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Dicembre 2012 Numero 12- Anno I Notiziario Enti Locali della CGIL FP Piemonte N.E.L Ci trovi su Facebook NEL FP CGIL Piemonte Nella nostra Regione la crisi si fa sempre più sentire: aumentano le persone in cerca di lavoro, gli iscritti alle liste di mobilità, aumentano i lavoratori in cassa integrazione; chiudono aziende industriali e di servizio; il commercio risente della crisi economica delle famiglie; chiudono i negozi. La Regione Piemonte - che in una fase difficile come questa dovrebbe gestire la situazione - invece cosa fa? Non solo mette in difficoltà molte aziende fornitrici di servizi non pagando il dovuto con ritardi sempre più lunghi, ma mette “alla gogna” i dipendenti pubblici. Decisioni che mettono ulteriormente in difficoltà l’economia della Regione perché, non pagando i fornitori, questi non solo riducono i servizi ma non pagano i dipendenti, mettendo a rischio stipendi e tredicesime. La Regione Piemonte sta smantellando la Sanità pubblica chiudendo ospedali senza un progetto di riconversione e lasciando privi di cura e assistenza centinaia di persone. Nella sola Sanità, oggi, rispetto al 31 dicembre 2010 si sono persi più di 2.000 posti di lavoro. Negli Enti locali altri 3.000. Situazione che viene aggravata – a livello nazionale – dalla scelta del Partito delle Libertà di non sostenere più il Governo Monti. Un Governo - quello di Monti - nato per le negligenze perpetrate dal Governo Berlusconi, Bossi e Tremonti: con uno spread schizzato a 520 punti, una crisi che è andata via via peggiorando e un Governo Berlusconi incapace di porvi rimedio. Ancora oggi, lavoratori e pensionati subiscono le conseguenze delle ultime finanziare approvate da Tremonti, Bossi e Berlusconi che incideranno anche nei prossimi anni, visto che alcune decisioni verranno applicate nel 2013 e 2014 (come la delega fiscale che riduceva le detrazioni per i lavoratori dipendenti, o l’aumento dell’Iva). La Cgil ha detto più volte - sia a Berlusconi che a Monti - che le tasse avrebbero anche messo sotto controllo i conti pubblici, come richiesto dalla BCE, ma avrebbero portato altre conseguenze negative nel Paese. Il nostro Sindacato ha chiesto di aumentare le tasse ai ricchi - e a chi possiede un patrimonio al di sopra degli 800.000,00 € - riducendo il peso fiscale per i meno abbienti. Ma è stato inascoltato. Il Paese avrebbe bisogno di fermarsi e riflettere: “Le decisioni prese finora sono state le più opportune?”. Gli Enti locali, le Regioni e le Province denunciano che non ci sono più soldi in cassa. Si riducono i servizi alle persone, Lavoro e Pubblica Amministrazione: di cosa stiamo parlando? si riduce la Sanità e l’assistenza sul territorio, si riduce la presenza dello Stato nei piccoli Comuni. Penso alle Comunità Montane. Penso alla riduzione degli uffici postali, alle scuole. Tutto viene “razionalizzato” così velocemente senza seguire una logica di riorganizzazione. Ma lo Stato, così, non funziona. Sappiamo che il nostro debito nazionale ammonta a 2000 miliardi di euro, ma non sappiamo quanto sia il debito di Comuni, Regioni e Province insieme. Sappiamo che molti Enti hanno soldi in cassa che non possono spendere per il famoso patto di stabilità. Ma di quale cifra stiamo parlando? Il mese scorso, il ministro Patroni Griffi ha dato i primi numeri di eccedenza del personale della P.A: numeri parziali perché mancano i dati sulla nuova Inps, Ministeri ed Enti locali. Nessuna certezza sui numeri e nemmeno sui tempi per gestire queste eccedenze. Non si conosce la vera strategia del Ministro che vorrebbe gestire gli esuberi attraverso prepensionamento, solidarietà e solo alla fine con la mobilità. Secondo quanto dichiarato, tutto verrà governato ma intanto è diffuso il panico tra i dipendenti, martellati di continuo dai Governi, senza aumento di stipendio dal 2009 ma “semplicemente” additati come fannulloni. Nessuna strategia per un settore in cui lavorano moltissimi precari che oggi erogano servizi importanti, senza una reale prospettiva occupazionale. Oggi si parla di produttività, o meglio di ridistribuire un miliardo all’anno di euro a lavoratori e a imprese che attraverso accordi di utilizzo di impianti o di un aumento di produttività, avranno sgravi fiscali sui premi pattuiti. Mi chiedo quante siano queste imprese: le aziende sono in crisi, i lavoratori senza ammortizzatori e senza pensione (i famosi esodati). La settimana scorsa, a Roma, la Fp Cgil insieme alla Uil Fp e PA hanno presentato un rapporto sull’andamento dei salari dei lavoratori pubblici degli ultimi dieci anni. I lavoratori pubblici hanno perso il 7,2% del loro potere d’acquisto, dal CCNL del 2000/2001 al triennio 2010/2012. È ora di dire basta! Dobbiamo presentare le piattaforme per il rinnovo dei Contratti e dobbiamo esigere una vera riforma per una Pubblica Amministrazione più efficiente e di qualità, e sempre al servizio dei cittadini. Supplemento di INFORMAcigielle Periodico della Funzione Pubblica CGIL Torino - Aut. Tribunale di Torino n. 3273 del 24/3/1983 IN QUESTO NUMERO interventi di Cristina Bargero Matteo Barbero Marco Bussone Emanuela Celona Gianni Esposito Massimo Esposto Luca Quagliotti di Gianni Esposito – segretario generale FP CGIL Piemonte Sabato 15 dicembre 2012 - contro le scelte di chi governa la Regione Piemonte - la Cgil Piemonte ha indetto manifestazioni in tutte le città capoluogo della Regione ...E nonostante tutto.... Buone Feste dalla CGIL FP!

