Lo Sviluppo Della Psicopatologia (1) (1)

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LO SVILUPPO DELLA PSICOPATOLOGIA Alessandro Zennaro PARTE PRIMA FONDAMENTI DI PSICOPATOLOGIA CAPITOLO PRIMO - COS'E' LA PSICOPATOLOGIA Normalità Vs. Patologia: i Modelli In un'ottica gerarchica relativa alla terminologia, Craighead e Minklowitz (2008), suggeriscono una distinzione tra: - Sindrome: si trova al livello gerarchico più basso e rappresenta una costellazione di segni e sintomi che cooccorrono in alcuni individui; - Disturbo: sottoinsieme di sindromi che non possono essere spiegate attraverso il ricorso ad altre condizioni; - Malattia: sindromi o disturbi ad eziologia nota. Secondo Davies e Bhugra (2004), sulla scorta della rassegna di Pilgrim (1997), vi sono cinque Modelli di Concettualizzazione Psicopatologica: 1. Modello Laico-Profano: definiti da ciascuna cultura e epoca in base a cosa si considera rilevante in termini di sofferenza, spaventosità e incomprensibilità delle condotte umane; 2. Modello Legale-Giuridico: regole stabilite dall'ordinamento giuridico per valutare la capacità di controllo del soggetto sui propri comportamenti; 3. Modelli Medico-Psichiatrici: i fenomeni psicopatologici vengono considerati come conseguenza di un danno biologico dell'individuo; 4. Modelli Sociologici: quali il costruttivismo sociale (labelling approach), la causazione sociale e la teoria critica; 5. Modelli Psicologici: Davies e Bhugra (2004) dividono tali modelli in: - Concezione su Base Statistica : l'anormalità è fatta coincidere con la rarità di un dato fenomeno psichico e/o comportamentale. Tale concetto si scontra però con tre elementi epistemologici: - qual'è la soglia che definisce l'inizio della patologia; - quali sono le dimensioni rilevanti per la definizione di anormalità; - l'assunto che tutte le condizioni comuni siano normali. - Concezione Ideale della Normalità/Anormalità : concezione basata sulla coerenza interna del modello proposto; - Concezione sulla Base di Specifici Comportamenti : presenza di comportamenti anomali, disadattivi e devianti. La Definizione di Psicopatologia proposta da tale volume, che si basa su un integrazione di quella proposta da Ossorio (1985) è la seguente "un individuo si trova in una condizione di psicopatologia quando vi è una significativa diminuzione delle sue capacità di intraprendere azioni deliberate e, in modo equivalente, di partecipare alle pratiche sociali della comunità, in maniera adeguata e coerente con il periodo evolutivo in cui si trova". Breve Storia della Psicopatologia Bisogna considerare l'Evoluzione Storica della Psicopatologia che può essere divisa in varie fasi: 1. Gli Antichi: lo studio del disagio psichico può essere fatto risalire alla Grecia del V secolo a.C., con la nascita del concetto di Malattia Sacra di Ippocrate di Kos (460-377 a.C.). Attraverso lo studio dell'epilessia, un tempo considerata la prima patologia di interesse psicopatologico, Ippocrate crea un modello di studio della patologia che si basa su: - studio dell'anatomia; - considerazione delle variabili ambientali, culturali, politiche ed istituzionali. La Salute dipendeva quindi dall'armonia degli organi e degli umori che circolano del corpo. La malattia in questo senso è vista allora come un disequilibrio dell'organismo e, in particolare, dei quattro liquidi corporei:

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LO SVILUPPO DELLA PSICOPATOLOGIA Alessandro Zennaro

PARTE PRIMA

FONDAMENTI DI PSICOPATOLOGIA CAPITOLO PRIMO - COS'E' LA PSICOPATOLOGIA Normalità Vs. Patologia: i Modelli In un'ottica gerarchica relativa alla terminologia, Craighead e Minklowitz (2008), suggeriscono una distinzione tra: - Sindrome: si trova al livello gerarchico più basso e rappresenta una costellazione di segni e sintomi che cooccorrono in alcuni individui; - Disturbo: sottoinsieme di sindromi che non possono essere spiegate attraverso il ricorso ad altre condizioni; - Malattia: sindromi o disturbi ad eziologia nota. Secondo Davies e Bhugra (2004), sulla scorta della rassegna di Pilgrim (1997), vi sono cinque Modelli di Concettualizzazione Psicopatologica: 1. Modello Laico-Profano: definiti da ciascuna cultura e epoca in base a cosa si considera rilevante in termini di sofferenza, spaventosità e incomprensibilità delle condotte umane; 2. Modello Legale-Giuridico: regole stabilite dall'ordinamento giuridico per valutare la capacità di controllo del soggetto sui propri comportamenti; 3. Modelli Medico-Psichiatrici: i fenomeni psicopatologici vengono considerati come conseguenza di un danno biologico dell'individuo; 4. Modelli Sociologici: quali il costruttivismo sociale (labelling approach), la causazione sociale e la teoria critica; 5. Modelli Psicologici: Davies e Bhugra (2004) dividono tali modelli in: - Concezione su Base Statistica: l'anormalità è fatta coincidere con la rarità di un dato fenomeno psichico e/o comportamentale. Tale concetto si scontra però con tre elementi epistemologici: - qual'è la soglia che definisce l'inizio della patologia; - quali sono le dimensioni rilevanti per la definizione di anormalità; - l'assunto che tutte le condizioni comuni siano normali. - Concezione Ideale della Normalità/Anormalità: concezione basata sulla coerenza interna del modello proposto; - Concezione sulla Base di Specifici Comportamenti: presenza di comportamenti anomali, disadattivi e devianti. La Definizione di Psicopatologia proposta da tale volume, che si basa su un integrazione di quella proposta da Ossorio (1985) è la seguente "un individuo si trova in una condizione di psicopatologia quando vi è una significativa diminuzione delle sue capacità di intraprendere azioni deliberate e, in modo equivalente, di partecipare alle pratiche sociali della comunità, in maniera adeguata e coerente con il periodo evolutivo in cui si trova". Breve Storia della Psicopatologia Bisogna considerare l'Evoluzione Storica della Psicopatologia che può essere divisa in varie fasi: 1. Gli Antichi: lo studio del disagio psichico può essere fatto risalire alla Grecia del V secolo a.C., con la nascita del concetto di Malattia Sacra di Ippocrate di Kos (460-377 a.C.). Attraverso lo studio dell'epilessia, un tempo considerata la prima patologia di interesse psicopatologico, Ippocrate crea un modello di studio della patologia che si basa su: - studio dell'anatomia; - considerazione delle variabili ambientali, culturali, politiche ed istituzionali. La Salute dipendeva quindi dall'armonia degli organi e degli umori che circolano del corpo. La malattia in questo senso è vista allora come un disequilibrio dell'organismo e, in particolare, dei quattro liquidi corporei:

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- sangue; - bile gialla; - bile nera; - flegma. Nonostante questi elementi non abbiano mai avuto un'attribuzione chiara, ciascuna malattia, comprese anche quelle di origine psichica e con rilevanti alterazioni comportamentali, veniva attribuita all'eccesso o al difetto di una di queste sostanze (ad es. agitazione psicomotoria e allucinazioni derivavano dal sangue in eccesso nel cervello). Nonostante tali teorie sembrino oggi ridicole, bisogna considerare che hanno permesso di collegare le malattie mentali ed elementi corporei, disconnettendole da elementi sacro-religiosi precedenti. In età romana fondamentale è stata la Teoria Umorale di Galeno di Pergamo (129-216 d.C.), secondo cui il costrutto principale della vita è il Pneuma che si distingue in: - Naturale: prodotto dal fegato e distribuito dal sangue, presiede alla motivazione; - Animale: soggiace ai movimenti, alla percezione e ai sensi e viene accumulato nei ventricoli cerebrali; - Vitale: originato dal cuore, controlla sangue e temperatura, oltre che essere alla base del coraggio, delle emozioni e del carattere complessivo dell'individuo. A questo studioso sono da attribuire le prime conoscenze sull'anatomia fisiologica dell'uomo, come ad esempio la presenza del cervello nel cranio, mentre prima si pensava fosse situato nel cuore. Nonostante i limiti dell'epoca, alcuni concetti sono rimasti fondamentali fino alla modernità: - matrice organica del disturbo psichico; - natura empirica della ricerca scientifica; - relazione causale unilaterale tra soma e psiche. L'unica eccezione a queste teorie è rappresentata da Marco Tullio Cicerone (106-43 a.C.) il quale è stato l'unico a scrivere in merito alla volontarietà della sofferenza psichica, mettendo in dubbio le teorie umorali e eziopatologiche di impostazione organicista; 2. Il Medioevo: in questo periodo vi è stato un sostanziale ritorno alle teorie preippocratiche che attribuivano a cause demoniache o sciamaniche i disturbi psicopatologici (questo è il periodo dell'inquisizione e, come oggi possiamo notare, è difficile negare che quelle che venivano indicate come streghe non soffrissero in realtà di disturbi fisici e/o mentali). Di questo periodo è da ricordare Andrea Vesalio (1514-1564), medico fiammingo, che, nel suo testo "De Humani Corporis Fabrica" (1543) studia l'anatomia del corpo umano, portano notevoli innovazioni rispetto alla conoscenza del sistema nervoso e del cervello. Inoltre si deve a Johann Wier (1515-1588) il tentativo, sulla scia di Erasmo da Rotterdam, di confutare l'ingerenza demoniaca sul comportamento delle streghe, attribuito invece dall'autore agli effetti biologici e psichici degli unguenti che esse usavano; 3. L'Età dei Lumi: l'Illuminismo ha contribuito, grazie alle diverse possibilità offerte ai metodi scientifici, ad un moltiplicarsi dei riferimenti e delle indagini, di cui il frutto attuale è la presenza di un numero consistente di differenti approcci, spesso anche contrapposti tra loro. Grazie al pensiero di Michel Foucault (1926-1984) e alla sua opera "Storia della Follia nell'Età Classica" (1961) si inizia a considerare il fenomeno del Grande Internamento, datato simbolicamente nel 1656 con la creazione dell'Hopital Général di Parigi, attraverso il quale si cercava di ghettizzare i malati psichiatrici. Tale funzionamento trova il proprio fondamento nella necessità da parte del Episteme (sistema implicito, inconscio anonimo e diffuso di regole che normano i saperi caratteristici di ogni epoca) dominante di relegare, fisicamente ed eticamente, all'esterno della comunità dei normali il rifiuto o l'incapacità di approcciare razionalmente gli eventi e la conoscenza. Serve inoltre a ciascuno per relegare all'esterno di sé, e distante dalla vista, la componente irrazionale e irragionevole, che viene vissuta come minacciosa ed intollerabile. Sono ora da considerare alcuni Autori che, con le loro teorie e la loro pratica clinica, hanno portato importanti mutamenti nelle concezioni fin qui esposte: 1. Philippe Pinel (1745-1826): quest'autore propone per primo, nei suoi testi "Nosografia Filosofica" e "Trattato Medico-Filosofico sull'Alienazione Mentale o la Mania", una concezione di malattia mentale

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sconnessa ed indipendente dall'eziologia organica, ed utilizza il termine Nevrosi (coniato da Cullen nel 1772) per indicare quei fenomeni di alienazione senza substrato organico che discendono dalla mente stessa. Le Implicazioni principali del suo pensiero innovativo riguardano: - subordinare lo studio della malattia ad un'attenta osservazione dei pazienti e all'instaurazione di una relazione interessata da parte del medico; - strategie terapeutiche volte al Trattamento Morale, al fine di modificare le errate convinzioni e passioni con altre più ragionevoli ed adattive; - classificazione basata su un'osservazione attenta, puntuale e partecipe da parte del medico. La creazione dell'Ipotesi della Matrice Passionale delle Malattie Mentali, più che portare a grandi modifiche dal punto di vista pratico, visto il contributo poco approfondito fatto nella clinica dei disturbi mentali da parte di Pinel, rappresenta una grande svolta in quanto apre la strada alla considerazione del sintomo psicopatologico come simbolo e significato individuale, strada che verrà poi percorsa ed ampliata da Sigmund Freud; 2. Thomas Willis (1621-1675): scienziato inglese fondamentale per le sue scoperte e per il suo studio empirico relativo al sistema nervoso centrale e al cervello. E' ricordato inoltre per essere colui che ha creato il termine Neurologia. Le sue teorie in termini di psicopatologia rimangono però ancorate ad una matrice strettamente biologica; 3. Franz Joseph Gall (1758-1828): medico tedesco, è il fondatore della Frenologia, pseudo-scienza secondo cui dalla classificazione anatomica del teschio, attraverso una logica di isomorfismo, si potessero inferire caratteristiche caratteriali e psicopatologiche. Più che per queste teorie egli è ricordato per essere stato il maggior esponente della concettualizzazione localizzazionista del cervello che, contrapponendosi a quella globalista di Flourens, teorizzava che il cervello fosse distinguibile in vari organi e apparati con specifiche funzioni. Tale visione è stata poi confermata dagli studi di Broca e Wernicke; 4. Emil Kraepelin (1856-1926): nella sua opera principale "Trattato di Psichiatria" del 1883 è il primo ad adottare un approccio classificatorio delle malattie mentali, sulla scorta della definizione e descrizione di complessi pattern sindromici, non più visti quindi come sintomi isolati. Individuo inoltre il Criterio Prognostico Evolutivo quale metodo fondamentale per la classificazione della psicopatologie ed infatti, in questo senso, la Dementia Praecox (oggi definita schizofrenia) è così chiamata perché rappresenta un cammino precoce verso la demenza senile. In un'epoca di forte sviluppo delle conoscenze negli ambiti relativi al sistema nervoso e al cervello, le sue teorizzazioni sono interessate ad indagare i fondamenti biologici che portano alla psicopatologia. I sintomi non avrebbero quindi un senso in base all'individualità del paziente, ma la loro analisi sistematica e distaccata da parte degli scienziato avrebbe quindi potuto portare a comprendere le disfunzioni cerebrali o neuronali in corso, in un periodo in cui erano ancora scarsi gli strumenti per compiere scientificamente tali studi. Limite allo sviluppo delle sue teorie è stata la comparsa sulla scena della psicoanalisi che, con il suo metodo basata sull'attenzione verso il paziente e la sua soggettività, ha portato numerose critiche al modello scientifico e disinteressato (oggi forse lo definiremmo eticamente errato) proprio della psichiatria biologica di Kraepelin; 5. Sigmund Freud (1856-1939): coerentemente con l'approccio inaugurato da Pinel, Freud crea una visione dell'apparato psichico basata sui suoi aspetti dinamico funzionali, abbandonando quella che era la visione organicista degli orientamenti propri di quegli anni. Ogni processo psichico, per Freud, deve quindi essere considerato rispetto al punto di vista dinamico, topico ed economico. Gli elementi inconsci nella mente dei soggetti, attraverso il Determinismo Psichico, troverebbero poi un modo per avere una significativa influenza sul funzionamento mentale. La psicopatologia si basa allora sul concetto di Nevrosi (nonostante venga attentamente studiata da Freud, la Psicosi rimarrà ai margini in quanto non si pensava che il metodo psicoanalitico potesse funzionare su essa) e sui sintomi, che vengono visti come una formazione di compromesso tra desideri provenienti dal rimosso (Es) e le difese dell'individuo (Io). Anche se poco considerato, Anton Mesmer, medico e teologo svizzero, è uno degli ispiratori di Freud,

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in quanto uno dei primi scienziati a studiare l'ipnotismo e l'isteria. Nonostante le varie diramazioni prese negli anni dalla psicoanalisi, il terreno comune rimane comunque quello di considerare la soggettività del paziente, gli elementi affettivi ed emotivi della sua esperienza e la considerazione della psicopatologia dal punto di vista esperienziale e non neurofisiologico; 6. Eugen Bleuler (1857-1939): psichiatra e professore svizzero, ha coniato il termine schizofrenia, smentendo le connessioni con la demenza senile, e sottolineando le peculiarità sintomatologiche di questa sindrome psichiatrica che lui identifica in: - Sintomi Fondamentali: a eziologica principalmente organica; - Sintomi Accessori: reazione o compensazione della sintomatologia primaria. Nel suo tentativo di interconnettere la sistematizzazione nosografica con il pensiero psicoanalitico, Bleuler identifica quindi la scissione, l'alterazione dell'affettività, l'ambivalenza e l'autismo come sintomi fondamentali, e i deliri e le allucinazioni come sintomi accessori. Limite di quest'autore sono stati sicuramente una scarsa sistematicità degli studi e l'aver incluso l'autismo tra i sintomi schizofrenici, elemento che ha ritardato di molto la concezione dei disturbi dello spettro autistico come sindrome; 7. Approccio Fenomenologico: basato sulle teorie filosofiche di Husserl, Heidegger e Bergson, e sulla clinica psichiatrica di Jaspers, Binswanger e Minkowsky, il Metodo Fenomenologico, inaugurato da Jaspers nel 1913 con il trattato "Psicopatologia Generale", si basa sulla considerazione dell'esperienza soggettiva del paziente, fondamentale per analizzare l'esperienza della coscienza. Non diversamente dal metodo psicoanalitico quindi l'Approccio Fenomenologico studia il disagio psichico alla luce della complessità individuale da cui origina. La Nosografia Psicopatologica e i Suoi Limiti Rispetto alla Nosografia Psicopatologica bisogna considerare i principali Manuali Diagnostici: 1. DSM: il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali è sicuramente il più conosciuto ed usato al mondo. Bisogna però considerare alcuni elementi: - Breve Storia: per migliorare l'ICD-6, l'Associazione degli Psichiatri Americani creò nel 1952 il primo DSM. La prima e la seconda versione risultarono però scarse sia nei contenuti che nell'utilità pratica. Il DSM-III, creato in un'ottica biologico-organicista, rappresenta una svolta sia per il suo essere ateorico, sia per la sua suddivisione in assi, di cui i primi due indicavano i disturbi (ciò che il paziente ha e ciò che il paziente è), mentre i restanti tre servivano a valutare il funzionamento stesso del paziente. Dopo una revisione del precedente, che però ha portato poche modifiche, viene creato il DSM-IV (1994) che, non discostandosi ma approfondendo solo le logiche del precedente, prevede anche il fondamento basato su numerose ricerche. - DSM-IV-TR: questo manuale, creato al fine di implementare gli studi più recenti, si presenta poco distante però dalla versione precedente. Mantiene la suddivisione in assi che sono: - Asse I - Disturbi Clinici e Altre Condizioni Oggetto di Attenzione Clinica; - Disturbi di Personalità e Ritardo Mentale; - Condizioni Mediche Generali; - Problemi Psicosociali ed Ambientali; - Valutazione Globale del Funzionamento. I Problemi Epistemici principali sono: - Modello Epistemico di Natura Medica (eziologia unicamente organica); - Definizione di Malattia Mentale (troppo esteso e stigmatizzante); - Scelta Categoriale (mancanza di considerazioni dimensionali). I Problemi Metodologici invece riguardano: - Polisemicità (assenza di sintomi patognomici e specifici per la categoria); - Comorbidità (necessità di ricorrere a più categorie per un singolo individuo); - Soglie Diagnostiche (arbitrarie e poco realistiche). I relativi Problemi Clinici derivano quindi interamente da quelli già prima citati. - Verso il DSM-V: la pubblicazione è attesa per maggio 2013. Le revisioni riguarderanno sopratutto la

