Metodi Matematici Della Fisica (Cap 4) - Bernardini, Ragnisco, Santini

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Carlo Bernardini / Orlando Ragnisco Paolo Maria Santini ,r~IETODI MATEMATICI DELLA FISICA

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Carlo Bernardini / Orlando RagniscoPaolo Maria Santini

,r~IETODIMATEMATICIDELLA FISICA

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I.ri.:!. I'oli (' singolarita essenziali 69l.r;.:\' Classificazione delle funzioni analitiche monodrome 71

. I. I'o]idrolllia 72I. 7.1. Rami di funzioni polidrome 721.7.2. Superfici di Riemann 741.7.3. Considerazioni topologiche sulle superfici di Riemann 77

3.6.4. Il prolungamento analitico; punti regolari e singolari 1593.6.5. Esistenza del prolungamento analitico 1633.6.6. Il principio di Schwarz e la funzione di Jacobi 1693.6.7. II prolungamento analitico di rappresentazioni integrali 1733.6.8. Calcolo di integrali con i residui 176

3.7. Sviluppi asintotici 1943.7.1. La nozione di sviluppo asintotico 1943.7.2. Operazioni su sviluppi a.sintotici 1973.7.3. Rappresentazioni integrali e sviluppi asintotici 1993.7.4. Metodo di Laplace 2043.7.5. II metodo dell a fase stazionaria (0 di Kelvin 0 di Stokes) 2073.7.6. II metodo del punta di sella 2083.7.7. Equazioni differenziali e sviluppi asintotici 212

2. Integrazione delle funzioni di una variabile complessa 812.1. Integrali di linea 812.2. Il teorema integrale di Cauchy 84

2.2.1. Il caso dei domini semplicemente connessi 842.2.2. Primitive di una funzione analitica 892.2.3. II caso dei domini a connessione multipla 91

2.3. La formula integrale di Cauchy e i suoi corollari 952.3.1. La formula integrale di Cauchy 952.3.2. Il teorema del massimo modulo 972.3.3. Corollari 992.3.4. Valore principale di un integrale 1012.3.5. Formule di Plemelij-Sokhotski 104

2.4. IntegraIi su archi infiniti e infinitesimi. Lemma di Jordan 1082.5. La causalita e Ie relazioni di dispersione 114

4. Spazi lineari e operatori lineari 2234.1. Linearita. e non-linearita. in fisica 2234.2. Spazi vettoriali di dimensione finita 229

4.2.1. Spazi vettoriali e vettori colonna 2294.2.2. Operatori lineari e matrici 2374.2.3. Spazi duali e vettori riga 2454.2.4. Basi; trasformazioni e proprieta invarianti 2474.2.5. Proprieta. spettrali di operatori lineari 2524.2.6. Spazi euclidei 2644.2.7. Matrici hermitiane, unitarie e normali 2704.2.8. Le matrici di Pauli 2804.2.9. Rappresentazione polare di una matrice 2814.2.10 Funzioni di matrici 282

4.3. Spazi lineari astratti 2864.3.1. Considerazioni introduttive 2864.3.2. Spazi lineari: definizione e proprieta 2874.3.3. Spazi metric! 2904.3.4. Spazi normati 3024.3.5. Spazi con prodotto scalare (0 euclidei) 303

4.4. Funzionali lineari e distribuzioni 3114.4.1. Nozioni preliminari sugli operatori lineari 3114.4.2. Funzionali lineari su spazi normati qualsiasi 3124.4.3. Distribuzioni 323

4.5. Operatori lineari 3534.5.1. Esempi di operatori lineari 3544.5.2. Algebra degli operatori lineari 3564.5.3. Successioni di operatori e loro proprieta. di convergel1za 357

3. Rappresentazioni integrali e per serie 1193.1. Considerazioni il1troduttive 1193.2. Domini di convergenza 121

3.2.1. Convergenza ul1iforme e criteri di cOIlvergenza 1213.2.2. Famiglie di funzioni 123

3.3. Teoremi di Liouville e di Morera 1243.3.1. Teorerni di Liouville 1243.3.2. Teorema di Morera 125

:3.4. Serie di Taylor e di Laurent e prodotti infiniti 1273.4.1. Serie di Taylor 1273.4.2. Serie di Laurent 1323.4.3. Sviluppo di Mittag-Leffler e prodotti infiniti 137

3.5. Integrali con i residui 1493.5.1. Il teorerna dei residui 1493.5.2. Applicazioni del teorema dei residui 152

3.6. II prolungamento analitico 1543.6.1. Introduzione 1543.6.2. Unicita del prolungamento analitico 1553.6.3. Proillngarnento di soluzioni di equazioni 157

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I.ri.:!. I'oli (' singolarita essenziali 69l.r;.:\' Classificazione delle funzioni analitiche monodrome 71

. I. I'o]idrolllia 72I. 7.1. Rami di funzioni polidrome 721.7.2. Superfici di Riemann 741.7.3. Considerazioni topologiche sulle superfici di Riemann 77

3.6.4. Il prolungamento analitico; punti regolari e singolari 1593.6.5. Esistenza del prolungamento analitico 1633.6.6. Il principio di Schwarz e la funzione di Jacobi 1693.6.7. II prolungamento analitico di rappresentazioni integrali 1733.6.8. Calcolo di integrali con i residui 176

3.7. Sviluppi asintotici 1943.7.1. La nozione di sviluppo asintotico 1943.7.2. Operazioni su sviluppi a.sintotici 1973.7.3. Rappresentazioni integrali e sviluppi asintotici 1993.7.4. Metodo di Laplace 2043.7.5. II metodo dell a fase stazionaria (0 di Kelvin 0 di Stokes) 2073.7.6. II metodo del punta di sella 2083.7.7. Equazioni differenziali e sviluppi asintotici 212

2. Integrazione delle funzioni di una variabile complessa 812.1. Integrali di linea 812.2. Il teorema integrale di Cauchy 84

2.2.1. Il caso dei domini semplicemente connessi 842.2.2. Primitive di una funzione analitica 892.2.3. II caso dei domini a connessione multipla 91

2.3. La formula integrale di Cauchy e i suoi corollari 952.3.1. La formula integrale di Cauchy 952.3.2. Il teorema del massimo modulo 972.3.3. Corollari 992.3.4. Valore principale di un integrale 1012.3.5. Formule di Plemelij-Sokhotski 104

2.4. IntegraIi su archi infiniti e infinitesimi. Lemma di Jordan 1082.5. La causalita e Ie relazioni di dispersione 114

4. Spazi lineari e operatori lineari 2234.1. Linearita. e non-linearita. in fisica 2234.2. Spazi vettoriali di dimensione finita 229

4.2.1. Spazi vettoriali e vettori colonna 2294.2.2. Operatori lineari e matrici 2374.2.3. Spazi duali e vettori riga 2454.2.4. Basi; trasformazioni e proprieta invarianti 2474.2.5. Proprieta. spettrali di operatori lineari 2524.2.6. Spazi euclidei 2644.2.7. Matrici hermitiane, unitarie e normali 2704.2.8. Le matrici di Pauli 2804.2.9. Rappresentazione polare di una matrice 2814.2.10 Funzioni di matrici 282

4.3. Spazi lineari astratti 2864.3.1. Considerazioni introduttive 2864.3.2. Spazi lineari: definizione e proprieta 2874.3.3. Spazi metric! 2904.3.4. Spazi normati 3024.3.5. Spazi con prodotto scalare (0 euclidei) 303

4.4. Funzionali lineari e distribuzioni 3114.4.1. Nozioni preliminari sugli operatori lineari 3114.4.2. Funzionali lineari su spazi normati qualsiasi 3124.4.3. Distribuzioni 323

4.5. Operatori lineari 3534.5.1. Esempi di operatori lineari 3544.5.2. Algebra degli operatori lineari 3564.5.3. Successioni di operatori e loro proprieta. di convergel1za 357

3. Rappresentazioni integrali e per serie 1193.1. Considerazioni il1troduttive 1193.2. Domini di convergenza 121

3.2.1. Convergenza ul1iforme e criteri di cOIlvergenza 1213.2.2. Famiglie di funzioni 123

3.3. Teoremi di Liouville e di Morera 1243.3.1. Teorerni di Liouville 1243.3.2. Teorema di Morera 125

:3.4. Serie di Taylor e di Laurent e prodotti infiniti 1273.4.1. Serie di Taylor 1273.4.2. Serie di Laurent 1323.4.3. Sviluppo di Mittag-Leffler e prodotti infiniti 137

3.5. Integrali con i residui 1493.5.1. Il teorerna dei residui 1493.5.2. Applicazioni del teorema dei residui 152

3.6. II prolungamento analitico 1543.6.1. Introduzione 1543.6.2. Unicita del prolungamento analitico 1553.6.3. Proillngarnento di soluzioni di equazioni 157

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4Spazi lineari e operatori lineari

I problemi fisici determinati dallo studio dei fenomeni pili comuni sonospesso rappresentati nella forma di equazioni di evoluzione nel tempo diuna 0 pili variabili caratterizzanti il sistema in esame. A prima vista,questi problemi sembrano appartenere a due distinte categorie. Laprima e quella della evoluzione di un sistema "preparato" in una confi-gurazione non d'equilibrio stabile mediante l'imposizione di "condizioniiniziali": a partire da quelle condizioni, il sistema evolve "spontanea-mente" senza bisogno di sollecitazioni esterne e, generalmente, nei casirealistici finisce con il riportarsi a qualche configurazione d'equilibrioa causa della dissipazione di energia. La seconda categoria di problemicorrisponde invece al caso in cui un sistema in equilibrio stabile vienesollecitato con continuita da un agente esterno (input), generando se-gnali di risposta (output) che vengono osservati dallo sperimentatoremediante l'analisi del comportamento nel tempo delle variabili carat-terizzanti. Esempi del primo tipo sono: un pendola che e lasciatoand are da una posizione pill alta di quella corrispondente alla quotaminima, oppure un gas inizialmente reso non spazialmente uniformein densita 0 temperatura. Esempi del secondo tipo sono: un circuitoelettrico sollecitato da un generatore 0 un solido irradiato con ondesonore 0 elettromagnetiche (input), che rispondono rispettivamentecon la corrente misurata in qualche elemento del circuito 0 generandonuove onde (output).

Per comodita di illustrazione, ci riferiremo per cominciare a problemidella seconda categoria. Supponiamo che il sistema 5' sia sollecitatoda un input h(t) e che risponda con un output RI(t). Se invece essoe sollecitato da un diverso input 12(t) rispondera con l'output R2(t).Immaginiamo ora di sollecitare 5' con la sovrapposizione dei due in-put precedenti, cioe con l'input h(t) + h(t). Quando accade che,p~r qualunque coppia di input, la risposta sia la somma delle risposte

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4Spazi lineari e operatori lineari

I problemi fisici determinati dallo studio dei fenomeni pili comuni sonospesso rappresentati nella forma di equazioni di evoluzione nel tempo diuna 0 pili variabili caratterizzanti il sistema in esame. A prima vista,questi problemi sembrano appartenere a due distinte categorie. Laprima e quella della evoluzione di un sistema "preparato" in una confi-gurazione non d'equilibrio stabile mediante l'imposizione di "condizioniiniziali": a partire da quelle condizioni, il sistema evolve "spontanea-mente" senza bisogno di sollecitazioni esterne e, generalmente, nei casirealistici finisce con il riportarsi a qualche configurazione d'equilibrioa causa della dissipazione di energia. La seconda categoria di problemicorrisponde invece al caso in cui un sistema in equilibrio stabile vienesollecitato con continuita da un agente esterno (input), generando se-gnali di risposta (output) che vengono osservati dallo sperimentatoremediante l'analisi del comportamento nel tempo delle variabili carat-terizzanti. Esempi del primo tipo sono: un pendola che e lasciatoand are da una posizione pill alta di quella corrispondente alla quotaminima, oppure un gas inizialmente reso non spazialmente uniformein densita 0 temperatura. Esempi del secondo tipo sono: un circuitoelettrico sollecitato da un generatore 0 un solido irradiato con ondesonore 0 elettromagnetiche (input), che rispondono rispettivamentecon la corrente misurata in qualche elemento del circuito 0 generandonuove onde (output).

Per comodita di illustrazione, ci riferiremo per cominciare a problemidella seconda categoria. Supponiamo che il sistema 5' sia sollecitatoda un input h(t) e che risponda con un output RI(t). Se invece essoe sollecitato da un diverso input 12(t) rispondera con l'output R2(t).Immaginiamo ora di sollecitare 5' con la sovrapposizione dei due in-put precedenti, cioe con l'input h(t) + h(t). Quando accade che,p~r qualunque coppia di input, la risposta sia la somma delle risposte

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(output) R1(t) + R2(t), il sistema si dice lineare: questa descrizionee semplice e immediatamente comprensibile, e ha grande importanzapratica. Si dice allora che per i sistemi lineari vale il cosiddetto "prin-cipio di sovrapposizione", benche sia improprio chiamare "principio"una regola di classificazione. Quando invece il principio di sovrappo-sizione non vale, allora il sistema e classificato come non-lineare.

Della struttura generale delle relazioni input-output per i sistemilineari abbiamo gEt parlato nei parr. 1.2.3 e 2.4. Vogliamo ora os-servare che anche per i problemi della prima categoria, corrispondenticioe a sistemi preparati mediante opportune condizioni iniziali, e pos-sibile adottare una formulazione analoga introducendo, mediante op-portune funzioni "generalizzate" che tratteremo al successivo par. 4.4,sollecitazioni impulsive che simulano l'effetto "istantaneo" dell'atto dipreparazione del sistema (talvolta questo atto di preparazione va sottoil nome di "regime balistico"). Accenniamo poi a un'altra caratte-rizzazione dei sistemi in studio che, talvolta, e di qualche importanzapratica: se un sistema S e sollecitato da un input sinusoidale di fre-quenza qualsiasi e risponde sempre con un output che ha la stessafrequenza dell'input, allora esso e lineare. Se invece nell'output sonopresenti (anche) frequenze diverse da quell a della sollecitazione, allorasi tratta di un sistema non-lineare. E un utile esercizio di riflessionerendersi conto di questa proprieta dei sistemi non-lineari; per quantariguarda il caso dei sistemi lineari sollecitati, la proprieta e abbastanzaelementare ma di portata non trascurabile, in quanto legata alla tec-nica di soluzione mediante scomposizione dell'input in componenti si-nusoidali e successiva ricomposizione dell'output (analisi di Fourier)di cui parleremo diffusamente nel seguito (e a cui abbiamo gia fattocenno ai parr. 2.5 e 3.6.8): si tratta di uno degli strumenti pili po-tenti nell'analisi dei problemi lineari, purtroppo non immediatamenteefficace nel caso dei problemi non-lineari.

La rilevante attenzione dedicata ai sistemi fisici lineari ha almenouna buona motivazione pratica. L'ambiente terrestre e, nell'universo,abbastanza eccezionale: esso e a bassissima temperatura, prossimaallo zero assoluto, a differenza dei molto pili comuni ambienti stellari.Sulla Terra coesistono sistemi solidi, liquidi e gassosi (elettricamenteneutri), a riprova del fatto che il contenuto energetico dei vari gradi diliberta che costituiscono la materia e molto basso rispetto alle energiedi legame dei costituenti. Al confronto, la materia stellare e costituitaquasi esclusivamente da materia ionizzata allo stato detto di "plasma"in cui almeno i gradi di liberta dei costi~uenti atomici sono energeti~camente molto eccitati. La materia terrestre e percio quasi sempre

prossima a condizioni di equilibrio stabile, e Ie sollecitazioni che sudi essa esercitiamo con mezzi ordinari sono generalmente di piccolaentita, come e ben noto dai problemi pili comuni della dinamica ele-mentare. Lo scostamento dall'equilibrio, generalmente "piccolo", de-termina percio forze (generalizzate) di richiamo verso la configurazionestabile, che sono di tipo elastico, cioe lineari.

Vi sono poi alcune teorie fondamentali della fisica, come la teoriadi Maxwell dei campi elettromagnetici 0 la meccanica ondulatoria diSchroedinger, che si presentano nei loro fondamenti come intrinseca-mente lineari, indipendentemente dalle circostanze in cui esse vengonoapplicate, cioe dallo stato dell'ambiente. Pertanto, 10 studio dei pro-blemi lineari ha un ruolo centrale in buona parte dello sviluppo delleconoscenze fisiche contemporanee, sia per motivi pratici che per motivifondamentali.

Ma vi sono anche - e da qualche decennio ricevono attenzione cre-scente - molti sistemi non-lineari di grande interesse. Per i risultatirilevanti dell'idrodinamica e dell'aerodinamica, per esempio, Ie tec-niche lineari appaiono insufficienti: un problema tipico e quello delIaturbolenza; una classe pili generale di problemi non-lineari e quell ache va sotto il nome di meteorologia. Un altro esempio e quello dellarelativita generale e dello studio dei problemi dei campi gravitazionalimolto intensi e della cosmologia. Non ci occuperemo, se non occasio-nalmente e per cenni, di problemi non-lineari, perche riteniamo che lacomprensione delle caratteristiche di quelli lineari sia un prelim inareindispensabile; ma vogliamo qui avvertire dell'importanza conoscitivadella non-linearita, che present a situazioni profondamente differenti daquelle di cui qui prevalentemente ci occupiamo.

II prototipo dei modelli di sistemi lineari e l'oscillatore armonico,eventualmente smorzato. Con Ie notazioni che abbiamo usato sopraper Ie relazioni input-output, l'equazione differenziale per un oscillatoresollecitato da un input I(t) e della forma

L'apice indica la derivata rispetto alIa variabile t (tempo); ,(> 0) e ilcoefficiente di smorzamento, positivo se rappresenta un trasferimentodi energia (dissipazione) ai gradi di liberta del mezzo in cui l'oscillatoree immerso (ambiente) che, in questa schematizzazione fenomenolo-gica, e rappresentato corne un bagno termico infinito: il carattere irre-versibile delIa dissipazione, in accordo con il secondo principio delIa ter-modinamica, si puo riconoscere nella proporzionalita della forza dissi-pativa (attrito) alla derivata prima di R( t), che non e invariante per in-

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(output) R1(t) + R2(t), il sistema si dice lineare: questa descrizionee semplice e immediatamente comprensibile, e ha grande importanzapratica. Si dice allora che per i sistemi lineari vale il cosiddetto "prin-cipio di sovrapposizione", benche sia improprio chiamare "principio"una regola di classificazione. Quando invece il principio di sovrappo-sizione non vale, allora il sistema e classificato come non-lineare.

Della struttura generale delle relazioni input-output per i sistemilineari abbiamo gEt parlato nei parr. 1.2.3 e 2.4. Vogliamo ora os-servare che anche per i problemi della prima categoria, corrispondenticioe a sistemi preparati mediante opportune condizioni iniziali, e pos-sibile adottare una formulazione analoga introducendo, mediante op-portune funzioni "generalizzate" che tratteremo al successivo par. 4.4,sollecitazioni impulsive che simulano l'effetto "istantaneo" dell'atto dipreparazione del sistema (talvolta questo atto di preparazione va sottoil nome di "regime balistico"). Accenniamo poi a un'altra caratte-rizzazione dei sistemi in studio che, talvolta, e di qualche importanzapratica: se un sistema S e sollecitato da un input sinusoidale di fre-quenza qualsiasi e risponde sempre con un output che ha la stessafrequenza dell'input, allora esso e lineare. Se invece nell'output sonopresenti (anche) frequenze diverse da quell a della sollecitazione, allorasi tratta di un sistema non-lineare. E un utile esercizio di riflessionerendersi conto di questa proprieta dei sistemi non-lineari; per quantariguarda il caso dei sistemi lineari sollecitati, la proprieta e abbastanzaelementare ma di portata non trascurabile, in quanto legata alla tec-nica di soluzione mediante scomposizione dell'input in componenti si-nusoidali e successiva ricomposizione dell'output (analisi di Fourier)di cui parleremo diffusamente nel seguito (e a cui abbiamo gia fattocenno ai parr. 2.5 e 3.6.8): si tratta di uno degli strumenti pili po-tenti nell'analisi dei problemi lineari, purtroppo non immediatamenteefficace nel caso dei problemi non-lineari.

La rilevante attenzione dedicata ai sistemi fisici lineari ha almenouna buona motivazione pratica. L'ambiente terrestre e, nell'universo,abbastanza eccezionale: esso e a bassissima temperatura, prossimaallo zero assoluto, a differenza dei molto pili comuni ambienti stellari.Sulla Terra coesistono sistemi solidi, liquidi e gassosi (elettricamenteneutri), a riprova del fatto che il contenuto energetico dei vari gradi diliberta che costituiscono la materia e molto basso rispetto alle energiedi legame dei costituenti. Al confronto, la materia stellare e costituitaquasi esclusivamente da materia ionizzata allo stato detto di "plasma"in cui almeno i gradi di liberta dei costi~uenti atomici sono energeti~camente molto eccitati. La materia terrestre e percio quasi sempre

prossima a condizioni di equilibrio stabile, e Ie sollecitazioni che sudi essa esercitiamo con mezzi ordinari sono generalmente di piccolaentita, come e ben noto dai problemi pili comuni della dinamica ele-mentare. Lo scostamento dall'equilibrio, generalmente "piccolo", de-termina percio forze (generalizzate) di richiamo verso la configurazionestabile, che sono di tipo elastico, cioe lineari.

Vi sono poi alcune teorie fondamentali della fisica, come la teoriadi Maxwell dei campi elettromagnetici 0 la meccanica ondulatoria diSchroedinger, che si presentano nei loro fondamenti come intrinseca-mente lineari, indipendentemente dalle circostanze in cui esse vengonoapplicate, cioe dallo stato dell'ambiente. Pertanto, 10 studio dei pro-blemi lineari ha un ruolo centrale in buona parte dello sviluppo delleconoscenze fisiche contemporanee, sia per motivi pratici che per motivifondamentali.

Ma vi sono anche - e da qualche decennio ricevono attenzione cre-scente - molti sistemi non-lineari di grande interesse. Per i risultatirilevanti dell'idrodinamica e dell'aerodinamica, per esempio, Ie tec-niche lineari appaiono insufficienti: un problema tipico e quello delIaturbolenza; una classe pili generale di problemi non-lineari e quell ache va sotto il nome di meteorologia. Un altro esempio e quello dellarelativita generale e dello studio dei problemi dei campi gravitazionalimolto intensi e della cosmologia. Non ci occuperemo, se non occasio-nalmente e per cenni, di problemi non-lineari, perche riteniamo che lacomprensione delle caratteristiche di quelli lineari sia un prelim inareindispensabile; ma vogliamo qui avvertire dell'importanza conoscitivadella non-linearita, che present a situazioni profondamente differenti daquelle di cui qui prevalentemente ci occupiamo.

II prototipo dei modelli di sistemi lineari e l'oscillatore armonico,eventualmente smorzato. Con Ie notazioni che abbiamo usato sopraper Ie relazioni input-output, l'equazione differenziale per un oscillatoresollecitato da un input I(t) e della forma

L'apice indica la derivata rispetto alIa variabile t (tempo); ,(> 0) e ilcoefficiente di smorzamento, positivo se rappresenta un trasferimentodi energia (dissipazione) ai gradi di liberta del mezzo in cui l'oscillatoree immerso (ambiente) che, in questa schematizzazione fenomenolo-gica, e rappresentato corne un bagno termico infinito: il carattere irre-versibile delIa dissipazione, in accordo con il secondo principio delIa ter-modinamica, si puo riconoscere nella proporzionalita della forza dissi-pativa (attrito) alla derivata prima di R( t), che non e invariante per in-

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v(~rsi()lw t<~lIlporale, a differenza degli altri due termini a primo membroddla [4.1]. Dunque, r e un parametro caratteristico delia interazionesisterna-arnbiente. Invece, w e qui il solo pararnetro caratterizzantestrettarnente il sistema e determinato dalla sua natura fisica. Infine, ilcoefficiente k (detto t"alvolta "cost ante di accoppiamento" per ovvii rno-tivi) e usato per sole ragioni dimensionali, cioe per rendere omogenee Ieunita a primo e secondo membro (anche se, ovviamente, pua dipendere- a seconda di cia che definiamo input e cia che definiamo output - daiparametri interni del sistema simulato mediante I'oscillatore). La re-lazione input-output associata a un'equazione come la [4.1] - sebbenccon notazioni un po' diverse - e stata gia costruita al par. 2.4. Sug-geriamo di prendere la massima familiar ita con questo problema, chefornisce la chiave interpretativa element are di un grandissimo numerodi problemi lineari.

La proposta di Krylov e Bogoliubov consiste nell'imporre che l'espressione[4.4] delia derivata prima di R(t) sia ancora esattamente come quella cor-rispondente all'oscillatore lineare, doe

Questo implica che tra A(t) e B(t) sussista una relazione differenziale checancella i termini "piccoli"; la relazione, arbitraria ma lecita perche con la[4.3] e stato raddoppiato il numero delle incognite che, percio, non possonoessere indipendenti, e, tenendo conto delia [4.5],

Vogliamo qui accennare ora a una semplice tecnica di approssimazione,dovuta a Krylov e Bogoliubov, che permette di affrontare il problema deglioscillatori perturbati da piccoli termini non lineari. Problemi di questotipo sono abbastanza frequenti e la tecnica di Krylov e Bogoliubov ne de-scrive Ie caratteristiche di massima quando la non-linearita non e dominante,come nel caso di un pendola di ampiezza angolare non "piccola"nel sensogalileiano, ma nemmeno troppo pili grande di un radiante. Considereremoper semplicita il caso senza dissipazione, doe con r = 0; inoltre, studie-remo Ie oscillazioni libere, prodotte da condizioni iniziali e non da una sol-lecitazione esterna kI(t). Al posta dell'equazione [4.1]' quella dell'osdlJatoreperturbato sara

Derivando un'altra volta la [4.6] e utilizzando la [4.7], si ottiene, con un po'di semplice algebra, la seguente equazione differenziale

A'(t) = (~)F(AcoSB,~wAsinB)sinB

Questa equazione mostra intanto che, in assenza delia non-linearita, A'(t) siannulla, come deve nel caso dell'oscillatore armonico. Ora, se la non-linearitae debole, si puo supporre che Ie variazioni dell'ampiezza siano piccole su un"periodo", misurato qui da una variazione di 27r delia fase B, indipenden-temente dalla corrispondente variazione delia variabile t. La proposta diKrylov e Bogoliubov e quell a di sostituire al secondo membro delia [4.8] ilsuo valor medio sulla fase, immaginando che con buona approssimazione ivalori di B siano distribuiti uniformemente su tutto l'intervallo (0, 27r) comenel caso dell'oscillatore armonico (per il Quale la fase e lineare nel tempo etutti gli istanti sono equiprobabili). Una analoga procedura si puo seguin~per la [4.7], sostituendo per A'(t) dalla [4.8] e ottenendo l'equazione

La non-linearita e rappresentata dalla funzione F(R, R'), delIa Quale sup-porremo soltanto che tenda a zero, per R e R' che tendono a zero, pilirapidamente che con legge lineare. L'idea di Krylov e Bogoliubov e quell a discrivere la soluzione in una forma analoga a quella dell'oscillatore armoniconon perturbato dalla non linearita, cioe distinguendo un'ampiezza e una fase

¢'(t) = (~A)F(AcoSB,~wAsinB)cosB

Ora, pero, a differenza dal caso dell'oscillatore, l'ampiezza A e una funzionedel tempo tela fase B non e necessariamente lineare in t. Se si deriva unavolta l'equazione [4.3] si ottiene

Indicando con < g( B) > il valor medio di una funzione g delia fase (cal-colato ovviamente, per A costante, sull'intervallo di fase (0,27r) e per unadistribuzione uniforme dei valori di B), la [4.8] e la [4.9] diventano:

A'(t) = (~)Fl(A) = (~) < F(AcosB,-wAsinB)sinB >Se nella derivata delIa fase si distinguono due parti, una dominante de-terminata dal termine lineare nella [4.2], che sopravvive anche quando lanon-linearita e assente, e l'altra "piccola" (come "piccola" sara, in qualche

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v(~rsi()lw t<~lIlporale, a differenza degli altri due termini a primo membroddla [4.1]. Dunque, r e un parametro caratteristico delia interazionesisterna-arnbiente. Invece, w e qui il solo pararnetro caratterizzantestrettarnente il sistema e determinato dalla sua natura fisica. Infine, ilcoefficiente k (detto t"alvolta "cost ante di accoppiamento" per ovvii rno-tivi) e usato per sole ragioni dimensionali, cioe per rendere omogenee Ieunita a primo e secondo membro (anche se, ovviamente, pua dipendere- a seconda di cia che definiamo input e cia che definiamo output - daiparametri interni del sistema simulato mediante I'oscillatore). La re-lazione input-output associata a un'equazione come la [4.1] - sebbenccon notazioni un po' diverse - e stata gia costruita al par. 2.4. Sug-geriamo di prendere la massima familiar ita con questo problema, chefornisce la chiave interpretativa element are di un grandissimo numerodi problemi lineari.

La proposta di Krylov e Bogoliubov consiste nell'imporre che l'espressione[4.4] delia derivata prima di R(t) sia ancora esattamente come quella cor-rispondente all'oscillatore lineare, doe

Questo implica che tra A(t) e B(t) sussista una relazione differenziale checancella i termini "piccoli"; la relazione, arbitraria ma lecita perche con la[4.3] e stato raddoppiato il numero delle incognite che, percio, non possonoessere indipendenti, e, tenendo conto delia [4.5],

Vogliamo qui accennare ora a una semplice tecnica di approssimazione,dovuta a Krylov e Bogoliubov, che permette di affrontare il problema deglioscillatori perturbati da piccoli termini non lineari. Problemi di questotipo sono abbastanza frequenti e la tecnica di Krylov e Bogoliubov ne de-scrive Ie caratteristiche di massima quando la non-linearita non e dominante,come nel caso di un pendola di ampiezza angolare non "piccola"nel sensogalileiano, ma nemmeno troppo pili grande di un radiante. Considereremoper semplicita il caso senza dissipazione, doe con r = 0; inoltre, studie-remo Ie oscillazioni libere, prodotte da condizioni iniziali e non da una sol-lecitazione esterna kI(t). Al posta dell'equazione [4.1]' quella dell'osdlJatoreperturbato sara

Derivando un'altra volta la [4.6] e utilizzando la [4.7], si ottiene, con un po'di semplice algebra, la seguente equazione differenziale

A'(t) = (~)F(AcoSB,~wAsinB)sinB

Questa equazione mostra intanto che, in assenza delia non-linearita, A'(t) siannulla, come deve nel caso dell'oscillatore armonico. Ora, se la non-linearitae debole, si puo supporre che Ie variazioni dell'ampiezza siano piccole su un"periodo", misurato qui da una variazione di 27r delia fase B, indipenden-temente dalla corrispondente variazione delia variabile t. La proposta diKrylov e Bogoliubov e quell a di sostituire al secondo membro delia [4.8] ilsuo valor medio sulla fase, immaginando che con buona approssimazione ivalori di B siano distribuiti uniformemente su tutto l'intervallo (0, 27r) comenel caso dell'oscillatore armonico (per il Quale la fase e lineare nel tempo etutti gli istanti sono equiprobabili). Una analoga procedura si puo seguin~per la [4.7], sostituendo per A'(t) dalla [4.8] e ottenendo l'equazione

La non-linearita e rappresentata dalla funzione F(R, R'), delIa Quale sup-porremo soltanto che tenda a zero, per R e R' che tendono a zero, pilirapidamente che con legge lineare. L'idea di Krylov e Bogoliubov e quell a discrivere la soluzione in una forma analoga a quella dell'oscillatore armoniconon perturbato dalla non linearita, cioe distinguendo un'ampiezza e una fase

¢'(t) = (~A)F(AcoSB,~wAsinB)cosB

Ora, pero, a differenza dal caso dell'oscillatore, l'ampiezza A e una funzionedel tempo tela fase B non e necessariamente lineare in t. Se si deriva unavolta l'equazione [4.3] si ottiene

Indicando con < g( B) > il valor medio di una funzione g delia fase (cal-colato ovviamente, per A costante, sull'intervallo di fase (0,27r) e per unadistribuzione uniforme dei valori di B), la [4.8] e la [4.9] diventano:

A'(t) = (~)Fl(A) = (~) < F(AcosB,-wAsinB)sinB >Se nella derivata delIa fase si distinguono due parti, una dominante de-terminata dal termine lineare nella [4.2], che sopravvive anche quando lanon-linearita e assente, e l'altra "piccola" (come "piccola" sara, in qualche

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Queste due equazioni rappresentano il risultato centrale dell'approssimazionedi Krylov e Bogoliubov, che puo essere molto utile nell'analisi qualitativa dimolti problemi non-lineari.

Naturalmente, il caso dell'oscillatore armonico e solo il pili frequentetra quelli che si incontrano in fisica element are. Nella forma in cui10 abbiamo descritto, sia nella versione lineare che in quella pertur-bata che abbiamo analizzato nella semplice approssimazione di Krylove Bogoliubov, esso rappresenta un tipico problema dinamico in unadimensione.

Tuttavia, come vedremo nei paragrafi successivi, i problemi linearipossono essere assai diversi, per almeno tre distinti motivi: il primoe che la variabile caratterizzante R puo essere in realta un "oggetto"matematico a pili componenti, come per esempio un vettore in unospazio ad n dimensioni (problema n-dimensionale); il secondo e chel'equazione a cui R soddisfa non e hecessariamente una equazione dif-ferenziale ordinaria, rna puo essere una equazione algebrica, 0 unaequazione integrale, 0 una equazione alle differenze finite; il terzo, in-fine, e che anche la variabile indipendente puo essere pili di una - enon necessariamente con il significato di tempo, t, come negli esempitrattati - nel qual caso ci si imbatte, per esernpio, in equazioni linearia derivate parziali, 0 nelle corrispondenti equazioni integrali.

I problemi lineari sono spesso riassunti in un'unica forma generalecome la seguente:

4.2Spazi vettoriali di dimensione finita

Definizioni

Dato un punta di riferimento 0 (origine) del nostro spazio ambientetridimensionale, ogni punto P di tale spazio e in corrispondenza biu-nivoca con un segmento orientato 0 vettore 1!. che va dall'origine alpunto P. Un vettore dello spazio puo essere moltiplicato per unoscalare a E R dando luogo a un nuovo vettore, diretto come il prece-dente, la cui lunghezza e la[ volte quella del precedente e il cui versoe concorde 0 discorde a seconda che asia positivo 0 negativo. Duevettori 1!.1 e 1!.2 che emanano dall'origine 0 possono essere sommati at-traverso la regola del parallelogramma, dando luogo a un terzo vettore1!.3 che emana anch'esso dall'origine.

In questa semplice formula, 0 e un operatore, che trasforma l'incognita£. nel "termine noto" 1£. Sia £. che 1£sono in generale oggetti a pillcomponenti (vettori); 0 e un operatore lineare quando accade che0(£ + y) = O£. + Oy : questo e un modo sintetico di prescrivere ilprincipiO di sovrapposizione quando, naturalmente, Ie operazioni in-dicate (+, =, eccetera) siano state opportunamente specificate conregole di composizione e di confronto fra gli oggetti usati. Il problemagenerale e quello di "risolvere" - quando e possibile - la [4.12] sottoopportune condizioni. Se la soluzione della [4.12]non esiste, a causa diqualche proprieta che rende il problema contraddittorio, si dice che ilproblema e malposto; inoltre, la soluzione puo non essere unica: comevedremo al par. 4.5.6, la ricerca delle soluzioni della [4.12] da luogoagli importantissimi teoremi di esistenza e unicitii che, per i problemilineari, sono noti in una forma molto generale; non cosi per quantoriguarda i problemi non-lineari, che richiedono spesso uno studio caso

Queste ben note operazioni elementari, opportunamente generalizzate,sono alla base della definizione astratta di spazio vettoriale V, diquell'insieme cioe di elementi, detti vettori, sui quali sono definite Ieseguenti operazioni di somma e di moltiplicazione per uno scalare.a) La somma di due qualunque vettori £., y EVe un terzo vettore di V,indicato col simbolo £. + y, che gode delle proprieta commutativa: £. +Y = Y + £. e associativa: £+ (y +,r) = (£.+ y) +,r. Inoltre, rispetto a talesomma, esiste (unico) l'elemento neutro Q tale che £. + Q = £., V£. E V,detto vettore nullo 0 origine. Esiste (unico) anche l' elemento oppostodi £., V:z;.E V, indicato col simbolo -£., tale che £. + (-£.) = Q.

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Queste due equazioni rappresentano il risultato centrale dell'approssimazionedi Krylov e Bogoliubov, che puo essere molto utile nell'analisi qualitativa dimolti problemi non-lineari.

Naturalmente, il caso dell'oscillatore armonico e solo il pili frequentetra quelli che si incontrano in fisica element are. Nella forma in cui10 abbiamo descritto, sia nella versione lineare che in quella pertur-bata che abbiamo analizzato nella semplice approssimazione di Krylove Bogoliubov, esso rappresenta un tipico problema dinamico in unadimensione.

Tuttavia, come vedremo nei paragrafi successivi, i problemi linearipossono essere assai diversi, per almeno tre distinti motivi: il primoe che la variabile caratterizzante R puo essere in realta un "oggetto"matematico a pili componenti, come per esempio un vettore in unospazio ad n dimensioni (problema n-dimensionale); il secondo e chel'equazione a cui R soddisfa non e hecessariamente una equazione dif-ferenziale ordinaria, rna puo essere una equazione algebrica, 0 unaequazione integrale, 0 una equazione alle differenze finite; il terzo, in-fine, e che anche la variabile indipendente puo essere pili di una - enon necessariamente con il significato di tempo, t, come negli esempitrattati - nel qual caso ci si imbatte, per esernpio, in equazioni linearia derivate parziali, 0 nelle corrispondenti equazioni integrali.

I problemi lineari sono spesso riassunti in un'unica forma generalecome la seguente:

4.2Spazi vettoriali di dimensione finita

Definizioni

Dato un punta di riferimento 0 (origine) del nostro spazio ambientetridimensionale, ogni punto P di tale spazio e in corrispondenza biu-nivoca con un segmento orientato 0 vettore 1!. che va dall'origine alpunto P. Un vettore dello spazio puo essere moltiplicato per unoscalare a E R dando luogo a un nuovo vettore, diretto come il prece-dente, la cui lunghezza e la[ volte quella del precedente e il cui versoe concorde 0 discorde a seconda che asia positivo 0 negativo. Duevettori 1!.1 e 1!.2 che emanano dall'origine 0 possono essere sommati at-traverso la regola del parallelogramma, dando luogo a un terzo vettore1!.3 che emana anch'esso dall'origine.

In questa semplice formula, 0 e un operatore, che trasforma l'incognita£. nel "termine noto" 1£. Sia £. che 1£sono in generale oggetti a pillcomponenti (vettori); 0 e un operatore lineare quando accade che0(£ + y) = O£. + Oy : questo e un modo sintetico di prescrivere ilprincipiO di sovrapposizione quando, naturalmente, Ie operazioni in-dicate (+, =, eccetera) siano state opportunamente specificate conregole di composizione e di confronto fra gli oggetti usati. Il problemagenerale e quello di "risolvere" - quando e possibile - la [4.12] sottoopportune condizioni. Se la soluzione della [4.12]non esiste, a causa diqualche proprieta che rende il problema contraddittorio, si dice che ilproblema e malposto; inoltre, la soluzione puo non essere unica: comevedremo al par. 4.5.6, la ricerca delle soluzioni della [4.12] da luogoagli importantissimi teoremi di esistenza e unicitii che, per i problemilineari, sono noti in una forma molto generale; non cosi per quantoriguarda i problemi non-lineari, che richiedono spesso uno studio caso

Queste ben note operazioni elementari, opportunamente generalizzate,sono alla base della definizione astratta di spazio vettoriale V, diquell'insieme cioe di elementi, detti vettori, sui quali sono definite Ieseguenti operazioni di somma e di moltiplicazione per uno scalare.a) La somma di due qualunque vettori £., y EVe un terzo vettore di V,indicato col simbolo £. + y, che gode delle proprieta commutativa: £. +Y = Y + £. e associativa: £+ (y +,r) = (£.+ y) +,r. Inoltre, rispetto a talesomma, esiste (unico) l'elemento neutro Q tale che £. + Q = £., V£. E V,detto vettore nullo 0 origine. Esiste (unico) anche l' elemento oppostodi £., V:z;.E V, indicato col simbolo -£., tale che £. + (-£.) = Q.

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b) Il prodotto di un vettore ;r. EVe di un elemento a (detto scalare) di un dato campo Fe un vettore di V, indicato col simbolo a;r., chegode della proprieta associativa: a(/3;r.) = (a/3);r., a, /3 E F,;r. E V, e diquella distributiva rispetto alla somma degli scalari: (a+/3);r. = a;r.+/3;r.e rispetto aHa somma dei vettori: a(;r. + J!) = a;r. + a'lL. Inoltre, datigli elementi 0 e 1 del campo F, aHora O;r.= Q,l;r. = ;r.,'V;r.EVeaQ= Q,'Va E F.

Mentre l'operazione di somma e interna allo spazio, queHa di prodot-to per uno scalare e esterna, facendo intervenire gli elementi di un cam-po F assegnato; V e quindi detto, pili propriamente, spazio vettorialeV sul campo F. In questa testo avremo quasi sempre a che fare conspazi vettoriali V suI campo dei reali n 0 dei complessi C, e V saradetto aHora reale 0 complesso; in alcuni esercizi considereremo anchespazi vettoriali suI campo Q dei razionali.

I principali esempi di spazi vettoriali che prenderemo in conside-razione in questo capitolo sono:1. L'insieme R (C) dei numeri reali (complessi), dove ;r.+ 'lL e a;r.sono, rispettivamente, l'addizione e la moltiplicazione ordinaria trareali (complessi).2. L'insieme Rn (cn) delle n-ple di numeri reali (complessi) ;r.(X1,X2, ... ,Xn), con;r. + y e a;r.definite da;r. + 'lL= (Xl + Y1, X2 +Y2,···, Xn + Yn) e a;r. = (aX1, aX2,·· ., axn).3. L'insieme Mat(n, n) (Mat(n,C)) delle matrici nxn di elementi reali(complessi), dove ;r.+ Y e a;r. sono, rispettivamente, l'operazione disomma ordinaria tra due matrici e quella di moltiplicazione per unnumero complesso a.4. L'insieme Pn dei polinomi a coefficienti reali (complessi) di grado:::;n-1, con;r. + Ye a;r.definite, rispettivamente, dalla somma ordinariadi polinomi e daiIa moltiplicazione di un polinomio per un numero reale(complesso) a.

Quando si parlera di spazio vettoriale C si intendera 10 spazio deinumeri complessi suI campo dei complessi, cosl come R sara 10 spaziodei reali sui reali. Situazioni miste, come 10 spazio dei complessi suIcampo dei reali 0 10 spazio dei reali sui razionali, saranno sempre in-dicate esplicitamente.

.';1 ~::,~v,'.2

o ~v2

di fig. 4.2 sono legati dalla relazione algebrica lineare 11.2 - a1L1 = Q;essisono quindi ottenibili l'uno dall'altro attraverso l'operazione b e sonopertanto detti dipendenti. I vettori non paralleli 1L1 e 1L2 di fig. 4.3,per i quali non esiste invece una relazione del tipo a11L1+a21L2 = 0 (adeccezione del caso banale in cui a1 = a2 = 0), sono detti indipendenti.Se pero si aggiunge ad essi il vettore 1L3 = a11L1+a21L2 ad essi coplanare,allora ciascuno dei tre vettori e ottenibile dagli altri due attraversoun'opportuna combinazione delle operazioni a e b e i tre vettori sonodipendenti. In astratto, dato un insieme di vettori {;r.(j)} di uno spaziovettoriale V, si possono verificare Ie seguenti due situazioni:a) esistono m scalari a1, ... , am non tutti nulli tali che

m

Lajx(j) = 0j=l

in questo caso gli m vettori sono detti linearmente dipendenti;b) l'equazione [4.13] e soddisfatta solo per aj = 0, j = 1, ... , m; inquesta caso i vettori sono linearmente indipendenti.

Questa nozione, la cui natura algebrica e descritta dalle equazionialgebriche lineari [4.13]' e una naturale generalizzazione dei concettigeometrici di collinearita e di coplanarita.

La definizione di spazio vettoriale (e delle operazioni su di esso defi-nite) induce una relazione di dipendenza e di indipendenza tra vettori.Ritornando allo spazio ordinario, notiamo infatti che i vettori 1L1 e 1L2

Tre vettori non coplanari 1L1,1L2 e 1L3 dello spazio ordinario sono in-dipendenti e ogni altro vettore 1L dello spazio e esprimibile come com-binazione line are del tipo: 1L = 2::=1 CilLi. E naturale quindi scegliere

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b) Il prodotto di un vettore ;r. EVe di un elemento a (detto scalare) di un dato campo Fe un vettore di V, indicato col simbolo a;r., chegode della proprieta associativa: a(/3;r.) = (a/3);r., a, /3 E F,;r. E V, e diquella distributiva rispetto alla somma degli scalari: (a+/3);r. = a;r.+/3;r.e rispetto aHa somma dei vettori: a(;r. + J!) = a;r. + a'lL. Inoltre, datigli elementi 0 e 1 del campo F, aHora O;r.= Q,l;r. = ;r.,'V;r.EVeaQ= Q,'Va E F.

Mentre l'operazione di somma e interna allo spazio, queHa di prodot-to per uno scalare e esterna, facendo intervenire gli elementi di un cam-po F assegnato; V e quindi detto, pili propriamente, spazio vettorialeV sul campo F. In questa testo avremo quasi sempre a che fare conspazi vettoriali V suI campo dei reali n 0 dei complessi C, e V saradetto aHora reale 0 complesso; in alcuni esercizi considereremo anchespazi vettoriali suI campo Q dei razionali.

