Note Macchine 2

248
- 1 - IMPIANTI IDROELETTRICI (note integrative) o I sistemi di conversione dell'energia potenziale idrica in lavoro meccanico possono essere di vario tipo. a) Impianti ad acqua fluente. o Non hanno un serbatoio a monte, o hanno un serbatoio con una durata di invaso 2 ore (*) . o Sono impianti caratteristici dei fiumi di pianura, caratterizzati da una portata poco variabile nel corso dell'anno. o Una parte della portata del fiume viene deviata (con apposite traverse di sbarramento) in un canale, detto anche canale deviatore, e da questo convogliato in una vasca di carico con durata di invaso 2 ore. o Sono diffusi lungo il Danubio, il Reno e i grandi fiumi americani e russi. o In Italia, alla fine del 1993, erano presenti 1472 impianti ad acqua fluente per una potenza complessiva di 3607 MW (P media 2,5MW). (*) Durata di invaso : T = V u /Q m , dove Q m è la portata media annua del corso/corsi d’acqua che alimentano il serbatoio, e V u la capacità utile del serbatoio.

description

pelton design procedure

Transcript of Note Macchine 2

Page 1: Note Macchine 2

- 1 -

IMPIANTI IDROELETTRICI (note integrative)

o I sistemi di conversione dell'energia potenziale idrica in lavoro meccanico possono essere di vario tipo.

a) Impianti ad acqua fluente.

o Non hanno un serbatoio a monte, o hanno un serbatoio con una durata di invaso ≤ 2

ore(*).

o Sono impianti caratteristici dei fiumi di pianura, caratterizzati da una portata poco variabile nel corso dell'anno.

o Una parte della portata del fiume viene deviata (con apposite traverse di sbarramento) in un canale, detto anche canale deviatore, e da questo convogliato in una vasca di carico con durata di invaso ≤ 2 ore.

o Sono diffusi lungo il Danubio, il Reno e i grandi fiumi americani e russi. o In Italia, alla fine del 1993, erano presenti 1472 impianti ad acqua fluente per una potenza

complessiva di 3607 MW (Pmedia ≈ 2,5MW). (*) Durata di invaso: T = Vu/Qm, dove Qm è la portata media annua del

corso/corsi d’acqua che alimentano il serbatoio, e Vu la capacità utile del serbatoio.

Page 2: Note Macchine 2

- 2 -

b) Impianti a serbatoio e impianti a bacino.

o Sono impianti caratterizzati dalla presenza a monte di un sistema di carico (Fig. 2), a serbatoio o a bacino, che può essere naturale o artificiale.

o Quando il sistema di carico a monte ha una durata di invaso ≥ 400 ore l'intero impianto prende il nome di impianto a serbatoio. Se la durata di invaso è 2< T < 400 ore il sistema di carico a monte prende il nome di bacino di modulazione, e l'intero impianto: impianto a bacino.

o Questi impianti consentono una maggiore elasticità di servizio rispetto agli impianti ad acqua fluente poiché il serbatoio/bacino di alimentazione svolge una funzione di "polmone"di accumulo.

o La potenza media di questi impianti è, inoltre, di gran lunga maggiore rispetto ai precedenti ad acqua fluente.

o In Italia , alla fine del 1993, esistevano 144 impianti a serbatoio per una potenza nominale complessiva di 12286 MW (Pmedia ≈ 85MW) e 189 impianti a bacino per una potenza complessiva di 5893 MW (Pmedia ≈ 31MW).

Page 3: Note Macchine 2

- 3 -

c) Impianti di accumulazione.

o I due serbatoi (Fig. 3) sono generalmente artificiali. Il dislivello geodetico è legato alla orografia (aspetto altimetrico/ distribuzione dei rilievi) della zona.

o L’energia richiesta per pompare una determinata massa d’acqua dal serbatoio inferiore a

quello superiore è maggiore (circa 1,5 volte) di quella che si rende disponibile nel percorso inverso.

o Tuttavia quando l’energia prodotta da altri impianti (termoelettrici, nucleari, ad acqua fluente e altri non facilmente e/o convenientemente regolabili) è in esubero rispetto alla domanda (ad esempio nelle ore notturne), è possibile utilizzarla per pompare l’acqua dal bacino inferiore a quello superiore per immettere in rete l’energia da questa restituita nel passaggio inverso nelle ore in cui la richiesta di energia elettrica è maggiore.

o Gli impianti in questione servono dunque per accumulare l’energia elettrica in esubero (difficilmente immagazzinabile in altro modo) e restituirla quando necessario, permettendo alla centrali di base (termoelettriche e nucleari soprattutto) di funzionare con maggiore regolarità e continuità e, dunque, con maggiore rendimento.

o In Italia, alla fine del 1993, esistevano 19 impianti di accumulazione per una potenza complessiva di 6851MW.

Page 4: Note Macchine 2

- 4 -

DIAGRAMMA DI DURATA

o La forma tipica di un diagramma di durata è mostrato in Fig.4 .

o Quella di Fig.4 è la curva media di misurazioni ripetute nel corso di vari anni (anche 5÷6 anni quando il costruttore vuole essere certo della convenienza economica dell’investimento, e questo si prevede ingente).

o Per quale portata conviene eseguire il progetto della turbina? È un problema delicato, ed è il primo passo da eseguire prima di concentrarsi sul progetto della turbina.

o Occorre anche osservare che, all’inizio, non è nemmeno noto il tipo di turbina da impiegare, anche se dal valore della caduta idrica ci si può fare, a volte, un’idea iniziale.

o Ragioni di ritorno economico, legate alla produzione di energia elettrica dell’impianto, suggeriscono di non fare lavorare la turbina a portate inferiori a quella massima (a cui corrisponde la massima potenza; la caduta è mantenuta sostanzialmente costante dagli sfioratori del bacino/serbatoio di alimentazione) per un numero di giorni inferiore, usualmente, a 90÷100 giorni (Fig. 5a).

o Con questo ulteriore dato si può eseguire uno studio di fattibilità, scegliere dunque il regime di dotazione e orientarsi in maniera meno incerta sul tipo di turbina (Pelton, Francis, Kaplan) più opportuno da adottare.

o Scelto il tipo di turbina, dalla letteratura tecnica o dall’esperienza maturata nel settore, è acquisibile un andamento tipo del rendimento in funzione della portata (Fig. 5b).

o Scelto il numero di giorni in cui si vuole che la turbina produca la massima potenza, si può ottenere la corrispondente curva della potenza prodotta nel corso di un anno sfruttando la curva di durata dell’impianto.

o La potenza è data da: P = ρQgHη1000

con = f(Q/QMAX ).

Page 5: Note Macchine 2

- 5 -

o Si ottiene la curva di Fig.5c. Il numero massimo di giorni in cui la turbina può operare utilmente può essere minore di 365 se la portata minima dell'impianto è minore della Qmin di funzionamento della turbina [Qmin turbina = QMAX impianto × (Qmin/Qmax)turbina].

o La portata minima dell’impianto non è, inoltre, quella di cui effettivamente si disporrebbe dal diagramma di durata. Per legge una portata deve sempre seguire il suo corso naturale senza essere intercettata dalle opere di presa dell’impianto idroelettrico.

o Dal diagramma della potenza si può ottenere per integrazione

kWh = 24 Pdt

l’energia totale in kWh ottenibile in un anno tipo, ossia il dato più importante per valutare la convenienza economica dell’investimento.

o Non è detto che la scelta iniziale dei giorni in cui far lavorare la turbina a Qmax sia la più conveniente. Si può dunque variare GQmax e costruire un grafico che riporta i kWh prodotti in un anno in funzione di GQmax dal quale ottenere il valore ottimo di GQmax(Fig. 6).

Page 6: Note Macchine 2

- 6 -

o Si potrebbe pensare di progettare la turbina QDES = QMAX in modo da aumentare la potenza massima prodotta dalla turbina a causa del maggior valore del rendimento che accompagnerebbe l’esercizio a QMAX = QDES (Fig. 5b). In realtà, all’aumentare di K aumentano le perdite per brusca deviazione all’ingresso della girante per Q < QDES , la curva del rendimento diventa più ripida e aumenta il valore della QMIN elaborabile dalla turbina.

o In conclusione ciò che si guadagna in termini di kWh nei GQMAX giorni si perde nel resto

dell’anno. I valori ottimali di QDES/QMAX sono suggeriti dall’esperienza in funzione del numero tipico di macchina K.

Page 7: Note Macchine 2

- 7 -

TURBINE PELTON (note integrative)

o Le turbine Pelton sono costituite da un elemento statorico di distribuzione, composto da uno o più ugelli introduttori (Fig. 1 e 2), e da una ruota che porta alla sua periferia una corona di pale a doppio cucchiaio. Le pale possono essere fuse di pezzo insieme al disco (Fig. 3) oppure essere a questo calettate e imbullonate (Fig. 4).

o Il fluido esce dall’introduttore o bocchello direttamente nell'atmosfera sotto forma di getto cilindrico.

o Il dislivello geodetico hg dei bacini di alimentazione e scarico è, a meno delle perdite di carico hri nella condotta di adduzione e hrb nel bocchello, e della quota z tra l’asse del getto e il pelo libero del bacino di scarico, interamente convertito in energia cinetica (Fig. 5).

Page 8: Note Macchine 2

- 8 -

Page 9: Note Macchine 2

- 9 -

o Assunto il piano orizzontale per l’asse del getto quale piano di riferimento per la misura delle quote geodetiche, la caduta idrica disponibile h è l’energia a monte del bocchello (o ugello introduttore), e vale (Fig. 5 e 6): h = !"+ $!%& = h − z − h (1)

o Applicando Bernoulli tra la sezione “i” a monte del bocchello e la sezione ristretta del

getto (poco a valle della sezione ristretta del bocchello, Fig. 6), si ottiene: h = !"+ $!%& = $)%& + h* (2)

dove hrb rappresenta la perdita di carico all’interno del bocchello.

o In assenza di perdite (hrb = 0) è: C, = -2gh (3) Per tener conto delle perdite hrb si introduce un coefficiente di perdita φu (0,96÷0,98) (*) cosicché: C, = φ × C, = φ × -2gh (4) e il diametro del getto è: d = 0 123$) (5)

dove i è il numero di ugelli introduttori presenti.

o La coppia motrice si trasmette all’albero a seguito della variazione del momento della quantità di moto che subisce il fluido durante la sua interazione con le pale del motore (Fig. 7).

Poiché M =4Q∆(rCu), la coppia, e quindi la potenza trasmessa all’albero, può essere regolata variando la portata, ovvero l’apertura del bocchello mediante un otturatore interno detto anche spina Doble (Fig. 6).

o Tutta l’energia cinetica C,&/2g del getto deve essere trasferita alla girante, le cui pale dovranno perciò intercettare tutte le particelle d’acqua che formano il getto. (*) φu ≈ 0,98÷0,99 a piena apertura della spina; ≈ 0,94÷0,95 a metà apertura.

Page 10: Note Macchine 2

- 10 -

NUMERO MINIMO DI PALE – PASSO LIMITE

o Sono diverse le condizioni che devono essere assolte durante l’interazione getto-pala. Le soluzioni proposte sono diverse tra loro benché tutte si prefiggano gli stessi obiettivi. Le ragioni risiedono nel carattere non stazionario dell’interazione getto-pala che rende necessariamente approssimata la struttura di procedimenti di calcolo. Alle difficoltà di calcolo si sopperisce con semplificazioni, l’esperienza e l’osservazione sperimentale ottenendo, inevitabilmente, differenti correlazioni empiriche fra i principali parametri funzionali in gioco.

o Sono di seguito descritti alcuni di questi procedimenti.

a) Si faccia riferimento alla Fig. 8.

o Quando la pala raggiunge la posizione I ha tagliato tutto il getto poiché il bordo più esterno (l’estremità del tagliente) ha raggiunto il filetto 3 inferiore del getto di diametro d. Nella figura, le lettere maiuscole indicano punti in movimento con la ruota, mentre le lettere minuscole quelli in movimento con il getto.

o La pala ha tagliato il getto secondo la generatrice b1-b'0, la cui traccia può essere determinata per punti. Ad esempio, il punto b'0 può essere determinato osservando che il segmento b0-b'0 , lungo la traccia del filetto 1, rappresenta lo spazio percorso dalla particella non intercettata dalla pala I quando si trovava in Bo durante la rotazione di

quest’ultima da B0 a B1. Il tempo impiegato dalla pala I per descrivere l’arco è: t6786) = 9: = : (6)

dove ω è la velocità angolare della girante e rb la distanza radiale dell’estremità del tagliente (punta del tagliente) dall’asse di rotazione della girante.

Page 11: Note Macchine 2

- 11 -

Durante questo tempo, la particella d’acqua non intercettata dalla pala in b0 si muove alla velocità C1 e percorre lo spazio

b − b′ = C,t(6>86)) = : C, (7)

o La porzione di getto delimitata dalla generatrice b1-b'0 (tratteggiata a destra della pala I in

Fig. 8) dovrà essere completamente intercettata dalla pala precedente II, altrimenti parte dell’energia cinetica del getto viene persa.

o Le condizioni più critiche si manifestano per il filetto 3 più esterno del getto. Affinché nessuna particella d’acqua passi senza essere intercettata, è necessario che la particella b1 colpisca il tagliente della pala II prima di raggiungere la posizione limite bL. Occorre quindi che la pala II copra la distanza angolare δ (Fig.8) in un tempo t1 maggiore di quello t2 richiesto alla particella d’acqua in b1 per raggiungere la posizione bL.

o Per la pala è: t, = @9 = :@: (8)

mentre per la particella d’acqua t& = *)*A$) = &: B C$) (9)

Poiché deve essere t1 > t2, si ottiene: :@: > &: B C$) (10)

e dunque δ > &:BC$) (11)

o Il passo palare ξ =2F/z (con z numero di pale) dovrà perciò soddisfare alla condizione:

ξ = 2θ − δ < 2J − &:BC$) (12)

mentre, dalla (11), il rapporto KL/M,tra la velocità periferica delle punte dei taglienti e la velocità del getto, dovrà soddisfare alla condizione: :$) < @&BC = &C8N&BC = C8OPBC (13)

Se anziché alla velocità periferica delle punte KL si fa riferimento alla velocità periferica K, = QR,/2, con D1 diametro medio della ruota, si ottiene: )$) < C8OPS:S)BC (14)

o Trasformando la disuguaglianza (12) in uguaglianza si determina il valore massimo del

passo palare ξ (passo limite) e, da esso, il numero minimo di pale z = 2F/ξ .

Page 12: Note Macchine 2

- 12 -

o Analogamente, anche la particella b0 staccata dalla pala I al suo ingresso nel getto non sarà intercettata dalla pala che precede II se raggiungerà la posizione limite b’L dopo che in quella posizione è transitata la pala II (Fig. 9). Ripetendo le operazioni precedenti si ottiene che tale circostanza si verifica quando: )$) > CT8OPS:S) B CT (15)

Per queste condizioni di esercizio, non soltanto il filetto 1 più interno del getto non è intercettato da alcuna pala, ma anche tutti gli altri. Sono queste le condizioni di fuga della girante, a cui corrispondono valori nulli del momento, della potenza e del rendimento.

o La velocità C1 del getto dipende dalla caduta idrica h (eq.4). Pertanto, per un dato numero z di pale, quando la diminuzione della quota geodetica hg del bacino di carico è tale che la disuguaglianza (13) o (14) cambia di segno, non tutte le particelle del getto (soprattutto quelle più esterne) vengono intercettate dalle pale.

o Ma anche prescindendo dalle variazioni della caduta geodetica hg (e quindi delle conseguenti variazioni della velocità C1 del getto), il passo palare ξ deve essere minore di quello limite (eq. 12): l’energia cinetica della particella b1 staccata dalla pala I potrà essere convertita efficacemente in lavoro meccanico dalla pala II solo se la traiettoria della particella potrà essere deviata dalla superficie del cucchiaio (traiettoria EXU, Fig. 10). Ma per consentire tale deviazione, il tagliente della pala II dovrà intercettare la particella b1 prima che questa raggiunga la posizione limite bL (Fig. 8).

o Dove far avvenire il contatto tra la particella b1 e il tagliente della pala II non è di secondaria importanza perché consentirebbe di determinare il numero di pale strettamente necessario per recuperare al meglio l’energia cinetica del getto. Per le ragioni appena discusse il passo palare adottato è minore di quello limite, anche del (30 ÷ 35) %.

Page 13: Note Macchine 2

- 13 -

Un numero di pale elevato, quale potrebbe derivare da un’eccessiva riduzione del passo palare limite, non è conveniente per diversi motivi. L’ingresso di ogni pala nel getto è causa di possibili deflessioni del getto medesimo, soprattutto se il dorso delle pale non è sagomato opportunamente; inoltre l’acqua scaricata da una pala potrebbe colpire il dorso di quella che segue (Fig. 10), esercitando un’indesiderata azione frenante.

o Per tener conto delle osservazioni precedenti sono stati proposti in letteratura procedimenti alternativi a quello appena descritto, che possono essere riassunti da quanto di seguito illustrato.

b) Affinché la particella d’acqua b1 possa esercitare efficacemente la sua azione sulla pala è necessario che essa abbia a completare la sua traiettoria relativa lungo il cucchiaio (indicata con EXU in Fig. 10).

o Il completamento di tale percorso richiede un tempo t3 dato da:

tU = (16)

dove come W si intende il valore medio della velocità relativa tra l’ingresso e l’uscita del cucchiaio: W ≈)W%& (17)

con W2 ≈ (0,9÷0,95) W1 per l’attrito nelle pale (*).

(*) Nel sistema di riferimento relativo : )" + X)%& = %" + X%%& + ghX, Z[Z inoltre p1= p2 =patm.

Page 14: Note Macchine 2

- 14 -

Page 15: Note Macchine 2

- 15 -

o Si assume, per semplicità, che la particella rimanga sempre in un piano orizzontale

contenente l’asse del getto (Fig. 11a) mentre percorre la traiettoria relative . Si ammette altresì che la traiettoria relativa possa essere rappresentata dalla sezione trasversale media del cucchiaio.

o Nel tempo t3 la particella d’acqua percorrerà, pertanto, un tratto di lunghezza la lungo la traiettoria assoluta del getto data da (Fig. 11a e 11b):

\ ≈ ∑ ∆\_, =9`&∑ ∆S = 9`& ∑ = 9`& = u = ut3 (18)

o La lunghezza la , che rappresenta la proiezione lungo la direzione del getto della

traiettoria assoluta percorsa dalla particella nel tempo t3, consente di individuare la posizione B (Fig. 11a) in cui la particella d’acqua che non è stata intercettata in A dalla pala I, dovrebbe colpire la pala precedente II per utilizzare appieno l’energia cinetica del getto.

o Ma prima di colpire la pala II questa particella deve percorrere la distanza con velocità C1, impiegando un tempo t4 dato da: t1 = d6$) (19)

o Nello stesso tempo la pala II ruota con velocità angolare ω descrivendo con la punta del

tagliente l’arco: =d6$) ud = e$) ud = t1ud (20)

Pertanto, quando la punta del tagliente della pala I taglia in A il filetto più esterno del getto, la pala precedente II deve trovarsi con la punta del tagliente in A’ permettendo in

tal modo di determinare il passo palare richiesto . o Un passo palare maggiore non consentirebbe ad alcune particelle d’acqua di completare

la loro traiettoria relativa (e dunque di non essere deviate dal cucchiaio) un passo inferiore causerebbe inutili interferenze sul getto.

o La procedura oltre che laboriosa è pure approssimata. Si ritiene infatti che la deviazione impressa dal cucchiaio sull’ultima particella d’acqua si mantenga in un piano orizzontale contenente l’asse del getto.

o In realtà, fatta eccezione per la posizione “3” (Fig. 12) in cui l’asse del getto incontra ortogonalmente il tagliente (e per tale ragione si può ammettere puramente laterale la deviazione subita dalla particella D sull’asse del getto), in tutti gli altri casi le traiettorie relative dipendono dalla posizione della pala.

Page 16: Note Macchine 2

- 16 -

o Ad esempio, in corrispondenza del primo contatto getto-pala, posizione 1, la traiettoria è rappresentata dalla curva 1-F (Fig. 12b): la direzione della velocità relativa W1 è, in tale posizione, rivolta verso l’interno della pala.

o L’ultima particella colpisce la pala in B dove l’inclinazione della velocità relativa (e della pala medesima) imporrà alla particella la traiettoria centrifuga B-C (Fig. 12b). Lo scarico, anche in questo caso, non è laterale, anzi c’è il rischio che la particella esca attraverso l’intaglio, determinando una dispersione del getto d’acqua. Per evitare questo inconveniente il punto B, in cui ha luogo l’incontro dell’ultima particella d’acqua (quella partita dal punto 2, Fig. 12a) con il tagliente del cucchiaio, è scelto piuttosto all’interno della pala, di solito poco lontano dal suo centro (Fig. 12b).

o Per l’individuazione di tale punto, una volta definita la geometria del cucchiaio e l’inclinazione del tagliente, è necessario tracciare la traiettoria relativa del filetto più esterno del getto, argomento che sarà trattato successivamente.

o Per il momento queste osservazioni sono state introdotte solo per far notare che il tempo t3 necessario per lo svuotamento del cucchiaio andrebbe commisurato alla traiettoria B-C anziché alla traiettoria D-E come fatto, invece, in precedenza (eq. 16).

o Lo scarico dell’ultima particella non può avvenire in C’ perché altrimenti la particella non verrebbe deviata. Lo scarico deve quindi avvenire in una posizione arretrata C, con la punta del tagliente nella posizione “6” di Fig. 12a

Page 17: Note Macchine 2

- 17 -

o Stabilita questa posizione, se fosse nota la traiettoria B-C, e dunque la sua lunghezza \f8g, si potrebbe calcolare il tempo t3 (*): tU = ehij (21)

e calcolare l’arco di circonferenza percorso dalla pala con la relazione: = ωtU `l& = t3up (22)

dove come Dp si è indicato il diametro della punte dei taglienti (Fig. 12a).

o Per la determinazione del passo palare si deve ruotare ancora all’indietro la pala dell’arco pari a: = &86$) u = t1u (23)

dove u = ωD /2 è la velocità periferica delle punte dei taglienti.

o Se ne conclude che nell’istante in cui la pala intercettava in 2 tutto il getto, la pala precedente deve trovarsi in 2’ per raccogliere successivamente in B l’ultima goccia d’acqua partita da 2.

o L’arco è dunque il valore massimo del passo palare che soddisfa alla premessa iniziale: non disperdere l’energia di alcuna particella del getto.

o Rispetto alla procedura precedente è stata rimossa l’ipotesi semplificativa che riteneva puramente laterale la traiettoria dell’ultima particella lungo la superficie del cucchiaio. Rimane però indefinita la traiettoria effettiva B-C, e dunque non meno approssimato il calcolo del passo palare.

o È per queste ragioni che il primo procedimento esposto (eq. 12), basato sulla condizione limite che l’ultima particella d’acqua colpisca il tagliente in BL (Fig. 8), è da più parti suggerito per il calcolo del passo palare limite, salvo ridurlo per tener conto delle approssimazioni e delle lacune su menzionate e discusse.

o Un metodo alternativo, spesso adoperato per la verifica del passo palare, è quello basato sulla determinazione delle traiettorie relative dei singoli filetti del getto nel suo insieme rispetto a un osservatore solidale alla ruota. (*) Per il calcolo della velocità media W si osservi che, in assenza di perdite, si conserva l’energia della corrente relativa: h" + h%8h%& = j" + j%8j%& (a)

e che pB = pC = patm perché il getto è a contatto con l’atmosfera. Nota la traiettoria B-C e la velocità relativa WB all’ingresso, si può determinare dalla (a) la velocità relativa Wc e quindi la velocità relativa media W= (WB+WC)/2 con cui la particella percorre la traiettoria B-C.

Page 18: Note Macchine 2

- 18 -

TRAIETTORIA RELATIVA DEL GETTO

o Per determinare la traiettoria relativa del getto nel suo insieme, senza cioè tener conto dell’interazione con le pale, o le traiettorie relative delle particelle non intercettate dalla punta del tagliente durante l’inserimento progressivo di una pala nel getto, è sufficiente applicare le leggi dei moti relativi.

o Sia A-B la traiettoria relative percorsa da un punto materiale rispetto a un sistema di riferimento centrato in O che ruota con velocità angolare ω costante rispetto a un asse ortogonale al piano del foglio (Fig. 13).

o Nello stesso punto O sia anche il riferimento assoluto. La relazione tra le velocità nei due sistemi di riferimento è, come noto:

(24) dove è la distanza del punto P da O. La velocità di trascinamento è la velocità che competerebbe a P se esso, nella posizione in cui si trova, partecipasse all’atto di moto della terna mobile come se fosse ad essa solidale.

o Dopo un tempo ∆t1 il punto P, partendo da A, si trovi in 1 (Fig. 13) nello spazio solidale

terna mobile. Il legame tra lo spostamento relativo e quello assoluto si ottiene dalla (24) osservando che:

(25)

o Il punto 1, raggiunto dal punto P dopo un intervallo di tempo ∆t1, rispetto al riferimento assoluto ha infatti percorso nello stesso intervallo di tempo, un arco di circonferenza ω r1∆t1 di centro O.

Page 19: Note Macchine 2

- 19 -

o Per determinare graficamente la posizione 1’ del punto P nel riferimento assoluto basterà, perciò, tracciare per il punto 1 un arco di circonferenza di raggio r1= O-1 e centro O lunghezza pari a ω r1∆t1 (Fig. 13).

o In modo analogo si trova la posizione assoluta 2’ del punto P quando transita per la posizione 2 della traiettoria relativa: si disegna un arco di circonferenza di raggio r2= O-2 e centro O di lunghezza ω r2∆t2, se ∆t2 è il tempo trascorso per il passaggio del punto P da A a 2. È così via per gli altri punti della traiettoria relative che, in questa discussione, si ritiene nota.

o In maniera analoga si procede qualora sia nota, come nel caso in esame, la traiettoria assoluta del getto e si voglia determinare quella relativa, ovvero la forma del getto che un osservatore solidale alla ruota vedrebbe qualora non vi fossero pale che intercettavano il getto.

o La traiettoria relativa del getto si ottiene facilmente determinando la traiettoria relativa dei filetti che lo compongono, ad esempio di quello interno, medio ed esterno. Conviene partire dai punti P, T, Q (Fig. 14) situati sull’asse ortogonale al getto perché ivi, le traiettorie relative e assolute risulteranno tangenti dato che la velocità di trascinamento

è lungo la direzione del getto (Fig. 14). o Si prenda in esame, ad esempio, il punto T di tangenza della circonferenza di diametro D1

della ruota con l’asse del getto (Fig. 14). Tale punto, considerato appartenente al getto, percorrerà nel tempo ∆t1 la distanza TM= C0 ∆t1 (Fig. 14). Nello stesso tempo ∆t1 la

girante ruota di un angolo δ = = ω ∆t1, dove ω è la velocità angolare della ruota. o Per ottenere nel sistema di riferimento solidale alla girante la posizione della particella

che corrisponde a M nel riferimento assoluto, basta ruotare M all’indietro dell’angolo δ. È dunque sufficiente tracciare per M, con raggio OM e centro O, un arco di circonferenza

tale che l’angolo sia uguale a δ. o Allo stesso modo se la posizione assoluta R è raggiunta dalla particella partita da T dopo

un tempo ∆t2=2∆t1, la girante nello stesso intervallo di tempo ruoterà di un angolo 2δ. La posizione che nel sistema di riferimento relativo corrisponde a R si ottiene ruotando all’indietro R tracciando, per tale punto, un arco di circonferenza di raggio e

centro O e di lunghezza tale che l’angolo sia pari a 2δ. E così via, per punti, si ottiene la traiettoria T, T1, T2, T3,… del filetto medio del getto a partire dal punto T.

o Per ragioni di simmetria, il ramo di sinistra della traiettoria relativa del filetto medio del getto si ottiene ribaltando di 180° il ramo T, T1, T2, T3,… prima determinato.

o Ripetendo lo stesso procedimento per i punti P e Q (Fig. 14) si ottengono le traiettorie relative dei filetti 1 e 3 e quindi la geometria del getto vista da un osservatore che ruota in solido con la girante.

o La conformazione del getto nel sistema di riferimento relativo è stata impiegata da alcuni autori per la definizione del passo palare e per il proporzionamento stesso del cucchiaio. È tuttavia utile, come si avrà modo di apprezzare, anche per la sagomatura del dorso del cucchiaio.

Page 20: Note Macchine 2

- 20 -

o Di notevole utilità sono anche le traiettorie relative delle particelle non intercettate dalla punta del tagliente durante il progressivo inserimento di una pala nel getto. Infatti, oltre a consentire di determinare per altra via, rispetto ai procedimenti già illustrati, il passo palare limite permette anche di verificare la convenienza del passo palare alla fine adottato e di agevolare la determinazione del numero di pale contemporaneamente in presa con il getto.

o La procedura da adottare è riassunta graficamente in Fig. 15, ove sono tracciate le traiettorie relative delle particelle non intercettate dalla punta del tagliente in A e B, rispettivamente nel filetto interno ed esterno del getto.

Page 21: Note Macchine 2

o Conviene suddividere le lunghezze dei segmenti lunghezza, e poi applicare la composizione dei moti (eq. 25) già descritta in precedenza. La traiettoria relativa della particella staccata in A dalla punta dingresso nel getto è descritta dalle seguenti relazioni:

che consentono di determinare agevolmente la traiettoria A, M, P, N, Aparticella per un osservatore che ruota in solido con la girante.

o In modo analogo si determina la traiettoria relativa percorsa dalla particella staccata in B dalla punta del tagliente.

o Poiché nel sistema di riferimento che ruota in solido con la girante le pale sono ferme è ovvio che la traiettoria relativa Btagliente della pala precedente se si vuole sfruttare tutta l’energia cinetica del getto. L’arco è dunque il passo palare limite sulla circonferenza della punte, lo stesso che si otterrebbe dalla eq. 12.

o In Fig. 16, la traiettoria relativa della particella non intercettata in A dalla pala Ointerseca il tagliente della pala Otagliente, in modo tale da consentire ragionevolmente all’ultima particella dpercorrere la superficie interna del cucchiaio senza uscire prematuramente attraverso l’intaglio. INCLINAZIONE DEL TAGLIENTE

o Oltre al passo palare è necessario stabilire anche la posizione più opportuna della pala rispetto al getto e l’inclinazione del tagliente. A tal riguardo si rivela utile la traiettoria relativa del getto di Fig. 14. Alcuni autori suggeriscono la soluzione riassunta in Fig. 17. Posizionata la pala I in modo che il getto ne sfiori il dorso, la pala II è collocata in modo che il filetto medio del getto (l’asse del getto nel riferimento assoluto) colpiortogonalmente il tagliente

- 21 -

Conviene suddividere le lunghezze dei segmenti e (Fig. 15) in tratti di uguale lunghezza, e poi applicare la composizione dei moti (eq. 25) già descritta in precedenza. La traiettoria relativa della particella staccata in A dalla punta del tagliente nel suo ingresso nel getto è descritta dalle seguenti relazioni:

che consentono di determinare agevolmente la traiettoria A, M, P, N, A1 seguita da questa particella per un osservatore che ruota in solido con la girante. In modo analogo si determina la traiettoria relativa percorsa dalla particella staccata in B

Poiché nel sistema di riferimento che ruota in solido con la girante le pale sono ferme è ovvio che la traiettoria relativa B-B1 del filetto più esterno del getto dovrà intersecare il tagliente della pala precedente se si vuole sfruttare tutta l’energia cinetica del getto.

è dunque il passo palare limite sulla circonferenza della punte, lo stesso che

Fig. 16, la traiettoria relativa della particella non intercettata in A dalla pala Ointerseca il tagliente della pala O1 nel punto P”, sufficientemente lontano dalla punta del tagliente, in modo tale da consentire ragionevolmente all’ultima particella dpercorrere la superficie interna del cucchiaio senza uscire prematuramente attraverso

INCLINAZIONE DEL TAGLIENTE

Oltre al passo palare è necessario stabilire anche la posizione più opportuna della pala zione del tagliente. A tal riguardo si rivela utile la traiettoria

relativa del getto di Fig. 14. Alcuni autori suggeriscono la soluzione riassunta in Fig. 17. Posizionata la pala I in modo che il getto ne sfiori il dorso, la pala II è collocata in modo

e il filetto medio del getto (l’asse del getto nel riferimento assoluto) colpiortogonalmente il tagliente in un punto opportuno M.

(Fig. 15) in tratti di uguale lunghezza, e poi applicare la composizione dei moti (eq. 25) già descritta in precedenza.

el tagliente nel suo

(26)

seguita da questa

In modo analogo si determina la traiettoria relativa percorsa dalla particella staccata in B

Poiché nel sistema di riferimento che ruota in solido con la girante le pale sono ferme è etto più esterno del getto dovrà intersecare il

tagliente della pala precedente se si vuole sfruttare tutta l’energia cinetica del getto. è dunque il passo palare limite sulla circonferenza della punte, lo stesso che

Fig. 16, la traiettoria relativa della particella non intercettata in A dalla pala O2 nel punto P”, sufficientemente lontano dalla punta del

tagliente, in modo tale da consentire ragionevolmente all’ultima particella d’acqua di percorrere la superficie interna del cucchiaio senza uscire prematuramente attraverso

Oltre al passo palare è necessario stabilire anche la posizione più opportuna della pala zione del tagliente. A tal riguardo si rivela utile la traiettoria

relativa del getto di Fig. 14. Alcuni autori suggeriscono la soluzione riassunta in Fig. 17. Posizionata la pala I in modo che il getto ne sfiori il dorso, la pala II è collocata in modo

e il filetto medio del getto (l’asse del getto nel riferimento assoluto) colpisca

Page 22: Note Macchine 2

- 22 -

Page 23: Note Macchine 2

- 23 -

o Il punto M deve suddividere l’altezza n del cucchiaio (Fig. 18) in modo tale che: \, = 1o n; \& = Uo n (27)

oppure, secondo altre fonti, in maniera che: \, = Ur n; \& = &r n (28)

o La condizione di ortogonalità del tagliente rispetto alla traiettoria del filetto medio del getto risponde a ovvie ragioni legate all’efficacia dell’interazione getto-pala. Il tagliente risulterà inclinato di un angolo Ʒ rispetto alla direzione radiale OM, talché tutti i prolungamenti dei taglienti delle pale risulteranno tangenti a una circonferenza di raggio r’ t (Fig. 17).

o Per facilitare il montaggio delle pale, le costole di fissaggio vengono disegnate, nella vista ortogonale all’asse della ruota, in modo tale che pure i loro prolungamenti risultino tangenti a una circonferenza di raggio rt. In tal modo, fissata correttamente una pala sul disco, per il corretto montaggio delle altre sarà sufficiente accostare tra di loro le costole (Fig. 17).

o Per quanto attiene alla direzione del tagliente, sono stati proposti in letteratura anche altri approcci. Tutti però, a prescindere dalla diversa formulazione, mirano a posizionare il tagliente in direzione ortogonale al getto in una posizione intermedia dell’arco d’azione del getto pieno, ossia dell’arco in cui la pala è in presa con il getto di diametro d (eq. 5).

o La procedura riassunta dalle Figg. 19 e 20, suggerita da Vivier (1966), è ancora largamente impiegata dai progettisti di scuola francese, ma non solo (Zhang, Oberhasli Hydroelectric Power Company, Switzerland, 2007).

Page 24: Note Macchine 2

- 24 -

Page 25: Note Macchine 2

- 25 -

o Secondo Vivier, il tagliente deve risultare ortogonale alla velocità relativa quando AA 1B1B2 (Fig. 19) è intercettato dalla pala che con questa porzione di getto entra in contatto con A.

o I lati che delimitano l’unghia cilindrica che andrà ad alimentare il cucchiaio della pala sono così definiti:

tuvuw AA, = ll CB,B& = AA,BB, = l C

z (29)

dove tp è il passo palare valutato sulla circonferenza delle punte e K = QR/2 è la velocità periferica delle punte dei taglienti.

o Si determina dapprima il punto M del coltello che intercetterà il baricentro G dell’unghia cilindrica imponendo l’ortogonalità del tagliente rispetto alla direzione del getto. Si tratta perciò di determinare il punto C sulla circonferenza delle punte tale che

l = |$> (29)

e condurre per C l’ortogonale all’asse del getto. L’intersezione di tale ortogonale con l’asse del getto è il punto M cercato.

o La determinazione del punto M può avvenire per via analitica trovando l’ascissa del punto C che soddisfa l’eq. 29 (*), oppure per via grafica. In quest’ultimo caso si rivela utile suddividere il filetto centrale del getto, a partire da G, in un certo numero di segmenti (distanza percorsa dal getto in un dato intervallo di tempo ∆t) e segnare sulla circonferenza delle punte, a partire da A, una serie di archi di lunghezza pari al prodotto del segmento rettilineo per il rapporto delle velocità K/M~. I punti M e C dovranno cadere all’interno di segmenti delimitati dagli stessi indici.

o Definita la posizione del punto M, si dovrebbe correggere l’inclinazione del tagliente disponendolo ortogonale alla velocità relativa W (Fig. 19), sennonché il tagliente potrebbe risultare troppo coricato rispetto alla direzione del getto. Vivier suggerisce di

disporre il tagliente lungo la bisettrice MT dell’angolo (Fig. 19). Si ha così modo di individuare il raggio Rt della circonferenza a cui risultano tangenti i prolungamenti dei taglienti delle pale.

(*) Si osservi che l’ipotesi di ammettere la direzione del tagliente ortogonale alla direzione del getto quando G incontra il tagliente comporta = , e quindi : = − = − .

Page 26: Note Macchine 2

- 26 -

o È altrettanto logico ammettere che quando il baricentro G dell’unghia cilindrica AA1B1B2

colpisce il fondo del cucchiaio (M’ in Fig. 20), il piano tangente al fondo risulti ortogonale alla velocità relativa, e così anche la faccia d’ingresso del cucchiaio (cioè il piano che si appoggia sul bordo d’uscita del cucchiaio).

o Stabilita la profondità p del cucchiaio ( in funzione del diametro d del getto mediante correlazioni empiriche che si presenteranno di seguito), si individua per tentativi, con un procedimento analogo al precedente, la posizione M’ in modo da assolvere alla condizione: T|$> = l (30)

verificando altresì che la profondità del cucchiaio sia quella stabilita.

o In pratica, si procede nel modo seguente: Si avanza la posizione C’ della punta del tagliente rispetto alla posizione C

precedentemente trovata e si traccia per C’ la tangente alla circonferenza di raggio Rt individuando, in tal modo, la nuova direzione del tagliente.

Si posiziona sul tagliente il punto M tracciando un arco di circonferenza di raggio OM (noto dalla costruzione precedente, Fig. 19).

Si determina la posizione M’ sul filetto medio del getto dall’eq. 30 (l’arco AC’ è noto avendo assunto la posizione C’ della punta del tagliente).

Per M’ si traccia una retta ortogonale a W, e per M una parallela a questa retta. La distanza fra queste due rette è la profondità del cucchiaio che consegue alla posizione assunta per la punta del tagliente. Si procede in questo modo fino a che la profondità p del cucchiaio è pari a quella stabilita. Assolta quest’ultima condizione è determinato anche il raggio RF della circonferenza a cui devono essere tangenti i prolungamenti delle facce dei cucchiai.

o L’obiettivo della procedura, al di là della laboriosità che essa richiede, è quello di stabilire l’ortogonalità tra getto e “tagliente-faccia del cucchiaio” per una posizione intermedia dell’arco d’azione getto-pala, qui identificata con il baricentro dell’unghia cilindrica che alimenta la generica pala della ruota.

o Ad esempio Nechleba (1957) suggerisce di disporre il tagliente ortogonale alla direzione del getto in una posizione intermedia tra quelle in cui la pala è investita dal getto pieno.

o Una pala inizia a ricevere il getto pieno quando con la punta del suo tagliente incide il filetto più esterno del getto (punto II, Fig. 21). La pala Lp di Fig. 21 continuerà a ricevere un getto fino a che sarà colpita dalla particella staccata in I dalla pala successiva LA. Questa particella colpirà la pala Lp in “a” nel sistema di riferimento relativo, e in “a’ ” nel sistema di riferimento assoluto. L’arco limite di getto pieno per la pala Lp è quindi dato

dall’arco sulla circonferenza delle punte dei taglienti. o Il procedimento che segue presuppone noto il passo palare che, dunque, deve essere stato

determinato in precedenza con uno dei metodi descritti. o Il metodo procede inoltre per tentativi poiché presuppone nota la circonferenza a cui i

prolungamenti dei taglienti devono essere tangenti (oggetto, invece, dell’analisi). o Con questi presupposti, si descrive la traiettoria C1 della particella staccata in I dalla

punta del tagliente della pala LA.

Page 27: Note Macchine 2

- 27 -

Page 28: Note Macchine 2

- 28 -

o La particella staccata in I dalla pala La colpisce la pala precedente Lp nel punto “a”: intersezione della traiettoria relativa C1 con la direzione del tagliente della pala Lp (ruotata del passo palare, supposto noto, rispetto alla precedente).

o La posizione assoluta “a’ ” di quella relativa “a” si ottiene tracciando un arco di cerchio di raggio (con O asse della ruota) fino ad intersecare la generatrice superiore V” del getto. Il tagliente in “a’ “ (tangente alla circonferenza base di raggio r) interseca in d la circonferenza K1 delle punte (Fig.21).

o Su questa circonferenza l’arco di getto pieno della pala Lp è delimitato dai punti II e d.

o Nechleba suggerisce di dividere l’arco in due parti uguali e di tracciare per il punto intermedio “e” la perpendicolare “x” all’asse del getto per ottenere la direzione da assegnare al tagliente in questo punto.

o La distanza r della retta “x” dall’asse della ruota definisce il raggio del circolo a cui devono essere tangenti i prolungamenti dei taglienti delle pale.

o In Fig. 21 è anche possibile individuare la posizione relativa “b” in cui l’ultima particella d’acqua (quella che parte da II) colpisce il tagliente della pala Lp quando la pala LA si trova in II. Il punto b è l’intersezione della traiettoria relativa C2 che origina in II con il tagliente

della pala precedente (che si trova in f, con = passo palare). La corrispondente posizione assoluta b’ si ottiene tracciando per b, con centro sull’asse della ruota, l’arco di

cerchio fino ad intersecare il filetto inferiore V’ del getto. o La proiezione del bordo d’uscita del cucchiaio su un piano ortogonale all’asse della ruota

è, di regola, rettilineo. o Per elevati rapporti D/ do (D: diametro medio della ruota, do: diametro del getto), il bordo

d’uscita è disegnato, di solito, parallelo al tagliente. Negli altri casi la sua direzione è stabilita ortogonale alla direzione del getto in un punto opportuno (si noti la similitudine con il procedimento suggerito da Vivier).

o Nello stabilire questo punto occorre osservare che il bordo d’uscita entra in azione in ritardo rispetto al tagliente (le particelle d’acqua devono percorrere la superficie del cucchiaio).

o Nechleba suggerisce di determinare la posizione “h” in cui disporre il bordo d’uscita perpendicolare alla direzione del getto spostando a destra (Fig. 21) di “la” la retta x definita in precedenza per la direzione del tagliente.

o La lunghezza “la” è la proiezione lungo la direzione del getto della traiettoria assoluta della particella durante il suo tragitto lungo la superficie del cucchiaio (eq. 18).

o Tracciando per “h” la retta x’ ortogonale alla direzione del getto si individua il raggio r’ della circonferenza base a cui i prolungamenti della facce del cucchiaio devono essere tangenti.

o La posizione relativa tagliente-bordo d’uscita è ottenuta intersecando le due direzioni in corrispondenza del punto di intersezione del tagliente con la circonferenza K di diametro pari a quello medio della ruota (Fig.21).

o Per bassi valori del rapporto D/do il tagliente può avere forma curvilinea mentre per elevati rapporti D/do ha andamento rettilineo tranne che per il tratto terminale. La geometria curvilinea del tagliente si ottiene con il procedimento su descritto dopo aver suddiviso l’estensione radiale del cucchiaio in un numero conveniente di parti (Fig. 22).

o La procedura che segue è, forse, quella più semplice e rapida da applicare, e si rifà al procedimento suggerito da Nechleba semplificandone in più parti l’impostazione. La direzione del tagliente è infatti approssimata inizialmente con quella radiale. L’intero procedimento è riassunto in Fig. 23. Il punto A” è quello del tagliente della pala 3 colpito dalla particella d’acqua in A.

Page 29: Note Macchine 2

- 29 -

L’arco rappresenta perciò l’arco di getto pieno (indiretto) (*), durante il quale alla pala viene fornito il massimo momento motore.

o Dall’esame della Fig. 23, si ottiene:

$> = T (31)

e, confondendo in prima approssimazione l’arco con il segmento , si può ancora scrivere: = $>T ≅ + (32)

(*) L’arco di getto pieno per la pala 3 inizia quando questa si trova in 2, ovvero quando la punta del suo tagliente taglia il filetto più esterno del getto. In questa posizione, e fintantoché la pala che segue (la pala 2 in Fig. 23) non raggiunge essa stessa la posizione 2, il getto d’acqua che riceve la pala 3 è in collegamento diretto con il bocchello. Si parla di getto pieno diretto. Quando però la pala 2 raggiunge la posizione 2, questo collegamento si interrompe e il getto pieno che la pala 3 continuerà a ricevere da questa posizione in poi è detto indiretto.

Page 30: Note Macchine 2

- 30 -

Posto ancora uA’ ≈ uA, si ottiene dalla (32): ≅ ≅ j>8, (33)

o La lunghezza si deduce dal disegno; è infatti nota la posizione del punto A:

= l C (34)

(up è la velocità periferica delle punte dei taglienti). Il punto A’ è invece determinato dalla conoscenza del passo palare, supposto qui noto (si ricordi che per il tagliente è stata assunta la direzione radiale).

o Posizionato il punto A” sul filetto più interno del getto, l’intersezione della retta per O (asse della ruota) e A” con la circonferenza delle punte dei taglienti individua il punto 3’. Si divide quindi l’arco in due parti uguali e per il punto medio M si traccia la perpendicolare al getto individuando, in tal modo, il raggio Rb della circonferenza base dei taglienti (Fig. 23).

o Nel punto M, approssimativamente la posizione intermedia durante l’arco d’azione del getto pieno (indiretto), la direzione del tagliente è dunque posta ortogonale al getto.

o Come già visto in precedenza, anche per la faccia del cucchiaio è posta la condizione di ortogonalità con il getto in una posizione opportuna del cucchiaio all’interno dell’arco d’azione del getto pieno. A tal riguardo si osserva che, per quanto attiene al bordo d’uscita del cucchiaio, lo scarico dell’ultima porzione di getto pieno avviene in un punto 4 (Fig. 23) a destra del punto 3’ giacché l’ultima particella d’acqua A del getto pieno deve percorrere la superficie interna del cucchiaio.

o La posizione del punto 4 può essere determinata assumendo, approssimativamente, che la traiettoria della particella A sulla superficie del cucchiaio coincida con quella puramente

laterale del filetto medio del getto ( in Fig.10). Si pone perciò: ≅ u (35)

con velocità relativa media lungo .

o In modo analogo si può trovare punto 2” (Fig. 23) in cui comincia lo scarico del getto pieno intercettato dalla pala 3 quando si trovava nella posizione 2: ≅ u (36)

o L’arco è dunque l’arco di getto pieno per la faccia del cucchiaio. Il punto medio K

di quest’arco è la posizione della pala in cui si pone l’ortogonalità della faccia del cucchiaio con la direzione del getto. Si individua anche il raggio R’b della circonferenza base delle facce dei cucchiai (Fig.23).

o Il punto 2’ in Fig. 23 identifica la posizione della pala 2 quando il tagliente della pala 3 intercetta l’ultima particella A di getto pieno.

o In Fig. 23 l’intersezione tra il tagliente e il bordo d’uscita del cucchiaio è posto in corrispondenza del filetto più interno del getto. L’indicazione non è univoca in letteratura giacché altri autori scelgono il punto di intersezione sul filetto più esterno. La scelta condiziona l’estensione della traiettoria delle particelle d’acqua all’interno del cucchiaio, e dunque l’efficacia con la quale la pala varia il momento della quantità di vuoto delle singole particelle d’acqua.

Page 31: Note Macchine 2

- 31 -

DIMENSIONI PRINCIPALI DEL CUCCHIAIO

o Le sezioni e le dimensioni principali del cucchiaio sono rappresentate in Fig. 24. Sono diffuse in letteratura numerose correlazioni geometriche, di natura empirica, tra le dimensioni principali del cucchiaio. La grandezza geometrica di riferimento è, di solito, il diametro d0 del getto (Tab. 1).

o Una pala con una lunghezza B2 troppo elevata dà luogo a un’eccessiva superficie d’attrito per il getto appiattito. Viceversa, una larghezza B2 troppo esigua induce una forte curvatura alla traiettoria della vena deviata che può ostacolare l’evacuazione dell’acqua dal cucchiaio (incrocio tra i filetti della vena deviata e il getto principale).

o Il miglior compromesso si ottiene per rapporti B2/ d0 ≈ 3,5÷4 che si impiegano quando è richiesto il massimo rendimento a pieno carico. Se però le condizioni di carico variano sensibilmente durante l’esercizio, tale rapporto darebbe luogo a eccessivi attriti quando la turbina è parzializzata. In tali casi si preferisce dimensionare il cucchiaio per una portata e quindi per diametro do minore di quello nominale, e dunque per un rapporto B2/d0 ≈ 2,8÷3,2, minore del precedente (che verrà invece adottato quando le condizioni di esercizio sono poco variabili).

Page 32: Note Macchine 2

- 32 -

Page 33: Note Macchine 2

- 33 -

o La dimensione del cucchiaio (e quindi il rapporto B2/d0 prescelto) non influenza tanto il valore massimo del rendimento quanto il suo andamento con la portata (Fig. 25).

o La distanza B = (Dp -D)/2 tra la punta del tagliente e il centro del getto (Fig. 26) condiziona lo sparpagliamento del getto sul cucchiaio. Il getto, dopo essere stato suddiviso dal tagliente, si appiattisce sulla superficie e si allarga fino ad interessare allo scarico un arco di estensione b ≈ 2do (Fig. 26), se non maggiore (~ 1,1 L).

o Osservando le traiettorie delle particelle (Fig. 26), si nota come all’inizio del contatto

getto-pala, quando l’angolo Ɛ tra la velocità relativa W e la direzione del tagliente è Ɛ1>90°, la particella d’acqua segua la traiettoria centripeta “a”; successivamente, quando Ɛ0≈90°, la traiettoria centrale “b” e, verso la fine dell’azione della pala sul getto, quando Ɛ2<90°, la traiettoria centrifuga “c”.

o Lo sparpagliamento delle traiettorie relative determina un aumento della superficie bagnata del cucchiaio (e quindi delle perdite per attrito) tanto più grande tanto maggiore è la profondità B della punta del tagliente (Fig. 26).

Page 34: Note Macchine 2

- 34 -

Page 35: Note Macchine 2

- 35 -

o L’angolo di attacco 2βb del tagliente varia all’incirca tra 20÷24° (sez. B, Fig. 24) per conferire al cucchiaio una resistenza e una durata accettabile. In genere tale angolo assume un valore minore in corrispondenza della sezione di tangenza con l’asse del getto per aumentare verso le parti estreme del coltello, con valori maggiori verso l’attacco delle pale al disco (Fig. 27).

o L’angolo del bordo d’uscita β2b (Fig.28) dovrebbe essere nullo se non fosse per l’urto inevitabile tra la lamina fluida che esce dal cucchiaio e il dorso della pala che segue.

o L’angolo β2b deve essere tale che a pieno carico (getto con il massimo diametro d0) la lamina risulti al più tangente al dorso della pala che segue.

o I valori di β2b da adottare lungo il bordo di uscita del cucchiaio derivano dall’esperienza, e l’andamento riportato in Fig. 27 ne rappresenta un esempio.

o L’aumento dell’angolo β2b verso il disco permette di migliorare l’evacuazione dell’acqua. Procedendo verso il disco diminuisce, infatti, la velocità periferica u2, cosicché per aumentare la velocità assoluta C2 allo scarico e la sua inclinazione rispetto alla direzione periferica, e favorire in tal modo l’allontanamento dell’acqua dal cucchiaio, è necessario aumentare l’inclinazione β2 della velocità relativa (Fig. 29).

o Occorre anche osservare che l’angolo di flusso della corrente relativa allo scarico del cucchiaio non è uniformemente distribuito sullo spessore “5” della lamina fluida (Fig.28) poiché è diversa la curvatura delle traiettorie seguite dalle singole particelle d’acqua. Inoltre, le particelle dei filetti più interni stanno ancora percorrendo una traiettoria curva in prossimità dello scarico, e le forze centrifughe su di esse agenti si scaricano sui filetti più esterni non più guidati dalla superficie del cucchiaio. Ne consegue una deviazione della lamina fluida verso l’esterno e un angolo medio di flusso β2 maggiore di quello β2b della pala (Fig. 28). Lo scarto tra i due angoli dipende dalla larghezza B2 del cucchiaio e dal diametro do del getto, e può essere stimato con la relazione seguente (Nechleba):

β2 - β2b ≈ 15 [>6% (gradi) (37)

o Stabilito perciò l’angolo β2b della sezione del cucchiaio (ad es. la sezione media B-B di

Fig. 24) quello effettivo del flusso può essere stimato con l’eq. 37 e, sulla base di questo valore, può essere computata la perdita di energia cinetica M&&/2 allo scarico e impostata la verifica del passo palare, limitatamente al possibile urto della vena fluida con il dorso della pala che segue.

o A tal riguardo occorre valutare lo spessore “s” della lamina fluida allo scarico del cucchiaio. Nota l’estensione b della lamina ( b ≈ 2d0 oppure, secondo altri autori, b≈1,1L) e la velocità relativa media W2, lo spessore “s” può essere determinato dall’equazione della portata: s = 2&%* (38)

Page 36: Note Macchine 2

- 36 -

dove QW è la portata ricevuta dal cucchiaio (che si muove con velocità u) data da: Q = π [>%1 (C, − u) = π [>%1 W, (39)

o Alcuni autori legano direttamente lo spessore s della lamina al diametro do del getto

mediante correlazioni empiriche. Secondo Lo Presti, ad esempio: S ≈ ( 0,12÷0,15) d0 (40)

INTAGLIO DEL CUCCHIAIO

o All’ingresso della pala nel getto (Fig. 30) la direzione della velocità relativa è molto più inclinata dell’angolo costruttivo β2b presente sul contorno più esterno del cucchiaio. Pertanto, se la forma “ellittica” del cucchiaio fosse mantenuta anche per la porzione più esterna dello stesso, il getto verrebbe intercettato in modo non ottimale e l’urto che ne deriverebbe tenderebbe a deviare il getto dalla sua direzione rettilinea, con un inevitabile calo delle prestazioni della turbina.

o Nella pala originale Doble (Fig. 31) l’intaglio venne concepito come l’intersezione del getto con la superficie della pala nella posizione di primo ingresso, dimodochè tutto il labbro entrasse in azione allo stesso tempo (Fig. 31b).

o La pala presenta un intaglio profondo, con un becco sporgente anche in pianta (Fig. 31d); si presenta perciò molto aperta e indebolita.

o Nella successiva rotazione della pala nel getto, il becco precede gli altri punti del labbro nel contatto con il getto, incidendo la porzione di getto che, staccatosi dal cucchiaio, prosegue per raggiungere, suddiviso, la pala precedente.