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ridefinizione del concetto di disturbo mentale, l'inserimento di misure dimensionali e il tentativo, volto a creare connessioni con l'ICD, di unire in un unico asse i primi tre assi dei precedenti DSM; 2. ICD: la Classificazione Internazionale delle Malattie si compone di 10 capitoli, di cui il V è relativo ai disturbi mentali e del comportamento. Vi sono due versioni di tale manuale di cui una, quella per la ricerca, è più ridotta di quella ad uso clinico. I disturbi degli adulti vengono valutati su un unico asse mentre i disturbi del bambino e dell'adolescente seguono una logica multiassiale, basata sulla presenza di sei differenti assi. E' questo che lo rende più utilizzabile nei servizi di Neuropsichiatria Infantile, mentre nella Salute Mentale degli Adulti è decisamente più usato il DSM; 3. CD: 0-3: la Classificazione Diagnostica 0-3, anche nella sua versione revisionata "CD:0-3-R" si pone invece come obiettivo la valutazione del bambino e dei suoi sintomi all'interno dello specifico quadro evolutivo, cognitivo, affettivo e relazionare. Questo manuale è diviso in cinque assi che sono: - Asse I: Diagnosi Primaria (caratteristiche cliniche più rilevanti del disturbo); - Asse II: Problemi o Disturbi tra Bambino e Caregiver; - Asse III: Condizioni Fisiche ed Eventuali altri Disturbi Associati; - Asse IV: Agenti Psicosociali di Stress; - Asse V: Fluttuazione dei Livelli di Sviluppo del Funzionamento Emotivo. E' quindi un manuale fondamentale per valutare gli eventuali problemi dello sviluppo e le relazioni con i caregiver primari; 4. PDM: il Manuale Diagnostico Psicodinamico, la cui prima edizione è del 2006, si articola anch'esso in assi: - Asse P - Pattern e Disturbi di Personalità: permette una valutazione del soggetto collocandolo in un continuum di funzionamento (da sano a borderline) e le modalità caratteristiche in cui l'individuo organizza il proprio funzionamento mentale e si mette in relazione con il mondo. Fondamentale è la presentazione in quest'asse di 15 configurazioni prototipiche di personalità di cui vengono descritte informazioni descrittive e concettuali, eziologia ed eventuali implicazioni terapeutiche. La gravità viene valutata invece in base a identità, relazioni oggettuali e tolleranza e regolazione degli affetti; - Asse M - Funzionamento Mentale: descrive il funzionamento emotivo e le capacità che contribuiscono alla formazione della personalità. Si basa sull'analisi di nove funzioni: - Regolazione, Attenzione e Apprendimento; - Relazione e Intimità; - Qualità dell'Esperienza Interna; - Esperienza, Espressione e Comunicazione degli Affetti; - Pattern e Capacità Difensive; - Capacità di Formare Rappresentazioni Interne; - Differenziazione ed Integrazione; - Autosservazione (Mentalità Psicologica); - Costruire e Ricorrere a Standard e Ideali Interni. - Asse S - Sintomi e Preoccupazioni Manifeste: descrizione dei sintomi e dei pattern sintomatici prendendo in considerazione l'esperienza soggettiva in termini di stati affettivi, pattern cognitivi, stati somatici e pattern relazionari. Di ogn'uno di questi assi esiste anche la versione per adolescenti e bambini (PCA, MCA e SCA). Esiste poi anche una parte per la Valutazione dell'Infanzia che si basa su cinque assi specifici: - Asse I: Diagnosi Primaria (disturbi interattivi, regolatori dell'elaborazione sensoriale e neuroevolutivi della relazione e della comunicazione); - Asse II: Capacità Evolutive Funzionali ed Emotive; - Asse III: Capacità di Regolazione dell'Elaborazione Sensoriale; - Asse IV: Pattern Bambino-Caregiver e Familiari; - Asse V: Diagnosi Mediche e Neurologiche. Il PDM, nelle parole dei suoi autori, da importanza a una valutazione dimensionale delle capacità mentali di base e del funzionamento complessivo della personalità, ponendo attenzione alle risorse

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dei diversi pazienti. Nonostante sia sicuramente una grande risorsa per la clinica, esso manca però di strumenti per l'operazionalizzazione della diagnosi, in particolar modo per quello che riguarda l'Asse M, in quanto mancano le modalità per una valutazione oggettiva e sistematica.

CAPITOLO SECONDO - LA PSICOPATOLOGIA SECONDO UNA PROSPETTIVA EVOLUTIVA Perché Così Immaturi? La nascita prematura del "cucciolo" dell'uomo e il lungo periodo di dipendenza dalle cure genitoriali, contrariamente a quanto avviene per gli altri esseri viventi, può essere attribuito alla formazione di centri cerebrali e neuronali fondamentali per l'acquisizione delle capacità cognitive, sensoriali e emotive che l'uomo possiede in maniera maggiore rispetto alle altre specie. Modelli di Sviluppo La concezione della psicopatologia in termini evolutivi si basa sullo studio della predizione di comportamenti e processi maladattivi o di carenze psicologiche e relazionari databili in varie fasi dello sviluppo umano (Sroufe e Rutter, 1984). Lewis (2000) ricorda che lo sviluppo è inteso come evoluzione da vecchi verso nuovi pattern. Egli ha inoltre creato uno schema delle Teorie dello Sviluppo che tiene in considerazione il bambino e il suo ambiente interpretandolo in termini di attività e passività: - Bambino Passivo-Contesto Passivo: basato sul Modello della Tabula Rasa di Locke e Hume, considera fondamentali le risorse innate del bambino e dell'ambiente; - Bambino Passivo-Ambiente Attivo: basato sul Modello Comportamentista di Skinner (1953), considera che sia il mondo, con i suoi premi e le sue ricompense, a plasmare il comportamento del bambino; - Bambino Attivo-Ambiente Passivo: sviluppato con il modello evolutivo di Piaget e dai psicolinguisti come Chomsky, considera che alcune caratteristiche innate del bambino gli consentano di estrarre dal mondo le informazioni e le risorse necessarie per lo sviluppo; - Bambino Attivo-Ambiente Attivo: sviluppato con l'ipotesi modellistica della comprensione dello sviluppo da parte di Lewis, Sameroff e Chandler (1972, 1975), considera come la costruzione della psicologia avvenga per caratteristiche individuali ed ambientali in reciproca interazione (ad es. interazione vulnerabilità-stress). Seguendo queste posizioni Lewis analizza anche i Modelli di Sviluppo Psicopatologico: 1. Modello dei Tratti: è il modello più semplice in quanto considera che un certo tratto influenzi o predica un'altra condizione in un momento successivo della vita. Tale ipotesi considera allora poco quelle che sono le successive interazioni bambino-ambiente, in quanto le ritiene non rilevanti per lo sviluppo. E' questo il modello usato nella Teoria dell'Attaccamento di Bowlby (1969), secondo cui solo la relazione madre-bambino iniziale influenza lo sviluppo, e non tutte le successive relazioni di attaccamento con altre figure (ad es. con il padre). Il limite è quindi basato su non considerare le interazioni uomo-ambiente nell'intero arco di vita; 2. Modello Ambientale: si basa sulla considerazione di come l'ambiente tenda ad influire fortemente sullo sviluppo del bambino. Tale modello necessità però di definire in maniera più specifica di cosa sia l'ambiente e di quale caratteristiche influiscano sull'ambiente. Un affinamento riguarda la considerazione di Periodi Critici o Sensibili (Bornstein, 1987) secondo cui l'affetto dell'ambiente sarebbe più rilevante in alcuni periodi rispetto che in altri (ad es. importanza dell'attaccamento maggiore nel corso del primo anno di vita). Secondo tale modello, nonostante si possa aiutare l'individuo a sviluppare modalità più adattive, vi sarà prima o poi un ritorno alla spirale psicopatogenetica; 3. Modelli Interattivi: tali ipotesi interazionali o transazionali considerano sia l'individuo che l'ambiente come elementi attivi, e la psicopatologia si svilupperebbe quindi nell'interazione tra loro. I più importanti Modelli Interattivi sono: - Modello della Bontà dell'Adattamento (Lerner, 1984): il disadattamento è conseguenza del mancato incontro tra elementi personali e richieste ambientali. Tale teorie da quindi molta rilevanza al concetto

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di Vulnerabilità che verrà trattato nei prossimi paragrafi; - Modello Trasformazionale (Sameroff, 1975): ipotizza una relazione circolare tra individuo e ambiente, in cui le caratteristiche dell'uno tenderanno a modificare quelle dell'altro, e viceversa. Importante è quindi il concetto di Traiettoria e come essa possa condurre ad esiti differenti. In definitiva le Evidenze Scientifico-Cliniche della Psicopatologia, emerse negli ultimi anni, sono (Hudziak, 2008): - Importanza delle Esperienze in Età Evolutiva; - Ambiente come Mediatore Rispetto a Rischi di Natura Biologica; - Presenza di Fattori Genetici Indiretti che Operano al di Fuori dell'Individuo; - Effetto Biologico Individuale Determinato dall'Ambiente; - Ambiente e Corredo Biologico Interagiscono con Diversi Esiti nello Sviluppo. Le evidenze sopra richiamate rimandano quindi ad una concezione eziopatogenetica dei fenomeni psicopatologici in termini complessi, probabilistici e non causali in forma diretta. Assunti Fondamentali Seguendo la concezione di Pennington (2002) bisogna quindi ricordare l'importanza di considerare, per ottenere la spiegazione scientifica di una patologia psichica, l'input genetico e l'input ambientale, intesi nella loro interazione all'interno del processo di sviluppo. La Ricerca Genetica ha dimostrato negli anni di essere più probabilistica che deterministica (al pari di quella ambientale) ed ha quindi iniziato a strutturare uno studio della varianza delle patologie nella popolazione basata su quattro fattori combinati tra loro: - ereditarietà; - dipendenza ambientale comune; - dipendenza ambientale non condivisa; - errore di misurazione. Nonostante non sia possibile imputare solo al funzionamento cerebrale i disturbi psicopatologici, bisogna comunque tenere conto delle maggiori Aree di Influenza: - Dimensioni del Cervello; - Migrazione Neuronale; - Neurotrasmissione. Dato che è difficile valutare la causalità diretta dei fattori genetici, bisogna considerare alla base alcuni Assunti Fondamentali: - la mente emerge dai processi cerebrali individuali che, a loro volta, dipendono dalla complessa interazione fra genotipo ed esperienza; - l'esperienza umana è prevalentemente relazionare; - la maturazione della mente è progressiva lungo l'intero ciclo di vita, e prevede alcuni periodi critici; - le psicopatologie sono frutto della complessa interazione fra genotipo ed esperienza relazionare; - mente e corpo formano la soggettività dell'individuo e devono essere valutati congiuntamente. In questa prospettiva, che può essere definita Prospettiva Interazionista Bio-Psicosociale, i fenomeni psicopatologici vengono allora inquadrati in base a tre livelli in interazione tra loro: - Basi Biologiche e Genetiche; - Funzioni Psicologiche e Cognitive; - Impatto dell'Esperienza su Strutture Neurali e sull'Evoluzione dei Disturbi. Il Modello Vulnerabilità-Stress nell'Eziologia dei Fenomeni Psicopatologici Alla luce di quanto esposto, il Modello Vulnerabilità-Stress sembra il più adeguato ad affrontare la complessità della psicopatologia nei suoi elementi pre e post-morbosi. Di tale modello bisogna considerare: 1. Vulnerabilità: vista l'assenza di un diffuso consenso sulla sua definizione, risulta allora importante considerarne le caratteristiche (Ingram e Price, 2001): - Tratto Stabile: la vulnerabilità appare quindi come stabile ma non immodificabile; - Endogena: elemento interno al soggetto; - Tratto Latente: non è quindi facilmente osservabile. Bisogna inoltre considerare la Resilienza, intesa come il polo opposto sul continuum che vede

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dall'altra parte la Vulnerabilità, che è intesa come un insieme di fattori che rendono il soggetto più resistente agli stressors ambientali; 2. Stress: nonostante le definizioni presenti siano diverse a seconda degli approcci, quella più rilevante sembra essere quella di Ingram e Price (2001), che definisce lo Stress come un evento della vita che interferisce e disturba i meccanismi di mantenimento della stabilità fisiologica, psicologica ed emotiva di un individuo; 3. Vulnerabilità-Stress: sin dall'antica Grecia si è studiata tale interazione. Esistono però vari Modelli Specifici di analisi: - Modelli Additivi: per la determinazione dei fenomeni psicopatologici bisogna considerare entrambi gli elementi in relazione. Di tali modelli esistono vari sottotipi: - Modelli Ipsativi: il disturbo è creato dal crescere di uno dei fattori e al diminuire dell'altro; - Modelli Mega Diatesi-Stress: basta lo squilibrio di uno solo per creare la patologia. Il limite di questi modelli è la mancata considerazione delle modifiche di tale funzionamento nel corso della vita; - Modelli Dinamici: la proposta più citata è il Continuum Stress-Vulnerabilità-Resilience, proposto da Ingram e Price (2010), in cui il livello di stress necessario per lo sviluppo della psicopatologia varia in base al livello di vulnerabilità-resilience proprio dell'individuo.

PARTE SECONDA LE PATOLOGIE CLINICHE NEL CICLO DI VITA

CAPITOLO QUARTO - I DISTURBI DELL'ATTACCAMENTO Definizione I Disturbi dell'Attaccamento si riferiscono alle difficoltà nel bambino derivanti da problematiche nella qualità dei primi legami con le figure di accudimento che costituiscono un fattore di rischio per l'insorgere di disturbi psicopatologici. Il termine Attaccamento rimanda alle teorie di Bowlby riguardanti la relazione madre-bambino, ed il Legame di Attaccamento è un rapporto stabile e duraturo, basato sul bisogno di sicurezza e di conforto, che si stabilisce con soggetti significativi e che fornisce la base per le successive relazioni sociali. Considerando questi concetti in un'ottica di psicologia evolutiva, bisogna notare come nel primo anno di vita nel bambino si attivino una serie di sistemi che ricercano l'equilibrio tra attaccamento e paura, esplorazione e sociale. Tra il senso ed il nono mese inizia l'attaccamento selettivo per il caregiver che permetterà, attraverso la relazione diadica, di creare dei Modelli Operativi Interni, intesi come rappresentazioni o regole che guidano il comportamento, gli affetti, la cognizione e la memoria relativi alle esperienze di attaccamento. Tali modelli procedurali tendono poi a rimanere stabili nella vita e a ripresentarsi in tutte le relazioni, anche quando dimostrano chiaramente di aver perso la loro funzione adattiva. E' questo l'elemento fondamentale per comprendere la psicopatologia e l'esistenza di periodi critici nello sviluppo, in cui è necessario che i MOI vengano modificati. Attaccamento e Psicopatologia Una prima Distinzione Descrittiva deve essere fatta tra: - Disturbo Reattivo dell'Attaccamento: prevede situazioni di grave deprivazione che non hanno permesso lo sviluppo di un legame selettivo; - Disorganizzazione dei Modelli d'Attaccamento: riguarda distorsioni nella qualità dei primi legami d'attaccamento che non hanno permesso lo sviluppo di una strategia coerente e organizzata di fronte alla sofferenza; - Insicurezza dei Modelli d'Attaccamento: individua modelli insicuri e rigidi che rendono il bambino maggiormente vulnerabile in caso di perturbazioni ambientali. La Nosografia dei Disturbi dell'Attaccamento va considerata nei seguenti manuali:

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1. DSM: il Disturbo Reattivo dell'Attaccamento è definito come una modalità di relazione sociale, notevolmente disturbata ed inadeguata rispetto allo sviluppo, che si manifesta in quasi tutti i contesti, che inizia prima dei 5 anni ed è associata ad un accudimento grossolanamente patologico (ad es. crescere in istituti, trascuratezza o abuso dei genitori). Distingue poi in due Tipi di Sintomatologia Clinica: - Tipo Inibito: difficoltà ad avere iniziativa nelle interazioni interpersonali, insieme ad eccessiva inibizione, ipervigilanza o ambivalenza e contraddizioni nell'approccio con chi si prende cura di loro; - Tipo Disinibito: socievolezza indiscriminata contraddistinta da mancanza di un'adeguata selettività nella scelta delle figure di riferimento. I Criteri del Disturbo sono: - accudimento patogeno del bambino; - persistente trascuratezza dei suoi bisogni emotivi e fondamentali; - frequenti cambiamenti del caregiver, che impediscono la formazione di legami stabili. Zeanah e Boris (2000) hanno poi proposto di aggiungere i seguenti sottotipi: - Disturbi da Assenza di Attaccamento; - Distorsioni della Base Sicura; - Disturbi dell'Attaccamento Interrotto. 2. ICD: distingue tra: - Disturbo Reattivo dell'Attaccamento: a cui, oltre gli elementi del DSM, sono aggiunti scarse interazioni con i coetanei, aggressioni verso se stessi e gli altri, infelicità o apatia e difficoltà di crescita; - Disturbo Disinibito dell'Attaccamento: sono considerate le interazioni con i pari scarsamente modulate e possibili disturbi emotivi o comportamentali associati. L'ICD non fa riferimento all'eziologia ma prevede che tale disturbo sia associato con severa trascuratezza genitoriale, abuso o grave maltrattamento. 3. CD 0-3R e PDM: hanno fornito il vantaggio di considerare la qualità della relazione di attaccamento come elemento fondamentale dello sviluppo e della comprensione di tutti i disturbi psicopatologici. Rispetto agli Studi sullo Sviluppo del Legame di Attaccamento, che hanno preso l'avvio dai lavori di Bowlby e Ainsworth, essi hanno identificato due Dimensioni: - Sicurezza/Insicurezza: permette di distinguere tra attaccamento sicuro e insicuro. Quest'ultimo, categorizzato anche come Attaccamento Ansiosi, è poi suddiviso in: - Evitanti: disinteressati dall'attaccamento, deviano l'attenzione su stimoli esterni; - Resistenti: ambivalenti verso l'attaccamento. - Organizzazione/Disorganizzazione: gli studi di Main e Solomon (1990) hanno identificato lo stile Disorganizzato-Disorientato, rilevabile in bambini che mancano di strategie per affrontare lo stress della separazione. Questi comportamenti, secondo Main e Hesse (1990) derivano dalla percezione di un genitore spaventato-spaventante (a causa di abusi o di gravi carenze verso i suoi bisogni). Tale modello porta spesso a disturbi da comportamento dirompente o sintomi dissociativi. Gli studi compiuti in questo senso hanno previsto l'utilizzo della Strange Situation Procedure (SSP), attuata su bambini di 12-18 mesi di età, che prevede situazioni di allontanamento e riavvicinamento alla madre. Vulnerabilità Rispetto alla Vulnerabilità bisogna considerare: 1. Vulnerabilità Biologica: grazie al progressivo sviluppo della Neuroscienza degli Affetti (Panksepp, 1998), è stato valutato come la mancanza di sincronizzazione madre-bambino porti a deficit nello sviluppo cerebrale, sopratutto riguardo ai neuroni specchio, fondamentali per lo sviluppo dell'empatia, e all'emisfero destro, fondamentale per lo sviluppo del sistema nervoso autonomo, del sistema limbico e per la regolazione dell'arousal. I dati della ricerca indicano quindi un'interazione geni-ambiente fondamentale per valutare la disorganizzazione dell'attaccamento. I due modelli contrapposti prevedono: - Suscettibilità Differenziale (Belsky, 2005): le persone sono considerate, per motivi genetici, maggiormente suscettibili a esperienze di cura sia negative che positive che portano ovviamente a