I principali esempi di spazi vettoriali che prenderemo in conside-razione in questo capitolo sono:1. L'insieme R (C) dei numeri reali (complessi), dove ;r.+ 'lL e a;r.sono, rispettivamente, l'addizione e la moltiplicazione ordinaria trareali (complessi).2. L'insieme Rn (cn) delle n-ple di numeri reali (complessi) ;r.(X1,X2, ... ,Xn), con;r. + y e a;r.definite da;r. + 'lL= (Xl + Y1, X2 +Y2,···, Xn + Yn) e a;r. = (aX1, aX2,·· ., axn).3. L'insieme Mat(n, n) (Mat(n,C)) delle matrici nxn di elementi reali(complessi), dove ;r.+ Y e a;r. sono, rispettivamente, l'operazione disomma ordinaria tra due matrici e quella di moltiplicazione per unnumero complesso a.4. L'insieme Pn dei polinomi a coefficienti reali (complessi) di grado:::;n-1, con;r. + Ye a;r.definite, rispettivamente, dalla somma ordinariadi polinomi e daiIa moltiplicazione di un polinomio per un numero reale(complesso) a.

Quando si parlera di spazio vettoriale C si intendera 10 spazio deinumeri complessi suI campo dei complessi, cosl come R sara 10 spaziodei reali sui reali. Situazioni miste, come 10 spazio dei complessi suIcampo dei reali 0 10 spazio dei reali sui razionali, saranno sempre in-dicate esplicitamente.

.';1 ~::,~v,'.2

o ~v2

di fig. 4.2 sono legati dalla relazione algebrica lineare 11.2 - a1L1 = Q;essisono quindi ottenibili l'uno dall'altro attraverso l'operazione b e sonopertanto detti dipendenti. I vettori non paralleli 1L1 e 1L2 di fig. 4.3,per i quali non esiste invece una relazione del tipo a11L1+a21L2 = 0 (adeccezione del caso banale in cui a1 = a2 = 0), sono detti indipendenti.Se pero si aggiunge ad essi il vettore 1L3 = a11L1+a21L2 ad essi coplanare,allora ciascuno dei tre vettori e ottenibile dagli altri due attraversoun'opportuna combinazione delle operazioni a e b e i tre vettori sonodipendenti. In astratto, dato un insieme di vettori {;r.(j)} di uno spaziovettoriale V, si possono verificare Ie seguenti due situazioni:a) esistono m scalari a1, ... , am non tutti nulli tali che

m

Lajx(j) = 0j=l

in questo caso gli m vettori sono detti linearmente dipendenti;b) l'equazione [4.13] e soddisfatta solo per aj = 0, j = 1, ... , m; inquesta caso i vettori sono linearmente indipendenti.

Questa nozione, la cui natura algebrica e descritta dalle equazionialgebriche lineari [4.13]' e una naturale generalizzazione dei concettigeometrici di collinearita e di coplanarita.

La definizione di spazio vettoriale (e delle operazioni su di esso defi-nite) induce una relazione di dipendenza e di indipendenza tra vettori.Ritornando allo spazio ordinario, notiamo infatti che i vettori 1L1 e 1L2

Tre vettori non coplanari 1L1,1L2 e 1L3 dello spazio ordinario sono in-dipendenti e ogni altro vettore 1L dello spazio e esprimibile come com-binazione line are del tipo: 1L = 2::=1 CilLi. E naturale quindi scegliere

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qIlesti vettori come base rispetto aHa quale descrivere ogni vettore 11(lello spazio; gli scalari Ci sono Ie coordinate di Q rispetto alla base, che(Idinisce quindi un vero e proprio sistema di coordinate. In astrattodiremo che un insieme di vettori {;J;(j)} di V, linearmente indipendenti,(\ una base (un sistema di coordinate) di V, se ogni vettore ;r;.E V ()Ilua combinazione lineare del tipo

x = '" cx(j)- L. J-j

Alla base {;r;.(j)}j=l di V e inoltre associata la base canonica {~(j)}j=ldi en, dove la componente k-esima e~) del vettore ~(j) vale Okj, k,j =1, ... ,no

Questo isomorfismo tra il generico spazio vettoriale V reale (com-piesso) e Rn (en), spiega perche la maggior parte delle nozioni algebri-co-geometriche astratte associate a spazi vettoriali hanno un significatofamiliare nel nostro spazio ambiente; il lettore e incoraggiato a questoesercizio di confronto.

~-:(,la base di V e costituita da un numero finito n di vettori, allora\' () uno spazio vettoriale di dimensione finita n: dim V = n; questa(Idillizione di dimensione ha senso poiche ogni base di V e costituita,1;;.\10 stesso numero di vettori.

C:li esempi 1-4 sono tutti spazi vettoriali finito-dimensionali. 'Ira(JIi( ,sti spazi, Rn (en) gioca un ruolo particolare; e infatti possibileIllostrare che ogni spazio vettoriale V di dimensione finita n suI campod(·j JUlii (dei complessi) e isomorfo allo spazio Rn (en). Se infatti( }j'=1 e una base di V, a ogni vettore ;r;.EVe possibile associareIa n-pla di numeri reali (complessi) 6,·· .,~n attraverso l'equazione

Per comprendere Ie proprieta strutturali e costitutive di spazi vetto-riali astratti useremo un punto di vista costruttivo, most ran do come,da ogni insieme 2: di vettori, sia possibile costruire il pill piccolo spaziovettoriale che Ii contiene; come sia possibile poi sommare in modoopportuno spazi vettoriali per otten erne altri pili complessi. II proce-dimento inverso di decomposizione risultera poi altrettanto chiaro.

I sottoinsiemi delIa spazio ordinario costituiti da rette e piani pas-santi per I'origine giocano un rualo speciale, essendo essi stessi spazivettoriali; ad esempio, ogni combinazione lineare di vettori del pia-no emananti dall'origine e ancora un vet tore del piano che emanadall'origine. Siamo quindi portati ad introdurre la nozione di sot-tospazio uettoriale 0 uarieta lineare M deHo spazio vettoriale V comequell'insieme non vuoto di elementi di V tali che ogni loro combi-nazione lineare appartiene ancora aM.L'invil71ppO lineare (span) di un insieme di vet tori e l'insieme di tutte

Ie combinazioni lineari di tali vettori. Nella spazio ordinario I'inviluppolineare di un vettore 11 che emana dall'origine e la retta che 10 con-tiene, l'insieme cioe dei vettori paralleli a Q e ottenuti moltiplicandoQ per un numero reale arbitrario; tale varieta ha quindi dimensione1. L'inviluppo lineare associato a una coppia di vettori Q1 e Q2 u-scenti dall'origine e non paralleli e invece il piano che contiene queivettori; esso e ottenuto considerando tutte Ie combinazioni lineari deltipo 0:11,'1+ 0:2Q2e ha quindi dimensione 2. L'inviluppo lineare di trevettori non coplanari e iufine tutto 10 spazio.

So l'insieme =.: dei vettori di V e una varieta lineare, il suo inviluppoe se stesso; se =.: e costituito da due 0 pili varieta lineari L1, L2, ... , Lmdefinite sullo stesso campo, allora il loro inviluppo L e l'insieme dei

n

;r;. = L ~k;r;.(k)

k=l

Vi,'cv()[sa, ad ogni n-pla di numeri reali (complessi) 6,···, ~n e associa-I,ilc IIllivocamente un vettore ;r;.E V di un qualunque spazio vettoriale\ .Ii base {;r;.(j)}j=1' attraverso la [4.14].

1,1' componenti ~j di;r;. nella base {;r;.(j)}j=l vengono spesso rappre··::'·lll.ate come vettore colonna:

I, I

',,: -I-

"I

l

'l.'l

i' '

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,

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il 1---II11

I'IIIIIII'!' I

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'I I

"0 1)('1' collvenienza tipografica, col simbolo (6, ... ,~n)T; ~k e la com-1)( >II('IItc k-esima (0 coordinata k-esima) del vettore { E en, ma anche,1,,1 vdlo['(, :f E V nella base {;r;.(j)}j=1·Le operazioni di somma;r;. + JL"i "II" vdtori :f, y EVe di moltiplicazione c;r;.per uno scalare c E C in-,III<" >Ij( " al.traver~o l'isomorfismo [4.14], Ie seguenti ben note operazioni11:1 v,'!.Lori <Ii en:

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qIlesti vettori come base rispetto aHa quale descrivere ogni vettore 11(lello spazio; gli scalari Ci sono Ie coordinate di Q rispetto alla base, che(Idinisce quindi un vero e proprio sistema di coordinate. In astrattodiremo che un insieme di vettori {;J;(j)} di V, linearmente indipendenti,(\ una base (un sistema di coordinate) di V, se ogni vettore ;r;.E V ()Ilua combinazione lineare del tipo

x = '" cx(j)- L. J-j

Alla base {;r;.(j)}j=l di V e inoltre associata la base canonica {~(j)}j=ldi en, dove la componente k-esima e~) del vettore ~(j) vale Okj, k,j =1, ... ,no

Questo isomorfismo tra il generico spazio vettoriale V reale (com-piesso) e Rn (en), spiega perche la maggior parte delle nozioni algebri-co-geometriche astratte associate a spazi vettoriali hanno un significatofamiliare nel nostro spazio ambiente; il lettore e incoraggiato a questoesercizio di confronto.

~-:(,la base di V e costituita da un numero finito n di vettori, allora\' () uno spazio vettoriale di dimensione finita n: dim V = n; questa(Idillizione di dimensione ha senso poiche ogni base di V e costituita,1;;.\10 stesso numero di vettori.

C:li esempi 1-4 sono tutti spazi vettoriali finito-dimensionali. 'Ira(JIi( ,sti spazi, Rn (en) gioca un ruolo particolare; e infatti possibileIllostrare che ogni spazio vettoriale V di dimensione finita n suI campod(·j JUlii (dei complessi) e isomorfo allo spazio Rn (en). Se infatti( }j'=1 e una base di V, a ogni vettore ;r;.EVe possibile associareIa n-pla di numeri reali (complessi) 6,·· .,~n attraverso l'equazione

Per comprendere Ie proprieta strutturali e costitutive di spazi vetto-riali astratti useremo un punto di vista costruttivo, most ran do come,da ogni insieme 2: di vettori, sia possibile costruire il pill piccolo spaziovettoriale che Ii contiene; come sia possibile poi sommare in modoopportuno spazi vettoriali per otten erne altri pili complessi. II proce-dimento inverso di decomposizione risultera poi altrettanto chiaro.

I sottoinsiemi delIa spazio ordinario costituiti da rette e piani pas-santi per I'origine giocano un rualo speciale, essendo essi stessi spazivettoriali; ad esempio, ogni combinazione lineare di vettori del pia-no emananti dall'origine e ancora un vet tore del piano che emanadall'origine. Siamo quindi portati ad introdurre la nozione di sot-tospazio uettoriale 0 uarieta lineare M deHo spazio vettoriale V comequell'insieme non vuoto di elementi di V tali che ogni loro combi-nazione lineare appartiene ancora aM.L'invil71ppO lineare (span) di un insieme di vet tori e l'insieme di tutte

Ie combinazioni lineari di tali vettori. Nella spazio ordinario I'inviluppolineare di un vettore 11 che emana dall'origine e la retta che 10 con-tiene, l'insieme cioe dei vettori paralleli a Q e ottenuti moltiplicandoQ per un numero reale arbitrario; tale varieta ha quindi dimensione1. L'inviluppo lineare associato a una coppia di vettori Q1 e Q2 u-scenti dall'origine e non paralleli e invece il piano che contiene queivettori; esso e ottenuto considerando tutte Ie combinazioni lineari deltipo 0:11,'1+ 0:2Q2e ha quindi dimensione 2. L'inviluppo lineare di trevettori non coplanari e iufine tutto 10 spazio.

So l'insieme =.: dei vettori di V e una varieta lineare, il suo inviluppoe se stesso; se =.: e costituito da due 0 pili varieta lineari L1, L2, ... , Lmdefinite sullo stesso campo, allora il loro inviluppo L e l'insieme dei

n

;r;. = L ~k;r;.(k)

k=l

Vi,'cv()[sa, ad ogni n-pla di numeri reali (complessi) 6,···, ~n e associa-I,ilc IIllivocamente un vettore ;r;.E V di un qualunque spazio vettoriale\ .Ii base {;r;.(j)}j=1' attraverso la [4.14].

1,1' componenti ~j di;r;. nella base {;r;.(j)}j=l vengono spesso rappre··::'·lll.ate come vettore colonna:

I, I

',,: -I-

"I

l

'l.'l

i' '

,i11i

,

I"

il 1---II11

I'IIIIIII'!' I

1

'I I

"0 1)('1' collvenienza tipografica, col simbolo (6, ... ,~n)T; ~k e la com-1)( >II('IItc k-esima (0 coordinata k-esima) del vettore { E en, ma anche,1,,1 vdlo['(, :f E V nella base {;r;.(j)}j=1·Le operazioni di somma;r;. + JL"i "II" vdtori :f, y EVe di moltiplicazione c;r;.per uno scalare c E C in-,III<" >Ij( " al.traver~o l'isomorfismo [4.14], Ie seguenti ben note operazioni11:1 v,'!.Lori <Ii en:

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definire tali varieta linearmente indipendenti. Varieta lineari indipen-denti hanno anche una caratterizzazione geometric a ben precis a; essesono tali che l'intersezione di una qualunque di loro con la somma ditutte Ie altre e 10 spazio banale:

Diremo allora che la varieta L e la somma delle varieta lineari Lj, j1,2, ... ,m:

m

L = L1 + L2 + ... + Lm = L Ljj=l

m

Lj n ( L Lk) = {Q}, j = 1, ... , mk=l,k#j

Infatti, se, per assurdo, ammettiamo che Lj n(~;=l,k#j Lk) =I {Q} perqualche j, allora deve esistere un JLE Lj tale che JL= ~;=1,#j JLk' JLkELk· Quindi;;£.j + JLj+ ~k#j (;;£.k- JLk) sarebbe un'altra rappresentazionedi;;£.E V. Si puo mostrare che vale anche l'opposto: se vale la proprieta[4.21], aHora Ie varieta Lj, j = 1, ... , m sono linearmente indipendenti.

La decomposizione di uno spazio nella somma diretta di sottospaziindipendenti e una "buona" decomposizione, grazie aHa proprieta diunicita discuss a sopra, e sara uno dei fili conduttori di questo capitolo.

E utile raccogliere questi e altri risultati suHa somma e decompo-sizione di spazi vettoriali astratti nel seguente teorema.

Teorema 4.1. Teorema sulla somma di spazi vettoriali:1. Dati i sottospazi Lj, j = 1, ... , m dello spazio vettoriale L, leseguenti tre affermazioni sono equivalenti:a) L e la somma diretta di L1, ... , Lm: L = ffiLj, cioe ogni elemento;;£. E L pub essere messo nella forma;;£. = ~;=1 ;;£'j,;;£'jE Lj in uno edun solo modo;b) L e la somma ordinaria di L1, ... , Lm : L = ~';1 Lj (cioe ognielemento ;;£. EVe decomposto nella somma;;£. = ~';1 :£(j), ;;£.(j)ELj, j = 1, ... , m) e inoltre le varieta Lj, j = 1, ... ,m sono linearmenteindipendenti;c) L e la somma ordinaria di L1, ... , Lm : L = ~';=1Lj e inoltrel'intersezione di ogni varieta Lj con la somma delle altre e il vettorenullo: Li n (~#i Lj) = {Q}.

2. Se L e la somma diretta di m spazi vettoriali L1, ... , Lm, allora

Ad esempio 10 spazio ordinario R3 e la somma di due piani Jr1 e Jr~!passanti per l'origine: R3 = Jr1 + Jr2, e inoltre la somma di un pianoJr e di una retta R non coplanare: R3 = Jr + Red e anche la sommadi tre rette non coplanari: R3 = R1 + R2 + R3. Se Ie varieta MeNtali che L = M + N hanno come unico vettore in comune l'origin(!:M n N = {Q}, aHora si dice che MeN sono varieta complemento:ril'una all'altra, rispetto alla varieta somma L. II piano Jr e la retta ](dell'esempio precedente sono complementari rispetto a R3; non 10 sonoinvece i piani Jr1 e Jr2!

Si noti che ogni vettore ;;£.di R3 e esprimibile in infiniti modi corrwsomma;;£. = ;;£.1+;;£'2 di due vettori :£1 e ;;£.2appartenenti a due pianidiversi; bastera infatti aggiungere a;;£'l un qualunque vettore che giacesulla retta di intersezione dei due piani e togliere 10 stesso vettore a:£2. In generale, quindi, la rappresentazione di un vettore nella forma[4.18] non e unica; se, pero, Ie varieta lineari Lj che concorrono alIaformazione della somma L sono tali che ogni vettore ;;£.E L e decom-posta in modo univoco nella somma [4.18], allora si ha a che fare conla cosiddetta somma diretta

delle varieta Lj,j = 1, ... , m.Riferendoci agli esempi precedenti di somma ordinaria, si ha che R:l

e anche la somma diretta di un piano e di una retta non coplanare,e la somma diretta di tre rette non coplanari, mentre, come si e giilosservato, non e la somma diretta di due piani diversi, di cui e invecela somma ordinaria.

Le seguenti affermazioni: 1. Ie varieta L1, ... , Lm tali che la de-com posizione del generico vettore ;;£.= ~;= 1;;£'k,;;£'kELk e unica; e2. Ie varieta L1, ... , Lm tali che la decomposizione del vettore nulloQ = ~;=1 ;;£'k';;£'kE Lk e unica sono equivalenti (come e facile mostrare)e, in analogia con la nozione di indipendenza di vettori, ci portano a

m

dimL = LdimLjj=l

3. Dati lo spazio vettoriale V ed un suo sottospazio M, esiste unsottospazio N tale che V = M ffi N.

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definire tali varieta linearmente indipendenti. Varieta lineari indipen-denti hanno anche una caratterizzazione geometric a ben precis a; essesono tali che l'intersezione di una qualunque di loro con la somma ditutte Ie altre e 10 spazio banale:

Diremo allora che la varieta L e la somma delle varieta lineari Lj, j1,2, ... ,m:

m

L = L1 + L2 + ... + Lm = L Ljj=l

m

Lj n ( L Lk) = {Q}, j = 1, ... , mk=l,k#j

Infatti, se, per assurdo, ammettiamo che Lj n(~;=l,k#j Lk) =I {Q} perqualche j, allora deve esistere un JLE Lj tale che JL= ~;=1,#j JLk' JLkELk· Quindi;;£.j + JLj+ ~k#j (;;£.k- JLk) sarebbe un'altra rappresentazionedi;;£.E V. Si puo mostrare che vale anche l'opposto: se vale la proprieta[4.21], aHora Ie varieta Lj, j = 1, ... , m sono linearmente indipendenti.

La decomposizione di uno spazio nella somma diretta di sottospaziindipendenti e una "buona" decomposizione, grazie aHa proprieta diunicita discuss a sopra, e sara uno dei fili conduttori di questo capitolo.

E utile raccogliere questi e altri risultati suHa somma e decompo-sizione di spazi vettoriali astratti nel seguente teorema.

Teorema 4.1. Teorema sulla somma di spazi vettoriali:1. Dati i sottospazi Lj, j = 1, ... , m dello spazio vettoriale L, leseguenti tre affermazioni sono equivalenti:a) L e la somma diretta di L1, ... , Lm: L = ffiLj, cioe ogni elemento;;£. E L pub essere messo nella forma;;£. = ~;=1 ;;£'j,;;£'jE Lj in uno edun solo modo;b) L e la somma ordinaria di L1, ... , Lm : L = ~';1 Lj (cioe ognielemento ;;£. EVe decomposto nella somma;;£. = ~';1 :£(j), ;;£.(j)ELj, j = 1, ... , m) e inoltre le varieta Lj, j = 1, ... ,m sono linearmenteindipendenti;c) L e la somma ordinaria di L1, ... , Lm : L = ~';=1Lj e inoltrel'intersezione di ogni varieta Lj con la somma delle altre e il vettorenullo: Li n (~#i Lj) = {Q}.

2. Se L e la somma diretta di m spazi vettoriali L1, ... , Lm, allora

Ad esempio 10 spazio ordinario R3 e la somma di due piani Jr1 e Jr~!passanti per l'origine: R3 = Jr1 + Jr2, e inoltre la somma di un pianoJr e di una retta R non coplanare: R3 = Jr + Red e anche la sommadi tre rette non coplanari: R3 = R1 + R2 + R3. Se Ie varieta MeNtali che L = M + N hanno come unico vettore in comune l'origin(!:M n N = {Q}, aHora si dice che MeN sono varieta complemento:ril'una all'altra, rispetto alla varieta somma L. II piano Jr e la retta ](dell'esempio precedente sono complementari rispetto a R3; non 10 sonoinvece i piani Jr1 e Jr2!

Si noti che ogni vettore ;;£.di R3 e esprimibile in infiniti modi corrwsomma;;£. = ;;£.1+;;£'2 di due vettori :£1 e ;;£.2appartenenti a due pianidiversi; bastera infatti aggiungere a;;£'l un qualunque vettore che giacesulla retta di intersezione dei due piani e togliere 10 stesso vettore a:£2. In generale, quindi, la rappresentazione di un vettore nella forma[4.18] non e unica; se, pero, Ie varieta lineari Lj che concorrono alIaformazione della somma L sono tali che ogni vettore ;;£.E L e decom-posta in modo univoco nella somma [4.18], allora si ha a che fare conla cosiddetta somma diretta

delle varieta Lj,j = 1, ... , m.Riferendoci agli esempi precedenti di somma ordinaria, si ha che R:l

e anche la somma diretta di un piano e di una retta non coplanare,e la somma diretta di tre rette non coplanari, mentre, come si e giilosservato, non e la somma diretta di due piani diversi, di cui e invecela somma ordinaria.

Le seguenti affermazioni: 1. Ie varieta L1, ... , Lm tali che la de-com posizione del generico vettore ;;£.= ~;= 1;;£'k,;;£'kELk e unica; e2. Ie varieta L1, ... , Lm tali che la decomposizione del vettore nulloQ = ~;=1 ;;£'k';;£'kE Lk e unica sono equivalenti (come e facile mostrare)e, in analogia con la nozione di indipendenza di vettori, ci portano a

m

dimL = LdimLjj=l

3. Dati lo spazio vettoriale V ed un suo sottospazio M, esiste unsottospazio N tale che V = M ffi N.

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Per chiarire questo concetto, facciamo un semplice esempio. Sia L 10 spazioR3, e M la retta (bisettrice del piano xy) di equazione:

Dati 10 spazio vettoriale L ed un suo sottospazio M, la parte 3 delteorema 4.1 assicura l'esistenza di un complemento N di M rispetto aL, tale che L = M tEN. Questo complemento non e unico; ad esempio,se sono dati il piano R2 ed una retta X in esso contenuta e passante perl'origine, il complemento Y di X e una qualunque retta del piano, nOliparallela a X e passante per l'origine. E possibile tuttavia costruire UII

complemento diverse e unico, costituito dall'insieme di tutte Ie rett(~del piano parallele a X. Questo insieme e uno spazio vettoriale ed (\inoltre isomorfo ad ogni complemento Y di X. Infatti ogni punta I'dell a retta Y e in corrispondenza biunivoca con un elemento di tal<~insieme (con la retta parallela a X che interseca Y in P).

Due elementi di L sono equivalenti (modulo A1), cioe appartengono anastessa classe di equivalenza, se la loro differenzaappartiene aM, cioese Zl =Zz, Xl - Xz = YI - Y2. Una classe di equivalenza sara quindi parametrizzatanel modo seguente:

Si vede facilmente che ]'insieme delle classi di equivalenza costituisce unavarietd lineare di dimensione 2. Un vettore generico dello spazio R3 dicomponenti X, y, Z si decompone nella somma di un elemento E M e di unelemento ELI M. Si ha infatti:

(x, y, z) = (x, X, 0) + (0, y - X, z)

dove (x,x,O) EM e (O,y - x,z) E LIM.

Sappiamo operare sui vettori dello spazio ordinario in vario modo: sap-piamo ad esempio proiettare un vettore 1!.su un piano perpendicolar-mente ad esso 0 parallelamente ad una direzione assegnata; sappiamoruotarlo di un certo angola 0 invertirlo. Queste operazioni a noi fa-miliari sono esempi di trasformazioni (0 operatoTi, 0 applicazioni, 0

operazioni) lineaTi; un operatore lineare A su uno spazio lineare Ve una trasformazione che assegna ad ogni vettore ;£ E V un vettoreA;£ E V che gode delle proprieta di linear ita

Motivati da queste considerazioni definiamo, dati 10 spazio vettorialeL e un suo sottospazio M, 10 spazio quoziente L 1M di L modulo Mcome l'insieme delle classi di equivalenza definite dalla relazione diequivalenza ;£ rv y ~ ;£ - Y E M,;£, Y E L. Tale spazio e uno spaziovettoriale, isomorfo a tuttii complementi N di M (e gioca quindi unruolo unico tra di essi), l'isomorfismo essendo definito dalla corrispon-denza yEN ~ Y + M = {y +;f, ;£ E AI}. Questo risultato, insiemealIa parte 2 del teorema 4.C implica che, se L e uno spazio vettorialea dimensione finita, allora

dimL/M = dimL - dimM

dimL/M e anche detta codimensione di L.

Un operatore lineare e omogeneo, nel senso che AQ = Q; operatorilineari speciali sono l'identita I e 10 zero 0, definiti dalle equazioniI;f = ;£, 0;£ = Q, \/;f E V. L'insieme degli operatori lineari su V eesso stesso uno spazio vettoriale in cui la somma A + B di due ope-ratori A e Bela moltiplicazione aA per uno scalare sono definite,

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Per chiarire questo concetto, facciamo un semplice esempio. Sia L 10 spazioR3, e M la retta (bisettrice del piano xy) di equazione:

Dati 10 spazio vettoriale L ed un suo sottospazio M, la parte 3 delteorema 4.1 assicura l'esistenza di un complemento N di M rispetto aL, tale che L = M tEN. Questo complemento non e unico; ad esempio,se sono dati il piano R2 ed una retta X in esso contenuta e passante perl'origine, il complemento Y di X e una qualunque retta del piano, nOliparallela a X e passante per l'origine. E possibile tuttavia costruire UII

complemento diverse e unico, costituito dall'insieme di tutte Ie rett(~del piano parallele a X. Questo insieme e uno spazio vettoriale ed (\inoltre isomorfo ad ogni complemento Y di X. Infatti ogni punta I'dell a retta Y e in corrispondenza biunivoca con un elemento di tal<~insieme (con la retta parallela a X che interseca Y in P).

Due elementi di L sono equivalenti (modulo A1), cioe appartengono anastessa classe di equivalenza, se la loro differenzaappartiene aM, cioese Zl =Zz, Xl - Xz = YI - Y2. Una classe di equivalenza sara quindi parametrizzatanel modo seguente:

Si vede facilmente che ]'insieme delle classi di equivalenza costituisce unavarietd lineare di dimensione 2. Un vettore generico dello spazio R3 dicomponenti X, y, Z si decompone nella somma di un elemento E M e di unelemento ELI M. Si ha infatti:

(x, y, z) = (x, X, 0) + (0, y - X, z)

dove (x,x,O) EM e (O,y - x,z) E LIM.

Sappiamo operare sui vettori dello spazio ordinario in vario modo: sap-piamo ad esempio proiettare un vettore 1!.su un piano perpendicolar-mente ad esso 0 parallelamente ad una direzione assegnata; sappiamoruotarlo di un certo angola 0 invertirlo. Queste operazioni a noi fa-miliari sono esempi di trasformazioni (0 operatoTi, 0 applicazioni, 0

operazioni) lineaTi; un operatore lineare A su uno spazio lineare Ve una trasformazione che assegna ad ogni vettore ;£ E V un vettoreA;£ E V che gode delle proprieta di linear ita

Motivati da queste considerazioni definiamo, dati 10 spazio vettorialeL e un suo sottospazio M, 10 spazio quoziente L 1M di L modulo Mcome l'insieme delle classi di equivalenza definite dalla relazione diequivalenza ;£ rv y ~ ;£ - Y E M,;£, Y E L. Tale spazio e uno spaziovettoriale, isomorfo a tuttii complementi N di M (e gioca quindi unruolo unico tra di essi), l'isomorfismo essendo definito dalla corrispon-denza yEN ~ Y + M = {y +;f, ;£ E AI}. Questo risultato, insiemealIa parte 2 del teorema 4.C implica che, se L e uno spazio vettorialea dimensione finita, allora

dimL/M = dimL - dimM

dimL/M e anche detta codimensione di L.

Un operatore lineare e omogeneo, nel senso che AQ = Q; operatorilineari speciali sono l'identita I e 10 zero 0, definiti dalle equazioniI;f = ;£, 0;£ = Q, \/;f E V. L'insieme degli operatori lineari su V eesso stesso uno spazio vettoriale in cui la somma A + B di due ope-ratori A e Bela moltiplicazione aA per uno scalare sono definite,

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I 1::1 ",lIivallwlI!.c, da.llc equazioni (A + B);f = A;r + B;r, (aA):r'I ( 1\.1), VI: ( V (mostrarlo). Il risultato di due trasformazioni succcs::J v.· di 1'<'lIdcdall'ordine in cui sono effettuate (si pensi all'applica~iolll',II dill' ro!.a~ioui), e il prodotto AB di due trasformazioni A c II I'.

,Jdilli!." at.traverso l'equazione (AB);r = A (B;r) , 'V;rE V. In geIwral<'1\ It / It A c l'ordine di applicazione e allora importante. In <Iues!.",';\;:" si di<:l~che gli operatori A e B non commutano 0 che il comIlIl11:\.I"n~I i\, 13] = AB - BA e diverso da zero.

e un qualunque complemento M(A) C X del nucleo di A; inoltre itrisultato [4.24] ha la seguente generalizzazione: se X e uno spaziovettoriale finito-dimensionale, allora dim R(A) + dim N(A) = dim X.

Come si e detto nei paragrafi introduttivi, uno dei problemi fonda-mentali dell'algebra lineare consiste nel risolvere, per l'incognita ;r,l'equazione

( )1',lIioperatore lineare A su un spazio vettoriale V (il dominio dell'op('r;d,,,n~) seleziona in modo naturale alcune varieta lineari di V. Il m'/Uj('

,Jj A, iudicato col simbolo R(A), e l'insieme dei vettori di V delia1"l'Il1aA;r, con;r E V : R(A) = {A;r,;r E V}; esso e anche chiama!."llllllw,tjine, secondo A, del dominio V 0 codominio di A. Il nucleo 0 null,',pUI'/' di A, indicato col simbolo N(A), e l'insieme dei vettori ;r E V!.ali che A;r = Q : {;r E V,A;r = O}. Range e nucleo di un operaton'Ijll<~aresu V sono varieta lineari di V. La dimensione di R(A) e det!.a!II'/UjO dell'operatore A; quella di N(A) e qualche volta detta nullitd, 0

dijdl,o di A.I';siste la seguente relazione tra it rango di A, la dimensione del SilO

1I11<:!cOe la dimensione finita n di V:

dove A e un operatore lineare tra gli spazi vettoriali X e Y; tale pro-blema e strettamente legato alIa possibilita di invertire A. L'operatoreA : X -t Y e inveTtibile se, 'Vy E Y, esiste un unico ;r E X che risolvel'equazione [4.25] 0, equivalentemente, se Ie seguenti due condizionisono entrambe soddisfatte:i) 'Vy E Y esiste almeno un ;r E X che risolve la [4.25] (cioe Y coincidecol range dell'operatore A: Y = R(A));ii) se;rl i' ;r2' ;rl,;r2 EX=} A;rl i' A;r2 (cioe it nucleo di A contienesolo l'elemento nullo: N(A) = {Q}).

L'operatore che associa a y l'unico ;r che risolve la [4.25] e un 0-

peratore lineare e viene chiamato inverso di A, indicato col simboloA-I

Ihm,ostmzione. Se M (A) e un qual unque complemento del nuclcoddl'operatore A: V = N(A) EEl M(A), ogni ;r EVe decomposto uni·vocamente nella somma ;r = ;rN + ;rM, ;rN E N (A), ;rM E M (A).PCI' ogni JL E R(A) esiste un ;r E V tale che y = A;r = A;rM equcsta corrispondenza e unica. Infatti, se esistesse un altro ;r~ takcite JL = A;rM = A;r~, allora A(;rM -;r~) = Q e il vettore;rM -;r~ ap-parterrebbe sia a M(A) che a N(A). Abbiamo quindi dimostrato cheA stabilisce una corrispondenza biunivoca tra R(A) ed un qualunquecornplemento di N(A). Tale corrispondenza e un isomorfismo, in virtl'ldella linearita di A; quindi dim R(A) = dim M(A) e l'equazione [4.24]segue dal teorema 4.1, punto 2.

Pili in generale, l'operatore lineare A puo operare tra spazi vetto-riali diversi X e Y definiti sullo stesso campo: A : X -t Y e quantoddto sinora trova un' ovvia generalizzazione. In particolare N (A) cX, R(A) eYe l'operatore A determina un isomorfismo tra R(A) C Y

Daile [4.25] e [4.26] segue che AA -1 = I in Y e che A-I A = I in X;ma l'equazione

vale solo se i due spazi X e Y coincidono! Si noti inoltre che, una voltacaratterizzato it range R(A) dell'operatore A, aHora'Vy E R(A) esisteuna soluzione;r EX dell'equazione [4.25]; essa e unica se la condizioneii e soddisfatta. L'operatore A : X -t R(A) e quindi invertibile se esolo se N(A) = {Q}.

Se X e Y sono finito-dimensionali e se A e invertibite, allora A-Ie, al pari di A, continuo e limitato (cfr. par. 4.5). Limitandoci ora aconsiderare operatori lineari su V (A : V -t Il), mostreremo che Ie con-dizioni i e ii, entrambe necessarie nel caso generale per caratterizzareoperatori invertibili, sono ridondanti se V e finito-dimensionale.

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I 1::1 ",lIivallwlI!.c, da.llc equazioni (A + B);f = A;r + B;r, (aA):r'I ( 1\.1), VI: ( V (mostrarlo). Il risultato di due trasformazioni succcs::J v.· di 1'<'lIdcdall'ordine in cui sono effettuate (si pensi all'applica~iolll',II dill' ro!.a~ioui), e il prodotto AB di due trasformazioni A c II I'.

,Jdilli!." at.traverso l'equazione (AB);r = A (B;r) , 'V;rE V. In geIwral<'1\ It / It A c l'ordine di applicazione e allora importante. In <Iues!.",';\;:" si di<:l~che gli operatori A e B non commutano 0 che il comIlIl11:\.I"n~I i\, 13] = AB - BA e diverso da zero.

e un qualunque complemento M(A) C X del nucleo di A; inoltre itrisultato [4.24] ha la seguente generalizzazione: se X e uno spaziovettoriale finito-dimensionale, allora dim R(A) + dim N(A) = dim X.

Come si e detto nei paragrafi introduttivi, uno dei problemi fonda-mentali dell'algebra lineare consiste nel risolvere, per l'incognita ;r,l'equazione

( )1',lIioperatore lineare A su un spazio vettoriale V (il dominio dell'op('r;d,,,n~) seleziona in modo naturale alcune varieta lineari di V. Il m'/Uj('

,Jj A, iudicato col simbolo R(A), e l'insieme dei vettori di V delia1"l'Il1aA;r, con;r E V : R(A) = {A;r,;r E V}; esso e anche chiama!."llllllw,tjine, secondo A, del dominio V 0 codominio di A. Il nucleo 0 null,',pUI'/' di A, indicato col simbolo N(A), e l'insieme dei vettori ;r E V!.ali che A;r = Q : {;r E V,A;r = O}. Range e nucleo di un operaton'Ijll<~aresu V sono varieta lineari di V. La dimensione di R(A) e det!.a!II'/UjO dell'operatore A; quella di N(A) e qualche volta detta nullitd, 0

dijdl,o di A.I';siste la seguente relazione tra it rango di A, la dimensione del SilO

1I11<:!cOe la dimensione finita n di V:

dove A e un operatore lineare tra gli spazi vettoriali X e Y; tale pro-blema e strettamente legato alIa possibilita di invertire A. L'operatoreA : X -t Y e inveTtibile se, 'Vy E Y, esiste un unico ;r E X che risolvel'equazione [4.25] 0, equivalentemente, se Ie seguenti due condizionisono entrambe soddisfatte:i) 'Vy E Y esiste almeno un ;r E X che risolve la [4.25] (cioe Y coincidecol range dell'operatore A: Y = R(A));ii) se;rl i' ;r2' ;rl,;r2 EX=} A;rl i' A;r2 (cioe it nucleo di A contienesolo l'elemento nullo: N(A) = {Q}).

L'operatore che associa a y l'unico ;r che risolve la [4.25] e un 0-

peratore lineare e viene chiamato inverso di A, indicato col simboloA-I

Ihm,ostmzione. Se M (A) e un qual unque complemento del nuclcoddl'operatore A: V = N(A) EEl M(A), ogni ;r EVe decomposto uni·vocamente nella somma ;r = ;rN + ;rM, ;rN E N (A), ;rM E M (A).PCI' ogni JL E R(A) esiste un ;r E V tale che y = A;r = A;rM equcsta corrispondenza e unica. Infatti, se esistesse un altro ;r~ takcite JL = A;rM = A;r~, allora A(;rM -;r~) = Q e il vettore;rM -;r~ ap-parterrebbe sia a M(A) che a N(A). Abbiamo quindi dimostrato cheA stabilisce una corrispondenza biunivoca tra R(A) ed un qualunquecornplemento di N(A). Tale corrispondenza e un isomorfismo, in virtl'ldella linearita di A; quindi dim R(A) = dim M(A) e l'equazione [4.24]segue dal teorema 4.1, punto 2.

Pili in generale, l'operatore lineare A puo operare tra spazi vetto-riali diversi X e Y definiti sullo stesso campo: A : X -t Y e quantoddto sinora trova un' ovvia generalizzazione. In particolare N (A) cX, R(A) eYe l'operatore A determina un isomorfismo tra R(A) C Y

Daile [4.25] e [4.26] segue che AA -1 = I in Y e che A-I A = I in X;ma l'equazione

vale solo se i due spazi X e Y coincidono! Si noti inoltre che, una voltacaratterizzato it range R(A) dell'operatore A, aHora'Vy E R(A) esisteuna soluzione;r EX dell'equazione [4.25]; essa e unica se la condizioneii e soddisfatta. L'operatore A : X -t R(A) e quindi invertibile se esolo se N(A) = {Q}.

Se X e Y sono finito-dimensionali e se A e invertibite, allora A-Ie, al pari di A, continuo e limitato (cfr. par. 4.5). Limitandoci ora aconsiderare operatori lineari su V (A : V -t Il), mostreremo che Ie con-dizioni i e ii, entrambe necessarie nel caso generale per caratterizzareoperatori invertibili, sono ridondanti se V e finito-dimensionale.

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Questo isomorfismo permette di stabilire immediatamente Ie bennote regole di addizione e di moltiplicazione tra matrici quadrate e 130loro applicazione su vettori colonna.

Proposizione 4.1. Se aij e bij sono Ie rappresentazioni matriciali deglioperatori A e B rispetto aHa base {;r(j)}j'=l1 allora Ie matrici cherealizzano gli operatori: i) exA + f3B, ex, f3 E C; ii) AB; iii) 0; iv)I sono, rispettivamente: i) exaij + f3bij; ii) l.:~=l aikbkj; iii) (O)ij;iv) (I)ij = Dij' Inoltre, se ;r, JL E V sono legati dall'operatore Atramite l'equazione A;r = y, allora i vettori colonna (6, ... ,~n)T e(7]1,... , TJn)T, che realizzano-rispettivamente;re JLnella base {;r(j) }j=1'sono legati dall'equazione

Teorema 4.2. Teorema sull'invertibilita di operatori lineari su spazifinito-dimensionali: CNES affinche un operatore lineare A su unospazio finito-dimensionale V sia invertibile 10 che, Ify E V, esista un;r E V tale che A;r = y (cioe che R( A) = V); oppure che I'equazioncA;r = Q implichi che £= Q (cioe che N(A) = {Q}).

Dimostrazione. Se A e invertibile, Ie condizioni i e ii sono entramb(~soddisfatte; quindi R(A) = V e N(A) = {Q}. Viceversa, l'equazione[4.24J d~duogo alle due serie di implicazioni: N(A) = {Q} =? dim R(A)= dim V =? R(A) = V =? :JA -\ R(A) = V =? dimN(A) = 0 =>N(A) = {Q} =? :JA -1.

Se A e un operatore lineare su Ve {;r(j)}j'=1 e una base di V, l'azionedi A su un generico elemento della base e esprimibile mediante unacombinazione degli elementi della base:

n

TJi= I>ik~k' i = 1,... ,n =? !l = (A)~k=l

n

Ax(j) = """'ax(i)- L-t 1.J-i=l

dove aij e la rappresentazione dell'operatore A nella base {;rCiJ}. L'e-quazione [4.29] fornisce la regola d'applicazione "da sinistra" di unamatrice su vettori colonila. Le equazioni [4.25] e [4.29] esplicitano illegame profondo tra operatori lineari e sistemi di equazioni algebrichelineari.

Se, pili in generaIe, l'operatore lineare A porta 10 spazio vettorialeVn di dimensione n nello spazio Vrn di dimensione m, e se {;r(J)}j'=l e{y(j)}~l sono rispettivamente basi di Vn e 17m, allora l'azione di A suun ge~erico elemento dell a base di Vn e esprimibile con 130combinazionelineare

e l'insieme degli n2 numeri complessi aij, i, j = 1, ... , n costituisc(~la rappresentazione matriciale dell'operatore A nella base {;r(j)}j'=l ('viene "assemblato" nel seguente modo:

C'a12 a,n)

a21 a22 a2n(A) = :

an1 an2 annm

A;r(j) = I:aijJL(i), j = 1, ... ,ni=l(il simbolo (A) verra usato, quando necessario, per distinguere 130rap

presentazione matriciale dell'operatore A in una certa base dall'opera-tore stesso). Gli scalari (ail, ai2, ... , ain) e (a1j, a2j, ... , anj)T costituiscono rispettivamente 130i-esima riga e 130j-esima colonna della matric('A. L'elemento aij di (A) e 130i-esima componente del vettore A;rCiJe quindi 130j-esima colonna di (A) e costituita dalle coordinate delvet tore A;r(j). Lo spazio delle matrici nxn e isomorfo allo spazio deglioperatori lineari su spazi vettoriali di dimensione n. Infatti 130[4.2KJassocia, attraverso 130base {;r(j)}j=1, ad ogni operatore A la matrie('(A); viceversa l'assegnazione della matrice (A) e di una base di Vpermette di determinare univocamente l'operatore A, nel senso che (\nota 130sua azione su un qualunque vettore ;r = l.:~=l ~k;r(k) E V:A;r = l.:~=l ~kA;r(k) = l.:~=l (l.:~=l aik~k);r(i).

e l'insieme degli mxn numeri complessi aij, i = 1, ... ,m,j = 1, ... , nrappresenta l'operatore A rispetto aIle basi h(j)}j'=l e {JL(j)}j=l' Taleinsieme e assemblato nella "matrice rettangolare mxn"

C"a12

a'n )a21 a22 :I~,.(A) = :

am1 an2

E lasciata al let tore 1a dimostrazione delia seguente generalizzazionedell a Proposizione 4.1.

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Questo isomorfismo permette di stabilire immediatamente Ie bennote regole di addizione e di moltiplicazione tra matrici quadrate e 130loro applicazione su vettori colonna.

Proposizione 4.1. Se aij e bij sono Ie rappresentazioni matriciali deglioperatori A e B rispetto aHa base {;r(j)}j'=l1 allora Ie matrici cherealizzano gli operatori: i) exA + f3B, ex, f3 E C; ii) AB; iii) 0; iv)I sono, rispettivamente: i) exaij + f3bij; ii) l.:~=l aikbkj; iii) (O)ij;iv) (I)ij = Dij' Inoltre, se ;r, JL E V sono legati dall'operatore Atramite l'equazione A;r = y, allora i vettori colonna (6, ... ,~n)T e(7]1,... , TJn)T, che realizzano-rispettivamente;re JLnella base {;r(j) }j=1'sono legati dall'equazione

Teorema 4.2. Teorema sull'invertibilita di operatori lineari su spazifinito-dimensionali: CNES affinche un operatore lineare A su unospazio finito-dimensionale V sia invertibile 10 che, Ify E V, esista un;r E V tale che A;r = y (cioe che R( A) = V); oppure che I'equazioncA;r = Q implichi che £= Q (cioe che N(A) = {Q}).

Dimostrazione. Se A e invertibile, Ie condizioni i e ii sono entramb(~soddisfatte; quindi R(A) = V e N(A) = {Q}. Viceversa, l'equazione[4.24J d~duogo alle due serie di implicazioni: N(A) = {Q} =? dim R(A)= dim V =? R(A) = V =? :JA -\ R(A) = V =? dimN(A) = 0 =>N(A) = {Q} =? :JA -1.

Se A e un operatore lineare su Ve {;r(j)}j'=1 e una base di V, l'azionedi A su un generico elemento della base e esprimibile mediante unacombinazione degli elementi della base:

n

TJi= I>ik~k' i = 1,... ,n =? !l = (A)~k=l

n

Ax(j) = """'ax(i)- L-t 1.J-i=l

dove aij e la rappresentazione dell'operatore A nella base {;rCiJ}. L'e-quazione [4.29] fornisce la regola d'applicazione "da sinistra" di unamatrice su vettori colonila. Le equazioni [4.25] e [4.29] esplicitano illegame profondo tra operatori lineari e sistemi di equazioni algebrichelineari.

Se, pili in generaIe, l'operatore lineare A porta 10 spazio vettorialeVn di dimensione n nello spazio Vrn di dimensione m, e se {;r(J)}j'=l e{y(j)}~l sono rispettivamente basi di Vn e 17m, allora l'azione di A suun ge~erico elemento dell a base di Vn e esprimibile con 130combinazionelineare

e l'insieme degli n2 numeri complessi aij, i, j = 1, ... , n costituisc(~la rappresentazione matriciale dell'operatore A nella base {;r(j)}j'=l ('viene "assemblato" nel seguente modo:

C'a12 a,n)

a21 a22 a2n(A) = :

an1 an2 annm

A;r(j) = I:aijJL(i), j = 1, ... ,ni=l(il simbolo (A) verra usato, quando necessario, per distinguere 130rap

presentazione matriciale dell'operatore A in una certa base dall'opera-tore stesso). Gli scalari (ail, ai2, ... , ain) e (a1j, a2j, ... , anj)T costituiscono rispettivamente 130i-esima riga e 130j-esima colonna della matric('A. L'elemento aij di (A) e 130i-esima componente del vettore A;rCiJe quindi 130j-esima colonna di (A) e costituita dalle coordinate delvet tore A;r(j). Lo spazio delle matrici nxn e isomorfo allo spazio deglioperatori lineari su spazi vettoriali di dimensione n. Infatti 130[4.2KJassocia, attraverso 130base {;r(j)}j=1, ad ogni operatore A la matrie('(A); viceversa l'assegnazione della matrice (A) e di una base di Vpermette di determinare univocamente l'operatore A, nel senso che (\nota 130sua azione su un qualunque vettore ;r = l.:~=l ~k;r(k) E V:A;r = l.:~=l ~kA;r(k) = l.:~=l (l.:~=l aik~k);r(i).

e l'insieme degli mxn numeri complessi aij, i = 1, ... ,m,j = 1, ... , nrappresenta l'operatore A rispetto aIle basi h(j)}j'=l e {JL(j)}j=l' Taleinsieme e assemblato nella "matrice rettangolare mxn"

C"a12

a'n )a21 a22 :I~,.(A) = :

am1 an2

E lasciata al let tore 1a dimostrazione delia seguente generalizzazionedell a Proposizione 4.1.

