LA ETEROGENEITÀ DI PARTITI SENZA IDENTITÀ È ALL ORIGINE ... · una sinistra come quella che...

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22 CRITICAsociale 1-2 / 2011 I 120 anni della Critica Sociale, oltre che un anniversario per ce- lebrare e per conoscere meglio il ruolo avuto dal socialismo riformista nella co- struzione della società nazionale dopo l’Unità d’Italia, offrono anche l’occasione per un chia- rimento non solo storico, ma politico, su ciò che resta dell’identità della sinistra italiana. Non fosse altro che per la coincidenza coi 90 anni dalla scissione comunista al congresso di Livorno. Naturalmente non è un confronto tra Pci e Psi, partiti ormai scomparsi. Ma il modo differente con cui le due storie sono terminate, l’intreccio conflittuale tra le sorti dell’uno e dell’altro partito, collocati su fronti opposti di fronte alla “rivoluzione giu- diziaria” -l’uno tra le vittime, l’altro coi “rivo- luzionari” - non solo ha lacerato una ferita già aperta, ma l’ha persino aggravata, nonostante le speranze dopo la fine dell’ Urss. Tutto questo potrebbe essere derubricato a “fatti vostri”, ad una questione, cioè, esclusi- vamente interna a una “vecchia sinistra”, già rottamata o da rottamare. Se non fosse che quello scontro all’ultimo sangue ha scardinato l’ intero sistema politico, ingessandolo per vent’anni in un bipolarismo artificiale ( la po- sizione della stragrande maggioranza dell’elet- torato socialista nel centro destra ne è esempio paradossale, ma più che comprensibile), e nel disordine istituzionale. Alla fine occorrerà da- re una coerenza ai progressivi interventi isti- tuzionali con un piano di assestamento conclu- sivo del sistema politico e dello Stato. Dunque questa “vecchia sinistra” non passa, nè nel bene, nè nel male, perchè la sua vicenda passata e presente si intreccia con lo stato di salute del sistema politico odierno. La soluzio- ne non è dunque questione di “volti nuovi”, ma è la soluzione di una questione “vecchia”, quasi marcita, senza la quale i “volti nuovi” di oggi sono destinati ad affollare la gerontocra- zia dei decenni futuri (e i suoi medaglieri). La Critica Sociale ne parla con Emanuele Macaluso, direttore delle Nuove Ragioni del socialismo: entrambe le riviste (con Mondo- peraio) sono significativamente animatrici del Comitato promotore per le Celebrazioni dei 120 anni di Critica Sociale, che si svolgeranno nel corso dell’anno sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, Giorgio Napoli- tano. “Penso che questo bipolarismo - dice Maca- luso - sia entrato ormai in crisi non solo, come ha scritto Michele Salvati sul Corriere della Sera, perchè l’eterogeneità dei due poli non fa funzionare il sistema. E’ vero che nell’uno e nell’altro polo c’è di tutto. Ma la verità è che l’eterogeneità è già all’interno dei partiti. Ri- tengo che la sinistra - questa è l’opinione che ho espresso sulla mia rivista - debba far esplo- dere questa contraddizione attraverso una crisi costruttiva del Partito democratico con l’obiet- tivo di una grande forza che metta assieme tut- ti i “riformisti” e non tutti i “riformismi”, co- me dicono, di matrice diversa (cattolica, co- munista, socialista, ecc). No. Il riformismo de- ve avere un proprio segno, una sua qualità di- stintiva, precisa: il riformismo socialista, quel- lo del socialismo europeo”. La caratteristica dell’attuale sistema po- litico, dopo vent’anni di seconda repubbli- ca, ormai invecchiata anch’essa, sembra es- sere la divaricazione tra identità politiche e partiti politici, tra contenuti e contenitori, dove alla fine i contenuti, le culture politi- che, sono in funzione del contenitore, che privo di un suo profilo, non può agire senza spaccarsi, non può radicarsi, essere luogo della partecipazione popolare alla forma- zione della politica nazionale, come dovreb- be essere il partito politico per vocazione naturale. Non credi? “Il Partito democratico è una coalizione tra la ex Margherita e l’ex Ds. Infatti non è un ca- so che questo partito non sia riuscito ad avere una sua base politico-culturale, ed ogni volta, quindi, che affrontano temi come quello del te- stamento biologico, si blocca e non riesce ad assumere una posizione propria come partito. Dall’altra parte è la stessa cosa: la scissione di Fini ha dimostrato che non c’era un partito e che anche nel PdL c’era e c’è di tutto: ci sono i socialisti, i democristiani, l’aziendalismo ber- lusconiano. Penso allora che il problema di og- gi sia quello della ricostruzione