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diversi esiti; - Vulnerabilità Genetica (Rutter, 2006): considera alcune persone come geneticamente suscettibili solo a esperienze di cura negative che possono condurre a esiti maladattivi. Vari studi su bambini adattati hanno poi individuato alcuni elementi cerebrali caratteristici: - ridotto metabolismo cerebrale nella corteccia prefrontale e nel lobo temporale; - ridotta integrità del fascicolo uncinato; - ridotto volume cerebrale della materia grigia e bianca; - maggiore volume dell'amigdala, sopratutto quella destra; - volume dell'amigdala sinistra inversamente proporzionale al tempo passato in istituto. 2. Vulnerabilità Cognitivo-Affettiva e Interpersonale: le esperienze con genitori non disponibili e responsivi possono portare a: - Bambini Evitanti: la prossimità è vissuta come pericolosa per cui viene spostata l'attenzione sull'ambiente, al fine di mantenere la flessibilità ed il controllo sul proprio comportamento. Tali bambini attuano modalità di deattivazione del sistema di attaccamento attraverso l'esclusione dei propri bisogni di attaccamento e un'autosufficienza compulsiva; - Bambini Resistenti: attuano un'amplificazione delle risposte emozionali (angoscia, rabbia, ambivalenza e passività) al fine di ottenere attenzione. Le strategie di coping e le modalità mnestiche utilizzate risultano allora poco coerenti e non adattive; - Bambini Disorganizzati-Disorientati: prevedono un fallimento familiare nell'apprendimento di strategie comportamentali ed attentive per la regolazione della paura e dello stress. Ricerche longitudinali hanno dimostrato che intorno a 6 anni tali bambini attuano due diverse modalità di relazione con il caregiver: - Controllante-Punitivo: comportamento controllante e umiliante verso il genitore; - Controllante-Accudente: inversione dei ruoli genitore-bambino. Tutti e tre questi disturbi possono portare a relative disfunzioni nelle aree dell'apprendimento scolastico, difficoltà metacognitive, difficoltà di problem-solving e problemi nella relazione con i pari. Evoluzione Lo Sviluppo dei Modelli di Attaccamento è guidato da due forze: - Forze Omeostatiche: tamponano i cambiamenti nei modelli di attaccamento dell'infanzia fino all'età adulta, facendo si che essi non devino dai primi modelli operativi; - Forze Destabilizzanti: incoraggiano le deviazioni dai primi modelli, sopratutto in seguito ad esperienze che prevedano revisioni ed aggiornamenti delle rappresentazioni dell'attaccamento. Studi su adolescenti hanno evidenziato alcuni Esiti Psicopatologici: - Adolescenti Distanzianti (corrispondono all'evitamento dell'infanzia): elevati rischi di disturbi di personalità schizoide, narcisistico, antisociale e paranoide; - Adolescenti Preoccupati (corrispondono ai bambini resistenti): elevati rischi di disturbi di personalità evitante, borderline, istrionico e dipendente. L'Attaccamento Disorganizzato, oltre che con il disturbo di personalità borderline, è spesso associato con sintomatologie dissociative.

CAPITOLO QUINTO - I DISTURBI DELL'ACCRESCIMENTO Il Disturbo dell'Accrescimento (Failure to Thrive, FTT) può essere descritto come un condizione in cui il bambino, nei primi tre anni: - non riesce a raggiungere gli standard di incremento ponderale e staturale, sia per scarso e/o inadeguato nutrimento che per causa organiche o altre; - manifesta una riduzione significativa del peso rispetto al suo incremento regolare definito da una curva standard. Definizione e Problemi Diagnostici La definizione di tale disturbo, a causa della sintomatologia e dell'eziologia complessa e multifattoriale, è molto controversa. Inoltre esso non è incluso in nessuno dei manuali diagnostici presenti (DSM, ICD e CD 0-3R). Alcuni autori, tra cui Kessler (1999), hanno proposto anche un nuovo nome, Undernutrition Pedaitric,

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che sembra più adeguato. Molto discussa è anche la definizione stessa di crescita o di accrescimento. Prendendo in considerazione i fattori medici, la sindrome FTT viene descritta per la presenza di almeno uno dei seguenti Criteri: - peso corporeo al di sotto del terzo o del quinto percentile, rispetto ai valori normali per età e sesso; - rallentamento nell'acquisizione del peso corporeo dalla nascita al momento attuale, che si collochi ad almeno due percentili al di sotto dei valori normativi di crescita; - rapporto peso corporeo/altezza per età al di sotto dell'80%. Sono state descritte varie Tipologie di Difficoltà di Accrescimento: - Organica: si riscontrano difficoltà o problemi organici; - Non Organica: non si riscontrano problemi organici; - Misto: che Gordon e Vasquez (1985) dividono in: - contesto avverso che precipita i sintomi organici; - compresenza di patologia medica e fattori contestuali di rischio; - difficoltà del bambino alla base dei fattori di rischio nel contesto di crescita. Vari studi hanno poi associato il FTT ai Disturbi Alimentari nei Bambini presenti nel DSM-IV-TR e divisi in: - Disturbo della Nutrizione dell'Infanzia e della Prima Fanciullezza; - Pica; - Disturbo da Ruminazione. Anche il manuale CD 0-3R individua sei disturbi del comportamento alimentare: - Disturbo Alimentare da Regolazione; - Disturbo Alimentare da Fallimento della Reciprocità con i Caregiver Durante i Pasti; - Anoressia Infantile; - Avversione Sensoriale al Cibo; - Disturbo Alimentare Associato a Condizioni Mediche; - Disturbo dell'Alimentazione Associato a Disturbi del Tratto Gastrointestinale. Vari altri modelli, tra cui il Modello Relazionare di Benoit (2000) e il Modello Transazionale Multifattoriale di Chatoor (1996), hanno poi posto l'attenzione sul rapporto madre-bambino, sull'eventuale psicopatologia materna, sugli aspetti del temperamento del bambino e sulle sue condizioni mediche generali. I Nuovi Criteri formulati al fine della creazione del DSM-V sono quindi: - rifiuto del cibo o inadeguata ingestione del cibo per almeno 2 settimane; - rifiuto del cibo in qualunque età del bambino che varia in base alla condizione medica; - inizio di alimentazione seguito da stress e rifiuto a mangiare; - presenza di fattori medici concomitanti allo stress nell'alimentarsi; - perdita o non raggiungimento del peso adeguato; - presenza di cure mediche che migliorano ma non risolvono il problema. Ipotesi Eziopatogenetiche Le principali Ipotesi Eziopatogenetiche riguardano: 1. Fattori Organici: tra cui: - Patologie Congenite a Carico di Diversi Apparati (renale, respiratorio, cardiaco...); - Problemi Legati al Metabolismo nell'Infanzia; - Sindromi Genetiche di Vario Tipo; - Patologie Congenite Generate da Mutazioni Genetiche (ad es. l'epilessia); - Esposizione Precoce alle Droghe (sopratutto i cannabinoidi); - Nascita Prematura. 2. Qualità dell'Interazione Madre-Bambino: la presenza di una sorta di Sindrome da Deprivazione Materna, secondo gli studi, influirebbe sulle capacità di alimentazione del bambino; 3. Modelli di Attaccamento: gli studi condotti hanno rilevato una connessione tra modelli non organizzati o non integrati di attaccamento e il disturbo da accrescimento. Il meccanismo eziologico sottostante risulta però ancora ignoto;

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4. Caratteristiche Familiari: anche se gli studi risultano ancora contrastanti, vi sono prove a sostegno del fatto che stressors psicosociali interni alla famiglia possano aumentare la probabilità di sviluppare un disturbo da accrescimento; 5. Caratteristiche della Madre: patologie psichiatriche della madri (ad es. disturbi di personalità, ansia o depressioni), condotte basate sulla dipendenza da sostanze o tentativi di suicidio e inadeguate modalità di problem solving sembrano elementi caratterizzanti la figura delle madri di bambini affetti da FTT; 6. Caratteristiche del Bambino: le caratteristiche più rilevanti dei bambini con FTT sono: - estrema puntigliosità, elevata distraibilità e variabilità nei tempi di gioco; - basso peso alla nascita e nell'utero; - tristezza, apatia, e irritabilità. E' però ancora da confermare se tali tratti precedano il disturbo o ne siano conseguenza. Esiti Evolutivi dai Bambini Affetti da Failure to Thrive La Sindrome FTT, la quale colpisce la normale evoluzione del bambino, porta ad Esiti Evolutivi Inadeguati in varie aree tra cui: - Sviluppo Funzionale e Fisiologico: sopratutto rispetto a: - Sistema Nervoso Centrale; - Danneggiamento delle Difese Immunitarie; - Sviluppo Somatico. - Sviluppo Motorio, Comportamentale e Cognitivo; - Sviluppo Affettivo-Relazionare e Sociale.

CAPITOLO SESTO - IL DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA' Definizione e Storia del Disturbo Il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) è un disturbo caratterizzato da livelli di disattenzione, iperattività ed impulsività non appropriati al grado di sviluppo dell'individuo. Perché sorga il sospetto di questo disturbo sono necessari alcuni elementi: - elevato livello di intensità; - esordio precoce (prima dei 7 anni); - presenza pervasiva in più contesti di vita; - interferenza nella vita quotidiana; - disabilitante per la vita del soggetto. Nosografia Bisogna considerare i principali Manuali Diagnostici: 1. ICD-10: il gruppo delle Sindromi Ipercinetiche è caratterizzato da: - Esordio Precoce (nei primi 5 anni di vita); - Iperattività e Compromissione dell'Attenzione; - Presenza di Queste Situazioni e Persistenza nel Tempo. Caratteristiche associate che concorrono a confermare la diagnosi sono: - Disinibizione nei Rapporti Sociali; - Imprudenza in Situazioni che Comportano Pericolo; - Infrazione Impulsiva delle Regole Sociali. 2. DSM-IV-TR: il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività compare nell'Asse I con cinque criteri: - disattenzione e/o iperattività-implusività a livello alto di gravità; - sintomi presenti prima dei 7 anni; - compromissione presente in almeno due contesti; - interferenza con il funzionamento scolastico, sociale o lavorativo; - l'anomalia non è legata ad un altro disturbo psicotico. Vi sono poi specifici criteri per: - Disattenzione; - Iperattività; - Implusività.

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Bisogna poi distinguere tre Sottotipi: - Tipo Combinato: almeno 6 sintomi di disattenzione e almeno 6 sintomi di iperattività-implusività per almeno 6 mesi; - Tipo con Disattenzione Predominante: almeno 6 sintomi di disattenzione e meno di 6 sintomi di iperattività-implusività per almeno 6 mesi; - Tipo con Iperattività-Implusività Predominante: almeno 6 sintomi di iperattività-implusività e meno di 6 sintomi di disattenzione per almeno 6 mesi. Epidemiologia L'Epidemiologia del disturbo, ed i relativi studi, risultano falsati sia per le metodologie usate, generalmente basate su questionari auto-somministrati ai bambini o ai genitori, sia per i criteri, che negli anni sono spesso mutati, stabiliti per la diagnosi dal DSM e dal ICD. Inoltre quest'ultimo manuale tende a rilevare solo le forme più gravi ed è meno attendibile in quanto inserisce alcuni elementi (ad es. i disturbi dell'umore) come elementi di esclusione e non di comorbidità. Eziologia L'ADHD è una patologia ad eziologia multifattoriale complessa. Gli studi fin ora compiuti hanno analizzato: 1. Neurobiologia: è stato evidenziato un volume ridotto della corteccia prefrontale, del cervelletto, dei gangli di base e del lobo temporale, insieme ad una compromissione della memoria di lavoro. Inoltre sono evidenti polimorfismi nei geni implicati nella funzionalità della dopamina; 2. Genetica: questo è uno dei disturbi psichiatrici con più elevata ereditarietà. Per questo, dagli studi condotti, si considera che avere parenti di primo grado affetti da ADHD aumenti di 4-5 volte la probabilità di sviluppare tale disturbo; 3. Ambiente: vari studi hanno confermato un'associazione tra l'esposizione prenatale a nicotina e alcol e l'aumentato rischio di sviluppare ADHD. La stessa sindrome alcolica fetale può innalzare il rischio di sviluppare ADHD; 4. Modelli Neuropsicologici: un tentativo di ridefinizione unitaria del disturbo è costituito dal Modello Cognitivo-Energetico secondo cui esistono tre modelli cognitivi: - meccanismi cognitivi di elaborazione ed esecuzione della risposta; - meccanismi energetici di sforzo/attivazione; - sistema di controllo costituito dalle funzioni esecutive. Nei bambini con ADHD le performance peggiorano in presenza di lunghi intervalli tra gli stimoli suggerendo un'alterazione della capacità di autoregolazione per difficoltà di allocare uno sforzo adeguato alle richieste. Comorbidità Studi su campioni clinici hanno evidenziato che almeno il 70% dei bambini con ADHD ha un disturbo associato. Per questo andrebbero rivisti i criteri per la diagnosi al fine di comprendere davvero cosa fa parte di questa sindrome e cosa invece vi è associato. Altra strategia potrebbe essere quella di distinguere differenti sottotipi del disturbo. Nel passato si erano evidenziati tre Sottotipi di ADHD: - Puro; - Associato a Disturbi Esternalizzanti (o del comportamento); - Associato a Disturbi Internalizzanti (in particolare ansia e depressione). I recenti studi richiedono però una migliore specificità rispetto ai sottotipi che, sia nei bambini che negli adulti, portano una sostanziale comorbidità con disturbi psichiatrici ed obesità. Evoluzione Secondo i criteri del DSM-IV-TR l'ADHD è caratterizzato da due gruppi di sintomi o dimensioni psicopatologiche: 1. Inattenzione: compromissione dell'Attenzione Focale, che consente di prestare attenzione ad uno stimolo trascurando i distrattori, e/o dell'Attenzione Sostenuta, che consente di mantenere l'attenzione attiva nei diversi compiti o attività della vita; 2. Impulsività-Iperattività: incapacità a procrastinare nel tempo la risposta a uno stimolo esterno o interno, legata ad un'incapacità a stare fermi.

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Tendenzialmente vi è una diminuzione nella crescita dei problemi legati all'impulsività-iperattività mentre quelli relativi alla disattenzione rimangono stabili. Non si hanno però dati univoci che permettano di determinare se questo mutamento è dovuto a fattori biologici o all'apprendimento di modalità di coping più adeguate. Altri Disturbi Associati possono essere: - disturbi del sonno, disturbi della condotta e scoppi d'ira; - fallimento relazionare (dovuto all'incapacità di prestare attenzione); - fallimento scolastico; - demoralizzazione (senso di solitudine e di colpa); - alcolismo, tossicodipendenza e disturbo antisociale (già prevedibili nei bambini che hanno disturbi della condotta associati all'ADHD.

