Migrazioni internazionali e - Ordine Ingegneri Provincia Catania · 2016-05-31 · nuovo...

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La fuga dei talenti nel nostro paese ed in modo parti-colare nelle regioni meridionali, secondo i dati uffi-ciali, si manifesta come un fenomeno in crescita. Unnumero sempre più elevato di laureati lascia l’Italiaper cercare in altri paesi possibilità d’occupazione erealizzazione professionale. I dati pubblicatidall’ISTAT nel 2014 evidenziano come il fenomenosia in espansione rispetto ai dati rilevati in preceden-za, secondo Confimpresa oltre60.000 giovani lasciano il nostropaese per andare a lavorareall’estero, di questi il 70% sonogiovani che hanno conseguito unalaurea nel quadriennio preceden-te.In linea con i questi valori sipossono considerare i dati diffusidalla Commissione Europea del2012 che evidenziano, comeormai da diversi anni, molti l’ita-liani hanno scelto di lavorare inun altro Paese UE; infatti sullabase delle rilevazioni effettuate inquesto periodo l’Italia risulta ilterzo paese per esportazione diforza lavoro (676 mila lavoratori)dopo Romania (1 milione 212mila lavoratori) e Polonia (1 milio-ne 16 mila lavoratori). Secondo idati raccolti dall’AIRE (Anagrafedegli Italiani Residenti all’Estero)nel 2014 gli emigrati complessiviiscritti ammontano a 101.207 conun incremento del 7% rispettoall’anno solare precedente in cuigli emigrati iscritti erano 94.126.Anche il 2013 ha visto un significa-tivo aumento di questo fenomeno del 19,2% rispetto2012 e del 55% rispetto al 2011 in cui gli emigratierano 60.635.Ad aggravare la lettura dei dati fin qui illustrati siaggiunge il fatto che i dati raccolti sono relativi al traf-fico in uscita ufficialmente registrato all’AIRE,

dunque si può considerare una stima a ribasso delpeso reale di questo fenomeno poiché molte infor-mazioni sfuggono ai canali di rilevamento ufficiali.Da un’analisi dei dati AIRE 2012 si registra la prefe-renza degli italiani nella fascia 20-40 anni a cercareoccupazione in Europa, infatti la Germania è il primopaese che richiama maggiormente i nostri giovani(3.549) dopo Gran Bretagna (3366) e Svizzera

(3.118). Seguono in questa classi-fica di gradimento dei nostrigiovani Stati Uniti, Argentina eBrasile (5.099) evidenziandoanche l’interesse verso i paesi delnuovo continente. Il report“Migrazioni internazionali einterne della popolazione resi-dente”, nell’anno solare 2014 ilnumero di connazionali laureaticon più di 24 anni d’età che rien-trano dall’estero ha registrato un+18,6% rispetto al 2013 (7˙000unità) ed un aumento del 3,4%del numero di laureati italiani chelasciano il paese (20˙000 unità)con principali mete di destinazio-ni Germania, Regno Unito, Svizze-ra e Francia in accordo con i datiAIRE. Da un’analisi regionale delfenomeno, sempre per l’annosolare 2014, la Sicilia risulta laseconda regione italiana (8765)per gravosità del fenomeno dietrosolo alla Lombardia (18˙425) edavanti al Veneto (8720).Fenomeno in continuo aumentovista la quarta posizione della Sici-lia dell’anno precedente nel 2013

(Dati AIRE 2014) e in base ai 40.281 giovani tra i 20-40 anni che nel decennio 2000-2010 hanno lasciatola nostra isola.Nell’analizzare questa tendenza non si può trascurareil costo economico e sociale che determina questofenomeno. Alcune analisi economiche quantificano il

LA FUGA DEI TALENTI

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costo che lo Stato italiano sostieneper formare i laureati che si trasfe-riscono all’estero in cerca dellaprima occupazione, in circa unmiliardo di euro l’anno. Una cifra elevatissima a cui siaggiunge il pesante costo socialeche i territori pagano nel vedersiprivati di risorse umane ed intel-lettuali. D’altronde nel nostropaese l’attenzione rivolta al ruolodell’istruzione e della ricerca ènettamente inferiore a quella deglialtri paesi europei.Nella classifica riportata nei recen-ti rapporti dell’ISTAT l’Italia occu-pa uno degli ultimi posti tra i paesi industrializzatiper l’incidenza percentuale sul PIL delle risorse inve-stite per l’istruzione e la ricerca.Il Centro Studi del CNI ha analizzato il fenomeno dalpunto di vista degli ingegneri. Dallo studio pubblica-to, che esamina i dati su scala nazionale, si evince chegià il 5% degli ingegneri che sono attivi nell’industriao nei servizi lavora con continuità all’estero; il 23%vanta un’opportunità lavorativa oltre confine ed il31% programma di cercare opportunità di lavoro inaltri paesi. I dati evidenziano come i laureati in inge-gneria per riuscire a svolgere un’attività compatibile

con il loro grado di istruzione eformazione devono di fattoemigrare all’estero.Il quadro sopra descritto apparecertamente preoccupante e fruttodi una crisi profonda. La ricerca disoluzioni e risposte concrete ècertamente complessa ma quantomai urgente per non lasciare adaltre realtà economiche la possibi-lità di usufruire delle energie ecapacità dei giovani ingegnerioggi privati nel nostro territoriodi opportunità lavorative. Unasfida da affrontare che riguardatutti e che certamente richiede un

impegno sinergico ed una costante attenzione aigiovani. Diffondere la conoscenza dei programmidella U.E. a sostegno dell’innovazione e della impren-ditoria giovanile. Sostenere le iniziative delle Startupe incentivarne la formazione; favorire la creazione dinetwork e di spazi di coworking sono alcune dellestrade intraprese dal nostro Ordine e dai suoi giovaniiscritti nell’ottica della responsabilità verso le nuovegenerazioni. Si tratta di creare occasioni di confrontoe di scambio di informazioni, nonché di formazione,per incoraggiare i professionisti a mettere in camponel proprio territorio le proprie conoscenze ed idee.

Santi Maria CasconePresidente Ordine Ingegneri provincia di Catania

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Per acquisire e trasferire agli iscritti le nuove compe-tenze professionali richieste dal mercato del lavoro,la Fondazione degli Ingegneri di Catania affrontatematiche che hanno come filo conduttore l’innova-zione, concetto sempre più frequente neldibattito pubblico che riguarda la nostra categoria,seppur da sempre elemento essenzialedell’attività professionale.Per stare al passo con icambiamenti che lasocietà e impone e conil sistema lavorativomutato dalla globaliz-zazione, diventafondamentalecomprendere verso quali orizzonti si orientano gliinteressi di chi opera nel nostro ambito. Da un lato èopportuno focalizzare l’attenzione sulle granditrasformazioni che hanno interessato il settore a livel-lo globale, dall’altro invece occorre valorizzare lacreatività dei giovani, che anche nel nostro territoriosono “vulcani di idee”. Ne sono un esempio sempre più frequente quei neoprofessionisti che, non appena concluso il percorsoaccademico, si dedicano con costanza e impegno anuove attività sfruttando le conoscenze e le abilitàacquisite durante gli anni universitari, e quindidando vita, in molti casi, a start up che coniugano leloro competenze con le esigenze concrete dellasocietà in evoluzione. Ne nascono vere e proprieaziende radicate nel territorio ma con respiro nazio-nale e internazionale. Abbiamo conosciuto alcuni di questi giovani ingegne-ri durante il seminario dedicato alle start up cheabbiamo organizzato, e che si è svolto alla CittadellaUniversitaria di Catania. Un evento che ha vistoprotagonisti laureati in Ingegneria, i quali – per lorostessa ammissione – hanno ripercorso le tappe dellaloro carriera universitaria rendendosi conto che allafine “ne è valsa la pena” e che finalmente stanno

raccogliendo i primi successi per le idee innovativeche hanno messo in pratica. Innovativo è anche il corso di Ingegneria Forense,fiore all’occhiello della nostra offerta formativa,perché intreccia le tematiche i tre settori – civile-ambientale, industriale e dell’informazione – conimportanti contributi estratti dal comparto giudizia-rio, e dall’area etica e deontologica.

È importante rinnovar-si nell’approccio allaformazione: il ruolodella Fondazione è perstatuto quello di farcamminare la profes-sione al passo coi

tempi e con un quadro normativo in continua evolu-zione. Bisogna lavorare sul costante aggiornamentotecnico-scientifico e culturale del nostro ambito. Perquesto proponiamo sempre agli iscritti una fitta agen-da di seminari, convegni e approfondimenti – spessovalorizzati dalla presenza illustri relatori – chepongono l’attenzione su tematiche attuali cheriguardano non soltanto la nostra professione, mache puntano anche a sensibilizzare l’opinione pubbli-ca su temi delicati quali il rischio sismico, l’efficienzaenergetica, la sostenibilità ambientale, la programma-zione urbanistica. La costante presenza degli Ingegneri a servizio delterritorio è basilare per costruire una rete di rapportiche tenga sempre alta la bandiera della nostraprofessione nella società.

INNOVAZIONE:LA MARCIA IN PIÙ PER FAR CRESCERE L’INGEGNERIA

Mauro ScaccianocePresidente Fondazione Ordine Ingegneri

provincia di Catania

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Da più di 2 anni gli ingegneri, così come tutti gli altriprofessionisti, devono rispettare l’obbligo dellaformazione continua, prevista dall’art. 7 del D.P.R137/2012.E’ il momento di avanzare proposte per una primaverifica al Regolamento sulla formazione, partendodagli indubbi aspetti positivi e proponendo migliora-menti anche alla luce delle criticità emerse nel corsodei primi 2 anni di applicazione.Certamente meritano approfondimento le questioniche riguardano la omogeneizzazione delle procedu-re su tutto il territorio nazionale e tra Ordini e provi-der, il mutuo riconoscimento tra Ordini e Collegiprofessionali e la questione legata alle esenzioni conparticolare riferimento ai colleghi che avendo supe-rato una soglia d’età hanno già svolto decenni di atti-vità formativa.La modifica del Regolamento, ovviamente non puòprescindere da una valutazione oggettiva e per farciò un utile strumento viene dalle analisi che la Scuo-la Superiore di Formazione redige con cadenzatrimestrale.Di seguito vengono allegate delle diapositive cheriguardano i seguenti dati:Fig. 1: Eventi totali realizzati negli anni 2014 e 2015;Fig. 2: Eventi organizzati dagli Ordini nel 2015;Fig. 3: Numero di provider autorizzati nel 2015;Fig. 4: Partecipazioni uniche e per settore di iscrizio-ne all’Albo;Fig. 5: Partecipazioni totali, confronto tra 2014 e 2015;Fig. 6: Ingegneri che hanno più di 30 CFP;Fig. 7: Giovani ingegneri che non hanno ottempera-to all’obbligo di frequentare 5 ore di formazionesull’etica e la deontologia;Fig. 8: Ingegneri che hanno tra 15 e 29 CFP e cheancora non hanno presentato l’autocertificazionesull’attività professionale relativa all’ano 2015;Fig. 9: Ingegneri che hanno presentato l’autocertifica-zione nel 2015 e che non l’avevano prodotta nel 2014;Fig. 10: Numero di autocertificazioni presentate nel2015, messe al confronto con quelle presentate nel2014;Fig. 11:Costo iscrizione eventi 2015;Fig. 12:Numero partecipazione ad eventi nel 2015.

L’ATTIVITÀ DELLA SCUOLA SUPERIORE DI FORMAZIONEI NUMERI DELLA FORMAZIONE

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La Scuola Superiore di Formazione oltre all’analisidei dati sopra richiamati intende promuovere delleattività che a tal uopo ha inserito nel piano program-matico, che annualmente viene presentato alConsiglio nazionale ingegneri, per la previstaapprovazione.Obiettivo primario del piano è investire in formazio-ne per gli ingegneri, senza gravare sugli iscritti agliOrdini, ma utilizzando le somme che entrano nelsistema da soggetti esterni. Nel corso del 2015 sono state realizzate importantiattività, che produrranno i loro frutti verosimilmentenel 2016, ed in particolare:È stato sottoscritto un protocollo di intesa con

l’ANAC, per la realizzazione congiunta di attivitàlegate alla formazione. A seguito di tale accordo èstata già realizzata una registrazione video presso lasede dell’ANAC, resa disponibile a tutti gli Ordini e,loro tramite, agli iscritti, al fine di realizzare unmomento formativo di illustrazione della determinaANAC n. 4 del 2015 .È stato altresì sottoscritto un protocollo di intesa conil CNR per la realizzazione congiunta di attivitàlegate alla formazione.

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In particolare il programma identifica le seguentiprincipali aree di attività:

•Organizzazione di eventi formativi dielevato standing qualitativo, sia per conte-nuti quanto per la ricerca di relatori dichiara fama. Nella scelta dei temi saràprestata particolare attenzione alle areetematiche non coperte da una adeguataofferta formativa Nazionale;

• Organizzazione di eventi dedicati allapromozione ed alla diffusione dell’etica edella deontologia professionale.

• Promozione del dialogo con le rappre-sentanze territoriali (Ordini e Federazio-ni/Consulte e Fondazioni istituite pressogli Ordini territoriali) per agevolare l’im-plementazione delle attività formative suisingoli territori, in ragione della specificitàdi ciascuno di essi, orientando, ove possi-bile, l’aggiornamento professionale versoil lavoro, verso la certificazione dellecompetenze, verso la formazione abilitan-te riconosciuta sull’intero territorio nazio-nale;

• Progettazione e realizzazione di corsiFAD (Formazione a distanza) da mettere adisposizione gratuitamente di tutti iprofessionisti, per mezzo degli Ordiniterritoriali.

La Scuola intende altresì muoversi anche su altriobiettivi:

• realizzazione della Quarta edizione delprogramma di borse di studio riservate agiovani ingegneri in strutture di eccellenzanel Nord America, in collaborazione conISSNAF, attività che nelle 3 precedentiedizioni ha visto sempre presente un inge-gnere iscritto al nostro Ordine.

• realizzazione di programmi stage forma-tivi/ borse di studio riservate a giovaniingegneri da svolgersi in Italia/Europa;

• promozione di progetti per il migliora-mento della conoscenza della lingua ingle-se anche mediante la partecipazione acorsi di lingua all’estero;

• realizzazione di servizi e prodotti volti asupportare gli Ordini territoriali negliadempimenti connessi all’utilizzo dellapiattaforma informatizzata predisposta dalConsiglio Nazionale Ingegneri;

Chiudo con i numeri delle istruttorie svolte per ilConsiglio nazionale ingegneri al fine dell’ottenimen-to dell’autorizzazione dei provider al rilascio dei Cfp:• N° 158 istruttorie relative a richieste di autorizza-zione provider;• N° 1.161 istruttorie di riconoscimento CFP;Insomma tanta attività, ma soprattutto importantiprogetti, finalizzati ad elevare la qualità delle presta-zioni professionali, tramite il miglioramento conti-nuo delle competenze.

Carmelo Maria GrassoVice Presidente Scuola Superiore di Formazione

per l’Ingegneria

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Il collega Olivero Scuto nato a Catania nel 1916, il 4febbraio ha brillantemente superato i cento anni dietà e, per la sua attuale splendida tenuta fisica epsichica, dimostra che intende proseguire su questastrada per anni ancora, con i nostri migliori auguri.Personaggio eclettico, incline oltre che allo studio,all’avventura, allo sport ed alla professione. In continuo spostamento di luoghi di residenza; a 15anni si trova a Firenze a frequentare e completare il

liceo.Si sposta al politecnico di Milano dove, nel1940, si laurea in ingegneria civile, abilitandosi allaprofessione presso il politecnico di Torino. Parlal’inglese ed il francese per averli studiati dai primianni con l’assistenza della madre francese; il tedescoper la frequenza con la cugina tedesca e lo spagnoloper avere svolto per 15 anni attività professionale inPerù. La via Scuto di Catania, nei pressi della pesche-ria, porta il nome della famiglia dove per anni vi abitò

Redazionale

ABBIAMO INTERVISTATO IL COLLEGA OLIVIER

ORDINE E FONDAZIONE FESTEGGIANO I CENT’ANNI DELL’INGEGNERE OLIVIER SCUTO

I cento anni di Olivier Scuto, ingegnere etneo con alle spalle una guerra da ufficiale in Marina, due conti-nenti e 76 anni di professione. Il Consiglio dell’Ordine e il Cda della Fondazione Ingegneri di Cataniahanno portato gli auguri di tutta la categoria al professionista che risiede a Tremestieri Etneo. È una dedi-ca speciale, quella fatta dal presidente Santi Maria Cascone durante l’incontro presso la sede dell’Ordine,un riconoscimento allo straordinario patrimonio di memoria che servirà d’esempio alle nuove generazio-ni:« I contenuti della professione sono cambiati nel corso degli anni – ha commentato Scuto – nella miavita professionale in Italia e all’estero mi sono sempre confrontato con realtà diverse che stimolavano lavoglia di fare sempre meglio, ma una cosa è certa – ha ribadito - la figura dell’ingegnere resta un capo-saldo della società, da lui dipende il modo in cui si costruisce il futuro. Ai giovani professionisti consigliodi impegnarsi al massimo e di dedicarsi molto ai dettagli sia in fase di progettazione che in esecuzione,pur tenendo sempre in mente la visione d’insieme, bisogna ricordarsi che sono i particolari a fare la diffe-renza».

Santi Maria CasconePresidente Ordine Ingegneri provincia di Catania

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tuttuno con l’Etna e Taormina, rimasto legato agliaffetti più intimi, ricordi d’infanzia e tradizioni localiappena assaporati che, seppur giramondo gli manca-vano, soprattutto quello della madre Sophia. Nel1962 si iscrive all’Ordine degli ingegneri della nostraprovincia, per svolgere attività professionale nellacittà in cui si riconosceva di far parte, riallacciandovincoli di parentela e nuovi legami di amicizia, inquanto sentiva di stare bene in quell’ambiente natiodalla società disordinatamente vivace e movimentatama accettabile per la grande accoglienza che offre,proseguendo la sua attività professionale insieme adaltri colleghi, in un periodo del boom della ricostru-zione del dopoguerra. Fra i tanti lavori eseguiti inquel periodo, ricorda la realizzazione della Fiat nelviale Regina Margherita ad angolo con la via SalvatoreTomaselli, dirimpetto la Villa Trigona di Misterbianco,collaborando con l’allora presidente dell’Ordine ing.Alfio Amantia. Ed intanto, come i “giovani bene”catanesi, frequenta il Circolo Canottieri della Jonica,il Rifugio Sapienza dell’Etna ed i tanti locali diTaormina dove la sua presenza, ogni fine settimana,

il cugino Federico, sposato con una cittadina tedesca;anche lui, per poco, non raggiunse il secolo di vita.Appena laureato in ingegneria civile, a seguito delloscoppio della seconda guerra mondiale, richiamatoalle armi ed avendo, nei mesi estivi, frequentatol’Accademia di Livorno per seguire i corsi preliminarinavali, venne subito imbarcato in un cacciatorpedi-niere dove, tra un’azione di guerra ed una diprotezione delle frontiere italiane, vi passò quasi l’in-tero periodo bellico. Finita la guerra, il fratello loconvinse a trasferirsi in Perù dove da anni vi risiede-va, prospettandogli una intensa attività professionalenella città di Lima. Per quindici anni, visse di profes-sione, di intensa vita sociale tra sport e piacevoliserate organizzate in club esclusivi, circondandosi distima ed amicizia nella migliore società di quella città.Raggiunti i 45 anni di età, ancora nel pieno dellasua vita, volle tornare a Catania sua città natale, in

Siena - Olivero di anni 15

Olivero ingegnere in Perù

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diventò rituale. La vivacità pur disordinata dei catane-si, la spontaneità degli amici conosciuti, dei cittadiniche incontrava, lo attraevano più della posizione divertice che aveva conquistato in Perù, Paese bello,accogliente e disponibile, convinto che le sue radicirestavano quelle di un catanese.Lasciò Catania, quando i ragazzi di famiglia abbienteprima di indossare i pantaloni lunghi portavano ipantaloni alla zuava stretti sotto il ginocchio seguitida calzettoni pesanti, anziché gli striminziti pantalon-cini allungati fino a prima del ginocchio dei figli delpopolo.A Catania la vita, da praticante sportivo, riprese piùbrillante e fattiva di prima, tra serate incantevoli sulmare di Taormina, la neve dell’Etna solcata da sciatecompetitive, le lunghe nuotate sul lungomare incan-tevole della scogliera catanese ed il lavoro svoltoinsieme agli ingegneri Alfio Amantia e GiuseppeSpampinato, che lo accoglievano volentieri, per lasua preparazione, l’innata apertura professionale, lesue frequentazioni, il poliglottismo utile in molteoccasioni.In quel periodo sposò felicemente una cittadinatedesca, come il cugino Federico che, senza volere,fece da tramite, perchè la di lui moglie tedesca,invitando a Catania l’amica Ursula (e ci mancava chenon si chiamasse Ursula) Birkenmaier, avvenente ebrillante cittadina tedesca che, giunta a Taormina peruna frettolosa vacanza, si innamorò della famosacittadina e di Olivero, allungando le vacanze. Tra gitesull’Etna, visite nei tanti siti archeologici nell’isola elunghe nuotate nel mare Jonio, si manifestò il deside-

rio di restarci con Lui per tutta la vita, accasandosinell’area della Sicilia Orientale, tra Taormina eCatania. E così sposatisi, inizialmente abitarono permolti anni a Taormina, nel quale periodo esercitò consuccesso l’attività professionale come progettista,direttore di lavori, consulente di alberghi, bar elocali notturni dai nomi famosi in tutta Europa, comeMokambo, Schisò, Excelsior, Villa Mazzarò. Oggisoddisfatto, abita con la moglie nella miglioreperiferia di Catania in un complesso alberato da luiprogettato, circondato da verde, posizionato su unpoggio panoramico a stretto contatto con la figliaOlivia ed il nipotino Olivero, non limitandosi a viveresolo di bei ricordi ma, seguito dalla moglie in splen-dida forma, svolgendo molteplici attività varie convecchi e nuovi amici, oltre che italiani, tedeschi, mamai trascurando le tradizionali puntate nella amataTaormina.

Attuale intervento di Oliviero

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La prevenzione è prima di tutto un fatto culturale.Questo il leit motiv e il dato di base del convegno su“La prevenzione dei danni da eventi sismici e idro-geologici: criticità del sistema, vantaggi ambientali eopportunità economiche” che si è tenuto il 15gennaio scorso nell’Aula Magna del Rettorato in piaz-za Università a Catania. L’evento, organizzato da AnceCatania e Università con il patrocinio di Comune diCatania, Protezione Civile Regionale, Ordine Inge-gneri Catania, Confindustria Catania, CoRi ConsorzioRischi, Ance Ragusa e Banca Agricola Popolare diRagusa, ha messo in luce ogni aspetto legato alrischio, elevatissimo nella provincia etnea, di cata-strofi naturali come terremoti e/o inondazioni. Ed hasuggerito soluzioni convincenti per sollecitare ammi-nistrazioni pubbliche e privati cittadini ad intervenireper la messa in sicurezza degli edifici, unica veraprotezione per le vite umane e difesa per il patrimo-nio edilizio e naturale. Sembra infatti che nonostan-te la forte probabilità di un evento sismico di grandeportata (negli ultimi 1200 anni se ne è verificatoall’incirca uno ogni 300 anni e dall’ultimo ne sono

passati quasi 350…), e nonostante I recenti ma asso-dati cambiamenti climatici che sottopongono il terri-torio alle cosiddette “bombe d’acqua”, il pensierodominante sia solo la gestione dell’emergenza, per laquale vengono stanziati fondi e organizzati piani. Laprevenzione è invece fondamentale, come hannosottolineato tutti i relatori, ognuno nel proprio ambi-to. E può essere anche un volano di sviluppo, puòessere davvero conveniente sul piano economico, apatto di introdurre quelle norme e quegli incentivinei quali i professionisti del settore credono molto.Ance Catania e gli Ordini degli Ingegneri e Architettida tempo investono in convegni, seminari e campa-gne informative. L’associazione dei costruttori nellospecifico, ha stabilito con l’Università di Catania unastretta collaborazione che il rettore Giacomo Pignata-ro, aprendo i lavori del convegno, ha simpaticamentedefinito “la Santa Alleanza”: ne sono nati studi,dossier sugli adeguamenti antisismici, disponibilità aconsulenze gratuite, perfino un dottorato di ricercasul tema. L’Università di Catania, ha annunciato ilrettore, intende realizzare un “centro grandi rischi”

CONVEGNO SULLA PREVENZIONE DEI DANNI DA EVENTI SISMICI ED IDROGEOLOGICI

ORGANIZZATO PRESSO IL RETTORATO DELL’UNIVERSITÀ DI CATANIA

di Nicola Colombrita

Tavolo della presidenza

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mutuando quanto già avviene in agricoltura. Con unsistema assicurativo ripartito, così come esiste in altriPaesi, lo Stato risparmierebbe rispetto agli enormicosti per la ricostruzione”. Il presidente dell’Ordinedegli Ingegneri di Catania Santi Cascone nel suointervento di saluto ha ricordato che i professionistietnei hanno maturato grande competenza nellamateria: con le moderne tecnologie antisismiche èpossibile mettere in sicurezza la maggior parte degliedifici, sia pubblici come ospedali, scuole ed altriedifici strategici, che interi condomini privati come itanti costruiti prima del 1981, anno di entrata in vigo-re delle norme antisismiche. Cascone ha auspicatouna sempre maggiore sinergia tra tecnici e istituzioni,per una riflessione sulle scelte urbanistiche. “È neces-

saria anche una pianificazione che tenga conto deicontesti idrogeologici” ha detto Calogero Foti diretto-re del Dipartimento regionale di Protezione civile, “èinutile costruire a norma se non si guarda al rischiooggettivo del suolo, alle vie di fuga, alla sicurezzacollettiva”. Un esempio per tutti, le moderne “chie-se”, i centri commerciali che attirano migliaia dipersone e che in caso di un evento sismico potrebbe-ro presentare più di un problema per l’incolumitàpubblica. Per l’assessore ai Lavori pubblici del Comu-ne di Catania Luigi Bosco è importante destinarefondi per garantire alloggi alternativi (case sociali), achi fosse costretto a lasciare il proprio domicilio per

mettendo a disposizione delle professionalità cittadi-ne le proprie strutture e i laboratori. Ma se da un latola scienza e la tecnologia procedono nella ricerca,dall’altro i cantieri stentano ad aprire, e la rigenera-zione urbana non decolla. “Servono dunque nuoviacceleratori”, ha spiegato il presidente Ance CataniaNicola Colombrita, “incentivi che convincano iproprietari di immobili ad effettuare gli adeguamenti.Ne abbiamo individuati due: il primo è l’obbligo diclassificazione sismica degli edifici, analogamente aquanto già esiste per le prestazioni energetiche. Laclassificazione consentirebbe di adeguare il valoredegli edifici alla loro effettiva qualità strutturale, edovrebbe essere collegata ad un sistema di premialitàfiscale, proprio come Ance ha già ottenuto dal gover-

no per le classi energetiche (riduzione IVA 50% per leclassi A). La redazione di questa classificazione è stataaffidata con decreto del Ministero LLPP ad un gruppodi studio composto da esperti del Ministero e dellaProtezione Civile, Provveditori, illustri docentiuniversitari, e rappresentanti dell’Associazione Inge-gneria Sismica Italiana, ed il risultato finale è sul tavo-lo del ministro Delrio dall’estate scorsa”. Un altroprovvedimento da introdurre, ha spiegato sempre ilpresidente Colombrita, è l’assicurazione obbligatoriasu rischi sismici ed idrogeologici. “Potrebbe sembrareuna nuova tassa sulla casa ma lo Stato dovrebbe inter-venire con la creazione di un fondo virtuoso,

