Mercoledì 15 febbraio alle ore 17 presso la sede del “Sodalizio” … · 2012. 2. 13. · 8 La...

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1 Terzo Millennio – periodico on line per l’organizzazione dei moderati Terzo Millennio - ANNO XIX n. 6 – Lunedì 13 febbraio 2012 “Il SODALIZIO DEGLI ABRUZZESI SAN CAMILLO DE’ LELLIS” di ROMA organizza per Mercoledì 15 febbraio alle ore 17 presso la sede del “Sodalizio” (via di S. Costanza, 7 - Roma) le presentazione del libro “La Grande Storia – Pescara Castellamare dalle origini al XX secolo” di Licio Di Biase. Il tema della serata sarà: “Pescara: otto luoghi identitari per una città senza rughe”. Interverrà: Licio Di Biase

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    Terzo Millennio – periodico on line per l’organizzazione dei moderati

    Terzo Millennio - ANNO XIX n. 6 – Lunedì 13 febbraio 2012

    “Il SODALIZIO DEGLI ABRUZZESI SAN CAMILLO DE’ LELLIS”

    di ROMA

    organizza per

    Mercoledì 15 febbraio alle ore 17 presso la sede del “Sodalizio” (via di S. Costanza, 7 - Roma)

    le presentazione del libro

    “La Grande Storia – Pescara Castellamare

    dalle origini al XX secolo” di Licio Di Biase.

    Il tema della serata sarà:

    “Pescara: otto luoghi identitari per una città senza rughe”.

    Interverrà:

    Licio Di Biase

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    Politica

    A cura di Giampiero Di Biase

    “Un giorno senza un sorriso è un giorno perso. (Charlie Chaplin)

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    Piazza Italia

    A cura di Alessio Di Bono

    Accadimenti del Comune e della Provincia di Pescara

    “Via dei Bastioni e via delle Caserme erano tutte arti e mestieri:

    chi faceva le botti chi faceva i tini,

    chi faceva lu stagnare; ogni porta un mestiere”

    (Ennio Flaiano)

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    La nevicata del 2012

    E così la mitica nevicata del 1956 viene riposta in soffitta. Dopo 55 anni c’è stata una nevicata superiore a quella ormai entrata nella leggenda, al di là della storia. Abbiamo assistito ad un Paese messo in ginocchio. Impreparato. Un Paese in ginocchio che negli ultimi tempi ci aveva abituato a grandi reazioni nelle tragedie, grazie ad un efficiente ed efficace sistema di Protezione Civile. Bene, la protezione Civile questa volta, e per motivi diciamo di natura burocratica, ha fatto cilecca. Così come hanno fatto cilecca i Comuni. E non poteva essere diversamente, considerando che non hanno più risorse. I Comuni, dopo la soppressione dell’Ici, devono gestire le risorse col contagocce. Ma poi abbiamo avuto anche dei Sindaci e delle Amministrazioni che hanno mostrato tutta la loro incapacità operativa. E poi, la gente. Abbiamo assistito in televisione ad interviste incredibili. Gente che dopo 24 ore era in attesa che qualcuno andasse….a salvarli….a portare il cibo….a spalare la neve davanti alla loro abitazione. Pensiamo che questa vicenda abbia veramente mostrato il vero volto del Paese, molto più vero dell’affondamento della nave di Costa crociera, la Concordia. Ecco perché ci voleva una svolta. Un Paese senza più la capacità di reagire, un Paese in attesa dell’arrivo della “mamma”. Un Paese condizionato da una visione iper assistenzialistica, certamente retaggio di governi volgarmente clientelari. Ecco perché è giunto il momento di voltare pagina. Questo ventennio che si è chiuso ha oggi due cartoline: la Concordia che affonda e l’Italia che affonda sotto la neve. N.B.: Adesso la finiranno di dirci…..”eh, ma tu non ricordi la famosa nevicata del ’56!” Licio Di Biase

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    nevicata del 2012 – Via di Sotto a Pescara

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    Cultura

    "E quand'anche le mie cortesie fossero state superflue, sarei lieto lo stesso di averle fatte: qui da noi, in Italia, non si

    esagera mai in fatto di sentimentalismi e sbaciucchiamenti: sono gli argomenti politici più efficaci che abbiamo"

    ("Il Gattopardo" - Giuseppe Tomasi di Lampedusa)

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    Il FLORIAN Teatro Stabile d’Innovazione propone due nuovi appuntamenti con l’ultima produzione teatrale

    LA LOCANDIERA di Carlo Goldoni

    con Flavia Valoppi, Massimo Vellaccio, Alessio Tessitore, Umberto Marchesani, Massimo Paolucci, Giulia Basel, Stefania Zeoli, Oscar Strizzi scene costumi e regia Giulia Basel

    al Florian Espace domenica 19 febbraio ore 17 e lunedì 20 febbraio ore 21

    lunedì dopo lo spettacolo brindisi per i 24 anni del Florian Espace

    Il nuovo spettacolo del Florian Teatro Stabile d’Innovazione, La Locandiera di Carlo Goldoni, verrà replicato a grande richiesta al Florian Espace di Pescara domenica 19 febbraio in pomeridiana alle ore 17 e lunedì 20 febbraio alle 21; lunedì, al termine dello spettacolo, si festeggeranno i 24 anni del Florian Espace, storica sede della compagnia inaugurata proprio il 20 febbraio 1988.

