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estratto STUDI kantiani xxi 2008 PISA · ROMA FABRIZIO SERRA · EDITORE 2008

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estratto

STUDIkantiani

xxi2008

PISA · ROMA

FABRIZIO SERRA · EDITORE2008

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SULL’INTERPRETAZIONE COERENTISTADELLA CONCEZIONE KANTIANA DELLA VERITÀ*

Alberto Vanzo

1. Introduzione

n numero davvero notevole di studiosi, da Ernst Cassirer a Gerold Prauss, da Nor-man Kemp Smith a Hilary Putnam, ha sostenuto che Kant ha adottato una teoria

coerentista della verità.1 Questa interpretazione non è stata universalmente accettata.Vari interpreti hanno attribuito a Kant una concezione corrispondentista della verità.2Altri l’hanno visto come un sostenitore di una teoria che riunisce degli elementi di teorie corrispondentiste, coerentiste e magari consensualiste.3 Uno studioso, poi, hasostenuto che «nella filosofia di Kant non vi è nessuna teoria della verità».4 Nonostantealcuni autori abbiano cercato di confutare l’interpretazione coerentista,5 quest’ultimasi è dimostrata molto radicata nella letteratura, riaffiorando spesso negli studi recenti.6

* Desidero ringraziare Silvia Gaio, Gabriele Tomasi ed i membri del Padova Kreis per preziose osservazio-ni su versioni precedenti di questo testo.

Nelle citazioni delle opere di Kant, oltre alle sigle indicate in fondo al volume, ho usato le seguenti sigle:LBauch = Logik Bauch, in I. Kant, Logik-Vorlesung. Unveröffentlichte Nachschriften, a cura di T. Pinder, Hamburg,Meiner, 1998, vol. 1. L’abbreviazione ‘rt’ indica le annotazioni marginali al testo della LBauch; LHechsel = LogikHechsel, in I. Kant, Logik-Vorlesung. Unveröffentlichte Nachschriften, cit., vol. 2, pp. 269-499; LWarschauer = War-schauer Logik, in I. Kant, Logik-Vorlesung. Unveröffentlichte Nachschriften, cit., vol. 2, pp. 503-659. Nelle citazionidella KrV ho seguito la traduzione di Costantino Esposito (Milano, Bompiani, 2004). Nelle citazioni della LWie-ner ho seguito la traduzione di Bruno Bianco (Milano, FrancoAngeli, 2000).

1 Cfr. E. Cassirer, Erkenntnistheorie nebst den Grenzfragen der Logik, in Gesammelte Werke. Hamburger Ausga-be, vol. 9, red. da M. Simon, Hamburg, Meiner, 2001, pp. 139-200; E. Cassirer, Erkenntnistheorie nebst den Grenz-fragen der Logik und Denkpsychologie, ivi, vol. 17, red. da T. Berben, Hamburg, Meiner, 2001, pp. 13-81; E. Cassi-rer, Kants Leben und Lehre, ivi, vol. 8, red. da T. Berben, Hamburg, Meiner, 2001 (basato sulla ii ed. ampliata del1921), pp. 143-144, 274 (trad. it. di G. A. De Toni con il tit. Vita e dottrina di Kant, a cura di M. Dal Pra, Firenze, LaNuova Italia, 1977, pp. 177, 339); G. Prauss, Einführung in die Erkenntnistheorie, Darmstadt, WissenschaftlicheBuchgesellschaft, 1980, pp. 28-37, 152-171; N. Kemp Smith, A Commentary to Kant’s ‘Critique of Pure Reason’, ii ed.,London, Macmillan, 1923, pp. xxxvii-xxxix, 36; H. Putnam, Reason, Truth and History, Cambridge, CambridgeUniversity Press, 1981, pp. 54-74.

2 Cfr., ad es., T. Nenon, Objektivität und endliche Erkenntnis. Kants transzendentalphilosophische Korrespon-denztheorie der Wahrheit, München, Alber, 1986; G. Schulz, Veritas est adaequatio intellectus et rei. Untersuchun-gen zur Wahrheitslehre des Thomas von Aquin und zur Kritik Kants an einem überlieferten Wahrheitsbegriff, Leiden,Brill, 1993; R. Hanna, Kant, Truth, and Human Nature, «British Journal for the History of Philosophy», viii, 2,2000, pp. 225-250.

3 Ad es. P. Parrini, Sulla teoria kantiana della conoscenza: verità, forma, materia, in Kant. Lezioni di aggiorna-mento, Bologna, Zanichelli, 1990, pp. 35-67; L. F. H. Svensen, Kant’s Theory of Empirical Truth, in Kant und dieBerliner Auf klärung. Akten des xi. Internationalen Kant-Kongresses, a cura di V. Gerhardt, R.-P. Horstmann, R.Schumaker, Berlin, de Gruyter, 2001, vol. 2, pp. 847-855; O. Höffe, Kants Kritik der reinen Vernunft. Die Grundle-gung der modernen Philosophie, iv ed., München, Beck, 2004, pp. 158-164.

4 I. Hacking, Representing and Intervening. Introductory Topics in the Philosophy of Natural Science, Cambrid-ge, Cambridge University Press, 1983, p. 98.

5 Cfr. soprattutto T. Nenon, Limitations of a Coherence Theory of Truth in Kant’s Critical Philosophy, «Inter-national Studies in Philosophy», xxvi, 2, 1994, pp. 33-50.

6 Cfr. D. V. Hofmann, Gewißheit des Fürwahrhaltens. Zur Bedeutung der Wahrheit im Fluß des Lebens nach Kantund Wittgenstein, Berlin, de Gruyter, 2000, pp. 201-208; J. N. Mohanty, Kant on ‘Truth’, in Realism. Responses

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«studi kantiani» · xxi · 2008

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78 alberto vanzoIn questo saggio mi propongo di argomentare che Kant non ha adottato una teo-

ria coerentista della verità. Dopo aver delineato le caratteristiche fondamentali delleteorie coerentiste (Par. 2), passerò in rassegna tre teorie coerentiste della verità e dueteorie coerentiste della verità empirica che Kant potrebbe avere adottato (Parr. 3, 4,5). Mostrerò che le tre teorie della verità sono incompatibili con i testi di Kant. Le dueteorie della verità empirica sono compatibili con i testi, ma non vi sono ragioni suffi-cientemente forti per ritenere che Kant le abbia adottate. Nella conclusione suggeri-rò un’interpretazione alternativa della concezione kantiana della verità.

Due limiti circoscrivono la presente indagine. Innanzitutto si prenderanno in con-siderazione solo le posizioni espresse da Kant nel periodo critico, inteso come il pe-riodo che va dalla pubblicazione della prima Critica nel 1781 alla morte di Kant nel1804.1 Inoltre non si cercherà di stabilire se questa o quella teoria coerentista dellaverità sia coerente con lo ‘spirito’ o con le intuizioni fondamentali che sono alla ba-se della filosofia critica, qualunque esse siano.2 Non ci si chiederà nemmeno se unaversione della filosofia critica sostenibile al giorno d’oggi implichi l’adesione a unateoria coerentista della verità. Ci si limiterà ad indagare se alcune teorie coerentistesiano in linea con le tesi e le dottrine che il Kant critico ha difeso e sottoscritto esplicitamente.

Le teorie della verità di cui ci si occuperà non sono teorie sul significato che le per-sone sono solite attribuire al predicato «è vero», ossia sul loro concetto ordinario di ve-rità. Non sono nemmeno teorie sui modi per scoprire se una proposizione, un giudi-zio o un enunciato siano veri o falsi. Sono teorie che spiegano cosa sia la proprietà dellaverità, ossia in cosa consista l’esser vero di una proposizione, un enunciato, o qualsiasialtro ente che possa essere vero o falso. Il significato che le persone sono solite attri-buire al predicato «è vero», ossia il loro concetto ordinario di verità, potrebbe diver-gere da ciò che la verità è realmente.3 Indagare i metodi di cui disponiamo per stabi-lire quali proposizioni o enunciati siano veri potrebbe gettare luce sulla natura dellaverità, ma solleva anche varie questioni che non è necessario affrontare per spiegarecosa essa sia, ad esempio: i nostri sensi sono affidabili? Contenuti mentali non propo-sizionali possono fornire una giustificazione per le nostre credenze?

Seguirò Kant nell’usare il termine «giudizio» per designare i portatori di valori diverità. Non farò nessuna assunzione su quale sia la loro natura (atti linguistici, conte-nuti mentali, enti astratti, ecc.). Un altro termine con cui Kant è solito designare i portatori di valore di verità è «conoscenza» (Erkenntnis). Dunque per Kant una cono-scenza può essere falsa.4 Tenderò a non usare il termine «conoscenza» per evitare con-

and Reactions. Essays in Honour of Pranab Kumar Sen, New Delhi, Indian Council of Philosophical Research,2000, pp. 335-352; J. Mensch, Kant on Truth, «Idealistic Studies», xxxiv, 2, 2004, pp. 163-172; A. Pieretti, Verità,in Enciclopedia filosofica, a cura di V. Melchiorre, Milano, Bompiani, 2006, vol. 12, pp. 12049-12071: qui p. 12056.

1 Sulla concezione kantiana della verità prima del 1781, cfr. T. Nenon, Objektivität und endliche Erkenntnis,cit., pp. 166-171.

2 Questo approccio anima, ad es., le considerazioni di N. Kemp Smith, A Commentary to Kant’s ‘Critique ofPure Reason’, cit.

3 Per chiarire questo punto, si pensi ai risultati dell’indagine filosofica su spazio e tempo delineata nella prima parte della Critica della ragion pura. Se quell’indagine è corretta, spazio e tempo hanno una natura assaidiversa da ciò che le persone, naturalmente inclini ad abbracciare il realismo trascendentale, sono solite pensare. Quindi uno studio del concetto ordinario di spazio e tempo non porterebbe alla luce ciò che spazio etempo sono realmente. 4 Cfr. p.e. KrV, A 58 B 83.

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sull’interpretazione della concezione kantiana della verità 79fusioni con gli usi correnti del termine, secondo cui una credenza può essere una co-noscenza solo se è vera.

Con l’espressione «teoria coerentista» mi riferirò sempre a teorie della verità e nona teorie della giustificazione.

2. Cosa dovrebbe sostenere Kant per essere un coerentista?

Secondo Norman Kemp Smith e molti altri interpreti, «Kant è il vero fondatore dellateoria coerentista della verità».1 Ma cosa sostiene la teoria coerentista della verità?

Più che di una teoria coerentista è appropriato parlare di teorie coerentiste, dal mo-mento che sono state formulate varie teorie di questo tipo. Esse sostengono che la ve-rità di un giudizio consiste nella sua appartenenza ad un insieme coerente ed appro-priato di giudizi. È dunque necessario spiegare cosa si intenda con questi due termini.

