La guerra negli inni

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Stefano Crocicchia Corso di Storia delle istituzioni militari in età moderna e contemporanea

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Stefano Crocicchia

Corso di Storia delle istituzioni militari

in età moderna e contemporanea

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È strettamente connesso a un sentimentalismo (personale e collettivo) di stampo nazionale;

È indice di una cultura ufficiale, concepita come permanente e necessaria, strettamente connessa all’entità statale che ne sancisce l’ufficialità (non per niente è solitamente eseguito in contesti formali);

È portatore di un sentire collettivo: le sue chiavi narrative sono percepite da tutti come “sacre”;

Accomuna tutti in quanto cantato all’unisono;

Concetti chiave, l’idea di “nazione”, intesa nel senso comune di «chi siamo», la devozione alla patria, l’idea di confini da difendere e per cui esser pronti a morire;

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È figlio del moderno concetto occidentale di “nazione” ed è una tappa fondamentale delle creazioni nazionali: la stragrande maggioranza trae origine nell’Ottocento romantico e patriottico (specie nel tardo);

Cerca legittimazione in un passato visto come “età dell’oro”: attinge da una tradizione che spesso risulta abbellita o inventata; sovente implica la divinità;

Eterna l’esperienza nazionale, che vi si autocelebra;

Gli elementi base sono quelli delle marce, evolutesi ed elevate dai più insigni compositori, con chiari intenti militari/cerimoniali.

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La canzone-marcia (marching-song) es. Francia;

Il ritratto autoedificante (self-congratulary tableau)es. Australia, Usa;

La canzone-preghiera (prayer-song), rivolta al divinoes. Regno Unito (Inghilterra).

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Legame interno: inni che all’interno del testo parlano in maniera più o meno vaga di episodi bellici o del valore in battaglia del proprio popolo (o dei suoi antenati) es. Norvegia, Portogallo, Brasile;

Legame esterno: inni nati in un contesto bellico (marce) e/o da esso influenzati, inni che celano o omettono deliberatamente un passato di guerra della propria nazione es. Polonia, Slovenia, Rep. Dem. del Congo;

Doppio legame: combinazione delle due tipologie suddette Italia, Francia, Algeria.

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89 inni su 200* contengono nel proprio testo riferimenti bellici (episodi storici, abilità guerriera del popolo, esortazioni più o meno “platoniche” alla difesa della patria, etc.);

80 (o 82, a seconda della versione del testo) inni contengono le parole “sangue” o “morte” – o termini dello stesso gruppo semantico –, 18 (o 20) tutte e due.

* Nel totale sono inclusi anche i tre inni privi di testo (Kosovo, San Marino, Spagna), nonché quelli di Nagorno Karabakh (territorio a status conteso), Galles e Scozia.

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Originariamente Chant de guerre pour l’Armée duRhin, viene scritto nell’aprile 1792 a Strasburgo dal giovane ufficiale Claude Joseph Rouget de Lisle, pochi giorni dopo lo scoppio della Guerra della 1^ coalizione;

Subito adottato dai volontari provenienti da Marsiglia, viene proclamato inno nazionale nel 1795, quando già è largamente diffuso e cantato per tutta la Francia, soprattutto grazie alla sua popolarità presso i militari;

È un inno antimonarchico e militarista, dai toni accesi e ampiamente propagandistici;

Funge da modello per innumerevoli inni successivi, non ultima L’Internationale comunista;

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Allons enfants de la Patrie,le jour de gloire est arrivé!Contre nous de la tyranniel’étendard sanglant est levé!

Entendez-vous dans nos campagnes

mugir ces féroces soldats?Ils viennent jusque dans vos

braségorger vos fils et vos

compagnes!

Aux armes citoyens!Formez vos bataillons!Marchons! marchons!

Qu'un sang impurAbreuve nos sillons!

Andiamo figli della Patria,il giorno glorioso è arrivato!Contro di noi della tirannialo stendardo sanguinario è

innalzato!Sentite nelle nostre campagneruggire questi feroci soldati?

Vengono fino alle vostre braccia

a sgozzare i vostri figli e levostre donne!

Alle armi, cittadini!Formate i vostri battaglioni!

Marciamo! Marciamo!Che un sangue impuroriempia i nostri solchi!

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Scritto nel settembre 1837 da Goffredo Mameli e musicato nel novembre 1847, ha subito un’immensa fortuna nell’Italia risorgimentale;

Ispirato a ideali mazziniani, diviene il simbolo dell’agognata unità politica che si andava ricercando;

È un autentico pout-pourri di riferimenti storici: guarda al passato dall’Antica Roma all’Ottocento, passando per Medioevo, Rinascimento ed Età Moderna in generale;

Viene adottato ufficialmente nel 1946, in sostituzione della Marcia reale d’ordinanza.

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Scritto da Francis Scott Key nel 1814, brevemente tenuto in fermo dagli Inglesi durante il bombardamento di Fort McHenry, vicino Baltimora, nell’ambito della Guerra anglo-americana (1812-1815);

È il ritratto di quanto il poeta vede dalla nave in cui è ritenuto: la grande bandiera di 9,15 x 12,80 metri che all’alba del 14 settembre riemerge rassicurante dal fumo dei bombardamenti, segno che la difesa aveva retto;

Adottato ufficialmente nel 1931, l’inno, altamente simbolico, ha avuto immensa fortuna ed è stato fin da subito utilizzato con fini didattici.

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Oh, say, can you see, by the dawn's early light,

what so proudly we hail'd at the twilight's last gleaming?

Whose broad stripes and bright stars, thro' the perilous fight,

o'er the ramparts we watch'd, were so gallantly streaming?