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consentire gli interventi di adeguamento. Bosco haanche ricordato che il Comune ha istituito un apposi-to sportello informativo, così come un fondo di rota-zione per incentivare i progetti. La relazione dellaprofessoressa Michela Cavallaro, direttrice del Dipar-timento Economia e Impresa dell’Università di Cata-nia, ha preso in esame l’evoluzione dei principi dirischio e precauzione nella legislazione italiana finoalla previsione, (ancora in fase di gestazione) di untrattamento deteriore per chi non si assicura contro idanni, consistente nell’esclusione da detrazioni fisca-li o nella preclusione ad accedere all’indennità stata-le. E proprio gli aspetti economici della prevenzionesono stati al centro dell’intervento di Roberto Cellini,ordinario di Economia Politica presso lo stesso DEI, ilquale ha spiegato, sulla base di quanto già attuato inaltri Paesi come California, Turchia e Giappone, comeuna copertura assicurativa da danni sismici ben dise-gnata possa essere strumento di trasferimento delrischio, ripartito dai singoli alla compagnia, dallacompagnia al pool, da un livello nazionale a un livel-lo internazionale. “Il DL 59/2012 prevedeva l’avvio diun regime assicurativo per la copertura di rischioantisismico” ha detto il prof. Cellini “ma è stato inter-pretato come volontà di sollevare lo Stato da inter-venti risarcitori in caso di eventi catastrofici, mentresi tratta di una iniziativa da definire e promuovere,anche perché costituirebbe un volano per la ripresadel settore edilizio e per la qualificazione del patri-monio immobiliare”. Da non dimenticare anche lariqualificazione energetica, assolutamente da coniu-gare con quella strutturale, ha sottolineato nella suarelazione il prof. Rosario Lanzafame, ordinario diMacchine e Sistemi per l’Energia: “ Siamo all’inizio diun lungo percorso virtuoso che trasformerà la nostrecittà - ha detto Lanzafame - la Sicilia è in prima lineanell’ambito delle rinnovabili con i Paes, Piani d’azio-ne per l’energia sostenibile, uno strumento di cui icomuni devono dotarsi per accedere alla nuovaprogrammazione dei fondi Ue in tema di energia”.Sulla necessità di attuare un reale cambiamento dimentalità, un nuovo modello culturale ispirato allaprevenzione e non all’emergenza, si è soffermato ildottore commercialista Antonio Pogliese, che ripor-tando i dati relativi ai danni degli ultimi eventi calami-tosi in Italia, ha pronosticato in ben 8-9 miliardi dieuro la stima annuale per gli anni a venire. Il dott.

Pogliese ha inoltre denunciato gli sprechi in materiadi utilizzo di fondi comunitari (vedasi PO 2007-2014)ed ha auspicato l’utilizzo da parte dello Stato di quel-le leve fiscali, finanziarie, urbanistiche atte ad incenti-vare il privato cittadino negli interventi di riqualifica-zione. L’ultima relazione, molto attesa in quantorichiamata nei contenuti da alcuni dei precedentiinterventi, è stata tenuta da Danilo Ariagno, presiden-te del comitato scientifico dell’Associazione italianaBrokers assicurativi, il quale ha delineato tutte leproblematiche tecniche dell’assicuratore e del riassi-curatore nell’affrontare il tema cat-nat (catastrofinaturali): senza nascondere la notevole difficoltà perle imprese assicurative di fronte al pricing e al calco-lo della solvibilità di un rischio così concentrato, Aria-gno ha suffragato come ipotesi maggiormente condi-visibile quella di un sistema misto pubblico/privato,ma comprendente concrete attività di prevenzione econtrollo del rischio. Ecco dunque come tutto tornaalla necessità di intervenire: nel concludere il conve-gno, il prof. Enrico Foti direttore del DipartimentoIngegneria Civile e Architettura ha ribadito che è indi-spensabile una seria politica di prevenzione, indiriz-zata alla riqualificazione del territorio e degli edificipubblici e agli incentivi per l’adeguamento di quelliprivati. Catania è la città più vulnerabile d’Italia (perrischio sismico, vulcanico ed idrogeologico) ma èpossibile pensare ad un sistema assicurativo checopra i costi dei danni, partendo da una classificazio-ne degli immobili, con una informazione trasparentesulle condizioni del costruito e dunque rendendoanche più efficiente ed equo il mercato immobiliare.

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SommarioNel presente contributo viene presentata un’analisidell’energia del moto ondoso disponibile lungo lecoste siciliane allo scopo di individuare le areepiù vocate all’installazione di dispositivi per laconversione dell’energia del moto ondoso. Lo studioè condotto ricostruendo per mezzo di un modello dipropagazione di terza generazione (SWAN) il climaondoso sottocosta per un periodo di 14 anni. Comecondizioni al contorno al largo sono impiegati i datidi vento e di moto ondoso forniti dall’EuropeanCentre for Medium-RangeWeather Forecasts. I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziatoche le aree che presentano i maggiori valori del flus-so di energia sono localizzate nella porzione occiden-tale della Sicilia e lungo il Canale di Sicilia.È stato altresì valutato il clima ondoso ed il flusso dienergia disponibile in prossimità del porto di Marinadi Ragusa, dove si è ipotizzata l’installazione di undispositivo per la conversione dell’energia del motoondoso integrato in opere portuali del tipo a gettata.

IntroduzioneI sistemi per l’estrazione di energia da fonti rinnova-bili sono sempre più diffusi in quanto rappresentanoun’opportunità per i Paesi europei ai fini del raggiun-gimento degli obiettivi della direttiva 2009/28/CE,che impone l’obiettivo della produzione del 20% dienergia complessiva all’interno della ComunitàEuropea da fonti rinnovabili entro il 2020. Per l’Italia

tale obiettivo è fissato al 17% (17,09% nel settore delriscaldamento, 26,34% nel settore elettrico e 10,14%nel settore dei trasporti) (si veda il Piano di AzioneNazionale per le energie rinnovabili dell’Italia, 2010).L’Italia ha una posizione geografica che permette disfruttare varie fonti di energie rinnovabili (eolico,solare, etc.). Tra tali fonti il mare potrebbe rivestire un ruolo diprimo piano grazie al notevole sviluppo delle costeitaliane, pari a quasi 8.000 km. Al riguardo si conside-ri il fatto che a livello europeo, Clément et al. (2002)hanno stimato che il potenziale di energia estraibiledai mari che lambiscono la Spagna, la Francia, l’Italiae la Grecia è pari a 30 GW.I sistemi che consentono l’estrazione di energia dalleonde e la convertono in energia elettrica sono chia-mati Wave Energy Converter (WEC). Esistono diversitipi di WEC, alcuni dei quali possono essere integratiall’interno di strutture portuali sia a parete (come, adesempio, i REWEC) sia a gettata (come, ad esempio,gli OBREC) (vedere Figura 1). Tali tecnologie sonocaratterizzate da basso impatto ambientale e bassocosto per l’implementazione e la manutenzione, inquanto vanno ad inserirsi in strutture portuali che,comunque, andrebbero realizzate. Oggi esistono più di 1.000 brevetti per WEC, anche senessuno ha raggiunto una fase commerciale e lamaggior parte di loro non garantisce ritorni economi-ci in linea con altre tecnologie per lo sfruttamento difonti rinnovabili.

POTENZIALE DELL’ENERGIA DA MOTO ONDOSO IN SICILIA E IPOTESI DI UN’INSTALLAZIONE SPERIMENTALE PRESSO IL PORTO DI MARINA DI RAGUSA

* di G. Babini, C. Bosco, L. Cavallaro, C. Iuppa, E. Foti, G. Indelicato, R.E. Musumeci, S. Naty, A. Viviano

Figura 1 - Dispositivi per la conversione dell’energia del moto ondoso integrati con strutture portuali: a) REWEC (Boccotti); b) OBREC ( Vicinanza et al., 2014).

*Ricercatori Università di Catania

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dettaglio il clima ondoso in prossimità del porto diMarina di Ragusa e l’energia ad esso associata. Il para-grafo 4 infine riporta alcune considerazioni conclusi-ve.

Potenziale energetico da moto ondoso in Italia ein SiciliaIl clima ondoso nei mari italiani è caratterizzato dauna energia relativamente bassa (vedere Figura 2).Tuttavia, studi recenti hanno dimostrato che sonopresenti alcune aree in cui possono essere installatiproficuamente dispositivi per la conversionedell’energia del moto ondoso. Ad esempio, Vicinanzaet al. (2011) hanno stimato le potenzialità energeti-che delle onde in mare aperto dei mari italiani utiliz-zando le registrazioni delle boe della Rete Ondame-trica Nazionale (RON), gestita dall’Istituto Superioreper la Protezione e la Ricerca Ambientale. I risultati ditale studio hanno evidenziato che le coste occidenta-li della Sardegna e della Sicilia sono caratterizzate daun elevato potenziale energetico. In particolare, ivalori di energia più elevati sono stati ottenuti incorrispondenza delle boe di Alghero e di Mazara delVallo, rispettivamente pari a 9,05 kW/m e 4.75 kW/m.

Per altro la presenza di migliaia di chilometri di costein Italia non rappresenta da sola una condizionesufficiente per la realizzazione dei WEC. Infatti, laproduttività di energia da tali dispositivi deve esseresufficientemente elevata da garantire un ritornoeconomico in pochi anni, confrontabile con quello dialtre tecnologie come i dispositivi fotovoltaici o igeneratori eolici. Per questa ragione, è importanteche i governi nazionali e le amministrazioni localisiano consapevoli del potenziale energetico dellezone costiere per sostenere ovvero per incoraggiareinvestimenti su tali sistemi.A questo proposito, sono stati condotti diversi studidel clima ondoso a largo delle coste italiane. Talianalisi hanno evidenziato che le aree caratterizzate davalori più elevati di energia del moto ondoso sonolocalizzate in corrispondenza delle coste occidentalidella Sicilia e della Sardegna. In precedenti studi,condotti sulla base dei dati delle boe della ReteOndametrica Nazionale, sono stati stimati i valori dipotenza delle onde in mare aperto, pari a circa 10kW/m al largo di Alghero e 4.5 kW/m al largo di Maza-ra del Vallo (Vicinanza et al., 2013), valori che indica-no come vi sia una reale opportunità per l’utilizzo diWEC. Tuttavia, tale stima è attendibile solo per lecondizioni di mare aperto dove le onde non sonoinfluenzate dai processi di propagazione del motoondoso.Al fine di effettuare una valutazione più efficacedell’effettiva energia del moto ondoso disponibilelungo le coste, soprattutto per dispositivi integraticon strutture portuali, è necessario effettuare studi didettaglio che consentano la definizione del climaondoso non solo al largo ma anche e soprattuttosottocosta.Inoltre, sono ancora necessari studi per valutare leprestazioni effettive dei dispositivi di conversione.In questo contributo si inserisce la presente memoriache riporta uno studio a scala regionale dell’energiadel moto ondoso potenzialmente disponibile sotto-costa. Viene altresì presentata una valutazione didettaglio per la definizione di una struttura pilota perrealizzare prove fisiche in pieno campo presso ilporto di Marina di Ragusa.Il documento è organizzato come segue. Nel paragra-fo successivo viene descritto il potenziale energeticodel moto ondoso lungo le coste italiane e siciliane indettaglio. Nel paragrafo 3 viene caratterizzato in

Figura 2 - Potenziale energetico medio annuo dei mari italianiespresso in kW/m.

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Al fine di ottenere una valutazione della disponibilitàenergetica lungo le coste siciliane è stato implemen-tato un modello di propagazione del moto ondoso ascala regionale basato sul codice SWAN (SimulatingWAve Nearshore) sviluppato presso la Delft Universi-ty Tecnology. Tale modello è stato applicato utilizzan-do in input i dati ondametrici e anemometrici fornitidall’archivio operativo dell’European Centre forMedium-Range Weather Forecasts (ECMWF).

Modello numerico impiegatoSWAN (Booij et al., 1999) è un modello per la gene-razione e propagazione d’onda che rappresenta unaestensione alle acque intermedie e basse dei modellidi terza generazione impiegati su profondità infinita(WAve Model). Poiché, come è noto, le onde genera-te dal vento, a seguito della natura irregolare diquest’ultimo, sono caratterizzate da altezze e periodiirregolari, determinando una continua variazionedell’elevazione della superficie del mare, l’utilizzo diun approccio di tipo deterministico presenta enormidifficoltà. Il modello SWAN, essendo di tipo spettrale,consente di superare tali limiti, con evidenti vantaggidal punto di vista computazionale per l’analisi di statidi mare.Il modello numerico necessita della definizione diuna griglia di calcolo rappresentativa della batimetriadel paraggio. Nel caso in questione le informazionibatimetriche sono state desunte: i) dalle carte nauti-che dell’Istituto Idrografico della Marina Militare

Italiana per le profondità inferiori a 100 m; ii) dall’ar-chivio GEBCO per le profondità superiori.Infine, i dati ondametrici e anemometrici utilizzaticome condizioni al contorno del modello sono statidesunti dall’archivio “operational” dell’ EuropeanCentre for Medium-Range Weather Forecasts(ECMWF).

Descrizione della griglia di calcoloLa propagazione degli stati di mare da largo versocosta è stata effettuata mediante un unico dominio dicalcolo esteso attorno la costa della Sicilia. La sceltadi un ampio dominio, come quello considerato nelpresente studio, richiede un’opportuna scelta delladefinizione del modello nelle 5 dimensioni rispettocui è risolto. In particolare, è stata impiegata unagriglia di calcolo non strutturata costituita da unamesh triangolare formata da 89666 elementi e da47000 nodi. La risoluzione della griglia è variabilecon legge lineare in funzione della profondità,passando da 400 m in prossimità della costa sino a1000 m a largo. La variabilità della risoluzione permette la simulazio-ne di un’ampia area, garantendo sia dei tempicomputazionali ragionevoli sia un grado di definizio-ne sufficientemente dettagliato dell’orografia dellacosta. Nella Figura 3 si riporta la griglia di calcolo impiegataper la ricostruzione della serie storica degli stati dimare sottocosta.

Figura 3 a) Batimetria impiegata per la propagazione degli stati di mare da largo a sottocosta; b) Particolare della griglia di calcolo adot-tata in prossimità dell’isola delle Correnti.

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Il contorno esterno della griglia è stato suddiviso in34 segmenti in modo da applicare 34 condizionidiverse di stati di mare. Ogni singolo segmento siestende per circa 28 km ed è centrato su punti delmodello ondametrico ECMWF.Lo spettro è stato discretizzato nel campo dellefrequenze in 40 punti con range compreso tra 0.04Hz a 0.5 Hz corrispondenti rispettivamente a unperiodo di 25 s e 2 s.

Valutazione dell’energia del moto ondoso lungole coste sicilianeLe simulazioni della propagazione del moto ondosoconsentono la ricostruzione storica degli stati di maresottocosta. Questi, a loro volta, hanno consentito dieffettuare valutazioni sul contenuto energetico delmoto ondoso lungo le coste della Sicilia utilizzandola relazione approssimata che permette di valutare lapotenza trasmessa per unità di lunghezza dell’onda:

In cui: � è la densità dell’acqua; g è l’accelerazione digravità; Hm0 è l’altezza d’onda significativa; Te il

periodo energetico dell’onda.Nella Figura 4 si riporta la distribuzione della poten-za del moto ondoso per tutto il dominio di calcoloconsiderato, mentre in Figura 5 si riporta l’andamen-to della potenza del moto ondoso lungo la linea

batimetrica corrispondente alla profondità di 20 m eposta intono alla costa della Sicilia.Come si evince dalla Figura 4 e dalla Figura 5, lepotenze maggiori si registrano nella zona Ovest dellaSicilia.

Ipotesi di un’installazione sperimentale presso ilPorto di Marina di RagusaNell’ambito di una collaborazione tra l’Universitàdegli Studi di Catania e la società Tecnis S.p.A. sonostati predisposti gli studi preliminari finalizzati allarealizzazione di prove su modello fisico in pienocampo di un dispositivo per la produzione del motoondoso da realizzare presso il Porto Turistico di Mari-na di Ragusa.In tale ambito, attraverso l’implementazione di unmodello ondametrico di dettaglio sono state rico-struite le condizioni del clima ondoso in prossimitàdelle opere foranee del citato porto. Inoltre al fine divalidare il modello di propagazione implementato, èstata anche condotta una campagna di misura dicampo per la registrazione del moto ondoso.

Modello di propagazioneLa propagazione degli stati di mare è avvenuta utiliz-zando il sopra descritto modello di propagazioneSWAN. Le batimetrie sono state desunte dalla CartaNautica “Stretto di Sicilia – Da Licata a Marina diAvola” in scala 1:100.000 edita dall’Istituto Idrografi-co della Marina (1985).

Il dominio di calcolo è statodiscretizzato mediante una griglianon strutturata costituita da 2492nodi e 4741 triangoli (vedereFigura 6). La risoluzione dellagriglia è variabile con legge linea-re in funzione della profondità,passando da una larghezza deglielementi triangolari pari a 100 m(in corrispondenza della profon-dità di 10 m) ad una larghezza di1000m (in corrispondenza dellaprofondità di 50m). La variabilitàdella risoluzione permette disimulare un’ampia area garanten-do comunque sia tempi computa-zionali ragionevoli sia un grado didettaglio adeguato. Lo spettro è

Figura 4 - Mappa della potenza media annua del moto ondoso potenzialmente disponi-bile intorno alla Sicilia ricavata tramite il modello SWAN sulla base dei dati ECMWF.

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stato discretizzato, nel campo delle frequenze, in 40punti con range compreso tra 0.04 Hz e 0.5 Hz corri-spondenti rispettivamente a un periodo di 25 s e 2 s.Le condizioni al contorno sono state desunte dai datisintetici ECMWF già descritti, relativi al periodo01/01/2009÷31/12/2012. Tali dati hanno rappresen-tato l’input lungo i contorni del dominio, ad eccezio-

ne dei segmenti ,e ,(vedere la già citata Figura 6).Infatti per tali segmenti si è stimata l’altezza significa-tiva d’onda e la direzione di propagazione dell’ondanodo per nodo a partire dal clima ondoso a largotramite la formulazione lineare del primo ordinebasata sulla conservazione del flusso medio di ener-gia nel caso di batimetriche parallele fra loro.

Figura 5 Andamento della potenza media annua del moto ondoso lungo la linea batimetrica 20 m.

Figura 6 - Griglia di calcolo di dettaglio impiegata per la propagazione degli stati di mare noti da largo verso sottocosta.

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ValidazioneAl fine di validare i risultati del modello di propaga-zione del moto ondoso sottocosta, è stata condottaun’apposita campagna di misura. In particolare, aseguito di un’analisi idraulico-marittima preliminare

si è posizionato un ondametro bassi fondali SONTEKTRITON ad una profondità di 7÷8 m in prossimitàdel porto di Marina di Ragusa (vedere Figura 7). La scelta del punto di installazione dell’ondametro èstata condotta sulla base:• delle condizioni meteomarine del paraggio,scegliendo una profondità superiore alla profonditàdi chiusura del profilo di spiaggia attiva;• delle vie di accesso preferenziali al porto;• della presenza di praterie di Posidonia Oceanica oCymodocea Nodosa in prossimità del porto (vedereFigura 7).

I rilievi ondametrici sono stati condotti nei giorni13/06/2014÷10/07/2014 e 05/09/2014÷30/09/2014.

Tale teoria, in cui il periodo dell’onda viene conside-rato un invariante della propagazione, tiene contodegli effetti del fenomeno di shoaling, rifrazione efrangimento durante la propagazione dell’onda ed èespressa dalla formula:

in cui H1 ed a1 sono rispettivamente l’altezza d’onda

e l’angolo formato fra la direzione d’onda e l’asse ,� .(parallelo alla costa) alla profondità d1, mentre H2ed a2 sono rispettivamente l’altezza d’onda e l’ango-

lo formato fra la direzione d’onda e l’asse ,� . allaprofondità d2, con a2 stimato mediante la legge di

Snell.

Inoltre, al fine di permettere la validazione dei risul-tati del modello, sono state propagate anche le condi-zioni del moto ondoso nel periodo13/06/2014÷30/09/2014, per il quale è stata condot-ta una campagna di misura di campo, come specifica-to in seguito.

Figura 7 Localizzazione del punto di installazione dell’ondametro. La cartografia di base è estratta da Google Earth. Le campiture indi-cano le aree caratterizzate dalla presenza di Posidonia Oceanica secondo la “Mappatura delle praterie di Posidonia oceanica lungo lecoste della Sicilia e delle isole minori circostanti” condotto dal Ministero dell’Ambiente – Servizio Difesa del Mare.

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La Figura 8 riporta il confronto tra il moto ondosorilevato e i risultati della modellazione numericacondotta. In particolare è possibile rilevare l’ottimoadattamento dei risultati del modello di propagazio-ne ai dati ondametrici rilevati in sito.

Analisi dei risultatiI risultati della propagazione del moto ondoso dalargo verso il porto di Marina di Ragusa nel periodo01/01/2009÷31/12/2012 sono stati estratti in corri-spondenza di un punto prossimo alle opere foraneedel porto di Marina di Ragusa e posto ad una profon-dità pari a 7 m (punto 1) riportato nella Figura 9.

La Figura 10 riporta la distribuzione direzionale delclima ondoso per diverse classi di altezza d’onda. Inparticolare si rileva come il clima ondoso sia caratte-rizzato da due direzioni prevalenti di provenienza delmoto ondoso, precisamente: 140÷180°N e

210÷240°N. Da notare come la persistenza del motoondoso sopra la soglia di 2 m risulti piuttosto mode-sta, essendo pari a circa 70 ore/anno.

Sulla base del clima ondoso determinato immediata-mente al largo delle opere foranee del porto di Mari-na di Ragusa, sono state determinate: i) l’energia

Figura 8 - Confronto tra le condizioni del moto ondoso rilevate dall’ondametro Sontek Triton installato in prossimità del porto diMarina di Ragusa nel periodo 05/09/2014÷30/09/2014 e il modello adottato.

Figura 9 Individuazione del punto in cui sono stati valutati i risultati della trasformazione del moto ondoso da largo verso la riva.

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complessiva disponibile ogni annoper il sito in esame; ii) la distribuzio-ne direzionale della stessa energiacomplessiva. In Figura 11 si riporta la rappresen-tazione grafica della distribuzionedirezionale dell’energia mediaannuale del moto ondoso appenadescritto, per settori di ampiezza10°, nel punto posto ad una profon-dità pari a 7 m riportato in Figura 9.Complessivamente, l’energia mediaannua del moto ondoso disponibileper il sito in esame è risultata pari a200 GJ/m.Tale risultato, seppur non consentadi considerare il porto di Marina diRagusa come un sito ottimale per losfruttamento dell’energia del motoondoso, tuttavia, grazie alle noneccessive sollecitazioni meteomari-ne, rende il luogo idoneo per effet-tuare modellazioni in scala ridottadi strutture da realizzarsi in areecaratterizzate dalla presenza diforzanti meteomarine più intense.

Figura 10 - Percentuale degli eventi per classe di altezza d’onda significativa e per classe di direzione di provenienza ricostruiti nel punto 1.

Figura 11 Distribuzione direzionale dell’energia media annuale del moto ondoso nelpunto 1 espressa in GJ/m.

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ConclusioniNel presente studio si è valutata la distribuzionedell’energia del moto ondoso lungo le coste sicilianeal fine di individuare le aree maggiormente vocateall’installazione di dispositivi per la conversionedell’energia del moto ondoso. L’analisi è statacondotta sulla base dei dati di hindcast di vento emoto ondoso del modello meteorologico e ondame-trico dell’ECMWF, che coprono un periodo di 14anni (1999÷2012). Al fine di ottenere dati rappre-sentativi anche per le condizioni sottocosta, forte-mente influenzate dalla rifrazione del moto ondoso,tali dati sono stati propagati implementando unmodello numerico basato sul codice SWAN. I risultati delle simulazioni condotte hanno eviden-ziato che le aree caratterizzate dal maggiore potenzia-le energetico sono localizzate nella parte occidentaledella Sicilia e nel Canale di Sicilia, dove si sonoriscontrati valori del flusso di energia prossimi a 8kW/m nella porzione più occidentale della Sicilia epari a 4÷6 kW/m nel Canale di Sicilia.Inoltre, al fine di poter predisporre in futuro un sitosperimentale di campo per la verifica delle prestazio-ni di un dispositivo per la conversione dell’energiadel moto ondoso integrato con un opere portuali agettata, è stato valutato il clima ondoso ed il flusso dienergia disponibile in prossimità del porto di Marinadi Ragusa.Lo studio ha mostrato come l’energia media annuadel moto ondoso disponibile per il sito in esamerisulti pari a 200 GJ/m. Tale valore, seppure nonrenda ottimale il sito all’installazione permanente diun dispositivo per la conversione dell’energia delmoto ondoso, tuttavia rappresenta una possibilitàinteressante per l’installazione di un impianto speri-mentale atto a riprodurre in scala le condizioni che sipresenterebbero in aree caratterizzate da forzanti piùgravose.

