LICEOLORENZOFEDERICI & GIORNALINOSCOLASTICO & … · 2018-05-11 · !3"! Liceo Lorenzo Federici...
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LICEO LORENZO FEDERICI
GIORNALINO SCOLASTICO
NUMERO DODICESIMO, GIUGNO 2013
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Liceo Lorenzo Federici
Sommario EDITORIALE, DI MARIAELENA SALESE pag.3 DI CRISI SI CRESCE, DI BEGGIO MARTINA pag. 4 HA ANCORA SENSO FREQUENTARE IL LICEO?, DI LUCA GRITTI pag.5 COME PLATONE...,DI ALESSANDRO ARMATI pag.8 CHIARA AL LICEO ...DELL'UOMO, DI CHIARA BENIGNI pag.10 CINQUE ANNI IN UN MINUTO.....,DI IMMA FORNARIO pag.11 SPOTTED, DI GIULIA PELLEGRINI pag.12 MA COME E' BELLO ANDARE IN GITA, DI WILLIAM SIGNORELLI pag.13 CHE TEMPO CHE C'E', DI MARIAELENA SALESE pag.14 CHE STILE!...AL FEDERICI, DI MARIA BONARDI pag.15 UNA DIVISA COSI' POTREI ANCHE SOPPORTARLA, DI AGATA HIDALGO pag.16 TROPPO CIBO ROVINA...., A CURA DI GIORGIA LODETTI pag.18 PROGETTO POESIA, DI LUCA BRESSAN pag.19 EDUCAZIONE SESSUALE NELLE SCUOLE, DI CHIARA BACCANELLI pag.20 VACANZEEEEEEE, DI LILIANA CORTI pag.21 TI RACCONTO..., DI GIOVANNI PATANIA pag.22 COLETTE, DI MARTA SIRONI pag.24 PREFERISCO LA GIUSTIZIA, DI LORENZO BONOMELLLI pag.26 LE VITTORIE DELLA SCUOLA pag.28 GRAZIE, DI CRISTINA FINAZZI pag.30 LETTURE DI PIACERE pag.31
Da quest'anno il giornale d'istituto PiGreco ha deciso di utilizzare carta riciclata con certificazione FSC. Il marchio FSC identifica i prodotti in legno proveniente da foreste gestite correttamente e responsabilmente, secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. La foresta di origine è stata controllata e valutata in maniera indipendente in conformità a questi standard, stabiliti ed approvati dal Forest Stewardship Council tramite la partecipazione ed il consenso delle parti interessate. L'FSC è un ONG internazionale, indipendente e senza scopo di lucro. La certificazione FSC rappresenta uno dei maggiori risultati che le aziende del settore legno e carta possono conseguire per dimostrare il proprio impegno concreto a tutela e salvaguardia della foresta e dell'ambiente. A lungo abbiamo sfruttato il nostro pianeta, prendendo senza dare nulla in cambio. Ora noi di Pigreco riteniamo sia giusto impegnarci per pesare il meno possibile sull'ambiente e aiutare il nostro ecosistema. La Redazione tutta vi saluta e vi augura una buona estate. All'anno prossimo!!!
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Anche per quest'anno la scuola è giunta al termine e con essa i numeri del nostro giornalino. Mentirei se dicessi che è stato un lavoro semplice. È stato molto più difficile di quanto io avessi mai immaginato, anche perché quest'anno abbiamo deciso di fare di più per il nostro giornale: abbiamo deciso di fare in modo che PiGreco non fosse solo un giornalino che giri all'interno della scuola per dilettare gli studenti, ma che fosse un giornale scolastico che parlasse della scuola. Abbiamo cercato di trattare delle piccole e grandi vittorie del Federici, dei problemi che vediamo -‐ o che crediamo di vedere -‐ noi con la nostra prospettiva dello studente e abbiamo cercato di dare voce a voialtri qualora aveste qualcosa da dire o qualora ci fosse possibile. Abbiamo davvero provato a fare in modo che questo fosse il giornale della scuola perché tutti dicessero o facessero qualcosa. Talvolta lo abbiamo fatto con successo, altre volte ci siamo sentiti criticati, ma abbiamo cercato di usare le critiche in maniera costruttiva per creare qualcosa di migliore. Non sappiamo se i risultati del nostro lavoro siano stati soddisfacenti oppure se non lo siano stati, sta a voi giudicare; quello che è certo è che la redazione si è dedicata con impegno e serietà a questo giornale. Buona lettura e buone vacanze!
Mariaelena Salese
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Di crisi...si cresce.
Chi di noi non ha mai pensato di mollare tutto ?! Di prendere e scappare ?! Chi non si è mai posto la fatidica domanda: "
MA CHI ME L'HA FATTO FARE ?! " ... Penso sia capitato a tutti ( tranne a quei super secchioni che hanno 9 in ogni materiasvegliarsi con il desiderio di potersene andare dal Federici . Magari fuggendo ad un professionale , così possiamo uscire tutti i pomeriggi come i nostri amici che non hanno niente da fare. Ecco io sono una di queste , la terza superiore mi ha distrutta ! Ho sentito che il peso della scuola piano, piano mi schiacciava e non ho fatto altro che riempirmi di dubbi e di perché. Le ho pensate davvero tutte , persino di farmi bocciare e di cambiare scuola , arrivata ormai in prima liceo. Ho parlato con tre profe diverse per cercare di capire cosa fosse la cosa migliore da fare e ho torturato i miei genitori allo sfinimento con i miei pianti e le mie paranoie. Ad essere sincera non ho ancora deciso del tutto cosa farò l'anno prossimo, però una cosa l'ho capita: il liceo non è un semplice indirizzo , il liceo è uno stato d'animo , insomma devi sentirtelo dentro. Penso che alla nostra età la scelta della scuola sia una delle più importanti che facciamo , in qualche modo decidiamo di intraprendere una delle strade che ci porteranno ad essere gli adulti che speriamo di diventare. L'istituzione liceale è una questione di
orgoglio personale e dei proprio genitori , è una delle più grandi sfide che ci possiamo prefiggere all'età di 17 anni e superarla con le piccole o grandi difficoltà che questo percorso ci pone, un giorno sarà motivo di una delle nostre più grandi gioie. Quando dicono: " Godetevi l'adolescenza , saranno i migliori anni della vostra vita ! " non mentono , è vero. E penso che la scuola , con le sue mille esperienze e insegnamenti , ricopre un ruolo di rilievo nel rendere "questi anni" così meravigliosi . Non dimenticherò mai le risate , i profe , le urla di incitamento prima delle versioni per poi prendere 4 , le canzoni e le note, insomma tutto ciò che di bello questi 5 anni possono offrire. Poi vi immaginate finire e poter dire: " Io mi sono diplomata al liceo classico. " Solo al pensiero penso che potrei andare avanti a sorridere per un decennio dopo la maturità per il semplice fatto di esserci riuscita. Certo i momenti critici e carichi d'ansia non mancano , sono una sorta di topos , e mollare tutto sarebbe nettamente più semplice ... scappare dai problemi , scioccamente , lo sembra sempre. Ma forse qualche volta non abbiamo dato il massimo e lasciare il Federici solo perchè è troppo pesante potrebbe essere uno dei nostri maggior rimpianti. Insomma prima di abbandonare tutto e tutti, pensateci, perché sono le scelte che facciamo a renderci ciò che siamo e scegliere il liceo significa scegliere il meglio, sempre .
Martina Beggio
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Ha ancora senso frequentare il liceo?
sia più strettamente attinente
blocco (avevo il timore che parlare di scuola a scuola potesse risultare autoreferenziale, finto)
domanda che risuona, martellante e senza risposta, nella mente di -‐credo-‐ ogni liceale, e cioè se avesse o no senso, nella nostra società, andare al liceo. Infatti la scelta
e stimolante, lascia immediatamente spazio ad una
sensazione di insoddisfazione, di insicurezza; troppi liceali sono costretti a mettere in discussione la loro scelta, a domandarsene
infatti, si chiede il liceale medio:
miei amici, sgobbare di più sui libri
, precludermi di uscire al pomeriggio e rinunciare a più attività, se questo, dati alla mano, non mi consentirà neanche di avere un lavoro più facilmente di loro, che anzi probabilmente lavoreranno prima e, magari (sigh), meglio
percezione che lo studio fatto a scuola sia inversamente proporzionale alla possibilità di lavoro, che il poco studio sia, oltreché meno faticoso, anche più conveniente. Il problema, in realtà, analizzandolo bene, non è solo di oggi, e non è neanche solo italiano. Nel suo grande e secondo me indispensabile saggio: "Togliamo il disturbo.
