La rappresentazione degli interessi in Italia: Il caso del nucleare
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Facoltà di Scienze Politiche
Corso di laurea magistrale in Relazioni Internazionali
Cattedra di Teorie e tecniche del lobbying
La rappresentazione degli interessi in Italia
Il caso del nucleare
RELATORE CANDIDATO
Prof. Pier Luigi Petrillo Riccardo Nucci
Matr. 613432
CORRELATORE
Prof. Antonio La Spina
ANNO ACCADEMICO 2011/2012
2
A mio padre
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Indice
Introduzione
Primo capitoloLe lobbies e la rappresentazione di interessi particolari1.1 Lobbies e gruppi di pressione: dagli interessi particolari a quelli gene-
rali, pubblici o nazionali1.2 La specificità del caso italiano: aspetti istituzionali, sistema politico e
di governo e peculiarità culturali
Secondo CapitoloLe lobbies pro e contro il nucleare nel mondo2.1 Considerazioni introduttive2.2 Associazioni internazionali2.2.1 World Nuclear Association
2.2.2 World Association of Nuclear Operators2.2.3 FORATOM (European Atomic Forum)2.2.4 European Nuclear Society
2.3 La Chiesa Cattolica e il nucleare2.4 I movimenti antinucleari2.5 Il lobbismo nucleare in Italia
2.5.1 I primordi dell’industria nucleare in Italia2.5.2 L’Associazione Italiana Nucleaer (AIN)
2.6 Il lobbismo nucleare negli Stati Uniti2.7 Il lobbismo nucleare nel Regno Unito2.8 Il lobbismo nucleare in Francia2.9 Il lobbismo nucleare in Germania2.10 Il lobbismo nucleare in Spagna2.11 Il lobbismo nucleare in Giappone2.12 Ambientalisti pro e contro l’energia nucleare2.13 I principali ambientalisti “pronucleari” – Lovelock, Moore e Monbiot
Terzo CapitoloIl dibattito pro e contro l’elettronucleare in Italia e i gruppi di pres-sione dei due campi contrapposti3.1 L’inizio del nucleare in Italia e la frammentazione del lobbismo fra
pubblico e privato e fra soluzioni nazionali ed internazionali3.2 Nascita ed evoluzione delle lobbies nucleari in Italia
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3.2.1 La lobby industriale: il FIEN3.2.2 La lobby professionale: ANDIN e SNI
3.2.3 La crisi delle lobbies nucleari3.2.4 La ripresa dell’interesse industriale
3.3. Lo sviluppo dell’azione lobbistica negli anni Cinquanta e Sessanta3.4. I limiti dell’azione lobbistica3.5 Dai Piani Energetici Nazionali degli anni Settanta al Referendum del
20113.6 Il disastro di Chernobyl e il referendum del 1987 con la sospensione
del nucleare in Italia3.7 Il revival del nucleare all’inizio del XXI secolo – Il Forum Nucleare
Italiano di Chicco Testa e le strategie del lobbismo pro-nucleare3.8 Il lobbismo antinucleare al contrattacco; il blocco del revival del nu-
cleare con il Referendum del 2011 dopo Fukushima e le lobbies a fa-vore delle rinnovabili
Quarto CapitoloIl problema del nucleare residuo: processi decisionali, soggetti coin-volti e azioni di lobby
4.1 Interessi industriali, di sicurezza e locali connessi con lo smantella-mento degli impianti nucleari dismessi (decommissioning)
4.2 I soggetti coinvolti nel nucleare pregresso4.2.1 Attività di lobby e formazione del consenso
4.3 La sistemazione dei rifiuti radioattivi4.3.1 Processo decisionale, soggetti coinvolti e azioni di lobby4.3.2 La logica dell’emergenza
4.4 La sistemazione del combustibile esaurito4.4.1 I trasporti delle scorie radioattive. Soggetti coinvolti e azio-ni di lobbying
4.5 Lo smantellamento degli impianti nucleari dismessi4.5.1 Iter autorizzativo, soggetti coinvolti e azioni di lobby4.5.2 La logica dell’emergenza e le azioni conseguenti
4.6 La realizzazione del Deposito Nazionale per i materiali radioattivi4.6.1 Dalla logica partecipativa a quella dell’emergenza4.6.2 I criteri di localizzazione e l’allarme sociale4.6.3 Il “caso Scanzano”
4.7 Case History4.7.1 Il nucleare residuo e il Project Management4.7.2 L’approccio di tipo adattativo4.7.3 L’approccio adattativo alla campagna di trasporto del 20034.7.4 Azioni e retroazioni
Conclusioni
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Appendice
Protagonisti ed interpreti del nucleare in Italia: contributi ed interviste
(in ordine alfabetico)
Giancarlo Aragona – Presidente SOGIN
Angelo Bonelli – Presidente VERDI
Gianluca Comin– Direttore Relazioni Esterne ENEL
Roberto Della Seta - LEGAMBIENTE
Tullio Fanelli – Sottosegretario di Stato – Ministero dell’Ambiente
Carlo Jean – ex-Commissario Delegato per la messa in sicurezza del nu-
cleare
Stefano Lucchini – Direttore Relazioni Internazionali e Comunicazione -
ENI
Giuseppe Onufrio– Direttivo Esecutivo - GREENPEACE
Sara Romano – Direttore Generale energia nucleare, energie rinnovabili
ed efficienza energetica – Ministero dello Sviluppo Economico
Stefano Saglia – ex-Sottosegretario di Stato – Ministero dello Sviluppo
Economico
Chicco Testa – ex-Presidente del Forum Nucleare Italiano
Bibliografia
Sitografia
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6
«Il lobbista mi fa capire in tre minuti quello che
un mio collaboratore mi spiega in tre giorni».
John Fitzgerald Kennedy
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Introduzione
Nella presente ricerca viene analizzata l’attività di lobby svolta a favore o contro
la costruzione di centrali ed impianti nucleari, il loro smantellamento al termine della
vita operativa e la gestione in sicurezza delle scorie radioattive. L’interesse
dell’oggetto dell’analisi è molteplice. In primo luogo, deriva dal fatto che non si tratta
di un lobbismo nel senso proprio del termine, cioè di un’attività volta ad influenzare
le decisioni dei responsabili politici e amministrativi, a livello nazionale e locale. In-
vece, tende a creare nell’opinione pubblica il consenso o l’opposizione nei riguardi
del nucleare. Come suggerito da chi ha recentemente operato nel settore, si tratta di
advocacy1, più che di lobbying. Gli operatori agiscono sulle istituzioni soprattutto in-
direttamente, influenzando l’opinione pubblica.
Una seconda peculiarità che si cercherà di approfondire nell’indagine è che
l’attività, le strategie e le tecniche utilizzate dai favorevoli al nucleare non può essere
disgiunta da quelle delle forze antinucleari. Il contrasto fra i due campi non riguarda
tanto interessi economici degli attori, quanto convincimenti di natura sostanzialmente
ideologica. Sotto questo aspetto, verranno approfonditi, in particolare, la correlazione
esistente del nucleare civile con quello militare e lo sfruttamento fatto della valenza
emotiva, particolarmente elevata in tutti i Paesi, da un lato dell’“olocausto nucleare” e
dall’altro di disastri di Chernobyl e di Fukushima. Entrambi i gruppi “pro” e “contro”
il nucleare hanno poi collegamenti internazionali molto stretti. Le strategie e gli stru-
menti da essi utilizzati nelle loro campagne di advocacynon possono quindi essere
esaminati senza tener conto da tali interazioni. Nella ricerca si è cercato di individuare
i meccanismi che caratterizzano tale specificità, che è all’origine di cicli “pro” e “con-
1Vds. intervista al dott. Gianluca Comin, Direttore delle Relazioni Esterne, Enel, p. 195, e al dott.Chicco Testa, ex-Presidente del Forum Nucleare Italiano, p 227.
8
tro” il nucleare, che si verificano pressoché contemporaneamente anche se con inten-
sità diverse, in tutti i Paesi.
Un terzo aspetto che è sembrato meritare uno specifico approfondimento, consi-
ste nell’esaminare le attività di lobbying relative al nucleare pregresso, in particolare
riferimento in Italia. Pur essendo collegato alla costruzione di nuove centrali nucleari,
esso presenta una sua specificità. Nuclearisti e antinuclearisti concordano sul fatto che
una soluzione del problema non sia un’opzione, ma una necessità, per la sicurezza
delle popolazioni e dell’ambiente.2 Le difficoltà sorgono allorquando dal livello di
principio e generale si passa alle realizzazioni pratiche, in particolare alle scelte della
localizzazione degli impianti nucleari, in particolare dei depositi per i materiali ra-
dioattivi.3 Come per la costruzione di altre grandi opere pubbliche, si verifica siste-
maticamente a livello locale la cosiddetta sindrome NIMBY (Not In My Back Yard),
che i responsabili istituzionali del nucleare pregresso cercano di superare con
un’azione di lobbismo nei confronti delle Autorità locali, coinvolte nelle scelte e di
informazione e sensibilizzazione delle opinioni pubbliche.
٭٭٭
Per quanto riguarda la metodologia seguita nella ricerca, si è fatto ricorso non so-
lo alla dottrina e a fonti scritte, ma anche a numerose interviste a personalità signifi-
cative sia del campo “pro” che di quello “antinucleare”, sia delle istituzioni responsa-
bili del settore del nucleare pregresso. Di esse si desidera ringraziare caldamente gli
autori.
Nella sostanziale carenza di fonti ufficiali che illustrino nei dettagli le attività di
lobby condotte in Italia sulla gestione del nucleare residuo, la redazione della presente
ricerca si è avvalsa anche di informazioni fornite sia verbalmente, sia dei documenti
per uso interno delle Società interessate.
2Vds. interviste al Sen. Roberto Della Seta, Legambiente, p. 199; Angelo Bonelli, Presidente Verdi, p.192; Giuseppe Onufrio, Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia, p. 216, Giancarlo Aragona, Presi-dente SOGIN, p. 189.
3Vds. intervista a Carlo Jean, ex-Commissario Delegato alla sicurezza nucleare, p. 207.
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E’ subito emersa la necessità di contestualizzazione di vari contributi, tendendo a
collegarli con il “clima psicologico” e con quello politico esistente – in altre parole
dei cicli “pro” e “contro” il nucleare - nonché con le posizioni preconcette dei vari au-
tori, naturalmente portati ad influenzare la pubblica opinione a favore delle proprie
tesi. L’ampio ricorso ad interviste e a contatti diretti con i responsabili del settore,
sembra presentare il vantaggio di attribuire alla ricerca, sia nella sua analisi che nelle
sue considerazioni sintetiche, una maggiore freschezza ed attualità, e un esame più
approfondito delle logiche e dei meccanismi attivati nel particolare settore.
٭٭٭
La ricerca è articolata in quattro parti.
Il primo capitolo, di carattere introduttivo, dopo alcuni cenni alla dottrina del
lobbismo, esamina la natura generale del problema, le specificità proprie dei lobbismi
pro e anti-nucleari, a cui si è prima rapidamente accennato e l’evoluzione nel tempo
dei principali temi utilizzati da entrambi.
Il secondo capitolo riguarda le logiche, le strategie e le tecniche utilizzate dalle
principali organizzazioni internazionali pro e anti-nucleari. Approfondisce, poi, più
nel dettaglio, la loro organizzazione e iniziative nei principali Paesi democratici e
l’impatto che esse hanno avuto sulle opinioni pubbliche e le decisioni politiche e
amministrative nei Paesi che dispongono di una consistente industria nucleare. Parti-
colare interesse è stato dedicato alle reazioni dei pro- e degli anti-nuclearisti ai princi-
pali incidenti occorsi alle centrali nucleari (Three Mile Island, Chernobyl e Fukushi-
ma) sulla loro efficacia, e sul come la loro strumentalizzazione abbia influito sulla
prosecuzione dei programmi nucleari in Occidente. Sono state approfondite strategie
e tecniche utilizzate dai costruttori di centrali, dai loro gestori e dalle società produt-
trici di energia elettrica per cercare di attenuarne l’effetto devastante che tali incidenti
hanno avuto sui loro programmi. Si tratta di una caso paradigmatico delle logiche e
meccanismi che operano nell’attuale società dell’informazione, con onde di panico e
anche di euforia, che solo una capillare opera d’informazione e di advocacy istituzio-
nale può attenuare.
10
Il terzo capitolo è dedicato all’analisi dei contrapposti lobbismi in Italia. Un ap-
profondimento particolare è dedicato alle strategie e tecniche comunicative impiegate
dal Forum Nucleare Italiano, diretto dal Dott. Chicco Testa.4 La sua costituzione e
iniziative rappresentano un caso, per certi versi unico, in un Paese come l’Italia in cui
mancano una normativa e una regolamentazione sul lobbismo. Unico, almeno nel
senso che l’organizzazione e le attività del Forum sono state caratterizzate da una tra-
sparenza alquanto inusuale in simili attività nel nostro Paese.
Il quarto ed ultimo capitolo, riguarda il nucleare pregresso e i problemi che pon-
gono lo smantellamento degli impianti dismessi, la costruzione del Deposito Naziona-
le / Parco Tecnologico e il condizionamento e gestione in sicurezza delle scorie ra-
dioattive. Particolarmente interessante al riguardo, è la valutazione del nuovo approc-
cio partecipativo seguito dai responsabili del progetto di costruzione del Deposito
Nazionale / Parco Tecnologico. Esso sembra possedere alte probabilità di portare a
risultati positivi, dopo che il metodo autoritativo, che ha bloccato l’intera attività nel
2003 con il fallimento del progetto di costruzione di un deposito a Scanzano Jonico in
Basilicata, aveva provocato un’“umiliante” ritirata da parte del Governo del tempo.5
L’elaborato si propone, in sostanza, di porre in evidenza le specificità del lobbi-
smo e del advocacy pro- e anti-nucleare. Esso appare simile a quello riscontrabile per
altre opere pubbliche, quali rigassificatori, termovalorizzatori, linee ad alta tensione o
TAV. Come nel campo nucleare, i “pro” e i “contro” cercano di manipolare a loro fa-
vore l’opinione pubblica per ottenerne il consenso ed agire così indirettamente sulle
scelte politiche e amministrative. Tutte tali attività sono caratterizzate da una elevata
valenza emotiva. Mirano cioè a sfruttare il timore del nucleare o ad attenuarlo. Tali
obiettivi costituiscono il punto centrale delle strategie adottate dagli operatori nel set-
tore, istituzionali o facenti parte dei vari gruppi di pressione e d’interesse.
4Vds. in proposito l’intervista al dott. Chicco Testa, ex-Presidente del Forum Nucleare Italiano, p. 227.5Vds. intervista al Gen. Carlo Jean, ex-Commissario Delegato per la messa in sicurezza dei materiali
radioattivi, p. 207.
11
CAPITOLO I
Le lobbies e la rappresentazione di interessi particolari
1.1 Lobbies e gruppi di pressione: dagli interessi particolari a quelli generali, pub-
blici o nazionali
Con il passaggio dallo Stato liberale allo Stato sociale, l’interesse generale nelle
contemporanee democrazie pluralistiche è il frutto di un negoziato tra tanti interessi
particolari differenti, che il decisore pubblico è chiamato a sintetizzare.6 Esiste perciò
sempre una retorica e un’astrazione nel termine “interesse pubblico” di derivazione
francese, “che è sostanzialmente un mito”.7
L’esistenza di interessi e della loro rappresentanza politica è una realtà, che non
dovrebbe essere ignorata. Dovrebbe invece trovare una specifica disciplina giuridica,
in modo da garantire all’espressione e all’esercizio di tali interessi la massima traspa-
renza. Ciò accrescerebbe la legittimità di processi decisionali e delle stesse istituzio-
ni.8 Anche negli Stati più democratici, il governo non è esercitato direttamente dai cit-
tadini, quindi dalla volontà popolare, ma dai loro eletti, cioè dalle élites politiche or-
ganizzate in partiti. Esiste un assunto che non trova corrispondenza nella realtà effet-
tuale. Quest’ultima è caratterizzata dal pluralismo delle ideologie, preferenze ed inte-
ressi, mentre l’assunto a cui si è fatto cenno e che è stato definito una “grossolana fin-
zione”9, consiste nell’affermazione che da interessi diversi - materialmente, ideologi-
camente, ed anche sotto il profilo etico-valoriale – si possa pervenire ad una sintesi
6 P.L. PETRILLO, Democrazie sotto pressione. Parlamenti e lobby nel diritto pubblico comparato,Giuffrè, 2011, pp. 1-2.
7Ibidem, cit. p. 4.8 G. DE VERGOTTINI, Diritto costituzionale comparato, CEDAM, 1999, 5° ed., p. 342.9 P. L. PETRILLO, Democrazie sotto pressione, cit. p. 17.
12
equilibrata espressa in una decisione collettiva, che tenga conto in una certa misura di
tutti tali interessi.
Chi effettua la sintesi fra gli interessi è la maggioranza che esprime valori e inte-
ressi propri, anche prescindendo da quelli della minoranza. L’eguaglianza fra i citta-
dini e il fatto che i loro rappresentanti negli organi legislativi possano esprimere un
interesse generale – e siano rappresentanti dell’intera nazione – è quindi un postulato
teorico che non trova riscontro nella realtà. In essa, un interesse prevale su un altro.
La democrazia pluralistica è un metodo sostanzialmente competitivo per risolvere il
contrasto o, almeno la diversità, fra i differenti interessi. La maggioranza prevale sul-
la minoranza, anche se tiene conto, per quanto politicamente possibile, degli interessi
e richieste di quest’ultima per evitarne la rivolta.
Il caso del nucleare è paradigmatico a tale riguardo. Non è in esso possibile una
soluzione intermedia fra le soluzioni proposte dai gruppi favorevoli al ritorno del nu-
cleare e quelle contrarie ad esso. Nel recente caso italiano, i due gruppi erano “tra-
sversali”; interessavano, seppure in differente misura, tutti i partiti presenti in Parla-
mento.10 La vertenza si è conclusa con un vinto e un vincitore. Era impossibile indi-
viduare soluzione di compromesso, sebbene, nel loro sforzo di attenuare
l’opposizione degli antinuclearisti, i favorevoli al ritorno del nucleare in Italia soste-
nevano la sua compatibilità con le “rinnovabili”.11
I rappresentanti del popolo sono influenzati dalle loro constituencies12ed anche
dalle professioni da cui provengono 13. Questo è inevitabile. Si verifica anche nei si-
stemi democratici più trasparenti ed efficienti, tra i quali non si può di certo includere
quello italiano. Nell’impossibilità di trovare una soluzione a tale problema, al fatto
cioè che l’interesse generale o bene comune non è poi così universale o “nazionale”
come sarebbe politicamente corretto affermare, si preferisce spesso ignorarlo. Non si
10Vds. intervista al dott. Chicco Testa, ex Presidente del Forum Nucleare Italiano, p. 227.11Ibidem.12Costituency ha due significati ben noti anche nella prassi italiana: 1) collegio elettorale; 2) gruppo
sociale di riferimento.13 D. FISICHELLA, Gruppi di interesse e di pressione, in Enciclopedia delle Scienze Sociali, IV, Ro-
ma 1994, pp. 442 ss..
13
tiene conto del fatto che il rapporto fra decisori pubblici e i loro elettori, o facenti par-
te delle istituzioni legislative e amministrative, non si esaurisce al momento del voto
né si svolge in una specie di castello impenetrabile. Si preferisce ignorare la realtà per
esorcizzarla, anziché renderla trasparente con una regolamentazione organica. 14
In sostanza, il lobbismo15 e i gruppi di interessi e di pressione, costituiscono
aspetti inerenti alla realtà, specie nelle democrazie contemporanee. In esse, non può
più essere accettata la “colossale finzione” del fatto che la rappresentanza politica sia
monopolizzata dai soli partiti16, escludendo ogni ruolo agli interessi organizzati.17
Anche nei regimi autoritari, esiste un “gioco” o “scontro” analogo di poteri, in-
fluenze ed interessi. Si svolge però non alla luce del sole, ma nel “buio delle stanze
del palazzo”, 18 fra la cerchia dei più stretti collaboratori dell’autocrate di turno e fra
14 Fa eccezione il Ministero delle Politiche Agricole che ha recentemente introdotto una regolamenta-zione con l’attuazione dei principi dell’“Analisi di Impatto della Regolamentazione” (AIR). Essa in-clude nel processo decisionale la consultazione dei rappresentati di interesse. Cfr. P. L. PETRILLO,Gruppo di pressione e AIR, in Rassegna Parlamentare 2, 2010, pp. 123 ss.
15Lobbismo: nel linguaggio corrente si utilizzano numerosi termini per designare questo fenomeno:gruppi d'interesse, gruppi di pressione, "lobby", gruppi di promozione, ecc. Ognuno di questi terminifa riferimento ad un particolare aspetto dell'attività di rappresentanza di interessi. Tenuto conto dellaconnotazione negativa associata talvolta alle espressioni "lobbista" e "lobbismo", e al fine di sottoli-neare il suo approccio positivo a queste attività, la Commissione Europea ha deciso di adottare unaterminologia neutra e preferisce quindi parlare di "rappresentanti di interessi" e di "rappresentanza diinteressi". Nel Libro verde del 3 maggio 2006 e nella comunicazione del 21 marzo 2007, figura unadefinizione che la Commissione ha deciso di riprendere ai fini dell'iniziativa europea per la traspa-renza: l'espressione "attività di rappresentanza di interessi" designa in questi testi "tutte le attivitàsvolte al fine di influenzare l’elaborazione delle politiche e il processo decisionale delle istituzionieuropee". Si tratta di una definizione basata sull'attività condotta, vale a dire influiresull’elaborazione delle politiche e sul processo decisionale. Di conseguenza, la natura del soggettoche interviene o la causa difesa non sono determinanti ai fini della sua inclusione nell'ambito delladefinizione. Questa definizione volutamente ampia comprende quindi la totalità degli organismi, co-me associazioni europee e (inter)nazionali di tutti i settori della vita economica e sociale, impreseprivate, studi legali, consulenti amministrativi, ma anche organizzazioni non governative e centri distudi (Think-Tanks).http://ec.europa.eu/civil_society/interest_groups/definition_it.htm.
16 S. P. PANUNZIO, Rigenerare il nesso partiti-istituzioni e governanti-società, in Parlamento, 1982,fasc. 1-2 pag. 62 ss, sottolinea quanto sia impropria “la tendenza dei partiti a fagocitare ogni sede checostruisca veicolo di espressione politica ad essi alternativa o complementare”. Sul ruolo che ha lapluralità degli interessi organizzati vds. anche S. CASSESE, Oltre lo Stato, Laterza, Roma-Bari2006, p. 128 ss.
17 Parere opposto sull’opportunità di legittimare le lobbiesè stato espresso da C. ESPOSITO, I partitipolitici nello Stato democratico, cit. p. 201-202, in P.L. PETRILLO, Democrazie sotto pressione, cit.p. 411.
18 L. BOBBIO, Le arene deliberative, in Rivista Italiana di Politiche Pubbliche, n. 3, 2002, pp. 5-29.
14
le varie fazioni del “partito unico”. L’esistenza del pluralismo e, di conseguenza,
quella dei gruppi di interesse e di pressione non può essere messa da parte semplice-
mente non considerandola (negarla è più difficile perché è sotto gli occhi di tutti). Se
ne sottace l’esistenza non solo per ipocrisia e per l’assunto che comunque solo i poli-
tici e gli amministratori organizzati in partiti politici sono gli interpreti autentici e im-
parziali degli interessi dei cittadini, cioè dell’intero popolo e società, ma anche per la
storia istituzionale italiana. 19 Nel nostro Paese, nell’immediato secondo dopoguerra,
dominava lo scontro ideologico fra maggioranza ed opposizione.20 Esso ha contribui-
to a diffondere l’idea che gli interessi potessero essere definiti compiutamente
nell’ambito dei partiti, prevalentemente dall’alto verso il basso, in modo quasi deri-
vante da un “costituzionalismo giacobino”, ispirato da Rousseau, ben diverso dal “co-
stituzionalismo anglosassone” che trova le sue origini nelle teorizzazioni di Hobbes e
Locke.21 Successivamente, tale assunto è stato rafforzato dall’indebolimento dei parti-
ti, dal loro distacco dagli elettori (dovuto anche al tipo di legge elettorale in vigore,
con designazione dei candidati dalle segreterie dei partiti) e dal timore, derivante pro-
prio dalla loro debolezza, di negare la legittimità della rappresentanza di interessi par-
ticolari ideologici o materiali, rappresentati dalle lobby. Secondo taluni studiosi, la lo-
ro partecipazione al processo legislativo rappresenterebbe addirittura un attentato, al-
meno potenziale, al mandato popolare degli eletti negli organismi parlamentari22.
Avrebbe l’effetto – secondo essi - di distorcere, in senso particolaristico, scelte legi-
slative o amministrative per definizione, finalizzate al “bene comune”. Sarebbe stata
– in pratica - opera di operazioni e organizzazioni occulte - come mafie, massonerie,
poteri forti, ecc. - il cui influsso sul processo decisionale politico sarebbe illegittimo,
anche dato il “silenzio-condanna dei gruppi di pressione nella nostra Costituzione” e
19 M. RIDOLFI, Storia dei partiti politici. L’Italia dal Risorgimento alla Repubblica, Mondadori 2008,pp. 46-89.
20P. SCOPPOLA, La Repubblica dei partiti. Evoluzione e crisi di un sistema politico in Italia (1945 -1996), Il Mulino, Bologna 1996, p. 128 ss.
21 P. L. PETRILLO, Democrazie sotto pressione, para 1.2 “Decisione pubblica e gruppi di pressionefra “costituzionalismo giacobino” e “costituzionalismo anglosassone”, cit. pp. 28 ss.
22Vds. in proposito M. AINIS, Privilegium: l’Italia divorata dalle lobby, Rizzoli, 2012, p. 184.
15
la disposizione dell’art. 49 della Costituzione che i cittadini devono trovare nei partiti
lo strumento per concorrere a determinare la politica nazionale 23.
Tuttavia, esorcizzare il lobbismo, ignorandone l’esistenza, non significa annullar-
lo. Non è neppure accettabile criminalizzarlo, dipingendolo come lato oscuro o crimi-
nogeno della politica 24, riducendo il lobbismo e la rappresentanza di interessi partico-
lari ad un semplice scambio di favori (sia di voti che di natura più materiale) esercita-
to nell’ambito di “baronie politiche”, subentrate nell’attuale società italiana – rimasta
corporativa e familiale25 - a quelle “feudali” del passato. Esse sarebbero portatrici di
interessi confliggenti con il bene comune.26
Il lobbying nelle società dell’informazione e nelle democrazie contemporanee è
ben diverso da quello del passato. Non è solo diretto fra il lobbista e il decisore, ma
anche indiretto, che agisce sul decisore per il tramite delle pressioni esercitate
dall’opinione pubblica. In tal caso sarebbe proprio denominarlo advocacy o
grassroots lobbying.27 L’analisi di quanto avvenuto nei primi anni del dopoguerra, ri-
spetto a quanto verificatosi nel primo decennio del XXI secolo nelle logiche, strate-
gie, tecniche ed impatti dello scontro (sia ideologico che materiale) fra nuclearisti ed
antinuclearisti, appare interessante valutare come il lobbismo abbia conosciuto in Ita-
lia una profonda evoluzione, parallela a quella della società e del sistema politico ita-
liano. Pur in una situazione di anomia (assenza non solo di regolamentazione, ma an-
che di riconoscimento della sua esistenza) e di una sua diffusa criminalizzazione o,
almeno, diffusione di stereotipi negativi, il lobbismo è cambiato. Il lobbista non è più
un postulante che si mette in fila nei gabinetti ministeriali, nelle segreterie dei partiti o
negli uffici pubblici, dove vengono decise regole, appalti e acquisti dello “Stato com-
23 C. ESPOSITO, I partiti politici nello Stato democratico, (1959), ora in Scritti Giuridici scelti, vol.III°, Napoli 1999, p. 203-205. Vds. anche T.E. FROSINI, Gruppi di pressione, in AINIS (a cura di),Dizionario costituzionale, Laterza 2000, p. 228.
24 G.TREMONTI, Lo Stato criminogeno. La fine dello Stato giacobino. Un manifesto giacobino, La-terza, Bari-Roma, 1998. p. 4ss.
25 Inglesismo sempre più utilizzato per indicare “familialties - a group of people affiliated by consan-guinity, affinity, or co-residence”.
26 D. FISICHELLA, I gruppi di interesse e di pressione, in Enciclopedia delle Scienze Sociali, IV,Roma 1994, cit. pp. 442 ss.
27Vds. intervista al dott. Gianluca Comin, Direttore Relazioni Esterne – ENEL, p. 195.
16
pratore” per trarne vantaggi individuali, quali posti di lavoro o commesse. È un agen-
te di influenza, espressione di un associazionismo organizzato che si avvale, spesso
con elevatissima professionalità, delle capacità di comunicazione dei moderni media,
per convincere (o manipolare) l’opinione pubblica a favore delle sue tesi e concorrere
nelle sedi legislative e regolamentari alla definizione delle regole. È cioè diventato
spontaneamente più maturo 28.
Il fenomeno deve però ancora, per quanto possibile, trovare una propria legitti-
mazione e regolamentazione. Ciò contribuirebbe ad evitare la sua degenerazione e la
proliferazione di pratiche illegali, quali corruzione, voto di scambio, pressioni indebi-
te, manipolazioni o “killeraggi” mediatici e così via. Tali forme erodono il livello di
democrazia praticabile.
Il pluralismo di interessi qualitativamente differenti fa sì che non esista solita-
mente una via di mezzo, cioè un punto di equilibrio o di conciliazione, che consenta
la fusione di interessi particolari contrapposti – nel caso che si affronterà nella presen-
te ricerca, erano quelli fra i fautori della costruzione di centrali nucleari e le società
elettriche e i vari movimenti antinuclearisti, nonché le lobby delle rinnovabili, oppo-
ste al ritorno al nucleare – in un interesse comune, punto di convergenza o di conci-
liazione / coesistenza delle contrapposizioni esistenti, a cui si possa pervenire con un
negoziato.
L’interesse generale non risulta dalla media ponderata delle varie ragioni ed inte-
ressi. Deriva da una scelta o decisione che fa sì che un interesse vinca e l’altro perda.
La natura di una decisione emerge chiaramente dall’etimologia del termine “decide-
re”, cioè tagliare fra il presente (o il passato) e il futuro 29. Gli interessi particolari e le
differenti ideologie non vengono annullati, ma permangono.30
28Vds. intervista al Dott. Stefano Lucchini, Direttore Relazioni Internazionali e Comunicazione – Eni,p. 211.
29 Dizionario etimologico on-line, http://www.etimo.it/?term=decidere.30 D. FISICHELLA, Gruppi di interesse e di pressione, in Enciclopedia delle Scienze Sociali, IV, Ro-
ma 1994, pp. 442 ss. http://www.treccani.it/enciclopedia/gruppi-di-interesse-e-di-pressione_(Enciclopedia_delle_Scienze_Sociali)/
17
Il lobbismo e i gruppi di pressione, consistono in un insieme di organizzazioni
tecniche e di attività che consentono la rappresentanza politica degli interessi orga-
nizzati, materiali o di natura ideologica o anche etico-valoriale.31 Tale rappresenta-
zione non si esaurisce al momento del voto o della nomina dei responsabili ammini-
strativi. Perdura nel tempo. Agisce in continuazione con diverse modalità32. Ignorare
tale realtà e non regolamentarla, oppure rappresentare i lobbisti come faccendieri, af-
faristi o potenziali corruttori, impoverisce la democrazia e il processo decisionale.
Non garantisce la trasparenza alla rappresentazione degli interessi, che comunque esi-
stono e che vengono rappresentati in competizione fra di loro. Taluni finiscono a pre-
valere su altri. Il metodo democratico stabilisce la via da seguire per una composizio-
ne/competizione/negoziazione pacifica di interessi contrapposti. E’ quindi interesse di
ogni regime democratico garantire la massima trasparenza alla rappresentanza delle
posizioni particolari, che in ogni caso cercano di farsi valere e influiscono sulle deci-
sioni politiche o amministrative. Queste ultime, sono spesso definite dai decisori isti-
tuzionali – come è evidente nel caso del nucleare o dell’anti-nucleare – dalle tendenze
che prevalgono nelle opinioni pubbliche. Esse influiscono sulla classe politica anche
indipendentemente dalle propensioni ideologiche dei suoi vari gruppi. Solo in tal mo-
do, ci si avvicina, nei limiti del possibile, all’ideale di democrazia come governo del
popolo e di metodo per trasformare il naturale conflitto fra interessi contrapposti in
luogo di governo e di decisioni quanto più condivise.
In tal senso, si devono considerare lobbismo e rappresentanza di interessi stru-
menti strutturali di democrazia. L’applicazione dell’AIR dimostra eloquentemente i
vantaggi del riconoscimento di tale realtà. In questo senso, si può parlare di lobby de-
gli scienziati e della legittimità di sostenere le proprie idee, così come di lobby di am-
bientalisti, di avvocati, di farmacisti o delle associazioni del volontariato, nonché di
tutte le corporazioni diffuse nella società italiana. Quest’ultima, esprime specie negli
ordini professionali, “cappi” di varia natura ed intensità, spesso criticati per i loro ef-
31 S. MAFFETTONE, Etica pubblica, Il Saggiatore, Milano 2001, pp. 102 ss.32 G. PASQUINO, Gruppi di pressione, in N. BOBBIO et alia, Dizionario della politica, UTET, 2004,
citato da P.L PETRILLO, Democrazie sotto pressione, cit. p. 49.
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fetti paralizzanti 33, ma che hanno potenzialità che andrebbero sfruttate sia per il mi-
glioramento delle loro attività e della professionalità dei loro membri, sia per
l’apporto che possono dare al miglioramento del processo decisionale. Infatti, esse
posseggono competenze spesso non disponibili nelle istituzioni pubbliche.
Nell’attuale società dell’informazione, i gruppi di interesse non rappresentano so-
lo le proprie ragioni (ad esempio, in termini di soluzioni che soddisfino le loro aspet-
tative e benefici). Non effettuano solo pressioni. Svolgono un’azione informativa nei
confronti delle istituzioni, sia in modo diretto, sia indirettamente, agendo
sull’opinione pubblica per suscitare un consenso a favore delle proprie tesi ed interes-
si. Partecipano al processo decisionale anche per aumentare o per contrastare il con-
senso ad una decisione politica che è assunta (come lo era stata quella del ritorno al
nucleare in Italia). Nel caso del nucleare, il contrasto fra le varie posizioni ha poi avu-
to luogo di espressione in un referendum che ha direttamente manifestato la volontà
popolare. Già precedentemente le lobbies nazionali antinucleari (come Legambiente,
Greenpeace, ecc.), oppure locali, dei siti degli impianti nucleari (oppure di presunta
o programmata localizzazione dei depositi di scorie radioattive) - sindrome NIMBY
Not In My Back Yard 34- avevano certamente influito sulle scelte politiche. Ma questa
è una caratteristica inevitabile nella società dell’informazione e delle comunicazioni
33 R. CAPPELLO, Il Cappio. Perché gli ordini professionali soffocano l'economia italiana, Rubbetti-no, 2010, p. 18. Vds. anche F. GALIETTI, Perché in Italia è difficile regolare le lobby, Marsilio,Formiche, 2011, p. 59 ss, che sostiene che la mancata regolamentazione delle lobby derivi in Italia,non solo dalla tendenza dei partiti a monopolizzare la rappresentanza, ma anche dal “formidabile pe-so delle corporazioni ed ordini professionali esistenti nel nostro Paese e dalla loro volontà di non es-sere limitati dalla politica”.
34Nimbysmo da NIMBY (Not-In-My-Back-Yard), l’espressione tratta da Alan Marshall, The Socialand Ethical Aspects of Nuclear Waste”, in Electronic Green Journal 2005, suhttp://egj.lib.uidaho.edu/egj21/marshall1.html. Si indica un atteggiamento che si riscontra nelle pro-teste contro opere di interesse pubblico che hanno, o si teme possano avere, effetti negativi sui terri-tori in cui verranno costruite, come ad esempio grandi vie di comunicazione, cave, sviluppi insediati-vi o industriali, termovalorizzatori, discariche, depositi di sostanze pericolose, centrali elettriche esimili. L'atteggiamento consiste nel riconoscere come necessari, o comunque possibili, gli oggetti delcontendere ma, contemporaneamente, nel non volerli nel proprio territorio a causa delle eventualicontroindicazioni sull'ambiente locale. http://it.wikipedia.org/wiki/NIMBY.Vds. anche L. BOBBIO,,A. ZAPPETELLA, Perché proprio qui? Grandi opere e opposizioni locali, F. Angeli, 1999, p. 88ss.Vds. anche C. JEAN, Dal Nimbysmo al Niabysmo, relazione presentata in occasione del Convegno“L’uso pacifico dell’energia nucleare da Ginevra 1955 ad oggi – Il caso italiano” Roma 8-9 marzo2006 presso l’Accademia Nazionale delle Scienze/Galileo 2001/Associazione Italiana Nucleare.
19
di massa, globali e in tempo reale, in cui i media spettacolizzano ed amplificano le in-
formazioni e le “voci” e “sospetti”.
In questo senso – e sembra che il caso del pro e contro l’utilizzazione dell’energia
nucleare possa veramente contribuire alla comprensione del fenomeno – il lobbismo
nell’attuale era dell’informazione, assume aspetti molto più ampi di quello tradiziona-
le, di un contatto diretto fra lobbista e decisore pubblico. La dottrina politologica ha
individuato, soprattutto sulla base dell’esperienza statunitense, quattro tipologie di
azione lobbistica.35
In primo luogo, quella operante con diretto contatto con il responsabile (c.d. face-
to-face) delle decisioni pubbliche, a cui si è prima accennato.
In secondo luogo, il grassroots lobbying, ovvero l’azione di informazione, per-
suasione e manipolazione, svolta dalle grandi associazioni di cittadini in grado di mo-
bilitare anche massicciamente i loro associati e i media, per influenzare i pubblici po-
teri in senso favorevole alle proprie tesi e obiettivi.
Una terza tecnica di lobbying, consiste nel coalizzare portatori degli stessi inte-
ressi (ad esempio, antinuclearisti e produttori di energie rinnovabili, oppure “partito”
favorevole al ritorno al nucleare, le imprese del settore e le società elettriche).
La quarta tecnica di pressione consiste nel finanziamento dei partiti politici.
In passato, l’attività di lobbying era ristretta soprattutto alle stanze del potere
(come dice l’etimologia dello stesso termine)36. Nel caso del nucleare ha prevalso la
seconda forma di lobbismo, quella della comunicazione e mobilitazioni di massa.37
Prima del disastro di Fukushima, proprio nell’ambito mediatico-comunicativo si è
giocato il confronto fra i favorevoli al ritorno al nucleare e gli antinuclearisti. E’ stato
un confronto di natura ideologica e solo parzialmente di interessi materiali, anche se
indubbiamente questi ultimi hanno avuto un certo peso sia in un campo che nell’altro.
35 P.L PETRILLO, Democrazie sotto pressione, cit. p. 49-52.36 Dizionario Etimologico, Lobby (anticamera dei “potenti”) è una parola di origine latina medioevale e
discende dalla parola lobia che significa loggia, portico e secondo studi storico-linguistici questotermine venne usato per la prima volta da Thomas Baconnel 1553.
37Vds. interviste a Chicco Testa (Forum Nucleare Italiano) p. 227, Gianluca Comin (Enel) p. 195, Ro-berto Della Seta (Legambiente), p. 199, Angelo Bonelli (Verdi), p. 192. Dal loro contesto risulta chele campagne effettuate hanno assunto una caratterizzazione di advocacy o di grassroots lobbying.
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Da un lato, erano in gioco gli interessi delle industrie produttrici di reattori e le socie-
tà elettriche. Dall’altro, quelle operanti nel settore delle energie rinnovabili ed anche
del rifornimento delle fonti primarie fossili impiegate per la produzione di energia
elettrica. Esse vedevano nello sviluppo dell’energia nucleare un danno per i loro inte-
ressi. In particolare, la lobby delle rinnovabili riteneva che lo sviluppo del nucleare
avrebbe comportato la riduzione degli incentivi e sovvenzioni (8-10 miliardi di euro
all’anno) che ricevono dai consumatori dell’energia elettrica. Temevano (forse giu-
stamente) che tali fondi venissero “dirottati” sul nucleare.
Più che svolgersi negli arcana imperii del potere politico, il confronto nuclearisti-
antinuclearisti ha riguardato un’azione di informazione pubblica generale – non aliena
da efficaci spettacolarizzazioni ed atti dimostrativi. La loro natura simbolica non to-
glie che spesso essi siano stati motivati da un generoso impegno civile da entrambi i
lati. Si è trattato quindi di un lobbismo ben diverso da quello spesso criticato dei con-
tatti con gli “amici degli amici” e dei tradizionali “procacciatori di affari e di emen-
damenti”.
L’interrelazione esistente fra l’azione del lobbismo e la società è ben differente
dalle azioni ristrette nella “stanza dei bottoni”, che avevano caratterizzato il lobbismo
pro-nucleare immediatamente dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Esso fu
allora sostenuto dall’iniziativa dei grandi gruppi industriali, soprattutto di quelli pro-
duttori di energia elettrica, come l’Edison 38. L’attività messa in campo nel 2010 e
negli anni precedenti, ha seguito logiche e strategie diverse. E’ stato differente anche
dal lobbying manifestatosi nel settore negli anni Ottanta. Solo le conclusioni di en-
trambi - con un referendum sospensivo del nucleare nel 1987 e uno abrogativo nel
2011 - presentano sostanziali analogie. Va sottolineato che i nuclearisti hanno avuto
decisamente sfortuna. Lo scontro è stato verosimilmente deciso in entrambi i casi dal-
38 U. SPEZIA, Italia nucleare – Dalla pila di Fermi al disastro energetico, Edizioni 21° secolo s.r.l.,Collana di Storia della Scienza, Seconda edizione, Milano, 2012, pp. 44-59. Negli anni Quaranta eCinquanta del secolo scorso, e fino alla nazionalizzazione del settore elettrico intervenuta nel 1962,la Edison fu l’azienda capofila del comparto degli elettro-produttori privati, che operavano in Italiasostanzialmente in regime di cartello.
21
le emozioni sollevate dagli incidenti verificatisi nelle centrali nucleari di Chernobyl e
di Fukushima.
Prima di affrontare il caso del nucleare, appare opportuno produrre qualche altra
considerazione sulle specificità del lobbismo in Italia e su come ragioni storiche, isti-
tuzionali e culturali influiscano su di esso. Certamente, influisce il fatto che, a diffe-
renza di altre democrazie, in Italia il fenomeno non è regolamentato e che ad esso la
cultura nazionale, tanto influenzata da tendenze “dietrologiche” ispirate alla “teoria
del sospetto”, attribuisce connotazioni fortemente negative. Il lobbista, pur rappresen-
tante di interessi del tutto legittimi, è talvolta raffigurato addirittura come un pericolo
per la stessa democrazia, come espressione di poteri occulti in grado di distorcere il
processo democratico, a favore di propri interessi inconfessabili o, comunque, parti-
colari, opposti ad “bene comune”. Essi sarebbero contrapposti a quello “generale”
della società e del popolo, esclusivamente rappresentato dai partiti, gelosi – come si è
detto - dell’esclusività della loro rappresentanza dei cittadini.39 In particolare, il deci-
sore pubblico sarebbe un burattino nelle mani di “poteri forti”, sui quali ama sbizzar-
rirsi il diffuso “sport nazionale” di considerare l’avversario politico un nemico, se non
un criminale.
1.2 La specificità del caso italiano: aspetti istituzionali, sistema politico e di governo
e peculiarità culturali
Come ha evidenziato la dottrina, i gruppi di pressione hanno maggiori possibilità
di prevalere nei casi in cui il sistema istituzionale sia caratterizzato da instabilità e de-
bolezze interne e in cui il sistema politico sia frammentato e in continua fase di ri-
composizione. In tali condizioni è più permeabile alle pressioni esterne. Un potere
politico debole è posto sistematicamente sulla difensiva. E’ portato a negare legittimi-
tà all’associazionismo organizzato e all’azione anche quella più trasparente dei gruppi
39 T.E. FROSINI, Gruppi di pressione, in M. AINIS (a cura di) Dizionario costituzionale, Laterza,2000, pp. 228 ss.
22
di pressione 40. Paradossalmente, si finge di ignorarne l’esistenza da un lato, mentre
dall’altro lato si è particolarmente vulnerabili a subirne l’influenza. In mancanza di
regole, rispetto ai rapporti istituzionalizzati e trasparenti nei riguardi dei grandi inte-
ressi organizzati, prevalgono i rapporti personali ed informali. Essi sono spesso più
importanti anche rispetto a quelli – del tutto normali in democrazia – esistenti con le
constituencies del parlamentare. Ha contribuito al diffondersi di questo clima anche
l’attuale legge elettorale in Italia che prevede la designazione dei candidati da parte
delle segreterie dei partiti e premi di maggioranza differenti fra la Camera e il Senato.
L’abolizione delle preferenze – decisa per evitare il “voto di scambio” e l’influenza di
poteri occulti paralleli alle istituzioni democratiche – ha agevolato il distacco fra la
politica e i cittadini, rendendo di fatto i parlamentari irresponsabili rispetto ai propri
elettori e lontani da essi e dalle loro esigenze.41 Per ragioni di interesse dei partiti po-
litici – in pratica, per aumentare il potere delle loro segreterie e, nella c.d. “Seconda
Repubblica”, dei loro leaders – è stato mantenuto un sistema elettorale di fatto larga-
mente proporzionale, e non sono stati adottati uno maggioritario sul modello francese
(a doppio turno) o uno britannico (ad unico turno) 42. Il sistema approvato in Italia ha
prodotto la riduzione di fatto della rappresentatività dei singoli parlamentari e della
stessa legittimità e accountability delle istituzioni pubbliche. I motivi storici che spie-
gano l’attuale situazione, il collasso del precedente sistema politico e la sua lunga fa-
se di transizione sono conseguenze della ricerca, già dall’immediato dopoguerra, di
evitare ad ogni costo contrapposizioni frontali fra il governo e l’opposizione. Nelle
condizioni in cui si trovava l’Italia negli anni Quaranta e Cinquanta, un sistema mag-
40 M. C. ANTONUCCI, Rappresentanza degli interessi oggi. Il lobbying nelle istituzioni politiche eu-ropee e italiane, Roma, Carocci, 2012, p. 84 ss.
41 Intervista a L. MORLINO, Piccoli collegi per garantire il rapporto con l’eletto, il Sussidiario.netdel 14 ottobre 2012. http://www.ilsussidiario.net/News/Politica/2012/10/14/LEGGE-ELETTORALE-Morlino-piccoli-collegi-per-garantire-il-rapporto-con-l-eletto/329044/
42Legge elettorale: uscire dal Porcellum? Le ricette di Giovanni Sartori e Roberto D'Alimonte, ASCA,Roma 29 febbraio 2012, http://www.altalex.com/index.php?idnot=17380.
23
gioritario avrebbe provocato scontri radicali, aumentando il rischio di quello che allo-
ra era considerato un pericolo concreto, cioè quello di una nuova guerra civile 43.
Ma cosa c’entra questo con il lobbismo, i gruppi di pressione e la rappresentanza
di interessi legittimi, più o meno organizzati?
A parer mio, la connessione è molto importante. Tale situazione di cronica debo-
lezza della politica contribuisce grandemente a quella che è stata definita la “carsici-
tà” del processo decisionale 44 ed anche parlamentare in Italia, con conseguente diffu-
sione di manovre occulte, di mutamenti nell’appartenenza ai vari partiti (spesso so-
spettata come risultato dell’“acquisto” di parlamentari), di predominio dei tecnici par-
lamentari sui responsabili politici e di sospetto che i vari provvedimenti siano opera
di gruppi di pressione in grado di manipolare e condizionare le istituzioni e i loro re-
sponsabili. Le lobby non vengono così considerate nell’immaginario collettivo stru-
menti per la rappresentanza di interessi legittimi, ma logge occulte, quasi espressioni
di poteri dell’“anti-politica” e, comunque, antidemocratiche. Ne soffre la stessa legit-
timità e, quindi, il consenso verso la politica, considerata da un numero crescente di
cittadini un corpo inerte nelle mani dei burattinai, eterodiretti dai cosiddetti “poteri
forti”, che agiscono nell’ombra. Non è un caso che nell’attuale situazione di crisi
economica e sociale si sia sviluppato un rifiuto generalizzato dei partiti, delle istitu-
zioni ed anche dell’ordine costituzionale esistente, unito ad una diffusa sfiducia nello
Stato e nelle sue istituzioni. Ne è stata testimonianza evidente – e, al tempo stesso,
preoccupante – l’astensionismo dal voto, fenomeno in passato praticamente scono-
sciuto in Italia.
Di fronte alla crisi, la tendenza prevalente è stata quella di chiudersi nel proprio
particolare, nei localismi e nei corporativismi più egoisti e chiusi. Sicuramente nella
campagna pro e contro il nucleare, tali aspetti si sono avvertiti in Italia con
un’intensità maggiore a quanto avvenuto in altri Paesi. La sfiducia e il sospetto verso
tutto quanto è pubblico, è tale che l’iniziativa del Ministro dell’Agricoltura, Mario
43 F. COSSIGA, Italiani sono gli altri. Controstoria d´Italia da Cavour a Berlusconi, Mondadori,2007, p. 134.
44 L. PELLIZZONI, La deliberazione pubblica, Maltemi Editore, Roma, 2005, p. 76.
24
Catania, di istituire un’“Unità per la Trasparenza”, che dia attuazione alla norma elusa
da anni che prevede per ogni provvedimento un’Analisi d’Impatto della Regolamen-
tazione (AIR) 45 è passata sotto silenzio da gran parte dei media nazionali più influen-
ti.
Oltre a tali fattori politico-istituzionali, la cui origine va ricercata nella storia del
Paese, nel come è stata realizzata l’unificazione nazionale e nella prevalenza degli
aspetti localistici su quelli nazionali (non per nulla, l’epoca d’oro italiana è stata
l’Italia dei Comuni), influiscono certamente sul come si manifesta il fenomeno lobbi-
stico nel nostro Paese. Talune caratteristiche socio-culturali tipicamente italiane sono
riscontrabili, come già suggeriva Guicciardini, nella prevalenza del “particolare” sul
“generale”.
Tale aspetto socio-culturale, derivante proprio della nostra storia, ha influito
sull’importanza dei legami familiali, sulla cultura della raccomandazione,
sull’importanza dell’amicizia dei potenti o dell’essere “amico degli amici”.
L’istituzionalizzazione, e quindi la trasparenza dell’espressione degli interessi diffusi,
rafforzerebbero invece lo Stato e il livello di democrazia nel nostro Paese. Costitui-
scono un aspetto determinante delle auspicate riforme costituzionali e di costume, e
dell’esigenza di adeguare l’ordinamento italiano a quello delle democrazie più avan-
zate, di cui facciamo parte, eliminando le distorsioni provocate dalle pretese dei parti-
ti di essere l’unico veicolo di relazioni fra società ed istituzioni 46.
Una regolamentazione di un fenomeno, che comunque esiste e che è ineliminabi-
le in tutte le società, potrebbe migliorare la qualità delle normative e delle decisioni,
fronteggiare, almeno in parte, la debolezza dell’offerta pubblica e la scarsa credibilità
della classe dirigente del Paese ed attenuare l’anarchia corporativa, solo parzialmente
mascherata dell’ipocrisia del “politicamente corretto” e del “consenso” ad ogni costo.
Beninteso – come si è visto nella contrapposizione fra nuclearisti ed antinucleari-
sti in Italia – un ruolo determinante è giocato dai media, soprattutto da quelli audiovi-
45 P. L. PETRILLO, Gruppo di pressione e AIR, in Rassegna Parlamentare 2, 2010, p. 123.46 S.P. PANUNZIO, Rigenerare il nesso partiti-istituzioni, governanti-società, in Parlamento, 1-2,
1982, pp. 62 ss..
25
sivi ed interattivi, consentiti dal progresso delle ICT (Information and Communica-
tion Technologies). Tuttavia, esiste il concreto pericolo di manipolazione o “truffa
mediatica” e, comunque, della prevalenza degli aspetti emotivi su quelli razionali,
della propaganda sull’informazione. E’ un inconveniente ineliminabile. Ciò può esse-
re contenuto solo con un miglioramento culturale non solo della classe politica, ma
anche dell’opinione pubblica.47 E’ ineliminabile poiché i media sono portati a dram-
matizzare gli eventi, per trasformare l’informazione in spettacolo ed aumentare così
l’audience, determinante per il loro valore di mercato.
Accanto alla trasparenza della rappresentazione degli interessi organizzati – cioè
alla regolamentazione del lobbismo – è necessario che vengano migliorate le capacità
di gestione dell’informazione istituzionale, per evitare eccessive disinformazioni e
manipolazioni a favore degli interessi particolari di chi possiede il controllo dei me-
dia. Insomma, va garantito l’effettivo pluralismo dell’informazione. I media attuali
possono mobilitare expertises del massimo livello con cui lo Stato e le sue istituzioni
debbono essere competitivi. Per inciso, è un’esigenza che si sta imponendo con sem-
pre maggiore cogenza, anche perché la globalizzazione e la finanziarizzazione
dell’economia hanno comportato un enorme potenziale di instabilità e il dominio
dell’“economia della paura” (con le sue ondate di euforia e di panico, e con effetti
“tsunami” sulle preferenze dei cittadini, sia politiche che economiche).
Anche nel caso dell’informazione, così come in quello del lobbismo, il supera-
mento dell’anomia non è sufficiente, senza un corrispondente recupero di una forte
carica etica48, che ispiri l’autoregolazione degli operatori dei due settori, nonché della
classe dirigente del Paese. Tale recupero è essenziale per il ripristino della fiducia e,
quindi, per la saldezza ed efficienza delle istituzioni e dello Stato e per una loro mi-
gliore relazione con i cittadini.
Come si è già accennato, l’analisi del confronto fra nuclearisti e antinuclearisti
sembra essere indicativo del come si ponga oggi nella realtà italiana il problema della
47Vds. intervista al dott. Chicco Testa, p. 227, sulle strategie adottate dal Forum Nucleare Italiano.48 S. MAFFETTONE, Il ruolo dei valori, Rivista di Studi sulla Sostenibilità, Volume 1, Franco Angeli
Editore, 2011, pp. 19-27.
26
rappresentanza di interessi particolari e il loro rapporto con quelli generali, e con il
processo decisionale politico e amministrativo nel nostro Paese.
27
CAPITOLO II
Le lobbies pro e contro il nucleare nel mondo
2.1 Considerazioni introduttive
Il dibattito – e relative azioni dei gruppi di pressione – sul nucleare ha visto
l’opinione pubblica polarizzarsi su posizioni contrapposte, di tipo radicale pro e con-
tro l’utilizzazione dell’energia nucleare per la produzione dell’elettricità. Il dibattito è
stato soprattutto ideologico e ha strumentalizzato le emozioni, anche se gli esponenti
di entrambe le parti hanno evidentemente sostenuto che le loro rispettive argomenta-
zioni erano fondate su una valutazione olistica di benefici, costi e rischi del nucleare
rispetto alle altre fonti di energia primaria 49. Le preferenze dell’opinione pubblica,
spesso manipolata dagli opposti gruppi di pressione, hanno avuto un impatto determi-
nante sulla sorte del nucleare.50 I governi ne sono stati profondamente condizionati,
anche perché gli elevati investimenti iniziali necessari alla costruzione delle centrali
richiedono decisioni e supporti pubblici. Parimenti, lo sviluppo delle rinnovabili – eo-
lico e del solare/fotovoltaico – che non sono competitive sul mercato e che non lo sa-
ranno ancora per decenni – o, forse, mai – è reso possibile da generose sovvenzioni a
carico degli consumatori dell’energia elettrica. A ciò si aggiunge l’effetto mobilitante
che hanno avuto nel dibattito le numerose connessioni – non solo psicologiche, ma
anche scientifico-tecnologiche – dell’energia elettronucleare con il nucleare militare,
anche se quest’ultimo ha visto ridurre notevolmente il suo effetto mobilitante dopo la
49 P. SARDI, Gli aspetti della psicologia delle masse sovrastano quelli tecnici. Fermi, Mattei e il pa-radigma antinucleare, Atti del convegno, Comitato Italiano per il Rilancio del Nucleare, MovimentoAmbientalista Europeo, Roma, novembre 2011.http://www.giorgioprinzi.it/nucleare/audiovisivifonti/ripartenzaatti.pdf.
50 P. RISOLUTI, La paura del nucleare. Da dove viene e quanto costa, Armando Editore, Roma 2010,p.55 ss.
28
fine della guerra fredda e della centralità della dissuasione nucleare nella strategia di
sicurezza dell’Alleanza Atlantica (vds. in proposito l’allegata intervista al Senatore
Della Seta, p.199).
Le lobbies pronucleari hanno avuto centri di pressione negli ambienti militari, nel-
le industrie costruttrici di reattori ed in quelle impegnate nel ciclo del combustibile,
dall’arricchimento dell’uranio naturale al ritrattamento del combustibile esaurito 51.
Esse hanno trovato motivazioni, a seconda dei casi, nell’azione sostitutiva delle risor-
se energetiche fossili che sarebbero in via di esaurimento (vds. Rapporto Meadows
del Club di Roma); nella riduzione della dipendenza energetica da aree geopolitiche
instabili (decisione francese dopo il primo shock petrolifero); nel miglioramento am-
bientale, grazie alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, ecc.
Le lobbies antinucleari - all’inizio emanazione soprattutto di aree intellettuali pa-
cifiste ed ambientaliste e, successivamente, anche degli interessi petroliferi o di quelli
generati dallo sviluppo delle rinnovabili52 - hanno a loro volta trovato altrettanto vali-
de motivazioni: il pericolo della cosiddetta proliferazione nucleare, che avrebbe potu-
to causare la proliferazione di armamenti atomici in Paesi instabili o la loro disponibi-
lità per movimenti terroristici; la creazione di obiettivi oggetto di potenziale attacchi e
attentati; l’onerosa eredità lasciata alle generazioni future attraverso l’accumulo di ri-
fiuti radioattivi con durata di vita molto lunga; l’anti-economia della fonte nucleare,
crescente anche per la richiesta di condizioni di sicurezza sempre più elevate. Ad
esempio, il costo dell’EPR – European Pressurized Reactor - in Finlandia è aumenta-
to di oltre un terzo, quando fu deciso di prevedere per il reattore una protezione con-
51 Il ritrattamento del combustibile esaurito è il processo che consente di separarne le componenti riuti-lizzabili (uranio e plutonio, il 97% del combustibile esaurito, che servono per fabbricare nuovo com-bustibile) dalle cosiddette scorie ad alta attività (il 3% residuo) che devono essere vetrificate e smalti-te in depositi di tipo geologico, in grado di isolarle dall’ecosfera per migliaia di anni (AIN, Rifiutiradioattivi: un problema sopravvalutato, Quaderno AIN n. 4, in “21mo Secolo Scienza e Tecnolo-gia” n. 5-2009, Edizioni 21mo Secolo, pp. 12-21).
52 C. TESTA, Pro e contro il nucleare, Aspenia n. 27 “La seconda era nucleare”, dicembre 2004, p.285.
29
tro l’impatto diretto di un Airbus 380 a pieno carico, anziché del motore di un caccia-
bombardiere 53.
Come verrà più dettagliatamente esaminato, gli Stati Uniti possono essere presi a
modello per illustrare la genesi del lobbismo nucleare. In tale Paese c’è stata all’inizio
una situazione atipica: è stato un ambiente “intellettuale” – quello costituito dal mon-
do dei fisici – che ha determinato la nascita di un primo lobbismo in favore dello svi-
luppo nucleare, prima di carattere militare e, successivamente, anche civile. Fu utiliz-
zato come lobbista del nucleare militare anche l’autorevolissimo Einstein, preoccupa-
to che i nazisti potessero precedere gli USA nella costruzione di armi nucleari.
L’ipotesi da egli formulata in una lettera diretta al Presidente Roosevelt degli effetti
che avrebbe avuto il minamento del porto di New York con un’arma atomica posta
sul fondo del posto da un sommergibile tedesco, fu all’origine della decisione di av-
viare il più grandioso progetto tecnologico della storia dell’umanità: il “progetto Ma-
nhattan” 54.
Tale lobbismo, sempre negli Stati Uniti, è stato stimolato dagli interessi delle indu-
strie dei reattori e del combustibile, interessate a valorizzare in ambito civile le cono-
scenze sviluppate in campo militare. Esse si fecero sentire particolarmente, a seguito
dell’iniziativa Atoms for Peace del Presidente Eisenhower55, e cercarono di accredita-
re il nucleare quasi come “bene di Dio” che avrebbe promosso lo sviluppo dei popoli,
data la stretta correlazione esistente fra ampia disponibilità di energia a basso costo e
crescita economica.56
53 J. KANTER, In Finland, Nuclear Renaissance Runs Into Trouble, The New York Times, May 28th,2009.http://www.nytimes.com/2009/05/29/business/energy-environment/29nuke.html?pagewanted=all&_r=0
54 M. BELLIS, History of the Atomic Bomb and the Manhattan Project, History and Science,About.com Guide, 1996. http://inventors.about.com/od/astartinventions/a/atomic_bomb.htm.
55Atoms for Peace è il titolo dell’intervento tenuto dal Presidente degli Stati Uniti Dwight Eisenhowerl’8 dicembre 1953 di fronte all’Assemblea generale dell’ONU in favore dello sviluppo pacificodell’energia nucleare nei Paesi alleati. Il discorso di Eisenhower diede luogo alla prima Conferenzamondiale sull’energia nucleare che si tenne a Ginevra nel 1955.
56Vds. le posizioni sul nucleare espresse da autorevoli esponenti della Chiesa Cattolica (successivo pa-ragrafo 2.3) e, in particolare, P. FORNACIARI, L’atomo per la pace, 21° Secolo s.r.l., Milano 2004.
30
Le logiche e le tecniche, utilizzate dai gruppi di pressione e dal lobbismo pro-nucleare
vanno esaminate nel contesto del loro dibattito con quelle anti-nucleari. Vi è subito da
sottolineare il fatto che tale contrapposizione fu frequentemente radicale e, spesso, as-
sunse toni molto accesi. Inizialmente, si descriveranno le associazioni a livello trans-
nazionale o internazionale. Successivamente, si esamineranno quelle esistenti nei vari
Paesi e che sono evidentemente influenzate dalle specificità politiche, istituzionali,
economiche ed anche culturali di ciascuno. Infine, nel capitolo successivo si farà rife-
rimento al caso italiano.
2.2 Associazioni internazionali
2.2.1 World Nuclear Association (WNA)
È l'organizzazione internazionale che promuove l'energia nucleare e sostiene le im-
prese che operano nel campo del nucleare e che sono tra le più globalizzate del mon-
do57.
La WNA è stata fondata a Londra nel 1975, come Uranium Institute, forum dei
produttori di combustibile nucleare. Nel 2001, stimolato dalle prospettive di una nuo-
va espansione dell'energia nucleare, l’Istituto cambiò di nome e diversificò le attività
per sostenere il previsto revival del nucleare all’inizio del XXI secolo.
Dal momento della sua creazione, la WNA si è molto espansa. Le adesioni si so-
no triplicate e i suoi membri possiedono o gestiscono: (i) quasi tutte le miniere di ura-
nio del mondo e gli impianti per l'arricchimento e la fabbricazione del combustibile;
(ii) tutti i produttori di reattori; (iii) l’ingegneria nucleare, la costruzione dei depositi e
le società che gestiscono i rifiuti. Oggi, quasi il 90% della produzione mondiale di
energia nucleare è rappresentata nella WNA.
57 http://www.world-nuclear.org/
31
Altri membri della WNA forniscono servizi internazionali per il trasporto nuclea-
re, forme specifiche di assicurazione e analisi di settore e finanziarie.
Oggi WNA assiste i suoi membri e l'industria nucleare mondiale nel suo com-
plesso, attraverso azioni volte a:
fornire un forum globale per la condivisione delle conoscenze e la compren-
sione degli sviluppi di un settore che è in continua evoluzione, dopo essere en-
trato in crisi a causa del disastro di Fukushima;
rafforzare le capacità degli operatori del settore, facilitando lo scambio a livel-
lo internazionale d’informazioni sulle best practices;
migliorare le decisioni politiche e il dibattito pubblico sull’utilizzazione
dell’energia nucleare dando ad esso supporto conoscitivo, anche nel settore
legislativo, della normativa finanziaria e di quella relativa alla sicurezza. Tale
azione si configura come quella più connessa con l’attività di lobbismo rivolto
sia verso le istituzioni che nei riguardi dell’opinione pubblica.
Lo scopo principale del WNA è quello di promuovere l'interazione tra le aziende
leader del settore per contribuire a modellare il futuro del nucleare. Composto da
specialisti del settore, il Consiglio WNA definisce le priorità, i bilanci e le spese per
supportare le attività dell’Associazione. Tali attività sono sviluppate da più di una
dozzina di Gruppi di lavoro specializzati nei vari settori coinvolti e sono coordinati da
un segretariato con sede a Londra. Tutte le attività della WNA sono concentrate su
obiettivi diversi rispetto a quelli delle associazioni nazionali, delle organizzazioni in-
tergovernative e dell’organizzazione sulla sicurezza dei reattori (soprattutto Eura-
tom58, NEA59, IAEA60).
58L’Euratom è l’organizzazione comunitaria costituita come Comunità Europea dell’Energia Atomica(CEEA) con i Trattati di Roma del 25 marzo 1957, contemporaneamente alla costituzione della Co-munità Economica Europea. Il Trattato Euratom ha lo scopo di garantire lo sviluppo delle applica-zioni pacifiche dell’energia nucleare in Europa e di coordinare i programmi di ricerca degli statimembri nel settore. http://www.euratom.org/
59 La NEA è la Nuclear Energy Agency dell’Organizzazione per la Cooperazione allo Sviluppo Eco-nomico (OCSE). È stata istituita il 1 febbraio 1958 con lo scopo di assistere i paesi membri nello svi-
32
Oggi la WNA rappresenta in maniera efficace le istanze dell’industria nucleare
nell’arena internazionale ed in particolare presso:
i comitati consultivi IAEA e NEA (Nuclear Energy Agency dell’OCSE) nel
settore dei trasporti e della sicurezza nucleare;
i forum delle Nazioni Unite che si interessano di sviluppo sostenibile e di
cambiamento climatico;
gli istituti internazionali che si occupano protezione radiologica.
