Le Idee del Nuovo Orizzonte

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I Saggi di Harmakis01

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© Tutti i diritti riservati alla Harmakis Edizioni divisione S. E. A. Servizi Editoriali Avanzati, Sede Legale in Via Del Mocarini, 1152025 - Montevarchi (AR). Sede Operativa, la medesima sopra citata.

[email protected]: Universal Book

I fatti e le opinioni riportate in questo libro impegnano esclusivamente gli Autori. Possono essere pubblicati nell’Opera schemi o foto oltre a varie informazioni, comunque di pubblico dominio, salvo dove diversamente specificato.

ISBN 978-88-98-301-02-7

© Copertina: Anna Rita Scheri Impaginazione e elaborazione grafica: Stefano del Marro

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dagli At t i del Convegno

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Prefazione

Questo Manuale è il frutto del materiale raccolto durante il convegno“Il Nuovo Orizzonte” del Novembre 2012 da noi organizzato. È stato un grande lavoro di raccolta testi e immagini data l’interdisci-plinarietà di questo evento. I temi toccati vanno dall’Egittologia, Storiadell’Arte, Gnosi, Spiritualità, Benessere, Crescita Personale. Abbiamo condensato il tutto cercando al massimo di non perdere ilsenso delle relazioni. La portata dei relatori è stata di fama mondiale (Robert Bauval in pri-mis), tale che questo testo possa essere per voi fonte di riflessione e diulteriore conoscenza su tematiche che al giorno di oggi sono di fonda-mentale importanza per il cammino ulteriore del genere umano.Buona lettura.

Leonardo Paolo LovariPresidente S.E.A.

Harmakis Edizioni

L’idea di un Manuale diverso dai soliti atti del Convegno è scaturita dalbisogno che avevamo di divulgare il più possibile le conoscenze di que-sto nostro tempo e farlo in modo tale che la fruizione fosse di facileimpatto per tutti, a qualsiasi livello. Ciò che la S.E.A., con HarmakisEdizioni, si propone con l’organizzazione di convegni e delle pubblica-zioni che ne seguono e seguiranno, è quindi quella di dare ampio spa-zio ai Nuovi Protagonisti del terzo millennio che, con le proprie intui-zioni e studi approfonditi, aprono nuovi possibili scenari sulla Cultura,sull’Arte e sulla Scienza, non ché sulla Spiritualità per poter interagiretra loro con scambio di idee, discussioni, dicotomie e/o collaborazionie, soprattutto, per farne partecipe il grosso pubblico, affinché l’inizio diuna nuova Era sia illuminante per tutti.

Anna Rita ScheriDirettore editoriale

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IL POPOLO DELLE STELLERobert Bauval

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In passato la Valle del Nilo non era il luogo mite e fertile di ora, ma unapalude inospitale, infestata dai rettili e afflitta da malattie. Attorno al12000 a.C. quando l’ultima era glaciale volgeva la termine, inondazio-ni catastrofiche si riversarono nel Nilo dai laghi dell’Africa Centraleingrossati dagli implacabili monsoni, che spazzarono via tutto al loropassaggio rendendo invivibile la Valle del Nilo. Ma gradualmente ilclima si riscaldò e stabilizzò. Lentamente le paludi si ritirarono e leumide mangrovie lasciarono il posto a una meravigliosa vallata verdeai confini del deserto. A giugno alluvioni più moderate irrigarono laterra adiacente con abbondanti fertilizzanti trasformando la valle in unacolossale fattoria. A settembre le acque si ritirarono, e grazie al caloree al sole splendente, benedizioni dell’Egitto, la valle divenne un trion-fo di piante, frutti e cereali. Dal 5000 a.C. questo processo annuo tra-sformò l’Egitto in uno Shangri-la, “luogo perfetto” perché la primacivilizzazione del mondo vi si stabilisse e prosperasse. La parte occidentale del Nilo era il vasto deserto del Sahara dove, da

tempo immemorabile, i popoli prei-storici vivevano in comunità ruraliorganizzate. Alti, magri e dalla pellescura, furono loro i primi ad addo-mesticare il bestiame, coltivare icereali, creare metodi per calcolareil tempo, studiare il cielo, creare uncalendario, usare le stelle e il soleper rilevare il tempo e navigare, e iprimi a seppellire i propri morti intombe cerimoniali. Il bestiame era il bene più prezioso,una sorta di “dispensa ambulante”usata come mezzo di trasporto. Perquesto gli antropologi hanno deno-minato questa misteriosa popolazio-9

