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"e Realf!hing .it n. 13 carpfishing e non solo, raccontato dai pescatori

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Febbraio/Marzo/Aprile

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"eRealf!hing .it

n. 13

carpfishing e non solo, raccontato dai pescatori

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Ci sono 2 tipi di tormenti nella vita.La conseguenza per il troppo coraggioe il rimpianto per la troppa paura.

Cit.

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Nicolò Coledan

Sasso a perderedalla barca.

RiccardoDelle Fratte

Quando il sognodiventa

Frizione bollente

SimoneRossi

Il professore difisica

WilliamsBaccolini

I pescatori che hanno reso possibile questa uscita...

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Sasso a perdere

dalla barcadi Nicolo’ Coledan

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E’ da molti anni che si sente parlare di questa tecnica ma secondo me molti sono ancora all’oscuro dei suoi vantaggi, delle sue potenzialità e dei suoi modi di utilizzo in base alle situazioni. Proviamo solo a pensare a quanto più agevole è il recupero di un pesce senza una zavorra che gli pende dalla bocca e soprattutto a quanto diminuisce il rischio di una slamata.

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Altro grande vantaggio sottovalutato da molti è legato al suo utilizzo vicino agli ostacoli:

1 perche una volta staccato il sasso avremmo una cosa in meno che si può incagliare su sassi rami erbe ecc

2(il miglior vantaggio secondo me!) A differenza di quando peschiamo con un piombo non a perdere, che subito dopo essersi allamato il pesce fugge impaurito soprattutto perché sente una strana trazione creata appunto dalla nostra zavorra.

Zavorra che è praticamente inesistente se utilizziamo il sistema del sasso a perdere .Questo sistema ci torna particolarmente utile nella pesca vicino agli ostacoli, posso garantirvi di persona che con questo sistema pescando anche a pochi cm da legnaie canneti ecc, ho perso veramente pochissimi pesci . Altro accorgimento importantissimo da adottare sempre nella pesca tra gli ostacoli è quello di non ferrare assulutamente e di lasciare la frizione bella morbida, una ferrata o una frizione troppo dura potrebbero creare una situazione di pericolo per il pesce e farlo finire dritto dentro l’ostacolo!

Lo so che non ferrare è una cosa strana e difficile da mettersi in testa, ma dobbiamo farlo! La ferrata ci penserà il sasso a farla al posto nostro, con lutilizzo di pietre da 300 ai 500g possiamo pur star tranquilli che l’amo si conficcherà a dovere nella bocca del pesce ,posso garantirvi che se farete tutto ciò arriverete sopra il pesce e la maggior parte delle volte, soprattutto se pescate in acqua bassa, lo troverete fermo a galla! Provare per credere!

Per pescare calando i nostri inneschi dalla barca utilizzo il sistema che vi illustrerò qui sotto:

In poche parole si tratta di due girelle con occhiello grande o qualsiasi altro occhiello (io ad esempio utilizzo capicorda da elettricista da 1,5mm privati della loro protezione di plastica) , messi all’interno di uno spezzone di termorestringente lungo circa4-5cm, una volta scaldato il tutto applico un elastico ricavato dalla camera d’aria di una bicicletta o di una carriola(uso la camera d’aria della carriola soprattutto per l’utilizzo di sassi ancora più grossi) che servirà per applicare il sasso.

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(foto 1-.2)

Per questo montaggio è importantissimo trovare la giusta forma del sasso, consiglio infatti di cercare sassi molto rotondeggianti e con pochi spigoli per favorire lo “sgancio” dell elastico, oltre a questo i sassi dovranno essere dai 300g al mezzo kilo garantendoci così un ottima autoferrata e permettendoci di restare in pesca anche con le condizioni climatiche più avverse.

Per essere sicuri che il sasso che abbiamo scelto sia quello giusto, possiamo fare una semplice prova:

1-attacchiamo il sasso alla nostra montatura senza terminale.

2-alziamo lentamente il sasso da terra .Se il sasso si stacca o abbiamo messo un elastico troppo grande o un sasso troppo piccolo.