2.2.2 World Association of Nuclear Operators (WANO)
La WANO61è stata costituita nel 1989 allo scopo di promuovere la cultura della sicu-
rezza e lo sviluppo professionale degli operatori impiegati nel campo dell'energia nu-
cleare. La ragione della sua costituzione fu la persuasione che dopo l'incidente alla
centrale nucleare di Chernobyl nel 1986, al fine di evitare il ripetersi di disastri simili,
la cooperazione internazionale degli operatori del settore nucleare di tutto il mondo
fosse necessaria.
La WANO unisce esperienze ed invenzioni scientifiche e tecnologiche, in modo
che tutti i suoi componenti possano raggiungere il massimo standard di sicurezza nu-
cleare.
La cultura di apertura alle informazioni voluta dalla WANO, consente a ciascun
operatore di imparare dalle esperienze altrui. L'obiettivo finale è quello di migliorare
la sicurezza degli impianti nucleari, i livelli di affidabilità e la qualità delle prestazioni
a favore dei loro clienti in tutto il mondo. La WANO è finanziata dalle società opera-
luppo e nel mantenimento delle basi scientifiche, tecnologiche e giuridiche per l’uso pacifico delletecnologie nucleari. http://www.oecd-nea.org/
60 L’IAEA è la International Atomic Energy Agency dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). Èstata istituita nel 1957 con l’obiettivo principale di favorire lo sviluppo a livello mondiale dei contri-buti dell’energia nucleare alla pace, al benessere e alla prosperità, assicurando contemporaneamenteche esso non abbia in alcun modo finalità militari. http://www.iaea.org/
61http://www.wano.info/
33
trici nel settore nucleare, dagli esercenti degli impianti ed anche dalle istituzioni pre-
poste alla regolamentazione tecnica e al controllo della sicurezza del settore.
2.2.3 European Atomic Energy Forum (FORATOM)
Il FORATOM62 è un’Associazione con sede a Bruxelles che sostiene, a livello
comunitario, gli interessi delle industrie nucleari europee. La sua dichiarata ragione di
essere è quella di fare lobbismo pro-nucleare. E’ dotato di consistenti mezzi finanziari
ed ha speso per le sue attività di lobby nel 2010 circa 2 miliardi di euro 63. Esso ob-
bedisce alla regolamentazione sull’attività delle lobby approvata a livello UE 64.
Fu costituito a Parigi il 12 luglio 1960 per iniziativa del Forum Italiano
dell’Energia Nucleare (FIEN, di cui si dirà in seguito) come federazione delle asso-
ciazioni omologhe al FIEN sorte in numerosi Paesi europei. Il primo presidente del
FORATOM fu il fisico italiano prof. Piero Caldirola.
2.2.4 EuropeanNuclear Society (ENS)
L’European Nuclear Society (ENS)65 è stata creata nel 1975 ed ha sede a Bruxel-
les. Ne sono membri 24 società provenienti da 24 Paesi che hanno un programma nu-
cleare nel territorio, che si estende dall'Atlantico agli Urali e in tutta la Federazione
Russa. L’ENS collega le società, membri dell’associazione, con l'obiettivo principale
di promuovere e coordinare le loro attività a livello internazionale.66 Inoltre, contri-
buisce al sviluppo della scienza e della tecnica nel campo dell’uso pacifico dell'ener-
gia nucleare.
62http://www.foratom.org;http://www.foratom.org/index.php?option=com_content&task=view&id=12&Itemid=285.
63http://ec.europa.eu/transparencyregister/public/consultation/displaylobbyist.do?id=42433582-82.64 P. L. PETRILLO, Democrazia sotto pressione. Parlamenti e lobby nel diritto pubblico comparato,
Giuffrè Editore, Milano 2011, Parte II, cap. II, pp. 245-49.65 http://www.euronuclear.org/66http://www.euronuclear.org/aboutus/memberspage.htm
34
2.3 La Chiesa Cattolica e il nucleare
La Chiesa Cattolica – come d'altronde tutte le Chiese, con qualche eccezione per
quella ortodossa, soprattutto per il Patriarcato di Mosca, sempre più allineato con i
programmi sia interni che internazionali del Cremlino67 – non costituisce un gruppo
di pressione nel senso proprio del termine, soprattutto da quando è venuta meno in
Italia l’unità politica dei Cattolici. L’influenza di questi ultimi continua comunque a
manifestarsi con estrema forza anche attraverso la dispersione in più partiti politici e,
soprattutto, attraverso le organizzazioni cattoliche di base, tra le quali l’Opus Dei e
Comunione Liberazione, che ne rappresentano le punte di diamante. Tuttavia, le sud-
dette organizzazioni non hanno preso una netta posizione in favore o contro il nuclea-
re. Le organizzazioni cattoliche di base, invece, sono sempre più influenzate dalle po-
sizione verdi e ambientaliste.68
Va innanzitutto ricordato, quanto afferma la Dottrina Sociale della Chiesa sulla
questione nucleare: è sempre stato denunciato e condannato con fermezza l’uso delle
armi nucleari. Ma il veto della Chiesa non si estende affatto all’uso dell’energia nu-
cleare come strumento di promozione di un equilibrato ed equo sviluppo dei popoli. I
vari Pontefici hanno anzi auspicato l’uso pacifico della tecnologia nucleare nel settore
energetico, a patto che i pilastri sui quali si fondi la diffusione dell’energia nucleare a
livello mondiale siano effettivamente la sicurezza e lo sviluppo.
“Benedetto XVI, citando il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 2438), ha
quindi ribadito che “alla corsa agli armamenti si deve sostituire uno sforzo comune
per mobilitare le risorse verso obiettivi di sviluppo morale, culturale ed economico,
ridefinendo le priorità e le scale di valori”.”
67 C. VIRGI, Altare e trono: la geopolitica della Chiesa Ortodossa, in Aspenia n. 42/2008 “Religione ePolitica”, p. 96-105.
68 L. ACCATTOLI, Il Vaticano: sì all’energia nucleare per uso civile, Corriere della Sera, 6 aprile2006 e G. GALLEAZZI, Atomic Vatican. No “Holy Alliance” Against Nuclear Power, in VaticanInsider, La Stampa, 5 luglio 2012. Vds. anche M. FRANCO, Il voto del cielo. La cacciaall’elettorato cattolico, Dalai Editore, 2000, p. 270.
35
“Il Cardinale Renato Raffaele Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace, ha invitato la Comunità internazionale a sostenere la necessità
di sviluppare l’energia nucleare per uso civile in occasione del 20° anniversario del
disastro di Chernobyl: “L'energia nucleare non va guardata con gli occhiali del pre-
giudizio ideologico, ma con quelli dell’intelligenza, della ragionevolezza umana e
della scienza, accompagnate dall’esercizio sapiente della prudenza, nella prospettiva
di realizzare uno sviluppo integrale e solidale dell’uomo e dei popoli”.”
“Paolo VI nella “Populorum Progressio” e anche Benedetto XVI nella “Caritas
in Veritate” sottolineano l’importanza dello sviluppo come elemento fondamentale
per la pace; Paolo VI è giunto ad affermare che lo sviluppo è il nome nuovo della pa-
ce.”69
Insomma, la Chiesa esercita una notevole influenza morale e dispone di una ca-
pacità di persuasione, che influisce sia sull’opinione pubblica sia sulle decisioni dei
responsabili politici. Le sue posizioni non possono essere ignorate e, talvolta, sono
anche strumentalizzate per giustificare, specie su argomenti controversi, l’una o
l’altra delle scelte possibili. Inoltre, va tenuto conto che, nel suo ambito, esistono di-
verse componenti non del tutto coerenti tra loro, che si combinano in modo diverso a
seconda delle circostanze. Una è quella “realistica” che si esprime a livello di governo
centrale della Chiesa, e tiene conto delle convenienze “politiche” contingenti, relative
soprattutto ai rapporti fra le gerarchie ecclesiastiche e la politica degli Stati. Un’altra
componente, che viene definita “profetica”, si è affermata soprattutto nel Concilio
Vaticano II, sostenendo l’assoluta prevalenza della dimensione trascendente e dei
grandi principi non negoziabili. Una diversa componente, emersa più recentemente, è
quella che deriva dalla elaborazione dei principi propri della Dottrina sociale della
Chiesa, che finiscono con l’essere ulteriormente elaborati e talvolta reinterpretati al
livello delle organizzazioni cattoliche di base 70.
69 CulturaCattolica.it, http://www.culturacattolica.it/default.asp?id=174&id_n=16653. Cfr. anchehttp://www.zenit.org/article-14677?l=italian.
70 S. MAGISTER, Il Papa dell’Occidente, in Aspenia n. 42/2008, p. 164.
36
La componente “profetica” è stata rafforzata dalla minaccia di disgregazione del-
le grandi religioni dovuta al proliferare delle sette. Molte di esse, si collocano su po-
sizioni radicali, spesso contrapposte all’organizzazione centrale, gerarchica e pirami-
dale della Chiesa. La seconda è quella “realistica” o pragmatica. Tale tendenza si è
affermata in particolare dopo il Concilio Vaticano II, specie ad opera del papa polac-
co Giovanni Paolo II e dell’attuale Pontefice.Mentre la tendenza "profetica" è ispirata
al paradigma delle "relazioni internazionali" denominato "idealistico" o Kantiano
(multilateralismo, “pace positiva” basata sulla collaborazione e la solidarietà fra i po-
poli, ecc.), quella "realistica" è basata sulla “pace negativa”, derivante dall'equilibrio
di potenza, sull'esistenza del "diavolo" e dell’"inferno", premesse indispensabili della
moralità pubblica e privata e sul fatto che uomini e Stati sono fondamentalmente
egoisti e perseguono i loro interessi, senza tener conto di quelli degli altri. Mentre la
visione profetica è fondata sulla speranza e sulla fede, quella realistica è fondata sulla
ragione e sull'esperienza storica. In tutte le religioni - ma soprattutto in quella cattoli-
ca - le due tendenze coesistono. Una domina l'altra a seconda del periodo storico e
delle sfide che la Chiesa deve affrontare.71 La tendenza “profetica” è stata predomi-
nante nelle dichiarazioni ufficiali, anche nei confronti del nucleare sia militare che ci-
vile. Nei confronti di quello militare è stato rilevante nel corso della guerra fredda il
sostegno della Santa Sede contro il pericolo rappresentato dall’URSS e dal materiali-
smo del comunismo internazionale per la libertà religiosa e per l’influenza del Vati-
cano nel mondo. Con la fine del confronto bipolare, le cose sono profondamente mu-
tate. La Santa Sede è divenuta un centro promotore del disarmo nucleare, della non-
proliferazione e del programma Megatons to Megawatts72, cioè dell’utilizzo
dell’esplosivo delle testate nucleari per fabbricare combustibile per le centrali nuclea-
ri.
71 M. MARTINEZ, Il Vaticano benedice l’impero, http://www.kelebekler.com/occ/vaticano6.htm.72 World Nuclear News, Military Warheadsas a Source of Nuclear Fuel, 18July 2012 (il programma
Megatons to Megawatts è derivato da un’iniziativa russo-americana del 1993 e fino al 2012 ha com-portato la distruzione di 450 ton di uranio arricchito militarmente).
37
Per quanto riguarda il nucleare civile, la Santa Sede non ha mai avvallato le posi-
zioni di vari gruppi religiosi ed anche quelle di taluni vescovi – ad esempio, quelle
della Conferenza Episcopale Tedesca dopo il disastro di Fukushima – che hanno pro-
posto l’abbandono del nucleare civile73 Ha invece sempre associato la moralità
dell’energia elettronucleare – “da produrre però sempre con le necessarie cautele” –
alla possibilità da essa offerta di fornire di energia ai popoli più poveri, per permet-
terne lo sviluppo. In questo senso, il nucleare civile ha spesso costituito quasi un co-
rollario della dottrina sociale della Chiesa, la cui importanza è aumentata parallela-
mente a quella della percentuale dei fedeli in Paesi non occidentali.
Tanto è vero che il Vaticano fu uno dei fondatori, il 20 agosto 1957, dell’AIEA
(Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica) di Vienna, principale centro interna-
zionale per la sicurezza e per l’utilizzazione pacifica dell’energia nucleare74. Essa fu
costituita a seguito del programma Atoms for Peace e della Conferenza Internazionale
di Ginevra del 1955, che segna la vera nascita del nucleare civile a livello internazio-
nale, con la smilitarizzazione di una considerevole parte delle conoscenze in campo
nucleare su cui era stato apposto il segreto militare.
Il Vaticano sostenne subito il programma Atoms for Peace, consapevole che la
grande disponibilità di energia a basso costo costituiva la precondizione per lo svi-
luppo dei popoli più poveri.
Beninteso, la Santa Sede adottò un atteggiamento molto cauto, talvolta al limite
della neutralità, in modo da non provocare contrapposizioni interne tra i pro e i contro
il nucleare.
Le motivazioni con cui venne sempre giustificata tale cautela, inizialmente nei
confronti del nucleare militare, poi – specie dopo i disastri di Chernobyl e Fukushima
– anche nei riguardi dell’energia elettronucleare, furono che la Chiesa non disponeva
di conoscenze scientifiche e tecnologiche adeguate circa benefici, costi e rischi
73 Vatican Official Calls for Peaceful Use of Nuclear Energy, http://www.zenit.org/article-35574?l=englishZenit, Vienna, Austria, September 20th, 2012.
74 Holy See (Vatican City State) – Office of Legal Affairs – IAEA inhttp://ola.iaea.org/ola/FactSheets/CountryDetails.asp?country=VA.
38
dell’utilizzo del nucleare 75. Le successive posizioni via via prevalenti nelle gerarchie
cattoliche hanno poi risentito della situazione geopolitica contingente nei vari Stati.
Il “momento della verità” nei confronti del nucleare militare venne per il Vatica-
no all’inizio degli anni ottanta. Le decisioni della Santa Sede furono influenzate dai
rapporti di stretta collaborazione che si erano creati fra Giovanni Paolo II e il Presi-
dente americano Ronald Reagan. La Chiesa Cattolica statunitense aveva costituito,
durante la guerra del Vietnam – iniziata dal primo presidente cattolico degli USA,
John Kennedy – la spina dorsale dell’esercito USA, la cui fanteria era costituita per il
45% da cattolici, contro una percentuale di cattolici del 24% sul totale della popola-
zione americana76. La sconfitta aveva provocato una profonda crisi all’interno della
Chiesa. Frange radicali, presenti soprattutto fra i francescani della California, inco-
minciarono a contestare le armi nucleari, su cui era basata la strategia di sicurezza
americana, volta al contenimento ed alla dissuasione dell’URSS e a decidere la vitto-
ria del mondo libero su quello comunista, utilizzando la maggiore efficienza econo-
mica e l’attrazione della libertà e del benessere occidentale. La Conferenza Episcopa-
le americana era stata profondamente influenzata da tali tendenze. Dopo l’assalto gui-
dato dai francescani, al sommergibile lanciamissili nucleari Jesus Christ – nome di
una città americana, ma ritenuto blasfemo per l’utilizzazione per uno “strumento di
morte” – la Conferenza approvò una “Lettera pastorale” in cui si sosteneva
l’immoralità delle armi nucleari e si adombrava la possibilità di scomunica per i loro
operatori77. La presidenza USA fece allora ricorso al Vaticano. A parte le sue pres-
sioni informali, il Papa inviò una lettera all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
per il disarmo (di cui il Vaticano non fa parte) in cui veniva affermata la moralità del-
la dissuasione nucleare, come male minore rispetto all’aumento della probabilità di
un conflitto fra le due superpotenze, ritenuto più probabile con l’eliminazione della
75 G. GALLEAZZI, cit. a nota 11.76 http://cronologia.leonardo.it/storia/a1961e.htm77 Archivio Disarmo e Unione Scienziati Italiani per il Disarmo, L’equilibrio del terrore, Edizioni De-
dalo, Roma 1984, p. 295.
39
dissuasione reciproca caratterizzante gli equilibri strategici fra i due blocchi della
guerra fredda.78
Soprattutto, dopo la fine del mondo bipolare, la Chiesa si fece promotrice del di-
sarmo nucleare e della cosiddetta opzione zero nukes, della non proliferazione e
dell’utilizzazione del materiale radioattivo risultante dallo smantellamento delle testa-
te per costruire barre per le centrali elettronucleari (programma Megatons to Mega-
watts), utilizzando il ricavato per aumentare gli aiuti ai Paesi poveri (che, per inciso,
sono quelli che registrano un maggiore incremento demografico e, quindi, sempre una
percentuale crescente nella composizione della popolazione cattolica, il cui baricentro
si è ormai spostato dall’Europa all’Africa e all’America Latina)79.
Gli strumenti utilizzati dalla Chiesa sono i vari pronunciamenti delle gerarchie re-
ligiose, articoli sulla stampa cattolica ed interventi di componenti della Segreteria di
Stato nelle istituzioni internazionali che trattano di questioni di sicurezza, armamenti
e disarmo. Nelle dichiarazioni ufficiali è sempre stata adottata una certa cautela, cer-
tamente per il fatto che le opinioni dei fedeli sul nucleare sono divise in due campi
opposti e che la Chiesa ha teso ad attenuare le loro contrapposizioni. Al riguardo, è
stata ricorrente l’affermazione che la Chiesa non possedeva le informazioni tecniche e
finanziarie di dettaglio necessarie per sostenere una tesi anziché un’altra e che, co-
munque, un giudizio non investiva problematiche di carattere teologico, ma doveva
essere effettuato in modo pragmatico, tenendo cioè conto di benefici, costi e rischi per
la popolazione e per l’ambiente, fermo restando che questi ultimi dovevano essere ri-
dotti il più possibile, data la centralità che va attribuita all’uomo e alla sua salute ed
anche alla protezione dell’ambiente80-81.
78 Per l’intera vicenda, vds. M. FRANCO, Imperi paralleli. Vaticano e Stati Uniti, due secoli di allean-za e conflitto, (2005 edito negli Stati Uniti da Doubleday - Random House nel 2009), p. 27.
79 C. JEAN, Geopolitica del mondo contemporaneo, Capitolo VI “Geopolitica della demografia e dellereligioni”, Roma-Bari, Laterza 2012, pp. 91-111.
80 U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Collana Storia della Scien-za, Edizioni 21° Secolo, Seconda Edizione, Milano, 2012, pp. 422-423.
81 U. SPEZIA, L’energia nucleare nella dottrina sociale della Chiesa, in Zenit, 12 giugno 2008.http://www.zenit.org/it/articles/l-energia-nucleare-nella-dottrina-sociale-della-chiesa
40
Per quanto riguarda il nucleare civile, la posizione ufficiale del Vaticano è stata
invece contraddistinta da una grande continuità. Essa non è stata sostanzialmente mo-
dificata dai disastri di Chernobyl e di Fukushima.82 Affermando che la Chiesa non era
ideologicamente contraria al nucleare, gli interventi di autorevoli esponenti della San-
ta Sede sostengono la necessità – peraltro evidente per tutti – di garantire ragionevoli
condizioni di sicurezza. Monsignor Crepaldi, già Segretario della Commissione Justi-
tia et Pax, affermò che “l’energia nucleare è fondamentale per lo sviluppo economico
e sociale” e sostenne, in un seminario organizzato dalla SOGIN(Società Gestione Im-
pianti Nucleari) che il problema non va affrontato in termini ideologici, come fanno
taluni ecologisti. Secondo l’illustre prelato, l’ambiente in se stesso non avrebbe diritti.
Questi ultimi appartengono agli uomini non al “dio-ambiente”, anche se tutte le misu-
re di sicurezza, umanamente possibili, vanno adottate in modo da evitare disastri e, al
tempo stesso, da trarre tutti i benefici possibili dall’energia nucleare, che permette, se
utilizzata ragionevolmente, di promuovere lo sviluppo dell’interna umanità.E’ una
posizione simile a quella illustrata dal Cardinale Martino in un intervento tenuto in
occasione del ventennale del disastro di Chernobyl. Entrambi i prelati, pur ricono-
scendo che fosse del tutto legittima la partecipazione di fedeli alle dimostrazioni anti-
nucleari, sostennero che il problema andava affrontato senza preconcetti, condannan-
do implicitamente la strumentalizzazione delle emozioni causate da Chernobyl e Fu-
kushima e, soprattutto, la “socializzazione dell’ambiente”, considerato almeno nelle
sue forme più estreme, quasi un “dio pagano”, legato alla terra e non alla trascenden-
za 83.
In sostanza, si può affermare che la posizione della Chiesa sul nucleare – simile,
per molti versi, a quella adottata nei confronti degli OGM (Organismi Geneticamente
Modificati) – non abbia avuto molta influenza nel determinare l’opinione pubblica,
anche perché la cautela adottata per evitare divisioni interne e attacchi da parte del
82 L. ACCATOLLI, Il Vaticano: sì all’energia nucleare per uso civile, Corriere della Sera, 6 aprile2006 e G. GALLEAZZI, Atomic Vatican. No “Holly Alliance” Against Nuclear Power, in VaticanInsider, La Stampa, 5 luglio 2012.
83 Monsignor Gianpaolo CREPALDI, Il problema ambientale è un problema antropologico,www.zenitinitaliano, 24 agosto 2011.
41
fronte anti-nuclearista, ne ha neutralizzato gran parte degli effetti sulla “maggioranza
silenziosa”. I fautori dell’energia nucleare non hanno, dal canto loro, sfruttato tutte le
potenzialità di queste posizioni del Vaticano.
2.4 I movimenti antinucleari
I movimenti antinucleari, inizialmente sono sorti soprattutto per opporsi agli ar-
mamenti nucleari e al pericolo che essi rappresentano per l’umanità. E’ da notare che
dopo la fine della guerra fredda e la comparsa di nuove armi convenzionali, più po-
tenti e precise che conferiscono un’incontestabile superiorità agli USA, taluni degli
esponenti politici e strategici più convinti della necessità di basare la sicurezza occi-
dentale sulla dissuasione permessa dalle armi nucleari, hanno mutato orientamento e
sostenuto la necessità di un disarmo nucleare totale. La ragione addotta per sostenere
tale proposta è stata quella di evitare il rischio di una guerra per errore e, soprattutto,
quello di delegittimare la proliferazione nucleare, giustificata dal fatto che, contra-
riamente a quanto previsto dal Trattato di Non Proliferazione, gli Stati in possesso di
armi nucleari non hanno intrapreso concrete iniziative per l’eliminazione dei loro ar-
senali 84.
A partire dalla fine degli anni Sessanta sono sorti in tutto il mondo movimenti an-
tinucleari anche contro la produzione di energia elettronucleare. Essi considerano il
nucleare una tecnologia strutturalmente pericolosa. Le motivazioni addotte sono di-
verse e registrano nel tempo una notevole continuità. Il rischio che un reattore si sur-
riscaldi e liberi radiazioni nell’atmosfera non può essere completamente escluso; le
scorie radioattive sono di difficile gestione e restano pericolose per lungo tempo;
l’elettronucleare facilita la proliferazione delle armi nucleari; l’energia nucleare sa-
rebbe più costosa di quella prodotta da altre fonti; le centrali saranno sempre vulnera-
bili al terrorismo; la necessità di stretti controlli per la sicurezza fisica e radiologica
84 The Economist, Nuclear Endgame – The Growing Appeal of Zero, June 16th, 2011.
42
delle centrali è usata dai governi come scusa per limitare le autonomie personali se
non i diritti civili; le riserve di uranio sono destinate ad esaurirsi e il suo prezzo a sali-
re con conseguenti minori benefici economici dell’elettronucleare; ecc..
I gruppi anti-nucleari hanno spostato progressivamente la loro attenzione dal nu-
cleare militare a quello civile. Possono essere classificati in diversi tipi. Un primo
gruppo è costituito da organizzazioni professionali come l’Union of Concerned Scien-
tists85 o il Pugwash. Un secondo è rappresentato da organizzazioni ambientaliste. La
principale è Greenpeace86 con uffici in ben 41 Paesi. Si può affermare che in tutti i
Paesi che hanno un programma nucleare sono sorti gruppi anti-nucleari che hanno
promosso proteste; atti di disobbedienza civile; manifestazioni volte a bloccare la co-
struzione di centrali; azioni di propaganda nelle elezioni a favore dei candidati che si
dichiarano contrari al nucleare, e così via. Tali attività hanno avuto successo anche
perché, con atti spettacolari, i movimenti anti-nucleari hanno suscitato l’attenzione
dei media, che hanno amplificato le proteste. In ogni modo, essi hanno neutralizzato
efficacemente l’azione di coloro che per convinzione o per interessi materiali, erano
favorevoli alla costruzione delle centrali.
Tra i movimenti antinucleari particolarmente attivi, e più o meno direttamente col-
legati con il Partito dei Verdi87, è da ricordare Legambiente88. Nasce nel 1980, come
unione di nuclei ecologisti e del movimento antinucleare sviluppatosi in Italia e nel
mondo occidentale nella seconda metà degli anni ’70. È oggi un’associazione senza
fini di lucro che si impegna a tenere viva l'attenzione sulle emergenze ambientali del
Paese.L'approccio scientifico, unito a un costante lavoro di informazione, sensibiliz-
zazione e coinvolgimento dei cittadini ha garantito un profondo radicamento del mo-
vimento nella società fino a farne l’organizzazione ambientalista più diffusa sul terri-
torio 89.
85 http://www.ucsusa.org/.86 http://www.greenpeace.org/international/en/.87Vds. intervista al Presidente dei Verdi in Italia, Angelo Bonelli, p. 192.88 http://www.legambiente.it/89Vds. intervista al Sen. Roberto Della Seta, p. 199.
43
Legambiente, dispone di oltre 115.000 iscritti tra soci e sostenitori, di 1.000 grup-
pi locali, di 30.000 classi che partecipano a programmi di educazione ambientale.90
Più di 3.000 giovani ogni anno partecipano ai campi di volontariato. Oltre 60 aree na-
turali sono gestite direttamente o in collaborazione con altre realtà locali.
Nel suo Statuto vi è la lotta contro:
gli abusi a danno degli ecosistemi, l’uso indiscriminato delle risorse,
l’inquinamento;
il nucleare, a favore delle energie rinnovabili e pulite;
gli Ogm (Organismi Geneticamente Modificati);
qualsiasi forma di discriminazione e ingiustizia sociale.
Un discorso a parte va fatto per Greenpeace91. Nel 1971, motivati dalla visione di
un mondo verde e pacifico, un piccolo gruppo di attivisti partirono da Vancouver su
una vecchio peschereccio per denunciare i test nucleari segreti effettuati dagli Stati
Uniti ad Amchitka. Questi attivisti, i fondatori di Greenpeace, credevano che pochi
individui potessero fare la differenza. Da allora, Greenpeace ha portato avanti tantis-
sime campagne per difendere il Pianeta e denunciare crimini ambientali. Oggi sono
un’organizzazione internazionale con 2,8 milioni di sostenitori in tutto il mondo e uf-
fici nazionali e regionali in 41 Paesi.
Greenpeace ha sempre combattuto con forza l’energia nucleare perché secon-
do loro rappresenta un rischio inaccettabile per l’ambiente e l’umanità. L’unica solu-
zione è fermare l’espansione della tecnologia nucleare, e la chiusura degli impianti
esistenti 92.
90 Legambiente, I costi nascosti del nucleare, agosto 2008; vds. anche Legambiente, I problemi irrisol-ti del nucleare a vent’anni dal referendum, novembre 2007.
91 http://www.greenpeace.org/italy/it/92Vds. intervista con il Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia, Giuseppe Onufrio, p. 216.
44
2.5 Il Lobbismo nucleare in Italia
2.5.1 I primordi dell’industria nucleare in Italia
L’industria privata fu la prima ad interessarsi all’elettronucleare in Italia. Nel no-
vembre 1945, il fisico Edoardo Amaldi93 – collaboratore di Enrico Fermi94 – informò
un giovane professore di fisica dell’Università di Milano – Giorgio Salvini – delle
enormi potenzialità che avrebbe avuto il nucleare per la produzione di energia elettri-
ca, tanto necessaria per la ricostruzione e lo sviluppo del Paese95. Egli informò della
cosa Giuseppe Bolla, Preside della Facoltà di Fisica all’Università di Milano, che ap-
profondì le implicazioni della notizia con Mario Silvestri, componente della giunta
tecnica della società Edison. Le informazioni ricevute da Amaldi pervennero così ai
vertici della Società. Essi recepirono immediatamente l’importanza della cosa ed in-
viarono subito Salvini ad informare la Delegazione italiana che stava negoziando a
Parigi il Trattato di pace, perché cercasse di evitare che fossero inserite in esso limita-
zioni sullo sfruttamento pacifico dell’energia nucleare da parte italiana. Di fatto, nella
bozza del Trattato non erano previsti limiti alla possibilità italiana di utilizzare
l’energia nucleare, se non a scopo militare.
Per iniziativa dell’Edison e con l’adesione immediata della Fiat e della Cogne e,
successivamente, della SADE, Pirelli, Falck e Terni, fu costituito a fine 1946 il CISE
93 Edoardo Amaldi (Carpaneto Piacentino, 5 settembre1908 – Roma, 5 dicembre1989) è stato un fisicoitaliano attivo nel campo della fisica nucleare. Contribuì in prima persona alla creazione dell'IstitutoNazionale di Fisica Nucleare (INFN), del Centro Europeo di Ricerche Nucleari (CERN) di Ginevra edell'Agenzia Spaziale Europea (ESA). Fu segretario generale del CERN negli anni 1952-1954, Presi-dente dell'INFN e Presidente dell'Accademia nazionale dei Lincei. Ha ricoperto per oltre 40 anni lacattedra di Fisica sperimentale all'Università la Sapienza di Roma.http://www.lincei.it/rapporti/amaldi/amaldi.php.
94 Enrico Fermi (Roma, 29 settembre1901 – Chicago, 29 novembre1954) è stato un fisico italiano, na-turalizzato statunitense. È tra i più noti scienziati al mondo principalmente per gli studi teorici e spe-rimentali nell'ambito della meccanica quantistica e, più in generale, della fisica nucleare. In suo ono-re è stata intitolata la terza centrale nucleare italiana: l'impianto da 270 MW di Trino (VC). E’ uni-versalmente riconosciuto come uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi. Nel 1938 ricevette ilPremio Nobel per la fisica, per l'identificazione di nuovi elementi della radioattività e la scopertadelle reazioni nucleari mediante neutroni lenti. Cfr. U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila diFermi al dissesto energetico, Gli anni dell’entusiasmo: il CISE e il CNRN, pp.31-34.
95 U. SPEZIA, Ibidem, cap. III, pp. 44.
45
(Centro Informazioni, Studi ed Esperienze).96 Esso fu, fino al 1952, l’unica struttura
italiana che si interessò della ricerca e sviluppo in campo nucleare. Riunì quanto di
meglio era disponibile in Italia in fatto di fisica, chimica e meccanica avanzata e di-
venne un centro di eccellenza a livelli europeo e mondiale. Il finanziamento fu esclu-
sivamente privato, effettuato soprattutto dalle industrie elettriche, che si autotassarono
per sostenerlo, nel più completo disinteresse del sistema politico, pur retto da persone
di rilevo come Alcide De Gasperi. Tale disinteresse durò fino al 1952, quando l’allora
Ministro dell’Industria Pietro Campilli concordò con quello della Pubblica Istruzione
Antonio Segni, un decreto con cui nel giugno 1952 venne costituito il Comitato Na-
zionale per le Ricerche Nucleari (CNRN), di cui entrarono a far parte non solo ex-
politici democristiani, ma anche il direttore del CISE e Felice Ippolito, geologo, che
poi svolse un ruolo essenziale nello sviluppo del nucleare in Italia. Con i fondi del
CNRN fu possibile al CISE costruire nel centro di Ispra un reattore nucleare. I rap-
porti fra CISE e CNRN non furono dei migliori, data la chiara volontà di quest’ultimo
di accentrare in sé ogni potere, diminuendo l’influenza della grandi industrie elettri-
che, che in quel periodo si cominciava a parlare di nazionalizzare. Il contrasto fra
pubblico e privato impedì la realizzazione del reattore di ricerca di concezione e co-
struzione nazionale, dato che il governo, avvalendosi del CNRN preferì l’acquisto
dagli USA di un reattore totalmente diverso da quello proposto dal CISE.97
L’industria privata reagì a tale implicita rinuncia di sviluppare una tecnologia na-
zionale, mettendosi direttamente in contatto con gli USA per acquistare reattori di po-
tenza. La prima a muoversi fu l’Edison, per la centrale di Trino; la seguì la FIAT con
l’acquisto del reattore Avogadro, di Saluggia; intervenne anche l’ENI di Mattei, che
aveva costituito nel 1956 l’Agip nucleare e l’IRI che acquisì, sempre negli USA, la
centrale di Garigliano. Nel 1964, quando fu tenuta la terza conferenza internazionale
96http://www.treccani.it/enciclopedia/centro-informazioni-studi-ed-esperienze_(Dizionario-delle-Scienze-Fisiche)/.
97U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Collana Storia della Scien-za, Edizioni 21mo Secolo, Seconda edizione, 2012, pp. 52-58. La crisi dei rapporti tra CNRN e CISErifletteva la volontà che andava emergendo nel Governo italiano, nel nascente clima della nazionaliz-zazione del sistema elettrico e del Centrosinistra, di riservare al settore pubblico gli sviluppidell’energia nucleare in Italia.
46
sull’energia nucleare sul filone dell’Atoms for Peace, l’Italia era il terzo Paese al
mondo per potenza elettronucleare installata98. Il fatto di aver installato – a parte
l’Avogadro e, per iniziativa del Ministero della Difesa, il reattore Galilei nel Comune
di Pisa (S. Piero a Grado), entrambi finalizzati alla propulsione navale nucleare – tre
reattori di potenza appartenenti a filiere diverse, faceva pensare che l’Italia progettas-
se l’attuazione di un grande programma elettronucleare, anche perché, oltre
l’eccellenza della ricerca scientifica nel settore, aveva sviluppato, con l’assistenza
americana e britannica, capacità tecnologiche di eccellenza in una parte della propria
industria, specie nell’Ansaldo-Componenti e nell’Ansaldo Nucleare. Fu un periodo di
grande boom di tutto il settore nucleare. Il CNRN fu, nel 1959, trasformato in CNEN
(Comitato Nazionale Energia Nucleare)99. L’Italia firmò nel 1957 un accordo, rimasto
riservato fino a qualche tempo fa, di costruzione con la Francia e la Germania di una
bomba atomica europea100, e partecipò al progetto Eurodif di costruzione
dell’impianto di Pierrelatte per l’arricchimento dell’uranio. Il progetto della “bomba
atomica europea” fu bloccato l’anno successivo con l’avvento all’Eliseo del generale
de Gaulle, che optò per la Force de Frappe nazionale francese. Dal canto loro, Ger-
mania e Italia abbandonarono, sotto pressioni americane, il progetto anche di svilup-
po della propulsione navale nucleare. Gli USA, prima più disponibili a trasferire tec-
nologie, adottarono un atteggiamento più protezionistico, che escludeva il trasferi-
mento, anche ai propri più stretti alleati, di tecnologie nucleari che avrebbero potuto
trovare applicazioni in campo militare. La gestione di una strategia complessa, come
quella della risposta graduata - poi divenuta “risposta flessibile” – da parte della NA-
TO, implicava una completa centralizzazione del controllo del deterrente nucleare.
Solo in tal modo, si sarebbe potuto evitare qualche iniziativa autonoma da parte di al-
leati e il rischio crescente sulle città americane di distruzione da parte di missili inter-
continentali sovietici. Questo contribuì anche alla fine dei progetti di sviluppo di una
98 A. GRAZIANI (a cura di), L’economia italiana dal 1945 a oggi, Il Mulino, Bologna, 1979, p. 147ss..
99Ibidem.100 C. JEAN, An Atomic Renaissance, in Aspenia n. 27/28 “The Nuclear Revival”, July 2005, p. 92.
47
capacità industriale autonoma nazionale nel campo della produzione dell’energia elet-
trica. Il CNEN di Felice Ippolito cercò di opporsi a questa completa dipendenza, adot-
tando programmi quali il PEC (un reattore self-breeder101 realizzato presso il Centro
ricerche ENEA Brasimone) e il progetto CIRENE di Latina (che avrebbe dovuto fun-
zionare con uranio naturale, cioè non arricchito). Questi tentativi segnarono la sfortu-
na di Ippolito (incarcerato per motivi chiaramente marginali o, almeno, strumentali al
blocco delle sue iniziative) e la pratica cessazione dei progetti più importanti del
CNEN. Contribuì anche la nazionalizzazione dell’energia elettrica, con conseguente
maggior peso della politica nel settore elettrico, e il sorgere nel Paese di movimenti
antinucleari, diretti specie contro l’apertura della nuova centrale a Caorso e l’inizio
dei lavori di quella di Montalto di Castro.
Di fronte a tale dispersione di un prezioso patrimonio scientifico, tecnologico ed
industriale, nell’indifferenza della politica, nella sua sempre maggiore influenza
sull’industria e nell’atteggiamento di pilatesca cautela della comunità scientifica, for-
se anche intimorita dalla meschinità di cui era stato oggetto Felice Ippolito, finì il pe-
riodo d’oro e dell’entusiasmo del nucleare in Italia.102
Solo l’AREL103 – Agenzia di Ricerca e di Legislazione – fondata dal prof. Nino
Andreatta104 e dal Gruppo di Bologna105 (Romano Prodi, Alberto Clò, Ferrante Pie-
101 I reattori self breeder (autofertilizzanti) sono in grado di produrre e bruciare, oltre all’uranio, ancheil plutonio che si produce dalla reazione atomica. In tal modo consentono di aumentare di circa 60volte l’energia estraibile da una stessa quantità di combustibile nucleare.
102 P. RISOLUTI, La paura del nucleare, Armando Editore, Roma 2010, p. 18.103 http://www.arel.it/associazione.php104 http://www.arel.it/andreatta.php105Alberto Clò (Bologna, 1947) è un economista ed ex-ministro italiano. Laureato a Bologna in Scienze
Politiche. Docente universitario di economia ed esperto di politiche energetiche, è stato Ministrodell'industria, commercio ed artigianato nel Governo Dini. Ferrante Pierantoni fu docente di Impian-ti nucleari, di Teoria e calcolo dei reattori (1959-62) e di Progetto dei reattori nucleari (1962-1986)nell’Università di Bologna. E’ stato il Direttore del programma di sviluppo dei reattori veloci in Ita-lia, condotto in associazione con Euratom, fino ai negoziati sulla partecipazione italiana nella realiz-zazione del reattore veloce europeo Superphenix ed all’accordo CEA-CNEN. E’ stato Segretario ge-nerale dell’Arel. Si è occupato dei problemi dell’informatica nella Pubblica Amministrazione ed haavviato, nel 1979, il sistema informativo della Presidenza del Consiglio. Cfr. A. CLO’, Il rebus ener-getico tra politica, economia e ambiente, Il Mulino, Bologna, 2008.
48
rantoni e pochi altri, fra cui Francesco Cossiga e Filippo Maria Pandolfi106) cercò di
opporsi a tale degrado, promuovendo anche collaborazioni internazionali. Ne è esem-
pio quella conclusa dallo stesso Andreatta e da Eugenio Peggio con l’Iraq nel 1975.
Fu una collaborazione consistente nella fornitura di petrolio all’Italia, contro la col-
laborazione nucleare del CNEN e di varie industrie italiane (fra cui la SNIA) e la
vendita di armamenti107.
Fu uno degli ultimi tentativi di promuovere l’interesse politico per il mantenimen-
to di capacità nucleare in Italia, tentativo certamente non attribuibile ad interessi pu-
ramente industriali, ma alla volontà di tutelare l’interesse nazionale.108
2.5.2 L’Associazione Italiana Nucleare (AIN)
L’Associazione Italiana Nucleare (AIN) 109è un’associazione tecnico-scientifica no-
profit. Riunisce tutti i centri di competenza nel campo dell’energia e della tecnologia
nucleare, inclusa la radioprotezione. Vuole essere un punto di incontro e di discussio-
ne sulle applicazioni pacifiche dell’energia nucleare, incluso il decommissioningdegli
impianti e la gestione della scorie.
E’ nata dalla fusione di tre precedenti organismi: il FIEN (Forum Italiano per
l’Energia Nucleare) istituito nel 1958; l’ANDIN (Associazione Nazionale di Ingegne-
ria Nucleare) e la SNI (Società Nucleare Italiana).
E’ rappresentata in organismi europei ed internazionali, quali l’European Nuclear
Society (ENS) e il Forum Atomico Europeo (FORATOM), e mantiene contatti con
l’IAEA, la WNA (World Nuclear Association), la WANO (World Association of Nu-
clear Operators) e l’ANS (American Nuclear Society). Organizza convegni e giornate
di studio. Diffonde informazioni e pubblica ricerche. I suoi membri sia accademici
che industriali che provenienti da centri di ricerca (INFN ed ENEA) sono consultati
106Filippo Maria Pandolfi (Bergamo, 1º novembre1927) è un politico italiano, esponente della Demo-crazia Cristiana. È stato più volte Ministro e Commissario europeo.
107 R. GARDNER, Mission Italy, Mondadori, Milano, 2004, p. 214 ss..108 C. JEAN, La seconda era atomica, in Aspenia n. 27 “La seconda era nucleare”, 2005, p. 78.109 http://www.associazioneitaliananucleare.it/
49
dal Governo per le decisioni in materia di utilizzazione dell’energia nucleare. Dispone
di un ricco archivio molto utilizzato dai ricercatori e pubblica Newsletters. E’ corri-
spondente italiano di NUCNET (rete informativa sull’energia nucleare). Non effettua
azione di lobbismo nel senso industriale del termine, talché quando si prospettò alla
fine del 1° decennio del XXI secolo la possibilità di ripresa della produzione di ener-
gia nucleare in Italia fu costituito, per iniziativa del Dott. Chicco Testa e con il finan-
ziamento delle Società interessate il Forum Nucleare Italiano, trattato in altra sezione
del presente scritto.
2.6 Il lobbismo nucleare negli Stati Uniti
Il Nuclear Energy Institute (NEI)110 è il principale gruppo di lobby dell'industria
nucleare degli USA. Il NEI elabora studi sulla policy da seguire nelle principali que-
stioni legislative e regolamentari che riguardano l'industria nucleare USA. Il NEI
funge da voce dell’intero comparto nucleare davanti al Congresso degli Stati Uniti,
alle Agenzie esecutive e regolatorie federali ed è presente nelle organizzazioni inter-
nazionali e locali.111 Rappresenta anche un forum per risolvere i problemi tecnici e di
business per le singole imprese. Infine, fornisce informazioni sull'industria nucleare ai
soci, ai politici, ai media e al pubblico. In pratica, il NEI è un esempio di organizza-
zione di rappresentanza degli interessi dell'industria nucleare. Serve all’industria an-
che come Think Tank. Elabora soluzioni per influenzare le politiche pubbliche, per
mobilitare la comunità scientifica e per facilitare la redazione della regolamentazione
tecnica e le decisioni politiche in modo conforme agli interessi dei suoi associati.
Nell’industria dell'energia nucleare, il NEI rappresenta e comprende: produzione
commerciale di energia elettrica, medicina nucleare, incluse la diagnostica e la tera-
110 http://www.nei.org/111 W. M. ADLER, Will Shill for Nukes Decommissioning the Nuclear Lobby's Phony Op-ed Cam-
paign, The Austin Chronicle, April 16, 2004.http://www.austinchronicle.com/news/2004-04-16/206880/.
50
pia, l'industria alimentare e le applicazioni agricole, le applicazioni industriali e di
produzione, le miniere di uranio e gli impianti di trasformazione, del combustibile
nucleare e di produzione di materiali radioattivi, il trasporto e la gestione delle scorie
radioattive.112
Il NEI è governato da un Consiglio di Amministrazione di 47 membri. Esso com-
prende rappresentanti delle 27 utilities nucleari, dei progettisti di impianti,
dell’engineering delle imprese e delle società impegnate nel ciclo del combustibile.
Diciotto membri del consiglio fanno parte del comitato esecutivo, che è responsabile
del business del NEI e degli affari politici.113
L'Istituto è stato fondato nel 1994 con la fusione di diverse precedenti organizza-
zioni che agivano nel settore del nucleare civile. La più antica di quest’ultima era sta-
ta creata nel 1953. In particolare, nel 1994, NEI è stato formato dalla fusione del The
Nuclear Management and Resources Council (NUMARC), che ha affrontato generi-
che questioni tecniche e normative, del U.S. Committee for Energy Awareness
(USCEA), che ha condotto un programma nazionale di comunicazione, del Nuclear
Energy Council (ANEC), che ha effettuato consulenze a favore del governo, e della
divisione nucleare dell’Edison Electric Institute (EEI), che ha curato questioni relati-
ve alla gestione del combustibile nucleare usato, della fornitura del combustibile nu-
cleare e degli aspetti economici dell'energia nucleare.
Nel 1987, NUMARCe USCEA sono stati originati dalla fusione del Atomic Indu-
strial Forum (AIF). USCEA è stata fondata nel 1979, come il Comitato USA per la
consapevolezza energetica. AIF è stata creata nel 1953 per concentrarsi sugli usi paci-
fici dell'energia nucleare, poco tempo prima dello storico discorso Atoms for Pea-
ce.114
Oltre alla sua missione principale, NEI sponsorizza un certo numero di attività
pubbliche di comunicazione per costruire un consenso a favore dell’industria nuclea-
112U.S. Energy Information Administration (2011): What Is the Status of the U.S. Nuclear Industry?113D. FARSETTA, The Campaign to Sell Nuclear, Bulletin of the Atomic Scientists, September 1,
2008, vol. 64 n. 4, pp. 38–56.114Ibidem.
51
re. Ha spesso subito attacchi da parte di ambientalisti e attivisti anti-nucleari. Nel
2006, NEI ha fondato la Clean and Safe Energy (CASEnergy) per aiutare a costruire
un consenso locale e nazionale sulla realizzazione di nuove costruzioni nucleari. I co-
presidenti dell’associazione sono l’ex-co-fondatore di Greenpeace Patrick Moore e
Christine Todd Whitman, ex-Segretario dell’United States Environmental Protection
Agency e governatore del New Jersey. A partire da aprile 2006, CASEnergy vantava
427 organizzazioni associate e 454 membri individuali.115
Nell’aprile 2004, l'Austin Chronicle ha riferito che NEI ha ingaggiato il Gruppo
Potomac Communication come ghostwriter pro-nucleare per scrivere editoriali da
sottoporre ai giornali locali, sotto il nome dei residenti locali.116 Nel 2003, il NEI ha
detto di aver affidato ad una società di relazioni pubbliche l’identificazione di indivi-
dui con competenze tecniche nel settore dell’energia nucleare, in modo da coinvolger-
li nel dibattito sul nucleare in corso sui media. Poiché molti di questi individui hanno
poca esperienza nello scrivere per un pubblico non tecnico, l'Agenzia fornisce assi-
stenza se richiesta. Va notato che ciò costituisce una pratica comune nell'industria
americana.117
Nel 1999, l’associazione ambientalista Public Citizen ha presentato una denuncia
alla Federal Trade Commission118 accusando il NEI che una sua campagna pubblici-
taria stesse sopravvalutando i vantaggi ambientali dell’energia nucleare ed esageran-
do i suoi positivi impatti sociali. La FTC ha respinto tali affermazioni (“le iniziative
del NEI non violano la legge, le pubblicità sono state destinate ai politici e opinion
leader nei forum che principalmente frequentano coloro che “impostano” la politica
nazionale sulle questioni energetiche e ambientali, e quindi non costituiscono “discor-
so commerciale”). Ha però osservato che in circostanze diverse, quali il direct marke-
ting di energia elettrica, tale pubblicità avrebbe potuto essere considerata propaganda
115Ibidem.116http://www.austinchronicle.com/news/2004-04-16/206880/.117Investigative Reporting Workshop, American University School of Communication (2010): Nuclear
Energy Lobby Working Hard to Win Support.118http://www.citizen.org/pressroom/pressroomredirect.cfm?ID=412.
52
commerciale e formare oggetto delle verifiche rigorose sulla veridicità dei dati pro-
dotti, prevista dalla legislazione americana.
Il NEI continua a pubblicare annunci con contenuti simili, insistendo particolar-
mente sui vantaggi che l’energia nucleare presenta per la riduzione dell’effetto serra e
per l’aumento della sicurezza energetica degli USA.
Anche Greenpeace ha criticato gli sforzi in materia di relazioni pubbliche del NEI
e ha sostenuto che la pubblicità NEI, riguardo l'energia nucleare, era un esempio di
greenwashing, cioè giustificazione della produzione elettro-nucleare con la riduzione
dell’effetto serra.119
Nel primo trimestre del 2008, il NEI ha speso 320 mil.$ per pressioni – ad esem-
pio, la diffusione di articoli sui media nazionali e locali, l’effettuazione di
un’indagine relativa all’individuazione di personalità accademiche, scientifiche e im-
prenditoriali favorevoli al nucleare, da invitare a convegni e tavole rotonde - sul go-
verno federale degli Stati Uniti, sul Congresso, sulla Casa Bianca, sulla Nuclear Re-
gulatory Commission e sui dipartimenti del Commercio, della Difesa e
dell’Energia.120 Quest’azione di lobbying molto pervasiva fu accusata dagli antinu-
clearisti come violazione delle regole sulle libertà di commercio e manipolazione sui
dati reali, come avvenuto per l’incidente di Fukushima.121
Nel 2012, Kathryn Higley, professore di fisica e di radioprotezione presso il Di-
partimento di Ingegneria Nucleare alla Oregon State University, ha minimizzato l'im-
patto sulla salute dell'incidente nucleare di Fukushima, confermando che era “molto,
molto minore”, aggiungendo che “il governo giapponese è stato in grado di bloccare
in modo adeguato proteggendo efficacemente la popolazione”.122
119http://stopgreenwash.org/casestudy_nei120 N. NETZER-J. STEINHILBER (EDS.), The End of Nuclear Energy? International perspectives Af-
ter Fukushima, July, 2011. http://library.fes.de/pdf-files/iez/08289.pdf. Vds. anchehttp://www.opensecrets.org/lobby/clientbills.php?id=D000000555&year=2011
121 http:///safetyfirst.nei.org/public-health/expert-say-health-effects-of-fukushima-accident-should-be-very-minor.
122W. BIRD, As Fukushima cleanup begins, long-term impacts are weighed, by Yale Environment 360,Energy Bulletin, January 9th, 2012, http://e360.yale.edu/feature/as_fukushima_cleanup_begins_long-term_impacts_are_weighed/2482/
53
Nonostante e, forse, a causa del disastro di Fukushima, il NEI è tornato ad essere
molto attivo. Ha visto sfumare il successo che pensava di avere ormai acquisito per il
revival nucleare negli USA123. La sua attività è basata su di un’elevata capacità tecni-
co-scientifica che utilizza a favore degli organismi di controllo e regolazione. In par-
ticolare, si è fatto promotore del c.d. one step licensing, cioè della concessione di
permessi onnicomprensivi, sia per la costruzione che per l’esercizio delle centrali. Ciò
consente alle imprese di ridurre l’incertezza e di contrarre i tempi di costruzione e di
entrata in funzione delle centrali. Nel caso italiano, per inciso, i permessi vengono in-
vece rilasciati separatamente per ogni step d’attività, rendendo gli imprenditori insi-
curi circa la possibilità che i lavori possano essere regolarmente e tempestivamente
proseguiti124. Questo è essenziale, soprattutto nella fase di smantellamento delle cen-
trali e impianti nucleari. I ritardi dell’entrata in funzione delle centrali, i cui costi sono
concentrati nella fase iniziale, hanno impatti finanziari molto pesanti. L’incertezza
pesa grandemente sulla programmazione delle attività.
Un recente documento del Council on Foreign Relations125, descrive efficacemen-
te l’influenza del NEI sulla politica americana e di questa sull’Ente di Controllo e
Regolamentazione USA (NRC). Afferma che nella Revisione del 1996, il Senatore
Dominici (il cui segretario è da tempo uno dei più efficienti lobbisti pro-nucleari a
Washington) – Presidente del Sottocomitato del Senato per il finanziamento
dell’NRC - minacciò la sconcertata presidente del Comitato di apportare forti tagli al
bilancio dell’NRL qualora non avesse modificato il suo approccio troppo rigido nei
confronti dell’industria nucleare. La minaccia, secondo l’autore dell’articolo, andò a
segno. L’NRC licenziò i dirigenti più critici nei confronti dell’industria nucleare.
Questo fatto dimostra gli effetti negativi che può avere un lobbismo molto aggressivo,
123 D. FARSETTA, Meet the Nuclear Power Lobby, March 2008, The Progressive Magazine,http://www.progressive.org/farsetta0308.html
124M. MARIOTTE, The NRC’s Reactor Licensing Process: An Overview, Nuclear Information andResource Service, Takoma Park, Maryland, USA, September 2006,
http://www.nirs.org/reactorwatch/licensing/licensingprocess.pdf.125 V. GILINSKY, Preventing the Next Nuclear Meltdown – The Lessons from Fukushima Disaster for
US Nuclear Policy, Foreign Affairs, March 21, 2011.http://www.foreignaffairs.com/articles/67667/victor-gilinsky/preventing-the-next-nuclear-meltdown.
54
sostenuto da forti interessi politici e il fatto che l’industria nucleare – come peraltro
quella di ogni altro settore – preferisce le autoregolamentazioni, anziché subire nor-
mative e controlli dall’alto. Questo è inaccettabile in ogni democrazia.126
2.7 Il lobbismo nucleare nel Regno Unito
La Nuclear Industry Association127 rappresenta l’industria nucleare britannica
(270 aziende con 60.000 dipendenti) ed include tutte le realtà industriali e scientifico-
tecnologiche del Regno Unito che si interessano di energia nucleare, incluso il de-
commissioning, la gestione delle scorie e il ciclo del combustibile.
Tale Associazione sostiene l’esigenza che l’UK ricorra all’energia nucleare so-
prattutto per ridurre le emissioni ad effetto serra. Questo la porta ad interessarsi anche
delle rinnovabili, del carbone pulito e del sequestro e stoccaggio della CO2.
La NIA sostiene le industrie nucleari britanniche anche all’estero e si propone di
informare l’opinione pubblica e le istituzioni politiche su realtà, problemi e prospetti-
ve della produzione elettronucleare.
Rappresenta le industrie presso le istituzioni, effettua consulenze per il governo,
organizza riunioni e seminari e pubblica newsletters e rapporti di ricerca. Ha un ruolo
importante per sostenere il governo britannico nella decisione di mantenere il pro-
gramma di costruzione di centrali nucleari nel dopo-Fukushima.128
Le posizioni pro-nucleari sono state sostenute da un rapporto della Royal Socie-
ty129, che sostiene che l’incidente di Fukushima non interromperà il “Rinascimento
126 P.L. PETRILLO, Le lobbies della democrazia e la democrazia delle lobbies – Ovvero note minime(e provvisorie) sul rapporto tra Parlamento e decisori pubblici, cit.
127 http://www.niauk.org/128 T. MACALISTER, Green Lobby and Nuclear Groups Clash Over Role of Renewable Energy, The
Guardian, 16 March 2008; UK Nuclear Lobby Pushes Ahead With New Reactors, Der Spiegel Inter-national, August 3, 2012.
129Come la lobby atomica vuole rilanciare il “rinascimento nucleare” dopo Fukushima. Il rapportodella Royal Society, Greenreport.it, 13 ottobre 2011.
http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=12758.
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nucleare del mondo”. Nel rapporto, che si sofferma sul rischio che il nucleare civile
presenta per la proliferazione, sono delineate le linee guida della strategia che la lobby
pro-nucleare britannica intende seguire per rilanciare l’elettronucleare nel Regno Uni-
to.
I punti centrali del rapporto secondo la Royal Society, che rivelano la strategia del-
la lobby nucleare per rilanciare l'energia atomica, sono i seguenti:
- Una Davos nucleare. La governance globale non riflette la realtà internaziona-
le dell'industria nucleare. Un amministratore delegato deve guidare il World
Nuclear Forum, è giunto il momento di fare in modo che gli amministratori
delegati e capi di governo possano confrontare i rispettivi punti di vista sullo
sviluppo dell'energia nucleare e sulle responsabilità per la non proliferazione e
la sicurezza nucleare.
- Non c'è tempo per l'autocompiacimento. Come dimostra l'attenzione alla sicu-
rezza nucleare post-Fukushima, evitare il compiacimento è vitale per mantene-
re la fiducia nel “rinascimento nucleare”. Un approccio integrato alla sicurez-
za, alla non proliferazione, alla valutazione del rischio ed alla sua gestione de-
ve essere attuato in tutti i livelli decisionali del nucleare per quanto riguarda la
progettazione degli impianti nucleari, la regolamentazione delle facilities nu-
cleari e la corporate governance delle organizzazioni e industrie nucleari.
- La safe guardability rimane una priorità della ricerca e sviluppo. Non ci sono
prove di proliferazione nel ciclo del combustibile nucleare. Però il rischio
dell'utilizzo di materiali e tecnologie nucleari sia nelle applicazioni civili che
militari non può essere eliminato. La competenza tecnica dell’International
Atomic Energy Agency ha un ruolo centrale nella gestione di tale rischio. Mi-
gliorare l’efficienza e l'efficacia dei controlli internazionali rimane una priorità
per la ricerca e sviluppo (R&D) e per la non proliferazione.
- Pianificazione strategica dalla culla alla tomba. La gestione del combustibile
esaurito e delle scorie radioattive non deve più essere ripensata. Il ciclo del
combustibile va considerato “dalla culla alla tomba”. Le migliori pratiche, de-
56
rivate dai 50 anni di esperienza operativa, devono essere attuate. Le opzioni
internazionali per la gestione del combustibile esaurito non devono essere tra-
scurate. La comprehensive cradle to grave fuel cycle services, l'accoppiamento
delle fornitura di carburante “fresco” con la gestione del combustibile “esauri-
to” e dei rifiuti radioattivi potrebbe essere interessante per alcuni Paesi che
hanno deciso di sviluppare propri impianti nazionali per il ciclo del combusti-
bile. Questo potrebbe fornire un incentivo chiave per la non proliferazione e di
migliorare le condizioni di sicurezza.
- Invertire il ruolo in declino del Regno Unito per lo sviluppo dell'energia nu-
cleare. Le ambizioni a lungo termine del Regno Unito per l'energia nucleare
devono essere chiaramente articolate e implementate. E' necessario un suppor-
to migliorato per le infrastrutture di ricerca del Regno Unito, anche per per-
mettere a quest’ultimo di rimanere influente nei dibattiti sulla non prolifera-
zione e sulla sicurezza nucleare.
Su Science, Roger Cashmore, il capo dell’Atomic Energy Authority130 britannica
che ha guidato il working group della Royal Society che ha redatto il rapporto, dopo
aver chiesto ai governi “nucleari” di accelerare le decisioni sullo stoccaggio delle sco-
rie, ha ammesso che le prospettive di crescita del nucleare in Europa e negli USA so-
no basse, “ma altrove l'entusiasmo rimane alto. In Cina, nel Sud-Est asiatico e in
Russia ci sono progetti per decine di nuovi impianti. Il panel stima che ci potrebbero
essere più di 100 nuove centrali nucleari entro il 2030”.131
Lo studio ritiene positiva la tendenza delle industrie nucleari a fondersi in multi-
nazionali. Essa dovrebbe addirittura portare ad una maggiore trasparenza nel settore,
ma ammette che le difficoltà dell'utilizzo del plutonio sono molto maggiori per la
non-proliferazione e ripropone la vecchia e pericolosissima ricetta della sua trasfor-
mazione in mixed oxide fuel, o Mox, e chiede che vengano realizzati impianti per far-
130 http://www.uk-atomic-energy.org.uk/131 http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=12758
57
lo al più presto possibile. Secondo il rapporto, solo una minima quantità di combusti-
bile esaurito deve essere stoccata presso i reattori: “depositi centralizzati lontano dai
reattori sono più sicuri e, se il combustibile deve essere stoccato in acqua, si sconsi-
glia una sua permanenza troppo lunga nelle piscine. Lo stoccaggio a secco è più si-
curo nel lungo periodo. Ma è responsabilità dei governi e dell'industria nucleare ap-
provare preliminarmente un piano per lo smaltimento definitivo delle scorie nuclea-
ri”.132
Cashmore conclude “Fukushima ha dimostrato che non possiamo allentare
l’attenzione riguardo alla sicurezza del nucleare. Tuttavia, lo stesso principio deve
valere per la sicurezza nucleare e la non proliferazione. Sia i governi che l'industria
nucleare devono rivalutare seriamente le loro responsabilità in queste aree”.133
2.8 Il lobbismo nucleare in Francia
Il caso della Francia è tipico di come il rischio percepito dell’energia nucleare, in-
clusa la gestione delle scorie, da parte della massa dell’opinione pubblica, sia molto
simile al rischio reale.134 La gestione istituzionale della comunicazione sul nucleare è
stata molto efficiente da parte di tutti i governi francesi. Lo sviluppo del nucleare
francese fa parte dell’orgoglio nazionale del popolo transalpino e corrisponde alle sue
tradizioni centralizzatrici e di costruzioni di grandi opere pubbliche, che trovano i lo-
ro antesignani in Colbert e Vauban. L’energia elettronucleare soddisfa il 75% dei
consumi e permette rilevanti profitti per l’esportazione dei suoi eccedenti ad altri Pae-
si, soprattutto nelle ore notturne, allorché i consumi nazionali diminuiscono, mentre
132 http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=12758.133http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=12758.134 J. PALFREMAN, Why the French Like Nuclear Energy, PBS: Frontline, June 2011.
58
la quantità di energia elettrica prodotta dalle centrali nucleari rimane pressoché im-
mutata, consentendo di dirottare un consistente flusso di elettricità verso l’estero.135
L’energia nucleare non solo gode di un ampio sostegno nell’opinione pubblica e
nella classe politica, ma è anche molto popolare. In particolare, a differenza degli altri
Paesi europei – anche prescindendo dal caso alquanto patologico dell’Italia –
l’opposizione localistica all’ubicazione di impianti nucleari è molto ridotta. Questa
situazione particolare deriva essenzialmente dalla cultura politica francese ed anche
dall’efficace gestione della comunicazione da parte non tanto delle imprese elettriche
e nucleari, quanto delle stesse istituzioni e della comunità scientifica. Il sostegno lo-
cale non deriva solamente dagli incentivi (posti di lavoro, compensazioni territoriali,
ecc.), ma dalle caratteristiche proprie della cultura politica ed anche della struttura co-
stituzionale dello Stato e del reclutamento della sua classe dirigente, proveniente qua-
si integralmente dalle Grandes Ecoles. Queste ultime mantengono viva la tradizione
dei grandi progetti pubblici iniziata in Francia da Colbert e Vauban, proseguita dopo
la sconfitta del 1871 ed anche dopo la perdita dell’egemonia da sempre posseduta dal-
la Francia nell’Europa continentale. Formano una classe dirigente omogenea, forte-
mente legata alle tradizioni centralizzatrici proprie dello Stato francese e forniscono
dirigenti e managers alle amministrazioni e alle imprese pubbliche e private. Non per
nulla, il colbertismo e le grandi régies nationales sono nate in Francia ed hanno resi-
stito all’ondata di liberalizzazione e di deregolamentazione che ha investito il mondo
da poco più di trent’anni fa, a partire dalle riforme della Thatcher nel Regno Unito, di
Reagan negli USA e di Den Xiaoping in Cina. Per inciso, il “periodo d’oro” di quello
che il prof. Giulio Tremonti chiama “mercatismo”136 sta terminando con la crisi fi-
nanziaria globale del 2008 e con quella dei debiti sovrani europei del 2011. Con esse,
si assiste ad un poderoso ritorno dello Stato nell’economia e nella finanza, che in
Francia non è di fatto mai diminuito.
135 U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Collana Storia dellaScienza, Edizioni 21° Secolo, Seconda Edizione, Milano, 2012, pp. 410-412.
136 G. TREMONTI, Uscita di sicurezza, Rizzoli, 2011, p. 27. Il termine “mercatismo” viene utilizzatoper indicare la prevalenza dell’economia e della finanza sulla politica. Insomma, un liberismo fon-damentalista espresso dallo slogan “più mercato, meno Stato”.
59
Il nucleare civile in Francia è stato preceduto dalla popolarissima decisione del
1958 del generale Charles de Gaulle, divenuto Presidente della Repubblica con il
compito di salvarla dalla situazione sempre più insostenibile in Algeria, di creare la
force de frappe su basi esclusivamente nazionali (anche se risulta abbia avuto un so-
stegno dagli USA, sinora mantenuto molto riservato) e dall’efficienza dimostrata dal
Commissariat à l’Energie Atomique, centro motore del nucleare francese sia militare
che, successivamente, civile137. A seguito del primo shock petrolifero del 1973, che
quadruplicò il prezzo del petrolio, la Francia decise – in ritardo quindi rispetto
all’Italia – di avviare un gigantesco programma nucleare con ben 58 reattori (a cui si
aggiunsero il Phoenix a Marcoule e il Superphoenix – joint venture con Italia e Ger-
mania - a Creys Malville, che erano reattori self breeder138). Il programma era moti-
vato non solo dal raggiungimento di una ragionevole sicurezza energetica, ma anche
dall’incentivo che Parigi intendeva dare allo sviluppo della sua industria ad alta tec-
nologia. Anche in questo caso, Parigi si rivolse a Washington ed ebbe il completo
supporto della Westinghouse, produttrice dei reattori pressurizzati.
Sin dall’inizio, lo sviluppo del nucleare fu rappresentato all’opinione pubblica
come una vera e propria sfida, volta a rafforzare l’indipendenza nazionale francese,
soprattutto nei riguardi degli Stati Uniti, e a garantire a Parigi una posizione di lea-
dership politica ed economica in Europa. L’incidente alla centrale idroelettrica del
Fréjus fu ampiamente sfruttato per convincere l’opinione pubblica che le centrali nu-
cleari erano molto più sicure di quelle idroelettriche (fatto statisticamente conferma-
to).139
Il fattore principale, che permise al Governo francese e al monopolista elettrico
EdF (Électricité de France) di non incontrare ostacoli nel loro enorme e accelerato
piano di costruzione di centrali, fu sostanzialmente la forza dello Stato e la legittimità
e fiducia di cui gode da parte della popolazione, nonché la struttura istituzionale se-
137 Le CEA, Acteur clef de la recherche technologique, http://www.cea.fr/.138Vds. nota n. 85.139IAEA, Sustainable Development and Nuclear power. Severe Accidents in the Energy Sector, Paul
Sherrer Institut, 2001.
60
mi-presidenziale che attribuisce un’elevata forza dell’esecutivo e che permette un no-
tevole peso dell’élite tecnocratica nazionale. Queste sono le precondizioni che rendo-
no possibile l’esecuzione in Francia di grandi progetti.