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In questo numero: - Lavoro e Pubblica Amministrazione: di cosa stiamo parlando? - “Riordino degli Enti locali. Le nostre F.A.Q. - Frequently Asked Questions” - Verso le Unioni montane. Territori al lavoro - Unione di Comuni. MalComune mezzo gaudio? - Province. Qual è la situazione economica? - Unione e Convenzione. Funzioni fondamentali in forma associata - Trasporto pubblico locale. Tipologie di gara - Precariamente. Proroghe e stabilizzazioni. Forse una speranza, anzi no.

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Dicembre 2012

Numero 12- Anno I

Notiziario Enti Locali

della CGIL FP Piemonte N. E . L

Ci trovi su Facebook NEL FP CGIL Piemonte

Nella nostra Regione la crisi si fa sempre più sentire: aumentano le persone in cerca di lavoro, gli iscritti alle liste di mobilità, aumentano i lavoratori in cassa integrazione; chiudono aziende industriali e di servizio; il commercio risente della crisi economica delle famiglie; chiudono i negozi.

La Regione Piemonte - che in una fase difficile come questa dovrebbe gestire la situazione - invece cosa fa? Non solo mette in difficoltà molte aziende fornitrici di servizi non pagando il dovuto con ritardi sempre più lunghi, ma mette “alla gogna” i dipendenti pubblici. Decisioni che mettono ulteriormente in difficoltà l’economia della Regione perché, non pagando i fornitori, questi non solo riducono i servizi ma non pagano i dipendenti, mettendo a rischio stipendi e tredicesime.

La Regione Piemonte sta smantellando la Sanità pubblica chiudendo ospedali senza un progetto di riconversione e lasciando privi di cura e assistenza centinaia di persone. Nella sola Sanità, oggi, rispetto al 31 dicembre 2010 si sono persi più di 2.000 posti di lavoro. Negli Enti locali altri 3.000. Situazione che viene aggravata – a livello nazionale – dalla scelta del Partito delle Libertà di non sostenere più il Governo Monti. Un Governo - quello di Monti - nato per le negligenze perpetrate dal Governo Berlusconi, Bossi e Tremonti: con uno spread schizzato a 520 punti, una crisi che è andata via via peggiorando e un Governo Berlusconi incapace di porvi rimedio.

Ancora oggi, lavoratori e pensionati subiscono le conseguenze delle ultime finanziare approvate da Tremonti, Bossi e Berlusconi che incideranno anche nei prossimi anni, visto che alcune decisioni verranno applicate nel 2013 e 2014 (come la delega fiscale che riduceva le detrazioni per i lavoratori dipendenti, o l’aumento dell’Iva).

La Cgil ha detto più volte - sia a Berlusconi che a Monti - che le tasse avrebbero anche messo sotto controllo i conti pubblici, come richiesto dalla BCE, ma avrebbero portato altre conseguenze negative nel Paese. Il nostro Sindacato ha chiesto di aumentare le tasse ai ricchi - e a chi possiede un patrimonio al di sopra degli 800.000,00 € - riducendo il peso fiscale per i meno abbienti. Ma è stato inascoltato.

Il Paese avrebbe bisogno di fermarsi e riflettere: “Le decisioni prese finora sono state le più opportune?”. Gli Enti locali, le Regioni e le Province denunciano che non ci sono più soldi in cassa. Si riducono i servizi alle persone,

Lavoro e Pubblica Amministrazione: di cosa stiamo parlando?

si riduce la Sanità e l’assistenza sul territorio, si riduce la presenza dello Stato nei piccoli Comuni. Penso alle Comunità Montane. Penso alla riduzione degli uffici postali, alle scuole. Tutto viene “razionalizzato” così velocemente senza seguire una logica di riorganizzazione. Ma lo Stato, così, non funziona.

Sappiamo che il nostro debito nazionale ammonta a 2000 miliardi di euro, ma non sappiamo quanto sia il debito di Comuni, Regioni e Province insieme. Sappiamo che molti Enti hanno soldi in cassa che non possono spendere per il famoso patto di stabilità. Ma di quale cifra stiamo parlando? Il mese scorso, il ministro Patroni Griffi ha dato i primi numeri di eccedenza del personale della P.A: numeri parziali perché mancano i dati sulla nuova Inps, Ministeri ed Enti locali. Nessuna certezza sui numeri e nemmeno sui tempi per gestire queste eccedenze. Non si conosce la vera strategia del Ministro che vorrebbe gestire gli esuberi attraverso prepensionamento, solidarietà e solo alla fine con la mobilità. Secondo quanto dichiarato, tutto verrà governato ma intanto è diffuso il panico tra i dipendenti, martellati di continuo dai Governi, senza aumento di stipendio dal 2009 ma “semplicemente” additati come fannulloni. Nessuna strategia per un settore in cui lavorano moltissimi precari che oggi erogano servizi importanti, senza una reale prospettiva occupazionale.