Saggio sulla libertà di non
studiare", la professoressa di lettere e scrittrice Paola Mastrocola ricerca, meticolosa ed obiettiva, i perché di questo cambiamento. La Mastrocola sostiene che la scuola sia cambiata insieme alla società; fa notare come la società di oggi, in particolare i suoi giovani, vedano lo studio come un qualcosa di troppo nella loro esistenza, un ospite indesiderato, un obbligo tedioso. Questo perché, prosegue la professoressa, la società occidentale è diventata la società della tecnica,
sostanzialmente propedeutica a queste discipline, e dalla scuola vanno omesse, o perdono di importanza, tutte quelle
mercato e alla tecnica non servono. La Mastrocola, insegnante di lettere in un liceo, vede i suoi alunni che chattano su Facebook, si scrivono
messaggi col telefono, fanno la settimana bianca coi genitori, vivono di notte nelle discoteche e che insomma sono in un mondo in cui lo studio
obbligo oppr
a casa a studiare. Studiare. Privi di sirene, distrazioni, schermi,
andando indietro nel tempo, con franchezza intellettuale e
colpevole, a suo dire, di aver rovesciato una scuola effettivamente elitaria e ad esclusivo appannaggio borghese, in una scuola accessibile a tutti,
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anche a quelli che dello studio non volevano proprio sapere nulla; sottolinea il fatto che
stato esasperato al punto da pretendere non solo la-‐sacrosanta-‐parità di possibilità, ma anche la-‐demenziale-‐ ricerca della parità degli obiettivi (se non altro quelli minimi). Dalla rivendicazione di una scuola per tutti alla rivendicazione del sei politico, il passo è breve, ma fatale. La Mastrocola nota, poi, come i genitori della nuova borghesia impongano ai figli di fare il liceo, non tanto per un effettivo desiderio che il figlio impari, ma perché pensano che questo costituisca una sorta di orgoglio sociale, una cosa di cui vantarsi con le amiche e che serva alla tradizione famigliare perché non perda il prestigio
fregiata: così il figlio di un imprenditore finisce per fare il liceo quando voleva
di un imprenditore faccia il meccanico non si può, non sta
progressivamente ha perso di prestigio e di qualità per abbassarsi al livello di tutti (secondo il bislacco retaggio
arrivare allo stesso livello, a prescindere dalle capacità, dal merito, dalle predisposizioni di
o i tecnici ed i professionali, bistrattati ed evitati, hanno ugualmente perso qualità. La mancanza di funzionalità del liceo alla società
fatto che troppi studenti che avevano altre predisposizioni (niente affatto meno rispettabili
o meno dignitose, ma solo diverse) siano costretti a farlo per pressioni famigliari, la nascita del
quindi il conseguente abbassamento del suo livello sono i due motivi individuati dalla Mastrocola per giustificare la perdita di valore del liceo, i motivi del fatto che i datori di lavoro cerchino sempre più spesso collaboratori di ogni formazione, fuorché i liceali. Ma il punto più importante, che più influenza, è certamente il primo: il fatto cioè che sempre più spesso si scambino le conoscenze con le competenze, il fatto che
sempre più la cultura intesa in senso stretto sia negletta e dimenticata, sostituita da competenze tecniche, funzionali a lavori manuali e pratici. Sempre nel libro viene riportata
ervista al Corriere della Sera a Monsieur Thèlot, già consigliere di Chirac al ministero
stimatissimo pedagogista, che, alla domanda su cosa fossero le
Conoscenze, capacità di applicarle in diversi contesti, attitudini e atteggiamenti mentali che favoriscono
capacità di apprendere e lavorare insieme agli altri. Queste competenze indispensabili per la vita dovrebbero essere garantite a tutti i ragazzi della scuola
? La scuola deve garantire conoscenza che
Dante, Shakespeare, le equazioni di secondo grado, la pedagogia, la storia, la chimica, come le
Questo è il problema del liceo: il fatto che nella sua nuova concezione la cultura sia vista come un qualcosa di utile,
stata sradicata la concezione di cultura come un qualcosa di fine a se stesso, utile a nulla fuorché a se stessi, da coltivare nel tempo
poi è la concezione autentica ed originaria della cultura e della scuola (scholè: dal greco, avere tempo libero) . La vecchia scuola formava persone, quella nuova, che ripudia il liceo, professionisti, per non dire automi. E ancora, Thèlot, fautore della nuova concezione di scuola, cultura e conoscenza, asserisce che le conoscenze devono favorire
siamo: allora Leopardi, la filosofia, la tavola periodica non le impariamo più, visto che certamente non
autonoma? E poi, se cultura è quella roba lì, per favorire
insegnanti, non potrebbero mandare Briatore in tutte le
aggressivo, anche un tantino
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brutale, meglio un molto più
cultura è quella sopradescritta la scuola, in specie il liceo e poi
mano dottori,
che sono i veri depositari della
bravo a scuola debba convertire la sua ottima carriera scolastica nel successo nella vita, dove per successo nosoddisfazione personale o intima, ma, sostanzialmente, in termini di guadagno. Così gli studenti migliori sono catapultati ai convegni di Confindustria, perché le loro passioni umanistiche o scientifiche o filosofiche siano convertite al più presto in predisposizioni pratiche e tecniche. La crisi del liceo sta tutta qui, nel fatto che la società di oggi mette in discussione la
che si insegnano al liceo,
inutili e quindi da abolire. Ha ragione da vendere il professore nonché splendido cantautore Roberto Vecchioni che, ospite da Lilly Gruber appena vinto Sanremo, interrogato sulla crisi della scuola italiana risponde
ciò che è utile, ma anche a ciò
consentito di aggiungere due avverbi: non bisogna pensare solo a ciò che è immediatamente
utile, ma anche a ciò che è assolutamente importante. Assolutamente nel senso che è importante sempre, in senso assoluto, a prescindere dal fatto se sia o no spendibile, smerciabile, commerciabile, vendibile. Quindi, per tornare alla
rispondo che sì, ha senso fare il liceo, anche oggi che sembra non averlo, una volta di più oggi che sembra non averlo. Perché insegna a pensare prima che a
a partire da noi liceali), e pensare oggi equivale una volta di più ad essere, oggi che pensare è essenziale per sfuggire
omologazione delle mode, al conformismo, per vincere la tentazione di adeguarsi alla massa. E ha senso anche per tutte quelle cose liquidate come inutili e non funzionali dalla
Cesare, da Pitagora a Platone. A proposito di Platone, mi viene in mente il mito della caverna, giusta chiosa di questo articolo. Fare il liceo oggi è un anche un modo per uscire dalla caverna
delle apparenze e delle illusioni per avvicinarsi al mondo reale, liquidato come inutile da quelli che non lo conoscono. Capire lo
conoscere, e vedere il sole, e capire di aver fatto, per se stessi, la sola scelta di buon senso, con un pizzico di presunzione: la scelta giusta. Vedere il sole, non solo utile, ma indispensabile.
Luca Gritti
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Come Platone...
Premessa: sono uno studente del Liceo Classico. Sì, dirò quanto è bello e utile studiare il greco antico e il latino e sì, userò toni nostalgici per ricordare quel Liceo che
qui al Federici: passino pure oltre le
sorprese in aula mentre stavo cercando di ripassare disperatamente qualche regola di grammatica greca prima di una versione e,
già, voi siete quelli che riescono a tradurre
sprovvista imbastii lì per lì una frase con i pochi vocaboli che ricordavo a memoria: il mio amico se ne andò trionfante recitando una massima che nemmeno il Seneca più brillo avrebbe avuto il coraggio di pensare,
contribuito alla felicità del genere umano mi aveva fatto scordare per un attimo della versione incombente: inutile dire come andò
rò una rivelazione: oltre a mettere in luce la mia
studi. Può sembrare stupido, ma fu lì che capii che greco e latino non erano le lingue morte che vogliono farci credere ma strumenti arcaici, oscuri, quasi magici, che potevano risvegliare qualcosa di più di mere
dai pregiudizi e dalle noie dello studio obbligato, il mondo antico ti assorbe nelle sue storie, nei suoi miti, ti accoglie tra la sua gente: basta poco per viaggiare con
(come inventare nuove formule potteriane da scagliare contro cuginetti assillanti, o rispondere a domande
di scienze poco note), ciò che il Classico aiuta a fare, dove trova terreno fertile, è coltivare
crescita personale. Non parlo di omologazione di opinioni o della tanto
piovere dal cielo sulle teste dei classicisti: il
rivolto in primo luogo alla formazione della Persona. Marziale scrisse, riguardo la sua
-‐ -‐ e credo abbia
sintetizzato lo stilema di questo indirizzo. Ognuno riesce a scoprire qualcosa di sé tra le rovine segrete della letteratura, sia essa di tempi, luoghi e lingue apparentemente così diversi dai nostri: è una finestra in più che si apre sul mondo, e non tutti riescono ad avervi accesso. Forse chi è votato a questo indirizzo riesce veramente a sviluppare una capacità analitica, critica, un modus di
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chiaro, aperto ed eclettico. Non voglio illudere nessuno, il Liceo Classico non è ambrosia per tutti, e nemmeno per molti tra coloro che lo frequentano, i quali spesso hanno un rapporto amore-‐odio con altalenanti momenti di euforia bacchica e cupe riflessioni esistenziali in continua alternanza. Vale veramente la pena leggere le ciance di Socrate, sommo disturbatore di quieti passanti ? O la dissacrante comicità di Aristofane ? O le scaramucce degli déi e le
Dante, che raccontò il suo percorso di purificazione spirituale attraverso una perifrasi lunga tre cantiche (non proprio brevissime)? E tutti quegli sciagurati personaggi, autori, filosofi, che sono le radici del nostro pensiero, tutti costoro, vale la pena augurarseli come compagni di cinque anni di studi ? Sì. Perdonate, non ho molto altro da aggiungere alla risposta: il valore del mio percorso scolastico è ciò che lo ha reso per me una passione; per altri queste parole possono avere lo stesso spessore delle assi di
loro, non ho nessun interesse a fare del proselitismo. Mi dispiace soltanto che tra un
istituto senza passare di fianco alle aule dei ginnasi, già lontani, dimenticati. Ciò che perde il nostro istituto, oltre a studenti che si rivolgeranno ad altre scuole o cambieranno indirizzo scolastico per questioni di praticità e costi, è la possibilità di fare da trampolino di lancio ai sogni e alle aspettative di giovani che avrebbero potuto cementificare le fondamenta di un progetto che si sarebbe rivelato essere più di una palestra di studi. Mi dispiace pensare al mio Liceo come ad un
condannato a morte in procinto di essere giustiziato: avrebbe potuto dare ancora tanto. Vedere venir meno il tempio di quelle che si sono conquistate come proprie passioni, dopo avervi investito tempo e fatica, ha un sapore amaro. Per il momento, meglio guardare al presente: chissà che magari non mi toccherà, tra una ventina
Alessandro Armati
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Liceo Lorenzo Federici
Chiara al liceo...dell'uomo.
Mi hanno sempre detto frasi come '' gli anni del liceo sono i piu' belli '' o ''
cui ovviamente non avevo mai dato molta importanza , fino ad ora .. .Con la maturita' alle porte anche una come
me , che non definirei proprio un' allunna modello , si rende conto che il
liceo sta terminando e in quel momento si accorge che quelle frasi non erano poi tanto sbagliate...
all'inizio .. ma poi , poi quando arrivi alla fine ti rendi conto di come sono passati in fretta, entri al liceo che sei poco piu' di un bambino senza un
preciso progetto o un chiaro obiettivo , e ne esci adulto , con dei sogni , delle speranze e tutte le paure che ne
conseguono... Per cinque anni il Liceo Federici e'
stato la mia scuola , e non parlo solo a livello curriculare , e' stato una scuola
Le numerose proposte e iniziative , le
non importa che tipo di persona tu sia, troverai sempre qualcosa che rispecchi
Ma soprattutto troverai sempre
qualcuno con cui condividerli : i tuoi
compagni di viaggio , sapranno tutto di
te e nel bene o nel male saranno li , anche quando non vi sopporterete, perche' in fondo diventeranno un po'
Gli inseg
incominceranno a diventare
conoscerli e loro impareranno a conoscere te , sapranno aiutarti nei momenti piu' difficili ti sapranno
ascoltare anche se come me sei una i
momenti di ascoltare non ne hai proprio voglia (soprattutto se la
persona che hai davanti ti ha appena messo un bel 4 ! ) la realta' e' che ti aiuteranno a crescere e a capire che
Federici e' questo come si suol dire ''e'
beh lo risceglierei, ne sono certa ...
Chiara Benigni
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CINQUE ANNI IN UN MINUTO : un giudizio "AFFERGATIVO"
dicevano i
come noi lì gli insegnanti, vi danno capitoli su capitali da studiare, a stento ve li spiegano e poi interrogano
Però, che tugurio sembrano queste scuole superiori, eh? Una sorta di condanna a morte da espiare con cinque anni di lavori forzati e la tanto temuta maturità.
Perfetto, dopo questo momento di panico, che tocca
questo pensiero ed accantonatelo o meglio, più che accantonarlo, cerchiamo di analizzarlo insieme e di renderlo un tantino più simpatico ; Dunque :
-‐studiare e tempi stretti, ma vabbè con un minimo di organizzazione si riesce a far coincidere dovere, piacere e vita sociale.