Il termine «coerenza» ha due significati. In un primo significato la coerenza è unaproprietà di insiemi di giudizi. Un insieme di giudizi è coerente se soddisfa una certorequisito, che varia nelle diverse teorie coerentiste. Consideriamo due esempi: la coe-renza come consistenza e la coerenza come derivabilità.

La coerenza è spesso identificata con la consistenza. Un insieme di giudizi è consi-stente se da un insieme di premesse che siano tutte membri di quell’insieme non èpossibile inferire alcun enunciato contraddittorio (ad es. ‘un uomo vecchio non è vecchio’, ‘un uomo è vecchio e non è vecchio’), impiegando nell’inferenza solo leggilogiche (come il modus ponens) e sostituzioni autorizzate dall’analisi dei termini dellepremesse (ad esempio la sostituzione di ‘Luigi è giovane’ con ‘Luigi non è vecchio’).

In alternativa, la coerenza può essere identificata con una forma di derivabilità. Uninsieme di giudizi è coerente in questo senso se è consistente ed è possibile inferireogni membro dell’insieme dalla congiunzione di tutti gli altri membri dell’insieme.2

In un secondo significato la coerenza è una relazione tra un giudizio e un insiemedi giudizi. Il giudizio p è coerente con l’insieme di giudizi {q, r,… z} se l’insieme {p,q, r,… z} è un insieme coerente nel primo significato del termine.

L’idea alla base delle teorie coerentiste è che la verità di un giudizio consiste nel suointrattenere una certa relazione (consistenza, derivabilità, ecc.) con un insieme di giu-dizi, ossia con degli enti che possono essere veri o falsi, e non una relazione con og-getti, fatti o altri enti che non possono essere veri o falsi.3 Per una relazione di questotipo si usa invece il termine «corrispondenza» (l’equivalente della adaequatio delle teo-rie tradizionali).4

1 N. Kemp Smith, A Commentary to Kant’s ‘Critique of Pure Reason’, cit., p. 36; cfr., ad es., A. C. Grayling, AnIntroduction to Philosophical Logic, iii ed. riv., Oxford, Blackwell, 1997, pp. 129-130.

2 Chi adotta una nozione di coerenza di questo tipo deve spiegare quali inferenze vadano ammesse comevalide. Si possono ammettere solo inferenze deduttive, oppure si possono ammettere anche inferenze indutti-ve ed inferenze alla migliore spiegazione.

3 Presuppongo che i fatti non possano essere veri o falsi. Coloro che identificano i fatti con proposizioni ve-re, come P. F. Strawson, Truth, «Aristotelian Society Supplementary Volume», xxiv, 1950, pp. 129-156, non con-dividono questa assunzione.

4 Perciò sostenere che un giudizio è vero se è coerente con l’oggetto su cui verte significherebbe caratteriz-zare la verità in termini corrispondentisti, impiegando il termine «coerente» in maniera insolita (cfr. A. R. Whi-te, Coherence Theory of Truth, in The Enciclopedia of Philosophy, a cura di P. Edwards, New York, Macmillan, 1967,vol. 2, pp. 130-133: qui pp. 132-133). Negli scritti di Kant e dei suoi contemporanei non si trova una simile distin-

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80 alberto vanzoProprio l’intento di evitare qualsiasi riferimento agli oggetti nella definizione della

verità è spesso alla base dell’abbandono di teorie corrispondentiste a favore delle teorie coerentiste. Ad esempio, secondo vari studiosi, Kant avrebbe abbandonato latradizionale concezione della verità come adaequatio dei giudizi agli oggetti a favoredella «tesi che la verità consiste nella relazione [di un giudizio] con un sistema [di giudizi]»1 a causa dell’inconoscibilità delle cose in sé.2 Se la verità del giudizio ‘la rosaè rossa’ consiste nella sua adaequatio con una rosa in sé, e quest’ultima è inco noscibile,allora non si può sapere se ‘la rosa è rossa’ sia vero o falso. Per salvaguardare la possibilità di sapere quali giudizi siano veri, Kant avrebbe rimpiazzato la tradizionaledefinizione della verità come adaequatio di un giudizio con un oggetto con una defi-nizione della verità come coerenza di un giudizio con un insieme di giudizi, che pos-siamo formulare e comprendere. Così l’adozione di una teoria coerentista gli avreb-be consentito di evitare lo spettro dello scetticismo.

Non di rado, però, accade che vari insiemi di giudizi siano incompatibili l’unocon l’altro e, ciò nonostante, siano tutti coerenti nel senso definito da una qualcheteoria coerentista. Consideriamo ad esempio la seconda forma di coerenza delinea-ta a p. 79, ossia la coerenza come derivabilità. Non è difficile costruire due insiemidi giudizi che abbiano le seguenti caratteristiche: entrambi gli insiemi sono coe-renti, ma un insieme contiene un certo giudizio e l’altro contiene la sua negazione.Dal momento che un giudizio e la sua negazione non possono essere entrambi ve-ri, almeno uno dei due insiemi contiene un giudizio falso. Chiamerò l’insieme checontiene tutti i giudizi veri e non contiene nessun giudizio falso semplicemente‘l’insieme dei giudizi veri’. Se vi sono diversi insiemi coerenti di giudizi, quale di es-si è l’insieme dei giudizi veri e quali, invece, contengono dei giudizi falsi o non con-tengono dei giudizi veri? Per rispondere a questa domanda i coerentisti devono in-trodurre un secondo requisito (possiamo chiamarlo ‘appropriatezza’) che, tra tuttigli insiemi coerenti, è soddisfatto solo dall’insieme dei giudizi veri. Ad esempio, unateoria coerentista che è stata attribuita a Kant sostiene che l’insieme appropriato èun insieme di giudizi che sono coerenti non solo l’uno con l’altro, ma anche concerti giudizi che hanno uno status privilegiato, i giudizi che descrivono le nostrepercezioni.

Dunque Kant, per avere una teoria coerentista, deve sostenere che la verità di ungiudizio non consiste nella sua corrispondenza con un oggetto o un fatto, ma nellasua appartenenza ad un insieme coerente ed appropriato di giudizi. Egli potrebbe so-stenere, ad esempio, che i giudizi veri sono:

- consistenti l’uno con l’altro (perché è impossibile che un giudizio e la sua nega-zione siano entrambi veri);

zione terminologica tra relazioni di corrispondenza e relazioni di coerenza. Essi usano il termine «Überein-stimmung» sia per la relazione di un giudizio con un oggetto (cfr. KrV, A 58 B 83; Prol, AA iv 279; G. F. Meier,Vernunftlehre, Halle, Gebauer, 1752, § 127) che per la relazione di un giudizio con altri giudizi (cfr. KrV, A 59 B 84;Prol, AA iv 307; G. F. Meier, Vernunftlehre, cit., § 79). Sull’uso che Kant fa di «Übereinstimmung» e dei terminicollegati, cfr. T. Nenon, Limitations of a Coherence Theory of Truth in Kant’s Critical Philosophy, cit., p. 46, nota 7.

1 G. E. Moore, Truth and Falsity (1) and Error, in Dictionary of Philosophy and Psychology, a cura di J. M. Bald-win, vol. 2, New York, Macmillan, 1902, pp. 716-718: qui p. 718.

2 Cfr., ad es., H. Putnam, Why There Isn’t a Ready-Made World, in Philosophical Papers, vol. 2, Cambridge,Cambridge University Press, 1983, pp. 205-228: qui pp. 206, 210.

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sull’interpretazione della concezione kantiana della verità 81- conformi alle leggi della filosofia trascendentale, come la legge di causa ed effetto

(cosicché, se un giudizio che descrive un certo evento è vero, un giudizio che descriveun suo effetto deve essere anch’esso vero);

- e supportati dai dati di senso.Il primo requisito è una forma di coerenza. La conformità alle leggi della logica tra-

scendentale e l’essere supportato dai dati di senso sono le condizioni restrittive cheisolano, tra gli insiemi coerenti, quello che è anche appropriato.

Ralph Walker, tra gli altri, ha attribuito a Kant una concezione della verità di questotipo, quantomeno per i giudizi empirici:

All’interno del mondo dei fenomeni […] la verità è una questione di coerenza da un lato con«le condizioni formali dell’esperienza, ossia con le condizioni dell’intuizione e dei concetti» [leleggi dell’Estetica e della Logica trascendentale], e dall’altro lato con «le condizioni materialidell’esperienza, ossia con la sensazione» (KrV, A218/B265 ss.). […] La verità non è una que-stione di corrispondenza con qualche realtà che sussiste indipendentemente dalle nostre cre-denze su di essa; «la verità consiste semplicemente nella connessione completa delle rappre-sentazioni in accordo con le leggi dell’intelletto» (Refl 5642, AA xviii 280-281).1

Vediamo ora se una teoria coerentista di questo tipo o di qualche altro tipo è in lineacon i testi di Kant. Considereremo tre teorie. La prima identifica la verità di un giu-dizio con la sua coerenza con le leggi della logica formale. La seconda identifica la ve-rità di un giudizio con la sua coerenza con le leggi della logica formale, dell’Esteticatrascendentale e della Logica trascendentale della Critica della ragion pura. La terzaidentifica la verità di un giudizio con la sua coerenza con tali leggi e con i dati di senso.

3. Coerenza con le leggi della logica formale

La cosiddetta «logica formale» di Kant è la disciplina che egli chiama «logica genera-le pura».2 La consistenza con le leggi di questa disciplina è una condizione necessaria,ma insufficiente per la verità:

una logica che esponga le regole generali e necessarie dell’intelletto dovrà presentare proprioin queste regole i criteri della verità. E difatti, ciò che contraddice a questi ultimi è falso […]Questi criteri però […] sono totalmente corretti, ma non sono sufficienti.3

Kant fornisce tre liste parzialmente divergenti delle leggi logiche a cui un giudizio de-ve essere conforme per essere vero. Talvolta egli nomina due leggi: il principio di noncontraddizione ed il principio di ragione sufficiente.4 Altri passi nominano questi

1 R. Walker, The Coherence Theory of Truth. Realism, Anti-Realism, Idealism, London, Routledge, 1989, p. 62;cfr. Idem, Empirical Realism and Transcendental Anti-Realism. ii, «Aristotelian Society Supplementary Volume»,lvii, 1983, pp. 155-177: qui p. 157.

2 Per quanto mi è noto, Kant chiama la logica generale pura «logica formale» solo in KrV, A 131 B 170. È importante ricordare che la logica formale di Kant è assai diversa dalla logica formale dei nostri giorni. Essa sirichiama alla logica aristotelica e scolastica, pur presentando vari aspetti originali.