Oggi si parla di produttività, o meglio di ridistribuire un miliardo all’anno di euro a lavoratori e a imprese che attraverso accordi di utilizzo di impianti o di un aumento di produttività, avranno sgravi fiscali sui premi pattuiti. Mi chiedo quante siano queste imprese: le aziende sono in crisi, i lavoratori senza ammortizzatori e senza pensione (i famosi esodati).

La settimana scorsa, a Roma, la Fp Cgil insieme alla Uil Fp e PA hanno presentato un rapporto sull’andamento dei salari dei lavoratori pubblici degli ultimi dieci anni. I lavoratori pubblici hanno perso il 7,2% del loro potere d’acquisto, dal CCNL del 2000/2001 al triennio 2010/2012. È ora di dire basta! Dobbiamo presentare le piattaforme per il rinnovo dei Contratti e dobbiamo esigere una vera riforma per una Pubblica Amministrazione più efficiente e di qualità, e sempre al servizio dei cittadini.

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IN QUESTO NUMERO

interventi di

Cristina Bargero

Matteo Barbero

Marco Bussone

Emanuela Celona

Gianni Esposito

Massimo Esposto

Luca Quagliotti

di Gianni Esposito – segretario generale FP CGIL Piemonte

Sabato 15 dicembre 2012 - contro le scelte di chi governa la Regione Piemonte - la Cgil Piemonte ha indetto manifestazioni in tutte le città capoluogo della Regione

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P!

Pagina 2 RIORDINO ENTI LOCALILe nostre F.A.Q. - Frequently Asked Questions

D. Il personale trasferito con le funzioni di

cui all’ar! colo 17 entrerà nella dotazione

organica dell’Unione dei Comuni Montani?

R. In primo luogo il personale sarà assegnato all’Ente a cui viene trasferita la funzione ai sensi dell’art.31 del Dlgs 165/01. Successivamente, con lo stesso principio, verrà trasferito all’Unione dei Comuni se la ges! one della funzione avverrà tramite Unione.

D. In caso di associazione tramite convenzione,

a quale dotazione organica farà capo

il personale trasferito? A chi, quindi,

competerà il pagamento degli s! pendi?

Il personale seguirà la funzione, quindi verrà assegnato all’Ente locale che avrà il compito di ges! re la funzione assegnata. Il pagamento spe" a all’Ente locale cui è funzionalmente assegnato il lavoratore e a cui la Regione trasferirà le risorse necessarie.

D. Considerata la situazione fi nanziaria

della Regione Piemonte, esiste certezza

in merito al fi nanziamento delle funzioni

da trasferire ai sensi dell’ar! colo 17?

R. Tra i compi! del Commissario c’è quello di individuare il costo del personale: in seguito la Regione assegnerà la funzione, il personale e le risorse economiche necessarie al pagamento dell’intero costo del personale trasferito. In questo momento è allo studio la cos! tuzione di un apposito fondo. A oggi, ci risulta che la Regione abbia sempre corrisposto le somme necessarie al pagamento del personale traferito con propria legge. Ad esempio, non ci risulta che ci siano sta! manca! pagamen! per il personale delle Province. È evidente che in una situazione economica come quella che s! amo vivendo, potrebbero esserci in futuro dei problemi di liquidità, però questo riguarda l’intera Pubblica Amministrazione.

Per quanto a# ene il costo della funzione è più complicato. È stato aperto un tavolo di confronto con l’ANCI, l’UNCEM e l’ANPCI sui fondi previs! dall’art.19 della L.R.11/12. Occorrerà a" endere l’esito di quel confronto per poter conoscere l’eff e# va consistenza del fi nanziamento per la ges! one e lo sviluppo delle funzioni proprie della montagna. Quello che vogliamo però far rilevare è che gli En! locali assegnatari di funzione avranno, a diff erenza di quanto capita con le a" uali Comunità Montane, due

fon! di fi nanziamento dis! nte: quella per il personale e quella per la funzione. Chi ges! rà la montagna, quindi, non dovrà preoccuparsi del pagamento delle spese per il personale trasferito perché interamente fi nanziato dalla Regione.

D. Come si dovrà comportare l’Ente

rispe# o all’erogazione dei servizi (es. socio

assistenziale, trasporto pubblico locale,

catasto, servizi associa! per i Comuni)?

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R. I Servizi indica! non rientrano nei Servizi delega! dalla Regione alle Comunità Montane. Ques! rientrano, infa# , nelle funzioni fondamentali esercitate dalle Comunità Montane in nome e per conto dei Comuni. Saranno ques! ul! mi a indicare le modalità di ges! one delle funzioni che - ricordiamo la norma vale per i Comuni montani con meno di 3000 abitan! - dovranno essere ges! te in forma obbligatoriamente associata dal 1 gennaio 2013 ai sensi dell’art.19 della L.135/11.

Dopo l’approvazione della Legge regionale di Riordino delle Autonomie Locali (L.R. 11 del 28 se# embre 12) mol!

cambiamen! incideranno sull’asse# o territoriale piemontese e sopra# u# o sul personale dipendente degli En! locali.

Al riguardo, abbiamo raccolto alcune delle domande più frequen! alle quali ha risposto Luca Quaglio$ , segretario

FP CGIL Piemonte.

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Il personale anche in questo caso seguirà le funzioni ai sensi dell’art. 31 del DLGS 165/01, in caso di superamento del pa" o valgono le norme indicate dall’art.18 commi 7 e 8 della L.11/12 che è stata vistata dal Governo - quindi non solo non è stata impugnata ma ha l’imprimatur governa! vo – ma su questo punto sembra esserci molta confusione. Ricordiamo che i Comuni dovranno obbligatoriamente riassorbire il personale che svolge le funzioni fondamentali.