Page 37: Note Macchine 2

- 37 -

Page 38: Note Macchine 2

- 38 -

o Se si vuole mantenere compatta l’ultima porzione del getto ed evitare l’incisione su di esso praticata dal becco, si deve evitare la sporgenza dello spigolo centrale (Fig. 32). In questo caso la pala entrando nel getto lo taglierà dapprima sui fianchi mediante il labbro dell’intaglio senza che lo spigolo centrale, che rimane arretrato, abbia ad interferire con la porzione del getto che andrà a colpire la pala precedente.

o L’intaglio risulta in questo caso meno profondo, e il profilo del labbro segue più da vicino l’andamento delle linee di livello del cucchiaio: la pala assume una forma più chiusa e più robusta.

o La porzione del cucchiaio in prossimità del labbro dell’intaglio mostra uno spessore sottile che, unendosi con lo spessore più grosso del bordo di scarico dà origine, durante il processo di formatura, a elevate tensioni interne che tendono a rendere fragile la regione del cucchiaio adiacente all’intaglio.

o In Fig. 33 sono riportate alcune forme di intaglio suggerite da varie case costruttrici. Sono da preferire le forme c, f, g, in cui la forma del tagliente è arretrata e non tende a incidere, dividendolo, il getto.

Page 39: Note Macchine 2

- 39 -

PROCEDURE STANDARDIZZATE

o Negli impianti di piccola potenza (< 10MW), le procedure di progettazione sono standardizzate per contenere i costi. In questi casi, soprattutto per la determinazione del passo palare e dei raggi delle circonferenze base alle quali porre tangenti i prolungamenti del tagliente e del bordo d’uscita del cucchiaio, si adottano correlazioni di natura empirica in luogo delle (laboriose) costruzioni, per lo più di natura grafica, descritte in precedenza.

o Secondo alcuni autori (Politecnico di Losanna) per rapporti D/B2 > 2,8 al rapporto 4/B2 tra il raggio della circonferenza base del bordo d’uscita del cucchiaio e la larghezza del medesimo si può assegnare il valore: "6% ≈ 0,32 ÷ 0,35 (41)

o Per quanto attiene al tagliente, si suggerisce di inclinarlo di 6÷7° rispetto alla traccia del

bordo d’uscita, e di porre la loro intersezione in corrispondenza del filetto più esterno del getto.

o Per la lunghezza complessiva della pala riportata (Fig. 34) si suggerisce:

LA ≈ 2,15 B2 (42) mentre per il numero di pale:

z ≈ (0,5 >) + 15 (43)

con D diametro medio della ruota.

Page 40: Note Macchine 2

- 40 -

CURVE CARATTERISTICHE

o La determinazione per via teorica delle curve caratteristiche poggia su una serie di semplificazioni che possono essere facilmente comprese descrivendo con maggior dettaglio l’evoluzione nel tempo dell’interazione del getto con le pale simultaneamente in presa. NUMERO DI PALE SIMULTANEAMENTE IN PRESA

o Noti il diametro medio della ruota D, il diametro del getto do e le dimensioni principali del cucchiaio; determinati il numero di pale e i raggi delle circonferenze base dei taglienti e delle facce del cucchiaio; il numero di pale simultaneamente in presa con il getto può essere determinato nel modo di seguito descritto.

o Si prenda a riferimento la ruota di Fig. 35 i cui dati principali sono: D=1150mm, d0=160mm, z=13pale, n=500 giri/min.

o In Fig. 36a, la pala O2 è entrata nel getto dell’arco (computato sulla circonferenza delle punte). L’ultima particella che è transitata per B ha percorso la distanza:

mB = 9`l/& C = $>l (44)

senza ancora raggiungere la pala precedente O1. Nell’eq. 44, Dp è il diametro della circonferenza delle punte, up la corrispondente velocità periferica e Co la velocità del getto. Procedendo allo stesso modo per tutti gli altri punti compresi tra B e M è possibile tracciare la linea Mm che delimita a destra la parte del getto, staccata dalla pala O2, che si dirige verso la pala O1.

o Nelle Figg. 36a/36b la pala O2 è in contatto solo con una parte del getto mentre la pala O1 riceve il getto pieno.

o In Fig. 36c la pala O2 è in contatto con il getto pieno e ha escluso completamente la pala O1 dal getto che proviene dal bocchello. La pala O1 è anch’essa in contatto con il getto pieno (indiretto) e lo sarà finché la particella partita da B (quando la punta del tagliente della pala O2 si trovava in quella posizione) non colpisce il suo tagliente. La posizione della pala O1 ove ciò avviene (indicata con linea tratteggiata in Fig. 36c) sarà determinata più avanti (Fig. 36f). Per il momento, la distanza percorsa da questa particella vale: Ba = $>l (45)

Le direzioni delle velocità relative W’0 e W”0 delle particelle d’acqua sui filetti estremi del getto indicano che, per la pala O2, il flusso ha direzione centripeta.

Page 41: Note Macchine 2

- 41 -

Page 42: Note Macchine 2

- 42 -

Page 43: Note Macchine 2

- 43 -

o In Fig. 36d, la pala O3 entra a sua volta in presa con il getto in B con la punta del suo tagliente. La velocità relativa W0 indica che la direzione del flusso è chiaramente centripeta, dimodochè l’acqua uscirà in “5” (Fig. 36 f’). Bisognerà che l’acqua, uscendo, non colpisca il dorso della pala che segue né, tanto meno, la corona che porta le pale. La pala O2 è sempre in contatto con il getto pieno. Non è più così per la pala O1 che riceve solo una parte del getto, quella delimitata a destra dalla linea Mm”. Valgono le relazioni: MA = $7l (46)

m"m = Coup (47)

Il passo palare p è pari all’arco .

Page 44: Note Macchine 2

- 44 -

o In Fig. 36e, l’ultima particella partita da A (Fig. 36c) senza entrare in contatto con la pala O2 non ha ancora raggiunto la pala O1. Al momento ha percorso la distanza: M"A = Coup (48)

La pala O2 riceve ancora il getto pieno ma soltanto la parte inferiore è ancora in contatto con il getto proveniente dal bocchello. In questo istante tre pale sono in presa simultanea sul getto.

o In Fig. 36f, la pala O1 riceve l’ultima particella d’acqua. Due sole pale sono attive (O2 e O3), e ricevono il getto pieno. Per la pala O2 questa è però l’ultima posizione di getto pieno.

L’arco è dunque l’arco durante il quale la pala O2 riceve il getto pieno. Il punto P2’, in cui la particella d’acqua che non è entrata in contatto con il tagliente della pala O3 in B colpisce il tagliente della pala O2, si può determinare nel modo di seguito descritto.

Si disegna la traiettoria relativa di tale particella e il tagliente della pala O2 quando O3 si trova in B ( = passo in Fig. 36 f).

Si determina l’intersezione P’ (Fig. 36 f) della traiettoria relativa con il tagliente di O2 quando la punta del tagliente di O3 è in B.

Per P’ si traccia un arco di circonferenza di raggio r = , con “C” centro della ruota, fino ad intersecare il filetto interno del getto. Tale intersezione definisce il punto P2’ in cui avverrà l’incontro della particella con il tagliente della pala O2 (nel riferimento assoluto). Pertanto, dalla Fig. 36 f si ottiene: BP′& = $>lT (49)

o In maniera analoga si trova il punto P1” in cui l’ultima particella partita da A, quando in

questa posizione si trovava la pala O2, incontra il tagliente della pala O1. In Fig. 36c si vede che quando la pala O2 si trova in A, la traiettoria relativa della particella non intercettata in A dalla pala O2 colpisce il tagliente della pala O1 nel punto P” (nel sistema di riferimento solidale alla ruota). Nel riferimento assoluto il contatto avviene in P1” che si ottiene tracciando per P” un arco di circonferenza di raggio r = CP” fino ad intersecare la generatrice inferiore del getto. Pertanto: AP", = C0up" (50)

o Quando la pala O4 entrerà in presa con il getto si avranno ancora tre pale in presa simultanea. Il numero di pale in presa contemporanea sul getto aumenta al diminuire del rapporto D/d0 e dunque, come si vedrà, all’aumentare del numero tipico di macchina K. In genere, il numero di pale in presa sul getto può variare da 3 a 5.

o In Fig. 36 g, è indicata la posizione della pala O1 quando l’ultima particella d’acqua che ha colpito il tagliente in P1” abbandona il cucchiaio.

o La determinazione del punto M1 è incerta perché presuppone la conoscenza della traiettoria relativa P”1M1 (oppure P”1S1, Fig. 36 f’) percorsa da detta particella sulla superficie del cucchiaio.

o La velocità relativa W1 allo scarico è minore di quella all’ingresso W0 (Figg. 36f / 36g) a causa delle perdite per attrito.

Page 45: Note Macchine 2

- 45 -

o Dall’equazione dell’energia della corrente relativa si ottiene: >"+ >%8>%& + z = )"+ )%8)%& + z, + hr (51)

posto: u ≈u,, p = p, = p,z ≈ z, (52)

si ricava:

)%& =>%& − hr (53)

o La perdita di carico è, di solito, correlata alla velocità a monte. Posto dunque:

h =m& >%& (54)

dalla (53) si ottiene: W, =W√1 −m& (55)

In genere: W, ≈ (0,85 ÷ 0,9)W (56)

o Stimata a sentimento l’estensione della traiettoria relativa , si calcola il tempo di percorrenza:

t = ()W>)/& (57)

e quindi l’angolo di cui ruota la pala: = ωt (58)

o L’acqua in M1 esce con una velocità relativa W1 che giace in un piano praticamente

parallelo al piano medio della ruota. Calcolata in M1 la velocità periferica uM1 si può calcolare la velocità assoluta allo scarico CM1 e la corrispondente perdita di energia cinetica M,& / 2g che ha luogo per questa posizione del cucchiaio. Si può notare dalla Fig. 36g come CM1 sia inclinata verso l’alto e ciò giustifica perché, osservando il funzionamento di una Pelton con luce stroboscopica, si vedano delle particelle d’acqua risalire la ruota (regione indicata con z in Fig. 36g) dalla parte opposta del getto.

o L’angolo (Fig. 36g) è l’angolo di attività o di azione di una pala. La conoscenza di questo angolo, anche se in modo approssimato, consente di distribuire appropriatamente gli iniettori attorno alla ruota Pelton quando il valore del numero tipico di macchina ne suggerisce un numero maggiore di uno. Qualora il secondo iniettore fosse

dislocato dopo il primo di un angolo apprezzabilmente minore di , o subito dopo il contatto del tagliente con l’ultima particella d’acqua (punto P1”), il cucchiaio riceverebbe nuova portata prima che abbia interamente smaltita quella intercettata dall’iniettore precedente.

Page 46: Note Macchine 2

- 46 -

CURVE CARATTERISTICHE

o L’approccio teorico di seguito esposto è approssimato; ciò nonostante i risultati cui dà luogo si dimostrano in accordo con i risultati delle prove sperimentali.

o Il cucchiaio è supposto in presa continua con il getto, e in una posizione per la quale il getto è ortogonale al tagliente (Fig. 37). L’ipotesi non è corretta poiché il getto è in presa con il cucchiaio solo durante il suo arco di attività e la posizione relativa pala-getto varia continuamente durante l’interazione della pala con il getto medesimo.

o Con queste ipotesi, all’ingresso del cucchiaio la velocità assoluta C1 e la velocità periferica u1 sono tra loro parallele, e quindi (Fig. 37): W, =C, − u, (59)

dove C, = C, = C .

o L’angolo β1 della faccia del cucchiaio (Fig. 37), non può essere nullo (β1 ≈ 10÷12°) cosicché, al primo ingresso nel cucchiaio, l’acqua subisce un brusco cambio di direzione. La perdita di carico che ne consegue è però ignorata dal modello.

Page 47: Note Macchine 2

- 47 -

o All’uscita del cucchiaio la velocità relativa W2 è inclinata di un angolo β2 che, in prima approssimazione, è ritenuto pari a quello della pala (in realtà β2 > β2b , eq.37). Pertanto: C& = u& −W&cosβ& (60)

o La potenza trasmessa alla ruota è perciò data dalla relazione (si ammette u1 = u2 = u):

P = ρQu(C, − C&) (61)

che, per le relazioni precedenti, può essere riscritta nella forma: P = ρQu(W, +W&cosβ&) = = ρQuW, 1 +W&W, cosβ& =

= ρQuW,(1 + mcosβ&) (62) con m = W2/W1 coefficiente minore di 1 (~ 0,90) per tener conto della perdita per attrito lungo la superficie del cucchiaio e del fatto che l’angolo β2 della pala (assunto dal modello quale parametro geometrico di riferimento) è minore di quello β2 del fluido.

o Ricordando che: W, =C, − u =C − u (63)

la potenza può anche essere riscritta nella forma P = ρQu(C − u)(1 +mcos β&) =

= ρQC& $7 − %$>%¡ (1 + mcos β&) (64)

o Per una data portata Q, ossia per una data caduta idrica h e una data apertura della spina, e

dunque per assegnati Q e C0, la potenza varia tecnicamente con legge parabolica in funzione della velocità periferica u, o del rapporto u/C0 (Fig. 38).

Page 48: Note Macchine 2

- 48 -

o Si annulla (oltre che per u = 0) per u = uf = C0 che rappresenta la velocità di fuga (*) della turbina.

o Il rendimento della turbina è dato, tenuto conto della (64), dalla relazione: η = "2¢ = "2£%&¢"2¢ $> − %$>%¡ (1 + mcosβ&) = 2φ& $> − %$>%¡ (1 +mcosβ&) (65)

con φu ≈ 0,96÷0,98.

o L’andamento di è qualitativamente lo stesso della potenza P senza però mostrare variazioni apprezzabili con l’apertura della spina poiché, in un ampio campo delle portate (Q/3 ≤ Q ≤ QMAX ), il coefficiente di perdita del bocchello φu è sostanzialmente costante.

o Il valore massimo di si manifesta per u/C0 = 0,5, cioè quando la velocità periferica u è

teoricamente pari alla metà della velocità C0 del getto ( uMAX = C0/2). o La coppia motrice è data dalla relazione:

M = 9 = ρQ & (C − u)(1 + mcosβ&) (66)

e varia linearmente con la velocità periferica u (linee a tratto continuo, Fig. 39).

o I risultati delle prove sperimentali (curve tratteggiate in Fig. 39) mostrano che la velocità ottimale per il massimo rendimento

u = K-2gh (67)

si ottiene per valori del coefficiente di velocità ¥K compresi tra 0,41 e 0,5, comunque minori del valore teorico pari a K = £& .

o Anche la velocità di fuga è minore di quella teorica ( la velocità del getto) e dipende dal grado di apertura della spina.

(*) Per tale valore della velocità periferica nemmeno la particella più interna del getto è intercettata dalle pale. Tutta l’energia cinetica del getto è dissipata: è nulla la potenza trasmessa alla ruota.

Page 49: Note Macchine 2

- 49 -

INFLUENZA DELLA VELOCITÀ DI ROTAZIONE E DELLA PORTA TA SULLA CURVA DEL RENDIMENTO

o La velocità di rotazione della turbina influenza sensibilmente la perdita di energia cinetica M&&/2 allo scarico. Infatti, all’aumentare di u corrisponde una diminuzione della velocità relativa ¦& ≈¦, = M, − K, e un aumento di C2.

o All’aumento di n si accompagna anche una deformazione della traiettoria relativa del getto (Fig. 40). Le traiettorie relative si incurvano maggiormente, e le particelle più esterne del getto possono sempre più facilmente attraversare la ruota senza essere intercettata dalla pale.

o La traiettoria delle particelle più interne del getto mostra un’inclinazione sempre più accentuata in corrispondenza del primo contatto con le pale. La corrente relativa tende perciò ad urtare il dorso della pala e a esercitare un’azione frenante.

o Per tutte queste ragioni l’aumento di n è dannoso nei riguardi del rendimento. Qualora l’aumento di velocità sia conseguente a una manovra di regolazione ( e dunque momentaneo), le perdite che ne conseguono facilitano il raggiungimento delle nuove condizioni di esercizio.

o Occorrerà sempre prevedere nella camera di scarico la necessaria protezione contro il getto diretto (condizioni di fuga), o comunque contro la velocità C2 che aumenta con u2 e ne ha, all’incirca, la medesima direzione.

o Qualora n diminuisca (aumento del carico elettrico), la traiettoria relativa del getto si distende (Fig. 40). Non ci sono pericoli di fughe di portata, la velocità relativa ¦& ≈¦, = M, − K, aumenta e con essa la perdita per attrito. All’uscita del cucchiaio C2 aumenta, ma è diretta in direzione contraria a u2 e di ciò occorre tener conto nel predisporre la protezione della camera di scarico.

o Se ne conclude che la turbina Pelton, contrariamente alle turbine Francis e assiali, non si presta al funzionamento a velocità di rotazione variabile, oppure a caduta variabile mantenendo costante la velocità di rotazione (la deformazione delle traiettorie relative è ora conseguenza della variazione della velocità del getto, proporzionale a √ℎ).

o Il diagramma a “conchiglia” di una Pelton (Fig. 41) mette bene in evidenza questo comportamento. Le curve di isorendimento (di forma approssimativamente ellittica) sono strette lungo n e molto allungate lungo l’asse della portata, a dimostrazione della poca adattabilità al variare del regime di rotazione e dell’ottimo comportamento invece al variare della portata.

o La curva del rendimento di una Pelton in funzione della portata per un dato regime di rotazione è, infatti, molto più piatta rispetto a una Francis (Fig. 42), anche se il valore massimo del rendimento non supera, nelle migliori condizioni, il 90% contro i valori del 92÷93 % ottenibili con le Francis e le Kaplan. La Pelton richiede però una minore portata per il funzionamento a vuoto.

o Dall’esame della Fig. 41 si osserva inoltre che i valori più elevati del rendimento si ottengono per rapporti D/d0 compresi nell’intervallo D/d0 ≈ 12÷14.

Page 50: Note Macchine 2

- 50 -

Page 51: Note Macchine 2

- 51 -

o L’andamento del momento e della potenza trasmessi all’albero di una turbina Pelton mostrano delle inevitabili oscillazioni nel tempo (Fig.43).

o Durante l’arco di attività di una pala il momento trasmesso all’albero aumenta progressivamente per raggiungere un valore massimo, approssimativamente costante durante l’arco di getto pieno, per ridursi infine a zero.

o Le aree A1 e A2, rappresentando integrali del tipo ¨©ª«, offrono il difetto e, rispettivamente, l’eccesso di energia motrice rispetto al lavoro resistente dato dal carico applicato all’albero.

o A causa di tale squilibrio la velocità angolare varierà da un valore massimo (ωMAX ) a un valore minimo (ωMIN). Per contenere lo scarto ∆ω = ωMAX - ωMIN è necessario immagazzinare l’eccesso di energia A=A2≈A1 in una massa volanica, rappresentata nel caso in esame della ruota medesima, per sopperire al deficit energetico nei periodi in cui il momento inoltre è inferiore a quello resistente.

o L’irregolarità ciclica ∆ω può essere contenuta entro margini prestabiliti agendo sul momento d’inerzia I della ruota. Infatti poiché: A = A& ≈ A, = I9­®% 89­¯°%

& = I(ωd± −ω²±) 9­®W9­¯°& = I ∆ω ω (68)

posto, ad esempio, ∆ω= ω/1000 ne consegue: I ≥ ,d9% (69)

Page 52: Note Macchine 2

- 52 -

DIMENSIONAMENTO PRELIMINARE NUMERO DEGLI INIETTORI

o Indicato con i il numero degli iniettori, la portata complessivamente elaborata dalla turbina è: Q = 3[>%1 Ci = 3[>%1 iφ-2gh (70)

dove d0 e C0 sono rispettivamente il diametro e la velocità dei getti, φu il coefficiente di perdita del bocchello e h la caduta idrica disponibile.

o Sostituendo la precedente nell’espressione del numero tipico di macchina si ottiene: (71)

K = ω π4¡,& d√i-φ(2gh),1(gh)U1 = ωd(π/4),/&2,/1√i-φ(gh),/& = 1,05ωD√i-φ(gh),/& dD= 2,1 u-2gh√2i-φ dD = 2,1K√2i-φ dD

o L’andamento di K al variare del rapporto d0/D, tra il diametro del getto e quello medio

della ruota, e il numero i di introduttori è mostrato in Fig. 44.

o Le condizioni ottimali per l’interazione getto-pala si manifestano per rapporti D/d0 compresi tra 10 e 14. L’esperienza suggerisce comunque di non scendere per tale rapporto sotto il valore di 7.

o Appurato che la velocità W2 allo scarico del cucchiaio deve essere inclinata di un β2 rispetto alla direzione periferica per impedire l’urto con il dorso della pala che segue, la minima perdita di energia cinetica C&&/2g si ottiene ponendo, in sede preliminare di progetto, C& = 0.

o In condizioni ottimali di esercizio lo scambio di energia è quindi dato dalla relazione: gh = η[gh = u,c, = u,c, = u,φ-2gh = Kφ2gh (72)

dalla quale (u1 = u = ω D/2): K = µ!¶&£ (73)

Page 53: Note Macchine 2

- 53 -

ψ= ghu2 = ghKu22gh= 12Ku2 = 2φu2ηid2 (74)

ψ = ¢¸% = $) = $) = £¹ = 2φu2ηid (75)

∅ = C1u = ψt (76)

o Poiché φu ≈ 0,96÷0,98 e » ≈ 0,88÷0,9 i valori di ψ e ψt risultano entrambi maggiori di 2; il numero di flusso in queste macchine coincide con il numero di pressione ψt.

o Tenuto conto delle relazioni precedenti, la scelta del numero degli ugelli e la determinazione del diametro medio D della ruota può essere eseguita con l’ausilio dello schema di Fig. 45.

o Per quanto concerne la scelta del regime di rotazione occorre dire che la costruzione di alternatori con n>1000 giri/min è impegnativa poiché, per limitare la velocità periferica, bisogna aumentare l’estensione assiale dell’alternatore per poter alloggiare gli avvolgimenti elettrici, rendendone però difficoltoso il raffreddamento. Occorre tener presente che i generatori delle turbine idrauliche devono essere verificati per la velocità di fuga (~ 2 volte quella nominale). Anche per queste ragioni raramente le turbine idrauliche superano i 750 giri/min. Nell’ambito delle piccole potenze, la velocità di rotazione delle turbine Pelton varia solitamente tra 750÷1500 giri/min in modo da diminuire i costi della turbina (diminuiscono le dimensioni) e del generatore elettrico. Negli impianti di piccola potenza il costo del macchinario incide sensibilmente sul costo complessivo dell’impianto.

Page 54: Note Macchine 2

- 54 -

DISEGNO DELLA PALA

o Si disegnano la vista frontale del cucchiaio e le sezioni principali A-A e B-B (Fig. 46) sfruttando le correlazioni empiriche che legano le dimensioni caratteristiche del cucchiaio al diametro del getto.

o Si impongono gli angoli all’ingresso e all’uscita della sez. A-A (ad esempio, 2° nella parte inferiore e 30° in quella superiore, Fig. 46). Il valore di tali angoli, soprattutto quello della parte superiore, dipende essenzialmente dal rapporto d0/D tra il diametro del getto e quello medio della ruota, e dunque dal numero tipico di macchina K che da quel rapporto dipende (K = cost d0/D, eq. 71).

o All’aumentare di K aumenta il rapporto d0/D e con esso il rapporto tra l’altezza della pala (sviluppo radiale) e il diametro D della ruota. Il passo palare sul diametro interno diminuisce e il rischio che la corrente intercettata dalla pala all’inizio del suo attacco al getto (la corrente relativa è, all’ingresso della pala nel getto, marcatamente centripeta) vada allo scarico ad urtare la pala che segue è sempre più elevato (Fig. 47). Per favorire l’evacuazione dell’acqua è perciò necessario aumentare l’angolo β2b della sezione di scarico all’aumentare di K o del rapporto d0/D.

o Oltre agli angoli β2b alle estremità della sez. A-A di Fig. 46 occorre, per la regolarità geometrica del cucchiaio, stabilire anche gli angoli β2b delle sezioni palari ottenute con piani paralleli alla sezione principale B-B, indicate in Fig. 48 con i numeri 1, 2, 3, …, 6.

o La distribuzione degli angoli all’uscita delle varie sezioni ha ragioni essenzialmente geometriche e segue un criterio di progressività fra i quattro valori in precedenza adottati per le sezioni principali A-A e B-B (Fig.46).

o L’angolo di inclinazione delle facce del tagliente aumenta procedendo dalla mezzeria (sez. B-B) verso le estremità, con valori più alti verso l’attacco della pala al disco, per assicurare una resistenza e una durata accettabile al cucchiaio.

o Un angolo β2b eccessivo all’uscita della sez. A-A (Fig. 46) è dunque accompagnato da un aumento generalizzato dello stesso angolo anche nelle altre sezioni ortogonali alla faccia del cucchiaio, con un inevitabile aumento della perdita di energia cinetica M&&/2 allo scarico. Per queste ragioni, per valori elevati del rapporto d0/D l’aumento dell’angolo β2b, necessario per impedire l’urto della vena uscente dal cucchiaio con il dorso della pala che segue, può essere ottenuto “troncando” la parte terminale della pala (Fig. 47).

o Il tagliente ha, di solito, la sua parte terminale curva anche quando venga, per il resto, disegnato rettilineo. L’accorgimento serve per favorire il primo ingresso della pala nel getto (aumentare l’angolo tra la velocità relativa e la generatrice del tagliente per renderlo più prossimo a 90°).

Page 55: Note Macchine 2

- 55 -

Page 56: Note Macchine 2

- 56 -

Page 57: Note Macchine 2

- 57 -

o Distribuiti gli angoli di ingresso e di uscita sulla sezione frontale del cucchiaio (Fig. 48), si dispongono sulla sezione principale A-A (Fig. 49) una serie di piani, indicati con i numeri romani I, II, III, …, paralleli al piano che si appoggia sui bordi di scarico del cucchiaio.

o Questi piani tagliano la sezione A-A in un certo numero di punti (2 per ogni piano, fatta eccezione per quello tangente al fondo del cucchiaio) che possono essere riportati sulla vista frontale in corrispondenza della traccia A-A del piano di sezione (Fig. 49).

o L’intersezione dei precedenti piani di sezione I, II, III,… con il profilo della sezione principale B-B (Figg. 46 e 49) genera altri punti che possono essere riportati sulla sezione frontale in corrispondenza della traccia relativa al piano di sezione B-B.

o In conclusione, per ogni piano di sezione I, II, III, IV,… si dispone di quattro punti sulla vista frontale del cucchiaio. Si aprono due strade per definire la geometria delle altre sezioni del cucchiaio parallele a quella principale B-B e indicate con i numeri 1, 1A, 2, 3,… in Fig. 48.

Page 58: Note Macchine 2

- 58 -

a) Dai quattro punti disponibili per ciascun piano di sezione I, II, III,… si tracciano, nella vista frontale, le curve di livello corrispondenti. Tali curve possono essere disegnate con asse di simmetria parallelo al coltello (Figg. 48 e 49), oppure lievemente inclinato verso l’esterno (Fig. 50) allo scopo di favorire lo scarico della portata intercettata dalla pala al suo ingresso nel getto.

In tal caso il profilo delle sezioni (le cui tracce sono indicate nella vista frontale del cucchiaio, Fig. 48), si ricavano con le regole delle proiezioni ortogonali (Fig. 49). Il profilo delle sezioni deve risultare regolare: la traiettoria delle particelle d’acqua deve sempre essere tale da esercitare una azione premente sulla pala. Se ciò non si verificasse occorrerebbe rivedere il tracciato iniziale delle linee di isolivello.

b) In alternativa si possono disegnare i profili delle sezioni 1, 1A, 2, 3,… partendo dalla larghezza e dalla profondità ricavate rispettivamente dalla vista frontale e dalla sezione A-A (Figg. 46, 49, 51 e 52). Le curve di isolivello I, II, III,… si ricavano di conseguenza (Figg. 48 e 51) e anche qui si dovrà aver cura di ottenere curve regolari e con linee di impluvio secondo le attese.

o Per completare il disegno della pala occorre definire la geometria del dorso. È essenziale che la traiettoria delle linee di corrente relativa all’ingresso della pala nel getto non abbiano, se possibile, ad urtare il dorso della pala.

o Occorre perciò definire opportunamente il profilo del dorso delle pale in corrispondenza delle sezioni indicate con I, II, III, IV,… sulla vista frontale del cucchiaio in Fig. 51 e sullo sviluppo delle sezioni 1, 2, 3,… di Fig. 52.

o I piani di traccia I, II, III, IV,… individuano le sezioni della pala all’interno dell’intaglio che entrano in contatto con la superficie esterna del getto in corrispondenza dei filetti fluidi I, II, III, IV,… di Fig. 53.

o Dai profili delle sezioni palari 1, 2, 3,… (Fig. 52) si ottengono le tracce del profilo interno della pala (quello attivo, che intercetta il getto) in corrispondenza dei piani di taglio I, II, III, IV,…(si ottengono sezioni simili a quella A-A di Figg. 46 e 49).

o Per poter disegnare appropriatamente il dorso della pala nelle sezioni I, II, III,… è necessario disegnare la traiettoria relativa del corrispondente filetto del getto a partire dal bordo di attacco del labbro dell’intaglio (Fig. 52).

Page 59: Note Macchine 2

- 59 -

(FIG. 51 E FIG. 52: ESEMPI DI DISEGNO TECNICO IN FORMATO A3)

Page 60: Note Macchine 2

- 60 -

o L’operazione è relativamente semplice per via grafica qualora il disegno di Fig. 52 sia eseguito su carta lucida. In tal caso occorre disegnare, ad esempio su carta normale, le traiettoria relativa del getto (Fig. 53) e poi ruotare il foglio lucido contenente le sezioni I, II, III,… (Fig. 52) attorno all’asse della girante finché la traiettoria relativa del filetto corrispondente del getto passa per la punta del profilo interno (quello che riceve il getto) della pala. Si riporta su lucido, copiandola, la traiettoria in questione ottenendo in tal modo l’informazione cercata.

o In Fig. 52 non si è imposto il passaggio della linea di corrente per la punta del profilo interno ma, a partire dal disegno del dorso della sezione principale I ( quella che passa per il tagliente del cucchiaio), sono state riportate le traiettorie relative degli altri filetti (II, III,…) rispettandone la posizione reciproca.

o Per la presa sul getto delle altre sezioni la pala deve ruotare rispetto alla posizione corrispondente alla sezione I. Si ha così la possibilità di accertare in modo rapido che la sezione IV e poi, in sequenza, le sezioni V, III, VI e II entrano in presa con il getto prima della punta del tagliente (sez. I).

o Una tale evenienza, e cioè che la pala entri in contatto con il getto dapprima con i fianchi del labbro dell’intaglio anziché con la punta del tagliente, è suggerita in letteratura (Nechleba, Büchi) per evitare che la punta del tagliente, nella successiva rotazione, abbia ad incidere (dividendolo) la porzione del getto che sarà intercettato dalla pala precedente.

o La procedura riassunta nelle Figg. 51 e 52 offre anche la possibilità di gestire ed accertare appropriatamente l’eventuale interferenza del getto con il dorso del cucchiaio.

o Per evitare il trascinamento dell’aria compresa tra il getto e il dorso della pala, e la formazione di zone di depressione (possibili fenomeni di cavitazione), sarebbe auspicabile disegnare il dorso della pala in maniera tale che la corrente relativa possa, da questo, distaccarsi nettamente.

o Si suggerisce un angolo di 3÷4° tra l’inclinazione del dorso e la velocità relativa W all’imbocco (angolo β in Fig. 54). Si raccomanda altresì un angolo tra l’intradosso (profilo attivo) e l’estradosso (dorso) del cucchiaio non superiore ai 12÷15° per la sezione mediana della pala (quella contenente il tagliente), e non eccedente 15÷18° per la sezione intermedia dell’intaglio (sez. x’-y’ in Fig. 54).

o Non sempre è possibile soddisfare pienamente a queste condizioni. All’aumentare del numero tipico K, ovvero del rapporto d0/D, la traiettoria relativa del primo filetto del getto diventa sempre più penetrante. In questi casi la profondità dell’intaglio può causare un indebolimento eccessivo della pala. Per queste ragioni può essere inevitabile accettare un urto del getto sul dorso della pala e il conseguente calo del rendimento per l’azione frenante che si viene a determinare sulla ruota. È questo il caso di Fig. 52.

o La geometria del dorso della pala consente di completare la regione dorsale delle sezioni trasversali 1, 2, 3,… di Fig. 52.

o Accanto alle famiglie di sezioni 1, 2, 3, … A, B, C,… e I, II, III,… altre sezioni possono essere proposte dal progettista per controllare la forma del cucchiaio durante la lavorazione (*). Ad esempio le sezioni oblique indicate con 8 e 9 nelle Figg. 51 e 52. La geometria di queste sezioni si ottiene facilmente sfruttando le intersezioni delle loro tracce con le curve di livello A, B, C, D,… e le regole delle proiezioni ortogonali. (*) La pala è solidamente ottenuta per fusione e rifinita successivamente per molatura. Il materiale comunemente impiegato è l’acciaio inox 13Cr4Ni.

Page 61: Note Macchine 2

- 61 -

Page 62: Note Macchine 2

- 62 -

BOCCHELLO E SPINA

o La forma e la compattezza del getto dipendono dalla geometria della spina e del bocchello.

o Le difficoltà nell’ottenere getti di forma regolare durante la regolazione della portata suggerirono inizialmente in Europa l’uso di un getto rettangolare ottenuto mediante una bocca regolabile con una lingua oscillante (Fig. 55). Il lato superiore A della lingua era mobile intorno a un perno O in modo da ridurre, con la sua rotazione, la sezione di efflusso ai valori corrispondenti delle portate parziali.

o Lo strozzamento della vena, già sensibile alla massima apertura, diventava notevole ai carichi parziali rendendo considerevole la perdita di carico.

o Il rendimento di questi distributori era intorno al 92% e quello totale della turbina non superava il 75% a pieno carico.

Page 63: Note Macchine 2

- 63 -

o La spina regolabile Doble (1900) sporgente dall’ugello (Fig. 56) risolse la questione e si impose in tutte le applicazioni.

o La sporgenza della spina e il profilo concavo della stessa danno luogo a una bocca anulare convergente che permette al getto, per tutte le aperture, di proseguire compatto e cilindrico in direzione assiale.

o All’uscita della bocca le particelle d’acqua assumono traiettorie curvilinee concave: la pressione aumenta verso la spina per evitare che la pressione sulla sua superficie abbia a scendere al di sotto di quella atmosferica.

o L’esperienza ha però segnalato che con questa geometria la punta della spina è soggetta a una considerevole usura. La punta assai sporgente impediva inoltre di avvicinare la girante al bocchello.

o Oggi si preferiscono spine con punte aventi generatrici rettilinee (Fig. 57) che alla semplicità costruttiva abbinano anche un buon rendimento. La forma più tozza consente di avvicinare la girante al bocchello fino a distanze minime di (4÷5) d0.

o Coppie di valori degli angoli α e β (Fig. 57) diffusi nelle applicazioni sono i seguenti: 2α/2β = 50/75, 52/80, 60/90 ovvero rapporti 2α/2β ≈ 2/3.

o Nelle Figg. 57, 58 e 59 sono riportate alcune delle correlazioni suggerite in letteratura per il proporzionamento della spina. Nelle Figg. 60, 61 e 62 sono riportati alcuni particolari del bocchello e della spina e un esempio del loro disegno assieme.

Page 64: Note Macchine 2

- 64 -

(FIGG. 61a, 61b 62: ESEMPI DI DISEGNO TECNICO IN FORMATO A3)

Page 65: Note Macchine 2

- 65 -

PORTATA ATTRAVERSO IL BOCCHELLO

o All’uscita del bocchello ha luogo una contrazione della vena (Fig. 57); la velocità del getto è valutata prendendo a riferimento tale contrazione.

o Il rapporto tra la sezione ristretta Ac del getto e quella di uscita Ab del bocchello è denominato coefficiente di contrazione della vena. Pertanto, detta Q la portata elaborata dall’iniettore, si può scrivere: Q = A¼C =A$φ-2gh = ψA*φ-2gh = μA*-2gh = μ 3`:%1 -2gh (77)

dove ψ = Ac /Ab è il coefficiente di contrazione della vena, φu il coefficiente di perdita del bocchello, µ = ψ φu il coefficiente di efflusso e C0 la velocità del getto in corrispondenza della sezione ristretta AC.

o Per la spina sagomata secondo il criterio suggerito in Fig. 58, si può fare uso del diagramma sperimentale di Fig. 63 per una stima del coefficiente di efflusso µ. In genere la portata Q è incrementata del 5÷10% rispetto alle condizioni di progetto per tener conto di una possibile eccedenza della portata durante l’esercizio.

o In conclusione, dalla (77) si ottiene: d* =0(,,r÷,,,)2¾O¿-&¢ =d0(,,r÷,,,)£¾ (78)

o Alcuni autori calcolano il diametro del bocchello tenendo conto della presenza della

spina. In questo caso si rendono necessari alcuni passaggi per risalire, note la portata di progetto e la corsa massima della spina, al diametro del bocchello; oppure, noti la posizione della spina e il diametro del bocchello, alla portata del getto.

Page 66: Note Macchine 2

- 66 -

o Se con c si indica la corsa massima della spina (Figg. 56, 57, 58 e 59), la portata elaborata dall’iniettore è data dal prodotto dell’area del tronco di cono AB per la velocità di efflusso corrispondente (Fig. 64).

o Assunto AB ortogonale alla bisettrice dell’angolo φ - ϴ (Fig. 64), si ottiene: AB = d$¼B ÀiÁ% ¡ = ¼BC¼B ÀiÁ% ¡ (78)

o D’altra parte:

AP = A0 cos φ+θ2 ¡ = d6& cos φ+θ2 ¡= c2 BCcos φ−θ2 ¡ cos φ+θ2 ¡ (79)

per cui, il diametro D0 del baricentro di AB risulta:

D = D* − 2AP = D* − sin θ ¼Bφ+θ2 ¼Bφ−θ2 (80)

mentre l’area del tronco di cono AB è data da:

A = πDAB = πc BC¼Bφ−θ2 ÂD* − c sin θ cosÃθ+φ2 Ä

cosÃφ−θ2 ÄÅ (81)

o Il coefficiente di flusso µ è ora riferito a quest’area (Rubbo), cosicché:

Q = μA-2gh = μπc BCcosÃφ−θ2 Ä ÂD* − c sin θ cosÃθ−φ2 ÄcosÃφ−θ2 ÄÅ-2gh (82)

Page 67: Note Macchine 2

- 67 -

o Il coefficiente di efflusso varia con l’apertura della spina e la forma dell’iniettore. In prima approssimazione si può fare uso del diagramma di Fig. 65 per stimare la dipendenza del coefficiente di efflusso µ dalla posizione della spina c/cMAX (Rubbo).

o Noti Q e h, assunta la corsa massima c della spina e stabilito il coefficiente di efflusso µ, si può risalire al diametro Db del bocchello con l’ausilio dell’eq. 82. Si può altresì, determinato Db, valutare come varia la portata in funzione della corsa della spina. Infatti, se nell’eq. 82 “c” si intende come la generica posizione della spina, stabilito µ in funzione del rapporto c/cMAX (Fig. 65) è nota anche la portata Q e quindi il diametro

corrispondente del getto d0 =0 4QπC0 con C ≈ (0,97 ÷ 0,98)-2gh .

o Variando la corsa della spina da zero fino al valore massimo, il diametro del getto aumenta da zero a d0 (Fig. 66).

o A titolo orientativo, per la spina Doble di Fig. 66a sono stati ottenuti gli andamenti sperimentali riportati nelle Figg. 66b e 66c rispettivamente per il diametro e per il rendimento dell’iniettore (*) (Tenot).

o Si nota che tra 1/4 ≤ c/cMAX ≤ 1 il rendimento dell’iniettore i = ÇÈ& è praticamente costante, variando da 0,96 a 0,94. Ne consegue che per 1/3 QMAX ≤ Q ≤ QMAX il coefficiente di perdita φu dell’ugello rimane praticamente costante, variando tra 0,97 e 0,98.

o In conclusione, per Q ≥ 1/3 QMAX : Q = (0,97 ÷ 0,98)-2ghπ [É%1 (83)

con dx diametro del getto per la portata generica Q (Fig. 66b, d0: diametro del getto per la massima apertura, Q = QMAX ). (*) Perdita di energia nell’iniettore:

ℎÊ» = M»& − M&2 doveM» = -2ℎeM = ÇÈ-2ℎ

Pertanto: ℎÊ» = ℎ(1 −ÇÈ&) → » = 1 − ÎÏÐÎ = ÇÈ& Nota: φu è indicato con K0 in Fig. 66c.

Page 68: Note Macchine 2

- 68 -

Page 69: Note Macchine 2

STRUTTURA DEL GETTO

o A prima vista il getto prodotto da un liscio e cilindrico dopo la sezione ristretta.

o Un esame più attento mostra che: il getto è divergente. Presenta inoltre una zona centrale convergente (regione 1, Fig.

67), costituita da sola acqua, circondatcrescente formata da un’emulsione di acqua e aria (regione 2, Fig. 67);

la superficie del getto mostra numerose increspature, peraltro instabili al centro del getto è presente un difetto di velocità dovuto

dell’iniettore (Fig. 67).

(*) Il diametro del getto a diverse distanze del bocchello risulta perciò funzione aleatoria del tempo ed è difficile da rilevare sperimentalmente.

- 69 -

STRUTTURA DEL GETTO

A prima vista il getto prodotto da un iniettore dimensionato correttamente si presenta liscio e cilindrico dopo la sezione ristretta. Un esame più attento mostra che:

il getto è divergente. Presenta inoltre una zona centrale convergente (regione 1, Fig. 67), costituita da sola acqua, circondata da una sezione anulare progressivamente crescente formata da un’emulsione di acqua e aria (regione 2, Fig. 67); la superficie del getto mostra numerose increspature, peraltro instabili (*)

al centro del getto è presente un difetto di velocità dovuto alla scia generata dalla spina

Il diametro del getto a diverse distanze del bocchello risulta perciò funzione aleatoria del tempo ed è difficile da rilevare sperimentalmente.

iniettore dimensionato correttamente si presenta

il getto è divergente. Presenta inoltre una zona centrale convergente (regione 1, Fig. a da una sezione anulare progressivamente

(*); alla scia generata dalla spina

Il diametro del getto a diverse distanze del bocchello risulta perciò funzione aleatoria

Page 70: Note Macchine 2

- 70 -

o La divergenza o dispersione del getto dipende dalla:

geometria dell’intero iniettore, convergenza del bocchello, posizione della spina; velocità del getto e dunque dal numero di Reynolds: Re = 4 C0 d0 / µ;

tensione superficiale σ e dunque dal numero di Weber: W = C/0 Ñ$>[> . o Per un dato iniettore e un dato liquido i due numeri Re e W sono tra loro, evidentemente,

correlati. In Fig. 68 è mostrato come varia il raggio medio del getto al variare della distanza dal bocchello per diverse coppie di valori dei numeri di Reynolds e Weber. All’aumentare del numero di Reynolds, ossia della velocità C0, aumenta l’attrito con l’aria esterna e, a parità di distanza x dal bocchello aumenta il diametro medio del getto.

o Le condizioni per ottenere un getto di buona qualità (minima dispersione e ovalizzazione) possono essere così riassunte: piccole velocità nella condotta di collegamento all’iniettore: diametri della condotta

fino a circa 4÷5 volte il diametro d0 del getto e velocità C ≈ =0,075 ÷ 0,1?-2gh ; grandi raggi di curvatura RC per il gomito di raccordo degli introduttori alla condotta

forzata: RC /r ≥ 4 (r: raggio tubazione). o Inoltre, tra il gomito e il bocchello è opportuno prevedere:

un tratto rettilineo di lunghezza l ≥ 6d0 ; un convergente a monte del bocchello (Fig. 60) per raddrizzare e uniformare il moto; 2÷8 palette radiali simmetriche all’interno del convergente per rimuovere eventuali

moti rotatori delle particelle fluide, assai dannosi per la stabilità del getto a la durata della spina.

FORZE AGENTI SULLA SPINA

o A causa della loro forma le spine non sono mai equilibrate, e la loro tendenza ad aprire o chiudere dipende dal profilo della spina e del bocchello oltre che al diametro dello stelo.

o Alcuni costruttori adottano soluzioni che danno un’apprezzabile tendenza a chiudere indipendentemente dalla posizione della spina. Una tale soluzione è rischiosa qualora si dovesse verificare la rottura accidentale degli organi che provvedono all’apertura dell’iniettore. La chiusura spontanea dell’iniettore può, infatti, causare una pericolosa sovrappressione all’interno della condotta di adduzione (colpo d’ariete).

o La sovrappressione ∆p che si verifica nella condotta forzata a seguito di un tempo di

chiusura TC della spina minore o uguale al ritmo tr = 2L /a della condotta di lunghezza L (a: velocità di propagazione dell’onda di pressione nell’acqua, ~ 1330 m/s) è: ∆p = ρ a V (84)

dove V è la velocità dell’acqua nella condotta prima della manovra di chiusura dell’iniettore.

o La lunghezza L della condotta è legata al dislivello geodetico, mentre la velocità V è una scelta di compromesso tra la necessità di contenere i costi della condotta (che aumentano con il diametro) e l’opportunità di ridurre le perdite di carico (che diminuiscono con l’aumentare del diametro della condotta).

Page 71: Note Macchine 2

- 71 -

o Pertanto, per attenuare la sovrappressione ∆p non rimane che aumentare il tempo di chiusura TC della spina rispetto al ritmo tr della condotta per contenere ∆p (Allievi-Michaud) ∆p = ρ &ÓÔÕj (85)

all’interno del limite ammesso dalla sicurezza della tubazione (≤ 30% della pressione di esercizio, secondo quanto prescrive la normativa in materia, quindi TC = 42LV / 0,3 pes.).

o Per tutte queste ragioni sarebbe preferibile, nelle applicazioni, disporre di una spina con tendenza ad aprire per la maggior parte della corsa.

o La forza assiale agente sulla spina può essere calcolata determinando la distribuzione della pressione lungo la sua superficie.

o A tal fine si dovrebbe tracciare l’andamento delle linee di corrente nel condotto anulare tra la spina e l’ugello, e da questo risalire alla pressione p sulla superficie della spina.

o In prima approssimazione, date le modeste dimensioni del canale (Fig. 69), si può ritenere la velocità di attraversamento costante in direzione ortogonale alla linea media di corrente, quest’ultima può essere inoltre approssimata con la curva che unisce i baricentri delle larghezze meridiane “a” (Fig. 69) del canale meridiano tra la spina e la parete interna del bocchello.

o La velocità media C di attraversamento è:

C = 23[Ö = $>(O¶>%¿ )3[Ö = C [>%1[Ö (86)

per cui, trascurando gli attriti, la pressione statica p è data dalla relazione: " = h − $%& = h − $>%& [>%1[Ö¡& (87)

o Se si trascurano gli attriti, C = -2ℎ , pertanto: " = h ×1 − [>%1[Ö¡&Ø (88)

e su un elemento anulare della superficie della spina agirà in direzione assiale la spinta elementare: dFx = p2πdr (89)

Page 72: Note Macchine 2

- 72 -

o La spinta globale FX può essere considerata la differenza F’X – F”X tra la forza F’X agente sulla superficie della spina che va dalla punta fino al diametro massimo della spina, e la forza F”X agente, invece, sulla superficie posteriore che si raccorda allo stelo (Fig. 70).

o Il diametro dello stelo può essere variabile; indichiamo con dt il diametro in corrispondenza del supporto (Fig. 71).

o La forza F’X è data dall’integrale: FÛ =¨ 2πprdrÜÖÉ (90)

che può essere risolto per via numerica nota la distribuzione della pressione lungo r.

o L’eq. (88) può essere utilizzata fino alla bocca d’uscita del bocchello, mentre la spina si protrae oltre per assicurare una traiettoria concava alle linee di corrente e dare origine a un getto di forma compatta e stabile.

o La funzione integranda Ý ∙ ß assume un valore nullo in corrispondenza della punta della spina. Rimane però incerta la determinazione del prodotto Ý ∙ ß tra l’uscita del bocchello e la punta. Approssimando a sentimento l’andamento di Ý ∙ ß tra dMAX e dZ (Figg. 69a /69b) si ottiene F’X per una data posizione della spina e, al variare di quest’ultima, l’andamento di Fig. 69c.

o Nei riguardi di F’X la spina mostra sempre una tendenza ad aprire. o Occorre però considerare il contributo F”X legato alla distribuzione della pressione sul

retro della testa della spina, e questa forza ha sempre una tendenza a chiudere.

Page 73: Note Macchine 2

- 73 -

o Sul retro della spina la velocità di flusso può essere trascurata (le sezioni di flusso sono molto più grandi rispetto alla regione anteriore della spina) e la pressione statica può, dunque, essere ritenuta costante e pari a 4ℎ. Pertanto (Figg. 70 e 71): F"Û = 31 (dd±& − d&)ρgh (91)

e la forza complessiva F vale:

FÛ =F′Û − F"Û = 2π ¨ prdr[­®/& − 31 (dd±& − d&)ρgh (92)

o Quando la spina è completamente chiusa:

FÛ =− 31 àd*& − d&áρgh (93)

dove db è il diametro del bocchello e dt il diametro dello stelo in corrispondenza del supporto. Per dt = db la spinta Fx0 è nulla quando la spina chiude il bocchello.

o La procedura di calcolo qui suggerita presenta varie approssimazioni che allontanano il valore FX da quello sperimentale.

o In genere si preferisce ricorrere alla sperimentazione per le geometrie più ricorrenti dell’insieme spina-bocchello.

o In Fig. 70 è riportato l’andamento tipico della forza assiale sulla spina quando il diametro del bocchello db è pari a quello dt dello stelo in corrispondenza del supporto (cilindro di equilibramento).

o L’andamento degli sforzi, necessari per chiudere l’iniettore, ottenuto per una data geometria dell’iniettore può essere esteso a iniettori geometricamente simili osservando che: ââT ∝ d TdT ∝ ¢¢T [>[>T¡& (94)

o La pressione p e l’area A sono, infatti, proporzionali rispettivamente alla caduta idrica h e

al quadrato del diametro d0 del getto. L’attrito sulla superficie della spina, proporzionale a C2, è anch’esso proporzionale alla caduta idrica h (ignorando gli effetti legati al fattore scala).

o Dall’esame della Fig. 70 si nota come la spina non sia affatto equilibrata. Le curve 1 e 2 di Fig. 70b si riferiscono a spine nuove, mentre la curva 3 è relativa a una spina usata.

o Per le prime due curve, la spina ha una tendenza a chiudere sulla prima parte OA della corsa della spina. In A la spina è equilibrata. Da A a B lo sforzo per fermare la spina aumenta sensibilmente, per divenire massimo a piena apertura (massima tendenza ad aprire della spina).

o Gli sforzi sulla spina riportati sui grafici di Fig. 70 comprendono: la spinta determinata dalla distribuzione della pressione sulla spina; l’attrito sulla superficie della spina; l’attrito dello stelo della spina sui supporti.

Page 74: Note Macchine 2

- 74 -

Page 75: Note Macchine 2

- 75 -

o L’origine degli sforzi è, in entrambi i grafici di Fig. 70, in O se il diametro del bocchello db è uguale a quello dt dello stelo in corrispondenza del supporto.

o Un aumento del diametro dt (d” in Fig. 70b) aumenta la tendenza ad aprire, spostando in basso l’origine del grafico (Fig. 70a). Viene in tal modo eliminata la tendenza a chiudere della spina ai bassi carichi (piccole aperture/portate), aumentando la sicurezza nei riguardi del colpo d’ariete nei casi di rottura accidentale del meccanismo di regolazione.

o Per diminuire il lavoro richiesto al servomotore di regolazione, si può cercare di contrastare la tendenza ad aprire della spina mediante molle (Figg. 70a e 71). In tal caso, lo sforzo di manovra cui deve sopperire l’apparato di regolazione è, per ogni posizione della spina, la differenza tra la spinta agente sulla spina e la forza elastica generata dalla molla.

o Il grafico di Fig. 71 si riferisce a una spina con un diametro dello stelo dt = d” maggiore del diametro del bocchello. Inoltre, la molla di compressione comincia ad agire a partire da una data apertura della spina (indicata con A in Fig. 71).

o Dai grafici delle Figg. 70b e 71 si nota come, con l’uso, l’iniettore tenda a modificare la propria curva degli sforzi: aumenta il tratto in cui manifesta una tendenza a chiudere (qualora sia db = dt) ed incrementa lo sforzo richiesto al servomotore per equilibrare la spina nel tratto in cui questa tende ad aprire.

Page 76: Note Macchine 2

o Nel dimensionare il servo-richiesto proprio in queste ultime condizioni (comportamento della spina dopo un uso prolungato).

o La forza di manovra richiesta è ottenuta con un servomotore idraulico (Fig. 72).o Per contenere gli ingombri

numero di cilindri idraulici disposti in serie (Fig. 72).