RingraziamentiIl presente studio è stato condotto nell’ambito delprogetto PON02_000153_2939551 – Sviluppo ditecnologie innovative per la Sostenibilità Energeticaed Ambientale di cantieri navali ed aree PORTuali(SEAPORT). I dati ECMWF sono stati estratti dall’ar-chivio MARS, con l’autorizzazione dell’AeronauticaMilitare Italiana. Inoltre si ringrazia il Consorziointer-Universitario per la previsione e prevenzione

dei Grandi Rischi (CUGRI) per aver fornito la stru-mentazione di misura.

BibliografiaClément A., McCullen P., Falcao A., Fiorentino A.,Gardner F., Hammarlund K., Lemonis G., Lewis T.,Nielsen K., Petroncini S., Pontes M.-T., Schild P.,Sjstrm B.-O., Srensen H. C. e Thorpe T. “Wave energyin europe: current status and perspectives,” Renew-able and Sustainable Energy Reviews 6, 405 – 431(2002).Booij N, Ris R.C. e Holthuijsen L.H. “A third-genera-tion wave model for coastal regions, Part I: Modeldescription and validation”. J. Geophys. Res. Vol. 104,C4, pp. 7649-7666 (1999). Vicinanza D, Contestabile P e Ferrante V. “Wave ener-gy potential in the north-west of Sardinia (Italy)”,Renewable Energy, Vol. 50, pp. 506-521 (2013).Vicinanza D., Cappietti L., Ferrante V. e ContestabileP., “Estimation of the wave energy in the italianoffshore,” Journal of Coastal Research 64, 613–617(2011).

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1. Introduzione L’area in cui sorge l’anfiteatro romano di Cataniacostituisce uno dei settori più complessi e interessan-ti della città in ragione delle articolate dinamicheinsediative e di quei fenomeni di trasformazione chehanno profondamente inciso sul paesaggio urbano.La storia urbana e architettonica unita ai processi diformazione dei depositi archeologici ha portato nelcorso dei secoli alla completa obliterazione delmonumento e ad una conoscenza parziale e limitatadel suo sviluppo planimetrico e architettonico. Esso,pertanto, costituisce un interessante contesto in cuisperimentare metodi e tecniche integrate per larestituzione architettonica e la ricostruzionetridimensionale del monumento.

2. L’anfiteatro romano: stato dell’arte L’anfiteatro romano fu edificato nella prima età impe-riale sul limite settentrionale della città antica, inun’area di cerniera tra l’abitato e la necropoli chedalla media età imperiale si sviluppò quasi a ridosso

del monumento a nord e ovest. Le fonti riferibili almonumento sono in generale particolarmentepovere e non si possiedono informazioni prima delVI secolo d.C. quando Cassiodoro riferisce dellaconcessione accordata da Teodorico al popolodi Catania per il riutilizzo dei blocchi dell’anfiteatroromano per la costruzione di muri della città(Cassiodoro, Variae III, 49).Il vuoto di informazioni prosegue per tutta l’etàmedievale e si deve attendere la metà del XVI secoloper ritrovare alcuni riferimenti puntuali al monumen-to. L’anfiteatro, infatti, viene più volte citato e descrit-to da eruditi e corografi e rappresentato in alcunevedute e cartografie storiche che ne collocanoesattamente la sua posizione nel tessuto urbano dellacittà moderna e ne documentano la consistenzamateriale e architettonica delle strutture. Le strutture dell’anfiteatro, tuttavia, furono seppellitedefinitivamente nel 1618 quando se ne ordinò lospianamento. Esse, sebbene fossero ben conosciutedalla comunità cittadina, furono del tutto cancellate e

ARCHEOLOGIA E CITTÀ:LE RICERCHE DELL’ISTITUTO PER I BENI ARCHEOLOGICI E MONUMENTALI DEL CNR A CATANIA.

L’ANFITEATRO ROMANO

di Daniele Malfitana*, Francesco Gabellone, Giovanni Leucci, Giuseppe Cacciaguerra, Ivan Ferrari, Francesco Giuri, Lara De Giorgi, Claudia Pantellaro

*Direttore IBAM-CNR; Docente Università di Catania

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tico e sostanzialmente inedito. Tra il 2006 e il 2007, idati acquisiti nel corso delle ricerche condottedall’Istituto Archeologico Germanico in collaborazio-ne con la Soprintendenza BB.CC.AA. di Cataniahanno permesso di comprendere alcuni aspettistrutturali e architettonici dell’anfiteatro romano e dideterminare le fasi di costruzione e ampliamento. Sigiunse così all’individuazione di due diverse fasicostruttive: una riferibile alla prima età imperialedove l’anfiteatro presentava dimensioni sensibilmen-te ridotte, e l’altra ad età antonina o comunque alII secolo d.C., suggerita dall’impiego di opusafricanum per i paramenti dei setti e, soprattuttodalle discontinuità strutturali che documentanointerventi di ampliamento dell’intero edificio. Questa

operazione fu condotta attraverso il prolungamentodei settori conclusi esternamente da un ampio ambu-lacro a fronte pilastrata. L’intervento avrebbe di fattocomportato la scelta di soluzioni architettoniche eingegneristiche complesse come la parziale escava-zione del fianco della collina e la creazione di accessiin quota direttamente dalla collina di Montevergine.Le recenti ricerche archeologiche condotte ad Oveste a Nord del monumento, inoltre, hanno permesso diacquisire alcuni dati sul contesto in cui sorgeva ilmonumento. Esse, infatti, hanno fornito elementiutili per localizzare in questo settore della città unquartiere residenziale di età repubblicana, con

non più considerate nel Piano di ricostruzionesuccessivo al terremoto del 1693 e nella successivaespansione edilizia condotta in quell’area tra metàSettecento e Ottocento. Nel corso del XVIII secolo,tuttavia, gli studi sull’anfiteatro di Catania ripreserograzie all’impegno di Ignazio Paternò Castello V,Principe di Biscari, che procedette allo scavo dellestrutture interrate e alla scoperta di ampie porzionidei settori del pianterreno. Contemporaneamente,J.-P. Houel e altri viaggiatori francesi e olandesidescrissero e disegnarono l’anfiteatro fornendoci ilrilievo delle porzioni visibili del monumento e l’inte-grazione ipotetica delle strutture.Tra il 1904 e il 1905 venne avviato lo scavo in PiazzaStesicoro, il quale conferì alla piazza quell’aspetto

che ancora oggi è possibile ammirare. L’intervento fudiretto dall’ingegnere F. Fichera e consentì di mette-re in luce una porzione dell’arena e i settori piùsettentrionali della struttura, relativi a parte dell’imacavea del settore nord-orientale, con il corridoio diservizio e il muro del podio recante ancora i resti delrivestimento marmoreo. Alla fine delle operazioni discavo risultava fruibile l’intero percorso del primoambulacro e visibile parte dei primi due settori dellegradinate con i vani radiali sottostanti delimitati daun corridoio periferico.Fino agli anni ‘90 del XX secolo l’anfiteatro di Cataniarimaneva essenzialmente privo di uno studio sistema-

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domus piuttosto ricche, conseguenza di una impor-tante fase di sviluppo urbano che ha interessatoanche altri quartieri della città. La costruzionedell’edificio durante la prima età imperiale si configu-rò verosimilmente come un intervento “traumatico”che portò alla riorganizzazione dell’assetto urbano diquesto settore della città determinando forse ladistruzione di una parte del quartiere abitativo sortoprecedentemente.

3. Le indagini dell’IBAM-CNRLe ricerche condotte dall’IBAM-CNR tra il 2014 e il2015 sono state mirate ad ottenere una ricostruzionetridimensionale del monumento attraverso l’integra-zione di diversi metodi di acquisizione ed elaborazio-ne dei dati. Essi, hanno permesso di acquisire datiimportanti per permettere una restituzione esattadelle volumetrie delle parti ancora nascoste delmonumento e di fornire una ricostruzione fedeledell’intera struttura architettonica. 3.1 Le indagini archeologiche e geofisiche integrate L’integrazione dei dati archeologici con quelli acquisi-ti attraverso i survey geofisici (ERT e GPR) ha permes-so di migliorare la conoscenza del monumento nellasua effettiva collocazione topografica in relazione conil contesto della città romana e di ricostruire ilrapporto con la collina di Montevergine, E’ statopossibile, inoltre, confermare alcune ipotesi giàformulate in passato e di acquisire nuovi importantidati sullo sviluppo architettonico delle diverse partidel monumento.

I dati sul rapporto con il declivio della collina diMontevergine è stato quello che ha offerto uno deipunti di maggiore novità. I recenti scavi condottinell’area di Sant’Agata al Carcere avevano individuatoun edificio su podio, datato al II secolo d.C., orienta-to sull’asse Est-Ovest collocato sulla sommità di unbreve tratto di muro di sostegno decorato con treprofonde nicchie. Esso, tuttavia, seppur messo inrapporto con l’anfiteatro, non ne era stata spiegatal’esatta relazione topografica e architettonica. Le indagini geofisiche, unite all’analisi delle quoteantiche e attuali, hanno permesso di individuare unalunga anomalia posta lungo l’asse su cui si trovano letre nicchie poste alla base del tempietto di età impe-riale. Esso è compatibile, pertanto, con una lungastruttura che sosteneva una grande terrazza su cuisorgeva il piccolo edificio di culto di età imperiale. Al di sotto di essa, si sviluppava una grande spianata,forse dotata di una leggera inclinazione che favoriva eserviva l’ingresso all’anfiteatro in quota, conferman-do quanto già ipotizzato nelle ricerche condotte inprecedenza.3.2. Rilievo e restituzione dell’anfiteatro di CataniaAttraverso l’analisi metrica del rilievo si ha la possibi-lità di svelare, tra ipotesi e conferme, gli aspettimorfologici e le stratificazioni del manufatto architet-tonico, doverosa condizione per qualsiasi formulazio-ne di proposta ricostruttiva. Ogni contesto costituisceun caso a sé stante, che pone problematiche especificità diverse per le quali lo strumento del rilie-vo 3D risulta indispensabile condizione per la docu-

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mentazione di base e per l’analisi dell’organismoarchitettonico. Nel caso dell’anfiteatro romano di Catania sono stateintegrate due distinte metodologie di rilievo indirettoutilizzando sia sensori attivi sia sensori passivi al finedi ottenere una rappresentazione esaustiva dellageometria architettonica e della sua specifica materia-lità, a partire da un modello numerico dello stato diconservazione del sopravvissuto. Nel primo caso è stato utilizzato un scanner laser conil quale è stata rilevata la porzione di anfiteatropresente in Piazza Stesicoro nel sottosuolo di VillaCerami, senza trascurare quanto della città di superfi-

cie circonda l’emergenza architettonica in esame. Nelsettore visibile in Piazza Stesicoro sono state, inoltre,impiegate tecniche di restituzione 3D da foto chehanno consentito di giungere a un elevato livello didettaglio, elevata accuratezza geometrica, fotoreali-smo e buona portabilità. Il rigore metodologico e l’omogeneità dei datiprodotti hanno permesso la gestione dell’intera moledi informazioni, sia geometriche che colorimetriche,all’interno del medesimo spazio di lavoro 3D. Il risul-tato raggiunto è un modello digitale conoscitivo,ovvero un contenitore di informazioni a vari livelliche ha permesso di indagare le analogie con la tipo-logia edilizia in uso nel periodo di costruzione, masoprattutto le varie singolarità costruttive adottateper questo monumento.Il prezioso contributo dato dall’Istituto ArcheologicoGermanico nel 2006, ha consentito di verificare la

probabile esistenza di due distinte fasi costruttivedell’anfiteatro di Catania, la prima costituita da unastruttura di più piccole dimensioni databile allaprima età imperiale rispetto a quella successiva chene costituisce un ampliamento condotto in età anto-nina. Originariamente l’ingombro planimetrico della strut-tura doveva presumibilmente racchiudersi in unovale di circa 80 m per 100 m. Le dimensioni dell’are-na corrispondevano sostanzialmente a quelle attuali(m. 40 x 60 ca.) cui si accedeva tramite i due ingressiprincipali posti in corrispondenza dell’asse maggioredotati di due piccoli accessi ai lati. L’unico ambulacro

presente in questa fase sisviluppava in modo concentri-co all’arena a circa 6 m didistanza dalla stessa. I settimurari che da qui si sviluppa-vano a raggiera verso l’ester-no, originariamente non supe-ravano i m. 10,5 di lunghezzae sono tutt’ora visibili per ladifferente tecnica muraria eper la presenza di una risegache ne costituiva la testataesterna. La struttura si artico-lava in un sistema di vaniradiali, talvolta connessi fraloro da aperture, sui quali si

impostavano le volte in opus caementicium chesostenevano la cavea. Dei passaggi ad arco collegava-no i corridoi radiali all’ambulacro, da cui si raggiun-gevano tre distinte rampe di scale che immettevano aitre vomitoria per l’accesso alla ima cavea. Rimanetuttavia il problema dell’accesso in summa cavea,forse risolto con la creazione di rampe esterne chepermettevano di raggiungere il passaggio anularein summa cavea. Questa trova confronti con altrestrutture tipologicamente simili presenti in altre cittàromane come ad esempio nell’anfiteatro di Pompei,forse coevo a quello di Catania. Questa soluzionepotrebbe essere stata adottata successivamente tra ilII e il III secolo d.C. nel teatro romano di Catania.Nel corso del II secolo d.C. l’anfiteatro di Catania fuinteressato da un importante opera di ampliamentoprobabilmente per la necessità di aumentare lacapienza della struttura, sfruttando in parte quanto

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l’edificio già esistente offriva. L’ampliamento dellacavea è distinguibile per il prolungamento dei singo-li setti radiali e la realizzazione di due ambulacrianulari sovrapposti, sostenuti esternamente da unaserie di pilastri in opera quadrata a sezione crocifor-me. All’esterno l’edificio era articolato su due ordinicon aperture ad arco con ghiere in laterizio, inqua-drate da pilastri sormontati da mensole.Una peculiarità dell’anfiteatro di Catania riguarda isistemi di accesso e circolazione nella media esumma cavea. L’ampliamento dell’edificio determinòverosimilmente a ovest il taglio del declivio rocciosodi Montevergine posto a ridosso del monumento.Tutto il primo ordine della seconda fase risulta, inquesto modo, al di sotto del piano di calpestio dellacittà antica, con il risultato estremamente singolare diuna soluzione distributiva che risolve l’acces-so all’edificio mediante passaggi in quota,impostati al di sopra del corridoio che cingeil fronte roccioso ed immettono direttamentenell’ambulacro esterno. A tal proposito èpresumibile che il maggior afflusso di spetta-tori dovesse essere maggiormente concentra-to nel punto di più facile accesso dalla città,ossia proprio sul versante occidentale:questo spiegherebbe come gli unici accessialla ima e summa cavea si irradiassero soloda questo ambulacro. Invece, nella porzioneantistante l’area a sud dell’anfiteatro ed incorrispondenza dell’asse maggiore, il pianodi calpestio della città romana doveva esseregrossomodo alla quota esterna del primoordine, suggerendo l’esistenza di un accessoin piano all’anfiteatro. Un forte dislivellodoveva quindi distinguere le due zone diaccesso con molta probabilità raccordate darampe o scale. Lo studio multidisciplinare condotto sull’an-fiteatro ha permesso di acquisire un comples-so apparato di informazioni evidenziandonumerosi aspetti legati all’architettura delmonumento, al suo rapporto con il contestotopografico e alla vicende storiche che lohanno interessato. Attraverso un rapportodialettico tra i saperi umanistici e le possibili-tà offerte dagli strumenti di analisi geometri-ca e di diagnostica delle evidenze archeologi-

che è stato possibile giungere a esiti significativi,validando quelle ipotesi che prendono vita dallostudio filologico delle fonti, dai dati archeologici edai confronti coevi. Molti risultati originali conseguitida equipe eterogenee sono stati raggiunti propriograzie all’integrazione di questi approcci, poiché solouna minima parte delle ipotesi formulate si rivelaplausibile e compatibile con la logica funzionale ed iprincipi costruttivi e stilistici adottati da una determi-nata civiltà, in un preciso periodo storico. La combi-nazione di differenti metodi e strumenti conoscitivifornisce, dunque, un’opportunità concreta per giun-gere a una rappresentazione esaustiva della geome-tria architettonica e della sua specifica materialità,fornendo un modello di conoscenza chiaro, aggior-nato e certamente innovativo.

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Non Domo Dominus, sed Domino Domus (Non dallacasa è formato il padrone, ma la casa dal padrone)avverte una epigrafe incisa sulle pareti di una villache domina Catania, dove abitò un grande artistacatanese (Angelo Musco) e che gli fu disegnata da ungrande architetto, Francesco Fichera, che vi apponela firma.E’ il concetto, essenziale, che le costruzioni devonomirare alle necessità materiali o spirituali dell’uomo,esserne lo strumento che vada oltre la contingenzadel momento, che ne prolunghi la presenza nelfuturo. Del resto il Settecento che vide il risorgeredella città di Catania dalle funeste catastrofi che lacolpirono, fu tutto improntato da questo intento: sianella costruzione di nuove strutture monumentali(per le quali si ricorse abbondantemente all’anastilo-si delle colonne disponibili dell’antichità classica),che nello slancio edilizio verso nuovi sbocchi, verso ilmare a oriente e verso il contado a occidente.Analizzare questo rinnovamento esula dai compitidella presente nota, che invece intende sottolinearela concomitanza di passato, presente e futuro nellostesso contatto tra domus e dominus che ci hafornito l’esordio.Maestro e artefice della ricostruzione monumentalecatanese fu Giovanbattista Vaccarini (1702-1768) cheda un capo all’altro della città creò complessi monu-

mentali che sono stati ampiamente emagistralmente studiati, ma cheancora hanno molto da indicare allacittadinanza per quel rapporto difinalità che dovrebbe sempre esserepresente ai costruttori.Una importante occasione a riguardoè data dal recupero che la Soprinten-denza ai Beni Culturali e Ambientalidi Catania, retta con intelligenza efervore di iniziative da Fulvia Caffo,sta realizzando e promette ancora direalizzare nel prossimo futuro. Traquesti la Casa Vaccarini che finoragiaceva in tale abbandono che persi-no gli abitanti dei vicoli circostanti neignoravano la nobile ascendenza e

persino il nome.La materia è stata ampiamente studiata dal prof.Eugenio Magnano di San Lio nella densa monografiache ha dedicato all’architettura vaccariniana a Cataniae questo ci esime dall’entrare in particolari tecnici(sia storici che architettonici) che vi sono condensatiin un apposito capitolo.Ma questo riguarda la Domus, laddove del dominus,sulla base dei documenti, è difficile dare una immagi-ne (per quanto riguarda questa che voleva essere efu, la sua dimora etnea), e qui, senza pretendere digiungere a soluzioni definitive, saranno propostedelle idee interpretative che ognuno dei Catanesi

UNA MOSTRA A CASA VACCARINI E CASA CATANIAVOLTI E LUOGHI DELLA CATANIA LETTERARIA DA VERGA A BONAVIRI

di Sergio Sciacca

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secondo. Perché mai l’architetto volle comprarsi unacasa a Catania proprio quando nella città etneatrascorreva ormai periodi residuali rispetto a quelli incui viveva nella nativa Palermo? Comprò l’area,recuperò con non poca fatica le strutture murariepreesistenti; mise in pratica alcuni aspetti rilevantidella sua arte come i “carusi”, ordine di colonnesemplificato, privo di architrave e con capitello liscio,chiamato in siciliano per significare trattarsi di colon-ne senza fronzoli, come i carusazzi dei quartieripopolari. Robusti certo, ma privi di ornamenti.E siccome la casa è fatta per il padrone e nonvice-versa dobbiamo chiedere alla casa le soluzioniper intendere i programmi del suo proprietarioprogettista.Guardiamo il rilievo del pianterreno che il prof.

Magnano acclude a pag. 144 della sua documentatis-sima monografia. Anche l’osservatore più distrattovede subito che ci sono pochissimi ambienti regolar-mente tetragoni: gli angoli acuti e ottusi si rincorronotra di loro nel tentativo di adattare un disegnoordinato a una struttura che vi si opponeva. Ilcomplesso abitativo preesistente aveva un orienta-mento diverso da quello che venne realizzatodall’architetto. E perché mai l’architetto della Catte-drale e del Convento dei Benedettini si dovette inge-gnare tanto? Anche il loggiato, che è bellissimo, vieneinterrotto da una muraglia che sporge di sbieco.Il Vaccarini, prima di costruirsi la casa, abitava in unangolo del palazzo universitario, vicino alla cattedra-le, dove non c’era bisogno di fucileria per sentirsiriparati, ma, per l’appunto, quella era la sua abitazio-ne, non casa sua. Nei primi anni ’40 (il Vaccarini

potrà a suo modo valutare, ampliare ed eventualmen-te dialetticamente contrastare.Casa Vaccarini ora è visitabile per intero. E’ statorecuperato adeguatamente il passiatore, rimessi anuovo gli ambienti interni, il terrazzo, il giardinettoche costituiva quel che il patio è ancora nelle casetradizionali iberiche come lo era nelle curtes medie-vali e ancor prima nelle abitazioni mediterranee, siadi Greco-Latini che di Semito-Camiti, racchiuse tramura di difesa, ma aperte all’interno con giardini efontanelle secondo la disponibilità dei padroni; èstata recuperata persino la fuciliera che domina sullavia di accesso pronta a dar di archibugio a indesidera-ti ospiti.Siamo arrivati al punto. Lo studio del prof. Magnanoprecisamente riporta che nel 1746 nei paraggi della

casa Vaccarini (che si trova tra le vie Sorrentino,Serravalle e Cola Pesce a poca distanza ad est delConvitto Cutelli dove si concludeva praticamente lacittà murata), il sacerdote Giulio Catanuto fu deruba-to e letteralmente spogliato di tutto. Nel 1796 altrimalandrini portarono via Gesù sacramentato che poifu recuperato dando luogo a una pietosa azione digrazie e di preci di cui i cronisti ci informanoampiamente.Ma quel che importa è che il luogo non era dei piùtranquilli, che i bravi (nel senso manzoniano) viagivano quasi indisturbati, per cui i nobili che vivollero costruire misero su palazzoni dalle possentimura perimetrali, mentre per entrare nella dimoradel Vaccarini la arrampicata fino al balcone nonsarebbe stata impresa insuperabile.E questo è il primo punto interrogativo. Incalza il

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aveva sottoscritto il contratto di acquisto dell’area nel1733) l’architetto acquistò un cembalo che ovviamen-te preludeva a serate musicali. Avrebbe potutocomodamente seguirne in cattedrale, presso iBenedettini, nel palazzo dei Biscari che notoriamenteamavano la musica: ma lì il Vaccarini sarebbe statoospite. La casa con la fuciliera e con i malandrini chepassavano sulle sciare, era sbilenca nelle sue linee,aveva i carusi e non le colonne dai capitelli fioriti, maera sua. Come Orazio preferiva starsene sotto ilmonte, a coltivare l’arte, assai meglio di quantoavrebbe fatto a Roma alla corte imperiale. E su quelletracce l’Ariosto preferì non andare in missioni diplo-matiche all’estero, ma restarsene nella piccolaFerrara, abitando in una casetta ancora più piccola,“parva sed apta mihi” come anche lui scrisse.La casa del Vaccarini è la struttura visibile della suaanima amante della bellezza, lucida nelle creazioni,ma certamente poetica.Nella sua casa di giorno poteva stare in giardino,nelle serate accogliere i musicisti (o forse lui stessoeseguiva per suo diletto?). Era il suo “chez soi”, chegli costava certo più caro delle dimore che gli veniva-no messe a disposizione per i suoi soggiorni etnei,ma nel quale si ritrovava e che volle adornare dipietre laviche intagliate e di pietra bianca di Siracusa,e dal cui loggiato poteva seguire gli avventori chefrequentavano i locali del passiatore.E’ finito il Settecento da più di due secoli, la casaVaccarini è nuovamente recuperata, luminosa, apertasu uno spicchio di mare e sulle strade animate diquella che una volta era la Civitas, immortalata daiversi di poeti illuministi e romantici. Dunque nonpoteva restare una struttura muraria. Aveva bisognodella gente che ne animasse le scale, le balconate, isaloni. Hanno provveduto, con felicissima intuizione,unitamente alla Soprintendente Fulvia Caffo, SarahZappulla Muscarà (ordinaria universitaria di letteratu-ra italiana) e suo marito Enzo Zappulla (presidentedell’Istituto d Storia dello Spettacolo Siciliano) i qualientrambi godono di stima internazionale per lemolteplici iniziative editoriali con le quali hanno datolustro alla letteratura scritta dai siciliani facendoconoscere Pirandello senior nel mondo e promuo-vendo la traduzione delle opere di Pirandello juniorin diverse lingue di cultura (dall’inglese all’arabo). Aloro si deve l’allestimento di una elegante mostraVolti e luoghi della Catania letteraria da Verga aBonaviri, una ricca rassegna di fotografie, di libri,manoscritti, lettere autografe, documenti umani e

non semplicemente una esposizione di oggetti. C’èuna agendina del Verga in cui il maestro del Verismodimostra (anche lui!) che il Mastro-don Gesualdo,per molti aspetti, è il suo autoritratto. Giovanni Vergainfatti scriveva le sue noterelle in una specie di retico-lo per non sprecare neanche un centimetro quadrodi carta: quale differenza rispetto alle dediche chelasciava alle nobildonne catanesi che lo ospitavanonei loro ricevimenti! Lì scriveva con grafia allungata,quasi filiforme, ma ampia, lasciando vasti spazi vuoti.Ma quelli erano fogli destinati ad altri. Forse suglialbum apprestati dalle padrone di casa. L’agendinaera sua, e lì secondo la sua natura profonda ognicentimetro andava utilizzato.Tante le fotografie, dall’Ottocento in poi, le cui dida-scalie sono tratte dalle opere degli scrittori, dove sivedono i tratti di una Catania e di una Sicilia in bian-co e nero, con pretese di nobiltà (poca) ma con tantavoglia imprenditoriale di fare. E anche dei letterati sicolgono i lineamenti umani. Attraverso le copertinedei loro volumi, le illustrazioni delle loro opere cheoggi non riusciamo più a immaginare. Esisteva untempo uno stile illustrativo, che era lo stessocommento del libro, con disegni veristici, con figurestudiate con attenzione e riportate sulla tavola conmaestria. Su quelle pagine, e ancora prima su queidisegni, si è educata la Sicilia e l’Italia laboriosa cheorganizzò a Catania una esposizione universaledell’agricoltura che rimase memorabile, che mandavanel mondo i suoi artisti (come Angelo Musco) perrecitare nel proprio dialetto, facendosi capire allacorte degli Zar o nelle metropoli americane senzabisogno di scimmiottare la parlata altrui come adessomiserabilmente cercano di fare ministri e primi mini-stri, seguiti da codazzi di giullari che si sentonoimportanti quando storpiano le parole di origine lati-na pronunciandole in una caricatura britannica(mìscion, adòpscion e simili amenità).Quel ritratto della Sicilia della cultura abbiamo avutola fortuna di conoscerlo vivo, ora lo apprezzano nelmondo. La casa del Vaccarini è la casa dei Catanesi,piena di vitalità e di esemplare orgoglio patriottico.Non solo volto al passato. Il filmato che impreziosiscela Mostra, con la partecipazione di Francesca Ferro eAgostino Zumbo e la regia intelligentissima di Fran-cesco Attardi, in meno di mezz’ora racconta visiva-mente la riscoperta della cultura siciliana, narrandoironicamente il viaggio di due sposini nei primi anni’60. Gli anni del boom.