D. Ar! colo 18: da quando decorrono i benefi ci

fi nanziari di cui al comma 3? Alcuni Comuni

stanno me# endo in discussione l’eff e$ va

possibilità di benefi ciare di tali incen! vi

fi nanziari rela! vamente al trasferimento di

fondi a copertura dei processi di mobilità?

R. A breve uscirà la circolare che renderà immediatamente opera! va la possibilità da parte dei Comuni di assumere il personale delle Comunità Montane. I fondi saranno garan! ! a" raverso un apposito capitolo di spesa che la Regione individuerà all’interno del proprio bilancio. Al momento del trasferimento il Comune saprà: il costo rimborsato dalla Regione, le rela! ve scadenze e le modalità di rimborso.

D. L’onere per il pagamento del personale

collegato alle funzioni trasferite sarà interamente

a carico della Regione (indennità incluse?)

R. L’onere sarà interamente pagato dalla Regione per quanto a# ene il salario fondamentale. Il tavolo di tra" a! va, considerata la disparità di fondi tra Comunità Montane, dovrà defi nire le modalità di individuazione del salario accessorio in modo da garan! re un’omogeneità di tra" amento sul territorio piemontese. Questo potrebbe voler dire che qualche lavoratore potrà avere un salario accessorio inferiore all’a" uale e qualcun altro potrebbe averlo migliore. Occorre comunque considerare che il salario accessorio sarà poi redistribuito dalla contra" azione decentrata dei nuovi En! e quindi il Tavolo regionale potrà “solo” individuare le somme mentre la distribuzione sarà affi data alla contra" azione decentrata.

D. Il personale verrà tu# o ricollocato a# raverso

l’assegnazione a una specifi ca funzione? In caso

contrario, che cosa accade al personale restante

che non avrà neppure trovato ricollocazione

a# raverso processi di mobilità verso altri En! ?

R. il personale delle Comunità Montane che non svolge funzioni proprie dei Comuni sarà tu" o ricollocato a" raverso una “riassegnazione” alle funzioni montane individuate e trasferite. Su questo punto l’assessore Maccan! e l’assessore Ravello hanno dato ampia garanzia. Occorre però a" endere, prima di una risposta defi ni! va, la

conclusione del Tavolo regionale permanente che sta lavorando per trovare soluzioni idonee per la ricollocazione di tu" o il personale dell’Ente.

D. Quali saranno le modalità di applicazione

del benefi cio previsto dai commi 9 e 10 (Come

sarà quan! fi cato? Da quando decorre? Fino a

quando sarà possibile esercitare l’opzione? Le 24

mensilità verranno sempre conferite per intero

o saranno previs! dei meccanismi di riduzione?)

R. Sarà possibile accedere alla risoluzione an! cipata immediatamente dopo che saranno defi nite le modalità di accesso. Realis! camente pensiamo che sarà possibile accedere al “benefi cio” a decorrere dal 1 gennaio 2013. Nella prima fase sarà possibile avere il 100% delle 24 mensilità previste dalla legge, successivamente vedremo. Se varrà il principio in uso presso la Regione le mensilità saranno rido" e proporzionalmente al periodo che manca al collocamento in quiescenza. Ad esempio, se un lavoratore andasse in pensione dal 1 di luglio del 2013 verranno corrispos! solamente 6 mesi. Questo perché non è possibile superare il costo del personale originariamente previsto. Comunque, ribadiamo che entro la fi ne dell’anno saranno defi nite le modalità di accesso.

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Una dietro l’altra. Riunione su riunione, incontro dopo incontro. Sindaci e amministratori protagonisti in questi ultimi giorni dell’anno per definire il nuovo assetto degli Enti locali delle Terre Alte. Rush finale, in vista della scadenza del 27 dicembre, data ultima per la delibera della conferenza dei sindaci di ciascuna Comunità Montana che comunica alla Regione se l’Ente si trasforma in una o più Unioni montane di Comuni. Cerchio rosso sul calendario anche per un’altra data, quella del 31 dicembre, in cui tutti i Comuni con meno di 5000 abitanti in pianura e 3000 in montagna dovranno dire come gestiranno tre delle nove funzioni fondamentali, secondo le regole dettate dalla “spending review”. Clima caldo in alcune aree del Piemonte, come nell’Alessandrino, nel Verbano-Cusio-Ossola e nella Val di Susa. Dialogo fervente e continuo, tra gli amministratori. Non mancano punti di frizione e diverse prospettive sul tavolo; complessivamente dall’operazione emerge un quadro variegato con situazioni a macchia di leopardo. E tante “sfide del cambiamento”.

Primi risultati del processo

Uno scacchiere che va componendosi, finora con una certezza: i 22 Enti che fino a oggi associavano i Comuni, aumenteranno. Nel territorio montano - il 52% del Piemonte, con 553 Comuni, dove vivono 600mila persone - le Unioni saranno circa quaranta. Forse qualcuna in più. Comunque il doppio rispetto alle attuali Comunità Montane nate con la legge 16 del 2008 e alcune in meno delle precedenti Comunità (48) nate con la legge 16 del 1999. È certo che un buon numero di Comuni piemontesi delle Terre Alte (presumibilmente un centinaio) non saranno coinvolti in

nessuna Unione, avendo optato per lo strumento delle convenzioni. Queste ultime dovranno dimostrare ancor più delle prime di generare risparmio ed efficacia. Un bisogno per tutti, mentre i Comuni con oltre mille abitanti si preparano ad affrontare lo scoglio del patto di stabilità e, assieme a tutti gli altri enti, il drastico taglio dei trasferimenti con il possibile passaggio totale dell’Imu ai Comuni.

