La Vestione Di Inanna

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LORENZO VERDERAME La vestizione di Inanna * Un’analisi generale dei riferimenti al vestiario nella letteratura in lingua sumerica e accadica dell’antica Mesopotamia, 1 ha per- messo di identificare una serie di costanti in quelli relativi alla dea Inanna nel ciclo di miti sumerici di cui è protagonista. Questi sono i più frequenti ed interessanti e possono essere associati ad una fase particolare della narrazione, ovvero la preparazione al viaggio che la dea deve compiere. 1. I miti del ciclo di Inanna 2 I miti in lingua sumerica, giunti sino a noi, di cui è protagoni- sta la dea Inanna sono sette. 3 Possono essere raccolti in un unico * eTCSL = . Raccolta di testi in traduzione J. Bottéro, S.N. Kramer, Lorsque les dieux faisaient l’homme. Mythologie mésopotamienne , Paris 1989 [trad. it. Uomini e dèi della Mesopo- tamia, Torino 1992]; A. Falkenstein, W. von Soden, Sumerische und akkadische Hymnen und Gebete , Zürich 1953; S.N. Kramer, Sumerian Mythology, Philadelphia 1944; W.W. Hallo, K.L. Younger (a cura di), The Context of Scripture, I: Canonical Compositions from the Bibli- cal World, Leiden-New York 1997; D.O. Edzard (a cura di), Mythen und Epen I, Gütersloh 1993. Edizioni italiane: G.R. Castellino, Testi sumerici e accadici , Torino 1977; G. Pettinato, Mitologia sumerica, Torino 2001. Si vedano inoltre D.O. Edzard, W. Röllig, Literatur, in Id. (a cura di), Reallexikon der Assyriologie und Vorderasiatischen Archaologie , VII, Berlin-New York 1987-1990, pp. 35-66; W. Heimpel, Mythologie. A.I., in M.P. Streck (a cura di), Re- allexikon der Assyriologie und Vorderasiatischen Archaologie, VIII, Berlin-New York 1997, pp. 537-564; T. Jacobsen, Sumerian Mythology, a Review Article, in «Journal of Near Eastern Studies», 5 (1946), pp. 128-152, ristampato nella raccolta di studi di T. Jacobsen edito da W. Moran (a cura di), Toward the Image of Tammuz and Other Essays on Mesopotamian History and Culture, Harvard Semitic Series XXI, Cambridge 1970, pp. 104-131. 1 Si veda il contributo di Marta Rivaroli in questo volume. 2 Non esistono trattazioni esaustive sulla figura della dea Inanna. D. Wolkstein, S.N. Kramer, Inanna, Queen of Heaven and Earth, New York 1983; F. Bruschweiler, Inan- na: la déesse triomphante et vaincue dans la cosmologie sumérienne: Recherche lexicographique , Les cahiers du CEPOA 4, Louvain 1987. 3 Non sono qui comprese le composizioni incentrate sulla figura del dio Dumuzi,

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lorenzo verderame

La vestizione di Inanna*

Un’analisi generale dei riferimenti al vestiario nella letteratura in lingua sumerica e accadica dell’antica Mesopotamia,1 ha per-messo di identificare una serie di costanti in quelli relativi alla dea Inanna nel ciclo di miti sumerici di cui è protagonista. Questi sono i più frequenti ed interessanti e possono essere associati ad una fase particolare della narrazione, ovvero la preparazione al viaggio che la dea deve compiere.

1. I miti del ciclo di Inanna 2

I miti in lingua sumerica, giunti sino a noi, di cui è protagoni-sta la dea Inanna sono sette.3 Possono essere raccolti in un unico

* eTCSl = . Raccolta di testi in traduzione J. Bottéro, S.N. Kramer, Lorsque les dieux faisaient l’homme. Mythologie mésopotamienne, Paris 1989 [trad. it. Uomini e dèi della Mesopo-tamia, Torino 1992]; A. falkenstein, W. von Soden, Sumerische und akkadische Hymnen und Gebete, zürich 1953; S.N. Kramer, Sumerian Mythology, Philadelphia 1944; W.W. Hallo, K.l. Younger (a cura di), The Context of Scripture, I: Canonical Compositions from the Bibli-cal World, leiden-New York 1997; D.O. Edzard (a cura di), Mythen und Epen I, gütersloh 1993. Edizioni italiane: g.R. Castellino, Testi sumerici e accadici, Torino 1977; g. Pettinato, Mitologia sumerica, Torino 2001. Si vedano inoltre D.O. Edzard, W. Röllig, Literatur, in Id. (a cura di), Reallexikon der Assyriologie und Vorderasiatischen Archaologie, VII, Berlin-New York 1987-1990, pp. 35-66; W. Heimpel, Mythologie. A.I., in M.P. Streck (a cura di), Re-allexikon der Assyriologie und Vorderasiatischen Archaologie, VIII, Berlin-New York 1997, pp. 537-564; T. Jacobsen, Sumerian Mythology, a Review Article, in «Journal of Near Eastern Studies», 5 (1946), pp. 128-152, ristampato nella raccolta di studi di T. Jacobsen edito da W. Moran (a cura di), Toward the Image of Tammuz and Other Essays on Mesopotamian History and Culture, Harvard Semitic Series XXI, Cambridge 1970, pp. 104-131.