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“I documenti provenienti dal passato ci parlano divita reale e non immaginaria”.Su questo principio si basa il lavoro degli studiosi,ovvero raccontare la storia solo attraverso documentie reperti, o se vogliamo chiamarli semplicemente“pietre” che, se ascoltate, “parlano” contribuendo aricostruire gli avvenimenti dei quali restano a voltesolo labili tracce.Nello specifico, i reperti portati alla luce tra i luoghiagatini, raccontano la storia, perché di storia sitratta, di Catania e della sua patrona Agata.La chiesa di Sant’Agata la Vetere sorge infatti suiluoghi che, secondo la tradizione, nell’anno 251 d.C.furono teatro del martirio della santa Patrona diCatania, sul luogo un tempo occupato dal pretorio,sede del governatore della provincia.Il sito su cui l’attuale chiesa sorge e l’intorno che lacirconda rappresenta un complesso esempio di strati-ficazione urbanistica: la chiesa si trova infatti lungoun asse ormai nascosto dall’edilizia moderna che,partendo da piazza Stesicoro, incontra prima lachiesa di Sant’Agata alla Fornace (San Biagio), quindiSant’Agata al Carcere ed infine la stessa chiesa dellaVetere (figura 1).

LA PRIMA EDICOLASecondo la tradizione fu sulle rovine del pretorio cheil santo vescovo Everio, nel 264 d.C., fece costruire,

quasi di nascosto, un’edicola (figura 2): iniziativa didifficile realizzazione dal momento che il cultocristiano non era ancora né tollerato né legalizzato.

Una tradizione popolare, sostenuta da scrittori qualiil De Grossis e l’Amico, indica invece come luogo disepoltura l’antica chiesetta di San Leone contigua

LE PIETRE PARLANO E RACCONTANO LA STORIA DI AGATA E CATANIA

di Stefania Di Vita

Fig. 1

Fig. 2

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opera di san Severino iniziarono nel 380 d.C. e siconclusero nel 436 d.C. E’ proprio in questo periodoche la chiesa di Sant’Agata la Vetere viene proclamata“Primaziale” tra le altre, stabilendovi il vescovo la sua

cattedra e trasferendo in questoluogo le reliquie della Santa,unitamente al santo sepolcroche le custodiva.I cristiani dunque, per ricordareil luogo dove la vergine Agatapatì il martirio e per dare degnacollocazione al suo sarcofago,chiusero il passaggio checonsentiva l’accesso all’aulapretorile ormai in disuso esfruttarono il suo muro esterno,appoggiandosi ad esso perrealizzare o risistemare tre vani,uno accanto all’altro coperti davolte a crociera, dando luogo alprimo Tempio per il culto agati-no.

Volendo analizzare questo edificio a livello struttura-le, ciò che resta è davvero poco. Un rivestimentomurario dalla composizione mista, quasi improvvisa-ta: laterizi, tegole spezzate in modo irregolare, partidi vasellame e blocchi di pietra (figura 5).Ciò conferma anche per la città di Catania l’abitudine

all’attuale chiesa del Carmine. Era costume fra i primicristiani, per sottrarre i corpi dei martiri alla profana-zione, di seppellirli velocemente nei luoghi prossimia quelli del martirio solo se questi si trovavano fuoridalle mura di cinta della città.Il pretorio, probabilmente, rimase in piedi fino aquando un evento naturale non lo rese inutilizzabile.Tale evento potrebbe datarsi con il terremoto del251-252 d.C. cui fa riferimento la tradizione riportatanegli atti del martirio o, invece, riferirsi al terremotodel 361 d.C. o al maremoto del 365 d.C., riferiti dafonti letterarie antiche e medievali e riportati neglielenchi parimetrici dei terremoti italiani pubblicatidall’I.N.G.V. e simulati al computer dal “Gruppodi Ricerca sui Maremoti” coordinato dalprof. Stefano Tinti del Dipartimento di Fisica eAstronomia dell’Università di Bologna (figura 3).In effetti il 21 luglio del 365 d.C. l’intero Mediterra-neo fu colpito da un cataclisma che, per la mole didanni che causò, venne denominato l’Eventouniversale. Un terremoto seguito da tsunami chedistrusse e sommerse grandi città del mondo antico,con manifestazioni particolarmente disastrose adAlessandria d’Egitto, in Sicilia orientale e a Creta.

LA PRIMAZIALEQuesti cataclismi a cui si sommarono le invasionibarbariche, decretarono pian piano la fine dell’Impe-ro romano, ed i cristiani trovarono le condizioni perpoter costruire a Catania una piccola edicola aridosso dell’aula pretorile (figura 4), i lavori ad

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diffusa a partire dal IV secolo di trasformare templi esiti pagani in luoghi per il culto cristiano.

LA BASILICA Nel ‘700, con l’aumentare della popolazione, lapiccola edicola di Sant’Agata la Vetere, probabilmen-te, non era più sufficiente a contenere il flusso difedeli che sempre più numeroso andava ad omaggia-re la Martire Agata, per cui il vescovo di CataniaLeone II detto il Taumaturgo fece ricostruire edampliare la chiesa in forma basilicale nel 776/778. Diquesta chiesa abbiamo la descrizione in: Benefici eVisite Pastorali, nell’assonometria di G. Braun e F.Hogenberg del 1572 (figura 6), nella restituzioneplanimetrica di T. Spannocchi del 1578 (figura 7) e

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Fig. 6

Fig. 7

Fig. 8

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nell’assonometria di M. Azzarelli del 1584 (figura 8).È interessante notare come nella pianta delloSpannocchi la Basilica sia orientata lungo l’asse est-ovest. La sua conformazione, infatti, è disegnata contre navate divise da colonne (figura 9), mentre sulfianco nord sono ancora presenti delle piccole torriquadrate appartenenti al recinto medievale.Il prof. Sciuto Patti parla del ritrovamento, durante ilrifacimento del nuovo pavimento in marmo, delletracce del muro di prospetto con la soglia della portamaggiore della quale (oggi visibile sotto vetro) neabbiamo la facciata fino ad 1 m e 30 d’altezza (figura10). La vecchia Basilica quindi si estendeva verso estsovrastando parte del Santo Carcere, il quale a quei

tempi era un accessorio della Vetere edalla quale, come ad una delle comunicripte sotterranee, si accedeva alCarcere, nella cui edicola stava in origi-ne un altare dedicato a san Pietro.Si evince dunque, che il carcere primadel terremoto del 1693 si trovava adun livello inferiore rispetto al piano dicalpestio dell’epoca, tanto da esserepercepito come sotterraneo. Ciò ègiustificabile se si pensa che il piano dicalpestio della zona della collinaMontevergine, come di tutta la città diCatania, si è modificato in base allevarie colate e stratificazioni che si sono

succedute durante i secoli (figura 11).Il terribile terremoto del 1693 colpì una Catania checominciava a riprendersi dalla crisi economica edall’eruzione dell’Etna del 1669. Al terremotoresistette il circuito delle mura cittadine da cui crolla-rono solo alcuni tratti. Fu distrutta la porta del Re,mentre non subirono gravi danni tutti i bastioni.Peggior sorte toccò alla Basilica di Sant’Agata, laquale venne quasi totalmente distrutta; solo la criptasotterranea non riportò danni. Resistettero le pareti,spesse circa un metro e 30, che già contenevanoall’interno le macerie dei precedenti terremoti.Crollò anche, quasi totalmente, il convento dellachiesa stessa.

LA CHIESA ATTUALECon il crollo della Basilica di Sant’Agata, la nuovachiesa, edificata sui resti della precedente, purmantenendone lo stesso orientamento, venne sposta-ta di 25 m più avanti e costruita ad unica navata.L’edificio ingloba al suo interno i resti delle strutturedella Basilica precedente come l’altare laterale, l’anti-ca facciata con elementi compositi medievali e baroc-chi e parte del vecchio muro laterale perimetrale.Il carcere di sant’Agata, essendo inglobato all’internodel bastione delle mura cinquecentesche, ha perfetta-mente resistito al terremoto del 1693. Durante il 1744, come si evince dalla Sacra VisitaPastorale condotta dal Vescovo De Ciocchis, laricostruzione della chiesa era in corso, mancava anco-ra la sacrestia, le pitture alle pareti e parte dellastruttura definitiva. Intorno al 1770 si può far risalirela probabile sistemazione dell’attuale cripta per la

Fig. 9

Fig. 10

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sepoltura dei frati (figura 12). Numerosi loculi sonoscavati lungo tutte le pareti ed al centro è posto unantico altare con sopra un affresco, che necessita diun urgente restauro, e raffigura i benefici spirituali

del sacrificio eucaristico per le anime dei defunti. Ladata 1770 è riportata in un documento del registrodell’Opera Grande della Cattedrale di Catania.Il punto fondamentale di questi studi è proprio l’am-biente cripta, che potrebbe essere uno degli ambien-ti del pretorio. Nella raccolta di articoli Antiquitetardive, Figures du pouvoir: gouverneurs ét evêques,Brepols, 7 - 1999, custoditi presso la Bibliotecadell’Istituto Augustiniano di Roma, si descrivonole strutture di palazzi dei governatori romani ancorain piedi o appena scoperti sparsi nel mondo.Visionando le planimetrie di questi edifici, si è notatoimmediatamente che la maggior parte di questecomplesse ed imponenti strutture, inglobavano alme-no un ambiente di forma basilicale con due o trestanze, il più delle volte di forma quadrangolare,collaterali ad esso. Questo tipo di costruzione risulta molto simile allastruttura della cripta di Sant’Agata la Vetere, di cuirimangono visibili i resti delle volte in mattoni addos-sati alla parete esterna sud dell’ambiente pretorioche non risultano coevi alla struttura dell’ambienteoggi cripta. Tutte queste considerazioni spinsero il Rettore dellaChiesa sac. Ugo Aresco a promuore una campagnadi scavo fra il 2002 ed il 2005, nello spazio del cortileesterno a fianco al presbiterio della chiesa di S. AgataLa Vetere. Tale campagna fu condotta, nella pienaosservanza di ogni norma, con l’Alta Sorveglianzadella Soprintendenza ai Beni Culturali diCatania, committente la Chiesa sostenuta anchedalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con ilcontributo dell’8 per 1000 di competenza dello Stato,regolarmente rendicontato nei tempi previsti. Detti

Fig. 11

Fig. 12

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scavi hanno aperto uno scenario ricco di documenta-zioni che collimano con quanto narra la tradizione, ecertamente di grande importanza. E’ di grande rile-vanza, ad esempio, l’avere trovato a quota -6 m circarispetto al pavimento della chiesa attuale, proprio

davanti all’uscita secondaria dell’odierna cripta, deiresti stratificati dell’eruzione piroclastica dell’Etnadel 122 a.C., distruttiva data la composizione delmateriale eruttato, fatto che giustifica sufficientemen-te che il vano cui si accede è anteriore a questa data.Ad avvalorare ulteriormente questa ipotesi, è stata lascoperta del blocco lavico studiato ed analizzatonel 2008 dall’illustre filologo finlandese KalleKorhonen.Il blocco di forma rettangolare di pietra lavica dovevaappartenere ad una base di statua, è stato riprodottoin “pietra copia”, ed oggi è messo in mostra in unanicchia situata a destra della navata dell’attuale chiesadella Vetere. Lo studio condotto da Korhonen, ci haconsentito di riconoscere validamente nel vanodell’attuale cripta, luogo in cui nel 1767 fu ritrovato ilblocco lavico dal principe Biscari, l’aula del pretorioromano. Per di più l’iscrizione, oltre ad essere inseri-ta tra quelle di epoca romana, viene riferita aimagistrati della colonia.Il reperto fu poi depositato nel cortile del CastelloUrsino per secoli lontano dall’attenzione di tutti.Finalmente, nel 2008, fu analizzato dal Dott.Korhonen il quale interpretò l’iscrizione traducendocosì: “Lucio Rubrio Procuro H vir(o) QuinquennaliAuguri” ovvero “Lucio Rubrio Procuro Duoviro (aRoma Triumviro) con carica Quinquennale Augure”,

Fig. 13

Fig. 14

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era, infatti, prassi nelle colonie accomunare le duecariche. Lo studioso fa risalire la datazione del bloccoal II secolo (figura 13).È probabile che un evento naturale, tra il II e il IVsecolo d.C., abbia fatto crollare la vecchia coperturadella cripta, e che le rovine di questa abbiano celato,per oltre un millennio, l’iscrizione ritrovata daBiscari nel XVIII secolo. Tutto quanto descritto è divenuto prima oggetto ditesi di Laurea di due Dottoresse e successivamente hadato luogo a due publicazioni che hanno raccoltotutti gli studi finora evidenziati: Memorie Antiche eLa Primaziale. La campagna di scavo portò alla luce nuovi repertiarcheologici, sottolineando l’importanza dell’opera-zione di ricerca intrapresa, accrescendo la curiosità ecominciando a delineare alcune certezze primafondate solo sulla semplice tradizione. Gli scavidiedero seguito ad altri studi come la datazioneattraverso termoluminescenza commissionato nel2004 al Dipartimento di Fisica e Astronomiadell’Università degli Studi di Catania. Mentre il12 novembre 2008 la Chiesa di Sant’Agata La Veterestipulò un contratto di ricerca col Dipartimento diIngegneria Civile ed Ambientale sotto la direzio-ne del prof. ing. Mussumeci, per un rilevamentotopografico di precisione delle tre chiese con l’obiet-tivo di individuarne la loro corretta posizione.

Gli scavi archeologici all’interno dell’area in cui rica-de la chiesa di Sant’Agata la Vetere e di alcuni ambien-ti dell’adiacente chiesa di Sant’Agata al Carcere sonostati rilevati con apparecchiature al laser scanner.Gli studi di sopra elencati vengono resi noti il 29luglio 2009, presso i locali ex Convento Sant’Agata laVetere di via Jacona, in cui avviene il 1° incontro suglistudi degli scavi archeologici in Sant’Agata la Vetere.L’ing. Mussumeci in questa occasione presenta i rilie-vi al laser del complesso del Sacro Trittico Agatino. La dott.ssa Arcifa espone le sue ipotesi sul vanoSacro Carcere. Il dott. Patanè ed il dott. Tanasidocumentano alcuni dei risultati ottenuti dagli scavieffettuati dalla Soprintendenza nel 2004. L’esito degli scavi è stato sintetizzato attraverso unoschema che indica la quota delle sequenze stratigrafi-che (figura 14). Le scoperte sul Sacro Trittico Agatino (figura 15),accennate in breve, costituiscono gli anelli di congiunzio-ne che legano Fede, Storia e Ragione e, pertanto, siritiene meritevole una riflessione. Aver costatato che ilpatrimonio storico-culturale in nostro possesso ci haconsentito, nel passato, ma soprattutto, più che mai, nelpresente di comprendere da dove veniamo, chi siamo, incosa crediamo e perché.Ciò che è stato svelato, infatti, non è solo tradizionepopolare o mera leggenda ma la nostra realtà storica cheva, quindi, cercata, preservata, custodita ed “Ascoltata”!

Fig. 15

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PROGETTO DI RIQUALIFICAZIONE DEL PERCOR-SO AGATINOI luoghi dedicati al martirio di sant’Agata confermanola costante e particolare venerazione che la città leha tributato in ogni tempo. Questi luoghi furono,naturalmente, i primi ad essere oggetto di culto e sitrovano tutti concentrati nella zona romana dellacittà antica; quella in cui insiste l’anfiteatro, luogosimbolo dei martiri cristiani; quella che dovevaospitare il pretorio, l’edificio sede del potere ammini-strativo della città; ed infine quella in cui dovevanoesserci il carcere e i luoghi di tortura.Questi luoghi, dapprima individuati in base alla tradi-zione e poi preservati, curati e divenuti meta didevoti, furono certamente concepiti e strutturati perdare al cittadino venuto in preghiera un luogo in cuipotesse riconoscere e ripercorrere i momenti piùsacri della vita della sua santa Patrona.Oggi non è così ed ognuna delle tre chiese dedicateal martirio è un luogo di culto a sé e così il visitatorenon ha chiaro il filo della storia che le unisce.Ma, secondo la tradizione, c’è stato un periodo in cuidalla chiesa di Sant’Agata la Vetere si passava diretta-mente dentro il Santo Carcere o dentro la piccolaedicola con volta a crociera che le fa da vestibolo,attraverso un collegamento che si diparte dalla criptasottostante l’abside di Sant’Agata la Vetere e che attra-verso un cortile o un altro ambiente mette in comu-nicazione i due luoghi agatini.Queste tre chiese, sorte sui luoghi del martirio e dellamorte della Santa, costituiscono quasi un nucleoomogeneo legato anticamente da un percorso pedo-nale veramente suggestivo, di cui sarebbe auspicabi-le, dopo approfonditi studi di fattibilità, il ripristino.Il valore di questi luoghi, risiede dunque nel conside-rarli, non come fatti isolati ma come facenti parte diun unico ed auspicabile “Santuario agatino”, impor-tante non soltanto per il turista, che viene affascinatoe dalla storia di Agata e dalle architetture, ma ancheper tutti quei fedeli, e sono centinaia di migliaia aCatania come nel mondo, che di questi sacri luoghifanno meta di ferventi pellegrinaggi. Da anni, ormai, questi luoghi sopratutto durante ilperiodo agatino vengono visitati con grande richiestada tantissime scolaresche, invogliate anche dal servi-zio offerto dal rettore della Chiesa di Sant’Agata LaVetere, Sac. Ugo Aresco, che dal 2003 mette a dispo-sizione dei visitatori, i volontari del Servizio Civile

Nazionale, che con passione e dedizione accompa-gnano i visitatori in questo suggestivo viaggioattraverso questi sacri luoghi che custodiscono lamemoria di secoli di devozione, e ci consentono dirivivere, attraverso la storia della martire, la storia diCatania distrutta più volte dal suo amato/odiatovulcano ma come la fenice, rinata sempre più vitaleche mai dalle sue stesse ceneri.Per questo è dunque doveroso studiare un piano divalorizzazione che renda l’intera area fruibile aquanti o per motivi religiosi o per scopi turistici vi sirecano. Il progetto di percorso agatino prevede una visitaguidata all’interno e all’esterno delle tre chiese dedi-cate a sant’Agata che parta dalla chiesa di Sant’ Agatala Vetere, continui con quella del Santo Carcere earrivi alla chiesa di Sant’Agata alla Fornace per poiammirare lo splendido e suggestivo scenario dell’an-fiteatro romano. La scelta è suggerita dalla cronologiadei fatti legati alla vicenda della martire: dal processoche si svolse nel pretorio luogo dove oggi sorge lachiesa di Sant’Agata la Vetere, attraverso la detenzio-ne in carcere che si svolse nella chiesa di Sant’Agata alCarcere alla condanna al rogo che venne eseguita nelluogo dove sorge la chiesa della Fornace. La visitaall’anfiteatro, sito non direttamente legato alla storiadella martire, è dettata dal fatto che esso costituiscecomunque un elemento importante della Cataniaromana.

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La visita prevede, dunque, un rapido giro esterno checonsenta di ammirare le maestose facciate e può esse-re svolta attraverso due diversi itinerari: il primo cheparte da piazza Stesicoro e giunge, attraverso le viedei Cappuccini e Garofalo, fino alla piazza diSant’Agata la Vetere; il secondo che parte sempre dapiazza Stesicoro, ma che attraverso via Manzoni sisnoda lungo la via del Colosseo, per continuare perla viuzza interna che costeggia il Santo Carcere.Analizziamo attentamente le due ipotesi di percorso. La prima prevede la partenza da piazza Stesicoro pergiungere, attraverso le vie dei Cappuccini e Garofalo,in piazza Sant’Agata la Vetere. Questa, ipotesi esau-riente dal punto di vista architettonico perchéconsente al visitatore, che solitamente giunge in piaz-za Stesicoro o passando dalla via Etnea o dal CorsoSicilia, una più ampia visione dell’intorno, non risul-ta essere a misura d’uomo, perché la via dei Cappuc-cini è una grossa arteria del tessuto urbano che disto-glie, per via dell’inquinamento acustico, il visitatoreda quello che è il vero senso di raccoglimento chedovrebbe suggerire la visita in questi luoghi. Inoltrela via Garofalo, pur essendo più piccola e menodispersiva, è difficilmente percorribile a causa deltraffico automobilistico. Questa via potrebbe diventa-re fruibile ai fini del nostro percorso solo a condizio-ne che venissero apportate delle modifiche, come ad

esempio la realizzazione di marciapiedi più grandi. Molto più suggestivo e raccolto è invece il secondopercorso, quello che parte sempre da piazzaStesicoro ma che prosegue per via Manzoni e via delColosseo. Dall’angolo della via Manzoni si apre unosquarcio sulla maestosa facciata del Carcere che creaun forte impatto emotivo, amplificato dall’intimaatmosfera che offre la via del Colosseo (figura 16).Da qui l’itinerario potrebbe continuare per la scali-nata che costeggia la chiesa del Santo Carcere cioèquella che secondo la tradizione doveva essere l’anti-ca via Porta del Re. L’itinerario prosegue dentro ilcortile interno della chiesa di Sant’Agata la Veterequindi una volta entrati dalla sacrestia iniziare ilpercorso interno.Volendo attenzionare questo secondo percorso, digrande impatto dal punto di vista emotivo, si propon-gono le seguenti proposte di riqualificazione. Allo stato attuale la morfologia del terreno fa assume-re alla strada un’accentuata pendenza che, conl’attuale pavimentazione, la rende poco praticabile aipedoni. Quindi sarebbe auspicabile che la via venissechiusa al traffico con la conseguente sua ripavimenta-zione, o, per rendere meno faticosa la salita sarebbeauspicabile la realizzazione di una larga gradinata chepossa contenere il flusso delle processioni, ed aquesta accostare una scivola che consenta il passag-

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Fig. 18

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gio anche ai disabili. Il pavimento, dovrebbe essererealizzato in pietra lavica e, raccontare simbolicamen-te le tappe principali del martirio della Santa. Per quanto riguarda gli edifici che delimitano la via,sarebbe appropriato un piano di riqualificazione eristrutturazione, adibendo alcuni locali bookshops edestinarne altri alla vendita di gadgets attinenti alSantuario. Inoltre, il muro che delimita villa Cerami potrebbeessere sfruttato per organizzare ogni anno, sempre inprossimità della festa di sant’Agata, dei concorsi apremi per gli studenti dei Licei Artistici per la realiz-zazione di pannelli decorativi attinenti al tema dellafesta e che facciano da quinta alla pittoresca viuzza.Anche la scalinata che costeggia lateralmente il SantoCarcere che costituisce il prosieguo del percorsodovrebbe essere modificata. Attualmente questaporzione di percorso è suddivisa in due parti, unacon un piccolo ripostiglio e l’altra con una piccolascala di circa un metro di ampiezza che dal carcereporta al cortile interno di Sant’Agata la Vetere. Lazona occupata dal ripostiglio potrebbe essere sosti-tuita con l’ampliamento della scalinata attuale e conl’aggiunta di una pedana meccanica per i disabili.Anche i cortili interni alla chiesa di Sant’Agata laVetere dovrebbero essere rivalutati, a cominciaredalla ristrutturazione della porzione di convento chesi affaccia sul cortile e che lo delimita. Non menoimportante il progetto di ripavimentazione che, comequello degli spazi precedenti prevede un pavimentoin pietra lavica con dei simboli relativi alla vicendadella martire che identificano un percorso bendelineato da seguire. Inoltre il cortile più piccolopotrebbe essere utilizzato per delle conferenze estivepomeridiane o serali.Per la piazza di Sant’Agata la Vetere, il progetto preve-de il seguente piano di riqualificazione, dovrebbeessere chiusa al traffico, delimitando l’ingresso condelle aiuole-panche che consentano l’accesso aimezzi autorizzati e al fercolo della Santa. Si dovrebbe-ro inoltre evidenziare i marciapiedi laterali checonsentono l’accesso alle abitazioni che delimitano lapiazza, che verrebbe ripavimentata in maniera analo-ga alla via del Colosseo in modo da rendere omoge-nea l’intera area che riguarda il “Santuario agatino”.Durante il periodo della festa di sant’Agata, la piazzasarà munita di maxi schermo per proiettarvi le imma-gini relative alla festa, in modo da consentire agli spet-

tatori un aggiornamento in tempo reale sulla festa.Tutta la zona relativa al “Santuario agatino” dovrebbe,comunque, subire modifiche agli impianti di illumi-nazione per evidenziarne e valorizzarne le tappe.Tutte queste proposte sono contenute all’interno delprogetto dal titolo “Percorso attraverso i luoghi delMartirio di Sant’Agata, indagine conoscitiva e propo-sta di rivalutazione”, eseguito dalle dott.sse StefaniaDi Vita e Veronica Zappalà, costituito da 10 tavole.Le prime quattro raccontano attraverso un rilievofotografico lo stato attuale delle zone interessate, illoro uso odierno, evidenziando la pavimentazioneattuale e le quinte che racchiudono il percorso.Le altre sei tavole contengono lo studio compositivodei simboli applicato al percorso (figura 17), lostudio dei materiali e degli arredi urbani da inserireall’interno del percorso (figure 18, 19). Gli arredipresi a riferimento sono quelli appartenenti alla viaEtnea per creare uniformità con tutto il centrostorico di Catania. L’inserimento delle pedane mecca-niche per disabili all’interno del percorso diventanoessenziali per permettere a tutti, indistintamente, dipoter fruire di questi sacri luoghi. Le panchine aiuolenella piazza di Sant’Agata la Vetere servono allostesso tempo sia per impedire l’accesso alle macchi-ne, sia per consentire ai pellegrini di sostare e gode-re di questi luoghi. Al centro delle panchine saràpiantato un alberello d’ulivo per riprende la tradizio-ne della Santa. Le panchine normali saranno in pietralavica (figura 20).I luoghi di culto agatini sono sorti evidentementenello stesso periodo e hanno per molto tempo fattoparte di un unico sacro trittico. Tali luoghi hanno oggi una particolare importanzaperché costituiscono non soltanto dei documenti difede, di storia e di arte ma formano, assieme agli altri,la carta d’identità culturale dell’intera comunitàurbana catanese. Identificarsi in comuni radici cultu-rali è stato sempre importante ma lo è particolarmen-te al giorno d’oggi in cui tutto cambia velocemente ela spersonalizzazione sembra essere un valore. Questi luoghi, servono decisamente alla trasmissionedella memoria collettiva della comunità e di quellaindividuale. Occorre, in tal senso, richiamare l’atten-zione per una loro migliore e più efficace conserva-zione e valorizzazione, affinché essi possanocontinuare a svolgere sempre più efficacemente illoro ruolo di catalizzatori della coscienza comune.