delle forze po- litiche, dei partiti politici. E’ una cosa a cui pensare già ora per uscire dalla crisi di questo bipolarismo ormai superato. Per il riformismo socialista l’approdo non può che essere un par- tito che abbia come riferimento il socialismo europeo, dove la storia dimostra che possono convivere anche forze cattoliche: Jacques De- lors ha avuto un ruolo straordinario per il par- tito socialista francese, e non ha mai dovuto nascondere la sua fede cristiana”. Stai ipotizzando una sorta di associazio- nismo politico tra socialisti di ogni campo, una sorta di Lega dei socialisti? “La trasversalità va bene, ma a condizione che abbia un obiettivo e l’obiettivo deve essere la costruzione anche in Italia di una grande partito socialista come c’è in tutta l’Europa tranne che nel nostro Paese. Altrimenti l’asso- ciazionismo politico è un altro equivoco. Dun- que una “lega dei socialisti” si può fare, sono sempre favorevole a mettere insieme delle for- ze che abbiano un obiettivo preciso. Sono sempre colpito dai socialisti che sono nel cen- tro destra e che si esprimono ormai così: “la sinistra dice, la destra risponde”, come se an- che loro fossero di destra. Non possiamo met- tere insieme destra e sinistra, dobbiamo met- tere insieme il riformismo socialista. Questa è la base: un socialismo liberale, democratico come è nella gran parte dell’esperienza del so- cialismo europeo. Per questo serve che in Ita- lia ci sia un processo di revisione della storia della sinistra italiana una revisione socialista e una revisione comunista. In altri momenti con Rino Formica abbiamo sostenuto che il problema era di farsi carico di tutti gli errori e di tutti i successi delle forze della sinistra ita- liana, socialisti e comunisti. Se ognuno invece pensa solo di glorificare la propria parte e di mettere solo in evidenza gli errori dell’altra parte, si perdono di vista i nuclei vitali delle due forze. Bisogna ormai posare le armi se si vuole mettere assieme i nuclei vitali delle due storie e conseguire l’obiettivo di una grande forza riformista e socialista in Italia. Tutto que- sto finora è mancato, ma credo che anche nelle nuove generazioni stia maturando l’idea che una sinistra come quella che c’è oggi in Italia, non sia una sinistra credibile. Anche nelle sue punte più radicali, come quella di Vendola, si tratta di forze di piccola entità. Il partito socia- lista che sta nel centrosinistra raggiunge l’1 per cento, il 2 al massimo. Un partito socialista (come fu anche il partito comunista) non può non essere un partito di massa, un partito di popolo. Questa è l’esigenza che vedo. L’esi- genza di una battaglia politica e culturale per mettere assieme tutte le forze che, comunque e da ovunque provengano, si pongano il pro- blema di dare all’Italia una forza del riformi- smo socialista di stampo europeo”. Per chiarire eventuali equivoci: proponi una forma di associazionismo politico tra ex socialisti ed ex comunisti purchè si abbia chiaro lo scopo di ricongiungere identità po- litica e forma partito, superando la situazio- ne di oggi in cui il contenitore si sostituisce ai contenuti? “Perfetto. Un’associazione di forze con l’obiettivo di un partito di sinistra riformista legato al socialismo europeo”. Un partito laburista? “Non ne farei questione di nomi. Il laburi- smo ha un riferimento nel lavoro e ha un rife- rimento nella storia del socialismo europeo. Io vengo dal sindacato dove sono stato dodici an- ni, è la mia prima grande esperienza. Dal ’44 al ’56 ho diretto un sindacato di categoria, quello dei minatori, ho diretto la Camera del Lavoro di Caltanissetta, ho diretto la CGIL si- ciliana dal ’47 al ’56 e quindi ho vissuto l’uni- tà sindacale. L’unità sindacale si è rotta nel ’48. Ero segretario regionale della CGIL e sta- vo nel Direttivo nazionale. Partecipai alla riu- nione del comitato direttivo in cui si definì la rottura: fu una seduta molto drammatica e quindi ho presente questi problemi. La cosa che mi ha sempre turbato e sulla quale non rie- sco ancora a darmi una spiegazione, che non sia una spiegazione negativa, è che nonostante sia venuta meno la ragione della rottura (e la ragione della rottura del ’48 fu lo sciopero po- litico per l’attentato a Togliatti, il patto atlan- LA ETEROGENEITÀ DI PARTITI SENZA IDENTITÀ È ALL ORIGINE DELLA CRISI DEL BIPOLARISMO LA PRIMA PIETRA, UNA LEGA DEI SOCIALISTI? “PER UNIRE I RIFORMISTI NEL SOCIALISMO EUROPEOIntervista con Emanuele Macaluso Dalla mostra sui 120 anni di Critica Sociale

