momenti della storia del concetto di luce
-
Upload
alessandro-pascolini -
Category
Science
-
view
243 -
download
6
Transcript of momenti della storia del concetto di luce
momen% della storia del conce/o di luce
XIV giornata fermiana padova 11 febbraio 2014
alessandro pascolini
la luce: cos’è?
• qualcosa che rende possibile la visione • la sensazione generata dalla s%molazione dei rece/ori visivi Webster’s
• un genere di radiazione naturale che rende possible la visione
Oxford • un ente fisico al quale è dovuta l’eccitazione nell’occhio delle sensazioni visive, ciò che perme/e all’occhio di vedere gli oggeG Enciclopedia della fisica
• quando non è buio Margherita (2anni e mezzo)
la luce e l’uomo • dipende dalla fisiologia dell’occhio umano • dipende dai processi perceGvi dell’uomo • varia da persona a persona • per una stessa persona varia col tempo e nel tempo • per misurare la luce introdo/o in fotometria un “occhio fotometrico normale medio” con il suo fa/ore di visibilità
risposta rela%va alle varie lunghezze d’onda dello spe/ro visivo comprese fra 400 nm e 700 nm
occhio umano
la luce e Dio secondo la bibbia, Dio crea la luce il primo giorno, a prescindere -‐ dalle sorgen% (sole, luna, stelle create il quarto giorno) -‐ da chi osserva (uomo creato il sesto giorno)
a/ribuisce alla luce un’esistenza in sé indipendentemente da chi la eme/e fisicamente e da chi la vede
dimensione teologica della luce • nella do/rina gnos%ca diventa un a/ributo personificato di Dio
~ vangelo di Giovanni
• nella cabala teosofica coincide con la sefirah Tif’eret (le 10 sefirot sono il mezzo con cui l’energia divina si diffonde nel creato)
• aspe/o influente sul pensiero medievale cris%ano ed ebraico
la cultura greca e la luce Nel mondo greco lo studio dei fenomeni luminosi si duplica in due campi di indagine dis%n% e autoreferenziali.
• Le ques%oni rela%ve alla natura della luce e dei colori e alla fisiologia della vista trovano sviluppo nella filosofia, nella quale vennero messe a punto le teorie fondamentali che esercitarono grande influenza fino alle soglie dell'età moderna: la teoria dei raggi visivi, la teoria stoica della pressione, la teoria epicurea delle immagini, la teoria platonica e aristotelica dei colori.
• L'oGca geometrica si sviluppa come disciplina matema%ca autonoma assumendo la teoria dei raggi visuali come en%tà fisicamente astra/e e dividendosi in qua/ro branche: oBca, catoDrica, prospeBva e dioDrica.
la scuola d’Atene
i raggi visivi • Secondo Pitagora, dall'occhio escono in linea re/a raggi visivi che, toccando i corpi, trasme/ono al vedente una sensazione analoga a quella del ta/o; ques% raggi divergono tra loro e, di conseguenza, i piccoli oggeG a grande distanza non risultano visibili.
• La do/rina stoica sos%tuisce ai raggi una pressione, prodo/a dall'organo centrale dell'anima sulla pupilla: uscendo dall'anima, la pressione si allarga a forma di cono fino all'ogge/o. Il sole, riscaldando l'aria, la rende rarefa/a e agevola la trasmissione del cono di pressione uscito dalla pupilla; di no/e, l'aria più densa impedisce che il cono si estenda a grande distanza.
i simulacri Nella teoria epicurea delle immagini, ispirata a Empedocle, Leucippo e Democrito, ripresa e trasmessa da Lucrezio, i corpi eme/ono con%nuamente un effluvio di «atomi» che, diffusi nell'aria in ogni direzione, conservano tu/avia la forma dell'ogge/o e penetrano nell'occhio. Ques% «simulacri», che si muovono con grande velocità, sono la causa della visione. L'effe/o di profondità è prodo/o dall'aria interposta, che viene sospinta dai simulacri contro gli occhi in misura tanto maggiore quanto più lontana è la cosa.
Immgini vive
Platone • Le do/rine an%che non ponevano una relazione esplicita tra la visione e la luce: quest'ul%ma aveva sempre una funzione indire/a nei fenomeni oGci.