3 Ivi, A 59 B 83-84.4 Ad es. in LPölitz, AA xxiv 525-526, 527-528 = LWarschauer, 552-553; Refl 2182 [1790-1804? 1776-1778??], AA xvi

261. Kant distingue il principio logico di ragione sufficiente dal principio metafisico di ragione sufficiente. Ilprincipio logico di ragione sufficiente comprende due leggi: ‘se da giudizio, in congiunzione con giudizi verisi possono inferire giudizi falsi, quel giudizio è falso’; ‘se tutti i giudizi che si possono inferire da un giudizio,

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82 alberto vanzoprincipi e il principio del terzo escluso,1 oppure il principio che tra varie conoscenze«deve trovarsi unità».2 Kant ritiene che tutte queste leggi siano conseguenze logichedella legge di non contraddizione, tant’è vero che il passo appena citato identifica laconformità delle conoscenze «alla forma logica» e la loro non-contraddittorietà.3

Un insieme di giudizi è consistente con la legge di non contraddizione, e dunquecon le leggi della logica formale, se

[condizione 1]non è possibile derivare nessuna contraddizione da premesse che siano tutte membri di quel-l’insieme, impiegando nell’inferenza soltanto leggi logiche e sostituzioni autorizzate dal si-gnificato dei termini delle premesse.

Nei termini di Kant, i giudizi che soddisfano questo requisito sono «in accordo con sestessi». Ma «tutte le bugie possono essere vere, se non occorre altra conferma se nonl’accordo della conoscenza con se stessa».4 Pertanto la consistenza di un insieme digiudizi con le leggi della logica formale, da sola, non può essere la base di una teoriacoerentista della verità.

A dire il vero, vi è un tipo di giudizi per cui Kant potrebbe identificare la verità conla consistenza. Si tratta dei giudizi analitici. Ogni giudizio analitico vero è consisten-te ed ogni giudizio analitico falso implica una contraddizione.5 Kant scrive che il prin-cipio di non contraddizione è il «principio universale e del tutto sufficiente di ogni co-noscenza analitica».6 Gli interpreti coerentisti, tuttavia, aspirano a spiegare anche laverità dei giudizi sintetici nei termini di una forma di coerenza, e ciò non è possibilese la coerenza in questione non è altro che la consistenza.7

in congiunzione con giudizi veri, sono veri, allora quel giudizio è vero’. Kant sottolinea che questo principioappartiene alla logica, e non alla metafisica, in FM, AA xx 277; LHechsel, 330; LWiener, AA xxiv 827. Il principiometafisico di ragione sufficiente è la legge causale, formulata in KrV, A188 e B232. In questo saggio, con l’espres-sione «principio di ragione sufficiente», mi riferisco al principio logico di ragione sufficiente.

1 Ad es. Br, AA xvi 45; FM, AA xx 278; Refl 2167, 2176, 2178, 2185 [1776-1804], AA xvi 257-261.2 LWiener, AA xxiv 824; LPölitz, AA xxiv 526 = LWarschauer, 549; LHechsel, 325-326.3 Kant considera il principio del terzo escluso una conseguenza logica della legge di non contraddizione:

cfr. ML2, AA xxviii 544, MMron, AA xxix 791, in contrasto con ivi, AA xxix 793. Inoltre tre passi suggerisconoche, per Kant, i principi di ragione sufficiente e del terzo escluso siano conseguenze logiche del principio dinon contraddizione: FM, AA xx 278; LPölitz, AA xxiv 525; MSchön, AA xxviii 478-479.

4 LWiener, AA xxiv 822-823.5 Solitamente, quando Kant parla dei giudizi analitici, prende in considerazione soltanto i giudizi veri. Ciò

non deve farci supporre che, per Kant, non vi siano giudizi analitici falsi. Egli classifica il giudizio ‘un corpo inquiete è in moto’ come analitico e falso nella Refl 6327 [1792-1794], AA xviii 648. Inoltre i giudizi ‘un circolo quadrato è rotondo’ e ‘un circolo quadrato non è rotondo’ sono falsi (Prol, AA iv 341), e sembrerebbe naturaleclassificarli come analitici. 6 KrV, A 151 B 191.

7 Perciò, se Kant identificasse la verità dei giudizi analitici con la loro consistenza, dovrebbe identificare laverità dei giudizi sintetici con un’altra proprietà. In questo caso egli avrebbe una teoria pluralista della verità:una teoria secondo cui la verità consiste in diverse proprietà per diversi tipi di giudizi. Per una presentazionedelle teorie pluraliste, cfr. M. P. Lynch, A Functionalist Theory of Truth, in The Nature of Truth. Classic and Con-temporary Perspectives, a cura di Idem, Cambridge (ma), The mit Press, 2001, pp. 723-749. Tra gli autori che attri-buiscono teorie pluraliste a Kant vi sono Ralph Walker e Harold Langsam. Walker attribuisce a Kant una con-cezione pluralista che è la combinazione di una teoria coerentista per i giudizi empirici e di una teoriacorrispondentista per i giudizi di percezione e i giudizi sulle cose in sé (cfr. R. Walker, Empirical Realism andTranscendental Anti-Realism. ii, cit., pp. 161-162; Idem, The Coherence Theory of Truth, cit., pp. 61, 64, 75). Langsamsostiene che «Kant impiega due nozioni distinte di verità: l’usuale nozione corrispondentista della verità e unanozione coerentista di verità a cui Kant si riferisce con il nome di verità empirica» (H. Langsam, Kant’s Compa-tibilism and His Two Conceptions of Truth, «Pacific Philosophical Quarterly», lxxxi, 2, 2000, pp. 164-188: qui p. 167).

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sull’interpretazione della concezione kantiana della verità 83Per sopperire all’incapacità del principio di non contraddizione di delimitare l’in-

sieme dei giudizi veri si potrebbe sostenere che tale insieme, oltre ad essere confor-me al principio di non contraddizione, deve soddisfare il seguente requisito:[condizione 2]è possibile dimostrare ogni membro dell’insieme dei giudizi veri assumendo come premessesolo giudizi che siano membri di quell’insieme.1

Secondo questa interpretazione la teoria coerentista di Kant non identifica la veritàcon la consistenza, ma con una forma di derivabilità: essere vero significa essere mem-bro di un insieme di giudizi che, oltre ad essere coerenti, sono derivabili l’uno daglialtri.

Norman Kemp Smith ha sostenuto che una teoria coerentista di questo tipo èquantomeno implicita nella filosofia critica di Kant. Secondo tale teoriaprincipi e fatti determinano gli uni la verità degli altri: quelli provano [la loro verità] per la lorocapacità di rendere conto dei fenomeni rilevanti, e questi si distinguono da accadimenti irrile-vanti per la loro conformità ai principi che [ne] consentono la comprensione.2

Particolari e universali «intrattengono relazioni di implicazione reciproca in un siste-ma de facto valido ed, assieme, lo costituiscono».3

Contro questa interpretazione si possono avanzare le seguenti osservazioni. In-nanzitutto, anche se tutti e soli i giudizi veri sono legati l’uno all’altro da relazioni diimplicazione reciproca, non è detto che la verità di un giudizio consista nella sua appartenenza a un insieme di giudizi che si implicano a vicenda. È possibile che i giudizi veri siano derivabili l’uno dall’altro e che, nondimeno, la loro verità consistain qualche altra proprietà, ad esempio nella loro corrispondenza agli oggetti su cuivertono,4 come Kant afferma in molti passi.5

Inoltre la conformità alle condizioni 1 e 2 non garantisce la verità. Vi sono insiemidi giudizi falsi che non implicano alcuna contraddizione e sono legati da nessi di im-plicazione reciproca. Ciò che Kant scrive sul nesso tra sistematicità e verità fa pensareche ne fosse consapevole. Egli ritiene che i giudizi della filosofia trascendentale sianoconsistenti gli uni con gli altri e che siano parte di un sistema. Ciò significa che sonoun corpo di giudizi ordinati sulla base di un’idea di fondo, di principi generali e di nes-si di tipo induttivo e deduttivo.6 Kant sostiene che l’accordo reciproco di un insieme di

1 Per evitare che questa condizione sia banalmente soddisfatta da ogni insieme, si deve precisare che nes-suna delle premesse in questione può essere identica al demonstrandum o a una congiunzione di giudizi, unodei quali sia il demonstrandum.

2 N. Kemp Smith, A Commentary to Kant’s ‘Critique of Pure Reason’, cit., p. 36.3 Ivi, p. xxxviii. Si potrebbe obiettare che Kemp Smith ha attribuito a Kant una teoria coerentista più com-

plessa. Secondo questa teoria l’insieme dei giudizi veri non deve solo soddisfare le condizioni 1 e 2, ma deve an-che comprendere dei giudizi fattuali, basati sui dati di senso, e dei principi che rendano conto di tali giudizi.Non intendo inoltrarmi in discussioni relative all’interpretazione di Kemp Smith. Mi limito ad osservare che,se i principi in causa sono quelli della filosofia trascendentale, la teoria che ne risulta è quella criticata al Par. 5di questo saggio. 4 Si veda l’esempio della nota 2 a p. 91.

5 KrV, A 58 B 83, A 191 B 236, A 237 B 296; LHechsel, 324; LBauch, RT 33, p. 226; LBusolt, AA xxiv 627. Formu-le leggermente diverse si trovano in KrV, A 157B 196-197, A 820 B 848; Refl 2254 [1780-1789? 1776-1779??], AA xvi287; LDohna, AA xxiv 709, 718; MVolckmann, AA xxviii 415; MSchön, AA xxviii 497; cfr. LWiener, AA xxiv 824sulla falsità.

6 Cfr. KrV, A 645 B 673, A 832-834 B 860-862. Kant collega i termini «coerenza» [Bündigkeit] e «sistema» in Refl2229 [1775-1778], AA xvi 278; Refl 2440 [1760-778], AA xvi 368.

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84 alberto vanzogiudizi e la loro organizzazione in un sistema forniscono delle ragioni per ritenere chesiano veri.1 Perciò egli afferma che la «compiutezza ed articolazione» del sistema del-la filosofia trascendentale «possono fornire […] una pietra di paragone per la corret-tezza e l’appropriatezza di tutti gli elementi conoscitivi che vi rientrano».2 TuttaviaKant non affida il compito di persuadere i suoi lettori che la filosofia trascendentale ècorretta alla dimostrazione della sua sistematicità, ma ad una complessa serie di argo-menti.3 Ciò suggerisce che, per Kant, la sistematicità di un insieme di giudizi, da sola,non fornisca una ragione sufficientemente forte per affermarne la verità.