Unioni e Convenzioni: insieme si può

Rispetto all’opzione tra le diverse forme associative, la disciplina regionale pone Unioni e Convenzioni su un piano di piena equivalenza quali strumenti per il rispetto dell’obbligo della gestione associata. Ciò è sicuramente vero sul piano formale. In termini sostanziali è meno probabile che l’istituto della convenzione – privo per sua natura di personalità giuridica - possa concretamente svolgere tutte le funzioni derivanti dalla qualità di “agenzia di sviluppo” rispetto, ad esempio, ai finanziamenti comunitari, al finanziamento dei Gruppi di Azione Locale, allo stesso impiego dei fondi Ato di cui sono attualmente destinatarie le Comunità Montane. Le nuove Unioni montane di Comuni – piccole o grandi che siano – gestiranno una o più funzioni fondamentali e i Comuni potranno gestire altre funzioni con lo strumento della convenzione, all’interno della medesima unione. Su questo tema vi è oggi la convergenza dell’assessorato regionale agli enti locali, delle associazioni – Uncem, Anci, Legautonomie in primis – dei sindaci e dei presidenti di Comunità. E su questo principio – di “modularità”

VERSO LE UNIONI MONTANETerritori al lavorodi Marco Bussone - Uncem Piemonte

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dell’organizzazione – si stanno organizzando gli amministratori locali.

Quali certezze sul personale

Complessa invece la situazione del personale. Dopo la manifestazione in piazza Castello a Torino lunedì 26 novembre, sono stati sbloccati i fondi regionali del 2012 per il pagamento di dicembre e della tredicesima dei 430 dipendenti delle Comunità. Sul 2013 restano molte incertezze. Il “Fondo regionale per la montagna”, ridefinito nei cespiti dalla Legge Maccanti, non è ancora stato stimato. Anche le funzioni delle Comunità Montane non sono ancora state riassegnate ai Comuni (che hanno l’obbligo di gestione in forma associata). L’assegnazione del personale è legata a questo passaggio, non certo semplice. Quasi una rivoluzione (le Unioni non avranno competenze proprie). Saranno i Commissari (nominati nelle Comunità che non si trasformano in una sola Unione o “perdono” uno o più Comuni) a gestire i rapporti giuridici attivi e passivi (tra i quali vi è il personale). Sarà proprio il commissario a fare la “ricognizione delle professionalità presenti al fine della proposta del piano di riparto nei confronti delle nuove forme aggregative e dei comuni non aderenti, oltre che al fine di individuare le professionalità atte a garantire l’esercizio delle funzioni proprie delle preesistenti comunità montane che saranno oggetto di conferimento”. Dunque il personale rientrerà nel piano di riparto e di assegnazione alle forme aggregative (cioè sia Unioni che Convenzioni) e ai Comuni che ne restino fuori.

Obiettivo sviluppo

La spinta del legislatore, nazionale e regionale, alla collaborazione dei sindaci, nelle aree montane è un monito verso lo sviluppo socio-economico delle Terre Alte. Lavorare insieme tra Comuni, in particolare i più piccoli, d’intesa con i centri più grandi (e con i Gal), per creare nuove imprese, opportunità di lavoro, per fermare lo spopolamento e creare le condizioni per il miglioramento dei

servizi. In questa direzione le Unioni montane dovranno far crescere professionalità e competenze per l’accesso ai programmi e progetti europei per il periodo 2014-2020, per nuovi i progetti lungo la filiera bosco-legno-energia, per l’utilizzo dei fondi Ato, per la generare opportunità nei campi ambiti e preziosi della green economy, delle energie rinnovabili, dell’innovazione tecnologica e delle ICT. Sviluppo vuol dire risorse, che le Unioni potranno introitare (sul breve e sul medio periodo) con attività manageriali avanzate d’intesa tra tutti i Comuni.

Non allunghiamo i tempi

I presidenti dell’Uncem nazionale e regionale, Enrico Borghi e Lido Riba non hanno dubbi: “Nelle zone montane – spiegano - la trasformazione delle Comunità Montane in Unioni dei Comuni Montani assicura ai Comuni piccoli la garanzia di poter rispettare la scadenza del 31 dicembre per l’esercizio associato di almeno tre funzioni fondamentali. Pertanto non riteniamo siano necessari rinvii, almeno per le zone montane. Al contrario, occorre mettere in campo una norma di autentica incentivazione per quei Comuni che scelgono l’Unione, anziché lisciare il pelo a chi non accetta il processo riformista in campo. Con il ministro Cancellieri avevamo stretto un patto e lo dobbiamo onorare, anche per rispetto verso i tantissimi sindaci e amministratori locali che in queste ore stanno lavorando alacremente e seriamente per ottemperare alla legge. È tempo di sostenere i migliori, anche legislativamente, anziché prestare orecchio ai conservatori che con le loro le logiche dei rinvii e delle deroghe rischiano solo di aprire la strada al processo di unificazione coatta dei piccoli Comuni”.