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I 120 anni della Critica Sociale,oltre che un anniversario per ce-lebrare e per conoscere meglio il

ruolo avuto dal socialismo riformista nella co-struzione della società nazionale dopo l’Unitàd’Italia, offrono anche l’occasione per un chia-rimento non solo storico, ma politico, su ciòche resta dell’identità della sinistra italiana.Non fosse altro che per la coincidenza coi 90anni dalla scissione comunista al congresso diLivorno.

Naturalmente non è un confronto tra Pci ePsi, partiti ormai scomparsi.

Ma il modo differente con cui le due storiesono terminate, l’intreccio conflittuale tra lesorti dell’uno e dell’altro partito, collocati sufronti opposti di fronte alla “rivoluzione giu-diziaria” -l’uno tra le vittime, l’altro coi “rivo-luzionari” - non solo ha lacerato una ferita giàaperta, ma l’ha persino aggravata, nonostantele speranze dopo la fine dell’ Urss.

Tutto questo potrebbe essere derubricato a“fatti vostri”, ad una questione, cioè, esclusi-vamente interna a una “vecchia sinistra”, giàrottamata o da rottamare. Se non fosse chequello scontro all’ultimo sangue ha scardinatol’ intero sistema politico, ingessandolo pervent’anni in un bipolarismo artificiale ( la po-sizione della stragrande maggioranza dell’elet-torato socialista nel centro destra ne è esempioparadossale, ma più che comprensibile), e neldisordine istituzionale. Alla fine occorrerà da-re una coerenza ai progressivi interventi isti-tuzionali con un piano di assestamento conclu-sivo del sistema politico e dello Stato.

Dunque questa “vecchia sinistra” non passa,nè nel bene, nè nel male, perchè la sua vicendapassata e presente si intreccia con lo stato disalute del sistema politico odierno. La soluzio-ne non è dunque questione di “volti nuovi”,ma è la soluzione di una questione “vecchia”,quasi marcita, senza la quale i “volti nuovi” dioggi sono destinati ad affollare la gerontocra-zia dei decenni futuri (e i suoi medaglieri).