- 76 -

-meccanismo occorrerà tener conto del massimo sforzo richiesto proprio in queste ultime condizioni (comportamento della spina dopo un uso

La forza di manovra richiesta è ottenuta con un servomotore idraulico (Fig. 72).Per contenere gli ingombri, oltre ad agire sulla pressione dell’olio, si interviene anche sul numero di cilindri idraulici disposti in serie (Fig. 72).

eccanismo occorrerà tener conto del massimo sforzo richiesto proprio in queste ultime condizioni (comportamento della spina dopo un uso

La forza di manovra richiesta è ottenuta con un servomotore idraulico (Fig. 72). , oltre ad agire sulla pressione dell’olio, si interviene anche sul

Page 77: Note Macchine 2

- 77 -

TEGOLO DEFLETTORE

o La turbina Pelton, munita di bocchello e spina, sarebbe di per sé completa e in grado di funzionare con un’ottima curva del rendimento.

o Le turbine Pelton, per la loro particolare attitudine ad elaborare elevate cadute idriche, sono sempre collegate a lunghe tubazioni e possono per questo essere soggette a forti oscillazioni di pressione a causa delle variazioni di velocità che in esse hanno luogo durante le regolazioni del carico.

o Se la chiusura della spina avviene in un tempo TC minore o uguale al ritmo «Ê = &äå della

condotta (L: lunghezza della condotta, a: velocità di propagazione dell’onda di pressione nell’acqua, ~ 1330 m/s), nella condotta si manifesta una sovrappressione ∆p = 4aV (V: velocità dell’acqua nella condotta prima della manovra di chiusura) molto elevata che può determinarne il collasso strutturale.

o Le tubazioni sono verificate in genere per una sovrappressione ∆p pari al 30% di quella di esercizio che si ottiene per un tempo di chiusura della spina pari a (Allievi-Michaud): T$ = "&ÓÔ∆ = 2ρ ÓÔ,U çè (95)

o Per la sicurezza dell’impianto è dunque opportuno che le manovre di regolazione

avvengano in un tempo T maggiore di quello fornito dall’eq. 95. o Un tempo lungo di regolazione può però determinare una sensibile variazione della

velocità di rotazione della turbina e dell’alternatore ad essa collegato. o Per evitare eccessive sovrappressioni da un lato e tempi di regolazione lunghi dall’altro,

si adotta un tegolo deviatore (Figg. 73 e 74) il quale, entrando per primo in azione deviando parzialmente (Fig. 73) o totalmente (Fig. 74) il getto in tempi molto rapidi (dell’ordine del secondo), consente alla spina di essere chiusa successivamente nei tempi prestabiliti (fino a 10÷30 s) per contenere l’incremento di pressione.

o Nella sua prima versione il deviatore agiva sul getto per schiacciamento (Figg. 74 e 75). Presentava i vantaggi di una rapida azione di intervento (~1 s), di una piccola penetrazione nel getto per poterlo deviare completamente dalla ruota e, allo stesso tempo, allargarlo in una lama d’acqua (Fig. 75b) facilmente assorbile dalla camera di scarico.

o Presentava però il difetto di non prestarsi per il funzionamento parzializzato consentito, invece, dalla soluzione mostrata nelle Figg. 73 e 76.

o In questo caso il deviatore presenta un bordo affilato che entra nel getto dal disotto deviandolo gradatamente, mentre la parte di getto non deviata continua ad arrivare regolarmente alle pale della turbina.

Page 78: Note Macchine 2

- 78 -

Page 79: Note Macchine 2

- 79 -

Page 80: Note Macchine 2

- 80 -

o Avvenuta nei tempi prestabili la chiusura della spina, il tegolo è nuovamente allontanato dal getto ma mantenuto sempre a ridosso di questo per ridurre i tempi di manovra.

o Questa soluzione permette peraltro di minimizzare lo spazio tra bocchello e ruota, specialmente in combinazione con spina ottusa, e ciò consente di ottenere le migliori condizioni di intercettamento getto-pala (minore sfaldamento del getto) a tutto vantaggio del rendimento della turbina.

o Questa soluzione, sebbene risulti meno rapida nel deviare completamente il getto (è ora richiesta una corsa maggiore rispetto al caso precedente perché bisogna tagliare completamente il getto), si rivela nel complesso più efficiente rispetto al deviatore operante per schiacciamento del getto. FORZE AGENTI SUL TEGOLO DEVIATORE

o Lo schermo del tegolo di Fig. 74 devia il getto nella direzione xx’. Le forze T e N, in direzione xx’ e a questa ortogonale, agenti sul tegolo si possono ottenere applicando il principio della variazione della quantità di moto.

a) direzione xx’ (azione del getto sul tegolo): T = ρQ(CÛÛT − CÛÛT) = ρQ(C cos α − C) (96)

Trascurando gli attriti e le variazioni di quota, dall’equazione dell’energia risulta

C0 = C0’ (97)

(la pressione a monte e a valle del tegolo è quella atmosferica). Pertanto: T =−ρQC(1 − cos α) (98)

e ha verso opposto a C0’ .

b) direzione ortogonale a xx’: N = ρQC sin α (99)

o Alle forze precedenti va aggiunta la forza d’attrito lungo xx’ dell’acqua sulla superficie

del tegolo: F = ƒρ $>%& S (100)

dove ƒ è il coefficiente d’attrito (~ 0,016) e S è la superficie del tegolo deviatore bagnata dal getto.

o Il momento rispetto all’asse di rotazione del tegolo vale perciò (Fig. 74): M = (F + T)R − Nδ (101)

o Deve essere considerato anche il momento di attrito sull’asse del perno di raggio r:

Mí = Qrf = -(F + T)& +N& ∙ r ∙ f (102)

che, per sua natura, è sempre resistente. Il coefficiente d’attrito del perno sul cuscinetto può essere posto pari a circa 0,2.

Page 81: Note Macchine 2

- 81 -

o Ne consegue uno sforzo P sulla barra di comando pari a: P = ï±ÜñT (103)

dove il momento Mm è preceduto dal segno + in fase di sollevamento del tegolo: disinserimento del deviatore agente sul getto per schiacciamento (Figg. 74 e 75), inserimento del deviatore tagliante nel getto (Figg. 73 e 76).

o Il corrispondente lavoro di manovra sarà perciò: L = P ∙ c (104)

se con c si indica la corsa dell’asta di comando.

o In genere, il lavoro richiesto all’organo di comando è determinato sperimentalmente per deviatori operanti su getti di diametro d0 e caduta idrica h. L’estensione a deflettori di geometria simile viene eseguita attraverso le leggi della similitudine meccanica.

o Le forze F, N, T (e la loro risultante Q) sono proporzionali al prodotto M& ∙ ª& e dunque al prodotto ℎ ∙ ª&; la corsa dell’asta di comando è anch’essa proporzionale a d0 cosicché le forze F, N, T, Q e il lavoro L dell’organo di manovra sono proporzionali a: F,N, T, Q ∝ hd&; L ∝ hdU (104)

o Pertanto, passando dal deflettore modello al prototipo geometricamente simile basterà

moltiplicare gli sforzi e il lavoro di manovra del deflettore tipo rispettivamente per i rapporti: â,ó,Õ,2(â,ó,Õ,2)­ = ¢¢­ [>[>­& ; ÓÓ­ = ¢¢­ [>[>­U (105)

REGOLAZIONE DELLA SPINA E DEL DEVIATORE

o L’apparato di regolazione deve provvedere alla movimentazione sia della spina che del tegolo deviatore (doppia regolazione).

o I due organi, le cui funzioni sono differenti, sono accoppiati in maniera tale che alla posizione della spina corrisponda una precisa posizione del deflettore.

o Lo spigolo di attacco di quest’ultimo è posizionato a una piccola distanza del getto per essere pronto ad intervenire in caso di necessità.

o È importante che il deflettore penetri nel getto solo quando la riduzione della potenza non possa essere ottenuta con una rapida, ma al contempo ammissibile, chiusura della spina.

o Un intervento troppo frequente del deviatore provocherebbe una perdita inutile di energia, oltre all’usura rapida della ruota e del deflettore medesimo.

o L’apparato di regolazione prevede spesso il collegamento diretto del deviatore al dispositivo di regolazione. Nello schema semplificato di Fig. 77, il movimento della spina è governato indirettamente dallo spostamento del deviatore.

o Infatti, il distributore 1 del servomotore 2 che comanda la spina 3 è controllato dal movimento del deflettore 4, a sua volta azionato dal servomotore 6 il cui cassetto di distribuzione 7 è comandato direttamente dal regolatore di velocità 11.

o La camma 5 assicura la corrispondenza desiderata tra la posizione della spina e quella del deflettore.

Page 82: Note Macchine 2

- 82 -

o Lo schema di Fig. 77 presenta due difetti: il deviatore interviene sempre, anche quando il regolatore deve effettuare piccole

correzioni. Ne consegue che: a) la spina non ha modo di intervenire direttamente nei casi in cui una piccola

riduzione del carico renderebbe possibile il solo intervento in chiusura della spina; b) l’inserzione del deflettore prima che la spina abbia il tempo di ridurre il diametro

del getto provoca lo sparpagliamento del getto con conseguenze, a lungo andare, nefaste per le durate delle pale.

Il comando indiretto della spina conduce necessariamente a un ritardo nello spostamento della spina medesima.

o Per evitare gli inconvenienti descritti sono state proposte soluzioni come quella descritta nello schema semplificato di Fig. 78.

o La differenza principale consiste nella sostituzione del punto fisso 8 dell’asta a bilanciere 9 a cui è collegato il distributore 1 del servomotore 2 della spina (Fig.77), con un collegamento diretto 12 all’asta di comando 10 collegata direttamente al regolatore di velocità 11 (Fig. 78).

o In questo modo, ambo i cassetti di distribuzione 1 (per la spina) e 7 (per il deviatore) sono sotto l’azione diretta del regolatore pilota 11.

o Occorre in questo caso prendere degli accorgimenti sui dispositivi di regolazione dei distributori per consentire alla spina di effettuare la regolazione fine senza che il deviatore entri in azione (rendendone lenta la velocità di manovra).

o Il deviatore dovrà invece intervenire per primo quando la variazione del carico è rilevante.

Page 83: Note Macchine 2

TURBINE FRANCIS GEOMETRIA DEL CONDOTTO MERIDIANO

o La forma del condotto meridiano (Fig. 1) è regolata dal macchina

o Le dimensioni principali della girante (Fig. 2) vengono stabilite attraverso coefficienti espressi in funzione di K, in forma per lo più grafica.

o Le correlazioni proposte poggiano sulla teoria del’esperienza maturata da numerosi specialisti del settore.I simboli e le definizioni adottate variano a seconda delle tradizioni della scuola di appartenenza o della consuetudine tecnica.

- 83 -

TURBINE FRANCIS (note integrative)

GEOMETRIA DEL CONDOTTO MERIDIANO

La forma del condotto meridiano (Fig. 1) è regolata dal valore del numero tipico di

K = ω 2>,ô=õ?>,öô

Le dimensioni principali della girante (Fig. 2) vengono stabilite attraverso coefficienti espressi in funzione di K, in forma per lo più grafica. Le correlazioni proposte poggiano sulla teoria della similitudine meccanica e riassumono l’esperienza maturata da numerosi specialisti del settore. I simboli e le definizioni adottate variano a seconda delle tradizioni della scuola di appartenenza o della consuetudine tecnica.

valore del numero tipico di

(1)

Le dimensioni principali della girante (Fig. 2) vengono stabilite attraverso coefficienti

lla similitudine meccanica e riassumono

I simboli e le definizioni adottate variano a seconda delle tradizioni della scuola di

Page 84: Note Macchine 2

P = 10002õµor ÷CVøcon

- 84 -

nB nHù P√H n=P?,&=H?8r1 conη V 0,85 si ottiene: nB V 179,3K ; K V 00,005577nB

Page 85: Note Macchine 2

- 85 -

Page 86: Note Macchine 2

- 86 -

o In luogo del numero tipico di macchina K trova tuttora impiego (G. Krivichenko, 2000; Sandrolini e Nardi, 1996) la definizione di “velocità specifica” ns

(*): nB = õ0 √õ = nP,/&H8r/1 = n >,ôõ),%ô (2)

e invece dei numeri di pressione e di flusso ψ = õ% , ∅ = $Ü (3)

si fa ancora largo uso delle “velocità specifiche” ottenute dividendo quelle reali per la velocità di riferimento -2gH.

o I simboli impiegati variano a seconda degli autori. Ad esempio, si usano lettere minuscole per le velocità specifiche e le lettere maiuscole per quelle reali, legate tra loro dalla relazione tipo: c = -&õ (4)

oppure la lettera K seguita a pedice dalla lettera che contraddistingue la velocità in questione: K¼ = -&õ (5)

o Le diverse definizioni non possono che generare confusione. Nel proseguo di queste note

si farà uso delle espressioni del numero tipico di macchina K e dei numeri di pressione e di flusso ψ e ∅, recepiti per la loro funzionalità anche dalla recente normativa europea. Poiché molti dei diagrammi che raccolgono l’esperienza maturata nella progettazione delle turbine idrauliche fanno uso di simboli e definizioni differenti, si provvederà a suggerire il loro legame con quelli prima menzionati e qui adottati.

o A prescindere dai simboli e dalle definizioni impiegate, è di particolare interesse cogliere le ragioni che motivano l’andamento dei principali parametri che regolano la geometria del condotto meridiano in funzione di ns o K.

o A tal riguardo, un diagramma particolarmente completo è quello di Fig. 3 (Nechleba). In esso, CB = B/-2gH è la velocità specifica all’ingresso del tubo di scarico suggerita per ottimizzare il comportamento a cavitazione della turbina. Nello stesso diagramma è anche suggerito il valore della velocità specifica Cs per ottenere (per la portata di progetto) il valore massimo del rendimento.

o Il valore di Cs e Cs determina il diametro Ds della sezione di scarico della girante (ingresso del tubo di scarico). Se in corrispondenza del diametro DS (Fig. 2) è ancora presente l’ostruzione del mozzo (ciò si verifica frequentemente soprattutto per numeri tipici compresi tra 0,4÷0,7), dall’equazione della portata si ottiene: Q = Cú 31 àDB& − D¢&á = Cú 31DB& 1 − `û%`ü% (6)

per cui, assunto il rapporto Dh/DS, si ricava DS (Dh : diametro del mozzo). (*) P = 1000 QH /75 è la potenza all’albero in CV. Se al rendimento si assegna un valore medio pari a 0,85 (Nechleba, 1957) si ottiene il seguente legame tra ns e K: ns = 179,3K.

Page 87: Note Macchine 2

- 87 -

Page 88: Note Macchine 2

- 88 -

o Dai diagrammi di Fig. 3, il valore di Cs che intende massimizzare il rendimento è minore del valore di CS che si prefigge, invece, di minimizzare l’NPSH. Ne consegue, dall’eq. 6, che DBµ > DBóúõ e il minor valore della velocità assoluta allo scarico consente di contenere le perdite di carico nel tubo di scarico e di aumentare l’efficienza con cui avviene il recupero dell’energia cinetica CS

2 /2. o In altre formulazioni, il diametro DS è ricavato sempre dall’equazione della portata:

Q = $üü 9`ü& 31 Dú& ×1 − `û%`ü%Ø = $üüω 3ý DúU ×1 − `û%`ü%Ø (7)

una volta stabilito il rapporto Cs /us.

o Il valore di Cs /us suggerito in letteratura si aggira mediamente tra 0,25÷0,30. Dai diagrammi di Fig. 3 si ottiene per il rapporto Cs /us un valore pressoché costante, e pari a 0,25 per numeri tipici K compresi tra 0,4÷2,3; il rapporto Cs /us assume valori poco diversi, e mediamente pari a 0,3 nel medesimo intervallo di K. È evidente la concordanza delle due impostazioni.

o Il valore della velocità periferica: u, = þ)-&¢ = ,-& (8)

in corrispondenza del diametro esterno D1

(*) della girante condiziona la deviazione angolare della corrente fluida attraverso la girante, e quindi la curvatura delle pale e il grado di reazione.

o Questi effetti possono essere messi qualitativamente in evidenza prendendo a riferimento, per semplicità, la palettatura di una turbina assiale (Fig. 4). Posto Cu2 = 0, il legame tra le velocità Cu1 e u1 è riassunto dall’equazione dello scambio di energia: u,C, =η[gH (9)

o A parità di ω, al diminuire di u1 diminuisce il diametro esterno della girante (minori

costi) ma aumenta Cu1 (eq. 9), e con essa l’angolo di flusso β1 e la velocità assoluta C1. o All’aumentare di β1 aumenta anche la curvatura del condotto interpalare (Fig. 4a): perdite

di carico più elevate e maggiori rischi di separazione della corrente sul lato in depressione delle pale. Inoltre, l’aumento della velocità C1 dà luogo a una diminuzione del salto di pressione tra monte e valle della girante, ossia del grado di Ɛr. Infatti: )8 %" ≈ )%8%%& +%%8)%& = η[gH − $)%8$%%& (10)

perciò, se per una data caduta idrica H si riduce u1, l’aumento imposto dallo scambio di

energia (eq.9) alla velocità Cu1 (e quindi a C1 e al numero di pressione ψ = õ)% = ,µ!¶ $)) )

provoca una progressiva diminuzione della pressione statica a monte della girante rispetto al valore presente all’imbocco del tubo di scarico con il rischio di favorire lo sviluppo della cavitazione sull’intera estensione della palettatura (soprattutto delle sezioni adiacenti alla corona). (*) Il bordo d’ingresso della girante rimane parallelo all’asse fino a valori del numero tipico di macchina K prossimi all’unità. Per valori maggiori occorre inclinare il bordo d’ingresso e distinguere i diametri D1i e D1e che ne delimitano il contorno. Le velocità periferiche u1i e u1e sono riferite a questi diametri.

Page 89: Note Macchine 2

o Questi inconvenienti diventano sempre più accentuati all’aumentare della caduta idrica H (e quindi al diminuire di K). Occorre perciò limitare inferiormente il valore di K per contenere adeguatamente i valori diun valore limite anche per ψ

o L’esperienza suggerisce valori di unumeri di pressione ψ non superiori a 1,2 (eq. 8), l’impiego di numeri tipici K superiori a 0,35÷0,4 e HMAX ≈600 m (U

o All’aumentare del numero tipico K aumenta la curvatura del condotto meridiano (Figg. 1 e 2a) e le linee di corrente si addensano verso la corona. Ma, con l’aumentare della velocità lato corona aumentano i rischi di cavitazione per controllare i quali è opportuno che il raggio di curvatura (indicato con meridiano non sia inferiore a Dgirante.

o Per la stessa ragione anche la velocità meridiannon dovrebbe essere troppo elevata ma compresa tra 0,15÷0,31un limite al valore del numero di flusso

che varia tra 0,23÷0,4 nell’intervallo di K tra 0,4÷2,4 (Fig.5).

- 89 -

Questi inconvenienti diventano sempre più accentuati all’aumentare della caduta idrica H (e quindi al diminuire di K). Occorre perciò limitare superiormente il valore di H e inferiormente il valore di K per contenere adeguatamente i valori di Cu1 e u1

un valore limite anche per ψ. L’esperienza suggerisce valori di u1 non inferiori a circa 0,65 (Figg. 2a e 3a), e dunque

ψ non superiori a 1,2 (eq. 8), l’impiego di numeri tipici K superiori a UMAX ≈ 70 m/s).

All’aumentare del numero tipico K aumenta la curvatura del condotto meridiano (Figg. 1 ) e le linee di corrente si addensano verso la corona. Ma, con l’aumentare della

velocità lato corona aumentano i rischi di cavitazione per controllare i quali è opportuno che il raggio di curvatura (indicato con r in Fig. 2a) del contorno esterno del condmeridiano non sia inferiore a D1e/10 sul punto ove è collocato il bordo d’ingresso della

Per la stessa ragione anche la velocità meridiana C, (Fig. 2a) all’uscita del distributore non dovrebbe essere troppo elevata ma compresa tra 0,15÷0,31. E ciò equivale a imporre un limite al valore del numero di flusso ∅ 23`)ç)ç6

che varia tra 0,23÷0,4 nell’intervallo di K tra 0,4÷2,4 (Fig.5).

Questi inconvenienti diventano sempre più accentuati all’aumentare della caduta idrica H superiormente il valore di H e

1. Ne consegue

non inferiori a circa 0,65 (Figg. 2a e 3a), e dunque non superiori a 1,2 (eq. 8), l’impiego di numeri tipici K superiori a

All’aumentare del numero tipico K aumenta la curvatura del condotto meridiano (Figg. 1 ) e le linee di corrente si addensano verso la corona. Ma, con l’aumentare della

velocità lato corona aumentano i rischi di cavitazione per controllare i quali è opportuno in Fig. 2a) del contorno esterno del condotto

/10 sul punto ove è collocato il bordo d’ingresso della

(Fig. 2a) all’uscita del distributore . E ciò equivale a imporre

(11)

Page 90: Note Macchine 2

- 90 -

o All’aumentare di K il condotto meridiano della turbina si allarga verso il tubo di scarico per ridurre la velocità con la quale l’acqua entra in quest’ultimo e quindi la perdita di carico connessa con il recupero dell’energia cinetica CS

2 /2. o L’allargamento della girante è in genere eseguito inclinando la generatrice della corona di

un angolo di circa 10÷20° rispetto all’asse di rotazione. Un tale angolo di divergenza non genera il distacco della corrente dalla corona per l’azione delle pale della girante che sospinge l’acqua verso il contorno esterno.

o Una simile divergenza non potrebbe essere sostenuta in assenza di pale, ad esempio all’interno del tubo diffusore dove, per ostacolare la tendenza alla separazione, si è soliti sfruttare l’effetto centrifugo indotto da una modesta componente tangenziale appositamente assegnata alla corrente all’uscita della girante.

Page 91: Note Macchine 2

- 91 -

o I diagrammi delle Figg. 2, 3 e 5, o altri simili, permettono solo una prima stima dei principali parametri geometrici del condotto meridiano della girante.

o La forma definitiva del condotto (ovvero l’effettiva geometria del contorno del disco porta pale, della corona di ricoprimento, del bordo d’ingresso e di uscita delle pale) è, in genere, il risultato dell’esperienza e della sensibilità del progettista.

o Rimane ancora valida, soprattutto per numeri tipici K inferiori all’unità, l’idea di sagomare il condotto meridiano assumendo una appropriata distribuzione della velocità meridiana lungo la direzione del deflusso.

o Il procedimento è riassunto in Fig. 6. Determinati DS, D1 e B1 (Figg. 2, 3 e 5) e assunta la geometria della linea media del condotto meridiano, la distribuzione delle aree può essere determinata dall’equazione della portata una volta stabilita la legge di variazione della velocità meridiana fra i valori estremi Cm1 e Cs (fig. 5b). Infatti, nota Cm in corrispondenza della coordinata curvilinea s (lungo la linea media del condotto meridiano) si ottiene l’area della sezione di flusso A = Q/Cm = 2 π r b (in Fig. 6, r e b sono indicati rispettivamente con simboli r e ∆) e quindi la larghezza locale b della girante, ottenendo per punti la geometria dei contorni del mozzo e della corona.

o Per numeri tipici superiori all’unità le osservazioni precedenti, legate al raggio di curvatura del contorno esterno che precede il bordo d’ingresso della girante e alla divergenza della corona rispetto all’asse di rotazione, possono rendere la procedura meno agevole del previsto o poco efficace.

o A tal riguardo può essere di riferimento la geometria suggerita da Bovet (1963) e poi sostenuta da altri autori (Vivier, 1966; Jaumotte, 1968; Sandrolini e Naldi, 1996), soprattutto di scuola francese. È ancora largamente impiegata in ambito industriale e negli studi professionali.

o La procedura suggerita copre l’intero intervallo delle turbine Francis e può essere riassunta dal disegno del condotto meridiano di Fig. 7. Le grandezze geometriche sono tutte rapportate al raggio esterno R2e del bordo d’uscita della girante, e dunque espresse in forma adimensionale.

Page 92: Note Macchine 2

- 92 -

Page 93: Note Macchine 2

- 93 -

o Il loro valore è dato in funzione del numero tipico di macchina K(*1). • Larghezza del distributore:

b0 = 0,8(2 - 0,3355K) 0,3355K (12)

• Punti di raccordo del contorno meridiano del mozzo con la geometria del distributore e con l’asse di rotazione: r = 0,7 + ,,,UUrr¹W,ý (13) eÐ1 = 0,8 + (14)

• Punti di raccordo del contorno esterno:

rZ = 0,493/(0,3355K)&/UperK < 0,82rZ = 1,255 − 0,3(0,3355K)perK > 0,82z (15)

\Z = 2,4 − 1,9(2 − 0,3355K)0,3355K (16)

o Il contorno meridiano lato mozzo e corona della girante è ottenuto dall’equazione seguente: Ü = 3,08 1 − Û\¡0Û\ 1 − Û\¡ (17)

dove ym è l’ordinata del punto di massimo della curva di eq. 17 (Fig. 8).

o Per il profilo della corona si suggerisce: x&Z = 0,5 (18)

indipendentemente dal valore del numero tipico di macchina K. Risulta pertanto fissato il rapporto y2e /yme del contorno esterno (Fig. 7): %çÜç = 3,08 1 − Û%çeç ¡0Û%çeç 1 − Û%çeç ¡ (19)

D’altra parte, dalla Fig. 7, risulta anche (*2): y&Z = rZ − r&Z = rZ − 1 (20)

pertanto l’ordinata massima yme del profilo della corona è anch’esso determinato dalle eq. 19 e 20: yZ = %ç(%ç/Üç) (21)

insieme al raggio rme: rZ = rZ − yZ (22)

(*1) Nella formulazione originale la dipendenza era con il numero:

n = ω (Q/π),r(2gH),or = 0,3355K

(*2) In Fig. 7 tutte le quote sono rapportate al raggio R2e. Dunque: r&Z = R&ZR&Z = 1;rZ = RZR&Z ; y&Z = Y&ZR&Z ; ….

Page 94: Note Macchine 2

- 94 -

o Per il profilo del mozzo è impiegata solo la prima parte della curva di Fig.8 (0 ≤ xi ≤ l / 4) con ymi = roi (eq.13).

o Per un dato valore del numero tipico di macchina K il contorno del condotto meridiano della turbina è perciò univocamente determinato una volta stabilito il raggio esterno R2e del bordo d’uscita delle pale (Fig.8).

o Secondo Bovet, il valore massimo del rendimento in funzione di K varia poco e si ottiene in corrispondenza di un valore del numero di flusso ∅2e = 239ñ%ç = 23ñ%ç% ,9ñ%ç = $Ü%9ñ%ç (23)

pressoché costante e pari a ∅& = 0,27.

o Per quanto attiene la posizione del bordo di ingresso lato mozzo, Bovet suggerisce per il numero di pressione: ψ, = õ9%ñ)!% (24)

un valore pressoché costante e pari a ψ, = 0,86.

o Stabilita la forma del condotto meridiano occorre definire i profili del bordo d’ingresso e di uscita delle pale e determinare lungo lo sviluppo di questi gli angoli di flusso della corrente.

Page 95: Note Macchine 2

ANALISI DELLA CORRENTE MERLINEE DI CORRENTE

o Compito della palettatura è quello di operare la necessaria variazione del momento della quantità di moto della portata Q che attraversa la girante afrende disponibile all’asse: M =sia quello che corrisponde al salto idrico H: gH

o Nelle relazioni precedenti M è il momento lordo disponibile all’albero, Mutile, =M 'M?ω Mω=1ventilazione, m il rendimento meccanico, la portata che trafila dagli elementi di tenuta, gHt il lavoro meccanico eseguito dall’unità di massa del fluido sulla girante, e u&C& i valori medi dei prodotti della velocità periferica con la componente tangenziale della velocità assoluta rispettivamente all’ingresso e all’uscita della girante.

o La velocità periferica varia lungo il bordo di uscita della girante, e anche lungo il bordo d’ingresso (per numeri tipici superiori all’unità) (Fig. 1). Inoltre, la velocità meridiana è sensibilmente influenzata dalla curvatura del condotto meridiano.I triangoli delle velocità variano dunque lungo i bordi che delimitano la palettatura e ciascuna sezione palare dovrà perciò essere sagomata diversamente dalle altre.

o Per dimensionare le singole sezioni della velocità meridiana all’ingresso e all’uscita delle pale, tenendo debitamente conto della curvatura del condotto meridiano.

o In quanto segue si ignorerà la presenza della palettatura all’interno del condotto meridiano (*); si assumerà inoltre stazionario.

o L’ipotesi di fluido aviscoso è meno drastica di quanto sembri. Il reale deflusso della corrente avviene in regime di moto turbolento, e per tali condizioni il fluido procede, fatta eccezione per un sottile strato a ridosso delle pareti (strato limite) dell’ordine del decimo di millimetro, come se non fosse soggetto ad attriti interni.

o Il fatto può essere meglio chiarito confrontando i profili di velocità laminare e turbolento all’interno di un condotto ci

(*) In questa fase la geometria delle pale non è nota; è anzi l’oggetto dello studio.

- 95 -

ANALISI DELLA CORRENTE MER IDIANALINEE DI CORRENTE

Compito della palettatura è quello di operare la necessaria variazione del momento della quantità di moto della portata Q che attraversa la girante affinché il momento M che

ρQηÔ=r,C, ' r&C&? ÖµÜ

sia quello che corrisponde al salto idrico H:

gH õµ!¶ )$)8%$%µ!¶ Ö9"2µ!¶µÜµ

Nelle relazioni precedenti M è il momento lordo disponibile all’albero, Ma 1 ' η? la potenza dissipata per attriti meccanici e per il rendimento meccanico, v = (Q - Qf) /Q il rendimento volumetrico, Q

la portata che trafila dagli elementi di tenuta, gHt il lavoro meccanico eseguito dall’unità fluido sulla girante, id il rendimento idraulico, ω la velocità angolare,

i valori medi dei prodotti della velocità periferica con la componente tangenziale della velocità assoluta rispettivamente all’ingresso e all’uscita della girante.La velocità periferica varia lungo il bordo di uscita della girante, e anche lungo il bordo d’ingresso (per numeri tipici superiori all’unità) (Fig. 1). Inoltre, la velocità meridiana è sensibilmente influenzata dalla curvatura del condotto meridiano.

iangoli delle velocità variano dunque lungo i bordi che delimitano la palettatura e ciascuna sezione palare dovrà perciò essere sagomata diversamente dalle altre. Per dimensionare le singole sezioni palari è essenziale la conoscenza della distribuzione

lla velocità meridiana all’ingresso e all’uscita delle pale, tenendo debitamente conto della curvatura del condotto meridiano. In quanto segue si ignorerà la presenza della palettatura all’interno del condotto

; si assumerà inoltre Cu =0, il fluido aviscoso e la corrente in regime

L’ipotesi di fluido aviscoso è meno drastica di quanto sembri. Il reale deflusso della corrente avviene in regime di moto turbolento, e per tali condizioni il fluido procede, fatta

e strato a ridosso delle pareti (strato limite) dell’ordine del decimo di millimetro, come se non fosse soggetto ad attriti interni. Il fatto può essere meglio chiarito confrontando i profili di velocità laminare e turbolento all’interno di un condotto cilindrico (Fig. 9).

In questa fase la geometria delle pale non è nota; è anzi l’oggetto dello studio.

IDIANA

Compito della palettatura è quello di operare la necessaria variazione del momento della finché il momento M che si

(25)

(26)

il momento la potenza dissipata per attriti meccanici e per

) /Q il rendimento volumetrico, Qf la portata che trafila dagli elementi di tenuta, gHt il lavoro meccanico eseguito dall’unità

à angolare, u,C, i valori medi dei prodotti della velocità periferica con la componente tangenziale

della velocità assoluta rispettivamente all’ingresso e all’uscita della girante. La velocità periferica varia lungo il bordo di uscita della girante, e anche lungo il bordo d’ingresso (per numeri tipici superiori all’unità) (Fig. 1). Inoltre, la velocità meridiana è

iangoli delle velocità variano dunque lungo i bordi che delimitano la palettatura e ciascuna sezione palare dovrà perciò essere sagomata diversamente dalle altre.

ri è essenziale la conoscenza della distribuzione lla velocità meridiana all’ingresso e all’uscita delle pale, tenendo debitamente conto

In quanto segue si ignorerà la presenza della palettatura all’interno del condotto in regime

L’ipotesi di fluido aviscoso è meno drastica di quanto sembri. Il reale deflusso della corrente avviene in regime di moto turbolento, e per tali condizioni il fluido procede, fatta

e strato a ridosso delle pareti (strato limite) dell’ordine del decimo

Il fatto può essere meglio chiarito confrontando i profili di velocità laminare e turbolento

In questa fase la geometria delle pale non è nota; è anzi l’oggetto dello studio.

Page 96: Note Macchine 2

- 96 -

o In regime laminare la viscosità del fluido si manifesta attraverso forze tangenziali tra strati cilindrici concentrici che se riducono la velocità all’interno di uno strato aumentano, per converso, quella dello strato esterno adiacente. Ne risulta il profilo di velocità di Fig. 9a.

o In regime di moto turbolento, le componenti pulsanti delle velocità determinano uno scambio di quantità di moto tra strati che livella il valore della velocità negli strati adiacenti, ad eccezione dello strato limite dove la velocità diminuisce rapidamente per annullarsi in corrispondenza della parete. Il profilo di velocità è perciò quello di Fig. 9b, molto simile a quello di un fluido privo di viscosità (attriti interni nulli).

o Date le premesse il moto può essere riferito all’osservatore inerziale e l’equazione che regola l’equilibrio della corrente assoluta assume la forma: C ×Ω =∇ " + $%& + gz¡ = ∇E (27)

dove Ω = rotC è la vorticità della corrente assoluta e E l’energia totale dell’unità di massa.

o Per uno spostamento elementare ds = Cdt lungo una linea di corrente si ottiene: àC × ΩáCdt = 0 (28) e quindi: ∇ECdt = dE = 0 (29)

cioè l’energia totale E = " + $%& + gz si conserva lungo una linea di corrente.

o Se si ammette che il moto origini da un ambiente a energia totale costante, l’energia totale E deve conservarsi in tutto il campo di moto, e dunque ∇E = 0.

o L’equazione del moto si riduce a: C × Ω = 0 (30) e una soluzione è il moto irrotazionale Ω = 0 (31)

il quale, come è ben noto, implica (essendone condizione necessaria e sufficiente) l’esistenza di una funzione potenziale Ø tale che: C = −∇∅ (32) In coordinate cartesiane: CÛ = − ∅Û , C = − ∅ , C = − ∅ (33)

o Le superfici a potenziale Ø = cost, dette superfici equipotenziali, sono ortogonali al

vettore velocità M, e dunque alle linee di corrente che le attraversano. Infatti, per uno spostamento elementare ª = (ª, ª, ª) lungo una superficie Ø = cost si ottiene: d∅ = ∅Û dx + ∅ dy + ∅ dz = ∇∅ds = 0 (34)

Ma, ricordando la (32), è anche: CÛdx + Cdy + Cdz = Cds = 0 (35)

la velocità Mè dunque ovunque ortogonale alla superficie equipotenziale Ø = cost dato che è sempre ortogonale e un vettore ª a questa tangente.

o Per un fluido incomprimibile, l’equazione di continuità è data dall’equazione: ∇C = divC = $ÉÛ + $ + $P = 0 (36)

Page 97: Note Macchine 2

o Se indichiamo con V lo spazio delimitato da una superficie chiusa S, vale (Lemma di Gauss) ¨ CdV Ô ¨ $ÉÛ # $ #Ô dove n =nÛ, n, n? è il vettore normale esterno alla superficie S.

o Il valore nullo della divergenza del vettore velocitànullo il flusso del vettore Cporzione S’ di S dovrà necessariamente uscire dalla rimanente superficie S

o Sia q la portata che attraversa la superficie Sgirante la curva s1 (Fig. 10). Srotazione attorno all’asse della girante delle curve s

o Si consideri il volume racchiuso dalle superfici SPer la (37), la portata q’ che attraversa la superficie SS1, dunque q’= q. Alla stessa conclusione si perviene se si considera il volume delimitato dalle superfici Se S3, e quindi la portata q” che attraversa Sattraversa S1, e dunque q”= q.

o Pertanto, la portata volumetrica che attraversa le superfici generata dalla rotazione attorno all’asse della girante di curve qualsiasi che si appoggiano ai punti A e B di Fig. 10, deve essere sempre la stessa quando il fluido è incomprimibile e il moto è stazionario. E tale portata dovrà dipendere solo dalle coordinate dei punti A e B.

o È perciò possibile introdurre una funzione dei valori che essa assume in due punti sia pari alla portata che attraversa la superficie generata dalla rotazione attorno all’asse di una qualsiasi curva che congiunge i due punti ( o una quantità proporzionale alla portata).

o Con riferimento alla Fig. 11, posto

e muovendo da A verso B, si può scrivere, osservando che dψd6 ψAB : dQ 2πdψ

- 97 -

Se indichiamo con V lo spazio delimitato da una superficie chiusa S, vale (Lemma di

# $P ¡ dV ¨ àCÛnÛ # Cn # CnádS ú úè il vettore normale esterno alla superficie S.

Il valore nullo della divergenza del vettore velocitàC, impone che sia complessivamente C attraverso la superficie S: la portata che entra attraverso la porzione S’ di S dovrà necessariamente uscire dalla rimanente superficie S

Sia q la portata che attraversa la superficie S1 ottenuta ruotando attorno all’asse della (Fig. 10). S2 e S3 siano, analogamente, le superfici generate dalla

rotazione attorno all’asse della girante delle curve s2 e s3. Si consideri il volume racchiuso dalle superfici S1 e S2. Per la (37), la portata q’ che attraversa la superficie S2 deve essere la stessa che a

Alla stessa conclusione si perviene se si considera il volume delimitato dalle superfici S, e quindi la portata q” che attraversa S3 deve essere ancora pari a quella che

, e dunque q”= q. volumetrica che attraversa le superfici generata dalla rotazione attorno

all’asse della girante di curve qualsiasi che si appoggiano ai punti A e B di Fig. 10, deve essere sempre la stessa quando il fluido è incomprimibile e il moto è stazionario. E tale ortata dovrà dipendere solo dalle coordinate dei punti A e B.

È perciò possibile introdurre una funzione ψ delle sole coordinate tale che la differenza dei valori che essa assume in due punti sia pari alla portata che attraversa la superficie

a rotazione attorno all’asse di una qualsiasi curva che congiunge i due punti ( o una quantità proporzionale alla portata). Con riferimento alla Fig. 11, posto dQ 2πdψ

e muovendo da A verso B, si può scrivere, osservando che AB ='dz, drψ 2π ='dz? # dr 2π=rdzC # rdrC

Se indichiamo con V lo spazio delimitato da una superficie chiusa S, vale (Lemma di

C ∙ ndS 0 (37)

, impone che sia complessivamente icie S: la portata che entra attraverso la

porzione S’ di S dovrà necessariamente uscire dalla rimanente superficie S – S’.

ottenuta ruotando attorno all’asse della siano, analogamente, le superfici generate dalla

deve essere la stessa che attraversa

Alla stessa conclusione si perviene se si considera il volume delimitato dalle superfici S1 deve essere ancora pari a quella che

volumetrica che attraversa le superfici generata dalla rotazione attorno all’asse della girante di curve qualsiasi che si appoggiano ai punti A e B di Fig. 10, deve essere sempre la stessa quando il fluido è incomprimibile e il moto è stazionario. E tale

delle sole coordinate tale che la differenza dei valori che essa assume in due punti sia pari alla portata che attraversa la superficie

a rotazione attorno all’asse di una qualsiasi curva che congiunge i due punti (

(38) dr? e

C? (39)

Page 98: Note Macchine 2

o Dalla (39) si ricava immediatamente il legame tra le componenti C

le derivate parziali e

o Le linee di corrente, tangenti al vettore velocità Infatti, lungo una linea a ψ = cost:

e ricordando il legame (eq. 40) tra

o La funzione di corrente ψ, provenendo dal principio di conversazione della massa, soddisfa automaticamente l’equazione di continuità

o Per riformulare le equazioni che reggono il moto in termini di funzione di ψ la condizione

o In coordinate cilindriche, le componenti del vettoreconsiderando i minori algebrici del determinante simbolico:

o Il moto lungo ciascun piano coordinato ortogonale a quel piano.

- 98 -

Dalla (39) si ricava immediatamente il legame tra le componenti Cz e Cr della velocità e della funzione ψ:

C , ∂ψ∂r , Cr ' 1r ∂ψ∂z

Le linee di corrente, tangenti al vettore velocità M, sono anche linee a ψ = cost.Infatti, lungo una linea a ψ = cost:

dψ ∂ψ∂r dr # ∂ψ∂z dz 0

e ricordando il legame (eq. 40) tra M e ψ:

rCdr ' rCdz 0

ψ, provenendo dal principio di conversazione della massa, soddisfa automaticamente l’equazione di continuità M 0. Per riformulare le equazioni che reggono il moto in termini di ψ occorre riscrivere in

la condizione di irrotazionalità Ω rotC 0. In coordinate cilindriche, le componenti del vettore vorticità Ω possono essere ottenute considerando i minori algebrici del determinante simbolico:

Ω i,i% iC rC C C

Il moto lungo ciascun piano coordinato è regolato dalla componente della vorticità

della velocità e

(40)

ψ = cost.

(41)

(42)

, provenendo dal principio di conversazione della massa,

occorre riscrivere in

possono essere ottenute

(44)

vorticità

Page 99: Note Macchine 2

- 99 -

o L’equilibrio della corrente meridiana Cm =(Cz, Cr) è quindi regolato dalla componente Ωu

del vettore vorticità lungo la direzione i,. Si ottiene: Ω = $ − $ (45)

che, esprimendo la velocità attraverso le funzioni di corrente ψ (eq. 40), diventa: − , ¡ − , ¡ = 0 (46)

ottenendo, infine, l’equazione differenziale: %% − , + %% = 0 (47)

o Analoga equazione si ottiene per la funzione potenziale Ø sostituendo nell’equazione di

continuità alle velocità le loro espressioni in funzione di Ø. Posto, infatti, Cu =0, si ottiene (*): C = divC = 1r ∂(rC)∂r + 1r ∂C∂θ + ∂C∂z =

= − , r ∅¡ − ∅¡ = − , ∅ + r %∅%¡ − %∅% (48)

ottenendo, infine, l’equazione differenziale che governa il moto della corrente meridiana: %∅% + , ∅ + %∅% = 0 (49)

o Interessa maggiormente, per i nostri scopi, l’integrazione dell’equazione differenziale in

termini della funzione di corrente &ψ = 0. o L’integrazione della equazione differenziale (49) è di ausilio nel posizionamento dei

bordi di ingresso e uscita delle pale. La sua integrazione non è però essenziale come quella della funzione di corrente (che offre come risultato il tracciato delle linee meridiane di corrente) e però, per questo, essere omessa.

o Per l’integrazione della (47) possono essere adottate varie tecniche numeriche (elementi finiti, differenze finite, ecc…). L’approccio basato sul metodo delle differenze finite richiede modeste risorse di calcolo senza pregiudicare la qualità della soluzione finale e sarà, per questa ragione, descritto.

o Al disegno del condotto meridiano si sovrapponga un reticolo a maglie quadrate di lato l (Fig. 14). (*) Per un moto a potenziale (Ω = 0) è C = −∇∅ e, in coordinate cilindriche l’operatore differenziale ∇ è:

∇= i, 1r ∂ψ∂r + i& ∂ψ∂z + iU ∂ψ∂r

Page 100: Note Macchine 2

o Ai nodi del reticolo si assegnino, a sentimento, dei valori iniziali per poi a correggere fino a raggiungere la

o La correzione dei valori di ψmoto e delle condizioni al contorno.

o Nell’integrazione dell’equazione differenziale (47), alle derivate si sostituisce il rapporto incrementale. L’approssimazione è dunque tanto migliore qual’incremento nelle variabili r e z: l’accuratezza della soluzione migliora al diminuire del lato l delle maglie.

o Si distinguono due casi:

a) I lati delle maglie non sono intersecati dal contorno del condotto (Fig. 15).

- 100 -

Ai nodi del reticolo si assegnino, a sentimento, dei valori iniziali per ψ che si provvedercorreggere fino a raggiungere la convergenza.

ori di ψ deve avvenire nel rispetto dell’equazione che governa il moto e delle condizioni al contorno. Nell’integrazione dell’equazione differenziale (47), alle derivate si sostituisce il rapporto incrementale. L’approssimazione è dunque tanto migliore quanto più piccolo è l’incremento nelle variabili r e z: l’accuratezza della soluzione migliora al diminuire del

I lati delle maglie non sono intersecati dal contorno del condotto (Fig. 15).

ψ che si provvederà

deve avvenire nel rispetto dell’equazione che governa il

Nell’integrazione dell’equazione differenziale (47), alle derivate si sostituisce il rapporto nto più piccolo è

l’incremento nelle variabili r e z: l’accuratezza della soluzione migliora al diminuire del

Page 101: Note Macchine 2

o Nei punti A e B (*): Nel nodo centrale 0:

%o Analogamente, lungo r:

mentre:

o L’aggiornamento del valore della funzione

(i+1)-esima si ricava perciò dalla semplice relazione (nodo B, Fig. 14):

ψW, = ,1b) I lati delle maglie sono intersecati dal contorno del condotto. Gli esempi di Fig. 16

riassumono tutti i casi che si possono presentare.

o I nodi ausiliari A, B, C, D inseriti nei reticoli di Fig. 15 e 16 non devono necessariamente

pensarsi posizionati nel centro dei segmenti delimitati da due nodi adiacenti.L’approssimazione della derivata prima con il rappfunzione ψ un andamento lineare tra due nodi adiacenti. Pertanto, il rapporto (

(Fig. 16 a) è rappresentativo della derivata parziale

tra i nodi 0 e 1. (*) I punti A, B, C, D, sono nodi ausiliari che si aggiungono a quelli effettivi 0, 1, 2, 3, 4 per esprimere alle differenze finite le derivate dell’eq. 47.

- 101 -

¡d ≈ )8>e ; ¡6 ≈ >8e

%¡ ≈ P¡8 P¡he ≈ )W8&>e%

%%¡ ≈ %W¿8&>e%

, ¡ ≈ ,e %8¿&e = %8¿&e%

L’aggiornamento del valore della funzione di corrente ψ nel nodo 0 all’iterazione si ricava perciò dalla semplice relazione (nodo B, Fig. 14):

,1 ψ, # ψ& # ψU # ψ1 ' ,& =ψ& ' ψ1? I lati delle maglie sono intersecati dal contorno del condotto. Gli esempi di Fig. 16

asi che si possono presentare.

I nodi ausiliari A, B, C, D inseriti nei reticoli di Fig. 15 e 16 non devono necessariamente pensarsi posizionati nel centro dei segmenti delimitati da due nodi adiacenti.L’approssimazione della derivata prima con il rapporto incrementale attribuisce alla

un andamento lineare tra due nodi adiacenti. Pertanto, il rapporto (ψ

(Fig. 16 a) è rappresentativo della derivata parziale in un qualunque punto compreso

I punti A, B, C, D, sono nodi ausiliari che si aggiungono a quelli effettivi 0, 1, 2, 3, 4 per esprimere alle differenze finite le derivate dell’eq. 47.

(50a)

(50b)

(51)

(52)

terazione

(53)

I lati delle maglie sono intersecati dal contorno del condotto. Gli esempi di Fig. 16

I nodi ausiliari A, B, C, D inseriti nei reticoli di Fig. 15 e 16 non devono necessariamente pensarsi posizionati nel centro dei segmenti delimitati da due nodi adiacenti.

orto incrementale attribuisce alla un andamento lineare tra due nodi adiacenti. Pertanto, il rapporto (ψ1 - ψ0) / l1

in un qualunque punto compreso

I punti A, B, C, D, sono nodi ausiliari che si aggiungono a quelli effettivi 0, 1, 2, 3, 4

Page 102: Note Macchine 2

- 102 -

o Con queste osservazioni, si può ancora scrivere (Fig. 16 a):

%%¡ ≈ P¡8 P¡he (54)

e calcolare le derivate prime con i rapporti incrementali: ¡d ≈ )8>e) ; ¡6 ≈ >8e (55)

Sostituendo le (55) nella (54), si ottiene: %%¡ ≈ )8>e)e − >8e% (56)

o Analogamente, per la derivata seconda lungo r:

%%¡ ≈ %8>e% − >8¿ee¿ (57)

mentre per la derivata : , ¡ ≈ ,e %8¿eWe¿ (58)

o Il rispetto dell’equazione differenziale (47) che governa il moto esige:

)8>e)e − >8e% − ,e %8¿eWe¿ + %8>e% − >8¿ee¿ = 0 (59)

Posto: λ, = e)e eλ1 = e¿e , si ottiene dopo alcuni passaggi:

ψW, =Ã )")W%WW ¿"¿8)# %i ¿)$"¿&W )")W )"¿ Ä (60)

o Analogamente, per il caso di Fig. 8b, si ottiene:

ψW, =Ã)W %"%W "W¿8 %i ¿#()$"%)&W )"%W )" Ä (61)

Page 103: Note Macchine 2

CONDIZIONI AL CONTORNO

o All’ingresso e all’uscita del condotto si impone un valore uniforme della velocità meridiana. Per rendere ragionevole tale assunzione converrà aggiungere al disegno del condotto meridiano della girante due regioni ausiliarper allontanare i bordi del dominio di calcolo ove si pone Ccondotto.

o Se il bordo AB fosse troppo vicino all’uscita della girante (Fig. 17)curvatura del mozzo e della corona si rifletterebbero sulla distribuzione della velocità AB, rendendo irragionevole l’ipotesi di Cposizione del bordo d’ingresso CD. La regione ausanche il distributore in modo da poter desumere l’andamento della velocità meridiana lungo il suo sviluppo assiale.

o Nelle applicazioni numeriche è comodo intendere limitare la sua variazione tra 0 e 1, oppure tra 0 e 100. In quest’ultimo caso, in luogo del legame dQ = 2πdψ usato in precedenza, si scriver

e il legame tra le velocità e le derivate di C

- 103 -

CONDIZIONI AL CONTORNO

all’uscita del condotto si impone un valore uniforme della velocità meridiana. Per rendere ragionevole tale assunzione converrà aggiungere al disegno del condotto meridiano della girante due regioni ausiliarie, rispettivamente a monte e a valle,

anare i bordi del dominio di calcolo ove si pone Cm=cost dai tratti curvi del

Se il bordo AB fosse troppo vicino all’uscita della girante (Fig. 17) gli effetti legati alla curvatura del mozzo e della corona si rifletterebbero sulla distribuzione della velocità AB, rendendo irragionevole l’ipotesi di Cm = cost. Le medesime considerazioni valgono per la posizione del bordo d’ingresso CD. La regione ausiliaria a monte deve inoltre includere anche il distributore in modo da poter desumere l’andamento della velocità meridiana lungo il suo sviluppo assiale. Nelle applicazioni numeriche è comodo intendere ψ come frazione di Q in modo da

zione tra 0 e 1, oppure tra 0 e 100. In quest’ultimo caso, in luogo del ψ usato in precedenza, si scriverà:

dQ Q [%,

e il legame tra le velocità e le derivate di ψ diventa:

= − 2&3 ; C 2&3

all’uscita del condotto si impone un valore uniforme della velocità meridiana. Per rendere ragionevole tale assunzione converrà aggiungere al disegno del

e, rispettivamente a monte e a valle, t dai tratti curvi del

gli effetti legati alla curvatura del mozzo e della corona si rifletterebbero sulla distribuzione della velocità AB,

= cost. Le medesime considerazioni valgono per la iliaria a monte deve inoltre includere

anche il distributore in modo da poter desumere l’andamento della velocità meridiana

come frazione di Q in modo da zione tra 0 e 1, oppure tra 0 e 100. In quest’ultimo caso, in luogo del

(62)

(63)

Page 104: Note Macchine 2

o Nel tratto d’uscita AB si porrà C= cost(z). Integrando con queste condizioni le (63) si ottengono le seguenti distribuzioni di Cz (lungo AB) e di Cr (lungo CD).tratto AB

tratto CD

o Lungo il contorno AD si porrà o Si aggiornano quindi i valori di

scarto massimo tra due iterazioni successive risulterà minore di un valore prefissato.o La conoscenza dei valori di ψ

corrente per prefissati valori di

BORDI D’INGRESSO E DI USCITA

o Eseguito il tracciato delle linee meridiane di bordi d’ingresso e di uscita delle pale della girante e del distributore prendendo a riferimento i diametri D1e, D

o Il bordo d’uscita nelle vicinanze della(valori elevati di K o della velocità specifica nn& = 2>,ôõ>,öô 53K ) pressoché ortogonalmente alle linee di corrente (Figg. 18 e 19).

o Nel procedere verso il mozzo il profilo del bordo d’uscita devia sensibilmente dalla ortogonalità alle linee di corrente (Figg. 19 e 20) per ottenere non troppo dissimile e per allontanare adeguatamente il bordo d’uscita dall’asse.

- 104 -

d’uscita AB si porrà Cm = Cz = cost(r) mentre in quello d’ingresso CD C= cost(z). Integrando con queste condizioni le (63) si ottengono le seguenti distribuzioni

(lungo CD).

ψ% 100 %8%h%8%

ψ% = 100 1 ' *6¡

Lungo il contorno AD si porrà ψ = 0 mentre BC ψ = 100. Si aggiornano quindi i valori di ψ nei nodi interni del dominio di calcolo fino a

terazioni successive risulterà minore di un valore prefissato.conoscenza dei valori di ψ nei nodi del reticolo consente di tracciare le linee di

corrente per prefissati valori di ψ da semplici interpolazioni lungo i lati delle maglie.

BORDI D’INGRESSO E DI USCITA

Eseguito il tracciato delle linee meridiane di corrente si esegue il posizionamento dei bordi d’ingresso e di uscita delle pale della girante e del distributore prendendo a

, D1i, D2e, D2i e D’ suggeriti dall’esperienza (Figg. 3, 5 e 7).Il bordo d’uscita nelle vicinanze della corona è disposto, soprattutto nelle Francis veloci (valori elevati di K o della velocità specifica ns , eq. 2, o del numero caratteristico dei giri

pressoché ortogonalmente alle linee di corrente (Figg. 18 e 19).

l mozzo il profilo del bordo d’uscita devia sensibilmente dalla ortogonalità alle linee di corrente (Figg. 19 e 20) per ottenere sezioni palari non troppo dissimile e per allontanare adeguatamente il bordo d’uscita dall’asse.

= cost(r) mentre in quello d’ingresso CD Cm = Cr = cost(z). Integrando con queste condizioni le (63) si ottengono le seguenti distribuzioni

(64)

(65)

nei nodi interni del dominio di calcolo fino a che lo terazioni successive risulterà minore di un valore prefissato.

nei nodi del reticolo consente di tracciare le linee di da semplici interpolazioni lungo i lati delle maglie.

corrente si esegue il posizionamento dei bordi d’ingresso e di uscita delle pale della girante e del distributore prendendo a

e D’ suggeriti dall’esperienza (Figg. 3, 5 e 7). corona è disposto, soprattutto nelle Francis veloci

, eq. 2, o del numero caratteristico dei giri

pressoché ortogonalmente alle linee di corrente (Figg. 18 e 19).

l mozzo il profilo del bordo d’uscita devia sensibilmente dalla di estensione

non troppo dissimile e per allontanare adeguatamente il bordo d’uscita dall’asse.