3-sempre con il sasso staccato da terra cominciamo a strattonare la montatura, così facendo se abbiamo fatto le scelte giuste il sasso dovrebbe staccarsi. Se non è così non ci resta altro che continuare a fare prove. State pure tranquilli se all’inizio trovate alcune difficoltà, è normalissimo, vedrete che con l’andar del tempo riconoscerete i sassi giusti semplicemente ad occhio!

Molti di voi si chiederanno a cosa serve il tubetto di termorestringente con gli occhielli per attaccare l’elastico, quando si potrebbe attaccare direttamente ad una clip portapiombo.

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Ora vi spiego il perché…..

Anni fa quando ho iniziato a pescare con i sassi attaccavo anche io la camera d’aria direttamente alla clip, ma pescando a grandi distanze da riva con grossi sassi, quasi in ogni pescata c’era un problema ricorrente. Praticamente ogni mattina minimo su una delle canne ancora in pesca trovavo attaccato qualche pesce di disturbo senza nemmeno aver sentito un bip o visto la canna dare qualche “scossone”, questi fatti erano sicuramente dovuti al notevole peso del

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sasso che i piccoli pesci una volta allamati non riuscivano più a spostare!

Questo era davvero un bel problema ma dopo aver ragionato per un po’ avevo la soluzione in tasca!

Bastava aggiungere una sorta di “prolunga” tra sasso e clip per creare un lasco di qualche cm della lenza in fase di tensionamento della canna.

Il concetto sembrerà difficile ma è più facile a farsi che a dirsi.

Vedete la doppia freccia che c’è nella foto qui sopra?

foto 1-2

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Ecco quella freccia rappresenta l’escursione che la nostra “prolunga” riesce ad avere. Più lunga è la prolunga e più escursione avremmo.

In poche parole dopo aver calato quando metteremmo in tensione la lenza la nostra “prolunga verrà tirata tutta verso la canna, mentre in caso di mangiata di un piccolo pesce riusciremmo ad avvertire anche il più piccolo tocco grazie al lasco che crea la nostra “prolunga” che verrà tirata dalla parte opposta.

Vedremo anche le più piccole tocche perché questo lasco creato dalla “prolunga” se non lo aveste ancora capito, è completamente libero dal nostro grosso peso!

Quindi in caso di mangianta della brema o del cavedano di turno grazie a questo piccolo accorgimento, potremmo quasi sempre avvertire la sgradita presenza e andare a ricalare della canna invece di rimanere fuori pesca per una notte o più!

Altra “cosa” a perdere che utilizzo dalla barca e non solo, sono i tendilenza .

Quante volte vi è capitato che un tendilenza si incastrasse sul fondo o in mezzo a chissà cosa, bene utilizzando questo metodo il rischio di incaglio sarà ridotto notevolmente!

Il metodo per costruirli è semplicissimo, basta procurarsi dei normalissimi ganci per tendilenza, del tubo in silicone e il nostro solito elastico che dovrà essere

logicamente di dimensione leggermente più piccola rispetto a quelli usati con il sasso a perdere. (foto3)

Per concludere utilizzando tutti i piccoli accorgimenti che vi ho illustrato qui sopra, credo e spero che troverete qualche spunto in più per le vostre pescate e perché no magari arriverà a guadino anche qualche carpa in più!

foto 3

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Il professore di

FISICADi Simone Rossi

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Il professore di fisica entra dalla porta salutando con un breve cenno della mano, freddo e imbronciato come al solito, come se qualcuno lo avesse costretto a fare quel mestiere. Appoggia libri e registro sulla cattedra e chiama l’appello, poi, come un automa, inizia a scrivere formule su formule riempiendo muri di lavagne…”oggi si parla del moto rettilineo uniforme!” , dice, e poi continua a disegnare schemi, freccette orizzontali e parallele che via via dall’alto al basso vanno a diventare sempre più piccole.

Poi continua: ”questo è quello che succede in un fiume: gli stradi infinitesimi d’acqua scorrono gli uni sugli altri con moto continuo ma questi strati subiscono un attrito tra loro. E questo attrito aumenta tanto più diminuisce la distanza col fondale o con la sponda, la quale, stando naturalmente ferma, esercita il maggiore attrito possibile.” E conclude: “Gli strati superficiali dell’acqua quindi avranno una velocità maggiore rispetto a quelli che si trovano a stretto contatto col fondo”.