And the rocket's red glare, the bombs bursting in air

gave proof thro' the night that our flag was still there.

Oh, say, does that Star-Spangled Banner yet wave

o'er the land of the free and the home of the brave?

Di’, riesci a vedere alle prime luci dell’alba,

ciò che abbiamo salutato con orgoglio all’ultimo raggio del tramonto?

Le cui larghe strisce e luminose stelle, durante la perigliosa battaglia,

sui bastioni che sorvegliavamo, sventolavano con valore?

E il rosso bagliore dei razzi, le bombe che scoppiavano in aria

hanno dato prova durante la notte che la nostra bandiera fosse ancora là.

Di’, sventola ancora quella Bandiera Stellata

sopra la terra del libero e la casa del coraggioso?

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Flower of Scotland – Scozia: uno dei tre inni non ufficiali, oltre ad essere quello più popolare è anche quello dai toni più accesi: commemora la vittoria del 1314 a Bannockburn, dove gli Scozzesi di Robert Bruce sconfissero gli Inglesi di Edoardo II, rendendo di fatto la Scozia indipendente; scritto nel 1967 da Roy Williamson, membro di un gruppo folk, il governo inglese non ne ha mai interdetto l’uso ufficioso;

Ja, vi elsker dette landet – Norvegia: scritto nel 1864 da Bjørnstjerne Bjørnson, è un inno dai due volti: ripercorre tutta la storia norvegese da un lato commemorando il valore nelle guerre contro la Svezia, dall’altro anelando ad una fratellanza panscandinava.

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O flower of Scotland

When will we see

Your like again

That fought and died for

Your wee bit hill and glen

And stood against him

Proud Edward's army

And sent him homeward

Tae think again

O fiore di Scozia

Quando vedremo

Nuovamente altri come te

Che lottarono e morirono per

Un po’ delle tue valli e colline

E opporsi ad esso

Il fiero esercito di Edoardo

E rispedirlo a casa

A pensar nuovamente

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Zdravljica – Slovenia: adottato nel 1989, nel pieno della disgregazione dell’ex Jugoslavia, del testo del 1844 di France Prešeren l’unica strofa ufficiale è la settima, filantropicissima; eppure nel resto del testo un certo e marcato invito alla difesa della patria non manca;

Das Lied der Deutschen – Germania: anche qui, una sola è la strofa adottata ufficialmente nel 1952, la terza di un testo che è lo stesso dal 1922 e che inizia con una forte affermazione di supremazia tedesca;

Gosudarstvenny Gimn Rossiyskoy Federatsii – Russia: la melodia è la stessa dell’inno sovietico, in quanto meglio conosciuta dai cittadini, ma con un testo del 2000.

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Originato nel 1899 per celebrare la nascente nazione filippina, è il primo inno post-coloniale asiatico;

La versione attualmente ufficiale è la traduzione in filippino del testo spagnolo di José Palma, soldato e patriota filippino: una traduzione risalente solo al 1956, dopo che il testo era già stato tradotto in inglese e più volte in tagalog;

Tali sforzi di conservazione sono in sostanza un monumento alla memoria dei fatti della guerra d’indipendenza combattuta prima nell’ambito del conflitto ispano-americano (1896), poi in quello filippino-americano (1899-1913), in particolare in riferimento al martirio di José Rizal (1896).

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Gran parte degli stati sudamericani – ex colonie spagnole e portoghesi – hanno inni dai toni vivi e retorici in merito al sacrificio per la patria;

Ricorrente il motivo oraziano del “dulce et decorum est pro patria mori”, esplicito in particolar modo nel “morir por la patria es vivir” dell’inno cubano;

Particolarmente esemplificativo è il testo ecuadoregno (Salve, oh patria), dove si parla esplicitamente del “fiero español”;

Un caso a sé è Haiti (La Dessalinienne): per la costituzione, la versione ufficiale è quella francese, profondamente diversa dal testo creolo, esplicitamente critico nei confronti dell’occupazione bianca.

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La gran parte degli inni nazionali dei paesi africani – e quindi post-coloniali – presenta testi di incitazione al risollevarsi dopo un burrascoso passato, pervasi da un forte senso della storia nonché da un certo fatalismo;

La pace, lo “spezzare le catene” assieme, spinti fino al panafricanismo, oltre al culto dei martiri, sono gli elementi caratterizzanti la maggior parte dei testi;

Particolarmente interessante è l’algerino Qassaman, scritto nel 1955 da Moufdi Zakaria, detenuto ad Algeri, come inno per la rivoluzione in atto: vi si leggono sferzanti riferimenti alla Francia, che viene oltretutto nominata all’inizio della terza strofa.

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AA VV, The Citizen’s Almanac, Washington, DC (Usa), 2007, U. S. Governement Official Edition Notice;

BASSI, ADRIANO, Storia degli inni nazionali, Milano, 2003, Società Dante Alighieri;

DU BOIS, LOUIS, Notice sur la Marseillaise et sur Rouget de l’Isle, Lisieux (Francia), 1848*;

HANG, XING, Encyclopedia of National Anthems, Lanham, MD (Usa), 2003, The Scarecrow Press;

KELEN, CHRISTOPHER (KIT), Anthem Quality. National songs: a theoretical survey, Chicago, IL (Usa), 2014, Intellect - The University of Chicago Press.

PITTOCK, MURRAY G. H., Poetry and Jacobite Politics in Eighteenth-Century Britain and Ireland, Cambridge (Uk), 1994, Cambridge University Press.

*(open text reperito online all’indirizzo: http://www.bmlisieux.com/normandie/marseyes.htm)