Page 105: Note Macchine 2

o Un eccessivo avvicinamento del bordo d’uscita verso l’asse dà infatti luogo a una riduzione del passo palare, soprattutto per le sezioni adiacenti al mozzo, con il rischio di una eccessiva occlusione della superficie libera di attraversamento.

o D’altra parte, non è nemmeno conveniente disporre il bordo d’uscita troppo distante dall’asse di rotazione. Le pale potrebbero risultare troppo corte (Fig. 21), determinando un aumento del carico palare che potrebbe favorire l’insorgere della cavitazione nelle sezioni palari adiacenti alla corona.

o Inoltre, la presenza di una componente tangenziale Cprocedere verso l’uscita della girante, nella regione priva di pale che conduce la corrente verso il tubo di scarico, dato che, in prima appquantità di moto del fluido (r CLa componente tangenziale non può essere convertita all’interno del tubo e l’energia cinetica ad essa associata deve, pertanto, ritenersi perduta.posizione “c” del bordo d’uscita delle pale di Fig. 21 è più conveniente delle soluzioni “a” e “b”.

o I valori suggeriti in letteratura (Figg. 3 e 5) per i diametri Dcorrispondenza a questi, hanno proprio lo scopo di mediare contrapposte.

o A tal riguardo, si suggerisce anche di controllare che l’estensione meridiana sulla corona (Fig.21) risulti all’incirca pari a:

con λ che varia tra 6,5÷8 per K o Il bordo d’ingresso nelle turbine Francis con numero tipico

usualmente parallelo all’asse di rotazione (Fig. 2a). Per numeri tipici maggiori (Figg. 18, 19 e 20) il bordo d’ingresso è inclinato (Ddirezione ortogonale alle linee di corrente nelle vicinanze della corona per proseguire poi più o meno parallelamente alla traccia del bordo d’uscita.

- 105 -

essivo avvicinamento del bordo d’uscita verso l’asse dà infatti luogo a una riduzione del passo palare, soprattutto per le sezioni adiacenti al mozzo, con il rischio di una eccessiva occlusione della superficie libera di attraversamento.

è nemmeno conveniente disporre il bordo d’uscita troppo distante dall’asse di rotazione. Le pale potrebbero risultare troppo corte (Fig. 21), determinando un aumento del carico palare che potrebbe favorire l’insorgere della cavitazione nelle

adiacenti alla corona. Inoltre, la presenza di una componente tangenziale Cu2 allo scarico si amplificherebbe nel procedere verso l’uscita della girante, nella regione priva di pale che conduce la corrente verso il tubo di scarico, dato che, in prima approssimazione, si conserva il momento della quantità di moto del fluido (r Cu ≈ cost). La componente tangenziale non può essere convertita all’interno del tubo e l’energia cinetica ad essa associata deve, pertanto, ritenersi perduta. Sotto questo aspetto, posizione “c” del bordo d’uscita delle pale di Fig. 21 è più conveniente delle soluzioni

I valori suggeriti in letteratura (Figg. 3 e 5) per i diametri D2i e D2e o per le velocità in corrispondenza a questi, hanno proprio lo scopo di mediare tra queste esigenze

A tal riguardo, si suggerisce anche di controllare che l’estensione meridiana sulla corona (Fig.21) risulti all’incirca pari a:

\ ≈ λ-D,Z

÷8 per K ≈0,4 fino a 4,5÷5 per K ≈2,5. Il bordo d’ingresso nelle turbine Francis con numero tipico K minore dell’unità è usualmente parallelo all’asse di rotazione (Fig. 2a). Per numeri tipici maggiori (Figg. 18, 19 e 20) il bordo d’ingresso è inclinato (D1e > D1i , Fig. 2a). Esso procede all’incirca in direzione ortogonale alle linee di corrente nelle vicinanze della corona per proseguire poi più o meno parallelamente alla traccia del bordo d’uscita.

essivo avvicinamento del bordo d’uscita verso l’asse dà infatti luogo a una riduzione del passo palare, soprattutto per le sezioni adiacenti al mozzo, con il rischio di

è nemmeno conveniente disporre il bordo d’uscita troppo distante dall’asse di rotazione. Le pale potrebbero risultare troppo corte (Fig. 21), determinando un aumento del carico palare che potrebbe favorire l’insorgere della cavitazione nelle

allo scarico si amplificherebbe nel procedere verso l’uscita della girante, nella regione priva di pale che conduce la corrente

rossimazione, si conserva il momento della

La componente tangenziale non può essere convertita all’interno del tubo e l’energia Sotto questo aspetto, la

posizione “c” del bordo d’uscita delle pale di Fig. 21 è più conveniente delle soluzioni

o per le velocità in tra queste esigenze

A tal riguardo, si suggerisce anche di controllare che l’estensione meridiana lm della pala

(66)

minore dell’unità è usualmente parallelo all’asse di rotazione (Fig. 2a). Per numeri tipici maggiori (Figg. 18,

all’incirca in direzione ortogonale alle linee di corrente nelle vicinanze della corona per proseguire poi

Page 106: Note Macchine 2

o Definita con questi criteri la posizione dei bordi d’ingresso e di uscita delle pale, tracciato delle linee meridiane è possibile calcolare le velocità meridiane all’ingresso e all’uscita delle singole sezioni palarivelocità.

o Per ciascun tubo di flusso (Fig. 19) la velocità meridiana m

dove B è la larghezza locale del tubo di flusso.

o I profili di velocità lungo i bordi d’ingresso e uscita sono simili a quelli di Fig. 22.L’effettiva distribuzione di Cinterpolazione (Fig.22).

o Le linee di corrente che delimitano i tubi di flusso identificano anche le sezioni che saranno prese a riferimento per il dimensionamento delle pale.

o Prima di descrivere la procedura di calcolo sono però necessarie alcune precisazioni sulle condizioni ottimali di incidenza all’ingresso della girante.

- 106 -

Definita con questi criteri la posizione dei bordi d’ingresso e di uscita delle pale, tracciato delle linee meridiane è possibile calcolare le velocità meridiane all’ingresso e

sezioni palari e da queste risalire ai rispettivi triangoli delle

Per ciascun tubo di flusso (Fig. 19) la velocità meridiana media è data dalla relazione:

C '()#°¸:!¶!+,èè7¡&3ñ6

dove B è la larghezza locale del tubo di flusso. I profili di velocità lungo i bordi d’ingresso e uscita sono simili a quelli di Fig. 22.L’effettiva distribuzione di Cm potrà, con buona approssimazione, essere ottenuta per

Le linee di corrente che delimitano i tubi di flusso identificano anche le sezioni che saranno prese a riferimento per il dimensionamento delle pale.

cedura di calcolo sono però necessarie alcune precisazioni sulle condizioni ottimali di incidenza all’ingresso della girante.

Definita con questi criteri la posizione dei bordi d’ingresso e di uscita delle pale, dal tracciato delle linee meridiane è possibile calcolare le velocità meridiane all’ingresso e

e da queste risalire ai rispettivi triangoli delle

edia è data dalla relazione:

(67)

I profili di velocità lungo i bordi d’ingresso e uscita sono simili a quelli di Fig. 22. potrà, con buona approssimazione, essere ottenuta per

Le linee di corrente che delimitano i tubi di flusso identificano anche le sezioni che

cedura di calcolo sono però necessarie alcune precisazioni sulle

Page 107: Note Macchine 2

- 107 -

INCIDENZA OTTIMALE ALL’INGRESSO DELLA GIRANTE

o Per una corrente incomprimibile, aviscosa e in regime stazionario, l’equazione che

governa il moto nel sistema di riferimento che ruota in solido con la girante è: W× ΩX + 2W× ω = ∇ " +%8%& + gz¡ (68)

dove ΩX = ∇ ×W = rotW è la vorticità della corrente relativa. Le componenti di ΩX si ottengono dai minori algebrici del determinante simbolico:

i, i% iC rW W W = i,Ω + i&Ω + iUΩ (69)

In coordinate cilindriche l’operatore ∇ assume la forma: ∇≡ i) C , i& , iU ¡.

o L’energia totale gHW della corrente relativa gHX = " + %8%& + gz = .>" (70)

può anche essere riscritta nella forma (*): gHX = " + $%& + gz − ωrC = gH − ωrC (71)

o In una turbina idraulica la corrente perviene alla girante attraverso il distributore. Le pale

del distributore sono a semplice curvatura per cui, se si ignora la variazione della velocità meridiana nella direzione dell’asse, la componente tangenziale Cu1 della velocità assoluta all’uscita del distributore può anch’essa ritenersi costante lungo tale direzione. Inoltre, nel traferro tra l’uscita del distributore e l’ingresso della girante, non essendoci momenti esterni agenti sul fluido, si conserva (a meno delle perdite viscose) il momento della quantità di moto r Cu.

In tale regione si può pertanto assumere ($)∂z = 0,

($) = 0 e ritenere

assialsimmetrico il deflusso ( C = 0 ) ; dunque (rC) = 0.

In conclusione, se la corrente assoluta origina, come si suppone, da un ambiente a energia totale gH = cost anche il sistema di riferimento relativo vede originare il moto da un ambiente a energia totale relativa gHW uniforme.

o Moltiplicando scalarmente ambo i membri dell’eq. 68 per lo spostamento elementare Wdt si ottiene l’equazione dell’energia: W× ΩX ∙ Wdt + 2W × ω ∙ Wdt = ∇(gHX) ∙ Wdt (72) (*) Al riguardo, basta sostituire nell’eq. 70 al posto di W2 l’espressione W& = (u − C)& + C& che deriva dalla composizione dei moti:C = u+W.

Page 108: Note Macchine 2

dalla quale risulta (*1):

ossia la conservazione dell’energia totale relativa gHcorrente.

o Questa conclusione, assieme alla precedente (moto che origina da ungHW uniforme), assicura ovunque nel campo di moto un valore nullo del gradiente.

o L’equazione del moto si semplifica dunque nella seguente:

dalla quale si evince che la corrente relativa nelle ipotesi poste è al più un moto a vorticità costante:

o L’equazione differenziale precedente può essere risolta sovrapponendo all’integrale

generale dell’equazione omogenea associata

una soluzione particolare dell’equazione coda un valore nullo della portata Q che attraversa il rotore.

o Pertanto, indicando con We con W2_ quello particolare con Q=0 associato all’equazione completa

campo di moto ¦ registrato dal sistema di riferimento relativo può essere riscritto nella forma:

o Le caratteristiche del moto senso di rotazione contrario a quello della girante

o Non essendoci trasporto di portata, la girante si comporta come una semplice sorgente di

vorticità i cui effetti si estendono anche a mo Le condizioni di incidenza ottimale sono di solito ottenute assegnando alla velocità

relativa W1 la stessa inclinazione del bordo di ingresso delle pale. (*1) Per una funzione scalare ψ

si ottiene φ ∙ ds £Û ,(*2) Il condotto interpalare di Fig. 23 è disegnato in un piano conforme.

- 108 -

=gHX? ∙ Wdt d=gHX? 0

ossia la conservazione dell’energia totale relativa gHW lungo una generica linea di

Questa conclusione, assieme alla precedente (moto che origina da un ambiente a energia uniforme), assicura ovunque nel campo di moto un valore nullo del gradiente.

L’equazione del moto si semplifica dunque nella seguente:

W/ àΩ # 2ωá 0

dalla quale si evince che la corrente relativa nelle ipotesi poste è al più caratterizzata da un moto a vorticità costante:

ΩX '2ω

L’equazione differenziale precedente può essere risolta sovrapponendo all’integrale generale dell’equazione omogenea associata

Ω /W 0

una soluzione particolare dell’equazione completa ΩX '2ω, ad esempio caratterizzata da un valore nullo della portata Q che attraversa il rotore.

W9_ il campo di moto correlato al moto irrotazionale quello particolare con Q=0 associato all’equazione completa Ω

registrato dal sistema di riferimento relativo può essere riscritto nella

W W2_ #W9_

Le caratteristiche del moto W2_ sono quelle tipiche di un flusso vorticoso (Fig. 23), con senso di rotazione contrario a quello della girante (*2).

Non essendoci trasporto di portata, la girante si comporta come una semplice sorgente di vorticità i cui effetti si estendono anche a monte e a valle dei condotti interpalariLe condizioni di incidenza ottimale sono di solito ottenute assegnando alla velocità

la stessa inclinazione del bordo di ingresso delle pale.

Per una funzione scalare ψ, posto lo spostamento elementare Wdt ds , £ , £¡ ∙ àdÛ, d, dá £Û dÛ # £ d # £

Il condotto interpalare di Fig. 23 è disegnato in un piano conforme.

(73)

lungo una generica linea di

ambiente a energia uniforme), assicura ovunque nel campo di moto un valore nullo del gradiente.

(74)

caratterizzata da

(75)

L’equazione differenziale precedente può essere risolta sovrapponendo all’integrale

(76)

, ad esempio caratterizzata

il campo di moto correlato al moto irrotazionale /W 0 ΩX '2ω, il

registrato dal sistema di riferimento relativo può essere riscritto nella

(77)

sono quelle tipiche di un flusso vorticoso (Fig. 23), con

Non essendoci trasporto di portata, la girante si comporta come una semplice sorgente di interpalari (Fig. 24).

Le condizioni di incidenza ottimale sono di solito ottenute assegnando alla velocità

≡ =dÛ, d, d?, d dφ .

Page 109: Note Macchine 2

o Dal triangolo delle velocità all’ingresso (Fig. 24):

tgβdove Cu1 è la componente tangenziale della velocità assoluta determinata dalla corona di pale distributrici che precede la girante.

o L’inclinazione β1 così determinata è quella che deriva da un approccio monodimensionale secondo il quale, nel riferimento solidale alla girante, quando la portata Q è nulla, il fluido ruota in solido con velocità angolare costante ΩX '2ω di Fig. 23.

o Gli effetti del moto W2_ impongono una correzione al tradizionale criterio che regola la condizione ottimale di incidenza.

o La scomposizione del moto relativo

W9_ (Fig. 25b) trasferisce su quest’ultimo il problema della direzione ottimale del flusso poiché, tra i due moti in questione, è l’unico ad essere legato al trasporto della portata Q.

- 109 -

Dal triangolo delle velocità all’ingresso (Fig. 24):

β,* tgβ, Ü)|)| $))8$)

è la componente tangenziale della velocità assoluta determinata dalla corona di pale distributrici che precede la girante.

così determinata è quella che deriva da un approccio monodimensionale le, nel riferimento solidale alla girante, quando la portata Q è nulla, il

fluido ruota in solido con velocità angolare ω anziché essere soggetto al moto a vorticità di Fig. 23.

deviano la direzione locale di W dal valor medio βimpongono una correzione al tradizionale criterio che regola la condizione ottimale di

La scomposizione del moto relativo W nei moti vorticoso W2_ e di attraversamento

(Fig. 25b) trasferisce su quest’ultimo il problema della direzione ottimale del flusso poiché, tra i due moti in questione, è l’unico ad essere legato al trasporto della

(78)

è la componente tangenziale della velocità assoluta determinata dalla corona di

così determinata è quella che deriva da un approccio monodimensionale le, nel riferimento solidale alla girante, quando la portata Q è nulla, il

é essere soggetto al moto a vorticità

l valor medio β1 (Fig. 25a) e impongono una correzione al tradizionale criterio che regola la condizione ottimale di

e di attraversamento

(Fig. 25b) trasferisce su quest’ultimo il problema della direzione ottimale del flusso poiché, tra i due moti in questione, è l’unico ad essere legato al trasporto della

Page 110: Note Macchine 2

o Il moto W2_ (Fig. 23) non offre infatti alcun margine di intervento, anziavverso dal problema legato alle condizioni di incidenza, a differenza del moto di attraversamento W9_ (Fig. 25b) per il quale si può invece porre la condizione (Figg. 26 e 27).

o In realtà i gradienti di pressione indotti dalla curvatura del condotto interpinducono, nel moto a monte, una distorsione delle linee di corperdita per incidenza anche se il valor medio dell’angolo di flusso delle pale. In genere queste distorsioni sono modeste e i suoi effetti possono essere in prima approssimazione ignoranti. (*) I gradienti indotti dalle forze di Coriolis interessano solo il moto vorticoso

- 110 -

(Fig. 23) non offre infatti alcun margine di intervento, anzi è totalmente avverso dal problema legato alle condizioni di incidenza, a differenza del moto di

(Fig. 25b) per il quale si può invece porre la condizione (Figg. 26

β,9_ β,*

pressione indotti dalla curvatura del condotto interpalare inducono, nel moto a monte, una distorsione delle linee di corrente che è causa di una perdita per incidenza anche se il valor medio dell’angolo di flusso β,9 è pari a quello

genere queste distorsioni sono modeste e i suoi effetti possono essere in prima approssimazione ignoranti.

dalle forze di Coriolis interessano solo il moto vorticoso

è totalmente avverso dal problema legato alle condizioni di incidenza, a differenza del moto di

(Fig. 25b) per il quale si può invece porre la condizione (Figg. 26

(79)

lare (*) causa di una

è pari a quello β1b

genere queste distorsioni sono modeste e i suoi effetti possono essere in prima

dalle forze di Coriolis interessano solo il moto vorticoso W9_ .

Page 111: Note Macchine 2

o In conclusione, la condizione ottimale di incidenza si può ottenere con soddisfacente approssimazione ponendo condizione β1 = β1b. Si confrontino, a tal proposito, gli andamenti delle linee di corrdel moto di attraversamento di flusso. Una volta imposta la condizione di incidenza ottimale al moto di attraversamento (eq. 79, Fig. 27) anche il moto risultante pale in modo liscio (Fig. 27), senza subire la brusca deviazione visibile invece in Fig. 25a.

o Dal triangolo delle velocità all’ingresso della girante di Fig. 28:

Cu, u, #o Indicando con ∆u1 e ∆u2 le componenti tangenziali delle velocità indotte a monte e a valle

della girante dal moto a vorticità costante anche essere riscritta nella forma

Wu,9_ e l’angolo medio della corrente all’ingresso della girante nel moto di attraversamento risulta

β,9_ il quale è maggiore dell’angolo di flusso

- 111 -

In conclusione, la condizione ottimale di incidenza si può ottenere con soddisfacente approssimazione ponendo β,9_ β,* in luogo della più tradizionale ma meno corretta

Si confrontino, a tal proposito, gli andamenti delle linee di corrente del moto relativo del moto di attraversamento W9_ riportati nelle Figg. 25 e 27 per due diverse condizioni di flusso. Una volta imposta la condizione di incidenza ottimale al moto di attraversamento (eq. 79, Fig. 27) anche il moto risultante W W9_ #W2pale in modo liscio (Fig. 27), senza subire la brusca deviazione visibile invece in Fig. 25a.

Dal triangolo delle velocità all’ingresso della girante di Fig. 28:

#Wu, u, # =Wu,2_ #Wu,9_?

le componenti tangenziali delle velocità indotte a monte e a valle della girante dal moto a vorticità costante W2_ (Fig. 23), la relazione precedente può anche essere riscritta nella forma (Fig. 28):

'=u, ' Cu, ' |∆u,|? Cu, # |∆u,| ' u,io della corrente all’ingresso della girante nel moto di attraversamento

tan8, ' Ü))01> tan8, $Ü)

)8$)8|∆)|¡

il quale è maggiore dell’angolo di flusso β1 legato all’approccio monodimensionale:

β, tan8, $Ü))8$)¡

In conclusione, la condizione ottimale di incidenza si può ottenere con soddisfacente in luogo della più tradizionale ma meno corretta

ente del moto relativo W e riportati nelle Figg. 25 e 27 per due diverse condizioni

2_ imbocca le pale in modo liscio (Fig. 27), senza subire la brusca deviazione visibile invece in Fig. 25a.

(80)

le componenti tangenziali delle velocità indotte a monte e a valle

(Fig. 23), la relazione precedente può

(81)

io della corrente all’ingresso della girante nel moto di attraversamento

¡ (82)

legato all’approccio monodimensionale:

(84)

Page 112: Note Macchine 2

- 112 -

o La condizione di incidenza ottimale qui proposta impone β,9_ = β,*. Pertanto, note le velocità Cm1 e Cu1 dal tracciato delle linee di corrente e, rispettivamente, dallo scambio di energia, l’angolo β1b del bordo d’ingresso delle pale è dato dalla relazione (eq. 82): tgβ,* = $Ü))8$)8|∆)|) ) (85)

dove la deviazione |∆u,|/u, può essere desunta dalle note correlazioni di Busemann

(Fig.29) e Wiesner ∆)) = -B2):3>,ö . o Bisogna inoltre prestare attenzione al fatto che queste valutazioni della deviazione sono

basate su un condotto meridiano con direzione radiale in prossimità del bordo palare più esterno (quindi per pompe con K ≤ 1,2 e per turbine Francis con K molto molto basso), cioè nell'ipotesi che quì valga ΩX = −2ω . Per la maggior parte delle turbine Francis questa condizione non si verifica, và quindi

considerato che il gradiente di pressione responsabile della deviazione angolare ∆)) è

regolato dal moto a vorticità costante ΩX = −2ω sinγ (con n direzione ortogonale alla superficie di corrente e γ l’inclinazione del piano meridiano rispetto all’asse di rotazione).

La deviazione angolare ∆)) può essere così rivalutata: ∆)) ≈ ∆)) ¡5_6° (sin γ),ý (86)

Nella (86) l'esponente 0,8 è ricavato da studi sperimentali. La procedura rimane comunque approssimata, avendo considerato in questo caso un condotto meridiano tipo quello rappresentato in Fig. 30.

Page 113: Note Macchine 2

o Per la risoluzione della (85) sarà necessario ricorrere a uno schema iterativo poiché la

deviazione ∆)) è funzione ancora di

o Il legame tra gli angoli di flusso

tgα, $Ü)$)

o Le particelle fluide imboccano le pale della girante senza brusche deviazioni quando, approssimativamente, β,9d’ingresso delle pale della girante, le pale del distributore dovranno assoluta arrivi al rotore con

se si vuole rendere minima la perdita per incidenza all’ingresso del o All’uscita della girante la corrente relativa W

alla direzione del bordo di fuga delle pale (Fig. 31). La velocità tangenziale Cudata dalla relazione (Fig. 31):

Cu& u& # ∆u& 'Wu

- 113 -

Per la risoluzione della (85) sarà necessario ricorrere a uno schema iterativo poiché la

è funzione ancora di β1b oltre che dal numero di pale.

Il legame tra gli angoli di flusso β,9_ e α1 è dato dalla relazione (Fig. 28):

$Ü))8|∆)|W)01>

,)jÜ) ,8

|∆)|) ¡8¸78

Le particelle fluide imboccano le pale della girante senza brusche deviazioni quando, 9_ β,*. Pertanto, per un dato valore dell’angolo del bordo

d’ingresso delle pale della girante, le pale del distributore dovranno far sì chearrivi al rotore con direzione:

tgα, ,)jÜ) ,8

|∆)|) ¡8 )

¸78):

ma la perdita per incidenza all’ingresso del rotore. All’uscita della girante la corrente relativa W2 subisce una deviazione angolare rispetto alla direzione del bordo di fuga delle pale (Fig. 31). La velocità tangenziale Cu

(Fig. 31):

Wu&9 u& ' C& cot β&* # ∆u& Cu&9 # ∆%% ¡

Per la risoluzione della (85) sarà necessario ricorrere a uno schema iterativo poiché la

è dato dalla relazione (Fig. 28):

))01> (87)

Le particelle fluide imboccano le pale della girante senza brusche deviazioni quando,

. Pertanto, per un dato valore dell’angolo del bordo far sì che la velocità

(88a)

subisce una deviazione angolare rispetto alla direzione del bordo di fuga delle pale (Fig. 31). La velocità tangenziale Cu2 è perciò

¡ u& (88b)

Page 114: Note Macchine 2

o La deviazione ∆u&/u& all’uscita della girante di una turbina Francis non ha gli stessi effetti sull’equazione dell’energia come nelle pompe e nei compressori centrifughi. Infatti gHt è ora data dalla relazione:

gH u,Cu, ' u&Cu& u,Cu e la correzione ∆u& è moltiplicata per la velocità periferica udifferenza aumenta con il diminuire del numero tipico K).Il numero di pale è inoltre maggiore rispetto all

valore di ∆%% .

o Una procedura approssimata per valutare la deviazione

o Il moto di ricircolazione che si instanon dà luogo alle medesime velocità

o Assumendo che il centro del vortice indotto dalla rotazione della girante coincida con il centro di massa del condotto interpangolare uguale e contraria a quella della girante, le velespresse nella forma (Fig. 32)

con rc dato dalla relazione:

quando il condotto interpalare venga approssimato con un settore circolare compresoraggi r1 e r2 (z è il numero di pale).

- 114 -

all’uscita della girante di una turbina Francis non ha gli stessi effetti sull’equazione dell’energia come nelle pompe e nei compressori centrifughi. Infatti gHt è ora data dalla relazione:

Cu, ' u&=Cu&9 # ∆u&? u,Cu, ' u&=u& ' C& cotè moltiplicata per la velocità periferica u2, in genere minore di u

differenza aumenta con il diminuire del numero tipico K). Il numero di pale è inoltre maggiore rispetto alle pompe e ciò contribuisce a diminuire il

Una procedura approssimata per valutare la deviazione ∆%% è qui di seguito descritta.

Il moto di ricircolazione che si instaura a portata nulla all’interno della girante (Fig. 32) non dà luogo alle medesime velocità ∆u, e ∆u& sulle sezioni di estremità girante.Assumendo che il centro del vortice indotto dalla rotazione della girante coincida con il centro di massa del condotto interpalare, e ricordando che il vortice ruota con velocità angolare uguale e contraria a quella della girante, le velocità ∆u, e ∆u& possono essere espresse nella forma (Fig. 32)

|∆u,| =r, ' r¼?ω

|∆u&| =r¼ ' r&?ω dato dalla relazione:

r¼ &U )8%)%8%%

3 sin

quando il condotto interpalare venga approssimato con un settore circolare compreso(z è il numero di pale).

all’uscita della girante di una turbina Francis non ha gli stessi effetti sull’equazione dell’energia come nelle pompe e nei compressori centrifughi. Infatti

cot β&* # ∆u&? (89)

, in genere minore di u1 (la

pompe e ciò contribuisce a diminuire il

è qui di seguito descritta.

a a portata nulla all’interno della girante (Fig. 32) estremità girante.

Assumendo che il centro del vortice indotto dalla rotazione della girante coincida con il lare, e ricordando che il vortice ruota con velocità

possono essere

(90)

(91)

(92)

quando il condotto interpalare venga approssimato con un settore circolare compreso tra i

Page 115: Note Macchine 2

- 115 -

o Ne consegue: ∆%% = f(z, β&*) = :8%)8: )% ∆)) (93)

e la possibilità di calcolare ∆%% valutando con Busemann la deviazione

∆)) .

o I risultati di Busemann sono però riferiti a condotti con pale sagomate secondo spirali

logaritmiche (β* = cost = β,* = β&*) per cui, nell’adoperare l’eq. 93, ∆)) sarà calcolato

prendendo a riferimento l’angolo β2b.

o La deviazione ∆%% , al pari di

∆)) , dipende anche dall’estensione radiale del condotto

interpalare, e rimane sostanzialmente costante per rapporti r1/r2 maggiori di un valore limite.

o Le approssimazioni e le semplificazioni della procedura descritta sono state superate tarando i risultati dell’eq. 93 con quelli ottenuti da numerose simulazioni numeriche bidimensionali e aviscose eseguite su condotti interpalari sagomati con pale a spirale logaritmica.

o Per condotti interpalari di estensione radiale tale da non influenzare la deviazione della

corrente relativa, i valori di ∆%% forniti dall’eq. 93 risultano in soddisfacente accordo con i

risultati numerici sostituendo al rapporto r1/r2 il valore suggerito dalla relazione empirica: )%¡ = EXP (1 − 0,0018 ∙ z& sin β&*) &3 sin β&*+ 19,4 ∙ z8&,r + 0,054 (94)

o Riassumendo, la deviazione ∆%% può essere calcolata con le regolazioni seguenti:

:% = &U ()/%)8,()/%)%8, 3 sin 3¡ (95)

∆%% =:%8,)%8:% )% ∆)) ¡2:_2%: (96)

sostituendo al rapporto r1/r2 il valore fornito dall’eq. 94.

o Gli angoli costruttivi β1b del bordo d’ingresso delle (singole) sezioni palari che compongono la girante presuppongono la conoscenza della componente tangenziale Cu1 della velocità assoluta. Ma la distribuzione di tale velocità (lungo il bordo d’ingresso della girante) è determinata dall’inclinazione delle pale del distributore, dall’estensione radiale del traferro tra distributore e girante e dalla curvatura locale del condotto meridiano. All’uscita delle pale del distributore la corrente assoluta subisce inoltre una deviazione angolare, spesso ignorata dalle tradizionali procedure di calcolo.

o Prima di proseguire nel dimensionamento della girante è perciò opportuno descrivere il comportamento fluido dinamico del distributore.

Page 116: Note Macchine 2

DIMENSIONAMENTO DELLE PALE DISTRIBUTRICI

o Alle pale del distributore sono affidati due compiti:• la regolazione della portata;• la direzione della velocità assoluta all’ingresso della girante.

o La lunghezza delle pale deve assicurare il loro mutuo ricoprimento (Fig. 33) in modo da poter interrompere l’afflusso dell’acqua alla girante. Per assicurare la tenuta, la geometria delle pale del distributore deve essere a semplice curvatura.

o Per le turbine Francis lente (del diametro esterno della girant

o Per le Francis con K compreso tra 0,7 e 1,3 il bordo d’uscita delle pale distributrici è posto all’incirca dove il condotto meridiano comincia curvare.

o Per le Francis veloci, D0 è poco diverso dal diametro esterno Dd’ingresso della girante. Per queste turbine, la distanza radiale a cui collocare i perni delle pale distributrici è determinato dal punto del contorno esterno della turbina ove il condotto meridiano inizia a curvare in direzione assia

o Una stima del diametro D0Figg. 2a e 3a (pag, 84 - 87)

(*) Il diametro D0 =D’ è qui inteso come il diametro del bordo di fuga delle pale distributrici nelle condizioni di massima apertura.

- 116 -

DIMENSIONAMENTO DELLE PALE DISTRIBUTRICI

Alle pale del distributore sono affidati due compiti: la regolazione della portata; la direzione della velocità assoluta all’ingresso della girante.

La lunghezza delle pale deve assicurare il loro mutuo ricoprimento (Fig. 33) in modo da l’afflusso dell’acqua alla girante. Per assicurare la tenuta, la geometria

delle pale del distributore deve essere a semplice curvatura. Per le turbine Francis lente (K < 0,7) il diametro D0 (Fig. 34) è 40÷100 mm più grande del diametro esterno della girante.

compreso tra 0,7 e 1,3 il bordo d’uscita delle pale distributrici è posto all’incirca dove il condotto meridiano comincia curvare.

è poco diverso dal diametro esterno D1e (Fig. 34) del bordo d’ingresso della girante. Per queste turbine, la distanza radiale a cui collocare i perni delle pale distributrici è determinato dal punto del contorno esterno della turbina ove il condotto meridiano inizia a curvare in direzione assiale.

0 può essere operata impiegando i diagrammi statistici delle 87). La procedura è riassunta dallo schema seguente

=D’ è qui inteso come il diametro del bordo di fuga delle pale distributrici nelle condizioni di massima apertura.

La lunghezza delle pale deve assicurare il loro mutuo ricoprimento (Fig. 33) in modo da l’afflusso dell’acqua alla girante. Per assicurare la tenuta, la geometria

(Fig. 34) è 40÷100 mm più grande

compreso tra 0,7 e 1,3 il bordo d’uscita delle pale distributrici è

(Fig. 34) del bordo d’ingresso della girante. Per queste turbine, la distanza radiale a cui collocare i perni delle pale distributrici è determinato dal punto del contorno esterno della turbina ove il

può essere operata impiegando i diagrammi statistici delle eguente (*).

=D’ è qui inteso come il diametro del bordo di fuga delle pale

Page 117: Note Macchine 2

- 117 -

Fig. 3a =⟹ C ; u,Z; 6)ç

= C -2gH; U,Z = u,Z-2gH ⇓

U,Z = ω `)ç& → &þ)ç9 = ABC

6)ç → D

= 2π`T6 → 2

3 ÜT 6 = A = AE

o Il numero di pale del distributore è legato al diametro D0 con la relazione empirica: z` ≈ -`>1 + (4 ÷ 6) (97)

dove D0 è inteso in mm. o Il numero di pale distributrici deve inoltre differire da quello della girante per evitare

fluttuazioni periodiche della portata quando le pale della girante passano simultaneamente sotto quelle del distributore, e per aumentare la frequenza di risonanza del sistema. In genere, il numero di pale distributrici zD è pari, e spesso un multiplo di 4 (16, 20, 24 pale).

o La geometria del distributore può essere cilindrica (Fig. 35a): l’asse dei perni è parallelo all’asse di rotazione, oppure conica: l’asse dei perni è inclinato rispetto all’asse di rotazione (Fig. 35b) di un angolo γ (solitamente pari a 30°).

Page 118: Note Macchine 2

- 118 -

SCHIERE RADIALI TRASFORMAZIONE CONFORME DELLE COORDINATE

o Come già detto, le procedure di progetto comunemente impiegate (Nechleba, Vivier) spesso ignorano la deviazione che la corrente assoluta subisce all’uscita delle pale. L’entità di questa deviazione può però essere tale da variare apprezzabilmente la componente tangenziale Cu1 e l’angolo di incidenza della corrente relativa W1 all’ingresso della girante, con riflessi negativi sullo scambio di energia (e dunque di potenza) e sul rendimento per le condizioni nominali di esercizio.

o In genere si sopperisce alla inadeguatezza del progetto aggiustando l’inclinazione delle pale distributrici durante il collaudo. Ma quando, per ragioni di economicità, le pale distributrici non sono regolabili la resa della turbina in termini di potenza massima e di rendimento potrebbe essere compromessa.

o Per tener conto approssimativamente della deviazione angolare della corrente assoluta, la geometria del distributore può essere ottenuta da quella di una schiera piana per mezzo di una trasformazione conforme delle coordinate. Questa trasformazione ha la peculiarità di conservare gli angoli.

o Sulla superficie di corrente di Fig. 36 le curve coordinate m e u sono tra loro mutuamente ortogonali, così come lo sono le rette parallele agli assi coordinati del riferimento cartesiano , ξ.

o Per stabilire localmente una relazione di similarità tra curve nei due sistemi è sufficiente porre la seguente condizione tra i lati delle maglie che sottendono a tratti corrispondenti delle curve: [[C = [N[µ (98)

poiché ad essa corrisponde α = α′(Fig. 36).

Page 119: Note Macchine 2

o La relazione precedente stabilisce una corrispondenza tra le coordinate m e coordinate ξ e . Lungo un arco di circonferenza generalità, è lecito porre:

dove la costante arbitraria LNe deriva dalle (98), (99) e dalla Fig. 36:

dalla quale

o Le relazioni (99) e (101) descrivono perciò la corrispondenza tra le coordinate curvilinee (m, u) ≡ (m, rθ) di una curva su una superficie assialsimmetrica e le coordinate cartesiane (, ξ) della medesima curva travuole che la trasformazione delle coordinate conservi gli angoli nei due sistemi, quello piano e quello curvilineo.

o In entrambi i sistemi è possibile introdurre per l’analisi del moto la funzione di corrente ψ. Posto che i due condotti trasformato (Fig. 37 b), siano attraversati dalla stessa portata, allora tra lincorrispondenti deve scorrere la medesima portata e manifestarsi la stessa variazione della funzione di corrente ψ. Pertanto:

dψ Ma, ricordando le relazioni (99) e (100), per le quali:

si ottiene:

F C

- 119 -

La relazione precedente stabilisce una corrispondenza tra le coordinate m e

Lungo un arco di circonferenza (Fig. 36) la variabile corrente è θ; pertanto, in tutta

η Lθ

dove la costante arbitraria L0 dovrà avere le dimensioni di una lunghezza. e dalla Fig. 36:

dξ ['[C dm L [ L [

B5

ξ = ξ, # L ¨ [ B5)

Le relazioni (99) e (101) descrivono perciò la corrispondenza tra le coordinate curvilinee ) di una curva su una superficie assialsimmetrica e le coordinate cartesiane

) della medesima curva trasformata nel piano cartesiano - ξ (e viceversa) quando si vuole che la trasformazione delle coordinate conservi gli angoli nei due sistemi, quello

In entrambi i sistemi è possibile introdurre per l’analisi del moto la funzione di corrente

. Posto che i due condotti interpalari (Fig. 37), quello reale (Fig. 37a) e quello trasformato (Fig. 37 b), siano attraversati dalla stessa portata, allora tra linee di corrente corrispondenti deve scorrere la medesima portata e manifestarsi la stessa variazione della

= dm # C dθ N dξ # µ dη

Ma, ricordando le relazioni (99) e (100), per le quali:

dη Ldθ, dξ L dm rG

F Ó>

N

C L µz⟹ FN

Ó> µ ,

Ó> Cz

La relazione precedente stabilisce una corrispondenza tra le coordinate m e θ e le

; pertanto, in tutta

(99)

(100)

(101)

Le relazioni (99) e (101) descrivono perciò la corrispondenza tra le coordinate curvilinee

) di una curva su una superficie assialsimmetrica e le coordinate cartesiane (e viceversa) quando si

vuole che la trasformazione delle coordinate conservi gli angoli nei due sistemi, quello

In entrambi i sistemi è possibile introdurre per l’analisi del moto la funzione di corrente (Fig. 37), quello reale (Fig. 37a) e quello

ee di corrente corrispondenti deve scorrere la medesima portata e manifestarsi la stessa variazione della

(102)

(103)

z (104)

Page 120: Note Macchine 2

o Le precedenti consentono di determinare il legame che deve sussistere tra le velocità nei due sistemi di coordinate.

o Prima di procedere si rendono necessarie alcune osapprossimazioni che accompagneranno la procedura che sarà suggerita per il progetto del distributore.

o Le superfici di corrente nella regione che ospita il distributore differiscono l’una dall’altra a causa della curvatura del

Le pale del distributore hanno però geometria a semplice curvatura per assicurare il contatto delle superfici delle pale (Fig. 33) e garantire la tenuta in condizioni di totale chiusura.

o Il dimensionamento del distributoremoto perfettamente bidimensionale, oltreché radiale, prendendo a riferimento le caratteristiche del moto lungo un’opportuna superficie di corrente.

o A tal riguardo, alcuni autori (Nechleba, Ventrone) suggerdella corona di ricoprimento, immediatamente all’esterno dello strato limite (ad es. la superficie b’, b1, b2 di Fig. 38) dove le velocità sono più elevate.Altri (Vivier, Jaumotte), quella media (ad es. la superficie c’, cconto delle caratteristiche medie del deflusso attraverso il distributore. E, forse, questa scelta è quella che meglio compensa le approssimazioni che accompagnano la procedura di calcolo che qui viene proposta.

o L’approccio bidimensionale suggerisce inoltre, per il dimensionamento del distributore, di fare riferimento (Fig. 39) alla proiezione di rotazione, della velocità C

o Negli sviluppi che seguono il moto e la superficie di corrente m pertanto considerati radiali, e descritti nelle coordinate polari r, Nella proiezione su un piano ortogonale all’asse (Fig. 39), la velocità tangenziale Csubisce alcuna variazione, mentre quella radiale della effettiva velocità meridiana

- 120 -

Le precedenti consentono di determinare il legame che deve sussistere tra le velocità nei

Prima di procedere si rendono necessarie alcune osservazioni per giustificare le approssimazioni che accompagneranno la procedura che sarà suggerita per il progetto del

Le superfici di corrente nella regione che ospita il distributore differiscono l’una dall’altra a causa della curvatura del condotto meridiano (Fig. 38).

Le pale del distributore hanno però geometria a semplice curvatura per assicurare il contatto delle superfici delle pale (Fig. 33) e garantire la tenuta in condizioni di totale

Il dimensionamento del distributore presupporrà pertanto, indirettamente, un campo di moto perfettamente bidimensionale, oltreché radiale, prendendo a riferimento le caratteristiche del moto lungo un’opportuna superficie di corrente. A tal riguardo, alcuni autori (Nechleba, Ventrone) suggeriscono quella nelle vicinanze della corona di ricoprimento, immediatamente all’esterno dello strato limite (ad es. la

di Fig. 38) dove le velocità sono più elevate. Altri (Vivier, Jaumotte), quella media (ad es. la superficie c’, c1, c2 di Fig. 38) per tener conto delle caratteristiche medie del deflusso attraverso il distributore. E, forse, questa scelta è quella che meglio compensa le approssimazioni che accompagnano la procedura di calcolo che qui viene proposta. L’approccio bidimensionale suggerisce inoltre, per il dimensionamento del distributore, di fare riferimento (Fig. 39) alla proiezione C ∙ cos γ , su un piano ortogonale all’asse di rotazione, della velocità Cm0 pertinente alla superficie di corrente prescelta.Negli sviluppi che seguono il moto e la superficie di corrente m – u (Fig. 36) saranno pertanto considerati radiali, e descritti nelle coordinate polari r, θ. Nella proiezione su un piano ortogonale all’asse (Fig. 39), la velocità tangenziale Csubisce alcuna variazione, mentre quella radiale Cr è pari alla proiezione Cdella effettiva velocità meridiana Cm0.

Le precedenti consentono di determinare il legame che deve sussistere tra le velocità nei

servazioni per giustificare le approssimazioni che accompagneranno la procedura che sarà suggerita per il progetto del

Le superfici di corrente nella regione che ospita il distributore differiscono l’una dall’altra

Le pale del distributore hanno però geometria a semplice curvatura per assicurare il contatto delle superfici delle pale (Fig. 33) e garantire la tenuta in condizioni di totale

presupporrà pertanto, indirettamente, un campo di moto perfettamente bidimensionale, oltreché radiale, prendendo a riferimento le

iscono quella nelle vicinanze della corona di ricoprimento, immediatamente all’esterno dello strato limite (ad es. la

di Fig. 38) per tener conto delle caratteristiche medie del deflusso attraverso il distributore. E, forse, questa scelta è quella che meglio compensa le approssimazioni che accompagnano la procedura

L’approccio bidimensionale suggerisce inoltre, per il dimensionamento del distributore, , su un piano ortogonale all’asse

lta. u (Fig. 36) saranno

Nella proiezione su un piano ortogonale all’asse (Fig. 39), la velocità tangenziale Cu non

∙ cos γ

Page 121: Note Macchine 2

o Dell’inclinazione locale γ delle altre linee meridiane di corrente (Fig. 38) e della larghezza locale dei tubi di flusso s

o Indicando con dq la portata per unità di larghezza che attraversa il tubo di flusso linee di corrente ψ e ψ+dψ del condotto interpportate entranti e uscenti attraverso il contornmoto stazionario, la relazione (Fig. 40a):

dq qdψ q

dalla quale:

- 121 -

Dell’inclinazione locale γ delle altre linee meridiane di corrente (Fig. 38) e della larghezza locale dei tubi di flusso si terrà conto in seguito.

la portata per unità di larghezza che attraversa il tubo di flusso ψ del condotto interpalare (Fig. 40) il bilancio di massa tra le

entranti e uscenti attraverso il contorno dell’elemento ABC porge, in regime di moto stazionario, la relazione (Fig. 40a):

ψ qψ ∙ AB q ∂ψrdθ , ∂ψ∂r ∙ ='rdθ, dr? C ='rdθ? # dr Cdr # Crdθ

F C q C ' &

Cz

delle altre linee meridiane di corrente (Fig. 38) e della

la portata per unità di larghezza che attraversa il tubo di flusso tra due (Fig. 40) il bilancio di massa tra le

o dell’elemento ABC porge, in regime di

(105)

(106)

Page 122: Note Macchine 2

o Posta la condizione che attraversoportata, il bilancio delle portate di massa entranti e uscenti porge, nel piano trasformato (Fig. 40b), la relazione:

dq dalla quale:

o Ricordando la (104), con dm ora coincidente con dr, si ottiene:

F CCN

e dunque il legame cercato tra le velocità nei due sistemi di riferimento:

o, più semplicemente, con L

o Si è posto che all’interno dei due condotti interppiano interpalare) scorra la medesima portata q, pertanto attraverso i lati corrispondenti AB e A’B’ (Fig. 41) sarà:

Ma, per la (110), CN $Ó>

e quindi

- 122 -

Posta la condizione che attraverso tubi di flusso corrispondenti scorra la medesima portata, il bilancio delle portate di massa entranti e uscenti porge, nel piano trasformato

qdψ q µ ='dη? # N dξ Cµdξ # CNdη

F Cµ q NCN 'q µ z

rdando la (104), con dm ora coincidente con dr, si ottiene:

F Cµ q Ó>

¡ Ó> q ¡

Ó> C 'q ,Ó> C¡

Ó> '& C¡

Ó> Cz

e dunque il legame cercato tra le velocità nei due sistemi di riferimento:

Cµ $Ó> ,CN

$Ó>

ente, con L0=1:

Cµ rC, CN rC

Si è posto che all’interno dei due condotti interpalari (quello nel piano r, θ e quello nel piano interpalare) scorra la medesima portata q, pertanto attraverso i lati corrispondenti

q &3 C tCN

cosicché:

t &3 L

L &3/

tubi di flusso corrispondenti scorra la medesima

portata, il bilancio delle portate di massa entranti e uscenti porge, nel piano trasformato

(107)

(108)

z (109)

(110)

(111)

θ e quello nel piano interpalare) scorra la medesima portata q, pertanto attraverso i lati corrispondenti

(112)

(113)

(114)

Page 123: Note Macchine 2

o La costante L0 esprime dunque il rapporto tra il passo lineare t della schiera piana trasformata e il passo angolare 2Porre L0 =1 equivale perciò ad assumere t =2

o Si consideri nel piano , ξ una schiera di pale rettilinee (Fig. 42).Il legame tra le coordinate

o Le coordinate polari r, θ si ottengono combinando l’eq. 115 con le relazioni e dη Ldθ. Si ottiene:

- 123 -

esprime dunque il rapporto tra il passo lineare t della schiera piana trasformata e il passo angolare 2π/z di quella radiale.

=1 equivale perciò ad assumere t =2π/z. , ξ una schiera di pale rettilinee (Fig. 42).

Il legame tra le coordinate , ξ del profilo delle pale è descritto dalla semplice relazione:

[N[µ tgα

θ si ottengono combinando l’eq. 115 con le relazioni

dξ L [ tgαdη tgαLdθ

esprime dunque il rapporto tra il passo lineare t della schiera piana

è descritto dalla semplice relazione:

(115)

si ottengono combinando l’eq. 115 con le relazioni dξ Ldr/r

(116)

Page 124: Note Macchine 2

- 124 -

che, integrata tra r1 e r dopo aver posto θ1 =0, dà: θ = cot α ln )¡ ,r = r,eCJ) (117)

o Per la corrispondenza tra le coordinate e θ, alla proiezione \ cosKdel profilo rettilineo

lungo (Fig. 42 a) corrisponderà, nella schiera radiale (Fig. 42 b) l’angolo di

avvolgimento della pala θ = cot α ln r2r1¡, e al passo lineare t quello angolare 2π/z.

Pertanto: e ¼BJ = &3 Jln rr1¡ (118)

dalla quale: e = &3 BJln rr1¡ (119)

o Per una schiera piana con profili di forma qualsiasi la precedente potrà sempre scriversi

con riferimento alla corda l e all’angolo di calettamento γ dei profili medesimi. o Per una geometria curva della linea media del profilo nel piano , ξ la coordinata polare θ

nel piano radiale si ottiene dalla relazione (eq. 103 con dm = dr): θ = ¨ [[N/[µ) (120)

quando si disponga dell’equazioni analitica ξ = f(η) del profilo nel piano , ξ.

o Sebbene per il distributore sia di fondamentale importanza soprattutto la geometria del bordo di fuga, cura deve essere rivolta anche alla direzione del bordo d’ingresso per non penalizzare il rendimento.

o L’inclinazione della velocità a monte delle pale distributrici dipende dalle modalità con cui l’acqua alimenta la corona di pale distributrici.

o Quando la turbina è sistemata all’interno di una camera(*) in cemento aperta, la direzione della velocità all’ingresso del distributore è approssimativamente radiale; l’angolo di ingresso si sceglie di norma tra 60÷70% (rispetto alla direzione tangenziale) e la forma delle pale è quella di Fig. 43a (quella superiore nel piano , ξ; quella inferiore nel piano radiale r, θ).

o Per volute a spirale in cemento è buona norma assumere, quale direzione della velocità a monte del distributore, l’angolo della spirale. Può accadere in questi casi che tale angolo risulti minore di quello richiesto all’uscita delle pale così che il distributore, rispetto al caso precedente, debba rimuovere parte del momento della quantità di moto tangenziale della corrente. Ciò si riflette sulla curvatura delle pale, come si può notare dalla Fig. 43b.

o Per volute a spirale in metallo, le pale del distributore sono precedute da una corona di pale fisse che hanno la funzione di irrigidire la sezione trasversale della voluta che tenderebbe altrimenti ad aprirsi sotto l’azione della pressione interna (Figg. 44 e 45). Le condizioni all’ingresso delle pale distributrici dipendono questa volta dalla profilatura delle pale predistributrici (“stay blades”). (*) Per i sistemi di alimentazione della turbina Francis si veda più oltre.

Page 125: Note Macchine 2

- 125 -

Page 126: Note Macchine 2

- 126 -

o Il proporzionamento del predistributore segue le medesime regole del distributore. A monte la direzione della velocità è determinata dall’angolo della spirale della voluta(*1). Questa direzione, come si vedrà, è pressoché indipendente dalla portata. In genere, le pale predistributrici sono profilate in modo da non operare alcuna deviazione sul fluido (spirale logaritmica).

o Definite in questo modo le direzioni della velocità a monte e a valle del distributore, la procedura di calcolo può essere riassunta come segue.

o Stabiliti i raggi d’ingresso e d’uscita della schiera e il numero di pale (*2) si calcola il rapporto t / l della schiera piana trasformata: e = &3 B5ln r2r1¡ (121)

stimando inizialmente l’angolo di calettamento γ, ad esempio come media tra gli angoli α1 e α2. (*1) Si veda la procedura di calcolo della voluta descritta più avanti. (*2) Per il distributore z ≈ -`()1 + (4 ÷ 6) con D diametro del bordo di fuga delle

pale. Le pale predistributrici sono in genere metà di quelle distributrici.

Page 127: Note Macchine 2

o Scelta l’ascissa xA/ l del punto di alzata massima si può calcolare la profilo della schiera piana per mez

o L’esponente n vale 0,5 per le schiere deceleranti (Fig. 43b) e 1 per le schiere acceleranti (Fig. 43a).

o La deviazione angolare (che si conserverebbe nel passaggio dalla schiera piana a quella trasformata radiale se la corrente fosse aviscosa e bidimensionale), secondo la stessa procedura ammonterebbe a:

o Adottando un profilo della famiglia NACA a 4 ciffunzione di θc e xA/ l, ed è dunque di immediata determinazione.

o L’angolo di calettamento γ

dove θi , angolo tra la tangente alla linea media all’ingresso e la corda, ènota di xA/ l e yA/ l. Nella eq. 125, si adotta il segno meno quando la schiera piana è accelerante (α1 < α2) e il segno più quando la schiera piana è,invece, decelerante (

o La procedura può essere reiterata, ricalcolando t/dall’eq. 125 fino a che non si registrano variazioni significative tra due valori successivi di γ.

o Le coordinate polari r, θ del profilo trasformato nel piano radiale richiedono, infine, la conoscenza della derivata dξ

(*) Per schiere deceleranti:

Per schiere acceleranti m può essere valutato con il diagramma di Fig.20 neldelle turbine Kaplan.

- 127 -

del punto di alzata massima si può calcolare la curvatura θprofilo della schiera piana per mezzo della correlazione di Howell - Constant:

θ¼ C,8 ¸L¡#

|J%8J)|,8 ¸L¡# (*)

L’esponente n vale 0,5 per le schiere deceleranti (Fig. 43b) e 1 per le schiere acceleranti

angolare (che si conserverebbe nel passaggio dalla schiera piana a quella trasformata radiale se la corrente fosse aviscosa e bidimensionale), secondo la stessa procedura ammonterebbe a:

δ mθ$ \¡

Adottando un profilo della famiglia NACA a 4 cifre, l’alzata massima yA/ l , ed è dunque di immediata determinazione.

L’angolo di calettamento γ è allora dato dalla relazione:

γ = α& ð θ

, angolo tra la tangente alla linea media all’ingresso e la corda, è una funzione . Nella eq. 125, si adotta il segno meno quando la schiera piana è ) e il segno più quando la schiera piana è,invece, decelerante (

La procedura può essere reiterata, ricalcolando t/ l con l’angolo di calettamento dato dall’eq. 125 fino a che non si registrano variazioni significative tra due valori successivi

θ del profilo trasformato nel piano radiale richiedono, infine, la conoscenza della derivata dξ /d del profilo nel piano ξ, (eq. 120).

Per schiere deceleranti: m 0,23 2 Û\ ¡& + 68J)°r . acceleranti m può essere valutato con il diagramma di Fig.20 nel

curvatura θc del Constant:

(122)

L’esponente n vale 0,5 per le schiere deceleranti (Fig. 43b) e 1 per le schiere acceleranti

angolare (che si conserverebbe nel passaggio dalla schiera piana a quella trasformata radiale se la corrente fosse aviscosa e bidimensionale), secondo la stessa

(124)

l è una

(125)

una funzione . Nella eq. 125, si adotta il segno meno quando la schiera piana è ) e il segno più quando la schiera piana è,invece, decelerante (α1 > α2).

ngolo di calettamento dato dall’eq. 125 fino a che non si registrano variazioni significative tra due valori successivi

del profilo trasformato nel piano radiale richiedono, infine, la

acceleranti m può essere valutato con il diagramma di Fig.20 nel capitolo

Page 128: Note Macchine 2

- 128 -

o La distribuzione degli spessori deve assicurare la resistenza strutturale e limitare le perdite per attrito. Si adoperano distribuzioni tipiche dei profili aerodinamici; lo spessore di estremità è nullo (*).

o Sono altresì impiegate pale distributrici con linea media rettilinea nel piano r, θ e distribuzione degli spessori simmetrica (Fig. 47).

o Il principale elemento di incertezza quando si opera in tal modo risiede nella deviazione che la corrente assoluta subisce all’uscita della schiera, e quindi nella determinazione dell’angolo di calettamento da assegnare alla pale distributrici. Tale incertezza si riflette sulla componente tangenziale Cu1 della velocità assoluta all’ingresso della girante e sull’angolo di incidenza.

o La procedura descritta in precedenza può essere applicata a ritroso per operare una stima della direzione di C1 all’uscita del distributore.

(*) Appendice A.