Subito dopo queste parole, la lavagna inizia a fondersi e diventare trasparente, a tramutarsi in acqua che corre, e le migliaia di formule scritte diventano i chili di boilies

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del 24 che avevo gettato in fiume durante l’ultima pasturazione, che corrono anche essi velocemente fuori dalla classe spinte dai rapidi strati di acqua superficiali che aveva disegnato il professore poco prima…e il professore in tutto questo marasma che fine ha fatto?! Lui è lì, scalpitante in un angolo che da prima inizia a sapere uno strano odore, poi gli inizano a spuntare squame su tutto il corpo, poi pinne al posto di mani e piedi ed in men che non si dica si tramuta in una famelica breme che non perde tempo a cibarsi delle poche boilies che, forse più pesanti o fortunate delle altre, si erano depositate sul pavimento della classe.

Sono sudato, guardo incredulo quello che sta succedendo e non riesco a fare altro che urlare: “Lascia stare la mia pasturazioneeeeeeee!!!!!”

Un colpo al cuore, mi sveglio di soprassalto, sono in camera mia, sono le due di notte, ho 27 anni, ormai lavoro e fortunatamente non vado più a scuola; ma da quel momento un tarlo inizia a muoversi nel mio cervello… le boilies che ho lanciato in acqua ieri sera che fine hanno fatto?

Sono sempre stato attento per quanto riguarda la pasturazione e il mio dubbio più grande è sempre stato appunto quello di sapere dove lanciare le boilies per farle depositare effettivamente dove servivano.

Il primo aiuto di solito mi viene dato visivamente dall’andamento della corrente, ho da sempre scartato posti in cui il famoso flusso uniforme dell’acqua fosse sostituito da turbolenze eccessive, giri d’acqua veloci e vortici strani. In spot con questo tipo di correnti, solo il mago Otelma saprebbe dove andrebbe a depositarsi la pastura e, sinceramente, quelle poche volte in cui ho provato a pescarci, non ho mai preso un granché.

Arrivato a questo punto, la scelta su dove calare le canne si restringe a posti caratterizzati da lenti rigiri o acqua ferma i quali però sono proficui in determinate porzioni dell’anno e in cui, sinceramente, sarebbe noioso pescarci sempre, e posti in cui l’acqua scorre più o meno veloce ma dritta.

Parlando di questa ultima tipologia di corrente, ed in particolare della condizione più difficile in cui l’acqua

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corre molto velocemente verso valle, negli anni ho adottato i più disparati metodi di pasturazione.

In estate, vista la buona attività del pesce e le conseguenti buone quantità di boilies che si devono/possono usare, mi piace allargare di molto l’area di pasturazione verso monte. Si parla di una decina di kg di palline distribuite a partire da almeno un centinaio di metri a monte per poi arrivare a fermarmi sull’ultima canna a valle.

Mentre sto pescando dalla barca ancorato in piena corrente ogni tanto mi tolgo lo sfizio di fare un piccolo “esperimento” per capire effettivamente di quanto può spostarsi verso valle una boilie dal punto del lancio ai primi metri di profondità per poi fare una media ponderale della distanza che percorrerebbe fino ad arrivare al fondo. Tenendo il guadino immerso perpendicolarmente in acqua, lancio le palline a monte di

esso, a distanze diverse dalla barca, per poi vedere quali di esse sia finita all’interno della rete.

E’ un metodo non totalmente preciso e forse un po’ ridicolo a chi lo guarda, ma che a spanne può aiutare a fare un po’ di chiarezza e sicurezza mentale.

Se in estate , come dicevo prima, si possono sparpagliare diversi kg di esche su grandi superfici di fondale, in inverno il discorso cambia completamente in quanto il pesce si alimenta su piccole porzioni, spesso su forti correnti e profondità. Sarebbe deleterio rischiare una pasturazione eccessiva e dispersiva.

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Con acqua fredda mi limito spesso a pasturare con due, tre kg di palline al massimo, inglobate da altrettanti kg di pastura da fondo arricchita con bigattini, latte in polvere e attrattori vari. Per correnti più sostenute aggiungo anche farina di grano tenero e comprimo palle grosse come pompelmi, sempre appiattite per bene.

Per guadagnare ancora più precisione può fare comodo inserire all’interno un grosso sasso o sabbia ma che inserita in grosse quantità, rischia di fare slegare troppo velocemente il tutto.