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ne del deserto “popolo del bestiame”. Ogni anno a giugno, le pioggemonsoniche che irrigavano il Sahara riempiendo le depressioni e for-mando laghi provvisori in tutto il territorio arido. E pochi mesi dopo, asettembre, i laghi si prosciugavano, costringendo il popolo del bestia-me a percorrere grandi distanze alla ricerca di corsi d’acqua. Per que-sto, riuscire a sapere esattamente dove e come i laghi si sarebbero riem-piti di nuovo era una questione di sopravvivenza. Uno dei laghi provvisori - oggi noto come Nabta Playa - si trovava a100 Km a ovest del Nilo e dell’attuale Abu Simbel. Il popolo del bestia-me arrivò lì nel tardo giugno, si accampò e vi rimase fino all’autunnoquando il lago si prosciugò. Per molti millenni arrivò a Nabta ogni esta-te, usando il sole e le stelle per orientarsi. Attorno al 5000 a.C., si sta-bilì in modo permanente a Nabta scavando dei pozzi e procurandosil’acqua che doveva servire da sostentamento nella stagione asciutta.Con tanto tempo a disposizione e senza più il bisogno di spostarsi daun luogo all’altro in cerca di acqua, il popolo del bestiame trasformòlentamente la propria conoscenza nella navigazione con le stelle in“religione del cielo” con complessi rituali e cerimoniali. Sapeva bene che i monsoni arrivavano durante il solstizio d’estate, enello stesso tempo, aveva notato il primo sorgere della costellazione diOrione e della stella Sirio.

Come vedremo, quel popolo osservava anche le stelle circumpolari aNord, soprattutto l’Orsa Maggiore, imparando ad usarle per prevederela durata della notte e delle stagioni. Dal 6500 a.C. si sviluppò un

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immenso complesso cerimoniale a Nabta Playa, una sorta di“Stonehenge” del deserto, per osservare il sorgere del sole e delle stel-le. Attorno al 500 a.C., però, per un drammatico cambiamento delclima, i monsoni non raggiunsero più il Sahara, i laghi provvisoriscomparvero e i pozzi finirono per prosciugarsi. Dal 3400 a.C., Nabta Playa fu abbandonata per sempre e il popolo dellestelle, assieme al bestiame e al bagaglio di conoscenze, migrò ad est

verso la Valle del Nilo. Da allora, il ricordo di quel popolo scomparvenegli abissi della preistoria. Nell’inverno del 1974, dopo un estenuanteviaggio in auto nelle regioni sud-occidentali del Sahara Egiziano, l’an-tropologo Americano Fred Wendorf, fece una sosta per riposare.Casualmente, si trovava nel sito ormai dimenticato di Nabta Playa.Guardandosi attorno Fred notò degli strani agglomerati formati da cer-chi di pietre allineate. Notò anche degli strani tumuli a forma di iglooche, al momento degli scavi, risultarono essere tombe per il bestiame.Nel 1997, l’astronomo Kim Malville raggiunse Wendorf a Nabta. Kimcapì subito che il cerchio e l’allineamento di pietre avevano un signifi-cato astronomico. Nel loro comunicato stampa Wendorf e Malvilledichiararono : “ La complessa cultura simbolica di Nabta può aver sti -molato lo sviluppo della società che alla fine, circa 4500 anni fa,costrui le prime piramidi lungo il Nilo. La cultura Nabta può essere

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sta l’innesco per lo sviluppo di una complessità sociale in Egitto chesuccessivamente portò alla dinastia faraonica”. Il bacino di Nabta, untempo occupato da un antico lago, è lungo circa 2,5 Km e largo 1,5. La principale caratteristica costruita dall'uomo è un gruppo di enormipietre chiamate dagli antropologi “ Struttura Complessa A” (CSA). Dalla CSA , si irradiano sei linee dritte distinte di pietre verticali versol’orizzonte orientale e settentrionale, come i raggi di una ruota di bici-cletta. La scoperta più strana, rilevata dopo gli scavi degli antropologi,fu quella di un enorme blocco di pietra tre metri sotto la superficie,incisa con una forma irregolare di mucca. Ancora più strano fu il ritro-vamento di un altro enorme blocco di pietra, parte della roccia natura-le, trovato dagli antropologi durante un ulteriore scavo di tre metri ecome quello della mucca era stato lavorato e levigato dall'uomo. Ilblocco “ della mucca” è conservato al Nubian Museum di Assuan. Non lontano dalla CSA, si trova il cosiddetto “Cerchio del Calendario”o “Cromlech”. E' costituito da 28 pietre orizzontali poste a cerchio, e“quattro” porte che formano degli allineamenti verso la culminazione

del sole e l’inizio del solstizio d’estate. Analisi al Carbonio- 14 rivela-rono la data del 4800 a.C. A ovest della CSA, si trovano dieci tumuli diterra coperti con pietre, simili a igloo appiattiti. Quando furono scava-ti rivelarono sorprendentemente le ossa di alcune mucche, tutte rivoltecon la testa a sud. Un tumulo aveva uno scheletro completo di una gio-vane mucca, insieme ad alcune piccole ossa e amuleti in pietra. IlCarbonia -14 fornì la data del 5250 a.C. A sud dei tumuli erano posi-zionate circa 30 strutture megalitiche con pietre disposte in formaovali, ognuna con una lastra orizzontale al centro degli ovali. Quasitutte le lastre erano orientate a Nord. Molte ricordavano la forma di untronco umano, forse “statue” primitive raffiguranti antenati defunti.