1 Si veda il contributo di Marta Rivaroli in questo volume.2 Non esistono trattazioni esaustive sulla figura della dea Inanna. D. Wolkstein,

S.N. Kramer, Inanna, Queen of Heaven and Earth, New York 1983; f. Bruschweiler, Inan-na: la déesse triomphante et vaincue dans la cosmologie sumérienne: Recherche lexicographique, les cahiers du CEPOA 4, louvain 1987.

3 Non sono qui comprese le composizioni incentrate sulla figura del dio Dumuzi,

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ciclo,4 ma si tratta ovviamente di una sistemazione moderna, che tiene conto solo sommariamente della funzione originaria della composizione. Tuttavia, come vedremo, essi presentano nella loro struttura alcuni elementi comuni, che sono l’oggetto di investiga-zione del presente contributo.

2. Inanna ed i ME (Inanna ed Enki)5

Questa composizione, il cui incipit è andato purtroppo perdu-to, viene generalmente indicata come Inanna ed i Me o, mediante il nome dei due protagonisti, Inanna ed Enki.

Il principio del testo, circa sessanta linee, è lacunoso. In esso probabilmente era descritto l’incontro della dea Inanna con il suo amante, il Pastore, cui seguiva la glorificazione della propria vulva da parte della dea. Quando il testo ridiviene intelligibile, ci troviamo di fronte alla dea che si propone di visitare il dio Enki,6 esprimendo forse già l’intenzione di farsi consegnare una serie di prerogative (me)7 dal dio di Eridu. Di fatto, dopo essere stata accolta da Enki e dal suo paggio Isimu con un banchetto, la dea riceve una lunga lista di prerogative e si appresta a ritornare alla sua città, Uruk/Kullaba. A questo punto il dio Enki, forse riavutosi dall’ebrezza alcolica,8 tenta di impedire il ritorno della dea ad Uruk inviando una serie di esseri mostruosi ad intralciarne il cammino. Il tentativo di Enki,

per le ragioni espresse al punto 1. Inoltre in questa nostra rassegna non abbiamo tenuto conto di due miti importanti ma di cui si sono conservate solo poche linee (Inanna e gudam e di Inanna ed An) e di un’altra composizione (Inanna e Bilulu) particolare e strettamente vincolata alle vicende di Dumuzi.

4 O in due cicli se si includono i miti dedicati a Dumuzi. Alcuni differenziano ro-manticamente i miti di Inanna sulla base dell’aspetto prevalente della dea, quello di amante o di guerriera (Bottéro-Kramer, Lorsque les dieux faisaient l’homme, cit.).

5 g. farber-flügge, Der Mythos “Inanna und Enki” unter besonderer Berücksichtigung der Liste der me, Studia Pohl 10, Rome 1973; B. Alster, On the Interpretation of the Sum-erian Myth ‘Inanna and Enki’, in «zeitschrift für Assyriologie und vorderasiatische Archäologie», 64 (1974), pp. 20-34; H. Waetzoldt, Recensione a G. Farber-Flügge, Der Mythos “Inanna und Enki” (1973), in «Bibliotheca Orientalis», 32 (1975), pp. 382-384; S.N. Kramer, J. Maier, Myths of Enki, the Crafty God, New York-Oxford 1989, pp. 57-68, 222-225; J.-J. glassner, Inanna et les me, in M. de J. Ellis (a cura di), Nippur at the Centen-nial. Papers Read at the 35ème Rencontre Assyriologique Internationale, Philadelphia, 1988, Philadelphia 1992, pp. 55-86; g. farber, ‘Inanna and Enki’ in Geneva: a Sumerian Myth Revisited, in «Journal of Near Eastern Studies», 54 (1995), pp. 287-292.

6 Di fatto molti dei miti che hanno Inanna per protagonista iniziano con la decisio-ne della dea di intraprendere un viaggio (si veda sotto). Nell’economia generale della narrazione il mito potrebbe anche cominciare da questo punto in poi. In tal senso è difficile, data appunto la lacunosità, interpretare la parte iniziale come un cappello introduttivo o una necessaria premessa in cui era contenuta la causa della successiva decisione della dea.

7 Per le diverse interpretazioni del termine sumerico me si veda la rassegna di pro-poste riassunte da R. Harris, Inanna-Ištar as Paradox and Coincidence of Opposites, in «His-tory of Religions», 30 (1991), p. 267 n. 33; cfr. J. Klein, The Sumerian me as a Concrete Object, in «Altorientalische forschungen», 24 (1997), pp. 211-218.

8 Nel mito infatti non sono chari i motivi per cui il dio pretende indietro le ‘prero-gative’ concesse in dono alla dea.

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tuttavia, non sortisce alcun successo ed Inanna infatti raggiunge la sua città sacra Uruk/Kullaba, dove iniziano i festeggiamenti e le celebrazioni per l’impresa della dea.