• Platone accentua per primo l'importanza della luce solare che s'irradia in linea re/a dai corpi illumina%. I raggi che escono dall'occhio, prodoG dal fuoco soGlissimo contenuto nel corpo umano, se incontrano nell'aria quelli riflessi dai corpi illumina%, producono la visione. Di no/e, questa non può avvenire, perche la luce emanata dall'occhio non trova il suo equivalente e si spegne.
la teoria dei colori • Fondamentale la spiegazione platonica dei colori (Timeo, 67, 68)
che, modificata nelle premesse teoriche, viene poi ripresa da Aristotele, perdurando quasi inalterata fino al 17° secolo.
• I corpuscoli irradia% dai corpi estranei sono più piccoli, più grandi o uguali a quelli dell'organo visivo. Se hanno la stessa grandezza, il corpo appare diafano o trasparente; se più piccoli, essi dissociano quelli dell'occhio, originando la sensazione del bianco; se più grandi, si concentrano, e ciò produce la sensazione del nero. Gli altri colori provengono dalla mescolanza di ques% estremi (il bianco e il nero).
• Aristotele (De sensu et sensibilibus, III) ri%ene il diafano il mezzo con cui l'ogge/o agisce sull'occhio, ma in potenza. In a/o, occorre che esista un corpo ignito, la cui presenza è luce e la cui assenza è tenebra. Non si può, dunque, vedere senza luce. Il colore sarà il limite del diafano che si trova in tuG i corpi. Ciò che non ha colore non può essere visto (è del tu/o trasparente).
l’oGca geometrica • Euclide (~300 a.c.) era un matema%co e segue un metodo deduGvo a par%re da
postula% (14 ne l'OBca e 7 nel la CatoDrica). I primi postula% introducono il modello del raggio di luce come astrazione matema%ca necessaria a indagare la complessità dei fenomeni oGci, stabiliscono che i raggi visivi si propagano indefinitamente in linea re/a, formando un cono avente come ver%ce l'occhio e come base l'ogge/o, la cui grandezza apparente dipende dall'angolo di visione. Seguono 58 teoremi che tra/ano le ombre, le grandezze degli oggeG in rapporto alla loro distanza dall'occhio, le immagini viste a/raverso piccole aperture...
• Claudio Tolomeo (~ 90-‐168 d.c.) tra/a, oltre della visione, la riflessione dagli specchi e la rifrazione della luce. Egli misura sperimentalmente, mediante un disco circolare diviso in 360 par% uguali, gli angoli di incidenza e di rifrazione della luce che passa da un mezzo meno denso a uno più denso e viceversa, trovando anche l'angolo limite. Tolomeo, pur facendo l'ipotesi di una proporzionalità tra l'angolo d'incidenza e quello di rifrazione, non ne trova la legge, ma stabilisce le sue tavole empiricamente.
• Nella cato/rica, Erone Alessandrino (II secolo d.c.) gius%fica la propagazione reGlinea della luce in base al principio del cammino più corto e in base allo stesso principio prova che la riflessione si deve compiere ad angoli uguali.
OGca pra%ca e len% L’uso di len% convergen% per accendere il fuoco e per lavori di ar%gianato di precisione sembra certo che abbia avuto ampia diffusione nell’an%chità. È stata trovata a Nimrud una lente assira (~750 -‐710 a.c.) e riferimen% a len% in geroglifici egizi (VIII secolo a.c.); nel le Nuvole di Aristofane compare una lente ustoria.
Per il cara/ere axiologico della cultura greca, non si dà alcun valore alle applicazioni pra%che (ogni ασκολη è degradante) e lo sviluppo delle len% rimane relegato nelle bo/eghe degli ar%giani, impedendo così di acquisire le conoscenze che le loro proprietà possono generare.
Aristofane, le Nuvole (423 a.c.) SOCRATE:
Bravo davvero! Ti propongo un altro elegante quesito. Se t'intentano, poni, un processo di cinque talen%, come fares% per mandarlo in fumo?
STREPSIADE: Come?... Come?... Non so, fammi cercare!
SOCRATE: Sempre a te stre/a non tener l'idea, ma lascia il tuo pensier che in aria vagoli come uno scarabeo legato a un piede!