CAPITOLO SETTIMO - I DISTURBI DA COMPORTAMENTO DIROMPENTE I Disturbi da Comportamento Dirompente (DBD) fanno riferimento ad un'ampia gamma di problemi esternalizzanti che comprende: - Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD); - Disturbo della Condotta (CD); - Disturbo Oppositivo Provocatorio (ODD). Definizione Vista la difficoltà a stabilire una Definizione di Aggressività si possono individuare due diversi approcci: - Aggressività come Struttura Unitaria: caratteristica di personalità unitaria e stabile che prende forma precocemente nella vita degli individui; - Aggressività come Struttura Pluralistica: necessaria un'analisi attenta dei fenomeni del contesto reale, al fine di comprendere lo stabilizzarsi di specifici pattern, il loro mantenimento e la loro prevenzione. Nosografia Bisogna considerare i principali Manuali Diagnostici: 1. CD 0-3R: prevede una distinzione dei Disturbi della Regolazione del Processo Sensoriale in tre categorie: - Ipersensibile; - Iposensibile/Non Responsivo; - Alla Ricerca di Stimolazioni Sensoriali/Impulsivo. 2. ICD-10: nell'Asse I sono descritti i Disturbi della Condotta caratterizzati da una modalità ripetitiva e persistente (almeno 6 mesi) di condotta antisociale, aggressiva o provocatoria. Tali disturbi possono sfociare in Disturbo Antisociale della Personalità e sono associati a condizioni psicosociali sfavorevoli, come relazioni familiari insoddisfacenti e insuccessi scolastici. Sono poi divisi in sottotipi: - Disturbo della Condotta Limitato al Contesto Familiare; - Disturbo della Condotta con Ridotta Socializzazione; - Disturbo della Condotta con Socializzazione Normale; - Disturbo Oppositivo Provocatorio; - Disturbo della Condotta Non Specificato; - Disturbo Ipercinetico della Condotta. 3. DSM-IV-TR: nell'Asse I sono previsti: - Disturbo della Condotta: i cui criteri sono: - violazione persistente e ripetitiva dei diritti fondamentali degli altri; - compromissione del funzionamento sociale, scolastico o lavorativo; - anche per soggetti con più di 18 anni ma senza disturbo antisociale. Vi sono poi due sottotipi: - Con esordio nella fanciullezza (prima dei 10 anni); - Con esordio nell'adolescenza (dopo i 10 anni). In generale tali soggetti:

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- scarsa empatia e attenzione per i desideri ed i bisogni altrui; - travisamento delle intenzioni altrui e risposta aggressiva; - autostima scarsa; - accusa verso gli altri rispetto alle proprie colpe; - insensibili a sentimenti di colpa o rimorso. - Disturbo Oppositivo Provocatorio: i cui criteri sono: - azioni deliberate che danno fastidio agli altri; - accuse verso gli altri rispetto alle proprie colpe; - suscettibilità e fastidio rispetto agli altri; - collera e risentimento; - fare dispetti ed essere rivendicativo. - compromissione delle relazioni sociali o lavorative; - non essere frutto di un disturbo psicotico o dell'umore. 4. PDM: sia nell'Asse IEC che nell'Asse SCA rientrano i Disturbi da Comportamento Dirompente, di cui i Disturbi della Condotta e i Disturbi Oppositivo-Provocatori sono delle sottospecie. Eziologia E' necessario, al fine di comprendere l'Eziologia di tale disturbo, focalizzarsi sul Modello Vulnerabilità-stress. Loeber e Farrington (2000) hanno individuato alcune categorie generale di stressors rilevanti per questo disturbo: - fattori specifici del bambino e di relazione con i pari ed i coetanei; - fattori legati all'ambiente familiare e alle pratiche genitoriali; - fattori scolastici; - fattori relativi al quartiere di appartenenza. Vulnerabilità Biologica I Fattori Principali sono: 1. Fattori Biologici: relative a disfunzioni del Sistema di Facilitazione Neurale del Comportamento Iperpersistente, che mette enfasi cognitiva sulla gratificazione immediata, e del Sistema di Inibizione del Comportamento, il quale dovrebbe ridurre i comportamenti che causano risultati negativi; 2. Fattori Genetici: si basa su una forte influenza genetica di tali disturbi, collegata però a fattori ambientali stressanti, secondo il Modello di Correlazione Gene-Ambiente di Rutter (1997). Vulnerabilità Psicologica Essa ha come Fattori Principali: 1. Vulnerabilità Emotiva: problemi con la regolazione emotiva e lo stile affettivo, tra cui la Vulnerabilità Temperamentale intesa come persistente differenza individuale nella risposta socioemotiva globale, portano a rilevare maggiormente le emozioni negative, che rimangono più persistenti nella mente del soggetto; 2. Vulnerabilità Temperamentale: le tre dimensioni del temperamento rilevanti per tale disturbo sono (Lahey e Waldman, 2003): - Emotività Negativa (o Neuroticismo): frequente ed intensa esperienza di emozioni negative anche in risposta a scarsa provocazione; - Tendenza a Osare: intesa come la ricerca di sensazioni intense e nuove, spesso anche a discapito dei diritti altrui; - Prosocialità: ridotta simpatia ed interesse nei confronti degli altri. 3. Stile di Attaccamento: uno stile di attaccamento insicuro, insieme ad altri fattori di rischio, tra cui basso status socioeconomico, ambiente familiare inadeguato e fattori biologici, è alla base dei disturbi del comportamento; 4. Vulnerabilità Cognitiva: il Processamento Cognitivo Sociale si sviluppa in fasi: - Scoperta e Traduzione del Codice degli Stimoli Sociali; - Interpretazione degli Stimoli nella Situazione Sociale; - Generazione di Possibili Risposte in base alle Esperienze; - Decisione di Risposta in base ai Risultati Attesi; - Reazione Comportamentale allo Stimolo Sociale.

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Le azioni aggressive sarebbero quindi frutto del fallimento di una di queste fasi che può creare due sottotipi di aggressività: - reattiva (propria del fallimento di una delle prime tre fasi); - proattiva (propria del fallimento di una delle ultime due fasi). Vulnerabilità Ambientale e Interpersonale Bisogna distinguere tra: 1. Vulnerabilità Ambientale: basata su un basso status socioeconomico unito ad evidenti stressors ambientali (violenze domestiche, uso di sostanze da parte dei genitori...); 2. Vulnerabilità Interpersonale: si basa su un circolo vizioso che porta, a partire da relazioni disturbate e conflittuali con la famiglia, ad estendere tali tipi di comportamenti ad ogni ambiente, moltiplicando all'infinito gli esiti avversi e fomentando nel soggetto l'idea che questa sia l'unica strategia comportamentale. Evoluzione Il DSM-IV-TR struttura gli ODD, il CD e il DAP come quadri clinici che, con modalità gerarchiche ed evolutive correlate all'età, riflettono l'espressione di uno stesso sottostante disturbo. La ricerca ha però permesso di evidenziare alcuni limiti a queste teorie: - il passaggio progressivo tra questi disturbi sembra collegato ad altre caratteristiche e ad altri fattori di rischio. Ad esempio l'essere maschio sembra essere un fattore di rischio maggiore per lo sviluppo del CD mentre non lo è per l'ODD; - rispetto allo sviluppo di altri disturbi internalizzanti bisogna valutare tre tipologie di sintomi: - Irritabilità: possibile sviluppo di disturbi emotivi (ansia e depressione); - Capacità di Ledere: associati a sintomi aggressivi e possibilità di sviluppo di CD; - Oppositività: connessione con ADHD, abuso di sostanze e depressione.

CAPITOLO OTTAVO - I DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO Definizione Il termine Autismo viene utilizzato per la prima volta da Leo Kanner (1943) e da Hans Asperger (1944) studiando bambini con caratteristiche di isolamento sociale, povertà nelle interazioni sociali, comportamenti fortemente stereotipati, pochi e isolati interessi speciali, abilità straordinarie e resistenza ai cambiamenti. Viste le diverse caratteristiche dei soggetti e delle sindromi, sia dal punto di vista dei sintomi che dell'eziologia, si è giunto poi nel tempo a parlare di Disturbi dello Spettro Autistico (DSA), intesi come grave disturbo del comportamento causato da problemi di neuro-sviluppo, che alterando nei primi anni di vita la capacità di mettersi in relazione con gli altri provocano drammatici effetti cognitivi, affettivi e comportamentali. Attualmente tali disturbi sono stimati come uno dei problemi dello sviluppo più diffusi al mondo, con un'incidenza negli Stati Uniti di 1 ogni 110 bambini. Nosografia Bisogna considerare i principali Manuali Diagnostici: 1. ICD-10: fa rientrare tali disturbi nelle Alterazioni Globali dello Sviluppo Psicologico, all'interno della quale sono presenti alcuni sottogruppi: - interazioni sociali reciproche; - linguaggio e comunicazione; - comportamenti ripetitivi e interessi ristretti. 2. DSM-IV-TR: fa rientrare tali disturbi nella categoria dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo con una compromissione grave e generalizzata in diverse aree dello sviluppo, che sono le stesse dell'ICD-10. Il DSM divide poi i differenti disturbi: - Disturbo Autistico: i criteri diagnostici sono: - compromissione qualitativa dell'interazione sociale; - compromissione qualitativa della comunicazione; - modalità di comportamento, interessi ed attività ristretti, ripetitivi e stereotipati. - Sindrome di Rett;

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- Disturbo Disintegrativo dell'Infanzia; - Sindrome di Asperger: i cui criteri specifici sono: - deficit sociale con estremo egocentrismo; - interessi e preoccupazioni limitati; - routine e rituali ripetitivi; - linguaggio e discorso particolare; - problemi di comunicazione non verbale. 3. DSM-V: si sta cercando di strutturare una nuova definizione, caratterizzata da una revisione dei criteri diagnostici che dovrebbero diventare: - deficit persistenti nella comunicazione sociale e nelle interazioni sociali in diversi contesti non dovuti ad un generale ritardo dello sviluppo; - modelli di comportamento o interessi o attività ripetitivi e ristretti - sintomi presenti nella prima infanzia (ma possono non essere chiaramente manifestati fino a che la domanda sociale non superi le limitate capacità); - tutti i sintomi limitano e rendono difficile la vita quotidiana. Bisogna comunque sempre ricordare che i soggetti con DSA sono molto diversi anche nello stesso sottotipo. Nel DSM V la definizione di spettro autistico dovrebbe essere completata con il livello di gravità e con indicazioni per ogni soggetto relative al livello di competenza verbale e al valore del quoziente intellettivo. La Diagnosi Precoce Una serie di evidenze hanno messo in luce l’importanza di una Diagnosi Precoce per mettere a punto il trattamento più efficace ed arginare i deficit sia relazionali che cognitivi. Essa servirebbe quindi per identificare i segni precoci nasce dall'esigenza di sviluppare e verificare interventi precoci che possano prevenire l'instaurarsi di disturbi secondari dello sviluppo (Dawson, 2008). È stato infatti sottolineato come interventi intensivi precoci in setting educativi ottimali producono risposte migliori in bambini diagnosticati entro il secondo anno di età. Alcuni Indicatori Precoci possono essere considerati l’assenza di: - Alcune Funzioni Prelinguistiche (quali il gesto dell’indicare e del mostrare); - Joint Attention; - Gioco Simbolico; - Scambi Affettivi; - Imitazione. Tuttavia non è stato finora possibile verificare la validità predittiva di questi approcci prima dei 18 mesi (Baron-Cohen, 1996). Eziologia L'Eziologia, ricercata principalmente a livello genetico, si basa sui dati provenienti dalla neuropatologia dalle immagini della struttura e dell’attività del SNC e dalla neurochimica, i quali evidenziano che l’autismo è causato da differenti condizioni patologiche tra cui: - base genetica; - mutazione somatica causata da infezioni, tossine o altri fattori ambientali. Bisogna inoltre sfatare alcune False Credenze tra cui: - i vaccini non possono essere causa di autismo; - non c'è alcuna prova che il mercurio possa avere un qualche ruolo nell'autismo o nei disordini neurologici. Neuroanatomia dell'Autismo Sono state individuate con discreta precisione le Aree Cerebrali coinvolte nella patologia: 1. Regione Frontale, Corteccia Temporale Superiore e Parietale: anomalie in queste aree portano al Deficit nell'Attenzione Condivisa e nel Linguaggio, in quanto alterano le funzioni relative a: - processamento degli stimoli sociali; - attenzione condivisa; - funzione espressiva del linguaggio;

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- attenzione visiva agli stimoli sociali; - funzioni esecutive. 2. Tronco Cerebrale e Sistema Limbico: conduce al Deficit nell'Interazione Sociale e nello Scambio Emotivo in quanto crea disfunzioni in: - interazione sociale e affettiva; - memoria; - regolazione emotiva. 3. Cervelletto: comporta gli Interessi ed i Comportamenti Ripetitivi e Stereotipati in quanto influisce su: - movimento; - equilibrio; - postura; - simmetria; - pianificazione. Conseguenze e Alterazioni Le Conseguenze e Alterazioni principali dei DSA sono: 1. Alterazioni dell'Intersoggettività: intendendo l'Intersoggettività come il processo di condivisione dell'attività mentale tra soggetti durante un qualsiasi atto comunicativo, il quale dipende dalla produzione e dal riconoscimento di movimenti di del corpo, del viso, del tratto vocale e delle mani predisposti per la funzione comunicative, essa si sviluppa per fasi geneticamente predeterminate attraverso l'evolversi del sistema nervoso. Si può distinguere tra: - Intersoggettività Primaria: basata sulle interazioni madre-bambino nel primo anno di età. Si sviluppa attraverso un processo empatico, interaffettivo, il cui scopo principale è quello di stare bene, condividere il piacere e stabilire legami affettivi positivi con l'altro; - Intersoggettività Secondaria: in questa fase, basata sul distacco dalla madre, particolare rilevanza viene data alle capacità di condividere l'attenzione sullo stesso oggetto e, successivamente, al gesto dell'indicare, inteso come prima forma di intenzionalità comunicativa del bambino. Le Alterazioni dell'Intersoggettività nell'Autismo riguardano quindi principalmente: - non sempre si attivano scambi basati sulla comunicazione emotiva; - le difficoltà sensoriali possono alterare le protoconversazioni e i giochi iniziali madre-bambino; - profonda alterazione dell’intersoggettività secondaria per mancanza di indicazione e di capacità di leggere le espressioni emotive sul volto dell’adulto; - carenze nella Teoria della Mente. 2. Alterazioni nell'Interazione: riguardano le difficoltà relative alla responsività ed al coinvolgimento attivo con l'adulto. La disponibilità emotiva dei genitori, che comunque tende a calare, non sembra avere effetto nell'interazione e nello sviluppo dei bambini con DSA. Le spiegazioni principali riguardano: - Deficit nella Comprensione delle Emozioni e Strategie Atipiche di Face-Processing: la precoce atipia dei processi motivazionali interpersonali porrebbe quindi le basi per un crescente deficit relativi alle interazioni sociali con l'ambiente; - Atipico Funzionamento dei Neuroni Specchio: anomalie dello sviluppo di questo sistema neuronale porterebbero ad un deficit relativo ai processi di imitazione e simulazione. 3. Alterazioni Cognitive: in molti casi l’autismo è connesso con il ritardo mentale, ma anche nei casi di autismo con quoziente intellettivo nella norma ci sono alcune modalità di pensiero particolarmente differenti. Queste sarebbero portate da Problemi di Connessione, ossia problemi di attenzione, integrazione dei sistemi, di integrazione tra i due emisferi e di integrazione percettiva, i quali inficiano le capacità di interpretazione del mondo e di se stessi. Le caratteristiche dell’autismo sono simili a quelle trovate in pazienti con lesioni frontali, che presentano difficoltà nelle prove neuropsicologiche relative alle Funzioni Esecutive (FE), le quali includono sottodomini tra cui: - Pianificazione;

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- Flessibilità cognitiva (set-shifting); - Inibizione; - Memoria di lavoro; - Generazione di nuove idee; - Monitoraggio dell’azione. Le Spiegazioni riguardano il deficit relativo alla Mentalizzazione, e quindi conseguentemente all'Empatia, e difficoltà anche nelle competenze socio-cognitive più semplici, come nel caso della "Vera Credenza" (che indica il rapporto tra vedere e conoscere) delle Intenzioni e dei Desideri. Evoluzione Tenendo presente che tutti i bambini con autismo diventano adolescenti e poi adulti con autismo, bisogna comunque considerare che la gravità dei sintomi manifestati durante l'infanzia predice in qualche modo anche il grado di autonomia che è possibile raggiungere in età adulta. Alcuni soggetti con autismo possono quindi nel tempo raggiungere notevoli progressi nel vivere per conto proprio, nel lavorare e nel mantenersi, in quanto laddove il ritardo mentale è medio o lieve, si può arrivare a padroneggiare abilità scolastiche, ottenere e mantenere lavori tramite percorsi in qualche modo protetti, e godere di attività sociali e relazioni interpersonali.

CAPITOLO NONO - DEPRESSIONE E SVILUPPO DEPRESSIVO Depressione in Età Evolutiva e Psicopatologia dello Sviluppo La Depressione in Età Evolutiva è un argomento molto importante per varie ragioni: - Continuità: del disturbo nel corso della vita; - Discontinuità: dei comportamenti psicopatologici intesi come sintomi; - Genesi Primaria: di un nucleo indifferenziato ansioso-depressivo; - Convergenza: dell'inibizione comportamentale e di piccolo disforie con il nucleo ansioso-depressivo; - Convergenza: evolutiva di diversi e successivi affetti e sentimenti che rendono fondante, ricca, dolorosa e disgregatrice l'esperienza depressiva. - Sovrapposizione: tra meccanismi di aggregazione sintomatologica egodistonica e condensazione sindromica e meccanismi di strutturazione della personalità e di uno stile relazionare. Allo stato attuale delle ricerche i Criteri per la Depressione in Età Evolutiva sono: - esordio precoce; - moderata equivalenza con la sintomatologia adulta; - necessaria una definizione di sviluppo più attenta ad una prospettiva evolutiva; - frequente associazione con quadri di comorbidità. Essa prevede quindi la presenza contemporanea, coerente e incidente di sentimenti depressivi, tipici della fase di età, e di sintomi depressivi con segnale comunicativo e con oscura percezione soggettiva. Patogenesi dello Sviluppo Soggettivo I Fattori di Rischio sono: - Fattori Biologici: - ereditarietà genetica; - disregolazione dei sistemi noradrenergici e serotoninergico; - disfunzioni dell'asse ipotalamo-ipofisario; - influenza dei fattori ormonali alla pubertà. - Personalità: - stile di pensiero negativo rispetto a sé e agli altri; - temperamento a rischio depressivo. - Fattori Ambientali: - eventi di vita (sopratutto perdite e separazioni); - deprivazione e abuso; - funzionamento familiare atipico di mancanza di cura. Sarebbe quindi il Temperamento che attraverso la Costellazione Psicologica Nucleare (Silverman, Rees e Neubauer, 1975) crea la personalità, rendendo stabili alcuni elementi, a strutturare in modo