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Tra i numerosi appellativi attribuiti alla città di Cataniache ne testimoniano la grandezza e l’importanza,ricordiamo i più elogiativi iniziando dal periodo delladominazione romana conil giudizio espresso da Cice-rone: “città ricca di terre, di onorevoli costumi,abbondante di mezzi.”Nel periodo della monarchia aragonese, essendo laSicilia città al centro politico e culturale dell’isolaebbe il titolo di “ Caput Siciliane”. Per la prestigiosaUniversità col le facoltà di medicinae giurisprudenza,voluta da Alfonso il Magnanimo nel 1434, venne indi-cata come “l’Atene Sicula”.

“Litteris armeatur, armis decoratur”(si arma con lelettere, si adorna con le armi”) è il motto inciso nellaPorta Ferdinandea eretta nel 1768 come arco celebra-tivo per le nozze di Ferdinando IV di Borbone con

Maria Carolina d’Austria. Ne venne affidata la costru-zione all’architetto Stefano Ittar ma del grandioso escenografico progetto, riportato dalle stampedell’epoca, per questioni economiche si realizzòsoltanto il varco centrale. Malgrado la parzialitàdell’opera,l’impiego della pietra lavica di colore neroin alternanza con la pietra bianca raggiunge un aspet-to estetico e cromatico di notevole eleganza. Unatarsia che costituisce una nota stilistica dell’architettu-ra catanese.Un interessante esempio di questa bicro-mia risalente al XV secolo viene fornito dal balconedel palazzo Platamone al cui centro campeggia lo

stemma dell’importante fami-glia. Nel 1862 essendo mutatele condizioni storiche conl’unità d’Italia e la caduta deiBorbone, le autorità localimutarono il nome dell’arcocelebrativo in Porta Garibaldie intitolando anche la via S.Filippo al vittorioso condot-tiero. Per il popolo l’arcocontinuò a chiamarsi Portadel Fortino per un deposito diarmi che, un tempo, esistevanella vicina via Sacchero. Assaiconfacente alle vicende locali

risulta il motto “Melior de cinere surgo” (risorgo piùviva dalle mie ceneri) in quanto evidenzia la vitalitàdella città ricostruita più volte nel medesimo sitodopo devastanti conflitti, eruzioni, terremoti.

L’IMPORTANZA DELL’ELEFANTE LAVICO NELLE VICENDE STORICHE E CULTURALI DI CATANIA

di Erika Abramo*

Progetto iniziale di Porta Ferdinandea

Bicromina di Palazzo Platamone

* Giornalista - Presidente Centro Culturale Robinson

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sponde del Mediterraneo e in esso assieme alle mercigiungevano influssi di arte, costumi, religioni. E’accertato che furono accolti e praticati culti egizi ed inparticolare quelli di Iside e di Serapide. Nella religio-ne dei Faraoni molte divinità avevano sembianzezoomorfizzate, come Thot, il dio Ibis, Apis rappresen-tato da u toro, Horus dal FalcoForse anche l’elefante scolpito nella nera lava dell’Et-na, era una divinità primigenia legata al territorio.All’alone magico della leggenda è legata la vicenda delmago Eliodoro condannato al rogo ne 778 dal vesco-vo Leone II che tramutò in pietra l’elefante sulla cuigroppa il negromante riusciva a fuggire sottraendosialla cattura. Con la morte del mago, il Vescovo inten-deva sconfiggere la superstizione e le arti magichediffuse in quel tempo, ma non riuscì a distruggere lamemoria di Eliodoro il cui nome derivava dal magicopotere di creare monete d’oro che venivano elargiteal popolo vessato dai potenti e spaventato dalle infuo-cate prediche del vescovo. Rimpiangendo il munifico

Anch’esso si trova inciso nella Porta Ferdinandea il cuivestigio è sormontato da un uccello che rappresentala mitica Araba Fenice. Di particolare interesse ladenominazione coniata dagli arabi che cambiarono ilnome di Katane in Balad-el-fil ossia “Città dell’elefan-te”. L’appellativo dei musulmani evidenzia l’importan-za del pachiderma in pietra lavica nella storia dellacittà etnea anche se le origini del monumento riman-gono tuttora misteriose e si avanzano congetturediverse. Si ricorda , ad esempio, che nella fauna loca-le del paleolitico era presente l’elefante nano e, forse,gli uomini preistorici dell’età della pietra impressio-nati dai sonori barriti del piccolo ma possente pachi-derma ne abbiano tramandato un ricordo mitizzante.Suggestiva e più attendibile l’ipotesi che possa esserestato un oggetto di culto legato alla religione egizia.Ancor prima che Catania fosse una colonia calcidese,le caratteristiche naturali dell’insenatura di Ognina larendevano un trafficato approdo con i popoli delle

Obelisco del Bernini di Piazza Minerva in Roma

Fontana catanese dell’Elefante - liotru

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stregone, nel pachiderma pietrificato i catanesi nonvedevano un monito di condanna e punizione, loidentificarono invece con lo stesso Eliodoro il cuinome storpiato in “liotru” e “diotru” divenne numetutelare nel periodo bizantino dal 535 all’827, annoche segna l’inizio del dominio degli Arabi i quali,come già ricordato, in conseguenza di queste diffusecredenze definirono Catnia “la città dell’Elefante”.Tuttavia la leggenda dell’elefante pietrificato dalVescovo, contrasta con le scoperte archeologiche diIgnazio Paternò Castello principe di Biscari (1719-1786), il quale disseppellì l’elefante lavico dalle rovi-ne del Circo catanese di età romana dove costituivaun ornamento. Alla certezza di questo ritrovamento siaggiunge la data storica del 1239, quando Federico IIdi Svevia sostituì l’insegna civica di San Giorgio conquella dell’elefante, da allora, simbolo ufficiale dellacittà etnea. L’attaccamento a questo simbolo si dimo-strò durante la sindacatura di Giacomo Gravina, ilquale, per primo dopo l’unità d’Italia , ebbe il titolo diSindaco che si sostituiva a quello di Patrizio. Malgradola breve carica amministrativa (1861-1863) gli si rico-noscono meritevoli iniziative: l’avvio per il trattoferroviario Messina Catania, la volontà di dotare lacittà di illuminazione a gas. Per il fattivo e volenterososindaco si profilò il pericolo di una insurrezionepopolare quando l’amministrazione propose dispostare in periferia il monumento dell’elefante einstallare al suo posto quello di Bellini. Per placare ilfurore dei catanesi, la Fontana dell’Elefante rimasedove nel 1736, era stata realizzata dall’architettoVaccarini chiamato dal Vescovo Pietro Galletti percontribuire alla ricostruzione della città etnea distrut-ta dal terremoto del 1693. Alla soluzione del pachi-derma sormontato dall’obelisco dell’antica città egiziadi Syene, il Vaccarini, prese ispirazione dall’analogomonumento romano del Bernini in piazza dellaMinerva dedicato all’elefante Annone che regge l’obe-lisco di Eliopoli. Gli era noto avendo soggiornato aRoma per frequentare le scuole di architettura diCarlo Fontana ed aveva eletto a modelli il Bernini e ilBorromini. Nella realizzazione del monumento conl’elefante lavico, anche se memore di quello berninia-no, il Vaccarini raggiunge un “unicum” originale risol-to con sensibilità inventiva unita alla conoscenza dicultura e miti del territorio. La sua attenzione si rivol-ge a due divinità fluviali, il Simeto e l’Amenano,quest’ultimo ricordato nella monetazione greca e

romana e nei versi di Ovidio. Pertanto nelle paretidella vasca polilobata raffigura il grande e possenteSimeto con le sembianze di vecchio barbuto e l’altrocon un piacevole aspetto giovanile dalla cui broccasgorgano le acque dell’Amenano stesso. Ne conseguela giusta denominazione di “Fontana dell’Elefante”che la distingue dall’opera berniniana di semplicemonumento marmoreo. Si aggiunge una differenzia-zione ancora più profonda perché l’elefante di pietralavica, evocatore di antichissimi miti e leggende popo-lari, assunto a simbolo della città conserva ancoraanche un valore apotropaico, mentre l’opera delBernini si limita a ricordare una missione diplomaticadi cui l’elefantino Annone si rese protagonista nel1514.A quel tempo lo Stato Portoghese aveva necessità, perspese belliche ed esplorative nel mondo, di prestiti dibanche francesi ed italiane che, per concederli sirendeva necessaria la mediazione del Papa. I porto-ghesi prima di recarsi a Roma per ottenerla, approfit-tando della intelligenza dimostrata da un elefantinobianco in loro possesso al quale avevano dato il nomedel navigatore cartaginese Annone, pensarono diaddomesticarlo per portarlo in regalo al Papa in occa-sione della loro visita. Quando la imponente delega-zione, alla quale partecipava Annone elegantementebardato, giunse in Castel Santangelo al cospetto diPapa Leone X dei Medici, l’elefantino ben ammaestra-to, si genuflesse di fronte al Papa alzando la probosci-de ed emettendo un sommesso barrito. Tutti i presen-ti rimasero affascinati, primo fra tutti il Papa, che offrìla richiesta mediazione. Anzi, dispose che i personag-gi della delegazione, per tutto il periodo del lorosoggiorno a Roma, dichiarando di essere portoghesi,erano esentati dal pagare in pranzi e teatri. Molti citta-dini romani approfittarono, dichiarandosi portoghesi,per non pagare. Da quel fatto storico prese il nome diessere indicati “portoghesi”quanti vogliono vivere “asbafo”.

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Il sentiero è aperto. Comincia in ogni luogo e nonconduce da nessuna parte, tuttavia porta in un luogoreale” (Chopra D. nel 1997)[1].La migrazione dalle campagne alle città ha giocato unruolo chiave nella crescita delle città. Nel corso delXIX e XX secolo, più dell’85% della crescita urbana èattribuibile alle migrazioni campagna-città. Nel corsodi questi due secoli i tassi di crescita urbana raggiun-gono le due cifre in molti paesi, in seguito ai flussi dimigranti rurali. È prevedibile che in paesi dove latransizione urbana non è ancora conclusa, principal-mente in Asia e Africa, la migrazione continuerà agiocare un ruolo chiave nell’espansione e formazionedelle città. Effetti collaterali sono un’accelerazionedello sviluppo urbano incontrollato, così come unariclassificazione di terreni da rurali a urbani, fattoripredominanti di paesi che hanno completato la tran-sizione urbana.Il rapporto campagna e città costituisce una chiave dilettura del processo di sviluppo economico sia neipaesi industrializzati sia nei paesi in via di sviluppo, epuò essere analizzato da prospettive molto diverse.Guidicini (1998)[2] propone tre diversi approcci alproblema del rapporto città-campagna: un approccioculturale-naturalista, dove città e campagna hannouna loro specifica valenza culturale e dove unvero sviluppo non può prescindere dalla combinazio-ne dei loro tratti più significativi; un approcciostrumentale dove le due realtà concorrono a costrui-re un modello cooperativo-funzionalista secondo lespecifiche necessità del momento; un approcciourbanistico-pianificatorio, dove l’accento vieneposto sull’organizzazione dello spazio. Da questoultimo approccio, la necessità di regolare i rapportitra città (spazi urbani) e campagna (spazi rurali)attraverso la pianificazione è emersa in Europa circadue secoli fa. I primi schemi di pianificazione territo-riale, influenzati dai modelli teorici, si trovarono adaffrontare il rapporto urbano/rurale in città esistenti,dove la priorità era il contenimento della crescitaurbana. Alla luce di queste riflessioni bisogna avere la

consapevolezza scientifica di leggere, studiare, avereriguardo di quei luoghi dai quali la città è sorta, si èformata, è cresciuta, ha imposto i suoi modelli cultu-rali e sociali. Il territorio rurale, oggi cosciente dellasua debolezza in termini sociali, in termini economi-ci, ha affermato la sua antica vitalità, in quantorisorsa difficilmente riproducibile in tempi brevi e inquanto rifugio ambientale per gli stressati cittadini.La città più o meno in crescita, e la campagna, cherivendica la sua identità e i suoi antichi valori, anchealla luce di uno sviluppo ambientale sostenibile, nonpossono essere disgiunte per la loro storica comple-mentarietà[3].Da questa affermazione, va seguita la strada congrande umiltà, analisi e strategie cognitive prima, epropositive poi, di uno dei punti deboli del territoriole cui dinamiche squilibranti potrebbero stravolgere,e cancellare valori e risorse incommensurabili neltempo e nello spazio.In tutto ciò sta il suo fascino, perché ci si ritrovispinti da pulsioni opposte, uno scontro di idee talvol-ta illuminante, che permette di capire il complessodelle interrelazioni tra i vari settori disciplinari chehanno come campo d’azione il territorio.Il territorio è realtà in cui viviamo e nessuna teoriascientifica potrà mai fornire una descrizione comple-ta e definitiva della realtà come afferma Capra F. nel1996[4].La pianificazione territoriale, e quella rurale, si rivela-no un campo in cui le differenze prendono forma, siindividuano e si integrano, incontrandosi e scontran-dosi sul campo del pensiero teorico e della praticaprofessionale. Teoria e pratica insieme a costruire,una dottrina della pianificazione che sia parte delprocesso storico del mondo attuale.Tale processo conduce ad una diminuzione delletensioni culturali e politiche mediante unificazione eampliamento delle conoscenze, ma contiene in sé ilpericolo della globalizzazione inteso come “incita-mento a tutte le forze delle comunità culturaliesistenti ad assicurarsi per i loro valori tradizionali la

RIGENERIAMO IL TERRITORIO:LA CITTÀ E LA CAMPAGNA

di Francesca Cuius

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territorio che hanno bisogno di meno piani e piùpolitiche, meno procedure e più scelte, ottenendocosì semplificazione e maggiore efficacia, con conse-guente crescita dell’efficienza della pianificazione

(compiti, ruoli,tempi e contenu-ti). In questoambito l’idea disviluppo sosteni-bile del territorioche pervade tuttala legislazioneregionale potreb-be portare ad unamigliore qualitàdella programma-zione integratauscendo dairistretti vicoli deimacrointerventifuori programma-zione.

Parole – chiave: spazi urbani, spazi rurali, rigenera-zione territoriale.

(*) Segretario Centro Provinciale Studi Urbanisticidell’Ordine degli Ingegneri della provincia diCatania.

[1] Chopra D.(1997). L’ antica saggezza dell’anima,Sperling&Kupfer editori, Milano.

[2] Guidicini P.(1998). Nuovo manuale per le ricer-che sociali sul territorio, Franco Angeli, Milano.

[3] Papale F. (2006), Pianificazione Territoriale,Edizioni C.R.E.S., Catania.

[4] Capra F.)1996). Il punto di svolta. Scienza,società e cultura emergente, Feltrinelli, Milano.

[5] Heisemberg W.(1994), Fisica e Filosofia, ilSaggiatore, Milano.

parte più larga possibile nello stato finale dell’unifica-zione”. D’accordo con Heisemberg[5] nello sperarein una apertura verso ogni tipo di ideologia, nellafutura convivenza delle più diverse tradizioni cultura-li e nella fusionedei comportamen-ti umani in unnuovo tipo di equi-librio fra pensieroe prassi, fra cono-scenza e azione.Una vera e propriarivoluzione di unmoto che ritornacontinuamente suse stesso.Possiamo afferma-re che non è soloun evento trauma-tico capace digenerare nuovesituazioni. Anziqueste ultime possono scaturire dal ripercorrere unastrada già intrapresa con immaginazione, speranza,creatività e amore, oltre che con una mente semprepresente a se stessa.Con queste intenzioni, l’introduzione di concetti e diprincipi più propriamente rurali nell’ambito dellapianificazione territoriale potrebbero essere unesempio di quella razionalità comunicativa nellaquale si individuano strumenti nella direzione delprogetto di nuovi mondi, prodotto non soltanto deinostri saperi ma di un procedere che modula eaffina nuove strategie all’interno di una riflessionepermanente nella pratica e nell’apprendimento.Oggi si preferisce parlare di rapporto tra urbano erurale proprio per sottolineare il nuovo atteggiamen-to della società nei confronti dell’ambiente rurale lacampagna, al quale si attribuiscono valori positivicome quelli della bellezza del paesaggio, della tran-quillità, della salubrità dei luoghi, della presenza dialimenti genuini e delle relazioni sociali.Le norme sul governo del territorio soprattutto inSicilia non hanno fatto nulla per migliorare l’efficaciae l’efficienza della pianificazione territoriale nonhanno fatto nulla per superare le pianificazioni sepa-rate anzi non sono mai state partorite.E’ questo unelemento decisivo per rispondere alle necessità del

Grammichele (CT)

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Dopo sessant’anni di attività professionale e quasi altrettanto didattica forse è venuto per me il tempo non tantodi guardare indietro (cosa che, in ogni caso, farebbe bene a me e ai colleghi per condividere e commentareinsieme il mio bagaglio di esperienze) quanto invece di guardare avanti sulla base delle esperienze acquisitelungo tutto questo tempo.Al 2015 ci troviamo ancora davanti all’ennesimo tentativo di riscrivere la legge urbanistica siciliana dopo quasiquarant’anni da quella che, in effetti, non fu una legge autonomamente siciliana, come lo Statuto Sicilianoconsentiva, ma “Norme integrative e modificative della legislazione vigente” (statale!), come recita il suo titolo.In effetti, perciò, ci troviamo sempre al punto di partenza.E cioè: ha ancora senso una pianificazione territoriale e urbanistica che, in fondo, si basa sui principi della leggefondamentale dell’ormai lontano 1942?Ha ancora senso, soprattutto, pianificare future trasformazioni territoriali sulla base di previsioni che, tra l’altro,diventano di fatto realizzabili dopo tempi lontani da quello in cui esse sono state formulate, data ormai per certala lungaggine dei tempi di approvazioni dei piani e, perciò, delle loro effettiva attuazione?Che senso ha, per fare un esempio, prevedere una espansione urbana se poi, al tempo della sua possibilerealizzazione, non si presentano più le condizioni economiche per realizzarla? Oppure la previsione di unainfrastruttura territoriale che poi risulta, per una serie di ragioni, per esempio politiche, irrealizzabile? Casotipico, per Catania, l’asse attrezzato del PRG Piccinato.La risposta corrente e tradizionale è: si redige una variante.Ma si torna al punto di prima: che valore ha una variante sulla base di nuove previsioni soggette a variazionilungo il tempo della sua approvazione?Alla base di tali ragionamento evidentemente sta un fattore ineliminabile: il tempo.

Non è stato sempre così.Roma “centuriava” e poi: cardo e decumano e via con la nuova città.Lo stesso per i coloni greci in Sicilia: griglia ippodamea e nuova città.Le città ideali del Rinascimento? Disegno ideativo e realizzazione.Le città giardino dell’800? Lo stesso.Persino le new town del secolo scorso: progettate e realizzate.I problemi della discrasia, nel senso di incongruenza, tra tempo e conoscenza/azione nascono con la teoriadell’urbanistica razionalista.Non si tratta più di realizzare nuove città (anche se essa viene utilizzata pure a questo scopo: vedi le nuove cittàdell’agro pontino bonificato) ma di prevedere la razionalizzazione e lo sviluppo di quelle esistenti: esempioclassico il piano di Amsterdam.Se può essere ancora accettabile una teoria revisionistica dell’attuale pianificazione, non mi pare che essa abbiapotuto dare i risultati sperati proprio per la imprevedibilità dei suoi risultati nel tempo.Non c’è infatti, almeno per ora, un modo di agire nel tempo reale. Non si è trovato cioè uno strumento chetenga conto della realtà, specie economica ma anche sociale, che si presenta al momento di realizzare quantoprevisto nello strumento urbanistico che si trova, così, incapace di produrre gli effetti previsti.La discrasia tra previsione e realizzazione contrasta la flessibilità del piano.In altri termini ciò che manca è la possibilità di una pianificazione in tempo reale.

RITORNO AL FUTURO

di Francesco Papale

Nel precedente numero (giugno 2015) della Rivista, nell’articolo del professore Francesco Papale dal titolo“Ritorno al Futuro”, è saltata la quarta pagina che indicava le conclusioni del tema esposto. Abbiamoristampato l’articolo completo, scusandoci con l’Autore per lo spiacevole incidente.

Il Coordinatore

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Ma ciò è possibile?Nel 1993, edito da Edizioni Dedalo di Bari, fu pubblicato il libro di John Friedmann “Pianificazione e dominiopubblico: dalla conoscenza all’azione” che provocò un largo dibattito tra gli urbanisti. Io stesso ne feci oggettodi una tesi di laurea e di un lavoro presentato al convegno annuale dell’AISRE all’Aquila nel 1998. Ne riferiianche in un articolo, pubblicato dieci anni fa nella rivista dell’Ordine degli Ingegneri di Catania, “Tecnica e Rico-struzione” dal titolo “Pianificazione, concertazione e partecipazione: ieri, oggi, domani e dopodomani”.Il tema del libro atteneva proprio al superamento della discrasia tra previsione e realizzazione attuando unapianificazione che non produce decisioni conclusive, peraltro improbabili nella presa di coscienza della impre-vedibilità degli eventi, ma viene esercitata nei modi con cui le decisioni vengono “democraticamente prese nelfluire del tempo e degli eventi stessi.”1

Tale forma di pianificazione è stata chiamata da Friedmann con il suggestivo nome di “Pianificazione noneuclidea”, in quanto alle tre dimensioni fisiche aggiunge la dimensione temporale, cioè il tempo reale degliaccadimenti quotidiani invece che il tempo futuro immaginato che è precipuo, sia della pianificazione tradizio-nale, sia di quella più avanzata come la pianificazione strategica.Queste, infatti, lavorano su scenari futuri alternativi, frutto delle scelte strategiche e degli obiettivi che si voglio-no raggiungere, ma pur sempre immaginati e non reali. Mentre i pianificatori, secondo la concezione noneuclidea, “saranno sempre più nel pieno delle cose invece che nella aleatorietà delle azioni che la loro piani-ficazione pretenderebbe dirigere sotto il modello tradizionale” perché cercano costantemente “l’iterazionefronte a fronte con il tempo reale”.“Questo non significa che sia futile immaginare un tempo futuro, che non serva avere progetti, simulazioni ealtri studi sui quali potere o dovere basare le azioni da svolgere negli anni a venire. La preoccupazione per ilfuturo continuerà a giocare una carta importante nella pianificazione”. Il punto è un altro. Secondo il nostro autore “l’enfasi della pianificazione non euclidea dovrà porsi nei proces-si che operano nel tempo attuale o reale, perché i pianificatori possono essere efficaci solo nel presente effime-ro e comunque senza decidere”.Si tratta certamente di un’idea che sembra azzardata. Come possono, infatti, i pianificatori essere efficaci senzapotere decidere? Qui sta l’originale salto di concetto: se, dice l’autore, la pianificazione non euclidea pretendedi essere una continua “iterazione fronte a fronte con il tempo reale” e questo tempo è mutevole, è effimero,allora non è possibile prendere decisioni che riguardano il tempo futuro, sconosciuto e imprevedibile. E allora, che fare, se non si può decidere? Si tratta di introdurre nella pianificazione uno stile nuovo, dove siintrecciano negoziazione, apprendimento sociale, presenza continua, innovazione, conoscenza, azione,retro-alimentazione critica, che l’autore stesso propone nel dare queste che sono le caratteristiche del suomodello di pianificazione.Ne discende la caratteristica eminentemente politica che questa forma di pianificazione assume poiché coinvol-ge il pianificatore nella stessa attuazione delle strategie e delle tattiche, diversamente dai modelli tradizionaliche considerano la pianificazione come pratica effettiva e neutra rispetto ai suoi effetti sociali e politici.Così come emerge la sua caratteristica negoziale in quanto si persegue la congiunzione della conoscenzaesperta, tipica dell’attuale pianificatore, con quella sperimentale, tipica delle persone non specialistiche, cercan-do diversità di soluzioni e sollecitando la partecipazione e la capacità della gente verso la pratica attiva in unprocesso di mutuo apprendimento e aiutando la creazione del senso della solidarietà collettiva.Il modello, infine, si basa sull’apprendimento sociale, diversamente dai modelli tradizionali che orientano laloro attività nella produzione di documenti chiudendosi, di fatto, alla verifica effettiva del pubblico che vieneriservata solo agli aspetti formali della pianificazione (pubblicità degli atti, osservazioni ex post, relativededuzioni, etc.). Il sistema dell’apprendimento sociale, invece, difende e diffonde un processo aperto nel quale giocano laretroalimentazione critica, il procedimento veramente democratico, la diffusione dell’informazione, e, nellostesso tempo, una leadership sicura e coraggiosa che non abbia paura ad ammettere i propri errori, una cultu-ra politica che non vada dietro ai vantaggi immediati, una capacità di indagine e di riconsiderazione delle1 Le scritte in corsivo sono estratte dal libro citato

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strategie impiegate, dell’immagine e dei valori assunti.A ben vedere, il tipo di pianificazione proposto da Friedmann apparirebbe non lontano dal modello strategicoche molti Paesi hanno sperimentato con un certo successo e che, per il nostro, potrebbe costituire il banco diprova nel quadro della sempre auspicata riforma urbanistica. Il modello della pianificazione non euclidea aggiunge, però, non poco al modello strategico, innovandolosoprattutto concettualmente nella considerazione del fattore spazio-temporale che travolge e ribalta le stessepratiche innovative, per non dire di quelle ancora tradizionali.In quanto alle differenze tra il modello di Friedmann e i modelli attuali, si pensi alla capacità che esso contienedi cogliere efficacemente le forme del tempo mutevole nel loro concorrere agli obiettivi della pianificazione. Si pensi anche al ruolo politico che assume il pianificatore coinvolto nella stessa attuazione delle strategie edelle tattiche di piano. Lo stesso concetto di negoziazione in esso assume significati diversi e, direi, molto piùpregnanti di quelli portati avanti dalla pianificazione strategica. Nel modello, infatti, la negoziazione viene vistacome il risultato dell’unione della conoscenza esperta con quella sperimentale e non codificata, di cui diven-gono conseguenze dirette sia la partecipazione, sia la ricerca delle diversità di soluzioni, sia, ancora, la creazio-ne del senso di solidarietà collettiva. Il concetto più innovativo del modello non euclideo sta, però, nell’ap-prendimento sociale, che costituisce il fulcro attorno a cui ruota la nuova concezione di pianificazione. Si trat-ta di uno strumento fortemente connotato da una carica educativa e formativa per tutti gli attori della pianifica-zione. L’informazione diffusa, la retroalimentazione critica, il procedimento democratico, se correttamente epazientemente perseguiti sono certamente mezzi di promozione e di crescita culturale i cui effetti non possonoche essere benefici per la società civile nel suo complesso. La figura di seguito riportata fa la comparazione dei due sistemi di pianificazione.