    Ex panificio industriale, la struttura in via Valle Roveto, 39, sul lungofiume di Pescara, Spazio della ricerca e della sperimentazione in Abruzzo, apre una nuova fase della storia della compagnia del Florian che si trasforma in Centro Abruzzese di Ricerca Teatrale, iniziando quella marcia verso la stabilità che la porterà nel 2000 al riconoscimento ministeriale di Teatro Stabile d'Innovazione. L’allestimento della Locandiera a Pescara è stato pensato dalla regista Giulia Basel, che ha curato anche le scene e i costumi, appositamente per il Florian Espace, che viene utilizzato interamente e di cui si evidenziano le potenzialità di coinvolgimento degli spettatori che hanno la possibilità di partecipare più intensamente allo spettacolo e di vivere un modo diverso di stare a teatro. Si consiglia la prenotazione. In scena un cast che riunisce il nucleo artistico della compagnia: Flavia Valoppi è Mirandolina, esuberante, complessa, affascinante protagonista di questa commedia intramontabile, modello di donna libera che si è costruita una vita agiata e tranquilla basandosi sulle proprie forze e scegliendo il proprio destino senza scendere a facili e convenienti compromessi; accanto a lei le brillanti interpretazioni di Massimo Vellaccio, uno strepitoso Marchese di Forlipopoli, Alessio Tessitore che sa dare umanità al personaggio del Cavaliere ora burbero ora tenero, Umberto Marchesani un elegante Conte d’Albafiorita, Massimo Paolucci un Fabrizio puntuale e convincente, le divertenti commedianti Giulia Basel (Ortensia)e Stefania Zeoli (Dejanira) e l’incantato Oscar Strizzi (il servitore del cavaliere). Il lavoro ripropone il testo pressocché integralmente e punta soprattutto sulla bellezza della parola recitata e sul rapporto diretto tra attori e pubblico, per ridare spazio e peso ad una drammaturgia che sottolinea la vitalità e l’ingegno di un grande uomo di teatro quale era.

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    La Locandiera, vertice della prima fase della riforma Goldoniana, capolavoro di limpidezza e misura formale, mette in scena un personaggio, Mirandolina, che esprime perfettamente l’intelligenza l’autonomia e la consapevolezza della donna del Settecento; personaggio-simbolo di un’intera civiltà, oltre che espressione di una teatralità che ha cambiato la storia della drammaturgia e dello spettacolo Scrive Gian Marco Montesano nella sua presentazione dello spettacolo “Con La Locandiera, scritta da Goldoni nel 1753, che anticipa di quasi trent’anni " Le Mariage de Figaro"di Beaumarchais e le celeberrime "Nozze di Figaro"di Mozart e di Da Ponte del 1786, irrompe sulla scena, giocosamente, leggermente, il radicale mutamento politico, economico, sociale e culturale che si stava preparando in Europa. L'intuizione, la capacità di leggere la tendenza ascoltando con straordinaria intelligenza la vita quotidiana, questa è la portata storica del lavoro di Goldoni. Un lavoro dalle valenze europee troppo spesso ridotto a semplice, allegro “intrattenimento veneziano". Un’opera dunque modernissima, questa Locandiera, eppure così classica che in questo allestimento del Florian sta riscuotendo un grande consenso, anche da parte delle scolaresche medie e superiori che sempre più numerose si stanno prenotando per le repliche in matinée. FLORIAN TEATRO STABILE D’INNOVAZIONE 085/4224087 085/4225129 338/7733854 [email protected] [email protected] www.florianteatro.com