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più stabile quelle che all'inizio si presentato come semplici manifestazioni sintomatologiche di Disregolazione Affettiva Latente. L'Inibizione Comportamentale concatena poi il nucleo depressivo in tre punti: - fattore di rischio che inanella l'ansia da separazione; - modulatore negativo delle piccole disforie; - modulatore negativo del tono basale dell'umore, limitando inoltre curiosità e scoperte. Questo Nucleo Depressivo Originale, derivante inoltre dallo stile depressivo familiare e da un blocco infantile dell'ansia, raccoglierebbe poi diverse funzioni psicologiche che possono favorire l'insorgere della depressione: - come scaricare costruttivamente la rabbia; - come investire ed esprimere i bisogni affettivi; - come perseguire gli obiettivi di visibilità e successo; - come regolare la dipendenza e amministrare le distanze psicologiche. Le Fasi Cliniche dello Sviluppo Depressivo Si possono distinguere due grandi Fasi Cliniche: 1. Dalla Costellazione Depressiva al Rischio Clinico (3-6 anni): bisogna essere in grado di valutare il tono basale dell'umore, che dipende spesso dalle caratteristiche del temperamento, al fine di notare i cambiamenti ciclici o critici dell'umore, in una fase in cui la separazione e l'emergere di un senso di sé creano una progressiva capacità di gestione emotiva e degli affetti; 2. Sviluppo Affettivo e Formazione delle Sindromi (6-10 anni): il percorso che porta il bambino alla Formazione della Sindrome Depressiva prevede alcune fasi: - Scoraggiamento; - Senso di Perdita (dell'essere amato); - Tristezza; - Vergogna; - Senso di Inadeguatezza e Mortificazione; - Senso di Colpa; - Senso di Umiliazione. Genitori affetti da Depressione possono condurre i figli ad un'Organizzazione Ansiosa, Depressiva o Borderline. I Problemi presenti sono: - Contagio e Comunicazione Affettiva: la comunicazione affettiva in gioco tra madre e bambino tende a modulare quella che sarà la gestione affettiva nel corso della vita; - Paura del Dolore Mentale: per paura di giungere ad un crollo mentale a causa del dolore, le strategie messe in atto sono: - utilizzare il dolore fisico come rappresentazione e scarico del dolore mentale; - frammentare, disperdere e ridurre il dolore legandolo ai sentimenti depressivi; - negare l'esistenza del dolore e con esso dell'esistenza delle emozioni. Clinica e Tipi Depressivi Bisogna distinguere tra alcuni Tipi Depressivi legati alle fasi evolutive: 1. Prima Infanzia: l'esordio è portato, nei primi 3 anni, con la comparsa di comportamenti di ritiro ed un marcato ritardo nell'acquisizione e padroneggiamento di schemi autoregolativi. I bambini quindi: - si scoraggiano facilmente; - si vergognano se contattati emotivamente; - si arrabbiano quando sono, o si credono, soli; - si isolano, restando sempre ai margini dei gruppi. 2. Età Prescolare: i sintomi presentati dai 4 anni sono: - mancanza di curiosità e di comportamenti esplorativi, aperti e caldi; - grave difficoltà di trovare piacere nel gioco di movimento e rappresentazionale; - forte dipendenza da una figura di riferimento vicina e costante; - marcata sensibilità al dolore mentale e ai sentimenti di tristezza e disperazione; - precocissima attenzione a tematiche riguardanti la morte;

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- ritardi psicomotori e del linguaggio. Generalmente sono bambini molto intelligenti, ma estremamente legati a fantasie di morte-perdita ed in difficoltà rispetto a nuove situazioni e/o realtà. 3. Età Scolare: i bambini tra i 6 ed i 10 anni possono essere distinti in tre categorie: - Bambini in cui Prevalgono i Sintomi Somatoformi; - Bambini in cui Prevalgono le Difficoltà Scolastiche: - Bambini in cui Prevalgono i Disturbi della Condotta. Gli elementi che connotano la Depressione in tale fase sono: - Sentimenti e Lamentele Depressive Costanti; - Angoscia Abbandonica e Depressione (costante desiderio di avere la madre vicino). 4. Preadolescenza: tra i 10 ed i 12 anni il pericoloso transito tra infanzia ed adolescenza crea nel soggetto un'angoscia di trasformazione, da cui di solito ci si difende attraverso il ricorso a pensieri ossessivi relativi allo sporco e ad un possibile contagio mortifero. Le Difese Sintomatologiche più usate sono: - Sintomi Somatoformi: usati sopratutto nelle relazioni, essi iniziano anche ad alternarsi alla rabbia e a prendere un simbolismo marcatamente sessuale; - Difficoltà di Apprendimento e Mentalizzazione: attraverso la ruminazione, sistemi teorici da inutilizzare e la fobia della scuola il soggetto cerca di difendersi dagli apprendimenti che vengono visti come pericolosi. 5. Adolescenza: la fase dell'adolescenza comporta un cambio del repertorio psicologico che evolve verso: - invischiamento egodistonico nel gruppo; - assunzione, più o meno convinta, di condotte a rischio; - messa in prova e sfida sui valori e sull'esistenza. Queste dimensioni, assieme al nucleo depressivo, possono favorire: - condotte dissociali; - breakdown psicotici da cui va individuato il disturbo bipolare. I Disturbi più comuni sono: - Sintomatologia Anoressico-Bulimica: spostamento dell'attenzione sul Sé somatico, con condotte anoressico-bulimiche, di "imbruttimento" e autolesive; - Disturbo Bipolare: ancora non pienamente strutturato, ma comunque una sintomatologia depressa può essere considerata come prodromica al successivo viraggio ipomaniacale/maniacale; - Tentativi di Suicidio: basati su difficoltà a sviluppare un concetto maturo della morte e ad avere preoccupazioni eccessive per i sentimenti di perdita e separazione. Due elementi che rendono gli adolescenti più vulnerabili sono: - solitudine o dipendenza da rapporti unilaterali ed idealizzati; - fragilità psicologica e simbolizzazione della perdita. Bisogna quindi essere in grado di collegare alcuni elementi per prevenire il suicidio in adolescenza, e tra essi vi sono: - solitudine di base del soggetto in difficoltà; - esperienze di perdita subite e sproporzione delle reazioni; - costanza delle richieste di amore e delle proteste sulla perdita; - segnali di allarme trasmessi con grande enfasi; - abbandono graduale dei propri ambienti di riferimento (scuola e amici). Dal Disturbo Depressivo alla Personalità Depressiva Il Disturbo Depressivo può evolvere verso un Disturbo di Personalità, inteso come un modello di funzionamento e un pattern di sviluppo della personalità che si muove e si trasforma progressivamente nello sviluppo creando un disadattamento e un disturbo di consistente entità, che varia nella sua espressività secondo le fasi di sviluppo del bambino sia per l'uso di strumenti (cognitivi, affettivi e sociali) diversi da parte sua, sia per richieste esterne che variano in relazione ai diversi momenti di crescita. Le Caratteristiche del Disturbo Depressivo che influiscono sulla formazione di un disturbo di

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personalità sono: - esordio precoce; - modalità relazionare che alimenta un senso di difficoltà affettiva, comunicativa e recettiva; - difficoltà nell'integrazione di schemi motori e rappresentazionali; - cristallizzazione del nucleo ansioso; - repentini cambi d'umore e crisi di rabbia; - disturbi psichiatrici familiari incidenti sullo stile relazionare; - assenza di reciprocità sociale; - assenza di mentalizzazione, che crea isolamento e senso di vuoto. Se il "filo rosso" che collega il disturbo depressivo a quello di personalità è rappresentato dalle disforie, la base su cui esso si tramuta è l'ansia da cui non si hanno strategie adeguate per difendersi. Conclusioni Alcuni Elementi Conclusivi rilevanti sono: - le rotte dello sviluppo depressivo sono molto varie, e non tutte sequenziali; - necessario analizzare lo sviluppo affettivo generale del soggetto; - necessario analizzare la rilettura soggettiva dell'ansia da separazione; - bisogna considerare gli altri disturbi psicopatologici concomitanti; - bisogna comprendere se la depressione vaccina o autoimmunizza il soggetto rispetto al dolore mentale; - comprensione della manifestazione depressiva in base a individuo, storia e ambiente; - necessario comprendere significato storico della manifestazione depressiva, al fine di costruire modalità terapeutiche adeguate.

CAPITOLO DECIMO - I DISTURBI D'ANSIA Definizione Nella divisione necessaria tra Ansia Adattiva e Ansia Patologica (quindi sproporzionata alla natura dello stimolo), quest'ultima è un complesso sintomatologico che incide negativamente sulle attività e sulle relazioni dell'individuo. Si può inoltre distinguere tra: - Ansia di Tratto: basata su una personalità ansiosa e generalizzata a vari contesti; - Ansia di Stato: legata a determinate situazioni e generalmente somatizzata. Nosografia Nel DSM-IV-TR, che ha deciso di eliminare il termine Nevrosi (diversamente dall'ICD-10 che lo ha invece mantenuto nonostante abbia un significato differente da quello dato da Freud), lo Stato d'Ansia è sperimentato come un senso travolgente di paura e timore che rende il soggetto inabile per un periodo di tempo. Se le Fobie sono collegate a certi stimoli o situazioni, l'Ansia Generalizzata è più diffusa e tiene il soggetto in uno stato di costante vigilanza. I Disturbi d'Ansia del DSM sono poi suddivisi in: 1. Disturbo di Panico: si caratterizza per un'improvvisa ed intensa paura, la cui durata varia tra pochi secondi e 20 minuti. Produce inoltre sintomi somatici (ad es. tachicardia e sudorazione). I sintomi sono generalmente a-simbolici e a-metaforici (Recalcati, 2010) ed il primo attacco di panico rimane fresco nei ricordi del soggetto, che sviluppa quindi un'ansia anticipatoria (definibile anche come fobofobia, o paura della paura). Secondo Fonagy e Target tali attacchi, che è come se venissero dal nulla, segnalano un deficit di mentalizzazione, che si traduce in un fallimento della funzione di segnale dell'ansia. Il disturbo di panico può essere: - con Agorafobia; - Senza Agorafobia. 2. Fobie: riguardano una paura immotivata ed eccessiva per oggetti, situazioni o attività particolare, la quale induce il soggetto ad evitare tali stimoli ansiogeni. Nel DSM-IV-TR si distingue tra: - Sindrome Agorafobica;

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- Fobie Specifiche; - Fobia Sociale. 3. Disturbo Ossessivo-Compulsivo: si basa su un insieme di rituali che il soggetto deve svolgere a prescindere della propria volontà. Nonostante l'insorgenza sia verso i 6 ed i 15 anni nei maschi e tra i 20 ed i 29 anni nelle femmine, è un disturbo che tende a peggiorare per l'aumento repentino di tali rituali. Le Configurazioni Cliniche più frequenti sono: - Contaminazione: paura di essere contagiati dallo sporco; - Dubbio Patologico: prevede continui controlli per la paura che possa avvenire qualcosa di negativo; - Simmetria: basata su un senso di inadeguatezza, si manifesta con il bisogno che tutto sia in ordine e secondo le regole (spesso illogiche); - Accumulo: ossessione relativa ad accumulare oggetti per la paura che non ci siano più quando serve; - Pensieri Invadenti: pensieri ossessivi di natura aggressiva o sessuale e trasformati successivamente in comportamenti compulsivi. 4. Disturbo d'Ansia Generalizzato: basato su una serie di sintomi che si devono protrarre per almeno 6 mesi, esso si basa su un'attesa apprensiva con anticipazione pessimistica. Si sviluppa durante l'adolescenza e, per essere diagnosticato, è necessario che comprometta sostanzialmente la vita del soggetto; 5. Disturbo Post-Traumatico da Stress: riguarda l'esposizione ad eventi traumatici e prevede che ilo soggetto manifesti tre Serie Fondamentali di Sintomi: - Rivivere l'Evento Traumatico; - Evitamento e Ottundimento del Pensiero; - Eccitabilità Eccessiva. L'esposizione deve essere a: - Eventi Accaduti Direttamente alla Persona; - Eventi Accaduti in Qualità di Testimoni; - Eventi di cui si è Venuto a Conoscenza. Critiche a queste valutazioni del DSM riguardano il non tenere conto delle dissociazioni, in quanto il disturbo post-traumatico da stress implica questo tipo di disturbi come fondamentali e quindi non è un "semplice" disturbo d'ansia, e l'includere tra gli eventi situazioni molto gravi e situazioni meno rilevanti, rendendole tutte come passibili di essere traumatizzanti. 6. Disturbo Acuto da Stress: è un disturbo con sintomi di ansia, dissociazione o di altra natura, conseguenti all'esposizione ad una situazione traumatica. A differenza del precedente però deve manifestarsi entro un mese dall'evento traumatico e deve durare dai 2 giorni alle 4 settimane. Vulnerabilità Biologica I disturbi d'ansia prevedono un'incapacità a riacquisire l'equilibrio a seguito di una situazione di stress. Gli studi di neuroimagine rivelano un aumento volumetrico dell'amigdala e una maggiore attivazione della corteccia prefrontale destra, e questo spiegherebbe l'inadeguata gestione delle informazioni emotive e lo stato di iperattivazione fisiologica. Vulnerabilità Ambientale e Interpersonale Alcune Peculiarità dei Disturbi d'Ansia sono: - Eccessiva Responsività a Emozioni Improvvise ed Intense; - Difficoltà a Identificare e Differenziare le Emozioni; - Difficoltà a Modulare le Emozioni in Base al Contesto; - Vulnerabilità al Dolore e Restringimento della Finestra di Tolleranza. Nonostante i sintomi, la loro durata e la frequenza siano molto diversi tra loro, sembra che essi riguardino principalmente una comune disorganizzazione della conoscenza di sé-con-l'altro, in cui le parole perdono la loro funzione nel processo di comunicazione e regolazione emotiva, dovuta a esperienze traumatiche nelle relazioni primarie infante-caregiver. A essere deficitaria è quindi la Mentalizzazione, in quanto trasformazione di sensazioni corporee in stati mentali, la cui mancanza porterebbe a mantenere una memoria somatiche e traumatica di alcune

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emozioni che, riproponendosi in risposta a successive esperienze stressanti, farebbe da base alla vulnerabilità al dolore e alla conseguente iperattivazione fisiologica che determina l'insorgere di reazioni ansiose e sintomi psicopatologici e/o psicosomatici di natura dissociativa. Evoluzione La paura propria dei disturbi d'ansia segue una processione ontogenica dall'infanzia all'adolescenza: - Ansia da Separazione (6-22 mesi); - Ansia per l'Estraneo (6-24 mesi); - Paura dei Coetanei Non Conosciuti (20-29 mesi); - Paura degli Animali e del Buio (2-6 anni); - Paura della Scuola (3-6 anni); - Paura della Morte (8-16 anni). I disturbi d'ansia sarebbero quindi basati su un'incapacità di risolvere tali fasi. Vi è inoltre da considerare la trasmissione intrafamiliare dei disturbi d'ansia, così come dimostrato dagli studi di Beidel e Turner (1997). In definitiva l'Eziologia si baserebbe su fattori di rischio biologici e ambientali, che necessitano però di essere ancora approfonditi.

CAPITOLO UNDICESIMO - LE DIPENDENZE PATOLOGICHE Definizione Ponendo di base il fatto che la Dipendenza Sana sia una condizione naturale dell'essere umani, sviluppata già nella prima infanzia, che gli consente di formulare la relazione con l'altro e di collegare il suo stato interno con il mondo relazionare, bisogna notare come all'altro polo del continuum si collochi la Dipendenza Patologica intesa come la situazione che vede un soggetto instaurare con un oggetto di dipendenza (una sostanza, un'attività o un comportamento) una relazione patologica. In questo senso la Dipendenza da Sostanze è indicata, in senso clinico, come una condizione di subordinazione del benessere psicofisico di un individuo all'assunzione più o meno regolare di una sostanza esogena, con specifici effetti psicofarmacologici, talora nocivi per il sistema nervoso o per l'organismo nel suo insieme. La Dipendenza patologica, che negli ultimi anni si sta sviluppando non solo riguardo all'uso di sostanze psicoattive ma anche di specifici comportamenti (ad es. la work addiction o l'internet addiction disorder), è caratterizzata da diversi Meccanismi: - Tolleranza: progressiva riduzione degli effetti che rende necessario l'aumento costante del dosaggio; - Astinenza: intesa stimolazione psicomotoria e neurovegetativa dovuta all'interruzione repentina della sostanza. E' quindi la manifestazione della dipendenza fisica; - Craving (letteralmente "fame di"): associata a diverse condizioni psicopatologiche costituisce il desiderio impulsivo di assumere la sostanza o di attuare la condotta di dipendenza. Nosografia Il DSM-IV-TR inserisce il Disturbo da Dipendenza in due Assi: 1. Asse I: in cui si distingue tra: - Abuso di Sostanze: modalità patologica d'uso di una sostanza che porta a menomazione o disagio clinicamente significativi, come manifestato da specifiche condizioni ricorrenti nell'arco di 12 mesi; - Dipendenza da una Sostanza: prevede la presenza di tre o più tra le seguenti condizioni: - tolleranza; - astinenza e specifici sintomi; - assunzione per tempi più lunghi ed in dosi maggiori; - desiderio persistente; - impegno della maggior parte del tempo per procurarsi la sostanza; - interruzione o compromissione di attività sociali, lavorative o ricreative; - uso continuo della sostanza nonostante si conoscano gli effetti negativi. Vi è anche una Descrizione del Decorso divisa in fasi: - remissione iniziale completa (assenza per 1 mese ma per meno di 12 mesi); - remissione iniziale parziale (non soddisfatti tutti i criteri);

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- remissione protratta completa (assenza per almeno 12 mesi); - remissione protratta parziale (non soddisfa tutti i criteri). 2. Asse II: prevede, secondo il concetto di Doppia Diagnosi o Comorbidità, il fatto che al Disturbo da Abuso di Sostanze venga associato un disturbo della personalità. Nonostante i dati empirici sottolineino questa posizione, secondo cui la maggior parte dei soggetti con disturbi psichiatrici ha anche disturbi relativi all'abuso di sostanze (in Europa la percentuale è tra il 30 ed il 50%), è difficile definire quale delle due sia preponderante in quanto può essere stata la sostanza ad aver attivato meccanismi relativi al disturbo di personalità, oppure un disturbo preesistente può essere "controllato" (è questo il concetto della self-medication) attraverso l'uso di sostanze. Vulnerabilità I principali Fattori di Vulnerabilità sono: 1. Meccanismi Metabolici: disfunzioni del Sistema Mesolimbico, deputato alla percezione della gratificazione, possono portare il soggetto a ricercare nelle sostanze la gratificazione biologica assente; 2. Problemi e Alterazioni Genetiche: tra i sistemi genetici compromessi nel disturbo da dipendenza troviamo: - Recettore D2 della Dopamina; - Sistema della Serotonina; - Sistema Noradrenergico. 3. Caratteristiche Individuali Precoci: le caratteristiche individuali precoci più rilevanti sono: - necessità di emozioni sempre nuove e forti, con ridotta propensione ad evitare il pericolo; - timidezza, difficoltà di adattamento e frustrazione, con difficoltà di coping e nei rapporti sociali; - mancata capacità di dilazionare la fruizione delle gratificazioni. 4. Patologie in Età Evolutiva come Precursori: le Patologie dell'Età Evolutiva più rilevanti per lo sviluppo del Disturbo da Dipendenza sono: - Disturbo della Condotta; - Deficit d'Attenzione con Iperattività. Dipendenza e Genitorialità Rispetto alla Connessione tra Dipendenza e Genitorialità bisogna considerare alcuni elementi: 1. Madri Tossicodipendenti: generalmente una donna tossicodipendente proviene da una famiglia deprivata e deprivante, generalmente in condizione di emarginazione sociale, in cui le relazioni genitori-figli sembrano distorte, conflittuali o invischianti. Le sostanze hanno quindi il ruolo di ricreare un equilibrio omeostatico familiare. Tali donne spesso desiderano un figlio in quanto elemento riparativo rispetto al proprio vissuto ed ai propri sensi di colpa. Nonostante questo la funzione genitoriale che possono svolgere è inadeguata sia per l'impossibilità di interrompere la propria dipendenza, con evidenti problemi biologico-fisici per il figlio, sia per l'incapacità di svolgere il ruolo di genitore, in quanto non si ha una base evolutiva stabile e spesso si ricerca nel figlio un'inversione dei ruoli dannosa; 2. Bambini di Genitori Tossicodipendenti: l'alto rischio evolutivo di tali bambini va analizzato in due specifici fattori (Nicolais, 2010): - Fattori Interni: come anomalie fisiche, comportamentali e disturbi psicologici propri del bambino che rendono difficile per il genitore prendersi cura di lui; - Fattori Esterni: appartenenti al suo contesto di crescita, come elementi della storia personale del genitore, le sue caratteristiche psicologiche o elementi ecologici relativi al contesto familiare e relazionare. Vari studi empirici, tra cui le ricerche di Ijzendoorn, Kroonenberg e Frenkel (1992), hanno permesso di individuare una percentuale più alta di stili di attaccamento disorganizzati-disorientati in figli con genitori tossicodipendenti (ma anche in genitori con disturbi psichiatrici o del comportamento). Conclusioni Vi sono ancora alcune Questioni Aperte tra cui si possono evidenziare: - Problema Diagnostico e Tema della Doppia Diagnosi;

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- Considerazione delle Nuove Droghe e delle Nuove Dipendenze; - Precursori Individuali, Contestuali e Psicopatologici del Disturbo; - Intersezione tra Disturbo e Aspetti Affettivo Relazionari del Soggetto (ad es. essere genitore).