Si tratta di un testo molto lungo (ca. 800 linee) che fa uso di frequenti ripetizioni, in particolare la lunga lista di prerogative as-segnate alla dea viene puntualmente riproposta nei botta e risposta tra i protagonisti. Il mito segue lo schema del viaggio di visita di una divinità ad un’altra, molto comune nella letteratura sumerica.9

3. Inanna e Shukaletuda10

Questo mito, il cui incipit recita «signora dei grandi me, perfetta per il podio» (in-nin me gal-gal-la barag-ge4 he2-du7), è una composi-zione lunga e complessa in cui, con tutta probabilità, sono confluiti elementi di narrazioni e cicli differenti. la narrazione inizia con il proposito della dea di recarsi sulla terra e per fare questo, prima visita il padre Enki.

A questo punto, tuttavia, un excursus descrive l’origine della pal-ma da dattero e, probabilmente, quella dell’altro protagonista del mito, Shukaletuda. Enki infatti ordina ed istruisce il Corvo su come far nascere la palma da dattero; il Corvo, seguendo le istruzioni magiche del dio, crea dunque un palmeto sulla Terra. Il protago-nista cambia, o forse muta solo il nome: non è più il Corvo, ma è Shukaletuda, il giardiniere, che deve fronteggiare il fallimento della prima coltura della palma. Al fallimento seguirà un successo ottenuto mediante una serie di accorgimenti che costituiscono le giuste norme per la coltivazione della palma da dattero.

Si ritorna alla narrazione principale, con la dea Inanna che, stanca del peregrinare, giunge nel giardino di Shukaletuda, il quale abusa della dea addormentata. Al risveglio la dea, accortasi dell’ol-traggio subito e furibonda, decide di stanare il colpevole inviando due punizioni –prima l’acqua viene mutata in sangue e poi ven-gono inviate tormente e tempeste. Entrambe le volte Shukaletuda riesce a sfuggire, dopo essersi recato dal padre Enki per avere aiuto e avendone ricevuto il consiglio di mischiarsi ai suoi consimili,11 le Teste Nere (Sumeri). Dopo il secondo fallimento, questa volta è la dea a rivolgersi per richiedere aiuto ad Enki e quest’ultimo le con-segna Shukaletuda. la conclusione del racconto è frammentaria e

9 Per l’interpretazione in tal senso di un altro mito di Inanna, cfr. n. 15.10 K. volk, Inanna und Šukaletuda: zur historisch-politischen Deutung eines sumerischen

Litaraturwerkes, Wiesbaden 1995.11 Si noti che uno stratagemma simile si ritrova nel mito in lingua accadica Nergal

ed Ereshkigal: il dio Nergal, colpevole di non avere reso omaggio alla dea Ereshkigal, è da quest’ultima preteso come prigioniero degli Inferi. A tal uopo viene inviato un mes-saggero, Namtar (‘destino’) ad identificare il dio reo dell’oltraggio, ma Nergal riesce a sfuggire all’identificazione mischiandosi tra gli altri dèi. Il camuffamento del colpevole, tuttavia, è reso più efficace dall’incantesimo di Ea (nome accadico di Enki) che ha tra-sformato Nergal in un vecchio calvo e strabico.

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non è chiara la fine del protagonista, ovvero è immaginabile: infatti pare che per qualche motivo la dea cambi idea rispetto ad un ini-ziale pacifico proposito (espresso prima della rottura), adirata for-se per qualche ulteriore ragione, ma alla fine assicura Shukaletuda che in cambio renderà immortale il suo nome, che sarà cantato per sempre.

4. Inanna ed Ebikh12

Questa composizione, il cui incipit recita «Signora, che indossi gli spaventosi me, che cavalchi i grandi me» (in-nin me huš-a ni2 gur3-ru me gal-la u5-a), è meglio nota dal nome dei due protagonisti, la dea Inanna e la montagna Ebikh.13 Si tratta di una composizione relativamente breve (182~184 linee) giuntaci completa grazie alla quantità di manoscritti conservati.

Una serie di elementi la rendono una composizione inusuale ed interessante. In particolare, se da una parte, il carattere guerriero della dea comporta una serie di attributi e motivi letterari condi-visi con altre divinità, quali Ninurta, il motivo dello scontro con la montagna, sembra ricondurre direttamente al ciclo dei miti dello stesso Ninurta.14 Altrettanto peculiare è l’identificazione dell’anta-gonista con un’entità geografica ben determinata, il monte Ebikh, moderno Jebel Hamrîn.15

la composizione inizia con un’esaltazione della dea nel suo aspetto marziale e astrale. la narrazione degli eventi si svolge at-traverso una serie di discorsi diretti, in cui la dea espone il suo proposito di distruggere l’insolente e rivoltoso monte Ebikh, reo di non averla onorata al suo passaggio, discute i suoi intenti con il padre An che tenta di dissuaderla e, dopo aver abbattuto Ebikh ne stabilisce il destino e pronuncia la propria esaltazione.16