Un trucco interessante, preso dalla pesca dalla barca ma che effettivamente funziona anche da riva, è quello di riempire una nassa con fioccato misto, granaglie, pastura da

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fondo e boilies; dopo avere inserito un bel mattone all’interno, gli si lega una corda (meglio se con colori poco visibili) e si lancia verso la zona di pesca. L’altro capo della corda -neanche a dirlo- sarà legata ad un appiglio della sponda, nel modo più nascosto possibile…la prudenza non è mai troppa.

I vantaggi di questo sacco sono quelli di potere rilasciare lentamente piccole particelle di cibo nelle immediate vicinanze di esso, dove esattamente lanceremo gli inneschi.

Si possono usare anche più sacchi, sempre comunque nel rispetto dell’attività di pesca altrui e della navigazione. ..noi ne caliamo circa uno ogni due canne.

Questo metodo ha purtroppo lo svantaggio di non potere essere usato da chi pesca a distanze non raggiungibili lanciando a mano il sacco e non dispone di un, anche piccolo, natante. Trova massima

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espressione per l’uso in sassaia pescando sotto la punta delle canne, su fondali in terra dritti, pescando da pontili e chiatte, dai quali si può anche decidere se tenere sollevato il sacco dal fondale di qualche decina di centimetri, facendolo lambire continuamente dalla corrente, rilascerà più velocemente il contenuto che si disperderà su una maggiore superficie.

Detto questo…ora scusatemi ma vado a lanciare il mio sacco. Alla prossima!

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Il terminalebasculanteDi Riccardo Delle Fratte

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Già me le immagino le vostre reazioni di fronte all’ennesimo articolo su un terminale strambo: alcuni rideranno ancor prima di leggerlo e altri invece non vedranno l’ora di mettere gli occhi sull’ennesima diavoleria partorita dalla mente contorta di qualche carpista annoiato. Provate invece a leggere queste righe senza pregiudizi e a valutare quello che vi racconto in maniera obbiettiva.

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Personalmente ho sempre detestato quei carpisti con la fissa di inventare ogni giorno terminali nuovi e complicati. Come diceva Leon Hoogendijk in un suo vecchio scritto, l’errore che fanno queste persone è di sviluppare nuovi rigs per poi trovare loro uno scopo artificioso. In realtà dovrebbe essere l’opposto: un terminale dovrebbe essere inventato sotto la spinta di particolari necessità riscontrate in pesca. Se poi guardiamo bene certi terminali beh…sono talmente complicati che possono funzionare solo se posati delicatamente sul fondo di un piccolo acquario e non certo in situazioni di pesca realistiche, magari dopo un lancio violento! In questa rivista però si parla di pesca vera, fatta in ambienti tosti, quindi il terminale che vi illustro non potrà che essere adatto a queste situazioni. Lo troverete senza dubbio strano ma…assolutamente non complicato e indiscutibilmente robusto. Signore signori…vi presento il rig basculante.

Breve storia di come diavolo mi sia venuto in mente di usare un simile aggeggio.

In quel periodo pescavo sul Tevere dentro Roma. Chi lo conosce sa che è un ambiente tosto, pieno di grosse carpe ma anche battuto da forti correnti e disseminato di ostacoli come pietre, rottami e alberi. In questo luogo i terminali migliori sono quelli classici realizzati con materiali grossi e robusti. Insomma…niente diavolerie da laghetto! In un luogo del genere le carpe sono forti, molte di loro non hanno mai visto un amo e quando si pungono reagiscono furiosamente producendo partenze velocissime. Inutile dirvi che mai