CAPITOLO TREDICESIMO - I DISTURBI DELLO SPETTRO SCHIZOFRENICO Definizione Bisogna considerare i Principali Autori che si sono occupati di studiare la schizofrenia: 1. Kraepelin: utilizzò il termine di Dementia Praecox, coniato da Morel, per descrivere un disturbo unico, caratterizzato da esordio precoce, prognosi sfavorevole ed una ricca ed articolata manifestazione sintomatologica, sia sul piano psichico che somatico. I sintomi fondamentali del disturbo erano rappresentati dall’esordio precoce e dal deterioramento cognitivo, mentre le altre manifestazioni sintomatiche, potenzialmente occorrenti anche in altri disturbi psichici, erano deliri, allucinazioni, disinteresse per il mondo circostante, stereotipie, negativismo, disturbi del linguaggio e molti altri ancora. Nel pensiero di Kraepelin non esisteva un chiaro segno patognomonico della Schizofrenia, quanto piuttosto una co-occorrenza di manifestazioni che, qualora esordissero precocemente e provocassero un deterioramento cognitivo, potevano essere ricondotte ad una sindrome di tipo schizofrenico, caratterizzata da diverse forme cliniche; 2. Bleuler: coniò il termine Schizofrenia, con cui intendeva indicare la caratteristica fondamentale del disturbo e cioè la scissione delle funzioni psichiche. Il suo punto di vista contestava a Kraepelin: - differenza fra il quadro cognitivo di questi pazienti e quello delle demenze; - precocità dell’esordio; - unitarietà della malattia. I quattro Sintomi Fondamentali della Schizofrenia erano: - Appiattimento Affettivo; - Allentamento dei Processi Associativi (disorganizzazione del pensiero); - Ambivalenza; - Autismo (ritiro dalle relazioni). I disturbi comportamentali e, soprattutto i deliri e le allucinazioni, ritenuti elementi fondamentali da Kraepelin, vengono invece considerati da Bleuler in qualità di aspetti accessori della malattia e definiti, appunto, sintomi secondari; 3. Scheider: psichiatra tedesco contemporaneo ai precedenti, distinse i Sintomi in due Macrocategorie: - Sintomi Primari e Patognomonici: - Allucinazioni Uditive; - Esperienze di Passività; - Alienazione del Pensiero; - Percezioni Deliranti. - Sintomi di Secondo Rango: - disturbi percettivi; - idee deliranti; - modificazione dell'umore; - impoverimento emotivo; - perplessità. 4. Strauss (1974): ridefinì in cluster specifici le manifestazioni fenotipiche del disturbo schizofrenico. Le tre classi di sintomi erano: - Sintomi Positivi (allucinazioni, deliri e disturbi della forma del pensiero); - Sintomi Negativi (appiattimento affettivo, alogia e apatia); - Sintomi Affettivi. 5. Crow (1985): raggruppò i sintomi in positivi e negativi, ritenendo che alla base delle due classi sintomatologiche ci fossero due differenti tipologie di schizofrenia: - Tipo I: dovuta a uno stato iperdopaminergico;

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- Tipo II: dovuta ad un deficit strutturale cerebrale. Ad oggi, ci pare impossibile continuare a considerare la Schizofrenia come una unica psicopatologia in quanto da un lato la storia stessa dell’approccio scientifico all’argomento ci pare confermi questa evidenza e dall’altro gli studi più recenti pare confermino diverse entità nosografiche con traiettorie evolutive altrettanto differenti, unitamente ad una notevole varietà di esiti. Nosografia Bisogna considerare i principali Manuali Diagnostici: 1. ICD-10: inserisce, nel Settore V dei Disturbi Psichici e Comportamentali, la Schizofrenia, il Disturbo Schizotipico e i Disturbi Deliranti. All’interno di tale sezione vengono codificati i seguenti disturbi dello spettro schizofrenico: - Schizofrenia; - Disturbo schizotipico; - Disturbi deliranti persistenti; - Disturbi psicotici acuti e transitori; - Disturbo delirante indotto; - Disturbi schizoaffettivi; - Altri disturbi psicotici non organici; - Psicosi non organica non specificata. 2. DSM-IV-TR: nella sezione Schizofrenia e Altri Disturbi Psicotici vengono inseriti: - Schizofrenia; - Disturbo Schizofreniforme (più breve e senza deterioramento); - Disturbo Psicotico Breve (si risolve entro un mese); - Disturbo Schizoaffettivo (alterazione dell'umore); - Disturbo Delirante (deliri senza altri sintomi); - Disturbo Psicotico Condiviso (deliri condivisi tra più soggetti); - Disturbo Psicotico Dovuto ad una Condizione Medica Generale; - Disturbo Psicotico Indotto da Sostanze; - Disturbo Psicotico Non Altrimenti Specificato. 3. DSM-V: le revisioni principali riguardano: - Introduzione della Sindrome Psicotica Attenuata; - Rimozione del Disturbo Psicotico Condiviso; - Rimozione dei Sottotipi Schizofrenici; - Modifiche al Criterio A della Schizofrenia; - Valutazione di Gravità con Scala Likert su Cinque Livelli; - Modifiche al Criterio A del Disturbo Schizofreniforme (come per la schizofrenia); - Modifiche ai Criteri Diagnostici del Disturbo Schizoaffettivo; - Modifiche ai Criteri del Disturbo Delirante (nel criterio A viene eliminata la limitazione ai deliri non bizzarri e il sottotipo somatico viene meglio definito). La Sindrome Psicotica Attenuata è stata creata per avere l’opportunità di identificare i segnali precoci del disturbo schizofrenico che potrebbero manifestarsi nei giovani, prima dell’esordio psicopatologico. È ancora in discussione se la Sindrome Psicotica Attenuata verrà introdotta fra i disturbi oppure in appendice, in attesa di ulteriori studi di approfondimento. I Criteri diagnostici sono costituiti dalla presenza di tutti i seguenti sintomi: - almeno uno dei seguenti sintomi, in forma attenuata e senza compromissione dell’esame di realtà ma in forma sufficientemente severa o frequente da non poter essere ignorato: - Deliri; - Allucinazioni; - Eloquio disorganizzato. I sintomi del criterio debbono: - essere presenti nell’ultimo mese almeno una volta alla settimana; - essere iniziati o significativamente peggiorati nel corso dell’anno precedente; - essere sufficientemente disturbanti e disabilitanti per il paziente e/o per i familiari, da indurre alla

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richiesta di un aiuto. Epidemiologia Gli Elementi Epidemiologici della Schizofrenia sono: - Prevalenza Puntiforme (ad un dato momento): - varia da 3.1 a 5.9 x 1000; - pari ad un range compreso fra 3.0 e 8.0; - tasso di prevalenza nell’arco di vita si aggira attorno all’ 1%. - Incidenza: appare variare fra lo 0.1 e lo 0.7 x 1000, con enormi differenze nei tassi misurati da diversi autori in diversi paesi; - Esordio Precoce nei Maschi; - Tassi di incidenza più elevati in adolescenza, nei giovani adulti e negli appartenenti a minoranze etniche ed immigrati; - Elementi di Co-occorrenza: - nascita nella tarda stagione invernale oppure all’inizio della primavera; - esposizione del feto all’influenza A2 nel corso del 2° trimestre di gravidanza; - complicazioni gestazionali e durante il parto; - nascita in contesti urbani; - età paterna avanzata. Vulnerabilità Biologica Il confronto scientifico attuale prevede due posizioni tra cui la prima che vede la schizofrenia come una patologia neuroevolutiva e la seconda che invece la vede come una patologia generativa. Bisogna quindi analizzare i due differenti modelli: - Modelli Neuroevolutivi: la psicopatologia emergerebbe da predisposizioni genetiche o complicazioni pre o perinatali che si intersecano con l'evoluzione del sistema nervoso centrale in periodi critici o sensibili; - Modelli Neurodegenerativi: la base eziologica della schizofrenia sarebbe un processo degenerativo del tessuto neuronale, caratteristico delle psicosi, eventualmente associato ai fenomeni di apoptosi cellulare e/o di neurogenesi. Entrambi questi modelli sarebbero comunque integrabili tra loro e utili per comprendere l'eziologia biologica della schizofrenia. Le Vulnerabilità Biologiche della Schizofrenia sono: 1. Anomalie nella Struttura Cerebrale: basate sul allargamento del sistema ventricolare e sulla compromissione più generalizzata del sistema relativo al liquido cerebrospinale che comporta: - maggiore quantità complessiva di liquido; - sovradimensionamento dei solchi cerebrali; - conseguente diminuzione della materia grigia. Infine è utile analizzare ulteriori differenze macroanatomiche che coinvolgono: - l’Ippocampo, l’Amigdala, la Corteccia Temporale ed il Talamo; - il giro temporale; - la corteccia temporale destra, frontale e cingolata. 2. Anomalie Fisiche Minori: prevedono irregolarità nella struttura del volto, delle mani e dei piedi che si sviluppano interno al secondo trimestre di gravidanza e che derivano dallo stesso foglio embrionale da cui origina il sistema nervoso. Particolarmente correlate alla schizofrenia sembrano: - innalzamento e restringimento del palato; - anomalie cranio-facciali; - irregolarità nelle impronte digitali e palmari; - alterazione nei dermatoglifi. 3. Altre Evidenze Neurologiche: tra cui: - Anomalie nella distribuzione della lateralizzazione: meno destrimani che nella popolazione generale (più alto tasso di lateralizzazioni ambigue o atipiche e cioè meno stabilmente definite); - Evidenti alterazioni nella disposizione delle cellule neuronali dell’Ippocampo, particolarmente rispetto all’allineamento ed all’orientamento (alterazione delle connessioni sinaptiche che, in definitiva, deriva

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da una scorretta proliferazione di dendridi e assoni provenienti dalle cellule disposte disordinatamente); - Fenomeno Pruning (eliminazione delle connessioni non necessarie): si verifica successivamente alla nascita ed in determinati periodi, fra i quali l’adolescenza, e potrebbe eliminare le connessioni erroneamente stabilite dai neuroni scorrettamente disposti nella corteccia cerebrale, enfatizzando una carenza nella comunicazione fra i neuroni di alcune aree cerebrali. Vulnerabilità Genetica Riguarda principalmente il fatto che la Schizofrenia possiede, in base alle ricerche attuali, l'81% di ereditabilità Tali spiegazioni permettono però solo di spiegare la metà dei casi di schizofrenia e per questo rafforzano la necessità di ricercare Modelli Etiologici Bio-Psico-Sociali. Le principali Ipotesi Genetiche sono: 1. Ipotesi Dopaminergica: i farmaci che riducono l’attività dopaminergica contribuiscono ad un miglioramento della sintomatologia psicotica e, di converso, le molecole che ne esaltano l’attività peggiorano tale sintomatologia. Secondo le ricerche i quattro circuiti dopaminergici coinvolti sono: - Via Mesolimbica: un eccesso di dopamina pare implicato nella sintomatologia positiva (deliri ed allucinazioni); - Via Mesocorticale: un deficit di dopamina pare coinvolto nella sintomatologia negativa e nei deficit cognitivi connessi ai DSS; - Via Nigro-Striatale: coinvolta nella regolazione dei movimenti, in cui una diminuzione dei livelli di dopamina sembra provocare una sintomatologia parkinsoniana; - Via Tubero-Infundibulare: una diminuzione o una scomparsa della dopamina paiono essere implicate nell’incremento dei livelli ormonali di Prolattina. Vi sono alcune controversie, soprattutto relativamente alle vie mesolimbica e mesocorticale, per le quali si discute relativamente al rispettivo coinvolgimento nella sintomatologia positiva, cognitiva e negativa. 2. Ipotesi Glutammatergica: il Glutammato è il principale neurotrasmettitore eccitatorio del Sistema Nervoso Centrale e le vie glutammatergiche connettono l’Ippocampo, la Corteccia Prefrontale ed il Talamo. Questa ipotesi afferma che una riduzione della trasmissione glutammatergica prefrontale determini una parallela riduzione dell’attività di quest’area che, a sua volta, comporta una riduzione dell’attività mesocorticale, con conseguente sintomatologia negativa e deficit cognitivi. Tale diminuzione provocherebbe inoltre una carenza nella regolazione delle proiezioni mesolimbiche che potrebbero divenire iperresponsive allo stress e quindi suscettibili di attivare le acuzie psicotiche. L’ipotesi Glutammatergica appare perfettamente compatibile con quella Dopaminergica, data la complementarietà dei 2 neurotrasmettitori nelle vie cerebrali descritte. 3. Il Possibile Ruolo del Cortisolo: Walker e collaboratori (2008) hanno riscontrato un incremento significativo nella secrezione dell’ormone dello stress, il Cortisolo, nei soggetti affetti da DSS. Il tasso di pazienti schizofrenici aumenta notevolmente in presenza di fattori stressanti durante la gestazione ed, in particolare, nel corso del primo trimestre di gravidanza. I fattori stressanti presi in esame sono la vedovanza, l’esposizione a disastri naturali e l’inedia. L’esposizione della madre, durante il periodo prenatale, ad eventi di natura stressante, inoltre, sembra causare modificazioni strutturali importanti nella struttura dell’ippocampo e anomalie citoarchitettoniche riscontrate nei pazienti affetti da DSS. Gli argomenti fino ad ora sviluppati, che pongono le Basi Biologiche della Schizofrenia, sono più che sufficienti per sostenere l’ipotesi che i DSS insorgono in forma premorbosa ben prima della loro manifestazione clinica, evidenziando una condizione di vulnerabilità biologica (genetica, strutturale, neurotramettitoriale e citoarchitettonica) con una notevole componente familiare ma al contempo con un altrettanto importante ruolo assegnato al contesto in interazione con essa. Tale interazione di fattori sembra iniziare molto precocemente, durante lo sviluppo fetale, e pare coinvolgere aspetti teratogeni materni e fetali, così come evidenti elementi di natura sociale e relazionale, particolarmente per ciò che riguarda il coinvolgimento dell‘asse ipotalamo-ipofisi-surrene

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ed il sistema dello stress. Vulnerabilità Psicologica I Deficit Psicologici fondamentali della Schizofrenia, che possono essere interconnessi ai fattori di vulnerabilità biologica prima descritti, sono: 1. Deficit Percettivi: emersi nel compito denominato Backward Masking, rilevano ritardi nel riconoscimento accurato dello stimolo target. Tale compromissione riguarderebbe anche i fratelli di soggetti schizofrenici, anche se in essi non è presente la manifestazione psicopatologica; 2. Deficit del Sistema Attentivo: riguarda la vigilanza o l'attenzione sostenuta e vari studi hanno rilevato la specificità in soggetti ad alta vulnerabilità per i DSS e il fatto che ne preceda l'esordio, con elevate potenzialità predittive; 3. Sensory Gating o Abituazione: i soggetti con DSS appaiono meno in grado di abituarsi e, benché avvisati, mantengono comunque la reazione di startle; 4. Compiti Visuo-Motori: i movimenti oculari di inseguimento lento (SPEM) sono un riflesso visuo motorio deputato a far ricadere sulla fovea uno stimolo visivo mobile allo scopo di ottimizzare il processo percettivo. Deficit nei compiti relativi indicano come questo sia un marker per la vulnerabilità biologica ai DSS; 5. Memoria di Lavoro: riguarda le capacità di attenzione e le funzioni esecutive. I soggetti affetti da DSS presenta difficoltà iniziali nell'acquisizione delle informazioni, anche se è comunque in grado di ritenere le informazioni già apprese. Nel pensiero di Freud la Schizofrenia veniva spesso associata alla paranoia. Il pensiero freudiano su questo argomento può essere suddiviso in fasi: - I Fase: Schizofrenia come una difesa dal ritorno del rimosso che si esplica attraverso strategie difensive qualitativamente diverse dalla controparte nevrotica; - II Fase: l’investimento energetico (libidico), nel suo procedere verso l’amore oggettuale (da se stessi agli altri), rimanga ancorato (fissazione) o ritorni (regressione) a fasi dello sviluppo molto precoci, e più in particolare allo stadio autoerotico, compromettendo la maturazione psichica complessiva dell’individuo e determinando i fenomeni allucinatori, quali tentativi di guarigione, data la compromissione dell’esame di realtà; - III Fase: l’istanza psichica denominata Io, che potremmo definire come l’agente esecutivo della mente, nel tentativo di mediare fra i desideri pulsionali (Es) e la realtà, viene sopraffatto dai primi e si frammenta (scissione), determinando la sintomatologia psicotica. Bisogna poi considerare gli studiosi Post-Freudiani: 1. Hartmann: origine difettuale dell’istanza egoica che, proprio in ragione di tale deficit, risulta inadeguata ed evolve verso la psicopatologia schizofrenica; 2. Pao: né natura né ambiente possono da soli condurre alla malattia schizofrenica, ma piuttosto l'interazione fra i due, nelle primissime fasi di vita, determina alcune esperienze che, successivamente, possono portare alle caratteristiche connotazioni della schizofrenia che lui definisce come "disturbi basici dell' esperienza". Pao ha creato anche una classificazione dei disturbi schizofrenici: - Schizofrenia di tipo I: esordisce nella prima età adulta, con una sintomatologia positiva di tipo florido e senza che possano essere riconosciuti nella storia evolutiva del paziente elementi indicativi di una difettualità precoce; - Schizofrenia di tipo II: esordisce nel corso dell’adolescenza e possono essere riconosciuti dei ritardi evolutivi; - Schizofrenia di tipo III: è la forma più grave. Tutta l’infanzia del paziente appare caratterizzata da difettualità nell’apprendimento, nella relazionalità, nell’acquisizione dei regolari obiettivi evolutivi. L’esordio è solitamente precocissimo, con l’ingresso in adolescenza, e la sintomatologia è prevalentemente di tipo negativo; - Schizofrenia di tipo IV: rappresenta l’evoluzione cronica di ciascuna delle tipologie sopra presentate in cui la riconoscibilità del tipo appare ormai difficile se non impossibile. 3. Greenspan: propone il Modello Evolutivo-Strutturale che si basa su due principi: - la capacità di organizzare l’esperienza è presente molto precocemente nelle fasi dello sviluppo e