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Proposizione 4.21. Lo spazio delle matrici mxn e isomorfo allo spazio degli operatorilineari che portano spazi vettoriali di dimensione 71 in spazi vettorialidi dimensione m.2. Siano dati gli operatori lineari A e B tali che A : Vn1 ----+ Vn2 e B :Vn2 ----+ Vn3; se aij, i = 1, ... ,712, j = 1, ... ,711 e bij, i = 1, ... ,713, j "

1, ... , 712 sono Ie rappresentazioni matriciali di A e B rispetto aIle basi{ (j)}nl {(j)}n2 {(j)}n3 . tt' t d' TT TT TT.:Ii. j=l' JL j=l e ~ j=l nspe 1vamen e I Vnll Vn2 e Vn3, pse.:Ii.E Vn1 eyE Vn2 sono legati dall'operatore A tramite l'equaziorw[4.25], allora:-

definito su tutto V), ottenendo 130 cosiddetta restrizione AIM di A aM (AIM: M ----+ M):

[4.33] AIM.:Ii.= A.:Ii., .:Ii.E M

n2

(BA)ij=Lbikakj, i=1, ... ,n3, j=1, ... ,n1

k=l

AlIa nozione di sottospazio invariante aggiungiamo ora quell a di pro-iettore che ha un forte significato geometrico ed e intimamente legataa quell~ di decomposizione di uno spazio vettoriale nella somma direttadi due sottospazi. Abbiamo gia visto come il piano R2 sia 130 sommadiretta di due rette X eYnon parallele, quindi ogni vettore z diR2 e decomposto in modo univoco, attraverso la regola del paralle-logramma, nella somma di due vettori ~ =.:Ii.+ JL' con.:Ii.E X e JL E Y.II vettore .:Ii.e quindi ottenibile "proiettando" z sulla retta X "lungo"130 retta Y (cioe parallelamente ad essa) e l'operatore che svolge questaazione viene detto proiettore.

i) l'operatore lineare BA Vn1 ----+ Vn3 e rappresentato dalla matricpn3xn1:

che fornisce 130 regola di moltiplicazione tra matrici rettangolari n3xn~

e n2xn1.

ii) Ie coordinate T/1, ... ,T/n2 e 6, ... ,~nl rispettivamente dei vettori ye.:Ii.sono legate dall'equazione

z~

/ \/ \

/ \/

nl

T/i = L aik~k, i = 1, ... ,712

k=l

che fornisce 130 regola di applicazione da sinistra di matrici n2xn1 Sll

vettori colonna n1-dimensionali. L'equazione [4.32] puo essere vistacome caso particolare della [4.31], interpretando vettori colonna 71-

dimensionali come matrici nx1.

Introdotta 130 nozione di operatore lineare A dallo spazio vettoriale V illse stesso, e naturale associarvi 130 nozione di sottospazio M invariant('rispetto ad A, cioe tale che, se.:Ii.E M, anche A.:Ii.E M. Ad esempio,in Pn, 10 spazio Pk, k <:.: 71 e un sottospazio invariante rispetto agli ope-ratori di derivazione e di traslazione, ma non di integrazione. V e {Q}sono esempi banali di sottospazi invarianti (10 sono per ogni trasfor-mazione lineare su V!). Esempi meno banali di sottospazi invariantirispetto ad A sono N(A) e R(A).

Se il sottospazio M e invariante rispetto ad A, allora possiamorestringere l'azione di A 301 solo sottospazio M (ignorando che A (~

In generale, se il generico vet tore ~ EVe decomposto in modo univoconella SOIIlma ~ = .:Ii.+ y, con .:Ii.E M e JL E N, allora l'operatore diproiezione (il proiettore) P su M lungo N e quell'operatore tale che

[4.34] P~ =.:Ii., ~ E V

Dalla definizione segue che gli operatori di proiezione sono lineari; chese P e un proiettore su M lungo N, allora I - P e un proiettore su

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Proposizione 4.21. Lo spazio delle matrici mxn e isomorfo allo spazio degli operatorilineari che portano spazi vettoriali di dimensione 71 in spazi vettorialidi dimensione m.2. Siano dati gli operatori lineari A e B tali che A : Vn1 ----+ Vn2 e B :Vn2 ----+ Vn3; se aij, i = 1, ... ,712, j = 1, ... ,711 e bij, i = 1, ... ,713, j "

1, ... , 712 sono Ie rappresentazioni matriciali di A e B rispetto aIle basi{ (j)}nl {(j)}n2 {(j)}n3 . tt' t d' TT TT TT.:Ii. j=l' JL j=l e ~ j=l nspe 1vamen e I Vnll Vn2 e Vn3, pse.:Ii.E Vn1 eyE Vn2 sono legati dall'operatore A tramite l'equaziorw[4.25], allora:-

definito su tutto V), ottenendo 130 cosiddetta restrizione AIM di A aM (AIM: M ----+ M):

[4.33] AIM.:Ii.= A.:Ii., .:Ii.E M

n2

(BA)ij=Lbikakj, i=1, ... ,n3, j=1, ... ,n1

k=l

AlIa nozione di sottospazio invariante aggiungiamo ora quell a di pro-iettore che ha un forte significato geometrico ed e intimamente legataa quell~ di decomposizione di uno spazio vettoriale nella somma direttadi due sottospazi. Abbiamo gia visto come il piano R2 sia 130 sommadiretta di due rette X eYnon parallele, quindi ogni vettore z diR2 e decomposto in modo univoco, attraverso la regola del paralle-logramma, nella somma di due vettori ~ =.:Ii.+ JL' con.:Ii.E X e JL E Y.II vettore .:Ii.e quindi ottenibile "proiettando" z sulla retta X "lungo"130 retta Y (cioe parallelamente ad essa) e l'operatore che svolge questaazione viene detto proiettore.

i) l'operatore lineare BA Vn1 ----+ Vn3 e rappresentato dalla matricpn3xn1:

che fornisce 130 regola di moltiplicazione tra matrici rettangolari n3xn~

e n2xn1.

ii) Ie coordinate T/1, ... ,T/n2 e 6, ... ,~nl rispettivamente dei vettori ye.:Ii.sono legate dall'equazione

z~

/ \/ \

/ \/

nl

T/i = L aik~k, i = 1, ... ,712

k=l

che fornisce 130 regola di applicazione da sinistra di matrici n2xn1 Sll

vettori colonna n1-dimensionali. L'equazione [4.32] puo essere vistacome caso particolare della [4.31], interpretando vettori colonna 71-

dimensionali come matrici nx1.

Introdotta 130 nozione di operatore lineare A dallo spazio vettoriale V illse stesso, e naturale associarvi 130 nozione di sottospazio M invariant('rispetto ad A, cioe tale che, se.:Ii.E M, anche A.:Ii.E M. Ad esempio,in Pn, 10 spazio Pk, k <:.: 71 e un sottospazio invariante rispetto agli ope-ratori di derivazione e di traslazione, ma non di integrazione. V e {Q}sono esempi banali di sottospazi invarianti (10 sono per ogni trasfor-mazione lineare su V!). Esempi meno banali di sottospazi invariantirispetto ad A sono N(A) e R(A).

Se il sottospazio M e invariante rispetto ad A, allora possiamorestringere l'azione di A 301 solo sottospazio M (ignorando che A (~

In generale, se il generico vet tore ~ EVe decomposto in modo univoconella SOIIlma ~ = .:Ii.+ y, con .:Ii.E M e JL E N, allora l'operatore diproiezione (il proiettore) P su M lungo N e quell'operatore tale che

[4.34] P~ =.:Ii., ~ E V

Dalla definizione segue che gli operatori di proiezione sono lineari; chese P e un proiettore su M lungo N, allora I - P e un proiettore su

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N lungo M: (I - P)~ = y; che il rango di P e la dimensione diM cquello di 1- P e la dimensione di N. Gli operatori di proiezione HOIIII

inoltre caratterizzati dalla seguente proposizione.

Proposizione 4.3. Una trasformazione lineare P su V e un proiett,ol"l'se e solo se P e idempotente, cioe se e solo se p2 = P.

Dimostrazione. Assumiamo che P sia un proiettore su M; aHora, ]lC'1

ogni ~ E V, si ha la decomposizione ~ =;r + y con;r = P~ EM; d'alt.r;1parte la decomposizione di ;r e ;r = ;r + Q., qui;di p2 ~ = P (P~) = P:r;r = P~ =} p2 = P.

Assumiamo ora che p2 = P e mostriamo che i seguenti sottospazidi V: L1 = {P;r; ;r E V} e L2 = {(I - P);r; ;r Ell} sono t.aliche V = L1 EB L2. Infatti, V~ E V, ~ = P~ + (I - P)~; inoltre (~~;~;i

sono indipendenti, poiche dall'equazione P;r1 + (I - P);r2 = Q e dallaproprieta p2 = P segue che p2;r1 = P;rl = Q e quindi (I -. Pk2 = ll,

AlIora P e un proiettore su L1 e 1-P su L2; inoltre;r E L1 =} P;r = :1'

e ;r E L2 =} P;r = Q.Nella seconda parte delIa proposizione 4.3 abbiamo mostrato e1\('

un operatore idempotente P su V decompone V nella somma direLtadi due sottospazi L1 e L2 tali che, se ;r E L1, allara P,;I:, = ;r e HI'

;r E L2 allora P;r = O. Questo risultato ha la seguente important!·generalizzazione.

Proposizione 4.4. Se gli operatari lineari p(l), ... ,p(m) soddisfano II'

equazioni

Un operatore lineare dallo spazio vettoriale V a e (0 R) e dett~funzionale linear-e su V. Ad esempio, dat.i gli n ~umeri complesslh, ... ,fn, la funzione scalare f (;r) che aSSOCIaad ogm ;r = (6, ... ,~n)E en la quantita scalare

f(;r) = L fi~ii=l

El un funzionale lineare su en. ,L'insieme di tutti i funzionali lineari su V e chiamato spazio duale dz

V cd e indicato col simbolo V*. E facile convincersi che V* e esso stessouno spazio vettoriale, avendo definito il funzionale 0 (zero), la sommah +h di due funzionali lineari ed il prodotto o:f di un funzionale per10 scalare 0: attraverso Ie equazioni C(;r) = 0, (J + g)(;r) = f(;r) +g(;r), (0:J)(;r) = o:f(;[;,), V;r E V. n . , .

Se {;r(j)}l e una base di V e;r = 2:::.1=1~.i;r(J) e un genenco vettoredi V allora oO'nielemento di V* e rappresentabile nella forma [4.37]

, b f' f V*per una scelta opportuna degli scalari h,· ..fn' In attl, se E ,allara f(;r) = 2:::;'=1~.if(;rW) coincide con [4.37], per f.i = f(;r(J))· In

particolare, i vettori {;rW*}l di V*, definiti dalle equazioni

[4.38] ;r(i)*(;rW)=8i.1' i,j=l, ... ,n

corrispondono alIa seguente scelta per ;rW * : f.i = 1,h = 0, ~ i- j. .Ad agni elemento f E V· e possibile associare la n-pla dl numen

complessi h, ... ,fn attraverso l'equazionen

[4.39] f = L h;r(k)'k=l

V' e quindi uno spazio vettoriale di dimensione n, isomorfo a en, el'insieme dei vettori {;rW'}l e una base di tale spazio, la cosiddettabase duale delIa base {;rW}l. .

Le formule [4.38], [4.14] e [4.30] implicana inoltre che Ie componentl~i, i = 1, ... ,n del vettore colonna rappresent~tivo di ;r E V rispe~toalIa base {xW}n e Ie componenti Ai.i delIa matnce (A) rappresentatlvadell'operat<;re liner are A su V nella stessa base sono esprimibili nel

seguente modo:

LP(i) = 1i=l

aHora decompongono V nella somma diretta: V = L1 EB L2 EB ... EB L,,,di m sottospazi indipendenti Lk, k = 1, ... , m tali che, se ;r E Lj,

allora p(i);r = 8i.i;r.

Dimostrazione. La dimostrazione che i sottospazi L.i = {pW;r; ;r (V}, j = 1, ... , m decompongono V in somma diretta e un'ovvia geIH~-ralizzazione del risultato precedente ed e lasciata al lettore. Qui notiamo soltanta che, se;r E L.i, aHara 3y E V tale che;r = pU)y; quindip(i)X = p(i)pU)y = 8·pWy = 8x. - -_ _ tJ _ ZJ-

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N lungo M: (I - P)~ = y; che il rango di P e la dimensione diM cquello di 1- P e la dimensione di N. Gli operatori di proiezione HOIIII

inoltre caratterizzati dalla seguente proposizione.

Proposizione 4.3. Una trasformazione lineare P su V e un proiett,ol"l'se e solo se P e idempotente, cioe se e solo se p2 = P.

Dimostrazione. Assumiamo che P sia un proiettore su M; aHora, ]lC'1

ogni ~ E V, si ha la decomposizione ~ =;r + y con;r = P~ EM; d'alt.r;1parte la decomposizione di ;r e ;r = ;r + Q., qui;di p2 ~ = P (P~) = P:r;r = P~ =} p2 = P.

Assumiamo ora che p2 = P e mostriamo che i seguenti sottospazidi V: L1 = {P;r; ;r E V} e L2 = {(I - P);r; ;r Ell} sono t.aliche V = L1 EB L2. Infatti, V~ E V, ~ = P~ + (I - P)~; inoltre (~~;~;i

sono indipendenti, poiche dall'equazione P;r1 + (I - P);r2 = Q e dallaproprieta p2 = P segue che p2;r1 = P;rl = Q e quindi (I -. Pk2 = ll,

AlIora P e un proiettore su L1 e 1-P su L2; inoltre;r E L1 =} P;r = :1'

e ;r E L2 =} P;r = Q.Nella seconda parte delIa proposizione 4.3 abbiamo mostrato e1\('

un operatore idempotente P su V decompone V nella somma direLtadi due sottospazi L1 e L2 tali che, se ;r E L1, allara P,;I:, = ;r e HI'

;r E L2 allora P;r = O. Questo risultato ha la seguente important!·generalizzazione.

Proposizione 4.4. Se gli operatari lineari p(l), ... ,p(m) soddisfano II'

equazioni

Un operatore lineare dallo spazio vettoriale V a e (0 R) e dett~funzionale linear-e su V. Ad esempio, dat.i gli n ~umeri complesslh, ... ,fn, la funzione scalare f (;r) che aSSOCIaad ogm ;r = (6, ... ,~n)E en la quantita scalare

f(;r) = L fi~ii=l

El un funzionale lineare su en. ,L'insieme di tutti i funzionali lineari su V e chiamato spazio duale dz

V cd e indicato col simbolo V*. E facile convincersi che V* e esso stessouno spazio vettoriale, avendo definito il funzionale 0 (zero), la sommah +h di due funzionali lineari ed il prodotto o:f di un funzionale per10 scalare 0: attraverso Ie equazioni C(;r) = 0, (J + g)(;r) = f(;r) +g(;r), (0:J)(;r) = o:f(;[;,), V;r E V. n . , .

Se {;r(j)}l e una base di V e;r = 2:::.1=1~.i;r(J) e un genenco vettoredi V allora oO'nielemento di V* e rappresentabile nella forma [4.37]

, b f' f V*per una scelta opportuna degli scalari h,· ..fn' In attl, se E ,allara f(;r) = 2:::;'=1~.if(;rW) coincide con [4.37], per f.i = f(;r(J))· In

particolare, i vettori {;rW*}l di V*, definiti dalle equazioni

[4.38] ;r(i)*(;rW)=8i.1' i,j=l, ... ,n

corrispondono alIa seguente scelta per ;rW * : f.i = 1,h = 0, ~ i- j. .Ad agni elemento f E V· e possibile associare la n-pla dl numen

complessi h, ... ,fn attraverso l'equazionen

[4.39] f = L h;r(k)'k=l

V' e quindi uno spazio vettoriale di dimensione n, isomorfo a en, el'insieme dei vettori {;rW'}l e una base di tale spazio, la cosiddettabase duale delIa base {;rW}l. .

Le formule [4.38], [4.14] e [4.30] implicana inoltre che Ie componentl~i, i = 1, ... ,n del vettore colonna rappresent~tivo di ;r E V rispe~toalIa base {xW}n e Ie componenti Ai.i delIa matnce (A) rappresentatlvadell'operat<;re liner are A su V nella stessa base sono esprimibili nel

seguente modo:

LP(i) = 1i=l

aHora decompongono V nella somma diretta: V = L1 EB L2 EB ... EB L,,,di m sottospazi indipendenti Lk, k = 1, ... , m tali che, se ;r E Lj,

allora p(i);r = 8i.i;r.

Dimostrazione. La dimostrazione che i sottospazi L.i = {pW;r; ;r (V}, j = 1, ... , m decompongono V in somma diretta e un'ovvia geIH~-ralizzazione del risultato precedente ed e lasciata al lettore. Qui notiamo soltanta che, se;r E L.i, aHara 3y E V tale che;r = pU)y; quindip(i)X = p(i)pU)y = 8·pWy = 8x. - -_ _ tJ _ ZJ-

Page 28: Metodi Matematici Della Fisica (Cap 4) - Bernardini, Ragnisco, Santini

Se ;r = 2:~=1!;k;r(k) e un elemento di V, f = 2:~-1 fkX(k)* C 1111

elemento di V* e vale la [4.38], il funzionale lineare: - -

Poiche ogni spazio vettoriale complesso V e isomorfo a en, illettore sisara sicuramente chiesto percM si continui a studiare spazi V astratti,invece di concentrare la nostra attenzione solo su en, spazio a noifamiliare, nel quale possiamo utilizzare ben noti risultati di algebralineare e di teoria delle matrici.

La ragione di questa ostinazione e che, a prescindere dall'indubbiaeleganza di una trattazione astratta e generale, l'isomorfismo tra V een si realizza attraverso la scelta di una base di V; quindi i risultatidimostrati in en sono validi in generale solo se non dipendono dallabase scelta, cioe solo se sono invarianti per isomorfismi.

Se, ad esempio, si vuole studiare la risolubilita dell'equazione [4.25]in V, siamo senz'altro portati a consider are il sistema algebrico

esprime 10 scalare f(;r) attraverso Ie componenti dei vettori x E V (.f. E V*. La [4.41] su~gerisce di rappresentare Ie componenti f~ ... ,IIIdl f nella base {;r()) }r come vettore riga:

e di interpretare l'applicazione f(;r) come il prodotto delIa matric('rettangolare 1xn rappresentata dal vettore riga [4.42] per la matric('nx1 rappresentata dal vettore colonna [4.15].

La corrispondenza tra V e V* permette infine di associare ad 1111

generico operatore A su V l' operatore A * "aggiunto" 0 "duale" di .A,attraverso l'equazione

n

L aik!;k = 1/i, i = 1, ... , n,k=1

di n equazioni nelle n incognite !;i,i = 1, ... , n, al quale l'equazione[4.25] si riduce in una certa base. Allora la regola di Cramer ci assicurache esiste unica la soluzione delIa [4.45] in en se e solo se la matrice(A) e invertibile (cioe se e solo se det A -I 0) e la soluzione vale

E possibile most rare che, se (A) e la rappresentazione matriciale ddl'operatore A in una certa base {;.!;(j)}r di V, allora la rappresentazioJl(,matriciale di A * nella base duale e fornita dalla matrice AT traspos/'({di (A):

n n

h = L(A *)jdi = L fi(A)iji=1 i=1

dove (CA) e la matrice dei cofattori di (A). Per poter trasferire questorisultato in V dovremo pero assicurarci che l'invertibilita delIa matrice(A) sia una proprieta condivisa da tutte Ie matrici che rappresentanol'operatore A, non dip end a cioe dalla base prescelta. Nel nostro e-sempio ci piacerebbe quindi associare ad ogni operatore su uno spaziofinito-dimensionale una nozione intrinseca di determinante, indipen-dente dalla base.

In generale, nella formulazione matematica delle leggi delIa fisica gio-cano un molo import ante Ie proprieta di invarianza rispetto a sistemidi riferimento diversi 0, come si dice, per trasformazioni di coordinateo per cambiamenti di base. E quindi importante:i) stabilire come si trasformano gli enti matematici (gli scalari, i vettori,Ie matrici e, pili in generale, i tensori) che descrivono Ie quantita fisiche,in seguito a tali trasformazioni;

Rispetto alIa base {;r(j)*}r l'equazione j = A* f, con j = 2:n_ jxUl*,",n (.)* )-1 )-f = 6j=1 fj;r) E V*, ammette quindi la realizzazione

che ~ornisce la ~egola di "~ol~iplicazione da destra" delIa mat rice (A)?er 11 vettore nga f E en . E lasciata al lettore la dimostrazione ell<'11 rango di A * e uguale al rango di A.

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Se ;r = 2:~=1!;k;r(k) e un elemento di V, f = 2:~-1 fkX(k)* C 1111

elemento di V* e vale la [4.38], il funzionale lineare: - -

Poiche ogni spazio vettoriale complesso V e isomorfo a en, illettore sisara sicuramente chiesto percM si continui a studiare spazi V astratti,invece di concentrare la nostra attenzione solo su en, spazio a noifamiliare, nel quale possiamo utilizzare ben noti risultati di algebralineare e di teoria delle matrici.

La ragione di questa ostinazione e che, a prescindere dall'indubbiaeleganza di una trattazione astratta e generale, l'isomorfismo tra V een si realizza attraverso la scelta di una base di V; quindi i risultatidimostrati in en sono validi in generale solo se non dipendono dallabase scelta, cioe solo se sono invarianti per isomorfismi.

Se, ad esempio, si vuole studiare la risolubilita dell'equazione [4.25]in V, siamo senz'altro portati a consider are il sistema algebrico

esprime 10 scalare f(;r) attraverso Ie componenti dei vettori x E V (.f. E V*. La [4.41] su~gerisce di rappresentare Ie componenti f~ ... ,IIIdl f nella base {;r()) }r come vettore riga:

e di interpretare l'applicazione f(;r) come il prodotto delIa matric('rettangolare 1xn rappresentata dal vettore riga [4.42] per la matric('nx1 rappresentata dal vettore colonna [4.15].

La corrispondenza tra V e V* permette infine di associare ad 1111

generico operatore A su V l' operatore A * "aggiunto" 0 "duale" di .A,attraverso l'equazione

n

L aik!;k = 1/i, i = 1, ... , n,k=1

di n equazioni nelle n incognite !;i,i = 1, ... , n, al quale l'equazione[4.25] si riduce in una certa base. Allora la regola di Cramer ci assicurache esiste unica la soluzione delIa [4.45] in en se e solo se la matrice(A) e invertibile (cioe se e solo se det A -I 0) e la soluzione vale

E possibile most rare che, se (A) e la rappresentazione matriciale ddl'operatore A in una certa base {;.!;(j)}r di V, allora la rappresentazioJl(,matriciale di A * nella base duale e fornita dalla matrice AT traspos/'({di (A):

n n

h = L(A *)jdi = L fi(A)iji=1 i=1

dove (CA) e la matrice dei cofattori di (A). Per poter trasferire questorisultato in V dovremo pero assicurarci che l'invertibilita delIa matrice(A) sia una proprieta condivisa da tutte Ie matrici che rappresentanol'operatore A, non dip end a cioe dalla base prescelta. Nel nostro e-sempio ci piacerebbe quindi associare ad ogni operatore su uno spaziofinito-dimensionale una nozione intrinseca di determinante, indipen-dente dalla base.

In generale, nella formulazione matematica delle leggi delIa fisica gio-cano un molo import ante Ie proprieta di invarianza rispetto a sistemidi riferimento diversi 0, come si dice, per trasformazioni di coordinateo per cambiamenti di base. E quindi importante:i) stabilire come si trasformano gli enti matematici (gli scalari, i vettori,Ie matrici e, pili in generale, i tensori) che descrivono Ie quantita fisiche,in seguito a tali trasformazioni;

Rispetto alIa base {;r(j)*}r l'equazione j = A* f, con j = 2:n_ jxUl*,",n (.)* )-1 )-f = 6j=1 fj;r) E V*, ammette quindi la realizzazione

che ~ornisce la ~egola di "~ol~iplicazione da destra" delIa mat rice (A)?er 11 vettore nga f E en . E lasciata al lettore la dimostrazione ell<'11 rango di A * e uguale al rango di A.

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ii) individuare quelle quantita che restano invarianti rispetto a lalltrasformazioni e che quindi rappresentano delle proprieta "intrillsI'dll'dell'oggetto fisico".

Consideriamo un cambiamento di base {z(j)H ---* {;r.(j)'}!', .1,-scritto dall'operatore lineare T mediante la trasformazione

in modo tale che Ie coordinate di {k nella base {;r.(j)} siano uguali allecoordinate di ;r. nella base {;r.(j)/}. Poiche, rispetto alIa base {;r.(j)},l'equazione [4.49] prende la forma {i = L~=1aik~k, la richiesta cheti = ~~e l'equazione [4.48] portano al risultato, peraltro intuitivo, chetra il cambiamento di base [4.46] e la trasformazione dei vettori [4.49]c'e una relazione inversa:n n

[4.46] ;r.(j)' = T;r.(j) = 2:Tkj;r.(k) = 2:(TT)jk;r.(k) , j = 1, ... , nk=1 k=1

dove Tij e la rappresentazione matriciale dell'operatore T nella ha~;,'

{;r.(j) H (si puo mostrare che, affinche l'insieme dei vettori ;r.(j)', ddill iIIdalla [4.46], costituisca una base di V, e necessario e sufficiente ell(' Iii

mat rice (T) sia invertibile).II vettore ;r. EVe equivalentemente rappresentato mediante Ie ~'11"

componenti rispetto alIe due basi {±(j)H e {±(j)'H':

Una semplice applicazione di questo risultato ai vettori del piano cor-risponde alIa matrice (cfr. par. 1.1, [1.23])

(T) = Rre) = (co~e sine)\ ~ sm e cos e

che ruota gli assi cartesiani di un angolo e. Considerando il punta divista alternativo, al generico vettore ;r. e applicato l'operatore (R( e))-1= R( -e), che 10 ruota di -e.

Possiamo quindi affermare che:i) i vettori (6, ... ,~nf e (6""',~n'f di en sono Ie coordinate diuno stesso vettore di V nelle basi h(j) H e {±(j)' H rispettivamente,se e solo se vale la [4.48];ii) i vettori ± e {k di V hanno Ie stesse coordinate nelle basi h(j)'}]' e{;r.(j)}]' rispettivamente, se e solo se valgono Ie [4.49] [4.50].

In seguito a1 cambiamento di base [4.46] valgono risultati analoghiper i vettori delIo spazio duale e per Ie trasformazioni lineari su V;essi sono raccolti nella seguente proposizione, la cui dimostrazione elasciata al let tore.

Proposizione 4.5i) In seguito alla trasformazione [4.46] Ie basi {±(j)*H e {;r.cn*'}]',duali di {;r.(j)}]' e di {;r.(j)'}]', si trasformano secondo l'equazione

n n

X = "\"' tx(j) = "\"' t'x(j) I- ~ ':,1,_ L-t ':,1,-

i=1 i=l

In seguito al cambiamento di base [4.46]' queste componenti SOil"trasformate nel seguente modo:

~i = 2:.1ik~k' =} ~/ = L:)T-1 )ik~kk=l k=1

da cui segue la [4.48]' in virtl1 dell'indipendenza dei vettori ±(j) _l~1

mostri che anche il risultato opposto e vero: se i vettori di en (6, ... ,~n)T e (~/, ... ,~n')T sono legati dall'equazione [4.41]' allora essi SOil"Ie componenti di uno stesso vettore di V, nelle basi {±(j)} e {:rCIi'lrispettivamente.

Invece di prendere in esame il cambiamento di base [4.46], COli Iii

conseguente determinazione delle coordinate di ± nella base {±CJ)/ I,si puo usare un punta di vista alternativo in cui, mantenendo fissa 1:1base {;r.(j)} , si realizza una trasformazione del vettore ± in un !lIIOV"vet tore {k:

n[4.51] ±(j)*' = B±(j)* = LBkj±(k)*, (Bf = (T)-l

k=l

dove (B)ij = Bij e la matrice dell'operatore B : V* ---* V* nella baseh(j)}]'·ii) I vettori riga (iI, ... , In) e Uf, ... ,In) di en sono Ie coordinate diuno stesso vettore di V* nelle basi {±(j)*}]' e {;r.(j)*/}]' rispettivamente,se e solo se

n

Ij = L!k1kjk=l

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ii) individuare quelle quantita che restano invarianti rispetto a lalltrasformazioni e che quindi rappresentano delle proprieta "intrillsI'dll'dell'oggetto fisico".

Consideriamo un cambiamento di base {z(j)H ---* {;r.(j)'}!', .1,-scritto dall'operatore lineare T mediante la trasformazione

in modo tale che Ie coordinate di {k nella base {;r.(j)} siano uguali allecoordinate di ;r. nella base {;r.(j)/}. Poiche, rispetto alIa base {;r.(j)},l'equazione [4.49] prende la forma {i = L~=1aik~k, la richiesta cheti = ~~e l'equazione [4.48] portano al risultato, peraltro intuitivo, chetra il cambiamento di base [4.46] e la trasformazione dei vettori [4.49]c'e una relazione inversa:n n

[4.46] ;r.(j)' = T;r.(j) = 2:Tkj;r.(k) = 2:(TT)jk;r.(k) , j = 1, ... , nk=1 k=1

dove Tij e la rappresentazione matriciale dell'operatore T nella ha~;,'

{;r.(j) H (si puo mostrare che, affinche l'insieme dei vettori ;r.(j)', ddill iIIdalla [4.46], costituisca una base di V, e necessario e sufficiente ell(' Iii

mat rice (T) sia invertibile).II vettore ;r. EVe equivalentemente rappresentato mediante Ie ~'11"

componenti rispetto alIe due basi {±(j)H e {±(j)'H':

Una semplice applicazione di questo risultato ai vettori del piano cor-risponde alIa matrice (cfr. par. 1.1, [1.23])

(T) = Rre) = (co~e sine)\ ~ sm e cos e

che ruota gli assi cartesiani di un angolo e. Considerando il punta divista alternativo, al generico vettore ;r. e applicato l'operatore (R( e))-1= R( -e), che 10 ruota di -e.

Possiamo quindi affermare che:i) i vettori (6, ... ,~nf e (6""',~n'f di en sono Ie coordinate diuno stesso vettore di V nelle basi h(j) H e {±(j)' H rispettivamente,se e solo se vale la [4.48];ii) i vettori ± e {k di V hanno Ie stesse coordinate nelle basi h(j)'}]' e{;r.(j)}]' rispettivamente, se e solo se valgono Ie [4.49] [4.50].

In seguito a1 cambiamento di base [4.46] valgono risultati analoghiper i vettori delIo spazio duale e per Ie trasformazioni lineari su V;essi sono raccolti nella seguente proposizione, la cui dimostrazione elasciata al let tore.

Proposizione 4.5i) In seguito alla trasformazione [4.46] Ie basi {±(j)*H e {;r.cn*'}]',duali di {;r.(j)}]' e di {;r.(j)'}]', si trasformano secondo l'equazione

n n

X = "\"' tx(j) = "\"' t'x(j) I- ~ ':,1,_ L-t ':,1,-

i=1 i=l

In seguito al cambiamento di base [4.46]' queste componenti SOil"trasformate nel seguente modo:

~i = 2:.1ik~k' =} ~/ = L:)T-1 )ik~kk=l k=1

da cui segue la [4.48]' in virtl1 dell'indipendenza dei vettori ±(j) _l~1

mostri che anche il risultato opposto e vero: se i vettori di en (6, ... ,~n)T e (~/, ... ,~n')T sono legati dall'equazione [4.41]' allora essi SOil"Ie componenti di uno stesso vettore di V, nelle basi {±(j)} e {:rCIi'lrispettivamente.

Invece di prendere in esame il cambiamento di base [4.46], COli Iii

conseguente determinazione delle coordinate di ± nella base {±CJ)/ I,si puo usare un punta di vista alternativo in cui, mantenendo fissa 1:1base {;r.(j)} , si realizza una trasformazione del vettore ± in un !lIIOV"vet tore {k:

n[4.51] ±(j)*' = B±(j)* = LBkj±(k)*, (Bf = (T)-l

k=l

dove (B)ij = Bij e la matrice dell'operatore B : V* ---* V* nella baseh(j)}]'·ii) I vettori riga (iI, ... , In) e Uf, ... ,In) di en sono Ie coordinate diuno stesso vettore di V* nelle basi {±(j)*}]' e {;r.(j)*/}]' rispettivamente,se e solo se

n

Ij = L!k1kjk=l

Page 32: Metodi Matematici Della Fisica (Cap 4) - Bernardini, Ragnisco, Santini

iii) I v~ttori f e j E V* hanno la stesse coordinate nelle basi {~(j)*' He {~(J) }r rispettivamente, se e solo se

E inoltre possibile most rare che anche tr A e det A sono invarianti pertrasformazioni di similitudine:

n

LTikA~j =k=l

tr AI = tr(T-1 AT) = tr(ATT-1) = tr A

det AI = det(T-1 AT) = det(T-1) det(A) det(T) == (detT)-l detAdetT = detA

e quindi sono grandezze intrinseche dell'operatore rappresentato dallematrici A e AI.

Un'altra grandezza intrinseca associata all'operatore A e il suo "poli-nomio caratteristico" P A (A):

j = (Tf f, f = Bj, (B)T = (T)-l

iv) Le matrici (A) e (AI) sono Ie rappresentazioni matriciali di unostesso operatore lineare rispetto alle basi {~(j)}r e {~(j)/}! rispetti-vamente, se e solo se la relazione tra Ie matrici (A) e (AI) e fornita.dall' equazione

[4.57] PA(A) = det(A - AI) = LCn_jAj = II(Ak - A), A E Cj=O k=l= L AikTb => (T)(A/) = (A)(T), (AI) = (T)-l(A)(T)

k=l

v) Gli operatori A e A hanno la stessa rappresentazione matriciaknelle basi {xU)}! e {~U)/}r rispettivamente, se e solo se

Ne segue in particolare che i coefficienti Cj, j = 1, ... ,n del polinomiocaratteristico (e quindi i suoi zeri AI, ... , An) sono invarianti per tra-sformazioni di similitudine e quindi sono grandezze intrinseche dell'ope-ratore A; gli zeri di peA) sono detti autovalori di A (cfr. par. 4.2.5).Osserviamo che tr A e det A sono due fra i coefficienti del polinomiocaratteristico: precisamente si ha che Co= (-1)n, Cl = (-1)n-1tr Ae Cn = det A. Osserviamo inoltre che i coefficienti Cj del polinomiocaratteristico e gli autovalori di A sono legati dalle relazioni:

I vettori colonna che, in seguito al cambiamento di base [4.46f, sitrasformano secondo la [4.48], sono detti controvarianti, poiche latrasformazione delle loro coordinate e l'inversa delIa trasposta delIatrasformazione delIa base.

I vettori riga che, invece, si trasformano secondo la [4.52], sono detticovarianti, poiche si trasformano come la base.. DU~ ~atrici (A) e (AI) s~no ~ette ~imili se esiste una matrice (T)lllvertlbIle che Ie lega tramlte 1equazlOne [4.54]. La trasformazione[4.54]e detta di similitudine 0 canonica. Allora due matrici sono similise e solo se sono Ie rappresentazioni matriciali di uno stesso operatore.Ad ogni operatore su V e quindi associata una classe di matrici simili(mostrare che e una classe di equivalenza).

Avendo ottenuto Ie leggi di trasformazione di vettori e matrici cioccupiamo ora di invarianti. Notiamo innanzitutto che equazioni' al-gebriche tra matrici sono invarianti per trasformazioni di similitudine'basta infatti osservare che, se AI = T-1 AT e BI = T-l BT, allora '

n

Cl = (_l)n-l L Ai,i=l

C2 = (_1)n-2 L Ai1Ai2

il <i2

n

c3 = (_1)n-3 L AilAi2Ai3"'" cn = IIAi

il<i2<i3 i=l

da cui deduciamo la ben nota rappresentazione di tr A e det A at-traverso gli autovalori di A: tr A = L~=l Ai, det A = I1~=1Ai'

Per il polinomio caratteristico [4.50]vale l'identita di Cayley-Hamil-ton:

CAI = T-1(cA)T

A' + BI = T-1(A + B)T, A/BI = T-1(AB)T

n

PA(A) = LCn-kAk = 0k=O

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iii) I v~ttori f e j E V* hanno la stesse coordinate nelle basi {~(j)*' He {~(J) }r rispettivamente, se e solo se

E inoltre possibile most rare che anche tr A e det A sono invarianti pertrasformazioni di similitudine:

n

LTikA~j =k=l

tr AI = tr(T-1 AT) = tr(ATT-1) = tr A

det AI = det(T-1 AT) = det(T-1) det(A) det(T) == (detT)-l detAdetT = detA

e quindi sono grandezze intrinseche dell'operatore rappresentato dallematrici A e AI.

Un'altra grandezza intrinseca associata all'operatore A e il suo "poli-nomio caratteristico" P A (A):

j = (Tf f, f = Bj, (B)T = (T)-l

iv) Le matrici (A) e (AI) sono Ie rappresentazioni matriciali di unostesso operatore lineare rispetto alle basi {~(j)}r e {~(j)/}! rispetti-vamente, se e solo se la relazione tra Ie matrici (A) e (AI) e fornita.dall' equazione

[4.57] PA(A) = det(A - AI) = LCn_jAj = II(Ak - A), A E Cj=O k=l= L AikTb => (T)(A/) = (A)(T), (AI) = (T)-l(A)(T)

k=l

v) Gli operatori A e A hanno la stessa rappresentazione matriciaknelle basi {xU)}! e {~U)/}r rispettivamente, se e solo se

Ne segue in particolare che i coefficienti Cj, j = 1, ... ,n del polinomiocaratteristico (e quindi i suoi zeri AI, ... , An) sono invarianti per tra-sformazioni di similitudine e quindi sono grandezze intrinseche dell'ope-ratore A; gli zeri di peA) sono detti autovalori di A (cfr. par. 4.2.5).Osserviamo che tr A e det A sono due fra i coefficienti del polinomiocaratteristico: precisamente si ha che Co= (-1)n, Cl = (-1)n-1tr Ae Cn = det A. Osserviamo inoltre che i coefficienti Cj del polinomiocaratteristico e gli autovalori di A sono legati dalle relazioni:

I vettori colonna che, in seguito al cambiamento di base [4.46f, sitrasformano secondo la [4.48], sono detti controvarianti, poiche latrasformazione delle loro coordinate e l'inversa delIa trasposta delIatrasformazione delIa base.

I vettori riga che, invece, si trasformano secondo la [4.52], sono detticovarianti, poiche si trasformano come la base.. DU~ ~atrici (A) e (AI) s~no ~ette ~imili se esiste una matrice (T)lllvertlbIle che Ie lega tramlte 1equazlOne [4.54]. La trasformazione[4.54]e detta di similitudine 0 canonica. Allora due matrici sono similise e solo se sono Ie rappresentazioni matriciali di uno stesso operatore.Ad ogni operatore su V e quindi associata una classe di matrici simili(mostrare che e una classe di equivalenza).

Avendo ottenuto Ie leggi di trasformazione di vettori e matrici cioccupiamo ora di invarianti. Notiamo innanzitutto che equazioni' al-gebriche tra matrici sono invarianti per trasformazioni di similitudine'basta infatti osservare che, se AI = T-1 AT e BI = T-l BT, allora '

n

Cl = (_l)n-l L Ai,i=l

C2 = (_1)n-2 L Ai1Ai2

il <i2

n

c3 = (_1)n-3 L AilAi2Ai3"'" cn = IIAi

il<i2<i3 i=l

da cui deduciamo la ben nota rappresentazione di tr A e det A at-traverso gli autovalori di A: tr A = L~=l Ai, det A = I1~=1Ai'

Per il polinomio caratteristico [4.50]vale l'identita di Cayley-Hamil-ton:

CAI = T-1(cA)T

A' + BI = T-1(A + B)T, A/BI = T-1(AB)T

n

PA(A) = LCn-kAk = 0k=O

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la cui dimostrazione si basa suI fatto che e possibile "dividere" l'opcratore PA(A)I per l'operatore (AI - A) nel seguente modo

Rispetto a una certa base, l'equazione [4.62] si riduce al sistemaalgebrico omogeneo

(aii-A)Vi+2::aikVk=O, i=l, ... ,nki-i

dove gli operatori "quoziente" Q(A) e "resto" R, univocamente dekrminati dalla [4.59] e dalla richiesta che R non dipenda da A, valgoJlo

n-l n-j-l

Q(A) = 2:: QjAj, Qj = 2:: Cn_j_s_lAS

j=O 8=0

che ammette una soluzione VI, ... , Vn non nulla se e solo se A e unadelle radici del polinomio caratteristico PA(A) = O.

Essendo invariante per cambiamenti di base, il polinomio caratte-ristico e una quantita intrinseca dell'operatore A; cosl come 10 sonoIe sue radici Aj, j = 1, ... ,n, che quindi costituiscono l'insieme degliautovalori di A.

n-l

R = 2:: cn-jAj = PA(A)j=O

Se, in una certa base, un operatore acquista una forma matriciale sem-plice, ad esempio diagonale, triangolare, diagonale a blocchi, e possibilededurre molte proprieta spettrali e di struttura dell'operatore col mi-nima sforzo. Dato un operatore su V nasce quindi il duplice problemadi cap ire se esso puo assumere una certa forma matriciale semplice ecome ottenerla, cioe come individuare la base ad essa associata.

Ci chiediarno, ad esempio, se un operatore e diagonalizzabile, se cioeesista una base rispetto alla quale esso e diagonale, e quale sia questabase; giungiamo allora al risultato seguente: un operatore lineare Asullo spazio vettoriale n-dimensionale V e diagonalizzabile se e solo seesso possiede n autovettori indipendenti.

Infatti, se {J,Jj) r? e la base associata aHa forma diagonale Aij =ajOij di A, allora

Se A e tale che PA(A) =J 0, allora la rnatrice A - AI e invertibile ('come nella [4.45'], (A - AI)-1 = l/p(A) CA-AI (in seguito, CA-A/'

e abbreviato C). L'identita I = (A - AI) -1 (A - AI) viene quind iriscritta nella forma p(A)I = -C(AI - A) che, tramite la [4.59]' permette l'identificazione di Q con -C e di R = PA(A) con la matric('nulla.

Una dimostrazione pHl diretta dell'identita di Cayley-Hamilton, va-lida per operatori che arnmettono una decomposizione spettrale, e riportata nel par. 4.2.5.

II polinomio caratteristico PA (A) e associato in modo naturale al cosid-detto problema agli autovalori per l'operatore A:

Tn

Ax(j) = ~ Ak x(k) = n,.·x(j) . 1_ ~ .]_ '--']_' J = , ... ,nk=1

e quindi A possiede gli n autovettori indipendenti y(j) = :];(j), j =1, ... ,n in corrispondenza agli autovalori Aj = aj' Viceversa, se'Jl(j) . j = 1, ... , n sono autovettori indipendenti di A, aHora, rispettoaHa base di questi autovettori, l'operatore A viene rappresentato dauna matrice diagonale i cui elementi sono proprio gli autovalori di A:AD = diag(Al,' .. ,An)' Infatti:

che consiste nel determinare per quali va10ri del parametro comples8oA I' equazione agli autovalori [4.62] ammette soluzioni Jl. E V non nullc.Lo seal are A ed il vettore Jl. non nullo di V che verificano la [4.62]sono detti, rispettivamente, autovalore (0 valore caratteristico 0 va-lore proprio) ed autovettore (0 vettore caratteristico 0 vettore proprio)deH'operatore A. L'insieme degli autovalori di A costituisce il cosid-detto spettro (discreto) di A. Si ha che A appartiene all'insieme degliautovalori di A se e solo se l'operatore AI - A non e invertibile.

n

AJl.(j) = 2:: AijJl.(i) = AjJl.(j) '* Ai] = OJ)Aj

i=1

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la cui dimostrazione si basa suI fatto che e possibile "dividere" l'opcratore PA(A)I per l'operatore (AI - A) nel seguente modo

Rispetto a una certa base, l'equazione [4.62] si riduce al sistemaalgebrico omogeneo

(aii-A)Vi+2::aikVk=O, i=l, ... ,nki-i

dove gli operatori "quoziente" Q(A) e "resto" R, univocamente dekrminati dalla [4.59] e dalla richiesta che R non dipenda da A, valgoJlo

n-l n-j-l

Q(A) = 2:: QjAj, Qj = 2:: Cn_j_s_lAS

j=O 8=0

che ammette una soluzione VI, ... , Vn non nulla se e solo se A e unadelle radici del polinomio caratteristico PA(A) = O.

Essendo invariante per cambiamenti di base, il polinomio caratte-ristico e una quantita intrinseca dell'operatore A; cosl come 10 sonoIe sue radici Aj, j = 1, ... ,n, che quindi costituiscono l'insieme degliautovalori di A.

n-l

R = 2:: cn-jAj = PA(A)j=O

Se, in una certa base, un operatore acquista una forma matriciale sem-plice, ad esempio diagonale, triangolare, diagonale a blocchi, e possibilededurre molte proprieta spettrali e di struttura dell'operatore col mi-nima sforzo. Dato un operatore su V nasce quindi il duplice problemadi cap ire se esso puo assumere una certa forma matriciale semplice ecome ottenerla, cioe come individuare la base ad essa associata.