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Il punto che ora vorrei porre è questo: è possibile attuare questo modello di pianificazione in Italia o,meglio ancora, in Sicilia, considerato che la Regione ha competenza esclusiva in materia?Va detto, intanto, che esso è già stato applicato in altri Paesi, come il Brasile, la Germania e l’Australia e sullateoria è ancora ampio il dibattito tra gli esperti specie per le applicazioni che esso può avere nel campo dellapianificazione partecipata, oggi molto sentito. Tra l’altro, lo stesso Friedmann (oggi novantenne) nel 2014 hapartecipato personalmente a dei dibattiti su questo argomento come è facile vedere e sentire in rete (vi è persi-no un video).Anche da noi, a mio modesto parere, potrebbero esserci i modi di approfondire la questione al fine di introdur-re il modello nella nostra pratica oltre che, beninteso, nella legislazione, anche perché ci sono altre ragioni chepossono indurre a sperimentare l’introduzione del modello, come le mutate condizioni degli aspetti dellosviluppo che attengono oggi, più che alla espansione, alla riqualificazione urbanistica di quartieri o di areedismesse e, più che allo sfruttamento, al riequilibrio ambientale. E sono questi gli ambiti più consoni alla suaapplicazione.A questo scopo allora mi pare necessario, anzitutto, che il mondo scientifico e accademico, assieme a quelloprofessionale, dibatta il modello e lo approfondisca, sia dal punto scientifico che attuativo, giungendo alla finead un modello applicativo che possa tradursi in uno strumento legislativo che, intanto, potrebbe avere applica-zione in piccoli interventi locali e cioè, come si è detto ad esempio, nelle riqualificazioni di quartieri o di areedismesse, con un provvedimento legislativo regionale ad hoc.In altri termini, il modello potrebbe avere applicazione, intanto, nella pratica della partecipazione e, se e quan-do il mondo scientifico e professionale maturasse una proposta legislativa globale, si potrebbe portarlo ad unprovvedimento di tale tipo sia in sede regionale che statale.

Per chi volesse cimentarsi nell’attuazione della proposta, la check-list da percorrere potrebbe essere la seguen-te.• Aggiornamento sulla dottrina di Friedmann ( pubblicazioni, studi, dibattiti, ecc.)• Documentazione sulla sua applicazione (esperienze, legislazioni in atto, ecc.)• Sistematizzazione della teoria:- Elaborazione teorica- Modi di applicazione- Tempi per l’applicazione• Proposte attuative e legislative.

Quanto qui propongo è una sfida? Lo è certamente! Lo è nel senso che essa è frutto di esperienza, ma soprattutto di una tensione verso il futuro,senza la quale, qualsiasi professione e, nel nostro caso, la professione di urbanista non avrebbe senso.

Per usare le stesse parole di Friedmann quando, nel libro citato, conclude l’esposizione della sua dottrina,personalmente credo veramente che “vale la pena provare”,

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A Catania, così come in altre città, a seguito delfenomeno italiano di mani pulite, ogni iniziativa colle-gata direttamente o indirettamente con la pubblicaamministrazione si è fermata o diventata pericolosa.Prima fra tutte l’attività imprenditoriale coinvolgente ilavori pubblici e privati che, nel territorio, normal-mente è trascinatrice di ogni altra attività. Tenutoconto infatti che i licenziamenti di vaste categorie dioperai specializzati, dell’artigianato e della manova-lanza generica, non esclusa l’attività collegata alleprofessioni, sono la causa prima della diminuzionedei consumi e, per riflesso diretto, della diminuzionedell’attività mercantile, che si somma alla crisi econo-mica che sta interessando il nostro Paese. Nel recentepassato molte risorse finanziarie programmate peropere di pubblica utilità, si sono tradotte nella sparti-zione di parcelle milionarie pagate ai progettisti,restando spesso incomplete le opere. Ferme perfrequenti perizie suppletiva in aumento di spesa oblocco dei lavori disposto dalla magistratura perirregolarità varie. Azioni giudiziarie, dai tempi lunghi,che hanno orientano gli istituti di credito, al rientro osospensione degli affidi finanziari programmati che,come conseguenze, hanno portano al fallimentoanche di grandi imprese che, pur ricche di proprietàimmobiliari, con lavori bloccati per anni, trovandosisenza liquidità li hanno obbligati ai licenziamenti,accentuando la diminuzione dei consumi. La qualcosaha determinato la dispersione o fuga in altri luoghidella vecchia classe imprenditoriale, anche per timoredi imbattersi in possibili fermi giudiziari; né l’incertez-

za nel futuro ha agevolato la nascita di nuova impren-ditoria. Nel meridione, alla crisi generale, alle possibi-li corruzioni di elementi della burocrazia o dellapolitica, va sommata, purtroppo, la estesa azioneestorsiva, a tutti i livelli, della criminalità organizzata,gestita dalla mafia.Oggi in Sicilia, senza fiducia nel futuro, senza segnalidi ripresa economica generale, con una storica caren-za di strutture pubbliche, per la insularità che solocon la realizzazione del ponte sullo stretto verrebbead attenuarsi, la nuova classe imprenditoriale stenta afarsi avanti mentre la vecchia sopravvissuta temeil rientro. Né la inadeguatezza di gran parte degliattuali rappresentanti politici a tutti i livelli, frenati dagoverni “settentrionalisti”, danno garanzie sullarealizzazione di programmi sbandierati in ognioccasione. Così come sembra non sia del tutto scom-parsa la corruttibilità di elementi della burocraziaistituzionale e della politica, alla quale, come giàdetto, va aggiunta quella estorsiva, malgrado gli sforzidi magistratura e forze dell’ordine che la combattono.Per cui la ripresa economica in Sicilia, in più occasio-ni enfaticamente prospettata, resta una favola. Edintanto la imprenditoria locale, in cauta attesa,continua ad emigrare in luoghi di maggiori certezza esicurezza, anche se sono in tanti che vorrebberoscommettersi nel natìo territorio, perché e lì chehanno le radici e lì vorrebbero continuare a vivere. Néserve che i vari autorevoli personaggi politici venganoa parlarci di sicuro futuro sviluppo della Sicilia;addirittura di un Piano Marshall per il Sud, quando siscoraggia chi, con tutte le garanzie di legge, vuoleinvestire in porticcioli turistici o proposte di realizza-re mini villaggi turistici, come avviene in tutto ilMediterraneo. Si parla di turismo e si cancella larealizzazione del ponte sullo stretto (che potrebbenon costare oneri finanziari allo Stato italiano), dispo-nibili invece a risarcire penalità miliardarie ai vincitoridell’appalto. Esso potrebbe essere la madre di tutte leiniziative economiche e turistiche del meridione escelta obbligata degli scambi mercantili internaziona-li, che sceglierebbero il porto di Augusta invece diquelli tedeschi del mare del nord. La sua realizzazione

MEZZOGIORNO DI VALORE

di Gaetano D’Emilio

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“grazie ai propri rapporti di partnership dei promoto-ri con i maggiori quotidiani nazionali ed il contributodell’esperienza di elementi provenienti dal mondoimprenditoriale, porta avanti una coraggiosa iniziativafinalizzata a valorizzare e divulgare la buona impren-ditoria del nostro territorio, nell’interesse delle nuovegenerazioni, oggi costrette ad emigrare. Intantosostiene il Magnifico Rettore Pignataro: “individuan-do ed incoraggiando i giovani talenti, valorizzandoidee e progettualità, avvicinando il mondo dellostudio e della ricerca alla realtà produttiva per farconoscere al mondo le migliori realtà esistenti nelterritorio ed i loro prodotti; le imprese di eccellenzache impegnandosi nella loro terra vengono portate aconoscenza e successo a livello internazionale”.L’interessante iniziativa, nell’immediato si prefigge diesportare con orgoglio l’immagine di una Sicilia cheproduce e che cresce per essere protagonista, puntan-do al lancio di un Marchio. Un progetto che esalta la storia delle migliori azien-de siciliane, per guardare al futuro, sfruttando almeglio i canali della comunicazione, per mettere inmostra le capacità della nostra terra di ospitare esupportare adeguatamente le aziende e quindi lapredisposizione del territorio ad accoglierle.Alla prima delle tante Tappe previste, firmata dallaDomenico Sanfilippo Editore e dal quotidiano La Sici-lia, erano presenti oltre i promotori Mario CiancioSanfilippo e Domenico, il rettore dell’UniversitàGiacomo Pignataro, il presidente della ConfindustriaDomenico Bonaccorsi di Reburdone, Salvatore Abatepresidente della Compagnia delle Opere della SiciliaOrientale, le maggiori realtà imprenditoriali siciliane,dal settore manifatturiero all’agroalimentare, dallasanità al florovivaismo, così come gli istituti di credito,i sindaci di Catania, Adrano, Giarre, da Militello Val diCatania a Bronte, da Riposto a Trecastagni, il direttoredella Gazzetta del Mezzogiorno De Tommaso, il diret-tore generale della Edi Sud Capparelli. Il progettoinfatti è stato presentato agli imprenditori leader deiloro settori e agli amministratori pubblici e privati everrà sostenuto da tutti gli organi nazionali di infor-mazione del network di cui la Sicilia fa parte. Infattidopo la prima “Tappa” già svoltasi a catania esso saràpresentato in tutto il Mezzogiorno a cominciare dallaCalabria e dalla Puglia.

darebbe sbocco economico a vastissime categorie dilavoratori e professionisti locali.Il fare prima le strade e poi il ponte è una delle tantefrottole raccontate, perché i tempi di costruzionedella grande opera, consentirebbe largamente, larealizzazione in parallelo, di qualsiasi tipo e numerodi strade mancanti in Sicilia e Calabria.Catania un tempo recente, era uno dei luoghi ricchidi iniziative economiche per il dinamismo e le capaci-tà della sua classe imprenditoriale e delle maestranzedei lavoratori operanti in tutti i settori della produzio-ne e del commercio. Il poco che oggi è rimasto, conti-nua a lottare con la burocrazia degli uffici per inter-pretare le infinite leggi che a volte si contraddicono.Ed in attesa che i rappresentati politici locali, avocazione “settentrionalistica”, si convincano che, inun sistema “globalistico”, se non cresce il sud d’Italia,il Paese resterà in Europa “l’italietta” col cappello inmano, tenuto conto che, senza il contributo delmeridione, il suo Pil risulterà sempre più basso ed ilsuo debito sempre più alto.Ma già alcuni personaggi lungimiranti, occupandoposti di osservazione privilegiata, nell’interessegenerale e proprio, si avviano ad affrontare la gravesituazione, prima che essa si incancrenisca, con unprogetto a media e lunga scadenza, volto a riunire,sostenere e far conoscere le esistenti eccellenzedell’imprenditoria locale o incoraggiarne di nuove, insettori congeniali, compreso il turismo da tutti indica-to come una riserva monetaria, fino adesso, nonutilizzata correttamente. Ciò con la speranza che taleavvio svegli il mondo politico e la cittadinanza tutta.Un difficile fai da te, protetto da ogni inquinamentomafioso che, se percorso con tenacia, se sostenutodalle forze politiche, nel tempo darà i suoi frutti perle comunità del meridione, oggi lasciate allo sbando.E’ chiaro a tutti, malgrado le affermazioni dei politicisempre meno convincenti, come dimostrano l’assen-za degli elettori ad ogni votazione, che tutto ilmeridione d’Italia è stato abbandonato dai vari gover-ni ad un futuro di seconda fila, rispetto a quello delresto del Paese. Situazione che da anni costringe igiovani meridionali ad emigrare altrove per, perrealizzarsi e formarsi una famiglia.Per cui nasce a tappe la coraggiosa proposta dellaFondazione Domenico Sanfilippo Editrice, promotoreil Direttore del quotidiano “La Sicilia” Mario CiancioSanfilippo, con l’iniziativa: MEZZOGIORNO DIVALORE. Per sostituire il nulla, con un progetto che,

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E’ esaminata la convenienza economica di dotare unimpianto PV del Sistema di Accumulo chimico. Nono-stante le premesse più ottimistiche ipotizzate, sidimostra che attualmente non è conveniente. Perònon è escluso che in un prossimo futuro, come giàavvenuto per il fotovoltaico, possa essere conveniente. Per individuare i dati di progetto del Sistema di Accu-mulo elettrochimico di un impianto fotovoltaico, ilmetodo che si espone è quello che li individua univo-camente, in teoria, nella misura più idonea. Il criterioadottato si basa soltanto sull’esame della convenien-za economica, trovata usando il principio di massimacautela, indicando chiaramente i dati di partenzanotoriamente accettati oggi, e i dati assunti arbitraria-mente, provenienti da esperienze precedenti. Inoltre sisuppone per semplicità che l’impianto PV sia costruitoed entri in esercizio già completo del suo SdA. Un altro dato importante assunto arbitrariamente perl’esecuzione dei calcoli, eseguiti tramite il semplicealgoritmo approntato, è quello che suppone che ilcosto unitario medio globale dell’energia elettrica simantenga costante per tutto il periodo dell’ammorta-mento del SdA chimico, e precisamente uguale aquello unitario globale attuale, pari a 0,21 €/kWh.Tutti i dati numerici utilizzati sono quelli tipicidell’impianto fotovoltaico, costruito o da progettaree costruire, nell’ipotesi che esso sia installato in Sici-lia, sia orientato a Sud, con Azimut angolare � =0°, eangolo canonico di tilt dei moduli di � =30°, e infineche i moduli siano quelli innovativi con rendimentoreale del 19,5%, capaci di generare anche con solo il20% dell’irraggiamento ottimale STC, con una ridu-zione, in tal caso, del rendimento solo del 2%.Per esporre il criterio o metodo semplificato di calco-lo, sono utilizzati i dati nominali dell’impianto PV diun Centro ambulatoriale per disabili del C.S.R. di ViaDon Minzoni s.n. di Catania, che ha una potenzanominale di 50 kWp, e i seguenti dati assunti arbitra-riamente:1) indice di efficienza energetico annuo o Performan-ce Ratio annuale PRa = 80%,2) reference Yield Yr = 2.012 h/a, siciliano trascu-rando il ciclo undecennale del Sole,

3) infantile Final Yield Yf = 1.600 h/a,

4) produzione annua nominale di progetto di 80.000kWh, 5) costo previsto di costruzione unitario (IVA esclu-sa) pari a 1.500 €/kWp,6) costo previsto di costruzione totale (IVA esclusa)di 75.000,00€,7) costo unitario attuale degli accumulatori, suppo-sto uguale sia per la tecnologia Li Ion, sia per quellaNa-S, sia per il tipo So Nick, Na-NiCl2, (questa più

adatta, a mio parere, per l’assoluta inesistente PowerQuality siciliana), (IVA esclusa) uguale a 800 €/kWh.

Inoltre sono stati adottati i seguenti valori correntiche sono pubblicati in articoli di riviste specializzate,come L’Energia Elettrica, o resi noti nel seminariocatanese dedicato all’accumulo, tenuto presso l’Uni-versità di Catania il 29 ottobre 2015:1) energia percentuale auto consumata direttarispetto a quella generata uguale al 50%, 2) energia perduta percentuale in un impianto PVcon SdA chimico uguale al 20%,3) energia perduta percentuale nella carica degliaccumulatori uguale al 20%,4) energia non utilizzabile percentuale nella scaricadegli accumulatori uguale al 20%,5) energia perduta nelle apparecchiature elettroni-che ed elettriche nel PV con SdA 0,5%,

Infine arbitrariamente (“A RAMPAZZO, secondo ildettato del Prof. Renato Giovannozzi, del Politecnicodi Torino”) è stato assunto che:1) il 50% dell’energia utilizzabile annua del SdAchimico sia utilizzato per soddisfare nella fascia F3 lapresumibile richiesta energetica notturna estiva perl’illuminazione e gli altri servizi ancillari, comeimpianti antintrusione, telesorveglianza, etc., e siapari alla potenza costante media di 5 kW per 10 ore,cioè con un fabbisogno energetico elettrico giornalie-ro notturno netto nei 6 mesi più caldi, uguale a 5X10= 50 kWh,2) il 50% restante dell’energia netta utilizzabile dallascarica completa del SdA sia utilizzato nei 6 mesi fred-

ESAME SULLA CONVENIENZA DEL SDA CHIMICO IN UN IMPIANTO PV

di Michele Mario Lo Trovato*

* Sudelettrica S.r.l. Catania

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visti i risultati del semplice calcolo eseguito, che ogginon conviene dotare gli impianti PV di proprietàprivata, dell’accumulo: però forse, come avvenutoper la tecnologia fotovoltaica, sicuramente è necessa-rio aspettare soltanto che la diffusione di questiimpianti, costruiti per altri fini che non sia il purorisparmio economico, determini una notevole ridu-zione del costo degli accumulatori innovativi, delleapparecchiature ancillari necessarie e quindi delcosto totale del SdA elettrochimico.Naturalmente in questo calcolo elementare, è statoben evidenziato che è quasi sicura la sostituzione delparco accumulatori a metà circa del periodo diammortamento, ma forse anche prima. Il calcolo e la simulazione sono stati eseguiti usandol’accetta, in modo elementare, al contrario dell’Ing.Alessandro Burgio dell’Università della Calabria, cheha implementato un meraviglioso algoritmo moltocomplicato e preciso, che per la verità in gran parteè di difficile comprensione, a mio parere. Comunquenonostante che siano state assunte le miglioricondizioni di esercizio per l’impianto PVdotato di SdA chimico, dato dal terzetto deivalori percentuali, 50%+30%+20% e assoluti40.000+24.000+16.000 kWh = 80.000 kWh, perle energie auto consumata PV diretta, da SdA chimicoe perduta, si deve prendere atto, purtroppo, che leconclusioni sono negative, in altri termini in genereoggi non sono favorevoli all’adozione generalizzatadel SdA chimico.E’ opportuno però precisare che la taglia dell’impian-to di accumulo scelto è in linea, cioè è uguale a quel-la dell’impianto di accumulo che l’Ing. AlessandroBurgio, nel Suo lavoro definisce come ottimale o piùadatto alle caratteristiche tecniche dell’impianto PVadottato per l’esecuzione delle calcolazioni, che inpratica è appunto quello dell’ambulatorio del C.S.R.,ubicato a Catania in via Don Minzoni s.n.Tuttavia, alfine di evitare che si possa pensare che cisia aprioristicamente un atteggiamento contrarioall’installazione di impianti PV dotati del SdA chimi-co, poiché invece l’obiettivo perseguito è stato e saràsempre quello di conseguire sempre e dovunque ilmassimo risparmio energetico, ora si può solo sugge-rire alla Direzione Generale del C.S.R. di dotare l’im-pianto PV dell’ambulatorio di Catania, in via speri-mentale del SdA chimico, però dopo avere stabilito isuoi dati tecnici caratteristici, ottenuti dall’esame dei

di quando serve, ed è possibile utilizzarla anche nellefasce F1 ed F2.

Stando così le cose, fatti i calcoli elementari nel casoconsiderato, si ottengono i seguenti risultati:1) energia annua necessaria per la carica degli accu-mulatori uguale a 36.000 kWh,2) energia annua nominale totale caricata negli accu-mulatori pari a 30.000 kWh,3) energia annua nominale netta di scarica utile autoconsumata uguale a 24.000 kWh,4) energia annua perduta dal complesso IPV+SdA:6.000+6.000+4.000=16.000 kWh, 5) energia fotovoltaica totale assorbita dal SdA24.000+12.000=36.000 kWh.

Per calcolare il risultato economico teorico massimoche si ottiene dal SdA elettrochimico adottato, inoltresi è ipotizzato che il costo dell’energia sia uguale alvalore massimo assunto, per le tre fasce, F1, F2 e F3,cosa non vera perché quello delle fasce F2 e F3 èminore, ma così facendo, in compenso si ottengonovalori più cautelativi, ricavando i seguenti risultati:1) il risparmio conseguito annuo è uguale a24.000X0,21=5.040,00€/a, 2) il costo complessivo del SdA chimico ammonta a50X800/0,80=50.000,00€, cioè è uguale a 2/3, o al66% circa del costo previsto per l’impianto PV, 3) il tempo di ammortamento per l’impianto PV inSicilia generalmente si attesta attorno a 7 anni circa, opoco più,4) il tempo necessario per l’ammortamento del SdAviceversa sembra pertanto aggirarsi attorno ai 10 annicirca,

Ovviamente questo risultato è errato in difettoperché non tiene conto della vita operativa realedegli accumulatori, legata al numero di cicli di caricae scarica completi, che certamente con i dati espostisupera i giorni dell’anno, infatti 24.000/50 = 480cicli, ma nell’ipotesi più favorevole che si abbianosolo 365 cicli l’anno, e che il numero massimo garan-tito sia di 1.500-2.000 cicli, e se tutto ciò è vero, nelcaso più favorevole gli accumulatori devono esseresostituiti dopo 5 anni circa, cioè all’incirca a metà delperiodo calcolato per l’ammortamento del SdAchimico.Si può concludere, quindi con un certo fondamento,

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risultati delle misure ottenute almeno nel primoanno di esercizio dell’impianto PV, per disporre deidati reali infantili di produzione, e quindi per indivi-duare con sufficiente sicurezza e approssimazione ipiù idonei dati nominali di potenza ed energia, etc.,dell’accumulo.Infine logicamente sembra difficile se non impossibi-le, stabilire a priori, in perfetta buona fede, che ilcosto dell’energia elettrica prelevata da rete esternapossa restare costante nel prossimo decennio, comeè stato ipotizzato, attorno al costo globale attualeadottato, abbastanza modesto, con le ovvie conse-guenze che questo fatto comporta.Però l’aumento certo delle tariffe elettriche e laprevedibile futura riduzione dei costi della tecnologiadel SdA elettrochimico forse, agendo in sinergia,potranno rendere conveniente in futuro, anche per iprivati, dotare i propri impianti PV di SdA chimico. Siprecisa che l’energia accumulata nel SdA provienesoltanto dall’impianto PV, mai dalla rete esterna. E’ ovvio che quando il SdA chimico ha la funzione direndere stabili le condizioni di esercizio delle retielettriche, questa esigenza strategica giustifica piena-mente gli ingenti investimenti che sono stati fatti econtinueranno a essere fatti, dai loro gestori, in Italiae in tutto il pianeta. Alla stessa stregua dei serbatoidell’acqua di Messina, di Gela, di Caltanissetta, etc.,per la nota collaudata indispensabile necessità didisporre di una congrua riserva d’acqua, a causa delcollaudato quasi perenne disservizio degli enti eroga-tori, come avveniva ai tempi del gestore pubblico sici-liano.

SIMULAZIONE. Questo scenario ipotizza, con valorecostante della moneta, nei suoi 25 anni previsti di vitaoperativa utile, per l’impianto PV dotato di SdA elet-trochimico, che siano assunte le seguenti condizioniarbitrarie:1) il rendimento diminuisca del 5% ogni quinquen-nio a partire dal secondo quinquennio,2) il costo dell’energia elettrica aumenti ogni 5 annidel 25%, dal secondo quinquennio,3) il costo totale del parco batterie diminuisca ogni 5anni del 25% dal terzo quinquennio,4) all’inizio di ognuno dei 5 quinquenni venga sosti-tuito il parco accumulatori per fine vita,5) le spese di manutenzione siano trascurabili pertutti i 25 anni di vita operativa.