L’informazione istituzionale di parte governativa è stata molto oculata. Milioni di
cittadini hanno avuto modo di visitare le centrali nucleari. Nelle scuole viene dedicato
molto tempo ad illustrare la necessità di disporre di un’energia sicura a basso prezzo
per l’economia, base non solo del benessere, ma anche dell’autonomia nazionale e
della potenza ed influenza francesi in Europa e nel mondo.
Il punto più debole del nucleare francese e che ha dato luogo a consistenti dimo-
strazioni è stato quello delle scorie, in particolare relativamente all’ubicazione di un
deposito geologico per la conservazione di quelle ad alta attività.140 E’ stato un punto
debole, anche perché non era stato adeguatamente considerato dai tecnici, che sono
stati colti di sorpresa dall’intensità delle proteste. Esse furono molto più forti di quelle
contro la costruzione di centrali, sebbene il rischio reale di qualsiasi deposito sia in-
gegneristico che geologico sia molto inferiore a quello di una centrale. L’assunto del-
la razionalità domina la logica istituzionale francese. Questo spiega la sua sorpresa,
sfruttata dalle organizzazioni ambientaliste e, più in generale, delle forze antisistema
per opporsi a decisioni prese dal governo. Anziché basarsi su decisioni governative, il
governo francese decise allora di aprire un ampio dibattito parlamentare, che dette
luogo alla c.d. Loi Bataille, dal nome del parlamentare che ne fu relatore.141 La solu-
zione che consentì di attenuare, almeno in parte, le opposizioni locali fu l’adozione
del concetto di reversibilità. Il materiale radioattivo di provenienza militare (combu-
stibili dei motori dei sommergibili ed esplosivo delle testate smantellate) va conserva-
to in contenitori amovibili, stoccati in depositi profondi – salini, argillosi o di granito
(la soluzione argilla è stata prescelta) – che possano essere rimossi o ricondizionati
140 C. VIRGI, Liberarsi delle scorie, Aspenia n. 32, “L’energia al potere”, febbraio 2006, p. 100.141 C. STREFFER et alia, Radioactive Waste, Springer, Berlin, 2011.
61
dopo un certo numero di secoli, allorquando la tecnologia della trasmutazione atomi-
ca142 consentirà di ridurre il tempo necessario per la loro conservazione.
Per inciso, più che di lobby nucleare, si deve parlare in Francia di blocco politico-
industriale143 (per molti versi simile al complesso politico-militare denunciato da Ei-
senhower negli USA). La sua azione è stata singolarmente convergente con quella
degli ambientalisti anti-nucleari per opporsi all’estrazione dello shale gas in Francia e
per l’utilizzazione massiccia di quest’ultimo nella produzione di energia elettrica con
emissioni di CO2 molto ridotte rispetto a quelle delle centrali a petrolio o a carbone.
I disastri di Chernobyl e di Fukushima hanno avuto in Francia un impatto molto
ridotto. Dimostrazioni e proteste sono state solo marginali. La Francia, come i Paesi
dell’Asia Orientale e la Russia, continuerà ad essere la “terra promessa” del nucleare.
L’abbandono progressivo entro il 2022, deciso dalla Germania delle sue 17 centrali
nucleari, anziché diminuire, ha rafforzato il sostegno dell’opinione pubblica francese
al nucleare. La lobby pro-nucleare l’ha ampiamente utilizzato per convincere
l’opinione pubblica che tale decisione metterà la Francia in condizioni di meglio
competere con l’economia tedesca144, gravata dai maggiori costi dell’energia e dalla
mancanza delle ricadute sull’intera economia delle tecnologie e capacità produttive
sviluppate grazie al nucleare. Se la Germania dovesse attuare il phase-out nucleare, la
Francia potrà infatti contare sull’aumento del costo medio dell’energia elettrica in
Germania, e sulla conseguente diminuzione della competitività dell’industria tedesca.
Mantenendo l’impegno nucleare, la Francia potrebbe continuare ad offrire energia
elettrica a basso costo sul mercato tedesco, con notevoli vantaggi economici, come
già avviene da molti anni nei riguardi dell’Italia. Nonostante le speranze degli anti-
nuclearisti145, sembra che la lobby nucleare in Francia continuerà ad avere la meglio e
142 Ciò dell’implosione di atomi di materiali radioattivi in elementi più leggeri e a più breve tempo divita (cfr. G. CAPRARA, L’avventura della scienza, Rizzoli, 2009, p. 34-38.)
143B.K. SOVACOOL and S. VALENTINE, The National Politics of Nuclear Power: Economics, Se-curity and Governance, Routledge, London 2012.
144Ibidem.145 D. ORLOV, France and the Nuclear Lobby: Public Opinion Will Shift Soon, 25 March, 2011.
(http://lavieverte.wordpress.com/2011/03/25/france-and-the-nuclear-lobby-public-opinion-will-shift-soon/)
62
che l’attuale parco di reattori verrà rinnovato con reattori EPR (European Pressurised
Reactor) appartenente alla c.d. “3ͣ generazione +” che migliorano notevolmente la si-
curezza rispetto ai reattori delle generazioni precedenti.
2.9 Il lobbismo nucleare in Germania
In Germania esiste una lobby nucleare molto attiva. Fino all’incidente di Fuku-
shima, essa aveva avuto decisamente la meglio sull’opposizione anti-nucleare. Il tema
principale su cui si basavano le sue campagne propagandistiche consisteva nella ne-
cessità della Germania di essere un esempio in Europa e nel mondo nel rispetto degli
accordi di Kyoto e di quello 20+20+20 dell’Unione Europea.146 Nel contempo, però,
nel Paese è avvertita la necessità di continuare a fornire all’industria tedesca energia a
basso costo, in modo da garantire la sua competitività a livello mondiale e, quindi, il
benessere tedesco. Se la Germania ha ceduto alla Cina il primo posto come esportato-
re mondiale, tuttavia rimane il Paese che possiede il più rilevante avanzo commercia-
le del mondo (negli ultimi 12 mesi, 210 miliardi di dollari, rispetto ai 196 della Ci-
na)147.
Nel 2010, il governo Merkel aveva annunciato un piano di integrale ammoderna-
mento delle centrali nucleari tedesche che ne avrebbe mediamente aumentato la vita
operativa di 20 anni.148 Esso avrebbe prodotto consistenti profitti per le imprese che
gestivano le 17 centrali nucleari in funzione in Germania. Una consistente parte di ta-
le aumento di utili (dato l’ormai completo ammortamento degli impianti) sarebbe sta-
to impegnato per finanziare incentivi e provvidenze a favore dello sviluppo delle rin-
novabili, molto più costose. Con ciò, la Cancelliera Angela Merkel si proponeva di
attenuare l’opposizione dei Verdi al provvedimento. Il Bundenstag era infatti sempre
146http://www.decaservice.net/energie-rinnovabili/protocollo-di-kyoto;http://www.fire-italia.it/caricapagine.asp?target=20_20_20/20_20_20.asp.147 The Economist, August 18th, 2012.148Ibidem.
63
meno disponibile a versare a fondo perduto i consistenti contribuiti che la Germania –
la quale è, dopo l’Italia, il Paese che nel mondo è più generoso nel sostegno pubblico
alle rinnovabili – versa per l’installazione e per la gestione delle rinnovabili. A questo
secondo proposito va ricordato che un costo consistente delle rinnovabili – anche se
non compare nel bilancio federale perché a carico degli altri utenti elettrici – è rappre-
sentato dall’acquisto a prezzo politico dell’energia da esse prodotta e non consumata
direttamente dai produttori. Lo stesso incentivo è, per inciso, previsto anche in Italia e
costituisce una delle ragioni dell’elevato costo dell’energia elettrica.149
L’incidente di Fukushima, unito all’indebolimento del governo Merkel – che ave-
va perso quasi tutte le elezioni dei Länders, con una crescita delle “estreme” di sini-
stra e destra ed anche dei “Verdi” (che in Germania sono diversi da quelli italiani, es-
sendo più pragmatici e nazionali e meno ideologici e cosmopoliti)150 hanno messo in
crisi il movimento “pro-nucleare”. Il 15 maggio 2011, pochi giorni dopo Fukushima –
quando ancora gli effetti del disastro che non è stato uno nucleare, ma derivato da
uno tsunami – di fronte alla marea anti-nucleare montante, la Merkel decise di chiu-
dere immediatamente il caso rimangiandosi il programma di prolungamento della vita
delle centrali nucleari e decidendo di dismetterle progressivamente entro il 2022, au-
mentando le importazioni di gas naturale dalla Russia. A poco valse la decisione delle
imprese elettriche e dell’industria tedesca con una campagna di stampa volta a limita-
re i danni, aggiungendo al tema della necessità del nucleare per evitare l’effetto serra
e quelli delle ricadute del settore nel promuovere l’innovazione tecnologica in Ger-
mania151.
L’azione della lobby pro-nucleare fu a tutto campo. Si diresse sia ai responsabili
politici – peraltro già convinti della necessità di continuare la produzione elettronu-
cleare – sia e soprattutto, all’opinione pubblica, con una capillare compagna promo-
zionale, finanziata in particolare dal gigante energetico EoN.
149 Ministero dello Sviluppo Economico, La Nuova Strategia Energetica Nazionale per un’energia piùcompetitive e sostenibile, Documento di consultazione, settembre 2012.
150 http://it.wikipedia.org/wiki/Verdi_Europei_-_Alleanza_Libera_Europea.151 S. KINKARTZ, German Nuclear Lobby Regroups for post-Fukushima Fight, 24 March, 2011.
(http://www.dw.de/dw/article/0,,14939216,00.html).
64
Tutta questa attività, basata su analisi di esperti e su dati economici e tecnologici,
provocò la rabbiosa reazione degli anti-nuclearisti. Particolarmente efficace fu la loro
capacità di convincere l’opinione pubblica che le conseguenze del disastro erano state
nascoste o minimizzate dal governo di Tokyo. Fu aiutata in questo dalle incertezze
con cui fu gestita la crisi da parte della TEPCO – gestore delle centrali di Fukushima
- e del governo giapponese, nonché dalle smentite, contro-smentite e contraddizioni
che hanno caratterizzato l’informazione istituzionale sull’argomento.152 Anche la più
efficace campagna comunicativa, che si basi sui fatti e sui numeri, non può avere suc-
cesso contro le ondate di panico (o di euforia) che caratterizzano l’attuale società
dell’informazione. Nessun effetto ebbe la dimostrazione che l’abbandono del nucleare
avrebbe comportato un aumento dei costi dell’energia e, quindi, una diminuzione del-
la competitività economica tedesca, che poteva essere colpita in contemporaneità dal-
la crisi di molti Paesi dell’Eurozona e dalla loro recessione e conseguente minore
possibilità di assorbimento delle esportazioni di prodotti tedeschi.
Di fronte a nuove sconfitte elettorali a livello regionale, il governo Merkel cambiò
quindi di 180° la politica che aveva seguito nel 2010. Invece di prevedere il prolun-
gamento della vita operativa delle centrali, decise di abbandonare progressivamente il
nucleare, chiudendo le ultime tre centrali nel 2022. La cosa interessante è che in con-
temporaneità ridusse anche gli incentivi per le rinnovabili, che pur lo stesso governo
sostenne che avrebbero sopperito al mancato apporto dell’elettronucleare, che oggi
soddisfa il 22% dei consumi elettrici tedeschi. Sette centrali nucleari furono immedia-
tamente spente. La Germania potenzierà il Nord Stream, il gasdotto baltico, per rifor-
nire di gas le sue centrali elettriche. Il Foro Atomico Tedesco, associazione no-profit
che riunisce politici, funzionari dello Stato, scienziati ed industriali per promuovere
l’utilizzazione pacifica dell’energia nucleare, con un’informazione capillare del pub-
blico, fu nettamente battuto dalla mobilitazione del fronte anti-nucleare.
La decisione tedesca del 30 maggio 2011 ha avuto un impatto positivo per l’anti-
nuclearismo mondiale. E’ stata caratterizzata da uno straordinario mutamento della
152 http://it.paperblog.com/l-insostenibile-pesantezza-economica-dell-antinuclearismo-359043/.
65
logica fino ad allora seguita, certamente per motivi politici interni. La Merkel sta pre-
parandosi alle elezioni del settembre 2013 e alle prospettive di una nuova grande coa-
lizione con Verdi e Social Democratici (una parte di quali è peraltro favorevole al nu-
cleare). Particolarmente forte – secondo taluni isterica153 – fu la reazione della Fran-
cia, Paese in cui molti ebbero la sensazione che la Germania avesse compiuto un
“tradimento” nei confronti di Parigi, erodendo uno dei pilastri dell’orgoglio politico,
dell’efficienza economica del partner nell’asse che pretende di guidare l’Europa. Pa-
rigi sottolineò il fatto che la Germania non poteva contare sull’aumento delle impor-
tazioni di elettricità dalla Francia, le cui riserve stanno diminuendo per motivi ogget-
tivi, in particolare per l’aumento dei consumi elettrici francesi e per le esigenze di
manutenzione e di controllo di sicurezza delle centrali nucleari transalpine. La Fran-
cia riteneva, almeno in parte, compromesso il successo che la sua Società statale co-
struttrice di reattori AREVA pensava di poter raggiungere con il suo nuovo reattore
EPR. Tra l’altro, la Siemens, associata all’AREVA, aveva rotto nel 2009 l’accordo
con i francesi, per rivolgersi al remunerativo mercato della Russia con un accordo
strutturale con ROSATOM russo.154 Non è da escludere che, nella decisione tedesca
di uscita dal nucleare esista anche un piano – mantenuto riservato – di utilizzazione
massiccia, oltre che del gas russo, del gas non-convenzionale che verrebbe importato
dalla Polonia, ricca di giacimenti di shale gas, estendendo così ad Est l’influenza
economica ed anche politica di Berlino.155
In sostanza, il caso tedesco dimostra, sotto il profilo sostanziale, che la vera alter-
nativa al nucleare non siano le rinnovabili, ma lo shale gas in attesa che, a fine seco-
lo, vengano messi a punto reattori nucleari a fusione (e non a fissione come sono tutti
quelli esistenti). Le tecnologie che ne consentono l’utilizzazione ne hanno aumentato
enormemente la produzione e ridotto i costi dell’“oro azzurro” – come il gas naturale
viene chiamato – sul mercato internazionale. Dal punto di vista più strettamente col-
153 A. McKILLOP, The Nuclear Lobby in Trouble as Germany Exits Nuclear Power, VHeadline, June5th, 2011. http://alethonews.wordpress.com/2011/06/05/the-nuclear-lobby-in-trouble-as-germany-exits-nuclear-power/.
154 Reuters, December 9th, 2009, Areva gets legal ruling over Siemens/Rosatom Joint Venture.155 C. JEAN, Geopolitica del mondo contemporaneo, Laterza, Roma-Bari, 2012, p. 198-202.
66
legato con l’argomento trattato in questo elaborato, dal caso tedesco diventano evi-
denti due fatti. Il primo è l’importanza dell’impatto che ha sull’opinione pubblica e
sulle prospettive politiche qualsiasi incidente nucleare e degli aspetti emotivi rispetto
a quelli puramente razionali, soprattutto se i primi sono capaci di utilizzare i nuovi
media. Il secondo è come il lobbismo antinucleare agisca indirettamente sulla politi-
ca, attraverso i movimenti dell’opinione pubblica, mentre quello pro-nucleare adotti
approcci più diretti, volti a convincere i responsabili politici ad adottare determinate
decisioni, pur senza trascurare un’azione di informazione e di consapevolezza nel
pubblico, non tanto perché essa possa influire sulla politica, quanto per opporsi alle
pressioni indirette dei movimenti antinucleari.
2.10 Il lobbismo nucleare in Spagna
In Spagna esiste un Foro delle Industrie Nucleari (FINE)156. Esso ha lo scopo di
far acquisire alla società la consapevolezza del nucleare. Il FINE sostiene gli interessi
dell’industria spagnola, promuove corsi di informazione, di comunicazione ed anche
di addestramento degli operatori.
La sua azione è stata molto efficace, anche se le decisioni politiche di far ricorso
al nucleare o di rinunciarvi sono dipese sostanzialmente dall’alternanza al governo
dei due principali partiti politici spagnoli. Il PSOE (Partito Socialista) decise nel
1983 di sospendere la costruzione di nuove centrali e di radiare progressivamente dal
servizio gli otto reattori, che producevano allora il 20% dell’elettricità consumata in
Spagna. Il Partito Popolare (PP) ha invece deciso di prolungare la vita operativa delle
centrali. La crisi economico-finanziaria della Spagna rappresenta certamente un forte
incentivo alla realizzazione di tale decisione. Infatti, secondo uno studio commissio-
156http://www.foratom.org/spain.html.
67
nato dal Foro all’Università di Madrid157, il prolungamento di 20 anni della vita delle
centrali esistenti è l’unica soluzione praticabile per rispettare l’impegno spagnolo di
ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, dato anche il costo delle rinnovabili. I cal-
coli effettuati a Madrid indicano che il costo delle sostituzioni dell’elettricità nucleare
con quella prodotta con combustibili fossili costerebbe da 17 a 22 miliardi di euro in
più, mentre quella con le rinnovabili raggiungerebbe costi proibitivi. Il Foro ha pub-
blicizzato, in modo molto efficace, il risultato di tale studio. I risultati sono stati sor-
prendentemente positivi. Hanno consentito un mutamento profondo dell’opinione
pubblica nei confronti del nucleare (forse anche per effetto della crisi economica). Gli
oppositori al nucleare sono diminuiti dal 64% al 46%, consentendo al nuovo governo
del Partito Popolare di programmare il prolungamento della durata di vita delle cen-
trali. L’incidente di Fukushima ha avuto in Spagna molto minore influenza che in al-
tri Paesi.
Lo stesso grado di consenso si registra nei confronti della società (ENRESA) che
gestisce le scorie e il decommissioning delle centrali.158 Essa ha in programma di co-
struire un deposito nazionale capace di custodire in condizioni di sicurezza tutte le
scorie per un periodo di 100 anni. Il governo spagnolo ha richiesto l’autocandidatura
di vari comuni idonei sotto il profilo geologico ad essere sede del deposito e, dopo un
complesso negoziato per definire le compensazioni territoriali, ne ha deciso la loca-
lizzazione. La scelta, fortemente sostenuta sotto il profilo comunicativo del Foro delle
Industrie Nucleari non ha dato luogo a particolari contestazioni. La strategia comuni-
cativa del Foro spagnolo è stata scelta come modello per quella della prima fase del
Forum Nucleare Italiano di Chicco Testa, esaminato nel capitolo successivo.
157 M. MARQUIT, Is solar power cheaper than nuclear power?, PHYS-ORG, August 9, 2010.http://phys.org/news200578033.html.
158 http://www.enresa.es/
68
2.11 Il lobbismo nucleare in Giappone
In Giappone esiste sin dal 1956 un Foro Industriale Atomico Giapponese
(JAIF)159. Il suo mandato è quello di promuovere l’uso pacifico del nucleare in tutti i
suoi campi di utilizzo, da quello energetico a quello medico, industriale e agricolo.
Tale Foro, supporta le decisioni politiche per far concorrere il nucleare alla crescita
dell’economia e al benessere dei cittadini. Per realizzare i suoi obiettivi, lo JAIF160
svolge le seguenti attività:
Formazione di un consenso nazionale per lo sviluppo dell'energia nucleare
Proposta di raccomandazione alle agenzie governative dei criteri da seguire
nella politica nucleare
Pianificazione dello sviluppo dell'energia nucleare e suo piano di utilizzo
Cooperazione con le organizzazioni internazionali
Indagini conoscitive in Giappone e all'estero in materia nucleare
Servizio d’informazione
Formazione di esperti nucleari
Organizzazione di conferenze e riunioni (Conferenza JAIF annuale, ecc.)
Diffusione della conoscenza in materia di energia nucleare
Collegamento tra i membri JAIF
All’azione dello JAIF, si deve l’aumento della consapevolezza dell’opinione pub-
blica nipponica circa i reali rischi del nucleare. Questo ha permesso al governo Noda
di rimettere già in funzione all’inizio dell’estate 2012 due reattori in modo da fare
fronte al picco di consumi che si verifica nei mesi estivi. Beninteso, le opposizioni
non mancano. Il governo è molto restio ad assumere decisioni che non abbiano il
supporto di una larga maggioranza di cittadini. L’iniziale entusiasmo con cui era stato
accolto il programma di sostituire il nucleare con rinnovabili, incluso il geotermico, è
159 http://www.jaif.or.jp/english/160http://www.jaif.or.jp/english/activities_new.html
69
scomparso quando sono state effettuate valutazioni più precise sui costi e sui tempi
necessari. Ad ogni buon conto, per essere certo di poter soddisfare la domanda di
elettricità, il governo ha deciso di ricorrere alle fonti fossili (lo stesso sta avvenendo
in Germania) e al risparmio energetico facilitato anche dall’aumento dei prezzi
dell’elettricità.161
2.12 Ambientalisti pro e contro l’energia nucleare
L’ambientalismo ha diverse componenti. La principale è indubbiamente quella
opposta all’energia nucleare, spesso demonizzata e posta, almeno comunicativamente
durante la guerra fredda, in connessione con l’“olocausto nucleare”. Esso ha indubbia
presa sull’opinione pubblica. Quindi, si presta ad essere strumentalizzato nella lotta
politica. Lo dimostrano i vari cartelli “Comune de-nuclearizzato” diffusi in Italia, ma
non solo nel nostro Paese.
L’ecologismo antinucleare è oggi sostenuto dalla lobby delle rinnovabili, che sta
assumendo notevole forza con lo sviluppo dell’industria collegata alle c.d. “energie
alternative” e all’ideologia del c.d. “sviluppo sostenibile” sotto il profilo non solo
ambientale (riduzione dell’effetto serra), ma anche sociale (devolution, fine
dell’autoritarismo e dei controlli centralizzati, ecc.).
Un consistente numero di ecologisti – tra cui taluni loro maître à penser ed espo-
nenti di spicco dell’ambientalismo – hanno mutato opinione nei confronti del nuclea-
re162.Sono stati indotti a farlo anche per reazione o per il fastidio contro le disinfor-
mazioni talvolta troppo disinvolte degli anti-nuclearisti di mestiere sia sul pericolo
rappresentato dall’energia elettronucleare, sia sulla possibilità di sostituire le fonti
fossili con l’eolico, il solare, il fotovoltaico, il geotermico, ecc. Taluni giungono a
161 R. SHAFFER, Japan’s Nuclear Restarts Non a Done Deal, Washington, D.C., August 13th, 2012.http://www.eastasiaforum.org/2012/08/13/japans-nuclear-restarts-not-a-done-deal/
162R. BONDI, Solo l'atomo ci può salvare. L'ambientalismo nuclearista di James Lovelock, UTET,2007, p. 76.
70
contestare che l’energia nucleare produca effettivamente una riduzione dell’effetto
serra; si sostiene in particolare che la costruzione e il decommissioning delle centrali
producano emissioni di CO2 solo marginalmente inferiori a quelli delle centrali con-
venzionali e, comunque, da cinque o sei volte superiori a quelle dell’eolico e del fo-
tovoltaico163. Tale “trucco”, spesso utilizzato per sostenere tali dati con una parvenza
di scientificità, è quello di considerare come energia prodotta (in KWh) la potenza in-
stallata, non considerando che le rinnovabili hanno un rendimento del 12-15%, rispet-
to alle centrali nucleari che ne hanno mediamente uno dell’85%, e che le seconde
hanno una vita di 60 anni rispetto ai circa 20 in media degli impianti eolici, solari o
fotovoltaici.164
Gli ecologisti “pro-nucleari” sono raggruppati a livello internazionale in una asso-
ciazione denominata Environmentalists for Nuclear Energy (EFN)165. Ad essa, aderi-
scono precedenti guru dell’anti-nuclearismo, come James Lovelock e Patrick Moore.
La loro “conversione” al nucleare ha determinato notevole sconcerto fra i gruppi anti-
nuclearisti e provocato pesanti attacchi personali “contro i traditori” da parte di orga-
nizzazioni come Greenpeace, di cui uno dei fondatori era stato proprio Patrick Moo-
re, e in Italia di Legambiente, di cui era stato il capo proprio Chicco Testa.166
I loro mutamenti di opinione, argomentati in scritti ed interventi pubblici, avreb-
bero infatti delegittimato i fondamenti stessi per cui erano nate tali organizzazioni con
grande soddisfazione dei fautori della ripresa del nucleare, bloccata dall’incidente di
Chernobyl. Ma, anche in questo caso, gli anti-nuclearisti hanno dimostrato di posse-
dere un’eccellente abilità comunicativa. Sono riusciti a spostare il dibattito dal piano
dei numeri e dei dati oggettivi a quello emotivo, accusando gli ecologisti pro-nucleari
di essere stati corrotti dalla lobby delle industrie nucleari. Il predominio degli aspetti
emotivi su quelli propriamente razionali, è stato facilitato dalla disinvolta utilizzazio-
ne del disastro di Fukushima. Indipendentemente da ogni considerazione di carattere
163 U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Collana Storia dellaScienza, 21° secolo s.r.l., Milano, 2009, p. 124.
164 AUTORI VARI, Bufale nucleari, ed. 21° Secolo, Milano 2012, pp. 33-35.165 http://www.ecolo.org/166R. BONDI, Solo l'atomo ci può salvare. L'ambientalismo nuclearista di James Lovelock, cit. p. 32.
71
oggettivo, la vittoria dell’antinuclearismo in Occidente è stata ancora una volta tra-
volgente, tanto da bloccare il “revival nucleare”, che sembrava a portata di mano.
Non si può proprio dire che coloro che sono favorevoli all’energia nucleare abbiano
particolare fortuna! La rinuncia al nucleare concorrerà a determinare, a parere di talu-
ni studiosi di geopolitica, un’accelerazione dello spostamento in Asia del baricentro
dell’economia mondiale, soprattutto del manifatturiero.167 I principali Stati asiatici
stanno effettuando un accelerato programma di costruzione di centrali nucleari. In Eu-
ropa, i Paesi che continuano i loro programmi nucleari sono la Francia e il Regno
Unito168. Con qualche esitazione, a favore del nucleare sono anche gli USA, data la
loro enorme disponibilità di shale gas, che consentirà di ridurre le attuali emissioni di
anidride carbonica delle attuali centrali a carbone o a petrolio. Francia e UK sono per-
suasi che, con il minor costo dell’energia nucleare, potranno contrastare la crescente
supremazia tedesca nell’UE. La rinuncia progressiva del nucleare da parte del gover-
no Merkel (le ultime centrali verranno chiuse nel 2022) – che, prima di Fukushima,
aveva programmato il prolungamento della vita operativa delle 17 centrali operative
in Germania, facendo finanziare alle società elettriche che le possedevano i generosi
incentivi a favore delle rinnovabili, dati i maggiori profitti che ne avrebbero tratti -
aumenterà invece la dipendenza e, quindi, i legami della Germania con la Russia, ri-
ducendo peraltro la competitività dell’industria tedesca.169 Il nucleare che avrebbe
dovuto contribuire ad integrare l’Europa, si sta quindi trasformando in un fattore che
potrebbe diminuire il suo livello di integrazione e che vedrà contrapposti gli Stati che
mantengono l’opzione nucleare e quelli che vi hanno rinunciato. Per inciso, il caso
tedesco dimostra che non esiste contrapposizione fra rinnovabili e nucleare. Tra le
due fonti di energia primaria esiste invece complementarietà. La rinuncia al nucleare
ha obbligato il governo tedesco a ridurre gli incentivi dati al solare e all’eolico.
167 C. JEAN, Geopolitica del mondo contemporaneo, Laterza, Roma-Bari, 2012, p. 202-204.168Nonostante Fukushima la corsa al nucleare continua, Rivista on-line “GeoPoliticaMene”, 22 giugno
2011, http://geopoliticamente.wordpress.com/2011/06/22/nonostante-fukushima-non-si-ferma-la-corsa-al-nucleare/.
169 A. TOOZE, Germany’s Unsustainable Growth, Foreign Affairs, September-October 2012, pp. 23-31.
72
2.13 I principali ambientalisti “pro-nucleari” - Lovelock, Moore e Monbiot
James Ephraim Lovelock fu e rimane un convinto scienziato ambientalista. Egli
propose l’“ipotesi Gaia”170, in cui la biosfera è descritta come un’unità autoregolante-
si, posta però in pericolo dalle attività umane. Lovelock è stato, a partire dagli anni
Sessanta, uno dei più influenti ambientalisti antinucleari, nonché un acceso sostenito-
re delle necessità di ridurre i consumi di combustibili fossili. Il risparmio energetico
avrebbe provocato una cospicua diminuzione dell’intensità energetica delle economie
capitaliste, cioè della quantità di energia necessaria per la produzione di una data enti-
tà di PIL. Nel 2004, si convinse però che l’unica fonte di energia primaria in condi-
zione di contenere l’effetto serra fosse il nucleare171, data anche la difficoltà
d’imporre a Paesi, come il Brasile e il Congo ex-belga, la conservazione delle foreste
equatoriali e, quindi, la diminuzione dell’assorbimento da parte loro della CO2 ecce-
dente le capacità di assorbimento naturale del pianeta o come la Cina un aumento del-
la sua efficienza energetica. Le sue considerazioni, inizialmente contenute in un arti-
colo pubblicato sull’Indipendent del 24/5/2004 dal titolo NuclearPoweris the Only
Green Solution, rappresentarono un duro colpo per la credibilità sia interna che ester-
na di Greenpeace. Non potendo confutare le sue conclusioni, sotto il profilo scientifi-
170 Sua la teoria, poi chiamata “Gaia”, secondo la quale la Terra sarebbe un organismo vivente alla con-tinua ricerca dell’equilibrio, un organismo vivente, o meglio un sistema omeostatico, di cui la specieumana è parte attiva e interagente (cfr. J. LOVELOCK, The revenge of Gaia, Penguin Books, Lon-don 2006.) in C. TESTA, Tornare al nucleare? L’Italia, l’energia l’ambiente, Einaudi, Torino 2008,p. 98.
171 Vale la pena di riportare per esteso il punto principale di uno dei discorsi di Lovelock: “Immaginatedi essere la persona responsabile di decidere con quali impianti rifornire di energia elettrica una cit-tà di qualche milione di abitanti. Queste sono le conseguenze, ogni anni, delle vostre scelte. Se sce-gliete il carbone, avrete bisogno di vagoni ferroviari per la lunghezza di mille chilometri, produrreteemissioni per milioni di tonnellate di CO2, creerete nuvole di polvere e più di 500.000 tonnellate diceneri tossiche. Se invece scegliete il petrolio, vi serviranno ogni anno quattro o cinque superpetro-liere, provenienti da diverse parti del mondo, spesso instabili, avrete emissioni più o meno come peril carbone e in più una grande quantità di zolfo e altri inquinanti, che inacidiscono le piogge. Per ilgas avrete bisogno di importarlo via tubo e via nave, mezzi vulnerabili agli attacchi terroristici eagli incidenti: anche in questo caso le emissioni sono fortemente inquinanti. vediamo il nucleare. Ilcombustibile ha bisogno per essere trasportato di un paio di camion, proviene in larga parte da areepoliticamente stabili. Non produce gas ed emissioni acide e solo alcuni contenitori di rifiuti ad altaradioattività. Infine, l’idea che le energie rinnovabili possano colmare questo bisogno è solo un ro-mantico nonsense.”, in C. TESTA, Tornare al nucleare? L’Italia, l’energia l’ambiente, cit., p. 98.
73
co, l’organizzazione antinucleare lo attaccò con una campagna di stampa e spostò il
suo tiro sull’anti-economicità del nucleare e, soprattutto, sui problemi della gestione
delle scorie, aspetto la cui soluzione non è difficile per ragioni tanto tecniche, quanto
psicologiche e politiche.172
Patrick Moore fu uno degli scienziati ambientalisti antinucleari molto attivo ed
ascoltato nella seconda metà del XX secolo. Fu uno dei primi membri di Greenpeace
- organizzazione che era stata fondata nel 1970 per opporsi ad una esplosione nuclea-
re sperimentale dalla potenza di un megaton (equivalente a quella di un milione di
tonnellate di tritolo), ma che si era rapidamente estesa a tutti i settori
dell’ambientalismo. La disinformazione sistematica sul pericolo rappresentato
dall’energia nucleare, nonché la sua convinzione circa i danni ambientali prodotti
dall’eolico, lo indussero a cambiare opinione. Divenne allora un sostenitore accanito
del nucleare e della ripresa della costruzione in USA delle centrali nucleari, voluta dal
presidente Barack Obama.
Il britannico George Monbiot, critico della globalizzazione e delle imprese multi-
nazionali – che ritiene corruttrici del sistema politico mondiale – si è convertito al nu-
cleare soprattutto per reazione al “bombardamento” disinformativo degli antinucleari-
sti e dei fautori delle rinnovabili. Polemista arguto, brillante e graffiante ed editoriali-
sta del The Guardian ha scritto numerosi articoli a favore del piano nucleare britanni-
co di costruzioni di centrali.173
Monbiot è uno spietato critico della strumentalizzazione dello tsunami di Fuku-
shima174 da parte degli attivisti antinucleari, molto simile a quella fatta nei riguardi
dell’incidente di Chernobyl. Sostiene, sulla base dei dati statistici, che il nucleare è
l’energia primaria più “umanitaria” e che gli enormi costi devono essere sopportati
172Ibidem; vds. anche intervista al dott. Chicco Testa, p. 227.173 G. MONBIOT, The Unpalatable Truth is That the Anti-Nuclear Lobby Has Misled Us All, The
Guardian, April 5th 2011; Support Wind Farms? It Would Be Less Controversial to Argue for Black-outs, The Guardian. May 30th 2011.
174 G. MONBIOT, http://www.guardian.co.uk/environment/georgemonbiot/2011/apr/13/anti-nuclear-lobby-interrogate-beliefs.
74
per la decontaminazione dei territori colpiti da un disastro nucleare sono ampiamente
coperti dal minor costo dell’energia nucleare rispetto a qualsiasi altra fonte di energia.
75
CAPITOLO III
Il dibattito pro e contro l’elettronucleare in Italia e i gruppi di
pressione dei due campi contrapposti
3.1 L’inizio del nucleare in Italia e la frammentazione del lobbismo fra pubblico
e privato e fra soluzioni nazionali e internazionali
Dopo la fine del secondo conflitto mondiale e le due bombe atomiche, lanciate dagli
USA su Hiroshima e Nagasaki, in Italia sia i fisici universitari che gli ambienti indu-
striali si mostrarono interessati ad approfondire le possibilità di sfruttamento del nu-
cleare per la produzione di elettricità, in un Paese povero di idrocarburi e carbone e
che stava esaurendo le potenzialità dell’idroelettrico e del geotermico. Gli scienziati e
i ricercatori più interessati alla “fisica applicata” e, quindi, alla produzione energetica
nucleare, operavano principalmente nell’area milanese. Essi erano comunque in stret-
to contatto con il secondo polo della fisica italiana, quello dell’area romana, più inte-
ressato alla “fisica fondamentale”. La personalità di maggior spicco di quest’ultima
era il Prof. Edoardo Amaldi, già componente del gruppo dei cosiddetti “Ragazzi di
via Panisperna”, che negli anni Trenta avevano effettuato, anche con Enrico Fermi,
importanti ricerche teoriche, finalizzate allo studio dell’atomo, senza però approfon-
dire le possibili applicazioni energetiche che ne potevano derivare. Solo il gruppo che
faceva capo a Fermi, dopo la sua emigrazione negli Stati Uniti, continuò ad operare
nel settore applicativo, tanto che nel dicembre 1942 riuscì a sperimentare a Chicago la
76
prima “reazione controllata a catena”, cioè la “pila atomica”, antesignana dei reattori
nucleari impiegati per la produzione di elettricità e per la propulsione navale.175
Fu proprio Amaldi – dopo un contatto avuto con Fermi – ad informare, all’inizio del
1946, l’ufficio studi della Società elettrica Edison, allora guidata dall’Ing. Valerio,
delle potenzialità che la reazione nucleare controllata aveva per la produzione di elet-
tricità. La Edison inviò subito propri rappresentanti alla Delegazione italiana alla
Conferenza di pace di Parigi, per raccomandarle di evitare che, tra le clausole del
Trattato di Pace, fosse inserito il divieto per l’Italia di utilizzare l’energia nucleare a
scopi pacifici 176. Di fatto, tale clausola non fu inserita.
Fu proprio la Edison che – persuasa delle enormi potenzialità che il nucleare presen-
tava per disporre dell’energia necessaria per la ricostruzione e lo sviluppo nazionale -
nel 1946, costituì il Centro Informazioni Studi ed Esperienze (CISE) con sede a Mi-
lano177 ed avente l’obiettivo di realizzare un reattore nucleare di concezione intera-
mente nazionale. Oltre la Edison, parteciparono via via al CISE diverse altre impor-
tanti industrie, prevalentemente private (Cogne, Fiat, Montecatini, SADE, Pirelli,
Falk e Terni).
Le difficoltà, anche di natura economica, incontrate dal CISE nell’attuazione del suo
ambizioso progetto portarono nel 1952 alla creazione, nell’ambito del Consiglio Na-
zionale delle Ricerche (CNR), del Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari
(CNRN, che diventerà poi CNEN e infine ENEA), organismo avente il compito di ef-
fettuare ricerche applicate nel campo energetico nucleare, di promuoverne le applica-
zioni industriali e di sviluppare la collaborazione internazionale178. Il CNRN, organi-
smo destinatario dei finanziamenti pubblici per le attività di ricerca applicata in cam-
po nucleare, finanziò le attività condotte dal CISE, ma pretese di entrare in esso con
una partecipazione del 50%, tramite una finanziaria pubblica appositamente costitui-
ta. Certamente influì al riguardo anche la competizione personale fra i componenti dei
175 U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Collana Storia dellaScienza, Seconda edizione, Edizoni 21mo Secolo, Milano, 2012, pp. 26-31.
176Ibidem.177 M. SILVESTRI, Il costo della menzogna, Einaudi 1968, p. 52.178 G. PAOLONI, Energia, Ambiente e Innovazione: dal CNRN all’ENEA, Laterza 1992, p. 142.
77
due organismi e le pressioni di governi e di gruppi industriali stranieri, che – come gli
americani General Electric e Westinghouse – stavano iniziando a diversificare pro-
gressivamente le proprie attività, attribuendo crescente attenzione alla realizzazione di
impianti elettronucleari. Essi differivano per il tipo di combustibile e per i processi
produttivi adottati, in particolare per quelli relativi al raffreddamento dei reattori. Sot-
to stimolo della Marina Militare furono poi avviate anche in Italia ricerche per la pro-
pulsione navale nucleare.
Le industrie che partecipavano al CISE e le altre che successivamente partecipa-
rono alla costruzione delle centrali nucleari in Italia e in Francia – in particolare la
Breda Termomeccanica, l’Ansaldo Componenti e l’Ansaldo Nucleare, gioielli della
tecnologia italiana – costituirono l’embrione di quello che successivamente sarebbe
divenuto il motore industriale della “lobby nucleare” italiana 179. All’inizio cercarono
di ottenere il sostegno del governo italiano, ma senza risultati di rilievo.
L’atteggiamento del governo, tuttavia, mutò nel corso degli anni cinquanta, per la
pressione esercitata da Ministri dell’Industria come Pietro Campilli e Guido Cortese,
per sollecitazione degli USA e per imitazione delle iniziative sviluppate dalla Francia
e dalla Gran Bretagna. Influì anche, al riguardo, il ricorrente progetto di nazionalizza-
re l’energia elettrica. Sviluppando il nucleare, grandi gruppi industriali cercavano di
accreditarsi presso la classe politica per vedersi assegnato il ruolo di monopolisti elet-
trici nazionali. Risulta che ebbero particolare efficacia sul governo italiano le pressio-
ni degli USA, finalizzate a legare l’Italia alla leadership americana nel settore. Esse si
esercitarono sia da parte sia del governo di Washington, che sia da parte della potente
industria nucleare USA, una delle lobby più potenti del mondo occidentale, in grado
di determinare modalità ed entità dello sviluppo pacifico dell’energia nucleare in pa-
179 U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Collana Storia dellaScienza, Seconda Edizione, Edizioni 21mo Secolo, Milano, 2012, pp. 45-49. Del primo raggruppa-mento di imprese interessate alo sviluppo delle attività del CISE fecero parte, oltre alla Edison, laFIAT, la Cogne, la Montecatini, la Società Adriatica di Elettricità (SADE), la Pirelli, la Falck, le Ac-ciaierie Terni e la Società Meridionale di Elettricità (SME).
78
tria e all’estero180. Tale influenza degli USA è ancora avvertibile in tutto il mondo oc-
cidentale e non solo in esso (basti pensare all’accordo USA-India sul nucleare civile).
Permane anche a livello psicologico-politico, come si è potuto rilevare nell’influsso
che, in tutta l’Europa, ebbe la decisione del presidente Barack Obama di riprendere la
costruzione di centrali nucleari negli USA.181
Per completezza di trattazione, è da ricordare che nel 1951 era stato creato presso
il CNR l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN)182, con finalità di ricerca fon-
damentale nel campo della fisica nucleare e con il compito di coordinare le attività
che erano fiorite presso diverse università (Roma, Torino, Palermo).
Tale dicotomia fra Roma e Milano e fra fisica teorica e fisica applicata ha co-
munque attenuato la capacità della comunità scientifica nazionale di influenzare le
decisioni governative in campo nucleare. Su di esse hanno influito anche i contrasti
esistenti nella comunità scientifica nazionale e i continui cambiamenti subiti dalle
compagini governative. Essi hanno sin da allora avuto conseguenze negative sulla ca-
pacità nazionale di attuare programmi di ampio respiro, che non presentassero profitti
immediati o la cui utilità non fosse evidente nel breve termine, cioè nei tempi della
politica.
Anche per tali caratteristiche, il sistema italiano fu particolarmente sensibile e
aperto alle iniziative che si effettuavano sul piano internazionale in favore dello svi-
luppo del nucleare civile. Primo evento in materia si ebbe nel 1953 con il discorso
dell’allora Presidente degli Stati Uniti Eisenhower alle Nazioni Unite dal titolo
“Atoms for Peace”183 e dalla Conferenza di Ginevra del 1955, evento che segnò la na-
scita dell’elettronucleare su scala industriale.
180 Le pressioni del governo e dell’industria nucleare USA sul nascente sistema nucleare italiano indus-sero il Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari (CNRN) a privilegiare l’acquisto di tecnologianegli USA piuttosto che assecondare lo sviluppo di tecnologia nazionale perseguito dal CISE (cfr. U.SPEZIA, ibidem, pp. 52-55).
181M. PEROTTA, USA, Obama: ritorno al nucleare, 15 febbraio 2010.http://www.ecoblog.it/post/9817/usa-obamaritorno-al-nucleare
182 http://www.infn.it/index.php?lang=it.183 Address by Mr. D. Eisenhower to the Plenary Meeting of the United Nations General Assembly, 8
December 1953.
79
La motivazione di tale iniziativa fu pienamente condivisa in Italia dall’intero
mondo politico, PCI compreso e, come si è riportato nel precedente capitolo, anche
dalla Chiesa Cattolica, che si ispirò ad esso per divenire nel 1957 membro fondatore
dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (IAEA) di Vienna. Esisteva la per-
suasione che l’energia nucleare costituisse una fonte energetica abbondante e sicura,
in grado di garantire un crescente disimpegno dai combustibili fossili nella produzio-
ne elettrica e di contribuire così allo sviluppo economico che nel dopoguerra si rive-
lava particolarmente vivace, soprattutto nelle aree geografiche più industrializzate e
in quelle più colpite dal conflitto. Beninteso, data la preminenza tecnologica degli
USA anche nel settore delle tecnologie nucleari e il carattere strategico attribuito al
nucleare nello sviluppo economico mondiale, l’impegno degli USA mirava a consoli-
darne la leadership mondiale. Il nucleare completava il controllo americano sui con-
sumi di energia realizzato con il Piano Marshall che aveva privilegiato il petrolio
(controllato dalle “sette sorelle”) rispetto al carbone, fino ad allora base del soddisfa-
cimento dei fabbisogni energetici europei. Per inciso, data la stretta connessione fra
sviluppo economico e consumi di energia, il problema dei rifornimenti e della sicu-
rezza energetica sono centrali nella politica degli Stati.
Nella Conferenza di Ginevra, gli USA fecero conoscere tecnologie prima gelo-
samente protette dal segreto militare. L’entusiasmo per il nucleare aumentò in misura
cospicua. Si assistette ad un impressionante sviluppo di iniziative mirate a produrre
energia elettrica per via nucleare, valorizzando in campo civile le esperienze tecnolo-
giche ed industriali acquisite in campo militare e anche in quello della propulsione
navale nucleare. In diversi altri Paesi occidentali, tra cui l’Italia, ci si accodò alle so-
luzioni allora in fase di sviluppo negli USA e in Gran Bretagna.
L’impulso, spesso caotico, dato al nucleare civile sia da tutti i grandi Paesi del
mondo occidentale che avevano investito ingenti risorse nello sviluppo del nucleare
militare – Stati Uniti, Francia ed Inghilterra – sia da quelli che ad essi si erano succes-
sivamente accodati, trovava, direttamente o indirettamente, una comune base promo-
zionale sia nelle pressioni del governo di Washington che nell’azione di lobbying ef-
80
fettuata dalle principali industrie americane che avevano operato in campo militare
(General Electric, Westinghouse, Babcock&Wilcox). A tale azione, almeno all’inizio,
non si oppose la lobby petrolifera, scettica sulla possibilità che il nucleare costituisse
un concorrente pericoloso del petrolio. Anzi, in Italia, fu proprio il monopolista petro-
lifero – l’ENI di Enrico Mattei – a sostenere, con il suo enorme peso economico e po-
litico, lo sviluppo dell’energia nucleare, sia finanziando la costruzione della centrale
di Latina sia costituendo l’AGIP Nucleare, interessata ad attività collegate con il ciclo
del combustibile nucleare.184
Gli eventi in campo internazionale sopra ricordati, pilotati sostanzialmente dagli
Stati Uniti, dettero un notevole impulso al nucleare civile. L’aumento della sua im-
portanza economica e politica accrebbe anche la competizione fra gli Enti che, in Ita-
lia operarono nel settore: CNRN e CISE. I due centri registrarono un crescente disac-
cordo su questioni tecniche e di funzionamento. Alla base della loro competizione
non vi erano solo contrasti personali o corporativi. C’era anche il fatto che essi erano
espressione e strumento delle due più importanti lobbies che operavano in Italia in
campo nucleare: quella “statalista”, facente capo al CNRN, che perseguiva l’obiettivo
di accentrare in un unico organismo programmi e relativi finanziamenti pubblici in
campo nucleare; quella “privatista”, costituita intorno alla Edison, che rivendicava
adeguata autonomia dell’industria elettrica privata, molto potente finché non fu deci-
so di nazionalizzarla.185
In particolare, lo sviluppo del nucleare civile, rilevante anche se disordinato e
non sinergico tra le sue varie iniziative, ebbe come manifestazioni più significative la
messa in cantiere nel 1957, di tre centrali nucleari ad opera di tre soggetti diversi.
Ciascuna fu basata su una diversa tecnologia. E’ una situazione che testimonia
l’intervento di tre diverse lobbies, miranti ad assicurare ai tre diversi gruppi industria-
184 U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Collana Storia dellaScienza, Seconda Edizione, Edizioni 21mo Secolo, Milano, 2012, pp. 265-269. Enrico Mattei ebbe ilmerito di capire immediatamente le potenzialità dell’energia nucleare e varò immediatamente unprogramma tendente a realizzare una centrale nucleare al Sud (quella che sarà la centrale di Latina –Borgo Sabotino) e una al Nord (che invece, in seguito alla morte di Mattei, non vedrà mai la luce).
185Ibidem, pp. 89-93.
81
li, di cui erano emanazione, un ruolo dominante negli sviluppi elettrici che all’epoca
venivano previsti per il Paese. Tale dispersione di sforzi e di capacità industriali e
tecnologiche fu giustificata, ma solo a posteriori, dal presunto intendimento di metter-
si in condizione di scegliere – dopo un adeguato periodo di sperimentazione pratica -
la tecnologia più appropriata e conveniente per l’Italia.
Nello stesso tempo, l’attività di ricerca nucleare, sostanzialmente a finanziamen-
to pubblico, si diversificava sui due soggetti già citati (il CNEN ed il CISE) attuanti
programmi solo parzialmente coordinati fra loro e privi di un collegamento organico
con i soggetti industriali operanti nella realizzazione delle tre centrali nucleari ricor-
date in precedenza. Anche questi due soggetti, svolgevano la loro azione lobbistica
più in competizione fra loro che per il semplice sviluppo del nucleare. In sostanza,
sussisteva un’elevata dispersione di sforzi, dispersione che non era agevole contrasta-
re anche a causa dell’efficacia che l’azione lobbistica riusciva ad avere sulle precarie
compagini governative, che all’epoca rapidamente si succedevano e che riflettevano
le correnti esistenti nell’ambito del partito maggioritario: la Democrazia Cristiana.
3.2 Nascita ed evoluzione delle lobbies nucleari in Italia
Dopo la costituzione del CISE, che esprime la prima manifestazione di interesse
nella tecnologia nucleare da parte dell’industria elettrica, la nascita del lobbismo nu-
cleare in Italia ha due passaggi fondamentali: la costituzione del FIEN, che sarà per
molti anni l’associazione industriale del settore nucleare, e la successiva nascita delle
associazioni tecnico-scientifiche e professionali (ANDIN e SNI), allorché il settore
nucleare avrà raggiunto un livello di sviluppo tale da esprimere un comparto profes-
sionale di tecnici nucleari.
82
3.2.1 La lobby industriale: il FIEN
Nella seconda metà degli anni Quaranta, attraverso la creazione del CISE, gli in-
dustriali, con in testa la Edison, mostrarono di ritenere il settore nucleare economica-
mente e strategicamente promettente, tanto da voler avviare un ciclo di investimenti
nello sviluppo della tecnologia. Ma la parola d’ordine che a quei tempi animava il pur
marcato interesse dell’industria era “fare in proprio il meno possibile e aspettare i fi-
nanziamenti pubblici”186. Si sviluppò allora un’attività di lobby industriale, svolta at-
traverso il contatto diretto dei vertici delle aziende industriali che avevano dato vita al
CISE (in primo piano Giorgio Valerio e Vittorio De Biasi della Edison, Giuseppe
Gabrielli della FIAT, Luciano Orsoni della Montecatini, il senatore Teresio Gugliel-
mone, rappresentante della Cogne in seno al CISE) con gli esponenti politici
dell’epoca (il Presidente del Consiglio Antonio Segni, i ministri dell’industria pro-
tempore Pietro Campilli e Guido Cortese, il presidente del Comitato Interministeriale
per la Ricostruzione e sottosegretario Mario Ferrari Aggradi) finalizzata a convincere
le forze politiche e il governo italiano ad investire nel settore finanziando le proposte
e le iniziative poste in essere da parte dell’industria.
La via che l’industria indicava alla politica era ovviamente quella di finanziare
con soldi pubblici prima le attività del CISE, che avrebbero dovuto portare allo svi-
luppo di un prototipo di reattore nazionale, e poi le industrie elettriche (capofila la
Edison) e termomeccaniche (capofila Breda e Ansaldo), che avrebbero realizzato le
prime centrali elettronucleari equipaggiate con quel reattore. In tal modo si sarebbe
creata una filiera nucleare nazionale che avrebbe avuto come sbocco sia il mercato
nazionale sia i mercati dei Paesi meno avanzati187.
La risposta del sistema politico, almeno inizialmente, fu molto tiepida. Ma se si
pensa che all’atto della costituzione del CISE (1946) non c’era ancora nessuna centra-
le elettronucleare in funzione nel mondo – la prima entrò in funzione a Calder Hall
186 U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Collana Storia dellaScienza, Seconda Edizione, Edizioni 21mo Secolo, Milano, 2012, pp. 47-49.
187Ibidem.
83
(GB) dieci anni dopo – si deve riconoscere che l’iniziativa industriale italiana fu mol-
to tempestiva. Grazie ad essa, e a quello che ne seguì, all’inizio degli anni Sessanta,
allorché entreranno in funzione le prime tre centrali nucleari italiane (Latina, Gari-
gliano e Trino) l’Italia sarà per qualche tempo al terzo posto nel mondo per potenza
elettronucleare installata, subito dopo gli USA e il Regno Unito. Ma questo risultato
non derivò dallo sviluppo di tecnologia nucleare nazionale: derivò invece
dall’acquisto di tecnologia nucleare dagli USA e dal Regno Unito. I finanziamenti
che nel frattempo l’industria accordò al CISE furono infatti molto limitati, certamente
non tali da consentire al Centro di progettare e realizzare un prototipo di reattore, e
non furono mai accompagnati da un vero sostegno pubblico in tal senso. La compo-
nente pubblica, rappresentata a livello industriale dall’ENI e dall’IRI e a livello tecni-
co-scientifico dal CNRN-CNEN, non si mosse infatti in sintonia con la strategia deli-
neata dalla Edison ed entrò anzi presto in conflitto con l’industria elettrica privata,
anche a causa del clima politico che precedette la nazionalizzazione.188
Nel 1958, dopo avere sperimentato i primi attriti tra l’industria elettrica pubblica
e quella privata, tra queste e il CNRN e tra tutto il predetto sistema nucleare e le forze
politiche, i principali organismi interessati al settore, consapevoli della necessità di
unire gli sforzi per convincere un governo restio ad impegnarsi a fondo, decisero di
costituire un fronte comune.
Costituito a Roma il 12 novembre 1958 come associazione no-profit, il Forum
Italiano dell’Energia Nucleare (FIEN) intendeva costituire l’ambito comune di incon-
tro e discussione fra tutti gli operatori nazionali interessati alle applicazioni pacifiche
dell’energia nucleare. Il suo fine principale era l’esame e lo studio dei problemi asso-
ciati allo sviluppo e al progresso tecnologico e culturale in questo settore.
Al FIEN aderirono fin dall’inizio industrie, aziende commerciali, centri di ricer-
ca, università, banche, broker assicurativi, enti pubblici e privati nonché scienziati e
professionisti. Ma soprattutto, considerata l’ampiezza del quadro partecipativo indu-
188 U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Collana Storia dellaScienza, Seconda Edizione, Edizioni 21mo Secolo, Milano, 2012, pp. 57-58, pp. 89-93.
84
striale, il FIEN si connotò fin dall’inizio come la “Confindustria nucleare”, sposando
in toto le istanze della Edison.
In ambito nazionale il FIEN fungeva da collegamento permanente fra i membri,
il sistema politico-parlamentare, il sistema dell’informazione e la pubblica opinione,
organizzando e svolgendo conferenze, riunioni, seminari e convegni. Svolse inoltre
una lunga serie di studi concernenti gli aspetti tecnologici, organizzativi, del diritto e
delle assicurazioni, affrontando tutte le questioni nazionali, internazionali e comunita-
rie di interesse per il sistema nucleare italiano.
Le attività internazionali del FIEN si svolsero prevalentemente attraverso la par-
tecipazione al Forum Atomico Europeo (FORATOM), organismo costituito a Parigi il
12 luglio 1960 per iniziativa dello stesso FIEN, che ottiene lo “statuto consultivo”
dell’International Atomic Energy Agency dell’ONU e che ebbe come primo presiden-
te un italiano(il fisico prof. Piero Caldirola). Il FORATOM, con sede a Bruxelles,
svolgerà una intensa azione di contatto e supporto informativo fra i Forum nazionali e
fra questi e le istituzioni europee (Commissione Europea, Parlamento Europeo) nel
quadro del Trattato Euratom, coordinandosi anche con le realtà nucleari dell’America
e dell’Asia.
Gran parte dell’attività del FIEN, si svolse fin dall’inizio nel campo
dell’informazione, con la pubblicazione di monografie dedicate ai diversi aspetti dello
sviluppo delle applicazioni pacifiche dell’energia nucleare, e con una continua fun-
zione di supporto e documentazione a favore del sistema dei mass-media. Organo uf-
ficiale del FIEN fu il quindicinale Atomo e Industria, fondato nel 1957 da un gruppo
di imprenditori privati e acquisito in proprietà dal Forum subito dopo la sua costitu-
zione189. Negli anni Sessanta Atomo e Industria diventerà una sorta di portavoce uffi-
189 Tra i fondatori del periodico figura l’Avv. Umberto Ortolani, che sottoscrive, in qualità di proprieta-rio, il contratto di cessione della testata al FIEN. Già ufficiale del SIM (Servizio Informazioni Milita-ri) durante la guerra, poi finanziere e affarista vicino al gruppo Cefis e alla Montedison, Ortolani erain contatto diretto con il sistema istituzionale e industriale americano, attraverso l’entouragedell’Ambasciatrice americana a Roma Claire Boothe Luce. (Informazioni fornite verbalmentedall’Ing. U. Spezia, Segretario Generale del FIEN nel periodo 1988-1998).
85
ciale dell’industria nucleare nazionale e anche, ma in misura più ridotta, degli enti
pubblici afferenti al settore.
Fra i risultati della funzione informativa svolta dal FIEN si annoverano numerosi
servizi pubblicati dalla stampa nazionale e internazionale e numerosi servizi radiofo-
nici e televisivi sulle attività nucleari italiane, nonché la collaborazione ad importanti
opere internazionali di referenza (Who’s Who in Atoms, World Nuclear Directory,
Annuaire Guide International de l’Energie Atomique, Agenda Europea, Annuario Ita-
liano dell’Energia, ecc.). Nel corso degli anni, il FIEN pubblicherà numerose mono-
grafie dedicate a tematiche specifiche.
Nel settore delle manifestazioni espositive, il FIEN prestò in diverse forme la
propria collaborazione alla Fiera di Milano, alla Fiera del Mediterraneo, alla Rasse-
gna Internazionale Elettronica e Nucleare di Roma, al Salone della Tecnica di Torino.
Nel settore delle pubbliche relazioni, per iniziativa del FIEN e in collaborazione
con il CNEN, nel 1961 fu costituito in seno al FORATOM il Nuclear Public Relation
Contact Group (NPRCG) con lo scopo di promuovere una collaborazione più stretta
fra i responsabili delle pubbliche relazioni degli organismi aderenti nei diversi Paesi.
Del NPRCG entrarono a far parte fin dalla costituzione, assieme ai rappresentanti del-
le organizzazioni nucleari nazionali, anche gli esponenti delle maggiori organizzazio-
ni internazionali governative e non governative, quali IAEA, NEA, EURATOM,
CERN e FORATOM.
Le attività internazionali del FIEN si estrinsecarono anche nella collaborazione
diretta con le organizzazioni nucleari internazionali, fra le quali particolare rilievo as-
sunsero le agenzie specializzate IAEA dell’ONU e NEA dell’OCSE. Il FIEN parteci-
pò in particolare alle iniziative finalizzate al miglioramento e alla diffusione
dell’informazione verso i mass-media, il sistema politico-parlamentare e la pubblica
opinione.
Fra le altre attività, il FIEN coordinò la partecipazione italiana alla manifestazio-
ne fieristica nucleare internazionale NUCLEX, che si teneva all’epoca con cadenza
86
annuale e attualmente, con la denominazione ENC (European Nuclear Conference),
con cadenza triennale.
3.2.2 La lobby professionale: ANDIN e SNI
Negli anni Sessanta, dopo l’entrata in esercizio delle prime tre centrali elettronu-
cleari italiane, si era sviluppato un comparto nucleare, oltre che a livello industriale,
anche a livello professionale. Un comparto fatto in prevalenza di tecnici laureati e di-
plomati (ingegneri e periti industriali) ma anche di fisici e biologi specializzati nelle
diverse materie afferenti al settore nucleare, come ad esempio la neutronica (fisica dei
neutroni nel reattore), la radiobiologia (effetti biologici delle radiazioni ionizzanti) e
la radioprotezione (protezione dagli effetti delle radiazioni ionizzanti).190
Istituita come associazione no-profit nel 1967, sotto gli auspici dell’ANIAI (As-
sociazione Nazionale Ingegneri e Architetti Italiani) e su iniziativa del prof. Giulio
Battistini, l’Associazione Nazionale di Ingegneria Nucleare (ANDIN) ebbe lo scopo
di riunire ricercatori, tecnici, professionisti e studenti interessati alle tematiche relati-
ve all'ingegneria e alle tecnologie nucleari.
Secondo lo statuto e l’atto costitutivo191, l’associazione nasce con la finalità di
promuovere, incoraggiare e divulgare lo studio e ogni altra attività nel settore
dell’energia nucleare; stabilire e diffondere contatti in campo nazionale e internazio-
nale fra tecnici ed enti italiani e stranieri interessati al settore dell’ingegneria nuclea-
re; promuovere e agevolare la specializzazione dei tecnici italiani nelle discipline
dell’ingegneria nucleare; mantenere i collegamenti con i Politecnici, le Università e
gli Istituti scientifici per il perfezionamento e l’orientamento degli studi accademici
verso le esigenze della tecnica; promuovere e diffondere la conoscenza dei problemi
190 U. SPEZIA, Italia Nucleare. Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Seconda edizione, p. 49,Edizioni 21mo Secolo, Milano, 2012.
191 AIN, Comunicato stampa del 20.11.1998.
87
tecnici che interessano il settore e operare nel campo della normativa tecnica allo
scopo di ottimizzarne l’aggiornamento e l’efficacia.192
Fin dall’inizio l’ANDIN, che a differenza del FIEN è un’associazione professio-
nale, opera attraverso l’organizzazione di corsi di formazione (in prevalenza svolti
presso l’ANIAI), seminari e convegni e attraverso la pubblicazione di monografie
specialistiche destinate all’aggiornamento dei tecnici.
La Giornata di Studio organizzata dall’ANDIN diventa l’appuntamento annuale
di riferimento per i tecnici interessati alle problematiche del settore nucleare e tocche-
rà nell’arco di trent’anni tutti i temi di maggiore interesse, conducendo alla raccolta di
una vasta documentazione tecnico-scientifica.
Le finalità di promozione della cultura tecnico-scientifica e della formazione in
ambito nucleare, condurranno successivamente l’ANDIN ad istituire prima il “Premio
Targa d’Oro”, assegnato a personalità distintesi nel campo dell’ingegneria nucleare.
Più tardi sarà istituito dall’ANDIN anche un premio annuale in denaro assegnato alla
migliore tesi di laurea in Ingegneria Nucleare.193
La rivista tecnico-scientifica Ingegneria Nucleare, fondata nel 1963 a Milano dal
CISE (Centro Italiano Studi Esperienze) sotto gli auspici del CNEN, diviene nel 1967
l’organo scientifico ufficiale dell'ANDIN. Fin dalla sua fondazione, la rivista costituì
il supporto elettivo per la diffusione delle conoscenze tecnico-scientifiche sviluppate
in Italia e all’estero nel settore nucleare, e affiancò di fatto lo sviluppo delle compe-
tenze nucleari in sede nazionale. La rivista pubblicherà lavori di ricercatori e docenti
appartenenti agli enti energetici (CNEN-ENEA, ENEL, ENI-Agip Nucleare), alle
strutture di ricerca industriale (CISE, CESI, etc.) e alle sei università italiane che nel
corso degli anni diverranno sede di corsi di laurea in Ingegneria Nucleare e che attive-
ranno scuole di perfezionamento nelle diverse discipline afferenti al settore. Gli arti-
coli tecnico-scientifici pubblicati nei trentacinque anni di vita della rivista toccheran-
no tutti gli aspetti variamente connessi con lo sviluppo e l’impiego delle tecnologie
192Ibidem.193Ibidem.
88
nucleari a fini energetici e a fini diversi, ponendo particolare enfasi sugli aspetti della
sicurezza.
Circa un decennio dopo la creazione dell’ANDIN, che aveva una connotazione
prettamente ingegneristica, alcuni fisici che operavano all’interno del settore nucleare
– con in testa il prof. Carlo Salvetti – ravvisarono la necessità di dare evidenza anche
a questa componente professionale e decisero di costituire la Società Nucleare Italia-
na (SNI).
Costituita a Roma il 23 marzo 1976, in seguito a una dichiarazione congiunta
della sezione italiana dell’American Nuclear Society (ANS) e dell’ANDIN, la SNI
nasce come federazione di associazioni e di persone fisiche e giuridiche interessati al-
lo sviluppo dell’energia nucleare. Non ha scopi di lucro ed è estranea a qualsiasi atti-
vità o impresa industriale o commerciale. Ha carattere intersettoriale e interdisciplina-
re al fine di coprire un ampio spettro di interessi e di rappresentare una vera sintesi
del panorama nucleare italiano.
Le finalità statutarie della SNI sono in particolare le seguenti: conferire,
nell’ambito internazionale, adeguato peso alla partecipazione italiana alle assise in-
ternazionali, quali ad esempio la Società Nucleare Europea (European Nuclear Socie-
ty, ENS, Federazione delle associazioni nazionali di fisici nucleari cui la SNI è asso-
ciata); promuovere e coordinare in ambito nazionale il dibattito sui problemi relativi
all’energia nucleare, di interesse sia generale che specifico, anche al fine di portare
istanze e pareri meditati agli organi decisionali e ai mezzi di informazione; sollecitare
l’emanazione di norme e provvedimenti legislativi atti a promuovere la più ampia dif-
fusione delle applicazioni dell’energia nucleare; fornire agli aderenti assistenza, ser-
vizi e punti di incontro; collaborare alla preparazione e all’inserimento professionale
dei giovani che si avviano all’espletamento di attività nel settore dell’energia nuclea-
re; assumere iniziative per promuovere una più vasta diffusione delle informazioni
sulle applicazioni pacifiche dell’energia nucleare.
Negli anni successivi, per iniziativa della SNI saranno promosse e organizzate,
anche in collaborazione con organismi nazionali e internazionali, giornate di studio,
89
seminari, dibattiti, conferenze, incontri con membri del Parlamento. La SNI svolge in
particolare attività promozionali quali la partecipazione di giovani laureati o laureandi
alle conferenze internazionali (ENC, European Nuclear Conference) in collaborazio-
ne con la European Nuclear Society, la visita di centrali nucleari in Italia e all’estero,
la visita di strutture industriali, laboratori, centri di ricerca operanti nel settore energe-
tico. Operando a livello internazionale nel contesto della European Nuclear Society
(ENS), la SNI ha collaborato attivamente alla creazione del servizio NUCNET, The
World’s Nuclear News Agency, attivato dal 1991. Detto servizio, del quale la SNI di-
viene referente per l’Italia in ambito ENS, è in pratica un’agenzia specialistica di in-
formazione diffusa via cavo (prima via telex, poi telefax e infine via Internet) che
consente agli operatori del settore di ricevere in tempo reale le notizie sui diversi
aspetti del comparto mondiale dell’energia nucleare, notizie che vengono pubblicate
dagli stessi organismi nucleari (enti, industrie, impianti, et.) all’interno delle quali
hanno origine.194
Fra le numerose iniziative promosse dalla SNI, si annovera la diffusione fra gli
aderenti delle riviste di settore Nuclear Europe Worldscan (pubblicata dalla ENS),
Energia Ambiente e Innovazione (notiziario dell’ENEA) e Energia Nucleare (pubbli-
cata dall’ANDIN).