Ci chiediarno, ad esempio, se un operatore e diagonalizzabile, se cioeesista una base rispetto alla quale esso e diagonale, e quale sia questabase; giungiamo allora al risultato seguente: un operatore lineare Asullo spazio vettoriale n-dimensionale V e diagonalizzabile se e solo seesso possiede n autovettori indipendenti.

Infatti, se {J,Jj) r? e la base associata aHa forma diagonale Aij =ajOij di A, allora

Se A e tale che PA(A) =J 0, allora la rnatrice A - AI e invertibile ('come nella [4.45'], (A - AI)-1 = l/p(A) CA-AI (in seguito, CA-A/'

e abbreviato C). L'identita I = (A - AI) -1 (A - AI) viene quind iriscritta nella forma p(A)I = -C(AI - A) che, tramite la [4.59]' permette l'identificazione di Q con -C e di R = PA(A) con la matric('nulla.

Una dimostrazione pHl diretta dell'identita di Cayley-Hamilton, va-lida per operatori che arnmettono una decomposizione spettrale, e riportata nel par. 4.2.5.

II polinomio caratteristico PA (A) e associato in modo naturale al cosid-detto problema agli autovalori per l'operatore A:

Tn

Ax(j) = ~ Ak x(k) = n,.·x(j) . 1_ ~ .]_ '--']_' J = , ... ,nk=1

e quindi A possiede gli n autovettori indipendenti y(j) = :];(j), j =1, ... ,n in corrispondenza agli autovalori Aj = aj' Viceversa, se'Jl(j) . j = 1, ... , n sono autovettori indipendenti di A, aHora, rispettoaHa base di questi autovettori, l'operatore A viene rappresentato dauna matrice diagonale i cui elementi sono proprio gli autovalori di A:AD = diag(Al,' .. ,An)' Infatti:

che consiste nel determinare per quali va10ri del parametro comples8oA I' equazione agli autovalori [4.62] ammette soluzioni Jl. E V non nullc.Lo seal are A ed il vettore Jl. non nullo di V che verificano la [4.62]sono detti, rispettivamente, autovalore (0 valore caratteristico 0 va-lore proprio) ed autovettore (0 vettore caratteristico 0 vettore proprio)deH'operatore A. L'insieme degli autovalori di A costituisce il cosid-detto spettro (discreto) di A. Si ha che A appartiene all'insieme degliautovalori di A se e solo se l'operatore AI - A non e invertibile.

n

AJl.(j) = 2:: AijJl.(i) = AjJl.(j) '* Ai] = OJ)Aj

i=1

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Se (A) e la rappresentazione matriciale dell'operatore A diagonaliz--zabile in una data base {~(j) n, e logico chiedersi Quale sia la trasfor-mazione (di similitudine) che trasforma la matrice (A) in AD, I"trasformazione cioe che "diagonalizza" (A). Essa e fornita dall'equa-zione

AI, ... ,An gli autovalori di A (eventualmente degeneri); se A e diago-nalizzabile (se cioe possiede n autovettori indipendenti :!l(1), ... , :!l(n)),allora:i) L 'operatore A ammette la "decomposizione spettrale" 0 "forma spet-trale"

nA = LAkP(k)

k=ldove vij

) e la i-esima componente del j-esimo autovettore di A nellabase h(j) n. Infatti, nella base data,

n n n

LAikvij) = Ajvi

j) =} LAikTkj = AjTij = LTikDkjAj

k=l k=l k=l

mediante gli operatori di proiezione p(k), k = 1, ... , n che soddisfanole eq11azioni

LP(i) = Ii=l

e quindi (A)(T) = (T)AD (si noti che l'indipendenza degli autovettoriimplica che det T # 0, e quindi l'esistenza della matrice T-1).

E conveniente decomporre AD nel seguente modo

n

AD = L AkP~), (P~))ij = DijDikk=l

e che quindi decompongono lo spazio V nella somma diretta di n sot-tospazi L1, ... ,Ln indipendenti. Il sottospazio Lj e la varieta lineareassociata all 'autovettore :!l(j),. e quindi unidimensionale ed invarianterispetto ad A, con A~ = Aj~ se ;r: EO Lj.ii) In una generica base {;r:(j)} il proiettore p(k) e rappresentato dallamatrice

ed e immediato verificare che Ie matrici diagonali p£), i = 1, ... , nsoddisfano Ie equazioni [4.35] e [4.36] e quindi decompongono 10 spazioen in n sottospazi indipendenti e unidimensionali, ciascuno contc-ncnte un elemento della base canonica di en. L'equazione [4.65] for-nisce la cosiddetta "decomposizione spettrale" 0 "forma spettrale"dell'operatore A nella base dei suoi autovettori. Applicando la trasfor-mazione di similitudine all'equazione [4.65]si ottiene la decomposizionespettrale

dove vij) e la componente i-esima delj-esimo autovettore di A rispettoalla base {;r:(j)}.iii) La matrice AD = diag(Al,"" An) rappresenta l'operatore A nellabase dei suoi autovettori. La matrice (A) che lo rappresenta nella baseh(j)} e trasformata nella matrice diagonale AD (e cioe diagonaliz-zata) attraverso la trasformazione di similitudine

dell'operatore A rispetto ad una qualsiasi base di V; gli operatorip(k), k = 1, ... ,n sono definiti dalla trasformazione di similitudinep(k) = TP~)T-l; quindi godono anch'essi delle proprieta [4.35] e[4.36]. Vogliamo riassumere questi risultati nel seguente importanteteorema.

Teorema 4.3. Teorema spettrale per operatori diagonalizzabili. Sia Aun operatore lineare sullo spazio vettoriale V di dimensione n e siano

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Se (A) e la rappresentazione matriciale dell'operatore A diagonaliz--zabile in una data base {~(j) n, e logico chiedersi Quale sia la trasfor-mazione (di similitudine) che trasforma la matrice (A) in AD, I"trasformazione cioe che "diagonalizza" (A). Essa e fornita dall'equa-zione

AI, ... ,An gli autovalori di A (eventualmente degeneri); se A e diago-nalizzabile (se cioe possiede n autovettori indipendenti :!l(1), ... , :!l(n)),allora:i) L 'operatore A ammette la "decomposizione spettrale" 0 "forma spet-trale"

nA = LAkP(k)

k=ldove vij

) e la i-esima componente del j-esimo autovettore di A nellabase h(j) n. Infatti, nella base data,

n n n

LAikvij) = Ajvi

j) =} LAikTkj = AjTij = LTikDkjAj

k=l k=l k=l

mediante gli operatori di proiezione p(k), k = 1, ... , n che soddisfanole eq11azioni

LP(i) = Ii=l

e quindi (A)(T) = (T)AD (si noti che l'indipendenza degli autovettoriimplica che det T # 0, e quindi l'esistenza della matrice T-1).

E conveniente decomporre AD nel seguente modo

n

AD = L AkP~), (P~))ij = DijDikk=l

e che quindi decompongono lo spazio V nella somma diretta di n sot-tospazi L1, ... ,Ln indipendenti. Il sottospazio Lj e la varieta lineareassociata all 'autovettore :!l(j),. e quindi unidimensionale ed invarianterispetto ad A, con A~ = Aj~ se ;r: EO Lj.ii) In una generica base {;r:(j)} il proiettore p(k) e rappresentato dallamatrice

ed e immediato verificare che Ie matrici diagonali p£), i = 1, ... , nsoddisfano Ie equazioni [4.35] e [4.36] e quindi decompongono 10 spazioen in n sottospazi indipendenti e unidimensionali, ciascuno contc-ncnte un elemento della base canonica di en. L'equazione [4.65] for-nisce la cosiddetta "decomposizione spettrale" 0 "forma spettrale"dell'operatore A nella base dei suoi autovettori. Applicando la trasfor-mazione di similitudine all'equazione [4.65]si ottiene la decomposizionespettrale

dove vij) e la componente i-esima delj-esimo autovettore di A rispettoalla base {;r:(j)}.iii) La matrice AD = diag(Al,"" An) rappresenta l'operatore A nellabase dei suoi autovettori. La matrice (A) che lo rappresenta nella baseh(j)} e trasformata nella matrice diagonale AD (e cioe diagonaliz-zata) attraverso la trasformazione di similitudine

dell'operatore A rispetto ad una qualsiasi base di V; gli operatorip(k), k = 1, ... ,n sono definiti dalla trasformazione di similitudinep(k) = TP~)T-l; quindi godono anch'essi delle proprieta [4.35] e[4.36]. Vogliamo riassumere questi risultati nel seguente importanteteorema.

Teorema 4.3. Teorema spettrale per operatori diagonalizzabili. Sia Aun operatore lineare sullo spazio vettoriale V di dimensione n e siano

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nl

p(l) = L p(S),

8=1

nl+n2PA(2) = '" ( )L pS', ...

Il teorema 4.3 si basa sull'unica ipotesi che l'operatore A posseggan autovettori indipendenti. Questa proprieta non e sempre vera, adesempio l'operatore di derivazione su Pn (10 spazio dei polinomi digrado < n) ha n autovalori coincidenti ed uguali a 0 ed il solo autovet-tore costante. Una condizione sufficiente per l'esistenza di autovettoriindipendenti e contenuta nella seguente proposizione.

Proposizione 4.6. Condizione sufficiente affinche un operatore A pos-segga almeno m :s; n autovettori indipendenti e che possegga m auto-valori distinti.

m

A = Ll1kP(k)k=l

m\p(i) = IL..-ii=l

Dimostrazione. Per induzione. Mostriamo innanzitutto che, se Al l'A2, aHora i corrispondenti autovettori Q(l), Q(2) sono indipendenti.Assumiamo per assurdo che Q(2) = (};IQ(l), (};l l' 0 ed applichiamol'operatore A ad ambo i membri dell'uguaglianza ottenendo (};l (A2 -Al)Q(l) = 0, che porta alla contraddizione Al = A2. Mostriamo infineche, se i primi I autovettori Q(k), k = 1, ... , I sono indipendenti, 10sonoanche i primi 1+1. Se, per assurdo, Q(lH) = ~i=l (};kQk),con (};kl' 0per qualche k = i, applicando A otteniamo ~~=l (};k(Ak - Al+I)Q(k) =0, che porta all'assurdo Ai = AlH'

Da questa proposizione segue che condizione sufficiente per l'esistenzadi n autovettori indipendenti dell'operatore A e, quindi, per l'applicabi-!ita del teorema 4.3, e che tutti gli autovalori di A siano distinti. Talecondizione non e necessaria (ad esempio l'operatore identita possieden autovalori uguali ad 1 ed n autovettori arbitrari, che quindi pos-sono essere scelti indi pendenti); e chiaro pero che eventuali ostacolialla costruzione di n autovettori indipendenti potranno solo venire dasituazioni di degenerazione degli autovalori.

Se l'autovalore 11k, k = 1, ... , m, ha molteplicita nk, intesa comemolteplicita delIa radice del polinomio caratteristico di A (1a cosid-detta "molteplicita algebrica" di 11k), con ~:=lnk = n:

e quindi deeompongono 10 spazio V nella somma diretta di m sottospaziMl, ... , Mm indipendenti. Il sottospazio Mj e 1a varieta lineare asso-eiata ag1i nj autovettori ehe eorrispondono all'autovalore I1j" esso haquindi dimensione nj ed e invariante rispetto ad A, con A;z:.= ILj;z:.se;z:.E Mj.

v) Un qua1unque polinomio 7f(A) del1'operatore A ammette 1a decom-posizione

m

. 7f(A) = L 7f(l1k)P(k)k=l

vi) Gli operatori di proiezione delia decomposizione spettrale [4.72]sono esp'rimibi1i come po1inomi dell 'operatoTe A ne1 seguente modo:

PA(A) = II(11k- A)nk

k=l

Dimostrazione. Restano da dimostrare Ie equazioni [4.74], [4.76] e[4.77], tutte conseguenze dirette delle equazioni [4.72]; la dimostrazionee lasciata al lettore. Usando la [4.75] e anche immediato dimostrareche operatori che ammettono una decomposizione spettrale soddisfanol'identita di Cayley-Hamilton.

sara quindi importante stabilire il numero mk di autovettori indipen-denti ad esso associati (1a cosiddetta "molteplicita geometrica" di 11k),che coincide ovviamente con la dimensione del nucleo dell'operatoreA - ILkI : mk = dim N(A - ILkI). E facile rendersi conto che:

Proposizione 4.7. La molteplicita geometric a di un autovalore non emaggiore dell a sua rnoltep!icita algebrica.

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nl

p(l) = L p(S),

8=1

nl+n2PA(2) = '" ( )L pS', ...

Il teorema 4.3 si basa sull'unica ipotesi che l'operatore A posseggan autovettori indipendenti. Questa proprieta non e sempre vera, adesempio l'operatore di derivazione su Pn (10 spazio dei polinomi digrado < n) ha n autovalori coincidenti ed uguali a 0 ed il solo autovet-tore costante. Una condizione sufficiente per l'esistenza di autovettoriindipendenti e contenuta nella seguente proposizione.

Proposizione 4.6. Condizione sufficiente affinche un operatore A pos-segga almeno m :s; n autovettori indipendenti e che possegga m auto-valori distinti.

m

A = Ll1kP(k)k=l

m\p(i) = IL..-ii=l

Dimostrazione. Per induzione. Mostriamo innanzitutto che, se Al l'A2, aHora i corrispondenti autovettori Q(l), Q(2) sono indipendenti.Assumiamo per assurdo che Q(2) = (};IQ(l), (};l l' 0 ed applichiamol'operatore A ad ambo i membri dell'uguaglianza ottenendo (};l (A2 -Al)Q(l) = 0, che porta alla contraddizione Al = A2. Mostriamo infineche, se i primi I autovettori Q(k), k = 1, ... , I sono indipendenti, 10sonoanche i primi 1+1. Se, per assurdo, Q(lH) = ~i=l (};kQk),con (};kl' 0per qualche k = i, applicando A otteniamo ~~=l (};k(Ak - Al+I)Q(k) =0, che porta all'assurdo Ai = AlH'

Da questa proposizione segue che condizione sufficiente per l'esistenzadi n autovettori indipendenti dell'operatore A e, quindi, per l'applicabi-!ita del teorema 4.3, e che tutti gli autovalori di A siano distinti. Talecondizione non e necessaria (ad esempio l'operatore identita possieden autovalori uguali ad 1 ed n autovettori arbitrari, che quindi pos-sono essere scelti indi pendenti); e chiaro pero che eventuali ostacolialla costruzione di n autovettori indipendenti potranno solo venire dasituazioni di degenerazione degli autovalori.

Se l'autovalore 11k, k = 1, ... , m, ha molteplicita nk, intesa comemolteplicita delIa radice del polinomio caratteristico di A (1a cosid-detta "molteplicita algebrica" di 11k), con ~:=lnk = n:

e quindi deeompongono 10 spazio V nella somma diretta di m sottospaziMl, ... , Mm indipendenti. Il sottospazio Mj e 1a varieta lineare asso-eiata ag1i nj autovettori ehe eorrispondono all'autovalore I1j" esso haquindi dimensione nj ed e invariante rispetto ad A, con A;z:.= ILj;z:.se;z:.E Mj.

v) Un qua1unque polinomio 7f(A) del1'operatore A ammette 1a decom-posizione

m

. 7f(A) = L 7f(l1k)P(k)k=l

vi) Gli operatori di proiezione delia decomposizione spettrale [4.72]sono esp'rimibi1i come po1inomi dell 'operatoTe A ne1 seguente modo:

PA(A) = II(11k- A)nk

k=l

Dimostrazione. Restano da dimostrare Ie equazioni [4.74], [4.76] e[4.77], tutte conseguenze dirette delle equazioni [4.72]; la dimostrazionee lasciata al lettore. Usando la [4.75] e anche immediato dimostrareche operatori che ammettono una decomposizione spettrale soddisfanol'identita di Cayley-Hamilton.

sara quindi importante stabilire il numero mk di autovettori indipen-denti ad esso associati (1a cosiddetta "molteplicita geometrica" di 11k),che coincide ovviamente con la dimensione del nucleo dell'operatoreA - ILkI : mk = dim N(A - ILkI). E facile rendersi conto che:

Proposizione 4.7. La molteplicita geometric a di un autovalore non emaggiore dell a sua rnoltep!icita algebrica.

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Dimostrazione. Ilnucleo Nk dell'operatore A - IlkI gode delle seguentiproprieta:i) e un sottospazio di V non nullo (contiene almeno un autovettore);ii) la sua dimensione e pari alla molteplicita geometric a mk di Ilk;iii) e invariante sotto l'azione di A e la restrizione AINk di A a Nkpossiede il solo autovalore Ilk; quindi det(AINk - AI) = (Ilk - A)mk•

D'altra parte, essendo AINk la restrizione di A su Nk, il det(AINk -AI)e un fattore del det(A - AI) da cui segue mk ::;nk.

Soltanto se mk = nk, k = 1, ... , m, il numero di autovettori di A in-dipendenti e pari a n e quindi l'operatore e diagonalizzabile. Possiamoanzi affermare, pili precisamente, che l'operatore lineare A sullo spaziovettoriale V di dimensione n possiede n autovettori indipendenti (ede quindi diagonalizzabile) se e solo se la molteplicita algebrica nk diogni autovalore Ilk, k = 1, ... ,m e pari alla sua molteplicita geometricamk (cioe se e solo se nk = dimN(A - IlkI) = n - dimR(A - IlkI)).Il controllo di questa proprieta e possibile, ad esempio, attraverso ilcalcolo del rango delle matrici (A) - IlkI, k = 1, ... , m che rappresen-tano gli operatori A - IlkI in una certa base, ed usando le proprietadi invarianza del range di una matrice.

Un operatore con autovalori degeneri e riducibile alla forma diago-nale dovra quindi avere proprieta assai speciali. Nel paragrafo seguenteprenderemo in considerazione esempi di operatori di grande rilevanzain fisica, come gli operatori hermitiani e unitari, che godono di tali pro-prieta e che quindi sono sempre diagonalizzabili. Nel resto di questoparagrafo ci occuperemo di operatori che non hanno un sistema com-pleto di autovettori e, quindi, non sono riducibili alla forma diago-nale; mostreremo tuttavia che esiste sempre un'opportuna base nellaquale essi assumono una forma relativamente semplice, la cosiddetta"forma canonica di Jordan". Per fare questo e richiesto un ulterioreapprofondimento delle proprieta di un operatore lineare su V e, inparticolare, delle possibili decomposizioni di V da esso indotte.

invariante rispetto ad A e di dimensione n - 1. Allora esistera ancheun sottospazio Ln-2 C Ln-1 di dimensione n - 2 e invariante rispettoad AILn_1 (e quindi rispetto ad A). Questo procedimento puo essereiterato fino alla costruzione del sottospazio L1 C L2 C ... C Ln-1 didimensione 1 e invariante rispetto ad A. Si e quindi dimostrato che,per ogni operatore lineare A sullo spazio n-dimensionale V, e possibileindividuare n sottospazi L1, ... , Ln di V, invarianti rispetto ad A etali che

Questa decomposizione dello spazio permette di selezionare la seguentebase di V rispetto alla quale la matrice che rappresenta A e triangolare:{xU)}n_ xU) E L A Lk(k < ]").- )-1' - ), "F •

La forma triangolare di un operatore permette di identificare a vistai suoi autovalori, che coincidono con gli elementi della diagonale prin-cipale. Poiche la decomposizione [4.79], [4.80] e la scelta della basenon sono uniche, ogni operatore lineare ammette pili di una formatriangolare.

Esiste un altro procedimento di riduzione, pili strutturato di quellotriangolare, che porta alla cosiddetta forma quasi diagonale a blocchidi un generico operatore e, se questo e diagonalizzabile, alla sua formadiagonale. Sia l/PA(A) = LZ~l rk(A)/(llk - A)nk l'espansione in frattiparziali dell'inverso del polinomio caratteristico [4.78]dell'operatore A(allora rk(A) e un polinomio in A di grade ::; nk - 1, invariante e taleche rdllk) oj 0). L'identita che ne deriva:

~ rk(A) II (Ila - A)ns = 1k=l s=l.s#k

Forma triangolare e quasi diagonale a blocchidi un generico operatore

Se Ilk e un autovalore di A, la varieta R(A - IlkI) e invariante rispettoad A ed ha dimensione ::; n - 1. Sia Ln-1 un qualunque sottospaziodi V di dimensione n - 1 che contiene R(A - IlkI), allora Ln-1 e unavarieta invariante rispetto ad A; infatti,\I,z;.E Ln-1 (anzi, \I,z;. E V), siha che (A - IlkIh E R(A - IlkI) C Ln-1. Abbiamo quindi dimostratochc, per ogni operatore lineare A su V, esiste un sottospazio Ln-1 C V,

F(kl(A) = rk(A) II (llsI - A)ns, k = 1,... ,m

s=l,#k

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Dimostrazione. Ilnucleo Nk dell'operatore A - IlkI gode delle seguentiproprieta:i) e un sottospazio di V non nullo (contiene almeno un autovettore);ii) la sua dimensione e pari alla molteplicita geometric a mk di Ilk;iii) e invariante sotto l'azione di A e la restrizione AINk di A a Nkpossiede il solo autovalore Ilk; quindi det(AINk - AI) = (Ilk - A)mk•

D'altra parte, essendo AINk la restrizione di A su Nk, il det(AINk -AI)e un fattore del det(A - AI) da cui segue mk ::;nk.

Soltanto se mk = nk, k = 1, ... , m, il numero di autovettori di A in-dipendenti e pari a n e quindi l'operatore e diagonalizzabile. Possiamoanzi affermare, pili precisamente, che l'operatore lineare A sullo spaziovettoriale V di dimensione n possiede n autovettori indipendenti (ede quindi diagonalizzabile) se e solo se la molteplicita algebrica nk diogni autovalore Ilk, k = 1, ... ,m e pari alla sua molteplicita geometricamk (cioe se e solo se nk = dimN(A - IlkI) = n - dimR(A - IlkI)).Il controllo di questa proprieta e possibile, ad esempio, attraverso ilcalcolo del rango delle matrici (A) - IlkI, k = 1, ... , m che rappresen-tano gli operatori A - IlkI in una certa base, ed usando le proprietadi invarianza del range di una matrice.

Un operatore con autovalori degeneri e riducibile alla forma diago-nale dovra quindi avere proprieta assai speciali. Nel paragrafo seguenteprenderemo in considerazione esempi di operatori di grande rilevanzain fisica, come gli operatori hermitiani e unitari, che godono di tali pro-prieta e che quindi sono sempre diagonalizzabili. Nel resto di questoparagrafo ci occuperemo di operatori che non hanno un sistema com-pleto di autovettori e, quindi, non sono riducibili alla forma diago-nale; mostreremo tuttavia che esiste sempre un'opportuna base nellaquale essi assumono una forma relativamente semplice, la cosiddetta"forma canonica di Jordan". Per fare questo e richiesto un ulterioreapprofondimento delle proprieta di un operatore lineare su V e, inparticolare, delle possibili decomposizioni di V da esso indotte.

invariante rispetto ad A e di dimensione n - 1. Allora esistera ancheun sottospazio Ln-2 C Ln-1 di dimensione n - 2 e invariante rispettoad AILn_1 (e quindi rispetto ad A). Questo procedimento puo essereiterato fino alla costruzione del sottospazio L1 C L2 C ... C Ln-1 didimensione 1 e invariante rispetto ad A. Si e quindi dimostrato che,per ogni operatore lineare A sullo spazio n-dimensionale V, e possibileindividuare n sottospazi L1, ... , Ln di V, invarianti rispetto ad A etali che

Questa decomposizione dello spazio permette di selezionare la seguentebase di V rispetto alla quale la matrice che rappresenta A e triangolare:{xU)}n_ xU) E L A Lk(k < ]").- )-1' - ), "F •

La forma triangolare di un operatore permette di identificare a vistai suoi autovalori, che coincidono con gli elementi della diagonale prin-cipale. Poiche la decomposizione [4.79], [4.80] e la scelta della basenon sono uniche, ogni operatore lineare ammette pili di una formatriangolare.

Esiste un altro procedimento di riduzione, pili strutturato di quellotriangolare, che porta alla cosiddetta forma quasi diagonale a blocchidi un generico operatore e, se questo e diagonalizzabile, alla sua formadiagonale. Sia l/PA(A) = LZ~l rk(A)/(llk - A)nk l'espansione in frattiparziali dell'inverso del polinomio caratteristico [4.78]dell'operatore A(allora rk(A) e un polinomio in A di grade ::; nk - 1, invariante e taleche rdllk) oj 0). L'identita che ne deriva:

~ rk(A) II (Ila - A)ns = 1k=l s=l.s#k

Forma triangolare e quasi diagonale a blocchidi un generico operatore

Se Ilk e un autovalore di A, la varieta R(A - IlkI) e invariante rispettoad A ed ha dimensione ::; n - 1. Sia Ln-1 un qualunque sottospaziodi V di dimensione n - 1 che contiene R(A - IlkI), allora Ln-1 e unavarieta invariante rispetto ad A; infatti,\I,z;.E Ln-1 (anzi, \I,z;. E V), siha che (A - IlkIh E R(A - IlkI) C Ln-1. Abbiamo quindi dimostratochc, per ogni operatore lineare A su V, esiste un sottospazio Ln-1 C V,

F(kl(A) = rk(A) II (llsI - A)ns, k = 1,... ,m

s=l,#k

Page 42: Metodi Matematici Della Fisica (Cap 4) - Bernardini, Ragnisco, Santini

Dall'identita di Cayley-Hamilton [4.58]segue che gli operatori F(j) sod-disfano anche Ie equazioni F(i)FCi) = bijF(i), i,j = 1, ... ,me quindi,grazie alIa proposizione 4.4, essi decompongono 10 spazio V nella som-ma diretta V = ffiLk di m sottospazi L1, ... , Lm invarianti rispettoad A, che coincidono col range di ciascun operatore di proiezione:Lk = {F(k)J:.;J:. E V}, k = 1, ... ,m.

Per calcolare la dimensione di Lk conviene not are che Lk non esolo il range del proiettore F(k), ma e anche il nucleo dell'operatore(A ~ fLkI)nk:

invarianti rispetto ad A e di dimensione nk. Ciaseun operatore AILk

su. Lk possiede il solo autovalore fLk con molteplieitd algebriea nk.Rispetto ad una base {J:.(j)} di V ripartita nel seguente modo: {J:.(j)}~"- L {(j) 1n2 C L { (j) }nm eLl' t A'L 1, .J:. Jnl+1 2, .. ·, J:. nm_l+1 m, opera ore e rap-

presentato da una matriee quasi diagonale am blocchi (A) = [AI, A2,

. .. ,Am] ed il bloeeo Ak e la matrice nk X nk che rappresenta l' operatoreAILk rispetto alla base di Lk.

Nel caso in cui N(A - fLkI) = N( (A - fLkI)nk), k = 1, ... ,m (ingenerale vale il simbolo di inclusione c) allora la base di Lk e costituitada nk autovettori indipendenti di A, corrispondenti all 'autovalore fLke quindi i bloeehi Ak sono matrici diagonali Ak = fLkI, k = 1, ... , me la matrice diagonale a bloechi si riduce alla matrice diagonale.

Lk = N((A -- fLkI)nk)

Infatti, se J:. E V==? 3y E V tale che J:. = F(j)(A)U ==? (A ~ fLkI)nkJ:. =T (A)p A (A)y = 0, per l'identit8. di Cayley-Hamilton. Viceversa, se; e tale chelA - fLkI)nkJ:. = 0, aHora dall'equazione [4.81] segue cheJ:. = 2:~n=lF(k) (A)J:. = F(j)(Ah E Lj.

Si ha che (AILk - J1kI)nkJ:. = 0, \h E Lj, e quindi (A - fLkI)nk el'operatore nullo su Lj e possiede, al pari dell'operatore (A - fLkI), ilsolo autovalore ° con molteplicita algebrica pari a dim Lk ==? PAl Lj (A) =(fLk - A)dim Lk. D'altra parte per una tale decomposizione di V e possi-bile scegliere un'opportuna base di V rispetto alIa QualeA e rappresen-tato da una mat rice quasi diagonale am blocchi: (A) = [AI, ... ,Am]e che Ak e la matrice che rappresenta l'operatore AILk su Lk. QuindiPA (..\) = n:=l PAl Lk (A) = n:=l (Jik - /\)dim Lk; dal confronto con [4.78]si deduce infine che dimLk = dimN((A - JikI)nk) = nk.

Raccogliamo questi risultati nel seguente teorema.

Teorema 4.4. Sia A un opemtore lineare sullo spaz1:o V di dimensionen e sia

E possibile semplificare ulteriormente la forma dell'operatore A at-traverso un'opportuna decomposizione di ciascun sottospazio Lk di V.Tale decomposizione permette di individuare un'opportuna base di Lkrispetto alIa Quale l'operatore AlLk viene a essere rappresentato essostesso da una matrice quasi diagonale i cui sottoblocchi sono matricitriangolari inferiori di dimensione a del tipo

o 0o 0

detti blocchi di Jordan.Poiche la situazione degli m sottospazi Lk e concettualmente la

stessa, concentreremo la nostra attenzione su un solo sottospazio, libe-randoci dell'indice che 10 caratterizza. Abbiamo a che fare quindi conuno spazio vettoriale L di dimensione d e, su di esso, con un operatorelineare B che possiede il solo autovalore Ji di molteplicita algebrica d;il nostro scopo e di individuare una base di L in cui l'operatore B equasi diagonale a blocchi di Jordan. Conviene lavorare can l'operatoreC = B ~ JLI, che possiede il solo autovalore 0 con molteplicita d; essoe quindi nilpotente: Cd = O. Sia v l'intero positivo tale che

PA(A) = rr(fLk~A)nk,k=l

m

F(k)(A) = rk(A) IT (fLs1 - A)ns

8=1,7"ok

Page 43: Metodi Matematici Della Fisica (Cap 4) - Bernardini, Ragnisco, Santini

Dall'identita di Cayley-Hamilton [4.58]segue che gli operatori F(j) sod-disfano anche Ie equazioni F(i)FCi) = bijF(i), i,j = 1, ... ,me quindi,grazie alIa proposizione 4.4, essi decompongono 10 spazio V nella som-ma diretta V = ffiLk di m sottospazi L1, ... , Lm invarianti rispettoad A, che coincidono col range di ciascun operatore di proiezione:Lk = {F(k)J:.;J:. E V}, k = 1, ... ,m.

Per calcolare la dimensione di Lk conviene not are che Lk non esolo il range del proiettore F(k), ma e anche il nucleo dell'operatore(A ~ fLkI)nk:

invarianti rispetto ad A e di dimensione nk. Ciaseun operatore AILk

su. Lk possiede il solo autovalore fLk con molteplieitd algebriea nk.Rispetto ad una base {J:.(j)} di V ripartita nel seguente modo: {J:.(j)}~"- L {(j) 1n2 C L { (j) }nm eLl' t A'L 1, .J:. Jnl+1 2, .. ·, J:. nm_l+1 m, opera ore e rap-

presentato da una matriee quasi diagonale am blocchi (A) = [AI, A2,

. .. ,Am] ed il bloeeo Ak e la matrice nk X nk che rappresenta l' operatoreAILk rispetto alla base di Lk.

Nel caso in cui N(A - fLkI) = N( (A - fLkI)nk), k = 1, ... ,m (ingenerale vale il simbolo di inclusione c) allora la base di Lk e costituitada nk autovettori indipendenti di A, corrispondenti all 'autovalore fLke quindi i bloeehi Ak sono matrici diagonali Ak = fLkI, k = 1, ... , me la matrice diagonale a bloechi si riduce alla matrice diagonale.

Lk = N((A -- fLkI)nk)

Infatti, se J:. E V==? 3y E V tale che J:. = F(j)(A)U ==? (A ~ fLkI)nkJ:. =T (A)p A (A)y = 0, per l'identit8. di Cayley-Hamilton. Viceversa, se; e tale chelA - fLkI)nkJ:. = 0, aHora dall'equazione [4.81] segue cheJ:. = 2:~n=lF(k) (A)J:. = F(j)(Ah E Lj.

Si ha che (AILk - J1kI)nkJ:. = 0, \h E Lj, e quindi (A - fLkI)nk el'operatore nullo su Lj e possiede, al pari dell'operatore (A - fLkI), ilsolo autovalore ° con molteplicita algebrica pari a dim Lk ==? PAl Lj (A) =(fLk - A)dim Lk. D'altra parte per una tale decomposizione di V e possi-bile scegliere un'opportuna base di V rispetto alIa QualeA e rappresen-tato da una mat rice quasi diagonale am blocchi: (A) = [AI, ... ,Am]e che Ak e la matrice che rappresenta l'operatore AILk su Lk. QuindiPA (..\) = n:=l PAl Lk (A) = n:=l (Jik - /\)dim Lk; dal confronto con [4.78]si deduce infine che dimLk = dimN((A - JikI)nk) = nk.

Raccogliamo questi risultati nel seguente teorema.

Teorema 4.4. Sia A un opemtore lineare sullo spaz1:o V di dimensionen e sia

E possibile semplificare ulteriormente la forma dell'operatore A at-traverso un'opportuna decomposizione di ciascun sottospazio Lk di V.Tale decomposizione permette di individuare un'opportuna base di Lkrispetto alIa Quale l'operatore AlLk viene a essere rappresentato essostesso da una matrice quasi diagonale i cui sottoblocchi sono matricitriangolari inferiori di dimensione a del tipo

o 0o 0

detti blocchi di Jordan.Poiche la situazione degli m sottospazi Lk e concettualmente la

stessa, concentreremo la nostra attenzione su un solo sottospazio, libe-randoci dell'indice che 10 caratterizza. Abbiamo a che fare quindi conuno spazio vettoriale L di dimensione d e, su di esso, con un operatorelineare B che possiede il solo autovalore Ji di molteplicita algebrica d;il nostro scopo e di individuare una base di L in cui l'operatore B equasi diagonale a blocchi di Jordan. Conviene lavorare can l'operatoreC = B ~ JLI, che possiede il solo autovalore 0 con molteplicita d; essoe quindi nilpotente: Cd = O. Sia v l'intero positivo tale che

PA(A) = rr(fLk~A)nk,k=l

m

F(k)(A) = rk(A) IT (fLs1 - A)ns

8=1,7"ok

Page 44: Metodi Matematici Della Fisica (Cap 4) - Bernardini, Ragnisco, Santini

con 1 < 1/ :::: d (se 1/ = 1, allora B = p,l e non e necessaria alcunariduzione) e si considerino i nuclei delle potenze di C: N(Ck), k =

L, ... , 1/ per i quali si ha, ovviamente, che

ogni :£(j), j = 1, ... , gv costruiamo il seguente insieme di vettori in-dipendenti:

By) = {:£(j), C:£(j), ... , CV~l:£(j)}

II suo inviluppo lineare ~(v) e un sottospazio di L, invariante rispettoaCed indipendente dagli altri al variare di j. Rispetto a ciascunabase Bjv) l'operatore C1y(v) e rappresentato dal blocco di Jordan

J

Jv(O); abbiamo quindi ottenuto gv blocchi di Jordan di dimensione1/. Avendo esaurito 10 spazio Gv, passiamo ora a Gv-1' Siano Jlj) ,j =1, ... , gv-1 - gl/, (gv-1 - gv) vettori indipendenti di Gv-1, ed indipen-denti dai vettori C:£(j), j = 1, ... , gv. Come sopra gli inviluppi lineariy(v-1) degli insiemi di vettori indipendenti

J

l'oicM CV = 0 e cv-1 =J 0, allora esiste un sottospazio di N(CV) = Lnon banale e non contenuto in N(cv-1); 10 ohiamiamo Gv e gv e lasua dimensione (gv 2': 1). Seguendo questa strategia e possibile indi-viduare 1/ sottospazi di L : G1, Gz, ... , Gv tal~ che Gk e il sottospazio.Ii N(Ck) non contenuto in N(Ck-1), con gk"= dim Gk, k = 1, ... ,1/.

I)(~rcostruzione si ha che Gi n Gj = {O},i =J j = 1, ... ,1/. Questi~;ottospazi godono delle seguenti proprieta:i) se:£ E Gk, aHora C:£ E Gk-1;

i"i) un insieme di vettori indipendenti di Gk viene mappato, tramite C,ill un insieme di vettori indipendenti di Gk-1;iii) .IJk-1 2': .Ilk, 1:::: k :::: 1/ (questo, tra l'altro, implica che, essendo Gv11011 banale, saranno non banali anche tutti gli altri: Gk =J {O}, k =I, ... ,1/ e, quindi, i segni di inclusione nella formula [4.87] vanno intesiill senso stretto);1/1) L = EEl Gs =? L:~=1 .lis = d.

Ihuwstrazionei) Se:£ E Gk (:£ E N(Ck),:£ 'f. N(Ck-1)), allora Ck-1(C:£) = .0. =?

(;;1: E N(Ck-1). Inoltre C:£ 'f. N(Ck-Z), percM altrimenti Ck-Z(C:£)Ck-1:£ = 0, contraddicendo l'ipotesi.

ii) Se :£1" .. ':£s E G k e sono indipendenti, si consideri l'equazione)~, (~s(C:£s) = 0 (con:£s E Gs e CXs E Gk-d. Ne segue che C (L:c as.rJ = 0 =? L:s as:£s E N(C), e quindi L:s as:£s appartiene sia a Gkdl(~a N(C) = G1. AHora L:s as:£s =.0. =? as = O\ls.hi) Segue direttamente da i e ii.ill) Se :£ E N(CV) = L, allora:£ = :£v + ]Lv' con :£v E Gv e ]Lv E

N(C//-1). Quindi]Lv = :£v-1 + ]Lv-I' con :£//-1 E GV-1 e ]Lv-1 E

N(CI/-Z); e cosl via, fino a concludere che:£ = L:~=l:£S' :£s E Gs> S =I, ,1/ =? L = L:~=1 Gs. Per mostrare infine che gli !nsiemi Gs> S =I, ,1/ sono indipendenti, si parte dall'equazione L:s=l Xs = .o.,:£sE(:". Applicando ad essa l'operatore C//-1 si giunge all'equazione C//-1

:r// = .0.,cioe:£// E N(C//-1), e quindi:£v =.0.. ~pplicando poi C//-2

si trlostra in modo analogo che :£//-1 = .0. e cosi a catena, sino allacondusione che :£s = .0., S = 1, ... ,1/.

q\l(~sta decomposizione suggerisce la seguente scelta della base divdtori di L. Siano :£(1),... , :£(9v) gv vettori indipendenti di G//. Per

sono sottospazi indipendenti di L e invarianti rispetto a C. Gli ope-ratori C1y(v-1), j = 1, ... , g//-l - .111/ sono rappresentati da J //-1 (0);

J

abbiamo ottenuto quindi altri gv~l - .111/blocchi di Jordan Jv-1(0).Procedendo in questo modo si esauriscono tutti gli spazi intermediGk, fino ad arrivare a G1, nel quale possiamo scegliere .Ill - g2 vet-tori linearmente indipendenti non ancora usati: ~(1), ... , ~(91-92). Suisottospazi unidimensionali ~(1), j = 1, ... , .Ill - .112 l'operatore lineareqyO) e rappresentato dal blocco J 1(0); completiamo quindi la nostra

rap~resentazione a blocchi di C con .Ill - .112blocchi J 1(0). L'insieme deivettori UnB.~v-k) consiste quindi di L:~:~(g//-k - gv-k+1)(1/ - k) = dvettori indipendenti (una base di L). Rispetto a tale base l'operatoreB = C + 11,1 assume la seguente forma:

(B) = [Jv(Ji),'" ,JI/(/t),J//-1(Ji), ,Jv-1(Ji), ... ,J 1(p,), ... , J 1 (Ji)] = [J", (p,), J"2 (Ji), , J a'll (It)]

che viene chiamata forma canonica di Jordan dell'operatore B, e con-siste nella "somma diretta" di blocchi di Jordan di dimensione noncrescente da 1/ a 1. Il numero di blocchi di dimensione k e pari a.Ilk - .Ilk-I, quindi il numero totale di blocchi di Jordan della rnatrice(B) : gv + L:~:i (.Ilk - gk+1) = .Ill e pari alla molteplicita geometrica .IlldeH'autovalore Ji. Questo procedimento, applicato a tutti i sottospaziLk, k = 1, ... , m associati aHa decomposizione a blocchi [4.88] per-mette aHora di associare aH'operatore A 130 seguente forma canonica

Page 45: Metodi Matematici Della Fisica (Cap 4) - Bernardini, Ragnisco, Santini

con 1 < 1/ :::: d (se 1/ = 1, allora B = p,l e non e necessaria alcunariduzione) e si considerino i nuclei delle potenze di C: N(Ck), k =

L, ... , 1/ per i quali si ha, ovviamente, che

ogni :£(j), j = 1, ... , gv costruiamo il seguente insieme di vettori in-dipendenti:

By) = {:£(j), C:£(j), ... , CV~l:£(j)}

II suo inviluppo lineare ~(v) e un sottospazio di L, invariante rispettoaCed indipendente dagli altri al variare di j. Rispetto a ciascunabase Bjv) l'operatore C1y(v) e rappresentato dal blocco di Jordan

J

Jv(O); abbiamo quindi ottenuto gv blocchi di Jordan di dimensione1/. Avendo esaurito 10 spazio Gv, passiamo ora a Gv-1' Siano Jlj) ,j =1, ... , gv-1 - gl/, (gv-1 - gv) vettori indipendenti di Gv-1, ed indipen-denti dai vettori C:£(j), j = 1, ... , gv. Come sopra gli inviluppi lineariy(v-1) degli insiemi di vettori indipendenti

J

l'oicM CV = 0 e cv-1 =J 0, allora esiste un sottospazio di N(CV) = Lnon banale e non contenuto in N(cv-1); 10 ohiamiamo Gv e gv e lasua dimensione (gv 2': 1). Seguendo questa strategia e possibile indi-viduare 1/ sottospazi di L : G1, Gz, ... , Gv tal~ che Gk e il sottospazio.Ii N(Ck) non contenuto in N(Ck-1), con gk"= dim Gk, k = 1, ... ,1/.

I)(~rcostruzione si ha che Gi n Gj = {O},i =J j = 1, ... ,1/. Questi~;ottospazi godono delle seguenti proprieta:i) se:£ E Gk, aHora C:£ E Gk-1;

i"i) un insieme di vettori indipendenti di Gk viene mappato, tramite C,ill un insieme di vettori indipendenti di Gk-1;iii) .IJk-1 2': .Ilk, 1:::: k :::: 1/ (questo, tra l'altro, implica che, essendo Gv11011 banale, saranno non banali anche tutti gli altri: Gk =J {O}, k =I, ... ,1/ e, quindi, i segni di inclusione nella formula [4.87] vanno intesiill senso stretto);1/1) L = EEl Gs =? L:~=1 .lis = d.

Ihuwstrazionei) Se:£ E Gk (:£ E N(Ck),:£ 'f. N(Ck-1)), allora Ck-1(C:£) = .0. =?

(;;1: E N(Ck-1). Inoltre C:£ 'f. N(Ck-Z), percM altrimenti Ck-Z(C:£)Ck-1:£ = 0, contraddicendo l'ipotesi.

ii) Se :£1" .. ':£s E G k e sono indipendenti, si consideri l'equazione)~, (~s(C:£s) = 0 (con:£s E Gs e CXs E Gk-d. Ne segue che C (L:c as.rJ = 0 =? L:s as:£s E N(C), e quindi L:s as:£s appartiene sia a Gkdl(~a N(C) = G1. AHora L:s as:£s =.0. =? as = O\ls.hi) Segue direttamente da i e ii.ill) Se :£ E N(CV) = L, allora:£ = :£v + ]Lv' con :£v E Gv e ]Lv E

N(C//-1). Quindi]Lv = :£v-1 + ]Lv-I' con :£//-1 E GV-1 e ]Lv-1 E

N(CI/-Z); e cosl via, fino a concludere che:£ = L:~=l:£S' :£s E Gs> S =I, ,1/ =? L = L:~=1 Gs. Per mostrare infine che gli !nsiemi Gs> S =I, ,1/ sono indipendenti, si parte dall'equazione L:s=l Xs = .o.,:£sE(:". Applicando ad essa l'operatore C//-1 si giunge all'equazione C//-1

:r// = .0.,cioe:£// E N(C//-1), e quindi:£v =.0.. ~pplicando poi C//-2

si trlostra in modo analogo che :£//-1 = .0. e cosi a catena, sino allacondusione che :£s = .0., S = 1, ... ,1/.

q\l(~sta decomposizione suggerisce la seguente scelta della base divdtori di L. Siano :£(1),... , :£(9v) gv vettori indipendenti di G//. Per

sono sottospazi indipendenti di L e invarianti rispetto a C. Gli ope-ratori C1y(v-1), j = 1, ... , g//-l - .111/ sono rappresentati da J //-1 (0);

J

abbiamo ottenuto quindi altri gv~l - .111/blocchi di Jordan Jv-1(0).Procedendo in questo modo si esauriscono tutti gli spazi intermediGk, fino ad arrivare a G1, nel quale possiamo scegliere .Ill - g2 vet-tori linearmente indipendenti non ancora usati: ~(1), ... , ~(91-92). Suisottospazi unidimensionali ~(1), j = 1, ... , .Ill - .112 l'operatore lineareqyO) e rappresentato dal blocco J 1(0); completiamo quindi la nostra

rap~resentazione a blocchi di C con .Ill - .112blocchi J 1(0). L'insieme deivettori UnB.~v-k) consiste quindi di L:~:~(g//-k - gv-k+1)(1/ - k) = dvettori indipendenti (una base di L). Rispetto a tale base l'operatoreB = C + 11,1 assume la seguente forma:

(B) = [Jv(Ji),'" ,JI/(/t),J//-1(Ji), ,Jv-1(Ji), ... ,J 1(p,), ... , J 1 (Ji)] = [J", (p,), J"2 (Ji), , J a'll (It)]

che viene chiamata forma canonica di Jordan dell'operatore B, e con-siste nella "somma diretta" di blocchi di Jordan di dimensione noncrescente da 1/ a 1. Il numero di blocchi di dimensione k e pari a.Ilk - .Ilk-I, quindi il numero totale di blocchi di Jordan della rnatrice(B) : gv + L:~:i (.Ilk - gk+1) = .Ill e pari alla molteplicita geometrica .IlldeH'autovalore Ji. Questo procedimento, applicato a tutti i sottospaziLk, k = 1, ... , m associati aHa decomposizione a blocchi [4.88] per-mette aHora di associare aH'operatore A 130 seguente forma canonica

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di Jordan:(A) = [J~l(/ll),'" ,J",l (fLd, J",2 (fL2), ... ,J",2 (fL2),.....•.1 t-'" Tn! 1 rn'2

... ,J",=(fLm),'" ,J",= (fLm)]1 rnm

(efr. anche avanti, par. 4.3.5). Allora:i) la distanza tra due vettori ;r.,JL EVe data dalla

Il numero di blocchi di Jordan corrispondenti a ciascun autovalore epari alIa molteplicita geometric a di tale autovalore. Se quest'ultimae pari alIa molteplicita algebrica dell'autovalore, allora ciascun bloccorisulta unidimensionale e 1a forma di Jordan si riduce a quella diago-nale.

