata applicazione dell’IVA, si manifesta per  i contribuenti che svolgono  la propria attività nei confronti di con‐sumatori finali e con un elevato valore aggiunto, poiché in questi casi lo scarto tra l’IVA addebitata sui prodotti o servizi resi e l’IVA non detratta, a  parità  di  prezzi  praticati,  si  traduce  in  un  beneficio  diretto  per l’operatore del settore, anche se poi, per altri versi, l’IVA potrebbe con‐tribuire al superamento delle soglie di accesso al regime. 

In  particolare,  la  disciplina  di  riferimento  è  essenzialmente  prevista nell’art.  1,  comma  58,  della  Legge  n.  190/2014,  che  diversifica l’applicazione dell’IVA alle operazioni attive e passive poste  in essere a seconda che le stesse siano:  

operazioni nazionali: in questo caso il contribuente non esercita la rivalsa dell’IVA;  

cessioni di beni  intracomunitarie: trova applicazione  la medesima disciplina  delle  operazioni  interne,  stante  il  richiamo  all’art.  41, comma 2‐bis, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modi‐ficazioni, dall’art. 1, comma 1, della Legge 29 ottobre 1993, n. 427; 

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Cap. 3 ‐ Le semplificazioni 

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viene quindi meno  il diritto alla rivalsa ed  il cedente deve  indicare nella  fattura  emessa  all’operatore  comunitario  che  l’operazione non costituisce cessione  intracomunitaria; analoghi effetti matura‐no anche per le vendite ai privati comunitari, poiché le cessioni co‐stituiscono in ogni caso operazioni interne senza addebito di impo‐sta, vuoi per  le vendite presso punti di vendita  localizzati  in  Italia, vuoi per  le vendite a distanza; anche nei casi  in cui  la cessione de‐termina il superamento della soglia con annessa nomina di un rap‐presentante fiscale o l’identificazione in un altro Paese (casi piutto‐sto circoscritti avendo a mente i contribuenti in esame), la cessione verso la propria sede IVA UE si considera comunque operazione in‐terna, e “viaggia” senza addebito di imposta; non si compila il Mod. INTRASTAT;  

acquisti di beni intracomunitari: entro la soglia di 10.000 euro an‐nui sono considerati non soggetti ad IVA nel Paese di destinazione e  rimangono  assoggettati  a  tassazione  nel  Paese  di  provenienza, conformemente a quanto disposto dall’art. 38,  comma 5,  lett.  c), del cit. D.L. n. 331/1993; per gli acquisti  intracomunitari effettuati dai soggetti che, nell’anno precedente, hanno superato  il  limite di 10.000 euro o per gli acquisti effettuati  successivamente al  supe‐ramento dello stesso limite nell’anno in corso scatta l’obbligo di as‐solvere l’IVA e ne consegue l’obbligo di integrare la fattura emessa dal cedente  intracomunitario con  l’indicazione dell’aliquota e della corrispondente  imposta;  il  pagamento  dell’imposta  va  eseguito, come è noto, entro il giorno 16 del mese successivo a quello di ef‐fettuazione delle operazioni; il fornitore applica le regole dello Sta‐to di appartenenza  (emissione  fattura ed addebito dell’imposta  in loco);  se  del  caso,  vanno  compilati  anche  gli  elenchi  INTRASTAT; questo meccanismo basato  sull’applicazione di differenti  regimi  a seconda del superamento o meno della soglia dei 10.000 euro  im‐plica  la  necessità  di  segnalare  al  fornitore  estero  intra  UE  che l’operazione deve essere soggetta all’imposta del Paese del fornito‐re,  senza  sostanzialmente  essere  trattata  come  operazione  intra‐comunitaria. Tra i primi commenti alle nuove misure si è evidenzia‐to,  in  particolare,  che  una  soluzione  potrebbe  consistere  in  una comunicazione da inviare al fornitore, la quale resterebbe valida si‐no ad eventuali diverse  comunicazioni;  il punto  resta  in attesa di chiarimenti ufficiali, ad ogni buon conto;  

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Cap. 3 ‐ Le semplificazioni 

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prestazioni di  servizi  ricevute da  soggetti non  residenti o  rese  ai medesimi, che rimangono soggette alle ordinarie regole e trovano la propria disciplina nelle disposizioni previste dagli art. 7‐ter ss. del Decreto IVA; in particolare, le prestazioni di servizi generiche, rice‐vute dai soggetti non residenti, si considerano effettuate nel terri‐torio dello Stato e sono  ivi soggette al tributo, con obbligo di  inte‐grazione della fattura o di autofatturazione e di versamento entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle ope‐razioni; in caso di servizi prestati l’operazione dovrebbe essere sog‐getta  a  fatturazione,  anche  senza  applicazione dell’imposta;  se  la controparte è un soggetto passivo UE dovrebbero essere compilati anche  i Modelli  INTRASTAT  (cfr. circolare Agenzia delle Entrate n. 36/E del 2010), modelli che invece non vanno mai compilati in caso di servizi specifici, per i quali, sostanzialmente si rendono applicabili le regole previste per i casi dei servizi generici;  

importazioni, esportazioni ed operazioni ad esse assimilate: si ap‐plicano  le  regole ordinarie, disciplinate  secondo  le norme del De‐creto IVA, fermo restando l’impossibilità di avvalersi della facoltà di acquistare  senza  applicazione  dell’imposta  ai  sensi  dell’art.  8, comma  1,  lett.  c)  e  comma  2  del medesimo Decreto. Va  versata l’IVA in Dogana all’atto dell’importazione, mentre in caso di cessio‐ne  all’esportazione  o  di  operazioni  assimilate  non  va  addebitata l’imposta. Non si realizza mai lo status di esportatore abituale. 

Tra le operazioni che determinano l’obbligo di applicare e versare il tri‐buto sono comprese anche le operazioni soggette al regime del reverse charge. 

Nella  relazione  illustrativa alla  Legge di  stabilità 2015  viene ad essere sottolineato che in ogni caso, per qualunque operazione posta in essere dal contribuente che si avvale del regime forfetario è escluso  il diritto alla detrazione dell’IVA assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti. Que‐sta  IVA  non  costituisce un  costo  deducibile  per  il  contribuente  ai  fini delle  imposte sui redditi, stante  il criterio di determinazione  forfetario del reddito (cfr. cap. IV). 

L’art. 1, comma 59, della Legge n. 190/2014, concerne gli adempimenti ai fini dell’IVA dei contribuenti che applicano il regime forfetario. Questi ultimi sono, in linea generale, esonerati dal versamento dell’imposta e 

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Cap. 3 ‐ Le semplificazioni 

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da  tutti  gli altri obblighi previsti dal D.P.R. n. 633/1972,  ad eccezione degli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acqui‐sto delle bollette doganali, di certificazione dei corrispettivi e di conser‐vazione dei relativi documenti.  

In  particolare,  secondo  quanto  previsto  dalla  Legge  di  stabilità  2015 detto esonero riguarda:  

la registrazione delle fatture emesse;  

la registrazione dei corrispettivi;  

la registrazione degli acquisti;  

la tenuta e conservazione dei registri e documenti,  fatta eccezio‐ne,  come  già  sottolineato, per  le  fatture di  acquisto e  le bollette doganali di importazione;  

la  presentazione  della  dichiarazione  IVA  e  della  comunicazione annuale IVA.  

È poi previsto l’esonero:  

dall’obbligo  di  effettuare  la  comunicazione  telematica  all’Agenzia delle Entrate delle operazioni rilevanti ai fini IVA (c.d. spesometro, ex art. 21, comma 1, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dal‐la Legge 30 luglio 2010, n. 122);  

dall’obbligo di inviare la comunicazione telematica all’Agenzia delle Entrate delle operazioni effettuate nei confronti di operatori eco‐nomici  aventi  sede,  residenza  o  domicilio  in  Paesi  c.d.  black  list (art. 1,  comma 1, del D.L. 25 marzo 2010, n. 40,  convertito dalla Legge 22 maggio 2010, n. 73);  

dall’invio della comunicazione delle dichiarazioni d’intento ricevu‐te.  

Rimane invece fermo l’obbligo di: 

numerare e conservare le fatture di acquisto e le bollette doganali; 

certificare  i corrispettivi;  sulle  fatture emesse ai  sensi dell’art. 21 del  Decreto  IVA  dovrà  essere  apposto,  in  luogo  dell’ammontare dell’imposta,  l’annotazione  “Operazione  in  franchigia da  IVA”  con l’eventuale indicazione della relativa norma comunitaria o naziona‐

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Cap. 3 ‐ Le semplificazioni 

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le, e rimane fermo l’obbligo di conservare i relativi documenti; si è già evidenziato che le fatture devono essere emesse senza IVA, ap‐ponendo l’annotazione: “operazione effettuata ai sensi dell’articolo 1, comma 58, della Legge n. 190/2014”;  

presentare,  ai  sensi  dell’art.  50,  comma  6,  del  D.L.  n.  331/1993, convertito  dalla  Legge  n.  427/1993,  gli  elenchi  riepilogativi  delle operazioni di cui al comma 7 per il quale il contribuente risulti debi‐tore d’imposta. 

Attenzione 

Per quanto riguarda  la certificazione dei corrispettivi resta obbligatoria l’emissione della  fattura ovvero, per  i  soggetti esonerati da  tale emis‐sione, il rilascio di scontrino o ricevuta fiscale, secondo le regole ordina‐rie. 

Le fatture devono essere emesse senza IVA, apponendo  l’annotazione: “operazione effettuata ai sensi dell’articolo 1, comma 58, della Legge n. 190/2014”. 

L’art. 1, comma 60, della Legge n. 190/2014 prevede che, in ogni caso, i soggetti che applicano il regime forfetario devono assolvere l’IVA per le seguenti tipologie di operazioni:  

– per le prestazioni di servizi di cui all’art. 7‐ter del Decreto IVA rice‐vute da soggetti non residenti;  

– per  gli  acquisti  intracomunitari  che  non  rientrano  nell’art.  38, comma  5,  lett.  c),  del D.L.  n.  331/1993,  convertito  dalla  Legge  n. 427/1993,  vale  a  dire  quelli  effettuati  dai  soggetti  che,  nell’anno precedente, hanno superato la soglia di 10.000 euro ivi prevista ov‐vero quelli effettuati successivamente al superamento, nell’anno  in corso, della medesima  soglia, nonché quelli effettuati  sotto  soglia dai soggetti che hanno optato per l’applicazione dell’IVA in Italia;  

– per le altre operazioni per le quali risultano debitori dell’imposta. 

A tale fine, detti soggetti devono emettere la fattura ovvero, per le ope‐razioni  interne  all’Unione  Europea e per  le operazioni nazionali  cui  si applica  il  regime dell’inversione  contabile,  integrarla  con  l’indicazione dell’aliquota e della  relativa  imposta  che deve essere  versata entro  il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazio‐ni. 

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Cap. 3 ‐ Le semplificazioni 

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3.1.1 Iscrizione al VIES 

I contribuenti forfetari dovrebbero comunque essere iscritti all’archivio Vat Information Exchange System (VIES), che consente ai soggetti IVA di effettuare  operazioni  intracomunitarie  (iscrizione  gratuita).  Nulla  di specifico è stato previsto a questo proposito ma  in relazione al regime dei “minimi” le Entrate ebbero modo di chiarire, con la circolare n. 39/E del 1° agosto 2011 che risultava necessaria questa iscrizione. 

3.2 Rettifica dell’IVA Come  si  è  già  evidenziato,  uno  dei  momenti  di  complicazione nell’applicazione del nuovo  regime  semplificato emerge nel passaggio da un regime all’altro,  in cui bisogna da un  lato sistemare  le partite  in sospeso  sul  piano  reddituale  e,  dall’altro,  per  quanto  concerne  l’IVA, procedere alla rettifica dell’IVA. Gli effetti emergono nell’annualità pre‐cedente a quella di prima applicazione del regime agevolato. 

In  base  a  quanto  previsto  dall’art.  1,  comma  61,  della  Legge  n. 190/2014,  il passaggio dal regime ordinario al regime  forfetario deter‐mina la necessità di rettificare, ai sensi dell’art. 19‐bis.2 del Decreto IVA, la detrazione dell’imposta assolta a monte già operata secondo le rego‐le ordinarie.  Il versamento dell’eventuale  importo a debito va operato in un’unica soluzione nella dichiarazione IVA dell’ultimo anno di appli‐cazione  delle  regole  ordinarie,  e  quindi  nella  dichiarazione  IVA  2015 per l’anno 2014, per un soggetto che applica il regime forfetario a parti‐re dall’anno 2015. Ricordiamo che per quest’anno la presentazione de‐ve  essere  effettuata,  esclusivamente  per  via  telematica,  nel  periodo compreso tra il 1° febbraio e il 30 settembre 2015 nel caso in cui il con‐tribuente sia tenuto alla presentazione in via autonoma, ovvero entro il 30 settembre 2015 nel caso in cui il contribuente sia tenuto a compren‐dere  la dichiarazione  IVA nella dichiarazione unificata, ma sul punto si rinvia ai documenti di prassi delle Entrate (circolare n. 1/E del 15 gen‐naio 2010, circolare n. 1/E del 25 gennaio 2011). Da questo punto di vi‐sta emerge una prima importante differenza rispetto a quanto previsto in caso di accesso al regime dei “minimi”, in cui era previsto, con l’art. 1, comma  101,  della  Legge  n.  244/2007,  il  versamento,  oltre  che  in un’unica soluzione, anche  in cinque rate di pari  importo senza applica‐zione degli interessi. In entrambi i casi la rettifica della detrazione spet‐

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Cap. 3 ‐ Le semplificazioni 

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ta anche a seguito del passaggio dal regime agevolato (forfetario o dei “minimi”) a quello ordinario, anche per opzione. 

Nelle istruzioni alla modulistica approvate con provvedimento del diret‐tore dell’Agenzia delle Entrate del 28 gennaio 2015 viene precisato,  in particolare, che il rigo VA14 deve essere compilato dai contribuenti che a partire dal periodo d’imposta  successivo  (2015)  intendono avvalersi del  regime  forfetario,  barrando  la  casella  1  per  indicare  che  si  tratta dell’ultimo anno  in cui vengono applicate  le regole ordinarie ai fini IVA (ved. Tavola 1). Viene al contempo precisato che in tal caso l’eventuale imposta dovuta a seguito delle operazioni di rettifica dell’IVA deve esse‐re  indicata  nel  rigo  VF56  riservato  alle  rettifiche  dell’IVA  derivanti dall’applicazione dell’art. 19‐bis2. 

Tavola 1 ‐ Ritaglio del quadro VA, dichiarazione IVA 2015  

 

In particolare, nella dichiarazione IVA è previsto un apposito prospetto (prospetto D), nel quale  riepilogare  tutte  le  rettifiche  realizzate, e nel rigo  3  di  questo  prospetto  trovano  spazio  le  rettifiche  derivanti  dai cambiamenti di regime, concernenti, essenzialmente, i beni non ancora ceduti o non  ancora utilizzati  (per  i beni  ammortizzabili,  se non  sono trascorsi quattro anni dalla loro entrata in funzione). 

Nel caso di ingresso nel regime forfetario, l’IVA relativa a beni e servizi non  ancora  ceduti  o  non  ancora  utilizzati  deve  essere  rettificata  in un’unica  soluzione,  senza  attendere  il materiale  impiego  degli  stessi, fatta eccezione per i beni ammortizzabili, compresi i beni immateriali, la cui rettifica va eseguita soltanto se non siano ancora  trascorsi quattro anni da quello della loro entrata in funzione, ovvero dieci anni dalla da‐ta di acquisto o di ultimazione se trattasi di fabbricati o loro porzioni. La suddetta rettifica non va realizzata: 

per i beni strumentali di valore unitario non superiore a 516,46 eu‐ro; 

per i beni il cui coefficiente di ammortamento fiscale è superiore al 25%. 

In pratica, la rettifica interesserà le rimanenze risultanti al 31 dicembre dell’anno  precedente  a  quello  di  accesso  nel  regime  agevolato  (ad 

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Cap. 3 ‐ Le semplificazioni 

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esempio il 2014 per il 2015), i servizi non utilizzati alla stessa data, non‐ché i beni ammortizzabili e gli immobili per i quali non sia decorso il ci‐tato periodo di osservazione (rispettivamente 4 e 10 anni). L’IVA da cal‐colare e versare all’Erario è pari:  

al 100% dell’IVA detratta per le rimanenze ed i servizi non ancora uti‐lizzati;  

ai quinti residui per i beni strumentali;  

ai decimi rimanenti per i beni immobili. 

Con  la circolare n. 73/E del 2007  l’Agenzia delle Entrate ebbe modo di precisare che ai fini della rettifica deve essere predisposta un’apposita documentazione nella quale vanno  indicate, per categorie omogenee, la quantità e i valori dei beni facenti parte del patrimonio aziendale (se‐condo le modalità illustrate nella C.M. n. 328/E del 24 dicembre 1997). L’IVA  derivante  dalle  operazioni  di  rettifica  deve  essere  versata  in un’unica soluzione, anche tramite lo strumento della compensazione di cui all’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997 (Mod. F24) entro  il termine previ‐sto per  il versamento del saldo dell’IVA  relativa all’anno precedente a quello di applicazione del regime. Per i contribuenti che accedono al re‐gime forfetario, pertanto, questo termine corrisponde con  il giorno 16 marzo 2015, scadenza che in particolare va osservata da chi presenta la dichiarazione annuale  IVA  in  forma autonoma. Per  chi presenta  la di‐chiarazione  in  forma  unificata,  invece,  è  ammesso  il  differimento  del pagamento entro  il  termine previsto per eseguire  il  versamento delle imposte  sui  redditi derivanti dal Mod. UNICO 2015, con  l’applicazione della maggiorazione dello 0,4% per ogni mese o frazione di mese che in‐tercorre  tra  il  giorno 16 marzo 2015 ed  il pagamento, effettuato,  co‐munque,  entro  la  scadenza  utile  per  il  versamento  delle  imposte  sui redditi (16 giugno o 16 luglio). 