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    PRATOLA A TEATRO stagione settima 2011/2012 “Pratola a teatro”, la stagione teatrale del Teatro Comunale di Pratola Peligna a cura del FLORIAN Teatro Stabile d’Innovazione di Pescara con la direzione artistica di Giulia Basel e il sostegno del Comune di Pratola Peligna, presenta il quinto appuntamento in cartellone: venerdì 17 febbraio alle ore 21 andrà in scena il grande comico milanese Enrico Beruschi, cabarettista di lungo corso (gavetta al mitico Derby, poi due trasmissioni che hanno cambiato la comicità come Non Stop e Drive In ) con lo spettacolo “Guareschi. Il Corrierino di Giovannino ed Enrico”, per la regia di Zenone Benedetto. Lo spettacolo è tratto dal “Corrierino delle Famiglie” di Giovannino Guareschi, lo scrittore italiano più tradotto al mondo (80 lingue), capace di vendere venti milioni dei suoi libri, a partire dalla saga di Peppone e Don Camillo, ma anche grande autore satirico e umoristico. Guareschi forse più di ogni altro ha saputo narrare storie di vita quotidiana, “la grandezza delle piccole cose” come la famiglia, tanto che si può parlare di Guareschi come di uno scrittore sia per la famiglia, che della famiglia: in tutta la sua opera c’è grande attenzione, rispetto, amore, per il rapporto tra genitori e figli, tra uomo e donna innamorati, persino tra nonni e nipoti. La casa, la terra, l’amore per la propria storia, il ricordo dei propri cari e la speranza per i propri figli, sono la spina dorsale di una società che Guareschi amava, cui apparteneva, che ci ha descritto con realismo e con tenerezza.
 Lo spettacolo alterna momenti di divertimento quasi cabarettistico ad altri di grande intensità, accompagnati dalle canzoni dell’epoca che saranno eseguite dal vivo da chitarra e fisarmonica da Marco Giacintucci e Roberto Torto.
Ed ecco quindi brani come Parlami d’amore Mariù, Concertino, Camminando sotto la pioggia, intrecciarsi alle esilaranti novelle che raccontano la vita e la famiglia di “uno qualunque”, come amava definirsi Giovannino Guareschi. Enrico Beruschi, uno dei comici milanesi per eccellenza, alternerà alle vicende familiari di Guareschi battute sulla propria famiglia, in un divertente alternarsi di classiche vicende familiari assolutamente attuali. FLORIAN TEATRO STABILE D’INNOVAZIONE 085/4224087 085/4225129 338/7733854 [email protected] [email protected] www.florianteatro.com

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    Costume

    I giovani non hanno bisogno di sermoni, i giovani hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo.

    (Sandro Pertini)

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    Diritto all’oblio?

    Ennio Di Francesco

    Chiunque reclami il proprio “diritto all’oblio”, la questione posta intrigante sul piano della filosofia

    giuridica sottende quest’altra: “è possibile cancellare il ricordo di un soggetto collegato a eventi che

    formano il trascendente mosaico di conoscenza-memoria che si compone nella “coscienza collettiva

    dell’umanità”? Dove passerebbe il limite, quasi di “summum ius, summa iniuria”, tra la volontà

    comprensibile e sofferta del singolo a volere essere cancellato da ciò a cui egli ha in qualche modo

    contribuito e l’insondabile volontà della collettività a conoscere/non dimenticare? Quale “autorità”

    potrebbe fissare una norma in tal senso, magari transnazionale? Come essa si coniugherebbe con pretese

    diverse, magari opposte di chi non vuole essere dimenticato, magari per rivendicazione o esibita

    notorietà, di “compartecipi”, correi, vittime, se non studiosi, ricercatori, cittadini vogliosi di verità...?

    Una studiata e costosa pretesa del “diritto all’oblio” non può sottendere invece a lungo strumentale

    contenzioso di visibilità? E la sommatoria del “diritto all’oblio” di tanti singoli non aprirebbe sentieri di

    un “diritto di oblio di gruppo”, magari verso sottili revisionismi? Arduo suggerire qualcosa. Forse due

    riflessioni. La prima: il richiedente dichiara, si è letto, di essersi affermato malgrado il suo passato. Ciò

    significa che la società gli ha dato opportunità e mezzi perché questo avvenisse, senza l’oblio che

    pretende! Non è la dimostrazione che tutto si inquadra nella “coscienza collettiva” con la saggezza del

    tempo? Perché non fare della sua esperienza un “valore aggiunto” che contribuisca alla crescita del

    convivere sociale? Che forza pedagogica se rivendicasse: a ciascuno, come a me, è sempre data la

    possibilità di superare ogni passato, qualsiasi esso sia! La seconda: pensi ai tanti Caduti per la legalità,

    la verità, la giustizia e la democrazia di questo Paese che non potranno mai reclamare alcun “diritto

    all’oblio”. Né lo potranno le vedove e i figli, per cui più che ogni altrui pretesa di oblio vale

    l’esortazione per tutti, magari senza maledizione, di Primo Levi: “meditate, che questo è stato”.

    www.enniodifrancesco.it

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    Ambiente "La pioggia era venuta, la pioggia era andata via; ed il sole era risalito sul trono come un

    re assoluto che, allontanato per una settimana dalle barricate dei sudditi, ritorna a regnare iracondo ma raffrenato da carte costituzionali. Il calore ristorava senza ardere, la luce era

    autoritaria ma lasciava sopravvivere i colori, e dalla terra rispuntavano trifogli e mentucce cautelose, sui volti diffidenti speranze"

    (Il gattopardo - Giuseppe Tomasi di Lampedusa)

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    ABRUZZO ONLUS

    Legambiente sul “Patto per il Territorio” proposto dal Comune di Vasto:

    «Iniziativa positiva per costruire un’alleanza per il cambiamento. Ora serve approfondire il confronto per dare assieme contenuti al Patto»

    Legambiente esprime apprezzamento sul primo incontro organizzato dal Comune di Vasto per la costituzione di un “Patto per il Territorio”, che vede il mondo dell’associazionismo, ambientale ed industriale, concorrere ad un’azione comune verso un programma di sostenibilità, capace di valorizzare e rispettare i caratteri e le risorse del territorio come la riserva naturale di Punta Aderci e l’area industriale di Punta Penna. Si tratta di un passaggio importante da affrontare con grande responsabilità, soprattutto rispetto a grandi questioni aperte ed al centro del dibattito pubblico, quali le industrie insalubri, la qualità dell’aria, il ruolo strategico del porto di Vasto e l’istituzione del parco della Costa Teatina.

    «È arrivato il momento di lavorare tutti insieme, imprese, cittadini e politica, per rendere sostenibile la produzione industriale e migliorare il bilancio ambientale dell’area di Punta Penna – dichiara Fausta Nucciarone, presidente di Legambiente Vasto – A sentire gli intervenuti, sembra maturata la convinzione di superare la contrapposizione tra il mondo produttivo ed il mondo ambientalista, cercando un percorso comune capace di tenere assieme i valori del territorio con le politiche di riqualificazione dei processi produttivi».

    Legambiente rivolge un particolare plauso al presidente della Confindustria di Chieti Paolo Primavera che, nel rivendicare il rispetto e la certezza delle regole e nel dare anche la disponibilità a contribuire fattivamente al monitoraggio della qualità dell’aria, ha posto particolare risalto alle opportunità della green economy in un momento di particolare difficoltà del sistema Paese.

    «L’industria dovrebbe investire sempre più in ricerca e sviluppo, in innovazione tecnologica di processo e di prodotto – dichiara Luzio Nelli, membro della segreteria regionale di Legambiente – non solo per ridurre gli impatti ambientali delle sue lavorazioni, ma anche per garantirsi quel valore aggiunto necessario per competere in un mercato globalizzato e che i paesi con economie emergenti non sono ancora in grado di avere».

    L’obiettivo di coniugare le opportunità rappresentate dalla sfida ambientale con l’innovazione tecnologica, la legalità, la responsabilità sociale d’impresa, è alla base dell’azione di Legambiente che, nei prossimi giorni, farà pervenire sul tavolo del Sindaco alcune proposte, a partire dal coinvolgimento delle organizzazioni sindacali, in quanto la riconversione ecologica dell’economia costituisce anche un’importante opportunità di lavoro e di nuova occupazione.

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    ABRUZZO ONLUS

    Legambiente su Fater a Pescara:

    «Buone le politiche di sostenibilità dell’azienda, criticità nella provenienza delle biomasse per l’alimentazione della centrale».

    Necessario sviluppare la filiera locale e puntare sul recupero degli oli vegetali esausti.

    Pescara, 05 febbraio 2012 – Nell’apprezzare le politiche di sostenibilità aziendali adottate nel tempo dalla Fater, Legambiente Abruzzo apporta alcune osservazioni sulla centrale a biomasse che l’azienda sta realizzando nello stabilimento di via Raiale a Pescara. «Dalla documentazione esaminata – spiega Angelo Di Matteo, presidente di Legambiente Abruzzo – emerge, al contrario delle tante richieste avanzate in Abruzzo, che la centrale non ha finalità prettamente speculative, bensì è finalizzata all’autoconsumo con l’obiettivo di perseguire un migliore efficientamento energetico, una ulteriore riduzione delle emissioni e l’affrancamento dalle fonti fossili». «Se da un lato leggiamo in positivo il bilancio ambientale – continua Angelo Di Matteo – dall’altro però non possiamo non evidenziare la criticità nell’approvvigionamento della biomassa ad olio vegetale importata da paesi africani e non proveniente quindi da una filiera corta o dal recupero degli olii vegetali esausti. L’azienda, in attesa di veder migliorato il contesto degli approvvigionamenti, deve impegnarsi a rispettare le indicazioni della Commissione Europea sui biocombustibili: come ciclo di vita è previsto un risparmio di gas ad effetto serra, rispetto ai combustibili fossili, del 35% al 2014, al 50% al 2017 e al 60% nel 2018». La documentazione tecnica prodotta dalla Fater evidenzia, nell’insieme, una riduzione consistente della produzione di gas ad effetto serra che, associata all’ottimizzazione del processo produttivo, all’efficientamento energetico ed al sistema di cogenerazione, migliorerà ulteriormente il bilancio ambientale anche su scala locale con una riduzione di circa il 15% delle emissioni. «Da questo punto di vista – aggiunge Angelo Di Matteo – la centrale rafforzerebbe la sostenibilità ambientale dell’azienda, che ha già ridotto la quantità dei rifiuti, ha avviato a recupero il totale dei rifiuti industriali prodotti, ha diminuito il consumo delle fonti fossili e di energia elettrica, ha ridotto le emissioni di CO2 in atmosfera ed ha adottato una attenta riorganizzazione dei trasporti delle merci e delle persone». La questione della centrale Fater ha però alimentato ulteriormente la discussione sulla difficile situazione della qualità dell’aria in Val Pescara che, come descritta anche nel dossier Mal’Aria presentato da Legambiente a gennaio, pone l’area metropolitana di Pescara-Spoltore a metà strada tra il livelli di inquinamento riscontarti a Milano e a Torino. «Il problema sollevato sulle emissioni della centrale a biomasse della Fater è importante e non va sottovalutato – conclude Angelo Di Matteo – ma rischia di essere fuorviante rispetto al contesto, in quanto il Piano sulla Qualità dell’Aria approvato nel 2007 dalla Regione Abruzzo che vieta alle aziende in Val Pescara di aumentare le emissioni in atmosfera, attribuisce le cause dell’inquinamento per circa l’88% al traffico veicolare e per circa il 7% alle attività industriali». La Regione ed il Comune devono attivarsi con politiche concrete per fronteggiare nel suo complesso il grave problema dell’inquinamento atmosferico più in generale, prestando particolare attenzione alle polveri sottili che soprattutto in quell’area costituiscono un grave rischio per la salute dei cittadini.