Questa tesi è confermata dai giudizi di Kant sui sistemi filosofici di Christian Wolffe dei suoi seguaci. Kant afferma che il sistema di Wolff è un modello di sistematicità,4ma contiene molti errori.5 La filosofia del wolffiano Baumeister costituisce un siste-ma di giudizi strettamente interconnessi, ma «pullula di errori».6 Perciò il soddisfaci-mento delle condizioni 1 e 2 non può essere identico alla verità. Esso può essere tutt’alpiù una condizione necessaria, ma non una condizione sufficiente, per la verità di uninsieme di giudizi.

Si potrebbe ribattere che quella dei wolffiani è una sistematicità solo apparente, mi-nata dagli errori contenuti nelle loro dimostrazioni.7 Tuttavia l’insistenza di Kant sulfatto che, per scoprire e giustificare giudizi sintetici veri, è necessario prestare atten-zione all’esperienza,8 mal si accorda con la tesi secondo cui l’insieme dei giudizi veriè tale solo in virtù della consistenza e derivabilità reciproca dei suoi membri. Ciòemerge con chiarezza se ci si chiede: per quale motivo vi è un accordo tra i giudizi sin-tetici veri e le caratteristiche del mondo a cui l’esperienza ci dà accesso?

Se si identifica la verità con tale accordo o corrispondenza, la risposta è semplice:l’accordo ha luogo perché è ciò in cui la verità consiste; è implicato dal fatto stesso chei giudizi in questione sono veri. Se invece si definisce la verità come il soddisfacimen-to delle condizioni 1 e 2, la risposta a quella domanda non è più così ovvia, perché ta-li condizioni non contengono alcuna menzione dell’esperienza, degli oggetti e dei fat-ti a cui essa ci dà accesso. Si potrebbe sostenere che, per Kant, l’accordo tra i giudiziveri e gli oggetti o i fatti del mondo ha luogo perché Kant definisce la nozione di fat-to o di oggetto per mezzo della nozione di verità. Se, per Kant, un oggetto è tutto ciòla cui esistenza è implicata da un giudizio vero, allora certamente vi sarà un accordotra gli oggetti e i giudizi veri. Ciò non dipende dalla nozione di verità (che può esse-re caratterizzata senza alcun riferimento alla nozione di oggetto), ma dalla nozionedi oggetto. Un’interpretazione di Kant di questo tipo si può trovare negli scritti diErnst Cassirer. Ho argomentato altrove che tale interpretazione mal si accorda con le

1 Cfr. KrV, A 65 B 90 ed alcuni passi che riportano il pensiero di Kant negli anni sessanta e settanta: Refl 2128[1769-1771? 1764-1775??], AA xvi 246; LPhilippi, AA xxiv 389 = LBauch, 81.

2 KrV, A 65 B 90 (trad. modificata).3 Secondo Kant l’idealismo trascendentale è una conseguenza dell’idealità trascendentale di spazio e tem-

po (cfr. KrV, A 319, A 491-492 B 519-520), dimostrata nell’Estetica trascendentale. Pertanto l’Estetica trascen-dentale fornisce una prova dell’idealismo trascendentale. Anche l’Antinomia della ragion pura fornisce unaprova dell’idealismo trascendentale: cfr. KrV, A 506-507 B 534-535. 4 Cfr. KrV, BXXXVI.

5 Cfr., ad es., ivi, A 272-274 B 328-330; LWiener, AA xxiv 917-918. 6 Ivi, AA xxiv 918.7 Kant denuncia questi errori, ad esempio, in FM, AA xx 309.8 Nel caso dei giudizi sintetici a posteriori, si devono avere esperienze appropriate (cfr. KrV, A 8 B 12). Nel

caso dei giudizi sintetici a priori, si devono indagare gli elementi a priori di ogni esperienza, ovvero in primoluogo le intuizioni pure di spazio e tempo (cfr. ÜE, AA viii 241).

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sull’interpretazione della concezione kantiana della verità 85affermazioni del filosofo di Königsberg.1 Pertanto l’attribuzione a Kant di una conce-zione corrispondentista della verità, suggerita dai passi citati a p. 83, nota 5, fornisceuna spiegazione dell’accordo tra realtà e giudizi veri più in linea con i testi.

4. Coerenza con le leggi della logica formalee della filosofia trascendentale

Alcuni interpreti hanno sostenuto che, per Kant, la verità di un giudizio consiste nel-la sua coerenza non soltanto con le leggi della logica formale, ma anche con quelledell’Estetica e dell’Analitica trascendentale della Critica della ragion pura, che per bre-vità chiamerò ‘le leggi della filosofia trascendentale’.2 Vari passi sembrano a deporrea favore di questa interpretazione. Kant scrive: «la parte della logica trascendentaleche espone gli elementi della conoscenza pura dell’intelletto, e i principi senza i qua-li non può essere assolutamente pensato alcun oggetto, è l’Analitica trascendentale,che è al tempo stesso una logica della verità».3 Le categorie, esposte nella prima par-te dell’Analitica trascendentale, «conducono alla verità».4 I principi sintetici dell’intel-letto puro, illustrati nella seconda parte dell’Analitica trascendentale, sono «la fontedi ogni verità».5 «[L]a relazione della causa all’effetto», descritta da un principio del-l’intelletto puro, «è la condizione della […] verità empirica» dei nostri giudizi.6 Al difuori delle condizioni di ogni possibile esperienza, delineate nell’Estetica e nell’Ana-litica trascendentale, «non si riscontra alcun attestato di verità».7

Le leggi della filosofia trascendentale stabiliscono che tutti gli oggetti di cui gli uo-mini possono avere esperienza sono sostanze permanenti nel tempo, sono estesi inuno spazio euclideo, sono aggregati di parti, hanno proprietà qualitative che possonovariare gradualmente, hanno interazioni con tutti gli oggetti che esistono contem-poraneamente ad essi e i loro cambiamenti seguono la legge di causa ed effetto.

Coloro che legano la verità di un giudizio alla sua conformità alle leggi della filo-sofia trascendentale sostengono che l’insieme dei giudizi veri è coerente con tali leg-gi. Ciò significa che l’insieme dei giudizi veri soddisfa due condizioni. La prima con-dizione è che

[condizione 3]nessun membro di tale insieme implica l’esistenza di oggetti atemporali, oppure oggetti chenon sono estesi in uno spazio euclideo, oppure oggetti che non sono aggregati di parti (come

1 Cfr. il mio articolo A Correspondence Theory of Objects? On Kant’s Notions of Truth, Object, and Actuality, «History of Philosophy Quarterly», xxv, 2, 2008, pp. 259-275.

2 F. Maywald sostiene che, per Kant, le leggi della filosofia trascendentale forniscono delle condizioni suffi-cienti per la verità dei giudizi (Über Kants transzendentale Logik oder die Logik der Wahrheit, «Archiv für Geschichteder Philosophie», xxv, 1912, pp. 424-428: qui pp. 426-427). Vari interpreti tedeschi della prima metà del ventesi-mo secolo sostengono che, per Kant, la verità è la conformità di un giudizio alle leggi della filosofia trascen-dentale (cfr. W. Windelband, Immanuel Kant. Zum Säkularfeier seiner Philosophie, in Präludien. Aufsätze und Re-den zur Philosophie und ihrer Geschichte, ix ed., Tübingen, Mohr, 1924, pp. 112-146: qui p. 138; R. Eisler, Wörterbuchder philosophischen Begriffen, iv ed. riv. e completata da K. Roretz, Berlin, Mittler, 1930, pp. 456-457; C. Sentroul,Kant und Aristoteles, Kempten, Kösel, 1911, pp. 130, 137; T. Steinbüchel, Das Wahrheitsproblem bei Kant, in Stu-dien zur Geschichte der Philosophie. Festgabe zum 60. Geburtstag Clemens Baeumker, Münster, Aschendorff, 1913, pp.393-415: qui p. 409). Questi interpreti sembrano ritenere che, per Kant, le leggi della filosofia trascendentale siano condizioni sufficienti di verità. 3 KrV, A 62 B 87.

4 Ivi, A 642 B 670, cfr. A 125. 5 Ivi, A 237 B 296.6 Ivi, A 202 B 247 (trad. modificata). 7 Ivi, A 751 B 779.

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86 alberto vanzole sostanze semplici leibniziane), oppure oggetti privi di proprietà qualitative che possono va-riare gradualmente, oppure oggetti i cui cambiamenti non seguono la legge di causa ed effet-to, oppure oggetti che non interagiscono con ogni altro oggetto che esiste contemporanea-mente ad essi.

La seconda condizione è legata alla legge di causa ed effetto. Nel mondo fenomenicoogni evento è legato ad altri eventi secondo la legge di causa ed effetto. Ciò ha unaconseguenza per quanto riguarda la verità dei giudizi: se un giudizio p descrive unevento la cui occorrenza può essere inferita applicando la legge di causa ed effetto aglieventi descritti da dei giudizi veri, allora p è vero. Pertanto l’insieme dei giudizi verisoddisfa questo requisito:[condizione 4]se un giudizio p descrive un evento la cui occorrenza può essere inferita applicando la legge dicausa ed effetto agli eventi descritti da dei giudizi che sono membri di quell’insieme, allora an-che p è un membro di quell’insieme.

Sostenere che, per Kant, la verità consiste nella coerenza di un giudizio con le leggidella logica formale e della filosofia trascendentale, significa sostenere che l’insiemedei giudizi veri è l’unico insieme a soddisfare le condizioni 1, 3 e 4. Nella filosofia diKant, però, vi sono giudizi veri che non soddisfano la condizione 3. Inoltre vi sono in-siemi di giudizi che soddisfano tutte e tre le condizioni (come pure la condizione 2),ma contengono giudizi falsi. Vediamo queste critiche in dettaglio.

In primo luogo il giudizio ‘le cose in sé esistono’ non soddisfa la terza condizionedi pp. 85-86, perché le cose in sé non hanno una collocazione nel tempo e nello spa-zio.1 Pertanto, se Kant ritenesse che solo i giudizi conformi alle leggi della logica tra-scendentale sono veri, non dovrebbe esitare ad affermare che ‘le cose in sé esistono’è falso. Egli, però, non sembra disposto a fare questa affermazione. Alcuni passi la-sciano intendere che il giudizio ‘le cose in sé esistono’ sia vero.2 Altri passi suggeri-scono che, dal punto di vista teoretico, non possiamo sapere se sia vero o falso.3

In secondo luogo noi sappiamo, da un punto di vista pratico, che il nostro io ap-partiene al mondo noumenico ed è dotato di libertà trascendentale.4 Da ciò segue cheil giudizio ‘l’io noumenico esiste’ è vero. Esso, però, non soddisfa la terza condizionedi pp. 85-86, perché l’io noumenico non ha una collocazione nello spazio e nel tempoe non è un aggregato di parti.5

Infine, in alcuni passi Kant suggerisce che il giudizio ‘Dio esiste’ sia vero. Ecco unesempio: «alla domanda se esista qualcosa di distinto dal mondo che contenga il fon-damento dell’ordine cosmico e la sua connessione secondo leggi universali, la rispo-sta sarà: esiste senza dubbio».6 Neanche il giudizio ‘Dio esiste’, però, soddisfa la terzacondizione di pp. 85-86, perché per Kant Dio è un essere atemporale.7

1 Cfr. ivi, A 26-28 B 42-44, A 32-36B 49-53.2 Ad es. Prol, AA iv 314; GMS, AA iv 451, 459; ÜE, AA viii 215; Br, AA x 346.3 Ad es. ivi, AA xii 224. 4 Cfr. KpV, AA v 105, dove Kant usa il verbo ‘erkennen’.5 Questa è una conseguenza della dottrina dell’idealità trascendentale di spazio e tempo. In base a tale

dottrina, l’estensione nello spazio e nel tempo va attribuita ‘alle cose’ solo nella misura in cui ci appaiono, so-no cioè degli oggetti della sensibilità (KrV, A 27B 43, cfr. ivi, A 49 B 66, B 148), ma l’io noumenico è l’io consi-derato indipendentemente dal modo in cui appare ai nostri sensi (cfr. le caratterizzazioni di noumeno ivi, B307).