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Stranamente, non furono trovate sepolture umane a Nabta Playa. Ma aipiedi di una duna, a circa 20 Km da Nabta, in un luogo denominatoGebel Ramlah furono trovate 67 sepolture umane. Le analisi alCarbonio-14 rivelarono la data del 4630 a.C. suggerendo che quello erail popolo che aveva costruito il complesso cerimoniale a Nabta Playa.Oggi gli antropologi ritengono che il complesso servì per molti millen-ni da luogo di riunione per i popoli preistorici del Sahara Egiziano. Mache genere di cerimonie si svolgeva Nabta Playa? Gli antropologi nonne sono sicuri: ma qualunque fosse il motivo, una cosa è certa: quellecerimonie comportavano l’osservazione del sole e delle stelle per lun-ghi periodi di tempo. Secondo Wendorf e Malville: “Sei allineamentimegalitici si estendono attraverso il sedimento di Nabta Playa, come iraggi di una ruota e ognuno si irradia verso est dalla StrutturaComplessa A (CSA), secondo le nostre analisi coincidono con la posi -zione nascente di tre stelle nel periodo 4800 - 3700 a.C., Sirio (le trestelle più brillanti del cielo) Dubhe (le stelle più brillanti dell’OrsaMaggiore), e le stelle della Cintura di Orione. Tre di questi allineamen-ti avevano seguito le tracce della stella Dubhe dal 4742 a.C. al 4199a.C., e altre due linee la Cintura di Orione dal 4176 a.C. al 3786 a.C.Una sesta linea aveva seguito le tracce di Sirio attorno al 4820 a.C. Le implicazioni erano enormi. La scoperta confermava due cose: NabtaPlaya era il più antico complesso astronomico del mondo, precedenteanche a Stonehenge in Inghilterra di molti millenni, il popolo delle stel-le di Nabta Playa conosceva la precessione degli equinozi perché avevaseguito tracce delle stesse stelle per quasi 1000 anni! Ma non era tutto.

Molti anni dopo, nel 2003, ThomasBrophy, affiancato dal fisico indipen-dente ex-Nasa, fece una scoperta stu-pefacente a Nabta Playa, Brophy,affiancato dal fisico della NASA PaulRosen cercò di ottenere delle immagi-ni ad alta risoluzione degli allineamen-ti di pietre di Nabta Playa con il satel-lite Quickbird. Usando immagini ecoordinate molto precise, Brophy eRosen calcolarono che uno dei gruppidi allineamento di pietre era statoorientato verso la Cintura di Orioneaddirittura dal 6.270 a.C. Inoltremostrarono che un gruppo di misterio-

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se pietre verticali racchiuse nel Cerchio di Calendario era la rappresen-tazione di tre stelle della Cintura di Orione in due date diverse: 6270a.C. e 16500 a.C. Nel libro La Mappa dell’origine, scoperta di unamappa preistorica, megalitica, astrofisica, e della scultura dell’univer -so. Brophy si è riferito ampiamente alla mia teoria di una relazione esi-stente tra la Cintura di Orione e la Grande Piramide. Questa teoria mostrava come le Piramidi di Giza rappresentassero laCintura di Orione in due date diverse: 2500 a.C. e 11500 a.C..Ritenendo che questa relazione delle due date della Cintura di Orionetra le Piramidi di Giza e Nabta Playa non potrebbe essere una coinci-denza, nel 2007 Brophy e io decidemmo di collaborare per approfon-

dire la misteriosa relazione. E’ impor-tante sapere che da tempo immemora-bile gli Antichi Egizi celebravano unacerimonia di allineamento astrale chia-mata “allungamento della corda”,dove il re era assistito da una sacerdo-tessa che impersonava la dea Seshat,moglie del dio della saggezza e del-l’astronomia Thoth, e insieme allinea-vano le assi di piramidi o dei templiusando le stelle dell’Orsa Maggiore.E’ risaputo anche se osservassero ilnascere della Cintura di Orione e diSirio. Come abbiamo visto, erano pro-prio gli stessi astri osservati dal popo-lo delle stelle di Nabta Playa migliaia

di anni prima dei faraoni. Stranamente, mentre di Nabta Playa nel 3300a.C. usciva dalla storia, la civiltà faraonica vi entrava e solo a pochecentinaia di Km a est di Nabta Playa. Sull’isola di Elefantina ad Assuanun luogo a solo 200 Km da Nabta Playa e quindi dove il popolo prei-storico delle stelle poteva facilmente migrare - esiste uno strano tem-pietto risalente al periodo Tolemaico molto più antico di quanto sem-bri. Fu costruito sulla sommità di molti altri templi, e quello visibileoggi e solo la parte superiore di una “torta nuziale” a più strati. Il tem-pio più basso, e perciò più antico, risale al 3200 a.C., quasi lo stessoperiodo in cui il popolo delle stelle di Nabta Playa giunse nella Valledel Nilo. I quattro templi successivi vanno dal 2200 a.C., 1800 a.C.,1400 a.C e 150 a.C. Tutti i templi erano dedicati alla dea Satis, stretta-mente associata all’annuale inondazione del Nilo e, soprattutto, alla