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    Un libro è per sempre!

    Sorridi anche se il tuo sorriso è triste, perchè più triste di un sorriso triste c'è la tristezza di non saper sorridere.

    (Jim Morrison)

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    Intervento di Bartolo Ciccardini alla presentazione del libro:

    “Quando si faceva la Costituzione” di Telemaco Portoghesi Tuzi e di Grazia Tuzi

    (1 Febbraio 2012 all’Istituto Sturzo - Roma)

    1) Questo libro è un diario quasi quotidiano di un evento straordinario. Nel 1945-’46 attorno alla Chiesa Nuova si formò un piccolo villaggio di immigrati. Il nucleo era bresciano, come erano in gran parte bresciani i padri della Chiesa Nuova, originari dell’Oratorio di Brescia, caro a Giovan Battista Montini. Una partigiana bresciana trovò ospitalità nella casa delle Signorine Portoghesi, si portò con sé una parlamentare di Genova e un gruppo di giovani deputati provenienti dall’Università Cattolica, dove avevano costituito, da alcuni anni, un gruppo per studiare i problemi di quella ora tragica. Questo piccolo gruppo si sistemò in un appartamento del primo piano, che poi diventò una sorta di noviziato e di punto di incontro per la generazione successiva. Nella stessa via i padri dell’oratorio avevano aperto una mensa che era frequentata dai dirigenti della Fuci e da un gruppo di studenti dalla promettente carriera accademica. Il libro di Telmo e di Maria Grazia Tuzi è un libro importante. Infatti, registrando il diario della vita che si svolgeva in una casa ospitale della vecchia Roma, ci restituisce l’atmosfera di un momento storico della nostra vita politica e non solo. Ci restituisce una temperatura, un modo di sentire la cultura e la politica, su cui è giusto soffermarsi. Alcuni di questi personaggi sono persone consacrate, che avevano preso i voti religiosi, ma che non appartenevano a congregazioni organizzate, bensì a piccoli gruppi di spiritualità. Questo cenacolo aveva la qualità di essere aperto, di coinvolgere altre persone. Si sviluppa attorno a questo gruppo l’incontro di culture diverse, di uomini che avevano fatto altri percorsi ed avevano in comune una “cultura della crisi”, che era il punto più alto del pensiero occidentale negli anni ’30. Queste personalità, costrette a stare assieme dalle condizioni ambientali di una Roma uscita dalla guerra, si comportarono con reazioni diverse. Fanfani fu eminentemente politico e la sua attitudine a programmare e a realizzare programmi lo portò presto a dissentire dalle grandi teorie. Lazzati ebbe un percorso più spirituale in cui la coscienza della crisi determinò la scelta di dedicarsi alla cultura ed alla università cattolica. La Pira trovò il modo di esprimersi nella vita di una comunità: fu sindaco di Firenze e fece di Firenze il centro del mondo che colloquiava di pace e di guerra con tutte le potenze. Erano modi diversi per affrontare la “coscienza della crisi”.