12 H. limet, Le poème épique ‘Inanna et Ebih’. Une version des lignes 123 à 182, in «Ori-entalia», 40 (1971), pp. 11-28; P. Attinger, Inanna et Ebih, in «zeitschrift für Assyriologie und vorderasiatische Archäologie», 88 (1998), pp. 164-195; f. Karahashi, Fighting the Mountain: Some Observations on the Sumerian Myths of Inanna and Ninurta, in «Journal of Near Eastern Studies», 63 (2004), pp. 111-118,

13 va notato che Ebikh piuttosto che un protagonista è un personaggio inattivo del racconto, che subisce passivamente le accuse e l’aggressione della dea, senza agire o proferire parola.

14 Karahashi, Fighting the Mountain, cit.15 Per l’importanza strategica di questa piccola catena montuosa e le relative fonti an-

tiche cfr. Bottéro, Kramer, Lorsque les dieux faisaient l’homme, cit., p. 232s. l’uso di Pettina-to, Mitologia sumerica, cit., p. 284, di non tradurre il termine sumerico kur, con cui spesso viene indicato Ebikh, è fuorviante, perchè induce il lettore a supporre una relazione tra il monte Ebikh ed il termine sumerico per ‘inferi’ (kur), utilizzato dallo studioso diffusa-mente nella sua opera. In questa composizione non vi è alcun elemento a sostegno di una tale identificazione ed è generalmente accettata l’interpretazione comune di kur come ‘paese montagnoso (=) paese straniero’.

16 Il testo si conclude con una dossologia di due linee, con esaltazione della protago-nista, Inanna, e della dea della scrittura, Nisaba.

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5. Discesa di Inanna agli Inferi17

Questo mito, di cui esiste una versione accadica, contiene due motivi narrativi: la discesa della dea agli Inferi18 e la scelta di un sosti-tuto che ricadrà su Dumuzi, ricollegando questo mito con il ciclo di composizioni facenti capo all’omonimo dio (si veda sotto).

Concentreremo la nostra analisi sulla prima parte del mito, in cui si narra come la dea decida di recarsi negli Inferi, per cui si appronta e lascia istruzioni alla sua assistente Ninshubur in merito ai riti fune-bri da compiere al momento della sua scomparsa e le divinità da in-terpellare (Enlil, Nanna, Enki) per aiutarla a tornare dal ‘Paese senza ritorno’. la dea arriva al palazzo di ganzer (altro nome degli Inferi) e si presenta al portiere del ‘mondo di sotto’ per entrare.19 Sorpre-sa, Ereshkigal, regina degli Inferi, ordina al portiere di far entrare Inanna, ma questa dovrà sottomettersi alle rigorose regole infere: per prima viene privata di un capo di vestiario al passaggio di ognuna delle sette porte che attraversa per giungere, così, come un sempli-ce corpo davanti alla corte infera che la trasforma in un cadavere e la appende ad un chiodo. A questo punto Ninshubur inizia i riti funebri e segue le istruzioni della dea: si reca per chiedere aiuto da Enlil, poi da Nanna, ed infine da Enki, essendo quest’ultimo l’unico ad offrirsi di aiutare Inanna. A tale scopo crea due esseri magici che raggiungono Ereshkigal negli Inferi, ne alleviano il dolore provocato dal lutto ed in cambio riescono ad ottenere il corpo della dea che viene quindi riportata alla ‘vita’. Ma, come dicevamo in precedenza, le regole degli Inferi sono rigorose ed una volta entrati nessuno può più tornare indietro. l’unica concessione che viene fatta alla dea è quella di procurare un sostituto che prenda il suo posto negli Inferi. la scelta ricadrà sul consorte Dumuzi, l’unico colpevole di non aver osservato il lutto per la scomparsa della dea.

6. Il ciclo di Dumuzi

Ne La discesa di Inanna agli Inferi, la dea indica ai demoni il sostituto che prenderà il suo posto nel paese del non ritorno. Si tratta di Dumu-zi, il pastore, che viene afferrato dai demoni mentre si trova tra le sue

17 S.N. Kramer, Inanna’s Descent to the Nether World, in «Revue d’Assyriologie et d’Archéologie Orientale», 34 (1937), pp. 93-134; W.R Sladek, Inanna’s Descent to the Netherworld, Baltimore 1974; S.N. Kramer, Sumerian Literature and the British Museum: the Promise of the Future, in «Proceedings of the American Philosophical Society», 124 (1980), pp. 299-310; B. Alster, The Mythology of Mourning, in «Acta Sumerologica», 5 (1983), pp. 1-16; T. Jacobsen, The Harps that Once... Sumerian Poetry in Translation, New Haven-london 1987, pp. 205-232; B. Alster, Inanna Repenting. The Conclusion of Inanna’s Descent, in «Acta Sumerologica», 18 (1996), pp. 1-18.