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stella Sirio la cui prima riapparizione all’alba, vicino al solstizio d’esta-te, segnò l’inizio dell’anno egiziano. Satis è raffigurata come unadonna magra con la Corona Bianca d’Egitto e sopra due corna di anti-lope. Sulla corona una stella a cinque punte, noto simbolo di Sirio. Nel1983 l’astronomo americano Ron Wells mostrò che l’orientamento diogni tempo successivo cambiava leggermente per riflettere la declina-zione mutevole della stella Sirio dal 3200 a.C. al 150 a.C.. In altre paro-le, gli antichi Egizi seguirono le tracce di questa stella per molto tempo,nello stesso modo in cui migliaia di anni prima avevano fatto i loroantenati a Nabta Playa! La prima riapparizione della stella Sirio, dopoun periodo di invisibilità di 70 giorni, evento tecnicamente noto comeil sorgere eliaco di Sirio, segnò l’inizio dell’anno egiziano e della sta-gione alluvionale. Ciò ebbe luogo vicino al solstizio d’estate che ilpopolo di Nabta Playa osservò con il Cerchio del Calendario.L’osservazione del sorgere di Sirio al tempio di Satis dovette sicura-mente segnare questo evento ma anche l’inizio dell’inondazioneannuale del Nilo. Ron Wells mostrò anche che gli antichi astronomi aElefantina seguivano le tracce della cintura di Orione e dell’OrsaMaggiore, le stesse due costellazioni seguite anche dal popolo preisto-rico delle stelle a Nabta Playa. Questo collegamento tra Nabta Playanel deserto ed Elefantina sul Nilo si spiega facilmente: a giugno, nelsolstizio d’estate,i monsoni del deserto portavano le piogge che irriga-vano i pascoli nel Sahara, mentre nella Valle del Nilo gli stessi monso-ni provocavano anche la piena del fiume a giugno nel solstizio d’esta-te. Quindi è facilmente dimostrabile che la conoscenza del calendario edel calcolo del tempo acquisita nel deserto dal popolo delle stelle diNabta Playa in migliaia di anni, per controllare i cicli annuali dei laghidel deserto, si potrebbe applicare direttamente al controllo dei cicliannuali del Nilo. In altre parole,la localizzazione a lungo raggio dellestelle a Nabta Playa dal 6700 a.C. al 3300 a.C. in seguito si applicò aElefantina nel 3200 a.C. al 150 a.C. Gli eventi preistorici a Nabta Playae quelli nella Valle del Nilo non sono due elementi separati ma la con-tinuità di uno sviluppo culturale che ebbe origine nel Sahara egizianomigliaia di anni prima del presunto inizio della “civiltà” in Egitto.Sorprendentemente, la stessa localizzazione simultanea a lungo raggiodella stella Sirio e dell’Orsa Maggiore si osserva anche nel complessodella Piramide a Gradoni di Djoser (2700 a.C.) a Saqqara. Nel miolibro The Egypt Code ho mostrato come la statua del re, trovata nellapiccola scatola di pietra nota come Serdab, fosse stata realizzata perguardare le stelle dell’Orsa Maggiore a Nord, nel preciso momento in

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cui Sirio nasce a l'orizzonte orientale. Lo stesso collegamento tra le stelle occidentali dell’Orsa Maggiore,Sirio e la cintura di Orione si trova anche nella Grande Piramide dovele cosiddette stelle-spada seguono le tracce di Sirio e della Cintura diOrione nel cielo meridionale, e delle stelle nel cielo settentrionale. Nei

miei libri Il Mistero di Orionee il Messaggio della Sfinge hodimostrato che gli allinea-menti trovati nel complessodi Giza testimoniano due datediverse: 2500 a.C. e 11500a.C., l’ultima segna probabil-mente le origini della civiltàegizia chiamato Zep Tepi, ilPrimo Tempo. Potrebbe coin-cidere con la Nabta Playa delSahara egiziano? I collega-