-‐ interrogazioni su circa 2 secoli di
ma non necessariamente, vertono su programmi interminabili, questo sì, ma prendetela con filosofia, insomma, potrebbe essere divertente rendersi conto
smentirsi vicendevolmente teorie e dimostrazioni solo per il gusto di rendere nevrotici i poveri studenti del Federici !
-‐ Insegnanti , come dire, poco umani ??.. Oddio qui sono decisamente in difficoltà! ;) Diciamo AFFERGATIVO ! Io non mi sono mai trovata male con i miei insegnanti. Sicuramente ci sono di più pretenziosi, di più indulgenti, ma spesso e volentieri i più pretenziosi sono anche i più indulgenti e vi assicuro che questo è il mix perfetto, ma ve ne accorgerete solo quando, alle porte della maturità, vi rendete conto di come con i loro metodi siano stati in
grado di farvi acquisire buone conoscenze e
studio assolutamente mnemonico e disinteressato (prima della quinta però tutti i biasimi sono ammessi! Specialmente per quei professori le cui lezioni alimentano il vostro letargo tra i banchi di scuola ;) )
perché, specialmente in quinta, tutto diventa una lotta contro il tem
fondo credono nelle vostre potenzialità.
tanto malvagie, no?? Diciamo che sono una sorta di impasto in cui zucchero e sale, amaro e dolce vengono miscelati nello stesso composto; Attenzione però: se vi
le tante marche oggi sul mercato io vi consiglierei..
Sono consapevole del fatto che la passione per lo studio non sia proprio carattere peculiare degli adolescenti, ma la passione per le proprie passioni, si ! Con questo voglio dire che è necessario, al fine di una discreta soddisfazione scolastica, che vi indirizziate verso le materie e gli studi che catturano il vostro interesse e la vostro curiosità. Solo così, infatti, lo studio non risulterà faticoso, bensì la scalata di un altro gradino in grado di permettervi di rendere concreti i vostri sogni e le vostre aspirazioni.
posso nutrire nei vostri confronti, spero proprio di non esserci a settembre quando ricomincerete il vostro cammino in questa scuola. Malgrado questo, però, mi sento di darvi un ultimo consiglio : Godetevi questi cinque anni della vostra vita al massimo perché sono i più intensi e segneranno il vostro futuro e anche le vostre amicizie. Fidatevi di me che , al pensiero che
Si, no, ni'! Imma Fornario
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Liceo Lorenzo Federici
SPOTTED:
ESPERIMENTO DI DEGRADO
DESTINATARIO: FEDERICI. Immagino che molti di voi conoscano la pagina della nostra scuola, Spotted, sul social
network Facebook, nella quale si è liberi di fare dichiarazioni, condividere idee e pareri
facilmente verrebbero espressi. Così da molti
peso dei propri pensieri confidandoli a un pubblico virtuale, oppure è semplicemente considerata un mezzo per fare gossip. Ma la
pagina ha tanto successo perché si può dire ciò che si pensa con la certezza che il messaggio venga letto o perché si può parlare senza il rischio di una qualche ritorsione? Finché si tratta di sfortuna perché
quadrimestre il venerdì 17 o di tappezzare i corridoi di fogli che declamano la fortuna di essere stati in gita in Spagna o a Firenze e lo si rende noto sul sito, non può dare alcun fastidio. Ma nel momento in cui si supera la linea di confine e si passa da risata a derisione le cose sono diverse. Rimanendo
libertà di parola sia un diritto giusto, bisogna però dimostrare di
qualcosa che è stato detto o con qualcuno è
così insopportabile credo che, da animali dotati di ragione quali siamo, possiamo parlare dei nostri problemi di persona, senza la necessità di ricorrere a Facebook,
tanto meno di nasconderci dietro a uno schermo. Questo a partire dal fatto che ogni ragazzo è diverso e ci sarà sempre quello che avrà meno fiducia in se stesso rispetto a noi e che, in questo modo anche con un commento che ci può risultare banale, verrà turbato. E poi rimane il fatto che se siamo stati così gentili da rendere noti i suoi difetti,
persona da ringraziare. Ricordando quindi
pensare qualche secondo in più su quello che si scrive non è affatto una cattiva idea.
Giulia Pellegrini
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Ma come è bello andare in gita
In questi anni sta tenendo banco tra i muri delle scuole, anche della nostra, la spinosa questione legata alle gite. Secondo gli ultimi dati raccolti dalla FIAVET (federazione italiana associazioni viaggi e turismo), le gite scolastiche di più giorni, hanno registrato un calo del 70% . Ma quali sono le motivazioni che hanno portato a questo ?? Questo calo è in primis figlio della situazione economica del nostro paese, ma è anche risultato della "protesta" di molti istituti nei confronti dei tagli all'istruzione.... Mi sento di dire che noi alunni di questa scuola possiamo ritenerci assai più fortunati rispetto a quelli di altri poli scolastici, in quanto alcune classi hanno avuto la possibilità di sperimentare la bellezza e l'importanza dei viaggi d'istruzione... In questo caso, spetta al singolo insegnante decidere se accompagnare o meno una classe. Ma perché molti professori decidono di non dare la propria disponibilità ??? È necessario per questa risposta uscire dal luogo comune che ci fa vedere i professori solo nel loro lato istituzionale, che li porta a volte a tenere un atteggiamento distaccato nei confronti dei ragazzi... Essi, in molti casi, non concedono la loro disponibilità non perché odiano a morte gli alunni, ma per questioni che non tutti sanno o a cui non pensano. In questo momento quando un insegnante porta in gita una determinata classe, lo deve fare gratuitamente, in quanto lo stato non è in grado di garantire la diaria (e anche prima non era certo un lauto compenso), cioè una retribuzione per il servizio fornito. Inoltre il soggetto ha una grandissima responsabilità anche dal punto di vista legale. Se si sommano questi due aspetti, si comprende quali siano i principali motivi che spingono gli insegnanti a declinare cortesemente e comprensibilmente la proposta. Nonostante ciò vi sono professori che decidono in ogni caso di partecipare a questa iniziativa, perché mossi da idee e convinzioni precise. Secondo la professoressa Regolo, la gita è una grandissima opportunità di arricchimento personale, sia dal punto di vista scolastico, ma anche dal punto di vista umano. Se si ha alle spalle un buon percorso scolastico, un viaggio di istruzione è il
coronamento dello stesso, in quanto un conto è apprendere sui libri, un contro e vedere, e poter toccare con mano ogni singola cosa appresa. Un'esperienza di questo tipo è utile anche per creare un rapporto tra studenti e insegnanti, una cosa che è di grandissima importanza per entrambe le parti. La sinergia particolare raggiunta contribuisce dal punto di vista scolastico a creare un ambiente molto più sereno, più diretto e in molti casi anche a risultati migliori nel profitto. Con una gita, ancora secondo la stessa professoressa, si permette al ragazzo di conoscere nuove realtà, diverse da quelle consuete, da quelle a cui ognuno è abituato. Il docente non è altro che colui che ci aiuta a guardare oltre il muro, dandoci la possibilità di vedere le cose sotto una diversa angolatura, aspetto che molto spesso viene trascurato. Vi è inoltre una mentalità sbagliata di alcuni alunni, i quali non riescono a capire che una gita non è solo un momento di svago, non è solo
grandissima opportunità, che non deve essere necessariamente concessa a tutti, ma a quelle classi che dimostrano di esserselo meritato, compiendo un percorso positivo. Penso anche che sia più utile fare un viaggio di istruzione alla fine del liceo per il fatto che il bagaglio culturale acquisito permette di comprendere meglio ogni singola cosa, avendola già affrontata nelle varie materie e favorisce l'arricchimento del proprio percorso, della propria avventura in una maniera che resterà inevitabilmente indelebile nella singola persona. Questo non significa
questa possibilità, anzi, ma bisogna mostrare in ogni caso una maturità tale da essere in grado di godersi ogni singola opportunità d'uscita nella maniera migliore possibile, senza sprecare ciò che viene concesso.
che ogni classe facesse per tutti i motivi elencati in precedenza. Ogni persona che ne ha già avuto la possibilità può testimoniarne la bellezza e l'utilità nel vivere la scuola in un modo diverso.
William Signorelli
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CHE TEMPO CHE C'E'
Il MeteoFederici
Si dice che chi ha tempo non aspetti tempo! Ma cosa ci riserverà questo ultimo mese di scuola? Sicuramente non la primavera, dal momento che la signorina sembra volersela prendere con molta calma, giusto per alimentare in noi poveri studenti l'illusione che non sia per niente vero che la scuola stia per finire. E mentre il cielo è a pecorelle sopra la ridente cittadina di Trescore e l'acqua scende a catinelle noi studenti ci bagniamo i piedi (e anche tutto il resto) per venire a seguire queste ultime, preziose lezioni dell'anno. Completamente inutile: tanto anche se ce li bagniamo, non cresciamo lo stesso, al massimo ci spuntano i funghi tra le dita a causa dell'umidità. Ma vediamo nello specifico cosa dobbiamo aspettarci noi intrepidi studenti dei liceo Lorenzo Federici. Verso la fine dell'anno scolastico il tempo dovrebbe cambiare: se è bello diventa brutto e se è brutto diventa bello, il sole gioca a nascondino un po' come la nostra voglia di studiare. Chissà se qualcuno riuscirà a tirarli fuori. Per le ultime settimane di maggio e per la prima settimana di giugno tutta la regione sarà coperta da uno splendido sole; solo nei pressi dell'istituto la presenza di un violento anticiclone proveniente dal collegio docenti creerà una perturbazione che porterà un abbassamento delle temperature (e anche dei voti) e, molto
probabilmente, a temporali sparsi con possibili grandinate di insufficienze, tutto a vostra discrezione. Si consiglia di aprire l'ombrello e magari anche qualche libro di testo, non per ripararsi dalla pioggia ma per mettere un po' di sale in zucca. Non aspettatevi miglioramenti fino alla fine della scuola, ma rendete fruttuoso il tempo disponibile per coltivare la vostra sapienza, approfittando dei frequenti rovesci a carattere di verifiche o interrogazioni che cadranno sulla scuola. Il mattino ha l'oro in bocca! Il sole sorge (di sicuro molto prima di quanto tu, caro il mio studente, sorga dal tuo letto) alle 5.53 e tramonta alle 20.20. Cosa vuol dire ciò? Di sicuro che ci sono a disposizione quattordici ore di luce e nessun bisogno di ridursi a tarda sera o di prima mattina
a studiare, non servirà di certo a limitare l'abbassamento sistematico della media scolastica. Non approfittate del pomeriggio per uscire a giocare a pallone al parco: il malumore degli insegnanti tutti presi a fare le medie, a organizzare interrogazioni e verifiche di recupero sarà in grado di addensare pesanti nuvoloni. L'oscurità calerà tardi e vi
permetterà di continuare a vederci bene quindi, di conseguenza, di studiare. Insomma, piove piove e la gatta non si muove o almeno non dovrebbe. Proprio la mattina della vostra verifica più importante un gatto nero vi taglierà la strada, ma non preoccupatevi: non creerà scompiglio se non siete superstiziosi, lo
farà solo se lo siete. Finalmente... le schiarite! Il tempo migliorerà per gli studenti del biennio e per quelli dei primi due anni del triennio dopo l'otto di giugno, sono previste perturbazioni per i maturandi che si protrarranno fino all'incirca alla metà di luglio. Mariaelena Salese
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Liceo Lorenzo Federici
Che stile! ...al Federici
Quante volte siete rimasti esterrefatti di fronte alle scelte di stile del vostro corpo docenti? Quante volte avreste voluto criticarlo o elogiarlo? bene! Sono qui per mostrarvi una piccola classifica di quelle che sono a parer mio le grandi, quelle che hanno reso la moda uno stile di vita, ovunque esse vadano.