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progredisce a livelli più avanzati di pari passo con la maturazione dell’individuo. Le caratteristiche di tale capacità organizzativa, in ogni fase dello sviluppo, sono determinate dall’interazione tra le esperienze adeguate all’età e la maturazione del SNC; - ad ogni fase dello sviluppo corrispondono caratteristiche organizzative specifiche e peculiari esperienze ad essa adeguate. Secondo tale modello quindi, alla base della Schizofrenia, nell’infanzia del potenziale paziente, possono essere riconosciuti due fenomeni: - la presenza di un deficit nell’elaborazione dell’informazione sensoriale; - un ambiente che opera sull’infante in maniera da non sopperire a tale disfunzione, confondendo ulteriormente la comunicazione I soggetti con DSS premorbosi si caratterizzano allora per una specifica difficoltà nel processamento dell’informazione sensoriale di tipo uditivo/verbale, fin dalle prime fasi dello sviluppo. Vulnerabilità Ambientale e Interpersonale Bisogna principalmente considerare: 1. Fattori Ambientali: le variabili ambientali, oltre che quelle relazionali, sono state documentate quali fattori etiologici importanti, sia prese singolarmente che in interazione con la vulnerabilità biologica. Possono essere di natura: - Fisiologica (tossine e condizioni di deprivazione); - Relazionare (stress e caratteristiche del caregiving). Appare quindi consolidato come i fattori ambientali esercitino una notevole influenza sullo sviluppo neuroevolutivo dell’individuo co-determinando, congiuntamente alle basi biologiche, un possibile esito nell’ambito dei DSS. Tra i Fattori Ambientali più rilevanti troviamo: - Abuso di sostanze; - Immigrazione e condizioni socioeconomiche; - Influenza; - Carestia; - Complicazioni ostetriche o perinatali. 2. Social Cognition: intesa come esercitazione delle funzioni cognitive nel contesto interpersonale. Dato che le psicopatologie si esplicitano nel mondo reale, relazionale e sociale degli individui e i differenti deficit avrebbero davvero scarsa rilevanza se non fossero contestualizzati e non si manifestassero anche, e soprattutto, nei contesti di vita degli individui, compromettendone le capacità adattive, l’autonomia, il supporto sociale e l’accesso ai sistemi di cura, la Social Cognition permette di considerare la psicopatologia evolutiva, che può essere ricondotta a tre Approcci Principali: - Costrutti sociali correlati con performances cognitive, quali linguaggio, funzionamento esecutivo e creatività; - Variabili familiari che correlano con le performances cognitive, quali il dialogo intra familiare relativamente agli stati mentali, la mind-mindedness materna, lo stato socio-economico e il legame di attaccamento; - Altre variabili sociali, quali la qualità dell’interazione con il gruppo dei pari e il comportamento socialmente competente. Due elementi fondamentali da considerare sono: - Capacità di Percepire le Emozioni negli Altri: il riconoscimento delle emozioni è un processo in cui fattori costitutivi e temperamentali interagiscono con elementi esperienziali, determinando la capacità individuale in questa funzione. I pazienti con DSS posseggano una minore abilità nella percezione e nel riconoscimento delle emozioni negli altri, con evidenti ripercussioni sull’interazione sociale; - Teoria della Mente e Mentalizzazione (Baron-Cohen, 1995): riguarda la capacità di inferire e rappresentare la mente degli altri, vale a dire di comprendere ed attribuire stati mentali causali. Va notato che alcuni sintomi caratteristici della schizofrenia riflettono un’incapacità nella attribuzione di stati mentali alle altre persone. Evoluzione

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Bisogna ora sottolineare alcune Evidenze Scientifiche emerse: - esistono ampie prove che la Schizofrenia è caratterizzata da una considerevole vulnerabilità biologica, testimoniata sia da evidenze strutturali cerebrali, che genetiche e neurotrasmettitoriali; - tale componente biologica appare ampiamente trasmissibile fra le generazioni; - alcune esperienze pre e perinatali influenzano lo sviluppo neurale e lo indirizzano in maniera importante verso una vulnerabilità alla psicopatologia schizofrenica; - le manifestazioni di tale vulnerabilità biologica si evidenziano ben prima dell’esordio clinico della malattia attraverso una serie di indicatori neurologici, neuropsicologici, psicologici e relazionali; - le manifestazioni psicologiche e comportamentali di natura sub-clinica interagiscono con l’esperienza nel corso dello sviluppo compromettendo sia lo sviluppo neurale che quello psicologico-relazionale successivi; - la Schizofrenia, ed altri Disturbi appartenenti al suo Spettro, sono quindi la conseguenza dell’interazione fra molteplici fattori biologici ed ambientali; - gli eventi stressanti, inoltre, a parità di vulnerabilità biologica, determinano un peggioramento delle manifestazioni sintomatiche e della gravità complessiva dei disturbi psicopatologici. In questo senso l'Approccio Neuroevolutivo di Walker (1994) considera che la normale maturazione dei circuiti cerebrali che connettono le regioni corticali e quelle subcorticali potrebbe sottostare alle manifestazioni comportamentali della Schizofrenia La Vulnerabilità Biologica starebbe nell'anormalità dell'attività dopaminergica striatale che produrrebbe difetti nelle strutture a maturazione tardiva, quali i circuiti limbici e frontali, implicati nei compiti psicologici e cognitivi. L’anomalia dopaminergica striatale si manifesterebbe in maniera differente lungo l’arco di sviluppo dell’individuo, con disturbi neuromotori precoci e successiva sintomatologia psicotica in adolescenza o nella prima età adulta. Vi sarebbe inoltre un coinvolgimento dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (circuiti dello stress) in adolescenza, con l’incremento della secrezione di cortisolo può essere legata all’esacerbazione della sintomatologia psicotica e probabilmente anche con la sua insorgenza. L’associazione fra maturazione puberale ed esordio schizofrenico potrebbe quindi essere attribuita all’influenza ormonale sull’espressione genetica. Tale modello terrebbe quindi in considerazione tutti gli elementi fino ad oggi noti, sia relativamente alla familiarità, che all’espressione genica, che al possibile ruolo dei fattori stressanti ambientali sulle manifestazioni psicopatologiche. Le Conclusioni che si possono trarre quindi da questo capitolo sulla Schizofrenia sono: - la Schizofrenia è sia un disturbo sia progressivo che evolutivo, sebbene la "progressività" debba essere intesa in termini sensibilmente diversi dalle iniziali convinzioni di Kraepelin; - è consolidato come la sua manifestazione sia chiaramente influenzata da fattori pre e perinatali che, in interazione con elementi contestuali, determineranno sia le caratteristiche sintomatologiche che la gravità delle stesse; - è altresì evidente come essa sia una patologia progressiva, essendo dimostrata una degenerazione del tessuto cerebrale, l'assottigliamento corticale, successivamente all'esordio psicopatologico così come un deterioramento progressivo quantomeno delle funzioni sociali; - McGlashan e Hoffman (2000) l'hanno appunto definita un Disturbo Neuroevolutivo Progressivo sulla scorta delle precocissime disfunzioni neuronali e della loro progressione nell'arco di vita.

CAPITOLO QUATTORDICESIMO - IL TRAUMA Definizione Il Trauma (dal greco trauma che significa colpo, lesione, ferita sul corpo e/o sull'anima) è un termine che, trasportato in ambito psicologico, significa una ferite della psiche umana, dovuta ad un attacco al senso del sé del soggetto e alla prevedibilità del mondo, associati ad un senso di impotenza, inadeguatezza e minaccia verso la vita del soggetto stesso. Visto da diversi autori in un'ottica più intrapsichica (Freud, Janet e Klein) o interpersonale (Ferenczi e Winnicott) esso è stato poi studiato dalla Teoria dell'Attaccamento che, nella Teoria Relazionare di Stern (2004), lo configura come:

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- originato da interazioni reali; - fallimento della sintonizzazione affettiva del sistema caregiver-bambino; - precoce nel sistema di sviluppo infantile. I nuove risvolti teorici hanno poi concepito il trauma come deficit dei Modelli Operativi Interni che lascia quindi la mente senza un'adeguata gestione e integrazione informazionale ed emozionale. Nosografia Con il concetto di Disturbo Post-Traumatico da Stress il DSM ha infatti annoverato il Trauma tra gli eventi al di fuori della gamma delle abituali esperienze umane che può contribuire alla formazione di disturbi psicopatologici in quanto rappresenterebbe un fattore eziologico. Il limite è però quello di non annoverare in questo termine quelli che sono i Traumi Interpersonali propri dello sviluppo soggettivo. In questo logica Van Der Kolk (2008) ha creato il Disturbo Traumatico dello Sviluppo il quale prevvederebbe una serie di traumi interpersonali che possono riguardare varie aree tra cui: - Attaccamento; - Livello Biologico; - Regolazione dell'Affetto; - Dissociazione; - Controllo del Comportamento; - Cognizione; - Senso del Sé. Dato che questi elementi possono creare intense emozioni (tra cui rabbia e senso di fallimento, spesso il bambino struttura modelli disfunzionali per evitare le situazione vissute come più rischiose. In risposta ai traumi a cui sono sottoposti, i soggetti svilupperebbero quindi quello che Janet e Van Der Hart hanno descritto come Teoria della Dissociazione Strutturale della Personalità, secondo cui il soggetto si "dividerebbe" in due parti: - Apparentemente Normale (ANP); - Emozionale (EP). Esistono poi tre Tipi di Dissociazione Strutturale: - Dissociazione Strutturale Primaria: distinzione tra una ANP e una EP; - Dissociazione Strutturale Secondaria: distinzione tra una ANP e più EP; - Dissociazione Strutturale Terziaria: distinzione tra più ANP e più EP. Vulnerabilità Biologica Le Aree di Vulnerabilità Biologica relative al Trauma sono: - Ippocampo: vulnerabile a stress ricorrenti ed elevati, nel caso di traumi importanti si assiste ad una riduzione delle sue dimensioni, con un conseguente difetto della memoria esplicita contenente le informazioni spaziali, temporali e semantiche; - Amigdala: situazioni traumatiche creano un'iperattivazione di questo organo, con conseguente incapacità nella gestione dei vissuti emotivi e un ricorsivo stato di iperarousal. Vulnerabilità Ambientale e Interpersonale Il Trauma deve essere visto necessariamente nell'ottica dei legami interpersonali e delle relazioni di attaccamento, in quanto sarà il fallimento delle funzioni di interiorizzazione dell'altro a condurre ad uno sviluppo traumatico e ad un esperienza traumatica e disadeguata di relazione, in quanto non permette di apprende l'autoregolazione necessaria per lo sviluppo della personalità del soggetto. Nella Teoria dell'Attaccamento le strutture cognitive apprese, chiamate Internal Working Model (o Modelli Operativi Interni), possono creare Stili di Attaccamento Disorganizzati-Disorientati che promuovono una sostanziale dissociazione delle esperienze. Allen, Fonagy e Bateman (2008) utilizzano in questo senso l'espressione Attaccamenti Traumatici per riferirsi a un sottoinsieme di traumi interpersonali in cui si instilla nel soggetto la paura della vicinanza emotiva e della dipendenza. Sarebbero quindi esperienze di Abuso e/o Trascuratezza a non consentire al bambino uno sviluppo delle capacità di mentalizzazione. Si giunge quindi all'emergere di Sintomi Post-Traumatici, basati sulla dissociazione, tra cui:

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- Riattualizzazione; - Intrusione dei Ricordi; - Ansia Panica. La Mentalizzazione, il cui sviluppo è basato sul considerare il bambino come dotato di intenzionalità e sull'offrirgli il proprio apparato cognitivo per capire come funziona, sarebbe quindi disfunzionale e questo si nota in specifici comportamenti tra cui: - il persistere della modalità dell'equivalenza psichica nello sperimentare la realtà interna; - la propensione a passare di continuo al modo del far finta (attraverso la dissociazione); - parziale incapacità di riflettere sugli stati mentali propri e altrui. Questi elementi mettono il soggetto in una posizione di rischio relativa allo svilupparsi di disturbi di personalità basati sui meccanismi dissociativi (ad es. disturbo borderline, disturbo dissociativo o tossicodipendenza). Evoluzione Secondo un Approccio Evolutivo-Relazionare non esistono eventi traumatici di per se, ma dipende dal modo di viverli del soggetto e dal significato che gli viene attribuito. Il trauma si svilupperebbe quindi evolutivamente passando attraverso specifiche fasi: - Disturbi dell'Attaccamento; - Deficit della Mentalizzazione (che creano inoltre vulnerabilità biologiche); - Stress Traumatici. - Trauma Psicologico.

CAPITOLO QUINDICESIMO - I DISTURBI DELLA PERSONALITA' Definizione Bisogna iniziare considerando i primi Autori che si sono occupati di disturbi della personalità: 1. Ippocrate di Kos: i disturbi psicopatologici e le differenze individuali avrebbero un'eziologia biologica, basato sull'equilibrio/disequilibrio dei fluidi corporei. Nonostante la sua visione strettamente biologica è stato però anche il primo ad individuare alcuni fattori ambientali che influenzerebbero le caratteristiche del carattere (ad es. gentilezza e aggressività); 2. James Prichard (1786-1848): studiando le differenze tra comportamento antisociale e comportamento dei ricoverati negli istituti manicomiali, definì le deviazioni comportamentali come Insanità Morale basata su due sintomi principali: - perversione di sentimenti, abitudini, giudizio morale e impulsi; - assenza di deficit intellettivi, del ragionamento e di allucinazioni; 3. Kurt Schneider (1887-1967): fu il primo a presentare una tassonomia delle Personalità Psicopatologiche, intese non come prodromiche a disturbi successivi ma come organizzazioni disfunzionali stabili del soggetto; 4. Kraepelin e Bleuler: nonostante molto distanti rispetto all'etiologia dei disturbi psicopatologici, questi due studiosi concordano su quattro Tipologie di Personalità o Temperamento: - Astenico; - Autistico; - Schizoide; - Ciclotimico. Bleuler definì inoltre i Disturbi di Personalità come Schizofrenia Latente, evidenziando gli aspetti di continuità e congruità con varie e gravi manifestazioni psicopatologiche. Nosografia L'assenza di elementi eziologici chiari ed incontrovertibili sui disturbi di personalità ha reso necessario orientarsi verso criteri di classificazione che: - si strutturassero in modo categoriale (abbandonando l'ottica dimensionale); - enfatizzassero la natura comportamentale dei criteri di classificazione. Si può allora distinguere tra due Prospettive Teoriche dei Disturbi di Personalità: 1. Modello Categoriale: utilizzato dal DSM-IV-TR secondo cui i Disturbi di Personalità costituiscono sindromi cliniche distinte qualitativamente:

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I Vantaggi sono: - essere di facile impiego, permettendo diagnosi rapide e condivise; - stimolare ricerche empiriche che rendono i trattamenti validi ed attendibili; Gli Svantaggi invece sono rappresentati da: - Eccessiva Co-Occorrenza Diagnostica (comorbidità); - Eterogeneità tra Soggetti con la Stressa Diagnosi; - Mancanza di Limiti Non Arbitrari con Il Funzionamento Normale; - Descrizione Inadeguata dei Funzionamenti Disadattivi di Personalità; - Inutilità a Livello Clinico; - Impossibilità di Valutare i Punti di Forza Soggettivi. 2. Modello Dimensionale: secondo cui i disturbi di personalità devono essere descritti come varianti patologiche all'interno di una teoria generale della personalità normale. I quattro Approcci Teorici Principali sono: - Profili Dimensionali delle Categorie Diagnostiche dei Disturbi di Personalità: valutare dimensionalmente quanto un soggetto rientra nella categoria stabilita (in un continuum che va dal soggetto prototipico al soggetto assente); - Riorganizzazione Dimensionale: stabilire elementi trasversali tra i disturbi di personalità; - Modelli degli Spettri Clinici: riunire le dimensioni in quattro ampi spettri clinici: - Organizzazione cognitivo-percettiva; - Impulsività-Aggressività; - Instabilità Affettiva; - Ansia/Inibizione. - Modelli Dimensionali del Funzionamento Generale della Personalità: creare un continuum con i Disturbi dell'Asse I ma anche con il funzionamento generale della personalità. In questa tipologia rientrano: - Five Factor Model; - Modello Circomplesso Interpersonale; - Modello a Sette Fattori di Cloninger; - Modello delle Tre Dimensioni di Eysenck; - Personality Psychopathology-Five (PSY-5). In sostanza, si potrebbe concludere che: - il modello categoriale venga più comunemente utilizzato perché più semplice e di immediato utilizzo prognostico (Frances, 1995); - i modelli dimensionali appaiono sicuramente più complessi dato che forniscono informazioni più specifiche e precise (Sprock, 2003). Da un punto di vista clinico si può affermare che né l’approccio categoriale né quello dimensionale appaiono attualmente soddisfacenti allo scopo di fornire una soluzione definitiva ed esaustiva rispetto al problema della diagnosi di personalità. Bisogna poi considerare i principali Manuali Diagnostici: 1. DSM: i Disturbi della Personalità (DP) sono presenti in tutte le versioni, a partire dal DSM-I del 1952. È però con il DSM-III (1980) che il sistema diagnostico diventa multiassiale e si radica sul comportamento sintomatologico osservabile ai fini dell’incremento dell’attendibilità diagnostica (Asse II) Questo è stato fatto allo scopo di incoraggiare i clinici a valutare nei propri pazienti anche i DP e a considerare il ruolo potenzialmente rilevante che gli stili di personalità possono giocare nello sviluppo e nel mantenimento delle sindromi cliniche diagnosticate in Asse I. Nella versione attualmente in uso del DSM, analogamente alle ultime edizioni precedenti, i Disturbi di Personalità sono sistematizzati in tre gruppi in base ad analogie descrittive: - Cluster A: contiene: - Disturbo di Personalità Paranoide; - Disturbo di Personalità Schizoide; - Disturbo di Personalità Schizotipico;