STREPSIADE: L'ho, per mandarlo in fumo, una trovata! È fina fina, e tu l'amme/erai!
SOCRATE: Sen%amo un po’!
STREPSIADE: Dai cerretani, hai visto mai quella pietra bella e trasparente che ci si accende il fuoco?
SOCRATE: Vuoi parlare del cristallo?
STREPSIADE: Sicuro! Se lo prendo, e da lontano, mentre il cancelliere scrive il processo, lo mantengo contro il sole, faccio liquefar la cera sopra le tavole/e.
SOCRATE: Per le Grazie, ingegnosa davvero!
STREPSIADE: Ah, gusto mio! Cinque talen% d'un processo in fumo!
Abu Ysuf Yaqub ibn Is-‐haq – Alkindi (IX secolo) !
Nel medio evo fu il mondo arabo a con%nuare la tradizione scien%fica greca, accogliendo anche altre tradizioni oltre a quella propriamente filosofica, in par%colare astrologia, medicina e alchimia. Nella scuola medica di Bagdad si studia anche anatomia e fisiologia dell’occhio. Al-‐Kindi (IX secolo d.C.) influenzato dall'astrologia, afferma che, a somiglianza delle stelle, anche le cose di questo mondo, siano esse sostanze o acciden%, eme/ono raggi. Di conseguenza, nel De aspecIbus, egli rifiuta la teoria dei raggi visuali, sostenendo che i raggi escono dai corpi luminosi e che ques% raggi si muovono in modo reGlineo, agiscono sull’occhio e causano la visione.
Abu Alì Mohammed ibn al Hasan ibn al Haytam – Alhazen (X-‐XI secolo) !
Alhazen riprende la tradizione fisico-‐fisiologica dell'oGca specula%va, e la rinnova con un notevole sviluppo sperimentale. Alhazen, che segue Galeno, dà una descrizione accurata, e anatomicamente esa/a, dell'occhio. La visione avviene ancora sul cristallino (per l'imbarazzante capovolgimento dell'immagine che altrimen% si o/errebbe se i raggi proseguissero oltre), ed è prodo/a da raggi luminosi riflessi dall'ogge/o verso l'occhio. La direzione dei raggi nel cono di visione viene dunque rovesciata rispe/o alla tradizione: il ver%ce va posto nell'ogge/o illuminato e la base (pun%forme) nella pupilla. Di conseguenza, l'ogge/o illuminato viene visto punto per punto. Alhazen può così costruire la piramide visiva senza preoccuparsi dei simulacri e della loro problema%ca permanenza ordinata nell'aria; dimostra in modo sperimentale che le luci e i colori emana% dai corpi non si mescolano con l'aria né con i corpi trasparen%. Nello studio della rifrazione della luce Alhazen ricorre ad analogie tra/e dall'esperienza, come i proieG meccanici, avvalendosi, per spiegare la riflessione, della permanenza della forza e del moto primi%vo nel raggio che si rifle/e. La sua grande opera fu edita a Basilea nel 1572 da F. Risner con il %tolo OpIcae thesaurus libri VII (unica opera di oGca medievale presente nella biblioteca di Galileo), ma i suoi manoscriG circolavano in la%no fin dal XII secolo e furono ripresi da Vitellione (ca. 1290) che ne diffuse le idee negli OpIcae libri X.
il frontespizio del OpIcae thesaurus libri VII, con il testo di Alhazen me/e in evidenza la varietà di problemi affronta% dallo studioso arabo
Lumen e Lux Nel XIII secolo nell’occidente cris%ano si giunge a una dis%nzione fra la rappresentazione psichica delle sensazioni prodo/e dall’occhio (lux) e l’agente esterno capace di s%molare il sensorio oculare (lumen).
La filosofia dominante (Roberto Grossatesta, Ruggero Bacone, Giovanni Pekham, Bonaventura, Tommaso d’Aquino) rifacendosi ai neoplatonici, Agos%no e Aristotele a/raverso Avicenna (Abu Ali Hosayn ibn AddillaH ibn Sina) si concentra sull’analisi metafisica e gnoseologica della lux, giungendo in alcuni casi, a negare ogni ruolo al lumen.