Page 129: Note Macchine 2

- 129 -

o Noti i raggi r1 e r2 che delimitano la corona di pale distributrici (Fig. 48), l’angolo di calettamento è univocamente definito dall’angolo α1b del bordo d’uscita delle pale. Il numero di pale Z si ritiene anch’esso noto. L’angolo α1b è, spesso, considerato pari all’angolo di flusso su un piano ortogonale all’asse di rotazione (Fig. 39): α1b = α1 = atan (Cm1 cos γ1/ Cu1), conteggiando al più l’ostruzione palare nel calcolo di Cm1.

o L’intersezione della retta per A1 (Fig. 48a) inclinata di α1b rispetto alla direzione tangenziale (ma anche, per costruzione, all’asse X) con la circonferenza di raggio r2 consente di determinare l’estremo A2 della pala direttrice. Si possono perciò determinare la lunghezza A,A& della pala e l’angolo α2b del bordo di ingresso del distributore (Fig. 48a).

o È dunque nota la deviazione costruttiva θ¼ = |α,* − α&*| del profilo nel piano trasformato , ξ.

o Per ogni punto nel riferimento X, Y si possono ricavare le coordinate polari r = -x& + y&, θ = atan(x/y)e le coordinate trasformate , ξ(*):

M dξ = [dη = dθz⟹ Nξ = ln rr1¡η = θ z (125)

o Si può determinare l’angolo di calettamento γ = atan(ξ&/η&) = atanOlnr2r1C% P e il

rapporto t/ l della schiera piana trasformata di quella radiale: e = &3 B5ln r2r1¡ (126)

o Per la determinazione dell’ascissa xA/ l del punto di alzata massima si possono esprimere

le coordinate , ξ del profilo nel riferimento x, y della corda (Fig. 48b). Allo scopo è sufficiente operare una rotazione, pari all’angolo di calettamento γ, del sistema di riferimento , ξ (Fig. 48b).

o Applicando la correlazione di Howell – Constant l’angolo di flusso della corrente all’uscita del distributore può essere stimato esplicitando α1 dalla relazione: θ¼ = |J)8J%|,8 L¡# (127)

o Nel risolvere la (127) |α, − α&| = α, − α& e n = 0,5 se α,* > α&*, mentre |α, − α&| =α& − α, e n = 1 se α,* < α&*. o Qualora l’angolo α1 dato dalla (127) differisca dal valore atteso occorre modificare

l’angolo di calettamento delle pale distributrici nel piano X, Y (Fig. 48a). (*) Si assume L0 =1.

Page 130: Note Macchine 2

ACCOPPIAMENTO FLUIDODINAMICOGIRANTE- DISTRIBUTORE

o Sia nota la geometria del condotto meridiano e siano stati posizionati e sagomati i bordi d’ingresso e d’uscita delle pale della girante e del distributore (Fig. 49).

o Per il corretto dimensionamento di ambedue i sistemi palettati è nefluidodinamicamente la girante al distributore in modo da soddisfare i dati di progetto H e Q con la massima efficienza.

o A tal riguardo si può prendere a riferimento la superficie di corrente media C’Jaunotte) oppure quella b’-riportato in Fig. 49.

o Su questa superficie si pone, di solito, Cula perdita di energia cinetica allo scarico della turbina.

o Una modesta componente tangenziale Cugiacché le forze centrifughe che ne derivano tendono ad ostacolare un’eventuale separazione dello strato limite consentendo, tra l’altro, di impiegare per il tubo angoli di divergenza più elevati.

o I condotti interpalari sulle superfici di corrente a ridosso del mozzo presentano sezioni di attraversamento minori rispetto a quelli sulle superfici di corrente più esterne. E la differenza aumenta procedendo verso il bordo d’uscita della

o Per contenere la velocità relativa Wcondizione W2=u2 in luogo di Cu

o All’ingresso del tubo di scarico è ora presente una componente tangenziale Cuessendo recuperabile nel tuLa velocità relativa W2 che ne risulta è però minore rispetto alla condizione Cuminori perdite per attrito parietale attraverso la girante sono in genere tali da compensare la perdita di energia cinetica CuAnzi, per alti numeri tipici, quando la velocità relativa è elevata, la condizione Wluogo, di solito, a una diminuzione della perdita complessiva e dunque a un guadagno sul rendimento (Nechleba).

- 130 -

ACCOPPIAMENTO FLUIDODINAMICODISTRIBUTORE

Sia nota la geometria del condotto meridiano e siano stati posizionati e sagomati i bordi d’ingresso e d’uscita delle pale della girante e del distributore (Fig. 49). Per il corretto dimensionamento di ambedue i sistemi palettati è necessario accoppiare fluidodinamicamente la girante al distributore in modo da soddisfare i dati di progetto H e Q con la massima efficienza. A tal riguardo si può prendere a riferimento la superficie di corrente media C’

-b2 a ridosso della corona (Nechleba, Ventrone) dell’esempio

Su questa superficie si pone, di solito, Cu2 =0 all’uscita della girante per rendere minima la perdita di energia cinetica allo scarico della turbina.

componente tangenziale Cu2 favorisce però la diffusione nel tubo di scarico

giacché le forze centrifughe che ne derivano tendono ad ostacolare un’eventuale separazione dello strato limite consentendo, tra l’altro, di impiegare per il tubo angoli di

I condotti interpalari sulle superfici di corrente a ridosso del mozzo presentano sezioni di attraversamento minori rispetto a quelli sulle superfici di corrente più esterne. E la differenza aumenta procedendo verso il bordo d’uscita della girante. Per contenere la velocità relativa W2, e le perdite ad essa associate, può essere adottata la

in luogo di Cu2 =0. All’ingresso del tubo di scarico è ora presente una componente tangenziale Cuessendo recuperabile nel tubo di scarico, deve intendersi persa.

che ne risulta è però minore rispetto alla condizione Cuminori perdite per attrito parietale attraverso la girante sono in genere tali da compensare la perdita di energia cinetica Cu2

2/2g. Anzi, per alti numeri tipici, quando la velocità relativa è elevata, la condizione Wluogo, di solito, a una diminuzione della perdita complessiva e dunque a un guadagno sul

ACCOPPIAMENTO FLUIDODINAMICO

Sia nota la geometria del condotto meridiano e siano stati posizionati e sagomati i bordi

cessario accoppiare fluidodinamicamente la girante al distributore in modo da soddisfare i dati di progetto H e

A tal riguardo si può prendere a riferimento la superficie di corrente media C’-C2 (Vivier, a ridosso della corona (Nechleba, Ventrone) dell’esempio

=0 all’uscita della girante per rendere minima

favorisce però la diffusione nel tubo di scarico giacché le forze centrifughe che ne derivano tendono ad ostacolare un’eventuale separazione dello strato limite consentendo, tra l’altro, di impiegare per il tubo angoli di

I condotti interpalari sulle superfici di corrente a ridosso del mozzo presentano sezioni di attraversamento minori rispetto a quelli sulle superfici di corrente più esterne. E la

, e le perdite ad essa associate, può essere adottata la

All’ingresso del tubo di scarico è ora presente una componente tangenziale Cu2 che, non

che ne risulta è però minore rispetto alla condizione Cu2 =0, e le minori perdite per attrito parietale attraverso la girante sono in genere tali da compensare

Anzi, per alti numeri tipici, quando la velocità relativa è elevata, la condizione W2=u2 dà luogo, di solito, a una diminuzione della perdita complessiva e dunque a un guadagno sul

Page 131: Note Macchine 2

o Per questi riguardi, la condizione Cu(K ≈ 0,35÷0,6).

o Riassumendo, scelta la superficie di corrente di riferimento e il criterio di ottimizzazione per il deflusso all’uscita della girante: Cutangenziale Cu1 all’ingresso della girante dall’equazione dell’energia:

o Le velocità meridiane Cm1 (Figg. 49 e 50):

C,dove x è il numero di tubi di flusso, all’ingresso e all’uscita in corrispondenza dei raggi Rcorrispondenti coefficienti di ostruzione dati dalle relazioni:

ξ, nelle quali z è il numero di pale, ScR2.

o Il numero di pale può essere stimato con la relazione empirica

o con il diagramma di Fig. 51.o Gli spessori circonferenziali si deducono da quelli normali

essere adoperate le seguenti relazioni empiriche:

(dove S è in mm; B: larghezza all’ingresso della girante, in m; H: caduta idrica, in m; z: numero di pale)

- 131 -

Per questi riguardi, la condizione Cu2=0 si rivela efficace solo per le turbine Francis lente

Riassumendo, scelta la superficie di corrente di riferimento e il criterio di ottimizzazione per il deflusso all’uscita della girante: Cu2=0 oppure W2 = u2 , si calcola la componente

all’ingresso della girante dall’equazione dell’energia:

gH η[gH u,Cu, ' u&Cu&

e Cm2 si ricavano dal tracciato delle linee meridiane di corrente

, 2/Û&3ñ)∆6)N) , C&

2/Û&3ñ%∆6%N%

dove x è il numero di tubi di flusso, ∆Q, e ∆Q& le larghezze locali del tubo di flusso all’ingresso e all’uscita in corrispondenza dei raggi R1 e R2, mentre R, e R& corrispondenti coefficienti di ostruzione dati dalle relazioni:

1 ' ∙ú¼)&3ñ) , ξ& 1 ' ∙ú¼%&3ñ%

nelle quali z è il numero di pale, Sc1 e Sc2 gli spessori circonferenziali della pala su R

Il numero di pale può essere stimato con la relazione empirica z ≈ =14 17?-ψ o con il diagramma di Fig. 51.

circonferenziali si deducono da quelli normali, per la sua stima possono essere adoperate le seguenti relazioni empiriche:

S V 20 ∙ B0õ

(dove S è in mm; B: larghezza all’ingresso della girante, in m; H: caduta idrica, in m;

vela efficace solo per le turbine Francis lente

Riassumendo, scelta la superficie di corrente di riferimento e il criterio di ottimizzazione si calcola la componente

(128)

ricavano dal tracciato delle linee meridiane di corrente

(129)

del tubo di flusso

i

(130)

gli spessori circonferenziali della pala su R1 e

(131)

per la sua stima possono

(132)

(dove S è in mm; B: larghezza all’ingresso della girante, in m; H: caduta idrica, in m;

Page 132: Note Macchine 2

- 132 -

S ≈ 0,005 ∙ D0õ + 0,002 (Francis lente)

S ≈ 0,01 ∙ D0õ + 0,002 (Francis veloci)

(dove S è in m; D: diametro esterno della girante, in m; H: caduta idrica, in m; z: numero di pale).

o Si calcolano gli angoli di flusso β1 e β2 dalle relazioni: tgβ, = $Ü))8$) ,tgβ& = $Ü%%8$% (133)

o Si risale agli angoli costruttivi dei bordi d’ingresso e di uscita delle pale tenendo conto

rispettivamente della condizione ottimale di incidenza e della deviazione ∆u&/u& della corrente relativa W2

(*): tgβ,* = $Ü))8$)8|∆)|) ) = ,)¸78)8∆)) )jÜ) (134)

tgβ&* = $%%8$%S = $%%8($%8∆%) = ,%ij%jÜ% W∆%% %jÜ%= ,)¸78%W∆%% %jÜ%

(135)

o Dal triangolo della velocità all’ingresso della girante e dall’angolo β1b del bordo

d’ingresso delle pale si perviene alla direzione del flusso all’uscita del distributore risolvendo lungo la superficie di corrente prescelta per l’accoppiamento fluidodinamico girante-distributore.

o Nel traferro tra girante e distributore si conserva a meno delle perdite, il momento della quantità di moto. Perciò, indicando con il pedice 0 l’uscita del distributore, R1Cu1=R0Cu0.

o La velocità meridiana si ricava dal tracciato delle linee di corrente (Figg. 49 e 50): C = 2/Û&3ñ>∆6>N> (136)

con ξ = 1 − ¶!è¸ú¼>&3ñ> (137)

e zDIST numero di pale distributrici stimato, per esempio, con la relazione empirica: z[B ≈ ,1-2R + (4 ÷ 6) (138)

o Si ricorda che le pale distributrici hanno geometria a semplice curvatura per assicurare un

efficiente grado di tenuta nella condizione di totale chiusura. o L’angolo del distributore è riferito a un piano ortogonale all’asse. Occorre pertanto

rilevare anche l’angolo γ0 (Fig. 52) che la tangente alla linea di corrente sul bordo d’uscita delle pale distributrici forma con una retta ortogonale all’asse di rotazione. (*) Si veda il capitolo: Incidenza ottimale all’ingresso della girante.

Page 133: Note Macchine 2

o Si ottiene:

oppure, ricordando il legame tra l’angolo di flusso d’ingresso della girante necessario per garantire una corrette incidenza (eq. 87):

L’angolo di flusso in un piano ortogonale all’asse risulta pertanto (Fig. 52):

o Stabiliti il raggio rI di ingresso del distributore e l’angolo di flusso procede con il dimensionamento della schiera piana trasformata di quella radiale.

o Si può procedere secondo lo schema riassunto nella Fig. 53 (*) Si veda il capitolo: Dim

- 133 -

tgα $>$>

ñ>ñ)

$>$)

oppure, ricordando il legame tra l’angolo di flusso α1 e l’angolo costruttivo βd’ingresso della girante necessario per garantire una corrette incidenza (eq. 87):

tgα ñ>ñ)

,)jÜ> ,8

∆)) ¡8

)¸78):

L’angolo di flusso in un piano ortogonale all’asse risulta pertanto (Fig. 52):

tgα tgα ∙ cos γ

di ingresso del distributore e l’angolo di flusso α1 della corrente si procede con il dimensionamento della schiera piana trasformata di quella radiale.Si può procedere secondo lo schema riassunto nella Fig. 53(*).

Dimensionamento delle pale distributrici.

(139)

e l’angolo costruttivo β1b del bordo

d’ingresso della girante necessario per garantire una corrette incidenza (eq. 87):

(140)

L’angolo di flusso in un piano ortogonale all’asse risulta pertanto (Fig. 52):

(141)

della corrente si procede con il dimensionamento della schiera piana trasformata di quella radiale.

Page 134: Note Macchine 2

- 134 -

(*) Il segno di θ = α − α² determina la curvatura della linea media (Fig. 43). Per schiere acceleranti α < α² e la curvatura della linea media è rivolta verso l'alto. Il carattere accelerante o decelerante della schiera condiziona il segno della differenza α − α* e di γ = α² − θ. Per una schiera accelerante α > α* eγ = α² − θ. Il carattere della schiera, accelerante oppure decelerante, deve intendersi, inoltre, riferito alla schiera piano trasformata poiché nella schiera radiale è sempre Cr > Cr² giacché la sezione di attraversamento diminuisce nella direzione del flusso. Occorre pertanto

confrontare tra loro le velocità 0(r²CuI)& + (r²CmI)&e0(rCu0)& + (rCm0′ )& all'ingresso e all'uscita della schiera piana (la velocità Cm² si ricava dal tracciato delle linee di corrente, mentre Cu² = Cm² ∙ cot α² ); Oppure gli angoli α eα² .

Page 135: Note Macchine 2

- 135 -

Page 136: Note Macchine 2

- 136 -

o Qualora s’intenda adottare un profilo simmetrico si vedano le note riportate nel capitolo dedicato al dimensionamento delle pale distributrici.

o Per le altre sezioni palari della girante si parte dall’uscita del distributore, seguendo le linee di corrente corrispondenti (Fig. 49). Dal reticolo di flusso si calcolano i valori pertinenti della velocità meridiana Cm0 (eq. 136) e dell’inclinazione γ0 della linea di corrente rispetto al piano ortogonale all’asse, e quindi la componente tangenziale Cu0 all’uscita del distributore con la relazione: Cu = $>∙¼B5>àJ>:T ±@á (142)

(il segno + se la schiera piana è accelerante, il segno meno nel caso opposto). o La procedura assume approssimativamente costante la deviazione angolare lungo il bordo

d’uscita del distributore, e quindi anche l’angolo di flusso α’ 0 su un piano ortogonale all’asse di rotazione pari a quello determinato all’uscita del distributore lungo la superficie di corrente presa a riferimento per l’accoppiamento fluidodinamico girante-distributore(*).

o Si procede quindi verso il bordo d’ingresso della girante dove si calcola Cu1 dalla conservazione del momento della quantità di moto: Cu, = >) Cu (143)

o Dal tracciato delle linee di corrente si ricava la velocità Cm1 all’ingresso della girante: Cm, = 2/Û&3ñ)∆6)N) (144)

e quindi l’angolo β1b della corrispondente sezione palare imponendo la condizione di incidenza ottimale: tgβ,* = ,)¸78)8∆)) )jÜ)

(145)

dopo aver determinato l’angolo di flusso β1: tgβ, = $))8$) (146)

o All’uscita della girante la componente Cu2 si ricava dall’equazione dello scambio di energia: gH = η[gH = u,Cu, − u&Cu& (147)

o La velocità meridiana Cm2 deriva invece dalla equazione della portata per il tubo di flusso in esame: Cm& = 2/Û&3ñ%∆6%N% (148)

o L’angolo costruttivo β2b è infine dato dalla relazione: tgβ&* = $%%8$%W ∆%% ¡% = ,)¸78%W ∆%% ¡ %jÜ%

(149)

o La determinazione di β1b (eq. 145) e β2b (eq. 149) richiede l’attivazione di una procedura iterativa poiché ∆u,/u, , ξ, e ∆u&/u& , ξ& dipendono rispettivamente da β1b e β2b. (*) Per questi riguardi sarebbe forse più opportuno riferire il calcolo della deviazione angolare δ, e quindi il dimensionamento del distributore, alla linea di corrente media anziché a quella adiacente alla corona (Vivier).

Page 137: Note Macchine 2

GEOMETRIA DELLE

o Determinati per ciascuna sezione palare gli angoli costruttivi ingresso e di uscita occorre stabilire la geometria di tali sezioni e un criterio per la loro rappresentazione grafica.

o Le superfici di corrente di Fig. necessario per poter disegnare le

o Per sopperire all’inconveniente si può fare uso dei coni di sostituzione oppure del metodo di rappresentazione conforme notIl secondo approccio è quello più largamente impiegato in un ambiente industriale, e perciò descritto nelle note che seguono. METODO DEI TRIANGOLI DEGLI ERRORI

o In Fig. 54a è mostrata l’intersezione della pala con Il profilo meridiano di tale superficie è suddiviso in parti uguali, di estensione pari ad “a”.

o Si considerino le circonferenze che passano per i punti che delimitano i tratti di lunghezza “a” in cui è stato suddiviso il profilo meridiano della superficie di corrente (Figg. 54 e 55).

o Sulla superficie di corrente queste circonferenze intersecheranno la traccia della sezione palare nei punti 0 -1 -2 -3 -

- 137 -

GEOMETRIA DELLE SEZIONI PALARI

Determinati per ciascuna sezione palare gli angoli costruttivi β1b e β2b dei bordi d’ ingresso e di uscita occorre stabilire la geometria di tali sezioni e un criterio per la loro

Le superfici di corrente di Fig. 49 non sono sviluppabili in piano, come invece sarebbe necessario per poter disegnare le sezioni palari che su di esse si avvolgono. Per sopperire all’inconveniente si può fare uso dei coni di sostituzione oppure del metodo di rappresentazione conforme noto come metodo dei triangoli degli errori. Il secondo approccio è quello più largamente impiegato in un ambiente industriale, e perciò descritto nelle note che seguono.

METODO DEI TRIANGOLI DEGLI ERRORI n Fig. 54a è mostrata l’intersezione della pala con una generica superficie di corrente.

Il profilo meridiano di tale superficie è suddiviso in parti uguali, di estensione pari ad “a”.

Si considerino le circonferenze che passano per i punti che delimitano i tratti di lunghezza suddiviso il profilo meridiano della superficie di corrente (Figg. 54 e

Sulla superficie di corrente queste circonferenze intersecheranno la traccia della sezione -4 -5 (Fig. 54 a).

SEZIONI PALARI

dei bordi d’ ingresso e di uscita occorre stabilire la geometria di tali sezioni e un criterio per la loro

49 non sono sviluppabili in piano, come invece sarebbe

Per sopperire all’inconveniente si può fare uso dei coni di sostituzione oppure del metodo

Il secondo approccio è quello più largamente impiegato in un ambiente industriale, e

una generica superficie di corrente. Il profilo meridiano di tale superficie è suddiviso in parti uguali, di estensione pari ad “a”.

Si considerino le circonferenze che passano per i punti che delimitano i tratti di lunghezza suddiviso il profilo meridiano della superficie di corrente (Figg. 54 e

Sulla superficie di corrente queste circonferenze intersecheranno la traccia della sezione

Page 138: Note Macchine 2

- 138 -

o Attraverso questi punti si facciano passare dei piani meridiani (le cui intersezioni con la superficie di corrente sono indicate con linea a tratti in Fig. 54a).

o Si individuano dei triangoli rettangoli (Fig. 54a), ciascuno dei quali sostiene (ne rappresenta la loro ipotenusa) un tratto della curva 0 -1 -2…-5.

o Questi triangoli sono stati distesi in piano in Fig. 54b e disposti in modo tale che le loro basi, costituite dagli archi di circonferenza 00’, 11’, 22’….55’; siano tra di loro parallele. I triangoli devono succedersi nella giusta sequenza, che è quella stabilita sulla superficie di corrente (Fig. 54a).

o I vertici dei triangoli 0, 1, 2,…,5 riproducono in piano lo sviluppo(*) della sezione palare data la congruenza che viene a stabilirsi tra i triangoli sulla superficie e sul piano.

o L’inclinazione della curva rispetto a una delle rette parallele disegnate nel piano di Fig.54b è perciò pari a quella formata dalla curva con la tangente alla circonferenza corrispondente sulla superficie di corrente (Fig. 54a)

o In Fig. 54c è mostrata la vista circonferenziale della sezione palare. o La procedura da adottare può essere riassunta nel modo seguente. 1) Si divide il profilo meridiano della superficie di corrente (la linea meridiana di corrente)

in un dato numero di tratti di lunghezza “a” (Fig. 55). 2) Si disegna un fascio di rette parallele distanti tra loro la lunghezza “a” (Fig. 56). Su

questo piano si disegna la sezione palare (sviluppo piano delle sezioni palari). L’angolo formato dalla linea media del profilo palare rispetto a una retta (parallela alle precedenti) passante per il bordo di ingresso e di uscita è pari a quello presente sulla superficie di corrente. Non si necessita pertanto di alcuna correzione degli angoli ottenuti dai calcoli di progetto.

(*) Il grado di approssimazione dello sviluppo piano a quello reale sulla superficie di corrente aumenta con il diminuire dell’estensione dei triangoli.

Page 139: Note Macchine 2

3) Dai punti di intersezione del profilo con le rette parallele si tracciano dei segmenti a queste perpendicolari, definendo i tSi individuano in tal modo l’estensione, in piano, degli archi di circonferenza 00’, 11’, 22’… da riportare sulla vista circonferenziale (Fig. 54c).

4) Da un punto generico sulla superficie di raggio rSi congiunge 0’ con il centro della circonferenza (traccia dell’asse di rotazione).L’intersezione di tale raggio con la circonferenza di raggio r

triangolo . Dal punto 1 si riporta, seguendo la direzione indicata nello sviluppo

piano (Fig. 54b) l’arco circonferenze; l’intersezione con la circonferenza di raggio r

triangolo nella vista circonferenziale.Si procede allo stesso modo per gli altri punti per ottenere, alla fine, la proiezione circonferenziale della sezione palare di cui quella in Fig. 54b ne è lo sviluppo in piano.

5) Si agisce in modo analogo per tutte le altre licostante (per ragioni di semplicità operativa) la lunghezza della suddivisione “a”. È anche conveniente assumere un’origine comune per la suddivisione in tratti di uguale lunghezza delle linee meridiane di corrente (Fig

6) Ottenute le proiezioni circonferenziali di tutte le altre sezioni palari nel modo sopra descritto, si disegna sulla vista circonferenziale il fascio di piani meridiani 0, 1, 2, 3,… rappresentato in Fig. 58.

7) Dalle intersezioni di tali piani con la meridiane. È sufficiente considerare per ogni piano meridiano i punti di intersezione A, B, C, D,…(Fig. 58a) con le proiezioni circonferenziali delle singole sezioni palari a, b, c, d, e. Le distanze radiali rA, rB,… dei punti di intersezione consentono di determinare, con le regole delle proiezioni circolari, i punti corrispondenti A’, B’, C’,… sulla sezione meridiana (A, B, C,… distano dall’asse di rotazione la medesima distanza dei punti A’, B’, C’…).

- 139 -

Dai punti di intersezione del profilo con le rette parallele si tracciano dei segmenti a queste perpendicolari, definendo i triangoli tratteggiati di Fig. 54b. Si individuano in tal modo l’estensione, in piano, degli archi di circonferenza 00’, 11’, 22’… da riportare sulla vista circonferenziale (Fig. 54c).

Da un punto generico sulla superficie di raggio r0 si riporta l’arco =00Si congiunge 0’ con il centro della circonferenza (traccia dell’asse di rotazione).L’intersezione di tale raggio con la circonferenza di raggio r1 individua il vertice 1 del

. Dal punto 1 si riporta, seguendo la direzione indicata nello sviluppo

=11′ . Si congiunge 1’ con il centro comune a tutte le circonferenze; l’intersezione con la circonferenza di raggio r2 individua il vertice 2 del

nella vista circonferenziale. Si procede allo stesso modo per gli altri punti per ottenere, alla fine, la proiezione circonferenziale della sezione palare di cui quella in Fig. 54b ne è lo sviluppo in piano.Si agisce in modo analogo per tutte le altre linee meridiane di corrente mantenendo costante (per ragioni di semplicità operativa) la lunghezza della suddivisione “a”. È anche conveniente assumere un’origine comune per la suddivisione in tratti di uguale lunghezza delle linee meridiane di corrente (Fig. 57)

Ottenute le proiezioni circonferenziali di tutte le altre sezioni palari nel modo sopra descritto, si disegna sulla vista circonferenziale il fascio di piani meridiani 0, 1, 2, 3,…

Dalle intersezioni di tali piani con la pala si ottengono le corrispondenti sezioni meridiane. È sufficiente considerare per ogni piano meridiano i punti di intersezione A, B, C, D,…(Fig. 58a) con le proiezioni circonferenziali delle singole sezioni palari a, b, c,

,… dei punti di intersezione consentono di determinare, con le regole delle proiezioni circolari, i punti corrispondenti A’, B’, C’,… sulla sezione meridiana (A, B, C,… distano dall’asse di rotazione la medesima distanza dei punti A’,

Dai punti di intersezione del profilo con le rette parallele si tracciano dei segmenti a

Si individuano in tal modo l’estensione, in piano, degli archi di circonferenza 00’, 11’,

00′ (Fig. 54c). Si congiunge 0’ con il centro della circonferenza (traccia dell’asse di rotazione).

individua il vertice 1 del

. Dal punto 1 si riporta, seguendo la direzione indicata nello sviluppo

. Si congiunge 1’ con il centro comune a tutte le individua il vertice 2 del

Si procede allo stesso modo per gli altri punti per ottenere, alla fine, la proiezione circonferenziale della sezione palare di cui quella in Fig. 54b ne è lo sviluppo in piano.

nee meridiane di corrente mantenendo costante (per ragioni di semplicità operativa) la lunghezza della suddivisione “a”. È anche conveniente assumere un’origine comune per la suddivisione in tratti di uguale lunghezza

Ottenute le proiezioni circonferenziali di tutte le altre sezioni palari nel modo sopra descritto, si disegna sulla vista circonferenziale il fascio di piani meridiani 0, 1, 2, 3,…

pala si ottengono le corrispondenti sezioni meridiane. È sufficiente considerare per ogni piano meridiano i punti di intersezione A, B, C, D,…(Fig. 58a) con le proiezioni circonferenziali delle singole sezioni palari a, b, c,

,… dei punti di intersezione consentono di determinare, con le regole delle proiezioni circolari, i punti corrispondenti A’, B’, C’,… sulla sezione meridiana (A, B, C,… distano dall’asse di rotazione la medesima distanza dei punti A’,

Page 140: Note Macchine 2

8) Con l’ausilio delle sezioni meridiane si possono infine ottenere, sulla vista circonferenziale, le curve di livello ottenute intersecando la pala con un dato numero di piani tra loro paralleli e ortogonali all’asse di rotazione che, per aspetti legati alla fabbricazione della pala, è vantaggioso siano tra di loro equidistanti. Si procede così. Il piano I (Fig. 59a), ad esempio, interseca la sezione meridiana 1 a una distanza dall’asse pari a r1. Il punto corrispondente sulla vista circonferenziale della pala si della circonferenza di raggio r

- 140 -

’ausilio delle sezioni meridiane si possono infine ottenere, sulla vista

circonferenziale, le curve di livello ottenute intersecando la pala con un dato numero di piani tra loro paralleli e ortogonali all’asse di rotazione che, per aspetti legati alla

ricazione della pala, è vantaggioso siano tra di loro equidistanti. Si procede così. Il piano I (Fig. 59a), ad esempio, interseca la sezione meridiana 1 a una distanza dall’asse

Il punto corrispondente sulla vista circonferenziale della pala si ottiene dall’intersezione della circonferenza di raggio r1 con la traccia 1 del piano meridiano (Fig. 59b).

circonferenziale, le curve di livello ottenute intersecando la pala con un dato numero di piani tra loro paralleli e ortogonali all’asse di rotazione che, per aspetti legati alla

ricazione della pala, è vantaggioso siano tra di loro equidistanti. Si procede così. Il piano I (Fig. 59a), ad esempio, interseca la sezione meridiana 1 a una distanza dall’asse

ottiene dall’intersezione con la traccia 1 del piano meridiano (Fig. 59b).

Page 141: Note Macchine 2

In modo analogo si procede per l’intersezione del piano I con le altre sezioni meridiane della pala ottenendo, in tal modo, la curva di livello

9) Si procede in modo analogo per gli altri piani.Le curve di livello e i profili delle sezioni meridiane devono presentare un andamento continuo e regolare se si vuole assicurare alla pala una forma priva di irregolarità.

o Il bordo d’ingresso, a differenza di quello di uscita, non è di norma contenuto in un piano meridiano (Fig. 60), tranne che per le turbine Francis a basso numero tipico di macchina.

o La sua inclinazione consente di contenere lo sviluppo periferico della corona. In genere, l’angolo di avvolgimento è intorno a 60°.

o Il profilo del bordo d’ingresso sulla vista circonferenziale deve presentare una forma regolare e continua per garantire

o A tal fine, e anche per controllare adeguatamente l’angolo di avvolgimento sezione palare, può risultare comodo disegnare in anticipo sulla vista circonferenziale i profili dei bordi d’ingresso e di uscita delle pale (Fig. 60a)

o Su questi si possono riportare con le regole delle proiezioni circolari, note le linee meridiane di corrente, i punti d’ingresso A, B, C,… e di uscita a, b, c,… delle singole sezioni palari (Fig. 60).

- 141 -

In modo analogo si procede per l’intersezione del piano I con le altre sezioni meridiane della pala ottenendo, in tal modo, la curva di livello I nella vista circonferenziale.Si procede in modo analogo per gli altri piani. Le curve di livello e i profili delle sezioni meridiane devono presentare un andamento continuo e regolare se si vuole assicurare alla pala una forma priva di irregolarità.

bordo d’ingresso, a differenza di quello di uscita, non è di norma contenuto in un piano meridiano (Fig. 60), tranne che per le turbine Francis a basso numero tipico di macchina.

La sua inclinazione consente di contenere lo sviluppo periferico della pala nelle adiacenze In genere, l’angolo di avvolgimento θ delle pale nella vista circonferenziale

Il profilo del bordo d’ingresso sulla vista circonferenziale deve presentare una forma regolare e continua per garantire alla pala una curvatura priva di discontinuità.A tal fine, e anche per controllare adeguatamente l’angolo di avvolgimento θsezione palare, può risultare comodo disegnare in anticipo sulla vista circonferenziale i

o e di uscita delle pale (Fig. 60a) Su questi si possono riportare con le regole delle proiezioni circolari, note le linee meridiane di corrente, i punti d’ingresso A, B, C,… e di uscita a, b, c,… delle singole

In modo analogo si procede per l’intersezione del piano I con le altre sezioni meridiane I nella vista circonferenziale.

Le curve di livello e i profili delle sezioni meridiane devono presentare un andamento continuo e regolare se si vuole assicurare alla pala una forma priva di irregolarità.

bordo d’ingresso, a differenza di quello di uscita, non è di norma contenuto in un piano meridiano (Fig. 60), tranne che per le turbine Francis a basso numero tipico di macchina.

della pala nelle adiacenze delle pale nella vista circonferenziale

Il profilo del bordo d’ingresso sulla vista circonferenziale deve presentare una forma alla pala una curvatura priva di discontinuità.

A tal fine, e anche per controllare adeguatamente l’angolo di avvolgimento θ di ciascuna sezione palare, può risultare comodo disegnare in anticipo sulla vista circonferenziale i

Su questi si possono riportare con le regole delle proiezioni circolari, note le linee meridiane di corrente, i punti d’ingresso A, B, C,… e di uscita a, b, c,… delle singole

Page 142: Note Macchine 2

- 142 -

o Come si è appena visto, il primo passo è il disegno dello sviluppo piano della generica sezione (Fig. 61).

o Allo scopo potrebbero essere impiegati profili della serie NACA, ad esempio quelli a 4 cifre aventi la linea media formata da due archi di parabola che si fondono nel punto di alzata massima assicurando la continuità della derivata prima. L’impiego di profili appartenenti ad un’unica famiglia agevola, infatti, la costruzione di pale prive di irregolarità.

o Nel riferimento della corda , ξ la geometria della linea media è descritta dalle relazioni: Ne = N/e(µ/e)% 2 µe − µe¡ µe per0 < η/\ < ηd/\ (150)

Ne = N/e(,8µ/e)% 1 − µe¡ 1 + µe − 2 µe ¡ perηd/\ < η/\ < 1 (151)

o L’angolo θi tra la tangente all’ingresso (/ l =0) della linea media e la corda l è dato dalla

relazione: tgθ = 2 N/\µ/\ = A N\ (152)

mentre l’angolo θu tra la tangente alla linea media all’uscita (/ l =1) e la corda vale: tgθ = &(,8µÖ/\)% µ\ − 1¡ N\ = B N\ (153)

o L’ordinata di alzata massima ξA/ l si ricava, noto θ¼ = β,* − β&* e stabilita l’ascissa A/ l,

dalla relazione:

N\ = d86&d6 cot θ¼ +0 d86&d6¡& cot& θ¼ − ,d6 (154)

o Note le coordinate del profilo nel riferimento della corda , ξ occorre riportarle nel

riferimento m, u dello sviluppo piano delle sezioni operando una rotazione da , ξ a m’, u’ e poi una traslazione da m’, u’ a m, u (Fig. 61b): à á = >>¡ + à¼BJ8BJBJ ¼BJá µN¡ (155)

Page 143: Note Macchine 2

- 143 -

o L’intersezione del profilo nel piano m, u con il fascio di rette parallele distanti tra loro la suddivisione prescelta “a” (Fig. 61a) definisce i punti 0, 1, 2, 3,…

o L’angolo di avvolgimento della sezione palare nella vista circonferenziale è dato dalla relazione (Fig.62): θ° = ,ý3 ∑ !! (156)

o Il valore finale di θ dipende dalla scelta iniziale della ascissa del punto di alzata massima A/ l. Infatti, scelto A/ l è noto l’angolo θu e quindi l’angolo di calettamento γ = β&* +θ del profilo nel piano m-u e dunque la corda \ = m/ sin γ. Si può perciò variare l’ascissa A/ l finché l’angolo di avvolgimento θ non coincide con il valore atteso.

o La procedura fin qui descritta si limita a definire le coordinate del profilo atte a garantire un determinato angolo di avvolgimento partendo dagli angoli costruttivi β1b e β2b e dallo sviluppo meridiano della sezione palare.

o Per ottenere una pala di geometria regolare è però necessario stabilire la posizione relativa delle sezioni palari imponendo un vincolo geometrico.

o Nelle applicazioni si impone solitamente che il bordo d’uscita delle pale giaccia su un piano meridiano (Fig. 60a) Assunto pertanto questo quale origine per la coordinata θ sulla vista circonferenziale, la posizione relativa delle singole sezioni è univocamente definita.

o Nella vista circonferenziale della pala (Fig. 60a) tutte le sezioni verranno perciò riportate a partire dalla traccia di tale piano.

Page 144: Note Macchine 2

o La procedura può essere così riassunta (Fig. 63):

o Alla linea media va aggiunta una distribuzione degli spessori (v. appendice).Per trasferire l’intradosso e l’estradosso sulla vista circonferenziale occorre qualche attenzione qualora non si faccia uso diretto dello spessore circonferenziale.

o Per i profili aerodinamici gli spessori si intendono in direzione ortogonale alla linea media.

- 144 -

La procedura può essere così riassunta (Fig. 63):

Alla linea media va aggiunta una distribuzione degli spessori (v. appendice).trasferire l’intradosso e l’estradosso sulla vista circonferenziale occorre qualche

attenzione qualora non si faccia uso diretto dello spessore circonferenziale. Per i profili aerodinamici gli spessori si intendono in direzione ortogonale alla linea

Alla linea media va aggiunta una distribuzione degli spessori (v. appendice). trasferire l’intradosso e l’estradosso sulla vista circonferenziale occorre qualche

Per i profili aerodinamici gli spessori si intendono in direzione ortogonale alla linea

Page 145: Note Macchine 2

o Per la determinazione della coordinata polare ottenuto riportando ortogonalmente alla linea media, per il punto B, il semispessore basta osservare che il punto B” (Fig. 64) deve avere la medesima coordinata polare del punto B, cioè θB” = θB. Pertanto:

Analogamente, per il corrispondente punto c’ dell’estradosso:

- 145 -

Per la determinazione della coordinata polare θB’ del punto B’ dell’intradosso (Fig. 64), ottenuto riportando ortogonalmente alla linea media, per il punto B, il semispessore basta osservare che il punto B” (Fig. 64) deve avere la medesima coordinata polare del

θ6T θ6 ' 6T6"hT

θ6 ' @∙B2:hT

Analogamente, per il corrispondente punto c’ dell’estradosso:

θ$T θ6 # $T$"jT

θ6 # @ B2:jT

del punto B’ dell’intradosso (Fig. 64), ottenuto riportando ortogonalmente alla linea media, per il punto B, il semispessore δ, basta osservare che il punto B” (Fig. 64) deve avere la medesima coordinata polare del

(157)

(158)

Page 146: Note Macchine 2

- 146 -

CAMERE D’ACQUA E VOLUTE

o Per cadute idriche inferiori a 5 metri e macchine di piccole dimensioni, la turbina è posta all’interno di una cassa d’acqua in cemento (Fig. 65 – a) turbina ad asse verticale, b) turbina ad asse orizzontale).

o L’acqua alimenta la turbina in modo non ottimale (Fig. 66a), in particolar modo nella parte della camera dove l’acqua fluisce in direzione contraria alla rotazione della turbina, ed è perciò costretta a subire bruschi cambi di direzione.

o Per limitare le perdite è necessario limitare la velocità di afflusso che, in genere, varia tra

0,8÷1 m/s ( C ≈ 0,05÷0,1 ∙ -2gh , B ≈ D + (1,3+1,5) m ). o Per migliorare l’afflusso dell’acqua verso l’apparato di distribuzione, la turbina può

essere collocata eccentricamente all’interno della camera (Fig. 66b). o Per cadute maggiori, ma inferiori a circa 20m, la turbina è posta all’interno di casse

spiraliformi in cemento (Figg. 66c e 67). La portata che perviene al distributore è solo per 2/3 (all’incirca) convogliata attraverso la cassa a spirale, le sezioni trasversali della quale sono calcolate per ottenere una velocità di attraversamento costante.

o La velocità dell’acqua a monte è scelta un po’ più elevata rispetto alla soluzione precedente (camera d’acqua). Si assume in genere: C ≈ (0,1 ÷ 0,12)-2gH (159)

Page 147: Note Macchine 2

- 147 -

Page 148: Note Macchine 2

o Per cadute maggiori di 20 In questo caso la voluta avvolge completamente la corona di pale distributrici in modo da convogliare l’acqua nel modo più uniforme possibile in direzione circonferenziale.

o Per attenuare lo stato tensionale e la tendenza ad aprigenerate dalla pressione interna, la voluta è irrigidita disponendo all’uscita (Figg. 68a / b) una corona di pale fisse (predistributore)

o Per la generica sezione della voluta (Fig. 68b), definita dall’angolo al centro 68a), la portata elementare che attraversa la sezione dS = b dR è data dalla relazione:

(*) L’angolo al centro θ è misurato a partire dal piano meridiano 1’ che passa per il punto di intersezione del profilo della spirale con la circonferenza base, il cui raggio in Fig. 68a è RIV.

- 148 -

m la spirale è di metallo, ghisa o lamiera saldata (Fig. 68).In questo caso la voluta avvolge completamente la corona di pale distributrici in modo da convogliare l’acqua nel modo più uniforme possibile in direzione circonferenziale.Per attenuare lo stato tensionale e la tendenza ad aprirsi sotto l’azione delle forze S generate dalla pressione interna, la voluta è irrigidita disponendo all’uscita (Figg. 68a / b) una corona di pale fisse (predistributore). Per la generica sezione della voluta (Fig. 68b), definita dall’angolo al centro θ68a), la portata elementare che attraversa la sezione dS = b dR è data dalla relazione:

dQC bdRC

è misurato a partire dal piano meridiano 1’ che passa per il punto di intersezione del profilo della spirale con la circonferenza base, il cui raggio in Fig. 68a

lamiera saldata (Fig. 68). In questo caso la voluta avvolge completamente la corona di pale distributrici in modo da convogliare l’acqua nel modo più uniforme possibile in direzione circonferenziale.

rsi sotto l’azione delle forze S generate dalla pressione interna, la voluta è irrigidita disponendo all’uscita (Figg. 68a / b)

Per la generica sezione della voluta (Fig. 68b), definita dall’angolo al centro θ(*) (Fig. 68a), la portata elementare che attraversa la sezione dS = b dR è data dalla relazione:

(160)

è misurato a partire dal piano meridiano 1’ che passa per il punto di intersezione del profilo della spirale con la circonferenza base, il cui raggio in Fig. 68a

Page 149: Note Macchine 2

- 149 -

Page 150: Note Macchine 2

- 150 -

o Se si impone che il moto spiraliforme dell’acqua all’interno della voluta sia accompagnato dal contorno della medesima senza che abbia luogo alcuna interazione, il momento della quantità di moto tangenziale R Cu si conserva e la relazione precedente può essere riscritta nella forma: dQC = C²Ôb ñ¯ ñ dR (161)

dalla quale: (162)

QC = R²ÔC²Ô bRdRñÜÖÉ

ñ¯ = C²Ô R²ÔR bdRñÜÖÉ

ñ¯

o L’integrale: (163)

A,C = R²ÔR bdRñÜÖÉ

ñ¯ = bdR

ñÜÖÉ

ñ¯

ridefinisce l’area Aθ della generica sezione della voluta prendendo a riferimento la velocità Cu

IV presente sulla circonferenza base di raggio RIV. L’area Ar,θ (tratteggiata in Fig. 68d) è denominata area ridotta della sezione reale della velocità di area Aθ. Analogamente, alla larghezza b = b ñ¯ ñ (164)

si dà il nome di larghezza ridotta. o Sfruttando la definizione area ridotta (eq. 163), la portata Qθ che attraversa la sezione Aθ

della voluta può essere scritta nella forma compatta: QC = C²ÔA,C (165)

o Nelle turbine idrauliche la lingua della voluta continua oltre la circonferenza base di raggio RIV per divenire, essa stessa, una delle pale predistributrici (Fig. 68a).

o Lo spessore della lingua è sotteso in direzione circonferenziale a un angolo al centro indicato con λ in Fig. 68a. Pertanto, la portata complessiva Q convogliata dalla voluta all’ingresso delle pale predistributrici non si distribuisce su un angolo di 360°, ma di 360-λ.

o La portata Qθ che interessa la sezione Aθ della voluta (o quella ridotta Ar,θ ad essa corrispondente) è perciò anche pari a: QC = Q C°U8T° = C²ÔA,C (166)

ovvero, poiché Q = C²ÔA,, con Ar,1 sezione ridotta della sezione d’ingresso 1 della voluta (Fig. 68a): A,C = A,, C°U8T° (167)

o La generica sezione Ar, θ della voluta è dunque nota una volta determinata quella all’ingresso Ar, 1. La precedente può essere impiegata anche in altro modo. Nota Ar, 1, stabilita Ar, θ (minore ovviamente di Ar, 1) si può determinare l’angolo al centro θ a cui deve essere collocata.

o Per determinare la sezione ridotta Ar, 1 occorre fissare un valore appropriato della velocità Ce all’ingresso della voluta. Dall’equazione della portata nella condotta di adduzione che si collega alla voluta: Q = 31 DZ&CZ (168)

mentre dalla conservazione del momento della quantità di moto nella sezione 1: C²Ô = Cu, ñ)ñ¯ (169)

o In genere, si pone Cu1 = Ce per evitare decelerazioni nel tragitto tra la sezione AZ = 3`ç%1

di collegamento con la condotta di adduzione e il contorno spiraliforme della cassa.

Page 151: Note Macchine 2

o La velocità Ce da adottare varia da 2 a 6 m/s, ed è suggerita dall’esperienza in funzione della caduta idrica H (Fig. 69, dove

o Per contenere l’erosione dovuta alla sabbia trasportata dall’acqua, si consiglia per Cvalore non superiore a 10 m/s.

o In conclusione, la procedura di calcolo può essere così riassunta.1) Si calcola Ce assumendo un valore appropriato per la velocità specifica c

della caduta idrica. 2) Si assumono i raggi di ingresso R

è di poco superiore al raggio di ingresso delle pale d

- 151 -

da adottare varia da 2 a 6 m/s, ed è suggerita dall’esperienza in funzione idrica H (Fig. 69, dove cZ = CZ/-2gH è la velocità specifica).

Per contenere l’erosione dovuta alla sabbia trasportata dall’acqua, si consiglia per Cvalore non superiore a 10 m/s. In conclusione, la procedura di calcolo può essere così riassunta.

assumendo un valore appropriato per la velocità specifica ce in funzione

Si assumono i raggi di ingresso RIV e di uscita RIII delle pale predistributrici. Il raggioè di poco superiore al raggio di ingresso delle pale distributrici (~ 10÷15mm).

da adottare varia da 2 a 6 m/s, ed è suggerita dall’esperienza in funzione

Per contenere l’erosione dovuta alla sabbia trasportata dall’acqua, si consiglia per Ce un

in funzione

delle pale predistributrici. Il raggio RIII istributrici (~ 10÷15mm).

Page 152: Note Macchine 2

3) Si determina la velocità tangenziale raggio esterno della sezione 1 d’ingresso della camera a spirale Cu

4) Si calcola l’area ridotta Ar, 1

I punti 3) e 4) possono essere reiterati per rimuovere l’approssimazione inizialeR, ≈ R²Ô # DZ (Fig.70).

5) Stabilito il raggio R1 della sezione d’ingresso della cassa a spirale si disegnano le sezioni intermedie A2, A3, A4,… (Fig. 68c). Per la generica sezione Aridotta corrispondente con la relazione:

A,C (il raggio ρθ della sezione deriva dallo sviluppo delle sezioni assunto per la voluta

partendo da quella iniziale A6) Dall’assunzione che la portata si distribuisca sulle sezioni trasversali della voluta

proporzionalmente all’angolo al centro la posizione angolare θ+λ della sezione A

7) Una volta posizionate le sezioni Apunto più esterno rispetto all’asse della turbina.Questi punti sono di solito raccordati con archi di cerchio (Fig. 68a).

- 152 -

Si determina la velocità tangenziale C²Ô all’ingresso del predistributore assumendo sul raggio esterno della sezione 1 d’ingresso della camera a spirale Cu1 = Ce :

C²Ô CZ ñ)ñ¯ V CZ ñ¯ W`çñ¯

r, 1 all’ingresso della spirale

Q CuIVA,, → A,,

possono essere reiterati per rimuovere l’approssimazione iniziale

della sezione d’ingresso della cassa a spirale si disegnano le sezioni ,… (Fig. 68c). Per la generica sezione Aθ si determina la sezione

ridotta corrispondente con la relazione:

R²Ô 20ρC& − (R ' R²Ô ' ρC?&R

ñ¯ W&"Áñ¯ dR

della sezione deriva dallo sviluppo delle sezioni assunto per la voluta

partendo da quella iniziale A1 (Fig. 68c) ). Dall’assunzione che la portata si distribuisca sulle sezioni trasversali della voluta proporzionalmente all’angolo al centro θ (Fig. 68a), che si traduce nella eq. 167, si ricava

θ λ della sezione Aθ rispetto alla sezione A1. Una volta posizionate le sezioni Aθ sono note anche le distanze radiali RIV + 2punto più esterno rispetto all’asse della turbina. Questi punti sono di solito raccordati con archi di cerchio (Fig. 68a).

all’ingresso del predistributore assumendo sul

(170)

(171)

possono essere reiterati per rimuovere l’approssimazione iniziale

della sezione d’ingresso della cassa a spirale si disegnano le sezioni si determina la sezione

(172)

della sezione deriva dallo sviluppo delle sezioni assunto per la voluta

Dall’assunzione che la portata si distribuisca sulle sezioni trasversali della voluta a), che si traduce nella eq. 167, si ricava

+ 2ρθ del loro

Page 153: Note Macchine 2

- 153 -

o La sezione A1 d’ingresso della spirale viene, infine, aperta per facilitare la realizzazione del tratto della voluta che opera il raccordo tra la spirale e la condotta di adduzione.

o La procedura di progetto precedentemente descritta, basata sul principio della conservazione del momento della quantità di moto, presenta l’inconveniente di fornire velocità medie di attraversamento che diventano sempre più elevate con il diminuire della distanza radiale del contorno della voluta dall’asse.

o Se da un lato ciò consente di ridurre le dimensioni, dall’altro comporta un aumento della perdita di carico. Per questa ragione il procedimento è impiegato soprattutto per le Francis a basso numero tipico di macchina per le quali, in genere, si può fare affidamento su una minore velocità specifica ce all’ingresso della voluta (Fig. 69).

o Anche per questo motivo, spesso, le aree delle ultime sezioni della voluta, quelle prossime alla lingua, vengono maggiorate di circa il 10%.

o Un approccio alternativo è quello di dimensionare la voluta ammettendo costante la velocità di attraversamento, e pari alla velocità Ce all’ingresso.

o In questo caso, per la sezione della voluta distante l’angolo θ della lingua (Fig. 71) si potrà scrivere: QC = Q− Q C°U = Q 1 − C°U¡ (173)

e CC = 2ÁdÁ = 2dç = CZ (174)

o Dalle (173) e (174) si ottiene: dÁdç = `Á`ç¡& = 2Á2 = 1 − C°U (175)

per cui, posto: x = 1 − C°U (176)

è anche DC = DZ√x (177)

Page 154: Note Macchine 2

- 154 -

o Nei riguardi delle perdite di carico attraverso la voluta un’idea ancora più vantaggiosa della precedente consiste nell’assumere costante la perdita di carico per unità di lunghezza della voluta. Posto pertanto: ¢Ó = f , $%& = cost (178)

e assumendo costante il coefficiente di perdita f (moto turbolento), si ottiene la condizione: $Á%`Á = cost = $ç%`ç (179)

o È anche: QC = CCπ `Á%1 = Q 1 − C°U¡ = CZπ `ç%1 1 − C°U¡ (180)

dalla quale: $Á`Á%$ç`ç% = 1 − C°U = x (181)

o Combinando insieme le (179-181) si ottiene: $Á$ç = x,/r = 1 − C°U¡,& (182)

`Á`ç = x&/r = 1 − C°U¡,1 (183)

o Gli andamenti dei rapporti Cθ/ Ce e Dθ / De in funzione dell’angolo θ sono diagrammati in

Fig. 71, dove con linea tratteggiata è anche mostrato l’andamento del rapporto Dθ / De nell’ipotesi di velocità di attraversamento costante.

o Si può notare come la condizione di ammettere costante la perdita di carico per unità di lunghezza comporti una diminuzione meno rapida del diametro delle sezioni della voluta.

o La forza di trazione agente sulle pale predistributrici può essere calcolata con la relazione seguente (Fig.71): F = ú[[W@ (184)

se con p si indica la pressione dell’acqua, S la sezione della voluta tratteggiata in Fig. 71, d e δ le distanze del baricentro della sezione S dal profilo esterno della voluta e dall’asse del perno delle pale fisse del predistributore.

o Per concludere il capitolo delle turbine Francis è opportuno affrontare altri due argomenti: le curve caratteristiche delle macchine in questione, e l'effetto del condotto di scarico. Il primo è ben discusso sul libro di macchine di G. Ventrone, il secondo è presente come appendice in queste note.

Page 155: Note Macchine 2

TURBINE ASSIALI TIPOLOGIE E CAMPO DI IMPIEGO

o Le turbine con giranti a flusso assiale vengono impiegate quando il numero tipico di macchina K è maggiore di Sono dette ad elica se le pale della girante sono fisse, e perciò montate su un mozzo cilindrico (Fig. 1). Sono invece denominate Kaplan quando l’angolo di calettamento delle pale della girante può essere modificato al variare della portata in modo daperdite per incidenza (Figg. 2

o Il rendimento delle turbine Kaplan, rispetto a quelle ad elica, assume perciò valori elevati in un ampio campo di portate, dal 40 al 120 % della portata di progetto (Fig. 5).È per questa ragione che si è cedelle Kaplan fino a cadute idriche di circa 70Francis.

o All’aumentare della portata aumentano le dimensioni della turbina e il costo del installato. È questo l’inconveniente che accompagna gli impianti aventi cadute idriche molto basse dove è sulla portata che si deve agire per aumentare la potenza erogabile.

o Per contenere i costi, e rendere perciò appetibile lo sfruttamento dei numerosi corsi d’acqua soggetti a modesti salti idrici, è necessario contenere non solo le opere di ingegneria civile ma anche quelle di costruzione del macchinario elettro

- 155 -

TURBINE ASSIALI (note integrative)

TIPOLOGIE E CAMPO DI IMPIEGO

Le turbine con giranti a flusso assiale vengono impiegate quando il numero tipico di macchina K è maggiore di 2,5. Sono dette ad elica se le pale della girante sono fisse, e perciò montate su un mozzo cilindrico (Fig. 1). Sono invece denominate Kaplan quando l’angolo di calettamento delle pale della girante può essere modificato al variare della portata in modo da perdite per incidenza (Figg. 2-4). Il rendimento delle turbine Kaplan, rispetto a quelle ad elica, assume perciò valori elevati in un ampio campo di portate, dal 40 al 120 % della portata di progetto (Fig. 5).È per questa ragione che si è cercato, nel tempo, di estendere il campo di funzionamento delle Kaplan fino a cadute idriche di circa 70 m, sconfinando nel settore delle turbine

All’aumentare della portata aumentano le dimensioni della turbina e il costo del

È questo l’inconveniente che accompagna gli impianti aventi cadute idriche molto basse dove è sulla portata che si deve agire per aumentare la potenza erogabile. Per contenere i costi, e rendere perciò appetibile lo sfruttamento dei numerosi corsi

soggetti a modesti salti idrici, è necessario contenere non solo le opere di ingegneria civile ma anche quelle di costruzione del macchinario elettro-meccanico.