Va sottolineato che in base al cit. comma 61 in caso di passaggio inver‐so, anche per opzione, ossia dal  regime  forfetario al  regime ordinario deve essere operata un’analoga rettifica della detrazione nella dichiara‐zione del primo anno di applicazione delle regole ordinarie. Con la circo‐lare n. 17/E del 2012 l’Agenzia delle Entrate ebbe modo di ricordare che nel caso di uscita dal regime fiscale di vantaggio, per legge o per opzio‐ne,  l’art. 7, comma 1,  lett.  f), del D.M. 2 gennaio 2008, richiamato dal Provv. del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 22 dicembre 2011,  che 

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Cap. 3 ‐ Le semplificazioni 

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dava attuazione ai  commi 1 e 2 dell’art. 27 del Decreto, prevedeva  il versamento in un’unica soluzione delle rate residue dell’IVA dovuta per effetto della rettifica, al netto dell’eccedenza a credito emergente dalla rettifica  di  segno  opposto  eseguita  sulle merci  in  giacenza  e  sui  beni strumentali acquistati da meno di cinque anni. In particolare, le residue rate dovevano essere computate nel primo versamento periodico suc‐cessivo alla fuoriuscita, al netto di tale rettifica. 

Ciò  significa,  in  altre  parole,  che  il  contribuente  poteva  recuperare l’eventuale  IVA  a  credito  emergente  dalla  rettifica  della  detrazione  a proprio favore già nel primo versamento periodico successivo alla fuo‐riuscita dal regime senza attendere la presentazione della dichiarazione annuale. 

Laddove,  infine,  il  contribuente  fosse  uscito  dal  regime  in  parola  per cessazione dell’attività,  fu  chiarito,  con  la  stessa  circolare n. 17/E del 2012, che essendo comunque equiparabile,  limitatamente ai debiti ed ai crediti sorti nel periodo di esercizio dell’attività, ad un titolare di par‐tita IVA (cfr. R.M. n. 177 del 26 novembre 1998) ‐ equiparazione valida anche con riferimento ai versamenti dovuti  in base alla dichiarazione  ‐ lo stesso poteva continuare a pagare il debito IVA scaturente dalla retti‐fica della detrazione, versando  le rate residue alle originarie scadenze, fissate dall’art. 1, comma 101, della Legge n. 244/2007. 

Un caso pratico 

Si supponga che  il signor Rossi,  imprenditore operante nel settore del commercio  al dettaglio,  abbia deciso di  applicare,  ricorrendone  i pre‐supposti,  il regime di favore  introdotto dalla Legge di stabilità 2015 sin dal periodo d’imposta 2015, e che al 31 dicembre 2014 siano presenti rimanenze per un importo pari a 8.000 euro, beni strumentali acquistati nel 2012 per un importo pari a 3.000 euro, e beni ammortizzabili acqui‐stati nel 2013 per un importo pari a 2.500 euro. Si ipotizzi, semplifican‐do, che l’IVA applicata sia sempre pari al 21%. In questo caso dalla retti‐fica dell’IVA sono dovuti: 

•  per le rimanenze, un importo pari a 1.680 euro;  

•  per  i beni ammortizzabili acquistati nell’anno 2012 rilevano 2 quote residue dell’IVA, che nel complesso è pari a 630 e quindi  le quote rile‐vanti sono pari a 252 euro (2/5 di 630);  

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Cap. 3 ‐ Le semplificazioni 

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•  per  i beni ammortizzabili acquistati nell’anno 2013 rilevano 3 quote residue dell’IVA, che nel complesso è pari a 525 e quindi  le quote rile‐vanti sono pari a 315 euro (3/5 di 525);  

•  nel complesso il contribuente risulta tenuto a versare in un’unica so‐luzione un importo pari a 2.247 euro (= 1.680 + 252 + 315). 

3.3 Rinuncia al differimento dell’esigibilità L’art. 1, comma 62, della Legge n. 190/2014, dispone che nell’ultima li‐quidazione relativa all’anno in cui l’imposta è applicata nei modi ordina‐ri, deve tenersi conto anche dell’imposta relativa alle operazioni per  le quali l’esigibilità non si è ancora verificata. È il caso delle operazioni con esigibilità differita effettuate nei confronti dello Stato e degli enti pub‐blici o dell’IVA  liquidata secondo  il regime di  IVA per cassa.  In pratica, l’accesso al regime comporta, per il cedente o prestatore che se ne av‐valga,  la  rinuncia  al  differimento  dell’esigibilità.  Per  converso,  nella stessa liquidazione può essere esercitato, sempreché spettante, il dirit‐to alla detrazione dell’imposta relativa alle operazioni di acquisto sog‐gette agli stessi  regimi di  IVA per cassa ed  i cui corrispettivi non sono stati ancora pagati.  

3.4 Eccedenze detraibili Nell’art. 1, comma 63, della Legge n. 190/2014, invece, viene ad essere regolato  il  trattamento delle eccedenze detraibili  che emergono dalla dichiarazione, presentata dai contribuenti che applicano il regime forfe‐tario, relativa all’ultimo anno  in cui  l’IVA è applicata nei modi ordinari, ad esempio l’IVA che emerge dal Mod. IVA 2015 relativo all’anno 2014 per  un  contribuente  che  accede  al  regime  forfetario  del  2015.  Viene stabilito che in alternativa la suddetta IVA:  

può essere chiesta a rimborso;  

può essere utilizzata in compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997. 

È chiaro che  la precisazione deriva dal fatto che nell’anno successivo  il contribuente non presenta  la dichiarazione  IVA, e rimane fermo che  la via  più  immediata  per  recuperare  la  suddetta  IVA  risulta  quella dell’utilizzo  in  compensazione  con  le  altre  imposte dovute dal  contri‐buente, anche, se del caso, la stessa imposta sostitutiva pari al 15% ap‐

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Cap. 3 ‐ Le semplificazioni 

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plicata nell’ambito del regime forfetario. Peraltro, il contribuente in re‐gime  forfetario potrebbe  recuperare  il  credito  IVA  anche  a  scomputo dell’eventuale  sostitutiva  dovuta  nell’ambito  del  regime  dei  “minimi” applicato per il periodo d’imposta 2014. 

3.5 Le altre semplificazioni, IRAP, studi di settore, ritenute In base a quanto previsto dal comma 69 per i contribuenti che accedo‐no al nuovo regime forfetario sono previste rilevanti semplificazioni, sia ai  fini delle  imposte sui redditi ed  IRAP che ai  fini  IVA  (ved.  i paragrafi precedenti); per quanto riguarda  il primo dei due menzionati ambiti,  i contribuenti minimi sono esonerati dagli obblighi di registrazione e te‐nuta delle scritture contabili; inoltre, non si rendono applicabili gli studi di settore ed  i parametri, ma al riguardo è previsto che con  il Provve‐dimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate  recante approvazione dei modelli da utilizzare per la dichiarazione dei redditi sono individuati, per  i contribuenti che applicano  il  regime  forfetario,  specifici obblighi informativi  relativamente all’attività svolta  (comma 73). Nella moduli‐stica relativa all’annualità 2014, approvata in data 30 gennaio 2015, non sono emerse specifiche  indicazioni a questo riguardo, ma si ritiene che le  stesse  saranno  contenute  nel Mod. UNICO  2016,  relativo  al  primo anno di applicazione del regime forfetario.  

Nella  relazione  illustrativa alla  Legge di  stabilità 2015  viene ad essere precisato  che pur  essendo  esclusi dall’accertamento  a mezzo  studi di settore o parametri, i contribuenti che si avvalgono del regime forfeta‐rio restano soggetti al c.d. redditometro. 

Ai sensi del comma 69 rimane fermo l’obbligo:  

di conservare i documenti ricevuti ed emessi come previsto dall’art. 22 del D.P.R. n. 600/1973;  

di presentare la dichiarazione dei redditi entro i consueti termini e con  le ben note modalità di cui al D.P.R. n. 322/1998, ossia, per  i soggetti interessati, in via telematica.  

Attesa la completa esenzione ai fini IRAP, viene meno anche l’obbligo di presentare la relativa dichiarazione. Analoghe considerazioni valgono, si è già segnalato, per la dichiarazione IVA, per cui v’è da dire che in caso di adozione del nuovo regime la c.d. dichiarazione unificata va concre‐

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Cap. 3 ‐ Le semplificazioni 

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tamente riposta nel cassetto. Rimane da presentare,  infatti, solo  la di‐chiarazione dei redditi.  

Tra le semplificazioni fiscali è previsto, peraltro, che i contribuenti forfe‐tari non sono sostituti d’imposta e che quindi non sono tenuti ad ope‐rare  le ritenute alla  fonte di cui al titolo  III del D.P.R. n. 600/1973, ma sono comunque tenuti ad indicare nella dichiarazione dei redditi il codi‐ce  fiscale dei percettori dei  redditi  che ordinariamente  sarebbero as‐soggettati a ritenuta alla fonte e l’ammontare dei redditi stessi (comma 69). 

Inoltre, i soggetti che applicano il regime forfetario non subiscono rite‐nute sui compensi percepiti. 

3.6 Accertamento, sanzioni, riscossione, contenzioso Per quanto riguarda accertamento, riscossione, sanzioni e contenzioso, l’art. 1, comma 74, della Legge n. 190/2014, statuisce che si applicano, in quanto compatibili, le ordinarie disposizioni in materia di imposte di‐rette, IVA e IRAP.  

Con  riferimento  all’ipotesi  di  infedele  indicazione  dei  requisiti  e  delle condizioni per accedere al  regime,  che determinano  la  cessazione del regime medesimo,  il comma 74 ha previsto, però, un trattamento san‐zionatorio aggravato. In tali casi, infatti, se il maggior reddito accertato supera  del  10%  quello  dichiarato,  le misure  delle  sanzioni minime  e massime  applicabili  sono  aumentate  del  10%.  Più  precisamente,  la norma di  riferimento  stabilisce  che  in  caso di  infedele  indicazione, da parte dei contribuenti, dei dati attestanti i requisiti e le condizioni di cui ai commi 54  (requisiti di accesso, ricavi, spese, beni strumentali e cosi via) e 57 (cause di esclusione) che determinano la cessazione del regime forfetario nonché  le condizioni di cui al comma 65  (disposizioni tese a favorire le start up con l’abbattimento reddituale di 1/3), le misure delle sanzioni minime  e massime  stabilite  dal D.Lgs.  18  dicembre  1997,  n. 471, sono aumentate del 10% se  il maggiore reddito accertato supera del 10% quello dichiarato.  

3.7 Decadenza  Il  comma  71,  articolo  unico,  della  Legge  di  stabilità  per  l’anno  2015, prevede  che  il  regime  forfetario  cessa di  avere  applicazione  a partire dall’anno successivo a quello  in cui viene meno taluna delle condizioni 

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Cap. 3 ‐ Le semplificazioni 

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di cui al comma 54  (requisiti di accesso) ovvero si verifica taluna delle fattispecie indicate al comma 57 (cause di esclusione). 

Questa regola si applica anche nell’ambito del regime dei “minimi” di‐sciplinato dalla Legge finanziaria per il 2008: il regime cessa di avere ef‐ficacia dall’anno successivo a quello in cui vengono a mancare le condi‐zioni di cui al comma 96 (requisiti di accesso, ad esempio in merito ai ri‐cavi),  ovvero  si  realizza  una  delle  fattispecie  indicate  nel  comma  99 (cause di esclusione). Tuttavia, nell’ambito del regime dei minimi è pre‐vista una specifica  ipotesi di decadenza che si materializza per  il primo anno di attività, per il quale il contribuente dichiara di presumere di ri‐spettare il volume dei ricavi previsto dalla legge. Se, nell’ambito del re‐gime  dei  “minimi”,  il  contribuente  supera  di  oltre  il  50%  il  limite  di 30.000 euro previsto per  i ricavi (ragguagliati ad anno), gli effetti della decadenza  valgono  sin  dall’origine, ossia  sin dal periodo d’imposta di accesso  al  regime dei  “minimi”. Nel  regime  forfetario,  invece,  rimane ferma l’adesione al suddetto regime anche in caso di dichiarazione di ri‐cavi superiori di oltre il 50% rispetto alla soglia prevista con riferimento a ciascuna specifica attività esercitata. 

3.8 Decadenza a seguito di accertamento Il regime forfetario cessa poi di avere applicazione dall’anno successivo a  quello  in  cui,  a  seguito  di  accertamento  divenuto  definitivo,  viene meno  taluna delle condizioni di cui al comma 54  (requisiti di accesso) ovvero si verifica taluna delle fattispecie indicate al comma 57 (cause di esclusione).  Si  tratta  di  una  disposizione  che  è  prevista  anche nell’ambito  del  regime  dei  “minimi”,  nel  comma  111  della  Legge  n. 244/2007 (Legge finanziaria per il 2008); anche in questo secondo caso è previsto che il regime cessa di avere applicazione dall’anno successivo a  quello  in  cui,  a  seguito  di  accertamento  divenuto  definitivo,  viene meno una delle  condizioni di  cui al  comma 96, ovvero  il  realizzarsi di una delle ipotesi elencate nel comma 99. Si tratta quindi di due disposi‐zioni analoghe nei contenuti, ma una specificità del regime dei “minimi” emerge in caso di superamento del limite dei ricavi o compensi oltre la soglia del 50%, circostanza che implica l’applicazione del regime ordina‐rio per i successivi tre anni; ciò significa che il contribuente è tenuto ad applicare  le regole del regime ordinario per  il periodo d’imposta  in cui avviene il superamento e per i tre anni successivi.  

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Cap. 3 ‐ Le semplificazioni 

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In dottrina è stato evidenziato che  le disposizioni che entrano  in gioco in caso di accertamento potrebbero risultare di complessa traduzione in pratica.  In realtà questa complessità emerge solo se  le stesse vengono ad essere intese in senso letterale, poiché l’accertamento viene posto in essere a qualche anno di distanza dall’anno per il quale si pone in esse‐re  il controllo, senza  trascurare che gli esiti dell’accertamento potreb‐bero considerarsi definitivi solo dopo un ulteriore lasso di tempo conna‐turato all’instaurazione di contenziosi con il Fisco. Ben potrebbe quindi verificarsi  il  caso  in  cui  gli  esiti  dell’accertamento  da  cui  emerge l’insussistenza  dei  requisiti  di  legge  per  il  periodo  d’imposta  2015  di‐vengono definitivi solo nel corso dell’anno 2021, ad esempio, ossia circa 6 anni dopo  rispetto all’anno  in questione, ma  intanto  il contribuente potrebbe  aver  continuato  ad  applicare  il  regime,  con  tutte  le  conse‐guenze del caso. Ma la norma intende riferirsi all’anno per il quale ven‐gono meno  i  requisiti  di  accesso  al  regime  agevolato  (nell’esempio  il 2015) e non a quello (di molto successivo) in cui l’accertamento diviene definitivo (nell’esempio il 2021), e si occupa, essenzialmente, dell’anno precedente poiché è questo l’anno in cui vengono ad essere fotografati i ricavi (per il 2015 la possibilità di applicare il regime forfetario dipende dal rispetto dei range previsti in materia di ricavi nell’anno 2014, e dun‐que l’accertamento da cui emerge l’incongruenza per il 2015 prende le mosse,  in  realtà,  dai  maggiori  ricavi  non  dichiarati  nel  periodo d’imposta 2014). 

La disposizione prevede,  letteralmente, che “Il  regime  forfetario cessa di avere applicazione dall’anno  successivo a quello  in cui, a  seguito di accertamento divenuto definitivo, viene meno taluna delle condizioni di cui  al  comma  54  ovvero  si  verifica  taluna  delle  fattispecie  indicate  al comma 57”. Si tratta quindi di un chiaro riferimento all’anno successivo a quello  in cui, a seguito di accertamento definitivo, viene meno  il re‐quisito  di  accesso  oppure  insorge  una  causa di  esclusione,  e  sembra, pertanto,  che  siamo  in  presenza  di  una  precisazione  quasi  superflua, poiché è chiaro che se un contribuente sottostima  i ricavi per un dato anno (rientrando perciò nel regime forfetario per l’anno successivo) ed è  oggetto  di  accertamento  per  l’annualità  presa  a  riferimento  per l’accesso al regime, gli esiti dello stesso accertamento, come ad esem‐pio  l’incremento dei ricavi,  incidono  in modo naturale sull’efficacia del regime agevolato per tutti gli anni  in cui  il contribuente ha applicato  il regime senza presentare  i relativi presupposti applicativi, e questo se‐

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Cap. 3 ‐ Le semplificazioni 

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condo le stesse regole di diritto positivo previste in sede dichiarativa, in cui  gli  effetti  del  regime  agevolato maturano  dall’anno  successivo  a quello  in cui  il contribuente matura ricavi  in  linea con quelli previsti ex lege.  