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- Cluster B: contiene: - Disturbo di Personalità Istrionico; - Disturbo di Personalità Antisociale; - Disturbo di Personalità Borderline; - Disturbo di Personalità Narcisistico; - Cluster C: contiene: - Disturbo di Personalità Compulsivo; - Disturbo di Personalità Evitante; - Disturbo di Personalità Dipendente; - Disturbo di Personalità Passivo-Aggressivo. Il DSM-IV-TR, oltre al Disturbo di Personalità NAS, aggiunge 2 ulteriori categorie diagnostiche per i DP: - Disturbo Passivo-Aggressivo di Personalità (Disturbo Negativistico di Personalità); - Disturbo Depressivo di Personalità. 2. ICD-10: la classificazione dei DP si situa nel Capitolo V al pari di ogni altro Disturbo Mentale (quindi nessun asse specifico) ed è prevista nella Sezione F60-F69 che include i Disturbi di Personalità e del Comportamento nell’Adulto. Diversamente da quanto proposto nel DSM, la definizione stessa del disturbo, la tassonomia dei diversi DP e l’articolazione in Disturbi della Personalità e Modificazioni della Personalità, riflettono una concettualizzazione sensibilmente differente se non autonoma. Bisogna ricordare che per l'ICD-10 “I Disturbi della Personalità differiscono alle Modificazioni della Personalità per il tempo e le modalità della loro comparsa; essi sono condizioni evolutive che compaiono nella tarda infanzia o nell’adolescenza e si prolungano nell’età adulta. Essi non sono secondari ad altre patologie psichiatriche o affezioni cerebrali, sebbene possano precedere altre patologie o coesistere con esse. Al contrario le Modificazioni della Personalità sono acquisite, di solito durante la vita adulta, a seguito di stress intensi o prolungati, deprivazioni ambientali estreme, gravi patologie psichiatriche, malattie o traumi a carico del cervello”. Vulnerabilità Biologica Gli studi empirici hanno dimostrato che né la componente genetica e neurobiologica, né le componenti psicologiche e sociali appaiono, di per sé, sufficienti a spiegare l’esordio ed il mantenimento di questi disturbi. I geni da soli quindi non possono che contribuire esclusivamente per quella porzione di causalità legata alla variabilità temperamentale e dei tratti di personalità degli individui. Le peculiarità temperamentali si configurano allora quali fattori di vulnerabilità ai DP che precipitano fenomenicamente quali disturbi psicopatologici esclusivamente in presenza di fattori scatenanti di natura ambientale o che si manifestano maladattivamente solo in taluni contesti. Seguendo Plomin (2001) i fattori genetici paiono spiegare una discreta porzione di variabilità connessa ai tratti di personalità piuttosto che ai disturbi. Appare del tutto evidente che i modelli diagnostici categoriali attualmente utilizzati dal DSM non sono utili per comprendere la sostanza dei DP, che non possono essere considerati entità discrete e categoriali. La ricerca relativa alle componenti neurobiologiche non ha potuto dedicarsi con successo allo studio delle caratteristiche genetiche, biologiche, anatomiche e anatomo-funzionali di entità nosografiche probabilmente non presenti in natura. I ricercatori si sono quindi applicati ad approfondire le caratteristiche neurobiologiche e neuroevolutive connesse ai tratti di personalità in luogo dei disturbi. Questo però non vale per Alcune Evidenze Scientifiche relative a: 1. Disturbo Schizotipico di Personalità (STPD): considerato dal DSM-IV-TR come un quadro pervasivo di deficit sociali ed interpersonali, accentuati da un disagio acuto e una ridotta capacità per le relazioni strette, e da distorsioni ed eccentricità comportamentali. Questa modalità inizia nella prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti. Dal punto di vista neurochimico, data la contiguità sintomatologica e probabilmente genetica fra STPD e la schizofrenia, il sistema neurotrasmettitoriale più indagato è stato quello Dopaminergico. I livelli

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plasmatici dell’HVA (uno dei metaboliti della dopamina) sono più elevati nei soggetti STPD. Si ipotizza quindi che: - nei soggetti STPD con caratterizzazioni produttive simil-psicotiche sia evidente un incremento dell’attività dopaminergica, a livello dello striato; - nei soggetti STPD caratterizzati da un sintomatologia prevalentemente deficitaria tale attività risulti diminuita, prevalentemente a carico delle regioni frontali. La somministrazione di anfetamine pare migliorare alcune performances cognitive nei soggetti STPD differentemente da quanto avviene nei soggetti schizofrenici, in cui al miglioramento in alcune funzioni cognitive prefrontali corrisponde un evidente peggioramento della sintomatologia psicotica. Sebbene simili sotto il profilo neurotrasmettitoriale, i pazienti paiono differenziarsi da quelli affetti da schizofrenia per alcune caratteristiche specifiche relative ai livelli plasmatici delle catecolamine, in particolare la dopamina, e nei sistemi dopaminergici di risposta allo stress. Tali differenze parrebbero assumere il ruolo di fattore protettivo rispetto alla psicosi. Soggetti schizofrenici e schizotipici paiono infatti condividere alcune caratteristiche anatomiche quali: - la riduzione del volume temporale (particolarmente del giro temporale superiore); - l’allargamento ventricolare. D’altro canto tali soggetti paiono caratterizzarsi per una conservazione dei volumi frontali e delle rispettive funzioni psichiche confermando la possibile funzione protettiva di queste regioni rispetto alle caratteristiche di deterioramento cognitivo presente nei soggetti schizofrenici; 2. Disturbo Borderline di Personalità (BPD): caratterizzato, secondo il DSM-IV-TR, dalla presenza di cinque o più delle seguenti caratteristiche. - Instabilità Affettiva; - Rabbia Intensa e Inappropriata; - Impulsività in Almeno due Aree Potenzialmente Autodistruttive; - Comportamento Suicidiario Ricorrente; - Relazioni Interpersonali Intense e Instabili; - Frenetico Sforzo per Evitare l'Abbandono; - Disturbo dell'Identità; - Sentimenti Cronici di Vuoto; - Ideazione Paranoide Collegata allo Stress o a Gravi Sintomi Dissociativi. Siever e Davis (1991) hanno individuato la co-occorrenza di due Tratti di Personalità determinati Biologicamente, determinati tra l'altro, secondo Perry e Herman (1993 dalla relazione tra trauma infantile e Disturbo di Personalità: - Aggressività Implusiva: ruolo rilevante della disregolazione dei sistemi neurotrasmettitoriali, e soprattutto del sistema serotoninergico. Ciò che appare probabile è che i livelli del principale metabolita della serotonina (5-HIAA) siano ridotti nei soggetti con più elevati livelli di aggressività. Vi è inoltre un possibile ruolo della norepinefrina. Siever e Trestman (1993) suggeriscono la possibilità di una riduzione dell’attività noradrenergica presinaptica ed un aumento della responsività dei recettori adrenergici associati con un comportamento aggressivo; - Instabilità Affettiva: sono stati indagati: - Sistemi Colinergici: responsabili tra l'altro del sonno REM. I soggetti con BPD appaiono più sensibili agli effetti delle sostanze colinomimetiche (Janowsky e Overstreet, 1995). - Sistema Noradrenergico: influenzano la reattività agli stimoli ambientali; - Sistemi Gabaminergici: il GABA, potrebbe essere funzionale alla diminuzione dell’escursione affettiva, funzionando come agente stabilizzatore. Un decremento dell’attività del GABA potrebbe contribuire a determinare l’instabilità affettiva. Queste linee di ricerca convergono nel determinare le basi per un modello neuroevolutivo del BPD. Dalle ricerche sull’argomento emerge che i tratti del BPD relativi all’instabilità affettiva e all’impulsività occorrono con reiterazione all’interno delle famiglie (ereditabilità del BPD appare essere pari a .69), ma non sono stati stabiliti dei meccanismi specifici di trasmissione genetica dei tratti borderline, in

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quanto le ricerche suggeriscono un possibile contributo genetico nella determinazione dei tratti di aggressività impulsiva ma per il tratto dell’ instabilità affettiva sono invece disponibili un minor numero di dati. 3. Disturbo Antisociale di Personalità: vi è un coinvolgimento di alcune strutture cerebrali nel comportamento empatico (l’insula, la corteccia cingolata anteriore e l’amigdala), così come di alcune componenti ormonali. Relativamente all’empatia bisogna considerare la triangolazione di circuiti neurali: - quelli connessi al comportamento sociale; - quelli relativi al dolore fisico; - i circuiti coinvolti nella rappresentazione del sé e degli altri. La rappresentazione del dolore, dello stress e delle esperienze emotive relativamente a se stessi, fruiscono delle stesse basi neuronali relative alla rappresentazione delle medesime esperienze negli altri. Sorprendentemente, a livello cerebrale, la distinzione fra sé e altri, in merito all’esperienza del dolore, appare più come una funzione del grado di attivazione delle aree interessate piuttosto che sottesa da basi neurali differenti. Singer (2006) ha poi analizzato il ruolo dell’Insula all’interno del sistema neuronale coinvolto sia negli stati emotivi eterodiretti che nella comprensione degli stati emotivi relativi a se stessi, con una particolare rilevanza attribuita, in entrambi i casi, ad empatia, dolore e emozioni negative. La Corteccia Cingolata Anteriore viene interpretata quale sistema neurale di allarme e, durante i compiti di riconoscimento di errori e nelle condizioni di compiti conflittuali, segnala la quantità di distress connessa a tali situazioni, e garantisce un processamento a livello emotivo. È implicata inoltre nella generazione di risposte autonome periferiche ed è correlata con le misure neurovegetative di stress. Evidenzia un ruolo anche nel corso delle esperienze di dolore fisico e di dolore sociale, quale quello causato da rifiuti e/o esclusioni. Sterzer e colleghi (2007) hanno poi analizzato la Riduzione della Sostanza Grigia dell’Insula in bambini che presentavano seri problemi di condotta, notando una correlazione positiva fra l’ampiezza della riduzione e la gravità delle condotte aggressive e di assenza di empatia Shirtcliff e colleghi (2009) hanno invece analizzato la specificità neurobiologica dei soggetti caratterizzati da un forte tratto di insensibilità (callousness), la quale coinvolge ulteriori strutture cerebrali fino ad ora non menzionate quali l’Amigdala, la Corteccia Orbitofrontale e la Corteccia Prefrontale Ventromediale. Blair (2007) sottolinea allora la centralità dell’iporesponsività dell’amigdala quale marker neurobiologico della psicopatia. Gli individui che presentano una ridotta attivazione a livello dell’Amigdala, in risposta allo stress personalmente esperito, sono maggiormente predisposti a comprendere e affrontare in modo inappropriato anche lo stress subito dagli altri. L’ipoattività dell’Amigdala pare coinvolgere anche la Corteccia Prefrontale Ventromediale, spesso implicata nei compiti di giudizio morale. E' allora indispensabile un funzionamento coerente e sinergico fra quest’area e l’Amigdala ai fini della corretta impostazione del giudizio morale nei compiti decisionali. Vi è infine una rappresentazione degli eventi e delle situazioni stressanti in questi individui disfunzionale in conseguenza di un pattern deficitario nelle aree deputate alla risposta allo stress. Poiché le aree neurali coinvolte nella rappresentazione di sé e degli altri paiono coincidere, è legittimo attendersi che l’ipoattivazione del sistema di arousal implichi una incapacità da parte dei soggetti antisociali a riconoscere lo stress in sé come negli altri. Psicopatologia Evolutiva dei Disturbi di Personalità Le esperienze interpersonali nel corso dell’esistenza giocano un importante ruolo nello sviluppo della personalità dell’individuo. Così come la personalità si manifesta in maniera più comprensibile nel corso dell’adolescenza, così anche i disturbi della stessa vengono assunti esordire in adolescenza o nella prima età adulta. La prevalenza riportata dal DSM-IV-TR rispetto ai Disturbi di Personalità evidenzia tassi che oscillano

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tra il 7% ed il 15% nella popolazione adulta e tra il 6% ed il 17% in quella degli adolescenti. Una storia personale di avversità nel corso dello sviluppo, tra cui trascuratezza, abuso fisico, sessuale ed emotivo, traumi e lutti precoci, indica la base eziologica dei Disturbi di Personalità non in modo lineare ma secondo una Relazione Causale Complessa (Maugham e Rutter, 1997). La ricerca più attuale ha evidenziato come sia eventi stressanti che traumatici, così come anche un’ampia gamma di fattori di vulnerabilità che oscillano dalla diatesi biologica a quella interpersonale, contribuiscano allo sviluppo di tratti della personalità abnormi e forse anche di DP, sebbene probabilmente classificati in maniera piuttosto difforme da quanto proposto sia dal DSM che dall’ICD. Bisogna ora analizzare alcune Evidenze Empiriche Eziologiche sui Tratti di Personalità: - Ostilità e Paranoia: caratteristiche di ostilità e paranoia, dovute spesso ad un attaccamento disorganizzato, possono condurre allo sviluppo di Disturbi Paranoici, Schizotipici e Borderline di Personalità basati su sistemi difensivi primitivi; - Emotività Intensa, Instabile e Inappropriata: l'incapacità di gestire gli stati emotivi, dovuta ad una relazione caregiver-bambino inadeguata, è caratteristica di Disturbi Istrionici e Borderline di Personalità; - Ristretta Gamma degli Affetti: disfunzioni neurobiologiche e caregiver di tipo rifiutante possono condurre a questa caratteristica, che è l'elemento proprio dei Disturbi Schizoidi e Schizotipici di Personalità, esattamente com'è caratteristica fondamentale degli schizofrenici; - Impulsività: basata su due elementi: - incapacità ad inibire gli eccessi comportamentali; - scoppi di aggressività. - Rigidità: presente in soggetti con Disturbi Evitanti o Ossessivo-Compulsivi della Personalità; - Eccessiva Intimità Relazionare: si manifesta con relazioni sopravvalutate, basate sul desiderio di manipolazione e di controllo degli altri. E' la caratteristica basilare dei Disturbi Borderline, Dipendente e Istrionico di Personalità; - Relazioni Distanti ed Evitanti: è opposta alla precedente ed è caratteristica dei Disturbi Ossessivo-Compulsivo, Schizoide, Schizotipico, Evitante e Paranoide di Personalità. Deriva da meccanismi di rifiuto da parte del caregiver; - Senso di Sé Negativo o Assenza del Senso di Sé: prevede un continuum che va dal senso di sé esagerato all'assenza o negatività dello stesso. Relazioni svalutanti o inadeguate con i caregiver, che possono sfociare poi in diverse modalità di abuso e trauma, tendono a strutturare questi elementi che sono propri di molti Disturbi di Personalità (ad es. Depressivo o Borderline); - Pensieri e Comportamenti Bizzarri: risulta difficile valutare i precursori di tali elementi nei contesti evolutivi ma esistono comunque fattori di rischio e di vulnerabilità biologici ed interpersonali che caratterizzano i soggetti con i disturbi del Cluster A, i quali risultano strettamente collegati in un continuum che conduce ai Disturbi dello Spettro Schizofrenico; - Mancanza di Attenzione per le Norme Sociali e per i Bisogni Altrui: elemento indagato sia nelle sue componenti biologico-neuronali che nei suoi aspetti psicologici ed interattivi, sembra riguardare le capacità di Mentalizzazione e di Ragionamento Morale ed è caratteristico dei Disturbi Narcisistici e Antisociali di Personalità. Conclusioni Un’ampia componente dell’insoddisfazione nosografica è riferibile alla categorizzazione dei disturbi sulla scorta della manifestazione fenomenica in luogo dell’eziologia. L’approfondimento delle componenti biologiche non può essere condotto a prescindere da un approccio che sappia integrare le basi biologiche e temperamentali degli individui con i fenomeni esperienziali nel corso dello sviluppo e con l’interazione fra i medesimi allo scopo di delineare le molteplici traiettorie evolutive che possono condurre al disturbo. La presenza di biases nei sistemi neuroregolatori può risultare sia dalla vulnerabilità genetica sia dall’impatto degli agenti stressogeni fisici o esperienziali (interpersonali) durante lo sviluppo. Tali sistemi di biases, a loro volta, influiscono sulla natura delle prime interazioni sociali che sostengono la costituzione di schemi per le future interazioni inducendo delle conseguenze ambientali che possono in seguito produrre dei cambiamenti neurobiologici.

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In questo senso si può considerare: 1. Disturbo Schizotipico della Personalità: una vulnerabilità ereditaria che compromette il processamento cognitivo segna lo start point per lo sviluppo del disturbo di personalità schizotipico. Tale compromissione influenza negativamente i ritmi delle prime interazioni tra bambino e caregiver che possono quindi divenire ansiose per l’individuo in relazione allo sviluppo di strategie di coping implicate nel distanziamento di sé dagli altri. Tutto ciò, conseguentemente, potrebbe deprivare l’individuo delle comuni opportunità per correggere gli iniziali sistemi di credenze. In presenza dei sistemi frontali e subcorticali che proteggono dai rischi di psicosi, il soggetto potrebbe quindi essere protetto dalla schizofrenia ma avviarsi verso lo sviluppo di un STPD; 2. Disturbo Borderline della Personalità: i tratti di aggressività impulsiva e di instabilità affettiva potrebbero provenire da fattori genetici o da esperienze precoci di tipo negativo quali abusi o abbandoni, e possono in primis oppure in maniera aggiuntiva alterare il sistema neuroregolatorio. I tratti di instabilità affettiva e di aggressività impulsiva influenzerebbero, a loro volta, l’interazione tra bambino e genitore, che potrebbe sortire effetti sullo sviluppo individuale nella direzione di un successivo sviluppo maladattivo relativamente alla costruzione delle rappresentazioni di sé e degli altri. Il temperamento del bambino, inoltre, potrebbe elicitare risposte inadeguate da parte dei caregivers inducendo alti livelli di stress reciproco che possono ulteriormente alterare i sistemi di sviluppo neurobiologico.