professoresse che con il loro design femminile si sono di essere considerate le
educatrici con il migliore gusto estetico, ci tengo a
personali. A questo proposito vi lancio la sfida
Pronti? Al quarto posto si colloca con i suoi occhi azzurro cielo e i suoi capelli corti castano chiaro una donna dalle ampie vedute stilistiche che non è contraddistinta da un unico look, ma qualsiasi abito indossi lo sfoggia con grande stile, dalla gonna a un jeans stretto alla pelliccia che da grande amante della natura non la porta ad utilizzare pelle vera nei suoi capi.
sostenibilità ha anche il grande dono di crearsi accessori da sé che non mancano mai nel suo guardaroba. Un grande esempio da seguire. Si aggiudica il terzo posto una docente non molto alta dai capelli biondo ossigenato e dal passo furtivo.
dimenticare la cura del particolare è un mix di comodità e grazia. Affezionata a pellicce americane anni 50 alternate a giacchette dai colori sgargianti è inconfondibile nel suo stile vintage. Immancabili nel suo vestiario tacchi a punta rigorosamente Louboutin che concludono le sue gambe semicoperte da gonne morbide e raffinate. Grazie al suo gusto armonioso è in grado di far sembrare la sua semplice blusa a pois, che formale o informale ogni donna dovrebbe conservare, una delle più belle creazioni di Roberto Cavalli. Al secondo posto troviamo un esempio unico di
raffinatezza e classe, non solo nel vestire ma anche negli atteggiamenti. Impeccabile nelle sue gonne a ruota, che ci fanno sognare gli anni '50 e quella moda celebrata in tutto il mondo grazie a Christian Dior, e camicette attillate che con il suo fisico magrolino e scolpito la rendono una meraviglia per gli occhi. Calza sempre scarpe a punta esclusivamente griffate "Clara" Yves Saint Laurent ,che scomparse qualche anno fa, ritornano a spopolare più affilate e seducenti che mai. Al primo posto non potevo non mettere una delle più
fisico slanciato e perfetto alla guida di un maggiolone nero non la si può non notare con la sua folta chioma bionda, è unica nel suo genere. Curata in ogni minimo particolare uno degli elementi che la contraddistingue è il carrè legato su un lato del collo, che per alcuni può sembrare un semplice quadrato di stoffa ma che in realtà è un vero è proprio must che riesce sempre ad essere incredibilmente glamour. Vestita costantemente con indumenti attillati che aderiscono perfettamente, pur coprendole, alle sue forme, le danno un tocco di sensualità e classe in più rispetto al resto delle insegnanti. Inoltre le sue maxi bag che portano le marche dei più grandi stilisti quali Armani, Louis Vuitton e Gucci, molto garbate e raffinate, fanno venir voglia di partire, magari per fare un bel viaggio in Inghilterra! La sua eleganza nasce anche dai suoi modi di fare e dal
rispecchia la sua intelligenza e la sua anima bella che consolidano il suo nome nell'Olimpo.
Maria Bonardi
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Una divisa così potrei anche sopportarla
Probabilmente i nostri ragazzi pagherebbero per vedere noi ragazze ogni giorno a scuola vestite così. Per gli studenti thailandesi questa è già realtà. Addio eterno dilemma
largo alle gambe scoperte! Neanche i tacchi, perfino i più appariscenti, sembrano essere anomali lì. E' anche vero però che in molti Paesi la divisa resta l'abito comunemente usato durante la settimana anche fuori dall'edificio scolastico, di conseguenza abbinabile a qualunque accessorio quando si va in giro. Bisogna però ammettere che i thailandesi sono fortunati. Non possono dire altrettanto i cinesi, che di regola in ogni istituto devono indossare pratiche e comode almeno quanto brutte tute da ginnastica di una piuttosto limitata gamma di azzurri. Anche nel piccolo Stato asiatico del Bhutan le uniformi sono di gusto estetico...particolare. Si punta infatti ad una fedele conservazione delle tradizioni che, forse una delle poche eccezioni al mondo, trova grande appoggio nell'opinione pubblica locale. Un'aria di rilassata e serena vita rurale si respira infatti ovunque fra le montagne bhutanesi e la foggia larga e antiquata, quasi medievale ai nostri occhi, delle loro divise non sembra dar loro il minimo fastidio, anzi, c'è chi dice che fra le pieghe dei loro abiti potrebbero starci i libri, così da evitare di portare lo zaino. Situazione simile, anche se con stile totalmente diverso, è riscontrabile nelle scuole dell'Oman, dove i precetti religiosi la fanno da padrone anche per le regole di abbigliamento: per i ragazzi le tradizionali vesti lunghe e bianche accompagnate da un piccolo copricapo con trama a fantasia e per le ragazze un velo, detto in arabo hijab, in tinta con i pantaloni. Attenzione però: per quanto questo
Stato impieghi molti sforzi presso la sua popolazione per conservare la propria identità culturale, è assolutamente tollerante verso gli altri credo, come quelli cristiano, ebraico ed induista; è infatti questa moderna politica di convivenza civile che lo distingue fortemente dalla limitrofa Arabia Saudita. Di certo più famose sono invece le fantasiose divise scolastiche sudcoreane e giapponesi, che rielaborano il buon vecchio stile delle uniformi
marinare europee del XIX secolo in un tripudio di forme moderne e colori. In Giappone pare addirittura che sia quasi una corsa quella al rinnovo dello stile delle uniformi, che devono sempre essere alla moda, tanto da condizionare le scelte dei ragazzi (anzi, delle ragazze) in fatto di scuola e da portare all'organizzazione di parate per farne foggia. Inutile dire poi che le divise giapponesi si sono ritagliate un ruolo di tutto rispetto nei fumetti manga e negli anime, tanto da diventare quasi parte integrante dei personaggi che le indossano. Pure in Sud America, dal
Venezuela alla Bolivia al Brasile, le divise scolastiche sono obbligatorie, anche se di taglio piuttosto tradizionale. Caso a sé l'Argentina, dove una vera e propria uniforme non esiste, ma solo uno storico camice bianco simile a quello da laboratorio, da portare sopra i comuni vestiti. Anche in Africa le uniformi scolastiche sono largamente diffuse (quella classica sudafricana fino a non molto tempo fa comprendeva anche un cappello di paglia), tuttavia il loro costo è spesso proibitivo, tanto che le famiglie se ne possono permettere solo una, così che a fine anno molti bambini si ritrovano la divisa logora dall'uso e i segni viola lasciati dai bulli, come affermato dal consigliere dell'educazione dell'UNESCO Susan Nkyngyangi, di stanza in Kenya, ai reporter della BBC.
Nei luoghi più poveri, come nelle zone rurali del Senegal, è solo richiesto di indossare un indumento qualsiasi, purché sia dei colori della scuola, per esempio l'azzurro. E' però opinione soprattutto di associazioni umanitarie, che la divisa abbia nel complesso un'ottima influenza sull'autostima e sul rendimento degli studenti africani e per questo nei progetti di sviluppo e
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miglioria delle scuole del continente nero parte dei fondi è spesso dedicata all'acquisto di uniformi. Un lascito piuttosto problematico, dunque,
dell'occupazione coloniale britannica, la cui impronta è visibile anche in Stati come Australia e Nuova Zelanda, in cui un'elegante e classicissima uniforme non manca mai nell'armadio degli studenti.
Qui in Italia, invece, a malapena sappiamo cosa sia un'uniforme, eppure scandagliando il web si scoprono un sacco di nostalgici che chiedono a gran voce il ritorno di una divisa per tutti quanti. Gli argomenti a favore da loro portati sono numerosi, come l'annullamento di disparità fra studenti ricchi e meno, il freno alla corsa al vestito più griffato, la nascita di amicizie basate sulla sostanza delle persone e non sul loro aspetto e perfino l'aumento del tempo per dormire non dovendo più porsi il dilemma citato
Germania, anche da noi la divisa è stata progressivamente abbandonata perché troppo legata all'oscuro periodo della Seconda Guerra Mondiale. Eppure, basta guardarsi intorno in corridoio per vedere un numero fin troppo grande di persone vestite tutto allo stesso modo, tutte dallo stesso negozio, come se la divisa vera fosse una benda ben stretta sul nostro cervello.
Ci sono poi molti che sostengono che l'uniforme aumenterebbe la disciplina negli istituti, ma una ricerca condotta due anni fa nel sud-‐ovest degli Stati Uniti su scuole in cui è richiesta la divisa è stata in grado di verificare solo una leggera diminuzione di assenze a scuola, specie fra le ragazze.
Un compromesso tra modernisti e nostalgici? Stabilire insieme dei giorni in cui mettere tutti quanti la maglietta della scuola. Non come obbligo, solo per sentirsi membri di qualcosa di più grande, qualcosa a cui teniamo.
Ma... in Gran Bretagna?
In Gran Bretagna l'uniforme sta dando non pochi problemi. Presente nelle scuole da più di 500 anni (parliamo dell'epoca di Enrico VIII) e ancora ben voluta dall' 80% dei genitori, agli occhi degli studenti sta
diventando sempre più insopportabile. Perfino in estate, togliersi la giacca o il maglione senza permesso è un reato grave. In una scuola inglese, le ragazze sono costrette ad infilarsi in calde, spesse e scomodissime gonne da abbinare a calzettoni neri o a calzini bianchi alla caviglia come bimbe e non è loro permesso usare fasce per capelli di colori diversi da bianco, nero o blu. Guai poi a mettere lo smalto, perché il bidello all'ingresso le rispedirà subito a casa e, dopo un certo
sospese. Tutta musica per le orecchie del Segretario dell'Educazione Michael Gove, fierissimo sostenitore della scuola stile anni Cinquanta. Pare che il motivo del ritorno in auge di un così severo regolamento sia da imputare alla carenza di strumenti per mantenere la disciplina da quando, nel 1987, sono state abolite le punizioni corporali. In più, dietro alle divise sta
un'industria colossale, che ha fatturato nel 2010 parecchi milioni, e per cui è previsto un aumento del 19% nei prossimi cinque anni: dato inquietante per le famiglie, che già sborsano centinaia di sterline all'anno per le divise, soprattutto perché il numero di allievi è destinato a diminuire. I grandi
supermercati, dall'altra parte, stanno vendendo a prezzi stracciati camicie e maglioni, mandando totalmente in crisi i piccoli negozi che da sempre si occupano di vestire studenti. Ancora più assurdo il fatto che siano le piccole scuole, in cui la divisa non si è mai portata o si è smesso di usarla (solo il 2%), ad avere i rendimenti migliori. Si può sperare che la scuola decida di abolirla per smettere di perdere tempo a discutere su di essa ma succede anche che una ragazza islamica, Shabina Begum, abbia perso una causa contro una scuola del londinese per voler portare il velo. Per il festival delle contraddizioni ci sono fatti più agghiaccianti: i ragazzini londinesi portano un tesserino di colore diverso sulla giacca in base al loro grado di talento alla faccia dell'uniformità. Forse una divisa così non potrei sopportarla.