In altri termini, in casi come quello in esame l’Amministrazione finanzia‐ria  andrà  a  considerare,  a  ritroso  nel  tempo,  la  posizione  del  contri‐buente come se  il  regime  in parola non  fosse applicato, andando a  li‐quidare  la differenza tra  l’IRPEF teoricamente dovuta e  l’imposta sosti‐tutiva liquidata ab origine contra legem. Si tratta però di effetti che ma‐turano  in qualsivoglia  situazione  in cui,  in  sede di accertamento,  si  ri‐scontra il venire meno degli effetti di un’opzione per la mancanza degli stessi  presupposti  di  legge  (si  pensi  ai  casi  di  disconoscimento dell’efficacia del consolidato ed alle precisazioni rese con la circolare n. 3/E del 21 febbraio 2014 dell’Agenzia delle Entrate). 

La stessa dottrina citata è pervenuta, in definitiva, ad ipotizzare che po‐tremmo essere  in presenza di una sanzione accessoria, tesa ad  inibire, anche in futuro, l’accesso al regime agevolato, anche in quei casi in cui sono rispettati  i requisiti di accesso e non emergano cause di esclusio‐ne.  In  realtà quest’ultima  interpretazione presenta  il difetto, per dare un  senso  ad  una  norma  probabilmente mal  scritta  (poiché  in  realtà l’intento sembra essere quello di centrare gli effetti dell’accertamento sul periodo oggetto di controllo), di andare oltre lo stesso dato letterale delle norma di  riferimento, che non prevede questi specifici  riflessi  fi‐scali per  il contribuente,  che  in  teoria deve  conservare,  in un  sistema razionale  e  non  illogicamente  afflittivo,  la  possibilità  di  accedere all’istituto  di  favore  anche  nei  periodi  d’imposta  successivi,  anche  in una logica di competitività economica ed aziendale rispetto alla restan‐te platea dei contribuenti cui invece è consentito avvalersi delle suddet‐te semplificazioni. 

In definitiva, gli esiti dell’accertamento  si  fanno  sentire dall’anno  suc‐cessivo a quello per il quale si è riscontrato il deficit in termini di ricavi rispetto ai  range previsti per  legge, a prescindere dal  fatto che  il con‐trollo viene realizzato successivamente, rimanendo fermo che negli an‐ni successivi  in presenza delle stesse condizioni  il contribuente potreb‐be rientrare nello stesso regime forfetario poiché realizza i presupposti applicativi del regime di favore. 

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Cap. 3 ‐ Le semplificazioni 

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Un caso pratico 

Tizio effettua attività di commercio ambulante e, avendo dichiarato ri‐cavi per un  importo pari a 20.000 euro  (limite pari a 30.000 euro) ha applicato  il regime forfetario dall’anno 2015 (Mod. UNICO 2016) e così di seguito fino all’anno 2018. Nel corso del 2018 l’Agenzia delle Entrate riscontra in sede di accertamento che il contribuente non ha dichiarato, nell’anno 2014, ricavi per un ammontare pari a 16.000 euro, e quindi, oltre ad applicare il rilievo relativo all’anno 2014 con correlate sanzioni, riscontra che per l’anno 2015 non sono emersi i presupposti applicativi del regime  forfetario.  Il contribuente risulta quindi tenuto a versare  le maggiori imposte sui redditi connesse all’applicazione dell’IRPEF ordina‐ria,  a  versare  l’IVA,  l’IRAP,  a  versare  le  imposte  connesse all’applicazione degli studi di settore, ed a versare le addizionali. Va va‐lutato, peraltro, se al riguardo emergono  i presupposti per un accerta‐mento extracontabile, dato che  il contribuente non ha tenuto  i registri contabili. Ad ogni buon conto, il controllo va effettuato di anno in anno, perché  il contribuente, ove realizzasse, dal 2016 al 2018,  i presupposti applicativi del regime forfetario in ciascuna annualità precedente (ricavi inferiori alla soglia, oltre agli altri requisiti) sarebbe autorizzato comun‐que ad applicare  il suddetto regime, e siccome si è concretamente già regolato  in tal senso, dovrebbe conservare a tutti gli effetti  le agevola‐zioni,  senza  cioè  andare  incontro  all’applicazione  di  ulteriori  sanzioni (più il versamento dei correlati tributi). 

 

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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Capitolo 4 Determinazione del reddito 

4.1 Premessa Tra gli aspetti  innovativi del regime di  favore  introdotto dalla Legge di stabilità 2015 per piccole imprese e professionisti un certo rilievo è as‐sunto  dalle modalità  forfetarie  di  determinazione  del  reddito,  basate sull’applicazione di una percentuale sui ricavi o sui compensi variabile in funzione della tipologia di attività esercitata. 

Si tratta di una novità che di per sé traccia una netta linea di demarca‐zione rispetto al regime dei c.d. “minimi” previsto dal D.L. n. 98/2011, che è basato, comunque, sulla determinazione analitica del reddito, in‐tendendo per tale il risultato della somma algebrica tra componenti po‐sitivi e negativi di reddito. 

Il criterio di determinazione del reddito si pone, pertanto, quale fattore che potenzialmente potrebbe incidere sulla scelta, per l’annualità 2015, tra  l’applicazione  del  regime  forfetario  e  quello  di  vantaggio  previsto dall’art. 27 del D.L. n. 98/2011, ma il fattore determinante a questi fini è costituito dallo scarto di dieci punti percentuali che emerge in relazione all’aliquota dell’imposta sostitutiva: per  i “minimi” sul reddito va appli‐cata  l’aliquota  del  5%  mentre  per  il  regime  forfetario  trova  spazio l’applicazione di una aliquota pari al 15%. 

Una certa rilevanza ai fini di una corretta valutazione di convenienza è assunta anche dall’incidenza dei costi di gestione  rispetto alle percen‐tuali di redditività previste,  in relazione a ciascuna attività, dalla Legge di  stabilità per  l’anno 2015. Prendendo ad esempio  in  considerazione un’attività con una percentuale di redditività pari al 40%, con ricavi pari a 100 e costi pari a 10, l’analisi porterebbe a questo tipo di risultato: 

per il regime dei “minimi” si avrebbe un reddito pari a 90 e quindi imposte versate pari a 4,5 (5% di 90);  

per  il regime  forfetario si avrebbe un reddito pari a 40 e  imposte versate pari a 6 (15% di 40). 

Si comprende quindi come il nuovo regime forfetario non si mostri mol‐to allettante (come confermato dall’indagine di Confartigianato diffusa ad inizio marzo del 2015). 

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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Il  regime dei “minimi” sembra sempre vantaggioso sul piano delle  im‐poste  sui  redditi, anche  se vanno considerati anche altri  fattori, come ad  esempio  le  agevolazioni  contributive.  In  particolare  il  regime  dei “minimi”  risulta  ulteriormente  conveniente  per  un  contribuente  che presenta  alti  costi,  fino  a presentare una perdita d’impresa,  la quale, nell’ambito  di  tale  regime,  è  anche  riportabile  in  avanti  e  spendibile nelle annualità successive, cosa che non si verifica nel regime forfetario. 

Nella relazione illustrativa alla Legge di stabilità per il 2015 si evidenzia che il passaggio ai criteri forfetari di determinazione del reddito rispon‐de all’esigenza di accentuare le semplificazioni destinate ai contribuen‐ti,  in aderenza a quanto previsto nei criteri direttivi della Legge delega per la riforma del sistema fiscale. 

Avremo modo di verificare che a questi fini non rilevano le spese soste‐nute nell’ambito dell’attività professionale o imprenditoriale, così come le quote di ammortamento e  le rimanenze.  Il sistema  forfetario  tende ad assorbire anche  la  redditività espressa  in caso di cessione dei beni strumentali, che, tra le altre cose, se alienati in costanza di applicazione del regime non danno luogo a plusvalenze tassate, anche nell’ipotesi in cui l’acquisto sia anteriore all’adozione del regime. 

4.2 Determinazione forfetaria del reddito In base a quanto previsto dall’art. 1, comma 64, della Legge 23 dicem‐bre 2014, n. 190 (Legge di stabilità 2015) in caso di adozione del regime fiscale agevolato per imprese e professionisti il reddito imponibile è de‐terminato applicando all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti il  coefficiente di  redditività nella misura  indicata nell’allegato n. 4 an‐nesso  alla  stessa  Legge,  diversificato  a  seconda  del  codice Ateco  che contraddistingue l’attività esercitata. 

Dette percentuali variano dal 40%, ad esempio per le industrie alimen‐tari e delle bevande (10 ‐ 11) all’86% previsto per costruzioni e attività immobiliari (41 ‐ 42 ‐ 43) ‐ (68). 

Si veda la Tabella 1, che segue: 

 

 

 

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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Tabella 1 ‐ Coefficienti di redditività distinti per tipologia di attività 

Settore e codice attività ATECO 2007 Coefficiente redditività 

Industrie alimentari e delle bevande (10 ‐ 11)   40% 

Commercio  all’ingrosso  e  al  dettaglio  45  ‐  (da  46.2  a 46.9) ‐ (da 47.1 a 47.7) ‐ 47.9  

40% 

Commercio  ambulante  e  di  prodotti  alimentari  e  be‐vande 47.81 

40% 

Commercio ambulante di altri prodotti 47.82 ‐ 47.89  54% 

Costruzioni e attività immobiliari (41 ‐ 42 ‐ 43) ‐ (68)   86% 

Intermediari del commercio 46.1  62% 

Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (55 ‐ 56)  40% 

Attività professionali,  scientifiche,  tecniche,  sanitarie, di istruzione, servizi finanziari ed assicurativi (64 ‐ 65 ‐ 66) ‐ (69 ‐ 70 ‐ 71 ‐ 72 ‐ 73 ‐ 74 ‐ 75) ‐ (85) ‐ (86 ‐ 87 ‐ 88) 

78% 

Altre attività economiche (01 ‐ 02 ‐ 03) ‐ (05 ‐ 06 ‐ 07 ‐08 ‐ 09) ‐ (12 ‐ 13 ‐ 14 ‐ 15 ‐ 16 ‐ 17 ‐ 18 ‐ 19 ‐ 20 ‐ 21 ‐ 22 ‐ 23  ‐ 24 ‐ 25 ‐ 26 ‐ 27 ‐ 28  ‐ 29 ‐ 30 ‐ 31 ‐32 ‐ 33)  ‐ (35) ‐ (36 ‐ 37 ‐ 38 ‐ 39) ‐ (49 ‐ 50 ‐ 51 ‐ 52 ‐ 53) ‐ (58 ‐ 59 ‐ 60 ‐ 61 ‐ 62 ‐ 63) ‐ (77 ‐ 78 ‐ 79 ‐ 80 ‐ 81 ‐ 82) ‐ (84) ‐ (90 ‐ 91 ‐ 92 ‐ 93) ‐ (94 ‐ 95 ‐ 96) ‐ (97 ‐ 98) ‐ (99) 

67% 

 

Ad esempio 

Per un’impresa che svolge attività di ristorazione e che nell’anno 2015 ha incassato ricavi per un importo pari a 30.000 euro (ricordiamo che in questo caso il limite di ricavi è pari a 40.000 euro) il reddito determina‐to in via forfetaria sarà pari a 12.000 euro (40% di 30.000 euro) e quin‐di,  ipotizzando  per  semplicità  che  non  sussistano  né  contributi  previ‐denziali  né  perdite  pregresse  prodotte  ante  opzione  (si  veda  oltre) l’imposta  sostitutiva  da  versare  all’Erario  sarebbe  di  importo  pari  a 1.800 euro (15% di 12.000 euro). 

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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Per quanto concerne l’imputazione temporale dei componenti di reddi‐to  il  riferimento  di  legge  ai  ricavi  o  compensi  percepiti  implica l’adozione del criterio di cassa, in linea con quanto è già previsto per il regime dei “minimi”. In entrambi i casi, pertanto, i componenti di reddi‐to rilevano nel momento  in cui si ha  la concreta manifestazione finan‐ziaria, ad esempio  la percezione del  corrispettivo  concernente  la pre‐stazione resa. Ovviamente, nell’ambito del regime forfetario questo cri‐terio  trova spazio solo sul  lato dei  ricavi o dei compensi, poiché viene meno completamente  l’esigenza di seguire  la struttura e  l’imputazione temporale dei costi, salvo ben determinate eccezioni. 

Per  le  imprese  l’accantonamento del criterio di competenza ha deter‐minato  l’esigenza  di  introdurre  specifiche  disposizioni  atte  ad  evitare duplicazioni o  salti di  imposizione nella  fase del passaggio dal  regime ordinario a quello agevolato, nonché nell’ipotesi opposta (si veda oltre). Sappiamo invece che per i professionisti non si determinano problema‐tiche del genere, visto  che normalmente, ossia anche  senza applicare alcun regime di  favore, si applica  il criterio di cassa. Allo stesso modo, anche i soggetti che sino al periodo d’imposta 2014 hanno fruito del re‐gime dei  “minimi” e  che passano al  regime  forfetario ad esempio dal 2015, non vanno  incontro a questo genere di problematica poiché già applicano il criterio di cassa nella determinazione del reddito. 

L’adozione di un criterio di determinazione del reddito parametrato ai ricavi od ai compensi implica:  

l’accantonamento dei normali meccanismi di deduzione delle spese inerenti  l’attività  esercitata,  di  qualsiasi  tipo,  anche  ad  esempio  le eventuali  spese  sostenute per  interessi passivi  o per  i  fattori della produzione; si tratta di componenti di reddito che  idealmente sono assorbiti e sostituiti in toto dall’abbattimento che viene predetermi‐nato su base presuntiva; non assume rilevanza nemmeno  l’IVA non detratta  dal  contribuente  a  seguito  del meccanismo  di  esenzione, IVA che normalmente costituisce un costo per l’impresa;  

che non rilevano gli ammortamenti sui beni strumentali; non rileva, cioè, né  la  spesa  sostenuta per  l’acquisto né  la deduzione normal‐mente accordata a  fronte della maturazione delle quote di ammor‐tamento fiscale;  

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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che non incidono le rimanenze, sia di fine che di inizio anno. Qualche dubbio potrebbe maturare  in relazione alle rimanenze  finali  in caso di passaggio al nuovo regime agevolato; se in questa fase alle rima‐nenze  non  si  attribuisce  alcun  rilievo  da  un  certo  punto  di  vista  il contribuente  perde  la  possibilità  di  dedurre  dei  costi  che  normal‐mente vengono stornati in virtù dell’applicazione del criterio di com‐petenza, costi sostenuti fino al periodo che precede l’accesso al nuo‐vo  regime.  In  realtà, a ben guardare, sui  ricavi  realizzati  in corso di opzione,  concernenti  di  fatto  anche  le  suddette  rimanenze,  viene comunque  applicata  la  percentuale  di  defalcazione  forfetaria,  e quindi, in definitiva, la deduzione a fronte delle rimanenze finali apri‐rebbe il fianco ad una doppia deduzione non ammessa dal sistema.  

Per le imprese l’intera redditività viene dunque ricondotta alla gestione ordinaria, alla gestione caratteristica, a cui  sono da  ricollegarsi, perlo‐più, i ricavi (o i compensi per le attività professionali), unici elementi at‐ti ad  ingenerare  il presupposto della produzione del  reddito. Perdono quindi  rilevanza,  quasi  completamente,  i  componenti  straordinari  di reddito, quali  le sopravvenienze e  le plusvalenze e/o minusvalenze pa‐trimoniali (ma ved. oltre). 

4.3 Deduzione per contributi previdenziali Per effetto di quanto previsto dal cit. comma 64 nell’ambito del regime forfetario  l’unica deduzione  applicabile  sul  reddito determinato  in  via forfetaria è costituita dai contributi previdenziali versati in ottemperan‐za a disposizioni di legge. I predetti contributi sono deducibili allo stesso modo anche nell’ambito del regime dei “minimi”, dove però entrano in gioco anche  le altre spese sostenute dall’imprenditore o dal professio‐nista.  

Sono compresi anche i contributi corrisposti per conto dei collaboratori dell’impresa familiare fiscalmente a carico, ai sensi dell’art. 12 del TUIR, ovvero, se non fiscalmente a carico, qualora il titolare non abbia eserci‐tato  il diritto di rivalsa sui collaboratori stessi. Si è già evidenziato che anche le imprese familiari possono accedere al regime agevolato (sia a quello forfetario che al regime dei “minimi”).  

I contributi previdenziali possono però al più azzerare  il reddito da as‐soggettare all’imposizione sostitutiva del 15%, così che  l’eventuale ec‐cedenza  risulta deducibile dal  reddito complessivo ai  sensi dell’art. 10 

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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del TUIR (disposizione che consente  la deduzione dal reddito comples‐sivo se  l’onere non risulta deducibile nell’ambito della determinazione analitica del reddito, in questo caso reddito d’impresa o professionale), a  riduzione,  cioè, di altri  redditi  che non  vanno  soggetti a  sostitutiva, come ad esempio  i  redditi di  lavoro dipendente. Si  tratta dello  stesso meccanismo già applicato  il regime dei “minimi”,  introdotto ab origine con  la Legge finanziaria per  il 2008 (cfr. circolare Agenzia delle Entrate n. 7/E del 2008). 