18 Per una interpretazione del testo come appartenente alla cosiddetta tipologia del ‘viaggio degli dèi’, si veda g. Buccellati, The Descent of Inanna as a Ritual Journey to Kutha?, in «Syro-Mesopotamian Studies», 4/3 (1982), pp. 3-7.

19 Il motivo della visita, non espresso precedentemente, sono i rituali funebri per gugalanna sposo di Ereshkigal, regina degli Inferi.

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pecore, ignaro del pericolo; riuscirà a salvarsi una volta facendo appel-lo al dio Utu, che lo trasforma in un serpente e gli permette di fuggire una prima volta. Alla fine tuttavia il dio viene acciuffato dagli sgherri inferi, complice probabilmente la Mosca, che ottiene dalla dea Inanna un destino favoloso in cambio dei servigi resi. Come nel caso di Shuka-letuda, la dea mitiga il suo iniziale proposito vendicativo e concede a Dumuzi di dividere con la sorella geshtinanna il periodo da trascorre-re nell’Aldilà, permettendogli così di ritornare periodicamente in vita.

l’idea del dio inseguito dai demoni e trascinato negli Inferi, il suo tentativo di fuga destinato a fallire, il lutto ed il pianto della compagna o della sorella, sono elementi che appartengono al ciclo di composizioni sumeriche dedicate al dio Dumuzi.20 In essi la dea Inanna vi compare in qualità di amante e compagna del dio, ma non ne è la protagonista: il carattere e le peculiarità della dea che emer-gono nei miti a lei dedicati, sono qui assenti. In questo ciclo, la stessa figura divina di Dumuzi appare non definita ed è invece l’evento, la scomparsa del dio, con le sue linee generali fortemente connotate, ad essere il cardine dell’intero ciclo di composizioni.

la descrizione del lutto della sorella geshtinanna o della com-pagna Inanna, è parte integrante del mito ed i riti funebri ad essa connessi sono l’elemento centrale del culto di Dumuzi. Un culto fu-nebre che nella sua versione semitizzata di Tammuz, si è trasmessa attraverso i secoli, valicando i confini geografici e temporali della ci-viltà mesopotamica. Ed è proprio nel contesto di questi rituali fune-bri che troviamo descrizioni relative al vestiario nei miti di Dumuzi. Si tratta dell’unico altro gruppo omogeneo di descrizioni di vestia-rio della letteratura sumerica; tuttavia, l’analisi in dettaglio di tale materiale, appartenente ad un contesto fortemente connotato come quello funerario,21 ci porterebbe fuori dalla nostra ricerca incentrata sulla figura della dea Inanna.

7. La vestizione di Inanna

le descrizioni del vestiario e dei suoi complementi nelle composi-zioni qui prese in esame si concentrano nella preparazione al viaggio che la dea si appresta a compiere e a poche altre limitate specifiche circostanze, laddove il riferimento al vestiario costituisce un elemen-to centrale della narrazione: i capi indossati dalla dea prima dello scontro con Ebikh o quelli che le vengono tolti uno ad uno dal por-

20 P. Mander, Canti sumerici d’amore e morte. La vicenda della dea Inanna/Ishtar e del dio Du-muzi/Tammuz, Brescia 2005. I testi sono stati raccolti e commentati da T. Jacobsen, Fourth Millennium Metaphors. The Gods as Providers: Dying Gods of Fertility, in Id., Treasures of Darkness. A History of Mesopotamian Religion, New Haven-london 1976, pp. 25-73; le conclusioni dell’au-tore, fautore di un approccio marcatamente fenomenologico, risulta in alcuni punti artifi-ciosa, si veda Id., Toward the Image of Tammuz, in «History of Religions», 1 (1961), pp. 189-213, ristampato in Moran, Toward the Image of Tammuz, cit., pp. 73-103; cfr. O.R. gurney, Tammuz Reconsidered: Some Recent Developments, in «Journal of Semitic Studies», 7.2 (1962), pp. 147-160.

21 Alster, The Mythology of Mourning, cit.

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tiere passando attraverso le sette porte della città infera ne La discesa di Inanna agli Inferi (si veda sotto); oppure la cintura dei me che Shu-kaletuda deve spostare per poter abusare della dea addormentatasi nel suo giardino.

8. La preparazione al viaggio

l’analisi generale dei passi raccolti mostra un costante riferimen-to al vestiario in coincidenza con la preparazione della dea prima di un viaggio.