Le turbine con giranti a flusso assiale vengono impiegate quando il numero tipico di

Sono dette ad elica se le pale della girante sono fisse, e perciò montate su un mozzo cilindrico (Fig. 1). Sono invece denominate Kaplan quando l’angolo di calettamento delle

contenere le

Il rendimento delle turbine Kaplan, rispetto a quelle ad elica, assume perciò valori elevati in un ampio campo di portate, dal 40 al 120 % della portata di progetto (Fig. 5).

rcato, nel tempo, di estendere il campo di funzionamento m, sconfinando nel settore delle turbine

All’aumentare della portata aumentano le dimensioni della turbina e il costo del kWh

È questo l’inconveniente che accompagna gli impianti aventi cadute idriche molto basse

Per contenere i costi, e rendere perciò appetibile lo sfruttamento dei numerosi corsi soggetti a modesti salti idrici, è necessario contenere non solo le opere di

meccanico.

Page 156: Note Macchine 2

- 156 -

Page 157: Note Macchine 2

- 157 -

Page 158: Note Macchine 2

- 158 -

Page 159: Note Macchine 2

- 159 -

Page 160: Note Macchine 2

- 160 -

o A tal riguardo, le turbine a bulbo offrono una soluzione interessante. In esse l’alternatore si trova immerso nella corrente e forma con la turbina un unico insieme.

o Il generatore può essere posto a valle, all’interno del diffusore (Figg. 6 e 7) oppure a monte della turbina (Figg. 8 e 9).

o Nella soluzione a valle, la presenza dell’alternatore complica la geometria del diffusore, dando altresì origine a perdite maggiori (velocità di attraversamento più elevate). Presenta però il vantaggio di contenere lo sviluppo assiale dell’impianto, e la refrigerazione dell’alternatore non costituisce in genere un problema.

Page 161: Note Macchine 2

- 161 -

o Dal punto di vista dell’efficienza del diffusore, la soluzione con l’alternatore a monte è migliore, ma presenta lo svantaggio di allungare l’installazione.

o Le turbine a bulbo sono prive di voluta. Ciò consente non solo di ridurre le opere di genio civile e di installazione (~ 15% in meno), ma anche di migliorare le condizioni di moto della corrente che accede alla girante dato che ora procede lungo traiettorie rettilinee. Il miglior rendimento dei condotti di adduzione consente di aumentare la velocità assiale e di contenere il diametro della ruota di circa il 7÷8 % rispetto al diametro della girante di una turbina Kaplan classica.

o Anche l’estensione assiale dell’intero gruppo si rivela inferiore rispetto all’installazione verticale (il rapporto L/D tra la lunghezza del gruppo e il diametro della ruota è pari a circa 1,8 per la turbina a bulbo contro i 2,5÷3 delle soluzioni ad asse verticale).

o I problemi della soluzione a bulbo sono legati al raffreddamento dell’alternatore, e ciò limita la potenza massima ottenibile che si aggira intorno ai 20÷30 MW.

o Le difficoltà di realizzazione dei gruppi a bulbo derivano dall’immersione totale della macchina elettrica. È essenziale impedire all’acqua di entrare.

o Una soluzione consiste nel riempire l’alternatore di olio in pressione. L’olio assicura l’isolamento e può essere efficacemente utilizzato per trasferire all’acqua esterna il calore generato dagli avvolgimenti elettrici.

o Non mancano i problemi, ad esempio quelli legati all’umidità presente nell’olio, che non è facile da eliminare totalmente e che può ridurre la capacità di isolamento dell’olio.

o Per il raffreddamento dell’alternatore si può, in alternativa, fare uso di aria compressa. o In genere, per gli impianti che prevedono l’impiego di turbine tubolari, il distributore è

fisso e le pale della girante sono regolabili per potenze fino a circa 1000 kW. o Per potenze superiori, fino a circa 20÷30 MW la ruota è di tipo Kaplan e il distributore, di

tipo conico, è regolabile. o Le Figg. 2, 3, 4 e 10 mostrano alcune soluzioni costruttive di turbine Kaplan.

È interessante osservare in Fig. 10 il collegamento turbina-alternatore mediante un moltiplicatore di giri (dai 175 giri/min della turbina ai 750 giri/min dell’alternatore), soluzione che consente di contenere le dimensioni e i costi dell’alternatore. È altresì possibile osservare in Fig. 4 la presenza di un distributore conico(*), soluzione che permette di ridurre le dimensioni radiali della turbina. La girante della turbina in Fig. 2 ha un diametro di 6,25m e un peso di 87t.

o La Fig. 11 offre un quadro generale, anche se schematico, delle possibili soluzioni impiantistiche che interessano le turbine a flusso assiale. (*) L’asse di rotazione delle pale è, in genere, inclinato di 30° rispetto all’asse di rotazione della girante.

Page 162: Note Macchine 2

- 162 -

Page 163: Note Macchine 2

- 163 -

Page 164: Note Macchine 2

GEOMETRIA DEL CONDOTTO MERIDIANO

o In Fig. 12 è schematizzata la forma tipica del condotto meridiano di ad elica.

o In genere il rapporto tra il diametro d del mozzo e del mantello D è stabilito in funzione del numero z di pale, in modo da garantire lo spazio necessario per ancorare le pale e accomodare i meccanismi per la loro regolazione

o A titolo orientativo si può fare affidamento ai dati riportati in Tab. 1.

o La transizione dalla geometria cilindrica del mozzo (o del mantello) a quella piana che alloggia le pale del distributore ha la forma tipica di un arco di

- 164 -

GEOMETRIA DEL CONDOTTO MERIDIANO

In Fig. 12 è schematizzata la forma tipica del condotto meridiano di una turbina Kaplan o

In genere il rapporto tra il diametro d del mozzo e del mantello D è stabilito in funzione del numero z di pale, in modo da garantire lo spazio necessario per ancorare le pale e accomodare i meccanismi per la loro regolazione (nelle Kaplan). A titolo orientativo si può fare affidamento ai dati riportati in Tab. 1.

La transizione dalla geometria cilindrica del mozzo (o del mantello) a quella piana che alloggia le pale del distributore ha la forma tipica di un arco di ellisse.

GEOMETRIA DEL CONDOTTO MERIDIANO

una turbina Kaplan o

In genere il rapporto tra il diametro d del mozzo e del mantello D è stabilito in funzione del numero z di pale, in modo da garantire lo spazio necessario per ancorare le pale e

La transizione dalla geometria cilindrica del mozzo (o del mantello) a quella piana che

Page 165: Note Macchine 2

- 165 -

o Per la scelta dei diametri D e d possono essere di ausilio anche le relazioni: D ≈ K ∙ 02(¶!èl7#!:!,ç)(7!!/Ü!#)3 ; Q B , D[m] (1)

con K ≈ 4÷5 d = DU0,718 − 0,073513 ∙ K2([B )V = [m] (2) dove: K2([B ) = 3U Q([B *Z),r /(gH),or (3)

o Il progetto della turbina è eseguito per una portata inferiore a quella disponibile (portata

massima a cui si prevede la turbina possa operare) per ottenere un rendimento medio di esercizio più elevato. Il rapporto tra la portata di progetto e quella disponibile è suggerito dall’esperienza (Tab. 1).

o Il rendimento massimo è ovviamente riferito alla portata di progetto. Per la portata massima dell’installazione, il rendimento può essere stimato con la seguente correlazione empirica: η2S¯üW = η2W77. − ,&r 1 − 2W77縸72S!èl7#!:!,ç (3)

o È in tal modo possibile stimare la potenza effettiva P = ρQgH sia per le condizioni di

progetto (Q ., η2W77. = ηÛ) sia per la massima portata dell’impianto, a parità di

caduta idrica disponibile. o Il regime di rotazione deriva da uno studio preliminare di fattibilità. Si suggerisce

comunque che la velocità di rotazione n della turbina non superi il valore suggerito dalla seguente relazione, nota come “relazione dei costruttori europei”: nÛ = Uõ%/,,,)ÜÖÉ)/% [giri/min] (4)

dove: • H è la caduta idrica in m; • P2Û = ρQgHη2Û è la potenza attesa per la portata massima disponibile per

l’impianto (massimo rischio per la cavitazione) espressa in kW (η2Û dato da eq.3). o Le dimensioni principali della girante e del condotto meridiano sono legate alla portata

massima dell’installazione attraverso i parametri ψ e Ø (dedotti dal numero tipico di macchina K = ωQÛ,r /(gH),or) o da altre relazioni di natura empirica (eq. 1 e 2). In tal modo si ha la possibilità di contenere la velocità di attraversamento per la portata massima e i conseguenti rischi per la cavitazione. La verifica a cavitazione, dovendo essere effettuata per le condizioni più gravose, va infatti eseguita per la portata massima disponibile per l’impianto.

o Il progetto della palettatura è, invece, eseguito per la portata di progetto. o La distanza λ delle pale distributrici dall’asse della girante è usualmente pari a λ ≈0,25 D

mentre l’altezza B del distributore, benché vari con il numero tipico di macchina K(*), è all’incirca pari a B ≈ 0,4 D.

o Il mozzo e il mantello esterno della turbina possono avere geometria cilindrica in corrispondenza delle pale della girante. In questo caso, tra pala e mozzo e tra pala e mantello, esisterà inevitabilmente un gioco (variabile con la posizione delle pale) che può risultare ragguardevole, a tutto svantaggio del rendimento volumetrico. (*) Si vedano a tal proposito i diagrammi statistici proposti nel capitolo dedicato alle turbine Francis.

Page 166: Note Macchine 2

- 166 -

o Per valori elevati della potenza si adotta pertanto una geometria sferica per il mozzo e il mantello anche per queste ragioni.

o La curvatura del condotto meridiano è ragguardevole. Il campo di moto deve perciò essere valutato con i procedimenti bidimensionali già descritti a proposito delle turbine Francis.

o Dal tracciato delle linee di corrente (Fig. 13) si potranno determinare le velocità meridiane all’ingresso e all’uscita della girante e del distributore palettato. Lo schema di calcolo segue quello già visto per le turbine Francis.

o In genere la distanza λ tra il distributore e le pale della girante suggerita dall’esperienza è tale da assicurare un deflusso sostanzialmente cilindrico della corrente attraverso la girante, con una distribuzione della velocità meridiana poco discosta dall’uniformità.

o All’uscita della girante la componente tangenziale Cu2 è, in genere, posta uguale a zero per ridurre l’energia cinetica all’ingresso del tubo di scarico, o leggermente positiva per ostacolare la separazione dello strato limite dalle pareti di quest’ultimo.

Page 167: Note Macchine 2

- 167 -

AERONAMICA DEI PROFILI IN SCHIERA (cenni)

o Lo sviluppo in piano di una generica sezione cilindrica della girante è assimilabile, sotto il profilo aerodinamico, a una schiera piana costituita da un numero infinito di profili che si susseguono con passo palare t (Fig. 14).

o La simmetria assiale della girante consente, infatti, alla corrente di riprodurre le stesse condizioni di moto all’interno di ciascun condotto interpalare. Esattamente quello accade in una schiera piana formata da un numero infinito di profili alari.

o Caratteristica peculiare di una schiera è quella di modificare definitivamente le proprietà del campo di moto. La velocità e la pressione a monte della schiera W,ep, (oppure C, se la schiera è stazionaria) vengono modificate in W& (oppure C& ) e p2 a valle della medesima a causa della interazione che accompagna il deflusso della corrente attraverso la schiera.

o Con riferimento alla Fig. 14, si isoli il generico profilo palare con la superficie di controllo abcd e si applichi al fluido da essa racchiuso il principio della variazione della quantità di moto.

o Le curve “ad” e “bc” sono distanziate tra loro ovunque del passo t della schiera. La simmetria del campo di moto impone perciò lungo tali contorni della superficie di controllo gli stessi valori della pressione, velocità e tensioni tangenziali viscose e turbolente.

o Se si ignorano le tensioni tangenziali d’attrito sui contorni “ab” e “dc” paralleli al fronte della schiera, la scrittura della quantità di moto offre, per la componente tangenziale Ft esercitata dal fluido sul profilo, la espressione(*): F = ρWt[−W, − (−W&)] = ρWt(W& −W,) (5)

o Nella (5) compaiono solo caratteristiche cinematiche della corrente (Wu1 e Wu2) e

geometriche della schiera (il passo palare t). Allo stesso risultato si perverrebbe dunque anche se si supponesse il deflusso del fluido attraverso la schiera privo di attrito. (*) È la forza per unità di larghezza del profilo; è espressa in N/m. Con Wu e Wm si intendono i moduli delle corrispondenti velocità.

Page 168: Note Macchine 2

- 168 -

o La componente della forza in direzione assiale (sempre esercitata dal fluido sul profilo) Fa è invece data dalla relazione: F = (p, − p&)t[N/m] (6)

dove (p1 – p2) è la differenza di pressione statica attraverso la girante. Ma attraverso quest’ultima si conserverebbe, a meno delle perdite, la pressione totale della corrente relativa, perciò: p1"+ )%8)%& = p2"+%%8%%& + h (7)

o La geometria assiale della girante rende lecita l’ipotesi di corrente cilindrica (u1 = u2)

cosicché il salto di pressione (p1 – p2) può essere riformulato in termini di velocità relativa: p18p2" = %%8)%& + h (8)

o La precedente, ricordando che per l’equazione di continuità (il fluido si ritiene

incomprimibile) Wm1=Wm2, si può riscrivere nella forma: )8 %" = %% 8)%& 1 + &¢%% 8)% ¡ (9)

Pertanto: F = ρ%W)& (W& −W,)t 1 + &¢%% 8)% ¡ (10)

o Per una data deviazione angolare β1-β2, gli effetti degli attriti (la perdita di carico hr) si

riflettono solo sulla componente Fa della forza nella direzione del deflusso. o In condizioni ideali (hr =0), l’espressione di Fa diventa:

Fa = ρ%W)& (Wu& −Wu,)t (11)

o Poiché: Γ = t(Wu& −Wu,) (12)

è la circuitazione attorno al profilo (Fig. 14) le eq. 5, 10 e 11 possono essere riscritte nella forma: F = −ρWΓ (13)

F = ρ%W)& Γ 1 + &¢%%8)%¡ (14)

Fa = ρ%W)& Γ (15)

o La forza risultante nei due casi, reale e ideale, è la seguente.

a) DEFLUSSO REALE

F = 0ρ&t& Wm2(Wu, −Wu&)& + (Wu& −Wu,)& %W)& ¡& 1 + &¢%%8)%¡Y = = ρt(Wu& −Wu,)0W& + %W)& 1 + &¢%%8)%¡& =

= ρΓ0W& + %W)& 1 + &¢%%8)%¡& (16)

Page 169: Note Macchine 2

- 169 -

b) DEFLUSSO IDEALE

F = ρΓ0W& + %W)& ¡& (17)

o È immediato verificare come la forza Fi sia ortogonale al vettore:

WZ = )W%& ≡ W, −)W%& ¡ (18)

Il prodotto scalare F[ ∙ WZ dei due vettori è infatti nullo.

o Tuttavia, qualora invece di WZ si consideri quale riferimento la velocità W′Z : W′Z ≡ ÃW, −%W)& 1 + &¢%%8)%¡Ä (19)

la forza F, che nel caso reale agisce sul profilo, è a questa ortogonale giacché il prodotto scalare F ∙ WZ risulta nullo. Infatti: F ∙ W′Z ≡ ρ%W)& Γ 1 + &¢%%8)%¡ , ρWΓ¡ ∙ ÃW, −%W)& 1 + &¢%%8)%¡Ä ≡ 0 (20)

o Riassumendo i risultati ottenuti (Fig. 15), la forza globale F è ortogonale a W′∞ , inclinata di un angolo β’∞ rispetto alla direzione tangenziale, mentre la medesima forza Fi in condizioni ideali (hr = 0) è ortogonale a W∞ , inclinata dell’angolo β∞ rispetto alla direzione periferica.

o Le definizioni di W′∞ e W∞ consentono di riscrivere le (16) e (17) in forma più compatta nel modo seguente: F = ρΓW′Z (21) F = ρΓWZ (22) Si ottiene, in entrambi i casi, la generalizzazione alle schiere della ben nota relazione F = ρΓCZ ottenuta da Kutta-Joukowski per un profilo isolato investito da una corrente con velocità indisturbata CZ.

o La forza F può essere scomposta nelle componenti S e R (Fig. 15) ortogonale (portanza) e parallela (resistenza) a W∞.

Page 170: Note Macchine 2

- 170 -

o Le forze S, Si, R possono essere riscritte nella forma: S = CB)%ρWZ& l [N/m] (23)

S = CB! )%ρWZ& l [N/m] (24) R = Cñ)%ρWZ& l [N/m] (25)

nelle quali CS (CS,i) e CR sono rispettivamente il coefficiente di sostentamento (portanza) e di resistenza, mentre l è la lunghezza della corda del profilo aerodinamico.

o Dall’esame Fig. 15, la forza di sostentamento in condizioni ideali Si può essere correlata a quella reale S e alla resistenza R con la relazione: S = S − Rcot βZ (26)

dalla quale, per la (23)-(24), è anche: CB! = CB − Cñ cot βZ (27)

Combinando le eq. 22 e 23 e ricordando la (27) si ottiene infine (Fig. 15): CB! = CB − Cñ cot βZ = 2)W%\ e (29)

o A parità di energia meccanica disponibile all’albero gH = u(C, − C&) (*1) , la presenza degli attriti ( hr ) obbliga il fluido a una maggior espansione attraverso la schiera, come si evince dal valore più elevato richiesto alla componente assiale della forza F = t(p, − p&) rispetto al caso ideale. Poiché una maggiore espansione equivale a una maggiore richiesta di energia gH alla corrente fluida, il rapporto Fai/Fa può essere assunto come definizione dal rendimento idraulico della schiera:

ηB¼¢Z = âÖ!âÖ = (ú8ñ¼2\) ¼B2\ú¼B2\WñB2\ = ú8ñ¼2\úWñ2\ = ,8j]jü ¼2\,Wj]jü 2\ (30)

o In conclusione, i coefficienti di sostentamento e di resistenza Cs e Cr riassumono in modo completo ed efficace il comportamento fluidodinamico di un profilo disposto in schiera.

o Noti i triangoli delle velocità a monte e a valle della schiera (sezione palare della girante) e il rapporto passo-corda t/ l , la geometria dei profili potrebbe essere ottenuta risolvendo l’eq. 29, che qui si riscrive per comodità: CB = CB − Cñ cot βZ = 2 $)8$%\ e (29)

o Poiché la geometria del generico profilo aerodinamico è legato all’angolo α0 di portanza nulla del profilo isolato(*2), il coefficiente di sostentamento Cs del profilo in schiera può essere correlato a quello del profilo isolato attraverso un coefficiente K, detto di mutua influenza o di effetto schiera, così definito: K = $è$è,!è7,Ö¸7 (30)

(*1) Lo scambio di energia gHt è legato alla componente tangenziale Ft della forza agente sul profilo. Infatti, ricordando la (5), si ottiene: gH = u(C& − C,) = u(W& −W,) = u FρWt e Ft , per date condizioni di moto, non è influenzata dagli attriti ed è perciò la stessa sia nel deflusso reale che in quello ideale.

(*2) Ad esempio, per i profili NACA a 4 cifre (linea media costituita da 2 archi di parabola che si fondono nel punto di alzata massima garantendo la continuità della derivata prima)

la direzione di portanza nulla è data da α ≈ ^e 100(gradi). Note le coordinate xA/l e yA/l

del punto di alzata massima è nota automaticamente la geometria del profilo (V.Appendice A2, testo G. Ventrone, pp. 453-466).

Page 171: Note Macchine 2

- 171 -

o Il coefficiente K dipende dal rapporto t/l e dall’angolo β che la direzione di portanza nulla del profilo forma con la direzione periferica (fronte della schiera). Allo stesso modo si può agire anche per CR: Kñ = $]$],!è7,Ö¸7 (30)

anche se, secondo alcuni autori (Vivier, Nechleba), KR è poco diverso dall’unità, e dunque Cñ ≈ Cñ,B.

o La procedura è piuttosto elaborata e non è esente da approssimazioni ed incertezze. I diagrammi che riproducono gli andamenti di K (eq. 30) mostrano talvolta (Vivier, Nechleba) andamenti piuttosto differenti (Figg. 16 e 17) benché siano simili a quello classico proposto da Weinig (Fig. 18) per il caso ideale di fluido aviscoso (Cs=Csi, CR=0).

o Una procedura più semplice e rapida è quella che fa uso di correlazioni semiempiriche di dati sperimentali. I risultati che si ottengono sono di qualità analoga a quelli che si otterrebbero risolvendo l’eq. 29 nel modo sopra appena accennato.

Page 172: Note Macchine 2

- 172 -

o Secondo vari autori (Howell, Carter, Hughes) la deviazione angolare δ (Fig. 19) che la velocità relativa W2 subisce all’uscita di una schiera accelerante è: δ = mθ¼ e (31)

dove m è un coefficiente che tiene conto della geometria del profilo e dell’angolo di calettamento γ (Fig. 20).

Page 173: Note Macchine 2

- 173 -

o La conoscenza di δ consente di risalire alla deviazione costruttiva θc (Camber) del profilo mediante semplici relazioni geometriche. La deviazione angolare θ =β1-β2 che deve essere imposta al fluido dalla schiera può essere riscritta nella forma seguente: θ = β, − β& = (β,* + i) − (β&* + δ) = (β,* − β&*) + i − δ (32)

Ma, poiché θ¼ = β,* − β&*eδ = mθ¼t/\ la (32) diventa: θ = θ¼ + i − mθ¼t/\ (33) dalla quale: θ¼ = C8,8L (34)

o Stabilita l’ascissa xA/l del punto di alzata massima, dal valore di θc si risale univocamente all’ordinata yA/l di detto punto e quindi alla geometria della linea media(*).

o L’angolo di incidenza i è una scelta del progettista, e può essere posto uguale a zero se le condizioni di esercizio variano poco nel tempo. Per i profili NACA a 4 cifre il fattore m può essere approssimato prendendo a riferimento la curva per linee medie ad arco di parabola di Fig. 20. (*) Per xA/l =0,4 si ha: yd\ = −0,2649 cot θ¼ +-0,07017 ∙ cot& θ¼ + 0,06628

tgθ = 4,9375 yd\ ; tg|θZ| = 3,05556 yd\

Per gli altri dettagli geometrici si veda l’Appendice A2 del testo di G. Ventrone (pp. 453-466).

Page 174: Note Macchine 2

- 174 -

o La dipendenza di m dall’angolo di calettamento γ = 90 − γ (γ è misurato rispetto alla direzione assiale mentre, in Fig. 19, l’angolo di calettamento è riferito alla direzione periferica) obbliga ad adottare uno schema iterativo (Fig. 21) per risalire, dalla (34), alla Camber θc del profilo.

Page 175: Note Macchine 2

- 175 -

COMPORTAMENTO A CAVITAZIONE

o Lo scambio di energia impone per ciascuna sezione palare della girante un dato valore al coefficiente di sostentamento. Infatti, poiché: gH = η[gH = u(Cu, − Cu&) (35) è anche: CB = 2 $)8$%\ e = 2η[ õ∙\ e (36)

o Il coefficiente di sostentamento è inoltre legato alla differenza di pressione tra le due facce della pala. Occorrerà perciò verificare che la pressione minima non abbia a scendere al di sotto della tensione di vapore.

o Per tale ragione, soprattutto per la sezione palare più esterna della girante, bisognerà limitare opportunamente il valore di Cs con una scelta opportuna del rapporto passo-corda.

o Il valore minimo della pressione statica non si manifesta all’uscita della girante ma, a causa dell’azione dinamica delle pale, in un punto intermedio del condotto interpalare.

o A differenza delle turbine Francis, dove alla diminuzione della pressione attraverso la girante contribuiva sensibilmente il termine centrifugo (u,& − u&&)/2, nelle turbine a flusso assiale l’espansione è da ricondurre soprattutto all’acceleramento della corrente relativa e sarà, perciò, comparativamente assai meno intensa.

o Le condizioni critiche possono perciò manifestarsi anche a breve distanza dal bordo d’ingresso se la punta di depressione dovuta all’azione dinamica delle pale (riassunta dal valore del coefficiente di sostentamento Cs) è ragguardevole.

o L’installazione verticale, largamente impiegata per scaricare l’albero dal momento flettente determinato dal peso proprio della girante, accentua i problemi della cavitazione a causa del termine geodetico ∆Z (Fig. 22) tra il punto critico di minima pressione e la sezione di scarico della girante.

Page 176: Note Macchine 2

- 176 -

o Attraverso la girante, a meno della perdita di carico, si conserva la pressione totale della corrente relativa. La corrente inoltre si ritiene cilindrica, cosicché u1 = u2 = u. Pertanto: p, + ρ)%&_`a`b ≈ p + ρ%& ≈ p + ρ­®%

&_` `a` `b ≈ p& + ρ%%&_`a`b (37)

Ingresso girante Sezione critica Uscita girante

o Sotto l’aspetto puramente formale la (37) può essere estesa anche al moto cosiddetto indisturbato, assunto quale moto di riferimento per l’analisi aerodinamica della schiera.

o Si ha così la possibilità di correlare la pressione minima pmin alla pressione p∞ (qui assunta come riferimento) e al valore medio ∆pm della differenza di pressione tra le due facce della pala.

o Posto infatti, per quanto sopra detto p + ρ­®%

& = pZ + ρ\%& (38)

si ottiene: pZ − p = ρ­®% 8\%& = K¼∆p (39)

dove ∆p è definita dalla relazione:

∆p = úe∙* = "$è\%% e** = ρCB \%& (40)

nella quale: • l è la corda del profilo palare; • b =∆R è l’estensione dell’elemento di pala in direzione radiale(*).

o Dalle (39) e (40) è possibile esprimere Wmax in funzione della velocità di riferimento W∞, ottenendo: Wd±& = WZ& + 2K¼ ∆ Ü" = WZ& (1 + K¼CB) (41)

o Dalla (37) si ottiene: p = p& + ρ%%& − ρ­®%& (42)

dalla quale, sostituendo a WMAX l’espressione data dalla (41), si ottiene la relazione: p = p& + ρ%%& − ρ\%& (1 + K¼CB) (43)

che lega la pressione minima pmin alla velocità W∞ e ai coefficienti di sostentamento Cs e di cavitazione Kc.

o Applicando l’equazione dell’energia tra la sezione di uscita della girante e quella del tubo di scarico si ottiene (Fig. 23): z& + $%%& + %" = −zU + $%& + " h&8U (44)

È anche: " = ÖÜ:" + zU (45)

pertanto: %" = ÖÜ:" − z& − $%%8$%& + h&8U (46)

(*) Il procedimento che qui si descrive si applica alla sezione media del generico elemento ∆R in cui può essere suddivisa la pala della girante.

Page 177: Note Macchine 2

- 177 -

o Indicato con s il rendimento del tubo di scarico, definito dalla relazione:

ηB = j%%ij%%7 8¢%ij%%ij%% (47)

la (46) può essere riscritta nella forma: %" = ÖÜ:" − z& − ηB $%%8$%& (48)

che, sostituita nella (43), consente di riformulare l’espressione di pmin tenendo conto anche dell’installazione della turbina ottenendo: Ü!#" = ÖÜ:" − z& − ηB $%%8$%& + %%& − \%& (1 + K¼CB) (49)

o In condizioni di incipiente cavitazione: p = pÔ (50) cosicché: z& = z& = ÖÜ:8 " − \%& (1 + K¼CB) +%%& − ηB $%%8$%& (51)

o Il comportamento a cavitazione di una turbina idraulica è comunemente riassunto dal numero di Thoma σ¼ dato dalla relazione:

σ¼ = lÖÜ:il(d7 8%õ (52)

quando, durante il collaudo, a parità di Q, H e regime di rotazione, si registra una diminuzione prestabilita del rendimento complessivo.

o Sfruttando la definizione del numero di Thoma σ¼ , la (51) può anche essere riscritta nella forma: σ¼H = W∞22g (1+KcCs)+ηs C22−C322g −W222g (53)

o Dalle (51) e (53) si osserva facilmente come all’aumentare del coefficiente di

sostentamento Cs dei profili diminuisca il valore limite z2 a cui la girante può essere collocata sopra il pelo libero del bacino di scarico (z2 può assumere valori negativi) e, come conseguenza, il numero di Thoma σ¼ atteso dalla turbina non possa che aumentare.

Page 178: Note Macchine 2

- 178 -

o Dalla (48) si vede anche come il tubo di scarico, recuperando sotto forma di depressione all’uscita della girante la quota geodetica z2 e il deceleramento della corrente assoluta (C&& − CU&)/2 , condizioni in maniera sensibile il comportamento a cavitazione della turbina. Il tubo di scarico, quindi, non solo permette di aumentare la caduta idrica a disposizione della turbina(*1) ma influenza in modo sensibile, favorendolo, anche l’innesco della cavitazione. Per queste ragioni il tubo di scarico deve essere considerato parte integrante della turbina.

o Le relazioni (51) e (53) possono essere impiegate in vario modo. Note le velocità e il coefficiente di sostentamento dal progetto della girante, stabiliti i valori del coefficiente di cavitazione Kc e del rendimento del diffusore s (valori medi intorno a 0,85), dalla (53) può essere calcolato il numero di Thoma fc e dalla (52) la quota limite z2 richiesta da ciascuna sezione palare. Per l’installazione si farà riferimento al valore minimo di z2. Oppure, stabilita la quota limite z2 da un valore di fc stimato in funzione del numero tipico di macchina K, si dovrà verificare con la (51) che per nessuna delle sezioni palari la quota z2 superi il valore limite precedentemente trovato.

o Per la valutazione di fc e Kc si può fare riferimento alle seguenti correlazioni: σ¼ ≈ 0,06K& (*2) (54)

(Tab. 2)

o Si consiglia comunque di non eccedere per il coefficiente di sostentamento Cs il valore di 0,3 per la sezione palare più esterna e il valore di 1÷1,1 in corrispondenza del mozzo. (*1) In assenza del tubo di scarico la pressione all’uscita della girante (e, in questo caso, anche della turbina) è quella atmosferica pb, e l’energia allo scarico vale: E& = p*ρ + C&&2

La velocità media C2, dipendendo dalla portata, geometria delle pale e sezione di attraversamento è la stessa a prescindere dalla presenza del tubo di scarico. In presenza del tubo invece, nella stessa sezione (indicata con 2 in Fig. 23), l’energia è: E′& = p&ρ + C&&2

Sostituendo nella precedente il valore di p2 dato dalla (48) si ottiene: E′& = p*ρ − gz& − ηB C&& − CU&2 + C&&2

e quindi il recupero di energia recuperato attraverso il tubo di scarico E& − E′& = ∆(gH) = gz& + ηB(C&& − CU&)/2

L’aumento di caduta idrica disponibile deriva dai recuperi della quota geodetica z2 e di parte dell’energia cinetica C2

2/2. (*2) Il valore di K nella (54) deve intendersi calcolato prendendo a riferimento la portata massima dell’impianto:

K = πn30 QÛ,r(gH),or

Cs 0,71 1 1,26 1,46 Kc 1,33 1,37 1,75 2,12

Page 179: Note Macchine 2

- 179 -

FORZE E MOMENTI AGENTI SULLE PALE

o Le singole sezioni palari vengono accatastate l’una sull’altra lungo una retta che, in genere, è anche l’asse di rotazione della pala (e dunque l’asse del perno a cui si collega il meccanismo di manovra delle pale).

o La posizione di questo asse condiziona il momento che dovrà essere esercitato dal servomotore durante le operazioni di regolazione e anche le dimensioni della sezione resistente in corrispondenza del collare di collegamento della pala con il perno.

o Per queste ragioni, prima di illustrare i procedimenti per la rappresentazione grafica della pala, si ritengono opportuni alcuni approfondimenti sui momenti indotti dalle forze agenti sulla pala.

o Le forze agenti sulla pala hanno tre origini distinte: • forze idrodinamiche: portanza e resistenza; • forza peso; • forze centrifughe.

o La risultante S+ R delle forze idrodinamiche è applicata nel centro di pressione, la cui distanza dal naso del profilo è indicata con δ in Fig. 24.

o La distanza δ può essere determinata nota la posizione xC0 del centro aerodinamico e il momento M0 delle forze idrodinamiche rispetto a questo punto. Per i profili NACA a 4 cifre è, in genere: x$ ≅ e1 C ≅ −2,5 e

dove il segno meno nella (57) indica, secondo le convenzioni, che il verso del momento M0

(*) tenderebbe a far ruotare il profilo in modo da ridurre l’angolo tra W∞ e la corda (Fig. 25). (*) Il momento aerodinamico M0 è dato dalla relazione: M = Cρ\%& \& [Nm/m]

Page 180: Note Macchine 2

- 180 -

o Trascurando la resistenza R (in condizioni di progetto R è piccola rispetto a S) e per piccoli valori dell’angolo α (Fig. 25), il momento aerodinamico rispetto al naso del profilo vale: M ≅ M + S \1 = S ∙ δ (58)

dalla quale: δ = >ú + e1 = $­>$è \ + 1 = \ 2,5 /e$è + 0,25¡ (59)

(del segno di M0 e CM0 si è già tenuto conto nello scrivere l’eq. 58).

o L’interazione aerodinamica fluido-pala dà dunque origine a un momento rispetto all’asse “0” del perno (Fig. 24) pari a: Mú = S ∙ d (60)

o L’azione di MS, che dovrà essere bilanciata dal servomeccanismo di manovra, ha in

genere tendenza a chiudere (Fig. 24). o La forza peso G è applicata nel baricentro della sezione palare. Per i profili NACA a 4

cifre la posizione del baricentro rispetto al naso del profilo è all’incirca pari a p ≅ 0,42 ∙ l. o Il sistema di forze S+ ReG può essere ridotto alla forza risultante S+ R+ G applicata in

un punto distante “C” dal naso del profilo tale che (trascurando, come fatto per R, il contributo G sin βZ) (G cos βZ + S) ∙ c = S ∙ δ + G cos βZ ∙ p (61) si ottiene: c = ú∙@W|¼B2\ úW|¼B2\ (62)

o È evidente che qualora l’asse “0” del perno distasse “c” dal naso del profilo si

annullerebbe il momento che deve essere vinto dal servomeccanismo. o Spesso, a livello industriale, per semplificare i calcoli si pone approssimativamente:

c ≈ 0,5(δ + p) (63)

assumendo implicitamente che la portanza S e la forza G abbiano lo stesso ordine di grandezza (la forza peso G è relativa a un elemento di pala di estensione radiale ∆r, Fig. 24).

o Il terzo contributo è legato alla forza centrifuga F¼ = ρ∆A ∙ ∆r ∙ ω&r (64)

dove con ∆A si è indicato un elemento di area della sezione palare in corrispondenza del raggio r (Figg. 24 e 26).

Page 181: Note Macchine 2

- 181 -

o Poiché la distribuzione delle masse non è uniforme lungo lo sviluppo della sezione palare, il momento risultante attorno all’asse del perno non è nullo.

o La tendenza di questo momento è, in genere, a chiudere dato che attorno al naso è distribuita una massa maggiore rispetto alla coda del profilo.

o La componente Fcx lungo l’asse x della forza centrifuga (Fig. 26) dà luogo a un momento rispetto all’asse del perno pari a: M¼ = F¼Ûàz − z Zá (65)

o Vi sono contributi opposti per gli elementi di area ∆A i cui baricentri abbiano coordinata z maggiore o minore di quella che caratterizza l’asse del perno (Fig. 26).

o Per le ragioni dette, il momento complessivo Mc agente sull’elemento di pala di estensione ∆r (Figg. 24 e 26) ha, in genere, tendenza a chiudere, e così anche quello totale sulla pala pari a ∑ M¼ .

o Il momento di manovra delle pale dovrà, infine, conteggiare anche il momento d’attrito Mf sul perno. Quest’ultimo può essere stimato con la relazione: Mí = (G + F¼)rf (66)

nella quale G è il peso della pala, Fc la forza centrifuga cui è soggetta (F¼ = ∑ρA∆rω&r), r il raggio del perno e f il coefficiente di attrito (~0,2). La forza peso G nella (66) va considerata solo nel caso di turbina ad asse orizzontale.

o In conclusione, il momento richiesto al servomeccanismo di manovra è dato dalla relazione: M = Mí ± (Mú +M| +M$) (67)

dove il segno + vale durante l’operazione di apertura, il segno – per quella di chiusura(*). o Il momento che grava sull’organo di comando del servomeccanismo sollecita la pala a

torsione. La posizione dell’asse del perno dovrà perciò essere scelta in modo da rendere minimo il momento complessivo M (eq. 67). (*)Il momento MS+MG+MC ha, in genere tendenza a chiudere. Il momento MG dovuto alla forza peso è dato dalla relazione (Fig. 24): M| = h−G cos βZ(p − δ − d) ≈h−G(p − δ − d)

Page 182: Note Macchine 2

- 182 -

o In genere si assume per la posizione dell’asse di rotazione della pala il valor medio della coordinata c/l (eq. 63) del punto di applicazione della risultante della forza idrodinamica e della forza peso.

o Le pale vengono concatenate insieme imponendo che tutte le linee medie dei profili si intersechino in corrispondenza di tale punto sullo sviluppo piano delle sezioni palari (Fig.27).

o Se µje = (C/\)Z[ è la coordinata prescelta per il punto di concatenamento (comune per

tutte le sezioni palari), le coordinate dei profili nel riferimento , ξ della corda possono essere riferite al sistema x, z dello sviluppo piano delle sezioni con la trasformazione seguente: àÛá = cos θ − sin θsin θ cos θ µ8µ:N8N:¡ (68)

L’origine del sistema di riferimento x, z è centrata nel punto C di concatenamento. Per ogni sezione palare le coordinate c e ξc sono date dalle relazioni:

F η¼ = $\¡Z[ \ξ¼ = f µ:\ , \, µ\ , N\ ¡z (69)

Page 183: Note Macchine 2

- 183 -

nelle quali µ\ e

N\ rappresentano le coordinate del punto di alzata massima(*).

o Per ogni punto dell’intradosso e dell’estradosso dei profili, così come di ogni altro punto caratteristico della linea media, si possono ottenere le coordinata cilindriche Z, R, θ e le coordinate cartesiane corrispondenti X, Y, Z osservando che (Fig. 28):

i Z = zθ = x/RX = RsinθY = R sinθz (70)

(*) La trasformazione (68) si ottiene facilmente osservando che: O′P = ηn + ξm = O′O+ OP = àη¼n + ξ¼má + àxi + zjá pertanto: OP = xi + zj = (η − η¼)n + (ξ − ξ¼)m

dove M n = cosθ i + sin θjm = −sin θ i + cos θjz Risulta: x = (η − η¼) cos θ − (ξ − ξ¼) sin θz = (η − η¼) sinθ − (ξ − ξ¼) cosθz e quindi la (68).

Page 184: Note Macchine 2

- 184 -

DISEGNO DELLA PALA

o Si procede dapprima a disegnare lo sviluppo piano delle sezioni. La scelta più delicata riguarda la posizione dell’asse di rotazione della pala che è anche la retta su cui conviene concatenare le singole sezioni. Il procedimento è stato descritto nel capitolo precedente.

o Dallo sviluppo piano si procede a disegnare la vista circonferenziale (Fig. 28). Fatta eccezione per le sezioni di estremità (mozzo e periferia), conviene che le sezioni palari intermedie siano calcolate operando sezioni cilindriche.

o Per le turbine Kaplan, mozzo e periferia hanno uno sviluppo sferico per consentire la rotazione della pala. Lo sviluppo piano della sezione dovrà, in questi casi, essere avvolto su una superficie sferica con il procedimento che sarà descritto nel prossimo paragrafo.

o Per la costruzione della pala occorrono le sezioni ottenute con piani ortogonali all’asse (sezioni modello) e le sezioni ottenute con piani meridiani, che mostrano in primo piano lo sviluppo radiale della sezione palare (Figg. 28 e 29).

o Il procedimento grafico da adottare e il disegno d’insieme a cui si deve pervenire è esemplificato nelle Figg. 28 e 29.

Page 185: Note Macchine 2

- 185 -

Page 186: Note Macchine 2

- 186 -

AVVOLGIMENTO DI UNA SEZIONE PALARE SU UNA SUPERFICI E SFERICA

o Il procedimento di calcolo delle sezioni palari si basa comunemente sull’ipotesi di corrente cilindrica.

o Nelle turbine Kaplan le sezioni cilindriche disposte sui raggi ri e re (Fig. 30) devono essere avvolte anche sulle superfici sferiche di raggi ri e re’ per consentire la rotazione della pala attorno all’asse del perno.

o La procedura da adottare fa riferimento alla Fig. 31. Il profilo della sezione palare è disegnato nel piano x’,z’. L’origine O’ del riferimento x’, z’ è la traccia, in tale piano, dell’asse di rotazione della pala.

Page 187: Note Macchine 2

- 187 -

o Nella stessa figura è anche disegnata una circonferenza di raggio OO pari a quello della superficie sferica su cui si vuole avvolgere il profilo.

o Il sistema di riferimento x, y, z è quello a cui vengono riferite le coordinate cartesiane del profilo (e della pala). L’asse z è quello di rotazione della girante.

o Nell’arrotolare il profilo sulla superficie della sfera di raggio R, la coordinata z’= AC

(Fig. 31) del generico punto A si trasforma in un arco di circonferenza = z’ = AC di raggio R sotteso a un angolo α pari a: α = Tñ (71)

o L’estremità D di tale arco, nel piano x-y, è rappresentato dal punto E che dista dall’origine O del sistema di riferimento principale x, y, z: R9 = Rcosα (72)

o La coordinata x’ = AB dello stesso generico punto A del profilo nel piano x’, z’ si trasforma pure essa in un arco di circonferenza, ma di raggio RE.

o Nel piano x, y tale arco misura ed è sotteso a un angolo β pari a:

β = ñS = d6ñS = ÛTñS (73)

o Le coordinate x, y del punto A del profilo nel riferimento principale sono perciò date dalle relazioni: x = R9 sin βy = R9 cos βz (74)

o La coordinata z si può ricavare dalla condizione che il punto A deve trovarsi sulla superficie di una sfera di raggio R, pertanto: R& = x& + y& + z& (75) da cui, dopo alcuni passaggi, si ricava: z = R sinα

Page 188: Note Macchine 2

- 188 -

TURBINE A GAS (note integrative)

o In questi impianti una portata d’aria è aspirata e compressa in un compressore e quindi, dopo che la sua temperatura è stata aumentata sfruttando l’energia termica liberata dalla combustione di un combustibile, fatta espandere in una turbina.

o La potenza richiesta dal compressore è molto elevata, circa il 50÷60% di quella prodotta dalla turbina, e ciò ha costituito per molti anni il principale ostacolo alla diffusione di questi impianti giacché per ottenere rendimenti accettabili, e paragonabili a quelli degli altri impianti, è necessario adottare temperature molto elevate all’ingresso della turbina.

o L’elevata potenza assorbita dal compressore e l’elevata potenza richiesta, per questa ragione, alla turbina per generare una prestabilita potenza elettrica, impongono inoltre rendimenti elevati sia per la compressione sia per l’espansione.

o Soltanto a partire dalla seconda metà del 1900, con gli sviluppi della fluidodinamica computazionale e i progressi tecnologici nel settore dei materiali resistenti alla alte temperature, questi impianti hanno cominciato a diffondersi sempre più dapprima nel settore aeronautico e poi in quello industriale.

o Attualmente non trovano rivali nella propulsione aeronautica mentre stanno acquisendo un’importanza sempre maggiore nella produzione di energia elettrica per la loro semplicità e compattezza, l’elevato rapporto potenza/peso e i bassi costi di investimento.

o Coprono un intervallo di potenze che va da 30 kW a 350 MW e svariati campi di applicazione (propulsione aerea e navale, produzione di energia elettrica anche nella veste combinata gas-vapore e cogenerativa, sovralimentazione dei motori a combustione interna, generatori di gas, etc.). CICLO IDEALE

o Al fine di chiarire i principali fattori che influenzano le prestazioni di un impianto con turbomotore a gas, il fluido operativo e tutti i componenti dell’impianto (compressore, turbina, camera di combustione) sono considerati ideali. Il fluido operativo è costituito da sola aria; la combustione si ritiene perciò esterna e il calore trasmesso all’aria attraverso un scambiatore di calore.

o La configurazione dell’impianto è inoltre quella più semplice, a ciclo aperto (Fig. 1).

o L’aria, come detto si suppone ideale, con calori specifici indipendenti della temperatura; la compressione e l’espansione sono considerate isoentropiche (macchine perfette). Tutta l’energia termica liberata dalla combustione è trasmessa al fluido operativo; sono nulle le perdite di carico nelle condotte di collegamento.

Page 189: Note Macchine 2

- 189 -

o Poiché la portata che attraversa il compressore è uguale a quella che attraversa la turbina i bilanci di energia possono essere riferiti all'unità di massa d’aria. Il rendimento dell’impianto è dato dalla relazione: η = Ó&) = 1 − &%&) = 1 − $l(Õ¿8Õ))$l(Õ8Õ%) (1)

o Poiché le condizioni dell’aria all’ingresso del compressore sono costanti, e pari a quelle ambientali esterne, l’atmosfera esterna opera come uno scambiatore di calore che raffredda, a pressione costante, l’aria all’uscita della turbina dalla temperatura T4 alla temperatura T1, chiudendo idealmente il ciclo di Fig. 1b con la trasformazione 4-1.

o La (1), ricordando che per ipotesi (fluido ideale) cP =cost, e che:

r¼ = % ) = Õ%Õ)¡m

mi) = ¿ = ÕÕ¿¡m

mi) (2)

(macchine perfette), può essere riscritta nella forma:

η = 1 − Õ) n¿n)8,¡Õ% nn%8,¡ = 1 − Õ)Õ% = 1 − )%¡mi)m = 1 − ,:¡

mi)m

(3)

poiché, per la (2): Õ%Õ) = ÕÕ¿⟹ Õ¿Õ) = ÕÕ% (4)

o Dalla (3) e dal grafico di Fig. 2, si osserva che:

• il rendimento del ciclo ideale aumenta con rc in modo esponenziale (all’aumentare di rc l’aumento di t è sempre meno accentuato);

• per un dato rapporto di compressione rc, il rendimento termico ideale diminuisce con la complessità delle molecole del gas. I valori più alti si ottengono per gas monoatomici (k =5/3 ≈1,66), quali l’argon e l’elio (impiegati per questi motivi nei cicli Brayton chiusi). L’aria, essendo per la maggioranza una miscela di azoto e ossigeno (gas bi-atomici) può essere considerato alla stregua di un gas bi-atomico (k=7/5=1,4). Gli idrocarburi, i fluido-refrigeranti, etc. possono essere descritti con un valore di k ≈1,1 (gas a struttura molecolare complessa).

Page 190: Note Macchine 2

- 190 -

o Il rendimento termico ideale t dipende solo dal rapporto T2/T1, e non dalla temperatura massima T3 del ciclo. È questa una conclusione in palese contrasto con la realtà che, indirettamente, sottolinea il carattere fortemente semplificato delle ipotesi introdotte (macchine e fluido ideali).

o Il lavoro per unità di massa, cioè la potenza specifica P/Qma dell’impianto, è dato dalla relazione:

L = PQ = ηq, = o1 − 1r¼8, pC (TU − T&) = o1 − 1

r¼8, pC T, TUT, − T&T, =

= q1 − ,:mi)m

rC T, ÃÕÕ) − r¼mi)m Ä (5)

o I risultati sono diagrammati in Fig. 3. Si osserva che: • P/Qma dipende dalla temperatura massima T3 del ciclo oltre che dal rapporto di

compressione rc e dalle caratteristiche del fluido (k). • Per una data temperatura T3, la potenza specifica P/Qma presenta un massimo per un

rapporto di compressione rc pari a: r¼(/2ÜÖ) = (TU/T,) m%(mi)) (6)

Per questo rapporto di compressione (che aumenta con T3) è anche T4 = T2

(*) e l’area del ciclo nel diagramma T-S di Fig. 4 diventa massima.

(*)r¼/2ÜÖ = (TU/T,) m%(mi)) → r¼/2ÜÖ¡mi)m = Õ%Õ) = 0ÕÕ) →T& = -TUT, = -T&T1 (v. eq. 4). Pertanto: T& = T&0Õ¿Õ%⟹ Õ¿Õ% = 1

Page 191: Note Macchine 2

- 191 -

o In Fig. 4 sono riassunti 3 casi limite. a) r c →1

In questo caso T2 ≈ T1 e T4 ≈ T3: il lavoro richiesto dal compressore e quello fornito dalla turbina sono entrambi di entità infinitesimale, mentre è finito il calore q1 trasmesso in input e pari a cp (T3-T2). Il rendimento termico t = L/q1 è nullo perché tale è L = P/Qma.

b) r c = rc (P/Qma) Il lavoro per unità di massa (P/Qma) è massimo (è massima l’area racchiusa dal ciclo),

ma non lo è il rendimento termico t (dunque t < t max).

c) st → (uv/uB) wwiB

In questo caso: TUT, = r¼8, = T&T,

e dunque T2 approssima la temperatura massima T3 del ciclo. La potenza specifica P/Qma è infinitesima, come lo è anche il calore q1 trasmesso in

input. Però: η = 1 − T,T& = 1 − T,TU raggiunge il suo valore massimo perché T2, a meno di un infinitesimo, raggiunge la

temperatura massima T3 quando st → (uv/uB) wwiB .

o A conclusione di queste note sul ciclo ideale si ritiene opportuno ribadire alcune osservazioni di validità peraltro generale. Nel ciclo ideale il lavoro di compressione per unità di massa è circa il 40% di quello prodotto dalla turbina. A differenza degli impianti a vapore dove la compressione avviene in fase liquida, negli impianti a gas la compressione avviene su un fluido allo stato gassoso. L’unica possibilità di ottenere lavoro utile è aumentare il volume specifico del fluido durante l’espansione (L = ¨vdp), aumentando la temperatura del fluido prima di accedere alla turbina.

Page 192: Note Macchine 2

- 192 -

o Il diverso peso dei lavori di compressione e espansione nei cicli a gas e a vapore attribuisce, inoltre, diversa importanza anche alle perdite fluidodinamiche attraverso il compressore e la turbina. Nelle turbine a gas, l’effetto combinato delle perdite di carico (che aumentano il lavoro di compressione e riducono quello della turbina) influenza sensibilmente il lavoro (potenza) utile e impone, per ottenere valori accettabili delle prestazioni, elevate efficienze sia per il compressore che per la turbina.

o In conclusione, la necessità di elevate temperature massime di ciclo e di elevati rendimenti per il compressore e la turbina, giustificano le ragioni per le quali solo a partire dalla seconda metà del ventesimo secolo le turbine a gas hanno cominciato ad affermarsi, grazie ai progressi della scienza dei materiali e della fluidodinamica computazionale. Di queste necessità non soffrono gli impianti a vapore, per i quali anche con temperature del vapore relativamente più basse e efficienze inferiori delle macchine riescono ad avere prestazioni soddisfacenti, ed ebbero perciò l’opportunità di affermarsi fin dall’inizio del secolo scorso. CICLO LIMITE

o Il ciclo limite rimuove l’ipotesi di fluido ideale, considerando sia la variazione di composizione del fluido operativo determinata dalla combustione, sia la variazione dei calori specifici con la temperatura.

o I risultati che ne derivano rappresentano pertanto le prestazioni limite che possono essere raggiunte qualora tutti i componenti dell’impianto fossero perfetti. Tuttavia, pur rimuovendo queste ipotesi, i risultati delle analisi non si discostano qualitativamente da quelli del ciclo ideale.

o Il rendimento termico t continua a mostrare un andamento crescente con il rapporto di compressione rc, e ad essere indipendente dalla temperatura massima T3 del ciclo.

o La potenza specifica dipende invece da T3 oltre che da rc e, per una data T3, dimostra di

avere un massimo per un rapporto di compressione ancora pari a r¼/2 = (TU/T,) m%(mi)) . CICLO REALE

o Predizioni significative e aderenti alla realtà si ottengono solo quando è rimossa l’ipotesi di idealità da tutti i componenti dell’impianto.

o Le perdite fluidodinamiche fanno sì che il lavoro richiesto al compressore sia L¼ = ∆HB¼/η¼ , dove c è il rendimento isoentropico del compressore e ∆HB¼ il lavoro richiesto dalla compressione isoentropica; mentre il lavoro fornito dalla turbina è LÕ = ∆HBηÕ, con analogo significato dei simboli.

o Nel combustore ci sono perdite dovute alla non completa ossidazione del combustibile e alla dispersione di calore nell’ambiente che sono riassunte nel rendimento della camera di combustione cb.

o Attraverso il combustore, gli scambiatori di calore, filtri dell’aria, camino, etc., si manifestano perdite di pressione che rendono il processo di combustione e il rilascio di energia allo scarico (trasformazione 4-1 in Fig. 5) non più isobari, e il rapporto di

espansione è inferiore a quello di compressione ¿ = f % ) ; f < 1¡.

o Una frazione (10÷15%) della portata aspirata dal compressore viene usata per raffreddare le parti più calde della turbina, specialmente le pale; in modo da garantirne la resistenza strutturale (negli impianti attuali la temperatura T3 dei gas è molto elevata, tra i 1100÷1300°C).

Page 193: Note Macchine 2

- 193 -

Il mescolamento dell’aria prelevata dal compressore con i gas che espandono in turbina diminuisce l’entropia del fluido operativo, contribuendo ad allontanare l’espansione dalla isoentropicità (Fig. 5).

o Le perdite per attriti meccanici riducono ulteriormente la potenza disponibile al giunto poiché incrementano la potenza assorbita dal compressore e riducono quella fornita dalla turbina. Se ne tiene conto con i rendimenti meccanici mc e mT del compressore e della turbina.

o Quando tutti questi effetti sono tenuti in conto(*), si osserva che l’andamento del rendimento dell’impianto in funzione del rapporto di compressione è sensibilmente diverso da quello dei cicli ideale e limite poiché risulta influenzato sia dalla temperatura T3 massima del ciclo sia dai rendimenti del compressore e della turbina (Fig. 6).

o L’andamento di t presenta un massimo per assegnati T3 e rendimenti c e t. Gli effetti di T3 sono sensibili soprattutto quando il rapporto di compressione rc è elevato e l’efficienza del compressore e della turbina è bassa.

(*)Gli effetti del miscelamento tra l’aria prelevata dal compressore e i gas che attraversano la turbina sono difficili da descrivere mediante semplici relazioni. I risultati che qui si descrivono prescindono pertanto da questo aspetto.