Si noti infine che, se vk e il pili piccolo intero tale che (A-fLkI)Vk = 0ma (A - JLkI)Vk-1 -:F 0, Vk :s; nk, allora il polinomio

ii) la lunghezza (0 norma) di un vettore ;r. E V (cioe la sua distanzadal vettore nullo Q.) e data da

2.-1- I(x,y)12

COS 'I' = IIxl1211yl12[4.91] JrA(A) = II(JLk - Atk

k=l

e il polinomio (annichilatore) minim ale dell'operatore A, cioe e il poli-nomio di grado minimo tale che, sostituendo a A l'operatore A si ot-tiene l'operatore nullo: JrA(A) = 0 (mostrarlo). Anche Vk e quindi unamolteplicita algebrica dell'autovalore ILk, intesa pero come radice delpolinomio minimale.

Notiamo che, in molti testi, e in particolare in tutti i testi di fisica,la norma di un vettore e indicata col simbolo del valore assoluto, echiamata "modulo": Ilxll = 1;r.1·

AlIa nozione di prodotto scalare e associata in modo naturale lanozione di ortogonalita tra vettori: due vettori;r., y E V sono ortogonalise (;r.,y) = O. Un insieme di vettori {;r.(j)}~~-n e ortonormale se ivettoriche 10 costituiscono sono mutuamente ortogonali e hanno norma( d 1 ) 1· ., (.(i) (j)) - ".. . . - 1mo u 0 . cwe se ;r. ,;r. - Ut], Z, J - , ... , rn.

E facile most rare che vettori ortonormali sono indipendenti; ne segueche n vettori ortonormali costituiscono una "base ortonormale" di V.Valgono Ie seguenti proprieta abbastanza evidenti.

Se {;r.(j)}l e una base ortonormale di V, allora:i) x E V =? x = ",n c·x(i) c. = (X(i) x),_ _.. LJ2=1 ~t_ , ~'l. _,_ ,

ii)(.:r.(i),.:r.)=O, i=l, ... ,n =? .:r.=O;...) ( ) ",n f c (( i)) ( (i) )nz .:r.,y. =LJi=lC,i7]i, C,i=.:r. ,.:r., rh=;r. ,JL;ivy 1!;r.1i"2 = (;r.,.:r.)= 2:~=1 It,il2 (uguaglianza di Parseval);v) 11;r.1122': 2:'t" It,iI2, m:S; n (diseguaglianza di Bessel);vi) per m = 1, la proprieta v diventa 11;r.1122': !(.:r.(1),;r.)12e ponendo;r.(1)= JL/llyll segue

Nei paragrafi precedenti abbiamo generalizzato Ie proprieta di linearitadi Rn a spazi vettoriali astratti; la generalizzazione delle proprietametriche di Rn, associate alle nozioni di distanza, lunghezza ed angolo,a spazi vettoriali astratti a n dimensioni si effettua dotando tali spazidi una funzione scalare, detta "prodotto scalare" (;r.,JL) di due vettori;r.,y E V che gode delle seguenti proprieta:

1. (;r., JL) = (JL, ;r.)

2. (.:r., AJL) = A(x, y) \:fA E C

3. (.:r.,JL+ ~)= (;r.,JL) + (;r.,~)

4. (;r.,;r.)2': 0; (;r.,.:r.)= 0 {==} ;r.= Q.11.:r.11 IIJLII2': 1(.:r.,JL) 1

(diseguaglianza di Cauchy-Schwartz) che implica cos2 ¢ < 1 (nella[4.94]) nonche la disegllaglianza triangolare

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di Jordan:(A) = [J~l(/ll),'" ,J",l (fLd, J",2 (fL2), ... ,J",2 (fL2),.....•.1 t-'" Tn! 1 rn'2

... ,J",=(fLm),'" ,J",= (fLm)]1 rnm

(efr. anche avanti, par. 4.3.5). Allora:i) la distanza tra due vettori ;r.,JL EVe data dalla

Il numero di blocchi di Jordan corrispondenti a ciascun autovalore epari alIa molteplicita geometric a di tale autovalore. Se quest'ultimae pari alIa molteplicita algebrica dell'autovalore, allora ciascun bloccorisulta unidimensionale e 1a forma di Jordan si riduce a quella diago-nale.

Si noti infine che, se vk e il pili piccolo intero tale che (A-fLkI)Vk = 0ma (A - JLkI)Vk-1 -:F 0, Vk :s; nk, allora il polinomio

ii) la lunghezza (0 norma) di un vettore ;r. E V (cioe la sua distanzadal vettore nullo Q.) e data da

2.-1- I(x,y)12

COS 'I' = IIxl1211yl12[4.91] JrA(A) = II(JLk - Atk

k=l

e il polinomio (annichilatore) minim ale dell'operatore A, cioe e il poli-nomio di grado minimo tale che, sostituendo a A l'operatore A si ot-tiene l'operatore nullo: JrA(A) = 0 (mostrarlo). Anche Vk e quindi unamolteplicita algebrica dell'autovalore ILk, intesa pero come radice delpolinomio minimale.

Notiamo che, in molti testi, e in particolare in tutti i testi di fisica,la norma di un vettore e indicata col simbolo del valore assoluto, echiamata "modulo": Ilxll = 1;r.1·

AlIa nozione di prodotto scalare e associata in modo naturale lanozione di ortogonalita tra vettori: due vettori;r., y E V sono ortogonalise (;r.,y) = O. Un insieme di vettori {;r.(j)}~~-n e ortonormale se ivettoriche 10 costituiscono sono mutuamente ortogonali e hanno norma( d 1 ) 1· ., (.(i) (j)) - ".. . . - 1mo u 0 . cwe se ;r. ,;r. - Ut], Z, J - , ... , rn.

E facile most rare che vettori ortonormali sono indipendenti; ne segueche n vettori ortonormali costituiscono una "base ortonormale" di V.Valgono Ie seguenti proprieta abbastanza evidenti.

Se {;r.(j)}l e una base ortonormale di V, allora:i) x E V =? x = ",n c·x(i) c. = (X(i) x),_ _.. LJ2=1 ~t_ , ~'l. _,_ ,

ii)(.:r.(i),.:r.)=O, i=l, ... ,n =? .:r.=O;...) ( ) ",n f c (( i)) ( (i) )nz .:r.,y. =LJi=lC,i7]i, C,i=.:r. ,.:r., rh=;r. ,JL;ivy 1!;r.1i"2 = (;r.,.:r.)= 2:~=1 It,il2 (uguaglianza di Parseval);v) 11;r.1122': 2:'t" It,iI2, m:S; n (diseguaglianza di Bessel);vi) per m = 1, la proprieta v diventa 11;r.1122': !(.:r.(1),;r.)12e ponendo;r.(1)= JL/llyll segue

Nei paragrafi precedenti abbiamo generalizzato Ie proprieta di linearitadi Rn a spazi vettoriali astratti; la generalizzazione delle proprietametriche di Rn, associate alle nozioni di distanza, lunghezza ed angolo,a spazi vettoriali astratti a n dimensioni si effettua dotando tali spazidi una funzione scalare, detta "prodotto scalare" (;r.,JL) di due vettori;r.,y E V che gode delle seguenti proprieta:

1. (;r., JL) = (JL, ;r.)

2. (.:r., AJL) = A(x, y) \:fA E C

3. (.:r.,JL+ ~)= (;r.,JL) + (;r.,~)

4. (;r.,;r.)2': 0; (;r.,.:r.)= 0 {==} ;r.= Q.11.:r.11 IIJLII2': 1(.:r.,JL) 1

(diseguaglianza di Cauchy-Schwartz) che implica cos2 ¢ < 1 (nella[4.94]) nonche la disegllaglianza triangolare

Page 48: Metodi Matematici Della Fisica (Cap 4) - Bernardini, Ragnisco, Santini

Gli esempi di spazi vettoriali finito-dimensionali dei paragrafi prece-denti sono altrettanti esempi di spazi euclidei.

1. Per 10 spazio Cn delle n-ple di numeri complessi il prodotto scalaredi due vettori;r = (Xl, ... , Xn), J!.. = (Yl, ... , Yn) E Cn e definito dalla

nA;r(j) = L Akj;r(k),

k=l

Sottolineiamo ancora che, in uno spazio euclideo finito-dimensionalc,Ie componenti ~i, i = 1, ... ,n del vettore colonna rappresentativo di;r E V rispetto alIa base ortonormale {;r(j)}r e Ie componenti Aij

della matrice (A) rappresentativa dell'operatore A nella stessa basesono esprimibili attraverso i prodotti scalari

(;r, J!..) = L XiYii=l

in questo spazio i vettori f:( i) , i = 1, ... , n (tali che e;i) = bij) formanouna base ortonormale.

2. Per 10 spazio Mat( C, n) delIa matrici nxn il prodotto scalare di duematrici X eYe dato da

Se i vettori {.:J;(j) }j'=1 della base non sono ortogonali, dobbiamo invece fer-marci alla scrittura:

(;r,y) = LLO:iiJj(;rCi),;rU))i=1 j=1

dove X+ e la matrice "aggiunta" 0 "hermitiana coniugata" della ma-trice X, i cui elementi sono definiti dalI'equazione

dove (Xi (rispettivamente iJi) e l'i-esima componente di ;r (rispettivamentey) nella base assegnata.- Quindi, il prodotto scalare e definito per ogni coppia di vettori (;r, JI) sesono assegnati gli n2 numeri gij = (;rCi),xU)). La matrice g, di elementi gij,

e detta "tens ore met rico" e soddisfa le proprieta:i) gij = 9ji;

ii) (9:., gQJ = 2..:~=12..:~'=1O:i(Xjgij :2: 0 (= 0 se e solo se (Xi = O\7'i).Vedremo nel prosieguo di questo paragrafo che una matrice che gode delle

proprieta i-ii si dice hermitiana e positiva.Nel caso di uno spazio pseudo-euclideo per cui non vale la 4. di pag.

264, si riconosce immediatamente che il corrispondente tensore met rico g eancora rappresentato da una mat rice hermitiana, in generale non positiva.

Tale prodotto scalare induce Ie seguenti definizioni di norma di unamatrice:

L IXijl2i,j=l

Data una base {;rUlH di V, c'e un metodo costruttivo, il pro cedi-mento di ortogonalizzazione di Gram-Schmidt, che permette di costru-ire una base ortonormale {f:(j)H attraverso Ie formule (cfr. par. 4.3.5)

(1) _ ;r(1)

f: - 11;r(1) II'j-l

;r(j) - 2..: (f:(s),;r(j»)f:(s)s=lj-l11;r(j) - 2..: (.f:(s),;r(j»)f:(s)118=1

L IXij - Y;j12

i,j=l

Una base naturale per tale spazio, ortonormale rispetto alIa [4.95]' efornita dalle n2 matrici elementari X(i,j), i, j = 1, ... , n i cui elementisono definiti dalle equazioni

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Gli esempi di spazi vettoriali finito-dimensionali dei paragrafi prece-denti sono altrettanti esempi di spazi euclidei.

1. Per 10 spazio Cn delle n-ple di numeri complessi il prodotto scalaredi due vettori;r = (Xl, ... , Xn), J!.. = (Yl, ... , Yn) E Cn e definito dalla

nA;r(j) = L Akj;r(k),

k=l

Sottolineiamo ancora che, in uno spazio euclideo finito-dimensionalc,Ie componenti ~i, i = 1, ... ,n del vettore colonna rappresentativo di;r E V rispetto alIa base ortonormale {;r(j)}r e Ie componenti Aij

della matrice (A) rappresentativa dell'operatore A nella stessa basesono esprimibili attraverso i prodotti scalari

(;r, J!..) = L XiYii=l

in questo spazio i vettori f:( i) , i = 1, ... , n (tali che e;i) = bij) formanouna base ortonormale.

2. Per 10 spazio Mat( C, n) delIa matrici nxn il prodotto scalare di duematrici X eYe dato da

Se i vettori {.:J;(j) }j'=1 della base non sono ortogonali, dobbiamo invece fer-marci alla scrittura:

(;r,y) = LLO:iiJj(;rCi),;rU))i=1 j=1

dove X+ e la matrice "aggiunta" 0 "hermitiana coniugata" della ma-trice X, i cui elementi sono definiti dalI'equazione

dove (Xi (rispettivamente iJi) e l'i-esima componente di ;r (rispettivamentey) nella base assegnata.- Quindi, il prodotto scalare e definito per ogni coppia di vettori (;r, JI) sesono assegnati gli n2 numeri gij = (;rCi),xU)). La matrice g, di elementi gij,

e detta "tens ore met rico" e soddisfa le proprieta:i) gij = 9ji;

ii) (9:., gQJ = 2..:~=12..:~'=1O:i(Xjgij :2: 0 (= 0 se e solo se (Xi = O\7'i).Vedremo nel prosieguo di questo paragrafo che una matrice che gode delle

proprieta i-ii si dice hermitiana e positiva.Nel caso di uno spazio pseudo-euclideo per cui non vale la 4. di pag.

264, si riconosce immediatamente che il corrispondente tensore met rico g eancora rappresentato da una mat rice hermitiana, in generale non positiva.

Tale prodotto scalare induce Ie seguenti definizioni di norma di unamatrice:

L IXijl2i,j=l

Data una base {;rUlH di V, c'e un metodo costruttivo, il pro cedi-mento di ortogonalizzazione di Gram-Schmidt, che permette di costru-ire una base ortonormale {f:(j)H attraverso Ie formule (cfr. par. 4.3.5)

(1) _ ;r(1)

f: - 11;r(1) II'j-l

;r(j) - 2..: (f:(s),;r(j»)f:(s)s=lj-l11;r(j) - 2..: (.f:(s),;r(j»)f:(s)118=1

L IXij - Y;j12

i,j=l

Una base naturale per tale spazio, ortonormale rispetto alIa [4.95]' efornita dalle n2 matrici elementari X(i,j), i, j = 1, ... , n i cui elementisono definiti dalle equazioni

Page 50: Metodi Matematici Della Fisica (Cap 4) - Bernardini, Ragnisco, Santini

(A, B) = (t AijX(i,j), t BkIX(k,I))

i,j=1 k,I=1

n

L AijBij

i,j=1

e tale che ~ - ;r e perpendicolare ad ogni 'Q(j), j = 1, ... ,m, e quindial sottospazio M. L'unicita delIa proiezione ortogonale si dimostrafacilmente per assurdo.

La nozione di proiezione ortogonale su un sottospazio ]I,{ di V per-mette di decomporre in modo naturale 10 spazio V nella somma diretta3. Per 10 spazio Pn dei polinomi di grado .:; n - 1 il prodotto scalare

e definito dalla

(;r,y) = 11

x(t)y(t)dt dei due sottospazi lvi e M.-L, dove M.-L e il cosiddetto "complementoortogonale" di ll/l rispetto a V, l'insieme cioe dei vettori di V ortogonalia JI/!. Infatti, se ;r e la proiezione ortogonale di ~ su M, aHora ~ = ;r+ycon y E M.-L; inoltre M n M.-L = {O}, poicM se;r E M e;r E M.-L ;;(;r,;r) = 0 =?;r = O.

L'operatore che, applicato al generico vet tore ~ E V, da luogo alIasua proiezione ortogonale su M, e chiamato proiettore ortogonale 8U

M ed indicato col simbolo PM. Dalla proposizione 4.8 segue che PMe definito dall'equazione [4.107]' in cui {'Q(j)}l' e una base ortonor-male del sottospazio M di dimensione m. La matrice che 10 rap-presenta rispetto ad una base ortonormale {e(j)}l di V e data quindidall'equazione

E tuttavia possibile costruire da essa una base ortonormale attraversoIe formule [4.98].

L'introduzione delIa nozione di angolo tra due vettori e di ortogonalitaci perrnette di aggiungere, alIa nozione di proiezione suI sottospazioM di V lungo la direzione definita da un complemento di M, quelladi proiezione ortogonale S11 M, che ha un ovvio significato geometrico.Si pensi, ad esempio, alIa proiezione ortogonale di un punto su unaretta (0 su un piano); sappiamo che tale proiezione e unica e permettedi definire la minima distanza del punto dalla retta (0 dal piano).In astratto definiremo quindi la proiezione ortogonale di un genericovet tore ~ dello spazio euclideo V su un sottospazio M di V come ilvet tore ;r E M tale che ~ - ;r e ortogonale a M (a tutti i vettori di .M).Dimostreremo ora quelIe proprieta delIa proiezione ortogonale che, ingeometria elementare, risultano pili 0 menD intuitive.

PTOposizione 4.8. La proiezione ortogonale di un vettore ~ di V suIsottospazio M esiste ed e unica; e inoltre rappresenta il vettore di Mche ha minima distanza da ~.

Dirnostmzione. Per dimostrare l'esistenza si consideri un sistema orto-normale e completo {'Q(j)}l' del sottospazio M; aHora il vettore;r E lvI,definito dall'equazione

dove v;k) e la componente i-esima del vettore 'Q(k) E M nella base{f.(j) }l' Se, in particolare, M e la varieta lineare unidimensionaleassociata al vettore 'Q E V, II'QII = 1, allora il proiettore ortogonale Sll 'Qe definito dalla

e la sua rappresentazione matriciale rispetto alIa base ortonormale{f.(j)}l e data dalla

m

;r = L(:I"Ck), ~)'Q(k)

k=l

Prima di introdurre la nozione di coniugazione hermitiana di un 0-

peratore, vogliamo rimarcare che le nozioni di pTOdotto scalare e difunzionale lineare sono equivalenti. Se, infatti, e assegnato il vettorey E V, il prodotto scalare (y,;r), pensato come applicazione da ;r E V aC, e senz'altro un funzionale lineare su V. Anche il contrario e vero, equindi Ie due nozioni sono equivalenti; vale infatti il seguente risultato.

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(A, B) = (t AijX(i,j), t BkIX(k,I))

i,j=1 k,I=1

n

L AijBij

i,j=1

e tale che ~ - ;r e perpendicolare ad ogni 'Q(j), j = 1, ... ,m, e quindial sottospazio M. L'unicita delIa proiezione ortogonale si dimostrafacilmente per assurdo.

La nozione di proiezione ortogonale su un sottospazio ]I,{ di V per-mette di decomporre in modo naturale 10 spazio V nella somma diretta3. Per 10 spazio Pn dei polinomi di grado .:; n - 1 il prodotto scalare

e definito dalla

(;r,y) = 11

x(t)y(t)dt dei due sottospazi lvi e M.-L, dove M.-L e il cosiddetto "complementoortogonale" di ll/l rispetto a V, l'insieme cioe dei vettori di V ortogonalia JI/!. Infatti, se ;r e la proiezione ortogonale di ~ su M, aHora ~ = ;r+ycon y E M.-L; inoltre M n M.-L = {O}, poicM se;r E M e;r E M.-L ;;(;r,;r) = 0 =?;r = O.

L'operatore che, applicato al generico vet tore ~ E V, da luogo alIasua proiezione ortogonale su M, e chiamato proiettore ortogonale 8U

M ed indicato col simbolo PM. Dalla proposizione 4.8 segue che PMe definito dall'equazione [4.107]' in cui {'Q(j)}l' e una base ortonor-male del sottospazio M di dimensione m. La matrice che 10 rap-presenta rispetto ad una base ortonormale {e(j)}l di V e data quindidall'equazione

E tuttavia possibile costruire da essa una base ortonormale attraversoIe formule [4.98].

L'introduzione delIa nozione di angolo tra due vettori e di ortogonalitaci perrnette di aggiungere, alIa nozione di proiezione suI sottospazioM di V lungo la direzione definita da un complemento di M, quelladi proiezione ortogonale S11 M, che ha un ovvio significato geometrico.Si pensi, ad esempio, alIa proiezione ortogonale di un punto su unaretta (0 su un piano); sappiamo che tale proiezione e unica e permettedi definire la minima distanza del punto dalla retta (0 dal piano).In astratto definiremo quindi la proiezione ortogonale di un genericovet tore ~ dello spazio euclideo V su un sottospazio M di V come ilvet tore ;r E M tale che ~ - ;r e ortogonale a M (a tutti i vettori di .M).Dimostreremo ora quelIe proprieta delIa proiezione ortogonale che, ingeometria elementare, risultano pili 0 menD intuitive.

PTOposizione 4.8. La proiezione ortogonale di un vettore ~ di V suIsottospazio M esiste ed e unica; e inoltre rappresenta il vettore di Mche ha minima distanza da ~.

Dirnostmzione. Per dimostrare l'esistenza si consideri un sistema orto-normale e completo {'Q(j)}l' del sottospazio M; aHora il vettore;r E lvI,definito dall'equazione

dove v;k) e la componente i-esima del vettore 'Q(k) E M nella base{f.(j) }l' Se, in particolare, M e la varieta lineare unidimensionaleassociata al vettore 'Q E V, II'QII = 1, allora il proiettore ortogonale Sll 'Qe definito dalla

e la sua rappresentazione matriciale rispetto alIa base ortonormale{f.(j)}l e data dalla

m

;r = L(:I"Ck), ~)'Q(k)

k=l

Prima di introdurre la nozione di coniugazione hermitiana di un 0-

peratore, vogliamo rimarcare che le nozioni di pTOdotto scalare e difunzionale lineare sono equivalenti. Se, infatti, e assegnato il vettorey E V, il prodotto scalare (y,;r), pensato come applicazione da ;r E V aC, e senz'altro un funzionale lineare su V. Anche il contrario e vero, equindi Ie due nozioni sono equivalenti; vale infatti il seguente risultato.

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{;I:U)}r), allora Ie rappresentazioni matriciali degli operatori A e A +rispetto alla base {;I:(j)}l sono legate dall'equazione [4.115].

E naturale chiedersi che relazione intercorra tra gli invarianti (cfr.par. 4.2.4) di un operatore A e quelli del suo aggiunto A +, ed epossibile mostrare che:

Proposizione 4.9. Ad ogni funzionale ¢ E V* sullo spazio euclideon-dimensionale V, corrisponde un unico vettore J!.. E V tale che

Per la dimostrazione di questo teorema, valida per qualunque spazioeuclideo, separabile e completo, si rimanda al par. 4.4.2.

La corrispondenza descritta dall'equazione [4.112] permette di asso-ciare alla base {;I:(j)*}l di V*, duale della base {;I:(j)}l di V, una nuovabase {J!..(j)}l di V tale che n

det(A+ - AI) = 1>~-jAj, ct = (_l)nj=O

Anche {J!..U)}r e chiamata base duale di {;I:U)}l; e chiaro che la base{yU)}l e duale di se stessa (e auto-duale): yU) =;I:(j), j = 1,... ,n see~olo se la base {;I:(j)}l e ortonormale. -

La corrispondenza biunivoca ¢ f-+ Y tra gli spazi V* e V gode dell aproprieta -

0!1 ¢1 + 0!2¢2 f-+ Q;1J!..1 + Q;2J!..2

e prende il nome di isomorfismo coniugato.

dell'operatore A + sono i complessi coniugati dei corrispondenti coeffi-cienti del polinomio di A.

Infatti, poicM il determinante di una matrice e uguale a quello dellasua trasposta, si ha che

In particolare: tr A + = tr A, det A + = det A e gli autovalori di A +sono i complessi coniugati degli autovalori di A.

E utile raccogliere Ie proprieta pili rilevanti dell'operazione di co-niugazione hermitiana nella seguente proposizione.

Ad ogni operatore lineare A su V il prodotto scalare associa "l'operatoreaggiunto", 0 "hermitiano coniugato" A + attraverso l'equazione

Proposizione 4.11. Gli operatori lineari A1, ... ,Am sullo spazio eu-clideo V godono delle seguenti proprieta (che valgono anche per Ierispettive rappresentazioni matriciali):

i) (AI + ... + Am)+ = At + ... + A~;

ii) (cA)+ = cA +;

iii) (A +)+ = A;

iv) (A1A2 ... Am)+ = A~ ... At At;v) se esiste A-I => (A -1)+ = (A +)-1,

la cui dimostrazione e lasciata al let tore.

Notiamo che esiste una forte analogia tra l'operazione di coniugazio-ne hermitiana di operatori lineari su spazi euclidei e la nozione di co-niugazione complessa di numeri complessi. Se, infatti, z E C e A e un

(si mostri che l'aggiunto di un operatore e unico). Ne segue innanzi-tutto che A + e un operatore lineare su V e che (A +)+ = A. Inoltre,se (A) e la matrice che rappresenta l'operatore A in una certa base{;I:(j)}l allora la matrice (A +), che rappresenta A + nella base duale{J!..U)}l di V (tale che valga la [4.113]), ha componenti

e prende il nome di "matrice aggiunta" 0 "hermitiana coniugata" dellamatrice (A), ed e ottenuta dalla matrice (A) attraverso Ie operazionidi scambio di righe con colonne (trasposizione) e di coniugazione com-plessa. Infatti (A)ij = (y(i),A;I:U)) = (A+y(i),;I:U)) = (A+)ij. Se labase {;I:U)}r e ortonormale (e quindi la base duale {J!..(j)}l coincide con

Page 53: Metodi Matematici Della Fisica (Cap 4) - Bernardini, Ragnisco, Santini

{;I:U)}r), allora Ie rappresentazioni matriciali degli operatori A e A +rispetto alla base {;I:(j)}l sono legate dall'equazione [4.115].

E naturale chiedersi che relazione intercorra tra gli invarianti (cfr.par. 4.2.4) di un operatore A e quelli del suo aggiunto A +, ed epossibile mostrare che:

Proposizione 4.9. Ad ogni funzionale ¢ E V* sullo spazio euclideon-dimensionale V, corrisponde un unico vettore J!.. E V tale che

Per la dimostrazione di questo teorema, valida per qualunque spazioeuclideo, separabile e completo, si rimanda al par. 4.4.2.

La corrispondenza descritta dall'equazione [4.112] permette di asso-ciare alla base {;I:(j)*}l di V*, duale della base {;I:(j)}l di V, una nuovabase {J!..(j)}l di V tale che n

det(A+ - AI) = 1>~-jAj, ct = (_l)nj=O

Anche {J!..U)}r e chiamata base duale di {;I:U)}l; e chiaro che la base{yU)}l e duale di se stessa (e auto-duale): yU) =;I:(j), j = 1,... ,n see~olo se la base {;I:(j)}l e ortonormale. -

La corrispondenza biunivoca ¢ f-+ Y tra gli spazi V* e V gode dell aproprieta -

0!1 ¢1 + 0!2¢2 f-+ Q;1J!..1 + Q;2J!..2

e prende il nome di isomorfismo coniugato.

dell'operatore A + sono i complessi coniugati dei corrispondenti coeffi-cienti del polinomio di A.

Infatti, poicM il determinante di una matrice e uguale a quello dellasua trasposta, si ha che

In particolare: tr A + = tr A, det A + = det A e gli autovalori di A +sono i complessi coniugati degli autovalori di A.

E utile raccogliere Ie proprieta pili rilevanti dell'operazione di co-niugazione hermitiana nella seguente proposizione.

Ad ogni operatore lineare A su V il prodotto scalare associa "l'operatoreaggiunto", 0 "hermitiano coniugato" A + attraverso l'equazione

Proposizione 4.11. Gli operatori lineari A1, ... ,Am sullo spazio eu-clideo V godono delle seguenti proprieta (che valgono anche per Ierispettive rappresentazioni matriciali):

i) (AI + ... + Am)+ = At + ... + A~;

ii) (cA)+ = cA +;

iii) (A +)+ = A;

iv) (A1A2 ... Am)+ = A~ ... At At;v) se esiste A-I => (A -1)+ = (A +)-1,

la cui dimostrazione e lasciata al let tore.

Notiamo che esiste una forte analogia tra l'operazione di coniugazio-ne hermitiana di operatori lineari su spazi euclidei e la nozione di co-niugazione complessa di numeri complessi. Se, infatti, z E C e A e un

(si mostri che l'aggiunto di un operatore e unico). Ne segue innanzi-tutto che A + e un operatore lineare su V e che (A +)+ = A. Inoltre,se (A) e la matrice che rappresenta l'operatore A in una certa base{;I:(j)}l allora la matrice (A +), che rappresenta A + nella base duale{J!..U)}l di V (tale che valga la [4.113]), ha componenti

e prende il nome di "matrice aggiunta" 0 "hermitiana coniugata" dellamatrice (A), ed e ottenuta dalla matrice (A) attraverso Ie operazionidi scambio di righe con colonne (trasposizione) e di coniugazione com-plessa. Infatti (A)ij = (y(i),A;I:U)) = (A+y(i),;I:U)) = (A+)ij. Se labase {;I:U)}r e ortonormale (e quindi la base duale {J!..(j)}l coincide con

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A---+A+

cA ---+ cA+

Ai + A2 ---+ At + At(A+)+ = A

tr(A +A) = tr(AA +) :::::0

(lC,AlC) = LLXiAijXj = LLXiAjiXj =j j

Zi + Z2 ---+ Zi + Z2

Z=Z= LLXjAijXi = LLXiAijXj = (lC,AlC)

j j

L ZiZi = L IZil2 = 0 =} Zi = 0i=i

L'analogo dei numeri immaginari, cioe tali che Z = -Z, e dato daglioperatori "anti-hermitiani", definiti dall'equazione

Allenati oramai alIa ricerca di invarianti, notiamo che il sottoinsiemedei numeri complessi invarianti per coniugazione complessa, cioe taliche Z = z, e l'importante insieme dei reali. Siamo quindi portatiad introdurre e studiare l'insieme degli operatori lineari A invariantirispetto all'operazione di coniugazione hermitiana, cioe tali che

Un operatore che soddisfa questa proprieta e detto "autoaggiunto"o "hermitiano"; se 10 spazio vettoriale e reale, e detto "simmetrico".DaIle equazioni [4.115] e [4.116] segue che la rappresentazione matri-ciale di un operatore hermitiano A e data da una matrice (A), dettahermitiana, tale che

dove B e hermitiano e C e anti-hermitiano.Se V e uno spazio complesso, allora ogni operatore lineare su V e

esprimibile in modo univoco nella forma

dove BeD sono operatori hermitiani. Infatti B = 1/2(A + A +) eC = 1/2(A - A +) sono gli operatori nella [4.121]. Se V e complesso,allora D = -iC e hermitiano, da cui segue la [4.122].

La relazione [4.122] e l'analogo della decomposizione di un numerocomplesso: Z = Re Z + ilm Z nella sua parte reale ed immaginaria.Le matrici BeD prendono quindi il nome di "parte reale" e "parteimmaginaria" della matrice A (anche parte "hermitiana" e parte "anti-hermitiana" ).

L'analogia tra coniugazione complessa e coniugazione hermitian a sie gia dimostrata fruttuosa, portando all'individuazione degli opera-tori hermitiani, analogo dei numeri reali. Se ci chiediamo Quale sial'analogo dei numeri positivi Z ::::: 0, tali che Z = e per qualche ( E Ro tali che Z = (( per qualche ( E G, giungiamo aIle seguenti possibilidefinizioni di "operatore positivo" , che indicheremo col simbolo A :::::0:i) A = B2, per qualche B hermitiano;ii) A = C+C, per qualche C;

una matrice, cioe, che e invariante rispetto alla combinazione delle 0-

perazioni di scambio di righe con colonne e di coniugazione complessadegli dementi; dalla [4.117] segue in particolare che gli elementi dia-gonali di una matrice hermitiana sono reali. Se V e uno spazio reale,aHora

e la matrice e simmetrica rispetto alla scambio di righe e colonne.Le analogie tra operatori hermitiani e numeri reali sono assai forti.

La proposizione 4.10 implica che gli invarianti di un operatore hermi-tiano associati al suo polinomio caratteristico sono reali; vale inoltre ilseguente importante teorema di caratterizzazione.

Teorema 4.5. GIVES affinche una trasformazione lineare sullo spazioeuclideo V sia hermitir.rw e che la forma quadratica (lC, AlC), detta inquesto caso forma hermitiana, sia reale per ogni lC E V.

Page 55: Metodi Matematici Della Fisica (Cap 4) - Bernardini, Ragnisco, Santini

A---+A+

cA ---+ cA+

Ai + A2 ---+ At + At(A+)+ = A

tr(A +A) = tr(AA +) :::::0

(lC,AlC) = LLXiAijXj = LLXiAjiXj =j j

Zi + Z2 ---+ Zi + Z2

Z=Z= LLXjAijXi = LLXiAijXj = (lC,AlC)

j j

L ZiZi = L IZil2 = 0 =} Zi = 0i=i

L'analogo dei numeri immaginari, cioe tali che Z = -Z, e dato daglioperatori "anti-hermitiani", definiti dall'equazione

Allenati oramai alIa ricerca di invarianti, notiamo che il sottoinsiemedei numeri complessi invarianti per coniugazione complessa, cioe taliche Z = z, e l'importante insieme dei reali. Siamo quindi portatiad introdurre e studiare l'insieme degli operatori lineari A invariantirispetto all'operazione di coniugazione hermitiana, cioe tali che

Un operatore che soddisfa questa proprieta e detto "autoaggiunto"o "hermitiano"; se 10 spazio vettoriale e reale, e detto "simmetrico".DaIle equazioni [4.115] e [4.116] segue che la rappresentazione matri-ciale di un operatore hermitiano A e data da una matrice (A), dettahermitiana, tale che

dove B e hermitiano e C e anti-hermitiano.Se V e uno spazio complesso, allora ogni operatore lineare su V e

esprimibile in modo univoco nella forma

dove BeD sono operatori hermitiani. Infatti B = 1/2(A + A +) eC = 1/2(A - A +) sono gli operatori nella [4.121]. Se V e complesso,allora D = -iC e hermitiano, da cui segue la [4.122].

La relazione [4.122] e l'analogo della decomposizione di un numerocomplesso: Z = Re Z + ilm Z nella sua parte reale ed immaginaria.Le matrici BeD prendono quindi il nome di "parte reale" e "parteimmaginaria" della matrice A (anche parte "hermitiana" e parte "anti-hermitiana" ).

L'analogia tra coniugazione complessa e coniugazione hermitian a sie gia dimostrata fruttuosa, portando all'individuazione degli opera-tori hermitiani, analogo dei numeri reali. Se ci chiediamo Quale sial'analogo dei numeri positivi Z ::::: 0, tali che Z = e per qualche ( E Ro tali che Z = (( per qualche ( E G, giungiamo aIle seguenti possibilidefinizioni di "operatore positivo" , che indicheremo col simbolo A :::::0:i) A = B2, per qualche B hermitiano;ii) A = C+C, per qualche C;

una matrice, cioe, che e invariante rispetto alla combinazione delle 0-

perazioni di scambio di righe con colonne e di coniugazione complessadegli dementi; dalla [4.117] segue in particolare che gli elementi dia-gonali di una matrice hermitiana sono reali. Se V e uno spazio reale,aHora

e la matrice e simmetrica rispetto alla scambio di righe e colonne.Le analogie tra operatori hermitiani e numeri reali sono assai forti.

La proposizione 4.10 implica che gli invarianti di un operatore hermi-tiano associati al suo polinomio caratteristico sono reali; vale inoltre ilseguente importante teorema di caratterizzazione.

Teorema 4.5. GIVES affinche una trasformazione lineare sullo spazioeuclideo V sia hermitir.rw e che la forma quadratica (lC, AlC), detta inquesto caso forma hermitiana, sia reale per ogni lC E V.

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iii) A e hermitiano e (;r:,A:f) ~ 0 Y;r:E V.Si puo dimostrare che Ie tre caratterizzazioni sono equivalenti. Soli-

tamente si usa la iii come definizione di operatore positivo; un ope-ratore positivo (0 definito positivo) e quindi un operatore hermitianotale che (;r:,A;r:) ~ 0 Y;r:E V; interpreteremo Ie i e ii come due carat-terizzazioni alternative.

Completiamo il nostro parallelo tra numeri complessi ed operatorilineari su spazi euclidei prendendo in esame i numeri complessi dimodulo 1, cioe tali che zz = 1. Introdurremo quindi gli "operatoriunitari" U, definiti dalla proprieta

(f(i),f(j)) = (U;r:(i),U;r:(j)) =

(U+U;r:(i),;r:(j)) = (;r:(i),:f(j)) = Dij

Questa proprieta puo anzi essere usata come terza caratteri~zazionealternativa di trasformazioni unitarie. Vale infatti il seguente nsultato.

CNES affinche Usia un operatore unitario e che trasformi basi ortonor-mali in basi ortonormali.

Infatti, se (U;r:(i),U:f(j)) = Dij Yi,j = 1, ... ,n, allora (;r:(i),(U+U-Ih(j)) = 0 per ogni vettore delIa base, e quindi segue la [4.123]. . .

Notiamo infine che la matrice che rappresenta un operatore umtanorispetto ad una base ortonormale e tale che Ie sue colonne de?nisconoun sistema ortonormale di vettori; 10 stesso vale per Ie sue nghe. In-fatti, dalle equazioni [4.124] segue che

Se 10 spazio V e reale, allora tali operatori sono detti "ortogonali".Un operatore unitario su uno spazio finito-dimensionale e invertibile egode delle seguenti proprieta

La nozione di trasformazione unitaria risolve il fondamentale problema(volutamente trascurato sinor a) di individuare la trasformazione li-neare pili generale su uno spazio euclideo che preservi il prodottoscalare tra vettori e, quindi, lunghezze, distanze e angoli.

Proposizione 4.12. CNES affinche un operatore Usia unitario e che

n

(U+U)ij = 'L UkiUkj = Dijk=l

n'

(UU+)ij = 'L UikUjk = DiJk=l

Allora gli n vettori y(i) di componenti vii) = Uki (Ie colonne delIamat rice U) e gli n vettori 1Q(i) di componenti wit) = Uik (le righe diU) costituiscono due sistemi ortonormali di vettori di cn:

Dimostrazione. Se U e unitario, Ie formule [4.125] e [4.126] seguonodirettamente dalle [4.124] e dalla definizione di coniugazione hermi-tiana, Se, viceversa, vale la [4,125], allora il vettore (U+U - I)y) eperpendicolare a;r: Y;r:E V, e quindi (U+U - I)y =.Q Yy, da cui seguela [4.123]. - -

La trasformazione unitaria, che preserva Ie proprieta metriche dellospazio euclideo, e anche detta "trasformazione isometrica" 0 "isome-tria" .

Una conseguenza import ante di questa proprieta e che operatori uni-tari trasformano sistemi ortonormali di vettori in altri sistemi ortonor-mali; infatti, se ;r:(1),... , :f(m) sono vettori ortonormali, allora i vettori

n(y(i) ,y(j)) = 'LU!::Ukj = Dij

k=l

(1Q(j), 1Q(i)) = 'L UjkUik = Dij

k=l

Completiamo questa analogia tra numeri reali, positivi, numeri com-plessi di modulo 1 e, rispettivamente, operatori hermitiani, positivi,unitari considerando 10 spettro di tali operatori. Vale infatti la seguen-te cara~terizzazione spettrale per operatori hermitiani ed unitari:i) se A e un operatore hermitiano, i suoi autoval.ori sono r~ali; seA e positivo 0 strettamente positivo, allora i SUOl autovalon sono,rispettivamente, positivi 0 strettamente positivi; se A e unitario, allarai suoi autovalori sono numeri complessi di modulo 1;

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iii) A e hermitiano e (;r:,A:f) ~ 0 Y;r:E V.Si puo dimostrare che Ie tre caratterizzazioni sono equivalenti. Soli-

tamente si usa la iii come definizione di operatore positivo; un ope-ratore positivo (0 definito positivo) e quindi un operatore hermitianotale che (;r:,A;r:) ~ 0 Y;r:E V; interpreteremo Ie i e ii come due carat-terizzazioni alternative.

Completiamo il nostro parallelo tra numeri complessi ed operatorilineari su spazi euclidei prendendo in esame i numeri complessi dimodulo 1, cioe tali che zz = 1. Introdurremo quindi gli "operatoriunitari" U, definiti dalla proprieta

(f(i),f(j)) = (U;r:(i),U;r:(j)) =

(U+U;r:(i),;r:(j)) = (;r:(i),:f(j)) = Dij

Questa proprieta puo anzi essere usata come terza caratteri~zazionealternativa di trasformazioni unitarie. Vale infatti il seguente nsultato.

CNES affinche Usia un operatore unitario e che trasformi basi ortonor-mali in basi ortonormali.

Infatti, se (U;r:(i),U:f(j)) = Dij Yi,j = 1, ... ,n, allora (;r:(i),(U+U-Ih(j)) = 0 per ogni vettore delIa base, e quindi segue la [4.123]. . .

Notiamo infine che la matrice che rappresenta un operatore umtanorispetto ad una base ortonormale e tale che Ie sue colonne de?nisconoun sistema ortonormale di vettori; 10 stesso vale per Ie sue nghe. In-fatti, dalle equazioni [4.124] segue che

Se 10 spazio V e reale, allora tali operatori sono detti "ortogonali".Un operatore unitario su uno spazio finito-dimensionale e invertibile egode delle seguenti proprieta

La nozione di trasformazione unitaria risolve il fondamentale problema(volutamente trascurato sinor a) di individuare la trasformazione li-neare pili generale su uno spazio euclideo che preservi il prodottoscalare tra vettori e, quindi, lunghezze, distanze e angoli.

Proposizione 4.12. CNES affinche un operatore Usia unitario e che

n

(U+U)ij = 'L UkiUkj = Dijk=l

n'

(UU+)ij = 'L UikUjk = DiJk=l

Allora gli n vettori y(i) di componenti vii) = Uki (Ie colonne delIamat rice U) e gli n vettori 1Q(i) di componenti wit) = Uik (le righe diU) costituiscono due sistemi ortonormali di vettori di cn:

Dimostrazione. Se U e unitario, Ie formule [4.125] e [4.126] seguonodirettamente dalle [4.124] e dalla definizione di coniugazione hermi-tiana, Se, viceversa, vale la [4,125], allora il vettore (U+U - I)y) eperpendicolare a;r: Y;r:E V, e quindi (U+U - I)y =.Q Yy, da cui seguela [4.123]. - -

La trasformazione unitaria, che preserva Ie proprieta metriche dellospazio euclideo, e anche detta "trasformazione isometrica" 0 "isome-tria" .

Una conseguenza import ante di questa proprieta e che operatori uni-tari trasformano sistemi ortonormali di vettori in altri sistemi ortonor-mali; infatti, se ;r:(1),... , :f(m) sono vettori ortonormali, allora i vettori

n(y(i) ,y(j)) = 'LU!::Ukj = Dij

k=l

(1Q(j), 1Q(i)) = 'L UjkUik = Dij

k=l

Completiamo questa analogia tra numeri reali, positivi, numeri com-plessi di modulo 1 e, rispettivamente, operatori hermitiani, positivi,unitari considerando 10 spettro di tali operatori. Vale infatti la seguen-te cara~terizzazione spettrale per operatori hermitiani ed unitari:i) se A e un operatore hermitiano, i suoi autoval.ori sono r~ali; seA e positivo 0 strettamente positivo, allora i SUOl autovalon sono,rispettivamente, positivi 0 strettamente positivi; se A e unitario, allarai suoi autovalori sono numeri complessi di modulo 1;

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ii) se A e hermitiano od unitario, autovettori corrispondenti ad auto-valori diversi sono ortogonali.

Ritorniamo brevemente ai proiettori ortogonali introdotti nel par.4.2.6; siamo ora in grado, infatti, di caratterizzarne completamente Ieproprieta. I proiettori ortogonali sono idempotenti (proposizione 4.3);ci chiediamo ora quale ulteriore proprieta ne caratterizzi l'ortogonalita.La risposta e: un operatore lineare P e un proiettore ortogonale se esolo se P e hermitiano (anzi positivo), oltre che ovviamente idempo-tente.

La proposizione 4.4, relativa alIa decomposizione dello spazio adopera di proiettori, viene naturalmente generalizzata nel seguente mo-do, quando tali proiettori sono ortogonali.

Proposizione 4.13. Se gli operatori hermitiani p(1), ... ,p(rn) soddi-sfano Ie equazioni [4.35] e [4.36]' allora essi decompongono 10 spazio Vnella somma diretta di m sottospazi mutuamente ortogonali M1, ... ,

.Mm e tali che, se ~ E Mj =} p(i)~ = 8ij~.

Nei paragrafi precedenti abbiamo avuto pill volte occasiane di ap-prezzare !'irnportanza di una decomposizione della spazio V in sot-tospazi invarianti rispetto ad un certo opcratore. Gli ultcriori vantaggiche derivano dal trovarsi in uno spazio euclideo sono essenzialmentelegati al seguente risultato (tanto element are quanto fondamentale).

Proposizione 4.14. Sia M un sottospazio dello spazio cuclideo V. SeM e invariante rispctto all'operatore lineare A, allora M~ e invariantcrispetto ad A+ .

Dimostrazione. Si consideri l'equazione (y,A~) = (A+y,~), con ~ EM eyE M J_ . Per ogni ~ EM, allora A~ EM=} (y,A~) = 0 =(A+'!L~~) =} A+'!L E M-L. -

Conseguenza immediata e che se M e invariante rispetto ad un 0-

peratore hermitiano A, allora anche M~ e invariante rispetto a talcoperatore.

Siamo ora in grado di dirnostrare il teorema spettrale per opcratorihermitiani su spazi euclidci finito-dimensionali. Usando un punto divista riduttivo (ma non troppo), si potrebbc affermare che tutto ci()chesi e fatto sinor a in questo capitolo e un esercizio preparatorio in fun-zione di tale teorerna. II let tore e invitato ad un confronto col teoremaspettrale 4.3 (par. 4.2.5) valido per opcratori lineari diagonalizzabili.