 

Attenzione: altri fattori nella scelta del regime forfetario 

L’aspetto sarà approfondito nel capitolo V, ma è bene sottolineare sin d’ora che in relazione ai contributi previdenziali versati dai soggetti che aderiscono  al  regime  agevolato  è  possibile  anche  optare  per l’applicazione di un  regime  agevolato  sul piano  contributivo,  che  so‐stanzialmente mette in stand by le soglie di contribuzione fissa previste per artigiani e commercianti, i quali potranno applicare esclusivamente la contribuzione connaturata al calcolo variabile sul reddito determina‐to a  forfait. Da questo calcolo, peraltro,  in caso di  reddito abbastanza contenuto, potrebbe emergere una  sensibile  riduzione  contributiva, a fronte  della  quale,  però,  il  contribuente  deve mettere  in  conto  due aspetti: 

1.  la riduzione della deduzione accordata nell’ambito della determina‐zione del reddito sul quale applicare l’imposizione sostitutiva;  

2.  il  fatto  che  i minori  contributi versati non  concorrono ai  fini previ‐denziali, come specificato anche dall’INPS con  la circolare n. 29 del 10 febbraio 2015 (si rinvia, nello specifico, al capitolo V). 

4.4 Nuove attività e riduzione reddituale per le start up Con  l’art.  1,  comma  65,  della  Legge  n.  190/2014,  viene  previsto  uno specifico regime di favore all’interno del nuovo regime forfetario, desti‐nato alle nuove attività per il periodo d’imposta in cui l’attività è inizia‐ta e per i due successivi; ciò attraverso una riduzione del reddito impo‐nibile  in misura di un terzo.  Il reddito da prendere  in considerazione è quindi pari ai 2/3 di quello determinato  in via  forfetaria, applicando  i coefficienti presuntivi di reddito ai ricavi od ai compensi (comma 64).  

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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Questa agevolazione spetta alle nuove attività (nei successivi paragrafi saranno analizzati i requisiti previsti per stabilire quali siano le nuove at‐tività), criterio per il quale si è inteso per molti versi fare riferimento al requisito di accesso previsto dall’art. 27 del D.L. n. 98/2011 per  la se‐conda versione del regime dei “minimi”, con qualche distinguo, ad ogni buon conto.  

Il  requisito  della  nuova  attività  assume  nuovamente  centralità  anche nell’ambito del regime dei “minimi”, dato che in base alle previsioni del‐la Legge n. 11 del 27 febbraio di conversione del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192 (c.d. Milleproroghe) il regime di vantaggio previsto dai primi due commi dell’art. 27 del D.L. n. 98/2011 risulta applicabile anche  in rela‐zione  al  periodo  d’imposta  2015.  Dal  combinato  disposto  delle  due normative, pertanto, emerge che il regime dei “minimi” risulta applica‐bile anche alle nuove attività targate 2015. 

In  base  a  quanto  previsto  dall’art.  1,  comma  87,  della  Legge  n. 190/2014,  è  prevista  una  estensione  anche  a  soggetti  che,  avendo  a mente  l’anno 2015 quale primo anno di operatività del nuovo  regime forfetario, hanno iniziato l’attività da meno di tre anni, anche se in tale caso la riduzione trova spazio solo per il periodo che residua al comple‐tamento del triennio, ed a condizione che gli stessi soggetti applicasse‐ro già un regime agevolato.  

È  infatti concesso di applicare  la  riduzione  reddituale  in parola ai sog‐getti che nel periodo d’imposta  in corso al 31 dicembre 2014 si avval‐gono del  regime  fiscale agevolato delle nuove  iniziative produttive di cui all’art. 13 della Legge 23 dicembre 2000, n. 388, o del regime fiscale di vantaggio dei nuovi “minimi”, di cui all’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, laddove in possesso dei requisiti previsti dalla legge. In questi casi il regime di cui al comma 65 (riduzione ai 2/3 del reddito determinato a forfait) potrà essere applicato per i soli periodi d’imposta che residuano al completamento del triennio agevolato. 

Questa specifica agevolazione è riservata, pertanto, ai soggetti che ap‐plicavano  il  regime  delle  nuove  iniziative  produttive  od  il  regime  dei “minimi” e che decidono di avvalersi dal 2015 del regime forfetario, ov‐viamente in presenza dei requisiti previsti per applicare tale regime. Va sottolineato, però, che per i “minimi” è consentito continuare ad appli‐care tale ultimo regime anche per  il periodo d’imposta 2015 e comun‐que  fino  a  completamento  del  quinquennio  o  del  compimento  del 

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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35esimo  anno  di  età.  L’estensione  operata  in  sede  di  conversione  in legge del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192  (Decreto Milleproroghe) non sembra incidere sui contenuti di quanto previsto dall’art. 1, comma 87, della  Legge di  stabilità, poiché  la  stessa  si  rivolge  a  chi  al  1°  gennaio 2015 aveva già iniziato l’attività ed applicava o il regime delle nuove ini‐ziative produttive o il regime dei “minimi”. 

Ad esempio 

Potrebbe trattarsi di un’impresa che era stata costituita nell’anno 2014 e che aveva deciso di applicare il regime delle nuove iniziative produtti‐ve basato sull’applicazione di una sostitutiva pari al 10%. In questo caso il contribuente a partire dall’anno 2015 non potrà più applicare  il regi‐me disciplinato dalla Legge n. 388/2000 e quindi, se realizza i requisiti di accesso al regime forfetario, ha dinanzi a sé un bivio: 

1.  applica  il  regime  ordinario  (per  far  ciò  è  tenuta  ad  esercitare l’opzione);  

2.  applica il regime agevolato forfetario; in questo caso dato che il con‐tribuente ha iniziato l’attività solo dal 2014 potrà applicare la riduzione del reddito di 1/3 per due anni, ossia il 2015 ed il 2016. 

Vale la pena di sottolineare che anche in base alla recentissima novella approvata con la Legge n. 11 del 17 febbraio 2015 a questo contribuen‐te non è  lasciata  la possibilità di accedere al regime dei “minimi”, poi‐ché non siamo in presenza di una nuova attività dell’anno 2015.  

Attenzione 

Siccome ai contribuenti che nel periodo d’imposta 2014 applicavano  il regime  dei  “minimi”  è  concessa  anche  la  possibilità  di  continuare  ad applicare tale regime (art. 1, comma 88, della Legge n. 190/2014), è be‐ne sottolineare che la riduzione pari ad 1/3 del reddito non trova spazio nel caso in cui il contribuente non scelga di applicare il regime forfetario introdotto dalla Legge di  stabilità per  l’anno 2015 ma decida di conti‐nuare ad applicare il regime dei c.d. “minimi”. Anche questo fattore co‐stituisce, pertanto, un  importante elemento di valutazione ai  fini della scelta di applicare,  in questo caso,  il regime forfetario, anche se, va ri‐cordato,  la riduzione reddituale  in parola può essere applicata al mas‐simo per uno (attività  iniziata nel 2013) o due anni (attività  iniziata nel 2014). 

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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Nel caso delle start up  il reddito determinato a forfait viene ad essere ridotto di un  terzo, derivandone che  l’imposta sostitutiva va applicata su una base imponibile pari ai 2/3 del reddito determinato in via forfe‐taria. L’agevolazione spetta, oltre che alle imprese, anche ai professio‐nisti.  

È da ritenersi che il predetto abbattimento reddituale di 1/3 debba es‐sere applicato sul forfait al netto della deduzione per contributi previ‐denziali, poiché  il  comma 65,  articolo unico, della  Legge n. 190/2014 rinvia pedissequamente al reddito determinato ai sensi del comma 64, che contempla anche la predetta deduzione.  

Ad esempio 

Si consideri  la posizione di un’impresa  start up che nell’anno 2016,  in regime forfetario, produce un reddito pari a 2.000 euro e presenta con‐tributi previdenziali pari a 200 euro. Si prospettano due diverse soluzio‐ni: 

1.  si  potrebbe  applicare  prima  la  deduzione  da  contributi  (reddito  = 2.000‐200), pervenendo ad un reddito pari a 1.200 (ossia i 2/3 di 1.800); questa soluzione ci sembra quella che meglio risponde al dato letterale della norma di riferimento; 

2.  si potrebbe applicare prima  la riduzione ai 2/3 del reddito (= 2/3 di 2.000 = 1.333) e  solo  in un  secondo momento applicare  la deduzione (reddito = 1.333 ‐ 200), pervenendo ad un importo di 1.133 euro. 

Come è agevole constatare, si tratta di due risultati non sovrapponibili, ragione per cui sul punto probabilmente saranno rese delle  indicazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria. 

Il contribuente viene considerato meritevole di applicare il regime di fa‐vore previsto per le nuove attività se:  

a) non ha esercitato, nei tre anni precedenti  l’inizio dell’attività di cui al comma 54, attività artistica, professionale ovvero d’impresa, an‐che in forma associata o familiare;  

b) l’attività da esercitare non costituisce, in nessun modo, mera prose‐cuzione di altra attività precedentemente svolta sotto  forma di  la‐voro dipendente o autonomo, escluso  il caso  in cui  l’attività prece‐dentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;  

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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c) viene proseguita un’attività d’impresa svolta in precedenza da altro soggetto, ma  l’ammontare dei  relativi  ricavi,  realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del predetto benefi‐cio non è superiore ai  limiti di cui al comma 54  (limiti di ricavi che variano in base all’attività esercitata, si rinvia al capitolo secondo). 

Nella relazione illustrativa al provvedimento viene ad essere evidenzia‐to che rispetto a tali condizioni valgono,  in quanto compatibili,  i chiari‐menti dell’Agenzia delle Entrate già forniti in merito al regime fiscale di vantaggio dei “minimi”, di cui all’art. 27 del D.L. n. 98/2011, che sostan‐zialmente, salvo determinate eccezioni, era riservato proprio alle nuove attività e prevedeva requisiti speculari a quelli adesso previsti dalla Leg‐ge di  stabilità per  l’anno 2015. Al  riguardo, peraltro, nella circolare n. 17/E del 2012 veniva precisato che i suddetti requisiti previsti dal D.L. n. 98/2011  a  loro  volta erano  identici  a quelli previsti per  l’applicazione del regime delle nuove  iniziative  imprenditoriali e di  lavoro autonomo, di cui all’art. 13 della Legge n. 388/2000, e che restano validi in proposi‐to i chiarimenti forniti con i precedenti documenti di prassi, salvo quan‐to precisato nella stessa circolare n. 17/E. Di seguito saranno esaminati nel dettaglio i tre requisiti di legge. 

4.4.1 Esercizio di attività nei tre anni precedenti Rispetto a quanto previsto dalla lett. a) dell’art. 27 del D.L. n. 98/2011, speculare a quanto previsto dalla lett. a), comma 65, della Legge di sta‐bilità per il 2015, l’Agenzia delle Entrate ha precisato, con la circolare n. 17/E  del  2012,  che  la  disposizione  secondo  cui  possono  avvalersi  del nuovo regime solo i soggetti che nel triennio precedente quello di inizio della nuova attività non abbiano svolto attività di lavoro autonomo o di impresa  in generale, anche se  in qualità di socio di società di persone ovvero di collaboratore di  impresa  familiare di cui all’art. 5, comma 4, del TUIR, va intesa nel seguente modo: con riguardo al limite temporale dei “tre anni precedenti”, tenuto conto della lettera della norma, occor‐re fare riferimento non al periodo di imposta ma alla data a partire dal‐la quale  si vuole accedere al nuovo  regime, verificando che eventuali precedenti  attività  siano  cessate  anteriormente  all’inizio  del  triennio (calcolato secondo il calendario comune) che precede l’inizio della nuo‐va attività. 

 

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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Ad esempio 

Nel caso di un  soggetto che aveva cessato  la precedente attività  il 31 maggio del 2009, l’Amministrazione finanziaria ebbe modo di precisare che quest’ultimo poteva senz’altro intraprendere una nuova attività uti‐lizzando il regime dei “minimi”, ad esempio nel mese di luglio del 2012, senza dover attendere che fossero trascorsi (dal 31 maggio 2009) alme‐no tre periodi d’imposta completi (ossia non era necessario attendere il 1° gennaio 2013).  

Si deve quindi ritenere che analoghe conclusioni valgano, ad esempio, per  un  contribuente  che  abbia  cessato  la  propria  attività  a  febbraio dell’anno 2012 e che  intenda avviare  la nuova attività  imprenditoriale ad aprile dell’anno 2015 applicando il regime forfetario. In questo caso, infatti, il triennio di legge, avendo a mente il calendario, risulta esaurito a tutti gli effetti a febbraio dell’anno 2015, e non bisogna attendere che siano trascorsi i tre periodi d’imposta inclusi nel triennio “2013‐2015”.  

Sempre con la cit. circolare n. 17/E del 2012 fu poi chiarito che:  

poiché  il presupposto per  l’esclusione è  lo svolgimento effettivo di un’attività, nell’ipotesi di un socio accomandante che decida, suc‐cessivamente, di intraprendere un’attività, andrà riscontrato se nei tre anni precedenti lo stesso abbia svolto o meno un’attività di ge‐stione all’interno della società, ovvero si sia  limitato a conferire  il solo capitale;  

nel caso di partecipazione a società inattiva, il predetto limite non opera poiché manca un’attività di gestione da parte dei soci;  

non  è  escluso  l’associato  in partecipazione di  solo  lavoro,  atteso che  il suo reddito non è qualificabile come reddito derivante dallo svolgimento di una attività artistica o professionale come definita dall’art. 53, comma 1, del TUIR. Secondo quanto precisato dalle En‐trate  la  disciplina  doveva  essere  coordinata  con  quella  prevista dall’art. 1, comma 99,  lett. d), della Legge n. 244/2007, ossia con l’esclusione prevista  in caso di partecipazione a società di persone o associazioni di cui all’art. 5 del TUIR, ovvero a s.r.l. trasparenti ex art. 116 del TUIR. Tale esclusione attiene, fu precisato, alle attività svolte nel periodo agevolato e non in riferimento a quanto avvenu‐to nel triennio precedente;  

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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non è esclusa l’impresa familiare nel caso in cui l’attività svolta co‐stituisca  il proseguimento dell’attività esercitata dal  collaboratore dell’impresa familiare. 

4.4.2 Prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto for‐ma di lavoro dipendente o autonomo Per quanto  riguarda  il  requisito previsto dalla  lett. b),  comma 65,  se‐condo cui  l’attività  intrapresa non deve costituire  in alcun modo mera prosecuzione  dell’attività  già  svolta  precedentemente  sotto  forma  di lavoro  dipendente  o  di  lavoro  autonomo,  nella  circolare  n.  17/E  del 2012  l’Agenzia delle Entrate ebbe modo di richiamare  i contenuti della circolare n. 8/E del 2001 (regime delle nuove iniziative imprenditoriali e di  lavoro  autonomo),  ed  in  particolare  il  chiarimento  secondo  cui l’indagine diretta ad accertare la novità dell’impresa va effettuata caso per caso con riguardo al contesto generale in cui la nuova attività viene esercitata.  

La preclusione presenta infatti finalità antielusive ed è volta ad evitare che si continui, di  fatto, ad esercitare una precedente attività, modifi‐candone unicamente la veste giuridica in impresa o lavoro autonomo, al solo  fine di godere delle agevolazioni  tributarie previste dal nuovo  re‐gime.  

Si ha una mera prosecuzione della stessa attività  in precedenza eserci‐tata quando quella  intrapresa presenta  il carattere della novità unica‐mente sotto l’aspetto formale ma viene svolta in sostanziale continuità, ad esempio nello stesso luogo, nei confronti degli stessi clienti ed utiliz‐zando gli stessi beni dell’attività precedente.  

Ad esempio 

Con  la  cit.  circolare n. 17/E del 2012 delle  Entrate  venne evidenziato che realizza una ipotesi di sostanziale continuità quella di un lavoratore dipendente con qualifica di  falegname che  intenda  iniziare  l’attività di imprenditore rivolgendosi allo stesso mercato di riferimento (ad esem‐pio nel caso  in cui  l’ex datore di  lavoro o  i clienti dello stesso siano di fatto la parte prevalente dei suoi clienti). 

L’esistenza del requisito in esame va sempre verificata in presenza di at‐tività di  lavoro dipendente  svolte  in base ad un  contratto di  lavoro a tempo indeterminato mentre non precludono l’applicazione del regime forme di  lavoro precario come ad esempio  i contratti di collaborazione 

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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coordinata e continuativa o quelli di lavoro a tempo determinato che si caratterizzano per la loro marginalità economica e sociale.  

Per esigenze di certezza e di semplificazione si è ritenuto, con la mede‐sima prassi, che tale condizione di marginalità sussista tutte le volte che l’attività di lavoro dipendente a tempo determinato o l’attività di colla‐borazione coordinata e continuativa sia stata svolta per un periodo di tempo  non  superiore  alla  metà  del  triennio  antecedente  l’inizio dell’attività,  prendendo  così  quale  parametro  di  riferimento  lo  stesso periodo di osservazione previsto dalla previsione  contenuta nella  lett. a), attualmente contemplata dal cit. comma 65. 

Perciò, se  il rapporto di  lavoro dipendente a tempo  indeterminato o  il rapporto di lavoro a tempo determinato o di collaborazione coordinata e continuativa si è protratto oltre tale lasso temporale, va verificato che la nuova attività non sia svolta  in sostanziale continuità con  la prece‐dente.  