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avrei pensato di avere in questo posto grossi problemi coi terminali e invece il bello della pesca è che in qualunque momento può succedere l’imponderabile. Nel pieno della bella stagione ho iniziato infatti a perdere per slamata una valanga di pesci, circa il 90% e tutti su una posta in cui pescavo da anni. Per uno come me che non slama praticamente mai era qualcosa di insopportabile! Le carpe mangiavano muovendosi appena e spesso venendomi incontro nonostante pescassi a 10 metri da riva. Dopo l’incerta partenza, invece di fuggire, mi restavano davanti facendo avanti e indietro e scrollando la testa fino poi a slamarsi inesorabilmente anche se tenevo sempre la lenza alla massima tensione. Ero incredulo! Eppure gli ami erano affilati, i rig semplicissimi e i piombi tutt’altro che leggeri! Ho iniziato a fare alcune prove come: cambiare peso e forma del piombo, tipologia e misura dell’amo, tipo di rig, tipo di presentazione, lunghezza e rigidità del terminale, distanza amo-esca. Eppure non cambiava nulla, i pesci mangiavano sempre allo stesso modo e si slamavano. Anche i miei amici non credevano a quello che raccontavano, mi suggerivano i rimedi più vari e quando dicevo che nulla funzionava restavano allibiti. Alcuni di loro hanno voluto provare a pescare in quel posto dicendomi: “mo te faccio vedere io, tu ti sei rincoglionito!”. Tutti loro sono tornati a casa con qualche bella slamata e la coda tra le gambe e almeno ho avuto la consolazione di non essere io il problema.

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A questo punto però ero più che mai determinato a trovare una soluzione e così ho iniziato a sfogliare tutte le riviste che avevo a casa in cerca di qualche diavoleria appositamente concepita per allamare saldamente le carpe che mangiano in maniera svogliata. A un certo punto mi è capitato sotto mano un vecchio articolo di Sandro di Cesare, il quale illustrava uno strano rig che lo aveva aiutato a portare a riva tante carpe pescando a lancio in un lago estero, pesci che mangiavano timidamente e si slamavano usando altri tipi di terminali. Lo chiamava “basculante” a causa della capacità dell’amo di scorrere su un’asola e lo definiva tremendamente efficace nonché robusto, semplice e antigroviglio. Era strano ma mi piaceva, non aveva nulla a che vedere con certe soluzioni da laghetto che si vedono di solito sulle riviste! Prima di costruirlo ho cercato qualcosa in internet e sui forum le poche discussioni al riguardo ne parlavano malissimo. Come al solito però tutti quelli che si adoperavano in giudizi sommari ( è brutto, fa slamare i pesci, si aggroviglia ecc…) ammettevano poi di non averlo mai provato. Insomma…ne parlavano tutti male ma non lo aveva usato nessuno! Siccome però dei carpisti “da tastiera” non mi fido e invece Sandro di Cesare non è in fatto di carpe l’ultimo cretino del mondo…ho deciso di provarlo. Tanto al massimo avrei continuato a slamare i pesci.

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I materiali per costruirlo.

Il basculante è un terminale semplice e robusto e come tale necessita di poche cose della massima qualità. Niente trecciati, vi servirà un bel nylon resistente di un diametro che va dallo 0,50 allo 0,70. Io uso sempre uno 0,60 e devo dire che è un ottimo compromesso tra rigidità, robustezza, facilità di lavorazione e capacità antigroviglio. Servono due girelle di cui una con l’occhiello supplementare. Quest’ultima è fondamentale perchè conferirà mobilità ad un terminale che nasce invece abbastanza rigido. L’amo ideale è a gambo curvo di media lunghezza e dimensioni generose. Praticamente l’amo più classico e

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versatile che un carpista possa usare. A completare il tutto uso un piccolo pezzo di termorestringente e un conetto antigroviglio in gomma.

La realizzazione.

Fate passare il filo prima nella girella normale e poi nell’occhiello dell’amo ( dall’alto verso il basso ovviamente ) e chiudete il tutto facendo un’asola di circa 3 cm. Dopo aver tagliato il filo in eccesso bruciatene l’estremità con l’accendino formando un pallina come ulteriore garanzia affinché il nodo non si sciolga anche se non eseguito alla perfezione.

Tagliate il filo del trave alla lunghezza desiderata ( dovrà venire fuori un terminale di circa 15-20 cm ) e fateci scorrere sopra il termorestringente. Quest’ultimo andrà posizionato sul nodo dell’asola e scaldato affinché si blocchi su di esso perfettamente in linea con il trave lasciando libera l’asola di circa 2 cm sulla quale scorreranno liberamente amo e girella.

Infilate sul trave il conetto antigroviglio, collegate la girella col doppio anello e fate scorrere il conetto per bloccarlo sul nodo. A questo punto avete realizzato un basculante perfetto.

Come lavora.