L’indirizzo teologico passa dall’iden%ficare la lux prima con Dio stesso, poi con una sua emanazione, quindi con una en%tà spirituale.
La visione viene considerata come collaborazione fra l’azione esercitata dalle “specie” sull’occhio e la capacità riceGva della psiche dell’osservatore, sempre con predominanza di quest’ul%ma.
Nel XIV secolo Giovanni Buridano, Guglielmo da Occam e Nicola Oresme valorizzano la conoscenza sensoriale rispe/o a quella intelleGva e riprendono lo studio del lumen, dando priorità alla geometrizzazione dei fenomeni oGci.
Dall’oGca pra%ca all’oGca moderna
Anche nel Medioevo, come nel mondo an%co, deve essere esis%ta un’oGca praIca, svincolata dall'alta cultura e diffusa nelle bo/eghe degli ar%giani, in par%colare in Italia. Alla fine del secolo XIII in questo ambiente fu scoperto l'uso delle len% convergen% per correggere la presbiopia e la creazione di occhiali. Uno sviluppo cri%co si ha con la scoperta che “vetri cavi” possono correggere la “vista debole” anche dei giovani. Ques% sviluppi sono completamente ignora% dall’alta cultura e i filosofi condannano le len% in quanto producono immagini non confermate dal ta/o e quindi fallaci e inducen% a errori.
Cardinale Hugo di Provenza allo scri/oio, affresco di Tommaso da Modena nella Basilica di San Nicolò a Treviso, 1352
len% per anziani, vetri per la vista debole
verso l’oGca moderna L'ottica moderna ha avuto inizio in Italia con Francesco Maurolico e Giovanni Battista Della Porta, due personalità del tutto opposte. Maurolico (1494-1575) rinnova l'ottica matematica degli antichi con i Photismi de lumine et umbra, che lasciò inediti fino alla morte. L’abate Maurolico era un matematico aristocratico e il suo punto di partenza era l’assunto che “ogni punto di un corpo luminoso irradia in ogni punto di un oggetto illuminato”. Da queste basi fu il primo a dare una spiegazione razionale del comportamento delle lenti. Dopo aver mostrato che le lenti convesse sono convergenti e quelle concave divergenti, Maurolico riconosce l'importanza del cristallino, che agisce esattamente come qualsiasi altra lente artificiale proiettando l'immagine all'interno dell'occhio. Affida il compito della visione genericamente al nervo ottico. I colori dell'arcobaleno vengono considerati come prodotti dalla rifrazione, allo stesso modo di quelli che si osservano mediante un prisma.
Giovanni BaGsta Della Porta
Della Porta (1535?-‐1615) nel tra/ato Magiae Naturalis (scri/a quando era giovanissimo) si riallaccia alla tradizione della storia naturale e dei libri di magia, riportando effeG meravigliosi prodoG dalla natura e gli ar%fici per riprodurli. Il 17° libro (1589), dedicato all'oGca, con%ene la descrizione della «camera oscura », perfezionata con l'aggiunta di una lente biconvessa all'apertura. Della Porta ri%ene che il meccanismo riproduca quel che avviene nell'occhio durante la visione, e l'apparato ar%ficiale rappresenta il modello per risolvere le annose ques%oni delle scuole filosofiche. Della Porta si occupa molto anche delle len%, elencando le loro possibili combinazioni per o/enere gli effeG più curiosi. Descrive anche la rice/a per costruire un canocchiale a oculare divergente. Studia il fenomeno della riflessione e rifrazione. I suoi libri ebbero una vas%ssima diffusione e influenza sulla cultura europea.
il telescopio di Galileo
L'invenzione del cannocchiale, avvenuta a cavallo del 1600 si ebbe in Italia, fuori dall'ambiente matema%co e filosofico e in via esclusivamente empirica, com'era costume tra i cultori dei segre% della natura. Il cannocchiale deriva dall'inserimento di una lente concava e di una convessa nel tubus opIcus, già usato nell'an%chità per delimitare il campo visivo. L'effe/o d'ingrandimento delle due len% sovrapposte doveva già essere noto, almena come curiosità, ma fu Galileo a portare quest'invenzione, messa in commercio in Olanda da J. Lipperseim (1609), alla ribalta della ricerca scien%fica. Più tardi (1626) lo stesso Galileo si dimostra interessato allo specchio che per riflessione faceva l'effe/o del telescopio. Le scoperte astronomiche di Galilei dal Nuncius Sidereus (1610) in poi aGrarono l'a/enzione della comunità scien%fica europea sul nuovo strumento, dando spazio anche a nuove contestazioni e rifiu% da parte del mondo tradizionalista.