Page 194: Note Macchine 2

- 194 -

o L’esistenza di un massimo nelle curve di t può essere giustificata in modo semplice prendendo a riferimento il ciclo ideale contrassegnato con la lettera “c” in Fig. 4. Per questo ciclo il rendimento ideale raggiunge il suo valore massimo perché l’input termico, benché di entità infinitesima, viene somministrato alla massima temperatura (T2≈T3). Il lavoro utile è anch’esso infinitesimo poiché il lavoro richiesto dal compressore e quello fornito dalla turbina sono all’incirca gli stessi. Tuttavia, quando si considerano i rendimenti c e T (che aumentano il lavoro di compressione e riducono quello di espansione) ben prima di raggiungere la situazione limite descritta dal ciclo c) di Fig. 4 è nullo il lavoro utile, e con esso il rendimento dell’impianto poiché è maggiore di zero l’energia termica q1 in input. Il rendimento complessivo, annullandosi anche per rc = 1, dovrà perciò presentare un massimo per un valore intermedio di rc.

o In Fig. 6, sebbene qualitativamente, è mostrata anche l’influenza dei rendimenti c e T sul rendimento complessivo dell’impianto (linee tratteggiate). I vantaggi che derivano da elevati valori dell'efficienza del compressore e della turbina sono inoltre più sensibili quando T3 è bassa.

o Queste osservazioni giustificano le ricerche in atto sia per migliorare l’efficienza fluidodinamica del compressore e della turbina, sia per aumentare la temperatura T3 massima del ciclo con lo studio di nuovi materiali e raffinate tecnologie di raffreddamento.

o Per quanto concerne la potenza specifica, questa dipende ancora da T3 e dai rendimenti c e T, e continuano a mostrare un massimo per rapporti di compressione non lontani da

quello ottimo r¼ = (TU/T,) m%(mi)) ottenuto per i cicli ideali e limite. o I valori ottimi di rc , sia per quanto concerne il rendimento sia per quanto riguarda la

potenza specifica, aumentano con l’aumentare di T3. o Le curve del grafico di Fig. 6 si ottengono adoperando le relazioni descritte nel testo.

Page 195: Note Macchine 2

- 195 -

RIGENERAZIONE

o Per aumentare il rendimento di un turbomotore a gas i gas allo scarico della turbina possono essere impiegati per aumentare la temperatura dell’aria all’uscita del compressore (Fig. 7). In tal modo, per raggiungere la medesima temperatura T3 è necessaria una minore quantità di combustibile con ovvio guadagno in termini di rendimento.

o A tal fine, uno scambiatore rigenerativo R (Fig. 7) è posto tra il compressore e la camera

di combustione per riscaldare l’aria compressa sfruttando il contenuto entalpico dei gas si scarico. La rigenerazione è detta totale se i gas di scarico sono raffreddati fino alla temperatura T2 dell’aria all’uscita del compressore (T6 = T2), cedendo l’energia termica q = Cp(T1 − T&) per unità di massa dei gas combusti.

o La rigenerazione termica totale non è, ovviamente, praticamente possibile poiché richiederebbe una superficie di scambio termico infinita. Pertanto, sarà sempre T6 > T2 e lo scambio termico rigenerativo q = Cp(T1 − T) < q.

o Si definisce efficienza dello scambiatore rigenerativo R il rapporto ε = &!7&,!Ü ≈ Õ¿8ÕyÕ¿8Õ% (7)

dove la seconda uguaglianza è subordinata all’ipotesi semplificativa Cp ≈ CpB. Se, oltre a quest’ultima ipotesi, si trascura la portata di massa di combustibile rispetto a quella dell’aria, per ɛ =1 (rigenerazione totale) si avrebbe: QCp(Tr − T&) = (Q + Qm¼)Cp(T1 − T&) ≈ QCp(T1 − T&)

e quindi T5 ≈ T4 (Fig. 7, dove ɛ è supposto unitario).

o A parità di T1, T3 e rc la rigenerazione termica non modifica i lavori di compressione ed espansione, e quindi il lavoro utile (potenza specifica), del ciclo ideale. Nella realtà, la perdita di carico addizionale introdotta dallo scambiatore R riduce il rapporto di espansione e quindi anche la potenza specifica, sia pure lievemente.

o Per un ciclo ideale (fluido operativo e macchine ideali) il rendimento vale:

η = 1 − q&q, = 1 − C (T − T,)C (TU − Tr) = 1 − T − T,TU − Tr

Page 196: Note Macchine 2

- 196 -

Posto ɛ =1 (T6 = T2, T5 = T4), si ottiene:

η = 1 − Õ%8Õ)Õ8Õ¿ = 1 − Õ) n%n)8,¡Õ¿ nn¿8,¡ = 1 − Õ)Õ¿ = 1 − Õ)Õ ÕÕ¿ = 1 − Õ)Õ r¼mi)m (8)

poiché T&T, = r¼8, = TUT1

o La rigenerazione termica è possibile solo se T4>T2 pertanto la (8) vale solo se

T,T1 = T,TU r¼(8,)/ < T,T& r¼8(8,)/ T,TU = r¼8&(8,)/; TUT, > ß¼&(8,)/ e quindi

r¼ <TUT,&(8,) = r¼ /2ÜÖ

o L’andamento di t per un ciclo ideale con rigenerazione totale (ɛ =1) è mostrato in Fig.8

per alcuni valori del rapporto T1/T3. Per confronto è anche indicato l’andamento di t per un ciclo ideale in assenza di rigenerazione (ɛ =0).

o Si osserva che t diminuisce all’aumentare di rc (assume il valore massimo t = 1- T1/T3

per rc =1), e si mantiene superiore al rendimento ideale del ciclo senza rigenerazione

(ɛ=0) finché r¼ < r¼ /2ÜÖ = (TU/T,) m%(mi)). D’altra parte, per r¼ > r¼ /2ÜÖ il ciclo in Fig. 7 perde di significato applicativo giacchè T2> T4.

o A parità di rc il rendimento t aumenta all’aumentare di T3 poiché aumenta la temperatura media a cui viene somministrato il calore q1 (lungo il tratto 5-3 dell’isobara p2).

o Per 0 < ɛ < 1 si ottengono i risultati di Fig. 10, sempre nell’ipotesi di ciclo ideale.

Page 197: Note Macchine 2

- 197 -

Si osserva che il rendimento, nell’intervallo di rc per cui T2 < T4, è sempre compreso tra i casi ɛ=0 (assenza di rigenerazione) e ɛ=1 (rigenerazione totale).

o Per un ciclo reale gli effetti della rigenerazione termica sono riassunti in Fig. 11. o Si osserva che ora il rendimento vale zero quando rc =1 anche quando ɛ=1 a causa delle

perdite di energia che accompagnano il funzionamento delle macchine reali. o Il rendimento aumenta con β, raggiungendo un massimo per rapporti di compressione

relativamente bassi. Il valore massimo di t aumenta con ɛ ma si sposta verso valori minori di rc.

o In conclusione, con la rigenerazione termica si ottiene: • un aumento sensibile del rendimento per bassi valori del rapporto di compressione rc; • la potenza specifica diminuisce leggermente rispetto al caso privo di rigenerazione a

causa della perdita di pressione nello scambiatore rigenerativo; • un aumento dell’ingombro e dei costi dell’impianto a causa dello scambiatore

rigenerativo gas/gas le cui superfici di scambio termico devono essere molto estese per sopperire ai bassi coefficienti di scambio termico dell’aria e dei gas di scarico.

o L’impossibilità di estendere i benefici della rigenerazione termica agli alti rapporti di

compressione (necessari per ottenere elevate potenze specifiche; r¼ /2ÜÖ ≈ (TU/T,) m%(mi)) ) rende questi impianti poco attraenti in ambito industriale. La rigenerazione trova talvolta applicazione nella propulsione stradale poiché in questi casi i rapporti di compressione sono bassi e la possibilità di avere rendimenti elevati ai carichi parziali è di ovvio interesse.

Page 198: Note Macchine 2

- 198 -

COMPRESSIONE CON RAFFREDDAMENTO INTERMEDIO (INTERCOOLING)

o La rigenerazione termica aveva come obiettivo un aumento del rendimento, mentre la compressione con raffreddamento intermedio mira ad incrementare la potenza specifica. L’inconveniente principale, come si vedrà, consiste in una riduzione del rendimento.

o Un modo per aumentare il lavoro netto (potenza specifica) di un gruppo turbogas è quello di ridurre il lavoro richiesto dal compressore per un dato rapporto di compressione. Il raffreddamento dell’aria durante la compressione consente di raggiungere questo scopo poiché ne riduce il volume specifico (L¼ = ¨vdp /η¼). Per questi riguardi la compressione isoterma è quella che richiede il minimo lavoro di compressione a parità di rc = p2 / p1 (Fig. 11).

o Rispetto alla compressione isoentropica 1-B (Fig. 11) la compressione isoterma 1-2 consente un risparmio di energia rappresentato dall’area 1-2-B in Fig. 11(*).

o La compressione isoterma non è realizzabile nella pratica ma può essere approssimata con una compressione a più stadi con raffreddamento intermedio dell’aria tra due stadi successivi. In Fig. 10a la compressione è divisa in 3 stadi, e per approssimare la compressione isoterma sono stati inseriti nell’impianto 2 scambiatori di calore per raffreddare l’aria (intercoolers). Il ciclo ideale è rappresentato in Fig. 10b, dove è supposto che il raffreddamento riporti la temperatura dell’aria all’uscita di uno stadio di compressione al valore iniziale T1. (*) Lavoro di compressione per unità di massa (l’aria è considerata un gas ideale):

L$ = H6 − H, = H6 − H& = Tds6& = area2 − 2 − B − 1

(il punto 2, avendo la stessa temperatura del punto 1, ha anche la stessa entalpia; I° principio: Tds = dH - vdp; lungo un’isobara dp = 0). Lavoro di compressione isoterma. I° principio: dQ = dH + dL = CpdT + dL; ma dT = 0, pertanto

dL = dQ = Tds⟹ L = Tds&, = area2 − 2 − B − 1

Page 199: Note Macchine 2

- 199 -

o La diminuzione del lavoro di compressione per unità di massa è dato in questo caso dall’area 2”- 1”- 2”-1”’- 2 -B (non tratteggiata) del ciclo ideale di Fig. 10b.

o In entrambi i casi, la diminuzione del lavoro di compressione comporta un aumento del lavoro utile Lu = LT - LC (ossia della potenza specifica P/Qma) giacché il raffreddamento intermedio non altera il lavoro prodotto della turbina.

o Il rendimento dell’impianto tuttavia diminuisce. Dall’esame delle Figg. 9 e 10b, a causa del raffreddamento, l’aria entra in camera di combustione a una temperatura inferiore rispetto al caso standard (T2 < TB) e ciò richiede una maggiore energia termica in input per raggiungere il desiderato valore di temperatura massima T3.

o Il minor rendimento può anche essere giustificato per altra via confrontando i cicli 1-2-3-4-1 e 1-2’-1”-2”-1”’-2-3-4-1 di Figg. 9 e 10 rispettivamente con i cicli 1’-2-3-4 (riportati nelle medesime figure) aventi medesimi input termico q1 = Cp (T3 - T2) e livelli di pressione.

o A causa del raffreddamento, aumenta la cessione del calore q2 all’ambiente esterno, e il rendimento = 1 - q2/q1 diminuisce.

o In Fig. 9, per la compressione isoterma il calore q2 rigettato nell’ambiente è dato dall’area 20 – 2 – 1 – 4 – 40, mentre per il ciclo di riferimento (stesso calore q1 in input) dall’area 20 – 1’ – 4 – 40 , che è chiaramente minore della precedente.

o Lo stesso accade per i cicli di uguale input termico q1 e livelli di pressione di Fig. 10. La compressione con raffreddamento intermedio rigetta nell’ambiente un’energia termica q2 maggiore rispetto al ciclo di riferimento, e l’andamento è pari all’area tratteggiata 1’ – 1”’ – 2” – 1” – 2’ – 1 di Fig. 10b.

o L’effetto negativo sul rendimento addebitabile al raffreddamento dell’aria durante la compressione è tuttavia mitigato dalle perdite legate al reale funzionamento delle macchine che compongono l’impianto.

o In conclusione, il raffreddamento dell’aria durante la compressione determina: • un aumento netto della potenza specifica P/Qma = LT - LC, a parità di rc; • riduzione, peraltro modesta, del rendimento complessivo; • un aumento delle dimensioni dell’impianto e dei costi per la presenza degli

scambiatori di calore (generalmente del tipo liquido/gas per limitare la superficie di scambio termico);

• un aumento del rapporto di compressione rc che negli impianti semplici può essere limitato dalla temperatura dell’aria all’uscita del compressore, per problemi legati alla resistenza strutturale delle pale del compressore e per una ridotta efficacia del raffreddamento delle pale (statoriche e rotanti) dei primi stadi della turbina a gas;

• un più efficace raffreddamento della turbina a parità di rc e T3 perché l’aria prelevata dal compressore è a temperatura più bassa rispetto ai cicli Brayton più semplici.

Page 200: Note Macchine 2

- 200 -

RICOMBUSTIONE (Re-heating)

o La ricombustione dopo una prima espansione in turbina è un altro sistema per aumentare il lavoro utile (la potenza specifica) dell’impianto, agendo questa volta sul lavoro prodotto dalla turbina (Fig. 11).

o I gas dopo una prima espansione da 3 a 4’ vengono riscaldati a p = cost in una camera di combustione supplementare da 4’ a 3”, fino a una temperatura T3” al più pari alla temperatura massima T3. La ricombustione è resa possibile dal notevole eccesso d’aria impiegato nella prima camera di combustione (∆ = Qma / Qmc ≈ 50÷60).

o Il lavoro netto del ciclo sia ideale che reale aumenta perché, a causa del riscaldamento a p = cost aumenta il volume specifico e quindi la capacità di lavoro della seconda turbina. Nel ciclo ideale di Fig. 11 l’aumento del lavoro netto è rappresentato dall’area 4’-3”- 4-C.

o Il rendimento dell’impianto invece tende generalmente a diminuire. La post-combustione aggiunge al ciclo base 1-2-3-C il ciclo supplementare C-4’-3”-4 di rendimento inferiore poiché è caratterizzato da un rapporto di espansione p4’/p1 minore di

p3/p1. Per un ciclo ideale infatti il rendimento è dato dalla relazione η = 1 − ,:mi)m

.

o Le perdite di energia che accompagnano il funzionamento delle macchine reali attenuano, tuttavia, la riduzione del rendimento segnalata dal ciclo ideale.

o In conclusione, con la ricombustione si ha: • un aumento della potenza specifica, che si rivela superiore rispetto alla compressione

con raffreddamento intermedio poiché la ricombustione agisce sulla turbina, e il lavoro di questa è superiore a quello del compressore;

• una riduzione del rendimento globale dell’impianto; • un incremento dei costi e degli ingombri, tuttavia modesto poiché è relativo alla sola

aggiunta di uno o più combustori; • una maggiore temperatura dei gas allo scarico che se da un lato contribuisce a

diminuire il rendimento dell’impianto, dall’altro fornisce un’energia termica più elevata che potrebbe essere utilmente impiegata in caldaie a recupero a valle della turbina;

• maggiori problemi nel raffreddamento della turbina perché anche gli stadi di bassa pressione della turbina sono investiti da gas ad elevata temperatura.

o Nella pratica tecnica la ricombustione è impiegata nei propulsori aeronautici per

migliorare il decollo e le operazioni di manovra degli aerei, soprattutto militari, poiché assicura un buon incremento di potenza senza eccessivi, anzi con modesti, incrementi di peso e accettabili aumenti dei consumi.

Page 201: Note Macchine 2

- 201 -

CICLI COMPLESSI

o In Fig. 12 è esemplificato lo schema di un ciclo Brayton piuttosto complesso che include tutti i sistemi migliorativi prima descritti: rigenerazione (per aumentare t), raffreddamento intermedio durante la compressione e espansione frazionata con ricombustione intermedia (per aumentare il lavoro netto all’albero per unità di massa d’aria).

o L’aria allo stato 1 è compressa dal primo stadio di compressione fino alla temperatura T2’. A pressione costante è poi raffreddata fino alla temperatura T1” ( ≈ T1), e quindi ancora compressa fino alla pressione p2 e temperatura T2. Entra quindi nel rigeneratore dove è riscaldata fino alla temperatura T5 (in Fig. 12 è supposta una rigenerazione totale: q = C (T1 − T) = q = C (T1 − T&) e quindi ε = &&,!Ü = 1eTr ≈ T1) e poi nella

prima camera di combustione dove la temperatura dei gas è portata fino alla temperatura massima T3. Segue l’espansione nel primo corpo di turbina fino alla temperatura T4’, la ricombustione nella seconda camera di combustione che riporta la temperatura dei gas a un valore T3” prossimo a quello massimo T3. All’uscita del secondo combustore i gas espandono nel secondo corpo della turbina fino alla pressione p1 e temperatura T4 e scaricati nell’atmosfera a temperatura T6 dopo aver attraversato il rigeneratore.

o Il guadagno in termini di lavoro netto è ben visibile in Fig. 12 essendo equivalente alla somma delle due aree: 1” – 2 – B – 2’ (beneficio del raffreddamento in compressione) e C- 4’- 3”- 4 (beneficio della ricombustione).

o Tuttavia, grazie alla rigenerazione, l’aumento della potenza specifica non è più accompagnato da una diminuzione del rendimento totale dell’impianto. Infatti, il riscaldamento dell’aria da 2 a B (Fig. 12), ovvero l’inconveniente che accompagna il raffreddamento dell’aria durante la compressione, non avviene più a spese di un maggior consumo di combustibile ma grazie alla rigenerazione termica operata dai gas di scarico; analogamente, la maggior quantità di calore rilasciata allo scarico del secondo corpo di turbina(*), ovvero l’inconveniente della post-combustione, non è dispersa nell’ambiente esterno ma recuperata nello scambiatore rigenerativo per riscaldare l’aria compressa all’uscita dal compressore dallo stato B allo stato 5, limitando così la richiesta di combustibile.

o Se si immagina la compressione composta da infiniti stadi con raffreddamento intermedio e l’espansione anch’essa composta da un numero infinito di stadi con ricombustione intermedia, il ciclo che ne risulta avrebbe, nel caso ideale, la forma mostrata in Fig. 13.

(*) equivalente all’area sottesa alla curva 4 – C del ciclo ideale di Fig. 12.

Page 202: Note Macchine 2

- 202 -

o In questa situazione limite il ciclo risulta composto da due isoterme, lungo le quali vi è cessione di calore q2 (compressione) e ricevimento di calore q1 (espansione), e due isobare lungo le quali ha luogo lo scambio termico rigenerativo tra i gas di scarico e l’aria compressa all’uscita del compressore.

o Il rendimento di questo ciclo, noto come ciclo di Ericsson, è quello massimo ottenibile (η = η¼ = 1 − T,/TU) per la prestabilita temperatura limite T3. o Nonostante questi impianti aggiungano all’elevato valore della potenza specifica

ottenibile anche un elevato rendimento, il loro impiego è ostacolato dalla loro complessità impiantistica rispetto alla soluzione a ciclo Brayton semplice, e agli impianti combinati gas-vapore che, sebbene di analoga complessità impiantistica, presentano però rendimenti complessivi più elevati.

Page 203: Note Macchine 2

- 203 -

IMPIANTI COMBINATI GAS -VAPORE

(note integrative)

o I gas allo scarico di una turbina a gas hanno una temperatura molto alta, intorno ai 500°C. Il loro contenuto entalpico può essere sfruttato per produrre energia termica in impianti cogenerativi, oppure per generare vapore e produrre elettricità in impianti combinati gas-vapore con rendimenti complessivi intorno al 50÷60%. Se si tiene presente che i tradizionali impianti a vapore raggiungono, con la tecnologia corrente, rendimenti massimi intorno al 40÷42%, e quelli con turbine a gas intorno al 38÷40%, è evidente il vantaggio termodinamico che deriva dal loro accoppiamento.

o Uno schema semplificato dell’impianto è rappresentato in Fig.1.

L’accoppiamento tra la sezione a gas (impianto “topping”) e la sezione a vapore (impianto “bottoming”) è realizzato mediante uno scambiatore di calore, o caldaia a recupero (HRSG, Heat Recovery Steam Generator), che utilizza come sorgente termica il contenuto entalpico dei gas scaricati dalla turbina a gas (Fig. 1a).

o La caldaia a recupero è costituita da un insieme di scambiatori. L’esempio di Fig. 1a relativo a una sezione a vapore a un livello di pressione, mostra la presenza di un economizzatore (ECO), un vaporizzatore (VAP) e un surriscaldatore (SH). In Fig. 1b è rappresentato l’andamento delle temperature dei gas e del vapore all’interno della caldaia a recupero in funzione dello scambio termico Q, mentre in Fig. 2 i cicli dei due gruppi sono riprodotti per comodità espositiva in un unico diagramma T – S benché la scala dell’entropia sia diversa per i due cicli essendo diverso il fluido operativo.

o La pressione di evaporazione del vapore (Fig. 1b) dipende dalla temperatura iniziale dei gas e può variare da 20÷150 bar (i valori più elevati per le soluzioni a 3 livelli di pressione della sezione a vapore). Il suo valore è scelto in modo da ottimizzare il rendimento della caldaia a recupero che, stabilita la tipologia impiantistica della sezione a vapore (uno o più livelli di pressione) è condizionato dal grado di avvicinamento delle linee di riscaldamento del vapore e di raffreddamento dei gas che ha luogo all’interno della caldaia (Fig. 1b). Per limitare la degradazione del recupero di energia termica, lo scambio termico gas-vapore deve infatti avvenire in presenza di piccole differenze di temperature.

Page 204: Note Macchine 2

- 204 -

Questa condizione, che consente di migliorare il rendimento exergetico dello scambio termico è ottenibile più facilmente usando due o più livelli di pressione per la sezione a vapore, e quindi due o più linee di evaporazione a diversa pressione, in modo che le temperature di evaporazione siano più vicine alla linea di raffreddamento dei gas di scarico della turbina a gas (Fig. 3).

o Le minime differenze di temperatura τ tra il vapore e i gas di scarico (pinch-point) si manifestano all’inizio dell’evaporazione e all’uscita del surriscaldatore (lato vapore, Fig.1) e i loro valori condizionano l’aumentare complessivo del recupero termico e l’estensione della superficie di scambio termico. Minori sono i valori di τ e maggiore è la superficie di scambio termico, e quindi i costi della caldaia a recupero. I valori minimi di τ sono dell’ordine di 10 ÷ 30°C.

o Per aumentare la potenza generata dalla turbina a vapore si può operare una post-combustione a valle della turbina a gas (Fig. 4) in modo da aumentare la temperatura dei

Page 205: Note Macchine 2

- 205 -

gas (anche fino a valori dell’ordine di 750 ÷ 800°C) e con essa la portata di vapore, e dunque la potenza dell’impianto combinato. Non è detto che il rendimento aumenti poiché l’incremento di potenza dell’impianto è ottenuto con una spesa supplementare di potenza termica nel post-combustore(*).

o Per ridurre la potenza della turbina a vapore, parte dei gas di scarico possono, invece, essere scaricati al camino prima di entrare nella caldaia a recupero (Fig. 4b).

o Brevemente, per riassumere gli aspetti essenziali di questa tipologia di impianti. o Il rendimento di questi impianti è, attualmente, superiore al 50%; l’incremento è notevole

rispetto al rendimento degli impianti a gas a ciclo Brayton semplice (38 ÷ 40%) o complessi (~ 45% con rigenerazione, raffreddamento e ricombustione); ma anche degli impianti a vapore (42 ÷ 45%).

o Il rendimento degli impianti combinati gas-vapore è poco influenzato dal rapporto di compressione della sezione a gas ( rc ≈ 16 ÷ 20, T3 ≈ 1100 ÷ 1250°C). Al diminuire del rapporto di compressione, e quindi del rapporto di espansione della turbina a gas, aumenta la temperatura dei gas allo scarico anche se, per converso, tende a diminuire il rendimento dell’impianto a gas. Ma aumenta anche l’energia termica disponibile nella caldaia a recupero, e con essa la produzione di vapore e quindi la potenza prodotta dalla turbina a vapore.

o Il massimo rendimento dell’impianto combinato si ottiene in genere per rapporti di compressione che rendono massima la potenza specifica Pgas/Qma dell’impianto a gas, e tale rapporto di compressione è circa la metà, come è noto, di quello che rende massimo il rendimento della sezione a gas. Per le condizioni di massimo rendimento dell’impianto combinato, la potenza della turbina vapore è circa 1/3 di quella complessiva e ciò spiega la ragione per la quale il costo per unità di potenza complessiva è inferiore a quello dei tradizionali impianti a vapore. Si aggiunga inoltre che per ottenere elevate prestazioni non è necessario ricorrere a configurazioni complesse, e quindi costose, della turbina a gas. La configurazione è quella più semplice e ciò, unito al vantaggio di poter contare su una tecnologia oramai consolidata per la sezione a vapore, rende gli impianti combinati gas-vapore sempre più diffusi e richiesti sia per la produzione di sola energia elettrica sia per la produzione di energia elettrica e termica, poiché si rivelano i più convenienti in termini di prestazioni, emissioni di inquinanti e costi.

(*)La post-combustione è resa possibile dal notevole eccesso d’aria presente nei gas a causa degli elevati rapporti di dosatura ( ∆=50÷60) richiesti dalla turbina a gas.

Page 206: Note Macchine 2

- 206 -

IMPIANTI COMBINATI A UN LIVELLO DI PRESSIONE

o Gli impianti combinati gas-vapore a 1 livello di pressione (è presente un unico vaporizzatore all’interno della caldaia a recupero) sono impiegati per potenze di piccola taglia (il rendimento è inferiore rispetto alle soluzioni più complesse, a più livelli di pressione) e in applicazioni di tipo cogenerativo.

o Il principio di funzionamento è il seguente.

o L’acqua all’uscita del condensatore viene portata dalla pompa P1 (Fig. 5a) alla pressione pB che regna nel corpo cilindrico dell’evaporatore (separatore liquido-vapore); passa attraverso l’economizzatore (ECO in Fig. 5a) dove viene riscaldata fino a una temperatura TBi prossima, ma inferiore di circa 10 ÷ 15°C, a quella di evaporazione TBl dell’acqua alla pressione pB. La differenza di temperatura τsc (Figg. 5b e 5c), nota comunemente come sottoraffreddamento (subcooling), ha lo scopo di impedire l’ebollizione del liquido all’interno dell’economizzatore, fenomeno che provocherebbe onde di pressione e variazioni irregolari della portata d’acqua.

o In questi impianti non è vantaggioso il ricorso agli spillamenti rigenerativi per aumentare il rendimento. Il compito di degassare l’acqua, che nei tradizionali impianti a vapore è demandato allo scambiatore rigenerativo a miscela, è ora assegnato al corpo cilindrico

Page 207: Note Macchine 2

- 207 -

dell’evaporatore (Fig. 5a). Il degassaggio viene favorito dalla portata di vapore ṁv (Fig. 5a) prodotto dal vaporizzatore.

o Dal corpo separatore, oltre alla portata ṁv di acqua satura allo stato termodinamico Bl (curva limite inferiore, Fig. 5c), viene prelevata anche la portata di vapore saturo secco (stato termodinamico Bu, curva limite superiore, Fig. 5c) Qmv che viene inviata al surriscaldatore (SH in Fig. 5a).

o La differenza di temperatura τapp tra la temperatura T4 dei gas che entrano nella caldaia a recupero e la massima temperatura Tc del vapore surriscaldato è, per ragioni legate alla superficie di scambio termico e ai costi dello scambiatore, compresa nell’intervallo 10÷50°C (più comunemente tra 30 ÷ 50°C). La differenza τmin (pinch-point) tra la temperatura T4I dei gas e la temperatura TB di evaporazione dell’acqua (Fig. 5b) è compresa nell’intervallo 10 ÷ 30°C ed è anche la minima differenza di temperatura tra gas e acqua che normalmente si realizza nella caldaia a recupero. ANALISI DELLE PRESTAZIONI

o Gli scambi termici che hanno luogo nella caldaia a recupero di Fig. 5a possono così essere riassunti: • surriscaldatore SH QCp(T1 − T1²²) = Qz(H¼ − H6þ) (1) • vaporizzatore VAP QCp(T1²² − T1²) = ṁz(H6Ô − H6) (2) • economizzatore ECO QCp(T1² − Tr) = Qz(H6 − Hd) (3)

dove Qmg è la portata di massa dei gas(*) che entra nella caldaia a recupero, ṁv la portata d’acqua che circola nei fasci vaporizzatori e Qmv la portata d’acqua che esce dall’economizzatore, entra nel corpo cilindrico e poi, come vapore, attraversa il surriscaldatore e la turbina a vapore.

o Dal bilancio energetico del corpo cilindrico dell’evaporatore si ottiene: QzH6 +ṁzH6Ô = ṁzH6 + QzH6þ dalla quale

ṁz(H6Ô − H6) = Qz(H6þ − H6) (4)

Lo stato fisico BV con cui la portata di massa ṁV (che circola nei fasci vaporizzatori) rientra nel corpo cilindrico è quello di un vapore umido (titolo xBV < 1) per favorire il degassaggio dell’acqua.

o Sostituendo la (4) nella (2) e sommando tra loro i membri delle (1), (2) e (3) si ottiene: QCp(T1 − Tr) = Qz(H¼ − H6þ) + Qz(H6þ − H6) + Qz(H6 − Hd) = = Qúõ + QÔd + Q9$ = QÔ (5)

dove, posto: qz = 2!(2Ü(

= (H¼ − H6þ) + (H6þ −H6) + (H6 − Hd) = H¼ − Hd (6)

(*)Si assume per i gas un comportamento ideale e un calore specifico costante con la temperatura.

Page 208: Note Macchine 2

- 208 -

si ottiene: QCp(T1 − Tr) = Qzqz (7)

nella quale qiv è l’energia termica fornita all’unità di massa di fluido che circola nella sezione a vapore dai gas di scarico della turbina a gas all’interno della caldaia a recupero (Qiv è la corrispondente potenza termica).

o Per un dato turbogas (Qmg, Cpg e T4), una volta stabilite le caratteristiche del ciclo a vapore (pcond, pevap, Tc e quindi qiv), la portata di vapore Qmv è tanto maggiore quanto minore è la temperatura T5 dei gas all’uscita della caldaia a recupero. Il valore minimo di T5 si ottiene assegnando a τ = T4I – TBl il valore minimo che la pratica tecnica consiglia come miglior compromesso tra efficienza della caldaia a recupero e costo delle superfici di scambio termico degli scambiatori di calore.

o La temperatura T5 non può comunque scendere al di sotto di una temperatura minima ammissibile, che dipende dalla natura e dalla quantità di prodotti indesiderati (specialmente zolfo) contenuti nel combustibile, per evitare problemi di corrosione (condense acide) nelle zone prossime al camino. Orientativamente, impiegando metano come combustibile, T5MIN ≈ 100÷120°C; per olio combustibile e gas ottenuti dalla gassificazione del carbone, T5MIN ≈ 140÷160°C.

o La temperatura T5 dei gas all’uscita della caldaia a recupero non condiziona soltanto la potenza termica e la portata della sezione a vapore ma anche il suo rendimento termodinamico. Per una data temperatura T4 dei gas all’ingresso della caldaia e per un dato valore del pinch-point τ = T4I - TB, la temperatura T5 diminuisce al diminuire della pressione pB di vaporizzazione (Fig. 6), ma diminuisce anche il rendimento del ciclo a vapore.

Il rendimento dell’impianto combinato dipende perciò sia dall’efficienza della caldaia a recupero sia dal rendimento del ciclo a vapore. Per formalizzare il problema si definisce coefficiente di recupero (o efficienza) della caldaia a recupero il rapporto: ε = 2!(2è7 = 2Ü7(õ¿8õô)2Ü7(õ¿8õ)) ≈ Õ¿8ÕôÕ¿8Õ) (8)

Page 209: Note Macchine 2

- 209 -

tra la potenza termica Qiv ricevuta dalla sezione a vapore e quella massima Qsg messa a disposizione dal gruppo a gas, ossia la potenza termica che si otterrebbe raffreddando i gas fino alla temperatura ambiente T1.

o La (7) può essere perciò riscritta nella forma: 2Ü72Ü(Cp(T1 − T,)ε = qz (8)

Allo stesso modo, la potenza prodotta dalla sezione a vapore assume la forma (Fig. 5): PÕÔ = Qz(H¼ − H9)ηz = Qz(H¼ − Hd)ηzηz = Qzqzηzηz= QCp(T1 − Tr)ηzηz = QCp(T1 − T,)εηzηz

(9) dove tv è il rendimento energetico della sezione a vapore e mv il rendimento meccanico della medesima sezione (comprendendo in esso anche la potenza assorbita degli organi ausiliari; mv è da alcuni autori detto anche rendimento organico e indicato con ov).

o La potenza termica Qsg = Qmg Cpg (T4 – T1) scaricata dalla turbina a gas può anche essere espressa in altro modo(*). (*)Per la turbina a gas (Fig. 5) la potenza netta all’albero vale: PÕ| = η[(Q¼ + Q)(HU − H1) − Q(H& − H,)] = = ηQ ×1 + 1∆ (HU − H1) − (H& − H,)Ø = ηQL = QLÕ|

dove m è il rendimento meccanico (organico) del turbogas e tiene conto della potenza meccanica dissipata all’albero e di quella assorbita dagli ausiliari, Qma la portata d’aria, Qmc la portata di combustibile, Lu il lavoro specifico lordo disponibile all’albero riferito all’unità di massa d’aria aspirata dal compressore e LTG quello netto. Dal bilancio in camera di combustione:

Q¼Hη¼¼ = (Q¼ + Q)HU − QH& − Q¼H* = Q ×1 + 1∆HU − H& − H*∆ Ø Poiché il rapporto di dosatura ∆ è molto elevato (50÷60) per assicurare il valore desiderato della temperatura massima T3, per i calcoli di massima delle prestazioni può essere ignorata a 2° membro la portata di combustibile; oppure può essere assunto Hb≈H2. A prescindere dalle approssimazioni, il bilancio energetico può essere riscritto nella forma: Q¼Hη¼¼ = Qq dove qi è il calore disponibile per unità di massa d’aria aspirata dal compressore e che dunque, a meno delle perdite legate alla conversione di energia, può essere trasformato in energia meccanica. Si definisce rendimento di conversione dell’energia da termica a meccanica per il gruppo turbogas il rapporto: η = Lq Il rendimento complessivo dell’impianto è perciò: ηÕ = PÕ|Q¼H = η QLQ¼H = ηQqηQ¼H = ηη QqQ¼H = ηηη¼¼

Page 210: Note Macchine 2

- 210 -

Dal bilancio dei flussi di energia di Fig. 7 (diagramma di Sankey) la potenza termica scaricata dal turbogas può infatti essere riscritta nella forma: QB = QCp(T1 − T,) = Q¼Hη¼¼(1 − η¢) (10)

e la potenza meccanica PTV prodotta dalla sezione a vapore diventa PÕÔ = Q¼Hη¼¼à1 − ηáεηzηz (11)

La potenza erogata dalla turbina a gas è invece: PÕ| = Q¼Hη¼¼ηη (12)

o Il rendimento totale dell’impianto combinato gas-vapore è pertanto: η = n|Wn 2Ü:õ = η¼¼Uηη + à1 − ηáεηzηzV (13)

o Per una data configurazione del gruppo turbogas, cioè per dati valori di cc, tg, mg, tenendo altresì conto che il rendimento meccanico (organico) m del gruppo a vapore varia poco con la tipologia dell’impianto combinato, per massimizzare il rendimento totale del gruppo gas-vapore occorre scegliere i parametri termodinamici del ciclo a vapore in modo da massimizzare il prodotto ɛ tv, detto anche rendimento di recupero.

Page 211: Note Macchine 2

- 211 -

o In sostanza, una volta assegnati valori appropriati ai diversi pinch-point (Fig. 5), la variabile da ottimizzare è la pressione di vaporizzazione pB del ciclo a vapore. I risultati che si ottengono sono rappresentati qualitativamente in Fig. 8. Il rendimento di recupero ɛ v varia poco con la pressione di vaporizzazione pB, e la pressione che rende massimo ɛ tv è spesso troppo piccola e quindi antieconomica: volumi specifici del vapore troppo elevati e dunque elevate dimensioni e costi degli scambiatori e delle altre apparecchiature. Per sopperire a questi inconvenienti si adottano in genere pressioni di vaporizzazione maggiori di quella ottimale; oppure si opta per configurazione della sezione a vapore a due livelli di pressione.

o A differenza degli impianti a vapore gli spillamenti rigenerativi non sono convenienti per quanto concerne il rendimento.

Page 212: Note Macchine 2

- 212 -

Con lo spillamento l’acqua entra nell’economizzatore alla temperatura TSl , pertanto il coefficiente di recupero vale (Fig. 9) εB = 2!(è2è7 = 2!(2è7 2!(è2!( = ε 2!(è2!( (14)

dove Qsg è la potenza termica scaricata dal turbogas, Qiv la potenza termica fornita alla portata di vapore Qmv della sezione a vapore in assenza di spillamenti e Qivs quella in presenza di questi ultimi.

o A pari valore della pressione di vaporizzazione l’efficienza ɛs della caldaia a recupero in presenza di spillamenti è chiaramente inferiore a ɛ, come testimonia la (14) dato che Qivs<Qiv (Fig. 9).

o Inoltre, anche la potenza prodotta dalla turbina a vapore è minore in presenza di spillamenti. Infatti, fissate la pressione di vaporizzazione pB (e quindi la temperatura TB) e la differenza di temperatura τ = T4I – TB, la portata di massa di vapore Qmv è la stessa con e senza spillamenti poiché: QCp[T1 − (T6 + τ)] = Qz(H$ − H6) (15)

Pertanto, in presenza di spillamenti (Fig. 9): PvB = Qz(H$ − HB) + (Qz − QB)(HB − H9) = Qz(H$ − H9) − QB(HB − H9)= PÔ − QB(HB − H9) dove Pv è la potenza prodotta dalla turbina a vapore in assenza di spillamenti. Il rendimento nei due casi è: ηzB = PvBQzB = PÔ − QmB(HB − H9)QzB

ηz = PÔQz mentre i rendimenti di recupero sono: εBηzB = εQzBQz PÔ − QmB(HB − H9)QzB = εPÔ − QmB(HB − H9)Qz

εηz = ε PÔQz

Si ottiene: εBηzBεηz = ε PÔ − QmB(HB − H9)QzB QzεPÔ = PÔ − QmB(HB − H9)PÔ

dal quale risulta chiaramente ɛs tvs < ɛ tv, e dunque la non convenienza degli spillamenti negli impianti combinati gas-vapore. Tuttavia, qualora la temperatura T5 risultasse inferiore alla temperatura minima ammessa dal tipo di combustibile impiegato, l’adozione degli spillamenti potrebbe rivelarsi utile giacché T5S > T5 (Fig. 9).

Page 213: Note Macchine 2

- 213 -

POST-COMBUSTIONE (Re-Heating)

o La post-combustione consiste in una combustione supplementare a valle della turbina a gas per aumentare la temperatura dei gas (si può arrivare fino a 750 ÷ 800°C) e consentire una maggiore produzione di vapore, e dunque di potenza, dell’impianto combinato (Fig.10). La post-combustione è resa possibile dal notevole eccesso d’aria ancora presente nei gas di scarico del turbogas.

o La spesa supplementare di combustibile non assicura però un miglioramento del rendimento del gruppo combinato. Un’ analisi delle prestazioni è utile per chiarire i termini della questione.

o Si definisce grado di post-combustione il rapporto: α = Õ¿T8Õ¿Õ¿8Õ) (16)

Si indichi con F la potenza termica totale introdotta nell’impianto combinato. È: F = F + Fp¼ = Q¼ + Q¼ ¼¡H (17)

dove Fg è la potenza termica introdotta nella camera di combustione di rendimento cc1 del gruppo turbogas mentre Fpc è la potenza termica introdotta nel post-combustore di rendimento cc2.

o Dal bilancio termico nel post-combustore si ottiene: η¼¼&F ¼ = QCp(T1 − T1) = QCp(T1 − T,)α = QBα = η¼¼,Fà1 − ηáα dalla quale:

F ¼ = η¼¼,Fà1 − ηáαη¼¼&

e quindi:

F = F ~1 + η¼¼,à1 − ηáαη¼¼&

Page 214: Note Macchine 2

- 214 -

dove tg è il rendimento di conversione dell’energia da termica a meccanica del gruppo turbogas.

o La potenza termica introdotta nel gruppo a vapore è: Qz = εQCp(T1 − T,) = εQCp(T1 − T,)(α + 1) = εη¼¼,à1 − ηáF(α + 1) mentre la potenza meccanica fornita dal gruppo a vapore vale: PÔ = Qzηzηz = η¼¼,Fà1 − ηá(α + 1)εηzηz

o La potenza fornita dal turbogas vale: P = η¼¼,ηηF pertanto, il rendimento totale dell’impianto combinato, ricordando le relazioni precedenti, è:

η = P + PÔF = η¼¼,ηηF + η¼¼,à1 − ηá(α + 1)εηzηzFF ~1 + η¼¼,à1 − ηáαη¼¼&

=η¼¼,η¼¼& ηη + à1 − ηá(α + 1)εηzηzη¼¼&+η¼¼,à1 − ηáα

(18)

o La presenza della ricombustione se da un lato, attraverso il grado di post-combustione α, aumenta il numeratore della (18), dall’altro aumenta anche il denominatore. Non è detto quindi che il rendimento totale del gruppo combinato aumenti. In effetti, sono rare le situazioni in cui la post-combustione porti a un aumento del rendimento complessivo.

o Il rapporto PV / Pg tra la potenza della sezione a vapore e quella del gruppo turbogas è: 7 = à,8µ¸7á(JW,)µ¸(µÜ(µ¸7µÜ7 (19)

e questo aumenta sempre con il grado di post-combustione α. La potenza della sezione a vapore aumenta sempre con α e con essa quella del gruppo combinato.

o In questi impianti il generatore di vapore diventa una vera e propria caldaia ad irraggiamento, a pareti schermate con tubi d’acqua e rivestimento in refrattario. La pressione del vapore sale fino a valori propri delle centrali termoelettriche convenzionali (80 ÷ 150 bar). Il ciclo a vapore è a un livello di pressione ma con doppio surriscaldamento per evitare titoli del vapore troppo bassi a fine espansione, e non si può escludere anche il ricorso a spillamenti rigenerativi per far quadrare il bilancio termico. La sezione a vapore diventa il baricentro energetico, mentre la sezione a gas diventa quasi un accessorio (senza post-combustione Pv / Pg ≈0,3). Si perdono perciò alcune caratteristiche tipiche degli impianti combinati gas-vapore quali la rapidità di intervento e la semplicità di costruzione. È per questa ragione che i costruttori riservano questa soluzione (post-combustione) soprattutto ai casi di ripotenziamento di preesistenti gruppi a vapore, collocando a monte dell’impianto a vapore una turbina a gas (impianti de “repowering”).

o Negli altri casi sono preferiti impianti combinati senza ricombustione e con la sezione a vapore a 2 livelli di pressione (si ottengono rendimenti maggiori della soluzione a 1 solo livello di pressione e sono quindi da preferire quando le potenze sono elevate).

Page 215: Note Macchine 2

- 215 -

o Un’ultima osservazione sul rendimento di un impianto combinato gas-vapore con post-combustione. Se si assume costante il calore specifico dei gas con la temperatura (ignorando anche la diversa composizione dei fiumi prima e dopo la ricombustione) e se si assumono uguali i rendimenti delle due camere di combustione (cc1 ≈ cc2), la potenza termica totale introdotta nell’impianto vale: F = F + Fp¼ ≈ 2Ü7$ 7(Õ8Õ%)W2Ü7$ 7àÕ¿T8Õ¿áµ:: (20)

Nella (20) è stato semplificato anche il bilancio termico in camera di combustione del gruppo turbogas ponendo Qmc Hu cc ≈ Qmg Cpg (T3 – T2).

o La (20) può essere riscritta anche in altra forma, aggiungendo e sottraendo a numeratore Qmg Cpg T1; si ottiene:

F = QCp[(TU − T1) − (T& − T,)] + QCp(T1T − T,)η¼¼≈ QL + QCp(T1T − T,)η¼¼

dove Lu è il lavoro specifico lordo disponibile all’albero della turbina per unità di massa dei gas (a causa degli elevati rapporti di dosatura ∆ = Qma/Qmc impiegati, Qmg ≈ Qma con Qma portata di massa dell’aria aspirata dal compressore del turbogas).

o La potenza complessiva dell’impianto combinato, tenendo conto delle perdite per attriti meccanici e della potenza assorbita dagli ausiliari, è: P = P + PÔ = QLη + QCp(T1T − T,)εηzηz mentre il rendimento complessivo risulta: η = â = η¼¼η ÓW$ 7 Õ4′8Õ)¡µ¸(µÜ(/µÜ7ÓW$ 7 Õ4′8Õ)¡ (21)

o A differenza della precedente formulazione di (eq. 18), la (21) mette chiaramente in

evidenza che, a prescindere dal grado di post-ricombustione e quindi dal valore della temperatura T4’, il rendimento sarà massimo quando il lavoro specifico Lu, ovvero la potenza specifica Pg/Qma del gruppo turbogas, è massima.

Page 216: Note Macchine 2

- 216 -

IMPIANTI COMBINATI A DUE LIVELLI DI PRESSIONE

o Per migliorare l’efficienza della caldaia a recupero senza penalizzare però il rendimento della sezione a vapore, e ottenere dunque più elevati rendimenti totali di conversione dell’energia da termica a meccanica, la tecnologia attuale si è orientata verso la soluzione a due (o tre) livelli di pressione per la sezione a vapore.

o Uno schema semplificato dell’impianto è rappresentato in Fig. 11. L’acqua, all’uscita del condensatore, viene portata alla pressione pB che regna nel primo separatore liquido-vapore (vaporizzatore) di bassa pressione (LPV – Low pressure vaporizer, in Fig. 11) dalla pompa P1, e passa attraverso l’economizzatore di bassa pressione (LPE – Low pressure Economizer, in Fig. 11) dove il liquido viene portato, per le ragioni già dette nel capitolo precedente, a una temperatura TBi di alcuni gradi minore di quella di vaporizzazione TBl.

o Si indichi con QmE la portata di vapore all’uscita della turbina di bassa pressione, QmBU la

portata di vapore saturo secco estratta dal vaporizzatore di bassa pressione, Qmc la portata di vapore all’ingresso della turbina di alta pressione. Deve essere: Qm9 = Qm6þ + Qm¼ (22)

per cui, indicando con m il rapporto QmBU/QmE si ottiene: Qm6þ = mQm9 (23)

Page 217: Note Macchine 2

- 217 -

Qm¼ = Qm9(1 − m) (24)

o Dopo aver attraversato l’economizzatore di bassa pressione, la portata d’acqua QmE entra nel corpo cilindrico di bassa pressione che funge anche da degasatore. Il degassaggio avviene attraverso la portata ṁLPV di vapore umido allo stato termodinamico BV (XBV < 1) che viene prodotto nei fasci tubieri del vaporizzatore di bassa pressione LPV (Fig. 11). Dal corpo cilindrico di bassa pressione vengono estratte la portata di vapore saturo secco (stato termodinamico BU) QmBU = m QmE e la portata Qmc = (1 – m) QmE di liquido saturo (stato termodinamico Bl).

o La portata di vapore saturo secco alla pressione pB viene inviata al miscelatore M che raccoglie anche la portata di vapore Qmc = (1 – m) QmE scaricata dal corpo di alta pressione della turbina a vapore alla stessa pressione pB del corpo cilindrico di bassa pressione.

o La portata Qmc = (1 – m) QmE di liquido saturo all’uscita dal separatore liquido-vapore LPV è portata alla pressione pBB dalla pompa P2, quindi attraversa l’economizzatore di alta pressione (HPE – High Pressure Economizer, Fig. 11) per entrare poi nel corpo cilindrico del vaporizzatore di alta pressione (HPV – High Pressure vaporizer, Fig. 11). All’uscita dall’economizzatore HPE la temperatura TBBi è di qualche grado inferiore alla temperatura del liquido saturo TBBl alla pressione pBB per impedire l’ebollizione del liquido e le irregolarità nell’esercizio della caldaia a recupero che ne possono derivare.

o All’interno dei fasci tubieri del vaporizzatore HPV circola una portata ṁHPV che dallo stato di liquido saturo BBl viene portata allo stato BBV di vapore saturo secco dal liquido all’interno del corpo cilindrico.

o Dal corpo cilindrico HPV viene poi prelevata la portata di vapore saturo secco Qmc = (1 – m) QmE che viene successivamente inviata al surriscaldatore HPSH (High Pressure Superheater).

o La portata Qmc di vapore surriscaldato entra nel corpo di alta pressione HP della turbina a vapore dove espande fino alla pressione pB. La portata di vapore Qmc = (1 – m) QmE allo stato termodinamico Do e pressione pB viene miscelata con la portata di vapore saturo secco QmBU = m QmE allo stato termodinamico BU e pressione pB.

o La portata di vapore QmE = Qmc + QmBU, allo stato termodinamico D che consegue alla miscelazione (Fig. 11), entra nel corpo di bassa pressione LP della turbina a vapore per essere infine scaricata, alla pressione pK, nel condensatore.

o L’andamento delle temperature dei gas di scarico e dell’acqua nella caldaia a recupero è mostrato in Fig. 11; in ascissa è riportato il rapporto tra la potenza termica scambiata nella caldaia a recupero e la portata di massa QmE.

o Gli scambi termici che hanno luogo nella caldaia a recupero possono essere così riassunti.

sez. HPSH: QCp(T1 − T1²Ô) = Q¼(H¼ − H66þ) = (1 − m)Q9(H¼ − H66þ) (25)

sez. HPV: QCp(T1²Ô − T1²²²) = ṁõÔ(H66Ô − H66) (26)

sez. HPE: QCp(T1²²² − T1²²) = Q¼(H66 − H6) = (1 −m)Q9(H66 − H6) (27)

sez. LPV: QCp(T1²² − T1²) = ṁÓÔ(H6Ô − H6) (28)

sez. LPE: QCp(T1² − Tr) = Q9(H6 − Hd) (29)

o Eseguendo un bilancio termico nel separatore liquido-vapore di bassa pressione LPV, si ottiene: Q9H6 +ṁÓÔH6Ô = Q¼H6 +ṁÓÔH6 + Q6þH6þ= (1 −m)Q9H6 +ṁÓÔH6 +mQ9H6þ

Page 218: Note Macchine 2

- 218 -

dalla quale: ṁÓÔ(H6Ô − H6) = Q9(H6 − H6) + mQ9(H6þ − H6) (30)

o Analogamente, nel separatore liquido-vapore di alta pressione HPV: Q¼H66 +ṁõÔH66Ô = ṁõÔH66 + Q¼H66þ dalla quale:

ṁõÔ(H66Ô − H66) = (1 − m)Q9(H66þ − H66) (31)

o Sostituendo al 2° membro delle (26) e (28) il 2° membro rispettivamente delle (31) e (30), e sommando tra loro i membri delle (25) – (29) si ottiene: QCp(T1 − Tr) = (1 − m)Q9(H$ − H66þ) + +(1 −m)Q9(H66þ − H66) + +(1 −m)Q9(H66 − H6) + +Q9(H6 −H6) +mQ9(H6þ − H6) + Q9(H6 −Hd) = Qõúõ + QõÔ + Qõ9 + QÓÔ + QÓ9 = = QÔ = Q9qÔ

(32) dove: qÔ = qõúõ + qõÔ + qõ9 + qÓÔ + qÓ9 = = (1 −m)(H¼ − H66þ) + (1 − m)(H66þ − H66) + +(1 −m)(H66 − H6) + [(H6 − H6) + m(H6þ − H6)] + (H6 − Hd)

(33) è l’energia termica scambiata nella caldaia a recupero per unità di massa di fluido che circola nel condensatore.

o È anche: qÔ = (1 −m)(H¼ − H6) + (H6 −H6) +m(H6þ − H6) + (H6 − Hd) = = (H¼ − H6) + (H6 − H6) + (H6 − Hd) − m(H¼ −H6þ) = = (H¼ − Hd) − m(H¼ − H6þ) (34)

dalla quale risulta chiaramente che l’energia introdotta nella caldaia per unità di massa di vapore scaricata nel condensatore diminuisce all’aumentare del rapporto m = QmBU/QmE, ossia della portata di vapore saturo secco estratto dal vaporizzatore di bassa pressione LPV.

o Lo stato termodinamico D della portata di massa QmE all’ingresso della turbina di bassa pressione LP si ricava da un bilancio termico al miscelatore M QmBU HBU + Qmc HDO = (QmBU + Qmc) HD = QmE HD dalla quale, ricordando che QmBU = m QmE e Qmc = (1 – m)QmE si ottiene: H` = mH6þ + (1 − m)H` (35)

o Con buona approssimazione, si può inoltre scrivere (Fig. 11): H9 = mH96þ + (1 − m)H9` (36)

o La potenza prodotta dalla sezione a vapore è dunque: PÔ = Q¼(H¼ − H`) + Q9(H` − H9) = = Q9[(1 − m)(H¼ −H`) + (H` − H9)] = = Q9U(1 − m)(H¼ − H`) + (1 − m)àH` − H9`á + màH6þ − H96þáV = = Q9U(1 − m)(H¼ − H`) + màH6þ − H96þáV == Q9LÕ

(37) dove LÕ = (1 − m)(H¼ − H`) + màH6þ − H96þá (38)

è il lavoro specifico lordo prodotto dalla turbina a vapore per unità di massa di vapore scaricata nel condensatore.

Page 219: Note Macchine 2

- 219 -

o Il rendimento termico del gruppo a vapore è pertanto dato dalla relazione: ηz = Ón&! = (,8)(õ:8õSS)W(õh8õSh)(õ:8õ)8(õ:8õh) (39)

o La (39) può essere riscritta in altro modo per distinguere più chiaramente il contributo dei due distinti livelli di pressione nei riguardi del rendimento complessivo tv del gruppo a vapore.

o Con riferimento al diagramma T–S di Fig. 11 si considerino i cicli a vapore A – BBl – BBU – C – EDO – A e A – Bl – BU – EBU – A, il primo di alta e il secondo di bassa pressione. I rendimenti termici di questi cicli sono, rispettivamente: η² = H¼ − H9`H¼ − Hd ,η²² = H6þ − H96þH6þ − Hd

Ne consegue che: H¼ − H9` = η²(H¼ − Hd) H6þ − H96þ = η²²(H6þ − Hd)

che sostituite nella (39) consentono di scrivere: ηz = (1 −m)η²(H¼ −Hd) + mη²²(H6þ − Hd)(H¼ − Hd) −m(H¼ − H6þ)

= (,8)(õ:8õ)µ¯W(õh8õ)µ¯¯(,8)(õ:8õ)W(õh8õ) = α²η² + α²²η²² (40)

dove: α² = (,8)(õ:8õ)(,8)(õ:8õ)W(õh8õ) (41) α²² = (õh8õ)(,8)(õ:8õ)W(õh8õ) (42)

o Poiché α² + α²² = 1 (43)

l’espressione (40) del rendimento tv della sezione a vapore diventa: ηz = η² − α²²(η² − η²²) (44)

dalla quale emerge che, essendo I > II, l’adozione del 2° livello di pressione porta a una penalizzazione del rendimento complessivo tv tanto maggiore tanto più elevato è il coefficiente αII, ovvero tanto maggiore è il rapporto m = QmBU/QmE tra la portata di vapore saturo secco estratta dal vaporizzatore di bassa pressione e la portata QmE scaricata al condensatore.

o Anche lo scambio termico complessivo qiV nella caldaia a recupero diminuisce con l’aumentare di m.

o Come per gli impianti combinati a 1 livello di pressione, si può sempre scrivere: QC (T1 − Tr) = QBε = Q¼Hη¼¼à1 − ηáε PÔ = QÔηtvηz = QBεηzηz = Q¼Hη¼¼à1 − ηáεηzηz P = Q¼Hη¼¼ηη η = W72Ü:õ = η¼¼Uηη + à1 − ηáεηzηzV (45)

e concludere che per massimizzare il rendimento complessivo dell’impianto combinato gas-vapore è necessario massimizzare il rendimento di recupero ɛ tv.

o L’ottimizzazione dell’impianto combinato gas-vapore è ora più complesso perché oltre ai due livelli di pressione pBB e pB occorrerà stabilire anche il valore ottimo del coefficiente m di ripartizione della portata tra i due livelli di pressione della sezione a vapore.