Agata Hidalgo
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Troppo cibo rovina lo stomaco, troppo studio l'esistenza. Molti dicono che il cibo unisca le persone e che, in fondo, sia più importante la qualità dei commensali che non quella del pasto. Ma non crediate che questo pensiero sia una novità del Duemila: già nel l sec. a. C., l'epicureo Filodemo di Gadara, per convincere i suoi ospiti a banchettare con lui, diceva loro che sul cibo non dava certezze, ma sulla compagnia sì. E chissà, forse è questa nostra curiosità di andare a scavare nel passato ciò che per noi è "pane
he, con tanto entusiasmo, ci siamo iscritte al concorso
tema così avvincente, la voglia di metterci alla prova in una competizione nazionale era tanta , quindi, armate di cucchiaio e coltelli, ma anche di tomi tutti da sfogliare, ci siamo destreggiate fra l'attività a noi più familiare, lo studio dei testi e la loro rielaborazione, e un'altra più aliena... La cucina! Non crediate, però, che a scrivere sian chef di prim'ordine: i fornelli non son stati altro che uno dei molteplici aspetti di un'esperienza stimolante, coinvolgente e tutta da scoprire. E poco importa se, mentre ci elogiavamo a vicenda per le spiccate doti di interpreti, la cheese cake di PolifEbbene sì, cuoche, scrittrici ed anche interpreti: la documentazione di circa 60 pagine sulle abitudini greche , latine ed etrusche è stata correlata da un
video, di cui siamo state registe ed attrici, in cui mostravamo ai curiosi come riprodurre le nostre prelibatezze. Giornate indubbiamente piacevoli, suggellate da una medaglia di bronzo (con primo premio non assegnato) . Abbiamo scoperto cosa e come mangiavano gli uomini 2000 anni fa. Queste nozioni sono forse inutili per la cultura personale di un qualsiasi cittadino del ventunesimo secolo? Questo argomento è così lontano da noi da poterlo considerare un mero interesse dell'elitaria cattedra classica? Forse sì. Forse nella vita non parteciperemo mai a discussioni sulla postura degli Etruschi durante il convito e a nessun colloquio di lavoro ci chiederanno mai di parlare dei pesci preferiti di Socrate. Naturalmente. Ma è vero anche che vivere solo in funzione dell'utile sminuisce ogni tipo di conoscenza: la cultura dovrebbe avere valore di per sé, come un mattone che si aggiunge ogni giorno al nostro piccolo muro personale e che ci arricchisce. Proprio questo è il fascino, spesso sminuito e svilito, del liceo classico: ricordarci l'importanza della conoscenza e riportarci alla nostre origini. Le persone di allora, in fondo, non erano molto diverse da noi: vivevano delle nostre stesse passioni, perché tutto evolve, tutto cambia, le dinamiche sociali, le situazioni economiche, ma ciò che muove il cuore delle persone rimane come un filo sottile a collegare tutte le generazioni. I classicisti sono solo topi di biblioteca? Teste troppo chiuse nei propri schemi? Sfatiamo questo mito, spesso fomentato da noi studenti! Noi, cerchiamo di capire che il greco, dietro a subordinate contorte e verbi incomprensibili, ci offre la possibilità di entrare a contatto con uno dei popoli più belli della storia, una civiltà che viveva d'amore, di festa, di musica. Impariamo a fare come le api, direbbe Bacon:studiamo con coscienza, immagazzinando i concetti , facendoli nostri e rielaborandoli , perché il passato può insegnarci tanto e permetterci di analizzare il presente con occhio più critico. E allora ben vengano ricerche e concorsi che ci mettono alla prova e ci aiutano a riscoprire il vero obiettivo del Liceo: la Maturità. Non un pezzo di carta con una votazione espressa in decimi, non diventare macchine tutte uguali che alla prima difficoltà si guastano. Non rimaniamo ancorati alle nostre conoscenze, non abbandoniamo il presente :cerchiamo in noi il coraggio di usare il nostro sapere a 360 gradi! Cristina , Giorgia , Laura , Simona , Michelle , Benedetta , Gloria 2A classico
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Progetto poesia: diamo i numeri Alla fine di un anno scolastico si tirano le somme. Eccole. Il
ciclo di incontri sulla Commedia dantesca, rivolto in particolare agli alunni del triennio; un approfondimento sulla poesia comica, rivolto in particolar modo alle classi terze e quarte; infine una finestra su un autore del Novecento
u Giorgio Caproni), pensato soprattutto per gli studenti di quinta. Per impegni vari dei docenti e degli alunni, e per
ciclo sulla poesia comica (già pensiamo di riproporlo per
o). Gli altri tre si svolgono regolarmente. Nel
cinque ore ventinove alunni e due docenti; gli incontri sulla Commedia di Dante impegnano per sei ore cinquantuno studenti e tre docenti; agli incontri su Caproni (4 ore e mezzo) partecipano trentacinque studenti e un docente. Il totale, che credo lusinghiero, supera le 100 partecipazioni.
Quattro scarne considerazioni:
è una bella soddisfazione vedere che anche percorsi di impronta chiaramente culturale vengono recepiti con favore dal pubblico giovanile, e che si interessano i ragazzi anche con la cultura;
-‐ tra le osservazioni finali che alcuni dei partecipanti hanno voluto lasciare, in vista di una
,
più
delle diverse proposte; e ciò senza dimenticare le
severi, a volte severissimi, altro che professori!); -‐ la poesia
è trasversale a diversi indirizzi di studio, visto che i nostri partecipanti provenivano per gran parte dal liceo scientifico tradizionale, ma non mancavano alunni del liceo delle scienze umane e del liceo scientifico opzione scienze applicate;
-‐ è bello rilevare che si può fare un buon lavoro senza avere a disposizione mezzi strabilianti:
impegno, due pagine di poesia, e soprattutto basta metterci testa e cuore. A ricordare, ancora una volta, che internet, tablet, smartphone, ipad e tutto il resto che vi viene in mente sono solo
talvolta, con potenzialità indubbie e grandissime dal punto di vista didattico; ma non sono e non devono essere il centro del nostro operare di
oltre. Perché il centro sono i ragazzi, e la vera rivoluzione non è quella digitale: è usare la testa. Infine, una menzione per il Concorso di poesia interno al nostro istituto, promosso dalla Commissione poesia.
partecipazione di un numero non clamoroso di studenti, ma almeno due sono le note che fanno ben sperare: innanzitutto la qualità delle pdisprezzabile, al di là della pur doverosa classifica di merito; e poi, di nuovo, la partecipazione trasversale di alunni provenienti da diversi indirizzi. Una cosa che ci ha stupito, invece, e che vale la pena di rilevare, è che quasi tutte le poesie in concorso fossero state scritte da ragazze: forse che i maschi hanno smarrita la vena poetica? Eppure io conosco ragazzi che scrivono poesie bellissime! In ogni caso, le poesie che si sono
ione sono
testimonianza ulteriore della qualità delle poesie pervenute) : le trovate esposte nelle bacheca
femmine che voi siate, sarete i benvenuti. Buona estate e buona poesia a tutti.
Luca Bressan
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Educazione sessuale nelle scuole
può realmente affidare ad un provvedimento parlamentare in materia, tralasciando un'unica legge del 1975 che ha istituito i consultori familiari, pubblici e privati, per fornire assistenza alla maternità , pare ci resti solo che sperare nel buon senso di genitori e docenti per la completa formazione dei corrispettivi figli e studenti. Nonostante i numerosi pareri contrastanti, ciò che è certo è che la sessualità non è un aspetto marginale della quotidianità, bensì un elemento con il quale adolescenti e gli adulti devono confrontarsi giornalmente e che influenza le relazioni interpersonali, nonché il rapporto con se stessi. Detto ciò a parer mio è implicita la necessità e il diritto, da parte di ciascun individuo, indipendentemente dal
sessuale adeguata che non si limiti, come ora, allo studio di aspetti prettamente fisiologici o elusivamente etico-‐religiosi ma che riguardi tutti gli ambiti, compreso quello psicologico e sociale, che questa disciplina comprende. Non riuscendo, in Italia, ad ottenere sufficienti provvedimenti legislativi, statisticamente si afferma che i ragazzi imparino la sessualità per il 30% dagli amici, per il 13% da riviste , per il 20% dalla madre, per il 7% dal proprio padre e solo per il 5% da docenti. Certo, ci si aspetterebbe di più dai genitori ma pare che anche i ragazzi preferiscano ricevere questo tipo di informazioni a scuola piuttosto che in famiglia, considerata la
nel considerare oggettivamente la maturazione sessuale dei figli, risultando emotivamente troppo coinvolti per aprirsi liberamente al dialogo, e inoltre un disagio da parte dei ragazzi di fronte alla sessualità dei genitori. Per quanto possa poi parere utile il
taglio: infatti se da un lato ci sentiamo confortati dalla vicinanza delle nostre esperienze a quelle degli altri,
erronee o falsi miti e mentre ci può essere insegnato come agire in determinate situazioni, nessuno ci mostra come poterle vivere al meglio. Internet anche in questo campo resta un'immensa fonte di notizie naturalmente solo se usata in modo corretto; il fatto è che è questo che resta da fare a noi studenti italiani: se vogliamo sapere qualcosa sul sesso dobbiamo
cuno di noi e sapendo che apprendere sul campo non sempre fornisce risultati propizi, speriamo di non sbagliare ricercando altrove.