menti tra il popolo delle stelle di Nabta e i faraoni non sono costituitisolo dalla strana similitudine della loro conoscenza astronomica e lasua applicazione ai monumenti di pietra ma anche dal “culto dellamucca” che apparve la prima volta a Nabta Playa, come testimonianole strane sepolture cerimoniali di mucche. E’ evidente il popolo dellestelle considerava la mucca un animale sacro e, cosa più strana, asso-ciato alle stelle, forse soprattutto a Sirio. Questo simbolismo sarà moltopiù chiaro in seguito durante tutta la civiltà faraonica, con la dea-muccaceleste Nut, ritenuta genitrice delle “stelle”, e con la ben nota identifi-cazione de l'importante Hathor con la stella Sirio. Il centro del culto diHathor si trovava a Dendera, a soli 300 Km da Elefantina. Il culto risa-le alle origini della civiltà faraonica fino all’era pre-dinastica, ed è con-siderata la più importa tante nel pantheon femminile egiziano, secondasolo a Iside con cui spesso viene identificata. Hathor era la dea del-l’amore e della sessualità. Il nome significa letteralmente “Casa diHorus” (Hat-Hor). La grande antichità del tempio di Dendera è testi-moniata dalle tombe appartenenti alle primissime dinastie. Il tempio diHathor così come lo vediamo oggi risale all’Era tolemaica. Fu fondatoda Tolomeo XII Auletes nel 54 a.C., e sviluppato successivamente inepoca romana. Molte testimonianze, testuali e archeologiche,rivelanol’esistenza in questo luogo di un tempio più antico proveniente dalregno di Tuthmosis III del 1450 a.C. circa. Le iscrizioni di Denderafanno riferimento anche al faraone Pepi I della VI Dinastia (c.2350

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a.C.), indicando una fase di costruzione più antica. Anche le iscrizioniin una delle cripte rivelano un origine risalente addirittura al periodopreistorico, ai tempi del leggendari Shemsu-Hor,” Seguaci di Horus”.E nonostante gli egittologi sottovalutino queste iscrizioni consideran-doli “storia mitica”, gli stessi antichi egizi lo giudicano un evento sto-rico. Una delle iscrizioni afferma persino che il progetto del tempioapparteneva agli Shemsu-Hor, progetto conservato sulle pareti del tem-pio dai re Pepi I e Tuthmosis III. “Re Tuthmose III ha voluto che venis -se eretto questo edificio in memoria di sua madre, la dea Hathor.Signora di Dendera, Occhio del Sole, Regina Celeste degli Dei. Il pro -getto del piano terra fu trovato nella città di Dendera, in disegni arcai -ci su un rotolo di pelle del periodo dei Shemsu-Hor, e in muro di mat -toni nel lato sud del tempio, nel regno di Pepi”. Il tempio di Dendera èfortemente “astronomico”. Negli anni ’80 l’astronomo NormanLockyer e, più di recente, l’astronomo Francese Eric Aubourg hannodimostrato che il tempio principale era allineato con una stelladell’Orsa Maggiore, forse Dubhe, e il tempio secondario, chiamato“nascita di Iside”, in molte occasioni era allineato con Sirio, a partiredai tempi di Ramses II (1190 a.C.) fino all’era Tolemaica nel 54 a.C.Le seguenti iscrizioni sulle parete del tempio lasciano pochi dubbi: “Lei(la stella di Iside) splende nel suo tempio il primo giorno dell’anno, eunisce la sua luce a quella del padre Ra a l'orizzonte” .Anche altreiscrizioni a Dendera confermano che l’asse del tempio principale eranorivolti verso una stella dell’Orsa Maggiore, identificata da Lockyercome Dubhe, un’altra stella importante per il popolo delle stelle diNabta Playa. L’evidenza è tutta a favore di un origine della civiltàfaraonica nel Sahara egiziano, forse da un popolo dell’Africa centrale,di pelle scura, stabilitosi in questa regione migliaia di anni prima del'apparizione degli Egizi nella Valle del Nilo, forse risalente addiritturaal 12000 a.C., e alla fine migrato nella fertile Valle del Nilo attorno al3400 a.C.. Il Dott.Hawass, presidente del Consiglio Superiore Egizianodelle Antichità (SCA), le cui regole assolutistiche gli hanno meritato ilnome di “Re delle Piramidi”, è combattuto al riguardo. Da una parte, ècontento di sapere che l’antica civiltà Egizia abbia le radici nei confinidell’Egitto moderno, ma dall’altra, l’idea che il pedigree razziale degliEgiziani possa essere di etnia Africana nera non gli era molto gradita.Ma d’altronde l’idea è detestabile sia per Hawass che per moltiEgiziani come lui. Quando nel Settembre 2007, un team di esperticercò di scoprire l’identità razziale del re-bambino Tutankhamun daisuoi resti mummificati, Hawass si affrettò ad affermare che il re aveva