Come vedete è un terminale semplice, sicuramente bizzarro ma semplice. Ha solo un trave, l’amo e la girella che sostituisce il classico capello. Nulla di più.Si basa sul principio che quando la carpa aspira l’esca, questa va verso la gola del pesce mentre l’amo entra pendendo verso il basso dopo lo scorrimento sull’asola. In questo modo l’amo entra di schiena senza che il pesce lo senta. Quando la carpa invece sputa il boccone, l’esca scorre sull’asola verso l’esterno della bocca trascinando e ribaltando l’amo il quale, ormai in bocca al pesce, non può far altro che infilarsi nelle carni della carpa trovando un appiglio sicuro. Si chiama “basculante” proprio perché, come già detto, amo e innesco sono indipendenti e scorrono liberi su un’unica asola.

Precauzioni nellʼuso.

Innanzitutto prima di mettere in acqua questo rig ricordatevi di testarlo e vedere come si presenta. Il nylon infatti spesso rimane curvo a causa della sua memoria e se ciò si verifica dovete applicare sul trave un pochino di tungsteno per sincerarvi che resti perfettamente aderente al fondale. Importantissimo: questo rig non si usa con presentazioni pop

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up ( solo omini e affondanti ) né in presenza di amur poiché questi morderebbero l’esca quando l’amo pende verso il basso ed è nella posizione opposta ad essa. Anche se la realizzazione è semplice sinceratevi sempre di averla eseguita alla perfezione. Se non vi convince smontate e rifate tutto, anche perché è un terminale molto economico visto che il nylon ( a differenza dei trecciati ) costa davvero poco.

Funziona davvero?

Si. Altrimenti che cavolo l’ho scritto a fare questo articolo?!?

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Da sottolineare che le allamate spesso sono laterali ( è normale con questo rig ) ma sono sempre salde e non ho mai causato particolari ferite alle carpe usando questo tipo di montaggio. Di contro avete una soluzione tecnica semplice, economica, perfetta anche per i lunghi lanci dato che essendo rigida non si aggroviglia e assolutamente robusta e adatta alla pesca in acque toste anche ricche di ostacoli. Ad essere sincero non ho fatto tantissime catture con questo rig ( 30 partenze fino ad ora ) ma credo siano sufficienti poiché sono arrivate tutte a guadino. Inoltre queste 30 catture sono avvenute negli ambienti e nelle condizioni più svariate. Grazie al terminale basculante ho portato a riva carpe pescando in cave, fiumi, laghi e canali. Alcune le ho letteralmente rimorchiate da riva per 300 metri, una mi è rimasta impigliata in rovi sommersi per 6 ore e appena fatto giorno sono riuscito a liberarla andando a piedi sulla sponda opposta senza che si slamasse. In un altro caso una violenta partenza mi ha addirittura divelto il picchetto dal terreno trascinandomi la canna in acqua, canna che poi ho recuperato assieme

al pesce che il terminale aveva trattenuto senza problemi nonostante tutto!

E il Tevere?

A questo punto forse tutti vi starete facendo la seguente domanda: ma dopo tutto questo casino il basculante ti ha risolto il problema delle slamate sul Tevere o no? Ebbene la risposta è…no. La verità è che i terminali magici non esistono, o forse sono io che non so costruirli. Il bello della pesca è che non vinciamo sempre noi e a volte dobbiamo arrenderci a situazioni sulle quali non abbiamo nessun potere. In questo caso il desiderio di risolvere una di queste situazioni mi ha portato a trovare un terminale comunque validissimo, il quale mi ha risolto tanti altri problemi e che per questo oggi uso praticamente sempre con la massima fiducia. I miei amici ancora oggi mi prendono in giro quando lo vedono ma nonostante non abbiano il coraggio di usarlo si sono dovuti arrendere di fronte ai risultati. Spesso, come vedete, la nostra testa è poco aperta alle cose nuove e ci spinge a scartare a priori tutto ciò che per noi è inusuale. Non vi sto dicendo di usarlo punto e basta. Se però quello che vi ho spiegato vi sembra logico e avete un pochino di coraggio per tentare qualcosa di strano…provate il basculante. Non vi porterà magicamente il pesce dei vostri sogni ma magari troverete un altro prezioso e sorprendente alleato nelle vostre giornate passate sulle sponde.