La situazione fortunatamente non è ovunque altrettanto tragica, tralasciando l'Inghilterra, con il più alto numero di ragazze-‐madri al mondo e un'educazione sessuale non obbligatoria nelle scuole, a discrezione delle quali è lasciata l'Informazione sui contraccettivi e le malattie sessualmente trasmissibili; mettendo da parte pure il Presidente degli USA, che ci ha stupiti introducendo programmi statali, per insegnare ai giovani ad arrivare vergini al matrimonio, in prevenzione alle MST; in Francia l'educazione sessuale rientra nei programmi scolastici in pacchetti di 30-‐40 ore dal 1973 e profilattici vengono distribuiti dalla terza media. In Germania si è già attivi dal 1970 e gran parte delle scuole fornisce lezioni sull'uso corretto dei contraccettivi, si affronta inoltre il tema dell'omosessualità, della violenza sessuale anche su minori; in Svezia persino dal 1956 i programmi scolastici integrano all'interno delle varie discipline argomenti di sessualità, continuandoli ogni anno a partire dalle elementari; in Finlandia ai quindicenni viene fornito un kit che comprende un profilattico, una storia d'amore in cartone animato e un opuscolo di
informazioni necessarie a prendere decisioni riguardo la salute e la sessualità ma anche in Giappone e in altre parti dell'Asia ci si sta organizzando o vi sono già programmi governativi in materia. In Italia l'educazione sessuale non è obbligatoria ma è lasciata ad iniziative varie dei consigli di classe soprattutto nelle medie inferiori. Non vorrei sconfortare nessuno ma io ammetto di esserlo almeno un po'. Ci sono ancora tanti problemi al riguardo di cui anche noi alle superiori potremmo discutere e non solo fra i banchi ma apertamente. E' un'idea, una proposta...se volete.
Chiara Baccanelli
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stiamo arrivando , aspettateci!
Buon giorno ragazzi e ragazze del Liceo Federici. Come tutti voi saprete, la scuola sta finendo e le vacanze estive sono oramai alle
sta preparando agli esami , chi è solo agli inizi e chi solo a metà strada, ma tutti noi non
pazza e frenetica scuola finisca in fretta, me compresa. Ma le vacanze realmente cosa sono? A cosa servono? E perché si
va in vacanza?
È inutile dire che le vacanze, oltre ad essere tempo di svago e di divertimento, sono
conoscenze e per allargare i nostri orizzonti mentali e culturali. Certo è vero a volte non sembra, a volte si dà per scontato, a volte si pensa solo a divertirsi o solamente non ci si rende conto, ma le vacanze non sono sicuramente solo un momento di svago. Le fatiche del periodo lavorativo e la voglia di vacanze per riposarsi possono trarre in inganno, a noi sembra di non fare assolutamente niente, invece non è vero; infatti la nostra mente continua a lavorare anche durante questo momento di relax!
Lo capisco che Può sembrare strano, ma in ogni istante della nostra esistenza noi apprendiamo qualcosa di nuovo: andiamo a fare una passeggiata in montagna o al mare, giochiamo con gli amici, facciamo programmi di vacanze con i fidanzati o fidanzate, leggiamo un libro, giochiamo con
cerchiamo lavoretti estivi , ci rendiamo disponibili al volontariato, stiamo sdraiati su un lettino in spiaggia a scrutare il paesaggio in ogni suo minimo particolare e.....scopriamo sempre qualcosa di nuovo: conosciamo gente nuova e impariamo particolari del mondo, che poi si rivelano fondamentali nel corso della nostra vita. Il fatto importante è che apprendiamo; infatti questi pilastri alla base del nostro vivere non vengono sicuramente insegnati a scuola. Quindi cari ragazzi, io concludo dicendo che ognuno di noi ha diversi modi di fare vacanza,
FARLA E
GODERCERLA IN PIENO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Liliana Corti
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Ti racconto del giorno in cui nascesti Arriva quel giorno in cui ti siedi alla finestra e inizi a pensare. Inizi a pensare a tutto quello che hai vissuto e che avresti ancora voluto vivere. Esperienze, racconti, emozioni. Non soddisfatti appieno di quelle raccolte, ne esigiamo delle altre. Sono arrivato a quel momento della vecchiaia dove incomincio ad esaminare ogni cosa della vita, a rimpiangere i momenti belli e ad apprezzare quelli brutti, poiché, anche se brutti, hanno lasciato spazi indelebili nella mia esistenza.
giorno in cui sono nato, è da molto tempo che volevo chiederti questa cosa e, ora che siamo finalmente
isse Jacob, entrando timidamente nella stanza e sedendosi sul bordo del letto.
padre rispose così e alzò la schiena, quasi per alzarsi, ma il figlio Jacob lo fermò e anzi lo fece distendere.
furono come miele per John. Sentì suo figlio più vicino che mai e d'un tratto si dimenticò dei mali del cancro.
mattino come ogni giorno e diedi un bacio sulla fronte a tua madre. La gravidanza le dava un colorito vivace sul viso, ogni giorno sembrava sempre più felice. Avevo passato molte domeniche in casa, desiderando di uscire per andare a pescare. Quella era una giornata perfetta, il sole era ricomparso in cielo più lucente dopo molto tempo. Presi la canna da
pesca, cercai le chiavi della macchina, tua madre le aveva lasciate in cucina, e partii. Il lago era calmo, non c'era anima viva sul lato in cui avevo deciso di posizionarmi. Passarono due ore e ancora nulla, quelle maledette trote sapevano il fatto loro. Niente, niente riusciva ad avvicinarle all'esca, sembravano troppo furbe, fino a quando non sentii qualcosa. Credevo fosse un pesce che si avvicinava alla lenza, e invece sentivo solo un fruscio nella fitta boscaglia. Rimasi sorpreso nel vedere uscire un uomo, molto alto. Aveva un giubbotto pesante di colore verde scuro, malridotto forse dall'usura. I capelli scompigliati erano protetti sotto un capellino di lana color rosso, anch'esso rovinato dal tempo. A quel punto mi senti come fissato da quei suoi occhi di ghiaccio, un ghigno accennato sul viso, un coltello a serramanico in mano e una mano protesa verso il cielo, quasi come se volesse
Arrivato a questo punto Jacob era del tutto catturato dal fascino della suspense che suo padre sapeva iniettare nel racconto. Nonostante fosse lì proprio davanti ai suoi occhi protetto dall'affetto del genitore, si sentiva spaventato da un potenziale finale drammatico.
vedi quel giorno non mi successe nulla, e riuscii perfino ad esserci alla tua nascita. Ti starai sicuramente chiedendo come ho fatto a superare
quella scomoda situazione. Ebbene io ero là, immobile, non riuscivo a fare nulla, infatti fu lui a prendere la parola. Mi disse che era un viandante, uno di quelli che vive nelle roulotte. Mi disse che aveva fame, che aveva sete e freddo. Mi disse che non vedeva nessuno da giorni e che io ero per lui l'unica possibilità di salvezza. Diceva tutto questo agitando a destra e manca il suo coltello. Mi chiese se avevo dei soldi, gli dissi di no. A quel punto mi punto il coltello alla gola, intimandomi di dargli tutto. Eppure io non avevo niente, niente di niente, infatti avevo lasciato il portafogli a casa. Per questo motivo gli promisi di aiutarlo, ma lui rifiutò. Lo scongiurai, avevo una moglie, mio figlio stava per nascere. Lo scongiurai di non uccidermi e non farmi del male. Allora lui mi chiese qualcosa che mi sconvolge ancora ora. Mi chiese se conoscevo
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il motivo per cui gli erano accadute quelle cose, il motivo per cui si trovava in quella situazione scomoda. Risposi di no e lui se ne andò. Quello fu il primo evento di quella giornata spettacolare. Jacob portò del the per suo padre, dato che non poteva muoversi, e gli chiese come proseguiva la storia, quali erano gli altri due episodi cui accennava spesso.
sapevo più che fare, l'unica cosa che mi rimaneva era ringraziare pregando, perché la mia vita era stata salvata. Così decisi di tornare a casa per controllare tua madre e mi incamminai sul sentiero che conduceva alla statale 38. Ero tranquillo, non mi aspettavo nulla, sebbene fossi ancora molto scosso, quando d'un tratto un rombo alla fine della strada, un rumore assordante, come cento trombe e sassofoni che suonano insieme senza ritmo o armonia. Era il
il figlio con volto intenerito dalla probabile demenza senile del padre.
tuo vecchio sia così rimbambito da inventarsi le cose? Allora, cosa stavo dicendo. Ah si certo, il circo! Percorsi con la mia macchina la strada secondaria che dalla statale conduceva a Little Creek, e d'un tratto mi accorsi che il circo era più grande di quanto pensassi. Era veramente enorme e c'erano moltissimi visitatori, famiglie più che altro. Sarei dovuto tornare a casa da lì a poche ore, quindi decisi, per passare un po' di tempo, di vedere cosa questa attrazione proponesse. Era perfetto. Spettacoli e spettacoli si susseguivano l'un l'altro in un magico effetto di luci e meraviglie esotiche: tigri, leoni, mangiafuoco, equilibristi, pagliacci, giocolieri, donne barbute, gemelle siamesi, giganti, uomini forzuti e tante altre diavolerie. Verso la conclusione si avvicinò a me un uomo, un piccolo uomo vestito con un frac rosso e una tuba largamente ricucita e con segni di bruciatura.
Avvicinandosi mi disse: << Ehy tu! Si proprio tu con quegli anfibi da palude! Oggi voglio essere generoso con voi spettatori di Little Creek. Dovete sapere che i nostri spettacoli, seppur molto belli e decisamente stravaganti, prendono luogo solo poche volte durante il corso dell'anno. Ecco, voi siete stati fortunati, proprio in questo momento infatti voi siete stati graziati dalla nostra presenza. Ora ragazzo, è il tuo momento, prendi questo. >>. Mi porse una palla di cristallo fra le mani e non appena me ne resi conto, tutto era scomparso. Infatti ero tornato di nuovo nel prato. La palla di cristallo iniziò a diventare strana, delle nubi si stavano formando al suo interno, e decisi di vedere cosa mi aspettava. Vidi tua madre, vidi te, vidi tutto della nostra vita. Ogni giorno, ogni evento, ogni cosa che avrebbe caratterizzato i nostri cammini mi si palesava davanti. Ad un certo punto vidi nella sfera un incidente stradale. Ero io, quello stesso giorno, me ne andavo di fretta, impaurito da ciò che avevo vissuto al fiume. Lo sconosciuto mi aveva fatto un piccolo taglio sul viso e io ero terribilmente spaventato. Volevo solo tornare a casa. E boom, un'auto mi colpisce proprio in mezzo alla strada. Sono morto. A quel punto capii che c'era stato un intervento divino, qualcosa mi aveva salvato, e ora quel qualcosa tentava di farmelo capire. Che il padrone del circo c'entrasse qualcosa? Ancora oggi me lo chiedo. Fatto sta che dopo questo secondo evento straordinario tornai finalmente a casa. Durante il viaggio di ritorno ricevetti una telefonata: <<Jacob sta per nascere.>>. A quel punto corsi all'ospedale e trovai tua madre, in quella stanza. Ero arrivato appena in tempo per vedere il grande momento. Tu nascesti come un raggio di sole compare all'alba di un nuovo giorno. Quel giorno capii che ero stato salvato per poterti vedere. Tu sei la terza cosa straordinaria che accadde quel giorno.
Giovanni Patania
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Colette
Nelson Mandela
Voglio parlarvi di una donna, una donna che ha vissuto la sua vita per costruire una casa dove molte persone potessero vivere con serenità. Vi voglio parlare di Colette Kitoga, una donna, un medico, la fondatrice del centro Mater Misericordiae a Kivu, in Congo.