In Inanna e Shukaletuda, il capo di vestiario principale è costi-tuito dalla cintura dei me e la descrizione del vestiario che la dea indossa prima del viaggio è limitata alla sola veste ba (tug2-ba13 la2, l. 20), un capo di abbigliamento comune ad altri dèi e re.22

Negli altri casi invece la descrizione è più dettagliata e compren-de un elenco di attributi caratteristici della dea. In Inanna ed i ME, oltre ad alcuni capi e complementi di vestiario attribuiti alla dea come prerogative (me),23 nella parte introduttiva del mito si descri-ve la vestizione prima del viaggio verso Eridu: «[...] n/della steppa [...]si pose [il turbante] ‘corona della steppa’ sul capo».24

Il passo è parallelo alla descrizione dei capi di vestiario di cui la dea si adorna (e di cui verrà privata al passaggio delle porte infere, si veda sopra) prima della discesa agli Inferi ne La Discesa di Inanna agli Inferi:

(Inanna) legò i sette ME. Radunati i ME, li tenne nella sua mano: con i buoni ME si preparò a partire. Si pose in testa il turbante, corona della steppa, pose sulla fronte il hili (parrucca?), circondò il collo con (una collana di) piccole perle di lapislazzuli, perle ovali doppie sistemò sul suo petto, il pala, la veste della sua signorilità, indossò sulle spalle, truc-cò gli occhi con il kohl «che venga, venga un uomo!», appuntò la fibula tuditum «vieni, vieni uomo!», intorno alle mani mise bracciali d’oro tenne in mano la barra e la corda per misurare di lapislazzuli.25

Anche in Inanna ed Ebikh si descrive la vestizione della dea, prima che si rechi in cielo dal padre An:

Inanna, la figlia di Su’en, indossa il pala, si acconcia piacevolmente, si adorna la fronte con lo šerkan, che rosseggiando incute timore, al suo

22 Il riferimento alla veste ba costituisce un elemento tutt’altro che banale: negli inni, viene spesso menzionata quale concessione al re da parte della specifica divinità destinataria dell’inno e sembra essere parte integrante dell’investitura regale del pe-riodo paleo-babilonese. l’argomento non è stato mai oggetto di uno studio specifico. la veste ba non costituisce un attributo specifico della dea Inanna ed una sua trattazio-ne in quest’ambito andrebbe oltre i limiti e gli scopi del presente contributo.

23 ‘l’eccelsa giusta corona’ (aga zid mah, l. 17), ‘la veste eccelsa’ (tug2 mah, l. 19), ‘la veste nera, la veste multicolore, l’acconciatura’ (tug2 ĝi6 tug2 gun3-a gu2-bar gu2-X, l. 25).

24 Inanna ed i ME, Seg. A ll. 1-2.25 Discesa di Inanna agli Inferi, ll. 14-25, 100-111.

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sacro collo si aggiusta la cornalina, impugna la mazza dalle sette teste con la sua mano destra vigorosamente, si pone calzari di lapislazzuli ai piedi, al crepuscolo esce regalmente.26

Da quanto sinora esposto, possiamo riassumere che le descrizio-ni del vestiario nei miti sumerici riguardano principalmente la dea Inanna e si concentrano in un momento preciso del mito, quando cioè la dea si prepara a compiere un viaggio. Invertendo la preceden-te enunciazione, si può affermare che la vestizione di Inanna costitu-isce la parte essenziale della preparazione al viaggio stesso.

9. Inanna e il passaggio

In ciascuno dei miti qui analizzati, il viaggio cui la dea Inanna si appresta prevede l’attraversamento di un confine ed il passaggio ad un altra realtà:27

- gli Inferi (La discesa di Inanna agli Inferi, il ciclo di Dumuzi);- la terra (Inanna ed Ebikh, Inanna e Shukaletuda);- l’abzu, definito il luogo profondo, insondabile e inaccessibile

per eccellenza (Inanna ed i ME).Possiamo concludere che il motivo dell’attraversamento di con-

fini e realtà differenti sia un elemento caratterizzante del ciclo di miti dedicati alla dea. la fase della vestizione è parte integrante della preparazione al viaggio. gli elementi indossati da Inanna non sono unicamente dei capi o dei complementi d’abbigliamento,28 ma sono oggetti il cui possesso, che la dea si assicura indossandoli, permette ad Inanna di compiere tale attraversamento.

E tra gli elementi di cui la dea si veste spiccano sicuramente i me, materializzati in forma di oggetti appesi alla cintura della dea (Inanna e Shukaletuda). la relazione tra Inanna ed i me è centrale:29 è la dea che si reca nell’abzu per riceverli da Enki e, dopo varie pe-ripezie, a portarli sulla terra, più precisamente nella sua città, Uruk (Inanna ed i ME). Questa impresa è ricordata puntualmente nell’in-cipit, nella titolatura, nella dossologia dei miti e degli inni dedicati a lei e sovente ad altre divinità della sua cerchia.

26 Inanna ed Ebikh, ll. 53-59.27 Assumendo quella celeste come propria della dea.28 Alcuni non sono neppure appannaggio della dea, essendo impiegati da altre divi-

nità in diverse occasioni, cfr. n. 19.29 Anticipando le conclusioni, dobbiamo considerare la tesi che siano specificamente i

me lo strumento necessario ad Inanna per riuscire ad attraversare il confine tra le diverse realtà umana, divina ed infera (si veda sotto). Questa tesi avrebbe un’apparente contraddi-zione nel mito di Inanna ed i ME, dove la dea si reca nell’abzu per ricevere i me, i quali però sarebbero, secondo la tesi, necessari all’attraversamento delle diverse realtà. Argomenti di varia natura potrebbero risolvere l’incongruenza (l’abzu per quanto irraggiaungibile non sempre è considerato una realtà indipendente; Inanna vi giunge e vi è accolta in quanto figlia di Enki), ma a prescindere dalla loro capacità di convincimento, si tratterebbe di ele-menti necessari a soddisfare la logica del nostro discorso narrativo e che probabilmente non erano ritenuti necessari da coloro che crearono e utilizzarono il mito.