Primo quinquennio:1) risparmio da energia consumata dall’accumulo:0,21� 24.000� 5 = +25.200,00€2) costo del primo parco di batterie:

– 50.000,00€ 3) perdita alla fine del primo quinquennio:

-24.800,00€

Secondo quinquennio:1) risparmio da energia consumata dall’accumulo: 1,25� 0,21� 24.000� 5� 0,95 = +29.925,00€2) costo del secondo parco di batterie:

– 50.000,00€ 3) perdita alla fine del secondo quinquennio:

– 20.075,00€4) perdita totale alla fine del secondo quinquennio eprimo decennio: - – 44.875,00€

Terzo quinquennio:1) risparmio da energia consumata dall’accumulo: 1,50� 0,21� 24.000� 5� 0,90 = +34.020,00€2) costo terzo parco di batterie: 0,75� 50.000,00 =

– 37.500,00€3) perdita alla fine del terzo quinquennio:

– 3.480,00€4) perdita totale alla fine del terzo quinquennio:

– 48.355,00€

Quarto quinquennio:1) risparmio da energia consumata dall’accumulo: 1,75� 0,21� 24.000� 5� 0,85 = +37.485,00€2) costo del quarto blocco di batterie:0,50X50.000,00 = – 25.000,00€ 3) guadagno alla fine del quarto quinquennio:

+12.485,00€4) perdita totale alla fine del secondo decennio, odopo venti anni: – 35.870,00€

Quinto quinquennio, alla fine dei venticinque annidi vita dell’impianto PV:1) risparmio da energia consumata dall’accumulo: 2� 0,21� 24.000� 5� 0,80 = +40.320,00€2) costo del quarto blocco di batterie:0,25X50.000,00 = – 12.500,00€ 3) guadagno alla fine del quinto quinquennio:

+27.820,00€4) perdita totale alla fine dei venticinque anni:

– 8.050,00€

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Conclusione. Nel caso fossero abbastanza plausibilile ipotesi assunte, sembra che si possa affermare, conun certo fondamento, che fino alla fine della vitaoperativa dell’impianto PV più SdA elettrochimico, siotterrebbe solo un risultato negativo, in pratica l’SdAsarebbe sempre fonte di perdite, e quindi sembrereb-be intrinsecamente incapace di produrre vantaggieconomici significativi.30 novembre 2015

BIBLIOGRAFIA• L’USO DIRETTO DELL’ENERGIA SOLARE, FarringtonDaniels, SUGARCo S EDIZIONI, Direct use of the sun’senergy, 1964.• Performance Parameters for Grid-Connected PVSystems, Conference Paper, NREL, National RenewableEnergy Laboratory, Operated for the U.S. Department ofEnergy, Office of Energy Efficiency and Renewable Energy,by Midwest Research Institute, Battelle, 1617 Cole Boule-vard, Golden, Colorado 80401-3393, 303-275-3000www.nrel.gov , 31° IEEE Photovoltaics Specialists Confer-ence and Exhibition, Lake Buena Vista, Florida, January 3-7, 2005.• SISTEMI FOTOVOLTAICI impianti solari in conto ener-gia, Antonio Vincenti Dario Flaccovio Editore, Giugno2007.• Manuale di energia solare, Autori Vari, Direzione e coor-dinamento: Vittorio Bearzi, tecniche nuove. Marzo 2009.• SISTEMI SOLARI FOTOVOLTAICI PROGETTAZIONE EVALUTAZIONE ECONOMICA IN CONTO ENERGIA, Ales-sandro Caffarelli, Giulio De Simone, Maria Stizza, AlessioDamato, Maggioli Editore, Giugno 2009.• “Best case” l’ottimo economico di un impianto fotovol-taico. Fonte, elaborazione PV Plants: Quality control andoptimization, Conferenza dell’industria solare (Febbraio2010).• Performance Ratio di un impianto fotovoltaico, Faziodegli Uberti, Juwi Energie rinnovabili srl, Roberto Faranda,Sonia Lena, Politecnico di Milano, Emanuele Ogliari,Studio Truglio, AEIT gennaio/febbraio 2011, IN PRIMOPIANO L’ENERGIA SOLARE.• Soluzioni per impianti fotovoltaici, catalogo 2011-2012.Guida tecnica, Alcuni concetti di base. (Schneider Electric,pagg. da 81 a 100.)• Le opportunità dell’accumulo nel Quinto Conto EnergiaRenato Urban Giuseppe Mauri Massimo Gallanti RSEL’Energia Elettrica numero 3 - volume 90 maggio-giugno2013• RESS, Residential Electrical Storage Systems NicolaCasciani L’Energia Elettrica numero 5 – volume 90 settem-bre/ottobre 2013

• Sistemi di automazione e soluzioni impiantistiche per isistemi di accumulo elettrochimici per la RTN Alfio AlìStefano Gionco Francesco Palone Massimo Rebolini TernaRete Italia Rosario Politi Terna Storage L’Energia Elettricanumero 4 - volume 91 luglio-agosto 2014• La tecnologia sodio-cloruro di nichel (Na-NiCl2) perl’accumulo elettrochimico stazionario sulla rete di trasmis-sione Renato Benato Sebastiano Dambone Sessa Diparti-mento di Ingegneria Industriale Università di PadovaNicola Cosciani Giuseppe Lodi Carlo Parmeggiani MarcoTodeschini Fiann Sonick L’Energia Elettrica numero 4 -volume 91, luglio-agosto 2014• L’Energy storage a supporto delle reti elettriche insulariLorenzo Buoso Saft Batterie Italia Srl L’Energia Elettricanumero 5 - volume 91 settembre-ottobre 2014.• Il servizio di regolazione primaria tramite batteria: valu-tazioni tecnico-economiche Michele Benini Silvia Caneve-se Emanuele Ciapessoni Diego Cirio Massimo GallantiAntonio Gatti Andrea Pitto RSE SpA L’Energia Elettricanumero 5 - volume 91 settembre-ottobre 2014• 34,8 MW di accumulo elettrochimico di tipo EnergyIntensive mediante celle secondarie sodio.zolfo (Na-S)Mauro Andriollo Roberto Benato Sebastiano DamboneSessa Dipartimento di Ingegneria Industriale Universitàdi Padova L’Energia Elettrica numero 5 - volume 91settembre-ottobre 2014• Gli accumuli e i servizi di rete: modalità applicative eintegrazione nei piani di difesa del sistema elettrico EnricoMaria Carlini Gianluca Bruno Luca Ortolano CristianoMartarelli Terna Rete Italia SpA L’Energia Elettrica numero5 - volume 91 settembre-ottobre 2014• Le Norme CEI per la connessione dei sistemi di accumu-lo alle reti di distribuzione Massimo Delfanti Davide Fala-bretti Dipartimento di Energia Politecnico di Milano FabioZanellini Divisione Energy Management SiemensSpA/Gruppo Sistemi di Accumulo ANIE Energia L’EnergiaElettrica numero 2 - volume 92 maggio-giugno 2015• Norma CEI 0-16 e relativa variante, per la connessionedi utenti attivi e passivi alle reti delle imprese distributricidi energia elettrica in Alta e Media Tensione. • Norma CEI 0-21 e relativa variante, per la connessionedi utenti attivi e passivi alle reti delle imprese distributricidi energia elettrica in Bassa Tensione. • “FEED-IN-TARIFF PER IMPIANTI FOTOVOLTAICI CONBATTERIE” Ing. Alessandro Burgio Gruppo universitariodi ricerca in Sistemi Elettrici per l’Energia dell’Universitàdella Calabria Resp. Prof. Daniele Menniti. Seminario AEITCatania dal titolo: L’ACCUMULO DELL’ENERGIA ELETTRI-CA E LE FONTI RINNOVABILI NON PROGRAMMABILIFRNP Catania, 26 novembre 2015

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Le ragioni prioritarie che mi hanno indotto a stende-re queste pagine, nascono dalla mia origine, è il quar-tiere dove sono nato e vissuto; un affetto sentimenta-le, per una porzione della Città, che mi, auguro,possa riconoscersi anche la più ampia platea di cata-nesi stuzzicandone la curiosità.Prima dell’eruzione del 1669, quel gruppo di case dicampagna sparse, a corredo di appezzamenti di terre-no coltivati era uno dei tanti borghi, o meglio sobbor-ghi, esistenti all’intorno di Catania..Ricco di acqua proveniente dalla sorgente cifalotadel fiume Lòngano. Sorgente che nel 1092, dalnormanno Conte Ruggero, venne donata al Vescova-do di Catania, che a sua volta la cedette, al SenatoCatanese, per un canone annuale simbolicoDa quella sorgente attingono l’abbeveratoio ed illavatoio di Cibali (ambedue ancora esistenti), insiemecon altre porzioni di territoriocatanese.Dopo la devastante eruzione del1669, che distrusse numerosivillaggi dell’Etna, gli “sfollati”,per la gran parte provenienti dalvicino Misterbianco, che avevagià fatto parte della Città, accom-pagnati dal loro parroco Giusep-pe Leucata, raggiunsero, lacontrada del Borgo di Catanialungo il sentiero delle ChiuseLunghe, ad ovest dell’attuale viaEtnea alta, alla stregua di antichi“profughi” per necessità,.Costoro si concentrarono in unaristretta area la cui via dellaConsolazione che coincide oggi come ieri,con la stra-da principale del modesto omonimo quartiereSorto subito dopo la colata lavica del 1669 e pocointeressato dal terremoto del 1693, diventa il piùantico nucleo urbano della Città; il Senato cataneseconcesse, come oggi usa dire, ai “migranti” la cittadi-nanza, ammettendone anche alcuni negli impieghicomunali.

Verrebbe da dire che all’epoca come ora, l’accoglien-za dei catanesi verso i “diversi”, e i bisognosi affondain radici profonde.A loro conforto assistenziale e spirituale, venne eret-ta la Chiesa di S. Agata al Borgo, localizzata ad ango-lo tra la via Etnea ed il vasto slargo che, guardandoverso sud, gli dà prospetto ed ingresso.La Chiesa, diventata successivamente del Borgo, nel1673 è elevata a Parrocchia catanese (fig.1). e moltedelle famiglie, che avevano trovato opportunità dilavoro come manovalanza ed attività artigianale, scel-sero per il loro futuro di restare in quei luoghi neipressi della Chiesa e nelle vicinanze dei numerosipalazzi di famiglie nobiliari o possidenti, che, dicontro, tali luoghi avevano scelto per lunghi periodidi villeggiatura, essendo panoramici, ricchi di alberidi alto fusto e ventilati nella lunga stagione estiva.

Inoltre per i nuovi arrivati dalla Chiesa provenivanosostegno assistenziale e spirituale e dai facoltosi resi-denti catanesi, occasioni di lavoro.Tra le attività artigianali esistenti, mi piace ricordarneuna giunta fino ai nostri giorni; mi riferisco al “Salo-ne” ospitato, da quasi due secoli, in una delle botte-ghe di proprietà della Chiesa, barbiere Scalia,da fineottocento al periodo precedente la seconda guerra

IL BORGOL’ORIGINE DEL QUARTIERE

di Fabrizio D’Emilio

Fig. 1 Piazza Borgo lato nord

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Città. Il luogo rapidamente divenne residenza di altaborghesia, affermati professionisti, artisti, uomini dicultura, imprenditori che, contribuirono alla crescitacivile, culturale ed urbanistica di quel borgo, acquar-tierandosi successivamente ad ovest lungo le traversea pettine collegate alla via Etnea.Le vie Ardizzone Gioeni, Ospizio dei Ciechi (oggiBentivoglio), Francesca Corso, Ingegnere, Bronte,Biancavilla Randazzo, Filocomo. Attorno a queste assai partecipata fu l’attività culturalee sociale che, in quel tempo, i nuovi residenti svolge-vano con riflessi positivi sulla stessa Catania, acceleran-do di conseguenza, l’unione della borgata con la città. Oltre all’Orto Botanico, vanno annoverati lungo la viaEtnea, i palazzi dei: Di Lentini, Cannizzaro, Sapuppo,Paternò Raddusa, Villa Dina sulla via Caronda, Scude-ri, Signorelli, Rosolia e tanti ancora.Particolare ruolo sociale ebbe il palazzo, con ingressoprincipale dal civ. 584 della via Etnea, della famigliaZappalà Grimaldi che, unitamente alla chiesa del SS.Sacramento, si affaccia sulla piazza principale (fig 2).

La vasta piazza del Borgo, sulla quale prospettanoimportanti residenze; al centro la fontana di Cerere(trasferita lì dalla piazza degli Studi), che dal popolovenne scambiata per la dea Pallade e per questo chia-mata à tapallara, neanche molto accettata per l’ac-cennata movenza del suo bacino che le dà l’apparen-za di soggetto che vuole apparire, contrariamente allasua funzione storica; per cui quando qualcuno assu-me atteggiamenti di sovraesposizione gli viene subitaaffibbiata in segno negativo la frase: “ca pari ‘natapallara”.

mondiale, Coco, da quel momento fino agli annisettanta del 900 e da lì ad oggi affidato alle manicapaci ed esperte dal maestro Rosario Triscari..

La ripresa dopo il terremoto del 1693Dopo il terremoto del 1693, anche la Chiesa, chevenne dedicata a S. Agata (e non a S. Maria delleGrazie patrona di Misterbianco come chiedevano glisfollati), uscì distrutta dal terremoto; riedificata piùampia ed accogliente, (nella cui sacrestia si conservaancora il ritratto del sacerdote Leucata), venne inau-gurata nel 1709. Dopo circa mezzo secolo, su sollecitazioni della baro-nessa Zappalà, dirimpetto ad essa sullo stesso slargoche guarda a nord, venne costruita la chiesa del SS.Sacramento, riedificata la modesta chiesetta dellaConsolazione che era stata eretta all’estremo limitenord dell’agglomerato abitativo. Nei primi anni dell’ottocento, quel centro abitatovicino la Città, come tanti altri, non veniva considera-to un quartiere di Catania, ma una delle frazioni vici-ne ad essa..Sobborgo, caratterizzato preva-lentemente da una economiaagricola, anche se la panorami-cità dei luoghi, la quiete “borgatara,” la salubritàdell’area, il clima ventilato, nelperiodo estivo costituirono, afarne una appetibile zona resi-denziale, per quanti potevanopermettersi il trasporto, va evieni dalla Città,

La prima espansioneTra il primo periodo dell’otto-cento e l’inizio del novecento,anche per le previsioni di ampliamento urbanisticoindicate dall’Ittar (1883) e dal Gentile Cusa(fine’800), a partire dai viali, si ebbe uno sviluppoedilizio importante lungo le vie Etnea e Caronda, cherappresentavano le strade del reale collegamentoterritoriale del Borgo con Catania.La prima fase positiva di sviluppo fu un proseguimen-to architettonico pregevole di palazzi e ville di fami-glie aristocratiche, omogeneo con quello già realizza-to nella parte iniziale della via Etnea che, man mano,veniva ad annullare l’interruzione urbana con la

Fig. 2 Piazza Borgo lato sud

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La piazza, itinerario di attraversamento in entrata eduscita dalla città, da sempre costituisce il centro delquartiere. (fig 3).

Su di essa si affacciano alcune residenze importantiquali il palazzo Porto Sollima, Vagliasindi, Scandurraprogettato dal Fichera; sul lato est la villa dei PaternòRaddusa di Carcaci affacciata fin sulla via Caronda(oggi sostituita da un enorme edificio condominialemoderno multipiani), in aderenza con l’altro palazzo,di epoca, della famiglia Porto Zito; a nord la villa dellanobile famiglia Fazio (fig.4) dirimpettaia, al limite suddella piazza, con l’ingresso secondario del palazzoZappalà Grimaldi.

Proseguendo verso nord oltre la piazza: lungo la viaEtnea, sulla sinistra subito dopo gli uffici parrocchia-li, il palazzotto dell’imprenditore Zambataro- Pennisi,e sulla destra il palazzo oggi sede dell’Ersu, il palazzoCavallaro oggi dell’Unione Italiana Ciechi. A largo Badiella giganteggio il maestoso palazzo Aute-ri-Biscari (fig.5), segue la villa dell’industriale Conso-li Marano, confinante con la casa del Vate Mario Rapi-sardi al civ. 575 (fig.6). Vanno notate al civ.742 lameravigliosa villa Zingali-Tetto, oggi di proprietàdell’Ateneo catanese, per lascito testamentario segui-ta da quella dei Berretta.

Altre sostituite da edifici, non tutti apprezzabili, inquanto hanno interrotto l’armonica altimetria archi-tettonica degli edifici iniziali della via Etnea. Ancora,all’altezza della piazza del Borgo lungo la via Caron-da, l’edificio del nobile Franco Pucci, inglobato con ilcollegio Maria Ausiliatrice che a sud-est penetra finoalla via Canfora dove, fino agli anni sessanta, viprospettava il popolare cinema estivo arena Borgo.Con l’istituzione, nel 1905, del tramway elettrico insostituzione del trasporto pubblico a cavalli (omni-

Fig. 3 Monumento alla dea Pallade

Fig. 4 Casa Fazio

Fig. 5 Casa Auteri-Biscari

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bus a quattro cavalli con 10 posti a sedere a 10 cente-simi a persona), che collegò agevolmente il quartierecon il centro della Città, si ebbe un incremento resi-denziale di una media borghesia, professionale,imprenditoriale, commerciale, impiegatizia, per cuiad ovest della via Etnea alta e Passo Gravina, sorserouna miriade di eleganti villette residenziali in stileliberty ad uno o due elevazioni, con retro-stanti ampi giardini, lungo quelle vie trac-ciate a pettine che consentivano, nellerilassanti serate estive, ampie visioni pano-ramiche fino al mare; si era già alla primametà del novecento. Oggi, ad ovest della via Passo Gravinalungo le nuove vie Orto Limoni ed Eleono-ra d’Angiò, si è sviluppata una ordinatarete stradale con equilibrati condominiarretrati rispetto alla strada a cinque eleva-zioni, la cui piazzetta del Beato Angelico vaoltre la sua funzione di isola spartitraffico,in quanto al centro è stata posta una statuadi San Padre Pio che ad ogni ora vieneaccostata da numerosi devoti in preghiera.

La straordinaria attività culturale ed assistenzialeNon furono soltanto le prestigiose residenze, sorte inprosecuzione della via Etnea, o la istituzione dellalinea tranviaria, a dare il via ad un importante svilup-po sociale dell’ormai definito quartiere Borgo Alla sua ordinata urbanizzazione ed elevazione socia-le contribuì la realizzazione di strutture pubblichecome numerose istituzioni scolastiche insieme conprestigiose scuole gestite da Istituti religiosi: il liceo

classico S. Cuore, ed il MagistraleMaria Ausiliatrice, il Centro socioeducativo retto dalle figlie della Cari-tà Canossiane, la realizzazionedell’Istituto per l’assistenza ai ciechifondato e finanziato, per lascitotestamentario, dal barone di S.VitoTommaso Ardizzone Gioeni (fig.7)e,. Qui, nel periodo estivo, alcune areneche con i loro spettacoli popolarivivacizzarono la vita del quartiere,oltre alla localizzazione della stazion-cina della Ferrovia Circun Etnea checonsentiva il trasporto da e per laprovincia etnea di persone e merci,

innestandosi oggi con la Metropolitana.A tutto questo ha dato un determinante contributol’immenso complesso edilizio dei nobili Auteri- Bisca-ri, divenuto pregevole edificio multiuso per attivitàistituzionali, in quanto dai proprietari ceduto acondizioni favorevoli dai ricchi principi a seguitodella loro scelta monastica in età matura, decisa dopo

un viaggio a Lourdes che portò ad una miracolosaguarigione del principe da una malattia contratta inguerra.Per anni sede dell’esclusivo istituto femminile SacroCuore, inizialmente riservato ai figli della nobiltà, siracconta, infatti, che inizialmente venne rifiutatal’iscrizione alla figlia Francesca di Angelo Musco,come è noto, privo di blasone. Dopo una storicabattuta del grande attore ( rivolto alla Madre Superio-

Fig. 6 Abitazione di Mario Rapisardi

Fig. 7 Istituto Ardizzone Gioeni

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re, guardando il Crocifisso, esclamò: “picchì tu stai càsi sei figghiu i mastru rascia”? Rif. A Giuseppe ).Da quel momento le regole vennero ammorbidite, lafiglia di Musco fu accolta al S.Cuore; oggi sededell’Istituto Musicale V. Bellini.Meno esclusivo l’Istituto magistrale femminile rettodalle figlie di Maria Ausiliatrice di via Caronda;sempre in grado di formare maestre capaci e donnepiene di saggezza nella gestione familiare ( perdona-temi la digressione personale dedicata a mia mammaMaria, alunna modello che, da poco, ci ha lasciato).L’attività culturale ed assistenziale della baronessaZappalà Grimaldi, nipote del Cardinale FrancicaNava, collaborata dalle giovani donne dell’aristocra-zia dell’intera Città ed, attraverso l’infaticabile attivitàdella “regina della carità”, la napoletana di nascita PiaCantalupo (divenuta Suor Anna delle figlie della cari-tà), sostenuta dalle idee e risorse economiche dellapredetta Zappalà; insieme risvegliarono un mondocon larghe disponibilità finanziarie “dirottato” suidisagi del prossimo.A Suor Anna, che bambino ho avuto il piacere diconoscere ammirandone le doti di misericordia efrequentando il mio primo anno di scuola maternanell’Istituto, condividere la meritoria attività assisten-ziale durante le due dolorose grandi guerre,Negli anni settanta, per meriti caritativi straordinari,con voto unanime del Consiglio Comunale, venneconferita la cittadinanza onoraria catanese.Ad oggi è in corso il processo di beatificazione, che,da vicino, tocca,anche in questo caso, la mia famiglia,essendo mio padre Gaetano uno dei postulatori chia-mato dal Vaticano ad avvalorare l’odore di santità diSuor Anna.Altra benemerita istituzione che accoglieva le giovaniindigenti, istituita con fondi privati, si trova al “LargoBadiella” oggi acquisita dall’Università per essereadibita ad attività culturali.Ed ancora: lo studio del pittore Alessandro Abate constudio e residenza nell’edificio liberty in via Vallona(oggi Carmelo Abate, in memoria del figlio del pitto-re caduto, nella prima guerra mondiale), era mètacontinua di aristocratici che richiedevano l’abbelli-mento delle volte delle loro residenze o vedevanoimmortalare su tela antenati e contemporaneiDi rilievo pure lo scultore Carmelo Mendola, autore,fra l’altro, della fontana dei Malavoglia dedicata alVerga collocata nella omonima piazza, con studio e

residenza in via Ingegnere, insigne scultore disegna-tore e poeta autodidatta, con riconoscimenti interna-zionali.Ma anche l’apprezzato noto pittore SebastianoMilluzzo anch’egli ebbe lo studio nella via Ingegnerenonché il richiamo culturale al civico 575 del “Vate”Mario Rapisarda, corretto per sua decisione in un piùaulico, blasonato e meno comune Rapisardi.Il Borgo, da semplice “costola”. non poteva nondiventare quartiere integrato.

Il toponimoLa gran parte dei quartieri o luoghi della vecchiaCatania prendono nome dalle devozioni religiosepopolari in quanto sorti attorno a Parrocchie comeS.Berillo, il Carmine, lo Spirito Santo, S. Cristoforo,altri dalla loro funzione istituzionale, come il Porto, laFerrovia, la Pescheria, il Castello Ursino; altri ancorada nomi tramandati o con riferimenti vari come, Civi-ta, Canalicchio, Acquicella; nonchè da nomi illustri oantichi come Stesicoro, Empedocle, Caronda, Alcuni borghi aggregatisi alla Città avevano già lorotoponimi come, Cifali, Susanna, Barriera, Nesima, S.Giovanni Li Cuti, Ognina, L’unico a non avere riferimento toponomastico stori-co popolare (tranne quello dispregiativo di Piazzadelle Forche in quanto vi venivano impiccati crimina-li comuni ) è quel territorio a nord di Catania, che siarrampicava lungo l’indicato proseguimento della viaEtnea, localizzato ad est dal quartiere di Monserratoad ovest da quello di Cibali, a nord con il TondoGioieni e da sud con la città; da sempre indicatoBorgo di Catania.Una diceria, pervenuta per passa parola, racconta diparecchi incontri tra rappresentanti del Clero e dellaMunicipalità che provarono a dare un toponimo aquel borgo, che poteva anche essere S. Agata, marimasero solo contrastanti idee di vertice, tenutoconto che il popolo da secoli, continuava e continuaa chiamarlo il Borgo di Catania.Ed alla fine questo toponimo rimane,con ampiogradimento generale.