6 Ivi, A 695-696 B 723-724. 7 Cfr. ivi, A 641 B 669 e KpV, AA v 123.

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sull’interpretazione della concezione kantiana della verità 87Alcuni studiosi non concordano con questa interpretazione.1 Essi sostengono che,

per Kant, dobbiamo agire come se Dio esistesse, ma ciò non implica che Dio esistarealmente e che il giudizio ‘Dio esiste’ sia vero. L’interpretazione dei testi kantiani aquesto riguardo è complessa e non è possibile discuterli in questa sede. Vi sono dun-que due possibilità. Se per Kant il giudizio ‘Dio esiste’ è vero, ciò conferma che nontutti i giudizi veri sono conformi alle leggi della filosofia trascendentale. Se, invece,Kant ritiene che ‘Dio esiste’ non sia un giudizio vero, l’esistenza di giudizi veri, madifformi dalle leggi della filosofia trascendentale, è confermata dalle sue affermazio-ni sui giudizi ‘le cose in sé esistono’ e ‘l’io noumenico esiste’. In entrambi i casi Kantammette l’esistenza di giudizi veri, ma difformi dalle leggi della filosofia trascenden-tale. Perciò non può avere identificato la verità di un giudizio e la sua coerenza con leleggi della filosofia trascendentale.2

Questa conclusione è basata sull’esame di giudizi la cui verità, secondo Kant, nonpuò essere dimostrata a posteriori. Infatti non possiamo avere esperienza delle cosein sé, dell’anima, dell’io noumenico e di Dio. La tesi secondo cui la verità di un giu-dizio consiste nella sua coerenza con le leggi della logica formale e della filosofia trascendentale, però, potrebbe essere valida per i giudizi la cui verità o falsità si puòprovare solo a posteriori, ovvero per i giudizi empirici. Se così fosse, Kant avrebbe unateoria coerentista della verità empirica.

Attribuire questa teoria al filosofo di Königsberg non gli farebbe molto onore, dalmomento che vi sono dei giudizi empirici falsi, ma conformi alle leggi della logicaformale e della filosofia trascendentale.3 Un esempio è il giudizio ‘ci sono meno didue virgole in questa pagina’. Esso non implica alcuna contraddizione, né implical’esistenza di oggetti atemporali o inestesi nello spazio, oggetti che non siano aggre-gati di parti, cause incausate, ecc., ma è falso. Vi sono degli insiemi di giudizi che con-tengono il giudizio ‘ci sono meno di due virgole in questa pagina’ e sono coerenti conle leggi della logica formale e della filosofia trascendentale (ossia con le condizioni 1,3 e 4). Perciò la conformità di un insieme di giudizi a tali leggi non è una condizionesufficiente per la verità.4 Dunque Kant avrebbe potuto identificare la verità dei giudi-zi empirici con la loro conformità alle leggi della logica formale e della filosofia tra-scendentale solo al prezzo di incorrere in un errore. È possibile interpretare i suoi te-sti in maniera da evitare di attribuirgli un tale errore?

1 Ad es. F. Rauscher, ‘God’ without God: Kant’s Postulate, «Kant e-Prints», ii s., ii, 1, 2007, pp. 27-62, http://ftp.cle.unicamp.br/pub/kant-e-prints/frederickrauscher-2-2-1-2007.pdf (visitato il 9 agosto 2008).

2 Vari interpreti sostengono che, per Kant, solo i giudizi conformi alle leggi dell’Analitica trascendentalehanno un valore di verità (ad es. L. F. H. Svensen, Kant’s Theory of Empirical Truth, cit., pp. 848-849; R. Barth,Absolute Wahrheit und endliches Wahrheitsbewußtsein. Das Verhältnis von logischem und theologischem Wahrheitsbe-griff - Thomas von Aquin, Kant, Fichte und Frege, Tübingen, Mohr Siebeck, 2004, pp. 162, 170-173, 193; O. Höffe,Kants Kritik der reinen Vernunft, cit., pp. 60, 118). Le considerazioni appena svolte smentiscono questa tesi.

3 Ossia alle condizioni 1 e 3, o più precisamente, a riformulazioni delle condizioni 1 e 3 che riguardano sin-goli giudizi, anziché insiemi di giudizi. La condizione 4 non riguarda singoli giudizi, ma solo insiemi di giudizi.

4 Ciò è stato notato, tra gli altri, da W. H. Walsh, Kant’s Criticism of Metaphysics, Edinburgh, EdinburghUniversity Press, 1975, pp. 36-37; H. Wagner, Zu Kants Auffassung bezüglich des Verhältnisses zwischen Formal- undTranszendentallogik. Kritik der reinen Vernunft A 57-64 / B 82-88, «Kant-Studien», lxviii, 1, 1977, pp. 71-76: qui p. 75;P. Healy, Kant, Blanshard, and the Coherence Theory of Truth, «Idealistic Studies», xviii, 3, 1988, pp. 266-274: quipp. 270-271. Aggiungere i principi metafisici della scienza naturale, che Kant formula negli Anfangsgründe, alleleggi con cui i giudizi veri devono essere coerenti, non risolverebbe il problema. Si possono formulare degli insiemi di giudizi che sono coerenti con le leggi della logica formale, con quelle della filosofia trascendentalee con i principi metafisici della scienza naturale, ma contengono alcuni giudizi falsi.

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88 alberto vanzoCome abbiamo visto a p. 85, i passi che suggeriscono l’attribuzione a Kant di una

teoria della verità come coerenza di un giudizio con le leggi della logica formale e del-la filosofia trascendentale sono quelli in cui scrive che l’Analitica trascendentale è unalogica della verità1 e che le categorie e i principi sintetici dell’intelletto puro condu-cono alla verità.2

Innanzitutto è opportuno considerare queste affermazioni come affermazioni sul-la verità empirica, come Kant precisa nel passo di A 202 B 247 citato a p. 85, e non co-me affermazioni sulla verità in generale. Altrimenti giudizi non empirici come ‘l’ionoumenico esiste’ sarebbero falsi, perché non sono conformi alle leggi della filosofiatrascendentale, mentre invece abbiamo visto che per Kant sono veri.3

Inoltre l’affermazione che l’Analitica trascendentale è una logica della verità nonimplica che essa fornisca delle condizioni sufficienti per la verità empirica, ovvero chetutti i giudizi conformi alle leggi dell’Analitica trascendentale siano veri. Tale affer-mazione può significare semplicemente che l’Analitica trascendentale e le sue leggiforniscono delle condizioni necessarie per la verità empirica. Kant usa l’espressione «lo-gica della verità» in questo senso a proposito della logica formale. Egli afferma spes-so che la parte analitica della logica formale è una «logica della verità» o una «dottri-na della verità»,4 ma abbiamo visto al Par. 3 che la logica formale fornisce condizioniinsufficienti per la verità dei giudizi.

Il contesto in cui si trova l’affermazione che l’Analitica trascendentale è una logicadella verità non ci obbliga ad assumere che essa fornisca delle condizioni sufficientiper la verità o per la verità empirica. Quando Kant scrive che l’Analitica trascenden-tale è una logica della verità, non la contrappone alla parte analitica della logica for-male, che fornisce condizioni insufficienti della verità, ma alla Dialettica trascenden-tale, che è una logica della parvenza (Schein).5 L’Analitica trascendentale è una logicadella verità perché indica delle condizioni necessarie per la verità dei giudizi empirici.La Dialettica trascendentale è una logica della parvenza perché rivela la natura falla-ce di certi argomenti metafisici che, a prima vista, sembrano corretti. Analogamente,si può intendere l’affermazione che le categorie e i principi sintetici dell’intelletto pu-ro conducono alla verità come un’affermazione del loro status di condizioni necessa-rie, ancorché insufficienti, per la verità empirica. Non è dunque necessario sostenereche, per Kant, la coerenza di un giudizio con le leggi della logica formale e della filo-sofia trascendentale sia una condizione sufficiente per la sua verità.6 A maggior ra-gione, non è necessario sostenere che la coerenza di un giudizio con tali leggi sia iden-tica alla sua verità. Dal momento che questa tesi è errata (cfr. p. 87) e che non vi sono

1 KrV, A 62 B 87. 2 Ivi, A 642 B 670.3 Dunque l’espressione «di ogni verità» nel passo di KrV, A 237 B 296 citato a p. 15 è fuorviante (corsivo ag-

giunto).4 Cfr., ad es., Prol, AA iv 276, in nota; aggiunta [1780-1804] alla Refl 1629, AA xvi 491; LPölitz, AA xxiv 506;

LHechsel, 282. 5 Cfr. KrV, A 63 B 88.6 Secondo un’altra interpretazione, che non discuterò in questa sede, quando Kant scrive che la logica tra-

scendentale è una logica della verità, si riferisce alla verità trascendentale. Cfr. G. Prauss, Zum Wahrheitspro-blem bei Kant, cit., pp. 179-182; O. Meo, Verità logica e logica della verità, in idem, Kantiana minora vel rariora, Ge-nova, Il melangolo, 2001, pp. 77-112: qui pp. 103-104; C.-H. Paek, Kant’s Theory of Transcendental Truth as Ontology,«Kant-Studien», xcvi, 2, 2005, pp. 147-160. Neanche questa interpretazione implica che la logica trascendenta-le fornisca delle condizioni sufficienti per la verità empirica, a meno che non si voglia sostenere che tutti i giu-dizi dotati di verità trascendentale sono dotati di verità empirica.

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sull’interpretazione della concezione kantiana della verità 89altri argomenti per attribuirla a Kant, è preferibile evitare di attribuirla al filosofo diKönigsberg.