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Così la descrizione dettagliata e puntuale della vestizione di Inanna prima di un’impresa rappresenta l’appropriazione fisica dei necessari poteri che le permetteranno di agire. Infatti, quando la dea, recandosi negli Inferi, viene spogliata dei capi di vestiario al passaggio di ciascu-na delle sette porte infernali, giunge davanti all’assemblea nuda ed inerme, ovvero privata dei suoi poteri; si potrebbe quasi dire che viene spogliata della sua ‘divinità’ e resa ‘mortale’, visto che la corte infera la trasforma, mediante uno ‘sguardo di morte’, in un ‘cadavere’ che vie-ne appeso ad un chiodo.30 Un trattamento questo riservato unicamen-te a lei tra gli dèi e che non avviene, ad esempio, per Nergal nel mito in lingua accadica (Nergal ed Ereshkigal). Questo mito parallelo solleva una possibile obiezione al nostro ragionamento, cioè che altre divinità si muovono e viaggiano, ma, come dimostreremo, lo fanno in maniera diversa da Inanna. Infatti il mito del dio che si scontra con la monta-gna è un motivo diffuso che trova la sua espressione in Mesopotamia nel mito di Ninurta (Lugale); ma in questo caso non si tratta di una montagna qualsiasi, ma della ‘Montagna’ –qualcuno la chiamerebbe montagna cosmica– cosa che non comporta alcuno sconfinamento fuori dalla sfera divina, mentre Inanna abbatte una montagna reale, geograficamente specificata e collocata sulla terra (Ebikh). Si potreb-be obiettare che altri dèi interagiscono con la sfera terrena-umana, ma lo fanno sempre in forma mediata, attraverso la loro statua (Marduk nell’Epopea di Erra, o altri nei cosiddetti Viaggi degli dei) e nel caso di contatto con l’umano questo avviene per mezzo della divinazione. Per quanto riguarda gli Inferi, le comunicazioni con il cielo sono svolte per mezzo di messaggeri.31 Il confinamento di una divinità nella terra dei morti, sia essa legata al ciclo naturale (Dumuzi/Tammuz) o una divinità guerriera (Nergal), aveva trovato il suo spazio in miti specifici. Anche queste divinità si muovono dal cielo agli Inferi (Dumuzi, Ner-gal), ma contrariamente a Inanna lo fanno contro la loro volontà32 e, soprattutto, uni-direzionalmente, rimanendovi bloccati.33

30 Il corrispondente passaggio del mito sumerico è tutt’altro che chiaro: «la donna afflitta fu trasformata in un cadavere (uzu niĝ2-sag3-ga) ed il cadavere fu appeso ad un chio-do» [ll. 172-173]. In particolare l’espressione uzu niĝ2-sag3-ga è un hapax e non ha ancora trovato una spiegazione soddisfacente.

31 Cfr. n. 26.32 la causa è la punizione di una colpa: quella di non aver omaggiato la dea Infera nel

caso di Nergal (Nergal ed Ereshkigal), quella di non aver osservato il lutto in occasione della scomparsa di Inanna/Ishtar nel caso di Dumuzi/Tammuz (La discesa di Inanna/Ishtar agli Inferi). Si noti tuttavia che nel secondo caso si tratta di una motivazione artificiosa creata sul calco della composizione accadica dalla tradizione posteriore, che aveva fatto confluire i motivi arcaici del ciclo di Dumuzi in quelli della neo-assimilata dea Inanna/Ishtar. Nel ciclo originario, infatti, il dio viene inseguito e preso dai demoni; la motivazione non è mai espressa ed evidentemente non era concepita come un elemento necessario del mito, essen-do la scomparsa stessa del dio il centro della composizione. In una risistemazione generale la scomparsa di Dumuzi/Tammuz diviene un episodio in appendice al mito bilingue incen-trato su Inanna/Ishtar e la causa della scomparsa sarebbe stata creata ad uopo. In entram-bi i miti di Dumuzi e Nergal, il motivo della punizione è creato in un contesto ‘semitico’.

33 lasciando da parte la questione del ritorno periodico di Dumuzi, va menzionata qui un’altra interessante categoria di esseri che attraversano le diverse sfere: si tratta

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Alla luce dei casi appena esposti possiamo affermare che la pe-culiarità della dea Inanna è quella di poter attraversare in entrambi i sensi il confine tra due realtà. È possibile sostenere che questa peculiarità sia una prerogativa della dea? Da quanto esposto sopra, la risposta è affermativa, essendo Inanna l’unica ad avere questo potere. Una conclusione questa che ci porta a considerare più in generale il carattere stesso della dea.

