L’opera è esposta nel museo di Arte Contemporanea a Tirana...
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L’opera è esposta nel museo di Arte Contemporanea a Tirana e copie
sono esposte nella Sala Consiliare del Governo di Tirana e presso
l’Accademia delle Belle Arti di Bonn, dove viene preso a modello per
i giovani artisti accanto a “La libertà nelle barricate” del grande
pittore francese De La Croix. E’ un momento di grandi consensi che
producono a Ceno riconoscimenti e premi di prestigio. Nel 1983
riceve il riconoscimento più prestigioso conferito ad un artista
nazionale, il premio “Naim Frasheri” (intitolato alla memoria di un
grande poeta albanese). L’importante riconoscimento gli viene
riconferito sette anni più tardi, nel 1990.
In questi anni inizia anche il suo viaggio esistenziale oltre i confini
della madrepatria.
Giunto in Italia, dopo un breve periodo trascorso a Milano nel 1990,
decide di stabilirsi a San Demetrio Corone, in Calabria, dove da
cinquecento anni fiorisce una comunità albanofona. In questo periodo
realizza alcuni dipinti di grandi dimensioni destinati ad abbellire la
sala consiliare di questa cittadina. Dal prof. Vincenzo Minisci,sindaco
di San Giorgio Albanese , riceve nel 1991 l’incarico di realizzare i
dipinti che oggi abbelliscono la sede del Consiglio Comunale della
nostra cittadina, incarico che conclude nel 1998 . Le tele , come
abbiamo visto , sono una rappresentazione simbolica tra l’Albania ,
terra patria della comunità arbëreshë e l’Italia terra per loro ospitale.
I dipinti che si trovano nella Sala Consiliare del Comune di San
Giorgio Albanese sono una vera e propria chicca e rappresentano ,
nel loro insieme , quella che fu la diaspora degli arbëreshë nel
nostro piccolo centro, rappresentandone anche quelle che furono le
pagine di storia più significative. In questo nostro breve excursus
vogliamo illustrare il significato che ognuno di questi dipinti
nasconde e quello che rappresenta per la nostra comunità.
Vogliamo seguire , in questo nostro viaggio immaginario , il
percorso che l’autore ha voluto dare alla sua opera e per questo il
primo dipinto che ci viene incontro rappresenta un vecchio
cantastorie delle montagne
albanesi il quale , suonando
lo strumento tradizionale
albanese la LAUTA ,canta
storie e leggende della sua
terra. La montagna per gli
albanesi esprime un elemento
importante poiché oltre a
costituire la prevalente
caratteristica geofisica del
paese , esprime un valore
culturale legato alla
concezione della stessa ( montagna) quale luogo di rifugio e di difesa
dalle continue invasioni turche .
Il secondo dipinto , rappresenta l’Albania prima delle invasioni
turche, mostrando un caratteristico angolo di un paese agricolo-
pastorale , in cui è raffigurata una fortezza con i soldati di guardia, i
ragazzi che giocano ed un pastore con le pecore. La fortezza
rappresenta il baluardo posto in difesa del popolo albanese, alle mire
espansionistiche turche.
Siamo giunti alla fine del nostro viaggio
percorrendo un viaggio iniziato dalle
coste dell’Albania nel 1400 e terminato
nei giorni nostri a San Giorgio
Albanese. A questo punto sentiamo
l’obbligo di parlare dell’autore Petrit
Ceno è nato a Vlore (Albania) nel 1937. Dopo aver frequentato il
Liceo Artistico a Tirana, sotto la guida dei prestigiosi maestri Buza,
Kaceli, Pacio, e Kodheli, ha seguito un corso triennale di
specializzazione in pittura e diventato professore presso la scuola
d'arte di Vlore. Numerose le mostre allestite nel suo Paese. Ha
partecipato nel 1962, giovanissimo, all’esposizione Nazionale di
Tirana con l’opera “Battaglia di Torviollo”, un’opera di notevole
suggestione finita esposta presso il museo “Skanderbeg” a Kruja,
museo dedicato all’eroe albanese Giorgio Castriota “Scanderbeg”.
Dieci anni più tardi avviene la consacrazione definitiva
nell’entourage artistico del suo Paese. Nel 1974 una delle sue opere
più celebri, raccogliendo il consenso e il giudizio positivo della
critica, vince a Tirana il primo premio nell’ Esposizione Nazionale
di Arte figurativa. Il dipinto, intitolato “28 Novembre 1912” (olio
su tela, m. 3x4) è una complessa raffigurazione che celebra la
giornata dell’indipendenza albanese dal dominio turco, uno dei
momenti più importanti di questa giovane Nazione.
candela , raffigurata , ( che fa parte , e ritorna come motivo
dominante delle sue poesie ) vuole significare che fuori dall’Albania
ci si consuma come una candela.