3.2.3 La crisi delle lobbies nucleari
Gli incidenti nucleari di Three Mile Island prima (1979), e di Chernobyl, poi,
(1986) dimostrarono che quello che i tecnici nucleari di tutto il mondo chiamavano
“Massimo Incidente Credibile” e ritenevano praticamente impossibile poteva invece
accadere realmente e, se non adeguatamente controllato - come per fortuna avvenne a
194 M. CUMO, La situazione dell’energia nucleare nel mondo: un quadro di sintesi, in rivista “Eco-nomia delle fonti di energia e dell’ambiente”, Atti della Terza Conferenza Annuale di Dirittodell’Energia, 29-30 marzo 2008, fascicolo II.
90
Three Mile Island 195- poteva portare a un disastro di grandi proporzioni - come sfor-
tunatamente avvenne a Chernobyl 196.
Tanto il primo evento, certamente meno drammatico, quanto il secondo, innesta-
rono un termine fortemente negativo tra le connotazioni, fino ad allora tutte positive,
della tecnologia e dell’energia nucleare. L’onda emotiva scatenata dai due eventi e la
conseguente crescita del sentimento antinucleare resero enormemente più difficile
tanto convincere le utilities elettriche ad impegnarsi economicamente nel nucleare
quanto inserire gli impianti nucleari nelle diverse realtà territoriali interessate, che
iniziarono ad essere intensamente presidiate dai nascenti movimenti antinucleari.
Tutto ciò mise in crisi il sistema lobbistico pro-nucleare, che non poté più conta-
re sulle connotazioni esclusivamente positive che la tecnologia nucleare aveva avuto
fino ad allora, come espressione di progresso scientifico e tecnologico e come motore
di sviluppo economico.
In seguito all’incidente di Three Mile Island197-198, il sistema lobbistico filonu-
cleare fu costretto per la prima volta ad ammettere che un incidente nucleare grave
poteva verificarsi, ed ebbe per la prima volta l’onere di illustrare ai decisori politici e
alla popolazione i motivi per i quali avrebbero dovuto accettare un rischio che era
ormai divenuto evidente nella pubblica opinione. Ne scaturì un lungo periodo di ser-
rato confronto fra quanti sottolineavano l’intrinseca pericolosità della tecnologia nu-
cleare, che per questo andava esclusa dal novero delle scelte energetiche, e quanti
tendevano invece a metterne in evidenza le connotazioni positive.
Le difficoltà del sistema lobbistico filonucleare divennero ancora più gravi nel
1986, in seguito al disastro di Chernobyl. Mentre infatti l’incidente di Three Mile
Island era stato adeguatamente controllato e, pur rendendo inutilizzabile l’impianto,
non aveva prodotto conseguenze gravi sul piano sanitario, a Chernobyl, purtroppo, le
195 U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Edizioni 21mo Secolo,Seconda edizione, Milano, 2012, pp. 157-158.
196 U. SPEZIA, Chernobyl, dieci anni dopo il disastro, Milo 1996, p.23.197 S. CUTTER and BARNES, Evacuation behavior and Three Mile Island, Disasters, vol.6, 1982, p.
116-124.198 U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Edizioni 21mo Secolo,
Seconda edizione, Milano, 2012, pp. 158-161.
91
cose erano andate diversamente. Di fronte a quanto accadde a Chernobyl, la dinamica
dell’incidente di Three Mile Island fu anzi assunta come la più efficace esemplifica-
zione delle caratteristiche di sicurezza degli impianti nucleari di tecnologia occidenta-
le. Il sistema lobbistico occidentale si concentrò infatti nel mettere in evidenza come
il reattore di Chernobyl fosse intrinsecamente insicuro in quanto espressione della ar-
retrata tecnologia nucleare sovietica e come un incidente analogo, avvenuto in un
reattore di tecnologia occidentale (Three Mile Island, appunto), non avesse avuto al-
cuna conseguenza sanitaria199. Ma l’argomento non convinse molti governi, che fini-
rono con l’adottare (salvo poi revocarli, nella maggior parte dei casi) provvedimenti
finalizzati ad uscire dal nucleare attraverso l’interruzione della costruzione di nuove
centrali e la graduale messa fuori esercizio degli impianti nucleari in funzione. In
questa direzione si mossero Paesi come la Svezia, la Germania, l’Olanda, l’Austria e
l’Italia200.
In Italia, il disastro di Chernobyl colse completamente impreparata la lobby filo-
nucleare, allora impegnata a rimuovere gli ostacoli di ordine politico e sociale che
impedivano la realizzazione del programma nucleare varato dal governo con il Piano
Energetico Nazionale del 1981, la cui attuazione era affidata all’ENEL 201.
All’epoca, l’ENEL, monopolista del sistema elettrico italiano, che aveva ricevuto
in eredità da Edison, Iri ed Eni le tre centrali nucleari realizzate prima della naziona-
lizzazione del settore elettrico, era accusata di inefficienza per essere riuscita ad av-
viare, in venticinque anni, solo la centrale nucleare di Caorso202, soprattutto perché
nello stesso ente era andata maturando nel tempo la scelta in favore delle centrali ter-
199 Una pagina pubblicata a pagamento dall’ENEL sui quotidiani nazionali al fine di illustrare le diffe-renze di sicurezza tra il reattore sovietico esploso a Chernobyl e i reattori di tipo occidentale fu con-testata dalle organizzazioni antinucleari, che presentarono ricorso per pubblicità ingannevole davantial Giurì per l’autodisciplina della pubblicità. Il pronunciamento del Giurì dette ragione ai ricorrenti.
200 U. SPEZIA, Chernobyl, venti anni dopo il disastro, Edizioni 21mo Secolo, Milano 2006, pp. 28-31.201 U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Seconda edizione, Edizio-
ni 21mo Secolo, Milano, 2012, pp. 183-193.202 I programmi realizzativi dell’ENEL, che includevano all’epoca la centrale di Montalto di Castro, il
raddoppio della centrale di Caorso, la realizzazione di una seconda centrale a Trino e il completa-mento della centrale CIRENE di Latina, segnavano il passo da molti anni.
92
moelettriche a gasolio, promosse con vigore dalla ben più agguerrita lobby dei petro-
lieri 203.
La scelta del governo italiano, agevolata dall’esito di un referendum consultivo
tenuto nel 1987, fu quella di interrompere la realizzazione del programma nucleare
nazionale e fu seguita da una serie di decisioni che misero progressivamente fuori
servizio e avviarono allo smantellamento le centrali nucleari in funzione e gli impian-
ti correlati al programma nucleare.
Nel suddetto contesto, l’industria nucleare nazionale, che aveva interessi anche
nel settore termoelettrico convenzionale, dopo una debole resistenza, rinunciò – con
la sola eccezione dell’Ansaldo – a richiamare i decisori politici alla necessità di di-
fendere la scelta nucleare. Le prime organizzazioni a sfilarsi dalla contesa furono
proprio l’ENEL e l’ENEA, che ritirarono quasi immediatamente la loro adesione alle
associazioni del settore nucleare FIEN, ANDIN e SNI204.
La riconfigurazione del comparto industriale nucleare che fece inevitabilmente
seguito negli anni successivi alle decisioni del governo aggravò ulteriormente la si-
tuazione. Le associazioni del settore nucleare sopravvissero stentatamente per un de-
cennio205, non mancando di richiamare il governo e il parlamento a scelte più ragio-
nevoli. Finché nel 1998, in attuazione delle deliberazioni assunte dagli organi diretti-
vi, l’ANDIN, il FIEN e la SNI confluirono nell’Associazione Italiana Nucleare
(AIN), nuovo organismo unitario che assunse per intero i compiti statutari e le affilia-
zioni internazionali delle tre associazioni madri206.
Il riassetto del sistema associativo nucleare puntava a razionalizzare gli impegni
operativi ed economici in un momento particolarmente delicato per l’assetto energeti-
203 U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Seconda edizione, Edizio-ni 21mo Secolo, Milano, 2012, pp. 252-288.
204 Trattandosi dei maggiori contributori al finanziamento delle attività associative, l’evento portò leassociazioni del comparto nucleare a condizioni di crisi economica. Ne derivò un drastico ridimen-sionamento degli impegni operativi che ne rese di fatto asfittica tanto l’azione informativa quantol’azione di lobby.
205 Le associazioni nucleari continuarono ad avere, dal mondo industriale, il solo sostegno economicodell’Ansaldo, che dopo le decisioni di politica energetica che annullarono il programma nucleare ita-liano proseguì i propri impegni con riferimento al solo mercato estero.
206Vds. lo Statuto dell’AIN in http://www.associazioneitaliananucleare.it/associazione/statuto/.
93
co del Paese, dando unità formale a un’azione che già nell’ultimo decennio si era
svolta in modo strettamente coordinato 207.
L’AIN continuò da allora a svolgere la propria azione di lobby di tipo prevalen-
temente tecnico-scientifico, richiamando il parlamento e il governo alla necessità di
compiere scelte energetiche in linea con quelle dei maggiori Paesi industriali, nessuno
dei quali aveva abbandonato l’energia nucleare. Questa azione si avvalse soprattutto
dell’organizzazione e dello svolgimento delle Giornate di Studio annuali, che davano
luogo alla pubblicazione di volumetti monografici illustrativi della realtà nucleare che
venivano puntualmente trasmessi a tutti i membri del Governo e del Parlamento208.
3.2.4 La ripresa dell’interesse industriale
A metà degli anni Duemila l’economia italiana è costretta a fare i conti con il
continuo aumento del prezzo internazionale del petrolio e del gas. La crescita incon-
trollata dei costi di produzione dell’elettricità e il rilancio dei programmi nucleari nei
207 Nel comunicato stampa diramato dall’AIN (Associazione Italiana Nucleare) nel dicembre 1998, inoccasione dell’annuncio della sua costituzione, si legge la seguente dichiarazione del prof. Carlo Sal-vetti, presidente del FIEN e della SNI: “La produzione di energia elettronucleare continua a cresce-re in tutti i Paesi industrializzati, e ha raggiunto quote medie del 17% a livello mondiale, del 24%nei Paesi dell'OCSE e del 35% nell'Unione Europea. In contrasto con questa tendenza, le possibilitàper l’Italia di mantenere aperta per il futuro questa opzione rischiano oggi di precludersi definitiva-mente per il venire meno delle competenze tecnico-scientifiche, industriali e gestionali, competenzeche non hanno avuto negli ultimi dieci anni alcun terreno di esercizio significativo. Le nostre Asso-ciazioni operano da quarant’anni per valorizzare un patrimonio che resta di vitale importanza per ilfuturo energetico del Paese; continueremo ad operare con la nuova associazione unitaria per supe-rare una stasi ingiustificata che si protrae ormai da troppo tempo”.
208 Si vedano ad esempio le seguenti pubblicazioni dell’AIN: Energia nucleare: un futuro da salvare, Edizioni 21mo Secolo, Milano, 1999. Ingegneria nucleare: energia e tecnologia, Edizioni 21mo Secolo, Milano, 2000. Integralismo ambientale e informazione scientifica, Edizioni 21mo Secolo, Milano, 2001. Orizzonti della tecnologia nucleare in Italia, Edizioni 21mo Secolo, Milano, 2005. Chernobyl, venti anni dopo il disastro, Edizioni 21mo Secolo, Milano, 2006. L’energia nucleare per l’economia e la sostenibilità, Quaderno AIN n. 1, Edizioni 21mo Secolo,
Milano, 2009. La centrale AP1000 Westinghouse, Quaderno AIN n. 2, Edizioni 21mo Secolo, Milano, 2009. La centrale EPR Areva-Siemens, Quaderno AIN n. 3, Edizioni 21mo Secolo, Milano, 2009. La gestione dei rifiuti radioattivi, Quaderno AIN n. 4, Edizioni 21mo Secolo, Milano, 2009.
Radioattività e Radioprotezione, Quaderno AIN n. 5, Edizioni 21mo Secolo, Milano, 2009.
94
maggiori Paesi industriali induce la politica italiana a riflettere sulle necessità di cam-
biare il mix di produzione elettrica italiano.
Nel 2007, il governo di centrosinistra, con il Ministro dell’industria Pierluigi
Bersani, decide di rilanciare l’impegno di ricerca nel settore nucleare sottoscrivendo
uno specifico accordo con gli USA. Lo stesso anno l’opposizione di centrodestra pre-
senta un disegno di legge che punta a riaprire l’opzione nucleare in Italia209.
La campagna elettorale del 2008 è incentrata, tra l’altro, sui problemi energetici
del Paese e il governo di centrodestra che emerge dall’esito elettorale si impegna im-
mediatamente nel rilancio dei programmi nucleari attraverso una intensa attività nor-
mativa e di accordo con i governi e le realtà nucleari di Francia e USA.
A fronte delle iniziative avviate dal governo, le industrie italiane del settore elet-
tromeccanico – molte delle quali sono riuscite a conservare parte delle competenze in
campo nucleare esercitandole nella partecipazione dei programmi realizzativi
all’estero e nelle attività di smantellamento dei reattori nucleari italiani – si dispongo-
no a rivitalizzare l’azione di lobby. A partire dall’ENEL e dall’ENEA, le principali
realtà operative nazionali aderiscono nuovamente all’AIN, che nel frattempo è rima-
sta l’unica associazione tecnico-scientifica del settore nucleare. All’AIN aderiscono
anche le principali realtà estere interessate allo sviluppo del nuovo programma nu-
cleare italiano, con in testa EDF e GDF-Suez.
Il 24 febbraio 2009, l'italiana ENEL e la francese EDF, sottoscrivono un memo-
randum of understanding210 che pone le basi per un programma di sviluppo congiunto
dell'energia nucleare in Italia da parte delle due utility, segnando così il primo passo
concreto in sede industriale verso il ritorno dell’Italia al nucleare211. Per quel che con-
cerne la fase di sviluppo del programma, ENEL e EDF avviano una joint-venture pa-
209 XV Legislatura, Atto Camera n. 3175, Proposta di legge d’iniziativa dei Deputati Lazzari, Tortoli,Bernardo, Della Vedova, Stradella, Fedele, Franzoso, Fratta Pasini, Milanato, Luciano Rossi, Val-ducci, Di Centa, Alfredo Vito, Disposizioni per il riequilibrio del sistema elettrico nazionale, Presen-tata il 22 ottobre 2007. http://legxv.camera.it/_dati/lavori/stampati/pdf/15PDL0036120.pdf
210 http://www.archivionucleare.com/index.php/2009/08/04/joint-venture-sviluppo-nucleare-italia/.211 Le due società si impegnano, in particolare, a costruire almeno quattro unità nucleari di tecnologia
francese da 1650 MW, per complessivi 6600 MW, con l’obiettivo di rendere operativa la prima unitàentro il 2020.
95
ritetica costituendo la nuova società Sviluppo Nucleare Italia, con l'obiettivo di predi-
sporre uno studio di fattibilità dettagliato per ottenere la final investment decision da
parte delle due Società. Una volta completate le attività di studio e assunte le decisio-
ni di investimento, l’accordo prevede la costituzione di società ad hoc per la costru-
zione e la gestione di ciascuna centrale, con l’ENEL titolare della quota di maggio-
ranza nella proprietà e nell’esercizio degli impianti.212
Nel 2009, accanto a quella condotta da ENEL e EDF, si profila una seconda cor-
data della quale potrebbero far parte il gruppo franco-belga GDF Suez e il gruppo te-
desco EON, entrambi già gestori di impianti nucleari in Europa213.
Il 20 gennaio 2010, l’ENEL presenta a Roma, presso la sede di Confindustria, il
piano di committenza relativo alla realizzazione delle quattro centrali nucleari in fase
di pianificazione214. In occasione del vertice franco-italiano di Parigi del 9 aprile
2010, ENEL, EDF e Finmeccanica, che controlla Ansaldo Energia e Ansaldo Nuclea-
re, firmano un memorandum finalizzato a massimizzare il ruolo di queste realtà nella
realizzazione delle nuove centrali nucleari in programma.
L’azione dell’AIN, risente positivamente del rafforzamento, in termini economi-
ci e di rappresentatività, che deriva dall’adesione delle principali realtà operative na-
zionali e internazionali interessate allo sviluppo del nuovo programma nucleare ita-
liano. Ma la forte presenza e il forte interesse delle realtà industriali si scontra con il
carattere di associazione tecnico-scientifica che l’AIN ha assunto nell’ultimo decen-
nio, con organi direttivi costituiti in prevalenza da tecnici e scienziati interessati al
settore nucleare, ma non direttamente legati alle organizzazioni industriali del settore.
Queste ultime ritengono invece necessario che la componente industriale assuma il
212 http://www.liberambiente.com/index.php/component/content/article/536-italia-francia-accordo-sul-nucleare.html.
213 http://archivio-radiocor.ilsole24ore.com/articolo-1019647/gdf-suez-interessata-rilevare-rete/.214 Alla presentazione del piano di committenza partecipano circa 350 aziende, molte delle quali (circa
un centinaio) sono ancora dotate di competenze nucleari, avendo continuato ad operare sul mercatonucleare internazionale.
96
pieno controllo delle azioni dell’associazione e finiscono per promuovere ed ottenere
la modifica in tal senso dello statuto e il rinnovo dei vertici dell’AIN215.
Accanto all’assunzione del controllo dell’AIN, il cui carattere di associazione
tecnico-scientifica finirà con l’esserne pressoché sterilizzato, data l’impossibilità di
esprimere opinioni diverse da quelle che ENEL e EDF intendono ufficializzare216,
l’industria elettrica ritiene necessario costituire una nuova realtà associativa che possa
svolgere una più efficace azione di lobby di tipo industriale.
Si giunge, in tal modo, alla costituzione del Forum Nucleare Italiano (FNI), la
cui presidenza è affidata a Chicco Testa. La nuova associazione nasce il 27 luglio
2010 come associazione no-profit volta a contribuire alla ripresa del dibattito pubbli-
co sullo sviluppo dell'energia nucleare in Italia. I fondatori sono ENEL e EDF217, che
versano per intero il fondo iniziale di un milione di euro218. Ad essa aderiscono suc-
cessivamente altre diciassette tra aziende, associazioni d'impresa, sindacati e società
di consulenza. I fondi su cui potrà contare il Forum Nucleare Italiano per il secondo
semestre 2010 sarà di 7 milioni di euro, settanta volte il budget su cui può contare
l’AIN nello stesso periodo 219.
L’attività della nuova associazione, immediatamente riconoscibile come pura
lobby industriale sia da parte del sistema politico sia da parte del sistema sociale – in
un Paese in cui l’attività di lobby è vista più o meno come un’attività di corruzione
del sistema politico – genera subito problemi di immagine alle industrie aderenti.
215 http://www.associazioneitaliananucleare.it/216 Informazione fornita verbalmente dall’Ing. U. Spezia.217 Dallo Statuto del Forum Nucleare Italiano: “Art.6, Soci Fondatori. 6.1 I Soci Fondatori sono ENEL
S.p.A. ed E.D.F. International S.A. 6.2 Fermo restando quanto previsto al precedente paragrafo 6.1,potranno inoltre essere ammessi al Forum, in qualità di Soci Fondatori, tutti coloro i quali abbianoinoltrato all'Associazione, entro il termine del 23 luglio 2010 apposita istanza che venga accolta condelibera dell'Assemblea dei Soci Fondatori da adottarsi, anche successivamente a tale data, con ilconsenso unanime espresso dai Soci Fondatori di cui al precedente paragrafo 6.1, senza obbligo dimotivare l'eventuale diniego”.
218 Dallo Statuto del Forum Nucleare Italiano: “Art. 26. Patrimonio ed entrate. 26.1 Il fondo patrimo-niale iniziale dell'Associazione è costituito dalle quote associative relative al primo esercizio versate,in maniera paritetica, dai Soci Fondatori di cui al paragrafo 6.1, nella complessiva misura di Euro1.060.000,00 (unmilionesessantamila)”.
219 Informazione fornita verbalmente dall’Ing. U. Spezia, Segretario Generale dell’AIN nel periodo1999-2010.
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La prima campagna di comunicazione del FNI è interpretata come pubblicità oc-
culta a favore del nucleare. Un ricorso in tal senso è promosso da alcune organizza-
zioni antinucleari di fronte all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, che giudica la
campagna non conforme all'art. 2 (“Comunicazione commerciale ingannevole”) del
Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e ne ordina la cessazio-
ne220. Da quel momento il Forum Nucleare Italiano sarà ritenuto dalla pubblica opi-
nione – stimolata in tal senso dalle organizzazioni antinucleari – inattendibile, in
quanto espressione del punto di vista delle industrie direttamente interessate alla rea-
lizzazione delle centrali. Diversa sorte avrà l’AIN che, grazie alla sua storia pregressa
e alla presenza di una forte componente tecnico-scientifica e accademica, continuerà
ad avere maggiore credito, soprattutto da parte delle istituzioni impegnate nella defi-
nizione del nuovo quadro normativo in campo energetico.
Oltre a quelle del FNI e dell’AIN, la ripresa dell’interesse industriale genera sul
fronte lobbistico altre iniziative. La scelta della filiera francese operata dall’ENEL per
il primo gruppo di quattro centrali smuove infatti gli interessi dell’industria america-
na, che punta a fornire il secondo gruppo di quattro centrali che dovrebbe completare
il programma nucleare italiano. Nel senso di ampliare le scelte tecnologiche, si muo-
ve anche il sistema politico-industriale lombardo. Il 9 marzo 2010,Energylab, fonda-
zione costituita nel settembre 2007 dalla Regione Lombardia, dagli atenei milanesi e
dalle Fondazioni Edison e AEM, annuncia di avere sottoscritto un accordo di collabo-
razione con General Electric - Hitachi per lo studio e lo sviluppo in Italia delle relati-
ve centrali nucleari221.
In tal modo, i competitor industriali sul mercato nucleare italiano diventano tre:
la francese Areva e le nippo-americane Westinghouse-Toshiba e General Electric-
Hitachi.
220 Corriere della Sera, 24 febbraio 2011, Spot sul nucleare, il giurì lo blocca. «È pubblicità inganne-vole».
221 La Stampa, 9 marzo 2010, Nucleare. GE-Hitavchi scommette su Italia. Intesa con Energylab.http://www.lastampa.it/2010/03/09/scienza/ambiente/nucleare-ge-hitachi-scommette-su-italia-intesa-con-energylab-rvzXMJBOlACrqhDbPFuemN/pagina.html
98
3.3 Lo sviluppo dell’azione lobbistica negli anni Cinquanta e Sessanta
Il primo forte impulso al lobbismo italiano in campo nucleare derivò, nella se-
conda metà degli anni ‘50, dalle iniziative rivolte verso Governo e Parlamento dai
gruppi industriali, interessati alla costruzione delle centrali nucleari222.
Lo schieramento industriale faceva riferimento, sul lato privato, all’Edison,
avente grande autorevolezza nella realizzazione ed esercizio di centrali elettriche, so-
prattutto basate sull’utilizzazione della fonte idrica223. E’ da ritenere che una delle
cause del suo interesse per il nucleare derivasse dal progressivo esaurirsi della possi-
bilità di aumentare la produzione idroelettrica. Vista l’impossibilità di orientare le
scelte delle componenti pubbliche (CNRN, IRI, ENI) verso lo sviluppo di un reattore
nucleare nazionale, in modo pragmatico, ignorando del tutto gli ambienti scientifici e
le ricerche che venivano condotte nel Paese, nel 1957 la Edison ordinò all’americana
Westinghouse la centrale nucleare Enrico Fermi (nota anche come “Trino 1”). Questo
impianto, basato sulla tecnologia americana dei reattori refrigerati ad acqua pressuriz-
zata (PWR), entrerà in servizio commerciale alla fine del 1964, quando il sistema
elettrico sarà ormai nazionalizzato. Come prima ricordato, la Edison cercava anche di
posizionarsi per mantenere con il nucleare il primato che allora possedeva nel com-
parto elettrico nazionale
Sul lato pubblico, operavano due grandi gruppi industriali: il Gruppo ENI, attivo
soprattutto nel settore petrolifero224 e il Gruppo IRI, aggregante componenti industria-
li impegnate in svariati settori.
L’ENI nel periodo in questione perseguiva, sotto la spinta di Enrico Mattei,
l’obiettivo di una crescente diversificazione dell’approvvigionamento energetico ita-
222 L’opinione pubblica era allora a favore del nucleare civile, non solo perché esso veniva contrappo-sto nella propaganda dell’opposizione al nucleare militare della NATO (con contestazioni in parte si-curamente finanziate da Mosca) ma anche perché era stata persuasa dalla rilevanza mediatica dataall’Atoms for Peace e dal sostegno che il discorso del presidente Eisenhower aveva avuto non solonel mondo politico, ma anche nella Chiesa Cattolica.
223 B. CAIZZI, Storia dell’Industria Italiana dal XVIII secolo ai giorni nostri, UTET, Torino 1965, p.294 ss.
224 R. DE SANCTIS, Delitto al potere, Samonà e Savelli, Roma, 1972, p. 72.
99
liano (sia come fonti di approvvigionamento, sia come tipo di energia primaria utiliz-
zata per la produzione di elettricità). In campo nucleare, il comportamento dell’ENI
non fu dissimile da quello della Edison: ordinò autonomamente, informandone sem-
plicemente il governo, la centrale nucleare di Latina al gruppo inglese Nuclear Power
Plant Company (NPPC), che realizzò l’impianto su ordine della Società Italiana Me-
ridionale per l’Energia Atomica (SIMEA), controllata dall’ENI. La centrale di Latina,
basata sulla tecnologia britannica dei reattori a gas-grafite (GCR), entrò in servizio a
metà 1963, anch’essa dopo la nazionalizzazione elettrica, ma “battendo” di un anno
l’entrata in funzione della centrale Edison di Trino. Si trattò di una iniziativa a carat-
tere “statalista”, considerata la natura pubblica dell’ENI, ma attuata nell’atipica auto-
nomia operativa del suo vertice - appunto Enrico Mattei - che in tale iniziativa non si
valse di alcun collegamento con altri organismi pubblici che in sede nazionale opera-
vano nel settore della ricerca nucleare. E’ una dimostrazione tipica dell’inesistenza di
un “corporativismo nucleare” unitario, ma dell’esistenza di tante lobbies quanti sono i
soggetti che, nei campi scientifico, tecnologico ed industriale, operano nel settore nu-
cleare, ciascuno per i propri interessi anche di semplice prestigio. Tale frammentazio-
ne, non comporta solo un aumento dei costi e la duplicazione delle iniziative. Ha an-
che altre due conseguenze negative: da un lato, crea sconcerto nel mondo politico e
nell’opinione pubblica, rendendo meno efficace ogni azione lobbistica a favore del
nucleare. Dall’altro, la diversità degli impianti realizzati impedisce l’economia di sca-
la in fase di realizzazione ed esercizio degli impianti e complica enormemente i pro-
blemi connessi con lo smantellamento (decommissioning) delle centrali. Negli anni
Duemila, la SOGIN, Società italiana che dal 1999 ne avrà la responsabilità, dovrà
fronteggiare consistenti difficoltà, non potendo trarre giovamento per lo smantella-
mento di una centrale dell’esperienza acquisita in quello di una centrale di eguale tec-
nologia.
Ispirato da un completo approccio statalista, fu invece l’operato dell’IRI, in rela-
zione alla terza centrale nucleare, quella del Garigliano che, nel medesimo periodo
delle due sopra menzionate, veniva realizzata in Italia in prossimità della foce
100
dell’omonimo fiume in provincia di Caserta. In questo caso, il Progetto ENSI (Ener-
gia Nucleare Sud Italia), costituto dall’Ente di ricerca italiano CNRN e dalla banca
BIRS (Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo) produsse uno studio
che orientò verso la scelta di un reattore anch’esso di origine americana, ma basato
sulla tecnologia dei reattori refrigerati ad acqua bollente (BWR), quindi diversa da
quelle prescelte dall’ENI e dalla Edison225. L’impianto fu realizzato dalla General
Electric per conto della SENN (Società Elettro Nucleare Nazionale) ed iniziò la pro-
duzione commerciale all’inizio del 1964226.
Il fatto che in Italia fossero costruite tre centrali di tipo diverso227, si inquadrava
nella situazione di modesta esperienza che ancora si aveva a metà degli anni ‘50 circa
il loro costo di costruzione e di esercizio, ma soprattutto nella separazione esistente
fra ricerca scientifica e decisioni industriali, nella pervasiva influenza della politica in
tutte le decisioni di rilievo e nel condizionamento dei partiti da parte degli interessi
industriali.
In sostanza, si è assistito alla concorrenza non soltanto fra gruppi industriali pri-
vati (la Edison e, per la propulsione navale, la Fiat) e pubblici (ENI ed IRI), ma
nell’ambito di questi ultimi si è registrata un’ulteriore concorrenza nella scelta del ti-
po di reattore: di origine inglese quello di Latina (ENI); di origine americana quello
di Garigliano (IRI). Alla base di questa seconda tipologia di concorrenza, esistevano
senza dubbio motivazioni di opportunità politica generale, ma anche di natura più
strategica: il reattore inglese utilizzava uranio naturale. Non subiva, quindi, le limita-
zioni dei reattori di origine americana, alimentati da uranio arricchito e, quindi, su-
bordinati alla disponibilità di tale materiale che, all’epoca, era monopolio statunitense
225 F. IPPOLITO, Il progetto ENSI, il Globo 15 novembre 1957, p. 47.226 B. CAIZZI, Storia dell’Industria Italiana, UTET, Torino 1965, p. 165 ss.227 Ciascuno dei tre gruppi industriali menzionati – quello privato Edison e i due pubblici IRI ed ENI –
si poneva l’obiettivo di conquistare una posizione di forza in un campo, quello nucleare, cheall’epoca era ritenuto strategico per la futura produzione elettrica. Verosimilmente, le dirigenze deitre gruppi si proponevano di imporre, per l’attuazione di un massiccio piano nucleare, la scelta della“loro” tipologia di centrale. Fu una scelta miope, che aprì un fronte interno al sistema filo-nucleare eindebolì, nei decenni successivi, il “fronte” pro-nucleare – e il suo lobbismo - rispetto a quello anti-nucleare.
101
ed era soggetto a rigorosi controlli degli USA, sempre più timorosi della possibilità di
proliferazione nucleare anche fra i loro più stretti alleati, con conseguente perdita
dell’egemonia del nucleare militare e quindi nell’Alleanza Atlantica. E’ stato di que-
gli anni, infatti, l’accordo franco-italo–tedesco (Chaban Delmas, Taviani e Strauss)
sulla costruzione della “bomba atomica europea”, annullato dal generale de Gaulle
allorquando divenne nel 1958 presidente della Repubblica francese.228
Le pressioni lobbistiche esercitate in relazione a posizionamenti di varia natura
nel campo dell’industria nucleare – privati / pubblici, filo americani / filo inglesi, pro
/ contro nazionalizzazione dell’energia elettrica, a favore dei reattori ad acqua bollen-
te o ad acqua pressurizzata o a gas, a favore o contro lo sviluppo di una filiera nazio-
nale – hanno portato ad una notevole dispersione di sforzi sul piano sia tecnico che
economico. Inoltre, hanno impedito che si realizzasse una strategia condivisa sul pia-
no nazionale, sufficientemente forte per pervenire a risultati concreti per l'affermazio-
ne del nucleare, da poter contrapporre alle azioni prima della lobby del petrolio e poi
degli antinuclearisti che sarebbero progressivamente nate e cresciute con il passare
degli anni. Tale frammentazione, effetto dell’intrusione della politica nelle scelte tec-
niche ed economiche, determinò disorientamento nell’opinione pubblica e aumenti di
costi.
Anche l’azione del lobbismo pro-nucleare si è frammentata, nella competizione
fra i produttori stranieri di centrali (e rispettivi governi) e i grandi gruppi italiani che,
con il nucleare, perseguivano anche obiettivi di prestigio, attraverso collaborazioni
internazionali qualificanti229, e si appoggiavano sempre maggiormente ai loro referen-
ti politici.
Dal canto suo, la ricerca scientifica e tecnologica, costituiva un mondo sempre
più a sé, non dando alcun seguito collaborativo alle iniziative industriali: il CNRN
228 F. CALOGERO e G. TENAGLIA, Una bomba atomica europea?, Galileo – Giornale di Scienza,Dicembre 1996, http://www.galileonet.it/articles/4c32e1225fc52b3adf00065a.
229 Occorre, inoltre, ricordare che i principali gruppi manifatturieri nazionali interessati allo sviluppodel settore nucleare (Ansaldo e Breda) operavano già all’epoca e per le tecnologie convenzionali pre-valentemente su licenze americane della General Electric e della Westinghouse. Il sistema nucleareamericano disponeva dunque di una fortissima capacità di pressione per orientare le scelte in favoredella tecnologia made in USA.
102
pur avendo partecipato agli studi che avevano portato alla scelta del reattore america-
no General Electric per la centrale del Garigliano, allorché si trasformò nel CNEN
(1960) privilegiò – con una logica per la gran parte velleitaria e con ricerche di effi-
mera durata - lo sviluppo autonomo di un tipo di reattore nazionale refrigerato “ad
organico” – denominato PRO – completamente diverso dai tre tipi di impianti adottati
dall’industria nazionale e che si andavano affermando come soluzioni impiantistiche
dominanti in campo internazionale.
Il CISE, dal canto suo, sviluppava un altro tipo di impianto nucleare, denominato
CIRENE, che non è mai entrato in funzione 230, non tanto per azione di antinucleari-
sti, ma per la competizione interna fra le varie fazioni (il termine sembra più proprio
di quello di “gruppi di pressione”) industriali e scientifiche.
3.4 I limiti dell’azione lobbistica
Durante il periodo sopra esaminato – che va dal 1955 al 1962, anno in cui si ha
la nazionalizzazione dell’industria elettrica – si era registrato in Italia il consolidarsi
di talune importanti realtà in campo nucleare, anche se tra loro spesso conflittuali e
sicuramente dispersive di sforzi e risorse. Tale situazione rifletteva la debolezza dello
Stato e delle istituzioni pubbliche in Italia, che impediva la costituzione di un organi-
smo che conferisse l’indispensabile unitarietà alle varie iniziative tecnologiche ed in-
dustriali, come fu invece in Francia il potente ed efficientissimo CEA (Commissariat
à l’énergie atomique).
Come si è visto, la ricerca tecnologica nucleare continuava ad articolarsi su due
principali organismi: quello privato, il CISE, e quello pubblico, il CNEN, che effet-
tuava ricerche in proprio, ma che anche alimentava con propri finanziamenti l’attività
del CISE, per la parte non finanziata dall’industria privata. La crescente competizione
fra CNEN e CISE, fu probabilmente il motivo per il quale il Prof. Felice Ippolito –
230Il Programma CIRENE, Notiziario CNEN, 3, 1973.
103
posto a capo dell’organismo pubblico – sostenne nel 1957 il transito del Centro di Ri-
cerche di ISPRA all’EURATOM, in modo da privare il CISE del suo braccio operati-
vo in campo nucleare e da neutralizzare la concorrenza che esso faceva al CNEN231.
Ippolito voleva trasformare il CNEN nell’unico soggetto propulsivo per lo sviluppo di
tutte le attività nucleari nazionali: infatti era sede di programmi di ricerca; era organo
di consulenza del governo per la definizione delle strategie nucleari; aveva un vertice
operativo particolarmente dinamico, basato sull’iniziativa e competenza del suo Se-
gretario Generale, Prof. Felice Ippolito, che poteva contare sulla collaborazione del
fisico italiano di maggiore esperienza ed autorevolezza, cioè del Prof. Edoardo Amal-
di. Per di più, Ippolito, dopo aver tentato inutilmente di farsi nominare Presidente e
Amministratore Delegato, era divenuto autorevole membro del Consiglio di Ammini-
strazione dell’ENEL, l'Ente costituito nel 1962 a seguito della nazionalizzazione
dell'energia elettrica.. Per Ippolito quella di Consigliere era una posizione di ripiego.
Ippolito dovette accettarla ob torto collo, rinunciando a quella di Presidente e AD,
che riteneva gli competesse sia per storia professionale, sia per l’impegno profuso
nella lunga battaglia politica che, con la nazionalizzazione, aveva sottratto il sistema
elettrico alle industrie private. Le sue ambizioni, la sua invadenza e i legami con il
PSI provocarono l’ostilità di parte del mondo politico ed ebbero conseguenze negati-
ve non solo per la sua persona, ma anche per lo sviluppo del nucleare in Italia.
Per quanto riguarda l’aspetto del lobbismo, l’attività in Italia delle industrie sta-
tunitensi General Electric e Westinghouse, per realizzare le centrali di Garigliano e
Trino, aveva trasferito al nostro Paese, adattandole beninteso alle sue peculiari condi-
zioni, le modalità di sensibilizzazione dei poteri pubblici che tanto successo stavano
conseguendo negli USA, dove la costruzione di centrali nucleari procedeva in modo
accelerato. L’azione di quelli che a posteriori sono stati battezzati “lobbisti pronuclea-
ri” era connessa principalmente agli interventi dei suddetti gruppi industriali america-
ni e dei produttori elettrici nazionali che si erano dotati di reattori nucleari (Edison,
231 U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Seconda edizione, Edizio-ni 21mo Secolo, Milano, 2012, pp. 70-73 e 77-79.
104
IRI, ENI) ognuno dei quali aspirava ad aver un posizionamento rilevante nel quadro
che si andava delineando nel costituendo sistema elettrico di stampo monopolistico.
Nel clima della nazionalizzazione elettrica, in Italia si sviluppò ad un certo punto
anche un’azione lobbistica di contrapposizione tutta interna al nascente comparto nu-
cleare volta ad ostacolare l’iniziativa privata e a favorire quella pubblica. Tanto Felice
Ippolito, Segretario generale del CNRN-CNEN, quanto Emilio Colombo, Ministro
dell’Industria pro-tempore, e come tale Presidente del CNRN-CNEN, fecero quanto
era in loro potere per ostacolare la realizzazione della centrale Edison di Trino. Tanto
che nel settembre 1963 l’Espresso scrisse quanto segue 232: “Quando il Consiglio dei
Ministri, nei primi giorni di agosto, ha approvato un provvedimento per la naziona-
lizzazione delle fonti d’energia elettronucleare, ha dovuto rilevare che questo decreto
poteva applicarsi solo alle prime due centrali e non alla terza, perché la centrale
Edison ufficialmente non esiste. Per quattro anni Emilio Colombo s’era infatti rifiu-
tato di dare alla Edison l’autorizzazione ufficiale per la costruzione degli impianti di
Trino”.
Nel corso del dibattito sul caso Ippolito che si svolge al Senato fra il 25 settem-
bre e il 2 ottobre 1963, il senatore del MSI Gastone Nencioni dichiara233: “Vi è una
situazione veramente abnorme e cioè che (…) l’autorizzazione da parte del presiden-
te del CNEN, ministro dell’industria, non è stata ancora data, tanto che il credito
dell’Import-Export Bank, 40 milioni di dollari, è ancora inutilizzato in attesa
dell’autorizzazione del Ministro dell’industria e presidente del CNEN”.
Nella seduta del 2 ottobre 1963 il senatore del PCI Pietro Montagnani Marelli
conclude così a proposito della centrale di Trino234:“Orbene, onorevoli colleghi, ono-
revole ministro, quella centrale non ha avuto nessuna autorizzazione ministeriale o di
altro tipo (…) Che in Italia potesse sorgere una centrale elettronucleare fantasma,
232 L’Espresso, 8 settembre 1963.233 U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Collana Storia della
Scienza, Seconda Edizione, Edizioni 21mo Secolo, Milano, 2012, pp. 87-89.234Senato della Repubblica, IV Legislatura, Resoconto stenografico della seduta del 2 ottobre 1963.
http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/425515.pdf
105
clandestina, come una zecca di falsari o una distilleria notturna di grappa, proprio io
non l’avrei mai immaginato”.
E così la centrale di Trino, pagando lo scotto di essere l’unica realizzata
dall’impresa privata nell’infuocato clima della nazionalizzazione elettrica, fu la prima
ad essere progettata e ordinata ma l’ultima ad essere avviata, non avendo mai ricevuto
l’autorizzazione alla costruzione e avendo potuto contare solo in extremis sul finan-
ziamento Eximbank.
La vischiosità amministrativa e la frammentazione del sistema italiano, impediva
peraltro la costituzione di un raggruppamento che potesse essere propriamente deno-
minato lobby. Nonostante le pressioni dell’IRI e del gruppo Ansaldo, occorrerà infatti
attendere vari anni, perché da parte dell’ENEL venisse decisa nel 1968 la costruzione
di un’altra centrale, quella di Caorso235.
I ritardi e le incertezze che si manifestarono, derivarono non dall’azione degli an-
ti-nuclearisti, ma dalle frammentazione e conflittualità interna – sia istituzionale che
personale – del “mondo pro-nucleare”. Anche l’azione della “lobby petrolifera” fu
all’inizio sostanzialmente marginale, sebbene con la scomparsa di Mattei, l’entrata in
esercizio delle prime tre centrali nucleari in Italia, il rafforzamento del ruolo istituzio-
nale del CNEN e la maggiore visibilità ed influenza acquisita sul piano internazionale
dalle attività nucleari italiane e, nella politica interna, l’attivismo – per parte della po-
litica, sempre più ingombrante - del prof. Ippolito, stimolarono il sorgere di talune
preoccupazioni sul nucleare in Italia e sulle sue conseguenze negli equilibri politici.
Tali preoccupazioni non riguardavano il fatto che un consistente sviluppo del nuclea-
re potesse determinare conseguenze rilevanti sui consumi petroliferi. Quello che i pe-
235 Se si considerano altri eventi intervenuti nel periodo qui analizzato – quali la firma del TrattatoEURATOM nel 1957; la realizzazione a Ispra, ad opera del CISE e del CNRN, del primo grandereattore di ricerca in territorio italiano; la successiva creazione, sempre a Ispra, del principale Centrodi ricerca comunitario in campo nucleare; la realizzazione di alcune importanti infrastrutture nelcampo della fisica nucleare, quale in particolare l’elettrosincrotrone di Frascati ad opera dell’IFN –appare evidente la significatività che l’Italia aveva assunto nel più generale panorama, non soltantoeuropeo, delle attività pacifiche nucleari. Le tre centrali nucleari italiane fecero, per qualche mese, fi-gurare l’Italia in terza posizione – dopo USA e Regno Unito e prima della Francia – nella classificamondiale dei produttori di energia elettrica nucleare.
106
trolieri temevano maggiormente era che lo sviluppo del nucleare – che tanto consenso
trovava nell’opinione pubblica – potesse creare un clima ostile al petrolio, con conse-
guente contrazione nel rilascio dei permessi di raffinazione e sul lucroso commercio
dei relativi prodotti. Non si sa comunque se sia vero che la lobby petrolifera abbia de-
terminato la “defenestrazione” di Ippolito, come quest’ultimo ha affermato in più oc-
casioni 236. Un dubbio su tale circostanza è comunque lecito.
Nell’agosto del 1963, all’apice del percorso di Ippolito quale scienziato, tecnolo-
go e commis di Stato, si aprì una campagna di stampa contro di lui iniziata dal leader
social-democratico Giuseppe Saragat. Per quanto non annoverasse trascorsi in campo
scientifico ed economico, Saragat pervenne a conclusioni negative sulla economicità
dell’elettronucleare. Utilizzò una slogan di grande effetto propagandistico, dichiaran-
do, alquanto disinvoltamente, che costruire una centrale nucleare era come “costruire
una segheria che consuma legno per produrre segatura” 237. L’attacco di Saragat fu
via via più centrato sulla figura di Ippolito, accusato di essere dilapidatore di fondi
pubblici e indebito occupante di troppe “poltrone”. Le accuse trovarono accoglimento
nel Ministro dell’Industria dell’epoca, il democristiano Giuseppe Togni, che con ra-
pidi provvedimenti dispose l’estromissione di Ippolito sia dal CNEN, dove ricopriva
la carica di Segretario Generale con poteri decisamente estesi, che dall’ENEL di cui
era membro del Consiglio di Amministrazione238. La magistratura, a sua volta, inter-
venne con inconsueta solerzia, determinando prima l’arresto e poi la condanna di Ip-
polito per aver effettuato, per motivi privati, un viaggio con macchina dello Stato a
Cortina d’Ampezzo 239.
A partire dal 1963, per il nucleare italiano iniziò un periodo di letargo. Il CNEN
divenne impotente ed il suo ingente patrimonio umano e infrastrutturale andò in parte
disperso o in parte indirizzato su programmi ancor più disaccoppiati di prima dalla
236 F. IPPOLITO, F. SIMEN, La questione energetica, Feltrinelli 1974, pp. 6 ss.237Elettricità ed energia nucleare, editoriale di Il Corriere della Sera, 11 agosto 1963.238 Molto verosimilmente – pur senza voler fare “dietrologia” – tali eventi vanno inquadrati nel clima
della lotta politica italiana, caratterizzata dall’avvento del centrosinistra e dalla volontà della DC dicontenere il potere del PSI.
239 U. SPEZIA, Italia Nucleare. Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Seconda edizione, pp. 98-109, Edizioni 21mo Secolo, Milano, 2012, pp. 98-102.
107
domanda e dalle esigenze industriali. Perse, senza poi mai più riconquistarlo, il ruolo
di cerniera fra ricerca applicata e industria e di potenziale interlocutore dell’ENEL nel
campo dell’utilizzazione dell’energia nucleare.
L’industria, in particolare quella pubblica facente parte dell’IRI, continuava in-
vece la sua azione di sensibilizzazione della politica perché fosse varato un esteso
programma elettronucleare. Quella privata, che come detto aveva l’Edison quale ca-
pofila, abbandonò forzatamente, intervenuta la nazionalizzazione elettrica, il suo inte-
resse per la produzione elettronucleare, investendo in altri settori – come ad esempio
la nascente industria petrolchimica – le ingenti somme incassate a seguito della na-
zionalizzazione elettrica.
L’ENEL, monopolista elettrico, procedeva con estrema cautela in campo nuclea-
re, anche quando vi veniva sollecitato dal governo 240. Sulle sue decisioni pesavano
negativamente due fattori occulti: la spinta dei petrolieri perché l’ENEL realizzasse
centrali a gasolio, prodotto secondario della raffinazione del petrolio che altrimenti
non si sarebbe saputo come utilizzare, e i finanziamenti che, attraverso il commercio
internazionale del petrolio, cominciarono a giungere ai partiti politici italiani, prima
con versamenti diretti e poi con versamenti estero su estero 241.
Solo nel 1968, l’ENEL decise la costruzione della quarta centrale italiana, quella
di Caorso, e dopo altri cinque anni – quando ormai i movimenti antinucleari stavano
crescendo anche in Italia – quella della centrale di Montalto di Castro. Ma ormai il
“periodo d’oro” del nucleare in Italia era passato, nonostante alcuni “colpi di coda”,
240 Ciò malgrado vi fosse una situazione particolarmente favorevole al nucleare sia sul piano politicoche nell’opinione pubblica. La quasi totalità dei partiti rappresentati in Parlamento, da destra a sini-stra, era favorevole allo sviluppo del nucleare. L’opinione pubblica non ostacolava in alcun modol’installazione di infrastrutture nucleari. I movimenti ecologisti anti-nucleari erano ancora lungidall’acquisire una visibile rappresentatività e forza di mobilitazione. Lo dimostra il fatto che, cometitolo di merito, le bottiglie di acqua minerale riportavano, dopo il loro nome, la frase “leggermenteradioattiva”.
241 Nel corso dei decenni, il finanziamento dei partiti politici attraverso i cosiddetti “fondi neri” petroli-feri è stato oggetto di molteplici accertamenti da parte della magistratura. I più rilevanti sono quellorelativo al cosiddetto “scandalo ENI-Petromin” negli anni Ottanta e quello che negli anni Novantaportò alla decapitazione dell’ENEL, con l’incriminazione per tangenti del presidente e di otto consi-glieri d’amministrazione (cfr. U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energeti-co, Collana Storia della Scienza, Seconda Edizione, Edizioni 21mo Secolo, Milano, 2012, pp. 272-278).
108
determinati in particolare dalle crisi petrolifere del 1973 e del 1979, causa di decisioni
di politica energetica talvolta prese “alla disperata”.
3.5 Dai Piani Energetici Nazionali degli anni Settanta al Referendum del 2011
Era opinione diffusa che una potente lobby petrolifero-politica avesse messo fi-
ne, nel 1963, alla prima fase di sviluppo nucleare in Italia, determinando
l’incriminazione e la condanna al carcere del Prof. Felice Ippolito, personaggio di
spicco che, come detto, costituiva il più forte sostenitore di un ampio programma elet-
tronucleare nazionale. Dopo dieci anni, la prima grave crisi petrolifera indusse il go-
verno italiano a decidere un ambizioso programma di costruzione di nuove centrali.
Nell’ottobre del 1973, scoppiò la “Guerra dello Yom Kippur” e l’esercito egiziano at-
traversò il canale di Suez per essere poi disastrosamente respinto da Israele242. Quale
reazione al sostegno che in tale occasione americani ed europei diedero a Israele, i
Paesi arabi produttori di petrolio, raggruppati nel cartello OPEC243, minacciarono ed
in parte attuarono una forte limitazione delle esportazioni agli Stati che più avevano
sostenuto Israele. Aumentarono, poi, del 400% il prezzo del greggio, determinando,
con la fine del “petrolio a basso prezzo”, la fine della vigorosa crescita economica del
mondo occidentale.
In vari Paesi occidentali, in particolare in quelli caratterizzati da una forte dipen-
denza energetica dall’estero, si guardò con interesse all’atomo anche in considerazio-
ne delle buone prestazioni delle centrali elettronucleari che, nel frattempo, erano en-
trate in funzione in numero significativo, soprattutto negli Stati Uniti. L’Italia risenti-
va particolarmente della precarietà del proprio approvvigionamento energetico: nel
1974 era dipendente dall’estero per circa l’80% del proprio fabbisogno energetico
globale e per il 95% di quello petrolifero.
242R. S. LIVERANI, La guerra dello Yom Kippur e la crisi petrolifera,http://www.storico.org/Lo%20Stato%20d'Israele/Kippur.htm.
243 C. JEAN, Geopolitica del mondo contemporaneo, Laterza, Roma-Bari, 2012, p. 77-81.
109
Si entrò, quindi, nell’epoca dei grandi “Piani Energetici” governativi, le cui at-
tuazione in campo elettrico era affidata all’ENEL, monopolista elettrico.
All’inizio del 1975, accanto alle tre centrali nucleari in esercizio e a quella in co-
struzione a Caorso, l’ENEL ordinò altre 4 centrali nucleari dalla potenza installata di
1.000 MWe ciascuna, prevedendone l’ubicazione nell’Alto Lazio e nel Molise. A me-
tà dello stesso anno, il Governo varava il primo Piano Energetico Nazionale (PEN),
che veniva approvato nel dicembre dal Comitato Interministeriale per la Programma-
zione Economica (CIPE). Il documento, in seguito denominato “Piano DonatCattin”
dal nome del Ministro dell’Industria dell’epoca, prevedeva un rapido sviluppo del
contributo dell’energia nucleare alla copertura dei fabbisogni elettrici nazionali. Esso,
dal 2,3% del 1974, avrebbe dovuto progressivamente passare al 10,8% nel 1980, al
39,5/43,7% nel 1985 e ben al 63,6/66,8% nel 1990244. Per raggiungere tale obiettivo,
il PEN prevedeva che, nel 1990, la potenza degli impianti nucleari in servizio fosse
compresa fra un minimo di 46.000 MWe245a un massimo di 62.000 MWe. In pratica,
entro il 1990, si sarebbero dovute costruire tra 45 e 60 reattori nucleari ciascuno della
potenza di 1.000 MWe246.
Dal 1975 al 1986, si registrarono vari eventi che modificarono grandemente gli
obiettivi del PEN di Donat Cattin, che fu revisionato su basi più realistiche. Il PEN
predisposto nel marzo 1986, che già incorporava l’avvenuta entrata in funzione nel
1981 della centrale di Caorso (840 MWe), si limitava a prevedere il completamento
della centrale da 2.000 MWe già in costruzione a Montalto di Castro e la realizzazio-
ne di un'altra, anch’essa da 2.000 MWe a Trino. Prevedeva, inoltre, la localizzazione,
244 “Piano Energetico Nazionale presentato al CIPE in data 29 luglio 1975 e delibera del CIPE del 23dicembre 1975, n. 229”, CNEN, Aprile 1976.
245MWe sta per “mega watt elettrici”, ovvero milioni di watt elettrici.246 Determinante sulla decisione governativa fu l’esempio della Francia che, a ritmi accelerati e con
estrema determinazione, stava costruendo una sessantina di reattori, con l’obiettivo di soddisfare conil nucleare l’80% del fabbisogno elettrico nazionale. Nel PEN del 1975, venivano anche confermateo avviate alcune importanti collaborazioni internazionali, in particolare con la Francia, relative ad at-tività in campo nucleare, quali la partecipazione dell’ENEL alla realizzazione della centrale Super-phenix di Creys-Malville, la prima grande centrale nucleare appartenente all’innovativa filiera dei“reattori veloci” e la partecipazione del CNEN e dell’ENI alla realizzazione di EURODIF, primogrande impianto europeo di arricchimento dell’uranio.
110
entro il 1986, di una centrale da 2000 MWe in Lombardia e di un’altra di analoga po-
tenza in Puglia. Nella migliore delle ipotesi, quindi, il numero degli impianti fissato
nel PEN di Donat Cattin, veniva radicalmente ridimensionato. Tenendo conto infatti
dei tempi di costruzione, nel 1990 si potevano avere in funzione al massimo 3.000
MWe e cioè un ventesimo degli ambiziosi obiettivi previsti.
La “disinvoltura” con cui il governo modificava le proprie valutazioni sul nu-
cleare – in uno con il risveglio dell’antinuclearismo pacifista, mobilitatosi contro il
programma NATO di installazione degli euromissili in Europa (per l’Italia a Comiso)
– contribuì ad alimentare l’opposizione anche contro il nucleare civile, divisa in di-
versi filoni, ciascuno portatore di specifiche motivazioni.
C’era innanzitutto una contestazione di cui si faceva portatrice in Italia la frazio-
ne antinucleare più intellettuale – che sarebbe riduttivo qualificare “lobbismo” – la
quale si rifaceva alle esperienze maturate in USA, avvalendosi anche del supporto che
cominciava ad arrivare dai vari movimenti ambientalisti, in particolare da quelli sem-
pre più attivi in Germania. Sembra interessante riportare integralmente il testo del
“Manifesto” sottoscritto da autorevoli personalità e pubblicato nel marzo 1976 da
“Italia Nostra”, una tra le prime associazioni ambientaliste italiane. L’interesse non è
“storico”. Infatti, il documento costituisce tuttora un riferimento a cui attingono nella
loro azione di propaganda e pressione gli anti-nuclearisti247:
“Di fronte ai programmi di sviluppo della produzione di energia nucleare
adottati dalle pubbliche autorità, che prevedono, entro il 1985, la costruzione di 20
centrali nucleari da 1.000 megawatt, i sottoscritti chiedono l’appoggio e l’impegno
di tutti sulla seguente dichiarazione:
1. L’energia elettrica ottenuta per via nucleare non è né economica, né pulita né
sicura.
2. Le valutazioni della presunta convenienza economica sono state fatte sulla
base dei costi degli impianti non aggiornati che non tengono conto delle spese
247 V. BETTINI, G. NEBBIA, Il nucleare impossibile, UTET 2009, pp. 74 ss.
111
necessarie per la custodia e lo smaltimento dei residui radioattivi e degli im-
pianti da eliminare al termine della loro vita operativa.
3. La scelta nucleare proposta condanna ugualmente l’Italia ad una dipendenza,
inevitabile in ogni grande processo produttivo, da capitali stranieri e da bre-
vetti, forniture e tecnologia, detenuti da pochi gruppi monopolistici, con tutte
le conseguenze politiche che ne derivano; tale scelta crea, condizioni peggiori
di quelle attuali di dipendenza da combustibili tradizionali che almeno sono
intercambiabili fra loro e possono essere acquistati su mercati diversi.
4. La scelta nucleare implica altresì rischi di incidenti catastrofici di portata e
scala imprevedibili, che possono essere determinati anche da sabotaggi; va-
riazioni climatiche ed alterazione agli ecosistemi naturali, che possono deri-
vare dal grave inquinamento termico; la produzioni di crescenti quantitativi
di prodotti radioattivi altamente pericolosi e difficilmente conservabili in ma-
niera sicura.
5. Alcuni di questi prodotti radioattivi costituiscono la materia prima per le
bombe atomiche cosicché la scelta nucleare contribuisce alla diffusione degli
armamenti e alla instabilità internazionale contraria agli interessi della pace.
6. I problemi prioritari dell’occupazione non trovano alcuna soluzione per la
semplice moltiplicazione dei consumi e con la produzione di grandi quantità
di energia, che favorisce lo spreco e lo sviluppo di industrie ad alto impiego
di capitale e di energia per addetto. Tutti questi problemi sono tenuti nascosti
nel programma energetico nazionale, impedendo alla popolazione di assume-
re una chiara coscienza dei rischi, delle conseguenze e delle possibili alterna-
tive che sono connesse alla politica energetica in corso.
Pertanto, i sottoscritti chiedono che le ipotesi di sviluppo del consumo di ener-
gie vengano rivedute, tenendo conto delle maggiori possibilità di occupazione offer-
te da una politica di risparmio dell’energia e dopo aver chiarito come, cosa si in-
tende produrre e per chi. Domandano infine che venga sospesa l’approvazione del
112
programma nucleare e che gli altissimi investimenti previsti per le centrali nucleari,
ben più alti di quelli indicati alla opinione pubblica, vengano utilizzati in opere
pubbliche ad alto impiego di mano d’opera, con priorità per i servizi collettivi rela-
tivi alla difesa del suolo e alla riforestazione, all’educazione, alla salute, alle abita-
zioni e vengano impiegati per ricerche diretta alla migliore utilizzazione e al ri-
sparmio dell’energia disponibile e all’impiego di fonti di energia alternative.”
Più concreta e finalizzata ad ostacolare la costruzione di centrali nucleari, fu
l’azione progressivamente sviluppata da parte di movimenti locali248. Tale azione che
ha aumentato la sua intensità via via che – passando dal livello nazionale a quello lo-
cale – maturava la procedura di localizzazione degli impianti. Ne sono tuttora dimo-
strazione visibile i cartelloni “Comune Denuclearizzato” posti all’entrata di vari co-
muni italiani. Gran parte delle Regioni avevano fino ad allora tenuto un atteggiamen-
to positivo nei riguardi delle programmate installazioni nucleari. I Comuni viceversa,
con la costante pressione di associazioni ambientaliste, manifestavano una crescente
opposizione, attraverso delibere dei consigli comunali, dimostrazioni, marce ed anche
referendum locali 249.
L’effetto combinato dei ripensamenti governativi e delle azioni di contestazione
antinucleare bloccarono di fatto l’ambizioso programma governativo annunciato nel
1975, anche nella sua forma grandemente ridimensionata. L’attuazione del program-
ma già soffriva di vischiosità di varia natura, peculiari del sistema Italia, quali in par-
ticolare la proliferazione di industrie candidate alla costruzione, ma non possedenti le
qualificazioni necessarie, ma solo pretese di partecipare alle commesse pubbliche;
lungaggini negli iter autorizzativi presso l’Autorità di controllo centrale; precarietà
dei Governi e conseguenti avvicendamenti del management delle imprese, dato il ruo-
248 U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Seconda edizione, Edizio-ni 21mo Secolo, Milano, 2012, pp. 135-143.
249 A partire dagli anni Novanta, tale azione acquisì a mano a mano maggiore forza per due cause fon-damentali. Primo: la crisi del sistema politico italiano, fino allora costituito da grandi partiti con ro-buste ramificazioni su tutto il territorio, le quali attenuavano i contrasti fra centro e periferia. Secon-do: la modifica del Titolo V della Costituzione, che stabilì una competenza concorrente fra Stato eRegioni, bloccando in pratica la costruzione delle grandi opere di interesse nazionale.
113
lo centrale che l’industria di Stato (ENEL compreso) giocava nell’attuazione del pro-
gramma. In sostanza, la proliferazione di “lobbismi contrapposti” all’interno del
campo pro-nucleare finì per bloccare ogni iniziativa.
La costruzione della centrale di Caorso, ebbe uno sviluppo travagliato, non tanto
per gli interventi delle lobbies antinucleari e i “girotondi” organizzati attorno al reat-
tore “Arturo”, quanto per i lobbismi contrapposti, data l’accanita competizione indu-
striale e politica volta a garantirsi la maggior quota possibile delle subforniture, non-
ché per difficoltà tecniche derivanti anche da incertezze circa le qualificazioni nuclea-
ri delle imprese coinvolte nella costruzione. Richiese, infatti, circa dodici anni per en-
trare in funzione dopo la decisione di costruirla, il doppio di quanto inizialmente pro-
grammato250.
In concomitanza della costruzione della quinta centrale – quella di Montalto di
Castro – che era stata avviata nel 1978, le lobbies antinucleari misero a punto
un’articolata ed efficiente azione di disturbo che coinvolse maestranze, poteri politici
locali ed ambienti scientifici e giudiziari. Il risultato di questa azione di disturbo fu
l’aumento dei costi e l’allungamento dei tempi di costruzione. E’ però ragionevole ri-
tenere che si sarebbe comunque arrivati al completamento della centrale, considerato
che il partito pro-nucleare prevaleva ancora nettamente, potendo contare anche sul so-
stegno indiretto datogli dall’imponente programma elettronucleare della Francia e
sulle preoccupazioni per una nuova crisi petrolifera. Ma il disastro di Chernobyl del
1986 e, nel 1987, i risultati del referendum sulla sospensione delle attività nucleari
italiane, rovesciarono tale situazione. L’anti-nuclearismo prevalse nettamente, anche
per una certa timidezza dimostrata dagli appartenenti alla lobby nucleare – politica,
scientifica e industriale – e per le divisioni esistenti in essa e nello stesso governo.
250 Attorno al cantiere della centrale di Caorso ebbero luogo le prime manifestazioni antinucleari dimassa, promosse da Legambiente, allora capeggiata dal Dott. Chicco Testa che, successivamente, daantinuclearista radicale, divenne uno dei più influenti sostenitori, nel primo del decennio del XXIsecolo, del ritorno al nucleare dell’Italia.
114
3.6 Il disastro di Chernobyl e il Referendum del 1987 con la sospensione del nu-
cleare in Italia
Come visto in precedenza, dopo un relativamente autonomo procedere in campo
elettronucleare con la realizzazione di centrali di diversa tipologia, a partire
dall’inizio degli anni '70 la scelta nazionale – sancita nel PEN del 1975 – si indirizzò
verso gli impianti di tecnologia americana. Certamente, influirono al riguardo anche
pressioni politiche di Washington, in un periodo in cui la politica italiana era indebo-
lita dalla sua notevole turbolenza.251
Nel marzo del 1979, la centrale americana di Three Mile Island, in Pennsylvania,
subì un incidente al termine dei quali l’impianto risultò inutilizzabile. Le conseguenze
per le maestranze (tre operai lievemente irraggiati) e per l’ambiente furono sostan-
zialmente nulle. Ma esso fu cavalcato dalla lobby antinucleare americana che non esi-
tò a drammatizzarne le conseguenze radiologiche ed ambientali con dati ampiamente
diffusi a livello internazionale. Successive indagini dimostrarono che tali dati erano
stati artatamente ingigantiti anche più di 100 volte.
Le oltre 100 centrali elettronucleari già in esercizio negli USA, alcune delle quali
sostanzialmente "gemelle", per tecnologia e modalità gestionali, di quella incidentata
di Three Mile Island, continuarono a funzionare252. Ma l’effetto psicologico
dell’evento fu molto profondo253. Inoltre, a seguito dell’incidente le autorità di con-
trollo americane imposero costose misure di sicurezza aggiuntive, spesso ridondanti
rispetto a quelle già esistenti, con conseguente aumento dei costi dell’energia elettro-
nucleare. Ciò, unitamente al successivo crollo del prezzo internazionale del petrolio,
determinò le maggiori conseguenze negative sul successivo sviluppo elettronucleare
americano. Entrambi i fatti determinarono, comunque, una diminuzione dell’interesse
251 U. SPEZIA, Italia Nucleare, cit. p. 69.252 U. SPEZIA, Italia Nucleare, cit. pp. 116 ss.253 Appena prima del verificarsi dell’incidente di Three Mile Island era comparso il film “Sindrome
cinese”, che descriveva in modo drammatico le conseguenze della fusione di un nocciolo di un reat-tore atomico, insistendo in particolare sull’egoismo della società di gestione della centrale, pronta asacrificare la sicurezza della popolazione si suoi profitti economici. Tale argomento è ricorrente intutte le contestazioni antinucleari.
115
dell’industria elettrica americana, tutta basata sull’iniziativa privata e sulla massimiz-
zazione del profitto.
Le conseguenze dell’incidente furono pesanti anche per lo sviluppo nucleare ita-
liano, sia perché ingigantite dall’ancora embrionale, ma virulenta lobby antinucleare
nazionale, sia perché fornirono un’ottima scusa al sistema autorizzativo italiano – già
caratterizzato da una cultura fortemente burocratizzata e iper-garantista – per accen-
tuare il suo già marcato immobilismo decisionale, riguardo sia alle centrali già ope-
ranti, sia a quelle di cui si era avviato o si pensava di avviare la realizzazione.
La lobby pro-nucleare, sostenuta dai numerosi costruttori che si erano candidati a
realizzare il Piano di Donat Cattin, e praticamente abbandonata dal mondo scientifico,
reagì al clima sfavorevole che si stava creando in conseguenza dell’incidente di Three
Mile Island, organizzando a Venezia una “Conferenza nazionale sulla sicurezza nu-
cleare”254. L’iniziativa ebbe un risultato apparentemente favorevole alla prosecuzione
del programma nucleare italiano.
La lobby antinucleare, inserendosi anche nel clima di contestazione sociale che
andava manifestandosi in quegli anni in Italia, intensificò progressivamente la propria
azione, avendo come obiettivo il blocco del Piano nucleare del Governo. Un signifi-
cativo risultato di immagine fu conseguito nell’aprile del 1985, con una manifesta-
zione nazionale promossa da Legambiente contro il Piano in questione, fu caratteriz-
zata da largo seguito ed ampia risonanza mediatica. Le tecniche del lobbismo dei pro-
e degli anti-nuclearisti differivano grandemente. I primi facevano appello a conside-
razioni scientifiche e a dati di beneficio, costo e rischio. I secondi a manifestazioni di
piazza, privilegiando gli aspetti emotivi e simbolici, anche se miglioravano progressi-
vamente la loro preparazione tecnico-scientifica.