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“tratti Caucasici”. Hawass arrivò a dichiarare che, nonostante l’Egittofacesse parte del continente africano, gli Egiziani non erano Africani.In realtà Hawass, come altri Egiziani musulmani, si definisce “Arabo”,una razza abbastanza distinta dagli Africani e, per di più neri. Ma sfor-tunatamente, a Geber Ramlah, un sito a soli 20 Km da Nabta Playa, direcente gli antropologi hanno trovato scheletri di popoli del medio e deltardo Neolitico i cui i tratti erano Sub-Sahariani, o “gruppi neri”.Secondo gli antropologi Tedeschi Stefan Kroepelin e Rudolf Kuper , “Ifaraoni dell’antico Egitto dovevano la loro esistenza ai cambiamenticlimatici preistorici nel Sahara orientale… Membri di questa abilepopolazione che, stabilitasi vicino al fiume Nilo, diede origine allaprima cultura faraonica Egizia… Senza la tradizione, la capacità tec -nica e la conoscenza del deserto, forse la civiltà faraonica Egizia nonsarebbe emersa in tal modo… Dati al radiocarbonio relativi a 150scavi archeologici nel Sahara Orientale Egiziano, oggi estremamentearido , e in Suda, Libia e Chad, rivelano stretti legami tra le variazio -ni climatiche e l’occupazione preistorica dei 12000 anni passati”. Maè la loro testimonianza più archeologica a dirci come erano questi“gruppi neri” e dove si trovasse il loro principale stanziamento nelSahara egiziano? Gebel Uwainat è una pietra di arenaria e granito, un“iceberg”gigante emerso dal piatto del deserto, nell’estremo sudovestdell’Egitto. Copre un’area due volte maggiore dell’attuale Cairo. Èconsiderato il luogo più arido del pianeta, con una media di precipita-zioni ogni dieci anni. E anche durante le rare piogge occasionali, si for-mano solo dei ruscelli d’acqua che si accumulano in pozzanghere delladurata di poche settimane, due mesi al massimo. Nel 1923, il diploma-tico ed esploratore Ahmeid Hassanein compì un temerario viaggio incammello nel Sahara egiziano, dalla città costiera Solloum, sulla costaMediterranea, fono all’attuale confine Sudanese. Fu lì che scoprì GebelUwainat. All’epoca ci vivevano quasi 150 persone di colore, forseappartenenti alla tribù Goraan del Chad, ed erano governate da un “re”chiamato Herri. Fu Herri a informare Hussanein delle misteriose inci-sioni rupestri in una valle chiamata Karkur Talh. Era la prima volta cheuna incisione rupestre veniva alla luce in questa parte del Sahara.C’erano disegni e incisioni raffiguranti giraffe, capre, struzzi, antilopie persino leoni, creature che non avrebbero potuto vivere lì senzaabbondanza di acque superficiali e vegetazione. Se Hassanein avesseavuto più tempo per esplorare Karkur Talh avrebbe trovato incisioniraffiguranti esseri umani, di pelle scura per la precisione, che cacciava-no, giocavano, danzavano ed effettuavano anche degli strani rituali e

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cerimonie sciamaniche. Pochi anni dopo, nel 1933, l’esploratoreUngherese, conte Laszlo Almasy (che ha ispirato il film Il PazienteInglese) scoprì la famosa “grotta dei nuotatori” in un’altra regionemontuosa anche più grande, a soli 100 Km a nord di Uwainat, chiama-ta Gilf Kebir.Anche qui le incisioni rupestri mostravano persone di colore mentre

cacciavano, danzavano, eseguivano rituali e, si tuffavano e nuotavano.Da questa unica prova, fu chiaro che un popolo preistorico dalla pellenera aveva occupato per molti secoli le regioni montuose dell’Egittosud-occidentale a Gilf Kebir e Uwainat, forse anche millenni primadella nascita della civiltà faraonica nella Valle del Nilo. Fino a pochianni fa, non esistevano prove della presenza egiziana a Gilf Kebir eUwainat. E nonostante fosse noto che i faraoni avessero avampostinelle oasi del Sahara egiziano già dai tempi dell’antico Regno (oprima), gli Egittologi furono costretti a concludere che i faraoni non siavventurarono mai troppo lontano dalle oasi, e certo fino a Gilf Kebiro Uwainat. La ragione, dissero , era il grande pericolo di avventurarsinel profondo deserto considerato la “terra della morte”. Ma nel 1999 iltedesco Carlo Bergmann intraprese una spedizione solitaria nel SaharaEgiziano per controllare la veridicità di una storia riferita dai beduinisu un “tempio in pietra” a due giorni di viaggi dall’oasi di Dakhla.Dopo un percorso di molti giorni, con due cammelli che trasportavanoacqua e cibo, Carlo scoprì un “tempio in pietra” il quale “Si mostravacome una collina conica alta circa 30 metri e lunga 60. Sul lato est di