Il quadro che abbiamo lasciato per ultimo , ma che sarebbe potuto
benissimo essere il primo , rappresenta il nostro Santo Protettore San
Giorgio Megalomartire che uccide il drago per liberare la vergine che
si trova lì incatenata.
E’ la guerra tra il bene ed il male:
Male che il nostro San Giorgio
sconfigge uccidendo il drago e
liberando la fanciulla , che rappresenta
la Chiesa, allora come oggi , in balia
delle onde e che solo la fede può far
risorgere e risplendere.
Quella Fede che il Nostro Santo
Protettore ha difeso a costo della sua
vita e ci spinge a fare lo stesso ed a noi
non resta che raccogliere il suo
esempio.
Il terzo quadro , raffigura una leggenda albanese che si raccontava
dalle nostre parti, ed ancora oggi gli anziani raccontano : << è la
leggenda di Costantino e Yurentina >>.
Tale leggenda narra di una famiglia principesca albanese, composta
dalla madre e da otto figli di cui una ragazza , Yurentina. Un giorno
, da molto lontano , arrivò per lei una richiesta di matrimonio ma la
mamma , con il timore di invecchiare da sola senza la figlia, si
opponeva alle nozze.
Costantino il figlio più piccolo , per tranquillizzarla , le disse di non
preoccuparsi , perché nel momento in cui avesse avuto bisogno della
figlia , lui sarebbe andato a riprenderla riportandola da lei. In seguito
alle continue guerre , che affliggevamo l’Albania , i fratelli di
Yurentina morirono tutti così la madre rimasta sola , recatasi sulla
tomba del figlio Costantino , piangendo e lamentandosi gli diceva <<
Figlio mio !! dov’è la parola, la promessa , che mi hai dato ? dov’è
, sotto terra ? >>
Il quarto quadro , di questa prima parte , ci da la risposta che la
madre si aspettava .Quella stessa
notte, si scoperchia la tomba, e da
essa , esce Costantino che in
groppa al suo cavallo va a prendere
la sorella e la riporta dalla mamma.
Questa leggenda illustra uno dei
valori caratteristici degli albanesi :
la Besa , ovvero il mantenere fede
alla parola data , ed in questo caso ,
si dimostra che anche dopo la
morte bisogna mantenere fede alla
parola data.
e dei richiami che si scambiavano tra di loro.
Siamo quasi arrivati alla fine del nostro cammino. Eravamo partiti
dall’ingresso e dopo aver percorso l’intera Sala Consiliari ci
ritroviamo allo stesso punto dal quale avevamo iniziato il nostro
viaggio e sulla porta d’ingresso scorgiamo gli ultimi due quadri per
concludere la nostra visita in questo meraviglioso e direi unico
viaggio attraverso la storia delle nostre due comunità. In questa tela
, posta proprio sulla porta d’ingresso , possiamo ammirare la figura
del più celebre e senza dubbio il più grande poeta ,in assoluto ,
della letteratura albanese , si tratta di Nain Frasheri, che si è
voluto rappresentare qui perché anche lui era un esule e la
si spandeva per la Gjitonia facendo inebriare , prima del tempo,
giovani e vecchi che già pregustavano quello che , fra qualche mese ,
sarebbe diventato vino che avrebbe asciugato il sudore delle loro
fronti , durante i lavori dei campi ed allietato le loro serate , quando
davanti al fuoco la Famiglia si riuniva ed il nonno raccontava storie di
antichi guerrieri e belle principesse e tutt’intorno in religioso silenzio
ascoltavano.
Con l’arrivo dell’autunno iniziava il periodo più duro per i braccianti
e le loro famiglie quello della raccolta delle olive, che si protraeva
fino a marzo inoltrato. in questo dipinto vediamo uomini e donne che
raccolgono le olive, scene come queste oggi si vedono di rado ma nei
decenni scorsi erano comuni e le campagne risuonavano del canto
All’interno di questa autentica storia della diaspora albanese nelle
coste italiane, che l’autore ha
voluto raffigurare in queste tele,
si trovano sulla parete di sinistra
, per chi entra una serie di tele
che rappresentano alcuni dei
personaggi più importanti della
cultura Arbëreshë. il primo
personaggio che incontriamo è
un poeta di San Giorgio
Albanese, Don Giulio
Varibobba , vissuto tra il 1724
ed il 1788. È certamente uno dei
più significativi autori proprio
perché fu il primo a scrivere in
albanese. La sua attività
letteraria fu proficua ed i suoi scritti vengono ancor oggi cantati e
recitati nelle chiese di tutta la nostra diocesi. La sua opera più
importante è certamente Gjella e Shë Mërisë Virgjër.Don Giulio
Varibobba, non fu soltanto un letterato ma era anche un fautore
dell’introduzione del rito latino nella chiesa sangiorgese e per
questo subì diverse tribolazioni e venne esiliato a Roma dove rese
l’anima al signore nel 1788.