In ogni  caso,  l’Amministrazione  finanziaria ha  ritenuto di escludere  la prosecutio nel caso  in cui  le due attività da porre a confronto vengano svolte in ambiti che richiedono competenze non omogenee. 

Ad esempio  

Si è escluso l’animus elusivo nel caso di un medico neurologo lavoratore dipendente che intenda avviare una attività di musicista.  

Non  è,  invece,  consentito  l’accesso  al  regime  se  si  intende  avviare l’attività  nello  stesso  ambito  professionale  e  rivolgendosi  allo  stesso mercato di riferimento.  

Ad esempio 

Potrebbe essere il caso di un medico lavoratore dipendente specializza‐to  in ortopedia che voglia avviare una attività di medico  libero profes‐sionista anche in altra branca della medicina che, però, abbia come ba‐cino di utenza quello  in precedenza  coperto dalla attività  svolta  sotto forma di lavoro dipendente e considerando come clienti anche i pazien‐ti  che  in precedenza  curava nell’ambito della  attività di  lavoro dipen‐dente. 

In  realtà, con  specifico  riferimento al  regime dei “minimi” disciplinato dall’art. 27 del D.L. n. 98/2011 è  intervenuto anche  il Provv. 22 dicem‐

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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bre 2011, che ha dato attuazione ai primi due commi di tale disposizio‐ne, prevedendo che la condizione in esame non opera laddove il contri‐buente dia prova di aver perso il lavoro o di essere in mobilità per cause indipendenti dalla propria  volontà.  È  da  ritenersi,  in  particolare,  che questa esimente possa trovare spazio anche per la riduzione reddituale prevista nell’ambito del regime forfetario introdotto dalla Legge di sta‐bilità per l’anno 2015. 

Come segnalato dall’Amministrazione finanziaria con la circolare n. 17/E del 2012,  in casi come questi,  infatti, è evidente che non viene  lesa  la finalità antielusiva della norma. L’applicazione rigida del suddetto limite renderebbe difficilmente fruibile  il regime stesso da parte di  lavoratori in mobilità  o  che  hanno  perso  il  lavoro  per  cause  indipendenti  dalla propria  volontà,  che utilizzano  la professionalità  acquisita per  avviare un’attività di  impresa, arte o professione, disattendendo, quindi,  la ra‐tio che ha ispirato le novità introdotte dall’art. 27 del D.L. n. 98/2011 (e, si  aggiunge,  la  stessa  ratio  cui  sono  informate  le disposizioni previste dal citato comma 65). 

Ne dovrebbe conseguire, pertanto, che anche per accedere alle agevo‐lazioni supplementari previste per  le start up nell’ambito regime forfe‐tario un  ingegnere  idraulico  lavoratore dipendente  che  abbia perso  il lavoro o sia stato collocato in mobilità per cause indipendenti dalla pro‐pria volontà si candida ad avvalersi dell’incremento del bonus redditua‐le (riduzione del reddito ai 2/3), anche se esercita l’attività di ingegnere idraulico sotto forma di lavoro autonomo. 

Allo  stesso modo,  non  dovrebbero  ricorrere  finalità  elusive  e  quindi ostacoli al bonus per start up nelle ipotesi:  

in cui un  lavoratore dipendente, dopo essere andato  in pensione, svolga la stessa attività in forma di lavoro autonomo;  

in cui il contribuente abbia svolto, nell’anno precedente, prestazio‐ni occasionali, perché  le stesse, costituendo redditi diversi ai sensi dell’art. 67 del TUIR, non sono produttive di reddito di lavoro auto‐nomo  o  d’impresa  di  cui,  rispettivamente,  agli  artt.  55  e  53  del TUIR. 

In relazione all’esimente prevista espressamente nel corpo di entrambe le disposizioni esaminate, secondo cui  il  limite  in parola non rileva  lad‐dove  l’attività  in precedenza svolta consista nel periodo di pratica ob‐

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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bligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni, l’Agenzia delle Entra‐te ha avuto modo di chiarire, con  la cit. circolare n. 17/E del 2012, che alla pratica obbligatoria prevista per alcune attività professionali posso‐no essere assimilate tutte le attività il cui svolgimento è previsto obbli‐gatoriamente da specifiche disposizioni normative al fine di poter ope‐rare  in un determinato settore economico‐produttivo, come ad esem‐pio la pratica obbligatoria richiesta in alcuni settori dell’artigianato. 

È stato preso in considerazione anche il caso particolare in cui l’attività di  praticante  avvocato  venga  svolta  non  in  qualità  di  collaboratore coordinato e continuativo ma aprendo una partita IVA. Secondo quan‐to chiarito dall’Agenzia delle Entrate il praticante avvocato può accede‐re al regime (nel caso specifico al surplus del bonus previsto per le start up) già al momento della apertura della partita IVA (e non dopo il supe‐ramento  dell’esame  di  abilitazione),  non  potendo  essere  considerato ininfluente ai fini del computo del triennio il periodo di lavoro autono‐mo svolto da praticante. 

Fu infine chiarito (circolare n. 17/E del 2012): 

che è consentito continuare ad applicare il regime fiscale di vantag‐gio ai soggetti che iniziano una attività di lavoro dipendente anche in  ambiti omogenei  a quelli  che  caratterizzano  l’attività di  lavoro autonomo o di  impresa non essendo ravvisabile  in tal caso alcuno spostamento di  imponibile ad un regime più favorevole per  il con‐tribuente. Venne prospettato il caso di un geometra che svolga at‐tività  libero‐professionale  in regime agevolato assunto come  lavo‐ratore dipendente per il medesimo profilo professionale;  

che resta ugualmente ininfluente la circostanza che un contribuen‐te  che  si  avvale  del  regime  agevolato  abbia  avviato  altre  attività produttive  di  redditi  diversi  da  quelli  di  lavoro  autonomo  di  cui all’art. 53, comma 1, o di impresa di cui all’art. 55 del TUIR.  

4.4.3 Proseguimento di un’attività svolta  in precedenza da altro sog‐getto In relazione al requisito di cui alla citata  lett. c) dell’art. 1, comma 65, della Legge n. 190/2014, che  fissa  il rispetto dei  limiti quantitativi  lad‐dove vi sia proseguimento dell’attività precedentemente esercitata da un terzo, per verificare  la sussistenza dei requisiti di accesso al regime forfetario va accertato che l’ammontare dei ricavi conseguiti dal ceden‐

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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te o dal de cuius non sia superiore ai limiti di ricavi previsti per ciascuna attività economica (ved. Tab. n. 1, capitolo secondo). Identiche conside‐razioni valgono per  i contribuenti “minimi”, dove però  la soglia è  fissa (30.000 euro) e non mobile, come ben noto. 

Come sottolineato dall’Agenzia delle Entrate con la cit. circolare n. 17/E del 2012, l’indagine doveva (e deve oggi) essere effettuata in relazione al periodo di  imposta precedente a quello del riconoscimento del pre‐detto beneficio. 

Ad esempio 

Per  il  regime dei “minimi” se  l’azienda veniva acquistata nel corso del 2012 era necessario fare riferimento ai ricavi conseguiti nel 2011.  

Allo stesso modo, pertanto, per l’applicazione del bonus start up da par‐te  dei  contribuenti  forfetari  se  l’azienda  viene  acquistata  nel  corso dell’anno  2015  occorre  fare  riferimento  ai  ricavi  conseguiti  nell’anno 2014.  

Ne consegue che,  in caso di prosecuzione dell’attività,  il cessionario o l’erede  possono  applicare  il  regime  fiscale  di  vantaggio  solo  se  in quell’anno  il cedente o  il de cuius avevano conseguito ricavi  in misura inferiore o pari al limite imposto dalla norma in esame. 

Con  lo  stesso documento di prassi  l’Amministrazione  finanziaria ebbe modo  di  precisare  che  se  l’acquisto  dell’impresa  avveniva  nel  corso dell’anno oggetto di tassazione, oltre al rispetto del requisito  in esame centrato sull’annualità precedente, era necessario anche che, nel corso dell’anno di acquisto, non venisse superato l’ulteriore limite di ricavi di 30.000  euro  fissato  dall’art.  1,  comma  96,  lett.  a)  della  Legge  n. 244/2007. A  tale  fine,  i  ricavi  riferibili al dante  causa e quelli  riferibili all’avente causa, relativi all’anno di cessione dell’attività, dovevano es‐sere considerati cumulativamente per  la verifica del superamento del richiamato limite, con la postilla che qualora al momento dell’acquisto i ricavi del dante causa avessero già superato  il  limite di 30.000 euro  in misura  superiore  al  50%,  l’avente  causa  non  poteva  applicare,  già dall’anno dell’acquisto, il regime fiscale di vantaggio. 

Anche in relazione al regime previsto dalla Legge di stabilità per l’anno 2015 il comma 56 prevede che possono accedere al regime forfetario le persone fisiche, residenti nel territorio dello Stato, esercenti attività di 

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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impresa, arti o professioni, che nell’anno di  inizio della propria attività presumono di realizzare  i requisiti di cui al comma 54 e quindi anche  i requisiti concernenti i ricavi diversificati a seconda dell’attività esercita‐ta (in caso di inizio di attività in corso d’anno, il limite dei ricavi o com‐pensi deve essere ragguagliato all’anno). 

L’ipotesi  in esame è quindi quella  in  cui ad esempio nell’anno 2015  il contribuente acquisti un’azienda di proprietà di altro soggetto persona fisica, azienda che in relazione all’anno 2014 rientra, quanto a ricavi, nei limiti previsti dal citato comma 65.  In questa  ipotesi  i ricavi riferibili al dante causa e quelli riferibili all’avente causa, relativi all’anno di cessio‐ne dell’attività (2015, ad esempio), devono essere considerati cumulati‐vamente per la verifica del superamento del richiamato limite. 

4.5 Scomputo delle perdite pregresse Un altro  fattore da  tenere  in considerazione, anche ai  fini della  scelta tra  l’applicazione del regime  forfetario o quello dei “minimi”, è  il  trat‐tamento delle perdite maturate  in costanza di applicazione del regime agevolato.  Nel  caso  del  regime  forfetario,  in  particolare,  il  problema nemmeno si pone poiché sostanzialmente il contribuente non dovrebbe produrre mai una perdita, mentre nel regime dei “minimi”, dato che  il reddito viene ad essere calcolato in via analitica, viene da sé che il con‐tribuente potrebbe anche presentare una perdita, la quale è scomputa‐bile dal reddito conseguito nell’esercizio d’impresa, arte o professione, nei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero im‐porto  che  trova  capienza  in  essi  (cfr.  art.  1,  comma  108,  Legge  n. 244/2007, secondo cui, peraltro, si applicano, ove ricorrano  le relative condizioni,  le disposizioni dell’ultimo periodo dell’art. 8, comma 3, del TUIR, e vale, pertanto, anche il discorso del riporto senza limiti tempo‐rali nei casi delle nuove attività). 

Con i sistemi di determinazione forfetaria del reddito quasi non avrebbe senso affrontare la questione della presenza di perdite d’impresa o pro‐fessionali, poiché vale  la scelta di fondo per  la quale  il reddito assume giocoforza una dimensione positiva.  

Si potrebbe porre la questione dell’eventuale assorbimento di agevola‐zioni che  incidono sulla base  imponibile a  titolo di deduzione,  le quali non attengono all’erosione del reddito calcolata a forfait e quindi pre‐senterebbero i presupposti per riversarsi concettualmente in una perdi‐

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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ta. Attualmente non si  intravedono norme di questo tipo (come ad es. la c.d. Tremonti‐ter;  l’ultima agevolazione di questo tipo sui beni stru‐mentali si traduce  in un credito d’imposta) ma  l’introduzione di agevo‐lazioni che si basano su decurtazioni della base imponibile è un fatto ri‐corrente nel sistema tributario. Anche la stessa deduzione connessa ad investimenti  in start up spetta ai soli soggetti  IRES, mentre ai soggetti IRPEF spetta una detrazione dall’imposta lorda (IRPEF). 

In un periodo di protratta crisi economica questo effetto si pone però in rotta di collisione con principi del nostro sistema tributario tesi a tutela‐re  la posizione di un soggetto  in difficoltà economica vuoi  in un ottica pluriennale attraverso il riporto in avanti, vuoi assicurando lo scomputo infrareddito delle perdite (soggetti  in contabilità semplificata), ma rap‐presenta l’altra faccia di una medaglia che attribuisce al contribuente la possibilità di applicare l’imposta sostitutiva al 15% con annesso manca‐to concorso del reddito agevolato alla curva delle aliquote applicata sui restanti redditi.  

Per le start up, in particolare, l’abbattimento di 1/3 del reddito potreb‐be non rivelarsi sufficiente ed anzi risultare sostanzialmente evanescen‐te, tenendo conto, peraltro, dell’impossibilità di far valere le quote rela‐tive  al  processo  dell’ammortamento,  ferma  restando  l’attrattiva  delle numerose  semplificazioni  previste  dal  regime  (IRAP,  studi  di  settore, IVA,  semplificazioni  contabili),  semplificazioni  che ad ogni buon  conto valgono anche in caso di scelta per il regime dei “minimi”. 

In  corso  di  adozione  del  regime  agevolato  il  contribuente  può  però scomputare dal reddito determinato forfetariamente, ai sensi di quanto previsto dall’art. 1, comma 68, della Legge n. 190/2014,  le perdite ma‐turate in periodi d’imposta precedenti rispetto a quello in cui applica il regime agevolato. Al riguardo rimangono ferme le regole previste per le persone  fisiche  in contabilità ordinaria  (art. 8 del TUIR), con  riporto a seconda dei casi o  in cinque anni o senza particolari  limiti di tempo, e scomputo “necessario”, per l’intero importo delle perdite. Potrebbe pe‐raltro trattarsi anche delle perdite emerse nel Mod. UNICO 2015‐PF per il periodo d’imposta 2014 o delle stesse perdite memorizzate nel qua‐dro LM per i soggetti che applicano il regime dei “minimi” di cui all’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. n. 98/2011, e che decidono di adottare, dal 2015,  il  nuovo  regime  agevolato,  anche  ad  esempio  per  esaurimento del quinquennio previsto da tale ultima disposizione (questi contribuen‐

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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ti possono comunque applicare  il  regime ordinario, su specifica opzio‐ne). Anche le perdite pregresse, ad ogni buon conto, si prestano ad es‐sere scomputate dal reddito come determinato nel comma 64, e quindi già al netto dei  contributi previdenziali. Questa  specificazione assume un certo rilievo, poiché in assenza di altri redditi mentre le perdite pre‐gresse all’ingresso nel  regime  forfetario  sono  riportabili  in avanti  (per cinque  anni o  senza  limiti di  tempo),  i  contributi previdenziali esauri‐scono la propria portata sulla redditività espressa nel periodo d’imposta oggetto di tassazione. 

Ad esempio 

Il  signor Rossi,  imprenditore,  svolge attività di  commercio al dettaglio ed  applica  il  regime  forfetario  per  l’anno  2016.  I  ricavi  sono  pari  a 16.000 euro e sono stati versati contributi previdenziali per un importo pari a 3.400 euro. Il contribuente dispone, peraltro, di perdite pregresse maturate  in  regime  di  contabilità  ordinaria,  applicato  sino  all’anno 2014, per un importo pari a 4.000 euro. In questo caso emergono i se‐guenti effetti fiscali: 

il  reddito d’impresa  lordo  risulta pari a 6.400 euro, ed è  calcolato applicando il coefficiente di redditività pari al 40% sul volume dei ri‐cavi (16.000 x 40%);  

vanno prima scomputati i contributi previdenziali, ragione per cui il reddito al netto dei contributi (3.400 euro) è pari a 3.000 euro;  

vanno,  inoltre,  scomputate  le perdite pregresse,  ragione per  cui  il reddito da assoggettare ad imposta sostitutiva si azzera; va ricorda‐to che nell’ambito della disciplina IRPEF delle perdite d’impresa non vigono le regole di scomputo parziale delle perdite pregresse previ‐ste  dall’art.  84,  comma  1,  del  TUIR, ma  le  perdite  si  scomputano sempre integralmente, salvo avere una portata, in termini tempora‐li, limitata al quinquennio successivo a quello di formazione, eccetto le ipotesi delle perdite prodotte nei primi tre anni di vita dal sogget‐to IRPEF (riportabili senza limiti di tempo);  

le perdite residue, pari a 1.000 euro (4.000 ‐ 3.000), potranno esse‐re  scomputate  dal  reddito  prodotto  dal  contribuente  nei  periodi d’imposta  successivi  fino al quinto  (anno 2019), ai  sensi di quanto previsto dall’art. 8 del TUIR e dal  comma 68,  articolo unico, della Legge di stabilità 2015. 

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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Avendo  a  mente  anche  quanto  detto  nei  paragrafi  precedenti, emerge che per un soggetto che si avvale anche del beneficio della riduzione  reddituale  di  1/3  è  questa  la  scansione  con  la  quale  si giunge  a  quantificare  la  base  imponibile  sulla  quale  applicare l’imposta sostitutiva: 

1. individuazione e quantificazione dei  ricavi o dei compensi  rilevanti (vale il criterio di cassa);  

2. determinazione del reddito (applicando le percentuali di legge);  3. scomputo dei contributi previdenziali;  4. eventuale defalcazione del reddito di 1/3 (solo per le start up); 5. scomputo delle eventuali perdite pregresse. 