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una terrazza naturale. Questa piattaforma, con una profondità mediadi 3 metri e una lunghezza di circa 35, è sopraelevata da un muro asecco di lastre in pietra”. Sulla parete dietro la piattaforma, Carlo videuna meravigliosa esposizione di geroglifici , alcuni cartigli recanti ilnome di Khufu, Cheope, il costruttore della Grande Piramide di Giza,e suo figlio Djedefre. Qui, finalmente, si trovava la testimonianza indi-scussa che gli Egizi dell’Antico Regno avevano viaggiato almeno 80Km nel profondo deserto. L’iscrizione al centro della parete aveva “ ilsimbolo dell’acqua” con il cartiglio di Djedefre, e all’interno un rettan-golo con le “due punte” simbolo geroglifico della “montagna”. Perquesto lo studioso diede il nome alla collina di “Montagna d’acqua diDjedefre”. Pochi anni dopo Carlo Bergmann fece un’altra sensaziona-le scoperta, dimostrando che gli antichi egizi non solo avevano viaggia-to nel profondo deserto del Sahara Egiziano, ma erano riusciti a rag-giungere Gilf Kebir, a circa 500 Km da Dakhla, la più vicina sorgented’acqua della regione. La scoperta di Bergmann è nota come Abu BalasTrail, un vero sentiero che inizia a sud-ovest dell’oasi di Dakhla e attra-versa per 500 Km il deserto in direzione di Gilf Kebir. E nonostante ilsentiero si interrompa del tutto a circa 20 Km dal confine settentriona-le del Gilf Kebir, si può nutrire un dubbio sul fatto che gli antichi farao-ni, fin dall'antico Regno, siano arrivati in questo luogo. Oltre all’AbuBalas Trail, Carlo scoprì varie “stazioni acquatiche” formate da parec-chie giare di argilla. Nell’antichità, le giare venivano riempite d’acquae intervallate lungo il sentiero a uso dei viaggiatori, proprio come lestazioni di servizio lungo le nostre autostrade. Un’altra scoperta sensa-zionale doveva seguire di lì a poco, non per opera di Carlo Bergmannma di due colleghi esploratori indipendenti come lui. Per decenni, gliegittologi furono ben consapevoli delle antiche testimonianze di nume-rose spedizioni faraoniche intraprese dalla VI Dinastia da Harkhuf,emissario del re Cemere in una misteriosa regione chiamata “Yam”. Undocumento di una delle spedizioni di Harkhuf parla in modo particola-re di un suo viaggio in un luogo chiamato “regno di Yam” attraverso la“via delle oasi” che, allora come oggi, si riferiva al percorso dalla Valledel Nilo verso occidente, fino alle oasi di Kharga e Dakhla. Ma nono-stante questo, tutti gli studiosi concordavano sul fatto che “Yam” nonsi trovasse nel Deserto Occidentale, ma lungo il Nilo, a sud di Assuan,nella lontana Alta Nubia. Ma il professore francese Jean Yoyotte si erafortemente opposto a questa conclusione, sottolineando che la citazio-ne della “via delle oasi” significava che Yam si trovasse da qualcheparte nel deserto occidentale, ma le sue opinioni furono ignorate.

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A ogni modo, da come andarono le cose, Yoyotte era molto vicino allaverità. Nell’inverno del 2007, un professore di chimica egiziano,Mahmoud Marai e un uomo d’affari maltese, Mark Borda, intraprese-ro una spedizione nell’estremo sud-est del Sahara Egiziano, vicino alSudan. A piedi, esplorarono a lungo il confine meridionale del GebelUwainat sperando di trovare altre incisioni rupestri. Ma quello che sco-prirono fu anche più importante. Grazie alla scoperta di Carlo dell’AbuBalas Trail, pochi anni prima, Marai e Borda sospettarono che i farao-ni avessero percorso altri 150 km oltre Gilf Kebir verso Gebel Uwainat,dove era stata localizzata molta arte rupestre preistorica.

Il 27 novembre si imbatterono in grande masso verticale dalla superfi-cie piatta su cui erano incise iscrizioni faraoniche. Prima di allora, nonsi erano mai trovate iscrizioni a Uwainat e Gilf Kebir, e le implicazio-ni erano notevoli. I faraoni, contrariamente alle opinioni degli egittolo-gi, in realtà si erano addentrati nel profondo Sahara per 700 km a ovestdel Nilo! Sbalorditi da ciò che avevano scoperto, Barda e Mahmoudfurono certi di avere l’esatta posizione GPS oltre a numerose ottimefotografie per provare la loro scoperta. Il giorno dopo inviarono un smsa Carlo Bergmann che si trovava a Gilf Kebir con i suoi cammelli.“Carlo, abbiamo scoperto le iscrizioni faraoniche con cartiglio eimmagine del faraone”. Carlo si congratulò immediatamente con loro.Mark allora gli inviò un altro sms: “Grazie per le tue idee sulla scoper -ta. Siamo felici di averti sostenuto. Mark”. Appena rientrati al Cairo,Mark contattò Londra per far valutare la scoperta e persone competen-ti. Le iscrizioni risalivano al Medio Regno (1950 a.C. circa), rivelando