Keplero e l’oGca geometrica moderna
Johannes Kepler (1571-‐1630) negli Ad Vitellionem Paralipomena (1604) riconosce la re%na come elemento sensibile e individua l'inversione dell'immagine che su essa si forma. L'opera riprende molte delle idee di Maurolico, ma con%ene solo riconoscimen% non sempre gius%fica% a Della Porta. Nella terminologia lascia cadere il termine lumen a favore di lux, sopprimendo di fa/o la dis%nzione. La luce ha velocità infinita (a differenza di Galileo) e si muove su una superficie, a/enuandosi dalla sorgente, mentre il raggio di luce esprime solo il moto e non ha consistenza fisica. La Dioptrice di Keplero (1611) è il primo grande tra/ato di oGca geometrica moderna: con%ene la teoria delle len%, le immagini oGche sia per riflessione che per rifrazione, e il perfezionamento del telescopio galileiano mediante len% biconvesse (telescopio «astronomico» perché il rovesciamento dell'immagine che esso provocava era poco rilevante per l'osservazione degli astri).
Cartesio e l’oGca fisica Con René Descartes Du Perron (1596-‐1650), l'oGca raggiunge la dimensione fisica: il problema della natura del lumen diventa lo scopo principale della ricerca, mentre perde ogni considerazione la lux. La sua Dioptrique va inserita nel proge/o di riforma della conoscenza abbozzato nel Discours de la methode, cioè innestata nella «nuova scienza» meccanicis%ca. La nuova concezione delle spazio, le leggi naturali e l'analisi quan%ta%va portata oltre le tre dimensioni della geometria tradizionale consentono a Descartes di scoprire la legge della rifrazione della luce, invano cercata fin dai tempi di Tolomeo. Afferma che la luce è movimento che procede in linea re/a e velocità infinita in un universo privo di vuoto, ma riempito di par%celle materiali e “celes%”, i cui vor%ci generano la luce; la luce del sole e delle stelle non è emessa dal sole e le stelle, ma la luce è prodo/a da vor%ci di materia celeste a/orno a tali corpi. I diversi colori dipendono dalla diversa velocità di rotazione delle par%celle celes%.
La formulazione della legge della rifrazione Descartes sos%ene che la luce deve obbedire alle stesse leggi che regolano il movimento di tuG gli altri corpi. Costruisce, quindi, un modello astra/o del movimento di una palla, lo scompone in due componen%, l'una perpendicolare, l'altra parallela al suolo, considera quest'ul%ma costante per la legge della conservazione del moto. Gius%ficata in questa modo la legge di riflessione, il modello viene applicato anche alla rifrazione, supponendo che, per a/rito, il mezzo opponga una resistenza minore alla luce di quanta non avvenga per la palla. Il raggio rifra/o si avvicina alla normale, secondo un rapporto costante tra le ascisse (le «linee dri/e»). La formulazione matema%ca della legge gli permise una spiegazione precisa dell’arcobaleno, dando ragione dell’arco primario e secondario.
Francesco Maria Grimaldi e la diffrazione
Nella Physico-‐mathesis de Lumine Coloribus et Iride (1665) il bolognese padre Francesco Maria Grimaldi vorrebbe fare una sintesi delle varie posizioni e idee, ma, pur essendo estremamente acuto, non riesce a cogliere le novità delle stru/ura teorica e filosofica della «nuova scienza». Un suo contributo importante per gli sviluppi futuri è la scoperta di un nuovo fenomeno che chiama diffrazione della luce: “Lumen propagatur seu diffunditur non solum Directe, Refracte ac Reflexe, sed eIam alio quodam Quarto modo, Diffracte”. Descrive l’osservazione di frange che appaiono quando la luce, passando per un piccolo foro lambisce degli ostacoli, perme/endo all’ombra di penetrare nella zona illuminata e viceversa.
diffrazione da un foro largo e da un foro stre/o
Isaac Newton e la nuova filosofia naturale !