Teorema 4.6. Teorema spettrale per opera tori hermitiani.i) Un operatore auto-aggiunto 0 hermitiano A su uno spazio euclideo Vdi dimensione n possiede 71 autovalori A 1, ... , An reali (event1halmente

degeneri). A utovettori corrispondenti ad autovalori diversi sono orto-

gonali. ( ) ( ., ' I' 1 n)ii) L 'operatore A posszede n autovettorz ortonorma z 1!. , ... , 1!., "iii) Esso ammette 10. seguente decomposizione spettrale [4.66], ewe

nA = LAkP(k)

k=1

, d' " t I p(k) kIn cheattraverso gli operatorz z prozezlOne or ogona e " = , ... ,soddisfano Ie equazioni [4.68], cioe

LP(i) = Ii=1

e decornpongono 10 spazio V nella somma diretta di n sottospazi L1, ... ,

Ln mutuamente ortogonali ed invarianti rispetto ad A, con A,£ = Ai~,

se.x ELi' ( )iv) In una generica base ortonoTmale §.(j) il proiettor'e oTtogonale P k

e rappTesentato dalla matTice

(p(k))" _ (k) (k)t) -- Vi Vj

dove v(k) e 100 componente i-esima dell 'autovettoTe 1!.(k) nella base {§.Ul}.v) La t'rnatTice AD = diag(A1,"" An) rappTesenta l'operatore A nellabase oTtonormale dei suoi autovettori. La matrzce herrmtzana (A) che10 rappresenta nella base {s::.(j)}l e trasformata nella rnatrice diagonaleAD (e cioe diagonalizzata) attraverso 10. tmsfoT'rnazione (dz szmzlztu-dine) unitaria

dove 10. matrice unitaria U ha per colonne gli autovettori ortonormalidi A:

vi) Se gli autovettoTi sono degeneri nel modo descritto dalla [4.71],allora vale 10. decomposizione spettmle [4.72], cioe

m

A = l:JLkP(k)

k=1

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ii) se A e hermitiano od unitario, autovettori corrispondenti ad auto-valori diversi sono ortogonali.

Ritorniamo brevemente ai proiettori ortogonali introdotti nel par.4.2.6; siamo ora in grado, infatti, di caratterizzarne completamente Ieproprieta. I proiettori ortogonali sono idempotenti (proposizione 4.3);ci chiediamo ora quale ulteriore proprieta ne caratterizzi l'ortogonalita.La risposta e: un operatore lineare P e un proiettore ortogonale se esolo se P e hermitiano (anzi positivo), oltre che ovviamente idempo-tente.

La proposizione 4.4, relativa alIa decomposizione dello spazio adopera di proiettori, viene naturalmente generalizzata nel seguente mo-do, quando tali proiettori sono ortogonali.

Proposizione 4.13. Se gli operatori hermitiani p(1), ... ,p(rn) soddi-sfano Ie equazioni [4.35] e [4.36]' allora essi decompongono 10 spazio Vnella somma diretta di m sottospazi mutuamente ortogonali M1, ... ,

.Mm e tali che, se ~ E Mj =} p(i)~ = 8ij~.

Nei paragrafi precedenti abbiamo avuto pill volte occasiane di ap-prezzare !'irnportanza di una decomposizione della spazio V in sot-tospazi invarianti rispetto ad un certo opcratore. Gli ultcriori vantaggiche derivano dal trovarsi in uno spazio euclideo sono essenzialmentelegati al seguente risultato (tanto element are quanto fondamentale).

Proposizione 4.14. Sia M un sottospazio dello spazio cuclideo V. SeM e invariante rispctto all'operatore lineare A, allora M~ e invariantcrispetto ad A+ .

Dimostrazione. Si consideri l'equazione (y,A~) = (A+y,~), con ~ EM eyE M J_ . Per ogni ~ EM, allora A~ EM=} (y,A~) = 0 =(A+'!L~~) =} A+'!L E M-L. -

Conseguenza immediata e che se M e invariante rispetto ad un 0-

peratore hermitiano A, allora anche M~ e invariante rispetto a talcoperatore.

Siamo ora in grado di dirnostrare il teorema spettrale per opcratorihermitiani su spazi euclidci finito-dimensionali. Usando un punto divista riduttivo (ma non troppo), si potrebbc affermare che tutto ci()chesi e fatto sinor a in questo capitolo e un esercizio preparatorio in fun-zione di tale teorerna. II let tore e invitato ad un confronto col teoremaspettrale 4.3 (par. 4.2.5) valido per opcratori lineari diagonalizzabili.

Teorema 4.6. Teorema spettrale per opera tori hermitiani.i) Un operatore auto-aggiunto 0 hermitiano A su uno spazio euclideo Vdi dimensione n possiede 71 autovalori A 1, ... , An reali (event1halmente

degeneri). A utovettori corrispondenti ad autovalori diversi sono orto-

gonali. ( ) ( ., ' I' 1 n)ii) L 'operatore A posszede n autovettorz ortonorma z 1!. , ... , 1!., "iii) Esso ammette 10. seguente decomposizione spettrale [4.66], ewe

nA = LAkP(k)

k=1

, d' " t I p(k) kIn cheattraverso gli operatorz z prozezlOne or ogona e " = , ... ,soddisfano Ie equazioni [4.68], cioe

LP(i) = Ii=1

e decornpongono 10 spazio V nella somma diretta di n sottospazi L1, ... ,

Ln mutuamente ortogonali ed invarianti rispetto ad A, con A,£ = Ai~,

se.x ELi' ( )iv) In una generica base ortonoTmale §.(j) il proiettor'e oTtogonale P k

e rappTesentato dalla matTice

(p(k))" _ (k) (k)t) -- Vi Vj

dove v(k) e 100 componente i-esima dell 'autovettoTe 1!.(k) nella base {§.Ul}.v) La t'rnatTice AD = diag(A1,"" An) rappTesenta l'operatore A nellabase oTtonormale dei suoi autovettori. La matrzce herrmtzana (A) che10 rappresenta nella base {s::.(j)}l e trasformata nella rnatrice diagonaleAD (e cioe diagonalizzata) attraverso 10. tmsfoT'rnazione (dz szmzlztu-dine) unitaria

dove 10. matrice unitaria U ha per colonne gli autovettori ortonormalidi A:

vi) Se gli autovettoTi sono degeneri nel modo descritto dalla [4.71],allora vale 10. decomposizione spettmle [4.72], cioe

m

A = l:JLkP(k)

k=1

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attmverso i proiettori ortogonali definiti dalle [4.73] ehe soddisfano le[4.74] e quindi decompongono lo spazio V nella somma diretta di msottospazi M1, ... Mm ,mutuamente ortogonali ed invarianti rispetto adA, can A;r = l1i;r, ;r;} EMi, e tali che dim Mk = nk, k = 1, ... , m,dove nk e la moltepl~eita algebrica dell'autovalore 11k.vii) Un qualunque polinomio p(A) dell'operatore A ammette la seguentedecomposizione spettrale (efr. [4.75])

m

p(A) = "LP(l1k)p(k)k=l

Dimostmzione. La dimostrazione delIa necessita e immediata: si as-sume che AQ(j) = Aj'Q(j) e BQ(j) = I1j'Jij), j = 1, ... , n; inoltreogni ;r EVe espresso come ;r = I:~=lCkQ(k). Quindi AB;r =

I:~=lCkl1kAkQ(v) = BA;r. Si noti che questo risultato vale per ognicoppia di operatori che hanno un sistema completo di autovettori incomune. Se, viceversa, assumiamo che [A, B] = 0, allora A e B hannoalmeno un autovettore v in comune. Sia L la varieta lineare ad essoassociata e L1- il suo complemento ortogonale di dimensione n - l.Allora sia Ache B sono invarianti rispetto ad L1-, e Ie 101'0 restrizionisu L1- sono operatori hermitiani in L1- che commutano. Esse hannoquindi un vettore di L1- in comune, ortogonale al precedente; e coslvia, fino alI'esaurimento dello spazio.

Operatori hermitiani possiedono una base ortonormale di autovet-tori, la forma spettrale [4.72] e sono diagonalizzabili con una trasfor-mazione unitaria. Vedremo ora che queste importanti proprieta sonocondivise da una classe piu ampia di operatori, ed un semplice argo-mento che permette di individuarli e il seguente. Se si vuole che unoperatore N sia decomponibile, secondo la [4.72]' in proiettori ortogo-nali (e quindi hermitiani), allora N deve necessariamente commutarecol suo aggiunto:

viii) Gli operatori di proiezione ortogonali della decomposizione [4.72]sono esprimibili come polinomi dell' operatore A nel seguente modo:

Dimostrazione. Per dimostrare il punto ii si noti che l'insieme Nk =N(A - I1kl), l'inviluppo lineare degli autovettori di A corrispondentiall'autovalore 11k, e un sottospazio invariante rispetto ad A. Dallaproposizione 4.14 segue che anche Nt e invariante rispetto ad A.quindi det(A-AI) = det(AINk -AI) det(A1Nk'--AI). D'altra parte: i)l'operatore AINk possiede il solo autovalore 11k con molteplicita alge-brica mk : det(AINk - AI) = (11k- A)mk; ii) l'operatore AIN-Lnon puoavere l'a~tovalore 11k=? det(A1Nk'- - I1k1) =I 0 e quindi det(A1Nk'-- AI)non contlene nessun fattore 11k - A. II confronto con l'espressione[4.78] porta a concludere che mk = nk, cioe che, in corrispondenzaad ogni autovettore 11kdi molteplicita algebrica nk, l'operatore hermi-tiano A possiede nk autovettori indipendenti, che possono poi essereresi ortonormali. In virtu del risultato i gli insiemi N J' = 1 mJ, , ... ,sono mutuamente ortogonali, e quindi gli 'LZ'=1 nk = n autovettori inessi contenuti sono ortonormali. Per dimostrare il resto del teoremabastera utilizzare i risultati del teorema 4.3, adattandoli al caso diautovettori ortonormali. In particolare, la matrice di trasformazione[4.69] diventa unitaria e si riduce all'espressione [4.132], i proiettori[4.69] diventano ortogonali e si riducono aIle espressioni [4.130].

Di particolare irnportanza in Meccanica analitica e, soprattutto, inMeccanica quantistica, e il seguente risultato: CNES affinche gli 0-

pemtori hermitiani A e B posseggano n autovettori ortonormali co-muni (e quindi siano diagonalizzabili attmverso la stessa trasforma-zione 1mitaria U), e che essi commutino.

Un operatore N che gode della proprieta [4.134] e detto "normale"; sinoti che operatori hermitiani ed unitari sono due esernpi significativi dioperatori normali. Vale il seguente annunciato teorema per operatorinormali.

Teorema 4.7. CNES affinche un opemtore possegga n autovettori or-togonali e che sia normale.

Dimostrazione. Sia N = B + iD, B = 1/2(N + N+) e D = 1/2i(N -N+) la rappresentazione cartesiana dell'operatore N; essendo N nor-male, gli operatori hermitiani BeD commutano: [N, N+] = [B +iD, B - iD] = i[D, B] = O. Essi hanno quindi 10 stesso sistemadi autovettori ortonormali, che sono quindi anche gli autovettori diN. Se, viceversa, N possiede n autovettori ortonormali: NQ(j) =

AjQ(j), (Q(j), Q(k)) = Ojk, j, k = 1, ... , n vogliamo dimostrare ch.eN+ possiede gli stessi autovettori, e quindi commuta con N. Infattl,V;r E V,;r = I:~=l(Q(k),;r)Q(k); quindi (N+Q(J),;r) = (Q(j),N;r) =Aj(Q(j),;r) =? ((N+ - '\jl)Q(j),;r) = 0 V;r E V=? N+Q(J) = AjQ(1).

II teorema spettrale 4.6, precedentemente dimostrato per operatorihermitiani, vale quindi, piu in generale, per operatori normali, con

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attmverso i proiettori ortogonali definiti dalle [4.73] ehe soddisfano le[4.74] e quindi decompongono lo spazio V nella somma diretta di msottospazi M1, ... Mm ,mutuamente ortogonali ed invarianti rispetto adA, can A;r = l1i;r, ;r;} EMi, e tali che dim Mk = nk, k = 1, ... , m,dove nk e la moltepl~eita algebrica dell'autovalore 11k.vii) Un qualunque polinomio p(A) dell'operatore A ammette la seguentedecomposizione spettrale (efr. [4.75])

m

p(A) = "LP(l1k)p(k)k=l

Dimostmzione. La dimostrazione delIa necessita e immediata: si as-sume che AQ(j) = Aj'Q(j) e BQ(j) = I1j'Jij), j = 1, ... , n; inoltreogni ;r EVe espresso come ;r = I:~=lCkQ(k). Quindi AB;r =

I:~=lCkl1kAkQ(v) = BA;r. Si noti che questo risultato vale per ognicoppia di operatori che hanno un sistema completo di autovettori incomune. Se, viceversa, assumiamo che [A, B] = 0, allora A e B hannoalmeno un autovettore v in comune. Sia L la varieta lineare ad essoassociata e L1- il suo complemento ortogonale di dimensione n - l.Allora sia Ache B sono invarianti rispetto ad L1-, e Ie 101'0 restrizionisu L1- sono operatori hermitiani in L1- che commutano. Esse hannoquindi un vettore di L1- in comune, ortogonale al precedente; e coslvia, fino alI'esaurimento dello spazio.

Operatori hermitiani possiedono una base ortonormale di autovet-tori, la forma spettrale [4.72] e sono diagonalizzabili con una trasfor-mazione unitaria. Vedremo ora che queste importanti proprieta sonocondivise da una classe piu ampia di operatori, ed un semplice argo-mento che permette di individuarli e il seguente. Se si vuole che unoperatore N sia decomponibile, secondo la [4.72]' in proiettori ortogo-nali (e quindi hermitiani), allora N deve necessariamente commutarecol suo aggiunto:

viii) Gli operatori di proiezione ortogonali della decomposizione [4.72]sono esprimibili come polinomi dell' operatore A nel seguente modo:

Dimostrazione. Per dimostrare il punto ii si noti che l'insieme Nk =N(A - I1kl), l'inviluppo lineare degli autovettori di A corrispondentiall'autovalore 11k, e un sottospazio invariante rispetto ad A. Dallaproposizione 4.14 segue che anche Nt e invariante rispetto ad A.quindi det(A-AI) = det(AINk -AI) det(A1Nk'--AI). D'altra parte: i)l'operatore AINk possiede il solo autovalore 11k con molteplicita alge-brica mk : det(AINk - AI) = (11k- A)mk; ii) l'operatore AIN-Lnon puoavere l'a~tovalore 11k=? det(A1Nk'- - I1k1) =I 0 e quindi det(A1Nk'-- AI)non contlene nessun fattore 11k - A. II confronto con l'espressione[4.78] porta a concludere che mk = nk, cioe che, in corrispondenzaad ogni autovettore 11kdi molteplicita algebrica nk, l'operatore hermi-tiano A possiede nk autovettori indipendenti, che possono poi essereresi ortonormali. In virtu del risultato i gli insiemi N J' = 1 mJ, , ... ,sono mutuamente ortogonali, e quindi gli 'LZ'=1 nk = n autovettori inessi contenuti sono ortonormali. Per dimostrare il resto del teoremabastera utilizzare i risultati del teorema 4.3, adattandoli al caso diautovettori ortonormali. In particolare, la matrice di trasformazione[4.69] diventa unitaria e si riduce all'espressione [4.132], i proiettori[4.69] diventano ortogonali e si riducono aIle espressioni [4.130].

Di particolare irnportanza in Meccanica analitica e, soprattutto, inMeccanica quantistica, e il seguente risultato: CNES affinche gli 0-

pemtori hermitiani A e B posseggano n autovettori ortonormali co-muni (e quindi siano diagonalizzabili attmverso la stessa trasforma-zione 1mitaria U), e che essi commutino.

Un operatore N che gode della proprieta [4.134] e detto "normale"; sinoti che operatori hermitiani ed unitari sono due esernpi significativi dioperatori normali. Vale il seguente annunciato teorema per operatorinormali.

Teorema 4.7. CNES affinche un opemtore possegga n autovettori or-togonali e che sia normale.

Dimostrazione. Sia N = B + iD, B = 1/2(N + N+) e D = 1/2i(N -N+) la rappresentazione cartesiana dell'operatore N; essendo N nor-male, gli operatori hermitiani BeD commutano: [N, N+] = [B +iD, B - iD] = i[D, B] = O. Essi hanno quindi 10 stesso sistemadi autovettori ortonormali, che sono quindi anche gli autovettori diN. Se, viceversa, N possiede n autovettori ortonormali: NQ(j) =

AjQ(j), (Q(j), Q(k)) = Ojk, j, k = 1, ... , n vogliamo dimostrare ch.eN+ possiede gli stessi autovettori, e quindi commuta con N. Infattl,V;r E V,;r = I:~=l(Q(k),;r)Q(k); quindi (N+Q(J),;r) = (Q(j),N;r) =Aj(Q(j),;r) =? ((N+ - '\jl)Q(j),;r) = 0 V;r E V=? N+Q(J) = AjQ(1).

II teorema spettrale 4.6, precedentemente dimostrato per operatorihermitiani, vale quindi, piu in generale, per operatori normali, con

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~ ( ) ;+ = ((J (J2 (J3). Si osservi che se A e hermitiana,dove a = a1,a2,a3 , v 1"

allora ao, a sono reali.E facile verificare, con l'aiuto della [4.135], che

1ao = -tr(A)

21

aj = "2tr((JjA)

, h I (J (J (J3 formano chiaramente una base ortogonale di ma-COSIc e , 1, 2, h d tt scalaretrici (dr. [4.100]) in uno spazio matriciale che a come pro 0 0

di A e B il numero (lj2)Tr(AB). .r< 11 B - b I + ~b . (j si otterra la seguente formula per 11:::>ea ora - 0 '

prodotto:AB = (aobo + a· b)I + [aob + boa + i(a 1\ b)] . (j

dove 1\ indica l'usuale prodotto vettoriale tra due vet~ori in 3.dimen-sioni. Poiche il commutatore di A e B e ~ato dall'umco termme nonsimmetrico della formula del prodotto, cioe

l'ovvia avvertenza di eliminare la caratterizzazione di realta degli auto-valori (cioe il punto i del teorema). Se un' opportuna caratterizzazionedegli autovalori e invece data, essa fissa in modo significativo il carat-tere del corrispondente operatore normale. Vale, a questo proposito,il seguente risultato. Un operatore normale su V e hermitiano, posi-tivo, strettamente positivo, unitario, invertibile, idempotente se e solose i suoi autovalori sono, rispettivamente, reali, positivi, strettamentepositivi, di modulo 1, diversi da 0, uguali a 0 e 1.

Tra Ie matrici 2 x 2, sono molto usate in fisica Ie cosiddette matrici diPauli (Ji, (i = 1, 2, 3) che, nella base naturale, hanno la seguente formaesplicita:

Esse hanno traccia nulla e sono non-singolari (det (J i = -1); sono i-noltre hermitiane. E facile verificare con calcolo esplicito che godonodelle proprieta riassunte dalla seguente formula:

3

(Jj(Jk = DjkI + i2.:= I tjkWI

1

[A, B] = 2i(a 1\b) . (j

. . , d' d atrici A e B si traduce inla condizione di commutatlvlta 1 ue m . ~ ~ ~ ~ Vkuna condizione di parallelismo dei relativi vetton a, b : a = kb, ~

[A,B] =0.

4.2.9. Rappresentazione polare di una matrice

Usa talvolta una decomposizione delle matrici in due fattori che

Si . 1" "modulo" ee l'analogo delIa fattorizzazione dei numer.I comp eSSIm"fattore di fase" (efr. par. 1.1.1). Pili precIsamente:

dove I e la mat rice identita e con tjkl si e indicato il simbolo comple-tamente antisimmetrico di Levi-Civita:

Essendo Ie (Ji hermitiane, la [4.135] mostra chiaramente che esse sonoanche unitarie. Dalla [4.135] si ottiene poi facilmente che:

3

[(Jj, (JkJ = 2i 2.:= I tjkWI

1

A=HUdove H e una matrice hermitiana e U e una matrice unitaria. La rap~

. . t . e H e U non commutano,presentazione non e necessanamen e umca, suna forma equivalente e:

{ (Jj, (Jd = 2DikI

Gli autovalori delle matrici di Pauli sono evidentemente (per la traccianulla e il determinante uguale a-I) ±1.

Ogni matrice A(2 x 2) si puo scrivere nella forma di Pauli:

A=VH'V ' 't' PoicM, per l'unitarietadove, ancora, H' e hermitiana e e um ana.

di U eVe per la hermiticita di H e H':

VH'U+ = H = (VH'U+)+ = UH'V+

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~ ( ) ;+ = ((J (J2 (J3). Si osservi che se A e hermitiana,dove a = a1,a2,a3 , v 1"

allora ao, a sono reali.E facile verificare, con l'aiuto della [4.135], che

1ao = -tr(A)

21

aj = "2tr((JjA)

, h I (J (J (J3 formano chiaramente una base ortogonale di ma-COSIc e , 1, 2, h d tt scalaretrici (dr. [4.100]) in uno spazio matriciale che a come pro 0 0

di A e B il numero (lj2)Tr(AB). .r< 11 B - b I + ~b . (j si otterra la seguente formula per 11:::>ea ora - 0 '

prodotto:AB = (aobo + a· b)I + [aob + boa + i(a 1\ b)] . (j

dove 1\ indica l'usuale prodotto vettoriale tra due vet~ori in 3.dimen-sioni. Poiche il commutatore di A e B e ~ato dall'umco termme nonsimmetrico della formula del prodotto, cioe

l'ovvia avvertenza di eliminare la caratterizzazione di realta degli auto-valori (cioe il punto i del teorema). Se un' opportuna caratterizzazionedegli autovalori e invece data, essa fissa in modo significativo il carat-tere del corrispondente operatore normale. Vale, a questo proposito,il seguente risultato. Un operatore normale su V e hermitiano, posi-tivo, strettamente positivo, unitario, invertibile, idempotente se e solose i suoi autovalori sono, rispettivamente, reali, positivi, strettamentepositivi, di modulo 1, diversi da 0, uguali a 0 e 1.

Tra Ie matrici 2 x 2, sono molto usate in fisica Ie cosiddette matrici diPauli (Ji, (i = 1, 2, 3) che, nella base naturale, hanno la seguente formaesplicita:

Esse hanno traccia nulla e sono non-singolari (det (J i = -1); sono i-noltre hermitiane. E facile verificare con calcolo esplicito che godonodelle proprieta riassunte dalla seguente formula:

3

(Jj(Jk = DjkI + i2.:= I tjkWI

1

[A, B] = 2i(a 1\b) . (j

. . , d' d atrici A e B si traduce inla condizione di commutatlvlta 1 ue m . ~ ~ ~ ~ Vkuna condizione di parallelismo dei relativi vetton a, b : a = kb, ~

[A,B] =0.

4.2.9. Rappresentazione polare di una matrice

Usa talvolta una decomposizione delle matrici in due fattori che

Si . 1" "modulo" ee l'analogo delIa fattorizzazione dei numer.I comp eSSIm"fattore di fase" (efr. par. 1.1.1). Pili precIsamente:

dove I e la mat rice identita e con tjkl si e indicato il simbolo comple-tamente antisimmetrico di Levi-Civita:

Essendo Ie (Ji hermitiane, la [4.135] mostra chiaramente che esse sonoanche unitarie. Dalla [4.135] si ottiene poi facilmente che:

3

[(Jj, (JkJ = 2i 2.:= I tjkWI

1

A=HUdove H e una matrice hermitiana e U e una matrice unitaria. La rap~

. . t . e H e U non commutano,presentazione non e necessanamen e umca, suna forma equivalente e:

{ (Jj, (Jd = 2DikI

Gli autovalori delle matrici di Pauli sono evidentemente (per la traccianulla e il determinante uguale a-I) ±1.

Ogni matrice A(2 x 2) si puo scrivere nella forma di Pauli:

A=VH'V ' 't' PoicM, per l'unitarietadove, ancora, H' e hermitiana e e um ana.

di U eVe per la hermiticita di H e H':

VH'U+ = H = (VH'U+)+ = UH'V+

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segue che possiamo scegliere V = U. A questo punto 8 facile deter-minare H e H':

Segue, allora, che se k < R si puo parlare di convergenza di f(A) intutto 10spazio di vettori ;r perche

e sceglieremo per H e H', nelle loro forme diagonali, Ie determinazionipositive delle radici degli autovalori di AA+ e A +A, rispettivamente.Risulta cosl evidente che, se A e A + commutano (A 8, Ci08, unamatrice normale e soddisfa la [4.134]' [A, A +] = 0), allora H e H'coincidono.

Determinate cosl H e H', se A 8 non-singolare e facile determinareU:

If(Ahl ::;L n lanl IA";r1::;L n lanlknl;rlo ' 0

Se k > R, si puo sempre trovare un sottospazio V tale che questadiseguaglianza sia soddisfatta '1;r E V; in quel caso si dira che la serie[4.136] converge in V, e si porra un problema analogo a quello del pro-lungamento analitico al di fuori dello spazio originario di definizione(V, in questo caso). Se A e diagonalizzabile e ha n autovalori Ai,(i = 1,2, ... , n), allara il problema 8 esattamente quello del prolunga-mento analitico di f(z), perche, se f(i) 8 l'autovettore associato a Ai,richiederemo che esista il prolungamento f(Ai) tale che

Se pero il det A = 0 (e percio det H = det H' = 0), la determinazionedi U resta in parte arbitraria, come era da aspettarsi in analogiaall'indeterminazione dell'argomento nell'origine del piano complesso.

Sappiamo anche (efr. [4.58]) che esiste il polinomio identicamentenullo di grado n detto di Cayley-Hamilton che consente di ridurreogni potenza > n - 1 di A a una combinazione lineare delle primen - 1. Pertanto, ci aspettiamo che ogni funzione di matrice n x n siariducibile alIa forma polinomiale

La noz10ne di funzione di una matrice, che si generalizza facilmentea quella di funzione di un operatore lineare, e molto importante nelleapplicazioni fisiche. Essa 8 abbastanza semplice da usare. Intanto,supponiamo di partire da una funzione di variabile complessa, f(z),sviluppabile in serie di Taylor:

n-l

f(A) = L m fm Amo

f(z) = L n a"zn, Izi < Ro

Come si determinano i coefficienti fm? Se 10spettro di A non 8 de-genere, il problema e molto semplice, perche, richiedendo che

Poiche Ie potenze di una matrice A (n x n) sono ben definite dall'opera-zione elementare di prodotto di due matrici, la nuova matrice costruitacome combinazione lineare di potenze di A:

n-l

f(Ai) = L m fm A'; , i = 1,2, ... , no

00

f(A) = L n anA"o

si dispone esattamente di n equazioni lineari nelle n incognite fm, m =0,1, ... ,n -1. D'altra parte, il determinante dei coefficienti delle inco-gnite fm - coefficienti che altro non sono che Ie potenze dei diversiautovalori, per ipotesi tutti distinti - 8 certamente diverso da zero (8il determinante detto di Van der Monde).richiede soltanto un'estensione delIa nozione di convergenza al caso

delle serie di matrici (di potenze di una matrice, in particolare). Sup-poniamo che Un esempio molto comune e quello dell'estensione matriciale della formula

di Euler-De Moivre per i numeri complessi (efr. par. 1.1.1) al caso della

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segue che possiamo scegliere V = U. A questo punto 8 facile deter-minare H e H':

Segue, allora, che se k < R si puo parlare di convergenza di f(A) intutto 10spazio di vettori ;r perche

e sceglieremo per H e H', nelle loro forme diagonali, Ie determinazionipositive delle radici degli autovalori di AA+ e A +A, rispettivamente.Risulta cosl evidente che, se A e A + commutano (A 8, Ci08, unamatrice normale e soddisfa la [4.134]' [A, A +] = 0), allora H e H'coincidono.

Determinate cosl H e H', se A 8 non-singolare e facile determinareU:

If(Ahl ::;L n lanl IA";r1::;L n lanlknl;rlo ' 0

Se k > R, si puo sempre trovare un sottospazio V tale che questadiseguaglianza sia soddisfatta '1;r E V; in quel caso si dira che la serie[4.136] converge in V, e si porra un problema analogo a quello del pro-lungamento analitico al di fuori dello spazio originario di definizione(V, in questo caso). Se A e diagonalizzabile e ha n autovalori Ai,(i = 1,2, ... , n), allara il problema 8 esattamente quello del prolunga-mento analitico di f(z), perche, se f(i) 8 l'autovettore associato a Ai,richiederemo che esista il prolungamento f(Ai) tale che

Se pero il det A = 0 (e percio det H = det H' = 0), la determinazionedi U resta in parte arbitraria, come era da aspettarsi in analogiaall'indeterminazione dell'argomento nell'origine del piano complesso.

Sappiamo anche (efr. [4.58]) che esiste il polinomio identicamentenullo di grado n detto di Cayley-Hamilton che consente di ridurreogni potenza > n - 1 di A a una combinazione lineare delle primen - 1. Pertanto, ci aspettiamo che ogni funzione di matrice n x n siariducibile alIa forma polinomiale

La noz10ne di funzione di una matrice, che si generalizza facilmentea quella di funzione di un operatore lineare, e molto importante nelleapplicazioni fisiche. Essa 8 abbastanza semplice da usare. Intanto,supponiamo di partire da una funzione di variabile complessa, f(z),sviluppabile in serie di Taylor:

n-l

f(A) = L m fm Amo

f(z) = L n a"zn, Izi < Ro

Come si determinano i coefficienti fm? Se 10spettro di A non 8 de-genere, il problema e molto semplice, perche, richiedendo che

Poiche Ie potenze di una matrice A (n x n) sono ben definite dall'opera-zione elementare di prodotto di due matrici, la nuova matrice costruitacome combinazione lineare di potenze di A:

n-l

f(Ai) = L m fm A'; , i = 1,2, ... , no

00

f(A) = L n anA"o

si dispone esattamente di n equazioni lineari nelle n incognite fm, m =0,1, ... ,n -1. D'altra parte, il determinante dei coefficienti delle inco-gnite fm - coefficienti che altro non sono che Ie potenze dei diversiautovalori, per ipotesi tutti distinti - 8 certamente diverso da zero (8il determinante detto di Van der Monde).richiede soltanto un'estensione delIa nozione di convergenza al caso

delle serie di matrici (di potenze di una matrice, in particolare). Sup-poniamo che Un esempio molto comune e quello dell'estensione matriciale della formula

di Euler-De Moivre per i numeri complessi (efr. par. 1.1.1) al caso della

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funzione esponenziale di matrici di Pauli. Sia n un versore a tre componentireali. La matrice i1,· 5 soddisfa il polinomio di Cayley-Hamilton (n· 5)2 = Icosl che i suoi autovalori sono +1 e -1. Pertanto, se GO e un parametro (nonnecessariamente reale), si avra

punti coincidono, si puo assegnare il valore nel punto e la tangente in esso(cioe la derivata).

II procedimento si puo poi ripetere estendendolo a derivate di ordinepili elevato (2,3, ... ) quando la degenerazione e pili grande (3,4, ...autovalori uguali).

Inoltre, osserviamo che una matrice unitaria U puo sempre essererappresentata nella forma di una funzione esponenziale di una matricehermitiana:

e questa e la forma di Pauli della matrice a primo membro che, essendodi rango 2, si puo sempre ridurre ad essa (dunque, la forma di Pauli segueanche dall'esistenza del polinomio di Cayley-Hamilton). Dovendoessere, perla [4.138],

eia = fo + h

e-ia = fo -·hdove H e appunto una matrice hermitiana, H = H+. La dimostrazionee molto semplice e viene lasciata allettore (eventualmente, utilizzarela rappresentazione per serie delia funzione esponenziale).

Una formula notevole che riguarda in particolare il caso di matricidiagonalizzabili e la seguente:

risolvendo per fo, h si otterra la notevole formula (di Euler-De Moivregeneralizzata) :

Appena pili complicato e il caso in cui Asia degenere. Supponiamoehe abbia due autovalori uguali, Al = A2. In quel caso, Ie prime dueequazioni del sistema [4.138] che determina i coefficienti 1m vengonoa coincidere e il problema e sottodeterminato. Ma possiamo semprerichiedere che siano soddisfatte sia la prima equazione (quella per AI)che quella che si ottiene dalla prima per derivazione rispetto a AI:

det(expA) = det{Texp(A)T-1} = det{exp(TAT-1)} =

= exp{Tr(TAT-1)} = exp(Tr A)

perehe il determinante delia forma diagonale di exp(A) e il prodottodegli autovalori di exp(A).

Infine, e necessario fare attenzione a non usare Ie ordinarie regoledi composizione di funzioni di variabili numeriehe se Ie matriei che siadoperano non commutano. Per esempio:

Infatti, se immaginiamo che 10 spettro non sia esattamente degenere e cheA2 = A1 + E, con E piccolo a piacere, la differenza tra la seconda e la primaequazione del sistema dara:

lim f(A1 + E) - f(A1)(;~O E

n-1

d~1 f(A1) = L m mfmA';'-11

Questa procedura e intuitivamente comprensibile: la [4.138] equivale all'ap-prossimazione mediante un polinomio di grade n - 1 di una funzione f(A)di cui si conoscano gli n valori f(Ai) in n punti distinti Ai. Bepero due dei

a meno che A e B commutino. Se A e B non commutano, vale unaformula (di Baker, Campbell e Hausdorff) di cui riportiamo qui i primitermini senza dimostrazione:

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funzione esponenziale di matrici di Pauli. Sia n un versore a tre componentireali. La matrice i1,· 5 soddisfa il polinomio di Cayley-Hamilton (n· 5)2 = Icosl che i suoi autovalori sono +1 e -1. Pertanto, se GO e un parametro (nonnecessariamente reale), si avra

punti coincidono, si puo assegnare il valore nel punto e la tangente in esso(cioe la derivata).

II procedimento si puo poi ripetere estendendolo a derivate di ordinepili elevato (2,3, ... ) quando la degenerazione e pili grande (3,4, ...autovalori uguali).

Inoltre, osserviamo che una matrice unitaria U puo sempre essererappresentata nella forma di una funzione esponenziale di una matricehermitiana:

e questa e la forma di Pauli della matrice a primo membro che, essendodi rango 2, si puo sempre ridurre ad essa (dunque, la forma di Pauli segueanche dall'esistenza del polinomio di Cayley-Hamilton). Dovendoessere, perla [4.138],

eia = fo + h

e-ia = fo -·hdove H e appunto una matrice hermitiana, H = H+. La dimostrazionee molto semplice e viene lasciata allettore (eventualmente, utilizzarela rappresentazione per serie delia funzione esponenziale).

Una formula notevole che riguarda in particolare il caso di matricidiagonalizzabili e la seguente:

risolvendo per fo, h si otterra la notevole formula (di Euler-De Moivregeneralizzata) :

Appena pili complicato e il caso in cui Asia degenere. Supponiamoehe abbia due autovalori uguali, Al = A2. In quel caso, Ie prime dueequazioni del sistema [4.138] che determina i coefficienti 1m vengonoa coincidere e il problema e sottodeterminato. Ma possiamo semprerichiedere che siano soddisfatte sia la prima equazione (quella per AI)che quella che si ottiene dalla prima per derivazione rispetto a AI:

det(expA) = det{Texp(A)T-1} = det{exp(TAT-1)} =

= exp{Tr(TAT-1)} = exp(Tr A)

perehe il determinante delia forma diagonale di exp(A) e il prodottodegli autovalori di exp(A).

Infine, e necessario fare attenzione a non usare Ie ordinarie regoledi composizione di funzioni di variabili numeriehe se Ie matriei che siadoperano non commutano. Per esempio:

Infatti, se immaginiamo che 10 spettro non sia esattamente degenere e cheA2 = A1 + E, con E piccolo a piacere, la differenza tra la seconda e la primaequazione del sistema dara:

lim f(A1 + E) - f(A1)(;~O E

n-1

d~1 f(A1) = L m mfmA';'-11

Questa procedura e intuitivamente comprensibile: la [4.138] equivale all'ap-prossimazione mediante un polinomio di grade n - 1 di una funzione f(A)di cui si conoscano gli n valori f(Ai) in n punti distinti Ai. Bepero due dei

a meno che A e B commutino. Se A e B non commutano, vale unaformula (di Baker, Campbell e Hausdorff) di cui riportiamo qui i primitermini senza dimostrazione:

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4.3Spazi lineari astratti

Come abbiamo ricordato al par. 4.2.1, sappiamo dalla geometria e-lementare che i vettori dello spazio tridimensionale possono essere fraloro sommati (con la regola del parallelogramma) e moltiplicati perun numero reale arbitrario. Sappiamo pure, dall'algebra, che se unsistema di Iv! equazioni algebriche lineari in N incognite ammette due

• • .• I (' I ') I! - ("" x") unasoluzlOm dlClamO x = xl,x2,···,xN e 22 - X1,x2,"" N', - " )loro arbitraria combinazione lineare y = (o:x~ + /3x~, ... , o:x'tv + /3xNe ancora una soluzione. E abbiamo imparato dall'analisi che una pro-prieta analoga vale per Ie equazioni differenziali lineari omogenee.

I vettori dello spazio tridimensionale, Ie soluzioni di un sistema li-neare omogeneo 0 di una equazione differenziale lineare omogenea sonoaltrettante realizzazioni particolari di spazi lineari. AlIa luce dei prece-denti esempi e del par. 4.2, e naturale definire in generale uno spaziolineare, anche detto spazio vettoriale, come un insieme di oggetti (gli"elementi" 0 i "vettori" dello spazio) su cui sono definite due ope-razioni una interna, chiamata somma, e una esterna, il prodotto perun nuu'tero (reale 0 complesso) che godono delle seguenti proprieta:i) Somma: per ogni coppia di elementi 22, JLEVe definito u~i:oc~menteun terzo elemento ~ E V, detto somma di 22 e JL, che Sl md1ca con~ = 22 + Y, l'operazione di somma essendo commutativa (22 + JL =Y + 22), e associativa (22 + (JL+ ~) = (22 + JL) + ~ = 22 + JL+ ~).Esiste inoltre l'elemento neutro, detto Q (zero 0 vettore nullo), tale che22+ Q = 22 "h E V ed esiste un elemento -22 (1'"opposto" di 22) tale che22 + (~22) = 22 - 22 = Q.ii) Fr-odotto per un numero: per ogni 22 EVe per o?ni 0: E ??-( 0 E C),e definito un elemento 0:22 E V, detto prodotto dl 22 per 11numero0:. L'operazione di prodotto e: associativa (0:(/322) = /3(0:22) = 0:/322),distributiva rispetto alla somma dei nv,meri ((0: + /3)22 = 0:22 + /322),distributiva rispetto alIa somma dei vettori (0:(22 + JL) = 0:22 + o:'!!.), etale che 1 . x = x.

Uno spa;io v~ttoriale V si dice reale 0 complesso a seconda chel'operazione di prodotto sia definita suI campo dei reali 0 dei com-plessi.

L'impostazione che seguiremo nell'esporre gli argomenti di questo para-grafo sara in linea di mas sima quell a di dot are l'oggetto della no-stra indagine di strutture progressivamente pili complesse, cercando dichiarire quaIi nozioni e proprieta possano essere corrispondentementeintrodotte.

Partiremo percio introducendo la nozione di spazio line are astratto,mostrando come da essa discendano naturalmente i concetti di dip en-denza e indipendenza lineare e di dimensione. Muniremo successiva-mente il nostro spazio lineare di una metrica, definendo la "distanza"tra due elementi dello spazio: questo ci permettera di parlare di insiemiaperti e chiusi, limitati e non, di definire "convergenza", "densita","completezza" ecc.

Specializzando ulteriormente la trattazione, ci chiederemo come sipossa concretamente definire una metrica: mostreremo come uno deimodi possibili consiste nel definire in modo appropriato la lunghezzadi un elemento dello spazio, introducendo cioe la nozione di "norma".Infine, noteremo come una "norma" e conseguentemente una "me-trica" possano essere indotte dal "prodotto scalare" tra due elementidello spazio, che generalizza la nozione di "angolo" tra due vettori:arriveremo COS1agli spazi euclidei astratti e in particolare agli spazidi Hilbert. Per quanto possibile, non distingueremo tra caso finitodimensionale (gia trattato al par. 4.2) e infinito-dimensionale, po-nendo di volta in volta l'accento sulle proprieta per Ie quali il carattereinfinito delle dimensioni gioca un ruolo "critico", I successivi parr.4.4 e 4.5 saranno dedicati allo studio delle trasformazioni tra spazilineari, con particolare riguardo aIle trasformazioni lineari. Comince-remo con i funzionali lineari, nel cui ambito tratteremo Ie distribuzioni,e passeremo poi al caso degli operatori lineari propriamente detti, eprivilegeremo 10 studio degli operatori lineari su spazi di Hilbert.

Per gli esempi pili semplici (1'insieme dei numeri reali 0 comples~i:l'insieme delle n-ple di numeri reali 0 complessi, l'insieme delle matncl

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4.3Spazi lineari astratti

Come abbiamo ricordato al par. 4.2.1, sappiamo dalla geometria e-lementare che i vettori dello spazio tridimensionale possono essere fraloro sommati (con la regola del parallelogramma) e moltiplicati perun numero reale arbitrario. Sappiamo pure, dall'algebra, che se unsistema di Iv! equazioni algebriche lineari in N incognite ammette due

• • .• I (' I ') I! - ("" x") unasoluzlOm dlClamO x = xl,x2,···,xN e 22 - X1,x2,"" N', - " )loro arbitraria combinazione lineare y = (o:x~ + /3x~, ... , o:x'tv + /3xNe ancora una soluzione. E abbiamo imparato dall'analisi che una pro-prieta analoga vale per Ie equazioni differenziali lineari omogenee.

I vettori dello spazio tridimensionale, Ie soluzioni di un sistema li-neare omogeneo 0 di una equazione differenziale lineare omogenea sonoaltrettante realizzazioni particolari di spazi lineari. AlIa luce dei prece-denti esempi e del par. 4.2, e naturale definire in generale uno spaziolineare, anche detto spazio vettoriale, come un insieme di oggetti (gli"elementi" 0 i "vettori" dello spazio) su cui sono definite due ope-razioni una interna, chiamata somma, e una esterna, il prodotto perun nuu'tero (reale 0 complesso) che godono delle seguenti proprieta:i) Somma: per ogni coppia di elementi 22, JLEVe definito u~i:oc~menteun terzo elemento ~ E V, detto somma di 22 e JL, che Sl md1ca con~ = 22 + Y, l'operazione di somma essendo commutativa (22 + JL =Y + 22), e associativa (22 + (JL+ ~) = (22 + JL) + ~ = 22 + JL+ ~).Esiste inoltre l'elemento neutro, detto Q (zero 0 vettore nullo), tale che22+ Q = 22 "h E V ed esiste un elemento -22 (1'"opposto" di 22) tale che22 + (~22) = 22 - 22 = Q.ii) Fr-odotto per un numero: per ogni 22 EVe per o?ni 0: E ??-( 0 E C),e definito un elemento 0:22 E V, detto prodotto dl 22 per 11numero0:. L'operazione di prodotto e: associativa (0:(/322) = /3(0:22) = 0:/322),distributiva rispetto alla somma dei nv,meri ((0: + /3)22 = 0:22 + /322),distributiva rispetto alIa somma dei vettori (0:(22 + JL) = 0:22 + o:'!!.), etale che 1 . x = x.

Uno spa;io v~ttoriale V si dice reale 0 complesso a seconda chel'operazione di prodotto sia definita suI campo dei reali 0 dei com-plessi.

L'impostazione che seguiremo nell'esporre gli argomenti di questo para-grafo sara in linea di mas sima quell a di dot are l'oggetto della no-stra indagine di strutture progressivamente pili complesse, cercando dichiarire quaIi nozioni e proprieta possano essere corrispondentementeintrodotte.

Partiremo percio introducendo la nozione di spazio line are astratto,mostrando come da essa discendano naturalmente i concetti di dip en-denza e indipendenza lineare e di dimensione. Muniremo successiva-mente il nostro spazio lineare di una metrica, definendo la "distanza"tra due elementi dello spazio: questo ci permettera di parlare di insiemiaperti e chiusi, limitati e non, di definire "convergenza", "densita","completezza" ecc.

Specializzando ulteriormente la trattazione, ci chiederemo come sipossa concretamente definire una metrica: mostreremo come uno deimodi possibili consiste nel definire in modo appropriato la lunghezzadi un elemento dello spazio, introducendo cioe la nozione di "norma".Infine, noteremo come una "norma" e conseguentemente una "me-trica" possano essere indotte dal "prodotto scalare" tra due elementidello spazio, che generalizza la nozione di "angolo" tra due vettori:arriveremo COS1agli spazi euclidei astratti e in particolare agli spazidi Hilbert. Per quanto possibile, non distingueremo tra caso finitodimensionale (gia trattato al par. 4.2) e infinito-dimensionale, po-nendo di volta in volta l'accento sulle proprieta per Ie quali il carattereinfinito delle dimensioni gioca un ruolo "critico", I successivi parr.4.4 e 4.5 saranno dedicati allo studio delle trasformazioni tra spazilineari, con particolare riguardo aIle trasformazioni lineari. Comince-remo con i funzionali lineari, nel cui ambito tratteremo Ie distribuzioni,e passeremo poi al caso degli operatori lineari propriamente detti, eprivilegeremo 10 studio degli operatori lineari su spazi di Hilbert.

Per gli esempi pili semplici (1'insieme dei numeri reali 0 comples~i:l'insieme delle n-ple di numeri reali 0 complessi, l'insieme delle matncl

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I' Illia naturale generalizzazione dei concetti geometrici elementari di""lIiucarita 0 coplanarita di vettori nello spazio a 3 dimensioni.

IhIla definizione di dipendenza e indipendenza lineare segue quella(I i dirnensione di uno spazio vettoriale. La dimensione di Veil nn··IIf(T() massimo di vettori linearmente indipendenti esistenti in V. Sc,1)('1' og;ni numero naturale n, si possono sempre trovare n vettori li-IIl'anncnte indipendenti, diremo che V ha dimensione infinita. Se Vlia dirnensione n, abbiamo visto al par. 4.2.1 che n vettori linearment(~illdipcndenti in V costituiscono una base per V, nel senso che ognivdLore .:f E V si pua rappresentare come combinazione lineare deglid"lllcllti delIa base.

Nd caso finito dimension ale esiste un criterio generale per deciderc::,~k vettori sono linearmente dipendenti, criterio che qui presentiamo.