La Critica Sociale ne parla con EmanueleMacaluso, direttore delle Nuove Ragioni delsocialismo: entrambe le riviste (con Mondo-peraio) sono significativamente animatrici delComitato promotore per le Celebrazioni dei120 anni di Critica Sociale, che si svolgerannonel corso dell’anno sotto l’Alto Patronato delPresidente della Repubblica, Giorgio Napoli-tano.

“Penso che questo bipolarismo - dice Maca-luso - sia entrato ormai in crisi non solo, comeha scritto Michele Salvati sul Corriere dellaSera, perchè l’eterogeneità dei due poli non fafunzionare il sistema. E’ vero che nell’uno enell’altro polo c’è di tutto. Ma la verità è chel’eterogeneità è già all’interno dei partiti. Ri-tengo che la sinistra - questa è l’opinione cheho espresso sulla mia rivista - debba far esplo-dere questa contraddizione attraverso una crisicostruttiva del Partito democratico con l’obiet-tivo di una grande forza che metta assieme tut-ti i “riformisti” e non tutti i “riformismi”, co-me dicono, di matrice diversa (cattolica, co-munista, socialista, ecc). No. Il riformismo de-ve avere un proprio segno, una sua qualità di-stintiva, precisa: il riformismo socialista, quel-lo del socialismo europeo”.

La caratteristica dell’attuale sistema po-litico, dopo vent’anni di seconda repubbli-ca, ormai invecchiata anch’essa, sembra es-

sere la divaricazione tra identità politiche epartiti politici, tra contenuti e contenitori,dove alla fine i contenuti, le culture politi-che, sono in funzione del contenitore, cheprivo di un suo profilo, non può agire senzaspaccarsi, non può radicarsi, essere luogodella partecipazione popolare alla forma-zione della politica nazionale, come dovreb-be essere il partito politico per vocazionenaturale. Non credi?

“Il Partito democratico è una coalizione trala ex Margherita e l’ex Ds. Infatti non è un ca-so che questo partito non sia riuscito ad avereuna sua base politico-culturale, ed ogni volta,quindi, che affrontano temi come quello del te-stamento biologico, si blocca e non riesce adassumere una posizione propria come partito.Dall’altra parte è la stessa cosa: la scissione diFini ha dimostrato che non c’era un partito eche anche nel PdL c’era e c’è di tutto: ci sonoi socialisti, i democristiani, l’aziendalismo ber-lusconiano. Penso allora che il problema di og-

gi sia quello della ricostruzione delle forze po-litiche, dei partiti politici. E’ una cosa a cuipensare già ora per uscire dalla crisi di questobipolarismo ormai superato. Per il riformismosocialista l’approdo non può che essere un par-tito che abbia come riferimento il socialismoeuropeo, dove la storia dimostra che possonoconvivere anche forze cattoliche: Jacques De-lors ha avuto un ruolo straordinario per il par-tito socialista francese, e non ha mai dovutonascondere la sua fede cristiana”.

Stai ipotizzando una sorta di associazio-nismo politico tra socialisti di ogni campo,una sorta di Lega dei socialisti?

“La trasversalità va bene, ma a condizioneche abbia un obiettivo e l’obiettivo deve esserela costruzione anche in Italia di una grandepartito socialista come c’è in tutta l’Europatranne che nel nostro Paese. Altrimenti l’asso-ciazionismo politico è un altro equivoco. Dun-que una “lega dei socialisti” si può fare, sono