Il Varibobba era un prete di rito greco e come tale poteva contrarre
matrimonio, la madre del poeta , che come tutte le madri, voleva
vedere il proprio figlio con una sua famiglia insisteva che egli si
sposasse al più presto cos’ , dopo lunga insistenza il poeta , che si
trovava a Napoli , scrisse alla madre che stava tornando e portava con
sé la propria fidanzata. La madre , al colmo della gioia , attendeva il
figlio e la sua fidanzata con tutti gli onori , preparando per
quest’ultima come si usava e si usa ancora, l’anello per il
fidanzamento. Ma al momento dell’arrivo del figlio ebbe una grande
sorpresa , poiché il Varibobba non recava con sé una donna , bensì
una statua della Madonna del
Rosario , che ancora oggi è
conservata nella Chiesa di San
Giorgio Albanese.
Il secondo dipinto , di questa
serie , raffigura uno dei più
importanti poeti lirici Arbëreshë ,
i tratta di Giuseppe Serembe,
nato a San Cosmo Albanese
(Strighari). La sua fu una vita
molto travagliata e questo suo
travaglio viene poi trasformato in
versi e le sue liriche ed i suoi
In questo dipinto vi è rappresentato il
momento della mietitura del grano. Una volta
che la spiga raggiunge la doratura perfetta ,
con la falce si facevano i covoni per poi essere
, sempre con l’aiuto del bue , trasformati in
grano. Il tutto avveniva in un momento di
festa e di gioia perché il generoso raccolto
garantiva cibo e prosperità per tutta la
famiglia.
Un altro dei momenti più attesi era quello
della Vendemmia . In un clima di festa ,
allietata da canti e balli si raccoglieva l’uva ,
che veniva poi pigiata nei capienti tini di una
volta da ragazzi e ragazze scalze e mentre l’aspro odore del mosto
Questo quadro rappresenta un vicolo del nostro
paese : una ragazza in costume tradizionale
arbëreshë , mette in risalto la ricchezza e la
preziosità dei nostri abiti . Abiti che ancora oggi ci
vengono invidiati per la loro foggia , per i loro
merletti e ricami per lo più intagliati in oro
zecchino. Ci sono poi una serie di quadri che
vogliono rappresentare i momenti salienti della vita
lavorativa della nostra gente nei campi.
Questo dipinto
rappresenta il
momento più
importante
nella
coltivazione
dei campi :
l’aratura, che
veniva
effettuata
manualmente con l’aratro al giogo del bue. Una scena che i meno giovani
ricordano di aver visto accompagnando i loro genitori nei campi.
scritti sono imbevuti di tutti i conflitti presenti nel suo animo. Nel
quadro , oltre al suo ritratto , il pittore ha voluto inserire figure ed
alcuni versi delle sue poesie più significative.
A concludere questa carrellata dedicata ai personaggi più
significativi della storia letteraria delle comunità arbëreshë del
circondario , l’ultimo quadro , rappresenta quello che
comunemente viene
considerato il più grande
poeta della cultura Arbëreshë
Gerolamo De Rada nato,
nella frazione di Macchia
Albanese del comune di San
Demetrio Corone, il 29
novembre del 1814, viene
ricordato soprattutto per la sua
opera maggiore ovvero :
Canti di Milosao , figlio del
Despota di Scutari. Nel
dipinto lo scrittore appare
circondato dalle sue opere e su un cartello vi è scritto : << è giunto
il dì degli albanesi>> . Il De Rada viene considerato , anche per il
suo impegno politico nella questione , una specie di percussore
dell’indipendenza del popolo albanese dal dominio turco.
A questo punto della sala si
trovano una serie di dipinti che
ricordano l’eroe nazionale
albanese quel Giorgio
Castriota Skanderbeg , che è
presente in tutta la tradizione
degli arbëreshë d’Italia.La
prima di queste tele rappresenta
il rapimento , da parte dei turchi
, di Giorgio Castriota che viene
preso in ostaggio e portato alla
corte del sultano, dove prende il
nome di Iskander , Alessandro ,
ed il titolo di Bej , da qui Iskanderbej o Skanderbeg . In quel periodo
era consuetudine che i turchi prelevavano i figli delle principali
famiglie arbëreshë con il pretesto di educarli ma il vero scopo era
quello di trattenere questi giovani come ostaggi ed impedire quindi al
popolo albanese di ribellarsi al loro dominio.