La lobby antinucleare, che già incontrava concrete testimonianze di riconosci-
mento ed apprezzamento anche negli ambienti meno ideologicamente impegnati
nell’ecologismo, ricevette un poderoso sostegno dal gravissimo incidente verificatosi,
a fine aprile 1986, in un reattore della centrale ucraina di Chernobyl. Per il concate-
254 ENEL, Conferenza Nazionale sulla Sicurezza Nucleare, Venezia, 26-27 gennaio 1980.
116
namento di diverse inadeguatezze – tecniche, normative, gestionali – portò alla di-
struzione del reattore con una rilevante contaminazione radioattiva e la perdita di un
numero di vite umane oscillante, secondo gli studi svolti dall’ONU, fra le 59 e le 560
unità, mentre circa 4.000 cittadini irraggiati dovettero essere sottoposti a cure medi-
che 255.
L’incidente di Chernobyl portò in Italia alla raccolta di firme per un Referendum
dichiaratamente antinucleare. Esso comprendeva i tre seguenti quesiti, di cui i primi
due abrogativi di alcuni commi di una legge relativa alla localizzazione di impianti
elettro-produttori ed il terzo abrogativo di una norma relativa allo statuto dell’ENEL:
1. Volete che venga abrogata la norma che consente al CIPE di decidere sulla lo-
calizzazione delle centrali nel caso in cui gli enti locali non la decidano entro
tempi prestabiliti?256
2. Volete che venga abrogato il compenso ai comuni che ospitano centrali nu-
cleari o a carbone?257
3. Volete che venga abrogata la norma che consente all’ENEL di partecipare ad
accordi internazionali per la costruzione e la gestione di centrali nucleari
all’estero?258
L’opinione pubblica subì l’incalzante martellamento dei media, che contribuiro-
no a drammatizzare il disastro del reattore di Chernobyl, di fronte alla timidezza di-
mostrata dalla comunità scientifica e da una parte del mondo politico e industriale,
255 IAEA (International Atomic Energy Agency), Chernobyl’s Legacy: Health, Environmental and So-cio-Economic Impacts and Recommendations to the Governments of Belarus, the Russian Federationand Ukraine, The Chernobyl Forum: 2003-2005, Second revised version, Vienna, 2006.http://www.iaea.org/Publications/Booklets/Chernobyl/chernobyl.pdf
256 Legge 10 gennaio 1983, n.8 – Procedura per la localizzazione delle centrali elettronucleari e la de-terminazione delle aree suscettibili di insediamento, prevista dal 13° comma dell'articolo unico dellalegge.
257 Legge 10 gennaio 1983, n. 8 – Norme per l'erogazione di contributi a favore dei Comuni e delleRegioni sedi di centrali elettriche alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi, previste daicommi 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12 dell’articolo unico della legge.
258 Legge 18 dicembre 1973, n. 856 – Modifica all'art. 1, comma settimo, della legge 6 dicembre 1962,n. 1643, sull'istituzione dell'Ente nazionale per l'energia elettrica.
117
verosimilmente per motivi che non avevano nulla a che vedere con il nucleare, ma
con le previsioni di attribuzione degli appalti, oltre che con la lotta politica interna.
La percezione degli effetti dell’incidente fu ingigantita mediaticamente dalla col-
locazione geografica e politica dell’Ucraina e dalla mancanza di trasparenza
nell’informazione istituzionale sovietica. In Italia, contribuì la carenza di informazio-
ne istituzionale e la divergenza delle valutazioni fra il Ministero della Protezione Ci-
vile e quello della Sanità. Si determinarono fenomeni di vero e proprio panico, certa-
mente strumentalizzati – se non provocati – dalla propaganda anti-nucleare. Dalle
bottiglie di acqua minerale scomparve la scritta “Debolmente radioattiva”. In un certo
senso paradossalmente gran parte della popolazione cessò di bere l’acqua degli ac-
quedotti, scarsamente radioattiva, per consumare solo acqua minerale, che essendo
un’acqua di origine profonda è necessariamente radioattiva259.
I tentativi effettuati dagli oppositori al referendum – in particolare dall’AREL di
Andreatta, Prodi, Clò, ecc.) – non conseguirono alcun effetto. Il governo si spaccò nei
due campi, con il PSI che si schierò decisamente dalla parte degli antinuclearisti. Una
nuova manifestazione nazionale, indetta dalla lobby antinucleare a Roma nel maggio
1986, contro il Piano Energetico, registrò la massiccia partecipazione di tutto il varie-
gato mondo ambientalista, che non sempre si era trovato unito in precedenti occasio-
ni, diviso com’era fra i suoi allineamenti politici a destra e a sinistra.
Al contrario, il governo non trovò al suo interno la coesione necessaria: in parti-
colare, la componente socialista della maggioranza si schierò apertamente in favore
del Referendum, seguendo gli orientamenti che i gruppi Verdi sostenevano in Ger-
mania, dove peraltro non possedevano un seguito sufficiente per bloccare il consi-
stente programma nucleare che in quel Paese allora si stava sviluppando.
Il Ministro dell’Industria dell’epoca, il liberale Valerio Zanone – nel tentativo di
salvare il salvabile – organizzò una Conferenza sulla sicurezza nucleare, tenutasi a
Roma il 24 febbraio 1987. Nelle sue intenzioni, essa avrebbe dovuto abbassare il li-
259 U. SPEZIA, Italia Nucleare, cit. pp. 191 ss.
118
vello di emotività del confronto ed aumentare l’obiettività del dibattito260 in vista
dell’imminente Referendum. La conferenza mobilitò una consistente aliquota di
scienziati, politici, medici e giuristi appartenenti ai due campi dei favorevoli e dei
contrari al nucleare. Furono costituiti tre gruppi di lavoro. “Economia, energia e svi-
luppo”, presieduto dall’ex-governatore della Banca d’Italia, Paolo Baffi; “Fonti di
energia, ambiente e salute”, presieduto dall’oncologo Prof. Umberto Veronesi; e
“Aspetti normativi e istituzionali”, presieduto dal Prof. Leopoldo Elia. Pur con qual-
che incertezza, la conferenza si pronunciò tutto sommato a favore del nucleare. Non
fu però in grado di portare il discorso su di un piano puramente razionale né di influi-
re sugli esiti del referendum. Quest’ultimo, si tenne l’8 e 9 novembre 1987 e la mag-
gioranza dei votanti – dal 75 all’80% a seconda del quesito – si espresse a favore
delle abrogazioni richieste dai proponenti.
Ai risultati del Referendum del 1987, fu data un’interpretazione disomogenea re-
lativamente ai quesiti posti. Le risposte favorevoli all’abrogazione, date ai due quesiti
riguardanti la procedura di localizzazione di centrali nucleari sul territorio nazionale
furono estensivamente interpretate come ostilità popolare al nucleare in generale, de-
terminando di conseguenza sia interventi sul breve termine, sia una prolungata mora-
toria di ogni successiva iniziativa.
Una risoluzione parlamentare261, votata sul finire del 1987, impegnò il Governo:
a sospendere la costruzione della seconda centrale nucleare di Trino;
a procedere alla chiusura delle centrali di Latina e del Garigliano;
ad accertare la sicurezza di funzionamento degli impianti di Caorso e di Trino;
a verificare la convenienza economica della riconversione della centrale nu-
cleare di Montalto in corso di costruzione in centrale a combustibili fossili;
260 Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato, Conferenza Nazionale sull’Energia, Roma, 24-27 febbraio 1987, con relazioni anche del Prof. U. VERONESI; vds. anche U. SPEZIA, opera citata,pp. 193-218.
261 F.M. MARTINAZZOLI (DC), G. DE MICHELIS (PSI), A. DEL PENNINO (PRI), F. CARIA(PSDI), P. P. BATTISTUZZI (PLI), Risoluzione n. 6-00018 votata alla Camera dei Deputati il 17 di-cembre 1987. http://www.camera.it/_dati/leg10/lavori/stenografici/sed0065/sed0065.pdf#nav
119
ad attuare una moratoria di 5 anni per la costruzione di nuove centrali nuclea-
ri.
L’ENEL non si adeguò ai risultati del terzo quesito referendario, che sospendeva
la possibilità di cooperazioni internazionali. Avrebbe dovuto estendere la moratoria a
tutte le attività nucleari all’estero del gruppo, inclusa l’importazione di energia dalle
centrali nucleari francesi. Invece, l’aumentò, senza alcuna protesta della lobby antinu-
cleare – soprattutto nella sua componente del PSI – divenuta quasi timorosa per le
conseguenze del suo stesso successo262.
Le decisioni assunte dal governo prevedevano una moratoria di cinque anni, non
l’abbandono del nucleare. Ma la moratoria fu trasformata in rinuncia definitiva, alla
sua scadenza nel 1992, da tre fattori. Il primo, fu il crollo del prezzo del petrolio (a
cui è collegato quello del gas) su scala mondiale. Esso si ridusse a 8-9 dollari al barile
e tale rimase malgrado il conflitto nel Golfo del 1990-91. Il secondo fu che non si
esercitò in Italia l’effetto di trascinamento che sempre hanno avuto i programmi nu-
cleari nei Paesi europei e negli USA. Il terzo motivo consistette nell’indebolimento
del sistema politico e nella tradizionale timidezza del mondo scientifico, timoroso di
suscitare contestazioni. Sulla più importante attività nucleare che l’ENEL conduceva
all’estero, e cioè l’importazione di energia elettrica, la lobby antinucleare non ritenne
di dover inserire uno specifico quesito abrogativo in occasione del Referendum del
1987 e, come vedremo, non l'avrebbe fatto nemmeno nel Referendum del giugno
2011. Teme sicuramente l’impatto politico negativo che causerebbero ricorrenti, ma
inevitabili blackouts.
262 Una decisione opposta è stata adottata dall’ENEL, a seguito del referendum del 2011, rinunciandoalla collaborazione con la Francia per l’EPR di Flamanville.
120
3.7 Il revival del nucleare all’inizio del XXI secolo – Il Forum Nucleare Italiano di
Chicco Testa e le strategie del lobbismo pro-nucleare
Nel 2008, il governo Berlusconi IV riaprì con vigore il dibattito sull’opportunità
della scelta nucleare, cavalcando l’onda di disagio popolare derivante dall’impennata
dei prezzi del gas e petrolio in atto. L’allora Ministro per lo Sviluppo Economico,
propose la costruzione di una decina di centrali con l’obiettivo di portare la produzio-
ne di energia da fonte nucleare al 25% del totale dei consumi (assorbendo anche le
importazioni di energia elettrica soprattutto dalla Francia)263. L’intento di ritornare ad
essere una potenza nucleare civile, venne affermato nella “Strategia energetica nazio-
nale” contenuta nel decreto-legge 25 giugno 2008264, n. 112e successivamente dagli
articoli 25, 26 e 29 della legge 23 luglio 2009, n. 99e con il decreto legislativo 15
febbraio 2010, n. 31 e successive modifiche, dovute ad alcune pronunce della Corte
Costituzionale in merito all’obbligo di consultazione delle Regioni nella procedura di
definizione dei siti delle future centrali.265
Tale decisione del governo, incontrò l’opposizione non solo dei movimenti am-
bientalisti anti-nucleari, ma anche in sede politica. Il 9 aprile 2010, il partito Italia dei
Valori presentò una proposta di referendum proprio sulle norme citate, ovvero sul
programma elettro-nucleare del governo che era stato ritenuto ammissibile dalla Con-
sulta. Le date in cui tenere il referendum furono fissate agli inizi di marzo 2011 – po-
chi giorni prima il disastro di Fukushima – per il 12 e 13 giugno.
Nel frattempo, proprio come reazione all’iniziativa dell’Italia dei Valori, il 10 lu-
glio 2010, fu decisa la costituzione del Forum Nucleare Italiano. Esso svolse un ruolo
centrale nel dibattito sul ritorno dell’Italia alla produzione di energia elettrica nuclea-
re e fu presieduto ed animato dal Dott. Chicco Testa266.
263Vds. intervista al Dott. Stefano Saglia, ex-Sottosegretario di Stato – Ministero dello Sviluppo Eco-nomico, p. 223.
264 http://www.camera.it/parlam/leggi/decreti/08112d.htm.265 G. PATALANO, Sintesi della Conferenza organizzata dall’Aspen Institute “Il nucleare in Italia.
Progetto Interesse Nazionale”, di Milano, 13 dicembre 2010.266Vds. intervista al Dott. Chicco Testa, 227. Da ricordare che egli aveva pubblicato nel 2008un fortu-
nato libro “Tornare al nucleare? L’Italia, l’energia e l’ambiente” in cui anticipava il suo sostegno al
121
Il Forum Nucleare267 nacque come associazione senza fine di lucro volta a con-
tribuire, promuovendo il dialogo tra tutti gli attori coinvolti, alla ripresa del dibattito
pubblico sullo sviluppo dell'energia nucleare in Italia.
I suoi obiettivi statutari erano tre:
1. contribuire, come soggetto attivo, alla ripresa del dibattito pubblico sullo svi-
luppo dell'energia nucleare in Italia, promuovendo il dialogo tra tutti gli attori
coinvolti;
2. favorire una più ampia e approfondita conoscenza dell'opzione nucleare e del-
le sue implicazioni, come condizione indispensabile di un confronto non ideo-
logico e pregiudiziale sul tema;
3. rappresentare un centro di divulgazione di un’informazione tecnico e scientifi-
ca sull'energia nucleare, ampia, chiara, trasparente e accessibile.
Vi aderirono diciannove tra aziende, associazioni d'impresa, sindacati e società
di consulenza i cui campi di attività e ricerca riguardano lo sviluppo dell'energia nu-
cleare per uso pacifico268. Venne stanziato un budget complessivo di sette milioni di
euro, di cui erano stati spesi 700-800.000 quando il Forum sospese la sua attività a
seguito dell’esito del referendum anti-nucleare del 2011.
L’associazione si ispirava a modelli simili già esistenti in Europa e nel mondo
(ad esempio, Belgio, Slovacchia, Spagna, USA, Regno Unito). Era previsto di artico-
lare le sue attività in due fasi successive. La prima fase doveva essere quella di dar vi-
ta ad uno strumento promotore della conoscenza, contribuendo a spostare il dibattito
dal piano emotivo a quello razionale. Il Forum avrebbe agito quale longa manus in-
formale dello Stato e delle società commerciali interessate al business nucleare nella
ritorno del nucleare e la sua convinzione che esso non fosse possibile senza acquisire un largo con-senso nell’opinione pubblica.
267 Statuto del Forum Nucleare Italiano.268 Alstom Power, Ansaldo Nucleare, Areva, Confindustria, E.ON Italia, EDF, Edison, Enel, Federpro-
getti, FLAEI-CISL, GDF Suez, SOGIN, StratinvestRu Energy, Techint, Technip, Tecnimont, Terna,UILCEM e Westinghouse.
122
formazione dell’opinione pubblica italiana, in vista del referendum abrogativo del
2011, che si temeva facesse la fine di quello del 1987.
Nella seconda fase, il Forum si sarebbe dovuto trasformare da strumento infor-
mativo - o meglio da strumento d’influenza politica indiretta - in strumento di in-
fluenza politica diretta, sopperendo anche a carenze esistenti nel settore comunicativo
nelle istituzioni. Ciò in analogia a quanto avviene nel Regno Unito, dove esiste un or-
ganismo (Nuclear Industry Association) che ha il compito di coadiuvare il Governo
inglese nell’elaborazione di strategie sia tecniche che comunicative e nella gestione
delle varie problematiche politiche e tecniche collegate al nucleare.
Viste però le pesanti conseguenze sull’opinione pubblica del disastro di Fuku-
shima – centrale nucleare giapponese distrutta in seguito al terremoto e allo tsunami
del marzo 2011 – e la conseguente, nuova, bocciatura referendaria del giugno 2011
dell’energia nucleare in Italia, la fase due del progetto non è stata attivata.
Il Forum Nucleare Italiano ha gestito la prima fase del progetto avvalendosi della
società di pubbliche relazioni Hill&Knowlton. Obiettivo della campagna lobbistica
del Forum era quello di ottenere il consenso dell’opinione pubblica o, quanto meno,
neutralizzare la sua opposizione al rilancio del nucleare in Italia, previsto dal governo
e attivamente sostenuto dall’ENEL269, che sperava di contenere i costi dell’energia
elettrica, e dalle imprese italiane e straniere, che speravano di ottenere interessanti
commesse nel settore. La strategia scelta fu di tipo cooptante o soft, basata
sull’affermazione che nessuno dovesse sentirsi minacciato dal ritorno del nucleare.
Tale strategia cercava di evitare polemiche con gli anti-nuclearisti e i fautori delle
rinnovabili, ampiamente finanziati a carico degli altri utenti elettrici. Pertanto, fu co-
stantemente sottolineata l’importanza del mix energetico di tutte le altre fonti energe-
tiche sia fossili che “alternative” o “rinnovabili”. L’energia nucleare doveva essere
solo uno strumento in più per garantire alla Nazione maggiore sicurezza energetica,
producendo in Italia l’energia elettrica che, comunque, avrebbe dovuto continuare ad
importare, con grandi oneri aggiuntivi, dalle centrali nucleari francesi, una cui parte è
269Vds. intervista al Dott. Gianluca Comin, Direttore Relazioni Esterne ENEL, p. 195.
123
ubicata in prossimità dei nostri confini. Il Forum promuoveva anche il risparmio
energetico, cioè l’aumento dell’efficienza energetica del Paese. Il confronto pacato ed
aperto fu la modalità scelta dal Forum per portare avanti la propria azione, cercando
di liberare il campo da quelli che definiva pregiudizi e luoghi comuni. Per opporsi a
tale strategia “buonista” gli antinuclearisti furono obbligati ad aumentare i toni dello
scontro, in modo da permettere la mobilitazione dei loro attivisti270.
Con l’adozione di tale strategia, il Forum si proponeva di rompere il fonte anti-
nucleare esistente in Italia. In particolare, per realizzare tale obiettivo, il Forum pro-
pagandava il dato dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) che calcola in
un milione i morti ogni anno per incidenti vari collegati alla catena di estrazione, tra-
sporto, vendita, controllo dei combustibili fossili e nella costruzione di centrali ter-
moelettriche, rispetto alle poche decine o, al massimo, centinaia di perdite di vite
umane conseguenti al nucleare. Riprendeva i dati profferti dal “gruppo di lavoro Ve-
ronesi” nella Conferenza del 1987 sull’energia, riguardo agli effetti sulla salute e
sull’ambiente della varie fonti di energia primaria impiegate nella produzione di elet-
tricità.
Il Forum lanciò anche una campagna pubblicitaria televisiva che fu giudicata non
conforme all'art.2 (Comunicazione commerciale ingannevole) del Codice di Autodi-
sciplina della Comunicazione Commerciale, tanto che con sentenza n. 12/2011 del
18/2/2011 dell'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria, ne venne ordinata la cessa-
zione.
Nella realizzazione dello spot realizzato dalla Saatchi&Saatchi – rientrante in ciò
che si è soliti definire “canoni della comunicazione patinata” - si presenta una partita
a scacchi tra persone eguali aventi domande sul nucleare. In merito, si possono sotto-
lineare i seguenti punti:
1. colore degli scacchi: bianco (= bontà, purezza) per il nuclearista, nero (= oscurità,
male) per l’antinuclearista;
2. voce fuori campo: più morbida quella del nuclearista, più aspra quella a sfavore;
270 Dossier del Forum Nucleare Italiano, http://www.forumnucleare.it/ (sito web non più in funzione).
124
3. ogni botta e risposta si apre con unatesi breve contro il nuclearee si chiude con
una risposta, più estesa, a favore: le tesi nucleariste hanno sempre l’ultima parola;
4. l’intero spot si chiude a favore.
Il Forum nei suoi primi interventi, dopo il disastro di Fukushima, ha cercato di
trovare motivi di rassicurazione. Tuttavia, dovette prendere atto che il mix di sfiducia
nella capacità dei governi e degli operatori di gestire un incidente nucleare, e il panico
determinato dal disastro giapponese, avrebbe creato pesanti conseguenze sul referen-
dum ormai prossimo. Decise quindi una pausa di riflessione, cioè la sospensione della
sua campagna informativa, mantenendo aperto solo una pagina web -
www.newclear.it. Per un certo tempo, esso fu aggiornato giornalmente. Successiva-
mente, è rimasto solo allo stato potenziale.
Il Forum ha, come detto, operato per la creazione di un largo consenso necessa-
rio nell’opinione pubblica e con una trasparenza inusuale in Italia. Peraltro, dubbi so-
no leciti sulla sua capacità di modificare la sensibilità della popolazione italiana sul
nucleare e, soprattutto, di gestire un’emergenza comunicativa, quale quella determi-
natasi, non solo in Italia, ma in tutto l’Occidente, a seguito dell’incidente di Fukushi-
ma.
125
L’esperienza della Campagna del Forum Nucleare Italiano si è dimostrata un modello interes-
sante271
Visibilità51%
Ricordo spontaneo 29%
Gradimento76%
(“l’ho trovata piacevole”)
Effetto “passaparola”35%
(“mi è capitato di parlarne…”)
Capacità di destare attenzione67%
(“Ha riportato alla mia attenzione il tema del nucleare”)
Utilità84%
(“una comunicazione utile e importante”)
271Fonte: GIPIEFFE; ISPO gennaio 2011.
126
3.8 Il lobbismo antinucleare al contrattacco; il blocco del revival del nucleare con
il referendum del 2011 dopo Fukushima e le lobbies a favore delle rinnovabili
Come detto precedentemente, in Italia erano riprese, per iniziativa governativa,
le attività finalizzate alla produzione di energia elettrica nucleare. La vischiosità dei
processi decisionali in Italia e, soprattutto, l’indecisione dei governi succedutisi nel
primo decennio del secolo XXI, che pur godevano di ampie maggioranze parlamenta-
ri, avevano però frustrato il raggiungimento di concreti risultati. Diveniva sempre più
attiva la lobby delle rinnovabili, che si avvantaggiava in Italia di incentivi di entità
che eufemisticamente va definita abnorme, e che viene pagata dagli altri consumatori
di energia elettrica, contribuendo in modo significativo ad aumentarne i costi.
Nel 2004, veniva emanata la Legge, nota anche come “Legge Marzano”272 che,
di fatto, apriva ai produttori elettrici nazionali, e quindi all’ENEL, la possibilità di ef-
fettuare attività nucleari all’estero (“I produttori nazionali di energia elettrica posso-
no, eventualmente in compartecipazione con imprese di altri Paesi, svolgere attività
di realizzazione e di esercizio di impianti localizzati all’estero, anche al fine di im-
portare l’energia prodotta”). Si trattava di una disposizione senza nessun effetto pra-
tico, dato che le attività nucleari all’estero erano sempre continuate.
Essa fu seguita da un ulteriore intervento legislativo (DL 112/2008)273 che - pre-
vedendo esplicitamente “la realizzazione sul territorio nazionale di impianti di pro-
duzione di energia elettronucleare - autorizzava la ripresa della costruzione in Italia
di centrali nucleari, superando, quindi, ogni ambiguità interpretativa dei risultati del
Referendum del 1987. La mozione parlamentare – prima accennata – che aveva con-
corso a trasformare in definitivo tale temporaneo divieto non avrebbe avuto alcuna
validità giuridica.
272 Legge 23 agosto 2004, n. 239, "Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per ilriassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia".
273 Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la sempli-ficazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria".
127
Le lobbies antinucleari, operanti a vario livello, che dopo il Referendum del
1987 erano entrate in un sostanziale letargo, trovarono nelle suddette iniziative pro-
nucleari motivo per riprendere propaganda e pressioni lobbistiche.
Sulla scorta dell’esperienza maturata nella precedente occasione, avviavano per-
tanto una nuova iniziativa referendaria mirante a bloccare la ripresa dello sviluppo
nucleare con l’abrogazione di alcune disposizioni contenute nel citato DL 112/2008 .
La lobby pronucleare, espressione in questa occasione, soprattutto del mondo po-
litico, scientifico ed industriale, si mobilitò per sostenere le iniziative governative274
ed uscire dal dimenticatoio in cui era stata relegata dagli esiti del Referendum del
1987. Essa trovò sostegno negli accordi italo-francesi, fra ENEL e EdF, per l’iniziale
costruzione di quattro reattori EPR, della potenza installata di 1.650 MWe ciascuno.
Ad essi, seguirono altre intese per altrettante centrali. Ma non si ebbe il tempo neppu-
re di avviare la costruzione della prima delle centrali previste nell’ambito del nuovo
programma elettronucleare, che sopravenne l’incidente di Fukushima del marzo 2011.
Fu un “aiuto” per gli antinuclearisti italiani. Oltre a trarre vantaggi sul piano
dell’impatto emotivo che l’incidente determinò sulla popolazione, poterono anche
portare a sostegno delle loro tesi le decisioni di progressivo arresto delle centrali pre-
se dalla Germania e dalla Svizzera, modificando completamente il precedente orien-
tamento a prolungare la vita di quelle esistenti e di fare finanziare, a carico dei loro
maggiori profitti, i generosi incentivi (consistenti, sebbene inferiori a quelli italiani)
concessi alle rinnovabili275.
I tentativi governativi di evitare il Referendum o, quantomeno, di modificarne i
termini, non ebbero successo. Un approfondito esame della Corte Costituzionale dava
274L’uso pacifico dell’energia nucleare da Ginevra 1955 ad oggi: il caso italiano, Atti del Convegno,Roma 8-9 marzo 2006.
275 Nel Paese che costituisce spesso riferimento per la classe politica e l’opinione pubblica in Italia,cioè gli USA, si verificava un certo raffreddamento dell’entusiasmo prima riposto nel revival nuclea-re, non tanto per Fukushima, quanto per l’enorme disponibilità di shale gas a basso costo, il cui im-piego nella produzione di energia elettrica riduceva i profitti consentiti dal ritorno al nucleare.
128
la luce verde a quattro quesiti referendari, di cui quello relativo al settore nucleare ri-
sultava così formulato276:
Volete voi che sia abrogato il decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in
legge con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante
per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, recante Disposizioni ur-
genti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabiliz-
zazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, limitatamente alle
seguenti parti: art. 7, comma 1, lettera d: “realizzazione nel territorio nazionale
di impianti di produzione di energia nucleare?”.
Così come si era verificato nel 1987, quando il Referendum antinucleare si era
svolto nell’onda emotiva dell'incidente di Chernobyl restandone indubbiamente con-
dizionato, anche la consultazione del 2011 pativa di un generalizzato stato di grande
preoccupazione determinata dal disastro nucleare di Fukushima277.
Il Referendum, che si tenne nei giorni 12 e 13 giugno 2011, quindi solo tre mesi
dopo l’incidente di Fukushima, si risolse in un successo di notevoli proporzioni per la
lobby antinucleare. Con esso, fu abrogata la legislazione che consentiva la realizza-
zione in Italia di centrali elettronucleari278.
Il Referendum non riguardò le attività nucleari svolte all'estero, abbastanza sor-
prendentemente sfuggite all'attenzione delle lobbies antinucleari. Di fatto, la cancella-
zione del programma nucleare italiano ha provocato l’uscita di ENEL dalla joint ven-
276“Il Referendum sull’energia nucleare”, Servizio Studi del Senato, febbraio 2011.277 Questa volta, l'incidente non si era sviluppato in un Paese tecnologicamente arretrato, bensì in
Giappone, Paese additato a riferimento per il suo elevato livello tecnologico e industriale e perl’efficienza del suo sistema della protezione civile. L'incidente di Fukushima metteva in evidenza l'i-nadeguatezza dell'uomo sia nei riguardi del fenomeno naturale estremo che l'aveva determinato, sianella possibilità di gestirne efficientemente le conseguenze. Ciò forniva molte “cartucce” agli anti-nuclearisti che le utilizzarono con indubbia capacità comunicativa e lobbistica.
278 Sull’esito del Referendum esistono tuttavia difformità interpretative. Si veda, ad esempio, U. SPE-ZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Seconda Edizione, Edizioni 21moSecolo, 2012, pp. 466-470.
129
ture con l’EdF relativa alla costruzione dell’EPR di Flamanville279. Permangono solo
le iniziative avviate dall’ENEL in Slovacchia, dall’Ansaldo Nucleare in Romania e
dalla SOGIN in Russia.
Il referendum non ha poi determinato alcuna limitazione ad un nucleare "occul-
to", ma molto più concreto: quello connesso all'importazione di energia elettronuclea-
re proveniente da centrali francesi e svizzere e da quella slovena. Questo nucleare di
importazione, è sicuramente rilevante per la nostra economia dal momento che non
solo consente la copertura di una significativa quota dei consumi che altrimenti non si
saprebbe come soddisfare, ma permette anche di avere energia elettrica sicuramente a
più basso costo di quello medio della produzione Italia, nonostante i consistenti pro-
fitti che, soprattutto la Francia, ottiene con l’esportazione di elettricità nucleare.
Come evidenziato nella “Strategia Energetica Nazionale” (SEN), proposta dal
Governo nell’ottobre del 2012 come strumento di consultazione pubblica280, la dipen-
denza elettrica dall’estero è stata pari, nel 2010, a circa il 13,7 % del totale di energia
elettrica consumata in Italia. La SEN illustra una strategia finalizzata a conseguire
una drastica riduzione di questa dipendenza – dal 13,7% del 2011 si dovrebbe passare
al 7-10% nel 2020 – grazie al crescente apporto che le fonti rinnovabili dovrebbero
assicurare in futuro alla produzione elettrica italiana. Nel documento, si prevede che
l’Italia dovrà importare, nel 2020, 45 miliardi di kWh, essenzialmente dalla Francia,
pari alla produzione annua di 4 centrali nucleari EPR da 1.650 MWe ciascuna, quante
l’ENEL si proponeva di costruire nella prima fase del ritorno al nucleare.
279 http://www.staccalaspina.org/index.php/nucleare/ultime-notizie/440-centrale-di-flamanville-costi-alle-stelle-e-lenel-si-sfila.
280 Ministero dello Sviluppo Economico, Strategia Energetica Nazionale: per un’energia più competi-tiva e sostenibile, Documento per consultazione pubblica, Ottobre 2012.
130
CAPITOLO IV
Il problema del nucleare residuo
Processi decisionali, soggetti coinvolti e azioni di lobby281
4.1 Interessi industriali, di sicurezza e locali connessi con lo smantellamento de-
gli impianti nucleari dismessi (decommissioning)282
La gestione del nucleare pregresso non è un’attività sostenuta dai grandi interessi
economico-finanziari e industriali che sono invece coinvolti nei programmi relativi
alla costruzione di impianti nucleari 283.
Le società produttrici di elettricità non sono interessate direttamente allo smantel-
lamento degli impianti ormai fermi, che costituisce un costo operativo non indifferen-
te. Anche gli interessi economici delle imprese specializzate nell’operazione, nonché
nella messa in sicurezza dei materiali radioattivi, non sono molto rilevanti, se si eccet-
tuano alcuni grandi contractor internazionali che dispongono di particolari tecnologie
relative principalmente al trattamento del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti
281Nella sostanziale carenza di fonti ufficiali che illustrino nei dettagli le attività di lobby condotte inItalia sulla gestione del nucleare residuo, la redazione del presente capitolo si è avvalsa di informa-zioni fornite sia verbalmente nel corso di alcune interviste (Vds. Appendice) sia dei documenti peruso interno della Società SOGIN: Strategia di relazione con le Amministrazioni locali, Presentazioneper uso interno, Novembre 2002; SOGIN, Project Management e costruzione del consenso, Presen-tazione per uso interno, Novembre 2002; SOGIN, L’allontanamento del combustibile nucleare ir-raggiato dal deposito Avogadro di Saluggia, Presentazione illustrativa della prima operazione di tra-sporto, Aprile 2003.
282 Per una trattazione generale delle problematiche di gestione del combustibile nucleare esaurito e deirifiuti radioattivi, di cui si tratterà più diffusamente nel seguito, si vedano le pubblicazioni indicate inBibliografia alla sezione “Gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito”.
283Ibidem.
131
radioattivi. Le pressioni per lo smantellamento degli impianti dismessi vengono svol-
te essenzialmente a livello locale, da Comuni e altre comunità, che ospitano i vecchi
impianti e sul cui territorio sono accantonate le scorie, nonché da parte delle istituzio-
ni, in particolare di quelle responsabili della tutela dell’ambiente e della sicurezza
pubblica284. Il pericolo che il terrorismo internazionale potesse effettuare attentati
contro gli impianti dismessi e i materiali in essi ospitati ha accresciuto ovunque le ri-
chieste, sia da parte delle istituzioni preposte alla sicurezza ambientale e a quella alla
sicurezza nazionale, dell’urgenza dell’aumento delle misure di sicurezza, nonché
284 Informazioni utili alla comprensione delle problematiche in ambito centrale e locale collegate allagestione del nucleare residuo si rinvengono nei seguenti resoconti delle audizioni dei vertici SOGINe del Commissario Delegato per la sicurezza dei materiali e delle installazioni nucleari:
Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo deirifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, Seduta di mercoledì 26 febbraio 2003, Audizione delpresidente della SOGIN, Carlo Jean, Resoconto stenografico.
Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo deirifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, Seduta di martedì 24 giugno 2003, Audizione del Pre-sidente della Sogin, Carlo Jean, Resoconto stenografico.
Senato della Repubblica, 13ª Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali), Sedu-ta del 29 luglio 2003, Audizione di Carlo JEAN, Commissario delegato per la messa in sicurezza deimateriali radioattivi, nonché presidente della Società di gestione degli impianti nucleari (SOGIN),Resoconto stenografico.
Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo deirifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, Seduta di mercoledì 3 dicembre 2003, Audizione delgenerale Carlo Jean, presidente della Sogin, Resoconto stenografico.
Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo deirifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, Seduta di mercoledì 11 maggio 2005, Audizione delpresidente della Sogin, Carlo Jean, Resoconto stenografico.
Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo deirifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, Seduta di mercoledì 21 dicembre 2005, Audizione diCarlo Jean, presidente della Sogin, Resoconto stenografico.
Senato della Repubblica, 13ª Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali), Se-duta di giovedì 28 settembre 2006, Audizione del professor Carlo Jean, Commissario delegato per lasicurezza dei materiali nucleari e Presidente della SOGIN S.p.A. e dell’ingegner Giuseppe Nucci,amministratore delegato della SOGIN SpA, Resoconto stenografico.
Senato della Repubblica, 13ª Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali), Sedu-ta di martedì 25 luglio 2006, audizione del professor Carlo Jean, Commissario delegato per la sicu-rezza dei materiali nucleari e Presidente della SOGIN SpA e dell'ingegner Giuseppe Nucci, ammini-stratore delegato della SOGIN SpA, Resoconto stenografico.
Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo deirifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, Seduta di martedì 15 maggio 2007, Audizione del Pre-sidente e dell'Amministratore delegato della Società Gestione Impianti Nucleari SpA (SOGIN), Re-soconto stenografico.
Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Commissione parlamentare di inchiesta sulle attivitàillecite connesse al ciclo dei rifiuti, Seduta di martedì 4 ottobre 2011, Audizione del presidente dellaSogin spa Giancarlo Aragona, Resoconto stenografico.
132
dell’accelerazione del programma di smantellamento delle centrali e degli impianti.
Quando però si è pervenuti a decisioni concrete, che necessariamente comportavano
anche la costruzione di depositi e il trasporto di materiali radioattivi, particolarmente
forti sono state le resistenze localistiche, talvolta stimolate anche dalla lotta politica
interna, a cui si sono sommate le mobilitazioni, dimostrazioni e proteste dei gruppi
ambientalisti e di quelli “antagonisti”, che non si sono lasciati sfuggire l’occasione
per contestare i governi centrali e locali.285 Hanno approfittato dell’occasione anche i
gruppi antinucleari. Essi hanno sottolineato l’irrazionalità di costruire nuove centrali,
quando non si era stati ancora capaci di risolvere i problemi del nucleare pregresso, in
particolare la sistemazione delle scorie.286
Tra i favorevoli alle attività di gestione del nucleare residuo vanno annoverate va-
rie forze politiche sia governative che dell’opposizione, incluse le direzioni dei prin-
cipali movimenti ecologisti, gli organismi di regolazione e di controllo in campo nu-
cleare e quanto rimane dell’industria nazionale del settore, la quale, oltre che inter-
venire in Italia nelle attività di smantellamento dei vecchi impianti, si sforza di parte-
cipare anche ad attività nucleari all’estero, dove, nei prossimi vent’anni, è previsto lo
smantellamento di un centinaio di centrali, con un business potenzialmente miliarda-
rio 287.
285 M. CAVELLI, Il veleno nella coda. Il problema dello smantellamento delle centrali nucleari,WWF, Quaderno 8, Alma Arte Grafiche, Napoli 1987, p. 75.
286 Per una trattazione generale delle problematiche della gestione del nucleare pregresso, di cui si trat-terà più diffusamente nel seguito, si vedano le pubblicazioni specialistiche indicate in Bibliografianella sezione “Politiche e strategie di gestione delle attività nucleari residue” (in particolare il volu-me IAEA, International Atomic Energy Agency, Policies and Strategies for the Decommissioning ofNuclear and RadiologicalFacilities) e “Smantellamento degli impianti nucleari dismessi” (in partico-lare il volume M.CUMO, I.TRIPPUTI, U.SPEZIA, NuclearPlantDecommissioning).
287 E' il caso in particolare della SOGIN, a cui è stata affidata nel 2005 la responsabilità della parteci-pazione italiana al programma Global Partnership di smantellamento e messa in sicurezza radiologicadei sottomarini nucleari della Flotta del Nord ex-sovietica, e dell’Ansaldo Nucleare che apporta con-tributi significativi alla costruzione ed al funzionamento di centrali elettronucleari ubicate in Roma-nia, Cina e Repubblica Slovacca. La stessa SOGIN ha poi pilotato la partecipazione italiana alla mes-sa in sicurezza, secondo gli standard previsti dall’UE, di numerose centrali nucleari nell’Europa cen-tro-orientale, attività finanziata con fondi europei (programmi PHARE e TACIS).
133
4.2 I soggetti coinvolti nel nucleare pregresso
Il processo decisionale relativo alla gestione del nucleare residuo, che si tratti di
applicazioni energetiche, industriali o medico-sanitarie, coinvolge un gran numero di
soggetti istituzionali a livello centrale e locale, con funzioni che riguardano la conces-
sione di autorizzazioni e il controllo delle operazioni ed è particolarmente complesso.
Tra gli organi tecnici a livello centrale hanno un ruolo preminente l’ISPRA (Isti-
tuto Superiore per Protezione e la Ricerca Ambientale), in qualità di autorità preposta
alle istruttorie autorizzative e al controllo ispettivo di tutte le attività nucleari, e la
Commissione VIA-VAS (Valutazione di Impatto Ambientale – Valutazione Ambien-
tale Strategica), organo tecnico preposto alle valutazioni di compatibilità ambientale
delle attività di decommissioning.288
Nel processo di autorizzazione e controllo delle attività nucleari sono inoltre
coinvolti numerosi organismi amministrativi e tecnici a livello locale. Regioni, Pro-
vince e Comuni hanno infatti competenze specifiche sulla valutazione di impatto am-
bientale delle attività, sull’impatto ambientale delle installazioni e sul rilascio delle
autorizzazioni necessarie per la gestione e il trasporto dei materiali radioattivi, ivi in-
cluse le autorizzazioni edilizie per la realizzazione degli impianti di trattamento e dei
depositi.289 A supporto delle amministrazioni locali operano le Agenzie Regionali per
la Protezione dell’Ambiente (ARPA) e le Aziende Sanitarie Locali (ASL) competenti
per territorio.
Un ruolo di rilievo è infine affidato alle Prefetture, che operano attraverso le For-
ze dell’Ordine, i Vigili del Fuoco e la Protezione Civile, e hanno competenza sulla si-
curezza delle installazioni e dei trasporti di materiali radioattivi, nonché sulla defini-
zione e sulla gestione dei piani di emergenza da attivare in caso di incidente nucleare.
288 Legge 31 dicembre 1962 n. 1860 (Impiego pacifico dell'energia nucleare), DPR 13 febbraio 1964 n.185 (Sicurezza degli impianti e protezione sanitaria dei lavoratori e delle popolazioni contro i perico-li delle radiazioni ionizzanti derivanti dall'impiego pacifico dell'energia nucleare), DLgs 17 marzo1995 n. 230 (Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e66/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti), DLgs 26 maggio 2000 n. 241 (Attuazione delladirettiva 96/29/EURATOM in materia di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori con-tro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti), DLgs 3 aprile 2006 n. 152 (Codice dell’Ambiente).
289Ibidem.
134
La straordinaria complessità dell’apparato autorizzativo e di controllo delle attivi-
tà nucleari, pur essendo certamente motivata dalla necessità di garantire in ogni mo-
mento la massima sicurezza per gli operatori, la popolazione e l’ambiente, costituisce
uno dei principali fattori che rendono oltremodo difficile assumere qualsiasi decisione
e svolgere qualsiasi azione conseguente in tema di gestione del nucleare residuo che
non può completarsi che con il consenso concomitante di tutti i soggetti coinvolti, in-
cluse le organizzazioni del privato sociale in vario modo interessate al problema, con
in testa le organizzazioni ambientaliste e antinucleari nonché talune associazioni e
comitati di cittadini comunque interessati alle problematiche ambientali. Queste or-
ganizzazioni possono facilmente fomentare e polarizzare il dissenso sull’una o
sull’altra delle attività soggette ad autorizzazione, e spesso lo fanno utilizzando ar-
gomenti connessi con la salute e la sicurezza, argomenti cui la popolazione locale è
particolarmente sensibile.290
Attraverso la manipolazione della pubblica opinione, l’azione di queste organiz-
zazioni si riverbera immediatamente sull’atteggiamento degli amministratori locali,
che assumendo decisioni impopolari rischiano di vedere eroso il loro consenso politi-
co ed elettorale. Gli amministratori sono quindi indotti a rallentare il processo deci-
sionale, a non decidere, spesso ricorrendo alle istanze superiori. Nella maggior parte
dei casi il ricorso all’istanza superiore ha il solo effetto di spostare il terreno di con-
fronto e di rimpallare le decisioni dal Comune, alla Provincia, alla Regione e vicever-
sa. Talvolta, invece, dà luogo alla presentazione di un ricorso amministrativo (tipica-
mente ricorrendo al Tribunale Amministrativo Regionale, TAR) contro una autoriz-
zazione già concessa al livello decisionale superiore. In ogni caso l’effetto complessi-
vo è quello di ritardare il rilascio delle autorizzazioni e di paralizzare di fatto le attivi-
tà di decommissioning.291
290 G. BORRELLI, S. SARTORI, Rischio tecnologico e interessi diffusi, ENEA, “Quaderni Studi”,1992, p. 27.
291 G. BORRELLI et alia, Impatto sociale del decommissioning. Il caso del Garigliano, RT/Studi Va-sa, Roma dicembre 1986, p. 32.
135
4.2.1 Attività di lobby e formazione del consenso
Nel panorama descritto, il gestore di una installazione o di un processo di tipo
nucleare assume forzatamente il ruolo di chi, pur dovendo condurre un’attività cui è
istituzionalmente obbligato, è costretto a promuovere il consenso di un numero molto
elevato di soggetti portatori di interessi diversi, al fine di avere tutte le autorizzazioni
necessarie per svolgere quella attività. 292
La prima azione di lobby che il gestore deve porre in essere è quindi rappresenta-
ta da tutte le attività necessarie per acquisire il consenso da parte di tutti i soggetti
coinvolti, soprattutto a livello locale. Una volta acquisito il consenso a livello locale,
infatti, si rimuovono tutti gli ostacoli che impediscono il completamento dell’iter au-
torizzativo avviato in sede centrale, dove la condivisione delle scelte è indubbiamente
più semplice. Si tratta tuttavia di un’azione molto complessa, per il fatto che tra i sog-
getti dei quali è necessario acquisire il consenso ce ne sono alcuni, e segnatamente
quelli non istituzionali, la cui azione è spesso condizionata da ragioni ideologiche o di
principio.293
Per ottenere una autorizzazione ad operare, il gestore dell’impianto deve esperire
due diversi iter autorizzativi: il primo facente capo al Ministero dello Sviluppo Eco-
nomico per gli aspetti della sicurezza radiologica e nucleare; il secondo, facente capo
al Ministero dell’Ambiente per gli aspetti di compatibilità ambientale. Su entrambi gli
iter, intervengono molti organi tecnici dello Stato (ISPRA, Commissione VIA-VAS)
con finalità istruttoria. Nel corso di entrambi gli iter deve essere inoltre acquisito il
parere delle amministrazioni locali interessate (Regioni, Province, Comuni) e inoltre
del Ministero dei Beni Culturali.
A tale proposito, è interessante considerare il caso della formazione del consenso
sulle attività di mantenimento in condizioni di sicurezza e di smantellamento delle in-
292 G. BORRELLI, B. DI GIOVANNI, La politica ambientale tra scelta e non scelta, Enea-Eurispes,Roma 2006, p. 41.
293http://www.ambientevalsusa.it/volantino_scorie_4_pagine.pdf
136
stallazioni nucleari dismesse gestite dalla SOGIN294, attività che richiede da parte del-
la Società l’interfacciamento costante, oltre che con gli organismi centrali prima men-
zionati, con cinque amministrazioni regionali (Piemonte, Emilia Romagna, Lazio,
Campania, Basilicata), dieci amministrazioni provinciali e nove amministrazioni co-
munali.
Dopo una prima fase di netta contrapposizione con le amministrazioni locali
(come meglio si vedrà nel seguito con riferimento ad esempi specifici), la strategia
posta in essere dalla SOGIN per facilitare l’ottenimento delle autorizzazioni in ambito
locale si è basata, a partire dal 2001, su un processo trasparente di relazione con tutti i
soggetti interessati. A tal fine sono stati messi a punto una strategia295 e un piano di
comunicazione 296che esplicitavano le modalità e il contenuto del confronto e delle
relazioni sia con gli stakeholder centrali, sia con quelli locali, sia con i soggetti del
territorio, portatori di interessi diversi. Strategia e piano di azione hanno poi dato luo-
go alla redazione e all’attuazione di un Piano integrato di comunicazione concordato
con gli Amministratori locali.
Un aspetto fondamentale e piuttosto delicato della strategia di relazione è dato, a
tale proposito, dallo specifico posizionamento che SOGIN ha ritenuto di dover assu-
mere nei confronti degli amministratori locali, che si connotavano contemporanea-
mente come il soggetto preposto, in sede amministrativa, a rilasciare le autorizzazioni
e come il soggetto che doveva, in sede politica, continuare a riscuotere il consenso
della popolazione sulle decisioni assunte. Comprendendo che in questa dicotomia ri-
siedevano le motivazioni del ritardo con cui giungevano le decisioni, SOGIN decise
di operare affiancando gli amministratori locali (e non sostituendosi ad essi)
nell’opera di informazione della popolazione, concordando un programma di incontri
pubblici organizzati dalle amministrazioni locali e ai quali SOGIN partecipava come
soggetto di natura istituzionale, competente nel settore nucleare, con il mandato di af-
fiancare le amministrazioni locali per aiutarle ad assumere le decisioni necessarie a
294Vds. Intervista all’Amb. Giancarlo Aragona, Presidente SOGIN, p. 189.295 SOGIN, Strategia di relazione con gli ambiti locali, Documento per uso interno, 2003.296 SOGIN, Piano integrato di comunicazione, Documento per uso interno, 2003.
137
rimuovere dal territorio i fattori di rischio connessi con la presenza di un’installazione
nucleare dismessa e dei relativi materiali radioattivi297. Questa strategia di approccio
ha consentito nel tempo di risolvere, alcuni degli aspetti più spinosi della formazione
del consenso in ambito locale.
Un altro aspetto centrale nella strategia di formazione del consenso messa a punto
e attuata da SOGIN ha riguardato il coinvolgimento diretto dell’imprenditoria locale
nell’esecuzione delle attività di mantenimento in sicurezza, gestione dei materiali e
smantellamento degli impianti. In seguito ad una serie di incontri intervenuti con gli
amministratori locali e con le organizzazioni sindacali e imprenditoriali locali, com-
prendendo le necessità di coinvolgimento delle imprese locali, SOGIN ha suddiviso
le attività da svolgere distinguendo tra quelle che presentavano una importante com-
ponente di tipo nucleare, che richiedeva l’intervento di operatori specializzati dotati di
particolari certificazioni, e quelle di tipo prevalentemente convenzionale, che non ri-
chiedevano particolari competenze di tipo nucleare e che potevano essere eseguite,
coinvolgendo direttamente le imprese locali. In tal modo, quella che inizialmente era
stata concepita – con una certa insensibilità nei confronti delle realtà locali – come
un’attività da affidare a grandi contractor nazionali o addirittura internazionali, e che
avrebbe pertanto avuto scarsi riflessi sull’economia del territorio, si è trasformata in
un’occasione di crescita delle imprese locali. Nel corso dell’ultimo triennio, questa
strategia di coinvolgimento si è estrinsecata nella sottoscrizione di specifici accordi
tra la SOGIN, le amministrazioni, i sindacati e le associazioni imprenditoriali loca-
li.298
Un approccio di tipo analogo è stato tentato da SOGIN anche nei confronti delle
organizzazioni e delle associazioni ambientaliste operanti in ambito locale. In alcuni
casi questo approccio ha portato SOGIN ad assumere maggiori responsabilità in cam-
po ambientale. Ma, pur avendo registrato episodi di successo, il rapporto con il siste-
ma ambientalista non si è ancora tradotto in accordi concreti centrati su obiettivi co-
297 SOGIN, Strategia di relazione con gli ambiti locali, Documento per uso interno, 2003.298Vds. Accordi sottoscritti dalla SOGIN con le organizzazioni imprenditoriali nei territori di compe-
tenza.
138
muni legati all’indubbia valenza ambientale delle attività di bonifica dei siti nucleari:
“La più grande bonifica ambientale della storia del Paese”, come l’ha giustamente
definita l’attuale Amministratore Delegato della SOGIN.
Le risposte fornite dalla SOGIN alle complesse problematiche della formazione
del consenso sulle attività da svolgere in ambito locale hanno consentito, anche attra-
verso il coinvolgimento diretto delle amministrazioni, dell’imprenditoria locale e del-
le organizzazioni del privato sociale, l’instaurarsi di un rapporto di fiducia reciproca e
sostanziale condivisione delle scelte. Secondo il sentiment degli amministratori della
Società, questo rapporto, che ha già consentito di portare a buon punto l’attività di si-
stemazione del combustibile e dei rifiuti e lo smantellamento delle strutture conven-
zionali delle centrali, è ormai tale da consentire di guardare con ottimismo
all’imminente avvio della fase più delicata dello smantellamento degli impianti, quel-
la che avrà per oggetto la rimozione dei reattori e delle strutture che li ospitano.
4.3 La sistemazione dei rifiuti radioattivi
4.3.1 Processo decisionale, soggetti coinvolti e azioni di lobby
Come si è visto esaminando il problema nel caso generale, il processo decisionale
che un operatore nucleare deve attivare per avere l’autorizzazione a realizzare un im-
pianto di trattamento o un deposito temporaneo di rifiuti radioattivi presenta evidenti
complessità, ulteriormente complicate dall’azione di controllo sociale esercitata, so-
prattutto in ambito locale, soprattutto dalle organizzazioni ambientaliste e antinuclea-
ri.299
Le richieste presentate dalla SOGIN per avere le autorizzazioni necessarie per
realizzare le nuove infrastrutture che servivano per il trattamento e lo stoccaggio tem-
299 Legambiente, A chi tocca il bidone del nucleare?, Roma novembre 2010.http://www.legambiente.it/contenuti/dossier/chi-tocca-il-bidone-del-nucleare
139
poraneo dei rifiuti radioattivi, richieste che, a livello di amministrazioni centrali, non
trovavano ostacoli, erano invece spesso bloccate in ambito locale.
Le obiezioni espresse dagli amministratori locali riguardavano essenzialmente le
dimensioni dei nuovi impianti da realizzare, giudicate eccessive per le sole esigenze
dell’impianto, e soprattutto il loro carattere temporaneo. In altri termini, si sospettava
che la SOGIN intendesse costruire presso un impianto un deposito di capacità tale da
poter ospitare anche i materiali radioattivi provenienti da altri impianti, realizzando
una struttura che, una volta ultimata, sarebbe diventata un deposito definitivo, ren-
dendo inutile la localizzazione e la realizzazione del deposito nazionale. Gli ammini-
stratori locali di tutti i siti che ospitavano gli impianti della SOGIN si rifiutarono così
di concedere le loro autorizzazioni alla realizzazione delle infrastrutture fin quando
non fosse stata avviata la realizzazione del deposito nazionale300.
Il caso più eclatante era quello della centrale del Garigliano301, dove i rifiuti ra-
dioattivi derivanti dal pregresso esercizio avevano ormai saturato tutti gli spazi dispo-
nibili, costringendo la SOGIN a richiedere, nel 2001, l’autorizzazione per realizzare
un nuovo deposito temporaneo.302
La strategia adottata da SOGIN nel caso specifico fu quella di chiedere agli am-
ministratori locali dei siti coinvolti di organizzare incontri pubblici nel corso dei quali
non la SOGIN – che lo aveva già fatto in più occasioni – ma i rappresentanti delle
istituzioni coinvolte nel procedimento autorizzativo (Ministero dell’Industria, Mini-
stero dell’Ambiente, ISPRA) avrebbero potuto chiarire di fronte alla cittadinanza i
termini e i vincoli delle autorizzazioni già concesse a livello centrale. La richiesta non
riuscì tuttavia ad avere seguito e a modificare l’atteggiamento ostativo degli ammini-
300 Si determinò una condizione di stallo che vide per lungo tempo la SOGIN impossibilitata a realizza-re infrastrutture essenziali per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e per lo smantellamento de-gli impianti, nonché nell’impossibilità di ottemperare al mandato specifico di procedere celermentericevuto dal Governo.
301 C.M. TIBALDI, Lettere ai giudici sulla centrale atomica del Garigliano, a cura del Centro StoricoCulturale “Andrea Mattei”, SS. Cosma e Damiano (LT), 1984, p. 2-23.
302 C. SABBARESE et alia, A Monitoring Network Of The Radioactive Releases Due to GariglianoNuclear Plant Decommissioning, EDP Sciences, Vol. 40 - Issue Suppl. 1 - 2005 - pp. S797-S802.
140
stratori locali.303
Il ripetersi di eventi del tipo descritto fu tra i fattori che motivarono la decisione
assunta nel 2003 dal Governo italiano di decretare lo stato di emergenza nelle regioni
che ospitavano gli impianti nucleari dismessi e di procedere alla nomina di un Com-
missario Delegato dotato dei poteri necessari per consentire la realizzazione degli in-
terventi e delle infrastrutture volti alla messa in sicurezza degli impianti, dei materiali
nucleari e dei rifiuti radioattivi, con poteri sostitutivi dei Comuni in fatto di rilascio di
licenze di costruzione.
4.3.2 La logica dell’emergenza
Le difficoltà incontrate dalla SOGIN per ottenere a livello locale autorizzazioni
relative a progetti essenziali per la sicurezza e già approvati e autorizzati a livello cen-
trale erano ormai evidenti.
Gli eventi suddetti ebbero certamente l’effetto di motivare una approfondita ri-
flessione da parte del Governo centrale, stimolato in tal senso dai vertici della stessa
SOGIN. Nel clima di crescente preoccupazione per la recrudescenza del terrorismo
internazionale, che aveva fatto seguito agli attentati dell’11 settembre 2001 e agli av-
venimenti mediorientali del 2003, a premere sulle amministrazioni locali “renitenti”,
oltre alla SOGIN, erano anche il Ministero dell’Industria, il Ministero dell’Ambiente,
il Ministero dell’Interno, attraverso le Prefetture, e inoltre gli organi tecnici compe-
tenti, con in testa l’ISPRA, talvolta travalicando i compiti di carattere strettamente
istituzionale.304 Ma, nonostante questa imponente convergenza di sollecitazioni, non
303 La motivazione ufficiale addotta dagli amministratori locali si giovò della circostanza che il terrenosu cui sorgeva la centrale del Garigliano era classificato al catasto come terreno agricolo (la classifi-cazione che aveva negli anni Cinquanta, prima della realizzazione dell’impianto, e mai cambiata ne-gli anni successivi): su un terreno agricolo si possono costruire solo capannoni per il ricovero di at-trezzi agricoli. La SOGIN allora fece istanza di modifica del piano urbanistico, ma la classificazionedel terreno rimase inalterata e tale rimane anche oggi.
304Vds. intervista al ex-Commissario Delegato, Carlo Jean, p. 207, e le dichiarazioni rese in occasionedelle Audizioni Parlamentari del Commissario Delegato e di SOGIN nel periodo dal 2003 al 2006pubblicate a cura del Ufficio Studi Camera dei Deputati (www.camera.it).
141
si riuscì a rimuovere l’indisponibilità delle autorità comunali.
La lobby filonucleare, a livello scientifico, era rappresentata all’epoca dall’AIN
che, oltre ad auspicare, in una prospettiva di medio termine, la ripresa dei programmi
nucleari italiani, operava attivamente in favore dell’accelerazione delle operazioni di
smantellamento del nucleare pregresso, che l’associazione considerava le sole attività
nucleari che si potevano condurre in Italia al fine di mantenere nel breve-medio ter-
mine i livelli di competenza nucleare nelle strutture industriali e gestionali. La stessa
AIN pose, dunque, in essere una serie di iniziative volte a sensibilizzare i decisori po-
litici (Governo e Parlamento) circa l’assoluta necessità di avviare a soluzione il pro-
blema dei rifiuti radioattivi e di accelerare le operazioni di smantellamento. In tal sen-
so, si espresse anche l’intera comunità nucleare italiana in occasione dei convegni an-
nuali organizzati dalla stessa AIN.
Sui Ministeri competenti, e in particolare sul Ministero dell’Industria, esercitaro-
no pressioni anche i grandi gruppi industriali interessati alla realizzazione degli im-
pianti di trattamento dei rifiuti e dei depositi temporanei, opere di notevole interesse
economico da realizzare nell’immediato e funzionali, in prospettiva, all’avanzamento
delle attività di decommissioning degli impianti e all’attuazione del relativo piano di
committenza, che ammonta complessivamente a 6,7 miliardi di euro 305.
Lo scollamento dell’atteggiamento delle realtà locali dalle decisioni del governo
centrale era risultato evidente in presenza di governi sia di Centro-Destra sia di Cen-
tro-Sinistra e da parte di amministrazioni locali allineate o meno con il governo cen-
trale. Il sistema politico centrale si rivelò incapace – in questo come in altri casi – di
influire sulle decisioni locali, a livello regionale, provinciale e comunale: ciascun
segmento del sistema politico e amministrativo sembrava seguire obiettivi e logiche
propri, allineati con quelli del sistema centrale solo nei presupposti generali (la neces-
305Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, Riconoscimento degli oneri conseguenti alle attività dismantellamento delle centrali elettronucleari dismesse, di chiusura del ciclo del combustibile e alleattività connesse e conseguenti, di cui alla legge n. 83/03 per il secondo periodo regolatorio, Docu-mento per la consultazione per la formazione di provvedimenti nell’ambito del procedimento avviatocon deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas 19 luglio 2010, ARG/elt 109/10. Mer-cato di incidenza: elettricità, 24 novembre 2011.http://www.autorita.energia.it/allegati/docs/dc/11/043-11dco.pdf
142
sità di garantire la sicurezza), ma totalmente disallineati rispetto alle tempistiche e al-
le modalità di intervento. Né parve più vicina la soluzione del problema della realiz-
zazione del deposito nazionale, anche se gli amministratori locali di cinque Regioni,
attraverso il loro atteggiamento e le loro decisioni, avevano affermato il principio che
nessun deposito temporaneo si sarebbe fatto in ambito locale se non dopo l’avvio del-
la realizzazione del Deposito Nazionale.306
In effetti, le Regioni che ospitavano gli impianti nucleari dismessi, come si vedrà
meglio nel seguito, non operarono in alcun modo per accelerare il processo decisiona-
le relativo alla realizzazione del deposito nazionale. Circostanza ancora più significa-
tiva se si tiene conto della circostanza che all’epoca un’accelerazione in tal senso era
senz’altro possibile, considerato che il Presidente della Conferenza delle Regioni, or-
ganismo cui competeva per legge la scelta del sito in cui realizzare il deposito nazio-
nale, era anche Presidente di una delle Regioni (Piemonte) più interessate al problema
della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito.
La recrudescenza del terrorismo internazionale e la concomitante impossibilità di
dare soluzione ai numerosi problemi di sicurezza che restavano sul tappeto – come
già detto prima - convinsero il Governo, quindi, a decretare lo stato di emergenza nel-
le cinque Regioni (Lazio, Campania, Emilia-Romagna, Basilicata e Piemonte) che
ospitavano gli impianti nucleari dismessi e i relativi materiali pericolosi (combustibile
esaurito e rifiuti radioattivi). La decisione fu assunta il 14 febbraio 2003 con
l’emanazione di un Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri307. Con una
successiva Ordinanza della Presidenza del Consiglio, la n. 3267 del 7 marzo 2003 308,
306Vds. intervista al ex-Commissario Delegato, Carlo Jean, p. 207, e le dichiarazioni rese in occasionedelle Audizioni Parlamentari del Commissario Delegato e di SOGIN nel periodo dal 2003 al 2006pubblicate a cura del Ufficio Studi Camera dei Deputati (www.camera.it).
307 DPCM 14 Febbraio 2003, Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione all'attività di smal-timento dei rifiuti radioattivi dislocati nelle Regioni Lazio, Campania, Emilia-Romagna, Basilicata ePiemonte, in condizioni di massima sicurezza (G.U. n. 59 del 12 marzo 2003).
308 OPCM n. 3267 del 7 Marzo 2003, Disposizioni urgenti in relazione all'attività di smaltimento, incondizioni di massima sicurezza, dei materiali radioattivi dislocati nelle centrali nucleari e nei siti distoccaggio situati sul territorio delle regioni Piemonte, Emilia-Romagna, Lazio, Campania e Basili-cata, nell'ambito delle iniziative da assumere per la tutela dell'interesse essenziale della sicurezzadello Stato (G.U. n. 63 del 17 marzo 2003).
143
al Presidente della SOGIN 309 fu conferito anche l’incarico di Commissario Delegato
per la sicurezza dei materiali e delle installazioni nucleari, con mandato che riguarda-
va la messa in sicurezza degli impianti nucleari e dei materiali radioattivi e, d’intesa
con la Conferenza dei Presidenti delle Regioni, lo studio delle soluzioni idonee per il
deposito centralizzato dei rifiuti radioattivi.
Dal lobbismo volto alla ricerca del consenso, specie locale, si passerà così ad una
logica autoritativa che teneva conto delle esigenze di sicurezza nazionale.
Il Commissario intervenne subito sul primo aspetto attraverso l’emanazione di
una serie di ordinanze recanti provvedimenti urgenti di adeguamento agli standard in-
ternazionali delle misure di protezione fisica delle installazioni, di sistemazione dei
materiali radioattivi e del combustibile nucleare esaurito e di accelerazione dei pro-
grammi di smantellamento. In particolare, il Commissario intervenne sulla vicenda
delle autorizzazioni non concesse a livello locale esercitando i poteri sostitutivi e au-
torizzando tutta una serie di impianti e depositi temporanei necessari per mettere in
sicurezza gli impianti.
Lo stato di emergenza venne prorogato fino al 31.12.2006. Durante il periodo di
permanenza in carica del Commissario Delegato, numerosi problemi che erano in
precedenza risultati insormontabili furono risolti, nella logica dell’emergenza, senza
sostanziali opposizioni da parte delle realtà locali. Occorre anzi rilevare che le ordi-
nanze del Commissario Delegato tolsero molte castagne dal fuoco anche agli ammini-
stratori locali, in quanto consentirono loro di evitare decisioni impopolari che prima o
poi avrebbero dovuto assumere.310 Anche durante il periodo di permanenza del
Commissario Delegato, la SOGIN si attenne scrupolosamente alla strategia della tra-
sparenza e del dialogo con le realtà locali, non mancando mai di aggiornare gli am-
ministratori locali e le popolazioni circa l’avanzamento delle attività in corso nei siti.
309Vds. intervista al ex-Commissario Delegato, Carlo Jean, p. 207.310 F. V. FRAZZOLI, R. REMETTI, Combustibile irraggiato & rifiuti radioattivi. Iniziative per ridur-
re il rischio nucleare, Il libro dell’anno, Treccani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 24 novembre2006.http://www.treccani.it/enciclopedia/nucleare_(Il_Libro_dell'Anno)/#iniziativeassuntenelperiodoemergenziale-1
144
4.4 La sistemazione del combustibile esaurito
4.4.1 I trasporti delle scorie radioattive. Soggetti coinvolti e azioni di lobby
Ogni attività umana presenta sempre un certo livello di rischio. Nonostante tutte
le precauzioni e le misure di prevenzione, il rischio non può essere eliminato. Nel
confronto fra le fazioni “pro” e “contro” il nucleare, un aspetto particolarmente spet-
tacolare hanno avuto le contestazioni contro il trasporto del materiale radioattivo, in
particolare del combustibile “spento” al di fuori delle centrali, verso gli impianti di
ritrattamento e i depositi temporanei o definitivi.
Il fatto che tali trasporti avvengano per via ordinaria, per ferrovia o per mare, de-
termina condizioni favorevoli agli organizzatori delle proteste, anche perché i traspor-
ti interessano località diverse da quelle in cui le scorie sono state prodotte e che hanno
interesse al loro allontanamento. Inoltre, si svolgono in spazi aperti al pubblico, nei
quali possono essere organizzate proteste e dimostrazioni, strumenti privilegiati dal
lobbismo antinucleare anche perché, con la loro spettacolarità, vengono amplificati
dai media.311
La normativa internazionale prevede che sui trasporti di materiale radioattivo
venga data ampia pubblicità e vengano diffuse informazioni dettagliate. Queste in-
formazioni, pur essendo volte a tutelare la sicurezza della popolazione, permettono la
mobilitazione degli elementi antagonisti, agevolando dimostrazioni e contestazioni di
massa. Indipendentemente da ciò, i trasporti di materiale radioattivo presuppongono
misure organizzative e di sicurezza che non possono rimanere riservate.
I trasporti sia delle scorie sia dei materiali necessari per la costruzione e per
l’esercizio degli impianti nucleari (così come di altri grandi opere, ad esempio, del
termovalorizzatore di Acerra o del trasporto di rifiuti urbani in discarica) consentono
ai dimostranti una grande efficacia, data la facilità con cui anche un numero ridotto di
311 D. MACGREGOR et alia, Perceived Risks of Radioactive Waste Transport . Results of a StatewideSurvey, in Risk Analysis, Volume 14, Issue 1, p. 5–14, February 1994.