sempre favorevole a mettere insieme delle for-ze che abbiano un obiettivo preciso. Sonosempre colpito dai socialisti che sono nel cen-tro destra e che si esprimono ormai così: “lasinistra dice, la destra risponde”, come se an-che loro fossero di destra. Non possiamo met-tere insieme destra e sinistra, dobbiamo met-tere insieme il riformismo socialista. Questa èla base: un socialismo liberale, democraticocome è nella gran parte dell’esperienza del so-cialismo europeo. Per questo serve che in Ita-lia ci sia un processo di revisione della storiadella sinistra italiana una revisione socialistae una revisione comunista. In altri momenticon Rino Formica abbiamo sostenuto che ilproblema era di farsi carico di tutti gli errori edi tutti i successi delle forze della sinistra ita-liana, socialisti e comunisti. Se ognuno invecepensa solo di glorificare la propria parte e dimettere solo in evidenza gli errori dell’altraparte, si perdono di vista i nuclei vitali delledue forze. Bisogna ormai posare le armi se sivuole mettere assieme i nuclei vitali delle duestorie e conseguire l’obiettivo di una grandeforza riformista e socialista in Italia. Tutto que-sto finora è mancato, ma credo che anche nellenuove generazioni stia maturando l’idea cheuna sinistra come quella che c’è oggi in Italia,non sia una sinistra credibile. Anche nelle suepunte più radicali, come quella di Vendola, sitratta di forze di piccola entità. Il partito socia-lista che sta nel centrosinistra raggiunge l’1per cento, il 2 al massimo. Un partito socialista(come fu anche il partito comunista) non puònon essere un partito di massa, un partito dipopolo. Questa è l’esigenza che vedo. L’esi-genza di una battaglia politica e culturale permettere assieme tutte le forze che, comunquee da ovunque provengano, si pongano il pro-blema di dare all’Italia una forza del riformi-smo socialista di stampo europeo”.

Per chiarire eventuali equivoci: proponiuna forma di associazionismo politico tra exsocialisti ed ex comunisti purchè si abbiachiaro lo scopo di ricongiungere identità po-litica e forma partito, superando la situazio-ne di oggi in cui il contenitore si sostituisceai contenuti?

“Perfetto. Un’associazione di forze conl’obiettivo di un partito di sinistra riformistalegato al socialismo europeo”.

Un partito laburista?“Non ne farei questione di nomi. Il laburi-

smo ha un riferimento nel lavoro e ha un rife-rimento nella storia del socialismo europeo. Iovengo dal sindacato dove sono stato dodici an-ni, è la mia prima grande esperienza. Dal ’44al ’56 ho diretto un sindacato di categoria,quello dei minatori, ho diretto la Camera delLavoro di Caltanissetta, ho diretto la CGIL si-ciliana dal ’47 al ’56 e quindi ho vissuto l’uni-tà sindacale. L’unità sindacale si è rotta nel’48. Ero segretario regionale della CGIL e sta-vo nel Direttivo nazionale. Partecipai alla riu-nione del comitato direttivo in cui si definì larottura: fu una seduta molto drammatica equindi ho presente questi problemi. La cosache mi ha sempre turbato e sulla quale non rie-sco ancora a darmi una spiegazione, che nonsia una spiegazione negativa, è che nonostantesia venuta meno la ragione della rottura (e laragione della rottura del ’48 fu lo sciopero po-litico per l’attentato a Togliatti, il patto atlan-

! LA ETEROGENEITÀ DI PARTITI SENZA IDENTITÀ È ALL’ORIGINE DELLA CRISI DEL BIPOLARISMO

LA PRIMA PIETRA, UNA LEGA DEI SOCIALISTI?“PER UNIRE I RIFORMISTI NEL SOCIALISMO EUROPEO”

Intervista con Emanuele Macaluso

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tico, il mondo era diviso e ognuno pigliò la suaposizione), nonostante tutto questo sia finito,non si è tornati l’unità sindacale.

La cosa veramente sorprendente è che tra il1969 e il 1970 si stava definendo il processodell’unità sindacale con Carniti, Benvenuto,Lama. Con Trentin i metalmeccanici fecero lafederazione unitaria, sebbene ci fosse ancorala guerra fredda. Oggi che non c’è più l’Unio-ne Sovietica, non c’è più il partito comunista,non c’è più il partito socialista, non c’è più lademocrazia cristiana e non c’è più l’occidentediviso dall’oriente com’era prima, perché ilsindacato non è unito?