Skanderbeg , prelevato all’età di dodici anni , cresce alla corte turca
diventando uno dei più importanti generali di questo esercito.
In sintesi è una raffigurazione della nostra comunità e della sua
partecipazione a questa cultura arbëreshë ed alle sue tradizioni.
Cultura e Tradizioni che ancora oggi ci contraddistinguono e ci
rendono unici e diversi dalle altre comunità.
Andando avanti nel nostro cammino troviamo questo dipinto dove
l’autore vuole plasticamente rappresentare i due popoli che si
incontrano e creano qualcosa di nuovo ma tenendo ben salde le loro
radici.
Gli Arbëreshë hanno partecipato in modo cospicuo al Risorgimento
Italiano , e fra questi molti erano nostri concittadini ed a testimonianza
di ciò fuori dalla Sala Consiliare sono state apposte delle targhe di
marmo , volute dal compianto sindaco Pietro Cataldo , che ne curò
tutti i dettagli e che purtroppo l’incuria del tempo e degli uomini ha
reso quasi illeggibili . Qui possiamo leggere i nomi di tanti
Mbuzatioti , che parteciparono alle varie guerre ed i personaggi che si
sono immolati per l’Indipendenza della Patria. Alcuni nomi di nostri
compaesani sono presente anche nella Stele di Marmo , posta di fronte
al Palazzo della Provincia di Cosenza ed al Teatro Rendano ovvero
all’ingresso di quella che a Cosenza chiamano la Villa Vecchia con i
nomi degli Arbëreshë , che sono caduti o hanno partecipato alle varie
battaglie per l’indipendenza dell’Italia e sono più numerosi i cognomi
arbëreshë che quelli italiani
Incontriamo a questo punto un
dipinto dove l’autore ha voluto
rappresentare la nostra comunità
così come è oggi.
L’Anfiteatro con uno spettacolo
folcloristico , la Chiesa Matrice di
San Giorgio Megalomartire e sulla
collina il Centro Studi per le
Minoranze Etniche Arbëreshë
Nonostante il lungo periodo di tempo trascorso lontano dalla natia
Albania non dimenticò mai la sua gente e le sofferenze che il suo
popolo subiva. Decise quindi di scappare e tornare in Albania.
In Albania comincia a lottare per ridare la libertà al suo popolo. Ed
è proprio nella battaglia decisiva che lo vediamo nel quadro nel
momento in cui uccide il comandante dell’esercito turco Balaban
Pascià. Segue un periodo in cui l’Albania è relativamente libera dal
giogo turco e nel paese si vive un periodo di calma e tranquillità.
Ma i turchi non si rassegnano e con una serie di cruenti battaglie
riconquistano i territori albanesi. Inizia in questo periodo l’esodo
degli albanesi verso le più ospitali spiagge della vicina Italia.
Partono con ogni mezzo cercando di raggiungere le coste più
vicine alle loro. Approdano in Calabria ed in Puglia dove trovano
ospitalità e rifugio.
In questo ultimo quadro vi è raffigurata una famiglia albanese che
saluta la sua terra natale per imbarcarsi e raggiungere l’Italia. Lo
stesso Skanderbeg raggiunge l’Italia dove muore nel 1486. E’ un
quadro attuale proprio perché nel periodo in cui l’autore si appresta a
dipingere questo ed altri quadri assistiamo all’ultima diaspora degli
albanesi verso l’Italia. Sono gli anni della caduta del regime
comunista di Henver Hocha e le nostre spiagge ed i nostri paesi sono
la meta di migliaia di profughi albanesi che cercavano fortuna proprio
lì dove i loro predecessori l’avevano trovata.
La Prima Diaspora Arbëreshë non si fermò ad abitare e coltivare le
terre in cui era giunta ma partecipò attivamente alla vita politica e
non dell’Italia del tempo. E’ proprio quello che il pittore ci mostra
nel quadro che segue e che rappresenta, simbolicamente , la
partecipazione degli Arbëreshë al Risorgimento italiano ed a tutte
le più importanti battaglie per l’Indipendenza e la libertà del nostro
paese. Nel quadro viene rappresentato il passaggio di Giuseppe
Garibaldi da Spezzano Albanese, risalendo da Marsala , per
attivare a Napoli. Vicino a lui l’autore ha voluto mettere un nostro
concittadino, il maggiore Attanasio Dramis, che partecipò con il
Garibaldi , a tutta la campagna dei Mille.
LA SALA CONSILIARE : UN GIOIELLO
DI ARTE, CULTURA E TRADIZIONE.