145
attivisti può bloccare strade o ferrovie. Più difficile è invece l’interferenza con i tra-
sporti marittimi di materiali nucleari, data la difficoltà di fermare una nave in naviga-
zione e, in ogni caso, il maggiore pericolo che si corre in mare di provocare una cata-
strofe, fatto questo che limita il livello di protesta.
Il fenomeno non è solo italiano. Ha assunto connotazioni spettacolari particolar-
mente in Germania. Ha riguardato in particolare il ritorno dall’impianto di ritratta-
mento francese di La Hague delle scorie radioattive, verso i depositi esistenti nella
Repubblica Federale, specie quello di Gorleben, nelle vicinanze di Amburgo.
Anche in Italia, nonostante il favore delle popolazioni e delle autorità locali
all’allontanamento delle scorie dai siti in cui erano riposte spesso in condizioni di ri-
dotta sicurezza (ad esempio, nelle piscine delle centrali, dove le barre di combustibile
vengono raffreddate), si sono verificate dimostrazioni e proteste da parte di gruppi
ambientalisti e, sempre più frequentemente, di gruppi antagonisti. Contestato non è
solo il trasporto in sé, i cui rischi sono ingigantiti nel quadro delle campagne antinu-
cleari o semplicemente per protestare contro il governo. Un esempio che esaminere-
mo meglio nel seguito è l’opposizione che ha incontrato nel 2003 il trasporto di com-
bustibile esausto da Saluggia a Sellafield312, deciso per evitare non solo il pagamento
delle penalità previste da un contratto del 1980, ma anche la sua conservazione in pi-
scine di raffreddamento, che avevano ormai raggiunto il termine della loro vita di
progetto e che, comunque, presentavano condizioni di vulnerabilità ad attentati terro-
ristici. E’ da notare che, tra i dimostranti fermati in quella occasione, non c’era nessun
cittadino di Saluggia. La massa faceva parte di “centri sociali” massicciamente mobi-
litatisi per le proteste.313
312 Greenpeace Italia, Fermato il treno delle scorie radioattive destinate a Sellafield, inhttp://www.greenpeace.org/italy/it/ufficiostampa/comunicati/azione-treno-scorie/.
313 Greenpeace Italia, Fermato il treno delle scorie radioattive destinate a Sellafield, inhttp://www.greenpeace.org/italy/it/ufficiostampa/comunicati/azione-treno-scorie/.
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4.5 Lo smantellamento degli impianti nucleari dismessi
4.5.1 Iter autorizzativo, soggetti coinvolti e azioni di lobby
Le disposizioni legislative e regolamentari, riguardanti lo smantellamento degli
impianti nucleari dismessi sono particolarmente dettagliate e complesse, coinvolgen-
do una grande quantità di soggetti. E’ perciò difficile concludere l’iter autorizzativo.
Esistono moral hazard utilizzati sistematicamente da tutti gli Enti e responsabili am-
ministrativi.314
Il processo decisionale per il rilascio delle autorizzazioni allo smantellamento de-
gli impianti nucleari dismessi vede in posizione preminente i Ministeri dell’Industria
e dell’Ambiente, con le loro Direzioni specificamente competenti, che si avvalgono
rispettivamente del supporto tecnico dell’ISPRA e della Commissione VIA-VAS in
sede di istruttoria. Su questo sistema si concentrò, fin dalla presentazione da parte
della SOGIN delle prime istanze di disattivazione nel 2000-2001, l’attenzione della
stessa SOGIN e dell’ENEA (all’epoca entrambi in qualità di esercenti di impianti nu-
cleari dismessi) e delle aziende interessate alle operazioni di sistemazione del combu-
stibile e dei rifiuti e di smantellamento degli impianti.315
Nonostante la SOGIN avesse tentato di sensibilizzare le Regioni che ospitavano
gli impianti per convincerle, dal canto loro, a sollecitare le decisioni a livello centrale,
non ci fu da parte delle Regioni stesse una azione concertata di lobby volta a facilitare
la rimozione dal territorio dei fattori di rischio associati alla presenza degli impianti,
del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. Le organizzazioni sindacali locali,
dopo le riduzioni di personale operate dall’ENEL prima del trasferimento alla SOGIN
della proprietà degli impianti, riduzioni che portarono al dimezzamento della forza
314M. CUMO, I. TRIPPUTI, U. SPEZIA, Nuclear Plant Decommissioning, Università di Roma Sa-pienza, Scuola di specializzazione in Sicurezza e Protezione, Seconda edizione, Roma, Luglio 2004,p. 429-433.
315Vds. intervista al ex-Commissario Delegato, Carlo Jean, p. 207, e le dichiarazioni rese in occasionedelle Audizioni Parlamentari del Commissario Delegato e di SOGIN nel periodo dal 2003 al 2006pubblicate a cura del Ufficio Studi Camera dei Deputati (www.camera.it).
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lavoro presente nelle centrali, vedevano con preoccupazione il procedere delle attività
di smantellamento per le potenziali ricadute negative sull’occupazione nonché sulla
qualifica e sul ruolo dei lavoratori. Gli amministratori dei comuni che ospitavano gli
impianti, dal canto loro, assistevano al progressivo ridursi del volume delle attività di
servizio agli impianti (mensa, pulizia, vigilanza, manutenzione, etc.) che, durante la
fase di esercizio, erano affidate ad imprese locali o che, come l’ospitalità del numero-
so personale in trasferta, riguardavano le strutture ricettive locali. Le organizzazioni
ambientaliste operanti in ambito locale, preferirono mantenere le distanze tanto dal
gestore degli impianti quanto dalle operazioni condotte, reputando più produttivo, sul
piano politico, in un Paese che minacciava di riprendere l’impegno in campo nuclea-
re, perpetuare l’esistenza degli impianti dismessi quali monumenti alla non sostenibi-
lità della tecnologia.
I vertici della SOGIN tentarono all’epoca di avviare un dialogo costruttivo con le
Regioni sedi degli impianti, in particolare con le Regioni Piemonte ed Emilia Roma-
gna, al fine di concertare un percorso operativo che potesse riscuotere l’appoggio at-
tivo delle Regioni stesse. Le Regioni, in particolare, avrebbero potuto influenzare e
accelerare le decisioni del Governo agendo in sede di Conferenza Stato-Regioni e di
Conferenza Unificata. Ma anche da questa iniziativa non venne alcun supporto, spe-
cie dopo che la SOGIN fu costretta ad indicare i siti di Trino (Piemonte) e Caorso
(Emilia Romagna) i siti in cui realizzare i depositi temporanei del combustibile nu-
cleare esaurito 316.
Constatata la difficoltà con cui procedeva l’esame delle istanze, della documenta-
zione tecnica allegata e degli Studi di impatto ambientale, da parte delle Amministra-
zioni centrali e degli organi tecnici preposti i Presidenti della SOGIN, prof. Maurizio
Cumo, e dell’ENEA, prof. Carlo Rubbia, chiesero al Commissario dell’ISPRA (allora
ANPA), prof. Renato Angelo Ricci, di farsi promotore di un tavolo di confronto per
esaminare gli ostacoli da rimuovere e giungere così ad un’accelerazione del proces-
316 F. FRAZZOLI, R. REMETTI, Combustibile irraggiato & rifiuti radioattivi., cit. p.34.
148
so317.
Nel settembre 2001, accogliendo la richiesta, il Commissario dell’ANPA istituì il
“Nucleo di coordinamento ANPA-ENEA-SOGIN”, composto dagli stessi massimi re-
sponsabili dei tre organismi, che si avvalgono del supporto operativo di un comitato
composto di esperti tecnici delle tre organizzazioni. Il nucleo assume, in termini ge-
nerali, il compito di esaminare i fattori che ostacolano l’attuazione degli indirizzi
emanati dal governo e di indicare le possibili soluzioni.
L’analisi condotta, il cui esito è comunicato ufficialmente alla Presidenza del
Consiglio e ai Ministri interessati, evidenziò che l’avanzamento delle attività era con-
dizionato da problemi di natura tecnica, procedurale e normativa che nel loro insieme
rendevano difficile l’intero processo autorizzativo.
L’azione di lobby degli esercenti, in favore di una semplificazione dell’iter auto-
rizzativo, si concentrò negli anni seguenti in alcuni tentativi di riforma del D.Lgs.
230/1995, la norma fondamentale che regolava le autorizzazioni in campo nucleare.
A tale proposito furono elaborate, in ambienti diversi (SOGIN, ENEA, AIN), diverse
proposte di intervento normativo318, che peraltro non furono mai né fatte proprie dal
Governo né presentate dalle forze politiche, denotando la scarsa capacità delle orga-
nizzazioni preposte alla gestione del nucleare residuo e delle associazioni di settore
di incidere sul piano politico in un Paese che mostrava ormai da tempo di ritenere il
nucleare un oggetto appartenente al passato.
4.5.2 La logica dell’emergenza e le azioni conseguenti
Un’accelerazione dei programmi di messa in sicurezza del combustibile esaurito
e dei rifiuti radioattivi e di smantellamento degli impianti nucleari derivò dalla dichia-
razione di emergenza nelle regioni che ospitavano gli impianti 319 e nella susseguente
317 U SPEZIA, Italia nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Seconda edizione, Edizioni21mo Secolo, Milano, 2012, pp. 364-366.
318 Informazioni fornite verbalmente dall’Ing. U. Spezia.319 DPCM 14 febbraio 2003, Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione all'attività di smalti-
mento dei rifiuti radioattivi dislocati nelle Regioni Lazio, Campania, Emilia-Romagna, Basilicata ePiemonte, in condizioni di massima sicurezza, G.U. n. 59 del 12 marzo 2003
149
nomina del Commissario Delegato per la sicurezza dei materiali e delle installazioni
nucleari 320.
La scelta effettuata dal Governo di attribuire la funzione di Commissario Delega-
to non già ad una persona, ma al “Presidente della SOGIN” fu immediatamente og-
getto di contestazione da parte delle forze politiche di opposizione e delle organizza-
zioni ambientaliste e antagoniste.
La scelta di investire dell’incarico il Presidente della SOGIN fu giustificata in ba-
se al fatto che all’epoca la SOGIN gestiva la maggior parte dei materiali nucleari più
pericolosi (combustibile esaurito) presenti in Italia, contro i quali avrebbero potuto
essere dirette azioni terroristiche volte ad arrecare gravi danni sanitari e ambientali in
vaste aree 321. Ma, leggendo più attentamente i fatti, è molto probabile che il Governo
intendesse utilizzare la nomina di un Commissario Delegato per risolvere contempo-
raneamente due problemi: quello relativo ai rischi del terrorismo nucleare e quello re-
lativo ai ritardi che penalizzavano gli interventi della SOGIN sul nucleare residuo.
Il Commissario Delegato (ma anche Presidente SOGIN), attraverso l’emanazione
di una serie di ordinanze, immediatamente esecutive, si premurò in primo luogo di
rafforzare le misure di protezione dei siti in cui erano custoditi i materiali nucleari e i
rifiuti radioattivi. Dopo la prima ordinanza, che definiva la Struttura operativa di sup-
porto del Commissario Delegato 322, ne furono emanate altre tre dedicate ai criteri e ai
sistemi di protezioni fisica degli impianti (di proprietà SOGIN, ENEA e FIAT) che
ospitavano combustibile nucleare esaurito e rifiuti radioattivi 323. Fece seguito
320 OPCM n. 3267 del 7 Marzo 2003, Disposizioni urgenti in relazione all'attività di smaltimento, incondizioni di massima sicurezza, dei materiali radioattivi dislocati nelle centrali nucleari e nei siti distoccaggio situati sul territorio delle regioni Piemonte, Emilia-Romagna, Lazio, Campania e Basilica-ta, nell'ambito delle iniziative da assumere per la tutela dell'interesse essenziale della sicurezza delloStato, G.U. n. 63 del 17 marzo 2003
321 Cfr. in Appendice, Intervista al ex-Commissario Delegato, Carlo Jean, p.207.322 Ordinanza n. 1 del 21 marzo 2003, Strutture di supporto (G.U. n. 77 del 2 aprile 2003).323 Ordinanza n. 2 del 21 marzo 2003, Criteri di protezione fisica delle centrali e degli impianti nuclea-
ri (G.U. n. 77 del 2 aprile 2003): Ordinanza n. 3 del 3 aprile 2003, Piano delle misure preliminari diadeguamento della protezione fisica ed attività finalizzate alla progressiva riduzione del livello di ri-schio delle centrali e degli impianti nucleari (G.U. n. 87 del 14 aprile 2003); Ordinanza n. 4 del 11aprile 2003, Piano delle misure preliminari di adeguamento della protezione fisica e delle attività fi-
150
un’ordinanza che definiva i livelli di radioattività al di sotto dei quali i materiali pote-
vano considerarsi non radioattivi ed essere avviati allo smaltimento324. Seguirono
quattro ordinanze che trasferivano alla SOGIN la responsabilità degli impianti di fab-
bricazione e trattamento del combustibile nucleare, fino ad allora dell’ENEA325, men-
tre altre due ordinanze imposero nuovi criteri di sicurezza per gli stessi impianti 326.
L’azione del Commissario Delegato investì poi il nodo della durata e della farragino-
sità degli iter autorizzativi per gli interventi sulle installazioni nucleari. In particolare,
egli si fece promotore di un accordo istituzionale tra tutte le Amministrazioni coin-
volte negli iter autorizzativo che definì puntualmente la procedura da seguire. La pro-
cedura in tal modo concordata acquisì forza di legge attraverso l’emanazione di una
specifica ordinanza 327.
Dopo il rinnovo del mandato328, l’azione del Commissario Delegato proseguì con
nalizzate alla progressiva riduzione del livello di rischio degli impianti nucleari (G.U. n. 98 del 29aprile 2003).
324 Ordinanza n. 5 del 11 aprile 2003, Prescrizioni per l'allontanamento dei materiali solidi derivantidallo smantellamento delle centrali nucleari e degli impianti nucleari di produzione e di ricerca delciclo del combustibile (G.U. n. 98 del 29 aprile 2003).
325 Ordinanza n. 6 del 25 giugno 2003, Trasferimento delle licenze e delle autorizzazioni dell'impiantodi fabbricazione del combustibile nucleare di proprietà di FN - Nuove Tecnologie e Servizi AvanzatiS.p.a. a SO.G.I.N. S.p.a. e distacco del relativo personale (G.U. n. 157 del 9 luglio 2003); Ordinanzan. 7 del 9 luglio 2003, Aggiornamento del piano e programma di dismissione dell'impianto di fabbri-cazione del combustibile nucleare di proprietà di FN - Nuove Tecnologie e Servizi Avanzati S.p.a.(G.U. n. 163 del 16 luglio 2003); Ordinanza n. 9 del 29 luglio 2003, Atto di affidamento in gestionedegli impianti in esecuzione della convenzione tra commissario delegato, Enea e Sogin del 13 mag-gio 2003 (G.U. n. 187 del 13 agosto 2003); Ordinanza n. 8 del 9 luglio 2003, Trasferimento delle li-cenze e delle autorizzazioni degli impianti di ricerca del ciclo del combustibile dell'Ente per le nuovetecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA) a SO.G.I.N. S.p.a. e comando del relativo personale (G.U.n. 203 del 2 settembre 2003); Ordinanza n. 9 del 29 luglio 2003, Atto di affidamento in gestione de-gli impianti in esecuzione della convenzione tra commissario delegato, Enea e Sogin del 13 maggio2003 (G.U. n. 187 del 13 agosto 2003).
326 Ordinanza n. 11 dell'11 settembre 2003, Aggiornamento del «Piano delle attività di adeguamentodelle misure di protezione fisica e di progressiva riduzione del livello di rischio degli impianti nu-cleari» (G.U. n. 218 del 19 settembre 2003); Ordinanza n. 14 del 12 novembre 2003 sul medesimoargomento (G.U. n. 271 del 21 novembre 2003).
327 Ordinanza n. 13 del 10 novembre 2003, Piani per la disattivazione degli impianti nucleari (G.U. n.268 del 18 novembre 2003).
328 DPCM 7 maggio 2004, Proroga dello stato di emergenza in relazione all'attività di smaltimento deirifiuti radioattivi dislocati nelle centrali nucleari di Trino, Caorso, Latina, Garigliano e nella piscinadi Avogadro in località Saluggia, in condizioni di massima sicurezza (G.U. n. 111 del 13 maggio2004); OPCM n. 3355 del 7 maggio 2004, Ulteriori disposizioni urgenti in relazione all'attività dismaltimento, in condizioni di massima sicurezza, dei materiali radioattivi dislocati nelle centrali nu-
151
estrema rapidità affrontando il problema dei depositi temporanei per i materiali ra-
dioattivi che la SOGIN aveva chiesto di poter realizzare presso gli impianti posti sotto
la propria responsabilità 329. Fu poi la volta dello svuotamento delle piscine che, pres-
so i diversi impianti, ospitavano il combustibile nucleare esaurito, il quale, in ottem-
peranza alle disposizioni contenute nel decreto del Ministero delle Attività Produttive
2 dicembre 2004 e ad un’ordinanza commissariale del 14 dicembre successivo,
avrebbe dovuto essere oggetto di ritrattamento all’estero330.
Intervenuta la seconda proroga del mandato331, il Commissario Delegato autoriz-
zò la costruzione dell’impianto di cementazione dei rifiuti radioattivi liquidi presenti
presso l’impianto EUREX di Saluggia 332 ed ottenne dalla Presidenza del Consiglio
dei Ministri l’emanazione di nuove linee guida per la pianificazione dell’emergenza
in relazione al trasporto di materiali radioattivi. 333.
A valle del terzo ed ultimo rinnovo del mandato 334, il Commissario aveva risolto
gran parte dei problemi operativi della SOGIN conseguenti alla mancata concessione
delle autorizzazioni ad eseguire le opere ritenute necessarie, autorizzando gli impianti
di trattamento e i depositi temporanei per i materiali radioattivi osteggiati con tanta
cleari e nei siti di stoccaggio, situati nel territorio delle regioni Piemonte, Emilia-Romagna, Lazio,Campania e Basilicata, nell'ambito delle iniziative da assumere per la tutela dell'interesse essenzialedella sicurezza dello Stato (G.U. n. 112 del 14 maggio 2004).
329 Ordinanza n. 16 del 30 luglio 2004, Autorizzazione alla costruzione del Nuovo Parco Serbatoiopresso il sito EUREX del Centro Enea, in Saluggia (G.U. n. 192 del 17 agosto 2004).
330 Ordinanza n. 18 del 16 dicembre 2004, Svuotamento completo delle piscine degli impianti di Caor-so, Trino, Avogadro ed EUREX dal combustibile irraggiato per il successivo invio al riprocessamen-to all'estero.
331 DPCM 4 Marzo 2005, Proroga dello stato di emergenza in relazione all'attività di smaltimento deirifiuti radioattivi, dislocati nelle centrali nucleari di Trino, Caorso, Latina, Garigliano e nella piscinadi Avogadro in località Saluggia, in condizioni di massima sicurezza (G.U. n. 59 del 12 marzo 2005).
332 Ordinanza n. 19 del 13 dicembre 2005, Autorizzazione alla costruzione nel sito Eurex del comunedi Saluggia, delle opere connesse all'impianto Cemex (G.U. n. 302 del 29 dicembre 2005).
333 DPCM 10 febbraio 2006, Linee guida per la pianificazione di emergenza per il trasporto di materieradioattive e fissili, in attuazione dell'articolo 125 del decreto legislativo 17 marzo 1992, n. 230 esuccessive modifiche ed integrazioni (G.U. n. 44 del 22 febbraio 2006).
334 DPCM 17 Febbraio 2006, Proroga dello stato di emergenza in relazione all'attività di smaltimentodei rifiuti radioattivi, dislocati nelle centrali nucleari di Trino, Caorso, Latina, Garigliano, nella pisci-na di Avogadro in località Saluggia e ITREC di Trisaia, in condizioni di massima sicurezza (G.U. n.50 del 1 marzo 2006).
152
determinazione dalle amministrazioni locali 335.
Dopo avere ripercorso i suddetti eventi, è tutt’altro che facile commentarli dal
punto di vista della motivazione e della finalizzazione delle decisioni.
È evidente che la semplice esistenza di un Commissario Delegato contempora-
neamente Presidente della SOGIN può configurare per alcuni un insanabile conflitto
di interessi. Per chi invece riflette sul carattere di Società di Stato proprio della SO-
GIN, società di scopo creata per risolvere un oggettivo problema di sicurezza del Pae-
se, questo conflitto non appare affatto insanabile. È peraltro evidente che i provvedi-
menti adottati dal Commissario Delegato / Presidente SOGIN furono finalizzati a ri-
durre le criticità relative alla sicurezza nazionale ma anche ad agevolare il compito
della SOGIN in parziale deroga al dettato normativo. Per i puristi del diritto è ancora
un palese conflitto di interessi. Per chi è abituato a misurarsi con la lentezza del si-
stema burocratico nazionale si tratta dell’unica via percorribile per porre riparo a ri-
tardi che avrebbero finito col penalizzare la sicurezza delle popolazioni di vaste aree
del Paese.
A posteriori sappiamo che nessuna attentato terroristico ha interessato il territorio
nazionale e gli impianti nucleari italiani. Ma a priori non si poteva escludere che epi-
sodi analoghi a quelli avvenuti dall’11 settembre 2001 in poi in USA, Gran Bretagna
e Spagna potessero interessare il territorio nazionale, specie dopo la partecipazione
italiana alle operazioni di stabilizzazione in Iraq. A tale proposito, non è superfluo
notare che analoghe considerazioni di sicurezza nazionale motivarono l’adozione di
provvedimenti straordinari in tutti i Paesi dotati di impianti nucleari.
Ne possiamo concludere che l’azione del Commissario Delegato, ancorché quali-
ficabile come azione di lobby al massimo livello a favore della sistemazione dei mate-
riali nucleari residui, fu un’azione che consentì di porre il Paese al riparo da eventi
335 Ordinanza n. 21 del 4 luglio 2006, Autorizzazione alla costruzione, presso la centrale nucleare diLatina, degli edifici “estrazione” e “condizionamento” dei fanghi radioattivi, dell’edificio “cuttingfa-cility” nonché di un deposito temporaneo di rifiuti radioattivi (G.U. n. 160 del 12 luglio 2006); Ordi-nanza n. 25 del 15 dicembre 2006, Autorizzazione alla esecuzione, presso la centrale nucleare delGarigliano, delle opere di ristrutturazione edilizia per la costruzione di un edificio destinato a deposi-to temporaneo di rifiuti radioattivi (G.U. n. 301 del 29 dicembre 2006).
153
potenzialmente disastrosi. Giova a tale proposito ricordare che il premio Nobel, Prof.
Carlo Rubbia, Commissario dell’ENEA, nel gennaio 2003 aveva reso, di fronte alla
Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, una dichiarazione molto convin-
cente sugli effetti apocalittici che avrebbe avuto la dispersione delle sostanze radioat-
tive presenti presso alcuni impianti nucleari italiani 336.
4.6 La realizzazione del Deposito Nazionale per i materiali radioattivi
Nei Paesi che fanno uso di tecnologie nucleari – in campo energetico, industriale,
medico o della ricerca – si pone prima o poi il problema di dare sistemazione definiti-
va ai rifiuti radioattivi che inevitabilmente ne derivano, attraverso la realizzazione di
uno o più depositi centralizzati 337-338. In Italia questo problema – ormai risolto nella
maggior parte dei Paesi industriali, che si sono già da tempo dotati delle necessarie
infrastrutture – stenta a trovare soluzione a causa del carattere di impopolarità che il
sistema politico nazionale, nel clima di perdurante contrasto tra le diverse lobby
schierate pro e contro il nucleare, attivo o residuo che fosse, ha sempre attribuito alla
scelta del sito 339.
336Dichiarazioni del prof. Carlo Rubbia rese di fronte alla Commissione Ambiente della Camera deiDeputati (Indagine conoscitiva sulla sicurezza ambientale dei siti e degli impianti ad elevata concen-trazione inquinante di rifiuti pericolosi e radioattivi. Audizione di rappresentanti dell'ENEA).
337 IAEA (International Atomic Energy Agency), Disposal of Radioactive Waste, IAEA Safety Stand-ards for protecting people and the environment, Specific Safety Requirements No. SSR-5, Vienna,2011. http://www-pub.iaea.org/MTCD/publications/PDF/Pub1449_web.pdf
338 IAEA (International Atomic Energy Agency), Policies and Strategies for Radioactive Waste Man-agement, IAEA Nuclear Energy Series No. NW-G-1.1, Vienna, 2009. http://www-pub.iaea.org/MTCD/publications/PDF/Pub1396_web.pdf
339 È istruttivo constatare che i Paesi che si sono dotati di infrastrutture centralizzate di deposito deimateriali radioattivi sono in primo luogo quelli nei quali sono stati avviati e sviluppati con successo,e sono tuttora in corso, vasti programmi elettronucleari. In quei Paesi, le connotazioni negative dellaradioattività sono state bilanciate dalle connotazioni positive associate alle sue applicazioni in campoindustriale, medico-sanitario (diagnostica e terapia) e soprattutto energetico, e alle relative ricaduteoccupazionali ed economiche. In un Paese come l’Italia, in cui le connotazioni positive delle tecno-logie nucleari sono state pressoché annullate nell’immaginario collettivo dall’esito di due referendume dalle scelte che ne sono scaturite – al punto che anche tecniche diagnostiche come la risonanza ma-gnetica hanno finito col perdere l’aggettivo “nucleare” – questo bilanciamento è impossibile. La scel-ta di un sito in cui concentrare tutti i materiali radioattivi presenti nel Paese è dunque affetta da unaconnotazione che appare, nella percezione generale, esclusivamente negativa.
154
Un fattore importante da considerare è che, mentre il problema di stabilire le ca-
ratteristiche del sito in cui realizzare il Deposito Nazionale è un problema tecnico che
ammette numerose soluzioni, la scelta finale del sito, tra i tanti che possono essere
giudicati tecnicamente idonei, non può che competere alla politica, nelle sue diverse
articolazioni centrali e locali. Il problema della localizzazione del deposito nazionale
torna dunque ad essere essenzialmente politico, e la sua soluzione a scontrarsi con il
fatto che, nella percezione soggettiva di qualsiasi politico, stabilire dove debbano es-
sere concentrati tutti i materiali radioattivi presenti in Italia non può certo portare a
trionfi elettorali, almeno nell’area prescelta.
Sembra questa la vera ragione per la quale si è sempre evitato di dare ufficialità ai
criteri di localizzazione di volta in volta indicati dagli organismi tecnici che ne hanno
avuto la responsabilità, pur essendo detti criteri gli stessi indicati dalle agenzie inter-
nazionali, come l’IAEA dell’ONU, e adottati in tutti i Paesi industriali. 340
Avallare politicamente i criteri di localizzazione indicati da un organo tecnico si-
gnifica infatti rendere pressoché automatica l’individuazione di un certo numero di
siti idonei, tra i quali compete nuovamente alla politica effettuare una scelta definiti-
va. Si spiega così la ragione per la quale la politica preferisce ritardare o impedire che
i criteri tecnici siano emanati, giungendo talvolta anche a sconfessare – come è acca-
duto più volte in passato – organismi tecnici e gruppi di lavoro, piuttosto che avallar-
ne e sostanziarne le competenti e disinteressate indicazioni.
All’innegabile e oggettiva difficoltà che blocca le decisioni degli amministratori
centrali e locali si aggiungono gli effetti dell’atteggiamento ostativo delle lobbies an-
tinucleari più estremiste, che oppongono un rifiuto di principio a qualunque attività di
tipo nucleare, inclusa la sistemazione dei rifiuti radioattivi. Questo atteggiamento
ostativo è comune anche ad alcune delle organizzazioni ambientaliste meno estremi-
ste. Queste, pur riconoscendo cha la corretta gestione dei rifiuti radioattivi riveste im-
portanza fondamentale per la sicurezza della popolazione e dell’ambiente, preferisco-
340 F.V. FRAZZOLI, R. REMETTI, cit. Combustibile irraggiato e rifiuti radioattivi, in particolare pa-ra. 4, Necessità del deposito dei rifiuti radioattivi, Novembre 2006, p. 67.
155
no non agevolare la soluzione del problema, ma piuttosto strumentalizzarlo per di-
mostrare l’oggettiva insostenibilità delle tecnologie nucleari ed evitare, in tal modo,
che ne venga riproposta l’utilizzazione per fini energetici 341.
Un’altra importante differenza tra la realtà italiana e quella di altri Paesi è data
dalla gestione delle compensazioni finanziarie o di altro tipo previste per le realtà lo-
cali che accettano l’insediamento di un’infrastruttura centralizzata di deposito 342. In
tutti i Paesi che le hanno introdotte, le compensazioni economiche sono finanziate, in
massima parte, attraverso una riserva sulle tariffe corrisposte dalle utilities elettriche
che conferiscono al deposito i materiali derivanti dall’esercizio degli impianti nucleari
343. In Italia, dove non ci sono centrali elettronucleari in funzione, non è possibile sta-
bilire un analogo meccanismo di remunerazione, se non agendo a carico della fiscalità
generale o attraverso meccanismi quali l’addebito sulle tariffe elettriche.
Nel panorama nazionale, caratterizzato dalla mancanza di un comparto industriale
elettronucleare, quella che brilla per la sua assenza è una lobby industriale favorevole
alla localizzazione e alla realizzazione del deposito nazionale, capace di orientare in
tal senso, con appropriate azioni, le scelte politiche. Solo la SOGIN, che ha la respon-
sabilità della localizzazione e costruzione del Deposito, continua a svolgere un’azione
341 Si possono ricordare, a tale proposito, le manifestazioni organizzate da alcune organizzazioni am-bientaliste della provincia di Vercelli contro l’allontanamento dal territorio del combustibile nucleareesaurito destinato al ritrattamento all’estero. In quel caso si trattava innegabilmente di un’operazionevolta a ridurre i fattori di rischio presenti sul territorio, sulla quale tutti gli esponenti politici locali sierano pronunciati favorevolmente. Ma le organizzazioni in parola preferirono assumere un atteggia-mento diverso, al fine di ribadire l’opposizione ad un nucleare già da tempo escluso dalle scelte dipolitica energetica.
342 Non è superfluo chiarire che le compensazioni economiche sono corrisposte non a titolo di rimborsoper un ipotetico “danno” arrecato al territorio dalla presenza del deposito (monetizzazione del danno),ma a titolo di riconoscimento per la disponibilità della comunità locale a mettere a disposizione dellacollettività allargata una parte del proprio territorio al fine di soddisfare una necessità comune.
343 È istruttivo il recente esempio della localizzazione di un deposito per i rifiuti radioattivi ad alta atti-vità in Svezia. L’applicazione dei criteri di localizzazione aveva portato all’individuazione di due di-verse municipalità (Oskarshamn e Östhammar) il cui territorio era risultato idoneo e che avevanomanifestato il loro consenso. Nel momento in cui il governo centrale ha compiuto la scelta definitivatra le due municipalità, gli amministratori locali del comune prescelto hanno deciso, con una specifi-ca delibera, di devolvere all’altra municipalità il 50% delle compensazioni economiche previste dallenorme di localizzazione del deposito e poste a carico dei produttori di rifiuti. Giova anche notare co-me entrambe le municipalità candidate ospitassero nei rispettivi territori centrali elettronucleari infunzione, e fossero quindi abituate a riconoscere alla tecnologia nucleare anche connotazioni positi-ve.
156
di informazione e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica circa la sua esigenza per
soddisfare inderogabili necessità di sicurezza della popolazione e dell’ambiente.344
Questa funzione non è attualmente assolta neppure dalle organizzazioni ambientaliste.
La soluzione del problema rischia quindi di allontanarsi indefinitamente, con il perpe-
tuarsi di una situazione che vede i materiali radioattivi esistenti in Italia dispersi in
decine di siti, alcuni dei quali decisamente non ottimizzati sul piano tecnico e della
sicurezza 345.
4.6.1 Dalla logica partecipativa a quella dell’emergenza
Le numerose iniziative adottate in Italia, a partire dagli anni ’60, secondo la me-
todologia “partecipativa”, auspicata anche in sede di Conferenza Stato-Regioni, non
hanno dato risultati. In relazione a ciò, ed anche a causa del crescente pericolo di at-
tentati terroristici, segnalati dai Servizi d’Informazione e Sicurezza346, il Governo de-
cise, coerentemente con la dichiarazione dello stato di emergenza di cui si è ampia-
mente trattato in precedenza, di adottare una logica autoritativa che dette luogo al De-
creto legge che stabiliva l’ubicazione del Deposito Nazionale a Scanzano Jonico.347
Contemporaneamente, era stata iniziata, soprattutto da parte della SOGIN, ma
anche di scienziati e di parlamentari, un’opera di sensibilizzazione dell’opinione pub-
blica e delle commissioni parlamentari competenti sottolineando l’esigenza di porre
rimedio alla vulnerabilità dei materiali radioattivi dispersi in vari siti sul territorio na-
zionale. Tutte le forze politiche e sociali, in particolare le popolazioni dove erano si-
tuati gli impianti nucleari, erano in linea di principio d’accordo. Le difficoltà sorsero
quando dal contesto teorico e generale si passava a quello pratico relativo alle possi-
344Vds. Intervista all’Amb. Giancarlo Aragona, Presidente SOGIN, p. 189.345 Rapporto del Gruppo di Lavoro sulle Condizioni per la Gestione in Sicurezza dei Rifiuti Radioattivi
(Accordo Stato-Regioni del 4 Novembre 1999).346 Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, seduta del 25 giugno 2003, audizione del direttore del
SISMI Nicolò Pollari. http://www.camera.it/_dati/leg14/lavori/stenbic/39/2003/0625/s020.htm347Vds. Intervista al ex-Commissario Delegato, Carlo Jean, p. 207.
157
bili localizzazioni del Deposito 348.
In particolare, le Autorità locali condivisero la necessità di aumentare le misure di
sicurezza. Richiesero, peraltro, che la sistemazione nei loro territori dei rifiuti radioat-
tivi fosse soltanto temporanea, subordinando la concessione dei necessari permessi di
costruzione dei depositi al concreto avvio della realizzazione di un deposito nazionale
definitivo.349
4.6.2 I criteri di localizzazione e l’allarme sociale
A scatenare le prime azioni lobbistiche contrarie alla realizzazione del Deposito
fu la prospettiva – concordata dal Commissario Delegato con la Conferenza dei pre-
sidenti delle Regioni 350 – che lo studio richiesto dall'Ordinanza sullo stato
d’emergenza, avrebbe esteso l’indagine all’intero territorio nazionale, senza tener
conto dell’aprioristica esclusione delle isole e delle fasce prossime ai confini italiani.
Tale esclusione era prevista da un precedente studio predisposto dall’ENEA, conclu-
sosi con la sottoposizione al Governo di ben 224 località idonee alla localizzazione
del Deposito nazionale (soluzione che lasciava ancora ai politici l’onere della scel-
ta)351.
Nel giugno 2003, il Commissario Delegato consegnava al Presidente di turno del-
la Conferenza dei Presidenti delle Regioni lo studio sulla metodologia per
l’individuazione della località in cui ubicare il deposito, i cui presupposti (inclusa la
già citata estensione alle isole) erano stati concordati con esperti designati dalle Re-
gioni, ma che ricalcava la normativa internazionale (IAEA, Euratom) esistente in ma-
teria.
348Ibidem.349In tal modo “il cane si mordeva la coda”, dato che il concreto avvio della costruzione di un Deposito
Nazionale rendeva meno impellente quella di depositi temporanei, collocati nei siti delle varie centra-li e impianti.
350 U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Edizioni 21mo Secolo, Se-conda edizione, Milano, 2012, pp. 380-383.
351 P. RISOLUTI, I rifiuti nucleari. Sfida tecnologica o politica?, Armando Editore, Roma 2003, pp.164-170.
158
Così come richiesto dal mandato ricevuto, lo studio non indicava il sito in cui rea-
lizzare il Deposito Nazionale, ma i criteri tecnici da applicare per la sua individuazio-
ne. Tra le caratteristiche preferenziali erano elencate la bassa sismicità, la stabilità
geologica, la bassa densità di popolazione, l’isolamento da corpi idrici di superficie e
di falda, l’eventuale presenza di miniere dismesse utilizzabili allo scopo,
l’appartenenza dell’area al demanio e altre ancora. Tanto fu sufficiente a scatenare al-
larmi sociali prima in Sardegna, poi in Puglia e infine in Friuli – Venezia Giulia.352-353
Tali allarmi sociali degenerarono in dimostrazioni e proteste354 che indussero
l’Assemblea dei Presidenti delle regioni a non accettare la metodologia di individua-
zione del Deposito che era stata proposta.355 In tal modo, si interrompeva il dialogo
con le istituzioni regionali, reso difficile anche dalla modifica del Titolo V della Co-
stituzione, che attribuiva alle regioni una competenza concorrente con quella dello
Stato.
L’aggravarsi delle condizioni di sicurezza e il notevole rafforzamento della sicu-
rezza negli impianti nucleari stranieri (con conseguente aumento della vulnerabilità di
quelli italiani, dato che ne rendeva più probabile l’attacco), convinceva il Governo
della necessità di accelerare i tempi, rinunciando alla ricerca del consenso delle Auto-
rità locali, che si era tentato di conseguire all'inizio. Si scelse di adottare una decisio-
ne governativa, ritenuta giustificata dalle esigenze della sicurezza nazionale nei ri-
guardi del terrorismo, ulteriormente accresciutasi a seguito dell’attacco USA all’Iraq.
Su specifica richiesta del Governo, venne esplorata dalla SOGIN – con la colla-
borazione di esperti nazionali ed internazionali – la possibilità di individuare una lo-
calizzazione di un deposito che, da ingegneristico per materiali a bassa e media inten-
352 L’Unione Sarda, venerdì 4 luglio 2003, “Berlusconi: niente scorie in Sardegna”.http://consiglio.regione.sardegna.it/rassegnastampa/pdf/4850.pdf
353 Famiglia Cristiana n. 33 del 17 agosto 2003, “Un’isola alla deriva”.http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=presidente%20regione%20sardegna%202003%20renato%20soru%20rifiuti%20nucleari&source=web&cd=5&cad=rja&ved=0CEgQFjAE&url=http%3A%2F%2Fwww.stpauls.it%2Ffc03%2F0333fc%2F0333fc32.htm&ei=nBcNUZygHcaF4gSS3oCgBw&usg=AFQjCNHFCtFc9ss9OW1j4XmTcwB67sTjlw
354 La Nuova Sardegna, mercoledì 9 luglio 2003, “Il Ministro Pisanu rassicura ma viene smentito daMatteoli”. http://consiglio.regione.sardegna.it/rassegnastampa/pdf/5125.pdf
355 Cfr. in Appendice l’intervista rilasciata dal Gen. Carlo Jean, p. 207.
159
sità radioattiva, presentasse le migliori possibilità di una sua successiva trasformazio-
ne in deposito geologico, in modo da risolvere definitivamente il problema anche dei
rifiuti ad alta attività – senza dover procedere all’individuazione di ulteriori siti per il
deposito – in particolare per la sistemazione definitiva del combustibile irraggiato 356.
Uno specifico gruppo di lavoro, facente capo al Presidente della SOGIN – anche
Commissario Delegato – definì cinque siti per depositi di rifiuti a bassa e media atti-
vità, del tipo sub-superficiale (situati cioè ad una profondità di una cinquantina di me-
tri) e un sito profondo, quello di Scanzano Jonico (Matera), già individuato alla fine
degli anni '60 dal Servizio Geologico Nazionale come idoneo per il deposito geologi-
co, facendo seguito ad una specifica richiesta dell’EURATOM rivolta a tutti i Paesi
membri 357.
Un comitato ristretto di Ministri 358, decise di puntare tutto sull’ubicazione nella
località che presentava migliori condizioni per la localizzazione di un deposito geolo-
gico 359.
4.6.3 Il “caso Scanzano”
Malgrado la SOGIN avesse presentato al Governo sondaggi d’opinione finalizzati
a determinare le misure compensative e le provvidenze da prevedere per le popola-
zioni locali, il governo decise di non avvalersene, date le precedenti esperienze in ma-
teria di opposizioni locali, e forse anche perché persuaso che il pericolo di attentati
356 U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Edizioni 21mo Secolo,Seconda edizione, Milano, 2012, pp. 383-390.
357Ibidem.358 Cfr. in Appendice l’intervista rilasciata dal Gen. Carlo Jean, p. 207.359 La scelta di un deposito sotterraneo rispetto a quello superficiale, fino ad allora considerato, era mo-
tivata dalla maggiore sicurezza ed economicità di gestione da esso garantita, nonché dalla presunzio-ne che la sua costruzione in profondità lo rendesse più accettabile all’opinione pubblica. Fra i cinquesuddetti siti, esso infatti meglio si prestava a risolvere il problema dello smaltimento definitivo di tut-ti i rifiuti radioattivi italiani, riducendo la possibilità di dover procedere nel futuro all’individuazionedi un nuovo sito.
160
terroristici, segnalati dai Servizi d’Informazione e Sicurezza360, potesse essere suffi-
ciente a controllare le contestazioni. Sulla base delle decisioni governative sugli ele-
menti proposti dalla SOGIN, veniva emanato quello che passerà alla storia come
“Decreto Scanzano” 361, il quale disponeva quanto segue:
“la sistemazione in sicurezza dei rifiuti radioattivi (…) è effettuata presso il
Deposito Nazionale, opera di difesa militare di proprietà dello Stato, il cui si-
to, in relazione alle caratteristiche geomorfologiche del terreno, è individuato
nel territorio del comune di Scanzano Jonico, in provincia di Matera”.362
Dal dettato del decreto emergeva che il Deposito da realizzarsi nel sito di Scan-
zano avrebbe ospitato definitivamente tutte le tipologie di rifiuti radioattivi presenti in
Italia, anche se venivano previsti taluni mesi di studio per il deposito per materiali a
bassa e media intensità e da 6 a 12 anni per l’accertamento dell’idoneità del sito a
ospitare un deposito geologico.
L'iniziativa che aveva portato alla individuazione del sito di Scanzano costituisce,
con ogni evidenza, un esempio di un approccio “dall’alto”, senza alcuna specifica
preparazione dell’opinione pubblica, anche se il Governo ebbe, senza dubbio, contatti
almeno informali, prima della decisione, con le amministrazioni e le realtà locali di-
rettamente interessate 363. La scelta di tale approccio fu verosimilmente motivata dal
fallimento dei precedenti tentativi di ottenere il consenso di Regioni ed Enti locali,
dal timore di attentati e dall’urgenza di diminuire la vulnerabilità dei siti in cui erano
360 Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, seduta del 25 giugno 2003, audizione del direttore delSISMI Nicolò Pollari. http://www.camera.it/_dati/leg14/lavori/stenbic/39/2003/0625/s020.htm
361 Decreto Legge 14 novembre 2003, n. 314.362 Decreto Legge 14 novembre 2003, n. 314 – "Disposizioni urgenti per la raccolta, lo smaltimento e
lo stoccaggio, in condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti radioattivi"363 Il Ministro dell’Ambiente Altero Matteoli e il Ministro per i rapporti con il Parlamento Carlo Gio-
vanardi dichiararono, in diverse occasioni, che gli Amministratori locali della Basilicata avevanoespresso informalmente il loro accordo preventivo alla scelta del sito di Scanzano. Cfr. RossellaMontemurro, Associazione Energheia - CGIL, “I giorni di Scanzano”, Ediesse, 2004.http://www.energheia.org/wp-content/uploads/2012/09/I-Giorni-di-Scanzano.pdf
161
custoditi i rifiuti radioattivi, specie quelli a più elevata pericolosità364.
Le proteste da parte delle popolazioni delle zone interessate (e non solo) erano
state sicuramente messe in conto. Dal seguito degli avvenimenti, risultò però evidente
che il governo non avesse tanto sottovalutato le proteste quanto sopravvalutato la
propria determinazione e coesione. Sopravvalutato, è stato anche l’appoggio che con-
tava di ricevere dalle Regioni e località in cui erano stoccati, in condizioni non otti-
mali, i materiali radioattivi, specie il Piemonte e l’Emilia-Romagna 365.
Nel momento in cui da un livello di dissertazione teorica si volle passare – sicu-
ramente in maniera rivelatasi velleitaria – ad una vera e propria azione sul piano ope-
rativo, le lobbies antinucleari si risvegliarono dal letargo in cui erano cadute dopo il
vittorioso esito del Referendum del 1987. L’intero universo antagonista appoggiò le
proteste e vari esponenti politici cercarono di ottenerne vantaggi personali in termini
di consenso. Determinante fu la mancanza di coesione nel governo e la dissociazione
dalla decisione da parte dei parlamentari locali, anche quelli appartenenti alla maggio-
ranza.
In occasione dell’evento Scanzano, infatti, si registrò una generalizzata rinascita
dell’antinuclearismo, concretizzatasi in appelli lanciati dalle associazioni ambientali-
ste al fine di mobilitare manifestazioni di massa nell'area interessata.366
E’ interessante notare come si è sviluppata la protesta per l’emanazione del decre-
to.367 La mobilitazione iniziò da parte di nuclei politici avversi al partito al governo, a
cui apparteneva anche il Sindaco di Scanzano Jonico. Si sviluppò rapidamente coin-
volgendo i poteri locali, che vedevano compromessa la loro autonomia dell’azione
autoritativa del governo, interessando tutte le realtà politiche locali e, successivamen-
te, nazionali. Esse videro nel caso un’opportunità per rinfocolare la lotta politica anti-
364 U. SPEZIA, Italia Nucleare – Dalla Pila di Fermi al dissesto energetico, Collana Storia dellaScienza, Edizioni 21° secolo s.r.l., Seconda edizione, Milano, 2012, pp. 385-390.
365Ibidem.366 Cfr. P. STIGLIANI e F. BUCCOLO, Fragole e uranio – Scanzano Jonico: storia di una rivolta
(con Prefazione di Beppe Grillo), Palomar, Bari, 2008, p. 29 ss.367Ibidem.
162
governativa, allora molto accesa.368 Vi furono coinvolte anche le autorità ecclesiasti-
che, certamente timorose di vedere erosa la loro credibilità a livello locale.369 La ri-
volta crebbe subito l’intensità e non fu fronteggiata da un’azione comunicativa da
parte del Governo, che lasciò il Commissario Delegato praticamente isolato a rispon-
dere alla stampa e ai media audiovisivi.370 Il “caso Scanzano” costituisce un esempio
negativo di come debba essere condotta una campagna comunicativa. L’ampiezza
delle proteste371, a cui si associarono in masse anche i parlamentari della maggioran-
za, indusse il governo a cancellare dopo quindici giorni dalla sua emanazione la desi-
gnazione di Scanzano Jonico, come sede per la costruzione del deposito nazionale.
Dimostra anche i limiti che ha un approccio autoritativo “dall’alto al basso”, soprat-
tutto in un periodo di transizione politica, in cui si sono grandemente indeboliti i le-
gami fra la periferia e il centro, garantiti nella c.d. “Prima Repubblica” dalla solidità
di grandi partiti politici (DC e PCI) allora esistenti.
Il 23 gennaio 2004, si concluse la stesura della costituzione dell’Associazione an-
tinucleare “ScanZiamo le scorie”, l’unica associazione di volontariato antinucleare in
Italia. In pochi giorni aderirono 300 soci.
L’azione di protesta collettiva indusse il Governo ad un rapido annullamento del-
le decisioni prese. Poco più di un mese dopo, infatti, in occasione della conversione
368 “Scanzano capitale del Sud. Da Scanzano partirà la più intensa stagione di disobbedienza civileche si sia mai conosciuta” disse Nichi Vendola durante la manifestazione pacifica a Roma il 20 no-vembre 2003. I manifestanti avevano una varietà di striscioni. Ad esempio: “Da culla della civiltà acimitero delle scorie per l’eternità”, “Cosa vuoi più dalla vita? Un lucano vivo…” firmato: “un luca-no amaro!” (è la parodia della fortunatissima pubblicità del liquore), con i quali chiedevano il dirittodi decidere della propria vita. Presenti all’appuntamento i movimenti pacifisti e ambientalisti, i col-lettivi universitari, gli studenti delle scuole superiori, i sindacati di base e tutte le realtà pacifiste dellacapitale. Nel sottofondo la canzone di Carlo D’Angiò ed Eugenio Bennato “Briganti se more”.
369 Una discussione minuziosa dell’evento e del come fu organizzato il movimento “ScanZiamo le sco-rie” che prese l’iniziativa e la divisione strategica della protesta è contenuta in prima citato P. STI-GLIANI e F. BUCCOLO, Fragole e uranio – Scanzano Jonico: storia di una rivolta, Palomar, Bari,2008.
370Vds. Intervista al ex-Commissario Delegato, gen. Carlo Jean, p. 207.371 Domenica 23 novembre 2003, da Policoro a Scanzano, madri di famiglia, agricoltori, meccanici,
medici, artisti col sostegno di gente accorsa da tutta la Basilicata e di circa una settantina di pullmanprovenienti da Puglia e Calabria, avevano invaso una delle principali arterie stradali del Sud. Fu unconcentramento coloratissimo. Ovviamente, il giallo e il nero del simbolo nucleare andarono per lamaggiore. Il lucano amaro questa volta citava Carlo Levi e Francesco Guccini: “Se Dio è morto eCristo si è fermato a Eboli, sarà Silvio Berlusconi a donarci la pace eterna!”.
163
in legge del sopracitato Decreto Legge372, veniva cancellata la menzione di Scanzano
e si disponeva che il sito di ubicazione del Deposito fosse individuato entro un anno
dalla entrata in vigore di tale legge, a seguito di una procedura che avrebbe dovuto
coinvolgere vari soggetti, tra cui la Conferenza Stato-Regioni. Ma anche in questo ca-
so le decisioni non ebbero alcun seguito.
4.7 Case History373 – Il Project Management e la costruzione del consenso
4.7.1 Il nucleare residuo e il Project Management
Come si è visto nei paragrafi precedenti, quando si opera in campo nucleare i
problemi da gestire si moltiplicano. Vi sono infatti i problemi tecnici legati alla com-
plessità tipica dei progetti in campo nucleare e ai vincoli esterni (ad esempio, i requi-
siti di sicurezza radiologica e nucleare) che è necessario rispettare. Ci sono poi i pro-
blemi di carattere procedurale, legati alla necessità di ottenere le necessarie autorizza-
zioni nel clima di complessità e indeterminazione del procedimento autorizzativo di
cui si è già detto, in un contesto caratterizzato dalla pluralità e dalla complessità delle
controparti istituzionali interessate. Vi sono infine gli inevitabili problemi di carattere
politico-sociale, legati alla pluralità, complessità e sensibilizzazione delle controparti
sociali e alla generale impopolarità delle decisioni che è necessario assumere in sede
politica e amministrativa.
Dopo i primi tentativi di realizzare alcuni progetti fondamentali, andati purtroppo
a vuoto, in ambito SOGIN si comprese che, in presenza delle condizioni esterne de-
scritte, il presupposto essenziale per rendere realizzabili i programmi di attività sugli
impianti era la ricerca del consenso in ambito centrale e soprattutto locale. Per ottene-
372 Legge 24 dicembre 2003, n. 368, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14novembre 2003, n. 314, recante disposizioni urgenti per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio,in condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti radioattivi.
373 Informazioni ricevute da contatti con Dirigenti Sogin, che furono coinvolti nella particolare attività.
164
re questo risultato occorreva superare il modello tradizionale di Project Manage-
ment,374 combinando al processo gestionale interno una azione di lobbying esterno di
tipo particolare.
Come si è più volte dato conto nel corso della trattazione, la gestione del nuclea-
re residuo è condotta in Italia, contrariamente a quanto accade in altri Paesi, in ambito
quasi esclusivamente istituzionale. La stessa SOGIN è una Società di scopo intera-
mente pubblica e pertanto interna al sistema istituzionale, pur trattandosi di una realtà
industriale. L’azione di lobbying è in tali condizioni fortemente condizionata quanto a
metodi e strumenti utilizzabili. Essa non può avvalersi di strumenti e metodi propri
del lobbismo industriale, che in alcuni casi possono anche interessare aree di confine
tra lecito e illecito. Esistono tipologie di intervento lobbistico, come ad esempio il fi-
nanziamento di iniziative sul territorio, che sono totalmente precluse alla SOGIN, che
dovrebbe risponderne di fronte al Governo e Parlamento in carenza di legittimazione
normativa attraverso le rilevazioni puntualmente presentate dall’Autorità per l’energia
elettrica e il gas. L’attività di lobbying che la Sogin può dispiegare deve limitarsi alla
soluzione dei problemi che paralizzano le decisioni delle istituzioni centrali e locali
competenti. Gli strumenti che essa può utilizzare sono dunque quelli tipici della co-
struzione del consenso interno alle decisioni e della rimozione degli ostacoli che ri-
schiano di penalizzare il consenso in ambito locale nei confronti delle Amministra-
zioni.
Il soggetto decisionale più coinvolto nelle vicende del trasporto del combustibile
irraggiato era nel caso specifico la Prefettura di Vercelli, e accanto ad essa i Comuni
dell’area, interessati dalle operazioni di trasporto. A supporto di tali decisori, si è
374La realizzazione di qualunque attività passa attraverso una fase di progettazione e una fase di esecu-zione. Insieme, queste due fasi sono oggetto di ciò che nella tecnica di gestione si chiama ProjectManagement, ovvero l’insieme di tutti gli strumenti e le procedure che consentono al Responsabiledel progetto (Project Manager) prima di predisporlo e poi di dargli efficace attuazione. Ogni ProjectManager (PM), rispondendo personalmente e direttamente della performance tecnico-economica delprogetto, ha, in primo luogo, l’onere di risolvere i problemi che emergono nelle fasi di progettazioneed esecuzione delle attività per giungere al loro compimento nel rispetto dei tempi e dei costi preven-tivati.
165
dunque dispiegata l’azione della SOGIN. 375
Il modello tradizionale di Project Management si fonda essenzialmente sulla cen-
tralità del progetto tecnico. Quando si può contare su un’ottima capacità progettuale,
in termini di competenze tecniche e di know-how, e su una adeguata capacità operati-
va, in termini sia di intervento diretto sia di procurement e committenza esterna, si
tende ad affidare a queste capacità tutte le probabilità di successo del progetto in ter-
mini realizzativi. La gestione dell’iter autorizzativo è vista dai tecnici come
un’attività sì indispensabile ma sostanzialmente accessoria. In termini di Project Ma-
nagement è solo una parte secondaria del lavoro da svolgere. La ricerca e la gestione
del consenso non è neppure considerata un’attività da svolgere, se non limitatamente
al rispetto delle norme vigenti per ottenere le necessarie autorizzazioni amministrati-
ve. In altri termini, si è portati a ritenere che la buona qualità tecnica di un progetto
sia di per sé stessa la credenziale che rende immediatamente attuabile quel proget-
to.376
Purtroppo, questo tipo di approccio si scontrò subito con le complessità proprie
del contesto esterno sul quale andava ad impattare. Si verificarono infatti crescenti
difficoltà legate all’opposizione generalizzata, in sede politica, amministrativa e so-
ciale, all’attuazione dei progetti, all’instaurarsi di palleggi di responsabilità e circoli
viziosi (l’amministrazione X subordinava il rilascio dell’autorizzazione di propria
competenza all’avvenuto rilascio dell’autorizzazione da parte dell’amministrazione
Y. Tutto ciò si traduceva in drammatici ritardi nell’attuazione dei progetti, quando
non in blocchi completi delle attività, con un impatto drammatico sui tempi e sui costi
di gestione.
Oltre ai ritardi di anni nell’ottenimento delle autorizzazioni in sede centrale e pe-
riferica, i dirigenti della SOGIN si dovettero misurare anche con rallentamenti e bloc-
375Statuto e atto costitutivo della SOGIN; Deliberazioni dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il gas.http://www.autorita.energia.it/it/index.htm.
376Documenti per uso interno della Società SOGIN: Strategia di relazione con le Amministrazioni lo-cali, Presentazione per uso interno, Novembre 2002; SOGIN, Project Management e costruzione delconsenso, Presentazione per uso interno, Novembre 2002; SOGIN, L’allontanamento del combustibi-le nucleare irraggiato dal deposito Avogadro di Saluggia, Presentazione illustrativa della prima ope-razione di trasporto, Aprile 2003.
166
chi delle attività già autorizzate, come nel caso della mancata realizzazione dei depo-
siti temporanei previsti a Caorso e a Trino per lo stoccaggio del combustibile esauri-
to, o dei depositi temporanei per i materiali radioattivi previsti presso gli altri impian-
ti.
Divenne presto evidente che il PM di tipo tradizionale si trovava ad agire in un
contesto di resistenza generalizzata. Le istituzioni centrali rivendicavano infatti – e
legittimamente – il loro ruolo, ma, pur avendo un elevato potere di interdizione sia in
fase progettuale che in fase realizzativa, non avevano interesse a decidere. In molti
casi le loro opinioni divergevano e le diverse strutture erano in conflitto tra loro. Gli
amministratori locali, anch’essi dotati di un forte potere di interdizione in fase auto-
rizzativa, apparivano sempre più condizionati dalla necessità di evitare decisioni che
potessero connotarsi come impopolari, al fine di non perdere il consenso elettorale in
ambito locale. C’era inoltre un nuovo ostacolo emergente, dovuto al fatto che, dopo
molti anni di stasi, il sistema autorizzativo centrale e locale mostrava di avere perso
l’abitudine a gestire problematiche di tipo nucleare. Con il progressivo pensionamen-
to della vecchia guardia, il personale residuo era spesso carente di esperienza operati-
va, e in queste condizioni ogni progetto faceva necessariamente storia a sé, non po-
tendo fare affidamento su esperienze analoghe pregresse.377
A questa situazione, si accompagnava un crescente rischio di deterioramento
dell’immagine di struttura tecnica competente, efficiente e credibile in termini di
tempi e costi che SOGIN doveva ad ogni costo mantenere nei confronti del contesto
esterno, soprattutto nella componente istituzionale. La stasi delle attività sui siti era
infatti impietosamente stigmatizzata dagli organi di informazione e ripresa in sede po-
litica da quanti si opponevano alla soluzione gestionale voluta dal Governo e dal Par-
lamento. La stasi delle attività comportava rischi di progressiva demotivazione del
personale tecnico e incrementava inoltre notevolmente il rischio di incidenti di per-
corso. In definitiva, si rischiava di veder passare il messaggio che la SOGIN non sa-
pesse risolvere i problemi sul piano istituzionale, ovvero che la SOGIN non fosse la
377Ibidem.
167
soluzione del problema del nucleare residuo ma un nuovo problema che si aggiunge-
va al precedente.
Ce n’era abbastanza per convincere i vertici e i dirigenti della SOGIN a rivedere
nella sua interezza la filosofia classica del Project Management. La risposta fu
l’adozione di una strategia di tipo adattativo.
4.7.2 L’approccio di tipo adattativo
Il management della SOGIN decise di considerare ogni progetto come l’unione
di tre sottoprogetti separati: il progetto tecnico, il progetto autorizzativo e il progetto
di costruzione del consenso. Sul progetto tecnico avrebbero continuato ad operare le
elevate competenze tecniche presenti nell’azienda, dispiegando know-how e capacità
operativa e operando direttamente o attraverso la committenza esterna. Sul progetto
autorizzativo sarebbero state investite le competenze tecniche accanto a quelle giuri-
dico-amministrative e procedurali, sviluppando la capacità di colloquio e di stimolo
delle controparti istituzionali sia centrali che locali, ai diversi livelli. Sul progetto di
formazione del consenso avrebbero operato le competenze specifiche nel campo delle
relazioni esterne e della comunicazione, sviluppando la capacità di contatto, coinvol-
gimento, comprensione e convinzione a livello centrale e soprattutto locale. I tre sot-
to-progetti sarebbero stati intimamente interconnessi e avrebbero condiviso i mede-
simi obiettivi intermedi e finali (milestones). Ma soprattutto la loro gestione sarebbe
stata di tipo adattativo: ogni componente del progetto avrebbe dovuto evolvere asse-
condando le condizioni esterne, modificandosi e adattandosi – beninteso, nel rispetto
dei requisiti di efficienza, efficacia e sicurezza – per rendere conseguibili gli obiettivi
intermedi e finali.378
Si trattava di un cambiamento di strategia piuttosto drastico rispetto al modello
di Project Management di tipo classico, secondo il quale per passare dal progetto alla
378Ibidem.
168
realizzazione era sufficiente calcolare in anticipo, e bene, la traiettoria per centrare il
bersaglio al primo colpo. Questo modello, nel settore nucleare e nel Paese Italia, ave-
va dimostrato di non funzionare: anche il calcolo più accurato del progetto e della
traiettoria da seguire per attuarlo diventavano inutili alla prima seria resistenza. Si
può dire, in senso figurato, che il bersaglio era in grado di respingere il proiettile (Fig.
1). L’approccio adattativo avrebbe introdotto nella dinamica di attuazione del proget-
to una fase di adeguamento alle esigenze del contesto esterno attraverso il confronto e
il dialogo con le controparti esterne e attraverso la disponibilità a cambiare gli aspetti
che potevano essere cambiati senza pregiudizio per il conseguimento del risultato. In
teoria, si sarebbero potute incorporare nel progetto, modificandolo di volta in volta
secondo le necessità, le retroazioni del sistema esterno, le quali avrebbero altrimenti
rischiato di rendere il progetto stesso inattuabile (Fig. 2).
Fig. 1 - Problematiche della strategia diretta e passaggio alla strategia adattativa
169
Fig. 2 - Il progetto e le retroazioni del contesto esterno
La strategia di gestione adattativa dei progetti impone in sostanza al Project Ma-
nager di esplorare e comprendere le variabili del contesto esterno per ridurre le diffe-
renze tra ciò che ci si attende di realizzare e ciò che si realizza realmente (Fig. 3). Oc-
corre per questo individuare e caratterizzare con precisione le controparti e verificare,
sia attraverso l’analisi autonoma sia attraverso il contatto diretto, l’effetto che le atti-
vità previste dal progetto hanno sulle controparti e le reazioni che ne scaturiscono. In
questo modo il contesto esterni diventa conoscibile: le sue retroazioni non bloccano
più la realizzazione, ma ottimizzano il progetto sui fini dell’acquisizione del consenso
e lo rendono in definitiva realizzabile. Non solo. Ma una volta adottata questa strate-
gia con il primo progetto “apripista”, la struttura operativa preposta interiorizza gli
adattamenti e rende disponibile la metodologia e il know-how adattativo per la realiz-
zazione dei progetti successivi.
170
Il mutamento di strategia adottato dalla SOGIN costituiva una profonda innova-
zione del Project Management, soprattutto in seno al comparto nucleare, dove fino ad
allora i progetti realizzativi erano stati sistematicamente calati dall’alto. Ma costituiva
la chiave di volta per una vera costruzione del consenso. Presupponeva apertura al
dialogo e una conoscenza approfondita del contesto normativo e regolamentare, non-
ché del contesto istituzionale a livello centrale e locale, ai diversi livelli. Richiedeva
soprattutto una conoscenza profonda del sistema sociale a livello locale. Acquisite
queste conoscenze, la strategia adattativa poteva attuarsi attraverso l’attenta defini-
zione delle strategie e delle tecniche di comunicazione e di relazione con il contesto
esterno utilizzando i consueti strumenti propri delle relazioni esterne, in ambito istitu-
zionale e sociale, e della comunicazione.
Fig. 3 - Dal progetto alla realizzazione secondo la strategia adattativa.
171
La SOGIN dette in tal modo attuazione, per la prima volta in Italia nel settore nuclea-
re, ad uno degli indirizzi strategici per la gestione degli esiti del nucleare forniti nel
documento al Parlamento del Ministro dell’Industria del 14 Dicembre 1999, laddove,
al paragrafo 5.3 (“La cooperazione fra autorità centrali e autonomie locali e la ricer-
ca del consenso delle popolazioni”), si affermava quanto segue:
“La gestione degli esiti del nucleare, e in particolare la realizzazione del de-
posito nazionale, richiede che le decisioni siano portate avanti in modo tra-
sparente, con il massimo livello di informazione e nella ricerca del più alto li-
vello possibile di consenso delle popolazioni”.
4.7.3 L’approccio adattativo alla campagna di trasporto del 2003
La prima messa a punto e contemporaneamente la prima applicazione pratica
della strategia di gestione adattativa delle attività della SOGIN riguardò, nel 2002, la
campagna di trasporto nel Regno Unito (da Saluggia a Sellafield, attraverso la Francia
e la Manica) del combustibile nucleare esaurito di proprietà della SOGIN tempora-
neamente custodito presso il deposito Avogadro di Saluggia, di proprietà FIAT.
L’esame di questo caso specifico consente, tra l’altro, di constatare come, nelle attivi-
tà di costruzione del consenso, alla componente di tipo tecnico debba necessariamente
saldarsi una componente di lobby, intesa nel senso più ampio del termine.
Nel novembre 2002, la struttura SOGIN preposta alle relazioni esterne non era
stata preventivamente informata dai responsabili tecnici sul prossimo avvio di una
campagna di trasporto di combustibile nucleare esaurito. Non si trattava, all’epoca, né
di una dimenticanza né di un’inadempienza dei responsabili tecnici: semplicemente, i
responsabili tecnici ritennero, nella loro autonoma gestione del Project Management
(classico), di poter dare l’informazione nell’imminenza dell’inizio delle operazioni.
L’attenzione della Direzione delle Relazioni Esterne fu destata dall’improvvisa
172
comparsa, sulle testate locali, nel novembre 2002, di una serie di articoli critici nei
confronti dell’operato della SOGIN, in coincidenza con l’arrivo alla stazione di Ver-
celli dei due contenitori (cask) che sarebbero stati utilizzati per le operazioni di tra-
sporto. Si trattava in effetti di oggetti che non potevano passare inosservati: due cilin-
dri in acciaio lunghi circa 5 metri e del diametro di 2,5 metri, aventi uno spessore di
parete di circa 25 centimetri e un peso di circa 60 tonnellate ciascuno. I giornalisti si
interrogavano, in particolare, sull’uso che la SOGIN avrebbe fatto dei due cilindri,
ipotizzando addirittura che si trattasse di missili e lamentando (a ragione) l’assenza di
informazioni sull’argomento.
Il confronto immediatamente avviato tra la Direzione Relazioni Esterne e la Di-
rezione tecnica competente (all’epoca Deposito e Sistemazione Combustibile) portò
alla definizione di una strategia e di un piano di relazione e comunicazione sul territo-
rio coordinati con il programma temporale delle attività tecniche previste. Le compe-
tenti funzioni SOGIN dettero quindi inizio ad un programma di conferenze stampa,
seminari e incontri avente come target differenziati gli operatori dell’informazione,
gli amministratori locali e la popolazione e guidato da una sistematica azione di mo-
nitoraggio del contesto locale.