(:i limitiamo (ovviamente!) a considerare il caso k < n, dove n ()la dirnensione finita dello spazio. Siano .:f(1) ,.:f(2), ... , .:f(k) i vettori in'1llcstione, e sia {(I), {(2), ... , {en) una base in V. Potremo scrivere:

n x n, l'insieme dei polinomi di grade :s: n 1) rimandiamo al par.4.2.1.

Esempi pili esotici, ma che saranno oggetto import ante d'indagine,sono dati dalle successioni di numeri reali 0 complessi (la somma didue successioni essendo definita come la successione i cui clementisono la somma degli elementi omologhi delle successioni di partenza),o dall'insieme delle funzioni (reali 0 complesse) continue di variabilereale, con Ie definizioni:

(f + g)(t) = f(t) + g(t) t E [a, b]

(aJ)(t) = af(t)

Sempre nell'ambito delle funzioni, altri esempi sono forniti dalle fun-zioni di modulo (0 di modulo quadrato) integrabile su una linea ecc.

Due spazi lineari VI e V2 si dicono isomorfi se tra loro esiste unacorrispondenza biunivoca compatibile con Ie operazioni di somma eprodotto definite su di essi (cioe .:f <----> x', y <----> y' implica a.:f +(3y <----> a.:f' + (3y'). Due spazi lineari tra fOro isomorfi si possonoconsiderare comerealizzazioni diverse dello stesso spazio. Un esempioclassico (efr. par. 4.2.1) di isomorfismo e quello tra nn(o en) e 10spazio dei polinomi in una indeterminata di grado :s: n - 1 a coeffi-cienti reali (complessi) (ogni polinomio e in corrispondenza biunivocacon l'n-pla di numeri costituita dai suoi coefficienti).

n.;f(i) = L x;{(j)

j=l

(:rj (~ la componente del vettore X(i) secondo il vettore di base {(j)).Allora:

pcr j = 1, ... , n. Cioe, i k vettori .:f(i) sono linearmente indipendentisc c solo se il sistema lineare omogeneo di n equazioni nelle k incognite(Yl,a2,···,ak:D'ora in poi useremo sistematicamente it termine vettore per indicare

un elemento di uno spazio lineare. Come abbiamo visto al par. 4.2.1,si dice che n vettori .:f(l), .:f(2), ... , .:f(n) sono linearmente dipendenti seesistono numeri reali (0 complessi) non tutti nulli 001,002, ... , an taliche (efr. [4.13]):

k

L aixj = 0 (j = 1, ... , n)i=l

nL ai.:f(i) = Qi=1

ammette solo la soluzione nulla. Cia equivale a richiedere che it rango(massimo ordine dei minori non tutti nulli) della matrice n x k xj (jindice di riga, i indice di colonna; ai sono Ie componenti di un vettorccolonna) Q) sia pari a k: in particolare, se k e uguale a n, la condizioIWper l'indipendenza lineare e che il determinante della matrice quadrataxj (detto determinante di Gram), sia diverso da zero. Lasciamo allettore la dimostrazione che l'indipendenza lineare di k vettori e una

Un'espressione del tipo L~=1 ai.:f(i) si dice combinazione lineare deivettori .:f(l), ... , .:f(n). Se la [4.139] e verificata solo per ai = 0, 'Vi, glin vettori si diranno linearmente indipendenti: la dipendenza lineare

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I' Illia naturale generalizzazione dei concetti geometrici elementari di""lIiucarita 0 coplanarita di vettori nello spazio a 3 dimensioni.

IhIla definizione di dipendenza e indipendenza lineare segue quella(I i dirnensione di uno spazio vettoriale. La dimensione di Veil nn··IIf(T() massimo di vettori linearmente indipendenti esistenti in V. Sc,1)('1' og;ni numero naturale n, si possono sempre trovare n vettori li-IIl'anncnte indipendenti, diremo che V ha dimensione infinita. Se Vlia dirnensione n, abbiamo visto al par. 4.2.1 che n vettori linearment(~illdipcndenti in V costituiscono una base per V, nel senso che ognivdLore .:f E V si pua rappresentare come combinazione lineare deglid"lllcllti delIa base.

Nd caso finito dimension ale esiste un criterio generale per deciderc::,~k vettori sono linearmente dipendenti, criterio che qui presentiamo.

(:i limitiamo (ovviamente!) a considerare il caso k < n, dove n ()la dirnensione finita dello spazio. Siano .:f(1) ,.:f(2), ... , .:f(k) i vettori in'1llcstione, e sia {(I), {(2), ... , {en) una base in V. Potremo scrivere:

n x n, l'insieme dei polinomi di grade :s: n 1) rimandiamo al par.4.2.1.

Esempi pili esotici, ma che saranno oggetto import ante d'indagine,sono dati dalle successioni di numeri reali 0 complessi (la somma didue successioni essendo definita come la successione i cui clementisono la somma degli elementi omologhi delle successioni di partenza),o dall'insieme delle funzioni (reali 0 complesse) continue di variabilereale, con Ie definizioni:

(f + g)(t) = f(t) + g(t) t E [a, b]

(aJ)(t) = af(t)

Sempre nell'ambito delle funzioni, altri esempi sono forniti dalle fun-zioni di modulo (0 di modulo quadrato) integrabile su una linea ecc.

Due spazi lineari VI e V2 si dicono isomorfi se tra loro esiste unacorrispondenza biunivoca compatibile con Ie operazioni di somma eprodotto definite su di essi (cioe .:f <----> x', y <----> y' implica a.:f +(3y <----> a.:f' + (3y'). Due spazi lineari tra fOro isomorfi si possonoconsiderare comerealizzazioni diverse dello stesso spazio. Un esempioclassico (efr. par. 4.2.1) di isomorfismo e quello tra nn(o en) e 10spazio dei polinomi in una indeterminata di grado :s: n - 1 a coeffi-cienti reali (complessi) (ogni polinomio e in corrispondenza biunivocacon l'n-pla di numeri costituita dai suoi coefficienti).

n.;f(i) = L x;{(j)

j=l

(:rj (~ la componente del vettore X(i) secondo il vettore di base {(j)).Allora:

pcr j = 1, ... , n. Cioe, i k vettori .:f(i) sono linearmente indipendentisc c solo se il sistema lineare omogeneo di n equazioni nelle k incognite(Yl,a2,···,ak:D'ora in poi useremo sistematicamente it termine vettore per indicare

un elemento di uno spazio lineare. Come abbiamo visto al par. 4.2.1,si dice che n vettori .:f(l), .:f(2), ... , .:f(n) sono linearmente dipendenti seesistono numeri reali (0 complessi) non tutti nulli 001,002, ... , an taliche (efr. [4.13]):

k

L aixj = 0 (j = 1, ... , n)i=l

nL ai.:f(i) = Qi=1

ammette solo la soluzione nulla. Cia equivale a richiedere che it rango(massimo ordine dei minori non tutti nulli) della matrice n x k xj (jindice di riga, i indice di colonna; ai sono Ie componenti di un vettorccolonna) Q) sia pari a k: in particolare, se k e uguale a n, la condizioIWper l'indipendenza lineare e che il determinante della matrice quadrataxj (detto determinante di Gram), sia diverso da zero. Lasciamo allettore la dimostrazione che l'indipendenza lineare di k vettori e una

Un'espressione del tipo L~=1 ai.:f(i) si dice combinazione lineare deivettori .:f(l), ... , .:f(n). Se la [4.139] e verificata solo per ai = 0, 'Vi, glin vettori si diranno linearmente indipendenti: la dipendenza lineare

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proprieta geometrica intrinseca, indipendente cioe dalla scelta dellabase.

Per Ie nozioni di varieta lineare, spazio quoziente e classe di equi-valenza si rimanda al par. 4.2.1.

dJ tra gli esempi oo-dimensionali, 10 spazio delle successioni convcrgcnLidi numeri reali (0 complessi) l1" con d1'(;r,'!!) = (I:%:l IXk - Ykl1')'/J> ('10 spazio delle successioni limitate loo con

c) esempi oo-dimensionali sono ancora forniti da qa,b], 10spazio (kll('fnnzioni continue suI segmento, con doo(J,g) = maxtE[a,b]If(t) - !l(tll;da Cz(a, b), spazio delle funzioni continue con la distanza dz(x, y)U;:' dtlf(t) - g(t)IZ)l/Z; dagli spazi L1'[a, b] delle funzioni f(t) tali e1H'

risulti J: dtlf(t)I1' < 00 (l'integrale essendo inteso come integral(, di

Lebesgue), con d1'(J,g) = (1: dtlf(t) - g(t)IP)l/1'. Particolare irnporLanza per Ie applicazioni fisiche ha 10 spazio Lz delle funzioni di mod III()

<Juadrato integrabile.

Siamo abituati a riguardare 10 spazio ordinario tridimensionale comeuno spazio metrico, in cui cioe sia definita la distanza tra due punti,che scriviamo:

adottando la cosiddetta metrica euclidea. Se immaginiamo pero adesempio che il nostro spazio ambiente sia una superficie sferica, ve-diamo subito che esso non costituisce uno spazio vettoriale (la relazionexZ+yz+zz = RZ e un'equazione algebrica non lineare e non omogenea):cia nonostante e chiaro che possiamo definire la (minima) distanza tradue punti delIa superficie sferica prendendo la lunghezza dell'arco delIacirconferenza massima passante per entrambi. Abbiamo un esempiodi spazio metrico che non e uno spazio vettoriale. Un altro esempioban ale e costituito da un insieme di punti isolati (aI, ... , an, ... ) sullaretta: esso non e ovviamente uno spazio vettoriale, ma possiamo bendefinire la distanza tra due di essi come d(ai,aj) = lai - ajl.

Nel seguito tuttavia ci limiteremo a considerare spazi metrici chesiano anche spazi lineari, e per brevita li chiameremo semplicementespazi metrici.

Uno spazio vettoriale V e anche uno spazio met rico M se per ognicoppia ;r, Y EVe definita una distanza, cioe una funzione d(;r, y)V x V -> n, che gode delle seguenti proprieta: -i) positivita: d(;r, y) ?: 0, d(;r, y) = 0 B ;r = y;ii) simmetria: d(£ y) = d(y,;r~ -iii) diseguaglianza triangoGre: d(;r,~) S; d(;r, JI) + d('}L,~).

Per provare che gli spazi 11' sono spazi metrici, occorre most rare che la .Iisl.anza d1' sopra introdotta:

00 1

d1'(:f, Ji) = (2:: IXk - Ykl1') Pk=l

soddisfa la diseguaglianza triangolare, detta in questo caso diseguag1ianza tliMinkowski, che riscriviamo nella forma

00 00 100 12:: IXkYkl ::; (2:: IXkl1') P (2:: IYkl

q) q;

k=l k=l k=l

1 1-+-=1p q

a) la retta numeric a R1 con d(x, y) = Ix - yl;b) 10 spazio vettoriale Rn con una qualsiasi delle distanze d1' (;r, y)(I:~=1 IXk -Yk 11')1/1'(p> 0) e l'analogo complesso cn; i corrispondentispazi metrici saranno da noi nel seguito indicati con R~ 0 C;;;c) ancora Rn con la distanza dCXJ = maxl<k<n IXk - Ykl, detto R~;

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proprieta geometrica intrinseca, indipendente cioe dalla scelta dellabase.

Per Ie nozioni di varieta lineare, spazio quoziente e classe di equi-valenza si rimanda al par. 4.2.1.

dJ tra gli esempi oo-dimensionali, 10 spazio delle successioni convcrgcnLidi numeri reali (0 complessi) l1" con d1'(;r,'!!) = (I:%:l IXk - Ykl1')'/J> ('10 spazio delle successioni limitate loo con

c) esempi oo-dimensionali sono ancora forniti da qa,b], 10spazio (kll('fnnzioni continue suI segmento, con doo(J,g) = maxtE[a,b]If(t) - !l(tll;da Cz(a, b), spazio delle funzioni continue con la distanza dz(x, y)U;:' dtlf(t) - g(t)IZ)l/Z; dagli spazi L1'[a, b] delle funzioni f(t) tali e1H'

risulti J: dtlf(t)I1' < 00 (l'integrale essendo inteso come integral(, di

Lebesgue), con d1'(J,g) = (1: dtlf(t) - g(t)IP)l/1'. Particolare irnporLanza per Ie applicazioni fisiche ha 10 spazio Lz delle funzioni di mod III()

<Juadrato integrabile.

Siamo abituati a riguardare 10 spazio ordinario tridimensionale comeuno spazio metrico, in cui cioe sia definita la distanza tra due punti,che scriviamo:

adottando la cosiddetta metrica euclidea. Se immaginiamo pero adesempio che il nostro spazio ambiente sia una superficie sferica, ve-diamo subito che esso non costituisce uno spazio vettoriale (la relazionexZ+yz+zz = RZ e un'equazione algebrica non lineare e non omogenea):cia nonostante e chiaro che possiamo definire la (minima) distanza tradue punti delIa superficie sferica prendendo la lunghezza dell'arco delIacirconferenza massima passante per entrambi. Abbiamo un esempiodi spazio metrico che non e uno spazio vettoriale. Un altro esempioban ale e costituito da un insieme di punti isolati (aI, ... , an, ... ) sullaretta: esso non e ovviamente uno spazio vettoriale, ma possiamo bendefinire la distanza tra due di essi come d(ai,aj) = lai - ajl.

Nel seguito tuttavia ci limiteremo a considerare spazi metrici chesiano anche spazi lineari, e per brevita li chiameremo semplicementespazi metrici.

Uno spazio vettoriale V e anche uno spazio met rico M se per ognicoppia ;r, Y EVe definita una distanza, cioe una funzione d(;r, y)V x V -> n, che gode delle seguenti proprieta: -i) positivita: d(;r, y) ?: 0, d(;r, y) = 0 B ;r = y;ii) simmetria: d(£ y) = d(y,;r~ -iii) diseguaglianza triangoGre: d(;r,~) S; d(;r, JI) + d('}L,~).

Per provare che gli spazi 11' sono spazi metrici, occorre most rare che la .Iisl.anza d1' sopra introdotta:

00 1

d1'(:f, Ji) = (2:: IXk - Ykl1') Pk=l

soddisfa la diseguaglianza triangolare, detta in questo caso diseguag1ianza tliMinkowski, che riscriviamo nella forma

00 00 100 12:: IXkYkl ::; (2:: IXkl1') P (2:: IYkl

q) q;

k=l k=l k=l

1 1-+-=1p q

a) la retta numeric a R1 con d(x, y) = Ix - yl;b) 10 spazio vettoriale Rn con una qualsiasi delle distanze d1' (;r, y)(I:~=1 IXk -Yk 11')1/1'(p> 0) e l'analogo complesso cn; i corrispondentispazi metrici saranno da noi nel seguito indicati con R~ 0 C;;;c) ancora Rn con la distanza dCXJ = maxl<k<n IXk - Ykl, detto R~;

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Osserviamo che, per t :::::0, la funzione J(t) = to. (a < 1) si trova sempre aldi sotto della sua tangente in t = 1, di equazione g( t) = at + 1 - a (fig. 4.6).

1 1

2:: IXkllxk + YkIP-1 :::: (2:: IXkIP) p (2:: IXk + Yklq(P-l»);;k k k

1 1 1

(2::(IXkl + IYkW)" :::: (2:: IXkIP)" + (2:: IYkIP)"k k k

chp ovviamente implica la [4.145].

La llozione di distanza, caratteristica degli spazi metrici, da una bas,·quantitativa all'idea di vicinanza tra due elementi dello spazio: UII\)

spa:;;io lineare met rico e in effetti un esempio di spazio lineare to]!O

IO.IJico.Sia /1.4 il nostro spazio metrico. Chiameremo sfera aperta di raggi\)

f' p centro ;[0 l'insieme dei punti ;[ E M tali che d(;[, ;[0) < r. La sf<>rachilwa di raggio r e centro ;[0 sara invece definita dalla diseguaglian:;;ad(:c,;[o) S; r.

Un insieme S contenuto in M si dira limitato se e interamente COil

t,PlllltOin qualche sfera. Un insieme S contenuto in uno spazio )!I('

t,rico M si dira totalmente limitato se ad esso si puo associare 1111 (

rdicolo finito, cioe un insieme finito di punti X = {;[l"",;[N} tal,·"h", V ;[ E S, si abbia d(;[';[j) < E per qualche ;[j EX. E immediat\)III\)strare che un insieme totalmente limitato e limitato. In effetti, Sf'

iudichiamo con R la massima distanza dei punti di X dall'origine:

Ponendo t = ~/ri, la proprieta J(t) ::::get) diventa:

~o. :::: a~170.-1+ (1 - a)17o.

L ~k 17~-0.::::a L ~k + (1 - a) L 17k

k=J k k

In virtll delIa omogeneita delIa relazione da dimostrare, possiamo limitarcia consider are il caso in cui

(X)L ~kr)~-o. ::::Dc + 1 -- a = 1k=l

R = .max d(;[j,Q)J=l, ... ,N

che e esattamente la diseguaglianza di Holder nel nostro caso. Siamo orapronti per dimostrare la diseguaglianza di Minkowski. Si ha:

2:: IXk + YklP :::: 2::(IXkl + IYklY =k k

= L IXkl(!Xkl + IYkl)P-J + IYkl(lxkl + IYkly-lk

P <)Ilindi S e contenuto nella sfera di raggio R + E. Nel par. 4.rJ.!;vpdremo pero un esempio di insieme limitato di uno spazio liw,;LJ'('IIldrico oo-dimensionale che non e totalmente limitato.

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Osserviamo che, per t :::::0, la funzione J(t) = to. (a < 1) si trova sempre aldi sotto della sua tangente in t = 1, di equazione g( t) = at + 1 - a (fig. 4.6).

1 1

2:: IXkllxk + YkIP-1 :::: (2:: IXkIP) p (2:: IXk + Yklq(P-l»);;k k k

1 1 1

(2::(IXkl + IYkW)" :::: (2:: IXkIP)" + (2:: IYkIP)"k k k

chp ovviamente implica la [4.145].

La llozione di distanza, caratteristica degli spazi metrici, da una bas,·quantitativa all'idea di vicinanza tra due elementi dello spazio: UII\)

spa:;;io lineare met rico e in effetti un esempio di spazio lineare to]!O

IO.IJico.Sia /1.4 il nostro spazio metrico. Chiameremo sfera aperta di raggi\)

f' p centro ;[0 l'insieme dei punti ;[ E M tali che d(;[, ;[0) < r. La sf<>rachilwa di raggio r e centro ;[0 sara invece definita dalla diseguaglian:;;ad(:c,;[o) S; r.

Un insieme S contenuto in M si dira limitato se e interamente COil

t,PlllltOin qualche sfera. Un insieme S contenuto in uno spazio )!I('

t,rico M si dira totalmente limitato se ad esso si puo associare 1111 (

rdicolo finito, cioe un insieme finito di punti X = {;[l"",;[N} tal,·"h", V ;[ E S, si abbia d(;[';[j) < E per qualche ;[j EX. E immediat\)III\)strare che un insieme totalmente limitato e limitato. In effetti, Sf'

iudichiamo con R la massima distanza dei punti di X dall'origine:

Ponendo t = ~/ri, la proprieta J(t) ::::get) diventa:

~o. :::: a~170.-1+ (1 - a)17o.

L ~k 17~-0.::::a L ~k + (1 - a) L 17k

k=J k k

In virtll delIa omogeneita delIa relazione da dimostrare, possiamo limitarcia consider are il caso in cui

(X)L ~kr)~-o. ::::Dc + 1 -- a = 1k=l

R = .max d(;[j,Q)J=l, ... ,N

che e esattamente la diseguaglianza di Holder nel nostro caso. Siamo orapronti per dimostrare la diseguaglianza di Minkowski. Si ha:

2:: IXk + YklP :::: 2::(IXkl + IYklY =k k

= L IXkl(!Xkl + IYkl)P-J + IYkl(lxkl + IYkly-lk

P <)Ilindi S e contenuto nella sfera di raggio R + E. Nel par. 4.rJ.!;vpdremo pero un esempio di insieme limitato di uno spazio liw,;LJ'('IIldrico oo-dimensionale che non e totalmente limitato.

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Chiameremo f-intorno di un punto ;ro la sfera aperta di raggio f ecentro ;roo Sia M' e M un sottoinsieme di M; ;ro EM e aderente a M'(0 di aderenza per M') se in ogni f-intorno di ;fa cadono punti di M';chiaramente, tutti i punti di M' sono di aderenza per M'; l'insiemedi tutti i punti di aderenza di M' e detto chiusura di M' e si indicacon M' (0 con [M'D. Un punto ;ro E Me di accumulazione per M',o e un punto limite di M', se in ogni f-intorno di esso cadono infinitipunti di M'. E evidente che un punto di accumulazione e anche puntodi aderenza, ma non e vero il contrario: se M' ha punti isolati, questisono di aderenza ma non di accumulazione. Ovviamente, se M' e unavarieta lineare di M, esso non puo avere punti isolati, e quindi per essola nozione di punto di aderenza e di accumulazione coincidono. Lachiusura M' di un insieme si puo ottenere anche considerando l'unionedei punti di M' e dei suoi punti di accumulazione.

Generalizzando la definizione di sfera aperta e chiusa a un qualunquesottoinsieme di M, diremo che M' eM e chiuso se M' = M', cioese esso contiene tutti i suoi punti di aderenza (0 di accumulazione).Lo diremo invece insieme aperto, 0 semplicemente aperto, se V;r EM',esiste un f-intorno di;r interamente contenuto in M'.

In uno spazio lineare metrico, particolare importanza hanno Ie suevarietd lineari chiuse: esse prendono il nome di sottospazi lineari. Inparticolare, la chiusura dell'inviluppo lineare di n vettori (compren-dente anche il caso n = (0) viene detta sottospazio generato dagli nvettori.

Siamo a questo punto in grado di definire cosa si intende per limitedi una successione di vettori di uno spazio lineare metrico: data unasuccessione ;r(n), essa converge a un elemento ;r E M, detto il limitedelIa successione, se risulta:

,'oillponenti razionali in Rn e denso su R;, l'insieme delle S\lcc(~ssiOlli.Ii lIurneri razionali aventi soltanto un numero finito di tennilli 110111IIIIlitodenso su lp e, come mostra un importante teorema dovuto a 1\.

Wpicrstrass:

lirn d(;r(n),;r) = °n-+oo

'f('()7"cma 4.8. L'insieme dei polinomi a coefficienti razionali (; r!1"I/SO

SII Cla,b] nella metrica doo(j,g) = rnaXtcla,b] If(t) - g(t)l·

~;i puo anche mostrare che 10 spazio delle funzioni continue (~d(~w:',::11L2[a,bj (nella metrica d2(j,g) = U: dtlf(t) - g(t)12

)1/2 C da ci,.:,i dcduce facilmente che 10 spazio dei polinorni e denso su L2111" "I(lldia stessa metrica). Spazi come R;, lp, Cla,b], L2[a, b] che ammct.t.ollovarida lineari numerabili ovunque dense si dicono separabili: in flltlilo,.j occuperemo unicamente di spazi metrici separabili.

Se si e sentita la necessita di qualificare con un attributo sp(ocili""(scparabile) gli spazi metrici che posseggono sottoinsiemi densi 1111III(,la,hili, e chiaro che debbono esistere spazi metrici che non godollo .IiqllPsta proprieta: un esempio e fornito dallo spazio K delle succcssioililimitate con la metrica doo = sUPk IXk - Ykl. Esso contiene infal.li,ill particolare, l'insieme K' delle successioni i cui elementi sono () ()I: questo insieme ha la potenza del continuo e la distanza tra .I11('"I,'menti qualsiasi di esso e pari a 1; possiamo quindi sempre troval"1111f-intorno di un elemento, in cui non ne siano contenuti altri. lVIaill ogni tale f-intorno deve cadere almeno un elemento di K, che d(~v,';were percio la potenza del continuo.

La separabilita non e dunque una proprieta condivisa da tutti )·;Iispazi metrici; 10 stesso puo dirsi per la completezza. Nello spazio U;:(0 C;n, il criteria di Cauchy per la convergenza delle successioni 1111Illcriche funziona ancora: ma Ie cose cambiano nel caso degli spazia illfinite dimensioni. Per chiarire questo punto, diamo la seguclIL,'dcfinizione,

Una successione di elementi di uno spazio metrico e detta fondo:ml"l1!.ale 0 di Cauchy se, per ogni f > 0, esiste un intero positivo N( !.all'che n, m > Nc implica d(;r(n), ;r(m)) < f. Segue dalla diseguagli;ulzatriangolare che, se una successione di elementi di uno spazio metrico ;,('ollvergente (a un elemento dello spazio!), essa e necessariamente 1111<1slH:cessione di Cauchy: esistono pero spazi metrici in cui successioni .Ii(~a\lchy non convergono (a un elemento dello spazio!). Uno spazio III<'trico in cui ogni successione di Cauchy e convergente si dice compldo.Lo spazio R;, 10 spazio lp, 10 spazio Cla,b] e 10 spazio L2[a, b] (CO::'I

corne anche gli spazi Lp[a,b]) sono spazi metrici completi. Mostrialll()la completezza di 12 e di qa,b]'

Le definizioni di punto di aderenza e punto di accumulazione si possonoallora riformulare, dicendo che ;r e di aderenza per M' e M se e solose esiste una successione di elementi di M' convergente a ;r, e che ;r edi accumulazione per M' se e solo se esiste una successione di elementia due a due distinti convergenti a ;r.

Di notevole importanza per Ie applicazioni e il concetto di sottoin-sieme denso di uno spazio metrico: spesso infatti basta dimostrareche una proprieta vale in un sottoinsieme denso di M per essere certidella sua validita su tutto M. Un sottoinsieme M' e denso su M seM' ::2 M 0, in altre parole, se ogni punta di M e di aderenza per M'.Cosl l'insieme dei razionali e denso sui reali, l'insieme dei vettori a

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Chiameremo f-intorno di un punto ;ro la sfera aperta di raggio f ecentro ;roo Sia M' e M un sottoinsieme di M; ;ro EM e aderente a M'(0 di aderenza per M') se in ogni f-intorno di ;fa cadono punti di M';chiaramente, tutti i punti di M' sono di aderenza per M'; l'insiemedi tutti i punti di aderenza di M' e detto chiusura di M' e si indicacon M' (0 con [M'D. Un punto ;ro E Me di accumulazione per M',o e un punto limite di M', se in ogni f-intorno di esso cadono infinitipunti di M'. E evidente che un punto di accumulazione e anche puntodi aderenza, ma non e vero il contrario: se M' ha punti isolati, questisono di aderenza ma non di accumulazione. Ovviamente, se M' e unavarieta lineare di M, esso non puo avere punti isolati, e quindi per essola nozione di punto di aderenza e di accumulazione coincidono. Lachiusura M' di un insieme si puo ottenere anche considerando l'unionedei punti di M' e dei suoi punti di accumulazione.

Generalizzando la definizione di sfera aperta e chiusa a un qualunquesottoinsieme di M, diremo che M' eM e chiuso se M' = M', cioese esso contiene tutti i suoi punti di aderenza (0 di accumulazione).Lo diremo invece insieme aperto, 0 semplicemente aperto, se V;r EM',esiste un f-intorno di;r interamente contenuto in M'.

In uno spazio lineare metrico, particolare importanza hanno Ie suevarietd lineari chiuse: esse prendono il nome di sottospazi lineari. Inparticolare, la chiusura dell'inviluppo lineare di n vettori (compren-dente anche il caso n = (0) viene detta sottospazio generato dagli nvettori.

Siamo a questo punto in grado di definire cosa si intende per limitedi una successione di vettori di uno spazio lineare metrico: data unasuccessione ;r(n), essa converge a un elemento ;r E M, detto il limitedelIa successione, se risulta:

,'oillponenti razionali in Rn e denso su R;, l'insieme delle S\lcc(~ssiOlli.Ii lIurneri razionali aventi soltanto un numero finito di tennilli 110111IIIIlitodenso su lp e, come mostra un importante teorema dovuto a 1\.

Wpicrstrass:

lirn d(;r(n),;r) = °n-+oo

'f('()7"cma 4.8. L'insieme dei polinomi a coefficienti razionali (; r!1"I/SO

SII Cla,b] nella metrica doo(j,g) = rnaXtcla,b] If(t) - g(t)l·

~;i puo anche mostrare che 10 spazio delle funzioni continue (~d(~w:',::11L2[a,bj (nella metrica d2(j,g) = U: dtlf(t) - g(t)12

)1/2 C da ci,.:,i dcduce facilmente che 10 spazio dei polinorni e denso su L2111" "I(lldia stessa metrica). Spazi come R;, lp, Cla,b], L2[a, b] che ammct.t.ollovarida lineari numerabili ovunque dense si dicono separabili: in flltlilo,.j occuperemo unicamente di spazi metrici separabili.

Se si e sentita la necessita di qualificare con un attributo sp(ocili""(scparabile) gli spazi metrici che posseggono sottoinsiemi densi 1111III(,la,hili, e chiaro che debbono esistere spazi metrici che non godollo .IiqllPsta proprieta: un esempio e fornito dallo spazio K delle succcssioililimitate con la metrica doo = sUPk IXk - Ykl. Esso contiene infal.li,ill particolare, l'insieme K' delle successioni i cui elementi sono () ()I: questo insieme ha la potenza del continuo e la distanza tra .I11('"I,'menti qualsiasi di esso e pari a 1; possiamo quindi sempre troval"1111f-intorno di un elemento, in cui non ne siano contenuti altri. lVIaill ogni tale f-intorno deve cadere almeno un elemento di K, che d(~v,';were percio la potenza del continuo.

La separabilita non e dunque una proprieta condivisa da tutti )·;Iispazi metrici; 10 stesso puo dirsi per la completezza. Nello spazio U;:(0 C;n, il criteria di Cauchy per la convergenza delle successioni 1111Illcriche funziona ancora: ma Ie cose cambiano nel caso degli spazia illfinite dimensioni. Per chiarire questo punto, diamo la seguclIL,'dcfinizione,

Una successione di elementi di uno spazio metrico e detta fondo:ml"l1!.ale 0 di Cauchy se, per ogni f > 0, esiste un intero positivo N( !.all'che n, m > Nc implica d(;r(n), ;r(m)) < f. Segue dalla diseguagli;ulzatriangolare che, se una successione di elementi di uno spazio metrico ;,('ollvergente (a un elemento dello spazio!), essa e necessariamente 1111<1slH:cessione di Cauchy: esistono pero spazi metrici in cui successioni .Ii(~a\lchy non convergono (a un elemento dello spazio!). Uno spazio III<'trico in cui ogni successione di Cauchy e convergente si dice compldo.Lo spazio R;, 10 spazio lp, 10 spazio Cla,b] e 10 spazio L2[a, b] (CO::'I

corne anche gli spazi Lp[a,b]) sono spazi metrici completi. Mostrialll()la completezza di 12 e di qa,b]'

Le definizioni di punto di aderenza e punto di accumulazione si possonoallora riformulare, dicendo che ;r e di aderenza per M' e M se e solose esiste una successione di elementi di M' convergente a ;r, e che ;r edi accumulazione per M' se e solo se esiste una successione di elementia due a due distinti convergenti a ;r.

Di notevole importanza per Ie applicazioni e il concetto di sottoin-sieme denso di uno spazio metrico: spesso infatti basta dimostrareche una proprieta vale in un sottoinsieme denso di M per essere certidella sua validita su tutto M. Un sottoinsieme M' e denso su M seM' ::2 M 0, in altre parole, se ogni punta di M e di aderenza per M'.Cosl l'insieme dei razionali e denso sui reali, l'insieme dei vettori a

Page 78: Metodi Matematici Della Fisica (Cap 4) - Bernardini, Ragnisco, Santini

00

L Ixin) - xim) 12 < (2 per n, m > Nc

1=1

Cio implica evidentemente che Ie successioni numeriche xim) (l omdenota una cena successione, m il termine corrispondente) sono diCauchy \I l. Sia quindi

00 00 00

L IXl12~ 2L Ixfn)12+ 2 L: Ixfn) - xzl2 < 00

1=1 1=1 1=1

I, (rn)Xl = 1m Xl

rn->oo cioe;f E l2'In modo concettualmente analogo si mostra la completezza di q",1'I:

dal fatto che una successione di funzioni f(k)(t) E Cra,b] e di Callcll.Y,:-;q;ue, \It E [a, b], la convergenza della successione numerica f(k) (i);la continuita di f(t) segue dalla convergenza uniforme delle funJlioliicontinue f(k)(t):

Dobbiamo ora far vedere che la successione X = {Xl}~l E l2 ed e illimite delle successioni ;f(n) , -

La condizione di Cauchy implica ovviamente:

M

L Ixin) - xfm)12 < (2 per n, m > Nc

1=1 If(n)(t) - JCml(t) I < ( =} If(n)(t) - f(t)1 ~ (=}

=} sup If(n)(t) - f(t)1 ~ (tE[a,b]

M

L Ixfn) - xl12 ~ (2 per n > Nc

1=1

s(~vogliamo rimanere nello spazio delle funzioni continue ma vogliallioc:llnbiare metrica, possiamo imbatterci in spazi non completi: e (l1w:-:I.oiI caso dello spazio delle funzioni continue su un segmento, COli 1:1

Ilid-rica d2(a, b) = U: dtlf(t) - g(t)12)1/2, Il controesempio classico j.

!"( lrnito dalla successione di funzioni:00

L Ixfn) - xl12 < (2 per n > Nc

1=1 -1~ t ~ -l/n-l/n ~ t ~ l/nl/n ~ t ~ 1

lim d(;f(n),;f) = 0n->oo "'Il' :-:ipuo mostrare essere una successione di Cauchy (nella IlIdri

(':1 112!) e converge chiaramente aHa funzione, discontinua in t (I,

!(I.)={-l t<O,, 1 t > 0

N('gli spazi lineari, abbiamo introdotto il concetto di base, QIH,:-:I"('OllccttO si estende abbastanza naturalmente al caso di uno sprLZ'l1l Itl/.( '{/,'I'e metrico: un insieme di vettori (eventualmente infinito) di 1111"

,'o'p:Izio line are metrico costituisce una base (si dice anche dw (\ 1111

iII:-;i('IIICcompleto) se il sottospazio da esso generato coincide con l'illl(:ro,'o'paJlio, In altre parole, se bgni vettore ;f puo essere rapprescnlal,l)"Ialilo bene quanta si vuole" da una combinazione line are di elcllwllii

Cioe ;f e il limite della successione z:(n) , D'altra parte ;f E l2; infatti,ponendo

(n) ((n) )Xl = Xl - Xl - Xl

IXl12= Ixfn) 12+ Ixin) - xl12- 2Re[xfn) (Xl - Xl)] ~

~ Ixfm)12+ Ixfm) - xl12 + 2lxfn)1 Ixl- XII

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00

L Ixin) - xim) 12 < (2 per n, m > Nc

1=1

Cio implica evidentemente che Ie successioni numeriche xim) (l omdenota una cena successione, m il termine corrispondente) sono diCauchy \I l. Sia quindi

00 00 00

L IXl12~ 2L Ixfn)12+ 2 L: Ixfn) - xzl2 < 00

1=1 1=1 1=1

I, (rn)Xl = 1m Xl

rn->oo cioe;f E l2'In modo concettualmente analogo si mostra la completezza di q",1'I:

dal fatto che una successione di funzioni f(k)(t) E Cra,b] e di Callcll.Y,:-;q;ue, \It E [a, b], la convergenza della successione numerica f(k) (i);la continuita di f(t) segue dalla convergenza uniforme delle funJlioliicontinue f(k)(t):

Dobbiamo ora far vedere che la successione X = {Xl}~l E l2 ed e illimite delle successioni ;f(n) , -

La condizione di Cauchy implica ovviamente:

M

L Ixin) - xfm)12 < (2 per n, m > Nc

1=1 If(n)(t) - JCml(t) I < ( =} If(n)(t) - f(t)1 ~ (=}

=} sup If(n)(t) - f(t)1 ~ (tE[a,b]

M

L Ixfn) - xl12 ~ (2 per n > Nc

1=1

s(~vogliamo rimanere nello spazio delle funzioni continue ma vogliallioc:llnbiare metrica, possiamo imbatterci in spazi non completi: e (l1w:-:I.oiI caso dello spazio delle funzioni continue su un segmento, COli 1:1

Ilid-rica d2(a, b) = U: dtlf(t) - g(t)12)1/2, Il controesempio classico j.

!"( lrnito dalla successione di funzioni:00

L Ixfn) - xl12 < (2 per n > Nc

1=1 -1~ t ~ -l/n-l/n ~ t ~ l/nl/n ~ t ~ 1

lim d(;f(n),;f) = 0n->oo "'Il' :-:ipuo mostrare essere una successione di Cauchy (nella IlIdri

(':1 112!) e converge chiaramente aHa funzione, discontinua in t (I,

!(I.)={-l t<O,, 1 t > 0

N('gli spazi lineari, abbiamo introdotto il concetto di base, QIH,:-:I"('OllccttO si estende abbastanza naturalmente al caso di uno sprLZ'l1l Itl/.( '{/,'I'e metrico: un insieme di vettori (eventualmente infinito) di 1111"

,'o'p:Izio line are metrico costituisce una base (si dice anche dw (\ 1111

iII:-;i('IIICcompleto) se il sottospazio da esso generato coincide con l'illl(:ro,'o'paJlio, In altre parole, se bgni vettore ;f puo essere rapprescnlal,l)"Ialilo bene quanta si vuole" da una combinazione line are di elcllwllii

Cioe ;f e il limite della successione z:(n) , D'altra parte ;f E l2; infatti,ponendo

(n) ((n) )Xl = Xl - Xl - Xl

IXl12= Ixfn) 12+ Ixin) - xl12- 2Re[xfn) (Xl - Xl)] ~

~ Ixfm)12+ Ixfm) - xl12 + 2lxfn)1 Ixl- XII

Page 80: Metodi Matematici Della Fisica (Cap 4) - Bernardini, Ragnisco, Santini

dell'insieme; con un linguaggio pili formale, se {r.(k)}k=l e una baseper M, \/;£ E M deve esistere una successione:

n;£(n) = I:O!kr.(k)

k=l

'''H:cessione di "polinomi trigonometrici", cioe di una combinazionc 1 ill<':l.1I,,Ii dementi della base di Fourier,IV, La base di Fourier e anche una base per £2[-"-,,,-); infatti, ricor,I;l.Il<lodlC 10 spazio delle funzioni continue e denso su £2[-"-,,,-) (nella metrica 11./'),hastera mostrare che ogni funzione continua puo essere considerata COliI<'illimite, nella metric a di £2, di una successione di funzioni continue f(n)(I)t.ali che f(n)(Jr) = f(n)( -Jr); una tale successione si puo facilmente cost.I'llill',scegliendo ad esempio Ie funzioni j<n)(t) che coincidono con f(t) pCI' I I

[Jr(1 - I/n), Jr(1 - I/n)] e variano linearmente nei rimanenti intel'valli IIIIllodo da assumere 10 stesso valore in -Jr e Jr (fig. 4.7).

Si ha allora:

Hm d(;£(n),;£) = 0n-+oo

d~(j, fn) = j-,,-(l-;l-) If - f(n)12dt + 1"- [f - f(n)12dt:s:-7t 7'r(1-~)

:s: max If - /n) 12. 2Jr n=:;c;o+ 0tE[-"-,,,-) n

I L"· { (k)}= (k) - ~ - {I k=l, bid I. mSJeme ~ k=l con ei - Uik - 0 k # i e una ase per 2, a

momento che V:[. = (Xl, X2, ... , Xk, ... ) la successione:

:[.(n) = I:Xk~(k)

k=lUn teorema import ante valido negli spazi metrici completi, clw al>lJiamo avuto occasione di utilizzare nel par. 2,2 nel corso della <Iilllostrazione del teorema di Cauchy, e il cosiddetto Teorema delle sjiT"chiuse "incapsulate" ("nested" in inglese, "emboitees" in franc(~s('),Esso afferma che:

converge ad :[. in 12.II. L'insieme di monomi:

Teorema 4.9. CNES affinche M sia uno spazio metrico completo i: ('!I"ogni successione Bn di sfere chiuse incapsulate il cui raggio tend,' II

zero abbia una intersezione non vuota.e una base per Cra,b], grazie al gia citato teorema di Weiestrass, ed e quindianche una base per £2[a, b].III. La base di Fourier: {1,cosmt,sinmt} (m = 1, ... ,00) e una base per10 spazio delle funzioni continue in [-Jr,Jr] tali che f(Jr) = f(-Jr). Infatti,una funzione continua di due variabili reali, X e y, grazie a una estensionebi-dimensionale del teorema di Weierstrass, sara il limite uniforme di unasuccessione di polinomi nelle variabili X ed y:

N M( ) I. '" '" (N,M) k I9 x,y = N~~~ L.JL.Jakl X y

I'd_OCl k=O l=O

N Mg(x, y) -+ g(r, 0) = Ji:ncoI: I: a~f,J\1)rk+l(sin O)k(cos tI)1

M~·= k=O 1=0

Per ogni r fissato, la funzione g(r, tI) e una funzione periodica (di periodo2Jr) dell a variabile 0, e la formula precedente, riconducendo (sin tI)k, (cos tI)1a seni e coseni di angoli multipli di e, ci dice allora che una funzione continuain [-Jr, Jr] tale che f(rr) = f( -Jr), si puo scrivere come limite uniforme di una

Una dimostrazione completa esula dagli scopi di questo libro; a<:('(,"niamo schematicamente alla dimostrazione della necessita dell a COlidizione, osservando che, nelle ipotesi del teorema, la successione :r(lI)

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dell'insieme; con un linguaggio pili formale, se {r.(k)}k=l e una baseper M, \/;£ E M deve esistere una successione:

n;£(n) = I:O!kr.(k)

k=l

'''H:cessione di "polinomi trigonometrici", cioe di una combinazionc 1 ill<':l.1I,,Ii dementi della base di Fourier,IV, La base di Fourier e anche una base per £2[-"-,,,-); infatti, ricor,I;l.Il<lodlC 10 spazio delle funzioni continue e denso su £2[-"-,,,-) (nella metrica 11./'),hastera mostrare che ogni funzione continua puo essere considerata COliI<'illimite, nella metric a di £2, di una successione di funzioni continue f(n)(I)t.ali che f(n)(Jr) = f(n)( -Jr); una tale successione si puo facilmente cost.I'llill',scegliendo ad esempio Ie funzioni j<n)(t) che coincidono con f(t) pCI' I I

[Jr(1 - I/n), Jr(1 - I/n)] e variano linearmente nei rimanenti intel'valli IIIIllodo da assumere 10 stesso valore in -Jr e Jr (fig. 4.7).

Si ha allora:

Hm d(;£(n),;£) = 0n-+oo

d~(j, fn) = j-,,-(l-;l-) If - f(n)12dt + 1"- [f - f(n)12dt:s:-7t 7'r(1-~)

:s: max If - /n) 12. 2Jr n=:;c;o+ 0tE[-"-,,,-) n

I L"· { (k)}= (k) - ~ - {I k=l, bid I. mSJeme ~ k=l con ei - Uik - 0 k # i e una ase per 2, a

momento che V:[. = (Xl, X2, ... , Xk, ... ) la successione:

:[.(n) = I:Xk~(k)

k=lUn teorema import ante valido negli spazi metrici completi, clw al>lJiamo avuto occasione di utilizzare nel par. 2,2 nel corso della <Iilllostrazione del teorema di Cauchy, e il cosiddetto Teorema delle sjiT"chiuse "incapsulate" ("nested" in inglese, "emboitees" in franc(~s('),Esso afferma che:

converge ad :[. in 12.II. L'insieme di monomi:

Teorema 4.9. CNES affinche M sia uno spazio metrico completo i: ('!I"ogni successione Bn di sfere chiuse incapsulate il cui raggio tend,' II

zero abbia una intersezione non vuota.e una base per Cra,b], grazie al gia citato teorema di Weiestrass, ed e quindianche una base per £2[a, b].III. La base di Fourier: {1,cosmt,sinmt} (m = 1, ... ,00) e una base per10 spazio delle funzioni continue in [-Jr,Jr] tali che f(Jr) = f(-Jr). Infatti,una funzione continua di due variabili reali, X e y, grazie a una estensionebi-dimensionale del teorema di Weierstrass, sara il limite uniforme di unasuccessione di polinomi nelle variabili X ed y:

N M( ) I. '" '" (N,M) k I9 x,y = N~~~ L.JL.Jakl X y

I'd_OCl k=O l=O

N Mg(x, y) -+ g(r, 0) = Ji:ncoI: I: a~f,J\1)rk+l(sin O)k(cos tI)1

M~·= k=O 1=0

Per ogni r fissato, la funzione g(r, tI) e una funzione periodica (di periodo2Jr) dell a variabile 0, e la formula precedente, riconducendo (sin tI)k, (cos tI)1a seni e coseni di angoli multipli di e, ci dice allora che una funzione continuain [-Jr, Jr] tale che f(rr) = f( -Jr), si puo scrivere come limite uniforme di una

Una dimostrazione completa esula dagli scopi di questo libro; a<:('(,"niamo schematicamente alla dimostrazione della necessita dell a COlidizione, osservando che, nelle ipotesi del teorema, la successione :r(lI)

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dei centri delle sfere e una successione di Cauchy (d(::r.(n),;r.(m)) < 2rnper m > n) e quindi converge a un limite ::r. per la completezza di M:;r. e senz'altro aderente a ognuna delle sfere Bn e quindi appartiene aognuna di esse in quanto Ie sfere sono chiuse.

Ha interesse consider are trasformazioni (applicazioni, "mapping")tra spazi metrici, 0 tra sottoinsiemi di uno stesso spazio metrico.Tra queste trasformazioni, particolare importanza rivestono Ie trasfor-mazioni continue.

Siano M e M' due spazi metrici, muniti rispettivamente delle di-stanze d e d' e sia A una trasformazione da M a !VI'; indichiamocon ;r., y due elementi qualunque di M, e con ::r.' e y' i loro trasformatisecondo A. Diremo che A e continlLa se manda "punti vicini" in "puntivicini" , cioe se VI'. > 038< tale che d(;r., y) < 8< implica d' (;r.', y') < E.