    2) Ma colui che attirò energie e pensieri, che li fece dialogare con libertà e responsabilità, fu Dossetti. Il contributo di Dossetti si manifestò in diversi momenti ed in diversi modi: prima nella redazione della Costituzione, poi nella formazione di un collegamento fra gruppi diversi che avevano la “coscienza della crisi”, poi nell’episodio straordinario di Bologna, infine nel Concilio e, per ultimo, nel suo drammatico appello alla difesa della Costituzione. L’Italia usciva distrutta dall’avventura fascista, in una situazione disperata, avendo superato la prova di una guerra civile, nella quale si erano trovati coinvolti tutti e dove erano state ripensate le fondamenta della convivenza civile in un nuovo “risorgimento” che non riguardava solo l’Italia ma tutta la società umana. Il diritto internazionale, l’equilibrio delle potenze e degli interessi che avevano fondato gli imperi coloniali, erano saltati nella tragedia della guerra totale. La fame di giustizia e l’aspirazione alla pace chiedevano un nuovo modo di pensare la società umana. Qui si formò l’idea che l’Italia potesse avere un compito nell’ideazione di un mondo nuovo. Non solo per la sua vocazione nazionale, ma per la sua universalità, che le derivava dalla presenza della sede romana della Chiesa cattolica, e per un’aspirazione alla giustizia che si manifestava in maniera quasi religiosa nel più forte partito comunista dell’Occidente. Felice Balbo formulò questa idea del “cronotopo”, che chiamava così in maniera filosofica, ossia un’occasione di luogo e di tempo in cui si manifestano il pensiero e la possibilità per fare un salto in avanti. Qualcosa del genere era avvenuto nella Costituzione, dove si potettero fondere in un progetto di una società, i principi universali del cattolicesimo sociale e i principi di giustizia della cultura e della tradizione

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    socialista. Dossetti, partendo da una sua preparazione tecnica al diritto canonico e reinterpretando i valori che aveva vissuto nella Resistenza, di cui era stato un capo “disarmato”, fu uno degli artefici più accorti nella costruzione di questo edificio. La Costituzione non è stata soltanto una costruzione giuridica ma è stata soprattutto l’esplorazione di un programma di convivenza fra mondi diversi. Per una stranezza della storia, l’Italia che era uscita dalla tragedia della guerra si era trovata di nuovo divisa: quelli che insieme avevano combattuto con la speranza di rinnovare il mondo, si trovarono contrapposti nella gestione dell’esistente. Un Paese che aveva avuto un’Unità difficile e che aveva perso il significato della sua identità, si trovò diviso fra due mondi: il nostro muro di Berlino correva in ogni città, in ogni paese, in ogni famiglia. Pure le due forze che si contendevano la scelta del Paese, fra occidente ed oriente, salvaguardarono l’unità contrapponendosi, come avviene nell’arco degli etruschi. Subito dopo la Costituzione, Dossetti si poneva il problema di un rinnovamento profondo dello Stato democratico, che fosse per la sua novità capace di coinvolgere anche gli oppositori. Era questa la ragione della sua opposizione al Patto Atlantico, al congelamento delle ragioni di una divisione radicale. Ma presto si rese conto che la DC impegnata nella difficile gestione del contingente, non avrebbe potuto svolgere questo compito. Pensò di trovare un’altra strada da percorrere attraverso il rinnovamento della vita cattolica come presupposto di una grande “renovatio imperii”.

    3) Mentre Dossetti segue il suo percorso avviene un fatto nuovo e contraddittorio. Il Cardinale Lercaro gli chiede di presentarsi candidato a Bologna. Ricordo questo episodio perché segna una svolta nel comportamento di Dossetti. Dossetti si presenta in modo nuovo, da cattolico indipendente non facente parte del partito, chiede di essere confermato con un suo programma da un’elezione primaria. Propone un programma con una concezione tutta nuova del Comune. Il partito comunista non capisce la novità di questa proposta e reagisce in modo inadeguato. Togliatti, che pur aveva avuto una certa attitudine nel proporre un diverso rapporto fra comunisti e cattolici, attacca Dossetti secondo il vecchio schema della prevaricazione temporalistica e clericale. Dozza risponde in modo rozzo al concetto di austerità che Dossetti aveva in qualche modo registrato. Io ho assistito alla reazione di Dossetti, che fu molto dura, ed alla crisi che egli stesso ebbe, perchè temeva di essere stato distruttivo nei confronti di un rapporto che egli voleva mantenere in termini creativi. Ma per il momento qualcosa si ruppe. Ci volle del tempo perché si recuperasse la stima e la fiducia dei comunisti per la proposta di Dossetti. Ma ormai Dossetti seguiva la sua strada e si dedicava, assieme al Cardinal Lercaro, alla grande impresa di rinnovamento dello spirito ecclesiale nel Concilio. L’appartamento di Via della Chiesa Nuova 14 divenne il luogo dove si concertarono strategie e contenuti che troveranno una larga eco nel mondo cattolico.