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il nome del faraone Mentuhoteph e la “Terra di Yam”! Le iscrizionierano costituite da tre sezioni verticali. Da sinistra a destra, comesegue: un piccolo altare dove siede un re sul trono, un cartiglio realecon il nome del faraone Mentuhoteph, due linee di iscrizione geroglifi-che (ognuna con l’immagine di un uomo che fa una offerta). Secondolèegittologo Joe Clayton dell’University College di Londra, che perprimo esaminò le iscrizioni, la linea superiore contiene le seguentiparole: “Yam che porta (forse) incenso”. Ma quando le iscrizioni, ilcartiglio e i disegni, vengono considerati nell’insieme, sembrano offri-re una scena con un testo, dove un rappresentante del popolo di Yam,fa una offerta a (un messo?) del re egizio Mentuhoteph.Complessivamente si potrebbe leggere: “Il rappresentante della terradi Yamis, offre incenso al messo del re Mentuhoteph”. Il “popolo”dovrebbe significare quegli antichi abitanti di Gebel Uwainat raffigura-ti nell’incisione rupestre. Alti, pelle scura, forse originari del Ciad o delSudan, regioni immediatamente a sud di Gebel Uwainat. Perciò GebelUwainat era Yam o al massimo un avamposto di Yam per una basecommerciale con l’Egitto. Bisogna ricordare che migliaia di anni dopo,quando Ahmed Hassanein scoprì di nuovo Gebel Uwainat, al trovò abi-tata da 150 persone di colore della tribù Goran (che si suppone sianoarrivati dall’Altopiano Ribesti nel Ciad). La popolazione condusseHassanein all’incisione rupestre preistorica di Karkur Talh affermandofosse opera di Djinns (spiriti, diavoli), che avevano occupato quellaregione molto tempo prima. Quando nel 1993 il conte Almasy visitòGebel Uwainat quella popolazione di colore era andata via per sempre.Nel Gennaio 2008, Mark Borda mi contattò per raccontarmi della suascoperta. Lo conoscevo dal 1998 ma ci eravamo persi di vista. Bordami mise in contatto con il suo collega Mahmoud Marai al Cairo.Nell’aprile 2008, Marai accompagnò Brophy e me, e qualche altroamico a Gilf Kebir e Gebel Uwainat. La prima scena di questo “mondoperduto” fu l’ingresso della vasta vallata che conduce all’Aqaba Pass ilquale attraversa il massiccio di Gilf Kebir da est ad ovest.Attraversammo il passo per uscire nei pressi di Wadi Sura, doveAlmasy nel 1993 aveva scoperto i famosi “nuotatori”. Li ci accampam-mo e passammo la notte. Fu quasi impossibile dormire nel silenzioassordante di un mondo primordiale. Dall’interno della “grotta dei nuo-tatori” avevo una vista quasi surreale del cielo stellato, e non potevonon pensare che migliaia di anni prima altri esseri umani erano sdraia-ti qui ad osservare le stelle come me. Questo “flashback” nei meandriprimordiali della mente non è un’esperienza rara in questo strano luogo

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che incute un timore reverenziale. E’ come se nel crepuscolo, il popo-lo preistorico dell’incisione rupestre prendesse vita facendosi quasisentire la sua presenza spirituale. Il mattino seguente questo statod’animo ultraterreno della notte scomparve. Al suo posto rimase unsentimento misto di malinconia e appartenenza. E’ veramente difficilespiegarne la ragione , ma quasi certamente è perché tutto intorno c’è unmondo primordiale privo di ogni traccia di civiltà moderna. Lo perce-pisci , ma percepisci anche un senso di appartenenza a un passato per-duto, a un mondo perduto, e anche alle stelle…sì le stelle.Proseguimmo verso Gebel Uwainat. E anche se dopo poche ore diviaggio potevamo scorgere confusamente le alte cime di Uwainat, ciaspettava ancora un’altra notte in pieno deserto prima di raggiungerlo.Vi arrivammo nel primo pomeriggio, e Marai ci condusse alla grottapreistorica da lui scoperta pochi mesi prima. Sembrava una sporgenzapiù che una grotta , ma quello che vedemmo sul soffitto era qualcosa disbalorditivo. Disegni meravigliosi, alcuni così ben conservati che sem-bravano dipinti lo stesso giorno. Sul soffitto della grotta disegni diuomini, donne e persino bambini che custodivano il bestiame, ballava-no, o celebravano cerimonie e strani rituali. Dopo esserci appagati dallasplendida vista di una “Cappella Sistina” preistorica, ci spingemmoattraverso il confine Sudanese e ci accampammo sul lato sud di GebelUwainat. Fu una serata piena di emozioni quando Marai rivisse per noigli eventi che avevano portato alla scoperta delle iscrizioni che ciavrebbe mostrato all’alba. Da quanto Marai e Borda le avevano scoper-te pochi mesi prima , eravamo i primi a vederle dopo quasi 4500 anni.Mi sentivo avvolto da un’inspiegabile sensazione di “qui e ora” e“destino”. Era strano pensare che tra tutte le generazioni noi, per qual-che motivo di sincronia, eravamo i primi a leggere l’antico messaggio.Ma quello che non avevamo capito che qui c’era molto di più di unmacigno con le iscrizioni. Che altro potevamo scoprire? Dove erano imanufatti, le terrecotte, gli utensili e le tombe del popolo accampatoqui? Fummo tentati di rimanere ancora qualche giorno per altre esplo-razioni, Ma non era sicuro trattenerci troppo. Spesso il luogo era visi-tato da briganti e contrabbandieri alla disperata ricerca di soldi e mezzidi trasporto. Avevamo già visto quello che volevamo vedere, e adessoera il momento di tornare al Cairo viaggiando per cinque giorni attra-verso il deserto.

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