Penso che la responsabilità sia delle buro-crazie sindacali, le incrostazioni dei poteridentro il sindacato che hanno ormai raggiuntouna specie di ossificazione in tutte e tre le cen-trali sindacali che non hanno più provato amettere insieme un confronto vero. Bisognavedere se è possibile, o meno, fare una rifles-sione sulle politiche sindacali, perché non c’èdubbio che oggi la forte divaricazione tra laCGIL e la CISL, tra la CGIL e la UIL è piùprofonda di quanto non lo fosse negli anni ’50.Siamo tornati indietro, ancora come se ci fosseun sindacato legato al governo, la CISL e laUIL, e un sindacato legato all’opposizione co-me la CGIL . Quindi siamo tornati a una situa-zione peggiore di quella degli anni ’50, perchédopo gli anni ’50 questa questione era stata su-perata sia con il travaglio della CISL e dellaUIL sia con il travaglio della CGIL: insiemesi erano staccati dallo stretto cordone ombeli-cale che legava l’uno al governo e l’altra al-l’opposizione. Oggi siamo tornati al peggiodel peggio. Il mondo del lavoro di oggi è ra-dunato non in una forza politica con una suaidentità ma nel sindacato – occorre quindi sti-molare un riavvicinamento e una prospettivadi unità. Io penso che il nostro lavoro politicoe culturale della sinistra deve tendere a questoprocesso”.

Una profonda revisione della cultura sin-dacale potrebbe essere una delle priorità deldibattito di un ipotetico partito del sociali-smo riformista europeo? Un partito dei la-voratori senza sindacato è inimmaginabile.Del resto così nacque il partito laburistabritannico: un’associazione (la Fabian so-ciety) e le Unions.

“Non c’è dubbio: la questione sindacale è la

questione prioritaria a mio avviso. Il socialismoseparato dal sindacato non esiste. Il laburismoinglese si è un po’ staccato dai sindacati. Manon è pensabile una forza socialista senza lega-mi col sindacato, nè un sindacato che non abbiaanche un orizzonte politico, non partitico”.

Tra poco si vota per il rinnovo di impor-tanti amministrazioni comunali. Credi chedopo le elezioni dei consigli sia possibile ini-ziare a dar vita a quell’ipotesi di associazio-nismo dei riformisti, a quella sorta di Legadei socialisti, nei municipi?

“Penso che se si ricomincia a re-identificarela possibilità di una forza socialista, sia indi-spensabile partire da un coinvolgimento deiconsiglieri comunali, che sono una parte im-portante, non possono essere lasciati fuori. Bi-sognerà vedere nel concreto cosa sarà possibilefare: non c’è dubbio che il peso della vicendadei municipi significa tanto, anzi tantissimo.Vediamo cosa succederà alle elezioni, pensoche una iniziativa in questa direzione bisogneràprenderla. Del resto siamo nel 120esimo anni-versario della Critica Sociale e il terreno natu-rale su cui è cresciuto il socialismo italiano èstato anche nei municipi, prima ancora che nel-le fabbriche. Il socialismo municipale, la de-mocrazia come partecipazione all’esperienzadell’autogoverno. Non c’è dubbio. Ed è perquesto, appunto, che il problema del Comune,della comunità, è stata una delle bussole delvecchio socialismo, ma anche del nuovo socia-lismo. E’ una strada che va percorsa”.

Le riforme istituzionali non necessitanodi un quadro più razionale in cui inserirsi?I cambiamenti in corso d’opera, al di là delmerito, sembrano andare avanti in ordinesparso. Non è un cavillo, ma una questionedi metodo relativa all’equilibrio finaledell’assetto dello Stato e della società. Ri-prenderesti l’idea della Costituente?