    4) De Gasperi, impegnato nella sua impresa di salvare il Paese da una sciagura incombente, non era in grado di apprezzare o capire la forte tensione della cultura della crisi che animava questi gruppi. Anche lui si trovò, diffidente, in una cena della comunità. Ammirava Dossetti, ma non lo capiva. Scrive Pombeni: “De Gasperi in una sua nota privata del 1950 definì la “mentalità dossettiana” come “munita di allucinazioni e presunte divinazioni suggestive, oltre che di un calore di sentimento e di una abilità di espressione e di manovra non comune, di fronte alla quale mancano nella direzione del Partito e dei Gruppi, uomini forti e altrettanto suggestivi”. Le allucinazioni e le presunte divinazioni suggestive altro non erano che la punta di iceberg della “cultura della crisi”, che era maturata anche nel mondo cattolico, per la esperienza tragica della ferocia dei totalitarismi, della guerra totale, della scioà e dell’uso della bomba atomica. Questo giudizio duro non impedirà a De Gasperi di consegnare il Partito ai superstiti dell’esperienza dossettiana, traghettati da Mariano Rumor, sotto l’accigliata leadership di Fanfani. Paolo Prodi nella prefazione analizza questa caratteristica dell’incontro nella “cultura della crisi”, sia con il contributo di Felice Balbo e poi con quello di Augusto Del Noce, così ben narrato dal libro di Beppe Chiarante, e scrive: “Nonostante i richiami di continuità che Dossetti fa rispetto alla sua esperienza politica e spirituale e alle sue diagnosi date sulla crisi, mi sembra che la novità del suo pensiero sia proprio quella del giudizio di catastroficità della situazione mondiale, che si traduceva in un giudizio sulla criticità del

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    5) Il libro di Telmo Tuzi fa emergere, dalla cronaca quotidiana, dei giudizi che sono importanti per definire la personalità dei protagonisti. Prezioso è il giudizio di La Pira su Dossetti riportato da Fioretta Mazzei: “E che dolore fu più tardi quando Dossetti lasciò la politica! La Pira se ne consolò molto male, ci tornò su molte volte; si rasserenò soltanto quando, già prete, il Cardinal Lercaro ne fece il suo primo aiuto, quando partecipò al Concilio e quando La Pira, in cuor suo, incominciò a pensare che in fin dei conti un giorno avrebbe anche potuto essere Papa!”. La Pira dice: “Perché Dossetti è un politico, la sua missione è di politico, cioè uno con una visione universale con un compito di guida, ovunque sia non può venire meno a questa vocazione”. Ed il giudizio illuminante di Dossetti su Lazzati: “Certo Lazzati non si faceva illusioni, nei suoi ultimi anni, su ciò che si stava preparando per la cristianità italiana. Chi ha potuto avvicinarlo allora, avvertiva che la coscienza esprimeva un giudizio duro, lucido su ciò che stava accadendo per il nostro Paese, appunto quello a cui stiamo assistendo ora dopo le ultime elezioni: non tanto lo sbandamento elettorale dei cattolici, ma le sue cause profonde, oltre agli scandali finanziari ed oltre le collusioni fra mafia e potere politico, soprattutto l’incapacità di “pensare politicamente”, la mancanza di grandi punti di riferimento e l’esaurimento intrinseco di tutta una cultura politica e di un’etica conseguente”. Quando Dossetti decide di uscire ancora una volta fuori dal suo eremo per chiamare e dare l’allarme in difesa della Costituzione, si giustifica con un importante richiamo alla storia della prima Chiesa: “Se posso fare un paragone, certo sproporzionato, penserei all’esempio degli antichi Padri del deserto che ritornavano in città in occasioni di epidemie, di invasioni o di altre calamità pubbliche”. L’importante studio di Santo Mazzarino (“Il basso impero. Antico, tardoantico ed era costantiniana”) ci spiega questo compito non abbastanza conosciuto dei Padri del deserto. Nelle grandi metropoli medio-orientali dell’impero bizantino, quando si era esaurita la vitalità dell’impero e quando le grandi città occidentali erano già state disperse dalle invasioni barbariche, l’amministrazione della giustizia e l’arbitrato fra i grandi interessi era esercitato da un notabile. Erano i primi sintomi del feudalesimo, della polverizzazione del potere statale in piccoli poteri personali. In caso di grandi pericoli sociali, gli interessi organizzati delle metropoli chiamavano ed eleggevano arbitro della giustizia e dei conflitti cittadini un Padre del deserto. Simeone lo Stilita né è l’esempio più pittoresco: governava Antiochia, mantenendo una separazione dalla vita comune della città, isolato nella sua colonna, che era la continuazione del suo rifugio nel deserto. È interessante che Giuseppe Dossetti, che incomincia il suo nuovo cammino di monaco del deserto a Gerico, ricorra a questo esempio storico poco conosciuto per spiegare la sua uscita dall’eremo per difendere la Costituzione Italiana. Del resto, La Pira, quando dirigeva le preghiere comunitarie nella sua piccola chiesa fiorentina, invitava a dire un Ave Maria per Dossetti: “Perché è un uomo singolare”. È limitativo interpretare questo appello come una difesa della Costituzione scritta. C’è anche questo, ma di fronte al tentativo di abolire la democrazia partecipata che ci è stato nei primi anni del secolo, c’è soprattutto un modo di intendere “la cultura della crisi” che si ripropone.