Colette nacque in Congo e a quattordici anni venne in Italia per poter studiare e laurearsi in medicina. Dopo la laurea decise di tornare nel suo paese natio per poter essere utile ai suoi connazionali; quando arrivò a Kivu era uno dei pochi medici del posto ed era l'unico medico donna. Nel 1996 in Congo scoppiò la guerra. La guerra arrivò, portandosi via gli uomini e i bambini che venivano costretti a diventare soldati, la guerra portò gli stupri e dagli stupri nacquero bambini di nessuno e molte donne vennero ripudiate dai mariti e dalle famiglie perché
anche da arma biologica perché gli stupratori venivano selezionati tra i sieropositivi e i malati di Aids. Specialmente nelle campagne, dove prima della guerra la sieropositività era praticamente nulla, oggi ci sono migliaia di persone che muoiono di Aids e non sanno perché muoiono.... molte donne si vergognano di dire che sono state stuprate perché quelle che lo hanno fatto sono state ripudiate, odiate anche dai figli e dalla
Fu dopo la fine della guerra che il progetto di Colette
una casa dove poter accogliere gli orfani, le donne vedove o vittime di violenze, i ragazzi soldato e le
donna con una ventina di ragazzi dai quindici ai sei anni. Mi disse: dottoressa, Lei voleva fare
rimasta con quei
degli ospiti sono bambini, il 12% donne e il 3% uomini. Si offre loro riparo, cibo, cure mediche e supporto psicologico. Si tenta anche di dare un'educazione ai bambini e di mandarli a scuola, per quanto possibile; agli adulti si insegnano attività manuali e lavorative. Il progetto è quello di aiutare la popolazione a ricostruirsi una vita, a risollevarsi dalla disperazione e a ricominciare a sorridere e a sperare. Colette parla con orconsiglio, educazione) il gruppo di donne violentate di una delle tre case di accoglienza (Bukawu, Uvira verso la frontiera col Burundi e Kamituga, una zona rurale) del fatto che ha costruito un ristorante dal nulla e dei
piccole cose, sembrano niente, ma io credo che adesso
comprata grazie alla vendita del Premio Unicef che le è stato conferito nel 2006, hanno piantato alberi da frutto e hanno seminato un grande orto per combattere la fame.
Nel centro ci si dà una mano a vicenda: i ragazzi più grandi educano e fanno giocare i più piccoli, ci sono infermieri che offrono consulenze e cure mediche e insieme si tenta di ricominciare.
Eppure i problemi sono tanti: purtroppo i bambini sono troppi e non è possibile mandare tutti a scuola. Ad ogni bambino, ogni anno, servono all'incirca 300
dollari per poter far frequentare le elementari. A Uvira solo 280 su 500 studiano. Inoltre la zona è ancora
ufficialmente, ma non è davvero finita: se ci sono tanti
Asserisce con amarezza e preoccupazione. I soldati non se ne sono andati, restano lì vicino e la loro presenza non permette di sentirsi sicuri. Le strutture accolgono ad oggi 4000 ragazzi di cui 802 sono ex bambini soldato, molti dei quali vivono protetti perché
Congo sono chiamati -‐ ha detto Colette -‐. "Nessuno li
vuole e chi li nasconde è fucilato in piazza. Ma per i
condurre una vita normale, dopo che, drogati, picchiati, costretti a uccidere, sono stati privati della propria fanciullezza. Hanno bisogno di fare un percorso speciale, come quello che abbiamo messo in piedi nei nostri centri. È importante aiutarli a vomitare il male che hanno dovuto ingoiare per impedire che riprendano in mano le armi. Ma il governo congolese se ne infischia e non vuol sprecare tempo ed energie
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questa distruzione e questa violenza? Qui nella nostra
dicendo che è l'ennesimo scontro tra tribù. Ma Quali tribù, in Congo ci sono 500 tribù ed è difficile combattere tra 500 contendenti. La verità è che il Congo è un paese ricchissimo, coperto di foreste dal legno pregiatissimo e ha grandi giacimenti d'oro diamanti e rame. Ma soprattutto il Congo è ricco di Coltan, Si tratta di un minerale indispensabile per
-‐delle riserve mondiali. A causa della sua estrazione le popolazioni locali hanno visto espropriate le loro terre. Gli introiti delle attività hanno finanziato la guerra civile, gli impatti ambientali sono stati gravissimi ed i diritti presenti e futuri della popolazione continuano ad essere violati. I nostri cellulari, i nostri pc e le nostre televisioni probabilmente sono fatti proprio di questo materiale, sono fatti delle ricchezze e del dolore dei Congolesi. No, la guerra non è tra le due solite tribù litigiose, la guerra è una guerra di mercato, di ricchezze e di avidità. Si combatte tra i signori che governano il mondo, tra giganti dell'industria che hanno per giunta la sfacciataggine di farsi passare come dei salvatori, quando le loro mire sono volte al sottosuolo del paese e pur di raggiungerle sfruttano ogni possibilità che si offre loro: quale miglior occasione di una guerra? In fin dei conti lo sappiamo bene che la guerra è sempre fonte di grandi sofferenze
diciamo noi. La popolazione continua a ne paga le conseguenze sono i più deboli e gli indifesi, le donne, i bambini. E queste vittime spesso vengono additate come nemici: le donne violentate sono ripudiate a causa della vergogna familiare, e i bambini sono perseguitati. Durante la guerra la dottoressa ha nascosto molti bambini e veniva interrogata e controllata perchè si pensava nascondesse dei nemici. Come ha detto lei i nemici erano i bambini che potevano raccontare i modi atroci in cui i loro genitori erano stati uccisi sotto i loro occhi, occhi che non potevano tremare o versare lacrime altrimenti
meravigliavo che tutti quei bambini avessero lo sguardo fisso a terra e non ti guardassero mai in
ancora Colette. Bambini che sono stati comprati con la promessa di 100 dollari e la speranza di un futuro migliore, bambini che quel futuro non l'hanno visto perché sono morti nei campi di addestramento o perché non hanno resistito alla bruttura a cui erano costretti. Bambine soldato che a tredici anni si trovavano madri di mille abusi. Donne che hanno visto la guerra sul loro corpo, perché violentando una donna si viola l'onore della sua comunità e allora le donne diventano i nuovi
campi di battaglia e quello che ne deriva sono figli di nessuno, innocenti eppure non voluti .
Davanti a tutta questa desolazione viene voglia di piangere, di urlare, di smettere di sperare e di credere in qualcosa, eppure in mezzo a tutto ciò qualcuno è riuscito a trovare la forza di rimboccarsi le maniche e di ricominciare a costruire, di riedificare, pietra su pietra, dollaro su dollaro, sorriso dopo sorriso la vita che a molti era stata portata via. Voglio parlarvi di Colette Kitoga, una donna, una dottoressa, la testimone di una speranza troppo forte e bella per essere uccisa.
Ho conosciuto la Dottoressa grazie alla Comunità di San Fermo, con cui è in contatto e dalla quale è da sempre aiutata. Con il mio gruppo di catechismo abbiamo iniziato anche nel nostro piccolo a mandarle i nostri aiuti e così fin da bambina sono entrata in contatto con il suo lavoro e ne sono rimasta affascinata. Conoscerla mi ha profondamente segnata: davanti a me c'era una donna fragile nel fisico, con problemi cardiaci e i primi segni di vecchiaia intorno agli occhi, ma il suo sorriso era bellissimo: umile eppure sicuro e forte ma soprattutto spontaneo e solare.
Secondo Neruda solo sognando si può conservare la pace e io vi posso assicurare, avendo avuto la fortuna di conoscere questa donna, che lei non ha mai smesso di farlo.
Marta Sironi
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Liceo Lorenzo Federici
Una mattinata con Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace 2003
Sto per raccontare in questo articolo una delle esperienze più emozionanti che abbia mai vissuto, per questo chiedo scusa se nelle poche righe che state per leggere troverete qualche frase sconclusionata o irrispettosa delle regole grammaticali e logiche: ho passato una mattinata eccezionale, in cui ho
Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace 2003. Pochi conoscono la sua storia e io stesso devo ammettere che mai avevo sentito parlare di lei prima di qualche giorno fa, quando evento, organizzato dal Liceo Federici (voluto in particolare dal preside Manzoni e dal professor Vitali con la collaborazione del
occidentale. Il suo paese allora era governato dallo Scià, un sovrano assoluto che non concedeva alcun diritto politico al popolo, ma che garantiva i diritti civili: la giovane Shirin si può laureare in giurisprudenza alla prestigiosa Università di Teheran, ereditando dal padre giurista la passione per la legge. Nel 1969, a soli 22 anni, è già magistrato: la prima donna in Iran a ricoprire questa carica, che dovette abbandonare nel 1979, anno della Rivoluzione islamica, che portò al
le
dure, di denuncia profonda ma anche di estrema lucidità storica, quelle che la Ebadi
Prima vivevamo in un regime tirannico, e la gente voleva libertà e potere politico, quindi scoppiò la Rivoluzione, che portò alla nascita
si può vedere anche nella Primavera Araba, abbattere un dittatore non significa instaurare la democrazia: è il primo passo, ma poi servono la nascita dei partiti politici, la libertà di parola e espressione, la partecipazione di tutto il popolo. Da noi, invece, caduto un dittatore ne salì al potere un altro, che come primo provvedimento impose che le donne potessero mostrarsi fuori dalle mura domestiche solo con un foulard in testa. Insomma, ottenuti i diritti politici, scomparvero quelli privati: la gente non era più libera di scegliere di andare
in paradiso, e per questo imposero leggi basate sulla Sharia, la legge islamica: ottanta fustigate per chi beve alcool, poligamia, separazione tra uomini e donne in tutti gli ambiti della vita, rapporti sessuali e omosessuali non più liberi. Poco per volta scomparvero anche i diritti politici: le donne erano escluse in ogni modo, le elezioni erano (e sono t Per la giovane avvocatessa inizia il periodo più importante della sua esistenza: scrive libri e articoli, riesce a strappare la possibilità di esercitare la professione di avvocato, ed inizia a difendere le donne, gli oppositori politici, i dissidenti: tutti coloro che cercano di esercitare le loro libertà di base, ma che ricevono come risposta la violenza del governo, che dagli ayatollah arriva nelle mani
americano, anti sionista, rigidamente maschilista e teocratico, sostenitore del programma nucleare bellico iraniano. Nel 2003, per la sua attività di avvocatessa e dissidente pacifica dal regime violento e
Premio Nobel per la Pace, prima iraniana e
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prima donna musulmana a ottenere questo riconoscimento. In patria è diventata
che cercano libertà e diritti, mentre è stata
condannata a morte e ha sfogato la sua rabbia su suo marito e sua sorella, che furono incarcerati e torturati mentre lei si trovava a Londra per dei convegni. Rilasciati in seguito, non possono uscire dal paese, mentre, su
lontario a Londra. Continua a tenersi in stretto contatto con
casi di violazione dei diritti umani nel suo paese. È stata contattata dal governo di Teheran che le ha avanzato una proposta: se avesse abbandonato la sua attività pubblica, sarebbero cessate le persecuzioni contro lei e i suoi famigliari. Lapidaria e meravigliosa la risposta di questa
Preferisco la giustizia.avrebbero avuto il coraggio di fare una cosa del genere? Pochissimi, nessuno forse sarebbe stato disposto a rinunciare a qualche privilegio (figuriamoci alla libertà!) per un
fatto, vivendo a pieno la sua natura di donna: La morte viene per
tutti, prima o poi. Che importa se minacciano
vive, ma come si vive Attualmente risiede a Londra, collabora con
donne, mentre è molto impegnata anche nella difesa
Society for Protecting the .