5. Coerenza con le leggi della logica formale,della filosofia trascendentale e con i dati di senso

Un’altra teoria coerentista che è stata attribuita a Kant identifica la verità con la con-formità di un giudizio alle leggi della logica formale, della filosofia trascendentale eai dati di senso.1 Secondo questa teoria l’insieme dei giudizi veri soddisfa le condizio-ni 1, 3 e 4, ed inoltre[condizione 5]i giudizi che fanno parte di quell’insieme sono conformi ai dati di senso.

Chi attribuisce a Kant una teoria di questo tipo deve spiegare come vada intesa la con-formità di un giudizio ai dati di senso. Se i dati di senso in questione vanno identifi-cati con dei giudizi di percezione, e questi ultimi possono essere veri o falsi, allora sipuò parlare di coerenza con i giudizi di percezione, perché la coerenza è una relazio-ne di un giudizio con degli enti che possono essere veri o falsi. Vari interpreti, tutta-via, negano che la filosofia critica nella sua forma più matura implichi l’esistenza deigiudizi di percezione.2 Altri studiosi negano che, per Kant, i giudizi di percezione sia-no veri o falsi.3

In alternativa gli interpreti coerentisti possono sostenere che, per Kant, i giudizi ve-ri devono essere conformi a dei dati di senso che non hanno la forma di giudizi. Que-sti possono essere intuizioni empiriche oppure percezioni. Le percezioni sono un can-didato migliore delle intuizioni empiriche. Infatti queste ultime sono «cieche»,4 ossianon forniscono informazioni su alcun oggetto determinato, fino a quando non sianosussunte sotto le categorie mediante un’attività di sintesi.5 Quando ciò accade, le in-tuizioni prendono il nome di percezioni6 e forniscono informazioni su oggetti deter-minati. Gli interpreti coerentisti possono dunque sostenere che i giudizi veri sonocoerenti con i giudizi che esplicitano le informazioni fornite dalle percezioni.7

Chi difende questa interpretazione deve chiarire quali percezioni determinino l’in-sieme dei giudizi veri. Non possono essere solo le percezioni mie, tue, o di tutti gli es-seri umani, perché Kant ammette l’esistenza di giudizi veri su oggetti che nessun es-sere umano ha mai conosciuto, conosce o conoscerà.8 Si deve trattare di un insiemepiù ampio, che includa delle percezioni possibili oltre a quelle attuali. Assumiamo chesi possa delimitare tale insieme in maniera plausibile e passiamo alla discussione diquesta interpretazione coerentista di Kant.

1 Cfr. p. 81.2 Ad es. P. Guyer, Kant and the Claims of Knowledge, Cambridge, Cambridge University Press, 1987, pp. 91-

120; H. E. Allison, Kant’s Transcendental Idealism. An Interpretation and Defense, ii ed. riv. ed ampliata, New Ha-ven, Yale University Press, 2004, pp. 148-153.

3 Ad es. A. Savile, Kant, Truth and Affinity, in Akten des 4. Internationalen Kant-Kongresses. Mainz. 6.-10. April1974, a cura di G. Funke, vol. 2, Berlin, de Gruyter, 1974, pp. 336-343; G. Schulz, Veritas est adaequatio intellectuset rei. Untersuchungen zur Wahrheitslehre des Thomas von Aquin und zur Kritik Kants an einem überlieferten Wahr-heitsbegriff, Leiden, Brill, 1993, p. 146. 4 KrV, A 51 B 75.

5 Cfr. ivi, A 259 B 314. 6 Cfr. ivi, B 161, B 164.7 Nei termini dei Prolegomeni, tali giudizi sono giudizi di esperienza e non giudizi di percezione, se è vero

che i giudizi di percezione dei Prolegomeni sono formulati prima dell’applicazione delle categorie (cfr. Prol, AAiv 298). 8 Cfr. KrV, A 477 B 505, A 480 B 508.

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90 alberto vanzoKant non può avere identificato la verità di un giudizio qualsiasi con la sua confor-

mità alle leggi della logica formale, della filosofia trascendentale e ai dati di senso. In-fatti la conformità ai dati di senso è irrilevante per la verità di vari tipi di giudizi: tau-tologie, giudizi analitici ed alcuni giudizi sintetici.1 Ad esempio, ‘i concetti sonoconcetti’ è una tautologia vera, anche se i concetti sono degli enti di cui non si pos-sono avere percezioni. Il giudizio analitico ‘tutti i corpi sono estesi’

è vero in modo necessario ed eterno, che essi esistano o meno, che la loro esistenza sia breveo lunga, oppure attraversi ogni tempo, sia cioè eterna. La proposizione intende affermarenient’altro che questo: queste verità non dipendono dall’esperienza […]2

e quindi nemmeno dal fatto che sia possibile percepire dei corpi. Inoltre, come ab-biamo visto a p. 86, Kant ammette la possibilità che giudizi sintetici come ‘l’io nou-menico esiste’ e ‘le cose in sé esistono’ siano veri, ma le percezioni degli esseri uma-ni non possono attestare l’esistenza dell’io noumenico e delle cose in sé.3

Ancora una volta i giudizi che non si lasciano ricondurre nel solco di una teoria coe-rentista sono giudizi che non si possono provare a posteriori: tautologie, giudizi ana-litici e giudizi sull’io noumenico e sulle cose in sé. Ciò non toglie che Kant possa adot-tare una teoria coerentista della verità empirica. Egli potrebbe identificare la verità diun giudizio empirico con la sua conformità alle leggi della logica formale, a quelledella filosofia trascendentale e ai dati di senso.

A favore di questa ipotesi si possono citare i passi in cui Kant distingue le esperien-ze veridiche dalle esperienze illusorie che si hanno nei sogni,4 come il seguente:

L’idealismo cartesiano […] distingue soltanto l’esperienza esterna dal sogno […] Il dubbio quisi può togliere facilmente, e nella vita comune noi sempre lo togliamo, ricercando la connes-sione delle apparenze [Erscheinungen] in entrambi secondo leggi generali dell’esperienza;quando la rappresentazione delle cose esterne concorda pienamente con queste leggi non pos-siamo dubitare che queste cose non costituiscano una esperienza veridica.5

Questo passo afferma che le «apparenze» (Erscheinungen) che ci sono date per mezzodei sensi sono veridiche se sono conformi alle «leggi universali dell’esperienza».6 Que-

1 Ho distinto le tautologie dai giudizi analitici perché Kant nega che le tautologie siano giudizi analitici inFM, AA xx 322 e in LBusolt, AA xxiv 667 (apparentemente in contrasto con Prol, AA iv 269 = KrV, B 16-17 e Logik,AA ix 111). 2 ÜE, AA viii 235.

3 D’altra parte i testi di Kant non forniscono alcun motivo per attribuirgli una concezione della verità co-me coerenza con le percezioni di esseri che non condividano la costituzione epistemica degli esseri umani.

4 Vari interpreti citano i passi sulla distinzione tra esperienze veridiche ed esperienze illusorie a sostegnodella tesi che Kant ha una concezione coerentista della verità: ad es. C. Sentroul, Kant und Aristoteles, cit., p.123; H. Langsam, Kant’s Compatibilism and His Two Conceptions of Truth, cit., p. 186, in nota 15, a sostegno di unatesi enunciata ivi, p. 179; J. N. Mohanty, Kant on ‘Truth’, cit., p. 341.

5 Prol, AA iv 336-337 (trad. modificata), cfr. ivi, 290-291, 374-375.6 Le Erscheinungen di cui Kant parla sono delle rappresentazioni mentali prodotte nella fase iniziale della

sintesi delle intuizioni empiriche, prima dell’applicazione delle categorie. Le Erscheinungen derivano dalla lo-calizzazione delle sensazioni nel tempo e in uno spazio tridimensionale ed euclideo. Una Erscheinung è l’«og-getto indeterminato di un’intuizione empirica» (KrV, A 20 B 34). Le Erscheinungen sono indeterminate perchéla mente deve ancora determinare cosa, in esse, rappresenti una sostanza e cosa rappresenti una proprietà, qua-li interazioni causali l’oggetto da esse rappresentato intrattenga con altri oggetti, e così via. La mente deter-mina queste caratteristiche applicando le categorie di sostanza ed accidente, causa ed effetto, interazione, ecc.,e trasformando così le Erscheinungen in rappresentazioni di oggetti fenomenici completamente determinati(Phenomena).

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sull’interpretazione della concezione kantiana della verità 91ste ultime sono le leggi dell’Estetica e dell’Analitica trascendentale.1 Il passo sostieneche, quando si hanno rappresentazioni mentali delle apparenze, e dunque quando sihanno intuizioni empiriche, tali rappresentazioni sono veridiche se sono conformi alle leggi dell’Estetica e dell’Analitica trascendentale.

Da questa affermazione si possono trarre informazioni sulle condizioni di verità deigiudizi. Posto che un giudizio non implichi alcuna contraddizione, esso sarà vero seè basato su ‘apparenze’, e dunque su intuizioni empiriche, e se è conforme alle leggidell’Estetica e dell’Analitica trascendentale. Pertanto, affermano gli interpreti coe-rentisti, la verità di un giudizio empirico consiste nella sua conformità ai dati di sen-so, alle leggi della logica formale e a quelle della filosofia trascendentale. Si tratta diuna conclusione corretta?

Per avere una teoria coerentista della verità empirica, Kant non deve solo sostene-re che tutti i giudizi empirici veri e nessun giudizio empirico falso sono conformi al-le leggi della logica formale, a quelle della filosofia trascendentale e ai dati di senso.Egli deve anche sostenere che, per un giudizio empirico, essere vero consiste nell’es-sere conforme alle leggi della logica formale, a quelle della filosofia trascendentale eai dati di senso.2

1 Si potrebbero includere anche le leggi degli Anfangsgründe tra le leggi universali dell’esperienza. Proba-bilmente Kant non si riferisce ad esse in questo testo, dal momento che si colloca al livello della filosofia tra-scendentale in generale e non a quello della metafisica della natura. Le considerazioni che articolerò nel restodi questo Paragrafo sono valide anche se si includono le leggi degli Anfangsgründe accanto a quelle della filo-sofia trascendentale. Le leggi empiriche della natura, invece, non vanno incluse tra le leggi universali di cuiKant parla in questo passo per la ragione seguente. Kant concorda con Berkeley che si possono provare le leg-gi empiriche della natura solo a posteriori (KrV, B 263; KU, AA v 184). Berkeley distingue le esperienze veridi-che che si hanno da svegli dalle esperienze illusorie dei sogni sostenendo, tra l’altro, che solo le esperienze ve-ridiche sono conformi alle leggi empiriche della natura (cfr. G. Berkeley, Three Dialogues between Hylas andPhilonous, in The Works of George Berkeley Bishop of Cloyne, vol. 2, a cura di T. E. Jessop, London, Nelson, 1949,pp. 147-263: soprattutto §§ 30, 36). Kant nega che Berkeley sia riuscito a distinguere esperienze veridiche ed espe-rienze illusorie in maniera convincente, perché tale distinzione deve essere fondata su leggi valide a priori (Prol,AA iv 375). Perciò Kant non può includere le leggi empiriche della natura tra le leggi universali che distinguo-no verità e sogno.