10. Inanna quale divinità degli opposti e del liminale

Una definizione generale della dea Inanna è impossibile. Nel tracciare il profilo di una divinità complessa si devono affrontare una serie di problemi di carattere storico, come la disponibilità delle fonti e la conseguente possibilità di seguirne l’evoluzione tra sincretismi ed assimilazioni, e metodologico, quale il tentativo di ricondurre a modelli e categorie generali le specifiche figure divi-ne. È possibile certo procedere in questa ricostruzione, anche in dettaglio, per alcune divinità principali del pantheon mesopotamico, destinatarie di un culto diffuso e costante in vari templi, documen-tato da composizioni letterarie e documenti amministrativi.34 In tal senso la dea Inanna/Ishtar è certamente uno dei casi meglio docu-mentati. Nonostante questo nessuno degli studi dedicati alla dea è riuscito a coglierne l’intima essenza:35 partiti dall’analisi di un aspet-to particolare, gli autori sono giunti tutti alla stessa conclusione ne-gativa, ovvero l’indefinibilità e le contraddizioni che nascondono la figura di Inanna. Studi più recenti, partendo da questa conclusione e cambiando il punto di vista, hanno proposto di identificare pro-prio nella liminalità e negli opposti l’essenza stessa della dea.36

Questi aspetti trovano ampia conferma nella documentazione a nostra disposizione, come la lunga serie di opposti che caratteriz-zano la titolatura o le liste di prerogative (me) della dea, o lo stesso carattere di Inanna, capace di passare da dea bellicosa ad amante. In particolare l’opposizione tra due coppie di opposti per eccellen-za, guerra vs amore e uomo vs donna, ha un riflesso nei simboli dei due sessi, un’arma (arco o mazza da lancio) ed il fuso,37 che la dea

dei messaggeri, prevalentemente, ma non solo inferi, quali Namtar, che possono muo-versi con una certa libertà attraverso la sfera infera, divina e umana, per compiere i propri compiti.

34 Nonostante la possibilità, il lavoro di spoglio di fonti di diversa natura distribuite variamente per almeno due millenni ha dissuaso i più: pochi infatti si sono accinti all’impresa, limitando tuttavia lo studio ad aspetti o periodi particolari; tra questi si-curamente il più completo è quello dedicato a Nabu di f. Pomponio, Nabû. Il culto e la figura di un dio del Pantheon babilonese ed assiro, in «Studi Semitici», 51 (1978).

35 Si veda la rassegna degli studi in H.l.J. vanstiphout, Inanna/Ishtar as a Figure of Controversy, in H.g. Kippenberg (a cura di), Struggles of Gods, Berlin-New York 1984, pp. 225-238; cfr. R. Harris, Inanna-Ištar as Paradox and Coincidence of Opposites, in «History of Religions», 30 (1991), pp. 261-278.

36 Harris, Inanna-Ištar as Paradox and Coincidence of Opposites, cit.37 Il fuso è anche uno dei simboli del culto popolare della dea Inanna; impiega-

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fa propri, o nella mascolinità serotina e nella femminilità mattutina del pianeta venere,38 con cui la dea è identificata. Inanna dunque riassume in sè i caratteri dei due sessi e, più in generale, degli oppo-sti, i cui simboli e aspetti principali trovano in lei una sintesi.39

Si tratta di una sintesi chiaramente instabile, la cui essenza è il perenne (dis)equilibrio tra due estremi. Instabilità che si tradu-ce in un continuo movimento e mutamento, che ha una sua eco nell’inversione sessuale che caratterizza il personale dedicato al suo culto (assinnu, kurgarru),40 con tutto ciò che questo comporta a livello di mutevolezza tra gli estremi e liminalità; ma anche nel carattere irrequieto della dea,41 e, a livello simbolico, nel passaggio da una realtà ad un’altra, quel viaggiare in un’altra dimensione, che è l’elemento comune a tutti i miti della dea.

to principalmente da uomini. Il fuso, caratteristica principale di un’attività domestica femminile, associato ad un uomo richiamerebbe i principi di mutevolezza e inversione, rafforzati dal simbolico movimento rotatorio dell’oggetto.

38 Nell’astronomia classica è assunto il contrario, cfr. E. Reiner, Astral Magic in Baby-lonia, Transactions of the American Philosophical Society 85.4, Philadelphia 1995, p. 6 e n. 14.

39 Harris, Inanna-Ištar as Paradox and Coincidence of Opposites, cit., p. 263.40 B. groneberg, Die sumerisch/akkadische Inanna/Ištar: Hermaphroditos?, in «Die Welt

des Orient», 17 (1986), pp. 25-46. Si veda di recente Id., Lob der Ištar, Gebet und Ritual an die altbabylonischen Venusgöttin, Cuneiform Monographs 8, groningen 1997, e la re-censione a questo volume di A.J. ferrara in «Journal of the American Oriental Society», 120/2 (2000), pp. 199-205.

41 Harris, Inanna-Ištar as Paradox and Coincidence of Opposites, cit., p. 265.