Tavola 1 ‐ Le fasi per il calcolo del reddito e la liquidazione della sosti‐tutiva 

 

 

4.6 Ricavi inclusi nel forfait e redditi da partecipazioni Per  l’individuazione dei ricavi su cui applicare  i coefficienti di determi‐nazione del  reddito si deve  fare  riferimento, per  le  imprese, a quanto previsto dall’art. 85 del TUIR (in virtù del rinvio di cui all’art. 56 del TUIR. Si veda anche quanto previsto dall’art. 57 in materia di ricavi. Per i pro‐fessionisti  si veda  l’art. 54 del TUIR,  che peraltro annovera  tra  i  com‐

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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pensi anche quelli conseguiti sotto forma di partecipazione agli utili), e quindi, a titolo esemplificativo, anche ai contributi  in conto esercizio o alle indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicu‐rativa,  per  la  perdita  od  il  danneggiamento  di  beni  quali  ad  esempio quelli  alla  cui  produzione  o  al  cui  scambio  è  diretta  l’attività dell’impresa. 

Senza elencare le numerose ipotesi ivi contemplate, che nella massima parte  dei  casi  non  riguardano  la  posizione  dei  contribuenti  di  piccola dimensione interessati dal regime in esame, merita sottolineare quanto previsto dalla  lett. c), comma 1, del cit. art. 85, secondo cui  rientrano tra i ricavi anche i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di parte‐cipazioni, anche non rappresentate da titoli, al capitale di società ed en‐ti di  cui all’art. 73,  che non  costituiscono  immobilizzazioni  finanziarie, diverse da quelle cui si applica la participation exemption, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (è poi previsto che se  le partecipazioni sono nelle società o enti di cui all’art. 73, comma 1, lett. d, del TUIR ossia ai soggetti non residenti, si applica il comma 2 dell’art. 44 del TUIR). 

Normalmente a tal fine siamo  in presenza di  immobilizzazioni finanzia‐rie se  le partecipazioni sono  iscritte come tali  in bilancio. Appare natu‐rale che ai fini  in esame se del caso rilevino, comunque, a prescindere dalla  semplificazioni  contabili adottate,  le  classificazioni ed  indicazioni rese dai principi contabili nazionali. 

Pertanto, nei casi  in cui  le partecipazioni siano suscettibili di produrre ricavi esse rilevano, ai fini in esame, nel momento dell’alienazione e per l’intero  importo  pari  al  relativo  corrispettivo,  importo  sul  quale  sarà applicata  la percentuale di determinazione forfetaria del reddito previ‐sta  ex  lege. Diversa questione  attiene  alle partecipazioni  in  società di capitali (non in regime di trasparenza) che non presentano i presupposti per essere classificate  tra  i  ricavi.  In questo caso siamo  in presenza di beni che normalmente producono reddito sotto forma di utili, sebbene pro quota in virtù delle disposizioni tese ad evitare la doppia imposizio‐ne, ma che nel caso specifico non concorrono al forfait, in quanto i sud‐detti utili percepiti in regime di impresa non rientrano nella sfera dei ri‐cavi,  così  come  le  relative  cessioni  in  corso di adozione del  regime di queste partecipazioni non rientrano nella sfera delle cessioni che gene‐rano ricavi. 

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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Al di  là del  trattamento delle plusvalenze,  che  richiede un esame più ampio  (ved.  oltre),  se  la  partecipazione  è  essenzialmente  detenuta nell’impresa ma come vero e proprio investimento produttivo di “frutti” normalmente riconducibili ai proventi finanziari (OIC, documento inter‐pretativo n. 1 del Principio contabile n. 12), qualche perplessità matura per il fatto che a fronte della redditività di questi beni, di per sé non col‐legati direttamente all’attività aziendale (e quindi ai ricavi), non emerga una corrispondente tassazione per  il contribuente che aderisce al regi‐me agevolato.  

4.7 Componenti rinviati da esercizi precedenti Nell’art. 1, comma 66, della Legge n. 190/2014 è previsto che i compo‐nenti positivi e negativi di reddito riferiti ad anni precedenti a quello da cui ha effetto il regime forfetario, la cui tassazione o deduzione è stata rinviata  in conformità alle disposizioni del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917,  che dispongono o  consentono  il  rinvio, partecipano per  le quote residue alla formazione del reddito dell’esercizio precedente a quello di efficacia del predetto regime, e che analoghe disposizioni si applicano ai fini della determinazione del valore della produzione netta. 

Come evidenziato nella relazione illustrativa al provvedimento di legge, potrebbe trattarsi delle plusvalenze realizzate e la cui tassazione risulta differita ai sensi dell’art. 86, comma 4, del TUIR, o delle spese di pubbli‐cità  la cui deducibilità risulta  frazionata  in più esercizi ai sensi dell’art. 108, comma 1, del TUIR, ma  la casistica è ampia. Per  i soggetti che ac‐cedono al regime agevolato sin dal periodo d’imposta 2015 questi com‐ponenti di reddito trovano spazio nel Mod. UNICO 2015, a seconda dei casi nel quadro RF o nel quadro RG.  

In particolare, se si prende a riferimento  il quadro RF del Mod. UNICO 2015‐PF  (approvato con Provv. del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 30 gennaio 2015 e disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate), emer‐gono i seguenti riflessi dichiarativi: 

nel  rigo RF31,  tra  le altre variazioni  in aumento diverse da quelle sopra elencate, occorre  indicare,  inserendo codice 9, per  i contri‐buenti  che  nel  periodo  d’imposta  successivo  intendono  avvalersi del regime forfetario di cui all’art. 1, commi da 54 a 75, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190,  la somma algebrica delle quote residue dei componenti positivi e negativi di reddito relativi ad esercizi pre‐

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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cedenti a quello da cui ha effetto il nuovo regime, ove sia di segno positivo, la cui tassazione o deduzione è stata rinviata in conformità alle disposizioni del TUIR;  

nel rigo RF55, invece, tra le altre variazioni in diminuzione (codice 10), va indicato l’ammontare della somma algebrica delle quote re‐sidue dei componenti positivi e negativi di reddito relativi ad eser‐cizi precedenti a quello da cui ha effetto il nuovo regime, ove sia di segno  negativo,  la  cui  tassazione  o  deduzione  è  stata  rinviata  in conformità alle disposizioni del D.P.R. n. 917/1986. 

Una rilevante distinzione rispetto a quanto disposto per i “minimi” è co‐stituita dal fatto che in caso di adozione del regime forfetario la somma algebrica dei componenti positivi e negativi di reddito rileva per intero, mentre  l’art. 1, comma 106, della Legge n. 244/2007 (Legge finanziaria per  il  2008)  prevede  il  concorso  alla  formazione  del  reddito dell’annualità precedente a quella di accesso per l’importo della somma algebrica delle predette quote eccedente l’ammontare di 5.000 euro (in caso di ammontare non eccedente  la  soglia di 5.000 euro  le quote  si consideravano azzerate e non partecipavano alla formazione del reddi‐to  del  suddetto  esercizio, mentre  in  caso  di  importo  negativo  della somma  algebrica,  lo  stesso  concorreva  integralmente  alla  formazione del predetto reddito). 

Dall’analisi della modulistica concernente  il periodo d’imposta 2014  si evince che la disposizione recata dal citato art. 1, comma 66, della Leg‐ge n. 190/2014 esplica effetti anche nella dichiarazione IRAP per i sog‐getti che a partire dal corrente anno applicano il regime forfetario, sog‐getti  che  conseguentemente  saranno  esenti  da  IRAP  per  le  annualità successive e non presenteranno  la corrispondente dichiarazione. Va ri‐cordato  che  in  relazione  al  regime  dei  “minimi”  con  la  risoluzione  n. 132/E del 27 maggio 2009,  l’Agenzia delle Entrate ebbe modo di preci‐sare che sebbene la norma prevista dall’art. 1, comma 106, della Legge n. 244/2007  facesse esclusivo riferimento alla “formazione del reddito dell’esercizio precedente”, la stessa esplicava efficacia anche ai fini del‐la determinazione della base imponibile IRAP. Analoghe conclusioni val‐gono, alla luce della modulistica approvata nel corso del corrente anno, in relazione alla normativa prevista dall’art. 1, comma 66, della Legge n. 190/2014, che ripropone, sostanzialmente i medesimi contenuti, anche se in realtà nella norma più recente si è materializzato anche un espres‐

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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so riferimento all’applicazione delle relative disposizioni ai fini della de‐terminazione del valore della produzione netta. L’Agenzia delle Entrate, nel  sostenere  che  avrebbero  trovato  applicazione  anche  ai  fini  IRAP  i chiarimenti forniti nella circolare del 21 dicembre 2007 n. 73/E (parag. 4.2)  ebbe modo  di  evidenziare,  tra  le  altre  cose,  come  non  fosse  di ostacolo a tale soluzione la circostanza in base alla quale in costanza di regime i contribuenti sono esentati dall’IRAP, poiché si tratta di compo‐nenti di reddito il cui presupposto di tassazione si è realizzato in periodi d’imposta antecedenti l’ingresso nel regime medesimo.  

Nella sezione I del quadro IQ della dichiarazione IRAP sono state inseri‐te due nuove colonne (ved. Tavola 2), nelle quali vanno  indicati  i com‐ponenti rinviati da esercizi precedenti a quello da cui ha effetto il nuovo regime:  

in colonna 1 del rigo RQ4, l’ammontare dei componenti positivi re‐lativi ad esercizi precedenti, la cui tassazione è stata rinviata in con‐formità alle disposizioni del TUIR;  

in colonna 1 del  rigo RG10,  l’ammontare dei componenti negativi relativi ad esercizi precedenti,  la  cui  tassazione è  stata  rinviata  in conformità alle disposizioni del TUIR. 

Tavola 2 ‐ Ritaglio della sezione I quadro IQ, Dichiarazione IRAP 2015 

 

4.8 Irrilevanza di componenti già tassati o dedotti L’art. 1, comma 72, della cit. Legge n. 190/2014 prende in considerazio‐ne le problematiche che maturano allorquando il contribuente, in virtù del passaggio ad un nuovo regime, adotta un diverso criterio di imputa‐zione delle  componenti  reddituali ed  il  fine è quello di evitare  salti o duplicazioni di imposizione.  

In  massima  parte  le  ipotesi  previste  riguardano  il  contribuente  che esercita attività  imprenditoriale, poiché nel caso del professionista va‐

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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leva anche prima  (o dopo  la  fuoriuscita dal regime)  il criterio di cassa, ed analoghe conclusioni valgono per  il caso  in cui  l’imprenditore appli‐cava il regime dei “minimi” previsto dal D.L. n. 98/2011. La norma pren‐de quindi in considerazione i seguenti casi: 

ingresso,  ad  esempio  dall’anno  2015,  nel  regime  forfetario,  con passaggio dal criterio della competenza (regime ordinario) a quello che segue  l’evoluzione  finanziaria  (regime  forfetario); viene previ‐sto  che  se  i  ricavi  sono  già  stati  tassati,  ad  esempio  nel  corso dell’anno  2014  in  applicazione  del  criterio  di  competenza,  questi stessi non concorreranno all’applicazione delle percentuali di red‐dito previste nell’ambito del regime forfetario allorquando, nel cor‐so dell’anno 2015, gli stessi ricavi saranno concretamente incassati;  

caso del passaggio da un periodo d’imposta soggetto al regime for‐fetario a un periodo d’imposta soggetto a regime ordinario: i ricavi e  i compensi che,  in base alle  regole del  regime  forfetario, hanno già concorso a formare il reddito non assumono rilevanza nella de‐terminazione del reddito degli anni successivi ancorché di compe‐tenza di tali periodi; viceversa i ricavi e i compensi che, ancorché di competenza del periodo in cui il reddito è stato determinato in ba‐se alle regole del regime forfetario, non hanno concorso a formare il reddito imponibile del periodo, assumono rilevanza nei periodi di imposta  successivi  nel  corso  dei  quali  si  verificano  i  presupposti previsti dal regime forfetario. 

È  previsto,  infine,  che  in  caso  di  passaggio  da  un  periodo  di  imposta soggetto al regime forfetario a un periodo di imposta soggetto a un di‐verso regime, le spese sostenute nel periodo di applicazione del regime forfetario non assumono rilevanza nella determinazione del reddito de‐gli anni successivi (si evita così la doppia deduzione).  

Analoghi criteri  sono previsti, essenzialmente, nell’ambito dell’accesso al  regime  dei  “minimi”  o  della  fuoriuscita  dallo  stesso  regime, ma  in realtà merita  segnalare  che per  l’anno 2015 gli unici  contribuenti  che accedono a tale regime non erano operativi in precedenza, ragione per cui occorrerà verificare, semmai,  i riflessi che maturano  in caso di fuo‐riuscita  dal  regime  dei  “minimi”,  e  quindi  in  caso  di  passaggio dall’adozione del criterio di cassa a quello di competenza previsto per le imprese,  avendo  a mente  sempre  la  regola  che  in  nessun  caso  sono 

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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ammessi  salti o duplicazioni di  imposizione. Nel passaggio dal  regime dei “minimi” a quello  forfetario, peraltro,  rimane  fermo, comunque,  il criterio di  imputazione temporale per cassa,  il che non  favorisce  il de‐terminarsi delle ipotesi previste dal Legislatore. 

4.9 Cessione di beni “plusvalenti” Il sistema semplificato previsto dalla Legge di stabilità 2015, basato su determinazioni  forfetarie  del  reddito,  prende  in  considerazione  solo  i componenti  ordinari,  riconducibili  ai  ricavi,  e  la  normativa  in  esame sembra  trascurare  a  piè  pari  il  tema  dell’eventuale  imposizione  dei componenti  di  reddito  relativi  alla  cessione  di  beni  tendenzialmente plusvalenti (o minusvalenti), beni, cioè, dalla cui cessione non derivano ricavi,  come  i beni  strumentali utilizzati nell’ambito dell’attività di  im‐presa  o  comunque  i  beni  relativi  all’impresa  previsti  dall’art.  86  del TUIR. 

Tendenzialmente dalla cessione di questi beni non derivano componen‐ti di reddito attratti a tassazione nel regime forfetario. Le uniche dispo‐sizioni si rinvengono nell’ambito delle misure recate dall’art. 1, comma 72, della Legge n. 190/2014, al fine di evitare salti o duplicazioni di im‐posizione  nel  passaggio  dal  regime  ordinario  a  quello  agevolato  o nell’ipotesi opposta, e riguardano i soli beni strumentali. In particolare, l’ipotesi contemplata attiene al caso della cessione, dopo  la fuoriuscita dal regime forfetario, di beni strumentali acquisiti in esercizi precedenti a quello da cui decorre il regime forfetario. 

In questo caso si assume come costo non ammortizzato quello risultan‐te alla fine dell’esercizio precedente a quello dal quale decorre  il regi‐me. È poi previsto che se la cessione (avvenuta sempre dopo la fuoriu‐scita dal regime) concerne beni strumentali acquisiti nel corso del regi‐me  forfetario,  si  assume  come  costo  non  ammortizzabile  il prezzo di acquisto.  

 

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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Attenzione 

Ne consegue che per  i beni acquistati  in corso di applicazione del regi‐me agevolato e poi alienati sempre  in costanza dello stesso  regime, e non suscettibili di ingenerare ricavi a seguito della cessione, non matura alcuna  imposizione  supplementare,  poiché  il  corrispettivo  di  vendita non rileva in alcun modo ai fini della determinazione del reddito.  

Considerazioni a parte merita il caso in cui l’alienazione avviene in corso di adozione del regime ma concerne beni acquisiti  in epoca anteriore all’accesso nello stesso regime. Anche questa ipotesi non risulta espres‐samente  contemplata,  ragione  per  cui  si  dovrebbe  concludere  che  il predetto componente di reddito non assuma alcun rilievo ai fini imposi‐tivi, dato  che  la plusvalenza non  incide  sul  reddito determinato  in via forfetaria. 

Si riscontra, peraltro, che nell’ambito della determinazione del reddito delle società in regime di Tonnage tax (regime di determinazione forfe‐taria  del  reddito  che  collega  l’imposizione  al  tonnellaggio  delle  navi) l’art.  158,  comma  1,  del  TUIR,  prevede  espressamente l’assoggettamento ad  imposizione dei componenti di reddito rivenienti dall’alienazione  in  corso  di  opzione  della  nave  acquistata  prima dell’opzione. 

A commento di questa disposizione  l’Agenzia delle Entrate ebbe modo di osservare,  con  la  risoluzione n.  465/E del  3 dicembre  2008,  che  la stessa, nella parte in cui esclude la tassazione delle plusvalenze e minu‐svalenze da cessione delle navi, risponde alla ratio di includere nella de‐terminazione forfetaria del reddito attribuibile alle navi tutte le compo‐nenti  analitiche  del  reddito  medesimo,  con  la  conseguenza  che quest’ultime ‐  in quanto assorbite nel forfait ‐ non rilevano autonoma‐mente  né  ai  fini  della deducibilità  del  costo  di  acquisto né  ai  fini  del trattamento delle plusvalenze e delle minusvalenze da realizzo. 

Venne però precisato che il senso delle anzidette disposizioni è destina‐to a venire meno nell’eventualità in cui il contribuente abbia fatto con‐correre alla formazione del reddito  le componenti analitiche, come av‐viene appunto per le navi già di proprietà dell’armatore in periodi ante‐cedenti l’applicazione della Tonnage tax (in tali casi, pertanto, anche le componenti reddituali da realizzo  ‐ plusvalenze e minusvalenze  ‐ sono 

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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comprese nel reddito in aggiunta a quello forfetario derivante dalla ge‐stione della nave). 