Riccardo Delle Fratte

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FRIZIONEBOLLENTEDi WilliamsBaccolini

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Eʼ quasi ora di fare basta, tutto sommato è stata una bella pescata anche se allʼinizio pensavo che Fabio avrebbe buttato la canna in acqua per colpa di questo fango, non riusciva a muoversi. Per fortuna poi ha inanellato una serie di bei pesci anche lui, e credo che lʼumore gli si sia alzato di nuovo. Se non altro, è un poʼ che insulta qualcuno o qualcosa!Continuo ad osservare la cima curva della canna, dolcemente la afferro e, tirando un poco, sollevo il pasturatore dal fondo e lo lascio immediatamente andare. Immediatamente la cima inizia a muoversi, su

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e giu, dolcemente, segno inequivocabile che il pasturatore stesso sta “ruzzolando” verso valle facendo così una piccola “passata” sul fondo, finche non si ferma. Osservo la cima incurvata in attesa della scrollata, la tipica mangiata del barbo, che di solito avviene dopo poco che il piombo si è fermato, ma stavolta, come gia da un po alla fine, le mangiate sono intervallate da molto più tempo.Continuo ad osservare la cima, finche dʼun tratto la cima sobbalza, il filo si allenta, è lui!Ferro immediatamente, sento il pesce che parte verso il centro del fiume e mentre con una mano cerco la frizione

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lo accompagno piegando in avanti la cima. Il pesce parte a velocità pazza verso il largo, la frizione canta e la bobina gira allʼimpazzata! inclino un poco la canna per provare a contrastare un poco una fuga potentissima ma dʼun tratto tutto si ferma! Il filo si allenta, il nylon del 28 del finale si è spezzato! Tra un improperio e lʼaltro, mentre recupero la zavorra, Il mio amico mi dice una cosa giusta, dopo diversi bei pesci catturati ed altrettanti potenti combattimenti, avrei dovuto sostituire da un poʼ il terminale con uno nuovo, probabilmente non avrei perso quello che poteva essere il mio miglior pesce della giornata. Con ancora il sapore agrodolce di quel pesce perso faccio passare un paio di settimane, la voglia di tornare allʼattacco di quei missili argentati non mi lascia

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mai per tutto il tempo, e finalmente il sabato mattina arriva! Esco di casa, la prima cosa che mi colpisce è la temperatura, infatti salgo in macchina e il termometro segna -6 così mi fermo immediatamente a bermi un bel cappuccino caldo al bar, poi via verso il grande fiume.

Mi piace guidare la mattina presto, per le strade di campagna non cʼè nessuno e mi godo lʼalba tra un pensiero e lʼaltro.

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Arrivo e come solito, non cʼè anima viva in giro, fantastico! Butto tutto dentro al materassino e parto verso la postazione felice di non dover litigare col fango grazie alla temperatura rigida che mantiene tutto ghiacciato! Come se non bastasse, una brezza tagliente mi soffia proprio in faccia facendo si che il mio naso goccili come un rubinetto che perde! preparo tutto molto in fretta bagno la pastura e mi asciugo le mani in fretta prima che mi si gelino! Eʼ tutto pronto, riempo il pasturatore e lancio. Una volta sul fondo inizio a dare degli strattoni per far si che lo stesso si svuoti e rilasci la pastura sul fondo su una buona superficie. Ripeto questa operazione poi innesco un buon numero di bigattini e sono pronto.

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Una volta sul fondo la zavorre rotola per un po poi si arresta, è il momento delʼattesa che spero sia breve. Non vedo lʼora che una scrollata allenti tutto e e la frizione inizi a cantare!