2 Sostenere che tutti i giudizi empirici veri e nessun giudizio empirico falso sono conformi alle leggi dellalogica formale, a quelle della filosofia trascendentale e ai dati di senso non è sufficiente per avere una teoriacoerentista della verità empirica per la seguente ragione. Si consideri questo esempio. Tutti i filosofi sonoamanti della saggezza. Nessun non-filosofo è amante della saggezza. Si assuma che tutti i filosofi indossino unberretto rosso e nessun non-filosofo indossi un berretto rosso. Sarebbe sbagliato concludere, dalla constata-zione che tutti e soli i filosofi indossano un berretto rosso, che essere filosofo consista nell’indossare un berret-to rosso; invece, essere filosofo consiste (poniamo) nell’essere un amante della saggezza. Analogamente, po-trebbe darsi che tutti i giudizi veri siano coerenti con le leggi della logica formale, con quelle della logicatrascendentale e con i dati di senso, e che, allo stesso tempo, corrispondano agli oggetti su cui vertono. Se co-sì fosse, Kant potrebbe sostenere che la verità empirica consiste nella corrispondenza di un giudizio empiricocon l’oggetto su cui verte. Il fatto che i giudizi empirici veri siano conformi alle leggi della logica formale, del-la filosofia trascendentale e ai dati di senso potrebbe dipendere da fatti riguardanti la costituzione del mondoe del nostro apparato conoscitivo, e non a fatti riguardanti la natura della verità.

Si potrebbe obiettare che, per adottare una teoria coerentista, non è necessario sostenere che la verità con-sista in una forma di coerenza. È sufficiente che (a) la verità sia coestensiva con qualche forma di coerenza, eche (b) la migliore caratterizzazione della verità che si può fornire consista nel rilevare la sua coestensività conuna forma di coerenza. La seconda condizione implica che non si possa caratterizzare perspicuamente la veri-tà in termini corrispondentisti o di qualche altra teoria della verità. Concordo con questa obiezione, ma dubi-to che i testi kantiani soddisfino la condizione b, perché per Kant la definizione nominale della verità costitui-sce una caratterizzazione perspicua o informativa della verità (cfr. il mio articolo Kant on the Nominal Definitionof Truth, «Kant-Studien», in corso di pubblicazione, Par. 4).

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92 alberto vanzoKant però, nei passi citati a p. 90, nota 5, non fa questa affermazione. Vi sono solo

due testi dove egli, dal 1781 in poi, usa le espressioni «la verità è» o «la verità consistein», collegando la verità a qualche forma di coerenza tra i giudizi. Il primo è una fra-se della Reflexion 5642, citata a p. 81. Il secondo è una frase della Logik Hechsel: «la veri-tà della conoscenza è l’accordo (Uebereinstimung [sic]) della conoscenza con le leggidell’intelletto».1 Inoltre si potrebbe estrapolare un argomento a favore di una conce-zione coerentista della verità da un passo di difficile interpretazione2 della deduzionetrascendentale nella prima edizione della Critica della ragion pura, la cosiddetta ‘De-duzione A’.3

Gli interpreti coerentisti non possono appellarsi alla frase della Logik Hechsel, per-ché nello stesso testo, poco prima di quella frase, si possono trovare delle caratteriz-zazioni corrispondentiste della verità.4 Restano dunque la Reflexion 5642 ed il passodella Deduzione A. Per ragioni di spazio non discuterò questi due testi. Mi limito adosservare che la Reflexion 5642 è un appunto personale, non destinato alla pubblica-zione, mentre il passo della Deduzione A è stato rimosso dalla seconda edizione del-la Critica della ragion pura e non ha paralleli nella Deduzione B. Un appunto persona-le ed un testo successivamente rimosso dalla Critica della ragion pura forniscono provetestuali piuttosto deboli delle posizioni mature ed ufficiali di Kant, se li si paragona aimolti passi del periodo critico in cui egli identifica la verità con l’accordo dei giudizio delle conoscenze con gli oggetti, in linea con una concezione corrispondentista del-la verità (cfr. p. 83, nota 5).

Nei passi sulla distinzione tra sogni ed esperienze veridiche Kant non mira a for-mulare una definizione della verità, ma un criterio per distinguere le esperienze veri-diche dalle esperienze illusorie che si hanno nei sogni e nelle allucinazioni. Egli formula questo criterio per mostrare che l’idealismo trascendentale non conferisce lostesso status agli oggetti che esistono realmente nello spazio e nel tempo e agli oggettiimmaginari di sogni ed allucinazioni. Kant vuole mostrare ciò per smarcarsi dal-l’idealismo di Berkeley a fronte delle critiche dei recensori di Göttingen. SecondoKant, l’idealismo berkeleyano non è in grado di distinguere le esperienze veridichedalle esperienze illusorie.5

Il criterio che Kant propone per distinguere esperienze veridiche dalle esperienzeillusorie è compatibile con una concezione corrispondentista della verità empirica.Kant afferma che la verità consiste nella corrispondenza dei giudizi con gli oggetti sucui vertono. La definizione nominale della verità è: «la verità è l’accordo di una co-

1 LHechsel, 326. La Logik Hechsel è la trascrizione di un corso di lezioni di logica che Kant tenne attorno al1782, basato sugli appunti di uno o più uditori di Kant. Sui problemi filologici posti dalle Reflexionen e dalle trascrizioni delle lezioni e sulle cautele di cui tener conto nel loro uso, cfr. M. Capozzi, Kant e la logica, vol. 1,Napoli, Bibliopolis, 2001, pp. 145-182.

2 Cfr. E. Adickes, Kant und das Ding an sich, Berlin, Heise, 1924, p. 98.3 KrV, A 104-105, cfr. ivi, A 109.4 La sezione sulla verità in quelle pagine inizia con la frase: «[l]a verità è l’accordo ci una conoscenza con il

suo oggetto» (LHechsel, p. 324). Il testo espone un argomento contro l’esistenza di un criterio universale dellaverità. Tale argomento presuppone che la verità sia l’accordo di una conoscenza con il suo oggetto. Quindi sitrova la frase: «a) l’accordo di una conoscenza con l’oggetto [e] b) l’accordo di una conoscenza con se stessaappartengono alla verità» (ivi, p. 325). Il testo prosegue spiegando che la condizione b) è una condizione neces -saria, ma insufficiente per l’accordo di una conoscenza con il suo oggetto. Queste affermazioni sono incom-patibili con il rifiuto di una definizione corrispondentista della verità. 5 Cfr. Prol, AA iv 375.

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sull’interpretazione della concezione kantiana della verità 93noscenza con il suo oggetto».1 Questa definizione, essendo solo nominale, non for-nisce un criterio per distinguere i giudizi veri dai giudizi falsi.2 La conformità di ungiudizio alle leggi della logica formale, a quelle della filosofia trascendentale e ai datidi senso fornisce un test per stabilire quali giudizi empirici soddisfino la definizionenominale corrispondentista della verità. In conclusione, i passi in cui Kant distinguele esperienze veridiche dai sogni non provano che egli abbia una teoria coerentistadella verità empirica. Essi sono compatibili anche con una concezione corrisponden-tista della verità.

6. Conclusione

Al termine di questa rassegna di teorie coerentiste della verità possiamo trarre dueconclusioni e mettere a fuoco uno spunto di ricerca.

La prima conclusione è che non si può attribuire al filosofo di Königsberg nessunadelle teorie coerentiste della verità che abbiamo preso in considerazione. Abbiamoconsiderato tre teorie. La prima identifica la verità con l’appartenenza di un giudizioad un insieme di giudizi conformi alle leggi della logica formale. La seconda identifi-ca la verità con l’appartenenza di un giudizio ad un insieme di giudizi conformi alleleggi della logica formale e della filosofia trascendentale. La terza identifica la veritàcon l’appartenenza di un giudizio ad un insieme di giudizi conformi alle leggi dellalogica formale, a quelle della filosofia trascendentale e ai dati di senso. La prima teo-ria è incompatibile con i testi di Kant perché egli ammette l’esistenza di giudizi falsi,ma conformi alle leggi della logica formale. La seconda e la terza teoria sono incom-patibili con i testi perché Kant ammette l’esistenza di giudizi veri che non sono con-formi alle leggi della filosofia trascendentale e ai dati di senso.

La seconda conclusione è che non vi sono ragioni sufficienti per attribuire a Kantnemmeno le due teorie coerentiste della verità empirica che abbiamo incontrato nelcorso dell’indagine. La prima teoria identifica la verità empirica con l’appartenenzadi un giudizio ad un insieme di giudizi conformi alle leggi della logica formale e del-la filosofia trascendentale. Alcune affermazioni di Kant sembrano essere in linea conquesta teoria, ma sono anche compatibili con un’interpretazione alternativa che vapreferita perché evita di attribuire a Kant un errore piuttosto evidente. La secondateoria identifica la verità empirica con l’appartenenza di un giudizio ad un insieme digiudizi conformi alle leggi della logica formale, a quelle della filosofia trascendentalee ai dati di senso. Tuttavia i passi di Kant che sono in linea con questa teoria sono com-patibili pure con una teoria corrispondentista della verità. Mancano dunque – perquanto si è avuto modo di rilevare fin qui – delle prove decisive a favore dell’attribu-zione di una teoria coerentista della verità empirica al filosofo di Königsberg.

1 KrV, A 58 B 82; cfr. LWiener, AA xxiv 822; LPölitz, AA xxiv 525. Gerold Prauss nega che Kant accetti que-sta formula come definizione nominale della verità. Cfr. G. Prauss, Zum Wahrheitsproblem bei Kant, «Kant- Studien», lx, 2, 1969, pp. 166-182. I testi di Kant non confermano l’interpretazione di Prauss. Kant lascia spessotrasparire la sua insoddisfazione per il fatto che la quella formula non sia la definizione reale della verità (cfr.,ad es., LWiener, AA xxiv 822). Tuttavia non nega mai che essa sia la definizione nominale della verità (cfr., ad es.,LPölitz, AA xxiv 525 = LWarschauer, 548), neppure nei passi in cui sembra mettere in discussione questa formula(ad es. Log, AA ix 50; LWiener, AA xxiv 822).