Attraverso sia i contatti diretti sia il monitoraggio dei media si riscontrò la pre-
senza di resistenze e dissensi da parte di alcune organizzazioni ambientaliste naziona-
li (Green Cross International) e locali (Legambiente Vercelli) e da parte delle orga-
nizzazioni sindacali locali. Il piano di contatto e comunicazione fu allora integrato
con iniziative specifiche rivolte direttamente ai suddetti poli di dissenso.
Lungo un diverso fronte, la Prefettura di Vercelli, che era responsabile della si-
curezza delle operazioni di trasporto stradale e ferroviario, prospettò ai Responsabili
della SOGIN l’esistenza di alcune difficoltà operative per la diffusione delle informa-
zioni dovute alla popolazione in attuazione della normativa vigente sul trasporto dei
materiali radioattivi. Mancava, in particolare, un decreto attuativo delle norme vigenti
in materia di informazione dovuta alla popolazione379 che avrebbe dovuto precisare le
379D.Lgs. 230/1995, Sezione seconda, “Informazione della popolazione”, articoli 127 e seguenti.
173
informazioni dovute alla popolazione e le modalità di diffusione, ma che non era stato
ancora emanato. Le suddette difficoltà furono esaminate nel corso di una serie di in-
contri con la Prefettura e furono risolte attraverso la pubblicazione sugli organi di
stampa di una serie di avvisi al pubblico.
L’elenco degli eventi organizzati dalla SOGIN per la costruzione del consenso in
preparazione della prima spedizione di combustibile, che sarebbe avvenuta in data 6
Aprile 2003, sono elencabili come segue:
27.11.2002 Seminario per i giornalisti della stampa nazionale e locale;
20.01.2003 Seminario per le istituzioni locali (Prefetto, Comandante
provinciale dei VVF, ARPA Piemonte, Rappresentanti della
Regione, della Provincia e Sindaci dei Comuni dell’area);
07.03.2003 Seminario presso la sede di Green Cross International (Ro-
ma);
13.03.2003 Seminario per le rappresentanze sindacali CGIL, CISL, UIL;
25.03.2003 Seminario per le rappresentanze sindacali autonome;
25.03.2003 Distribuzione di uno stampato informativo alla popolazione
di Saluggia;
28.03.2003 Incontro-dibattito pubblico alla presenza degli Amministra-
tori locali presso il Palazzetto dello Sport di Saluggia (VC);
04.04.2003 Conferenza stampa alla presenza degli Amministratori locali
presso la Provincia di Vercelli;
04.04.2003 Incontro-dibattito pubblico alla presenza degli Amministra-
tori locali presso il Teatro Civico di Trino (VC);
06.04.2003 Pubblicazione avvisi al pubblico sui quotidiani per conto del-
le Prefetture di Vercelli e Torino;
06.04.2003 Seminario per i giornalisti sulle operazioni di trasporto, effet-
tuate alla presenza della stampa;
06.04.2003 Realizzazione di un servizio televisivo sulla prima operazio-
ne di trasporto distribuito alle emittenti nazionali e locali.
174
4.7.4 Azioni e retroazioni
Lo schema che rende conto dei collegamenti tra le azioni svolte dalla SOGIN in
preparazione della campagna di trasporto del 2003 e le reazioni del contesto è rappre-
sentato in Fig. 4.
Il processo iniziò con la constatazione della reazione negativa dei media all’atto
dell’arrivo dei cask vuoti alla stazione di Vercelli. Il confronto tra le due Direzioni
competenti (Relazioni Esterne, Materie Nucleari) portò alla sintesi di una strategia e
di un piano di azioni alla quale si iniziò a dare attuazione immediatamente.
Il primo evento fu finalizzato a porre riparo al difetto di comunicazione lamenta-
to dai mass-media in ambito locale, attraverso l’organizzazione e lo svolgimento di
un seminario per i giornalisti della stampa nazionale e locale tenuto presso la centrale
di Trino. Il seminario, che durò un’intera mattinata, ebbe per oggetto l’illustrazione
puntuale ai giornalisti delle motivazioni e delle diverse fasi tecniche del trasporto, in-
clusi gli itinerari, la tempistica e le misure di sicurezza adottate. Dopo una prima parte
di informazione svolta in aula presso la centrale di Trino, i giornalisti furono accom-
pagnati ad assistere al collaudo, eseguito da SOGIN e MIT Nucleare (il vettore inca-
ricato del trasporto), di un ponte stradale sul quale avrebbe dovuto transitare il con-
voglio di trasporto dei cask dall’impianto di Saluggia al nodo intermodale di Vercelli.
Dato il peso dei cask contenenti il combustibile (circa 90 tonnellate ciascuno) la por-
tanza del ponte doveva essere verificata. Al termine della mattinata i giornalisti ave-
vano ricevuto tutte le informazioni relative al trasporto e avevano assistito ad un
esempio dell’attenzione con cui erano garantite le condizioni di sicurezza.
Al seminario rivolto agli operatori dell’informazione fece seguito un seminario
riservato alle istituzioni locali, tenuto anch’esso presso la Centrale di Trino, nel corso
del quale i Responsabili della SOGIN fornirono ancora una volta tutte le informazioni
sugli aspetti tecnici, logistici e di sicurezza e sul programma temporale delle opera-
zioni di trasporto, che erano destinate a durare complessivamente circa due anni.
In esito al seminario riservato alle istituzioni locali, la Prefettura di Vercelli, re-
175
sponsabile di tutti gli aspetti relativi alla sicurezza delle operazioni, segnalò alla SO-
GIN l’opportunità di svolgere un seminario informativo dedicato alle Organizzazioni
sindacali locali, che andavano esprimendo preoccupazione per il coinvolgimento dei
lavoratori nella movimentazione di materiale altamente radioattivo. Il Comune di Sa-
luggia chiese inoltre alla SOGIN di organizzare un incontro pubblico nel corso del
quale gli stessi amministratori locali avrebbero potuto informare direttamente la po-
polazione potendo contare sul supporto tecnico dei responsabili SOGIN.
SOGIN organizzò quindi un seminario per le Organizzazioni sindacali locali. Nel
corso del seminario, cui furono invitati i sindacati confederali, la SOGIN illustrò nei
dettagli le condizioni di sicurezza radiologica e nucleare in cui avveniva il trasporto
ed ebbe il supporto della Rappresentanza sindacale aziendale per dimostrare che gli
stessi operai della SOGIN non sarebbero stati esposti a particolari rischi, e meno che
mai gli operatori coinvolti presso il nodo di scambio intermodale e la stazione di Ver-
celli. In esito al seminario gli esponenti delle Organizzazioni sindacali locali rilascia-
rono alla stampa dichiarazioni tranquillizzanti.
Le Relazioni esterne della SOGIN ebbero allora notizia di un convegno organiz-
zato dai Verdi di Vercelli nel corso del quale si sarebbero avuti interventi ostili al tra-
sporto del combustibile. I Responsabili della SOGIN chiesero allora ed ottennero di
poter partecipare al convegno, nel corso del quale ebbero modo di illustrare sia le mo-
tivazioni del trasporto sia le misure di sicurezza adottate.
In occasione del convegno dei Verdi, le organizzazioni sindacali autonome di
Vercelli lamentarono di non essere state informate dalla SOGIN. Fu subito chiarito
che il mancato invito dei sindacati autonomi insieme ai sindacati confederali non era
frutto di una svista o di cattiva volontà, ma conseguenza della consuetudine imposta
dalle diverse organizzazioni sindacali, che di solito evitavano di sedere allo stesso ta-
volo. I rappresentanti della SOGIN dichiararono che le Organizzazioni sindacali au-
tonome avrebbero presto ricevuto l’invito a partecipare ad un secondo seminario ad
esse riservato. Questo si svolse regolarmente nei giorni successivi; in esito
all’iniziativa, i sindacati autonomi si dichiarano informati, ma comunque contrari al
176
coinvolgimento dei lavoratori nelle operazioni di trasporto.
Il monitoraggio dei media in ambito nazionale evidenziò improvvisamente una
presa di posizione contraria alle operazioni di trasporto da parte dell’associazione
ambientalista Green Cross International, che aveva la professoressa Rita Levi Mon-
talcini come Presidente onorario ed era presieduta dal senatore dei Verdi Guido Polli-
ce. I Responsabili SOGIN presero immediatamente contatto con il sen. Pollice dichia-
rando la disponibilità ad un incontro informativo sulla questione. L’incontro si svolse
dopo alcuni giorni presso la sede romana dell’Associazione. Al termine il sen. Pollice
modificò l’atteggiamento nei confronti delle attività previste, dichiarando che avrebbe
rilasciato un’intervista di rettifica.
Facendo seguito ai contatti avuti con la Prefettura e con gli Amministratori loca-
li, la SOGIN realizzò uno stampato informativo che viene distribuito all’intera popo-
lazione di Saluggia. Rispondendo alla richiesta a suo tempo fatta dal Comune di Sa-
luggia, SOGIN organizzò presso il locale Palazzetto dello Sport l’incontro-dibattito
pubblico con la popolazione. L’incontro, cui parteciparono tutte le Istituzioni locali,
si svolse con pieno successo.
I responsabili delle Relazioni istituzionali della SOGIN ricevettero allora una ri-
chiesta di supporto informativo da parte della Provincia di Vercelli, dei parlamentari
eletti nel collegio e del Comune di Trino. Si stabilì allora, di comune accordo con gli
interlocutori, di soddisfare le richieste organizzando una conferenza stampa presso la
Provincia di Vercelli e un secondo incontro-dibattito pubblico presso il teatro civico
di Trino, eventi cui avrebbero partecipato i parlamentari eletti localmente. In entrambi
i casi i soggetti istituzionali ebbero modo di fornire alla stampa e alla popolazione le
informazioni richieste con il supporto tecnico della SOGIN. Le reazioni del contesto
furono oltremodo positive.
SOGIN si fece infine carico di individuare le modalità attraverso le quali le Pre-
fetture competenti per territorio avrebbero potuto fornire alla popolazione residente
nelle province interessate dal trasporto (Vercelli e Torino) le informazioni richieste
dal D.Lgs. 230/1995. Nel corso di un incontro presso la Prefettura di Vercelli cui par-
177
tecipò anche il Commissario Delegato per la sicurezza dei materiali nucleari, fu deci-
so, in carenza del dettato normativo, di pubblicare un avviso al pubblico sui quotidia-
ni nazionali e locali, adottando in tal modo la soluzione prevista dalle norme sulla tu-
tela ambientale per il coinvolgimento del pubblico nell’iter autorizzativo.
Si giunse in tal modo al giorno per il quale era programmata la prima spedizione.
Grazie ad uno specifico programma di coinvolgimento organizzato dalla SOGIN, i
rappresentanti della stampa locale e nazionale poterono assistere all’intero svolgimen-
to delle operazioni, a partire dall’uscita del convoglio stradale dall’impianto di Salug-
gia, seguendo il convoglio in pullman da Saluggia a Vercelli, assistendo alle opera-
zioni di scambio presso il nodo intermodale e, la notte, assistendo alla partenza dei
cask dalla stazione di Vercelli.
178
Fig. 4 - Azioni e retroazioni nell’applicazione della strategia adattativa alla campagna di trasporto del combustibile esaurito del 2003
179
Al seminario rivolto agli operatori dell’informazione, fece seguito un seminario
riservato alle istituzioni locali, tenuto anch’esso presso la Centrale di Trino, nel corso
del quale i Responsabili della SOGIN fornirono ancora una volta tutte le informazioni
sugli aspetti tecnici, logistici e di sicurezza e sul programma temporale delle opera-
zioni di trasporto, che erano destinate a durare complessivamente circa due anni.
In esito al seminario riservato alle istituzioni locali, la Prefettura di Vercelli, re-
sponsabile di tutti gli aspetti relativi alla sicurezza delle operazioni, segnalò alla SO-
GIN l’opportunità di svolgere un seminario informativo dedicato alle Organizzazioni
sindacali locali, che andavano esprimendo preoccupazione per il coinvolgimento dei
lavoratori nella movimentazione di materiale altamente radioattivo. Il Comune di Sa-
luggia chiese inoltre alla SOGIN di organizzare un incontro pubblico nel corso del
quale gli stessi amministratori locali avrebbero potuto informare direttamente la po-
polazione potendo contare sul supporto tecnico dei responsabili SOGIN.
SOGIN organizzò quindi un seminario per le Organizzazioni sindacali locali. Nel
corso del seminario, cui furono invitati i sindacati confederali, la SOGIN illustrò nei
dettagli le condizioni di sicurezza radiologica e nucleare in cui avveniva il trasporto
ed ebbe il supporto della Rappresentanza sindacale aziendale per dimostrare che gli
stessi operai della SOGIN non sarebbero stati esposti a particolari rischi, e meno che
mai gli operatori coinvolti presso il nodo di scambio intermodale e la stazione di Ver-
celli. In esito al seminario gli esponenti delle Organizzazioni sindacali locali rilascia-
rono alla stampa dichiarazioni tranquillizzanti.
Le Relazioni esterne della SOGIN ebbero allora notizia di un convegno organiz-
zato dai Verdi di Vercelli nel corso del quale si sarebbero avuti interventi ostili al tra-
sporto del combustibile. I Responsabili della SOGIN chiesero allora ed ottennero di
poter partecipare al convegno, nel corso del quale ebbero modo di illustrare sia le mo-
tivazioni del trasporto sia le misure di sicurezza adottate.
In occasione del convegno dei Verdi, le organizzazioni sindacali autonome di
Vercelli lamentarono di non essere state informate dalla SOGIN. Fu subito chiarito
che il mancato invito dei sindacati autonomi insieme ai sindacati confederali non era
180
frutto di una svista o di cattiva volontà, ma conseguenza della consuetudine imposta
dalle diverse organizzazioni sindacali, che di solito evitavano di sedere allo stesso ta-
volo. I rappresentanti della SOGIN dichiararono che le Organizzazioni sindacali au-
tonome avrebbero presto ricevuto l’invito a partecipare ad un secondo seminario ad
esse riservato. Questo si svolse regolarmente nei giorni successivi; in esito
all’iniziativa, i sindacati autonomi si dichiarano informati, ma comunque contrari al
coinvolgimento dei lavoratori nelle operazioni di trasporto.
Il monitoraggio dei media in ambito nazionale evidenziò improvvisamente una
presa di posizione contraria alle operazioni di trasporto da parte dell’associazione
ambientalista Green Cross International, che aveva la professoressa Rita Levi Mon-
talcini come Presidente onorario ed era presieduta dal senatore dei Verdi Guido Polli-
ce. I Responsabili SOGIN presero immediatamente contatto con il sen. Pollice dichia-
rando la disponibilità ad un incontro informativo sulla questione. L’incontro si svolse
dopo alcuni giorni presso la sede romana dell’Associazione. Al termine il sen. Pollice
modificò l’atteggiamento nei confronti delle attività previste, dichiarando che avrebbe
rilasciato un’intervista di rettifica.
Facendo seguito ai contatti avuti con la Prefettura e con gli Amministratori locali,
la SOGIN realizzò uno stampato informativo che venne distribuito all’intera popola-
zione di Saluggia. Rispondendo alla richiesta a suo tempo fatta dal Comune di Salug-
gia, SOGIN organizzò presso il locale Palazzetto dello Sport l’incontro-dibattito pub-
blico con la popolazione. L’incontro, cui parteciparono tutte le Istituzioni locali, si
svolse con pieno successo.
I responsabili delle Relazioni istituzionali della SOGIN ricevettero, allora una ri-
chiesta di supporto informativo da parte della Provincia di Vercelli, dei parlamentari
eletti nel collegio e del Comune di Trino. Si stabilì allora, di comune accordo con gli
interlocutori, di soddisfare le richieste organizzando una conferenza stampa presso la
Provincia di Vercelli e un secondo incontro-dibattito pubblico presso il teatro civico
di Trino, eventi cui avrebbero partecipato i parlamentari eletti localmente. In entrambi
i casi i soggetti istituzionali ebbero modo di fornire alla stampa e alla popolazione le
181
informazioni richieste con il supporto tecnico della SOGIN. Le reazioni del contesto
furono oltremodo positive.
SOGIN si fece infine carico di individuare le modalità attraverso le quali le Pre-
fetture competenti per territorio avrebbero potuto fornire alla popolazione residente
nelle province interessate dal trasporto (Vercelli e Torino) le informazioni dovute in
attuazione del D.Lgs. 230/1995380. Nel corso di un incontro presso la Prefettura di
Vercelli cui partecipò anche il Commissario Delegato per la sicurezza dei materiali
nucleari, fu deciso, in carenza del dettato normativo, di pubblicare un avviso al pub-
blico sui quotidiani nazionali e locali, adottando in tal modo la soluzione prevista dal-
le norme sulla tutela ambientale (VIA) per il coinvolgimento del pubblico nell’iter
autorizzativo.
Si giunse in tal modo al giorno per il quale era programmata la prima spedizione.
Grazie ad uno specifico programma di coinvolgimento organizzato dalla SOGIN, i
rappresentanti della stampa locale e nazionale poterono assistere all’intero svolgimen-
to delle operazioni, a partire dall’uscita del convoglio stradale dall’impianto di Salug-
gia, seguendo il convoglio in pullman da Saluggia a Vercelli, assistendo alle opera-
zioni di scambio presso il nodo intermodale e, la notte, assistendo alla partenza del
treno con i cask dalla stazione di Vercelli.
380D.Lgs. 230/1995, Sezione seconda, Informazione della popolazione, articoli 127 e seguenti.
182
Conclusioni
L’indagine realizzata e le interviste effettuate a significativi esponenti della fa-
zione pro-nucleare e di quella anti-nucleare, nonché a responsabili istituzionali del
settore, sembrano confermare la peculiarità del lobbismo relativo al nucleare. Chia-
ramente, emerge la natura fortemente ideologico-politica che caratterizza in tutti i
Paesi la strategia seguita dalle due contrapposte lobbies381: quella pro- e quella anti-
nucleare. Nella prima, l’ideologia ha minore rilevanza. Prevalgono interessi più mate-
riali. In primo luogo, quella delle industrie produttrici. In secondo luogo, quella delle
società elettriche che mirano ad ottimizzare i profitti utilizzando, a loro favore, il
maggiore livello di sicurezza energetica del nucleare rispetto alle fonti fossili e la ri-
duzione dei costi dell’energia prodotta e delle emissioni di gas ad effetto serra. Per la
parte contrapposta, le motivazioni sono prevalentemente di natura politico-ideologica.
Sono meno ispirate dagli interessi delle imprese produttrici delle energie rinnovabili
(in particolare, fotovoltaico ed eolico), sebbene esse sono certamente preoccupate di
una possibile riduzione degli incentivi che ricevono in tutti gli Stati, qualora si doves-
se decidere la costruzione di centrali nucleari.
I lobbismi pro e contro il nucleare presentano, quindi, peculiarità che li rendono
molto simili a quelli propri dell’advocacy politica. Non si rivolgono direttamente ai
decisori istituzionali, ma all’opinione pubblica che agisce poi sulle decisioni politi-
che. Non adottano tanto strategie dirette, quanto indirette.
Mentre i fautori del nucleare cercano costantemente di portare il dibattito su un
terreno più razionale – cioè sul calcolo di benefici, costi e rischi – gli anti-nuclearisti
sono generalmente portati ad accentuare gli aspetti emotivi, a livello sia nazionale che
locale. I primi – anche in Italia con il Forum Nucleare Italiano presieduto dal dott.
381 Forse sarebbe più appropriato denominarle advocacy groups, come suggerisce il Dott. GianlucaComin, vds.intervista p. 195.
183
Chicco Testa – hanno cercato, in primo luogo, di diminuire i preconcetti anti-nucleari,
attraverso un’azione di informazione e di sensibilizzazione.
I secondi - malgrado l’indubbia esistenza nei loro ranghi di expertise scientifiche,
tecniche ed economiche di ottimo livello – hanno teso ad accentuare gli aspetti più
emotivi, in particolare il timore di incidenti catastrofici, utilizzando anche temi propri
dell’antinuclearismo militare, diffuso ampiamente durante la guerra fredda e attenua-
tosi successivamente. Sono stati aiutati in questo anche dalla logica propria dei media
che tendono a spettacolarizzare gli eventi. Questo aspetto è comune in tutti i Paesi,
come dimostra il successo che ebbe il film “Sindrome Cinese”, anche se la sua grande
diffusione fu facilitata dall’incidente di Three Mile Island, contemporaneo alla sua
uscita.
Le motivazioni dei fautori dell’elettronucleare – in Italia e all’estero - furono
all’inizio basate soprattutto sul timore dell’esaurimento dei combustibili fossili e sulla
volatilità della politica dei Paesi produttori, emersa chiaramente nei due shock petroli-
feri degli anni Settanta. Successivamente, il loro “cavallo di battaglia” è stata la tutela
dell’ambiente con la riduzione dell’emissione di gas ad effetto serra.
Il lobbismo pro e anti la costruzione di nuovi impianti nucleari ha conosciuto alti
e bassi, influenzato dall’andamento di prezzi dei combustibili fossili, dalla situazione
politica interna ed internazionale e dal maggiore o minore consenso e credibilità delle
istituzioni degli Stati. Il lobbying (o l’advocacy) pro-nucleare382 in Italia è stata cen-
trata sull’informazione dell’opinione pubblica, per attenuarne i preconcetti timori nei
riguardi del ritorno al nucleare nel nostro Paese e possibilmente da suscitarne il con-
senso o, almeno, di attenuarne le opposizioni politiche. Gli esisti delle azioni intrapre-
se sono di difficile valutazione, anche per l’impatto che ha avuto l’incidente di Fuku-
shima, certamente molto rilevante.
382Vds. interviste a Gianluca Comin, p.195, e a Chicco Testa, p.227.
184
Discorso completamente diverso, va fatto per il lobbismo relativo al nucleare
pregresso. In esso, gli interessi degli operatori sono soprattutto istituzionali e le pole-
miche a livello generale non sono molto elevate. La soluzione del nucleare pregresso
non costituisce un’opzione, quale è la costruzione di nuove centrali. E’ invece una
realtà che va affrontata. Anche gli anti-nucleari sono d’accordo sulla necessità di dar-
vi soluzione, sia per la protezione della popolazione e dell’ambiente, sia per il recupe-
ro delle aree su cui sono collocati gli impianti dismessi, sia per ragioni etiche di giu-
stizia intergenerazionale per non lasciare alle future generazioni l’onere di provvedere
alla sistemazione delle scorie da noi prodotte. Tale consenso non si estende a tutti gli
aspetti coinvolti nel nucleare pregresso. Le due parti utilizzano “distinguo”. La man-
cata soluzione del nucleare pregresso costituisce un consistente handicap per i fautori
della costruzione di nuove centrali. Per gli anti-nuclearisti, quindi, essa rappresenta
un argomento largamente utilizzato per la loro opposizione alla costruzione di nuove
centrali. Un punto di dissenso riguarda poi il riprocessamento, considerato non solo
costoso, ma anche pericoloso per la proliferazione nucleare. Un altro dibattito, infine,
riguarda la costruzione di un deposito nazionale. Anche in questo caso i contrasti non
riguardano l’aspetto generale della sua necessità, ma la mobilitazione e strumentaliz-
zazione delle opinioni pubbliche delle località selezionate per la sua costruzione.
In Italia, tutti gli approcci seguiti nell’advocacy per la costruzione del deposito
(ora Deposito Nazionale/Parco Tecnologico) hanno registrato un fallimento, sia quel-
lo più partecipativo, sia quello autoritativo, di decisioni cioè prese dal Governo e im-
poste a livello locale. La contestazione sistematica di tutte le decisioni governative e i
poteri attribuiti a Regioni ed Enti locali dall’attuale ordinamento hanno facilitato
l’azione di blocco o, quanto meno, di rallentamento di qualsiasi decisione per il De-
posito come per altre grandi infrastrutture. La popolazione non smetterà di essere dif-
fidente verso queste strutture finché non tornerà a fidarsi delle istituzioni che dovreb-
bero garantirle.383
383 L. IEZZI, Energia nucleare? Sì, grazie? A cosa serve chi ci guadagna e perché in Italia è così diffi-cile, Castelvecchi Editore, Roma 2009, p. 252.
185
Per sbloccare la situazione è stato recentemente deciso di scegliere un nuovo ap-
proccio, fondato da un lato su di una logica partecipativa più sofisticata di quella se-
guita nel passato, basata sull’offerta di incentivi che dovrebbero facilitare la scelta
della località per l’installazione del Deposito Nazionale / Parco Tecnologico.
La questione rimane aperta. Un giudizio sulla validità di tale nuovo approccio se-
guito potrà essere fatto solo dopo che sarà definito l’elenco delle località di possibile
localizzazione di tale infrastruttura. In linea teorica non si può non condividere la lo-
gica che ispira tale nuovo approccio. Non ne vanno però ignorate le difficoltà, anche
in relazione alla frammentazione delle competenze fra Stato e Regioni, derivanti dalle
modifiche apportate nel 2001 al Titolo V della Costituzione. La scelta di un sito potrà
comunque essere finalizzata solo con l’adozione da parte dello Stato di un’efficace
strategia comunicativa (ancora da mettere a punto da parte dei Ministri ed organi
competenti). Solo essa potrà contribuire a superare la cosiddetta sindrome “NIMBY”.
Essa non si riferisce solo al nucleare, ma influisce sulla possibilità di procedere alla
costruzione di altre importanti infrastrutture in Italia.384 In ogni modo, certamente
dall’entità degli incentivi offerti dipenderà la possibilità di superare le immancabili
resistenze locali e, al limite, anche quella di stimolare l’autocandidatura di qualche
località.
L’attività di lobby, finalizzata ad agevolare la gestione degli esiti del nucleare,
presenta in Italia condizionamenti particolari che non sono comuni a quelle proprie
degli altri Paesi industriali.
Occorre infatti ricordare che l’Italia è l’unico tra i Paesi industriali ad avere deci-
so, nell’ormai lontano 1987, di spegnere tutti gli impianti nucleari in esercizio (cen-
trali nucleari e impianti del ciclo del combustibile) e di avviarli allo smantellamento
in un clima di sostanziale rifiuto della tecnologia nucleare palesatosi nel Referendum
del 1987 e, con maggior forza, in quello del 2011. Tale rifiuto, in molti casi fomenta-
to e oculatamente gestito da alcune organizzazioni antinucleari, è giunto a condizio-
384 Nelle interviste al Dott. Comin dell’ENEL, p. 195, e al Dott. Lucchini dell’ENI, p. 211, tale analo-gia è chiaramente illustrata, così come viene messo in luce il fatto che invece di lobbying si dovrebbeparlare di advocacy.
186
nare gli stessi interventi di messa in sicurezza definitiva del nucleare residuo, bloc-
cando per lungo tempo, attraverso il mancato rilascio delle autorizzazioni a livello lo-
cale, le attività relative alla gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare
esaurito, allo smantellamento degli impianti e alla realizzazione del Deposito Nazio-
nale per i materiali radioattivi. In mancanza di un settore elettronucleare attivo, in Ita-
lia le suddette attività sono interamente affidate ad un intervento di tipo istituzionale,
sia dal punto di vista operativo (SOGIN, società di Stato) che finanziario (addebito
sulle tariffe elettriche).
In contrasto con quanto è avvenuto in Italia, negli altri Paesi industriali l’attività
degli impianti nucleari in esercizio è proseguita più o meno normalmente sia dopo il
1986 (disastro di Chernobyl) che dopo il 2011 (disastro di Fukushima). In questi Pae-
si, il problema della gestione del nucleare residuo è sistematicamente demandato, sot-
to il controllo di organismi pubblici, alle stesse società produttrici di energia elettro-
nucleare. Queste ultime, chiamate anche a progettare e a finanziare direttamente gli
interventi necessari, hanno il massimo interesse a che questi si svolgano con la mas-
sima rapidità. Occorre inoltre considerare che le attività di gestione del nucleare pre-
gresso passano attraverso piani di committenza di grande interesse economico (il co-
sto di smantellamento di una grande centrale nucleare è dell’ordine di grandezza di un
miliardo di euro) che mobilitano grossi interessi nei comparti industriali interessati.
Nelle suddette condizioni esiste una vasta componente industriale (società elettronu-
cleari, aziende del comparto termo-elettro-meccanico e delle costruzioni) interessato a
dispiegare un’azione di lobby (di tipo industriale, motivata da interessi economici di-
retti) che in Italia non ha potuto trovare spazio.
Come si è voluto illustrare nel corso della trattazione, l’attività di lobby in favore
della gestione del nucleare pregresso può contare, in Italia, su un numero molto ri-
stretto di attori e su motivazioni di ordine etico (la necessità di porre definitivamente
sotto controllo fattori di rischio evidenti per la popolazione e per l’ambiente) piuttosto
che economico, dato che il dispiegamento dei piani di committenza relativi alle attivi-
tà tecniche risente delle continue dilazioni e dei ritardi degli iter autorizzativi.
187
La stessa azione di lobby, essendo svolta quasi esclusivamente da attori istituzio-
nali (SOGIN) verso le istituzioni centrali e locali (Amministrazioni centrali dello Sta-
to, Regioni, Province e Comuni) non può che assumere connotazioni di tipo particola-
re.
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Appendice
Protagonisti ed interpreti del nucleare in Italia:
contributi ed interviste
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Giancarlo Aragona
Presidente SOGIN
Come è organizzata in Sogin l’attività di comunicazione istituzionale? Quale è ilsuo coordinamento con quella effettuata dal Governo e dalle Autorità di control-lo?
L’attività di comunicazione di Sogin è organizzata secondo i modelli tipici di unagrande Impresa che, operando in un settore sensibile quale il nucleare, deve partico-larmente curare informazione e trasparenza nei confronti della opinione pubblica.Sia per queste ragioni, sia perché Sogin è interamente controllata dallo Stato, la co-municazione societaria deve essere coerente con gli indirizzi e le eventuali indicazio-ni del Governo.
Ci sono state maggiori difficoltà per Sogin nella sua missione istituzionale del de-commissioning del nucleare pregresso a seguito del referendum antinucleare?Avete avvertito un aumento dell’attenzione a seguito di tale evento?
Il referendum in materia nucleare ha semmai reso più urgente e rilevante la missionedi decommissioning del nucleare pregresso. In generale, l’attenzione dell’opinionepubblica per lo smantellamento delle centrali e dei siti esistenti appare aumentata.
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Nello svolgimento del suo ruolo, la Sogin incontra maggiori difficoltà in ambitolocale o a livello nazionale? E il maggiore interesse è locale o nazionale?
Non parlerei di difficoltà, ma piuttosto di interesse ed attenzione per le nostre attivi-tà. Le comunità locali sono comprensibilmente attente ai programmi ed alle attivitàche la Società svolge sui siti loro vicini.
Quali sono i media preferenziali per l’informazione del pubblico sulle attività diSogin?
Tutti i media sono importanti. Una particolare rilevanza la assumono, per ovvii moti-vi, le televisioni e gli organi di stampa locali.
Quale è il Suo giudizio sulla possibilità che l’opzione nuclearista possa essere ri-proposta in futuro nel contesto italiano? Una lobby nuclearista può incontraremaggiori difficoltà in assenza di una regolamentazione normativa della rappre-sentazione di interessi?
Dopo due referendum, l’opzione nucleare in Italia non sembra riproponibile nel bre-ve-medio termine, tanto più che in molti Paesi, dopo l’incidente di Fukushima, i pro-grammi nucleari sono stati ridimensionati o, addirittura, abbandonati. E’ una mate-ria, questa, che suscita forti emozioni e su cui è difficile sviluppare un dibattito sere-no sui pro e i contro dell’opzione nucleare. In questa situazione, il problema va oltrela regolamentazione normativa della rappresentanza degli interessi che pur, in que-sto campo come in altri, sarebbe probabilmente opportuna anche in Italia.
Uno degli aspetti più apprezzati dell’attività della Sogin è la trasparenza nei con-fronti delle istituzioni ed il costante sforzo di informazione del pubblico. Comesono stati conseguiti tali risultati positivi? Quali sono le policy di relazioni istitu-zionali della Società?
Già dalle precedenti risposte emerge l’importanza della comunicazione e della tra-sparenza per una Società come la Sogin. Nella consapevolezza di tale esigenza, ilManagement della Società mette la massima cura nell’informare delle proprie attivi-tà sia le Istituzioni competenti che l’opinione pubblica.
La Sogin è una Società di Stato, che fornisce un importante servizio alla comuni-tà. E’ anche una importante stazione appaltante di lavori anche per importi eco-nomici rilevanti.Con riguardo a questo ruolo, attraverso quali procedure sono garantite la tra-sparenza e la totale impermeabilità nei confronti di eventuali pressioni di lob-bies, Società e gruppi economici?
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Sogin ha adottato gli standards più stringenti e rigorosi per garantire trasparenza edimpermeabilità nei confronti di pressioni volte ad alterare la corretta assegnazionedegli appalti. Siamo fiduciosi che tale rigore ed il continuo monitoraggio assicurinola correttezza di comportamenti che ci si attende da una Società dello Stato.
Sogin è stata individuata, dalla legge, come soggetto titolare della localizzazionee della gestione del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e il Parco Tecnolo-gico. Sono previste iniziative per la sensibilizzazione delle Istituzioni edell’opinione pubblica sull’importanza del progetto?
La procedura per la realizzazione del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi ed ilParco Tecnologico è puntualmente prevista da diversi atti normativi. Al momentoopportuno, la cui determinazione dipende da scelte del Governo, la Società dovrà av-viare una capillare opera di informazione per far sì che si giunga alla localizzazionedel Deposito attraverso il consenso informato della popolazione del sito che, alla finedi un processo di progressiva selezione, verrà prescelto.
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Angelo Bonelli
Presidente VERDI
Lei è stato uno dei più convincenti oppositori alla ripresa del nucleare in Italia.La Sua azione si è svolta prevalentemente in ambito parlamentare. Quale è stato,se vi è stato, il coordinamento con l’opposizione svolta da altre associazioni egruppi di pressione in Italia, quali Legambiente e Greenpeace?
Il coordinamento della lotta al nucleare del 2011 c'è stata ed ha ripreso ciò che era laposizione antinuclearista del primo referendum del 1987. Si trattava di combattere unprogetto strategico del governo italiano per reintrodurre il nucleare in Italia e nellospecifico la tecnologia dell'EPR, una tecnologia sperimentale costosa e inefficiente,come è stato dimostrato dalla recente uscita dell'Enel dall'EPR. E' stato un momentoin cui le associazioni ambientaliste, gli ecologisti e alcune forze politiche si sonotrovate dalla stessa parte e si sono coordinate all'interno del comitato per dire no alnucleare. Gli ecologisti in generale hanno dimostrato una certa continuità con ilmovimento antinuclearista pur essendo passati 25 anni dal referendum precedente,mentre le forze politiche contrarie al nucleare hanno avuto il ruolo di incalzare leforze politiche di parere opposto. Una cosa di cui siamo orgogliosi come Verdi è stataquella di far passare una mozione della Regione Lazio contro il nucleare, prima diFukushima.
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Come giudica l’efficacia dell’azione svolta e quali raccordi ha avuto con altrigruppi politici o di espressione della “società civile”?
Come ho già detto precedentemente, c'era un comitato di coordinamento all'internodel quale convergevano tutte le forze associative antinucleariste, senza alcunapreclusione, cosa che ha reso "efficiente" il processo d'opposizione al nucleare e labattaglia per vincere il referendum, nonostante la disparità delle forze in campo. Ilfronte filonucleare aveva a disposizione sei milioni di euro solo per la comunicazione.
Quali sono stati i temi più sviluppati nella Sua azione?
Abbiamo denunciato gli aspetti meno noti che testimoniavano l’esistenza di sceltestrategiche inaccettabili sul fronte nucleare. L'ex direttore generale del Ministerodell'Ambiente Corrado Clini, per esempio, aveva rimodulato e avvallatol'installazione del nucleare in Italia, puntando sulla riduzione delle emissioni di CO2cosa che era solo strumentale alla lobby del nucleare. L'Italia non aveva e non hanecessità di generazione aggiuntiva essendo un Paese in over supply per laproduzione elettrica. Quindi non aveva bisogno di altri 6.800 megawatt di nucleare.Nel piano di Clini, c'era anche un calcolo sull'aumento dei consumi al 2030 del 35%.Una valutazione “gonfiata” ad arte per giustificare il nucleare, visto che le previsionidi Terna dicono tutt'altro. Altra questione che abbiamo fatto emergere con un dossierè stato il rapporto tra Ansaldo e Westinghouse, messo in crisi dai legami tra Enel eEdF. Il progetto, ancora in fase di elaborazione, studiato proprio da Ansaldo eWestinghouse, si basava sulla costruzione di mini reattori modulari da 350 megawattl'uno, che potevano essere aggregati assieme e che si adattavano meglio all'orografiae al territorio italiano, al contrario degli "ingombranti" EPR. Ci siamo occupati difornire ai cittadini, oltre alla normale attività politica, tutte quelle informazioni di"contorno" che venivano tenute sottotono dalla lobby nucleare, ma che sono decisivedal punto di vista della politica industriale "atomica".
Hanno prevalso nell’opposizione al nucleare tematiche di carattere emotivo olocalistico, oppure argomentazioni di natura più generale relative a benefici,costi e rischi dell’elettronucleare?
Nella prima fase della campagna referendaria sono stati centrali problemi diopportunità tecnica e politica. Successivamente, non si può negare il fatto che ci siastata anche una forte componente emotiva dovuta all'esplosione di Fukushima cheperò del resto c'è stata e ha dimostrato in tutta la sua drammaticità, la pericolositàdel nucleare. L'incidente di Fukushima ha rivelato le debolezze del nucleare che sonoamplificate dall'economia di mercato. In Italia, dopo l'incidente in Giappone, si èsubito tentato di buttare acqua sul fuoco affermando che erano centrali vecchie egestite male e che un terremoto simile non ci sarebbe mai stato, mentre in Franciainvece è stato detto dall'Autorità sulla sicurezza nucleare che non avevano mai preso
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in considerazione la combinazione di un terremoto e di un'alluvione. Una posizioneintellettualmente più onesta di quella di molti politici e tecnici italiani.
Quale è la linea seguita da Lei e dalle forze culturali, sociali e ideologiche cherappresenta nell’opposizione al nucleare?Il punto centrale che abbiamo messo in evidenza è la sostanziale ingestibilità delnucleare. Il nucleare è un tipo di energia che lascia troppi quesiti aperti innanzituttosul fronte dell'ordinario funzionamento. Come smontare le centrali, i costi deldecommissioning, il problema delle scorie, soprattutto di quelle ad alta attività eranoe sono problemi irrisolti sui quali c'è stata parecchia disinformazione. Ecco abbiamobattuto su questi tasti, citando studi internazionali e fonti terze a sostegno dellenostre tesi. La potenza mediatica messa in campo dai filo-nuclearisti era enorme epotevamo combatterla solo con un'informazione di qualità.
Come considera il problema del nucleare pregresso che, comunque sia, è unarealtà che deve trovare soluzione?Deve sicuramente trovare una soluzione. Per l'Italia, la soluzione è più economicarispetto alla Francia, poiché dobbiamo gestire meno centrali. Dobbiamo gestire lenostre scorie in sicurezza e con molta trasparenza, facendo un decomissioning, perarrivare al greenfield e non fermarsi al brownfield. Per le scorie serve un depositonazionale ed è una soluzione va trovata perché i rifiuti radioattivi si continueranno aprodurre anche senza le centrali.
Quali sono le Sue opinioni sul riprocessamento, sull’esigenza di un DepositoNazionale dei rifiuti nucleari in alternativa all’esportazione all’estero delle scorieradioattive esistenti e di quelle derivanti dallo smantellamento delle centrali edegli impianti nucleari, nonché relative alle altre utilizzazioni ospedaliere eindustriali di materiali radioattivi?Le scorie non devono essere esportate all'estero, a meno che non si decida a livelloeuropeo di fare un unico deposito. Quella del deposito europeo è un'ipotesi peròdifficile perché è necessario trovare un accordo sia sul luogo dove mettere le scorieradioattive, sia sui costi. Bisogna continuare la ricerca per l'eliminazione dellescorie. Se in futuro si dovesse trovare per eliminare la radioattività delle scoriesarebbe una cosa positiva, purché non sia un escamotage per riprendere con ilnucleare. Il disastro di Fukushima, come gli altri casi della storia del nucleare, sisono verificati durante il regolare funzionamento delle centrali, ma la ricerca per lariduzione della radioattività ci servirà per due motivi. Il primo per disinnescarel'eredità letale delle 450 centrali nucleari esistenti oggi sul pianeta, mentre il secondoè rappresentato dal fatto che le scorie saranno prodotte da altre applicazioni, comequelle medicali.
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GianlucaComin
Enel – Direttore delle Relazioni Esterne
L'ENEL è stato promotore del ritorno dell'Italia alla produzione di energia elet-tronucleare. Quali strategie sono state adottate dalla Società per ottenere il con-senso dell'opinione pubblica? Quali nei confronti della classe politica? Come leiniziative dell'ENEL sono state coordinate con quelle del Forum Nucleare italia-no di Chicco Testa?
Enel ha corrisposto al piano di rilancio del nucleare del governo proponendosi dicoprire metà dei megawatt previsti (totale 26 mila).Nella fase preparatoria abbiamo seguito con attenzione l’evoluzione legislativa, ana-lizzando le migliori pratiche europee sul tema e proponendole al legislatore.Abbiamo affrontato questa sfida attraverso una partnership fondamentale con EDF,attore forte dell’esperienza di 58 centrali nucleari in territorio francese.In ragione di questo, si è guardato all’esperienza francese di gestione del consensopresso l’opinione pubblica. In dettaglio ciò ha significato iniziare a predisporsiall’uso di procedure di confronto pubbliche simili al debat public francese o alla pu-blic consultation anglosassone.Si è anche proceduto a una mappatura di tutti gli stakeholders rilevanti, sia a livellonazionale che a livello locale, analizzando il loro livello di consenso e di informazio-ne relativamente al nucleare.Il nucleare, inoltre, è stato progressivamente inserito nel mix di comunicazionedell’azienda.
196
Decisiva è stata anche l’adesione al Forum Nucleare Italiano, una organizzazioneterza che ha associato 25 grandi realtà nazionali ed internazionali del settore ener-getico: aziende, associazioni industriali, accademia.In questo senso, molte delle azioni di sensibilizzazione verso il ritorno al nuclearenon sono state espressione di Enel, ma di un più vasto tessuto produttivo che si è atti-vato attorno a questo progetto. Enel è stato solo uno degli attori che hanno parteci-pato al consolidamento del consenso.
Nell'azione di comunicazione dell'ENEL, quali media sono stati privilegiati? Inquale modo sono stati verificati i risultati ottenuti? Chi è stato responsabile equali metodologie avete usato per l'elaborazione delle strategie comunicative del-la Società?
Come detto, lo sforzo comunicativo per sostenere la svolta nucleare del Paese è statofatto in comune con molte grandi realtà, all’interno di una cornice plurale rappre-sentata dal Forum Nucleare. In termini di media, sono stati sfruttati:
- televisione (campagna dal 19 dicembre all’8 di gennaio, seguito da pre-test epost test demoscopico);
- carta stampata (con pubblicità in prima e ultima pagina sui quotidiani nazio-nali)
- internet e new media (blog, sito, account twitter).- grande spazio è stato dato anche al confronto dal vivo attraverso convegni,
seminari, approfondimenti, dibattiti.I risultati sono stati monitorati con sondaggi di opinione periodici su consenso e dis-senso.Sono stati organizzati anche dei media briefing e dei media tour presso centrali nu-cleari europee per far familiarizzare i giornalisti con la nuova tecnologia e con il li-vello di sicurezza ad essa collegato.
Quali sono state le strategie e le tecniche utilizzate per attenuare l'opposizionedei vari movimenti antinucleari e dei sostenitori delle rinnovabili che avevano uninteresse diretto ad evitare che l'Italia desse un ampio spazio al nucleare nel suomix di energie primarie per la produzione di elettricità?
L’analisi degli stakeholders٭ e dell’opinione pubblica ci ha dimostrato che di dovevaagire in tre fasi:
- Un recupero delle conoscenze relative al nucleare, rimaste in ombra dopovent’anni di oblio;
- La proposizione a tutti gli stakeholder di un grande ed articolato ProgettoNucleare Italia;
- Una ampia campagna di educazione per tutti i pubblici.
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La strategia comunicativa generale è stata improntata al rifiuto di posizioni precon-cette ed ideologiche attraverso l’alimentazione della “cultura del dubbio”, della sanaattitudine all’approfondimento e all’ascolto di voci differenti sullo stesso argomento.Innanzitutto, si è puntato a smontare il falso mito secondo il quale il nucleare sareb-be nemico delle rinnovabili: le due tecnologie vanno a coprire esigenze diverse diuno stesso sistema energetico. E non è un caso che la più grande azienda produttricedi fonti rinnovabili al mondo sia proprio Enel Green Power.In secondo luogo, è stata chiamata in causa la comunità scientifica italiana, che se-condo i sondaggi di opinione rappresentava la voce più autorevole sul tema agli oc-chi degli italiani.Infine, si è descritto il grande contributo del nucleare nella lotta al cambiamento cli-matico, in quanto unica fonte disponibile di energia a basso costo e ad emissioni zerodi gas climalteranti.
Come ha pesato sulle iniziative dell'ENEL la mancanza di una legislazione ita-liana sul lobbismo?
Si è trattato di una campagna rivolta all’intera opinione pubblica nel senso più am-pio, non solo ai decisori in Parlamento. Pertanto, più che di una attività di lobby si ètrattato di un piano di advocacy pubblico.Certamente la mancanza di una legislazione compiuta sulla lobby continua a costi-tuire un limite del nostro ordinamento. D’altronde, Enel dispone al suo interno diuna serie di strumenti di trasparenza e norme di condotta che garantiscono il corret-to svolgersi delle attività di relazione con i decisori politici.
Quali peculiarità presenta il lobbismo pro e contro il nucleare rispetto a quellorelativo alla costruzione di grandi opere pubbliche, ad esempio a elettrodotti, ri-gassificatori, termovalorizzatori, No-TAV e così via?
Il processo di costruzione del consenso attorno a grandi opere infrastrutturali adottagrosso modo metodologie e strumenti simili, confrontandosi ogni volta da un lato conantagonisti radicali, dall’altro con persone non informate che necessitano di adegua-te campagne informative. Certamente, sul nucleare esiste un limite psicologico impli-cito molto più forte, direttamente legato alla natura intima attribuita a questa tecno-logia fin dalle origini.Tuttavia, va registrato che la campagna di informazione era riuscita, primadell’incidente di Fukushima, ad abbassare il livello di opposizione preconcetta e nelfar avanzare l’accettazione del progetto nucleare.Abbiamo ragione di ritenere che, se non si fosse verificato l’imponderabile incidentegiapponese, il referendum avrebbe avuto un esito del tutto differente.
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٭ Stakeholder mapping
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Roberto Della Seta
Senatore PD - Legambiente
Nella vostra opposizione al nucleare in Italia avete seguito una strategia ben de-finita? In tal caso da chi è stata elaborata?
Non penso si possa parlare di una vera e propria strategia messa in atto da chi si èopposto al ritorno al nucleare. Sicuramente, per tutti quelli come me che hanno vis-suto la prima stagione del movimento antinucleare - quella che portò ai referendumdel 1987 -, l'attenzione è stata duplice: utilizzare gli argomenti tuttora validi dellabattaglia di allora, e rifuggire in ogni modo dall'idea che per vincere bastasse repli-care il modello di allora. Questo perché il mondo della metà degli anni ‘80 non è ilmondo di oggi e, anche l'alternativa nucleare sì o no si pone in termini diversi. Ri-spetto a quegli anni, per esempio, vi è un problema nuovo e urgentissimo: la crisiclimatica. Dunque, abbiamo dovuto contrastare i tentativi di far passare l'idea cheoggi il nucleare è un'arma efficace per fermare il cambiamento climatico, un'armapersino "ambientalista". Insomma, abbiamo cercato di prendere ciò che resta utiledel discorso antinucleare di venticinque anni fa ma tenendo ben presente che la sfidain questo caso aveva caratteri e orizzonti assai diversi. Così, un'altra nostra preoc-cupazione è stata di basare il nostro no al ritorno al nucleare su dati economici piùche su ragioni ideali, astratte.
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Quale è stata l’efficacia relativa dei vari media nell’opposizione al ritorno delnucleare? Come avete controllato i risultati della vostra politica comunicativa?
I media hanno giocato un ruolo diviso in tre fasi. Inizialmente, quando Berlusconi halanciato l'idea di ritornare al nucleare, i media hanno reagito abbastanza passiva-mente. Poi il dibattito ha cominciato a crescere di tono e di spessore, anche perchési è cominciato a capire, grazie ad alcuni sondaggi, che gli italiani erano tuttora inmaggioranza ostili a questa scelta. In una terza fase, segnata dalla tragedia di Fuku-shima ma anche dalla crisi politica generale della maggioranza politica di centrode-stra, tranne pochi casi i media hanno dato largo spazio alle ragioni del no al nuclea-re.
Avete dato priorità all’azione politica nelle varie sedi istituzionali, oppureall’azione diretta sull’opinione pubblica?
All'inizio la priorità l’ha avuta l'azione diretta ai cittadini, anche perché la compat-tezza del centrodestra e le incertezze dello stesso Pd lasciavano pochi spazi istituzio-nali all'opposizione antinucleare. Poi nel Pd è prevalsa una posizione di più nettachiusura al ritorno al nucleare e anche noi parlamentari ecologisti abbiamo avutoqualche margine di azione in più. Quando si è discusso sui criteri di costituzionedell’Agenzia per la sicurezza nucleare e il centrodestra ha proposto il professor Ve-ronesi per presiedere tale Agenzia, io e il senatore Ferrante abbiamo sostenuto conforza l’esigenza che Veronesi si dimettesse da parlamentare - eletto nel Pd - una vol-ta accettata la carica da presidente dell’Agenzia per un evidente conflitto d’interessi.La nostra richiesta è stata accolta e questo, oltre a testimoniare la sensibilità istitu-zionale di Veronesi, è anche stata la prova che il vento stava girando.
Come giudicate l’azione svolta dal Forum Nucleare Italiano e le motivazioni chesono state poste a base della strategia comunicativa di quest’ultimo?
Non positivamente perché io prediligo la trasparenza delle posizioni. Il Forum nu-cleare italiano era una lobby formata da chi sosteneva il nucleare: nulla di male, ilproblema è che si è tentato di farlo passare come un luogo neutrale di dibattito, na-scondendo tra l'altro il decisivo sostegno finanziario dato al Forum dalle aziende piùcoinvolte nel business del ritorno al nucleare. A mio avviso, non è stato un eserciziolodevole dal punto di vista dell'etica pubblica.
Quale è stata l’influenza sul rifiuto del nucleare del disastro di Fukushima?Quale è stato il suo differente impatto e l’utilizzazione da partedell’antinuclearismo rispetto a quanto avvenuto 25 anni dopo il disastro diChernobyl?
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Il peso di Fukushima è stato rilevante, ma sicuramente meno decisivo rispetto aChernobyl. Fino agli anni Ottanta il nucleare civile aveva goduto di un'immaginemolto positiva nell'opinione pubblica, era percepito come l'alternativa pacifica, so-cialmente utile alla bomba atomica. Chi si batteva perché l'energia nucleare nonprendesse piede si muoveva controcorrente. A lungo, gli antinuclearisti furono unaminoranza anche nella sinistra, mentre Chernobyl rovesciò completamente l'orienta-mento dell'opinione pubblica. Anche Fukushima è stata importante e ha rafforzato leragioni contro il nucleare, ma comunque, anche prima dell'incidente, l'opinione pub-blica italiana, in base a più di un sondaggio, era in maggioranza su posizioni antinu-cleariste.
Come giudica la “conversione al nucleare” di alcuni “guru” dell’antinuclearismoe dell’ecologismo come Lovelock e Moore?
Rispetto le opinioni diverse dalle mie e anche i cambiamenti di opinione, purché sia-no argomentati e trasparenti. Rispetto meno le "conversioni" di chi, come l'ex-presidente di Legambiente Chicco Testa, pretende ascolto non per il merito di quelloche dice ma per il solo fatto di avere cambiato idea.
Fino a che punto l’opposizione alle armi nucleari e allo spettro dell’olocausto oinverno nucleare è stata coordinata o correlata con quella all’elettronucleare?
Il legame era molto più forte 25 anni fa. Negli anni Ottanta, l'aggancio tra movimentipacifisti, movimenti antimilitaristi e movimenti antinucleari era profondo. In Ameri-ca, il primo leader antinucleare fu Barry Commoner, il quale si era battuto contro gliesperimenti militari nucleari nel deserto del Nevada. Oggi, non essendoci più laguerra fredda, la preoccupazione per la minaccia nucleare si è decisamente attenua-ta, ridotta com'è al timore che qualche Stato fuori controllo, come l'Iran o la Coreadel nord, possa agitare lo spettro della bomba atomica.
Quale è il suo giudizio sul programma Atoms for Peace e sull’atteggiamento dellaChiesa cattolica sulle armi nucleari e sull'utilizzazione pacifica dell’energia ato-mica?
Se l'idea è di guardare con favore all'utilizzo dell'energia nucleare per scopi civili,credo che questa sia una posizione dettata perché dal mio punto di vista vi sono quasisoltanto controindicazioni riguardo all'utilizzo del nucleare: per i rischi ambientali eanche per i costi esorbitanti di costruzione delle centrali nucleari. Oggi il nucleare èuna via economicamente praticabile solo se a gestirlo è lo Stato. Non è un caso chein Europa occidentale e negli stessi Stati Uniti, dove l'energia è affidata al mercato,con rare eccezioni non si costruiscano nuove centrali da molti e molti anni. Per dirlacon una battuta: io penso che l'Enel dovrebbe esserci grata per averle evitato di im-
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pegnarsi nel programma nucleare e così averle risparmiato un vero bagno economi-co.
Quale spazio ha avuto nella vostra azione di lobbying antinucleare il sostegno da-to alla ricerca sull’energia per fusione e alla produzione di energia elettrica dafonti rinnovabili?
Sono due questioni distinte. La fusione nucleare è una speranza che viene coltivatada molto tempo e che per ora non ha dato risultati apprezzabili. Sarei molto contentose si potesse creare energia commercialmente utilizzabile grazie alla fusione, ma perora questa rimane una possibilità affidata alla ricerca scientifica e a pochi casi diapplicazioni sperimentali. Il tema delle fonti rinnovabili è completamente diverso,perché esse già sono protagoniste di una "rivoluzione" tecnologica in atto nel mondo.La Germania ha deciso che di qui a qualche decennio la quasi totalità del suo fabbi-sogno energetico andrà soddisfatta con fonti rinnovabili, e ha previsto di spegnerenei prossimi anni le sue centrali nucleari e anche molte centrali a energia fossile.Quanto all'Italia, dove pure le politiche energetiche non brillano per capacità di in-novazione (il nostro piano energetico è fermo agli anni Ottanta...), grazie agli incen-tivi introdotti dall'ultimo governo di centrosinistra siamo diventati il secondo Paeseeuropeo per potenza solare fotovoltaica installata.
Quale azione di informazione avete svolto per quanto riguarda il riprocessamen-to e la creazione di un Deposito nazionale per le scorie rispetto ad una soluzioneinternazionale? Cosa pensa sulle possibilità di realizzazione di un Deposito na-zionale in relazione alla difficoltà/impossibilità di una governance europea e glo-bale della materia?Su questo dirò qualcosa a titolo personale e non a nome del Pd. Io sono eletto tral'altro in Piemonte, regione che nel sito di Saluggia ospita la maggior parte dellescorie radioattive ad alta intensità. Io credo che il tema del Deposito nazionale siamolto rilevante e che si sia perso molto tempo sulla questione. La vicenda di Scanza-no Jonico, con il tentativo di imporre da un giorno all'altro il Deposito nazionalesenza consultare né informare i cittadini, ha accresciuto la diffidenza su questo temada parte dell'opinione pubblica. Credo comunque che di un Deposito nazionale ci siabisogno e spero che il prossimo governo in carica se ne occupi. Ritengo però - que-sta, ripeto, è una mia posizione personale - che il Deposito abbia senso relativamentealle scorie di bassa categoria, quelle degli ospedali, oppure quelle di media catego-ria, quelle cioè non derivanti direttamente dal combustibile nucleare. Per quello cheriguarda le scorie ad alta intensità, che in Italia non sono molte, la soluzione più sen-sata e realistica sarebbe portarle in Paesi che avendo puntato molto sul nucleare edovendo per questo smaltire quantitativi di scorie molto più grandi, stanno già lavo-rando alla realizzazione di depositi dedicati.
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Tullio Fanelli
Sottosegretario di Stato – Ministero dell’Ambiente
Lei ha servito a lungo lo Stato ricoprendo importanti responsabilità pubblichenel settore dell’energia, nucleare incluso. Come giudica l’impatto che lecampagne nuclearista e antinuclearista avrebbero avuto sugli esiti delreferendum antinucleare?
Credo che l'esito del referendum fosse scontato. L'impatto mediatico che ha avuto lacatastrofe di Fukushima, è stato comunque determinante per i suoi esiti. La decisionedi tenere il referendum a breve distanza rispetto al disastro è stata decisiva. Ma credoche l'opinione pubblica italiana abbia comunque sul nucleare una visionelargamente negativa. Ciò perché la comunicazione sul nucleare, se basata suargomentazioni scientifiche, non può che essere fatta in termini probabilistici e nondeterministici; in altri termini, allo stato attuale delle tecnologie di produzione dienergia da fonte nucleare, si può affermare che è estremamente improbabile cheaccada un incidente, ma non si può dire che sia impossibile. Questo per l'opinionepubblica è molto difficile da accettare, perché implica un atto di fiducia nei confrontidell'amministrazione in merito alla valutazione del rischio. In sostanza, ritengo cheancora oggi esista la prevalenza di un approccio antinuclearista in Italia.
Quali caratteristiche hanno le lobby nucleare e anti-nucleare in Italia?Prevalgono motivazioni ideologiche? In altre parole, in che misura le lobbiesdegli idrocarburi prima, e quelle delle rinnovabili poi, hanno influitosull’antinuclearismo?
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Le due lobbies hanno una storia molto lunga in Italia. E' vero che per alcuni anni ilpeso delle lobbies, in qualche modo collegate agli idrocarburi, sia stato rilevante. Inquegli anni, anni che precedettero Chernobyl, c'era la possibilità in Italia di avviareun programma nucleare , ma c'erano altri interessi di investimenti, soprattutto per ilgas. Più recentemente non credo abbiano avuto un ruolo simile. In particolare, lelobbies del nucleare non sono state così forti da spostare l'opinione pubblica verso ilnucleare anche a causa del fatto che, come accennavo, in Italia non esiste un’elevatafiducia nei confronti delle istituzioni. I casi di Chernobyl e di Fukushima non sonostati comunque le uniche cause che hanno escluso la realizzazione del nucleare inItalia.
Come vengono strumentalizzate le difficoltà cui devono far fronte le Autorità diregolazione e controllo del nucleare in Italia? Esistono specifiche politiche delMinistero per accreditarne l’affidabilità? Quali misure sarebbe necessarioadottare per stimolare il sostegno dell’opinione pubblica?
Possiamo parlare di una certa strumentalizzazione in alcuni casi. Il mondo delnucleare è abbastanza complesso. In Italia esso comprende una serie di attività digestione di siti di centrali dismesse, di stoccaggio di materiale seppur provvisorio edi gestione di rifiuti nucleari di origine civile. Su questo tipo di attività,evidentemente molto diverse dalla produzione di energia, e che hanno finalitàesclusivamente ambientali e di sicurezza si rileva in alcuni casi un'azione didisinformazione o di destabilizzazione sull'opinione pubblica; in questo sensopossiamo parlare di strumentalizzazione. Tuttavia su questi temi credo che sia inUnione Europea che in Italia si stiano ponendo le premesse per massimizzare lacredibilità del soggetto regolatore, in modo da incrementarne l’autorevolezza. In UEsono state emanate norme che prescrivono una sostanziale autonomia del soggettoregolatore rispetto anche ai governi; nel rispetto di tale condivisibile approccioeuropeo noi, insieme agli altri Ministeri interessati, tra cui quello dello SviluppoEconomico, abbiamo cercato di riposizionare le competenze su un soggetto che, purcontinuando a far parte di Ispra, goda di una ampia autonomia. Purtroppo, il decretoche doveva consentire di varare questo nuovo assetto è ancora fermo per motivieconomici, perché di fatto le limitate risorse necessarie non sono attualmentedisponibili.
L’ENEA, in cui Ella ha ricoperto incarichi prestigiosi, è stata sempre paladinadell’efficienza e del risparmio energetico. Quali sono state le azioni diinformazione istituzionale che sono state svolte? Quale ne è stata l’efficacia?
Credo che l'Enea abbia espletato la sua azione con efficacia. Semmai poteva esserefatto di più da parte dei vari governi che si sono succeduti nel dare la massimastabilità al quadro delle norme d'incentivazione dell'efficienza energetica. I varistrumenti a disposizione hanno spesso un orizzonte temporale troppo limitato per
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dare un quadro certezza agli operatori; è il caso, ad esempio, della detrazione del55% che è stata varata e prorogata numerose volte o dei certificati bianchi,anch’essi prorogati pochi giorni prima della scadenza. Recentemente è stato varatoun nuovo meccanismo di incentivazione, il cosiddetto conto termico, che in sostanzaconsente di ottenere, per alcune tipologie di investimenti di efficienza energetica o diproduzione di energia rinnovabile termica, un contributo in conto capitale erogabilein tempi più brevi rispetto alle detrazioni del 55%; si tratta di uno strumento snello,che completa il quadro normativo delle incentivazioni nel settore riservando unaquota dei finanziamenti anche per il settore pubblico. Se questa strumentazioneapplicativa diventerà più stabile anche il ruolo dell'Enea avrà modo di svilupparsiefficacemente.
Come ha influito sul nucleare l’assenza in Italia di una regolamentazione dellobbismo? Quali impatti essa ha prodotto nell’Unione Europea o in altri Statidove tale regolamentazione esiste?
Come già ho spiegato, a mio giudizio l'assenza di una regolamentazione del lobbismosu questo argomento ha influito molto poco. Da una parte sarebbe stato moltodeludente se il favore del nucleare fosse dipeso per la maggior parte dalle lobbies;d’altra parte possiamo constatare che nessuna forma di lobbismo avrebbe potutosovvertire i risultati viste le dimensioni del risultato referendario, perché la vittoriadel no è stata più che netta, è stata di fatto plebiscitaria.
Lei ha sempre sostenuto la necessità di una messa in sicurezza definitiva dellescorie nucleari. Come pensa che possa essere risolto il problema della probabileopposizione delle Autorità locali alla costruzione di un Deposito? Che cosa pensadella politica comunicativa adottata dal Ministero dello Sviluppo Economico edal Ministero dell’Ambiente al riguardo? Sono possibili suoi miglioramenti? Incaso positivo, quali?
Un deposito definitivo ancora non esiste nel mondo e forse questo è uno degli erroristorici compiuti dal governo italiano, soprattutto nel caso di Scanzano. L'errore, inquel caso, fu di pensare di poter fare un deposito definitivo in Italia. Quello cheoccorre fare in Italia è la creazione di un deposito che abbia la funzione di stoccarein modo definitivo i rifiuti nucleari di bassa e media attività e vita più breve, ovveroquelli denominati di prima e seconda categoria, e invece di stoccare transitoriamentele scorie di alta attività e vita molto lunga, ovvero di terza categoria, in attesa cheiniziative a livello europeo stabiliscano un luogo dove poterle smaltire. Bisognaspiegare alle persone che la realizzazione di questo tipo di deposito, che è quello chemolti Paesi europei hanno già fatto da molti anni, è un obbligo non soltantonormativo, ma anche etico, perché una corretta gestione dei rifiuti radioattiviriguarda non solo noi ma anche le generazioni future. Sebbene oggi in Italia lagestione dei rifiuti radioattivi dia ampie garanzie di sicurezza è del tutto evidente che
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in molti casi le attuali localizzazioni, spesso nelle immediate vicinanze di corsid’acqua come ad esempio Saluggia, siano certamente inadatte per stoccare le scoriea tempo indeterminato. A questo riguardo bisogna ancora fare molta chiarezzanell'opinione pubblica sulle differenze tra un deposito e una centrale nucleare:mentre per una centrale occorre parlare di probabilità, per quanto minime, di graviincidenti, nel caso di un deposito incidenti come Chernobyl o Fukushima sonosemplicemente impossibili. Per questo io immagino anche la costruzione di uncollege accanto al deposito, per rendere evidente che in questo caso è possibile darecertezze e non solo fare stime probabilistiche. Credo che la realizzazione del nuovodeposito possa essere l’occasione, per il territorio che lo ospiterà e per l’Italia, perrealizzare anche un centro di insegnamento e di ricerca sulle tecnologie avanzate,non solo nucleari, in grado di attrarre ragazzi e docenti brillanti che spesso oggi sirivolgono a strutture all'estero. Su tutto ciò c'è molto da lavorare e bisogna farloanche in fretta.
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Carlo Jean
Ex-Commissario Delegato per la messa in sicurezza dei materiali radioattivi
Come mai Lei è stato nominato nel 2003 Commissario alla Sicurezza del nuclea-re in Italia?
Perché ero il Presidente della SOGIN, la Società pubblica costituita nel 1999 per ildecommissioning e la messa in sicurezza delle quattro centrali nucleari e dello sman-tellamento anche dei cinque impianti del ciclo del combustibile che l’ENEA avevaereditato dal CNEN e dall’AGIP nucleare. Il governo era preoccupato sia dalle in-formazioni provenienti dai Servizi di Intelligence su possibili attentati terroristici aisiti nucleari più vulnerabili, sia dell’allarme lanciato dal Prof. Rubbia, allora a capodell’ENEA, circa le conseguenze di un disastro – un “disastro cosmico” l’aveva defi-nito – in caso di incidente maggiore alle centinaia di metri cubi di materiale radioat-tivo liquido, esistente al deposito EUREX di Saluggia. Non solo si sarebbero inquina-te le falde acquifere del Piemonte, ma si sarebbe dovuto procedere alla bonifica deiterritori adiacenti al Po e si sarebbero distrutte, sempre secondo l’illustre scienziato,la fauna e la flora dell’Alto Adriatico. Poiché un rapido aumento della sicurezza nonera praticabile con le procedure normali, soprattutto per l’opposizione degli Enti lo-cali alla costruzione di depositi temporanei, il governo decise di costituire un Com-missariato straordinario, ai sensi della legge sulla protezione civile, dotato di poteridi ordinanza anche se d’intesa, per quanto possibile, con le Regioni e gli Enti locali.