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La normativa vigente in Sicilia in materia di AreeProtette (AAPP) fa riferimento ancora alla leggequadro regionale n. 98 del 1981 aggiornata e integra-ta dalla l.r. n.14 del 1988 e da numerosi successividecreti dell’Assessorato al Territorio e dell’Assessora-to all’Agricoltura all’interno dei quali erano contenu-te delle isolate norme aggiuntive e di assestamento.In oltre trent’anni il sistema delle AAPP è moltocambiato dal punto di vista tipologico (introduzionedi SIC e ZPS, Geositi, parchi urbani, monumenti dellanatura, microriserve, IBA, ecc.), normativo (propostedi revisione della legge 394/91 e recenti sentenzedella Corte Costituzionale) ed economico (pocherisorse pubbliche destinate al settore a fronte delruolo strategico primario assegnatogli dalla greeneconomy).Attualmente in Sicilia è in corso un ampio dibattito,perlopiù limitato agli addetti ai lavori, sull’aggiorna-mento delle vecchia legge quadro regionale del 1981,con proposte di nuovi scenari che si inseriscono inun contesto complesso ed estremamente dinamico,ma al tempo stesso molto stimolante, contraddistintoda una crisi che ormai non si può definire soloeconomica, ma anche sistemica.Il seminario che si è svolto a Catania il 10 aprile diquest’anno, organizzato della sezione sicilianadell’Istituto Nazionale di Urbanistica, dal Dipartimen-to Ingegneria Civile e Architettura Università degliStudi di Catania e dall’Ordine degli Ingegneri dellaprovincia di Catania con il patrocinio dell’Ordinedegli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conserva-tori della provincia di Catania, ha voluto fare il puntosull’ampio dibattito nella Regione sull’aggiornamen-to della legge quadro regionale che si è avviato apartire dai tre disegni di legge depositati presso l’As-semblea Regionale Siciliana e dalle recenti sentenzedella Corte Costituzionale: la sentenza n. 12 del2009, che ha sancito la competenza esclusiva delloStato in materia di ambiente, e la sentenza n. 212 diluglio 2014, che ha stabilito l’illegittimità della leggeregionale siciliana sui Parchi e le Riserve naturali

nella parte in cui stabilisce forme di partecipazionedegli enti locali nel procedimento istitutivo delle areenaturali protette regionali diverse da quelle previstedall’art. 22 della legge n. 394/91.In quest’ultima sentenza, in particolare, viene eviden-ziato che la legge regionale “prevede quale unicaforma di partecipazione dei comuni al procedimen-to di istituzione delle riserve naturali regionali lapossibilità di formulare osservazioni nei confrontidella proposta di piano regionale dei parchi e delleriserve naturali. Il diritto di partecipazione intro-dotto dalla legge Quadro nazionale n. 394 del 1991in favore degli enti locali, viceversa, ha ad oggetto ilprocedimento di istituzione della singola areaprotetta e si realizza anche mediante lo svolgimentodi conferenze per la redazione di un documento diindirizzo che abbia ad oggetto i diversi aspetti natu-ralistici, economici e sociali coinvolti dalla istitu-zione della riserva”. Questa sentenza di fatto mettein dubbio la validità giuridica dell’istituzione dellenuove AAPP a partire dal 2009, per cui il legislatoresiciliano deve dare prontamente risposta.Durante l’intensa giornata dei lavori coordinati daSilvia Viviani, presidente INU, Paolo La Greca, GiuntaINU Nazionale, Giuseppe Trombino, Presidente INUsez. Sicilia e Salvatore Cartarrasa, componente delConsiglio Regionale per la Protezione del PatrimonioNaturale, sono state presentate le proposte normati-ve del gruppo di studio INU Sicilia per una nuovalegge quadro in Sicilia che persegua un nuovomodello di area protetta non più inteso come “ecce-zione sostenibile”, isola all’interno di un territoriogovernato con logiche differenti, ma invece sia vola-no della cosiddetta green economy per la quale, inambito europeo, la Sicilia potrebbe giocare un ruoloimportante, essendo la regione a maggiore biodiver-sità in termini di specie endemiche esclusive, di Sitidi Interesse Comunitario e di Zone di ProtezioneSpeciale.Le proposte del gruppo di studio INU, tenendo contodei principi della legge quadro nazionale n. 394/91 e

IL SISTEMA DELLE AREE PROTETTE IN SICILIAVERSO LA NUOVA LEGGE QUADRO

di Salvatore Cartarrasa*

* Componente del Consiglio Regionale di Protezione del Patrimonio Naturale (CRPPN) della Regione Siciliana

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protetta, coinvolgendo maggiormente i privati eincrementando l’attività di divulgazione attraver-so i Centri di Educazione Ambientale (CEA)presenti nei territori delle AAPP;– attuare il principio di una progressiva autono-mia finanziaria degli Enti Gestori di AAPP e dellaloro autoresponsabilità nella gestione attraverso:il pagamento di un ticket per i visitatori nelleAAPP che rimanga per il 70% all’Ente Gestore; ilriconoscimento delle AAPP esistenti quali areeeleggibili per gli interventi previsti per l’attuazio-ne POIN (Programma Operativo Interregionale-attrattori culturali- Natura e turismo); la previsio-ne di misure di incentivazione per i comuni rica-denti all’interno delle AAPP.

E’ seguito un ampio dibattito che ha visto la parteci-pazione di numerosi esponenti sia degli organi istitu-zionali e politici (Maurizio Croce, Assessore Regiona-le Territorio e Ambiente, Giampiero Trizzino, Presi-dente IV Commissione “Territorio e Ambiente” ARS,Carmelo Frittitta, Assessorato Regionale Territorio eAmbiente, Anthony Barbagallo, Componente IVCommissione “Ambiente e Territorio” ARS, FrancescoGendusa, Dirigente Assessorato Regionale Territorioe Ambiente Salvo Di Salvo, Assessore UrbanisticaComune di Catania), sia degli ordini professionali(Santi Maria Cascone, Presidente Ordine degli Inge-gneri Catania, Giuseppe Scannella, Presidente Ordinedegli Architetti Catania, Giuseppe D’Urso, Commis-sione “Territorio e Urbanistica” Ordine degli Ingegne-ri Catania) ) sia appartenenti ad associazioni ambien-tali (Marisa Mazzaglia, direttivo nazionale Federpar-chi, Francesco M. Raimondo, Presidente OPTIMA,Cristina Salmeri, Presidente Società Botanica Italianasez. Sicilia, Ettore Barbagallo, Presidente Amici dellaTerra - Sicilia), e soprattutto di rappresentanti di tuttigli Enti Gestori delle aree protette siciliane.Il dibattito ha messo in evidenza come risulti incom-prensibile, inaccettabile e soprattutto irrazionale ilcontinuo taglio delle varie finanziarie della RegioneSicilia alla gestione delle AAPP regionali in una logicadi spending review superficialmente basata sul prin-cipio dei tagli orizzontali, senza capire che il riscattodell’economia locale siciliana ha le sua fondamentasoprattutto nella valorizzazione dello straordinariopatrimonio naturale e culturale isolano unico almondo.

delle direttive comunitarie in materia di biodiversità,mirano a modificare il quadro normativo regionalesecondo i seguenti criteri:

– aggiornare e ampliare il sistema regionale dellearee naturali protette con l’inserimento dei SitiNatura 2000 (ZSC, SIC e ZPS), dei Geoparchi, deiMonumenti naturali, dell’Aree di rilevante inte-resse naturalistico e ambientale, dei Parchi locali,delle zone umide di importanza internazionale,delle aree IBA e di eventuali parchi e riservenazionali;– revisionare il Piano Regionale delle AAPPnell’ottica di una migliore razionalizzazione dellaspesa e organizzazione gestionale;– prevedere un Piano di Gestione unico per leriserve naturali redatto dagli Enti Gestori chesostituisca il Piano di Sistemazione della zona A,redatto dalla Provincia, ed il Piano di Utilizzazio-ne, redatto dal Comune;– definire le aree contigue di protezione svilup-po controllato, esterne ai perimetri istitutivi deiparchi e delle riserve (ivi comprese le zone D diparco e le zone B di pre-riserva)– semplificare ed innovare il campo della gover-nance delle AAPP attraverso misure di semplifica-zione procedurale ed organizzativa, quali adesempio l’istituzione di un Comitato TecnicoScientifico che sostituisca l’attuale ConsiglioRegionale e i CTS dei singoli parchi e che diven-ti organo consultivo non solo dell’AssessoreRegionale, ma anche degli Organi dell’EntiParco;– migliorare la governance del sistema delleriserve naturali attraverso: una gestione non perelementi ma per aree ambientali, l’individuazio-ne degli Enti Gestori attraverso regolari bandi enon più attraverso arbitrarie decisioni dell’Asses-sore al ramo; una selezione del personale delleAAPP secondo criteri di competenza e con proce-dure ad evidenza pubblica; l’istituzione di albiregionali per i direttori dei parchi e per i diretto-ri delle riserve;– individuare forme adeguate di tutela e gestionedelle aree SIC e ZPS;– applicare il principio di sussidiarietà orizzonta-le ricercando un ampio consenso delle popola-zioni locali, attraverso la diretta partecipazione aimomenti fondamentali della gestione dell’area

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Ha avuto luogo, con l’apprezzamento dei tantissimipartecipanti e dei relatori, il primo seminario STAR-TUP – DALL’IDEA ALL’IMPRESA organizzato dal nostroOrdine. Un progetto iniziato nel novembre 2015 e cheha visto prendere parte, sabato 12 marzo 2016 nell’Au-la Magna dell’Edificio Didattica della Cittadella Univer-sitaria, oltre 400 partecipanti tra studenti, startupperavviati e potenziali, ingegneri giovani ed esperienti,professionisti di altre categorie, investitori. Catania èuna fabbrica attiva di nuove imprese ad alto potenzia-le innovativo e tecnologico. A provarlo, da un lato,sono i numeri – 84 le società della provincia iscritteoggi nell’apposita sezione del registro delle imprese,con un trend in crescita; circa 200 le application cheogni anno vengono presentate all’acceleratore cittadi-no di Tim#WCup; molte altre quelle inserite neidiversi incubatori – dall’altro lato, il successo raggiun-to dalle idee messe a punto dai giovani del territorio edagli studenti dell’università catanese, risorsa su cuipuntare per il rilancio del territorio. In buona parte iprotagonisti di questo fenomeno sono ingegneri, perquesto l’Ordine professionale è al lavoro per creare unnetwork che possa mettere a sistema le startuppromosse dai professioni etnei, anche sviluppandoun’applicazione per smartphone. Per questa ragione il

nostro Ordine, in sinergia con il Dipartimento di Inge-gneria Civile e Architettura (Dicar), affiancato dalla suaFondazione e dalla Commissione Giovani,vuole inve-stire in questa direzione, anche con strumenti chepossano consentire di farsi conoscere nel mondo dellavoro e mettere in campo idee innovative. Che sianonate per mercati settoriali – è il caso di Archicart,Headilizia, Aucta Cognitio, NC Ingegneria, Site Assi-stant e PortableLab – o destinate a un pubblico piùeterogeneo come Beentouch e BycareLab – le startupcatanesi legate al mondo dell’ingegneria, presentate alseminario, sono un esempio del fermento e del siste-ma positivo che sempre più interessa il capoluogoetneo, innescando anche circoli virtuosi.All’incontro – coordinato dai consiglieri di Ordine eFondazione, Giuliana Saitta e Irene D’Antone – sonointervenuti come relatori: DarioMaccarrone (respons-abileTim#wcup Accelerator Ct @TelecomItalia), LucaNaso (datascientist e start up mentor), GiuseppeSirchia (Ceo e UX designer di Meedori), il commercial-ista Rosario Emmi, il ricercatore in Economia politicaSalvatore Spagano e il co-founder di Vulcanìc MirkoViola.

È necessario offrire alle brave menti l’opportunità diesprimere le proprie capacità professionali, e questoprimo seminario organizzato dall’Ordine degli Ingeg-neri vuole essere quindi un segno di apprezzamento,un modo per appagare e sostenere le eccellenze, conla speranza che questo “nostro sentire” venga condivi-so dalle Istituzioni. Dopo gli importanti risultatiraggiunti l’Ordine degli Ingegneri della provincia diCatania ha quindi proposto che nel prossimo bilanciosaranno individuate e utilizzate alcune risorse, seppurdi modesta entità, per sostenere e premiare gli ingeg-neri che daranno vita a creative e innovative iniziativeimprenditoriali.

STARTUP - DALL’IDEA ALL’IMPRESAIL CONTRIBUTO DELL’ORDINE DI CATANIA ALLE STARTUP DI INGEGNERI

di Giuliana Saitta

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Per il terzo anno consecutivo il team di studentiJUGGLER dell’I. I. S. “G. B. Vaccarini” nell’ambitodell’Istituto Tecnico Tecnologico, degli indirizzid’Informatica e Telecomunicazioni, ha partecipatolunedì 25 gennaio 2016 alla finale della competizio-ne internazionale ZeroRobotics in Belgio, all’EuroSpace Center, nei pressi di Redu (Bruxelles),ottenendo il primo posto.

La competizione ha previsto la programmazione dipiccoli satelliti robot, della dimensione di una pallada volley, che si trovano sulla Stazione SpazialeInternazionale (I.S.S.). A questa competizione hanno partecipato squadreprovenienti dagli Stati Uniti, Messico, dall’Europa,dalla Russia, dall’Australia dal Canada etc…. Glistudenti delle squadre finaliste hanno assistito in

VITTORIA DEL TEAM JUGGLER DELL’I.I.S. “G.B. VACCARINI” DI CATANIA AL CAMPIONATO INTERNAZIONALE ZEROROBOTICS 2015/2016

di Salvina Gemellaro

Proseguendo l’obiettivo propostoci di avvicinare sempre più scuola e mondo del lavoro, incoraggioamo lapartecipazione al dibattito tecnico culturale degli Istituti di Istruzione secondaria.In questo numero è stata gradita la collaborazione dell’Istituto Vaccarini di Catania con due interventi inquanto alla specializzazione di tipo edilizio ha recentemente aggiunto quello delle telecomunicazioni, parte-cipando in questo settore con lusinghieri successi alle varie gare robotiche che vengono organizzate in varieparti del pianeta.

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Ciò rappresenta motivo di vero orgoglio per l’Italiaper la nostra terra e per tutta la nostra scuola, nellavarietà dei suoi corsi e indirizzi di studio proposti ericonferma in modo evidente la vera vocazione scien-tifico-tecnologica dell’istituto. L’avvio del Campionato Italiano ZeroRobotics 2015,aperto a tutti gli studenti delle scuole secondarie disecondo grado del territorio nazionale, alla luce deinuovi e continui sviluppi in campo tecnologico e nelcampo della robotica, e in attuazione del Protocollod’Intesa sulla Robotica e Meccatronica, il Politecnicodi Torino, l’Università di Padova, l’Istituto Italiano diTecnologia, l’Ufficio Scolastico Regionale per ilPiemonte, la Rete Robotica a Scuola e l’AgenziaSpaziale Italiana, in collaborazione con il Massachu-setts Institute of Technology (MIT), la NASA e l’Agen-zia Spaziale Europea (ESA), è avvenuto con notaMIUR del 14-09-2015 per l’anno scolastico2015/2016. Le competizioni hanno interessato larealizzazione di codici di programma per il

diretta alle operazioni svolte dagli astronauti a bordodella I.S.S. dalle seguenti sedi: Massachusetts Insti-tute of Technology di Cambridge in Massachusetts;Euro Space Center in Belgio; Centro Seymour pressol’Università di Sydney in Australia; Roscosmos inRussia.Il giorno della finale la nebbia e il cielo grigio hannolasciato il posto a un caldo sole e ad un cielo azzurro.Alla fine quel cielo ha colorato di sorrisi e di abbraccil’attesa e la speranza di cinque studenti del Vaccarini,(Maccarrone Flavio, Linguanti Alessandro, Di MauroGiovanni, Aricò Giovanni, Toscano Andrea) compagnidi viaggio per lungo tempo, del Prof. SalvatoreArcidiacono che li ha seguiti con cura in tanti mesi diattività preparatoria dal mese di giugno 2015 in poi,del prof. Giustiniani Manlio e alla fine dell’intensamattinata, dal lungo volo che ha riportato lecompetenze tecniche maturate dai giovani studentidella scuola catanese in una dimensione a carattereinternazionale.

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controllo di satelliti in miniatura. Questi piccolisatelliti, chiamati SPHERES (Synchronised PositionHold, Engage, Reorient, Experimental Satellites),sono già utilizzati dalla NASA all’interno dellaStazione Spaziale per collaudare cicli di istruzioni,per eseguire rendezvous autonomi ed operazioni diattracco. Tre satelliti SPHERES in volo libero lavorano insiemeall’interno della Stazione Spaziale, ciascuno con lapropria energia, propulsori, computer e sistemi dinavigazione. I risultati ottenuti con i citati SPHERESsono importanti ai fini della manutenzione,dell’assemblaggio di satelliti, dello studio delle mano-vre di attracco (docking) e del volo di formazione. I ricercatori usano SFERE per testare le manovre peril veicolo spaziale che svolgono rendezvous edocking autonomo. Volano all’interno della cabinadella stazione in modo autonomo, ma sotto lasupervisione di un astronauta. Ogni sfera è indipen-dente e attrezzata con dispositivi di propulsione, dicalcolo e di navigazione.Al suddetto campionato nella fase nazionale hannopartecipato con presentazione di candidatura lescuole secondarie di secondo grado, che hannoprevisto nei programmi curricolari gli elementinecessari per la programmazione corretta di un

satellite del tipo degli SPHERES (linguaggio C).Nella serata di sabato 7 Novembre 2015 il teamJUGGLER dell’I. I. S. “G. B. Vaccarini” di Cataniaha preso parte, in videoconferenza internazionale,coordinata dal MIT, all’evento in cui 84 squadre didiversi continenti (Stati Uniti, Messico, Europa,Russia e Australia, Canada etc.) hanno formato 28reciproche alleanze. Le due squadre alleate al teamcatanese JUGGLER sono state: i “The Fermi FloatingTeam” del Liceo “E. Fermi” di Padova e i “Tachyons”,della “Saratoga High school” della California, con iquali vi è stata la massima collaborazione. L’alleanzaitalo-americana è entrata in finale, acquisendo così ildiritto a partecipare alla fase conclusiva del campio-nato. Nel giorno della finale è arrivata la vittoriaottenendo il primo posto.

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Le Norme ISO contengono regole, linee direttive perassicurare che materiali prodotti, processi e servizisiano adatti al loro impiego, utilizzando come princi-pio base il PDCA (Plan – Do – Check - Act). Le normedella famiglia ISO 9000 sono applicabili ad ogni orga-nizzazione ed in ogni settore di attività.

Nel settembre 2015, dopo aver terminato l’iter revi-sionale ed essere passato da bozza (“draft”) a “finaldraft”,è stata redatta dal working group, comitatotecnico settore qualità,la nuova versione della normaUNI EN ISO 9001:2015.

Quali saranno le conseguenze ? Come risponderanno gli stakeholders coinvolti? Come reagiranno le organizzazioni coinvolte, gli entidi certificazione e i consulenti aziendali. ?

L’augurio è che la certificazione della ISO 9001 possatornare ad essere sinonimo di una QUALITA’ reale.Infatti,a causa di un abbassamento degli standardqualitativi che coinvolge aziende ed enti certificatori,spesso l’intero panorama nazionale certifica aziendesolo “sulla carta”. Questo accade a causa del fatto chenella redazione e nella certificazione non si debbarispondere ad aspetti legislativi come per altre normedella famiglia ISO.Tra le caratteristiche più innovative dell’aggiorna-mento occorre menzionare:• l’essere meno prescrittivo per ciò che concerne gliaspetti documentali. Non vi è più l’obbligo per leorganizzazioni di alcuna procedura scritta (incluso il“Manuale della Qualità”). La norma si riferisce a infor-mazioni documentate, quelle cioè che un’organizza-zione ritiene utile gestire.• la maggiore integrabilità con gli altri modelli digestione;• l’approccio che adesso è basato sui rischi “Risk

Based Thinking”. Rischi, quali effetti dell’incertezzasui risultati attesi, che potenzialmente possonodiventare opportunità, sostituendo di fatto le azionipreventive e determinando i fattori che potrebberorendere inefficaci i processi e il SGQ. Il principio delrischio era già presente nella precedente versionedella norma, ma ora viene ancor più valorizzato;• l’eliminazione dell’obbligo formale del “Rappre-sentante della Direzione”;• l’innovativo approccio non più per funzioni sosti-tuito dall’adozione di un “Approccio per Processo”.Quest’ultimo consente all’organizzazione di pianifi-care i propri processi e interazioni.Continueranno ad essere presenti all’interno delleorganizzazioni certificate ISO 9001: 2015 alcunedocumentazioni cartacee. In particolare, quelle che siriferiscono:• alla determinazione del campo di applicazione delSGQ;• alla politica;• agli audit interni;• al riesame della direzione;• alle non conformità;• alle azioni correttive.

Non sono richiesti esplicitamente, ma risultano esse-re opportuni informazioni documentate inerenti gliorganigrammi, le procedure, le istruzioni di lavoroe/o di prova, e proprio il Manuale della Qualità(magari più essenziale rispetto a prima e contenenteprocedure strettamente operative). Ne “Il Gattopar-do” (1958) Giuseppe Tomasi di Lampedusa rimarcacome “Bisogna cambiare tutto per non cambiareniente…”

Chissà.

PRINCIPALI NOVITÀ INTRODOTTE DALL’AGGIORNAMENTO 2015 ALLA NORMA ISO 9001

di Adriano Russo

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Rubrica THESIS

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Rubrica THESIS

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Correva l’anno 1966 …

“L’anno 1966 il giorno 15 del mese di luglio, alle ore19,00 nella sede dell’Ordine degli Ingegneri si èriunita l’assemblea degli iscritti al Centro Provin-ciale di Studi Urbanistici indetta con circolarenumero 5521 del 5/7/66. Sono presenti n. 23 iscritti.“Così recita il verbale n.1 dell’assemblea del CentroStudi Urbanistici di Catania del 15/7/66 indettadall’Ingegnere Cirelli, Presidente dell’Ordine, sumandato dei colleghi che in data 5/7/66 avevanoinviato la loro adesione al costituendo Centro.Il Presidente dell’Ordine relaziona sulle finalità delCentro Studi passando poi alla lettura dello Statutoper sottoporlo all’approvazione dell’assemblea.Nel dibattito che segue vengono proposte alcunevariazioni con le quali lo Statuto viene approvatoall’unanimità. L’assemblea si scioglie proponendosi di riunirsi perl’elezione del consiglio direttivo e degli altri organistatutari nella prima decade di settembre.Il 13/9/66 si riunisce l’assemblea degli iscritti alCentro Provinciale Studi Urbanistici presiedutasempre dall’Ing. Cirelli, presidente dell’Ordine, che,su suggerimento di alcuni colleghi propone di riapri-re i termini per le adesioni e di riconvocare l’assem-blea per la fine di settembre.L’assemblea, considerato il numero scarso di parteci-panti alla riunione, al fine di consentire a molti colle-ghi la possibilità di adire al costituendo Centroapprova quanto proposto dal Presidente Cirelli.Si giunge così all’assemblea del 15 ottobre 1966 perl’elezione del consiglio direttivo e dei collegi deiprobi viri e dei revisori dei conti. Sono presenti 45colleghi .Si vota per i componenti del consiglio direttivo. Risul-tando eletti, in ordine di voti ottenuti, i colleghi :Francesco Costarelli ,Antonio Di Bernardo, FrancescoPapale, Cataldo Anfuso, Giuseppe D’Urso, FortunatoMotta, Ernesto Dario Sanfilippo, Gaetano Pennisi .

Vengono poi eletti per il collegio dei probiviri i colle-ghi Giuseppe Spampinato , Domenico Cirelli e Seba-stiano Quartarone. Alla fine vengono eletti per ilcollegio dei è dei conti i colleghi: Vittorio Vadalà,Carmelo Schilirò, Alberto Andronico.È il successivo 22 del mese di ottobre che si comple-ta la configurazione del Centro Studi con la elezionedelle cariche sociali.Viene eletto presidente del Centro l’Ing. FrancescoCostarelli, l’Ing. Giuseppe D’Urso vice presidente,l’Ing. Fortunato Motta segretario, l’Ing. Palumbotesoriere.L’attività del centro ha subito inizio trattando l’argo-mento del Piano Regolatore Generale del Comune diAcireale, su relazione del collega Sanfilippo. Il consi-glio decide di produrre adeguate osservazioni alpiano.Rilevante appare la seduta del consiglio direttivo del10/11/66 nella quale il presidente espone nelle gran-di linee le prossime attività del centro.Si tratta di un programma ampio e ambizioso chetocca attività di tecnica urbanistica e attività culturali,le prime orientate alla zona etnea e alla città di Cata-nia e le seconde su una serie di conferenze divulgati-ve sulla realtà territoriale siciliana. Così ha inizio l’attività del Centro Provinciale StudiUrbanistici catanese, delineandosi subito in essolinee di intervento diretto sul territorio provinciale eportando alla ribalta tutto un gruppo di giovaniprofessionisti interessati ai temi urbanistici.Alcuni di essi diverranno docenti in materia urbanisti-ca, come Sanfilippo, D’Urso, Papale. Altri, in seguito, si occuperanno di temi urbanistici,come Matteo Arena, Carmelo De Caro, GaetanoPalumbo, Francesco Vitale, Sebastiano Quartarone,Salvatore Leonardi, Carmelo Schllirò, Gaetano Nico-sia, Marcello Leone, Gaetano D’Emilio, AlbertoAndronico, Vittorio Vadalà, assieme ad alcuni docentiuniversitari, come: Salvatore Boscarino, SalvatoreIndelicato, Salvatore Barbera.Spicca anche la partecipazione del collega Calogero

HA 50 ANNI...IL CENTRO STUDI URBANISTICI DI CATANIA

di Francesco Papale

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rimento lo Statuto oggetto della istituzione di quellocatanese, che riporta testualmente “approvatodurante il convegno di Firenze tenutosi il 10-5-1964”. Il che fa ritenere che l’iniziativa di istituire ilCentro a Catania sia stata di qualche collega che eraivi presente.Il Centro Nazionale di Studi Urbanistici ebbe poi ilriconoscimento della sua personalità giuridica condecreto del Presidente della Repubblica n.840 del 1°luglio 1971, fatto che portò alla ricostituzione delCentro provinciale catanese, in attuazione dellostatuto nazionale, con atto del notaio Riggio in Cata-nia del 23 ottobre 1986 e con un consiglio direttivoprovvisorio che vedeva Presidente il Presidentedell’Ordine degli Ingegneri di Catania, Ing, SalvatoreTomarchio.Queste le origini del Centro la cui attività si sviluppòampiamente nel tempo incidendo massivamente neidibattiti accesi che lo impegnarono sin dal suo esor-dio sui temi urbanistici della città e del suo compren-sorio, estendendoli anche alla legge regionale urbani-stica del 1978 e al suo sempre auspicato aggiorna-mento.

Gibiino, molto attivo nella conduzione della CassaIngegneri e Architetti quale delegato per la nostraProvincia e promotore del Sindacato Ingegneri LiberiProfessionisti. Tra gli iscritti al Centro figuravano anche professioni-sti meno giovani ma già affermati, come GiuseppeSpampinato e Cataldo Anfuso che si erano occupatidi urbanistica. Ambedue infatti avevano redatto ilprimo piano regolatore siciliano, quello del Comunedi Aci Castello.Ma spicca su tutti la figura dell’Ing. Costarelli, dinobile famiglia, professionista di grande valore euomo di vasta cultura, oltre che politico attivo ecompetente. Come deputato regionale, nel 1952, si deve a lui e alsuo collega Bino Napoli il primo disegno di leggeurbanistica regionale, fondato sulla esclusività legisla-tiva assegnata alla Regione Siciliana in campo urbani-stico dallo Statuto Speciale.Il disegno di legge non ebbe seguito ma servì da baseper la legge urbanistica regionale n.71/78.Va notato che agli atti ho trovato copia dello Statutodel Centro Nazionale di Studi Urbanistici, cui fa rife-

RECENSIONI

Riferire episodi avvenuti nei quartieri storici dellacittà è come rivivere avvenimenti legati alle nostre

esistenze che affondano in radici comuni.

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