2 Cfr. il mio articolo Kant on the Nominal Definition of Truth, cit., Par. 4.

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94 alberto vanzoAl contrario, ho suggerito al termine della sezione precedente che i testi kantiani

si collocano agevolmente nel solco di una teoria corrispondentista della verità. Di-mostrare che Kant ha effettivamente adottato una teoria coerentista richiederebbeun’indagine complessa ed articolata, alla quale posso solo accennare quale spunto perulteriori ricerche.

Storicamente, il maggiore ostacolo all’attribuzione a Kant di una teoria corrispon-dentista è stata la convinzione di vari studiosi che, in una tale teoria, i giudizi veri dovrebbero corrispondere a delle cose in sé.1 L’inconoscibilità di queste ultime ren-derebbe impossibile stabilire quali giudizi siano veri e costringerebbe Kant ad ab-bracciare lo scetticismo.

A questa interpretazione si può controbattere cogliendo un suggerimento implici-to nella caratterizzazione kantiana della verità come l’accordo di una conoscenza conil suo oggetto.2 Secondo questa formula gli enti che rendono i giudizi veri o falsi so-no gli oggetti su cui essi vertono. Da ciò segue che i giudizi sulle cose in sé dovrannocorrispondere a delle cose in sé per essere veri. Data l’inconoscibilità delle cose in sé,nella maggior parte dei casi, non possiamo conoscere il valore di verità di tali giudi-zi.3 I giudizi che vertono sugli oggetti fenomenici, invece, dovranno corrispondere adegli oggetti fenomenici per essere veri.4 La conoscibilità di tali oggetti garantisce lapossibilità di determinare il valore di verità dei giudizi su di essi.

Ciò che garantisce la conoscibilità degli oggetti nello spazio e nel tempo, secondoKant, è il fatto che tali oggetti sono fenomeni e non cose in sé. Kant afferma che lasua risposta allo scetticismo consiste nell’adozione dell’idealismo trascendentale.5 Es-

1 Tra gli autori secondo cui, per Kant, giudizi veri possono corrispondere solo a cose in sé, vi sono, ad es.,G. W. F. Hegel, Wissenschaft der Logik, vol. 2, Die subjektive Logik (1816), ed. da F. Hogemann e W. Jaeschke comevol. 12 di G. W. F. Hegel, Gesammelte Werke, Hamburg, Meiner, 1981, p. 26; D. Riepe, Studies in Kantian Episte-mology: On the Nature of Truth, «Darshana International» (Morabadab, India), vii, 1967, pp. 68-76: qui p. 76; J. N.Mohanty, Kant on ‘Truth’, cit., p. 346. Già nella aetas kantiana, Aenesidemus-Schulze scriveva che la nozione diverità implica «una certa relazione della nostra conoscenza con qualcosa che è diverso da essa» e che non è unarappresentazione ([G. E. Schulze], Aenesidemus oder über die Fundamente der von dem Herrn Prof. Reinhold in Jenagelieferten Elementar-Philosophie. Nebst einer Vertheidigung des Skepticismus gegen die Anmaßungen der Vernunftkritik,[Helmstadt]: [Fleckheisen], 1792). In tempi più recenti, vari autori hanno sostenuto, senza riferimento a Kant,che si può adottare una teoria corrispondentista della verità solo se si ritiene che gli enti che rendono i giudiziveri siano mente-indipendenti. Cfr., ad es., L. BonJour, The Structure of Empirical Knowledge, Cambridge (ma),Harvard University Press, 1985, pp. 159-160; R. Walker, The Coherence Theory of Truth. Realism, Anti-Realism,Idealism, London, Routledge, 1989, pp. 3, 6, 20; P. Engel, Truth, Chesham, Acumen, 2002, pp. 14-15.

2 Cfr. i testi citati a p. 83, nota 5.3 Kant ritiene che possiamo conoscere il valore di verità per lo meno dei giudizi che negano la spazialità e

temporalità delle cose in sé. Se questa sua posizione sia giustificata o meno è stato oggetto di infinite contro-verse: cfr., ad es., P. Kitcher, The Trendelenburg Objection: A Century of Misunderstanding Kant’s Rejection of Me-taphysics, in Kant und die Berliner Auf klärung, cit., vol. 2, Berlin, de Gruyter, 2001, pp. 599-608.

4 Con queste affermazioni, non intendo presupporre che gli oggetti fenomenici siano numericamente di-stinti dalle cose in sé. Si potrebbe sostenere, ad es., che le cose in sé siano degli oggetti di cui si considerano sol-tanto le proprietà intrinseche, prescindendo dalle loro proprietà relazionali, mentre gli oggetti fenomenici so-no le proprietà relazionali di quegli stessi oggetti (cfr. R. Langton, Kantian Humility. Our Ignorance of Things inThemselves, Oxford, Clarendon Press, 1998). Se si adotta questa interpretazione, allora i giudizi che vertono sul-le cose in sé dovranno corrispondere alle proprietà intrinseche degli oggetti per esser veri. I giudizi che verto-no sugli oggetti fenomenici, invece, dovranno corrispondere alle loro proprietà relazionali per essere veri.

5 Ecco due esempi. Il primo esempio riguarda lo scetticismo riguardo all’esistenza della materia. Kant chia-ma la dottrina secondo cui è impossibile dimostrare l’esistenza della materia «idealismo scettico» (KrV, A 377-378). L’idealista scettico, Kant scrive, «è un benefattore della ragione umana», perché le sue speculazioni «cispingono con forza […] a considerare tutte le percezioni […] semplicemente come una coscienza di ciò che

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sull’interpretazione della concezione kantiana della verità 95so garantisce la conoscibilità degli oggetti esterni riconoscendone allo stesso tempoil carattere fenomenico. La vera rivoluzione copernicana, in questo campo, concernelo statuto degli oggetti, e non la nozione di verità, che Kant continua a definire in ma-niera piuttosto tradizionale con espressioni tipiche delle teorie corrispondentiste.

D’altra parte, pressoché tutti i sostenitori di teorie corrispondentiste della veritàammettono che vi siano dei giudizi veri che corrispondono a degli oggetti mente-di-pendenti, siano essi i giudizi sulle idee, sui pensieri o sulle teorie scientifiche. L’am-missione che anche i giudizi sugli oggetti esterni corrispondano a degli enti mente-dipendenti non pregiudica l’adozione di una teoria corrispondentista della verità, seè vero, come vari autori hanno sostenuto di recente, che l’adozione di una teoria cor-rispondentista è compatibile con una concezione anti-realista degli enti che rendonoi giudizi veri,1 così come con una concezione secondo cui la realtà come la conoscia-mo è il risultato di processi di interpretazione e ‘costruzione’ soggettiva o intersog-gettiva.2

Una ricostruzione dettagliata della concezione kantiana della verità potrebbeesemplificare questa compatibilità di idealismo e corrispondentismo, ma ciò richie-derebbe uno studio ben più ampio. Con queste osservazioni mi auguro di aver mo-strato che un’interpretazione corrispondentista di Kant è per lo meno interessante enon del tutto priva di plausibilità.

Abstract

This paper argues that Kant, in his Critical period, did not have a coherence theory of truth.The paper outlines three coherence theories of truth and two coherence theories of empiri-cal truth that Kant might have adopted. The three theories of truth are incompatible withKant’s texts. The two theories of empirical truth are compatible with the texts. However, thereare no convincing reasons to hold that Kant adopted those theories.

inerisce alla nostra sensibilità, e gli oggetti esterni di esse non come cose in se stesse bensì soltanto come rap-presentazioni» (ivi, A 378). Il secondo esempio riguarda lo scetticismo riguardo alla possibilità di conoscere nes-si causali tra gli oggetti. Kant afferma di essere stato capace di respingere questa forma di scetticismo graziealla scoperta che gli oggetti di cui abbiamo esperienza non sono cose in sé, ma fenomeni (cfr. KpV, AA v 50-54:soprattutto 53).

1 Cfr., ad es., M. Devitt, Realism and Truth, ii ed., Oxford, Blackwell, 1991, p. 42; G. Vision, Veritas. The Correspondence Theory and Its Critics, Cambridge (ma), The mit Press, 2004, pp. x-xii, 14-16; G. Volpe, Teorie dellaverità, Milano, Guerini e Associati, 2006, pp. 117-118.

2 Cfr., ad es., A. I. Goldman, Epistemology and Cognition, Cambridge (ma), Harvard University Press, 1986,pp. 151-154; P. Healy, Kant, Blanshard, and the Coherence Theory of Truth, cit., pp. 266-274.

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SOMMARIO

saggiEmilio Garroni, Attualità di Kant 11Gabriele Tomasi, Sul valore rappresentativo del piacere per il bello in Kant 17Daniela Tafani, Religione e diritti civili: la questione ebraica in Kant 33Pedro Jesús Teruel, Das Organ der Seele. Immanuel Kant y Samuel Thomas

Sömmerring sobre el problema mente-cerebro 59Alberto Vanzo, Sull’interpretazione coerentista della concezione kantiana della

verità 77

miscellaneaTanja Gloyna, Jacqueline Karl, Werner Stark, Kant’s gesammelte Schrif-

ten im Jahr 2008 99Nico De Federicis, Giuliano Marini interprete di Kant 109Francesco Valerio Tommasi, Le persone, infiniti fini in sé. Un ricordo di Marco

Maria Olivetti lettore di Kant 121

recensioniImmanuel Kant, Guerra e pace. Politica, religiosa, filosofica, a cura di Gerardo

Cunico (Maria Chiara Pievatolo) 129Jay F. Rosenberg, Accessing Kant: a relaxed Introduction to the Critique of pure

Reason (Raffaele Giampietro) 131Giuseppe Motta, Kants Philosophie der Notwendigkeit (Paola Rumore) 133Giuliano Marini, La filosofia cosmopolitica di Kant (Claudio Cesa) 137Sara Fortuna, Il laboratorio del simbolico. Fisiognomica, percezione, linguaggio da

Kant a Steinthal (Gennar Luigi Linguiti) 141Luca Bisin, La fenomenologia come critica della ragione. Motivi kantiani nel razio-

nalismo di Husserl (Francesco Lanzillotti) 143Terror, Peace and Universalism. Essays on the Philosophy of Immanuel Kant, ed. by

Bindu Puri, Heiko Sievers (Nico De Federicis) 147Kant und der Katholizismus. Stationen einer wechselhaften Geschichte, hrsg. von

Norbert Fischer (Giuseppe Franco) 153Alberto Pirni, Kant filosofo della comunità (Luca Paltrinieri) 157Astrid Deuber-Mankowsky, Praktiken der Illusion. Kant, Nietzsche, Cohen, Ben-

jamin bis Donna J. Haraway (Sara Fortuna) 161

Bollettino Bibliografico 2006 165xi Congresso Kantiano Internazionale - Call for papers 183xi. Internationaler Kant-Kongress - Call for papers 184Notiziario 185Sigle delle opere di Kant 187Libri ricevuti 191