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Ma concretamente che ha fatto?
Occorre, innanzitutto, precisare che ad essere commissariata era l’emergenza, non laSOGIN, i cui organi statuari mantenevano piena autonomia. Le attività del Commis-sario erano controllate da una Commissione Tecnica, retta dal Prof. Frazzolidell’Università di Roma, che dipendeva dalla Presidenza del Consiglio dei Ministriper il tramite del Sottosegretario alla Protezione Civile.In tale quadro, ho definito per prima cosa gli standard di sicurezza fisica, ispirando-mi a quelli che erano stati applicati a Comiso per la base degli euromissili cruise, dicui mi ero a suo tempo interessato. In secondo luogo, ho emesso una serie di ordi-nanze per aumentare la sicurezza dei siti in cui esistevano le maggiori vulnerabilità,cioè l’impianto EUREX di Saluggia e la piscina di Caorso. Poi ho accelerato il tra-sferimento del combustibile esausto all’impianto di riprocessamento di Sellafield inGran Bretagna. Come previsto dal DPCM istitutivo della mia carica, ha infine fattoredigere uno studio ad esperti Sogin ed Enea circa i criteri tecnici e sociologici daadottare per la definizione dell’area in cui costruire un deposito superficiale di mate-riali radioattivi a bassa e media intensità, che avrebbe potuto ospitare temporanea-mente anche quelli ad alta intensità.Tale studio fu, in pratica, respinto, con espressioni alquanto pilatesche, dalla Confe-renza dei Presidenti delle Regioni. Tale rifiuto comprometteva l’intero piano di mes-sa in sicurezza e la stessa possibilità di smantellamento delle centrali, i cui onerigravano sulla bolletta elettrica. Il deposito è infatti necessario non solo per l’uscitadal nucleare pregresso, ma anche per la conservazione in condizioni di sicurezza deimateriali radioattivi sanitari e industriali e di quelli impiegati nella ricerca e in agri-coltura. Infine, l’UE ha emanato una direttiva che impone agli Stati membri a co-struire depositi sicuri. Le conseguenze di un incidente nucleare non si fermano allefrontiere. La normativa, redatta dall’IAEA di Vienna, è valida a livello mondiale.Ciascun Stato deve provvedere in proprio, anche se sono possibili collaborazionitransnazionali, ad esempio trasferimenti temporanei di combustibile esausto per es-sere riprocessato (“esausto” si fa per dire, poiché le barre di combustibili quandosmettono di funzionare nelle centrali contengono una quantità di radioattività supe-riore a quella che possedevano quando erano state caricate nei reattori. Ciò è dovutoalla radioattività artificiale – ad esempio, al plutonio – che si forma nel corso dellereazioni per produrre calore e far funzionare le turbine per produrre energia elettri-ca.
Come è nato e come si è sviluppato il “caso Scanzano Jonico”?
Dopo che i Presidenti delle Regioni avevano in pratica bloccato il rapporto che sta-biliva i criteri da seguire per l’ubicazione del deposito, il Governo mi diede mandatodi proporre un numero ridotto di località che fossero idonee alla costruzione di undeposito nazionale. L’attività doveva essere protetta dalla massima riservatezza datoche, già all’inizio del precedente lavoro sui criteri, si erano verificate delle semi-
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insurrezioni popolari, soprattutto in Sardegna, per illazioni strumentalizzate nellalotta politica regionale e locale, nonché dal c.d. “fronte antinuclearista”. Taluni epi-sodi erano stati addirittura gustosi. Per scherzo, a sua detta, oppure per creare con-fusione, a parer mio, un deputato dei Verdi aveva comunicato al Presidente dellaGiunta Regionale del Friuli-Venezia Giulia che era mio proposito costruire il deposi-to nel territorio della sua Regione. Apriti cielo! Il Presidente aveva dichiarato che ilGenerale “dovrà passare sul mio cadavere!”. La riservatezza era più che logica nel-la fase di studio, per non provocare turbative inutili. Si è rivelata un boomerang al-lorquando la cosa divenne pubblica con l’emanazione da parte del Governo di un de-creto-legge nel novembre 2003.Lo studio pervenne alla definizione di quattro o cinque aree in cui era possibile co-struire un deposito definitivo per scorie radioattive a bassa e media intensità e tem-poraneo per quelle ad alta intensità. Uno di tali siti, quello di Scanzano Jonico, eraquello che secondo studi del Servizio Geologico Nazionale poteva risultare più ido-neo degli altri anche alla costruzione di un deposito geologico, definitivo anche perle scorie ad alta attività.In parallelo, per favorire l’attività di comunicazione istituzionale e le compensazioniterritoriali, avevo disposto l’attuazione di sondaggi d’opinione nelle aree in cui già sitrovavano ex-centrali o impianti del ciclo del combustibile per rilevare gli “umori”dell’opinione pubblica. Entrambi i documenti furono consegnati al Governo all’iniziodi ottobre e dettero luogo alla decisione di designare Scanzano Jonico come luogo incui costruire il deposito anche temporaneo negli strati profondi di sale, accumulatisisulla costa a seguito delle evaporazioni del Mediterraneo, avvenuto milioni di annifa. Il fatto che tale decisione non fosse stata preceduta da una concertazione con leautorità e le popolazioni locali è stata profondamente criticata. Non vi sono stati nélobbismo né comunicazioni preventive. Il governo, certamente sovrastimando le suecapacità di tenuta, aveva deciso che una concertazione su questioni di sicurezza na-zionale non avrebbe prodotto alcun risultato. A parer mio, è però comprensibile, datal’impossibilità di ottenere un consenso generale nella situazione concreta in cui sitrova l’Italia. Lo si vede oggi per la TAV. Lo Stato ha crescente difficoltà ad imporreun interesse generale su quelli locali e, soprattutto, sulle sensibilità che innescano si-stematicamente la c.d. “sindrome NIMBY”. Dopo l’improvvida modifica del Titolo Vdella Costituzione, che stabilisce competenze concorrenti fra Stato e Regioni, la co-struzione di grandi infrastrutture (a partire dai termovalorizzatori e dai rigassificato-ri) necessarie per il Paese, si è bloccato. La crisi fra i partiti ha poi rotto i collega-menti fra centro e periferia. Ho un’esperienza diretta al riguardo. Quando nel 1979-81 ero stato distaccato al Ministero del Bilancio e del Tesoro, prima per il controllodegli investimenti pubblici, poi per la valutazione dei danni del terremoto dell’Irpinia(incluso il controllo dell’agibilità delle abitazioni dichiarate inagibili a Napoli) eavevo difficoltà a procedere, mi rivolgevo agli On.le Andreatta e La Malfa che conuna telefonata ai responsabili degli enti locali risolvevano il problema. Oggi non èpiù così. Comunque sia, il governo di allora, nel caso di Scanzano, di fronte alle di-mostrazioni di protesta non ha dimostrato una sufficiente fermezza. Può darsi che
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fosse inevitabile. Può darsi di no. Nel caso di Comiso, il governo, che pur avevaadottato una procedura decisionale analoga, aveva tenuto. Può essere dipeso dallecircostanze oppure dagli uomini che ricoprivano posizioni di responsabilità governa-tiva. E’ difficile dirlo.
E ora?
Ora siamo al punto di prima. Un deposito è necessario. Vanno completate anche lemisure di sicurezza. La sistemazione del liquido di Saluggia in deposito bunkerizzatonon è sufficiente. Esso va solidificato e messo in un deposito temporaneo sicuro. Fi-nalmente, la piscina esterna alla centrale, in cui erano conservate quasi 200 tonnel-late di combustibile esausto, è stata svuotata e il materiale trasferito in Francia peresservi riprocessato. Ma le scorie restanti dovranno essere rimpatriate in Italia e si-stemate in sicurezza. Un deposito è quindi necessario per la sicurezza dei cittadini edell’ambiente. In altre parole, per la sicurezza nazionale. La Sogin sta lavorandoalacremente all’individuazione di un sito possibile, cercando di fare quanto non èstato fatto a Scanzano Jonico. La minaccia terroristica non è più giudicata pericolo-sa come nel 2003, quando la si riteneva aumentata dalle vicende seguiteall’occupazione americana dell’Iraq e dall’impegno italiano nel Paese. La Società,unitamente al Ministero dello Sviluppo Economico, sta effettuando una capillareazione di informazione e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e, molto oppor-tunamente, ha collocato la costruzione del Deposito nel quadro di un Parco Tecnolo-gico. Gli investimenti che vi saranno fatti e il cospicuo numero di posti di lavoro chesaranno creati potrebbero attivare autocandidature e realizzare quel coinvolgimentodella popolazione che non era stato neppure tentato nel caso di Scanzano Jonico.Beninteso, la Sogin non fa lobbismo, ma esercita i suoi doveri e responsabilità di So-cietà pubblica, responsabile di aspetti tanto delicati della sicurezza nazionale e dellaprotezione dell’ambiente e della popolazione.
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Stefano Lucchini
Eni – Direttore Relazioni Internazionali e Comunicazione
E’ resa difficile la Sua attività dalla mancanza di una regolamentazione sul lob-bismo in Italia?
L’attività cui viene fatto riferimento nel primo quesito è, specificamente, un’attivitàfinalizzata a rappresentare un interesse legittimo, particolare, presso le istituzioni,con la finalità di partecipare al processo decisionale o, in taluni casi, di avviarne unonuovo. Trattandosi di un’attività che in Italia non è ancora regolamentata, occorreuniformare il processo per mezzo del quale si porta a conoscenza del legislatore ilproprio interesse, e ci si relaziona con quest’ultimo, a taluni criteri e comportamentiche, per quanto riguarda Eni, formano oggetto di una Linea Guida Interna, di unCodice di Condotta, di un Codice Etico. Tali strumenti sono parte integrante delleRegole di Governance dell’Azienda.In Eni è radicata la convinzione secondo la quale l’attività di relazioni con le istitu-zioni deve essere condotta secondo alcuni principi ispiratori improntati ad un sistemadi regole, e che ciò possa contribuire a portare l’opinione pubblica ad una percezio-ne diversa sullo svolgimento di tutto il sistema di rapporti che essa prevede.Tuttavia, data la recente emanazione da parte del Governo delle norme sulla corru-zione, vi possono essere alcuni ostacoli allo svolgimento dell’attività di rappresen-tanza di interessi, laddove è stata adottata una disposizione sul “traffico di influenzeillecite”. In altre parole, come riportato nel disposto della norma chiunque, sfruttan-do relazioni esistenti con un pubblico ufficiale fa dare o promettere a sé o ad altri,indebitamente denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria me-diazione, agendo in modo illecito, è soggetto a misure di carattere penale. Anche a
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fronte della mancanza in Italia di una regolamentazione dell’attività di lobbying, ri-mangono indefiniti i confini di applicazione della norma che, quindi, dovranno esserepiù chiaramente tracciati da dottrina e giurisprudenza.
A parer suo, quali sono le condizioni politiche, sociali e culturali che influisconosullo svolgimento dell’azione di lobbismo sia nei riguardi delle istituzioni politi-che e amministrative, sia dell’opinione pubblica, per convincerla ad adottare de-terminate scelte (ad esempio, per la costruzione di una raffineria o di un rigassi-ficatore)?
Una funzione che l’attività di rappresentanza di interessi particolari può avere è, anostro avviso, quella di immettere nel circuito politico e istituzionale temi legati allastrategia delle imprese che li rappresentano e proposte che, se perseguite, potrebberoconcorrere allo sviluppo industriale, economico e sociale del Paese o, al contrario,argomentazioni atte a fornire strumenti utili ad evitare, talvolta, scelte inapplicabili.Quel che è certo è che l’operatore privato, nel portare all’attenzione delle istituzionispecifiche istanze, deve avere la consapevolezza che lo svolgimento dell’attività perla quale si rivolge all’interlocutore pubblico non deve ledere l’interesse generale. Laconsapevolezza che ogni operatore dovrebbe acquisire è che l’attività per cui si rela-ziona con le istituzioni, per poter essere autorizzata, deve essere svolta nel quadro diuna tutela di tutti gli interessi coinvolti.Occorre, inoltre, tener presente, il “clima” in cui una data proposta o un dato prov-vedimento vanno ad inserirsi e quando non esistono le condizioni politiche, sociali oculturali perché una data proposta possa essere accolta, occorre lavorare per crear-le, ricercando le necessarie alleanze all’interno delle istituzioni, degli enti locali e tragli altri portatori di interessi, ed analizzarne, preventivamente, l’eventuale effetto“NIMBY”.A titolo di esempio si può citare il caso della “compliance” che i Paesi europei han-no avuto sui costi dell’energia, avendo sottoscritto l’Unione Europea il Protocollo diKyoto. Nel caso specifico del “ClimateChange”, l’emanazione di norme contenentioneri “ambientali”, ritenute restrittive per le imprese, non poteva essere evitato,proprio per via del “clima” che si respirava negli anni ’90. Infatti, sia l’orientamentodei consumatori che quello dei principali “media” a favore della tutela ambientalenon poteva essere messo in discussione. Agli operatori del settore energetico, ritenutigrandi inquinatori dall’opinione pubblica e dal mondo politico, non restava che por-re in essere processi virtuosi ed azioni volontarie, “earlyactions”, per riuscire a mo-dificare in tutti gli “stakeholder” la percezione rispetto a quell’impostazione pregiu-diziale. Tutto questo si è sviluppato mediante alcune azioni concrete: il conseguimen-to di risparmi ed efficienza tecnologica sugli impianti, l’ottenimento di risultati intermini di sostenibilità dell’impresa, risultati che è stato possibile certificare nel pro-prio bilancio ambientale; la dimostrazione di avere come impresa una maggiore sen-sibilità per la salvaguardia dell’ambiente come bene pubblico, contribuendoall’obiettivo che il Paese si era posto.
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La rappresentanza di interessi particolari, in vista della loro fusio-ne/composizione in interessi più generali, è ostacolata dalla debolezza delle isti-tuzioni, dal ridotto grado di coesione nazionale o dei valori sostanzialmente cor-porativi in gran parte della cultura etico-politica del nostro Paese?
Se fosse valida la tesi secondo la quale l’attività di lobby si configura come attività dipressione sulle istituzioni, probabilmente, chi la esercita sarebbe avvantaggiato enon ostacolato dalla debolezza delle istituzioni. Ma se, al contrario, l’attività di lob-by, come noi crediamo, concorre a rendere più ampia la partecipazione ai processidecisionali, ma non si configura come un’attività che intacca l’interesse pubblico eche si sostituisce ad esso, certamente la debolezza delle istituzioni non è un elementopositivo per la realizzazione di obiettivi che colui che rappresenta interessi particola-ri porta avanti.
Nella sua attività quali logiche e tematiche sono prevalenti nel lobbismo istitu-zionale e nei gruppi di pressione, volte ad orientare l’opinione pubblica su de-terminate scelte? In altre parole, prevalgono i temi razionali (costi, rischi, bene-fici), oppure quelli emotivi (ecologismo, paura di danni ambientali ed alle perso-ne, ecc.)?
Non vi è una logica prevalente sull’altra nello svolgimento delle nostre attività. Essadipende soprattutto dall’interlocutore con cui si dialoga. I decisori istituzionali, dinorma, debbono rispondere a logiche sia di natura razionale, come sono state indica-te nel quesito, sia di natura emotiva. In particolare, un membro del Governo sarà piùorientato a ragionare in termini di costi e benefici mentre un parlamentare che rap-presenta un collegio, una comunità di elettori, una data regione, una data località,dovrà tenere maggiormente in considerazione le istanze che gli provengono dal suoterritorio.
Come accreditare presso l’opinione pubblica la convinzione che il lobbista nonsia un corruttore?
Nello svolgimento dell’attività di rappresentanza di interessi legittimi, la componentefondamentale è la reputazione. Il rappresentante di interesse è, di norma, un indivi-duo che si presenta fisicamente ad altri individui e pone la propria credibilità in gio-co. I principali requisiti che egli deve avere, a nostro avviso, nell’interloquire con glistakeholder sono: trasparenza, correttezza, conoscenza, collaborazione. Quando ci sirivolge ad un interlocutore istituzionale, si ha il dovere di comunicare con la mag-gior chiarezza possibile quale intento l’impresa si prefigge di raggiungere, quale siail contenuto delle proposte che si portano all’attenzione, entro quali limiti si chiededi operare. “L’azione da parte di soggetti che sono destinatari delle norme, di rap-presentare i propri interessi presso le pubbliche autorità” significa, nel concreto,
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portare all’attenzione del Governo, del Parlamento, delle autorità locali, specificheistanze, con l’obiettivo di verificare se l’interesse peculiare dell’impresa o del Grup-po che si rappresenta possa convergere o coniugarsi, in tutto o in parte, come contri-buto ad un processo decisionale più ampio. Se questo processo viene ufficializzato,reso trasparente, esso si configura come un vero e proprio processo di consultazionecon le istituzioni, che deve essere il più possibile reso pubblico e posto a disposizionedel pubblico – si veda il caso in cui si autorizzino le Commissioni parlamentari arendere pubblici i contenuti delle audizioni a cui si partecipa in quelle sedi, adesempio. Occorre poi correttezza ovvero non si può e non si deve rappresentarequalcosa di diverso rispetto a quanto si intende ottenere ed è indispensabile – in casi,ad esempio, come quello dell’ottenimento di autorizzazioni da diversi soggetti pub-blici – porsi al centro di una comunicazione più fruttuosa tra le diverse entità inte-ressate, tentando, per quanto è possibile, anche di facilitarla, collaborando con que-ste ultime. Infine, aspetto fondamentale nell’esercizio dell’attività di rappresentanzadi interessi è la perfetta conoscenza degli ambiti nei quali ci si deve muovere perrappresentare l’interesse dell’impresa. Questo vale ad acquisire autorevolezza pres-so i propri interlocutori. Le persone che godono di autorevolezza sanno costruire unsistema di argomentazioni destinate al decisore pubblico che dimostri con sufficientecredibilità che tipo di competenze esse abbiano che è un elemento fondamentale perorientare le scelte dei decisori piuttosto che tentare di imporle.
Quale organizzazione e procedure sono adottate nell’ambito delle strutture divertice dell’Eni per le decisioni strategiche circa la scelta attinente lobbismo epressioni sull’opinione pubblica?
Come detto in precedenza, in Eni è radicata la convinzione secondo la quale occorreche l’attività di relazioni con le istituzioni sia condotta secondo alcuni principi ispi-ratori e comportamenti improntati ad un sistema di regole. Nell’ambito del propriopiano di comunicazione, uno degli obiettivi ambiziosi che la società si è data è svi-luppare il “committment” del top management aziendale verso tali regole ed inqua-drare le relazioni istituzionali in un’unica identità, definita “corporate identity” eche riguarda le relazioni istituzionali, in stretto coordinamento con le politiche dicomunicazione, la pubblicità e l’informazione.Le relazioni istituzionali Eni sono accentrate in una struttura organizzativaall’interno delle funzioni della Corporate e fanno direttamente capoall’Amministratore delegato. Per l’esercizio delle loro funzioni, sono regolamentateda una Linea Guida interna, disciplinata da una normativa aziendale interna a carat-tere vincolante, che regola le diverse fasi del processo delle relazioni istituzionali ecoordina le funzioni del centro alla periferia (corporate, divisioni e società controlla-te).
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Nella sua attività ha maggiore importanza l’azione a livello locale, per contrasta-re la sindrome NIMBY, o quella a livello nazionale? Quella di grassroot lobbyingo quella di lobbismo istituzionale?
Sono entrambe essenziali ma, dove l’intreccio tra le diverse rappresentanze politicherendeva difficoltoso il procedere di alcune iniziative o progetti, il coinvolgimentodell’associazionismo è stato elemento fondamentale per risolvere situazioni comples-se e che erano arrivate ad una totale assenza nell’assunzione delle decisioni da partedel livello politico competente che ne era stato investito.
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GiuseppeOnufrio
Direttore Esecutivo di GREENPEACE Italia
Nella Vostra opposizione al nucleare in Italia avete seguito una strategia ben de-finita? In tal caso da chi è stata elaborata?
Noi siamo un'organizzazione internazionale e definiamo le strategie generali dellecampagne a questo livello. Per quanto riguarda la campagna referendaria, abbiamoadottato una strategia sostanzialmente discussa al nostro interno, con il supporto,specie per alcune attività e per alcuni prodotti, di agenzie di comunicazione esterna.Abbiamo utilizzato largamente anche il web. Durante i picchi della campagna refe-rendaria siamo passati da una media di 120-130 mila a oltre 350 mila visitatori sin-goli al mese sui nostri siti. L'impatto dei media tradizionali è stato di dimensioni piùampie. L'obbiettivo fondamentale era uscire dal “Five Million Club” (come lo defini-sce Severgnini per indicare il pubblico che legge libri e giornali e segue dibattiti po-litici) cercando di rivolgerci a tre segmenti del pubblico: a) quello “sportivo”, conuna azione di protesta durante la coppa Italia, con uno striscione calato dalla cimadello stadio olimpico di Roma che ha avuto un notevole impatto sia sui giornali spor-tivi che sui siti web dedicati al calcio; b) il pubblico femminile, utilizzando personag-gi molto celebri, e uscendo su riviste femminili, sia di fascia alta che popolare; c) ipiù giovani con attività basate sul web – non solo dedicate a loro - cosa che ha anchegenerato una militanza anche fra i ragazzi minorenni. Nell'analisi di Diamanti suRepubblica, riguardo al referendum sul nucleare, si può notare come il 16% dei cit-tadini tra i votanti erano attivi sulla questione nucleare e la metà di essi non avevano
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mai fatto nulla prima. Dei 16% attivi più della metà erano presenti sul web. La pre-senza sul web è stata rilevante nel caso del referendum del 2011, così come l'attiva-zione di cittadini che prima di allora non si erano mai mobilitati. Anche per quantoriguarda gli schieramenti politici, la stessa analisi di Diamanti ha dimostrato unaquota rilevante di opposizione al nucleare sia nell’elettorato di centro-destra (e spe-cie della Lega Nord) che tra quelli che in genere si astengono.
Quale è stata l’efficacia relativa dei vari media nell’opposizione al ritorno delnucleare? Come avete controllato i risultati della Vostra politica comunicativa?
Nella maggior parte delle campagne, la componente dell’opinione pubblica, più dif-ficile da convincere non è tanto quella che ha già un'idea sull'argomento, ma quellache non la possiede. E' stato difficile arrivare al quorum nonostante Fukushima: con-trariamente all’incidente di Cernobyl, questo è rimasto sui media tradizionali pocotempo. Inoltre, il governo ha fatto di tutto per silenziare la vicenda e ha promossouna sorta di “moratoria” per convincere l’opinione pubblica che non c’era bisognodi fare il referendum. Ricordiamo che sia Corte Costituzionale ha dato il via liberaalla consultazione solo una settimana prima della data fissata.Nel recente libro di Gaetano Borrelli – sociologo dell’ENEA – e Bruna Felici (“DaChernobyl a Fukushima, passando per Scanzano”, Data News dicembre 2012) que-sto è molto evidente. Borrelli si sofferma infatti sulla differenza nell'impatto mediati-co tra Chernobyl e Fukushima, considerando che mentre nel primo caso l'interessedei media si è trascinato a fasi alterne nel tempo, ma in maniera molto evidente, nelcaso di Fukushima i media invece si sono soffermati sull’evento soltanto per due set-timane. Nonostante questo, certamente Fukushima ha giocato un ruolo decisivo, an-che perché si è reso evidente un dato fondamentale del nucleare: gli incidenti gravis-simi sono possibili anche con la tecnologia occidentale (in Giappone sono stati 3reattori a saltare) e, soprattutto, che nessuno sa come intervenire in questi casi, nep-pure un Paese tecnologicamente preparato a gestire i rischi come il Giappone. Tuttele lezioni su Chernobyl incorporate dalla generazione 3 plus, andranno infatti rivistealla luce di Fukushima, perché sia AP-1000 della Westinghouse progettato per resi-stere a un black out, sia l'EPR che non è progettato per resistere ad esso sono vulne-rabili. In Francia, a seguito degli “stress test” condotti dalla Commissione Europeaper la prima volta nella storia (e solo dopo Fukushima), è emerso come una centralenucleare con sei reattori avesse un solo generatore di “back up”.
Come giudica la “conversione al nucleare” di alcuni “guru” dell’antinuclearismoe dell’ecologismo come Lovelock e Moore, oppure di Chicco Testa in Italia?
Per me è legittimo cambiare idea, ma mi sorgono sempre sospetti verso di chi sischiera in maniera netta da una parte e poi in maniera altrettanto netta dalla parteopposta. Parlo per esempio di Lovelock che, pur essendo una persona molto interes-sante che, con il libro "Gaia", ha dimostrato di possedere una visione filosofica della
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terra, ha tuttavia preso varie cantonate. Per esempio quando Molina e Rowland pub-blicarono il primo lavoro sull’impatto sullo strato d’ozono dei CFC (clorofluorocar-buri) Lovelock li attaccò perché riteneva fossero gas innocui, che al contrario cipermettono di studiare l'atmosfera senza ricorrere ai traccianti radioattivi. Molina eRowland hanno però vinto un premio Nobel proprio per quelle analisi, mentre Love-lock direi che è invecchiato male, attaccando l’eolico, una delle fonti di energia piùpulite.Moore invece è andato via da Greenpeace nell’85, per lavorare nella comunicazionedi un'azienda canadese di legname, che sosteneva che il taglio a raso nella BritishColumbia fosse utile per l'ambiente. Per me non c'è nulla di male che si lavori perl'industria nucleare. Basta che ci sia chiarezza al riguardo. Nell’attività antinucleare,svolta da Greenpeace, sono convinto che ci sia stata puntualità e chiarezza su tutti inodi tecnici che riguardano la questione nucleare, cosa che non ho riscontrato inesponenti oggi a favore del nucleare o che hanno cambiato posizione sull'argomentocome Chicco Testa e altri.Al convegno sulle scorie nucleari, promosso dal Forum Nucleare, casualmente avve-nuto il giorno prima di Fukushima, si è annunciato un convegno dal titolo “E’ possi-bile una nuova Cernobyl?”. E' vero che una catastrofe di queste proporzioni è rara,ma si è visto che non è impossibile. Un altro aspetto discutibile è quello dell’”erroreumano”: la tecnologia viene gestita comunque dall'uomo. E le tecnologie attuali nonsono costruite in maniera tale che in caso di malfunzionamento le macchine si fermi-no anche senza l'intervento umano. Peraltro, la fisica di base dei reattori non è so-stanzialmente cambiata in 60 anni. Dunque, i principi di funzionamento sono sempregli stessi, le macchine sono più sofisticate e robuste, ma non radicalmente diverse.
Fino a che punto l’opposizione alle armi nucleari e allo spettro dell’olocausto oinverno nucleare è stata coordinata o correlata con quella all’elettronucleare?
Penso che l'opposizione alle armi nucleari valeva più in passato che oggi. Il rischiodi guerra atomica fa parte degli anni ‘80 ed è oggi lontano dal dibattito, e questo va-le certo per le generazioni più giovani. Atoms for Peace fu lanciato anche perché gliamericani dovevano farsi perdonare le bombe lanciate sul Giappone. Il programmaperò non ha mai risolto i problemi della proliferazione atomica. Qualsiasi tipo di ci-clo di combustibile può portare alla bomba o attraverso l'arricchimento del combu-stibile o attraverso il riprocessamento, attraverso cui si può produrre plutonio. Ed èil motivo delle preoccupazioni di molti sui programmi nucleari di “Paesi a rischio”.
Quale spazio ha avuto nella vostra azione di lobbying antinucleare il sostegno da-to alla ricerca sull’energia per fusione e quale alla produzione di energia elettri-ca da fonti rinnovabili?
Per quanto riguarda la ricerca sull’energia per fusione, non ci crediamo molto e nonpensiamo possa divenire disponibile nell'orizzonte prevedibile. Al contrario, le rinno-
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vabili hanno avuto un ruolo nel dibattito. Questo vale sia in Italia che in Germania,dove l'industria delle rinnovabili ha oggi più occupati che l'industria dell'auto. Il fat-to che ci siano delle fonti di energia rinnovabili promosse dallo Stato – nel contestodi una strategia di lungo termine definita dall’Europa - ha giocato un ruolo moltoimportante. In Italia, l'eolico e il solare dal punto di vista della quantità produconol'energia di quattro centrali nucleari e questa crescita è stata rapidissima. Il GSE fal'analisi dell'origine dell'elettricità che produciamo e importiamo (“Fuel Mix Disclo-sure”) e dai suoi dati solo il 10% di quel 14% dell'elettricità che consumiamo e cheviene importata deriva dal nucleare; il 90% è di origine idroelettrica. Occorre ricor-dare il caso del reattore a plutonio Superphoenix finanziato dalla Francia, dallaGermania ed anche dall’Italia, chiuso dopo pochi anni per i continui incidenti. Inclu-se le stime per il suo smantellamento, il suo costo è intorno ai 10 miliardi, e fu paga-to per un terzo dagli italiani. Se i francesi, a suo tempo, hanno cominciato a venderel'elettricità all'Italia sottocosto, motivo per cui negli anni ’80 è iniziatal’importazione significativa di elettricità, è perché dispongono di una sovraccapacitàdi produzione elettrica; oggi il prezzo di importazione non è più così basso ma rima-ne competitivo. Infatti, il vantaggio economico del nucleare c'è solo quando gli im-pianti sono stati ammortizzati: i costi operativi sono infatti bassi. Anche oggi il costodel nucleare è più alto del costo dell'elettricità, se si tiene conto del capitale che vainvestito. Anche per questo Enel si è ritirata dal progetto EPR: l’impianto non costa3,5-4 miliardi come propagandato, ma 8,5 come ammesso dai francesi di EDF per ilreattore in costruzione a Flamanville.Il problema dunque è negli schemi dei finanziamento e nel fatto che i mercati libera-lizzati siano concorrenziali. Dunque, se il prezzo è troppo alto per la borsa elettrica,è difficile vendere. Questo non vale solo per il nucleare, ovviamente: a Brindisi, dovel’ENEL produce elettricità con una centrale a carbone già ammortizzata, il profitto èmolto alto.
Quale azione di informazione avete svolto per quanto riguarda il riprocessamen-to e la creazione di un Deposito Nazionale per le scorie rispetto ad una soluzioneinternazionale? Cosa pensa sulle possibilità di realizzazione di un Deposito Na-zionale in relazione alla difficoltà/impossibilità di una governance europea e glo-bale della materia?
Non crediamo nella soluzione geologica profonda. Il deposito dovrebbe ospitare“temporaneamente”, non è chiaro fino a quando, anche i rifiuti di terza categoriaper i quali non crediamo ci sia ancora nessuna soluzione. Se per un ingegnere “tem-poraneo” significa 50 anni, non è così per i cittadini o per i decisori politici. Se, inlinea teorica, la gestione dei rifiuti di seconda categoria è più fattibile, dovendo ga-rantire l’isolamento dalla biosfera dei rifiuti per un arco di tempo di circa 3 secoli,rimane un’impresa tutt’altro che banale: se avessimo costruito un deposito di questotipo quando si è unificata l’Italia, oggi dopo 150 anni, saremmo ancora a “metà
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strada” dal cosiddetto “rilascio incondizionato del sito” e, nel frattempo, ci sono sta-te due guerre mondiali.Sulle modalità in cui verrà fatto, si aspetta di vedere il percorso, ma noi siamo con-trari al riprocessamento del combustibile. Riteniamo che esso non risolva il proble-ma, produca inquinamento e comporti dei rischi di proliferazione, dato che in esso sisepara il plutonio. Questa frase è corretta, ma siccome ormai tutto il combustibileitaliano è stato inviato o è in corso di essere inviato a riprocessamento, mi pare inuti-le.
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Sara Romano
Direttore generale energia nucleare, energie rinnovabili ed efficienza energeticaMinistero dello Sviluppo Economico
Lei ritiene che il quadro normativo che in Italia regola la gestione dei rifiuti ra-dioattivi e il decommissioning degli impianti, che è ciò che resta del nucleare nelnostro Paese, sia completo o necessiti di ulteriori interventi, anche alla luce delleabrogazioni effettuate in seguito al referendum del giugno 2011, dopo anchel'art.24 del decreto legge n.1 del gennaio 2012, convertito con la legge n.27 del2012, che facilita il processo autorizzativo?
Lo sforzo che è stato fatto con il decreto legislativo 31, poi ampiamente falcidiato dalreferendum nucleare, rappresenta un impianto che a mio avviso va mantenuto perchéè il frutto di un lavoro di analisi che abbiamo svolto insieme ai rappresentanti delleRegioni, con l'Enea e con la Sogin e che ha portato alla condivisione di una metodo-logia di approccio al tema del Deposito Nazionale. Dunque, quantomeno da un puntodi vista metodologico, penso che sia un lavoro importante che ha portato le Regionida un no pregiudiziale e da una fase NIMBY iniziale, causata dalle vicende post-Scanzano, dunque quando la sola parola Deposito metteva la pelle d'oca a tutte leamministrazioni, a condividere la priorità, ma anche la realtà tecnico-gestionale chepotrebbe ruotare intorno a questa istallazione, avendo verificato con mano (anchecon visite sul posto) come in altri Paesi i depositi esistano e vengano gestiti e convi-vano normalmente con altre strutture. Questo, a mio avviso, può essere consideratocome un punto ineliminabile di successo. Ciò è stato tradotto in legge e non è statooggetto di un referendum abrogativo; nemmeno l'ala antinuclearista più convinta eradicale ha messo in discussione il fatto che il Paese abbia necessità di un deposito
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nazionale, secondo motivo per il quale almeno l'impianto va mantenuto. Probabil-mente, ci sarà qualche carenza in qualche punto che andrà colmata, come in parteabbiamo fatto con l'articolo 24 del DL 1/2012 convertito in Legge 27/2012, sbloc-cando progetti incagliati da anni e intervenendo su alcuni punti non chiari che ave-vamo notato, per esempio circa la modalità di conferimento da parte dei soggetti ter-zi. Tuttavia, non metterei in discussione l'impianto che è basato su una grande parte-cipazione, sulla trasparenza e sulla certezza che si arrivi ad una conclusione.
Il Parco Tecnologico e Deposito Nazionale previsto dal decreto legislativo31/2010 è a suo avviso un'infrastruttura prioritaria? Si può ritenere che la suanecessità sia condivisa a prescindere dalla parte politica che formerà il prossimogoverno?
Per noi, il Parco Tecnologico è un'infrastruttura prioritaria ed è importante realiz-zarlo non come un manufatto “morto”, ma come un luogo che valorizzi l'area e creiun movimento di ricerca in materia nucleare, soprattutto per guardare alle prospet-tive europee ed internazionali di questo settore. Mi auguro che questa priorità siacondivisa da chiunque, sia come cittadini responsabili della necessità di dare solu-zione al problema dei rifiuti, sia perché, anche nel momento di massima conflittualitàin materia nucleare, questo impianto normativo e questa priorità non è stata conte-stata nemmeno dalle parti avverse. Qualora anche ce lo dimenticassimo, ci sarebbela normativa europea e la recente Direttiva in materia che richiamerebbe l'esigenzadi occuparsi del trattamento dei rifiuti, ricordandoci i nostri oneri.
A Suo avviso, il fatto che l'Italia ha iniziato prima le attività di decommissiong,può costituire un vantaggio competitivo per acquisire quote significative di mer-cato nel decommissioning a livello internazionale? Visto che solo in Europa neiprossimi anni verranno dismesse oltre 80 centrali nucleari? Il governo italiano sideve muovere in questo senso? Se sì, in che modo?
Certamente credo che in Italia il mercato del decommisioning vada avanti a prescin-dere dalle decisioni prese. Se l'Italia si facesse le ossa su un buon processo di de-commisioning adesso, prima degli altri, sperimentando su varie tecnologie, si po-trebbe effettuare un'esperienza importante. Mi auguro che ciò avvenga e che possacostituire un occasione di rafforzamento industriale e di crescita per l'intero Paese.Quanto riusciremo ad essere competitivi dipende dal grado di apertura dei mercatiesteri. Il nucleare è materia delicata, dunque, c'è una certa tendenza a restringere laconcorrenza basandosi su alcuni parametri e requisiti che portano ad una short listdi imprese, tuttavia se l'Italia si presenta in maniera qualificata e con le dimensionigiuste può almeno presentarsi all'appuntamento del decommissioning europeo con unvantaggio competitivo da un punto di vista temporale e di assortimento tecnologico.
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Stefano Saglia
Ex-Sottosegretario di Stato al Ministero dello Sviluppo Economico
Lei è stato uno dei principali sostenitori prima del referendum post-Fukushimadel ritorno del nucleare in Italia. A parte l’informazione istituzionale fornita alParlamento, quali iniziative ha adottato per superare le resistenze, in gran parteideologiche e ingiustificate, ad un’attività che corrispondeva all’interesse nazio-nale o, comunque, al programma del precedente governo?
Nel predisporre il programma del nucleare italiano abbiamo guardato al macrotema,siamo cioè partiti da qualcosa che ha creato stupore soprattutto nel mondo ambien-talista. Infatti, il nucleare rispondeva innanzitutto ad un'esigenza di carattere am-bientale perché, come è noto, non ha emissioni nocive nell'atmosfera. Sappiamo cheil riscaldamento globale è determinato soprattutto dalle emissioni di CO2, il nuclea-re è una risposta valida in questo senso in quanto la sostituzione di centrali a carbo-ne o centrali a gas con centrali nucleari significa avere emissioni zero. Dunque, ilnostro obbiettivo era quello di trattare energie alternative al petrolio soffermandocisull'energia solare, l'acqua, il vento, ma anche sul nucleare. L'esigenza era in primisquella di corrispondere agli obbiettivi europei ambientali poi alla sicurezza energeti-ca, in quanto il nucleare riduce la dipendenza del Paese dagli idrocarburi e, infine,avere dei costi contenuti dato che come Paese il nostro paga una bolletta del 30%superiore alla media europea. Le resistenze ideologiche, secondo me ingiustificate,potevano essere superate innanzitutto con argomenti di carattere ambientalista.
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Quali sono state, a parer Suo, i media più efficaci per informare e ottenere ilconsenso dell’opinione pubblica?
La comunicazione adottata passava essenzialmente attraverso i media tradizionali.Il più autorevole quotidiano nazionale che è il Corriere della Sera non aveva mai na-scosto l'appoggio alla campagna in favore del nucleare come già avvenne nel refe-rendum dell'87. Il Forum, poi, aveva attuato una grossa campagna di comunicazioneche probabilmente qualcuno ricorderà che aveva come protagonisti due persone chegiocavano a scacchi. Il messaggio che volevamo lanciare non era posto in manieraassoluta, ma con l'intenzione di suscitare dubbi e ritenendo che una volta mostrati ipro e i contro della questione avrebbero prevalso i pro.
La strategia seguita dal governo di cui faceva parte è stata contrastata da gruppidi pressione antinucleare? Quali argomenti hanno utilizzato? La loro strategiaha fatto premio su fattori razionali o emotivi?
Il primo aspetto toccato dalle campagne antinucleariste è quello emotivo . Il temache si dibatte parte dal disastro di Chernobyl che ha sconvolto l'opinione pubblicaanche in Italia. Noi abbiamo risposto alla paura sui rischi alla salute nell'utilizzodel nucleare fornendo dati scientifici poiché al di là degli incidenti di Chernobyl,Three Mile Island e, come ultimo, Fukushima. Incidenti umani provocati da esperi-menti di ricerca, strumenti scientifici avanzati ci danno prova che una centrale dinuova generazione funzionante non provoca alcun tipo di effetto negativo. Per que-sto abbiamo chiesto al professor Veronesi di presiedere l'Autorità per la Sicurezzaper il Nucleare, dando al nostro operato maggior forza comunicativa.
Quale è stata l’azione dei gruppi di pressione a favore del nucleare, quali l’AIN eil Forum Nucleare? Come ne giudica i risultati? Avrebbero avuto successo qua-lora non si fosse verificato il disastro di Fukushima?
E' stata riattivata l'Associazione Italiana Nucleare che ha rinnovato le cariche inter-ne mettendo in campo l'ingegner Gatta, uomo molto competente proveniente dalmondo Edison ed è stato attivato il Forum che era un modello promosso da molteaziende tra cui l’EDF, l’ENEL e associazioni di categoria con l'intento di dare un'in-formazione che si fondasse su basi scientifiche forti, seguisse i modelli dei forum eu-ropei e avesse il contributo di tutte le aziende.
Il Forum Nucleare Italiano ha indubbiamente introdotto in Italia una trasparen-za nell’attività di lobbying sconosciuta in altri settori e in altre iniziative. Ritieneche una normativa legislativa sul lobbismo e i gruppi di pressione possa essereutile? Quali sono gli inconvenienti della sua assenza in Italia? Perché non è stataintrodotta? Esistono particolari ragioni politiche, economiche e culturali che lohanno impedito?
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Le aziende attivavano uno strumento che comunicava, diceva come la pensava e glidava contenuto, cosa alquanto sconosciuta in Italia. In Italia l'attività di lobby vienevenduta come attività neutrale. In realtà, la lobby non è neutrale, ma prende parteed è giusto che sia così. Il metodo adottato dal Forum era molto trasparente in quan-to chi recepiva le informazioni sapeva chi le forniva. La normativa sul lobbysmo inItalia dovrebbe esserci, ma purtroppo il lobbysmo per l'opinione pubblica italianaspesso non informata coincide con favoritismi e clientelismo quando invece la lobbyè quanto di più di trasparente possa esistere se disciplinata perché permette adaziende di avvalersi di società di consulenza che abbiano un certo tipo di professio-nalità. Non si è arrivati ad una legislazione sulle lobby a causa dei forti scandali le-gati alla corruzione di politici che poco hanno a che fare con società di lobby. Inquesto clima sarebbe meglio non avere leggi sulle lobby perché se le si facessero sisarebbe sempre condizionati da avvenimenti che hanno poco a che fare con il lobbi-smo.
Nella Sua esperienza, quali sono gli argomenti più convincenti per impedire cheper motivi localistici o ideologici o, semplicemente, per protesta vengono oppostiin Italia difficoltà alla soluzione di problemi relativi al nucleare pregresso?L’azione dei gruppi di pressione espressi dall’antinuclearismo sono simili o dif-feriscono da quelli che si oppongono ad altre opere di interesse nazionale come laTAV o la costruzione di rigassificatori?
Qualsiasi iniziativa imprenditoriale che abbia un forte impatto sull'ambiente e sulterritorio ha bisogno di una preparazione perché rischia la strumentalizzazione. Lediverse iniziative ambientali subiscono la nascita di comitati di dibattito di ogni tipo.Per questo, io insieme ad altri colleghi, avevamo fatto una proposta di legge voltaall'istituzione di un'agenzia sul dibattito pubblico che seguisse il modello dell'agen-zia francese realizzando dibattiti costruttivi in tema di investimenti pubblici sull'am-biente e dando allo Stato l'onere, disciplinato dalla legge, di informare sul territorio,coinvolgere le autorità territoriali e consultare i cittadini tenendo conto anche delleopinioni divergenti. Anche la Sogin, con il progetto del Deposito, sta attuando unprocesso di questo tipo che mi sembra l'unico modo in Paesi civilizzati come il no-stro, dove la popolazione è densamente presente, per arrivare ad una qualche solu-zione.
Il nucleare di destra ed energie rinnovabili di sinistra? E' un fenomeno italia-no?
In Italia viene vissuto così, ma per esempio in America, Obama che è l'esponente delpartito democratico ha fatto la prima campagna elettorale tutta orientata sulle fontirinnovabili autorizzando la realizzazione di due nuove centrali nucleari. In Inghilter-ra, invece, Cameron, salutato come il primo ambientalista di destra perché avevaproposto solo energia eolica e solare, il piano energetico prevede la realizzazione di
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centrali nucleari. In Francia, la questione è bipartisan, perché né Sarkozy né Hollan-de oggi dichiarano apertamente la propria ostilità al nucleare, dunque il concetto didestra e di sinistra relativamente alla questione nucleare mi sembra del tutto inesi-stente.
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Chicco Testa
Ex-Presidente del Forum Nucleare Italiano
La Sua immagine sembra vicina a quelle di James Lovelock e di Patrick Moore.Quali sono le principali differenze che La distinguono da questi “guru”dell’ambientalismo pronucleare anglosassone?
E' stato detto che la mia immagine sia sempre più simile a James Lovelock e PatrickMoore, ma mi riconosco più nel secondo, in quanto Lovelock è più un Guru del mon-do ambientalista, che uno scienziato, mentre Moore è stato un attivista di Greenpea-ce come lo sono stato io di Legambiente ed ha rotto con il mondo ambientalista permotivi molto simili ai miei, ossia per uno scarso approccio scientifico ai problemi.Ho conosciuto Moore e siamo diventati amici. Mi riconosco in lui. Lovelock è co-munque stato il primo nel mondo ambientalista ad aver dichiarato l'esigenza dell'uti-lizzo dell'energia nucleare per combattere l'effetto serra e l'inquinamento.
Come si sono svolti i fatti?
Nell'aprile del 2008, sotto il governo Berlusconi, Scajola annuncia che intende riav-viare il nucleare in Italia. In quello stesso anno avevo appena scritto il libro "Ritor-nare al Nucleare" in cui spiegavo per quali ragioni non si potesse prescinderedall'impiego dell'energia nucleare. Successivamente è stata presa una decisione daparte di alcune aziende elettriche come Enel, Edf, Edison ecc. di dare vita all'inizia-tiva del Forum Nucleare, simile all'esperienza belga, spagnola, inglese e di altri Pae-
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si, il cui obbiettivo fosse far conoscere le tematiche nucleari attraverso il dialogo conle associazioni, le popolazioni e l'autorità governativa, assumendo una posizionemolto equilibrata. Sono stato chiamato a presiedere questa iniziativa, vista la miaprecedente carica di presidente dell'Enel e autore del suddetto libro. Abbiamo lavo-rato bene, per un certo periodo di tempo, finché non è arrivato l'incidente di Fuku-shima e il successivo referendum, dove ci siamo resi conto che non c'era più spazioper il Forum, data la chiarezza nel risultato referendario. Dunque, il Forum è statoposto in liquidazione.
Chi era a favore e chi contro?
Il mondo industriale, nelle sue diverse forme dai produttori di energia elettrica, maanche tutta la possibile supplychain si sono mostrate favorevoli all'impiego dell'ener-gia nucleare e di ciò ne ho avuto conferma durante una riunione a cui ho preso partein Confindustria, con più di cinquecento imprese italiane che si erano qualificate perpoter partecipare alle forniture per la costituzione di un grande progetto industriale.Chi invece si è mostrato contrario al progetto è stato innanzitutto tutto il mondo am-bientalista, ad eccezione di qualche piccola associazione, il mondo delle energie rin-novabili ed una parte di produttori di energia elettrica con gas. Essi si sono sentitiminacciati, nelle loro quote di mercato, da un'eventuale componente di energia nu-cleare nel nostro Paese. Nel mezzo abbiamo riscontrato una grande quantità di inde-cisi, ma indubbiamente in quell'anno e mezzo, le attività e i dibattiti sono stati mol-tissimi e sembrava che tutto si volgesse verso un consenso crescente. I decisori pub-blici sono stati il Governo, l'Unione Europea, l'Autorità per l'energia elettrica e ilgas e, più difficili, le autorità locali, soprattutto quelle regionali, comunali e provin-ciali dove bisognava disinnescare l'attesa sindrome NIMBY, ma questo timore facevaparte della gestione di una seconda fase temporale.La fase su cui ci siamo concentrati all'inizio era volta a creare consenso a diffonderel'idea che il nucleare potesse essere utile. Si sarebbe, poi, eventualmente arrivati aduna seconda fase, quella della localizzazione degli impianti, la scelta di siti doveavremmo affrontato appunto una seconda parte del problema confrontandoci con ivari Enti.
La strategia del Forum – quella di ispirarsi prima al modello spagnolo per pas-sare, in una seconda fase, a quello britannico - mi sembra un modello che po-trebbe essere seguito da un lobbismo trasparente, adeguato alle condizioni cultu-rali e sociali proprie dell’Italia. Fukushima è stato un disastro sismico, primache nucleare, provocando un’onda emotiva che l’ha consigliata ad attenderetempi migliori per riprendere le attività del Forum. Quali sono stati i risultaticonseguiti prima di Fukushima? Quali gli aspetti più positivi e quali meno dellaVostra azione comunicativa?
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La strategia posta in essere è stata quella di esprimere sin dall'inizio una posizionefavorevole al nucleare che cercasse però di tenere in considerazione le diverse posi-zioni di fronte alla questione. Il nostro intento era quello di introdurre degli interro-gativi basandoci anche sulla consapevolezza che l'opinione pubblica in Italia non è afavore del nucleare; dunque cercando di stimolare alla riflessione giustificando i proe i contro del dibattito. Per far ciò siamo ricorsi agli strumenti consoni ad un'efficacecomunicazione pubblica: abbiamo aperto un sito e un blog molto frequentato, ab-biamo effettuato numerosi convegni, creato spot televisivi, documenti, confronti, ta-vole rotonde anche nelle Università. Ci siamo concentrati su quelli che possiamo ri-tenere grandi e piccoli opinion leader. Sono convinto che come in una famiglia, in unluogo di lavoro e in altre occasioni aggregative le opinioni si formino perché ci sonodelle figure chiavi autorevoli, il cui punto di vista è fondamentale. Noi ci siamo con-centrati ad esempio sulle Facoltà universitarie in cui abbiamo reputato sussistesse unapproccio più razionale, non certamente la Facoltà di Filosofia, quanto piuttosto In-gegneria, Scienze, Geologia, Chimica dove normalmente si ha un approccio menoemotivo, ponendo le persone come microleader nelle loro comunità.
Fukushima?
Se oggi si chiede alle persone di associare una parola a Fukushima la maggior parterisponde nucleare, una minoranza la associa ad un terremoto e a uno tsunami diproporzioni bibliche. Tutti parlano dell'incidente nucleare, ma nessuno parla dei 25mila morti causati dallo tsunami. Questa è una sconfitta non solo per noi, ma ancheper la comunicazione, attraverso cui si forma l'opinione pubblica in Italia. Il giornosuccessivo non si parlava delle esplosioni avvenute nelle raffinerie e nelle tubaturedel gas e dei morti galleggianti, ma soltanto del nucleare. Su “Nature” la prestigiosarivista scientifica, sono stati pubblicati due articoli relativi ai danni provocati dallacentrale nucleare di Fukushima. E’ risultato come fossero zero le vittime coinvolte,ciò vuol dire che le morti sono da attribuire all'annegamento e non alle radiazioni. Ilnucleare in Italia ha una polarizzazione dell'opinione pubblica, per me quasi incom-prensibile. Numerosi sono stati i dibattiti in cui ho ricordato come in Italia fosse6.000 la stima annua delle vittime per incidenti in auto. Quanti si mobilitano controle automobili? Quanti farebbero a meno dell'auto? Oppure del motorino che è deci-samente più pericoloso? Tra sapere mio figlio a studiare in una centrale nucleare oche è in motorino preferisco la prima ipotesi. La possibilità di trovarsi al momentodell'esplosione in una centrale nucleare è nettamente più bassa rispetto alle probabi-lità di essere coinvolti in incidenti. Dunque, se prima di Fukushima si aveva l'im-pressione che si stesse rimontando nell'opinione pubblica, soprattutto attraverso ilnoto spot degli scacchi, Fukushima ha seppellito ogni speranza di poter affermare ilnucleare non solo in Italia, ma anche in buona parte del mondo. E’ un pregiudizio ir-razionale, ma l'opinione pubblica è fatta così. Come strategia avremmo dovuto faredue squadre, una con i favorevoli e una con i contrari al nucleare.
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Nella squadra dei favorevoli ci avrei messo Veronesi, massimo oncologo italiano,avrei resuscitato Fermi, premio Nobel per la fisica, Rita Levi Montalcini e Bill Gates.Nell'altro schieramento, avrei messo Grillo, la Littizzetto, Celentano e Il piotta. Se-condo lei, chi avrebbe vinto?Mi viene anche da aggiungere a chi crede al Piotta e non a Veronesi, che la prossimavolta che starà male si rivolga al Piotta e non a Veronesi.
Come si può uscire da questa situazione?
Come uscire da questa situazione non glielo so dire. Ognuno di noi è in qualche mo-do bipolare, da una parte c'è la razionalità che gli impone di ragionare, dall'altra c'èl' emotività che lo fa reagire. La parte emotiva però purtroppo è più preponderantedella parte razionale e questo può essere constatato dalle scelte politiche e da altrecose evidenti. L'Italia è un Paese dove l'intellettualità scientifica è tenuta in scarsis-sima considerazione, mentre l'intellettualità umanistica e il mondo dello spettacolohanno una forza persuasiva enorme. Gli intellettuali umanisti hanno un rapportoschizoide con la scienza. In alcune cose che ho letto, gli ordini di grandezza eranosbagliati di molto. Dacia Maraini, ad esempio, scrisse che con l’energia solare si fail 30% dell'energia elettrica in Germania e dopo aver ricevuto un mio scritto che lainformava che la percentuale fosse lo 0,3 % rispose che si era sbagliata, cosa inac-cettabile poiché la cifra divulgata dalla stessa era di 1.000 volte più alta rispetto aquella dichiarata. Noto una certa mancanza di amore per i fatti, i numeri e la razio-nalità di natura scientifica che è intollerabile.
Quale è stata l’azione di contrasto alle iniziative del Forum promosse dalle orga-nizzazioni anti-nucleariste in Italia?
Ci sono state una serie di mobilitazioni promosse dagli opinion leader come Celenta-no, il ricorso alla paura come arma irrazionale, soprattutto da parte degli ambienta-listi. Se persone che hanno visibilità, dicono che il nucleare è una bomba atomica e ilsole no, io non posso convincerli del contrario, soprattutto la casalinga di Vogherache crederà certamente a Celentano per la sua forza mediatica.
Quali sarebbero stati i collegamenti con le istituzioni dello Stato nella fase due equali predisposizioni avreste adottato al riguardo?
Nella fase due eventualmente ci sarebbe stata una localizzazione delle centrali eavremmo dovuto fare una campagna di sensibilizzazione nei confronti delle autoritàlocali, organizzando anche degli incontri con i colleghi che già avevano sperimentatoil nucleare per esempio in Francia. Avremmo puntato sul far osservare da vicino do-ve vengano localizzate le centrali Ad esempio, in Francia sono posizionate nei pressidei castelli della Loira.
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Quanti fondi avete effettivamente speso per la prima fase e con quali risorsemantenete ora in funzione il newclear.it?
Newclear.it è ufficialmente chiuso e quando ha continuato a funzionare non era mi-nimamente sovvenzionato. E' rimasto soltanto il blog che mi sono fatto regalare dalForum e che continuo a seguire. Nella prima fase sono stati spesi 700-800 mila euroall'incirca, comprese spese pubblicitarie.
Per quale motivo avete attuato una politica che è sembrata “no-aggressive” neiconfronti dei fondamentalisti delle rinnovabili, che con Voi non hanno certamen-te giocato con i guanti bianchi?
La politica adottata nei confronti dei sostenitori delle rinnovabili non è mai stata ag-gressiva ed è stata una scelta mirata, come ho detto in precedenza, ad abbracciaretutte le posizioni pur con scarsi risultati perché da parte loro c'è sempre stata una ri-sposta poco razionale, alimentata da miti come quelli di Fukushima o Chernobyl chesempre poco tiene conto degli studi sostenuti dall'organizzazione mondiale della sa-nità sul post-Chernobyl. Di Chernobyl, per esempio, rimangono in mente i bambiniammalati di leucemia, non si dice che quei bambini siano tutti guariti, eppure alBambin Gesù se ne trovano altrettanti ammalati di leucemia.Aggiungerei che l'emotività dietro alla parola nucleare e atomico gioca un ruolo de-cisivo in questo dibattito come anche la diffidenza nei confronti delle big companyche si occupano di nucleare, che destano sospetti e altre false credenze come quellache agiscano per i propri interessi. D'altronde, anche chi si occupa di solare, perse-gue un profitto. Tutti questi fattori sono senz'altro le cause delle difficoltà che il nu-cleare trova in Italia.Ad esempio, nel caso di Taranto si sono diffuse le voci sui guadagni della famigliaRiva. Si sorvola sul fatto che i Riva abbiano comprato un'industria e l’abbiano ri-messa a nuovo facendo lavorare 10.000 persone. C'è una furia devastatrice nell'opi-nione pubblica italiana piuttosto drammatica. Siamo diventati conservatori, perchésiamo vecchi come un nonno che non vuole spostarsi dalla propria poltrona su cuisiede da trent'anni. Abbiamo paura del progresso, si fa la guerra alla costruzione distrade, alle discariche, cosa che i nostri padri non facevano. All'epoca dei nostri pa-dri, si costruiva l'Autostrada del Sole, si costruivano le centrali elettriche e le indu-strie chimiche. Non si aveva paura del progresso e adesso invece si ha paura di tuttoe si rimane indietro. Quando Vendola dice che non vuole il nucleare perché non vuo-le le fattorie fosforescenti in Puglia, la casalinga pugliese crederà a Vendola, che haeletto, o a me? Però potrei trovare affermazioni simili anche tra Leghisti o esponentidi Forza Italia. Dunque, non è una questione di destra o di sinistra, ma di coraggio difare delle scelte e di comunicarle e i leader così non sono molti. Monti invece haespresso bene e chiaramente l'esigenza di fare delle scelte determinate.
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the Fukushima Daiichi Nuclear Power Station, Special ReportINPO 11-005, November 2011.
http://www.nei.org/filefolder/11_005_Special_Report_on_Fukushima_Daiichi_MASTER_11
_08_11_1.pdf
Strumenti normativi relativi al periodo dell’emergenza:
Ordinanza n. 25 del 15 dicembre 2006
Autorizzazione alla esecuzione, presso la centrale nucleare del Garigliano, delle opere di ri-
strutturazione edilizia per la costruzione di un edificio destinato a deposito temporaneo di ri-
fiuti radioattivi.
G.U. n. 301 del 29 dicembre 2006
242
Ordinanza n. 24 del 15 dicembre 2006
Trasferimento del combustibile irraggiato dall'impianto EUREX al deposito Avogadro.
G.U. n. 299 del 27 dicembre 2006
Ordinanza n. 23 del 15 dicembre 2006
Autorizzazione alla costruzione nel sito EUREX del comune di Saluggia, della cabina elettri-
ca.
G.U. n. 300 del 28 dicembre 2006
Ordinanza n. 22 del 2 ottobre 2006
Integrazione dell'ordinanza 13 dicembre 2005, di autorizzazione alla costruzione nel sito Eu-
rex del comune di Saluggia, del nuovo sistema di approvvigionamento idrico.
G.U. n. 236 del 10 ottobre 2006
Ordinanza n. 21 del 4luglio 2006
Autorizzazione alla costruzione, presso la centrale nucleare di Latina, degli edifici “estrazio-
ne” e “condizionamento” dei fanghi radioattivi, dell’edificio “cuttingfacility” nonché di un
deposito temporaneo di rifiuti radioattivi.
G.U. n. 160 del 12 luglio 2006.
Ordinanza n. 20 del 24 febbraio 2006
Rettifica dell'ordinanza 13 dicembre 2005 di autorizzazione alla costruzione, nel sito Eurex
del comune di Saluggia, delle opere connesse all'impianto Cemex.
G.U. n. 61 del 14 marzo 2006
D.P.C.M. 17 febbraio 2006
Proroga dello stato di emergenza in relazione all'attività di smaltimento dei rifiuti radioattivi,
dislocati nelle centrali nucleari di Trino, Caorso, Latina, Garigliano, nella piscina di Avogadro
in località Saluggia e ITREC di Trisaia, in condizioni di massima sicurezza.
G.U. n. 50 del 1 marzo 2006
D.P.C.M. del 10 febbraio 2006
Linee guida per la pianificazione di emergenza per il trasporto di materie radioattive e fissili,
in attuazione dell'articolo 125 del decreto legislativo 17 marzo 1992, n. 230 e successive mo-
difiche ed integrazioni.
G.U. n. 44 del 22 febbraio 2006
Ordinanza n. 19 del 13 dicembre 2005
Autorizzazione alla costruzione nel sito Eurex del comune di Saluggia, delle opere connesse
all'impianto Cemex.
G.U. n. 302 del 29 dicembre 2005
D.P.C.M. 4 marzo 2005
Proroga dello stato di emergenza in relazione all'attività di smaltimento dei rifiuti radioattivi,
dislocati nelle centrali nucleari di Trino, Caorso, Latina, Garigliano e nella piscina di Avoga-
243
dro in località Saluggia, in condizioni di massima sicurezza.
G.U. n. 59 del 12 marzo 2005
Ordinanza n. 18 del 16 dicembre 2004
Ordinanza commissariale del 16 dicembre 2004 relativa allo svuotamento completo delle pi-
scine degli impianti di Caorso, Trino, Avogadro ed EUREX dal combustibile irraggiato per il
successivo invio al riprocessamento all'estero.
Ordinanza n. 17 del 16 dicembre 2004
Ordinanza commissariale del 16 dicembre 2004 relativa al trasferimento alla SoginSpA degli
impianti di ricerca del ciclo del combustibile nucleare dell'ENEA
Ordinanza n. 16 del 30 luglio 2004
Autorizzazione alla costruzione del Nuovo Parco Serbatoio presso il sito EUREX del Centro
Enea, in Saluggia.
G.U. n. 192 del 17 agosto 2004
Ordinanza n. 15 del 31maggio 2004
Struttura di supporto all'attività del Commissario Delegato
O.P.C.M. n. 3355 del 7 maggio 2004
Ulteriori disposizioni urgenti in relazione all'attività di smaltimento, in condizioni di massima
sicurezza, dei materiali radioattivi dislocati nelle centrali nucleari e nei siti di stoccaggio, si-
tuati nel territorio delle regioni Piemonte, Emilia-Romagna, Lazio, Campania e Basilicata,
nell'ambito delle iniziative da assumere per la tutela dell'interesse essenziale della sicurezza
dello Stato.
G.U. n. 112 del 14 maggio 2004
D.P.C.M. 7 maggio 2004
Proroga dello stato di emergenza in relazione all'attività di smaltimento dei rifiuti radioattivi
dislocati nelle centrali nucleari di Trino, Caorso, Latina, Garigliano e nella piscina di Avoga-
dro in località Saluggia, in condizioni di massima sicurezza.
G.U. n. 111 del 13 maggio 2004
Ordinanza n. 14 del 12 novembre 2003
Aggiornamento del «Piano delle attività di adeguamento delle misure di protezione fisica e di
progressiva riduzione del livello di rischio degli impianti nucleari».
G.U. n. 271 del 21 novembre 2003
Ordinanza n. 13 del 10 novembre 2003
Piani per la disattivazione degli impianti nucleari.
G.U. n. 268 del 18 novembre 2003
244
Ordinanza n. 12 del 30 settembre 2003
Nomina del Consigliere giuridico del Centro di direzione e coordinamento.
G.U. n. 234 dell'8 ottobre 2003
Ordinanza n. 11 dell'11 settembre 2003
Aggiornamento del «Piano delle attività di adeguamento delle misure di protezione fisica e di
progressiva riduzione del livello di rischio degli impianti nucleari».
G.U. n. 218 del 19 settembre 2003
Ordinanza n. 10 del 29 luglio 2003
Nomina del nuovo direttore del centro di direzione e coordinamento.
G.U. n. 187 del 13 agosto 2003
Ordinanza n. 9 del 29 luglio 2003
Atto di affidamento in gestione degli impianti in esecuzione della convenzione tra commissa-
rio delegato, Enea e Sogin del 13 maggio 2003.
G.U. n. 187 del 13 agosto 2003
Ordinanza n. 8 del 9 luglio 2003
Trasferimento delle licenze e delle autorizzazioni degli impianti di ricerca del ciclo del com-
bustibile dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA) a SO.G.I.N. S.p.a. e
comando del relativo personale.
G.U. n. 203 del 2 settembre 2003
Ordinanza n. 7 del 9 luglio 2003
Aggiornamento del piano e programma di dismissione dell'impianto di fabbricazione del
combustibile nucleare di proprietà di FN - Nuove Tecnologie e Servizi Avanzati S.p.a.
G.U. n. 163 del 16 luglio 2003
Ordinanza n. 6 del 25 giugno 2003
Trasferimento delle licenze e delle autorizzazioni dell'impianto di fabbricazione del combusti-
bile nucleare di proprietà di FN - Nuove Tecnologie e Servizi Avanzati S.p.a. a SO.G.I.N.
S.p.a. e distacco del relativo personale.
G.U. n. 157 del 9 luglio 2003
Ordinanza n. 5 del 11 aprile 2003
Prescrizioni per l'allontanamento dei materiali solidi derivanti dallo smantellamento delle cen-
trali nucleari e degli impianti nucleari di produzione e di ricerca del ciclo del combustibile.
G.U. n. 98 del 29 aprile 2003
Ordinanza n. 4 del 11 aprile 2003
Piano delle misure preliminari di adeguamento della protezione fisica e delle attività finalizza-
te alla pregressiva riduzione del livello di rischio degli impianti nucleari.
G.U. n. 98 del 29 aprile 2003
245
Ordinanza n. 3 del 3 aprile 2003
Piano delle misure preliminari di adeguamento della protezione fisica ed attività finalizzate al-
la progressiva riduzione del livello di rischio delle centrali e degli impianti nucleari.
G.U. n. 87 del 14 aprile 2003
Ordinanza n. 2 del 21 marzo 2003
Criteri di protezione fisica delle centrali e degli impianti nucleari.
G.U. n. 77 del 2 aprile 2003
Ordinanza n. 1 del 21 marzo 2003
Strutture di supporto.
G.U. n. 77 del 2 aprile 2003
O.P.C.M. n. 3267 del 7 marzo 2003
Disposizioni urgenti in relazione all'attività di smaltimento, in condizioni di massima sicurez-
za, dei materiali radioattivi dislocati nelle centrali nucleari e nei siti di stoccaggio situati sul
territorio delle regioni Piemonte, Emilia-Romagna, Lazio, Campania e Basilicata, nell'ambito
delle iniziative da assumere per la tutela dell'interesse essenziale della sicurezza dello Stato.
G.U. n. 63 del 17 marzo 2003
D.P.C.M. 14 febbraio 2003
Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione all'attività di smaltimento dei rifiuti ra-
dioattivi dislocati nelle Regioni Lazio, Campania, Emilia-Romagna, Basilicata e Piemonte, in
condizioni di massima sicurezza.
G.U. n. 59 del 12 marzo 2003