La proposta di un’ Assemblea costituente èstata una battaglia che animammo anni fa For-mica ed io. Ne scrivevo sulla Stampa di Tori-no, proponendo non un’assemblea di 600 per-sone, ma un gruppo ristretto di eletti, sul mo-dello della Costituente del ‘46 composta da 75membri. Non dovrebbero essere parlamentari,ma personalità elette per un incarico a termine,per un periodo di un anno e mezzo, ad esem-pio. Se un parlamentare volesse farne parte do-vrebbe dimettersi. La Costituente dovrebbeconsegnare un testo al termine dei suoi lavoricontenente la proposta di riforma da presentarein una legge costituzionale da sottoporre al vo-to del Parlamento. E’ un progetto a cui si po-trebbe lavorare, ma ormai siamo verso la finedella legislatura, se addirittura non si sciolganole Camere anticipatamente. Abbiamo di frontesolo due anni, di vita politica accidentata, econ la riforma della Giustizia che rischia dinon andare in porto per tempo. Aveva perfet-tamente ragione Formica, che, in un recentearticolo, sosteneva che sarebbe stato più op-portuno presentare la riforma da parte deigruppi di maggioranza, piuttosto che dal go-verno. Il fatto che un potere, che non sia quellodel Parlamento, indichi come riformarneun’altro, crea tensioni fortissime. In questocontesto chi propone una legge per andare aduna riforma costituzionale più razionale?”.

Una legge istitutiva di iniziativa popolare,ad esempio.

“Si può anche fare, ma pensiamoci bene per-chè mi sono già battuto per queste cose. Ogginon so se siamo ancora in tempo, perchè la si-tuazione mi pare molto deteriorata e la legisla-tura ormai è avviata verso la conclusione”. "

Intervista a cura di Stefano Carluccio

Roma, 17 febbraio 2011

“C ari Compagni, conoscola vostra storia, conoscoi vostri tormenti, conosco

il vostro orgoglio, ma conosco anche le ra-gioni profonde della ribellione che in questidiciotto anni di errante navigare vi hannospinto ad essere fuori dal vostro campo tra-dizionale di partecipazione civile e di predi-lezione culturale.

Creare un insieme di forze in un!area mo-derata e tollerante sotto la guida di un frui-tore delle comodità del vecchio ordine, fuper molti una scelta obbligata. Chi ha resi-stito a queste tentazioni aveva due vie da-vanti: o consegnarsi ad una sinistra perden-te in politica ma resistente nelle radici deicontropoteri, o lavorare nella semiclandesti-nità per aprire un varco nella continuità di re-gime truccata da rottura di ciclo.

Coloro che hanno scelto la prima soluzio-ne hanno sentito la mortificazione di essererinchiusi in un protetto serraglio da circo iti-nerante, coloro invece, che hanno optatoper la seconda ipotesi, hanno dovuto sop-portare i colpi che i tempi lunghi di una tran-sizione sanno infliggere ai sopravvissuti diuna grande storia. L!effetto congiunto dellasterilizzazione del patrimonio socialista, con-segnato alla sinistra antisocialista e del lentoesaurirsi della vena culturale revisionista delsocialismo sommerso, carica , voi socialistinel centro-destra, di una immensa e, forse,imprevista responsabilità: dichiarare chiusala fase della resistenza democratica all!inter-no di un contenitore che non ha risposto allaoriginaria speranza di poter garantire unadialettica nuova e costruttiva alle spinte plu-rime della società.

Oggi il vostro immobilismo ci riproduce ilfilm della timidezza di Craxi che non vollecapire sino in fondo la “rottura dell!89”. Alloranon si seppe costruire l!alternativa ad unacrisi istituzionale di sistema. L!implosionedell!89 mise in luce l!ulteriore impoverimentodelle “risorse naturali” della Carta Costituzio-nale (il ruolo dei partiti, il primato della politi-ca, gli equilibri tradizionali dei poteri).

La società si era fatta adulta e si era poli-ticizzata liberandosi dalla mediazione deipartiti. Ma in quali forme ciò avvenne?