Nel complesso, in caso di cessione dei beni strumentali la normativa in‐trodotta dalla Legge di stabilità 2015 fa trasparire una impostazione per la quale vi è tassazione solo se l’alienazione avviene dopo la fuoriuscita dal  regime  agevolato. Non  scatta  alcuna  forma  di  tassazione  supple‐mentare  se  la  cessione  riguarda un bene  acquistato e poi  alienato  in corso  di  applicazione  del  regime  agevolato,  ed  analoghe  conclusioni valgono per  i beni strumentali acquisiti prima e ceduti  in corso di ado‐zione del  regime, anche  se  in questo caso matura qualche perplessità sul piano della razionalità complessiva di questa impostazione, e si sono evidenziate, ad esempio,  le conclusioni valse per  il caso della Tonnage tax, in cui, in realtà, il rapporto tra il forfait ed il bene produttivo di red‐dito è molto accentuato  (l’opzione riguarda proprio  la redditività della nave e quindi del bene tendenzialmente plusvalente).  

Ad ogni buon conto, la normativa di riferimento nulla prevede riguardo a questa specifica questione. Si rinvia, pertanto, alle eventuali determi‐nazioni dei decreti attuativi previsti dall’art. 1, comma 88, della Legge n. 190/2014, od ai chiarimenti dei competenti Organi. 

A dire il vero la più volte richiamata normativa presenta ulteriori incon‐gruenze.  Prima  di  tutto,  essa  si  occupa  dei  soli  beni  strumentali,  la‐sciando a se stessi i beni patrimoniali non produttivi di ricavi in caso di cessione. Se le cessioni di questi beni determinano plusvalenze o minu‐svalenze da aggiungere al forfait questo risvolto fiscale andrebbe preci‐sato nella normativa di  riferimento.  In  secondo  luogo, per  i beni stru‐mentali acquisiti ante regime la normativa appare contraddittoria nella misura in cui tassa per intero le predette plusvalenze nel momento del‐la  fuoriuscita dal  regime agevolato,  senza mandare esente  la parte di plusvalenza formatasi  in costanza di applicazione del regime, “esenzio‐ne” che invece matura a pieno titolo se la cessione è realizzata in corso di opzione.  

Tutto ciò vuol dire che il carico fiscale può variare in misura sensibile a seconda che  la cessione sia effettuata  l’anno prima o quello  immedia‐tamente  successivo,  senza una precisa  logica poiché  in  realtà  si parla anche di valori  cristallizzati  in diversi anni  sotto  forma di plusvalenza. Anche in relazione ai beni acquisiti e ceduti in corso di adozione del re‐gime agevolato, va osservato che,  in definitiva,  l’imposizione sul  livello 

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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dei  ricavi assorbe  solo  in  senso molto “laterale”  le plusvalenze conse‐guite  su  beni  patrimoniali  che  nulla  o  poco  hanno  a  che  vedere  con l’attività tipica, ma di certo viene incontro ad esigenze di semplificazio‐ne. Nel complesso si ha  la sensazione che  in questi schemi possano  in‐sinuarsi beneficiari  i quali vengono alfine “premiati”  in relazione a mo‐vimenti ed attività che poco hanno a che vedere con le embrionali atti‐vità economiche che si intende agevolare. Si consideri, a questo propo‐sito, che  il possesso di beni patrimoniali (non strumentali) non sembra ostacolare  l’accesso al regime agevolato, e che gli stessi  immobili dove viene  esercitata  l’attività  imprenditoriale  o  professionale  vengono esclusi a piè pari dai range di accesso parametrati sull’annualità prece‐dente a quella di applicazione del regime. 

4.10 Liquidazione dell’imposta sostitutiva Nel sistema forfetario introdotto dalla Legge di stabilità per l’anno 2015 una  volta  determinato  il  reddito,  sulla  base  imponibile  va  applicata un’imposta sostitutiva pari al 15%. La nuova imposta sostitutiva, al pari di quanto previsto nell’ambito del regime dei “minimi” (in cui la sostitu‐tiva era pari  al 5%), prende  il posto delle  imposte  sui  redditi  (IRPEF), delle addizionali  regionali e  comunali e dell’IRAP. È necessario, anche per  i soggetti che applicano  il regime forfetario od  il regime dei “mini‐mi”, provvedere al calcolo ed al versamento degli acconti. Per il regime forfetario non è prevista una disposizione che obblighi a rideterminare le imposte da versare in sede di acconto nel primo anno di applicazione del regime. Va ricordato che  in caso di accesso al regime dei “minimi” era  prevista  una  disposizione  per  la  quale  i  contribuenti  calcolavano l’acconto dell’IRPEF da corrispondere nell’anno in cui avviene il passag‐gio dal regime ordinario senza tener conto delle disposizioni che disci‐plinano  il regime dei “minimi”. Ad esempio,  il soggetto che si avvaleva del regime dei contribuenti “minimi” a decorrere dal periodo d’imposta 2008, calcolava gli acconti da versare nel corso dello stesso anno 2008, avendo riguardo all’imposta dovuta evidenziata nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2007. 

Sembra quindi che nel caso di accesso dal 2015 al  regime  forfetario  il contribuente possa regolarsi anche applicando il criterio previsionale.  

Vale  la pena di sottolineare che nella misura  in cui  la base  imponibile concorre all’applicazione dell’imposta  sostitutiva matura anche un  se‐condo effetto positivo, in caso di presenza di altri redditi, poiché il red‐

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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dito complessivo diminuisce e questo  influisce sulle aliquote ordinarie applicate ai  fini  IRPEF,  con un  tendenziale minore aggravio  impositivo anche sui restanti redditi tassati  in via ordinaria. Come si è già eviden‐ziato, in caso di contributi previdenziali eccedenti rispetto al reddito di impresa o professionale soggetto a sostitutiva i predetti contributi, per la parte eccedente, possono essere scomputati dal reddito complessivo ai sensi dell’art. 10 del TUIR. 

Nel caso di imprese familiari, l’imposta sostitutiva, calcolata sul reddito al  lordo delle quote assegnate al coniuge e ai collaboratori  familiari, è dovuta  dall’imprenditore  (cit.  art.  1,  comma  64,  della  Legge  n. 190/2014). Per  i “minimi”, regime  in cui è prevista una disposizione di analogo  tenore, è stato chiarito che poiché  l’imposta è assolta  intera‐mente dall’imprenditore, per evitare una doppia tassazione dello stesso reddito,  i collaboratori familiari sono esonerati dagli obblighi dichiara‐tivi e di versamento riferibili al reddito assoggettato a sostitutiva (circo‐lare Agenzia delle Entrate n. 7/2008). Questo meccanismo si presta ad essere applicato anche per  il  regime  forfetario. Tale esonero  riguarda anche il versamento degli acconti d’imposta IRPEF per la parte riferibile al reddito derivante dalla partecipazione all’impresa familiare. 

Va  sottolineato  che,  conseguentemente,  tra  i  contributi  previdenziali deducibili  in  caso  di  impresa  familiare  possono  essere  scomputati, dall’imprenditore,  anche  quelli  versati  per  conto  dei  collaboratori dell’impresa  familiare  i  quali  risultino  fiscalmente  a  carico  ai  sensi dell’art. 12 del TUIR, ovvero, se non fiscalmente a carico, qualora il col‐laboratore non abbia esercitato il diritto di rivalsa sui collaboratori stes‐si. 

Come è noto, per la sostitutiva prevista nell’ambito del regime dei “mi‐nimi” è  stato approntato uno  specifico quadro  (quadro  LM) del Mod. UNICO PF, III fascicolo. Le concrete modalità applicative delle due sosti‐tutive sono le stesse. Per il versamento sono previsti specifici codici tri‐buto. All’epoca erano stati diversificati anche  i nuovi “minimi” di cui al D.L. n. 98/2011 (codici: 1793‐1794‐1795) rispetto ai “minimi” disciplina‐ti dalla  Legge  finanziaria per  il 2008  (codici: 1798‐1799‐1800).  I  codici tributo per  il regime forfetario non sono ancora stati diffusi. Si veda  la Tavola 3. 

 

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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Tavola 3 ‐ Ritaglio del quadro LM, Mod. UNICO 2015‐PF (contribuenti minimi) 

 

La prima parte del quadro LM è riservata all’indicazione dei componenti positivi e negativi di reddito, e ciò deriva dal fatto che per la determina‐zione del reddito nell’ambito del regime dei “minimi” si applicano le re‐gole  previste  per  il  regime  della  contabilità  semplificata  (art.  66  del TUIR) o quelle previste per  la determinazione del reddito di  lavoro au‐tonomo  (art.  54 del  TUIR).  È  ragionevole prevedere  che  a partire dai prossimi dichiarativi  (UNICO 2016) anche per  il  regime  forfetario  sarà predisposto un prospetto ad hoc, oppure anche solo una specifica se‐zione dello stesso quadro LM, utile per determinare in modo forfetario il reddito da assoggettare alla sostitutiva pari al 15%. 

Come è agevole constatare dalla sostitutiva si scomputano, se spettanti, una serie di crediti di imposta, come il credito di imposta previsto per il riacquisto della prima casa od il credito per i redditi prodotti all’estero. In relazione ai “minimi” fu precisato (circolare Agenzia delle Entrate n. 7/E del 2008) che dall’imposta sostitutiva possono essere detratti even‐tuali  crediti d’imposta  (ad esempio per  l’esercizio dell’attività di  tassi‐sta) con  le ordinarie modalità, e che può essere utilizzato, se previsto dalla norma che disciplina lo specifico credito d’imposta, anche l’istituto della compensazione ex art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997. 

Ovviamente, nella misura  in  cui non  vi  sia  completa  capienza per  tali crediti e il contribuente presenti un’IRPEF a debito l’eccedenza può co‐munque essere scomputata nel quadro RN. È  importante sottolineare che il contribuente potrebbe presentare anche una eccedenza risultan‐te dalla precedente dichiarazione, eccedenza che si genera per  il ver‐samento di acconti maggiori all’imposta dovuta a saldo, e che può esse‐re  recuperata  in  sede di  liquidazione dell’imposta dovuta  in  relazione all’annualità successiva. 

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Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito 

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Ovviamente si tratta di regole applicative che si prestano ad essere tra‐sfuse anche per  la sostitutiva pari al 15% prevista nell’ambito del regi‐me forfetario. 

Per entrambi i regimi, peraltro, dall’imposta sostitutiva non sono scom‐putabili le comuni detrazioni, ad esempio accordate per il sostenimento di  spese  sanitarie o per  il  sostenimento di  spese di  ristrutturazione o per  spese  di  riqualificazione  energetica,  e  questo  rappresenta  forse l’aspetto  più  rilevante  da  prendere  in  considerazione  rispetto all’alternativa  connessa  all’applicazione  del  regime  ordinario  (avendo sempre a mente anche le altre semplificazioni ed agevolazioni in mate‐ria di IVA, studi di settore, IRAP). Ovviamente, in caso di presenza di al‐tri  redditi  diversi  da  quelli  soggetti  a  sostitutiva  il  contribuente  potrà scomputare le detrazioni spettanti fino a concorrenza dell’IRPEF a debi‐to. Nel caso particolare di un contribuente che sostenga spese di ristrut‐turazione, ad esempio, in cui l’utilizzo delle detrazioni è spalmato in un arco  temporale decennale  (o quinquennale), è da  ritenersi che  in cia‐scun anno di competenza della quota vada effettuata la verifica rispetto all’esistenza di un’IRPEF  a debito,  e  che  in particolare  il  contribuente possa applicare la deduzione delle quote residue negli anni in cui even‐tualmente fuoriesca dal regime forfetario di favore. 

Anche nell’ambito del regime forfetario è previsto, infine, che ai fini del riconoscimento delle detrazioni per carichi di famiglia ai sensi dell’art. 12, comma 2, del TUIR, rileva anche  il reddito determinato ai sensi del comma 64, ossia il reddito imponibile della sostitutiva. Questo vuol dire che in presenza di redditi soggetti ad IRPEF ordinaria e di redditi sogget‐ti a sostitutiva ai fini del calcolo delle suddette detrazioni rileva la som‐ma dei due redditi, con effetto sull’importo della detrazione (che tende a ridursi). 

Il  reddito  attratto  a  sostitutiva  non  rileva,  invece,  ai  fini dell’applicazione dell’art. 13 del TUIR, ossia ai fini della quantificazione delle altre detrazioni previste in caso di redditi di lavoro dipendente ed assimilati. 

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Cap. 5 ‐ Agevolazioni contributive 

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Capitolo 5 Agevolazioni contributive 

5.1 Carattere facoltativo dell’agevolazione contributiva 

Tra i vari fattori di attrattiva del regime forfetario vanno annoverate al‐cune agevolazioni contributive, che, seppure non eclatanti, possono  in qualche modo incidere sull’appetibilità complessiva dell’istituto, essen‐do noto che per le piccole imprese ed in particolare le nuove imprese il peso contributivo costituisce talvolta un vero e proprio fattore discrimi‐nante sia rispetto all’apertura della partita IVA sia rispetto al prosegui‐mento delle stesse attività d’impresa. Siamo in presenza, in sostanza, di una  delle  principali  voci  di  spesa  connessa  all’attività  imprenditoriale esercitata. 

Con  il comma 76, articolo unico, della Legge n. 190/2014, si riconosce, ai  soli  titolari  di  reddito  d’impresa  che  rispettano  i  requisiti  di  cui  al comma 54, la possibilità applicare un regime contributivo agevolato, di‐sciplinato dai commi da 77 a 84. Al di là dell’incerta formulazione della norma  l’assunto è che per applicare  il regime contributivo agevolato  il contribuente deve prima scegliere di applicare  il  regime  forfetario sul fronte fiscale, ma questa scelta è libera, nel senso che non risulta in al‐cun modo obbligatorio, per un’impresa che applica il regime fiscale ba‐sato sul forfait, avvalersi anche delle agevolazioni contributive (ved. an‐che circolare INPS n. 29 del 10 febbraio 2015). 

In pratica, viene  lasciata  la  facoltà  (e quindi non v’è alcun obbligo) di usufruire di un sistema di maggior favore anche in ambito previdenzia‐le, scegliendo di adottare una modalità di determinazione del contribu‐to dovuto a percentuale sul  reddito dichiarato. Come specificato nella relazione  illustrativa,  la  previsione  opzionale  del  regime  contributivo agevolato nasce dall’esigenza di tutelare  il contribuente.  Infatti,  in ap‐plicazione del regime di cui alla Legge n. 335/1995, la contribuzione ac‐creditata sarà proporzionale al versamento effettuato. Sostanzialmen‐te, si può versare di meno rispetto agli standard ma se la quota calcola‐ta applicando i coefficienti variabili è di importo minore a quella fissa si determina  una  potenziale  riduzione  dell’anzianità  contributiva  ai  fini pensionistici. 

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Cap. 5 ‐ Agevolazioni contributive 

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5.2 Struttura dell’agevolazione contributiva Dato  il riferimento ai soli soggetti che esercitano attività di  impresa,  il nuovo regime può essere applicato da parte dei contribuenti obbligati al versamento previdenziale presso  le gestioni speciali artigiani e com‐mercianti. Rimangono fuori dal perimetro applicativo di questa agevo‐lazione  i professionisti,  i quali, come è noto, presentano una gestione contributiva organizzata con  specifiche casse di previdenza che  fanno capo ai diversi ordini ed organizzazioni professionali  (in  ipotesi specifi‐che  è  comunque  previsto  il  pagamento  alla  gestione  separata dell’INPS). 

Viene previsto  che,  ferma  restando  la modalità di determinazione del reddito  imponibile sul quale calcolare  la contribuzione dovuta (ai sensi dell’art. 3‐bis del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, convertito con modifi‐cazioni in Legge 14 novembre 1992, n. 438), può essere applicato un si‐stema di calcolo contributivo nel quale non trova rilievo  il  livello mini‐mo  imponibile previsto ai  fini del versamento dei contributi previden‐ziali dall’art. 1, comma 3, della Legge 2 agosto 1990, n. 233. Si  tratta, come è noto, di soglie fisse che attualmente sono pari a 3.451,99 euro per gli artigiani ed a 3.465,96 euro per i commercianti.  

Vale in ogni caso, pertanto, l’applicazione delle seguenti percentuali: 

per  gli  artigiani,  il  contributo  variabile  si  determina  applicando  la percentuale pari al 22,65%; 

per i commercianti, il contributo variabile si determina applicando la percentuale pari al 22,74%. 

Viene,  invece utilizzato,  indipendentemente dall’anzianità contributiva posseduta, il sistema di calcolo contributivo di cui all’art. 1 della Legge 8 agosto 1995, n. 335.  

Rimane fermo che i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovu‐ti agli enti previdenziali da parte dei soggetti che decidono di comunica‐re  la  propria  adesione  all’INPS  sono  effettuati  entro  gli  stessi  termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei  redditi. Come precisato dall’INPS con  la circolare n. 29 del 10  feb‐braio 2015 alle scadenze previste per il pagamento degli acconti, i sog‐getti obbligati provvederanno anche al versamento della contribuzione di maternità, che è pari ad euro 7,44 annui e che viene ad essere corri‐sposta in due rate uguali pari ad euro 3,72. 