L'oGca di Newton, pur implicando una revisione del metodo cartesiano, divenne realmente il cuore della nuova filosofia naturale, come lo stesso Descartes aveva proge/ato. Nella OpIcks del 1704 propone una nuova definizione di raggio di luce basata su una teoria corpuscolare: “Per raggi di luce intendo le sue par% minime”. La parte dell'OpIcks che ha maggiormente colpito l'immaginazione dei contemporanei per la naturalezza e la semplicità con cui gli esperimen% sembravano suffragare dire/amente e senza sospe/o di dubbio la teoria, fu quella dedicata ai colori.
la teoria dei colori di Newton !Essa, in sintesi, affermava che: (a) i colori sono qualità (o proprietà) innate e
immutabili dei raggi di luce, i quali ul%mi sono sostanze e non qualità;
(b) non esistono raggi di luce bianca perché il bianco non è un colore reale (cioé non è una qualità innata e immutabile della luce, non è una sostanza);
(c) la luce bianca è un aggregato eterogeneo di sostanze dis%nte, e cioé la luce è sempre, in realtà, luce colorata.
Questa do/rina, aveva il grande pregio di spiegare il mistero dei colori in modo facilmente accessibile all'immaginazione. Il suo grande successo mise in ombra le difficoltà che Newton incontrò nel gius%ficare altri fenomeni.
Chris%an Huygens nei suoi Traite de la lumiere (1678) e Dioptrique (1704) rifle/e a lungo sulla propagazione reGlinea della luce e si convince che la luce non poteva essere cos%tuita di corpuscoli materiali, in quanto ques% si sarebbero scompagina% intersecandosi a vicenda o a/raversando la materia solida. Paragonando la luce al suono, Huygens avanza l'ipotesi che la luce consista di onde, ossia di vibrazioni rapidissime prodo/e dalle par%celle di materia. Poiché queste onde si propagano anche nel vuoto, deve esistere un mezzo estremamente soGle (luminiferous aether) che ne cos%tuisca il supporto. Le proprietà di questo etere sono esclusivamente meccaniche: è perfe/amente duro ed elas%co ma anche soGle al punto da penetrare in tuG i corpi; esso non è percepibile mediante i nostri sensi. "
Chris%an Huygens e la luce come onda
La ques%one se la velocità della luce fosse finita o infinita viene risolta nel 1656 dall’astronomo Ole Christensen Rømer con una misura degli occultamen% dei satelli% di Giove. Giove ha 4 satelli% che entrano nella sua ombra ogni volta che fanno un giro. L’intervallo tra due successivi occultamen% in cer% periodi dell’anno è inferiore alla media, in altri è superiore. Rømer lo spiega osservando che i segnali luminosi associa% all’occultamento partono a tempi regolari, ma devono compiere percorsi differen% al variare della distanza della terra da Giove. Con i da% a sua disposizione trova una velocità di 220 000 km/s.
Misure successive ne hanno migliorato la conoscenza fino al valore a/uale c = 299792458 m/s preso come valore esa/o, unità di misura"
misura della velocità della luce
l’eclisse dell’ottica!Nel Se/ecento, l'oGca newtoniana si diffuse con crescente successo, ma rimase come imbalsamata: essa aveva i suoi fondamen% nella filosofia della Natura del Seicento e aveva ormai perso la sua originaria fecondità. Tra i pochi newtoniani che ne tentarono un perfezionamento figura Ruder Boscovich che, con I'ipotesi a/raGvo-‐repulsiva della materia, cerco di ovviare alle difficoltà incontrate da Newton. Il dibaGto sulla “vis viva”, l'interesse per i fenomeni ele/rici e chimici stava togliendo all'oGca quel privilegio di scienza paradigma%ca per la costruzione della “nuova filosofia” che era stato il vero e primario obieGvo sia di Descartes, sia di Newton.