Passano pochi minuti, non più di 5 e finalmente la scrollatona arriva! ferro e mentre gia mi pregustavo il combattimento, mi rendo conto di averlo sbagliato! sorrido tra me e me mentre recupero per rilanciare pensando che era quasi impossibile sbagliare una mangiata del genere. Lancio e sono di nuovo pronto, passano ancora pochi minuti e come prima, la scrollata non tarda! stavolta non lo sbaglio e dopo un buon combattimento guadino il primo pesce che so già non essere di grossa taglia. Strano penso, un paio di settimane fa non siamo mai scesi sotto i due chili, questo è molto lontano dallʼesserlo, poi penso anche che può starci. Mi piace pescare i

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barbi in inverno, un poʼ perchè in questo periodo allento con le carpe e anche perchè in inverno è più facile fare bei pesci con i bigattini senza la rottura di non poter pescare a causa delle bream e dei piccoli pesci in generale. Sì, le mangiate non sono tantissime questo è vero, ma spesso e volentieri sono di qualità eccelsa pur utilizzando unʼesca tuttʼ altro che selettiva! Diciamo che è un buon compromesso, non sempre si farà il “pezzo da 90” ma la media è piuttosto alta!Rilascio il mio avversario e rilancio, convintissimo che di lì a poco ne avrei preso uno più bello.Invece passano diversi minuti, e nemmeno con la tecnica della passata suggeritami da Fabio succede qualcosa. Rilancio il mio innesco un paio di volte poi finalmente riesco a catturare unʼaltro pesce, ma anche questo ti taglia piccola, e ancora

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una lunga pausa prima di rivedere unʼaltra mangiata. Capisco immediatamente che non ci siamo, il pesce non risponde alla pasturazione e non mi capacito del perchè.

Decido di far su tutto ed andare alla macchina, per scaldarmi, fa ancora un freddo cane qui allʼombra, e per mangiare un boccone.Che faccio, vado a casa o provo da unʼaltra parte, mi domando in macchina mentre metto in moto. Nonostante il freddo è una bellissima giornata e, anche se oramai è quasi lʼuna decido di andare a vedere un posto dove avevo provato assieme a Fabio qualche anno fa in estate.

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A differenza del posto dove ho pescato la mattina dove non cʼera una gran profondità, qui avrei lanciato il mio pasturatore su un bel fondale di circa 6/7 m ed ero curioso di vedere se cʼera qualche bel pesce o meno. Il fatto che lo spot fosse prima di una bella sassaia mi dava fiducia. Trovare un buon assetto su quei grossi gradoni non fu facile ma trovai le crepe giuste nel cemento per riuscirci e in poco tempo fui in pesca. La cima ricurva sotto la trazione della corrente splendeva illuminata dal tiepido sole pomeridiano, e convinto che non sarebbe stato facile prendere un pesce mi rannicchiai un po più comodo sulla sedia. La scrollata mi colse del tutto impreparato e subito un pesce ingaggio un bel tiro alla fune e, finalmente la frizione cominciò a cantare nuovamente e dopo un bel combattimento adagiai il primo bel barbo della giornata sul materassino. A questo seguì quasi immediatamente un secondo, poi un terzo.

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Alla fine la giornata aveva preso la giusta piega!

La taglia non era impressionante ma comunque tutti pesci attorno ai 2 kg, qualcuno poco più qualche altro poco meno ma tutti potenti e incazzati, uno spasso! Tra un combattimento e lʼaltro pensavo allʼottimo attrezzo che Enrico ha fatto produrre da Prologic, una bella canna potente ma con unʼottima azione parabolica perfetta per acque correnti toste come il Po! la possibilità di usarla come 13 piedi o 11ʼ6 è unʼulteriore vantaggio, bellʼattrezzo, decisamente, poi quando è bella curva tra le mani il gusto è ancor maggiore!Il fatto che tutte le catture fossero simili come taglia mi spinse a provare ad aumentare il numero di bigattini sul fondo per

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vedere di stimolare qualche pesce più grosso, cosi iniziai ad eliminare la pastura dallʼinterno del pasturatore a fronte di un abbondante contenuto di bigattini. Purtroppo però invece di aumentare la taglia, rallentò notevolmente il numero delle abboccate, così ricominciai a mettere la pastura e catturai ancora un paio di bei pesci prima di smettere. Quando andai a tirar su la mia sacca, che usai a moʼ di nassa, mi accorsi di aver fatto proprio una bella pescata, considerato che avevo pescato poco più di 2 ore e mezza! non mi restava che cercar di fare un paio di foto e rilasciare quei fantastici pesci, nessun pesce record ma una bella pescata decisamente!

Ora non mi resta che aspettare che il fiume torni pescabile dopo questa piena per poi tornare allʼattacco, le bream stanno per svegliarsi e ho ancora poco tempo per cercare di replicare!Willy.

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Ci vediamo a Maggio