cui alcuni di noi studenti hanno avuto la possibilità di conoscere meglio Shirin, si sono affrontati moltissimi argomenti: la Ebadi ha
situazione araba in generale, della sua visione della Primavera Araba, dei diritti umani, dei diritti dei bambini e delle donne, della questione del nucleare, della religione e di tanto altro. In particolare, rispondendo ad una domanda, ha espresso la sua visione
viene travisato ed estremizzato, ma che non impedisce la nascita di una società democratica, come è accaduto in Bangladesh (dove Khaleda Zia, una donna, divenne Primo Ministro nel 1991) o in Indonesia (Megawati Sukarnoputri fu il primo Presidente di sesso femminile, in carica dal 2001 al 2004). Al termine della testimonianza di Shirin, altri momenti di emozione: prima, è stato letto un testo straziante di Massimo Gramellini sulla terribile vicenda di un bambino piemontese, purtroppo estremamente recente, che ci ha
ricordato che le violazioni dei diritti dei più deboli e indifesi spesso ci toccano da più vicino di quanto pensiamo, poi degli studenti provenienti da diverse parti del mondo hanno letto nella
alcuni articoli della Dichiarazione
di cui ricorre il 65° anniversario.. Per chiudere, una citazione di Shirin Ebadi
La democrazia è come un fiore, deve essere curata ogni giorno: basta dimenticarsene una volta e lei appassisce e muore.frase che ci tocca incredibilmente da vicino, anche per la situazione italiana: anni di disinteresse del popolo verso la politica ci hanno portato ad una classe dirigente che, ormai, non rappresenta più nessuno, ma che facciamo fatica a ricambiare. Non siamo certo nella situazione iraniana, ma questa è la base da cui si generano oligarchie e poteri non democratici. Dobbiamo stare in allerta, perché, come anche il Premio Nobel ha
nessun paese è definitivamente al sicuro, quando si parla di diritti umani. -‐ Lorenzo Bonomelli
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Liceo Lorenzo Federici
LE VITTORIE DELLA SCUOLA Ci è sembrato doveroso dedicare uno spazio alle vittorie piccole e grandi conseguite dagli alunni della nostra scuola. Cominciando dagli studenti del nostro liceo classico è d'obbligo fare i complimenti per la partecipazione al Certamen Classicum Florentinum, una gara di traduzione dal greco al latino della durata di ben sei ore, alle ragazze della II A: Gloria Cuni e Sara Zerbini, la quale si è classificata tra i primi cinque posti. Le nostre ragazze si sono cimentate in una versione di Tirteo, un'elegia parenetica che trattava del tema della guerra e del valore militare. Hanno partecipato invece al Certamen Sebinum, una gara di traduzione dal latino all'italiano, per la categoria Maius Lorenzo Bonomelli, Gloria Cuni, Giulia Ghilardi e Laura Pagani con una versione tratta dal De Officiis di Cicerone.
Parliamo adesso di poesia e in particolar modo della poesia della II A del liceo
On n'est pas comme Queneau ou Jarry
mais d'une façon ou d'une autre on vie nous aussi dans un monde fantastique Moi, j'ai la tête en l'air, je me dispute avec mon père, ma soer pleure pour des bonbons pendant que je contemple la Tour Eiffel.
En tout cas, jécris ce que je sais et ce que je sais est ce que j'écris. Au coucher du soleil les pensées vagabondent exactement comme les feuilles s'envolent au vent. La mer de la Côte d'Azur me rappelle des souvenirs et beaucoup d'amis chers.
Voilà pourquoi je suis contente d'apprendre le français, cette langue si speciale, si douce et si musicale. Pendant que je regarde une simple photographie je voyage selon ma fantaisie. La france apparaît à mes yeux, la Loire, ses châteaux le Mont Saint Michel et puis la Seine.
un air d'amour, les gens s'aiment et rient de tuot: mimes, fleurs et musique, tout est fait pour nous, Le soleil fond l'amour froid d'une journée d'hiver que seul l'amour peut réchauffer. De la cime de la Tour Eiffel, on voit le monde entier.
Je regarde la Seine et je vois des chapeaux qui volent, soulevés par le vent puissant qui les
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emportent au loin, très loin des îles parisiennes. Lorsque je croque un macaron pastel, je suis ai septième ciel. Là-‐bas une fille et un garçon sortent d'une pâtisserie ils savourent un croissant. Ô merveille!
Paris, ville prodigeuse qui nous mène, du passé au futur dans l'espase de nous-‐mêmes. Ici la vie est vraiment merveilleuse trop de personnes ne savent ce que c'est. Je me suis perdue dans toutes mes pensées.
Je suis éturdie au souvenir des éclairs au chocolat que Mamie préparait avec douceur le dimanche. Mon manège à moi c'est ça. J'ai goûté cet après-‐midi un gâteau paradis qui m'a conduite sur un nuage de sucre impalpable.
Je t'aimerai donc dans la ville de l'amour comme un aigle aime voler dans l'immensité du ciel. Puisque l'espoir vit en moi si tu le partage avec moi. Con questa poesia la classe ha vinto il
debridée: votre idéè de la France e du
dei francesi) della sezione di Bergamo.
Ci congratuliamo anche con gli studenti che hanno messo tutto il loro impegno e la loro passione nelle gare scientifiche e che, oltretutto, hanno conseguito ottimi risultati. Ricordiamo in particolar modo: Michele Campolo della 4^ C del liceo scientifico, terzo classificato al Gran Premio di Matematica Applicata, Alex Longa, anche lui della 4^ C dello scientifico, che si è classificato trentunesimo al Gran Premio di Matematica Applicata. Daniele Finazzi e Michele Campolo, per gli ottimi risultati conseguiti, sono stati convocati alla fase nazionale delle olimpiadi di Fisica, mentre Andrea Rossi della 5^ C del liceo scientifico è stato convocato alla fase nazionale delle Olimpiadi di Matematica. Non meno importante fra queste vittorie c'è quella sportiva di Luca Cantamessa che quest'anno ha vinto il campionato di basket 2012-‐2013.
Complimenti a tutti!
La redazione
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Grazie Grazie davvero. Ne avevo bisogno. Non credevo davvero di aver lasciato un segno così grande che a volte mi spaventa per il carico di responsabilità, perché dopo tutto sono una creatura fragile, passionale, sensibile, dura e buona, dipende. Non credevo di avere fatto così tanto in così poco tempo. Eppure quei temi di quei cari ragazzi mi hanno aperto il cuore. Finalmente si sono lasciati andare. Caravaggio li ha aiutati con la sua genialità, con la sua ingenuità, con la sua freschezza e le sue ombre e la sua voglia di vivere nonostante tutto. E' tornata la mia voglia di insegnare, dopo anni di buio totale dove non vedevo più la fine di un precariato che francamente dura da troppo tempo, dove ricevo genitori delusi e alunni stanchi o preoccupati solo del voto. Siamo andati aldilà, l'ho capito fin dalla gita, dal rispetto che hanno sempre mostrato nei miei confronti, nei confronti dei miei momenti di luce e ombra per tutto l'impegno che ci ho messo perché fosse una bella gita nonostante i pochi soldi a disposizione, nonostante il brutto tempo. Il loro amore per la cultura mi ha stupito e mi ha allargato il cuore. il loro amore per l'apprendimento nonostante la fatica e le lezioni da sopportare ogni giorno e le versioni tradurre le loro paure superate con un sorriso. lo sprone anche attraverso la durezza per scuoterli perche sono sempre più spaventati dal mondo oppure sempre più apatici e chi non lo sarebbe visto lo
schifo che ci circonda? Io gli insegno che la vita è bella, che la virtù è bene, che il dolore passa e loro fuori vedono tutto il contrario . Risulto un'aliena eppure io sono la prof., quella che incitano quando deve presentare uno spettacolo, quella che chiamano quando sono in crisi, quella che li sgrida se c'è bisogno. Io li ho visti crescere, anche quelli a cui non davo cinque lire, quelli che svogliati non sorridevano mai quando entravo in classe. Ora sì. Ora capiscono che lo faccio per loro, per farli sopravvivere qui nella giungla virtuale e reale dove non hai più nulla se non te stesso e le tue forze. Anche lui è che è venuto fuori come un genio della filosofia quando a stento arrivava alla sufficienza, anche il poeta che mi fa disperare ma scrive così bene che ogni volta quasi piango, anche lei a cui ho urlato tutto
l'anno perché usa le paranoie come scudo e che nonostante tutto va avanti dimostrandomi che bisogna fare così, che bisogna crederci... anche lei che sorride sempre anche quando arriva in ritardo o prende tre in greco perché la vita è altro e sorridere è più bello, che dice quello che pensa con un candore che non puoi non volerle bene. Anche lui che ha una sagacia filosofica speciale,
anche lui che è la mente critica più brillante nonostante i suoi errori ortografici o sintattici, anche lui che mi dà sempre ragione e ha paura di sbagliare a ogni passo che fa ma ha la lucidità del matematico. Tutti li salvo dal primo all'ultimo perché hanno imparato che si può imparare e mi hanno insegnato di nuovo ad amare un mestiere che diventa sempre più difficile ma che è sempre il più bello. Grazie.
A tutti i miei alunni del Liceo classico e a tutti gli alunni del Federici perché ognuno di loro è come i miei alunni.
Cristina Finazzi
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Letture di piacere
Offriamo consigli di lettura......................................
Daniel Pennac
Diario di scuola
ed. Feltrinelli
Quando insegnare è un'arte e crescere solo un pezzo di vita...
Enzo Biagi
Addio a questi mondi
ed. BUR
tutti gli studenti dovrebbero leggere, imparerebbero la storia dei totalitarismi e saprebbero come scriverla...
Silvia Ronchey
Ipazia
ed .BUR
Per sapere che ci sono anche filosofe donne...sono in gamba.
Umberto Eco
Storia della Bellezza
ed. Bompiani
Immagini ed estratti sul costume e la storia della bellezza..con qualche verità da scoprire.
A cura di Pasquale Porro
Tommaso, Ente ed essenza
ed. Rusconi
per tutti quelli che amano la filosofia in latino e vogliono capire come inizia la storia di un termine pieno di senso.
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I nostri sponsor
Grazie!
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