Basandosi sulle esperienze di foto-‐chimica, Antoine-‐Laurent de Lavoisier nel 1780 sviluppa una teoria materiale della luce, tra/ata in modo analogo al calore (Memoire sur La Chaleur). La luce viene spiegata come un fluido elas%co “soGle” privo di massa in grado di penetrare e venir assorbito dai corpi, eventualmente producendo effeG chimici.
Thomas Young nel 1803 presentò alla Royal Society di Londra esperimen% di diffrazione di luce in varie condizioni, in par%colare a/raverso una doppia fenditura, che amme/evano una descrizione razionale solo in termini di una propagazione ondulatoria della luce. A lui è dovuta anche l’associazione del colore a diverse frequenze delle onde !
rinasce la teoria ondulatoria della luce
il dominio della teoria ondulatoria
Nel corso dell’800 la teoria ondulatoria della luce divenne il paradigma della descrizione dei fenomeni oGci, consolidandosi grazie al contributo di mol% fisici, che riuscirono a tra/are i vari fenomeni associa% alla propagazione luminosa nei vari mezzi materiali. Un contributo fondamentale venne dai lavori di Augus%n-‐Jean Fresnel, che riprese i lavori di Grimaldi sulla diffrazione e con una serie di esperimen% ed elaborazioni matema%che mise in evidenza le proprietà della polarizzazione della luce (introdo/a da É%enne-‐Louis Malus nel 1810), individuò le leggi dell’interferenza fra differen% sta% di polarizzazione, e trovò convincen% evidenze a sostegno della natura unicamente traversale delle onde luminose. Le sue ricerche fra il 1815 e il 1824 portarono alla maturità della teoria ondulatoria della luce. Formulazioni matema%che più avanzate vennero da parte di Augus%n-‐Louis Cauchy, Gustav Robert Georg Kirchhoff e Hermann Ludwig Ferdinand von Helmholtz.
la ques%one dell’etere
Young riprendendo la descrizione ondulatoria si trovò forzato ad accogliere anche il luminiferous aether di Huygens come supporto fisico dei fenomeni oGci. So/oposto alle misure sempre più precise delle proprietà della radiazione luminosa, l’etere, in quanto stru/ura meccanica che riempie tu/o lo spazio si rivelò un conce/o complesso dotato di proprietà contradditorie. La sua analisi ha svolto un ruolo determinante nella fisica durante tu/o l’800, dando origine a profondi contras% fra i fisici. In realtà è difficile definire un'immagine di etere che fosse acce/ata da una parte rilevante della comunita scien%fica e che, allo stesso tempo, riuscisse a resistere per un lungo periodo. Anche il genere di ques%oni che i fisici consideravano prioritarie, allo scopo di approfondire la natura dell'etere, mutò radicalmente di decennio in decennio.
Il campo ele/romagne%co e la natura fisica della luce
Le equazioni formulate da James Clerk Maxwell nel 1861 per descrivere il campo ele/romagne%co prevedono che una carica ele/rica in movimento produca una perturbazione che si propaga nello spazio circostante come un’onda tridimensionale catra/erizzata da una velocità costante, esa/amente la velocità della luce.
"We can scarcely avoid the conclusion that light consists in the transverse undula%ons of the same medium which is the cause of electric and magne%c phenomena."
osservazione di onde ele/romagne%che La conferma sperimentale delle onde ele/romagne%che si rivelò molto delicata e risolto, dopo mol% tenta%vi di mol% ricercatori, da Heinich Hertz nel 1987, più di 20 anni dopo la pubblicazione della teoria. Il problema fondamentale è dato dall’enorme velocità della luce, per cui occorre un generatore d’impulsi etremamente rapido, di solo qualche ns. Hertz u%lizzo un rocche/o d’induzione di Ruhmkoff opportunamente modificato e riuscì a o/enere sequenze di oscillazione con periodo di 12 ns; come rivelatore usò un filo metallico interro/o collegato a uno spinterogeno e fra le due punte l’onda produce scin%lle, microscopiche e rapidissime, ma osservabili.