Le ingenuità e le incertezze della societàche voleva rappresentanza senza la media-zione dei partiti, ritenne che la sola riscritturadei linguaggi politici e delle relazioni tra igruppi facesse germogliare l!idea, sbagliatama suggestiva, di poter governare la com-plessità con la semplificazione delle formulepolitiche e con l!accorciamento della catenadei poteri.

La crisi della politica produce il devastantefenomeno del capo carismatico, dominus diunica istanza e luogo esclusivo per la sintesidei conflitti.

Noi socialisti avevamo da tempo (dal Mi-das) maturato la consapevolezza che la rot-tura del legame politica-società-istituzioni,avrebbe prodotto una eccezionale domandadi nuovo riformismo che sarebbe entrata indrammatica rotta di collisione con una partedei poteri strutturati e del ceto politico domi-nante e culturalmente ostile ad ogni forma dirottura revisionistica.

Mani pulite è il momento catartico di que-sto groviglio e nello stesso tempo funzionada contrasto ad ogni svolta in versione revi-sionistica. Alle culture politiche si sostituisco-no fulminanti intuizioni e narrazioni post-ideologiche; vecchi strumenti combinati connuovi linguaggi vengono adottati per selezio-nare le classi dirigenti. Ma su tutto dominaun imperativo: conservare il patto costituzio-nale, espellere i corpi estranei anticostituzio-nali, ricucire lo strappo costituzionale fissan-do, però, una nuova scala gerarchica tra ipoteri nella quale la politica non sia più il do-minus ma sia la forza servente di una logicaextra ed ultra politica (le leggi regolatrici del-la moralità civile amministrata dalla giurisdi-zione e non dalla politica che si rinnova).

Lo sconfinamento dei poteri al di fuori delquadro politico degli equilibri istituzionali,non fa solo vittime di prima linea, ma deva-sta e modifica la morfologia del terreno delgioco democratico.

I socialisti che Berlusconi imbarcò nell!Ar-ca di Noè, furono schiavi ai remi, ma sicco-me erano i più bravi salirono sul ponte di co-mando, ma non convinsero il capitano a ca-pire che una rotta senza bussola porta nellesecche o su gli scogli. Così è avvenuto!

Non vi chiedo di prendere la scialuppa edi abbandonare la nave, ma se volete salva-re un popolo che deve sostenere la rinascitadel Paese con la fine di una transizione tuttagiocata all!insegna dell!antipolitica, dovetemettere sottocoperta il capitano, curarlo esbarcarlo in un porto sicuro.

A voi tocca il compito di riprendere la gui-da delle forze del revisionismo istituzionale,politico e sociale. Voi potete farlo perchè ve-nite da una scuola di liberi pensatori, di re-frattari al dominio del potere, e di ribelli allasubalternità sociale. Non vi chiedo di passa-re con altri, ma di essere voi stessi sino infondo. Berlusconi quando scoppiò mani pu-lite, rinnegò Craxi e si sentì sciolto da ognivincolo di gratitudine. Voi invece, dovete es-sere riconoscenti per l!ospitalità accordatavi,ma non obbligati a masticare capsule di cia-nuro, perchè ciò che avete dato è molto dipiù di quanto vi è stato concesso. E non vo-glio ricordare che il Cavaliere spesso ha fat-to finta di non conoscervi.

Spero di rivedervi presto in campo.Con affetto fraterno

Rino Formica

P.S. Vedo che intorno al Pdl spuntano co-me funghi velenosi personaggi che in formetruffaldine si richiamano al socialismo.

La precondizione per una ripresa della mi-gliore tradizione dei socialisti italiani è disfar-si subito dei Lavitola e dei Graziani e del loroverminaio

! “A VOI LA RESPONSABILITÀ DI GUIDARE IL REVISIONISMO ISTITUZIONALE”

AI COMPAGNI SOCIALISTI DEL PDLRino Formica