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Il proposito originario della Regione Piemonte di vincolare i Comuni al di sotto dei 5.000 abitanti a unirsi tra loro (per risolvere la polverizzazione dei rispettivi territori - vedi il Canavese), poteva essere un’idea condivisibile. E così, il 28 settembre 2012 è stata emanata, dopo lunga e sofferta “gestazione”, la Legge Regionale n. 11, rubricata nelle disposizioni organiche in materia di Enti locali. E, mentre i tecnici della Regione Piemonte si confrontavano alacremente da mesi su domande amletiche, quali: “Il limite minimo demografico di accorpamento per la pianura dovrà essere 5.000 o 10.000 abitanti?!?”, gli Amministratori locali non correvano di certo nelle segrete stanze per studiare le strategie migliori di accorpamento, così da rendere più efficienti e fruibili per i cittadini le 9 funzione fondamentali nel prossimo futuro: ricordiamo, tre funzioni entro il 1 gennaio 2013 e le restanti 6 entro il 1 gennaio 2014.

Ma come trascorrevano il tempo, i nostri Amministratori locali? Dogma numero 1: il mio campanile è più alto degli altri, perciò governo io. Dogma numero 2: finalmente ho trovato il modo di disfarmi di alcuni dipendenti....! Perdonate il sarcasmo e l’acredine ma le realtà “di concertazione” vissute in questi giorni sul territorio sono a dir poco drammatiche. In primis, è sconcertante l’atteggiamento recalcitrante degli Amministratori ogni qual volta sono chiamati dal Sindacato a far parte di tavoli tecnici per costruire un percorso propedeutico a rendere organica la costituente Unione e/o convenzione tra Comuni. Anzi: la nostra volontà a collaborare viene spesso travisata in una vera e propria ingerenza dimenticando – evidentemente - il ruolo di rappresentanza dei lavoratori assunto dalla

CGIL. In secundis, l’utilizzo in alcuni casi della Legge regionale quale leva per un efficace repulisti dei livelli economici e normativi acquisiti dai dipendenti oggetto della convenzione: tra i tanti esempi, quello “macro” delle indennità di Posizione Organizzativa.

Se a tutto quanto descritto “associamo” - perdonate il gioco di parole - una ignoranza tracotante della politica locale sulle regole della Legge, allora la strada si fa non solo in salita, ma anche impervia. E così, troviamo chi vuole trasferire la funzione ma non i dipendenti (“sono miei!!!”); chi il contrario (“sono stati per troppo tempo miei!!!”); chi invece vorrebbe convenzionare il 50% del singolo dipendente (“il femore me lo tengo io! Convenziono solo la spalla!”). E ancora, chi vorrebbe prendere la singola funzione, declinarla in una pletora di servizi per poi valutare quali esercitare direttamente e quali no: tanto, di fronte a una nostra ovvia rimostranza riferita alla non fattibilità, il tecnico/Amministratore di turno si ripara dietro la “foglia di fico” di una fantomatica interpretazione di “questo” o “quel dirigente” regionale che gli ha assicurato: “...Tranquillo, può fare!”.

Potrei andare avanti con altri svariati casi dalle più disparate fantasie ma non è il caso. A tal proposito, però, pongo una domanda: “Ma se convenziono la funzione della Polizia Municipale, ci posso infilare anche il SUAP e l’Edilizia? Intendiamoci, solo quella privata! Quella pubblica si sa, sta meglio con il Sagittario ascendente Pesci...!

UNIONE DI COMUNI

MalComune... mezzo gaudio!di Massimo Esposto - responsabile CGIL FP Ivrea

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Pagina 8 FONDO PERSEO

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La riduzione di risorse alle Province, operata attraverso l’art. 16 del Dl 95/2012, è stata calcolata per il 2012 in percentuale alle spese per consumi intermedi, rilevati dai dati SIOPE criterio ripreso nella Legge di stabilità 2013.

La percentuale su cui calcolare tale riduzione è pari al 13,2% della spesa per consumi intermedi nel 2012 e al 31,7% nel 2013.

Ma che cosa ricomprende la voce spesa per consumi intermedi? Essi consistono nel valore dei beni e dei servizi consumati quali input di un processo di produzione (escluso il capitale fisso, il cui consumo, invece, viene considerato come ammortamento), individuati attraverso le voci di spese contenute nella classificazione dell’allegato della circolare MEF - Dipartimento RGS del 2 febbraio 2009 n.5, mutuata dal Regolamento CE n.2223/1996 (SEC95). Includono, quindi, le spese di funzionamento (cancelleria, attrezzature informatiche, affitti).

Tuttavia, tra i consumi intermedi sono annoverate voci non riconducibili esclusivamente alle spese di funzionamento - quali ad esempio i contratti di servizio del trasporto pubblico locale, la manutenzione ordinaria degli edifici scolastici, la

formazione professionale e talora il servizio di gestione rifiuti - che mutano come quantità e peso tra le Province, a seconda dei servizi.

La scelta di parametrare i tagli con i consumi intermedi penalizza da un lato quegli Enti che non sono riusciti a razionalizzare le spese di funzionamento ma nel contempo anche quelli che erogano più servizi o hanno una più bassa incidenza delle spese di personale sulla spesa corrente.