Essa quindi manda successioni convergenti in successioni convergenti, esi puo "scambiare" l'operazione di passaggio allimite con l'applicazionedi A:

ottenendo successivamente ;r.(2) = A;r.(1) = A (2) ::r.(0), , :fen)

A;r.(n-1) = ... = A n;r.(O). La successione ;r.(n) e una successio!w .IiCauchy. Infatti (ponendo m > n):i)

+ d(;r.(m-n);;r.(m-n)) :::;

:::;(1+ a + ... + am-n-1)d(;r.(0),;r.(l))

e quindi:iii)

(Sia infatti ;r. = lim ::r.(n) e sia ;r.' = A;r.; poiche d(;r., x(n)) r;;:=;oo" 0,risulta d' (::r.', ;r.'(n)) r;;:=;oo" 0). Se la trasformazione continua A e in-vertibile (cioe se stabilisee una corrispondenza biunivoca tra M eM')e la sua inversa A-I e anch'essa continua, essa prende il nome di omeo-morfismo; Ie isometrie (cfr. anehe par. 4.2) sono quei particolari omeo-morfismi che preservano la distanza (d(;r., y) = d(;r.', y') V ;r., y E M).Le rotazioni nell'ordinario spazio euclideo tridimensionale sono un e-sempio di isometrie.

Un'altra classe import ante di trasformazioni continue sono le cosid-dette contrazioni: A e una contrazione se, can Ie solite notazioni,risulta d'(x',y') :::; ad(x,y) 0 < a < 1. Vale il seguente importanteteorema, sulle cui applicazioni torneremo nel seguito (par. 4.5.6).

Teorema 4.10. (Teorema delle contrazioni). Be Me uno spazio metricocompleto e A e lLna contrazione da M in se stesso, A ammette lLno elLn solo plLnto fisso ;r., dato da:

Poiche M e completo, la successione ;r.(n) converge a un elemento .IiM:

lim ;r.(n) = ;r.n-tOO

L'utilita del teorema delle contrazioni consiste non solo nel garantire l'unicita della soluzione di un'equazione (anche non lineare!) <1,,1tipo ;r. = A;r., ma anche nel fornire un procedimento costruttivo (ilmetodo delle approssimazioni successive) per determinarla. Si !Iot.iche il metodo puo applicarsi anche ad equazioni del tipo:

;r. = lim An;r.(O) V;r.(O) E Mn--+(X)

Con An, abbiamo indicato l'applicazione iterata n volte dell' "operato-re" A.

La dimostrazione e semplice: sia ;r.(0) un elemento arbitrario di M,e ;r.(l) il suo trasformato secondo A. Iteriamo l'applicazione di A,

nel caso in cui la metrica sia invariante per traslazioni (come in t.IJUigli esempi espliciti fin qui considerati), cioe tale che:

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dei centri delle sfere e una successione di Cauchy (d(::r.(n),;r.(m)) < 2rnper m > n) e quindi converge a un limite ::r. per la completezza di M:;r. e senz'altro aderente a ognuna delle sfere Bn e quindi appartiene aognuna di esse in quanto Ie sfere sono chiuse.

Ha interesse consider are trasformazioni (applicazioni, "mapping")tra spazi metrici, 0 tra sottoinsiemi di uno stesso spazio metrico.Tra queste trasformazioni, particolare importanza rivestono Ie trasfor-mazioni continue.

Siano M e M' due spazi metrici, muniti rispettivamente delle di-stanze d e d' e sia A una trasformazione da M a !VI'; indichiamocon ;r., y due elementi qualunque di M, e con ::r.' e y' i loro trasformatisecondo A. Diremo che A e continlLa se manda "punti vicini" in "puntivicini" , cioe se VI'. > 038< tale che d(;r., y) < 8< implica d' (;r.', y') < E.

Essa quindi manda successioni convergenti in successioni convergenti, esi puo "scambiare" l'operazione di passaggio allimite con l'applicazionedi A:

ottenendo successivamente ;r.(2) = A;r.(1) = A (2) ::r.(0), , :fen)

A;r.(n-1) = ... = A n;r.(O). La successione ;r.(n) e una successio!w .IiCauchy. Infatti (ponendo m > n):i)

+ d(;r.(m-n);;r.(m-n)) :::;

:::;(1+ a + ... + am-n-1)d(;r.(0),;r.(l))

e quindi:iii)

(Sia infatti ;r. = lim ::r.(n) e sia ;r.' = A;r.; poiche d(;r., x(n)) r;;:=;oo" 0,risulta d' (::r.', ;r.'(n)) r;;:=;oo" 0). Se la trasformazione continua A e in-vertibile (cioe se stabilisee una corrispondenza biunivoca tra M eM')e la sua inversa A-I e anch'essa continua, essa prende il nome di omeo-morfismo; Ie isometrie (cfr. anehe par. 4.2) sono quei particolari omeo-morfismi che preservano la distanza (d(;r., y) = d(;r.', y') V ;r., y E M).Le rotazioni nell'ordinario spazio euclideo tridimensionale sono un e-sempio di isometrie.

Un'altra classe import ante di trasformazioni continue sono le cosid-dette contrazioni: A e una contrazione se, can Ie solite notazioni,risulta d'(x',y') :::; ad(x,y) 0 < a < 1. Vale il seguente importanteteorema, sulle cui applicazioni torneremo nel seguito (par. 4.5.6).

Teorema 4.10. (Teorema delle contrazioni). Be Me uno spazio metricocompleto e A e lLna contrazione da M in se stesso, A ammette lLno elLn solo plLnto fisso ;r., dato da:

Poiche M e completo, la successione ;r.(n) converge a un elemento .IiM:

lim ;r.(n) = ;r.n-tOO

L'utilita del teorema delle contrazioni consiste non solo nel garantire l'unicita della soluzione di un'equazione (anche non lineare!) <1,,1tipo ;r. = A;r., ma anche nel fornire un procedimento costruttivo (ilmetodo delle approssimazioni successive) per determinarla. Si !Iot.iche il metodo puo applicarsi anche ad equazioni del tipo:

;r. = lim An;r.(O) V;r.(O) E Mn--+(X)

Con An, abbiamo indicato l'applicazione iterata n volte dell' "operato-re" A.

La dimostrazione e semplice: sia ;r.(0) un elemento arbitrario di M,e ;r.(l) il suo trasformato secondo A. Iteriamo l'applicazione di A,

nel caso in cui la metrica sia invariante per traslazioni (come in t.IJUigli esempi espliciti fin qui considerati), cioe tale che:

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classe, in cui ci imbatteremo quando parleremo delle distribuziolli, ,.costituita dagli spazi "numerabilmente" normati, in cui la mdrica (.indotta da una successione di norme a due a due compatibili.

Due norme si dicono compatibili se illimite di una successio]w cllI'

sia di Cauchy rispetto a entrambe e 10 stesso (se esiste) in cntr:u 111)('

Ie norme. Esempi di spazi numerabilmente normati: sono 10 spa~,i"delle funzioni indefinitamente derivabili suI segmento la, b], in alclillitesti indicato con K[a,b], e 10 spazio S delle funzioni di Schwarz, illdefinitamente derivabili sulla retta R, che si annullano all'infinit,o piilrapidamente di ogni potenza insieme a tutte Ie loro derivate. I',~r I"spazio K[a,b] una successione di norme compatibili e data da:

d(.;£(l)',.;£(2)1) = d(lL + A.;£(l),lL + A.;£(2»)=

= d(A.;£(1), A.;£(2»):::;ad(x(l), x(2»)

che e quanto basta a garantire l'unicita della soluzione dell'equazione[4.157].

Tutti gli esempi espliciti di spazi metrici che abbiamo sin qui consi-derato sono altrettanti esempi di spazi normati, cioe di spazi lineari incui la metric a e indotta da una nozione primitiva, quella di lunghezza 0

norma di un vettore. Tecnicamente, uno spazio lineare V e uno spazionormato se su di esso e definito un funzionale (cioe un'applicazione daV in R) che indicheremo con II . II, tale che:

Uno spazio numerabilmente normato diventa uno spazio metrico d,'finendo ad esempio la distanza:

Il numero reale positivo 11.;£11si chiama appunto norma 0 lunghezza 0

anche modulo del vettore.;£. Lasciamo allettore la dimostrazione (im-mediata) del fatto che uno spazio normato e uno spazio lineare metricomunito della distanza d(.;£, y) = 11.;£- yll. Notiamo esplicitamente cheuna norma induce una metrica invariante per traslazioni.

d (x ) - ~ ~ 11.;£-lLlln a> 1a -, lL - ~ an 1+ 11.;£ - lLlln

Uno spazio numerabilmente normato e completo prende il nome d ispazio di Frechet.

Esempi:I. Lo spazio metrico R~ e uno spazio normato, con 11:fllp = (L~=l IXkIP)l/p.II. Lo spazio delle successioni lp e uno spazio normato con

Per la fisica, gli esempi di spazi lineari metrici di pili frequent" llii

lizzazione sono quelli in cui la metrica e, come si dice, "indotta" ,I:dprodotto scalare: essi vengono chiamati spazi euclidei e sono Ilna /',<'neralizzazione dell'ordinario spazio euclideo tridimensionale, in cui j.

definito l'angolo tra due vettori.Per completezza, richiamiamo alcune definizioni e proprieta fonda

mentali introdotte nel par. 4.2.6. Ricordiamo che uno spazio liJwail'V, che supponiamo per maggiore generalita complesso, e uno spa~,i"euclideo E se ad ogni coppia di vettori.;£, y EVe associato un IIlllIl<'r<)complesso, che indicheremo di solito con (i, JL) e chiameremo pro<!oU"

III. Lo spazio Cra.b] e normato con 1111100 = maXtE[a.b]l/(t)l.IV. Lo spazio L2(a,b) e normato con 11/112 = U: I/(tW)1/2.

Uno spazio normato completo si dice spazio di Banach. Esistono anchespazi lineari metrici in cui la distanza non e indotta da una norma: una

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classe, in cui ci imbatteremo quando parleremo delle distribuziolli, ,.costituita dagli spazi "numerabilmente" normati, in cui la mdrica (.indotta da una successione di norme a due a due compatibili.

Due norme si dicono compatibili se illimite di una successio]w cllI'

sia di Cauchy rispetto a entrambe e 10 stesso (se esiste) in cntr:u 111)('

Ie norme. Esempi di spazi numerabilmente normati: sono 10 spa~,i"delle funzioni indefinitamente derivabili suI segmento la, b], in alclillitesti indicato con K[a,b], e 10 spazio S delle funzioni di Schwarz, illdefinitamente derivabili sulla retta R, che si annullano all'infinit,o piilrapidamente di ogni potenza insieme a tutte Ie loro derivate. I',~r I"spazio K[a,b] una successione di norme compatibili e data da:

d(.;£(l)',.;£(2)1) = d(lL + A.;£(l),lL + A.;£(2»)=

= d(A.;£(1), A.;£(2»):::;ad(x(l), x(2»)

che e quanto basta a garantire l'unicita della soluzione dell'equazione[4.157].

Tutti gli esempi espliciti di spazi metrici che abbiamo sin qui consi-derato sono altrettanti esempi di spazi normati, cioe di spazi lineari incui la metric a e indotta da una nozione primitiva, quella di lunghezza 0

norma di un vettore. Tecnicamente, uno spazio lineare V e uno spazionormato se su di esso e definito un funzionale (cioe un'applicazione daV in R) che indicheremo con II . II, tale che:

Uno spazio numerabilmente normato diventa uno spazio metrico d,'finendo ad esempio la distanza:

Il numero reale positivo 11.;£11si chiama appunto norma 0 lunghezza 0

anche modulo del vettore.;£. Lasciamo allettore la dimostrazione (im-mediata) del fatto che uno spazio normato e uno spazio lineare metricomunito della distanza d(.;£, y) = 11.;£- yll. Notiamo esplicitamente cheuna norma induce una metrica invariante per traslazioni.

d (x ) - ~ ~ 11.;£-lLlln a> 1a -, lL - ~ an 1+ 11.;£ - lLlln

Uno spazio numerabilmente normato e completo prende il nome d ispazio di Frechet.

Esempi:I. Lo spazio metrico R~ e uno spazio normato, con 11:fllp = (L~=l IXkIP)l/p.II. Lo spazio delle successioni lp e uno spazio normato con

Per la fisica, gli esempi di spazi lineari metrici di pili frequent" llii

lizzazione sono quelli in cui la metrica e, come si dice, "indotta" ,I:dprodotto scalare: essi vengono chiamati spazi euclidei e sono Ilna /',<'neralizzazione dell'ordinario spazio euclideo tridimensionale, in cui j.

definito l'angolo tra due vettori.Per completezza, richiamiamo alcune definizioni e proprieta fonda

mentali introdotte nel par. 4.2.6. Ricordiamo che uno spazio liJwail'V, che supponiamo per maggiore generalita complesso, e uno spa~,i"euclideo E se ad ogni coppia di vettori.;£, y EVe associato un IIlllIl<'r<)complesso, che indicheremo di solito con (i, JL) e chiameremo pro<!oU"

III. Lo spazio Cra.b] e normato con 1111100 = maXtE[a.b]l/(t)l.IV. Lo spazio L2(a,b) e normato con 11/112 = U: I/(tW)1/2.

Uno spazio normato completo si dice spazio di Banach. Esistono anchespazi lineari metrici in cui la distanza non e indotta da una norma: una

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scalare di .:f e y, che gode delle seguenti proprieta (cfr. ancora par.4.2.6): --1. (.:f, y) = (y, ;r;)2. (.:f, >,y) =).(.:f, y) VA E C3. (;12, Y -=+- K) = (£y) + (x, z)4. (;12, i) ?: 0; (.:f, i) = 0 -¢=? .:f = 0

Un'applicazione ("mapping") dal prodotto cartesiano V x V in C chegoda delle proprieta 1-3 e detta applicazione sesquilineare ("sesquili-near mapping"); uno spazio lineare munito di un "sesquilinear map-ping" che non soddisfi la proprieta di positivita 4 si dice anche pseudo--euclideo. L'esempio pili familiare e quello dello spazio di Minkowski, 10spazio vettoriale delle 4-ple di numeri reali col prodotto pseudoscalare

3(.:f,y) = xoYo - I:i=J XiYi·I~ uno spazio euclideo la distanza tra due vettori e data da d(;12, y) =

11.:f- yll (invariante per traslazioni), dove la norma 0 lunghezza 11;1211del vettore .:fe definita come:

- 1(;r.,yWf(Ao,Ao) = (;r.,;r.) - -( -) :::::0

y,y

che e appunto quanto volevamo dimostrare.

Si dimostra ora facilmente la diseguaglianza triangolare; infaLt.i al)biamo:

11;12+ ul12 = (.:f+ U, .:f+ u) = (;12,.:f)+ 2Re(.:f,u) + (u, u) :s::s: (;12,.:f)+ (u, u) + 2 r (.:f,U) 1

11;12+ ul12 :s: (.:f,.:f)+ (U' U) + 2(.:f,;12)~ (U' U) ~ =

= [(.:f,.:f)~+ (U'U)~]2 = (11;1211+ Ilull)2Dalle proprieta del prodotto scalare segue immediatamente 11;[112: 0(= 0 ¢?.:f = Q) e 110:;[11= 10:111.:f11.Per dimostrare, in tutta la generalita,la proprieta [4.160c] che garantisce la validita dell a diseguaglianzatriangolare, premettiamo la dimostrazione dell a diseguaglianza di Cau-chy-Schwarz (quella fornita nel par. 4.2.6 vale soltanto nel caso di spazifinito-dimensionali) :

Nel par. 4.2.6 sono state introdotte Ie nozioni di angola tra vdl.ori[4.94] e di ortogonalita, che sono ovviamente indipendenti dalla dilllCl1sione dello spazio. Nel caso di uno spazio euclideo oo-dimensiollal,·,definiremo base (ortonormale) un sistema (ortonormale), neccssari;lmente infinito, di vettori, che sia completo, secondo la definizioll(' "icompletezza di un insieme di elementi di uno spazio metrico, dat.a 11<'1

par. 4.3.3.Negli spazi euclidei separabili, ogni sistema artonormale e finit.o 0 al

pili infinito rmmerabile. Sia infatti {§.(a)} un tale sistema (l"'indicc" tlpotendo a priori variare con continuita); risulta:

A tale scopo, consideriamo il numero reale non negativo 11;r.+ Al{W = (;r.+AY, ;r.+ AY), ricordando che esso e nullo se e solo se ;r.,= - ,\y. Per;r., y fissati,esso e una funzione a valori reali del numero complesso A;- -

Allora Ie sfere aperte Ba(§.(a), 1/2) di centro §.(a) e raggio 1/2 SOli"

a due a due disgiunte. Sia {;r,Ji)} un insieme numerabile di vdl.orjovunque denso su E: in ognuna delle sfere Ba deve allora cadcn, almeno uno degli ;1;.(i): quindi l'insieme delle sfere, e di consegucnza ilsistema degli §.(a), puo essere al pili infinito-numerabile.

Dato un sistema, finito 0 infinito-numembile di vettori :rY) lineaml/:n/,indipendenti, da esso si pub sempre costruire un sistema ortono7"l1/1l!"

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scalare di .:f e y, che gode delle seguenti proprieta (cfr. ancora par.4.2.6): --1. (.:f, y) = (y, ;r;)2. (.:f, >,y) =).(.:f, y) VA E C3. (;12, Y -=+- K) = (£y) + (x, z)4. (;12, i) ?: 0; (.:f, i) = 0 -¢=? .:f = 0

Un'applicazione ("mapping") dal prodotto cartesiano V x V in C chegoda delle proprieta 1-3 e detta applicazione sesquilineare ("sesquili-near mapping"); uno spazio lineare munito di un "sesquilinear map-ping" che non soddisfi la proprieta di positivita 4 si dice anche pseudo--euclideo. L'esempio pili familiare e quello dello spazio di Minkowski, 10spazio vettoriale delle 4-ple di numeri reali col prodotto pseudoscalare

3(.:f,y) = xoYo - I:i=J XiYi·I~ uno spazio euclideo la distanza tra due vettori e data da d(;12, y) =

11.:f- yll (invariante per traslazioni), dove la norma 0 lunghezza 11;1211del vettore .:fe definita come:

- 1(;r.,yWf(Ao,Ao) = (;r.,;r.) - -( -) :::::0

y,y

che e appunto quanto volevamo dimostrare.

Si dimostra ora facilmente la diseguaglianza triangolare; infaLt.i al)biamo:

11;12+ ul12 = (.:f+ U, .:f+ u) = (;12,.:f)+ 2Re(.:f,u) + (u, u) :s::s: (;12,.:f)+ (u, u) + 2 r (.:f,U) 1

11;12+ ul12 :s: (.:f,.:f)+ (U' U) + 2(.:f,;12)~ (U' U) ~ =

= [(.:f,.:f)~+ (U'U)~]2 = (11;1211+ Ilull)2Dalle proprieta del prodotto scalare segue immediatamente 11;[112: 0(= 0 ¢?.:f = Q) e 110:;[11= 10:111.:f11.Per dimostrare, in tutta la generalita,la proprieta [4.160c] che garantisce la validita dell a diseguaglianzatriangolare, premettiamo la dimostrazione dell a diseguaglianza di Cau-chy-Schwarz (quella fornita nel par. 4.2.6 vale soltanto nel caso di spazifinito-dimensionali) :

Nel par. 4.2.6 sono state introdotte Ie nozioni di angola tra vdl.ori[4.94] e di ortogonalita, che sono ovviamente indipendenti dalla dilllCl1sione dello spazio. Nel caso di uno spazio euclideo oo-dimensiollal,·,definiremo base (ortonormale) un sistema (ortonormale), neccssari;lmente infinito, di vettori, che sia completo, secondo la definizioll(' "icompletezza di un insieme di elementi di uno spazio metrico, dat.a 11<'1

par. 4.3.3.Negli spazi euclidei separabili, ogni sistema artonormale e finit.o 0 al

pili infinito rmmerabile. Sia infatti {§.(a)} un tale sistema (l"'indicc" tlpotendo a priori variare con continuita); risulta:

A tale scopo, consideriamo il numero reale non negativo 11;r.+ Al{W = (;r.+AY, ;r.+ AY), ricordando che esso e nullo se e solo se ;r.,= - ,\y. Per;r., y fissati,esso e una funzione a valori reali del numero complesso A;- -

Allora Ie sfere aperte Ba(§.(a), 1/2) di centro §.(a) e raggio 1/2 SOli"

a due a due disgiunte. Sia {;r,Ji)} un insieme numerabile di vdl.orjovunque denso su E: in ognuna delle sfere Ba deve allora cadcn, almeno uno degli ;1;.(i): quindi l'insieme delle sfere, e di consegucnza ilsistema degli §.(a), puo essere al pili infinito-numerabile.

Dato un sistema, finito 0 infinito-numembile di vettori :rY) lineaml/:n/,indipendenti, da esso si pub sempre costruire un sistema ortono7"l1/1l!"

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E questo il contenuto del Teorerna di ortogonalizzazione di Gram-Schmidt, che ha il pregio - non trascurabile - di fornire un proce-dimento concreto per questa costruzione, il cui risultato e stato giaenunciato nel par. 4.2.6, formula [4.98].

Chiamiamo §.(i) i vettori del sistema ortonormale da costruire, e as-sumiamo che essi siano collegati agli ;]2(i) da una trasformazione trian-golare, cioe tale che:

i

§.(i) = L aik;]2(k) (i = 1,2, ... )k=l

Supponiamo che il nostro spazio E possa avere dimensioIl(~ inJinil.a, ('che sia a nostra disposizione un sistema ortonormale di vettori {I,(I.) } ~ I'

dove N puo essere finito 0 infinito.Appare naturale porsi il seguente problema: dato un arbitrari.o wI.

tore ;]2 E E, qual e la combinazione lineare degli §.(,: che meglio appros sima ;]27 Pili precisamente, ci chiediamo qual e la N-pla (0 hsuccessione) di numeri complessi Cl:i che rende minima la distamm:

N

dN = d(;]2,;]2(N)) = 11;]2 - L Cl:ie(i) IIi=l

La condizione (§.(1) , §.(1)) = 1 fissa au a meno di un numero complessodi modulo 1 (detti numeri sono anche chiamati fattori di fase):

N Nd}y = (;]2 - L Cl:i§.(i), ;]2 - L Cl:j§.(j)) =

i=l j=lN N

= 11;]2112- 2 L Re O:i (§.(i) ,;]2) + 2: lCl:i12

i=l i=lIn altri termini, abbiamo norrnalizzato ;]2(1).

Veniamo ora a §.(2): esso deve essere ortogonale a §.(1) e di norma 1.L'idea geometrica naturale e quella di sottmrre da ;]2(2) 130 componenteproporzionale a e(l) (parallelo a ;]2(1)) e poi normalizzare il vettoreottenuto (cioe "aggiustarne" la lunghezza).

Abbiamo percio:

(2) _ ;]2(2) - (§.(1) , ;]2(2))§.(1)

§. - 11;]2(2)- (§.(l), ;]2(2))§.(1) II

N N

d}y = IIxl12 +L lCl:i - ~i12 - L l~il2i=l i=l

A questo punto e chiaro come iter are il procedimento: determinati ivettori §.(l), §.(2) , ... , §.(k),il vet tore §.(k+l) sara costruito sottmendo da;]2(k+1) Ie sue componenti secondo §.(1), ... ,§.(k) e poi normalizzando ilvettore ottenuto (dr. [4.98]):

kx(k+1) - L (§.(j) , ;]2(k+1))§.(j)

j=lk

11;]2(k+1) - L (§.(j), ;]2(k+1))§.(j) IIj=l

da cui segue immediatamente che la minima distanza dN,min si otti,,11<'

per Cl:i = ~i' . . ,I coefficienti ~i (cioe Ie componenti di ;]2 nel sistema {§.(')}) SI cIlia

mana anche i coefficienti di Fourier del vettore ;]2 nel sistema ortonmmale considerato.

Possiamo quindi affermare che la combinazione lineare di vettori (I iun sistema ortonormale dato che meglio approssima un vettore ;]2 ( I';e quella costruita. con i coefficienti di Fourier, che da:

d~'in = IlxW - L l~il2 ~ 0i=l

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E questo il contenuto del Teorerna di ortogonalizzazione di Gram-Schmidt, che ha il pregio - non trascurabile - di fornire un proce-dimento concreto per questa costruzione, il cui risultato e stato giaenunciato nel par. 4.2.6, formula [4.98].

Chiamiamo §.(i) i vettori del sistema ortonormale da costruire, e as-sumiamo che essi siano collegati agli ;]2(i) da una trasformazione trian-golare, cioe tale che:

i

§.(i) = L aik;]2(k) (i = 1,2, ... )k=l

Supponiamo che il nostro spazio E possa avere dimensioIl(~ inJinil.a, ('che sia a nostra disposizione un sistema ortonormale di vettori {I,(I.) } ~ I'

dove N puo essere finito 0 infinito.Appare naturale porsi il seguente problema: dato un arbitrari.o wI.

tore ;]2 E E, qual e la combinazione lineare degli §.(,: che meglio appros sima ;]27 Pili precisamente, ci chiediamo qual e la N-pla (0 hsuccessione) di numeri complessi Cl:i che rende minima la distamm:

N

dN = d(;]2,;]2(N)) = 11;]2 - L Cl:ie(i) IIi=l

La condizione (§.(1) , §.(1)) = 1 fissa au a meno di un numero complessodi modulo 1 (detti numeri sono anche chiamati fattori di fase):

N Nd}y = (;]2 - L Cl:i§.(i), ;]2 - L Cl:j§.(j)) =

i=l j=lN N

= 11;]2112- 2 L Re O:i (§.(i) ,;]2) + 2: lCl:i12

i=l i=lIn altri termini, abbiamo norrnalizzato ;]2(1).

Veniamo ora a §.(2): esso deve essere ortogonale a §.(1) e di norma 1.L'idea geometrica naturale e quella di sottmrre da ;]2(2) 130 componenteproporzionale a e(l) (parallelo a ;]2(1)) e poi normalizzare il vettoreottenuto (cioe "aggiustarne" la lunghezza).

Abbiamo percio:

(2) _ ;]2(2) - (§.(1) , ;]2(2))§.(1)

§. - 11;]2(2)- (§.(l), ;]2(2))§.(1) II

N N

d}y = IIxl12 +L lCl:i - ~i12 - L l~il2i=l i=l

A questo punto e chiaro come iter are il procedimento: determinati ivettori §.(l), §.(2) , ... , §.(k),il vet tore §.(k+l) sara costruito sottmendo da;]2(k+1) Ie sue componenti secondo §.(1), ... ,§.(k) e poi normalizzando ilvettore ottenuto (dr. [4.98]):

kx(k+1) - L (§.(j) , ;]2(k+1))§.(j)

j=lk

11;]2(k+1) - L (§.(j), ;]2(k+1))§.(j) IIj=l

da cui segue immediatamente che la minima distanza dN,min si otti,,11<'

per Cl:i = ~i' . . ,I coefficienti ~i (cioe Ie componenti di ;]2 nel sistema {§.(')}) SI cIlia

mana anche i coefficienti di Fourier del vettore ;]2 nel sistema ortonmmale considerato.

Possiamo quindi affermare che la combinazione lineare di vettori (I iun sistema ortonormale dato che meglio approssima un vettore ;]2 ( I';e quella costruita. con i coefficienti di Fourier, che da:

d~'in = IlxW - L l~il2 ~ 0i=l

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N

ld.(N) = ~~i~(i)

i=1IIxl12 :::: L l~il2i=1 e di Cauchy. Dal momento che E e completo, la SUCCCSSiOllC;1'( N)

converge a un qualche ld. E E, e per questo ld. si ha:valida per ogni ld. e per ogni sistema ortonormale {~(i)}, si chiamadiseguaglianza di Bessel, gia mostrata al par. 4.2.6 per spazi euclideifinito-dimensionali.

La diseguaglianza di Bessel contiene in realta due informazioni:i) la successione {~i}~1 e di modulo quadrato sommabile (appartienecioe a l2);ii) la somma della serie:

s= ~1~iI2i=1

non puo superare 11ld.112.Se, per ogni ld. E E, vale l'uguaglianza:

~i = (li) ,ld.) ; 11ld.112= ~ l~il2i=1

detta uguaglianza (0 relazione) di Parseval, il sistema deglieompleto (gli ~(i) formano una base ortonormale).

Infatti, l'uguaglianza di Parseval implica:

PUO sorgere la domanda se vi sia, in uno spazio euclideo-illfillit.••dimensionale, un modo alternativo (rispetto aHa verifica deHa validiLIdeH'uguaglianza di Parseval) per caratterizzare una base ortonorIllall'In uno spazio finito--dimensionale, una base e data da un insiemc III":;simale di vettori linearmente indipendenti, per cui l'unico vett(m~ dldl••spazio a componenti tutte nuHe e il vettore nullo. Questa propridh ,>;iestende agli spazi infinito-dimensionali grazie al seguente teoremll.:

Teorema 4.11. In uno spazio euclideo separabile e eompleto, eN j';Saffinehe un sistema ortonormale di vettori eostituisea una base t; ('h,l'v,nieo vettore ortogonale a tutti gli elementi del sistema sill. il vcUO'I"nullo.

Sia infatti {~(i)} una base; aHora Vld. E E vale l'uguaglianza di Panwval:

11;12112= ~ l~il2i=1

N

Nlim d(;12, ~ ~i~(i)) = 0 V;12 E E-+co

i=1

il che equivale a dire che la successione {;12(N) = I:~1~iii)} convergea ld. per ogni ;12.

Da cia segue chiaramente che il sottospazio generato dagli ~(i) coin-cide con l'intero spazio.

In virtu della diseguaglianza di Bessel, possiamo affermare che sei termini di una successione numerica {~dforniscono i coefficienti diFourier di un vettore ;12 in un sistema (in particolare in una base)ortonormale, la successione deve neeessariamente essere di moduloquadrato sommabile.

Se 10 spazio euclideo E e (separabile e) completo, l'appartenenzadella successione a l2 e anche suffieiente. In effetti, se {~i} E l2 ed{~(')}~1 e una base ortonormale, si pua dimostrare che la successionedi vettori:

11;12112= ~ l~il2i=1

dove ~i = (~(i),;12). Se quindi (~(i),;12) e uguale a zero Vi,;12 ha 1I0J'lIl"nulla e quindi e il vettore nullo.

Assumiamo ora, viceversa, che (~(i) , ld.) = 0 V i implichi ;12 = 0: S( ~ iIsistema degli {~(i)} non fosse una base, esisterebbe un qualche ;r ( I';per cui la diseguaglianza di Bessel e soddisfatta in senso stretto:

Page 91: Metodi Matematici Della Fisica (Cap 4) - Bernardini, Ragnisco, Santini

N

ld.(N) = ~~i~(i)

i=1IIxl12 :::: L l~il2i=1 e di Cauchy. Dal momento che E e completo, la SUCCCSSiOllC;1'( N)

converge a un qualche ld. E E, e per questo ld. si ha:valida per ogni ld. e per ogni sistema ortonormale {~(i)}, si chiamadiseguaglianza di Bessel, gia mostrata al par. 4.2.6 per spazi euclideifinito-dimensionali.

La diseguaglianza di Bessel contiene in realta due informazioni:i) la successione {~i}~1 e di modulo quadrato sommabile (appartienecioe a l2);ii) la somma della serie:

s= ~1~iI2i=1

non puo superare 11ld.112.Se, per ogni ld. E E, vale l'uguaglianza:

~i = (li) ,ld.) ; 11ld.112= ~ l~il2i=1

detta uguaglianza (0 relazione) di Parseval, il sistema deglieompleto (gli ~(i) formano una base ortonormale).

Infatti, l'uguaglianza di Parseval implica:

PUO sorgere la domanda se vi sia, in uno spazio euclideo-illfillit.••dimensionale, un modo alternativo (rispetto aHa verifica deHa validiLIdeH'uguaglianza di Parseval) per caratterizzare una base ortonorIllall'In uno spazio finito--dimensionale, una base e data da un insiemc III":;simale di vettori linearmente indipendenti, per cui l'unico vett(m~ dldl••spazio a componenti tutte nuHe e il vettore nullo. Questa propridh ,>;iestende agli spazi infinito-dimensionali grazie al seguente teoremll.:

Teorema 4.11. In uno spazio euclideo separabile e eompleto, eN j';Saffinehe un sistema ortonormale di vettori eostituisea una base t; ('h,l'v,nieo vettore ortogonale a tutti gli elementi del sistema sill. il vcUO'I"nullo.

Sia infatti {~(i)} una base; aHora Vld. E E vale l'uguaglianza di Panwval:

11;12112= ~ l~il2i=1

N

Nlim d(;12, ~ ~i~(i)) = 0 V;12 E E-+co

i=1

il che equivale a dire che la successione {;12(N) = I:~1~iii)} convergea ld. per ogni ;12.

Da cia segue chiaramente che il sottospazio generato dagli ~(i) coin-cide con l'intero spazio.

In virtu della diseguaglianza di Bessel, possiamo affermare che sei termini di una successione numerica {~dforniscono i coefficienti diFourier di un vettore ;12 in un sistema (in particolare in una base)ortonormale, la successione deve neeessariamente essere di moduloquadrato sommabile.

Se 10 spazio euclideo E e (separabile e) completo, l'appartenenzadella successione a l2 e anche suffieiente. In effetti, se {~i} E l2 ed{~(')}~1 e una base ortonormale, si pua dimostrare che la successionedi vettori:

11;12112= ~ l~il2i=1

dove ~i = (~(i),;12). Se quindi (~(i),;12) e uguale a zero Vi,;12 ha 1I0J'lIl"nulla e quindi e il vettore nullo.

Assumiamo ora, viceversa, che (~(i) , ld.) = 0 V i implichi ;12 = 0: S( ~ iIsistema degli {~(i)} non fosse una base, esisterebbe un qualche ;r ( I';per cui la diseguaglianza di Bessel e soddisfatta in senso stretto:

Page 92: Metodi Matematici Della Fisica (Cap 4) - Bernardini, Ragnisco, Santini

00 00

;]2*= L~i~(i); 11;]2*112= L l~il2 con ~i = (~(i),;]2*)i=l i=l

00

(;J;. + 1£, ;]2 + 1£) = L IXk + Yk!2k=l(AI solito, la successione ;]2(N) = L:~l ~i~(i) e di Cauchy). Ma allora:

(~(i),,,22 - ,,22*)= (~(i),,,22) - (~(i),,,22*) = ~i ~ ~i = 0 'Vi

quindi ,,22- ;]2*e il vettore nullo, e in particolare si ha:

(,,22 + i1£,,,22 + i1£) = L IXk + iYk!2k=l

11,,22112= L l~il2i=l

00

He(x, y) = He L XkYkk=l

Im(x, y) = 1m L .TkYkk=l

Uno spazio euclideo infinito-dimensionale completo si chiama spaziodi Hilbert. Noi ci occuperemo esclusivamente di spazi di Hilbert se-parabili, e tale attributo verra di regola omesso nella trattazione cheseguira. Alla luce dei risultati fin qui ottenuti, possiamo dire che,mediante l'introduzione di una base ortonormale, si stabilisce una cor-rispondenza biunivoca tra un generico spazio di Hilbert H e 10 spaziol2 delle successioni di modulo quadrato sommabile. Lo spazio l2, cheabbiamo gia incontrato tra gli spazi normati separabili e completi,diventa uno spazio euclideo non appena 10 si munisca del prodottoscalare:

Possiamo quindi affermare che, a meno di isomorfismi, esiste \Ill s, )1,)spazio di Hilbert, 10 spazio 12, che puo essere visto come una n':llizzazione in coordinate di uno spazio di Hilbert astratto. Un'al!.r"realizzazione in coordinate di uno spazio di Hilbert e costituita, COIIl<'vedremo meglio nel seguito, dallo spazio L2[a, b] (spazio delle f\llly,iOllidi modulo quadrato integrabile ~ secondo Lebesgue - su un segllwlI!.o)

4.4Funzionali lineari e distribuzioni

({Xi}, {yd) = L XiYii=l

La corrispondenza tra H e 12 e chiaramente un isomorfismo lineare: daCominciamo con alcune definizioni fondamentali, in parte gia introdo!.te nel par. 4.2.2.

Siano N1 e N2 due spazi normati (basterebbe in realta cOllsid,rare spazi lineari metrici), con norme II· IiI e 11·112 rispettivanwn!.,'Un'applicazione (tra..<;formazione) Ada N1a N2 e un operatore lilwar,'se:

a,,22 + (31£ ¢} {aXi + (3yd~l

Ma e anche un isomorfismo in sensa euclideo, in quanta "conserva"l'operazione di prodotta scalare; si ha in altre parole

00

(,,22,1£) = L XiYik=l

A e un aperatore continuo se manda "punti vicini" di N1 in "pllliI.ivicini" di N2, ciae se "IE > 0, risulta: IIA;]2- A1£112< E non apI"'1I:1Ilx - ylll < 8('

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00 00

;]2*= L~i~(i); 11;]2*112= L l~il2 con ~i = (~(i),;]2*)i=l i=l

00

(;J;. + 1£, ;]2 + 1£) = L IXk + Yk!2k=l(AI solito, la successione ;]2(N) = L:~l ~i~(i) e di Cauchy). Ma allora:

(~(i),,,22 - ,,22*)= (~(i),,,22) - (~(i),,,22*) = ~i ~ ~i = 0 'Vi

quindi ,,22- ;]2*e il vettore nullo, e in particolare si ha:

(,,22 + i1£,,,22 + i1£) = L IXk + iYk!2k=l

11,,22112= L l~il2i=l

00

He(x, y) = He L XkYkk=l

Im(x, y) = 1m L .TkYkk=l

Uno spazio euclideo infinito-dimensionale completo si chiama spaziodi Hilbert. Noi ci occuperemo esclusivamente di spazi di Hilbert se-parabili, e tale attributo verra di regola omesso nella trattazione cheseguira. Alla luce dei risultati fin qui ottenuti, possiamo dire che,mediante l'introduzione di una base ortonormale, si stabilisce una cor-rispondenza biunivoca tra un generico spazio di Hilbert H e 10 spaziol2 delle successioni di modulo quadrato sommabile. Lo spazio l2, cheabbiamo gia incontrato tra gli spazi normati separabili e completi,diventa uno spazio euclideo non appena 10 si munisca del prodottoscalare:

Possiamo quindi affermare che, a meno di isomorfismi, esiste \Ill s, )1,)spazio di Hilbert, 10 spazio 12, che puo essere visto come una n':llizzazione in coordinate di uno spazio di Hilbert astratto. Un'al!.r"realizzazione in coordinate di uno spazio di Hilbert e costituita, COIIl<'vedremo meglio nel seguito, dallo spazio L2[a, b] (spazio delle f\llly,iOllidi modulo quadrato integrabile ~ secondo Lebesgue - su un segllwlI!.o)

4.4Funzionali lineari e distribuzioni

({Xi}, {yd) = L XiYii=l

La corrispondenza tra H e 12 e chiaramente un isomorfismo lineare: daCominciamo con alcune definizioni fondamentali, in parte gia introdo!.te nel par. 4.2.2.

Siano N1 e N2 due spazi normati (basterebbe in realta cOllsid,rare spazi lineari metrici), con norme II· IiI e 11·112 rispettivanwn!.,'Un'applicazione (tra..<;formazione) Ada N1a N2 e un operatore lilwar,'se:

a,,22 + (31£ ¢} {aXi + (3yd~l

Ma e anche un isomorfismo in sensa euclideo, in quanta "conserva"l'operazione di prodotta scalare; si ha in altre parole

00

(,,22,1£) = L XiYik=l

A e un aperatore continuo se manda "punti vicini" di N1 in "pllliI.ivicini" di N2, ciae se "IE > 0, risulta: IIA;]2- A1£112< E non apI"'1I:1Ilx - ylll < 8('

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Sia D(A) la varieta lineare c=: N1 per cui e definito l'operatore line areA: essa e detta dominio (0 insieme di definizione) dell'operatore A.D(A) e quindi l'insieme degli;r:. E N1 tali che A;r:.E N2.

L'insieme degli '!!... E N2 che provengono da qualche;r:. E D(A) tramitel'operatore A si chiama "range" (0 "immagine") dell'operatore A esi indica con R(A) (0 con Im(A)). E ovvio che anche R(A) e u~avarieta lineare. Chiameremo "nucleo" 0 "kernel" 0 "null space" di Al'insieme degli ;r:.E D(A) che vengono mandati nel vettore nullo diN2: 10 indicheremo di solito con N(A) (in letteratura si trova spessol'espressione Ker(A)). Se A e continuo, N(A) e un sottospazio, cioeuna varieta lineare chiusa di N1: infatti, se ;r:.(n) e una successione dielementi E N(A), che converge a un elemento ;r:.E N1, allora ;r:.EN (A). Risulta infatti:

Infatti, se f(:r) e continuo, deve in particolare essere (si osscrvi ell(' f(ll)

Q!):

Quindi, f e limitato su una sfera di raggio < 8(" Allora, POIICIlc!O .'I

(8<)-1:r, si ha:

EIf(l!) 1 < 8< per 11It.1I < 1

Viceversa, se f(:r) e limitato sulla sfera unitaria, cioe se esiste 0 < ('. ''',tale che:

If(:r) 1 :s; C per 11:r11 :s; 1

ponendo It.= E/C :r, risultaE

per 11It.11 :s; 8<= C

.Q = lim A:.r.(n) = A( lim ;r:.(n)) = A;.r.n----..CX) n---+oo

L'insieme dei funzionali lineari continui su N costituisce uno 87m::!O

normato completo (anche se N non e completo) che si indica COil N'e si chiama spazio duale (0 coniugato) di N.

Per dimostrare questa affermazione, cominciamo col definire la Ilm

ma Ilfll di un funzionale f(;.r.):

Ilfll = sup If(;.r.)! = sup If( ;r:. )1 = sup If(y)111.~II#o 11;.r.1I 11~II#o 11;.r.11 111!.11=1-

Tra gli operatori lineari su spazi normati, un posto particolare occu-pano i funzionali lineari, caratterizzati dalla proprieta che 10 spazio diarrivo N2 e l'insieme C (0 in particolare R): sono quindi applicazionilineari da uno spazio normato generico N in C. Ci occuperemo inparticolare dei funzionali lineari continui. Se un funzionale lineare econtinuo in un punto di N, in particolare in ;.r.= .Q, e continuo su tuttoN. 1{I~i I S Ilfll, cioe If(;.r.) I :s; 11;.r.11 Ilfll

L'insieme dei funzionali lineari si puo munire inoltre di una struUur:\di spazio lineare, nel modo pili naturale:

f = II +!z se, V;r:.E N, f(;.r.) = II (;.r.) + !z(;r:.)

g = oJ se, V;.r. EN, g(;.r.)= af(;.r.) = f(a;.r.)

Inoltre, un funzionale line are e continuo se e solo se esso e limitatosulla sfera unitaria, cioe se si ha:

E ovvio che una qualsiasi combinazione line are di funzionali COIlt,i1111 ie ancora un funzionale continuo; e altresl chiaro che la norma ddilliL\sopra gode delle proprieta richieste [4.160]:

sup If(;.r.) 1< 00I 1.'£1 I:S: 1

Ilfll ~ 0 (= 0 se e solo se f = 0, cioef(;.r.) = 0 V;.r.)

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Sia D(A) la varieta lineare c=: N1 per cui e definito l'operatore line areA: essa e detta dominio (0 insieme di definizione) dell'operatore A.D(A) e quindi l'insieme degli;r:. E N1 tali che A;r:.E N2.

L'insieme degli '!!... E N2 che provengono da qualche;r:. E D(A) tramitel'operatore A si chiama "range" (0 "immagine") dell'operatore A esi indica con R(A) (0 con Im(A)). E ovvio che anche R(A) e u~avarieta lineare. Chiameremo "nucleo" 0 "kernel" 0 "null space" di Al'insieme degli ;r:.E D(A) che vengono mandati nel vettore nullo diN2: 10 indicheremo di solito con N(A) (in letteratura si trova spessol'espressione Ker(A)). Se A e continuo, N(A) e un sottospazio, cioeuna varieta lineare chiusa di N1: infatti, se ;r:.(n) e una successione dielementi E N(A), che converge a un elemento ;r:.E N1, allora ;r:.EN (A). Risulta infatti:

Infatti, se f(:r) e continuo, deve in particolare essere (si osscrvi ell(' f(ll)

Q!):

Quindi, f e limitato su una sfera di raggio < 8(" Allora, POIICIlc!O .'I

(8<)-1:r, si ha:

EIf(l!) 1 < 8< per 11It.1I < 1

Viceversa, se f(:r) e limitato sulla sfera unitaria, cioe se esiste 0 < ('. ''',tale che:

If(:r) 1 :s; C per 11:r11 :s; 1

ponendo It.= E/C :r, risultaE

per 11It.11 :s; 8<= C

.Q = lim A:.r.(n) = A( lim ;r:.(n)) = A;.r.n----..CX) n---+oo

L'insieme dei funzionali lineari continui su N costituisce uno 87m::!O

normato completo (anche se N non e completo) che si indica COil N'e si chiama spazio duale (0 coniugato) di N.

Per dimostrare questa affermazione, cominciamo col definire la Ilm

ma Ilfll di un funzionale f(;.r.):

Ilfll = sup If(;.r.)! = sup If( ;r:. )1 = sup If(y)111.~II#o 11;.r.1I 11~II#o 11;.r.11 111!.11=1-

Tra gli operatori lineari su spazi normati, un posto particolare occu-pano i funzionali lineari, caratterizzati dalla proprieta che 10 spazio diarrivo N2 e l'insieme C (0 in particolare R): sono quindi applicazionilineari da uno spazio normato generico N in C. Ci occuperemo inparticolare dei funzionali lineari continui. Se un funzionale lineare econtinuo in un punto di N, in particolare in ;.r.= .Q, e continuo su tuttoN. 1{I~i I S Ilfll, cioe If(;.r.) I :s; 11;.r.11 Ilfll

L'insieme dei funzionali lineari si puo munire inoltre di una struUur:\di spazio lineare, nel modo pili naturale:

f = II +!z se, V;r:.E N, f(;.r.) = II (;.r.) + !z(;r:.)

g = oJ se, V;.r. EN, g(;.r.)= af(;.r.) = f(a;.r.)

Inoltre, un funzionale line are e continuo se e solo se esso e limitatosulla sfera unitaria, cioe se si ha:

E ovvio che una qualsiasi combinazione line are di funzionali COIlt,i1111 ie ancora un funzionale continuo; e altresl chiaro che la norma ddilliL\sopra gode delle proprieta richieste [4.160]:

sup If(;.r.) 1< 00I 1.'£1 I:S: 1

Ilfll ~ 0 (= 0 se e solo se f = 0, cioef(;.r.) = 0 V;.r.)