luce e onde ele/romagne%che
La “luce”, l’ente che ci fa vedere, è solo un caso par%colare delle onde ele/romagne%che, cara/erizzata da una gamma limitata di frequenze, mentre non vi sono limitazioni ai valori di frequenza per le onde ele/romagne%che generali, né ha la “luce” cara/eris%che speciali che la rendano ontologicamente diversa dalle altre radiazioni ele/romagne%che
la luce possiede una quan%tà di moto !La luce, oltre a trasportare energia, possiede anche una quan%tà di moto, in base alla rela%vità par%colare, data da E/c, in generale quindi imperceGbile. Vi è un fenomeno impressionante dovuto al trasferimento di quan%tà di moto della radiazione solare: la creazione della coda delle comete, che viene formata all’avvicinarsi dell’astro al sole ed è sempre dire/a opposta al sole
Albert Einstein e la luce 1 * la velocità della luce c nel vuoto è la stessa in ogni sistema di riferimento inerziale > rela%vità par%colare >> c diventa un parametro della stru/ura spazio-‐temporale, che coincide con la velocità della luce >>> non serve più un etere
Albert Einstein e la luce 2 * la radiazione ele/romagne%ca nella sua interazione con la materia scambia energia per mul%pli di quan% elementari >> teoria del corpo nero >> ipotesi dei quan% di luce – fotoni “La luce in questi processi si comporta non come un’onda ma come un gas di corpuscoli, i quanti di luce” >>> effetto fotoelettrico
effe/o fotoele/rico !nei suoi esperimen% Hertz osserva che la radiazione ele/romagne%ca espelle ele/roni dai materiali che la assorbe. Il processo presenta le proprietà: -‐ l’intensità della radiazione incidente determina il numero di fotoele/roni emessi, ma non la loro energia -‐ l’energia massima dei fotoele/roni dipende solo dalla frequenza della radiazione -‐ per ogni materiale esiste una frequenza di soglia, so/o la quale la radiazione non libera ele/roni, qualunque sia la sua intensità; se la frequenza supera la soglia si ha emissione istantanea di ele/roni anche se l’intensità è debolissima
La teoria ondulatoria riesce a spiegare solo la prima delle proprietà, ma non possiede meccanismi per le altre
la spiegazione di Einstein !
La radiazione non solo possiede un’energia quan%zzata data dalla relazione E = hν, ma interagisce con la materia come una par%cella con una precisa localizzazione spaziale, per cui interagisce con un singolo ele/rone, anzichè diffondersi su tu/a la superficie del materiale. La soglia è dovuta all’energia necessaria per liberare l’ele/rone e dipende dalle proprietà del materiale. L’energia dell’ele/rone emesso risulta quindi dalla differenza fra l’energia del fotone e il lavoro di estrazione W Ecin= hν – W l’energia massima dipende quindi dalla sola frequenza
la diffusione Compton !nell’ipotesi di Einstein che nel processo fotoele/rico un fotone agisce dire/amente con un singolo le/rone, si dovrebbe osservare anche un processo di diffusione in cui un fotone e un ele/rone interagiscono come in un urto fra par%celle. L’esperimento è stato studiato da Arthur Holly Compton nel 1924, nel corso dei suoi studi sulle proprietà dei raggi X. Usando raggi X (fotoni) dell’energia di 17,5 keV, molto superiore all’energia di legame degli ele/roni nella materia (qualche eV) si può considerare l’ele/rone come libero e in quiete. La tra/azione classica dell’urto di par%celle prevede -‐ la conservazione dell’energia -‐ la conservazione della quan%tà di moto in forma ve/oriale si trova così un valore per la lunghezza d’onda del fotone diffuso, verificato con alta accuratezza dai da% sperimentali
compton
aspetto inquietante
status ontologico della radiazione: doppia natura contradditoria - onde elettromagnetiche - quanti di luce come particelle
compare il dualismo onda-particella
Foton ident
coraggio!
“In the world of human thought generally, and in physical science par%cularly, the most important and frui�ul concepts are those to which it is impossible to a/ach a well-‐defined meaning” H.A. Kramers
qualche le/ura
• A.C. Crombie, Da S.Agos%no a Galileo, Feltrinelli, 1970
• E.J. Dijksterhuis, Il meccanicismo e l’immagine del mondo, Feltrinelli, 1971
• V. Ronchi, Soria della luce, Laterza, 1983 • A.I. Sabra, Theories of Light, Cambridge University Press, 1981
• A. BeGni, Le onde e la luce, Zanichelli, 1993