Page 220: Note Macchine 2

- 220 -

OTTIMIZZAZIONE DELLA PORTATA TRA I DUE LIVELLI DI P RESSIONE

o Si supponga nota la configurazione della sezione a gas e si ritengano altresì assegnate le pressioni pBB e pB dei due livelli di pressione della sezione a vapore. Nelle note che seguono s’intende descrivere la dipendenza del’efficienza ɛ della caldaia a recupero, del rendimento termico della sezione a vapore, e quindi il rendimento di recupero ɛ tv , dal coefficiente m = QmBU/QmE di ripartizione della portata.

o Per assegnati valori delle temperature T4 (dei gas all’ingresso della caldaia a recupero) e T1 (temperatura ambiente) per valutare la dipendenza dell’efficienza ɛ della caldaia (Fig.12). ε = Õ¿8ÕôÕ¿8Õ) (46)

dal coefficiente di ripartizione m è sufficiente analizzare la dipendenza di T5 (temperatura dei gas allo scarico della caldaia a recupero) da m.

Page 221: Note Macchine 2

- 221 -

o Un rapido esame degli andamenti delle temperature dei gas nella caldaia a recupero mostrati in Fig. 13 consente di trarre alcune importanti conclusioni. In Fig. 13a il valore minimo del pinch-point è posto sulla pressione di vaporizzazione pBB più elevata, mentre in Fig. 13b sulla pressione di vaporizzazione pB più bassa. Si nota facilmente come la temperatura dei gas allo scarico della caldaia sia, nel primo caso, maggiore che nel secondo (T5 BB > T5 B): l’efficienza ɛ della caldaia a recupero è dunque maggiore nel secondo caso (τmin su pB) rispetto al primo (τmin su pBB).

o Poiché (Fig. 12 e eq. 32 e 33): qÓÔ + qÓ9 = (H6 − H6) + m(H6þ − H6) + (H6 − Hd)= H6 − Hd +m(H6þ − H6)

diminuisce (Fig.13) quando il pinch-point minimo è imposto sul livello di pressione pBB più elevato (i valori di HBl e HBU sono stabiliti dalla pressione pB, HA è stabilito dalla pressione pK al condensatore), ne consegue che, in questo caso, m (e quindi la portata di vapore saturo secco estratta dal corpo cilindrico di bassa pressione) è sensibilmente inferiore rispetto al caso in cui τMIN è imposto sul livello di pressione pB più basso. Ma per le relazioni (34) e (44) è anche: qiVBB > qiVB (come evidenzia anche la Fig. 13) e tvBB>tVB.

o In conclusione, all’aumentare di m l’efficienza ɛ della caldaia a recupero aumenta mentre diminuisce il rendimento tv del gruppo a vapore. Inoltre, il valore di m dipende dalla scelta dei pinch-point operata sui due livelli di pressione pB e pBB.

o Si tratta allora di ricercare per quale combinazione dei valori di pinch-point τBB e τB il valore del coefficiente m rende massimo il rendimento di recupero ɛ tv. Allo scopo, può essere adottata la procedura di seguito descritta. Si ritengono assegnate le pressioni pB e pBB nonché il valore minimo dei pinch-point (τMIN≈ 10÷30°C).

a) τBB = τMIN (pinch-point minimo sull’alta pressione) Prendendo a riferimento le Figg. 12 e 13a, si ha: QCp(T1 − T1²²²) = QCp[T1 − (T66 + τ66)] = Q9(qõúõ + qõÔ) QCp(T1 − Tr66) = Q9qÔ66

Dividendo tra loro i membri delle relazioni precedenti si ottiene: T1 − Tr66T1 − (T66 + τ66) = qÔ66qõúõ + qõÔ

e quindi: Tr66 = T1 − [T1 − (T66 + τ66)] qÔ66qõúõ + qõÔ

È anche (eq. 32 e 34) Tr66 = T1 − [T1 − (T66 + τ66)] (õ:8õ)8(õ:8õh)(,8)(õ:8õhh!) (47)

o Se a qiVBB si aggiunge e toglie Hc - HBU, la (47) può essere riscritta nella forma: Tr66 = T1 − [T1 − (T66 + τ66)] (õ:8õh)W(õh8õ)(,8)(õ:8õhh!) (48)

dalla quale risulta che T5BB diminuisce all’aumentare di m (aumenta l’efficienza ɛ della caldaia a recupero).

b) τB = τMIN (pinch-point minimo sulla bassa pressione) Dall’esame delle Figg. 12 e 13b, si ottiene: QCp[T1 − (T6 + τ6)] = Q9(qÔ6 − qÓ9)

QCp(T1 − Tr6) = Q9qÔ6

Page 222: Note Macchine 2

- 222 -

e quindi T1 − Tr6T1 − (T6 + τ6) = qÔ6qÔ6 − qÓ9 = 11 − qÓ9qÔ6

dalla quale Tr6 = T1 − [T1 − (T6 + τ6)] ,,8AWS! h (49)

dove &AWS&! h = õh!8õõ:8õ8(õ:8õh) (50)

Anche in questo caso, T5B diminuisce all’aumentare di m, confermando per via analitica quanto era emerso in precedenza dall’esame della Fig. 13: l’efficienza della caldaia a recupero aumenta all’aumentare di m, a prescindere da dove venga imposto il valore minimo del pinch-point, sulla bassa oppure sull’alta pressione della sezione a vapore.

o Per un’analisi più dettagliata dell’influenza di m su ɛ, si considerino i seguenti bilanci termici in caldaia (Fig. 12 e eq. 32): QCp(T1²²² − T1²) = Q9(qõ9 + qÓÔ) = = Q9[(1 − m)(H66 − H6) + (H6 − H6) +m(H6þ − H6)] = = Q9[m(H6þ −H66) + H66 −H6] (51)

QCp(T1 − T1²²²) = Q9(qõúõ + qõÔ) = Q9(1 −m)(H¼ − H66) (52)

Dalle precedenti si ottiene: T1² = T1²²² − 2ÜS2Ü7$ 7 [m(H6þ − H66) + H66 − H6] (53)

T1²²² = T1 − 2ÜS2Ü7$ 7 (1 − m)(H¼ − H66) (54)

o Le relazioni (48), (49), (53) e (54) consentono di seguire l’evoluzione di ɛ in funzione di m tenendo conto al contempo della condizione che il pinch-point, sull’alta e sulla bassa pressione, non deve mai essere inferiore al valore minimo τMIN assegnato.

o Partendo allora da m=0 (Qmc = QmE, QmBU =0 : sezione a vapore a un solo livello di pressione), e aumentando m, il valore minimo del pinch-point va imposto sull’alta pressione finché il pinch-point τB sulla bassa pressione raggiunge anch’esso il valore minimo ammissibile. Infatti, con T4III = TBB + τmin, all’aumentare di m T5BB diminuisce (eq. 48), e aumenta dunque ɛ (eq. 46) mentre T4I = TB + τB diminuisce (eq. 53) e con essa τB.

o Quando τB = τMIN se si continuasse ad imporre sull’alta pressione il valore minimo del pinch-point τB risulterebbe minore di τMIN. Raggiunto pertanto il valore m* per il valore τB = τMIN se si vuole aumentare m per abbassare ulteriormente T5 è necessario imporre il pinch-point τMIN sulla bassa pressione (T4I = TB + τMIN). La temperatura T5 continua ancora a diminuire (eq. 49 e 50), e quindi ɛ (eq. 46) continua ancora ad aumentare, ma T4III = TBB + τBB aumenta (eq. 54) e con essa τBB.

o Il valore di m* si ottiene dal rapporto delle equazioni (51) e (52) dopo aver posto T4III=TBB+τMIN e T4I=TB+τMIN. Si ottiene: T66 − T6T1 − T66 − τ²ó = m∗(H6þ − H66) + H66 − H6(1 − m∗)(H¼ −H66)

dalla quale dopo alcuni passaggi si perviene alla: m∗ = (Õhh8Õh)(õ:8õhh!)8(õhh!8õh!)(Õ¿8Õhh8­¯°)(õh8õhh!)(Õ¿8Õhh8­¯°)W(Õhh8Õh)(õ:8õhh!) (55)

Page 223: Note Macchine 2

- 223 -

o Per m = m* il valore della temperatura dei gas allo scarico della caldaia a recupero vale (eq. 49) Tr∗ = T1 − [T1 − (T6 + τ²ó)] ,,8AWS! h∗ (56)

dove: qÓ9 = H6 − Hd (57) qÔ6∗ = (1 −m∗)(H¼ − H6) + m∗(H6þ −H6) + H6 −Hd (58)

o Assumendo T4 = 560°C, Tc = 540°C, pBB = 40bar, pB = 15bar pK = 0,05bar, τMIN = 8°C e calcolando per m < m* la temperatura T5 allo scarico della caldaia con la (48), e per m>m* con la (49), l’andamento dell’efficienza ɛ (eq. 46) della caldaia a recupero in funzione di m è quello di Fig.14.

o Per le stesse condizioni, il valore del rendimento di conversione tv dell’energia da termica a meccanica della sezione a vapore (eq. 39) è mostrato in Fig. 15.

o L’andamento del rendimento di recupero ɛ tv è mostrato in Fig. 16. Il valore massimo di ɛ tv si ottiene dunque per m = m* (valore ottimo di m).

Page 224: Note Macchine 2

- 224 -

OTTIMIZZAZIONE DELLE PRESSIONI DELLA SEZIONE A VAPO RE A DUE LIVELLI DI PRESSIONE

o Per assegnati valori delle pressioni pB e pBB dei due livelli della sezione a vapore, il valore massimo del rendimento di recupero ɛ tv si ottiene quando i pinch-point τB e τBB sono tra loro uguali (se pari a τMIN), e dunque m = m*.

o Si tratta allora di variare la pressione minima e la pressione massima all’interno di intervalli usuali per questa tipologia d’impianto e calcolare m* con la (55), tv con la (39), T5 con la (56) e infine ɛ con la (46).

o I risultati che si ottengono sono riassunti nelle Figg. 17 e 18 per 5 ≤ pB ≤ 20 bar e 30≤PBB≤70 bar.

o In Fig. 18 è riportato il valore massimo del rendimento di recupero al variare delle pressioni pB e pBB all’interno degli intervalli segnalati. Si osserva come per un’assegnata temperatura T5 allo scarico della caldaia a recupero (non deve essere inferiore a quella minima consentita dal tipo di combustibile impiegato nella sezione a gas) esistano diverse coppie di valori pB e pBB in grado di realizzarla, e per ognuna di tali coppie nel grafico di Fig. 18 è anche indicato il valore massimo atteso del rendimento di recupero; mentre dalla Fig. 17 è possibile ricavare il valore ottimo m* della ripartizione delle portate tra i due livelli di pressione.

o I risultati riportati nelle Figg. 17 e 18 sono stati ottenuti per i medesimi valori di T4, Tc e τMIN del paragrafo precedente.

o Gli impianti combinati gas-vapore, così come quelli a gas e a vapore, non vengono progettati ad hoc in base alle richieste del cliente, ma vengono scelti fra i modelli a “catalogo” delle più importanti industrie del settore. La ragione è dovuta agli alti costi di progettazione altrimenti richiesti.

Page 225: Note Macchine 2

o In tab. 1 sono indicate le prestazioni di alcuni gruppi combinati oggi commercializzati.I gruppi turbogas sono di due tipologie: Heavy duty e Aeroderivative. Le turbine aeroderivative hanno usualmente potenza superiore sono coperte dalle heavy duty.In genere, il rapporto tra le potenze Pcirca i 2/3 della potenza totale dell’impianto combinato.

- 225 -

In tab. 1 sono indicate le prestazioni di alcuni gruppi combinati oggi commercializzati.I gruppi turbogas sono di due tipologie: Heavy duty e Aeroderivative. Le turbine aeroderivative hanno usualmente potenze non superiori a circa 50MW; le taglie di potenza superiore sono coperte dalle heavy duty. In genere, il rapporto tra le potenze Pgas/Pvapore è circa 2, ossia la sezione a gas produce circa i 2/3 della potenza totale dell’impianto combinato.

In tab. 1 sono indicate le prestazioni di alcuni gruppi combinati oggi commercializzati. I gruppi turbogas sono di due tipologie: Heavy duty e Aeroderivative. Le turbine

potenze non superiori a circa 50MW; le taglie di

è circa 2, ossia la sezione a gas produce

Page 226: Note Macchine 2

- 226 -

IMPIANTI COGENERATIVI (note integrative)

o Viene definito cogenerativo un impianto che produce sia potenza elettrica sia potenza termica per diversi tipi di utenza. L’energia impiegata è quella che proviene dalla combustione di un combustibile.

o L’energia termica può essere richiesta a un livello di temperatura medio - basso (≤300°C, caso tipico delle cartiere, industrie tessili, riscaldamento di ospedali, uffici, etc.). In questo caso, poiché la combustione di un combustibile fossile dà origine ad elevate temperature (~1500°C), la configurazione ottimale dell’impianto cogenerativo vede lo sfruttamento del calore generato ad alta temperatura come input energetico per un impianto a vapore o a gas per la produzione di energia elettrica (topping cycle). La richiesta di energia termica è invece soddisfatta a uno stadio intermedio o allo stadio finale del ciclo di potenza.

o In altri casi la richiesta di energia termica è a temperatura molto elevata (~ 1400°C, come ad esempio nei cementifici, industrie del vetro, acciaierie, etc.). In questi casi, il calore generato ad alta temperatura dalla combustione del combustibile fossile viene utilizzato per soddisfare le esigenze del processo industriale. Il calore rigettato dal processo termico a temperature ancora relativamente alte (600÷800°C) può essere utilizzato come input energetico per un impianto di potenza a vapore o a gas (bottoming cycle).

o I due casi sono riassunti schematicamente in Fig. 1; dove: • Qi è la potenza termica in input generata dalla combustione del combustibile • Pel è la potenza elettrica generata • Qth è la potenza termica richiesta dall’utenza • Qd è la potenza termica dispersa

o In entrambi i casi, dal principio di conservazione dell’energia: Q = PZ + Q¢ + Q[ (1)

o Per caratterizzare sotto il profilo energetico un impianto cogenerativo possono essere introdotti vari coefficienti. Nei riguardi del primo principio dello termodinamica, sia Pel che Qth possono essere considerate forme di energia utili dello stesso livello di importanza. Pertanto il rapporto: η² = ç,W2¸û2! = ηZ + η¢ (2)

Page 227: Note Macchine 2

- 227 -

può essere proposto come rendimento di primo principio dell’impianto cogenerativo. Questo coefficiente ha il vantaggio di segnalare chiaramente la convenienza della cogenerazione in virtù degli elevati valori che esso assume (0,6÷0,95). Ha però lo svantaggio di considerare di pari livello termodinamico il “valore” dell’energia elettrica e dell’energia termica. In realtà, i loro “valori” sono diversi non solo sotto l’aspetto termodinamico (l’energia elettrica può essere totalmente convertita in energia termica, mentre quest’ultima può essere convertita solo parzialmente in energia elettrica), ma anche sotto l’aspetto economico (l’energia elettrica è molto più pregiata, e quindi più costosa, dell’energia termica).

o Per superare l’inconveniente si può pensare di proporre un rendimento dell’impianto cogenerativo basato sul secondo principio dello termodinamica. Allo scopo, in luogo della potenza termica Qth si può prendere a riferimento la potenza meccanica che da Qth potrebbe essere ottenuta con una macchina di Carnot operante tra la temperatura media Tm a cui viene prodotta Qth e la temperatura ambiente Ta ottenendo:

η²² = ç,W2¸û ,8nÖnÜ¡2! (3)

Questa nuova definizione di rendimento, sebbene corretta dal punto di vista termodinamico, non mette tuttavia adeguatamente in risalto il vantaggio della cogenerazione a causa dei bassi valori che tipicamente assume II (~ 0,3÷0,6).

o Per tutte queste ragioni, l’indice che meglio sembra caratterizzare il comportamento energetico di un impianto cogenerativo è quello che deriva dal confronto dei consumi di energia richiesti da un impianto cogenerativo e da due impianti separati (uno per la produzione di sola energia elettrica, l’altro per la produzione di sola energia termica) a parità di Pel e Qth (Fig. 2).

o Si definisce Indice di Risparmio Energetico (IRE) il rapporto:

IRE = à2!WW2!)á82!2!WW2!) (4)

o In Fig. 2 con el* e th* si sono indicati i valori riferimento dei rendimenti di conversione

dell’energia da termica ad elettrica e da termica a termica (*el ≈ 0,38÷0,5, il limite

inferiore è la media dei rendimenti degli impianti tradizionali a vapore e a gas, il limite superiore è invece rappresentativo delle soluzioni tecnologicamente avanzate costituite dai gruppi combinati gas-vapore; *

th ≈ 0,8÷0,9).

Page 228: Note Macchine 2

- 228 -

o Poiché (Fig. 2): Q + Q2 = ç,µç,∗ + 2¸ûµ¸û∗ (5)

posto per l’impianto cogenerativo: ηZ = ç,2! , η¢ = 2¸û2! (6)

l’IRE può essere riformulato nel modo seguente: IRE = 1 − ,)!W)! W)!¸û)! = 1 − ,Wç,)! )'ç,∗ W)¸û)! )'¸û∗ = 1 − ,'ç,'ç,∗ W'¸û'¸û∗ (7)

o Per la valutazione dell’IRE di un impianto cogenerativo (ossia per la valutazione del

risparmio di combustibile che esso consentirebbe rispetto alla produzione separata di Pel e Qth) è necessario assegnare valori appropriati ai rendimenti di riferimento el

* e th*.

o La scelta è legata al contesto in cui si opera: Se l’impianto cogenerativo è in sostituzione di impianti preesistenti per la produzione

separata di energia elettrica e termica, allora è corretto prendere a riferimento per el*e th

* i valori medi dei gruppi da sostituire (el*≈ 0,38 e th

* ≈ 0,8). Se invece si vuole valutare più in generale la convenienza di un investimento

alternativo rispetto alla produzione separata di energia elettrica e termica, allora è più corretto prendere a riferimento le soluzioni tecnologicamente più avanzate (el

*= 0,5: impianti combinati gas-vapore; th

*= 0,85÷0,9). o Nelle Figg. 3 e 4 sono riportate le curve a IRE costante sul piano el, th per due diverse

coppie di valori el* e th

*, a seconda che si prendano come riferimento impianti tradizionali o tecnologicamente avanzati per la produzione di energia termica ed elettrica.

o La questione non è di poco conto perché un impianto cogenerativo avente el = 0,25 e th= 0,4 ha IRE = 0,15 quando el

*= 0,38 e th*= 0,8 ma IRE = -0,06 quando el

*= 0,5 e th*= 0,9.

Page 229: Note Macchine 2

- 229 -

o Un altro indice di interesse per la valutazione energetica di un impianto cogenerativo è l’Indice Elettrico Iel così definito: IZ = ç,2¸û (8)

A parità di potenza termica Qth recuperata dalla cogenerazione, tanto più alto è l’indice elettrico Iel (valori tipici 0,1÷10) tanto maggiore è la potenza elettrica prodotta con un basso consumo di combustibile.

o La produzione combinata di energia elettrica e energia termica può essere realizzata con diverse soluzioni impiantistiche, le più diffuse delle quali sono:

• Impianti cogenerativi con turbine a gas; • Impianti cogenerativi con turbine a vapore in contropressione o in derivazione; • Impianti cogenerativi a ciclo combinato; • Impianti cogenerativi con motori a combustione interna.

o I campi di impiego delle diverse tipologie dipendono dal valore della potenza. In Fig. 5 è riportata la situazione in Italia negli ultimi anni.

o Gli impianti cogenerativi con motori a combustione interna rappresentano la soluzione

più usata nel campo delle piccole potenze per i minori costi richiesti per la loro realizzazione.

o Le soluzioni con turbine a vapore in contropressione o in derivazione hanno costituito, prima dello sviluppo e della diffusione degli impianti combinati gas-vapore avvenuta negli ultimi anni, la soluzione più impiegata nel campo delle medie e alte potenze.

Page 230: Note Macchine 2

- 230 -

IMPIANTI COGENERATIVI CON TURBINE A GAS

o Lo schema base di un impianto cogenerativo con turbine a gas è mostrato in Fig. 6a.

o Si suppone che l’utenza termica richieda vapore allo stato surriscaldato (stato fisico C, in Fig. 6b) e lo rilasci allo stato di liquido sottoraffreddato(*) (stato fisico U, in Fig. 6b).

o La produzione del vapore avviene all’interno della caldaia a recupero alimentata dai gas di scarico della turbina a gas (T4 ≈ 400÷500°C).

o Il liquido sottoraffreddato (stato fisico U in Fig. 6b) all’uscita dall’utenza termica viene laminato nello scaricatore di condensa SC fino alla pressione presente all’interno del degasatore (indicato con DEG in Fig. 6a). La laminazione isoentalpica attraverso SC genera vapore saturo umido (stato fisico U’ in Fig. 6b), con titolo dunque maggiore di zero (vapore “flash”) per agevolare il degasaggio e mantenere il liquido all’interno del degasatore allo stato di saturazione (stato fisico A in Fig. 6b).

o La condensa prelevata dal degasatore viene quindi portata alla pressione richiesta dall’utenza termica e inviata all’interno della caldaia a recupero.

o Indicata con Qmv la portata di massa di vapore prodotta all’interno della caldaia, la potenza termica fornita all’utenza è (Fig. 6): Q¢ = Qz(H¼ − Hþ) (9) (*) Nella regione del liquido sottoraffreddato le isobare sono molto prossime (praticamente coincidenti) alla curva limite del liquido saturo. Per queste ragioni, e con ottima approssimazione, lo stato fisico dell’acqua liquida in un diagramma T-S o H-S lo si può ritenere coincidente con lo stato fisico del liquido saturo alla stessa temperatura lungo la curva limite.

Page 231: Note Macchine 2

- 231 -

con Qmv deducibile dal bilancio energetico della caldaia a recupero riassunto dalla relazione: QCp(T1 − Tr) = Qz(H¼ − Hd) (10)

o Come già visto per gli impianti combinati gas-vapore, Qmg e T4 sono dati caratteristici

della turbina a gas. La temperatura T5 (Fig. 7) è legata alla posizione del pinch-point τ e quindi al valore della pressione di vaporizzazione (pari al valore della pressione richiesto dall’utenza termica). Noti questi parametri (τ ≈ 10÷30°C, τapp ≈ 20÷50°C) e la pressione al degasatore, con le procedure descritte nel capitolo dedicato ai gruppi combinati, si possono determinare tutte le grandezze che servono per il calcolo della potenza termica Qth (T5, Hc, HA, etc.).

o Lo schema base dell’impianto di Fig. 6 si rivela poco flessibile. Le variazioni richieste di Pel e Qth si possono ottenere solo con la regolazione della sezione a gas. Al diminuire della potenza del turbogas diminuisce anche la potenza termica disponibile per la caldaia a recupero perché diminuisce la temperatura dei gas di scarico (si riduce la portata di combustibile) e/o la portata dei gas (agendo sul grado d’apertura delle pale statoriche all’ingresso del compressore, oppure sulla velocità di rotazione del compressore che però deve essere svincolata da quella del generatore elettrico se il gruppo turbogas è collegato a una rete elettrica a frequenza costante). La curva AB di Fig. 8 riassume qualitativamente il legame tra Pel e Qth ottenibile in questi casi.

Page 232: Note Macchine 2

- 232 -

o Per aumentare la flessibilità si ricorre allo schema di impianto mostrato in Fig. 9. Viene inserito il camino di by-pass per deviare parte dei gas di scarico direttamente al camino quando la domanda di energia termica è bassa, e un post-combustore all’interno della caldaia per aumentare la temperatura dei gas di scarico e quindi la potenza Qth trasmessa all’utenza termica.

o I limiti alla post-combustione sono legati alla presenza di ossigeno nei gas di scarico e alla massima temperatura sostenibile dai materiali (curva A’B’, Fig. 8).

o È possibile escludere del tutto la caldaia a recupero scaricando tutta la portata dei gas al camino (Qth =0). Inoltre si può anche spegnere il turbogas (Pel =0) e alimentare la caldaia con aria esterna con un ventilatore, previo riscaldamento dell’aria mediante il post-combustore.

o I vantaggi degli impianti cogenerativi con turbina a gas possono essere così riassunti: bassi costi dell’impianto per unità di potenza installata, semplicità e bassi rapporti peso/potenza, tempi di consegna e realizzazione brevi a causa della standardizzazione di molti componenti dell’impianto, rapidità e flessibilità delle regolazioni. Per contro presenta svantaggi nei riguardi dei costi di esercizio e di manutenzione, bassi valori del rendimento nella produzione di energia elettrica, impiego di combustibili pregiati (metano e Kerosene).

Page 233: Note Macchine 2

- 233 -

IMPIANTI COGENERATIVI CON TURBINE A VAPORE

o Questi impianti si distinguono in: • Impianti con turbina in contropressione: lo scarico della turbina a vapore avviene a

una pressione maggiore o uguale a quella atmosferica; • Impianti cogenerativi con turbina in derivazione: l’utenza termica viene alimentata

derivando parte della portata che fluisce attraverso la turbina, allo scarico della quale è collegato un condensatore operante a una pressione inferiore a quella atmosferica.

o Gli impianti a contropressione vengono solitamente impiegati per potenze inferiori a 25MW e quando la richiesta termica Qth è prevalente rispetto a quella elettrica. Gli impianti a derivazione e condensazione, più complessi e costosi dei precedenti, vengono di solito usati quando è prevalente la richiesta di energia elettrica. IMPIANTI A CONTROPRESSIONE

o Lo schema di riferimento per questa tipologia di impianti è quello di Fig. 10.

o Il vapore surriscaldato all’uscita della caldaia è inviato alla turbina a vapore dove espande fino a una pressione PUT di qualche bar (dipende dalla temperatura richiesta dall’utenza termica UT).

o Per regolare la potenza elettrica e la potenza termica prodotta dall’impianto, la portata di vapore Qmv all’uscita della turbina a vapore può essere miscelata con una portata QmUT - Qmv di vapore prelevata all’uscita della caldaia, dopo averla laminata attraverso la valvola V1 alla pressione PUT. Il divisore di portata (splitter) SP consente di regolare il rapporto delle portate Qmv e QmUT.

o Dal collettore CL viene prelevata la portata di vapore QmUT con contenuto entalpico D dato dalla relazione di bilancio termico: QþÕH` = (QþÕ − Qz)H¼T + QzH9 (11)

Si ottiene, ricordando che la laminazione attraverso la valvola V1 è isoentalpica (Hc’ =Hc): H` = (2Ün82Ü()õ:W2Ü(õS2Ün

(12)

o Il vapore viene quindi inviato all’utenza termica ove condensa fino allo stato di liquido saturo (stato fisico U Fig. 6) cedendo la potenza termica Qth: Q¢ = QþÕ(H` − Hþ) (13)

Page 234: Note Macchine 2

- 234 -

o L’espansione del vapore attraverso la turbina dà invece luogo alla potenza elettrica: PZ = Qz(H¼ − H9)η (14)

dove m è il rendimento meccanico della turbina (perdite per attriti meccanici e potenze assorbite dagli ausiliari dell’impianto).

o L’acqua all’uscita dall’utenza termica subisce un’ulteriore laminazione nello scaricatore di condensa SC per ridurre la pressione al valore presente all’interno del degasatore (di solito di poco superiore a quella atmosferica). La laminazione produce vapore umido (stato U’) che facilita il degasaggio dell’acqua.

o La pompa P raccoglie la portata QmUT di liquido saturo (stato fisico A, Fig. 10) e ne incrementa la pressione fino al valore pV.

o La regolazione della portata di vapore Qmv inviata in turbina in corrispondenza dello splitter SP (il cui intervento non modifica le condizioni di funzionamento della caldaia : pv, Tc rimangono costanti) è ampia, consentendo di passare dalla condizione Qmv = QmUT alla condizione limite Qmv =0.

o In questi casi i valori di Pel e Qth sono i seguenti:

a) Qmv = QmUT PZ = PZd± = QþÕ(H¼ − H9)η (15) Q¢ = QþÕ(H9 − Hþ) (16)

b) Qmv =0 PZ = 0 (17) Q¢ = QþÕ(H¼T − Hþ) = QþÕ(H¼ − Hþ)

o La potenza termica introdotta nella caldaia è: Q = Q¼H = 2Ün(õ:8õ)µ7ç#. (18)

dove Qmc è la portata di massa di combustibile, Hu il suo potere calorifico inferiore e gen il rendimento del generatore di vapore. Durante la regolazione della portata Qmv è Qi = cost. I rendimenti elettrico e termico nei due casi limiti sopra discussi sono perciò i seguenti:

a) Qmv = QmUT ηZ = ηZd± = 2Ün(õ:8õS)2Ün(õ:8õ)ηZη (19) η¢ = 2¸û2! = 2Ün(õS8õ)2Ün(õ:8õ) ηZ (20)

b) Qmv = 0 ηZ = 0 η¢ = H¼T −HþH¼ −Hd ηZ = H¼ − HþH¼ − Hd ηZ

o Il valore elevato della pressione allo scarico della turbina rende modesto, in questi impianti, il rendimento termico del ciclo. Ad esempio, con pv = 50 bar e con una pressione al condensatore calcolo dell’utenza termica UT di 5bar, e con Tc = 500°C, ηBÕ*.= 0,95, ηZ= 0,9 , η= 0,98 , si ottiene ηZd± = 0,17 e η¢d± = 0,83.

Page 235: Note Macchine 2

- 235 -

o I valori dell’indice di risparmio energetico (IRE) per questi due casi limite sono:

a) Qmv = QmUt(*)

ηZ = ηZd± = 0,17

η¢ = 0,66⟹ IRE = 1 − 1µç,­®µç,∗ + µ¸ûµ¸û∗

Questa condizione limite di esercizio è rappresentata dal punto A in Fig. 11.

b) Qmv = 0 Si ottiene: ηZ = 0 η¢ = η¢d± = 0,83⟹ IRE = −0,08 Questa condizione limite di esercizio è rappresentata dal punto B in Fig. 11.

o Questa tipologia di impianto consente di escludere la turbina a vapore (Pel=0) ma non l’utenza termica (Qth è sempre diversa da zero), caratteristica che limita l’installazione di tali unità quando non vi sia una costante ed elevata richiesta di energia termica. IMPIANTI A DERIVAZIONE E CONDENSAZIONE

o Questa tipologia di impianti è impiegata quando la produzione di energia elettrica ha un

ruolo preminente nell’ambito della cogenerazione. Lo schema di riferimento per questo tipo di impianti è quello di Fig. 12, mentre in Fig. 13 è mostrato il corrispondente ciclo termodinamico in coordinate T-S. L’utenza termica UT è posta in parallelo alla turbina di bassa pressione LP (Fig. 12).

(*) Con ηZ∗ = 0,51 e η¢∗ = 0,90

Page 236: Note Macchine 2

- 236 -

o La portata di vapore Qmv proveniente dalla caldaia è suddivisa dallo splitter SP1: una parte (Qmv - QmHP ) viene inviata alla valvola laminatrice V1, l’altra (QmHP) alla turbina di alta pressione HP.

o La valvola V1 lamina il vapore dalla pressione di vaporizzazione pv (Fig. 13) alla pressione pUT richiesta dall’utenza termica. Anche la turbina di alta pressione HP espande il vapore fino alla pressione pUT.

o Le portate Qmv - QmHP e QmHP , agli stati termodinamici C’ e D0 rispettivamente (Fig. 13) si mescolano nel collettore CL (Fig. 12). La miscelazione dà origine allo stato termodinamico D definito dalla seguente relazione di bilancio energetico: (Qz − Qõ)H¼ + QõH`> = QzH` (21)

dalla quale, ricordando che la laminazione attraverso V1 è isoentalpica, si ottiene: H` = (2Ü(82ÜW)õjW2ÜWõS>2Ü(

(22)

o Dal collettore CL viene estratta una piccola portata ṁv di vapore per alimentare il

degasatore DEG (Fig. 12), la portata rimanente (Qmv - ṁv) viene ripartita dal divisore di portata (splitter) SP2 nelle portate QmUT (destinata all’utenza termica UT) e QmLP (destinata alla turbina di bassa pressione LP).

Page 237: Note Macchine 2

- 237 -

o Il liquido saturo (stato U in Fig. 13) viene laminato nello scaricatore di condensa SC fino alla pressione pk presente all’interno del condensatore, e il vapore umido che ne deriva (stato termodinamico U’ in Fig. 13) si unisce alla portata di vapore QmLP proveniente dalla turbina a vapore di bassa pressione LP.

o La pompa P1 provvede a inviare il liquido raccoltosi nel pozzetto caldo del condensatore (stato A in Fig. 12) al degasatore (pressione pDEG, di poco superiore all’atmosferica).

o Il liquido all’uscita del degasatore (stato termodinamico B in Fig. 13) viene compresso dalla pompa P2 fino al valore della pressione di vaporizzazione pv e inviato al generatore di vapore(*).

o Dal bilancio delle masse in corrispondenza del collettore CL, si ottiene: Qz = ṁz + QþÕ + QÓ (23)

o La portata di massa ṁv si ottiene dal bilancio termico del degasatore: (QþÕ + QÓ)Hd +ṁzH`T = QzH6 (24) per cui, osservando che per la (23) QþÕ + QÓ = Qz −ṁz (25) e che, a seguito della laminazione attraverso la valvola V2, H`T = H` , si ha:

ṁz = Qz õh8õõS8õ (26)

o La potenza elettrica prodotta dall'impianto vale:

PZ = ηUQõàH¼ − H`>á + QÓ(H` − H9)V (27) mentre la potenza termica fornita all'utenza termica è: Q¢ = QþÕ(H` − Hþ)

o Attraverso le regolazioni delle portate Qõ, QþÕeQÓrese possibili dai divisori di portata SP1 e SP2, sono possibili 3 condizioni limite di esercizio dell'impianto cogenerativo.

a) u = E e quindi = E In questo caso:

Qõ = Qz (28)

PZ = PZd± = ηUQõàH¼ −H`>á + (Qz −ṁz)àH`> − H9áV = = ηUQz(H$ − H9) −ṁzàH`> −H9áV (29) dove ṁz è ora data dalla relazione:

ṁz = Qz H6 − HdH`> − Hd

poiché dalla (22), essendo in questo caso Qõ = Qz, H` ≡ H`>. Posto per l'impianto di Fig. 12: pz = 80bar, pþÕ = 5bar, p¹ = 0,05bar, T$ = 540°C ηBÕ = 0,95, ηZ = 0,9, η = 0,98

(*) Si ricorda che nella zona del liquido sotto raffreddato le isobare sono praticamente coincidenti con la curva limite del liquido saturo. Gli strati termodinamici A,A’ e B,B’ a monte e a valle delle pompe P1 e P2 sono di fatto coincidenti in coordinate T,S.

Page 238: Note Macchine 2

- 238 -

Si ottiene per queste condizioni:

ηZ = ç,2Ü:õ = ηZ ç,2Ü((õ:8õh) = 0,365 (30)

η¢ = 0 (31) a cui corrisponde un indice di risparmio energetico (prendendo come rendimento di riferimento ηZ∗ = 0,51 e η¢∗ = 0,90) pari a: IRE = 1 − ,'ç,'ç,∗ W'¸û'¸û∗ = −0,40 (32)

o Il valore negativo dell' IRE è qui condizionato sensibilmente dai valori elevati assunti per i rendimenti di riferimento ηZ∗ eη¢∗ , i quali sono tarati sulle tipologie di impianti che attualmente forniscono i rendimenti più elevati, ossia gli impianti combinati gas-vapore. Con ηZ∗ = 0,38si otterrebbe IRE = -0,04 .

o Queste condizioni di esercizio sono rappresentate dal punto A in Fig. 14.

b) = = E In questo caso PZ = 0 , mentre è massima la potenza termica Q¢. Si ha, ricordando che attraverso la valvola di laminazione V1 H$ = H$T : Q¢ = Q¢d± = (Qz −ṁz)(H$ −Hþ) (33) dove

ṁz = Qz H6 − HdH$ − Hd

poiché dalla (22) è ora H$ = H` . o Per gli stessi dati del caso precedente si ottiene: ηZ = 0 η¢ = η¢d± = ηZ 2¸û2Ü((õ:8õh) = 0,766 (34)

a cui corrisponde un valore dell'indice IRE di: IRE = −0,172 (pari a -0.044 con η¢∗ = 0,8).

o Queste condizioni di esercizio sono contrassegnate dal punto B in Fig. 14.

Page 239: Note Macchine 2

- 239 -

c) = , = E o Tutta la portata di vapore proveniente dalla caldaia viene inviata alla turbina a vapore

d'alta pressione HP. E' nulla la portata di vapore che attraversa la valvola di laminazione V1.

o La portata di vapore Qz −ṁz viene inviata all'utenza termica UT. E' quindi nulla la portata QÓ inviata alla turbina di bassa pressione LP(*).

o In questo caso H`> = H` = H`T e la PZeQ¢sono rispettivamente: PZ = ηQzàH¼ − H`>á (35) Q¢ = (Qz −ṁz)àH`> − Hþá (36) con ṁz dato dalla relazione:

ṁz = Qz õh8õõS>8õ (37)

o Qualora Q¢ fosse inferiore alla richiesta dell'utenza termica, si attiva il circuito di by-pass attraverso la valvola V1 in modo da aumentare l'entalpia dello stato D (H` > H`>). In questo caso però diminuisce la potenza elettrica prodotta dalla turbina di alta pressione HP (la maggior richiesta di calore qui supposta impone ancora QÓ = 0, e dunque di escludere la turbina di bassa pressione e il tratto del circuito che si collega al condensatore).

o Con gli stessi dati dei casi precedenti, e con Qõ = QzeQÓ = 0 , si ottiene: ηZ = 0,20 η¢ = 0,567 e quindi un indice IRE pari a IRE = 0,02 (con el

* = 0,38 e th* = 0,8 si otterrebbe IRE = 0,19).

Queste condizioni di esercizio sono rappresentate dal punto C in Fig. 14. o Dal confronto fra le curve di funzionamento degli impianti cogenerativi a contropressione

e a derivazione riassunte nei piani el, th delle Figg. 11 e 14, si nota chiaramente la maggior flessibilità di esercizio offerta dalla soluzione con turbina in derivazione e la possibilità di produrre energia elettrica anche quando è nulla la richiesta di energia termica.

o In queste tipologie di impianti cogenerativi il recupero dell’energia termica riduce il rendimento elettrico, soprattutto per la soluzione a contropressione (pUT > patm); rendimento di per sé già non molto elevato poiché per la cogenerazione sono impiegati impianti a vapore di piccola potenza. Benché il loro costo sia elevato, offrono tuttavia il vantaggio di poter impiegare combustibili poco costosi, e di avere grande affidabilità, bassi costi di esercizio e di manutenzione grazie alla tecnologia oramai consolidata di cui gode questa tipologia di impianti. (*) Questa condizione non ha, in realtà, applicazione poiché essendo la turbina a vapore di bassa pressione trascinata in rotazione dal corpo di alta pressione porterebbe a temperature troppo elevate il vapore che in essa ristagna. Per tale ragione QÓ non può essere ≤ 10 ÷ 20% del suo valore nominale.

Page 240: Note Macchine 2

- 240 -

IMPIANTI COMBINATI COGENERATIVI

o È la tipologia di impianto cogenerativo oggi più diffusa nel campo delle medie e grandi potenze.

o Lo schema dell’impianto è mostrato in Fig. 16, dove il gruppo combinato gas-vapore è a due livelli di pressione.

o Il livello a bassa pressione alimenta, attraverso il collettore CL, l’utenza termica UT e la turbina a vapore di bassa pressione.

o Dal collettore è prelevata una frazione della portata in esso raccolta per alimentare la linea del degasatore. La valvola di laminazione V1 consente alla portata spillata di raggiungere la pressione pdeg presente all’interno del degasatore mantenendo invariato il suo contenuto entalpico (HD’ = HI). Attraverso il degasatore, l’acqua prelevata dalla pompa P1 dal pozzetto caldo del condensatore, posto allo scarico della turbina a vapore di bassa pressione LP, viene portata dallo stato termodinamico A allo stato termodinamico B lungo la curva limite del liquido saturo(*)(Fig. 16).

o La ripartizione della portata fra i due livelli di pressione (QmHP e QmLP) è fatta in modo da rendere massimo, per i prescelti livelli di pressione, il rendimento di recupero ɛ tv. E per tale scopo le differenze di temperature ai due pinch-point devono essere uguali e pari al valore minimo ammesso.

o Note le portate QmHP e QmLP è noto anche lo stato termodinamico D del vapore all’uscita del collettore CL (Fig. 15). Dal bilancio energetico del collettore si ottiene: QÓHâ + QõH` = (QÓ + Qõ)H` (38) dalla quale: H` = 2ÜAWõW2ÜWõS>2ÜAWW2ÜW (39)

(*)Si riveda la nota all'inizio della trattazione Impianti Cogenerativi Con Turbine a Gas.

Page 241: Note Macchine 2

- 241 -

o Indicate con QmUT e QmLPT le portate di vapore inviate all’utenza termica e alla turbina a vapore di bassa pressione (il rapporto fra queste portate è regolato dal divisore di portata SP, Fig. 15) e con Pg la potenza elettrica fornita dal turbogas, si ottiene: PZ = P + [Qõ(H¼ − H`) + QÓÕ(H` − H9)]ηz (40) Q¢ = QþÕ(H` − Hþ) (41)

o La potenza termica introdotta nell’impianto vale: Q = Q¼H = 7µ¸7¸7 (42)

dove tot g è il rendimento totale della sezione a gas. o La differenza sostanziale rispetto agli impianti cogenerativi a vapore è che ora, con gli

impianti combinati a 2 livelli di pressione, il rendimento elettrico è più elevato (>50%), e l’indice di risparmio energetico IRE si mantiene positivo anche quando è nulla la richiesta di energia termica (QmUT = 0).

o La presenza del turbogas impedisce per questa tipologia di impianti di produrre solo energia termica, a meno di non ricorrere alle soluzioni impiantistiche già descritte per i gruppi cogenerativi con turbine a gas.

o In Fig. 17 è mostrata curva tipica di funzionamento dell’impianto in coordinate el, th:

o In questi impianti il recupero dell’energia termica Qth influenza si la generazione di energia elettrica, ma molto meno rispetto agli impianti cogenerativi con turbine a vapore perché la potenza elettrica è prodotta per la maggior parte dal turbogas (Pg / Pv ≈ 2).

o Poiché la pressione pUT richiesta dall’utenza termica coincide con la pressione del livello più basso del gruppo combinato gas-vapore, questi impianti si rivelano particolarmente adatti per la cogenerazione quando l’energia termica è richiesta a bassa temperatura.

o Inoltre, questi impianti consentono di produrre energia elettrica con alti rendimenti (50÷60%) anche quando la domanda di energia termica varia durante l’esercizio.

o Per contro, la bassa flessibilità (Fig. 17) rende questi impianti economicamente convenienti solo per taglie di potenze medio - alte (40÷100MW).

Page 242: Note Macchine 2

- 242 -

IMPIANTI COGENERATIVI CON MOTORI A COMBUSTIONE INTERNA

o Sono usati negli impianti cogenerativi di piccola e media potenza (15kW-10MW) e quando è richiesta un’elevata efficienza nella generazione di potenza elettrica (40÷50%). Fatta eccezione per gli impianti di modesta potenzialità (15÷50kW), dove sono impiegati motori ad accensione comandata, i motori Diesel sono quelli più largamente utilizzati.

o La produzione di energia termica non influenza né la generazione di potenza meccanica/elettrica né l’efficienza con cui quest’ultima è prodotta.

o Il calore è recuperato dai gas di scarico, dall’aria compressa nei motori sovralimentati, dall’acqua di raffreddamento e dall’olio di lubrificazione. I livelli di temperatura di queste sorgenti termiche sono, approssimativamente, 75÷80°C per l’olio di lubrificazione, 80÷100°C per l’acqua di raffreddamento, 150°C per l’aria compressa dei motori sovralimentati, 400°C per i gas di scarico.

o Lo schema dell’impianto cogenerativo è esemplificato in Fig. 18.

o Per ottenere la massima potenza termica Qth dall’impianto, il vettore termico (generalmente acqua) passa attraverso vari scambiatori di calore raffreddando, nell’ordine, dapprima l’olio lubrificante (~12% del totale ammontare della potenza termica Qth), l’acqua di raffreddamento del motore (~25% di Qth), l’aria compressa di sovralimentazione (~13% Qth), e infine i gas di scarico (~50% Qth).

o I vantaggi principali di questi impianti cogenerativi rispetto agli altri sono legati all’affidabilità, alla durata dell’impianto, ai costi relativamente bassi e alla buona efficienza anche nel funzionamento ai carichi ridotti. Per contro sono rumorosi, pesanti e ingombranti e richiedono elevati costi di manutenzione.

Page 243: Note Macchine 2

APPENDICE A MODIFIED NACA FOUR

1. Determinazione dei

• x = m : = & • x = m :

= 0

• x = 1 : 0,01 ∙• x = 1 :

= ()

con:

= −[ª, + 2ª&(1

Ne consegue:

tuvuw& = ª + ª,(1 ' ? +

0 ª, # 2ª&(10,01z

tuuvuuw

«200,01«zª«ª =1 = ()uuuu =

- 243 -

APPENDICE A

MODIFIED NACA FOUR - AND FIVE - DIGIT SERIES WING SECTIONS

Determinazione dei coefficienti: d0, d1, d2, d3.

« )

(1 ' ) + 3ªU(1 ' )&]

) + ª&(1 ' ?& + ªU(1 ' ?U(1 ' ?+ 3ªU(1 ' ?&01« = ªz _, = ª,z

uuuu = 1010

(1 ' ?101 (1 ' ?&2=1 ' ?00 (1 ' ?U3=1 ' ?00 iªª,ª&ªU

m

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

DIGIT SERIES WING SECTIONS

− ª«ª¡=1 1,000 t

1,170 t

1,575 t

2,325 t

3,500 t

Page 244: Note Macchine 2

2. Determinazione dei coefficienti

• x = m : y = &

• x = m : [¸[Û = 0

• x = 0 : R¼z =

• x = m : R¼z = dydx

a2√x # a, # 2a&x # d&ydx& ' a

4√xU # 2a& # 6

R¼z = ~1+ dydx & d&ydx&

⟹ R¼z = ~

(R¼z)Û_ = − a4√xU #

a, a,, a&, aU ⟹

tuuvuuw

1=R¼z)Û

- 244 -

Determinazione dei coefficienti a0, a1, a2, a3

= R = >%& (profili aerodinamici: R = 1,1019=tI/6?& ,

&[%W[=,8?

# 3aUx& 6aUx

U&

~1+ a2√x # a, # 2a&x # 3aUx&&U& ' a4√xU # 2a& # 6aUx

12a& # 6aUx t2 = a√m# a,m# a&m& # aUmU

0 a2√m # a, # 2a&m# 3aUm&

-2R = a?Û_ 2d& # 6dU=1 'm? = ' a

4√mU # 2a& # 6

? conI < 8)

6aUm

z

Page 245: Note Macchine 2

APPENDICE B INFLUENZA DEL TUBO

o In assenza del tubo di scarico, nella

con p6 pressione barometrica.o Con il tubo di scarico l’energia nella sezione 2 vale invece

Mediante l’equazione di Bernoulli

con hB le perdite nel tubo di scarico.o Viste la (d) e la (b), l'equazione (c) può essere riscritta:

o Il seguente è l'incremento di energia (caduta idrica) disponibile per essere convertita in energia meccanica, in seguito all'uso del tubo di scarico:

Il tubo di scarico consente energia cinetica, questo avviene grazie all’abbassamento della pressione nella sezione 2.

o La pressione media all'uscita della girante si calcola dalla (e):

- 245 -

APPENDICE B

TUBO DI SCARICO

In assenza del tubo di scarico, nella sezione 2 il contenuto di energia vale: E& = h" + $%%&

pressione barometrica. l’energia nella sezione 2 vale invece: E& = %"+ $%%&

Mediante l’equazione di Bernoulli si può valutare E2’ rispetto alla sezione 3

%"+ $%%& = "+ $%&− zU # hB " = h" + zU ' z&

le perdite nel tubo di scarico. l'equazione (c) può essere riscritta:

E& = %"+ $%%& = h" − z& # $%& # hB

Il seguente è l'incremento di energia (caduta idrica) disponibile per essere convertita in energia meccanica, in seguito all'uso del tubo di scarico:

E& − E& = z& # $%%8$%& ' hB

Il tubo di scarico consente quindi di recuperare la quota z2 e di ridurre la perdita di , questo avviene grazie all’abbassamento della pressione nella sezione 2.

La pressione media all'uscita della girante si calcola dalla (e):

%" = h" − z& ' $%%8$%& ' hB¡

(a)

(b)

rispetto alla sezione 3

(c)

(d)

(e)

Il seguente è l'incremento di energia (caduta idrica) disponibile per essere convertita in

(f)

e di ridurre la perdita di

, questo avviene grazie all’abbassamento della pressione nella sezione 2.

(g)

Page 246: Note Macchine 2

o Introducendo la definizione di rendimento del tubo di scarico:

La (g) può essere così riscritta:

Da quest'ultima relazione si osserva che il aspetto negativo: abbassandosi la p

o In realtà la pMIN che effettivamente è presente è minore della media, a

causa dell'azione dinamica delle pale

o Combinando le relazioni (i) e (j):

­¯°" h"Il primo membro è un'energia legata termini a secondo membro è funzione di Q, della geometria della turbina e della geometria del tubo di scarico, può essere vista come la alla tensione di vapore che deve ecritica della turbina si abbia incipiente cavitazione (

o Ha lo stesso significato fisico della relazione

e, come questa, è una grandezza o Si definisce quindi, per analogia delle pompe, secondo la scuola tedesca

Thoma:

POMPE

TURBINE

σ$ =

- 246 -

Introducendo la definizione di rendimento del tubo di scarico:

ηú$ j%%ij%%7 8¢èj%%ij%%7

osì riscritta:

%"

h" ' z& ' ηú$ $%

%8$%& ¡

Da quest'ultima relazione si osserva che il tubo di scarico ha anche un aspetto negativo: abbassandosi la p2 aumentano i rischi di cavitazione.

che effettivamente è presente è minore della media, a causa dell'azione dinamica delle pale:

%"#

%%&

­¯°" #­®%

&

%"

­¯°" #%%

& ­®%%%

' 1¡

%" = ­¯°" +%%& λ

Combinando le relazioni (i) e (j):

­¯°" + λ%%& = h" − z& ' ηú$ $%%8$%& ¡

h ' z& = ­¯°" + ¡¢¢£££¤ + ¥¦§ §££8§v££¤

è un'energia legata al serbatoio di scarico; la somma degli ultimi due termini a secondo membro è funzione di Q, della geometria della turbina e della geometria del tubo di scarico, può essere vista come la riserva minima di energia rispetto

che deve essere presente nel serbatoio affinché nella sezione critica della turbina si abbia incipiente cavitazione (p²ó = pÔ?. Ha lo stesso significato fisico della relazione ottenuta per le pompe: =1 # λ? Cm,&2g + λW,&2g

e, come questa, è una grandezza caratteristica della macchina. Si definisce quindi, per analogia delle pompe, secondo la scuola tedesca il numero di

σ$ = (1 + λ)Cm,&2g + λW,&2gH

= p6 ' pÔρg ' z&H = λW&&2g + ηú$ C&& ' CU&2g H

(h)

(i)

(j)

(k)

serbatoio di scarico; la somma degli ultimi due

termini a secondo membro è funzione di Q, della geometria della turbina e della riserva minima di energia rispetto

ssere presente nel serbatoio affinché nella sezione

il numero di

Page 247: Note Macchine 2

- 247 -

o Nella letteratura tecnica ci sono diverse relazioni che correlano il numero di Thoma alle turbomacchine. Un valore indicativo di σ$ per le turbine Francis è dato, per esempio, dalla relazione: σ$ = 0,11K&

o Si riporta inoltre, per completezza, che nella scuola angloamericana si ha una diversa definizione del numero di Thoma per le turbine rispetto alla definizione appena data: POMPE

NPSH = p − pÔρg + C&2g = (1 + λ) Cm,&2g + λW,&2g

σ$ = NPSHH = (1 + λ) Cm,&2g + λW,&2gH

altezza totale all'aspirazione al netto della tensione di vapore in condizione di incipiente cavitazione

riserva minima di energia rispetto alla tensione di vapore

TURBINE

NPSH = p& − pÔρg + C&&2g = p6 − pÔρg − z& + CU&2g + hB

σ$ = NPSHH ≠p6 − pÔρg − z&H

altezza totale all'uscita della turbina al netto della tensione di vapore in condizione di incipiente cavitazione

riserva minima di energia rispetto alla tensione di vapore

Page 248: Note Macchine 2

- 248 -

TESTI DI RIFERIMENTO

• G. Ventrone (2006) Macchine per allievi ingegneri, Padova, Cortina. • G. Ferrari (2007) Hydraulic and Thermal Machines, Bologna, Progetto Leonardo. • G. Negri di Montenegro, M. Bianchi, A. Peretto, (2009) Sistemi Enegetici e Macchine

a Fluido, Bologna, Pitagora Editrice. • S. Sandolini, M. Borghi, G. Naldi, (1992) Turbomacchine Termiche. Turbine,

Bologna, Pitagora Editrice. • L. Vivier, (1966) Turbines Hydrauliques et leur Régulation, Paris, Éditions Albin

Michel.