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Cap. 5 ‐ Agevolazioni contributive 

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Ai fini dell’accredito della contribuzione versata si applica l’art. 2, com‐ma 29, della Legge 8 agosto 1995, n. 335. Ciò significa, secondo quanto precisato dall’INPS con  la cit. circolare n. 29/2015, che  il pagamento di un importo pari al contributo calcolato sul minimale di reddito attribui‐sce il diritto all’accreditamento di tutti i contributi mensili relativi a cia‐scun anno solare cui si riferisce  il versamento. Al contrario, nel caso di versamento di un contributo  inferiore a quello corrispondente a detto minimale,  i  mesi  accreditati  saranno  proporzionalmente  ridotti. Nell’ipotesi di  impresa già esistente,  i contributi sono attribuiti tempo‐ralmente  dall’inizio  dell’anno  solare, mentre  nell’ipotesi  di  nuova  im‐presa la decorrenza coinciderà naturalmente con il mese di inizio di im‐posizione contributiva. 

In presenza di reddito forfetario superiore al minimale, il regime agevo‐lato prevede che  il versamento di contribuzione di  importo  inferiore a quanto dovuto, ma almeno pari all’importo calcolato sul minimale, fac‐cia nascere il diritto all’accredito dell’intero anno.  

Con  riferimento  alla  posizione  di  eventuali  coadiuvanti  o  coadiutori, anch’essi compresi nel regime previdenziale agevolato cui abbia deciso di aderire il titolare d’impresa, si applica la disposizione di cui all’art. 3‐bis del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, convertito con modificazioni dal‐la Legge 14 novembre 1992, n. 438. Pertanto, la base imponibile su cui il titolare dovrà calcolare  la contribuzione dovuta è data dalla quota di reddito determinato forfetariamente ed attribuito al collaboratore me‐desimo  sino  ad  un  massimo  del  49%,  oltre  a  tutti  gli  altri  redditi d’impresa  che  il  collaboratore  abbia eventualmente percepito nel pe‐riodo d’imposta. 

In caso di impresa familiare il regime applicabile ad eventuali collabora‐tori familiari è coerente con quello scelto dal titolare d’impresa. Anche i singoli collaboratori  familiari assolvono pertanto  i contributi previden‐ziali assistenziali sulla quota di reddito a loro attribuita dal titolare nella misura massima del 49%. 

Vi sono poi disposizioni tese ad evitare la sovrapposizione di diversi be‐nefici contributivi: 

ai soggetti che applicano  il nuovo regime previdenziale  in quanto aderiscono al regime forfetario e ai  loro familiari collaboratori, già pensionati presso  le gestioni dell’INPS e con più di 65 anni di età, 

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Cap. 5 ‐ Agevolazioni contributive 

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non  si applicano  le disposizioni di cui all’art. 59, comma 15, della Legge 27 dicembre 1997, n. 449. Ne consegue che i soggetti titolari di trattamento pensionistico presso le gestioni INPS e con più di 65 anni di età, che intendono avvalersi del regime agevolato, non po‐tranno  contestualmente  beneficiare  della  riduzione  contributiva del 50% prevista dalla citata disposizione. Tale beneficio rientra  in gioco nell’ipotesi in cui il contribuente esca dal regime agevolato e con decorrenza dalla data di ripristino del regime ordinario, previa presentazione di nuova domanda;  

ai  familiari  collaboratori  di  età  inferiore  ai  21  anni dell’imprenditore che fruisce del regime agevolato non si applica la riduzione contributiva di tre punti percentuali, prevista dall’art. 1, comma 2, della Legge 2 agosto 1990, n. 233. 

5.3 Comunicazione all’INPS Al fine di  intercettare e gestire  i soggetti che scelgono di uscire, volon‐tariamente, dal regime ordinario per confluire in quello agevolato di cui alla norma  in parola, è prevista  l’implementazione,  in capo all’INPS, di un nuovo canale di comunicazione, parallelo a quello attualmente esi‐stente. Al riguardo la normativa primaria ha previsto che entro sessanta giorni dalla data di entrata  in vigore della Legge n. 190/2014, ossia dal 1° gennaio 2015, l’Agenzia delle Entrate e l’INPS sono chiamati a stabili‐re nello specifico  le modalità operative e  i  termini per  la  trasmissione dei dati necessari  all’attuazione del  regime  contributivo  agevolato. Al riguardo l’INPS ha indicato, con la circolare n. 29 del 10 febbraio 2015, il percorso da seguire da parte dei soggetti interessati. 

Detto  canale  deve  essere  attivato  solo  a  seguito  di  dichiarazione dell’utente  interessato che, ove scelga di avvalersi del regime agevola‐to,  compilerà  l’apposito  format  reso  disponibile  on  line  dall’Istituto  e che dovrà essere  inviato all’Istituto stesso, entro  il 28 febbraio di ogni anno. Con  la cit. circolare n. 29/2015  l’INPS ha precisato che  l’onere di compilare  il modello telematico appositamente predisposto all’interno del Cassetto per Artigiani e Commercianti deve essere realizzato colle‐gandosi al seguente indirizzo internet: ww.inps.it ‐ Servizi Online ‐ Elen‐co di tutti i servizi ‐ Cassetto Previdenziale per Artigiani e Commercianti ‐ Sezione Domande  telematizzate: Regime agevolato ex Art. 1,  commi 76‐84 L. 190/2014 ‐ Adesione. 

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Cap. 5 ‐ Agevolazioni contributive 

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In particolare, al fine di fruire del regime contributivo agevolato:  

i  soggetti  che  realizzano  i  requisiti di  accesso  al  regime  forfetario che  intraprendono  l’esercizio di un’attività d’impresa presentano, mediante comunicazione  telematica, apposita dichiarazione messa a disposizione dall’INPS; detta dichiarazione di adesione va presen‐tata,  evidenzia  l’INPS  (cit.  circolare  n.  29/2015)  con  la  massima tempestività rispetto alla data di ricezione della delibera di avvenu‐ta  iscrizione alla gestione previdenziale. Ci  sono due diverse  situa‐zioni:   se  la dichiarazione di adesione perviene all’Istituto entro  la 

data di avvio della prima elaborazione utile, ordinaria o  in‐fra‐anno, ai fini della richiesta di versamento, al richiedente sarà applicata  immediatamente  la  tariffazione agevolata e nel  Cassetto  Previdenziale  saranno  disponibili  i  Mod.  F24 precompilati con i Codici INPS e le scadenze relative al nuovo regime, da utilizzare per i versamenti;  

se,  invece,  la dichiarazione di adesione al  regime agevolato perviene in una data in cui la posizione del richiedente è sta‐ta  già  oggetto  di  imposizione  contributiva,  la  dichiarazione medesima verrà  trasferita per  l’istruttoria alla sede di com‐petenza;  

i soggetti che già esercitano attività di d’impresa presentano, entro il termine di decadenza del 28 febbraio di ciascun anno, la suddetta dichiarazione. Ove  la  dichiarazione  sia  presentata  oltre  il  termine stabilito, nelle modalità  indicate,  l’accesso al regime agevolato può avvenire a decorrere dall’anno successivo, presentando nuovamen‐te  la dichiarazione stessa entro  il termine stabilito, sempre a patto che  sussistano  i  requisiti di accesso al  regime  forfetario.  Inoltre, è stato precisato che il termine decadenziale del 28 febbraio vale an‐che  per  coloro  che,  pur  esercitando  attività  d’impresa  prima dell’entrata  in  vigore  della  novella, non  risultino  ancora  titolari  di posizione attiva presso le gestioni autonome. In tali casi andrà com‐pilato l’apposito modello cartaceo il cui fac simile è stato allegato al‐la  stessa  circolare,  specificando  l’attività  esercitata  attraverso l’indicazione  del  codice  REA;  in  questo  caso  l’istanza  deve  essere consegnata in sede. 

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Cap. 5 ‐ Agevolazioni contributive 

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In realtà, i contorni applicativi del nuovo regime forfetario sono stati in‐certi almeno fino a buona parte del mese di febbraio, anche in ragione della possibile estensione dell’ambito applicativo di altri istituti alterna‐tivi come i “minimi”, poi concretamente realizzata con la Legge n. 11 del 27  febbraio 2015, di  conversione  in  legge del Decreto Milleproroghe. Sarebbe quindi ragionevole prevedere che in relazione agli adempimen‐ti  concernenti  il  primo  anno  di  attuazione  del  nuovo  regime,  ossia  il 2015, sia concesso un adeguato lasso temporale per provvedere ai sud‐detti adempimenti. Si rinvia alle precisazioni che saranno rese dai com‐petenti Organi, anche ai fini previdenziali. 

5.4 Decadenza A seguito della comunicazione di entrata nel regime agevolato, i sogget‐ti  interessati dal nuovo calcolo vengono  incanalati  in un regime contri‐butivo a sola percentuale (escludendo il contributo fisso), in cui hanno diritto di rimanere fino al mantenimento delle condizioni di entrata, os‐sia la presenza dei requisiti di accesso al regime forfetario.  

Una volta venuti meno  i requisiti di  legge, viene meno anche  il regime contributivo agevolato, al quale non sarà più possibile accedere.  

In particolare, il comma 82 prevede che il regime contributivo agevolato cessa di avere applicazione a partire dall’anno successivo a quello in cui viene meno taluna delle condizioni di cui al comma 54 (ossia i requisiti di accesso) ovvero si verifica taluna delle fattispecie di cui al comma 57 (cause  di  esclusione).  La  cessazione  determina,  ai  fini  previdenziali, l’applicazione del regime ordinario di determinazione e di versamento del contributo dovuto.  

Nel  caso  in  cui  emerga  che  tali  requisiti,  pur  essendo  stati  dichiarati, non siano mai esistiti in capo al dichiarante, il regime previdenziale age‐volato cesserà ab origine e verrà ripristinata  l’imposizione contributiva ordinaria  sin  dall’anno  nel  quale  era  stata  inizialmente  registrata l’adesione al regime agevolato. 

Secondo il quadro di sintesi prospettato dall’INPS con la cit. circolare n. 29 del 2015  l’uscita dal regime agevolato si può verificare, pertanto,  in tre ipotesi: 

1. vengono meno  i  requisiti  che  hanno  consentito  l’applicazione  del beneficio;  

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Cap. 5 ‐ Agevolazioni contributive 

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2. scelta del contribuente, a prescindere da qualsivoglia motivazione, di abbandonare il regime agevolato;  

3. comunicazione all’Istituto da parte dell’Agenzia delle Entrate  in or‐dine al fatto che il contribuente non ha mai aderito al regime fiscale agevolato, oppure non ha mai avuto i requisiti per aderire. 

Nei primi due casi  il regime ordinario verrà ripristinato dal 1° gennaio dell’anno  successivo  alla  presentazione  della  dichiarazione  di  perdita dei requisiti o della domanda di uscita. Con successivo messaggio verrà comunicato  il  rilascio dell’applicazione per  la  dichiarazione di  recesso dal regime agevolato, da compilarsi on  line tramite accesso al Cassetto Previdenziale per Artigiani e Commercianti. 

Nel terzo caso, sottolinea ancora l’INPS, il regime ordinario verrà impo‐sto retroattivamente, con la stessa decorrenza che era stata fissata per il regime agevolato. 

Esempio n. 1 

Un contribuente che esercita attività di  impresa può accedere al regi‐me contributivo agevolato dal 2015 se rispetta i requisiti di accesso per il 2014 e non realizza  le cause di esclusione  in relazione all’anno 2015. Se  nel  corso  dell’anno  2016  vengono meno  i  requisiti  di  accesso,  ad esempio per  il superamento della soglia dei ricavi,  il contribuente fuo‐riesce dal regime forfetario agevolato e dal regime contributivo agevo‐lato a partire dall’anno 2017. 

 

Esempio n. 2 

Se  invece  l’Agenzia delle Entrate  in sede di controllo accerta che  i sud‐detti requisiti non si sono mai materializzati, poiché ad esempio il con‐tribuente presentava nell’anno 2014 ricavi superiori a quelli previsti dal citato comma 54, ai fini previdenziali l’INPS provvederà a recuperare gli eventuali maggiori  contributi dovuti dal  contribuente  rispetto a quelli versati  a  seguito  dell’applicazione  dell’agevolazione  contributiva,  che nel caso specifico non poteva essere applicata in toto. 

Occorre  far di cenno alle ulteriori complicazioni che emergono, peral‐tro,  in relazione alla maturazione dei presupposti previsti  in materia di decadenza  in  caso di  accertamento. Ai  fini  fiscali  l’art. 1,  comma 74, della Legge n. 190/2014, prevede, infatti, che il regime forfetario cessa 

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Cap. 5 ‐ Agevolazioni contributive 

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di avere applicazione dall’anno successivo a quello  in cui, a seguito di accertamento divenuto definitivo, viene meno taluna delle condizioni di cui  al  comma  54  ovvero  si  verifica  taluna  delle  fattispecie  indicate  al comma 57, e si sono già evidenziate le complicazioni che questa dispo‐sizione favorisce sotto il profilo pratico. Infatti, in realtà il regime agevo‐lato  fiscale dovrebbe venire meno sin dal principio, come  lascia  inten‐dere anche l’INPS nella circolare sopra citata. 

Tendenzialmente, ad ogni buon conto, si deve ritenere che  il maturare degli  effetti  della  decadenza  ai  fini  fiscali  per  il  riscontro dell’insussistenza delle condizioni di cui al comma 54 o della presenza delle cause di esclusione di cui al comma 57 determini  il venire meno anche  dell’agevolazione  contributiva,  ed  anche  in  questo  caso  il  pro‐blema reale è che  la situazione presa a riferimento dal comma 74 può verificarsi molto tempo dopo la concreta fruizione dei benefici di legge e stando alla stessa disposizione il regime rimarrebbe in piedi fino al pe‐riodo d’imposta successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto de‐finitivo, con effetti del tutto irrazionali sul piano applicativo. Adottando un criterio logico ermeneutico improntato alla razionalità, perciò, la di‐sposizione dovrebbe trovare applicazione a partire dall’anno per il qua‐le viene accertata  la mancanza dei  requisiti di  legge. Si  rinvia, ad ogni buon conto, ai chiarimenti che saranno resi dai competenti Organi. 

È da  intendersi, ed è stato chiarito dalla stessa  INPS con  la circolare n. 29/2015,  peraltro,  che  il  riferimento  presente  nel  comma  76  (ai  fini dell’applicazione del  regime contributivo agevolato) al solo comma 54 sia pertinente,  in realtà, non ai soggetti che astrattamente presentano le  condizioni  di  accesso  al  regime ma  ai  soggetti  che  concretamente applicano il regime forfetario, anche in base all’insussistenza delle cau‐se di esclusione previste dal comma 57 per l’anno oggetto di tassazione.  

Una certa  importanza è assunta anche dal blocco definitivo al rientro nel  regime contributivo agevolato  in caso di  fuoriuscita,  sia volontaria che per effetto del maturare dei presupposti della decadenza: il passag‐gio  al  regime  previdenziale  ordinario,  in  ogni  caso,  determina l’impossibilità di fruire nuovamente del regime contributivo agevolato, anche laddove sussistano le condizioni di cui al comma 54. È questa una sostanziale differenza rispetto agli effetti che maturano sul piano fisca‐le,  dove  ricorrendone  i  presupposti,  è  possibile  rientrare  nel  regime agevolato. 

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Cap. 5 ‐ Agevolazioni contributive 

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È previsto, tra le altre cose, che non possono accedere al regime contri‐butivo agevolato neanche  i soggetti che ne facciano richiesta, ma per  i quali si verifichi il mancato rispetto delle condizioni di cui al comma 54 nell’anno della richiesta stessa. Sembra che tale disposizione interessi il solo anno  in cui  il contribuente ne fa richiesta poiché  in quell’anno ha iniziato l’attività.  

5.5 Comunicazione INPS ‐ Agenzia Nella relazione  illustrativa alla Legge di stabilità 2015 veniva ad essere precisato che a causa delle peculiarità relative alla possibilità di entrata ‐ ed uscita  ‐ dal regime fiscale agevolato,  i contribuenti devono essere necessariamente assistiti, anche a  livello previdenziale, da una proce‐dura sempre aggiornata a consuntivo, per la quale è previsto un flusso di informazioni costante e tempestivo da Agenzia delle Entrate ad INPS, in modo da confermare o annullare le posizioni individuali oggetto della norma, in base alla relativa coerenza con le informazioni fiscali.  

Con  la  circolare n. 29 del 10  febbraio 2015  l’INPS ha evidenziato  che l’applicazione del regime previdenziale agevolato, in quanto subordina‐ta alla sussistenza dei requisiti stabiliti dalla  legge ai fini fiscali,  implica la  necessità  di  una  costante  trasmissione  all’Istituto,  da  parte dell’Agenzia delle Entrate, dei dati  fiscali relativi ai soggetti che hanno dichiarato di volerne beneficiare, in modo da poterne controllare la ve‐ridicità e dar luogo alla conferma, ovvero alla negazione del beneficio. 

Ne consegue, continua l’Istituto di previdenza, che sono stati avviati gli adempimenti  finalizzati  al  raggiungimento  delle  intese  necessarie  alla tempestiva trasmissione dei dati. Infine, l’INPS sottolinea che il control‐lo di  tali dati verrà effettuato a  livello  centralizzato,  con  conseguente gestione sulle posizioni dei soggetti interessati.