Per quanto riguarda il Piemonte, l’entità del taglio varia in modo abbastanza consistente a livello territoriale: le Province che si trovano a subire una maggiore riduzione di risorse sia nel 2012 che nel 2013 sono quelle di Verbania (23 euro pro-capite nel 2012 e 56 nel 2013) Vercelli (17 euro pro-capite nel 2012 e 41 nel 2013) e Asti (15 euro pro-capite nel 2012 e 37 nel 2013). Cuneo e Biella risultano invece, le Province con una riduzione di risorse minore a livello regionale, ossia 11 euro pro-capite nel 2012 e 23 euro nel 2013, mentre Novara , Torino e Alessandria si trovano in una posizione intermedia.

PROVINCE

Qual è la situazione economica?di Cristina Bargero, ricercatrice IRES Piemonte

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Comuni (ovvero di trasformazione di un’Unione esistente). L’unione, infatti, costituisce un Ente locale a sè, con un proprio bilancio separato. I Comuni che ne fanno parte sono posti sullo stesso piano, dovendo tutti finanziare la propria quota di spese. Alle Unioni, inoltre, competono gli introiti derivanti dalle tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi a queste affidati. C’è quindi la possibilità di far convergere (almeno in parte) su tali soggetti le entrate e le spese, evitando complessi passaggi di risorse fra un ente e l’altro e dribblando (legittimamente) i vincoli del Patto. Quest’ultimo, infatti, si applicherà dal 2014 alle sole Unioni “speciali” che i Comuni al di sotto dei 1000 abitanti possono costituire per gestire in forma associata tutte le loro funzioni. Al momento, invece, non è prevista l’estensione del Patto alle Unioni “classiche” (art. 32 del Tuel), il che rappresenta un ulteriore motivo per optare per questo modello, anziché per quello della convenzione. La scelta dell’Unione, infine, è anche vantaggiosa rispetto alla gestione delle risorse umane. L’allargamento della platea degli Enti soggetti al Patto ha come conseguenza anche l’assoggettamento dei Comuni con più di 1000 abitanti a più restrittivi obblighi di contenimento della spesa di personale e ha maggiori limiti alla possibilità di effettuare nuove assunzioni. Tali obblighi e limiti, invece, non si applicano alle unioni “classiche” che continueranno a essere soggette al più favorevole regime previsto per gli Enti non soggetti al Patto (cfr sez. contr. Toscana – parere 7/2012).

Entro fine anno ci saranno due importanti scadenze per gli amministratori dei piccoli Comuni: da un lato, occorre presentare alla Regione una proposta di aggregazione coerente con la normativa statale e regionale vigente; dall’altro, è necessario dimostrare allo Stato di avere già messo insieme almeno un terzo del “core business”. Si tratta di scelte cruciali, che avranno conseguenze rilevanti sul futuro delle nostre Amministrazioni e sui lavoratori. È importante, dunque, che si tratti di scelte consapevoli e lungimiranti, non dettate solo dall’esigenza di rispettare formalmente i termini di legge.

Apparentemente, la convezione è la scelta più indolore. Si tratta di un contratto di diritto pubblico (art. 30 del Tuel) mediante il quale si può prevedere o la costituzione di uffici comuni che operano con personale distaccato, o la delega di funzioni a un Comune capofila. Di norma si opta per la seconda soluzione che però rischia di porre non poche criticità di ordine finanziario: sul bilancio del comune capofila, infatti, si scaricano anche le quote di spesa riferite agli altri Comuni convenzionati, con effetti negativi per il primo anche in presenza di rimborsi puntuali da parte dei secondi. Attualmente, infatti, non sono previsti efficaci meccanismi di sterilizzazione di tali spese né ai fini del calcolo dei fabbisogni standard (e quindi del riparto delle manovre correttive e dei connessi tagli), né ai fini del Patto di stabilità interno (cfr Corte dei conti, sez. contr. Emilia-Romagna – parere 26/2012). A questo proposito, ricordiamo che, dal prossimo anno, il Patto si applicherà a tutti i Comuni con più di 1000 abitanti. Simili problemi non si pongono, invece, in caso di costituzione di un’Unione di

UNIONE E CONVENZIONEFunzioni fondamentali in forma associata

di Matteo Barbero - funzionario Regione PiemonteE

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La scelta di affidare il servizio di Trasporto pubblico locale mediante procedure concorsuali si richiama sia all’obbligo di adempiere alle prescrizioni normative del Burlando che alla legge regionale 1 del 2000. Le gare o aste (franchise-bidding), tipico strumento con cui introdurre la concorrenza per il mercato costituiscono un intervento di regolazione ex-anure. Che tipi di gara sono possibili con l’attuale quadro legislativo?

Net cost/ Gross cost

Una gara Net Cost spinge l’impresa ad aumentare i ricavi tariffari, prestando, quindi una maggiore attenzione alla qualità del servizio, ma favorisce gli incumbent locali (o i competitor più forti (maggior capacità di affrontare rischi). Una gara Gross cost implica un’organizzazione del servizio più aderente alle indicazioni del committente ma al contempo uno scarso incentivo alla qualità del servizio.

Rigida/ Flessibile/Semirigida

Una gara rigida organizzazione del servizio più aderente alle indicazioni del committente implica un sistema di monitoraggio post-gara più semplice, ma si non permette miglioramenti nell’offerta del servizio. Una gara flessibile, se da un lato consente un rinnovo della rete, è complessa da aggiudicare e richiede una difficile attività di monitoraggio.