    6) La vittoria del capitalismo e la successiva globalizzazione dei mercati ha portato alla possibilità che i grandi capitali accumulati nel mondo finanziario imponessero una sorta di vassallaggio alle economie basate sul lavoro. Questa mentalità di nuovi corsari che, moltiplicando con la finanza creativa la forza di impatto del loro capitale impongono una forma nuova e potentissima di usura sulla economia dei popoli e sul lavoro delle popolazioni, altro non è che un’edizione forte e nuova della guerra. Una guerra mondiale, dei ricchi contro i poveri, dell’usura contro il lavoro. È la manifestazione ultima della crisi mondiale che molti ritenevano superata. È a questo che si riferisce Dossetti quando parla di difesa dei valori della Costituzione ricordando che la Costituzione fu un documento, forse unico, per organizzare una società che voleva liberarsi dalla guerra e dal dominio. La coscienza di un’intesa fra tradizioni diverse per aprire uno spazio di “coscienza della crisi” rimaneva un punto di riferimento per affrontare la nuova crisi mondiale che si stava preparando. Ho voluto a grandi linee tratteggiare la profondità dei temi che stanno nello sfondo di questo libro, che non ha l’ambizione di dare ad essi una soluzione, ma che, attraverso la cronaca quotidiana, la descrizione dei sentimenti, delle vocazioni personali, ci descrive l’atmosfera e la temperatura di un momento molto particolare. Questa atmosfera e questa temperatura è un’assoluta novità, anche per coloro che l’hanno

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    vissuta e la ricordano. Un estraneo potrebbe immaginare la disciplina di un ordine religioso o la regola di un’impresa di volontari o l’atteggiamento quasi militare di un’aristocrazia dedicata ad una milizia. Niente di tutto questo, ma solo la dolce e allegra convivialità di persone comuni, lietamente felici di stare insieme. La “ospitalità” della Signorina Laura, “l’accoglienza” intesa nel senso antico delle opere di misericordia, è piena di valori profondi, che il libro ci restituisce. Ora che le nubi della grande crisi, che ritenevamo allontanata, si stanno assiepando all’orizzonte di un mondo attanagliato da nuove oppressioni e da nuove ingiustizie, non sentiamo attorno a noi, in special modo fra i cristiani, quella sete di giustizia e quella sofferenza per il pericolo che vi era allora e che gli autori ci hanno restituito in questo libro. E di questo li ringraziamo. Bartolo Ciccardini

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    Lunedì 13 febbraio, alle ore 17.30, presso la Sala Figlia di Jorio del Palazzo della Provincia, si terrà un dibattito di

    studio sul volume di Elena Aga Rossi e Maria Teresa Giusti,

    "Una guerra a parte. I militari italiani nei Balcani, 1940-1945",

    Bologna, il Mulino, 2011

    Riprendono i "Dia-Loghi" organizzati dalla Biblioteca Provinciale e promossi dall'Assessorato alla Cultura e Biblioteca della Provincia di Pescara. Lunedì 13 febbraio, alle ore 17.30, presso la Sala Figlia di Jorio del Palazzo della Provincia, si terrà un dibattito di studio sul volume di Elena Aga Rossi e Maria Teresa Giusti, "Una guerra a parte. I militari italiani nei Balcani, 1940-1945", Bologna, il Mulino, 2011 con i saluti di: Fabrizio Rapposelli (Vicepresidente Provincia di Pescara e Assessore alla Cultura e Biblioteca) e Ezio Sciarra (Università degli studi “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara); e gli interventi di: Gaetano Quagliariello (storico, Senatore della Repubblica, Vicepresidente PdL) Stefano Trinchese (storico, Preside della Facoltà di Lettere, Università degli studi “G. D’Annunzio” di Chieti) Francesco Mancini (studioso di storia) Modera: Enzo Fimiani (Biblioteca Provinciale) Saranno presenti le Autrici. Si tratta di un "Dialogo" d'eccezione. Lo è per lo spessore dei partecipanti (per esempio Elena Aga Rossi, autrice tra gli altri di fondamentali studi sull'Italia dell'8 settembre 1943, è storica di fama europea). Lo è per il tema del libro: siamo infatti davanti ad un evento editoriale nel campo della storia contemporanea, visto che è la prima ricerca complessiva sull'intera parabola degli italiani nei Balcani: l'occupazione, la lotta ai partigiani, la crisi dell'otto settembre fra rimpatri caotici, cattura da parte dei tedeschi, collaborazionismo o resistenza (come nel caso di Cefalonia), adesione alla lotta partigiana jugoslava, prigionia e difficili rientri in patria. Biblioteca Provinciale "G.D'Annunzio" Via del Concilio, 2 65121 Pescara 085 3724277-275 mailto: [email protected]

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