Per tratta/Bacino/ Sub-bacino

Una gara per tratta consente una maggiore contendibilità ma non favorisce lo sfruttamento di eventuali economie di scala e comporta il rischio che le

linee meno profittevoli non siano aggiudicate; la gara per bacino stimola i processi di aggregazione di impresa, lo sfruttamento di eventuali economie di scala, ma rischia di favorire gli incumbements, la gara per sub-bacino riveste un po’ le caratteristiche dei due tipi di gara precedentemente elencati, permettendo anche una forma di yardistick competition tra i sub-bacini. Gli Enti locali, soggetti aggiudicatari del servizio di tpl su gomma e ferro urbani ed extraurbano, potranno scegliere tra i sopraelencati tipi di gara. Con il Burlando, invece, gli introiti tariffari, sia che si scelga un contratto di tipo “net cost” o sia”gross cost”, assumono un rilievo fondamentale ai fini della determinazione degli oneri del servizio di cui l’Ente committente dovrà darsi carico nei confronti del gestore e per il raggiungimento dell’obiettivo di copertura dei costi del servizio con ricavi aziendali, fissata per legge nella misura minima tendenziale del 35%.

E’ necessario, quindi, che la Regione e gli Enti soggetti di delega elaborino adeguati criteri di politica tariffaria mediante i quali sia possibile ripartire in modo equo tra utenza e fisco regionale i costi del servizio offerto. Tali criteri dovranno guidare gli Enti stessi tanto nella determinazione del prezzo adottato nel contratto di servizio, tanto nel suo successivo aggiornamento per mantenere integro l’equilibrio del contratto stesso in fase dinamica.

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iTRASPORTO PUBBLICO LOCALETipologie di garadi Cristina Bargero - ricercatrice IRES Piemonte

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Sarà un periodo di lavoro intenso quello che attende il ministro della Funzione pubblica, Patroni Griffi. Le sue dichirazioni si sono, infatti, alternate “vorticosamente” già all’inzio di dicembre quando ha rivelato – il 3 dicembre – che il Governo si sarebbe impegnato a prorogare i contratti in scadenza dei precari della Pubblica amministrazione fino al 30 luglio del 2013, senza precisarne lo strumento. Due giorni dopo – il 5 dicembre – dichiarando 7.300 esuberi nella P.A. in seguito ai tagli previsti dalla spending review, lo stesso ministro dichirava 260mila precari nel pubblico impiego e dunque l’impossibilità di “ipotizzare una stabilizzazione di massa”. Tra le possibilità per risolvere almeno temporaneamente il problema è spuntata poi l’ipotesi di una deroga al limite massimo per i contratti a termine (oggi di 36 mesi) portandola in alcuni casi specifici a 60 mesi.

L’impegno del Governo, dichiarato dal ministro, è quello di “portare a soluzione nei termini possibili il cosiddetto tema del precariato della PA. Ci sarà una soluzione a regime articolata in due punti: nei concorsi pubblici valutare l’esperienza maturata; e un accordo quadro in sede Aran per definire la possibilità di avere contratti a termine al di là di 36 mesi”. Le proroghe intanto verranno applicate ai contratti in scadenza fino al termine del

30 luglio, rispettando “i vincoli finanziari”.

E mentre la CGIL chiedeva chiarezza sugli strumenti normativi che dovrebbero portare un po’ d’ordine sulla questione precariato e pubblico impiego, resta affannosa la ricerca sui numeri precisi dei precari nel Pubblico impiego.

Secondo Michele Gentile, responsabile dei Settori pubblici della Cgil Nazionale “una politica sbagliata, fatta da una parte di blocco delle assunzioni e dall’altra di tagli lineari, ha prodotto precariato senza diritti. Ed è questa la risposta alla domanda che il ministro dovrebbe farsi, e cioè per quale motivo si è formato tutto questo precariato? E come si garantiscono i servizi pubblici con i 260mila precari finora censiti, senza che ci siano prospettive di lavoro immediate e, in prospettiva, di lavoro stabile?”. Lo stesso Gentile ha posto l’accento su una contraddizione: “Come può essere possibile che nelle stesse Amministrazioni ci siano posti da tagliare, eccedenze di personale e precari il cui rapporto di lavoro può semplicemente concludersi?” La risposta – secondo il responsabile dei Settori pubblici della Cgil Nazionale - è semplice: “È il prodotto di scelte sbagliate”.

PROROGHE E STABILIZZAZIONIForse una speranza. Anzi no. di Emanuela Celona - precaria Regione Piemonte

CAPODANNO 2013, NON PASSARLO DA SOLO!

Se il tuo contratto sta per scadere rivolgiti alla CGIL’ è questo lo slogan della Campagna promossa dai Giovani NON+ disposti a tutto e dal NIdiL CGIL, dopo l’iniziativa del sindacato per costruire un percorso di stabilizzazione per i precari del pubblico impiego. Si tratta di una campagna straordinaria di assistenza e tutela rivolta ai numerosi lavoratori che hanno il contratto in scadenza il 31 dicembre 2012.

Il sindacato organizza banchetti nelle principali piazze italiane per informare e assistere giovani e precari, oltre alla consueta attività di consulenza presso le Camere del Lavoro.

“Molte aziende – denunciano i giovani NON+ e il NIdiL CGIL – , con la scusa della riforma Fornero, non stanno rinnovando i contratti, o in alcuni casi – anziché trasformare le collaborazioni a progetto o le associazioni in partecipazione in lavoro dipendente – aggirano le norme utilizzando tipologie ancora peggiori (partite Iva, occasionali, voucher)”. Per capire e compredere meglio la situazione che ci si trova ad affrontare è importante rivolgersi alla CGIL.

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